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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 2 dicembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    Italia e Taiwan desiderano addivenire ad una cooperazione più stretta ed effettiva, al fine di migliorare le relazioni politiche, culturali e commerciali tra le due nazioni;

    il miglior investimento sul futuro è quello sui giovani, cittadini del domani. Lo Stato ha il dovere di favorire la crescita personale e l'emancipazione dei giovani, anche attraverso periodi di soggiorno all'estero;

    per favorire la cultura dello scambio, appare necessario costituire un Programma di vacanze lavorative che consenta ai giovani italiani e taiwanesi di sperimentare la convivenza con nuove culture, nuovi lavori e nuovi stili di vita;

    obiettivo del Programma di vacanze lavorative è quello di facilitare lo svolgimento di periodi di vacanza nella nazione ospitante durante i quali i giovani dell'altra nazione partner del progetto possano avere la possibilità di trovare un lavoro pagato al fine di procurarsi risorse finanziare per sostenersi nel corso del proprio soggiorno;

    ciascun giovane potrà beneficiare di questo programma di scambio solo una volta;

    i giovani che intendono partecipare al Programma di vacanze lavorative dovranno rispettare i requisiti previsti attraverso un apposito accordo tra Italia e Taiwan e dovranno inviare la propria richiesta alle autorità nazionali designate per l'implementazione di tale programma;

    i giovani che intendono partecipare al programma di scambio dovranno rispettare i seguenti requisiti minimi:

     a) soddisfare i criteri di eligibilità previsti dalle rispettive legislazioni sull'immigrazione;

     b) avere un'età compresa tra i 18 e 30 anni alla data di invio della domanda;

     c) non avere persone finanziariamente a proprio carico;

     d) non avere beneficiato in precedenza di questo programma;

     e) possedere un passaporto rilasciato dalle rispettive autorità competenti in corso di validità per l'intera durata del programma;

     f) essere in possesso di un biglietto di ritorno valido verso la propria nazione d'origine;

     g) avere risorse finanziarie sufficienti per provvedere ai propri bisogni dall'inizio del proprio soggiorno. Tale soglia sarà determinata in fase di accordo da ciascun firmatario;

     h) aver sottoscritto una polizza assicurativa onnicomprensiva che copra tutti i rischi per il periodo per il quale sono autorizzati a soggiornare nella nazione ospitante. Tale polizza dovrà fornire copertura per gli infortuni sul lavoro e per le questioni mediche, inclusi i costi medici, di ospitalizzazione e rimpatrio, per l'intera durata del soggiorno;

     i) essere in possesso di un certificato medico comprovante l'assenza di malattie o infermità che possano danneggiare la salute pubblica, l'ordine pubblico o la sicurezza della nazione ospitante;

     l) produrre un certificato di buona condotta;

     m) provare che lo scopo primario del viaggio è fare una vacanza e che il lavoro è solo un obiettivo secondario, non la ragione principale della loro visita;

     n) avere una conoscenza sufficiente della lingua inglese o di una delle lingue nazionali delle nazioni firmatarie;

     o) pagare le tasse richieste;

     p) essere residente in una delle nazioni firmatarie alla data della domanda;

    ogni nazione firmataria acconsentirà che partecipanti al programma entrino nella propria giurisdizione attraverso un visto che consenta ingressi multipli. Il visto sarà valido per un periodo di massimo 12 mesi e la durata del soggiorno non può essere mai superiore a tale limite. Lo scopo del loro soggiorno non può essere soggetto a nessun cambiamento nel corso di questo periodo;

    i beneficiari di questo programma dovranno rispettare gli obblighi previsti dalle rispettive legislazioni in materia di anagrafe dei residenti, ivi compresa la possibilità di circolare nei territori degli Stati membri dell'area Schengen, in accordo con la regolamentazione dell'area Schengen;

    i beneficiari di questo programma saranno esonerati dall'obbligo di possedere un permesso di lavoro per esercitare un'attività come lavoratore dipendente. A loro sarà concesso di sottoscrivere contratti temporanei di lavoro e non potranno essere impiegati da ciascun datore di lavoro per più di sei mesi;

    i rapporti di lavoro saranno sottoscritti nel pieno rispetto della legislazione vigente nella giurisdizione ospitante, in particolare quella concernente la pratica delle professioni regolamentate o per cui è prevista l'iscrizione ad un albo;

    i partecipanti saranno trattati allo stesso modo dei cittadini della giurisdizione ospitante al fine dell'applicazione delle leggi vigenti;

    nei rapporti di lavoro sottoscritti nell'ambito del suddetto programma, sono applicate le leggi e le regolamentazioni della giurisdizione ospitante riguardanti i termini e le condizioni di lavoro, la paga, la sicurezza e l'igiene sul posto di lavoro, le prescrizioni di sicurezza sociale;

    ciascun firmatario potrà rifiutarsi di approvare qualsiasi domanda di partecipazione ricevuta. Ogni firmatario potrà, in accordo con la propria legislazione, negare l'ingresso o provvedere all'espulsione dei partecipanti considerati indesiderati;

    le nazioni firmatarie determineranno, annualmente, il numero massimo di giovani che possono essere autorizzati a beneficiare del programma,

impegna il Governo

a segnalare all'ufficio di rappresentanza di Taipei l'intendimento di istituire un Programma di vacanze lavorative che contenga, nei requisiti, quanto esposto in premessa.
(7-00383) «Delmastro Delle Vedove».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    il 3 marzo 2015 il Governo ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», che ha l'obiettivo di contribuire a ridurre il gap infrastrutturale e di mercato esistente, attraverso la creazione di condizioni più favorevoli allo sviluppo integrato delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili, e rappresenta il quadro nazionale di riferimento per le iniziative pubbliche a sostegno dello sviluppo delle reti a banda ultra larga in Italia, al fine di soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020;

    la prima fase dell'attuazione della Strategia riguarda le aree a fallimento di mercato definite «aree bianche» presenti sull'intero territorio nazionale;

    in particolare, il Governo ha scelto di sostenere, tramite fondi nazionali (Fsc) e fondi comunitari (Fesr e Feasr, assegnati dalle regioni al Ministero dello sviluppo economico in base ad un accordo quadro Stato-regioni) un modello ad «intervento diretto», autorizzato dalla Commissione europea ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato;

    l'intervento consiste nel costruire una rete di proprietà pubblica che verrà messa a disposizione di tutti gli operatori che vorranno attivare servizi verso cittadini ed imprese. L'intervento pubblico in tali aree è ritenuto necessario per correggere disuguaglianze sociali e geografiche generate dall'assenza di iniziativa privata da parte delle imprese e consentire, pertanto, una maggiore coesione sociale e territoriale mediante l'accesso ai mezzi di comunicazione tramite la rete a banda ultra larga;

    l'attuazione della Strategia è affidata al Ministero dello sviluppo economico, che si avvale della società in house Infratel Italia s.p.a. e comprende i seguenti obiettivi:

     la copertura ad almeno 100 Mbps fino all'85 per cento della popolazione;

     la copertura ad almeno 30 Mbps della restante quota di popolazione;

     la copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici (scuole, ospedali e altro), delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici;

    nella realizzazione del piano il territorio nazionale è stato suddiviso in 94.645 aree territoriali di riferimento a loro volta raggruppati in 4 tipologie di cluster di intervento a seconda del livello di coinvolgimento pubblico necessario per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato, con i cluster C e D corrispondenti alle «aree bianche», prevedendo specificamente che nel cluster C rientrino le aree nelle quali è prevedibile o è previsto un co-investimento dei privati solo a fronte della concessione di incentivi, e che nel cluster D rientrino le aree nelle quali non vi sono le condizioni per investimenti privati neanche a fronte della concessione di incentivi;

    le risorse destinate alla realizzazione del piano sono state individuate in quelle del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) per il ciclo di programmazione 2014-2020, nel limite di 3,5 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi di euro sono assegnati per interventi di immediata attivazione. Le risorse complessive destinate al piano banda ultra larga potranno ulteriormente essere integrate con ulteriori 1,4 miliardi di euro con successivi provvedimenti normativi;

    la prima gara del valore di 3 miliardi di euro è stata assegnata a giugno 2017 per l'Abruzzo, il Molise, l'Emilia-Romagna, la Lombardia, la Toscana e il Veneto. La seconda gara d'appalto è stata assegnata a novembre 2017 e riguarda il lancio di reti a fibra ottica nelle regioni Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia e la provincia autonoma di Trento. La terza e ultima gara per la fornitura di infrastrutture a banda larga in aree rurali non servite e svantaggiate del valore di 103 milioni di euro è stata lanciata nell'aprile 2018 e copre le regioni Calabria, Puglia e Sardegna. In tutte le gare il soggetto aggiudicatario è risultato essere Open Fiber;

    al 4 Novembre 2019 il progetto banda ultra larga risulta in grave ritardo rispetto alle tempistiche preventivate; su 5.554 comuni interessati dagli interventi solo in 5 di essi i lavori sono stati terminati definitivamente, con la rete collaudata e operativa. In altri 310 comuni i lavori sono stati ultimati, ma non è ancora stato effettuato il collaudo di funzionalità. In 1.614 comuni i lavori sono in corso, con 220 comuni in cui si attende l'approvazione del progetto esecutivo e 474 in cui il concessionario Open Fiber ha avviato la richiesta di autorizzazione. Nei restanti 3.625 comuni i lavori non sono stati ancora avviati;

    il cluster B corrisponde alle cosiddette «aree grigie» e congiuntamente al cluster A ricomprende circa il 65 per cento della popolazione italiana e a questi cluster saranno destinate circa il 50 per cento del volume di risorse complessive definito dalla strategia, utilizzabili sia per le infrastrutture che per gli incentivi all'utente finale;

    all'interno delle «aree grigie» si trovano circa 7.000 aree industriali ove sono ubicate la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane che ad oggi sono prive di connessione in fibra oltre 30 Mbps. Il divario digitale produce una forte incidenza sulla competitività delle imprese, in particolare in campo internazionale ove imprese di altri Paesi hanno più facilità di accesso a connessioni ultraveloci, fondamentali anche per cogliere le nuove potenzialità messe a disposizione del mercato dal cosiddetto internet delle cose (Internet of things). In dette aree è dunque necessario realizzare in tempi adeguati l'infrastrutturazione della banda ultra larga, evitando i ritardi registrati nelle aree bianche,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per individuare modalità di gara riguardanti lotti di dimensione inferiore rispetto a quelli delle «aree bianche» di cui ai cluster C e D, coinvolgendo un numero più ampio di operatori nelle attività di installazione della fibra;

   ad adottare iniziative per prevedere l'erogazione di voucher, nell'ambito delle risorse stanziate dalla delibera Cipe 71/2017, da destinare a piccole e medie imprese e singoli cittadini al fine di favorire e incentivare l'accesso ai servizi di connessione alla rete internet ad almeno 100 Mbps.
(7-00384) «Zanella, Mulè, Sozzani, Bergamini, Pentangelo, Rosso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI, OLGIATI, MARTINCIGLIO, D'ORSO, SARLI, DAVIDE AIELLO, VILLANI, NAPPI, GRIPPA, D'ARRANDO, PENNA, DEL SESTO, SPORTIELLO, PERANTONI e GIULIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 della Convenzione di Istanbul stabilisce che la «violenza nei confronti delle donne» comprende gli atti di violenza fondati sul genere che provocano danni o sofferenze, anche di natura economica (lettera a)); mentre alla lettera b) stabilisce che la «violenza domestica» designa tutti gli atti di violenza, anche economica, che si verificano all'interno della famiglia o tra attuali o precedenti coniugi o partner;

   la guida sulla violenza economica della Casa di accoglienza delle donne maltrattate (Cadmi), scrive che «la violenza economica si riferisce a atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, ovvero attraverso un'esposizione debitoria, o ancora impedendole di avere un lavoro e un'entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà», ed è diffusa trasversalmente ed indipendentemente dalle fasce di reddito delle donne;

   da una ricerca Episteme sulle donne e sulla gestione economica delle famiglie emerge che oltre tre donne su 10 non hanno un conto corrente personale;

   l'Italia si trova al quinto posto in Europa per divario (2,7 per cento) del rischio di indigenza a sfavore del sesso femminile; nel nostro Paese le donne non hanno lo stesso accesso alle risorse finanziarie degli uomini e i loro stipendi sono mediamente più bassi;

