Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 19 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la componente aerea necessita di mezzi e risorse per poter garantire la difesa dello spazio aereo del Paese e per continuare ad assicurare il nostro contributo alla sicurezza e alla stabilità internazionale;

    il conseguente programma per l'acquisizione di un velivolo multiruolo di quinta generazione, identificato nel caccia F35 della Lockheed Martin è molto impegnativo sia sul piano finanziario che industriale e per questa sua natura si sviluppa su tempi lunghi, oggetto di costante verifica e valutazione;

    infatti, il programma si sviluppa in diverse fasi, da quella iniziale concettuale fino alle ultime che riguardano l'acquisto del sistema che avviene attraverso dei lotti, oggetto di specifici contratti;

    l'Italia aderisce al programma JSF nel 1996, con il Ministro della difesa Andreatta, limitatamente alla fase iniziale «Concettuale dimostrativa», ratificata con la firma di un «Memorandum of Agreement» (MoA) in data 23 dicembre 1998;

    essa conferma l'adesione al programma relativamente alla fase di «Sviluppo e Dimostrazione del sistema» nel giugno del 2002, approvandone la fase di acquisizione e di realizzazione dell'associata linea Faco di Cameri nel 2009;

    attraverso una serie di relazioni diplomatiche ad alto livello l'Italia chiede con insistenza che almeno una parte del processo produttivo possa svolgersi nel nostro Paese e nel 2009 si decide per la costruzione di uno stabilimento a Cameri per l'assemblaggio di velivoli e nel momento in cui la Lockheed Martin da avvio alla fase produttiva l'Italia, si dichiara interessata all'acquisto indicativamente di 131 velivoli;

    questo numero viene successivamente ridotto a 90 unità con una decisione presa dal Governo Monti;

    si tratta di decisioni che attengono, comunque ad accordi internazionali, di cui viene informato il Parlamento;

    sull'argomento si ricorda, tra l'altro, l'approvazione in aula Camera nel mese di settembre 2014 delle mozioni 1-00586 (On. Scanu ed altri), 1-00578 (On Causin ed altri), 1-00590 (On Cicchitto ed altri) e 1-00593 (On Brunetta ed altri);

    dal momento dell'avvio della fase di produzione, fino a tutt'oggi, il programma Joint Strike Fighter è stato oggetto di richieste di modifiche, revisioni e aggiustamenti da parte di tutti i partner coinvolti, in primis dai committenti degli stessi Stati Uniti;

    infatti nonostante gli F-35 siano già in servizio e abbiano condotto missioni operative, sia negli Stati Uniti che all'estero, il Dipartimento della difesa americano ha deciso di rinviare la produzione a pieno regime degli F-35 da ultimo prevista per la fine di quest'anno, al gennaio del 2021;

    in questo quadro il nostro Paese è parte di un programma complesso, che si definisce con gradualità nei modi e nei tempi, affrontando sfide tecnologiche che comportano costi aggiuntivi e problemi di difficile individuazione preventiva, senza rinunciare alle proprie valutazioni autonome, sollevando quando necessario richieste in difesa dell'interesse nazionale che nel caso specifico è quello di un committente;

    l'attuale fase si sviluppa attraverso una serie di ordinativi decisi per lotti successivi, per esigenze dei committenti ma anche della casa produttrice. Si tratta di decisioni che attengono, comunque ad accordi rinegoziabili senza incorrere in penali se non l'obbligazione che sorge alla stipula del singolo lotto;

    al ruolo di partner di primo piano che garantisce lo stabilimento di Cameri realizzato a spese dell'Italia e utilizzato in regime di accordo con Lockheed Martin corrisponde una maggiore attenzione alle esigenze italiane anche in termini di ricadute industriali e livelli occupazionali che si concretizzeranno durante tutto il ciclo di vita del velivolo;

    ad oggi risultano contrattualizzati 28 aerei ed un costo totale sostenuto per il programma fino ad ora di circa 7 miliardi di euro con la conclusione della fase iniziale denominata LRIP e l'inizio per il 2021 di una nuova fase a pieno rateo di produzione secondo il profilo di acquisizione c.d. 2017, comunicato all'Ufficio internazionale di programma nel mese di aprile 2017,

impegna il Governo:

1) a valutare le future fasi del programma, del quale l'Italia è parte, tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, delle nuove tecnologie che si stanno affacciando, dei costi che si profilano, degli impegni internazionali assunti dall'Italia, della tutela e delle opportunità dell'industria italiana del comparto difesa e dell'occupazione, al fine dell'accrescimento del know-how nazionale, dell'accesso alla tecnologia straniera e delle risorse disponibili;

2) a valutare, attraverso le unità già in forze presso i reparti operativi, la piena rispondenza dei velivoli ai requisiti tecnici, operativi e di sicurezza delle Forze armate;

3) a continuare nella valorizzazione degli investimenti già effettuati nella FACO (Final Assembly and Check Out) di Cameri e della sua competitività quale polo produttivo e logistico internazionale, allargando ulteriormente gli ambiti di cooperazione internazionale nel campo aerospaziale e della difesa al fine di massimizzare i ritorni economici, occupazionali e tecnologici;

4) a riferire periodicamente al Parlamento delle evoluzioni del programma.
(1-00296) «Pagani, Giovanni Russo, Carè, Fornaro, Aresta, Enrico Borghi, Corda, Del Monaco, D'Uva, De Menech, Ermellino, Frusone, Frailis, Giarrizzo, Gubitosa, Iorio, Iovino, Losacco, Lotti, Misiti, Chiazzese, Portas, Rizzo, Roberto Rossini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e XI,

   premesso che:

    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce una delle realtà più importanti per la sicurezza dei cittadini svolgendo quotidianamente attività di prevenzione, vigilanza e soccorso a sostegno di soggetti pubblici e privati grazie al proficuo impegno del proprio personale;

    come dimostrato dalle catastrofi degli ultimi anni, ed in particolar modo di questi giorni, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sta realizzando uno sforzo straordinario per sopperire, nonostante le decrescenti risorse finanziarie e le carenze di organico, alle numerose richieste di intervento della popolazione per le piccole e le grandi emergenze;

    nell'ambito dell'armonizzazione dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico del «Personale del comparto difesa-sicurezza e del comparto vigili del fuoco soccorso pubblico», la disciplina vigente è attualmente quella recata dal decreto legislativo n. 165 del 1997 emanato in attuazione della specifica delega prevista dall'articolo 2, comma 23, legge 8 agosto 1995, n. 335.

    a ciò si aggiunga che il decreto-legge n. 201 del 2011 ha inteso riallineare – più esattamente, armonizzare – i requisiti per l'accesso al pensionamento di tali categorie, pur nel rispetto delle «obiettive peculiarità ed esigenze» delle loro attività e dei loro ordinamenti;

    il 3 maggio 2019 l'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, aveva assicurato l'equiparazione delle retribuzioni e delle pensioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con quelle delle forze dell'ordine annunciando, peraltro, con comunicato ufficiale, la previsione, già nel 2019, di un fondo economico dedicato che sarà attivo a decorrere da gennaio 2020 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali con cui affiancare il Ministero dell'interno nell'operazione di azzeramento del gap prevista nel contratto di Governo;

    secondo le ultime stime, la cifra per colmare il gap retributivo e previdenziale tra il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le altre forze in divisa dello Stato è stimato in 26 milioni di euro;

    il 23 ottobre 2019, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, unitamente al Ministro dell'interno, Luciana Lamorgese, hanno ricevuto le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco e hanno reso noto che non ci sono fondi a tale scopo, ipotizzando al massimo la costituzione di un fondo economico dedicato tra i 10 e 20 milioni di euro a fronte del 216 milioni necessari;

    nella legge di bilancio per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, articoli 15 e 17, il Governo si è limitato a stanziare soltanto 25 milioni di euro;

    oltre alla evidente disparità di trattamento retributivo e pensionistico del Corpo dei vigili del fuoco rispetto alle altre categorie si apprende, altresì, una evidente carenza dei mezzi a disposizione del comparto dei vigili del fuoco utili per far fronte al soccorso tecnico urgente,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative al fine di prevedere tempestivamente, con risorse adeguate, l'allineamento retributivo e pensionistico del Corpo nazionale dei vigili con il personale del comparto sicurezza;

   ad assumere iniziative al fine di potenziare l'organico dei vigili del fuoco per fare fronte alle piccole e grandi emergenze;

   ad assumere iniziative per prevedete lo stanziamento di nuove risorse per potenziare i mezzi a disposizione del corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di svolgere tempestivamente il compito istituzionale del soccorso tecnico urgente.
(7-00373) «Sisto, Zangrillo, Calabria, Ravetto, Santelli, Cannatelli, Musella, Novelli».


   La I Commissione,

   premesso che:

    l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) è stata istituita dall'articolo 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125) che, al comma 3, ha modificato la denominazione della previgente Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, e, al comma 5, novellando l'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha disposto che il collegio dell'Autorità fosse composto da un presidente e 4 consiglieri, individuandone le relative modalità di nomina;

    in data 4 aprile 2014, con decreto del Presidente della Repubblica, il dottor Raffaele Cantone è stato nominato presidente dell'Anac. In data 11 luglio 2014, con decreto del Presidente della Repubblica sono stati nominati i 4 consiglieri componenti il collegio. La durata della carica di presidente e dei consiglieri è stata fissata dalla legge in 6 anni;

    il presidente Cantone ha annunciato le sue dimissioni anticipate dalla carica nel corso del mese di luglio 2019, cessando dall'incarico il 23 ottobre 2019, con rientro nei ruoli della magistratura;

    le dimissioni del presidente hanno prodotto una situazione che, anche alla luce della normativa vigente, rischia di paralizzare l'attività dell'Autorità, con gravi ripercussioni in ordine alla sua finalità istituzionale. Il ruolo ordinamentale dell'Anac è fondamentale per la prevenzione della corruzione sia nell'ambito delle commesse pubbliche di lavori, servizi e forniture, sia in ogni altro settore della pubblica amministrazione e società partecipate e controllate. L'attuazione della trasparenza in tutte le attività di gestione della cosa pubblica costituisce un importante strumento di controllo collettivo sull'operato della pubblica amministrazione, coinvolgendo anche aspetti che attengono al conferimento degli incarichi con ricadute positive in ordine al contrasto della corruzione;

    il mandato dei restanti 4 consiglieri scadrà l'11 luglio 2020, ma il consiglio, in assenza della figura del presidente, è impossibilitato per legge a svolgere alcune rilevanti funzioni, quali, ad esempio quelle previste dall'articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, che ha attribuito specifiche funzioni al solo presidente dell'Anac nella sua qualità di organo monocratico. Si tratta di una serie di poteri inerenti a misure di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione non delegabili al consiglio dell'Anac o a taluno dei suoi componenti in assenza di espressa disposizione di legge;

    in tal senso il regolamento interno sull'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità nazionale anticorruzione, approvato dal consiglio con delibera n. 919 del 16 ottobre 2019, si pone per i firmatari del presente atto di indirizzo in netto contrasto con il decreto-legge n. 90 del 2014 nella parte in cui, al comma 4 dell'articolo 3, attribuisce al consigliere più anziano le funzioni nel presidente per il caso di dimissioni, assenza o impedimento di quest'ultimo;

    le dette criticità sono aggravate dalla particolare fase di transizione che attualmente sta vivendo tutto il personale dell'Anac per il passaggio al nuovo ordinamento giuridico ed economico postulato dall'articolo 52-quater del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 298, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

    l'attuale consiglio dell'Anac, indebolito dalle dimissioni anticipate del presidente Cantone, in presenza di una regolamentazione interna di dubbia legittimità, in quanto gerarchicamente sotto ordinata alla norma di legge attributiva dei poteri monocratici al presidente, ad avviso dei firmatari del presente atto espone l'istituzione e la sua missione istituzionale ad una flessione negativa che non può ammettersi in materia di contrasto alla corruzione. Allo stesso tempo, non appare percorribile la soluzione della nomina di un nuovo presidente che vedrebbe scadere il mandato di tutti i consiglieri a pochi mesi dal suo insediamento;

    l'ingresso dell'Anac nella disciplina generale delle autorità amministrative indipendenti di cui alla legge n. 481 del 1995 pone una serie di questioni di natura organizzativa da affrontare come, ad esempio, la composizione numerica dell'organo di vertice delle Autorità;

    ulteriore questione critica si palesa nei criteri di nomina del presidente e dei componenti il consiglio dell'Anac. La normativa vigente prevede che la nomina avvenga tra esperti di elevata professionalità, di notoria indipendenza e comprovata esperienza solo in materia di contrasto alla corruzione, senza prevedere uno specifico riferimento alla indispensabile competenza specifica in materia di contratti pubblici, materia questa che caratterizza gran parte dell'attività di Anac;

    in considerazione del fondamentale ruolo svolto dall'Anac in merito alla prevenzione della corruzione nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate, anche mediante l'attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali, nonché mediante l'attività di vigilanza nell'ambito dei contratti pubblici, degli incarichi e comunque in ogni settore della pubblica amministrazione che potenzialmente possa sviluppare fenomeni corruttivi, come testé riportato, si ravvisano delle anomalie in merito alla composizione del consiglio dell'Anac;

    alla luce di quanto premesso, la soluzione più utile per evitare un pericoloso immobilismo e per garantire la piena funzionalità di Anac appare quella di un immediato generale ricambio della governance mediante la nomina di un nuovo consiglio nella pienezza dei propri poteri ed in linea con le disposizioni delle altre Autorità amministrative indipendenti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per procedere ad un allineamento del numero dei consiglieri di Anac e della durata del relativo mandato a quanto previsto dalla legge n. 481 del 1995;

   ad assumere iniziative normative per prevedere tra i requisiti per la nomina dei membri del consiglio di Anac un esplicito riferimento alla competenza specifica in materia di contratti pubblici;

   ad adottare iniziative normative per assicurare maggiore omogeneità nel trattamento giuridico ed economico del personale delle autorità indipendenti, garantendo in particolare una più stretta uniformità tra il trattamento applicabile ai dipendenti dell'Anac e quello previsto per i dipendenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
(7-00375) «Sisto, Labriola».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la resistenza agli antimicrobici è il fenomeno per il quale un microrganismo risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico, originariamente efficace per il trattamento di infezioni da esso causate. Il fenomeno può riguardare tutti i tipi di farmaci antimicrobici: antibatterici (detti anche antibiotici), antifungini, antivirali, antiparassitari;

    in particolare, per «antimicrobico», termine ampio che comprende appunto anche gli antibiotici, si intende qualsiasi sostanza di origine naturale, semi-sintetica o sintetica che a concentrazioni in vivo uccide i microrganismi o ne inibisce la crescita o la moltiplicazione;

    gli antimicrobici rappresentano una delle più importanti scoperte terapeutiche nella storia della medicina. A partire dall'introduzione della penicillina negli anni ’40, gli antimicrobici hanno rivestito un ruolo essenziale nel trattamento di varie infezioni microbiche nell'uomo e negli animali, migliorando significativamente la salute pubblica, il benessere e la salute animale e garantendo elevati standard delle produzioni di alimenti di origine animale;

    purtroppo, l'uso improprio e non razionale degli antimicrobici rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica mondiale a causa della selezione e diffusione di microrganismi resistenti agli antimicrobici. Questo fenomeno è chiamato, come detto, antimicrobico-resistenza;

    la resistenza antimicrobica è un problema sanitario europeo e mondiale sempre più grave sia per gli esseri umani, che per gli animali che limita o rende meno efficaci le opzioni di cura, diminuendo nel contempo la qualità della vita. Essa comporta, inoltre, gravi conseguenze economiche in termini di aumento dei costi dell'assistenza sanitaria e perdita di produttività;

