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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 27 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 91 del 2018, ha spostato dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 il termine della cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, stabilito dalla legge n. 124 del 2017, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza»;

    il Governo precedente ha chiarito che la proroga è stata disposta per consentire l'adozione di provvedimenti volti a favorire un regime di concorrenza tra gli operatori, obbligandoli a fornire offerte trasparenti e «certificate», al fine di mettere i consumatori nella condizione di scegliere quelle che siano ritenute più vantaggiose e affidabili;

    nel piano nazionale integrato per l'energia e il clima, inviato a Bruxelles l'8 gennaio 2019 dal Ministero dello sviluppo economico è stata confermata la volontà di completare il processo di piena liberalizzazione del mercato al dettaglio delineato dalla legge, per garantire «lo sviluppo della competenza del consumatore e della sua fiducia nella possibilità di appropriarsi delle opportunità e dei benefici del mercato»;

    la direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, prevede la rimozione delle tutele di prezzo per i clienti diversi dai clienti civili e dalle micro imprese entro gennaio 2021. La direttiva ha previsto un percorso di rimozione delle tutele di prezzo più graduale e differito nel tempo, permettendo agli Stati membri di continuare a ricorrere alla tutela di prezzo per un periodo transitorio di durata non predeterminata, funzionale allo sviluppo di una concorrenza effettiva, esclusivamente in favore di una platea di soggetti quali clienti domestici e micro-imprese;

    l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha intrapreso un articolato percorso di riforma del mercato, con l'obiettivo di completare le regole per il buon funzionamento dello stesso e di introdurre strumenti di informazione e di tutela per il consumatore, quali ad esempio: la riforma del passaggio tra mercato tutelato e mercato libero (switching); le regole di separazione operativa che ciascun fornitore che gestisce sia il mercato libero che il tutelato deve attuare nei confronti dei clienti (unbundling); l'introduzione del Portale per la confrontabilità delle offerte e del Portale dei consumi, dove gli utenti possono accedere ai propri contratti e ai dati di consumo storici; l'istituzione dell'Atlante del consumatore per orientarsi nel mercato libero; l'introduzione di offerte standardizzate a condizioni contrattuali definite da Arera (cosiddette offerte Placet); la regolazione relativa alle clausole inderogabili che tutti i contratti di mercato libero devono contenere; la costituzione di un comitato tecnico consultivo con funzioni di raccordo ed emersione delle istanze dei diversi portatori di interesse sui contenuti inseriti nel portale informatico;

    nella relazione annuale presentata a inizio luglio 2019, l'Arera ha smentito ogni ipotesi di ulteriore rinvio del termine finale del regime di mercato tutelato per le bollette di luce e gas, spiegando che «l'eventuale ulteriore rinvio della scadenza rappresenterebbe un elemento di incertezza che farebbe venire meno il carattere cogente delle diverse azioni». Nella medesima sede Arera ha richiamato il Governo ad approvare il decreto contenente le misure che dovranno accompagnare la transizione al mercato libero (articolo 1, commi 67 e 68, della legge n. 124 del 2017). L'Autorità è al lavoro assieme alle associazioni dei consumatori per definire le modalità operative di questo cambiamento;

    in vista della rimozione dei regimi di tutela di prezzo, l'Autorità, con il documento per la consultazione (DCO) 397/2019/R/eel, ha delineato i primi orientamenti per la disciplina del servizio di salvaguardia per i piccoli clienti del settore dell'energia elettrica, dettagliando le linee di riforma che intende seguire. Si tratta dei clienti finali domestici e delle imprese connesse in bassa tensione con meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo non superiore a dieci milioni di euro;

    lo strumento della salvaguardia (o servizio di ultima istanza) rappresenta un prerequisito fondamentale per il superamento del servizio di maggior tutela, in ragione della sua funzione di garanzia della continuità della fornitura ai clienti sprovvisti di un contratto di fornitura a condizioni di libero mercato per motivi indipendenti dalla loro volontà. L'Autorità ha chiarito che non si intende offrire ai clienti finali, non ancora capaci di orientarsi nel mercato o, comunque, inerti, una protezione legata a una tutela di prezzo, bensì garantire la fornitura di energia in situazioni contingenti, quali ad esempio i fallimenti di mercato;

    il mercato libero dell'energia elettrica e quello del gas esistono da diversi anni e finora hanno convissuto con quello tutelato. Come si evince dal Rapporto annuale sul monitoraggio dei mercati della vendita al dettaglio dell'energia elettrica e del gas naturale per l'anno 2018, che sostanzialmente conferma relazione sullo Stato dei servizi di Arera, nonostante una progressiva uscita dei clienti dal regime di tutela, nel 2018, nel settore elettrico, il 56 per cento dei clienti domestici (circa 16,5 milioni) e il 43 per cento dei clienti non domestici (circa 3 milioni), erano ancora forniti nel servizio di maggior tutela, nonostante gli strumenti resi disponibili dall'Autorità;

    per quanto riguarda il settore del gas naturale, il rapporto evidenzia come il servizio di tutela costituisce la modalità di fornitura prevalente per i clienti finali che ne hanno diritto (clienti domestici e condomini uso domestico): nel 2018, il 50 per cento dei clienti domestici e il 43 per cento dei condomini uso domestico è stato rifornito nel servizio di tutela, per un totale di circa 10,2 milioni di clienti finali;

    dal punto di vista della dinamicità dei clienti domestici, il rapporto rileva anche una scarsa propensione a cambiare il fornitore. Le associazioni dei consumatori lamentano che la generale diffidenza degli utenti meno esperti a cambiare gestore e passare al mercato libero deve imputarsi ai costi e alla difficoltà di passare da un operatore all'altro, alla scarsa comprensibilità dei contratti, alle «sorprese» sui costi, più o meno occulti, diversi da mero prezzo dell'energia, nonché a talune pratiche commerciali aggressive e agli abusi di posizione dominante, talvolta conclamati, posti in essere da taluni operatori;

    il rapporto annuale evidenzia che l'attività di vendita ai clienti di piccole dimensioni è generalmente ancora caratterizzata da condizioni di limitata concorrenza, in particolare nell'elettrico, nonostante la presenza di un numero rilevante di operatori (sono oltre 400 gli operatori attivi per ciascun settore). A titolo esemplificativo, nel comparto dell'energia elettrica, nel 2018, il primo operatore ha fornito circa il 70 per cento dell'energia elettrica. Se si considerano, invece, i primi tre operatori, tale quota sale a circa l'80 per cento dell'energia fornita dai clienti domestici e a poco meno del 50 per cento dell'energia fornita ai clienti non domestici;

    nel mercato del gas il processo di liberalizzazione è più avanzato. Sono in regime di tutela solo utenti domestici, in quanto le piccole imprese sono già passate al mercato libero del gas con delibera n. 280 del 2013 dell'Arera. Gli operatori gas hanno ottenuto l'autorizzazione alla vendita dal Ministero dello sviluppo economico, e quindi sono per definizione affidabili: non occorrono quindi ulteriori elenchi di fornitori abilitati come per il mercato elettrico. Esiste già un servizio di salvaguardia che riguarda tutti i clienti finali. Il mercato è caratterizzato dalla presenza esclusivamente di operatori di libero mercato, a differenza del mercato elettrico, dove il servizio di maggior tutela è offerto in esclusiva da soggetti regolati. Il livello di concorrenza è più che soddisfacente e le concentrazioni (operatore dominante al 25 per cento) non destano alcuna preoccupazione, perché sono al di sotto di qualunque ragionevole soglia antitrust;

    tuttavia, in termini generali, se si considera la scarsa propensione dei clienti finali a orientarsi tra le offerte sul libero mercato e a cambiare gestore, è legittimo ipotizzare che la consistenza dei servizi di tutela arriverà sostanzialmente invariata al 1° luglio 2020;

    l'Arera ha correttamente osservato che, a quella data, quantomeno il settore dell'energia elettrica sarà verosimilmente caratterizzato da un numero rilevante di potenziali clienti da rifornire in regime di salvaguardia, con ricadute significative sia sulle condizioni di erogazione del servizio, sia sulle modalità di definizione delle procedure concorsuali per ripartirli tra i vari gestori esistenti e delle tempistiche di svolgimento delle stesse. Gli operatori dovranno disporre del tempo necessario per adeguare le proprie strutture operative per consentire loro di partecipare alle gare e di servire adeguatamente milioni di nuovi clienti finali con tempestività e con adeguati livelli qualitativi del servizio, così da permettere a tutti, in sede di gara, di competere su un piano di parità nella formulazione delle offerte;

    viceversa, nel mercato del gas, con l'approssimarsi del 1° luglio 2020, potrebbe essere sufficiente prevedere che l'Arera disponga che gli operatori non siano più obbligati a offrire il servizio di tutela ed il problema del superamento del regime di tutela sarebbe risolto. Si tratta di replicare, a distanza di 6 anni, lo stesso intervento che ha già avuto successo nel 2013. Ai gestori per attuarlo basterebbero tempi tecnici che possono ricondursi a pochi mesi;

    nell'ambito dell'energia elettrica bisogna invece trovare la maniera graduale per riassegnare i clienti dormienti, da un operatore regolato e dominante come il Servizio elettrico nazionale, ad un operatore di libero mercato con criteri che garantiscano la concorrenza in un mercato caratterizzato da forte concentrazione. La gradualità, previa adozione di alcune misure indispensabili, potrebbe consistere nel far cessare il mercato tutelato prima con riferimento alle partite Iva, poi ai domestici, con potenza impegnata maggiore di 6KW, poi a quelli con potenza maggiore di 4,5KW;

    tra i provvedimenti da adottare è urgente il completamento di quanto già fatto – come di recente confermato dal Ministero dello sviluppo economico – in relazione all'Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica a clienti finali, necessario a garantire la stabilità e la certezza del mercato dell'energia elettrica, tramite la certificazione dell'affidabilità dei soggetti iscritti. Il comma 81 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2017 prevedeva novanta giorni dall'entrata in vigore, ne sono già trascorsi oltre ottocento;

    ulteriori interventi e approfondimenti necessitano le attività necessarie a garantire una corretta informazione ai clienti finali, in merito all'evoluzione del mercato e alla definitiva rimozione dei regimi di tutela del prezzo. In sostanza, grazie alle azioni messe in campo da Arera, il consumatore può raggiungere un'informazione sufficientemente dettagliata e coerente, che necessita solo di alcuni aggiustamenti. In questo ambito è fondamentale la partecipazione dei rappresentanti della domanda (associazioni dei consumatori e associazioni delle piccole imprese) al tavolo di lavoro già costituito presso il Ministero dello sviluppo economico cui partecipano Arera, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e gli altri stakeholder. Da rafforzare, invece, sono le funzioni del comitato tecnico consultivo costituito presso Arera con funzioni di raccordo ed emersione delle istanze dei diversi portatori di interesse sui contenuti inseriti nel portale informatico (articolo 1, comma 61, della legge n. 124 del 2017);

    resta da capire se l'informazione relativa al passaggio al mercato libero riesca a fare il percorso inverso e cioè se arrivi al cliente finale «distratto». La delibera dell'Arera 746/2017/R/com del 10 novembre 2017 ha previsto una chiara comunicazione da inserire in bolletta con riferimento alla scadenza del 1° luglio 2020, con l'invito di accedere ai portali dedicati. Nello schema di Accordo quadro 2018-2022 tra Arera e Rai (delibera n. 346 del 2018), sono previste «specifiche campagne di informazione», «messaggi» e «momenti di approfondimento», inquadrati nell'ambito di programmi già in palinsesto di ampia audience sul target adulti e/o di eventuali programmi e/o di eventuali programmi ad hoc. I gestori lamentano che la vigente disciplina in materia di privacy frappone ostacoli a stabilire contatti con i clienti per la proposizione di offerte commerciali sul libero mercato, in assenza di esplicito consenso;

    quanto sopra esposto rende auspicabile l'approvazione di specifici interventi normativi e regolatori volti a consentire un percorso di graduale superamento dei regimi di tutela di prezzo in entrambi i settori dell'energia elettrica e del gas naturale, per perseguire, nel modo più efficace, l'obiettivo di completa liberalizzazione dei mercati dell'energia, e di interventi volti a favorire la promozione di una effettiva concorrenza tra gli operatori di mercato.