   dati Istat 2016 mostrano che le donne in povertà assoluta sono 2 milioni e mezzo (il 7,9 per cento della popolazione femminile) e sono soprattutto madri (un bambino su otto, infatti, si trova a vivere nella più totale indigenza);

   la difficoltà di rilevare e comprendere il fenomeno della violenza economica è dovuta anche al fatto che non sono rilevati i dati sulla violenza economica a livello nazionale e in maniera sistematica;

   nel rapporto di monitoraggio 2016 dei Centri della regione Emilia-Romagna risulta che il 41,5 per cento delle donne che si rivolgono ai Centri medesimi subisce violenza economica;

   a livello regionale sono state adottate buone pratiche per sostenere le donne vittime di violenza economica, come il «reddito di libertà» o il «contributo di libertà», al fine di favorire l'autonomia delle stesse e lo sviluppo di un progetto di vita indipendente; tuttavia, si tratta di misure distribuite a macchia di leopardo;

   per supportare le donne che denunciano violenza sono state create in questi mesi nelle caserme dei carabinieri e nei commissariati numerose stanze per accogliere le vittime di violenza, le cosiddette «stanze rosse», in cui le vittime che decidono di denunciare riescono a sentirsi più a loro agio;

   per aiutare l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne vittime di violenza, occorre prorogare ed estendere gli sgravi contributivi per l'assunzione di queste vittime a tutte le categorie di datori di lavoro;

   al fine di affrontare il problema della violenza economica, si rende necessario acquisire tutte le informazioni salienti sin dall'inizio, per esempio sin dalla fase della denuncia –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per estendere alle donne vittime di violenza una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati ex articolo 18 della legge n. 68 del 1999;

   se il Governo intenda promuovere in tutto il Paese la creazione delle «stanze rosse» di cui in premessa;

   se il Governo intenda adottare iniziative al fine di promuovere una misura universale e omogenea su tutto il territorio nazionale di sostegno economico per le donne che denunciano violenza;

   se il Governo intenda promuovere iniziative al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita;

   se il Governo non intenda promuovere un protocollo nazionale al fine di garantire che, sin dalla fase della denuncia, sia assicurata l'acquisizione delle informazioni relative alla situazione economica delle denuncianti.
(3-01163)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIRACUSANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Messina, da oltre centodieci anni, esiste una delle più vecchie baraccopoli del nostro Paese, pesante eredità del terremoto che, nel 1908, aveva duramente colpito quell'area;

   si tratta di un reticolato di baracche e unità abitative «provvisorie», malsane, coperte da eternit che sprigionano letali fibre d'amianto, che si estende per circa 230.770 metri quadrati, dove vivono oltre 2.100 famiglie, pari a circa 6.400 persone, con almeno 47 malati terminali oltre a invalidi e anziani;

   nel tempo, la situazione è ulteriormente peggiorata con il forte aumento di baracche abusive che hanno creato in diverse zone di Messina vere e proprie «favelas»: una sorta di «area franca», un ambito spesso impenetrabile e sotto il controllo della criminalità organizzata con vere e proprie piazze di spaccio;

   dalla relazione dell'azienda sanitaria provinciale di Messina dell'agosto 2018 e da verifiche e sopralluoghi effettuati da funzionari del comune in alcuni dei predetti ambiti territoriali, emerge una condizione igienico-sanitaria in cui si evidenzia la presenza di aree notevolmente degradate, con vegetazione incolta: cumuli di rifiuti di varia natura abbandonati su suolo pubblico e scarichi fognari a cielo aperto, che sovente scorrono davanti alle abitazioni, con esalazioni maleodoranti;

   all'interno delle numerose costruzioni non sono rispettati i requisiti minimi previsti per gli ambienti abitativi, in particolare per la presenza dei materiali contenenti cemento-amianto che ricoprono numerosissime costruzioni e che, oltre tutto, si presentano in avanzato stato di deterioramento con conseguente grave pericolo per la salute pubblica;

   allo stato attuale la situazione, ormai giunta a livelli cronici, rende incompatibile il procrastinarsi della permanenza all'interno delle baracche abusive dei malati terminali, degli invalidi e degli anziani che avrebbero bisogno di una assistenza continuativa;

   la firmataria del presente atto il 14 maggio 2019 con una interrogazione a risposta immediata in Assemblea (n. 3-00734), aveva sollecitato l'allora Ministro dell'interno che aveva garantito di giungere ad una soluzione definitiva della questione;

   nonostante i numerosi appelli e una situazione giunta, ormai, a livelli insostenibili ancora oggi il Governo non ha dichiarato lo stato di emergenza –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche normative, al fine di attribuire poteri speciali al sindaco di Messina per fare fronte alla situazione di emergenza descritta in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, e in quali tempi, in sinergia con il comune di Messina, anche alla luce degli ultimi sviluppi, rispetto alle problematiche delle aree in premessa, assicurando le normali condizioni di vivibilità e di sicurezza per i cittadini messinesi.
(4-04220)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che la regione Abruzzo stanzia un milione di euro alla Rai per il Festival dei cartoni animati («Cartoons on the baya»);

   se ciò fosse confermato, si sarebbe di fronte ad una decisione grave, assurda, incomprensibile: il servizio pubblico beneficia di circa 2 miliardi di euro derivanti dal canone dei cittadini, risulta quindi paradossale che venga finanziato anche con i fondi di una regione terremotata. L'Abruzzo deve fronteggiare le difficoltà della ricostruzione post terremoto e in questi giorni le pesanti conseguenze provocate dal- maltempo e in particolare dalle mareggiate;

   gli abruzzesi colpiti da calamità naturali hanno diritto, a risposte chiare e tutelanti da parte della regione Abruzzo, non di cartoni animati. La Rai azienda pubblica, potrebbe portare in Abruzzo Cartoons on the baya, utilizzando gli abbondanti fondi del canone e non i fondi di una regione terremotata –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine alla vicenda in questione e in particolare in ordine alla disponibilità di risorse, nell'ambito dell'attuazione del contratto di servizio con la Rai, per iniziative quali quelle in premessa.
(4-04222)


   BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 della «direttiva Servizi» n. 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein) prevede che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri debbano applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. In tali casi, l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico, né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami;

   l'articolo 16 del decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva 2006/123/CE, ha recepito integralmente e letteralmente l'articolo 12 della direttiva;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea si è pronunciata con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14) sulla questione della proroga delle concessioni demaniali marittime e lacuali, stabilendo che il diritto comunitario non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati;

   in particolare, la Corte di giustizia ha ribadito come il differimento nel rilascio delle concessioni mediante una procedura trasparente di gara genererebbe un danno per le imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tali concessioni, una disparità di trattamento che violerebbe i princìpi contenuti nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea i princìpi della libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di non discriminazione;

   nel corso dell'audizione svolta l'11 ottobre 2016 presso la Commissione petizioni del Parlamento europeo, la Commissione europea, in linea con quanto affermato dalla Corte di giustizia europea, ha chiarito che l'articolo 12 della direttiva servizi è applicabile alle concessioni demaniali qualora esse abbiano ad oggetto risorse scarse e che, qualora non sia soddisfatto il criterio delle «risorse scarse», si deve fare applicazione dei princìpi fondamentali sanciti dai trattati, procedendo all'affidamento competitivo delle concessioni che presentino un «interesse transfrontaliero certo»;

   in data 23 aprile 2018, Andrea Cozzolino, eurodeputato appartenente all'eurogruppo Pd, ha rivolto un'interrogazione alla Commissione europea in merito alle affermazioni di Frits Bolkestein, secondo cui «le concessioni balneari non sono servizi ma beni» e quindi la direttiva servizi non vi andrebbe applicata, ricevendo la seguente risposta, in data 6 luglio 2018, da parte di Elżbieta Bieńkowska: «nella sentenza del 14 luglio 2016, la Corte ha confermato che le concessioni balneari sono autorizzazioni ai sensi della direttiva 2006/123/CE, dal momento che esse comportano un'autorizzazione a esercitare un'attività economica in un'area demaniale. Esse rientrano quindi nell'ambito delle disposizioni pertinenti del diritto dell'UE, compreso l'articolo 12 di tale direttiva, qualora la scarsità della risorsa in questione nel territorio comunale interessato sia accertata e, in ogni caso, compreso l'articolo 49 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, qualora esista un interesse transfrontaliero certo»;

   la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, commi 682, 683 e 684 stabilisce la durata ex-lege di quindici anni per le concessioni demaniali marittime attualmente in essere, con decorrenza dal 1° gennaio 2019;

   da numerose fonti di stampa, tra cui il giornale «il Fatto Quotidiano» nell'edizione del 20 dicembre 2018, si apprendere l'ex Ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio abbia paventato una possibilità al «novantanove per cento» che l'Italia venga sottoposta ad una procedura di infrazione comunitaria a causa dell'approvazione della proroga delle concessioni delle aree di demanio marittimo per la durata di quindici anni prevista dai commi 682 e seguenti della legge n. 145 del 2018;

   nella sentenza del Consiglio di Stato n. 7874 del 18 novembre 2019 si ribadisce che «alla luce del prevalente indirizzo giurisprudenziale, non è in alcun modo riscontrabile una proroga automatica ex lege di una concessione demaniale marittima» e che la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni in essere fino al 2033, rievocando norme nazionali già dichiarate in contrasto con l'ordinamento comunitario dalla Corte di giustizia, sarebbe sostanzialmente inficiata da un vizio di legittimità –:

   se il Governo abbia valutato il rischio che l'attuale normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime esponga l'Italia all'avvio di una procedura di infrazione comunitaria;

   se il Governo intenda promuovere, con l'urgenza prevista dal caso e con le misure ritenute più opportune, la riduzione della proroga delle concessioni demaniali marittime e l'accelerazione dei tempi per l'avvio di procedure concorsuali trasparenti, competitive e debitamente pubblicizzate.
(4-04223)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21, collega il Piemonte sud-ovest con lo snodo autostradale di Gap (Francia) che consente l'accesso sia a Parigi sia alla Spagna tramite il colle della Maddalena, attraversando i comuni di Demonte, Aisone e Vinadio, ove la strada si interseca nei centri abitati con strettoie pericolose sia per la transitabilità ordinaria, sia per la sicurezza degli edifici. La strada in questione rappresenta un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti, sia per il trasporto di merci tra Italia, Francia e Spagna, sia per il traffico commerciale creato dall'azienda di imbottigliamento dell'acqua Sant'Anna, uno degli operatori economici più importanti del nostro Paese e fiore all'occhiello dell'industria italiana, la quale, per esigenze connesse alla propria produttività, necessita di una rete viaria sostenibile ed integrabile con il contesto abitativo. Inoltre, spesso, la viabilità si aggrava fortemente in caso di precipitazioni nevose, con conseguenti blocco del traffico e isolamento dei centri abitati interessati. Quest'ultimi, soprattutto a causa dei problemi ambientali che rendono inoltre particolarmente insalubri le condizioni di vita dei cittadini, nel corso degli ultimi anni, stanno subendo un pericoloso spopolamento che rischia di generare gravi e ulteriori problematiche in una valle considerata una delle più importanti del nostro territorio sotto il profilo turistico; per ovviare a tale situazione, il consiglio di amministrazione dell'Anas approvava, già nel 2008, un progetto preliminare per una variante alla strada statale 21, che prevedeva una spesa complessiva dell'opera di circa 252 milioni di euro da realizzarsi in tre lotti, di cui il primo (variante di Demonte) era inserito già nel contratto di programma Anas 2007-2011, con previsione di appaltabilità nel 2009;

   il Ministero per i beni e le attività culturali ha recentemente riconfermato il parere negativo in merito alla realizzazione di una galleria, per il passaggio della variante di Demonte, sotto la «Collina del Podio». Così facendo torna a bloccare il progetto, e riapre una situazione di impasse che dura da decenni, con buona pace dei comuni della Valle Stura attraversati quotidianamente da centinaia di tir. Il primo parere negativo era arrivato ad inizio di giugno 2019, ed il Ministero dei beni e delle attività culturali si era detto contrario per motivi paesaggisti. Si è al quinto progetto, quello che prevede, appunto, il passaggio sotto la collina del Podio, 70 metri sotto i resti di un antico forte d'età napoleonica. I finanziamenti ci sono ed è stato approvato il progetto definitivo dell'opera, presentato da Anas ormai 3 anni fa, ma l'ennesimo parere negativo e definitivo blocca la conferenza dei servizi, impedendo la pubblicazione del bando di gara per il successivo affidamento dei lavori;