    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la resistenza agli antimicrobici rappresenta, oggi, una delle maggiori minacce per la salute pubblica a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno;

    nell'Unione europea, ogni anno, si stimano 25 mila morti per infezioni causate da batteri resistenti agli antimicrobici. Tali infezioni comportano costi sanitari supplementari e una perdita di produttività di almeno 1,5 miliardi di euro ogni anno. Di questo passo, nei prossimi 35 anni, si ipotizza che, a livello mondiale, il numero di persone morte prematuramente a causa della resistenza agli agenti antimicrobici sarà di 300 milioni;

    la resistenza antimicrobica è un fenomeno naturale biologico di adattamento di alcuni microrganismi che acquisiscono la capacità di sopravvivere o di crescere in presenza di una concentrazione di un agente antimicrobico che è generalmente sufficiente ad inibire o uccidere microrganismi della stessa specie;

    i batteri patogeni resistenti non necessariamente provocano gravi malattie rispetto a quelli più sensibili, ma la patologia diventa più difficile da trattare, in quanto risulterà efficace solo una gamma ridotta di agenti antimicrobici. Da qui il decorso più lungo o una maggiore gravità della malattia che in alcuni casi, può portare anche al decesso;

    la progressione della resistenza antimicrobica può essere accelerata dall'uso eccessivo e/o inappropriato degli antimicrobici che, insieme a scarsa igiene e/o carenze nelle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, crea condizioni favorevoli allo sviluppo, diffusione e persistenza di microrganismi resistenti sia negli esseri umani, che negli animali;

    per fronteggiare l'aumento dell'antibiotico-resistenza, il Governo ha adottato, nel 2017, il «Piano Nazionale di Contrasto all'Antimicrobico Resistenza (Pncar) 2017-2020» che impegna tutte le regioni e province autonome italiane alla sua attuazione;

    il Pncar, anche se non è ancora pienamente compiuto, è focalizzato sulla resistenza agli antibiotici che rappresenta, al momento, il problema di maggiore impatto nel nostro Paese e per il quale sono più urgenti le azioni di prevenzione e controllo. Il Pncar ha gli obiettivi generali di ridurre la frequenza delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici e associate all'assistenza sanitaria ospedaliera e comunitaria;

    appare opportuno, dunque, un impegno del Governo volto anche a sensibilizzare e informare i cittadini non solo sull'uso consapevole degli antimicrobici, e in particolare sull'uso dei più comuni antibiotici e sulla necessità di consigliarsi con il proprio medico o farmacista al momento dell'utilizzo, ma anche sulla pericolosità rappresentata dall'incauto acquisto di questi farmaci tramite siti internet illegali,

impegna il Governo:

   a porre in essere iniziative volte a prevedere campagne di sensibilizzazione e informazione per i cittadini sulla tematica della antimicrobico-resistenza promosse all'interno delle singole farmacie appartenenti alla diffusa rete delle farmacie pubbliche e private convenzionate con il servizio sanitario nazionale, definendo adeguate misure in linea con quanto dispone la normativa in materia di «farmacia dei servizi» di cui al decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, e con il Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza;

   a porre in essere le iniziative di competenza volte ad assicurare il rispetto della normativa prevista dall'articolo 122 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché a impedire l'illegittima vendita online dei farmaci soggetti a prescrizione medica di cui all'articolo 88 del decreto legislativo n. 219 del 2006, anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione dei cittadini sui rischi connessi dall'incauto acquisto online dei predetti farmaci tramite idonee campagne di informazione.
(7-00374) «Gemmato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, il Governo ha adottato misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria;

   l'articolo 6, comma 4, prevede che «Per i progetti di edilizia sanitaria da finanziare ai sensi dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto non sia stato ancora definito il livello di progettazione richiesto per l'attivazione dei programmi di investimento e appalto dei lavori, gli enti del Servizio sanitario della Regione possono avvalersi, previa convenzione, di INVITALIA S.p.A. quale centrale di committenza, nonché delle altre strutture previste all'uopo da disposizioni di legge. La convenzione può essere stipulata anche per l'attuazione degli interventi già inseriti negli accordi di programma sottoscritti ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e dell'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662»;

   a quanto risulta all'interrogante dovrebbero rientrare nelle previsioni di cui al succitato articolo 6 gli ospedali della Piana di Gioia Tauro, della Sibaritide e di Vibo Valentia –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali iniziative abbia assunto il Governo, attraverso il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, in materia di edilizia sanitaria in Calabria;

   quale sia lo stato di attuazione delle procedure relative alla costruzione dei nuovi ospedali della Piana di Gioia Tauro, della Sibaritide e di Vibo Valentia;

   quali altri interventi siano finanziati a valere sulle fonti di finanziamento indicate all'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, e quale sia il relativo stato di attuazione.
(4-04117)


   D'ATTIS e LABRIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 15 novembre 2019 varie sigle d'imprese e sigle sindacali e datoriali hanno sottoscritto una lettera con cui chiedono al Governo l'apertura di un tavolo di crisi sul porto di Brindisi;

   tra i firmatari della missiva si possono trovare cinquanta aziende operanti nel porto brindisino, gli Operatori portuali salentini, la sezione trasporto, porto logistica della locale Confindustria, la Raccomar, la Fedespedi e la Anasped;

   nella lettera, i firmatari, annunciando la condivisione del processo di decarbonizzazione che dovrà essere attuato entro il 2025 («nulla dovrà essere fatto per frenarlo») sottolineano come «la complessa fase di transizione della nostra economia industriale, in ogni caso, dovrà essere affrontata in maniera complessiva, prevedendo il pieno sostegno dell'intera filiera strettamente collegata al sistema industriale che anche oggi fa impresa utilizzando il carbone»;

   la preoccupazione è condivisibile perché a Brindisi larga parte dell'economia è collegata al funzionamento delle centrali termoelettriche alimentate proprio a carbone, basti pensare che sono numerose le aree e le banchine del porto commerciale connesse con il funzionamento di tali centrali ed, in particolare, con l'impianto Federico II dell'Enel la cui riconversione per il funzionamento a gas è già cominciata con la richiesta di autorizzazione al Ministero dello sviluppo economico;

   tale riconversione comporterà una diminuzione del numero dei lavoratori impiegati all'interno della centrale e di quelli impiegati nell'indotto, oltre a una complessiva diminuzione dei flussi commerciali nel porto della città;

   i flussi di merci in transito nel porto brindisino non sono sostenuti neanche da attività commerciali e manifatturiere, anche perché da oltre venti anni si attendono opere infrastrutturali connesse al rilancio del porto mai realizzate;

   tale situazione si inserisce in un contesto già difficile per l'economia brindisina, un contesto in cui le piccole e medie imprese del settore aeronautico sono dovute ricorrere agli ammortizzatori sociali per oltre 700 lavoratori nell'ultimo biennio;

   altro settore duramente colpito dalla crisi economica è stato quello metalmeccanico, in cui negli ultimi due anni, ben 100 operai delle imprese associate a Confindustria si sono visti destinati alla cassa integrazione;

   non ci si può esimere dal citare la situazione in cui versa il settore edile; qui, dal 2010, la massa dei salari è calata di 15 milioni di euro annui, oltre cento imprese hanno cessato l'attività e oltre mille lavoratori hanno perso il posto;

   il comparto portuale brindisino conta oltre duemila lavoratori, persone per cui il futuro è sempre più incerto;

   eppure, proprio il porto di Brindisi, con le giuste dotazioni infrastrutturali, per posizione, conformazione naturale e disponibilità di aree, garantirebbe la giusta connessione alle reti globali, anche grazie ad uno scalo aeroportuale con traffici in continua crescita;

   è compito del Governo fare in modo che la decarbonizzazione, imprescindibile per la salvaguardia dell'ambiente, sia un'occasione di sviluppo e prosperità economica e non si trasformi invece in un dramma per migliaia di famiglie brindisine –:

   se il Governo sia intenzionato a convocare il tavolo di crisi sul porto di Brindisi e quando lo farà;

   quali iniziative il Governo intenda, adottare per salvaguardare le imprese e i lavoratori del porto di Brindisi e di tutta la città.
(4-04118)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BILLI, ZOFFILI, FORMENTINI, COMENCINI, GIORGETTI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, GRIMOLDI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   gli italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) nella circoscrizione consolare di Barcellona sono 86.405, mentre in quella di Madrid sono 96.095, per un totale di 182.500 cittadini italiani iscritti all'Aire in Spagna alla fine del 2018;

   il totale degli italiani iscritti all'Aire nelle isole Canarie è aumentato del 270 per cento in dieci anni, passando dai 10.379 del giugno 2009 ai 27.098 del giugno 2019;

   al 18 luglio 2019 gli italiani iscritti all'Aire sono già 29.361, così suddivisi: 13.633 a Las Palmas e 15.728 a Tenerife;

   secondo i dati forniti dalla Spagna, al 30 aprile 2019 gli italiani alle Canarie erano in realtà già 49 mila, quindi quasi il 100 per cento in più rispetto a quelli iscritti all'Aire;

   i turisti italiani di passaggio, suddivisi tra crociere organizzate e turisti individuali, sono circa 200.000 all'anno solo a Tenerife;

   negli ultimi mesi sono aumentati anche gli italo-venezuelani e gli italo-argentini, dei quali è difficile stimare il numero preciso;

   su ciascuna delle isole di Gran Canaria e di Tenerife è presente un console onorario, la cui funzione presenta forti limiti legali rispetto a quella di un console di carriera: a titolo di esempio, il console onorario non può rilasciare carte di identità, passaporti, documenti sostitutivi di emergenza, procure, documenti di viaggio, dichiarazioni di valore ai fini di studio;

   il precedente Governo stava lavorando per aprire un consolato di carriera nell'arcipelago delle Isole Canarie –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per aprire un ufficio consolare di carriera presso l'arcipelago delle Isole Canarie, in particolare a Tenerife, al fine di poter gestire la crescita vertiginosa degli italiani nell'arcipelago e offrire loro assistenza, considerando anche l'aumento esponenziale degli italiani iscritti all'Aire e l'enorme flusso di turisti italiani di passaggio e data anche la difficoltà di raggiungere il consolato generale di Madrid.
(5-03152)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 ottobre 2019 per tramite di una missiva indirizzata all'interrogante è stata segnalata la questione di un cittadino – R.S.M. – avente doppia cittadinanza italiana e bangladese, rientrato in Italia dopo aver ricevuto convocazione da parte del Ministero dell'interno circa la comunicazione K.100494720 sul ritiro del decreto del Presidente della Repubblica di concessione della cittadinanza italiana per carenza documentale;

   al suo arrivo il signor R.S.M. all'aeroporto di Fiumicino sarebbe stato bloccato dalla polizia di frontiera; gli sarebbe stato ritirato il passaporto e dopo dodici ore sarebbe stato rimpatriato in Gran Bretagna e posto sotto custodia dagli agenti di Sua Maestà che, dopo avergli ritirato i documenti già rilasciati per la sua residenza nel Regno Unito, avrebbero iniziato l’iter per il rimpatrio in Bangladesh;

   nel verbale della polizia di frontiera italiana sarebbe emerso che il passaporto sarebbe stato cancellato senza alcuna informazione dalle autorità nazionali;

   il caso ha evidentemente scosso la comunità italo-bangladese, anche perché il soggetto in questione è incensurato ed è lavoratore e capofamiglia in Gran Bretagna dopo esserlo stato per anni in Italia e senza documenti risulta in effetti un clandestino in entrambi i Paesi;

   gli appartenenti alla comunità bangladese dopo indagini interne al loro gruppo nazionale, sia in Regno Unito che in Italia, avrebbero sollevato dubbi sul rilascio dell'autentica dell'atto di nascita e del nulla osta penale da parte di un'agenzia incaricata dal consolato di Dhaka, temendo la revoca di oltre tremila domande presentate dalla comunità italo-bangladese;

   con il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla legge 1° dicembre 2018 n. 132, il tempo dell’iter per l'acquisizione cittadinanza italiana è stato raddoppiato da due a quattro anni e la missione consolare italiana in Bangladesh richiederebbe l'autentica dei documenti per il rilascio del visto di accesso in Italia per tramite di un'agenzia pratiche in loco convenzionata con il Consolato Generale di Dacca;

   a detta del cittadino respinto la Polizia di Frontiera avrebbe contestato la bontà dei documenti prodotti per l'ottenimento del visto invalidando il passaporto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se, anche per tutelare la comunità italo-bangladese residente in Italia, intendano chiarire – per quanto di competenza – le circostanze che hanno portato al citato respingimento e se presso il consolato generale italiano in Bangladesh si siano registrati casi di irregolarità documentale per il rilascio del visto di entrata in Italia a cittadini bangladesi.
(4-04121)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   NAVARRA, DE MENECH, FRAGOMELI, CECCANTI, DE MARIA, FIANO, VISCOMI, POLLASTRINI, RACITI, GRIBAUDO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della seduta n. 222 di lunedì 9 settembre 2019 il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte ha reso all'Assemblea della Camera e, successivamente, a quella del Senato le dichiarazioni programmatiche del Governo da lui presieduto, sulle quali è stata successivamente votata la fiducia;

   in tale occasione il Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato che, nel quadro delle riforme istituzionali, è intenzione del Governo completare il processo che possa condurre a un'autonomia differenziata, definita «giusta e cooperativa»; un progetto di autonomia che salvaguardi il principio di coesione nazionale e di solidarietà e la tutela dell'unità giuridica ed economica del Paese;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha sottolineato, poi, che occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e i fabbisogni standard, attuando compiutamente l'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che prevede l'istituzione di un fondo di perequazione volto a garantire a tutti i cittadini la medesima qualità dei servizi, indipendentemente dal territorio in cui risiedono;

   si ritiene, infatti, che tali cautele consentiranno di evitare che questo legittimo processo riformatore possa contribuire a creare un Paese a due velocità, aggravando il divario fra il Nord e il Sud e tra le aree economicamente e dal punto di vista infrastrutturale più deboli e quelle più forti all'interno di una stessa regione –:

   quale sia lo stato di attuazione del processo di autonomia differenziata e quali iniziative intenda intraprendere per garantire un ruolo centrale del Parlamento lungo il percorso di approvazione.
(3-01127)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'attività estrattiva produce, come noto, una notevole quantità di fanghi, fluidi e altri rifiuti per ogni barile di olio prodotto;

   nel territorio della regione Basilicata un pozzo minerario di medie dimensioni raggiunge oltre 3.000 metri di profondità e la sua realizzazione comporta la produzione di rifiuti speciali e pericolosi composti al 50 per cento da fanghi e al 50 per cento da acque di strato che, per ogni metro perforato, equivalgono a 4,5 barili di rifiuti;

   in particolare, il giacimento di Tempa Rossa registra un'attività estrattiva quantificabile in una quota di 30 mila barili al giorno e a regime arriverà a 50 mila barili giornalieri, una enormità di rifiuti prodotti da un solo pozzo sia durante la perforazione che durante le attività di estrazione;

   come noto, nel territorio di Corleto Perticara, comune in provincia di Potenza, negli anni ’90 avvenne un versamento illegale di fanghi tossici da attività estrattiva e le aree contaminate furono messe sotto sequestro solo nel 2010, ovvero 19 anni dopo;

   ad oggi non risulta agli interpellanti alcuna notizia in merito all'avvenuta bonifica dei suddetti siti inquinati, mentre sono note le continue proteste di cittadini e agricoltori proprietari di terreni confinanti con le suddette aree, a causa dei numerosi decessi, probabilmente provocati dall'inquinamento presente in dette zone, anche se non risultano effettuate indagini eziologiche finalizzate a capire quanto tali fattori ambientali abbiano influito nel determinare malattie mortali;

