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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 febbraio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il regolamento (UE) n. 1169/2011 sull'etichettatura degli alimenti – adottato per rispondere alle esigenze di chiarezza e tracciabilità per il consumatore – ha previsto alcune disposizioni accessorie tra le quali, in particolare, all'articolo 35, le nuove disposizioni «nutrizionali» sul fop (front of packaging) e le modalità applicative dell'etichettatura degli alimenti, anche in riferimento all'origine degli stessi;

    l'etichettatura nutrizionale front-of-pack (fop) aiuta i consumatori nelle loro scelte alimentari fornendo informazioni a «colpo d'occhio» sui valori nutrizionali ed è vista come uno strumento a supporto delle strategie per la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione;

    a maggio 2019 è stata pubblicata una iniziativa dei cittadini europei (Ice) dal titolo «Pro-Nutri-score», con lo scopo di chiedere alla Commissione europea di imporre l'obbligo di un'etichettatura semplificata «Nutri-score» sui prodotti alimentari, al fine di tutelare la salute dei consumatori e di garantire che vengano loro fornite informazioni nutrizionali di qualità;

    il «Nutri-score», sviluppato in Francia, è un sistema che si concretizza in un logo che informa sulla qualità nutrizionale semplificata e completa la dichiarazione nutrizionale obbligatoria stabilita dalla normativa dell'Unione europea. Si basa su una scala di 5 colori, dal verde scuro al rosso, associati con le lettere dalla A alla E, al fine di semplificare la lettura da parte del consumatore;

    lo scopo del «Nutri-score» sarebbe quello di informare i consumatori sulla presenza di grassi, zucchero e sale negli alimenti, attribuendo ad essi un colore in base ai nutrienti che lo compongono che ne determinano la «pericolosità»; in particolare, l'alimento viene classificato sulla base di un colore/lettera attraverso il calcolo di un punteggio che tiene conto, per 100 grammi di prodotto, del contenuto di nutrienti ed alimenti da favorire (come fibre, proteine, frutta, verdura, leguminose e oleaginose) e di nutrienti da limitare (apporto calorico per 100 grammi, grassi saturi, zuccheri, sale). Il punteggio ottenuto dal calcolo di tali nutrienti nel prodotto è espresso da una lettera ed un colore;

    il «Nutri-score» appare fondato su valutazioni parziali e fuorvianti, in quanto si basa su di un giudizio nutrizionale del singolo prodotto, senza tenere conto del suo inserimento nel quadro di una dieta complessiva varia e bilanciata per ciascun individuo;

    questo sistema di etichettatura rischia di mettere in discussione la dieta mediterranea, riconosciuta dall'Unesco «Patrimonio immateriale dell'umanità», quale modello alimentare sano ed equilibrato, fondato su un consumo diversificato e bilanciato degli alimenti, nonché elemento fondamentale dell'identità nazionale. La comunità scientifica non soltanto europea ha dimostrato che la dieta mediterranea è una dieta salubre, che ha una connotazione di qualità nutrizionale altissima e che aiuta a prevenire malattie croniche come patologie cardiovascolari, diabete e obesità;

    il consumo dei prodotti agroalimentari made in Italy, secondo un programma fondato sulla dieta mediterranea, ben si concilia con gli obiettivi che l'Onu intende perseguire entro il 2030, ovvero la riduzione di un terzo delle cosiddette malattie croniche non trasmissibili, attraverso la promozione di un ridotto consumo di alimenti ricchi di grassi, zuccheri e sale;

    la ricerca ha pressoché unanimemente stabilito che è il pattern dietetico nella sua globalità ad essere protettivo per la salute e l'ambiente, più che un singolo alimento o addirittura un singolo ingrediente. È infatti possibile, ed auspicabile, costruire diete e profili alimentari che comprendano tutti gli alimenti nelle corrette quantità e frequenze di consumo;

    questo tipo di etichetta, ritenuta da esperti, nutrizionisti e organizzazioni internazionali la migliore per i consumatori, proprio per la semplicità di comprensione, è stata adottata in Belgio, Spagna, Svizzera e Germania, dove in alcuni casi la scelta del consumatore per l'alimento ricco di fibre e povero di grassi e di zuccheri è premiato con sconti alla cassa. Resta, tuttavia, da dimostrare che il consumatore, comprando solo prodotti con il bollino verde manterrebbe davvero un'alimentazione equilibrata;

    dopo la Francia, il sistema «Nutri-score», infatti, è stato adottato anche in Belgio nelle principali catene di distribuzione Delhaize, Colruyt e Carrefour. L'adozione di tale sistema rimarrà volontaria, anche se lo stesso Ministro belga per la salute ha pubblicamente invitato i produttori e i distributori ad adottare il sistema;

    diversamente, il Regno Unito dal 2012, come sistema volontario di etichettatura «front of pack», utilizza il «traffic light», basato sull'uso di tre colori tipici del semaforo (verde, giallo e rosso) in base al quantitativo di nutrienti principali contenuti negli alimenti: grassi (di cui saturi), zuccheri e sale. Lo schema risulta «negativo» nella sua classificazione dei «cattivi» nutrienti contenuti negli alimenti e può influenzare negativamente la percezione dei prodotti da parte dei consumatori;

    la Spagna si doterà ben presto del sistema «Nutri-score», mentre Portogallo, Lussemburgo e Svizzera stanno concretamente valutando la possibilità intraprendere lo stesso percorso a livello nazionale;

    l'Olanda ha annunciato l'intenzione di adottare l'etichetta a semaforo a partire dal 2021 che arriverà sugli scaffali nell'estate del 2021, dopo aver adattato il sistema di calcolo del «Nutri-score» alle linee guida dietetiche olandesi;

    la Germania, dopo le sperimentazioni a livello nazionale su un proprio sistema di etichettatura fronte pacco privo di colori, a settembre 2019 ha reso nota l'intenzione di introdurre «Nutri-score» quale criterio ufficiale per l'informazione nutrizionale di sintesi in etichetta;

    il nordic keyhole dei Paesi scandinavi è rappresentato da un logo verde a forma di serratura e ha lo scopo di indicare ai consumatori prodotti ritenuti più salutari, riconosciuti sulla base di precisi requisiti. Ogni categoria di alimenti deve rispettare dei requisiti e valori dei nutrienti chiave (grassi, zuccheri, sale) differenti;

    la proposta italiana, in alternativa all'etichettatura a semaforo (traffìc light) e al «Nutri-score», è basata su di un modello di etichette nutrizionali «a batteria» che attribuisce un punteggio alla presenza di grassi, zuccheri e sale rapportandoli alla dose giornaliera consigliata nell'ambito di una dieta salutare, mentre il «Nutri-score» valuta 100 grammi di prodotto;

    ai fini di una migliore informazione del consumatore, il sistema «a batteria» infatti prevede l'indicazione dei valori relativi a una singola porzione, indicando la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rispetto alla quantità giornaliera raccomandata. Il modello a batteria riporta poi nella parte inferiore la percentuale di energia o nutrienti. La batteria è il frutto di un lavoro durato due anni che ha visto la partecipazione di quattro Ministeri (salute, affari esteri e cooperazione internazionale, politiche agricole alimentari e forestali e sviluppo economico) e ha avuto la supervisione dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio superiore dell'agricoltura e del Crea;

    l'Italia, durante la riunione Codex in Canada di maggio 2019 sulle informazioni nutrizionali supplementari (front of package-fop), nella quale si è registrata una forte spaccatura tra Paesi favorevoli e contrari al sistema dei colori di tipo «Nutri-score», ha sottolineato la propria opposizione ai sistemi quali quello inglese a «semaforo» o «Nutri-score» francese e quello a «bollini neri», utilizzato in alcuni Paesi latino americani, ritenendo fondamentale assicurare al consumatore un'informazione obiettiva, scientificamente fondata e in linea con la normativa dell'Unione europea;

    il 15 luglio 2019 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo pro tempore Centinaio, incontrando il Commissario europeo alla salute Andriukaitis, ha ribadito la posizione dell'Italia «assolutamente negativa» su sistemi di etichettatura nutrizionali come il «Nutri-score» francese;

    con l'inganno delle etichette a semaforo si rischia di sostenere, attraverso una presunta operazione di semplificazione, modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo non solo la salute dei cittadini, ma anche il sistema produttivo di qualità del made in Italy;

    sistemi come quello «a semaforo» o «Nutri-score», segnalando come «pericolosi» alimenti sani e salutari e che fanno parte della dieta mediterranea, andrebbero a favorire prodotti artificiali, di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta, promuovendo paradossalmente cibi «spazzatura» con edulcoranti al posto dello zucchero. In sostanza, sarebbero invece banditi prodotti, orgoglio del made in Italy, come l'olio d'oliva ma anche specialità come il Grana padano, il Parmigiano reggiano, il Prosciutto di Parma, la Mozzarella di bufala campana o il Pecorino romano riconosciuti a livello europeo, perché considerati ingiustamente insalubri;

    trincerandosi dietro la tutela della salute dell'uomo e la prevenzione da malattie cardiovascolari con l'utilizzo di questi sistemi, la vera strategia apparirebbe quella di indirizzare i comportamenti e i consumi dei cittadini verso prodotti di minor qualità con il rischio, non solo di mettere in pericolo la salute dei cittadini, ma anche di generare confusione nei consumatori mettendo in difficoltà il sistema produttivo di qualità del made in Italy;

    è necessario che le istituzioni vengano sollecitate a promuovere sistemi che siano in grado di valorizzare le eccellenze del made in Italy attraverso l'adozione di un rating prestazionale degli operatori nelle filiere agroalimentari, capace di determinare azioni volte al raggiungimento di standard qualitativi elevati in ogni fase della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti, garantendo così un nesso tra provenienza e qualità degli stessi e raggiungendo un livello di eccellenza, anche in ragione degli effetti positivi per la salute, secondo il rapporto tra la proprietà nutritiva e l'appropriatezza del consumo nella giornata alimentare, con particolare riferimento al contenuto di sale e di acidi grassi saturi;

    tale sistema verrebbe a rappresentare una best practice nel panorama europeo ed internazionale, conferendo all'Italia un ruolo di assoluta centralità nella definizione di un modello basato sui principi di una sana ed equilibrata dieta alimentare;

    l'Italia, in base ad una stima approssimativa, da questo modello di «Nutri-score» vedrebbe quasi l'85 per cento della propria produzione agroalimentare considerata come dannosa e a rischio per la salute;

    è necessario mantenere alta l'attenzione su tutte quelle iniziative ancorate ai sistemi di etichettatura volti a penalizzare la promozione delle produzioni italiane e della stessa dieta mediterranea nei mercati esteri. Nel 2018 il made in Italy agroalimentare ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni a 41,8 miliardi di euro;

    l'applicazione a livello globale del sistema «Nutri-score» condurrebbe a una forte contrazione delle vendite dei prodotti agroalimentari italiani all'estero, perché inevitabilmente verrebbe danneggiata l'immagine del nostro Paese in ragione della presunta «pericolosità» dei prodotti nazionali, con la conseguenza di ridurre i margini positivi della bilancia commerciale, nonché di mettere a serio rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e la stessa sopravvivenza di tantissime piccole e medie imprese agricole;

    questo sistema porterebbe all'esclusione dalla dieta di alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole. Infatti, le produzioni agroalimentari del nostro Paese hanno una tradizione che fonda le proprie radici nella storia. Si conosce, ad esempio, benissimo la storia millenaria dell'olio di oliva di cui se ne ha traccia fin dall'antichità ed anche del Parmigiano si hanno riscontri storici dal primo Medioevo;

    l'obiettivo di una corretta informazione al consumatore deve essere quello di aiutarli a fare scelte di consumo consapevoli, non fondate su una classificazione tra cibi «salubri» e «insalubri», forzando le loro scelte con segnali semaforici, indipendentemente da come gli alimenti saranno poi combinati e consumati nell'ambito delle diete quotidiane;

    occorre negoziare in sede europea affinché il bisogno di informazioni del consumatore sui contenuti nutrizionali sia soddisfatto nella maniera più completa e dettagliata possibile, ma anche con chiarezza, a partire dalla necessità di usare segnali univoci e inequivocabili per certificare le informazioni più rilevanti per i cittadini, a partire dall'obbligo dell'etichetta d'origine su tutti gli alimenti;

    il made in Italy è da tempo a serio rischio per le scelte europee di libero scambio tra Unione europea e Canada, per i dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni dall'Europa, per le produzioni del falso Parmigiano reggiano – il famoso Parmesan che impazza in Canada con la conseguenza che crollano gli export del vero Parmigiano – ma anche di olio pugliese, arance siciliane e formaggi del Centro Italia ed ora per la possibile introduzione del sistema del «Nutri-score» questo rischio assume dimensioni devastanti;

    la proposta sul «Nutri-score», come sistema armonizzato nell'Unione europea che richiami ad un'unica normativa di riferimento le diverse iniziative nazionali degli Stati membri già in essere, non ha ancora iniziato un vero e proprio percorso legislativo in Europa e, se avrà il via libera, danneggerà pesantemente il made in Italy agroalimentare, le nostre tradizioni gastronomiche, il nostro export, la nostra agricoltura e, soprattutto, la reputazione internazionale dei prodotti tipici italiani,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi urgentemente, nelle opportune sedi, per contrastare qualsiasi iniziativa di riforma discriminatoria per i prodotti della dieta mediterranea e difendere la salute dei consumatori da sistemi di etichettatura che poco o nulla hanno a che fare con la vera tutela dei principi ai quali questi sistemi vorrebbero ispirarsi;

2) ad avviare un confronto, nelle opportune sedi istituzionali europee, affinché venga scongiurata la diffusione di sistemi di valutazione dei prodotti agroalimentari unicamente basati sui profili nutrizionali oppure su rappresentazioni grafiche che pongono ingiustificatamente l'accento sulla composizione del singolo prodotto, a prescindere dalle modalità e dalla frequenza di consumo;

3) ad avviare un confronto a livello europeo affinché sia predisposto un sistema armonizzato per i Paesi membri basato su di un modello comune di etichettatura nutrizionale, cosiddetto «front of pack» chiaro, comprensibile, realmente informativo e, soprattutto, non discriminatorio del made in Italy;

4) a tutelare e salvaguardare, nelle opportune sedi istituzionali europee, i prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea che, con l'introduzione di questo sistema di etichettatura, rischiano di essere pesantemente penalizzati;

5) ad attivarsi presso le competenti sedi europee per tutelare e difendere il made in Italy, dall'ennesimo accanimento ai danni delle eccellenze italiane, a salvaguardia non solo dei consumatori ma anche degli agricoltori, degli allevatori e dei trasformatori;

6) ad intraprendere campagne di informazione ed educazione alimentare, che rappresentano un'efficace strategia educativa, per fronteggiare le cattive abitudini alimentari e per promuovere i principi della sana alimentazione e per favorire le produzioni di qualità che caratterizzano il made in Italy, in quanto vi è una chiara dimostrazione che maggiore è la consapevolezza dei consumatori sulle relazioni tra alimentazione e salute e migliore è lo stato di nutrizione della popolazione;

7) a promuovere un modello evolutivo di valutazione e certificazione che coinvolga anche il mondo associativo, con un'architettura che utilizzi la tecnologia fornita dalle piattaforme informatiche multifunzionali blockchain, che permetta, con l'autorevolezza dell'oggettività, di coniugare il sistema dei controlli ufficiali in materia di sicurezza alimentare con la valorizzazione delle eccellenze del made in Italy, attraverso l'adozione di un sistema di rating degli operatori nelle filiere agroalimentari per il riconoscimento di un livello di eccellenza degli alimenti, anche in ragione degli effetti positivi per la salute, secondo il rapporto tra provenienza, qualità, proprietà nutritiva e appropriatezza del consumo nella giornata alimentare.
(1-00324) «Molinari, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini».


   La Camera,

   premesso che:

    il 14 dicembre 2018 l'Assemblea delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione in materia di salute globale e nutrizione, nella quale si promuovono «diete e stili di vita sani, inclusa l'attività fisica, attraverso azioni e politiche volte a porre in atto tutti gli impegni legati alla nutrizione, compresi quelli assunti dai Capi di Stato e di Governo nei vertici sulle malattie non trasmissibili e dall'Organizzazione mondiale della sanità». Nel testo della risoluzione non viene citata la necessità di adottare etichette dissuasive o di introdurre una maggiore tassazione sui cosiddetti «cibi pericolosi». È stata quindi bocciata la proposta di sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) mirante a creare un legame diretto tra alcune malattie e disfunzioni (in particolare cancro, malattie cardiovascolari, diabete e obesità) e alcune tipologie di alimenti o bevande e, di conseguenza, a chiedere agli Stati di apporre su alcuni alimenti etichette volte a dissuaderne il consumo;

    il voto dell'Onu era basato sul report dell'Organizzazione mondiale della sanità «Time to deliver» del 2018, contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo degli alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri, nonché dell'alcol, migliorando la regolamentazione degli stessi. In sede di discussione del citato rapporto, l'Organizzazione mondiale della sanità ha espressamente chiarito che il mero legame tra malattie e alimenti rappresenta un'estrema banalizzazione dei problemi legati alla salute. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete o, meglio, regimi alimentari più o meno sani, posto che la salute e le malattie sono legate anche all'attività fisica, lavorativa, sportiva, oltre che allo stile di vita, all'età anagrafica e all'ambiente in cui si vive;

    la posizione dell'Onu, pur non essendo vincolante, assume tuttavia rilievo significativo anche nell'ambito dell'Unione europea: nei prossimi mesi il Governo dell'Unione europea dovrà decidere sulle modalità con cui attuare la dichiarazione nutrizionale, resa obbligatoria dal regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il 1° aprile 2020 dovrebbe entrare in vigore il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/775, applicativo del citato regolamento n. 1169/2011, contenente norme sull'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento. Attualmente tale indicazione può essere fornita anche con modalità diverse da quelle armonizzate, purché nel rispetto dei requisiti di obiettività, non discriminazione, fondatezza scientifica e non ingannevolezza per il consumatore. In considerazione del proliferare di sistemi di etichettatura negli Stati, l'Unione europea tende all'introduzione di un sistema di etichettatura unico. Diversi Stati, tra cui l'Italia, hanno chiesto una proroga dell'entrata in vigore in quanto le soluzioni scelte non sono soddisfacenti;

    contestualmente la Commissione europea dovrà inoltre decidere in merito ad un'azione avviata da un'associazione di consumatori francese, secondo la procedura prevista dal regolamento (Ue) n. 788/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, riguardante l'iniziativa dei cittadini, nella quale si chiede di imporre l'obbligo di adozione generalizzata di un sistema di etichettatura semplificata sui prodotti alimentari denominato «Nutri-score». Tale sistema è stato registrato presso l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo) dall'Agenzia francese per la sanità pubblica (Ansp);

    il sistema «Nutri-score», sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi sulla base delle tabelle nutrizionali della Food standards Agency del Regno Unito, è stato adottato in Francia nell'ottobre 2017. Esso fornisce ai prodotti alimentari un punteggio in base alla quantità di nutrienti contenuti in 100 grammi di prodotto e consiste in un logo a colori composto da cinque lettere, dalla lettera «A», abbinata al colore verde scuro, per indicare la valutazione migliore, alla lettera «E», dal colore rosso, per indicare la peggiore;

    esattamente come la proposta che l'Assemblea dell'Onu ha «bocciato», il sistema «Nutri-score» deve considerarsi fuorviante e ingannevole per i consumatori, poiché prende in considerazione il singolo prodotto e non esprime, al contrario, l'equilibrio nutrizionale che va ricercato tra i diversi alimenti che compongono la dieta giornaliera. Tale sistema a colori di ispirazione semaforica è già in vigore, sotto varie forme, oltre che in Francia e in Gran Bretagna, anche in Belgio, Spagna, Germania e Svizzera e sta per entrare in vigore anche in Olanda;

    il sistema «Nutri-score» rischia di incidere negativamente su alcuni prodotti di qualità del made in Italy: i salumi sarebbero classificati come alimenti da consumare con attenzione o sconsigliati (lettere «D» ed «E», rispettivamente arancione e rosso), il Pecorino sarebbe sconsigliabile, il Parmigiano reggiano, il Gorgonzola, il Crudo di Parma e il Prosciutto San Daniele, riceverebbero la «D», l'olio di oliva e la mozzarella la lettera «C» (consumare con parsimonia);

    una decisione dell'Unione europea in favore dell'adozione del sistema «Nutri-score» imporrebbe di introdurre etichette a connotazione sfavorevole su prodotti alimentari sani e da secoli presenti sulle tavole italiane. Si favorirebbero invece prodotti artificiali di cui, in alcuni casi, non è nota neanche la ricetta, ma che rispondono a requisiti «nutrizionali» astrattamente ritenuti corretti. Significa assegnare un segnale verde alla Diet Coke e un cartellino rosso, invece, a una fetta di prosciutto. Tale decisione sarebbe non solo sbagliata ma, da un punto di vista scientifico, fuorviante e completamente priva di fondamento;

    una ricerca Nomisma del 2015 sugli effetti dell'introduzione delle «etichette a semaforo» nel mercato inglese ha evidenziato un significativo calo nelle vendite e nelle quote di mercato proprio dei prodotti tipici italiani, con perdite addirittura del 14 per cento per quanto riguarda il Parmigiano reggiano;

    il sistema «Nutri-score» presenta evidenti incongruenze che ingenerano dubbi e perplessità dal punto di vista scientifico e di conseguenza etico. La definizione stessa dei punteggi appare arbitraria e nessuno studio indipendente supporta le astrazioni logiche o le assimilazioni temerarie che tale metodologia presenta:

     a) solo le proteine e le fibre vengono considerati elementi nutritivi positivi senza tener conto di tutti gli altri micronutrienti, confondendo così le componenti nutritive con gli alimenti (proteine con carne e fibre con frutta e verdura);

     b) commisurare il valore «Nutri-score» a 100 grammi o 100 millilitri di prodotto significa ingenerare confusione quando le quantità pro die sono largamente inferiori, come per esempio per l'olio extravergine di oliva;

     c) non considerare nel computo del «Nutri-score» le quantità di acidi grassi insaturi significa misconoscere il valore e la capacità de-tossificante di questi grassi peraltro largamente presenti nella comune dieta tipicamente mediterranea (noci, pesce e altro);

     d) non esiste un algoritmo speciale per il calcolo del «Nutri-score» della carne, che è anche ad alto contenuto di proteine e microelementi importanti, come lo zinco, il selenio o la vitamina B12 o per il pesce, ricco di acidi grassi insaturi;

     e) appare singolare l'attribuzione di punteggi migliorativi a frutta e verdura priva di qualsivoglia riferimento scientifico degno di questo nome: in questo modo si migliora la valutazione di prodotti meno sani in termini di nutrizione, traendo in inganno il consumatore; ad esempio una pizza industriale surgelata farcita con verdure potrebbe avere un punteggio positivo migliore rispetto a preparazioni meno composite. Questa impostazione spinge verso l'immissione sul mercato di «cibi truciolato», nei quali gli elementi positivi vengono usati per innalzare il punteggio di elementi deteriori;

     f) i prodotti integrali, che notoriamente sono considerati benefici dal punto di vista nutrizionale, non godono di un metodo di calcolo specifico;

     g) in termini più generali, se il «Nutri-score» è stato costruito per essere integrato a livello europeo, deve quindi considerare tutte le linee guida nazionali (e non solo quelle di un singolo Stato membro) e fornire raccomandazioni allineate che non ingannino il consumatore;

     h) etichette pregiudiziali e parziali come il «Nutri-score» rappresentano un modello culturale di «imposizione» alimentare simile all'introduzione nella legislazione nazionale di tasse «etiche» come la sugar tax, che è completamente scollegata dalle necessità, se si considera che l'Italia è tra i Paesi europei ove l'incidenza dell'obesità è minore;

    come correttamente osservato nella mozione unitaria 1-00094, approvata dalla Camera l'11 dicembre 2018, che impegnava il Governo pro tempore a difendere il settore agroalimentare italiano in sede Onu e nell'ambito dell'Unione europea, nonché a contrastare l'ulteriore diffusione dell'etichettatura a semaforo sui prodotti alimentari, in favore della corretta informazione in etichetta, l'iniziativa francese, oggi come allora, potrebbe danneggiare la Francia stessa, un Paese che, in maniera del tutto analoga all'Italia, vanta numerosi prodotti agroalimentari tradizionali e tipici. Non a caso i produttori francesi di formaggi Dop si sono schierati contro il sistema «Nutri-score»;

    ove accolta, la scelta del sistema «Nutri-score» minerebbe il patrimonio culturale che è alla base della dieta mediterranea, che ha consentito all'Italia di conquistare il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa, davanti a Grecia e Spagna, ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale, pari a 80,6 anni per gli uomini e a 85 anni per le donne. L'Italia, peraltro, è il terzo Paese meno obeso di tutta l'area Ocse e il più sano al mondo secondo la classifica «Bloomberg health index» stilata nel 2017;

    la qualità del modello alimentare italiano, tra l'altro, è stata riconosciuta anche con l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco il 16 novembre 2010. In termini ambientali, gli indicatori, quale quello della «impronta ecologica», mostrano come la dieta mediterranea abbia un minore impatto in termini di consumo del territorio e di consumo di risorse, oltre a un minor costo di produzione degli alimenti (4 euro giornalieri pro capite, rispetto ai 6 degli Stati Uniti);

    il Governo italiano ha manifestato l'intenzione di presentare alla Commissione europea la proposta di un'etichettatura alternativa detta «a batteria», frutto di un lavoro cui hanno contribuito i Ministeri della salute, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico, tramite il quale si favorisce una dieta varia che non escluda alcun alimento, ma ne consente il consumo secondo frequenze e porzioni adeguate. Con riferimento alla porzione del prodotto selezionato, la parte carica della batteria indica la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale da essa apportata, rispetto alla quantità giornaliera di assunzione raccomandata. Il sistema «a batteria» ha il merito di agevolare la scelta dei consumatori, attraverso indicazioni chiare e di facile comprensione. Si pongono dei tetti e non dei divieti,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi, con tutti gli strumenti a disposizione, presso l'Unione europea, in sede di revisione e armonizzazione della normativa relativa all'etichettatura sul contenuto e sull'origine degli alimenti, per contrastare la diffusione dell'etichettatura a semaforo sui prodotti alimentari, secondo il modello proposto dal sistema «Nutri-score», in quanto eccessivamente semplificatorio, fuorviante e legato a contestabili modelli nutrizionali propugnati dalle multinazionali agroalimentari;

2) ad attivarsi, nella medesima sede, affinché si tenga in adeguata considerazione la proposta italiana dell'etichettatura «a batteria» come sistema da preferire nell'ottica di tutela della salute dei cittadini europei e della corretta informazione nutrizionale dei consumatori;

3) a difendere, con la massima determinazione, il settore agroalimentare italiano in tutte le sedi politiche e diplomatiche internazionali e nell'ambito dell'Unione europea, promuovendo altresì l'adozione di modelli di etichettatura che identifichino e valorizzino i prodotti agroalimentari tutelati dall'Unione europea, in considerazione del fatto che essi rappresentano il valore identitario, storico e culturale di ogni Paese;

4) ad adoperarsi, sia in termini politici che economici, per diffondere i valori della dieta mediterranea, riconosciuta a livello mondiale dall'Unesco come bene immateriale transnazionale, promuovendo, sia in sede europea che internazionale e globale, il riconoscimento dell'importanza delle specificità alimentari nazionali ed il loro valore culturale, oltre che alimentare;

5) a promuovere campagne per incoraggiare regimi alimentari equilibrati in Italia, dove siano presenti tutti gli alimenti salutari della dieta italiana.
(1-00325) «Paolo Russo, Nevi, Spena, Brunetta, Caon, Sandra Savino, Fasano, Polidori, Fiorini, Squeri».


   La Camera,

   premesso che:

    la tutela della qualità delle produzioni agroalimentari è, in sede europea, un complemento alla politica di sviluppo rurale e alle politiche di sostegno dei mercati e dei redditi nell'ambito della politica agricola comune e rappresenta, in particolare, per l'Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro Paese vanta in Europa il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione;

    la disciplina sull'etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce anch'essa un aspetto della tutela della qualità del prodotto;

    l'Italia ha implementato la legislazione europea, anche attraverso una continua attività di sensibilizzazione svolta in tal senso dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, e ha tradizionalmente attribuito grande rilievo alla possibilità di definire una legislazione che consentisse di indicare per tutti i prodotti agroalimentari obbligatoriamente l'origine nazionale della produzione agroalimentare, ai fini della tutela della qualità e della relativa autenticità del prodotto stesso;

    la produzione nazionale alimentare è considerata una delle eccellenze, e, pertanto, il suo legame territoriale è stato ritenuto costantemente elemento di pregio – quindi degno di segnalazione al consumatore – anche per le produzioni non «a denominazione protetta»;

    recentemente, l'azione non coordinata verso gli obiettivi di sicurezza alimentare, trasparenza e protezione dei consumatori ha portato alla proliferazione di sistemi di informazione nutrizionale che stanno frammentando il mercato europeo;

    il sistema di informazione nutrizionale «Nutri-score», un sistema sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi, già parzialmente in uso in alcuni Paesi europei (adottato dalla Francia (8 ottobre 2017), Belgio (aprile 2018), Spagna (novembre 2018), Germania (settembre 2019) e Olanda (novembre 2019) non è mai stato sostenuto dalla Commissione europea che con il suo regolamento sull'informazione ai consumatori (Fic) votato nel 2011 e che si applica dal 2014, al momento vieta agli Stati membri di rendere obbligatorio un logo da apporre sulla parte frontale degli alimenti;

    tale sistema rischia di indurre in errore i consumatori europei influenzando le loro scelte senza fornire informazioni esaustive sui nutrienti, basandosi esclusivamente sulle assunzioni di riferimento del consumatore medio. Peraltro, tale sistema viola apertamente il regolamento (UE) n. 1169/2011 a norma del quale il valore energetico e le qualità di sostanze nutritive possono essere presentati usando forme o simboli grafici, purché siano obiettivi e non discriminatori e si basino su ricerche accurate e scientificamente fondate condotte presso i consumatori, non inducendo in errore gli stessi;

    l'Italia è il primo Paese dell'Unione europea per numero di prodotti agroalimentari riconosciuti a denominazione d'origine protetta (dop) e indicazione geografica protetta (igp), prodotti che hanno peculiarità derivanti da specifici disciplinari produttivi che ne esplicitano le caratteristiche compositive e ne prevedono anche le norme di etichettatura. Tali prodotti, all'interno di un qualsiasi altro sistema di etichettatura nutrizionale (in primis il «Nutri-score») che non ne rispetti l'unicità, potrebbero veder compromesso il proprio valore tradizionale, storico e culturale, distorcendo la percezione che di essi hanno i consumatori;

    tale sistema di etichettatura non considera la peculiarità delle produzioni made in Italy e delle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori e produttori italiani da sempre impegnati a mantenere alti livelli di biodiversità, varietà, sicurezza e qualità. Inoltre, tale scelta rischia di minare un patrimonio riconosciuto nel mondo che è alla base della dieta mediterranea, iscritta nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco il 16 novembre 2010;

    nel novembre del 2017 è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di lavoro a cui parteciparono diverse amministrazioni (Ministero della salute e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) ed associazioni di categoria finalizzato alla definizione di un sistema di etichettatura in grado di considerare le peculiarità dei prodotti nazionali e le informazioni sugli elementi nutrizionali. Un contributo da offrire alla discussione degli altri Paesi membri in grado di assicurare un'applicazione corretta ed uniforme delle disposizioni previste nel regolamento (UE) n. 1169/2011;

    in seguito ad alcune fasi di sperimentazione, ad aprile 2019 è stato firmato un protocollo d'intesa tra i Ministeri coinvolti, l'Istituto superiore di sanità e il Crea;

    il 27 gennaio 2020 la proposta «NutrInform battery» è stata notificata alla Commissione europea. Il nuovo sistema, in applicazione dell'articolo 35 del regolamento (Ue) n. 1169/2011, descrive i principi generali che le imprese dovranno rispettare nella realizzazione delle etichette. Il sistema proposto dall'Italia si basa su un simbolo «a batteria» che indicherà al consumatore l'apporto nutrizionale dell'alimento in rapporto al suo fabbisogno giornaliero e al corretto stile alimentare, evidenziando la percentuale di calorie, grassi, zuccheri e sale per ogni singola porzione rispetto alla quantità raccomandata dall'Unione europea;

    i risultati della sperimentazione hanno portato a concludere che un'etichetta che informa è più accettata dal consumatore il quale farà delle scelte che terranno conto delle reali caratteristiche fisiche di ciascun consumatore, adattando il consumo degli alimenti presenti in ogni differente paniere alla propria dieta;

    un sistema di etichettatura che non creerà ostacoli alla libera circolazione delle merci, senza pregiudicare la concorrenza tra gli operatori in quanto obiettivo e non discriminatorio, così come espressamente richiesto nell'articolo 35;

    in tale contesto, resta fondamentale il ruolo dei consumatori, poiché è per loro che qualsiasi sistema di etichettatura dovrà essere messo in campo per garantire un'informazione completa e trasparente. Garantire in ogni Stato membro dei percorsi di educazione alimentare, ma anche di vera e propria formazione nella «lettura» dell'etichetta del prodotto, appare quindi fondamentale nel cammino che l'Europa sta impostando per la tutela della qualità delle produzioni alimentari, poiché solo imparando a leggere veramente ciò che viene riportato in etichetta, nonché le differenze tra i vari sistemi di etichettatura, il consumatore acquisterà una maggiore consapevolezza delle sue scelte di acquisto e, quindi, di nutrizione e salute,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi affinché le autorità europee esaminino attentamente e tengano nella dovuta considerazione lo schema di decreto interministeriale, il cosiddetto «NutrInform battery», presentato dall'Italia anche in ragione della prossima pubblicazione del rapporto volto ad armonizzare i sistemi di etichettatura presenti nei Paesi dell'Unione europea;

2) ad adoperarsi in sede europea affinché i prodotti dop e igp siano esclusi dall'applicazione dei sistemi di etichettatura nutrizionale, come stabilito a livello nazionale per il sistema di etichettatura a batteria, tenuto conto che, ancorché volontari, tali sistemi rischierebbero di comprometterne il valore storico, culturale e tradizionale;

3) a promuovere campagne di informazione affinché i sistemi volontari di etichettatura non producano discriminazioni e ostacoli alla libera circolazione dei prodotti agroalimentari italiani;

4) a valutare l'opportunità di promuovere, anche operando di concerto con gli altri Stati membri, percorsi di educazione alimentare, nonché di formazione per la conoscenza dei sistemi di etichettatura, destinati ai consumatori, al fine di garantire una maggiore consapevolezza delle caratteristiche reali nel momento dell'acquisto dei prodotti, a tutela sia del prodotto, sia della salute del cittadino.
(1-00326) «Incerti, Gagnarli, Gadda, Fornaro, Cenni, Cillis, Fregolent, Critelli, Gallinella, Dal Moro, Ianaro, Martina, Cassese, De Luca, Maglione, Berlinghieri, Cimino, Sensi, Del Sesto, Lombardo, Pignatone, Cadeddu, Galizia, Parentela, Lovecchio, Marzana, Alberto Manca».