   in data 25 novembre 2019, a quanto consta all'interrogante, Anas avrebbe inviato una nota al Presidente del Consiglio per chiedere a quest'ultima di dirimere le controversie fra i Ministeri competenti, e giungere così all'approvazione definitiva del progetto;

   l'opera è indispensabile per garantire l'incolumità dei residenti nei centri abitati di Demonte, Aisone e Vinadio, in quanto persistono, aggravate dal trascorrere degli anni, e dal continuo aumento del traffico «pesante», condizioni di rilevante pericolo per le persone e i beni, con responsabilità diretta e soggettiva in capo al titolare dell'arteria stradale –:

   se il Governo alla luce dei fatti dei fatti riportati in premessa, se intenda intraprendere iniziative per sbloccare l'iter del progetto riguardante la «Variante di Demonte», in modo tale da dare finalmente delle risposte alla popolazione dei centri abitati interessati.
(4-04229)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Chiesa algerina affronta momenti di forte preoccupazione riguardo al futuro della propria libertà: da gennaio 2018, sono state chiuse dalle autorità 15 chiese e ci sono alcuni cittadini algerini sotto processo per apostasia;

   molte testimonianze nel Paese raccontano che «i cristiani ex-musulmani sono perseguitati a causa della fede, rinnegati dalle loro stesse famiglie e costretti a lasciare le proprie case o, se donne, segregate tra le mura domestiche e spesso picchiate dai loro mariti. Anche sul lavoro possono esserci problemi per chi diventa cristiano e ci si aspetta che le autorità locali arrivino a utilizzare forme di persecuzione fisica»;

   la settimana scorsa, la più grande chiesa protestante in Algeria, la chiesa di Tizi-Ouzou ha ricevuto una notifica del governo locale per la quale la chiesa dovrà essere chiusa. La Chiesa protestante d'Algeria è nata nel 1972, ma il riconoscimento ufficiale da parte del Governo è avvenuto soltanto nel 2011 e durante questi 40 anni vi sono stati molti arresti e chiusure di luoghi di culto a seguito di generiche accuse di proselitismo (scalpore internazionale suscitò, ad esempio nel 2008 il processo contro Habiba Kouider, trovata in possesso di 12 bibbie e condannata a 3 anni di detenzione). Seppur diminuiti, gli arresti continuano ancora oggi, accompagnati da un dedalo giuridico che rende in pratica impossibile l'emersione ufficiale delle chiese non musulmane. La legge contro il proselitismo è datata 2006 ed ha attirato le critiche di molte organizzazioni internazionali, prima fra tutte Amnesty International;

   secondo la World Watch List di Porte Aperte, l'annuale rapporto sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che stila la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani, l'Algeria è alla 22° posizione in vertiginosa risalita rispetto all'anno passato (42° nel report del 2018);

   l'Algeria sta vivendo un periodo di forte tensione sociale, da ormai 9 mesi, ogni venerdì migliaia di giovani, donne e uomini sfilano pacificamente per le strade della capitale Algeri e di tante altre città del Paese, chiedendo una «transizione democratica», e finora hanno portato l'anziano presidente Abdelaziz Bouteflika a ritirare la propria candidatura per un quinto mandato a ad abbandonare il potere, fissando nuovi elezioni per il prossimo 12 dicembre, ma di fatto, non risolvendo lo stato di stallo in cui il Paese si trova;

   in questo clima, molti analisti ritengono che la repressione in corso ai danni dei cristiani sia un tentativo di spingere le persone all'aggressività, per creare un contesto di violenza che giustifichi uno stato di emergenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e se abbia sollevato la problematica con il Governo algerino.
(5-03216)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Seta è l'acronimo di un think tank turco che ha sede ad Ankara: la Foudation for Political, economic and Social Research, creata nel 2006. Si proclama indipendente, ma ha rapporti stretti con il partito di Governo, l'AKP del presidente Recep Tayyp Erdogan, e difatti organizza molte iniziative volte a legittimarne le politiche. Seta ha pubblicato da poco il «Rapporto 2018 sull'islamofobia in Europa», un volume di 848 pagine a cura di due ricercatori turchi, Enes Bayrakli e Farid Hafez;

   è presente un capitolo dedicato all'Italia e la cui stesura si deve ad Alfredo Alietti, docente di sociologia urbana all'Università di Ferrara, e a Dario Padovan, docente di sociologia presso il dipartimento di culture, politica e società dell'Università di Torino. In Italia, si specifica, come non siano reperibili dati ufficiali su razzismo e discriminazione, ad esclusione di un unico documento del Ministero dell'interno risalente al 2016 che riporta di soli 33 incidenti razzisti. A tal proposito gli autori hanno ovviato alla carenza di incidenti raccogliendo in maniera non sistematica sia fatti di cronaca sia report non scientifici di organizzazioni non governative come Vox diritti;

   i due accademici ammettono che in Italia non esistano limitazioni alle pratiche islamiche. Sono consentiti: il velo, salvo casi eccezionali, la macellazione halal, le moschee, la circoncisione rituale, le preghiere e il burka nonostante vi siano norme che ne vietano l'uso questo è nei fatti tollerato;

   è di tutta evidenza come gli italiani abbiano il massimo rispetto; va però considerata ad avviso dell'interrogate, per i rifugiati che i princìpi fondanti dell'Islam sono effettivamente incompatibili con quelli della civiltà cristiana occidentale e che il jihad, combattuto anche con lo strumento del terrorismo, è prescritto nel Corano e nella Sunna, benché la maggior parte dei musulmani non lo pratichino;

   si potrebbe ignorare la pubblicazione, se non fosse che è stata l'Unione europea a finanziare il rapporto. Come ricorda Burhanettin Duran, il coordinatore generale di Seta, nella prefazione: «l'EU ha generosamente finanziato l'intero progetto incluso il presente libro, i tavoli di discussione, i workshop e molte altre attività relative a questo studio» –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative di competenza, in sede europea sia ai fini di un attento monitoraggio dei fenomeni in questione, sia per evitare che siano erogati finanziamenti a progetti che, ad avviso dell'interrogante, oltre ad essere inutili minano la credibilità e la dignità di intere popolazioni, tra cui quella italiana.
(4-04224)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE dispone che gli Stati membri adottino, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori;

   l'articolo 35, comma 3, del decreto-legge n. 133 del 2014, dispone che tutti gli impianti di recupero energetico da rifiuti, sia esistenti che da realizzare, siano autorizzati a saturazione del carico termico, come previsto dall'articolo 237-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora sia stata valutata positivamente la compatibilità ambientale dell'impianto in tale assetto operativo, incluso il rispetto delle disposizioni sullo stato della qualità dell'aria di cui al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155;

   in seguito all'approvazione del decreto-legge n. 133 del 2014, ad indicare i termini operativi in cui l'impianto potrà funzionare non c'è più un quantitativo massimo di rifiuti da bruciare, ma, appunto, il solo carico termico misurato in Mwt;

   il carico termico dipende da: tonnellate dei rifiuti che vengono bruciate nelle ore annue di esercizio previste dall'autorizzazione; qualità del rifiuto che viene bruciato; potere calorifico e altro;

   il valore di massimo carico termico indicato nei provvedimenti autorizzativi che si sono adeguati al decreto non è così facilmente traducibile in un limite quantitativo dei rifiuti all'ingresso; in ogni caso tali provvedimenti devono rispettare lo spirito del decreto che prevede un utilizzo spinto al massimo degli inceneritori presenti sul territorio nazionale e di quelli in progetto per bruciare rifiuti delle zone del Paese che non hanno possibilità di smaltimento;

   secondo i dati Ispra vengono inceneriti in Italia quasi 10 milioni di tonnellate di rifiuti (metà rifiuti solidi urbani (Rsu) e metà rifiuti speciali (Rs)) nei 437 impianti di incenerimento nazionali fra inceneritori per RSU (39), RS (48) e impianti produttivi (350). Il comma 2 del citato articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 dà per scontata l'esistenza di un ulteriore fabbisogno impiantistico; tuttavia, da accessi agli atti effettuati dagli interpellanti risulta una capacità residua di trattamento termico per oltre 2.234.000 tonnellate annue nel 2017 (in aumento dal 2015 quando erano 2.014.000), considerando i soli inceneritori di rifiuti o cementifici, oltre 300.000 presso i cementifici (coincenerimento di combustibile solido secondario), senza contare centrali termoelettriche e altri impianti, per i quali non sono a disposizione degli interpellanti dati puntuali, che usano combustibili derivati da rifiuti;

   non è semplice analizzare il dettaglio merceologico dei rifiuti destinati a trattamento termico, perché, se si escludono gli impianti industriali dedicati alla gestione di uno specifico flusso di rifiuti, nella maggior parte dei casi si tratta di rifiuti indifferenziati o rifiuti derivanti dal trattamento di altri rifiuti. Le informazioni disponibili ad oggi dicono che rifiuti sanitari a rischio infettivo e prodotti assorbenti per la persona sono una percentuale rilevante sul totale dei rifiuti destinati a tale trattamento; per tali rifiuti sono disponibili metodi per la riduzione volumetrica e sperimentazione per il recupero di materia (rifiuti infettivi, circa 170 mila t di rifiuti all'anno); è stato emanato il decreto ministeriale Eow per i prodotti assorbenti per la persona (Pap, circa 1 milione di tonnellate). Il decreto «crisi aziendali» con un criterio generale di riciclo in attesa degli specifici decreti End of waste (Eow), unito a precedenti provvedimenti su specifiche tipologie di rifiuti, suggeriscono un ulteriore incremento delle possibilità di riciclo e riduzione della necessità di inceneritori;

   la direttiva 2008/50 sulle emissioni in atmosfera vede l'Italia a rischio di infrazione per l'eccesso di emissioni di gas serra; quelle legate al ciclo dei rifiuti ammontano al 5 per cento secondo i dati Ispra e ci sono alternative gestionali più sostenibili;

   il Ministro interpellato ha dichiarato in più occasioni pubbliche, anche istituzionali, di aver dato mandato ai propri uffici per la stesura di una bozza di modifica dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 –:

   se esistano volumi residui negli inceneritori o negli altri impianti di combustione di rifiuti o se questi abbondanti volumi residui documentati dipendano da disallineamento fra i dati autorizzativi, di massimo carico termico e le effettive capacità degli impianti;

   quale documentazione istruttoria sia stata acquisita dal Ministro interpellato in relazione alla proposta di modifica dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, in particolare riguardo alle capacità di trattamento e allo stato di obsolescenza degli impianti, ovvero per quanti e quali impianti sia stata valutata positivamente la compatibilità ambientale in assetto di massimo carico termico, e quale sia lo stato di avanzamento dei lavori per l'adozione di iniziative normative volte a modificare il suddetto articolo 35;

   se intenda avvalersi di ulteriori dati relativi alla capacità totale nazionale di trattamento termico dei rifiuti, oltre a quelli già utilizzati, anche in prospettiva futura relativamente alle modifiche normative e tecniche citate, o se si ritenga già conclusa la fase istruttoria.
(2-00578) «Zolezzi, Sportiello».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LICATINI, CASA, DAVIDE AIELLO, LOMBARDO e SCERRA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del D.D.G. n. 73 del 1° febbraio 2017 – che concedeva alla Ecox s.r.l. l'autorizzazione per aprire un impianto di compostaggio aerobico in contrada Canne Masche all'interno dell'area industriale del comune siciliano di Termini Imerese – la ditta «G.M. S.r.l.» veniva autorizzata, con D.D.G. n. 998 del al 24 settembre 2018, all'utilizzo di un impianto mobile per lo svolgimento di una campagna di recupero e smaltimento di rifiuti presso il suddetto impianto;

   tale impianto, operativo dal 19 agosto 2019, per quanto consta all'interrogante, risulta ad elevato impatto ambientale per abbancamenti di rifiuti superiori alle capacità della struttura ed emissioni odorigene che superano il limite della stretta tollerabilità per chi vive e lavora nei vicinissimi insediamenti residenziali e lavorativi;

   l'impianto, avente una capacità totale di smaltimento pari a 50.000 t/a, risulta essere sovradimensionato rispetto al reale fabbisogno del comprensorio, anche in considerazione della compresenza nella stessa area territoriale, specificamente nel comune di Collesano, di un altro impianto di compostaggio della portata di 20.000 t/a;

   la struttura è stata aperta nonostante sopralluoghi ispettivi da parte degli enti preposti abbiano evidenziato numerose criticità amministrative e di natura tecnica e strutturale, sia in fase di progettazione che in sede di collaudo ed apertura;

   la società – che ad oggi non ha totalmente ottemperato alle prescrizioni rilasciate in sede di autorizzazione né replicato ai solleciti della città metropolitana e dell'Arpa, al fine di colmare le suddette criticità e garantire il corretto funzionamento dell'impianto – ha ricevuto diffida da parte della regione siciliana, a cui dare riscontro ufficiale entro 20 giorni, pena l'avvio della procedura di sospensione dell'autorizzazione;

   la comunità e le istituzioni locali, preoccupati per gli indubbi effetti negativi dell'impianto in termini di sviluppo sociale ed economico, auspicano una possibilità di riscatto e di rinascita per un territorio già a lungo mortificato da un'industrializzazione ad alto impatto ambientale e priva di prospettive di sviluppo –:

   se, alla luce di quanto esposto, il Governo intenda promuovere per quanto di competenza, una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione all'impatto sull'ambiente e sulla salute dei cittadini delle emissioni prodotte, stante il mancato adeguamento alle prescrizioni impartite.
(4-04214)