   tre società minerarie, l'Eni, la Total e una loro consociata passata nel tempo da una proprietà all'altra, in relazione ai fanghi illecitamente versati a Corleto Perticara, risultano coinvolte;

   la Total risultava affittuaria dei terreni confinanti con i suoi pozzi di petrolio a Tempa Rossa, a Serra d'Eboli, comune di Corleto Perticara, dove realizzò vasche da 2.000 metri cubi, di rifiuti petroliferi, mai utilizzate e senza aver mai presentato una valutazione d'impatto ambientale. I rifiuti furono però trovati nei limitrofi campi coltivati –:

   di quali elementi disponga in ordine alla situazione ambientale dei siti di cui in premessa e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per la costituzione di un tavolo interministeriale che coinvolga gli enti locali interessati anche per la riparazione del danno ambientale;

   se non ritenga di dover promuovere una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela ambientale, volta ad appurare l'entità del danno;

   se intenda promuovere, per il tramite dell'istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica volta a chiarire le motivazioni dei numerosi decessi avvenuti nel corso degli anni nelle comunità delle aree di cui in premessa.
(2-00567) «Cillis, Ilaria Fontana, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Perantoni, Perconti, Pignatone, Raduzzi, Raffa, Romaniello, Paolo Nicolò Romano, Roberto Rossini, Ruggiero, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scagliusi, Scutellà, Segneri, Serritella, Francesco Silvestri, Siragusa, Sodano, Spessotto, Sut, Termini, Trano, Tripiedi, Trizzino, Tucci, Vallascas, Zanichelli, Zennaro».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal 2015 in Italia sono stati 690 gli incendi nei depositi di rifiuti, moltissimi di natura dolosa, alcuni per autocombustione, ultimo quello di Codogno, in provincia di Lodi;

   di fatto, tutto il Paese è diventato «terra dei fuochi»;

   quasi tutti gli impianti contenevano scarto non riciclabile del trattamento dei rifiuti, in gergo «sovvallo»; nel 2017 ne sono state prodotte 37,6 milioni di tonnellate;

   la legge prevede che sia il proprietario dell'impianto a far fronte alle spese di bonifica; se non lo fa, interviene la pubblica amministrazione, a volte utilizzando i fondi della fideiussione;

   la bonifica di roghi e depositi di rifiuti sta diventando un corposo capitolo di spesa: solo la regione Lombardia ha sborsato 12,4 milioni di euro per quattro siti, dei quali non è stato possibile risalire al responsabile della contaminazione, più 13,5 milioni di euro per le spese di bonifica di 13 depositi pericolosi;

   secondo l'Ispra, ogni tonnellata di rifiuti bruciata produce 1,8 tonnellate di anidride carbonica: solo il rogo della discarica non autorizzata di Chiasserini, dell'ottobre 2018, ha bruciato oltre 5.000 tonnellate, a fronte di un fatturato 1,4 milioni di euro in 6 mesi;

   l'attività criminosa alla base di quest'emergenza secondo il pubblico ministero che indaga a Chiasserini è così organizzata: «I produttori di rifiuti conferiscono ad aziende munite di autorizzazioni, operanti in realtà in regime di illegalità». Broker specializzati poi stoccano il «sovvallo» in capannoni dismessi, teatro della maggior parte dei roghi: il Noe dei carabinieri, nel solo Nord, ne ha scoperti 34;

   nei giorni successivi al rogo di Chiasserini nell'aria si è registrata una quantità di diossina fino a 100 volte il limite europeo, con un picco 22 volte superiore al valore guida fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità; come per la «terra dei fuochi», vengono denunciati picchi di malformazioni congenite nei nascituri;

   le scorie dovrebbero bruciare negli inceneritori, o nei termovalorizzatori, che producono energia. Brescia alimenta così l'80 per cento del riscaldamento della città, l'impianto di Bolzano produce energia elettrica e termica che riscaldano 10.000 alloggi e ne illuminano 20.000. La nuova tecnologia permette di sciare sul tetto del nuovissimo inceneritore di Copenaghen, con emissioni al di sotto dei limiti di legge –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di evitare sull'intero territorio nazionale fenomeni di crisi ambientale e sanitaria simili a quelli della «terra dei fuochi».
(3-01130)


   GADDA, FREGOLENT, MORETTO, DE FILIPPO, OCCHIONERO e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni la situazione dell'acqua alta di Venezia ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 1966, causando danni incalcolabili al patrimonio artistico, alle attività produttive e ai cittadini;

   l'allarme maltempo è diffuso su tutto il territorio nazionale. Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Trentino-Alto Adige hanno subito allagamenti, frane, slavine, mareggiate e trombe d'aria. Matera, la città europea della cultura, è stata invasa da fango e detriti;

   si tratta di una situazione diffusa che testimonia la fragilità del nostro Paese di fronte all'emergenza climatica in atto, che rappresenta la più grande sfida culturale, ambientale, tecnologica, infrastrutturale dal dopoguerra dell'Italia;

   innalzamento delle temperature, aumento della frequenza degli eventi estremi, come siccità, ondate di calore e di freddo, precipitazioni intense, alluvioni, frane, allagamenti, inondazioni, erosione del suolo, incendi sono tutti sintomi di una malattia che deve essere curata con intelligenza, con professionalità e con politiche con priorità di investimento;

   le migliaia di ragazzi che in tutta Europa hanno manifestato nelle strade in difesa del clima testimoniano la sensibilità delle giovani generazioni nei confronti dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile, alle quali le istituzioni hanno il dovere di fornire risposte adeguate;

   in questo senso è necessario rilanciare l'impegno che il Governo Renzi prese a Parigi nel dicembre 2015 alla Conferenza mondiale sul clima, in occasione della firma dell'Accordo, che adesso va attuato con maggiore determinazione;

   i Governi Renzi e Gentiloni avevano istituito un nuovo dipartimento, «Casa Italia», presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con uno stanziamento di 10 miliardi di euro, per aprire la stagione della prevenzione strutturale dai grandi rischi e per occuparsi anche degli effetti del clima, affiancando il dipartimento della Protezione civile, integrando e coordinando tutte le politiche di settore e gli investimenti finanziari in vari ambiti; «Casa Italia» è stata chiusa dal Governo successivo. Rimangono ancora 6 miliardi di euro da sbloccare;

   nel 2017 è stato presentato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, di cui al momento non si hanno notizie, che deve essere approvato e seguito nella sua attuazione territoriale. L'obiettivo generale è quello di fornire supporto a istituzioni nazionali, regionali e locali per la scelta delle azioni più efficaci in relazione alle proprie criticità climatiche, oltre che per integrare criteri di adattamento negli strumenti già esistenti –:

   in quali tempi il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici verrà definito e quali iniziative si intendano mettere in campo per attuarlo.
(3-01131)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è il secondo maggior produttore dei prodotti packaging in Europa, con 12 miliardi di euro di fatturato l'anno e 3 mila aziende che operano nel settore;

   l'approvazione della plastic tax nella manovra di bilancio metterebbe a repentaglio duemila piccole e medie aziende del settore, che garantiscono il lavoro a 50.000 addetti, come ricordato dal sindacato dei lavoratori chimici Filctem Cgil;

   la nuova tassa potrebbe, pertanto, minare la sopravvivenza di un settore italiano di eccellenza, penalizzando i prodotti e non i comportamenti e rallentando tutti gli sforzi compiuti in questi anni per rendere la plastica più «circolare». Inoltre, gli imballaggi in materiale plastico si riciclano all'infinito, con una buona raccolta differenziata e una buona educazione dei consumatori, che sono fondamentali per evitare sprechi alimentari, abbassare i costi di trasporto, risparmiare energia e ridurre le emissioni di anidride carbonica. I materiali alternativi, molto spesso, hanno un impatto ambientale peggiore, in quanto più pesanti e ingombranti rispetto in quelli prodotti con materiali polimerici;

   l'area «Lover» – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – da sola vale quasi il 60 per cento dell'industria nazionale della trasformazione di plastica. Se si aggiunge il Piemonte ci si avvicina al 70 per cento della produzione italiana: significa che il 70 per cento della plastic tax graverà sempre sulle solite quattro regioni industriali, quelle che tenacemente trainano il prodotto interno lordo del Paese;

   la via Emilia, in particolare, è da anni ribattezzata la culla della Packaging valley, in quanto ospita il maggior numero di aziende del comparto in Italia, precisamente 230 con oltre 17.000 occupati e un fatturato annuo di 5 miliardi di euro, pari al 63 per cento del giro di affari nazionale;

   si tratta di aziende che producono fatturati da capogiro e che, a detta del presidente degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara, verrebbero fortemente colpite dall'introduzione della cosiddetta plastic tax, con un incremento del 110 per cento del costo della materia prima;

   l'avvio di una transizione verso l'economia circolare rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una «necessità», come quella dell'efficienza nell'uso delle risorse e della gestione razionale dei rifiuti, ad una «opportunità», ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto come risorsa per un nuovo ciclo produttivo –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per difendere il compartimento industriale del riciclo della plastica italiano, puntando sull'attuazione dell'economia circolare, alla luce delle criticità che potrebbero derivare dall'eventuale introduzione della plastic tax.
(3-01132)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, FOTI, LUCASELLI, BIGNAMI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di domenica 17 novembre 2019 precipitazioni di notevole intensità si sono abbattute sul territorio emiliano-romagnolo, causando l'esondazione di più fiumi, colpendo particolarmente i comuni della pianura bolognese, del modenese e della provincia di Ferrara, rendendo necessaria la chiusura di tratti stradali e l'evacuazione di alcuni edifici;

   le precipitazioni intense hanno creato tre colmi di piena a distanza ravvicinata con situazioni di allarme soprattutto nel bolognese;

   il fiume Reno ha raggiunto il colmo di piena a Casalecchio; i fiumi Samoggia, Idice e Sillaro hanno raggiunto il livello 3 d'innalzamento;

   le situazioni più critiche si sono verificate a Budrio, in provincia di Bologna, dove la rottura dell'argine per un'estensione di oltre 40 metri ha fatto riversare verso la campagna circa 1 milione di metri cubi;

   risulta che sia stato necessario evacuare a Budrio circa 200 persone, successivamente accolte in strutture allestite dalla Protezione civile;

   il maltempo ha causato e sta tuttora causando rilevanti danni ad immobili, sia di proprietà pubblica che privata;

   da anni si attende la realizzazione di interventi ed opere infrastrutturali in grado di arginare e prevenire situazioni di allerta legate a fenomeni meteorologici che coinvolgono i corsi d'acqua –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per mettere in sicurezza i territori dell'Emilia-Romagna e contrastare il dissesto idrogeologico che affligge l'intera nazione.
(3-01133)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   è nota la situazione ormai al collasso del carcere di Parma;

   è prevista come imminente l'apertura del nuovo padiglione che dovrà ospitare altri 200 detenuti e la situazione rischia di diventare davvero critica, in quanto già in tale istituto gravano numerosi problemi irrisolti;

   il principale nodo da risolvere attiene alla dirigenza:

   il carcere non ha la qualifica di carcere nazionale (il Ministero della giustizia ha confermato che Parma non rientra nelle 12 carceri nazionali e dunque non è compresa nella normativa speciale che li riguarda) e, pertanto, non ha una dirigenza stabile che invece, già con 600 detenuti, sarebbe necessaria; attualmente anche il vicedirettore è meno presente essendo stato assegnato anche al carcere di Reggio Emilia;

   la tipologia dei detenuti che dovrebbero essere ospitati nel nuovo padiglione sembrerebbe essere di media pericolosità e dunque con scarcerazioni più frequenti, mentre quel padiglione era stato progettato per detenuti di alta sicurezza, e in convenzione con l'università di Parma;

   l'adeguamento del numero degli agenti di sorveglianza, del personale educativo ed amministrativo, comprese le direzioni, è già oggi deficitario;

   l'adeguamento delle risorse per il lavoro dei detenuti, ad oggi sembra inalterata per il 2020; ed ancora, il numero dei posti per il ricovero in ospedale;

   ci sono trasferimenti continui al carcere di massima sicurezza di Parma che già risente di problematiche di sovraffollamento e criticità come il centro clinico, già saturo per la presenza di detenuti lungodegenti e pertanto senza posti disponibili; nonostante ciò avvengono ulteriori trasferimenti di detenuti con problemi fisici che però trovano posto solo nelle celle ordinarie;

   la cosiddetta «girandola dei detenuti», trasferiti di continuo da un carcere all'altro per motivi disciplinari o per chiusura delle sezioni, com'è per la chiusura della sezione di alta sicurezza AS1 del carcere di Voghera con trasferimento dei detenuti ivi reclusi in quello di Parma. A questo si aggiunge, negli ultimi cinque mesi, un arrivo netto di 50 detenuti reclusi nella sezione AS3 da altre carceri, come, ad esempio, da Secondigliano, sette dei quali con ergastolo ostativo, che portano a 129 gli ergastolani presenti ovvero il 20 per cento dei reclusi;

   è di tutta evidenza che l'emergenza del carcere si riverbera su tutta la città;

   il garante locale dei detenuti del carcere di Parma, dottor Cavalieri, scrivendo al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, ha chiesto il ripristino del rispetto dei diritti dei detenuti, in un carcere senza direttore con nomina stabile dall'ottobre 2011 e caratterizzato per la sua complessità, dovuta da una parte all'elevato numero di circuiti detentivi, 41-bis compreso. Il garante ha comunicato che gli ultimi trasferimenti hanno «compromesso la vivibilità delle celle per i detenuti con lunghe condanne e, spesso, costretto i detenuti a vivere con un compagno malato, anch'esso bisognoso di maggior tutela» e accade che «i detenuti, pur di non vivere in cella con un compagno, preferiscono farsi rinchiudere nelle celle di isolamento e avviare forme di proteste»;

   è indubbio che anche la situazione di sovraffollamento determini condizioni lavorative di grande criticità per agenti, operatori e personale medico;

   inoltre, sono molto frequenti le aggressioni da parte dei carcerati alla polizia penitenziaria;

   con riguardo alla prossima apertura del nuovo padiglione, già a febbraio 2019, in un sopralluogo della delegazione sindacale, composta anche dal segretario regionale dell'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, si sono riscontrate, con lettera inviata anche al capo del dipartimento Basentini, importanti lacune strutturali del nuovo padiglione:

    «sembrerebbe essere carente sotto l'aspetto strutturale e della prevenzione degli eventi critici, sulla sicurezza dei detenuti e del personale che ci lavorerà;

    uno degli aspetti più preoccupanti, è l'ingresso del padiglione: lo stesso corrisponde anche al passaggio dei detenuti che si recano al locale passeggio e/o attività;

    poi si evidenzia la criticità del blindo-cancello posto a chiusura della camera detentiva, apribile con comandi elettronici. La chiusura dello stesso, sempre effettuata con comandi elettronici, non risulterebbe efficace in caso di resistenza alla stessa;

    inoltre, i cancelli di sbarramento dei reparti non hanno ganci di chiusura al pavimento;

    altro aspetto che viene segnalato riguarda il soffitto dei reparti, costituito da un controsoffitto in tabelloni e lamiere all'interno dei quali vi sono cavi elettrici, molto basso e quindi facilmente raggiungibile e danneggiabile;

    si tratta di carenze strutturali importanti che necessitano di urgenti modifiche anche al fine di prevenire possibili eventi critici e/o tentativi di evasione»;

   nella stessa nota di relazione del sopralluogo si evidenzia la necessità di provvedere ad un congruo numero di personale per il corretto funzionamento dell'attuale struttura e di quella nuova –:

   quali iniziative si intendano assumere per superare le criticità relative al grave sottorganico e alla situazione di sovraffollamento in cui si trova la casa circondariale di Parma;

   quali ulteriori iniziative di carattere normativo si intendano assumere per tutelare maggiormente gli agenti di polizia penitenziaria e tutto il personale che lavora in tali strutture, mettendo i lavoratori quanto più possibile al riparo da situazioni di grave rischio come quelle descritte in premessa;

   quali siano i tempi previsti per l'apertura del nuovo padiglione e quale tipologia di detenuti vi sarà ospitata;

   se siano state osservate e rispettate tutte le prescrizioni necessarie, compreso il controllo della struttura e la predisposizione di una ulteriore cucina prima dell'apertura del nuovo padiglione;

   quanti agenti si provvederà ad aggiungere all'attuale dotazione per sopperire alle carenze di organico attuale e quanti in previsione dell'apertura del nuovo padiglione.
(2-00566) «Cavandoli, Morrone, Cestari, Golinelli, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Piccolo, Pretto, Toccalini, Raffaele Volpi, Zicchieri, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Paolini, Potenti, Tateo, Turri».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CONTE e FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, costituisce il punto di riferimento dell'amministrazione della giustizia su quasi tutto il territorio cilentano;

   con la chiusura del tribunale di Sala Consilina, quello di Vallo della Lucania resta l'unico tribunale nel territorio a sud di Salerno, con 51 comuni di competenza e 125 mila abitanti;

   il tribunale di Vallo ha in organico dodici magistrati, compreso il presidente, di cui undici formalmente in servizio, ma, tra trasferimenti e aspettative, realmente in attività sono solo sei magistrati;

   con il decreto n. 63 del 18 ottobre 2019, il presidente del tribunale, prendendo atto che mancano l'unico giudice delle esecuzioni e dei fallimenti e quattro dei cinque giudici civili previsti in organico, ha proceduto al cosiddetto congelamento dei ruoli civili non coperti;

   inoltre, in ragione della carenza di magistrati, ha ridotto il numero delle udienze penali a una sola a settimana;

   situazione di pari difficoltà si registra anche presso la procura della Repubblica del tribunale di Nocera Inferiore che, dopo la riforma delle circoscrizioni giudiziarie attuata con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, con l'accorpamento di due sezioni distaccate (Cava de’ Tirreni e Mercato San Severino), ha visto passare il mandamento dagli originari 251.137 abitanti agli attuali 397.107, con un incremento del 36,7 per cento;

   né le piante organiche del personale amministrativo, né quelle delle sezioni di polizia giudiziaria operanti presso la procura di Nocera Inferiore sono state adeguate (salvo il disposto incremento da 5 a 11 unità del numero degli assistenti giudiziari) al nuovo assetto dell'ufficio;

   sulla base delle predette rilevazioni, a quanto consta agli interroganti, lo stesso consiglio giudiziario presso la corte di appello di Salerno, chiamato in data 24 ottobre 2018 ad esprimersi in merito allo schema di decreto ministeriale recante la determinazione delle piante organiche della magistratura onoraria – commisurato a quello dei magistrati togati previsti in organico – avrebbe rilevato all'unanimità l'assoluta sperequazione della situazione della procura di Nocera Inferiore rispetto a quella di Salerno, indicando la necessità di aumentare l'organico della procura di Nocera Inferiore in misura pari al 50 per cento, lasciando inalterato l'organico della procura di Salerno –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per consentire al tribunale di Vallo della Lucania e alla procura di Nocera Inferiore di svolgere le loro funzioni garantendo almeno livelli minimi di funzionalità ed efficienza, oggi negati a causa delle gravi carenze di organico.
(3-01128)


   COSTA, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, BARTOLOZZI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, CANNATELLI, CAPPELLACCI, CASCIELLO, CASINO, CASSINELLI, CRISTINA, FASANO, FASCINA, MAZZETTI, MILANATO, MUGNAI, PALMIERI, PETTARIN, POLIDORI, RIPANI, ROSSELLO, ROSSO, ROTONDI, RUFFINO, RUGGIERI, PAOLO RUSSO, SARRO, SCOMA, SQUERI, TARTAGLIONE, VIETINA, VITO, ZANGRILLO, ZANELLA e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato, all'articolo 1, comma 1, lettere d), e) e f), gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta dalla legge n. 3 del 2019 sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva, infatti, preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto di quella che è stata definita dagli stessi membri dell'Esecutivo di allora «una bomba nucleare sul processo»;

   lo stesso Ministro interrogato aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso ed è evidente che nessuna proposta di riforma del processo potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   mancano ormai 42 giorni: un intervento è indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01129)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il regime di continuità territoriale, per la regione Sardegna, è un elemento imprescindibile al fine di superare agli ostacoli determinati dalla condizione di insularità, colmando le evidenti disparità esistenti tra chi risiede e/o lavora nell'isola e chi nel resto del territorio nazionale;

   la continuità territoriale marittima – attualmente disciplinata da una convenzione per l'esercizio del collegamento marittimo in regime di pubblico servizio tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori – riveste un'importanza primaria, sia dal punto di vista sociale, sia da quello economico, e appare necessario garantire un sistema equo, non solo per i sardi, ma per tutti gli italiani;

   i servizi di collegamento tra la Sardegna e il territorio extra-regionale, sono esercitati, fino al 18 luglio 2020, dalla compagnia di navigazione Cin, con oneri interamente a carico dello Stato e alcune rotte – tra le quali, ad esempio, Cagliari-Civitavecchia, Cagliari-Napoli, Arbatax-Civitavecchia e Porto Torres-Genova – potrebbero essere ridotte, se non anche cancellate, considerato anche che, ad oggi, risulta possibile prenotare esclusivamente fino al 31 dicembre 2019;

   recentemente, da notizie apprese dagli organi di stampa, non risulta avviato, da parte del Ministero interpellato, un confronto con la regione Sardegna, al fine di valutare il rinnovo della convenzione: rinnovo che, peraltro, è stato escluso dall'Autorità garante della concorrenza, e del mercato, che, infatti, ha indicato lo svolgimento di una nuova gara come lo strumento più appropriato per l'assegnazione del servizio;

   l'incertezza sui collegamenti marittimi genera preoccupazione, allarme e indignazione tra gli operatori economici per l'impossibilità di programmare le rispettive attività ed in particolare tra quelli del settore turistico, dell'autotrasporto, nonché delle imprese di estrazione della sabbia, le quali, peraltro, hanno denunciato il pericolo della chiusura e della conseguente perdita di 500 posti di lavoro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di assicurare la continuità territoriale marittima tra la Sardegna e la Penisola, nonché al fine di intraprendere, quanto prima, un confronto con la regione Sardegna, per l'avvio della gara pubblica, come previsto dalle normative vigenti.
(2-00563) «Deidda, Frassinetti, Mantovani, Zucconi, Rotelli, Foti, Butti, Baldini, Ferro, Lollobrigida, Prisco, Trancassini, Bucalo, Galantino, Donzelli, Mollicone, Osnato, Delmastro Delle Vedove».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   da un articolo di stampa del «Corriere della sera» del 18 novembre 2019, si apprende che in Italia circolano circa 96.887 auto intestate a 430 persone, un fenomeno preoccupante anche perché spesso tali soggetti risultano irreperibili;

   tali auto definite «fantasma» vengono spesso utilizzate sia per commettere reati, sia dalla criminalità organizzata, nonché per agevolare clandestini ai quali non potrebbero essere vendute o affittate auto;

   inoltre, tale sistema è utilizzato anche da coloro che vogliono evitare di pagare parcheggi, pedaggi multe, bollo, assicurazione. Si legge, sempre dall'articolo citato, che in Lombardia una cosiddetta «testa di legno», aveva un debito con l'erario di 700 mila euro, ma risultando nullatenente, lo Stato c'ha rimesso anche le spese di notifica;

   l'associazione nazionale per le imprese assicuratrici (Ania), stima che in Italia circolano 2,8 milioni di veicoli senza copertura assicurativa e tra questi ci siano anche le auto «fantasma». Dall'archivio dati della Motorizzazione civile risulta, infatti, che in Italia più del 10 per cento dei veicoli circola senza un'assicurazione valida;

   in caso di incidenti gravi con un veicolo senza assicurazione o nel caso di un cosiddetto pirata della strada, a pagare il risarcimento è il fondo garanzia per le vittime della strada istituito nel 1969 ed attivo dal 1971, che si alimenta tramite un prelievo percentuale sui premi versati dagli automobilisti assicurati. Attualmente il fondo riceve il 2,5 per cento dell'importo dei premi assicurativi pagati alle compagnie;

   le indagini per individuare tali soggetti sono molto complesse; nell'articolo citato, si legge che la procura di Milano ha creato insieme ai carabinieri, una squadra che si avvale dell'esperienza informatica dei vigili di Verona, che facilita la ricerca incrociando le banche dati della motorizzazione e del pubblico registro automobilistico (Pra). Non appena individuano le targhe dei prestanome, chiedono al Pra di emettere un blocco anagrafico per rendere impossibile nuove compravendite. Tale sistema, da febbraio 2018 a oggi ha portato al sequestro di 15.500 mezzi intestati a 112 persone;

   l'articolo 15, comma 8-octies, del decreto-legge n. 78 del 2009, apportando modifiche all'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187 concernente «Norme in materie di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico» ha disposto al comma 7-bis che: «Ove si accerti che una singola persona fisica risulti proprietaria di dieci o più veicoli, gli uffici del pubblico registro automobilistico sono tenuti ad effettuare una specifica segnalazione all'Agenzia delle entrate, al Corpo della guardia di finanza e alla regione territorialmente competente»;

   successivamente, con la legge 29 luglio 2010 n. 120, concernente «Disposizioni in materia di sicurezza stradale» è stato inserito nel codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, l'articolo 94-bis «Divieto di intestazione fittizia», che vieta immatricolazioni e iscrizioni al Pra «qualora risultino situazioni di intestazione o cointestazione simulate o che eludano o pregiudichino l'accertamento del responsabile civile della circolazione di un veicolo»;

   inoltre, il comma 2, del medesimo articolo 94-bis dispone «Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque richieda o abbia ottenuto il rilascio dei documenti di cui al comma 1 in violazione di quanto disposto dal medesimo comma 1 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.000. La sanzione di cui al periodo precedente si applica anche a chi abbia la materiale disponibilità del veicolo al quale si riferisce l'operazione, nonché al soggetto proprietario dissimulato»;

   il medesimo articolo prevedeva per le disposizioni applicative della disciplina menzionata, l'emanazione di decreti attuativi da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'interno;

   negli ultimi anni tale fenomeno è in costante crescita e dopo nove anni dall'approvazione della legge citata non sono stati ancora emanati i decreti attuativi;

   l'Aci nell'ultimo semestre ha segnalato 22.087 codici fiscali di persone da verificare che possiedono 412.500 veicoli, e su ordine delle forze di polizia sono stati radiati 5.886 mezzi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, in questi anni, gli uffici del pubblico registro automobilistico abbiano effettuato le dovute segnalazioni, secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2009;

   quali siano le cause della mancata adozione dei decreti previsti dalla normativa vigente e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza al fine di provvedere all'emanazione di quest'ultimi per arginare il fenomeno descritto in premessa in costante crescita.
(2-00565) «Grippa, Carinelli, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Zanichelli».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in base agli ultimi dati disponibili in Italia circolano quasi novantasettemila automobili intestate a poco più di quattrocento persone, con una media di 225 veicoli a persona, la maggior parte delle quali risultano irreperibili; spesso addirittura si tratta di soggetti senza fissa dimora, oppure di pensionati ottantenni, pregiudicati, detenuti, o addirittura insospettabili che si offrono online come prestanome;

   come emerge dalle inchieste condotte dalla direzione distrettuale antimafia nella maggior parte dei casi le cosiddette auto fantasma sono utilizzate dalla criminalità organizzata e impiegate per commettere reati, perché sono «pulite» e rendono più difficile risalire ai criminali;

   inoltre, per la procura di Milano, le «auto fantasma» servono per agevolare clandestini a cui non potrebbero essere vendute o affittate auto, o favorire la fuga in caso di incidenti gravi;

   l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici stima che in Italia circolino 2,8 milioni veicoli senza copertura, tra le quali ci sono anche le auto «fantasma»;

   al fine di contrastare il fenomeno delle «auto fantasma», nell'agosto del 2009, con il decreto-legge n. 78, il Governo pro tempore stabilì l'obbligo per il pubblico registro automobilistico di segnalare ogni sei mesi alla Guardia di finanza, all'Agenzia delle entrate e alle regioni, le persone fisiche che risultavano intestatarie di almeno dieci veicoli, senza prevedere, tuttavia, che le informazioni fossero inviate anche ai Corpi più presenti in strada come carabinieri, polizia e vigili;

   la legge n. 120 del 2010 ha inserito nel codice della strada l'articolo che vieta immatricolazioni e iscrizioni al pubblico registro automobilistico qualora «risultino situazioni di intestazione simulate o che pregiudichino l'accertamento del responsabile civile della circolazione di un veicolo», prevedendo, altresì, una sanzione tra 527 a 2.108 euro fino alla radiazione del mezzo;

   purtroppo, dopo nove anni, e nonostante l'aumento esponenziale delle «auto fantasma», non sono ancora stati emanati i decreti attuativi che definiscono i criteri e i casi per accertare le intestazioni fittizie;

   solo negli ultimi sei mesi l'Aci ha segnalato 22.087 codici fiscali di persone da verificare e che possiedono 412.500 veicoli, e su ordine delle forze di polizia sono stati radiati 5.886 mezzi –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per contrastare il fenomeno delle cosiddette «auto fantasma».
(5-03159)


   PAITA e MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei prossimi mesi del 2019 e nel corso del 2020 saranno circa 900.000 (dati Ced motorizzazione) i veicoli che dovranno essere sottoposti alla procedura di visita e prova (comunemente definita «collaudo») presso gli uffici della motorizzazione civile, disciplinata dall'articolo 78 del Codice della strada che ad oggi viene prevista anche solo per la sostituzione obbligatoria, dopo dieci anni di vita, del serbatoio Gpl;

   gli uffici territoriali della motorizzazione civile, come segnalano da tempo anche gli operatori e le associazioni di categoria del settore del gas per automazione, sono in carenza di organico e tale criticità sarà acuita dal carico ingente di operazioni previste, frutto degli incentivi ai veicoli alimentati a Gpl e gas naturale erogati degli anni 2009, 2010 e 2011;

   già oggi i tempi di prenotazione del «collaudo» sono molto lunghi e in alcuni territori la seduta di visita e prova è assegnata dopo oltre nove mesi dalla data di richiesta;

   ciò crea notevole disagio agli automobilisti e agli operatori di settore (officine artigiane) soprattutto nei casi, la maggior parte, in cui la sostituzione del serbatoio coincide con la revisione periodica del veicolo che dovrebbe perciò restare fermo fino alla seduta di «collaudo»-

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per individuare con urgenza opportune soluzioni per superare l'attuale «collaudo» per la sostituzione decennale del serbatoio Gpl prevedendo una procedura che consenta di annotare tale regolare sostituzione sulla carta di circolazione con idonea autocertificazione effettuata da officine riconosciute dal dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale.
(5-03160)


   GARIGLIO, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GIACOMELLI, PIZZETTI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici periferici della motorizzazione soffrono da anni di una cronica carenza di personale che provoca una ormai inaccettabile dilatazione dei tempi di risposta all'utenza;

   in particolare, i tempi per i collaudi degli impianti Gpl — Gnc (metano) e dei ganci traino sono ormai insostenibili. L'aumento esponenziale delle vendite di tali tipologie dei veicoli, registrate nell'ultimo decennio, stanno infatti creando gravissimi problemi agli automobilisti; in tutta Italia vengono segnalati tempi di attesa di un anno per l'aggiornamento delle carte di circolazione in seguito alla sostituzione decennale della bombola;

   in mancanza dell'aggiornamento della carta di circolazione, il veicolo non può circolare con alimentazione a gas e si crea quindi un disagio agli utenti che devono sostenere un costo maggiore per la mobilità e conseguentemente per l'ambiente (tali carburanti sono infatti meno inquinanti rispetto a quelli tradizionali);

   alcuni uffici periferici non effettuano nemmeno più le prenotazioni per l'aggiornamento della carta di circolazione e ciò comporta anche l'impossibilità di effettuare la revisione periodica biennale dei veicoli ex articolo 80 del codice della strada. In mancanza della revisione periodica (non della bombola, ma del veicolo), il veicolo stesso non può più circolare e non ha più la copertura assicurativa;

   per fare alcuni esempi, la città metropolitana di Torino in particolare, solo nel 2009 ha visto collaudare oltre 30.000 impianti Gpl ed è quindi prevedibile che entro fine anno i tempi di collaudo delle bombole sostituite subiranno un ritardo che potrebbe arrivare ad anni; già oggi si è arrivati a dicembre 2020, con il rischio che vi siano migliaia di autovetture che circolino con l'impianto non collaudato, con tutte le conseguenze sulla sicurezza e la responsabilità che graverebbero sui proprietari, o che non possano più nemmeno circolare;

   sarebbe inoltre auspicabile, sempre nell'ottica di agevole il lavoro svolto dagli uffici periferici della motorizzazione, consentire alle officine autorizzate (ex articolo 80 del codice della strada) di effettuare tali revisioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario adottare iniziative urgenti per risolvere tali criticità.
(5-03161)


   TASSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza e l'attività manutentiva — ordinaria e straordinaria — rappresenta una delle maggiori criticità delle infrastrutture italiane;

   le infrastrutture portuali non sono esenti da tale problematica;

   strutture nevralgiche per l'economia nazionale, da un lato, vengono escluse da programmazioni tecnico-economiche e, dall'altro, vedono depauperare le proprie potenzialità;

   il recente rapporto Svimez prevede una recessione per il Sud, con un decremento del prodotto interno lordo dello 0,3 per cento che, di fatto, allarga i divari di sviluppo tra le aree del Paese;

   il traffico marittimo occupa un posto sempre più rilevante e apre scenari nuovi per uscire dalla crisi;

   in Puglia lo schema della rete infrastrutturale è stato solo parzialmente realizzato in forma coerente con il disegno che prefigurava la creazione di un sistema Puglia integrato con le aree più forti del bacino Mediterraneo;

   sin dalla sua costruzione (1976) al Porto Alti Fondali (industriale) di Manfredonia, non è stato praticato nessun intervento manutentivo di particolare rilevanza;

   nel 1990 questa struttura venne dotata di nastri trasportatori di merci, un investimento di circa 80 miliardi di lire che lievitò con il tempo a 160. Non saranno mai nemmeno collaudati;

   diversi tecnici interpellati sono concordi sul fatto che: «Il Porto alti fondali di Manfredonia è un'opera da salvare, poiché realizzata in modo futuristico rispetto ai tempi della sua ideazione, così come i nastri trasportatori, sarebbe un peccato ed un costo eccessivo eliminarli, occorrerebbe un concorso di idee per il loro riutilizzo, scelte che farà chi di dovere»;

   l'imprenditoria locale ha fatto affidamento sull'infrastruttura, consolidando i traffici connessi all'agricoltura, attirando traffici commerciali innovativi — come quelli della «green windenergy» — e cercando di sviluppare traffico turistico con navi crocieristiche;

   i lavoratori portuali ed i cittadini di Manfredonia chiedono con forza di non dover scegliere tra diritti costituzionalmente garantiti come il diritto al lavoro e quello alla salute, declinato nell'accezione della sicurezza sui luoghi di lavoro –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, a sostegno di un'opera strategica per tutta l'area economica dell'Alta Puglia, del Molise e della Basilicata, anche in considerazione dell'attuazione della Zona economica speciale adriatica che, senza il porto, vedrebbe venir meno il requisito legale per la sua costituzione.
(5-03162)


   ZANELLA, SOZZANI, BERGAMINI e ROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina del 25 ottobre 2019 sulla autostrada A1, nel tratto tra Valdarno e Arezzo in direzione sud si è verificato un gravissimo incidente stradale che ha visto coinvolti tre Tir;

   l'incidente ha bloccato il traffico autostradale in entrambe i sensi di marcia paralizzando per ore la principale direttrice che unisce l'Italia da nord a sud;

   la vicenda riporta d'attualità il tema dei sistemi di guida assistita e dei sistemi anticollisione «retrofit» e «aftermarket» che possono essere installati su camion di vecchia costruzione;

   sulla necessità di prevedere interventi finalizzati a mettere in sicurezza il parco camion adibiti al trasporto di merci pericolose e non dotati di sistemi di assistenza alla guida gli interroganti avevano sollecitato il Governo con due atti di sindacato ispettivo;

   con il primo (interrogazione n. 4-01658), del 19 novembre 2018 anche alla luce di un'informativa su un grave incidente stradale verificatosi a Borgo Panigale, svolta al Senato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in cui si affermava la volontà di incentivare l'installazione dei sistemi di assistenza alla guida, si chiedeva se, passati due mesi dall'incidente e dalle affermazioni rese in Senato, il Governo avesse adottato le iniziative annunciate in ordine all'incentivazione dell'istallazione dei sistemi di guida assistita su mezzi pesanti che trasportano merci pericolose;

   con il secondo (interrogazione n. 3-00939), del 1° agosto 2019, dopo un nuovo tragico incidente verificatosi sempre a Borgo Panigale, si chiedeva se il Governo intendesse assumere iniziative di carattere normativo e finanziario volte ad introdurre l'obbligo di installazione di sistemi di guida assistita retrofit;

   ad oggi entrambe le interrogazioni sono senza risposta, mentre permane l'urgenza, come dimostrato dall'ultimo grave incidente stradale, di dare vita ad una politica volta a dotare i circa 78 mila mezzi pesanti per il trasporto merci pericolose di vecchia costruzione degli strumenti di assistenza alla guida prevedendo le opportune agevolazioni finanziarie;

   l'articolo 53 del decreto-legge n. 124 del 2019 prevede incentivi per il rinnovo del parco veicolare, ma nulla per l'installazione di sistemi di assistenza alla guida sui mezzi circolanti di immatricolazione antecedente l'anno 2015 –:

   se il Governo intenda adottare le opportune iniziative normative per prevedere incentivi finanziari finalizzati all'installazione dei sistemi di assistenza alla guida «retrofit» e «aftermarket» sui camion adibiti al trasporto di merci pericolose, al fine di evitare disastrosi incidenti che mettono a rischio la vita di molti automobilisti italiani.
(5-03163)


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 98, ha istituito il documento unico di circolazione e di proprietà, quale documento unico, contenente i dati di circolazione e di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi ricadenti nel regime dei beni mobili registrati di cui al libro VI, titolo I, capo III, sezione I, del codice civile;

   l’iter per la definitiva entrata in vigore del citato documento unico, inizialmente prevista per il 2018, ha subito negli ultimi due anni un arresto e di fatto la sua operatività è stata rinviata più volte in attesa dell'adozione dei provvedimenti necessari e di raccordo da parte delle autorità competenti;

   il documento unico entrerà a regime, definitivamente il 1° gennaio 2020;

   il documento unico impone che tutti i pagamenti dovuti per pratiche relative alla gestione di un veicolo siano effettuati attraverso la piattaforma digitale PagoPA;

   oggi, ogni operazione effettuata e destinata al pubblico registro automobilistico (Pra) prevede l'effettuazione di un unico pagamento che include tre voci: l'imposta di bollo, i diritti e gli emolumenti; impiegando la piattaforma PagoPa, invece, ad ogni singola voce dovrà corrispondere un singolo versamento identificato tramite l'identificativo univoco di versamento (Iuv) e ogni pagamento con Iuv deve essere necessariamente effettuato in modalità telematica attraverso uno dei prestatori di servizi di pagamento (Psp) – come le banche, le poste, gli istituti di pagamento e ogni altro soggetto abilitato ad eseguire servizi di pagamento – e prevede un costo che va da 3 a 9 euro circa;

   prossimamente, l'obbligo di utilizzare PagoPa sarà esteso anche alle operazioni che interessano la motorizzazione civile; l'aumento raddoppierà, dal momento che ci saranno altri tre pagamenti tramite Psp, arrivando ad un totale di sei a pratica –:

   se intende fornire maggiori delucidazioni rispetto a quanto esposto in premessa e se non ritenga necessario adoperarsi nelle opportune sedi, adottando iniziative, per quanto di competenza, al fine di unificare i pagamenti connessi alla gestione di un veicolo, per evitare inutili aggravi di costi a carico dei cittadini.
(5-03164)


   GRIPPA, SCAGLIUSI, COLLETTI e TESTAMENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con nota n. 67/AB del 19 maggio 1992 la Gestione governativa ferroviaria Penne Pescara (ora Gestione trasporti metropolitani s.p.a.) presentava istanza al Ministero dei trasporti, per il finanziamento del progetto «Impianto filoviario» del bacino metropolitano di Pescara (tratta Silvi Marina-Montesilvano-Pescara-Pescara Porta Nuova-aeroporto civile: totali chilometri 22,380), ai sensi e per gli effetti della legge n. 211 del 1992, ottenendo due finanziamenti (delibere del Cipe del 21 dicembre 1995 e del 18 dicembre 1996, per una somma complessiva pari a 60.155 milioni di lire);

   successivamente con determina dirigenziale n. 426(TIF5)211/PE del 22 marzo 2000 e n. 1482(TIF5)211/PE del 6 dicembre 2000 il progetto veniva approvato e il 24 ottobre 2001 veniva sottoscritto un protocollo d'intesa tra gli enti medesimi, finalizzato a rivisitare il progetto, prevedendo un sistema di trasporto con tecnologia innovativa, nonché a suddividere la realizzazione dell'opera in più lotti;

   numerose associazioni e comitati si battono contro la realizzazione della filovia, evidenziando le gravi criticità, come la mancanza della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via), che caratterizzano l'appalto in corso d'opera;

   il decreto legislativo n. 4 del 2008, allegato IV, punto 7, lettera l), dispone che sono assoggettabili alla Via: «i sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane) funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri». La filovia, essendo un mezzo su gomma, e non su rotaie, non rientrerebbe nelle categorie richiamate nel decreto, nemmeno tra linee simili;

   un recente rapporto della Corte dei conti nel trattare dello «stato di realizzazione dei sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata e di tranvie veloci nelle aree urbane (legge 26 febbraio 1992, n. 211)», fa riferimento anche al caso Pescara-Montesilvano, completato comunque, si legge in tale documento, al 98 per cento;

   risulta agli interroganti la presenza, sotto alcuni tratti del filobus, di un gasdotto ad alta pressione che potrebbe essere fonte di pericolo per il passaggio della filovia e o interruzione del servizio in caso di problemi alla rete –:

   se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative al fine di fare chiarezza su tutte le criticità che l'opera presenta e di valutare i presupposti che giustificano il completamento e il funzionamento di un'opera alquanto controversa, che sembra priva dei fondamenti tecnico-economici e dispendiosa per il bilancio dello Stato.
(5-03165)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il completamento della linea 1 e la realizzazione della linea 2 della metropolitana torinese sono state negli anni oggetto di annunci da parte di governi nazionali e sindaci di Torino succedutisi nel tempo;

   i lavori per prolungamento verso ovest della linea 1 della metropolitana di Torino oltre la stazione Fermi nel comune di Collegno (TO) e fino alla stazione «Cascine Vica» nel comune di Rivoli (TO), rappresentano un'opera infrastrutturale di estrema importanza per la città di Torino e l'area metropolitana;

   detto completamento della linea 1 di metropolitana da Cascine Vica (Rivoli) a piazza Bengasi (Nichelino) secondo il cronoprogramma, dovrebbe terminare entro l'estate del 2023;

   peraltro a Rivoli, in meno di 15 anni son state realizzate diverse opere inutili, inutilizzate e alcune ancora da ultimare, come: la Risalita meccanizzata verso il Castello, il Bocciodromo, l'Hotel villa Melano, che hanno aumentato drasticamente il debito della città e nessun servizio ai cittadini. Cascine Vica è un'area ad alta densità abitativa e priva di parcheggi;

   nel mese di maggio 2019, la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha annunciato ancora una volta lo stanziamento dei fondi per il prolungamento della citata linea 1. Si tratta di oltre 200 milioni di euro da erogare in sei anni, che erano già stati finanziati dal Governo precedente. In particolare, si tratta di quei 148 milioni di euro, per il prolungamento della Metro linea 1, e 75 milioni per acquistare nuovi tram;

   già nel 2017, il Governo Gentiloni aveva infatti promesso un decreto per lo stanziamento dei 148 milioni di euro destinati al completamento della Metro linea 1 da Collegno a Cascine Vica;

   la giunta e il sindaco di Rivoli e il comitato nato del 2010 per portare i treni sotterranei nella cittadina alle porte di Torino da tempo chiedono al Governo di prolungare la linea 1, al centro della città, fino all'ospedale e alla zona commerciale;

   ai fini di una sua reale fruibilità e funzionalità da parte degli utenti sarebbe infatti necessario proseguire il trecciato della linea 1, in modo che diventi punto di arrivo e di partenza per gli utenti della Valsusa. Questo sarebbe uno straordinario servizio per una intera area territoriale;

   è inoltre prevista la realizzazione del progetto della linea 2 della metropolitana. L'opera verrà suddivisa in lotti funzionali autonomi come era già stato fatto per la prima linea. La linea 2 sarà lunga 26,5 chilometri con ben 33 fermate, e attraverserà la città da nord a sud. L'impegno del Governo è di 828 milioni di euro dal 2020 al 2032. Il contributo pubblico dovrebbe dare il «via» a un cofinanziamento al 50 per cento dei privati. La linea 2 costerà, con i prolungamenti, 4 miliardi di euro –:

   quante siano le risorse effettivamente disponibili e quali i tempi di conclusione dei lavori delle due linee di metropolitana che sono indispensabili per Torino e il suo territorio;

   se non ritenga utile adottare ogni iniziativa di competenza per consentire il prolungamento della linea 1 fino al centro della città, come chiesto da tempo dai cittadini e dallo stesso sindaco di Rivoli.
(4-04119)


   FERRO, BUTTI, ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il progetto della rete ultraveloce per le «aree bianche» del territorio, voluto nel 2015 dal Governo Renzi e che doveva concludersi nel 2020, sembra essere destinato a fallire;

   il 3 marzo 2015 l'allora Governo approvava la «Strategia italiana per la banda ultralarga», sostenendola tramite fondi nazionali (Fsc) e fondi comunitari (Fesr e Feasr, assegnati dalle regioni al Ministero dello sviluppo economico in base ad un accordo quadro Stato-regioni), con la promessa di portare «la banda ultralarga nelle case degli italiani, nelle fabbriche, nelle aziende»;

   nel 2017 veniva presentato un bando per la realizzazione della rete che sarebbe stata data in concessione ventennale salvo rimanere proprietà pubblica, quindi «messa a disposizione di tutti gli operatori che vorranno attivare servizi verso cittadini ed imprese», come si legge sempre nella «Strategia» e aggiudicataria era stata Open Fiber, società controllata alla pari da Enel e Cassa depositi e prestiti;

   l'obiettivo era quello di «ridurre il gap infrastrutturale» tra le aree del nostro territorio rispetto a quelle del resto d'Europa e la strategia prevedeva una prima fase attuativa «riguardante le aree a fallimento di mercato (aree bianche) presenti sull'intero territorio»;

   mancano pochi mesi al 2020, ma la situazione appare, ad oggi, drammatica e le regioni potrebbero incorrere nel «disimpegno automatico», come confermano i dati pubblicati da Infratel (la società per azioni a cui il Ministero dello sviluppo economico, che la controlla attraverso Invitalia, ha affidato la missione di realizzare il progetto) dove si evidenzia che, al 4 novembre 2019, «solo in cinque comuni i lavori sono terminati, cioè la rete è collaudata e operativa»: di questi, 3 sono in Umbria, uno in Lombardia e uno in Friuli;

   sono solo cinque, a fronte dei 7.450 compresi in due dei tre progetti «Bul». Il terzo di questi progetti è invece quello che riguarda Calabria, Puglia e Sardegna, le così dette «aree bianche», ovvero le aree a fallimento di mercato che includono circa il 24,6 per cento della popolazione italiana e il 26 per cento delle unità immobiliari, assegnato nel 2018 e ancora nemmeno attivato;

   in particolare, nella regione Calabria, il progetto, che interessa 223 comuni, prevede un finanziamento pubblico di circa 63,5 milioni di euro grazie all'utilizzo dei fondi europei Fesr, a cui si aggiungono 36,6 milioni di euro di investimento da parte della stessa Telecom Italia, per raggiungere circa 800 mila unità immobiliari e più di 980 edifici, tra sedi della pubblica amministrazione centrale e locale e delle Forze armate, istituti scolastici, uffici della pubblica istruzione, ospedali e strutture sanitarie;

   questa moderna infrastruttura avrebbe dovuto consentire ai privati e alla pubblica amministrazione di usufruire e sviluppare nuovi servizi, in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e di aumentare la produttività delle imprese;

   ad oggi, però, lo scenario è negativo e il rischio per le regioni è quello di incorrere nel disimpegno automatico, cioè la perdita dei fondi comunitario, o potrebbe accadere che l'area designata non venga più riconosciuta come «area bianca» venendo così esclusa dal piano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quale sia ad oggi l'effettivo stato di attuazione del progetto per la banda ultralarga (Bul) nelle aree bianche e quali siano le previsioni realistiche in merito alla realizzazione dello stesso, visto che la chiusura per il 2020 sembra irrealistica;

   se e quali iniziative stia attuando il Governo nei confronti del concessionario per recuperare i ritardi, anche in termini di penali, evitando che ancora una volta siano le regioni svantaggiate a pagare con la perdita dei finanziamenti o, addirittura, con l'esclusione dal piano.
(4-04120)


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in riscontro a una richiesta formale, avanzata il 24 settembre del 2019 dall'Associazione «Basta Vittime Sulla Strada Statale 106», la società SIRJO S.c.p.A. confermava che nell'ambito delle indagini eseguite per la redazione del piano di utilizzo dei terreni, «sono stati riscontrati n. 2 superamenti della Concentrazione Soglia di Contaminazione prevista per l'arsenico nel sottosuolo»;

   in particolare, suddetta associazione, come riportato in un comunicato stampa ripreso dalle principali testate giornalistiche locali, chiedeva alla struttura territoriale di Anas, gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Calabria se durante le attività di monitoraggio ambientale propedeutiche alla consegna dei lavori del Megalotto 3 della strada statale 106 «Jonica» fossero stati rinvenuti, in diversi terreni dell'alto jonio cosentino, tracce di arsenico sopra la soglia prevista per legge da riferirsi a fenomeni antropici;

   su delega di Anas, a distanza di oltre un mese, la società contrante generale rispondeva affermando che «le attività di monitoraggio ambientale ante operam sulla componente “suolo” non sono state ancora eseguite» e che «eventuali situazioni di potenziale contaminazione saranno notificate ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006»;

   l'arsenico, e molti dei suoi composti, sono veleni particolarmente potenti che uccidono e danneggiano in modo gravissimo il sistema digestivo ed il sistema nervoso, portando l'intossicato alla morte per shock –:

   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se e quali urgenti iniziative siano state adottate in relazione alla presenza di tracce di arsenico sopra la soglia prevista per legge, a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;

   se le attività di messa in sicurezza avranno una ricaduta in termini di ritardi sulla realizzazione del progetto megalotto 3 della strada statale 106 «Jonica».
(4-04122)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   Nello Trocchia è un giornalista che si è contraddistinto per le sue coraggiose inchieste, approfondendo ed indagando su fenomeni criminali e mafiosi;

   da ultimo ha scritto il libro «Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma» dove ha raccontato la storia e le attività criminali del clan operante sul territorio di Roma, in relazione al quale, per diversi esponenti, una recente pronuncia della Corte di cassazione, ha confermato che gli elementi d'indagine raccolti dalla direzione distrettuale antimafia di Roma, sono «idonei a dimostrare, non solo la sussistenza dell'associazione di stampo mafioso, ma anche la partecipazione dei singoli indagati al sodalizio medesimo»;

   Nello Trocchia negli ultimi anni è stato protagonista di diverse intimidazioni e minacce di morte e ha anche subito, insieme ai suoi familiari, numerosi furti presso la propria abitazione di Napoli;

   ad esempio, da un'intercettazione ambientale tra un boss, condannato per camorra e oggi in carcere, e suo fratello, in libertà, è emerso il seguente dialogo: «A quel giornalista gli devo spaccare il cranio e dopo mi faccio arrestare»;

   nel dicembre 2018, mentre il giornalista stava lavorando alla predetta inchiesta sul clan Casamonica, è stato oggetto di minacce da parte di Anna Di Silvio, moglie di Giuseppe Casamonica, che proferiva nei suoi riguardi le seguenti parole: «Prima o poi ti sparano in bocca» –:

   tra il 2018 ed il 2019 si sono verificati tre furti e due tentativi di effrazione nell'abitazione dei genitori del giornalista, nella provincia di Napoli, e gli sono stati sottratti il computer all'interno del quale erano presenti molto materiale di inchiesta ed informazioni personali;

   nell'estate del 2019 subisce un'altra grave intimidazione, visto che, un esponente del clan Casamonica gli rivolgeva le seguenti minacce: «Hai scritto un sacco di cazzate, sei un balordo, un pidocchioso, sei un infame fracico, stai attento a come ti muovi»;

   sono stati presentati diversi atti di sindacato ispettivo sulle misure di protezione in favore del giornalista;

   nel 2016 l'allora viceministro Filippo Bubbico all'interrogazione n. 5-06073 dava risposta evidenziando che «l'esposizione al rischio del signor Trocchia è costantemente monitorata dalle competenti prefetture per ogni eventuale ulteriore provvedimento che dovesse ritenersi necessario»;

   nonostante le rassicurazioni, il giornalista ha continuato a subire, come si è visto, atti di intimidazione e minacce;

   Nello Trocchia riporta come, a seguito dell'ultimo episodio di minacce subito dai Casamonica, sia stato contattato dalla Digos che gli comunicava di voler attivare una vigilanza sotto la propria abitazione di Roma;

   riporta, infine, il giornalista che, però, alcun tipo di misura risulta operativa per l'abitazione in provincia di Napoli, tanto che i familiari hanno dovuto attivare una vigilanza privata, nonché per gli spostamenti romani e napoletani e nessun tipo di contatto e/o recapito gli è stato fornito per comunicare eventuali emergenze o situazioni di rischio –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle misure adottate a tutela e protezione del giornalista Nello Trocchia e se dette misure ed il livello di rischio che corre, a fronte della coraggiosa attività di inchiesta e giornalistica, gli verranno comunicate dai competenti organi.
(2-00564) «Baldino, Macina, Dieni, Alaimo, Berti, Bilotti, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Sabrina De Carlo, Forciniti, Parisse, Francesco Silvestri, Suriano, Elisa Tripodi, Zanichelli».

Interrogazioni a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2019, il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha diramato una circolare in cui si intima al personale di polizia di non acquistare abbigliamento o equipaggiamento tecnico da rivenditori specializzati;

   la circolare, ricordando come sia obbligatorio l'uso esclusivo del materiale fornito dall'Amministrazione e come si incorra in una sanzione disciplinare in caso di mancato rispetto della normativa in vigore, adduce questioni di sicurezza ed incolumità alla base di tale prescrizione;

   pur condividendo la finalità della circolare, il dipartimento, ad avviso dell'interrogante, forse non conosce l'effettiva situazione in cui versano migliaia di poliziotti che rischiano di essere sanzionati disciplinarmente a causa di una mancanza dell'amministrazione stessa;

   numerosi sindacati hanno più volte lamentato come non sempre l'equipaggiamento e il vestiario forniti dall'amministrazione siano garanzia di sicurezza per gli operatori e di decoro per l'istituzione. Inoltre, tale materiale si logora irrimediabilmente già dopo pochi utilizzi;

   l'Amministrazione, prima di irrogare le sanzioni, dovrebbe fornire un abbigliamento sufficiente a tutto il personale, senza costringere i poliziotti a usare le proprie risorse per comperare indumenti abbastanza costosi da negozi specializzati –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per garantire a tutto il personale la fornitura di equipaggiamento qualitativamente e quantitativamente sufficiente affinché gli operatori di polizia non siano costretti ad acquistare il materiale mancante di tasca propria da rivenditori specializzati.
(3-01124)


   BENDINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada regionale 249 chiamata «Gardesana Orientale» attraversa una dozzina di territori comunali sia trentini che veneti, i quali si affacciano sulla sponda orientale del lago di Garda;

   la strada è notoriamente assai pericolosa, in quanto entrambe le corsie di marcia risultano per molti tratti di larghezze modeste e costeggiano, per molti chilometri, le spiagge dei paesi gardesani, frequentate da milioni di turisti ogni anno;

   già nel 2010 l'allora Ministro dell'interno, Roberto Maroni, aveva previsto nel così detto «Patto per la Sicurezza» dell'area del Garda il blocco perpetuo ai mezzi pesanti, ma, da allora, nulla è cambiato;

   da circa 20 anni, le amministrazioni locali e i sindaci hanno chiesto a più riprese di interdire, in maniera perpetua, questa arteria al traffico pesante per i gravi rischi connessi sia alla viabilità, che all'inquinamento ambientale;

   le comunità del Garda, ente di natura morale che rappresenta e porta avanti gli interessi dell'intero bacino gardesano, da anni tenta di ottenere il blocco perpetuo del traffico pesante sulla suddetta strada;

   ogni sei mesi, e cioè entro il 30 aprile ed entro il 31 ottobre di ogni anno, la comunità del Garda inoltra alla prefettura di Verona e al commissario governativo di Trento la richiesta di blocco del traffico pesante sulla Gardesana con conseguenti perdite di tempo sta per gli uffici territoriali del Governo (che ogni sei mesi devono re-istruire la pratica), che per 14 comuni interessati che devono avallare burocraticamente la richiesta;

   la prefettura di Verona e il commissario di Governo di Trento dispongono la «interdizione al transito dei veicoli per il trasporto di cose di massa superiore a 7,5 tonnellate, comprensivo di quelli adibiti al trasporto delle merci pericolose, dal chilometro 38 nel Comune di Peschiera, fino al 91 + 0,20 nella frazione di Navene di Malcesine» e «dal Comune di Nago-Torbole fino al confine con la Provincia di Verona» ogni sei mesi;

   i semestrali provvedimenti della prefettura di Verona, nelle premesse, attestano sempre che «il traffico pesante può determinare gravi pericoli e incidenti per i fruitori di questa strada a causa della ristrettezza e del cedimento stradale che costeggia il lago di Garda e attraversa, senza soluzione di continuità, i centri abitati prospicienti»;

   restano sempre esclusi da tale temporanea interdizione i veicoli destinati al carico e scarico di merci connessi all'attività e al fabbisogno delle comunità rivierasche, quelli delle forze di polizia per ragioni di servizio, quelli delle Poste o del Ministero dello sviluppo economico, o adibiti a servizio pubblico per interventi urgenti o di emergenza, i mezzi utilizzati per la pulizia delle strade e delle condotte fognarie e per lo smaltimento rifiuti, i veicoli della società Veneto Strade, l'ente gestore della strada, e del servizio radiotelevisivo esclusivamente per «comprovate ragioni di servizio» –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per porre fine al ventennale aggravio burocratico, sia per gli uffici territoriali del Governo che per i comuni dell'area del Garda, tramite apposito provvedimento volto ad interdire definitivamente, 24 ore al giorno, 365 giorni l'anno, la strada regionale 249 Gardesana orientale al «transito dei veicoli per il trasporto di cose di massa superiore a 7,5 tonnellate, comprensivo di quelli adibiti al trasporto delle merci pericolose», così come sempre stabilito dai rispettivi provvedimenti della prefettura di Verona e dal Commissariato di Governo per la provincia di Trento, salvaguardando le eccezioni relative ai veicoli indicati nei provvedimenti semestrali sopra citati, ultimo in ordine temporale quello del 28 ottobre 2019, emanato dalla prefettura di Verona.
(3-01125)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   MAGLIONE, GAGNARLI, GALLINELLA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GALIZIA, LOMBARDO, LOVECCHIO, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio agrario provinciale (Cap) di Benevento è stato posto in liquidazione coatta amministrativa con decreto 14 giugno 1996 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

   con decreto ministeriale 8 novembre 2013, è stata nominata quale commissario liquidatore del consorzio, la dottoressa Rettino;

   con decreto del 9 marzo 2017, il tribunale di Benevento aveva dichiarato inammissibile una proposta di concordato precedentemente presentata dal Consorzio; alla sentenza del tribunale di Benevento lo stesso consorzio si è opposto presso la corte d'appello di Napoli che ha rigettato il reclamo;

   il 27 novembre 2017 il Commissario in carica aveva comunicato alla direzione competente del Ministero dello sviluppo economico che la Guardia di finanza aveva fatto accesso ai locali del Cap richiedendo l'esibizione della documentazione relativa alla procedura liquidatoria, alla luce di alcuni indagini in corso;

   in data 18 ottobre 2018, il Nucleo di polizia economico finanziaria di Benevento ha acquisito, presso la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, la documentazione inerente il Cap in esame e richiesto che venisse trasmessa ogni ulteriore documentazione prodotta;

   in data 26 marzo 2019, il commissario liquidatore ha inviato comunicazione in ordine agli ultimi accessi effettuati dalla Guardia di finanza in data 20 marzo 2019, presso la sede amministrativa del Cap di Benevento, enopolio di Foglianise, e presso lo studio personale del Commissario, in esecuzione del «Decreto di perquisizione locale, personale ed informatica e consequenziale sequestro - informazione di garanzia agli indagati», emesso il 2 marzo 2019 dal procuratore aggiunto e dal sostituto della procura della Repubblica di Benevento. Allegati alla comunicazione erano i verbali degli accessi effettuati, nonché avviso di garanzia notificato al commissario stesso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Benevento, ai sensi dell'articolo 369 del codice di procedura penale, per il reato di cui all'articolo 216 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e articoli 323, 479, 40, comma 2, articolo 110 del codice penale. Allo stato, detto procedimento risulta essere ancora in corso;

   risulta agli interroganti che specifico procedimento di revoca del Commissario dottoressa Rettino è stato avviato dagli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico;

   tale procedimento vede il diretto coinvolgimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali –:

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, il Ministro interrogato, in relazione alle vicende descritte e all'adozione del decreto di revoca di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la continuità di azione del Consorzio, che riveste un ruolo fondamentale per l'economia agricola del territorio.
(5-03154)


   CARETTA e BALDINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la vespa velutina, nota anche come calabrone asiatico è originaria del sud-est asiatico, e la sua presenza sul territorio europeo è stata registrata dal 2004 in Francia, da cui si è spostata fino alle aree di confine con l'Italia, dove i primi rilevamenti sono avvenuti nel 2012 in Liguria;

   il carattere predatorio della vespa rappresenta una minaccia senza precedenti nel panorama dell'apicoltura nazionale, già provato da molteplici criticità afferenti all'equilibrio eco-sistemico, alle alterazioni ambientali derivanti dal cambiamento climatico e all'inquinamento;

   infatti, la velutina al momento rappresenta il più aggressivo predatore di api nazionali, per il carattere sistematico della predazione ai danni degli alveari, all'interno dei quali le api permangono per difendersi dall'attacco, con il rischio di indebolirne la comunità per il mancato bottinamento, esponendole alla completa distruzione;

   il settore apistico italiano conta circa 50.000 apicoltori, e circa 1 milione e mezzo di alveari e rappresenta uno dei settori più rilevanti del comparto agricolo nazionale, le cui potenzialità in termini produttivi sono attualmente compromesse anche dall'effetto devastante del diffondersi dell'imenottero asiatico tra le comunità di api nazionali;

   secondo il report dell'Ismea, nella primavera 2019, è stato registrato un calo di circa il 40 per cento della produzione media annua attesa di miele, con un incremento dei costi dovuti anche alla necessità di garantire una nutrizione artificiale delle api in ragione dello scarso bottinamento causato anche dagli effetti predatori delle vespe;

   attualmente, non esiste un sistema unitario e condiviso a livello nazionale che consenta al comparto di fronteggiare l'avanzata dall'imenottero: alcuni progetti regionali finalizzati al monitoraggio e al contenimento hanno condotto a risultati apprezzabili, ma la scarsità di fondi non rende attuabile una progettazione di lungo periodo;

   sarebbe auspicabile un'iniziativa di portata nazionale ed un intervento sistemico in sede istituzionale che parta dalla consapevolezza del problema da parte delle autorità preposte e fornisca supporto ad un comparto in ginocchio: risulta che i singoli apicoltori, con tecniche empiriche e non ufficiali, si stiano adoperando per eradicare la vespa in assenza di una cabina di regia istituzionale –:

   se siano state avviate attività di ricerca e di monitoraggio e correlate attività di contenimento e di eradicazione della vespa e dei suoi effetti nel comparto apistico e nell'ecosistema e quali iniziative di competenza si intendano intraprendere al fine di tutelare un comparto determinante per l'economia italiane e fondamentale per l'equilibrio eco-sistemico.
(5-03155)


   MANZATO, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, GUIDESI, LIUNI, LOLINI e LOSS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, con la sentenza del 18 ottobre 2019 ha annullato le multe non riscosse per il prelievo supplementare, imputato ai produttori di latte bovino, riprendendo le motivazioni con cui la Corte di giustizia dell'Unione europea il 27 giugno 2019 (C-348/18), ha bocciato il metodo scelto dall'Italia per la riassegnazione delle quote non ripartite;

   la suddetta pronuncia ha ingenerato dubbi sulla determinazione del prelievo supplementare da corrispondere nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari, perché ha bocciato il metodo di compensazione scelto dall'Italia nel riassegnare le quote non ripartite, in quanto contrario al dettato normativo unionale che imponeva che la ripartizione avvenisse in maniera proporzionale;

   già l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma (in R.G. 96592/2016) del 5 giugno 2019 aveva messo in dubbio la correttezza dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte e le modalità scelte dall'Italia per individuare i destinatari delle riassegnazioni dei quantitativi individuali di latte inutilizzati;

   in virtù della incertezza creatasi, è stata costituita una commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte», avente il compito di relazionare in merito alla documentazione istruttoria esaminata dall'autorità giudiziaria ed alle conclusioni cui è pervenuto il magistrato e ad ogni altro dato utile per l'accertamento, per tutti i periodi lattiero-caseari che vanno dal 1995/1996 al 2014/2015, della correttezza delle procedure seguite, dei criteri di calcolo adottati, della correttezza, sotto il profilo amministrativo, della condotta tenuta dai dipendenti pubblici o titolari di incarico coinvolti, anche ai fini della individuazione di responsabilità diverse da quella penale, come sollecitato dal medesimo giudice per le indagini preliminari, nell'interesse della tutela dell'erario e dei princìpi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione;

   l'esigenza di affrontare il mutato quadro giudiziario, scaturito dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea aveva spinto il precedente Governo ad emanare un apposito decreto-legge, approvato in Consiglio dei ministri il 6 agosto 2019, ma che non ha poi proseguito il suo iter di conversione in legge per volontà dell'attuale maggioranza di Governo –:

   se non intenda adottare tutte le iniziative necessarie alla revisione dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte, al fine di giungere ad una nuova determinazione della riassegnazione delle quote non ripartite, conformemente alla pronuncia del Consiglio di Stato del 18 ottobre 2019, nonché per prevedere modalità per il risarcimento dei produttori danneggiati dall'errata applicazione del metodo di calcolo.
(5-03156)


   NEVI e SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   secondo il recentissimo rapporto di The European HouseAmbrosetti «La creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia», il comparto agricoltura, industria di trasformazione, intermediazione, distribuzione e ristorazione è il primo settore economico del Paese, generando un fatturato totale di 538,2 miliardi di euro e un valore aggiunto di 119,1 miliardi di euro;

   della filiera, che è cresciuta del 3,9 per cento tra il 2011 e il 2017, nonostante i consumi stagnanti, fanno parte 2,1 milioni di imprese per 3,6 milioni di occupati, pari al 18 per cento del totale degli occupati in Italia;

   l'analisi dell'utile di filiera chiarisce che, per ogni 100 euro di consumi alimentari degli italiani, il 32,8 per cento remunera i fornitori di logistica, packaging e utenze, il 31,6 per cento il personale della filiera, il 19,9 per cento le casse dello Stato e solo il 5,1 per cento costituisce l'utile degli operatori di tutta la filiera agroalimentare estesa;

   di questo utile del 5,1 per cento solo il 17,7 per cento va ai produttori agricoli. La dinamica di medio periodo (2011-2017) mostra altresì che la quota di utile dei produttori agricoli è in calo (dal 18,5 per cento del 2011 al citato 17,7 per cento, mentre cresce fortemente la quota dell'industria alimentare e soprattutto dell'intermediazione. Sostanzialmente: nella generale crescita del comparto, i produttori agricoli sono quelli che ne hanno meno beneficiato, come pure la distribuzione finale al consumatore, complessivamente considerata;

   crescono invece più della media sia il mercato dell'intermediazione che quello dell'industria di trasformazione. Quest'ultimo è dominato da appena 57 grandi aziende, in gran parte multinazionali. I due comparti citati assorbono il 62,7 per cento degli utili di filiera, mentre nel 2011 ne assorbivano il 59,1 per cento;

   a detta degli esperti si tratta di un quadro squilibrato che dura da anni, che penalizza fortemente sia la distribuzione che i produttori agricoli. L'acquisizione dall'estero di imprese come Parmalat, di trasformazione, e della Nuova Castelli, di intermediazione, chiarisce in quale direzione vada la maggior parte della ricchezza aggiuntiva prodotta dalla intera filiera –:

   quali ulteriori iniziative intenda adottare il Governo, in aggiunta a quelle recentemente assunte (consistenti nel divieto delle aste a doppio ribasso e nelle tutele sui contratti di vendita dei prodotti agricoli), al fine di accrescere la quota di utili spettante ai produttori agricoli e rafforzare il loro ruolo, anche mediante strumenti di aggregazione aziendale, nella filiera agroalimentare.
(5-03157)


   CENNI e INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Crea è il principale ente di ricerca dedicato alle filiere agroalimentari vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

   la gravissima crisi istituzionale e organizzativa che ha coinvolto il Crea dopo l'arresto dei vertici nel marzo 2019, si è inserita in una fase delicata per l'istituto che ancora non ha adottato il Rof (regolamento di organizzazione e funzionamento). È tuttora in corso, infatti, il processo di riorganizzazione e stabilizzazione del personale ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, che ha previsto disposizioni per stabilizzare circa lavoratori 400 precari;

   altre problematiche relative al Crea riguardano inoltre:

    il bilancio di previsione 2019, recentemente approvato, che ha subito un taglio di 2,5 milioni di euro di risorse, attuato nel primo trimestre di quest'anno;

    l'individuazione di nuove sedi per l'amministrazione centrale e la sede legale dell'ente, per il centro di politiche e bioeconomia, per l'area lodigiana;

    la gestione del patrimonio immobiliare che ha portato alla vendita di diversi immobili e che prevede ipotesi di accorpamento o svendita di alcune sedi, che non sarebbe però compatibile con le attuali norme della pubblica amministrazione;

    la scarsa promozione dell'attività di ricerca e sperimentazione e una inesistente valorizzazione delle eccellenze scientifiche e tecniche dell'ente;

   appare evidente che tali criticità gestionali e di indirizzo, come sostengono anche le associazioni sindacali, possano compromettere l'attività del Crea e il suo ruolo strategico assunto nell'ambito dei processi di supporto al comparto agroalimentare e forestale nazionale;

   il 18 aprile 2019 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri registrato alla Corte dei conti il 6 maggio, con il n. 881, è stato nominato Gian Luca Calvi commissario straordinario del Crea;

   nonostante il Ministro interrogato abbia annunciato la proroga del Commissario, non c'è al momento nessun atto o dichiarazione che confermi tale decisione;

   non risulta all'interrogante che sia stato emanato il bando per il nuovo direttore generale;

   il piano di stabilizzazione del personale, che prevede la conclusione del processo di stabilizzazione e le progressioni di carriera per il personale in ruolo, come confermato dallo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la settimana scorsa in commissione Agricoltura, non è stato ancora concluso –:

   quali siano gli indirizzi ed i progetti del Ministro interrogato al fine di assicurare al Crea le risorse umane, economiche e strutturali per garantire la piena, continua e proficua attività dell'ente.
(5-03158)

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:


   NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TROIANO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), articolo 1, comma 515, prevede che, per gli anni 2020 e 2021, l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento rispetto al valore stabilito per l'anno 2019 è subordinato alla stipula, entro il 31 marzo 2019, di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il Patto per la salute 2019-2021, che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi; il successivo comma 516 del medesimo articolo 1 declina, quindi, le anzidette misure, tutte ambiziose e che richiedono da parte dei soggetti istituzionali coinvolti un'articolata programmazione;

   la mancata intesa sul Patto sopra citato rischia di non assicurare al fondo sanitario nazionale l'incremento di risorse di circa 3,5 miliardi di euro, come previsto dalla legge di bilancio per il 2019;

   inoltre, l'arco temporale di vigenza del redigendo Patto per la salute 2019-2021 non coincide con l'effettivo arco temporale di riferimento e non coincide, altresì, con l'arco finanziario e temporale sia della legge di bilancio per il 2019 sia della successiva, con il rischio di arrivare alla sottoscrizione di un Patto per la salute «in ritardo» ab initio e con l'impossibilità di realizzarlo secondo una corretta programmazione;

   per le sopra esposte criticità sarebbe forse opportuno pensare ad un orizzonte temporale del Patto meno breve o, comunque, più in armonia con il ciclo finanziario di bilancio, anche al fine di consentire una corretta programmazione sanitaria ed un efficace monitoraggio dell'attuazione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare un'adeguata programmazione e un efficace monitoraggio del redigendo Patto per la salute, alla luce delle diverse considerazioni espresse in premessa.
(3-01126)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPORTIELLO, NAPPI e SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Omnic è un farmaco a base del principio attivo tamsulosina cloridrato, appartenente alla categoria degli alfa bloccanti e alfa1 selettivo e viene indicato per la cura dei sintomi dell'ipertrofia prostatica benigna (patologia di stretta pertinenza maschile);

   è di conoscenza dell'interrogante che in Lombardia il farmaco viene prescritto gratuitamente solo a favore degli uomini, mentre, quando il medicinale viene prescritto per donne, affette di patologie oncologica e sottoposte a applicazione di stent agli ureteri in caso di effetto massa del tumore dell'addome o degli organi genitali, il medicinale deve essere pagato;

   l'interrogante rendo noto dell'esistenza di studi scientifici relativi all'utilizzo del principio farmacologico anche nella cura di secondarismi urologici determinato da patologia oncologica sviluppante effetto massa addominale, che sottendono l'utilità del farmaco per la cura anche di queste patologie, che, in quanto dell'apparato urinario, possono occorrere anche a pazienti di sesso femminile –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se sia a conoscenza del numero delle pazienti affette dalla patologia sopra descritta;

   se eventualmente non intenda assumere tutte le iniziative di competenza, affinché si garantisca l'accesso uniforme al farmaco Omnic e la sua gratuità, su tutto il territorio nazionale, con il coinvolgimento dell'Aifa e sentite le regioni, assicurando il suo impiego per le donne affette da patologie oncologiche e sottoposte ad applicazione di stent agli ureteri in caso di effetto massa del tumore dell'addome o degli organi genitali.
(5-03153)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Macina e altri n. 7-00371, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Soverini.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza Barzotti e Ficara n. 2-00561, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Raffa, Costanzo, Paolo Nicolò Romano, Pallini, Cubeddu, De Lorenzo, Davide Aiello, Villani, Segneri, Ciprini, Invidia, Tucci, De Lorenzis, Serritella, Berardini, Vallascas, Luciano Cantone, Grippa, Marino, De Girolamo, Carinelli, Barbuto, Termini, Papiro, Scagliusi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

   L'interrogazione a risposta orale D'Orso e altri n. 3-01102, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.

   L'interrogazione a risposta in Commissione Martinciglio e altri n. 5-03140, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cancelleri.

   L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-03143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Billi.

Pubblicazione di un testo riformulato e aggiunta di firme.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Pellicani n. 1-00295, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 261 del 18 novembre 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    nella serata di martedì 12 novembre e nei giorni successivi a Venezia si è verificata una sequenza di maree eccezionali, mai verificatesi in precedenza, con l'acqua alta che ha raggiunto quota 187 cm, la seconda marea più elevata di sempre dopo l'alluvione del 1966; le isole del Lido e di Pellestrina sono state particolarmente colpite dall'alta marea e anche Chioggia è stata allagata, con l'acqua che ha raggiunto i 170 cm. Forti mareggiate hanno colpito inoltre i comuni del litorale veneziano come Cavallino Treporti, Jesolo e Caorle;

    l'evento eccezionale ha causato molti danni e il decesso di una persona sull'isola di Pellestrina. Si registrano ingenti danni ad abitazioni, negozi, esercizi commerciali e alberghi completamente allagati: molte sono le imbarcazioni affondate, alcuni vaporetti sono stati spinti a terra; una ventina di gondole sono state ammassate in Riva degli Schiavoni; Via Garibaldi è stata attraversata dall'acqua spinta dal vento come un fiume in piena;

    si è registrata anche una grave compromissione del patrimonio storico e culturale della Città, a partire dai danni alla basilica di San Marco; risultano gravemente danneggiati anche strutture, arredi e opere della Fondazione Querini Stampalia, del Conservatorio Benedetto Marcello, dell'Accademia di Belle Arti, del Gran Teatro La Fenice, dell'Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti e hanno ugualmente subito danni il patrimonio e capolavori di arte armena e veneziana sull'isola di San Lazzaro degli Armeni. A tale riguardo, risulta che il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno già attivato l'unità di crisi per la verifica e la messa in sicurezza del patrimonio culturale danneggiato dall'eccezionale alta marea che sta colpendo Venezia;

    dopo l'alluvione del 1966 è stata istituita la Legge speciale per Venezia (Legge 16 aprile 1973, n. 171) che dichiara il problema della salvaguardia di Venezia «di preminente interesse nazionale». L'aggiornamento della Legge Speciale, con la legge 29 novembre 1984, n. 798, sottolinea la necessità di affrontare in maniera unitaria gli interventi di salvaguardia, e istituisce il Comitato Interministeriale di indirizzo, coordinamento e controllo sulla Laguna di Venezia (il cosiddetto «Comitatone»), attraverso il quale nel corso del tempo è stato possibile stanziare le risorse per una serie di interventi per la salvaguardia, la residenza, la tutela dei monumenti e altri interventi diffusi in città;

    il suddetto Comitato dovrebbe trasmettere al Parlamento, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, la relazione sullo stato di attuazione degli interventi;

    la citata legge n. 798 del 1984 istituisce anche il Consorzio Venezia Nuova, che presenta un sistema di interventi per la salvaguardia di Venezia, dando l'avvio al Mose (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), finalizzato alla difesa di Venezia e della sua laguna dalle acque alte, la cui progettazione va avanti dalla fine degli anni ’80, fino ad arrivare all'inizio dei lavori, il 14 maggio 2003. Il Mose consta di 78 paratoie mobili vincolate attraverso alcune cerniere ai 20 cassoni di alloggiamento collocati nei fondali, collegati tra loro da tunnel che consentono anche le ispezioni tecniche. Altri 6 cassoni di spalla contengono tutti gli impianti e gli edifici necessari al funzionamento delle paratoie;

    il Consorzio Venezia Nuova, costituito da imprese di costruzione italiane, cooperative e imprese locali, è il concessionario del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – ex Magistrato alle Acque di Venezia, ora Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche del Triveneto – per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna veneta di competenza dello Stato italiano, in attuazione della legge speciale n. 798 del 1984;

    il Consorzio Venezia Nuova opera, in qualità di soggetto attuatore, attraverso lo strumento delle Convenzioni (contratti stipulati con l'Amministrazione concedente) sulla base di un Piano Generale degli Interventi definito dal Comitato, ex articolo 4 legge n. 798 del 1984;

    nel giugno 2014 lo scandalo Mose ha evidenziato un ampio sistema di corruzione, che ha coinvolto anche parti della pubblica amministrazione e ha portato 35 arresti e oltre 100 indagati, tra cui i vertici del Consorzio Venezia Nuova, che dal 1o dicembre 2014 è stato commissariato da ANAC e Prefettura, con la nomina degli Amministratori straordinari il dott. Luigi Magistro (in carica fino al 4 maggio 2017) e il prof. ing. Francesco Ossola, mentre il 27 aprile 2015 è stato nominato anche l'avv. Giuseppe Fiengo;

    nel corso del tempo è emersa una forte conflittualità interna tra i Commissari e tra i Commissari e le imprese del Consorzio circa questioni di tipo economico e tecnico, circostanza che avrebbe dato origine a rilevanti contenziosi economici non risolti che avrebbero di fatto rallentato fino a paralizzare lo stato di avanzamento dell'opera. Le principali imprese del CVN (Mantovani, Condotte, Grandi Lavori Fincosit e Kostruttiva) attraversano da tempo una grave crisi che ha comportato anche pesanti tagli occupazionali e il fallimento di alcune di esse;

    ulteriore conseguenza delle inchieste giudiziarie è stata la chiusura del Magistrato alle Acque, le cui competenze sono state affidate al Provveditorato alle Opere Pubbliche. Che nel corso del tempo ha denunciato più volte lo stallo dei cantieri e l'abbandono delle opere già realizzate, che non essendo soggette ad alcuna manutenzione, sono esposte a fenomeni di deterioramento, corrosione dei materiali, fino ad arrivare a fessurazioni dei cassoni sott'acqua;

    il 4 novembre 2019 doveva svolgersi la prima prova completa di sollevamento di tutte le paratoie alla bocca di porto di Malamocco, ma i test parziali hanno evidenziato un ulteriore problema, ovvero vibrazioni in alcuni tratti di tubazioni;

    lo scorso 14 novembre Elisabetta Spitz è stata nominata Commissario per il Mose, in attuazione di quanto previsto dal decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (cosiddetto Sbloccacantieri);

    dall'inizio dei lavori nel 2003 ad oggi il Mose ha drenato tutte le risorse della Legge Speciale destinate alla salvaguardia di Venezia, impedendo di progettare ed eseguire altri interventi di manutenzione diffusi per la salvaguardia della città;

    l'evento catastrofico del 12 novembre, effetto apicale dell'impatto del cambiamento climatico su un ecosistema fragile come quello veneziano, certifica purtroppo che i cambiamenti climatici sono una delle sfide più rilevanti su scala globale. Tutti i rapporti evidenziano che l'Europa meridionale e l'area mediterranea nei prossimi decenni saranno le aree più vulnerabili del pianeta;

    nell'aprile 2013, l'Unione Europea ha adottato la «Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici», nella quale sono stati definiti principi, linee-guida e obiettivi della politica comunitaria in materia di adattamento ai cambiamenti climatici e sono quindi diventati obiettivi prioritari per tutti gli Stati membri;

    in Italia, a seguito della «Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici» adottata nell'aprile 2013 dall'Unione europea, è stata approvata la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC) ed è in fase di approvazione il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) che necessita di essere ulteriormente implementato;

    secondo i dati Ispra l'Italia, dal 1998 al 2018, ha speso circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all'anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per riparare i danni del dissesto e delle catastrofi, secondo dati del Cnr e della Protezione civile;

    la questione della salvaguardia di Venezia, sia del suo fragile sistema architettonico e artistico che del suo delicato ecosistema della laguna, comprende diversi temi, che per essere risolti vanno necessariamente affrontati in modo unitario mediante un «Dossier Venezia». In tal senso vanno affrontati contestualmente i problemi legati:

     al traffico crocieristico: attualmente entrano nella laguna di Venezia le Grandi Navi fino a 96 mila tonnellate – circa 530 navi l'anno – e raggiungono il terminal della Marittima, sull'isola del Tronchetto, attraverso il Bacino di San Marco e il Canale della Giudecca, provocando gravi problemi e disagi alla vita della città. In tal senso da tempo c'è l'impegno da parte del Governo per trovare una soluzione alternativa al passaggio delle Grandi navi, che però al momento non è stata ancora individuata tra le molteplici proposte, avanzate finora da vari soggetti;

     alla sostenibilità ambientale e sociale della città e della laguna, che oggi è sempre più ristretta tra una iperspecializzazione turistica della sua economia ed una sempre più accentuata e preoccupante curva di diminuzione della popolazione residente;

     al turismo: per limitare il sovraffollamento cittadino e contrastare lo spopolamento della città storica che va tutelata e valorizzata con politiche mirate che regolamentino l'afflusso turistico e favoriscano il ripopolamento;

     alle bonifiche a Porto Marghera: si tratta di un'area di circa 2 mila ettari, di cui ad oggi risulta bonificato solo il 16 per cento dei suoli e l'11 per cento di acque di falda, con progetti di bonifica e messa in sicurezza approvati per il 69 per cento dei suoli e il 66 per cento delle acque di falda, ma non ancora attuati;

     all'operatività del Porto che non può prescindere dall'approvazione di un nuovo protocollo fanghi e del nuovo Piano Morfologico della Laguna, nonché da una verifica dell'effettiva funzionalità della conca di navigazione. Due strumenti fondamentali per la necessità di aggiornare la normativa sullo smaltimento dei sedimenti e di procedere con gli interventi di manutenzione ordinaria della laguna nei suoi aspetti morfologici;

     al moto ondoso determinato dal traffico in laguna e nei canali interni della città che ha raggiunto livelli insostenibili provocando problemi di sicurezza con frequenti incidenti, anche mortali. In passato il Governo aveva istituito anche il Commissario per il moto ondoso, per cercare di gestire il fenomeno;

     all'applicazione di un approccio resiliente alla pianificazione urbana e alla gestione edilizia del patrimonio architettonico di Venezia che sia attenta ai rischi, sensibile alle peculiarità della struttura urbanistica della città e che si prenda cura della messa in sicurezza del patrimonio culturale e delle attività produttive;

    un altro grave problema che insiste sulla laguna e sui suoi abitanti e che in questi giorni di acqua alta ha messo in grande apprensione i cittadini di Chioggia, è la presenza del deposito GPL in località Val Da Rio. Si è rilevato che in caso di incidente rilevante, l'unica via di fuga verso Sottomarina risulterebbe pressoché impraticabile in una situazione di emergenza da alta marea come quella verificatisi in questi giorni;

    dà speranza la grande mobilitazione di volontari, veneziani e del resto d'Italia, così come di tanti studenti che si sono adoperati per salvaguardare la città e limitare i danni nelle giornate più critiche;

    Venezia dispone di un potenziale imprenditoriale e di attrazione di investimenti non pienamente espresso, legato in particolare alla cultura, all'artigianato artistico, all'alta formazione, e va invece evitato che venga progressivamente ridotta a semplice museo a cielo aperto o a grande parco giochi,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per individuare le risorse per far fronte ai danni causati dal fenomeno dell'alta marea in tutti territori interessati nei comuni di Venezia e Chioggia, sia quelli riportati dalle infrastrutture pubbliche come rive, muri, ponti, parapetti, sia quelli che hanno colpito i privati, le abitazioni, i magazzini, le attività economiche, applicando sgravi fiscali, contributi per il risarcimento dei danni subiti, strumenti di incentivazione delle donazioni e la sospensione dei termini per gli adempimenti e per i versamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, nonché il pagamento delle rate di adempimenti contrattuali, compresi mutui e prestiti, per i soggetti che hanno subito danni riconducibili ai suddetti eccezionali eventi meteorologici, prevedendo che il pagamento dei suddetti adempimenti, dopo la sospensione dei termini, sia effettuato con rateizzazioni e senza applicazioni di sanzioni e interessi, nonché a valutare la possibilità, per i soggetti maggiormente colpiti e destinatari dei risarcimenti, di sospendere e/o rateizzare il pagamento delle fatture di acqua, energia elettrica e gas;

2) ad assumere le iniziative di competenza per estendere al territorio del comune di Chioggia lo stato di emergenza dichiarato per il territorio del comune di Venezia con deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 novembre 2019;

3) ad adottare iniziative per aggiornare e rifinanziare la legge speciale per la città metropolitana di Venezia, individuando le opportune fonti strutturali di finanziamento, predisponendo un piano organico di interventi di manutenzione urbana diffusa, ecologica, infrastrutturale ed edilizia della città storica per la salvaguardia della laguna di Venezia, avendo riguardo al suo recupero e mantenimento morfologico, che contempli ogni intervento urgente ed indifferibile, con particolare riferimento a Piazza San Marco e che risponda in modo adeguato ai molteplici problemi della città, richiamati nel citato «dossier Venezia», con specifica attenzione alle misure di limitazione degli affitti turistici e di promozione e di sostegno al ripopolamento della città, prevedendo una forma di incentivazione per i residenti attraverso il riconoscimento dello status di «custodi del Patrimonio di Venezia»;

4) a concludere nei tempi previsti, 31 dicembre 2021, il Mose, tenendo conto che la salvaguardia della città di Venezia e la stessa opera vanno necessariamente rapportati anche in relazione alle previsioni dell'innalzamento del livello del mare e va quindi verificato quali altri progetti possono essere sviluppati per l'adattamento ai cambiamenti climatici;

5) ad accelerare la realizzazione degli interventi di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia Porto Marghera, di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, necessari alla protezione dall'inquinamento dell'ambiente lagunare, anche attraverso il completamento delle opere di marginamento delle macroisole finalizzato alla messa in sicurezza dell'area;

6) ad adottare iniziative normative per estendere l'applicazione del cosiddetto «Art bonus» al comune di Venezia e agli altri territori ricompresi nella legge speciale per Venezia anche con riferimento ai beni ecclesiastici;

7) ad adottare iniziative per istituire nella città di Venezia un Centro internazionale sui cambiamenti climatici, per valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate da soggetti pubblici e privati, che porti avanti studi e ricerche sui temi della vulnerabilità e dell'adattamento ai cambiamenti climatici nell'ambito della salvaguardia della città di Venezia, anche nel quadro del piano nazionale disadattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) di cui è importante e urgente completare l'elaborazione;

8) a completare con urgenza il processo di digitalizzazione e pubblicizzazione dell'ingente patrimonio archivistico e bibliografico custodito a Venezia presso le istituzioni dell'alta formazione artistica danneggiate dalle eccezionali maree degli ultimi giorni, tutelandone i contenuti dalla vulnerabilità specifica dei singoli beni e del materiale ivi custodito, secondo gli impegni recentemente assunti dal Governo con l'approvazione della risoluzione 8/00045, in data 23 ottobre 2019;

9) a predisporre con urgenza un piano straordinario di interventi espressamente finalizzato alla messa in sicurezza, alla tutela e alla conservazione del patrimonio culturale, storico, artistico, archivistico e bibliografico custodito a Venezia presso tutte le istituzioni artistiche danneggiate dalle eccezionali maree degli ultimi giorni;

10) ad acquisire elementi in ordine alle condizioni ambientali, nonché di sicurezza degli impianti di GPL siti in località Val da Rio a Chioggia, al fine di verificare se le relative procedure di emergenza siano compatibili con la attuale localizzazione degli impianti;

11) ad adottare iniziative per favorire l'istituzione di una zona economica speciale nella regione Veneto che comprenda Venezia e i comuni dell'entroterra che hanno come riferimento il porto di Venezia, sulla base del piano industriale che tutte le categorie economiche e le amministrazioni locali hanno già condiviso con la regione medesima e a promuovere misure specifiche per il comparto del vetro di Murano;

12) ad assumere iniziative per l'istituzione di un tavolo permanente multi disciplinare costituito da operatori di tutta la filiera ittica, biologi marini, geologi, climatologi e giuristi con lo scopo di tutelare la biodiversità animale e vegetale;

13) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per contribuire, con la regione e il comune, alla migliore valorizzazione dell'industria creativa e culturale veneziana e in generale della comunità di innovatori locali, per fare di Venezia anche un luogo capace di attrarre imprese e iniziative economiche legate alla produzione di cultura, come start up innovative e nuove professioni intellettuali, a partire dal sostegno ufficiale allo Strategy Innovation Forum e assicurando alla prossima Esposizione Universale Dubai 2020 una significativa presenza di Venezia, intesa come città di conoscenza, cultura, incontro e scambio di merci e idee.
(1-00295) «Pellicani, Brunetta, Ilaria Fontana, Moretto, Luca De Carlo, Stumpo, Andreuzza, Fusacchia, Lupi, Zolezzi, Braga, Fregolent, Epifani, Terzoni, Federico, Molinari, Bazzaro, Fogliani, Vallotto, Lollobrigida, Gelmini, Baratto, Bendinelli, Bond, Caon, Cortelazzo, Marin, Milanato, Zanettin, Nitti».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Brunetta n. 1-00286 del 13 novembre 2019;

   mozione Meloni n. 1-00288 del 18 novembre 2019;

   mozione Molinari n. 1-00289 del 18 novembre 2019;

   mozione Fusacchia n. 1-00291 del 18 novembre 2019;

   mozione Lupi n. 1-00292 del 18 novembre 2019.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Cenni n. 5-02197 del 30 maggio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Gagliardi n. 5-03021 del 30 ottobre 2019.