   La Camera,

   premesso che:

    la resistenza agli antimicrobici (antimicrobico-resistenza – Amr) è il fenomeno per il quale un microrganismo risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico originariamente efficace per il trattamento delle infezioni da esso causate;

    il fenomeno in questione, con particolare riferimento ai farmaci antibiotici, rappresenta un problema di sanità pubblica estremamente rilevante a livello nazionale e internazionale;

    i principali fattori esterni che favoriscono lo sviluppo della resistenza agli antibiotici vanno ricercati nell'uso improprio di tali specialità medicinali – che notoriamente esercita una pressione ecologica sui microrganismi e contribuisce all'emergenza di nuovi ceppi – e nella trasmissione incrociata di batteri resistenti tra gli esseri umani, gli animali e l'ambiente;

    il 18 novembre 2019, in occasione della Giornata europea degli antibiotici, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha pubblicato il rapporto «Surveillance of antimicrobial resistance in Europe 2018», predisposto sulla base delle rilevazioni della rete europea di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza;

    il rapporto ha esaminato i dati relativi a un gruppo di patogeni accuratamente selezionati (tra i quali si citano: escherichia coli, klebsiella pneumoniae, staphylococcus aureus, streptococcus pneumoniae, enterococcus faecalis e enterococcus faecium, pseudomonas aeruginosa, acinetobacter species), confermando che la resistenza agli antibiotici si mantiene molto elevata e rappresenta una sfida di primaria importanza per i Paesi membri, in particolare per quelli della zona orientale e meridionale, ove le percentuali di resistenza registrate sono più alte rispetto alla media;

    analoghe criticità sono emerse nell'ambito del sistema di sorveglianza «Global antimicrobical surveillance system (Glass)», coordinato dall'Organizzazione mondiale della sanità, che ha parimenti dato conto dello sviluppo di forme emergenti di resistenza contro le quali attualmente non sono disponibili opzioni di trattamento;

    con specifico riguardo all'ambito ospedaliero e alle strutture di lungodegenza, il tema dell'antibiotico-resistenza è stato esaminato congiuntamente a quello delle infezioni correlate all'assistenza. L'Ecdc ha rilevato che, sul totale delle infezioni registrate in Europa all'interno di ospedali e strutture ad essi assimilabili (circa 8,9 milioni ogni anno), circa un terzo risulta resistente agli antibiotici e presenta un rischio di affrontare complicanze considerato alto;

    negli ultimi mesi, un focolaio che ha destato particolare preoccupazione ha interessato proprio il nostro Paese e, segnatamente, gli ospedali della regione Toscana: si è, infatti, registrato all'interno di essi un picco delle infezioni causate dal batterio New Delhi, certificato anche a livello europeo attraverso un rapid risk assessment management pubblicato dall'Ecdc in data 4 giugno 2019;

    il batterio – un particolare ceppo di klebsiella, così chiamato perché scoperto per la prima volta in un paziente svedese di ritorno da Nuova Delhi – ha colpito circa 160 pazienti nella sola regione Toscana e si è mostrato resistente alle più efficaci terapie antibiotiche, anche di secondo livello, con una percentuale di mortalità superiore al 30 per cento;

    purtroppo, quello sopra citato non rappresenta un caso isolato. La situazione relativa al nostro Paese, in effetti, è tra le più preoccupanti nel panorama europeo;

    l'Italia risulta ai primi posti di tutte le classifiche stilate, in Europa, per tasso di mortalità, anni di vita persi in salute, giorni di ospedalizzazione e, in generale, per incidenza delle infezioni resistenti: un terzo dei decessi annui (circa 10 mila su 33 mila totali) e, in genere, di tutto l'impatto attribuito alle infezioni antibiotico-resistenti a livello europeo è a carico del nostro Paese;

    sempre con riferimento all'Italia, fanno riflettere le ripercussioni che il fenomeno in esame produce da un punto di vista economico: l'impatto stimato è superiore al miliardo di euro all'anno ed è correlato alla perdita di vite, alle complicanze derivanti dalle infezioni, alla perdita di giornate lavorative, nonché al maggior utilizzo di risorse sanitarie (ad esempio durata della degenza, esami diagnostici, farmaci);

    secondo le previsioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, in mancanza di misure efficaci di contrasto al fenomeno, le infezioni batteriche continueranno ad aumentare esponenzialmente nel lungo periodo e, nel 2050, provocheranno addirittura 10 milioni di morti l'anno, superando quelle per tumore (8,2 milioni), diabete e incidenti stradali;

    anche alla luce di tali preoccupanti stime, negli ultimi anni numerose organizzazioni internazionali hanno analizzato il fenomeno, approvando appositi piani di azione per tentare di contrastarlo;

    l'Organizzazione mondiale della sanità è stata tra le prime ad agire in questo senso, qualificando formalmente l'antibiotico-resistenza come «una delle maggiori minacce per la salute pubblica» e approvando, già nel 2015, il «Who Global action plan on antimicrobial resistance»;

    la medesima Organizzazione mondiale della sanità ha ripetutamente focalizzato l'attenzione sull'importanza che possono avere, nel contrasto al fenomeno, l'attuazione di campagne di prevenzione, la garanzia dell'appropriatezza nella prescrizione dei farmaci antibiotici, nonché il rispetto delle norme e delle pratiche di igiene in ambito ospedaliero, anche di quelle consistenti in semplici gesti come il lavaggio delle mani e il cambio dei guanti prima di intraprendere una qualsiasi procedura medica su un paziente;

    proprio a questo scopo, il 5 maggio di ogni anno viene celebrato il World hand hygiene day, un'iniziativa con cui l'Organizzazione mondiale della sanità punta a concentrare l'attenzione degli operatori sanitari sull'importanza del lavaggio corretto delle mani, efficace nella prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza e, quindi, nel controllo del fenomeno dell'antibiotico-resistenza;

    quanto, poi, agli atti adottati a livello comunitario, occorre citare, innanzitutto, la risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2018, recante un «Piano di azione europeo “One health” contro la resistenza antimicrobica»; nell'ambito di detto piano sono state riepilogate le principali misure di contrasto al fenomeno che dovrebbero essere adottate negli Stati membri, specificandosi altresì che «l'uso attento degli antibiotici e la prevenzione e il controllo delle infezioni in tutti i settori dell'assistenza sanitaria, compresa la salute animale, rappresentano i pilastri di una prevenzione efficace dello sviluppo e della trasmissione di batteri resistenti agli antibiotici»;

    sempre in ambito europeo, si segnala la recente revisione delle linee guida sulla valutazione dei medicinali per le infezioni batteriche da parte dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema); il documento ha fornito chiarimenti sullo sviluppo clinico degli agenti antibatterici per necessità mediche insoddisfatte, riconducendo ad unità i due atti di indirizzo previgenti in materia: le linee guida sulla valutazione dei medicinali indicati per il trattamento delle infezioni batteriche (CPMP/EWP/558/95 Rev. 2), diramate nel 2011, e l’addendum (EMA/CHMP/351889/2013), adottato nel 2013 e in vigore dal 2014;

    a livello nazionale, l'Italia si è mossa, innanzitutto, con il «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico resistenza (Pncar) 2017-2020»; il documento ha evidenziato i fronti più importanti nella lotta al fenomeno dell'antibiotico-resistenza (sorveglianza, appropriatezza prescrittiva, infezioni correlate all'assistenza, formazione e comunicazione) e, per ciascuno di essi, ha stabilito obiettivi di medio e lungo termine, azioni centrali e regionali e relativi indicatori di monitoraggio;

    in data 18 gennaio 2019, per rafforzare la sorveglianza nazionale, migliorandone la performance e la copertura territoriale, il Ministero della salute ha diramato una circolare recante «Sistema nazionale di sorveglianza sentinella dell'antibiotico-resistenza (Ar-Iss) – protocollo 2019», con la quale è stato aggiornato il protocollo della sorveglianza, in coordinamento con l'Istituto superiore di sanità;

    sempre nel corso del 2019, il fenomeno dell'antibiotico-resistenza è stato ampiamente trattato nel corso dei lavori della XII Commissione affari sociali che, in data 27 novembre 2019, ha approvato una specifica risoluzione in materia, il cui testo definitivo ha riunificato le proposte presentate dai diversi gruppi parlamentari sul tema;

    il testo approvato contiene, tra gli altri, l'impegno alla piena attuazione del predetto Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico resistenza, l'impegno a destinare maggiori fondi alla ricerca, l'impegno a implementare campagne di sensibilizzazione e l'impegno a garantire un approccio più rapido nella valutazione delle nuove molecole efficaci nel trattamento delle infezioni causate dai batteri resistenti;

    nonostante l'antibiotico-resistenza sia diventata una priorità a livello globale, le iniziative messe in campo, anche alla luce degli ultimi rapporti pubblicati, non sembrano essere ancora sufficienti a contrastarlo in maniera efficace;

    il rischio da scongiurare è che i progressi che la ricerca scientifica ha messo a segno negli ultimi anni, in particolare negli ambiti della chirurgia e dell'oncologia e che permettono oggi di salvare molte più vite rispetto al passato, possano essere vanificati a causa delle infezioni ospedaliere causate da germi resistenti,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire, di concerto con le regioni, la completa attuazione del Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza 2017-2020 (Pncar), stanziando le risorse all'uopo necessarie, affinché gli obiettivi ivi previsti possano essere raggiunti nel più breve tempo possibile;

2) a promuovere l'aggiornamento del Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza, tenendo conto dei risultati conseguiti sino al 2020, degli atti di indirizzo elaborati a livello internazionale e dell'esigenza di invertire il trend negativo che, in materia di antibiotico-resistenza, contraddistingue da molti anni a questa parte l'Italia rispetto agli altri Paesi europei;

3) a promuovere il coinvolgimento costante delle associazioni di categoria e delle società scientifiche maggiormente attive nella lotta al fenomeno dell'antibiotico-resistenza, in sede di definizione, attuazione e monitoraggio delle politiche di settore;

4) ad adottare iniziative finalizzate ad incentivare e sostenere la ricerca scientifica, con particolare riguardo allo sviluppo dei nuovi farmaci e delle nuove combinazioni mirate al trattamento delle infezioni causate dai batteri multiresistenti;

5) ad assumere iniziative di competenza, anche in coordinamento con l'Agenzia italiana del farmaco, affinché sia assicurato il rispetto dei principi di tempestività e di celerità dell'azione amministrativa nell'ambito dei processi di valutazione delle nuove molecole, al fine di garantirne l'accesso immediato agli assistiti del servizio sanitario nazionale, tutelando il loro diritto alla salute;

6) ad adottare iniziative volte a perfezionare ulteriormente la performance e la copertura dei sistemi di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza attualmente attivi sul territorio, al fine di rendere i dati da questi raccolti il più possibile completi e aderenti alla realtà del fenomeno in atto;

7) ad adottare iniziative per garantire il flusso costante dei dati raccolti all'interno dei canali di sorveglianza internazionali e, tra questi, nel sistema europeo Ears-Net (European antimicrobial resistance surveillance network) e nel sistema dell'antibiotico-resistenza Glass, coordinato dall'Organizzazione mondiale della sanità;

8) ad adottare iniziative specificamente rivolte alle strutture ospedaliere e ai reparti di degenza, affinché in tali luoghi sia garantito il rispetto delle pratiche utili al controllo delle infezioni, ivi naturalmente comprese le pratiche di igiene raccomandate negli atti di indirizzo elaborati dall'Organizzazione mondiale della sanità;

9) a promuovere l'impiego di tecnologie diagnostiche che consentano di individuare rapidamente la natura delle infezioni, al fine di ottimizzare al meglio l'utilizzo dei farmaci antibiotici, minimizzare lo sviluppo dei batteri resistenti e migliorare la presa in carico dei pazienti più fragili;

10) a promuovere periodicamente campagne di aggiornamento dei medici, dei farmacisti e degli altri professionisti sanitari interessati, incentrate in particolare sui temi dell'appropriatezza prescrittiva dei farmaci antibiotici, del rispetto delle misure di prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza (Ica) e della sensibilizzazione dei pazienti sull'assunzione corretta degli antibiotici stessi;

11) a promuovere campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul fenomeno dell'antibiotico-resistenza e sulle conseguenze che possono derivare dall'uso inappropriato dei farmaci antibiotici;

12) ad adottare iniziative per regolamentare adeguatamente il ciclo di vita dei prodotti antibiotici e contrastare fermamente le pratiche illecite riguardanti la produzione, la vendita, l'uso e lo smaltimento degli stessi;

13) ad adottare iniziative per monitorare l'impatto della resistenza antimicrobica sull'industria alimentare, sull'agricoltura, nonché sulle risorse ambientali, idriche e dell'ecosistema acquatico, in armonia con quanto previsto dal Piano di azione europeo.
(1-00327) «Molinari, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Sutto, Tiramani, Ziello».


   La Camera,

   premesso che:

    la resistenza agli antimicrobici è il fenomeno per il quale un microrganismo risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico, originariamente efficace per il trattamento di infezioni da esso causate;

    il fenomeno della resistenza può riguardare tutti i tipi di farmaci antimicrobici: antibatterici (detti anche antibiotici), antifungini, antivirali, antiparassitari;

    in particolare, per «antimicrobico», termine ampio che comprende appunto anche gli antibiotici, si intende qualsiasi sostanza di origine naturale, semi-sintetica o sintetica che, a concentrazioni in vivo, uccide i microrganismi o ne inibisce la crescita o la moltiplicazione;

    gli antimicrobici rappresentano una delle più importanti scoperte terapeutiche nella storia della medicina; a partire dall'introduzione della penicillina negli anni ’40, gli antimicrobici hanno rivestito un ruolo essenziale nel trattamento di varie infezioni microbiche nell'uomo e negli animali, migliorando significativamente la salute pubblica, il benessere e la salute animale e garantendo elevati standard delle produzioni di alimenti di origine animale;

    purtroppo, l'uso improprio e non razionale degli antimicrobici rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica mondiale a causa della selezione e diffusione di microrganismi resistenti agli antimicrobici, fenomeno chiamato, come detto, antimicrobico-resistenza;

    la resistenza antimicrobica è un problema sanitario europeo e mondiale sempre più grave, sia per gli esseri umani che per gli animali, che limita o rende meno efficaci le opzioni di cura, diminuendo nel contempo la qualità della vita, e comporta, inoltre, gravi conseguenze economiche in termini di aumento dei costi dell'assistenza sanitaria e perdita di produttività;

    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la resistenza agli antimicrobici rappresenta, oggi, una delle maggiori minacce per la salute pubblica a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno;

    nell'Unione europea, ogni anno, si stimano 25 mila morti per infezioni causate da batteri resistenti agli antimicrobici e tali infezioni comportano costi sanitari supplementari e una perdita di produttività di almeno 1,5 miliardi di euro ogni anno; di questo passo, nei prossimi 35 anni, si ipotizza che, a livello mondiale, il numero di persone morte prematuramente a causa della resistenza agli agenti antimicrobici sarà di 300 milioni;

    la resistenza antimicrobica è un fenomeno naturale biologico di adattamento di alcuni microrganismi che acquisiscono la capacità di sopravvivere o di crescere in presenza di una concentrazione di un agente antimicrobico, che è generalmente sufficiente ad inibire o uccidere microrganismi della stessa specie;

    i batteri patogeni resistenti non necessariamente provocano gravi malattie rispetto a quelli più sensibili, ma la patologia diventa più difficile da trattare, in quanto risulterà efficace solo una gamma ridotta di agenti antimicrobici, fatto che determina un decorso più lungo o una maggiore gravità della malattia, che in alcuni casi può portare anche al decesso;

    la progressione della resistenza antimicrobica può essere accelerata dall'uso eccessivo e/o inappropriato degli antimicrobici che, insieme a scarsa igiene e/o carenze nelle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, crea condizioni favorevoli allo sviluppo, alla diffusione e alla persistenza di microrganismi resistenti sia negli esseri umani che negli animali;

    per fronteggiare l'aumento dell'antibiotico-resistenza, il Governo ha adottato, nel 2017, il «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020» che impegna tutte le regioni e province autonome italiane alla sua attuazione;

    il Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza, anche se non è ancora pienamente compiuto, è focalizzato sulla resistenza agli antibiotici, che rappresenta, al momento, il problema di maggiore impatto nel nostro Paese e per il quale sono più urgenti le azioni di prevenzione e controllo, e persegue gli obiettivi generali di ridurre la frequenza delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici e associate all'assistenza sanitaria ospedaliera e comunitaria;

    appare opportuno, dunque, un impegno del Governo volto anche a sensibilizzare e informare i cittadini non solo sull'uso consapevole degli antimicrobici e, in particolare, sull'uso dei più comuni antibiotici e sulla necessità di consigliarsi con il proprio medico o farmacista al momento dell'utilizzo, ma anche sulla pericolosità rappresentata dall'incauto acquisto di questi farmaci tramite siti internet illegali,

impegna il Governo:

1) a porre in essere iniziative volte a prevedere campagne di sensibilizzazione e informazione per i cittadini sulla tematica dell'antimicrobico-resistenza promosse all'interno delle singole farmacie appartenenti alla diffusa rete delle farmacie pubbliche e private convenzionate con il servizio sanitario nazionale, definendo adeguate misure in linea con quanto dispone la normativa in materia di «farmacia dei servizi» di cui al decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, e con il Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza;

2) a porre in essere le iniziative di competenza volte ad assicurare il rispetto della normativa prevista dall'articolo 122 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché a impedire l'illegittima vendita on line dei farmaci soggetti a prescrizione medica di cui all'articolo 88 del decreto legislativo n. 219 del 2006, anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione dei cittadini sui rischi connessi dall'incauto acquisto on line dei predetti farmaci tramite idonee campagne di informazione;

3) a porre in essere iniziative per coinvolgere le regioni nel monitoraggio del corretto percorso di turnazione delle classi antibiotiche nei reparti ospedalieri, inserendo i risultati nei criteri di valutazione dei sistemi sanitari regionali;

4) a promuovere, per quanto di competenza, campagne di sensibilizzazione e di informazione rivolte alla comunità agricola in merito al benessere e alla salute degli animali e alla sicurezza dei prodotti alimentari, al fine di incentivare l'applicazione di buone pratiche in tutte le fasi di produzione e trasformazione dei prodotti alimentari e di utilizzare mangimi sicuri ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale;

5) ad assumere iniziative di competenza, attraverso l'Agenzia italiana del farmaco, per consentire un approccio più rapido alla valutazione delle nuove molecole senza prescindere dalla valutazione scientifica, al fine di garantire l'accesso pieno e tempestivo ai pazienti più gravi e la sostenibilità della spesa farmaceutica per i nuovi antibiotici;

6) ad avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria, nonché per impedire l'illegittima vendita on line dei farmaci soggetti a prescrizione medica, informando e sensibilizzando i cittadini, tramite campagne informative, sui rischi connessi a tali acquisti;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza per prevedere la raccolta obbligatoria, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e la relativa registrazione in una banca dati controllata e coordinata da esperti di infezioni, per diffondere conoscenze in merito al loro utilizzo ottimale;

8) a prevedere nel prossimo Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza, con riferimento ai soggetti a rischio, un'ampia campagna vaccinale antinfluenzale e anti-pneumococcica, per evitare l'uso di antibiotici a lungo termine, al fine di prevenire le infezioni resistenti e la diffusione delle medesime resistenze;

9) ad adottare le opportune iniziative di competenza volte a favorire, secondo un meccanismo di gradualità, la distribuzione degli antibiotici ai pazienti in confezioni con un numero di pillole necessarie al periodo di terapia secondo le indicazioni prescritte dal medico per dose, tempi e durata;

10) ad assumere iniziative di competenza, al fine di assicurare una migliore gestione dei pazienti, che preveda un programma nazionale di formazione sistematica, continua e indipendente per tutto il personale sanitario, volto a favorire le buone pratiche assistenziali e le misure di prevenzione necessarie a limitare sensibilmente il rischio di diffusione dell'infezione tra i malati e tra i reparti di degenza;

11) ad assumere iniziative di competenza affinché sia migliorata la presa in carico dei pazienti più fragili mediante il supporto della diagnostica rapida, anche attraverso l'uso tempestivo, mirato e appropriato di farmaci antibiotici per ridurre morbosità gravi e mortalità.
(1-00328) «Lollobrigida, Meloni, Gemmato, Bellucci, Baldini, Acquaroli, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    la resistenza agli antimicrobici è il fenomeno per il quale un microrganismo risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico, originariamente efficace per il trattamento di infezioni da esso causate. Il fenomeno può riguardare tutti i tipi di farmaci antimicrobici: antibatterici (detti anche antibiotici), antifungini, antivirali, antiparassitari. L'attenzione della comunità scientifica oggi si focalizza prevalentemente sulla resistenza agli antibiotici da parte di alcuni batteri, che rappresenta, al momento, un problema di grande impatto a livello mondiale e nel nostro Paese, per il quale sono urgenti azioni di prevenzione e controllo efficaci;

    l'Organizzazione mondiale della sanità, evidenziando i rischi della resistenza antimicrobica e dell'utilizzo di farmaci antimicrobici, ha affermato che tali rischi costituiscono «una delle maggiori minacce per la salute pubblica mondiale, a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno» e al riguardo ha approvato nel 2015 un piano d'azione globale per contrastare la resistenza antimicrobica, il «WHO global action plan on antimicrobial resistance», che si basa sulle seguenti linee d'azione: migliorare il livello di consapevolezza e di comprensione del fenomeno dell'antimicrobico-resistenza attraverso efficaci programmi di comunicazione, informazione e formazione; rafforzare le attività di sorveglianza sul fenomeno dell'antimicrobico-resistenza; migliorare la prevenzione e il controllo delle infezioni, in tutti gli ambiti; ottimizzare l'uso degli antibiotici sia in medicina umana che veterinaria (antimicrobial stewardship); aumentare e sostenere la ricerca e l'innovazione;

    nel settembre 2018 il Parlamento europeo ha adottato un piano d'azione europeo «One health» contro la resistenza antimicrobica (2017/2254(INI)) e rileva che: l'abuso di antibiotici compromette la loro efficacia, determina la diffusione di microbi estremamente resistenti, che mostrano una particolare resistenza agli antibiotici di ultima linea; secondo i dati forniti dall'Ocse, i decessi che potrebbero essere causati dalla resistenza antimicrobica sono stimati in 700.000 l'anno a livello mondiale; di tali decessi 25.000 hanno luogo nell'Unione europea e i restanti al di fuori dell'Unione; questo indica l'importanza essenziale della cooperazione nella politica di sviluppo e la necessità di coordinamento e monitoraggio della resistenza antimicrobica a livello internazionale; si stima che almeno il 20 per cento delle infezioni associate all'assistenza sanitaria possa essere evitato mediante programmi di prevenzione e di controllo delle infezioni duraturi e multidimensionali;

    la frequenza dell'inefficacia degli antibiotici è correlata all'uso eccessivo e spesso improprio di questi farmaci usati non solo per la cura di infezioni umane, ma anche in ambito veterinario;

    la modalità per contrastare questo fenomeno richiede un utilizzo corretto ossia mirato, razionale e parsimonioso del farmaco antibiotico. La stretta osservanza delle indicazioni del medico è importante sia per assicurare le guarigioni che per evitare fenomeni di resistenza. Appare fondamentale un'informazione dettagliata sui processi dell'infezione e sulla durata della terapia da parte del medico prescrittore;

    è frequente purtroppo la mancanza di compliance, ossia della collaborazione del paziente nel rispettare le prescrizioni del medico, è altresì frequente addirittura l'assunzione arbitraria di farmaci da parte del paziente. Il medico di medicina generale diviene, dunque, punto focale per il monitoraggio del consumo di questa classe di farmaci, nonché il professionista su cui è importante agire per migliorarne l'appropriatezza prescrittiva;

    il Governo italiano, sulla base del «WHO global action plan on antimicrobial resistance», nel 2017 ha adottato il «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020», che impegna tutte le regioni e le province autonome italiane alla sua attuazione;

    il Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza rappresenta lo strumento per tradurre in atto la strategia italiana volta a fronteggiare l'aumento dell'antibiotico-resistenza e della diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici;

    ancora oggi non tutte le regioni hanno recepito il Piano nazionale di controllo dell'antibiotico-resistenza e questo non consente un'azione efficace e il raggiungimento degli obiettivi fissati dal medesimo Piano, così come non sembra attivato un reale coordinamento dei soggetti che dovrebbero lavorare, raccordandosi a tutti i livelli;

    senza una previsione di bilancio che stanzi risorse adeguate e destinate alla problematica della resistenza antimicrobica non si avvieranno mai azioni efficaci anche in relazione alle attività di formazione e comunicazione;

    il Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza prevede uno sforzo di coordinamento nazionale, obiettivi specifici e azioni programmate, attraverso la sinergia tra i livelli nazionale, regionale e locale, i diversi attori chiave coinvolti e la governance, dove i ruoli delle istituzioni siano definiti chiaramente;

    il Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza ha l'obiettivo generale di ridurre la frequenza delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici e associate all'assistenza sanitaria ospedaliera e comunitaria; gli ambiti di azione del Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza sono i seguenti: a) sorveglianza e prevenzione dell'antibiotico-resistenza; b) uso appropriato e sorveglianza del consumo degli antimicrobici; c) sorveglianza, prevenzione e controllo delle infezioni correlate all'assistenza; d) formazione degli operatori sanitari; e) informazione ed educazione della popolazione; f) ricerca e sviluppo;

    la disponibilità del Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza è estremamente importante, perché evidenzia le dimensioni del problema e indica le modalità di contrasto al fenomeno. Per tale motivo andrebbe puntualmente applicato quanto riportato, su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle scadenze previste;

    osservando nel dettaglio le argomentazioni illustrate nel Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza si nota, tuttavia, come sia necessario introdurre un'adeguata menzione alle procedure di disinfezione, che, al contrario, dovrebbero configurarsi quale attività di prevenzione di particolare rilievo;

    la disinfezione è parte integrante di qualsiasi attività che comporta un'esposizione, anche se solo potenziale, ad agenti biologici (come, ad esempio, per l'impiego di apparecchiature e dispositivi, di componenti di strumenti ed impianti di varia tipologia, per la decontaminazione ambientale e altro). Al riguardo, una procedura di disinfezione si considera idonea al fine prefissato se è efficace nei confronti degli agenti biologici che costituiscono la sorgente dell'infezione o delle infezioni;

    la rivista The Lancet infectious diseases, nel novembre 2018, ha pubblicato i risultati di uno studio del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) che sottolinea come nei Paesi dell'Unione europea, anno di riferimento il 2015, si sono verificati oltre 670.000 casi di infezioni antibiotico-resistenti che hanno comportato oltre 33.000 casi di decessi; il citato articolo, inoltre, afferma che le fasce più colpite sono i bambini nei primi mesi di vita e gli anziani e, dato ulteriormente allarmante in Italia, si sarebbero verificati circa un terzo dei decessi nell'Unione europea;

    la resistenza antibiotica è oggi uno tra i più importanti problemi di salute pubblica sia in ambito umano che veterinario e ambientale, in particolare negli allevamenti intensivi, dove l'elevata densità della popolazione animale aumenta il rischio dell'insorgenza, della diffusione delle infezioni e anche un eccessivo e inappropriato utilizzo di antibiotici con l'utilizzo di scarse pratiche di controllo delle infezioni;

    il rischio di resistenza antimicrobica non deriva solo dall'uso non corretto di antibiotici in ambito ospedaliero o residenziale, ma anche dalla trasmissione di batteri resistenti agli antimicrobici attraverso la catena alimentare e dalla trasmissione di tale resistenza dai batteri animali ai batteri umani;

    l'Organizzazione mondiale della sanità, nel maggio 2019, ha invitato gli Stati membri a intensificare gli sforzi contro il fenomeno dell'antibiotico-resistenza attraverso una risoluzione approvata dall'Assemblea mondiale della sanità riunita a Ginevra, testo che, tra l'altro, esorta anche a finanziare adeguatamente i piani d'azione nazionali multisettoriali contro i «superbatteri» oltre a raccomandare l'approccio One health; la risoluzione dell'Organizzazione mondiale della sanità esorta: ad aumentare l'impegno e a rafforzare le misure di prevenzione e controllo delle infezioni, comprese quelle che riguardano l'igiene e la salubrità dell'acqua; a migliorare la partecipazione al sistema di sorveglianza antimicrobica globale; a garantire un uso prudente degli antimicrobici e sostenere l'indagine annuale di autovalutazione multisettoriale;

    il 25 ottobre 2018 a Strasburgo è stato approvato il nuovo regolamento europeo sui farmaci veterinari. I punti salienti del nuovo regolamento sono: il divieto di utilizzo collettivo a scopo preventivo (profilattico) degli antimicrobici negli allevamenti; il ricorso a trattamenti antimicrobici va riservato solo a singoli capi che realmente ne manifestino necessità ed esclusivamente dietro prescrizione medico-veterinaria; l'impiego di alcune tipologie di antibiotici riservato solo al settore umano; il rispetto da parte dei partner commerciali, secondo il principio di reciprocità, degli standard europei circa l'uso degli antibiotici per l'esportazione dei prodotti alimentari verso i Paesi dell'Unione europea; lo stanziamento di incentivi per la ricerca di nuovi antimicrobici; l'uso di antibiotici nei mangimi medicati solo a seguito di prescrizione veterinaria a in esito ai dovuti accertamenti;

    gli antibiotici continuano a essere utilizzati nella zootecnia per la prevenzione delle malattie e in alcuni casi sono utilizzati per compensare le scarse condizioni igieniche, contribuendo alla comparsa di batteri resistenti agli antimicrobici negli animali che possono poi essere trasmessi all'uomo;

    intervenire in tale ambito è dunque fondamentale, tenuto conto di quanto rilevato nell'ultimo Joint report Efsa/Ema/Ecdc che specifica come circa il 70 per cento degli antibiotici venduti in Italia sia destinato al consumo nella zootecnia;

    la frequenza dell'inefficacia degli antibiotici è correlata anche al mondo animale e all'acquacoltura a causa dell'abuso di antimicrobici negli allevamenti intensivi, dove vengono messi in atto programmi sanitari di gruppo al solo scopo di evitare l'insorgenza di infezioni. Solo migliorando lo stato di salute e benessere degli animali e limitando l'uso degli antibiotici esclusivamente ai casi colpiti da infezione, si potranno ridurre queste resistenze che vengono introdotte nella catena alimentare e passano all'uomo;

    è necessario invertire la tendenza del modello industriale di allevamento basato sull'uso degli antibiotici con effetti anabolizzanti che determina una crescita veloce degli animali. Alla fine degli anni ’90 la Danimarca ha vietato la somministrazione di antibiotici a pollami e suini ed oggi l'uso degli antibiotici sugli animali deve essere accompagnato da una rigorosa ricetta e, al contempo, sono stati vietati gli incentivi ai veterinari per la vendita di antibiotici; l'Organizzazione mondiale della sanità ha, dunque, potuto verificare come in Danimarca si sia ridotta drasticamente l'antibiotico-resistenza negli umani;

    procedere in direzione di un uso consapevole degli antibiotici significa assumere decisioni significative quali: il divieto dell'uso non medico di antibiotici, il controllo estremamente rigoroso degli antibiotici nell'uso umano e una significativa riduzione del loro uso negli animali;

    l'esistenza di un nesso tra la resistenza agli antibiotici riscontrata negli animali destinati alla produzione di alimenti e il fatto che un'elevata percentuale delle infezioni batteriche nell'uomo sia dovuta alla manipolazione, alla preparazione e al consumo di alimenti, tra cui la carne proveniente da tali animali, è stata confermata anche dalle agenzie dell'Unione europea;

    la diffusione continua di batteri estremamente resistenti potrebbe, in futuro, rendere impossibile una buona assistenza sanitaria nelle operazioni invasive o nei trattamenti ben consolidati per alcuni gruppi di pazienti che richiedono radioterapia, chemioterapia e trapianti;

    a tal proposito, per quanto riguarda la sanificazione dei locali e le modalità di gestione del paziente ricoverato in ospedale od in strutture a lunga degenza, è estremamente importante seguire procedure di disinfezione e sterilizzazione di tutti i macchinari e apparecchiature e informare il personale sanitario delle tecniche di pulizia di tutto ciò che viene in contatto con il paziente, dalla detersione delle mani all'utilizzo di presidi medici in grado di garantire la non trasmissione, da un ricoverato all'altro, di malattie infettive;

    secondo la Commissione europea, sulla base del «Piano d'azione contro la resistenza antimicrobica», ogni anno, in Europa, oltre quattro milioni di persone vengono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25.000 morti stimate per infezioni provenienti da germi resistenti, mentre le infezioni correlate all'assistenza (Ica) colpiscono ogni anno circa 28.000 pazienti, causando circa 4.500-7.000 decessi;

    l'impatto economico del fenomeno in Italia è stimabile in circa un miliardo di euro all'anno, cifra che grava sul bilancio sanitario e che viene quindi sottratta ad azioni di prevenzione e a risorse per il corretto utilizzo dei nuovi antibiotici;

    l'Ecdc stima che ogni anno nell'Unione europea quasi 4 milioni di pazienti contraggono un'infezione associata all'assistenza sanitaria e che circa 37.000 decessi l'anno sono direttamente imputabili a tali infezioni; il dato fornito in precedenza che indicava 25.000 decessi l'anno nell'Unione si è rivelato un dato sottovalutato: quindi, le infezioni nosocomiali rappresentano una grave minaccia alla tutela e alla garanzia dell'assistenza sanitaria di base;

    i programmi di screening attivo che utilizzano strumenti diagnostici rapidi hanno dimostrato di contribuire in maniera significativa alla gestione delle infezioni associate all'assistenza sanitaria e alla riduzione della loro diffusione all'interno degli ospedali e tra i pazienti;