   LICATINI, DAVIDE AIELLO e GRIPPA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la «Cava Carmito» è un impianto di frantumazione sito nel comune siciliano di Lentini, di notevoli dimensioni, di proprietà della ditta «Granulati Basaltici S.r.l.», inizialmente preposta ad attività di estrazione e frantumazione del basalto e successivamente adibita anche ad attività di produzione di bitumi e calcestruzzi;

   nelle immediate vicinanze insistono i terreni della Carmito S.S. Di Sebastiano Alba & C., sita in contrada Carmito, area da sempre vocata all'agricoltura, che coltiva i terreni aziendali ad agrumi e con piante da frutto;

   l'intera azienda agricola Carmito è interessata dal deposito di emissioni di polveri provenienti dalla limitrofa cava di basalto e dall'impianto di frantumazione di proprietà della Granulati Basaltici S.r.l. e le analisi cliniche compiute comprovano la presenza di notevole quantità di polveri sulle piante dell'azienda agricola Carmito e nell'aria come particelle aereo disperse;

   tali emissioni hanno provocato, altresì, danni alle piante del terreno agricolo, causando la riduzione dello sviluppo vegetativo con formazione di seccume diffuso, nonché alla salute pubblica, alla vivibilità del territorio e agli operatori;

   ai danni provocati all'ambiente, si aggiungono, per l'appunto, i danni alla salute di chi opera costantemente nei terreni agricoli adiacenti alla cava, incidendo essa sulle vie respiratorie e sugli occhi e manifestandosi sotto forma di congiuntivite allergica, dal momento che le polveri si depositano sugli alberi che sono, successivamente, potati dagli stessi lavoratori –:

   se alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo intenda assumere iniziative, anche promuovendo una verifica da parte del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, volte a verificare l'impatto sull'ambiente e sulla salute dei cittadini delle emissioni prodotte.
(4-04228)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   come riferito nell'editoriale di Piero Sansonetti nella edizione del 28 novembre 2019 del Riformista, appare del tutto singolare che nella giornata precedente molte testate giornalistiche avessero, quasi contemporaneamente, dato notizia di perquisizioni nella sede della società dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo, disposte dalla procura della Repubblica di Firenze, nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open;

   in realtà, fino ad ora, nessuna perquisizione risulterebbe essere stata effettuata presso l'abitazione o agli uffici di Alfredo Romeo, cosicché la notizia, diffusa con grande risalto mediatico, sarebbe risultata infondata;

   il direttore del Riformista ha ipotizzato una fuga di notizie da parte dell'ufficio inquirente, che potrebbe aver ordinato la perquisizione, ma che poi per qualche ragione potrebbe avervi rinunciato;

   è comunque un episodio sconcertante, su cui l'interpellante crede sia opportuno fare piena luce;

   se intenda adottare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa, anche ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare in relazione all'ipotesi di una fuga di notizie in ordine alla perquisizione di cui in premessa.
(2-00579) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta orale:


   ASCARI, DAVIDE AIELLO, VILLANI, NAPPI, GRIPPA, CASA, SPORTIELLO e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 8 del 2016 ha provveduto a depenalizzare e trasformare in illeciti amministrativi una serie di reati considerati di minor allarme sociale, con l'obiettivo di deflazionare il sistema penale;

   tra le fattispecie depenalizzate previste nel codice penale è compresa quella degli atti contrari alla pubblica decenza (articolo 726 c.p.);

   per diversi anni l'articolo 726 è stato utilizzato per sanzionare la pratica del naturismo, ma la sentenza della Corte di Cassazione n. 3557 del 2000 afferma che il naturismo non sia assolutamente da considerare indecente, se praticato in luoghi adatti;

   dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 2016, sembrerebbe siano state elevate decine di sanzioni a ignari turisti che si trovavano a prendere il sole nudi in luoghi solitamente frequentati da naturisti;

   risulta che il giudice di pace di Cecina abbia accolto un ricorso proposto contro queste sanzioni, annullandole;

   la depenalizzazione degli atti contrari alla pubblica decenza, con trasformazione in illecito amministrativo, ha avuto effetti paradossali sulla pratica naturista;

   precedentemente gli atti contrari alla pubblica decenza erano un reato contravvenzionale, punito con l'ammenda: ricevuta la notizia di reato, il pubblico ministero spesso richiedeva al giudice l'archiviazione;

   attualmente, con la trasformazione in illecito amministrativo, la legge, oltre ad aver considerevolmente alzato la sanzione pecuniaria, ha reso più difficile, per chi colpito dalla sanzione, opporvisi, se non con costi quasi simili alla sanzione stessa per vie delle spese legali da sostenere;

   il numero di naturisti in Europa è attestato intorno ai 20 milioni di praticanti. In Italia, Paese nel quale non esiste una legge che regolamenti il nudismo, i naturisti si stimano siano circa 500.000. Diverse sono in questi anni le regioni che hanno approvato una legge in materia: Emilia-Romagna, Abruzzo, Veneto, Piemonte e Sardegna; in alcuni casi i comuni sono intervenuti con delibere di giunta o di consiglio comunale per individuare spiagge dedicate alla pratica del naturismo, come in Toscana, Sicilia, Veneto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare per evitare che, in sede di applicazione del decreto legislativo n. 8 del 2016 di depenalizzazione di alcuni reati, si sortisca il risultato del tutto paradossale di abbandonare quanto sancito da una giurisprudenza comunemente applicata, oramai favorevole alla cultura naturista, ritornando a sanzionare gravemente pratiche oggi riconosciute come lecite, diffuse e da sostenere, anche per il considerevole indotto economico e turistico in grado di apportare al Paese;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per chiarire modalità e modularità di applicazione delle sanzioni amministrative, riferite agli atti contrari alla pubblica decenza, in maniera da non colpire indebitamente coloro che praticano il naturismo;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche di tipo normativo, al fine di delineare un quadro giuridico volto a garantire l'esercizio della pratica naturista, senza il rischio di sanzioni, nel rispetto della pubblica decenza.
(3-01162)


   RUGGIERI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158,159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta — inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca — sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i principi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione — di fatto — della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto — a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile — che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello — avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario — con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 29 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione defacto, della prescrizione.
(3-01164)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOSCOLO e DI MURO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura del carcere «Sant'Agostino» di Savona è avvenuta con decreto del Ministro della giustizia, il 28 dicembre 2015; il carcere è stato poi totalmente dismesso il 3 giugno 2016;

   lo smistamento dei detenuti, con i conseguenti problemi sia di sovraffollamento che di sicurezza, è avvenuto mediante trasferimenti nelle case circondariali di Marassi a Genova (istituto di per sé problematico e in costante emergenza per il sovraffollamento carcerario), Sanremo-Imperia o della Toscana; il personale di polizia penitenziaria è stato destinato ad altre sedi dove tuttora permane in attesa di conoscere la definitiva assegnazione;

   già in data 30 maggio 2016, l'allora Ministro della giustizia, firmatario del decreto di chiusura sulla base della circostanza che si trattasse di un penitenziario «indegno» per i diritti umani dichiarava: «Stiamo portando avanti un progetto dell'istituto penitenziario che superi la vecchia struttura fatiscente e che dia una risposta che il comprensorio attende da tempo.»;

   la prima firmataria del presente atto, nel mese di ottobre 2019, accompagnata dal segretario nazionale Sappe per la Liguria, ha visitato il carcere di Pontedecimo, raccogliendo le testimonianze dirette di chi ogni giorno presta servizio nella struttura, e ha verificato di persona questioni urgenti che devono essere affrontate quanto prima: c'è un problema di sovraffollamento, con 152 detenuti totali nonostante la capienza di 96, di cui oltre la metà psichiatrici e il 54 per cento stranieri. Una situazione resa ancor più difficile dalla preoccupante carenza di personale, pari al 40 per cento, e dalla necessità di opere di manutenzione, nonostante si tratti di un carcere piuttosto recente;

   è necessario fornire alla polizia penitenziaria ed al personale che ivi lavora risposte concrete e porre rimedio alla situazione di difficoltà, più volte denunciata dal sindacato, in cui versa il carcere;

   ad oggi non risulta avviato alcun progetto di costruzione del nuovo istituto penitenziario savonese, anche se i comuni della provincia, (Cairo Montenotte e Cengio) hanno dato piena disponibilità ad ospitare il carcere nei loro territori;

   occorre portare avanti progetti, con la collaborazione degli enti locali, per la realizzazione di una nuova struttura, sicura e all'avanguardia sul territorio della provincia di Savona, unica provincia senza carceri in Liguria, dopo la chiusura del Sant'Agostino –:

   quali saranno le iniziative del Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa, con riferimento ai modi e ai tempi di costruzione e apertura del nuovo carcere di Savona e a tutela del personale di polizia penitenziaria di Savona.
(4-04218)


   RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la mattina del 17 luglio 2019, durante la perquisizione presso una privata abitazione, gli agenti notavano la presenza di numerose piante di marijuana corredate da impianto di irrigazione ed ordinatamente organizzate nell'angolo del balcone di un appartamento sito al pian terreno della stessa palazzina, che si è successivamente scoperto essere di proprietà dell'ex deputata, esponente del Partito radicale, Rita Bernardini, al momento della perquisizione fuori casa;

   durante l'operazione il carabiniere scovava ben 32 piante di marijuana alte mediamente un metro e venti, con fusto di medie dimensioni, interrate in distinti vasi, coltivate sul terrazzo in attesa della fioritura;

   un'ora prima dell'intervento degli agenti, la stessa Bernardini aveva pubblicato su Facebook un post in cui raccontava della telefonata dei carabinieri che l'avevano contatta per chiederle se era in casa: «lei è in casa? No, veramente sono sul treno per andare a Parma, sto fuori 2 giorni. Deve venire qui! Ho fatto appena in tempo a scendere dal treno e ora sono su un taxi verso casa. #cannabis regolamentata! Accesso alle cure!!!»;

   la donna veniva posta in stato di arresto per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti di cui all'articolo 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (previste pene da sei anni in su), ma, poco dopo, inspiegabilmente rilasciata, non avendo la procura confermato l'ordine di arresto;

   la stessa Rita Bernardini, uscita dalla caserma, ha protestato formalmente, chiedendo che venisse aggiunta nel verbale di sequestro una dichiarazione: «Esprimo tutto il mio disappunto per la decisione della Procura di Roma di non procedere al mio arresto, come accade a tutti i cittadini che vengono sorpresi a coltivare marijuana. Così si usano due pesi e due misure e la legge finisce per non essere uguale per tutti. La vera disobbedienza civile esige che con ci siano esimenti di tipo politico quando si decide di violare la legge in vigore. Che migliaia di malati non riescano ad accedere ai farmaci cannabinoidi per l'inefficienza dello Stato è semplicemente intollerabile, tanto più che la legge che ne prevede la somministrazione risale al 2007» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda promuovere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-04233)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il presidente della giunta della regione Abruzzo, insieme al sottosegretario alla presidenza della giunta, ha incontrato, il 15 luglio 2019, i sindaci che risiedono nei diversi comuni della Valle Roveto;

   nel corso di questo importante incontro i sindaci hanno fatto presente, al presidente e alla giunta, le questioni più urgenti da affrontare e in particolare è stato sollevato il problema della viabilità con il raddoppio della superstrada del Liri. A seguire la necessità di interventi urgenti sulla ex strada statale 82, oggi strada provinciale, e sulla strada provinciale 63 Simbruina, che collega le due regioni Abruzzo e Lazio;

   il presidente a fine incontro ha assicurato il massimo impegno da parte della regione, anticipando ai presenti un primo incontro con il dipartimento Anas, per avviare le possibili soluzioni alle questioni che sono state sollevate –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario adottare, in tempi rapidi, iniziative, per quanto di competenza, per pervenire a una soluzione adeguata a tutela dei cittadini, in particolare in tema di sicurezza, attraverso il ripristino delle importanti arterie citate in premessa.
(4-04219)


   CASSINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il viadotto Sori, uno dei più importanti e trafficati dell'autostrada A12, come evidenziato dai periti della procura di Genova, ha problemi di staticità dovuti molto probabilmente a infiltrazioni d'acqua che nel tempo hanno corroso i cavi in acciaio all'interno;

   gli stessi periti hanno evidenziato la preoccupazione riguardo soprattutto ai due piloni iniziali del viadotto Sori (lungo 400 metri, alto più di 100) su cui appoggia l'impalcato, e sui «cassoni» che negli ultimi sei anni non risulterebbero mai controllati, né ispezionati;

   nel corso delle verifiche effettuate nelle ultime settimane all'interno delle gallerie del ponte, gli esperti del pubblico ministero avrebbero evidenziato un alto stato di corrosione dei cavi interni che potrebbe portare a un serio deficit di stabilità della struttura;

   a novembre 2019 sul comune di Sori e in tutta la zona limitrofa ha praticamente sempre piovuto;

   nelle scorse settimane i rocciatori incaricati dagli inquirenti, accompagnati dai militari della Guardia di finanza, avevano ispezionato i «cassoni» proprio sotto l'impalcato, scoprendo la presenza di molta acqua;

   le stesse infiltrazioni d'acqua riscontrate nel viadotto Sori sono state anche accertate sul viadotto Bisagno, un ponte gemello che si trova a qualche decina di chilometri di distanza sull'omonimo torrente che attraversa Genova;

   entrambi i viadotti sono stati costruiti negli anni ’60 con il sistema Dywidag, cioè mediante centinatura a sbalzo autoportante, utile nel caso di ponti di notevole altezza o con il fondovalle occupato da costruzioni;

   la procura di Genova ha formalizzato la decisione di realizzare una super perizia sui quattro viadotti che hanno appena ottenuto il voto 70 e che sono al centro di una nuova indagine per falso. Si tratta del Coppetta e dello Scrivia (A7), del Bormida carreggiata Nord (A26) e del Ponticello ad Archi (A10);

   la regione Liguria ha inviato il 24 settembre 2019 una prima lettera al Ministero per conoscere la situazione dei lavori di adeguamento delle gallerie sui tratti autostradali della Liguria e per avere ragguagli sulla situazione dei lavori messi in campo da Aspi, a quanto consta all'interrogante senza ottenere a oggi alcuna risposta –:

   quali iniziative di competenza, con quali tempi, il Ministero interrogato intenda adottare per evitare ulteriori pericoli per l'incolumità dei cittadini che quotidianamente sono costretti a percorrere suddetti viadotti, così come ai cittadini che abitano a ridosso e – in alcuni casi – anche sotto i viadotti; quali siano i motivi per cui non è ancora pervenuta risposta alle missive della regione Liguria nonostante i ripetuti solleciti e come sia stato esercitato finora il potere di controllo in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(4-04221)


   FICARA e GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto di Catania è gestito dalla Sac s.p.a., detenuta per il 61,22 per cento dalla camera di commercio del Sud Est, per il 2,04 per cento dal comune di Catania, per una quota di pari valore, per il 12,24 per cento dalla città metropolitana di Catania, dal Libero consorzio comunale di Siracusa e dall'Irsap Palermo;

   la Sac ha acquistato l'intero pacchetto azionario di Intersac, società che possiede il 65 per cento della Soaco che gestisce l'aeroporto di Comiso;

   si apprende da articoli di stampa locale di un'accelerazione nel processo di privatizzazione dell'aeroporto di Catania, attraverso la cessione delle quote di maggioranza. Sul quotidiano on line livesicilia del 10 novembre 2018 si legge: «Va sollevato però un problema[...] il default del Comune di Catania, che si accoppia al dissesto della ex Provincia di Siracusa. Il terzo, l'Irsap che è in liquidazione. Questo significa che tre quote pari al 26,6 per cento sono detenute da soci in default. Sac è socia per il 60 per cento di Intersac che ha un altro socio, privato, al 40 per cento, la Ies (Iniziative editoriali siciliane) di proprietà del gruppo Ciancio, oggi oggetto di confisca/sequestro da parte del Tribunale e di cui si occupano i commissari. Ben prima di questo commissariamento l'imprenditore aveva deciso – legittimamente – di non aggiungere altro denaro. Attraverso Intersac, la Sac è socia, per il 65 per cento di Soaco [...] Il restante 35 per cento è di proprietà del comune di Comiso. “Intersac è stata messa in liquidazione volontaria – ha concluso Nico Torrisi (AD di SAC)(...)”»;

   da lasiciliaweb del 10 febbraio 2019 si apprende che il consiglio della camera di commercio del Sud Est Sicilia avrebbe «approvato nei giorni scorsi il bilancio di previsione 2019 annunciando il dissesto economico-finanziario [...]»;

   in relazione alla costituzione della camera di commercio del Sud Est della Sicilia e alla composizione del consiglio, inoltre, sarebbero pendenti ricorsi innanzi al Tar per l'annullamento di alcuni atti adottati in presenza di presunte illegittimità e una sentenza della Corte costituzionale del 2017 che ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 219 del 2016, nella parte in cui non prevede, per l'istituzione delle nuove camere di commercio, l'intesa da raggiungersi nella conferenza Stato-regioni;

   della questione, a livello regionale, si sta occupando il gruppo M5S, che ha sollevato il dubbio che potrebbe trattarsi di un tentativo di svendita delle partecipazioni pubbliche al solo fine di risolvere problemi finanziari che nulla hanno a che fare con l'interesse generale;

   nella giornata del 26 novembre 2019, la notizia del via libera alla procedura con evidenza pubblica per selezionare l’advisor che aiuterà Sac nel bando internazionale per la privatizzazione, anche se l'assessore regionale Falcone subordinerebbe la collocazione sul mercato delle quote alla presentazione di un puntuale e strategico Piano industriale per Fontanarossa di cui si dovrà avere notizia al più presto;

   da notizie di stampa si apprende di un sondaggio sull'acquisizione dell'aeroporto di Catania, che sarebbe già stato fatto dal gruppo Benetton, da Save di Venezia, ma anche da investitori stranieri: due società australe, dalle francesi Airport de Paris e Adp Vincì oltre che dall'argentina Corporacion America –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riferito e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, monitorando le operazioni di vendita delle quote, affinché l'aeroporto continui a garantire un adeguato servizio di valenza pubblica;

   quale sia l'orientamento del Governo in merito, considerato che, per l'interrogante vi è l'opportunità di non escludere la presenza del pubblico dall'assetto societario dell'aeroporto e suscitano perplessità i tempi di messa in atto dell'operazione atteso il clima di incertezza derivante dalla pendenza dei suddetti ricorsi.
(4-04230)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAN, BAZOLI, BENAMATI, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BONOMO, BORDO, ENRICO BORGHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, BURATTI, CAMPANA, CANTINI, CARLA CANTONE, CARNEVALI, CECCANTI, CENNI, CIAMPI, CRITELLI, DAL MORO, DE LUCA, DE MARIA, DE MENECH, DEL BASSO DE CARO, DELRIO, DI GIORGI, FASSINO, FIANO, FRAGOMELI, FRAILIS, GARIGLIO, GIACOMELLI, GRIBAUDO, INCERTI, LA MARCA, LACARRA, LEPRI, LOSACCO, LOTTI, LORENZIN, MADIA, GAVINO MANCA, MANCINI, MARTINA, MELILLI, MICELI, MINNITI, MORGONI, MURA, NARDI, NAVARRA, ORFINI, ORLANDO, PADOAN, PAGANI, UBALDO PAGANO, PELLICANI, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, PIZZETTI, POLLASTRINI, PRESTIPINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, ROSSI, ROTTA, SCHIRÒ, SENSI, SERRACCHIANI, SIANI, SOVERINI, TOPO, VAZIO, VERINI, VISCOMI e ZARDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa nazionali e locali si apprende che in data 28 novembre 2019 le forze dell'ordine, dirette dalla procura distrettuale antimafia e antiterrorismo di Caltanissetta, hanno eseguito l'operazione «Ombre nere»;

   tale operazione volta a sgominare una rete sul territorio nazionale di soggetti di estrema destra appartenenti a organizzazioni di stampo neonaziste, che avrebbe dovuto prendere il nome di Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori, ha portato alla perquisizione di 19 militanti in diverse province italiane;

   tra questi, è stata perquisita l'abitazione di una donna residente a Cittadella, in provincia di Padova, che sembra essere al vertice dell'organizzazione e si faceva definire «sergente maggiore di Hitler»;

   nell'abitazione della donna, responsabile della propaganda e del reclutamento dell'organizzazione, sono stati rinvenuti molti materiali propagandistici come bandiere, manifesti, simboli nazisti, ma anche alcuni messaggi antisemiti diretti all'On. Emanuele Fiano, nello specifico alcune bandiere di guerra naziste con la frase «FIANO EBREO DI M....»;

   nel corso delle perquisizioni sono anche state rinvenute molte armi da fuoco, e le indagini hanno confermato che i militanti erano intenti a reperire anche materiale esplosivo;

   a parere degli interroganti, l'estensione nazionale della rete sgominata, il carattere estremamente violento dei messaggi rinvenuti e la presenza di armi da fuoco nelle abitazioni dei perquisiti disegnano un quadro preoccupante e dimostrano una organizzazione sempre maggiore di associazioni che si ispirano a ideali nazisti e fascisti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per contrastare il fenomeno che dimostra di essere sempre più dilagante.
(5-03223)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI, TOMBOLATO, VINCI e MURELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Parma, con delibera del consiglio comunale n. 99 del 19 novembre 2018, ha modificato i regolamenti comunali in materia di concessione e locazione di beni immobili di proprietà del comune, di concessione di contributi o di patrocinio, di affidamento in gestione o concessione in uso degli impianti sportivi comunali ed il regolamento per l'applicazione del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, subordinando tutti i permessi al cosiddetto bollino antifascista;

   tutte le richieste devono essere accompagnate da una dichiarazione «di riconoscersi nei princìpi costituzionali democratici e di ripudiare il fascismo ed il nazismo; di non professare e non fare propaganda di ideologie nazifasciste, xenofobe, razziste, sessiste o in contrasto con la Costituzione e la normativa nazionale di attuazione della stessa (XII Att. Cost., articolo 4, legge n. 645/1952, legge n. 205/1993); di non perseguire finalità antidemocratiche, esaltando, minacciando od usando la violenza quale metodo di lotta politica o propagandando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni ed i valori della Resistenza; di non compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e/o nazista, anche attraverso l'uso di simbologie o gestualità ad essi chiaramente riferiti»; dando atto che la mancata presentazione di tale dichiarazione preclude l'accoglimento della domanda;

   pertanto, anche i cittadini che chiedono il permesso per un passo carrabile per entrare a casa propria devono dichiarare quanto sopra riportato per poter vedere accolta la propria istanza, con evidente complicazione dell’iter burocratico ed onere per il cittadino richiedente;

   le deliberazioni sarebbero nate dalla necessità di preservare l'origine storica partigiana del comune di Parma, appositamente tutelata nello Statuto, il quale ha ottenuto la Medaglia d'oro al valor militare per la Guerra di liberazione quale riconoscimento al contributo reso dalla lotta partigiana nella Città e la Medaglia al valor civile per l'eroico coraggio della comunità parmense nell'offrire una solidaristica protezione ai perseguitati;

   il 19 settembre 2019 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’«importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa», con 535 voti a favore, nata per commemorare l'anniversario degli 80 anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale, nella quale condanna con la massima fermezza gli atti di aggressione, i crimini contro l'umanità e le massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime nazista, da quello comunista e da altri regimi totalitari –:

   se non intenda valutare se sussistano i presupposti per il ricorso alla procedura di cui all'articolo 138 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
(4-04225)


