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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 9 dicembre 2019

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in merito alla nuova linea ferroviaria Torino Lione «Il Fatto Quotidiano», in data 24 ottobre 2019, ha riportato che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe dichiarato alla sindaca di Torino che «il progetto Tav Torino Lione prosegue, non ci sono spazi per metterlo in discussione»;

   sempre «Il Fatto Quotidiano» ha riportato che il sindaco di Venaus, in riferimento alla predette dichiarazioni, ha inviato il 23 ottobre 2019 una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri in cui evidenzia «stupore che nasce dal confronto con l'attività di Alta amministrazione da Lei svolta nei confronti di TELT – Tunnel Euralpin Lyon Turin –, impresa francese promotrice della predetta opera»;

   come riportato da «Il Fatto Quotidiano» lo stupore del sindaco di Venaus nasce da una precedente nota del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2019 inviata alla Telt - Tunnel Euralpin Lyon Turin in cui il Presidente evidenziava che «L'analisi tecnica effettuata dagli esperti nominati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e le conseguenti considerazioni politiche sin qui effettuate ci impongono di rivalutare la realizzazione dell'opera, la cui corrispondenza all'interesse pubblico non appare affatto scontata (...) In ragione delle responsabilità che mi competono quale Presidente del Consiglio, Vi invito ad astenervi, con effetti immediati»;

   il sindaco di Venaus, inoltre, evidenziava l'assenza di responsabilità contrattuale in caso di arresto dei lavori della predetta opera, come previsto dalla legge n. 191 del 2009, articolo 2, comma 232, lettera c), norma richiamata dall'articolo 3 della legge 5 gennaio 2017, n. 1, recante ratifica degli accordi tra Italia e Francia del 2015 e 2016;

   nella citata missiva al Presidente del Consiglio dei ministri il sindaco di Venaus, a completamento della propria esposizione sui costi dell'eventuale «stop» ai lavori, evidenziava che la commissaria europea per i trasporti nella (passata) Commissione europea ebbe a rispondere, in nome della Commissione (interrogazione al Parlamento europeo dell'11 febbraio 2019 n. P-000793/19), che le somme versate per tale opera erano pari ad euro 90 milioni al 29 marzo 2019;

   ad oggi la percentuale del co-finanziamento da parte dell'Inea è pari al 40 per cento e non sussiste alcuna decisione della Commissione europea di mutamento della percentuale di cui alla decisione dell'Unione europea 2014-EU-TM-0401-M come, invece, appare erroneamente propalato anche da media e quotidiani;

   lo stesso Presidente del Consiglio Conte, a commento dell'analisi costi-benefici della nuova linea ferroviaria Torino Lione, aveva dichiarato, in data 13 febbraio 2019, che «l'analisi non può essere definita di parte perché non se ne condividono i risultati» –:

   quali siano gli eventi che hanno condotto il Presidente del Consiglio a tale inversione di opinione sulla decisione riferita all'opera citata;

   su quali presupposti giuridici, amministrativi e contabili, anche alla luce degli impegni comunitari sia fondata la dichiarazione del Presidente del Consiglio secondo cui, al netto dei fattori citati in premessa e della precedente dichiarazione contraria, «ormai costerebbe più non fare l'opera che farla».
(4-04285)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da circa 40 anni, una crepa di un serbatoio di gasolio della centrale termoelettrica di Favignana, isola in provincia di Trapani, a causa della trascuratezza, ha causato un disastro ambientale di dimensioni vastissime, facendo estendere l'aerea danneggiata ad oltre 94 mila metri quadri a cui si è risposto mediante «misure di bonifica palliative»;

   la Sea, l'azienda che gestisce la centrale, circa tre anni fa, aveva chiesto lo spostamento dell'impianto in altro luogo sempre situato sull'isola di Favignana, ma l’iter è stato bloccato a seguito del parere negativo del consiglio comunale e della sospensione ad opera dalla regione siciliana;

   in un dossier, redatto per poter accedere all’iter per la delocalizzazione dell'impianto industriale – e, quindi, a conoscenza delle istituzioni locali e regionali –, l'azienda inserì una relazione tecnica del settembre 2014 in cui, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, si ricostruiva la genesi e lo sviluppo di uno sversamento di gasolio, permeando le rocce fino alla falda acquifera e che sosteneva che «"Negli anni Ottanta si è verificato un rilascio di prodotti petroliferi da un serbatoio interrato localizzato nella centrale elettrica. Nel 1984 il serbatoio è stato rimosso e si è proceduto con la rimozione del terreno impattato". L'incidente sembrava risolto, ma nel 2001 venne di nuovo "rilevata la presenza di prodotto petrolifero all'interno di un pozzo industriale localizzato all'interno della centrale". I monitoraggi continuarono fino al 2014 e i tecnici fino all'ultimo test rilevarono "una significativa presenza di surnatante (sostanza oleosa galleggiante)"»;

   la procura di Trapani ha chiesto il rinvio a giudizio per Filippo Giuseppe Accardi, amministratore della Sea, per reati di natura amministrativa e per quello di inquinamento ambientale e, secondo quanto emerso dalle indagini della sezione di polizia giudiziaria del Corpo Forestale dello Stato, la Sea non avrebbe attuato «il progetto di bonifica approvato con determina n. 128/2000 del 27 settembre 2005 del Comune di Favignana e mantenendo in tal modo attiva una fonte di inquinamento di dimensioni vastissime, persistente e in progressiva rapida espansione areale» non attuando, in maniera dolosa, «serie e concrete operazioni di bonifica», optando, piuttosto, per misure di bonifica palliative;

   nell'area di contrada Madonna, in cui è allocata la centrale situata a poche decine di metri dalla costa, sono stati condotti accertamenti attraverso l'estrazione di campioni di terra e di acqua al fine di monitorare la presenza di sostanze inquinanti, e, nel frattempo, le attività dell'impianto non hanno subìto alcun rallentamento o interruzione, essendo l'unica fonte di energia elettrica non interconnessa a terra ferma e, nonostante la presenza di tubazioni della centrale che riversano in mare le proprie sostanze e il conseguente divieto di balneazione, la spiaggia continua ad essere frequentata dai bagnanti;

   appare prioritario, a prescindere dal procedimento giudiziario, assicurare interventi a tutela del patrimonio ambientale anche attraverso un più ampio coordinamento e monitoraggio delle acque e delle emissioni in atmosfera con le istituzioni locali, regionali e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sicilia –:

   se e quali iniziative per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in riferimento ai fatti esposti in premessa al fine di scongiurare eventuali pericoli per l'ambiente e per la salute dei cittadini e dei turisti.
(4-04284)


   CECCHETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Guardia di finanza di Milano ha sequestrato un terreno di circa 26 mila metri quadrati a Pioltello che era adibito a discarica abusiva e ha eseguito perquisizioni nelle sedi legali e operative di cinque società dell'hinterland milanese, società che avrebbero dovuto, sulla carta, svolgere un'attività di «movimentazione terra», ma che in realtà portavano avanti un traffico illecito di rifiuti;

   in particolare sono stati perquisiti gli uffici, nei comuni di Milano, Pioltello, Carugate, Gessate e Buccinasco, di quattro società a vario titolo coinvolte in un sistema di gestione abusiva e di traffico di rifiuti che venivano sotterrati proprio nella vasta area sequestrata a Pioltello;

   il terreno, su cui era in corso l'opera di «rinterro per raggiungimento quota stradale», come dichiarato formalmente dalla società proprietaria, è stato sottoposto a sequestro a causa di una serie di illeciti, tra cui la presenza di materiale di ignota provenienza qualificabile come «rifiuto», e anche lo smaltimento illecito rifiuti;

   da quello che è emerso dalle indagini, sembra che molti di questi rifiuti venissero «sotterrati». Le Fiamme gialle, intervenute insieme al nucleo ambientale di polizia giudiziaria e alla polizia locale, hanno constatato che era in corso proprio un lavoro di copertura di rifiuti;

   la gestione e lo smaltimento illecito dei rifiuti rappresentano un business illegale in crescente floridezza ovvero una forma di concorrenza sleale a svantaggio delle imprese che operano in modo onesto sul mercato, una possibile via di infiltrazione della criminalità organizzata e, ovviamente, un grave pregiudizio per l'ambiente –:

   se il Ministro intenda adottare tutte le opportune le opportune iniziative di competenza per verificare le problematiche emerse, al fine di garantire la salute e la stessa qualità di vita dei cittadini residenti nel comune di Pioltello interessati dalla discarica abusiva, valutando se sussistano i presupposti per promuovere ulteriori accertamenti e verifiche attraverso il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente e l'Ispra anche con riferimento alle aree limitrofe.
(4-04287)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca – sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 22 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01183)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'ottobre del 2011, una devastante alluvione colpì gravemente il paese di Borghetto di Vara, causando sette morti. Nello stesso evento alluvionale, l'esondazione del Torrente Pogliaschina, oltre a causare morte e devastazione all'abitato, ha comportato il grave danneggiamento dei ponti lungo la strada provinciale 566 e la strada statale 1 via Aurelia;

   a seguito della pubblicazione del bando in Gazzetta Ufficiale il 3 giugno 2016 e l'apertura delle buste il 21 giugno, la gara veniva aggiudicata ad Anas. L'intervento di ripristino dei due ponti sul torrente Pogliaschina è cofinanziato da Anas e regione Liguria per un importo complessivo di 2,6 milioni di euro, di cui 1,1 milioni da regione Liguria e i restanti 1,5 milioni di euro a carico di Anas;

   la regione Liguria ha redatto il progetto definitivo, con avanzamento alla fase esecutiva da parte di Anas che ha seguito anche le successive fasi approvative, le procedure di gara e i lavori di ricostruzione della nuova infrastruttura;

   come riportato da una nota della stessa regione Liguria, «L'impresa esecutrice avrà a disposizione 365 giorni per l'esecuzione delle opere». Inizialmente, i lavori sono stati affidati alla ditta Corbo Group di Sessa Aurunca. Tuttavia, le fasi di costruzione del ponte lungo la strada provinciale 566 sono state rallentate dalla risoluzione contrattuale, avvenuta a marzo 2018, con l'impresa incaricata degli interventi, a causa di gravi inadempienze. Successivamente, Anas ha affidato i lavori alla seconda impresa nella graduatoria originaria della gara d'appalto, l'Ati Costruzioni Ruberto - Pignataro Costruzioni Generali, che a marzo di quest'anno, dopo quasi 8 anni dall'evento, ha portato a completamento la ricostruzione del primo dei due ponti in progetto;

   nel settembre 2019 l'Anas ha perfezionato la procedura di rescissione del contratto con l'Ati Costruzioni Ruberto - Pignataro Costruzioni Generali, non completando di fatto la costruzione del secondo ponte in progetto;

   l'allungamento dei tempi del cantiere, con una nuova gara d'appalto da bandire, oltre a non garantire la sicurezza idraulica, ha la fisiologica conseguenza di creare notevoli disagi ai numerosi passanti;

   inoltre, l'Anas, con l'ordinanza n. 402/2019 del 22 novembre 2019, aveva disposto la riapertura al traffico del suddetto secondo ponte dal chilometro 438+080 al chilometro 438+170, ponte per il quale, secondo pareri tecnici, si consigliava la demolizione per le condizioni di estrema pericolosità;

   in seguito risulta che l'Anas, in data 26 novembre 2019, abbia revocato la suddetta ordinanza –:

   se ritenga opportuno adottare un'iniziativa, per quanto di competenza, volta ad accelerare il completamento del progetto iniziale, che prevedeva la demolizione del ponte e la costruzione di una nuova struttura, nel rispetto della sicurezza idraulica dell'abitato di Borghetto di Vara e dei numerosi passanti degli altri comuni nonché per garantire il regolare e fluido afflusso di traffico, in una regione che rappresenta uno snodo fondamentale dell'Italia settentrionale.
(4-04289)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'articolo 215-bis, comma 1, del codice di procedura penale ha introdotto l'utilizzo di mezzi elettronici o altri strumenti (nella fattispecie, il cosiddetto «braccialetto elettronico»), previa verifica di disponibilità da parte del giudice presso la polizia giudiziaria;

   la ratio con cui tale norma venne introdotta corrispondeva alla necessità di sostituire la detenzione carceraria con arresti domiciliari «controllati» per tutti quei delitti considerati a bassa pericolosità sociale;

   da ultimo, durante l'esame del cosiddetto codice rosso (legge n. 69 del 2019) è stato approvato un emendamento presentato dal gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente che modifica l'applicazione di procedure di controllo mediante braccialetto elettronico nei casi di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

   durante l'esame del cosiddetto decreto sicurezza-bis (legge n. 77 del 2019) è stato respinto un emendamento del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente volto ad aumentare della metà la somma attualmente impiegata dei braccialetti elettronici;

   nel tempo, l'incremento dell'uso del dispositivo del braccialetto elettronico ha comportato nell'arco di pochi anni il suo pressoché totale esaurimento;

   a ciò si aggiunga che, come riportato da fonti di stampa, numerosi detenuti sono in lista di attesa per uscire dalle strutture penitenziarie, ma sono impossibilitati a farlo a causa della mancata esecuzione delle ordinanze di concessione di misure alternative alla detenzione dovuta alla indisponibilità dei nuovi braccialetti;

   l'Amministrazione dell'interno, nel dicembre 2016, avviava una procedura ad evidenza pubblica «aperta» ai sensi dell'articolo 60, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 per la fornitura di braccialetti elettronici a cui prendevano parte Tim spa, Rti Fastweb e Rti Engineering;

   nel giugno 2017, risultava aggiudicataria secondo la graduatoria provvisoria Rti Fastweb, ma, rilevato tuttavia un anomalo ribasso dell'offerta, si è proceduto alla richiesta di documentazione ulteriore probatoria attestante il possesso dei requisiti economici-finanziari della società aggiudicataria;

   ultimata con esito positivo tale verifica documentale, con decreto direttoriale del 2 agosto 2018 è stato definitivamente aggiudicato l'appalto a Rti Fastweb: il servizio erogato dalla società aggiudicataria prevede, per un periodo minimo di 27 mesi, l’«utilizzo» di un numero medio mensile di 1.000 dispositivi con la capacità di utilizzarne anche il 20 per cento in più;

   a distanza di un anno dall'aggiudicazione della suddetta gara, sembrerebbe che ancora oggi il contratto sia bloccato;

   la commissione di collaudo è stata nominata dal Ministero dell'interno solo a fine novembre 2018, ma non si conoscono né gli esiti né i tempi di arrivo dei nuovi dispositivi;

   considerando inoltre le attuali criticità in cui versano alcune strutture penitenziarie, il braccialetto elettronico rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre il sovraffollamento carcerario, in favore di una esecuzione della detenzione domiciliare meno onerosa –:

   se il Governo non intenda fornire chiarimenti e indicazioni precise in merito alle modalità e ai tempi con cui i nuovi braccialetti elettronici saranno messi a disposizione, in modo da consentire l'esecuzione delle misure di detenzione domiciliare già disposte e ridurre il sovraffollamento carcerario.
(2-00592) «Bartolozzi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBERTO MANCA, MARINO, SCANU, DEIANA, PERANTONI e CABRAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia-Basa, presidio di sicurezza, vigilanza e prevenzione, è carente di risorse umane e di mezzi di soccorso, al punto tale da compromettere l'efficienza e l'efficacia degli stessi interventi;

   il capo del dipartimento dei vigili del loco, Salvatore Mulas, in occasione della celebrazione dell'ottantesimo anniversario dalla nascita del corpo dei vigili del fuoco, aveva annunciato pubblicamente il passaggio della sede di Olbia dalla categoria SD4 (costituita da 46 unità di personale) alla categoria SD5 (costituita da 58 unità di personale);

   il distaccamento di Olbia-Basa, distante circa 100 chilometri dalla sede centrale di Sassari, risulterebbe fortemente sottodimensionato rispetto al suo bacino di utenza;

   tale sede, tra l'altro, continuerebbe a operare con lo stesso numero di personale da oltre venti anni, nonostante si registrino all'incirca 1.600 interventi di soccorso all'anno e costituisca il primo distaccamento, dopo il dipartimento centrale, per numero di operazioni effettuate;

   l'inadeguatezza è evidente soprattutto al verificarsi di fenomeni, quali incendi estivi o precipitazioni di carattere alluvionale, come quelle del 2013 e del 2015, e ove occorre far fronte alle quotidiane emergenze del territorio;

   Olbia è una realtà industriale e commerciale in forte espansione che negli ultimi anni ha conosciuto un rilevante incremento demografico e uno sviluppo rapido della sua economia. Il suo porto è il più importante scalo passeggeri del bacino del Mediterraneo;

   la mancanza di un presidio nautico fisso dei vigili del fuoco, sia di giorno che di notte, non garantisce un tempestivo intervento in caso di incendi di navi o di imbarcazioni e non consente di coadiuvare le operazioni di soccorso in mare svolte dai nuclei subacquei;

   il Conapo, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, a seguito di alcuni gravi incidenti verificatisi a danno delle imbarcazioni, all'interno del porto di Olbia, ha sollevato la questione della mancanza di un presidio fisso dei vigili del fuoco attivo h.24;

   questa situazione crea enorme disagio nell'intero impianto di soccorso dell'isola e rallenta la risposta operativa;

   non meno problematica è la situazione dei mezzi di soccorso: molti degli automezzi, autopompe serbatoio e mezzi di colonna mobile utilizzati per calamità regionali e nazionali, infatti, sarebbero in esercizio dagli anni ’80;

   il costante utilizzo e il carico di lavoro cui sono sottoposti tende a usurarli e richiede una frequente attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, che grava sulle scarse disponibilità finanziarie a disposizione;

   l'età media delle Aps in servizio si aggirerebbe intorno ai 25-30 anni; esse presentano spesso problemi sia di natura elettrica che meccanica: l'autogru in uso, infatti, oramai obsoleta, non risulta conforme alla normativa di sicurezza vigente;

   le avarie delle Aps obsolete non garantiscono l'efficienza e la funzionalità degli automezzi impegnati nelle operazioni di soccorso e il prolungarsi di queste condizioni mette in serio pericolo la sicurezza e l'incolumità del personale, oltre a non consentire la tempestività dell'intervento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere per garantire il potenziamento della sede distaccata dei vigili del fuoco di Olbia, con conseguente passaggio dalla categoria SD4 alla categoria SD5;

   se e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di istituire un presidio nautico fisso dei vigili del fuoco nel porto di Olbia;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per sostituire il parco mezzi vetusto del distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia-Basa.
(4-04280)


   MANZO, VILLANI e DEIANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso delle ultime settimane ben cinque ordigni sono esplosi, con chiari intenti intimidatori, sul territorio del comune di Torre Annunziata in provincia di Napoli, l'ultimo di questi, secondo quanto riportato dalla stampa, risale alla notte tra mercoledì 27 e giovedì 28 novembre 2019;

   il periodo di terrore per la città e i suoi residenti è iniziato nella notte tra sabato 24 e domenica 25 novembre 2019 con l'esplosione di un ordigno e il ritrovamento di una seconda bomba inesplosa, al Parco Trento, un agglomerato di palazzine alle spalle del rione Poverelli;

   è continuata, poi, con un'altra deflagrazione martedì notte del 26 novembre in via Giardino, per concludersi, al momento, con l'attentato di giovedì notte ai danni di un negozio di ortofrutta in pieno centro cittadino;

   nei giorni scorsi, inoltre, i carabinieri della sezione operativa di Torre Annunziata hanno scoperto, nascosto in uno scantinato, un deposito di materiale per la fabbricazione di ordigni artigianali;

   gli inquirenti locali temono lo scoppio di una nuova faida di camorra tra i clan locali, dal momento che tutte le deflagrazioni sono avvenute nei pressi delle abitazioni di parenti di persone pregiudicate legati a note famiglie criminali della zona;

   non si esclude del tutto la pista del racket soprattutto perché si è nel periodo natalizio quando le richieste estorsive dei clan si intensificano;

   quella delle estorsioni è una vera e propria piaga per i commercianti dell'area vesuviana, dal momento che, dal 2017 ad oggi, l’escalation di attentati intimidatori e dinamitardi ha portato alla chiusura di numerose attività commerciali, che in una notte hanno visto andare in fumo il lavoro di una vita;

   alla luce di quanto riportato in premessa, a giudizio dell'interrogante, appare evidente come la città si trovi in piena emergenza sicurezza e come il territorio risulti gravemente vulnerabile –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per far fronte all'emergenza sicurezza in corso;

   se intenda, in particolare, rafforzare la presenza delle forze dell'ordine sul territorio di Torre Annunziata e della fascia Torrese/Stabiese, che comprende i comuni di Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Pompei, Boscoreale, Torre del Greco, per far fronte all'aggravarsi del fenomeno del racket ai danni delle attività commerciali.
(4-04282)


   FASANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il personale del reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno ha subìto un ridimensionamento in termini di unità in seguito al distacco di tre elicotteristi presso la direzione regionale, riducendo da 25 a 22 unità il numero del personale disponibile;

   questa decisione, sia nell'ultima estate (periodo estremamente sensibile per gli incendi boschivi e per le situazioni di emergenza) che in occasione della recente ondata di maltempo, ha provocato notevoli disagi al reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno che, va ricordato, si occupa di pronto intervento in Campania, Basilicata, parte del Molise e parte della Calabria;

   la decisione di distaccare tre unità operative brevettate presso la direzione regionale della Campania è stata motivata con la necessità di aver personale che faccia da interfaccia con il reparto volo;

   per formare e far prendere il brevetto a ciascun elicotterista lo Stato investe molte risorse, a quanto consta all'interrogante, pari a circa 200.000 euro;

   l'articolo 31 del decreto legislativo del 6 ottobre 2018, n. 127, specifica che il personale elicotterista deve prestare servizio soltanto presso i reparti volo;

   nessun'altra regione ha adottato provvedimenti analoghi a quelli indicati nella premessa;

   mandare un elicotterista in ufficio rappresenta uno spreco e potrebbe rappresentare, secondo l'interrogante, anche un evidente danno erariale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per ripristinare la situazione precedente e/o comunque consentire al reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno di avere un organico adeguato per fronteggiare le emergenze.
(4-04283)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il 28 luglio del 2013 a Marina di Massa, in provincia di Massa e Carrara, Marco Loiola, dopo aver ucciso la ex moglie Cristina Biagi e ferito gravemente un uomo, si tolse la vita;

   l'Inps, ai sensi dell'articolo 14 della legge 222 del 12 giugno 1984, ha esercitato un'azione di surroga nei confronti delle figlie minori di Marco Loiola e Cristina Biagi, in qualità di eredi di colui che ha causato un danno a una persona rimasta invalida in occasione di quell'episodio;

   l'Inps chiede quindi alle due figlie 124 mila euro per pagare l'indennità di malattia e l'assegno di invalidità all'uomo rimasto ferito dall'aggressione;

   il futuro delle due figlie verrebbe messo in pericolo se si trovassero costrette a pagare i 124 mila euro all'Inps, una cifra molto superiore al valore dell'immobile che hanno ereditato;

   lo Stato deve tutelare le vittime di femminicidio e chi, come le figlie di Marco Loiola e Cristina Biagi, ne subisce le ripercussioni;

   la richiesta dell'Inps – se pur giuridicamente basata sulla norma sopra citata – secondo l'interrogante è contraria a buon senso;

   vittime di femminicidio non sono soltanto le donne rimaste uccise, ma anche i familiari che risentono per tutta la vita della tragedia, dovendone pagare conseguenze psicologiche e – come in questo caso – economiche;

   occorre che l'Inps rinunci al recupero coattivo di quelle somme e che si trovi una soluzione al caso in questione;

   è inopportuno e irrazionale onerare di tale indennità da pagare le figlie innocenti, vittime di una tale tragedia e che già hanno dovuto subire sofferenza;

   è altresì necessario che venga modificata la normativa di riferimento, e fare in modo che, in seguito a vicende di questa portata, non accadano simili paradossi giuridici;

   a decorrere dal 2017, è stato incrementato di 2 milioni di euro all'anno il Fondo di rotazione per le vittime dei crimini intenzionali violenti, di cui possono beneficiare anche gli orfani per crimini domestici;

   occorre allargare le ipotesi che consentano di rivolgersi al Fondo e che prevedano una soluzione anche di fronte a queste drammatiche situazioni –:

   se i Ministri interrogati intendano porre in essere le iniziative di competenza finalizzate a evitare il recupero coattivo delle somme che l'Inps chiede alle figlie di Marco Loiola e Cristina Biagi e a trovare una soluzione normativa, per evitare l'applicazione rigida di principi generali a casi come questo.
(5-03253)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCANTI, CIAMPI, VISCOMI e CENNI. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la giunta del comune di Pisa nel Documento unico di programmazione 2020-2022 (missione 12 punto 2) per i nidi d'infanzia prevede di introdurre «un criterio premiante per l'assegnazione del posto a chi è residente da più anni nel comune di Pisa»;

   almeno a prima vista, e in assenza di ulteriori precisazioni, tale criterio sembra di poter ricadere in una violazione dell'articolo 3 della Costituzione come già accaduto in analoghi casi (sentenze Corte costituzionale n. 172 del 2013, n. 222 del 2013 e n. 168 del 2014) e in ogni caso il concreto criterio che dovrebbe essere individuato non potrebbe sfuggire a una verifica di ragionevolezza tanto più severa quanto più dovesse essere ampio in termini di periodo di residenza richiesto;

   soprattutto, non sembra potersi riscontrare nella normativa vigente alcun fondamento legislativo per tale scelta sia nel decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, sia nel regolamento 30 luglio 2013, n. 41/R della regione Toscana che, al contrario, nel suo articolo 10 prevede esplicitamente solo «criteri che tengono conto della composizione della famiglia e delle condizioni di lavoro dei genitori», anche perché i fondi assegnati sono stabiliti considerando tutta la popolazione residente in quella fascia di età o in termini esclusivi (fondi europei) o prevalenti (nazionali) –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, anche promuovendo specifiche intese in sede di conferenza unificata per definire criteri tali da prevenire, in tutti i casi analoghi a quello sopra richiamato, ingiustificabili discriminazioni.
(4-04286)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il Ministero della salute, la Sensibilità chimica multipla (Mcs) è un disturbo cronico, reattivo all'esposizione a sostanze chimiche, a livelli inferiori rispetto a quelli generalmente tollerati da altri individui;

   nel 1999, dopo 10 anni di ricerche, uno studio internazionale multidisciplinare raggiunse un consenso internazionale, pubblicato su Archives of Environmental Health, producendo il questionario QEESI e un percorso diagnostico convalidato;

   il Gruppo di studio italiano sulla Mcs ha prodotto nel 2019 il documento «Consenso Italiano sulla Sensibilità Chimica Multipla»;

   il 21-23 febbraio 1996 l'Organizzazione mondiale della sanità ha organizzato un Workshop a Berlino, le cui conclusioni finali, non rappresentavano la posizione ufficiale dell'ente;

   il Nordic Council of Ministers a Oslo, nel dicembre 2000, ha pubblicato un documento definendo la Mcs come «idiopathic/environmental intolerance» (IEI), assegnando i codici ICD-10 R68.8 e T78.8;

   il 15 ottobre 2004 l'Istituto superiore di sanità (Iss) ha organizzato il primo workshop sull'argomento;

   in data 20 dicembre 2005 si è tenuta presso l'Iss la 1a Riunione del gruppo di lavoro sulla Iiaac/Scm;

   il gruppo di lavoro è addivenuto ad un percorso diagnostico del tutto differente rispetto a quello determinato dal Consenso internazionale del 1999;

   in data 17 novembre 2008, il Consiglio superiore di sanità ha emesso un parere sulla Mcs nel quale si affermava che non era possibile definire e validare percorsi diagnostici o terapeutici da introdurre all'interno del Ssn, non considerando l'Mcs come malattia rara;

   nel 2008 la Germania ha riconosciuto l'Mcs con i codici ICD-10: T78.4 e T66-T78. Austria e Svizzera hanno seguito lo stesso procedimento. Per quanto concerne il Giappone, invece, esso ha riconosciuto l'Mcs con il codice ICD-10: T65.9;

   nel 2016 vi è stato uno studio di ricercatori Inail, che ha proposto un percorso diagnostico, utile come riferimento per il medico del lavoro e con il quale si faceva un appello affinché un numero maggiore di medici del lavoro si sensibilizzassero sul tema;

   nel 2013 il Ministero della salute ha commissionato per 150.000 euro all'Agenzia ospedaliere Sant'Andrea la realizzazione del progetto «Applicazioni di metodi di diagnosi e cura personalizzate alla sindrome Mcs: sviluppo di un modello per il S. S.N.» e il 25 luglio 2015 il professor Maurizio Simmaco ha firmato la relazione finale; a quanto consta all'interrogante allo stesso è stata commissionata dal Ministero della salute la realizzazione di linee guida sull'Mcs;

   il 29 ottobre 2018 si è tenuto, all'Iss, un workshop a porte chiuse dal titolo «Sensibilità Chimica Multipla: definizione, stima della sua frequenza e correlazioni con esposizioni ambientali» e alcuni dei relatori intervenuti sarebbero ricercatori dell'Inail cui spetta di effettuare le valutazioni sul riconoscimento della Mcs quale malattia professionale –:

   quali siano stati i criteri di scelta dei relatori ospiti al workshop del 29 ottobre 2018;

   quale sia stato l'uso delle Linee Guida per Mcs commissionate, dal Ministero della salute, al professor Simmaco;

   quale sia la politica del Ministero della salute sulla Mcs a tutela di chi ne soffre, e quale sia il mandato dato all'Iss nel merito;

   se non intenda assumere iniziative affinché nell'ambito di future iniziative sul tema promosse dall'Istituto superiore di sanità non siano chiamati medici a fare valutazioni sulla Mcs che operano per l'Inail, per evitare che siano espresse posizioni sulla Mcs da chi è membro dell'ente che oggi ha in corso valutazioni di riconoscimento della stessa quale malattia professionale, o ha avuto finanziamenti da esso;

   se non ritenga, al fine di garantire rappresentanza scientifica e un dibattito democratico leale, assumere iniziative affinché siano incaricati di tali valutazioni, al posto dei medici del lavoro, medici con altre specializzazioni e ricercatori autori di studi scientifici sulla Mcs;

   quali iniziative abbia intrapreso il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per definire, in collaborazione con le regioni, percorsi adeguati per l'accoglienza ambulatoriale, il Pronto soccorso e il ricovero ospedaliero dei pazienti affetti da Mcs, così da minimizzare l'esposizione a sostanze che scatenano le loro reazioni.
(5-03254)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l’Automotive Lighting (AL) di Tolmezzo (Udine) è un'azienda del gruppo Magneti Marelli dedicata alla produzione di fanali per automobili e conta circa quasi mille addetti, su un totale di oltre 20.000 dipendenti della sola divisione AL presenti nel mondo;

   nel sito di Tolmezzo vengono progettati e realizzati proiettori e fanali delle più importanti case automobilistiche, come Audi, Alfa Romeo, Mercedes. A livello mondiale vengono ogni anno prodotti 21 milioni di proiettori e 28 milioni di fanali, rappresentando essi a tutti gli effetti il core business del gruppo Magneti Marelli;

   nel 2016 nel sito friulano, grazie all'importante sinergia tra il gruppo e la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, è stata avviata la produzione fanali posteriori a led per auto, con un investimento di 6 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo fabbricato di 5.000 metri quadrati e l'assunzione di 300 nuove maestranze;

   a fronte di una flessione nel mercato dell'auto mondiale, in particolare quello tedesco, l'azienda ha comunicato nelle scorse settimane l'avvio della procedura di cassa integrazione ordinaria per 645 lavoratori per due settimane a dicembre, siglata il 15 novembre 2019, dal 9 al 22 dicembre con la sospensione a zero ore lavorative per gli operai del sito;

   attualmente la richiesta sembra riguardare solo il mese di dicembre 2019, ma, a seguito di un incontro dei sindacati, il nuovo direttore del sito produttivo ha prefigurato la possibilità di proseguire con gli ammortizzatori sociali fino a giugno 2020;

   i sindacati hanno chiesto urgentemente un incontro con la dirigenza aziendale, per capire le reali intenzioni del gruppo, sottolineando come sono passati 10 anni dall'ultima volta in cui Automotive Lighting aveva fatto richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria –:

   se sia intenzione del Ministro interrogato convocare un tavolo di crisi mirato relativamente all'Automotive Lighting di Tolmezzo al fine di verificare con la dirigenza le effettive intenzioni del gruppo e di tutelare e salvaguardare l'attività del sito produttivo friulano;

   se, all'esito del tavolo di confronto convocato al Ministero dello sviluppo economico sull'automotive, sia stato individuato un percorso generale con strumenti funzionali a sostenere il processo di transizione dell'industria automotive.
(4-04281)


   PATELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 è stato presentato un progetto per un sito di stoccaggio di rifiuti in cemento-amianto nel territorio di Brianco presso Salussola;

   l'intervento, che da notizie di stampa risulta esser stato valutato positivamente dal Ministero dello sviluppo economico, è stato presentato alla provincia di Biella dall'azienda privata con la relativa richiesta di autorizzazione il 16 maggio 2017, recependo la sollecitazione della ragione Piemonte contenuta nel Piano Amianto 2016-2020, per rispondere alle necessità del territorio piemontese;

   tale progetto prevede un invaso profondo 15 metri e un sopralzo sul piano campagna di 17, per una capienza complessiva di circa 2 milioni di metri cubi;

   la stessa capienza della discarica in questione suggerisce che il sito dovrà stoccare rifiuti provenienti certamente da tutta la regione Piemonte e forse anche da altri luoghi;

   la provincia di Biella ha firmato una determinazione che, in seguito alla conferenza dei servizi, intendeva bloccare il progetto della discarica di amianto da un milione e 400 mila metri cubi;

   secondo il Tar in conferenza dei servizi erano presenti enti considerati «non interessati»: in particolare la provincia di Vercelli, il comune di Santhià, che non confina con Salussola, quelli di Verrone e Cerrione, i cui confini sono distanti dal luogo in cui dovrebbe sorgere la discarica, e l'Asl di Vercelli «che sarebbe priva di alcuna competenza»;

   secondo il Tar, la provincia avrebbe «allargato in maniera indiscriminata la platea dei partecipanti alla conferenza dei servizi, così esponendo la società anche alla possibilità di raccogliere osservazioni pretestuose o pareri contrari provenienti da enti non interessati»;

   secondo il Tar, i problemi a riguardo a vincoli ambientali sarebbero infatti emersi soltanto nell'ultima seduta della conferenza dei servizi, mentre in precedenza non era stato fatto cenno all'esistenza di un vincolo paesaggistico, impedendo alla società privata di modificare il progetto per tempo, nonostante già altre modifiche erano state apportante al progetto in base alle richieste delle amministrazioni coinvolte;

   il vicepresidente della provincia, in seguito alla decisione del Tar, ha sostenuto che il tribunale amministrativo, da un lato, afferma che non si possono ampliare le discariche di rifiuti solidi urbani, e, dall'altro, annulla la determinazione provinciale che blocca quella di amianto;

   numerosi i comuni che si sono schierati per il no, tra cui i comuni Santhià, Verrone, Cerrione, Carisio, Dorzano che pare stiano valutando un ricorso al Consiglio di Stato per annullare la decisione del tribunale regionale;

   circa due anni fa si concluse una massiccia raccolta di firme, promossa dal Comitato «Salussola Ambiente & Futuro» contro il progetto della discarica di amianto in regione Brianco a Salussola, e la petizione, con 4.530 firme, è stata riaperta per consentire una nuova raccolta di sottoscrizioni contro la costruzione di una discarica molto impattante per i territori su cui insisterà;

   come testimoniato da quanto prima considerato, la battaglia dei cittadini, dei comuni, delle associazioni impegnate nella sensibilizzazione riguardo alle conseguenze dell'insediamento della discarica sul territorio, ha ripreso forza proprio in seguito alla sentenza del Tar che ha accolto il ricorso presentato dalla società proponente;

   in particolare le associazioni temono che la discarica crei «una pericolosa montagna di amianto alta circa 20 metri, costruita su un'area di ricarica di falda, nel bel mezzo di un ampia area risicola» –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità relative al progetto di costruzione di un sito di stoccaggio di rifiuti in cemento-amianto nel territorio di Brianco presso Salussola, specie riguardo alla cubatura dei rifiuti che potranno essere stoccati in quel sito, considerato inoltre che si prevede, a quanto consta all'interrogante, una quantità del tutto non coerente con la produzione di rifiuti della zona;

   se non si intenda rivedere la valutazione espressa dal Ministero dello sviluppo economico nei riguardi del progetto di discarica di cui in premessa, anche alla luce della grandissima contrarietà manifestata dalla popolazione.
(4-04288)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Acunzo e altri n. 7-00225, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Frate, Melicchio, Grippa, Mariani.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Fitzgerald Nissoli n. 5-02264 dell'11 giugno 2019.