Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 12 febbraio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    con la legge 30 marzo 2004, n. 92, è stato istituito il «Giorno del ricordo», al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani, giuliani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale;

    tale giornata è dedicata alla celebrazione ed alla memoria della complessa vicenda del confine orientale e, all'interno di questa, del martirio degli italiani infoibati, del loro assassinio di massa organizzato dalle bande comuniste del maresciallo Tito, raccapricciante segno di una pulizia etnica che fu attuata in terre teatro di uno storico e tragico scontro di nazionalismi che durò almeno fino al 1948, provocando l'esilio forzato di 350.000 italiani dall'Istria, da Fiume e da tutta la Dalmazia;

    a tal riguardo, si evidenzia che Broz Tito Josip, dal 4 luglio 1941 comandante militare dell'Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia, promosse la mobilitazione generale per la resistenza contro le truppe italo-tedesche di occupazione ed i loro collaborazionisti, ricoprendo l'incarico tra il 1941 e il 1945 di comandante in capo dell'armata popolare di liberazione della Jugoslavia che era stata sconfitta durante la campagna militare dell'aprile 1941;

    il 1° maggio 1945, la IV armata di Tito entrò a Trieste, anticipando gli anglo-americani, e nei giorni seguenti a Gorizia, a Fiume, a Pola ed in Istria (province appartenenti all'Italia in maniera internazionalmente riconosciuta per effetto dei Trattati di Rapallo – 1920 e Roma – 1924) in un clima di violenza politico-ideologica: fu emanato l'ordine di eliminare i «fascisti», intendendo non solo gli elementi legati al fascismo ma anche tutti coloro i quali si opponevano all'annessione della Venezia Giulia al nascente regime comunista di Tito;

    sono 10.000 i morti delle foibe, considerando non solo chi fu scaraventato negli abissi carsici, ma anche coloro i quali morirono nei campi di concentramento jugoslavi, annegati, fucilati ed eliminati dopo crudeli torture, tenendo presente che un migliaio di costoro fu già sterminato dai partigiani comunisti jugoslavi nelle tumultuose giornate successive all'armistizio dell'8 settembre;

    tali dati, seppur parziali, inquadrati nel contesto della limitata porzione spaziale e temporale in cui avvennero gli eccidi, della brutalità disumana che li accompagnò, fra stupri, sevizie e torture, dell'esodo di decine di migliaia di istriani, fiumani e dalmati che ne seguì, della rimozione storica durata per anni, contribuirà a far sanguinare ancora per molto tempo quella ferita nazionale chiamata «foibe»;

    il 3 ottobre 2011 la Corte costituzionale della Slovenia dichiarava incostituzionale l'intitolazione di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, riconoscendo che avrebbe comportato la glorificazione del suo regime totalitario e una giustificazione delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo avvenute durante il suo regime e in tempi più recenti l'amministrazione comunale di Zagabria ha tolto dalla toponomastica cittadina l'intitolazione a Tito di una delle principali piazze della capitale croata;

    di contro, si sottolinea che nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 54 del 2 marzo 1970 veniva pubblicato il decreto di nomina di Broz Tito Josip, Presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, all'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica italiana – cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone;

    nella stessa Gazzetta Ufficiale erano altresì pubblicati l'elenco di 17 personalità jugoslave alle quali risultava conferita l'onorificenza di Cavalieri di gran croce e l'elenco di personalità jugoslave alle quali era stata conferita, rispettivamente, l'onorificenza di grandi ufficiali e di commendatori;

    Josip Broz Tito, il sanguinario «maresciallo Tito», è ancor oggi cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, decorato di gran cordone, il titolo onorifico più elevato della Repubblica italiana;

    l'istituzione dell'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e la disciplina del suo conferimento sono disciplinate dalla legge 3 marzo 1951, n. 178, e dal decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n. 458. In particolare, l'articolo 5 della legge n. 178 del 1951 dispone che «Salve le disposizioni della legge penale, incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine». L'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 1952 prevede, invece, che «Fuori dei casi previsti dagli articoli precedenti, le onorificenze possono essere revocate solo per indegnità. Il cancelliere comunica all'interessato la proposta di revoca e gli contesta i fatti su cui essa si fonda, prefiggendogli un termine, non inferiore a giorni venti, per presentare per iscritto le sue difese, da sottoporre alla valutazione del Consiglio dell'Ordine. La comunicazione è fatta a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento nell'abituale residenza dell'interessato, o se questa non sia nota, nel luogo ove fu data partecipazione del decreto di concessione. Decorso il termine assegnato per la presentazione delle difese, il cancelliere sottopone gli atti al Consiglio dell'Ordine, per il parere prescritto dall'articolo 5 della legge». Il combinato disposto delle citate previsioni normative, di fatto, ha impedito la revoca dell'onorificenza a Tito richiesta a più riprese da diverse parti politiche e dalle stesse associazioni degli esuli giuliano-dalmati;

    il 16 aprile 2013, il prefetto di Belluno, a nome del Governo, in risposta a una richiesta ufficiale di cancellare le onorificenze a Tito e ai suoi uomini per «indegnità» scriveva: «Nel caso di Josip Broz Tito, insignito nel 1969 della distinzione di cavaliere di gran cordone quale Presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia in occasione di una visita di Stato non è (...) ipotizzabile alcun provvedimento di revoca essendo il medesimo deceduto. La norma prevede (...) che la persona oggetto dell'eventuale revoca debba essere preventivamente informata (...), onde poter presentare una memoria scritta a propria difesa» spiegava il prefetto di Belluno a nome del Governo. E poi aggiungeva: «La possibilità di revocare l'onorificenza, pertanto, (...) presuppone l'esistenza in vita dell'insignito». Il conferimento dell'onorificenza a Broz Tito Josip deve essere valutato in ragione del momento storico in cui lo stesso ha avuto luogo, un momento in cui l'indagine storica non aveva ancora portato alla luce, in tutta la loro odierna indiscutibile gravità, i crimini di cui si era macchiato il decorato;

    pertanto, il conferimento della suddetta onorificenza si qualifica come un errore, figlio di quel tempo, cui oggi si deve porre rimedio in nome di tutte le vittime delle imperdonabili atrocità commesse sulla base delle direttive politiche impartite personalmente dal cavaliere di gran croce Broz Tito Josip;

    appare assurdo e paradossale che la Repubblica italiana, da un lato, riconosca il dramma delle foibe, celebrato ufficialmente ogni 10 febbraio in occasione del Giorno del ricordo (istituito con la legge 30 marzo 2004, n. 92), e, dall'altro, annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò la pulizia etnica degli italiani in Istria e nell'Adriatico orientale;

   il 10 febbraio 2007 l'allora Presidente della Repubblica Napolitano ricordò che il dramma del popolo giuliano-dalmata fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Si ricorda ulteriormente che anche l'attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha riconosciuto che «per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell'esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia», aggiungendo che, istituendo il Giorno del ricordo, «il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale. Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c'è posto per l'estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche»;

    alla luce di ciò, di quanto ormai è riconosciuto come storia accertata, se la politica deve essere capace di una memoria non di parte e se i morti a causa di ogni ideologia richiedono di ricomporre la frattura che per decenni li ha dimenticati, è oltremodo doveroso riconoscere nella maniera corretta il ruolo che figure come quella di Tito hanno avuto per la nostra comunità nazionale. Chi ha calpestato, annientato e per ragioni ideologiche volutamente perseguitato i nostri concittadini non può e non deve ricevere riconoscimenti;

    nonostante, negli ultimi anni, la ricorrenza della tragedia delle Foibe sia stata celebrata da parte delle più alte cariche istituzionali, ancora oggi in Italia c'è chi tende a minimizzare la tragedia delle foibe e dell'esodo e, purtroppo, nelle scuole il racconto di questa pagina della storia italiana non è ancora diffuso sufficientemente, nonostante l'indubbio impegno della maggioranza dei docenti, poiché, in molti testi scolastici che dovrebbero contemplare questa drammatica vicenda, la stessa non viene nemmeno menzionata, disattendendo in questo modo una delle principali finalità indicate dalla legge n. 92 del 2004; all'articolo 1, comma 2, si fa espresso riferimento al fatto che tali commemorazioni debbano essere realizzate per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado e che istituzioni ed enti debbano favorire la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti, in modo da conservare la memoria di quelle vicende,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni possibile iniziativa di competenza finalizzata alla revoca della più alta onorificenza della Repubblica italiana concessa al Maresciallo Tito, anche post mortem, in ragione del fatto che l'insignito si è macchiato di crimini crudeli e contro l'umanità universalmente riconosciuti, anche nella prospettiva di sanare, seppur in parte, la ferita del confine orientale, rendendo il giusto tributo alle migliaia di vittime e di porre rimedio a questa inaccettabile «distorsione»;

2) a promuovere iniziative e commemorazioni volte a celebrare il «Giorno del ricordo», e favorirne la consapevolezza e l'approfondimento storico nella prospettiva di diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado, favorendo altresì la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti volti a conservare la memoria del martirio delle foibe;

3) a privilegiare, sia pur nel rispetto dell'autonomia scolastica, il ricorso a testimonianze rese dai protagonisti di quelle vicende o dagli appartenenti ad associazioni di esuli istriano-giuliano-dalmati, al fine di trasmettere al meglio e conservare la memoria della storia e della tragedia dei confini orientali.
(1-00330) «Meloni, Lollobrigida, Luca De Carlo, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VI e IX,

   premesso che:

    il 10 gennaio 2020 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la lettera con la quale la Commissione europea ha comunicato all'Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 108, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, in relazione all'esenzione dall'imposta sul reddito delle società (Ires) dei porti italiani;

   nello specifico il procedimento è stato avviato sul presupposto che l'esenzione dall'imposta sul reddito delle società delle Autorità di sistema portuale (AdSP) sia in violazione dell'articolo 107 del Tfue in materia di aiuti di Stato;

   in particolare, la Commissione europea invita il Governo italiano a presentare osservazioni in merito alla misura riguardo alla quale è stato avviato il procedimento, entro un mese dalla data della pubblicazione nella Guce, ovvero entro il 10 febbraio 2020;

   la Commissione asserisce che l'esenzione da tale imposta conferisce alle AdSP un vantaggio che può migliorare la loro posizione concorrenziale;

   quanto detto fa seguito ad una decisione adattata l'8 gennaio 2019 dalla Commissione che propone, a norma dell'articolo 22 del regolamento (UE) n. 2015/1589 del Consiglio, opportune misure atte ad abolire la vigente esenzione dell'imposta sulle società per i porti italiani e a garantire che i porti che svolgono attività di natura economica, secondo il diritto europeo, siano assoggettati allo stesso regime di imposta sulle società che si applica alle imprese private;

   con lettera del 7 marzo 2019, l'Italia ha respinto la proposta della Commissione europea, evidenziando che «la maggioranza dei porti italiani è lontana dal competere anche potenzialmente, all'interno dei mercati europei e che la quasi totalità dei porti non gestisce significative relazioni commerciali con l'estero, come emerge dall'analisi dei dati di traffico delle Autorità di sistema portuale». Rilevando altresì come, a differenza dei porti del Nord Europa, tutti concorrenti in ambito comunitario, i porti italiani, in particolare quelli del Mezzogiorno, per la vicinanza al Nord Africa, dove si sta verificando uno sviluppo che segue regole e dinamiche di investimento molto diverse rispetto a quelle stabilite nell'UE, subiscono una spietata concorrenza, anche in ragione della normativa in tema di lavoro che consente di sostenere costi enormemente inferiori a quelli delle imprese operanti in Italia, generando un'asimmetria competitiva molto marcata;

   secondo la legislazione italiana, (legge n. 84 del 1994) e la giurisprudenza in materia, le AdSP sono articolazioni della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 74 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e pertanto sono tenute a pagare l'Irap, contributo regionale sulle attività produttive (aliquota del 3,9 per cento) ma non l'Ires (aliquota ordinaria del 24 per cento). Non svolgono quindi attività commerciali, ma sono enti pubblici non economici che regolamentano e controllano le attività svolte dai soggetti operanti nei porti, i quali, sono invece sottoposti al pagamento delle tasse;

   in tal caso la Commissione europea ritiene che il fatto che le AdSP siano di proprietà pubblica non è sufficiente per concludere che non siano imprese, ritenendo altresì che esse svolgano attività sia di natura economica che non economica;

   nelle sue relazioni annuali al Parlamento, (Senato Doc. XV, n. 41 e n. 91), la Corte dei conti, in merito al controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Civitavecchia e sulla gestione finanziaria relativa all'anno 2017 dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna, ha sottolineato che: «Lo Stato italiano ha sempre ritenuto esenti le attività svolte dagli enti portuali e ciò anche in linea con quanto stabilito dall'articolo 13 della Direttiva 2006/112/CE, che considera esenti le operazioni che gli enti di diritto pubblico esercitano come pubbliche autorità, anche quando tali attività percepiscono canoni o contributi e che, diversamente, sono soggette ad imposta negli altri casi ovvero quando le attività siano svolte dagli Enti portuali come soggetti privati. Gli enti portuali, in definitiva, in quanto pubbliche autorità preposte alla regolazione e tutela di interessi pubblici, non sarebbero soggetti a imposta sul reddito come previsto dalla normativa nazionale (articolo 74 del TUIR) ma alla sola IRAP». Evidenziano inoltre che il consolidarsi della posizione della Commissione europea inciderebbe negativamente sulle spese degli enti portuali e i loro bilanci;

   il sistema portuale italiano rappresenta un universo di cui si parla poco, ma che bastano pochi numeri a definire: più di 100 mila imprese, 85 miliardi di euro di fatturato, il 9 per cento del Pil nazionale, un milione e mezzo di addetti. Nell'insieme si tratta di terminalisti, spedizionieri, corrieri, doganalisti, agenti marittimi, raccomandatari, autotrasportatori, servizi postali privati, operatori dei magazzini e centri di distribuzione che lavorano all'interno dei porti italiani amministrati dal Ministero dei trasporti attraverso le 16 Autorità di sistema;

   la situazione italiana è da ritenersi giuridicamente diversa da quella di altri Paesi: sempre ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, le autorità di sistema portuale danno in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale per l'espletamento delle operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività marittime e portuali. Le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministero. Gli investimenti vengono tutti approvati dal Ministero, così come i bilanci;

   i canoni demaniali, non risultano canoni di locazione, sono stabiliti per legge ed hanno natura di tributo. Il pagamento del canone è una tassa pagata dal concessionario allo Stato, mediante le Autorità di sistema portuale per l'accesso al mercato delle attività economiche portuali, al fine di svolgere operazioni e servizi portuali attraverso l'utilizzo del demanio pubblico. Tale tesi risulta avvalorata dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea – causa C 174/06 CO.GE.P. Srl, nella quale l'equiparazione delle concessioni alle locazioni di beni immobili, si fonda sulla natura giuridica dell'ente concedente, ovvero se l'ente che gestisce i beni del demanio che gli sono affidati, lo fa in nome proprio o lo fa per conto dello Stato. Nel primo caso, la finalità è la massima redditività dell'utilizzo degli spazi portuali, nel secondo caso (cioè nel sistema italiano) la finalità è rivolta al funzionamento dell'ente pubblico preposto allo svolgimento delle funzioni pubblicistiche;

   contrariamente a quanto ritiene la Commissione europea, a giudizio dei firmatari del presente atto le Autorità di sistema portuale non svolgono né servizi portuali, né servizi cosiddetti tecnico-nautici (pilotaggio, rimorchio, ormeggio), tali servizi sono sottratti alle competenza delle AdSP, rientrando nelle attribuzioni delle capitanerie di porto – Guardia costiera, quali strutture dirette del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegnano il Governo

ad intervenire, nelle opportune sedi comunitarie, a partire già dalla prossima riunione informale del Consiglio trasporti del 10 e 11 marzo 2020, affinché si giunga ad una revisione degli orientamenti adottati dalla Commissione, in particolare dalla Direzione generale concorrenza, sulla questione di cui in premessa, in considerazione della consolidata posizione assunta dall'Italia in merito al regime in esenzione fiscale degli enti portuali dall'imposta sul reddito delle società, in quanto pubbliche autorità preposte alla regolazione e tutela di interessi pubblici, come previsto dalla normativa nazionale (articolo 74 del TUIR) ed in linea con quanto stabilito dall'articolo 13 della direttiva 2006/112/CE.
(7-00410) «Ficara, Martinciglio, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'Agenas, istituita ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, realizza, a supporto del Ministero della salute e delle regioni e delle province autonome, un sistema di analisi e monitoraggio delle performance del servizio sanitario regionale che segnali, in via preventiva, attraverso un apposito meccanismo di allerta, eventuali e significative problematiche delle componenti economico-gestionali, organizzative, finanziarie e contabili, clinico-assistenziali, di efficacia clinica e dei processi diagnostico-terapeutici, della qualità, della sicurezza e dell'esito delle cure, nonché dell'equità e della trasparenza dei processi;