    è necessario attuare interventi efficaci in quanto se l'attuale tendenza dovesse continuare, entro il 2050, la resistenza antimicrobica potrebbe causare più morti dei tumori. Non a caso l'Ecdc e l'Efsa hanno ribadito che la resistenza antimicrobica costituisce una delle maggiori minacce alla salute pubblica: la tubercolosi farmaco-resistente è la causa principale di decessi dovuti alla resistenza antimicrobica; la resistenza antimicrobica non rappresenta solo una grave minaccia per la salute umana, animale e del pianeta ma anche una minaccia diretta al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile descritti nell'Agenda 2030 e, in particolare, degli obiettivi di sviluppo sostenibile n. 1, 2, 3 e 6;

    l'approccio «One health» mira a garantire che le cure delle infezioni nell'uomo e negli animali continuino ad essere efficaci, al fine di ridurre la comparsa e la diffusione della resistenza antimicrobica e a migliorare lo sviluppo e la disponibilità di nuovi antimicrobici efficaci all'interno e all'esterno dell'Unione europea;

    uno dei pilastri fondamentali di qualsiasi strategia contro la resistenza antimicrobica è rappresentato dalla formazione continua degli operatori sanitari nell'ambito della ricerca e degli ultimi sviluppi e nell'ambito delle migliori pratiche di prevenzione della diffusione della resistenza antimicrobica;

    risulta necessario presentare relazioni accurate e periodiche sul numero di casi accertati di resistenza antimicrobica nell'uomo accompagnate da statistiche corrette e aggiornate sulla mortalità derivata; altre misure necessarie sono rappresentate dal monitoraggio delle pratiche zootecniche per l'agricoltura e l'industria alimentare, dalla prevenzione delle infezioni, dall'educazione sanitaria, dalle misure di biosicurezza, dai programmi di screening attivo e dalle pratiche di controllo, che sono essenziali nella lotta contro tutti i microorganismi infettivi, poiché riducono la necessità di ricorrere agli antimicrobici e, di conseguenza, le possibilità che i microorganismi sviluppino e diffondano la resistenza;

    la stessa contaminazione delle acque e del suolo dovuta alla presenza di residui di antibiotici umani e veterinari rappresenta un problema sempre più grave e l'ambiente stesso è una potenziale fonte di nuovi microorganismi resistenti; i prodotti alimentari rappresentano uno dei possibili veicoli di trasmissione, dagli animali all'uomo, di batteri resistenti;

    questo fenomeno è, altresì, direttamente collegato anche all'utilizzo, in agricoltura, di prodotti fitosanitari, nonché all'inquinamento delle falde acquifere dovuto allo smaltimento degli antibiotici e al loro sversamento dagli impianti produttivi, nonché ad una non sempre corretta e praticata attività di sanificazione e disinfezione nei luoghi di raccolta delle acque reflue;

    si devono promuovere i programmi di informazione e formazione per gli operatori sanitari e per i cittadini, al fine di promuovere un comportamento responsabile verso l'uso degli antimicrobici in relazione alla prescrizione, al dosaggio, all'uso e allo smaltimento degli antimicrobici e dei materiali contaminati da resistenza antimicrobica;

    il rapporto Osmed 2018 ha rilevato un costante consumo di antibiotici negli ultimi tre anni e un'ampia differenza tra regioni nonché all'interno di una stessa regione in ordine alla quantità di prescrizioni effettuate e, conseguentemente, alla spesa. I bambini fino a quattro anni di età sono i maggiori utilizzatori di antibiotici, seguiti dagli ultrasettantacinquenni. Nel 2018 il consumo di antibiotici tra regioni del Nord e del Sud ha fatto registrare differenze assai rilevanti, in certi casi in misura pari al doppio;

    dall'analisi del rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità «Global antimicrobical surveillance system (Glass)» del 2018, relativo ai dati di 22 Paesi, risulta la presenza diffusa di alti livelli di resistenza verso infezioni batteriche e i batteri più resistenti risultano essere: acinetobacter species, escherichia coli, klebsiella pneumoniae, neisseria gonorrhoeae, salmonella spp., shigella spp., staphylococcus aureus e streptococcus pneumonia,

impegna il Governo:

1) a sviluppare e consolidare la fondamentale collaborazione a livello dell'Unione europea in tema di antimicrobico-resistenza;

2) ad adottare le opportune iniziative, di concerto con le regioni, volte a dare piena attuazione a quanto previsto dal «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020» in modo omogeneo, su tutto il territorio nazionale, anche attraverso azioni di monitoraggio e di efficace controllo da parte del Ministero della salute e delle proprie agenzie, utilizzando le risorse finanziarie disponibili nell'ambito del finanziamento standard del fondo sanitario nazionale;

3) a prevedere nel prossimo Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico-resistenza, quali attività di prevenzione:

   a) con riferimento particolare ai soggetti a rischio, un'ampia campagna vaccinale antinfluenzale e anti-pneumococcica, per evitare l'uso di antibiotici ad ampio spettro;

   b) l'introduzione di un'adeguata menzione alle procedure di disinfezione, secondo le normative vigenti;

4) a prevedere il coinvolgimento attivo delle società scientifiche, di cui all'elenco approvato dal Ministero della salute, che si occupano di stewardship antimicrobica;

5) ad adottare iniziative per garantire, d'intesa con le regioni, un programma nazionale di formazione sistematica e continua per tutto il personale sanitario volto a favorire le buone pratiche assistenziali e le misure di prevenzione necessarie a limitare sensibilmente il rischio di diffusione delle infezioni ospedaliere ed implementando i programmi di formazione degli operatori sanitari, dei medici e dei veterinari, con particolare riguardo ai medici di medicina generale e ai pediatri di famiglia, al fine di migliorare l'appropriatezza prescrittiva di farmaci antibiotici e di consentire l'individuazione delle terapie più idonee e corrette, prevedendo a tale scopo l'utilizzo di kit diagnostici rapidi, previa analisi di Health technology assessment per un'efficace presa in carico del paziente;

6) a valutare, per quanto di competenza, l'efficacia delle pratiche igienico-sanitarie messe in atto nelle strutture ospedaliere, nelle residenze sanitarie assistenziali e negli altri ambienti sanitari, promuovendo, nell'ambito della sicurezza dei pazienti ricoverati, miglioramenti finalizzati al controllo delle infezioni e alla riduzione delle stesse ed implementando le procedure di disinfezione e le pratiche di depurazione selettiva delle acque reflue «nere»;

7) ad adottare iniziative affinché le agenzie competenti mantengano l'aggiornamento costante del prontuario farmaceutico nazionale, con particolare riguardo alle indicazioni d'uso degli antimicrobici a tutela dell'appropriatezza prescrittiva;

8) ad adottare iniziative efficaci a contrastare la resistenza antimicrobica nell'ambito della tutela della salute umana, animale e dell'ambiente, introducendo misure finalizzate all'uso corretto e appropriato degli antimicrobici, con obiettivi misurabili per limitare la comparsa della resistenza antimicrobica, nell'assistenza sanitaria umana, nella zootecnia e nell'acquacoltura;

9) ad adottare le iniziative di competenza affinché la segnalazione obbligatoria alle autorità sanitarie deputate sia svolta su tutto il territorio nazionale, estendendola ai casi di pazienti infetti da batteri multiresistenti o ai pazienti portatori di microbi ad alta resistenza, con indicazione delle procedure eventualmente necessarie per l'isolamento dei portatori stessi, anche promuovendo obbiettivi ed indicatori nella valutazione dell'attività svolta dei direttori generali delle aziende sanitarie ospedaliere e locali;

10) a promuovere campagne di sensibilizzazione in tutti i setting di cura e presso le farmacie miranti alla tutela dei comportamenti corretti, all'aderenza terapeutica per quanto riguarda l'uso degli antimicrobici e all'utilizzo costante delle norme igienico-sanitarie preventive;

11) a valutare la fattibilità di avviare iniziative graduali, volte a favorire la distribuzione degli antibiotici ai pazienti in confezioni sufficienti e non superiori al periodo di terapia, secondo le indicazioni mediche, anche attraverso l'allestimento di confezioni personalizzate;

12) ad adottare iniziative per consolidare le attività di raccolta, registrazione, tracciabilità e analisi dei dati da parte delle strutture socio-sanitarie H-T, delle regioni e dell'Osservatorio sull'impiego dei medicinali (Osmed) presso l'Agenzia italiana del farmaco, coerentemente con il piano d'azione comune dell'Unione europea sulla resistenza antimicrobica e le infezioni correlate (Eu-Jamrai);

13) ad assumere iniziative di competenza, attraverso l'Agenzia italiana del farmaco, per consentire un approccio più rapido alla valutazione delle nuove molecole con l'obiettivo di garantire l'accesso pieno e tempestivo ai pazienti, la sostenibilità della spesa farmaceutica per i nuovi antibiotici e il sostegno economico atto a finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuove molecole;

14) ad avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria, nonché ad impedire l'illegittima vendita on line dei farmaci soggetti a prescrizione medica o veterinaria, informando e sensibilizzando i cittadini, tramite campagne informative, sui rischi connessi a tali acquisti;

15) a valutare la possibilità di adottare iniziative di competenza per consolidare la raccolta, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e la relativa registrazione in una banca dati con il supporto di un team multi-professionale e multidisciplinare;

16) ad incentivare le buone pratiche nella pubblica amministrazione dei cosiddetti «appalti verdi» e garantire iniziative adeguate per un corretto smaltimento dei medicinali, a tutela dell'ambiente e delle acque reflue, quale fattore importante per contrastare la comparsa della resistenza antimicrobica;

17) ad attuare il monitoraggio e il controllo delle pratiche zootecniche e agricole a garanzia dell'applicazione delle normative vigenti e della sicurezza della catena alimentare; a promuovere campagne di sensibilizzazione e di informazione nelle comunità di allevamento e acquacoltura, con particolare attenzione ai problemi che possono essere causati alla sicurezza alimentare e alla salute pubblica dalla selezione di determinati microrganismi resistenti agli antimicrobici;

18) a favorire il monitoraggio sulla raccolta dei dati e l'analisi dell'impatto della resistenza antimicrobica sulle risorse idriche e sull'ecosistema acquatico, nell'ottica di implementare un approccio strategico e integrato in conformità con la direttiva quadro sulle acque;

19) ad attuare il monitoraggio delle pratiche zootecniche per l'agricoltura e l'industria alimentare, la prevenzione delle infezioni, l'educazione sanitaria, le misure di biosicurezza, i programmi di screening attivo e le pratiche di controllo, promuovendo con maggiore forza l'agricoltura biologica e sostenendo le pratiche di agroecologia;

20) a prestare la massima attenzione all'impatto dei medicinali sull'ambiente, sugli animali e sull'uomo, in virtù del continuo e rapido sviluppo dell'industria farmaceutica globale e dell'aumento del consumo di farmaci ad uso umano e veterinario, assumendo un impegno costante nella definizione di strategie di monitoraggio, minimizzazione e prevenzione dell'inquinamento da farmaci, secondo i principi della eco-farmacovigilanza.
(1-00329) «Carnevali, Nappi, Rostan, De Filippo, Bologna, Siani, D'Arrando, Muroni, Rizzo Nervo, Ianaro, Pini, Lapia, Schirò, Lorefice, Campana, Mammì, Menga, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LEGNAIOLI, BELOTTI, POTENTI e LOLINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionali di questi ultimi giorni riportano la notizia relativa alla drammatica situazione ambientale delle «ecoballe» disperse nel fondo del Mar Tirreno, nel golfo di Follonica;

   i rifiuti, 63 mila chili, sono stati perduti 5 anni fa dalla nave Ivy, battente bandiera delle Isole Cook, e diretta a Varna;

   stando a quanto si apprende a mezzo stampa, da allora una grande quantità di veleni si è dispersa in mare, ma a causa di un pasticcio burocratico legato alla nomina del commissario straordinario che avrebbe dovuto gestire l'emergenza, nulla è stato risolto, ed anzi, sarebbe stato addirittura aperto un procedimento per conflitto di interessi da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza per chiarire la vicenda sopra descritta e recuperare, con la massima urgenza, i rifiuti.
(5-03534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante l'ultima seduta del Consiglio provinciale altoatesino la Südtiroler Volkspartei ha annunciato l'intenzione di approvare la proposta avanzata dal movimento secessionista «Die Freiheitlichen» in cui si chiede apertamente l'abolizione del commissariato del Governo/prefettura per la provincia di Bolzano;

   le competenze previste dallo statuto di autonomia (articoli 87 e 88 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione prevedono in capo al commissario del Governo il coordinamento, in conformità alle direttive del Governo, dello svolgimento delle attribuzioni dello Stato nella provincia e la vigilanza sull'andamento dei rispettivi uffici, salvo quelli riflettenti l'amministrazione della giustizia, la difesa e le ferrovie; la vigilanza sull'esercizio da parte delle province e degli altri enti pubblici locali delle funzioni ad essi delegate dallo Stato e la comunicazione di eventuali rilievi al presidente della provincia e il compimento degli atti già demandati al prefetto, in quanto non siano affidati dallo statuto o da altre leggi ad organi della regione e delle province o ad altri organi dello Stato;

   il commissario del Governo per la provincia di Bolzano provvede al mantenimento dell'ordine pubblico, del quale risponde verso il Ministro dell'interno, avvalendosi degli organi e delle forze di polizia dello Stato. Egli può richiedere l'impiego delle altre Forze armate ai termini delle vigenti leggi e adottare i provvedimenti previsti nell'articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

   il commissario del Governo in provincia di Bolzano svolge, inoltre, una determinante funzione di collegamento tra Stato e la provincia coordinando le politiche regionali con quelle nazionali nel quadro che si è delineato di estrema autonomia dell'Alto Adige;

   è stato recentemente annunciato l'interesse di avviare nella commissione paritetica «dei Sei» l'esame di una norma di attuazione che di fatto azzeri ogni competenza e ogni funzione del commissario del Governo in Alto Adige;

   il presidente della provincia di Bolzano ha più volte rilanciato l'idea di voler accorpare nella sua figura anche il ruolo di responsabile di una forza di polizia provinciale che si intenderebbe costituire;

   risulta presentato in Senato un disegno di legge costituzionale che prevederebbe, tra l'altro, di estendere alla provincia di Bolzano la potestà legislativa primaria in ambito di ordine e sicurezza pubblici e polizia –:

   quale sia al riguardo la posizione del Governo e se intenda escludere con certezza, per quanto di competenza, riforme così pregnanti dell'istituto del commissariato del Governo/prefetto per le provincie di Bolzano e Trento che inciderebbero pesantemente sulla funzione di collegamento e rappresentanza dello Stato nell'ambito dei territori delle province già dotate di ampia e quasi assoluta autonomia rispetto al resto del contesto nazionale, con l'affiorare di frequenti e forti tensioni autodeterminazionistiche e secessioniste.
(4-04682)


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'allevamento transumante tra le montagne abruzzesi è una forma di pastorizia ben documentata già in epoca romana e finanche nei periodi precedenti;

   lo straordinario valore espresso dalla transumanza è testimoniato dal fatto che è stata dichiarata patrimonio immateriale dell'umanità dall'Unesco e la regione Abruzzo ha riconosciuto il cane bianco italiano da custodia delle greggi, così come trasmesso dalla civiltà pastorale abruzzese, parte integrante del proprio patrimonio culturale;

   per i comuni montani, l'attività di allevamento ovicaprino transumante è un collante del territorio, della vita stessa della comunità per le tradizioni, usi e costumi che esso tramanda, oltre che fattore di formazione del reddito locale;

   il decreto-legge n. 189 del 2016 («decreto sisma 2016» da ultimo modificato con decreto-legge n. 123 del 2019) prevede, infatti, all'articolo 21, comma 4-bis, norme di sostegno al fine di assicurare la continuità produttiva delle attività zootecniche e di quelle ovicaprine in particolare, che operano nei comuni danneggiati dal sisma. L'ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 614 del 12 novembre 2019 ridefinisce i criteri per la concessione del contributo di autonoma sistemazione (Cas) nonché delle assegnazioni delle strutture abitative di emergenza (Sae) destinate ai nuclei familiari che, a distanza di oltre tre anni dagli eventi sismici nel 2016, permangono in una condizione di disagio abitativo;

   uno dei requisiti per accedere alle agevolazioni, sulla base delle norme previgenti (segnatamente l'ordinanza del Capo dipartimento di protezione civile n. 388 del 2016, articolo 3, nonché circolare del dipartimento di protezione civile, direzione comando e controllo, UC/TERAG/16/0054825 del 17 ottobre 2016), era quello della dimora – alla data del sisma – nell'abitazione principale, abituale e continuativa nel comune interessato;

   la norma attuale, invece, ridefinisce tale requisito, specificando che deve intendersi per dimora abituale quella in cui un soggetto appartenente al nucleo familiare dimorava per un lasso temporale «non inferiore a dodici mesi, senza computare nel calcolo di tale periodo eventuali assenze per ferie nonché comprovate e temporanee esigenze di natura socio sanitarie o lavorative, non ricorrenti»;

   una stringente interpretazione letterale della norma escluderebbe dai benefici di che trattasi gli allevatori transumanti che, per la particolare attività esercitata, sono costretti a trasferirsi per un periodo dell'anno in zone di pianura e, necessariamente, in comuni diversi da quelli nei quali avrebbero diritto ai benefici in termini di Cas (contributo di autonoma sistemazione) e Sae (strutture abitative di emergenza), interrompendo così la permanenza continuativa dei 12 mesi nei comuni interessati al sisma;

   tale esclusione renderebbe, inevitabilmente, non più proseguibili quelle attività economiche nei comuni montani interessati dal sisma, per la mancanza di un alloggio ove abitare per il periodo di trasferimento delle greggi nei pascoli, alloggio che prima del sisma era garantito comunque attraverso la fruizione – nell'ambito del nucleo familiare di appartenenza – di una unità abitativa, venuta poi meno a causa dell'inagibilità a seguito del sisma;

   di conseguenza, una interpretazione restrittiva e letterale della norma in argomento – per la categoria specifica degli allevatori transumanti – appare in netto contrasto con lo spirito e le indicazioni specifiche del citato «decreto sisma» n. 189 del 2016, come pure in contrasto con le esigenze di vita sociale ed economica della comunità locale e degli interessi degli stessi comuni interessati, ai quali all'abbandono delle aree colpite dal sisma da parte degli allevatori transumanti, conseguirebbe oltre alla perdita di popolazione, reddito e indotto economico, anche la perdita degli introiti relativi alle concessioni per i pascoli;

   di fatto accade che nessun amministratore comunale intenderà applicare la norma in parola in difformità da quanto letteralmente risulta, in assenza di una interpretazione autentica che solo la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso gli organi di protezione civile, potrebbe fornire a chiarimento –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative nel senso indicato in premessa.
(4-04683)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 17 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha modificato l'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, trasformando da opzionale in obbligatoria l'adozione del processo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri da parte di tutti i soggetti passivi Iva che effettuano operazioni di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. In particolare, tale obbligo decorre dal 1° luglio 2019 per gli operatori Iva che hanno avuto, nell'anno precedente al 2019, un volume d'affari complessivo superiore a 400.000 euro e dal 1° gennaio 2020 per tutta la restante parte dei soggetti sopra citati;

   l'articolo 12-quinquies del decreto-legge n. 34 del 2019 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), e conseguentemente la circolare 15/E dell'Agenzia delle entrate, ha previsto una «moratoria dalle sanzioni» nel primo semestre di vigenza dell'obbligo (quindi, fino al 31 dicembre 2019 per i soggetti tenuti all'avvio dal 1° luglio 2019; fino al 30 giugno 2020 per i soggetti tenuti all'avvio dai 1° gennaio 2020);

   i commi 3 e 4 dell'articolo 2, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015 stabiliscono, rispettivamente, che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica devono essere effettuati mediante strumenti tecnologici che garantiscano l'inalterabilità e la sicurezza dei dati dei corrispettivi e che le informazioni da trasmettere, le regole tecniche, i termini per la trasmissione telematica e le caratteristiche tecniche degli strumenti siano definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;

   tale previsione normativa ha permesso all'Agenzia delle entrate di definire, dapprima con provvedimento del 28 ottobre 2016, le modalità di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi tramite «RT» Registratori telematici (apparecchiature hardware derivanti dai registratori di cassa o misuratori fiscali) e a seguire, con provvedimento del 18 aprile 2019 di individuare anche una modalità software via web gratuita messa a disposizione dalla stessa Agenzia delle entrate;

   quindi, il legislatore, nell'istituire l'obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, ha previsto esplicitamente che possano essere individuate, con provvedimento dell'Agenzia delle entrate, più modalità tecniche per effettuare l'adempimento, purché rispettino i requisiti di inalterabilità e sicurezza sopra citati;

   il 23 ottobre 2019 durante un cosiddetto questiontime in Commissione finanze della Camera, il Governo, nella persona del sottosegretario Pier Paolo Baretta, ha confermato che l'Agenzia delle entrate ha già attivato tavoli con gli operatori del settore per individuare soluzioni software che «consentano, da un lato, di offrire più possibilità agli esercenti» e dall'altro di «garantire l'Amministrazione relativamente alla memorizzazione, sicurezza e inalterabilità dei dati con gli stessi livelli di garanzia offerti dai registratori telematici»;

   all'operazione «Corrispettivi telematici» è legato un recupero di gettito dall'evasione di circa 1,2 miliardi di euro;

   alla data risultano attivati circa 900.000 «sistemi RT» su un potenziale di circa 2 milioni;

   molti operatori economici sono forniti solo di software e non di registratore di cassa (ad esempio chi emette ricevuta fiscale e non scontrino) e dovrebbero quindi sobbarcarsi ingenti spese per l'adozione del nuovo registratore telematico –:

   quale sia lo stato dell'arte del progetto sull'individuazione di soluzioni software per i corrispettivi telematici da parte dell'Agenzia delle entrate e quali siano i tempi di disponibilità delle specifiche e dei componenti tecnici per lo sviluppo delle soluzioni da parte del mercato.
(4-04687)


   TRANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2002 la rete idrica del Sud Pontino è gestita dalla società mista Acqualatina spa, di cui l'Ato 4 del Lazio è azionista al 51 per cento;

   i piani d'investimenti dell'Ato 4 2003/2004 prevedevano interventi per le sorgenti di Mazzoccolo e Capodacqua per complessivi 7,5 miliardi di lire nei primi 6 anni;

   tra aprile e settembre 2005 la «Seureca» (gruppo Veolia), in collaborazione con l’École Nationale du Génie Rural des Eaux et des Forêts, aveva validato, all'interno delle linee d'indirizzo per l'approvvigionamento delle risorse di acqua potabile, la bontà di queste sorgenti, escludendo in modo categorico l'allaccio con la rete acquedottistica campana;

   sempre nel 2005 S.G.G., studio di geologia e geofisica di Siena, aveva confermato la validità delle sorgenti indicando in una modifica normativa che regoli estensivamente le fasce di rispetto e nella ricaptazione delle sorgenti la soluzione del problema;

   dall'aggiornamento al piano degli interventi presentato dalla dirigente dell'Ato 4 Vagnozzi nel 2012 per superare siccità e torbidità venivano riproposti investimenti urgenti nel Sud Pontino per 10.500.000 euro, in costanza di un rendimento della rete idrica di distribuzione del Sud Pontino dichiarato del 20 per cento;

   a causa della siccità nel 2017, intere aree sono state assoggettate a razionamento prolungato o a totale carenza della risorsa idrica per 6 mesi e gli utenti sono stati costretti ad installare autoclavi a proprie spese; nell'occasione a causa di «manovre» del gestore sono andati permanentemente perduti 110 l/s;

   nel 2019 a causa della torbidità è stata erogata acqua non potabile in almeno 4 periodi, con punte di 17 giorni consecutivi nel comune di Formia e 38 a Gaeta; alcuni comuni hanno emesso una nuova ordinanza di non potabilità datata 26 gennaio 2020 in conseguenza di poche ore di pioggia;

   a seguito dell'ordinanza n. 103 del 23 dicembre 2019 l'Asl Latina ha commissionato analisi di laboratorio ad Arpa Lazio, da cui risultano valori della carica batterica «Escherichia Coli» al di sopra dei limiti di legge;

   per i disservizi Acqualatina non ha mai ritenuto di rimborsare i clienti, anche in assenza degli obbligatori servizi sostitutivi di autobotte;

   la società mista ritiene di risolvere le suddette problematiche attraverso l'allaccio di nuove sorgenti alla rete di distribuzione idrica pubblica finanziate in parte (circa 3 milioni di euro) con i fondi dell'ordinanza della Presidenza del Consiglio – dipartimento protezione civile – per l'emergenza idrica del 2017 e in parte dai clienti: ma, le prime due fonti, realizzate nel campo pozzi XXV ponti, sono sottoposte a verifiche per la problematica del cuneo salino, mentre, non sono neppure noti i costi per gli utenti del prossimo allaccio alla rete di distribuzione campana, a sua volta approvvigionata dal comune laziale di Cassino –:

   considerati gli investimenti effettuati e quelli «a breve» contenuti nel piano presentato da Acqualatina spa al tavolo tecnico della prefettura il 9 gennaio 2020, se e quali verifiche il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, con particolare riferimento all'impiego delle risorse statali messe a disposizione dalla Presidenza del Consiglio per l'emergenza idrica del 2017;

   se il Governo non ritenga opportuno promuovere, per quanto di competenza, verifiche sulla salubrità dell'acqua, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e delle strutture di cui all'articolo 14, comma 6, della legge 132 del 2016, considerate le patologie infartuali ed ischemiche causate dai soprammenzionati batteri, come risulta da recentissimi studi.
(4-04692)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il 16 dicembre 2019 si è svolto, presso la sala refettorio della Camera dei deputati, un incontro per discutere della proposta di legge contro l'omotransfobia in discussione presso la Commissione giustizia. Erano presenti anche i principali esponenti di associazioni Lgbt;

   a quell'incontro era presente anche il segretario PD Nicola Zingaretti il quale ha dichiarato che occorre andare avanti in fretta con l'approvazione della legge «perché assumerà un punto di svolta, l'apertura di una nuova fase»;

  posto che in tale sede non si mette in discussione la necessità di contrastare ogni forma di violenza e di discriminazione, occorre a parere dell'interrogante una profonda riflessione e un dibattito ampio affinché le leggi sulla omotransfobia non siano ideologicamente orientate e non vadano a creare favoritismi di sorta verso le comunità Lgbt;

   in caso dell'Emilia-Romagna, a tal proposito, è emblematico e deve servire da monito. In questa regione era stato proposto, da parte del consiglio comunale di Bologna, un progetto di legge regionale che ha suscitato grandissime perplessità anche negli esperti in materia. Tale progetto di legge, volto a introdurre il concetto di «omotransnegatività», si sarebbe potuto tradurre in una vera e propria «legge-censura», stigmatizzando qualunque approccio ritenuto «negativo» o non sufficientemente positivo verso il mondo omosessuale, condannando situazioni «anche potenziali» di omotransnegatività, con il concreto rischio che una pubblica istituzione non si facesse più garante del pluralismo di pensiero ma orientasse, e imponesse, secondo l'interrogante, ideologicamente, le scelte e le convinzioni del cittadino;

  per quanto riguardava le politiche attive, il medesimo progetto di legge prevedeva l'adozione di «interventi in favore delle persone discriminate in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere, anche mediante la promozione di specifiche politiche ... per l'inserimento lavorativo»;

  una formula generica che, tuttavia, sembrava preludere all'adozione di non meglio identificate «quote gay» per l'inserimento lavorativo;

   dato il caso dell'Emilia-Romagna, dove a seguito di dibattito il concetto di «omotransnegatività» è stato comunque eliminato, è assolutamente indispensabile che su tali temi il Governo assuma una posizione chiara, netta e non ideologicamente orientata –:

   quale sia l'orientamento del Governo riguardo ai temi esposti;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per evitare che concetti come «l'omotransnegatività» trovino legittimazione giuridica, concetti che, per l'interrogante, rischiano di ledere il pluralismo di pensiero che deve essere garantito da ogni ente pubblico e laico.
(4-04693)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   MIGLIORE, UNGARO, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   Patrick George Zaki, 27 anni, ricercatore egiziano di Gender studies dell’Egyptian iniziative for personal rights e attualmente studente presso l'Università Alma Mater studiorum di Bologna, è stato arrestato il 7 febbraio 2020 all'aeroporto del Cairo da agenti dei servizi segreti egiziani, dove scompare per 24 ore, senza essere autorizzato a comunicare con famiglia o legali;

   l'8 febbraio pomeriggio il ragazzo ricompare a Mansura, 120 chilometri dal Cairo, in un'aula della procura generale, dove gli viene ufficializzato il fermo di 15 giorni in attesa di processo, custodia cautelare che in Egitto può durare sino a 2 anni;

   come si apprende dal suo avvocato Wael Gahlly, Patrick appariva con evidenti segni di percosse e sarebbe stato sottoposto a torture con cavi elettrici, fino a supporre l'utilizzo dell’elettroshock;

   le violazioni contestate a Patrick George Zaki riguardano post pubblicati sul suo account Facebook per i quali lo si accusa di: a) incitamento a sovvertire il sistema politico promuovendo pensieri che mirano e cambiare i principi costituzionali egiziani; b) incitamento alle proteste non autorizzate con l'obiettivo di indebolire il prestigio dello Stato; c) gestione di un account Facebook con lo scopo di disturbare l'ordine pubblico;

   Zaki non ha mai nascosto la sua adesione all’Egyptian initiative for personal rights ed alla sua battaglia per fare chiarezza sul caso Regeni;

   a Bologna, appena appreso dell'arresto, gli studenti hanno organizzato un presidio, per esprimere solidarietà al ragazzo e richiederne l'immediata liberazione, affiancati dallo stesso rettore dell'università;

   Amnesty international si sta occupando del caso da vicino, ma la situazione dell'arresto di Patrick George Zaki è seguita anche a livello internazionale. Il portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae), Peter Stano, rispondendo ai giornalisti ha spiegato che è stata l'Italia a richiamare l'attenzione sul caso e ha dichiarato: «Siamo al corrente del caso» dello studente Patrick George Zaki «e lo stiamo valutando con la nostra delegazione dell'Unione europea al Cairo e, se necessario, intraprenderemo le adeguate azioni. Appena avremo raccolto più informazioni saremo in grado di dire qualcosa di più concreto» –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di ottenere l'immediato rilascio di Patrick George Zaki dalle autorità egiziane e se sia vero che sia stato sottoposto a torture e trattamento disumano da parte dei militari egiziani dai quali è stato preso in consegna all'aeroporto del Cairo.
(3-01294)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, DE MARIA, SCHIRÒ, FASSINO, BOLDRINI, SERRACCHIANI, UNGARO, SPORTIELLO, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, LA MARCA, PALAZZOTTO, CARNEVALI, CRITELLI, CIAMPI, BERLINGHIERI, ENRICO BORGHI, PINI, PEZZOPANE, BRUNO BOSSIO, SENSI, BENAMATI, CARLA CANTONE, INCERTI, PELLICANI, NAVARRA e DE LUCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Patrick George Zaki ricercatore di 27 anni, iscritto dall'inizio dell'anno accademico (settembre 2019) a un master dell'università di Bologna sugli studi di genere e sulle donne e collaboratore di un'organizzazione non governativa, in Egitto, che si batte per difendere i diritti umani, la Egyptian Initiative for Personal Rights, è stato arrestato appena atterrato al Cairo con capi d'accusa che vanno dall'istigazione alle proteste alla diffusione di notizie false;

   il mandato di cattura è del 2019, ma lo studente non ne sapeva nulla. «Per 24 ore di lui si è persa ogni traccia», denunciano Amnesty International, tramite il portavoce Riccardo Noury, e la ong Eipr. «Non ha potuto contattare la famiglia, né un avvocato. Probabilmente è stato torturato, anche con l’elettrochoc, come è diffuso negli interrogatori in Egitto», spiega Noury;