    nel mercato elettrico, viste la differente capacità di accedere al libero mercato per le diverse tipologie di clienti e le eterogenee presenze sui mercati, è opportuno definire iter differenziati per gruppi di clienti finali, prevedendo priorità per il segmento di mercato delle piccole imprese. L'implementazione in via prioritaria di aste per il servizio di ultima istanza, relative ai soli clienti non domestici che non abbiano effettuato una scelta sul libero mercato, avrebbe l'indiscutibile vantaggio di sperimentare le procedure di assegnazione su un numero limitato di clienti;

    nell'attuale contesto di mercato, caratterizzato da livelli particolarmente elevati di concentrazione, il buon esito del processo di completa liberalizzazione presuppone la definizione di adeguate misure volte a garantire condizioni di piena concorrenzialità ed in particolare, nel settore elettrico, di misure che limitino le quote di mercato dell'operatore dominante,

impegna il Governo:

   1) a confermare, per quanto di competenza, la cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale nella data prevista del 1° luglio 2020, con una metodologia analoga a quella adottata nel 2013 dall'Arera con la delibera n. 280 del 2013, in considerazione della maturità di tale mercato, anche al fine di consentire agli operatori di settore di adottare, con certezza di tempi, gli adempimenti tecnici necessari per il superamento di tale regime;

   2) al fine di garantire che nella transizione verso il mercato libero i clienti finali vengano serviti da operatori qualificati ed affidabili, ad assumere iniziative per procedere con sollecitudine all'istituzione dell'albo fornitori di energia elettrica (di cui all'articolo 1, comma 80, della legge n. 124 del 2017), comunque per tempo rispetto alla data del 1° luglio 2020, prevedendo requisiti tecnico-finanziari di qualificazione opportunamente stringenti in termini di affidabilità, solvibilità ed onorabilità dei fornitori che operano sul mercato;

   3) a valutare la possibilità di assumere iniziative per procedere per gradi alla cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore dell'energia elettrica, prevedendo la priorità per il segmento di mercato delle piccole imprese le partite Iva;

   4) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, necessarie ad assicurare l'assetto concorrenziale del mercato energetico, valutando l'opportunità, per il mercato elettrico, di introdurre specifici tetti antitrust, al fine di garantire ai soggetti compresi nell'albo dei fornitori di energia elettrica la parità di accesso al mercato, nonché ad adottare più stringenti iniziative normative per impedire abusi di posizione dominante, anche mediante la corretta applicazione della disciplina dell’unbundling;

   5) a promuovere la partecipazione attiva e consapevole dei consumatori nel passaggio verso il mercato libero, mediante tempestivo avvio di campagne di comunicazione istituzionale ampie, continue e capillari, al fine di offrire informazioni imparziali sull'evoluzione del mercato energetico, esplicitando chiaramente che è fin d'ora possibile effettuare una scelta, favorendo altresì sui media pubblici confronti e dibattiti tra i diversi stakeholder;

   6) in considerazione del fatto che le misure per gestire la transizione verso il libero mercato spettano al Ministero dello sviluppo economico, ad adottare iniziative per ridefinire le norme sul servizio di salvaguardia elettrico per le piccole imprese e i clienti domestici così come regolato già nel settore del gas da svariati anni, sulla base del processo avviato dall'Arera con il DCO 397/2019/R/eel, prevedendo che tale servizio deve restare residuale e che deve essere atteggiato in modo da incentivare il cliente finale alla ricerca di un nuovo fornitore sul mercato;

   7) ad adottare iniziative di competenza per definire precisi indirizzi al fine di ampliare il lavoro già svolto dall'Arera in merito ai contenuti delle offerte contrattuali sul mercato libero, ai fini della definizione delle condizioni contrattuali oltre che quantitative, anche qualitative minime necessarie per le offerte, in maniera tale da estendere le regole previste per le offerte a Prezzo libero a condizioni equiparate di tutela (Placet) a tutte le tipologie di offerte e prevedendo che queste siano confrontabili con le offerte che prevedono servizi aggiuntivi;

   8) ad assumere iniziative di competenza per rafforzare ulteriormente il ruolo di rappresentanza degli interessi dei consumatori e delle imprese, prevedendo che siano stabilizzate e ampliate le attività di consultazione e di indirizzo del tavolo di lavoro presso il Ministero dello sviluppo economico citato in premessa, e siano implementate le funzioni del comitato tecnico consultivo costituito presso l'Arera con funzioni di raccordo ed emersione delle istanze dei diversi portatori di interesse sui contenuti inseriti nel portale informatico (articolo 1, comma 61, della legge n. 124 del 2017);

   9) a rafforzare le tutele degli interessi dei consumatori e delle imprese, mediante l'adozione di iniziative di competenza, in particolare normative, che prevedano:

    a) il tempestivo aggiornamento del Portale non appena ogni nuova offerta sul mercato libero sia presentata;

    b) l'abbattimento dei costi e la semplificazione delle procedure per il passaggio del cliente finale da un gestore all'altro;

    c) con riferimento all'attuazione del disposto dell'articolo 1, comma 72, della legge n. 124 del 2017, la gratuità, la rapidità e la semplificazione delle procedure di conciliazione, nonché il trattamento efficace dei reclami.
(7-00381) «Squeri, Porchietto, Fiorini».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'intesa Stato-regioni del 21 dicembre 2017 prevede che sia estesa la vigenza del Piano nazionale prevenzione per gli anni 2014-2018 al 31 dicembre 2019;

    al fine di consentire il raggiungimento entro il 31 dicembre 2019 degli standard regionali e degli indicatori centrali, le regioni e le province autonome, per gli anni 2018 e 2019, procedono alla rimodulazione dei Prp (Piani regionali prevenzione), ai sensi del paragrafo 1.2 del «piano nazionale della prevenzione 2014-2018» e del paragrafo 1 del Piano della prevenzione 2014-2018 documento di valutazione;

    la rimodulazione può prevedere l'introduzione ex novo di indicatori relativamente ad azioni per le quali tali indicatori non sono stati individuati, ma che si ritengono significativi in termini di impatto sul programma e di raggiungimento degli obiettivi;

    il documento di valutazione del Pnp messo in pratica con accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2015 ha stabilito i criteri di monitoraggio e di valutazione dei processi e dei risultati dei piani regionali anche per verificare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;

    la struttura del Pnp prevede, inoltre, la definizione dei quadri logici centrali (Qlc) e regionali (Qlr). Il Qlc è vincolante e comprende: il macro obiettivo (Mo), i relativi fattori di rischio determinanti da contrastare e per promuovere il Mo, gli indicatori centrali per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi;

    il documento di valutazione del Pnp ha stabilito l'individuazione, tra gli indicatori di processo di ogni programma, di indicatori sentinella e relativi standard idonei a valutare e documentare l'avanzamento dei programmi verso il raggiungimento degli obiettivi specifici;

    l'istituto superiore di sanità, con il reparto sorveglianza dei fattori di rischio e strategie di promozione della salute, svolge attività quali:

     a) coordinamento di indagini nazionali e di progetti di ricerca e studi osservazionali sul monitoraggio di interventi di contrasto a fattori di rischio per la salute;

     b) accordi con le regioni per lo sviluppo di programmi di prevenzione e promozione della salute;

    un recente studio del 2018 dell'Università di San Diego in California (USA) si è occupato dello stato di salute degli anziani che vivono nei paesi del Cilento, in provincia di Salerno, visitando nove centri cilentani;

    è stata censita nello studio una trentina di persone centenarie, una percentuale molto alta rispetto agli altri Paesi dell'Europa;

    i principali tratti emersi nella ricerca per quanto riguarda i fattori che determinano la longevità della popolazione sono stati l'etica del lavoro e un forte legame con la famiglia e con il territorio;

    lo studio sulla longevità nel Cilento dimostra che malattie molto frequenti nell'anziano come l'infarto miocardico o il tumore sono rarissimi, mentre la demenza senile, in particolare l'Alzheimer, è praticamente sconosciuta e non sono stati rivelati problemi di depressione o di ansia;

    alla base di tale longevità in buona salute si riscontra il segreto di una serie di condizioni ambientali, di alimentazione con alcune caratteristiche (dieta mediterranea), di attività fisica che creano una sinergia favorevole al mantenimento della buona salute fino a tarda età,

impegna il Governo:

   a valutare, in vista della redazione del Piano nazionale prevenzione 2020-2025, le risultanze dello studio, sopra menzionato, svolto nel Cilento in merito alla longevità della popolazione anziana, inserendo lo studio quale possibile modello replicabile in tutto il Paese e tra gli indicatori per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi per la prevenzione della popolazione;

   a valutare, in vista della redazione del Piano nazionale prevenzione 2020-2025, tutte le iniziative per individuare i fattori di rischio per la salute umana e per adottare le azioni di prevenzione, determinando un minore ricorso all'ospedalizzazione per le patologie croniche dell'anziano e contrastando, all'origine, ogni possibile spesa sanitaria inappropriata;

   a valutare lo sviluppo di nuove indagini nazionali, progetti di ricerca e studi osservazionali sul monitoraggio degli interventi di contrasto a fattori di rischio per la salute e per favorire azioni di prevenzione.
(7-00380) «Provenza, Villani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 novembre 2018, secondo quanto hanno riferito da organi di stampa, la consigliera di amministrazione della Rai, Rita Borioni, ha presentato un esposto al Tar del Lazio contro la nomina di Marcello Foa a presidente del consiglio di amministrazione, nomina avvenuta con una seconda votazione dopo una prima bocciatura;

   secondo quanto riferito dal sito «Prima Comunicazione», la sentenza sarebbe stata già emessa il 5 luglio 2019, ma a quasi 5 mesi dalla decisione adottata, la stessa non sarebbe stata ancora pubblicata;

   il ritardo della pubblicazione sarebbe da ascrivere, a quanto consta all'interrogante, al pensionamento del magistrato che si è occupato del caso;

   la pubblicazione della sentenza, qualora il ricorso della consigliera Borioni fosse stato accolto, potrebbe avere pesanti effetti su un'azienda pubblica come la Rai, che amministra quasi 2 miliardi di euro provenienti dal canone dei cittadini, poiché, qualora la nomina del presidente Foa fosse considerata illegittima, risulterebbero essere illegittimi anche tutti gli atti emanati del consiglio di amministrazione medesimo;

   appare all'interrogante potenzialmente dannoso per un'azienda pubblica di grande rilevanza strategica, quale è il servizio pubblico radiotelevisivo, il ritardo inerente alla mancata pubblicazione della sentenza che riguarda la governance dell'azienda –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, affinché la giustizia amministrativa possa effettivamente proseguire il suo corso senza subire ulteriori ritardi a causa della mancanza di personale, con particolare riferimento alla questione posta in premessa.
(5-03209)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   numerosi sono i disagi che i tanti pendolari sono costretti ad affrontare sulla tratta ferroviaria Roma-Pescara. L'Abruzzo ha un collegamento con Roma lento e difficoltoso e le aree interne, in particolare in provincia dell'Aquila, hanno una linea ferroviaria antica e inefficiente che costringe i pendolari a privilegiare il trasporto su gomma in autostrada con costi altissimi in termini ambientali ed economici;

   anni di disattenzione verso un trasporto sostenibile ed efficiente come il trasporto ferroviario rischiano, oggi, di condurre a un ulteriore impoverimento delle aree interne abruzzesi, già fortemente penalizzate. L'Abruzzo, infatti, nella sua parte appenninica, presenta un territorio accidentato e dal clima rigido durante le stagioni fredde; è quindi naturale pensare ai treni quali mezzi che offrono maggior sicurezza negli spostamenti. Se non si vuole trasformare l'Appennino in un'area sempre meno popolosa risulta essenziale migliorare i servizi offerti alle popolazioni residenti;

   risulta ormai inaccettabile il fatto che la regione Abruzzo non proceda all'ammodernamento dei tracciati ferroviari come avviene in altri territori nazionali che, pur avendo importanti arterie autostradali, non hanno trascurato lo sviluppo del trasporto su ferro;

   le maggiori istituzioni del Paese sono concordi nell'affermare che il territorio abruzzese, con particolare riferimento a quello della provincia dell'Aquila, hanno un'estrema necessità di essere rilanciate e sviluppate, perché aree di cerniera in cui sopravvivono peculiarità storiche, valori e caratteristiche che fanno dell'Italia il Paese riconosciuto per le sue bellezze naturali e artistiche a livello mondiale;

   i necessari lavori di ammodernamento delle tratte ferroviarie, dopo decenni di immobilismo, richiedono uno studio adeguato, una realizzazione in linea con le necessità della linea ferroviaria e gli adeguati finanziamenti. Si tratta di opere infrastrutturali che avranno costi importanti e che dovranno essere pianificate e programmate nel tempo;

   come primo intervento è urgente, senza dubbio, adeguare le tratte ferroviarie Avezzano-Roma e Sulmona-Pescara, per fornire il giusto supporto allo sviluppo delle economie delle regioni Lazio e Abruzzo –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare con urgenza, per quanto di competenza, al fine di predisporre i necessari interventi per l'adeguamento e l'ammodernamento delle tratte ferroviarie Avezzano-Roma e Sulmona-Pescara che collegano la regione Abruzzo con la regione Lazio.
(4-04181)


   DONINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Malegno è un comune di 2000 abitanti interamente montano in Valle Camonica, a circa 70 chilometri dalla città più vicina, Brescia;

   nel 2014 i cittadini hanno destinato il 5 per mille al proprio comune, per un importo di 1.101,36 euro, cifra che potrebbe sembrare alquanto esigua, ma che, invece, rappresenta una somma importante per un piccolo comune, in considerazione dell'utilizzo che ne è stato fatto, ovvero un aiuto per le famiglie di persone disabili, così come previsto dalla normativa;

   sempre secondo la normativa in materia, queste risorse sono state inserite nella parte di entrata del bilancio comunale 2014 ed esplicitate nella parte uscita, evidenziando il loro utilizzo, dal momento che il bilancio comunale deve essere reso pubblico per chiunque, sia per il contribuente che voglia controllare come sono spesi i fondi che ha destinato al 5 per mille, sia per lo Stato che può agevolmente verificare i dati in esso riportati;

   nel 2018, quattro anni dopo, la direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ha estratto il comune di Malegno tra quelli che dovevano presentare la rendicontazione di queste spese entro il 31 dicembre 2018, rendicontazione che il comune riesce a presentare solo il 20 gennaio 2019, a causa delle tante scadenze che un comune ha a fine anno, con scarsità di risorse umane e senza possibilità di incrementare il personale per il rispetto dei vincoli di bilancio;

   a Malegno, infatti, c'è soltanto una dipendente dedicata al servizio ragioneria, in part-time, alla quale il sindaco chiede di dare precedenza alle priorità che, a fine anno, consistono prevalentemente nel bilancio preventivo, posto che la rendicontazione dei dati relativi ai 5 per mille del 2014 era già in possesso dello Stato per gli obblighi di trasparenza sopradetti;

   il Ministero dell'interno, in risposta, ha chiesto la restituzione della cifra per non aver rispettato la scadenza del 31 dicembre 2018, nonostante il comune abbia provato a spiegare che la sanzione comportante la restituzione non si applicherebbe in caso di ritardo nella rendicontazione, ma soltanto nel caso della mera mancata rendicontazione o dell'utilizzo scorretto delle risorse –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se intenda adottare ogni iniziativa di competenza per correggere questa stortura dovuta solo a rigidi oneri burocratici a danno dei cittadini e delle famiglie dei disabili che hanno beneficiato delle risorse messe a disposizione dal comune di Malegno grazie al 5 per mille dei suoi contribuenti.
(4-04186)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e BELLUCCI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2019 l'Albania è stata colpita da una forte scossa di terremoto che ha causato già 25 morti e oltre 600 feriti. Il bilancio delle vittime continua a salire con il passare delle ore;

   proseguono ancora le operazioni di soccorso e, mentre si scava tra le macerie, si temono ancora decine di vittime tra i dispersi;

   in Albania è presente una grande comunità italiana, fatta di studenti, professionisti lavoratori e imprenditori che potrebbero essere stati direttamente coinvolti e potrebbero necessitare di un supporto dall'Italia;

   a seguito del terremoto, molti concittadini hanno provato a ritornare in Italia per mettersi in sicurezza, ma non hanno trovato posti su aerei o navi disponibili nell'immediato;

   appare evidente la necessità di attivare iniziative come un ponte aereo da parte dell'Aeronautica militare o navale da parte della Marina militare al fine di portare in sicurezza i concittadini italiani in pericolo, primi tra tutti quelli che eventualmente necessitano di cure mediche –:

   quali siano gli intendimenti del Governo sulle iniziative da intraprendere per facilitare il rientro in Italia dei cittadini italiani attualmente presenti in Albania coinvolti dal terremoto.
(5-03207)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2019, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha pubblicato la relazione annuale sullo stato della concorrenza nel settore della distribuzione cinematografica ai sensi dell'articolo 31, comma 4, della legge 14 novembre 2016, n. 220;

   l'Autorità ha svolto, al fine della predisposizione della relazione di cui sopra, un approfondimento sulle dinamiche concorrenziali nei mercati della distribuzione cinematografica, inviando richieste di informazioni a 10 distributori nazionali (8 risposte), a 16 associazioni nazionali esercenti cinema (Anec), alle quali hanno risposto in 11, all'Associazione nazionale esercenti Multiplex (Anem) e alla società Cinetel;

   l'indagine svolta ha rilevato, per l'anno 2018 in confronto all'anno precedente, un decremento degli incassi (pari a circa il 5 per cento) e delle presenze (pari a circa il 7 per cento) nelle sale cinematografiche, nonché una leggera riduzione nel numero di film distribuiti (pari a circa l'1,3 per cento); il numero degli esercizi cinematografici ha subìto una flessione, passando dai 1.207 esercenti attivi nel 2017 a 1.205 esercenti presenti nel 2018;

   secondo la relazione esistono «criticità concorrenziali connesse all'esistenza di rapporti strutturali e personali rilevati soprattutto con riferimento ai mercati della distribuzione locale. Anche i legami contrattuali rivestono possibili profili critici, ad esempio, in termini di clausole di esclusiva in favore degli agenti regionali e di altri vincoli in termini di minimo garantito in capo agli esercenti»;

   nella relazione si sottolinea che «a livello nazionale i circuiti cinema assorbono quasi il 76 per cento degli incassi mentre gli esercenti indipendenti detengono complessivamente il 24 per cento; i circuiti di cinema hanno pertanto una posizione preponderante a livello nazionale, che si riflette nella realtà dei mercati locali dove gli esercenti in generale e soprattutto quelli di minor dimensioni lamentano un grave stato di crisi e la difficoltà di offrire una modalità di fruizione delle opere appetibile anche per il pubblico più giovane, soprattutto per i nativi digitali»;

   la relazione evidenzia, inoltre, la frequente concentrazione di ruoli in qualità di distributori nazionali, di produttori, di esercenti che crea non poche difficoltà al mercato:

   in particolare, la relazione segnala il caso della Campania, dove i due maggiori agenti regionali della distribuzione sono partecipati dalla stessa famiglia che sarebbe anche proprietaria di diversi esercizi cinematografici e di un circuito di cinema;

   già nell'indagine svolta per l'anno 2017, si era rilevato che all'esistenza «... di legami societari e famigliari verticali e orizzontali fa riscontro, in generale, una maggiore difficoltà da parte degli esercenti indipendenti nell'ottenere i film a noleggio, soprattutto nella prima settimana, o la necessità, per ottenere un film di maggiore richiamo, di corrispondere minimi garantiti o di sottoscrivere un contratto di noleggio per un film di minor richiamo»;

   la relazione conclude sottolineando il fatto che «gli esercenti indipendenti sono la componente più fragile della filiera»;

   esiste il rischio che gli esercenti piccoli e indipendenti possano subire comportamenti escludenti e/o discriminatori da parte degli operatori attivi a monte, anche in termini di clausole che in maniera ingiustificata vincolano l'autonomia del singolo esercente;

   secondo le conclusioni della relazione, dal punto di vista della concorrenza dinamica, permangono le criticità per i piccoli esercenti con rischi di riduzione della gamma del prodotto cinematografico e dei servizi per gli spettatori, come consta personalmente all'interrogante riguardo a decine di piccole sale cinematografiche delle zone interne della Campania, come ad esempio quella del comune di Eboli, in gravi difficoltà economiche e sempre sul punto di chiudere, negando un'attività importante per una comunità locale –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, nell'ambito delle sue competenze, per tutelare gli esercenti cinematografici indipendenti e le piccole sale che rischiano la chiusura.
(4-04187)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   InvImIt Sgr (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr) è stata costituita ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 164, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze in data 19 maggio 2013;

   il capitale sociale della citata società di gestione del risparmio è interamente di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, e l'obiettivo della InvImIt Sgr, come indica l'articolo 33, comma 1, del decreto-legge sopracitato, è quello di valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri enti pubblici;

   a mezzo stampa si apprende che alcuni appartamenti di Bologna, ubicati in via Galliera ai civici 66, 68 e 70, e in via Milazzo 4, in un palazzo di proprietà della sgr InvImIt, sono da diversi giorni al freddo;

   un residente testimonia che a inizio ottobre 2019 il riscaldamento era stato regolarmente avviato e che a inizio novembre InvImIt aveva fatto rifornimento di gasolio per 12 mila euro attraverso Consip;

   il gasolio sarebbe dovuto bastare per tre o quattro settimane. Il 19 novembre il livello si sarebbe abbassato repentinamente e il manutentore avrebbe prontamente allertato InvImIt. Ma i lunghi tempi tecnici per l'acquisto di una nuova fornitura avrebbero comportato l'interruzione del riscaldamento, lasciando i residenti al freddo –:

   di quali informazioni si disponga rispetto alla vicenda esposta in premessa;

   se si intendano assumere le iniziative di competenza per superare le criticità di cui in premessa e assicurare i relativi interventi, anche per evitare che tali spiacevoli situazioni si ripetano in futuro.
(4-04189)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   PALMIERI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca – sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1o gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 34 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01158)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   una vicenda tutta ancora da chiarire, ma che appare particolarmente grave, concerne la notizia, apparsa sulle prime pagine della stampa, dell'arresto, insieme con altre 4 persone, con l'accusa di «associazione mafiosa», di Antonello Nicosia, componente del Comitato nazionale dei Radicali italiani, nonché, per un periodo, collaboratore della deputata di Italia Viva, Giuseppina Occhionero; in particolare, in virtù di tale rapporto di collaborazione, Nicosia avrebbe partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari, potendo accedere all'interno delle carceri di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo senza la preventiva autorizzazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull'ordinamento penitenziario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano;

   tra le varie accuse mosse dalla procura di Palermo ci sarebbe addirittura quella di aver recapitato fuori dal carcere dei messaggi provenienti da alcuni boss mafiosi con cui aveva parlato durante le visite effettuate;

   secondo la procura, Nicosia, che apparterrebbe a pieno titolo al clan mafioso, si sarebbe costruito un'immagine pubblica di attivista per i diritti dei detenuti con lo scopo di mascherare le sue attività che favorivano diversi boss mafiosi. Oltre alla trasmissione dei messaggi, Nicosia è accusato di aver «portato avanti l'ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all'articolo 4-bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari», per il quale si aspettava un compenso economico addirittura da Matteo Messina Denaro;

