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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 27 gennaio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il territorio dello Stato italiano è costituito al 55 per cento da zone montane, le cui specifiche caratteristiche climatiche, ambientali, geografiche e morfologiche ne hanno ampiamente condizionato e determinato numerosi aspetti culturali e socioeconomici e, nonostante tale evidenza, queste aree sono ad oggi gestite secondo gli stessi criteri adottati per la gestione delle aree a maggiore densità di popolazione e dei principali centri urbani siti in località pianeggianti;

    le criticità naturali tipiche dei territori montani, l'impianto normativo manifestamente inadeguato ed i criteri utilizzati nella gestione degli stessi rendono vieppiù difficoltosa la presenza delle popolazioni nei territori montani, messa ulteriormente in difficoltà da incomprensibili ed obsolete lungaggini burocratiche;

    almeno un quarto della popolazione delle aree rurali e montane del Paese non ha accesso a connessioni internet ad alta velocità, riscontrando conseguenti difficoltà nell'accesso a servizi telematici, televisivi e radiofonici;

    le zone montane e rurali costituiscono il 65 per cento del territorio dell'Unione europea, ospitando il 57 per cento della popolazione dell'Unione e generando il 46 per cento del valore aggiuntivo lordo;

    le zone montane rappresentano un presidio a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico del Paese, costituendo un patrimonio collettivo la cui salvaguardia impone oneri e costi che ad oggi gravano quasi esclusivamente sulle comunità che vi vivono, incrementando le numerose difficoltà che queste devono affrontare;

    tali problematiche hanno determinato una crescente insostenibilità economica delle comunità situate in aree montane e rurali, le quali sono soggette ad un continuo spopolamento, soprattutto di giovani, che abbandonano le comunità alla ricerca di opportunità in aree urbane, incrementando a sua volta i costi per il mantenimento delle aree montane e rurali, e i danni generati dall'abbandono;

    è responsabilità dello Stato, ai sensi della Costituzione, garantire uguali opportunità a tutti i cittadini e rimuovete ogni ostacolo che ne impedisca l'autorealizzazione, rendendo dunque auspicabile porre attenzione sulla «questione montana», anche nella sua dimensione umana, coinvolgendo e istituzioni locali;

    l'articolo 44 della Costituzione offre una «protezione costituzionale» a tutela delle aree montane, protezione poi confermata dalle possibilità di cooperazione messe a disposizione dall'Unione europea, come l'accordo Eusalp;

    la crescente scarsità delle risorse naturali, tema la cui importanza è stata accresciuta dal fenomeno dei «cambiamenti climatici» richiede di riportare il patrimonio ambientale, le risorse naturali e dunque anche le aree rurali e montane del Paese al centro del dibattito, richiamando l'importanza di stipulare un nuovo patto tra cittadino e territorio;

    la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane» ha delineato un quadro strategico nel quale muoversi per incrementare le tutele nei confronti delle zone montane e rurali, esigenza poi confermata dalla risoluzione del 3 ottobre 2018 del Parlamento europeo (2018/2720(RSP)), la quale ha ribadito il ruolo centrale delle aree interne, rurali e montane nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea;

    nonostante gli sforzi normativi sia della legge 25 luglio 1952, n. 991, recante «Provvedimenti in favore dei territori montani» sia della legge 31 gennaio 1994, n. 97, la definizione di «montanità» resta un elemento poco chiaro e oggetto di controversie, al netto di una mancata armonizzazione tra quadro regolamentare europeo, nazionale e regionale;

    il 29 gennaio 2019 è stata presentata una proposta di legge, tuttora in attesa di essere discussa, per istituire e disciplinare le zone franche di montagna (ZFM), con lo scopo di salvaguardare e promuovere lo sviluppo delle aree montane e di favorire la residenzialità e l'imprenditorialità in questo tipo di territori;

    il Politecnico di Torino, l'università degli studi di Torino, la regione Piemonte, la città di Mondovì, l'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (Uncem) del Piemonte, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e la Fondazione Collegio Carlo Alberto, centri di eccellenza, hanno siglato nel 2016 un Memorandum of understanding per ripensare i modelli di sviluppo delle Alte Terre europee in occasione della decisione dell'Unione europea di individuare una strategia unica per la costituenda Macroregione Alpina, prevedendo l'istituzione di iniziative di eccellenza a supporto della sostenibilità delle Alte Terre;

   l'incontro tra iniziative di eccellenza e collaborazioni tra pubblico e privato per elaborare soluzioni allo spopolamento delle aree rurali e montane, anche con la finalità di realizzare strategie di sviluppo sostenibili del territorio, se gestito e pianificato in modo adeguato può contribuire positivamente alla creazione di posti di lavoro e di ricchezza;

   in data 31 gennaio 2020 il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha convocato una seduta plenaria degli «Stati Generali della Montagna» e si ritiene opportuno che il Parlamento, tramite la presente mozione, segni alcuni punti di visione strategica sul tema, anche al fine di orientare l'azione del Governo in materia,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative necessarie per garantire la piena attuazione dell'articolo 44, secondo comma, della Costituzione, armonizzando e dando luogo ad una definizione unica di «montanità», e adottando, per le aree ricadenti sotto questa categoria, politiche improntate alla semplificazione degli oneri burocratici ed amministrativi che ricadono sulle popolazioni risiedenti nelle terre alte, riconoscendone la tipicità;

2) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per riconoscere il ruolo dei piccoli comuni, dando loro la possibilità di associarsi in federazioni di comuni, riconoscendone le peculiarità, anche tramite confronti con le istituzioni locali;

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per sostenere progetti ed iniziative che mettano in sinergia enti di ricerca, società civile, istituzioni ed enti locali, anche al fine dell'elaborazione di strategie di sviluppo sostenibile delle «Alte Terre»;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per sviluppare approcci integrati per l'erogazione di servizi di alta formazione di supporto allo sviluppo sostenibile delle «Alte Terre», prevedendo anche la collaborazione tra pubblico e privato, istituzioni e università e agevolando, ove applicabile, il ricorso a fondi strutturali europei e l'iniziativa privata;

5) ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, per garantire la sopravvivenza delle Unioni montane, anche garantendo la possibilità per le varie Unioni di federarsi, e interpretando un ruolo di mediatore tra Unioni montane e istituzioni adibite alla ricerca ed all'alta formazione;

6) a individuare e porre in essere le necessarie iniziative di competenza per sostenere e valorizzare la presenza dei giovani nelle Unioni montane, valorizzando il patrimonio edilizio, agevolando la partecipazione alle attività culturali e sportive, garantendo lo sviluppo delle infrastrutture di rete 5G e la diffusione della connessione a banda larga, l'accessibilità alla formazione, ai servizi pubblici ed ai servizi di trasporto anche e soprattutto in quelle aree a fallimento di mercato quali quelle montane;

7) ad adottare tutte le iniziative di competenza necessarie per sviluppare la strategia europea Eusalp, garantendo agli enti locali una maggiore partecipazione nelle sue strategie di definizione, ponendo in essere il necessario supporto logistico ed agevolando la comunicazione e la cooperazione anche con i comuni montani dei Paesi al confine con l'Italia;

8) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per contrastare lo spopolamento delle aree rurali e montane, anche tramite semplificazioni degli oneri amministrativi, incentivi fiscali, sviluppo delle infrastrutture di rete e delle infrastrutture di trasporto;

9) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo per la creazione, contestualmente al periodo di programmazione dei Fondi di coesione Ue 2021-2027, di un fondo per il finanziamento di politiche specifiche per le aree interne, rurali e montane, a sostegno anche della tipicità e specificità delle Unioni montane;

10) ad adottare le iniziative necessarie per riconoscere il ruolo delle Unioni montane nei contesti elettorali nella definizione dei collegi;

11) ad assumere tutte le necessarie iniziative, per quanto di competenza, per agevolare la formazione di accordi e politiche comuni tra le regioni alpine e appenniniche in materia di politiche ambientali e gestione dei parchi;

12) a individuare ed adottare le iniziative normative necessarie per garantire alle Unioni montane un maggiore decentramento amministrativo e libertà di gestione dei propri tenitori, incrementando il ruolo «sussidiario» dello Stato centrale ed incrementando l'autonomia dei territori;

13) ad adottare iniziative per sostenere lo sviluppo del turismo rurale e dell'agroturismo montano tramite maggiori semplificazioni amministrative ed esenzioni fiscali, preservando al contempo la specificità di tali aree, come le tradizioni ed i prodotti locali tipici;

14) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per rivitalizzare le aree interne, rurali e montane del Paese in fase di spopolamento, attuando una differenziazione fiscale al fine di favorire investimenti pubblici e privati, la nascita di nuove imprese, la residenzialità e il contrasto all'abbandono del territorio, garantendo altresì un'efficiente manutenzione delle infrastrutture locali spesso danneggiate dal maltempo e seguendo la pratica delle «zones de revitilisation rurale» (ZRR) predisposte dalla Repubblica francese a tutela delle Unioni montane;

15) ad adottare le necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire l'erogazione di servizi essenziali alla popolazione residente quali servizi legati alla sanità, trasporti, istruzione, poste e telecomunicazioni, tenendo in considerazione le difficoltà legate alla loro predisposizione in contesti territoriali impervi e di non facile gestione;

16) ad adottare iniziative per individuare modalità di compensazione dello sfruttamento delle risorse naturali presenti sul territorio delle aree interne, rurali e montane a vantaggio prioritario e diretto della popolazione residente, in forma di sgravi e compensazioni fiscali, col fine di garantire una gestione del territorio e delle comunità sostenibile;

17) ad indirizzare le azioni delle politiche per la montagna a favore e tutela della tipicità delle singole Unioni montane, adottando iniziative anche normative, per favorire l'istituto della federazione di comuni rispetto a quello della fusione o dell'unione dei comuni;

18) ad adottare tutte le iniziative necessarie per svolgere un ruolo di mediatore tra regioni alpine ed enti locali, promuovendo un patto sociale tra aree urbane ed aree interne, rurali e montane, anche valutando di adottare iniziative normative per introdurre forme di rappresentanza politica derivanti, oltre che dalla consistenza numerica, dall'estensione del territorio;

19) ad adottare iniziative per valutare la definizione e la predisposizione di compensazioni e strumenti perequativi per ricompensare la salvaguardia e la tutela del patrimonio ambientale, anche per la prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta da chi abita la montagna dando nuova considerazione alla manutenzione, al presidio e alla tutela del patrimonio come servizi di pubblica utilità erogati a vantaggio dell'intera comunità;

20) ad assumere iniziative volte a garantire la riduzione o, almeno, a evitare ulteriore aggravio per i costi di carburante nelle aree montane, posto che oggi il carburante costa di più perché i costi di trasporto in montagna sono caricati sul consumatore e c'è scarsità di punti di rifornimento, e ad assicurare la diminuzione, in tale aree, degli importi dei pedaggi autostradali;

21) ad adottare iniziative di competenza per elaborare un Piano di sostegno alla residenzialità abitativa e commerciale per le località montane attraverso specifiche politiche di riduzione fiscale;

22) a valutare la possibilità di adottare iniziative per rivedere l'aliquota del 22 per cento per i comuni di montagna, o, almeno, per lasciare parte degli introiti derivanti dall'applicazione di detta aliquota sul territorio per destinarli ai più importanti investimenti infrastrutturali;

23) ad adottare iniziative per rivedere le modalità di calcolo per l'assegnazione delle risorse finalizzate all'erogazione dei servizi ai territori, attualmente basata sul numero degli abitati degli stessi, al fine di evitare che la riduzione dei servizi dovuta al già grave fenomeno di spopolamento ne possa generare un ulteriore peggioramento.
(1-00317) «Lollobrigida, Meloni, Ciaburro, Luca De Carlo, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone che l'Unione debba provvedere a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni riferendosi, tra l'altro, alle aree che presentano permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le zone rurali, le aree montane e quelle periferiche;

    l'articolo 44 della Costituzione italiana prevede espressamente che la legge disponga provvedimenti a favore delle zone montane. A tal fine, nel corso della storia repubblicana, diverse leggi si sono susseguite, ultima delle quali la legge n. 97 del 1994, recante «Nuove disposizioni per le zone montane»;

    nel corso della precedente legislatura è stata approvata, quale atto conclusivo di un dibattito politico-parlamentare iniziato nel 2001, la legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni», considerando come tali quelli con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Si tratta di una platea di 5.498 comuni su un totale di 7.914 (69,5 per cento), dove risiedono (dati Istat 2017) poco meno di dieci milioni di abitanti, cioè il 16,3 per cento del totale dei cittadini italiani;

    i piccoli comuni in Italia sono essenzialmente i comuni montani: sulla base della definizione oggi vigente in Italia sono totalmente montani 3.460 comuni (cioè con territorio con una altitudine media attorno ai 500-600 metri di altezza). Questi comuni coprono il 48 per cento della superficie nazionale con il 13 per cento della popolazione (circa 8 milioni). La densità di popolazione è circa un terzo della media nazionale;

    nell'ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020, è stato dato avvio, in attuazioni delle norme primarie sopra descritte, alla Strategia nazionale per le aree interne (Snai) diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrarre, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle più lontane dai servizi di base. La strategia ha individuato 72 aree interne di intervento, che comprendono 1.077 comuni, per 2.072.718 abitanti e un territorio di 51.366 chilometri quadrati, poco meno di un sesto del territorio nazionale;

    nella mappa di riferimento della Snai, sono stati classificati come periferico ed ultraperiferico il 30 per cento del territorio nazionale, con il 7,6 per cento della popolazione che vive ad una distanza di oltre 40 minuti dai centri di servizio. È stato classificato come intermedio un ulteriore 29,2 per cento del territorio, con il 14,9 per cento della popolazione, con una distanza compresa tra 20 e 40 minuti. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 314) ha incrementato di 200 milioni, di cui 60 milioni per il 2021 e 70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, le risorse nazionali destinate alla Snai per un complesso di risorse che ammontano, per il periodo 2015-2023, a 481,2 milioni;

    la legge finanziaria per il 2013 ha istituito il fondo nazionale integrativo per i comuni montani, classificati interamente montani, dotato di 5 milioni l'anno. Le quattro annualità 2014-2017 sono state destinate al contrasto della desertificazione commerciale che oggi riguarda oltre mille comuni italiani, dei quali 200 già rimasti senza un negozio e senza un bar e altri 500 sono con meno di tre esercizi. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1 comma 314) ha disposto l'istituzione, presso il dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022;

    numerose sono state le misure per la realizzazione di opere pubbliche nei piccoli comuni tra il 2013 e il 2020. A partire dal programma «6.000 campanili» l'importo complessivo delle risorse stanziate tra il 2013 e il 2017 a tale scopo, secondo l'accurata disamina del Servizio studi della Camera, è stato di 900 milioni di euro. Nella corrente legislatura, la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 107) ha stanziato 400 milioni (di cui 207 destinati ai piccoli comuni) per investimenti relativi alla messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale. Il «decreto crescita» (decreto-legge n. 34 del 2019, articolo 30) ha destinato ai 5.498 piccoli comuni 50.000 euro l'uno, pari a 274,9 milioni, per interventi per lo sviluppo territoriale sostenibile;

    la legge di bilancio 2020, ha assegnato ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 per l'anno 2022, 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Per il riparto è previsto un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro la data del 31 gennaio 2020;

    occorre prendere positivamente atto dell'attenzione che i Governi della precedente e della presente legislatura hanno prestato alle opere pubbliche e agli interventi per i comuni piccoli e grandi. Ma si tratta di misure che mancano del carattere di organicità, concentrate su specifici aspetti o sulla realizzazione di lavori pubblici. Gli investimenti in medie e piccole opere pubbliche non creano direttamente sviluppo, anche ne sono i prodromi. Certo, creano occupazione e reddito per le imprese locali. Ma in termini più generali, anche considerando che una strada funzionale o un ponte o una scuola ricostruiti sono elementi che sostengono la crescita economica, occorre tener presente che i 1.282 milioni spesi tra il 2013 e il 2019 di fatto non hanno contrastato la crisi dei piccoli comuni, delle aree interne e delle aree montane, con il conseguente abbandono dei territori. Nel 1951 la popolazione montana rappresentava il 41,8 per cento sul totale nazionale, oggi la percentuale è scesa al 26 per cento;

    viceversa un'agevolazione fiscale per l'insediamento, un contributo a fondo perduto o un prestito agevolato ad una attività economica, se indirizzati ad una platea indistinta di soggetti, ma riferita ad una specifica area territoriale, sono moltiplicatori diretti di sviluppo. Una presenza umana può essere garantita solo con interventi di concreta agevolazione, che si discostino dal mero assistenzialismo o dall'assegnazione di risorse una tantum. L'assunto che questa parte politica sostiene è il seguente: è solo lo sviluppo economico, sorretto da adeguate politiche di welfare che ferma la crisi economica, produttiva e demografica delle aree montane e interne;

    emblematico dell'incapacità delle pubbliche amministrazioni di muoversi in questo senso è quanto accaduto in merito all'esito dei progetti relativi ai piani di sviluppo rurale (Psr) del periodo 2014-2020 o a valere sulla misura «resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017 che è finanziata con le risorse del fondo sviluppo e coesione: gli errori di programmazione delle amministrazioni regionali, in particolare nelle regioni del (SUP), hanno determinato il respingimento del 55 per cento (oltre 20 mila domande) delle quasi 39 mila presentate da giovani aspiranti imprenditori agricoli, con punte di oltre il 75 per cento di domande respinte in Basilicata, Calabria e Puglia, con il rischio di perdere i fondi messi a disposizione dall'Unione europea e la prospettiva, per i giovani aspiranti, di perdere la propria quota di investimento. Il risultato è la perdita di un potenziale di mezzo miliardo all'anno di valore aggiunto che le giovani imprese avrebbero potuto sviluppare;

    la legge n. 158 del 2017, che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, che si prefigura appunto di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni, dispone di un fondo per lo sviluppo strutturale, economico le sociale, di soli 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, pari a 2,5 euro a testa per anno per abitante. Nella proposta originaria che la Camera aveva approvato nel 2016, erano presenti un fondo per incentivare la residenza nei piccoli comuni di 20 milioni e un fondo sviluppo strutturale di 40 milioni per due anni. Inoltre, era previsto un piano di sviluppo territori rurali, con oneri a carico dei Fondi dell'Unione europea. In più, le due prime proposte delle commissioni contenevano un terzo fondo per il recupero e riqualificazione dei centri storici 50 milioni di euro per due anni. In totale 115 milioni di euro l'anno a regime;

    la legge n. 158, oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre due anni dall'entrata in vigore, totalmente inattuata. Manca il piano nazionale, mancano i criteri per la salvaguardia e il mantenimento di servizi essenziali. Manca il piano per l'istruzione destinato alle zone rurali e montane, inattuate risultano anche altre previsioni di sviluppo territoriale. Manca persino l'individuazione dei parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni che possono accedere alle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, che dovevano essere emanati entro il 17 marzo 2018 con un decreto interministeriale;

    il territorio italiano è costituito per circa il 35 per cento da montagne, percentuale decisamente superiore alla superficie pianeggiante, che è pari a circa il 23 per cento. La montagna rappresenta una peculiarità indiscutibile del territorio nazionale, caratterizzata da paesaggi naturali bellissimi e incontaminati. Non a caso l'innovativa «legge Galasso» degli anni ’80, oggi trasfusa nell'articolo 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio, assicurava la protezione delle montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri per la catena appenninica e per le isole, riconoscendo loro il valore di «aree di ricarica», cioè di produzione e rigenerazione dell'aria e dell'acqua e di conservazione della biodiversità;

    si tratta quindi di riconoscere alla montagna il «servizio» prestato alla pianura e di coniugare la sfida ambientalista del Green new deal lanciato dall'Unione, con lo sviluppo economico che è necessario assicurare a coloro che scelgono di insediarvisi per vivere o portare avanti la propria attività. Si tratta di recuperare patrimoni edilizi abbandonati (secondo una ricerca del Cescat - Centro studi casa ambiente e territorio di Assoedilizia, in Italia esistono oltre 2 milioni di case abbandonate e disabitate, prevalentemente ubicate nei piccoli comuni, nelle campagne e in montagna), rimettere a coltura terreni e pascoli abbandonati, riconoscere all'agricoltura di montagna il suo ruolo di presidio idrogeologico, riportare le attività commerciali e artigianali nei piccoli comuni, decentrare il turismo indirizzandolo verso le migliaia di meravigliosi borghi che punteggiano il nostro territorio;

    il rapporto «La montagna perduta» Cer-Uncem del 2016 denuncia i rischi dello spopolamento ma evidenzia che l'abbandono dei piccoli centri avviene solo dove le politiche pubbliche di sostegno alle attività economiche e di welfare non sono lungimiranti. Val d'Aosta e Trentino Alto Adige, negli ultimi 40 anni hanno registrato un incremento di popolazione tra i più alti d'Italia, sono oggi le regioni più «giovani» del Paese e quelle più capaci di moltiplicare la ricchezza interna;

    l'Unione europea, peraltro offre il medesimo indirizzo: con più risoluzioni il Parlamento europeo ha richiamato la Commissione sulla politica di coesione nelle regioni montane d'Europa: la risoluzione approvata il 3 ottobre 2018 (2018/2720(RSP) chiede espressamente che «l'Agenda dell'Unione europea per le zone rurali, montane e periferiche favorisca lo sviluppo socioeconomico, la crescita e la diversificazione dell'economia, il benessere sociale, la protezione della natura nonché la cooperazione e l'interconnessione con le zone urbane al fine di promuovere la coesione e prevenire il rischio di frammentazione territoriali»,

impegna il Governo:

1) anche con riferimento al contributo e agli indirizzi che è necessario offrire agli «Stati generali della montagna» convocati dal Ministro per gli affari generali e le autonomie per il 31 gennaio 2020, ad assumere iniziative per:

   a) dare piena attuazione alla legge n. 158 del 2017 recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, dotandola di risorse adeguate, al fine di consentire il perseguimento delle finalità in essa previste;

   b) prevedere la costituzione di fondi per incentivare la residenza nei piccoli comuni, anche mutuando le esperienze regionali già in corso;

   c) valutare la possibilità di istituire zone montane a fiscalità di vantaggio sulla base del grado di marginalità, del rischio di desertificazione economica e commerciale e del calo demografico nell'ultimo quinquennio;

   d) definire misure compensative riconoscendo la funzione di salvaguardia delle «aree di ricarica» montane, di cui all'articolo 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, nonché di gestione degli equilibri territoriali e di prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta dai cittadini, dagli operatori economici e delle comunità insistenti nelle aree montane;

   e) rafforzare la tutela del paesaggio nelle aree montane non solo come elemento necessario per la qualità della vita dei cittadini, ma anche come corretta interazione tra attività antropiche e ambiente naturale, anche valutando l'utilizzo a tale scopo di quota parte delle risorse previste per il Green new dalla legge di bilancio per il 2020;

   f) adottare misure volte a consentire la sollecita erogazione delle risorse, a valere sui fondi assegnati ai piani di sviluppo rurale (Psr) o alla misura «resto al Sud» di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, volte a favorire l'insediamento di giovani imprenditori nelle aree marginali, agricole e montane del Paese;

   g) introdurre specifiche misure di welfare (sanità, trasporti, istruzione, servizi pubblici) per le aree montane del Paese, migliorando le finalizzazioni delle risorse della Strategia nazionale per le aree interne e ridefinendo a livello nazionale i criteri di inclusione nelle aree di intervento, al fine di evitare disparità di trattamento ed esclusioni, derivanti da criteri di selezione aggiuntivi adottati dalle regioni;

   h) al fine di ridurre il divario infrastrutturale e le «distanze fisiche» con le altre aree del Paese, prevedere che l'Agenda digitale in corso di attuazione comprenda un capitolo montagna, tramite il quale sia data priorità nella posa della banda ultralarga alle aree «bianche» montane e periferiche, anche in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 158 del 2017;

   i) introdurre specifiche e più efficaci misure volte: a favorire la ricomposizione fondiaria; a ridefinire il compendio unico in agricoltura di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228; a consentire il recupero degli immobili, dei terreni e dei pascoli abbandonati; a riconoscere la multifunzionalità delle aziende agricole insediate nelle zone montane;

   l) redigere un testo unico delle leggi sulla montagna, in cui siano raccolte tutte le disposizioni e i fondi ad essa riferite, coordinandole con le strategie di intervento economico e ambientale in corso di attuazione.
(1-00318) «Vietina, Novelli, D'Ettore, Bond, Sandra Savino, Brunetta, Porchietto, Napoli, Ruffino, Occhiuto, Pella, Giacometto».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e IX,

   premesso che:

    con lettera del 15 novembre 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea in data 10 gennaio 2020, la Commissione europea comunica all'Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 108, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in merito all'esclusione dall'Ires dai porti italiani;

    in particolare, si richiede al Governo italiano di fornire proprie controdeduzioni entro trenta giorni dalla data di pubblicazione, ovvero entro il 10 febbraio 2020, in merito alla suddetta questione;

    nel dettaglio, il procedimento è stato avviato sul presupposto che l'esenzione dall'Ires delle Autorità di sistema portuale (AdSP) sia in violazione dell'articolo 107 del Tfue;

    tale documento fa seguito alla decisione – adottata in data 8 gennaio 2019 – in cui la Commissione europea propone al nostro Paese, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, di adottare opportune misure atte ad abolire la vigente esenzione dall'imposta sulle società per i porti in Italia e a garantire che i porti che svolgono attività di natura economica siano assoggettati allo stesso regime di imposta sulle società che si applica alle imprese private;

    nella lettera si ritiene pertanto che il Governo debba abolire l'esenzione vigente dall'imposta sulle società per i porti in Italia e garantire che i porti che svolgono attività di natura economica siano assoggettati allo stesso regime di imposta che si applica alle imprese;

    l'Italia ha sempre giustificato tale esenzione, come richiamato nello stesso documento dell'istituzione europea, dalla costante interpretazione e applicazione dell'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il nostro Paese ha sempre sostenuto che le Autorità portuali siano parte integrante della pubblica amministrazione, svolgendo compiti e servizi di matrice pubblicistica, conseguentemente assoggettabili alle disposizioni di cui all'articolo 74 del Tuir citato, ove si determina l'esclusione degli enti pubblici dall'applicazione dell'Ires di cui al titolo II, capo I, dello stesso testo unico;

    peraltro, la Commissione non considera, ai fini dell'esclusione di cui all'articolo 74 del Tuir richiamato, la circostanza che esse contribuiscono al perseguimento dell'interesse pubblico generale, mentre si qualifica una parte delle attività delle AdSP come attività d'impresa, dal momento che svolgono «attività commerciali», e pertanto ricadono nel novero delle imprese ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Tfue e pertanto da assoggettare ad Ires;

    la nostra esenzione, pertanto, costituirebbe aiuto di Stato, anche considerato il fatto che la Commissione non riterrebbe applicabili le deroghe previste dallo stesso Trattato;

    ciò deriverebbe da una interpretazione inesatta, a parere dei presentatori del presente atto di indirizzo, dal momento che i servizi forniti dall'autorità in parola, ai sensi della normativa vigente, con particolare riferimento al codice della navigazione, sono soggetti alla vigilanza ed al controllo dal Corpo delle Capitanerie di porto – guardia costiera, dipendente a sua volta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Se ne desume che il complesso dei «servizi portuali» citati dalla lettera ricadrebbero nel novero del pubblico servizio;

    inoltre, l'erogazione di tali servizi, a detta della Commissione, porrebbe le AdSP nella posizione di «entrare in concorrenza con altri fornitori di tali servizi che operano sul mercato», mentre è evidente, a parere dei presentatori del presente atto, che le autorità operano sui servizi nelle parti comuni del porto e che questi – per ovvi motivi di sicurezza – non possono essere affidati al mercato e debbono ricadere conseguentemente nel novero dell'interesse pubblico;

    nel corso degli incontri avviati per risolvere la querelle ingenerata dalla decisione dell'8 gennaio 2019, l'Italia non ha mai accettato di separare le attività delle AdSP che producono reddito, al fine di assoggettare almeno queste ultime alle imposte sulle imprese;

    difatti, in base alla legislazione vigente, l'utilizzazione degli spazi portuali è assegnata alle autorità in quanto funzionali allo svolgimento di funzioni di rango pubblicistico, come su richiamato, non già al perseguimento dell'interesse economico derivante dai ricavi delle attività ivi operate;

    inoltre, l'attività delle autorità si svolge mediante atti tipici amministrativi, quali autorizzazioni e concessioni. Da ciò discende che è preminente l'interesse pubblico rispetto all'ottica di mercato che prevede la massima utilizzazione economica e reddituale della risorsa portuale;

    non appare quindi possibile assimilare i canoni dell'utilizzazione degli spazi portuali a rendite di attività di locazione presente in altri Paesi europei ove si adotta un modello di mercato, ove la finalità è per l'appunto la massimizzazione della redditività nell'utilizzo della risorsa portuale;

    a tal proposito si noti che nei porti italiani ove non è istituita una AdSP, tali funzioni sono affidate al Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, che – come ricordato – è un soggetto dipendente dalla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegnano il Governo:

   ad adoperarsi presso le istituzioni europee al fine di addivenire ad una revisione della decisione della Commissione europea di cui in premessa, dal momento che i presupposti da cui parte non risponderebbero, a parere dei firmatari del presente atto, alla realtà normativa sinteticamente descritta;

   a promuovere l'organizzazione di un tavolo tecnico a livello ministeriale finalizzato alla definizione di un complesso di controdeduzioni da inoltrare alla Commissione europea e finalizzate ad ottenere un mutamento significativo del suo orientamento, fino alla sospensione della menzionata decisione.
(7-00400) «Paita, Del Barba, Nobili, Ungaro».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    in Italia operano da ormai quarant'anni le mutue di autogestione (Mag) con finalità di finanza mutualistica e solidale, svolgendo un ruolo sociale importante per le collettività di riferimento, non soltanto come finanziatori di progetti di valore sociale promossi esclusivamente da propri soci e non semplici clienti, ma anche come supporto tecnico per l'avvio e lo sviluppo di progetti no profit nonché promotori di un diverso rapporto con il denaro e con la finanza tradizionalmente intesa;

    poiché «autogestione» significa utilizzo esclusivo di risorse proprie o dei propri soci, le Mag non usano la leva del debito verso altri soggetti finanziari, non creando dunque in alcun modo rischi sistemici;

    le Mag presenti sul territorio italiano e attualmente operanti sono sei, con sedi in Milano, Reggio Emilia, Firenze, Torino, Venezia, Reggio Calabria;

    la finanza mutualistica e solidale opera con criteri stringenti e inequivocabili, che la portano a prestare particolare attenzione alla provenienza del denaro, a gestirlo con modalità partecipative, a perseguire sempre finalità sociali nell'erogazione del credito: per potersi definire mutualistica e solidale tutta l'attività finanziaria del soggetto e tutte le attività ad essa collegate devono uniformarsi infatti ai seguenti princìpi:

     a) accesso al credito senza discriminazioni basate su patrimonio, sesso, etnia o religione;

     b) preferenza da sempre per le garanzie personali, a prescindere dal patrimonio dei garanti, rispetto a quelle di natura finanziaria;

     c) concessione dei finanziamenti sulla base di un'analisi del contesto socio-ambientale del socio richiedente, oltre che sulla base dell'istruttoria economica;

     d) trasparenza, partecipazione e mutualità come requisiti fondanti di tutta l'attività, che si manifestano principalmente nella massima trasparenza nella determinazione dei tassi di interesse applicati, che devono essere composti di due soli elementi, ovvero costi di gestione della struttura e mantenimento del valore reale del capitale preso a prestito e nella massima trasparenza nella gestione della struttura e nelle decisioni relative alla concessione del credito, con esplicite previsioni di forme di partecipazione dei soci e di pubblicità dei finanziamenti concessi, del denaro raccolto delle principali decisioni strategiche, fino alla possibilità per tutti i soci di assistere alle sedute del consiglio di amministrazione e alla determinazione di sistemi di conoscenza, scambio e collaborazione fra prestatori e finanziati;

     e) forma cooperativa della struttura, con partecipazione paritetica di soci lavoratori, finanziatori e finanziati;

    la finanza mutualistica e solidale è stata disciplinata dal combinato disposto degli articoli 1 e 16 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 176 del 2014, emanato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 111 del Testo unico bancario (Tub). Rispetto ai parametri generali previsti dal medesimo articolo 111 del Tub, l'articolo 16 del decreto ministeriale – anche in considerazione delle peculiarità della finanza mutualistica e solidale – ha previsto specifici limiti operativi per le Mag, tra cui il limite massimo di erogazione di finanziamenti, nei confronti di un medesimo beneficiario, pari a 75 mila euro. L'articolo 1 del richiamato decreto ministeriale individua, invece, i beneficiari delle operazioni di credito. Nello specifico è necessario che i lavoratori autonomi e le imprese siano titolari di una partita Iva da meno di cinque anni, altresì, le imprese individuali ed i lavoratori autonomi non possono avere un numero di dipendenti superiori a 5 unità, mentre, per le società di persone, le società a responsabilità limitata semplificata e le società cooperative è prescritto un numero di dipendenti non soci non superiore alle 10 unità. Infine, per le imprese sono prescritti anche limiti dimensionali pari a 200.000 euro di fatturato, 300.000 euro di attivo patrimoniale e 100.000 di indebitamento bancario. In linea di principio il limite di indebitamento bancario risponde ad esigenze di stabilità patrimoniale del sistema nel suo complesso, mentre i due requisiti di fatturato ed attivo patrimoniale sono particolarmente stringenti e limitano notevolmente l'operatività delle Mag;

    le esperienze di finanza mutualistica e solidale hanno riscontrato un forte interesse sociale e molti investitori, consapevolmente, sottoscrivono i relativi strumenti finanziari di partecipazione. Le esigenze del legislatore e delle autorità di vigilanza, da un lato, si sostanziano nell'opportunità di promuovere tali esperienze di finanza mutualistica e solidale e, dall'altro, di tutelare gli investitori, in questo caso soci, nell'ambito della cornice normativa di riferimento, nonché di garantire la stabilità del sistema nel suo complesso. In tale ottica sarebbe, quindi, opportuno rivedere i parametri di riferimento previsti dagli articoli 1 e 16 del decreto ministeriale n. 176 del 2014;

    in primis, nell'ottica di garantire la diversificazione del rischio e la stabilità del sistema nel suo complesso, sarebbe opportuno eliminare il limite di 75 mila euro per singolo finanziamento e rapportare il valore di ogni singolo finanziamento ad una percentuale specifica del patrimonio disponibile. D'altro canto, sarebbe altrettanto opportuno ampliare la platea dei beneficiari e in luogo dei limiti dimensionali di 200.000 euro di fatturato, 300.000 euro di attivo patrimoniale e 100.000 di indebitamento bancario, converrebbe estendere l'operatività delle Mag alle microimprese, che, ai sensi della raccomandazione della Commissione europea n. 361 del 6 maggio 2003, recepita dal Ministero dello sviluppo economico con il decreto emanato il 18 aprile 2005, sono le imprese con fatturato massimo di 2 milioni di euro e non più di 10 dipendenti non soci. Estendere l'operatività al novero delle microimprese consentirebbe alle Mag di diversificare meglio il rischio operativo grazie alla possibilità di finanziare imprese con fatturato ed attivi patrimoniali,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche valutando di modificare le disposizioni di cui al decreto ministeriale n. n. 176 del 2014, al fine di:

   a) estendere l'ambito di operatività delle mutue di autogestione (Mag) alle microimprese così come individuate dalla raccomandazione della Commissione europea n. 361 del 6 maggio 2003, recepita dal Ministero dello sviluppo economico con il decreto del 18 aprile 2005;

   b) introdurre nuovi limiti al volume complessivo di finanziamenti erogabili nei confronti di un medesimo beneficiario, parametrando gli stessi ad una percentuale massima non superiore al 10 per cento del patrimonio netto complessivo delle Mutue di autogestione;

   c) introdurre nel testo unico bancario una specifica disciplina della finanza mutualistica e solidale al fine di evitare sovrapposizioni improprie con soggetti che abbiano finalità sociali, caratteristiche e obiettivi differenti.
(7-00401) «Zanichelli, Scagliusi, Martinciglio, Cancelleri, Pastorino».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    il consumo e l'abuso di alcol fra i giovani e gli adolescenti è un fenomeno preoccupante e sempre più in crescita nonostante in Italia sia in vigore la legge 8 novembre 2012 n. 189 che pone il divieto assoluto di somministrare e vendere bevande alcoliche ai minori di 18 anni;

    i comportamenti di consumo diffusi tra i giovani richiedono una particolare attenzione e adeguati interventi, per la possibilità di gravi implicazioni di ambito non solo sanitario ma anche psico-sociale, data la facilità di associazione con altri comportamenti a rischio quali: assenze scolastiche, riduzione delle prestazioni scolastiche, aggressività e violenza, incidenti stradali, oltre alle possibili influenze negative sulle abilità sociali e sullo sviluppo cognitivo ed emotivo;

    essi possono, inoltre, portare a condizioni patologiche severe come l'intossicazione acuta alcolica o l'alcoldipendenza:

    secondo gli ultimi dati statistici disponibili nella relazione al Parlamento, presentata alle Camere il 29 aprile 2019 (Doc CXXV n. 1) sugli interventi realizzati nel 2018 in materia di alcol e problemi correlati, si rileva che 800 mila minorenni italiani di età compresa tra i 16 e i 17 anni a fronte di 8,6 milioni di adulti sono consumatori a rischio; 68 mila sono le persone in carico presso i servizi di alcol dipendenza, di cui il 27,1 per cento sono nuovi utenti;

    in particolare, va sottolineato che il consumo di alcol può determinare danni organici acuti quale l'intossicazione alcolica responsabile di molteplici accessi al pronto soccorso, può causare alterazioni comportamentali che influenzano operazioni delicate (guida di veicoli), può modificare le relazioni personali (risse e agiti violenti); il consumo cronico può essere poi responsabile della dipendenza in cui si verificano alterazioni importanti a livello cognitivo, organico e psichico;

    secondo l'organizzazione mondiale della sanità il consumo a rischio varia a seconda dell'età, del sesso e di altre condizioni fisiologiche o patologiche intercorrenti;

    per rendere maggiormente omogeneo e semplice il calcolo si considera la misura delle Unità alcoliche (Ua) che corrispondono a:

     1 bicchiere di birra 330ml o bevanda a 4.5°;

     1 bicchiere di vino 125ml o bevanda a 12°;

     1 aperitivo di 80ml o bevanda a 18°;

     1 bicchiere di cocktail alcolico di 40ml o bevanda a 36°;

    in base a questo si considerano bevitori a rischio i ragazzi che bevono qualsiasi bevanda alcolica sotto i 18 anni; i consumatori di più di una unità alcolica in età compresa fra 20 e i 25 anni e oltre i 65 anni; le donne adulte che consumano più di 1 unità alcoliche al giorno; gli uomini adulti che consumano più di 2 unità alcoliche al giorno e tutti coloro che assumono più di 5 unità alcoliche in una unica serata, modalità nominata binge drinking molto diffusa tra la popolazione giovanile e che indica una modalità di «consumo eccessivo episodico» concentrato in un arco ristretto di tempo (nell'arco di due ore di tempo), di bevande alcoliche di qualsiasi tipo in modo consecutivo;

    bevitori a rischio sono anche tutti gli adulti in presenza di alcuni fattori quali terapie farmacologiche in atto o stato di gravidanza;

    questi dati indicano che qualsiasi uso di alcolici in ragazzi al di sotto dei 18 anni può determinare un rischio elevato per la salute nonché lo sviluppo di un comportamento di abuso;

    il precoce consumo di alcol nei giovani, specialmente in quelli sotto i 20 anni mette questi a rischio, in particolar modo le ragazze, visto che l'organismo femminile presenta una massa corporea inferiore rispetto all'uomo, minor quantità di acqua corporea e meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell'alcol, più dei ragazzi. Ciò avviene perché l'enzima epatico alcol-deidrogenasi, quello che permette la metabolizzazione dell'alcol, funziona molto meno rispetto agli adulti, e, quindi, a parità di quantità di bevande alcoliche assunte corrisponde un livello di alcolemia maggiore con la possibilità di danni maggiori soprattutto a livello neuronale e del fegato;

    l'uso della bevanda alcolica è in genere associata a momenti ludico-ricreativi e la sua assunzione avviene, almeno per i giovani, lontana dai pasti;

    ad aggravare questo quadro, già di per sé critico, bisogna ricordare che molte volte le modalità sono spesso associate a delle vere e proprie abbuffate alcoliche chiamate «binge drinking» che, dall'aperitivo fino all'uso di alcolici più significativi come vodka, rum e gin bevuti lungo il corso della serata causano frequenti accessi in pronto soccorso per gravi stati di intossicazione;

    la popolazione giovanile è scarsamente consapevole del rischio sia sul piano della salute individuale che sul quello del rischio sociale come quello di essere postati sui social network in situazioni imbarazzanti ed essere esposti così allo scherno; inoltre, l'uso di sostanze alcoliche è tra le prime cause di morte tra i giovanissimi, spesso in seguito a incidenti stradali;

    in ambito nazionale il piano nazionale di prevenzione (Pnp) per il quinquennio 2014-2018 prorogato al 2019 dall'intesa Stato-regioni del 21 dicembre 2017 ha individuato in due macro obiettivi, le strategie di prevenzione del consumo dannoso e rischioso di alcol da attuare per la fascia di popolazione giovanile e per le età successive. Le strategie da attuare prevedono azioni svolte in setting specifici per giungere ad incidere sulla popolazione giovanile (scuole, famiglie, luoghi di svago);

    sulla base di questo piano, le regioni, nell'ambito dei propri piani regionali di prevenzione (Prp), hanno attivato programmi volti a ridurre il consumo di alcol, privilegiando in particolare interventi specifici nel setting scuola e nei luoghi di lavoro;

    in virtù di quanto suggerito dal Pnp, i nuovi livelli essenziali di assistenza (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017) hanno inserito l'offerta di counseling individuale, quale prestazione individuale da erogare per la promozione tra le altre cose anche del consumo di alcol;

    infine la legge n. 125 del 2001 «Legge quadro in materia di alcol e problemi alcol correlati» ha previsto diversi interventi da realizzare ai fini della prevenzione, della cura e della riabilitazione delle patologie e delle problematiche alcol correlate. Tra questi sono da annoverare anche gli interventi per i quali la legge prevede uno stanziamento di risorse economiche al fine di promuovere campagne di informazione istituzionale, volte alla prevenzione dei danni alcol correlati e risorse destinate alle regioni, al fine di monitorare le attività regionali in attuazione del disposto legislativo,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per rafforzare le misure di contrasto alla diffusione del fenomeno di assunzione di alcol soprattutto tra gli adolescenti e i minori promuovendo campagne informative mirate di contrasto all'uso di tale sostanza attraverso i vari canali di comunicazione come televisione, radio, internet, social network e altro;

   ad adottare iniziative per finanziare programmi e azioni di couseling e presa in carico da parte dei servizi di prevenzione, accoglienza e cura delle dipendenze (Serd) delle aziende sanitarie volti a diminuire comportamenti di abuso alcolico, specialmente nella fascia di età dei giovani e giovanissimi;

   ad approvare in tempi rapidi il nuovo piano nazionale della prevenzione 2020- 2025 e a portare a termine le fasi conclusive per l'esecutività dei nuovi livelli essenziali di assistenza;

   a promuovere, per quanto di competenza, in ambito scolastico programmi volti a far conoscere e a far crescere la consapevolezza circa i danni provocati dall'abuso di alcool ai giovani e le conseguenti responsabilità dei comportamenti in danno a sè ed agli altri, nonché circa danni biologici, fisici e psichici relativi all'assunzione e ai comportamenti in danno a sé e agli altri, nonché circa danni biologici, fisici e psichici relativi all'assunzione e all'abuso di alcol in giovane età;

   a promuovere, per quanto di competenza, in particolare in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano, iniziative volte all'autocontrollo dell'alcolemia all'uscita di locali pubblici incentivando l'uso dell'Alcoltest da parte dei clienti nonché corsi di informazione e formazione per il personale ivi impegnato ad esempio barman, DJ, animazione, personale addetto alla sicurezza sulle conseguenze dell'uso e dell'abuso di sostanze alcoliche nei giovani e giovanissimi.
(7-00402) «Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Schirò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO, GALANTINO, CIABURRO e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2019 è stato pubblicato dallo Stato maggiore della difesa il nuovo regolamento per la disciplina delle uniformi per i militari in congedo e per le associazioni d'arma (SMD-G-010), il quale al capitolo VII prevede che:

    a) ai militari delle categorie in congedo è sempre precluso l'uso dell'uniforme al fine di evitare ogni possibile confusione con i militari in servizio, ad eccezione di particolari casi legati all'espletamento di funzioni/incarichi di interesse della Difesa, espressamente richiamati da specifiche disposizioni;

    b) ai militari in congedo non in temporanea attività di servizio delle Forze di polizia è sempre precluso l'uso dell'uniforme;

    c) i militari delle categorie in congedo in temporanea attività di servizio, ai fini dell'uniforme, sono tenuti all'osservanza di tutte le norme in vigore;

    d) i militari in congedo iscritti alle Associazioni d'Arma formalmente riconosciute dal Ministero della difesa, che partecipano a cerimonie o a eventi ovvero che prendono parte ad attività connesse con gli scopi/finalità dell'Associazione, sono autorizzati ad indossare solo gli elementi uniformologici e gli accessori eventualmente stabiliti da ciascuna Forza armata;

   l'uniforme porta con sé un alto valore simbolico relativo al senso di appartenenza e al patriottismo e una sua preclusione all'uso, come previsto dal capitolo VII del suddetto regolamento, potrebbe risultare particolarmente restrittiva;

   la preclusione, oltre tutto, riguarda anche le attività addestrative che militari in congedo svolgono al fine di mantenere un adeguato profilo professionale;

   a titolo d'esempio, l'Unuci (Unione nazionale degli ufficiali in congedo d'Italia), che conta circa 23.000 iscritti, collabora regolarmente con le autorità militari nell'addestramento del personale in congedo, e conseguentemente svolge diverse attività con le confederazioni similari degli ufficiali della riserva dei Paesi alleati –:

   quale sia la posizione del Governo al riguardo e quali iniziative stia valutando di intraprendere in merito alle problematiche esposte in premessa.
(4-04537)