   all'Agenas, alla quale è affidato, altresì, il compito di monitorare l'omogenea realizzazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, dal novembre 2017 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, risulta nominato componente del Consiglio di amministrazione il dottor Enrico Coscioni, consigliere del presidente della regione Campania non più sottoposta a commissariamento anche per effetto di positivi riscontri della gestione del servizio sanitario regionale e dell'analisi di monitoraggio realizzate proprio da Agenas;

   il componente in parola dirige dal gennaio 2018 la seconda UOC di cardiochirurgia istituita con atto aziendale del 2017 presso un'azienda ospedaliera di rilievo nazionale (Aorn), la S. Giovanni di Dio e Ruggi di Aragona di Salerno che, essendone già dotata, aveva già soddisfatto il fabbisogno stabilito con decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70;

   pertanto a far data dal 22 gennaio 2018 (Del. DG n. 29) il dottor Coscioni, già componente del Consiglio di amministrazione di Agenas, nonché consigliere del presidente della regione, ha assunto l'incarico di direttore della suddetta Uoc;

   il 21 gennaio il direttore generale dell'Asl NA1 Centro, con delibera n. 35, ha adottato un Protocollo di intesa tra Asl NA1 e AO di Salerno con cui le stesse si impegnano di comune accordo la effettuazione di consulenze cardiochirurgiche per pazienti ricoverati presso l'unità operativa complessa cardiologia con Utic dell'ospedale del Mare avvalendosi della professionalità e competenza del direttore della UOC di cardiochirurgia dottor Enrico Coscioni dell'azienda ospedaliera Ruggi;

   presso l'Aorn salernitana si sta procedendo alla separazione fisica delle cardiochirurgie in ambienti diversi con il reclutamento di personale medico ed infermieristico sottratto, con ordini di servizio, alle altre unità operative;

   i volumi delle prestazioni sanitarie svolte dalle due cardiochirurgie dovrebbero essere adeguate ai valori previsti dal programma nazionale esiti (PNE) di Agenas;

   in regione Campania, per effetto delle verifiche trimestrali effettuate con i Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute, sono state attestate progressivamente il miglioramento delle attività contabili e sanitarie con il conseguimento di una consolidata stabilizzazione contabile ed una marcata crescita per gli indicatori che misurano i processi assistenziali;

   la stessa regione Campania ha preso atto e recepito il «Piano triennale 2019-2021 di sviluppo e riqualificazione del Servizio sanitario campano ex articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191», approvato con DCA n. 94 del 21 novembre 2019, ai fini dell'uscita dal commissariamento;

   in seguito a numerosi incontri e riunioni delle strutture ministeriali competenti e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la regione Campania ha ricevuto pareri favorevoli alla delibera di giunta regionale della Campania n. 586 del 21 novembre 2019 ai fini dell'uscita dal commissariamento;

   il Ministero della salute, nell'ambito del sistema di valutazione della sanità, si avvale proprio di Agenas per il monitoraggio e l'analisi della spesa sanitaria in rapporto alle prestazioni erogate e alle principali variabili che la influenzano, ossia qualità, efficienza ed equità, tenendo conto del profilo di garanzia, di equità e valutazione delle performance organizzative, affinché siano uniformemente ed equamente assicurati su tutto il territorio;

   il programma nazionale di valutazione esiti (Pne) è un'attività istituzionale del servizio sanitario nazionale che Agenas svolge per conto del Ministero della salute, in collaborazione con le regioni, sulle prestazioni erogate dalle strutture ospedaliere pubbliche e private –:

   se il Governo sia a conoscenza delle funzioni svolte e degli incarichi assunti in regione Campania dal componente del Consiglio di amministrazione di Agenas, dottor Enrico Coscioni;

   se il Governo non ritenga necessario, anche alla luce delle considerazioni esposte, valutare se sussistono i presupposti per assumere le iniziative di competenza volte a sollevare dall'incarico il componente in parola alla luce di quello che appare all'interpellante un palese conflitto di interesse;

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a un'approfondita revisione dei dati e degli elementi valutativi sulla base dei quali è stata delineata l'uscita dal commissariamento della regione Campania.
(2-00641) «Pentangelo».

Interrogazioni a risposta orale:


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, CAPITANIO, CECCHETTI, COLLA, COVOLO, DONINA, GALLI, GARAVAGLIA, GERARDI, GIACOMETTI, GUIDESI, GUSMEROLI, MACCANTI, MORELLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER, RIXI, SALTAMARTINI, TARANTINO, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto e come risultante dagli elenchi pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze in ossequio al n. 33/2013, sono in scadenza gli incarichi dei consiglieri di amministrazione e dei membri dei collegi sindacali delle più importanti società direttamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, tra cui: INVITALIA, CONSlP, ENAV, ENEL, ENI, LEONARDO, POSTE ITALIANE, MPS, nonché di numerose importanti società indirettamente partecipate, tra le quali FINTECNA, TERNA, ANAS, RFI, GME;

   tali incarichi, il cui conferimento si risolve in un atto di alta amministrazione, sono nondimeno caratterizzati dall'esigenza di selezionare soggetti dotati, oltre che dei requisiti di onorabilità previsti dalla normativa, delle più idonee doti manageriali in relazione alla natura fortemente tecnica che caratterizza l'azione e le finalità istituzionali di tali società;

   la selezione di soggetti con il necessario bagaglio tecnico ed esperienziale è tanto più importante in ragione del carattere strategico di tali assets, che giustifica, difatti, il mantenimento della partecipazione pubblica secondo le norme del decreto legislativo n. 175 del 2016;

   la necessaria predeterminazione dei criteri e delle modalità di nomina è stata oggetto dapprima della direttiva ministeriale del 24 giugno 2013 e poi della direttiva del 16 marzo 2017, la cui adozione si è resa necessaria a fronte delle innovazioni recate dal già citato decreto legislativo n. 175 del 2016 in materia di organi delle società pubbliche e dal decreto legislativo n. 97 del 2016 inerente agli obblighi di trasparenza in capo alle amministrazioni;

   la direttiva del 2017, in ossequio a una prassi già emersa in precedenza, conferma la necessità, da parte del dipartimento del tesoro (nella veste di organo investito delle competenze concernenti l'esercizio dei diritti dell'azionista), di avvalersi «del supporto di una o più società specializzate nella ricerca e selezione di top manager, principalmente per la messa a disposizione di data base di profili manageriali nonché per l'attività di assessment e comparazione delle competenze necessarie a ricoprire la carica»;

   tali società, cosiddette «head hunters», concorrono «allo svolgimento di un'istruttoria di carattere qualitativo e attitudinale al fine di individuare potenziali candidati alla carica» i cui profili sono poi sottoposti al Ministro unitamente ad una «relazione di sintesi che illustri i profili dei candidati, anche in relazione alle specifiche caratteristiche della singola società, nonché la sussistenza dei requisiti di eleggibilità»;

   tali società devono essere selezionate nel pieno rispetto delle norme di cui al codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016);

   nell'ambito dell'ultima «tornata di nomine», la selezione degli head hunters ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a) del codice è stata avviata il 6 febbraio 2017 mediante invito a presentare un'offerta indirizzato ad operatori previamente individuati –:

   se si intenda procedere anche in quest'occasione in ossequio alla direttiva del 16 marzo 2017 che prevede la necessaria selezione di head hunters qualificati;

   se sia stato avviato il procedimento di selezione degli head hunters e, in tal caso, se si stia procedendo all'affidamento diretto del servizio o se, invece, l'affidamento del servizio sia già avvenuto e in che modalità;

   quali criteri dovranno osservare gli head hunters nello svolgimento della propria funzione di ausilio istruttorio e se e quali siano gli atti di indirizzo adottati o che si intende adottare nei confronti degli head hunters previamente selezionati;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare affinché risulti ulteriormente rafforzata la trasparenza del procedimento di nomina dei soggetti che andranno a ricoprire gli incarichi nell'ambito degli organi sociali delle società partecipate interessate.
(3-01305)


   BRUNO BOSSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con legge regionale n. 37 del 10 dicembre 1996 la regione Calabria ha istituito il Centro regionale di neurogenetica con sede in Lamezia Terme (CZ);

   il centro ha come campo di intervento lo studio, la ricerca e l'assistenza delle patologie ereditarie del sistema nervoso;

   all'interno del centro opera l'Arn (Associazione per la ricerca neurogenetica Onlus) che collabora con la struttura pubblica alle dipendenze dell'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro;

   nel corso degli ultimi anni il centro, con il supporto significativo dell'Arn e la direzione della sua responsabile, dottoressa Amalia Bruni, ha raggiunto livelli di vera eccellenza soprattutto nel campo della ricerca sull'Alzheimer, creando un virtuoso esempio di collaborazione tra pubblico e privato che ha pochi eguali nel Mezzogiorno;

   il centro, infatti, è oggi all'avanguardia della ricerca nazionale e internazionale nel campo delle malattie del sistema nervoso e, in particolare, dell'Alzheimer;

   la giunta regionale della Calabria ha stanziato dal 2016 al 2019, il finanziamento che ha consentito al centro di poter operare;

   tale finanziamento è stato erogato alla competente Asp di Catanzaro che pare abbia bloccato l'erogazione delle risorse;

   come è noto l'Asp di Catanzaro è stata commissariata per infiltrazioni mafiose dal Consiglio dei ministri nel settembre del 2019;

   come denunciato dalla dottoressa Bruni sulla stampa nazionale e locale dal 1° marzo 2020 il centro sarà costretto a licenziare molti suoi addetti per mancanza di finanziamenti;

   appare evidente che, senza un intervento tendente a garantire al centro le risorse necessarie al suo funzionamento, questo sarà costretto a chiudere con grande dispersione di risorse e di competenze professionali e umane che, in questi anni, hanno garantito eccellenza nel campo della ricerca medica –:

   per quali ragioni si sia venuta a verificare la mancanza di risorse finanziarie necessarie al funzionamento del centro;

   se su queste ragioni abbiano influito decisioni assunte dalla gestione commissariale dell'Asp di Catanzaro;

   se la situazione di evidente difficoltà amministrativa venutasi a creare nella competente Asp di Catanzaro in seguito al suo commissariamento e le notorie criticità che si sono manifestate in seguito all'ormai decennale commissariamento della sanità in Calabria abbiano avuto influenza sulla recente mancata erogazione delle risorse necessarie al funzionamento del centro;

   quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario in Calabria, generale Saverio Cotticelli, per scongiurare la chiusura del centro;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per scongiurare la chiusura del centro regionale di neurogenetica di Lamezia Terme e la conseguente dispersione di risorse e competenze umane che, in questi anni, hanno costituito una punta avanzata della ricerca medica italiana.
(3-01307)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIBOLLA e BELOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 7 febbraio 2020, presso il teatro civico del comune di Dalmine, in provincia di Bergamo, Anpi, Arci, Cgil, Acli e Il Porto hanno organizzato una serata dedicata al Giorno del Ricordo, patrocinata dal comune, salvo poi doversi dissociare pubblicamente, il giorno successivo, dalle tesi negazioniste esposte durante la serata;

   l'amministrazione comunale, infatti, si legge sulla pagina Facebook del comune, ha concesso il patrocinio «sulla scorta della garanzia — riportata sulla locandina dell'evento — che si sarebbe trattato di un evento senza strumentalizzazioni politiche, basato su dati storici. Al contrario, durante la serata, sono state esposte tesi, che si configurano come negazioniste»;

   a sollevare le critiche è stato l'intervento introduttivo di Grazia Milesi, membro dell'Anpi Alto Sebino, allo spettacolo teatrale «Quando il sommacco diventa rosso. Lettere da Pola», tratto dal libro di Fulvia Giusti, che avrebbe dovuto inquadrare dal punto di vista storico quello che poi sarebbe andato in scena sul palco e che, invece, ha comportato l'abbandono della sala da parte dell'assessore comunale alla Pubblica istruzione, Gianluca Iodice, e le contestazioni di alcuni dei presenti, tra cui i membri dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che hanno contestato Milesi con toni aspri anche in diretta;

   in sintesi, ha scritto il comune, le conclusioni della Milesi sono state le seguenti: «gli infoibati e gli esuli Italiani giuliano-dalmati se la sono meritata perché erano tutti fascisti, in realtà i numeri divulgati sono gonfiati, gli esuli hanno scelto liberamente di andarsene dalle loro terre per cogliere un'opportunità nella Repubblica Italiana, e il Giorno del Ricordo è stato istituito sulla base di bugie e come rivalsa nei confronti del Giorno della Memoria. Tesi che si configurano come negazioniste e quindi inaccettabili. Il Giorno del Ricordo non può essere sovvertito affermando che esso sia basato su una bugia»;

   la Milesi, il giorno dopo, ha spiegato al giornale locale che «in piena coscienza posso dire di aver fatto un resoconto storico», traendo spunto dalla relazione italo-slovena, che ha lavorato alla questione del confine orientale dal 1993 al 2001, dai lavori pubblicati dall'Anpi e dai lavori del gruppo di resistenza storica che porta avanti da anni studi sulla questione, ma c'è un'ampia letteratura che tratta la cosa in questo modo; «La negazionista non sono io: se i fatti non coincidono con una certa interpretazione non possiamo non vederli o ignorarli»;

   al momento non è nota agli interroganti una posizione ufficiale da parte degli organizzatori della serata anche se ambienti loro vicini parlano di un incontro chiarificatore in programma in settimana;

   tale evento, ad avviso degli interroganti, assume una maggiore rilevanza se associato agli altri episodi similari che si sono verificati in questi giorni anche in altri comuni italiani, soprattutto dopo i recenti fatti di cronaca di Udine, dove dei vandali hanno imbrattato la targa in memoria dei martiri delle foibe –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se ritenga di adottare ogni utile iniziativa di competenza, se del caso attraverso una circolare esplicativa, affinché il Giorno del ricordo non si trasformi annualmente in un'occasione per negare quanto accaduto nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945, ma per rinnovare, invece, la memoria di una grande tragedia italiana.
(4-04704)


   GAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in un momento storico in cui in tutto il mondo le politiche ambientali diventano centrali e in Europa si discute di importanti finanziamenti per favorire investimenti a favore delle imprese maggiormente in difficoltà per riconvertirle in chiave green, in Italia il Ministero preposto alla guida delle buone pratiche per la tutela dell'ambiente resta bloccato tra incertezze amministrative e riorganizzative, mentre crescono i problemi sul territorio, tra emergenze incendi nella «terra dei fuochi», emergenza bonifiche e risanamento ambientale di Taranto, emergenza sanitaria nella gestione di rifiuti di Roma e di Napoli;

   tutti i sindacati dei lavoratori e delle lavoratrici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno dichiarato lo stato di agitazione, in modo unitario, per denunciare il mancato interesse da parte del Ministro e del Gabinetto per la risoluzione dei loro problemi e il rispetto dei loro diritti;

   in una lettera aperta al Ministro e al personale, i sindacati denunciano il mancato aumento del fondo per le risorse decentrate e l'indennità di amministrazione, la mancata manutenzione della sede ministeriale che genera problemi di sicurezza per gli impianti elevatori, non garantisce l'accessibilità ai disabili e obbliga i lavoratori a lavorare in abbienti non opportunamente riscaldati, l'instabilità nel prosieguo dell'azione amministrativa a causa del continuo cambio dei vertici delle direzioni generali, il mancato confronto o la mancata informazione diretta alle organizzazioni sindacali sulla riorganizzazione del Ministero;

   in merito alla riorganizzazione del Ministero, la lettera critica il disfacimento, mediante soppressione, del segretariato generale e la creazione di un numero sproporzionato di posizioni dirigenziali, ossia due dipartimenti, otto direzioni generali, quarantotto posizioni dirigenziali di seconda fascia, per la maggior parte ancora solo potenziali, il tutto per governare un'amministrazione centrale di appena 462 persone presenti, con una media di un dirigente per meno di dieci unità;

   i sindacati lamentano condizioni di lavoro del personale inidonee per l'assoluta mancanza di mezzi e delle più elementari garanzie di sicurezza e di serenità, nonché per la mancanza di un dialogo costruttivo con il Capo di Gabinetto del Ministro –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa ed in particolare per dare risposte certe alle rivendicazioni dei dipendenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(4-04705)


   ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni, in riferimento al dramma delle Foibe e degli esuli giuliano – dalmati, gli episodi giustificazionisti o negazionisti risultano essere numerosi, diffusi e reiterati in tutto il territorio nazionale;

   numerose sono state le manifestazioni di odio nei confronti di questa tragedia italiana: contromanifestazioni che avevano l'intento di impedire il giusto ricordo; la distruzione o l'imbrattamento di lapidi erette in luoghi simbolo (come recentemente accaduto a Pomezia e a Massa Carrara), aventi lo scopo di attribuire la giusta importanza al dramma di nostri connazionali per troppo tempo dimenticati;

   in più occasioni sedi territoriali dell'Anpi hanno «attentato» alla dignità e all'onore degli infoibati e degli esuli italiani con dichiarazioni, ad avviso dell'interrogante, giustificazioniste o negazioniste e offrendo ricostruzioni storiche surreali. Ad esempio, l'Anpi di Lecce nei giorni scorsi ha definito la medaglia d'oro Norma Cossetto, giovane studentessa universitaria istriana uccisa da partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani, come «presunta vittima delle foibe»;

   recentemente il vignettista Vauro Senesi in occasione del Giorno del ricordo si è scagliato contro lo stesso definendolo come «trucido strumento di propaganda sovranista». Lo stesso vignettista nella medesima dichiarazione è arrivato ad attaccare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per aver parlato di «crimini di guerra» e non delle «angherie fasciste» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché venga salvaguardata al meglio l'applicazione della legge 30 marzo 2004, n. 92, volta a conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo dalle loro terre, alla luce di episodi di giustificazionismo o di mero negazionismo come quelli evidenziati in premessa.
(4-04706)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a oltre quattro mesi dall'apertura dell'anno scolastico nei Paesi europei, si susseguono le notizie riguardanti il mancato arrivo di docenti negli istituti e nei corsi che offrono l'insegnamento della lingua e della cultura italiana, spesso in scuole nelle quali la formazione in italiano è affiancata a quella in altre lingue;

   dopo i casi richiamati dalle associazioni dei genitori per il liceo internazionale Honoré de Balzac di Parigi, analoghe segnalazioni riguardanti ritardi nell'assegnazione degli insegnanti di ruolo, con la conseguente perdita di settimane di insegnamento programmate per centinaia di studenti, sono giunte da parte delle associazioni dei genitori della sezione italiana della Cité Scolaire Internationale di Lione e delle sezioni italiane delle scuole internazionali di Sophia Antipolis – Valbonne;

  tali circostanze, oltre a destare legittime preoccupazioni e proteste tra le famiglie interessate, pregiudicano non poco l'immagine dell'Italia che, proprio nel campo della lingua e della cultura italiana, dovrebbe trovare una delle chiavi più efficaci della sua proiezione nel mondo;

   le vicende richiamate sono accadute anche lo scorso anno, in fase di prima applicazione del decreto n. 64 del 2017, che ha sancito il passaggio al Ministero dell'istruzione del compito dell'emanazione dei bandi per la formazione delle graduatorie del contingente di personale scolastico da inviare all'estero, e si sperava che il tempo trascorso potesse essere stato sufficiente per la messa a regime del nuovo sistema –:

   se non ritengano di adottare iniziative, con estrema urgenza, per superare le difficoltà denunciate ancora a metà dello svolgimento dell'anno scolastico e fornire, in pari tempo, un quadro generale della sistemazione del contingente scolastico all'estero, allo scopo da avere una rappresentazione organica e realistica della situazione complessiva;

   se non ritengano necessario adottare le iniziative di competenza per riconsiderare la scelta di dividere tra Ministero dell'istruzione e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il contingente di personale che in passato provvedeva presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a tale incombenze, dove aveva acquisito una notevole professionalità in materia, e promuovere la revisione di questo aspetto del decreto n. 64 del 2017, ricollocando presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale l'intero ciclo delle operazioni e dotando tale struttura di personale adeguato al compimento di un impegno così delicato ai fini del corretto svolgimento dell'anno scolastico.
(5-03559)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra i compiti istituzionali della direzione generale di commissariato e di servizi Generali del Ministero della difesa vi è quello di garantire il servizio di trasporto aereo del personale del medesimo Ministero in ambito nazionale e internazionale; per l'affidamento del servizio in questione – a fronte di uno stanziamento, almeno per l'anno 2018, di complessivi euro 10.600.000,00 – in data 14 giugno 2017, la citata direzione ha indetto una gara a procedura aperta, in ambito comunitario, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e di cui è risultata aggiudicataria la società Meridiana Fly spa, con la quale è stato pure stipulato il contratto n. 683 del 5 dicembre 2017; dal marzo 2018, la denominazione sociale della società Meridiana Fly spa è stata modificata in Air Italy spa ed, essendo risultato invariato l'intero assetto societario, si è disposto – in applicazione dell'articolo 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016 – il prosieguo dell'esecuzione contrattuale del medesimo servizio di trasporto aereo da parte della società Air Italy spa;

   in data 19 novembre 2018, con delibera del direttore generale di commissariato e di servizi generali, 2° reparto – III divisione, del Ministero della difesa, contraddistinta con il n. 3/1/378/2018, è stata autorizzata la stipula con la Società Air Italy spa dell'atto aggiuntivo al citato contratto n. 683, al fine di incrementare di euro 1.000.000,00, il valore presunto del servizio in questione per l'anno di riferimento;

   pur risultando il contratto in questione ancora in essere, la compagine societaria della Air Italy spa nella giornata dell'11 febbraio 2020, ha disposto la liquidazione della società a fronte dell'ennesimo disavanzo registrato nel 2019, pari a circa a 200 milioni di euro e, da quel che risulta, la medesima società, a decorrere dal 25 febbraio, non opererà più alcun volo; la liquidazione della società potrebbe determinare l'interruzione del servizio in questione assolutamente necessario per l'attività del personale del Ministero della difesa –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare il blocco del servizio in questione, garantendo, se del caso, la prosecuzione dell'esecuzione del contratto in essere con la stessa società Air Italy spa.
(3-01303)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   MARIA TRIPODI e NEVI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il polo di mantenimento delle armi leggere (Pmal) ha il compito di assicurare l'efficienza di materiali, mezzi e equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e ai Corpi armati dello Stato, con particolare riferimento alle armi leggere, alle protezioni balistiche individuali e veicolari, agli strumenti verificatori e alle attrezzature balistiche in genere;

   il Pmal si inserisce, dunque, a pieno titolo nell'odierno panorama logistico/produttivo relativo all'armamento leggero e si confronta con le più importanti realtà produttive italiane e straniere;

   come sollevato dalle rappresentanze sindacali unitarie e dalle maggiori organizzazioni sindacali, sembrerebbe che il Pmal sia costretto a rinunciare a importanti commesse di lavoro a seguito della gravissima carenza di personale, valutabile fin da ora in oltre cento unità;

   nello specifico, senza adeguate e immediate misure volte ad assicurare in tempi brevissimi un corposo e straordinario piano di assunzioni, comprendente anche la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato o in somministrazione, in pochi mesi verranno vanificate le potenzialità tecnico industriali di un ente che ha caratterizzato da quasi 150 anni lo sviluppo demografico sociale ed economico dell'intero territorio ternano;

   a ciò si aggiunga che l'inesorabile perdita di know how del polo, cui è attribuita la manutenzione a livello nazionale delle armi leggere, individuali e di squadra dell'Esercito, produrrà pericolosi effetti e gravi ricadute, in termini strategici ed economici, sul sistema difesa del Paese e sulla sicurezza delle migliaia di militari che operano nelle varie missioni militari, di polizia e peacekeeping, in Italia e all'estero;

   nonostante la grave crisi che sta colpendo il polo di Terni e gli impegni assunti dal Ministro interrogato che nel mese di ottobre 2019, facendo visita al polo di Terni avrebbe confermato la volontà di procedere alle assunzioni per il 2019, allo stato attuale non è stata ancora intrapresa alcuna iniziativa concreta;

   ad avviso degli interroganti, quanto appena riportato rappresenterebbe un grave danno per lo sviluppo della città di Terni nonché una perdita di importantissime professionalità per il Paese –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di salvaguardare il polo di mantenimento delle armi leggere di Terni e, al tempo stesso, garantire in modo sistemico una migliore e più efficace gestione e funzionalità di tale particolare tipologia di siti, attraverso procedure meno rigide, rispetto alle attuali, nell'assunzione del personale e in sinergia con le aziende del settore.
(5-03580)


   GALANTINO, DEIDDA e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   ad avviso degli interroganti il personale cosiddetto «ex legge n. 958 del 1986» è vittima di una gravissima disuguaglianza, o sperequazione, in violazione dei princìpi costituzionali;

   in particolare, risulta che un numeroso gruppo di arruolati con la citata legge n. 958 del 1986 sia stato iniquamente escluso dal concorso straordinario per marescialli, che prevedeva l'ingresso dei primi tre concorsi, escludendo gli altri partecipanti ai concorsi successivi indetti dall'Amministrazione della difesa;

   il decreto legislativo n. 94 del 2017, non ha predisposto alcuna tutela alla suddetta categoria che resta ancora lesa nei propri interessi legittimi e diritti soggettivi, in violazione dei principi costituzionali –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda intraprendere per garantire uguaglianza in favore di tutti gli assunti ai sensi della legge n. 958 del 1986 e di fatto sperequati.
(5-03581)


   PAGANI, DE MENECH e FRAILIS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 2 della legge 2 ottobre 1967 n. 895 la detenzione di bossoli, anche se esplosi, relativi alla munizione di guerra, non essendo necessario che si tratti di munizioni atte all'impiego, dovendosi invece considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione, è configurata come un reato;

   recentemente la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4178, depositata il 31 gennaio 2020 ha confermato una condanna inflitta nei precedenti gradi di giudizio, nei confronti di persone che detenevano bossoli della fattispecie sopra indicata;

   va considerato che tale detenzione spesso esprime un semplice motivo affettivo come ricordo di situazione addestrative e il bossolo stesso non è in alcun modo riutilizzabile –:

  quali siano, per quanto di competenza, gli orientamenti del Ministro interrogato in ordine alla disciplina vigente.
(5-03582)


   FERRARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dinanzi alle Commissioni difesa di Camera e Senato, il Ministro interrogato preannunciato l'intenzione di incrementare la presenza italiana nello stretto di Hormuz, «le cui acque rappresentano un interesse strategico per la nostra economia»;

   la crescente assertività iraniana nella zona ha portato gli Stati Uniti al tentativo di coinvolgere gli alleati su una missione di pattugliamento condiviso, alla quale ha risposto solo il Regno Unito, aderendo all'operazione Sentinel a guida statunitense;

   la Francia ha pianificato un intervento simile e la Difesa italiana sta partecipando ai relativi incontri preparatori, ritenendola coerente con la posizione nazionale –:

   quali siano i motivi che spingono il Ministro interrogato a pianificare un'ulteriore missione internazionale con la Francia nell'area dello Stretto di Hormuz, considerata sia la grave crisi libica, che riguarda direttamente il nostro Paese, sia il fatto che l'Italia partecipa già alla missione Atalanta e che è già in atto la missione Sentinel.
(5-03583)


   D'UVA e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Marina militare è impegnata in numerose e importanti missioni internazionali. Tra queste, «Mare sicuro», «Eunavfor Med – operation Sophia», «Atalanta», fondamentali non solo per la difesa e la sicurezza nazionale, ma anche per sottolineare in Europa la presenza dell'Italia nel Mediterraneo;

   nonostante gli ottimi risultati ottenuti con le citate missioni, l'attuale forza di 29 mila uomini e donne non risulta sufficiente e, per numero di equipaggi, la Marina militare italiana presenta il valore minimo in tutta l'Unione europea tra le tre Forze armate;

   la situazione, allarmante per il grado di stress a cui sono sottoposti i militari italiani in mare, impone una seria riflessione, non solo sugli obiettivi generali sulle Forze armate, previsti dalla legge 31 dicembre 2012, n. 244, che prevede la riduzione fino a 150.000 unità di personale militare delle tre Forze armate entro il 2024, ma anche sulla percentuale di organico militare da assegnare alla Marina;

   infatti, per il ruolo strategico che questa Forza armata attualmente assume per la sicurezza del Mediterraneo, sarebbe necessario portare i suoi effettivi almeno a 30 mila unità, in modo da consentire al personale impegnato in lunghe missioni e navigazioni, di avere tempi di ripresa e non dover esser rimbarcati immediatamente in altre missioni in mare –:

   se intenda intraprendere iniziative di competenza volte a una rimodulazione della percentuale di unità di personale militare in dotazione alla Marina militare.
(5-03584)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CATTANEO, BERGAMINI, GIACOMONI, MARTINO, BARATTO, ANGELUCCI, GIACOMETTO e PORCHIETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella recente edizione di «Telefisco 2020» svolta il 30 gennaio 2020 l'Agenzia delle entrate ha affermato che i corsi svolti dalle scuole guida ai fini dell'ottenimento delle patenti di categoria «A» sono soggette all'imposizione ai fini Iva;

   l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate appare in evidente contrasto con la normativa vigente, come da ultimo modificata dall'articolo 32 del decreto-legge n. 124 del 2019 (cosiddetto decreto fiscale), come convertito dalla legge n. 157 del 2019;

   la novella apportata dall'articolo 32 del decreto-legge n. 124 del 2019, all'articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 esclude dal regime di esenzione Iva il solo insegnamento della guida automobilistica finalizzata al conseguimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1;

   il fatto che il legislatore abbia voluto escludere dal regime di esenzione Iva le sole lezioni per il conseguimento delle patenti di guida B e C1, mantenendo invece invariato il regime di esenzione per le altre lezioni impartite dalle scuole guida, quali quelle per il conseguimento della patente A, risulta evidente sia dalla lettera della norma dell'articolo 32 del decreto-legge n. 124 del 2019, come convertito dalla legge n. n. 157 del 2019, sia dagli atti parlamentari relativi all'esame e alle modifiche apportate al predetto articolo nel corso dell’iter svolto in prima lettura presso la Camera dei deputati –:

   se, alla luce della normativa vigente, gli insegnamenti per l'ottenimento delle patenti di categoria «A» debbano considerarsi esenti dall'imponibilità IVA.
(5-03574)


   FRAGOMELI, UBALDO PAGANO, BURATTI, ROTTA e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 692, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, una nuova causa di esclusione dall'applicazione del regime forfettario destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni, previsto dall'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

   in particolare viene ripristinata l'esclusione dal regime forfettario dei soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l'importo di 30.000 euro, stabilendo che la verifica di tale soglia risulta irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato;

   in base alla letterale formulazione della norma, questa causa ostativa deve essere valutata sulla base dei redditi percepiti nell'anno precedente l'utilizzo del regime, cosicché la percezione nel 2019 di redditi di lavoro dipendente di ammontare superiore a 30.000 euro determinerebbe la fuoriuscita dal regime già dal 2020;

   restano dubbi sulla decorrenza dei nuovi limiti per l'accesso o permanenza nel regime forfettario e sarebbe quindi opportuno un chiarimento da parte dell'Agenzia delle entrate per aiutare i titolari di partita Iva a scegliere il corretto regime fiscale da adottare nel 2020;

   oltre alla definizione dell'entrata in vigore della citata norma è utile valutare la possibilità di concedere margini di flessibilità per l'accesso al regime forfettario, a tal fine considerando l'applicazione di tale regime anche per coloro che nel complesso percepiscono nell'anno un ammontare di redditi, sia da lavoro dipendente e assimilati, sia da attività professionale, non eccedente il massimo di euro 95.000, che attualmente equivale alla somma dei vigenti limiti di 65.000 euro di redditi professionali e 30.000 di redditi da lavoro dipendente e assimilati;

   tale opzione, oltre a contrastare l'evasione fiscale, concederebbe a molti professionisti, anche in pensione, la possibilità di proseguire l'attività professionale in maniera marginale, offrendo sul mercato prestazioni consulenziali comunque utili all'accrescimento del know-how e al passaggio generazionale delle conoscenze –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato circa la possibilità di introdurre margini di flessibilità al regime forfettario concedendo l'accesso anche ai professionisti già pensionati che non superano nel complesso «quota 95» ovvero qualora il totale dei redditi da pensione e dei redditi professionali percepiti nell'anno non superi i 95.000 euro, con un limite massimo di reddito da pensione comunque non eccedente i 40.000 euro, a tal fine anche fornendo una stima dell'onere.
(5-03575)


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli Eltif - European Long Term Investments Funds costituiscono un importante strumento finanziario teso a supportare le piccole e medie imprese;

   trattasi di un nuovo prodotto affacciatosi sul mercato del risparmio italiano di recente, ovvero fondi di natura chiusa introdotti da un regolamento comunitario del 2015 (regolamento Ue 2015/760), che mirano ad avvicinare i risparmiatori retail italiani all'investimento illiquido, così da rappresentare per le piccole e medie imprese startup un canale di finanza alternativo a quello bancario;

  l'articolo 36-bis del decreto-legge 34 del 2019, cosiddetto decreto crescita, si ricorda, ha introdotto, in via sperimentale per l'anno in corso, un regime fiscale speciale per l'investimento negli Eltif o fondi di Eltif, subordinatamente al rispetto di alcune specifiche condizioni espressamente indicate;

   il comma 8 del citato articolo demanda, poi, ad un decreto del Ministero dell'economia e finanze le modalità attuative della disciplina ivi prevista ed il successivo comma 10 subordina l'efficacia del regime speciale all'autorizzazione della Commissione europea –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per dare seguito all'attivazione delle deduzioni di capital gain sugli Eltif e, in particolare, se sia stata avviata la richiesta di autorizzazione di cui al comma 10 dell'articolo 36-bis citato in premessa e a che punto sia l’iter del relativo decreto ministeriale, considerato che la norma è sperimentale per il solo 2020 e l'anno è già iniziato.
(5-03576)


   CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Smart&Start Italia è uno strumento agevolativo istituito con decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014 e successive modificazioni e integrazioni, finalizzato a promuovere, su tutto il territorio nazionale, le condizioni per la diffusione di nuova imprenditorialità e sostenere le politiche di trasferimento tecnologico e di valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata;

   nel suindicato decreto, l'articolo 11 rubricato «cumulo delle agevolazioni» dispone che: «Le agevolazioni di cui al presente decreto non sono cumulabili con altre agevolazioni concesse al soggetto beneficiario, anche a titolo di de minimis, laddove riferite alle stesse spese ammissibili» fatta salva, nel rispetto dell'articolo 8 del regolamento di esenzione, la garanzia rilasciata dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con il quale l'impresa ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza dover concedere garanzie aggiuntive sugli importi garantiti dal Fondo, che non offre comunque contributi in denaro;

   la circolare esplicativa n. 68032 del 10 dicembre 2014, aggiornata con le modifiche successivamente apportate dalla circolare del Ministero dello sviluppo economico n. 102159 del 14 febbraio 2018, all'articolo 16 non risulta esaustiva in merito alla cumulabilità delle agevolazioni introdotte dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014 con altri incentivi e/o benefici;

   i commi da 198 a 209 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 «legge di Bilancio per il 2020» introducono la rinnovata disciplina del credito d'imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative;

   risulta evidente che detto credito d'imposta disciplinato nella legge di bilancio 2020 sia cumulabile con altre agevolazioni –:

   se ritenga di adottare iniziative per chiarire la possibilità per imprese start-up e piccole e medie imprese di cumulare le agevolazioni derivanti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014, così come successivamente modificato ed integrato, con il credito d'imposta introdotta e disciplinato dalla legge n. 160 del 27 dicembre 2019 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 2019.
(5-03577)


   OSNATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 23 del 2011 ha previsto la possibilità per il proprietario/locatore di unità immobiliare abitativa di optare per un particolare regime di tassazione, mediante l'applicazione di un'imposta proporzionale sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, delle relative addizionali, dell'imposta di registro, dell'imposta di bollo sul contratto di locazione, sulle risoluzioni e sulle proroghe;

   va evidenziato che la cosiddetta «cedolare secca» è attivabile al ricorrere di due requisiti: il requisito oggettivo, ovvero l'uso abitativo dell'immobile, e il requisito soggettivo, ovvero il locatore non deve agire nell'esercizio di un'attività di un'impresa o professione;

   le disposizioni normative e le successive specificazioni nulla dispongono riguardo alla figura del conduttore;

   l'Agenzia delle entrate estende, a giudizio dell'interrogante arbitrariamente, le restrizioni previste per il locatore anche al conduttore (circolare dell'agenzia delle entrate 26/E/2011);

   questa interpretazione ha già fatto soccombere l'Agenzia delle entrate in diversi procedimenti (ad esempio: Commissione tributaria regionale Lombardia, sez. XIX n. 754-27/2/2017, Commissione tributaria regionale Perugia n. 117-16/2/2018, Commissione tributaria regionale Perugia, sez. I, n. 370-24/10/2017) –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per dare certezze al cittadino, tutelandolo nell'applicazione chiara della norma rispetto a quello che all'interrogante appare un modus operandi arbitrario e infondato dell'agenzia delle entrate.
(5-03578)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDELLI, BERGAMINI e ROSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 124 del 2019, all'articolo 53, comma 5-ter, ha modificato la normativa relativa alle modalità di pagamento del bollo auto per i noleggi a lungo termine di veicoli senza conducente;

   le modifiche introdotte sono due: la prima consiste nella possibilità per le imprese di noleggio di eseguire cumulativamente il versamento delle tasse di circolazione dovute per l'intera flotta di veicoli di loro proprietà; la seconda, alternativa alla prima, prevede che spetti all'utilizzatore del veicolo a noleggio il pagamento della tassa automobilistica, con decorrenza dalla data di sottoscrizione del contratto di noleggio a lungo termine;

   le nuove disposizioni entrate in vigore dal 1° gennaio 2020 hanno prodotto una serie di criticità inerenti alla loro applicazione;

   il pagamento cumulativo della tassa automobilistica da parte delle imprese di noleggio è al momento impossibile, perché l'articolo 7 della legge n. 99 del 2009, al comma 3, prescrive che il gettito della tassa automobilistica è attribuito alla regione di residenza dell'utilizzatore del veicolo a noleggio e ad oggi il database dell'archivio nazionale dei veicoli, che contiene le informazioni tecniche e d'intestazione dei veicoli immatricolati, risulta incompleto. Da quanto riportato recentemente da fonti di stampa mancherebbero i dati di circa 400 mila veicoli;

   l'obbligo di pagare la tassa automobilistica per i veicoli a noleggio a lungo termine grava, al momento, esclusivamente sugli utilizzatori, i quali però sono costretti a recarsi fisicamente presso uno degli uffici di esazione abilitato anche a modificare i dati relativi agli archivi fiscali. L'utilizzatore, infatti, recandosi presso uno di questi sportelli con il contratto di noleggio stipulato, deve farsi annotare negli archivi informatici;

   permanendo l'impossibilità per le aziende di noleggio di effettuare il pagamento in maniera cumulativa la tassa di proprietà ricadrebbe al 100 per cento sull'utilizzatore, ovvero il dipendente nel caso delle auto aziendali. Un tale criterio sarebbe in contrapposizione logica con il principio che l'auto sia utilizzata per il 30 per cento dal dipendente per finalità private e per il 70 per cento dal datore di lavoro (contraente del contratto di noleggio);

   la norma, inoltre, si applicherebbe anche ai contratti già in essere per i quali non varierebbe il canone, ma di fatto ciò rappresenterebbe una nuova tassa sui contratti di noleggio a carico degli utenti finali con costi valutabili in circa l'8 per cento del canone di noleggio;

   l'attuale situazione relativa alle modalità di pagamento del bollo auto per i noleggi a lungo termine è a dir poco caotica e produce notevoli disagi sia per chi usufruisce del noleggio a lungo termine senza conducente, che per le stesse imprese –:

   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, intenda assumere il Governo al fine di risolvere la caotica situazione rappresentata in premessa, consentendo la piena applicazione della norma che prevede la possibilità per le imprese di noleggio di effettuare il pagamento della tassa automobilistica cumulativamente per l'intera flotta di veicoli.
(5-03565)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che il carcere di massima sicurezza delle Costarelle de L'Aquila conta in assoluto il maggior numero di detenuti sottoposti al regime speciale del cosiddetto 41-bis;

   la denuncia è del segretario generale territoriale Uil Pa polizia penitenziaria e componente della Cst Adriatica Gran Sasso;

   oggi, rispetto solo a pochi anni fa, il numero dei detenuti nel carcere del capoluogo regionale risulta raddoppiato, con inevitabili conseguenze sul carico di lavoro e sulla sicurezza degli operatori carcerari. In luogo degli 80 detenuti del 2010, si legge nella pubblica denuncia, da qualche tempo a L'Aquila non si scende al di sotto dei 160;

   con il raddoppiarsi dei reclusi sono inevitabilmente aumentate una serie di attività correlate che richiedono la presenza degli operatori penitenziari e quindi la moltiplicazione del carico di lavoro. Il tutto è aggravato dal non adeguato numero di operatori carcerari a fronte di un aumento importante della popolazione detenuta;

   si ritiene giusta e naturale la richiesta di un aumento adeguato del personale di polizia penitenziaria o comunque, di riportare il numero di sottoposti al regime speciale ai valori antecedenti il 2010, anche per ragioni di sicurezza –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche mediante l'incremento del personale di polizia penitenziaria presso il carcere di massima sicurezza delle Costarelle de L'Aquila, al fine di garantire adeguati standard lavorativi e di qualità della vita agli operatori penitenziari.
(5-03562)

Interrogazione a risposta scritta:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 19 del 3 gennaio 2020, statuiva in ordine alla materia del patrocinio a spese delle Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

   in particolare, la Corte veniva adita sulla necessità o meno di corrispondenza tra gli importi liquidati in sentenza a carico del soccombente, con sostanziale distrazione in favore dello Stato, e quelli invece oggetto di separato decreto di liquidazione in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato;

   la questione è stata affrontata e risolta in senso favorevole alla mancanza di coincidenza tra gli importi in difformità a quanto precedentemente affermato dalla Cassazione penale (n. 46537/2017) e dalla Corte costituzionale (n. 270 del 2012), sulla scorta delle quali la somma rifusa in favore dello Stato ai sensi dell'articolo 133 «deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente» ai sensi degli articoli 82 e 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;

   diversamente opinando, la Corte nel 2020 accorda al solo giudice civile la possibilità di quantificare in misura diversa le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del soggetto ammesso al patrocinio, ciò non costituendo un’iniusta locupletatio da parte dell'erario, poiché le eventuali maggiori somme compenserebbero situazioni in cui non è possibile recuperare quanto corrisposto nonché contribuire al funzionamento del sistema giudiziario;

   a parere dell'interrogante, il recente orientamento non può ritenersi condivisibile tanto in punto di diritto, quanto sulla base delle finalità della disciplina del gratuito patrocinio;

   asserire, come si asserisce nella sentenza in questione, che la disparità di trattamento «mira a compensare i maggiori oneri a carico dello Stato» presupporrebbe, per prima cosa, l'inesistenza del meccanismo previsto dal combinato disposto degli articoli 131, 133 e 134 del Testo unico di recupero degli onorari e delle spese dovute al difensore al pari di tutte le altre spese anticipate dall'erario, nonché che lo stesso non trovi applicazione ora nei confronti del soccombente, ora nei confronti dell'ammesso al beneficio e che, in ultimo, vi sia una puntuale elencazione dei suddetti maggiori oneri;

   è lecito pensare che ciò potrebbe costituire per lo Stato un'occasione di ingiusto profitto, tenendo conto del fatto che il medesimo sarebbe autorizzato a recuperare dal soccombente condannato alle spese una somma che in realtà non è mai stata versata –:

   se il Ministro sia a conoscenza di questa giurisprudenza, la quale legittima lo Stato a «far cassa» – soprattutto se c'è vittoria di giudizio – dal lavoro dei difensori che assistono in regime di patrocinio e se e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.
(4-04699)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del 2019, a seguito della chiusura del viadotto Puleto lungo la E45, i cittadini e le imprese dei territori coinvolti avevano dovuto far fronte a numerosi disagi sul piano economico e sociale. Ad oggi, sebbene sia stata predisposta la riapertura del viadotto, sono presenti tutta una serie di problematiche irrisolte, che potrebbero pregiudicare la positiva definizione delle gravi e diverse questioni connesse alla viabilità sulla E45;

   nello specifico, non è ancora stata realizzata la totale riapertura del collegamento della Ex 3bis Tiberina tra Pieve Santo-Stefano e Vergherete. L'ipotizzato intervento, per un importo pari a 2,5 milioni di euro, andrebbe a riguardare soltanto il tratto toscano, non essendo previsti interventi per il versante romagnolo;

   con il «decreto crescita» del 30 aprile 2019 era stato predisposto uno stanziamento di 10 milioni di euro. Tuttavia, il suddetto decreto prevede che possano accedere alle risorse i lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo, titolari di rapporti di collaborazione continuata e continuativa, di agenzia e di rappresentanza commerciale, i lavoratori autonomi, compresi i titolari di attività di impresa e professionali, che si siano trovati impossibilitati ad esercitare o che abbiano dovuto sospendere la propria attività a causa della chiusura della E45.1 criteri suindicati andrebbero di fatto ad escludere tutte quelle attività produttive che, per non far fronte a perdite ancora più ingenti, non hanno sospeso o interrotto la propria attività. Giova ricordare che le attività produttive rappresentano il comparto che ha subito il danno maggiore dalle problematiche connesse alla viabilità;

   in relazione alla viabilità alternativa strategica alla E45 e di collegamento tra Emilia-Romagna e Toscana era stata presa in considerazione l'ipotesi della strada provinciale 137, la quale tuttavia è stata travolta da una ingente frana che ne ha causato l'interruzione –:

   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza e con urgenza, convocare nuovamente un tavolo istituzionale per adottare, di concerto con l'Anas e tutti i sindaci dei comuni interessati, tutte le iniziative possibili per dare risposte concrete alle questioni richiamate in premessa.
(5-03561)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Tar Liguria, con sentenza del 27 novembre 2019, ha imposto la trasparenza sugli allegati economici del contratto di servizio ferroviario tra regione Liguria e azienda per il periodo 2018-2032;

   tra l'altro, il tribunale richiede la «comunicazione del numero di biglietti tariffa 5 terre venduti e dei relativi introiti», affermando che essa appare «pertinente al controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e all'utilizzo delle risorse pubbliche nello strategico settore della politica dei trasporti pubblici»;

   tale sentenza scaturisce dal ricorso presentato dai pendolari, in particolare delle Cinque Terre, al fine di conoscere i ricavi del servizio 5 Terre Express, «metropolitana leggera» a cui i cittadini non residenti in Liguria nel periodo estivo possono accedere con prezzo maggiorato;

   Trenitalia, dal canto suo, ha deciso di depositare presso il Consiglio di Stato l'appello contro la sentenza del Tar Liguria;

   si reputa non accettabile che un'azienda a capitale interamente pubblico, la cui mission aziendale dovrebbe essere quella di fornire un servizio ai cittadini, decida di avversare gli interessi dei pendolari, suoi finanziatori, mantenendo il segreto su dati che dovrebbero essere resi trasparenti, proprio al fine di una valutazione del suo operato nel settore strategico delle politiche sui trasporti pubblici –:

   se il Governo sia a conoscenza della vicenda sopra riportata e quali iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di garantire la trasparenza sui richiamati dati economici, rilevanti anche ai fini di una più accurata valutazione dei servizi offerti al pubblico.
(5-03567)


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riportano che la competenza della ex strada statale Tiberina 3-bis, nel tratto che attraversa la regione toscana passerà sotto la competenza di Anas;

   tale decisione, come comunicato dall'assessore regionale ai trasporti della regione Toscana, sarebbe stata assunta, dopo una riunione svolta presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avente come oggetto la riassegnazione di competenze tra vari enti sulla viabilità;

   il passaggio sotto la competenza di Anas è rilevante, come sottolineato sempre dall'assessore ai trasporti della regione Toscana, per quanto riguarda le risorse per la manutenzione del tratto viario che non saranno più a carico degli enti locali;

   al momento non si hanno notizie dell'avvio di un'analoga procedura per il passaggio di competenze ad Anas del tratto della ex statale Tiberina 3-bis che attraversa la Romagna, attualmente strada provinciale 137, che, tra l'altro, è da tempo interrotta a seguito di una frana verificatasi tra Bagno di Romagna e Verghereto;

   il passaggio di competenze ad Anas del tratto romagnolo della ex strada statale Tiberina, come sta avvenendo in Toscana, sarebbe quanto mai opportuno per garantire al meglio le opere di manutenzione e la viabilità, che gli enti locali interessati faticano ad assicurare al meglio a seguito di una carenza di risorse economiche disponibili –:

   se si intendano adottare o se siano già state intraprese iniziative al fine di valutare un passaggio di competenze all'Anas del tratto dell'ex strada statale Tiberina 3-bis che percorre la Romagna.
(5-03573)