   non è chiaro se le visite e i colloqui riservati con i boss negli istituti penitenziari siano avvenuti senza la costante presenza del personale di polizia penitenziaria delegato dall'autorità dirigente, beneficiando delle prerogative previste per i parlamentari ed i loro assistenti –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per verificare la regolarità del sistema di visite e colloqui, soprattutto con detenuti reclusi in regime di 41-bis, presso gli istituti penitenziari coinvolti nella gravissima vicenda di cui in premessa e, in particolare, se si sia ottemperato, nel caso di specie, agli obblighi che la legge e il regolamento penitenziario prevedono con specifico riferimento ai limiti dell'attività consentita ai collaboratori dei parlamentari
(5-03208)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRETTO, RACCHELLA e COVOLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del sindacato della polizia penitenziaria Uspp, nella casa circondariale Filippo del Papa di Vicenza, entro la fine del mese sarà completato il trasferimento di 100 nuovi detenuti, tutti in carcere per reati legati alla criminalità organizzata;

   al momento, i trasferimenti effettuati di 60 detenuti, equivalgono al 30 per cento del totale, in quanto sono previsti, ulteriori arrivi, circa 40 entro la fine del mese, che entro la fine dell'anno porteranno il numero dei detenuti dagli attuali 318 fino a 415, quando i posti regolamentari, in base a quanto riportato sul sito del Ministero della giustizia, sarebbero 286;

   il padiglione di massima sicurezza, inaugurato quattro anni fa, ha una capienza di duecento posti e con questi trasferimenti, si verranno a breve a concentrare duecento condannati per «416-bis», cioè per associazione a delinquere di stampo mafioso;

   una situazione denunciata anche dall'associazione Antigone, che nella scheda web sulla casa circondariale di Vicenza parla di «un istituto caratterizzato da uno stato di sovraffollamento cronico»;

   sono tante le emergenze di questa casa circondariale: sovraffollamento, sistema di sorveglianza insufficiente, personale insufficiente, pochi blindati e mancanza di un direttore reggente, in quanto l'attuale responsabile, è infatti a scavalco tra il carcere Due Palazzi di Padova e quello di Vicenza, dove riesce a garantire la sua presenza per due giorni alla settimana;

   gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 190 e la carenza di personale stimata ammonta a circa sessanta unità;

   inoltre, da inizio anno ad oggi si sono registrati 687 eventi critici, tra aggressioni tra i detenuti, aggressioni al personale e danneggiamento alle strutture; cinque agenti hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso con prognosi talvolta serie;

   si tratta di una situazione che rischia di degenerare con l'arrivo dei detenuti di alta sicurezza per i quali parla di «turismo penitenziario», perché occorrono uomini e mezzi per garantire gli spostamenti di questa tipologia di detenuti che per il 95 per cento provengono dal Sud e sempre al Sud hanno commesso i loro reati e pertanto devono necessariamente spostarsi per le udienze dei processi di cui sono parte: spostamenti durante i quali inevitabilmente aumenta il rischio di fughe ed evasioni –:

   quale siano i motivi che hanno condotto alla scelte di destinare 200 detenuti per associazione di stampo mafioso alle carceri Veneto, nonostante le già precarie condizioni legate alle infiltrazioni della criminalità organizzata in questo territorio.
(4-04184)


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo un «alleggerimento» degli ultimi anni la situazione di sovraffollamento della casa circondariale di Brissogne torna ad essere critica con 225 detenuti a fronte di una capienza di soli 181 posti;

   il dato è stato fornito dal Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive, che ha rimarcato come oggi più che mai Brissogne riveste il poco invidiabile ruolo di «polmone», rispetto a criticità di affollamento sussistenti in altri istituti limitrofi. Ma il sovraffollamento non è l'unico problema: il Garante segnala anche la «mancanza di un vertice» (direttore e comandante della polizia penitenziaria), l'elevato turn over dei detenuti e un'abbondante presenza di stranieri, in percentuale doppia rispetto alla media nazionale;

   alcuni periodi dell'anno, soprattutto quelli prefestivi, sono particolarmente difficoltosi per quei detenuti, soprattutto quelli più poveri e stranieri, che patiscono un maggior senso di abbandono. I casi proteste, anche riportate dalla stampa nazionale, conferma una volta di più, se ancora fosse necessario, che sia particolarmente importante in una struttura come quella del carcere di Brissogne, avere un direttore stabile che continui a monitorare i detenuti nella loro situazione di quotidianità e sia di effettivo supporto per tutto il personale del penitenziario;

   nel 2017 è scaduto il protocollo di intesa con il Ministero della giustizia che la regione Valle d'Aosta, ha proposto e fortemente sostenuto nel 2007 per inquadrare formalmente l'attenzione che le strutture pubbliche e le associazioni di volontariato pongono da sempre alle attività di rieducazione e il reinserimento dei detenuti;

   la regione ha fatto tutto il possibile per rinnovare questo protocollo di intesa, visto che in data 22 maggio 2019 è stata prodotta una bozza di rinnovo non ancora sottoscritta; ad oggi, non è ancora stato possibile procedere al suddetto rinnovo anche per la mancanza di un interlocutore, a livello governativo, che conosca la realtà della casa circondariale di Brissogne con cui confrontarsi;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per arrivare nel più breve tempo alla sottoscrizione del protocollo di intesa tra il Ministero della giustizia e la regione Valle d'Aosta, scaduto nel 2017, nell'ottica di ridare piena operatività tecnica ed amministrativa alla casa circondariale di Brissogne, l'unico carcere della regione Valle d'Aosta.
(4-04192)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   GIACOMETTO e PORCHIETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 dicembre 2019 entreranno in vigore i nuovi orari del vettore Trenitalia per le tratte di alta velocità ferroviaria sull'intera rete nazionale;

   come apparso su vari organi di stampa, e come facilmente verificabile dal sito trenitalia.com, andando a prenotare viaggi successivi al 15 dicembre, la città di Torino viene fortemente penalizzata dall'entrata in vigore del nuovo orario, con una riduzione delle corse pari quasi al 40 per cento;

   nello specifico, la linea Torino-Milano (ben lontana dall'essere satura dal punto di vista del suo esercizio) passerebbe da 29 a 18 collegamenti, la linea Torino-Roma da 19 a 15 e la linea Torino-Venezia da 10 a 2;

   la città di Torino, epicentro del grande movimento popolare che ha fortemente chiesto un impegno e una velocizzazione in merito alla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione, culminato con il voto a stragrande maggioranza a favore della Tav, registrato al Senato nel mese di agosto 2019, è già fortemente penalizzata, nei collegamenti nazionali, da un aeroporto sempre più periferico, su cui Alitalia e gli altri principali vettori hanno, di anno in anno, ridotto la propria presenza, relegandolo al quattordicesimo posto per volume di traffico fra gli aeroporti italiani;

   il Piemonte, peraltro, è oggi l'unica regione del Nord Italia in cui l'alta velocità ferroviaria prevede fermate in una sola città, ovvero Torino, sia per quanto riguarda i treni FrecciaRossa, sia per i FrecciArgento, sia per i FrecciaBianca –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa questa grave e ingiusta penalizzazione nei confronti dei cittadini e delle imprese di un'intera regione, e se e quali iniziative di competenza intenda immediatamente assumere a favore di un collegamento ferroviario che determina ricadute positive sia in termini economici, sia in termini ambientali.
(3-01157)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASSINELLI e BAGNASCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 25 novembre 2019, Autostrade per l'Italia ha deciso di chiudere due viadotti sulla A26, a seguito del crollo del viadotto sulla A6 Savona-Torino, all'improvviso e con scarsa comunicazione, anche in riferimento alle forze dell'ordine in loco;

   in contemporanea alla chiusura dei viadotti il procuratore capo di Genova ha emesso una nota in cui sottolinea che «a fronte di gravi ammaloramenti riscontrati abbiamo segnalato criticità sul ponte Fado in direzione Alessandria e su Pecetti in direzione Genova-Ventimiglia sulla A26; i rappresentanti di Autostrade per l'Italia hanno preso atto e sono intervenuti. La Procura attende verifiche di sicurezza condotte dalla società concessionaria secondo le norme di legge»;

   attualmente la A6 è chiusa tra Savona e Millesimo per il crollo del viadotto Madonna del Monte avvenuto domenica 24 novembre; la A26 è stata chiusa e parzialmente riaperta tra il bivio A10 e Masone; sulla A10 e sulla A7 ci sono continui scambi di carreggiata per lavori e smottamenti;

   il presidente della regione Liguria, a margine del vertice convocato d'urgenza in prefettura, ha detto che «Genova ora è isolata come negli anni ’30», venendo a mancare il ponte Morandi e il collegamento sulla A6 e registrandosi ora i gravi disagi sulla A26;

   il sindaco di Genova ha subito messo in atto provvedimenti straordinari tra cui l'utilizzo gratuito di tutti i mezzi pubblici fino alla cessata emergenza;

   come ha sottolineato il presidente dell'Autorità portuale di sistema, «il Porto di Genova in queste condizioni non può resistere più di una settimana. Ci sono più di 4000 tir al giorno che partono e arrivano. Tutto il Nord Italia produttivo dipende» dagli scali di Genova e Savona;

   si è alla vigilia di Natale e in queste condizioni tutto il traffico si scarica sulla A7 dove il traffico leggero è già intensissimo;

   non si sa quanto dureranno le chiusure e il rischio per un contraccolpo letale al turismo si fa ogni giorno sempre più concreto –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare e con quali tempi, al fine di evitare in modo concreto un impatto insostenibile per l'economia di Genova e dell'intera Liguria, cercando di salvaguardare in particolare l'attività portuale che ogni anno destina allo Stato un gettito di alcuni miliardi di euro e rappresenta un grande motore di sviluppo, di crescita e di occupazione per l'intero Paese.
(5-03201)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENIGNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Boeing 737 Max, in servizio dal 2017, dopo i due incidenti in Indonesia ed Etiopia – 346 vittime in totale – è sotto costante osservazione;

   durante i due disastrosi voli c'è stata una vera battaglia tra l'uomo e il software, durata una decina di minuti e alla fine ha vinto quest'ultimo. Per ben 26 volte i piloti del volo hanno cercato di portare su il muso del Boeing 737 Max nuovo di zecca, per ben 26 volte il software non ha risposto correttamente: è questo uno dei dettagli più inquietanti che viene fuori dal rapporto preliminare sull'incidente aereo del 29 ottobre 2018 dopo aver visionato i tracciati ottenuti dal «Flight data recorder»;

   Boeing sta ancora lavorando per risolvere le criticità emerse al sistema informatico – in particolare a quello anti-stallo Mcas – ma emergono altre criticità, perché nuovi test hanno evidenziato che un quarto dei sistemi di ossigenazione del 787 potrebbero essere difettosi in caso di depressurizzazione;

   la fretta di Boeing di immettere il velivolo sul mercato, a giudizio dell'interrogante, ha già messo a rischio la sua sicurezza;

   una tra le compagnie operanti in Italia, che farà maggior impiego del Boeing 737-800 Max – presumibilmente dal gennaio del prossimo anno – è Ryanair, che ha nello scalo di Orio al Serio (Bergamo) la principale base italiana;

   lo scalo di Orio al Serio è collocato nelle immediate vicinanze di quartieri molto popolati, sicché un eventuale incidente potrebbe rivelarsi catastrofico;

   da recenti notizie di stampa, «Corriere della Sera» del 12 ottobre 2019, risulta che Ryanair abbia deciso di «celare» la tipologia di apparecchi utilizzati per i servizi di trasporto, omettendo di riportare la sigla dell'aereo sulla carlinga –:

   quale sia, anche in relazione a quanto evidenziato in premessa, lo stato del procedimento di autorizzazione all'impiego dei Boeing 737 Max nello spazio aereo italiano e quali siano le reali garanzie prestate dal costruttore in ordine alla risoluzione dei gravi problemi di safety già riscontrati;

   quali iniziative di competenza siano state messe in atto al fine di garantire l'incolumità delle persone e il diritto dei passeggeri a essere correttamente e compiutamente informati sia sullo stato che sulla tipologia dell'apparecchio utilizzato per la prestazione del servizio di trasporto.
(4-04182)


   FERRO, BELLUCCI, DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le scelte politiche che stanno riguardando il provveditorato interregionale delle opere pubbliche della Calabria, dalla consistente riduzione del personale alla chiusura del comitato tecnico amministrativo presso la sede coordinata di Catanzaro, per portare l'esame di progetti e procedimenti amministrativi in materia di lavori pubblici, presso il comitato tecnico amministrativo di Palermo, stanno mettendo a serio rischio la funzionalità della struttura;