   GAVINO MANCA, MURA, FRAILIS, GARIGLIO e PIZZETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come già evidenziato nell'interrogazione n. 5-00979, la strada statale 291 Sassari-Alghero riveste una fondamentale importanza strategica nel sistema viario regionale, collegando tra loro due centri di riferimento per il territorio della parte settentrionale dell'isola come Sassari e Alghero, e garantendo l'accessibilità allo scalo aeroportuale di Alghero-Fertilia;

   la strada statale 291, inoltre, rientra nelle priorità d'intervento della «rete fondamentale» prevista nel piano regionale dei trasporti (deliberazione di giunta regionale n. 66/23 del 27 novembre 2008);

   tra il 2014 e il 2015 sono state stanziate le risorse necessarie per la realizzazione del primo lotto, pari a complessivi di euro 125.000.000;

   il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, in conformità al parere tecnico istruttorio espresso dalla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, ha espresso parere negativo alla dichiarazione di compatibilità ambientale, alla localizzazione e all'approvazione del progetto definitivo, evidenziando nel punto «i» che «il PPR non prevede la costruzione di strade a quattro corsie all'interno della cosiddetta fascia costiera»;

   il testo completo dell'articolo delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale, tuttavia, prescrive che nella fascia costiera non è ammessa la realizzazione di «nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, fatte salve quelle di preminente interesse statale e regionale, per le quali sia in corso la procedura di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente autorizzate dalla Giunta Regionale»;

   il potenziamento dell'itinerario Sassari-Alghero attraverso la realizzazione di una nuova strada a 4 corsie è stato avviato alla fine degli anni ’90 con la realizzazione del primo tratto Sassari - bivio Olmedo, completato nel 2002;

   il progetto del secondo tronco ha avuto parere favorevole sulla compatibilità ambientale e urbanistica dell'opera;

   tale progetto, era suddiviso in 4 lotti ed in seguito allo stanziamento delle risorse necessarie, i lotti 2 e 3 sono stati realizzati e aperti al traffico rispettivamente il 25 ottobre 2013 e il 18 luglio 2013;

   il lotto 1, pertanto, non può essere qualificato come una «nuova strada», in quanto, all'entrata in vigore del piano paesaggistico regionale nel 2004, l'intervento nella sua interezza era già inserito nei documenti programmatici e pianificatori regionali e nazionali, e autorizzato dal punto di vista ambientale che urbanistico;

   l'intervento oggetto di valutazioni di impatto ambientale non rappresenta quindi il progetto di una nuova strada, ma di un'opera a suo tempo già autorizzata e approvata da tutti i soggetti competenti, che ora, in ragione delle modifiche attuate per tenere conto delle novazioni normative nel frattempo intervenute, è stata sottoposta ad una nuova procedura autorizzativa;

   il lotto 1 non può dunque essere considerato come una nuova strada, in quanto fa parte dell'intervento generale già autorizzato nel 2003 e parzialmente già realizzato;

   la soluzione della strada a 2 corsie, inoltre, contrasta apertamente con le prescrizioni formulate dal Cipe nella seduta del 1° maggio 2016: il Cipe ha stabilito il rinvio a nuova istruttoria precisando che la nuova soluzione progettuale dovesse «essere sviluppata nel rispetto del completamento omogeneo del Lotto 1, da un punto di vista del mantenimento delle caratteristiche geometriche coerenti con quelle dei lotti 2 e 3, che come noto presentano una sezione a carreggiate separate da due corsie ciascuna»;

   il Nord ovest Sardegna con Porto Torres e l'aeroporto di Alghero necessita di infrastrutture interne di alta qualità per lo sviluppo economico del territorio e del turismo –:

   quali iniziative intenda intraprendere affinché sia completata l'opera secondo le richieste delle istituzioni locali coincidenti alle esigenze del territorio rappresentato, tenuto conto che il giudizio conclusivo in ultima istanza spetterà al Cipe.
(4-04545)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, affida ad un commissario straordinario unico il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali a garantire l'adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea pronunciate il 19 luglio 2012 (causa C-565/10) e il 10 aprile 2014 (causa C-85/13) in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue;

   sulla base del citato disposto normativo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2017 è stato nominato il professor Enrico Rolle;

   l'articolo 4-septies, comma 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, ha esteso la competenza del commissario di Governo anche alle procedure di infrazione n. 2014/2059 e n. 2017/2181 che interessano circa la metà dei comuni calabresi;

   il settore della depurazione riveste un ruolo fondamentale per il territorio calabrese oltre che per le ovvie motivazioni infrastrutturali e ambientali, anche per la qualità delle acque di balneazione che sono una delle maggiori attrattive del turismo calabrese;

   secondo l'interrogante invece del commissariamento governativo, sarebbe stato più opportuno un affiancamento dei Ministeri competenti alla regione Calabria e ai comuni interessati dal deficit infrastrutturale –:

   a che punto sia l'attività del commissario di Governo nella realizzazione e nel completamento degli interventi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue in Calabria.
(4-04552)


   GAGLIARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni non sono mancati contrapposizioni, anche forti, tra fonti comunitarie e fonti interne in materia di beni pubblici e, nello specifico, di uso dei beni appartenenti al demanio marittimo concessi a privati per attività turistico-ricreative;

   in via generale, i beni pubblici possono essere suddivisi in due sottocategorie: a) beni pubblici in senso stretto, che appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico; b) beni di interesse pubblico appartenenti ai privati;

   il «demanio marittimo» da sempre ha presentato rilevanti profili di problematicità, tanto relativi al suo oggetto quanto al suo utilizzo, anche in considerazione della morfologia territoriale del nostro Paese. Formano oggetto dello stesso, in base al combinato disposto degli articoli 822 del codice civile e dell'articolo 28 del codice della navigazione, i seguenti beni: il lido del mare, la spiaggia, le rade, i porti marittimi, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare;

   rispetto all'utilizzazione, attraverso lo strumento concessorio, dei beni del demanio marittimo, ed in particolar modo delle spiagge per ovvi motivi di interesse economico, sono emerse complesse questioni in ragione di noti interventi in ambito comunitario che attengono principalmente ai principi di eguaglianza e di libertà di stabilimento;

   il diritto al rinnovo automatico delle concessioni in scadenza, ex legge n. 10 del 2001, è stato ritenuto inattuabile a seguito dell'emanazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno n. 06/123/CE del 12 dicembre 2006. La cosiddetta direttiva servizi o Bolkestein tratteggia un quadro normativo di riferimento volto a garantire la libera circolazione dei servizi nel mercato unico, eliminando gli ostacoli «alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri»;

   il sistema italiano di affidamento delle concessioni demaniali ha da sempre posto problemi di compatibilità con la direttiva comunitaria;

   si è infatti sostenuto da più parti che le spiagge non debbano rientrare nella «direttiva Bolkestein» poiché si tratta di beni e non di servizi;

   com'è noto la cosiddetta «questione balneare» derivante dall'applicazione al settore della cosiddetta direttiva Bolkestein è stata affrontata in maniera definitiva con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 682 e 683. Tali norme, condivise e sostenute dall'intero Parlamento, statuiscono la proroga della durata di 15 anni delle concessioni demaniali marittime in essere, oltre a prevedere un'articolata procedura per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime;

   il riordino doveva avvenire con l'emanazione entro il 30 aprile 2019 di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

   la bozza di questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da mesi purtroppo vaga nelle diverse strutture ministeriali coinvolte e in attesa della sua formalizzazione regnano, tra gli operatori del settore – sono circa 30.000 le imprese balneari con oltre 100.000 addetti diretti – la paralisi e la confusione;

   così l'estate 2020 rischia di essere la più calda degli ultimi decenni, in quanto potrebbero essere in pericolo non solo i servizi di spiaggia ma, soprattutto, l'immagine turistica dell'Italia; se non dovessero giungere, in tempi brevi, atti significativi da parte del Governo, c'è il rischio concreto ed imminente dell'avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea –:

   se il Governo sia a conoscenza dei vari problemi di cui in premessa e quali siano gli impedimenti che non consentono, ad oggi, l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 1, commi 682 e 683, della legge n. 145 del 2018, provvedimento indispensabile per l'economia italiana e per i livelli occupazionali che il settore relativo ai servizi di balneazione annualmente garantisce.
(4-04558)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Conferenza di Berlino sulla situazione libica, a sommesso giudizio dell'interrogante, ha da una parte evidenziato la debolezza della politica estera europea e dall'altra, ha sancito che gli attori rilevanti in Libia sono ormai il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin;

   nonostante ciò le conclusioni della Conferenza di Berlino offrono un appiglio per consentire all'Italia di tornare a giocare un ruolo strategico;

   fra le conclusioni più rilevanti, oltre al cessate il fuoco e all'embargo, vi è la auspicata e condivisa previsione di un processo politico per arrivare a un governo unico;

   Al Serraj, unico attore riconosciuto sino ad oggi dall'Onu e dall'Italia, è infatti ormai legato troppo indissolubilmente alla Turchia, alle mire espansioniste di Erdogan e alle strategie energetiche del sultano;

   la conclusione auspicata a Berlino di dar vita ad un governo unico e condiviso, rectius l'auspicio della «creazione di un Consiglio presidenziale funzionante e di un singolo, unitario, inclusivo ed effettivo Governo nazionale libico approvato dal Parlamento» è indice della volontà della comunità internazionale di integrare il generale Haftar nel processo politico, sottraendolo nel contempo alla sola soluzione militare;

   tale circostanza consente al Governo italiano di riprendere l'iniziativa, senza rimanere costretto a scelte di campo decise in altri tempi e altri momenti;

   inizialmente la scelta di campo a favore dell'esecutivo di Tripoli era giustificata, oltre che dalla scelta della comunità internazionale, anche dalla necessità di difendere i legittimi interessi di Eni e di controllare i flussi migratori;

   l'accordo turco-libico consente, viceversa, ad Ankara di rivendicare un'egemonia territoriale sul Mediterraneo orientale;

   l'accordo turco-libico, nei fatti, pregiudica gli interessi nazionali italiani in termini di approvvigionamento energetico;

   il patto di assistenza militare di Erdogan, oltretutto, si sostanzia nell'invio di mercenari jihadisti ed ex ribelli siriani a Tripoli, con ciò trasformando la Libia in una piattaforma per tutti i terroristi islamici anche di rientro da Siria e Iraq e costituendo un fondato pericolo per la sicurezza nazionale;

   il governo di Tripoli sembra sempre più allontanarsi dall'egida dell'Onu, per assumere i tratti del governo fatalmente eterodiretto dal sultano Erdogan;

   è inoltre probabile che l'accordo con Erdogan pregiudichi, in potenza, il controllo dei pozzi off-shore della Tripolitania da parte di Eni e limiti in ogni caso le attività di Eni nel Mediterraneo;

   a ciò si aggiunga che Al Serraj fatalmente dovrà condividere il controllo dei flussi migratori unitamente a Erdogan, già esperto nelle trattative con l'Europa nelle politiche di contenimento dei flussi;

   in tal modo, il sultano Erdogan avrebbe il controllo non solo della cosiddetta rotta balcanica, ma anche di quella mediterranea, potendo aumentare, ad avviso dell'interrogante, il suo potere contrattuale e/o ricattatorio nei confronti dell'Europa intera;

   i predetti traumatici mutamenti di scenari prodotti dal prepotente ingresso della Turchia nello scenario libico e le conclusioni della Conferenza di Berlino sulla necessità di dare vita ad un governo i di unità nazionale, integrando in un ruolo politico e non solo più militare il generale Haftar, consentono all'Italia di riprendere l'iniziativa politica in Libia, privilegiando i suoi interessi energetici e di sicurezza nazionale ed assumendo nuovamente la dignità di forza «super partes» –:

   alla luce dei predetti mutamenti di scena sullo scacchiere libico, quale sia la strategia del Governo in ordine alla crisi, agli interlocutori privilegiati e alla necessità di un governo di unità nazionale e quali siano le garanzie eventualmente richieste ad Al Serraj in ordine a temi rilevanti quali la sicurezza nazionale e l'approvvigionamento energetico dopo il prepotente ingresso sulla scena della Turchia di Erdogan.
(5-03424)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 7 gennaio 2020 si è tenuto a Bruxelles un mini vertice tra i Ministri degli esteri di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna, alla presenza dell'Alto Rappresentante per la politica estera comunitaria, Josep Borrell;

   secondo diverse fonti giornalistiche, nel corso del predetto vertice è stato ipotizzato di riattivare, sia via mare che via aerea, la missione cosiddetta EunavforMed – Sophia e, segnatamente, di realizzare un «blocco navale» al largo delle coste libiche –:

   quale sia stata, nel corso del predetto vertice, la posizione del Governo italiano in ordine al cosiddetto «blocco navale» e segnatamente se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale condivida la necessità, l'opportunità e la legittimità di un «blocco navale» finalizzato anche a contenere il trasporto di materiale bellico in Libia.
(5-03429)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA MARCA e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2020, n. 6, è stato pubblicato il decreto che sancisce il «taglio» di ventisette uffici consolari onorari, tra agenzie, consolati e viceconsolati;

   la soppressione degli uffici è proiettata in diverse aree, con particolare concentrazione in Finlandia e in Brasile, ma non esclude realtà come il Messico, gli Usa, la Gran Bretagna, la Svizzera e il Giappone, nelle quali il nostro Paese ha interessi specifici e importanti;

   il decreto, anche a causa dell'omissione delle ragioni che l'hanno motivato, sembra in controtendenza con la linea di blocco della soppressione delle strutture consolari e di reintegrazione dell'organico gravemente depauperato per il decennale blocco del turnover, una linea di azione che si è evidenziata negli ultimi anni;

   i consolati onorari, che funzionano in virtù della collaborazione volontaria e non onerosa degli incaricati, costituiscono per alcuni essenziali servizi un'utile rete di integrazione delle strutture consolari, tanto più necessaria nelle realtà nelle quali le distanze delle comunità rispetto agli uffici consolari sono notevoli e i contatti disagevoli o dove i tempi di attesa sono molto lunghi –:

   quali siano le ragioni che hanno indotto alla chiusura di un numero così considerevole di sedi di consolati onorari e a limitare la presenza della rete di servizi forniti dall'amministrazione italiana;

   se esista un piano di apertura di nuovi consolati onorari in aree di particolare interesse strategico, in sedi di particolare concentrazione di connazionali o in Paesi di notevoli dimensioni territoriali.
(4-04535)


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i Com.it.Es. sono organismi rappresentativi della collettività, eletti direttamente dagli italiani residenti all'estero in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno 3 mila connazionali;

   i Com.it.Es. sono composti da 12 o 18 membri, a seconda che vengano eletti in Circoscrizioni consolari con un numero minore o maggiore di 100 mila connazionali residenti, come risultano dall'elenco aggiornato utilizzato per eleggere i rappresentanti al Parlamento nazionale;

   con il decreto-legge n. 67 del 2012 si era disposto un riordino della normativa riguardante le procedure di elezione dei membri dei Com.it.Es., prevedendo tra l'altro, la modalità del voto informatico per tale tipologia di elezioni e rinviando un successivo regolamento l'attuazione della disposizione;

   occorre evidenziare che l'analisi dell'impatto della regolamentazione, eseguita su tale decreto, aveva rilevato che il voto informatico, oltre a rispondere alle esigenze di modernizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione, avrebbe implicato una spesa nettamente inferiore rispetto al voto per corrispondenza, comportando un costo non superiore a due milioni di euro, ossia un decimo delle somme normalmente impiegate per le operazioni di voto per corrispondenza;

   a causa del mancato regolamento, però, le ultime elezioni per la nomina dei membri dei Com.it.Es., indette nel 2015, si sono svolte attraverso il cosiddetto voto per corrispondenza –:

   quale sia lo stato attuale dello studio di fattibilità sull'applicazione del voto informatico alle consultazioni elettorali all'estero;

   quali iniziative il Governo intenda adottare affinché le prossime elezioni per il rinnovo dei membri dei Com.it.Es, possano svolgersi attraverso il sistema di voto informatico.
(4-04542)


   EHM. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Costa d'Avorio è il quarto Paese per provenienza dei migranti che sbarcano in Europa, in particolare in Italia;

   l'economia di questo Paese è in crescita. Dopo una contrazione del 4,7 nel 2011 (dovuta alla crisi politica e alla guerra) dal 2012 la performance economica della Costa d'Avorio ha registrato una crescita pari all'8,5 per cento superiore alle previsioni, confermate anche per il 2017;

   la Costa d'Avorio è il maggior produttore ed esportatore mondiale di caffè, semi di cacao e olio di palma. È ricco, inoltre, di grandi quantità di minerali, tra le quali diamanti, manganese, oro, oltre alle recenti scoperte di giacimenti di petrolio. Il mogano è il principale legname destinato all'esportazione. Un Paese destinato, dati questi elementi, a una crescita costante, come si vede dai dati sempre aggiornati della Banca mondiale, che mostrano un grafico in crescita;

   meno soddisfacenti risultano invece, dall'inizio del 21esimo secolo, le condizioni sociali della popolazione, soprattutto per i tassi elevati di mortalità infantile e di analfabetismo. Le difficoltà economiche e le turbolenze politiche hanno poi provocato negli ultimi anni un peggioramento della situazione, segnalato dalla graduatoria dell'indice di sviluppo umano, che lo colloca ormai tra i 15 Paesi più arretrati del mondo;

   il Paese è popolato da 22 milioni di abitanti e il 50 per cento della popolazione ha meno di 35 anni, motivo per cui moltissimi giovani imitano la ricerca del sogno europeo, non avendo in loco prospettive concrete, e si contagiano nell'idea di abbandonare il Paese per fare fortuna in Occidente;

   secondo una ricerca commissionata da Unicef, Unhcr, Oim, tra il 2014 e il 2018 sono arrivati in Italia via mare 625.009 rifugiati e migranti e di questi 70.547 erano minori non accompagnati. Nel 2018 sono giunti in Italia 3.536 ragazzi e anche nella prima metà del 2019 la loro incidenza rimane significativa: 365 su 2.779 arrivati via mare, pari al 13 per cento;

   i minori stranieri soli provengono in prevalenza da Albania, Egitto, Costa d'Avorio e Gambia. La Sicilia continua ad accogliere il maggior numero di minori soli. Migliaia sono inoltre i minori che scompaiono dopo il loro arrivo nel nostro Paese;

   in Italia nel 2019 (dati del Ministero dell'interno) sono stati 1.095, i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare;

   secondo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in un suo report di monitoraggio al 30 giugno 2019, i principali Paesi di provenienza dei minori stranieri non accompagnati sono l'Albania (1.662 minori), l'Egitto (632), il Pakistan (523), la Costa d'Avorio (485) e il Gambia (476). Considerate congiuntamente, queste sei cittadinanze rappresentano più della metà dei MSNA presenti in Italia (52 per cento);

   nel corso dell'ultimo anno l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), presente nei principali punti di sbarco italiani con diversi team anti-tratta, ha rilevato un aumento della presenza di ragazze provenienti dalla Costa d'Avorio. «Abbiamo ragione di credere che molte di queste ragazze siano purtroppo vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo e a volte anche sessuale», spiega Laurence Hart, direttore dell'ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Oim;

   l'8 gennaio 2020 il corpo senza vita di un bambino è stato trovato all'interno del carrello di atterraggio di un aereo Air France proveniente dalla Costa D'Avorio e atterrato a Parigi, si chiamava Laurent Ani Guibanhi, e aveva 14 anni. Ancora non sono chiare le dinamiche, ma potrebbe essere stato aiutato a nascondersi nel carrello per arrivare nel nostro Paese, come già successo ad altri migranti –:

   quali iniziative di sviluppo sostenibile e di lungo periodo il Governo stia attuando o progettando per evitare l'esodo verso il nostro Paese.
(4-04562)


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, ZOFFILI, FORMENTINI e COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   non esistono statistiche pubblicamente accessibili che riguardino il fenomeno della rinuncia formale alla cittadinanza da parte di nostri connazionali residenti all'estero;

   la legge italiana prevede espressamente la possibilità che i cittadini italiani rinuncino alla cittadinanza e disciplina il percorso formale da esperire per giungere a questo risultato;

   la scelta di rinunciare alla cittadinanza italiana può derivare da una molteplicità di ragioni, una delle quali è la protesta o comunque la disaffezione nei confronti del proprio Paese d'origine;

   la più grande comunità fra quelle create dalla diaspora italiana nel mondo si trova in Brasile, dove stando ai dati forniti dall'Ambasciata d'Italia a Brasilia vivrebbero più di venti milioni tra italiani e discendenti di italiani, pari al 15 per cento della locale popolazione nazionale;

   non è noto l'effetto dispiegato dai provvedimenti adottati negli ultimi anni dal nostro Paese sull'affezione dei nostri connazionali nei confronti della loro Madrepatria;

   un indice indiretto per apprezzarlo potrebbe essere rappresentato proprio dal numero delle rinunce formali alla cittadinanza italiana da parte dei nostri connazionali, di cui sarebbe conseguentemente importante acquisire la conoscenza;

   sarebbe altresì utile, a parere degli interroganti, al fine della comprensione del fenomeno eventualmente in atto, provvedere alla creazione ed aggiornamento continuo di un data base concernente i nostri connazionali che hanno formalmente rinunciato alla loro cittadinanza, con specificata la relativa data di nascita –:

   se il Governo sia in grado di fornire dati in merito al numero degli italiani residenti in Brasile che hanno formalmente rinunciato alla cittadinanza italiana, risultante dai registri dei consolati italiani situati nel territorio brasiliano.
(4-04563)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   i rappresentanti del Comitato CastelMalnome, del Comitato allevatori ed agricoltori della Valle Galeria, del Comitato Piana del Sole e delle associazioni della Valle Galeria – Popolo delle nebbie, Puzz@mina e Unione Borgate, hanno chiesto alle amministrazioni interessate un tavolo di concertazione tra le parti per discutere i punti che rappresentano le basi minime, affinché si dia inizio a un processo di risanamento e riqualificazione della Valle, che i cittadini chiedono da almeno un ventennio; tra questi punti si segnalano:

    il ripristino dei vincoli agricoli e paesaggistici e delle destinazioni d'uso in vigore prima del 2006, su tutta la zona, ora ritenuta industriale, esterna all'area AMA di Ponte Malnome ove non insistano insediamenti già operanti;

    la bonifica e riconversione del sito Ama di Ponte Malnome in isola ecologica, centro di riuso creativo, incubatore di idee a supporto dell'economia circolare. Smantellamento dell'impianto di incenerimento dell'ex ospedaliero nell'area Ama Ponte Malnome; come residuo di archeologia industriale si può prevedere un riuso creativo della ciminiera sempre se ritenuta stabile;

    l'annullamento del progetto ferroviario tra il sito Ama Ponte Malnome e la stazione ferroviaria di Ponte Galeria e l'annullamento di tutte le procedure di interscambio inerenti a tale progetto tra Ama/Comune di Roma ed Eni rif. regione Lazio 4 aprile 2011 – raccordo ferroviario leggero tra Fs di Ponte Galeria e l'area impiantistica di Ponte Malnome a Ponte Galeria;

    l'istituzione del parco agricolo Galeria-Arrone, da integrare con l'istituzione delle aree contigue alle zone protette della riserva naturale statale del Litorale romano e del sito Sic Macchia Grande di Ponte Galeria e con la proposta di interesse del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo del 2013 che la regione non attivò su 2 aree della Valle Galeria;

    il recupero ambientale delle cave esaurite o abbandonate della Valle Galeria, previo studio dei casi particolari per impedire speculazioni o interventi inutili a favore di una rinaturalizzazione spontanea, che con minimi interventi non invasivi potrebbero essere sanate. I recuperi potrebbero essere effettuati attraverso l'uso esclusivo di terre naturali ed il divieto assoluto di installarvi qualsiasi impianto di gestione dei rifiuti a matrice industriale. Questo provvedimento è indispensabile vista la situazione critica in relazione a procedure ancora in corso in almeno 2 ex cave;

    l'annullamento del progetto della discarica di amianto e inerti a via di Malnome e della proposta discarica di servizio a Monti dell'Ortaccio;

    la rivisitazione del piano assetto idrogeologico alla luce degli eventi alluvionali accaduti nel territorio, l'ultimo del 2014, che hanno dimostrato la sua fragilità idrogeologica e la necessità di istituire misure di adeguamento alle piene del Rio Galeria tramite istituzione permanente di aree buffer per l'alta permeabilità;

    l'abbandono del progetto Acea sia dell'impianto di selezione delle plastiche che dell'impianto fotovoltaico al quale si sta lavorando, per le ragioni esposte nel punto di cui sopra: assoluta non idoneità dell'area per ambedue le tipologie di impianto e per la vicinanza dell'altro mega impianto fotovoltaico a terra su terreno agricolo che appare in stato di abbandono totale, con proponente Acea Ambiente srl e ubicazione nel comune di Roma località Fontignani, registro elenco progetti n. 29/2017, pronuncia di verifica di assoggettabilità a V.i.a. ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;

    la eliminazione di qualsiasi progetto di recupero e di uso del gassificatore Colari spento dal 2011 che è all'interno di Malagrotta, negando proroghe autorizzative in atto da parte del commissario della discarica di Malagrotta, e di tutto ciò che in detto sedime è di proprietà di Cerroni;

    una indagine conoscitiva sulla misteriosa area Ex Agip, oggetto di indagini ambientali e lavori di bonifica dal 2015;

    una indagine conoscitiva sullo stato attuale della discarica di Malagrotta. Apertura di un tavolo di consultazione con esperti in capping naturali con colture alternative, molte delle quali hanno proprietà altamente disinquinanti per i terreni, e che potrebbero forse sopravvivere in loco su un substrato di terreno di soli 1,5 metri, aumentando la capacità di drenaggio delle acque meteoriche e assicurando la tenuta del capping;

    il parere contrario alla trasferenza dei rifiuti a Ponte Malnome iniziata il 7 gennaio 2019 e tuttora in corso;

    la richiesta di moratoria per tutta la Valle Galeria. Nella Valle Galeria deve essere esclusa ogni altra attività industriale che impatti negativamente sul territorio prevedendo l'inizio della riqualificazione, iniziando una bonifica a cominciare degli ambienti più compromessi e, seguendo un progetto che preveda piantumazione di alberi e rivestimento della ex discarica –:

   in relazione a quanto espresso in premessa, quali siano le informazioni in possesso dei Ministri interrogati per i profili di competenza;

   se non si ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con le amministrazioni territoriali interessate per superare l'emergenza rifiuti a Roma, sulla base delle proposte illustrate in premessa.
(2-00618) «Fassina, Muroni».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprendono dalla stampa alcune allarmanti notizie su una possibile emergenza ambientale che riguarda la Valle dell'Isonzo, nelle aree limitrofe al cementificio Salonit di Anhovo in Slovenia, situato a pochi chilometri da Gorizia, e di proprietà del gruppo Alpacem by Wietersdorfer;

   in tale territorio sussiste da decenni una imponente produzione di prodotti di cemento-amianto e, negli ultimi anni, sembra che i forni del cementificio di Anhovo Salonit stiano incenerendo rifiuti pericolosi. Sul punto, si apprende che i medici dell'Associazione medica della Slovenia, allarmati dalle conseguenze inquinanti di tali attività, abbiano richiamato l'attenzione delle istituzioni ad essere più responsabili sulle questioni ambientali, rivolgendosi, in particolare, al Ministero dell'ambiente e della pianificazione territoriale e all'Agenzia ambientale della Repubblica di Slovenia. I medici hanno messo in evidenza che alcuni studi hanno confermato il legame tra incenerimento dei rifiuti e l'aumento di tumori, nonché di altre patologie, nella popolazione locale. È stato, inoltre, messo in rilievo che la misurazione delle sostanze pericolose negli scarichi non viene effettuata direttamente dalle istituzioni statali, ma lasciata agli esperti scelti e remunerati, tra l'altro, dalle aziende che commissionano tali verifiche, il che pone un problema di conflitto di interessi;

   a quanto si apprende, la quantità di rifiuti che vengono inceneriti nell'impianto di cemento potrebbe arrivare a 135.000 tonnellate l'anno e, considerando che gli impianti di cemento emettono una considerevole quantità di gas di combustione, i rischi per l'inquinamento e la salute sono, quindi, molto più elevati rispetto a quelli determinati dalle emissioni di forni industriali;

   anche il quotidiano «Il Piccolo», edizione di Gorizia del 19 luglio 2019, ha reso nota l'allarmante segnalazione di una associazione ambientalista slovena relativa alla gestione del cementificio, limitrofo a Gorizia; tale associazione afferma che l'impianto, oltre ad essere utilizzato per la produzione di cemento, viene impiegato per lo smaltimento di rifiuti, finalizzato alla produzione di energia nel processo produttivo e che determina emissioni inquinanti;

   ebbene, la conformazione geografica della Valle dell'Isonzo, nella quale è situato rimpianto in questione, convoglia i residui della combustione direttamente su Gorizia e nell'Isontino, anche a causa dei venti dominanti che soffiano da Nord Est, pertanto, qualora i fatti denunciati venissero confermati, il territorio interessato rischia, inevitabilmente, gravi conseguenze per l'ambiente e la salute dei cittadini. Da ciò ne deriverebbe il dovere del Governo, affinché vengano adottati provvedimenti a tutela delle comunità italiane coinvolte –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, dunque, dell'esistenza del cementificio Salonit di Anhovo che notoriamente ha un considerevole impatto ambientale;

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia dati ambientali relativi all'impianto in questione ed all'impatto sulle aree geografiche limitrofe;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per acquisire un quadro definitivo in relazione ai fatti esposti e porre in essere iniziative a tutela del territorio e della popolazione esposti alle emissioni inquinati, come descritto in premessa.
(5-03431)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCCHINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in questo ultimo decennio si è parlato e scritto tanto sull’«economia circolare», sbandierandola come la panacea di tutti i mali e come la leva per fare ripartire l'economia, ma non è stato fatto nulla di concreto;

   l'avvio di una transizione verso l'economia circolare rappresenta un input strategico di grande rilevanza, con il passaggio da una «necessità», ovvero il raggiungimento dell'efficienza dell'uso delle risorse e della gestione razionale dei rifiuti, ad una «opportunità», ovvero la progettazione dei prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto, come risorsa per un nuovo ciclo produttivo;

   il riciclo meccanico nasce e si sviluppa in Italia già durante il periodo dell'autarchia, negli anni ’30 del secolo scorso. L'Italia, Paese povero di materie prime ma tecnologicamente avanzato per la salvaguardia delle risorse naturali, è da sempre abituata a competere, grazie ad innovazione e sostenibilità, e ora deve necessariamente muoversi in una visione europea di transizione verso un'economia circolare, sfruttare le opportunità e farsi promotrice di iniziative concrete;

   nelle ultime statistiche l'Italia presentava un livello di recupero e riciclaggio molto avanzato, con riferimento ai rifiuti urbani, e di eccellenza in Europa per quanto riguarda i rifiuti speciali;

   attualmente lo scenario sta cambiando, anche per via dell'innalzamento degli obiettivi di riciclo per gli imballaggi in plastica che i Paesi membri dell'Unione europea sono chiamati a rispettare nei prossimi anni;

   il 18 ottobre 2019 è stata pubblicata la legge 4 ottobre 2019, n. 117, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2018, che contiene la delega al Governo per il recepimento delle direttive dell'Unione europea sui rifiuti del «pacchetto economia circolare»;

   il comparto industriale del riciclo è stato più volte identificato come la soluzione per il contenimento della produzione di rifiuti su larga scala, anche perché tale comparto ha sempre fatto dell'economia circolare il suo unico lavoro;

   le aziende che riciclano garantiscono il fine vita del rifiuto;

   il comparto del riciclo indipendente contribuisce in maniera fattiva al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea –:

   se i Ministri interrogati abbiano previsto, nell'ambito delle proprie competenze, di promuovere una politica a livello nazionale per la programmazione di un'economia circolare;

   se risulti effettuata una mappatura di quante e quali siano le aziende che riciclano meccanicamente i rifiuti in Italia, anche ai fini dell'identificazione dei benefici che tali aziende portano al Paese in termini economici, ambientali, occupazionali e sociali;

   se e quali iniziative specifiche siano previste in favore delle aziende italiane che si occupano di riciclo meccanico di rifiuti, allo scopo di garantire la competitività delle aziende nazionali con i «rivali» stranieri, anche in considerazione delle problematicità e delle reali difficoltà in cui versano le aziende di questo settore.
(4-04531)


   DEL SESTO e TESTAMENTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 55/02/2011 del 14 luglio 2011 la Edison s.p.a. è stata autorizzata a realizzare una centrale termoelettrica a ciclo combinato alimentata a gas naturale di potenza elettrica pari a circa 810 megawatt e termica di circa 1.440 megawatt nel territorio del comune di Presenzano (Caserta);

   in seguito a numerose proroghe, i termini per l'avvio dei lavori e, conseguentemente, di validità dell'autorizzazione unica sono stati fissati al 14 dicembre 2021 con il D.D. n. 55/01/2018 PR del Ministero dello sviluppo economico;

   è attualmente in corso la procedura di riesame complessivo dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia);

   l'impianto verrebbe a collocarsi in una ristretta area territoriale sulla quale già insistono due inceneritori e un cementificio, che impattano negativamente sulla tutela dell'ambiente e della salute;

   esso, inoltre, sorgerebbe poco distante da un'altra centrale termoelettrica, ubicata nel comprensorio di Sparanise (Caserta), con potenza di 780 megawatt, entrata in funzione nel 2007;

   l'impianto andrebbe a insistere, peraltro, su un'area di rilevante valenza archeologica e paesaggistica compresa tra due parchi regionali (di Roccamonfina e del Matese) e una comunità montana;

   la prevista realizzazione di tale impianto ha destato grande apprensione nella popolazione dell'area, poiché esso andrebbe a inserirsi in un territorio sufficientemente compromesso da un punto di vista ambientale per la concentrazione di inquinanti in atmosfera, causata dalle emissioni prodotte da due inceneritori e un cementificio ubicati nel raggio di pochissimi chilometri, e dall'intenso traffico sugli importanti assi viari e ferroviari che lambiscono il sito destinato alla centrale;

   tali preoccupazioni sono state manifestate dalle comunità locali e dai comitati civici attraverso azioni di protesta e di sensibilizzazione;

   l'area in questione è a vocazione fortemente agricola e, difatti, si riscontra la presenza di numerose aziende agricole e zootecniche, anche di grandi dimensioni;

   in particolare, la centrale andrebbe a insistere su un'area compresa nel territorio di diverse produzioni d'eccellenza, tra cui la «Melannurca Campana» I.g.p. e la «Mozzarella di bufala campana» D.o.p., tutelate da appositi disciplinari, nonché il «Lupino gigante di Vairano» ed il «Cece di Teano», presidi slow food;

   le variazioni microclimatiche prodotte dalla centrale, con i potenziali aumenti della temperatura e del tasso igrometrico, potrebbero minare la salvaguardia delle suddette produzioni campane d'eccellenza, alimentando la proliferazione e l'attacco di agenti biologici agli alberi da frutto maggiormente coltivati (meli, peschi, noccioli, castagni) a scapito della qualità dei prodotti e dell'economia locale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per fugare le legittime preoccupazioni manifestate dalle comunità locali interessate, relativamente agli aspetti ambientali, agricoli ed economici.
(4-04556)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig), ente storico e patrimonio del Paese, è stata istituita nel 1945 con la diretta partecipazione dei rappresentanti di ministeri e Governo, con decreto di Alcide De Gasperi;

   l'associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, nonché riconosciuta quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stata riconosciuta definitivamente ente culturale;

   inoltre, è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International youth hostel federation, di cui fanno parte 80 nazioni;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano dalla maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   a quanto consta all'interrogante l'ente si è opposto alla procedura fallimentare e, ad oggi, si è in attesa di una risolutiva e definitiva via d'uscita;

   dopo quasi 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia quindi la definitiva chiusura;

   si aggiunga, peraltro, che la procedura fallimentare potrebbe determinare il licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie. Occorre, inoltre, evidenziare le pesanti ricadute per l'indotto dovute alla subitanea messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante «brand» nazionale ed internazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i suoi orientamenti in merito;

   se non ritenga opportuno adoperarsi, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i posti di lavoro e le funzioni di un ente la cui rete di strutture, distribuzione e radicamento in ogni regione italiana svolgono un prezioso ruolo sociale ed educativo, oltre ad essere opportunità di conoscenza del nostro Paese, garantendone anche crescita e coesione sociale.
(5-03428)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo le dichiarazioni del Ministro interrogato, in merito all'annunciata riforma del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, la Calabria avrà una nuova soprintendenza avente afferenza sui territori provinciali di Catanzaro e Crotone, con sede nella città di Crotone;

   se la creazione della soprintendenza di Catanzaro-Crotone, decisa nel corso dell'ultimo Consiglio dei ministri, conferma l'importanza rivestita, nell'ambito dei beni archeologici e culturali, da questi due territori, le indiscrezioni, riportate da fonti di stampa, secondo cui al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo si starebbe pensando ad un trasferimento della sede principale nella città di Crotone, lasciano perplessi e preoccupati;

   tale scelta, se confermata, infatti, rischia di penalizzare fortemente la città di Catanzaro, capoluogo di regione e di provincia, che perderebbe anche l'attuale soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone con sede in Cosenza, presso il complesso monumentale del San Giovanni;

   la città di Catanzaro, sia per configurazione geografica centrale rispetto al territorio delle due province, sia per vocazione amministrativa, stante la presenza di importanti uffici amministrativi, ivi compreso il segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, sarebbe la sede naturale di tale istituenda soprintendenza, senza tralasciare l'enorme vantaggio sia temporale che economico per il disbrigo di pratiche amministrative da parte dell'utenza pubblica e privata;

   in una nota stampa a firma di Gerlando Cuffaro, presidente dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Catanzaro, si legge: «Lo Statuto della Regione Calabria, all'articolo 1, comma 4, specifica che Capoluogo della Regione è Catanzaro e appare scontato che la sede territoriale di una Soprintendenza debba trovare collocazione nel capoluogo. Di certo il patrimonio artistico, storico, archeologico e culturale di Crotone e della sua provincia è un tesoro che va custodito e protetto, promosso e valorizzato. Ma la valorizzazione e la promozione non equivalgono a piazzare uffici direttivi in prossimità dei beni. Per natura, oltre che per legge, la concentrazione dei distaccamenti ministeriali deve avvenire nelle città capoluogo di regione, sia per favorire la collaborazione orizzontale e verticale tra le rappresentanze territoriali, sia per ovvie ragioni di titolarità istituzionale da parte dei capoluoghi»;

   tale scelta politica porterebbe, peraltro, all'assurdo paradosso per cui la città di Catanzaro diventerebbe l'unico capoluogo di regione, in tutta Italia, a non avere nessun ufficio periferico del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e se non intenda stabilire la sede della nuova soprintendenza di Catanzaro-Crotone nella città capoluogo di regione, secondo criteri che rispondono alla naturale logica istituzionale che dovrebbe tenere conto del ruolo di Catanzaro, per la sua posizione strategica e per la vocazione amministrativa.
(4-04551)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la sala Tripcovich di Trieste, ubicata in largo Santos, a un passo dalla stazione delle ferrovie e dall'ingresso del Porto Vecchio, vicinissima al centro città, è stata realizzata nel 1992 dalla trasformazione in spazio teatrale della dismessa stazione delle autocorriere per consentire al Teatro Verdi che doveva dar corso a improrogabili lavori di ristrutturazione di avere una sede alternativa per la continuità dell'attività teatrale, pena la chiusura dell'ente lirico triestino;

   la sala ha ospitato l'attività teatrale della Fondazione Lirica Teatro Verdi di Trieste dal 1992 al 1997, per poi essere sede di eventi collaterali – nel 2016 è stata utilizzata 46 volte – fino alla chiusura disposta nel febbraio 2017 per «problemi di amianto, uscite di sicurezza, impianto elettrico e il riscaldamento che non funziona», come dichiarato dal sindaco della città Dipiazza;

   il progetto dell'amministrazione comunale prevede l'abbattimento della sala e la creazione di un ingresso monumentale al Porto vecchio, con un grande spiazzo da realizzarsi all'interno del programma di riqualificazione di piazza della Libertà;

   nel dicembre 2018, la sala è tornata nella piena disponibilità del comune di Trieste, dopo l'accordo raggiunto tra l'ente e il Teatro Verdi;

   nel dicembre 2019, la direzione generale del Ministero delle attività e dei beni culturali ha notificato il proprio parere contrario all'abbattimento della sala Tripcovich, che invece aveva ricevuto il via libera dalla Soprintendenza triestina che, l'11 novembre 2019, aveva chiesto la revoca del vincolo posto il 5 luglio 2006;

   secondo i tecnici del Ministero, l'edificio, nonostante la ristrutturazione del 1992, «ha conservato una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico e architettonico triestino, in puro stile “littorio”», rivelando una lettura in pieno contrasto con quella data dalla Soprintendenza che denunciava la perdita dei «valori originali» del manufatto ormai «privo di valenze storico-artistiche o architettoniche»;

   la definitiva ristrutturazione di piazza della Libertà a Trieste non può rimanere sospesa e convivere con la presenza di un edificio ormai fatiscente ed inutilizzabile; una «guerra» tra burocrazie statali e locali non può tenere in ostaggio un'importante opera di riqualificazione di spazi pubblici;

   le motivazioni addotte dai tecnici del Ministero nel negare la revisione del vincolo posto nel 2006, appaiono all'interrogante discutibili sia perché la sala Tripcovich non pare certo edificio all'altezza della bellezza di Trieste, sia perché mettono in discussione l'autonomia degli enti locali –:

   se i funzionari della direzione generale del Ministero, prima di pronunciare il proprio diniego alla revisione del vincolo, abbiano effettuato un sopralluogo presso la sala Tripcovich e in quale data;

   se il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di mettere fine alla diatriba in corso tra la Soprintendenza per l'archeologia, le belle arti e il paesaggio del Friuli Venezia Giulia e la direzione generale del Ministero.
(4-04559)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SUT e SABRINA DE CARLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la crescente ostilità politica della Turchia verso gli Stati Uniti, unitamente all'avvicinamento del Governo di Ankara all'asse geopolitico filorusso, ha ridefinito la presenza politico/militare, nella Nato dello Stato turco, divenuto alleato quanto più inaffidabile all'interno dell'Alleanza Atlantica;

   alla luce dell'evoluzione antiamericanista della politica estera turca del Governo di Recep Tayyip Erdogan, le forze armate statunitensi hanno in più di un'occasione espresso la volontà di trasferire presso altra base Nato presente in Europa, le testate nucleari — circa 50 — attualmente presenti nella base militare, gestita dalla United States Air Force (Usaf) ad Incirlik, in Anatolia;

   nelle scorse settimane, fonti giornalistiche italiane hanno riportato le dichiarazioni dell'ex generale dell’Air Force Usa, Charles Chuck Wald, già comandante del 31esimo Fighter Wing, stormo caccia della United States Air Forces in Europe e comando dell'Usaf, avente sede nella base Nato di Aviano, in provincia di Pordenone;

   nell'ambito di tali dichiarazioni, Wald prospettava la possibilità di trasferimento delle circa 50 testate atomiche, attualmente presenti nella base turca di Incirlik, proprio ad Aviano;

   l'aeroporto militare di Aviano, in uso congiunto alle forze militari italiane e statunitensi dal 1955, registra già la presenza di armi nucleari, ovvero bombe B61, sulla base del programma di condivisione nucleare della Nato (Nuclear Sharing), al quale l'Italia aderisce assieme a Germania, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Turchia;

   l'eventuale conferma delle affermazioni del Generale Wald, dunque, definirebbe la base di Aviano quale più grande sito nucleare europeo del bacino mediterraneo, oltre che lo Stato con il maggior numero di ordigni atomici nell'ambito del Nuclear Sharing della Nato;

   ai fini della valutazione del rischio a cui, tutt'oggi, la popolazione italiana ed europea sarebbe esposta in caso di incidente nucleare nella base di Aviano, è opportuno citare i risultati dello studio «Calculating effects of a nuclear explosion at european military base», commissionato nel 2014 dall'Ufficio affari esteri del Governo austriaco. La ricerca ha stimato, in tale tragica evenienza e in caso di preventivo avvertimento della popolazione, oltre 82 mila vittime, causate dall'esplosione e dalla conseguente produzione di radiazioni, con una nube tossica in grado di propagarsi in altre Stati europei. Il numero salirebbe a circa 234 mila, in caso di mancate misure di protezione preventiva sulla presenza antropica esposta alle conseguenze dell'incidente –:

   se il Ministro interrogato abbia ricevuto conferma della concreta possibilità di attuazione, da parte delle forze militari Usa, del trasferimento di armi atomiche di provenienza turca presso la base Nato di Aviano (PN) e quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare una così massiccia concentrazione di armamenti nucleari statunitensi sul suolo italiano.
(5-03425)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZIELLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 ottobre 2019 è stata notificata al Sergente Maggiore Capo Qualifica Speciale, F. R., la designazione d'impiego presso il Comando militare della capitale;

   in data 18 ottobre 2019, F. R. ha comunicato allo Stato maggiore dell'esercito la grave situazione sanitaria del padre;

   in data 26 novembre 2019, F. R., tramite Pec, ha inviato il verbale che attesta il riconoscimento di «persona handicappata con situazione di gravità» ai sensi del comma 3, articolo 3 della legge n. 104 del 5 febbraio 1992;

   in data 6 dicembre 2019 è stato notificato a F. R. il documento n. 105370 di protocollo del Dipartimento di impiego del personale dell'esercito (Dipe) nel quale, pur facendo riferimento alla situazione del padre, si asseriva che i benefici sopra menzionati non fossero stati ancora riconosciuti;

   sempre in data 6 dicembre 2019, F. R. ha inviato una Pec ricordando che il verbale di riconoscimento di handicap del padre era del 26 novembre 2019 e che, pertanto, in virtù di quanto disposto dall'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, egli non poteva essere trasferito ad altra sede;

   il 17 dicembre 2019, con documento n. 109534, notificato all'interessato il giorno seguente, è stato disposto il reimpiego «d'autorità con oneri» presso il Comando militare della capitale nella sede di Roma, a far data dal 14 gennaio 2020;

   in seguito alla notifica del trasferimento di cui sopra, il 19 dicembre 2019 F. R. ha inviato una Pec al Dipe, ribadendo la situazione creatasi, ma non ha ricevuto alcuna risposta –:

   se siano stati effettuati tutti i controlli necessari ed esperito tutte le possibilità previste dai protocolli al fine di poter permettere al Sergente Maggiore Capo Qualifica Speciale, F. R., di rimanere nella sede attuale, al fine di potersi avvalere della legge n. 104 del 1992 e continuare ad assistere il padre affetto da handicap con situazione di gravità.
(4-04560)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dalla fine del mese di ottobre 2019 lo sportello dell'Agenzia delle entrate di Zogno, in provincia di Bergamo, è stato chiuso con conseguente pesante disagio per i cittadini e le aziende delle valli Brembana e Imagna;

   il bacino d'utenza dello sportello di Zogno supera le 50 mila persone, che saranno costrette a recarsi a Bergamo per sopperire alla chiusura del servizio;

   in base a quanto comunicato in una serie di incontri dalle direzioni provinciali e regionali dell'Agenzia delle entrate, a motivare la soppressione dello sportello ci sarebbe una carenza di personale;

   la chiusura dell'ufficio di Zogno rappresenta un ulteriore disservizio per i territori di montagna, quale è la Valle Brembana, che costringe gli utenti a pesanti disagi, visto che sono obbligati a recarsi agli sportelli di Ponte San Pietro o di Bergamo che distano da alcuni paesi dell'alta valle oltre 50 chilometri;

   come Zogno, in tutta Italia sarebbero interessati alla chiusura altri numerosi uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, di cui una quindicina in Lombardia, con pesanti conseguenze verso l'utenza che abita od opera nelle zone più periferiche dai grandi centri;

   l'amministrazione comunale di Zogno ha offerto la massima collaborazione per concordare un canone d'affitto simbolico, pur di mantenere sul territorio questo servizio importante per i cittadini –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per ripristinare l'apertura almeno part time dell'ufficio di Zogno, al fine di dare un segnale di attenzione e presenza della pubblica amministrazione nelle zone montane.
(4-04530)


   MURONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sul magazine «Armi Magazine» di febbraio 2020 è pubblicata, a pagina 5, una pubblicità dell'Eni che promuove la carta «buono carburante» tramite lo slogan «Carbura con Smith & Wesson»;

   la pubblicità continua con «Compra un'arma Smith & Wesson fra quelle elencate qui sotto, presso uno S&W e Prima Armi ti fa il pieno, Per te in omaggio, una carta carburante ENI da 50 €. Come ottenere la carta? Basta compilare il modulo promozionale che trovi sul sito www.primarmi.it con i tuoi, matricola arma e prova d'acquisto. La promozione è valida dal 15 febbraio al 15 marzo 2020* sui seguenti modelli S&W»;

   tra i modelli proposti ci sono: armi da fuoco di piccolo e grande calibro;

   nel nostro Paese si contano tra i 4 e i 10 milioni di armi da fuoco (la stima più plausibile è di 7 milioni). L'informazione arriva dallo Small Arms Survey. Un rapporto risalente a quasi 10 anni fa ma ancora oggi uno degli studi più accurati del settore. Tanto che anche il New York Times lo ha citato meno di un anno fa, all'interno dell'articolo intitolato «What Explains U.S. Mass Shootings? International Comparisons Suggest an Answer»;

   proprio a partire dallo Small Arms Survey e dai dati pubblicati sul sito dell'Unodc (United Nations Office of Drugs and Crime) si ricostruisce la situazione italiana. Primo Paese del G8 per numero di omicidi commessi con armi da fuoco, «pesati» su 100 mila abitanti. Un granello di sabbia in confronto ai 270 milioni di armi detenute negli Usa. Ma non poche se paragonate a quelle di altri Paesi europei. Germania e Francia precedono, l'Italia, rispettivamente a 25 e 19 milioni. La Spagna (4,5 milioni) e Inghilterra+Galles (che insieme raggiungono 3,4 milioni) rimangono dietro. Anche pesando il numero di armi sul numero di abitanti l'Italia segue Francia (31,2) e Germania (30,3), precedendo Spagna (10,4) e Inghilterra+Galles (6,2)(«Sole24Ore» 29 marzo 2019);

   secondo una ricerca dell'industria del settore della armi Usa sarebbero 423 milioni quelle detenute;

   l'Italia registra 0,71 omicidi per arma da fuoco ogni 10 mila abitanti, precedendo tutti i principali Paesi europei. Un dato che fa una certa impressione senza scatenare conseguenze. Il Ministero dell'interno sembrerebbe essere in possesso di informazioni più aggiornate, almeno per quanto riguarda le armi regolarmente registrate. L'acquisto di un'arma deve infatti essere denunciato entro le 72 ore. Anche conoscere il numero di licenze non aiuta, visto che ogni licenza può essere associata a più armi;

   tra coloro che possiedono o usano armi oltre un terzo (35 per cento) ha indicato come motivo la caccia, mentre ragioni professionali (servizio nelle forze dell'ordine o nell'esercito) sono indicate da un terzo degli intervistati (29 per cento). Quasi un quarto (23 per cento) utilizza armi per la pratica sportiva;

   infine, ammontano al 38 per cento i cittadini che usano armi per motivi professionali, superando la media europea, mentre una percentuale sul livello delle altre nazioni europee riguarda la difesa personale (8 per cento);

   viene spontaneo chiedersi il motivo per cui Eni, società partecipata dallo Stato italiano (dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. il cui 80,1 per cento è controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il 25,76 per cento e dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze con il 4,34 per cento delle quote) ha consentito l'utilizzo del «cane a sei zampe», per una promozione di armi Smith&Wesson –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non si intendano intraprendere iniziative, per quanto di competenza, affinché una società partecipata, quale è l'Eni, ritiri il proprio marchio da questa pericolosa e diseducativa promozione che sembra incentivare l'acquisto e l'uso di armi.
(4-04538)


   ALAIMO, D'ORSO, CASA e NAPPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede che sono esenti dall'imposta municipale propria (Imu) i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984;

   l'articolo 1, comma 13, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha stabilito che «A decorrere dall'anno 2016, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993»;

   come si evince dalla circolare sopra richiamata, l'esenzione si applica ai terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 984 del 1977, il quale espressamente prevede che «Gli indirizzi di cui al precedente articolo 3 relativamente ai terreni di collina e di montagna avranno riguardo alle esigenze di utilizzare e di valorizzare i terreni medesimi mediante interventi volti a realizzare il riordino agrario e fondiario in funzione di nuovi assetti produttivi, con particolare riguardo a quelli che presentano una naturale capacità di assicurare elevate produzioni unitarie e di foraggi e cereali per uso zootecnico»;

   nell'elenco allegato alla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, predisposto sulla base dei dati forniti dal Ministero delle politiche agricoli alimentari e forestali, sono indicati i comuni, suddivisi per provincia di appartenenza, sul cui territorio i terreni agricoli sono esenti dal pagamento dell'Imu;

   tra i comuni della provincia di Palermo, ricompresi nell'allegato della circolare, non è stato inserito il comune di Campofelice di Fitalia;

   al contrario, sono stati inclusi nell'elenco molti territori limitrofi al suddetto comune aventi le medesime condizioni geomorfologiche, di altitudine, agricole e produttive riscontrabili anche in questo ente, come a titolo esemplificativo i comuni di Cefalà Diana (570 metri s.l.m.), Ciminna (478 metri s.l.s.), Mezzojuso (570 metri s.l.m.), Vicari (640 metri s.l.m.) e Villalfrati (495 metri s.l.m.), appartenenti tutti alla provincia di Palermo;

   anche il comune di Campofelice di Fitalia rientra a pieno titolo tra i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, per cui dovrebbe essere coerentemente inserito nell'elenco allegato alla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993;

   difatti, ferma restando l'omogeneità di caratteristiche di tipo economico-agrarie tra tutti i territori in questione, la quota altimetrica del comune di Campofelice di Fitalia risulta addirittura superiore a quella degli altri territori sopra menzionati, essendo ubicato ad un'altezza di 734 metri s.l.m.;

   l'esclusione del comune di Campofelice di Fitalia dall'elenco allegato alla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993 sembrerebbe agli interroganti essere priva di fondamento –:

   se sussistano tuttora motivazioni che giustifichino l'esclusione del comune Campofelice di Fitalia dal suddetto elenco;

   se e quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di aggiornare l'elenco allegato alla circolare n. 9/1993 del Ministero delle finanze includendo nello stesso anche il comune di Campofelice di Fitalia.
(4-04548)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORDONALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ancora una volta gli agenti di polizia penitenziaria sono stati oggetto di aggressione da parte di detenuti stranieri;

   nello specifico, il 18 gennaio 2020, nel carcere Canton Mombello di Brescia, due detenuti magrebini hanno aggredito con lamette e oggetti vari, gli agenti della polizia penitenziaria, inneggiando all'Isis e gridando «Allah Akbar» con la gamba di un tavolo in mano;

   la violenza sarebbe scattata in seguito ad alcune richieste pretestuose che non potevano essere assecondate dal personale di polizia penitenziaria;

   uno dei due aggressori coinvolti risulta essere stato trasferito da poco dal carcere di Cremona, dal quale era stato allontanato per disordini; l'altro era già stato allontanato dalla casa circondariale di via Spalto San Marco nel novembre 2017, dopo aver minacciato di morte gli agenti. Quest'ultimo aveva poi scontato la pena lontano da Brescia, per ritornarvi ad inizio anno con l'accusa di tentato omicidio: incrociando nel carcere di Canton Mombello gli agenti che aveva minacciato gli ha urlato: «Vi faccio saltare in aria»;

   sembra infatti che l'uomo risulti essere attenzionato dalle forze dell'ordine per presunti legami con soggetti vicini all'Isis e che sia ritenuto un soggetto con spiccata pericolosità per sé e per gli altri, in quanto trascinatore nelle sue azioni di altri detenuti;

   un grido d'allarme è stato lanciato anche dalla rappresentanza sindacale regionale della polizia penitenziaria, che ha scritto una missiva al Ministro interrogato chiedendo «un intervento urgente affinché il soggetto venga allontanato dalla casa circondariale di Brescia» –:

   se non si ritenga impellente adottare le iniziative di competenza al fine del trasferimento, con la massima urgenza, del detenuto di cui in premessa;

   se non convenga sulla necessità di fornire agli agenti di polizia penitenziaria dispositivi di difesa (caschi e scudi), prevedendone la custodia in appositi armadietti presso l'ufficio della sorveglianza generale, al fine di garantire un loro intervento in sicurezza e tutelarne l'incolumità personale;

   se e quali iniziative di competenza intenda porre urgentemente in atto con riguardo all'allarme di radicalizzazione nelle carceri;

   se, alla luce dell'episodio riportato in premessa, che non rappresenta un caso isolato, il Ministro non ritenga opportuno rivedere i contenuti del protocollo d'intesa Dap — U.Co.I.I. per quanto concerne le case circondariali individuate.
(4-04539)


   GIANNONE, BENEDETTI e CUNIAL. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   diversi articoli di stampa hanno riportato in queste ore, una terribile notizia di una donna che si è data fuoco davanti al tribunale dei minori a Mestre;

   ora è ricoverata in gravi condizioni in ospedale a Padova;

   la ragione di questo gesto sarebbe stata la dichiarazione di adottabilità della figlia disposta dal tribunale;

   la donna di origini marocchine, aveva con sé un cartello con un messaggio in cui faceva riferimento all'affidamento della figlia, che non poteva più vedere da oltre un anno;

   sul posto sono stati ritrovati una tanica con del liquido infiammabile e un cartello in cui la donna, in un italiano stentato, ha scritto le generalità del marito, la sua professione e la residenza facendo riferimento a «un tipo di padre che ha violentato l'infanzia della sua bambina». «Ha fatto il massimo — si legge nel cartello — per allontanare la piccola e mandarla in comunità: che vergogna»;

   una nota del tribunale dei minori di Venezia diffusa e ripresa dai media poco dopo la tragedia, ha motivato la necessità di questo provvedimento per via del forte disagio psicologico della donna. I giudici avevano affidato la bambina ad una comunità. Una decisione, chiarisce la presidente del tribunale Maria Teresa Rossi, «per tutelarla»;

   lo stesso tribunale si era attivato con «interventi di supporto alla genitorialità» e «per una verifica delle capacità dei genitori, tra loro non conviventi, di dare alla figlia le cure morali e materiali di cui ha bisogno per la sua crescita equilibrata e per tutelare quest'ultima» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere in materia di procedimenti per l'affidamento di minori alla luce della vicenda giudiziaria che ha coinvolto questa famiglia;

   se il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per far sì che gesti estremi di tale gravità, che mettono in luce le criticità concrete riguardanti «il sistema» degli interventi a sostegno dei minori e dei genitori, in materia di affido minorile, non accadano più.
(4-04549)


   GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le problematiche del carcere di via Burla nel comune di Parma – costruito nel 1990 e aperto nel 1992 – in vista dell'ampliamento della struttura che oggi vede detenute circa 637 persone – un terzo stranieri – saranno realmente aggravate dall'apertura di un nuovo padiglione per ulteriori 200 detenuti che aprirà senza risorse necessarie, con 200 problemi in più e una sola certezza: le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a Parma saranno costretti a lavorare in condizioni sempre più difficili. L'incremento numerico porterà la presenza, oltre alle 800 unità, facendo divenire Parma la sede del più grade penitenziario della regione, sebbene con una direzione di livello inferiore rispetto a quella di Bologna;

   duecento nuovi detenuti in arrivo nel nuovo padiglione del carcere di Parma, struttura che conta 637 «ospiti» a fronte di una capienza regolamentare di 468. In tutta l'Emilia-Romagna i detenuti sono quasi 3.800, anche se i posti disponibili sono mille in meno e i reclusi stranieri in tutta la regione superano le 1.900 unità;

   la situazione del penitenziario cittadino resta decisamente critica e problematica a partire dalla direzione che vede da anni affidi temporanei che non permette la programmazione di azioni a lungo termine. Già oggi si registra una profonda carenza di personale, con una grave difficoltà nel portare a esecuzione nuovi progetti lavorativi per i detenuti: problematiche che saranno inevitabilmente aggravate con altre 200 persone in più da gestire. Solo per i ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori si registra una carenza del 90 per cento, le figure educative sono invece in carenza del 50 per cento, solo un Commissario quando ne sono previsti 4 ed un unico direttore «in missione» senza il supporto dei due previsti funzionari aggiunti;

   a fronte di una capienza regolamentare di 468 unità, il reparto detentivo maggiormente interessato dai nuovi ingressi è quello della media sicurezza, ma anche le sezioni di Alta sicurezza (a Parma vi è il circuito AS1 che sono gli ex 41-bis e il circuito AS3) registrano un incremento dei flussi in entrata, mentre sono stabili i 66 detenuti in regime di 41-bis, il cui reparto è comunque alla massima capienza possibile;

   il trasferimento a Parma di circa 50 detenuti AS3 dal mese di luglio 2019 ad oggi e, recentemente, l'assegnazione dal carcere di Voghera di 10 detenuti AS1, sette dei quali con ergastolo ostativo, che portando a 129 gli ergastolani presenti ovvero il 20 per cento dei reclusi, ha compromesso la vivibilità delle stanze detentive per i detenuti con lunghe condanne e, spesso, costretto i detenuti a vivere con un compagno malato, anch'esso bisognoso di maggior tutela e accade che i detenuti, pur di non vivere in cella con un compagno, preferiscono farsi rinchiudere nelle celle di isolamento e avviare forme di proteste;

   nel reparto di media sicurezza si assiste all'arrivo da altri istituti di detenuti con forti problematiche disciplinari che, inevitabilmente, hanno peggiorato la qualità delle relazioni tra detenuti e operatori penitenziari, arrivando così al verificarsi di eventi critici che hanno superato, nel numero, la soglia della normale tollerabilità da parte di un sistema che sempre più si espone alla concreta possibilità del verificarsi di eventi irreparabili e drammatici;

   la situazione, se non regolarizzata al più presto, rischia di minacciare la sicurezza, l'ordine e in generale i diritti fondamentali all'interno della struttura penitenziaria. C'è bisogno di più personale per meglio gestire e supportare le reali necessità del carcere, bisogna garantire stabilità direzionale per definire un piano organizzativo che possa assicurare continuità nel lavoro e nell'amministrazione di una struttura rilevante per l'intera regione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di garantire la massima agibilità e sicurezza al personale operante nel carcere di Parma, dotandolo anche di una dirigenza stabile e con risorse di personale ed economiche sufficienti.
(4-04554)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 23 gennaio 2020 si è tenuta a Trieste una conferenza stampa promossa dall'Onorevole Debora Serracchiani afferente al gruppo parlamentare alla Camera dei deputati del Partito Democratico; l'evento in questione era finalizzato a dare rilievo ad una proposta di legge presentata dalla medesima «sulla valorizzazione delle specifiche caratteristiche del Porto di Trieste» attinenti al regime fiscale ed alla classificazione catastale;

   a tale incontro ha partecipato in qualità di correlatore il Segretario generale dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale Porti di Trieste e Monfalcone, dottor Mario Sommariva –:

   se si ritenga istituzionalmente opportuno che il dottor Mario Sommariva, quale Segretario generale dell'Autorità di sistema portuale di Trieste, partecipi ad un evento di partito come quello sopra citato;

   se la presenza del predetto dirigente si ritenga compatibile con il principio di terzietà e di imparzialità della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, e dei corrispondenti doveri di trasparenza e imparzialità previsti per i dirigenti della pubblica amministrazione e di quelli degli enti da essa dipendenti, di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001.
(3-01261)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI e STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la situazione del traffico dovuta alla chiusura del viadotto Cerrano sulla A14 sta provocando una condizione insostenibile, che giorno dopo giorno si sta trasformando in una vera emergenza, in particolare poco a nord di Pescara, sulla strada statale 16 tra Pineto e Montesilvano;

   il traffico deviato dei tir e dei mezzi pesanti sta generando un peggioramento della qualità dell'aria che, nei comuni di Città Sant'Angelo, Montesilvano, Silvi e Pineto, sta diventando irrespirabile;

   soprattutto per i bambini, per gli anziani e per tutti coloro che presentano patologie respiratorie la situazione diventa sempre più rischiosa;

   a questo si aggiungono il disagio e i danni che l'aumento esponenziale del traffico sta provocando agli studenti e ai lavoratori e alle attività commerciali ed economiche, non solo locali, senza considerare la preoccupazione per la prossima stagione balneare;

   il continuo transito dei mezzi pesanti sulla strada statale Adriatica, tra Pineto e Silvi, sta causando anche ingenti danni alle infrastrutture locali: tubature esplose, manto stradale dissestato, rotatorie seriamente danneggiate;

   risulta urgente anche la verifica della tenuta dei ponti Cerrano-Concio-Piomba insistenti sulla strada statale 16 e della loro staticità rispetto alle sollecitazioni, visto il perdurare del passaggio e soprattutto della sosta dei mezzi su di essi, considerando che gli stessi non sono stati concepiti e gestiti per supportare e sopportare traffici di entità pari a quella che si sta avendo in questi mesi;

   il giudice per le indagini preliminari di Avellino ha rigettato l'istanza presentata dall'Aspi, la società Autostrade, di riaprire il viadotto al passaggio dei camion di peso superiore a 35 quintali;

   in attesa di nuove soluzioni, i tir continueranno a transitare lungo l'arteria ordinaria, causando danni non di poco conto;

   alla luce dei fatti esposti, a parere degli interroganti è sempre più urgente e necessario intervenire per ripristinare e mettere in sicurezza quel tratto di autostrada oggi chiuso;

   dopo una prima fase emergenziale non sono tollerabili altri rinvii nella messa in sicurezza della viabilità abruzzese;

   ancora più di prima si rende necessario l'arretramento dell'ingresso autostradale «Pescara nord», essendo esso all'interno di un'area densamente abitata –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché il viadotto Cerrano sia messo in sicurezza e venga ripristinata quanto prima la viabilità così da alleggerire il traffico di mezzi pesanti che si è riversato sulla strada statale Adriatica, in particolare nel tratto tra Pescara nord e Pineto;

   se siano state verificate la tenuta e le condizioni di staticità rispetto alle sollecitazioni dei ponti presenti sul tratto della strada statale 16 interessato dal perdurare di traffico e sosta dei mezzi pesanti e, in caso contrario, se tale verifica sia prevista per scongiurare ulteriori danni alla viabilità locale;

   se intenda attivare dei tavoli istituzionali a livello e per gestire l'emergenza descritta in premessa, coinvolgendo gli enti locali interessati, al fine di stilare un piano strategico in grado di intercettare e ridurre il flusso veicolare, individuando alternative compatibili con il territorio abruzzese;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere nei confronti di Aspi, perché la stessa predisponga un piano di gestione temporaneo delle emergenze, al fine del completo monitoraggio non solo del movimento franoso e delle strutture in elevazione, ma anche e soprattutto del rischio di crollo dovuto al collasso dei pali di fondazione.
(4-04532)