   Patrick George Zaky è un attivista con interessi specifici nella giustizia per le persone Lgbt e nell'identità di genere. Un profilo che il giovane aveva deciso di approfondire con un master internazionale in Italia, all'università di Bologna, «Gemmà», un corso unico del suo genere in Europa, supportato dalla Commissione europea;

   le autorità egiziane lo hanno accusato, tra le altre cose, di diffusione di notizie false, incitazione a proteste, tentativo di rovesciare il regime, uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza. Sarebbe stato inoltre presentato un rapporto della polizia che sostiene «falsamente» di averlo arrestato ad un checkpoint di Mansoura in base a un mandato emesso a settembre 2019. Ora la procura egiziana ha ordinato 15 giorni di custodia cautelare. Uno dei peggiori scenari possibili, a detta di attivisti e studiosi dell'Egitto post rivoluzione. «Se parte questo stillicidio dei 15 giorni di detenzione rinnovabili rischia di essere dimenticato», afferma Riccardo Noury di Amnesty Italia;

   purtroppo questo caso richiama quello, tragico, di Giulio Regeni, di cui da pochi giorni si è commemorato il quarto anniversario del ritrovamento del suo cadavere, e sul quale ancora ci si attende di conoscere la verità di quanto e perché è accaduto –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato sulla vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere tempestivamente affinché il Governo egiziano liberi Patrick George Zaky e si profili per lui una sorte diversa da quella di Giulio Regeni.
(5-03557)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro della difesa di Taiwan ha denunciato alla comunità internazionale che la Cina ha accerchiato l'isola con i suoi jet il 9 febbraio 2020;

   segnatamente la Cina ha inviato i jet da combattimento cosiddetti J-11 e i bombardieri H-6;

   trattasi di una delle tante cosiddette «missioni a lungo raggio» in mare aperto della Cina comunista che stanno destabilizzando l'area e preoccupando la comunità internazionale;

   la questione interferisce con la conclamata indipendenza dell'isola che la Cina considera, a giudizio dell'interrogante, illegittimamente, una provincia con parziale autonomia;

   l'isola è ulteriormente al centro delle attenzioni della Cina per via della questione della lotta per leadership nel settore dell'intelligenza artificiale che la Cina ha ingaggiato con l'Occidente, alla luce del fatto che Taiwan vanta la maggior concentrazione di produttori di processori;

   la Cina sembra, quindi, accelerare, tramite le predette provocazioni, il percorso volto a erodere la sovranità taiwanese –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare l'ambasciatore cinese per comprendere la questione ed in ogni caso se intenda difendere la sovranità di Taiwan in tutte le sedi internazionali, denunciando le provocazioni cinesi.
(5-03558)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto riportato da alcuni organi di stampa e in particolare da «altraeconomia», in un articolo pubblicato il 3 febbraio 2020 a firma di Stefano Cortese, il 1° febbraio 2020, a Šid – città serba situata sul confine Nord-occidentale con la Croazia – tre volontari, due donne ed un uomo provenienti da Germania ed Italia, dell'associazione «No Name Kitchen» impegnati nell'accoglienza delle persone in transito sarebbero stati raggiunti da provvedimenti che gli intimavano di lasciare il Paese entro sette giorni dopo un procedimento che non sembrerebbe essere stato equo e rispettoso delle loro garanzie;

   sempre secondo il citato articolo, i soggetti di cui sopra sarebbero stati aggrediti da civili e poliziotti che esponevano simboli della destra ultranazionalista e sarebbero stati, paradossalmente fatti passare per gli aggressori;

   dopo il procedimento, altri volontari pure, in un primo momento, oggetto di fermo sono stati rilasciati dopo il pagamento di multe, mentre i tre di cui sopra, sono stati gli unici a cui è stato consegnato un provvedimento che li obbliga a lasciare la Serbia entro una settimana e con il divieto di non rientrare nella stessa prima di sei mesi;

   i tre volontari segnalano di essersi messi in contatto con le ambasciate italiana e tedesca per provare a impugnare i provvedimenti, anche se, a detta di un avvocato del Belgrad Centre for Human Rights, gli stessi provvedimenti non potrebbero essere comunque sospesi, comprovando l'assoluta mancanza di garanzie per la difesa;

   si rileva in particolare, il coinvolgimento di un cittadino italiano –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti esposti in premessa;

   quali iniziative intenda promuovere per assistere, anche garantendo un eventuale supporto legale, il volontario italiano vittima di quanto accaduto;

   quali iniziative intenda intraprendere nei confronti del Governo serbo anche in considerazione delle trattative in corso per l'ingresso di questo Paese nell'Unione europea;

   quali iniziative intenda promuovere per sostenere tutti i volontari italiani impegnati in quei luoghi.
(4-04678)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   le criticità per la mancata depurazione delle acque in parte della provincia Brescia è nota; la costruzione dei depuratori è una priorità, in un territorio già interessato da un grave inquinamento dovuto alla presenza di discariche di rifiuti speciali, come già evidenziato nell'ordine del giorno 9/02267/006 accolto dal Governo;

   il 10 febbraio 2020 oltre 20 sindaci hanno scritto una lettera al Ministro interrogato esprimendo le perplessità e preoccupazioni sorte dopo la pubblicazione del progetto del nuovo sistema depurativo da parte dell'ufficio d'ambito di Brescia, che individua nel fiume Chiese il corpo recettore degli scarichi dei reflui provenienti dai comuni del Lago di Garda;

   il progetto presentato dalla Società acque bresciane prevede di realizzare due depuratori, uno nel comune di Gavardo (Brescia), in affiancamento al costruendo depuratore A2A, e uno a Montichiari (Brescia), in ampliamento dell'impianto esistente, per la depurazione dei reflui dei comuni della sponda bresciana del Lago di Garda;

   il progetto è stato individuato sulla base di uno studio preliminare dove sono stati presi in considerazione solo altri tre scenari alternativi e dove gli aspetti ambientali non premiano la scelta di Gavardo e Montichiari quale soluzione migliore;

   a detta dei sindaci sembrerebbe compromessa in loco la situazione ambientale e paesaggistica e di tutela dello stato di salute del fiume Chiese, che non sembra offrire adeguate garanzie in merito alla capacità di far fronte a tale ulteriore carico;

   la regimazione delle acque del fiume Chiese soggiace al limitato rilascio dai bacini idrici del Lago d'Idro e di Malga Bissina; inoltre, dal comune di Calcinato in poi è in regime di secca per la particolare conformazione morfologica del terreno;

   sia il progetto presentato che il Piano di tutela delle acque della regione Lombardia definiscono il fiume Chiese non idoneo, soprattutto in estate, a garantire l'adeguata diluizione dei reflui scaricati per via della scarsa portata. Lo stesso progetto, infatti, per sopperire alla carenza, prevede di utilizzare anche il Naviglio Grande Bresciano –:

   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato in merito alle criticità espresse dai sindaci e, in tale contesto, se non intenda adottare iniziative di competenza per verificare, anche tramite l'autorità di bacino e con il coinvolgimento dei sindaci interessati, le problematiche connesse al collettamento e alla depurazione dei reflui della sponda bresciana del Lago di Garda, al fine di individuare soluzioni alternative ritenute più sostenibili e proposte dai sindaci.
(3-01298)


   DEIANA, ILARIA FONTANA, ZOLEZZI, DAGA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, TERZONI, VARRICA, VIANELLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   la legge 23 marzo 2001, n. 93, e il relativo decreto ministeriale n. 101 del 2003 attribuiscono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con le regioni, la realizzazione di una mappatura completa delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto e degli interventi di bonifica di particolare urgenza;

   le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano procedono all'effettuazione della mappatura sulla base dei dati raccolti nelle attività di monitoraggio ai sensi della legge 27 marzo 1992, n. 257. Quest'ultima definisce anche le modalità di predisposizione dei «piani regionali amianto» che contengono il censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzo collettivo e per i blocchi di appartamenti;

   dal Piano nazionale amianto, elaborato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare insieme ai Ministeri della salute e del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della mappatura dei siti contaminati effettuata dalle regioni e dalle province autonome, emerge la necessità di un intervento capillare e strutturato da compiere in stretta collaborazione con le regioni e gli enti locali, a cominciare dalla definizione di criteri omogenei di raccolta dei dati e di definizione dello stato di degrado dei materiali;

   nel mese di gennaio 2020 è stato comunicato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che il «Piano di bonifica da amianto», previsto nel secondo addendum al Piano operativo «ambiente» approvato dal Cipe con delibera n. 55 del 2016 e adottato con provvedimento ministeriale, prevede lo stanziamento di 385 milioni di euro per la bonifica dall'amianto negli edifici pubblici, in particolare per la rimozione e lo smaltimento nelle scuole e negli ospedali, ripartiti secondo i coefficienti di assegnazione regionale utilizzati per le risorse del Fondo sviluppo e coesione. Si apprende, inoltre, che tali interventi dovranno essere realizzati entro il 31 dicembre 2025;

   tale stanziamento consentirà di avviare attività concrete di messa in sicurezza e bonifica, a partire dalle situazioni a maggior rischio tra quelle già individuate di interesse pubblico –:

   quali strumenti e misure intenda porre in essere per garantire il coordinamento e il monitoraggio delle iniziative finanziate e la realizzazione degli interventi entro il 2025.
(3-01299)


   BRAGA, BURATTI, DEL BASSO DE CARO, MORGONI, ORLANDO, PELLICANI, PEZZOPANE, GRIBAUDO, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   il Governo italiano ha inviato alla Commissione europea la versione definitiva del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) che stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, tracciando il percorso verso la decarbonizzazione per i prossimi dieci anni;

   l'impegnativo lavoro svolto per aggiornare l'iniziale versione del precedente Governo appare già superato dai nuovi target indicati dalle istituzioni europee che puntano ad adottare una strategia ad impatto zero per il 2050 e una riduzione delle emissioni entro il 2030 del 55 per cento, per allineare la traiettoria con quanto previsto dall'Accordo di Parigi;

   secondo alcune proiezioni, i target dell'Italia attualmente previsti dal Piano consentono di raggiungere una riduzione complessiva delle emissioni nazionali di gas serra solo del 37 per cento al 2030;

   la transizione ecologica rappresenta un'opportunità per la crescita, l'industria e l'occupazione. Si tratta, quindi, di intervenire sul settore dei trasporti, a partire dal trasporto pubblico, sul sistema produttivo nazionale, sull'utilizzo delle fonti fossili, sulla rigenerazione urbana per innovare il processo industriale edilizio, riqualificare tutti gli edifici pubblici ed introdurre l'utilizzo di materiali a bassa emissione, sulla riduzione progressiva dei sussidi ambientalmente dannosi;

   il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni deve avvenire valutando con attenzione l'impatto sui settori produttivi interessati e predisponendo interventi mirati per accompagnare le imprese nei processi di innovazione e digitalizzazione, necessari per stimolare la crescita, rafforzare la competitività e creare posti di lavoro;

   una delle questioni più spinose continua ad essere quella connessa al phase out dal carbone che rimane programmato entro il 2025 ma ostaggio di numerose variabili, che vanno dalla realizzazione degli impianti sostitutivi e delle necessarie infrastrutture a una significativa accelerazione delle rinnovabili e dell'efficienza energetica nei processi di lavorazione;

   l'Italia, partendo dalla valorizzazione di alcuni suoi punti di forza, dovrà essere protagonista, anche a livello europeo, per raccogliere in pieno la sfida della transizione energetica e ambientale, proponendo una visione di sistema che coinvolga le imprese, le istituzioni e i cittadini –:

   quali iniziative intenda adottare per allineare gli obiettivi e le conseguenti politiche dell'Italia ai nuovi target europei di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 e garantire il loro azzeramento entro il 2050.
(3-01300)


   PLANGGER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   la scienza e un numero crescente di Governi, per ridurre alla fonte i danni causati all'ambiente, si sono dichiarati a favore del carbon pricing: meccanismo che, applicando il principio «chi inquina paga», favorisce lo sviluppo sostenibile e contribuisce alla tutela del clima;

   nel preambolo del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si legge: «determinati a promuovere il progresso economico e sociale dei loro popoli, tendendo conto del principio dello sviluppo sostenibile nel contesto della realizzazione del mercato interno e del rafforzamento della coesione e della protezione dell'ambiente, nonché ad attuare politiche volte a garantire che i progressi compiuti sulla via dell'integrazione economica si accompagnino a paralleli progressi in altri settori»;

   nell'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si dichiara: «la politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici»;

   la politica dell'Unione europea in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni, nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, nonché sul principio «chi inquina paga»;

   vari Paesi hanno già introdotto una tassa sulle emissioni di anidride carbonica, ma in settori diversi e con differenti tariffe. Serve una tassa unica per tutti i Paesi applicata nei settori che utilizzano combustibili fossili;

   la tassa sull'anidride carbonica introdotta nel 1991, come dimostra l'esempio della Svezia, ha permesso di sviluppare un'economia basata sull'innovazione e sulla coscienza ambientale, contribuendo alla decarbonizzazione dell'economia;

   un avvio graduale potrebbe orientare i comportamenti in senso ambientale e arrivare a cambiare i modelli di consumo senza il bisogno di ricorrere a misure repentine e radicali;

   una tassa sull'anidride carbonica potrebbe finanziare misure aggiuntive a favore del clima o servire per misure compensative in ambito sociale –:

   se non ritenga di adoperarsi affinché sia introdotta una tassa sulle emissioni di anidride carbonica in tutti i Paesi dell'Unione europea intesa come tassa incentivante, da applicare in modo socialmente equo e senza aumento della pressione fiscale, verificando anche la possibilità d'introdurre un diritto compensativo alla frontiera per tutelarne la competitività europea, evitando, nello stesso tempo, lo spostamento di attività che producono gas serra.
(3-01301)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   LUCCHINI e BELLACHIOMA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Sasi spa, società abruzzese in house per il servizio idrico integrato della provincia di Chieti, gestisce attualmente i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione in 87 comuni;

   il territorio gestito presenta una forte carenza idrica, soprattutto nei mesi estivi, ed è sottoposto a razionamento dell'acqua anche nel periodo invernale, raggiungendo una vera e propria emergenza idrica nel territorio di Vasto e San Salvo, ove avvengono sospensioni invernali dalle 16:00 alle 6:00 e per la maggior parte del giorno in estate;

   tale quadro deriva soprattutto da vetustà delle infrastrutture e da mancato potenziamento con ulteriori fonti di alimentazione;

   sulla base delle portate medie delle sorgenti (mancano misuratori) si stima che l'approvvigionamento idrico è garantito da fonti di produzione interne all'ambito per circa 40 milioni di metri cubi annui e dall'esterno per circa 2 milioni di metri cubi annui;

   dai dati raccolti da Sogesid spa sembrerebbe che la percentuale delle adduttrici con età superiore ai sessanta anni è del 42 per cento e solo il 10 per cento è stato realizzato dopo il 1990;

   il fabbisogno delle linee programmatiche individuate dal Sasi e proposte a Ente regionale per il servizio idrico (Ersi), regione, Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) e osservatorio dell'autorità di bacino, è di circa 100 milioni di euro, con interventi urgenti per 25 milioni di euro;

   le risorse a disposizione del gestore attraverso il masterplan per l'Abruzzo, fondi ex Camsez e «Sblocca Italia», non sono sufficienti e non è ipotizzabile un autofinanziamento anche per il prevedibile incremento delle tariffe che potrebbe conseguire a carico dei cittadini;

   le necessità sono le seguenti:

    adeguamento delle opere di captazione;

    aumento della disponibilità idrica attraverso potabilizzazione delle acque di risulta;

    realizzazione di nuove condotte di interconnessione tra sistemi acquedottistici;

    potenziamento di interventi di ricerca delle perdite;

    ammodernamento delle reti distributrici;

   tali interventi non sono confluiti nella deliberazione dell'Arera 268/2018/i/Idr, nell'elenco degli interventi necessari ed urgenti, né nel primo stralcio degli interventi approvati nel 2019;

   la situazione è emergenziale, soprattutto nelle aree di Vasto e San Salvo;

   la scorsa estate si sono registrati tentativi di class action, esposti alla procura di Vasto, interessamento della prefettura e gravi danni all'economia locale –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per la convocazione di un tavolo per l'emergenza idrica della provincia di Chieti, con tutti i soggetti pubblici e privati interessati, affinché, in collaborazione con regione, enti locali interessati ed Arera, si possano individuare soluzioni e opportune risorse per un intervento diretto a contribuire alla risoluzione a breve termine delle problematiche sopra evidenziate.
(5-03545)


   FREGOLENT, GADDA e OCCHIONERO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 aprile 2017 è stato approvato il regolamento di esecuzione e organizzazione (Reo) dell'area marina protetta Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre, il cui articolo 24 al comma 5, prevede che nelle zone B e C sia consentita esclusivamente, previa autorizzazione del soggetto gestore, l'attività di piccola pesca artigianale;

   a seguito dell'applicazione del Reo, in combinato disposto con l'articolo 1 del decreto 7 dicembre 2016, Disciplina della piccola pesca e della piccola pesca artigianale, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che riportava la definizione di piccola pesca artigianale sono rimaste escluse dall'operatività nelle aree di cui al punto precedente, 13 unità da pesca iscritte nel compartimento di Oristano sulle quali operano circa 40 imbarcati. Si tratta di imbarcazioni datate che superano di poco il limite dei 12 metri, per i proprietari delle quali risulterebbe particolarmente oneroso sostituire o modificare gli scafi coinvolti;

   il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 16 maggio 2019, Disposizioni per la campagna del tonno rosso – Anno 2019, e il successivo decreto di modifica del 25 luglio 2019, riformulano la definizione di piccola pesca artigianale, abrogando e sostituendo l'articolo 1 del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 7 dicembre 2016;

   a seguito delle modifiche sopra citate, le 13 imbarcazioni di cui sopra rientrerebbero nella definizione di piccola pesca artigianale e potrebbero pertanto operare nelle acque delle zone B e C dell'area marina protetta suddetta;

   con le note del 17 ottobre 2019, indirizzata ai soggetti gestori delle aree marine protette, del 15 novembre 2019, indirizzata a Legacoop Sardegna e del 9 ottobre 2019, indirizzata alla direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha comunicato di non ritenere applicabili le modifiche introdotte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla definizione di cui al decreto ministeriale 7 dicembre 2016, adducendo la validità al solo svolgimento della campagna di pesca del tonno rosso e rammentando l'esclusiva titolarità del Ministero interrogato in merito alla gestione delle aree marine protette, anche riservandosi la possibilità di normare in maniera più restrittiva rispetto alla norma generale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravi conseguenze economiche ed occupazionali che comporta l'esclusione dalla suddetta area marina protetta delle 13 imbarcazioni sopra menzionate e sulla base di quali presupposti abbia ritenuto non applicabili le avvenute modifiche al quadro normativo.
(5-03546)


   PELLICANI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento) dell'Ispra, avviato come progetto di ricerca nel 2006, costituisce ormai un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica sui siti e sugli insediamenti contaminati presenti sul territorio nazionale ed è divenuto riferimento e modello di eccellenza anche a livello internazionale;

   il rapporto segnala 41 siti d'interesse nazionale da bonificare, che complessivamente coprono una superficie di circa 116.000 ettari contaminati da ex petrolchimici, raffinerie, acciaierie, fabbriche chimiche, di amianto e aree con smaltimento dei rifiuti incontrollato; in 13 di questi il risanamento dei terreni è fermo, mentre, nei rimanenti procede a rilento;

   il rapporto si pone l'obiettivo di correlare i profili di salute delle popolazioni residenti con le fonti di esposizione ambientale e le contaminazioni da cui sono caratterizzati; sono infatti coinvolti 319 comuni in tutte le regioni italiane, per una popolazione complessiva di 5,9 milioni di abitanti;

   secondo gli esiti dello studio epidemiologico promosso dal Ministero della salute e coordinato dall'istituto superiore di sanità sullo stato di salute della popolazione residente nei pressi di 38 Sin e 7 Sir (siti d'interesse regionale), i risultati mettono in evidenza un eccesso di mortalità generale e, per tutti, di tumori nell'insieme dei siti considerati, con una stima dei decessi dovuti a cause oncologiche di 3.375 morti in più negli uomini (+3 per cento) e 1.910 in più nelle donne (+2 per cento). Al deterioramento certificato dello stato di salute della popolazione, non corrispondono adeguate risorse per le bonifiche ed il monitoraggio e l'assistenza sanitaria ai cittadini esposti;

   tra i Sin per i quali si registra il mancato completamento della bonifica vi è il polo industriale di Porto Marghera, un'area di 1.618 ettari, di cui ad oggi risulta bonificato solo il 16 per cento dei suoli e l'11 per cento di acque di falda, con progetti di bonifica e messa in sicurezza approvati per il 69 per cento dei suoli e il 66 per cento delle acque di falda, ma non ancora attuati, mentre sono già stati spesi oltre 800 milioni di euro per il marginamento delle sponde dei canali e della laguna senza che il progetto sia stato ultimato –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare con estrema urgenza iniziative per accelerare le bonifiche delle aree Sin, con particolare riferimento all'area di Porto Marghera, e quali siano le risorse attualmente disponibili per il completamento dei progetti.
(5-03547)


   ZOLEZZI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, TERZONI, VARRICA e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 84, comma 4, del decreto legislativo n. 159 del 2011 riporta un elenco di delitti per i quali, ai sensi del codice antimafia, è prevista l'informativa antimafia. In tale lista non sono previste attualmente fattispecie di reato relative alla gestione illecita dei rifiuti o al disastro ambientale;

   nel rapporto Ecomafia 2018, a pagina 139, Il presidente dell'Anac Raffaele Cantone, ha ritenuto doveroso sottolineare che «quello dei rifiuti è il comparto maggiormente colpito da infiltrazioni della criminalità organizzata» (camorra, mafia, ’ndrangheta);

   con la legge n. 190 del 2012, veniva sancito l'obbligo di acquisire la comunicazione e l'informazione antimafia liberatoria indipendentemente dalle soglie stabilite dal decreto legislativo n. 159 del 2011 per qualsiasi tipo di contratto/importo per quelle società di cui appunto all'articolo 1, comma 53, della medesima legge, che riguarda alcune tipologie di attività considerate come «maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa». In tale elenco non sono dunque comprese le attività di gestione di impianti finalizzati al trattamento dei rifiuti (escluso lo smaltimento), e le attività di bonifica;

   con il decreto-legge n. 136 del 2013 convertito dalla legge n. 6 del 2014, si è istituita in via sperimentale presso la prefettura di Napoli, la cosiddetta «White List-Speciale, legge n. 6 del 2014», ovvero l'elenco per fornitori e prestatori di servizi, connessi ai futuri interventi di bonifica delle aree agricole inquinate, non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa;

   l'articolo 1, comma 54, della già citata legge n. 190 del 2012 prevede che l'indicazione delle attività di cui al comma 53 possa essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministero dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle commissioni parlamentari competenti;

   sarebbe opportuno, pertanto, aggiornare gli elenchi di cui all'articolo 84, comma 4, del decreto legislativo n. 159 del 2011, inserendovi le fattispecie di reato relative alla gestione dei rifiuti e al disastro ambientale, eventualmente inserendo nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012 le attività di raccolta, trattamento e smaltimento rifiuti, attività di risanamento e altri servizi di gestione dei rifiuti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di salvaguardare il settore della gestione dei rifiuti da rischi di particolare gravità, in considerazione di quanto espresso in premessa.
(5-03548)


   CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sono anni che la «terra dei fuochi», l'area a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, è interessata da un gravissimo stato di avvelenamento del territorio causato dallo smaltimento illecito e dall'interramento dei rifiuti tossici e speciali a cui si aggiunge il gravissimo fenomeno dei roghi tossici;

   lo studio Sentieri dell'Istituto superiore di sanità ha in questi anni mostrato come, nei 52 comuni dell’hinterland partenopeo che fanno parte della terra dei fuochi, il linfoma non Hodgkin ha una diffusione superiore del 50 per cento rispetto alla media nazionale;

   secondo il recente Progetto Veritas, la ricerca coordinata dall'oncologo Antonio Giordano dell'Istituto Sbarro di ricerca sul cancro della Temple University di Philadelphia, ci sono concentrazioni fuori norma di metalli pesanti nel sangue dei malati di cancro di Giugliano;

   questo studio ha dimostrato che il tasso di mortalità per tumore tra i cittadini di Giugliano è superiore a quello complessivo della Campania. Eppure il presidente della regione De Luca, ha bollato questo studio come inutile propaganda;

   ad aggravare il tutto contribuisce la crisi perenne nella gestione del ciclo dei rifiuti in Campania, crisi che alimenta e aggrava l'emergenza sanitaria e ambientale della terra dei fuochi. La regione risulta che abbia stanziato 200 milioni di euro per la costruzione di impianti di compostaggio. Impianti che non sono ancora stati realizzati. A ciò si aggiunga lo «stop» dell'inceneritore di Acerra, e il fatto che gli impianti di tritovagliatura (Stir) sono saturi;

   a settembre 2019, di fronte ad una emergenza sanitaria e ambientale come quella descritta, il presidente della Campania Vincenzo De Luca, dichiarava: «La Terra dei fuochi oggi non è a Caserta o a Napoli Nord, ma è nel Nord del Paese»;

   l'attività di bonifica dei siti inquinanti versa in una condizione di drammatico impasse, così come non è mai cominciata la bonifica della «terra dei fuochi»;

   peraltro il 16 dicembre 2019 è scaduto l'incarico del commissario alle bonifiche Mario De Biase, con la regione Campania e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che si «rimbalzano la palla» su chi abbia o meno le competenze in merito;

   è significativo che il 24 maggio 2020, Papa Francesco sarà ad Acerra per incontrare i cittadini della «Terra dei fuochi» –:

   a che punto siano le bonifiche promesse e se si ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché sia valutata la proroga del commissariamento oppure il passaggio alla gestione ordinaria delle medesime bonifiche.
(5-03549)


   PLANGGER e CUNIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la superstrada pedemontana veneta, con una lunghezza di 95 chilometri, costituisce la maggiore opera pubblica in costruzione e una volta realizzata collegherà la autostrada A4 da Montecchio maggiore (Vicenza) all'autostrada A27 a Spresiano (Treviso);

   la popolazione locale e i comitati contrari all'opera chiedono da sempre un intervento serio del Governo per proporre un progetto alternativo, meno impattante per l'ambiente, e per ristabilire un adeguato livello di legalità, considerate le innumerevoli inottemperanze alla Via registrate lungo il tragitto (e trasmesse alla segreteria tecnica del Ministro mediante perizia asseverata nel febbraio 2019);

   il tragitto è teatro dei più nefandi illeciti ambientali che il Veneto abbia mai subìto nella costruzione di un'opera: discariche occultate, compromissioni delle falde deviate o inquinate irrimediabilmente, inquinamento di aria, acqua e suolo, dissesto idrogeologico. Tutto rende invivibile i luoghi compromessi per sempre a danno della salute dei cittadini veneti, compromettendone quotidianamente la sicurezza e la serenità degli investimenti in quell'area in termini economici e sociali;

   tre episodi gravissimi sono già stati sottoposti all'attenzione del Ministro: ritrovamento di amianto lungo il tragitto nei pressi di Altivole (Treviso), inquinamento di aria e acqua in Vallugana (Vicenza), formazione di una voragine alle Pescole (Vicenza), nei pressi del cantiere già teatro della tragica morte di un operaio per il crollo di un manufatto –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare quanto riportato in premessa e ristabilire le adeguate condizioni di sostenibilità ambientale dell'opera.
(5-03550)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Legambiente Brescia, LAC – Lega abolizione caccia, Lipu – Lega italiana protezione uccelli, Lav – Lega anti vivisezione, Enpa – Ente nazionale protezione animali, Wwf – Gruppo intervento giuridico Silvio Parzanini e il presidente circolo Legambiente Franciacorta hanno inviato, il 6 novembre 2019, una nota avente come oggetto «Nomina del presidente e del consiglio di gestione del Sito Natura 2000 It 2070020 “Torbiere del Sebino”»;

   tale nota è stata inviata: alla Commissione europea, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; al direttore generale per le valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al presidente della regione Lombardia; all'assessore all'ambiente della regione Lombardia; al prefetto di Brescia; al presidente della provincia di Brescia; al presidente della comunità montana del Sebino, ai sindaci dei comuni di Iseo, Provaglio d'Iseo e Corte Franca;

   si ricorda che la riserva naturale orientata delle Torbiere del Sebino è prima di tutto zona di protezione speciale (Zps); sito di importanza comunitaria (Sic), oggi zona speciale di conservazione (Zsc); compresa nell'elenco dei biotopi e geotopi della regione Lombardia; Important Birds Area (Iba); area riconosciuta dal Cnr come «biotopo di eccezionale importanza»; zona umida (Zu) riconosciuta ai sensi della convenzione di Ramsar; soggetta per tutta la propria estensione territoriale al vincolo per le bellezze naturali (legge n. 1497 del 1939);

   nella nota si legge che «In questi giorni sono in rinnovo gli incarichi del presidente e del Consiglio di Gestione della Riserva e gli enti chiamati a nominarli hanno votato come presidente della Riserva un cacciatore praticante, da quanto ci risulta titolare di appostamenti fissi a ridosso della riserva, oltre a lui anche 2 dei 3 componenti del Consiglio di gestione già eletti a noi risulta che siano pure loro cacciatori e anche il quarto indicato ma ancora da eleggere con il risultato che a gestire la Riserva 4 su 5 saranno cacciatori, ciò non era mai avvenuto nei quasi quarant'anni dall'istituzione della Riserva» –:

   si legge ancora nella nota «L'attività ostacolante ora come in passato è data dalle continue pressioni politiche e dai conflitti tra gli interessi venatori e quelli di tutela del sito Rete Natura 2000. Non peraltro, è stata aperta un'indagine EU Pilot 6730/14/ENVI "diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat e una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, 5 novembre 2018, n. 6240) ha respinto definitivamente il ricorso presentato dai cacciatori contro i provvedimenti di revoca degli appostamenti fissi sul Lago per la tutela"»;

   ad oggi, solo sei appostamenti fissi di caccia che accerchiano a meno di 1000 metri il sito Natura 2000 sono stati finora revocati; la restante attività venatoria che risulta tuttora potenzialmente incidente sulle specie avifaunistiche, degli oltre venti appostamenti e della caccia in forma vagante a sud, est ed ovest dell'area protetta, deve ancora essere sottoposta a valutazione di incidenza ambientale –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda promuovere, considerata quella che all'interrogante appare una posizione di innegabile conflitto degli organi di gestione e soggetti gestori, tutte le iniziative di competenza atte a tutelare il sito di importanza comunitaria, in cui si sono finora registrati troppi paradossi e sono avvenute scelte politiche e amministrative contrarie rispetto al fine di tutelare e favorire gli interessi primari e collettivi di questo prezioso e delicato ecosistema terrestre, estremamente ricco in termini di biodiversità.
(5-03556)