   è quanto denuncia il segretario nazionale Confsal, Massimo Battaglia, in una missiva indirizzata al Ministro interrogato, in cui si legge, tra l'altro, che «la scelta di chiudere il C.T.A. in Calabria (sede coordinata Catanzaro) è pesante dal punto di vista economico, perché obbliga il personale tecnico e amministrativo in servizio presso tale Regione, a portare i progetti in approvazione, presso il C.T.A. in Sicilia (sede Palermo)»;

   tale obbligo, come sottolineato dal segretario Battaglia, obbliga, infatti, i tecnici del provveditorato calabrese a un faticoso viaggio di oltre 5 ore di andata e altrettante al ritorno, a volte anche con mezzi privati, per portare i progetti da esaminare al Comitato tecnico amministrativo di Palermo, con i relativi costi di carburante e traghettamento sullo Stretto di Messina che ne conseguono;

   gli uffici calabresi del Ministero, seppur in condizioni di emergenza, con il poco personale rimasto continuano a erogare le competenze tecniche e amministrative per le sedi delle forze di polizia, e di tutte le altre amministrazioni decentrate di Governo (prefetture, uffici giudiziari, uffici penitenziari e altro);

   la sede calabrese del provveditorato delle opere pubbliche ha progressivamente perso figure professionali di livello, quali tecnici e amministrativi specializzati, che sono andati in pensione, senza adeguate nuove assunzioni e la situazione, ormai al collasso, rischia di peggiorare con l'entrata in vigore di «quota 100» e il prolungato blocco del turn over;

   a parere dell'interrogante, è necessario scongiurare la chiusura di questo pezzo cruciale dell'assetto istituzionale, quale unica risposta tecnica e amministrativa alla manutenzione degli immobili delle forze di polizia, delle caserme dei carabinieri e degli uffici giudiziari –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per scongiurare la chiusura della sede del comitato tecnico amministrativo di Catanzaro, anche attraverso un piano straordinario di assunzioni.
(4-04191)

INTERNO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   nel corso del 2019 si stanno ripetendo e intensificando, con cadenza preoccupante, episodi di aggressioni e minacce nel quartiere Rancitelli di Pescara nei confronti di chiunque tenti di documentare ciò che vi accade quotidianamente, denunciando la gravissima situazione di degrado in cui versa l'area, ormai abbandonata al controllo della criminalità legata allo spaccio;

   nel febbraio 2019 il giornalista della Rai Daniele Piervincenzi, il filmaker Sirio Timossi e il redattore David Chierchini, giunti con l'intento di svolgere un'inchiesta sui clan della periferia pescarese che imperversano nella zona, sono stati costretti ad allontanarsi dal quartiere da un gruppo di abitanti che si è reso protagonista di una violenta aggressione, causando loro anche lesioni fisiche;

   a settembre 2019, medesima sorte è toccata all'inviato di Striscia la Notizia Vittorio Brumotti il quale, insieme alla sua troupe, ivi recatosi con il medesimo intento, è stato vittima di un attacco perpetrato da numerose persone del quartiere attraverso calci e insulti;

   in ottobre, lo stesso consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Domenico Pettinari, da anni impegnato in prima persona nel denunciare lo strapotere dei clan dello spaccio pescarese e per questo già minacciato di morte in diverse occasioni, è stato oggetto dell'ennesima inquietante intimidazione da parte di alcuni spacciatori che, durante la notte, sono stati colti nell'atto di fotografare a più riprese la sua vettura dopo uno dei tanti sopralluoghi da lui svolti nelle zone dello spaccio, nella fattispecie con il fine di chiedere lo sfratto dei pregiudicati che occupano le case popolari;

   ulteriori incresciosi episodi di violenza si sono verificati anche nel mese di novembre 2019: il primo in pieno centro, dove un giovane di soli diciassette anni è stato aggredito e picchiato con calci e pugni da un branco di giovani, riportando gravissime lesioni a un occhio; l'altro, verificatosi nella notte tra il 24 e il 25 novembre, nel complesso del Ferro di cavallo, sempre nel quartiere Rancitelli, dove è stata incendiata l'auto di una residente che pochi giorni prima aveva rilasciato un'intervista anonima a una tv locale per denunciare l'insostenibile situazione in cui versa il quartiere, in completo stato di abbandono da più di vent'anni e dove gli appartamenti sgomberati, come di recente accaduto, vengono immediatamente rioccupati dalle famiglie criminali;

   dalla relazione della direzione investigativa antimafia, relativa al primo semestre del 2018, emergerebbe peraltro un sempre più forte radicamento in Abruzzo di clan legati al traffico di stupefacenti, per il quale Pescara è ormai divenuta centrale, con attività gestite non soltanto dalla Camorra e da cosche di matrice pugliese, ma anche da gruppi di etnia rom, slavo-albanesi, nordafricani, nigeriani e sudamericani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'emergenza in atto e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di fronteggiare una situazione che appare sempre più insostenibile e che sta prefigurando una totale perdita di controllo da parte dello Stato di intere aree urbane di Pescara, a tutto vantaggio dell'espansione incontrollata di clan e organizzazioni criminali;

   se non si ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di dover adottare iniziative atte a garantire, come richiesto ormai da tempo, postazioni fisse delle forze dell'ordine e dell'Esercito a presidio delle zone più a rischio, le quali rappresentano ormai delle vere e proprie piazze di spaccio a valenza regionale.
(2-00575) «Corneli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INVIDIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sede del distaccamento dei vigili del fuoco della città di Luino, in provincia di Varese, è sita in una zona soggetta a periodiche esondazioni del lago e dei fiumi, Tresa e Margorabbia;

   a causa di tale condizione più volte nel corso degli anni si è verificata la situazione in cui i vigili del fuoco locali, a fronte di condizioni di intenso maltempo con copiose precipitazioni, sono stati costretti ad abbandonare precauzionalmente la sede istituzionale e ad essere ospitati temporaneamente in altri edifici pubblici della città;

   alla luce dell'insostenibilità della situazione sopra descritta che, paradossalmente, vede i soggetti addetti al soccorso pubblico, come i vigili del fuoco, rischiare di dover essere soccorsi, e comunque a non poter esercitare la propria azione, in caso di forte maltempo, da tempo si ipotizza il trasferimento della caserma in altra sede del territorio comunale;

   nel 2016 il comune di Luino giunse a stipulare una convenzione con il Ministero dell'interno per lo spostamento della caserma dei vigili del fuoco in un territorio sito nella frazione di Valdomino. Per la realizzazione del trasferimento servivano 2 milioni di euro che avrebbero dovuti essere reperiti tramite uno stanziamento di risorse da parte dello Stato;

   poiché lo stanziamento di risorse non è mai arrivato, la convenzione tra il comune di Luino e il Ministero dell'interno è scaduta senza mai essere operativa;

   ad aprile 2019 il Governo pro tempore per il tramite dell'allora sottosegretario all'interno Senatore Candiani è tornato a promettere lo stanziamento di 2 milioni di euro per consentire il trasferimento della caserma dei vigili del fuoco di Luino;

   a fronte della forte ondata di maltempo che ha colpito le regioni del nord Italia, in data 25 novembre 2019 i vigili del fuoco di Luino sono stati costretti nuovamente ad abbandonare precauzionalmente la propria sede, ma ad oggi delle risorse statali ancora non vi è stata traccia –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per destinare le risorse che dovrebbero essere pari ad euro 2 milioni al fine di porre rimedio alla incresciosa condizione riportata in premessa in cui versano i vigili del fuoco di Luino.
(5-03203)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   numerose fonti di stampa documentano il grave stato di degrado in cui versa la stazione di Santa Maria Novella a Firenze, diventata luogo di spaccio diffuso e alla luce del sole;

   la questura ha imposto la chiusura di un locale di ristoro situato di fronte alla stazione di Firenze Santa Maria Novella per l'eccessiva presenza di spacciatori di ogni sorta di stupefacenti;

   la prefettura ha individuato ben 25 «zone Rosse» ovvero critiche per livello di insicurezza e degrado –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per implementare le «zone Rosse» e, nello specifico, per rimuovere la situazione di estremo degrado dovuto allo spaccio intorno alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze.
(4-04190)


   ALBERTO MANCA, CADEDDU, PERANTONI, CABRAS, SCANU e MARINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la peste suina africana Psa è una malattia virale, estremamente infettiva, solitamente letale che colpisce i suini domestici e i cinghiali;

   in Italia è presente esclusivamente in Sardegna dal 1978, mentre si registrano focolai infettivi all'interno di alcuni Paesi membri dell'Unione europea;

   allo stato attuale non esiste ancora una cura o un vaccino in grado di debellare il morbo. L'unico rimedio è predisporre un programma di emergenza per l'eradicazione del virus (articolo 21 del decreto legislativo n. 54 del 2004) ed osservare gli standard precauzionali e le misure sanitarie imposte dalla normativa unionale (decisione di esecuzione 2014/709/UE);

   per combattere l'emergenza sanitaria in corso ed arginare i danni causati all'economia sarda dal divieto di esportazione delle carni suinicole applicato dall'Unione europea, la regione è impegnata da molti anni nella lotta alla eradicazione della Psa;

   l'attività di abbattimento dei suini tenuti illegalmente al pascolo brado costituisce l'unico strumento per spegnere i focolai attivi e ridurre il rischio di ulteriore contagio;

   con la vittoria della coalizione di centrodestra alle elezioni regionali del mese di marzo 2019 tuttavia le operazioni di eradicazione sono state interrotte;

   con l'interrogazione n. 4-04002, depositata in data 4 novembre 2019, a prima firma del sottoscritto, è stato chiesto ai Ministri competenti di prendere atto dell'emergenza sanitaria ed economica che affligge la regione Sardegna e di favorire la ripresa immediata delle operazioni di depopolamento, unitamente alla richiesta di rimozione degli attuali divieti di esportazione dei prodotti sardi;

   qualche settimana fa, inoltre, il commissario europeo alla salute e alla sicurezza alimentare – Vytenis Andriukaitis – durante una visita in Sardegna, ha ricordato l'importanza della ripresa delle attività di depopolamento, invitando a non sottovalutare l'infettività del virus e le future possibilità di contagio;

   il 15 novembre 2019 sono riprese regolarmente le attività di depopolamento;

   il 22 novembre 2019, un allevatore di Baunei (Nuoro), ha sparato in aria un colpo di arma da fuoco e ha intimato al personale impegnato nelle operazioni, di allontanarsi e di sospendere immediatamente le operazioni di abbattimento;

   nella notte del 24 novembre 2019, sono apparse sui muri del comune di Baunei scritte ingiuriose e minacce di morte indirizzate al sindaco della comunità, chiaramente riferite alla peste suina africana e agli abbattimenti in corso;

   quanto accaduto desta notevoli preoccupazioni per la sicurezza e per l'incolumità degli operatori impegnati nel programma di eradicazione. Il malcontento degli allevatori, infatti, ad avviso dell'interrogante, è di fatto rincoraggiato anche da quanto sostenuto dai vertici della maggioranza politica della regione che in campagna elettorale avrebbero promesso l'immediata interruzione delle operazioni, minimizzando sulla pericolosità del virus;

   ai sindaci delle comunità sarde non è attribuibile alcuna responsabilità per le operazioni in atto, ma, al contrario, va riconosciuto l'impegno nel rispetto delle norme, finalizzato al conseguimento del benessere della collettività;

   le operazioni di depopolamento devono essere definitivamente completate senza trovare ulteriori ostacoli e/o interruzioni –:

   se il Governo sia conoscenza della suesposta situazione e se intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare il comparto operativo delle forze di polizia che operano in accordo con il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, al fine di salvaguardare l'incolumità e la sicurezza degli amministratori locali e degli operatori impegnati nelle attività di eradicazione della Psa.
(4-04194)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sindacati COISP della polizia stradale di Pisa hanno segnalato diverse criticità al competente dipartimento regionale relative alle carenze di personale con riguardo, in particolare, alla annunciata necessità di una prossima assegnazione di un ulteriore turno da svolgersi sulla tratta stradale di grande comunicazione Firenze-Pisa-Livorno, così detto «quarto turno», e di una possibile chiusura della sala operativa della sezione di polizia stradale di Pisa nei quadranti serali e notturni, lasciando così la caserma sguarnita senza un piantone;

   peraltro, il quarto turno venne tolto nel 2014 proprio a causa della carenza di personale e ora, a distanza di qualche anno, con un organico della sezione di Pisa inferiore rispetto al 2014, verrebbe nuovamente aggiunto un turno, con carichi di lavoro che non sarebbero assolutamente distribuiti in modo omogeneo;

   anche se recentemente sono state assegnate otto unità del ruolo ordinario e due unità del ruolo tecnico, a fronte di tre pensionamenti dal 2017 al 31 dicembre 2019 e di altri 5 alla data del 31 dicembre 2021, va precisato che il personale del ruolo tecnico non può essere impiegato di pattuglia;

   se si aggiunge il personale solo parzialmente idoneo al servizio di polizia e il personale con la qualifica di ispettore, il personale che rimane a disposizione per fare il quarto turno è assolutamente esiguo per svolgere il servizio con la dovuta serenità così come previsto dall'accordo nazionale quadro;

   la chiusura serale e notturna della sala operativa potrebbe ridurre la sicurezza della caserma in generale, visto che presso la sezione di Pisa vi è anche personale che alloggia all'interno e l'operatore della sala operativa, in caso di incendio nelle ore notturne, ha compiti ben precisi, tra i quali la gestione dell'emergenza, lo sblocco delle porte carraie e altro;

   inoltre, va ricordato che la sala operativa della polizia stradale funge da coordinamento nell'intero territorio provinciale per tutte le forze di polizia in caso di emergenze dovute a calamità naturali ed è punto di riferimento importante e strategico;

   tutto questo, se confermato, potrebbe creare forti disagi per il personale poiché la sezione di Pisa, a differenza delle altre sezioni limitrofe, non ha distaccamenti di polizia da dove poter eventualmente attingere per coprire altri servizi, con una seria compromissione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori in merito alla possibilità di fruire del congedo ordinario e dei permessi;

   una distribuzione omogenea e rotativa dei nuovi carichi di lavoro sulle sezioni limitrofe che hanno un organico più consistente e che possono contare anche sui distaccamenti che la polizia stradale di Pisa, invece, non ha, potrebbe essere una soluzione alternativa risolutiva rispetto a quella individuata;

   infine, la futura chiusura serale e notturna decisa dal compartimento polstrada di Firenze è stata decisa, ad avviso dell'interrogante, senza tener conto del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, articolo 25 –:

   se intenda valutare l'opportunità di adottare soluzioni alternative per la polizia stradale di Pisa, alla luce delle problematiche esposte in premessa, per esempio distribuendo i nuovi carichi di lavoro sulle sezioni limitrofe che hanno un organico più consistente e che possono contare anche sui distaccamenti.
(4-04195)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Conservatorio di Santa Rosalia è un istituto pubblico di educazione femminile, che si trova nel territorio di Atrani, in provincia di Salerno;

   è un'istituzione antica, pare fondata da Filippo Vollaro e Sigismondo Di Lieto, maggiorenti di Atrani dell'epoca, con testamento del 17 aprile 1682 e con istrumento del 9 aprile 1687;

   fino al 1812 l'edificio ebbe carattere esclusivo di Monastero per poi passare al Consiglio degli Ospizi, divenendo un'istituzione di carattere laico con proprio statuto e regolamento;

   tale carattere è stato ma ritenuto fino ad oggi e il Conservatorio, come detto, è classificato, insieme ad altri istituti analoghi, quale istituto pubblico di educazione femminile;

   l'Ente è retto da un consiglio di amministrazione nominato, per tre anni, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e composto da tre consiglieri, uno dei quali presidente; per tali funzioni non sono previste remunerazioni;

   nel 1999 venne nominato un nuovo consiglio di amministrazione che avviò da subito un'opera di rivitalizzazione e rilancio dell'Ente, che si trovava in uno stato di grave difficoltà, visto che la funzione educativa era evaporata completamente e il patrimonio immobiliare (valore catastale per oltre 5 milioni di euro), che doveva servire da sostegno alla «mission» originaria dell'Ente (fornire un'adeguata formazione alle fanciulle orfane e/o senza mezzi) era stato gestito con grande difficoltà;

   durante quella gestione furono adeguati i canoni di locazione degli immobili di proprietà dell'Ente, furono avviate azioni legali per il possesso e il riconoscimento di proprietà di beni immobili del Conservatorio, sollevando non poche resistenze, e si avviarono le procedure per un ritorno alla funzione educativa dell'Ente;

   alla scadenza di quel primo mandato, il consiglio di amministrazione non fu riconfermato, con sostanziale differenza rispetto alla prassi ormai consolidata che vedeva come naturale la conferma per più mandati, fino a rinuncia volontaria, dei presidenti uscenti;

   agli inizi del 2007 quello stesso consiglio di amministrazione esautorato venne di nuovo nominato e riprese il progetto di recupero e rivalutazione dell'Ente, e in particolare, l'obiettivo di riavviare l'attività educativa;

   la legge finanziaria del 2008, però, determinò lo scioglimento di alcuni enti che avevano esaurito la loro funzione tra i quali figurava anche il conservatorio di Santa Rosalia, scioglimento mai avvenuto;

   alla fine di quel mandato, il presidente e il consiglio di amministrazione furono di nuovo sostituiti con presenze che non avevano alcun legame con il posto, tutte espresse fuori dal territorio, incontrando notevoli difficoltà di comprensione dei problemi e della realtà da gestire;

   con queste stesse caratteristiche e incontrando difficoltà operative, sono stati nominati negli anni altri amministratori, che non sono riusciti ad essere incisivi e hanno proceduto, ad avviso dell'interrogante, a una gestione burocratica, a distanza, senza conoscere e risolvere temi cruciali;

   qualche mese fa, a quanto consta all'interrogante, sarebbe stato nominato un nuovo consiglio di amministrazione; il condizionale è necessario perché in realtà si tratta di una nomina di cui, ad oggi, non è stato possibile visionare il documento ufficiale, al punto da legittimare dubbi sul fatto stesso che si sia compiuta;

   intanto, cresce sul territorio un notevole malcontento, per la situazione di stallo in cui versa l'istituto e per le occasioni mancate di recupero e rilancio dello stesso –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza ritenga di adottare per la nomina di un nuovo consiglio di amministrazione e per il rilancio dell'istituto pubblico di educazione femminile denominato Conservatorio di Atrani, ad avviso dell'interrogante da tempo privo di una gestione oculata e attenta, capace di mettere a frutto le sue potenzialità.
(4-04183)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIAMPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Vitesco Tecnologies Italy srl, società del gruppo Continental, nel settore automotive che progetta e produce elettro iniettori e fuel rail per auto a benzina, ha due stabilimenti nella provincia di Pisa (a San Piero a Grado e Fauglia) che rappresentano oggi centri di ricerca esemplari nel comparto della componentistica dell'auto;

   Continental ha annunciato, nei mesi scorsi, che oltre l'8 per cento dell'attuale forza lavoro complessiva potrebbe essere coinvolta dalle misure in programma nel prossimo decennio per ridurre i costi lordi di 500 milioni di euro all'anno. Questo programma di ristrutturazione, denominato «Transformation 2019-2029», prevede 20.000 esuberi;

   nei siti produttivi di Pisa, che operano dal 1987 prima come Siemens e poi come Continental, lavorano attualmente 950 dipendenti e circa 200 interinali;

   gli stabilimenti di Pisa sono stati indicati dalla proprietà tra quelli maggiormente interessati dal passaggio alle tecnologie della mobilità elettrica per le auto a benzina a quelle per i veicoli ibridi ed elettrici;

   in queste fabbriche la produzione dovrebbe essere interrotta tra il 2023 e il 2028, con circa 500 posti di lavoro a rischio licenziamento. I restanti 440 dipendenti verrebbero trasferiti;

   tali esuberi sarebbero poi aumentati, secondo quanto reso sono dalle associazioni sindacali, a «750 che arrivano a 1.000 con i somministrati, con il rischio evidente di una possibile chiusura» degli stabilimenti stessi;

   la dirigenza locale della Continental aveva inizialmente contattato la regione Toscana e gli enti locali, al fine di riorientare lo stabilimento verso soluzioni alternative;

   si apprende però dalla stampa che le stesse associazioni sindacali, a seguito di un incontro con la proprietà, abbiano mostrato seri dubbi sulla volontà di Continental «di riconvertire gli stabilimenti sull'elettro propulsione, l'unica che potrebbe garantire il mantenimento dei livelli occupazionali»;

   il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, incontrando i lavoratori di Vitesco a Pisa ha ricordato come la regione abbia in questi anni supportato i progetti di ricerca dell'azienda finanziati con risorse regionali e dei fondi europei, evidenziando che stabilimenti produttivi, «con maestranze preparate e qualificate che producono ogni anno brevetti debbano comunque continuare a produrre finché la domanda c'è e rimane forte»;

   il presidente Rossi, dopo aver espresso solidarietà e vicinanza ai lavoratori, ha annunciato un prossimo incontro con i vertici della multinazionale tedesca per discutere il piano di transizione, da portare poi anche all'attenzione del Governo;

   è stato istituito presso il Ministro dello sviluppo economico il tavolo sull'automotive: luogo dove associazioni e sindacati potranno individuare i migliori strumenti per rilanciare il settore dell'automotive, anche attraverso le opportunità messe a disposizione dalla mobilità ecosostenibile –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di tutelare gli attuali livelli occupazionali e la continuità produttiva degli stabilimenti Vitesco di Pisa, in relazione agli effetti del programma di ristrutturazione «Transformation 2019-2029», annunciato da Continental.
(5-03204)


   CECCHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con una comunicazione inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sindacati, alle regioni e agli ispettorati del lavoro, la Fedespedi (Federazione nazionale delle imprese di spedizioni) ha reso nota la procedura di licenziamento collettivo per i dipendenti della propria associata Panalpina Trasporti Mondiali spa con sede a Cerro Maggiore (MI);

   i dipendenti della predetta sede di Cerro sono 150, di cui 60 in capo alle cooperative e 90, tra operai e dirigenti, oggetto della procedura di licenziamento;

   Panalpin spa, si ricorda, è una società di trasporto aereo, marittimo, logistica e soluzioni per il settore energy e project; a livello mondiale è presente direttamente in 70 Paesi ed in altri 100 opera attraverso partner locali; gli uffici nel mondo sono più di 500 e i dipendenti totali circa 14 mila;

   in Italia, oltre alla sede di Cerro Maggiore, conta su altri cinque uffici dislocati a Genova, Bologna, Firenze, Vicenza e Roma, per un giro d'affari generato nel nostro Paese nel 2017 pari a 150 milioni di euro. I principali magazzini di cui dispone la società sono a Cerro Maggiore (17.500 metri quadrati) e Bologna (1.500 metri quadrati);

   il 1° aprile 2019, la società logistica danese Dsv ha annunciato un accordo per l'acquisizione di Panalpina tramite un'offerta pubblica di acquisto con scambio azionario per formare una nuova società;

   in Italia, Dsv ha sede a Limito di Pioltello e impiega circa 1200 persone in ventisei filiali, producendo un fatturato (nel 2016) di 618 milioni di euro. La struttura è articolata in diverse divisioni: trasporto aereo, trasporto marittimo (che ha quattordici filiali operative), trasporto espresso, autotrasporto (con due hub e dodici filiali), fiere, logistica, impianti e progetti, servizi speciali, automotive, pharma, fashion;

   il Consiglio di amministrazione di Panalpina Trasporti Mondiali del tutto inaspettatamente ha deciso la liquidazione della società e il licenziamento di 136 dipendenti giustificandolo con risultati costantemente e pesantemente negativi;

   dall'analisi economica del 2018, anno prima della liquidazione, emerge che Panalpina Trasporti Mondiali ha ottenuto un margine operativo lordo positivo di 2.356.258 euro, a fronte di uno negativo l'anno precedente di 3.540.516 e un risultato operativo positivo di 1.964.926 euro a fronte di uno negativo del 2017 di 3.800.696 euro. Tolte le imposte e i proventi ed oneri finanziari, nel 2018 Panalpina Trasporti Mondiali ha prodotto un risultato netto positivo di 1.321.844 euro, contro uno negativo dell'anno precedente di 5.821.039 euro;

   tali cifre evidenziano un paradosso: per quattro anni la società ha generato perdite, culminate nel 2017 con un rosso di oltre cinque milioni e non risulta che in questo periodo abbia attuato riduzioni di personale o azioni di cassa integrazione e comunque tale voce di costo è rimasta sostanzialmente identica. Nel 2018 c'è stato un evidente miglioramento della situazione e l'azienda ha assunto nuovo personale, come mostra anche l'aumento del costo relativo, aumentando il fatturato e il valore aggiunto e portando in nero il margine operativo lordo, il risultato operativo e quello netto; l'anno successivo, invece, arriva improvvisamente la liquidazione lamentando una situazione economica disastrosa della società: una decisione insolita, se non fosse che nel frattempo l'intera Panalpina è stata acquisita dalla concorrente Dsv;

   la liquidazione del centro logistico di Cerro comporterebbe ricadute occupazionali negative che si collegano ad altre crisi aziendali sul territorio: le operazioni di passaggio dei lavoratori alla nuova società andrebbero gestite secondo la normativa da parte di Dvs, procedendo a una cessione del ramo d'azienda per poi affrontare la discussione sulla fusione delle due società e la possibile riorganizzazione interna –:

   quali iniziative urgenti di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda porre in essere per tutelare le centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa e se non ritenga opportuno convocare un tavolo istituzionale per comprendere le ragioni sottese alla attivazione della procedura di licenziamento, considerato che l'azienda non risulta in crisi e vanta un nutrito pacchetto di clienti.
(5-03205)


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in ragione dell'ispezione disposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed eseguita – nel dicembre del 2017 – dall'Ispettorato nazionale del lavoro presso lo stabilimento dell'azienda Amazon Italia Logistica s.r.l. di Castelsangiovanni (Piacenza) venne riscontrato che «l'azienda aveva utilizzato, nel periodo da luglio a dicembre 2017, i lavoratori somministrati oltre i limiti quantitativi individuati dal contratto collettivo applicato», e ciò per un numero di 1308 persone;

   la notizia divenne pubblica a seguito di un comunicato stampa dell'Ispettorato nazionale del lavoro diramato, nel giugno del 2018; inoltre, nel periodo intercorrente tra luglio e agosto del 2018, l'Ispettorato nazionale del lavoro ritenne d'individuare nominativamente i lavoratori coinvolti ed inviare ad ognuno di loro una nota nella quale venivano comunicati gli esiti dell'eseguito accertamento, aggiungendo che l'interessato «potrà valutare l'opportunità di attivarsi per il riconoscimento dei propri diritti ai sensi dell'articolo 31 e articolo 38, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015»;

   a seguito della citata comunicazione diversi lavoratori, avvalendosi dell'assistenza delle organizzazioni sindacali, – che avevano in precedenza tentato di avviare un confronto con l'azienda senza trovare una soluzione transattiva – o rivolgendosi a legali di fiducia, promuovevano singoli ricorsi davanti ai giudici del lavoro (del foro di Piacenza o di quello di Milano);

   i ricorsi discussi sono stati dichiarati inammissibili poiché gli interessati non avrebbero impugnato gli atti relativi entro 60 giorni dalla conclusione del rapporto di lavoro. Ciò nonostante il fatto che la notizia del vizio incombente sul rapporto di lavoro fosse stata resa nota agli interessati non prima del luglio 2018, e che l'azienda Amazon, sempre da parte dell'Ispettorato nazionale del lavoro, fosse stata sanzionata per non aver fornito alle organizzazioni sindacali, che pure li avevano richiesti più volte, i dati relativi all'utilizzo dei lavoratori somministrati. Giova qui evidenziare che ad Amazon era stata intimata, quindi, dall'Ispettorato nazionale del lavoro la consegna dei dati, giusto il dettato normativo, e che l'azienda li aveva a quel punto consegnati alle organizzazioni sindacali il 20 giugno 2018, nel corso di un incontro tenutosi presso la sede di Confcommercio di Piacenza;

   il 15 novembre 2019, dopo 3 udienze durante le quali l'avvocato giuslavorista Annarita Bove aveva denunciato vizi di incostituzionalità nelle procedure relative alla vicenda che qui interessa, i ricorrenti si sono visti non solo respingere le richieste formulate in atti, ma sono stati anche condannati dal giudice di lavoro di Piacenza al pagamento delle spese di controparte;

   a prescindere dalla decisione assunta, la condanna al pagamento delle spese di controparte è conseguente all'azione promossa dagli interessati in ragione di quello che appare all'interrogante il legittimo affidamento dagli stessi prestato al contenuto della comunicazione diffusa dagli uffici dell'ispettorato nazionale del lavoro –:

   se i fatti siano noti al Ministro interrogato, con particolare riferimento a quanto previsto dalla summenzionata nota dell'ispettorato nazionale del lavoro che ha alimentato evidenti aspettative tra i dipendenti di Amazon, e se intenda adottare le iniziative di competenza, anche normative, per evitare che tali episodi si ripetano;

   se il Ministro interrogato intenda valutare la sussistenza dei presupposti per assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere forme di ristoro economico per i lavoratori penalizzati di cui in premessa;

   se risulti che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto analoghe verifiche presso gli altri siti attivi sul territorio nazionale dell'azienda Amazon Italia Logistica s.r.l., in particolare presso quelli di Novara e di Fara in Sabina (Rieti) e, in caso di risposta affermativa, quali ne siano stati gli esiti.
(5-03206)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGLIONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   al comma 1 dell'articolo 25-ter del decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 17 dicembre 2018 si prevede che il trattamento di mobilità in deroga, per i lavoratori occupati in aziende localizzate nelle aree di crisi industriale complessa, di cui all'articolo 1, comma 142, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è concesso per dodici mesi anche in favore dei lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018;

   al comma 1 dell'articolo 41 del decreto-legge n. 34 del 30 aprile 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 si prevede che le disposizioni di cui all'articolo 25-ter del decreto-legge n. 119 del 2018 sono prorogate nel 2019, alle medesime condizioni, per ulteriori dodici mesi e si applicano anche ai lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga entro il 31 dicembre 2019 –:

   quale sia lo stato di attuazione di quanto previsto dalle norme di cui in premessa.
(4-04178)


   NOVELLI, SANDRA SAVINO e PETTARIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sabato 16 novembre 2019 nella città di Udine, presso il teatro nuovo, si è svolto l'evento denominato Fiera del lavoro organizzato dall'università di Udine in collaborazione con Inps e regione Friuli Venezia Giulia;

   finalità dell'evento era far incontrare domanda e offerta di lavoro con una serie di aziende che si sono rese disponibili a mettere a disposizione circa 460 posti di lavoro;

   grazie alla collaborazione tra Università di Udine e Inps sono stati inviate proposte dirette di colloquio a 251 laureati residenti in Friuli Venezia Giulia e percettori di reddito di cittadinanza;

   di questi solo 61 hanno risposto positivamente alla richiesta di effettuare un colloquio di lavoro e tra questi ultimi sono stati solo 10 coloro che si sono presentati fisicamente in teatro, sede nella quale si sarebbero dovuti svolgere i colloqui di lavoro previsti;

   l'episodio, che ha visto giovani percettori di reddito di cittadinanza rifiutare a priori la possibilità di trovare un posto di lavoro per il quale era stata prevista una corsia prioritaria, ancorché al di fuori dei circuiti istituzionali previsti dall'istituto, ha suscitato un certo sconcerto ed è stato oggetto di articoli di stampa locale, perché l'accesso al reddito di cittadinanza, almeno nel caso di specie, ed in attesa dell'avvio delle procedure di politiche attive del lavoro finalizzate a una ricollocazione dei percettori, sembra disincentivare la ricerca concreta di un posto di lavoro da parte di chi percepisce il sussidio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di evitare il ripetersi di simili situazioni nelle quali i percettori di reddito di cittadinanza rifiutano la possibilità di trovare un'occupazione, al fine di non decadere dall'erogazione del sussidio percepito.
(4-04180)


   VALLASCAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   tra le misure del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), all'articolo 23, è prevista l'anticipazione del trattamento di fine servizio (Tfs) per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche cui è liquidata la pensione «quota 100», ai sensi dell'articolo 14 del medesimo decreto;

   questa facoltà è riconosciuta anche ai «soggetti che accedono, o che hanno avuto accesso prima della data di entrata in vigore del presente decreto, al trattamento di pensione ai sensi dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»;

   per quanto concerne le modalità di erogazione della citata anticipazione, l'articolo 23, al comma 2, specifica che gli interessati, sulla base di apposite certificazioni rilasciate dall'ente responsabile per l'erogazione del trattamento di fine servizio, «possono presentare richiesta di finanziamento di una somma pari all'importo [nella misura massima di 45 mila euro] dell'indennità di fine servizio maturata, alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro da stipulare»;

   per l'accesso ai finanziamenti relativi all'anticipazione del Tfs, la norma prevede l'istituzione di un fondo di garanzia, la cui gestione è affidata all'Inps in base a una convenzione in capo al Ministero dell'economia e delle finanze con un importo pari a 75 milioni di euro per l'anno 2019;

   per quanto concerne le modalità di attuazione delle citate previsioni di legge, queste devono essere definite con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, della cui adozione si è in attesa;

   da quanto esposto, sembrerebbe che la norma attribuisca importanti e specifici compiti agli enti erogatori del Tfs, con particolare riguardo all'attività di certificazione del trattamento di fine servizio, certificazione necessaria all'ottenimento del finanziamento da parte di banche e intermediari finanziari;

   secondo le previsioni di legge, oltre al citato accordo quadro da stipulare con gli istituti di credito, acquisterebbe particolare rilevanza il censimento avviato il 20 settembre 2019 dal Dipartimento della funzione pubblica al fine di individuare i soggetti diversi dall'Inps erogatori del Tfs e stilare un elenco ufficiale da pubblicarsi sul sito del medesimo Dipartimento della funzione pubblica;

   da numerose notizie di stampa, sembrerebbe che la procedura per l'erogazione delle anticipazioni stia subendo forti rallentamenti, circostanza che avrebbe creato un legittimo allarme tra i soggetti aventi diritto che, nei casi in cui sono andati in pensione con «quota 100», quindi ancora in attesa dell'erogazione dell'assegno pensionistico, si troverebbero nella situazione di non percepire alcun reddito;

   le perplessità attorno all'erogazione del Tfs sarebbero ulteriormente aumentate a seguito della notizia pubblicata sul sito del Dipartimento della funzione pubblica, secondo la quale il termine della rilevazione, previsto per il 3 ottobre 2019, sarebbe slittato al 31 ottobre –:

   se quanto esposto in premessa trovi conferma;

   quali siano le motivazioni dei ritardi nell'erogazione anticipata del trattamento di fine servizio;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche di natura normativa, per accelerare le procedure di anticipazione del trattamento di fine servizio di cui all'articolo 23 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4.
(4-04185)