   FIORINI e BARTOLOZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a gennaio 2020 dovrebbe avere inizio la fase dell'appello del processo «Aemilia» — il più grande procedimento penale svoltosi al nord contro le infiltrazioni mafiose — il cui primo grado si è concluso a Reggio Emilia il 31 ottobre 2018 con la condanna a complessivi 1.233 anni di carcere per 119 su 148 imputati, molti dei quali sono stati condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso;

   la Corte di Cassazione ha confermato le condanne inflitte con il rito abbreviato di «Aemilia», celebrato a Bologna, avvalorando l'ipotesi accusatoria di una radicata presenza della ’ndrangheta nel territorio reggiano;

   i magistrati membri del collegio giudicante del processo «Aemilia» e quelli del rito abbreviato-bis sono tutti sotto protezione dal novembre 2018, dopo pochi giorni dalla lettura del dispositivo della sentenza in data 31 ottobre 2018;

   oltre ai tre giudici risultava essere sotto scorta anche il capo della procura di Reggio Emilia, dottor Marco Mescolini, già titolare dell'inchiesta «Aemilia» quando ancora era in servizio presso la direzione distrettuale antimafia di Bologna, e risulterebbero sotto scorta anche altri due pubblici ministeri;

   a poco più di un anno di distanza, il 5 novembre 2019, l'imputato Francesco Amato, condannato nell'ambito del processo «Aemilia» a 19 anni di carcere per associazione mafiosa, ha tenuto sotto sequestro quattro dipendenti dell'ufficio postale di Pieve Modolena a Reggio Emilia per otto ore, per poi arrendersi ai carabinieri;

   al termine del processo «Aemilia» si è resa necessaria l'adozione di un'altra misura di sicurezza con la quale è stato imposto di mantenere liberi gli stalli per i parcheggi più prossimi al piazzo di giustizia;

   la magistratura di Reggio Emilia ha disposto molteplici sequestri di beni mobili e immobili a carico di mafiosi e presunti mafiosi per centinaia di milioni di euro;

   a distanza di soli 9 giorni dall'allarme bomba al tribunale di Reggio Emilia del 20 novembre 2019, annunciato con una telefonata anonima al centralino del comando dei vigili del fuoco, un nuovo allarme è scattato il 29 novembre;

   il palazzo di giustizia è stato nuovamente evacuato. Le attività del tribunale sono state sospese. In tribunale c'erano pochi processi in corso, tra i quali proprio quello in assise sugli omicidi di ’ndrangheta del 1992 –:

   se, alla luce della persistente situazione di elevato rischio per la sicurezza e l'incolumità pubbliche, il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per:

    a) intensificare le misure di sicurezza per il tribunale di Reggio Emilia, parificandole a quelle adottate durante la celebrazione del processo «Aemilia»;

    b) disporre un presidio permanente di forze di polizia attorno al palazzo di giustizia, a tutela del personale amministrativo, del corpo magistratuale, dell'avvocatura e di tutta l'utenza che, quotidianamente, frequenta quel palazzo;

    c) rendere noto lo stato delle misure di protezione adottate in favore dei magistrati di cui in premessa, nonché garantire il rinnovo delle stesse, nell'ipotesi di perdurante pericolo per l'incolumità dei magistrati stessi e dei loro familiari;

    d) adottare adeguate misure di sicurezza in favore dei professionisti ai quali è affidata la gestione dei beni sequestrati alle mafie in Emilia Romagna, garantendone la massima tutela.
(4-04226)


   BELOTTI, LEGNAIOLI e ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 24 novembre 2019 all'incontro di calcio del campionato di calcio di Legapro Cittadella-Pisa, è stato impedito ai tifosi del Pisa di introdurre all'interno dello stadio «Tombolato» di Padova la bandiera rossocrociata simbolo della città toscana;

   la decisione della questura euganea di considerare la bandiera che riproduce la croce pisana «fuorilegge» ha suscitato clamore. La notizia ha provocato le decise reazioni non soltanto della tifoseria pisana, diretta interessata del provvedimento interdittivo, ma anche del mondo politico. La presa di posizione contraria alle decisioni assunte dagli organi di pubblica sicurezza di Padova è stata condivisa dall'intero schieramento politico: consiglieri regionali leghisti del Veneto, consiglieri comunali del Partito Democratico di Pisa, europarlamentari;

   il divieto è stato imposto dal questore sulla base della determinazione dell'8 marzo 2007 dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive che consente di introdurre negli stadi striscioni o quanto ad essi assimilabili solo se preventivamente autorizzati; possono sempre – secondo l'Osservatorio – essere introdotte ed esposte liberamente solo le bandiere riportanti i colori sociali delle due squadre che disputano l'incontro nonché quelle degli Stati rappresentati in campo;

   il questore ha reso noto che coloro che hanno esposto la bandiera con la croce pisana saranno rintracciati attraverso il circuito delle telecamere di videosorveglianza poste all'interno dello stadio per aver introdotto materiale non autorizzato;

   in tutta Italia accade che per gli striscioni si chiede l'apposita autorizzazione, mentre le bandiere, ad eccezione di quelle sociali riproducenti i colori della squadra che disputa l'incontro, vengono visionati e autorizzati direttamente nell'area di prefiltraggio dai responsabili di polizia in servizio allo stadio;

   una prassi, questa, normata in realtà dal buon senso fin dalla sua ratifica: la ratio della legge, infatti, è quella di ridurre i rischi di violenza, eliminando possibili offese e/o provocazioni di una fazione contro l'altra non quella di impedire l'accesso della bandiera storica della propria città di appartenenza;

   si tratta di simboli che affondano nei secoli le proprie radici, tanto è vero che i tifosi pisani non sono mai stati costretti a richiedere l'autorizzazione o richiedere il permesso ufficiale alla propria questura o a quella titolare della sede della partita per introdurre la bandiera rossocrociata;

   quella croce rappresenta un territorio, una storia che affonda le proprie radici nel Medioevo e nelle Repubbliche Marinare e che fa parte del patrimonio culturale della città e dei suoi abitanti;

   la Croce Pisana, insomma, lega indissolubilmente la città alla squadra di calcio identificandole sotto lo stesso vessillo;

   la normativa comunitaria (regolamento UEFA) prevede, sul punto, che «è sempre autorizzata: l'introduzione e l'esposizione di bandiere, sciarpe, coccarde, cappellini, spillette, magliette riportanti solo i colori della propria squadra nonché oggettistica di folklore che, per intrinseca conformazione, non possa impropriamente essere utilizzata quale corpo contundente. È autorizzata l'introduzione e l'esposizione di bandiere nazionali degli Stati che sono rappresentati dagli atleti in campo». L'applicazione estensiva del divieto anche alle bandiere regionali appare pertanto, a parere degli interroganti, una forzatura stante che la loro esposizione non è tesa all'offesa e quindi non è atta a turbare il sereno svolgimento dell'evento sportivo –:

   se non ritenga opportuno approfondire la dinamica della vicenda sopra descritta ed adottare, per quanto di competenza, iniziative atte ad esonerare dall'applicazione delle sanzioni amministrative i sostenitori del Pisa calcio, che per orgoglio e non certo per scompiglio, hanno esposto drappi e bandiere riportanti i loghi della storica Repubblica Pisana.
(4-04227)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nell'edificio di case popolari di largo Mengaroni a Roma, a quanto consta all'interrogante, i residenti assegnatari lamentano da circa due anni la mancanza di pressione dell'acqua, al punto che i cittadini degli immobili siti ai piani superiori hanno difficoltà nell'uso degli elettrodomestici, ma soprattutto delle caldaie per il riscaldamento autonomo e per usufruire dell'acqua calda;

   la commissione lavori pubblici del VI Municipio della Capitale, a cui spetta la programmazione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, si è recata in sopralluogo per verificare la gravità della situazione;

   per intervenire si attendevano le risorse da parte del dipartimento patrimonio che, nel frattempo, ha assunto direttamente l'esecuzione dei lavori prioritari segnalati, attraverso risorse destinate al Municipio VI per la manutenzione degli edifici di case popolari, escludendo, di fatto, proprio largo Mengaroni;

   a distanza di due anni numerosi nuclei familiari, con bambini e anziani, vengono privati della fornitura idrica, con conseguenti problemi igienico-sanitari e, talvolta, di ordine pubblico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire alle famiglie coinvolte di usufruire di un bene essenziale, quale l'acqua, ed evitare gravi rischi dal punto di vista dell'ordine pubblico e sotto il profilo sanitario, igienico ed assistenziale.
(4-04232)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in base a notizie apprese da alcuni studenti e alcune loro famiglie consta all'interrogante che al liceo classico Pellegrino Rossi a Massa si sia tenuta una lezione pomeridiana con crediti formativi avente come docente il consigliere regionale del PD Giacomo Bugliani. La titolare di cattedra organizzatrice della lezione all'interno di «officina letteraria» sarebbe Rosaria Bonotti, candidata alle ultime elezioni comunali di Massa nelle liste del PD. Durante la lezione il consigliere regionale del PD si sarebbe soffermato sui propri avversari facendo passare le sue opinioni politiche come nozioni tecniche e mascherando propaganda politica per insegnamento didattico. Gli studenti avrebbero registrato con i cellulari i contenuti di quanto detto e in tali registrazioni, ad esempio, si sente bene una pesante critica nei confronti dello spessore culturale e dialettico di Giorgia Meloni che, a dire dell'oratore, userebbe un linguaggio che «Si è fatto basso, semplice, greve fino ad arrivare ad essere ovvio e nell'ovvietà a richiamare una serie di concetti che possono far presa sul corpo elettorale e sui cittadini». Denigrando così il consenso del Partito di Fratelli d'Italia come conseguenza di un linguaggio basso e greve e non quindi scaturito dalle proposte presentate da Giorgia Meloni e dalla capacità riconosciuta dai cittadini ai componenti di Fratelli d'Italia;

   nello sfondo si sentono risate di scherno, che sarebbero riconducibili alla docente –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, considerato che sembra che personaggi politici possano svolgere propaganda nelle scuole in ore di lezione con crediti formativi senza alcun contraddittorio, mascherando tale propaganda con nozioni tecniche formative, quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare per tutelare i ragazzi da simili accadimenti.
(3-01165)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da diversi giorni la figura del direttore generale dell'Inps, dottoressa Gabriella Di Michele, è all'attenzione di diverse testate giornalistiche nazionali per vicende legate all'acquisto di un immobile ad uso abitativo;

   in particolare, alla suddetta vengono contestate diverse condotte, quali l'aver autorizzato nel 2012 il mutuo ipotecario dalla medesima richiesto e di aver ottenuto, con il parere favorevole dell'allora presidente dell'Inps, la cancellazione della multa di 200 euro che le era stata comminata per tale violazione del codice disciplinare, oppure aver commissionato sempre nel 2012 alla società Mizar Appalti srl lavori di ristrutturazione dell'appartamento in questione nel periodo in cui era direttore regionale Lazio, avendo in precedenza e successivamente affidato in forma diretta e senza gara alla stessa società di costruzioni numerose commesse per conto dell'Inps;

   inoltre, dagli articoli di stampa si evince che la medesima dottoressa Di Michele avrebbe chiesto all'allora coordinatore regionale tecnico edilizio Inps del Lazio, architetto Achille Elia, di firmare la dichiarazione di inizio dei lavori di ristrutturazione del suddetto appartamento, e che lo avrebbe incaricato della progettazione e della direzione dei lavori di ristrutturazione dell'appartamento, incarico che sembrerebbe essere stato assolto senza la preventiva autorizzazione dell'Istituto;

   è di tutta evidenza che, laddove confermate, si tratterebbe di iniziative e procedure che destano più di una perplessità circa la loro regolarità e opportunità –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di chiarire le vicende sommariamente riportate in premessa, fugando ogni dubbio o sospetto sulla vicenda in questione che riguarda la figura apicale dell'Inps.
(5-03222)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 29 novembre 2019, in concomitanza con il black friday, il giorno in cui, riprendendo un'usanza statunitense, i negozi fanno offerte promozionali e sconti eccezionali, i lavoratori degli appalti tv sono stati protagonisti di una carovana che ha fatto tappa di fronte alle sedi romane delle principali emittenti operanti in Italia;

   da tempo, ormai, questi lavoratori, a causa della pratica del massimo ribasso negli appalti, perseguito da tutte le emittenti, sono costretti a svendere i propri diritti e ad accettare condizioni contrattuali pessime, pur di ottenere un lavoro. Sono diffusi ormai in questo settore falsi contratti part-time che nascondono in realtà prestazioni over time (anche 15-16 ore lavorative), finte collaborazioni coordinate che coprono in realtà prestazioni subordinate e sottopagate, trasferte non pagate fino a 300 chilometri, festivi, notturni e reperibilità a carico del lavoratore. Inoltre, sempre più spesso, non si lavora in troupe, ma individualmente, eseguendo mansioni di due o tre lavoratori;

   Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Asa e Agi spettacolo hanno proclamato questa giornata di protesta per ripristinare una normale condizione di mercato e di leale concorrenza e per sollecitare: Confindustria Radio Tv a collaborare ed assumere un ruolo più attivo e propositivo; la Commissione di vigilanza sul servizio pubblico radiotelevisivo ad avviare finalmente un'indagine conoscitiva sugli appalti televisivi; l'Ispettorato nazionale de lavoro a disporre gli interventi ispettivi richiesti e le conseguenti procedure sanzionatorie da parte delle sue articolazioni territoriali; il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad adottare iniziative per ripristinare il rispetto delle norme di legge e contrattuali del settore –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno incontrare i rappresentanti sindacali, come tra l'altro formalmente richiesto, e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per ripristinare i diritti e la dignità dei lavoratori.
(4-04217)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   tra i diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti, oltre al diritto alla manifestazione del pensiero, rientrano anche il diritto all'onore e al decoro. La satira per essere efficace, ricorre quasi sempre ad una deformazione della realtà, arrivando al paradosso ed alla forzatura dei toni. Tuttavia non è accettabile un attacco gratuito alla persona;

   tale principio è affermato dalla Corte di Cassazione, secondo la quale la satira, al pari di ogni altra forma di comunicazione, non può violare i diritti fondamentali della persona: è illecita l'attribuzione di condotte illecite o moralmente disonorevoli, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo della persona o scherno della sua immagine;

   la protezione dell'onore rappresenta quindi un limite al diritto di manifestazione del pensiero (articolo 21 della Costituzione). In base al principio della libertà di manifestazione di pensiero, al soggetto è consentito esternare oralmente, per iscritto o attraverso qualsiasi altro mezzo di comunicazione le sue opinioni personali con l'unico limite del rispetto di quei principi etico-morali, non offensivi del senso del pudore e della pubblica decenza, ma soprattutto dei diritti di cui poc'anzi si è parlato, dall'innegabile valore costituzionale;

   durante la trasmissione radiofonica «the morning show», andata in onda su Radio Globo, emittente che trasmette non solo a Roma ma nelle province di Latina, Rieti e Viterbo, la signora Carmen Di Pietro ospite in puntata, si è confrontata in maniera molto accesa con una ragazza che ha affermato di soffrire di endometriosi. Una malattia che colpisce le donne con corposi sanguinamenti e dolori durante il ciclo mestruale, con frequenti infiammazioni e che può portare nei casi più gravi a ricorrenti operazioni chirurgiche e ad invalidità;

   l'essenza del pensiero di Carmen Di Pietro è stata riassunta anche da una card prodotta dalla stessa redazione della trasmissione e pubblicata su Facebook: «Se col ciclo non vai al lavoro, non sei degna di essere una donna. Ci sono delle pillole, non possiamo mantenere te che non vai al lavoro». E ancora «perché chi ha l'endometriosi e lavora nel privato va a lavorare e chi invece lavora nello statale non ci va? Per lei l'endometriosi è una malattia, per me non lo è»;

   la Fondazione italiana endometriosi, commentando la notizia data da Radio Globo, ricorda che: «Solo in Italia ci sono 3 milioni di donne che soffrono di endometriosi. Da più di dieci anni siamo impegnati nella ricerca per trovare una cura a questa patologia. Non si tratta di comuni dolori da ciclo, ma di una malattia grave per cui non basta prendere una pillola di antidolorifico e andare al lavoro»;

   la Fondazione ha affermato che, sul tema, c'è ancora molta ignoranza e che diffondere post del genere potrebbe risultare offensivo per almeno 3 milioni di donne che in Italia soffrono di questa patologia;

   dei professionisti che lavorano nella comunicazione — anche se fanno intrattenimento e non informazione — non dovrebbero avallare messaggi offensivi di genere, perpetuando alcuni di quegli stereotipi culturali a causa dei quali le donne sono ancora discriminate in molti ambiti della società, soprattutto sul lavoro e subiscono quotidianamente violenze verbali, psicologiche e fisiche;

   insulti discriminatori non possono essere fatti passare per «satira», normalizzando atteggiamenti lesivi della dignità delle donne e in più in generale del diritto alla salute sul luogo di lavoro –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per tutelare e salvaguardare la dignità lavorativa delle donne al fine di eliminare qualsiasi forma di discriminazione effettuata, anche attraverso i mass media, soprattutto se collegata, come nel caso riportato in premessa, a malattie come l'endometriosi.
(4-04231)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   EVA LORENZONI e MURELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la celiachia è una malattia permanente su base infiammatoria che colpisce l'intestino tenue, causata da una reazione autoimmune al glutine, la frazione proteica di alcuni cereali come il grano, l'orzo e la segale;

   il servizio sanitario nazionale (Ssn) garantisce alle persone affette da questa patologia il diritto all'erogazione gratuita degli alimenti cosiddetti glutenfree;

   nella maggior parte delle regioni, il meccanismo di esenzione si basa sulla consegna di buoni pasto in formato cartaceo che vengono rilasciati periodicamente ai pazienti da parte dell'azienda sanitaria di pertinenza. Il buono viene consumato dal paziente presso l'esercizio commerciale o la farmacia. Questi ultimi si rivalgono sulle aziende produttrici che, a loro volta, ottengono il rimborso da parte del servizio sanitario nazionale;

   questo iter è estremamente macchinoso e genera lunghi tempi di attesa che disincentivano gli esercizi commerciali e la grande distribuzione. Inoltre, l'utilizzo di buoni cartacei non consente una tracciabilità trasparente e reale dei vari passaggi sopradescritti;

   a quanto consta, si sarebbero verificati episodi di buoni falsificati, duplicati o, ancora, di rimborsi per importi superiori a quelli spettanti. È di pochi giorni fa la notizia del sequestro di quasi un milione di euro nei confronti di due società dedite alla vendita di prodotti per celiaci, indagate per truffa aggravata ai danni dello Stato;

   la dematerializzazione del buono risolverebbe gran parte delle anzidette criticità, garantendo una rendicontazione istantanea e trasparente, nonché una minore spesa complessiva grazie alla riduzione dei costi di carta, attività burocratiche e personale –:

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare a fronte dei fatti esposti in premessa, al fine di avviare il processo di dematerializzazione dei buoni per l'acquisto di prodotti senza glutine e garantire la celerità e la trasparenza delle transazioni di cui si discute, nell'interesse dei pazienti, degli attori della filiera e del servizio sanitario nazionale.
(4-04216)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   CAPITANIO, MACCANTI, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Fixed wireless ha contribuito in modo importante al superamento del digital divide in Italia, perché è riuscita a portare l'accesso ad Internet veloce, anche nelle zone più difficili del Paese, quelle che nel piano «Bul» sono definite aree grigie e bianche. I numeri, d'altronde, parlano chiaro: secondo gli ultimi dati rilasciati dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel 2018 c'è stato un incremento del 21 per cento in termini di persone connesse e una crescita dei ricavi del settore del 30 per cento;

   l'intervallo di frequenze 863-870 MHz, utilizzato per i dispositivi a corto raggio, è compreso nell'intervallo più ampio 862-876 MHz in uso in Italia al Ministero della difesa;

   recentemente è stata avviata una fase di sperimentazione da parte degli operatori che ha dimostrato come sia possibile già oggi uscire dalla fase transitoria per consentire la definitiva affermazione delle soluzioni Lpwan e favorire l'avvio degli investimenti nel settore IoT;

   questa tecnologia di trasmissione si distingue per i bassi costi di implementazione, per una comunicazione sicura e bidirezionale, per consumi relativamente bassi e per il supporto di reti di grandi dimensioni con milioni e milioni di dispositivi;

   è stato stimato che l'apertura dei servizi IoT (internet of things, ndr) alla commercializzazione sulle frequenze 868 al momento utilizzate dal Ministero della difesa rappresenterebbe un volano importante per le economie dei territori, con una crescita di fatturato che nei prossimi tre anni potrebbe raddoppiare arrivando a un minimo di 10 miliardi di euro con un evidente impatto economico e anche sociale, visto che alcune tipologie di sensoristica sono a vantaggio delle categorie più svantaggiate;

   le reti Fwa si candidano come soluzione «complementare» alle reti mobili per l'offerta di servizi 5G nelle aree meno densamente popolate in un'ottica di uso efficiente dello spettro; è imprescindibile una concreta applicazione dell'obbligo (previsto dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) di leasing delle frequenze ove non utilizzate;

   il piano nazionale delle frequenze non ha ancora recepito la raccomandazione ECC/REC (06)04 (già adottata in oltre 20 Paesi europei tra cui Regno Unito, Spagna, Germania, Portogallo) che prevede l'utilizzo della banda a 5,8 GHz per servizi Fwa –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda assumere per la liberalizzazione delle frequenze 5,2 Ghz e 5,8 Ghz.
(5-03217)


   BRUNO BOSSIO, GARIGLIO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dopo diverse segnalazioni, l'Uncem ha stilato il primo elenco dei 1.220 borghi, comuni e frazioni, dove chiamare è quasi impossibile come anche navigare su internet;

   secondo i dati degli operatori, le reti sul territorio nazionale coprono il 95 per cento della popolazione; il problema è che il restante 5 per cento vive nel 15 per cento del territorio del Paese;

   la banda larga, in troppe valli alpine, è ancora un miraggio: impossibile navigare in internet e garantire moderni servizi digitali a cittadini e imprese;

   anche dove è stata posata la fibra ottica, le centrali non sono state allacciate, il dispacciamento verso gli immobili non è stato realizzato e i gestori del servizio continuano a considerare le zone montane «aree a fallimento di mercato»;

   sono molti i sindaci che sono dovuti ricorrere a soluzioni diverse, come quelle wi.fi senza fili, una situazione complessa che si somma alla mancanza di segnale tv digitale terrestre (merito dei ripetitori di proprietà delle comunità montane se il problema è stato contenuto negli ultimi cinque anni) e all'assenza di impianti per telefoni cellulari; perciò è impossibile parlare di 3G o 4G per connessioni ad alta velocità con lo smartphone;

   serve coesione, si deve definire un piano strutturale al quale ogni sindaco possa contribuire con precise indicazioni rispetto al proprio comune fatto di un centro ma anche di borghi e frazioni che non devono essere penalizzate;

   sembra sia ripartita la campagna verso Governo e regione affinché si colmi una volta per tutte il divario digitale. Anche perché in ballo vi sono 100 milioni di euro da investire in infrastrutture e servizi, individuati su due programmi operativi regionali, Fesr e Feasr, nel quadro del piano nazionale per la banda larga presentato dalla Presidenza del Consiglio un mese fa;

   il tema della connettività è strategico per migliaia di comuni; grazie a sistemi efficaci e veloci, molto competitivi, si possono ridurre sperequazioni territoriali, limitare disuguaglianze e permettere a enti locali, alle imprese, a tutti i cittadini di accedere a servizi digitali che oggi sono preclusi –:

   quali siano le iniziative urgenti che il Ministro interrogato intende adottare, sia sul lato dell'offerta (infrastrutture) che su quello della domanda (voucher), per permettere il superamento del divario nelle aree montane ritenute fino ad ora a fallimento di mercato e abbandonate.
(5-03218)


   GRIPPA, SCAGLIUSI, BARBUTO, CARINELLI, LUCIANO CANTONE, CHIAZZESE, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da notizie ultime di stampa, risulta che l'Antitrust ha avviato un'istruttoria nei confronti di Poste Italiane per «accertare una presunta pratica commerciale scorretta», nell'ambito del servizio di recapito della corrispondenza e, in particolare, delle raccomandate;

   come comunicato dalla stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato, «l'ipotesi è che il cliente/mittente che decida di rivolgersi a Poste per inviare una raccomandata potrebbe essere ingannevolmente indotto ad acquistare un servizio pubblicizzato da claim che ne enfatizzano determinate caratteristiche che, nella sua concreta erogazione non vengono, poi, rispettate»;

   si evidenzia inoltre, che spesso l'avviso di giacenza della raccomandata verrebbe depositato nella cassetta postale senza previo accertamento della presenza o meno del destinatario al proprio domicilio, costringendo il destinatario che voglia entrare in possesso del plico ad esperire procedure alternative previste da Poste, con uno slittamento dei tempi di consegna e un dispendio di tempo ed energie che non sarebbe necessario qualora il tentativo di consegna venisse realmente effettuato;

   tale criticità era già emersa nel mese di novembre durante l’iter di approvazione del parere da parte della Commissione Trasporti, riguardante lo schema di contratto di programma 2020-2024 tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Poste italiane spa;

   la stessa l'istruttoria svolta dalla Commissione trasporti ha evidenziato criticità sia riguardo alla consegna delle pubblicazioni quotidiane e periodiche e sia riguardo ai disagi derivanti dalla consegna a giorni alterni soprattutto per i servizi di tipo speciale, quali raccomandate a/r, atti giudiziari e telegrammi –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza su tale vicenda e ridurre i disagi citati in premessa.
(5-03219)