   GRIPPA, FARO e RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal sito web dell'Autorità di regolazione dei trasporti si apprende dell'avvio di diversi procedimenti sanzionatori nei confronti delle aziende che si occupano di trasporto ferroviario relativi all'inottemperanza alla delibera n. 106 del 2018 di approvazione di «Misure concernenti il contenuto minimo degli specifici diritti che gli utenti dei servizi di trasporto per ferrovia connotati da oneri di servizio pubblico possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture ferroviarie»;

   in particolare, il Garante segnalerebbe lacune in materia di indennizzi, di abbonamenti e di tempistiche massime per il riconoscimento del diritto all'indennizzo in caso di ritardo dei convogli. Per questo l'Authority attraverso la definizione dei procedimenti sopra citati potrebbe comminare multe che possono arrivare «fino al 10% del fatturato di ogni singola società»;

   i procedimenti, a giudizio dell'interrogante, sono da ritenere opportuni per il rispetto dei diritti di tutti passeggeri, in special modo per i pendolari e gli utenti a ridotta mobilità, in materia di abbonamenti e, più in generale, per le tempistiche massime per il riconoscimento del diritto all'indennizzo;

   inoltre, sempre sulla pagina web si legge che, con delibera n. 154 del 2019, l'Autorità ha semplificato e aggiornato le proprie misure per la redazione dei bandi e delle convenzioni relative alle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri svolti su strada e per ferrovia;

   tali misure, in linea con i modelli di regolazione economica dell'Autorità, sarebbero orientate a ridurre le barriere all'ingresso, con conseguente maggiore concorrenza, per un accesso equo e non discriminatorio, a diminuire l'asimmetria informativa esistente tra ente affidante e soggetto erogatore del servizio, a favore di una maggiore trasparenza, e a perseguire obiettivi di efficienza ed efficacia, declinati attraverso la lotta all'evasione tariffaria, l'affermazione di standard minimi di qualità, la riduzione dei costi della produzione, l'innalzamento del load factor;

   l'evasione tariffaria rappresenta per le imprese di trasporto pubblico locale (Tpl) un rilevante problema economico di difficile quantificazione, che contribuisce ad aggravare le esigenze di sussidi al settore. L'identificazione delle determinanti dei livelli di evasione tariffaria è essenziale al fine dell'impostazione di una politica ottimale di controlli. In effetti, a livello operativo, tale politica spesso si limita al confronto tra dati direttamente osservabili e riferiti ai costi dei controlli e alle entrate derivanti dalle sanzioni –:

   quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di innalzare il livello del servizio ferroviario sul tutto il territorio e, di conseguenza, rispondere alle situazioni di disagio che l'utenza vive quotidianamente e quale sia il cronoprogramma delle eventuali indicazioni trasmesse che sono già in fase di realizzazione;

   se, rispetto al tema della concorrenza, intenda adottare eventuali iniziative normative e quali ulteriori iniziative di competenza ritenga necessarie per arginare definitivamente l'evasione tariffaria.
(5-03579)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVINO MANCA, MURA, FRAILIS, GARIGLIO e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'assemblea dei soci di Air Italy ha deciso l'11 febbraio 2020 di dare avvio alla messa in liquidazione della società, con la nomina di due commissari che gestiranno la situazione, scelta che pareva scontata stando alle ultime notizie riguardanti la compagnia aerea;

   tutte le difficoltà incontrate dall'azienda, purtroppo pare abbiano avuto la meglio tanto da costringerla a convocare un'assemblea straordinaria originariamente prevista per la prossima settimana, e in questo incontro straordinario si sono decise le sorti della società che sono quelle di mettere Air Italy in liquidazione;

   a nulla sono valsi i piani industriali prospettati dagli azionisti: come riportato sul Il Sole 24 Ore «L'entrata del nuovo socio era stata accompagnata da un piano faraonico: 50 aerei in cinque anni, dieci milioni di passeggeri, di cui otto su Malpensa, 1.500 assunzioni e nuove rotte intercontinentali. Gli stessi vertici della compagnia avevano dichiarato di volere fare dello scalo di Malpensa il loro hub principale ventilando l'ipotesi di lasciare la Sardegna. Segnali allarmanti erano già emersi a cominciare dal bilancio del 2018, che aveva registrato una perdita di 164 milioni di euro, tendenza che pare confermata anche per il 2019. Non solo del piano industriale per i prossimi due anni, che doveva essere presentato nelle scorse settimane, per ora non c'è traccia»;

   i due soci hanno soltanto potuto constatare un forte calo del fatturato (si stima del 60 per cento);

   e se è vero che il primo azionista Aga Khan (51 per cento) ha già confermato la sua intenzione di non versare più neanche un euro nella società, è altrettanto vero che, per le leggi della Unione europea che impediscono a una compagnia non europea di avere oltre il 50 per cento, il secondo azionista Qatar Airways non può salire oltre l'attuale quota del 49 per cento, perché ciò farebbe perdere allo stesso la licenza di vettore dell'Unione –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, sul caso per:

    a) scongiurare questo ulteriore disastro economico nel settore dei trasporti;

    b) scongiurare la perdita degli oltre mille posti di lavoro;

    c) garantire il trasporto da e per la Sardegna già in crisi per i ritardi sulla continuità territoriale di imminente scadenza.
(4-04698)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   GIACOMETTO e PORCHIETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si è appresa, a mezzo stampa, l'intenzione del Ministero dell'interno di chiudere sei «distaccamenti di polizia stradale sul territorio nazionale»;

   tre di questi sarebbero i distaccamenti di polizia stradale di Domodossola, Borgomanero e Ceva, tutti sul territorio della regione Piemonte, ancora una volta pesantemente penalizzata trovandosi a doversi caricare il 50 per cento dell'intero taglio previsto dal Ministro dell'interno;

   sia i sindacati di polizia che i sindaci colpiti da questa scelta hanno evidenziato l'impatto ingente che questa scelta avrà per il mantenimento di un livello di servizio adeguato e congruo alle problematiche del territorio;

   il presidente della regione Piemonte ha scritto formalmente al Ministro interrogato esprimendo preoccupazione e contrarietà –:

   se il Ministro sia consapevole dell'insostenibilità di un ulteriore taglio della presenza di polizia stradale in Piemonte e in quali tempi intenda incontrare gli amministratori e le istituzioni del territorio per poter discutere le ragioni di questa scelta.
(3-01302)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è trapelata la notizia, su alcuni giornali locali piemontesi, della decisione, a giudizio dell'interrogante improvvida, del Ministero dell'interno di chiudere sei distaccamenti della Polstrada, di cui tre in Piemonte e segnatamente i distaccamenti di Ceva, Borgomanero e Domodossola;

   l'infausta notizia ha indotto il presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio, ad indirizzare una allarmata missiva al Ministro interrogato, chiedendo un incontro urgente anche al fine di segnalare le criticità, soprattutto in termini di depauperamento di fondamentali presidi per la sicurezza delle zone più periferiche e montane;

   nondimeno risulta inaccettabile, come sottolineato dallo stesso presidente della regione Cirio, che sia, ancora una volta, il Piemonte a dover sostenere i sacrifici di qualsivoglia nuova ipotesi di «razionalizzazione» discutibilmente elaborata dai Ministri pro tempore, atteso che sui sei distaccamenti che dovrebbero essere chiusi tre sono situati proprio in Piemonte;

   in conclusione, nella missiva indirizzata al Ministro interrogato, il presidente della regione Piemonte Cirio ha richiesto un incontro urgente con gli amministratori del territorio per poter interloquire in ordine alla malsana idea di chiudere i tre distaccamenti della Polstrada di cui sopra –:

   quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministro interrogato ad assumere la decisione di chiudere i distaccamenti della Polstrada di Ceva, Borgomanero e Domodossola;

   se il Ministro interrogato intenda urgentemente fissare l'incontro richiesto dal presidente della regione Piemonte Alberto Cirio e, in ogni caso, se intenda soprassedere dal proposito di chiudere i predetti distaccamenti della Polstrada, almeno sino all'esito del richiesto incontro con gli amministratori locali.
(3-01304)


   CIABURRO e GALANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in attuazione del «piano di razionalizzazione della specialità sul territorio» della polizia stradale è stata prevista la soppressione di 6 unità operative distaccate della Polstrada sul territorio, ritenute non più strategiche; di queste 6 unità, ben 3 sono dislocate in Piemonte: a Ceva (Cuneo), Borgomanero (Verbanio Cusio Ossola) e Domodossola (Novara);

   la crisi in cui versano le infrastrutture della vicina Liguria, tra cui il crollo di importanti viadotti, ha accresciuto l'importanza ricoperta dalla viabilità statale e provinciale del cuneese;

   la chiusura è un atto unilaterale e non tiene conto della ferma volontà degli enti locali che vogliono il mantenimento del prezioso servizio;

   la presenza della polizia stradale sul territorio in un'area come il Cebano, tra Piemonte e Liguria, dove confluiscono numerose valli è fondamentale, anche al netto della realizzazione del traforo Armo-Cantarana, opera che è destinata a incrementare i flussi di traffico nell'area;

   la provincia di Cuneo dispone di una sola tratta autostradale (Torino-Savona), in quanto la Asti-Cuneo è ancora in fase di completamento e il resto della rete è fatto di collegamenti stradali, spesso anche in cattive condizioni, per via della costante riduzione dei finanziamenti per la manutenzione, i quali perderebbero anche un fondamentale presidio storico e strategico della provincia cuscinetto tra Francia e Liguria;

   come ha affermato la presidente di Anpci una lettera inviata al capo della polizia, al prefetto ed al questore di Cuneo: «Non possiamo accettare che un ulteriore servizio ci venga tagliato: significa costringere i nostri cittadini ad andare via, per avere diritto ad una qualità di vita ancora accettabile. Si va verso la desertificazione delle nostre terre e montagne»;

   come ha affermato il presidente della regione Piemonte nella sua lettera indirizzata al Ministro interrogato: «il territorio risulterebbe depauperato di fondamentali presidi di sicurezza per i cittadini, e, ancora una volta, potremmo assistere ad un accentramento dei servizi a discapito delle periferiche e montane della nostra regione»;

   il distaccamento della polizia stradale di Ceva ha competenza su un territorio vasto 70 comuni, affermandosi come risorsa indispensabile per un territorio la cui perifericità è stata solamente aggravata negli anni, a detrimento delle condizioni di vita dei cittadini;

   la provincia di Cuneo, che conta 247 comuni sparsi su un territorio di quasi 7000 chilometri quadrati in un territorio vasto e impervio, si reggerebbe unicamente su due uffici, tra l'altro in carenza cronica di personale, a seguito del predetto processo di «razionalizzazione»;

   gli accadimenti alluvionali del 23-24 novembre 2019, che hanno reso inagibile parte dell'autostrada Torino-Savona hanno dimostrato il carattere strategico ed essenziale del distaccamento della polizia stradale di Ceva, che con grande professionalità e incrollabile senso del dovere ha aiutato a ridurre al minimo i disagi provocati dalle intemperie;

   la sicurezza di questi territori passa attraverso la protezione fisica di quelle che sono le aree meno abitate e attraversate da viabilità ad alta percorrenza e la decisione in questione si scontra manifestamente contro la continua e legittima richiesta di sicurezza da parte dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e delle criticità di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare:

    a) per scongiurare un ulteriore ridimensionamento della presenza delle forze dell'ordine in Piemonte e nel cuneese, sia in termini di unità che di mezzi;

    b) per predisporre una revisione del piano, di concerto con i territori interessati, al fine di non smantellare un presidio storico per il territorio;

    c) per potenziare i presìdi delle forze dell'ordine e della polizia stradale sulle arterie più periferiche della provincia di Cuneo.
(3-01306)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento della polizia stradale di Rocca San Casciano (FC) rischia nuovamente la chiusura da parte del dipartimento;

   il suddetto distaccamento è collocato in un'importante arteria come la strada statale 67 che collega la Romagna con Firenze. In questo tratto stradale, i dati sull'incidentalità non sono da sottovalutare e la soppressione di tale reparto sarebbe un grave danno per la prevenzione e la sicurezza stradale in tutta la Vallata del Montone;

   già nel 2016 il dipartimento aveva proposto la chiusura del distaccamento, in quanto era necessario trovare una nuova sede per il reparto. Il comune di Rocca San Casciano ha sistemato un immobile di sua proprietà concedendolo in comodato gratuito per l'allocazione del distaccamento della polizia statale e nel giugno del 2019 il reparto si è trasferito nei locali, a costo zero per il Ministero dell'interno;

   una riunione su questa tematica è stata svolta presso il Ministero l'11 febbraio 2020;

   quali iniziative intenda adottare il Ministro per impedire la chiusura di un presidio di sicurezza fondamentale per l'intera Vallata del Montone e per il territorio forlivese.
(5-03564)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia dell'ennesimo caso di cronaca nera a Corigliano Rossano, dove un uomo considerato vicino ad ambienti della criminalità organizzata sarebbe stato colpito al torace e al viso da alcuni colpi di pistola in pieno centro storico, mentre era alla guida della sua auto;

   il 37enne coriglianese, Domenico Russo, sarebbe la settima vittima nel giro di un anno e mezzo nel comprensorio della Sibaritide e la sesta nella sola area urbana coriglianese della città di Corigliano-Rossano;

   si tratta solo dell'ultimo caso di violenza, in ordine cronologico, registrato nella zona, che, nella migliore delle ipotesi, fa parte di una dilagante, quanto sottovalutata, cultura dell'illegalità, ma che farebbe, invece, pensare allo spettro di una nuova guerra di ’ndrangheta;

   in particolare, a inizio 2019 il corpo del boss locale di ’ndrangheta Pietro Longobucco è stato ritrovato a dodici metri di profondità nelle acque della vasca grande del Porto di Corigliano; a luglio 2019 è sparito senza lasciare più alcuna traccia di sé Cosimo Rosolino Sposato, incensurato, ma noto alle forze dell'ordine per la sua vicinanza a Damiano Pepe alias «Tripolino», boss di Sibari; e, sempre nel mese di luglio scorso, in contrada Apollinara di Corigliano-Rossano, in un fondo, agricolo al confine con il Cassanese, sono stati trucidati, a colpi di kalashnikov, Pietro Greco, presunto aspirante boss di Castrovillari, e Francesco Romano, imprenditore agricolo coriglianese noto negli ambienti investigativi per qualche piccolo precedente;

   come se non bastasse, pochi giorni fa gli agenti del commissariato di P.S. Corigliano-Rossano, squadra di polizia giudiziaria, hanno catturato un cittadino di nazionalità bulgara, ricercato per il reato di furto aggravato, destinatario di un mandato d'arresto europeo emesso dalle competenti autorità della Bulgaria;

   come noto, con legge della regione Calabria 2 febbraio 2018, n. 2, è stato istituito, a decorrere dal 31 marzo 2018, il nuovo comune di Corigliano-Rossano, che comprende gli ex comuni di Corigliano e di Rossano, diventando la terza città calabrese per numero di abitanti (78.000);

   nonostante ciò e nonostante la situazione allarmante che si è andata delineando nell'ultimo anno, il commissariato di polizia non ha subito alcun potenziamento e a tutt'oggi soffre di una grave carenza di personale: controlla un complesso territorio di 400 chilometri quadrati e continua a vedere diminuire il proprio personale a seguito delle richieste di pensionamento;

   in particolare, la giurisdizione dell'attuale commissariato si estende da Cariati al confine con Cassano, oltre ai paesi interni della Sila Greca ed i paesi albanesi, con estensione territoriale triplicata e popolazione di circa 200.000 abitanti e una competenza che va dal servizio amministrativo e di ordine pubblico alla gestione degli scioperi dal monitoraggio delle attività sportive al servizio di frontiera al porto;

   attualmente, in forza al commissariato di polizia ci sarebbero 50 operatori, di cui molti in via di pensionamento, e due pattuglie giornaliere, che riescono a coprire solo l'area di Rossano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per il rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine sul territorio e, in particolare, del commissariato di polizia, dotandolo dei necessari uomini e mezzi, anche ricorrendo alla movimentazione straordinaria;

   se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per elevare a distretto il commissariato di Corigliano-Rossano, quale strumento necessario per la lotta alla criminalità nel territorio;

   se non ritenga di convocare immediatamente un tavolo istituzionale per la sicurezza pubblica.
(4-04695)


   SASSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 2020, intorno alle 2.30 circa, in via Scarlatti, alla periferia di Ruvo di Puglia, l'automobile di proprietà di un vice brigadiere dei carabinieri in servizio alla compagnia di Andria è stata fatta esplodere con un ordigno ad alto potenziale, forse tritolo;

   difatti, secondo quanto riportato dalla stampa, la deflagrazione sarebbe stata così potente da aver provocato, oltre alla distruzione della vettura, ingenti danni anche al vicino stabile, mandandone addirittura in frantumi i vetri del portone;

   sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco e le forze dell'ordine che, da subito, hanno avviato le relative indagini e non si esclude che l'episodio sia collegato all'attività di contrasto alla criminalità locale condotta dal militare;

   purtroppo, non si tratta di un caso isolato poiché il gravissimo attentato è l'ultimo di una serie di diversi atti intimidatori che nell'arco di pochi mesi si sono registrati ai danni di altri militari dell'Arma dei carabinieri, sempre in servizio nella zona di Andria e impegnati quotidianamente a tutela della difesa e della sicurezza dei cittadini;

   già nel dicembre del 2018 un episodio analogo era avvenuto a Corato, ai danni di un altro carabiniere, sempre in servizio alla compagnia di Andria, la cui auto, una Nissan Micra, fu fatta esplodere sotto la sua abitazione alla periferia della città, in via Loi;

   anche allora, la deflagrazione, avvenuta intorno alle 4 di mattina, provocò ingenti danni all'auto, ad altre vetture parcheggiate, alla sede stradale e anche alla facciata delle vicine abitazioni, mandando in frantumi i vetri di finestre e balconi ai piani bassi;

   nelle precedenti settimane, sempre a Corato, nelle campagne al confine tra Andria e Ruvo di Puglia, ignoti avevano tentato di dare fuoco alla villetta di campagna di proprietà di un altro carabiniere, per fortuna nell'occasione disabitata;

   questa escalation di gravissimi attentati dinamitardi ai danni dei militari dell'Arma dei carabinieri operanti a Andria, peraltro attuati con medesime modalità e probabilmente riconducibili a un vero e proprio disegno criminale volto a intimidire le forze dell'ordine impegnate quotidianamente nel contrasto alla criminalità, evidenzia la necessità di un immediato intervento da parte delle istituzioni volto sia a tutelare l'incolumità degli stessi militari e a impedire il verificarsi di altri episodi analoghi, sia a garantire il ripristino e il rispetto della legalità a beneficio di tutti i cittadini della zona –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, anche nell'immediato, alla luce dei gravissimi attentati intimidatori compiuti nell'arco di pochi mesi ai danni dei militari dell'Arma dei carabinieri operativi nella zona di Andria, in Puglia.
(4-04702)


   GASTALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 febbraio 2020 davanti alla caserma del distaccamento della polizia stradale di Ceva, in provincia di Cuneo, si è tenuta una manifestazione, che ha avuto ampio eco sulla stampa e che ha visto la partecipazione anche di numerosi rappresentanti amministrativi ed esponenti politici di diversi schieramenti, per esprimere un unanime e deciso dissenso avverso la decisione dell'attuale Governo di sopprimere, a breve, tale distaccamento;

   precedentemente, nell'ambito del progetto volto alla razionalizzazione degli uffici di specialità sul territorio e finalizzato a una più efficace dislocazione di risorse per garantire una maggiore efficienza dei servizi operativi, era invece stato previsto un incremento dell'organico e del numero delle pattuglie, sia della sezione polizia stradale di Cuneo che della sottosezione autostradale di Mondovì;

   i criteri seguiti per lo studio del predetto progetto si erano basati sull'analisi funzionale dei reparti e sulla valutazione della rilevanza delle arterie stradali presidiate e proprio da tale studio era emersa la necessità di garantire il mantenimento di adeguati livelli qualitativi e quantitativi dei servizi di polizia stradale nella provincia di Cuneo e, al contempo, di assicurare un più capillare pattugliamento dell'autostrada A/6 Torino-Savona, che costituisce la principale via di comunicazione tra il Piemonte e la Liguria;

   oltre che per la particolare ubicazione geografica che colloca il distaccamento di Ceva al centro di importanti collegamenti stradali, sia con la Liguria che con la vicina Francia, lo stesso è da sempre stato considerato essenziale, anche quale importante presidio delle forze dell'ordine volte a garantire il controllo e la sicurezza di una vasta area di territorio della provincia di Cuneo;

   nonostante quanto sopra riportato e, in particolare, nonostante le ragioni che avevano portato in precedenza a considerare la necessità di potenziare le dotazioni del distaccamento di Ceva, è notizia di questi giorni che, invece, il Governo avrebbe intenzione di procedere alla sua chiusura;

   attualmente, il distaccamento della polizia stradale di Ceva dispone di soli sei operatori, a fronte di un organico di diciannove unità, mentre, in considerazione della necessità e irrinunciabilità del servizio svolto e proprio allo scopo di garantire i livelli di copertura dei servizi di pattugliamento in autostrada, previsti anche dalle convenzioni stipulate con Anas e dalle concessioni autostradali, è di tutta evidenza che andrebbero prioritariamente eliminate le carenze organiche dei reparti autostradali e si dovrebbe procedere, altresì, al ripianamento degli organici degli uffici ordinari con l'assegnazione di nuovi agenti –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato relativamente al distaccamento della polizia stradale di Ceva, se corrisponda al vero la notizia dell'intenzione di procedere alla sua chiusura e quali siano le ragioni alla base di tale decisione;

   se non ritenga più opportuno procedere a un potenziamento dello stesso e quali iniziative intenda porre in essere, a tal fine, relativamente all'organico e al numero delle pattuglie in dotazione al medesimo distaccamento.
(4-04703)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 10 febbraio ricorre «il giorno del ricordo»; con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, il Parlamento italiano ha ufficialmente riconosciuto il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo», a partire dal 2004, dedicato alla commemorazione di migliaia di vittime che, tra il 1943 e il 1947, vennero catturate, uccise e gettate nelle cavità carsiche dell'Istria e della Dalmazia, le cosiddette foibe, dai partigiani jugoslavi di Tito e a quanti, istriani, fiumani e dalmati in quel tragico secondo dopoguerra, furono costretti a lasciare le loro terre;

   si tratta di una complessa e dolorosa vicenda della storia italiana del Novecento, a lungo trascurata, che permette di non dimenticare tutte le cosiddette «pulizie etniche» e di ribadire il valore della pace;

   il Ministero dell'istruzione con la circolare che ha ad oggetto il Giorno del ricordo – 10 febbraio 2020, in vista di tale giornata ed in considerazione dell'articolo 1, comma 2, della suddetta legge, ha invitato le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nel rispetto della loro autonomia didattica e organizzativa, a prevedere iniziative volte a diffondere la conoscenza dei tragici eventi e anche mediante la collaborazione con le associazioni degli esuli, a sensibilizzare le giovani generazioni su questi tragici eventi storici, al fine di ricordare le vittime e riflettere sui valori fondanti della Costituzione –:

   se intenda fornire elementi su quanti istituti scolastici sul suolo italiano abbiano effettuato la cerimonia di commemorazione per le vittime delle foibe o abbiano organizzato assemblee e attività di divulgazione nella giornata del 10 febbraio.
(5-03563)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società Faist Componenti S.p.A., operante nella zona industriale di Lanciano (Chieti), in data 4 febbraio 2020 ha attivato le procedure di riduzione del personale di cui all'articolo 24 della legge n. 223 del 1991;

   in data 5 febbraio 2020, la Fim Cisl ha richiesto formalmente un intervento del prefetto di Chieti, reiterando successivamente una richiesta di incontro, mai avvenuto;

   nonostante un primo confronto presso la sede di Confindustria Chieti-Pescara e la rassicurazione della direzione aziendale per confrontarsi su soluzioni che potessero attenuare l'impatto sociale per effetto della cessazione dell'attività nel sito di Lanciano, la società Faist, data 6 febbraio 2020, ha iniziato a smantellare lo stabilimento, traslocando macchinari ed impianti verso altra sede, in palese condotta antisindacale ed in violazione delle disposizioni sopra richiamate in tema di procedura di riduzione del personale e dalla disciplina contrattuale;

   la società Faist ha poi concluso le operazioni di trasferimento di macchinari ed impianti, senza riguardo per i diritti sindacali e dei lavoratori –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare con urgenza un tavolo sulla questione, al fine di contrastare, per quanto di competenza, nelle sedi pertinenti, le violazioni dei diritti sindacali e dei lavoratori, anche al fine di verificare per quali ragioni non sia avvenuto l'incontro con il prefetto di Chieti nonostante ciò fosse esplicitamente richiesto dal sindacato.
(5-03569)


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8-quater del decreto-legge 29 marzo 2019 n. 27 (cosiddetto decreto emergenze agricole) prevede che «Al fine di contribuire al rilancio dell'agricoltura della Puglia e, in particolare, di sostenere la rigenerazione dell'olivicoltura nelle zone infette, esclusa la parte soggetta alle restrizioni della zona di contenimento, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo è istituito un fondo per la realizzazione di un Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia, con una dotazione pari a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021»;

   lo schema di decreto contenente il «Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia» ha ottenuto il parere favorevole con raccomandazioni della Conferenza delle regioni e delle province autonome il 29 gennaio 2020;

   il batterio ha messo in ginocchio l'economia locale e ha causato danni incalcolabili ai lavoratori agricoli che chiedono un aiuto per risollevarsi;

   mentre nel decreto emergenze si parla di risorse per sostenere le imprese che hanno contratto mutui bancari, il dramma delle tante famiglie colpite dalle mancate giornate di lavoro continua ad essere trascurato. I lavoratori pugliesi del settore agricolo colpito dalla xylella fastidiosa ormai non percepiscono più giornalmente un salario e sono completamente sprovvisti delle giuste tutele;

   il decreto emergenze e il piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia non consentono il trascinamento delle giornate lavorate nell'anno precedente, che consiste nel riconoscimento, sia ai fini previdenziali che assistenziali, di giornate lavorative aggiuntive a quelle prestate, necessarie per raggiungere il numero di giornate effettivamente svolte nell'anno precedente a quello di fruizione dei benefìci;

   secondo i sindacati, solo nella provincia di Lecce, dal 2016 al 2018, la grave crisi occupazionale determinata dalla xylella ha portato alla perdita di 200 mila giornate di lavoro. I braccianti non hanno raggiunto il numero di giornate utili per rimanere iscritti nelle liste di collocamento a fini pensionistici e previdenziali;

   all'assenza di misure specifiche di intervento, si aggiunge la carenza degli strumenti ordinari previsti per gli eventi calamitosi;

   quali iniziative intenda adottare per riconoscere ai lavoratori agricoli danneggiati dalla xylella fastidiosa la possibilità di accedere a strumenti di sostegno al reddito e il riconoscimento delle giornate lavorative perse ai fini pensionistici e previdenziali.
(5-03570)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un susseguirsi di voci di una riforma delle pensioni 2020 e di tagli agli importi si stanno rincorrendo in questi giorni;

   secondo notizie riportate a mezzo stampa, le proposte dei sindacati vertono sulla richiesta di maggiore flessibilità in uscita, strutturale e di lungo periodo, con conseguente superamento della cosiddetta «Quota 100»;

   l'Ugl, diversamente, propone una «Quota 100 libera», con il superamento del doppio paletto vigente al momento, e la «Quota 41», vale a dire il pensionamento con 41 anni di contributi;

   il Governo dal canto suo, propone come soluzione per rendere sostenibile l'uscita flessibile dal mercato del lavoro una consistente riduzione degli assegni per coloro che optano per un accesso anticipato alla pensione;

   l'ipotesi attualmente al vaglio è addirittura una riduzione dell'importo del 6 per cento con tre anni di anticipo;

   per il Governo si tratterebbe di una «giusta penalizzazione» da affiancare alla misura di flessibilità scelta per sostituire la cosiddetta «Quota 100»;

   a parere degli interroganti si tratterebbe, invero, di un taglio per disincentivare il pensionamento anticipato, così da ottenere il duplice risultato, da un lato, di poter mediaticamente e strumentalmente vendere il risultato di una riforma delle pensioni che consenta un'uscita flessibile dal lavoro, e, dall'altro, l'effetto di ottenere un blocco ai pensionamenti;

   tutto questo «chiacchiericcio» sta generando negli aventi diritto forti preoccupazioni e allarmismi che sembrerebbero porsi al pari dell'effetto coronavirus –:

   se il Ministro non ritenga doveroso dimostrando senso di responsabilità chiarire le reali intenzioni del Governo sui futuri interventi, anche normativi, in materia pensionistica.
(5-03571)


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA, SOVERINI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Poste italiane possiede una vasta rete di presidio territoriale composta da circa 13.000 uffici postali e 16 centri di meccanizzazione nei quali lavorano nel complesso circa 130.000 dipendenti;

   l'accordo sindacale raggiunto nel giugno 2018 prevede, a fronte di circa 15.000 pensionamenti nel triennio 2019-2021, la stabilizzazione di circa 6.000 unità di personale precario;

   a causa della normativa introdotta dal cosiddetto «decreto dignità» in merito al lavoro in somministrazione, circa 450 lavoratori afferenti all'Agenzia Adecco oggi impiegati presso Poste Italiane come autisti ma che da contratto risultano come «operai», con le negative conseguenze in termini retributivi e di tutele, risulterebbero in parte scaduti, in parte in scadenza e non potranno essere rinnovati né stabilizzati;

   tali lavoratori sarebbero tuttora impiegati anche per la consegna di pacchi speciali (come raccomandate e altro) assumendosi responsabilità da contratto non dovute;

   Poste Italiane ha centrato tutti gli obiettivi finanziari delineati per il 2018: i ricavi di gruppo si attestano a 10,864 miliardi di euro, in aumento del 2,2 per cento rispetto al 2017; il risultato operativo è in rialzo del 33,5 per cento a 1,499 miliardi; l'utile netto pari ha raggiunto quota 1,399 miliardi nel 2018 (+709 milioni rispetto al 2017), grazie all'incremento dei ricavi e del risultato operativo;

   l'azienda appare dunque sana e in grado di stabilizzare figure impiegate in attività di responsabilità, come la consegna di pacchi e di pacchi speciali, che per la tutela della sicurezza dei lavoratori e di terzi dovrebbero ricevere la giusta qualifica, le giuste tutele e la giusta retribuzione per il lavoro svolto;

   il 30 settembre 2019 è stato siglato un accordo tra sindacati, Poste Italiane e Adecco per stabilizzare 99 lavoratori in somministrazione; non risulta tuttavia ad oggi che l'accordo sia stato rispettato;

   a parere degli interroganti, stanti le modifiche alla normativa sul lavoro in somministrazione, è urgente un intervento legislativo che consenta la stabilizzazione del personale somministrato, anche attraverso la previsione di apposite «clausole sociali» nei contratti di somministrazione –:

   quali iniziative intenda adottare per consentire la stabilizzazione del personale precario in servizio presso Poste Italiane.
(5-03572)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURA, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LEPRI, SOVERINI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai principali organi di informazione, gli azionisti di Air Italy, Alisarda e Qatar Airways, hanno deciso all'unanimità di mettere la società in liquidazione in bonis. I voli fino al 25 febbraio 2020 saranno operati agli orari e nei giorni previsti da altri vettori, mentre i passeggeri che hanno prenotato voli in partenza in date successive al 25 febbraio saranno riprotetti o rimborsati integralmente;

   la compagnia dal 1963 con sede a Olbia e Milano Malpensa, base operativa strategica per la proiezione internazionale della società, è controllata al 51 per cento dal principe ismaelita Aga Kahn per il tramite di Alisarda e al 49 per cento da Qatar Airways:

   la chiusura della compagnia Air Italy rappresenterebbe un ulteriore pesante colpo sul piano occupazionale per il nostro Paese, tenuto conto che complessivamente sono coinvolti ben 1.500 lavoratori;

   in risposta all'annuncio della prossima cessazione delle attività di Air Italy, i sindacati del settore hanno annunciato uno sciopero nazionale di 24 ore per il prossimo 25 febbraio 2020, a cui ne potrebbero seguire altri, laddove non vi registrassero elementi di ripensamento sul futuro della compagnia;

   le organizzazioni sindacali da tempo avevano denunciato una situazione molto critica di Air Italy, auspicando un intervento delle istituzioni e della stessa magistratura per fare chiarezza sulla gestione delle risorse finanziarie della compagnia aerea, temendo che si stesse perpetrando l'ennesimo atto predatorio da parte di imprese straniere ai danni dell'economia italiana e dell'occupazione;

   secondo un comunicato dell'azionista qatariota, la Qatar Airways come azionista di minoranza, sarebbe stata disponibile, ancora una volta, a fare la propria parte nel sostenere il rilancio e la crescita della compagnia aerea italiana, ma a condizione che anche l'altro azionista avesse aderito finanziariamente per la parte di spettanza, per creare valore per l'Italia e i viaggiatori e supportare Air Italy e i suoi dipendenti;

   da tempo le organizzazioni sindacali richiedono un tavolo di lavoro ministeriale e una cabina di regia che abbia la finalità di riscrivere le regole del settore, superando il vuoto normativo che consente il perpetrarsi di azioni di dumping industriale e contrattuale che generano inaccettabili asimmetrie competitive –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare al fine di scongiurare la chiusura della compagnia Air Italy e il licenziamento dei 1.500 lavoratori dipendenti;

   se e quali iniziative ritengano necessario adottare per affrontare, anche in sede comunitaria, il tema di una revisione delle regole del settore del trasporto aereo finalizzato a superare l'attuale quadro che consente evidenti pratiche di dumping industriale e contrattuale.
(5-03560)


   PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da una nota unitaria di Slc Cgil e Uilcom Uil, si apprende, che a meno di 24 ore dalla effettiva disdetta del contratto di subappalto, resta incerto il futuro per i 160 lavoratori di Customer2Care impiegati nella commessa WindTre;

   in data 23 gennaio 2020, in sede d'incontro con le suddette organizzazioni sindacali e la (Rsu) l'amministratore unico di C2C ha comunicato che (Cssud recede unilateralmente il contratto di subappalto 11 febbraio 2020;

   subappalto a C2C, a far data secondo quanto riportato da (Ccsud) gli attuali volumi di traffico forniti da WindTre non consentirebbero il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e, ad oggi, ancora nessuna risposta è stata fornita da parte di WindTre, nonostante i ripetuti solleciti;

   l'operatore telefonico che, nel 2016, si era impegnato a garantire i livelli occupazionali e contrattuali nella sede di L'Aquila, oggi invece sembra disattendere gli impegni presi con il capoluogo abruzzese e con i 160 lavoratori;

   a parere dell'interrogante, il silenzio dell'azienda telefonica è inaccettabile e rappresenta un vero e proprio «tradimento» delle promesse fatte nel 2016;

   WindTre deve fornire riscontro immediatamente, mantenendo fede al suo impegno, garantendo i livelli occupazionali, economici e contrattuali oggi in essere –:

   quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di individuare una soluzione adeguata alle problematiche occupazionali e produttive, sommariamente evidenziate in premessa.
(5-03566)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Igea Banca, società per azioni fondata nel 2015 avente sede legale e direzione generale a Roma ed associata all'Associazione bancaria italiana (Abi), è oggi operativa con quattro filiali (Roma, Palermo, Catania e Bronte) e la compagine sociale è costituita prevalentemente da soggetti appartenenti a diversi ordini professionali, enti istituzionali e da alcuni selezionati imprenditori per un totale di circa mille soci;

   dai dati di bilancio del 2018 sono impiegati presso l'istituto bancario 82 dipendenti tra dirigenti, quadri direttivi e impiegati ed è stato annunciato un progetto di scissione parziale di Banca del Fucino s.p.a. – presente nel Lazio, Abruzzo, Marche e Lombardia con oltre trecento dipendenti – per incorporazione in via totalitaria nella controllante Igea Banca;

   nelle scorse settimane Igea Banca avrebbe assunto 3 dipendenti di cui uno a tempo indeterminato e 2 a tempo determinato, che – secondo quanto riportato da organi di stampa –, dopo qualche giorno, sarebbe stato richiesto a due dipendenti con contratto a tempo indeterminato di rassegnare le dimissioni, altresì specificando che, in assenza delle stesse, si sarebbe proceduto al licenziamento senza poter accedere alla possibilità di reintegrazione;

   nonostante la mostrata disponibilità alla mobilità sull'intero territorio nazionale ed in qualunque ruolo da parte dei dipendenti a rischio, Igea Banca avrebbe formalizzato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per ragioni relative all'organizzazione dell'attività imprenditoriale sfruttando un vuoto legislativo senza l'attivazione della prevista procedura di confronto con le organizzazioni sindacali in deroga al contratto collettivo nazionale Abi;

   dalle cronache di questi giorni è in evidente crisi il fronte occupazionale del comparto bancario ed assicurativo aggravato dal forte ridimensionamento aziendale annunciato da UniCredit s.p.a. e che, specie in assenza di un serio tavolo di confronto con il Governo, con le preposte autorità, con le associazioni di categoria e con i sindacati, avrà un impatto determinante sugli assetti lavorativi e sulle oltre sessanta filiali – di cui dieci in Sicilia – a rischio di chiusura con grave pregiudizio per seimila dipendenti –:

   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione ai fatti esposti in premessa;

   alla luce delle criticità che emergono dai casi in questione, se e quali iniziative di competenza, anche normative, intendano assumere affinché venga garantita la piena trasparenza e legittimità di operazioni come quelli di cui in premessa che comportano una riduzione dei livelli occupazionali, si colmino i vuoti legislativi e vengano tutelati i posti di lavoro nel rispetto dei contratti collettivi e delle normative vigenti.
(4-04697)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la normativa europea autorizza l'uso in agricoltura convenzionale di un fungicida denominato Fosetil la cui misura massima di utilizzo – fissata dal regolamento (CE) n. 396 del 2005 – è data dalla somma del fungicida e dell'acido fosfonico e dei suoi sali; per accertare il rispetto dei limiti di legge sarà, pertanto, necessario accertare la presenza sia del Fosetil o acido etilfosfonico sia del citato acido fosfonico o acido fosforoso (da trasformare in Fosetil tramite la formula 1.343/acido fosfonico prima di sommarlo al fungicida);

   l'Allegato II del Regolamento (CE) n. 889 del 2008 contiene un elenco degli antiparassitari e dei prodotti fitosanitari ammessi a norma del Regolamento (CEE) n. 2092 del 1991 e autorizzati a norma del Regolamento (CE) n. 834 del 2007; in agricoltura biologica, i residui fitosanitari non elencati nel sopradetto allegato, possono avere un residuo massimo di 0,01 mg/kg;

   con decreto del 13 gennaio 2011 «Contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica», lo Stato ha regolamentato la presenza dei residui fitosanitari, definendo un residuo di 0,01 mg/kg come limite massimo al di sopra del quale non è concedibile la certificazione di prodotto biologico;

   a livello comunitario, considerato che la presenza di acido fosfonico o acido fosforoso può essere spesso originata da fenomeni chimici naturali che non implicano necessariamente l'utilizzo di sostanze vietate, il citato limite di legge di 0,01 mg/kg si applica unicamente al contenuto di Fosetil;

   in mancanza di indicazioni relative alla presenza del solo acido fosfonico, i Paesi europei hanno stabilito valori guida interni per questo residuo: l'ente di certificazione del biologico tedesco, Bundesverband Naturkost Naturwaren, fissa la soglia numerica a 0,05 mg/kg;

   in Italia, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Accredia hanno stabilito che la presenza dell'acido fosfonico è considerata un «falso positivo», come si legge nel regolamento tecnico RT-16 (revisione 4): «un altro problema di falso positivo che può presentarsi su diverse matrici si riscontra nella determinazione del Fosetil. Tale analisi viene condotta ricercando sia acido etilfosfonico che acido fosforoso. La presenza di quest'ultimo acido può derivare, oltre che da trattamenti con Fosetil anche dall'impiego di trattamenti fogliari a base di fosforo, pertanto per attribuire la positività a residui di Fosetil, è necessario che risultino presenti sia acido etilfosfonico che acido fosforoso». Da ciò ne deriva che il vino che presenta unicamente contenuto di acido fosfonico deve essere considerato biologico, senza ulteriori controlli;

   di fronte all'alto numero di falsi positivi registrati, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha avviato il progetto «Strumenti per la risoluzione dell'emergenza fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici, BIOFOSF», coordinato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea): è stato dimostrato che la presenza di residui di Fosetil e acido fosfonico può essere dovuta all'utilizzo di fertilizzanti e prodotti fitosanitari ammessi in agricoltura biologica ch li contengono come contaminanti non dichiarati;

   al progetto Biofosf è seguito uno studio denominato Biofosf Wine «Strumenti per la risoluzione dell'emergenza fosfiti in uve e vini biologici» con il quale si è inteso studiare i vari passaggi della catena di produzione vitivinicola al fine di comprendere l'origine delle positività di acido fosfonico riscontrate, tenendo conto di tutte le possibili fonti di contaminazione. Il progetto intende, altresì, chiarire la presenza di residui del fungicida Folpet nel vino biologico, valutando il suo principale prodotto di degradazione, la ftalimmide;

   in data 5 novembre 2018 l'Accredia pubblicava una nuova versione (revisione 5) del documento RT-16, entrato in vigore il 1° gennaio 2019, in materia di prescrizioni per l'accreditamento degli organismi di controllo che rilasciano dichiarazioni di conformità di processi e prodotti agricoli e derrate alimentari biologici ai sensi del regolamento (CE) n. 834 del 2007;

   in data 13 novembre 2018, l'Accredia pubblicava la circolare informativa n. 17 del 2018 – Pubblicazione della revisione 5 del documento RT-16, ove si legge: «In merito all'applicazione dell'Allegato II, paragrafo 1.2, relativo ai prodotti ortofrutticoli biologici, vi informiamo che per i raccolti 2019 di prodotti ortofrutticoli, inclusi se del caso i relativi prodotti trasformati, il cui ciclo produttivo è iniziato nel 2018, il punto relativo all'acido fosfonico non è da considerarsi vincolante»;

   le circolari dell'Accredia si rivolgono agli organismi di certificazione accreditati per il rilascio di attestazioni di conformità ai sensi del regolamento (CE) n. 834 del 2007;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali non si è ancora pronunciato in merito alla posizione espressa da Accredia –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda promuovere per chiarire, se del caso con apposita circolare, quale sia il limite massimo dei residui di Fosetil o acido etilfosfonico e di acido fosforoso consentito per i prodotti biologici, ivi compresi i vini biologici.
(2-00640) «Lombardo, Sportiello, Parentela, Lovecchio, Maglione, Del Sesto, Martinciglio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIABURRO, GALANTINO e RUFFINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento (CE) 889/08 costituisce la normativa vigente in materia di utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica;

   il regolamento (UE) 552/19 ha modificato il regolamento (UE) 365/05 in materia di livelli massimi di residui antiparassitari nei o sui prodotti alimentari, definisce 2 mg/kg quale più basso livello massimo di residuo di antiparassitari consentito, da applicarsi a scopo analitico anche nei casi in cui l'impiego di tale principio attivo non sia ammesso per una determinata coltura;

   fino al 31 dicembre 2018 il regolamento tecnico RT16 (Rev. 04) Accredia ha posto le modalità di gestione relative alle contaminazioni da Fosetil Alluminio ed acido fosfonico sui prodotti bio, indicando che, per evitare falsi positivi, in sola presenza di residui di solo acido fosforoso il prodotto su cui era stata rilevata la contaminazione poteva continuare a essere certificato come biologico;

   dal 1° gennaio 2019 è il regolamento tecnico RT16 (Rev. 05) Accredia a porre le nuove linee guida per la gestione e il rilievo di residui di Fosetil, prevedendo l'avvio di indagini in tutti i casi in cui si rilevi la presenza di una sola sostanza oltre 0,01 mg/kg di solo acido fosfonico, in controtendenza rispetto alla precedente regolamentazione;

   il decreto n. 309 del 2011 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha posto 0,01 mg/kg come soglia di tolleranza per le contaminazioni accidentali, al di sopra della quale non è concedibile la certificazione di prodotto biologico;

   importanti realtà di rappresentanza del settore quali Agrinsieme, Aiab e Bioland Südtirol hanno indicato come la soglia di accettabilità dello 0,01 mg/kg posta dal decreto ministeriale n. 309 del 2011 sia troppo bassa per i fosfiti, intasando peraltro burocraticamente gli appositi organismi di controllo per avviare indagini su numerosi falsi positivi, paralizzando un'intera filiera;

   in Europa gli altri Paesi membri non pianificano di introdurre limiti di de-certificazione per i residui di fosfiti sui prodotti biologici, i quali seguono le linee guida Eocc, iniziando a effettuare indagini solo quando vengono rilevati valori superiori a 0,2 mg/kg, esonerando, come nel caso francese, la segnalazione di casi di contaminazioni in quantità inferiori a tale soglia;

   un'errata gestione delle contaminazioni accidentali da fosfiti su prodotto «bio» potrebbe comportare un decremento degli operatori «bio» in Italia, invertendo il trend di crescita rispetto agli aumenti costanti della superficie agricola utilizzata degli altri Stati membri e in netto contrasto rispetto all'aumento della domanda di prodotto biologico da parte dei consumatori italiani –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda adottare:

    a) per sostenere la filiera produttiva italiana e allineare l'Italia agli altri Paesi dell'Unione europea che hanno fissato, in caso di rilievo di acido fosforoso, la soglia per le indagini a 0,2 mg/kg, che, confrontata con l'approccio attuato in Italia, rende l'intera filiera del nostro Paese meno competitiva sul mercato europeo e maggiormente onerosa per gli operatori del settore;

    b) per modificare il decreto ministeriale n. 309 del 2011 allineando la normativa italiana a quella europea, tenendo conto dei limiti posti dal novellato regolamento (CE) 396/05, escludendo in ogni caso la soppressione cautelativa dei prodotti e comunque una soglia di controllo non inferiore a 0,2 mg/kg, come attuata da numerosi concorrenti europei;

    c) per definire una metodica analitica in grado di distinguere l'acido fosforoso proveniente da Fosetyl-Al rispetto a quello proveniente da altre fonti, in modo da aggredire unicamente l'acido fosforoso frutto della degradazione del Fosetyl-Al;

    d) per disporre una ricerca volta a determinare i tempi di decontaminazione delle colture, soprattutto quelle arboree;

    e) nelle competenti sedi europee per stabilire regole comuni e uniformi che vadano ad applicarsi anche agli operatori biologici degli altri Paesi membri.
(5-03568)

Interrogazione a risposta scritta:


   LACARRA e UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per il sud e la coesione territoriale — Per sapere – premesso che:

   l'Eipli – Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria Puglia, Lucania ed Irpinia, assolve oggi principalmente compiti di gestione, esercizio e manutenzione ed agisce quale fornitore all'ingrosso di un bene essenziale come l'acqua, per usi potabili, irrigui e per usi industriali;

   con decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'Eipli è stato soppresso ed è entrato in fase liquidatoria. L'articolo 21, commi 10 e 11, ha disposto misure di trasferimento in favore di un nuovo soggetto;

   siffatto soggetto, con legge n. 205 del 2011 (articolo 1, commi 904 e seguenti), è stato identificato in una società «costituita dallo Stato e partecipata, ai sensi dell'articolo 9 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, dal Ministero dell'economia e della finanze» che esercita i diritti del socio di concerto con il Dipartimento delegato all'Autorità politica per le politiche di coesione e per il Mezzogiorno e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

   al fine di completare il processo di liquidazione dell'Eipli ed accelerare la creazione della società di cui all'articolo 21, comma 11, del decreto-legge n. 201, il decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019, ha previsto che la costituenda società sia una società per azioni a totale capitale pubblico formato da soli enti pubblici, il cui statuto costitutivo dovrà prevedere «la possibilità per le altre regioni interessate ai trasferimenti idrici tra regioni del distretto idrografico dell'Appennino meridionale di partecipare alla società di cui al presente comma, nonché il divieto di cessione delle quote di capitale della medesima società, a qualunque titolo, a società di cui al titolo V del libro quinto del codice civile e ad altri soggetti di diritto privato comunque denominati»;

   è stato previsto dalla norma nazionale che su Eipli graveranno tutte le passività maturate sino alla data di costituzione della società, comprese quelle di natura «contributiva, previdenziale e assistenziale». Al contempo, tutti i diritti su beni demaniali, già attribuiti all'Eipli in forza di provvedimenti concessori, saranno trasferiti ex lege alla società di nuova costituzione;

   in considerazione di quanto previsto dalla citata legge n. 58 del 2019: «la tutela occupazionale è garantita con riferimento al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'Ente soppresso»;

   su Eipli incombe una mole debitoria quantificata in circa 67 milioni di euro e l'attuale gestione «ordinaria» dell'ente soffre delle pesanti ripercussioni ascrivibili alla mancata riscossione delle somme dovute per i servizi irrigui e idraulici resi dallo stesso;

   la forza lavoro dell'ente è formata da circa 150 dipendenti con contratto a tempo indeterminato, cui si aggiungono lavoratori con contratto a termine e dipendenti con contratto di natura privata;

   come riferito dalle organizzazioni sindacali di categoria, dalla riunione del 28 gennaio 2020 tra rappresentanza sindacale e il neo commissario dell'ente non è emersa alcuna indicazione specifica riguardo ai tempi e alle modalità della procedura di liquidazione dell'ente, mentre è stata ribadita la difficoltà a rinnovare i contratti a tempo determinato;

   in data 10 febbraio 2020, le organizzazioni sindacali hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale dell'ente a partire dal prossimo 21 febbraio 2020 –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per accelerare il percorso di liquidazione dell'ente, salvaguardare i livelli occupazionali e risolvere le questioni inerenti al pagamento del salario accessorio dei lavoratori;

   se si intenda istituire un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali e le istituzioni territoriali competenti per evitare la discontinua dei rapporti di lavoro a tempo determinato in essere ed evitare la paralisi degli impianti.
(4-04696)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'Associazione «La Nostra Famiglia», fondata nel 1946, si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità, soprattutto in età evolutiva ed è presente in 6 regioni italiane, nello specifico 12 sedi in Lombardia, 8 sedi in Veneto, due sedi in Friuli Venezia Giulia, una sede in Liguria, una sede in Campania e quattro sedi in Puglia per un totale di 28 sedi in cui vi lavorano 2460 operatori e 624 volontari;

   in particolare l'associazione che si prende cura di bambini e ragazzi, sia con quadri patologici di estrema gravità, sia con situazioni meno gravi, a rischio psicopatologico o di svantaggio sociale si occupa nello specifico: di ricerca scientifica e studio delle problematiche mediche, psicologiche e psicoeducative delle varie disabilità, attraverso l'attività dell'Istituto scientifico «Eugenio Medea», riconosciuto come Irccs; di accoglienza di bambini con grave disagio familiare in attesa di affido o adozione, bambini e adolescenti soli o con disagio socio-ambientale in piccole comunità o in nuclei di tipo familiare; di gestione di centri diurni e residenziali per persone adulte con disabilità; di formazione professionale e universitaria di operatori dei servizi alle persone; di sensibilizzazione e promozione della cultura dell'inclusione sociale;

   come risulta da lettera inviata dall'Associazione in data 27 gennaio 2020 alle organizzazioni sindacati, questa ha deciso di applicare a decorrere dal 1° febbraio 2020, al personale del comparto non medico, addetto a tutte le sedi, il contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente da residenze sanitarie assistenziali e centri di riabilitazione sottoscritto il 5 dicembre 2012 a livello nazionale da Aris – Associazione religiosa istituti socio-sanitari e Cisl Fp, Uil Fpl e Ugl;

   quindi, per tutti i lavoratori a tempo indeterminato in forza alla data del 1° febbraio 2020 la retribuzione rimane invariata, anche se si chiede di lavorare due ore in più a settimana, passando dalle attuali 36 ore settimanali a 38 ore settimanali;

   come dichiara la stessa «Associazione», tale scelta deriva dalla «volontà di non rinunciare, anche per il futuro, all'identità e alla Missione che le sono proprie... Ciò significa operare in un comparto della sanità oneroso dal punto di vista delle risorse impegnate ma non adeguatamente valorizzate sul piano dei trasferimenti pubblici che da tempo non vengono incrementati. Fedele alla sua scelta e nonostante i risultati negativi dei bilanci di questi ultimi anni l'Associazione ha sempre garantito i livelli occupazionali, ha agito sulla riduzione dei costi dei servizi ottimizzando la gestione non sottraendosi a nuovi investimenti»;

   a sua volta, il personale con una lettera aperta ribadisce che non solo si è interrotta la trattativa per il rinnovo di un contratto ormai scaduto da 13 anni, ma che l'applicazione del contratto sottoscritto nel 2012 comporta sia una perdita economica che una perdita delle attuali tutele normative;

   il comportamento della dirigenza dell’«Associazione», con tale decisione di non riconoscere la dignità degli operatori che garantiscono quei livelli di eccellenza di cui poi l'Associazione si fregia sul territorio, determina il venir meno di quei principi religiosi su cui si fonda e dimentica quelle persone che quotidianamente rendono tale Associazione un'eccellenza su tutto il territorio nazionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e non ritengano doveroso adottare, per quanto di competenza, iniziative sul piano economico e normativo, previo coinvolgimento delle regioni, volte a riconoscere l'importanza del lavoro svolto dal personale dell'Associazione «La nostra famiglia», garantendo nel contempo il buon andamento, l'efficienza e l'efficacia dell'azione svolta dalla stessa Associazione.
(2-00642) «Fragomeli, Ubaldo Pagano, Pagani, Buratti, Morgoni, Zardini, Prestipino, De Menech, Gavino Manca, Navarra, Nardi, Enrico Borghi, Carnevali».

Interrogazione a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il ciclammato è un dolcificante artificiale (codice E952) a elevato potere edulcorante; secondo numerosi studi, può comportare in talune persone la formazione di una sostanza (Cha) che somministrata in cospicue dosi nelle sperimentazioni animali ha rivelato incidenze sui testicoli;

   nei Paesi dell'Unione europea questa sostanza è presente in una serie di prodotti come le bibite, i dolci, i gelati, i dessert e le conserve di frutta, mentre è bandita dal 1969 negli Stati Uniti, tanto che persino la Coca-Cola ha differenziato la produzione di una delle sue bibite più famose, la Coca-Cola zero: la lattina servita in molti Paesi della stessa Europa, ad esempio, come in Italia contiene il ciclammato, quando invece lo stesso prodotto negli USA ne è privo;

   Food and Drug Administration (Fda) da tempo ha infatti avanzato sospetti sulla tossicità, non escludendo l'ipotesi che possa trattarsi di un composto cancerogeno –:

   se, alla luce di quanto descritto, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per approfondire la vicenda sopra descritta, allo scopo di valutare se non sia il caso, così come avviene in tanti altri Paesi del mondo, di vietare l'utilizzo del ciclammato di sodio nelle bevande e negli alimenti commercializzati in Italia.
(4-04701)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   SALTAMARTINI, CAPARVI e MARCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 luglio 2018 la società Leolandia Umbria S.r.l. ha presentato una proposta di contratto di sviluppo finalizzata alla realizzazione di un programma di attività turistiche, volto alla creazione di un parco di divertimento tematico e una struttura ricettiva da ubicare all'interno del parco, destinati al turismo familiare, nel comune di Narni, località San Liberato, area di crisi industriale complessa riconosciuta ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 31 gennaio 2013;

   in pari data la predetta società ha presentato istanza di attivazione delle procedure per la sottoscrizione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del decreto 9 dicembre 2014 per sostenere gli investimenti di cui alla proposta;

   il 4 maggio 2019 è stato sottoscritto un accordo di programma fra regione Umbria, Ministero dello sviluppo economico e Invitalia, con cui la regione e il Ministero dello sviluppo economico «si propongono di sostenere il programma di sviluppo industriale che la società Leolandia Umbria srl intende realizzare nel periodo 2019-2020 nel Comune di Narni in località San Liberato», ratificando così la proposta di contratto di sviluppo presentata dalla società Leolandia il 26 luglio 2018;

   Ministero e regione ritengono l'iniziativa di rilevante e significativo impatto per il rafforzamento del tessuto produttivo e dello sviluppo economico dei territori di riferimento, ricompresi nel più ampio accordo di programma per l'attuazione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi industriale complessa di Terni-Narni;

   il progetto consentirebbe di attivare sul territorio umbro investimenti produttivi per complessivi 36,3 milioni di euro, volti al potenziamento e al miglioramento dell'offerta turistica, con un impatto occupazionale diretto stimato in 250 addetti;

   nello specifico è prevista la realizzazione di un parco di divertimenti tematico destinato ai bambini fino ai 10 anni, su una superficie complessiva di 55mila metri quadrati e con ambientazioni ispirate ai borghi medievali umbri e una struttura ricettiva destinata al segmento del turismo familiare, con 16 camere per un totale di 80 posti letto;

   l'iniziativa favorirà l'ampliamento dell'offerta turistica dell'intero territorio umbro, contribuendo alla destagionalizzazione dei flussi turistici con importanti ricadute sul territorio interessato e l'intera filiera, valorizzando allo stesso tempo anche le risorse culturali e ambientali;

   l'attuazione del progetto è ferma presso la nominata Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa che supporta il Ministero dello sviluppo economico nelle sue attività di promozione industriale –:

   in considerazione del fatto che tutte le iniziative del caso sono state assunte dalla società e dalla regione e che gli ulteriori adempimenti sono in capo a Invitalia, quali iniziative il Governo intenda adottare per far sì che la stessa dia seguito alle parti di competenza dell'accordo di cui sopra, in modo che possa finalmente iniziare materialmente la costruzione del parco turistico di Leolandia, con le conseguenti positive ricadute occupazionali e di indotto che, in difetto, resterebbero ulteriormente frustrate e che un ritardo ulteriore comprometterebbe pesantemente.
(4-04700)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e altri n. 4-02560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Chiazzese.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Barzotti e altri n. 5-03528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Papiro.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Maccanti e altri n. 5-03552, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benvenuto, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Patelli, Pettazzi, Tiramani.

  L'interrogazione a risposta scritta Trano n. 4-04692, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Daga, Bella.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni 1-00319, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 295 del 29 gennaio 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    il regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ha disciplinato i requisiti generali del sistema dell'etichettatura alimentare, fissando le caratteristiche generali relative all'informazione sugli alimenti e alle responsabilità degli operatori del settore alimentare e stabilendo altresì l'elenco delle indicazioni obbligatorie che devono essere riportate;

    in data 8 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231 (entrato in vigore il 9 maggio 2018), recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 e relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;

    il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari ha comunque registrato nel settore produttivo e commerciale uno sviluppo e un'applicazione importante, seppur diversificati, in termini di metodologie e modelli informativi nutrizionali adottati e in uso tra gli operatori del settore alimentare nei diversi Stati membri;

    i più noti e diffusi modelli e metodi di etichettatura comprendono: il «Nordic key hole», in uso da circa 30 anni soprattutto nei Paesi scandinavi (che classifica su scala cromatica le informazioni nutrizionali relative ai relativi alimenti); il modello «Traffic light o a semaforo», adottato nel Regno Unito prendendo spunto dal modello scandinavo precedentemente citato, che abbina la composizione principale dei 5 valori nutrizionali (calorie, grassi, sale, grassi saturi, zuccheri su 100 grammi di prodotto) ad uno dei tre colori tra rosso, giallo e verde; e ancora l'Enl («Evolved nutrition label» o «etichetta nutrizionale evoluta»), promossa da sei multinazionali del settore alimentare, progetto però arenato a causa delle pesanti critiche da parte di esperti e associazioni dei consumatori;

    tra le varie tipologie di etichettatura alimentare sperimentate e sviluppate all'interno dell'Unione europea, il cosiddetto «Nutri-score», sviluppato da un centro di ricerca francese e riconosciuto dal Governo francese, è quello intorno al quale si è incentrato in misura importante il recente dibattito politico-economico ed internazionale negli ultimi mesi;

    la questione ha assunto crescente rilevanza specie in relazione alla petizione, promossa da un'associazione dei consumatori francese (Ufc-Que choisir) attraverso lo strumento della «iniziativa dei cittadini europei», mediante la quale i proponenti chiedono testualmente alla Commissione europea di «imporre l'obbligo di un'etichettatura semplificata “Nutri-score” sui prodotti alimentari, al fine di tutelare la salute dei consumatori e garantire che vengano loro fornite le informazioni nutrizionali di qualità»;

    il citato «Nutri-score» – la cui imposizione obbligatoria a tutti gli Stati membri, da parte della Commissione europea, è richiesta e desiderata dai promotori della petizione – è il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia, che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E;

    tale strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori francesi denominato Eren («Équipe de recherche en epidémologie nutritionnelle») e consiste in un sistema a punteggio, il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food standards agency del Regno Unito: un modello, quest'ultimo, che a sua volta, peraltro (come dimostrato da autorevoli studi), non darebbe alcuna certezza nello stabilire il nesso tra il tipo di alimento e i rischi concreti per la salute;

    «Nutri-score» è, inoltre, un marchio registrato presso l'Euipo, vale a dire, l'Ufficio per la tutela della proprietà intellettuale dell'Unione europea, dall'Ansp, dall'Agenzia francese per la sanità pubblica (Agence nationale de santé publique), ente amministrativo pubblico sotto l'autorità del Ministero della salute francese;

    la citata iniziativa ha suscitato – comprensibilmente – forti reazioni, a livello internazionale, oltre che nel mondo politico, anche nel settore scientifico, economico e produttivo e tra le associazioni dei consumatori, con particolare riferimento a quei profili e rilievi di perplessità, preoccupazione e giustificato allarme sotto diversi profili:

     a) dal punto di vista scientifico riguardo all'effettiva idoneità – non pacificamente riconosciuta e anzi oggetto di numerose perplessità – della stessa metodologia «Nutri-score» a fornire informazioni nutrizionali e qualitative sugli alimenti realmente in grado di supportare la finalità di tutela della salute dei consumatori;

     b) dal punto di vista economico, con riferimento al prevedibile impatto negativo che un simile sistema di etichettatura potrebbe generare sull'economia nazionale di quei Paesi, come in primis l'Italia, per i quali il comparto alimentare con le sue eccellenze universalmente riconosciute rappresenta il settore di punta ed una delle principali componenti del prodotto interno lordo: economie che, evidentemente, risulterebbero fortemente penalizzate e svantaggiate dall'irragionevole ipotesi dell'introduzione obbligatoria e coatta di un simile sistema informativo;

    alla luce delle diverse considerazioni avanzate da più voci del mondo scientifico, economico, produttivo e politico, il sistema di etichettatura in argomento sarebbe invero molto distante dalla finalità dichiarata, volta ad un presunto e generico perseguimento di obiettivi di tutela della salute dei consumatori, mentre più verosimilmente, ad avviso dei firmatari del presente atto, appare molto più vicina ad uno sfacciato, quanto maldestro ed intollerabile, tentativo di pressione politica sulle istituzioni europee mascherato da «politica salutista»;

    si tratta di un tentativo, peraltro, facilmente riconducibile all'iniziativa governativa di un singolo Stato membro, la Francia, a suo palese ed evidente vantaggio e ad altrettanto evidente e palese svantaggio di quegli Stati membri che, in ragione dell'elevata qualità e dei livelli di eccellenza della propria produzione alimentare (produzione che, per quanto riguarda l'Italia, non conosce rivali), risultano fortemente competitivi;

    il rischio insito in questo sistema è quello dell'emergenza formale, in sede europea, di una politica economica e commerciale, oltre che sleale, anche ostile e aggressiva, idonea ad alterare la concorrenza del mercato, favorendo alcune economie e penalizzandone altre, in netta contrapposizione, peraltro, con i valori e le finalità istitutive e fondative dell'Unione europea che, vale la pena ricordare, perseguono ben altri obiettivi di rafforzamento della coesione economica e solidarietà tra gli Stati membri e dell'innalzamento dei livelli di benessere e del tenore di vita dei cittadini europei, in una logica di integrazione e solidarietà;

    in Italia, a seguito della sperimentazione avviata nel 2018, è stata elaborata una proposta di etichettatura nazionale supplementare – cosiddetta «a batteria», – con la finalità di fornire al consumatore uniformazione chiara della presenza di alcuni nutrienti, utile a collocare alimento all'interno di una dieta varia e bilanciata, in grado di prevenire, in maniera efficace e scientificamente valida, l'obesità ed i rischi associati alle malattie cardiocircolatorie,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi vigorosamente in sede europea mediante l'attivazione di tutti gli strumenti utili a contrastare l'ipotesi di adozione del «Nutri-score» o del sistema a «semaforo», quali sistema di etichettatura uniforme suscettibile di veicolare messaggi nutrizionali distorsivi e potenzialmente penalizzanti e dannosi per l'economia nazionale;

2) ad adottare iniziative per preservare e tutelare il settore alimentare italiano e le eccellenze del made in Italy da possibili effetti distorsivi sulla concorrenza e sulla leale competizione economica internazionale di politiche europee e interne al mercato comune sviluppate sulla base di iniziative di singoli Governi di altri Stati membri e connotate da non trascurabili elementi di ostilità e aggressività, come nel caso del «Nutri-score» o di quello a «semaforo»;

3) a sostenere alternativamente, in sede europea, un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari idoneo a rilanciare la fondamentale esigenza di diffondere la dieta mediterranea, riconosciuta a livello mondiale dall'Unesco come bene immateriale transnazionale;

4) ad integrare la proposta italiana di un'etichettatura «a batteria» per gli alimenti con un richiamo visivo alla dieta mediterranea;

5) a promuovere, sia in sede europea che internazionale e globale, il riconoscimento dell'importanza delle specificità alimentari a marchio DOP e IGP ed il loro profondo valore culturale, oltre che alimentare, promuovendo etichettature specifiche che valorizzino tali prodotti e li escludano o li esentino dall'obbligo di adottare sistemi che non li distinguono da qualsiasi altro prodotto alimentare privo delle caratteristiche peculiari e irripetibili che li contrassegnano;

6) a promuovere nei sistemi di etichettatura nutrizionale in ambito internazionale ed europeo il riferimento alla quantità di nutrienti per singola porzione e, nel contempo, ad attivarsi a livello europeo affinché venga definita e resa omogenea la definizione di porzione per tutti gli alimenti;

7) a monitorare il mercato nazionale ed europeo adottando le iniziative di competenza affinché le pratiche di scontistica dei prodotti, che riportano in etichetta il colore verde, siano vietate come pratica sleale.
(1-00319) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Luca De Carlo, Caretta, Ciaburro, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Bergamini n. 5-03478 del 4 febbraio 2020;

   interrogazione a risposta scritta Nevi n. 4-04677 dell'11 febbraio 2020.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Muroni n. 5-03556 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 302 dell'11 febbraio 2020.

  Alla pagina 10855, prima colonna, dalla riga ventiquattresima alla riga ventottesima, deve leggersi: «si legge ancora nella nota “L'attività ostacolante ora come in passato è data dalle continue pressioni politiche e dai conflitti tra gli interessi venatori e quelli di tutela del sito Rete Natura 2000. Non peraltro, è stata aperta una indagine EU Pilot 6730/14/ENVI ‘diretta ad accettare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat e una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, 5 novembre 2018, n. 6240), ha respinto definitivamente il ricorso presentato dai cacciatori contro i provvedimenti di revoca degli appostamenti fissi sul Lago per la tutela’”;

   ad oggi, solo sei appostamenti fissi di caccia che accerchiamo a meno di 1000 metri il sito Natura 2000 sono stati finora revocati; la restante attività venatoria che risulta tuttora potenzialmente incidente sulle specie avifaunistiche, degli oltre venti appostamenti e della caccia in forma vagante a sud, est ed ovest dell'aria protetta, deve ancora essere sottoposta a valutazione di incidenza ambientale –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda promuovere, considerata quella che all'interrogante appare una posizione di innegabile conflitto degli organi di gestione e soggetti gestori, tutte le iniziative di competenza atte a tutelare il sito di importanza comunitaria, in cui si sono finora registrati troppi paradossi e sono avvenute scelte politiche e amministrative contrarie rispetto al fine di tutelare e favorire gli interessi primari e collettivi di questo prezioso e delicato ecosistema terrestre, estremamente ricco in termini di biodiversità.», e non come stampato.