   AMITRANO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il laboratorio della «Moreno Srl» ubicato a Melito nel napoletano, da anni si occupa della lavorazione del pellame e del confezionamento di scarpe e borse per grandi marchi internazionali;

   da quanto si apprende a mezzo stampa, la scorsa settimana, i carabinieri del nucleo antisofisticazione e sanità (N.a.s.) e l'Ispettorato del lavoro di Napoli si sono recati all'interno del laboratorio per effettuare controlli e verifiche a norma di legge, scoprendo non solo l'inesistenza del locale della mensa e gravi irregolarità sui 35 operai che erano al lavoro, 14 dei quali impiegati a nero, ma anche, ancor più grave, l'esistenza di una porta blindata dietro la quale sono stati trovati 43 lavoratori stremati e terrorizzati, tra i quali una donna in avanzato stato di gravidanza e due apprendisti minorenni;

   questi operai lavoravano a nero per l'imprenditore, chiusi per sei ore nel caveau del laboratorio, senza finestre, senza servizi igienici, al buio, nel luogo dove di solito vengono custoditi i costosi pellami delle griffe di moda;

   l'imprenditore è stato arrestato e contestualmente è stato confermato il sequestro dell'intero laboratorio, compresi i sofisticati macchinari;

   dagli organi di stampa è emerso che la «Moreno Srl» ufficialmente occupa 21 operai inquadrati regolarmente; a questi vanno aggiunti, oltre ai 14 lavoratori irregolari cosiddetti «a nero», anche i 43 lavoratori tenuti segregati, per un totale di ben 78 operai, tenendo conto che ultimamente, dai controlli effettuati a tappeto, molte aziende tra le province di Napoli e Caserta sono state coinvolte dalle pratiche illegali di lavoro non contrattualizzato, svolto soprattutto da donne;

   nonostante la legge n. 199 del 2016 nel settore agricolo, nota come legge sul «caporalato» che inasprisce le pene ed estende la punibilità ai datori di lavoro anche in assenza dell'intermediatore, tale fenomeno continua ad affliggere non solo il settore agricolo italiano; lo sfruttamento lavorativo si manifesta attualmente anche in alcuni settori strettamente connessi alla lavorazione del pellame, in laboratori o in locali dormitorio, carenti sotto il profilo dell'igiene, della salute e della sicurezza;

   è di tutta evidenza che, oltre al necessario intervento legislativo, va dedicata la massima attenzione al tema della prevenzione e dei controlli ispettivi sulle specifiche e concrete condizioni di esercizio di tali attività lavorative che, il più delle volte, non solo in Campania ma anche nel resto del territorio nazionale, si associano a forme di sfruttamento e di mancanza di tutele per i lavoratori coinvolti;

   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha già istituito il tavolo interistituzionale sul caporalato da poco insediatosi per lo studio delle soluzioni al fenomeno –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza e con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, intenda assumere per abbattere definitivamente i pilastri che sorreggono lo sfruttamento e il lavoro irregolare che si manifesta sempre più di frequente in comparti non agricoli, al fine di garantire e tutelare i diritti di tutti i lavoratori.
(4-04188)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIACOMETTO e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   LivaNova (ex Sorin) è una società leader a livello mondiale, che opera nel settore delle biotecnologie medicali. La società ha comunicato, il 20 novembre 2019, l'apertura di una procedura collettiva per 83 posizioni a Saluggia nell'ambito della ristrutturazione dell'azienda;

   in base a questo piano, la produzione di valvole cardiache biologiche di LivaNova sarà concentrata nello stabilimento aziendale di Vancouver in Canada. Il timore è che la procedura in parola possa essere il primo passo verso una delocalizzazione di altre produzioni. In tale ipotesi si delinea il rischio di compromettere il futuro industriale del sito Sorin di Saluggia che oggi rappresenta il più grande insediamento produttivo della zona compresa tra le province di Vercelli e Torino;

   l'economia di quei territori, in particolare di Saluggia e Crescentino, si regge grazie all'impatto produttivo e occupazionale che genera il «Comprensorio Sorin», nel quale lavorano, oggi, circa 2.000 persone (1.500 direttamente assunte dalle diverse aziende e 500 legate all'indotto);

   grande preoccupazione è stata espressa anche dall'amministrazione comunale di Saluggia e da molti comuni del Chivassese e del Vercellese; si temono ripercussioni, nel medio-lungo periodo, sia all'interno della stessa LivaNova, in quanto, a detta della stessa azienda viene delocalizzata la parte più produttiva e maggiormente appetibile sotto il profilo della redditività, sia in altre aziende del comprensorio;

   la regione Piemonte e la prefettura di Vercelli si stanno adoperando per l'apertura di un tavolo di crisi. Sarebbe auspicabile, però, la convocazione di un tavolo di crisi nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico così da portare al più alto livello possibile il dialogo con l'azienda. Già nel 2003 e nel 2010 l'azienda aveva deciso di spostare la produzione oltre oceano. In quei casi si riuscì a scongiurare la delocalizzazione soprattutto grazie all'opera del management interno;

   il bio-medicale italiano è tra i settori più attivi dell'economia nazionale, con una forte propensione all'esportazione e grande capacità di innovazione. È necessario scongiurare la grave perdita di know-how che questa delocalizzazione comporta. È possibile ipotizzare un Piano strategico che trasformi il «Comprensorio Sorin» in uno dei principali distretti del bio-medicale italiano;

   è necessario promuovere una politica industriale finalizzata a mantenere produzione e livelli occupazionali in quest'area del Piemonte –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno aprire un tavolo di crisi con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti al fine di scongiurare la delocalizzazione in atto presso la LivaNova di Saluggia;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di mantenere la produzione di eccellenza in Italia e tutelare i livelli occupazionali, anche valutando la possibilità di individuare un acquirente nazionale del citato sito produttivo.
(5-03202)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2019 durante l'evento di aggiornamento aziendale degli associati, il Ceo di Bosch, ha annunciato ampie misure di contenimento dei costi, partendo dalla riduzione di posti di lavoro;

   nel 2019 la Bosch prevede di chiudere con ricavi per oltre 77 miliardi di euro, in linea con i valori dell'anno precedente, ciò nonostante si prevede una riduzione degli utili di circa la metà rispetto allo scorso anno;

   il settore a soffrire di più è quello della componentistica dell'auto con la produzione delle tecnologie diesel in forte calo per effetto della pesante riduzione delle immatricolazioni sul mercato europeo e indiano, sebbene si siano ottenute commesse per 13 miliardi di euro nella mobilità elettrica;

   il 21 novembre 2019 presso la sede centrale di Bosch si è tenuta la riunione periodica del Cae (Comitato aziendale europeo);

   da tale riunione sono giunte ulteriori conferme da Bosch circa la volontà di procedere con un drastico taglio del personale in tutta Europa, soprattutto nel settore legato al diesel;

   per lo stabilimento di Bari Bosch avrebbe dichiarato di voler giungere, nel 2022, ad occupare 1.200 unità, rispetto alle quasi 1.900 impiegate oggi;

   la direzione avrebbe inoltre dichiarato di non vedere nessuna prospettiva industriale e non avrebbe dato garanzie nemmeno sulle evoluzioni delle pompe diesel euro 7;

   da tempo le organizzazioni sindacali chiedono un piano industriale vero per lo stabilimento pugliese, che affronti la delicata fase della transizione dal diesel all'elettrico, portando negli stabilimenti italiani la produzione di nuove tecnologie in grado di saturare i livelli produttivi e garantire la piena occupazione;

   nello stabilimento di Bari-Modugno, stando ai numeri dell'azienda, gli esuberi sarebbero poco meno di 700, un numero enorme per un territorio già in difficoltà sul piano economico e sociale;

   a parere dell'interrogante Bosch ha il dovere di fare assoluta chiarezza sulle proprie strategie aziendali e non può disimpegnarsi dal sito di Bari, tra le industrie pugliesi con maggior numero di lavoratori impiegati mettendo a rischio un terzo dei suoi dipendenti –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, non intenda riconvocare con urgenza, presso il Ministero dello sviluppo economico, il tavolo di confronto sulle tecnologie diesel del gruppo Bosch in presenza dei vertici aziendali, delle organizzazioni sindacali e gli enti locali, affinché si giunga a un piano di investimenti, da parte dell'azienda, che garantisca sia i livelli occupazionali che produttivi, scongiurando così una grave crisi occupazionale che rischia di compromettere la vita di centinaia di famiglie pugliesi.
(4-04179)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 22 novembre 2019, nell'ambito del contenzioso civile tra Arcelor Mittal (AM InvestCo Italy) e Ilva amministrazione straordinaria, Sergio Palmisano, dirigente responsabile del settore «Salute e sicurezza» degli stabilimenti di Taranto, è stato interrogato come testimone dalla procura in relazione alle condizioni dello stabilimento ex Ilva;

   Palmisano aveva testimoniato, in particolare, a proposito dell'intenzione di Arcelor Mittal Italia, in difficoltà operative ed economiche, di recedere dal contratto di affitto di ramo d'azienda l'ex Ilva;

   in tale occasione, come riportano diversi organi di stampa, Sergio Palmisano ha parlato dei negativi risultati economici del gruppo in Italia, affermando testualmente che: «Siamo partiti con grande entusiasmo nel novembre del 2018. Il primo trimestre non è andato bene, ma comprensibilmente, stante le difficoltà nel processo di integrazione con Arcelor Mittal, il secondo doveva segnare il pareggio ed è andato invece peggio del primo. Il terzo trimestre è stato peggiore anche del secondo e a detta di Jehl (Matthieu, ex a.d. di Arcelor Mittal Italia) dovevamo recuperare 140 milioni, con taglio del personale con CIGS. Il quarto trimestre sarà difficilissimo perché a seguito del piano di fermata è sostanzialmente tutto fermo, abbiamo disdetto gli ordini dei clienti, le bramme prodotte saranno spedite altrove.»;

   tali dichiarazioni, ad avviso dell'interrogante, non solo confermano l'attualità della volontà di spegnere gli impianti da parte di Arcelor Mittal, ma mettono in luce – come riportato dai magistrati nell'atto di costituzione dinanzi al tribunale civile di Milano – «la vera causa della disdetta, pretestuosamente ricondotta al venir meno del cosiddetto scudo ambientale», ma in realtà «riconducibile alla crisi di impresa di Arcelor Mittal Italia e alla conseguente volontà di disimpegno dell'imprenditore estero»;

   l'intenzione di dismissione degli impianti, peraltro, come dichiarato dal direttore generale dell'ex Ilva Claudio Sforza, sarebbe stata comunicata già in diverse riunioni tenute nel mese di settembre 2019;

   secondo alcuni organi di stampa, nelle ultime ore Arcelor Mittal Italia avrebbe annunciato «sviluppi organizzativi» al vertice della società a partire dal 1° dicembre 2019;

   alcuni quotidiani online riportano il contenuto di una lettera inviata dal capo del personale dell'azienda, Arturo Ferrucci, secondo cui si parlerebbe di un nuovo organigramma di vertice, con l'entrata di Alessandra De Carlo in qualità di nuovo direttore dei sistemi informativi e l'esclusione dello stesso Sergio Palmisano, passato sotto le direttive di Alessandro Labile, attuale direttore del settore «ambiente»;

   secondo l'interrogante, se fosse confermato nei fatti, il sostanziale demansionamento del dirigente Palmisano in seguito alla testimonianza resa dinanzi ai magistrati di Milano, da cui si evincerebbe il tentativo di Arcelor Mittal di nascondere la crisi di produzione dell'azienda facendo leva sul preteso dello «scudo penale», ciò sarebbe la dimostrazione di un atteggiamento gravissimo da parte dei vertici aziendali, con potenziali profili giudiziari –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere iniziative volte ad accertare la fondatezza delle informazioni riportate in premessa, anche promuovendo tempestive verifiche da parte degli attuali commissari straordinari di Ilva.
(4-04193)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Baldini e altri n. 7-00368, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bond, Carrara, Squeri, Barelli, Fiorini, Polidori.

  La risoluzione in Commissione Gemmato n. 7-00374, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Bellucci.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Muroni n. 5-03195, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fratoianni.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Zanettin n. 3-01146 del 26 novembre 2019.

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B al resoconto della seduta n. 266 del 26 novembre 2019, alla pagina 9719, seconda colonna, dopo la diciannovesima riga, deve aggiungersi la seguente:

  Rotondi ............................. 3-01156

9734

  Conseguentemente, al medesimo allegato B: alla pagina 9734, seconda colonna, dopo la riga trentaduesima, deve leggersi:

  ROTONDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca – sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante, le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 35 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.

(3-01156)