   ZANELLA, SOZZANI, BERGAMINI, MULÈ, ROSSO, CARRARA, BALDELLI e PENTANGELO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a fine novembre 2019 sono sfumate le ipotesi di salvataggio di Alitalia sulle quali il Governo aveva lavorato fino a quel momento, cioè una cordata costituita da Atlantia, Ferrovie dello Stato italiane e Delta;

   sono ormai molti anni che Alitalia rappresenta un problema irrisolvibile per il Governo e in questi anni elevate sono state le risorse economiche versate dallo Stato sotto forma teorica di prestito. Nel maggio 2017 l'allora Governo Gentiloni approvò un prestito ponte di 600 milioni di euro. Pochi mesi dopo, nel mese di ottobre lo stesso Governo incrementò il prestito già effettuato di ulteriori 300 milioni, allungando contestualmente i termini previsti per la restituzione dei primi 600 milioni erogati in precedenza al 30 settembre 2018, mentre per gli ulteriori 300 milioni il termine per la restituzione era stato fissato entro la fine dell'anno 2018;

   con successivi provvedimenti legislativi la restituzione delle somme prestate e degli interessi è stata ulteriormente prorogata e ad oggi tali somme non sono state ancora restituite allo Stato;

   nel decreto-legge n. 124 del 2019 cosiddetto decreto fiscale è stato previsto un ulteriore prestito di 400 milioni di euro, sul quale la Commissione europea ha dichiarato che potrebbe avviare un'indagine formale per aiuti di Stato qualora non si individuasse un consorzio di imprese in grado di procedere all'acquisto;

   dopo il fallimento della trattativa con la cordata costituita da Atlantia, Ferrovie dello Stato italiane e Delta, si sono susseguite diverse ipotesi che, oltre a quella del fallimento di Alitalia, hanno preso in considerazione l'ipotesi di una «nazionalizzazione» di Alitalia e da ultimo l'ipotesi di un acquisto da parte di Lufthansa, che però riguarderebbe solo una parte dell'attuale Alitalia, nello specifico la parte aviation, manutenzione e handling, con un taglio all'attuale flotta di aerei e una serie di esuberi di personale;

   quest'ultima ipotesi alla quale il Governo starebbe lavorando per l'acquisto di Alitalia consentirebbe di sbloccare l'ulteriore prestito di 400 milioni di euro previsto dal decreto fiscale;

   ciò a fronte di una gestione commissariale che si protrae da circa trenta mesi e dovrà essere oggetto di soluzione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato al fine di individuare una soluzione definitiva per le sorti di Alitalia evitando sprechi di risorse pubbliche e garantendo la piena funzionalità del servizio aereo offerto da Alitalia.
(5-03220)


   SILVESTRONI, BUTTI e ROTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi Tim ha annunciato un accordo tra l'azienda guidata da Luigi Gubitosi e Google relativo ai servizi cloud ed Edge Computing;

   il tema è delicato dal momento che investe la questione della protezione dei dati degli italiani e delle aziende, detenuti in base a contratti di telecomunicazione;

   non è dato sapere se l'accordo sarà esteso anche alla più richiamata costituenda «new co» dei data center di Tim e alla conservazione dei dati della pubblica amministrazione, attualmente trattati dall'ex monopolista;

   la polemica sulla gestione dei dati sensibili è solo all'inizio, considerata anche l'anomalia per la quale gli enti locali non possono avvalersi, all'uopo, della collaborazione di società pubbliche regionali o nazionali, come ha recentemente stabilito Agid –:

   di quali elementi disponga il Governo e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto riportato in premessa e, cioè, al rischio di «regalare» dati sensibili a multinazionali straniere, soprattutto in una fase in cui – ad esempio – Germania e Francia stanno investendo per realizzare un cloud pubblico, quindi nazionale, per la conservazione dei dati sensibili, pubblici o privati.
(5-03221)

Interrogazione a risposta scritta:


   LICATINI e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a decorrere dal 4 febbraio 2018 è entrata in vigore la legge 11 gennaio 2018, n. 5, «Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di prefissi nazionali per le chiamate telefoniche a scopo statistico, promozionale e di ricerche di mercato», pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 28 del 3 febbraio 2018, che aggiorna il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178 «Regolamento recante istituzione e gestione del registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali»;

   come specificato nel relativo portale, il registro pubblico delle opposizioni, istituito con il decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010 e aggiornato con il n. 149 del 2018, è un servizio gratuito per l'utente che permette di opporsi all'utilizzo per finalità pubblicitarie dei numeri di telefono di cui si è intestatari e dei corrispondenti indirizzi postali associati, presenti negli elenchi pubblici, da parte degli operatori che svolgono attività di marketing tramite il telefono e/o la posta cartacea;

   l'articolo 2 della predetta legge 5 del 2018 dispone che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della norma, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) individua, ai sensi dell'articolo 15 del codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, due codici o prefissi specifici, atti a identificare e distinguere in modo univoco le chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche da quelle finalizzate al compimento di ricerche di mercato e ad attività di pubblicità, vendita e comunicazione commerciale;

   rispetto al suddetto articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha successivamente individuato i prefissi specifici previsti, delibera n. 156/18/CIR, con entrata in vigore prevista dal 2019;

   da quanto si apprende dal sito web del Garante per la protezione dei dati personali, www.garanteprivacy.it, sembrerebbe non essere stato ancora adottato il regolamento attuativo della norma –:

   se il Governo intenda fornire elementi in merito allo stato di applicazione della legge 11 gennaio 2018, n. 5, e, alla luce di quanto sopra esposto e al fine di garantire una sempre maggiore tutela dei consumatori nel rispetto delle norme vigenti, se intenda adottare le iniziative di competenza per l'emanazione del regolamento attuativo della norma.
(4-04215)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Baldini e altri n. 7-00368, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dall'Osso.

  La risoluzione in Commissione Provenza e altri n. 7-00380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: D'Arrando, Menga, Bologna, Ianaro, Lapia.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Rixi n. 7-00359, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 248 del 29 ottobre 2019.

   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    il Mercantile Rhodanus, un cargo lungo circa 90 metri e diretto a Port-Saint-Louis-du-Rhone, con un carico di 2.600 tonnellate di acciaio e ferro, si è schiantato sugli scogli nelle Bocche di Bonifacio;

    a sud della Corsica si teme un grave danno ambientale che coinvolge un'area di particolare pregio naturalistico, storico e culturale, come il Parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, dichiarato Sito di interesse comunitario (SIC) «Arcipelago La Maddalena» ai sensi della direttiva 92/43/CEE (codice sito ITB010008);

    la zona di mare interessata dal grave sinistro marittimo, ormai da diversi anni, è stata dichiarata dalle Nazioni Unite, attraverso l'organizzazione internazionale marittima (risoluzione NAV 57/3/8 – 2011), P.s.s.a. (Particulary Sensitive Sea Area), ovvero zona di mare particolarmente sensibile e quindi soggetta ad un protocollo di tutela degli interessi socio-economici del territorio verso i rischi dovuti al traffico marittimo internazionale;

    nelle Bocche di Bonifacio il cargo Rhodanus aveva già rischiato il naufragio dieci anni fa e allora il disastro era stato evitato con un pronto intervento della Guardia costiera;

    l'incidente è avvenuto alle 3 del mattino del 13 ottobre 2019, in una zona molto pericolosa, considerata une delle cinque aree del pianeta a più alto rischio burrasca e allo stesso tempo straordinariamente protetta;

    si apprende dai media che il centro di controllo del traffico marittimo di La Maddalena, sistema che monitora il passaggio di tutti i mezzi nautici nelle Bocche di Bonifacio e nei pressi del parco nazionale, aveva notato l'anomalia nella rotta del cargo e in ogni modo aveva provato a mettersi in contatto con l'equipaggio, senza tuttavia ricevere risposta dalla nave; pertanto l'incidente è stato inevitabile e solo a schianto avvenuto, il comandante si è messo in contatto con le autorità marittime italiane e francesi;

    la nave si è incagliata pericolosamente vicino alla spiaggia di Cala Longa, nella zona di Bonifacio; sul posto sono intervenute unità di soccorso della gendarmeria marittima francese e della Guardia costiera italiana; sono stati impiegati un mezzo per il disinquinamento e un rimorchiatore da Golfaranci sotto il coordinamento, per la parte italiana, della direzione marittima di Olbia;

    si tratta di un incidente grave, soprattutto per l'estrema rilevanza naturalistica e ambientale dell'area, che dimostra la necessità della presenza a bordo delle navi che attraversano le Bocche di Bonifacio di un pilota specializzato che sia a conoscenza delle caratteristiche dei luoghi ed in grado di allertare immediatamente le autorità competenti in caso di anomalia/emergenza, come peraltro copiosamente indicato dalla risoluzione dell'Imo anzidetta;

    l’International Maritime Organization (IMO) ha adottato ben due risoluzioni (nel 1993 e nel 2011 Reccommendation on navigation through the Strait of Bonifacio – 3.1 Categories of ships concerned) che consigliano a tutti gli Stati membri dell'organizzazione di proibire o almeno di scoraggiare il transito nelle Bocche di Bonifacio alle navi con un carico di sostanze pericolose o con altri carichi ma con bunkeraggi importanti di idrocarburi che possono, in caso di incidente, inquinare il mare e le coste;

    sulla scorta della citata raccomandazione, dal 2011 l'Imo ha previsto l'attivazione di un «sistema di pilotaggio raccomandato» (quale misura definita attiva), ad integrazione del sistema di controllo dei traffici marittimi (Vts) già operativo dal 2008 a La Maddalena (quale misura definita passiva); tale sistema di pilotaggio raccomandato consente di far «accompagnare» da un pilota locale, su richiesta discrezionale del comandante, le navi che trasportano merci pericolose, al fine di scongiurare gli incidenti;

    sulla base di specifici parametri elaborati dall'IMO con riguardo alla pericolosità ambientale, emerge che circa l'80 per cento dei traffici nelle Bocche di Bonifacio si colloca ad un livello considerato tra l’«alto» e l’«altissimo», rischio;

    il 14 ottobre 2019 il Ministro francese per la transizione ecologica e solidale, Elisabeth Borne, dopo essersi recata nella Corsica del Sud, ha confermato la determinazione del Governo francese di assicurare la sicurezza marittima in Corsica ed in particolare nelle Bocche di Bonifacio attraverso la piena attuazione delle misure di protezione associata tra cui il pilotaggio,

impegnano il Governo:

   a sostenere, nelle opportune sedi a livello internazionale, la necessità di regolamentare il passaggio delle navi, in base alla stazza e alla tipologia del carico, nonché dalla quantità comunque di idrocarburi trasportati, al fine di prevedere l'obbligo della presenza di un pilota a bordo, con apposita formazione per il passaggio attraverso le Bocche di Bonifacio, come già previsto dalla legislazione vigente per l'ingresso nei porti delle navi di stazza lorda superiore alle 500 tonnellate;

   a stabilire immediati contatti con le autorità francesi ai livelli più elevati al fine di intraprendere un'azione congiunta per la risoluzione delle problematiche esposte in premessa;

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte ad introdurre specifici divieti di transito, purché compatibili con le norme di diritto internazionale in materia di navigazione, per navi adibite al trasporto merci non riconducibili all'Italia o alla Francia;

   ad adottare iniziative per potenziare le misure associate all'inserimento delle Bocche di Bonifacio nelle cosiddette aree marine particolarmente sensibili (Particularly Sensitive Sea Area, PSSA);

   ad adottare tutte le iniziative possibili per l'implementazione del monitoraggio del traffico marittimo nella zona, attuato da parte dell'autorità marittima, allo scopo di velocizzare le operazioni di soccorso e antinquinamento in caso di incidente.
(7-00359) «Rixi, Lucchini, Viviani, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Morelli, Tombolato, Zordan, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto».