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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 3 dicembre 2019

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATTANEO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Gedi News Network spa, controllata di Gedi Editoriale spa, il 13 novembre 2019 ha presentato un piano di riorganizzazione delle attività poligrafiche nelle sue 15 testate giornalistiche finalizzato nell'accentramento a Torino delle attività di tipografia e di alcune aree amministrative. Il piano prevede il collocamento in cassa integrazione guadagni straordinaria di 121 poligrafici su un totale di 287 a partire dal mese di gennaio 2020, e per i prossimi due anni per crisi aziendale;

   secondo il gruppo Gedi le vendite dei suoi quotidiani hanno registrato un calo del 56 per cento dal 2007 ad oggi, mentre gli introiti derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari sui quotidiani si sono ridotti del 68 per cento del medesimo periodo;

   tra le testate giornalistiche appartenenti alla Gedi vi è anche La ProvinciaPavese, testa di lunga tradizione storica che proprio nel 2020 si appresta a compiere 150 anni di vita;

   nell'ambito degli esuberi complessivi, per quanto riguarda La Provincia Pavese, a quanto si apprende da fonti di stampa, saranno 7 su 9 le unità di personale poligrafico che saranno tagliate;

   il licenziamento dell'intero personale poligrafico della Provincia Pavese limiterà fortemente l'attività editoriale del quotidiano stesso, come annunciato dagli stessi giornalisti della testata che vedranno molto limitate le possibilità di intervento sulle pagine, sull'archiviazione delle fotografie e sull'organizzazione di eventi per la comunità dei lettori, con notevoli ripercussioni sul livello di qualità del prodotto editoriale. Inoltre, detto personale è stato indispensabile per fare della redazione una sorta di sportello quotidiano di ascolto sempre aperto nei confronti dei cittadini;

   il taglio della quasi totalità del personale poligrafico lascia perplessi, perché i bilanci della testata sono sempre stati in attivo anche negli ultimi anni in cui molte testate nazionali e locali hanno fortemente subito le conseguenze della crisi economica e la forte concorrenza delle nuove forme di comunicazione e informazione digitale; inoltre, La Provincia Pavese aveva già adottato misure di contenimento delle spese e di razionalizzazione con la riduzione dell'organico del personale giornalistico da 31 a 24 unità –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di scongiurare i tagli di personale annunciati dalla Gedi a livello nazionale e, in particolare, i tagli previsti per il personale poligrafico della Provincia Pavese, anche al fine di tutelare l'attività di una tentata storica del giornalismo italiano.
(4-04240)


   GIGLIO VIGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   vi sono stati allagamenti, danni e numerosi disagi in varie regioni d'Italia a causa del maltempo registrato tra i mesi di ottobre e novembre 2019. Le situazioni più critiche sono state registrate in Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta dove è scattata l'allerta rossa per diversi giorni;

   a causa di una frana è crollato un tratto di viadotto lungo la A6 Torino-Savona. Si tratta di circa trenta metri di autostrada, dopo l'innesto con la A10, a un chilometro e mezzo da Savona verso Altare. Per le forti piogge ha ceduto un tratto di montagna, che ha trascinato via una trentina di metri del viadotto;

   nell'Alessandrino sono esondati il torrente Belbo e Bergamasco. Si contano 200 persone che sono state evacuate tra Acqui Terme, Cremolino, Ovada, Prasco, Alessandria, Gavi, Orsara Bormida, Terzo d'Acqui, Visone, Pareto, Montechiaro d'Acqui;

   il basso Alessandrino, inoltre, è stato l'epicentro di una serie di fortissimi temporali che hanno scaricato in 24 ore o poco più fino a 540 millimetri di pioggia quelli misurati a Gavi, il paese conosciuto per il monumentale forte e per il vino bianco «docg». Quantitativi d'acqua simili a quelli delle disastrose alluvioni in Piemonte del novembre 1994 che causò 70 vittime – ma su un'area molto più estesa – o del 2000;

   i dati riportano come, nel 2019, oltre 200 eventi di calamità naturali abbiano causato 34 vittime in Italia e ad ogni grave perturbazione il timore per la perdita di vite umane resta altissimo, perdita che si avvera come riportano i fatti di cronaca in Piemonte;

   è di almeno 80 milioni di euro la prima stima dei danni alle infrastrutture fatta dalla regione Piemonte, cui si devono aggiungere quelli per il resto del territorio; è di oltre 330 quella della regione Liguria ed in Valle d'Aosta la quantificazione dei danni deve fare i conti, oltre che con danni a infrastrutture e territorio, anche con i disagi che porteranno a contrazioni di fatturato, visto l'imminente inizio della stagione turistica invernale;

   il fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue) permette all'Unione europea di fornire un efficace sostegno a uno Stato membro o a un Paese in via di adesione quando deve affrontare i danni causati da gravi catastrofi naturali. Attraverso il Fsue, che è finanziato al di fuori del bilancio dell'Unione, è possibile mobilitare fino a 500 milioni di euro l'anno (a prezzi del 2011) per integrare le spese pubbliche sostenute dagli Stati membri per gli interventi di emergenza;

   l'analisi dei flussi finanziari in entrata e in uscita, intercorsi tra l'Italia e l'Unione europea nell'esercizio 2017, con le diverse tipologie di risorse del bilancio comunitario e l'utilizzo dei fondi comunitari, ha confermato la tradizionale posizione di contributore netto dell'Italia con la somma di 4,4 miliardi di euro –:

   se il Governo intenda adottare iniziative nelle competenti sedi europee affinché venga attivato al più presto nei confronti dell'Italia quanto previsto dall'articolo 175, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e dal regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002.
(4-04244)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nello Yemen è in corso una terrificante guerra civile a far data dal 2015 in cui si confrontano sciiti e sunniti e all'interno della quale sta giocando un ruolo preponderante l'Arabia Saudita;

   i bombardamenti spregiudicati della coalizione guidata dall'Arabia Saudita hanno causato migliaia e migliaia di vittime fra i civili;

   la situazione è oltre la crisi umanitaria e si contano, oltre a 12.000 morti fra i civili, oltre 22.000.000 di persone in condizione di estremo bisogno e di aiuti umanitari;

   i civili uccisi negli ultimi 3 mesi sono aumentati del 25 per cento per un totale di 1.100 nel 2019 – più di 3 al giorno – e di 12 mila dall'inizio del conflitto;

   in oltre 1 caso su 3 l'uso di armi esplosive uccide donne e bambini, che rappresentano il 76 per cento dei 3,6 milioni di sfollati interni;

   i civili sono dunque acclarate «vittime “collaterali”» di armi prodotte anche in Italia;

   l'orrore di questa guerra, che ha causato già oltre 100 mila morti, è testimoniato da bombardamenti indiscriminati su aree popolate, campi profughi, scuole e ospedali;

   l'Italia è tra i Paesi firmatari del Trattato sul commercio delle armi (ATT) che prevede che vengano esperite dal Paese esportatore tutta una serie di analisi preventive sul rischio che tali forniture possano servire per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani;

   nel giugno 2019 la Camera ha approvato la mozione 1-00204 che impegnava il Governo pro tempore, fra le altre cose, «a continuare ad assicurare un'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e ad adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen» –:

   se e quali iniziative il Governo, in relazione alla vendita delle armi alla coalizione orchestrata dall'Arabia Saudita per intervenire in Yemen, abbia adottato in attuazione della parte dispositiva della mozione sopra indicata, in particolare modo in relazione «agli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile»;

   se e come il Governo svolga e abbia svolto l'analisi del rischio prevista dagli articoli 6 e 7 del Trattato sul commercio delle armi, in relazione alle armi cedute alla coalizione orchestrata dall'Arabia Saudita per intervenire nel conflitto in Yemen.
(5-03236)

Interrogazione a risposta scritta:


   COMENCINI, FORMENTINI, ZOFFILI, RIBOLLA, BILLI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA e PICCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Etiopia è un Paese nel quale ormai vivono fianco a fianco differenti confessioni, essendo compresenti diverse denominazioni cristiane e musulmane;

   suscitano preoccupazioni crescenti le condizioni in cui in Etiopia la locale comunità cristiana celebra il proprio culto e le sue ricorrenze;

   si ha notizia da varie fonti di gravi violenze contro persone e cose;

   la rivista on line Africa ha pubblicato il 1° ottobre 2019 un reportage dedicato al fenomeno, nel quale si cita una fonte della diaspora americano-etiope secondo la quale dal luglio 2018 all'ottobre 2019 sarebbero state non meno di trenta le chiese ortodosse etiopiche date alle fiamme. Numerosi, altresì, i sacerdoti e laici uccisi o comunque sfollati;

   in seguito all'aumento delle violenze, si sono svolte nelle città della regione di Amhara dimostrazioni popolari volte a chiedere al Governo federale etiopico misure di protezione adeguate a tutelare i luoghi di culto cristiani e la sicurezza dei fedeli;

   un problema ulteriore è il sovrapporsi del problema interconfessionale sopradescritto alla rivalità politica che in Etiopia oppone gli amhara cristiani agli oromo, invece più vicini alla tradizione musulmana e animista;

   ulteriori violenze si sono registrate in seguito all'assegnazione del premio Nobel per la pace ad Abiy Ahmed, premier etiope di etnia omoro, riformista, insignito dell'ambìto riconoscimento in ragione del ruolo svolto nella soluzione del conflitto tra l'Etiopia e l'Eritrea;

   ad Abiy Ahmed si sta opponendo un suo ex alleato, Jawar Mohammed, anch'egli omoro, ritenuto da molti osservatori l'ispiratore di una nuova ondata di violenza, che sarebbe costata tra la fine di ottobre e le prime settimane di novembre 2019 la vita ad un'ottantina di persone –:

   quali siano le effettive condizioni di sicurezza in cui si trova l'Etiopia;

   quale sia il livello di rischio cui sono esposti i cristiani in Etiopia in ragione del loro credo e del loro coinvolgimento in aspre rivalità politiche che hanno anche una base etnica;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire l'attenuazione delle tensioni e comunque promuovere una più efficace protezione delle comunità cristiane esposte alle violenze.
(4-04242)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come riportato ultimamente da organi di stampa nazionale, la discarica industriale di Falcognana sarebbe stata individuata come luogo di stoccaggio dei rifiuti della città di Roma;

   l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare: senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori, né danneggiare il passaggio o i siti di particolare interesse;

   l'articolo 178 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai princìpi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tal fine, la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali;

   la direttiva europea 2008/98/CE stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all'interno dell'Unione;

   la Commissione europea, con una nota indirizzata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione Lazio e al comune di Roma, facendo riferimento ad un precedente carteggio con la regione Lazio le cui risposte sono state ritenute insufficienti, chiede nuove informazioni alla luce delle allarmanti notizie che sono apparse sui grandi quotidiani internazionali come il Financial Times del 9 luglio 2019;

   la Commissione europea critica la regione Lazio poiché il piano rifiuti del 2012, ancora in vigore, è in gran parte inattuato con impianti previsti non in esercizio o addirittura chiusi ed esprime forti perplessità in merito al mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, sulla mancanza di impianti di compostaggio e sulla insufficienza delle discariche esistenti;

   a ciò si aggiunga che la preoccupazione maggiore della Commissione è sulla termovalorizzazione, considerato che, dei quattro impianti previsti dal piano del 2012 è presente solo quello di S. Vittore, insufficiente a trattare la quantità di cdr-css prodotto dagli impianti di Tmb previsti;

   con l'ordinanza n. Z00003 del 27 novembre 2019 la regione Lazio del presidente Zingaretti ha emanato un atto, a giudizio dell'interrogante, tardivo, in quanto si specifica che la responsabilità dell'emergenza rifiuti è del comune di Roma, evidenziando solo la necessità di trovare in pochi giorni una discarica dove abbancare e stoccare i rifiuti, non considerando che la Commissione europea stessa con apposita direttiva stabilisce che il 65 per cento dei rifiuti deve andare a riciclo, il 25 per cento deve essere valorizzato e solo il 10 per cento deve andare in discarica;

   l'eventuale utilizzo del sito di Falcognana non è in nessun modo compatibile con i codici per i rifiuti solidi urbani e inoltre, l'urgenza è assolutamente non giustificabile ed è dovuta, ad avviso dell'interpellante, solamente al lassismo della regione Lazio e del comune di Roma, pertanto illegittima;

   la dichiarazione dello stato di emergenza, qualora si dovesse verificare ai fini della nomina del commissario, si configurerebbe secondo l'interpellante come illegittima e suscettibile di impugnazione e denuncia;

   l'eventuale decisione commissariale di aprire la discarica di Falcognana comporterà inevitabilmente la chiusura dell'attività del gruppo Fiori Metalli attualmente operante nell'impianto, con il licenziamento di oltre 300 persone in tutta Italia;

   la regione Lazio non spiega perché la discarica di Colleferro sia ancora provvisoriamente chiusa, perché debba chiudere entro la fine dell'anno, visto che solo pochi mesi fa è stata autorizzata ad ampliare il proprio sito per quasi 1 milione di metri cubi;

   come riscontrato dalle maggiori agenzia di stampa, il rapporto Ispra 2020, in fase di pubblicazione, sui dati del 2018, evidenzia come la produzione dei rifiuti nel Lazio è in aumento rispetto al 2017: si tratta di circa tre milioni di tonnellate di rifiuti prodotti all'anno, con 1 milione 300 mila tonnellate di indifferenziato;

   i dati appena riportati rilevano una mancanza di impianti di compostaggio per circa 500 mila tonnellate all'anno e una insufficienza di termovalorizzazione pari a circa 450 mila tonnellate –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle osservazioni riportate in premessa, e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per:

   a) eliminare la confusione e l'opacità che avvolge tutta la gestione dei rifiuti della città di Roma;

   b) chiarire alle istituzioni europee quali siano le linee guida che lo Stato italiano vuole perseguire al fine di garantire il rispetto della normativa vigente;

   c) modificare l'approccio alla tematica dei rifiuti e, pertanto, superare la logica emergenziale attraverso un'ampia e approfondita pianificazione del ciclo dei rifiuti fondato sui princìpi di trasparenza, pubblicità e inclusione.
(2-00580) «Brunetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, con il decreto n. 286 del 1° dicembre 2014 ha rilasciato un positivo giudizio di compatibilità ambientale relativamente al progetto di «Rifacimento invaso sul torrente Sessera», presentato dal Consorzio bonifica Baraggia Biellese e Vercellese (Cbbbv);

   si evidenzia che l'associazione «Custodiamo la Valsessera» ha interpellato, senza ricevere ancora riscontro, in data 4 settembre 2019, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il responsabile del procedimento, illustrando che: è imminente la scadenza dei termini fissati dal decreto di Via (5 anni dall'adozione del provvedimento); non è stato ancora redatto ed approvato il progetto esecutivo; non sono stati avviati cantieri; l'opera non è finanziata e non sono state avviate procedure di appalto lavori; il ricorso al tribunale superiore delle acque pubbliche, non ha dato luogo a sospensiva e non possono essere valutati ritardi per tale procedimento;

   l'associazione «Custodiamo la Valsessera» inoltre, ha contestualmente richiesto che non sia concessa alcuna proroga, stante l'assenza delle fattive condizioni (opera avviata, cantieri in essere) e la necessità di una revisione del contesto ambientale ed economico (analisi costi benefici), a ben 10 anni dallo studio di impatto ambientale presentato e valutato in sede di Via;

   si sottolinea che il Cbbbv, in data 7 novembre 2019, ha deliberato di inoltrare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la richiesta di proroga dei termini di Via, in scadenza a dicembre 2019 (delibera n. 354) –:

   per quali motivi non sia stato dato nessun riscontro alle richieste della associazione «Custodiamo la Valsessera»;

   se si intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, rigettare la richiesta di proroga dei termini di Via al Consorzio bonifica Baraggia biellese e vercellese, considerato che per l'interrogante le proroghe hanno senso, ragione d'essere, esclusivamente per progetti ove la progettazione esecutiva è stata approvata, i lavori sono stati appaltati, i cantieri sono stati avviati e lo stato di avanzamento delle opere giustifica il proseguimento dei lavori.
(5-03228)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle forze di completamento volontarie, per la sola categoria degli ufficiali, il comando generale dell'Arma dei carabinieri, come le altre Forze armate, ha attivato la cosiddetta «riserva selezionata»;

   essa è disciplinata dagli articoli 674 e 987 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), ove è previsto che le Forze armate abbiano la possibilità di disporre di un bacino di personale in possesso di particolari professionalità d'interesse, non compiutamente disponibili tra il personale già in servizio, per soddisfare eventuali esigenze operative, addestrative e logistiche, nell'ambito delle forze di completamento volontarie;

   in particolare, per l'Arma dei carabinieri, essa è stata istituita con i decreti del Ministro della difesa in data 20 maggio 2015, 7 aprile 2017 e, da ultimo, 10 agosto 2018, consentendo, a partire dal 2015, di reclutare circa 80 ufficiali, di cui 37 ancora in servizio;

   si tratta in concreto di disporre di un bacino di professionisti, selezionati dal mondo civile, reclutati a tempo determinato per supportare, nel ruolo degli ufficiali, particolari settori dello Stato maggiore del comando generale dell'Arma;

   a parere dell'interrogante, il limitato periodo di permanenza in servizio di tali ufficiali rischia di non consentire il consolidamento delle loro competenze presso le amministrazioni che li impiegano, disperdendo di conseguenza le professionalità acquisite –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intraprendere le opportune iniziative normative volte a consentire la possibilità di assorbimento nei ruoli degli ufficiali a tempo indeterminato per il personale appartenente alla riserva selezionata, al fine di capitalizzare le professionalità conseguite negli anni di servizio.
(4-04235)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta — inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca — sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i principi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione — di fatto — della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto — a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile — che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello — avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario — con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante, non soddisfacente;

   mancano ormai 28 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01166)


   CARFAGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 23 marzo 2011 Ginevra P.A., insegnante di scuola primaria da circa vent'anni e mamma di Arianna, si è vista sottrarre la propria figlia – di 18 mesi – per decreto del Tribunale dei minori di Roma che ha autorizzato l'uso della Forza pubblica per l'esecuzione del provvedimento;

   ciò per aver denunciato il convivente perché violento: dapprima violenza psicologica, poi fisica mentre era in stato di gravidanza;

   il tribunale lo ha condannato per il reato di lesioni;

   risulta, peraltro, che l'ex di Ginevra sia stato precedentemente denunciato per condotte violente da altre sue ex compagne;

   dalla condanna, è nata la vicenda di «vittimizzazione secondaria» che ha segnato la vita di Ginevra, ma, soprattutto, della piccola Arianna;

   nella causa per l'affidamento della minore, la consulenza tecnica d'ufficio del 2010 della dottoressa Malagoli Togliatti ha dichiarato Ginevra affetta da un «disturbo istrionico» della personalità;

   Arianna è stata data al padre in affido esclusivo, nonostante la medesima consulenza tecnica d'ufficio avesse ravvisato nei comportamenti dell'uomo aspetti vendicativi, controllanti e problematici rispetto al femminile, senza però formulare alcuna riserva, fatta eccezione della generica indicazione di una psicoterapia;

   il complesso elaborato peritale ha riconosciuto la forte conflittualità genitoriale e l'ha risolta con la totale attribuzione della responsabilità alla madre, perché affetta da disturbo mentale (istrionico), deresponsabilizzando completamente l'uomo maltrattante;

   gli esiti delle perizie eseguite dopo questa consulenza tecnica d'ufficio sono stati ben diversi: tutte non hanno ravvisato alcun disturbo della personalità;

   per il professor Ferracuti, neurologo e psicoterapeuta di neuroscienze della Sapienza, «(...omissis...). Le caratteristiche – di Ginevra n.d.r. – (...omissis...) rientrano nell'ambito della normalità e possono essere comprese come differenze individuali e non in senso psicopatologico.»;

   il dottor Guadalupi, consulente alla Corte d'appello di Roma – sezione minorenni civile – avrebbe escluso anche il disturbo istrionico: «(...Omissis...) non è emerso alcun elemento che consenta di diagnosticare un “disturbo istrionico della personalità”.»;

   il professor Mastronardi, docente di psicologia forense alla Sapienza, ha messo in discussione la consulenza tecnica d'ufficio del 2010, laddove – nel corpo della medesima – non vi sarebbe tra i criteri indicatori della DSM IV, meramente elencati, alcuno che abbia trovato riscontro nei comportamenti di Ginevra;

   il dottor Majore, psicoterapeuta di Ginevra ne ha evidenziato la «naturale propensione ed attitudine materna e (...) genitoriale.»;

   identiche le conclusioni delle perizie svolte per ordine del Tribunale dei minori sulla donna e che l'hanno definita «persona empatica ed equilibrata», «persona responsabile, obiettiva, con pensiero lineare e critico, (...omissis...)»;

   il Tribunale dei minori ha rigettato l'ennesima istanza di Ginevra volta al riavvicinamento alla figlia, insistendo sull'esigenza di un'ulteriore indagine dei servizi sociali per «un percorso di valutazione della condizione psichiatrica» e delle «competenze genitoriali»;

   la storia di Ginevra è parte di un copione che si ripete da troppi anni e che rende i figli sottratti alle mamme – collocati in casa famiglia o affidati a padri denunciati per lesioni, maltrattamenti o abusi – una delle più grandi emergenze di questo Paese;

   Ginevra non vede la figlia da più di otto anni;

   il principio della bigenitorialità deve valere per i padri, ma anche per le madri, «punite» per aver chiesto aiuto, proprio dallo Stato cui si sono rivolte –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto narrato in premessa e, conseguentemente, se non intenda:

    a) promuovere iniziative ispettive in relazione alla regolarità dell’agere del Tribunale per i Minorenni coinvolto;

    b) adottare opportune iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire l'adeguata formazione del Corpo magistratuale ed ausiliario in merito ai temi di cui in premessa, per favorire tra gli stessi una migliore consapevolezza, alla luce del preminente interesse dei minori.
(3-01175)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA, BARTOLOZZI, CASSINELLI, PITTALIS e D'ATTIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la confisca delle aziende mafiose è un delicatissimo strumento per la lotta alla criminalità organizzata in Italia; in particolare, la gestione di queste aziende presenta evidenti aspetti di criticità: secondo fonti giornalistiche circa l'85 per cento delle imprese sottratte alla criminalità finisce, infatti, per fallire, creando disoccupazione e danneggiando gli imprenditori ed anche l'erario;

   uno studio «Transcrime» – centro di ricerca dell'università Cattolica di Milano – di qualche anno fa, ha stimato che il 65-70 per cento delle imprese requisite sia finito in liquidazione, il 15-20 per cento in fallimento, e solo un altro 15 per cento sia ancora attivo;

   molte vicende giudiziarie hanno ulteriormente evidenziato le falle del sistema di gestione dei beni confiscati. Uno dei casi più eclatanti è quello dei fratelli Cavallotti, titolari di un'azienda che impiegava circa 300 operai e con un fatturato di 20 miliardi di lire;

   nel 1998 i tre imprenditori Gaetano, Vincenzo e Salvatore Vito Cavallotti vengono tratti in arresto, con l'imputazione di concorso in associazione mafiosa e turbativa d'asta. Poco dopo la sezione di prevenzione antimafia del tribunale di Palermo sequestra l'azienda e l'affida a un amministratore giudiziario;

   dopo 12 anni di processo i Cavallotti vengono definitivamente assolti dai reati loro ascritti. Non sono mafiosi;

   il procedimento relativo alle misure di prevenzione antimafia ha esiti completamente differenti. Per 16 anni le loro aziende sono nelle mani dello Stato e, con il tempo, vengono ridotte in stato di decozione: nel 2015 la sezione misure di prevenzione decide di confiscare definitivamente l'azienda;

   stessa sorte spetta ai figli dei Cavallotti i quali, nel 2006, decidono di ricostituire una società che si occupa di manutenzione delle reti di distribuzione di gas metano – come quella di famiglia – giungendo ad avere un capitale sociale di 1,7 milioni di euro;

   nel 2011, la stessa sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo sequestra l'azienda; il magistrato è la dottoressa Saguto, destituita dal Consiglio superiore della magistratura dalle funzioni, e processata proprio per la gestione dei beni sequestrati;

   nella mano dell'amministratore giudiziario, in soli 24 mesi, l'azienda subisce una perdita di 6 milioni di euro, come asserito dal dottor Vincenzo Paturzo, curatore fallimentare del tribunale di Milano: infatti al 31 dicembre 2012 «è in situazione fallimentare»;

   secondo i bilanci depositati, nel 2017 risultano oltre 9 milioni di debiti; i dipendenti non ricevono il salario, i fornitori non vengono pagati;

   l'azienda è fallita prima del processo che accerti la colpevolezza di soggetti che, per lo Stato Italiano, si presumono innocenti sino ad una sentenza definitiva di condanna. Dopo 8 anni di processo, il tribunale dissequestra la società: la mafia non c'entra;

   i casi citati non sono gli unici, basti pensare alla vicenda che ha visto coinvolti i fratelli Niceta, titolari di uno dei più grandi negozi di Palermo della catena che per 100 anni ha rappresentato un punto di riferimento per la moda italiana;

   accusati di essere prestanome del boss Messina Denaro, la loro posizione viene archiviata poco dopo un anno dall'accusa. Da un fatturato di circa 25 milioni di euro annui e circa 100 dipendenti i Niceta, applicate le misure prevenzione, si trovano, dopo 5 anni di amministrazione giudiziaria, a gestire circa 5 milioni di debiti tra affitti, contributi, tasse, fornitori non pagati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa; se sia a conoscenza del numero dei fallimenti o di crisi di aziende in bonis che entrano in dissesto allorché sottoposte all'applicazione delle misure di prevenzione, con conseguente amministrazione giudiziaria, e se abbia effettuato, per quanto di competenza, un monitoraggio di tali fenomeni presso i distretti delle 26 corti d'appello.
(4-04236)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dopo gli eventi alluvionali del 20-21 ottobre 2019, forti precipitazioni hanno interessato le regioni Piemonte e Liguria nei giorni del 23 e 24 novembre 2019; forti sono stati i disagi per i danni provocati del maltempo, che ha provocato interruzioni stradali ed esondazioni; una prima valutazione solo in Piemonte parla di oltre 130 strade secondarie chiuse, 653 gli evacuati, di cui 234 nell'alessandrino e 258 nel cuneese, oltre 500 persone hanno dovuto abbandonare la propria abitazione per motivi di sicurezza: 232 in provincia di Alessandria, 150 in provincia di Torino, 130 in provincia di Cuneo, 10 a Villadossola (Verbano-Cusio-Ossola), 5 ad Asti;

   nel basso Piemonte, ad esempio, non c'è comune che non abbia segnalato frane, con chiusure precauzionali di decine di strade comunali e interpoderali, con abitazioni e intere frazioni ancora isolate da più di una settimana. Hanno avuto gravi problemi di circolazione diverse arterie di comunicazione tra le due regioni: le ex statali Alessandria-Savona e Acqui-Sassello, mentre la ex statale del Turchino tra Rossiglione e Ovada è ancora intransitabile, con pesanti disagi per i residenti costretti a percorrere obbligatoriamente la A26;

   i presidenti delle regioni Piemonte e Liguria hanno richiesto l'estensione temporale e geografica della dichiarazione di stato di emergenza già decisa dal Consiglio dei ministri per gli eventi di ottobre 2019;

   non si è di fronte a eventi straordinari, ma a ripetuti eventi alluvionali che a causa del dissesto idrogeologico e delle mutazioni climatiche, a cavallo dell'Appennino ligure–piemontese provocano ingenti danni. A tale stato di cose non si può continuare a rispondere con pur necessari interventi emergenziali che non affrontano la questione di avviare interventi strutturali per la messa in sicurezza dei territori;

   il presidente della provincia di Alessandria ha chiesto in accelerare il subentro Anas sulle ex statali di collegamento tra Liguria e Piemonte delle strade retrocesse dalla provincia;

   è improrogabile ormai definire e rendere operativo un piano straordinario finalizzato alla messa in sicurezza del reticolo idrico minore, che in generale affronti il grave dissesto idrogeologico nelle regioni Piemonte e Liguria attraverso un accordo di programma che coinvolga regioni, province, e comuni –:

   se non ritenga necessario ed urgente definire, con le regioni Piemonte e Liguria, i comuni e le province interessate, un piano straordinario per la messa in sicurezza del sistema di collegamento viario e ferroviario tra le due regioni, tenuto conto anche del grave dissesto idrogeologico.
(3-01167)


   PAITA, NOBILI, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese fragile che per riparare i ripetuti danni del dissesto idrogeologico continua a spendere più di quanto si spenderebbe per prevenirli, come si era cominciato a fare con «Italia sicura»;

   grazie alla sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, il nostro Paese potrà sviluppare una grande potenzialità logistica se sarà capace di colmare il grave gap infrastrutturale nei collegamenti interni ed internazionali;

   l'Italia è chiamata a fare la sua parte per garantire un'efficace transizione energetica, anche con investimenti di privati, in particolare di grandi aziende ormai riconosciute come player del settore tra i più efficaci al mondo;

   per raggiungere tutti questi obiettivi, per collegare il Paese da Nord a Sud attraverso infrastrutture, è stato presentato da parte di Italia Viva il progetto «#ItaliaShock», che sarà a breve sottoposto all'attenzione del Governo e del Parlamento affinché sia esaminato ed attuato;

   si tratta di un programma puntuale di interventi da sbloccare e di un impianto normativo meno complicato e più agile rispetto all'attuale;

   ciò che sta accadendo proprio in questi giorni in Liguria e in altre regioni italiane conferma che è indispensabile una svolta;

   la Liguria, in particolare, può diventare un paradigma per una nuova azione contro il dissesto. È stato grave da parte del Governo gialloverde abolire «Italia sicura» (26 miliardi circa di euro di interventi programmati), per questo Italia Viva chiede il ripristino dell'unità di missione e dei relativi investimenti;

   il «#pianoshock» prevede 120 miliardi di euro di investimenti pubblico/privati. Un piano che ha l'obiettivo di favorire la crescita, avviare gli investimenti green imposti dai cambiamenti climatici e completare un quadro di infrastrutture e collegamenti efficienti;

   solo così si potrà tornare a crescere e a creare lavoro, che è il problema più grande che il Paese ha davanti –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di realizzare un piano organico capace di mettere in campo un progetto di programmazione strutturale degli interventi di prevenzione sul territorio nazionale, semplificando le procedure che possano permettere lo sblocco delle opere per 120 miliardi di euro che al momento risultano sospese, tenuto conto anche dell'opportunità di ripristinare la struttura denominata «Italia sicura».
(3-01168)


   CATTANEO, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   sul Corriere.it del 27 novembre 2019, l'ex del direttore dell'Agenzia per la sicurezza di strade, autostrade e ferrovie (Ansfisa), ingegner Mortellaro, a motivazione delle sue dimissioni, ha ricordato che: «il regolamento e lo statuto dell'Agenzia dovevano essere approvati entro marzo e ancora non esistono. Così come non c'è il comitato direttivo e il collegio dei revisori, indispensabili per attivare l'Ansfisa». Inoltre, riguardo alla sicurezza di ponti, viadotti, ferrovie, denuncia di aver trovato: «una situazione estremamente preoccupante che sconta i ritardi e le sottovalutazioni dei soggetti gestori di reti infrastrutturali, pubblici e privati. Il sistema è vecchio e richiede manutenzioni che non sono state mai fatte»;

   la maggior parte dei ponti e viadotti italiani è stato costruito tra il 1955 e il 1980. Nel 2018 il direttore del Cnr, Occhiuzzi, ricordava che le infrastrutture italiane hanno superato la durata di vita per la quale sono state progettate. In Italia manca ancora una mappa dei rischi per la viabilità;

   un rapporto dell'Anac del 17 luglio 2019 sulle manutenzioni evidenzia che nessuno dei 19 concessionari presi in considerazione nel dossier, pari all'86 per cento del totale, aveva rispettato nel 2016 la quota di investimenti dichiarata nei piani finanziari;

   riguardo ad Autostrade per l'Italia, sulla cui rete insistono 3.911 fra gallerie, ponti e viadotti, le spese di manutenzione a essi destinate in 10 anni non avevano superato il 2,3 per cento di tutti gli investimenti in manutenzione: 249 milioni contro 10,6 miliardi di euro;

   le province avevano consegnato il monitoraggio di una prima tranche di 30 mila ponti, viadotti e gallerie. Ne viene fuori che sui primi 6.000 oggetti monitorati, su quasi un terzo si registra un rischio e la necessità di un lavoro urgente. «In tutto servono tre miliardi di euro», sintetizza l'Upi;

   ad aggravare la situazione contribuisce la presenza di 1.425 viadotti che sono senza un proprietario, e conseguentemente nessuno fa la manutenzione. L'ex amministratore delegato di Anas, Armani, prima delle sue dimissioni aveva informato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, sugli oltre 27 mila chilometri di strade statali a gestione Anas, insistono 2.994 ponti. E di questi, ben 1.425 viadotti sono risultati senza un proprietario e gestore identificato. Questo significa che non è chiaro chi è il soggetto che deve provvedere alla manutenzione e intervenire in caso di urgenza –:

   se non ritenga quella sopra esposta una situazione di estrema emergenza e quali iniziative conseguenti si intendano adottare.
(3-01169)


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dopo la privatizzazione della Tirrenia navigazione s.p.a., in attuazione delle previsioni dell'articolo 1, commi 998 e 999, della legge n. 296 del 2006, il 18 luglio 2012 è stata sottoscritta la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Cin Tirrenia s.p.a., avente ad oggetto l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio da e verso la Sardegna, per garantire il diritto alla continuità territoriale, con oneri a carico dello Stato;

   la continuità territoriale è intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto senza penalizzare i cittadini residenti in territori disagiati, come le isole, inserito in un quadro generale di garanzia costituzionale di uguaglianza sostanziale a prescindere dalla dislocazione geografica;

   l'esistente regime rischia di subire una dura battuta d'arresto, poiché la convenzione scadrà nel luglio 2020. Il rinnovo presuppone un nuovo bando di gara e l'espletamento della procedura da parte dello Stato: viste le numerose problematiche i tempi sono molto ristretti rispetto alla scadenza;

   l'eventuale proroga della convenzione non risulterebbe essere praticabile, poiché l'Autorità garante della concorrenza e del mercato recentemente ha espresso la sua opposizione in considerazione della verosimile violazione dei principi della libera concorrenza, chiedendo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di rinnovare la convenzione tramite gara, «di correggere eventuali distorsioni e attivare i meccanismi di confronto competitivo (...)»;

   la regione deve essere coinvolta nel procedimento di elaborazione della procedura di gara, poiché l'articolo 53 Statuto speciale stabilisce: «la regione è rappresentata nell'elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri marittimi e aerei che possano direttamente interessarla»;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 230 del 2013, a seguito del ricorso presentato su alcune disposizioni concernenti la privatizzazione di Tirrenia navigazione s.p.a., in contrasto con prerogative garantite dallo Statuto, dispone che il procedimento avente ad oggetto le convenzioni con i soggetti che gestiscono i trasporti tra la Sardegna e il continente deve assicurare un effettivo coinvolgimento della regione;

   se non si interverrà con urgenza, la Sardegna si troverà ad affrontare un lungo periodo di difficoltà nei collegamenti e di grande incertezza sulle tariffe applicabili, con gravissime ripercussioni sia per i residenti che per le attività turistiche –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato, d'intesa con la regione Sardegna, intenda adottare per procedere, con la massima sollecitudine, alla predisposizione del bando di gara relativo all'aggiudicazione del servizio pubblico di trasporto marittimo in regime di continuità territoriale.
(3-01170)


   MOLINARI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1, comma 891, della legge di bilancio per il 2019, introdotto con un emendamento della Lega, è stato istituito un fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;

   in una bozza di schema di decreto elaborato dal precedente Governo, per il riparto dei complessivi 250 milioni di euro, erano inseriti 258 interventi di messa in sicurezza e nuove realizzazioni;

   tra i nuovi ponti da realizzare ci sono quelli tra Colorno e Casalmaggiore e quello della Becca (Pavia), da anni attesi sul territorio;

   il ponte di Colorno rappresenta un collegamento strategico fra Lombardia ed Emilia-Romagna, fu costruito negli anni ’50 e ha ormai esaurito la sua funzione dopo ricorrenti lavori di manutenzione straordinaria, anche con interruzioni del traffico tra le due regioni;

   attualmente sul ponte di Colorno sono in corso lavori per installare un sistema di monitoraggio, indispensabile per tenere sotto controllo le condizioni di sicurezza dell'infrastruttura, riaperta il 5 giugno 2019 dopo ben 637 giorni; i passaggi continui sopra il ponte di mezzi pesanti a velocità non supportata dalle condizioni del ponte abbassano la vita media della struttura;

   nel detto schema di decreto si assicurava priorità alla progettazione e alla realizzazione di questo nuovo ponte, assegnando 64.310.780,37 euro;

   in risposta ad interrogazioni già presentate dal gruppo Lega, il Ministro interrogato non ha dato risposte certe circa la pubblicazione del decreto del riparto e le tempistiche di assegnazione delle risorse per la realizzazione e la manutenzione dei 258 ponti nel bacino del fiume Po, come i ponti Pievetta di Castel San Giovanni, Colorno e quello tra Guastalla e Dosolo;

   durante il maltempo delle scorse settimane molti ponti sul bacino del Po sono stati chiusi temporaneamente e si è riportata l'attenzione sul loro stato di manutenzione e sulla necessità di interventi urgenti;

   per i cittadini non è comprensibile come il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non abbia ancora speso i 50 milioni di euro della prima annualità del fondo –:

   se e con quali tempi il Ministro interrogato intenda adottare il decreto di ripartizione del fondo di 250 milioni di euro citato in premessa e se la manutenzione straordinaria e la realizzazione di nuovi ponti nel bacino del Po rientrino ancora tra le priorità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche provvedendo ad individuare ulteriori risorse.
(3-01171)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, MONTARULI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   il 24 novembre 2019 si è verificato il crollo di un viadotto nei pressi di Savona, lungo l'autostrada A6 che la collega a Torino, causato da una frana;

   l'episodio ha riportato alla mente il tragico crollo del viadotto Polcevera a Genova, avvenuto il 14 agosto 2018, nel quale hanno perso la vita 43 persone;

   subito dopo il crollo del viadotto Polcevera numerosi esponenti del Governo annunciarono la revoca della concessione alla società Autostrade per l'Italia, controllata dal gruppo Atlantia, responsabile della gestione del tratto di autostrada in cui si trovava il ponte crollato, e che nei confronti della stessa società sarebbe stata avanzata una richiesta di risarcimento per tutti i danni conseguenti al crollo;

   sia il Presidente del Consiglio dei ministri Conte, sia l'attuale Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio, all'epoca del crollo annunciarono che sarebbe stata fatta giustizia e che sarebbero state avviate le procedure di revoca della concessione alla società Autostrade per l'Italia;

   è notizia recente che il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte abbia avviato l’iter del provvedimento che toglie alla società la gestione di gran parte della rete autostradale italiana, al quale, sempre secondo fonti di stampa, sarebbe stata impressa un'accelerazione proprio negli ultimi giorni;

   il capo politico del MoVimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha recentemente dichiarato: «Per noi la strada è tracciata. Le famiglie delle vittime del Ponte Morandi chiedono e devono avere giustizia»;

   dal crollo del ponte Morandi sono passati quasi sedici mesi e, nonostante l'inchiesta abbia dimostrato in più passaggi che la manutenzione del tratto autostradale nel quale si è verificato il crollo era stata lacunosa, ancora non è stato assunto alcun provvedimento concreto in merito alla concessione in capo ad Autostrade per l'Italia –:

   quale sia lo stato attuale della revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia più volte annunciata e quali siano le intenzioni del Governo atte a garantire che detta revoca non costituisca l'oggetto solo di un'ennesima vana dichiarazione
(3-01172)


   GARIGLIO, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GIACOMELLI, PIZZETTI, ANDREA ROMANO, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   desta forte preoccupazione l'assenza di presa di posizione da parte della Commissione europea rispetto alla comunicazione dell'Austria del 20 dicembre 2018 con cui Vienna ha notificato a Bruxelles, per il dovuto parere, l'intenzione di introdurre nuovi divieti di circolazione nel Land del Tirolo («divieti settoriali») che interessano l'itinerario stradale del Brennero;

   il suddetto itinerario è un tratto fondamentale per l'economia italiana ed europea lungo il corridoio scandinavo-mediterraneo, in particolare l'autostrada A12 della Valle dell'Inn in Tirolo;

   il rischio è quello di vedere l'Italia, peraltro parte essenziale del mercato unico europeo, così come altri Paesi per i quali il corridoio del Brennero riveste un'importanza centrale per gli scambi commerciali, ancora una volta subire penalizzazioni, derivanti da divieti di circolazione in transito sul territorio di Paesi confinanti come l'Austria, riferiti ad alcune categorie merceologiche, ma integrati da divieti concernenti la tipologia dei veicoli, la circolazione notturna, la circolazione nei fine settimana ed altri ancora che si configurano come limitazione quantitativa dei passaggi in specifiche giornate;

   l'inasprimento dei divieti settoriali, unitamente a tale complesso di limitazioni, costituisce un ostacolo alla libera circolazione delle merci (e dei servizi di trasporto), in quanto le motivazioni di carattere ambientale addotte non appaiono pienamente dimostrate, nel caso di specie, dai dati offerti dalla stessa Austria;

   il 2 dicembre 2019 il Ministro interrogato ha quindi, incontrato la neo Commissaria europea ai trasporti, cui ha consegnato anche una lettera formale chiedendo finalmente una forte e chiara presa di posizione della Commissione contro l'adozione dei divieti settoriali, inclusi quelli previsti a decorrere dal 1° gennaio 2020;

   l'Italia è fortemente impegnata sull'agenda dei cambiamenti climatici, a livello nazionale ed europeo, e nel promuovere modalità di trasporto alternativo e per il miglioramento dell'impatto sull'ambiente, con importanti investimenti per il rinnovo del parco veicolare, per il sostegno al trasporto combinato e per la costruzione delle infrastrutture necessarie, tra cui il tunnel di base del Brennero –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda perseguire a tutela degli interessi vitali del Paese che verrebbero lesi dalle misure unilaterali adottate dall'Austria lungo il corridoio europeo scandinavo-mediterraneo.
(3-01173)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di febbraio 2018 una parte della strada statale 62 della Cisa, in località Lame di Aulla, in provincia di Massa Carrara, presentava criticità a seguito di un cedimento;

   immediatamente il comune di Aulla provvedeva a segnalare la situazione ad Anas Spa e al settore «difesa del suolo e protezione civile» della regione Toscana;

   si sono susseguiti più incontri promossi dal comune di Aulla con Anas e regione Toscana, ma non è mai avvenuto un intervento vero e proprio per la messa in sicurezza della strada statale;

   il 9 novembre 2019 è franato il muro a difesa della carreggiata e, a seguito di un sopralluogo di Anas, è stata disposta la chiusura della strada per i mezzi di trasporto superiori a cinque tonnellate;

   la chiusura della strada statale 62 della Cisa provoca un grave disservizio per cittadini, turisti e attività imprenditoriali;

   la strada statale 62 era l'unica arteria di collegamento per raggiungere cantieri e destinazioni tra Toscana e Liguria per i veicoli eccezionali che trasportano marmo in blocchi e per i mezzi che riforniscono i cantieri medesimi;

   a causa della chiusura, sono quindi emerse particolari criticità per i mezzi di trasporto extraurbano, come gli autobus, e per le attività che necessitano del passaggio di mezzi di trasporto superiori a cinque tonnellate;

   a seguito della frana del 9 novembre 2019, Anas spa ha tempestivamente avviato la procedura per l'esecuzione dei lavori in somma urgenza finalizzati alla messa in sicurezza della strada;

   l'unica alternativa per evitare l'interruzione della attività delle imprese e delle filiere di servizio è consentire il transito in autostrada senza ulteriori aggravi;

   Salt è intervenuta e si è concordato di fare accedere all'autostrada quei mezzi superiori alle cinque tonnellate che, per loro natura, non potevano accedervi, compresi i mezzi d'opera e quelli addetti al trasporto dei marmi in blocchi che percorrevano quel tratto viario;

   occorre maggiore sicurezza ed evitare disagi per turisti, cittadini e imprese;

   occorre altresì un'attenzione adeguata al problema e un intervento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per definire celermente le tempistiche con cui portare avanti il progetto generale dei lavori per la messa in sicurezza della strada statale, già inserito nel contratto di programma 2016/2020, e per esonerare, così come richiesto dal comune tramite il concessionario, dal pagamento del pedaggio autostradale, il tratto Aulla-Santo Stefano Magra e Aulla-Sarzana fino all'ultimazione dell'opera.
(5-03226)


   MARTINCIGLIO, DAVIDE AIELLO, VILLANI, LOMBARDO, CANCELLERI, D'ORSO, GRIPPA, SCERRA, CASA, TRANO, PIGNATONE e SPORTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   Selinunte, frazione marinara del comune di Castelvetrano, famosa per il parco archeologico più ampio e imponente d'Europa, è una località balneare molto rinomata e frequentata nella stagione estiva da turisti provenienti da tutto il mondo;

   il porto di Marinella, che insiste nella frazione di Selinunte, versa ormai da tempo in gravi condizioni causate, in primis, dall'insabbiamento del porto divenuto ormai impraticabile per chiunque voglia entrarvi (o uscirvi), con tutto ciò che ne consegue in termini economici, avendo la mancata escavazione messo a rischio tutta l'attività del comparto pesca i cui proventi rappresentano spesso l'unico introito per molte famiglie della borgata;

   a limitare e, in alcuni casi, ad impedire l'ingresso e l'uscita a qualsiasi imbarcazione anche una barriera di alghe situata proprio all'imboccatura del porticciolo, un ulteriore disagio del quale è stato di recente incaricato anche il genio civile di Trapani a cui è stato richiesto un intervento di emergenza volto alla loro rapida rimozione;

   a quanto descritto, si aggiunge anche che il porto è stato ripetutamente interessato dal crollo di ampie porzioni di banchina che hanno ulteriormente compromesso il già precario stato dei luoghi, la cui inagibilità sta arrecando danni ai pescatori e agli esercenti del posto nonché all'immagine stessa del sito di Selinunte, la cui incuria ha inevitabili ricadute anche sul piano turistico;

   il cedimento strutturale del porticciolo di Marinella di Selinunte è da ricondurre a numerosi fattori tra cui, verosimilmente, all'errata esecuzione di lavori che avrebbero determinato l'instabilità della parte esterna del molo, da cui è poi derivato il crollo;

   la situazione rappresentata rende improcrastinabile l'adozione di interventi immediati e risolutivi volti a bonificare l'area. Tra questi, l'escavazione e il dragaggio del porto necessari per rimuovere la sabbia accumulata nei fondali un'azione che, tuttavia, andrebbe inserita in un più ampio e complesso progetto di interventi finalizzato alla messa in sicurezza dei luoghi, anche mediante il ripristino dell'opera infrastrutturale –:

   se il Governo sia a conoscenza della grave condizione del porto di Marinella di Selinunte e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite della capitaneria di porto, per fronteggiare i disagi prodotti dall'insabbiamento e dai cedimenti strutturali di cui in premessa, tenuto conto dei profili di polizia e di sicurezza delle attività marittime e portuali, nonché per sostenere i settori economici e produttivi interessati, con particolare riferimento ai pescatori, agli esercenti commerciali e ai turisti che frequentano la località di Selinunte.
(5-03227)


   TOMBOLATO, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TONELLI e VINCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   recenti notizie di stampa riportano che il Ministro interrogato ha collocato la ferrovia pontremolese tra le opere prioritarie e ha indicato i lotti finanziati dal nuovo contratto di servizi di Rfi;

   l'attuale «Pontremolese» collega Parma con La Spezia passando per alcuni centri vitali dell'Appennino, come Pontremoli e Borgo Val di Taro, comuni che di fatto fungono da punti di riferimento per questo fragile tratto montuoso. Lungo i 103 chilometri della linea sono presenti anche fermate minori di servizio ai pendolari verso Parma e La Spezia. La linea è per il 50 per cento a binario unico e mostra pendenze elevate che riducono le dimensioni utili di treni, soprattutto quelli per le merci, nonostante la ferrovia abbia uno sbocco su uno dei porti più importanti del Paese;

   la linea, originariamente concepita a singolo binario tranne nel tratto di valico Borgo Val di Taro-Pontremoli, dagli anni ottanta è oggetto di lavori di raddoppio del binario con realizzazione di una nuova sede più favorevole dal punto di vista planoaltimetrico;

   il progetto di ammodernamento della linea risale alla legge di finanziamento denominata «piano integrativo» del 1981, ma a tutt'oggi il raddoppio della linea è stato eseguito solo in alcuni tratti;

   il potenziamento della linea è di fondamentale importanza per i traffici di merci tra i porti dell'alto Tirreno e le zone industriali dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale ed orientale attraverso i valichi del Brennero e di Tarvisio. L'architettura generale del progetto è articolata in sottoprogetti in diversa fase di attuazione;

   l'ammodernamento della linea ferroviaria La Spezia-Pontremoli-Parma e il suo collegamento verso Verona e il Brennero sono strategici per sostenere le aree interne dell'Appennino, agevolando pendolari, favorendo il turismo e semplificando lo spostamento di merci nell'asse Tirreno-Brennero –:

   quando il Ministro interrogato intenda avviare le iniziative di competenza idonee alla realizzazione dell'opera, ovvero a implementare e stanziare le risorse necessarie per l'esecuzione dell'opera medesima.
(5-03229)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011 è stato soppresso il collegamento ferroviario Bolzano-Bari che fino a tale data ha garantito il collegamento dell'Alto Adige con tutta la riviera adriatica, indi con la Puglia;

   all'indomani della citata soppressione è stato costituito il Comitato «Treno per Bari» che da allora si batte con petizioni e campagne civiche per ottenere il ripristino del collegamento ferroviario;

   il collegamento ferroviario, ove ripristinato, garantirebbe un importante flusso turistico da e per l'Alto Adige, con effetti positivi per l'indotto di tutte le località attraversate dalla linea;

   una possibile soluzione sarebbe – secondo quanto prospettato dal Comitato «Treno per Bari» – il prolungamento, nel solo periodo estivo, fino a Bolzano, del collegamento già esistente tra Bologna e Bari operato da un treno Intercity –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nell'ambito delle sue competenze, non ritenga opportuno adottare iniziative affinché Trenitalia ripristini il collegamento tra Bari e Bolzano, eventualmente mediante la soluzione sopra prospettata.
(4-04234)


   SPESSOTTO, GRIPPA e FICARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Anas spa è una società per azioni il cui socio unico è Ferrovie dello Stato Italiane ed è sottoposta al controllo e alla vigilanza tecnica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché al controllo sulla gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti;

   con riferimento alla gestione del proprio personale, come riportato da alcuni articoli di giornale, l'Anas spa riconosce ad alcuni dipendenti benefici economici o premi individuali;

   tali vantaggi economici vengono attribuiti sulla base di due criteri di riferimento ossia «la valutazione delle attività» e «dei comportamenti organizzativi» dei dipendenti;

   nello specifico, l'Anas ha motivato la corresponsione del beneficio economico adducendo che i premi sono stati assegnati nell'ambito del piano gestionale aziendale, il quale, con cadenza annuale, prevede una valutazione dei «comportamenti organizzativi» relativi all'anno precedente; in seguito alla valutazione, affidata ai responsabili delle strutture dove operano le risorse e in base a un budget predefinito (circa il 10/15 per cento del personale), su proposta degli stessi responsabili delle unità organizzative di appartenenza dei «valutati», vengono attribuiti dei riconoscimenti di passaggio di livello o di premialità economica;

   tra i destinatari di tale incentivo pare che siano state individuate alcune figure professionali che, per via dei ruoli societari ricoperti, percepiscono già altre forme di lauta e consistente incentivazione, quali quello per le funzioni tecniche;

   al contrario, dalla platea degli incentivati sono stati esclusi tutti quei lavoratori che attraverso il loro impegno quotidiano assicurano il buon andamento aziendale, garantiscono la sicurezza della circolazione stradale e l'incolumità pubblica, intervengono in presenza di eventi calamitosi (frane, alluvioni, dissesti del piano stradale e altro);

   è interesse dell'interrogante comprendere se l'attribuzione di detti premi determina una discriminazione tra dipendenti;

   il riconoscimento di tali benefici economici sembra di fatto avvenire in assenza di criteri trasparenti che consentano di verificare le ragioni dei vantaggi accordati nonché la differente posizione di alcuni dipendenti rispetto ad altri –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza anche sul piano normativo, per fare in modo che l'attribuzione di un trattamento economico corrisponda a criteri predeterminati, verificabili e comunque conosciuti o conoscibili, in ossequio ai più elementari principi di economicità, trasparenza ed imparzialità;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche sul piano normativo, affinché la procedura di valutazione dei dipendenti dell'Anas spa sia affidata non ai dirigenti locali ma ad organismi di valutazione esterni, al fine di evitare disparità di trattamento tra tutti i lavoratori.
(4-04241)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MACINA, SURIANO, DIENI, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il capo della polizia, Franco Gabrielli, si è recato in visita istituzionale a Catania presso la prefettura e la questura e, come risultante dagli organi di stampa, a margine della visita avrebbe dichiarato «La pazienza delle nostre donne e dei nostri uomini ha raggiunto il limite, servono uffici e locali dignitosi», di fatto appurando che la situazione delle strutture versa in condizioni tali da non permettere un sereno svolgimento del lavoro, molto gravoso nel capoluogo etneo;

   è già stato finanziato il progetto per la realizzazione della cittadella della polizia, che tuttavia non avverrà in tempi brevi, in considerazione della lentezza con cui vengono eseguite le opere pubbliche;

   stando sempre alle dichiarazioni del capo della polizia, sussiste anche una lacuna nell'organico che non è stata colmata in questi anni, pregiudicando ulteriormente l'importantissimo lavoro che le forze dell'ordine svolgono ogni giorno a tutela della sicurezza dei cittadini;

   sempre dalle dichiarazioni del capo della polizia: «Essendo stati gli arruolamenti fatti massivamente negli anni Ottanta, la gente ora sta andando in pensione. Arriverà personale ma nel frattempo altri se ne andranno e quindi il saldo nei prossimi anni lungi dall'aumentare, diminuirà. Si abbasserà l'età media. Avremo una significativa presenza di ragazzi e ragazze più giovani, ma avremo un deficit di professionalità perché le persone anziane che vanno via si portano dietro l'esperienza», si evince che il gap di organico non verrà, quindi, colmato, ed a questo si aggiungerà quello della formazione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere rispetto a quanto illustrato in premessa e, in particolare, sia riguardo al monitoraggio dei lavori per la realizzazione della cittadella della polizia, con l'auspicio che avvenga in tempi brevi, sia ai gap della dotazione di organico che continuerà ad aumentare nonostante le assunzioni, nonché quali misure intenda promuovere per ovviare alla perdita di esperienza e professionalità legata al blocco di assunzioni nel passato, che ha prodotto una mancanza di continuità generazionale.
(5-03230)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il presidio di polizia stradale di Rocca San Casciano riveste un'importanza strategica per il territorio, come dimostrano i dati relativi ai servizi svolti su tutto il territorio di competenza e non solo;

   negli anni passati, grazie alla disponibilità del Governo Renzi si è evitata la chiusura del presidio e si è ottenuto il suo trasferimento presso una nuova sede nel medesimo comune, grazie anche a un locale messo a disposizione dall'amministrazione comunale;

   nell'ambito di una generale carenza di organico che riguarda la questura di Forlì-Cesena, risulta sottodimensionata anche la presenza presso il presidio di Rocca, dove attualmente sono in servizio 5 o 6 uomini a fronte di una previsione da pianta organica di 19 persone e una necessità per la piena operatività di almeno 10 uomini;

   promesse avanzate dal precedente Governo non hanno trovato riscontro nei fatti e attualmente la nuova sede (a canone zero per il Ministero dell'interno) del presidio di Rocca San Casciano risulta per una parte importante non utilizzata a causa della mancanza di personale –:

   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato in ordine al presidio di Rocca San Casciano e se intenda intervenire per integrare e accrescere la dotazione di personale a disposizione della polizia di Stato nella provincia di Forlì-Cesena.
(5-03231)


   TONELLI, IEZZI, BORDONALI, DE ANGELIS, INVERNIZZI, MATURI, MOLTENI, STEFANI e VINCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo gli ultimi dati del Ministero dell'interno, l'Emilia-Romagna, dopo la Lombardia, è la regione italiana che ha il più alto numero di immigrati presenti nelle diverse strutture di accoglienza dislocate sul proprio territorio;

   sebbene nella precedente legge di bilancio su iniziativa dell'allora Ministro dell'interno Salvini fossero stati stanziati tre miliardi di euro per le forze dell'ordine e i vigili del fuoco, di cui due proprio per l'assunzione straordinaria di oltre 8.000 operatori in tre anni, gli organici delle questure della regione, all'interno delle quali operano gli uffici immigrazione, risultano ancora oggi gravemente carenti rispetto alle reali esigenze del territorio;

   ad aggravare la situazione vi è anche la mancanza nella regione di un Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr), in assenza del quale, come è notorio, in caso non si possa effettuare l'espulsione immediata o siano necessari accertamenti sull'identità non è possibile procedere al trattenimento e all'effettivo rimpatrio;

   attualmente i Cpr sono collocati in sole 5 regioni italiane, mentre quelli presenti in passato a Bologna e Modena, per ragioni meramente politiche, sono stati nel tempo chiusi ovvero riconvertiti in strutture di accoglienza;

   per la mancanza di un Cpr nella regione, le forze dell'ordine sono costrette a lunghissime e anche difficoltose trasferte per accompagnare gli immigrati irregolari in uno di questi centri, qualora sia disponibile un posto, dovendo procedere altrimenti al rilascio dell'irregolare con il solo «foglio di via»;

   proprio per ovviare a quanto sopra, il precedente Ministro dell'interno aveva chiuso l’hub in via Mattei a Bologna, per le disastrose condizioni in cui versava, per riconvertirlo successivamente in Cpr;

   recentemente invece si è appreso che l’hub in via Mattei verrà riaperto nuovamente ed è previsto a breve l'arrivo di altri 200 immigrati in città –:

   quali iniziative intenda adottare nell'immediato per potenziare le dotazioni organiche delle questure in Emilia-Romagna, al fine di consentire maggiore efficacia all'azione di polizia degli uffici immigrazione, e per dotare anche questa regione di un Cpr, al fine di procedere agli accompagnamenti presso queste strutture in tempi ragionevoli e più economici e garantire reale efficacia alle espulsioni nella regione medesima.
(5-03232)


   PRISCO e BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi la prefettura di Bologna ha annunciato l'imminente ingresso, nell’hub di accoglienza di via Mattei sito in Bologna, di circa 200 migranti;

   dalle notizie di stampa non risultano sbarchi significativi tali da giustificare un così rilevante afflusso nella struttura emiliano-romagnola;

   risulta infatti all'interrogante, da segnalazioni pervenute da cittadini, che sia avvenuto il recente ingresso nella struttura di accoglienza bolognese di diversi pullman che si ritiene abbiano trasferito nella struttura regionale diverse decine di immigrati –:

   se i migranti di cui in premessa provengano direttamente da centri di accoglienza a seguito di sbarco o se siano oggetto di respingimento secondario da parte di altri Paesi dell'Unione europea verso il territorio italiano.
(5-03233)


   CECCANTI, VERINI, DE MARIA, FIANO, FRAGOMELI, POLLASTRINI, RACITI e VISCOMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legislazione sulla lotta al fenomeno del racket e dell'usura si basa sul fondamentale principio di offrire un incentivo alla denuncia da parte delle vittime, attraverso la garanzia della protezione dello Stato a chi collabora con le istituzioni nella lotta alla criminalità organizzata, mettendo spesso a rischio la propria incolumità personale, quella della propria famiglia e il proprio patrimonio;

   l'articolo 3 della legge n. 44 del 1999 prevede la concessione di un'elargizione agli esercenti un'attività imprenditoriale che subiscono un evento lesivo in conseguenza di delitti commessi allo scopo di costringerli ad aderire a richieste estorsive, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione anche ambientale;

   sulla base dell'ultimo controllo della Corte dei Conti relativo alla gestione del fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura (2013-2017) risulta che, per quanto concerne i procedimenti per l'accesso al Fondo delle vittime di estorsione e di usura istituito presso il Ministero dell'interno, la durata media (durata che secondo la legge non dovrebbe superare i 90 giorni complessivi, di cui 60 per l'istruttoria delle prefetture e di 30 giorni per la deliberazione del Comitato) è di 677 giorni (con picchi fino ad oltre 2000 giorni);

   la durata media dei procedimenti riguardanti le vittime della mafia oscilla invece tra 112 giorni e 280 giorni, ben oltre il termine stabilito dall'articolo 6 della legge n. 512 del 1999, secondo il quale la corresponsione delle somme richieste ai sensi dell'articolo 5 è disposta con deliberazione del Comitato istituito presso il Ministero dell'interno nel termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda;

   risulta fondamentale, per un'efficace ed effettiva applicazione della normativa di riferimento, individuare soluzioni che consentano di velocizzare i tempi del procedimento, al fine di garantire una pronta e tempestiva risposta dello Stato sul piano amministrativo-patrimoniale a presidio di categorie di soggetti particolarmente vulnerabili, realizzando concretamente un efficace livello anticipato di tutela;

   appaiono auspicabili tutti i miglioramenti organizzativi che riducano la durata di tali provvedimenti –:

   quali siano ad oggi i tempi medi di erogazione dell'elargizione a favore delle vittime di mafia, di estorsione e usura e quali urgenti iniziative di carattere organizzativo, ed eventualmente di carattere normativo, intenda adottare per ridurre la durata effettiva dei procedimenti amministrativi e assicurare il loro adeguamento ai tempi di legge.
(5-03234)


   SISTO e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, sembrerebbe imminente la chiusura del commissariato di polizia del quartiere San Paolo di Bari;

   la richiesta di chiusura del commissariato citato è stata inoltrata dall'ex questore di Bari, Carmine Esposito, al capo della polizia, Franco Gabrielli, alla luce dell'insostenibile carenza di organico del medesimo commissariato in un quartiere ad altissimo rischio criminalità come il San Paolo;

   il commissariato disporrebbe soltanto di circa venti agenti, che devono, oltretutto, farsi carico anche della sicurezza dell'ospedale San Paolo, dove è impegnato un solo agente per sei ore al giorno;

   gli agenti del commissariato barese svolgono un ruolo fondamentale per il contrasto alla criminalità della zona, seppur costretti ad operare in una situazione cronica di sottodimensionamento;

   come annunciato da Gabrielli, nel mese febbraio 2019, alla luce della imminente chiusura del commissariato menzionato dovrebbe essere istituito il commissariato a Putignano, dando così supporto alle stazioni dei carabinieri di tutto il sud est barese;

   tale scelta, ad avviso degli interroganti, non sembrerebbe essere quella idonea, poiché, oltre a chiudere un presidio fondamentale per la sicurezza dei cittadini, sembrerebbe che per ragioni contrattuali, gli agenti in servizio al San Paolo, non potranno essere trasferiti nella città di Putignano;

   il presidio menzionato si rende indispensabile soprattutto perché il quartiere San Paolo con la zona Cecilia e Modugno, assume le dimensioni di una città di provincia che necessita di un maggiore controlli da parte delle forze dell'ordine –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di fare fronte alla carenza di organico delle forze dell'ordine nel commissariato San Paolo di Bari, al fine di garantire un presidio fondamentale sul territorio barese per il contrasto dei fenomeni criminali e per garantire la sicurezza ai cittadini.
(5-03235)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto n. 550 del 15 novembre 2019 a firma del capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno reca un bando per l'assunzione di 198 vigili del fuoco discontinui negli organici del comparto nel ruolo di operatori e assistenti;

   sulla necessità di emanare tale decreto si era discusso, tra l'altro, in un incontro della Cub pubblico impiego con il Ministro per la pubblica amministrazione Fabiana Dadone tenutosi il 23 ottobre 2019;

   il decreto 15 novembre 2019 n. 550 prevede che le assunzioni dei vigili del fuoco discontinui avvengano ai sensi dell'articolo 71 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, che prevede la priorità di assunzione per il personale discontinuo dei vigili del fuoco, inseriti da almeno tre anni con almeno 120 giorni di servizio disponibili in qualità di operatori e assistenti del Corpo nazionale vigile del fuoco, tramite i centri per l'impiego;

   il decreto ministeriale 15 novembre 2019 n. 550, quindi, avvia un positivo percorso di stabilizzazione dei vigili del fuoco discontinui, ma permangono alcune criticità che rischiano di inficiare l'intera procedura e di dar luogo a eventuali e possibili ricorsi alla magistratura;

   in relazione al decreto ministeriale n. 550 del 2019 la CUB PI ha nei giorni scorsi trasmesso una nota al Ministro dell'interno e al Ministro per la pubblica amministrazione con le seguenti osservazioni:

   è stato inserito nel bando recato dal decreto ministeriale un limite di età a 45 anni, già previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera d), del decreto 8 ottobre 2012, n. 197, un limite di età nei concorsi pubblici sul quale è intervenuta l'Unione europea confermando quanto stabilito dalla citata legge, ma precisando che il limite di età costituisce discriminazione che può essere tollerata solo se proporzionata all'attività per la quale si concorre;

   appare evidente che, se per essere assunti nei ruoli amministrativi e tecnici, viene previsto un limite di età per il solo comparto dei vigili del fuoco, ciò è discriminante rispetto ai concorsi per identici profili professionali ove non vige tale limite di età;

   tale limite di età per i ruoli amministrativi, seppure appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco, dovrebbe essere soppresso anche per evitare possibili ricorsi in giudizio;

   la Cub pubblico impiego, inoltre, nella nota ha sottolineato l'esiguità del numero dei posti messi a concorso pari a 198, visto che a breve vi saranno migliaia di pensionamenti nei ruoli tecnici e amministrativi (circa 8 mila nei prossimi tre anni), che già oggi si contano oltre 3.000 posti vacanti d'organico e che l'obiettivo del Governo deve essere quello di ridurre il precariato tra i vigili del fuoco, anche per disinnescare la procedura d'infrazione che la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia –:

   se non si ritenga necessario procedere a una revisione del bando intervenendo sulle criticità esposte in premessa relativamente al limite di età previsto nel decreto del Ministero dell'interno n. 550 del 2019;

   se sia prevista e in che tempi l'emanazione di ulteriori decreti che rechino ulteriori bandi di selezione riservati ai vigili del fuoco discontinui, al fine della riduzione e possibilmente dell'azzeramento del precariato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-04237)


   D'ORSO, GIULIANO, ASCARI e PERANTONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di alcuni articoli di giornale emergerebbe che alcune aziende presumibilmente «poco pulite» – in attesa di essere esaminate per il rilascio dell'autorizzazione all'iscrizione nelle white list – riuscirebbero ad aggiudicarsi numerosi appalti pubblici grazie alla semplice richiesta di iscrizione alla «white list», senza aver mai ottenuto una certificazione e un'informazione antimafia liberatoria. Da qui il paradosso per cui, da una parte, si avrebbero aziende che, ottenuta l'autorizzazione all'iscrizione, sono tenute a dimostrare, annualmente, i requisiti per mantenere l'iscrizione nell'elenco, e dall'altra, aziende che essendo «in attesa di iscrizione» non sono tenute a dimostrare alcunché;

   tutto ciò sembrerebbe permesso dalla normativa attuale la quale stabilisce che:

    l'iscrizione nell'elenco consente all'impresa di non dover richiedere e farsi rilasciare dalla prefettura la certificazione antimafia, dal momento che l'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013 – come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2016 – prescrive che: «l'iscrizione nell'elenco tiene luogo della documentazione antimafia: (...) b) ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali l'impresa ha conseguito l'iscrizione nell'elenco»;

    come precisato dalla circolare del 23 marzo 2016 del Ministero dell'interno un'impresa che abbia presentato domanda di iscrizione nelle white list, ma non l'abbia ancora conseguita, maturati i termini previsti dall'articolo 92, commi 2 e 3, del codice antimafia, può concludere il contratto con la stazione appaltante (anche in assenza dell'informazione antimafia liberatoria e dell'effettiva iscrizione nelle white list);

    ai sensi dell'articolo 94, comma 2, del codice antimafia, in caso di successivo diniego dell'iscrizione, le stazioni appaltanti revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti con conseguenti ricadute negative sull’iter di completamento delle opere appaltate e sul tessuto economico-sociale coinvolto dalle opere;

    pare, dunque, evidente all'interrogante come la normativa antimafia presenti delle lacune che rischiano, nella pratica, di annullare la ratio dell'istituzione di siffatti elenchi, ossia quella di rendere più efficaci i controlli antimafia. Queste criticità normative sortirebbero altresì l'effetto, da un lato, di favorire delle aziende irregolari in attesa di essere esaminate e, dall'altro, di danneggiare quelle ufficialmente pulite con conseguente distorsione della concorrenza;

   questo stato di cose sembra emergere con maggiore forza soprattutto nella gestione delle commesse pubbliche nella fase delle emergenze, come quelle relative alla ricostruzione dopo i terremoti. Lo stesso attuale capo della protezione civile – stigmatizzando i lunghi tempi di attesa oggi necessari per effettuare i controlli antimafia – sostiene che bisognerebbe modificare il codice degli appalti, inserendo una norma che consenta di avere, in caso di emergenza, una «white list» di imprese appaltatrici e subappaltatrici verificate preventivamente anche dal punto di vista della certificazione antimafia (v. https://www.repubblica.it);

   va considerata la necessità di tutela delle esigenze di ordine pubblico, del principio di libera concorrenza, della libertà di iniziativa economica, nonché l'importanza dell'azione legislativa e delle istituzioni nell'ambito dell'opera di contrasto ai fenomeni mafiosi (quest'ultima passa anche attraverso un'efficace attività di prevenzione attuabile tramite controlli efficaci e tempestivi, oltre che tramite norme chiare e semplici) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche di concerto con le altre istituzioni interessate, al fine di porre rimedio a tali criticità normative che rischiano, da un lato, di mettere in pericolo l'attività di prevenzione e di contrasto alle mafie, specie nei settori a rischio come quello degli appalti pubblici, e dall'altro, di ostacolare l'esercizio della libertà di iniziativa economica degli operatori onesti.
(4-04238)


   VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, TOMASI, TOMBOLATO, RAFFAELLI e TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la licenza di porto d'armi è un'autorizzazione amministrativa speciale rilasciata, previa verifica dei requisiti richiesti dalla legge, ai privati cittadini dalle autorità statali preposte, in particolare dalla questura o dalla prefettura di competenza, a seconda delle finalità per cui viene richiesta;

   difatti, il porto d'armi può essere richiesto per diversi motivi, ossia per uso sportivo, per caccia e per difesa personale, nella quale ultima tipologia rientra la licenza rilasciata alle guardie particolari giurate che svolgono servizio armato per l'esercizio della specifica attività professionale da questi svolta;

   a seconda del tipo di licenza, la legge prescrive determinati requisiti per l'ottenimento della stessa nonché la durata e stabilisce, in ogni caso, che in fase di rinnovo l'istanza debba essere presentata all'autorità competente al rilascio prima della scadenza del permesso in vigore, dovendo in difetto procedere a una richiesta exnovo;

   il mancato rinnovo del porto d'armi o la mancata comunicazione di un'eventuale causa ostativa al rilascio dello stesso in tempi certi e celeri, qualora la procedura si protragga irragionevolmente, può comportare ulteriori e gravissime conseguenze, tra cui ad esempio la sospensione dal lavoro senza retribuzione delle guardie particolari giurate, che non possono svolgere le proprie mansioni senza la licenza e rischiano così anche di perdere l'impiego;

   inoltre, in caso del porto d'armi per uso di caccia, utilizzabile solo nella stagione stabilita dalla legge per l'attività venatoria, qualora il rinnovo della licenza avvenisse oltre i termini consentiti per la pratica della caccia, l'eccessiva lentezza del procedimento impedirebbe senza alcun giustificato motivo l'esercizio di tale attività;

   pertanto è di tutta evidenza che il procedimento per il rinnovo del porto d'armi si debba concludere in tempi ragionevoli e certi, onde garantire tempestivo riscontro alle istanze dei cittadini –:

   quali siano i tempi medi per la conclusione dei procedimenti di rinnovo delle licenze di porto d'armi sia per difesa personale che per uso caccia nella regione Emilia-Romagna, specificatamente in ogni singola questura e prefettura.
(4-04239)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 24 ottobre 2019 il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza ha emanato la circolare n. 555/DOC/C/SPEC/SPMAS/5428/19 avente come oggetto «Utilizzo dei social network e di applicazioni di messaggistica da parte degli operatori della Polizia di Stato»;

   il testo, inviato a tutti gli uffici, nella premessa fa riferimento a episodi in cui operatori della polizia, attraverso social network o applicazioni di messaggistica, avrebbero esternato, con audio, video o foto, contenuti inappropriati, con profili di natura penale/disciplinare, pubblicando anche informazioni sul proprio lavoro con foto in uniforme, armi di ordinanza, sedi di servizio o residenza nonché generalità;

   certamente appare opportuno fornire indicazioni al personale della Polizia riguardo all'utilizzo dei nuovi metodi comunicativi, tuttavia tale circolare pare all'interrogante nascondere volontà diverse, conculcando ogni manifestazione del diritto di parola e di espressione del pensiero, ponendo in capo all'amministrazione stessa il potere di valutare, con quello che l'interrogante giudica il più ampio arbitrio, l'eventuale disdoro o imbarazzo e utilizzando, in maniera molto discutibile, lo spettro dell'articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 che consente senza alcun contraddittorio la sospensione tout court del dipendente dal rapporto di lavoro;

   di fatto si tratterebbe, ad avviso dell'interrogante, di una censura su tutte quelle esternazioni non gradite e non tanto perché ritenute lesive del decoro e dell'immagine della polizia, quanto perché volte a stigmatizzare le deficienze o gli errori di gestione;

   piuttosto, l'Amministrazione della Polizia di Stato, a parere dell'interrogante, dovrebbe provare disagio o imbarazzo per non aver fornito ancora le nuove fondine in policarbonato a tutti gli operatori o per il ritardo nel pagamento degli esuberi dello straordinario, per il fatto di corrispondere con ritardi inaccettabili le indennità relative ai servizi di specialità, per la fatiscenza dei luoghi di lavoro e delle dotazioni, per l'insufficienza dei percorsi formativi e di aggiornamento, anziché punire il dipendente che esterna tali mancanze;

   molto spesso la pubblicazione di foto in divisa o di distintivi è espressione di appartenenza e profondo orgoglio e i rilievi sull'accostamento alle generalità con eventuali rischi, per sé e per i famigliari, espressi nella circolare lasciano perplessi in virtù del fatto che troppo spesso vengono forniti alla stampa fotografie e nomi di colleghi, a giudizio dell'interrogante, irresponsabilmente, proprio dall'Amministrazione, come nel caso dell'uccisione del pericolosissimo terrorista Amri;

   ciò trova conferma in innumerevoli altri ambiti d'azione tra i quali, a titolo esemplificativo, si segnala quella che appare all'interrogante la sostanziale censura operata dal dipartimento della P.S. giornalmente nella rassegna stampa della polizia, ove verrebbero esclusi gli articoli del movimento sindacale o che esprimono critiche nei confronti del vertice, giungendo a «bannare» la testata «la Verità» in quanto responsabile di aver pubblicato articoli in dissenso con l'operato dell'Amministrazione;

   la rassegna stampa ha una fondamentale funzione informativa consentendo a tutti gli appartenenti alla polizia di formulare valutazioni libere e complete nell'interesse dell'Amministrazione stessa e viene realizzata con denaro pubblico, avendo finalità pubbliche, e non deve prestarsi a gestioni che sconfinino nell'autoreferenzialità, nell'autopromozione e nell'autopropaganda –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa, e se intenda adottare le iniziative di competenza al fine di riformulare la circolare in una veste maggiormente propositiva volta a garantire un consono utilizzo dei nuovi metodi comunicativi e non improntata alla volontà di reprimere la libertà di espressione del pensiero;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per verificare la corretta predisposizione della rassegna stampa della polizia di Stato con lo scopo di una valutazione completa degli articoli compresi quelli critici delle organizzazioni sindacali e di tutte le testate giornalistiche, al fine di una più corretta informazione, per una maggiore consapevolezza del dipartimento della pubblica sicurezza per un costruttivo confronto con tutti i soggetti e le componenti interne.
(4-04243)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NITTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   ad un mese dall'inizio dell'anno accademico le Istituzioni Afam (conservatori, accademie di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, accademia nazionale di danza, Accademia nazionale di arte drammatica) di tutt'Italia si trovano in una situazione di grande difficoltà, sia per quanto riguarda i servizi all'utenza che per quanto concerne il personale docente precario;

   come evidenziato da diversi organi di stampa, tra cui Agcult e le edizioni regionali dei telegiornali Rai di Piemonte, Emilia-Romagna e Sicilia, oltre il 40 per cento dei docenti è assunto contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) e molti istituti Afam a più di un mese dall'inizio dell'anno accademico si trovano nell'impossibilità di usufruire delle loro prestazioni per il blocco dei contratti divenuto operativo il 1° luglio 2019 oltre 18 anni dopo l'ordinanza che lo aveva istituito;

   a bloccare i contratti «co.co.co.» del personale è infatti il divieto previsto dall'articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, divenuto operativo il 1° luglio 2019 dopo una lunga serie di rinvii;

   come evidenziato da un articolo de La Repubblica in data 12 novembre 2019, dall'anno accademico 2010-11 gli iscritti alle istituzioni Afam sono cresciuti mediamente del 7 per cento a stagione fino al 2018-19, quando gli studenti contati sono stati 76.072 e i diplomati oltre 16 mila, con un aumento del 60 per cento rispetto al 2011;

   ad oggi, dopo la chiusura della procedura di scelta delle sedi il 21 ottobre 2019, non risultano ancora pervenute le assegnazioni per le assunzioni a tempo indeterminato relativamente ai docenti inseriti nelle graduatorie nazionali Get, Gne e di cui alla legge n. 143 del 2004;

   parimenti non è ancora stata avviata la procedura di «scelta delle sedi» per le assunzioni a tempo indeterminato e determinato relativamente ai docenti inseriti nelle graduatorie nazionali di cui alla legge n. 128 del 2013 e alla legge n. 205 del 2017;

   i docenti che hanno ottenuto la proroga della supplenza dello scorso anno accademico stanno lavorando attualmente senza percepire uno stipendio, data l'interruzione da parte di tantissime ragionerie territoriali dello Stato della corresponsione degli emolumenti allo scadere dell'incarico a tempo determinato del 31 ottobre 2019;

   manca inoltre la nomina del direttore generale, dirigente fondamentale per l'avvio delle procedure di assunzione;

   come denunciato dal sito Artribune in data 20 novembre 2019, tali ritardi porteranno ad un cambio di insegnante per moltissimi allievi a primo semestre concluso, hanno già portato all'interruzione dell'offerta didattica e impediranno a molti allievi di fruire dell'insegnamento fino alle nuove nomine nelle cattedre il cui docente titolare abbia ottenuto trasferimento, minando fortemente il diritto allo studio;

   se tali nomine dovessero arrivare a gennaio o addirittura a febbraio 2020, tanti studenti potrebbero non avere un docente per un intero semestre, perdendo il 50 per cento dell'attività formativa e il diritto a partecipare ai bandi per le borse di studio e rischiando di non poter sostenere gli esami nei tempi previsti e di non poter conseguire i crediti formativi necessari al mantenimento delle borse di studio e alla normale continuità dei loro piani di studio –:

   quali urgenti e improrogabili iniziative intenda assumere al fine di sbloccare la situazione esposta in premessa, che sta causando notevoli disagi a docenti e a migliaia di studenti del comparto Afam.
(5-03225)


   CIAMPI, BAZOLI, BENAMATI, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BONOMO, BORDO, ENRICO BORGHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, BURATTI, CAMPANA, CANTINI, CARLA CANTONE, CARNEVALI, CECCANTI, CENNI, CRITELLI, DAL MORO, DE LUCA, DE MARIA, DE MENECH, DEL BASSO DE CARO, DELRIO, DI GIORGI, FASSINO, FIANO, FRAGOMELI, FRAILIS, GARIGLIO, GIACOMELLI, GRIBAUDO, INCERTI, LA MARCA, LACARRA, LEPRI, LORENZIN, LOSACCO, LOTTI, MADIA, GAVINO MANCA, MANCINI, MARTINA, MELILLI, MICELI, MINNITI, MORGONI, MURA, NARDI, NAVARRA, ORFINI, ORLANDO, PADOAN, PAGANI, UBALDO PAGANO, PELLICANI, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, PIZZETTI, POLLASTRINI, PRESTIPINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, ROSSI, ROTTA, SCHIRÒ, SENSI, SERRACCHIANI, SIANI, SOVERINI, TOPO, VAZIO, VERINI, VISCOMI, ZAN e ZARDINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si stanno moltiplicando gli episodi di insegnati e professori che manifestano apertamente, anche sui social, offese, frasi e dichiarazioni apertamente razziste, violente e xenofobe;

   si tratta di episodi gravissimi, alcuni dei quali arrivano addirittura a glorificare i regimi nazista e fascista e negando addirittura l'Olocausto. Tali episodi si stanno verificando in tutta Italia e coinvolgono docenti di scuole pubbliche, dalle elementari alle università; soltanto negli ultimi giorni ad esempio si sono registrati questi episodi:

   sulla stampa è emerso che un professore di storia e filosofia dell'istituto superiore Da Vinci di Civitanova Marche (noto per essere uno dei principali sostenitori in Italia della teoria Kalergi sul piano della sostituzione etnica in Europa) abbia incitato gli alunni ad abbandonare una iniziativa organizzata dall'istituto scolastico, perché i contenuti affrontati non sarebbero stati in linea con i suoi valori e princìpi;

   alcuni giorni fa un professore di Fiorenzuola d'Arda, sostenitore apertamente di un partito politico ben definito, aveva minacciato in un post su Facebook di voler bocciare gli studenti che avessero partecipato alla locale manifestazione delle «sardine» e di voler «rendere loro la vita un inferno»;

   un docente dell'Università di Siena di filosofia del diritto e filosofia politica ha fatto apertamente apologia del nazismo su Twitter, esaltando l'antisemitismo e la condotta di Adolf Hitler;

   al di là delle opinioni personali e delle scuse che seguono spesso tali episodi, appare evidente che queste esternazioni hanno comunque delle profonde ripercussioni sugli alunni e che rischiano di non essere compatibili con la funzione dell'insegnamento in un Paese democratico;

   la scuola, di ogni ordine e grado, deve essere prima di tutto un luogo di integrazione e contrasto ad ogni forma di razzismo;

   l'apologia del fascismo e dei regimi totalitari è vietata dalla Costituzione e dall'ordinamento nazionale –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di prevenire e contrastare con tempestività ed efficacia il susseguirsi di episodi in cui docenti della scuola e dell'università italiana si rendono in vario modo protagonisti di apologia del fascismo e del nazismo e di incitamento alla xenofobia e al razzismo, in palese violazione dei princìpi democratici e della legislazione vigente.
(5-03237)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUGNAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la multinazionale Bekaert nell'ambito di un procedimento di delocalizzazione all'estero delle proprie strutture produttive presenti in Italia ha annunciato una serie di licenziamenti collettivi;

   ad oggi sono 224 i lavoratori della fabbrica di Incisa Figline Valdarno che si trovano in cassa integrazione straordinaria, che scadrà al 31 dicembre 2019;

   sul futuro dello stabilimento produttivo di Incisa Figline Valdarno è da tempo in corso una vertenza che vede coinvolte le parti sociali e il Governo per il tramite del Ministero dello sviluppo economico;

   al momento, l'unica offerta rimasta in piedi per l'acquisizione dello stabilimento è quella avanzata dall'azienda Trafilerie meridionali di Chieti, che opera nel settore «steel cord» (produzione di filo per tubi);

   dopo l'ultimo tavolo tecnico svoltosi a Roma il 31 ottobre 2019 non si sono registrate novità sostanziali, ma neppure segnali da parte del Governo, in vista di una risoluzione positiva della vertenza;

   l'azienda Trafilerie meridionali, il cui piano industriale sembrerebbe essere stato giudicato interessante da parte del Governo, è un soggetto industriale di dimensioni limitate che potrebbe non disporre di tutte le risorse necessarie ai fini dell'acquisizione e del rilancio di uno stabilimento industriale delle dimensioni di quello di Incisa Figline Valdarno con la conseguente eventuale necessità di dover coinvolgere nel salvataggio un ulteriore soggetto privato;

   purtroppo, ad oggi il tempo a disposizione è poco, perché l'urgenza fondamentale, al di là di ogni altra considerazione, è rappresentata dal termine del 31 dicembre, successivamente al quale verrà meno la cassa integrazione straordinaria riconosciuta ai lavoratori;

   la cessazione degli ammortizzatori sociali per 224 lavoratori che, da un giorno all'altro, si ritroverebbero senza alcun introito produrrebbe un grave impatto sociale sui medesimi lavoratori, sulle loro famiglie e sull'intero territorio interessato –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di prevedere la proroga della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori dello stabilimento Bekaert di Incisa Figline Valdarno e per favorire al più presto l'individuazione di una soluzione positiva per il salvataggio dello stabilimento produttivo.
(5-03224)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta immediata:


   PROVENZA, LATTANZIO, MARIANI, TUZI, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO e TROIANO. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   lo statuto–regolamento della Lega nazionale professionisti della seria A, all'articolo 10, al comma 1, prevede «ai fini del presente statuto–regolamento per indipendenti si intendono soggetti che non abbiano alcun rapporto a qualsiasi titolo con le società associate, e/o con gli azionisti di riferimento e le controllate della società associate, e/o con il gruppo di appartenenza delle società associate, e/o con altra lega professionistica»;

   il sito d'informazione Fanpage.it, il 10 ottobre 2019, riporta la notizia che la Procura federale della giustizia abbia aperto un'indagine sull'elezione nel 2018 di Gaetano Miccichè alla presidenza della Lega calcio serie A;

   una candidatura resa possibile grazie alla modifica dello statuto, approvata nella stessa assemblea che l'ha votato presidente. L'elezione di Gaetano Miccichè avvenne non a scrutinio segreto, come previsto dal regolamento;

   nel 2018, quando avvenne la votazione, Miccichè era direttore generale di Intesa Sanpaolo e presidente di Banca Imi. Era stato indicato nella lista di Urbano Cairo per il rinnovo del consiglio di amministrazione di Rcs, carica che aveva mantenuto anche dopo l'elezione al vertice della Lega calcio. Urbano Cairo è anche il presidente del Torino, una delle venti società di serie A. La Lega calcio, all'epoca, era commissariata ed il commissario era il presidente del Coni Giovanni Malagò;

   in quel periodo si discutevano i diritti televisivi per le partite di calcio, la società spagnola Mediapro aveva ottenuto i diritti televisivi della serie A per il triennio 2018-2021 per 1,05 miliardi di euro a stagione. L'accordo sarebbe stato poi cancellato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che avrebbe ritenuto non valido il bando, portando così a una nuova gara e all'assegnazione dei pacchetti a Sky e Dazn;

   l'apertura dell'inchiesta della Procura federale coinciderebbe con il fatto che la serie A di calcio avrebbe trovato l'accordo sempre con la società Mediapro, che porterebbe alla creazione del canale della Lega calcio e garantirebbe introiti per 1,283 miliardi di euro a stagione. L'accordo, che coprirebbe il periodo 2021-2024, ha visto in prima fila il presidente Gaetano Miccichè e l'amministratore delegato Luigi De Siervo –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di evitare conflitti di interessi in capo agli organi di vertice della Lega calcio, nonché in materia di regolare assegnazione dei diritti televisivi per le partite di calcio di serie A.
(3-01174)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Eva Lorenzoni n. 4-04216, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 269 del 2 dicembre 2019.

   EVA LORENZONI e MURELLI. – Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. Per sapere – premesso che:

  la celiachia è una malattia permanente su base infiammatoria che colpisce l'intestino tenue, causata da una reazione autoimmune al glutine, la frazione proteica di alcuni cereali come il grano, l'orzo e la segale; l'unico trattamento possibile per la celiachia è una strettissima e permanente dieta priva di glutine (gluten-free), che permette di eliminare i sintomi e di ricostituire i tessuti intestinali, di solito entro 6-18 mesi dalla diagnosi;

  il servizio sanitario nazionale (Ssn), entro determinati limiti di spesa, garantisce alle persone affette da questa patologia il diritto all'erogazione gratuita degli alimenti cosiddetti glutenfree specificamente formulati per celiaci;

  nella maggior parte delle regioni, il meccanismo di esenzione si basa sulla consegna di buoni pasto in formato cartaceo che vengono rilasciati periodicamente ai pazienti da parte dell'azienda sanitaria di pertinenza;

  il rimborso dei buoni cartacei è estremamente macchinoso e genera lunghi tempi di attesa che disincentivano gli esercizi commerciali e la grande distribuzione. Inoltre, non consente una tracciabilità trasparente e reale e reale delle transazioni in questione;

  a quanto consta, si sarebbero verificati episodi di buoni falsificati, duplicati o, ancora, di rimborsi per importi superiori a quelli spettanti. È di pochi giorni fa la notizia del sequestro di quasi un milione di euro nei confronti di due società dedite alla vendita di prodotti per celiaci, indagate per truffa aggravata ai danni dello Stato;

  la dematerializzazione del buono risolverebbe gran parte delle anzidette criticità, garantendo una rendicontazione istantanea e trasparente, la circolarità del beneficio nelle varie regioni, nonché una minore spesa complessiva grazie alla riduzione dei costi di carta, attività burocratiche e personale con possibilità di reimpiegare le risorse liberate in favore dei pazienti celiaci –:

  se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare a fronte dei fatti esposti in premessa, al fine di avviare il processo di dematerializzazione dei buoni per l'acquisto di prodotti senza glutine specificamente formulati per soggetti celiaci e garantire la celerità e la trasparenza delle transazioni di cui si discute, nell'interesse dei pazienti, degli attori della filiera e del servizio sanitario nazionale.
(4-04216)