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA, D'IPPOLITO e TRANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Sep Srl (Società ecologica pontina) è un'azienda che gestisce un impianto di compostaggio situato nel territorio di Pontinia (Latina);

   l'impianto, sottoposto a valutazione di impatto ambientale nel 2002, trattava ogni anno circa 50 mila tonnellate di rifiuti, composti da 32.500 tonnellate di rifiuto umido e 17.500 tonnellate di strutturante a matrice lignocellulosica;

   l'Arpa Lazio, con nota prot. n. 78853 del 21 ottobre 2016, ha segnalato alla regione Lazio dei rilievi riguardanti l'impianto in questione circa la presenza di percolato, la produzione di cattivi odori e valori fuori specifica nel compost prodotto;

   nella risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-01881 al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con la quale vennero evidenziate già tali criticità, il Ministro rappresentava che per l'impianto in questione «la regione informa che, di recente, su precisa disposizione degli uffici della Autorità competente è stata sospesa l'autorizzazione al conferimento dei rifiuti non pericolosi costituiti dai cosiddetti “fanghi”, rimanendo impregiudicata la possibilità, da parte della stessa Sep s.r.l., di accogliere presso l'impianto in questione le altre tipologie di rifiuti non pericolosi già autorizzate, ovvero rifiuti cosiddetti “verdi” e costituiti dalla cosiddetta “FORSU”, ovvero la frazione organica dei rifiuti solidi urbani, raccolta separatamente»;

   il 13 giugno 2019 l'impianto è stato coinvolto nell'operazione denominata «Smoking Fields» coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Roma. Le indagini hanno evidenziato che, oltre ai miasmi e ai valori precedentemente riscontrati da Arpa Lazio, del compost fuori specifica veniva classificato come compost di qualità e conseguentemente sversato in terreni per uso agricolo anziché conferito in discarica come previsto dalla normativa in materia;

   con nota del 15 luglio 2019 acquisita al protocollo SVI n. 6581 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il comune di Ardea ha richiesto supporto tecnico per quanto concerne il potenziale danno ambientale causato dai conferimenti di tali rifiuti in aree a vocazione agricola nel proprio territorio;

   con nota SVI n. 7053 del 29 luglio 2019 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inoltrato la segnalazione alla regione Lazio, alla prefettura di Latina, ad Arpa Lazio e alla provincia di Latina chiedendo di tenere informata la direzione generale per lo sviluppo sostenibile circa le iniziative intraprese a tutela dell'ambiente e della salute pubblica –:

   quali aggiornamenti siano stati forniti da regione Lazio, provincia di Latina e Arpa Lazio circa i possibili profili di danno ambientale a seguito degli sversamenti illeciti di rifiuti evidenziati dalle indagini della direzione distrettuale antimafia di Roma;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per acquisire un riscontro in merito alle iniziative intraprese sul caso in questione.
(4-04690)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   NEVI e MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il polo di mantenimento delle armi leggere (Pmal) ha il compito di assicurare l'efficienza di materiali, mezzi e equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e ai Corpi armati dello Stato, con particolare riferimento alle armi leggere, alle protezioni balistiche individuali e veicolari, agli strumenti verificatori ed alle attrezzature balistiche in genere;

   il Pmal si inserisce, dunque, a pieno titolo nell'odierno panorama logistico/produttivo relativo all'armamento leggero e si confronta con le più importanti realtà produttive italiane e straniere;

   come sollevato dalle rappresentanze sindacali unitarie e dalle maggiori organizzazioni sindacali, sembrerebbe che il Pmal sia costretto a rinunciare a importanti commesse di lavoro a seguito della gravissima carenza di personale valutabile fin da ora in oltre 100 persone;

   nello specifico, senza adeguate e immediate misure volte ad assicurare in tempi brevissimi un corposo e straordinario piano di assunzioni, comprendente anche la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato o in somministrazione, in pochi mesi verranno vanificate le potenzialità tecnico-industriali di un ente che ha caratterizzato da quasi 150 anni lo sviluppo demografico sociale ed economico dell'intero territorio ternano;

   a ciò si aggiunga che l'inesorabile perdita di know how del polo, cui è attribuita la manutenzione a livello nazionale delle armi leggere, individuali e di squadra dell'Esercito, produrrà pericolosi effetti e gravi ricadute, in termini strategici ed economici, sul sistema difesa del Paese e sulla sicurezza delle migliaia di militari che operano nelle varie missioni militari, di polizia e peacekeeping, in Italia e all'estero;

   nonostante la grave crisi che sta colpendo il polo di Terni e gli impegni assunti dal Ministro interrogato che nel mese di ottobre 2019, facendo visita al polo di Terni, avrebbe confermato la volontà di procedere alle assunzioni per il 2019, allo stato attuale non è stata ancora intrapresa alcuna iniziativa concreta;

   ad avviso dell'interrogante, quanto appena riportato rappresenterebbe un grave danno per lo sviluppo della città di Terni nonché una perdita di importantissime professionalità per il Paese –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di salvaguardare il polo di mantenimento delle armi leggere di Terni e, al tempo stesso, garantire in modo sistemico una migliore e più efficace gestione e funzionalità di tale particolare tipologia di siti, attraverso procedure meno rigide, rispetto alle attuali, nell'assunzione del personale e in sinergia con le aziende del settore.
(4-04677)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   come riportato i giorni scorsi da alcuni organi di stampa nazionale, fonti dell'Eurogruppo hanno dichiarato che il trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) sarà firmato il prossimo aprile dagli ambasciatori degli Stati membri dell'Unione europea durante la riunione del Coreper, su un testo ritenuto da loro ormai non più soggetto a possibilità di modifiche;

   sempre nei giorni scorsi, il Ministero dell'economia e delle finanze ha smentito la notizia della calendarizzazione della firma del trattato per il prossimo aprile, aggiungendo che il tema sarà discusso nei tavoli della riunione dell'Eurogruppo che si terrà il prossimo marzo;

   sull'argomento è intervenuto il Presidente del Consiglio, il quale ha assicurato che sul trattato Mes «non c'è nessuna novità e nessuna firma prevista»;

   il 30 gennaio 2020, il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno ha scritto in una lettera ufficiale pubblicata sul sito dell'Eurogruppo che il tema del trattato Mes sarà chiuso il prossimo marzo su un testo già approvato, al netto di poche modifiche marginali;

   il fatto che anche il Ministero dell'economia e delle finanze abbia confermato che il tema sarà trattato nella riunione dell'Eurogruppo di marzo 2020 non sembra essere in contraddizione con la possibilità che, proprio in quella data, il testo possa essere approvato definitivamente;

   l'11 dicembre 2019, nel corso delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019, i Gruppi avevano sollevato con forza la necessità di un coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni relative alla riforma del Mes;

   il centrodestra unito aveva presentato una risoluzione unitaria, nella quale si invitava il Governo a non procedere ad alcuna formale adesione al trattato Mes prima che le numerose criticità fossero state discusse e risolte, e a dare da quel momento in poi compiuta attuazione alla legge n. 234 del 2012, riferendo in modo chiaro ed esaustivo alle Camere e agli organi parlamentari competenti circa l'effettivo stato di avanzamento del negoziato sul Mes e sugli altri elementi del pacchetto;

   anche la stessa risoluzione di maggioranza, approvata dalla Camera, impegnava chiaramente il Governo «ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell'unione economica e monetaria e sulla conclusione della riforma del Mes»; il Presidente del Consiglio si era impegnato quindi a tenere costantemente informato il Parlamento sui futuri sviluppi nei negoziati sul trattato Mes in sede europea;

   nell'ultima riunione del Consiglio europeo, l'Unione europea ha concesso all'Italia più tempo per discutere degli elementi di criticità presenti nel testo del trattato Mes –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle osservazioni riportate in premessa e quali iniziative intenda assumere per rendere note al Parlamento le decisioni prese dall'Eurogruppo nella riunione tenutasi in data 20 gennaio 2020 e le eventuali proposte di modifica al trattato sul Mes avanzate dal Governo italiano dopo la riunione del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019;

   se intenda assicurare che il trattato sul Mes non sarà sottoscritto il prossimo aprile e se vi sia ancora la possibilità per l'Italia di modificare il testo formulato antecedentemente alla riunione del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019;

   se e come intenda coinvolgere il Parlamento nel processo di modifica dei contenuti del trattato sul Mes, al fine di giungere ad un testo ampiamente condiviso.
(2-00638) «Brunetta, Gelmini».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'attività delle mafie straniere in Italia, come descritto in maniera esaustiva dalle ultime relazioni della Direzione nazionale antimafia e della Direzione investigativa antimafia, è in preoccupante crescita e impone nuovi interrogativi sull'attività di gruppi criminali stranieri con interessi nel nostro Paese, incluse intense attività di riciclaggio e rischi di collegamenti con gruppi criminali di tipo terroristico; d'altronde, la convergenza di inquietanti interessi, mercati e iniziative illegali tra le reti terroristiche e la criminalità organizzata è emersa anche dagli incontri che membri della Commissione parlamentare competente hanno avuto a New York con i competenti uffici delle Nazioni Unite nel mese di gennaio 2020;

   il Comitato di sicurezza finanziaria (Csf), istituito con decreto-legge n. 369 del 2001 e perfezionato con decreto legislativo n. 109 del 2007, decreto legislativo n. 231 del 2007 e da ultimo con decreto legislativo n. 125 del 2019, in ottemperanza agli obblighi internazionali assunti dall'Italia nella strategia di contrasto al finanziamento del terrorismo, al finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa e all'attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, ha il compito di monitorare il funzionamento del sistema di prevenzione e di sanzioni del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio, rappresenta il punto di raccordo fra tutte le amministrazioni ed enti operanti in questo settore ed è dotato di poteri particolarmente penetranti;

   nel giugno 2019 è stata pubblicata l'Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo elaborata dal Csf, che individua, tra l'altro, i settori economici legali e illegali di interesse per la criminalità organizzata di tipo mafioso, inclusa quella di origine straniera;

   l'Unità di informazione finanziaria (Uif), istituita presso la Banca d'Italia dal decreto legislativo n. 231 del 2007, è incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori; di dette informazioni effettua l'analisi finanziaria e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l'autorità giudiziaria, per l'eventuale sviluppo dell'azione repressiva; partecipa inoltre alla rete mondiale delle Fiu per scambi informativi essenziali a fronteggiare la dimensione transnazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;

   ai sensi dell'articolo 6, comma 4, lettera e), decreto legislativo n. 231 del 2007, l'Uif, «al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, emana e aggiorna periodicamente, previa presentazione al Comitato di sicurezza finanziaria, indicatori di anomalia, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e in apposita sezione del proprio sito istituzionale»; inoltre, ai sensi del comma 7 del predetto articolo, l'Uif «svolge analisi e studi su singole anomalie, riferibili a ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo su specifici settori dell'economia ritenuti a rischio, su categorie di strumenti di pagamento e su specifiche realtà economiche territoriali, anche sulla base dell'analisi nazionale dei rischi elaborata dal Comitato di sicurezza finanziaria; elabora e diffonde modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo» –:

   se non intenda attivarsi al fine di promuovere iniziative, anche di tipo normativo, anche in collaborazione con la Guardia di finanza, l'Agenzia delle entrate e la Banca d'Italia, volte a potenziare le attività di analisi per il contrasto dell'evasione fiscale in quei settori economici particolarmente vulnerabili all'infiltrazione da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, anche straniera, e prevenire il riciclaggio di proventi illeciti ottenuti dalle mafie straniere operanti in Italia, nonché dalle reti terroristiche di matrice straniera residenti nel nostro Paese;

   se il Governo non intenda adottare iniziative normative, affinché l'Uif emani specifici indicatori di anomalia ai sensi dell'articolo 6, comma 4, lettera e), del decreto legislativo n. 231 del 2007 al fine di agevolare l'individuazione di segnalazioni di operazioni sospette attinenti al riciclaggio di proventi illeciti ottenuti dalle mafie straniere operanti in Italia, nonché elaborare modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali riferibili a possibili attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte di affiliati alla criminalità organizzata di origine straniera, garantendo contestualmente che vengano esercitate, anche indirettamente, forme di discriminazione etnica, razziale, religiosa o di altra natura;

   se il Governo intenda promuovere, anche per il tramite del Comitato di sicurezza finanziaria, analisi e studi su comportamenti anomali con riferimento all'attività della criminalità organizzata straniera.
(2-00637) «Ascari».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAVANDOLI, BITONCI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è notizia rimbalzata anche sul web quella relativa alle lettere di compliance che l'Agenzia delle entrate ha inviato nei giorni scorsi agli operatori del commercio al minuto e attività assimilate che non risulta abbiano trasmesso i corrispettivi certificati e memorizzati con il registratore telematico o tramite l'apposita procedura online del portale «fatture e corrispettivi»;

   nei fatti è accaduto che, non risultando al fisco, alla data del 31 dicembre 2019, i dati relativi allo scontrino elettronico del periodo luglio-novembre 2019, l'Agenzia delle entrate, avvisava della discrepanza indistintamente tutti i contribuenti con un volume d'affari superiore a 400.000, anche coloro che hanno rapporti con consumatori finali e hanno deciso di documentare tutte le operazioni con la fattura elettronica, ed invitava i destinatari delle lettere a verificare la propria posizione evidenziando: «se ritiene di non essere tenuto a trasmettere i corrispettivi giornalieri dell'Agenzia delle entrate, nell'ottica della massima collaborazione reciproca, la invitiamo a fornire o a segnalare eventuali dati ed elementi da noi non considerati. Qualora ritenga di non essere tenuto a trasmettere i corrispettivi giornalieri all'Agenzia delle Entrate, la invitiamo a fornire chiarimenti o a segnalare eventuali dati ed elementi da noi non considerati, tramite il servizio telematico attivo all'interno del canale di assistenza CIVIS, anche per il tramite del suo intermediario. Questo ci aiuterà ad aggiornare le nostre banche dati e a indirizzare le nostre future comunicazioni in modo più efficace.»;

   alle immediate denunce dei commercialisti, che chiedevano rassicurazioni sulla non necessità di fornire risposte alla comunicazione ricevuta, non rinvenendo alcuna anomalia per chi ha scelto di certificare con fattura elettronica le operazioni nei confronti dei consumatori finali, l'Agenzia delle entrate ha diramato una nota ufficiale per rendere noto che non sarà necessario rispondere con la comunicazione Civis alle lettere di compliance «per chi, pur operando nell'ambito del commercio al dettaglio e attività assimilate, ha deciso di certificare le proprie operazioni esclusivamente con fattura»;

   tuttavia è oltremodo evidente, a parere degli interroganti, che dietro a tali «lettere amichevoli», all'immagine di un «fisco tutor» capace di guidare e mettere in guardia i contribuenti prima di sanzionarli, si celano l'inefficienza e gli errori del sistema, tentando un controllo all'inverso: non l'Agenzia delle entrate sul contribuente mediante la fatturazione elettronica e la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, bensì il contribuente verso l'Agenzia delle entrate mediante la propria comunicazione;

   negli avvisi, infatti, si ammette la possibilità di imprecisioni ed errori («fornire o a segnalare eventuali dati ed elementi [...] non considerati»); inoltre il paradosso è che i dati sono già a disposizione dell'Agenzia delle entrate, basterebbe consultare il portale fatture e corrispettivi e incrociare i valori dichiarati;

   tutto ciò risulta come un vero e proprio controsenso: le lettere con gli avvisi, infatti, impongono ai contribuenti e agli intermediari verifiche, controlli, comunicazioni, mentre il vantaggio del passaggio ai canali telematici dovrebbe essere proprio la semplificazione;

   la LegaSp al Governo, si ricorda, aveva avviato un processo di revisione dei principi e dei criteri che regolano l'agire dell'amministrazione finanziaria che, combinato alle misure di pacificazione fiscale, intendeva contemperare l'interesse del cittadino al pagamento di quanto dovuto senza alcuna forma di «intimidazione» o pressione –:

   se il Governo intenda proseguire sulla strada tracciata dal Governo precedente e, di conseguenza, adottare iniziative per attuare una reale compliance tra fisco e contribuente evitando che si ricorra a presunte lettere «amichevoli» per ottenere informazioni di cui peraltro l'amministrazione finanziaria è già in possesso.
(5-03535)


   BITONCI, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il pignoramento del conto corrente funziona in maniera diversa a seconda che il soggetto su cui il creditore si rivale sia un lavoratore dipendente o un pensionato, ovvero un lavoratore autonomo o disoccupato;

   le ultime due categorie, dunque, sebbene meno tutelate da un punto di vista contrattuale (gli autonomi) e di welfare (i disoccupati) rispetto alle prime, lo sono ancora meno nel caso di un eventuale pignoramento del conto corrente;

   mentre, infatti, per i lavoratori dipendenti e per i pensionati il pignoramento incontra dei limiti (per le somme già depositate, la parte eccedente l'assegno sociale moltiplicato per tre; per le somme accreditate successivamente alla data di notifica del pignoramento, nella misura di un quinto), nella generalità dei casi, e quindi anche per i lavoratori autonomi, il conto corrente è pignorabile al 100 per cento;

   vale a dire che qualunque accredito o bonifico in entrata non potrà essere utilizzato dal lavoratore autonomo fin tanto che il debito non sarà completamente ripagato;

   la mancanza di garanzia anche per i lavoratori autonomi di un «minimo vitale», significa per molti di loro ritrovarsi improvvisamente, dall'oggi al domani, senza la possibilità di pagare alcunché, dalle rate ordinarie di mutui, finanziamenti, affitti, utenze, e altro, agli acquisti dei generi alimentari essenziali;

   si tratta di una falla normativa, a parere degli interroganti, di grande rilevanza, considerato che il lavoro autonomo e le libere professioni costituiscono l'essenza del tessuto economico produttivo nazionale e il nostro Paese conta un gran numero di privati e imprese in continua lotta con le difficoltà generate dalla crisi economica e le complicazioni di accesso al credito presso un sistema bancario ancora refrattario;

   è noto, difatti, come la mancanza di liquidità e l'intrecciarsi di molteplici scadenze spingano molti di questi soggetti a rimandare la regolarizzazione delle posizioni pendenti con il fisco –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare per ricondurre la generalità dei casi alle garanzie riconosciute a lavoratori dipendenti e pensionati nelle ipotesi di pignoramento dei conti correnti.
(5-03536)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 ha introdotto un'agevolazione in tema di ricerca e sviluppo la quale riconosce ai contribuenti un credito d'imposta commisurato all'eccedenza degli investimenti agevolati effettuati nei periodi d'imposta 2015-2020 rispetto alla media degli stessi investimenti, realizzati nei periodi 2012-2014, in base ad una serie di requisiti;

   tale agevolazione è stato oggetto nel corso del tempo di diversi interventi normativi e di prassi dell'amministrazione finanziaria, fra cui le novità introdotte dall'articolo 8 del decreto-legge n. 87 del 2018 e dalla legge di bilancio 2019, nonché taluni recenti chiarimenti forniti dall'amministrazione finanziaria, quale in particolare la risoluzione n. 40 del 2 aprile 2019;

   l'aspetto innovativo della risoluzione n. 40 consisterebbe nel fatto che il miglioramento significativo deve scaturire dall'impiego di conoscenze nuove per il settore di riferimento, con conseguente irrilevanza dei miglioramenti che, pur se significativi, derivano dall'utilizzo di conoscenze già diffuse nello stesso settore di riferimento dell'impresa;

   una delle maggiori criticità che le imprese incontrano in questa materia riguarda l'individuazione delle cosiddette attività agevolate, la cui verifica richiede, infatti, valutazioni di carattere eminentemente tecnico e particolarmente complesse. Basti pensare che, nonostante le imprese si avvalgano a tal fine di soggetti terzi altamente qualificati – e, in particolare, di professionisti – non sono infrequenti i casi in cui su una medesima fattispecie si registra una diversità di vedute in termini di qualificazione dell'attività svolta dall'impresa;

   particolare preoccupazione si rileva da parte delle imprese che affermano come le varie unità dell'Agenzia delle entrate, qualora ritengano che le attività in relazione alle quali l'impresa ha invocato (e fruito) del beneficio in esame non rientrino nel novero delle cosiddette attività agevolate, applicano automaticamente, a prescindere cioè da ogni altra considerazione, la sanzione prevista in caso di utilizzo di crediti inesistenti – e, cioè, quella contemplata dall'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997 secondo cui «Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi» – e non, dunque, quella di minore entità che trova applicazione in caso di crediti non spettanti, pari al 30 per cento del credito utilizzato in compensazione;

   ai sensi dell'articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000, l'indebita compensazione di crediti per un ammontare annuo superiore a 50.000 euro, è punita con la «reclusione da sei mesi a due anni» in caso di utilizzo di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 74 del 2000) e con la «reclusione da un anno e sei mesi a sei anni» nella diversa ipotesi in cui ad essere utilizzato sia un credito inesistente (articolo 10-quater, comma 2, del decreto legislativo n. 74 del 2000);

   la previsione di sanzioni in caso di errori di tipo valutativo incide negativamente sulla propensione delle imprese ad attuare gli investimenti che il legislatore intende incentivare. Sarebbe opportuno prevedere un sistema nel quale le imprese che intendono avvalersi di queste agevolazioni si dotino di apposita documentazione che, se consegnata all'amministrazione finanziaria in corso di attività istruttoria, le ponga al riparo da sanzioni, come avviene in tema di cosiddetti prezzi di trasferimento;

   la sanzione più appropriata, sia da un punto di vista logico sistematico che da un punto di vista equitativo, dovrebbe essere quella prevista per il credito non spettante, mentre quella più grave per il credito inesistente dovrebbe trovare applicazione solo nelle più circoscritte ipotesi connotate da fraudolenza –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, anche a carattere normativo, per evitare che la previsione di pesanti sanzioni per errori di carattere valutativo incida negativamente sull'utilizzo del credito d'imposta per ricerca e sviluppo.
(4-04686)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, DE ANGELIS, MORRONE, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   la situazione in cui versa il tribunale di Roma, uno dei più grandi d'Europa, è drammatica: la carenza d'organico ormai sfiora il 35 per cento del totale, con percentuali del 50 per cento per le qualifiche di direttore e funzionario; mancano 415 unità di personale su 1203, sono in servizio solo 790 unità fra cancellieri e altri dipendenti;

   il presidente del tribunale, i cui appelli a rinforzare la pianta organica sono rimasti inascoltati, ha adottato l'unica soluzione di chiudere la cancelleria, dal 17 febbraio al 20 giugno 2020, con un'ora d'anticipo rispetto all'orario previsto per legge di 4 ore al giorno, di contingentare la durata delle udienze penali e di sospendere l'attività dell'ufficio corpi di reato. Il servizio non viene del tutto interrotto, ma fortemente ridimensionato, perché restano per la quarta ora alcuni presidi fissi (due nel civile e tre nel penale); solamente una manciata di uffici, infatti, resteranno aperti fino alle 13: per il settore civile l'ufficio del ruolo generale civile e l'ufficio del ruolo generale lavoro e per il penale le cancellerie centrale giudice per le indagini preliminari, misure di prevenzione e riesame;

   già è un'incongruenza che questi fondamentali uffici pubblici siano aperti per legge solo 4 ore al giorno, rispetto alle 8 ore canoniche di tutti gli uffici pubblici, se poi l'apertura si abbassa addirittura a 3 ore è evidente che si determinino gravi e ulteriori disagi agli utenti;

   è inammissibile che per soddisfare le esigenze del tribunale non si intervenga con l'urgenza e la straordinarietà imposte dalla situazione drammatica attuale;

   il presidente Monastero, fin da luglio 2020, ha segnalato al Ministero della giustizia l'insorgere di una situazione che è poco definire disastrosa e della quale tutti i soggetti interessati sono da tempo a conoscenza, stanti le numerose segnalazioni dell'ordine degli avvocati di Roma (l'ultima il 23 gennaio 2020) e le molteplici proteste del residuo personale in servizio; nonostante ciò, non si è riusciti ad evitare tali provvedimenti emergenziali ed occorrono investimenti urgenti per risolvere nell'immediato il problema della carenza di giudici e, soprattutto, della mancanza di personale amministrativo –:

   quale sia la ragione dei ritardi nell'assunzione di nuovo personale, a chi ritenga di ascriverne le responsabilità e quali provvedimenti urgenti e straordinari intenda tempestivamente adottare in merito a quanto esposto in premessa, al fine di risolvere la gravità della situazione in cui versa il tribunale della capitale.
(3-01295)


   GELMINI, COSTA, CASSINELLI, CRISTINA, FERRAIOLI, PITTALIS, SIRACUSANO e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha più volte ribadito che era allo studio del Governo una riforma del processo penale che, addirittura, sarebbe stata presentata all'attenzione della maggioranza «ad inizio ottobre» (2019) per garantire una celere trattazione dei processi;

   una riforma che, però, non è stata mai portata all'attenzione del Parlamento e che continua ad essere oggetto di discussione e di divisione all'interno delle forze politiche che sostengono l'Esecutivo;

   dopo oltre 600 giorni al Ministero della giustizia (prima con il Governo Conte I e ora con il Governo Conte II), il Ministro interrogato non è stato infatti in grado di produrre alcun testo condiviso dai gruppi di maggioranza;

   nel frattempo, è entrata in vigore la riforma della prescrizione, che, si ricorda, era stata approvata nella legge cosiddetta «anticorruzione», «ad entrata in vigore differita» (1° gennaio 2020) con il tacito accordo di realizzare (entro tale termine) un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto delle modifiche di cui agli articoli 157, 159 e 160 del codice penale;

   sono unanimi le critiche degli addetti ai lavori rispetto alla riforma della prescrizione, così come sono diverse e più che fondate le perplessità sulla costituzionalità della modifica prospettata (il cosiddetto «lodo Conte-bis»), che prevedrebbe la possibilità, nella riforma del processo penale, di operare una distinzione tra chi è condannato in primo grado e chi è stato assolto in primo grado;

   una soluzione incomprensibile che non tiene affatto conto, tra l'altro, del fatto che la maggior parte delle prescrizioni matura prima del processo di primo grado –:

   quali siano i tempi per la presentazione alle Camere del disegno di legge di riforma del processo penale e, in tale ambito, come intenda garantire il rispetto della presunzione di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva.
(3-01296)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, VARCHI, MASCHIO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI e ZUCCONI. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   a quasi tre anni dall'approvazione del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, che aveva inteso riscrivere lo statuto della magistratura onoraria, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle disposizioni dettate da quell'intervento legislativo appare evidente;

   la magistratura onoraria è composta da più di duemila professionisti, che svolgono una funzione giurisdizionale di ausilio o, in alcuni casi, autonoma rispetto alla magistratura di carriera, ma il cui impegno professionale è purtroppo caratterizzato dalla rinnovabilità dell'incarico e da un sistema di retribuzione strettamente collegato all'attività svolta, ossia «a cottimo»;

   tuttavia, negli scorsi due decenni, per necessità collegate al funzionamento degli uffici giudiziari, è stato fatto ricorso all'istituto delle proroghe annuali, con un sempre crescente impiego della magistratura onoraria, caratterizzato da interventi che hanno previsto una maggiore attribuzione di competenze, e con la conseguenza che attualmente vi sono magistrati onorari che hanno svolto tale incarico per vent'anni;

   a fronte di questo, il legislatore non è intervenuto con una disciplina organica ma si è limitato a rinviare, con proroghe annuali, il definitivo inquadramento di questi magistrati, aggravando così la situazione di precarietà per quelli in servizio;

   una maggiore efficienza del sistema giustizia passa necessariamente attraverso il potenziamento delle risorse umane e, segnatamente, il massimo utilizzo di chi già è già stato immesso – spesso da anni o decenni – nelle funzioni giurisdizionali;

   in seno al tavolo tecnico istituito presso il Ministero della giustizia nel 2018, infatti, la componente espressione della magistratura di ruolo ha ritenuto percorribile l'ipotesi di un nuovo inquadramento dei magistrati in servizio che, pur mantenendo la qualificazione onoraria del rapporto, prevedesse a loro favore specifiche tutele retributive, previdenziali e assicurative, nonché un ragionato mantenimento di competenze e prerogative ormai tipiche della predetta figura;

   appena due settimane fa il tribunale di Sassari ha emesso una sentenza con la quale ha riconosciuto per la prima volta lo status di lavoratore subordinato anche ai sostituti onorari del pubblico ministero, riconoscendo che, nonostante lo Stato stenti nel riconoscere loro tale status e le corrispondenti tutele professionali, economiche e previdenziali, i magistrati onorari svolgono in concreto le stesse mansioni degli altri lavoratori regolarmente assunti;

   in ambito europeo è stata approvata una risoluzione parlamentare che ha stigmatizzato la «disparità di trattamento sul piano giuridico, economico e sociale fra magistrati togati e onorari», definendola «allarmante» e «critica» –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere per riconoscere e valorizzare la professionalità dei magistrati onorari.
(3-01297)

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo gli ultimi dati disponibili, aggiornati al 15 ottobre 2017, elaborati su dati rilevati presso i tribunali per i minorenni dall'ufficio IV del capo del dipartimento – autorità centrali, risulterebbero 424 minori dichiarati adottabili collocati in comunità o case famiglia;

   si tratta di numeri allarmanti, considerato che, invece, il numero di famiglie disposte ad adottare minori è di gran lunga superiore ai minori dichiarati adottabili;

   secondo i dati forniti dal dipartimento giustizia minorile e di comunità – sezione statistica, le domande di adozione nazionale e internazionale pervenute nei tribunali per i minorenni aggiornate all'anno 2018, sono state 8.621 per adozioni nazionali e 2.615 per quelle internazionali;

   ogni anno, tuttavia, le persone disponibili e idonee per l'adozione sono molte di più dei bambini dichiarati adottabili e delle adozioni concluse (a livello nazionale rispettivamente 1.177 e 850 e per internazionale 1.130 coppie adottive);

   in base alle dichiarazioni del Ministro pro tempore Orlando, nell'audizione del 16 maggio 2016 ai fini dell'indagine conoscitiva sull'attuazione della legislazione in materia di adozioni ed affido, in tutta Italia sarebbe costante, il numero dei minori che annualmente, benché dichiarati adottabili, non vengono adottati (in quel periodo individuati in circa 300);

   nel 2017, dopo sedici anni dalla sua previsione normativa, tutti i 29 tribunali per i minorenni italiani hanno installato il sistema operativo necessario per il funzionamento della banca dati dei minorenni adottabili e delle coppie disponibili all'adozione;

   la banca dati era prevista dall'articolo 40 della legge 28 marzo 2001, n. 149, ma solo nel febbraio 2013 è iniziata l'implementazione del sistema a seguito di una sentenza del Tar del Lazio, su ricorso dell'associazione «Amici dei Bambini», che obbligò il Ministero della giustizia a istituirla;

   attualmente, tuttavia, la banca dati non sarebbe pienamente funzionante e si pone con urgenza la necessità raccogliere, in modo sistematico e costante, dati statistici disaggregati e informazioni pertinenti sulle adozioni nazionali e internazionali, al fine di comprendere, anche per fini di studio e analisi, il fenomeno;

   secondo quanto riportato dal gruppo Crc «Nel giugno 2019 il dipartimento per la giustizia minorile e di Comunità sembra avere sostanzialmente confermato – a distanza di oltre 6 anni – che non esistono ancora criteri univoci circa i dati inseriti e consultabili e che l'intero sistema non è pienamente in funzione per il fine per cui era previsto» –:

   se il Governo intenda chiarire qual è il numero dei minori attualmente adottabili e non adottati, né in affidamento preadottivo;

   quali elementi intenda fornire circa la situazione di tali minorenni con particolare riferimento all'età, e alla data di ingresso nel sistema alternativo di accoglienza, precisando da quanto tempo ciascuno di essi si trovi nella situazione di vita al di fuori di una famiglia;

   per quali motivi vi sia un così elevato numero di minori dichiarati adottabili che ogni anno permangono nelle strutture di accoglienza;

   quali iniziative intenda intraprendere, a livello normativo, al fine rendere i procedimenti di adottabilità più rapidi e trasparenti;

   se non intenda avviare, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni e gli enti locali un monitoraggio sulle comunità comunque denominate che ospitano minori, in particolare ove vi sono minori dichiarati adottabili, al fine verificare le condizioni delle strutture e le condizioni psico-fisiche e il percorso di vita dei minori stessi;

   se intenda adottare iniziative per rendere pienamente funzionante la banca dati dei minorenni adottabili e delle coppie disponibili all'adozione, in modo da consentire il monitoraggio dei singoli casi, sia per gli adottati che gli adottanti, e rendere successivamente noto, almeno trimestralmente, il numero dei minori adottabili e non ancora adottati e il tempo di attesa;

   se intenda adottare iniziative normative per uniformare la prassi relativa all'ascolto dei minorenni e disciplinare i requisiti e le procedure per la nomina dell'avvocato del minorenne in tutti i procedimenti di adottabilità e in quelli relativi alla responsabilità dei genitori.
(3-01292)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che una delegazione sindacale della Funzione pubblica Cgil ha di recente effettuato una visita sui luoghi di lavoro del carcere di Pescara;

   la sigla sindacale denuncia un notevole «stato di abbandono» dell'istituto pescarese: sovraffollamento della popolazione detenuta, cospicua carenza di poliziotti penitenziari e precarietà strutturali sono i principali punti che da tempo vengono denunciati;

   appare, quindi, evidente come la situazione necessiti di urgenti interventi, anche in considerazione delle ultime vicissitudini che hanno interessato la casa circondariale (aggressioni, gesti di autolesionismo, incendio, rissa e altro). Si tratta di una condizione non più tollerabile che mette quotidianamente a repentaglio la sicurezza degli operatori penitenziari e della popolazione carceraria della casa circondariale pescarese –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda promuovere per garantire uno standard adeguato di ordine e sicurezza nel carcere di Pescara.
(5-03538)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale di Biella versa in una grave situazione di carenza di personale, già segnalata dall'interrogante con l'interrogazione n. 4-02210;

   la pianta organica del tribunale di Biella è inadeguata rispetto alle peculiarità del territorio e al numero di imprese che vi operano;

   il biellese, infatti, è un territorio che presenta un indice di imprenditorialità più alto rispetto alle province confinanti ed è anche un territorio montano, con le conseguenti difficoltà in termini di collegamenti e vie di comunicazione con il resto della regione;

   nel Biellese operano 17.620 imprese, con un rapporto popolazione/imprese pari a 9,2. Nella confinante provincia di Verbano Cusio Ossola, per esempio, il rapporto aumenta a 12,1;

   l'insufficienza di personale del tribunale di Biella genera carichi di lavoro non adeguati per il personale quotidianamente in servizio, nonché ritardi e arretrati a tutto detrimento di cittadini e imprenditori che hanno necessità di giustizia celere, soprattutto nelle controversie incidenti sulla produzione nazionale, quindi sulla generazione di ricchezza e prodotto interno lordo;

   tali ritardi si sono aggravati anche a seguito dall'introduzione di nuove disposizioni legislative come il «codice rosso» che, giustamente, stabiliscono nuovi criteri di precedenza per la trattazione dei casi. Inoltre, l'elevato turn-over del personale in servizio, l'incidenza naturale di assenze per maternità o malattia del personale, nonché le richieste di trasferimento dovute all'assegnazione di personale non originario del territorio biellese che ha la legittima ambizione ad avvicinarsi alla propria città d'origine aggravano ulteriormente una situazione che si potrebbe definire già precaria e grave;

   è stato emanato un decreto ministeriale recante la determinazione delle piante organiche del personale di magistratura di merito in attuazione dell'articolo 1, comma 379, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, palesemente insufficiente a coprire le necessità dell'ufficio –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in merito all'assegnazione di nuovo personale per sopperire alle carenze della pianta organica del tribunale di Biella.
(4-04676)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la procura della Repubblica di Biella versa in una situazione di cronica insufficienza di personale che rischia di mettere in pericolo la corretta trattazione dei fascicoli giudiziari in modo da garantire il diritto dei cittadini ad avere una giustizia celere e certa;

   fino ad oggi la procura è riuscita a tamponare l'emergenza attraverso la razionalizzazione delle risorse disponibili, ma il numero di casi per ciascun procuratore è divenuto ormai insostenibile. La situazione, inoltre, è resa ancora più complicata dall'insufficienza numerica di personale amministrativo attualmente in servizio, con ripercussioni dirette sulla qualità del lavoro dalla procura e del servizio erogato ai cittadini;

   considerando l'imminente espletamento di un concorso per l'assunzione di 310 magistrati, all'interrogante appare necessario sollecitare un intervento del Ministero che dia sollievo alla procura di Biella, adeguandone la pianta organica ai bisogni del territorio;

   è stato emanato un decreto ministeriale recante la determinazione delle piante organiche del personale di magistratura di merito in attuazione dell'articolo 1, comma 379, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, palesemente insufficiente a coprire le necessità dell'ufficio –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per potenziare la pianta organica della procura di Biella, aumentando il numero del personale della magistratura e di quello amministrativo.
(4-04685)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Air Italy S.p.A. – compagnia aerea italiana, con sede in Sardegna (Olbia-Costa Smeralda) e base operativa principale presso l'Aeroporto di Milano-Malpensa – venne fondata nel 1963 con il nome di Alisarda, al fine di promuovere il turismo in Sardegna e, successivamente, nel 1991, il suo nome fu cambiato in Meridiana;

   al fine di salvare la Meridiana S.p.a. dal fallimento, dopo 5 anni di cassa integrazione, nel 2017, la Qatar Airways ha acquistato il 49 per cento di AQA Holding, società controllante di Meridiana: in particolare, nel febbraio del 2018, l'amministrazione della società ha comunicato l'avvio di un'asserita campagna di rilancio, abbandonando definitivamente il marchio «Meridiana», in favore di «Air Italy», e annunciando che, entro il 2022, il vettore avrebbe avuto la disponibilità di 50 aerei, trasportato 10 milioni di passeggeri e aumentato il numero di rotte disponibili;

   da quel che risulta, i suindicati auspici appaiono in contrasto con le successive scelte aziendali: infatti, ad oggi, i velivoli noleggiati dalla Qatar Airways si sarebbero ridotti da cinque a quattro, mentre sul corto e medio raggio il vettore avrebbe continuato ad operare con aerei a noleggio al fine di sostituire i Boeing 737 Max, rimasti fermi in tutto il mondo;

   dalla stampa, si è appreso che Air Italy avrebbe chiuso il 2019 con un disavanzo di circa 200 milioni di euro e che, nonostante l'ulteriore progetto di rilancio per il 2020 – per il quale, però, servirebbero ingenti risorse – il principe Aga Khan avrebbe comunicato l'intenzione di non investire più nella medesima compagnia;

   il citato socio di maggioranza, di contro, avrebbe chiesto alla Qatar Airways di procedere alla ricerca di nuovi soci da far subentrare nel capitale: ricerca che avrebbe, però, dato esito negativo;

   pur avendo la Qatar Airways i mezzi, anche economici, per sostenere la società, al fine di rispettare le norme imposte dall'Unione europea non può comunque possedere oltre il 49 per cento delle quote;

   in data odierna, l'assemblea dei soci ha disposto la liquidazione della società;

   la liquidazione della società determinerebbe sia la perdita di 1.200 posti di lavoro; sia danni ingenti ai passeggeri in possesso di regolare biglietto; oltre che ripercussioni negative sull'economia sarda e, in particolare, sul turismo, già notevolmente compromesso dal costo dei trasporti e dalla ristrettezza dei trasferimenti disponibili;

   oggi la compagnia Air Italy rientra nel progetto di continuità territoriale della regione Sardegna, senza i cosiddetti oneri di compensazioni;

   la compagnia Air Italy, a quanto consta agli interpellanti, avrebbe cominciato a trasferire personale e strutture dalla Sardegna a Malpensa, fatto che più volte è stato denunciato dai sindacati dei lavoratori e dagli interpellanti senza che questo portasse ad azione del precedente Esecutivo;

   la compagnia Air Italy ha, o aveva, dei contratti con il Ministero della difesa per il trasporto del personale militare per destinazioni estere; il Governo precedente, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Commissione Trasporti al quesito posto dai deputati Rotelli, Fidanza e dal primo firmatario del presente atto, aveva garantito l'impegno che si sarebbe attivato con l'Unione europea sul tema della continuità territoriale aerea da e per la Sardegna, condizione mai verificatasi a tutt'oggi; sempre il precedente Governo accolse come raccomandazione un ordine del giorno che impegnava il Governo a convocare un tavolo tecnico con la regione Sardegna, fatto mai avvenuto, per affrontare il tema della continuità territoriale (ordine del giorno 9/01334-B/003 del 29 dicembre 2018) –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di evitare la liquidazione della società in questione, nonché per tutelare i posti di lavoro e i passeggeri in possesso di un regolare titolo di viaggio e se non ritengano urgente, seppure tardivo, convocare un tavolo con le parti in causa.
(2-00639) «Deidda, Meloni, Rotelli, Silvestroni, Luca De Carlo, Baldini, Caretta, Ciaburro, Osnato, Bellucci, Bucalo, Ferro, Lollobrigida, Trancassini, Gemmato, Donzelli, Varchi, Delmastro Delle Vedove, Acquaroli, Prisco, Butti, Bignami, Maschio, Foti, Mantovani, Caiata, Montaruli, Lucaselli, Rampelli, Galantino, Cirielli, Frassinetti, Mollicone».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   TASSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la ferrovia Foggia-Manfredonia è una linea pugliese a binario unico, non elettrificata, che in estate registra una elevata frequentazione, mentre le corse vengono soppresse durante il periodo invernale ed assicurate da un servizio sostitutivo di autobus;

   tale linea era in predicato di trasformazione con il progetto treno-tram, rivelatosi inattuabile, poiché la tecnologia individuata non è stata ancora omologata nel nostro Paese;

   i 50 milioni stanziati dal patto per la Puglia e destinati alla realizzazione del treno-tram Foggia-Manfredonia sono ancora disponibili e lo saranno fino al 2021, con possibilità di essere riallocati nell'eventuale ammodernamento ed elettrificazione della linea in questione;

   ogni giorno, alle sei corse sostitutive di Trenitalia – con tempi di percorrenza del 50 per cento più lunghi rispetto al treno – se ne aggiungono altre undici con autobus, gestite da altre società, che, sovrapponendosi, lasciano scoperti diversi orari della giornata: di fatto tale situazione favorisce l'uso dell'auto privata, con tutte le conseguenze sul volume di traffico, sulla pericolosità della strada statale 89 e sulle emissioni inquinanti;

   il potenziamento della linea ferroviaria Foggia-Manfredonia è un'opera strategica, già prevista nei vari atti di programmazione sovracomunale, che risponde alle odierne istanze di mobilità sostenibile ed a basso impatto ambientale;

   tale opera potrebbe essere utilizzata anche per il trasporto merci, creando le premesse per il ripristino del collegamento con il porto industriale di Manfredonia e la sua rivitalizzazione;

   con l'ammodernamento della Foggia-Manfredonia e lo spostamento del servizio di trasporto dalla gomma al ferro, si potrebbero anche potenziare i collegamenti interni in un'ottica turistica, redistribuendo sul Gargano l'attuale chilometraggio delle corse con autobus e dando un senso all'esistenza dell'attuale stazione fantasma di Manfredonia ovest;

   stante l'apparente disinteresse di Rfi e Trenitalia al progetto, recentemente Ferrovie del Gargano ha manifestato la disponibilità ad ammodernare ed a riattivare la linea ferroviaria Foggia-Manfredonia tutto l'anno, anche con treni notturni;

   il programma di sviluppo della Capitanata, e quindi del Gargano – principale meta turistica pugliese – non può prescindere dal potenziamento della tratta fra la prima e la terza città della provincia –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per avviare il potenziamento della linea ferroviaria di cui in premessa, incrementando in tal modo il trasporto pubblico su ferro – anche in considerazione dell'eccessivo costo chilometrico delle corse sostitutive e del relativo impatto ambientale – ed il collegamento con le località del Gargano.
(5-03551)


   MACCANTI, TOMBOLATO, RIXI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il piano di razionalizzazione della polizia stradale programmato dal Ministero dell'interno prevede la soppressione dei distaccamenti di polizia stradale di Casalecchio, Lugo e Rocca San Casciano in Emilia-Romagna; Ceva, Borgomanero e Domodossola in Piemonte; Finale Ligure e Sanremo in Liguria; Fonni in Sardegna; Ruvo e Spinazzola in Puglia;

   secondo le ultime rilevazioni dell'Istat, nell'anno 2018:

    a) su un totale di 172.553 incidenti stradali, 30.911 si sono verificati su strade statali, regionali e provinciali, e 9.437 su tratti autostradali e raccordi;

    b) su un totale di 3.334 morti in incidenti stradali, 1.416 sono i soggetti deceduti in seguito ad incidenti verificatisi in strade statali, regionali e provinciali, a fronte di 330 soggetti deceduti in seguito ad incidenti verificatisi in autostrade e raccordi autostradali;

   i distaccamenti di cui è prevista la chiusura costituiscono dei fondamentali presidi di sicurezza e intervento siti su strade extraurbane statali e provinciali;

   i presìdi della polizia stradale sono un fondamentale strumenti per la sicurezza di tutti gli utenti della strada, a maggior ragione sui tratti stradali periferici in cui – come dimostrano i dati – il tasso di incidentalità è particolarmente elevato;

   la sicurezza stradale è uno dei temi di maggiore attenzione per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:

   se non ritenga che la razionalizzazione dei distaccamenti della polizia stradale possa arrecare grave pregiudizio alla sicurezza stradale, specie nelle strade extraurbane.
(5-03552)


   ZANELLA, SOZZANI, BERGAMINI e ROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la mattina del 6 febbraio 2020 nei pressi di Lodi è deragliato un treno frecciarossa che percorreva la tratta Salerno-Milano. Nel punto in cui è avvenuto il deragliamento il convoglio viaggiava alla massima velocità percorribile nei tratti alta velocità, pari a circa 290 Km/h;

   l'incidente ha provocato due morti, nelle persone dei macchinisti del convoglio, e 31 feriti, ma dalla dinamica dell'incidente le vittime e i feriti avrebbero potuto essere molto più numerosi, qualora il treno fosse stato più affollato;

   poiché il deragliamento del treno, a quanto emerso dai rilievi, sembra dovuto ad uno scambio lasciato in posizione non corretta, le indagini degli inquirenti, che sono comunque ancora in corso di svolgimento, stanno vagliando le ipotesi per accertare se si sia trattato di errore umano oppure di guasto dovuto ai materiali;

   sovente sulle tratte alta velocità vi sono attività di manutenzione o interventi di più ampia portata dovuti a investimenti che causano piccoli ritardi che a volte si verificano sulle tratte di percorrenza. Tali interventi, come anticipato dal l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, nell'audizione svolta il 4 dicembre 2019 presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati, nel 2020 saranno numerosi al punto che il loro effetto è stato già scontato nella realizzazione dell'orario ferroviario per il medesimo anno;

   alla luce di quanto verificatosi a Lodi, e nel caso in cui dovesse essere confermato che alla base dell'incidente vi possano essere lavori di manutenzione sulla linea, appare necessario verificare con urgenza e con tutti i mezzi a disposizione il livello di sicurezza che è garantito sulle linee ferroviarie ed in particolare sulle tratte di alta velocità –:

   alla luce dei numerosi cantieri annunciati da Rfi in attività nel corso dell'anno 2020, quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine di accertare il livello attuale di sicurezza garantito sulle tratte ferroviarie ad alta velocità, anche in considerazione del fatto che i lavori di manutenzione, come nel caso di Lodi, si svolgono in orari notturni per utilizzare periodi temporali di non percorrenza dei treni ad alta velocità.
(5-03553)


   ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 febbraio 2020 ha avuto luogo un grave incidente che ha coinvolto il Frecciarossa Av 9595 partito da Milano Centrale alle 5,10 e diretto a Salerno, deragliato nella campagna lodigiana causando la morte di due macchinisti e il ferimento di altre trentuno persone;

   si tratta del primo deragliamento in quindici anni di un treno veloce sulla linea dell'alta velocità, un incidente senza precedenti che ha destato scalpore e preoccupazione;

   la procura ha aperto un'inchiesta per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime, e la stessa Rfi risulta essere stata iscritta nel registro degli indagati in ragione della violazione della legge n. 231 del 2001 sulla responsabilità delle società, per i presunti reati commessi dai suoi dipendenti;

   stando alle informazioni finora emerse in corso di indagine, il treno sarebbe deragliato all'altezza di uno scambio, lasciato in «falsa posizione» a seguito di lavori di ordinaria manutenzione, eseguiti internamente dai dipendenti di Rete ferroviaria italiana poche ore prima;

   gli operai indagati hanno evidenziato l'esistenza di un «pezzo difettoso» come causa del deragliamento ferroviario che presupporrebbe la consapevolezza da parte degli addetti ai lavori di taluni elementi di debolezza nelle strutture di cambio della linea, elemento che desterebbe più di qualche dubbio circa il sussistente sistema di controllo e monitoraggio dei sistemi di tutela della sicurezza della circolazione ferroviaria;

   risulta agli interroganti che le procedure di sicurezza da attuare a seguito di interventi di manutenzione sui tracciati ferroviari, come quella del cosiddetto treno apripista finalizzato alla verifica della sicurezza del percorso post manutenzione, non siano più previste da Rfi per ragioni non chiare;

   anche la direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato un'inchiesta tecnica volta a fornire raccomandazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza ferroviaria e alla prevenzione di incidenti –:

   quali siano le informazioni a disposizione del Ministro interrogato circa le effettive dinamiche dell'incidente e se corrisponda al vero che non siano state attuate alcune procedure precauzionali di sicurezza del tracciato ferroviario oggetto di manutenzione.
(5-03554)


   GARIGLIO, BRUNO BOSSIO, PIZZETTI, CANTINI, ANDREA ROMANO e GIACOMELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo notizia di stampa di qualche giorno fa, un treno dell'alta velocità Frecciarossa è deragliato all'altezza di Ospedaletto Lodigiano (Lodi) lungo la linea Milano-Bologna. Almeno due vagoni, oltre alla motrice, si sono ribaltati con la conseguente morte di due persone e numerosi feriti;

   la sicurezza sulla rete ferroviaria è una questione prioritaria che riguarda le tantissime persone che ogni giorno viaggiano. Dall'ultimo rapporto di Legambiente sul trasporto ferroviario, emerge il grande successo dell'alta velocità che registra un incremento di passeggeri del 51,7 per cento dal 2008 al 2018;

   la gestione dei circa 1.000 chilometri di binari della direttrice alta velocità/alta capacità Torino-Milano-Salerno Torino-Milano-Napoli-Salerno è in carico al gestore dell'infrastruttura ovvero Rfi – Rete Ferroviaria Italiana, una società per azioni partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato Italiane. A regolare gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, safety e security è il contratto di programma parte servizi (CdP-S) 2016-2021 siglato tra Rfi e lo Stato italiano, che prevede un ammontare di fabbisogni pari a circa 10,5 miliardi di euro (media annua circa 1,8 miliardi) a fronte di un totale di coperture disponibili a legislazione vigente pari a circa 9,3 miliardi;

   le risorse previste dal contratto di programma saranno destinate al potenziamento e alla messa in sicurezza di tratte ferroviarie e, più in generale, per garantire un servizio migliore a tutti coloro che usano il treno per viaggiare. Degli oltre 13 miliardi di euro di investimenti previsti, 1,958 miliardi verranno usati per interventi in sicurezza ed adeguamento ad obblighi di legge; 688 milioni di euro per l'ammodernamento tecnologico della dotazione delle linee e degli impianti ferroviari; 6,887 miliardi per interventi a supporto del traffico pendolare; 36 milioni per la valorizzazione delle ferrovie minori; 1,029 miliardi per il miglioramento dei collegamenti con porti, terminali ed adeguamenti prestazionali assi merci; 2,661 miliardi di euro per lo sviluppo dell'alta capacità;

   il contratto di programma è in fase di aggiornamento sia per l'anno 2018 che per l'anno 2019 e ha ricevuto il parere favorevole del Cipe. L'aggiornamento prevede la contrattualizzazione di circa 15,4 miliardi di euro di cui di 7,3 miliardi di euro di investimenti da fondi di legge di bilancio 2019 e 5,9 miliardi da legge di bilancio 2018, oltre a 2,2 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020;

   l'aggiornamento ora dovrà essere esaminato dalle competenti commissioni parlamentari per concludere l'iter e generare gli auspicati effetti positivi;

   la sicurezza ferroviaria e la manutenzione delle infrastrutture devono rappresentare una priorità assoluta nell'azione del Governo per garantire il diritto alla mobilità e la tutela degli utenti e dei lavoratori coinvolti –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per rafforzare le misure di sicurezza nel settore della manutenzione della vasta rete ferroviaria e per permettere che venga assicurata l'incolumità dei viaggiatori e del personale sui treni.
(5-03555)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIAZZESE, ALAIMO, RAFFA, GIARRIZZO e FICARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 257 del 2016 definisce combustibili alternativi quei combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia, idonei anche e soprattutto a migliorare le prestazioni ambientali nel settore dei trasporti;

   l'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n. 257 del 2016, recante la «Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi», dispone che i concessionari autostradali, entro il 31 dicembre 2018, presentino al concedente un piano di diffusione di infrastrutture per i combustibili alternativi;

   il suddetto piano di diffusione di infrastrutture per i combustibili alternativi prevede l'implementazione dei servizi self-service di distribuzione dei carbolubrificanti e del servizio di ristoro, l'implementazione dell'utilizzo dei carburanti alternativi e le misure di sicurezza dell'area attraverso un presidio continuativo dell'area di servizio;

   l'articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 257 del 2016 prevede che entro il 31 dicembre 2020 le infrastrutture previste nel suddetto siano realizzate;

   la direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, con circolare del 12 dicembre 2018, prot. n. 28442, ha chiesto alle società concessionarie di trasmettere, per le tratte di rispettiva competenza, il piano di diffusione di infrastrutture per i combustibili alternativi, unitamente a una relazione sullo stato di attuazione e previsione;

   la concessionaria Consorzio per le autostrade siciliane (Cas) è stata costituita nel 1997 dall'unificazione (articolo 16, lettera b), della legge n. 531 del 1982) dei tre distinti Consorzi concessionari Anas operanti in Sicilia per la costruzione e gestione delle autostrade, Messina-Catania-Siracusa, Messina-Palermo e Siracusa-Gela. Attualmente, la sua natura giuridica è quella di ente pubblico regionale non economico sottoposto al controllo della regione siciliana;

   il Consorzio per le autostrade siciliane, a quanto consta all'interrogante, non ha fornito riscontro a quanto richiesto dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali con circolare del 12 dicembre 2018, prot. n. 28442 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi per i quali il Consorzio per le autostrade siciliane non abbia fornito riscontro alla circolare della direzione generale sopra richiamata e se intenda adottare iniziative per avere risposta in tempi celeri;

   se il Governo stia monitorando il corretto adempimento di quanto previsto dal decreto legislativo n. 257 del 2016 di modo da garantire la realizzazione delle infrastrutture entro il 31 dicembre 2020.
(5-03529)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Sardegna ha già subito diverse soppressioni di sedi e uffici della polizia stradale, provvedimento che ha comportato una diminuzione del controllo del territorio e della sicurezza, ad esempio a Ozieri;

   la Sardegna lamenta importanti carenze di personale e di attenzione dovuta alla condizione di insularità, alla sua particolare distribuzione della popolazione, alla condizione delle strade e dei trasporti;

   è prevista ed è in discussione la chiusura del distaccamento della polizia stradale nel comune di Fonni, importante centro turistico ed economico nel Gennargentu, nella Barbagia, nella provincia di Nuoro;

   la chiusura è un atto unilaterale e non tiene conto della ferma volontà degli enti locali che vogliono il mantenimento del prezioso servizio;

   il comune di Fonni, con gli altri comuni del territorio della Barbagia, fa fronte ai continui tagli dei servizi pubblici, tra cui quelli legati alla sicurezza, e allo spopolamento;

   il distaccamento di Fonni della polizia stradale, grazie alla grande professionalità e al grande senso del dovere del personale impegnato, ha portato avanti un lavoro encomiabile, apprezzato da amministratori locali, residenti, operatori commerciali e turisti;

   negli ultimi mesi, nonostante la riduzione del personale e la mancata sostituzione di chi veniva trasferito, non sono mai venute a mancare l'azione e la presenza, in special modo nei momenti più difficili legati a forti nevicate o durante l'interruzione di strade fondamentali, come la «Desulo-Fonni»;

   Fonni è un comune di primaria importanza, dal punto di vista turistico, grazie alle piste da sci e grazie alla presenza di strutture ricettive di alto livello;

   la stagione invernale come manifestazioni «Cortes Apertas», i carnevali, richiamano decine di migliaia di persone con un impegno costante e insostituibile della polizia stradale;

   tutti i comuni della Barbagia non possono e non devono essere privati di un ulteriore servizio essenziale, considerato che non è prevista nessuna altra alternativa;

   nel piano in discussione, oltre alla chiusura del distaccamento di Fonni, si evince una riduzione del personale previsto in pianta organica –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare per scongiurare la chiusura del distaccamento della polizia stradale di Fonni e ulteriori tagli al personale nella regione Sardegna.
(3-01291)


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Seui ha una popolazione che conta circa 1.300 abitanti (in aumento durante le feste e le stagioni vacanziere, grazie a una numerosa comunità di emigrati), molti dei quali anziani che vivono soli, oltre a un vasto territorio comunale e una posizione geografica di isolamento, difficilmente raggiungibile, a causa di un critico sistema di trasporti e di un precario sistema stradale;

   la caserma dell'Arma dei carabinieri è presente nel comune di Seui da oltre un secolo e rappresenta un importante presidio a garanzia della sicurezza dei cittadini, nonché un importante punto di controllo dell'intero territorio circostante;

   si fanno più insistenti le notizie circa l'imminente chiusura e l'eventuale accorpamento con la stazione dei carabinieri del comune di Sadali, in ragione delle precarie condizioni dello stabile in cui venivano ospitati i carabinieri nel medesimo comune di Seui;

   di fatto, l'accorpamento è già in atto visto che a Seui la caserma è chiusa da 18 mesi;

   negli anni passati, nonostante la riconosciuta onestà della stragrande maggioranza della popolazione di Seui, diversi amministratori locali sono stati fatti oggetto di attentati e intimidazioni e ci sono stati attentati contro la proprietà pubblica demaniale;

   l'amministrazione comunale si è sempre resa disponibile, anche formalmente a mezzo di una delibera, a concedere gratuitamente, all'amministrazione della difesa, un'area dove costruire una nuova caserma o, in alternativa, a concedere in uso locali di sua proprietà, come la precedente casa comunale, sita nella via Roma;

  nel corso di vari vertici in prefettura sono state avanzate diverse ipotesi, tra cui quella dell'ex pretura, stabile in relazione al quale le varie amministrazioni hanno speso diversi finanziamenti;

   il 19 settembre 2018, il Governo precedente, tramite il sottosegretario pro tempore Tofalo, rispondendo a una interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-00464, confermava l'ipotesi di chiusura, ma riteneva la distanza tra Sadali, sede della caserma più vicina, e il comune di Seui compatibile con un eventuale accorpamento (10 chilometri), ad avviso dell'interrogante non tenendo però conto della condizione della rete stradale, a 2 solo corsie e per l'intero percorso costituita da tornanti e curve pericolose –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di impedire la chiusura definitiva del presidio di sicurezza nel comune di Seui, valutando l'ipotesi di prevedere finanziamenti per la costruzione di una nuova caserma o la messa a norma di uno stabile esistente di proprietà demaniale o del comune.
(3-01293)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   risulta in essere un procedimento amministrativo che porterebbe alla chiusura della sede della polizia stradale di Casalecchio di Reno;

   tale provvedimento sarebbe in corso di valutazione per verificarne la revoca;

   il comune di Casalecchio di Reno ha messo a disposizione propri locali per tale presidio;

   la sicurezza stradale rappresenta una grande priorità per l'incolumità dei cittadini;

   regione, enti locali e sindacati di polizia hanno argomentato ragioni serie e fondate per la permanenza di quel presidio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito.
(4-04689)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale n. 28 del 30 gennaio 2020 ha individuato le materie riguardanti le commissioni degli esami di Stato delle scuole secondarie di secondo grado;

   come si evince dall'allegato 1 del richiamato decreto, le materie di storia e filosofia non sono affidate a commissari esterni o interni alla commissione d'esame dei licei classici;

   di fatto, anche quest'anno come già avvenuto a partire dal decreto ministeriale n. 39 del 29 gennaio 2015, le suddette materie potrebbero anche non rientrare tra le discipline oggetto d'esame, qualora i consigli di classe e il collegio docenti decidessero in tal senso;

   la mancata nomina a commissario interno o esterno dei docenti delle citate discipline legittimerebbe, in concreto, la possibilità che queste non siano oggetto dell'esame orale;

   la storia e la filosofia sono discipline fondamentali su cui è incentrato l'intero corso di studi classici;

   tramite lo studio anche di queste materie, le nuove generazioni costruiscono la loro coscienza civica e apprendono valori da custodire quali cittadini del domani;

   l'importanza della storia e della memoria storica sono argomenti quanto mai attuali e di grandissima importanza;

   la storia è fondamentale, perché insegna le origini della società, è custode della provenienza di tutte le culture e fa comprendere il perché delle loro differenze;

   definita da Cicerone magistra vitae, indica gli errori commessi in passato che hanno portato purtroppo anche ad orrori e per questo non vanno mai più ripetuti;

   la comprensione del passato può essere guida e aiuto per un sano progresso;

   ignorare il passato significa rifiutare di conoscere le proprie radici;

   volgere lo sguardo ai fatti trascorsi rende più consapevoli, più responsabili e per questo più artefici del presente e del futuro;

   l'approfondimento della filosofia e della storia della filosofia, attraverso l'applicazione del dibattito e, di conseguenza, dell'eloquenza e della retorica, si manifesta come possibile apprendimento per contrastare il confronto di pensieri basato sull'aggressività verbale e sull'attacco diretto, mentre l'arte del dibattito filosofico sollecita l'acquisizione di strategie, forme di pensiero e di ragionamento fondate sulla ricerca motivata di evidenze e sull'articolazione di principi della logica, includendo anche la capacità d'ascolto ed il rispetto dell'altro;

   grazie a questa materia, i giovani che scelgono l'indirizzo classico hanno l'opportunità di chiedersi chi sono, da dove vengono, dove vanno e così trarre spunto per una riflessione interiore che oggi sembra non potere trovare spazio a causa del ritmo frenetico della vita quotidiana;

   Susanna Tamaro nel suo libro «alzare lo sguardo» ricorda che educare è un dovere e dice che nessun essere umano ha la possibilità di diventare veramente tale se prima non si pone queste «grandi domande»;

   attraverso il pensiero dei padri della filosofia, i giovani imparano a riflettere sul senso della esistenza e s'interrogano sul fine e l'obiettivo che devono perseguire e su quale sia il corretto rapporto fra l'essere umano e la natura;

   la filosofia, pertanto, diventa strumento per conoscere e individuare le regole e i principi cui ispirare la convivenza e l'agire della collettività: è una materia alla base delle scienze naturali come la fisica, la biologia e la chimica, ma anche delle scienze sociale, fra cui la sociologia, la psicologia e l'economia –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per evitare che queste discipline fondamentali passino in secondo piano rischiando di essere escluse dal colloquio.
(5-03532)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI, COLMELLERE e TONELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 21 gennaio 2020, pochi giorni prima delle elezioni regionali in Emilia-Romagna, si è svolta presso il circolo Arci «Benassi» l'assemblea generale degli studenti degli ultimi 3 anni del liceo scientifico statale «Enrico Fermi» di Bologna, sul tema della democrazia e della partecipazione: «A scuola di democrazia: al di là di ogni ideologia». I politologi Nadia Urbinati e Paul Ginsborg dialogano con i rappresentanti del Movimento delle «Sardine»;

   si trattava di una vera e propria «lezione di anti-salvinismo», con i racconti personali e politici di tre esponenti delle movimento politico delle Sardine: Giulia Trappoloni, Andrea Garreffa e Mattia Santori, con la partecipazione anche dei due politologi Nadia Urbinati e Paul Ginsborg (padre dei Girotondi e del Popolo Viola anti-Berlusconi);

   i tre oratori si sono alternati, a loro dire, per illustrare ai ragazzi cosa significa fare buona politica oggi e cioè come opporsi a Salvini e alla Lega; a turno, non hanno fatto altro che sottolineare la pericolosità di Salvini e della Lega, criticando ogni iniziativa politica del Carroccio;

   è indubbio per gli interroganti che è stata utilizzata un'iniziativa formativa per veicolare un messaggio politico che dovrebbe, invece, restare fuori dalle scuole;

   qualora, comunque, l'intento fosse di offrire una formazione anche politica agli studenti, sarebbe stato opportuno prevedere l'eventuale partecipazione di esponenti di altri schieramenti, così da rispettare, sicuramente, il necessario bilanciamento delle forze in campo e una corretta informazione politica agli studenti, molti dei quali anche in età di voto –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di far luce sulla vicenda di cui in premessa e chiarire, nello specifico, il motivo per cui l'assemblea dell'istituto Fermi si sia svolta presso un circolo Arci, se si tratti di una prassi frequente, se, di conseguenza, gli studenti abbiano esibito la tessera Arci, che sarebbe necessaria per partecipare a iniziative che si svolgono all'interno di circoli affiliati, posto che appare discutibile il contenuto formativo dell'assemblea per gli studenti che ne hanno preso parte;

   se non si ritenga inopportuna tale iniziativa, considerato il contenuto politico dell'evento, nel pieno della campagna elettorale e senza la partecipazione di esponenti di altri schieramenti politici, che avrebbe potuto offrire agli studenti una visione completa e pluralistica delle ideologie politiche.
(4-04688)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO, SERRACCHIANI e LACARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al fallimento della Tua Industries, è stato incardinato, presso la task force per l'occupazione della regione Puglia, il tavolo di crisi «Tua Industries ex OM Carrelli» per coordinare le attività volte alla nuova industrializzazione del sito produttivo di Modugno e alla ricollocazione al lavoro degli ex dipendenti;

   il 24 ottobre 2018, l'azienda Selectika srl ha sottoscritto un protocollo per la reindustrializzazione degli stabilimenti ex OM Carrelli. In attuazione di quegli impegni, l'azienda Selectika srl ha presentato, nell'ambito della suddetta task force del 13 novembre 2019, presso la presidenza della regione Puglia il progetto industriale per la realizzazione di un impianto di riciclo dei rifiuti e la contestuale occupazione a regime di 128 unità lavorative, ex dipendenti della OM Carrelli;

   inoltre, in seguito alla cessazione della prestazione di Cassa integrazione guadagni in deroga fruita dal 24 dicembre 2017 al 23 dicembre 2018, i lavoratori ex OM Carrelli sono stati licenziati dalla curatela fallimentare della Tua Industries in data 31 maggio 2019 e risultano esclusi da qualsiasi forma di protezione sociale nelle more dell'attuazione del nuovo piano industriale Selectika;

   con decreto-legge n. 101 del 2019, è stato permesso alle regioni di concedere il trattamento di mobilità in deroga utilizzando le risorse residue, non utilizzate, e relative agli acconti di cassa integrazione guadagni straordinaria, consentendo di avviare le procedure di mobilità per gli ex dipendenti della OM Carrelli;

   in occasione della task force del 13 novembre, le parti istituzionali, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti della Selectika hanno concordato unanimemente sulla necessità di offrire un adeguato sostegno al percorso di reindustrializzazione in atto, consentendo ai 154 lavoratori ex OM Carrelli, di beneficiare, ai sensi del modificato quadro normativo, del trattamento di mobilità in deroga relativamente al periodo dal 10 giugno 2019 al 9 giugno 2020, nel limite delle risorse già assegnate alla regione Puglia e ancora disponibili per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga;

   ad oggi, però, la mancata emissione da parte dell'Inps di una circolare che indichi le modalità di gestione della procedura di concessione impedisce l'espletamento delle procedure di attivazione della mobilità per i suddetti lavoratori;

   nel verbale d'accordo della suddetta task force si stabiliva una nuova convocazione del tavolo tecnico entro il 13 dicembre 2019 –:

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché gli uffici dell'Inps sblocchino le procedure di attivazione della mobilità in deroga.
(5-03527)


   BARZOTTI, FICARA, GRIPPA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, EHM, TERMINI, SIRAGUSA, RAFFA, COMINARDI, TRIPIEDI e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il servizio di «accompagnamento e assistenza alla clientela di carrozze letti e cuccette» (d'ora in poi, il «Servizio») è stato storicamente reso dalla Compagnie internationale des Wagons-Lits, con direzione generale in Roma, Largo Nicolò dè Lapi n. 4 e sede legale a Bruxelles, d'ora in poi, «Ciwl»);

   i termini e le condizioni regolanti il rapporto di lavoro degli operatori impiegati nel servizio sono disciplinati dal Ccnl mobilità/area ferroviaria (d'ora in poi, il «Ccnl») a fronte di un accordo di confluenza del 19 gennaio 2004 («accordo di confluenza»);

   dopo il rinnovo del Ccnl nel 2012, i lavoratori impiegati nel servizio a bordo delle vetture letto e cuccette, che operano normalmente a cavallo di due giornate consecutive di calendario, oltre a vedersi demansionati (circostanza sollevata con interpellanza n. 2-00561 del 13 novembre 2019) hanno subito un netto peggioramento anche della disciplina delle pause durante il turno;

   infatti, nel verbale di accordo sindacale del 19 gennaio 2004 sottoscritto da Ciwl presso il Ministero del lavoro e della politiche sociali in presenza della direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro era stato concordato che questi lavoratori potessero prestare servizio per un periodo programmato di lavoro ordinario non superiore a «18 ore consecutive riferite a un servizio di sola andata o di solo ritorno [...]. Durante le prestazioni di durata superiore a 8 ore, è consentito al personale, in considerazione dello svolgimento del servizio, di riposare in apposito vano o, dove previsto, nell'eventuale compartimento riservato, compatibilmente all'espletamento di tutte le mansioni di competenza e comunque assicurando la presenza in servizio» (clausola 3);

   veniva, quindi, prevista la possibilità di godere di momenti di pausa, durante i turni più lunghi, in ragione della natura notturna della prestazione lavorativa:

   diversamente, il rinnovo del Ccnl 2012 ha mantenuto il limite delle 18 ore consecutive riferite a un servizio di sola andata o di solo ritorno, ma con l'aggiunta «ove il servizio di accompagnamento superi il suddetto limite, la prestazione lavorativa sarà prolungabile, sino all'arrivo alla stazione di destinazione», senza però prevedere la possibilità di godere di pause durante il servizio di durata superiore a 8 ore (articolo 27 punto 2.7 E. 3);

   questi operatori impiegati nel servizio, in ragione delle previsioni del Ccnl, svolgono una media di 14,5 ore lavorative continuate tra il primo e il secondo turno;

   conseguentemente, gli stessi si trovano nelle condizioni di dover affrontare turni di durata anche doppia rispetto ad un ordinario turno di lavoro (notturno) di 8 ore, senza aver modo di riposare;

   ma non è tutto; nonostante i termini e le condizioni del rapporto di lavoro tra questi operatori e il personale viaggiante Trenitalia siano disciplinate dal medesimo Ccnl, le disposizioni in materia di orario di lavoro, sia in termini di durata che di lavoro notturno, sono drasticamente differenti tra queste due categorie di lavoratori, pur svolgendo mansioni analoghe;

   a tal proposito, si sottolinea che il personale Trenitalia operante sulla lunga-percorrenza per i turni in A/R interessanti la fascia oraria 0,00-5,00 è soggetto ad un limite massimo di 8 ore, salvo una diversa maggiore durata, comunque entro il limite massimo di 9 ore (si veda al proposito il combinato disposto dell'articolo 27, punto 1.4, e del punto 2.7.C della sezione specifica «SP3», «servizi passeggeri media-lunga percorrenza»);

   si rileva che la prestazione notturna merita particolare attenzione, in quanto comporta rischi specifici in termini di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, a tutela di questi lavoratori esposti a rischi specifici da lavoro notturno, tenuto conto della disciplina in materia di salute e sicurezza nel luogo di lavoro.
(5-03528)


   SIRAGUSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come riporta il «Corriere Canadese», migliaia di pensionati italiani residenti all'estero, centinaia dei quali residenti in Canada, attendono da oltre venti giorni l'arrivo dell'assegno o del bonifico bancario necessari per poter riscuotere la pensione Inps;

   tale ritardo, sembrerebbe essere causato dall'aggiornamento degli archivi digitali predisposto dall'Inps. Durante la procedura di aggiornamento, infatti, risulterebbero essere stati perduti o modificati migliaia di indirizzi;

   ciò avrebbe causato il blocco delle pensioni per migliaia di connazionali, comportando dei gravi disagi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per sbloccare tale situazione.
(5-03531)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI, PARENTELA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GALIZIA, LOMBARDO, LOVECCHIO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni la Commissione europea sta definendo la decisione relativa alla revoca temporanea delle concessioni EBA (Everything But Arms) alla Cambogia, per gravi violazioni dei diritti umani sotto forma, in particolare, di spostamento in massa della forza lavoro, di sottrazione di terre con la forza che sono poi concesse all'industria, e che hanno in particolare interessato le colture dello zucchero e del riso;

   il regime EBA, di cui agli articoli 17 e 18 del regolamento (UE) N. 978/2012, stabilisce un regime speciale a favore dei Paesi meno sviluppati che possono esportare i loro prodotti nell'Unione europea a dazio zero con l'obiettivo di agevolare lo sviluppo degli stessi Paesi;

   la decisione di revoca che sta per essere assunta dall'Unione europea riguarda alcuni prodotti quali zucchero, scarpe, prodotti da viaggio, ma non contempla il riso, che è invece uno dei prodotti che maggiormente hanno interessato la violazione dei diritti umani e dei lavoratori in Cambogia;

   le ragioni sarebbero da ricercare nel fatto che per il riso è già applicata la clausola di salvaguardia, che sarà applicata fino al gennaio 2022, con un dazio progressivamente ridotto e che pende dinanzi al Tribunale dell'Unione europea a causa di un ricorso avviato dalle stesse autorità cambogiane per annullare il regolamento che ha istituito tale clausola;

   a parere dell'interrogante, la motivazione addotta dall'Unione europea non è sufficiente a giustificare l'esclusione del riso dai prodotti cambogiani a cui saranno applicati dazi, anche per i danni che ciò sta provocando e continua a provocare alla produzione risicola italiana e a tutta la sua filiera economica;

   l'Italia è infatti il principale produttore di riso dell'Unione europea, e l'eccesso di offerta sta provocando un drastico ridimensionamento della risicoltura, specialmente italiana, con un significativo abbassamento dei prezzi di mercato dei risoni e conseguentemente una contrazione dei redditi dei risicoltori –:

   in base a quanto esposto in premessa, se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, con urgenza presso le competenti sedi europee, per contestare la mancata introduzione del riso nell'elenco dei prodotti cambogiani a cui saranno revocate le concessioni EBA, al fine di tutelare una importante filiera agroalimentare europea ed italiana, ma anche al fine di onorare gli stessi principi del regime EBA, considerando che la violazione dei diritti dei lavoratori cambogiani ha interessato in particolare proprio la produzione di riso.
(5-03540)


   VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il settore frutticolo è fra quelli più aggrediti dalla cimice marmorata asiatica (Halymorpha halys). In molte regioni italiane, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Piemonte si assiste da tempo ad una vera propria situazione emergenziale legata alla sua incessante diffusione, che sta causando ingenti danni alle produzioni frutticole nazionali;

   la stima dei danni, con riferimento ai frutteti del Nord Italia, e solo per pere, pesche e nettarine si aggira intorno ai 350 milioni di euro, di cui 200 in campagna e 150 nelle fasi di lavorazione. Rispetto agli anni precedenti, il fenomeno nel 2019 ha visto un aumento della gravità, con danni causati all'intero comparto agricolo italiano per circa 700 milioni di euro e con perdite in molti casi fino 100 per cento del raccolto;

   con la legge di bilancio 2020 sono stati stanziati solamente 80 milioni per tutto il territorio nazionale, distribuiti nell'arco di un triennio, risorse del tutto insufficienti;

   visto l'avvicinarsi della stagione ortofrutticola e il ripetersi della problematica collegata alla cimice asiatica, è urgente che venga emanato il prima possibile il decreto, previsto dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, che fissa le condizioni per il rilascio in natura di organismi alloctoni, tra cui la vespa samurai;

   di fronte a danni così ingenti e alla distruzione di interi raccolti, a rendere ancora più critica la situazione è, recentemente, il mancato rinnovo dell'autorizzazione da parte dell'Unione europea per l'utilizzo dell'antiparassita chlorpyrifos-methyl, attualmente ritenuto tra i più efficaci ai fini del contrasto della cimice asiatica;

   in risposta ad una interrogazione di dicembre 2019 il Ministro interrogato ha dichiarato come la mancata autorizzazione da parte dell'Unione europea all'utilizzo del chlorpyrifos-methyl sia stata «un errore che grava sui nostri produttori e l'intera filiera in quanto sarebbe importante disporre già di efficaci mezzi di difesa fitosanitaria per il controllo dell'emergenza almeno fino a quando non saranno disponibili misure alternative.....e per questo siamo già impegnati con i nostri uffici, per negoziare urgentemente una deroga con Bruxelles, deroga nazionale sulla quale ci stiamo già adoperando con il Ministro della salute» –:

   a che punto siano le negoziazioni con l'Unione europea per la deroga per il nostro Paese al divieto di utilizzo dell'antiparassita chlorpyrifos-methyl, attualmente ritenuto tra i più efficaci per il contrasto alla cimice asiatica al fine di definire un quadro normativo certo ed univoco per contrastare in tempi rapidissimi questa emergenza.
(5-03541)


   INCERTI, CENNI, CRITELLI e DAL MORO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 29 gennaio 2020, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si è tenuto un incontro bilaterale tra il segretario all'Agricoltura americano Sonny Perdue ed il Ministro interrogato;

   stando alle dichiarazioni dei due Ministri nel corso del colloquio tra i vari argomenti trattati, oltre alla delicata questione dei dazi e alle ricadute negative che tali iniziative commerciali stanno avendo sul settore agroalimentare italiano, si sarebbe affrontato il tema relativo alla collaborazione dell'Italia in ricerca e innovazione, con particolare riguardo alle tecniche innovative di genomica vegetale;

   nella circostanza, tra le altre cose, il Ministro americano avrebbe sollecitato «un cambio della legislazione europea sugli ogm in modo da consentire a quelli di vecchia e nuova generazione di essere ammessi al consumo umano»;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza nella causa C-528/16 del 25 luglio 2018, ha introdotto nuovi orientamenti giuridici comunitari sul settore della ricerca in agricoltura;

   in particolare, con questa sentenza, la Corte ha definito Ogm gli organismi ottenuti mediante mutagenesi nei limiti in cui le tecniche e i metodi di mutagenesi modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità che non si realizzano naturalmente. Ne consegue che tali organismi rientrano, in linea di principio, nell'ambito di applicazione della direttiva sugli Ogm e sono soggetti agli obblighi previsti da quest'ultima –:

   se, in occasione dell'incontro, siano emerse indicazioni inequivocabili da parte del Ministro Sonny Perdue circa la volontà da parte dell'amministrazione statunitense di superare i dazi commerciali nei confronti di alcuni prodotti agroalimentari italiani e in che cosa consisterà la collaborazione dell'Italia in tema di tecniche innovative di genomica vegetale.
(5-03542)


   BENEDETTI, CUNIAL, CECCONI, VIZZINI, GIANNONE, APRILE, DE TOMA, RACHELE SILVESTRI, CAPPELLANI, ROSPI e FIORAMONTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'agricoltura statunitense Perdue, dopo il primo tentativo fallito per ampie proteste, è in Europa per far approvare «velocemente» un trattato di liberalizzazione commerciale Usa-Ue che consenta a più prodotti agroalimentari americani di entrare nel mercato europeo;

   Perdue ha dichiarato che il Commissario dell'Unione europea per il commercio Hogan avrebbe «riconosciuto che dobbiamo conciliare il deficit di 10-12 miliardi di dollari con l'UE» relativamente agli scambi di prodotti agricoli. Trump sarebbe «completamente concentrato» (laser-focused) «sulla chiusura del deficit commerciale agricolo con l'Europa»;

   Perdue chiede all'Unione europea pesanti concessioni: indebolimento delle norme sanitarie e fitosanitarie, nonché dei limiti massimi consentiti di residui di pesticidi e altre sostanze chimiche nel cibo; cambio della legislazione europea sugli Ogm, soprattutto se prodotti con nuove tecniche di creazione varietale (Crispr);

   la Corte di giustizia dell'Unione europea si è già espressa con sentenza che obbliga questi prodotti a sottostare alle normative vigenti sugli Ogm. Nonostante questo, le lobby dell’agribusiness continuano a chiedere un cambio di regime, sminuendo i rischi ambientali e sanitari, guardando con favore all'estensione della proprietà intellettuale su piante e sementi;

   per Washington, la Commissione europea dovrebbe abbandonare il principio di precauzione per basarsi su «una solida scienza»: negli Usa i nuovi prodotti e sostanze vengono commercializzati su valutazioni fatte dalle imprese. I controlli delle agenzie pubbliche scattano soltanto su ricorsi o denunce dei consumatori. Nell'Unione europea, si adotta il principio di precauzione per evitare che l'onere della prova ricada sui cittadini a tragedia già avvenuta, tenendo finora fuori dal mercato europeo alimenti pericolosi per la salute;

   numerosi studi scientifici – rapporto Fao 2018 – dimostrano come solo un approccio agroecologico sia in grado di offrire benefici multipli, sulla sicurezza alimentare, per rafforzare le economie locali, per diversificare la produzione alimentare, per migliorare la fertilità dei suoli, per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, per preservare le culture locali e i sistemi tradizionali. Il contrario dell'approccio agricolo industriale;

   il Parlamento europeo ha negato alla Commissione europea il mandato di negoziare il commercio dei prodotti agricoli;

   il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) non potrà che far crescere la produzione di emissioni climalteranti, in contrasto con i programmi di «green new deal» europeo e italiano e il manifesto di Assisi ispirato dal pontefice Francesco e sottoscritto dal Premier Conte –:

   se il Ministro non ritenga di dovere adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché si respinga un nuovo Ttip che riguardi anche i prodotti agroalimentari italiani, che a giudizio degli interroganti non sarebbero adeguatamente tutelati salvaguardando, il principio di precauzione, la salute dei cittadini e la tutela del nostro territorio.
(5-03543)


   NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   è crescente la richiesta del mondo agricolo di adottare più stringenti misure per il contrasto ai danni prodotti dalla fauna selvatica;

   gli addetti del settore sono preoccupati per l'aumento crescente dei cinghiali che sono più che raddoppiati negli ultimi dieci anni sino a raggiungere i 2 milioni lungo tutto l'arco appenninico italiano, ma anche della popolazione dei lupi il cui numero è in crescita evidente;

   ogni anno si contano in tutto il Paese danni da fauna selvatica per 200 milioni di euro;

   negli anni tra il 2010 e il 2018 il numero di incidenti gravi, con morti o feriti per colpa di animali, a livello nazionale, è aumentato dell'81 per cento sulle strade provinciali, secondo l'analisi di Coldiretti su dati del rapporto Aci Istat;

   il «Piano lupo» è affidato alla competenza quasi esclusiva del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le proposte volte a consentire alle regioni di adottare piani di contenimento dei cinghiali, allargando sia le maglie temporali che il numero dei soggetti abilitati a partecipare a campagne di contenimento non risulta siano state al momento accolte –:

   quali iniziative di contenimento intenda adottare il Ministro interrogato per impedire il proliferare della fauna selvatica, con particolare riferimento ai lupi e ai cinghiali, e quali ulteriori iniziative di ristoro agli agricoltori danneggiati ritenga opportuno mettere in campo.
(5-03544)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dopo la catastrofica annata olivicola 2018-2019 nella quale la produzione di olio di oliva è stata di sole 175 mila tonnellate, l'annata 2019-2020, a fronte di una buona prestazione produttiva pari a circa 330 mila tonnellate, registra un crollo dei prezzi dell'olio. A gennaio 2019 il listino prezzi dell'olio extra vergine sfuso della Camera di Commercio di Bari quotava euro 6,10/kg, a novembre euro 3,80/kg, con un calo quasi del 50 per cento;

   l'8 novembre 2019, quando la caduta del prezzo dell'olio italiano era nota, è stato pubblicato il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1882 della Commissione, recante apertura di gare per l'importo dell'aiuto all'ammasso privato di olio di oliva, al fine di contenere l'immissione sul mercato di grandi quantità di olio. Ha destato preoccupazione tra gli operatori il fatto che nella premessa del regolamento è espressamente citato solo il calo dei prezzi degli oli di oliva vergini sui mercati spagnolo, greco e portoghese;

   ciò non impedisce la partecipazione dei produttori italiani, ma secondo le associazioni di settore nelle tre gare che si sono tenute tra novembre 2019 e gennaio 2020, non solo sono stati ammessi pochissimi produttori italiani, ma addirittura i prezzi di ammissione all'aiuto (per tonnellata al giorno) si sono mossi in un range tra zero e 0,88 euro per l'olio extra vergine di oliva, mentre l'olio di oliva lampante è arrivato fino a 1,10 euro;

   il meccanismo dell'ammasso prevede che la Commissione europea valuti le offerte di ammasso privato, stabilisca un prezzo massimo di acquisto e accetti le eventuali offerte al di sotto di tale prezzo. Non è dato sapere quali siano le aziende e i Paesi di provenienza dell'olio ammesso all'aiuto, ma il sospetto che si tratti principalmente di olio spagnolo appare abbastanza chiaro agli operatori di settore;

   il decreto-legge «emergenze agricole» n. 27 del 2019 prevedeva diverse misure di emergenza a sostegno della liquidità delle imprese del settore oleario, che dovevano vedere attuazione tra il mese di giugno e il mese di luglio del 2019 e che invece non sono state ancora attuate –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato rispetto alle questioni delineate in premessa e se non ritenga opportuno richiedere misure eccezionali a livello comunitario, ad esempio ai sensi dell'articolo 219 (Misure per contrastare le turbative del mercato – cosiddetta «Ocm unica») del regolamento (UE) n. 1308/2013 che consente alla Commissione di intervenire per evitare minacce di turbativa del mercato causate da aumenti o cali significativi dei prezzi.
(5-03539)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende di episodi frequenti di aggressioni al personale sanitario negli ospedali;

   l'ultimo grave episodio è avvenuto a Pescina, in provincia dell'Aquila. I lavoratori del nosocomio sono stati aggrediti da un gruppo di persone e sono stati costretti a barricarsi in alcuni locali dello stabile;

   la struttura, secondo quanto riportato dalla cronaca, è stata, infatti, assediata da quattro persone che hanno tentato di sfondare le porte e di colpire con violenza le vetrate. All'interno c'erano infermieri, medici e vigilantes e solo l'intervento delle forze dell'ordine ha scongiurato il peggio; la vicenda mostra ancora una volta quanto sia necessario e urgente garantire la sicurezza del personale e dei pazienti nelle strutture ospedaliere, soprattutto durante la notte e con particolare attenzione per il personale sanitario femminile –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche promuovendo un rafforzamento della normativa penale, per garantire la sicurezza del personale sanitario durante lo svolgimento delle proprie funzioni.
(5-03533)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'IPPOLITO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario;

   in un articolo a firma di Antonello Torchia apparso il 9 febbraio 2020 alla pagina 10 della testata giornalistica Quotidiano del Sud, si dà notizia della chiusura, dall'inizio di gennaio 2020, della postazione di continuità assistenziale relativa al comune di Jacurso (Catanzaro);

   nello stesso articolo si riportano, al riguardo, le doglianze del sindaco di Jacurso, Ferdinando Serratore, peraltro caposala dell'Uoc cardiologia e Utic dell'ospedale di Lamezia Terme (Catanzaro), che, per quanto dichiarato all'articolista, sarebbe stato informato del fatto successivamente alla chiusura della suddetta postazione, avvenuta malgrado, per come esplicitato dallo stesso amministratore, il comune abbia un'estensione di 23 chilometri quadrati e ben 8 contrade distanti 10-15 chilometri;

   secondo l'articolo in predicato, diversi sindaci del comprensorio si sono recati davanti al palazzo municipale di Jacurso per sostenere il sindaco nella protesta contro la riferita chiusura;

   l'interrogante ritiene che il servizio di continuità assistenziale debba essere garantito alla comunità di Jacurso, alla luce dell'ubicazione, delle specificità territoriali riassunte dallo stesso sindaco Serratore e del fatto che detto servizio costituisce un «filtro» per l'ospedale di Lamezia Terme, nel quale, come riassunto nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04638, presentata il 4 febbraio 2020 nella seduta n. 299, vi sono peraltro unità operative chiuse per carenze di organico –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, al fine di garantire il servizio di continuità assistenziale ai cittadini di Jacurso e dei comuni limitrofi.
(4-04691)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diverse settimane esponenti della dirigenza campana esultano per la fine del commissariamento della sanità in Campania come un grande risultato storico raggiunto dall'odierna amministrazione De Luca;

   a ben vedere, a giudizio dell'interrogante, si tratta di un traguardo ottenuto speculando sul diritto alla salute dei cittadini a causa degli ingenti tagli alla spesa sanitaria che il presidente della regione, al tempo stesso commissario alla sanità, ha effettuato al solo fine di riequilibrare i conti e risanare il debito da 9 miliardi di euro che nel lontano 2010 aveva condotto al commissariamento della sanità regionale;

   invero, la fine del commissariamento non ha eliminato e nemmeno attenuato le gravi inefficienze che attanagliano il sistema sanitario atteso che, a conti fatti, la Campania continua ad essere tra le regioni che presentano maggiori criticità e che presenta i livelli essenziali di assistenza (Lea) ancora sostanzialmente inadeguati e non in linea la quasi totalità delle regioni italiane;

   a tal riguardo, si pensi ai numerosi ospedali pubblici chiusi, ai reparti fatiscenti, ai posti letto insufficienti, alle condizioni edilizie, igieniche e di prevenzione al di sotto dei minimi termini e, in particolar modo, al blocco del turn over che ha decretato una grave carenza di organico nelle strutture ospedaliere non ancora colmato da concorsi pubblici che procedono a rilento;

   è di pochi giorni fa la segnalazione del sindacalista dirigente Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanitarie), Mirko Marzullo che denuncia problematiche a tutt'oggi esistenti presso l'ospedale «Maria Santissima Addolorata» di Eboli;

   sembrerebbe che le camere a pressione del reparto malattie infettive siano inagibili a causa del mancato funzionamento delle porte e del sistema di aspirazione e climatizzazione;

   il reparto in questione rappresenta il principale presidio ospedaliero per l'assistenza di soggetti affetti da patologie infettive diffusibili e ad alta contagiosità presso cui opera personale medico e infermieristico altamente specializzato;

   inoltre, costituisce l'unico ospedale del Mezzogiorno dotato di due camere a pressione negative ad alto isolamento con doppia entrata: quando una porta si apre, l'altra si blocca sia in entrata che in uscita, al fine di evitare la fuoriuscita di agenti potenzialmente patogeni e pericolosi per la salute dell'uomo;

   sebbene la regione abbia investito 300 mila euro per la realizzazione delle due camere altamente sofisticate e all'avanguardia, le stesse nel corso degli anni sono state spesso off-limits, dapprima a causa di un blocco dell'ascensore che conduceva al reparto di isolamento e successivamente per via di un guasto alle porte dovuto ad una mancata manutenzione;

   siffatta situazione ha di conseguenza comportato gravi disagi e pone seriamente in pericolo la salute dei pazienti e degli operatori sanitari costretti a lavorare in condizioni ambientali in assenza delle dovute e necessarie precauzioni;

   in particolare, l'inagibilità delle camere del reparto di malattie infettive comporta quale principale conseguenza che i pazienti affetti da patologie contagiose verrebbero ricoverati nel reparto di degenza ordinario, contravvenendo alle linee guida del Ministero della salute, aumentando, quindi, il rischio epidemiologico per gli operatori sanitari e per gli altri pazienti;

   un altro grave problema, riscontrato sempre nel reparto di malattie infettive, riguarderebbe l'utilizzo da parte della azienda sanitaria di frigoriferi non omologati per uso medico e pertanto chiaramente inadeguati per la conservazione dei farmaci da somministrare ai pazienti;

   tali frigoriferi, secondo quanto denunciato da Marzullo, sarebbero sprovvisti di un dispositivo ottico e acustico di allarme che segnalano le variazioni di temperatura o di interruzione dell'alimentazione elettrica;

   l'utilizzo di apparecchiature frigorifere non omologate ai fini sanitari potrebbe non solo alterare e, di conseguenza, rendere inutilizzabili i farmaci, ma altresì genererebbe un grave e inutile dispendio economico della spesa pubblica;

   a parere dell'interrogante, se quanto descritto in premessa venisse confermato, si sarebbe di fronte all'ennesimo fallimento della gestione politico amministrativa della sanità da parte del presidente Vincenzo De Luca che, avviso dell'interrogante, con le sue scelte politiche avrebbe compromesso il diritto alla salute dei cittadini e privato i medici e altri operatori sanitari della possibilità di lavorare in condizioni di massima sicurezza con apparecchiature mediche efficienti e all'avanguardia, al fine di garantire una adeguata e legittima assistenza ai pazienti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela della salute, in relazione alla precaria situazione in cui versa il reparto di malattie infettive dell'ospedale «Maria Santissima Addolorata» di Eboli al fine di tutelare il fondamentale e non comprimibile diritto alla salute dei cittadini.
(4-04694)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'ennesimo infortunio sul lavoro che, verificatosi in data 5 febbraio 2020, ha visto un operaio riportare gravi lesioni agli arti inferiori ripropone le gravi carenze che a livello di sicurezza si registrano da anni all'interno dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Dove nulla è cambiato nonostante dall'autunno del 2018 a gestirlo sia la multinazionale franco-indiana ArcelorMittal, che, all'atto del suo insediamento, tramite la propria dirigenza aveva testualmente affermato: «Non c'è una tonnellata d'acciaio da produrre che vale se non possiamo tornare a casa in piena salute. Sicurezza, salute e ambiente per noi sono dei pilastri che vanno di pari passo con le performance della produzione»;

   ad oggi, anche a fronte delle pubbliche dichiarazioni con cui la stessa ArcelorMittal Italia ha ribadito di voler puntare sul polo industriale tarantino facendo ricorso alle cosiddette «best practice», nessuna delle lacune che da decenni penalizzano la regolare attività della fabbrica, ad avviso dell'interpellante, è stata colmata. Come del resto, con la complicità di impianti non adeguati e strutture vetuste, stanno a dimostrare incidenti divenuti ormai una pericolosa costante;

   i rischi che quotidianamente corrono i dipendenti del siderurgico nel prestare la propria opera sono stati più volte evidenziati dalle organizzazioni sindacali ai vertici dell'azienda, i quali non risulta all'interpellante abbiano mai posto in essere iniziative finalizzate a scongiurare in modo incisivo qualsiasi tipo di pericolo per le maestranze. E questo nonostante ArcelorMittal Italia aderisca al programma globale «Journey to Zero» secondo cui dovrebbe essere assicurato il rispetto delle misure di sicurezza in tutti i propri stabilimenti;

   a destare preoccupazione sono anche le emissioni derivanti da una produzione industriale non ancora in grado di far leva su tecniche a minore impatto ambientale e capaci di migliorare la qualità dell'aria che si respira a Taranto, con tutte le conseguenze (intuibilmente negative) di cui, da tempo, si fa carico suo malgrado un'intera popolazione;

   l'ormai probabile accordo, che dovrebbe essere siglato da ArcelorMittal e da Ilva in amministrazione straordinaria allo scopo di scongiurare il recesso (da parte della stessa multinazionale franco-indiana) dal contratto di affitto dello stabilimento siderurgico tarantino, se da un lato evita un lungo e complicato contenzioso giudiziario, dall'altro sembra essere ammantato da garanzie e requisiti che si ritengono non sufficienti per fugare i dubbi in ordine alla efficienza di un'industria che fino ad oggi non ha mostrato la capacità di assicurare certezze né dal punto di vista lavorativo, né da quello ambientale –:

   quali siano gli strumenti dei quali il Governo intende avvalersi per controllare che gli impegni assunti da ArcelorMittal Italia in relazione alla prosecuzione dell'attività industriale sul territorio italiano siano effettivamente rispettati a tutela della sicurezza dei lavoratori e della salute della cittadinanza di Taranto.
(2-00636) «De Giorgi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Tirrenia di Navigazione è stata una società italiana di trasporti marittimi a controllo statale. Con le sue navi merci e passeggeri collegava diversi porti italiani e del Mar Mediterraneo, garantendo, inoltre, la continuità territoriale con le isole durante tutto l'arco dell'anno;

   è stata acquisita dalla Compagnia italiana di navigazione il 19 luglio 2012, dopo un processo di privatizzazione iniziato nel 2008, che ha condotto alla nascita di Tirrenia – Compagnia Italiana di Navigazione (Cin);

   la Tirrenia/CIN, controllata dall'armatore Moby, opera in regime di continuità territoriale con le maggiori isole italiane, assicurando il collegamento grazie a un contratto di servizio pubblico con lo Stato che vale oltre 72 milioni di euro annui;

   tale contratto scadrà nel mese di luglio 2020 e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti procederà a individuare il futuro operatore attraverso una procedura di evidenza pubblica;

   secondo le organizzazioni sindacali, la proprietà della Tirrenia/Cin starebbe portando avanti un preciso disegno di svuotamento dell'autonomia gestionale di Cin dislocando presso la sede di Milano della Moby i settori operativi della società e privando la città di Napoli del centro operativo/decisionale e della possibilità di essere volano di sviluppo per le imprese, soprattutto meridionali, che gravitano nell'indotto degli appalti per le manutenzioni e le forniture alle navi della flotta;

   tale disegno parrebbe peraltro confermato dalla decisione aziendale di procedere all'immediata chiusura della sede napoletana di Tirrenia/Cin, con conseguente «trasferimento forzoso» dei 63 lavoratori da Napoli alle sedi di Milano, Livorno e Portoferraio, rappresentata dal management aziendale in occasione dell'incontro tenutosi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 29 gennaio 2020, al fine di esperire il tentativo di conciliazione ex legge n. 146 del 1990 (chiusosi con esito negativo);

   le organizzazioni sindacali, fortemente contrarie al processo di riorganizzazione aziendale, hanno già proclamato lo sciopero nazionale di tutti i lavoratori dipendenti di Tirrenia/CIN per il prossimo 13 marzo;

   la prospettiva di chiusura definitiva della sede napoletana di Tirrenia/CIN rappresenterebbe un durissimo colpo al comparto marittimo non solo campano, ma dell'intero Mezzogiorno, atteso che privare la città di Napoli del centro operativo/amministrativo di Tirrenia/CIN avrebbe delle pesantissime ricadute occupazionali (non solo per quanti sono direttamente coinvolti dal piano di riorganizzazione aziendale, ma anche tutto l'indotto), in un territorio già fortemente colpito dalla crisi industriale e dalle decisioni di molte aziende di chiudere i propri stabilimenti in loco –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga opportuno convocare, con la massima urgenza, un tavolo di confronto al quale partecipino i vertici della Tirrenia/CIN, le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché in tale sede si possa addivenire alla sospensione immediata della decisione di procedere alla chiusura della sede napoletana di Tirrenia/Cin e giungere alla condivisione di un nuovo piano di riorganizzazione aziendale che garantisca l'integrale mantenimento degli attuali livelli occupazionali della struttura partenopea.
(5-03530)


   CHIAZZESE, SUT, ALAIMO, GIARRIZZO, LOMBARDO, FICARA e NAPPI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'auto elettrica ha performance già oggi migliori di tutte le alternative disponibili sia in termini di emissioni di CO2 che di inquinanti, essendo l'unica tecnologia che consente la totale eliminazione delle emissioni locali di ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili (PM) durante la guida (la fonte dei dati è costituita da elaborazioni Enel su dati Rse, European Environment Agency, Joint Research Center, Ispra, Deloitte);

   entro il 2025, a partire dal «Green Deal» europeo, sono attesi 13 milioni di veicoli elettrici in strada, sebbene in questo numero la Commissione europea inserisca anche i veicoli a basse/bassissime emissioni inquinanti, come metano, idrogeno e biocarburanti di nuova generazione (su cui non mancano critiche severe da parte di ambientalisti ed esperti di energia e ambiente);

   per aumentare il numero di auto elettriche sulle strade è necessario un importante investimento da parte dello Stato;

   un grande passo in avanti è stato posto con la legge n. 145 del 2018 ed, in particolare, con l'articolo 1, commi 1031 e 1041;

   il comma 1031 prevede per chi acquista un veicolo nuovo di fabbrica, di categoria M1, nel periodo che va da marzo 2019 al 31 dicembre 2021, a un prezzo inferiore ad euro 50.000, IVA esclusa, e contestualmente rottami un veicolo omologato Euro 1, 2, 3, 4, un contributo che varia a seconda dell'emissione di CO2: sotto i 20 g di CO2 per chilometro il contributo previsto è di euro 4.000; dai 21 ai 70 milligrammi di CO2 per chilometro il contributo previsto è di euro 1.500. In caso di rottamazione, il contributo sarà nel primo caso di euro 6.000 e nel secondo caso di euro 2.500;

   il comma 1041 prevede testualmente: «per provvedere all'erogazione dei contributi statali di cui al comma 1031 è istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un fondo con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, che costituisce limite di spesa per la concessione del beneficio»;

   di questi 70 milioni di euro previsti 40 potranno essere spesi entro giugno e gli altri 30 da luglio a dicembre;

   solo nel mese di gennaio 2020, però, sono stati spesi quasi 9 milioni di euro per l'incentivo in questione;

   questa cifra aumenterà di mese in mese per via del fatto che nuovi modelli di veicoli elettrici verranno introdotti nel mercato nazionale nel 2020 in maniera consistente e quindi i 70 milioni stanziati per il 2020 e per il 2021 potrebbero non essere sufficienti –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per provvedere all'aumento delle risorse del fondo previsto dal comma 1041 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018.
(5-03537)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si potrebbe parlare di cronaca di una sconfitta in relazione al fatto che l'Italia è il Paese che ospita 60 milioni di ecologisti e che «dobbiamo usare l'energia del sole»; l'Italia è il Paese in cui finora sono stati spesi e dissipati nel nulla investimenti privati pari a 300 milioni di euro spesi per non costruire 14 grandi centrali solari termiche a concentrazione, quelle che nel resto del mondo producono elettricità, concentrando con specchi l'energia del sole. Si tratta di un'invenzione italiana, di una tecnologia italiana, ma gli impianti realizzati in Italia sono pari a zero;

   l'associazione imprenditoriale di categoria, l'Anest, giorni fa si è riunita in assemblea e ha deliberato lo scioglimento. Il settore industriale del solare termodinamico in Italia è morto ancora in fasce, senza essere riuscito a costruire nemmeno una centrale, ucciso ancora «bambino» da quelli che appaiono all'interrogante politici assetati di consenso, da comitati «nimby» del no-a-tutto, da funzionari pubblici corrivi, da norme contraddittorie e tardive, da piani energetici, climatici e ambientali pieni di verbi coniugati nel modo condizionale del periodo ipotetico dell'irrealtà;

   l'Italia non vuole questa fonte di energia pulita perché gli specchi – asseriscono i comitati «nimby» – «devasteranno il nostro territorio» e perché «non è questo il modello di sviluppo che vogliamo»;

   questo non accade all'estero, in Australia, Cina, Usa, Messico, India, Egitto che ha annunciato 1,2 GWe, e Spagna, che è già forte (ha almeno 40 centrali da 50 Mw e le più forti società di ingegneria), Dubai; al solare termodinamico guarda anche l'Oman, per esempio con un progetto cui sta pensando l'italiana Salini Impregilo nella dissalazione con un impianto ibrido fotovoltaico e termodinamico;

   si evidenzia che dei 14 progetti mai completati sui quali sono stati investiti per nulla 300 milioni di euro, la maggior parte erano stati avviati in Sardegna. Non uno ha raggiunto la fase costruttiva. A tutt'oggi sono riusciti ad arrivare all'autorizzazione due impianti in Sicilia – ad Aidone e a Gela – per un totale di 53,5 megawatt;

   già nel 2011, ai tempi del Governo Berlusconi, fu avviato il primo studio di impatto ambientale con un progetto dell’«archistar» Italo Rota. Progetto splendido, in teoria sarebbero bastati appena 2 anni per realizzarlo. Erano previste potenza e produzione di energia elettrica di 12,5 megawatt elettrici, ottenuti coprendo di specchi 350 mila metri quadrati su un'area complessiva di 500 mila metri quadrati con un investimento di 88 milioni di euro, dei quali fondi per opere civili, strutture e impianti sviluppati, spesi nella zona A, sono 44 milioni. Nei 2 anni di lavoro previsti dal progetto sarebbero stati creati almeno 150 posti di lavoro diretti e indiretti e poi la centrale per la sua operatività avrebbe impiegato 30 operai su 3 turni per i 25-30 anni di esercizio;

   di nulla in nulla, sono scivolati nella memoria remota i Governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1 e ora il Governo Conte 2. Ma per il progetto di Gela gli anni sono passati invano; sono stati firmati e controfirmati molti documenti in carta protocollata e sentenze del Tar, ma sul terreno non è stato piantato nemmeno un paletto (articolo di Jacopo Gilberto, pubblicato sul Sole24ore) –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché un settore imprenditoriale ed economico d'eccellenza quale è quello del solare termodinamico possa finalmente avere una normativa di settore, quale l'attesissimo decreto «Fer2» e un sistema di incentivazione di tecnologie sperimentali, in sostituzione di una normativa oramai obsoleta e che dà luogo a ulteriore burocrazia, che ha il solo effetto di far fuggire all'estero imprese e investimenti che invece dovrebbero essere un volano per i territori in termini occupazionali, economici ed energetici tutelando al tempo stesso l'ambiente.
(4-04684)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   TUZI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 maggio 1978, n. 194, ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all'aborto;

   l'associazione Amica (Associazione medici italiani contraccezione e aborto) ha riportato che «la scuola di specializzazione in Ostetricia e Ginecologia dell'Università Campus Bio-Medico di Roma impone l'obiezione di coscienza in merito all'interruzione volontaria di gravidanza, ai suoi studenti e frequentatori»;

   con tali modalità si pongono i presupposti per una carenza di medici disposti a praticare un'interruzione volontaria di gravidanza;

   gli ultimi dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità dicono che, ad oggi, 7 medici su 10 sono obiettori di coscienza;

   tale carenza di medici non obiettori di coscienza causa un danno per le pazienti che si vedono così, di fatto, un diritto negato;

   dal 2014 i laureati in medicina e chirurgia possono accedere alle scuole di specializzazione universitarie di area sanitaria solo dopo aver superato un concorso nazionale che esita in una graduatoria, in base alla quale si procede all'assegnazione dei vincitori alle varie scuole;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il decreto del 13 giugno 2017, ha definito i requisiti e gli indicatori di attività formativa e assistenziale necessari per l'accreditamento delle varie scuole di specializzazione;

   nel 2017 la scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia del Campus Bio-medico di Roma è stata accreditata solo con riserva dall'Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica;

   il campus Bio-medico è retto «da uno Statuto conforme alle finalità e ai principi ispiratori dell'Istituzione, come espressi nella Carta delle Finalità e nel Codice Etico»;

   l'articolo 10 della sopracitata carta delle finalità riporta quanto segue: «Il personale docente e non docente, gli studenti e frequentatori dell'Università si impegnano a rispettare la vita dell'essere umano dal momento iniziale del concepimento fino alla morte naturale. Essi considerano l'aborto procurato e la cosiddetta eutanasia come crimini in base alla legge naturale; per tale motivo si avvarranno del diritto di obiezione di coscienza previsto dall'articolo 9 della legge 22 maggio 1978 n. 194. Si ritiene inoltre inaccettabile l'uso della diagnostica prenatale con fini di interruzione della gravidanza e ogni pratica, ricerca o sperimentazione che implichi la produzione, manipolazione o distruzione di embrioni»;

   l'articolo 11 della sopracitata carta delle finalità afferma quanto segue: «Il personale docente e non docente, gli studenti e i frequentatori dell'Università riconoscono che la procreazione umana dipende da leggi iscritte dal Creatore nell'essere stesso dell'uomo e della donna, ed è sempre degna della più alta considerazione. I criteri morali che devono guidare l'atto medico in questo campo si deducono dalla dignità della persona, dal significato e dalle finalità della sessualità umana. Tutti considerano, pertanto, inaccettabili interventi quali la sterilizzazione diretta e la fecondazione artificiale»;

   gli articoli precedentemente citati a giudizio dell'interrogante si pongono in contrasto con la legge 22 maggio 1978, n. 194 e non consentono un'adeguata e libera formazione agli specializzandi assegnati alla scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia del Campus Bio-medico di Roma;

   oltre a negare un diritto alle pazienti, vi è per l'interrogante, pertanto, anche un danno per gli studenti di medicina e futuri medici –:

   se trovi conferma la notizia di cui in premessa;

   se la notizia fosse confermata, quali iniziative, per quanto di competenza, anche normative, intenda assumere per tutelare il diritto alla libera scelta degli specializzandi e degli studenti sulla possibilità di sollevare obiezione di coscienza, senza imposizione alcuna da parte dei singoli Atenei, nel quadro dell'obiettivo della piena attuazione della legge n. 194 del 1978.
(4-04679)


   FORNARO e ROSTAN. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Campus Biomedico di Roma ha una scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia che, dal 2017, risulta accreditata dall'Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica;

   l'Osservatorio è un organo istituito dal decreto legislativo n. 368 del 17 agosto 1999 (articolo 43) e ha il compito di determinare gli standard per l'accreditamento delle strutture universitarie e ospedaliere per le singole specialità e verificare i requisiti di idoneità delle strutture della rete formativa. Definisce i criteri e le modalità per assicurare la qualità della formazione, monitorandone i risultati. In pratica costituisce l'organo tecnico più importante per la formazione medica specialistica, responsabile di garantire l'adeguatezza dell'intero processo formativo. L'Osservatorio nazionale propone, inoltre, ai Ministri le sanzioni da applicare in caso di inottemperanza;

   nella carta delle finalità dell'università Campus Biomedico di Roma, all'articolo 10, si definisce un crimine l'interruzione volontaria di gravidanza e si impone a studenti e frequentatori l'obiezione di coscienza, in aperta violazione della legge n. 194 del 1978, che riconosce tale diritto come scelta personale e non come linea di condotta imposta dalla scuola o dal posto di lavoro. L'articolo 11 stabilisce che «il personale docente e non docente, gli studenti e i frequentatori dell'Università riconoscono che la procreazione umana dipende da leggi iscritte dal Creatore nell'essere stesso dell'uomo e della donna, ed è sempre degna della più alta considerazione»;

   risulta all'interrogante che sulla base della carta delle finalità il Campus Biomedico predisponga i programmi di studio e che, quindi, nella specializzazione di ostetricia e ginecologia non vengano insegnate le parti che riguardano la contraccezione e l'aborto;

   all'articolo 14 della carta delle finalità si prevede che la selezione degli studenti avvenga «alla luce dei criteri della presente Carta delle finalità e dei criteri deontologici dell'Università.»;

   gli studenti arrivano al Campus Biomedico, come nelle altre università, dopo aver partecipato a un concorso pubblico che assegna le scuole accreditate sulla base di una graduatoria nazionale. Con tanto di trasferimento di fondi pubblici per ogni posto assegnato. Gli studenti, quindi, non possono scegliere dove frequentare la specializzazione –:

   quali siano i criteri e i requisiti che un'istituzione medica deve avere per essere accreditata tra le scuole di specializzazione in Italia;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per garantire in tutte le scuole di specializzazione agli studenti un percorso completo che comprenda contraccezione e interruzione volontaria della gravidanza e che tenga conto del principio di laicità.
(4-04680)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BARBUTO, BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, CARNEVALI, CENNI, CIAMPI, EHM, SABRINA DE CARLO, DEIANA, FRATE, GIANNONE, GRIBAUDO, LA MARCA, MARTINCIGLIO, MURONI, PEZZOPANE, RIZZO NERVO, SARLI, SCHIRÒ, SIRAGUSA, SPORTIELLO e TERMINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2014 per accedere alla scuola di specializzazione i medici devono sostenere un concorso, a seguito del quale vengono assegnati alle scuole accreditate, sulla base di una graduatoria nazionale;

   la scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia del Campus biomedico di Roma, nella sua Carta delle finalità, all'articolo 10 riporta che «Il personale docente e non docente, gli studenti e i frequentatori dell'università si impegnano a rispettare la vita dell'essere umano dal momento iniziale del concepimento fino alla morte naturale. Essi considerano l'aborto procurato e la cosiddetta eutanasia come crimini in base alla legge naturale; per tale motivo si avvarranno del diritto di obiezione di coscienza previsto dall'articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194. Si ritiene inoltre inaccettabile l'uso della diagnostica prenatale con fini di interruzione della gravidanza ed ogni pratica, ricerca o sperimentazione che implichi la produzione, manipolazione o distruzione di embrioni»;

   nello stesso documento, all'articolo 11, si dichiara che: «Il personale docente e non docente, gli studenti e i frequentatori dell'Università riconoscono che la procreazione umana dipende da leggi iscritte dal Creatore nell'essere stesso dell'uomo e della donna, ed è sempre degna della più alta considerazione. I criteri morali che devono guidare l'atto medico in questo campo si deducono dalla dignità della persona, dal significato e dalle finalità della sessualità umana. Tutti considerano, pertanto, inaccettabili interventi quali la sterilizzazione diretta e la fecondazione artificiale»;

   tale Carta definendo «crimine» l'interruzione volontaria della gravidanza ed imponendo a studenti e frequentatori l'obiezione di coscienza, appare agli interroganti in aperta violazione della legge n. 194 del 1978 che, all'articolo 9, riconosce il diritto del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza esclusivamente in base ad una scelta personale, non come linea di condotta imposta dal posto di studio o lavoro;

   tale Carta, che definisce i principi cui devono ispirarsi i programmi di studio, orienta l'insegnamento della scuola di specializzazione su una visione religiosa di scuola e scienza, tanto che nella didattica vengono ignorati temi fondamentali per la professione di ostetrico-ginecologo, quali contraccezione e interruzione volontaria della gravidanza;

   la preparazione fornita dalla scuola di specializzazione del Campus biomedico è dunque per gli interroganti parziale ed incompleta, non tenendo conto dei principi di laicità e libertà di pensiero di cui lo Stato è garante –:

   se il Governo intenda attivare l'Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica, affinché possa verificare in tempi brevi la completezza dei programmi didattici della detta scuola di specializzazione in tema di interruzione volontaria della gravidanza e contraccezione affinché, qualora i summenzionati insegnanti non fossero espletati, si possa procedere alla revoca dell'accreditamento;

   se il Governo possa valutare di specificare nel dettaglio, tra i criteri e i requisiti fondamentali per l'accreditamento, gli argomenti che devono essere obbligatoriamente trattati nei programmi delle scuole di specializzazione, con specifico riferimento all'obbligatorietà dell'insegnamento dell'interruzione volontaria della gravidanza, la contraccezione e la fecondazione medicalmente assistita;

   se il Ministro competente intenda agire nei confronti del Campus Biomedico nelle sedi opportune, nell'ottica della piena applicazione delle norme in vigore, che prevedono il rispetto della legge 22 maggio 1978 n. 194, che non ammette l'imposizione dell'obiezione di coscienza;

   quali iniziative di competenza intenda assumere ai fini della piena attuazione dell'articolo 15 della legge n. 194 del 1978, che impegna le università, le regioni e le aziende ospedaliere a promuovere la formazione e «l'aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza».
(4-04681)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e altri n. 4-02560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rossini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gallo e altri n. 5-03466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Carbonaro.

  L'interrogazione a risposta scritta Comencini e altri n. 4-04654, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Ribolla.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Mandelli n. 1-00022, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 29 del 18 luglio 2018.

   La Camera,

   premesso che:

    nel mese di gennaio 2018 è stato pubblicato il primo rapporto del «Global antimicrobical surveillance system (Glass)», la sorveglianza dell'antibiotico-resistenza coordinata dall'Organizzazione mondiale della sanità, che si propone di contribuire alla lotta all'antibiotico-resistenza sostenendo la sorveglianza a livello globale con un approccio standardizzato alla raccolta e all'analisi dei dati;

    da una prima analisi, allora relativa ai dati provenienti da 22 Paesi, risultava confermata la presenza di alti livelli di resistenza verso infezioni batteriche, sia in Paesi ad alto che a basso reddito;

    secondo tale rapporto, infatti, sono computabili in almeno mezzo milione i casi di persone colpite da infezioni resistenti agli antibiotici;

    il secondo rapporto, presentato nel gennaio 2019 e basato sui dati di 49 Paesi, ha confermato questo quadro preoccupante;

    in particolare, dai dati pubblicati nel rapporto, è emerso che i batteri più resistenti sono escherichia coli, klebsiella pneumoniae, staphylococcus aureus e streptococcus pneumoniae, con ampie differenze nella percentuale di resistenza tra i vari Stati;

    si tratta, peraltro, di una stima inferiore ai dati reali, in quanto nel computo non sono inclusi i dati sulla resistenza del batterio che causa la tubercolosi, considerato che, al riguardo, l'Organizzazione mondiale della sanità fornisce aggiornamenti annuali in un rapporto specifico e che, secondo quest'ultimo, nel 2016 sono stati almeno 490.000 i casi di tubercolosi multiresistente;

    nel novembre 2019 è stato pubblicato anche il report «Surveillance of antimicrobial resistance in Europe 2018»; i risultati si basano sui dati comunicati da 30 Paesi dell'Unione europea e dallo Spazio economico europeo nel 2019 (i dati analizzati si riferiscono al 2018) e dalle analisi delle tendenze dei dati comunicati dai Paesi partecipanti per il periodo dal 2015 al 2018; attraverso i dati del sistema di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza (Ar-Iss), anche l'Italia partecipa alla sorveglianza europea Ears-Net (European antimicrobial resistance surveillance network);

    come negli anni precedenti, la situazione della resistenza antimicrobica in Europa presenta ampie variazioni, a seconda delle specie batteriche, del gruppo antimicrobico e della regione geografica: particolare preoccupazione ha destato l'aumento della percentuale media ponderata per la popolazione dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo per enterococcus faecium resistente alla vancomicina dal 10,5 per cento nel 2015 al 17,3 per cento nel 2018. Contrariamente a molte altre specie sotto sorveglianza, non è stato possibile vedere alcun modello geografico distinto per enterococcus faecium resistente alla vancomicina, poiché sono state riportate percentuali elevate sia dal Sud, dall'Est e dal Nord Europa. Gli alti livelli di resistenza antimicrobica per diverse importanti combinazioni di gruppi di specie batteriche-antimicrobiche segnalati a Ears-Net (European antimicrobial resistance surveillance network) per il 2018 mostrano che la resistenza antimicrobica rimane una seria sfida nell'Unione europea e nello Spazio economico europeo;

    il 5 maggio di ogni anno viene celebrato, in tutto il mondo, il World hand hygiene day, un'iniziativa con cui l'Organizzazione mondiale della sanità punta a focalizzare l'attenzione degli operatori sanitari sull'importanza del lavaggio corretto delle mani per prevenire le infezioni correlate all'assistenza e, conseguentemente, per prevenire fenomeni di resistenza agli antibiotici;

    ogni anno dal 18 al 24 novembre si svolge la settimana mondiale sull'uso prudente degli antibiotici che, unitamente alla giornata sull'uso prudente degli antibiotici (un'iniziativa europea di sanità pubblica), ha come obiettivo la sensibilizzazione sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi;

    l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha pubblicato una revisione delle linee guida sulla valutazione dei medicinali per le infezioni batteriche; nel documento, che recepisce gli esiti dei confronti tra le agenzie, vengono forniti chiarimenti sullo sviluppo clinico di agenti antibatterici per necessità mediche insoddisfatte, in conformità con l'esperienza acquisita in precedenti decisioni regolatorie. È stata infine aggiunta una raccomandazione specifica sui requisiti regolatori europei necessari per lo sviluppo di medicinali per il trattamento delle infezioni del tratto urinario non complicato e della gonorrea: il progetto di linea guida revisionata è stato adottato dal Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp);

    l'obiettivo della suddetta revisione è stato quello di sviluppare un unico documento che unisca i due attualmente vigenti, le linee guida sulla valutazione dei medicinali indicati per il trattamento delle infezioni batteriche (CPMP/EWP/558/95 Rev. 2), adottate nel 2011 e in vigore dal 2012, e l’addendum (EMA/CHMP/351889/2013), adottato nel 2013 e in vigore dal 2014;

    il problema dell'antibioticoresistenza riguarda anche l'Italia, che nel corso del 2018 si è candidata alla partecipazione al sistema di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza Glass organizzato dall'Organizzazione mondiale della sanità, al fine di contribuire al monitoraggio globale con i dati del nostro sistema di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza Ar-Iss e quindi far fronte all'emergenza crescente;

    il nostro Paese è ai primi posti in Europa per consumo di antibiotici negli animali e al secondo posto per consumo umano, oltre a essere tra i Paesi con la prevalenza maggiore di ceppi resistenti (escherichia coli, klebsiella pneumoniae, staphylococcus aureus), che si è attestata tra il 25 per cento e il 50 per cento nel 2015 secondo i recenti dati dell'Ecdc (European centre for disease prevention and control);

    secondo uno studio promosso dall’European centre for disease control e pubblicato dalla rivista Lancet infectious diseases il 1° gennaio 2019, delle 33.000 morti annue attribuibili in Europa a infezioni da patogeni resistenti, un terzo avviene in Italia, a conferma che il nostro Paese è «maglia nera», e il 39 per cento delle infezioni è causato da patogeni resistenti a farmaci di più recente introduzione, quali i carbapenemi e la colistina;

    secondo un rapporto commissionato dal Governo britannico, qualora gli antibiotici non dovessero essere più efficaci, perché i batteri sono diventati resistenti agli antibiotici, si prevedono, nel 2050, dieci milioni di decessi all'anno nel mondo, diventando così la prima causa di morte;

    inoltre, se gli antibiotici dovessero perdere efficacia a causa delle resistenze batteriche, il medico del territorio non potrebbe più curare i pazienti, affetti da infezioni batteriche resistenti al loro domicilio e si vedrebbe costretto a ricorrere al ricovero in ospedale;

    ciò comporta un pesante aggravio di spesa per il servizio sanitario nazionale, ma anche un disagio per il paziente e per i suoi familiari. Da ultimo, si correrebbe il rischio che, durante la degenza in ospedale, il paziente contragga un'infezione ospedaliera che, oltre a prolungare la permanenza, potrebbe anche rivelarsi fatale;

    sebbene in Italia, a partire dai primi anni ’80, siano stati condotti numerosi studi per valutare la frequenza di infezioni ospedaliere, non esiste, tuttavia, un sistema di sorveglianza nazionale pienamente adeguato, visto che la copertura nazionale è sì aumentata, ma è oggi al 36 per cento;

    tra i numerosi casi di infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi) riscontrati ogni anno, si stima che circa il 30 per cento siano potenzialmente prevenibili (135-210 mila) e che siano direttamente causa del decesso nell'1 per cento dei casi (1.350-2.100 decessi prevenibili in un anno);

    per far fronte all'aumento di antibiotico-resistenza, nel nostro Paese è stato adottato un piano nazionale, il Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza (Pncar), valido per il quadriennio 2017-2020;

    il documento, in linea con le indicazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità, ha l'obiettivo di fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per contrastare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza a livello nazionale, regionale e locale, attraverso l'integrazione di tutti i settori interessati: umano, veterinario, sicurezza degli alimenti, agricolo e ambientale;

    in tale impostazione, per raggiungere livelli sempre più elevati di appropriatezza clinica ed organizzativa, è peraltro fondamentale il ruolo dei professionisti (medici, farmacisti, veterinari, altri operatori sanitari e società scientifiche) che operano sul campo;

    a tal fine, è prevista la realizzazione di una campagna nazionale annuale a connotazione intersettoriale sul problema dell'antibiotico-resistenza e sull'uso consapevole di antibiotici mediante il coinvolgimento di operatori sanitari, pazienti e società scientifiche e di categoria;

    il piano stabilisce, inoltre, che, con riferimento alle azioni previste per assicurare la sorveglianza dei consumi degli antibiotici nel settore umano, si instauri un canale di dialogo con le farmacie per la prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici, volto a favorire la corretta informazione della popolazione sull'uso responsabile di antibiotici e su controindicazioni e interazioni tra i farmaci;

    peraltro, nell'ambito della strategia nazionale di contrasto della resistenza agli antimicrobici, tra le azioni chiave vi è il rafforzamento della formazione adeguata e dell'aggiornamento continuo degli operatori sanitari su tutti gli aspetti inerenti alla resistenza agli antimicrobici, quali la conoscenza del fenomeno, delle possibili soluzioni e del ruolo che ciascun operatore sanitario può avere nel suo contesto, sia esso umano che veterinario;

    anche le regioni dovranno contribuire entro lo stesso termine a coinvolgere farmacie e farmacisti nel monitoraggio della dispensazione inappropriata e nella prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici;

    in particolare, allo scopo di monitorare il raggiungimento degli obiettivi fissati, il piano prevede: la definizione di un nuovo accordo servizio sanitario nazionale-farmacie per la prevenzione della salute pubblica e per lo sviluppo di campagne di prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici; la pubblicazione di un rapporto annuale sull'utilizzo di antibiotici; lo sviluppo del processo di raccolta dei dati di appropriatezza prescrittiva e di dispensazione secondo le indicazioni dell'Agenzia italiana del farmaco; l'implementazione del rapporto annuale con i dati del monitoraggio regionale relativi all'appropriatezza prescrittiva e all'appropriata dispensazione ed infine la pubblicazione sul sito del Ministero della salute di un rapporto annuale integrato sull'utilizzo di antibiotici in ambito umano e veterinario, correlati ai dati di antibiotico-resistenza;

    anche con riferimento al settore veterinario, il piano si pone come obiettivo centrale la riduzione del fenomeno dell'antibiotico-resistenza tramite la corretta gestione del farmaco, realizzabile con l'adozione di un sistema informatizzato per tracciare il percorso produttivo e distributivo dei medicinali veterinari con le finalità di: migliorare gli strumenti di analisi, controllo della filiera e sorveglianza a disposizione delle autorità competenti; monitorare e studiare dell'antibiotico-resistenza; favorire l'integrazione con i sistemi per la dematerializzazione della ricetta veterinaria, al fine di snellire le procedure operative attualmente sostenute dagli operatori;

    come evidenziato nel piano, l'entrata in vigore del regolamento (UE) n. 2016/429 relativo alle malattie animali trasmissibili, prevista per il 21 aprile 2021, rafforzerà ulteriormente la base normativa per la sorveglianza e il monitoraggio della resistenza agli antibiotici;

    fino a quando non sia previsto lo stanziamento delle risorse necessarie alla realizzazione dei suddetti interventi, c'è il rischio che il Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza resti un mero piano di intenti, anziché costituire un effettivo piano di azione;

    inoltre, per rafforzare la sorveglianza nazionale dell'antibiotico-resistenza migliorandone la performance e la copertura territoriale, il 18 gennaio 2019 il Ministero della salute ha emesso la circolare sistema nazionale di sorveglianza sentinella dell'antibiotico-resistenza (Ar-Iss) – protocollo 2019, che aggiorna il protocollo della sorveglianza Ar-Iss, attiva dal 2001 con il coordinamento dell'Istituto superiore di sanità; il nuovo protocollo è stato predisposto dal gruppo tecnico di coordinamento della strategia nazionale di contrasto dell'antibiotico-resistenza e del Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza (Pncar) e si focalizza sugli obiettivi, sui metodi e sulle modalità di rilevazione dei dati del sistema di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza, aggiornati sulla base delle attuali condizioni ed esigenze del Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza; il protocollo include anche un documento che esplicita il set di requisiti minimi che i laboratori partecipanti alla sorveglianza devono possedere, allo scopo di definire gli standard minimi di qualità per i laboratori diagnostici che forniscono dati alla sorveglianza dell'antibiotico-resistenza. Il protocollo sarà aggiornato annualmente;

    attualmente presso il Ministero della salute è operativo un gruppo tecnico per il coordinamento della strategia nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza, coerente con le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità nel suo piano globale e al cui interno è stato individuato un gruppo di lavoro sul tema della «formazione»,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse finanziarie alle strutture pubbliche di ricerca e ai concorsi pubblici, finalizzati allo studio di nuove molecole ad attività antibatterica o di associazioni di molecole già note o di strategie terapeutiche innovative mirate al superamento dell'antibiotico-resistenza dei ceppi batterici, causa di infezioni;

2) tenuto conto della scarsa redditività della ricerca in antibioticoterapia, ad assumere iniziative per prevedere forme di sostegno per la ricerca in questo settore;

3) nel campo della sicurezza alimentare, a potenziare, con il sostegno dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, le iniziative volte a proteggere il consumatore dai rischi derivanti dall'utilizzo degli antibiotici nella filiera alimentare, attuando le migliori misure di controllo per ridurre i rischi di insorgenza della resistenza agli antimicrobici nella stessa catena alimentare;

4) ad adottare iniziative per migliorare le condizioni igieniche in tutti gli ambiti, promuovere le buone pratiche per il controllo delle infezioni ospedaliere e sottolineare presso il pubblico l'importanza delle misure di igiene personale, a cominciare dal lavarsi le mani, che sono la base per evitare il diffondersi delle infezioni nei Paesi dell'Occidente industrializzato, come in quelli in via di sviluppo;

5) tenuto conto del fatto che l'uso inappropriato degli antibiotici ed il loro eccessivo consumo è alla base del diffondersi dell'antibiotico-resistenza, a promuovere la ricerca nel settore dei test rapidi che permettano di individuare la natura e l'origine delle infezioni, così da impiegare gli antibiotici solo quando effettivamente necessari e nel modo più mirato possibile;

6) a promuovere, per quanto di competenza, la realizzazione di specifici percorsi formativi per i medici, i farmacisti e gli altri professionisti sanitari coinvolti, incentrati sulle strategie di prevenzione delle resistenze, affinché acquisiscano le modalità più efficaci per sensibilizzare, anche attraverso campagne di educazione sanitaria, i pazienti sull'uso sicuro degli antibiotici, con particolare riguardo all'assunzione corretta, al rispetto di dosi e orari e alla pericolosità della conservazione di eventuali rimanenze del farmaco;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere l'istituzione di osservatori a livello territoriale, con riferimento alle resistenze dei batteri responsabili di infezioni extra-ospedaliere con il coinvolgimento dei laboratori di microbiologia accreditati sul territorio;

8) ad adottare iniziative per prevedere negli allevamenti controlli da parte delle autorità competenti finalizzati a scoraggiare il ricorso agli antibiotici come additivi promotori della crescita animale.
(1-00022) (Nuova formulazione) «Mandelli, Pedrazzini, Bagnasco, Mugnai, Novelli, Versace, Occhiuto, Saccani Jotti».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00319, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 295 del 29 gennaio 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    il regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ha disciplinato i requisiti generali del sistema dell'etichettatura alimentare, fissando le caratteristiche generali relative all'informazione sugli alimenti e alle responsabilità degli operatori del settore alimentare e stabilendo altresì l'elenco delle indicazioni obbligatorie che devono essere riportate;

    in data 8 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231 (entrato in vigore il 9 maggio 2018), recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 e relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;

    il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari ha comunque registrato nel settore produttivo e commerciale uno sviluppo e un'applicazione importante, seppur diversificati, in termini di metodologie e modelli informativi nutrizionali adottati e in uso tra gli operatori del settore alimentare nei diversi Stati membri;

    i più noti e diffusi modelli e metodi di etichettatura comprendono: il «Nordic key hole», in uso da circa 30 anni soprattutto nei Paesi scandinavi (che classifica su scala cromatica le informazioni nutrizionali relative ai relativi alimenti); il modello «Traffic light o a semaforo», adottato nel Regno Unito prendendo spunto dal modello scandinavo precedentemente citato, che abbina la composizione principale dei 5 valori nutrizionali (calorie, grassi, sale, grassi saturi, zuccheri su 100 grammi di prodotto) ad uno dei tre colori tra rosso, giallo e verde; e ancora l’EnlEvolved nutrition label» o «etichetta nutrizionale evoluta»), promossa da sei multinazionali del settore alimentare, progetto però arenato a causa delle pesanti critiche da parte di esperti e associazioni dei consumatori;

    tra le varie tipologie di etichettatura alimentare sperimentate e sviluppate all'interno dell'Unione europea, il cosiddetto «Nutri-score», sviluppato da un centro di ricerca francese e riconosciuto dal Governo francese, è quello intorno al quale si è incentrato in misura importante il recente dibattito politico-economico ed internazionale negli ultimi mesi;

    la questione ha assunto crescente rilevanza specie in relazione alla petizione, promossa da un'associazione dei consumatori francese (Ufc-Que choisir) attraverso lo strumento della «iniziativa dei cittadini europei», mediante la quale i proponenti chiedono testualmente alla Commissione europea di «imporre l'obbligo di un'etichettatura semplificata “Nutri-score” sui prodotti alimentari, al fine di tutelare la salute dei consumatori e garantire che vengano loro fornite le informazioni nutrizionali di qualità»;

    il citato «Nutri-score» – la cui imposizione obbligatoria a tutti gli Stati membri, da parte della Commissione europea, è richiesta e desiderata dai promotori della petizione – è il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia, che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E;

    tale strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori francesi denominato Eren («Équipe de recherche en epidémologie nutritionnelle») e consiste in un sistema a punteggio, il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food standards agency del Regno Unito: un modello, quest'ultimo, che a sua volta, peraltro (come dimostrato da autorevoli studi), non darebbe alcuna certezza nello stabilire il nesso tra il tipo di alimento e i rischi concreti per la salute;

    «Nutri-score» è, inoltre, un marchio registrato presso l'Euipo, vale a dire, l'Ufficio per la tutela della proprietà intellettuale dell'Unione europea, dall'Ansp, dall'Agenzia francese per la sanità pubblica (Agence nationale de santé publique), ente amministrativo pubblico sotto l'autorità del Ministero della salute francese;

    la citata iniziativa ha suscitato – comprensibilmente – forti reazioni, a livello internazionale, oltre che nel mondo politico, anche nel settore scientifico, economico e produttivo e tra le associazioni dei consumatori, con particolare riferimento a quei profili e rilievi di perplessità, preoccupazione e giustificato allarme sotto diversi profili:

     a) dal punto di vista scientifico riguardo all'effettiva idoneità – non pacificamente riconosciuta e anzi oggetto di numerose perplessità – della stessa metodologia «Nutri-score» a fornire informazioni nutrizionali e qualitative sugli alimenti realmente in grado di supportare la finalità di tutela della salute dei consumatori;

     b) dal punto di vista economico, con riferimento al prevedibile impatto negativo che un simile sistema di etichettatura potrebbe generare sull'economia nazionale di quei Paesi, come in primis l'Italia, per i quali il comparto alimentare con le sue eccellenze universalmente riconosciute rappresenta il settore di punta ed una delle principali componenti del prodotto interno lordo: economie che, evidentemente, risulterebbero fortemente penalizzate e svantaggiate dall'irragionevole ipotesi dell'introduzione obbligatoria e coatta di un simile sistema informativo;

    alla luce delle diverse considerazioni avanzate da più voci del mondo scientifico, economico, produttivo e politico, il sistema di etichettatura in argomento sarebbe invero molto distante dalla finalità dichiarata, volta ad un presunto e generico perseguimento di obiettivi di tutela della salute dei consumatori, mentre più verosimilmente, ad avviso dei firmatari del presente atto, appare molto più vicina ad uno sfacciato, quanto maldestro ed intollerabile, tentativo di pressione politica sulle istituzioni europee mascherato da «politica salutista»;

    si tratta di un tentativo, peraltro, facilmente riconducibile all'iniziativa governativa di un singolo Stato membro, la Francia, a suo palese ed evidente vantaggio e ad altrettanto evidente e palese svantaggio di quegli Stati membri che, in ragione dell'elevata qualità e dei livelli di eccellenza della propria produzione alimentare (produzione che, per quanto riguarda l'Italia, non conosce rivali), risultano fortemente competitivi;

    il rischio insito in questo sistema è quello dell'emergenza formale, in sede europea, di una politica economica e commerciale, oltre che sleale, anche ostile e aggressiva, idonea ad alterare la concorrenza del mercato, favorendo alcune economie e penalizzandone altre, in netta contrapposizione, peraltro, con i valori e le finalità istitutive e fondative dell'Unione europea che, vale la pena ricordare, perseguono ben altri obiettivi di rafforzamento della coesione economica e solidarietà tra gli Stati membri e dell'innalzamento dei livelli di benessere e del tenore di vita dei cittadini europei, in una logica di integrazione e solidarietà;

    in Italia, a seguito della sperimentazione avviata nel 2018, è stata elaborata una proposta di etichettatura nazionale supplementare – cosiddetta «a batteria» – con la finalità di fornire al consumatore un'informazione chiara della presenza di alcuni nutrienti, utile a collocare l'alimento all'interno di una dieta varia e bilanciata, in grado di prevenire, in maniera efficace e scientificamente valida, l'obesità ed i rischi associati alle malattie cardiocircolatorie;

    il sistema, la cui caratteristica innovativa è quella di far riferimento alla quantità di nutrienti per singola porzione, risultando così di facile utilizzo per il consumatore, è stato sottoposto a sperimentazione, conclusasi nel novembre 2019, sulla base di un protocollo elaborato da Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) e dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con la società Nielsen, e gli esiti della sperimentazione hanno evidenziato l'interesse dei consumatori per il sistema per la sua semplicità e chiarezza a testimonianza della sua validità nella difesa del made in Italy, comprese le dop e le igp;

    l'esclusione però dei prodotti dop e igp dall'applicazione prevista dallo schema di decreto rischia di rendere meno autorevole il sistema italiano, sia nei confronti dei consumatori sia nei confronti del dibattito che si sta svolgendo a Bruxelles per l'individuazione di un sistema armonizzato,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi vigorosamente in sede europea mediante l'attivazione di tutti gli strumenti utili a contrastare l'ipotesi di adozione del «Nutri-score» o del sistema a «semaforo», quali sistema di etichettatura uniforme suscettibile di veicolare messaggi nutrizionali distorsivi e potenzialmente penalizzanti e dannosi per l'economia nazionale;

2) ad adottare iniziative per preservare e tutelare il settore alimentare italiano e le eccellenze del made in Italy da possibili effetti distorsivi sulla concorrenza e sulla leale competizione economica internazionale di politiche europee e interne al mercato comune sviluppate sulla base di iniziative di singoli Governi di altri Stati membri e connotate da non trascurabili elementi di ostilità e aggressività, come nel caso del «Nutri-score» o di quello a «semaforo»;

3) a sostenere alternativamente, in sede europea, un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari idoneo a rilanciare la fondamentale esigenza di diffondere la dieta mediterranea, riconosciuta a livello mondiale dall'Unesco come bene immateriale transnazionale;

4) ad integrare la proposta italiana di un'etichettatura «a batteria» per gli alimenti con un richiamo visivo alla dieta mediterranea;

5) a promuovere, sia in sede europea che internazionale e globale, il riconoscimento dell'importanza delle specificità alimentari a marchio dop e igp ed il loro profondo valore culturale, oltre che alimentare, promuovendo etichettature specifiche che valorizzino tali prodotti e li escludano o li esentino dall'obbligo di adottare sistemi che non li distinguono da qualsiasi altro prodotto alimentare privo delle caratteristiche peculiari e irripetibili che li contrassegnano;

6) a promuovere nei sistemi di etichettatura nutrizionale in ambito internazionale ed europeo il riferimento alla quantità di nutrienti per singola porzione e, nel contempo, ad attivarsi a livello europeo affinché venga definita e resa omogenea la definizione di porzione per tutti gli alimenti;

7) a riconsiderare l'opportunità di esclusione dei prodotti dop e igp, anche in relazione alle ulteriori sperimentazioni dell'uso del sistema di etichettatura nutrizionale volontaria NutrInform battery ed al dibattito che si sta svolgendo a Bruxelles;

8) a monitorare il mercato nazionale ed europeo adottando le iniziative di competenza affinché le pratiche di scontistica dei prodotti, che riportano in etichetta il colore verde, siano vietate come pratica sleale.
(1-00319) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Luca De Carlo, Caretta, Ciaburro, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Centemero n. 5-02901 del 14 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Pellicani n. 5-03197 del 26 novembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Gadda n. 5-03363 del 10 gennaio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Incerti n. 5-03513 del 7 febbraio 2020.