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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 dicembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nella seduta del question time del 9 ottobre 2019 è stato sollevato il caso dell'ormai drammatica situazione di carenza di segretari comunali che rischia di paralizzare lo svolgimento della ordinaria attività amministrativa e il buon andamento degli uffici pubblici in numerosissimi comuni, assumendo i caratteri di una problematica di portata nazionale, in quanto vi sono regioni in cui più del 50 per cento dei comuni risulta sprovvisto di tale figura;

    ripetutamente, e in diverse sedi istituzionali, l'Anci ha sottolineato al Governo, al consiglio direttivo dell'Albo dei segretari comunali e provinciali, nonché in Conferenza Stato-città, l'emergenza che riguarda, soprattutto, i segretari di fascia C in molti ambiti regionali e nei comuni colpiti dai più recenti eventi sismici;

    il corso-concorso COA 6 del 2017 è ancora solo alla conclusione della fase preselettiva e l'indizione di un nuovo concorso COA 7 è anch'esso in fortissimo ritardo. Tale lentezza aggrava ulteriormente la carenza negli organici e amplifica l'attuale lunghezza della procedura di reclutamento del corso-concorso, circostanza che evidenzia, ancor di più, come il concorso COA 6, attualmente in espletamento, che porterà all'inserimento di 224 nuovi segretari comunali, non possa ritenersi idoneo a ovviare alle più ampie e strutturali carenze che caratterizzano attualmente la categoria;

    si continua a registrare un crescente fabbisogno di segretari comunali e le procedure concorsuali di cui sopra non soddisferanno, se non in minima parte, il fabbisogno delle sedi oggi vacanti, posto che, su tutto il territorio nazionale, solamente il 40 per cento degli enti locali risulta dotato di un segretario comunale e nei piccoli comuni le sedi vacanti sono più di 1.400, a fronte di un trend che vede il numero di segretari comunali ridursi, dal 2010 a oggi, di circa 700 unità;

    le carenze di segretari comunali verranno pure ulteriormente aggravate dai pensionamenti anticipati consentiti da «quota 100», i quali aumenteranno in maniera assai preoccupante il trade-off negativo che continua a registrarsi nel turn over dei segretari comunali;

    tale drammatica situazione rischia di provocare una seria paralisi dell'attività amministrativa e la messa in discussione della stessa figura dei segretari comunali, i quali, oltre a interpretare un ruolo fondamentale nella preparazione ed esecuzione delle deliberazioni del consiglio e della giunta, espletano funzioni che assumono un valore strategico per la stessa azione amministrativa dell'ente, nonché per l'attività negoziale e contrattuale dello stesso, con inesorabili riflessi sul funzionamento dello stesso, in termini di efficacia ed efficienza;

    soprattutto i piccoli comuni risultano spesso sprovvisti di segretari comunali per via del fatto che questi ultimi rifiutano la sede vacante, per ragioni di distanza dalla sede lavorativa o perché non di loro gradimento, lasciando pertanto detti comuni senza una figura essenziale al loro stesso funzionamento, con riflessi sul complesso delle attività degli enti locali – sia in termini di servizi, che di prestazioni – e andando a incidere sul tessuto socioeconomico del territorio, condizionando la stessa capacità dell'ente di ottemperare ai programmi di sviluppo nazionale stabiliti a livello centrale e, sostanzialmente, bloccando anche le più basilari facoltà gestionale dei comuni;

    del tutto necessario appare un intervento sulla normativa dettata in materia di segretari comunali;

    l'urgenza di far fronte alla carenza di segretari comunali, soprattutto per quanto concerne i piccoli comuni, rende indispensabile il vaglio di forme ulteriori di reclutamento dei segretari comunali rispetto al corso-concorso, come la previsione della possibilità, per i piccoli comuni, di ovviare al perdurare della mancanza di segretari comunali, attingendo da personale qualificato della pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative urgenti per affrontare e gestire la grave carenza di segretari comunali sopra descritta e, in particolare, a valutare con la massima urgenza un'iniziativa normativa che miri a superare e correggere le criticità del corso-concorso, attraverso una semplificazione e velocizzazione delle procedure selettive;

2) ad adottare iniziative per individuare, in via temporanea, figure che possano garantire la reggenza delle sedi vacanti sopperendo al perdurare della mancanza di segretari comunali, da reperire tra personalità qualificate interne alla pubblica amministrazione, in modalità tali da garantire l'effettiva copertura delle carenze e la continuità della prestazione.
(1-00302) «D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli, De Filippo, Marco Di Maio, Ferri, Occhionero».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sommergibili sono per definizione imbarcazioni adattate alla navigazione in superficie e che, all'occorrenza, possono immergersi, perdendo però manovrabilità e velocità. Rispetto ai sottomarini, essi dispongono di limitate capacità in immersione e non sono in grado di operare per periodi prolungati al di sotto della superficie dell'acqua. Per molti aspetti si ritiene quindi che i sommergibili rappresentino i predecessori dei più moderni sottomarini;

   tali imbarcazioni sono dotate di tutti gli apparati di comunicazione che sono riservati a quelle che navigano in superficie. A differenza di queste ultime, i mezzi subacquei, al fine di mantenere segreta la loro posizione specialmente in immersione, devono poter effettuare collegamenti e scambi di messaggi nel minor tempo possibile;

   le frequenze che hanno una maggiore capacità di penetrazione dell'ambiente liquido sarebbero le LF (low frequency) basse frequenze e le VLF (very low frequency) frequenze bassissime. Particolarmente rischioso, inoltre, sarebbe l'utilizzo del sistema denominato «Scia» che impiegherebbe antenne della lunghezza di circa 5 chilometri trascinate in acqua e a pochi metri di profondità, di fatto prestandosi a una possibile e immediata localizzazione;

   i mezzi subacquei moderni usano sistemi di comunicazione il cui funzionamento rimane tuttora segreto, ma per le comunicazioni di routine, disporrebbero di boe radio, guidate da un filo a fibra ottica, che verrebbero rilasciate anche a notevole profondità e che, una volta in superficie, permetterebbero la ricezione e la ricezione di messaggi ad alta velocità come gli ssix (submarine satellite information exchange subsystem);

   questi natanti sarebbero in grado di acquisire e fornire informazioni di importanza strategica per la difesa e la sicurezza del nostro Paese e per il contrasto di terrorismo, traffico illegale di armi ed esseri umani, contrabbando, pirateria, reati contro l'ambiente ed ovviamente eventuali atti ostili da parte di altri Paesi contro l'integrità territoriale e gli interessi nazionali sul mare;

   negli ultimi anni la produzione di sommergibili viene realizzata anche per scopi civili. In tal senso, si registra la disponibilità sul mercato di sommergibili, veicoli ipertecnologici, che prometterebbero di raggiungere la profondità di circa 3 chilometri sotto la superficie dell'oceano e di aprire la strada all'esplorazione del mare;

   di recente il Parlamento ha definitivamente approvato la legge di conversione del decreto-legge n. 105 del 2019 che introduce il perimetro di sicurezza cibernetica nazionale;

   in particolare con l'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 1 vengono ulteriormente dettagliati i criteri per l'individuazione degli attori da includere nel perimetro nazionale. In particolare, si specifica che tale processo avviene tramite un approccio di gradualità che tenga conto dell'entità del pregiudizio per la sicurezza nazionale, in relazione alle specificità dei diversi settori di attività che «può derivare dal malfunzionamento, dall'interruzione, anche parziali, ovvero dall'utilizzo improprio delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici predetti» –:

   se il Governo non ritenga necessario che, nell'ambito del perimetro di sicurezza, siano da intensificare le protezioni per le trasmissioni dei sommergibili militari; in che modo siano da considerare, rispetto al grado di minaccia, i nuovi sommergibili civili che potrebbero essere impiegati per molteplici scopi, tra cui quelli scientifici, e i droni subacquei che vengono utilizzati per monitoraggio ambientale.
(5-03270)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   non lasciano spazio a interpretazione i dati dell'ultimo rapporto Svimez 2019 sull'economia e la società del Mezzogiorno, presentato a Montecitorio, proprio nelle ore in cui la legge di bilancio inizia il suo percorso parlamentare;

   nel 2019 il Sud è entrato in «recessione», con un Pil stimato in calo dello 0,2 per cento a fronte del +0,3 per cento del Centro-Nord e per il 2020 si prevede solo una «debole ripresa», con il Mezzogiorno che crescerà non oltre lo 0,2 per cento (a fronte dello 0,6 per cento dell'Italia nel complesso);

   secondo il rapporto Svimez, in particolare, «si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord, nell'ultimo decennio aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni», con la precisazione che «la crescita dell'occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000)»;

   dall'inizio del nuovo secolo, infatti, hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati e senza un'inversione di tendenza «nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)»;

   un altro dato, che sicuramente non fa piacere ma che non stupisce, è la conferma che il reddito di cittadinanza, seppure considerato utile dall'associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, non è risultato uno strumento idoneo per combattere la povertà perché, come più volte Fratelli d'Italia ha denunciato, senza però sortire l'attenzione del Governo, «la povertà non si combatte solo con un contributo monetario: occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza. Peraltro, l'impatto del Reddito sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro»;

   in mancanza di politiche specifiche, puntate allo sviluppo, e non a un mero sostegno di sussistenza che si limita ad accompagnare, se non a favorire, il declino, il Sud è destinato a una desertificazione sempre più triste, che a un certo punto rischia di diventare irreversibile;

   l'emigrazione, poi, non si limita a quella dei giovani che cercano lavoro, ma coinvolge la domanda d'istruzione, dal momento che il Mezzogiorno soffre anche di un forte svantaggio in termini di risorse; chi può va a studiare fuori, mentre tra chi non può si registra un record di abbandono scolastico: nel 2018 gli abbandoni scolastici meridionali sono stati il 18,8 per cento fronte dell'11,7 per cento delle regioni del Centro-Nord e al Sud il 56 per cento delle scuole ha bisogno di manutenzione urgente;

   continua è anche l'emigrazione ospedaliera verso le regioni del Centro-Nord: circa il 10 per cento dei ricoverati per interventi chirurgici acuti si sposta dal Sud verso altre regioni. Grave il ritardo nei servizi per l'infanzia;

   il Sud continua a non essere in cima alle priorità del Governo e i dati purtroppo lo confermano: la quota di risorse ordinarie della pubblica amministrazione centrale destinata al Mezzogiorno è al momento di poco superiore al 28 per cento, a fronte del 34,4 per cento di popolazione, mentre al Centro-Nord il rapporto si inverte con il 71,60 per cento di spesa contro il 65,6 per cento di popolazione –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per attuare un piano straordinario per il Mezzogiorno ed evitare la desertificazione di questa parte dell'Italia.
(4-04302)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», la cosiddetta spending review, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, aveva previsto la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare senza compromettere i servizi offerti ai cittadini;

   in seguito a tale riorganizzazione è stata disposta la chiusura del consolato italiano di Newark, una realtà importante per l'emigrazione italiana in Usa sia sul piano storico che per gli interessi odierni che caratterizza quell'area, in termini di iscritti all'Aire e di attrattiva nel settore della ricerca;

   tale chiusura ha causato disagi ai cittadini italiani residenti sul posto e la perdita di un servizio importante per le imprese italiane che sono presenti in New Jersey;

   l'area del New Jersey è interessata da nuovi flussi migratori dall'Italia con conseguente aumento degli iscritti all'Aire, circa il 10 per cento in più rispetto alla data di chiusura del consolato, che gravano sul consolato generale di New York, già colmo di lavoro;

   l'interrogante ha già chiesto al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale pro tempore, con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-01908, «se il Ministro interrogato non ritenga di dover procedere alla riapertura del consolato italiano di Newark nell'interesse delle vecchie e nuove emigrazioni italiane in quell'area»; tuttavia, la risposta del Governo pro tempore è stata insoddisfacente e vaga: «La Farnesina è pienamente consapevole della rilevante presenza italiana nell'area di Newark e, più in generale, nello Stato del New Jersey (USA). Proprio per assicurare l'assistenza agli italiani in loco, è stato aperto nel 2015 l'ufficio onorario in Clifton e si sta contemporaneamente valutando la possibilità di un ulteriore potenziamento della rete onoraria locale»;

   gli italiani del New Jersey, come tutti gli altri cittadini italiani all'estero, hanno diritto alla tutela e all'assistenza e, quindi, a un consolato che possa erogare i servizi necessari alle persone ed alle imprese –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare una data certa per la riapertura del consolato italiano di Newark nell'interesse dei connazionali che vi risiedono e che hanno vissuto un forte disagio in seguito alla precedente chiusura del consolato.
(5-03281)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Mes configura una «istituzione finanziaria internazionale», istituita con trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico dell'Unione europea, modificativo dell'articolo 136 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ratificato dall'Italia, che ne è divenuta membro, con legge n. 116 del 2012, approvata contestualmente alla legge n. 114 del 2012 sul Fiscal compact;

   il capitale del Mes è di 700 miliardi di euro, di cui l'Italia è terzo contributore con una sottoscrizione pari a 125 miliardi, di cui erogati circa 14, finanziati con un aumento del debito pubblico;

   in caso di crisi, l'accesso al Mes dipende della virtuosità degli Stati rispetto ai parametri del deficit inferiore al 3 per cento e del rapporto debito/prodotto interno lordo sotto il 60 per cento;

   per l'Italia l'accesso al Mes avverrebbe con ristrutturazione del debito, tramite svalutazione del valore nominale o allungamento della durata dei titoli di Stato, che brucerebbe miliardi di euro dei risparmiatori italiani con rischio di fallimento delle banche, titolari di quote per circa 400 miliardi di euro;

   la governance del Mes, i cui membri sono immuni da responsabilità sulle decisioni prese nell'esercizio delle loro funzioni, è tenuta ad un'informativa annuale ai Parlamenti nazionali senza possibilità di controllo parlamentare, indirizzo o informazione diretta ai cittadini;

   l'opacità procedurale, ad avviso dell'interrogante, contrasta con i princìpi dell'Unione europea, con l'orientamento costante della Corte di giustizia dell'Unione europea sul diritto di accesso e con i poteri di indirizzo e controllo dei Parlamenti;

   sul Mes il Governo si è espresso, a giudizio dell'interrogante, in modo contraddittorio: il Ministro Gualtieri ha dichiarato che è stato raggiunto un accordo politico a livello europeo e che, pertanto, il testo non è emendabile, il Presidente del Consiglio Conte ha invece dichiarato che nulla è deciso e che si sta ragionando nell'ottica di «pacchetto» nell'ambito dell'Unione bancaria. Le dichiarazioni del Presidente Conte sono state smentite dapprima dal Presidente dell'Eurogruppo Centeno, in linea con il Ministro Gualtieri, poi dagli accordi europei intercorsi nei giorni scorsi nell'ultima riunione dell'Eurogruppo dove, secondo quanto riferito dal Ministro Gualtieri, sarebbe stata accantonata la logica del «pacchetto» unico con la riforma dell'Unione bancaria;

   il Parlamento non ha preventivamente autorizzato il Governo alla sigla di accordi intergovernativi per l'adesione dell'Italia alla riforma del Mes;

   non è chiaro secondo l'interrogante quale sarebbe l'interesse italiano ad una trasformazione del Mes in fondo «salva-banche» con il rischio di ristrutturazione automatica del debito –:

   se trovi conferma, per quanto di competenza, il negoziato intergovernativo nei termini sopra citati, finalizzato alla presentazione di un disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato sul Mes.
(5-03282)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, SCHIRÒ, ANDREA ROMANO e FASSINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che a maggio 2019, in Libia, siano stati usati missili Blue Arrow (BA-7), utilizzati di norma come armamento per i droni Wing Loong prodotti dalla Cina. Secondo le Nazioni Unite, è quasi sicuro che il missile non sia stato trasportato in Libia dai fornitori, o eventualmente dai cinesi, ma attraverso una «terza parte» non meglio identificata. I funzionari dell'Onu stanno però investigando sull'impiego dei droni cinesi e sul possibile ruolo degli Emirati Arabi nell'offensiva su Tripoli condotta dal generale Haftar;

   il presidente turco Erdogan ha dichiarato: «abbiamo un accordo di cooperazione militare con Tripoli. Forniamo quello che ci richiedono e loro pagano. Egitto ed Emirati fanno lo stesso»;

   nel mese di novembre 2019, un drone militare italiano è precipitato in Libia e sarebbe stato abbattuto dalle forze del maresciallo Haftar, scambiato per uno dei droni turchi in dotazione al governo Serraj;

   sempre secondo fonti giornalistiche, parrebbe che le forze speciali britanniche fossero in Libia ieri sera a caccia di missili anti-embargo. Il Sas è stato chiamato la scorsa settimana per sostenere un'operazione dell'MI6 per stabilire se le forze antigovernative stanno usando armi vendute dagli Emirati Arabi Uniti, dalle nazioni del Medio Oriente e dalla Russia;

   ciò starebbe a significare che nonostante l'embargo delle Nazioni Unite, rinnovato a giugno 2018, in Libia continuano a riversarsi moltissime armi da guerra e la crisi sta prendendo la forma di una «guerra per procura» tra potenze esterne, la cui ricompensa non sarà soltanto l'influenza sulla futura Libia unificata, ma anche la definizione di rapporti di forza nel Mediterraneo orientale, con connesse linee di influenza delle zone economiche e di quelle per la ricerca dei giacimenti di gas offshore;

   il 2 dicembre 2019, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha invitato tutti gli Stati ad adempiere all'embargo sulle armi imposto alla Libia e a rimanere fuori dal conflitto. Tali affermazioni sono giunte dopo che il gruppo di monitoraggio dell'Onu sulle sanzioni ha accusato la Giordania, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia di ripetute violazioni delle norme internazionali –:

   quali notizie abbia il Ministro interrogato in merito alla presunta violazione dell'embargo sulle armi alla Libia e come si adopererà il Governo, nei consessi internazionali e nelle relazioni bilaterali con i Paesi interessati, per denunciare le violazioni e approdare a una soluzione che permetta di arrestare, il prima possibile, l'approvvigionamento di armi da guerra a favore della Libia.
(5-03283)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORMENTINI, CAPITANIO e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ha destato viva sensazione il fatto che una giornalista di punta della Rai, Monica Maggioni, già presidente dell'azienda radiotelevisiva nazionale, si sia recata a Damasco per intervistare il Presidente siriano Bashar al Assad;

   a quanto si è appreso, tra le condizioni che la Rai avrebbe accettato di sottoscrivere in cambio della realizzazione dell'intervista figurava l'impegno dell'azienda radiotelevisiva italiana a trasmetterla entro il 2 dicembre scorso;

   in prossimità dello spirare del termine anzidetto, la Siria ha reso noto che qualora entro il 9 dicembre l'intervista non fosse stata trasmessa dalla Rai, avrebbe provveduto a farlo l'emittente di Stato siriana, compromettendo quindi il valore commerciale del servizio realizzato da Monica Maggioni;

   alla fine, la Rai ha optato per la pubblicazione del documento filmato su Rai Play, evitando quindi la trasmissione da parte dei canali generalisti e dell’all-news aziendale, ma apparentemente rispettando nella forma l'accordo raggiunto con il Governo siriano;

   non è in effetti conosciuto l'insieme delle condizioni sottoscritte dalla Rai per permettere a Monica Maggioni di intervistare Bashar al Assad né se, e in che modo, la diplomazia italiana sia stata coinvolta nella gestione delle trattative che hanno preceduto la realizzazione dell'intervista;

   non è noto neanche se la Farnesina abbia informato la Presidenza del Consiglio dei ministri dell'iniziativa assunta dall'azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo –:

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia avuto preventivamente notizia dei progetti dell'azienda italiana di servizio pubblico radiotelevisivo in merito alla realizzazione di un'intervista al Presidente siriano Bashar al Assad;

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia dato notizia alla Presidenza del Consiglio dei ministri dei propositi della Rai e di quanto stava accadendo;

   se l'azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo abbia sollecitato il supporto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e se la diplomazia italiana lo abbia fornito e di che tipo.
(4-04316)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   BALDINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 246, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che i titolari delle concessioni demaniali Marittime ad uso turistico ricreativo e dei punti di approdo con medesime finalità turistico-ricreative, che utilizzino manufatti amovibili, possono mantenere installati i predetti manufatti fino al 31 dicembre 2020;

   la ratio che sottende la suddetta disposizione è quella di favorire la destagionalizzazione della fruizione dei servizi turistico-ricreativi degli stabilimenti balneari in concessione, nella prospettiva di ottemperare a una domanda crescente dell'utenza che si colloca ben oltre i limiti stagionali entro i quali è concessa l'operatività delle suddette strutture;

   nelle intenzioni del legislatore vi era l'urgenza di superare le criticità della materia costellata da sentenze del giudice amministrativo e da sperequazioni applicative che hanno reso nei fatti quanto mai urgente un intervento legislativo univoco;

   malgrado la mission della norma, questa ad oggi risulta inapplicata o di difficile applicazione da parte degli enti locali, soprattutto a causa dei regolamenti comunali che prevedono la sussistenza del vincolo temporale, tanto da collocare i concessionari di stabilimenti balneari in uno stato di agitazione in ragione della scarsa chiarezza normativa e della mancanza di riscontro da parte delle autorità amministrative locali;

   si evidenzia che la destagionalizzazione del turismo balneare e la possibilità di diversificare l'offerta delle strutture balneari, auspicata congiuntamente dagli operatori di settore e dai cittadini utenti, si colloca in una prospettiva condivisa di sostegno al comparto turistico-balneare e di valorizzazione economica territoriale segnatamente per quelle aree votate esclusivamente a un turismo di tipo balneare che nella stagione invernale registrano un fisiologico decremento delle presenze di ospiti con inevitabili ripercussioni in termini economici;

   la destagionalizzazione degli impianti avrebbe anche un funzionale impatto in termini di salvaguardia ambientale delle coste e delle spiagge, in ragione della sussistenza annuale della presenza di una struttura, dunque non più limitata temporalmente, in grado di garantire un'adeguata gestione dei rifiuti;

   si ritiene opportuno evidenziare che, in una sentenza del Tar dell'Emilia-Romagna intervenuta a proposito del mantenimento oltre la stagione estiva di alcune strutture, è emerso che la limitazione temporale per tale mantenimento «non è più adeguata alla realtà poiché molte attività commerciali non hanno più carattere stagionale» –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità applicative della disposizione di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare per superare siffatte criticità nella prospettiva di chiarire la norma e renderla facilmente applicabile.
(3-01199)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   PEREGO DI CREMNAGO e MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   le Forze armate italiane – Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare – e l'Arma dei carabinieri dispongono, ciascuna, di un proprio corpo speciale (TIER 1);

   le Forze speciali italiane dipendono dal Cofs, il Comando interforze per le operazioni delle forze speciali, costituito il 1° dicembre 2004, competente per la pianificazione, predisposizione e direzione delle operazioni nonché delle esercitazioni interforze nazionali e multinazionali;

   l'istituzione di tale struttura di comando – alle dirette dipendenze del Capo di stato maggiore della difesa – ha posto finalmente l'Italia in linea con l'orientamento degli altri principali Paesi dell'Alleanza Atlantica: in tale consesso le forze speciali rappresentano una risorsa di rilevanza strategica alle dipendenze del vertice politico-militare nazionale tramite una specifica struttura di comando e controllo;

   negli Stati Uniti opera il Jsoc (Joint Special Operations Command) un comando sotto-unificato dell'Ussocom (United States Special Operations Command) incaricato per lo studio dei requisiti e delle tecniche delle operazioni speciali, per assicurare l'inter-operabilità e la standardizzazione degli equipaggiamenti, della pianificazione e della conduzione di esercitazioni e addestramento e dello sviluppo di tattiche di operazioni speciali congiunte;

   oltre ad avere la funzione di comando di pianificazione, il Cofs è un comando proiettabile, recentemente validato dalla Nato quale comando di componente per le operazioni speciali nel quadro dell'Nrf (NATO Response Force): tale risultato, di rilevanza storica, è stato conseguito nel corso del 2008 dopo un lungo, articolato, oneroso e complesso percorso addestrativo che ha portato le forze speciali italiane a confrontarsi con procedure e tematiche Nato di estrema complessità;

   per l'assolvimento delle straordinarie funzioni e per il conseguimento dell'intero spettro delle capacità operative delle forze speciali è assegnato un cosiddetto budget «fuori area»;

   il Cofs ha maturato una notevole esperienza sulla pianificazione, sulla predisposizione e sulla direzione di numerose missioni interforze «fuori area» e si è dotato di un sistema di comando e controllo che gli consente di gestire le operazioni condotte in Italia ed all'estero –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le opportune iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, volte ad implementare il budget destinato agli acquisti interforze del Cofs, anche in funzione dell'impiego delle forze speciali ai sensi dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 174 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2015, n. 198, nonché in considerazione delle funzioni strategiche e del livello di eccellenza delle forze speciali italiane.
(5-03271)


   PAGANI e BERLINGHIERI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 settembre 2015 con scrittura privata, l'Esercito italiano, reparto comando e supporti tattici Tridentina, ha stipulato un atto di permuta per servizio e custodia di beni di proprietà della ditta Elimast S.r.l., con sede legale in Artogne (BS), presso aree scoperte pertinenti alla caserma Tonolini di Passo del Tonale (TN);

   la permuta garantiva in contropartita la fornitura di servizi e/o beni a favore della caserma O. Huber nonché per la caserma Tonolini o per il Villaggio alpino Tempesti di durata annuale;

   negli anni dal 2016 al 2019 l'atto ha avuto ininterrotta continuità trasformandosi in convenzione con scadenza annuale al 31 ottobre di ogni anno, continuando a garantire le medesime contropartite;

   in tutto questo periodo la Elimast S.r.l. ha eseguito una serie di lavori di sistemazione delle scarpate, del piazzale e del posizionamento di un hangar per il deposito e la custodia dei propri beni;

   il piazzale antistante hangar è divenuto piazzola attrezzata e abilitata all'atterraggio (anche notturno in quanto illuminata) utilizzata anche dal Soccorso alpino, dal servizio del 118 e dalle stesse unità dell'Esercito;

   il mancato rinnovo della convenzione per il periodo che va dal 31 ottobre 2019 al 31 ottobre 2020 costringerebbe l'interruzione di ogni attività e addirittura lo smantellamento di quanto realizzato –:

   se il Ministro interrogato intenda adoperarsi per garantire continuità, in un orizzonte temporale più ampio, a un servizio a vantaggio del territorio dell'Altavalle e nell'ambito del quale risultano, per molti aspetti, preminenti gli interessi pubblici, come nel caso dell'elisoccorso e se intenda adottare iniziative per prevedere tempestivamente una proroga dell'attività in corso e superare una situazione emergenziale.
(5-03272)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la giornalista e scrittrice Sara Recordati ha raccontato la vicenda che l'ha coinvolta: dopo aver combattuto contro un cancro, si è vista recapitare una lettera dall'Agenzia delle entrate che le ha chiesto di giustificare il denaro versato all'ospedale in cui era stata operata privatamente e i 300 euro che ha speso per una parrucca, indossata a seguito della caduta dei capelli dovuta alla chemioterapia;

   a quanto è dato sapere, la struttura in cui è stata operata è pubblica, quindi, tracciabile dallo Stato e la spesa per la parrucca era già stata giustificata in sede di dichiarazione dei redditi, cui era stata allegata una richiesta da parte dell'oncologa. Si ipotizza che il dubbio è forse sorto per il fatto che la fotocopia della richiesta del medico non era agevolmente leggibile;

   sebbene sia giusto, quando necessario, fare delle verifiche sulla documentazione presentata con la denuncia dei redditi, è doveroso rendere più semplici le procedure relative alla presentazione della documentazione giustificativa delle spese in questione in modo da non onerare oltremodo persone che, oltre ad affrontare gravi malattie, devono poi essere esasperate da procedure burocratiche eccessive;

   nel caso di specie, vista la delicatezza della questione, appare all'interrogante oltremodo irragionevole e sprovveduto procedere a delle verifiche con le modalità portate avanti dall'Agenzia delle entrate, anche considerando che poteva essere effettuata ogni verifica sulle cure espletate, con richiesta diretta alla struttura ospedaliera pubblica in cui ha fatto la chemioterapia la paziente;

   inoltre, sull'acquisto di parrucche a chi è sottoposto a chemioterapia, si mette in evidenza che sebbene lo Stato riconosca a tutti la possibilità di detrazione fiscale, ci sono ulteriori rimborsi parziali o totali per tale tipo di spesa riconosciuti solo in alcune regioni –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di competenza, sui fatti esposti in premessa e se non ritengano necessario assumere iniziative volte a snellire le procedure per rendere più agevole la presentazione della documentazione giustificativa dei pagamenti in questione;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere, affinché vi sia una disciplina uniforme sul territorio nazionale rispetto ai contributi e ai rimborsi, riconosciuti per l'acquisto della parrucca, quale vero e proprio presidio sanitario, poiché necessario al malato di cancro per migliorare la qualità di vita, il ritorno al lavoro e la socialità, al fine di escludere le attuali disparità, considerando che solo alcune regioni prevedono specifici contributi e rimborsi.
(5-03268)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese di anziani, in molti casi non autosufficienti; questa realtà per quanto nota viene pressoché ignorata dal decisore politico o quanto meno non rappresenta una priorità d'azione. Tuttavia, l'invecchiamento della popolazione determina una sempre maggiore necessità di assistenza e, nonostante ciò, le agevolazioni su cui possono contare le famiglie sono sempre troppo esigue;

   ciò determina una grave situazione di lavoro nero nel settore domestico, che coinvolge 6 lavoratori su 10. Dunque, i quasi 900.000 addetti regolari censiti dall'Inps rappresentano appena il 43 per cento del totale. Cosa ancor più grave, stante l'aumento della domanda, è il decremento dei lavoratori regolari censiti; infatti dall'anno scorso vi è, in base ai dati dell'Inps, una diminuzione dell'1,4 per cento: più lavoratori in nero e più caregiver, che in mancanza di un sostegno pubblico sacrificano le loro vite per assistere i propri cari non autosufficienti;

   sulla base dei dati raccolti dall'Osservatorio nazionale famiglie datori di lavoro domestico (Domina) in collaborazione con la Fondazione Moressa, il tesoretto fiscale e contributivo legato all'emersione del lavoro nero di colf e badanti varrebbe 2 miliardi di euro: infatti, se tutti i lavoratori impiegati nel settore fossero regolari lo Stato incasserebbe 1,4 miliardi di contributi in più, da famiglie e lavoratori, e 645 milioni di Irpef, dai lavoratori;

   il rapporto annuale Domina sul lavoro domestico, avanza consigli volti alla regolarizzazione della situazione sopra descritta proponendo: la deducibilità totale dei contributi previdenziali per i datori di lavoro con reddito fino a 40 mila euro annui, la deducibilità parziale della retribuzione assicurata al lavoratore (30 per cento per i rapporti di lavoro con badanti e baby sitter e 15 per cento per collaboratori domestici), lo scambio di dati tra Inps e Agenzia delle entrate per predisporre una dichiarazione precompilata dei collaboratori domestici senza aggravio di adempimenti per le famiglie (l'evasione riguarda, infatti, anche molti lavoratori regolarmente assunti) ed infine la regolarizzazione dei lavoratori stranieri occupati come colf e badanti –:

   alla luce dei dati esposti in premessa e delle proposte avanzate dall'associazione Domina, quali iniziative, che prevedano sgravi fiscali e contributivi nel settore del lavoro domestico, il Governo intenda adottare al fine di combattere efficacemente il «sommerso» e sostenere le famiglie italiane con anziani e disabili, tenuto conto inoltre delle ingenti risorse che tali misure convoglierebbero nelle casse dello Stato.
(4-04301)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MILANATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca – sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1o gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i principi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 20 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01198)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACOMETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che nel carcere di Rovigo stanno per essere trasferiti cento detenuti condannati per reati di associazionismo di stampo mafioso, nell'ambito di una movimentazione che ne porterà duecento nel carcere di Vicenza. Ad oggi, un centinaio sono già arrivati a Vicenza e una sessantina a Rovigo, ma nel giro di poche settimane tutti i posti di alta sicurezza delle due carceri saranno occupati da condannati per reati per mafia;

   l'amministrazione penitenziaria, nell'esercizio del potere discrezionale inerente alla gestione dei detenuti e degli internati, in linea con i criteri individuati dagli articoli 13 e 14 dell'ordinamento penitenziario opera garantendo che la popolazione carceraria sia suddivisa per categorie omogenee. La circolare n. 3479 del 9 luglio 1998 ha istituito il circuito ad elevato indice di vigilanza (E.i.v.) L'assegnazione a tale circuito è stata prevista per quanti rispondono dei delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante compimento di atti di violenza, nonché per i soggetti provenienti dal circuito di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario a seguito di revoca e quindi già ritenuti organicamente inseriti al vertice delle associazioni mafiose;

   l'alta sicurezza è una sezione del carcere in cui sono riuniti tutti i condannati per reati di tipo associativo (mafia, traffico di droga e altro), che sono sottoposti a una sorveglianza più stretta rispetto ai detenuti comuni;

   secondo quanto riportato sul sito del Ministero della giustizia i posti ammonterebbero a 286, il trasferimento già effettuato di 60 detenuti, equivale al 30 per cento del totale, al quale debbono essere aggiunti gli ulteriori arrivi di circa 40 detenuti che porteranno la popolazione carceraria entro la fine dell'anno dagli attuali 318 detenuti a 415;

   la casa circondariale di Rovigo è un istituto penitenziario cosiddetto di terzo livello, prevalentemente volto ad accogliere detenuti di media sicurezza privo dei mezzi necessari alla gestione dei detenuti di alta sicurezza. Oltretutto la struttura ha una cronica carenza organica in particolare nel ruolo degli ispettori (7 su una pianta organica di 13) e dei sovraintendenti (1 su una pianta organica di 13);

   tutti i reparti sono a regime aperto, tranne una sola sezione, la «A1» dove ci sono i nuovi giunti che rimangono in osservazione per 7-10 giorni, prima di firmare un patto di responsabilità per accedere ai reparti ordinari, dove hanno la possibilità di vivere con le celle spalancate per buona parte della giornata (10 ore al giorno);

   complessivamente i detenuti impegnati in una qualche attività tra lavoro, scuola iniziative culturali, sono poco più dei 50 per cento. Ma va considerato che l'impegno della maggior parte degli stessi, consistente in lavori di casermaggio, ha durata media di poco superiore al mese, per un totale di 3 turni all'anno;

   presso l'ospedale rodigino non è presente un reperto bunker per eventuali ricoveri di detenuti «alta sicurezza» che sarebbero quindi eventualmente ricoverati presso i reparti ordinari, creando un ulteriore problema di ordine pubblico e di sicurezza per l'intera città;

   Rovigo si appresta a diventare la seconda città veneta con più detenuti dopo Verona (a Montorio possono ospitare un massimo di 530 detenuti) –:

   quali siano i motivi che hanno condotto l'amministrazione penitenziaria a destinare detenuti di alta sicurezza presso la casa circondariale di Rovigo, nonostante le carenze organiche e di sicurezza della struttura rodigiana.
(4-04304)


   CECCANTI, FASSINO, TONDO, LA MARCA, SIANI, VISCOMI, MAGI, CIAMPI, UNGARO, BRUNO BOSSIO, COSTA e LATTANZIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni è invalsa la prassi da parte di alcuni settori della magistratura inquirente e di alcune autorità di polizia giudiziaria di denominare operazioni e indagini da esse condotte con nomi in codice ad effetto, facendo uso di termini evidentemente scelti con cura al principale scopo di influenzare l'opinione pubblica e suscitare il consenso sociale intorno alle ipotesi accusatorie, spesso risultate poi nei processi meno solide del previsto;

   ciò sembra dar luogo ad un vero e proprio improprio marketing delle indagini giudiziarie e con l'assecondare forme inopportune di spettacolarizzazione;

   anche in considerazione dell'evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa nonché della comunicazione diretta via rete e social media, tutto ciò finisce con l'alterare l'equilibrio fra accusa e difesa ed anzi con l'attentare ai diritti delle persone coinvolte ben prima di qualsiasi riscontro processuale da parte di un giudice terzo, il tutto, a giudizio dell'interrogante, in violazione di norme costituzionali precise a partire dall'articolo 111 della Costituzione –:

   se intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, per disciplinare la materia rappresentata in premessa, anche valutando l'opportunità che siano attribuiti nomi in codice con valenza esclusivamente pratica e interna.
(4-04306)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 7 dicembre 2019, sul sito www.leiene.it è apparsa una notizia riguardante una delle tante iniziative di disobbedienza civile sulla cannabis portate avanti dall'esponente del Partito Radicale e già deputata nella XVI legislatura, Rita Bernardini;

   Rita Bernardini – si legge – trovata in possesso di 32 piante di marijuana sul balcone di casa sua, non sarebbe stata arrestata su indicazione del procuratore di Roma Michele Prestipino. L'obiettivo sarebbe stato quello di evitare la risonanza mediatica che quell'arresto avrebbe potuto comportare, essendo la Bernardini da anni impegnata in battaglie per la legalizzazione della cannabis;

   a sostenere questa tesi è un carabiniere del Nucleo radiomobile della compagnia Roma Cassia, Enrico Sebastiani, che quest'estate eseguì in un primo momento l'arresto della ex parlamentare. Il militare avrebbe anche presentato un esposto alla procura di Perugia. In sintesi, questa sarebbe la sua versione dei fatti: i carabinieri in un primo momento avrebbero arrestato Rita Bernardini per aver violato il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti. Una volta giunta in caserma, però, le cose cambiano: il superiore di Sebastiani, che era tra i militari coinvolti nell'arresto, gli avrebbe ordinato di rilasciare la donna. Sempre secondo la ricostruzione del carabiniere Enrico Sebastiani, l'indicazione di rilasciare Rita Bernardini a piede libero sarebbe arrivata direttamente dal procuratore della Repubblica in persona. La paura del procuratore sarebbe stata la seguente: un arresto di quel tipo avrebbe provocato una grande risonanza mediatica, e dunque meglio evitare;

   c'è un problema però: l'arresto di Bernardini, quando arriva l'intervento del procuratore Prestipino, sarebbe stato già «eseguito e comunicato» all'ex deputata. Si sarebbe però deciso di procedere in violazione delle regole, costringendo i militari ad accompagnare la donna al suo domicilio. Il militare Sebastiani avrebbe protestato per questa decisione, ricevendo il mese successivo un procedimento disciplinare laddove, invece, ad avviso dell'interrogante, il medesimo avrebbe dovuto ricevere un encomio. L'accusa sarebbe quella di essersi intromesso inappropriatamente nell'accordo preso dal procuratore con il suo superiore;

   leiene.it riportano anche la reazione di Rita Bernardini sulla vicenda: «Sia chiaro, io sono dalla parte del carabiniere che ha protestato per il mio mancato arresto e sono contro la Procura di Roma che, violando la legge, da anni vanifica le mie disobbedienze civili per la legalizzazione della cannabis, in particolare, per il diritto effettivo di cura». L'ex parlamentare radicale sperava infatti in un arresto, come aveva spiegato il suo avvocato, Giuseppe Rossodivita, che è stato contattato da Le Iene telefonicamente, «in modo che la questione possa essere portata, attraverso il processo, al centro di un dibattito pubblico»;

   «noi de Le Iene – è scritto nell'articolo – vi abbiamo raccontato la vicenda del mancato arresto di Rita Bernardini. "Sono stata denunciata a piede libero per la coltivazione di sostanze stupefacenti, 32 piante alte tra un metro e un metro e venti", aveva dichiarato l'ex parlamentare, portata in caserma. "Esprimo tutto il mio disappunto per la decisione della Procura di Roma di non procedere al mio arresto, come accade a tutti i cittadini che vengono sorpresi a coltivare marijuana. Così si usano due pesi e due misure e la legge finisce per non essere uguale per tutti"»;

   l'ex deputato Tancredi Turco, il 1° aprile 2015, presentò l'interrogazione a risposta scritta n. 4-08661 che in premessa riportava il lungo elenco delle disobbedienze civili su hashish e mariujana condotte negli ultimi 20 anni da Rita Bernardini –:

   se siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se sussistano i presupposti di fatto e di diritto per un'iniziativa ispettiva presso la procura di Roma che non ha proceduto all'arresto dell'on. Bernardini.
(4-04317)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il codice della strada, agli articoli 203 e 204, prevede la possibilità, per chi ha ricevuto una multa, di fare ricorso al prefetto del luogo ove la violazione è stata commessa;

   i tempi previsti dalla legge per dare risposta ai ricorsi sono molto estesi dal momento che il prefetto ha nel complesso 180 giorni dalla presentazione del ricorso per adottare la sua decisione. Nel caso in cui disponga l'accoglimento del ricorso, spetta all'ufficio o al comando cui appartiene l'organo che ha accertato la sanzione darne comunicazione al ricorrente;

   in concreto chi inoltra ricorso al prefetto non ottiene alcuna comunicazione sul suo esito sia nel caso in cui venga accolto per espressa archiviazione degli atti disposta dal prefetto, sia nel caso in cui venga accolto in via di fatto perché il termine previsto dalla legge è decorso senza che sia stata assunta alcuna decisione da parte del prefetto;

   tale situazione lascia il cittadino in un limbo nel quale non ha alcuna certezza in ordine all'esito del ricorso effettuato, in cui l'unica documentazione in suo possesso consiste nel tagliando della raccomandata con ricevuta di ritorno, se il ricorso è stato spedito via posta, ovvero nella ricevuta lasciata dall'ufficio se il ricorso è stato depositato a mano, salvo vedersi recapitare un'ordinanza-ingiunzione di pagamento, la quale, a norma dell'articolo 204, comma 2, del codice della strada, può essere notificata nel termine di centocinquanta giorni dalla sua adozione e prevede sanzioni pecuniarie più elevate rispetto a quelle previste dalla sanzione avverso la quale è stato inoltrato ricorso –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere che sia comunque comunicato, almeno indirettamente, l'esito del ricorso al prefetto tramite la pubblicazione su apposita sezione del sito della prefettura o del comune al quale appartiene l'organo accertatore della sanzione, individuando un sistema di pubblicazione consultabile in base al numero del verbale ovvero al nominativo del ricorrente.
(2-00600) «Baldelli, Zanella, Mulè, Sozzani, Rosso, Pentangelo, Bergamini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUOMPANE, VILLANI, DEL MONACO, IORIO, NAPPI e DEL SESTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre 2018, all'attenzione dell'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe arrivata una lettera dell'Anas che informava come 1.425 cavalcavia non hanno una proprietà definita e la relativa gestione non viene operata;

   già ad inizio 2017 Anas aveva avviato un censimento dei ponti che incrociano la rete gestita dall'azienda pubblica, da cui si evince come su oltre 27 mila chilometri di asfalto, di 2.994 non ha nota la proprietà. Dopo un altro anno di indagine Anas scopre che 983 sono propri, 586 sono di un altro gestore, ma ben 1.425 viadotti sono risultati senza un proprietario identificato. La regione con il più alto numero di tali strutture, ben 307, è la Campania;

   inoltre, sempre secondo Anas, oltre il 50 per cento delle strutture ha compiuto i 40 anni di età e quasi un quarto ha superato i 50;

   effetto di ciò sono i numerosi incidenti avvenuti in questi anni sulle vie di comunicazione di tutto il Paese, in primis il tragico incidente del ponte Morandi;

   il 28 ottobre del 2016 il cavalcavia di Annone sulla strada statale 36 Milano-Lecco collassava sotto il peso di un tir, finendo su due auto;

   il 9 marzo del 2017, cedeva il ponte autostradale di Osimo;

   il 18 aprile 2018 quello di Fossano che si schiantò su un auto dei carabinieri;

   inoltre da una lettera dell'Anas, datata 19 dicembre 2018, indirizzata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si evince come nel tratto della strada statale 7-bis, che tocca i comuni di Orta, Gricignano e Succivo, per 13 cavalcavia «risulta un lungo rimpallo delle competenze manutentive»;

   con un'ordinanza del 25 ottobre 2019 il sindaco di Orta di Atella ordinò il divieto di transito sul cavalcavia dell'asse di supporto alla strada statale 7-bis, in prossimità del Parco verde di Caivano;

   qualche settimana fa poi è stato eseguito il sequestro da parte della procura di Arezzo del viadotto Puleto sull'E45. Tutto questo sempre per l'assenza di manutenzione;

   nella suddetta lettera inviata al Ministero, l'Anas, in ragione dell'enorme rischio sociale, chiederebbe di fornire precisi indirizzi relativamente alle azioni da intraprendere. Questo perché, oltre all'ingente mole di denaro, per le strutture la cui proprietà è incerta Anas non ha titolo per intervenire;

   a tale missiva il Ministero avrebbe risposto di proseguire con il monitoraggio delle situazioni a rischio, anche delle opere da identificare, sottolineando la plausibile presenza di irregolarità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di porre in essere gli interventi necessari per la messa in sicurezza del sistema di viabilità nel nostro Paese, nonché per identificare la proprietà dei 1.425 viadotti richiamati in premessa.
(4-04300)


   PITTALIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Sardegna, da svariati lustri, è interessata dai lavori di realizzazione della infrastruttura viaria denominata «Nuova Orientale Sarda», finalizzata al potenziamento dei collegamenti stradali lungo la dorsale orientale della stessa regione, in luogo della viabilità tortuosa della strada statale n. 125 che, per quanto sia suggestivo il suo percorso, ha mantenuto e in parte ancora mantiene, soprattutto le popolazioni residenti nelle zone dell'Ogliastra, in uno stato di isolamento rispetto alla città di Cagliari, capoluogo di regione;

   in data 16 maggio 2019 i 22 sindaci dell'Ogliastra hanno convocato in seduta straordinaria i propri consigli comunali, oltre ai rappresentanti istituzionali, delle forze sociali e imprenditoriali della zona, nel tratto di strada insistente nel bivio tra le cittadine di Bari Sardo e Loceri, al fine di denunciare con forza l'annoso blocco dei lavori relativi al quarto lotto, secondo stralcio della «Nuova Orientale Sarda» e per chiedere all'Anas, in qualità di gestore, l'immediata riapertura dei cantieri e portare a compimento l'importantissima arteria viaria –:

   quale sia lo stato dei lavori dell'intera arteria viaria «Nuova Orientale Sarda»;

   quali siano le criticità afferenti ai lavori nei lotti non ancora ultimati e consegnati, con particolare riferimento al lotto IV, II stralcio;

   quali iniziative intenda porre in essere il Governo, per quanto di competenza, per superare la perdurante fase del blocco dei cantieri e giungere al necessario completamento dei lavori.
(4-04303)


   MURELLI e GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 10 dicembre 2019 si è verificato un incidente sulla linea Milano-Piacenza-Bologna, all'ingresso della stazione di Piacenza; il treno regionale 2281 di pendolari è stato colpito dal carrello deragliato di un treno merci (non di proprietà del Polo Mercitalia); lo scontro è avvenuto a pochissimi metri dalla stazione, nel tratto antecedente al ponte sul Po;

   sul posto sono immediatamente giunti i vigili del fuoco e la Polfer, oltre ai 60 tecnici di Rfi e delle ditte appaltatrici che sono al lavoro per ripristinare i danni all'infrastruttura ferrata provocati dal deragliamento del carro merci. La circolazione ferroviaria è stata interrotta per ore in entrambi i sensi di marcia. Il 118 ha inviato sul posto ambulanze e automediche per soccorrere i quattro feriti. Il treno regionale è stato poi fatto ripartire e portato a Codogno dove tutti i pendolari sono stati fatti scendere e caricati su bus sostitutivi. I treni a lunga e media percorrenza hanno subito modifiche fino al ripristino della circolazione e al termine dell'emergenza;

   l'urto tra i due convogli ha comunque causato la sospensione del traffico e conseguenti disagi sulla linea convenzionale Milano-Piacenza-Bologna. Numerosi treni sono stati cancellati creando il caos tra i pendolari e anche il sottopassaggio di via Nino Bixio, dove è intervenuta la polizia municipale, è stato chiuso per alcuni detriti precipitati dopo l'incidente –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire le cause del deragliamento del carrello del treno merci sulla linea Milano-Piacenza-Bologna all'ingresso della stazione di Piacenza e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire la sicurezza della tratta per l'incolumità dei pendolari.
(4-04308)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   da ultimo il 6 dicembre 2019, un servizio di Raffaella Maria Cosentino sul Tg regionale siciliano ha mostrato la situazione drammatica in cui versa l’hotspot di Lampedusa, sito nella contrada Imbriacola;

   come riferito dall'Associazione per gli studi giuridici per l'emigrazione (Asgi), che nell'ambito del progetto In Limine da mesi sta analizzando il sistema degli hotspot attraverso le testimonianze dei migranti lì transitati, la struttura in cui vengono portati i migranti tratti in salvo dai naufragi nel Mediterraneo – spesso donne e neonati – è totalmente inadatta ad accogliere persone e inaccettabile per un Paese civile;

   all'interno del centro, come è evidente dalle testimonianze video, ci sono calcinacci a terra, lamiere arrugginite nei bagni e nelle docce, bagni senza porte, materassi lerci senza lenzuola e vi è un utilizzo promiscuo dei servizi, i quali versano in pessime condizioni igieniche con rischio sanitario altissimo;

   la capienza massima della struttura è di 96 persone, ma nelle ultime settimane ha raggiunto i 250 ospiti; dopo il trasferimento di alcuni, al 6 dicembre ci sarebbero circa 150 persone;

   gli operatori dell'Asgi hanno inviato segnalazioni all'Azienda sanitaria provinciale e alla prefettura di Agrigento affinché prendano tutte le misure necessarie, ma al momento non hanno ricevuto ancora nessuna risposta;

   inoltre nella struttura; che dovrebbe servire solo all'identificazione delle persone nel tempo strettamente necessario a svolgere tali procedure, viene posta in essere di fatto una privazione della libertà personale prolungata, senza l'emissione di provvedimenti da parte delle autorità competenti;

   come noto, la normativa attuale, come modificata dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, relativa al trattenimento amministrativo all'interno dei «punti di crisi» riguarda unicamente due ipotesi: il trattenimento del richiedente asilo con il fine di determinarne o verificarne identità e cittadinanza di cui all'articolo 6, comma 3-bis del decreto legislativo n. 142 del 2015; il trattenimento del cittadino straniero destinatario di un provvedimento ablativo, ove si consideri l’hotspot «luogo idoneo» nella disponibilità dell'autorità di pubblica sicurezza ovvero zona di frontiera (articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998). In tali ipotesi è evidentemente necessaria l'emissione di un provvedimento dell'autorità di polizia;

   sul punto, Asgi ha inviato già nel giugno 2019 una lettera aperta indirizzata alla prefettura e alla questura, oltre che per opportuna conoscenza, al Garante nazionale per i diritti dei detenuti che, nel corso degli ultimi anni ha costantemente monitorato la situazione degli hotspot e indirizzato chiare raccomandazioni al Governo circa il rispetto della libertà personale dei cittadini stranieri, e all'Alto commissariato per i diritti dei rifugiati (Unhcr) che lavora all'interno dei centri hotspot in ragione di una convenzione stipulata con il Ministero dell'interno –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   su quali basi giuridiche l’hotspot anziché come centro di identificazione venga usato come centro di trattenimento, non essendo prevista, a quanto risulta, la possibilità di entrare e uscire per chi è già stato identificato;

   quali iniziative intenda adottare per garantire la dignità delle persone ospitate nell’hotspot di Lampedusa, anche in termini di eventuale revoca dell'affidamento all'ente gestore responsabile del centro;

   se non intenda adottare iniziative affinché si proceda al più presto al trasferimento degli ospiti in altri centri sulla terraferma al fine di garantire condizioni di accoglienza che rispondano alle esigenze specifiche dei cittadini stranieri come previsto dalla normativa italiana e internazionale.
(2-00602) «Magi, Schullian».

Interrogazione a risposta scritta:


   SASSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi durante una visita dell'interrogante al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari si è avuta notizia della concomitante presenza al suo interno di una delegazione della polizia francese per lo svolgimento di interviste ai migranti, pare per scegliere quelli da ricollocare nel proprio Paese;

   con riferimento alla presenza della delegazione francese, fonti del Viminale, come riportato da un'agenzia di stampa, hanno replicato che «le attività in corso da parte delle autorità francesi, come quella degli altri Paesi europei che hanno manifestato la disponibilità alla ridistribuzione, risponde a quanto previsto dalle linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta e che non esiste alcuna possibilità di selezione da parte dei singoli Paesi»;

   secondo la nota, «la Commissione europea infatti per ciascuno sbarco soggetto a redistribuzione dirama a tutti gli Stati coinvolti una lista (anonimizzata) redatta sulla base di criteri oggettivi emersi dalle interviste effettuate dallo staff dell'ufficio europeo di supporto all'asilo»;

   innanzitutto, il pre-accordo di Malta prevedeva una redistribuzione automatica tra i Paesi e non invece volontaria, ossia sulla base di una dichiarazione di disponibilità di volta in volta dei singoli Stati, come di fatto sta accadendo fino ad ora;

   inoltre, secondo il pre-accordo, il ricollocamento dovrebbe basarsi su procedure operative concordate, conformemente ai meccanismi di ricollocamento coordinati dalla Commissione europea;

   secondo la nota, la procedura di ricollocamento in esame starebbe avvenendo sulla base di una lista anonimizzata della Commissione europea agli altri Stati dopo le interviste effettuate dall'Easo e dunque, a maggior ragione, non è ancora chiaro quale sia il motivo della presenza della delegazione francese presso il Cara di Bari, in particolare l'attività ivi da essa svolta, ma, soprattutto, quali siano le «linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta», i cui termini, a quanto risulta all'interrogante non sarebbero mai stati condivisi dagli altri Stati europei;

   peraltro, proprio in occasione di un incontro a settembre 2019 con il Presidente del Consiglio Conte, fu lo stesso Presidente francese Macron a puntualizzare di voler accettare soltanto gli immigrati provenienti da un Paese africano con il quale esistono accordi internazionali;

   nonostante quanto sopra, proprio in questi giorni lo stesso Ministro dell'interno ha dichiarato che l'accordo «sta dando i suoi frutti», poiché dopo il 5 settembre sarebbero stati ricollocati negli altri Paesi europei ben 172 immigrati, benché, sempre stando ai dati dei Viminale, sarebbero nello stesso periodo (di soli tre mesi) ben 6.000 quelli sbarcati sulle nostre coste (complessivamente 5.089 dal 1° gennaio al 31 agosto e ben 11.082 dal 1° gennaio al 6 dicembre;

   peraltro, secondo diversi servizi, tra cui quello andato del 4 novembre 2019 durante la trasmissione «Quarta Repubblica» presso il Cara di Bari, vi sarebbero centinaia di immigrati che secondo le intenzioni dovevano rapidamente essere redistribuiti in Europa ma che sono ancora in attesa in Italia;

   ad aggravare la situazione, vi sarebbe la notizia del recente arresto di ben trentadue immigrati nigeriani componenti di due gang mafiose che avevano stabilito proprio nel Cara di Bari la loro sede operativa;

   quali siano «le linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta» e a quale titolo e tra quali Paesi siano state stabilite; quali siano la composizione e le attività svolte dalla delegazione francese e se vi siano stati e con quali finalità dei colloqui della delegazione con gli immigrati ospitati nella struttura; se vi siano altre delegazioni; quanti siano i ricollocamenti effettuati dopo il 23 settembre 2019 non sulla base di procedure precedentemente concordate ma riferiti agli sbarchi successivi a tale data;

   quanti siano i migranti ancora in attesa di essere ricollocati rispetto alle dichiarazioni di disponibilità degli altri Stati europei degli ultimi tre mesi.
(4-04319)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 9 maggio 2019 è stata presenta al dipartimento di scienze politiche e giuridiche presso il rettorato dell'Università di Messina la richiesta di utilizzare un'aula conferenze, al fine tenere, l'11 giugno 2019, una lectio magistralis del professor Aleksandr Dugin, voluta e organizzata da associazioni culturali cittadine e studentesche dello stesso ateneo;

   il 10 giugno, giorno prima dell'evento, il rettorato ha pubblicato sul sito dell'Università di Messina il diniego alla concessione dell'aula con le seguenti motivazioni «in relazione alla presenza di Aleksandr Dugin, l'Università di Messina, tenuto conto anche delle numerose perplessità manifestate da molti docenti e delle controverse posizioni ideologiche del relatore, non concederà alcun locale dell'Ateneo»;

   a seguito di questa decisione si sono innescate critiche sia accademiche che pubbliche in cui l'Ateneo di Messina viene accusato di censura illiberale, tali da far declinare l'invito da parte del professor Dugin a svolgere la sua Conferenza in altro luogo approntato dagli organizzatori;

   il professor Dugin politologo e filosofo russo, docente universitario, autore di diversi saggi e conferenziere apprezzato in tutto il mondo non rappresenta politicamente nessuna parte politica italiana; le sue riflessioni filosofiche avrebbero dato vita solo ad un interessante dibattito trasversale che poteva arricchire l'attività culturale dell'ateneo messinese;

   il rettore, pur nel rispetto dell'autonomia degli atenei, deve assicurare la pluralità di informazione e formazione, la democraticità dei dibattiti, promuovendo il confronto di idee e lo scambio culturale di cui si nutre un ateneo, anche se altri docenti non ne condividono le idee –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché vengano garantiti la natura e il ruolo delle università italiane, ossia la laicità e il pluralismo libero da ogni condizionamento ideologico, confessionale, politico o economico.
(4-04310)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   vi è molta preoccupazione da parte delle organizzazioni sindacali di categoria in merito alle attuali criticità che interessano il settore scolastico in Emilia-Romagna;

   i nodi strutturali più critici riguardano l'insufficienza degli organici, l'inadeguatezza dei meccanismi di reclutamento del personale, i vuoti nell'ambito dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali amministrativi, la carenza di docenti specializzati sul sostegno; questo nonostante l'aumento delle certificazioni e la presenza di classi, soprattutto nella secondaria superiore, con elevato numero di alunni;

   le scuole dell'Emilia-Romagna rischiano il collasso soprattutto a seguito della notizia dell'annullamento da parte del Tar del concorso per dirigenti scolastici in corso, i cui esiti avrebbero consentito la copertura di molte scuole della regione;

   su 523 istituti scolastici presenti in Emilia-Romagna ben 214 di queste, il 41 per cento, sono prive di dirigente scolastico titolare e sono affidate dall'amministrazione a un dirigente chiamato spesso a dirigere più scuole;

   mancano anche 258 direttori dei servizi generali amministrativi, altra figura apicale della scuola, pari al 49,5 per cento delle scuole della regione sostituito attualmente da personale amministrativo facente funzione che ad oggi ancora non trova un'adeguata soluzione e stabilità;

   l'accordo del 24 aprile 2019, tra le organizzazioni sindacali e il Governo per la parte che riguarda la stabilità del personale precario, deve essere attuato in tempi rapidi anche se i posti messi a disposizione risultano essere insufficienti a coprire i posti vacanti con il concreto rischio di ricorrere nuovamente a supplenti –:

   a fronte delle evidenti difficoltà riportate in premessa, quali iniziative intenda assumere con urgenza il Governo al fine di garantire per l'Emilia-Romagna un regolare avvio dell'anno scolastico rispondendo alle richieste provenienti dal mondo della scuola e delle organizzazioni sindacali e assicurando il rispetto del diritto allo studio e la dignità del personale che opera all'interno della scuola.
(4-04311)


   NITTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a una previsione di pensionamento di 57 collaboratori scolastici per l'anno scolastico 2017-2018, come comunicato in data 12 aprile 2017 dall'ufficio VI (ambito territoriale provincia di Lecce) dell'ufficio scolastico regionale Puglia, sono seguite l'assegnazione di soli 18 posti a tempo indeterminato per il profilo di collaboratore scolastico per l'anno 2017/18, come risulta dal decreto emanato il 18 agosto 2017 dalla medesima direzione generale dell'ufficio VI, e una disponibilità di appena 35 posti per l'immissione in ruolo da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per lo stesso anno scolastico, come espresso in data 30 agosto 2017 dalla dirigenza del medesimo ufficio VI;

   come confermato dalla nota emanata in data 29 agosto 2017 dal dirigente dell'ufficio VI (ambito territoriale per la provincia di Lecce), le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno scolastico 2017/18 per i profili di assistente tecnico, assistente amministrativo e collaboratore scolastico sono appena 18;

   in tutta la provincia di Lecce, da anni, si ripete la prassi secondo cui il personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata), non viene immesso in ruolo con regolarità e i soggetti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e d'istituto lamentano come le chiamate annuali avvengano a singhiozzo, nonostante il personale in servizio risulti sempre carente e il personale cessato dal servizio appaia ogni anno in numero sempre maggiore rispetto a quello immesso annualmente in ruolo, provocando continui rallentamenti nello scorrimento delle graduatorie del personale Ata qualificato e riflettendosi di conseguenza sulla regolare erogazione del servizio scolastico stesso –:

   quali motivazioni inducano l'ambito territoriale della provincia di Lecce, all'interno dell'ufficio scolastico regionale di Puglia, a prevedere un numero di assunzioni di personale Ata nettamente inferiore rispetto al numero annuale di pensionamenti previsti per chi ricopriva la medesima mansione e quante assunzioni il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca preveda per il personale Ata della provincia di Lecce nel prossimo triennio;

   come intenda garantire lo scorrimento delle graduatorie nella provincia di Lecce a tutela dei collaboratori scolastici legittimamente inseriti nelle graduatorie medesime, al fine di garantire il loro diritto al lavoro e, conseguentemente, l'erogazione di un regolare servizio agli studenti.
(4-04312)


   CENNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la parità fra uomo e donna è tutelata, in ogni aspetto e in ogni contesto, dalla Costituzione italiana e dal Trattato sull'Unione europea;

   l'Unione europea, nel corso degli anni, ha infatti rafforzato questi indirizzi, in particolare con il Trattato di Amsterdam del 1997 e con la Carta delle donne del 2012;

   il Consiglio d'Europa ha poi adottato nel novembre 2013, una «Strategia sulla parità di genere 2014-2017», con l'obiettivo di conseguire il progresso e l'emancipazione delle donne e quindi l'effettiva realizzazione dell'uguaglianza di genere nei propri Stati membri;

   la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2017 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea ha ribadito la necessità di perseguire politiche anche nazionali per ottenere una reale ed efficace parità di genere; con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica «Convenzione di Istanbul» che ha introdotto un nuovo paradigma nel definire la violenza contro le donne e ha dato impulso a politiche pubbliche di contrasto della stessa. In particolare, ha fatto emergere la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza e la necessità di politiche antidiscriminatorie che favoriscano l'effettiva parità fra i sessi al pari di misure atte alla prevenzione e al contrasto alla violenza;

   si apprende da fonti stampa e dai social media che in un esercizio di grammatica contenuto in un libro in dotazione ad alcune scuole elementari pubbliche («Nuvola, Libro dei Percorsi» edizioni La Spiga del 2017), nel quale deve essere individuato il verbo che non si adatta al soggetto indicato, sarebbero presenti indicazioni di evidente carattere sessista;

   in particolare, tra i verbi relativi alle attività della «mamma» l'alunno deve scegliere tra i verbi «cucina», «stira» e «tramonta» mentre per il «papà» le opzioni sono «lavora», «legge» e «gracida». Fatto salvo che per entrambi i genitori il terzo verbo sia palesemente sbagliato, appare comunque evidente come le altre due scelte connotino fortemente due stereotipi di genere ormai desueti e denigranti della dignità della persona;

   da quanto si appende da fonti stampa la casa editrice ha annunciato che eliminerà le pagine «incriminate», ma resta comunque la possibilità che sussistano, anche in altri volumi didattici, esempi similari non ancora venuti alla luce;

   questa impostazione didattica, al di là del caso specifico che riguarda l'ambito domestico che può rappresentare una scelta di vita libera e autonoma, potrebbe veicolare nei giovani studenti pregiudizi di genere soprattutto in ambito lavorativo;

   secondo recenti indagini la metà della popolazione nazionale è ancora d'accordo nel ritenere che «gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche» e questo tipo di materiale formativo rischierebbe di rafforzare questa tipologia di preconcetti; si tratta di cliché quindi anacronistici, dove la donna è relegata a casa mentre l'uomo lavora, ma che vengono comunque ancora proposti ai bambini in un testo scolastico;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fissato alcune caratteristiche a cui devono conformarsi i libri di testo, in particolare, per quanto riguarda gli aspetti pedagogici;

   l'adozione dei libri di testo va poi deliberata dal collegio docenti di ogni istituto nella seconda decade del mese di maggio, per tutti gli ordini e gradi scuola;

   ai rispettivi dirigenti scolastici spetta il compito di vigilare, affinché le adozioni siano deliberate nel rispetto della normativa vigente, e di assicurare che le scelte siano espressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia professionale dei docenti –:

   se non intenda assumere, coerentemente con le norme vigenti in materia di autonomia scolastica e di libertà di insegnamento, iniziative urgenti, per quanto di competenza, per promuovere la parità di genere nelle scuole e favorire una crescita educativa e culturale, che eviti pregiudizi antiquati e denigranti della dignità delle persone, anche attraverso testi, materiali e documentazione di studio.
(4-04313)


   GIACOMONI e APREA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il liceo classico Catullo di Monterotondo sta in questi giorni rifiutando le iscrizioni degli studenti che abitano nella zona di Mentana e di Fonte Nuova dando la priorità agli studenti residenti a Monterotondo nonostante insistano tutti sullo stesso distretto scolastico;

   il liceo Catullo presenta da tempo un problema di sovraffollamento dovuto alla inadeguatezza della nuova sede che non ha spazi sufficienti per rispondere alla domanda da parte della popolazione scolastica locale; a questo si aggiunge che la vecchia sede della succursale è stata dichiarata inagibile e che al momento si utilizzano moduli prefabbricati;

   il problema affonda le sue radici nel passato, in quanto le scuole superiori del distretto in cui si trovano le località su citate sono state costruite tutte a Monterotondo e appare quindi ancor di più discriminante rifiutare le iscrizioni sulla base del requisito della residenza;

   l'alternativa per questi ragazzi consisterebbe nel rivolgersi alle scuole della zona est di Roma, sempre che vi trovino disponibilità di posti, con conseguente grande penalizzazione dovuta alla distanza della sede scolastica, vedendosi altrimenti costretti a cambiare indirizzo di studio;

   l'enorme discriminazione che subiscono le famiglie e gli studenti di Mentana e Fonte Nuova assume dimensioni ancora più stigmatizzabili nel caso di studenti con disabilità, per i quali diventerebbe ancora più complicato sia organizzare gli spostamenti che interagire e relazionarsi con l'ambiente scolastico;

   la circolare ministeriale 18902 del 7 novembre 2018, relativa alle iscrizioni per l'anno scolastico 2019/2020, prevede che «Le domande di iscrizione sono accolte entro il limite massimo dei posti complessivamente disponibili nella singola istituzione scolastica, definito in base alle risorse di organico, al numero e alla capienza delle aule, anche in considerazione dei piani di utilizzo degli edifici scolastici predisposti dagli Enti locali competenti»;

   la stessa circolare disciplina i compiti dell'istituzione scolastica in merito alla possibilità che si verifichino iscrizioni in eccedenza, per cui la scuola deve provvedere in via preliminare «alla definizione dei criteri di precedenza all'ammissione mediante delibera del Consiglio di istituto da rendere pubblica prima dell'acquisizione delle iscrizioni con affissione all'albo, con pubblicazione sul sito web dell'istituzione scolastica e, per le iscrizioni online, in apposita sezione del modulo di iscrizione opportunamente personalizzato dalla scuola»;

   l'iscrizione alla classe prima della scuola secondaria superiore rientra nell'obbligo scolastico e deve essere garantita agli studenti la fruizione del diritto allo studio attraverso ogni utile forma di razionalizzazione e di indirizzo a livello territoriale mediante un'adeguata programmazione della rete scolastica posta in essere attraverso il piano di dimensionamento –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per assicurare agli studenti di Mentana e di Fonte Nuova l'esercizio pieno del diritto allo studio, nell'ambito dell'espletamento dell'obbligo scolastico, a parità di condizioni e di opportunità di scelta, senza subire alcuna forma di discriminazione, tanto più se fondata su un criterio selettivo del tutto casuale quale quello geografico, valutando, d'intesa con gli enti locali, anche l'opportunità di utilizzare strutture messe a disposizione dal comune di Mentana e di Fonte Nuova da adibire subito a succursali del Catullo, al fine di evitare enormi disagi alle famiglie e agli studenti, che sarebbero costretti ad estenuanti ore di traffico vista la impercorribilità della via Nomentana nelle ore di punta;

   se intenda verificare se il liceo Catullo abbia rispettato la normativa in materia di pubblicità dei criteri di accettazione delle domande di iscrizione al primo anno;

   se non ritenga, in considerazione delle condizioni in cui versano molti edifici adibiti a servizio scolastico, di dover adottare nel più breve tempo possibile iniziative di competenza volte ad assicurare spazi adeguati e sicuri alla popolazione scolastica italiana.
(4-04314)


   LEGNAIOLI, ZIELLO e BELOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locali di Pisa di questi giorni, oltre che numerosi siti web, riportano la notizia secondo la quale il rapper chiamato Bello Figo ha girato nei giorni scorsi un video all'interno di un'aula della facoltà di economia di Pisa;

   a quanto noto, l'Ateneo non sarebbe stato informato della cosa, e avrebbe fatto sapere che «Tutelerà la propria immagine», anche in ragione del fatto che il cantante, che si è fatto riprendere anche all'esterno del dipartimento di economia e management, è accompagnato nel video da alcune modelle livornesi e il testo fa riferimento diretto ed esplicito al sesso –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare l'onorabilità ed il prestigio dell'università italiana ed evitare il ripetersi di simili episodi.
(4-04315)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Seta s.p.a. (Società emiliana trasporti autofiloviari) è gestore unico del trasporto pubblico locale su gomma in provincia di Modena, Reggio Emilia e Piacenza, partecipato dagli enti locali di Modena, Reggio Emilia e Piacenza, e, per parte privata, da Herm-Holding Emilia Romagna Mobilità S.r.l. e da Tper s.p.a. a loro volta controllate da enti territoriali;

   la mattina del 30 novembre 2019 un autobus della compagnia Seta della linea 12, molto affollata soprattutto da studenti, ha perso i bulloni che tengono ancorato uno dei due cerchioni delle ruote gemellate, facendo letteralmente uscire una ruota dalla sua sede, lasciando il mezzo appoggiato e inclinato sull'unica rimasta, rischiando di coinvolgere altri mezzi o persone che dalla pesante ruota potevano essere colpiti;

   il sindacato Usb lavoro privato Modena settore trasporti ha denunciato in data 9 marzo 2019, presunti comportamenti scorretti da parte della società, indirizzando la segnalazione all'ispettorato territoriale del lavoro di Modena;

   in particolare, vi sarebbero «evidenti i casi di discriminazione tra il personale di nuova assunzione (per i quali non viene applicato il contratto di 2° livello), dal momento che parte di esso viene inserito nella serie di lavoro denominata “CCNL” dove è prevista una programmazione dei turni, mentre altri vengono confinati nelle serie di cui all'oggetto [denominata “Gruppo Disposizione” n.d.r.] con turni assegnati senza un congruo anticipo come previsto da giurisprudenza consolidata (sentenza di Cassazione SEPSA 12962 del 21/05/2008)»;

   per di più «il personale viaggiante di nuova assunzione, regolato solo dal CCNL, per il quale sono previsti i soli 52 riposi/anno, dovrebbe essere assegnato ad una serie esclusiva con turni di lavoro programmati in modo tale da non superare le 39 ore/settimanali su compensazione di 26 settimane»;

   il sindacato inoltre denuncia che «il personale inserito nel “gruppo a disposizione” [...] si lamenta per le difficoltà a conciliare i tempi di vita e di lavoro, in assenza di una programmazione dei turni»; «l'Azienda [...] costringe i lavoratori a fare dello straordinario obbligatorio non previsto dal CCNL, né da accordi aziendali, violando l'articolo 27 punto 1) del CCNL 28/11/2015»; «la rotazione dei turni nel “gruppo a disposizione” determina prestazioni lavorative con forti “picchi e flessi” da non rendere un equilibrato utilizzo del personale come previsto dal punto 2) dell'articolo 27 del CCNL sopra indicato»;

   l'ispettorato territoriale del lavoro di Modena ha recentemente verificato che non venissero svolte dal personale di Seta oltre 48 ore settimanali, includendo quindi nel calcolo anche le ore di straordinario: tuttavia, la programmazione dei turni dovrebbe essere fatta sulle 39 ore previste da contratto; da parte sua la società Seta adotterebbe la prassi di obbligare sistematicamente il personale viaggiante a svolgere ore di straordinario, con particolare riguardo ai nuovi assunti;

   a seguito di ciò, alcuni appartenenti al personale viaggiante di Seta del bacino di Modena hanno fatto causa all'azienda, tra l'altro, per provvedimenti disciplinari ritenuti ingiusti e per il recupero di straordinari mai pagati –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare i presunti comportamenti scorretti da parte di Seta s.p.a.
(3-01200)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA, SOVERINI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo il nuovo piano industriale del Gruppo Unicredit per gli anni 2020-2023 si prevedono ben 8.000 esuberi che si concentreranno soprattutto in Italia, Germania e Austria, dove il personale verrà ridotto complessivamente del 12 per cento e verrà chiuso il 17 per cento delle filiali;

   il nostro Paese è destinato a sostenere la parte più consistente di tali esuberi, che ammonteranno tra i 5.500 e i 6.000, con effetti finanziari pari a 1,1 miliardi di euro su un totale di 1,4 miliardi attesi come effetto della riduzione del personale e la chiusura di ben 450 filiali;

   un piano che contestualmente punta a creare 16 miliardi di euro di valore per gli azionisti nel quadriennio 2020-2023 e aumentare al 40 per cento la distribuzione di capitale per il 2019;

   nonostante sia stata annunciata la volontà di avviare a breve una trattativa con i sindacati per la gestione di tale drastica riduzione del personale, va ricordato come sinora, grazie al fondo esuberi, le ristrutturazioni bancarie non abbiano mai comportato licenziamenti. Peraltro, le organizzazioni sindacali rilevano come già ora, con i suoi 38.000 dipendenti, si registrino notevoli carenze di organico, tenuto conto delle migliaia e migliaia dei posti di lavoro tagliati dal 2007 in poi, di cui ben 3.900 nel solo 2019;

   analogo discorso potrebbe riguardare il tema della presenza degli sportelli nel Paese, tenuto conto che ne sono già stati chiusi 1.381, cui andrebbero ad aggiungersene altri 450 previsti dal piano, recidendo ancora di più il rapporto con la clientela e il legame col territorio;

   secondo gli elementi sinora conoscibili, a fronte di tali pesanti tagli del personale, non corrisponderebbe alcun inserimento di giovani lavoratori, nonostante le rassicurazioni che al riguardo erano state assunte in occasione delle precedenti operazioni di ristrutturazione organizzativa;

   a parere degli interroganti, l'annunciato piano rappresenta una vera e propria falcidia occupazionale, orientata alla maggiore creazione di valore per gli azionisti, senza alcun riguardo per il capitale umano dei lavoratori e per i temi della responsabilità sociale dell'impresa –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per verificare i reali contenuti occupazionali dell'annunciato piano di ristrutturazione del Gruppo Unicredit nel nostro Paese, al fine di assicurare, per quanto di competenza, la gestione degli esuberi senza ricorrere ai licenziamenti, così come avvenuto fino ad oggi, considerati anche gli effetti sulla qualità dei servizi alla clientela e nei rapporti con i territori.
(5-03279)


   MURELLI, DURIGON, MOSCHIONI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI e EVA LORENZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 4 del 2019 (articolo 23, comma 2), convertito dalla legge n. 26 del 2019, ha previsto la possibilità, per i soggetti che accedono al pensionamento con i requisiti di cui all'articolo 14 del medesimo decreto o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato, di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, entro un determinato importo massimo;

   il limite massimo della somma concedibile (articolo 23, comma 5) è pari a euro 45.000, ovvero all'importo spettante al personale che richiede il finanziamento, ove l'indennità di fine servizio – comunque denominata – sia inferiore;

   le modalità attuative, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e della garanzia di ultima istanza dello Stato (articolo 23, comma 7) dovranno esser disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per la pubblica amministrazione;

   l'intento era diminuire i tempi di erogazione del trattamento di fine servizio dopo la cessazione del rapporto di lavoro che possono andare da un minimo di 105 giorni a un massimo di 24 mesi;

   la misura sarebbe dovuta entrare in vigore con i pensionamenti cosiddetti «Quota 100», così da consentire ai neo pensionati dal 1° settembre 2019 di riscuotere subito una parte del trattamento di fine servizio, ma attualmente non risultano ancora emanati i decreti attuativi senza i quali l'Associazione bancaria italiana e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non possono stipulare l'accordo previsto dal decreto-legge n. 4 del 2019 e rendere noto l'elenco delle banche convenzionate;

   la Corte Costituzionale, con sentenza n. 159 del 2019 ha stabilito che le indennità di fine rapporto comunque denominate assumono il carattere di retribuzione differita e come tali devono assicurare le finalità previste dall'articolo 36 della Costituzione. Il Tfr e le altre indennità di fine servizio, evidenzia la Corte, «si prefiggono di accompagnare il lavoratore nella delicata fase dell'uscita della vita lavorativa attiva» e sono corrisposte al momento della cessazione del servizio allo scopo di «agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione». Sulla base di tali considerazioni la Corte, infine, ha ritenuto di non potersi esimere dal «segnalare al Parlamento l'urgenza di ridefinire una disciplina non priva di aspetti problematici, nell'ambito di una organica revisione dell'intera materia» –:

   se ed entro quali tempi si preveda l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri richiamato in premessa, attuativo delle disposizioni concernenti la possibilità di anticipo del trattamento di fine servizio.
(5-03280)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SARLI, PERANTONI, GRIPPA, NAPPI, D'ARRANDO, DEL SESTO, TERMINI, MASSIMO ENRICO BARONI, CASA, SPORTIELLO e ASCARI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in Italia il decreto ministeriale 9 novembre 2015 individua le malattie per cui può essere utilizzata la cannabis terapeutica e tra quelle più importanti vi sono: dolore cronico e dolore associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv;

   un articolo del sito Fanpage.it del 29 luglio 2019 scrive «Ciclicamente in tutta Italia, con differenze a livello regionale, si verifica la carenza di cannabis ad uso medico che nei migliori dei casi porta i pazienti a dover diminuire sensibilmente l'assunzione della propria terapia e nei casi peggiori ad interromperla, con effetti nefasti sul decorso delle proprie patologie. “La carenza, che si verifica in tutta Italia a macchia di leopardo, è terribile”, sottolinea la fondatrice della onlus Associazione pazienti cannabis medica ODV»;

   il decreto del 9 novembre 2015 del Ministero della salute stabilisce, in base all'articolo 1, lettera c), che lo stesso Ministero, in qualità di organismo statale per la cannabis, può decidere d'importare, esportare e distribuire sul territorio nazionale, ovvero autorizzare l'importazione, l'esportazione, la distribuzione all'ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiali vegetale a base di cannabis;

   la lettera d) del comma 1 del predetto articolo stabilisce che il Ministero della salute provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle regioni e delle province autonome;

   l'articolo 3 del predetto decreto prevede che le regioni e le province autonome predispongono le richieste cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), sulla base della stima dei fabbisogni dei pazienti in trattamento e di eventuali incrementi per le nuove esigenze di trattamento, e le trasmettono al Ministero della salute, entro e non oltre il 31 maggio di ciascun anno;

   il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, all'articolo 18-quater (produzione e trasformazione di cannabis per uso medico), prevede, al comma 3, che qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis, oltre a quelle coltivate dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, possono essere individuati, con decreto del Ministro della salute, uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione alla trasformazione –:

   quale sia l'effettiva entità delle quote di fabbricazione di sostanza di origine vegetale a base di cannabis seguito delle richieste da parte delle regioni e delle province autonome per il 2019;

   quali siano le regioni e le province autonome che entro il 31 maggio 2019 abbiano presentato la stima dei fabbisogni dei pazienti in trattamento con sostanza di origine vegetale a base di cannabis e di eventuali incrementi per i nuovi trattamenti;

   quali iniziative di competenza si intenda intraprendere per assicurare la disponibilità di cannabis terapeutica ai pazienti che ne fanno uso, garantendo, in questo modo il diritto alla salute, per persone affette da gravi patologie, che generano gravi sofferenze fisiche e psichiche, a fronte delle difficoltà che si riscontrano in tutto il Paese del reperimento di cannabis terapeutica;

   se non si ritenga di intraprendere le iniziative di competenza per individuare uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione di ulteriori quote di cannabis, nel rispetto della normativa vigente, al fine di soddisfare il fabbisogno nazionale di cannabis terapeutica.
(5-03267)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nonostante in Italia si sia raggiunta la soglia dei 200.000 pazienti con epatite C avviati a trattamento e curati dall'infezione, nel 98-100 per cento dei casi, l'Istituto superiore di sanità ha stimato a gennaio 2018 che, in Italia, vi siano ancora 469.932 soggetti HCV positivi non ancora trattati;

   per ovviare a tale situazione non solo è necessario prevedere uno screening nazionale e gratuito per quelle fasce di età maggiormente a rischio, ma è necessario prevedere l'estensione dell'innovatività per i farmaci anti HCV nei fondi dedicati, vista la loro utilità sociosanitaria e i possibili risparmi di costi diretti ed indiretti;

   secondo la determina dell'Aifa del 12 settembre 2017, recante «Criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, e dei farmaci oncologici innovativi, ai sensi dell'articolo 1, comma 402, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (determina n. 1535/2017)» «il riconoscimento dell'innovatività ed i benefici conseguenti hanno una durata massima di trentasei mesi» che per i farmaci in questione scade tra la fine 2019 e i primi mesi del 2020;

   la stessa determina prevede anche che la permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco possa essere riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione anche se il comma 403 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 è perentorio nello stabilire che «Il requisito di innovatività possa permanere per un periodo massimo di 36 mesi»;

   tutto questo porta ad una mancanza di chiarezza visto anche il fatto che la stessa determina prevede che «le modalità operative del disposto normativo sopra citato verranno esplicitate dal decreto attuativo del Ministero della salute in corso di definizione»;

   l'uscita dei farmaci dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente con la diretta conseguenza di una possibile battuta di arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C nel nostro Paese –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga doveroso ed urgente adottare iniziative affinché si faccia chiarezza circa la permanenza del carattere di innovatività dei farmaci e sia adottato il decreto cui fa riferimento la determina Aifa del 12 settembre 2017 e se, nello specifico, non ritenga di dover adottare iniziative di competenza per garantire la piena continuità del piano di eliminazione dell'epatite C.
(5-03269)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il diritto alla salute è oggetto di tutela di rango costituzionale, alla luce dell'articolo 32 della Costituzione;

   il Policlinico San Martino di Genova, il più importante ospedale della regione Liguria, si è visto costretto ad organizzare dei pullman al fine di inviare i propri pazienti a Savona, precisamente all'ospedale San Paolo, al fine di sopperire alle proprie carenze in termini di prestazioni radioterapiche. Si sottolinea che il policlinico è stato dotato di tre acceleratori lineari, due dei quali acquistati nel 2007 e nel 2015, ma negli ultimi anni non si proceduto alla programmazione del loro ricambio;

   inoltre, è notizia a mezzo stampa la recente sparizione di 387 risonanze magnetiche, effettuate nell'ultimo anno a 357 pazienti, con gravissimi danni sia dal punto di vista sanitario che in tema di privacy, sempre all'Ospedale San Martino;

   nel frattempo, presso l'ospedale Sant'Andrea di La Spezia, si rischia la chiusura del reparto di endocrinologia, a causa della grave carenza di medici che non sarebbero più in grado di garantire il servizio se non per le sole urgenze. Si ricorda che le patologie della tiroide in Liguria hanno una casistica molto elevata;

   si ravvisa quindi l'urgenza di un intervento politico sulle prestazioni sanitarie, sui dati delle immagini sanitarie sensibili, nonché sugli organici, assumendo medici che garantiscano i servizi essenziali;

   potrebbe essere utile un piano di emergenza, con l'apporto del Ministero della salute, per far fronte a una situazione che vede fermi o in grave crisi molti reparti fondamentali per la cittadinanza ligure, con gravissime ripercussioni sui livelli di assistenza dei cittadini e l'aumento delle liste d'attesa –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e le liste di attesa, alla luce delle gravi criticità evidenziate in premessa relativamente alla sanità ligure.
(4-04305)


   CIRIELLI, MONTARULI e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 della legge di delegazione europea 4 ottobre 2019, n. 117, ha dettato disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) 2017/625 adottato dal Parlamento europeo e il Consiglio in data 15 marzo 2017 e relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuate per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari;

   l'articolo de quo prevede la delega al Governo per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento e il cambiamento più significativo riguarda il campo di applicazione dei controlli ufficiali frontalieri;

   in particolare, la normativa europea introduce un sistema di controlli basato su un unico quadro giuridico e istituisce i posti di controllo frontalieri (Pcf) prevedendo la fusione dei Pif (posti di ispezione frontaliera) e dei Ped (punti di entrata designati) che avranno il compito di esaminare prodotti di origine animale, prodotti germinali, sottoprodotti di origine animale, piante e alimenti di origine non animale;

   pertanto, le competenze relative ai controlli degli alimenti in importazione definita «border control post» (BCP) trasmigreranno in capo ad un'unica entità e le competenze residue resteranno agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf);

   a tal riguardo la vigente normativa interna prevede la ripartizione delle competenze tra gli uffici Usmaf (medici) e Pif (veterinari) nel seguente modo: i primi eseguono attività di vigilanza transfrontaliera oltre che su viaggiatori e mezzi di trasporto, anche su merci destinate al consumo umano in importazione da Paesi non appartenenti all'Unione europea ed in particolare su alimenti di origine non animale e materiali destinati a venire in contatto con alimenti (Moca); i Pif, invece, hanno competenze relative ai controlli su animali vivi, prodotti di origine animale e mangimi provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato dell'Unione europea o in transito verso altri Paesi terzi con le modalità di cui alle direttive del consiglio n. 97/78/CE e n. 91/496/CEE;

   orbene, a quanto consta all'interrogante, sembrerebbe che i decreti legislativi che saranno adottati dal Governo in virtù della delega di cui all'articolo 12 della legge n. 117 del 2019, al fine di costituire i posti di controllo frontalieri secondo quanto previsto dal regolamento (UE) 625/2017, rimoduleranno l'organizzazione degli uffici e le loro rispettive competenze attribuendo ai Pif (nella nuova costituzione di PCF) quelle competenze che sino, ad oggi sono sempre rientrate tra le funzioni principali degli uffici Usmaf e che, a ben vedere, differiscono dagli ordinari controlli su prodotti di origine animale da sempre, invece, attribuiti ai Pif;

   la situazione prospettata ridurrebbe di gran lunga le funzioni che gli uffici Usmaf, unitamente al loro personale sanitario, hanno per molti anni eseguito in via del tutto eccellente permettendo alla nostra Nazione di qualificarsi tra le più efficienti in materia di controlli sanitari marittimi;

   a parere dell'interrogante, quindi, simili modifiche andrebbero ad inficiare il corretto e regolare svolgimento dei controlli che vengono eseguiti sulle merci di origine non animale e Moca, con conseguenze anche a livello dirigenziale e di organico degli uffici di riferimento;

   invero, non si può prescindere dal fatto che la separazione di funzioni tra i controlli su merce di origine animale, logicamente attribuita ai veterinari degli uffici Pif (fra l'altro, competenza esclusiva prevista dal regolamento (UE) 2017/625, all'articolo 55, che, invece, non richiama quelle su alimenti di origine non animale e Moca) e quelli su merce di origine non animale, di competenza degli Usmaf presso cui lavorano professionisti medici, garantisce maggiore professionalità ed efficienza degli uffici rispettivamente preposti, garantendo fluibilità, semplificazione ed efficienza dell'attività svolta;

   del resto, l'attribuzione di simili competenze agli uffici Pif comporterebbe non solo dei conflitti a livello tecnico organizzativo, essendo tali uffici privi di competenze acclarate e qualificate in materie, ma contrasterebbe anche il lungo percorso storico, culturale e normativo che da sempre caratterizza le competenze degli Usmaf, con gravi ripercussioni anche sulla gestione degli intensi traffici commerciali che interessano la nostra Nazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di evitare che le competenze altamente qualificate degli uffici Usmaf trasmigrino agli uffici Pif che, essendo costituiti da veterinari, sono da sempre competenti esclusivamente sui controlli di origine animale.
(4-04318)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la vicenda degli esuberi della Safilo, un'azienda italiana leader nel campo della produzione e della distribuzione di occhiali e caschi da sci e bici, con sede amministrativa a Padova, introduce un elemento nuovo nel processo di desertificazione industriale in corso nel nostro Paese;

   nel consiglio di amministrazione del 10 dicembre 2019 in cui è stato adottato il business plan 2020-2024, è stato contestualmente annunciato un piano di esuberi di 700 addetti su 2.600 dipendenti: 400 esuberi previsti nel solo stabilimento di Longarone, chiusura dello stabilimento di Martignacco (Udine), in cui operano circa 250 addetti e altri 50 esuberi individuati nella sede di Padova;

   l'azienda ha annunciato di aver «aperto un tavolo negoziale con i sindacati allo scopo di individuare tutti gli ammortizzatori sociali disponibili per limitare gli impatti sulle persone coinvolte». Dunque, i 700 esuberi sono considerati un dato di fatto come peraltro è un dato di fatto che gli ammortizzatori sociale sono per una significativa parte a carico della collettività. Safilo fa sapere che il piano è pensato per salvaguardare la competitività aziendale a favore dei lavoratori che rimangono in forza;

   la società, che prevede di chiudere l'esercizio 2019 con vendite nette delle attività in sostanziale stabilità rispetto al 2018, ha tagliato le stime sui ricavi dell'anno prossimo. Il gruppo prevede ricavi netti tra 960 milioni e un miliardo di euro, rispetto all'obiettivo tra 1 e 1,02 miliardi e un margine operativo lordo (Ebitda, che misura il reddito netto di un'azienda escluse imposte, ammortamenti e interessi) pari a circa il 6 per cento delle vendite rispetto al precedente obiettivo di 8/10 per cento. Sostanzialmente vi sono sia elementi negativi che positivi. Il trimestrale di agosto era ricco di elementi positivi, anche in termini di riduzione record dell'indebitamento;

   Safilo fa sapere che questo scostamento imputabile all'uscita della licenza Dior dopo il 2020. Tuttavia, sempre dalla stampa si apprende che l’«addio» di Dior è stato compensato da un'importante novità per le linee Gucci, che continuerà a servirsi di Safilo, e dal rinnovo della licenza con Marc Jacobs del gruppo LVMH. Infine, sono state annunciate ulteriori acquisizioni all'estero. L'azienda peraltro intende spostarsi sulle vendite online, dalle quali si prevede il 15 per cento dei ricavi entro il 2024; resta da comprendere come il passaggio al digitale possa generare effetti sugli stabilimenti di produzione, in considerazione del fatto che esso riguarda solo le metodologie di vendita del prodotto;

   l'elemento di novità di questo annuncio consiste nel fatto che gli esuberi sono annunziati da un'azienda sana e in attivo: non si tratta di esuberi provenienti da una crisi industriale, ma preventivi, destinati a impedire una possibile, ma tutt'altro che certa crisi industriale. Anzi, fino al 2024 il business plan prevede una spesa di 50 milioni di euro per costi straordinari di ristrutturazione e di 120 milioni per investimenti;

   la situazione è particolarmente grave nello stabilimento di Martignacco, che occupa maestranze prevalentemente femminili impiegate principalmente nella la finitura degli occhiali. Secondo i sindacati lo stabilimento di Martignacco è il più performante per efficienza e produttività e per esso, sino a pochi giorni fa, erano previsti addirittura lavori di adeguamento;

   i sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl, Ulltec Uil e le rappresentanze sindacali unitarie hanno dichiarato lo stato di agitazione in tutti gli stabilimenti del gruppo Safilo, con il blocco immediato degli straordinari e di qualsiasi altra flessibilità oraria. La regione Friuli si è attivata per convocare un tavolo fra l'azienda e le sigle sindacali per affrontare la situazione –:

   se non ritenga opportuno convocare un tavolo di crisi sulla vicenda esposta in premessa al fine di impedire che il processo di riorganizzazione aziendale della Safilo si abbatta sulle teste dei lavoratori e sui contribuenti.
(2-00601) «Sandra Savino».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   MORETTO e MARCO DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Vis Mobility di Santa Sofia (provincia di Forlì-Cesena) versa in stato di crisi da diverso tempo, con un impatto negativo diretto sui lavoratori e con effetti anche sull'indotto;

   i circa 50 lavoratori, da mesi senza stipendio, sono giunti al punto di compiere il gesto eclatante di presentare dimissioni in blocco per manifestare il proprio disagio e chiedere il riconoscimento di quanto spettante;

   i diversi passaggi di proprietà susseguitisi negli anni, non hanno determinato alcun cambiamento significativo nella gestione dell'azienda, nonostante in passato si sia fatto ricorso anche all'uso degli ammortizzatori sociali;

   risulta attivato presso la prefettura di Forlì-Cesena un tavolo istituzionale per esaminare la situazione e valutare tutte le iniziative possibili e opportune –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione e se non ritenga opportuno attivarsi, per quanto di competenza, data l'importanza che l'azienda riveste per l'intera vallata del Bidente, territorio nel quale le opportunità di lavoro per i residenti sono difficili.
(5-03273)


   BALDINI, ZUCCONI e CARETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il distretto lapideo del veronese, principalmente dedito alla trasformazione della materia, è costituito da 513 aziende, per un totale di 3.373 addetti, ai quali si aggiunge l'indotto, segnatamente sul versante della logistica, della tecnologia estrattiva e del versante chimico-geologico;

   le attività del distretto si sono consolidate negli anni nella lavorazione di materia prima proveniente dal territorio nazionale: le attività produttive, sia di estrazione che soprattutto di lavorazione, coinvolgono attivamente le imprese e gli addetti del distretto e hanno garantito nel tempo il mantenimento dei livelli occupazionali e tutelato il segmento economico-produttivo correlato con importanti ricadute economiche sul territorio;

   malgrado tali premesse, nell'ultimo triennio è stato registrato un calo della produzione che ha condotto alla chiusura di circa 30 aziende nel solo distretto veronese con inevitabili ripercussioni sulla tenuta dei livelli occupazionali;

   nello specifico, si evidenzia che gli ultimi anni le aziende locali hanno più difficoltà a reperire materia prima nazionale, poiché le aziende estrattive italiane preferiscono esportare i blocchi grezzi verso Paesi extra Unione europea dove vengono trasformati in semilavorati o finiti e successivamente esportati – paradossalmente anche in Italia – con costi che risultano inferiori rispetto al prodotto offerto dal mercato italiano in ragione dei bassi costi legati alla manodopera e ai processi produttivi esteri: fattore che evidenzia in maniera eloquente la sperequazione in termini di costi, tale da innescare effetti distorsivi sulle dinamiche di mercato dei prodotti lapidei;

   nella prospettiva di salvaguardare le imprese del distretto, l'esperienza e la professionalità delle maestranze e l'eccellenza della produzione totalmente italiana, sarebbe auspicabile individuare dei meccanismi di promozione e salvaguardia tesi al mantenimento sul territorio di almeno il 50 per cento del materiale da taglio, al fine di consentire la lavorazione dei blocchi sul territorio per esorcizzare la delocalizzazione massiva dei processi produttivi, le dinamiche distorsive di mercato e garantire il prosieguo dell'eccellenza produttiva locale e nazionale;

   le suddette criticità interessano l'intero comparto lapideo nazionale ed i molteplici distretti che caratterizzano l'eccellenza italiana –:

   quali iniziative si intendano intraprendere per tutelare le aziende trasformatrici del distretto lapideo veronese, anche nella prospettiva di salvaguardare la promozione della lavorazione del materiale nazionale sul territorio e tutelare di conseguenza le competenze e la tenuta occupazionale.
(5-03274)


   MASI, SUT, ALEMANNO, DAVIDE CRIPPA, BERARDINI, VALLASCAS, DE TOMA, RACHELE SILVESTRI, SCANU, FANTINATI, PERCONTI e CARABETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale Impresa 4.0 (già Industria 4.0) è l'occasione per tutte le aziende che vogliono cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale;

   il Piano prevede misure concrete in base a tre principali linee guida: operare in una logica di neutralità tecnologica, intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali, agire su fattori abilitanti;

   Impresa 4.0 costituisce certamente un tentativo riuscito di dare una politica industriale al Paese;

   nel contesto economico attuale, caratterizzato da un rallentamento della manifattura mondiale e dal tema delle barriere nel commercio che danneggiano il sostegno alla domanda internazionale, le misure incentivanti previste dal piano Impresa 4.0 hanno prodotto risultati significativi e dimostrato grande attrattiva: dati di maggio 2019 segnalano che il piano Industria 4.0 ha permesso alle aziende italiane, in particolare quelle di dimensioni medie e piccole, di investire 10 miliardi di euro in macchinari e attrezzature, con riferimento alla misura dell'iperammortamento;

   è necessario agevolare l'accesso al trasferimento tecnologico alle micro, piccole e medie imprese del nostro Paese, vera colonna portante del tessuto produttivo italiano, per consentire a tutte le imprese di superare quel gap di produttività che contraddistingue il sistema economico italiano rispetto agli altri Paesi europei;

   la proposta di precise linee di indirizzo nonché l'individuazione e la realizzazione degli strumenti necessari alle imprese per aumentare l'attrattività e il conseguente utilizzo delle misure agevolative del Piano passano anche attraverso l'analisi dei dati relativi alla diffusione geografica e alla classe dimensionale delle imprese;

   parimenti necessario per una efficace riparametrazione degli incentivi sarà ascoltare la voce di chi fa impresa –:

   quali siano i dati relativi alla diffusione geografica e alla classe dimensionale delle imprese del piano Impresa 4.0, anche al fine di rendere più efficace l'utilizzo delle misure contenute nel medesimo piano Impresa 4.0.
(5-03275)


   BENAMATI, NARDI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sider Alloys nel febbraio 2018 ha rilevato lo stabilimento ex Alcoa di Portovesme, oggetto dell'accordo di programma fra il Ministero dello sviluppo economico e la regione Sardegna firmato nel dicembre 2017;

   individuato come asset strategico per il mercato italiano in quanto unico impianto industriale italiano per la produzione di alluminio primario, l'accordo prevede la riattivazione ed il rilancio del complesso industriale ex Alcoa attraverso il revamping e la modernizzazione degli impianti la cui produzione sarà destinata per circa l'80 per cento alla soddisfazione del mercato italiano nei settori strategici della produzione industriale nazionale tra cui automotive, costruzioni, aerospazio, packaging;

   sono previsti investimenti complessivi di circa 135-145 milioni di euro tra risorse private, prestiti agevolati e 8 milioni di euro a fondo perduto della regione Sardegna;

   per realizzare il piano di investimenti e rendere competitivo l'impianto, serve un costo competitivo dell'energia, insieme all'abbattimento degli oneri di sistema: l'attuazione delle misure relative all'utilizzo e al costo dell'energia definite nella scorsa legislatura sono infatti considerate condizioni indispensabili per la ripresa delle attività produttive presso lo stabilimento ex Alcoa;

   ad un anno e mezzo dall'acquisizione dello stabilimento è necessario trovare una soluzione alle problematiche che ostacolano il progetto di rilancio produttivo della fabbrica visto che il 31 dicembre 2019 scadono gli ammortizzatori sociali finora erogati –:

   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intende adottare per assicurare che lo stabilimento di Portovesme possa ripartire quanto prima, salvaguardando l'occupazione e valorizzando il know-how delle competenze industriali del territorio.
(5-03276)


   CARRARA, BARELLI, SQUERI, PORCHIETTO e FIORINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge n. 137 del 2 dicembre 2019, sopprimendo la norma già prevista nel decreto-legge n. 124 del 2019 in corso d'esame presso il Parlamento, si è stabilito che per favorire il trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia in amministrazione straordinaria, viene concesso un finanziamento a titolo oneroso di 400 milioni di euro;

   il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi delle norme sulla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, dovrà approvare un piano avente ad oggetto le iniziative e gli interventi di riorganizzazione ed efficientamento della struttura e delle attività aziendali, al fine di pervenire, entro il termine del 31 maggio 2020, alla cessione degli asset;

   si tratta di un mandato più ampio dei precedenti, volto a consentire la gestione degli esuberi (3.500-4.000), a ridurre la flotta di una ventina di velivoli (in particolare quelli in leasing) e tagliare i costi che prosciugano la liquidità di Alitalia per oltre 715 mila euro al giorno;

   le modalità di restituzione del prestito vengono modificate facendo riferimento non a una data specifica, ma alla «procedura di ripartizione dell'attivo dell'amministrazione straordinaria a valere e nei limiti dell'attivo». Una formula indeterminata già utilizzata nell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135;

   la Commissione europea già indaga sul precedente prestito di 900 milioni di euro su ricorso di altre compagnie aeree. I 400 milioni di euro previsti dal decreto-legge n. 124 non sono ancora stati notificati a Bruxelles;

   l'Alitalia è in amministrazione straordinaria da oltre 1.100 giorni. I tavoli tecnici guidati da Ferrovie e Atlantia non si tengono più. Delta appare ormai fuorigioco. Il comma 4 del decreto-legge n. 137 fa espresso riferimento alla possibilità per il Ministero dello sviluppo economico di convertire la procedura di amministrazione straordinaria in fallimento in caso di mancata attuazione del piano. In questa ipotesi, i prestiti, la cui restituzione è già soggetta a condizione aleatoria, andrebbero persi o diventerebbe assai più complesso recuperarli, anche pro quota –:

   quale strategia di politica industriale si intenda mettere in atto, considerata l'importanza delle prospettive di Alitalia nel quadro economico-industriale del Paese.
(5-03277)


   DARA, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, GALLI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in occasione del question time in Commissione X del 3 aprile 2019 l'allora sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, l'onorevole Davide Crippa, rispondeva all'interrogazione n. 5-01822 sulla crisi del distretto della calzetteria dando disponibilità «alla apertura, su richiesta, di uno specifico Tavolo che affronti le problematiche del comparto della calzetteria e del noto distretto della calza di Castel Goffredo (Mn)»;

   il successivo 9 aprile 2019 veniva quindi trasmessa dalle associazioni rappresentative del distretto n. 6 Castel Goffredo-Tessile-Calzetteria una richiesta di incontro al Ministero dello sviluppo economico per l'apertura di un tavolo di confronto sulla crisi del settore;

   ad oggi ancora nessuna iniziativa è stata avviata dal Ministero dello sviluppo economico e purtroppo i dati evidenziati dalla ricerca Cersi (Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale, centro di ricerca universitario, fondato nel 2006 dalla facoltà di economia e Giurisprudenza della sede di Cremona e Piacenza dell'università Cattolica del Sacro Cuore) – commissionata dal Credito Padano, Adici (Associazione distretto Calza e intimo) e dalla camera di commercio di Mantova – sono sempre più allarmanti: dal 2000 al 2018 le imprese di produzione della calzetteria sono passate da 338 a 189. Solo negli ultimi 10 anni hanno cessato l'attività 130 imprese in tutto il distretto tessile nel suo complesso, con una media di 13 chiusure per ogni anno;

   la centralità internazionale della calza è stato il traguardo raggiunto in 60 anni di duro lavoro, ma questa eccellenza, dopo l'avvento sul mercato dei nuovi player orientali che hanno imposto strategie low price, ha registrato una preoccupante contrazione delle esportazioni. Questo tema è stato al centro di una tavola rotonda svoltasi a Castel Goffredo il 28 ottobre 2019 nel corso della quale si è evidenziata la necessità di una strategia innovativa ma anche di una nuova filiera produttiva certificata che garantisca qualità e legalità: la concorrenza al ribasso tra le aziende del distretto deve essere definitivamente debellata così come il fenomeno della contraffazione dei nostri prodotti con un impegno serio anche da parte delle istituzioni –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per supportare il distretto n. 6 Castel Goffredo-Tessile-Calzetteria e se non ritenga utile aprire un tavolo di crisi specificamente dedicato a questo importantissimo settore che negli ultimi anni ha registrato gravissime perdite in termini produttivi.
(5-03278)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PITTALIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio del 2009 la regione autonoma della Sardegna si è opposta in sede di Conferenza delle regioni alle disposizioni contenute nella legge n. 99 del 2009 relative alla localizzazione nel territorio regionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo di materiali e rifiuti radioattivi, ritenendo inaccettabile che in materia di nucleare il Governo assumesse le decisioni semplicemente sentendo le regioni;

   la regione Autonoma della Sardegna ha ribadito tale posizione il 27 gennaio 2010, quando la Conferenza delle regioni ha espresso parere negativo, a maggioranza, sullo schema di decreto legislativo recante: «Localizzazione ed esercizio di impianti di produzione elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché misure compensative e campagne informative»;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2011 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 «nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all'intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari»;

   il 28 maggio 2014 il consiglio regionale della Sardegna ha approvato l'ordine del giorno n. 6 che impegna il presidente della regione a respingere ogni possibilità che la Sardegna venga inserita tra le aree idonee ad ospitare il sito sul quale sorgerà il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nel rispetto dell'esito referendario del 15 e 16 maggio 2011;

   la scelta della Sardegna come deposito delle scorie nucleari costituirebbe un nuovo episodio di mancato rispetto da parte dello Stato italiano delle prerogative autonomistiche della regione autonoma della Sardegna, in considerazione, tra l'altro, del fatto che le scelte programmatorie dell'isola si fondano su progetti di sviluppo sostenibile, la valorizzazione e la tutela del paesaggio, dell'ambiente e del patrimonio archeologico e culturale;

   con il referendum svoltosi nell'anno 2011 i sardi hanno democraticamente espresso la netta opposizione, con oltre il 97 per cento dei voti, sia alle centrali nucleari che ai depositi di scorie e, pertanto, qualsiasi decisione calata dall'alto costituirebbe una profanazione della nostra terra, un atto di violenza verso l'autonomia e l'autodeterminazione del popolo sardo;

   ad oggi non appare ancora chiaro quale sia lo stato della procedura avviata in sede nazionale, attraverso la Sogin, con il supporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), per la localizzazione degli impianti e dei sistemi per il deposito di materiali e rifiuti radioattivi –:

   se il Governo intenda confermare che il territorio della Sardegna non sarà indicato tra le aree idonee ad ospitare il sito nel quale verrà realizzato il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
(4-04307)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Wärtsilä è un'azienda finlandese specializzata nella produzione di sistemi di propulsione e generazione d'energia per uso marino e centrali elettriche;

   nel 1999 l'azienda acquista da Fincantieri la «Grandi Motori Trieste», successivamente rinominata Wärtsilä Italia, che, oltre ai motori per uso navale, produce motori diesel o bi-fuel gasolio/gas naturale, motori per generatori di corrente per centrali elettriche da 1 fino a 500 Megawatt, motori per la propulsione e gruppi elettrogeni;

   nel sito triestino di Bagnoli della Rosandra sono oltre 1100 le persone impiegate direttamente dall'azienda, oltre a numerosi altri addetti (quasi 200) dell'indotto e il cui futuro lavorativo è strettamente interconnesso con quello di Wärtsilä;

   a seguito di una forte contrazione del mercato di settore il gruppo mondiale Wärtsilä aveva deciso di attivare un programma di riorganizzazione mondiale per le divisioni marine solutions ed energy solutions che prevedeva la riduzione di 550 posti di lavoro a livello di gruppo di cui 270 in Finlandia. A luglio 2016 si è tenuto un incontro al Ministro dello sviluppo economico alla presenza del coordinatore dell'unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi per il Ministero dello sviluppo economico, dei vertici della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Wärtsilä Italia s.p.a., Confindustria Venezia Giulia, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di categoria Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil e le rappresentanze sindacali unitarie, avente ad oggetto la situazione aziendale del sito di Trieste della Società Wärtsilä Italia s.p.a.;

   successivamente, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia nel 2017, in attuazione della legge regionale n. 3 del 2015 «Rilancimpresa» ha erogato 900.000 euro quali compartecipazione alle misure nazionali previste a favore di imprese localizzate nell'area di crisi industriale complessa di Trieste, una cifra che rappresenta circa il 24 per cento del costo a carico della finanza pubblica del progetto «R&D4Service» proposto da Wärtsilä, e la cui realizzazione ha rilevanza strategica in quanto destinato ad avere un significativo impatto, in termini economici e occupazionali;

   è notizia di giorni scorsi che la Psm Logistica srl, che gestisce in appalto le operazioni di carico, scarico e movimentazione dello stabilimento di Bagnoli, licenzierà 21 dei suoi 38 dipendenti già con il mese di marzo 2020, a causa del calo delle commesse esterne di Wärtsilä;

   soltanto poche settimane fa è rientrato l'allarme occupazionale lanciato da Wärtsilä che aveva annunciato 350 esuberi su scala internazionale, con particolare riferimento al sito triestino e per cui era stato anche indetto uno sciopero unitario;

   a parere dell'interrogante, sembrerebbe che l'allarme si sia semplicemente spostato dai lavoratori diretti all'indotto, senza una reale soluzione al problema –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare con urgenza un tavolo di confronto presso il Ministro dello sviluppo economico con la presenza della dirigenza di Wärtsilä, della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e dei sindacati, al fine di approfondire la situazione, esaminare il piano industriale e valutare possibili azioni di supporto, compresa l'innovazione tecnologica, per scongiurare nuovi esuberi di maestranze dirette o indirette;

   se, d'intesa con la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziative di competenza per confermare l'importanza strategica dell'impianto giuliano, in virtù degli investimenti fatti nell'ultimo triennio e previsti per il 2020, e conseguentemente creare condizioni atte a sostenere la competitività della produzione.
(4-04309)


   LUPI, COLUCCI, SANGREGORIO e TONDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2017 fu approvato dal Governo Gentiloni un prestito ponte di 600 milioni di euro ad Alitalia cui seguì, nel mese di ottobre 2017, un ulteriore prestito di 300 milioni, con contestuale dilazione dei termini previsti per la restituzione dei primi 600 milioni;

   nel decreto-legge n. 124 del 2019 era stato previsto, all'articolo 54, poi soppresso, un ulteriore prestito di 400 milioni di euro, prestito oggi oggetto di un emendamento al disegno legge di bilancio attualmente in discussione al Senato;

   dal primo firmatario del presente atto, è stato presentato un emendamento al decreto-legge fiscale (emendamento 54.2) che prevedeva un obbligo assoluto di restituzione allo Stato del prestito ponte di 400 milioni di euro, emendamento ovviamente respinto;

   una gestione commissariale «trina», Discepolo-Laghi-Paleari, vigeva fino a venerdì 6 dicembre 2019, data in cui, al loro posto, il Ministero dello sviluppo economico ha individuato l'avvocato Leogrande come commissario unico;

   il neo commissario dovrebbe insediarsi dunque a breve e scegliere la squadra con cui tentare di riorganizzare ed efficientare la sofferente compagnia di bandiera con «l'obiettivo di renderla più appetibile per la vendita», dopo il fallimento del tentativo di cederla a una cordata guidata da Ferrovie dello Stato italiane, con Atlantia e Delta (8 dicembre, Il Fatto Quotidiano). Secondo Il Sole 24 Ore (8 dicembre 2019) ad affiancarlo potrebbe essere chiamato Giancarlo Zeni, fino al 2007 in Alitalia e ora numero uno di Blue Panorama;

   l'efficientamento comporterà molto probabilmente dei prepensionamenti e nuovi esuberi: si parte da 2.500, secondo Il Messaggero, ma molto dipenderà dalle trattative con i sindacati e dagli ammortizzatori che il Governo sarà disposto a mettere in campo;

   Il Sole 24 Ore spiega che il Governo lavora «come se in prospettiva fosse Lufthansa a dover rilevare Alitalia dopo una ristrutturazione»;

   secondo quanto anticipato da Il Messaggero, gli obiettivi del piano di salvataggio di Alitalia saranno tre: riduzione dei costi, ricerca di un nuovo partner industriale e di un'alleanza estera tali da evitare altri prestiti ponte, già finiti sotto la lente dell'Unione europea;

   Leogrande dovrà anche strutturare il nuovo bando di gara per la vendita, che va conclusa entro il 31 maggio 2020 ma che potrebbe richiedere ulteriore tempo;

   sulla questione è apparso su Facebook un video della senatrice Lupo del Movimento Cinque Stelle, dal quale sembrerebbe desumersi che la medesima avrebbe svolto un ruolo attivo nelle varie vicende e trattative: attraverso passaggi politici andati «oltre», forzando «un po’ la mano» come da lei stessa ammesso, chiedendo di essere presente ai tavoli di lavoro; intrattenendo rapporti anche direttamente con Lufthansa, cui testualmente dichiara di avere chiesto il silenzio –:

   se il Ministro interrogato abbia delegato la senatrice Lupo a interloquire a nome del Governo o si sia avvalso di una sua consulenza, e quali conseguenze ciò abbia effettivamente prodotto;

   quali siano ad oggi le proposte del Ministro e del commissario unico, per l'individuazione di soluzioni concrete per il rilancio della compagnia di bandiera o, viceversa, se si intenda unicamente svendere la compagnia di bandiera dopo i miliardi di euro pagati da tutti gli italiani nel corso anche degli ultimi due anni.
(4-04320)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Provenza e altri n. 7-00380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Mammì, Troiano, Nappi.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Galantino e altri n. 2-00596, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Meloni, Rampelli, Lollobrigida.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ceccanti e altri n. 4-04286, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Bruno Bossio, La Marca.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Berlinghieri n. 5-03042 del 4 novembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Moschioni n. 5-03192 del 25 novembre 2019.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Cenni n. 5-01623 del 6 marzo 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04313;

   interrogazione a risposta in Commissione Giacomoni e Aprea n. 5-01708 del 20 marzo 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04314;

   interrogazione a risposta in Commissione Nitti n. 5-02016 del 2 maggio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04312;

   interrogazione a risposta in Commissione Bucalo e Frassinetti n. 5-02328 del 20 giugno 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04310;

   interrogazione a risposta in Commissione Marco Di Maio n. 5-02485 del 12 luglio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04311.