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 della Costituzione della Repubblica italiana garantisce il diritto alla mobilità di ogni cittadino;

   la concreta fruizione di questo diritto per le persone affette da disabilità, nonché per le persone anziane, sancita dal principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, costituisce lo strumento e la precondizione indispensabile per ciascun individuo per potere esercitare tutta un serie di diritti, nonché per integrarsi nell'ambiente sociale;

   la stazione ferroviaria di Lamezia Terme Centrale rappresenta lo snodo centrale del sistema ferroviario calabrese e, nonostante ciò, è priva di ascensori che permettano a tutte le persone, affette da disabilità e non, di raggiungere dignitosamente e in sicurezza i binari;

   a fronte di un precedente sollecito dell'interrogante sulla medesima vicenda, il Ministro pro tempore si era impegnato a inserire lo scalo ferroviario di Lamezia Terme in un programma di riqualificazione complessivo tale da garantire l'adeguamento della stazione di Lamezia Terme agli standard europei in ordine alle condizioni di accesso ai servizi ferroviari alle persone a ridotta mobilità e con disabilità;

   alla data odierna, gli impegni assunti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risultano disattesi;

   anche le altre stazioni ferroviarie calabresi non garantiscono gli standard minimi in termini di accessibilità (ascensori su tutti i marciapiedi, pavimentazione tattile, segnaletica luminosa a led) –:

   quale sia il cronoprogramma degli interventi promessi per l'adeguamento della stazione di Lamezia Terme agli standard europei in termini di accessibilità;

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per garantire ai cittadini calabresi gli standard europei in termini di accessibilità in tutte le stazioni ferroviarie della Calabria.
(4-04541)


   PALMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Arca Sud Salento (ex Iacp), istituita per trasformazione con legge regionale n. 22 del 20 maggio 2014, è un ente regionale di diritto pubblico, strumentale della regione Puglia, a cui sono affidati, tra l'altro, programmi di intervento di edilizia residenziale pubblica di recupero e di nuova costruzione e relative infrastrutture, nonché l'acquisizione di immobili da destinare all'edilizia residenziale pubblica;

   ad Arca Sud Salento spetta anche la gestione e la manutenzione di tutto il patrimonio pubblico residenziale esistente nell'ambito territoriale di competenza, nonché eventuali altre gestioni affidate in base a convenzioni da enti proprietari di immobili, oltre alla gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli enti locali sulla base di apposite convenzioni;

   consta all'interrogante che ad oggi, in diversi comuni pugliesi, si è in presenza di gravi situazioni di incuria e abbandono di immobili la cui gestione e manutenzione è affidata ad Arca Sud Salento, con casi di estrema precarietà per i titolari degli alloggi, costretti a vivere quotidianamente in condizioni di estremo disagio, in strutture ai limiti dell'agibilità, con presenza di umidità e rischio di crollo delle strutture medesima;

   sussiste inoltre un fenomeno da contrastare, quello delle case occupate abusivamente, più volte denunciato e che crea seri rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico, fenomeno che riguarda la Puglia ma anche altre realtà del territorio nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra descritto e quali iniziative di competenza intenda porre in essere, anche sul piano normativo e con il coinvolgimento delle regioni, al fine di pervenire a una gestione più efficiente del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, anche attraverso l'incremento dei fondi adibiti a tale scopo e di garantire condizioni di vita dignitose ai cittadini assegnatari degli immobili sopracitati, contrastando il fenomeno delle occupazioni abusive.
(4-04544)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il raddoppio della strada statale 640 che collega Agrigento-Caltanissetta fino all'A19, ai fini dell'ammodernamento stradale, nasce grazie al programma di finanziamento delle importanti infrastrutture strategiche della legge obbiettivo n. 413 del 2001;

   la progettazione del raddoppio della strada statale 640 ha avuto lo scopo di risolvere il problema dell'attraversamento del centro abitato di Caltanissetta. Il tracciato di progetto arriva a Caltanissetta e oltrepassa tramite due gallerie sotto la zona Sant'Elia, sede di espansione urbana già danneggiata in superficie dalla costruenda viabilità sotterranea; l'ammodernamento ha previsto anche viadotti, gallerie artificiali e naturali, la doppia galleria di 9 chilometri, svincoli nuovi e l'adeguamento di quelli già esistenti;

   il lavoro è stato gestito da Anas come contraente generale ed affidato prima alla Cmc ed ora al «Consorzio Italia». Ad oggi si è in ritardo di circa 5 anni per la fine dei lavori e il progetto prevede ancora, con riguardo alle gallerie Sant'Elia, il loro ripristino per gravissimi danni; la fine dei lavori si prospetta al dicembre 2022;

   i ritardi causano gravissimi danni alle popolazioni interessate e alle imprese subappaltatrici, che, da quanto si apprende dai giornali, sono creditrici di decine di milioni di euro non versati dalla Cmc;

   proprio per le gallerie Sant'Elia emergono apprensioni, poiché si conferma la pericolosità del sito, per i due grossi tunnel sotto la collina di «Sant'Elia», già dichiarata in fase d'inizio dei lavori; sono stati infatti provocati ingenti danni dalla presenza, in corrispondenza delle accertate faglie sempre presenti, di abbondantissime infiltrazioni di acqua originariamente emunta artificialmente in fase di cantiere. Si prospetta la necessità di ulteriori ingenti risorse per risolvere tali problemi e per la realizzazione dei passaggi di sicurezza tra le due gallerie;

   all'interrogante risulta che i singoli conci prefabbricati, per entrambi le gallerie, conterrebbero inglobati le guarnizioni perimetrali per ognuno in neoprene, che avrebbero la funzione di tenuta stagna tra tutti gli elementi portanti della galleria;

   nonostante ciò, risulta costante la presenza di acqua a grandissima pressione, a causa di migliaia di metri cubi di acqua in pressione sopra le gallerie, per la indefessa asportazione con smisurati sistemi di pompaggio delle acque sorgive da un intero territorio di decine di ettari;

   si ribadisce, come l'interrogante ha già riportato e contestato nell'interrogazione 5-04772 del 18 maggio 2011 (XVII Legislatura), di cui era cofirmatario, che l'area geografica individuata per la realizzazione delle gallerie Sant'Elia-Caltanissetta è caratterizzata da una serie di faglie, di cui si è ignorata la presenza in fase progettuale. Seguendo il progetto finale è facile notare che le stesse faglie di fatto si intersecano in corrispondenza e perpendicolarmente all'asse delle due canne della galleria e che la presenza incontrollata ormai di acqua lascia presagire danni futuri, irreversibili e tali da compromettere l'utilizzo della stessa e non ultimo delle sovrastanti strutture;

   fino ad oggi, sono stati rivelati inutili «i tentativi» effettuati già dall'impresa per l'impermeabilizzazione di una delle due gallerie con materiali sovrapposti ai conci in corrispondenza dei giunti; della seconda galleria, non si hanno notizie, al di fuori della presenza di enormi quantità di acqua dovuta alla «patologia geologica» del territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, nell'ipotesi di conferma dei dati non corrispondenti al progetto definitivo, che recherebbero peggioramenti al progetto, non ritenga utile adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché siano effettuate una perizia di variante e suppletiva per la realizzazione dell'opera.
(4-04555)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i reati informatici, vale a dire quelli caratterizzati dall'abuso della tecnologia informatica, vanno a comporre una casistica piuttosto ampia e risultano, in particolare, finalizzati allo sfruttamento economico della rete internet e/o all'attacco ai sistemi informativi di sicurezza nazionale degli Stati;

   la polizia postale risulta sempre più impegnata nella repressione di reati di particolare allarme sociale, quali la pedopornografia, il cyberbullismo, le truffe, il furto di dati e/o l'accesso abusivo a sistemi informatici e ad oggi, si registra un aumento dei casi di diffamazione, stalking e trattamento illecito di dati, in particolare ai danni di donne e adolescenti di età compresa tra i 14 ed i 17 anni;

   nel corso del 2018, il compartimento di polizia postale e delle comunicazioni per l'Emilia-Romagna, nell'ambito del contrasto ai crimini suindicati, ha improntato la propria attività non soltanto sulla repressione dei reati ma, anche, sulla prevenzione, con la diramazione di 521 alert, finalizzati all'identificazione, in tempo reale, delle possibili vulnerabilità dei sistemi informatici, grazie anche alla tempestiva segnalazione ad opera delle aziende colpite;

   le dimensioni del fenomeno appaiono assolutamente rilevanti e in crescita, prova ne sia che il numero delle transazioni illecite segnalate nel medesimo ambito territoriale è passato dalle 61 del 2017 alle 430 del 2018 e, inoltre, la collaborazione con le aziende coinvolte, resa possibile dall'attività preventiva svolta, ha consentito di impedire il trasferimento di circa 1.500.000 euro che, altrimenti, sarebbero finiti nella disponibilità dei vari sodalizi criminali operanti a livello transnazionale;

   il lavoro svolto dal nucleo della polizia postale risulta indispensabile per la repressione e/o prevenzione del fenomeno in questione e di contro, alla sezione della polizia postale di Modena – seconda provincia in Emilia, per popolazione, dopo Bologna – risultano assegnati soli 3 operatori, compreso il comandante: organico che, come anche denunciato ripetutamente dai sindacati, negli ultimi dieci anni, è stato più che dimezzato;

   il ridimensionamento dei nuclei di polizia postale appare assolutamente contraddittorio, rispetto all'incremento dei crimini di competenza della medesima struttura, nonché dell'attività di prevenzione svolta al fine di sensibilizzare i cittadini e le aziende sui pericoli legati all'utilizzo della rete internet –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di prevede il potenziamento dei vari compartimenti di polizia postale e, in particolare, di quello di Modena che, negli ultimi anni, ha subìto un ridimensionamento assolutamente ingiustificato.
(5-03422)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sta destando allarme e paura tra i residenti l'ondata di furti, tentati e consumati, che si sta susseguendo con preoccupante frequenza negli ultimi mesi nel quartiere romano della Montagnola;

   in particolare, secondo quanto riportato da fonti di stampa, solo negli ultimi due mesi sarebbero stati denunciati trenta furti in tre condomini del triangolo Caduti della Montagnola, via Perna e De Ruggero;

   i ladri, secondo le denunce dei residenti della zona e grazie ai filmati delle telecamere presenti in alcune case svaligiate, che ne hanno consentito un primo identikit, sarebbero due acrobati campioni di «parkour», lo sport estremo metropolitano nato in Francia, che espone a molti rischi;

   dopo l'allarme per i furti in casa e le segnalazioni di episodi sventati, i cittadini si sono organizzati con ronde intorno alle palazzine, cartelli di avviso ai portoni, chat dei residenti e avvistamenti, ma le forze dell'ordine non sono riusciti ancora a fermarli;

   come testimoniato dal portiere di un condominio di zona «Sono velocissimi, mi è capitato di vedermeli davanti ma sono saltati via dal balcone. E sono esperti: sono riusciti ad aprire una cassaforte sul posto con il frullino, in un tempo di 12-13 minuti»;

   la situazione è ormai fuori controllo e tali episodi criminosi stanno gettando in uno stato di agitazione e insicurezza le famiglie del quartiere;

   come in questo caso e come troppo spesso succede, i cittadini, che si sentono abbandonati dalle istituzioni, sono costretti a organizzarsi autonomamente, costituendo gruppi operativi per monitorare l'area e segnalare presenze sospette;

   nella maggior parte dei casi, i dati preoccupanti sui fenomeni criminosi si registrano nelle aree periferiche del territorio, dove ladri e truffatori agiscono in piena libertà, il più delle volte agevolati dalla scarsa illuminazione, dalla scarsa presenza delle forze dell'ordine o dalla vicinanza con strade di collegamento con comuni limitrofi, privilegiate vie di fuga;

   ancora una volta, si ribadisce la necessità di rendere le città italiane, e in particolare le periferie, più sicure. Un tema che interessa i piccoli comuni come i grandi capoluoghi, tra cui Roma più volte al centro di episodi d'illegalità diffusa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi e considerata la loro gravità, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire un adeguato presidio di sicurezza nel quartiere romano della Montagnola, in cui si registra un'ondata eccezionale di furti.
(4-04533)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni articoli di giornale sembrerebbe che il 12 gennaio 2020, nel pomeriggio, sarebbero fuggiti dal centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Gradisca D'Isonzo, scavalcando il muro di cinta e grazie all'utilizzo degli idranti, altri 8 migranti. Due fuggitivi sono stati intercettati nelle vicinanze dal contingente di vigilanza composto da carabinieri, polizia, finanza ed Esercito e uno è stato trovato a Palmanova. Degli altri 5 non si hanno notizie;

   sempre dalla stampa è emerso che all'interno del Cpr si sono verificati degli episodi di autolesionismo da parte di alcuni ospiti che hanno ingoiato accendini, lamette e altri oggetti. A tutto ciò si aggiunge un tentativo di suicidio;

   le criticità sovraesposte sono pericolose sia per i cittadini della città di Gradisca e della regione in generale, sia per gli ospiti stessi della struttura;

   come già sottolineato in precedenti interrogazioni i fenomeni di rivolta da parte da parte dei migranti di queste strutture sono frequenti. Si sono spesso verificati, infatti, scioperi della fame, fughe, rivolte interne e incendi;

   inoltre, sembrerebbe che il numero degli stranieri irregolari sul territorio nazionale si aggiri tra i 500.000 e i 700.000 nell'anno 2019, mentre i posti complessivi previsti nei Cpr, anche con le prossime aperture, dovrebbero essere di 1679;

   la circolare n. 14810 del 21 novembre 2018 prevede «che l'assistenza psicologica continuerà ed essere assicurata agli stranieri ospiti negli hotspot (All. 6-bis) e nei centri di permanenza per il rimpatrio (All. 5-bis), in ragione della necessità di intercettare possibili situazioni di vulnerabilità e di disagio», al fine di evitare episodi che possano mettere in pericolo la salute migranti;

   la necessaria valutazione dell'impatto dei centri di permanenza per il rimpatrio risulta imprescindibile, al fine di comprendere se vi sia un reale snellimento delle procedure di rimpatrio e, conseguentemente, un efficiente funzionamento dell'intera macchina organizzativa;

   altro elemento di rilevante importanza è l'accoglienza dei migranti che deve necessariamente essere in equilibrio con il territorio, affinché vengano superate le criticità derivanti dalle grandi concentrazioni dovute ai continui e rilevanti flussi e venga dunque data risposta alle esigenze della collettività –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di risolvere le criticità sopraesposte garantendo la sicurezza dei cittadini della regione e dei migranti ospitati dai Cpr.
(4-04536)


   RACITI e GRIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giunta comunale di Civita Castellana (Viterbo) nel corso del dicembre 2019 ha disdetto la decennale partecipazione del comune al progetto +, dedicato agli studenti delle scuole superiori, «Io ricordo la Shoah», meglio noto come «Viaggio della memoria»;

   i consiglieri comunali di opposizione, Simone Brunelli e Vanessa Losurdo, hanno pubblicamente criticato l'amministrazione comunale per questa decisione affermando che: «è profondamente sbagliato quanto stanno facendo questi amministratori, perché non esiste miglior campagna contro il razzismo e l'antisemitismo che portare i ragazzi a vedere, con i propri occhi, gli orrori perpetrati nei campi di concentramento nazisti», secondo quanto riportato sull'edizione viterbese del 12 dicembre 2019 del Messaggero;

   i due consiglieri comunali sono stati oggetto di una continuativa aggressione sui social network, all'insegna dell'odio e delle minacce, ad esempio: «questa gente dovrebbe essere giustiziata in piazza» o «l'unico comunista utile è quello che osservi in orizzontale su un tavolo di ferro in luoghi chiamati obitorio»;

   alla luce della nuova normativa di riferimento quanto scritto sui social network è passibile di essere perseguito d'ufficio –:

   se il Ministero interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato e come intendano procedere le forze dell'ordine, per quanto di competenza, a tutela dei due consiglieri comunali, Brunelli e Losurdo, vittime di costante aggressione.
(4-04540)


   FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riferiscono diversi media locali e nazionali, il 18 gennaio 2020 è deceduto all'ospedale di Gorizia il cittadino georgiano Vakhtang Enukidze, detenuto al Centro di permanenza per il rimpatrio di Gradisca d'Isonzo. Dalle notizie riportate dai media si apprende che il migrante dovrebbe essere stato coinvolto in una rissa con altri detenuti il 14 gennaio 2020, in seguito sedata da un deciso intervento delle forze dell'ordine. Il cittadino georgiano è stato processato per direttissima per resistenza alle forze dell'ordine, trattenuto due giorni in carcere e in seguito riportato nel Centro, dove si è sentito male ed è stato trasportato da un'ambulanza all'ospedale di Gorizia dove è deceduto. Sulla vicenda è in corso un'indagine da parte della procura della Repubblica del tribunale di Gorizia;

   già in diverse occasioni il Centro di permanenza di Gradisca d'Isonzo è stato interessato da episodi di violenza, autolesionismo e tentativi di suicidio che hanno riguardato le persone che vi sono detenute e, in alcuni casi, coinvolto le forze dell'ordine e gli operatori destinati alla gestione della struttura. Sono stati diversi, inoltre, fino a oggi, a poco più di un mese dall'apertura del Centro, i tentativi di fuga –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza di questo e degli altri gravi episodi che si sono verificati nel Centro di Gradisca d'Isonzo e se intenda promuovere, per quanto di competenza, le iniziative necessarie per verificare la situazione all'interno del Centro e se vi siano state violazioni dei diritti umani;

   se intenda adottare iniziative per riformare la normativa relativa a questi centri e, in generale, all'accoglienza dei migranti e alla loro gestione, in quanto, come questo e altri episodi hanno reso evidente, i «decreti sicurezza» del precedente Governo hanno aggravato la situazione generale, producendo situazioni pericolose e insostenibili per le persone detenute nei centri, per tutti gli operatori coinvolti e per le comunità locali dove tali centri sono insediati.
(4-04543)


   FERRO, DEIDDA e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sono 455 i giovani aspiranti allievi agenti di polizia, risultati idonei al concorso pubblico bandito il 26 maggio 2017, esclusi dalla graduatoria, a concorso ormai iniziato e con la graduatoria già stilata;

   in particolare, nel mese di febbraio 2019, un emendamento, approvato nel cosiddetto «decreto semplificazioni», ha stabilito lo scorrimento della graduatoria del concorso del 2017, applicando, però, requisiti differenti da quelli indicati nel bando, che hanno escluso migliaia di candidati non in possesso del diploma di scuola superiore e di età superiore a 26 anni al 1° gennaio 2019;

   i requisiti indicati nel bando di concorso, invece, richiedevano, tra gli altri, la licenza media e non aver compiuto il trentesimo anno di età;

   come denunciato dagli interessati, «Siamo ragazze e ragazzi con voti altissimi e risultati idonei al 100 per cento e nonostante due istanze cautelari promosse dal Tar Lazio nei nostri confronti e un'ordinanza del Consiglio di Stato che obbligavano di fatto l'amministrazione a chiamarci al corso di formazione, siamo ancora a casa, senza nessun tipo di risposta»;

   il Tar del Lazio prima e il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale poi, hanno, infatti, ammesso i 445 idonei alla frequentazione dei corsi di formazione iniziati il 29 agosto 2019, ma non sono bastate le ordinanze ad avviare questi giovani ai rispettivi corsi di formazione;

   il paradosso è che, ad oggi, stanno partecipando al corso di formazione candidati ugualmente idonei, ma in possesso dei nuovi requisiti e con punteggi di gran lunga inferiori rispetto ai candidati con riserva attualmente esclusi;

   la situazione è stata attenzionata anche dalle principali sigle sindacali, come, ad esempio, la Silp Cgil, il sindacato italiano dei lavoratori di polizia, che ha rivolto un appello al Presidente dei Consiglio: «Una situazione assurda, con numerose e complesse conseguenze tecnico-giuridiche di non facile soluzione. Adesso la parola fine a questa vicenda può metterla solo e soltanto l'attuale Governo. Per questo ci appelliamo al premier Conte perché centinaia e centinaia di ragazze e ragazzi non possono rinunciare al sogno, conquistato sul campo, di vestire la divisa della Polizia di Stato. Auspichiamo pertanto una soluzione da parte della politica e dell'amministrazione che renda giustizia a chi sta subendo una grave ingiustizia»;

   il Governo si è impegnato formalmente a individuare una soluzione, anche attraverso l'emanazione di un decreto ad hoc che ponga fine al lungo e costoso contenzioso, ma ad oggi nulla è stato fatto e la situazione rischia di complicarsi;

   è necessario tutelare il legittimo affidamento di tanti giovani aspiranti agenti di polizia, che si sono preparati con serietà e dedizione ad un concorso al quale potevano legittimamente partecipare e che hanno dimostrato nelle prove concorsuali il merito e l'idoneità per essere assunti nei ruoli di allievi agenti della polizia di Stato –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per sanare la situazione di cui in premessa, garantendo il reintegro nella graduatoria per l'assunzione degli allievi agenti della polizia di Stato dei giovani idonei esclusi in forza dell'articolo 11, comma 2-bis, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, che detenevano i requisiti previsti dalla legge e dal bando di concorso al momento della domanda;

   se non ritenga, nelle more di una risoluzione della vicenda, di adottare iniziative per garantire ai candidati attualmente esclusi la partecipazione con riserva ai rispettivi corsi di formazione, così come stabilito dalla giustizia amministrativa.
(4-04550)


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i carabinieri, fin dal 1814, svolgono i propri compiti in modo assolutamente impeccabile, non solo a tutela della sicurezza dei cittadini, ma anche a difesa delle istituzioni e della Patria e la loro costante azione ha determinato anche un alto tributo in termini di vite umane, senza che ciò determinasse, di contro, un arretramento della loro attività;

   tra le varie peculiarità dell'Arma dei Carabinieri, vi è certamente quella del radicamento nel territorio, anche nelle aree più periferiche e montane, e, per questo, gli stessi rappresentano la migliore risposta contro lo spopolamento dei territori in questione, dai quali, peraltro, molte altre istituzioni pubbliche fuggono;

   il medesimo discorso vale, per tutte le forze dell'ordine, dalla polizia di Stato alla Guardia di finanza, dalla polizia locale ai vigili del fuoco, nonché alla polizia penitenziaria, le quali, unitariamente e quotidianamente, difendono e operano per la sicurezza di tutti i cittadini;

   tutti i rappresentanti delle istituzioni, in primis quelli degli enti locali, dovrebbero manifestare, nei loro confronti, sentimenti di gratitudine e collaborazione, mentre, recentemente, la maggioranza che guida il comune di Montale, in provincia di Pistoia, ha bocciato una mozione con la quale si proponeva l'intitolazione di uno spazio pubblico, alla memoria dei caduti delle forze dell'ordine;

   pur nella legittimità e libertà dei voti espressi da ogni singolo consigliere comunale, appare assolutamente ingiustificata la bocciatura della suindicata mozione e, da quel che risulta, un componente della giunta comunale del comune in questione avrebbe giustificato il voto contrario della maggioranza, con la seguente motivazione: No no, le forze dell'ordine non mi ispirano, sono fascisti;

   qualora confermata, tale affermazione, carica di ideologia e per l'interrogante assolutamente incivile, oltre che inesatta, risulta altamente lesiva della reputazione delle nostre forze dell'ordine, per lo più se proveniente da un rappresentante delle istituzioni comunali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di difendere l'onore e il prestigio delle nostre forze dell'ordine.
(4-04553)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la risoluzione in Commissione esteri n. 8-00030 (Fitzgerald Nissoli), approvata con il parere favorevole del Governo pro tempore, impegnava il Governo stesso ad estendere il rilascio della carta di identità elettronica (CIE) anche presso i consolati italiani all'estero, nonché «a consentire ai nostri connazionali la possibilità di presentare domanda di rilascio della Cie presso il comune di iscrizione Aire, durante il loro soggiorno in Italia, secondo le istruzioni governative agli Uffici anagrafe dei comuni.»;

   i residenti all'estero possono trarre dall'uso della Cie notevoli vantaggi anche in termini di servizi;

   in considerazione del fatto che molti iscritti all'Aire tornano periodicamente nei comuni di origine, sarebbe importante consentire loro di poter ottenere la nuova carta di identità elettronica anche presso il comune italiano di iscrizione all'Aire;

   il 18 luglio 2019 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale pro tempore, Enzo Moavero Milanesi, ha controfirmato il decreto interministeriale sulle modalità di emissione della Carta d'Identità Elettronica per gli italiani all'estero. Pertanto, il rilascio di tale documento è partito dal 20 settembre scorso, nelle sedi «pilota»;

   quanto sopra esposto lascia intendere che si è riusciti a garantire le condizioni e i presupposti di tipo tecnico e organizzativo atti a consentire il rilascio della Cie anche presso i comuni di iscrizione all'Aire;

   risulta all'interrogante che alcuni comuni non procedano ancora al rilascio della Cie per gli iscritti all'Aire –:

   se non ritengano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, di rendere noti i motivi dei ritardi e degli ostacoli che ancora si frappongono al rilascio della Cie, per gli iscritti all'Aire, da parte dei comuni, e con quali tempi intendano superare tali ritardi per l'erogazione del suddetto servizio secondo le modalità descritte in premessa.
(4-04561)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAVA, FOGLIANI, BUBISUTTI, MOSCHIONI e PANIZZUT. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con circolare n. 303 del 17 gennaio 2020, il dirigente scolastico, Carla Bianchi, dell'istituto scolastico «Le Filandiere» di San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, comunicava ai docenti, ai genitori, agli studenti ed al personale amministrativo, tecnico e ausiliario giorno e modalità di consegna delle borracce d'istituto per gli studenti che ne avessero fatto domanda;

   ciò che appare scandaloso, a parere degli interroganti, è la propaganda politica sottesa a tale circolare;

   la missiva, infatti, riporta che «Le borracce sono state acquistate anche con il contributo dei Deputati Regionali del Movimento 5 Stelle, che desiderano far pervenire il seguente messaggio a studenti e famiglie: “il buon esempio, parte dalle piccole cose. Abbiamo deciso di regalare le borracce ai ragazzi di questa Regione perché anche voi possiate lottare insieme a noi per togliere la plastica dal mare e dalle spiagge. Ce la mettiamo tutta per darvi un mondo bello da vivere, cominciando da qui” llaria Dal Zovo – Cristian Sergio – Andrea Ussai – Mauro Capozzella»;

   per gli interroganti, è sacrosanto difendere l'autonomia, l'imparzialità e la terziarietà di cui la scuola dovrebbe godere, stante la sua mission di preparare e formare i ragazzi senza alcun pregiudizio o opinioni di parte che potrebbero influenzare le loro scelte nel futuro;

   è oltremodo opportuno, al fine di garantire i predetti criteri di indipendenza ed imparzialità, che la scuola in generale, e a maggior ragione quella statale, non menzioni in atti ufficiali partiti e movimenti politici, tantomeno nomi e cognomi di singoli esponenti dei medesimi;

   tale circolare, invero, calpesta la più basilare regola d'indipendenza dell'istruzione a salvaguardia della libertà di pensiero, dell'autonomia dell'insegnamento e della garanzia della libertà di studio –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo e ispettivo, il Ministro interrogato intenda porre in essere con riguardo all'episodio esposto in premessa ed affinché in futuro non possano verificarsene di similari.
(4-04546)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   è ben lontano dal trovare una soluzione il problema di migliaia di docenti, in possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001-2002, che si vedranno escludere dalle graduatorie a esaurimento per le materne ed elementari, per effetto della sentenza del Consiglio di Stato 11/2017 con la quale non è stato riconosciuto, per i docenti diplomati magistrali, il diritto ad essere inseriti nelle Gae (graduatorie ad esaurimento);

   sarebbero circa 7.000 i docenti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001-2002 che si vedranno escludere dalle Gae;

   il concorso straordinario indetto di recente, e previsto dal «decreto dignità», di fatto, non sembra aver risolto il problema, poiché non tutti i diplomati magistrali hanno potuto avere accesso al suddetto concorso e perché il concorso stesso non ha consentito l'assorbimento di tutti i docenti che si trovano nella suddetta situazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative si intendano assumere per superare le criticità di cui in premessa, a tutela dei docenti diplomati magistrali con anni e anni di esperienza alle spalle che rischiano il licenziamento.
(4-04557)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i farmacisti italiani iscritti all'Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti - Enpaf ad ottobre 2019 risultavano essere 99.883; di questi, circa i due terzi risultano essere dipendenti, un terzo invece è lavoratore autonomo. La paga base oraria lorda di un dipendente di farmacia privata è pari a poco più di 10 euro (10,40 euro);

   il contratto nazionale della categoria è scaduto a gennaio 2013 e il mancato rinnovo ha inciso fortemente sul reddito dei farmacisti dipendenti, nonché dei farmacisti liberi professionisti a basso reddito; tale situazione è resa ancor più difficile per l'obbligo di versare a Enpaf, a prescindere dall'inquadramento come dipendente o autonomo, una quota fissa annua di 4.500 euro, che colpisce soprattutto i farmacisti precari e disoccupati; dopo cinque anni di disoccupazione la quota passa a 2.300 euro all'anno;

   tale problematica viene identificata come «contribuzione silente», in quanto non cumulabile e non totalizzabile da parte dei farmacisti, che, a partire dal 2003, non possono nemmeno più chiedere la restituzione dei contributi versati dopo quella data; tuttavia, la contribuzione rimane obbligatoria per rimanere iscritti all'albo, essere assunti nelle farmacie private o effettuare un concorso pubblico come farmacista;

   per essere titolati a ricevere la pensione bisogna pagare minimo 30 anni di contributi avendo almeno 20 anni attività; la pensione poi sarà del 15 per cento del totale dei contributi versati e tutto ciò non prima dei 68 anni di età; queste rigidità e l'alta quota dovuta dai farmacisti all'Enpaf, siano essi titolari o collaboratori di farmacia o parafarmacia, siano essi occupati o inoccupati, hanno portato alla cancellazione dall'Albo, solo nel 2018, di 2467 farmacisti entro i 60 anni di età, rappresentando un grave allontanamento da una professione ad elevata specializzazione e di grande valore per il Sistema sanitario nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche normative, per tutelare il reddito dei farmacisti italiani e la loro contribuzione, anche prevedendo una revisione delle somme dovute a Enpaf e dell'obbligatorietà di tali versamenti per i lavoratori farmacisti dipendenti.
(5-03430)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:

   sul tema della natalità, i dati dell'annuario statistico hanno messo in evidenza il continuo calo della natalità, con le sue ricadute in termini di sostenibilità del welfare e di ripresa economica in forte rischio, visto il progressivo restringersi della base produttiva, che – si calcola – si ridurrà di circa un milione di unità in un decennio;

   i dati Istat inoltre mostrano l'aumento di nuclei composti da una sola persona giunti ormai al 33 per cento del totale, praticamente identico a quello delle famiglie con figli (33,2 per cento);

   il rapporto Istat «Natalità e fecondità della popolazione residente anno 2018» dice che continuano a diminuire i nati. Nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 439.747 bambini, oltre 18 mila in meno rispetto al 2017. Nell'arco degli ultimi dieci anni le nascite sono diminuite di 136.912 unità, quasi un quarto (il 24 per cento in meno) rispetto al 2008;

   il calo delle nascite, che dura da decenni, condannerà presto il sistema di protezione sociale a implodere per mancanza di popolazione al lavoro;

   in Puglia, ad esempio, i bambini nati nel 2018 sono stati meno di 29 mila. Nel corso del decennio 2008-2018 le nascite sono calate di oltre 9 mila unità. Aggiungendo a questi dati anche l'intenso flusso migratorio – sono 12 mila i pugliesi andati altrove nel 2018 – la popolazione è diminuita di circa 40 mila abitanti tra il 2015 e il 2018;

   la fascia 0-14 anni era al 13,1 per cento nel 2018, contro il 22 per cento degli over 65 (erano rispettivamente il 15,3 per cento e il 18 per cento nel 2008). Valori che tenderanno a peggiorare abbastanza rapidamente nei prossimi anni, se non si inverte già da ora il trend. Nel 2025, in base alle proiezioni più recenti dell'Istat, gli over 65 saranno poco più del doppio dei ragazzi a causa sia della minore natalità, sia dalla maggiore speranza di vita delle persone;

   a ciò si aggiunga anche il problema legato alle migrazioni: dal 2002 al 2017 sono andati via dal Mezzogiorno oltre due milioni di persone, di cui 132.187 nel solo 2017. Tre le cause principali: motivi biomedici, motivi socio-culturali e la mancanza di politiche familiari strutturali;

   la piaga della denatalità è al contempo causa e conseguenza di una più generalizzata crisi della famiglia che interpella l'intera società civile;

   in Puglia è da poco partito il progetto GEC (acronimo di Generare figli, Educare persone, Costruire futuro), con cui il Forum regionale delle associazioni familiari ha ottenuto un finanziamento dall'assessorato al welfare della regione;

   la proposta è incentrata su tre azioni fondamentali e sinergiche: il sostegno alla natalità, alla genitorialità e alla costruzione di alleanze educative tra famiglia, scuola e altre agenzie educative. Essa coinvolge Anspi Puglia, Uciim Puglia, Associazione cooperatori salesiani, Centra Aiuto alla Vita di Mola Di Bari e cinque associazioni del Forum delle associazioni familiari di Lecce (consultorio «La Famiglia» dell'Arcidiocesi di Lecce, consultorio «Regina Familiae» della diocesi di Nardo Gallipoli, Csi provinciale di Lecce, Associazione italiana maestri cattolici (Aimc) provinciale di Lecce e l'organizzazione volontariato Emmanuel);

   in tutto saranno realizzati 19 corsi, da ottobre a maggio, per sostenere le famiglie salentine presso diverse sedi;

   l'idea è quella di offrire un servizio qualificato alle famiglie nei luoghi aggregativi per eccellenza: scuole, parrocchie, oratori e, indirettamente, di sensibilizzare il territorio salentino, a partire dalle amministrazioni comunali, a cui è stato richiesto il patrocinio delle diverse iniziative e la partecipazione agli eventi di avvio delle stesse, sulla centralità della famiglia nel tessuto sociale e sulla necessità di accompagnarle nel compito primario di generare ed educare figli;

   la famiglia ha bisogno di politiche trasversali che la mettano al centro, rendendola obiettivo di ogni azione;

   nel mese di aprile 2019, la Camera ha approvato la mozione 1-00167 che impegnava, in sintesi, il Governo:

    ad adoperarsi in sede di Unione europea per l'introduzione di una nuova fattispecie di «Golden rule» per gli investimenti nelle politiche familiari;

    a predisporre un ampio progetto di riforma strutturale del welfare familiare;

    ad assumere iniziative per prevedere più ampi congedi parentali;

    a prevedere specifiche iniziative di conciliazione;

    ad adottare le opportune iniziative per riqualificare e potenziare le attività dei consultori familiari e dei centri per la famiglia;

    ad attivare un piano di rilancio e recupero dell'edilizia residenziale pubblica;

    ad adottare le opportune iniziative per il riconoscimento sul piano previdenziale del valore dei carichi di cura, con particolare riferimento alla cura dei figli e dei familiari in condizione di disabilità –:

   quali delle suddette misure siano state ad oggi adottate;

   quali ulteriori iniziative si intendano assumere al fine di sostenere concretamente la genitorialità;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative per promuovere e finanziare, in tutto il territorio nazionale, progetti come quello pugliese descritto in premessa.
(2-00617) «Elvira Savino».

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, numerose pratiche relative alla Pac (politica agricola comune), gestite dall'Agea, risultano sospese a fronte di asserite anomalie, peraltro codificate in modo sintetico e criptico, per le quali la citata Agenzia, nonostante le varie richieste avanzate in tal senso dagli agricoltori, si rifiuta di fornire adeguate spiegazioni;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con decreto n. 1922 del 20 marzo 2015 aveva già espresso la volontà di trovare una soluzione alla questione e, allo stato, Agea non risulta all'interrogante che abbia dato seguito alle indicazioni contenute nel citato decreto, creando, così, notevoli difficoltà, in particolare di carattere economico alle aziende agricole coinvolte;

   la citata Agenzia si rende spesso inadempiente anche alle richieste provenienti dal tribunale amministrativo competente, in particolare avuto riguardo alle motivazioni poste alla base delle citate, impugnate sospensioni;

   il Tar Lazio, tra le altre, con sentenza n. 8856/2018, ha condannato la citata Agenzia a pagare gli aiuti in questione, precedentemente sospesi per le asserite anomalie, «in quanto stante la mancanza di ogni argomento difensivo al riguardo da parte della pubblica amministrazione costituita in giudizio... certamente nel diritto nazionale non è possibile disporre una sospensione di un provvedimento ampliativo ...senza un termine esplicito, oltre che senza indicazione delle ragioni;

   la maggior parte delle liquidazioni, a quanto consta all'interrogante, risultano sospese per mere irregolarità burocratiche, assolutamente sanabili, che nulla hanno a che vedere con eventuali, paventate ipotesi di reato e, spesso, risultano conseguentemente bloccati anche i pagamenti relativi alla programmazione di competenza delle regioni»;

   solo nella regione Sardegna sarebbero 35 mila le pratiche bloccate per l'anomalia «D12» –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se corrispondano al vero i numeri delle pratiche bloccate in Sardegna e nel resto d'Italia e quali iniziative intenda intraprendere, con urgenza, affinché Agea dia sollecita e concreta attuazione a quanto previsto dal decreto n. 1922 del marzo 2015, nonché alle indicazioni, ormai costanti, fornite dalla giurisprudenza al riguardo.
(3-01260)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI, BELLUCCI e GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riporta la stampa desta preoccupazione la diffusione in Cina del nuovo virus denominato Coronavirus;

   questo ceppo presenta profonde affinità, anche di carattere biologico, con la Sars, che fra il 2002 e il 2003 causò 813 morti secondo fonti dell'Organizzazione mondiale della sanità ed è già stato causa di tre decessi accertati nelle ultime settimane;

   le autorità cinesi hanno parlato di soli 62 casi di diffusione del nuovo coronavirus;

   tuttavia, secondo studi condotti dall’Imperial College di Londra, i potenziali casi di contagio nella sola città di Wuhan, la prima dove si sono manifestati i sintomi, potrebbero già riguardare più di 1.700 persone;

   lo stesso Neil Ferguson, autore principale dello studio richiamato, ha dichiarato che non è da escludersi l'ipotesi di una trasmissione da uomo a uomo del ceppo. Tale esternazione ha trovato riscontri anche nella comunità scientifica italiana; dello stesso avviso, infatti, sono le affermazioni di Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità riportate a mezzo stampa (https://www.quotidiano.net);

   il virus si sta inoltre diffondendo anche al di fuori dai confini cinesi: si registrano casi infatti in Thailandia, Giappone e Corea del Sud, uno dei quali pare riguardare anche un occidentale;

   in quest'ottica diversi aeroporti non solo orientali, ma anche degli Usa, come New York, San Francisco e Los Angeles hanno già adottato misure più stringenti per evitare la diffusione del nuovo coronavirus –:

   quali siano i rischi che corre l'Italia rispetto al diffondersi di questo virus e quali iniziative si intendano adottare per cercare di arginare la diffusione del ceppo.
(3-01259)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSSO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da fonti di stampa in Cina è in corso un contagio di polmonite provocata da coronavirus. Tale epidemia, dai dati disponibili, sembrerebbe aver colpito da inizio dicembre 2019 circa 400 persone, provocando 9 vittime. Al momento, sempre a quanto si apprende dai dati forniti dalle autorità cinesi, il focolaio dell'infezione è concentrato nella città di Wuhan;

   alcuni casi di polmonite da coronavirus sono stati accertati anche al di fuori della Cina, nello specifico a Macao e soprattutto negli Stati Uniti, dove è stato riscontrato il caso di una persona contagiata che era stata nella città di Wuhan;

   in Europa sono tre gli aeroporti da cui partono voli diretti per Wuhan, tra cui l'aeroporto di Fiumicino Leonardo Da Vinci, ma sono molto più numerosi gli aeroporti collegati indirettamente con la città cinese;

   al momento, il rischio pandemia è ritenuto moderato e monitorato, allo stesso tempo vi sono voci autorevoli, quali quella del virologo Roberto Burioni che ha sottolineato come i rischi potrebbero anche essere più ampi a seguito di una serie di contingenze temporali, quale quella del Capodanno cinese, che cade il 25 gennaio e che è un periodo di ferie che i cittadini cinesi utilizzano per viaggiare;

   senza voler creare allarmismi, appare opportuno all'interrogante prevedere misure di controllo e prevenzione volte ad individuare immediatamente possibili contagi da coronavirus, non solo nell'aeroporto di Roma Fiumicino, ma anche in altri aeroporti italiani che prevedano voli da e per la Cina –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati abbiano predisposto ovvero intendano predisporre negli aeroporti italiani, al fine di prevenire nel nostro Paese ogni forma di possibile contagio di polmonite da coronavirus.
(5-03423)


   MUGNAI e MAZZETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   un nuovo virus sta colpendo la Cina, ma sembrerebbe anche la Corea del Sud, la Thailandia e il Giappone, e ad oggi il bilancio parla già di 400 persone contagiate e nove morti;

   il coronavirus diffusosi in Cina, in codice 2019-nCoV, si trasmetterebbe anche attraverso il contagio tra persone e il patogeno appartiene alla stessa famiglia della Sars, la sindrome che nel 2013 uccise oltre 700 persone in tutto il mondo;

   il comitato d'emergenza dell'Organizzazione mondiale della sanità ha previsto una riunione il 22 gennaio 2020 a Ginevra per valutare la portata dell'epidemia del virus simile alla Sars, e valutare se l'infezione «rappresenti un'emergenza di salute pubblica di livello internazionale e quali raccomandazioni dovrebbero essere fatte per fronteggiarla»;

   anche il Ministero della salute italiano ha in queste ore avviato controlli all'aeroporto di Fiumicino di Roma per i voli intercontinentali provenienti dalla città focolaio di Wuhan, dove il personale sanitario farà un esame dei passeggeri appena scesi dagli aerei interessati;

   anche in Toscana i principali aeroporti di Firenze e Pisa vedono il transito di numerosi passeggeri provenienti dall'Oriente;

   a fine gennaio 2020 si terranno manifestazioni per il Capodanno cinese nelle principali città della Toscana, tra cui la città di Prato, dove tra il 25 gennaio e il 2 febbraio si terranno i relativi festeggiamenti;

   va peraltro segnalato che la città cinese di Wuhan è il capoluogo della provincia di Hubei, distante 850 chilometri da Wenzhou e dallo Zhejiang, la provincia da cui proviene la maggior parte dei cinesi residenti a Prato –:

   se nella regione Toscana, anche in conseguenza delle peculiarità esposte in premessa, si stiano attivando o siano stati attivati attivati controlli speciali nei principali aeroporti;

   se il Governo stia pensando a misure speciali di sicurezza e di controllo per la città di Prato e le altre città interessate dai festeggiamenti del Capodanno cinese.
(5-03426)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il farmaco talidomide produce un effetto teratogeno scientificamente accertato;

   tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, tale farmaco fu venduto anche in Italia;

   l'assunzione di talidomide in gravidanza causò centinaia di casi di focomelia, amelie, anomalie agli arti superiori di vario grado, anomalie agli arti inferiori, altri danni alle orecchie, agli occhi, agli organi interni, ai genitali, e al cuore, nonché altri molteplici danni a vari distretti senza esclusione dei singoli tessuti e degli organi;

   il diritto alla salute è protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana;

   nel 2007 lo Stato italiano, con grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei, ha ammesso la propria responsabilità per non aver esercitato la funzione di controllo su medicinali prodotti con talidomide;

   l'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riconosce l'indennizzo disciplinato dall'articolo 1 della legge n. 229 del 2005 «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco», nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia;

   l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, attribuisce l'indennizzo ai soli soggetti, affetti dalle patologie sopra indicate, nati negli anni dal 1959 al 1965;

   in attuazione di tale precetto, l'articolo 1 del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163, prevede la decorrenza dell'indennizzo dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ovvero dal 1° gennaio 2008;

   l'articolo 21-ter, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2016, come convertito, ha riconosciuto la spettanza dell'indennizzo anche ai soggetti nati nell'anno 1958 e nell'anno 1966;

   per effetto di tale previsione, per i soli soggetti nati negli anni 1958 e 1966, la decorrenza dell'indennizzo viene fissata alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ovvero a partire dal 21 agosto 2016;

   la Corte Costituzionale è intervenuta con sentenza n. 55/2019, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 21-ter, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito dalla legge 7 agosto 2016, n. 160;

   secondo il giudice costituzionale, il legislatore avrebbe tutelato diversamente due situazioni identiche nei loro presupposti di fatto, creando tra le stesse una differenza di trattamento ingiustificata e irrazionale, contrastante con il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;

   la Consulta sottolinea la necessità che i due gruppi di destinatari del medesimo indennizzo, sia pur identificati in diversi atti normativi, siano trattati in modo eguale, anche quanto alla decorrenza del beneficio;

   al momento, nessun'azione risulta intrapresa in merito all'adeguamento della normativa vigente alla pronuncia della Corte, che ha riconosciuto alle vittime della somministrazione di tale farmaco nate nel 1958 e nel 1966 il diritto alla percezione degli arretrati dal 1° gennaio 2008 anziché dal 21 agosto 2016 –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere alla luce della sentenza n. 55/2019 della Corte Costituzionale, al fine di assicurare ai destinatari sopra indicati l'indennizzo cui hanno diritto.
(5-03432)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILLI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Coronavirus 2019-nCoV, chiamato anche nuovo Coronavirus o 2019 nCoV dalla Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e conosciuto anche come Wuhan coronavirus, è un virus facente parte del genere coronavirus scoperto nel 2019;

   il virus è stato sequenziato genomicamente dopo un nucleic acidtest effettuato su un campione prelevato da un paziente colpito da una polmonite durante l'epidemia di Wuhan del 2019-2020. Questo virus al momento ancora in fase di studio è paragonato alla Sars;

   il nuovo virus cinese, alias 2019-nCoV, ha ricevuto un alert puntuale dalla presidente della Fimmg Roma (Federazione italiana medici generici), che ha spiegato storia, genesi, sintomi e comportamenti da tenere nel caso in cui ci si trovi davanti a un caso di contagio;

   gli epidemiologi definiscono il fenomeno «super-spreacler», super-diffusore, secondo quanto scrive il South China Moming Post di Hong Kong, poiché il virus «salta da uomo a uomo»;

   si tratta di un virus che sta terrorizzando la Cina e che, in poco più di mese, ha già fatto contare nove vittime con oltre 200 casi confermati, tra cui 15 medici contagiati. Secondo gli ultimi dati forniti dal vice ministro della Commissione nazionale per la salute Li Bin, i casi accertati in tutto il Paese hanno superato i 400 e le vittime sono aumentate da sei a nove. Intanto, aumentano i casi anche fuori dal Paese: il virus è stato intercettato per la prima volta anche a Hong Kong, a Macao e negli Stati Uniti, dove un uomo è stato ricoverato in isolamento al Providence Regional Medical Center di Everett, nello Stato di Washington, mentre in Thailandia sale a quattro il numero complessivo di persone contagiate;

   questa volta per fortuna la Cina lo ha comunicato al mondo, ma ha sottovalutato alcuni aspetti perché il virus sembrava circoscritto al mercato della città di Wuhan; poi, è arrivata la notizia dei medici contagiati, il che non lascia scampo a interpretazioni: il virus ha una diffusione interumana. Insomma, sta sfuggendo una miriade di informazioni e non si ha idea del reale fenomeno;

   il rischio che il virus arrivi in Italia è remoto e al momento non c'è nessuna preoccupazione, ma Roma e altre città come Prato sono certamente quelle più esposte. A Fiumicino (dove la direzione sanitaria ha attivato controlli su tutti i passeggeri provenienti dal Paese asiatico) atterrano tre dei cinque voli giornalieri provenienti dalla Cina;

   non ci sono al momento vaccini né terapie: gli antibiotici sono inutili, perché non si tratta di un'influenza batterica;

   i numeri della Commissione sanitaria nazionale cinese sono in continuo aumento: sono stati segnalati alcuni casi a Pechino, Shanghai, Shenzhen. A Wuhan, focolaio del virus, si fa la fila per comperare mascherine e salviette disinfettanti;

   oggi sembra sia prevista una riunione straordinaria dell'Organizzazione mondiale della sanità –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di scongiurare contagi nel nostro Paese, anche in considerazione del fatto che non esistono al momento terapie efficaci contro il nuovo virus cinese e che il contagio avviene da uomo ad uomo;

   se non si ritenga opportuno promuovere controlli adeguati sia presso gli scali aeroportuali presenti nel territorio nazionale, sia nelle città ove è numerosa la presenza di cittadini cinesi, effettuando tutte le necessarie verifiche di rito sugli alimenti provenienti dalla Cina.
(4-04534)


   LOCATELLI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli atti di violenza nei confronti delle persone anziane, spesso con disabilità, ricoverate presso strutture assistenziali o case di riposo sono ormai all'ordine del giorno;

   nelle prime settimane del 2020, i casi ripresi dalla stampa sono almeno tre: il primo nel comune di Palermo, dove una comunità di alloggio è stata ribattezzata «ospizio lager» per le condotte vessatorie, denigratorie e lesive della dignità umana che — a quanto consta agli interroganti — sarebbero state rilevate all'interno della stessa, nell'arco delle indagini condotte .dal personale del commissariato «Zisa-Borgo Nuovo»;

   stesso copione a Lecce, dove i carabinieri del Nas hanno denunciato undici persone tra responsabili e dipendenti di una struttura assistenziale, con l'accusa di maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione;

   sempre a Palermo e sempre negli scorsi giorni, il figlio di una donna di settantasei anni — insospettito dai lividi sul corpo della madre — si è rivolto alle forze delle ordine e, in collaborazione con esse, ha installato alcune telecamere nei locali della struttura ove la stessa era ricoverata; anche in questo caso, si sarebbero verificati episodi di violenza, con una operatrice arrestata e un'altra finita sotto indagine;

   i numeri relativi al fenomeno di cui si discute sono allarmanti: in Italia, viene chiusa una casa di riposo ogni tre giorni; un anziano su tre è vittima di una qualsiasi forma di violenza; 2,9 milioni subiscono maltrattamenti psicologici; 400 mila subiscono maltrattamenti fisici; 100 mila subiscono abusi sessuali;

   al fine di rassicurare le famiglie, garantire la sicurezza delle persone più vulnerabili e arginare quella che molti commentatori non hanno esitato a definire una vera e propria «epidemia di violenza», il gruppo Lega ha presentato un disegno di legge (A.S. n. 546) e una serie di proposte emendative sul tema, anche in occasione dell'ultima legge di bilancio, per garantire l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso presso le strutture socio-sanitarie, le strutture socio-assistenziali e i servizi educativi per l'infanzia;

   le risorse per dare attuazione alle misure in questione ci sarebbero già; le ha stanziate il precedente Governo in sede di conversione del decreto-legge n. 32 del 2019 (cosiddetto decreto «sblocca cantieri»), istituendo due appositi fondi nello stato di previsione del Ministero dell'interno e del Ministero della salute (cfr., in particolare, l'articolo 5-septies del decreto-legge sopra citato, rubricato «sistemi di video sorveglianza a tutela dei minori e degli anziani»);

   ad avviso degli interroganti, per il Governo in carica, peraltro, la tutela delle persone anziane non sembra essere una priorità; non è stato possibile emendare inoltre la legge di bilancio, nonostante resistenza dei fondi sopra indicati; le proposte di legge presentate sul tema, già approvate dalla Camera in data 23 ottobre 2018, sono all'esame del Senato da oltre un anno, nonostante i casi di cronaca continuino incessantemente a ripetersi –:

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare al fine di tutelare adeguatamente la sicurezza e il benessere psicofisico delle persone ospitate presso le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali;

   se i Ministri interrogati, alla luce dei ripetuti casi di cronaca di cui si è dato conto, non ritengano opportuno adottare ogni iniziativa di competenza per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso all'interno delle strutture medesime, nell'ottica di prevenire e arginare il grave fenomeno di cui si discute.
(4-04547)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ACQUAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il giorno 19 giugno 2017 il presidente pro tempore del Gestore servizi energetici (Gse) Francesco Sperandini in visita a Pesaro, annunciò che avrebbe co-finanziato una serie di opere ad alto consumo energetico nel comune, per un totale di 7,7. milioni di euro;

   l'amministrazione comunale si impegnava a realizzare le opere con i fondi propri, e successivamente il Gse avrebbe provveduto a restituire una parte delle risorse spese (fino al 65 per cento del totale), trattandosi di contributi a fondo perduto;

   sulla stampa locale si legge chiaramente che erano diverse strutture che il Presidente del Gse si era impegnato a co-finanziare, la palestra di via Lamarmora (1.170 milioni di euro), come la nuova scuola di via Lamarmora (1.750 milioni di euro), vecchio palazzetto dello sport di via dei Partigiani (1.750 milioni), l'impianto sportivo di Pentathlon moderno (1.750 milioni di euro), la ristrutturazione della palestra della scuola media Dante Alighieri (500 mila euro) e il bocciodromo di via dell'Acquedotto (950 mila euro);

   il presidente Sperandini aggiunse che il Gse aveva già eseguito i sopralluoghi, e che nel giro di 45 giorni avrebbe terminato la fase istruttoria, inviando al comune un atto ufficiale con l'elenco completo degli interventi che sarebbero stati finanziati;

   a due anni e mezzo di distanza da quell'incontro, al comune di Pesaro non risulta arrivato nessun elenco ufficiale da parte del Gse;

   dagli atti ufficiali dello stesso comune risulta solamente la richiesta di prenotazione degli incentivi (datata 12 febbraio 2019) da parte del comune per la nuova scuola di via Lamarmora e l'accettazione da parte del Gse, per un importo però inferiore alla cifra indicata due anni e mezzo fa: 816.272 euro, anziché 1.750.000 euro. Per tutte le altre opere non risultano atti al comune di Pesaro –:

   se esista elenco ufficiale degli interventi che il Gse si è impegnato a realizzare nel comune di Pesaro e i rispettivi importi;

   quali siano gli interventi per i quali siano state inoltrate al Gse richieste di contributi da parte del comune di Pesaro;

   quali siano le tempistiche per l'erogazione del contributo assegnato al comune di Pesaro, in merito alla nuova scuola di via Lamarmora trattandosi dell'unico che al momento risulta autorizzato.
(5-03427)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Gariglio e altri n. 7-00399, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pagani, Viscomi, Navarra, Lacarra, Pezzopane, Pellicani, Topo, Ciampi, Frailis, De Luca, Braga.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Enrico Borghi n. 1-00312, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 286 del 10 gennaio 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 44 della Costituzione italiana vincola il legislatore al rispetto di due obiettivi principali quali il conseguimento di un uso razionale del suolo e la realizzazione di rapporti sociali equi; più in generale realizza una «protezione costituzionale» all'introduzione di politiche agricole e di governo del territorio volte a recepire quelle norme del diritto internazionale che promuovono uno sviluppo economico, sociale e ambientale «sostenibile»;

    il medesimo articolo prevede, in fine, che «La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane». La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane riveste, dunque, carattere di preminente interesse nazionale e, in generale, a tale scopo concorrono lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali;

    a favore delle zone montane è intervenuta la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane» e, da ultimo, la legge 6 ottobre 2017, n. 158 recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni»;

    nell'ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020, è stata data particolare attenzione – quale strumento per lo sviluppo dell'intero Paese – alle cosiddette «aree interne», per le quali sono assegnate le risorse nazionali previste appositamente dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, comma 13 (legge di stabilità 2014), successivamente integrate dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, articolo 1, comma 674 (legge di stabilità 2015) e dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 811, (legge di stabilità 2016);

    l'Accordo di Partenariato 2014-2020 (approvato dalla Commissione Europea il 29 ottobre 2014, è poi modificato l'8 febbraio 2018 a seguito della programmazione delle risorse attribuite all'Italia con l'adeguamento tecnico del Quadro finanziario pluriennale europeo 2014-2020, così come previsto dall'articolo 92, paragrafo 3 del regolamento dell'Unione europea) ha inteso contribuire alla ripresa dello sviluppo economico e sociale dell'Italia attraverso la sperimentazione di una Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) «capace di toccare ogni regione e macro-regione del Paese, creando lavoro, realizzando inclusione sociale e riducendo i costi dell'abbandono del territorio»;

    la sperimentazione della Strategia nazionale per le aree interne ha attivato 72 «aree progetto» in 1.061 comuni (13,4 per cento del totale, il 26 per cento dei comuni di aree interne), coinvolgendo circa 2 milioni di abitanti (il 3,4 per cento del totale, il 15,5 per cento della popolazione dei comuni classificati di aree interne) che vivono su circa 51.000 chilometri quadrati di territorio (16,7 per cento del territorio italiano e 28,4 per cento del territorio di aree interne);

    a dicembre 2019, risultano 47 le strategie d'area approvate, sono 24 gli accordi di programma quadro sottoscritti e a più 700 milioni di euro ammontano gli investimenti già programmati, fra risorse nazionali comunitari (Fesr, Fse e Feasr) e fondi privati;

    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone, tra le altre cose, che «l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna»;

    il Parlamento europeo con la risoluzione del 10 maggio 2016 sulla politica di coesione nelle regioni montane dell'Unione europea (2015/2279(INI)) e la risoluzione, approvata il 3 ottobre 2018, su come affrontare le esigenze specifiche delle zone rurali, montane e periferiche (2018/2720(RSP)) ha posto la centralità delle aree interne, rurali e montane nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea;

    le aree interne «quale parte maggioritaria del territorio italiano caratterizzata dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali», secondo la classificazione adottata dall'Accordo di partenariato, interessano 4.216 comuni, pari a circa il 52 per cento del totale, e che in essi vive circa il 22 per cento della popolazione totale su una superficie pari al 60 per cento del territorio nazionale;

    le zone montane costituiscono il 55 per cento del territorio italiano e 65 per cento del territorio dell'Unione europea, ospitano in Europa il 57 per cento della sua popolazione e generano il 46 per cento del valore aggiunto lordo;

    un quarto della popolazione delle zone rurali, montane e interne del Paese non ha accesso a Internet ad alta velocità e riscontra gravi problematiche nell'accesso ai servizi televisivi e radiofonici;

    è importante aiutare le zone interne e montane a superare le sfide cui devono far fronte; una di tali sfide è costituita dallo spopolamento rurale, in quanto i giovani continuano ad abbandonare queste zone e gli anziani (di età superiore a 65 anni) rappresentano il 34 per cento della popolazione totale; occorre pertanto garantire agli abitanti delle zone non urbane opportunità simili a quelle di cui godono gli abitanti delle zone urbane;

    l'economia, le aree urbane, l'industria (incluso il turismo) e i cittadini dipendono in ampia misura da queste zone montane in termini di approvvigionamento alimentare, utilizzo dei suoli, energia, risorse idriche, aria pulita e materie prime;

    è necessario sfruttare appieno le possibilità offerte dalla cooperazione, dalle strategie macroregionali (Eusalp ed Eusair) e da altri strumenti di interazione tra regioni per affrontare le esigenze specifiche delle Alpi e degli Appennini, promuovere la coesione e favorire rapporti di interazione a livello europeo;

    l'Italia, attraverso l'azione del Governo e del Parlamento, deve promuovere e sostenere lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni, garantire l'equilibrio demografico del Paese favorendo la residenza in tali comuni, nonché tutelarne e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonici e favorire l'adozione di misure in favore dei cittadini residenti nei piccoli comuni e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riferimento al sistema dei servizi territoriali, in modo da contrastarne lo spopolamento e da incentivare l'afflusso turistico. L'insediamento in questi comuni rappresenta una risorsa a presidio del territorio, soprattutto per le attività di piccola e diffusa manutenzione, prevenzione del dissesto idrogeologico e tutela dei beni comuni;

    la legge 27 dicembre 2019, n. 160, bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, al fine di rafforzare e ampliare la strategia nazionale per le aree interne (SNAI), ha stanziato 60 milioni di euro per l'anno 2021 e 70 milioni di euro ciascuno degli anni 2022 e 2023 nonché ulteriori 30 milioni all'anno per il 2020, 2021 e 2022 per interventi di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie a realizzare uno sviluppo territoriale equilibrato del Paese, con particolare attenzione alle aree interne, alle aree rurali e alle zone montane, mediante politiche nazionali incentrate sulle diverse esigenze di tali territori e orientate a un modello di sviluppo sostenibile coerente con il Green Deal europeo;

2) a costruire una strategia integrata di intervento nelle aree interne, nelle aree rurali e nelle zone montane, sia mediante la convocazione degli Stati generali della montagna, sia valorizzando la Federazione dei progetti e delle comunità delle aree interne, luogo di «condivisione e messa in comune delle esperienze» Snai, quali strumenti in cui consentire l'incontro ed il coordinamento dei soggetti portatori di interessi e delle politiche elaborate a livello europeo, nazionale e locale con l'obiettivo di stabilizzare e compensare le tendenze negative sui mercati locali, derivanti dalle dinamiche demografiche e dalla scarsità di risorse naturali per promuovere lo sviluppo locale;

3) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo per la creazione, nel nuovo periodo di programmazione dei Fondi di coesione 2021-2027, accanto all'agenda urbana e alla riserva per le aree interne, di specifiche linee di intervento destinate alle zone montane affiancandole a un programma di azioni e interventi nell'ambito della programmazione nazionale del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-27;

4) ad adottare iniziative per attuare un serrato coordinamento tra le politiche nazionali e quelle europee per garantire lo sviluppo di tali territori, mediante investimenti volti a integrare tutte le politiche al fine di generare la crescita sociale ed economica intelligente, sostenibile e inclusiva, la sicurezza alimentare, l'inclusione sociale, la parità di genere, la lotta ai cambiamenti climatici, la riduzione del divario digitale, la prevenzione del dissesto, la creazione di posti lavoro, la digitalizzazione e l'efficienza del mercato, la massima interazione tra territori e in particolare tra aree interne e urbane;

5) ad adottare le iniziative di competenza per attuare la legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni, approvando in tempi rapidi i decreti attuativi al fine di individuare anche le modalità di spesa delle risorse economiche previste alla legge ed incrementando la dotazione del fondo previsto dalla medesima legge;

6) ad assumere iniziative per estendere la Strategia nazionale per le aree interne alle zone montane, alpine e appenniniche, classificabili come «aree interne» e non coinvolte nella sperimentazione in atto, attraverso il metodo dell'istruttoria pubblica e attivando il processo partecipativo e associativo previsto nella Strategia, individuando ulteriori fondi europei, nazionali e regionali nell'ambito delle politiche di coesione e garantendo un maggior raccordo con le altre politiche ordinarie, come sollecita anche la Commissione europea nell'allegato D) della relazione per Paese relativa all'Italia 2019;

7) a realizzare un più forte coordinamento tra i Ministeri competenti, anche attraverso il rafforzamento dell'azione del Comitato tecnico aree interne istituito con delibera del Cipe n° 9 del 28 gennaio 2015, al fine di generare un'accelerazione nella fase di spesa delle risorse europee e nazionali disponibili, in particolare quelle previste per le 72 cosiddette «aree pilota» individuate dalla Strategia nazionale per le aree interne;

8) ad adottare iniziative per individuare in 100 milioni di euro il Fondo nazionale per la montagna per il prossimo quinquennio, già attraverso il disegno di legge di bilancio 2021;

9) ad avviare un Piano Nazionale per i piccoli comuni, le aree rurali e montane del Paese al fine della prevenzione del dissesto idrogeologico, la lotta ai cambiamenti climatici, il riuso dei beni immobili e il contrasto al consumo di suolo, con uno stanziamento di 2 miliardi di euro per ciascun anno per i prossimi cinque anni; in tale contesto a sviluppare un programma di tutela della biodiversità montana particolarmente minacciata dai cambiamenti climatici, attraverso progetti pilota di supporto alle attività agricole e di riqualificazione naturalistica;

10) ad adottare ogni iniziativa utile a favorire l'istituzione di un patto per i piccoli comuni nell'ottica di garantire un approccio più efficace, integrato e coordinato alle politiche dell'Unione europea aventi un impatto sulle zone rurali, con la partecipazione di tutti i livelli di Governo, conformemente al principio di sussidiarietà e in linea con l'Agenda urbana per l'Europa stabilita nel patto di Amsterdam;

11) ad assumere iniziative per consentire la piena attuazione dell'Agenda nazionale per le zone montane, che includa un quadro strategico per lo sviluppo di tali zone, al fine di raggiungere gli obiettivi in materia di verifica rurale, piccoli comuni intelligenti, accesso ai servizi pubblici, digitalizzazione, formazione e innovazione, riequilibrio tra zone rurali e zone urbane;

12) a sostenere l'ulteriore sviluppo del turismo rurale e dell'agroturismo montano preservando nel contempo le specificità di tali aree, ad esempio le tradizioni e i prodotti locali tradizionali; a tal fine a promuovere una serie di benefici fiscali per le micro-attività sportive diffuse nelle aree montane, dai rifugi ai centri di educazione ambientale alle attività di gestione di aree protette e siti Natura2000, comprese le iniziative per la ristrutturazione degli edifici con iniziative tipo art-bonus (rifugio/bivacco-bonus e similari) e l'acquisto di beni durevoli e di consumo;

13) ad individuare un piano di azione per una differenziazione dei sistemi fiscali delle aree interne, delle aree rurali e delle zone montane del Paese, al fine di favorire investimenti pubblici e privati, nonché la residenzialità, la nascita di nuove imprese, il contrasto alla desertificazione commerciale e all'abbandono di servizi pubblici, anche sul modello di quanto avvenuto con il programma «Resto al Sud»;

14) a mettere in atto iniziative per definire misure di agevolazione fiscale per le spese connesse all'acquisto ed alla trasformazione degli immobili nelle aree interne e montane affiancandole anche ad una semplificazione burocratica in caso di interventi di recupero di borghi montani che abbiano alla base forme associative e/o di cooperazione tra giovani e che prevedano la residenzialità per un numero minimo di anni;

15) ad adottare iniziative per stanziare, in base a criteri di premialità, ulteriori incentivi e risorse economiche, a valere sull'attuale ciclo di programmazione nonché sul prossimo 2021-2027, a favore delle aree già individuate dalla Strategia nazionale per le aree interne che si siano distinte per la messa in atto di pratiche virtuose nell'attuazione degli obiettivi della Strategia in parola;

16) a porre in essere tutte le iniziative necessarie per rafforzare la governance del Comitato tecnico aree interne, anche mediante una più solida collaborazione tra le amministrazioni che lo compongono;

17) ad adottare le iniziative necessarie per incentivare nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne lo sviluppo di una governance multilivello che ampli il coinvolgimento delle amministrazioni a livello locale fornendo alle stesse maggiori risorse per l'ampliamento delle tecnostrutture territoriali ed una riorganizzazione delle funzioni del segretario comunale nei comuni delle aree montane per rispondere alle esigenze evidenziate da più parti, a partire dall'Uncem;

18) ad avviare con urgenza le dovute procedure per adeguare la legislazione vigente al fine di agevolare da parte della popolazione residente nelle aree interne il godimento di servizi primari e salvaguardando i livelli di qualità e sicurezza, la revisione dei criteri per il mantenimento dei presidi ospedalieri e scolastici, nonché di quelli della giustizia negli ambiti montani;

19) a valutare la compatibilità giuridica del trasferimento alle regioni della competenza in materia di grandi derivazioni idroelettrica, promuovendo se del caso, modifiche normative in grado di evitare contenziosi e, di assicurare efficienza del sistema e pieno coinvolgimento degli enti locali dei territori montani interessati dalle opere di captazione e distribuzione;

20) a sostenere l'ulteriore sviluppo delle aree interne, rendendo la Strategia nazionale per le aree interne una politica organica, tesa ad ampliare l'attuale numero limitato di aree per Regione, avviando un processo di apprendimento e replicazione dei meccanismi virtuosi riscontrati.
(1-00312) (Nuova formulazione) «Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger, Rotta, De Menech, Bordo, Di Giorgi, De Maria, Fiano, Gribaudo, Lepri, Pezzopane, Pollastrini, Viscomi, Melilli, Pastorino, Fregolent, Ferri, Terzoni, Perconti, Deiana, Daga, D'Ippolito, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Gagnarli, Giarrizzo, Elisa Tripodi, Bilotti, Papiro, Perantoni, Mura».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-01381 del 5 febbraio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04542.