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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nella tarda serata del 12 novembre 2019 la città di Venezia è stata colpita in modo particolarmente intenso;

    l'acqua alta ha raggiunto i 187 centimetri, avvicinandosi ai livelli di quella più alta mai registrata: 194 centimetri, durante l'alluvione del 1966. Nonostante il Centro previsioni e segnalazioni maree della città abbia previsto nel corso della giornata una quota di 140 centimetri, le eccezionali condizioni atmosferiche legate in modo particolare al vento di scirocco che ha iniziato a soffiare ad una velocità superiore di 50 nodi, hanno portato a un picco di 187 centimetri intorno alle 23,15;

    per effetto di questo livello del mare, il 100 per cento della città è stato allagato e, contemporaneamente, anche le isole minori e la barriera litoranea di Lido e Pellestrina sono state investite dalla marea e dalla mareggiata;

    contemporaneamente, anche i comuni litoranei di Caorle, Jesolo, Cavallino Treporti e Chioggia sono stati spazzati dalla furiosa mareggiata che ha devastato le spiagge e le infrastrutture turistiche del litorale veneziano;

    in centro storico e nelle isole della Laguna si sono rilevati danni ingenti che hanno colpito beni culturali come la Basilica di San Marco e altri beni monumentali pubblici e privati di inestimabile valore;

    in modo particolare, al ritiro delle acque sono emersi ingenti danni alle infrastrutture pubbliche e private: numerose imbarcazioni sono affondate, istituzioni e beni culturali sono stati letteralmente devastati, così come le strutture turistico-ricettive, gli esercizi commerciali e le abitazioni;

    nonostante il comune di Venezia abbia messo in atto tutte le misure a salvaguardia della sicurezza della città e della popolazione, i danni che si registrano sono di vastissima portata;

    dal 2003 è in fase di realizzazione il Mose, straordinario progetto di ingegneria civile, ambientale e idraulica, finalizzato alla difesa di Venezia e della sua Laguna dalle acque alte eccezionali, attraverso la costruzione di paratoie mobili alle tre bocche di porto;

    il progetto in questione, dopo una prima fase di sperimentazione, è stato avviato nel 2003 e a seguito delle vicende giudiziarie verificatisi tra il 2013 e il 2014, ha subìto un brusco rallentamento e la gestione commissariale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha ottemperato alla necessità del rapido completamento dell'opera;

    la città di Venezia è riconosciuta come patrimonio culturale a livello mondiale,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per deliberare immediatamente lo stato di emergenza per calamità naturale, come richiesto dal comune di Venezia e dai comuni del litorale, allo scopo di far fronte ai danni che hanno gravemente compromesso le infrastrutture pubbliche e private della città;

2) ad assumere immediatamente iniziative presso la gestione commissariale del Consorzio Venezia nuova, soggetto attuatore della realizzazione del Mose, affinché attraverso procedure di legge e risorse finanziarie si giunga nel più breve tempo possibile al completamento e alla messa in funzione dell'opera;

3) ad adottare immediatamente le iniziative di competenza per pervenire a una nuova «legge speciale» per la città metropolitana di Venezia, al fine di individuare le dotazioni finanziarie necessarie al funzionamento ordinario dei sistemi di difesa dalle acque alte e i soggetti responsabili preposti ad assumere le decisioni nei casi di emergenza come quello occorso nella serata del 12 novembre 2019.
(1-00286) «Brunetta, Gelmini, Baratto, Bendinelli, Bond, Caon, Cortelazzo, Marin, Milanato, Zanettin».


   La Camera,

   premesso che:

    come emerge dal documento Alleanza contro l'epatite – Position paper 2019-HCV; eradicazione del virus sul territorio nazionale, in Italia si stima che circa l'1 per cento della popolazione generale abbia un'infezione da Hcv, di cui 203.000 sono individui già avviati al trattamento con farmaci antivirali diretti (Daa), seppur con un trend in calo nell'ultimo anno dovuto alla riduzione del numero di pazienti presso i centri autorizzati. Tale dato implica che vi siano ancora da circa 230.000 a 300.000 soggetti da trattare, di cui circa 160.000-170.000 con infezione nota e circa 70.000-130.000 con infezione non nota;

    è stimabile che circa il 2 per cento della popolazione trattata con Daa di ultima generazione, ovvero circa 2.000 pazienti anno, non ottenga l'eradicazione virologica e debba essere ritrattata con regimi di «salvataggio»;

    il costo delle terapie negli ultimi anni, a seguito della disponibilità di nuovi farmaci, e del lavoro di Aifa nella rinegoziazione dei prezzi è sceso dagli iniziali 40 mila euro agli attuali 4-5 mila euro determinando quindi una spesa per il Servizio sanitario nazionale estremamente contenuta rispetto al passato;

    in Italia il piano nazionale per la prevenzione delle epatiti virali da virus B e C(PNEV), presentato nel 2012, ad oggi non è mai stato attuato; lo stesso, infatti, era nato a partire dal dicembre 2014 a seguito della disponibilità di nuovi farmaci per la cura dell'epatite C e per rispondere alle successive e conseguenti indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) del 2016 con l'obiettivo di eliminare l'HCV entro il 2030;

    il Pnev è divenuto «obsoleto», tanto che il Ministero della salute ha deciso di riconvocare il gruppo di lavoro per aggiornare il documento. I lavori si sono conclusi nel 2018, senza tuttavia che il nuovo Pnev venisse mai pubblicato, né tantomeno reso operativo, anche perché non sono state previste risorse per la sua realizzazione;

    il raggiungimento dell'eradicazione dell'infezione da Hcv in Italia dipende dall'attuazione di programmi di screening e di linkage-to-care nell'ambito della popolazione a rischio;

    nell'ambito della terapia dell'infezione cronica da Hcv, investire vuol dire migliorare la salute ma anche avere un ritorno economico nel medio-lungo periodo;

    visto l'elevato numero stimato di soggetti con infezione da Hcv, di cui una quota rilevante ancora «sommersa», e nonostante il numero importante di soggetti trattati, per portare a termine il progetto di eradicazione dell'infezione previsto dall'Oms, è necessario uno sforzo congiunto fra istituzioni, società scientifiche, medici e pazienti,

impegna il Governo:

1) a proporre, nella prima sede utile, iniziative idonee a riportare l'eradicazione dell'epatite C tra le priorità della sanità nazionale e regionale, coinvolgendo a tal fine la Conferenza Stato-regioni e prevedendo l'istituzione di un tavolo di lavoro permanente o di una consulta Hcv, come già attiva per l'Hiv, che includa rappresentanti delle istituzioni, delle regioni, delle società scientifiche e dei pazienti per definire un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) nazionale;

2) ad adottare iniziative per istituire un fondo sanitario ad hoc per assicurare risorse destinate all'acquisto di farmaci anti-Hcv, adeguate al numero di pazienti da trattare per raggiungere gli obiettivi dell'Oms, ma anche ad attività di screening e di linkage-to-care, incluse le relative attività accessorie, quali:

   a) campagne di informazione;

   b) individuazione dei pazienti infetti da Hcv già noti nelle strutture del Ssn e mai sottoposti a linkage to care;

   c) possibilità di disporre in carceri e SerD di personale specializzato e autorizzato che consenta la gestione in loco dei pazienti;

   d) messa a disposizione di rapidi test salivari per anti Hcv;

   e) l'elaborazione urgente di piani di eliminazione dell'epatite C, dotandoli delle risorse necessarie.
(1-00287) «Mandelli, Bagnasco, Mugnai, Novelli, Versace, Bond, Brambilla, Occhiuto».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    il comparto lapideo, segnatamente nel distretto italiano dell'Apuo-versiliese, si attesta in un segmento produttivo-commerciale di eccellenza, nel quale rientrano le imprese di estrazione e quelle di trasformazione del marmo e di altre pietre, che ha subito un'evoluzione – in termini economico-occupazionali – significativa nel corso degli ultimi decenni, in ragione dell'influenza di nuove dinamiche di mercato legate in particolare all'immissione di prodotti finiti a basso costo di lavorazione estera e di prodotti ceramici sintetici capaci di innescare effetti distorsivi;

    la lavorazione del marmo in Italia è contraddistinta da una storia millenaria che ha reso i luoghi noti a livello internazionale, sinonimo nell'immaginario comune di eccellenza artistica ed artigianale in ragione della specificità e della bellezza della materia prima, unitamente alla competenza e dall'indiscutibile capacità artistica delle maestranze artigianali italiane;

    il combinato disposto della specificità e della qualità naturali dei materiale escavato dalle cave del citato distretto e della notorietà dei capolavori dell'arte e dell'architettura che si sono succeduti nei secoli anche attraverso illustri artisti, in primis Michelangelo, che hanno fatto del marmo toscano veicolo di eccellenza e straordinarietà, unitamente alle competenze delle maestranze e al patrimonio di expertise consolidatisi sul territorio sia sul fronte della escavazione che su quello della lavorazione in laboratorio, rendono quello italiano, un prodotto di eccellenza, espressione più elevata e nota del made in Italy;

    complessivamente a livello nazionale, stando ai dati delle camere di commercio, le imprese operative nel settore della lavorazione del marmo e della pietra sono 2.522 ed occupano circa 10 mila addetti;

    nello specifico, si evidenzia, stando ai dati di Confindustria, che il distretto lapideo dell'intero comprensorio apuo-versiliese, delle province di La Spezia, Massa Carrara e Lucca, conta 1.090 addetti nel comparto estrattivo e 3.346 in quello della trasformazione, per un totale di 4.436 addetti;

    si segnala che i dati relativi al primo semestre 2019 delle esportazioni italiane di pietra naturale si attestano ad 1.679.295 tonnellate, per un valore complessivo di 906 milioni di euro: rispetto allo stesso periodo del 2018 si segnala una riduzione delle quantità dei prodotti esportati configurabili in -7,63 per cento; nello specifico, stando ai dati rielaborati dal Centro studi internazionale marmi e macchine (Imm) sulla base di quelli Istat, nel 2018 il valore dell'esportazione di marmo in blocchi e lastre grezzi si è attestato a 641.374 tonnellate mentre quello del marmo lavorato a 348.916 tonnellate; dati che segnalano in maniera particolarmente chiara il rapporto sussistente tra esportazione di prodotto grezzo, destinato alla trasformazione all'estero, e prodotto lavorato sul territorio nazionale quindi legato ad una filiera produttiva totalmente italiana;

    con riferimento all'esportazione di marmo lavorato, nel primo semestre del 2019 si è registrata una riduzione del 14,59 per cento delle quantità, sebbene vi sia stato un aumento del valore unitario pari al +6,06 per cento che ha compensato in modo parziale il calo del valore complessivo;

    risulta determinante tenere conto del trend che ha subito l’export italiano del marmo: partendo dai dati elaborati da Imm si è passati dalle circa 630 mila tonnellate di marmo lavorato esportate all'inizio degli anni ’90 ai dati attuali, mentre, di contro, l’export di marmo in blocchi e lastre grezzo è passato dai circa 170 mila tonnellate dei primi anni ’90 alle 641.374 tonnellate del 2019: pertanto nel corso di quasi un trentennio si è arrivati al dimezzamento del valore del prodotto lavorato esportato, mentre con riferimento all'esportazione del materiale grezzo si è quasi sestuplicato;

    nel distretto Apuo-versiliese, che si configura come leader nel settore delle esportazioni italiane, nel primo semestre 2019 le esportazioni di marmo lavorato si attestano su un valore di 216,93 milioni di euro con un calo del 4,76 per cento rispetto al primo semestre 2018: per quanto riguarda la sola produzione della città di Carrara dal 2000 ad oggi, si è registrato un calo dell'estrazione attestabile intorno al 30 per cento;

    come evidenziato dai dati summenzionati, diversamente da quanto accadeva in passato, attualmente risulta che la maggior parte del materiale estratto sia esportato in blocchi di materiale grezzo per essere poi oggetto di trasformazione delocalizzata in territori extra europei, con la conseguenza di compromettere significativamente le potenzialità nel comparto in termini produttivi ed occupazionali: il numero delle botteghe artigiane, delle segherie e dei laboratori un tempo impegnati nella lavorazione artigianale del marmo risulta essere in diminuzione in ragione della contrazione della domanda di prodotti italiani e dell'assenza di misure ed iniziative che possano garantire la tutela della continuità produttiva, in un settore di eccellenza che risulta ormai essere di nicchia, e della trasmissione delle conoscenze artigianali delle maestranze;

    infatti, attualmente il mercato del marmo è caratterizzato da nuovi sbocchi in Paesi, come Cina e India, dove il costo della lavorazione e trasformazione del prodotto grezzo risulta notevolmente più basso, e dunque più competitivo in ragione del costo della manodopera, rispetto ai costi nazionali: nello specifico, si evidenzia come la Cina è il primo buyer del marmo in blocchi grezzo di provenienza italiana, detenendo il 52 per cento della quota dell’export italiano, e nel corso del primo semestre 2019 è stato registrato un incremento della quantità di marmi grezzi esportati verso il mercato cinese del 13 per cento del valore. Di contro, la quota di export italiano verso la Cina relativa al prodotto lavorato si attesta soltanto intorno al 2 per cento;

    risulta al proponente che molte imprese italiane, segnatamente operanti nel settore dell'edilizia, prediligono acquistare in Cina i prodotti della lavorazione del marmo esportato in blocchi dall'Italia, in ragione dei costi che risultano inferiori rispetto al prodotto offerto dal mercato italiano, malgrado sul costo finale del prodotto lavorato in Cina influisca il 25 per cento degli oneri logistici: fattore che evidenzia in maniera eloquente la sperequazione in termini di costi tra prodotto lavorato italiano e prodotto lavorato cinese, malgrado – paradossalmente – la provenienza della materia prima sia in entrambi i casi italiana;

    pertanto, è in costante crescita l’appeal dei mercati esteri, segnatamente dei Paesi emergenti, per l'ultimo step della lavorazione del marmo ed, in ragione del ridotto rischio correlato all'estrazione di blocchi di grosse dimensioni rispetto alle attività di ritaglio di precisione, le aziende italiane prediligono limitare l'estrazione ai blocchi grezzi da destinare poi quasi esclusivamente al mercato estero, come confermato dai dati suesposti;

    si ritiene ulteriormente evidenziare che negli ultimi anni sul mercato sono approdati prodotti ceramici e compositi, che richiamano nella loro definizione il marmo e che ambiscono a sostituirlo nell'edilizia: molti di questi prodotti, dai costi contenuti in ragione della loro natura di prodotto sintetico industriale e della scarsa qualità, sono di importazione e rischiano di attuare una dinamica di mercato distorsiva in ragione della scarsa chiarezza che sussiste in capo alla materia prima utilizzata;

    pertanto, il comparto risulta condizionato dalla concorrenza di quei Paesi, India e Cina in primis, che possono contare sia su un'abbondanza di materia prima da cui far derivare prodotti sintetici a costi inferiori, sia sulla manodopera a basso costo che determina un costo finale ridotto anche del prodotto di marmo lavorato rispetto allo stesso prodotto lavorato in Italia, ma nel contempo è condizionato dalla crescita esponenziale sul mercato di prodotti simil-marmo di derivazione sintetica che – in assenza di un identificativo chiaro – possono essere venduti come marmo e acquistati come tale dai consumatori italiani;

    malgrado nel corso degli anni sia stato affrontato il tema di un marchio identificativo della originalità del marmo del suddetto distretto, nei fatti non si è approdati ad una iniziativa risolutiva che potesse garantire una legittima identificazione del prodotto al fine di offrire ai consumatori e alle aziende utilizzatrice dei prodotti la garanzia dell'autenticità dei prodotti ed esorcizzare la strutturazione di una sorta di filiera del «falso marmo»;

    l'ipotesi della definizione di una filiera lunga estrazione-trasformazione totalmente italiana e del suo sviluppo al fine di consentire la promozione del prodotto finito italiano rappresenta una prospettiva auspicabile per la valorizzazione dell'eccellenza italiana, che presuppone l'introduzione di misure atte a consentire anche l'aggregazione delle piccole imprese nella prospettiva di far fronte alle sempre più complesse dinamiche di mercato;

    si evidenzia che, a livello locale, sono state introdotte norme che si orientano nella prospettiva della tutela della filiera locale: in Toscana, con la legge regionale 5 agosto 2019, n. 56, recante Nuove disposizioni in materia di cave, che ha novellato le leggi regionali n. 35 del 2015 e n. 65 del 2014 è stato previsto «l'impegno alla lavorazione nel sistema produttivo locale di almeno il 50 per cento del materiale da taglio», al fine di consentire la lavorazione dei blocchi di materiale da taglio sul territorio per esorcizzare la delocalizzazione massiva dei processi produttivi;

    sebbene le tecniche, il know how e la qualità mantenute dalle realtà del suddetto distretto risultino indiscutibili in ragione dell'unicità e della raffinatezza dei prodotti e della lavorazione, queste rischiano di essere compromesse dalle dinamiche del mercato che, in ragione della delocalizzazione della trasformazione finale unitamente alla sovrapposizione nel mercato di prodotti sintetici erroneamente assimilati al marmo, rischiano di inficiare l'immagine del prodotto, le sue potenzialità e la sua collocazione nel mercato come prodotto di eccellenza;

    sarebbe auspicabile garantire la promozione dei marmi italiani come prodotti di eccellenza privilegiandone la valorizzazione del prodotto lavorato e trasformato in Italia, al fine di tutelare la specificità del prodotto rispetto ad altri prodotti presenti sul mercato internazionale, consentendo nel contempo il mantenimento di una filiera esclusivamente italiana;

    l'introduzione di un marchio del marmo italiano dop potrebbe rappresentare una iniziativa valida nella prospettiva di tutelare l'esclusività della materia prima, la sua tracciabilità e difenderla degli effetti distorsivi sul mercato della concorrenza sleale operata dai prodotti anche di derivazione estera, frutto di lavorazioni sintetiche, non documentate e non tracciate;

    si sottolinea ulteriormente che uno degli elementi ostativi per la crescita del comparto va ricercato nel basso livello di aggregazione tra imprese che rappresenta un deterrente per la creazione di una filiera territoriale: secondo un'indagine dell'istituto di studi e ricerca della camera di commercio di Massa Carrara il 62 per cento degli operatori artigianali ed artistici non è interessato ad essere parte di reti o consorzi tra imprese;

    alla suddetta criticità va ad aggiungersi anche l'assenza di un processo di continuità formativo-culturale capace di coinvolgere attivamente anche le scuole ed i giovani che porti alla valorizzazione della trasmissione delle conoscenze e delle expertise, anche considerando che secondo la suddetta indagine il 23,5 per cento delle imprese campionate over 50 pensa di chiudere l'attività, e solo il 3 per cento è disposto a cedere il testimone ad un proprio erede o soggetto terzo;

    desta particolare attenzione anche il versante dei prodotti di derivazione della coltivazione delle cave, considerati spesso come prodotti da smaltire, anche al fine di ridurre l'impatto idrogeologico: risulta ai firmatari del presente atto che annualmente i derivati del marmo si attestano in circa 3 milioni di tonnellate, di cui soltanto una parte risulta essere riutilizzata in processi produttivi secondari, che interessano molti ambiti dal settore delle cartiere a quello farmaceutico, a conferma del carattere multitasking e delle potenzialità dei prodotti di derivazione;

    sul versante delle esportazioni di tecnologie si evidenzia che, secondo le statistiche ufficiali di settore elaborate del Centro studi di Confindustria Marmomacchine, rispetto al 2017 in cui è stata registrata una crescita del 24,7 per cento rispetto all'anno precedente, configurandosi come massimo storico dell'esportazioni estere di macchine, impianti, attrezzature, utensili e consumabili, per un totale di 1.253 milioni di euro, nel 2018 le esportazioni hanno subito una riduzione del 10,5 per cento: nonostante la contrazione, il comparto della tecnologia per la lavorazione del marmo e delle pietre in generale rappresenta un segmento di eccellenza italiano, riferimento mondiale indiscusso, su cui appare auspicabile incrementare la ricerca e lo sviluppo, al fine di consentire il mantenimento di livelli elevati di avanguardia e dunque detenere un primato mondiale costante sul versante delle esportazioni di settore,

impegna il Governo:

   a predisporre adeguate iniziative volte alla tutela del distretto del marmo Apuo-versiliese e dell'intero settore lapideo italiano, nella prospettiva di promuovere lo sviluppo dei processi locali di filiera del marmo, dall'estrazione alla trasformazione e alla lavorazione;

   ad agevolare, per quanto di competenza, anche attraverso il coinvolgimento degli enti territoriali e delle associazioni di categoria, l'individuazione di misure incentivanti finalizzate all'aggregazione delle imprese del distretto, sia escavatrici che di trasformazione, nella prospettiva di favorire la creazione della filiera territoriale;

   ad intraprendere ogni utile ed opportuna iniziativa, al fine di promuovere specifici percorsi di formazione, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni competenti, per la valorizzazione dell'eccellenza artigianale del marmo e per lo sviluppo delle conoscenze di settore e al fine di garantire la continuità e la trasmissione del patrimonio artigianale e produttivo del territorio;

   a sostenere la definizione di un marchio del marmo italiano dop, al fine di tutelare l'esclusività della materia prima e la sua tracciabilità e difenderla dagli effetti distorsivi della concorrenza sleale sul mercato;

   a promuovere, per quanto di competenza, la definizione di una economia circolare correlata alla filiera attraverso il riutilizzo dei materiali derivati dell'escavazione del marmo;

   a sostenere iniziative volte alla promozione della ricerca e dello sviluppo nel comparto delle tecnologie correlate all'escavazione e alla lavorazione del marmo e delle pietre in generale, al fine di consentire il mantenimento di livelli elevati di avanguardia e dunque detenere un primato mondiale costante sul versante delle esportazioni di settore.
(7-00368) «Baldini, Acquaroli, Foti, Ferro, Bucalo, Montaruli, Rizzetto, Lucaselli, Galantino, Frassinetti, Mantovani, Butti, Ciaburro, Caretta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna è attualmente disciplinata dalla convenzione per l'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori;

   tali attività sono state affidate alla Compagnia Italia di Navigazione (Cin), verso un corrispettivo di 72 milioni di euro annui;

   il periodo di vigenza della convenzione è giunto quasi al termine e scadrà il 18 luglio del 2020;

   con parere del 4 marzo 2019 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha escluso che ricorrano i presupposti per una proroga della convenzione rispetto alla sua naturale scadenza;

   l'Agcm ha altresì ricordato che «la normativa eurounitaria sulla liberalizzazione dei servizi di cabotaggio, in particolare il Regolamento CEE n. 3577/92, prevede che un Ente affidante, prima di assoggettare determinati servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP), sia tenuto a effettuare una verifica preventiva del mercato per stabilire se vi siano le condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato, senza compensazione; solo in presenza di comprovata incapacità da parte degli operatori a fornire tali servizi a condizioni di mercato l'Ente affidante può assoggettare i servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP)»;

   la stessa Autorità ha auspicato che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti proceda, «secondo una tempistica congrua rispetto alla scadenza del 18 luglio 2020, ad una corretta applicazione del Regolamento (CEE) n. 3577/92 e della regolazione settoriale di prossima emanazione da parte dell'ART e svolga un'analisi dei fabbisogni effettivi di mobilità da e per le isole interessate (declinati in termini di tipologia e frequenza dei collegamenti, articolazione tariffaria, standard qualitativi, ecc.), propedeutica sia alla verifica preventiva delle condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato sia all'eventuale assoggettamento a OSP dei servizi da affidare con gara»;

   sempre secondo l'Agcm, «Lo svolgimento di una nuova gara per l'assegnazione nei tempi originariamente previsti del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di OSP, il cui perimetro sia opportunamente definito dalla previa analisi, più sopra richiamata, dei fabbisogni effettivi di mobilità, appare, infatti, lo strumento più appropriato per raggiungere gli obiettivi posti dal Regolamento e dalla regolazione settoriale – tra i quali rileva l'efficienza delle gestioni e il rispetto delle condizioni minime di qualità del servizio – e, in particolare, per correggere eventuali distorsioni e attivare i meccanismi di confronto competitivo in grado di “dissipare” gli extraprofitti di cui potrebbe beneficiare l'impresa aggiudicataria del servizio»;

   a otto mesi dal pronunciamento dell'Agcm non risulta attivata nessuna procedura finalizzata a pubblicare una gara per l'assegnazione del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di Osp (obbligo di servizio pubblico);

   si configura, pertanto, ad avviso dell'interpellante, un gravissimo ritardo da parte del Governo, che impedisce di assegnare i servizi di cui sopra al termine dell'efficacia della convenzione attualmente in corso;

   lasciare la Sardegna senza un regime di continuità marittima dopo il 18 luglio 2020 significherebbe pregiudicare il diritto alla mobilità dei cittadini isolani e penalizzare l'economia, non solo quella legata al turismo ma anche tutti gli altri settori che hanno necessità del trasporto delle merci via mare –:

   quali iniziative il Governo intenda porre, in essere, per quanto di competenza, per assicurare la continuità territoriale marittima tra la Sardegna e la Penisola;

   quali siano le ragioni che hanno causato il ritardo nell'avvio delle procedure per la pubblicazione di una gara pubblica, come previsto dalla normative vigenti;

   se il Governo intenda avviare un confronto con la regione autonoma della Sardegna al fine di condividere le possibili soluzioni sia per affrontare la situazione di emergenza dovuta a quella che l'interpellante giudica le mancate scelte politiche da parte del Governo sia per valutare il trasferimento delle funzioni e delle risorse dallo Stato alla regione autonoma della Sardegna in modo da garantire per il futuro la realizzazione di un modello di continuità territoriale marittima conformato alle effettive esigenze dell'isola, ai diritti dei cittadini sardi e alla legittima aspettativa delle imprese isolane di poter accedere liberamente ai mercati extraregionali senza vedere condizionata la propria efficienza e operatività ad oggettivi limiti geografici o a quelli derivanti dall'inadeguatezza del sistema dei trasporti marittimi.
(2-00558) «Cappellacci».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   il Porto Canale di Cagliari attraversa la fase più acuta di una lunga crisi, che sta culminando nell'avvio del licenziamento collettivo per i 210 lavoratori diretti da parte della società che si occupa del traffico container, che ha già annunciato «l'addio» al capoluogo;

   buona parte delle speranze di rinascita dello scalo isolano sono affidate allo sblocco dei progetti relativi all'ampliamento e all'infrastrutturazione delle banchine destinate alle navi merci e alla cantieristica;

   l'avvio di tali interventi rappresenterebbe certamente una possibilità in più per rilanciare lo scalo e salvare i posti di lavoro;

   l'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna dispone di 94 milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture negli avamporti a est a ovest e ha redatto un progetto da 60 milioni di euro per costruire i «denti» per le navi «RO RO» e ha previsto un contributo di 34 milioni di euro per il distretto della cantieristica;

   la stessa Autorità ha a disposizione un ulteriore finanziamento per «opere di mitigazione e compensazione», da destinare alla vicina spiaggia di Giorgino e ai percorsi interni;

   attualmente la possibilità di tradurre in concreto gli interventi programmati è pregiudicata dalla reviviscenza di una serie di vincoli paesaggistici, per opera di una sentenza del Consiglio di Stato, posti paradossalmente a presidio di una spiaggia e di un contesto che non esiste più;

   il 27 maggio 2019 la conferenza di servizi convocata Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna, alla presenza della regione – servizio di tutela del paesaggio, del Cacip e della capitaneria di porto, quest'ultima in qualità di rappresentante unico delle amministrazioni periferiche dello Stato nominato dal prefetto di Cagliari, ha approvato sotto il profilo paesaggistico il progetto del Porto Canale, nonché una serie di opere di mitigazione e compensazione;

   il 31 maggio il presidente dell'Autorità di sistema portuale ha adottato, con la firma del decreto di recepimento, le determinazioni conclusive;

   tra le opere in compensazione all'infrastrutturazione portuale sono stati proposti, per renderli fruibili alla cittadinanza, alcuni spazi di pregio che circondano lo scalo: tra questi, la realizzazione del parco della chiesa di S. Efisio nell'avamporto est, che verrà collegato al villaggio dei pescatori con un percorso ciclo-pedonale; la sistemazione a verde e la realizzazione di percorsi di accesso all'avamporto est sui quali verranno individuate delle aree per attività ricettive e professionali di servizio per la nautica. Sono previsti anche altri due percorsi ciclo-pedonale nella diga foranea di levante e in quella dell'avamporto ovest, nuove aree verdi e una fascia di mitigazione della parte occidentale del porto;

   il Comandante della Capitaneria di porto, capitano di vascello Minotauro, in conferenza di servizi, ha espresso parere favorevole al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica sul porto canale e sulle opere di mitigazione/compensazione oggetto della conferenza, in qualità di rappresentante unico, abilitato ad esprimere in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le amministrazioni dello Stato coinvolte nella conferenza;

   tuttavia, lo stesso capitano di vascello ha precisato che tale parere non è condiviso dalla Soprintendenza, avendo la stessa espresso il proprio orientamento non favorevole. Tali determinazioni vengono pertanto assunte agli atti anche al fine di consentire alla Soprintendenza ogni forma di tutela che l'ordinamento e, in particolare, l'articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, consente alle amministrazioni dissenzienti;

   la situazione di stallo venutasi a creare rischia di produrre un paradosso politico, giuridico e amministrativo, con conseguenze disastrose sia sul piano economico che su quello di una ormai immaginaria tutela ambientale. Infatti, in nome della tutela di un bene paesaggistico che non esiste più, si blocca la possibilità di realizzare le opere di compensazione di mitigazione dell'area circostante il porto canale di Cagliari e, sempre sulla base di un presupposto non più sussistente, verrebbero bloccati gli interventi necessari per un rilancio produttivo e occupazionale dello scalo;

   a rendere ancora più grave la situazione vi è il fatto che il vincolo impedirebbe anche l’iter per l'avvio della zona franca. L'operatività di scali portuali e aeroportuali efficienti per le persone e per le merci rappresenta la principale condizione per colmare il divario derivante dall'insularità e pertanto sono necessarie azione straordinarie per consentire a una regione come la Sardegna pari opportunità di sviluppo rispetto alle altre regioni italiane ed europee;

   le segreterie territoriali dei sindacati hanno sollecitato la convocazione del tavolo interministeriale permanente, come già concordato al Ministero dello sviluppo economico durante l'incontro del 31 luglio 2019 –:

   se il Governo non ritenga opportuno, al fine di superare una volta per tutte gli ostacoli sopra citati, adottare le iniziative di competenza per la dichiarazione del porto canale di Cagliari opera di interesse strategico nazionale;

   in alternativa, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al riguardo tenendo conto che il vincolo generico non implica un divieto di trasformazione.
(2-00560) «Cappellacci».

Interrogazione a risposta orale:


   SANDRA SAVINO, NOVELLI e PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ondata di maltempo che in questi giorni si sta abbattendo sul Nord Est sta mettendo a dura prova anche la costa del Friuli Venezia Giulia. I danni sono aggravati dalla concomitante alta marea e dal forte vento di scirocco, e hanno provocato, su tutta la costa, fenomeni di acqua alta da Trieste a Marano Lagunare, passando per Lignano e Grado;

   Piazza Unità, a Trieste, insieme alle sue rive e alle vie più centrali, risultano completamente allagata, così come le sedi di attività commerciali che vi si affacciano, con danni economici ancora inquantificabili ma certamente pesantissimi;

   la spiaggia e le strade dell'isola di Grado, in provincia di Gorizia, sono in condizioni ancora peggiori, con la chiusura della strada translagunare e con l'acqua che ha raggiunto gran parte delle abitazioni storiche della città vecchia. Anche in questo caso con danni potenzialmente nefasti per l'economia e il turismo dell'isola;

   resteranno tutte chiuse le scuole a Grado e frazioni; in centro città l'acqua alta è arrivata a un metro e 10 centimetri sull'asfalto; dalle 8 di questa mattina le squadre di protezione civile inizieranno a quantificare i danni, le attività commerciali, bar e negozi sono tutti in ginocchio perché tutto il centro è stato sommerso;

   si è registrato poco meno di un metro d'acqua sull'asfalto del centro storico di Muggia; danni ingentissimi sono stati riscontrati alle abitazioni, con l'acqua fino a 20 centimetri dentro le case. La marea eccezionale, ha danneggiato gli esercizi commerciali, un metro d'acqua dentro i ristoranti, bar e negozi. Il mare ha invaso il centro storico poco dopo le 20;

   una situazione parimenti grave si sta verificando a Lignano, dove la spiaggia e le vie più vicine sono sommerse dall'acqua, così come in tutti i centri, dai più grandi fino a quelli minori, della Bassa friulana. I primi comuni, tra cui Aquileia e Grado, hanno deciso la chiusura delle scuole;

   preoccupazioni si registrano anche a Latisana e nei comuni lungo l'Isonzo, osservato speciale in queste ore. Problemi anche ad Aquileia dove diverse case sono state allagate, raggiunte dall'acqua esondata dal Natissa non protetto dagli argini. Acqua alta anche ad Aprilia Marittima;

   disagi sono presenti anche a Muggia e a Duino, in località Villaggio del Pescatore. Si segnala il cedimento parziale dell'argine destro sul canale del Brancolo. La marea alle 22 ha fatto registrare il valore di 179 centimetri a Grado e di 176 centimetri a Trieste –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare a fronte della situazione emergenziale esposta in premessa.
(3-01115)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   FORMENTINI, ZOFFILI, BIANCHI e COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è da mesi in atto un'ondata di manifestazioni che coinvolge ad Hong Kong centinaia di migliaia di manifestanti;

   gli abitanti di Hong Kong dimostrano allo scopo di difendere i tratti sostanziali della loro autonomia, che è l'esito dell'accordo con il quale la Gran Bretagna restituì al Governo di Pechino la sua ex colonia;

   il progredire nel tempo delle manifestazioni è stato contrassegnato dalla crescita in intensità e pervasività della repressione attuata dal governo della Repubblica Popolare, con incidenti che purtroppo stanno iniziando a provocare la morte di civili, rei soltanto di esprimere il proprio pensiero;

   il Governo italiano non ha ancora assunto una posizione relativamente al caso di Joshua Wong, cui un tribunale cinese sta impedendo la possibilità di effettuare un viaggio all'estero che lo dovrebbe portare anche nel nostro Paese;

   il Ministro interrogato ha dichiarato a Shanghai di volersi attenere al più scrupoloso rispetto del principio di non ingerenza, affermazione che nelle presenti circostanze, potrebbe inopportunamente incoraggiare, ancorché involontariamente, il ricorso di Pechino ad una linea di particolare intransigenza nella gestione della crisi insorta nella ex colonia britannica –:

   per quali ragioni il Governo italiano si dimostri tanto indifferente alla battaglia che gli abitanti di Hong Kong stanno conducendo per difendere l'autonomia sostanziale del territorio in cui vivono.
(5-03137)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, ANDREA ROMANO, BOLDRINI e FASSINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ad Hong Kong da 5 mesi ci sono manifestazioni e proteste e la situazione si è particolarmente inasprita dopo che, nei giorni scorsi, la polizia ha sparato sui manifestanti ferendone uno, poi morto. Le proteste iniziate contro un emendamento alla legge sulle estradizioni, ritirata ad ottobre, si sono trasformate in un'opposizione all'ingerenza sempre più accentuata, secondo gli attivisti, da parte della Cina nell'autonomia di Hong Kong, con 5 richieste dettagliate: oltre al ritiro della norma sull'estradizione, le dimissioni del capo dell'esecutivo di Hong Kong, un'inchiesta sulla brutalità dalla polizia durante le proteste; il rilascio di coloro che sono stati arrestati; maggiori libertà democratiche;

   nel corso di questi mesi, infatti, la polizia hongkongese ha esercitato un uso non necessario ed eccessivo della forza nei confronti della grande maggioranza pacifica dei manifestanti – condannato sia dall'Unione europea che dagli Usa – compreso l'utilizzo di lacrimogeni, proiettili di gomma e idranti, che avrebbero causato moltissimi feriti. Dall'inizio delle manifestazioni il totale degli arresti è di 3.560 persone;

   a novembre 2019 sarebbe previsto un tour europeo dell'attivista di Hong Kong, Wong, – che interesserebbe anche l'Italia e per la quale il Governo cinese ha affermato che l'Italia non deve interferire con gli affari cinesi – ma la richiesta di Wong di espatrio è stata rigettata dalla Corte di Hong Kong;

   il Ministro interrogato ha dichiarato, in merito alle proteste di Hong Kong, che «in questo momento non vogliamo interferire nelle questioni altrui e quindi, per quanto ci riguarda, abbiamo un approccio di non ingerenza nelle questioni di altri Paesi» e anche il precedente Esecutivo non aveva mai preso posizione dall'inizio delle contestazioni;

   il Parlamento europeo, nella recente risoluzione sulla situazione a Hong Kong, ha espresso «profonda preoccupazione per il costante deterioramento dei diritti civili, dei diritti politici e della libertà di stampa (...) e per la pressione senza precedenti esercitata sui giornalisti e per la crescente autocensura riguardo, in particolare, al trattamento delle questioni sensibili per la Cina continentale o di quelle concernenti il governo della RAS di Hong Kong» –:

   quale sia la posizione dell'Italia riguardo alla situazione delle proteste ad Hong Kong anche al fine di sostenere, nelle sue relazioni bilaterali con la Cina e con Hong Kong, la necessità di tutelare l'elevato grado di autonomia di Hong Kong nonché i diritti umani di associazione e libertà di pensiero e di stampa.
(5-03138)


   SIRAGUSA, CABRAS, SABRINA DE CARLO, CAPPELLANI, CARELLI, COLLETTI, EHM, DEL GROSSO, DI STASIO, EMILIOZZI, OLGIATI, PERCONTI, ROMANIELLO e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 16 marzo 2019 a Las Palmas si è tenuto un incontro con il coordinamento di «Sistema Paese», promosso dall'ambasciata italiana di Madrid, dove è emersa la necessità dell'apertura di un ulteriore ufficio consolare di ruolo di carriera, da integrare con l'esperienza della figura onoraria, presso le isole Canarie;

   lo stato di difficoltà in cui sembrerebbe versare il consolato onorario di Tenerife è stato testimoniato anche da alcune foto pubblicate sul mensile locale «Leggo Tenerife», che hanno evidenziato l'inadeguatezza dei locali che ospitano gli uffici;

   il numero ridotto di personale, inoltre, risulterebbe insufficiente per l'adempimento delle numerose pratiche;

   dall'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, infatti, i nostri connazionali in Spagna risultano essere oltre 190.126, di cui oltre 28.000 residenti nelle isole Canarie;

   peraltro, si stima che la comunità degli italiani residenti nelle Canarie sia molto più ampia considerando i cittadini non iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero;

   per comprendere la vastità del fenomeno basta menzionare il dato sull'utenza nel solo comune di Arona della sede del consolato onorario di Tenerife: circa 10.000 residenti;

   successivamente all'incontro tenutosi a Las Palmas, l'interrogante ha presentato una risoluzione in Commissione affari esteri, per impegnare il Governo a valutare l'opportunità di adottare iniziative – compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili in bilancio ovvero a fronte di nuove risorse umane e finanziarie – per l'apertura di un ufficio consolare di carriera presso le isole Canarie;

   recentemente, il Sottosegretario agli esteri Ricardo Merlo ha annunciato l'autorizzazione all'apertura di alcune nuove sedi Consolari, tra cui una a Tenerife –:

   quando avverrà l'apertura della sede consolare citata in premessa anche in riferimento ai fondi predisposti per la stessa.
(5-03139)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   APRILE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018, all'articolo 1, commi 999-1006, ha disposto l'applicazione ai redditi di capitale e ai redditi diversi conseguiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa, in relazione al possesso e alla cessione di partecipazioni societarie qualificate, della ritenuta a titolo d'imposta con aliquota al 26 per cento, analogamente a quanto previsto per le partecipazioni non qualificate;

   il citato comma 1006, in particolare, ha introdotto una disciplina transitoria prevedendo che, in deroga ai commi 999-1005, alle distribuzione di utili, derivanti da partecipazioni qualificate, formatesi con utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e deliberate dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuassero ad applicarsi le previsioni di cui al decreto ministeriale 26 maggio 2017; a detti utili, pertanto si applica il regime impositivo vigente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018 (1° gennaio 2018) che prevedeva che gli stessi concorressero parzialmente, a seconda del periodo in cui si fossero prodotti, alla formazione del reddito imponibile del contribuente;

   dalla lettura della richiamata norma (commi 1005 e 1006) non è però chiaro se il regime transitorio si possa o meno applicare agli utili la cui distribuzione sia stata deliberata prima del 31 dicembre 2017, ma il cui pagamento di fatto sia stato effettuato in epoca successiva al 1° gennaio 2018;

   ciò significa che non è dato comprendere se, nel caso di delibera di distribuzione del dividendo adottata nel 2017 (o in esercizi precedenti), all'atto del pagamento nel corso del 2018 o in esercizi successivi, occorrerà applicare il nuovo regime di assoggettamento a ritenuta a titolo di imposta del 26 per cento sia in relazione alle partecipazioni qualificate che a quelle non qualificate o quello previsto dal decreto ministeriale del 26 maggio 2017 –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di chiarire se la disciplina transitoria di cui al comma 1006 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 sia applicabile anche agli utili percepiti dopo il 31 dicembre 2017 a seguito di delibera assembleare adottata prima del 1° gennaio 2018.
(5-03134)


   MARTINO, GELMINI, PORCHIETTO, GIACOMONI, FIORINI, BARATTO, CATTANEO, ANGELUCCI e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle dogane gestisce le attività relative alla circolazione delle merci e alla fiscalità interna connessa agli scambi internazionali, riscuotendo circa 14 miliardi di euro (Iva e dazi);

   la metodologia utilizzata dalle dogane sui container e le merci in ingresso nel nostro Paese prevede un circuito doganale di controllo dotato di 5 canali e 6.000 profili di rischio. Oltre al controllo fisico, è previsto l'uso di scanner. Le imprese che movimentano le merci sia in entrata che in uscita possono ottenere la certificazione del grado di affidabilità, Authorized Economic Operator (Aeo);

   sono state più volte esposte, dall'Agenzia stessa e dagli operatori economici, le problematiche relative al controllo delle merci: ridotto numero di funzionari incaricati al controllo fisico e ridotto numero di scanner. Ciò allunga i tempi e i costi di sdoganamento, già più alti rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea. Peraltro, sono controllati materialmente solo il 10 per cento dei container in arrivo sul territorio nazionale;

   il porto di Voltri-Pra, (1,7 milioni container/anno) è gestito dall'Autorità portuale di Singapore; il porto di Genova (2,5 milioni container/anno) fa parte delle infrastrutture interessate dal memorandum sulla «Via della Seta» firmato dal Governo nel marzo 2019. L'autorità portuale di Gioia Tauro (oltre 2 milioni container/anno) partecipa in questi giorni alla fiera China international logistics – CILF a Shenzhen (Cina);

   il 5 novembre il Porto di Trieste ha firmato a Shanghai un memorandum per sviluppare un canale logistico tra Italia e Cina. Il memorandum è stato firmato con la China Communication Construction Company – CCCC;

   il nuovo terminal container di Vado Ligure (210.000 metri quadrati sul mare), che sarà inaugurato il 12 dicembre 2019, è controllato per il 49,9 per cento dalle compagnie cinesi Cosco, controllata, come la CCCC, dal Governo Cinese, e Qingdao Port International e per il 50,1 per cento dall'olandese Apm Terminal;

   il 90 per cento della plastica che si trova nei mari italiani è di origine asiatica –:

   con riferimento alla previsione di introdurre una tassa sulla plastica, che per le merci in ingresso da Paesi terzi dovrà essere pagata dall'importatore, quali iniziative si intendano adottare per contrastare comportamenti elusivi e per assicurare il corretto pagamento della suddetta tassa su tutte le plastiche in ingresso tramite container sul territorio nazionale, anche al fine di evitare problemi di importazione di prodotti non conformi o dichiarati erroneamente e che le imprese nazionali di settore si trovino in svantaggio competitivo.
(5-03135)


   FRAGOMELI, ZARDINI, BURATTI, MANCINI, MURA, ROTTA e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la risposta n. 396 del 2019 all'interpello proposto in merito alla certificazione ai fini Iva del servizio di bike sharing, l'Agenzia delle entrate ha stabilito che per i servizi offerti è necessaria la certificazione del servizio mediante scontrino o ricevuta fiscale ovvero, a partire dal 2020, mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi ed emissione del documento commerciale;

   secondo l'amministrazione finanziaria il servizio di bike sharing, non sarebbe riconducibile ai servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione, per i quali è previsto l'esonero da qualunque obbligo di certificazione ai fini Iva, ma è invece riconducibile alla locazione onerosa di cose mobili cui si sommano «gli ulteriori servizi di manutenzione, collegamenti telematici, gestione dei parchi biciclette ecc.», realizzando di fatto un «servizio complesso», da assoggettare a Iva ordinaria;

   è necessario prevedere, per i servizi collegati alla sharing economy e alla gig economy, semplificazioni delle procedure che diano maggiore flessibilità e opportunità a fronte della tracciabilità dell'operazione garantita dall'alto grado di digitalizzazione dell'attività –:

   se non ritenga utile un'iniziativa normativa volta a equiparare i servizi di bike e car sharing ai servizi elettronici al fine di esonerarli dall'obbligo di emissione del documento fiscale, in relazione a ciascuna operazione conclusa, anche in ragione del fatto che tali servizi e i relativi pagamenti vengono resi in maniera automatizzata, attraverso sistemi tracciabili.
(5-03136)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   a poco più di due mesi dalle prossime elezioni regionali, sta creando scalpore la notizia secondo cui la regione Calabria ha proceduto alla «stabilizzazione» di personale a tempo determinato, ingaggiato su base fiduciaria;

   secondo quanto riportato da fonti di stampa, un milione di euro è la considerevole somma che la giunta regionale avrebbe deciso di destinare all'assunzione di nuovo personale e in quella che appare all'interrogante una «nebulosa» operazione sembra esserci finito un po’ di tutto: dai giornalisti agli esperti di «biodiversità», dai rilevatori dell'osservatorio per il turismo fino agli ispettori degli impianti termici. Tutti quelli che, sulla scorta di una manifestazione d'interesse bandita dal dipartimento organizzazione e risorse umane della regione a marzo 2019, hanno avuto accesso alle procedure di stabilizzazione, presentando una semplice autocertificazione;

   dal luglio 2019, quando la giunta ha approvato il primo programma triennale del fabbisogno 2019/2021, sono intervenute almeno due modifiche, a distanza di pochi giorni l'una dall'altra, il 2 e il 31 ottobre, che hanno parzialmente modificato il quadro e il numero delle assunzioni;

   il «via libera» all'operazione è, però, avvenuto attraverso una nota interna, che porta la firma del dirigente generale del dipartimento attraverso cui si individua il numero preciso delle figure da assumere;

   le unità lavorative ritenute più «preziose» sono i giornalisti dell'ufficio stampa, otto in totale assunti con contratti di lavoro flessibile e impiegati nel dipartimento Presidenza. Nelle venti unità di categoria D figurano due dipendenti in servizio al dipartimento tutela della salute, uno impiegato al dipartimento organizzazione e risorse umane e cinque insediate al dipartimento ambiente che «risultano essere indispensabili per sopperire alle necessità del dipartimento in materia di biodiversità ed aree protette». Altri quattro svolgono le loro mansioni ma con contratto a tempo determinato al dipartimento Turismo e Spettacolo con il ruolo «strategico» di «rilevare il movimento dei clienti negli esercizi ricettivi»;

   non è chiaro se le procedure siano avvenute nel rispetto dei criteri imposti dalla legge in materia di stabilizzazione: il primo programma triennale del fabbisogno 2019/2021 ha, di fatto, permesso di stabilizzare del personale, senza nessun concorso pubblico e con l'aumento delle spese del bilancio regionale;

   i giornalisti esterni, ad esempio, verrebbero considerati precari quando in realtà sono in possesso di un contratto fiduciario che li esclude dalle procedure previste dalla «legge Madia»;

   a parere dell'interrogante tale situazione, se accertata, violerebbe palesemente gli articoli 3 e 97 della Costituzione e sancirebbe quello che appare un atto di prepotenza verso tutti gli altri aventi diritto in possesso dei requisiti per accedere alla stabilizzazione –:

   di quali elementi disponga in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, per il tramite dei Servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 60, commi 5 e 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, al fine di verificare le criticità esposte in premessa in relazione alla gestione amministrativa e finanziaria della regione Calabria, con particolare riguardo all'affidamento degli incarichi sopra richiamati.
(4-04087)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da tempo ormai gli organi di stampa nazionali e locali informano dell'esponenziale crescita di aggressioni e altre condotte illecite che i detenuti commettono all'interno delle carceri italiane, violando le leggi e i regolamenti che dovrebbero normare la vita penitenziaria;

   è di pochi giorni fa la notizia secondo cui nel carcere di Salerno – a seguito di una perquisizione straordinaria – sarebbero stati rinvenuti all'interno dell'istituto sostanze stupefacenti e dieci telefoni cellulari perfettamente funzionanti, presumibilmente utilizzati dai capiclan camorristici per comunicare con gli affiliati esterni e impartire ordini;

   quanto accaduto rappresenta solo uno degli innumerevoli episodi che quotidianamente si verificano in tutte le carceri italiane, evidenziando il collasso del sistema penitenziario e il fallimento degli interventi legislativi in materia, in particolare dell'introduzione dell'istituto della sorveglianza dinamica;

   come ha evidenziato Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato di polizia penitenziaria, la situazione delle carceri italiane è drammatica, in quanto il sistema carcerario non è più in grado di garantire alcuna certezza sociale a causa delle politiche, troppo «buoniste», adottate negli ultimi anni che hanno concesso indistintamente anche a detenuti non meritevoli benefici e troppa libertà di movimento, rendendo le carceri italiane luoghi privi di sicurezza;

   tale circostanza è dimostrata dal fatto che, a seguito dell'introduzione della sorveglianza dinamica, intesa quale sistema di celle aperte e possibilità per i detenuti di spostarsi liberamente all'interno delle carceri, si è registrato un repentino aumento delle aggressioni contro gli appartenenti della polizia penitenziaria, vittime spesso di gravi lesioni personali;

   a parere degli interroganti l'istituto della sorveglianza dinamica, così come concepita e attuata, porrebbe inevitabilmente una serie di interrogativi, atteso che comporterebbe l'aumento del livello delinquenziale all'interno delle carceri, con gravi conseguenze sulla sicurezza della polizia penitenziaria nonché degli altri detenuti;

   le criticità della sorveglianza dinamica sono ulteriormente amplificate se si considera che la «riforma Madia» avrebbe notevolmente ridotto il personale in organico e gli ulteriori interventi legislativi degli ultimi anni non avrebbero apportato alcun ammodernamento tecnologico (esempio introduzione di sistemi di videosorveglianza) che possa assicurare livelli sufficienti di sicurezza non solo per i detenuti ma anche per il personale;

   la sicurezza e l'incolumità del personale dovrebbero sempre rappresentare il fondamento di qualsivoglia riforma penitenziaria, atteso che questi svolgono una funzione essenziale per conto della comunità, prodromica alla sicurezza dei detenuti e di quanti altri sono presenti negli istituti;

   in relazione a quanto precede, al fine di rafforzare la tutela intramuraria e scongiurare ulteriori aggressioni sarebbe opportuno ridefinire i criteri della sorveglianza dinamica e della sua applicazione, limitandone la fruibilità per chiunque abbia commesso un reato grave, anche in forma non associata, perpetrato con condotte violente e minacciose tali da far ritenere il detenuto un soggetto pericoloso per gli altri detenuti e per il personale;

   sarebbe altresì opportuno introdurre avanzati sistemi di video sorveglianza e incrementare l'organico del Corpo di polizia penitenziaria, predisponendo nuove assunzioni tramite scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori e nuove procedure concorsuali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, per evitare che in futuro possano verificarsi ulteriori condotte illecite come quella sopradescritta e assicurare la massima legalità e sicurezza all'interno degli istituti penitenziari.
(4-04083)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 5- 01181, a fronte dell'annunciato cambio di denominazione del casello «Piacenza nord» in «Basso Lodigiano» come deciso dal sottocomitato per la toponomastica autostradale, veniva chiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti se intendeva sottoporre al predetto sottocomitato – e conseguentemente ad Autostrade per l'Italia spa – l'opportunità di rivedere la decisione assunta, nel senso di disporre che il casello autostradale in questione assumesse la denominazione «Piacenza nord-Basso Lodigiano»;

   nella risposta resa il 10 gennaio 2019 il sottosegretario pro tempore Michele Dell'Orco affermava «in relazione al quesito posto relativo al cambio di denominazione del casello sull'autostrada A1 Milano-Bologna da Piacenza Nord in Basso Lodigiano si condivide quanto evidenziato dagli Onorevoli interroganti. Pertanto, assicuro che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avvierà un confronto con gli enti coinvolti per individuare la soluzione più opportuna»;

   in ragione del fatto che le predette rassicurazioni del rappresentante del Governo pro tempore risultavano completamente disattese, veniva presentato un nuovo atto di sindacato ispettivo. Il rappresentante del Governo pro tempore riferiva al riguardo che il sotto comitato di cui sopra – in considerazione della collocazione geografica del casello nella regione Lombardia e atteso che il cambio di denominazione non avrebbe comportato conseguenze di rilievo sulla circolazione dei flussi di traffico nella zona – aveva ritenuto opportuno accogliere la richiesta, allo stesso in precedenza pervenuta, di cambio di denominazione da Piacenza nord a Basso Lodigiano;

   il consiglio comunale di Piacenza nella seduta del 4 novembre 2019 ha approvato all'unanimità una risoluzione volta a richiedere il cambio della denominazione, aggiungendo a quella di «Basso Lodigiano» anche quella di «Piacenza Nord» –:

   se il Governo intenda avviare l'annunciato confronto con gli enti coinvolti, al fine di verificare la possibilità che il casello autostradale in questione assuma la denominazione «Basso Lodigiano-Piacenza nord».
(5-03121)


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in base a quanto riportato da alcuni organi di informazione Federconsumatori ha elaborato uno studio in cui si evidenzierebbe una pratica sistematica di aumento delle tariffe applicate dalle compagnie di trasporti lungo le tratte nord-sud in occasione delle festività natalizie;

   questo studio ha preso in esame diverse tratte dirette a Catania, Reggio Calabria, Bari, Pescara e la Roma-Bologna, confrontando le tariffe applicate nel weekend 8-10 novembre con il periodo che va dal 23 dicembre al 7 gennaio;

   il risultato di questo confronto è un aumento medio delle tariffe compreso tra il 20 per cento e il 144 per cento in più per i treni, il 14 per cento e il 101 per cento per i bus, fino al +188 per cento per gli aerei;

   Federconsumatori attenziona molto il settore aereo nel quale si concentrano molte criticità sotto il profilo preso in esame, con, ad esempio, il volo Roma-Reggio Calabria che arriva a costare più del doppio sia all'andata che al ritorno (dai 59 euro di novembre ai 128,50 delle Festività);

   ad essere particolarmente penalizzati sono fasce deboli come studenti universitari e lavoratori che per tornare a casa dai propri affetti in occasione delle festività natalizie vedono applicarsi tariffe estremamente onerose;

   è paradossale che dopo una tenace battaglia effettuata e vinta dalla regione Calabria per migliorare l'offerta di mobilità su ferro con tre corse di Frecciarossa, Trenitalia applichi un aumento di tariffe proprio per il periodo natalizio –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, con la massima tempestività, per evitare speculazioni tariffarie a svantaggio degli utenti che si muovono lungo l'asse nord-sud nel corso delle prossime festività natalizie e per attivare un tavolo di confronto con tutti gli operatori per una politica di prezzi trasparente che ponga una seria attenzione a questo profilo di utenza che spesso è socialmente debole.
(5-03123)


   GRIPPA, SERRITELLA, TERMINI e RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato sulla pagina web «money.it» datato 26 giugno 2019 si apprende che grazie a una proroga del beneficio fino 31 dicembre 2019 i motociclisti, opportunamente dotati di apparato «Telepass Family», possono continuare a godere dello sconto sul pedaggio autostradale, in misura del 30 per cento;

   nello stesso articolo si legge: «Il Ministro Toninelli, in una nota diffusa dal Dicastero dei trasporti, ha così commentato: “Anche quest'anno non abbiamo dimenticato le due ruote: ho infatti dato il via libera a un'ulteriore proroga, fino a fine anno, dell'accordo tra il Mit e Aiscat che prevede lo sconto del 30 per cento ai caselli autostradali in favore dei motociclisti dotati di Telepass”. Ed ancora: “Quest'anno ho ritenuto doveroso effettuare un'altra proroga della sperimentazione, così da garantire la prosecuzione degli sconti anche per la stagione estiva 2019, continuando a lavorare per una stabilizzazione delle tariffe ridotte”, ha aggiunto il Ministro pro tempore»;

   la formula individuata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe vincolata ad alcune condizioni da rispettare, pena la perdita dello sconto e il diritto delle concessionarie alle eventuali azioni civili, amministrative e/o penali, ove ne ricorrerebbero i presupposti; tra queste condizioni ci sarebbe quella che consente l'utilizzo dell'apparato Telepass unicamente sulla moto con targa abbinata, mentre non lo si può utilizzare con un'altra moto e con una vettura;

   su quest'ultimo punto si era espressa in maniera critica l'Unc – Unione nazionale consumatori: «Gli sconti vanno estesi anche agli automobilisti pendolari», ha affermato Massimiliano Dona, presidente dell'Unc;

   in un comunicato del 24 ottobre 2018 pubblicato sul sito web «federconsumatori.it» si legge: «Dal 31 dicembre scorso non c'è più lo sconto del 20 per cento per i pendolari sulle autostrade italiane. (...) Nessun avviso è stato recapitato agli interessati da parte della Società Telepass: solo chi ricordava che l'agevolazione era a termine e chi controlla l'estratto conto del Telepass ha potuto accorgersi che si è tornati alle tariffe normali»;

   anche tale sconto era soggetto a delle condizioni: percorso massimo di 50 chilometri calcolati in modo restrittivo, benefici concessi solo a chi effettuava in un mese dai 21 ai 46 transiti fra andata e ritorno, entità del ribasso limitata, mai superiore al 20 per cento e calcolata con meccanismo complicato, obbligo di avere il Telepass e di dichiarare esattamente la tratta cui applicare il ribasso;

   tale agevolazione, a parere dell'interrogante, aiuterebbe economicamente i pendolari, categoria sempre più penalizzata su ogni fronte, da quello ferroviario a quello autostradale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se corrisponda al vero e di quali ulteriori elementi conoscitivi disponga in merito;

   se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza al fine di prorogare l'accordo relativo allo sconto per le moto anche per il prossimo anno nonché al fine di riattivare l'agevolazione dello sconto del 20 per cento prevista per tutti quei cittadini che sono costretti a spostarsi quotidianamente per raggiungere il posto di lavoro.
(5-03124)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   da alcune settimane gli organi di stampa hanno evidenziato il lievitare dei prezzi dei biglietti aerei

   ed, in particolare, nelle tratte dalle principali città italiane – tra cui Milano e Roma – per gli aeroporti della Sicilia;

   il «caro-voli» coinvolge tutto l'anno vaste categorie di soggetti tra cui studenti, insegnanti, lavoratori, concorsisti o soggetti che viaggiano per ragioni di salute che, per la specificità delle esigenze, non possono programmare in anticipo i propri spostamenti, dovendo, pertanto, far fronte a elevati costi in considerazione delle ridotte tempistiche di prenotazione;

   l'aumento delle tariffe è dovuto non solo all'aumento della domanda di voli nell'avvicinamento di periodi sensibili dell'anno (ferie e festività), ma anche alle operazioni di mercato di singoli vettori privati operanti nel trasporto aereo, – basti ricordare che una delle compagnie aeree coprenti le tratte da e per la Sicilia ha deciso di sopprimere i collegamenti;

   non tutte le compagnie aeree che servono le tratte da e verso la Sicilia offrono la possibilità di effettuare un servizio di trasferimento di barelle o posti a ridotta mobilità con conseguente riduzione dell'offerta di trasporto aereo per tale tipologia di utenti, ledendo in maniera evidente i diritti dei soggetti interessati;

   a differenza della Sardegna, la Sicilia non gode del regime di continuità territoriale, ma è innegabile che le esigenze sostanziali di chi viaggia da e per l'isola richiedono un medesimo regime almeno sul piano sociale, ampliando, se necessario, la qualificazione di «servizio pubblico» tale da assicurare criteri equi di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima;

   è nota la condizione delle infrastrutture siciliane e dei collegamenti, differenti da quelli aerei, tra la Sicilia ed il resto d'Italia tale da non potersi qualificare il trasporto su gomma o su rotaia – sia per i tempi che per l'efficienza delle modalità – una concreta ed efficace alternativa al trasporto via aria;

   il sottosegretario Giancarlo Cancelleri ha annunciato norme volte all'introduzione di una «tariffa sociale» a favore di alcune categorie di residenti in Sicilia, anche coinvolgendo l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), soggetto preposto alla vigilanza nel settore, e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) nel controllo delle tariffe dei vettori e dei principali hub aeroportuali italiani a gestione privata;

   l'Antitrust è inoltre chiamata a far emergere eventuali condotte scorrette ad opera degli operatori del settore –:

   se e con quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano garantire una sostanziale continuità territoriale dei residenti nelle regioni del sud Italia, anche in considerazione della necessità di tutelare al meglio il diritto alla mobilità, assicurando, tra l'altro, riserve minime di aerei in grado di effettuare il servizio di trasferimento di barelle e posti a ridotta mobilità;

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano porre in essere per promuovere – di concerto con le altre autorità preposte – un tavolo di confronto per la sottoposizione delle tariffe al cosiddetto «price cap».
(4-04084)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato dai residenti del quartiere torinese di Borgo Aurora, e da alcuni quotidiani locali, i giardini Madre Teresa di Calcutta sono divenuti luogo di ritrovo abituale di spacciatori e tossicodipendenti;

   questi ultimi consumano droga alla luce del sole, a ridosso dei giochi per bambini presenti nel giardino e sulle panchine dello stesso;

   le telecamere installate dal comune di Torino non sembrano aver sortito alcun effetto di dissuasione;

   da anni in ogni caso il quartiere vive in una situazione di degrado assai allarmante;

   invero, il problema dello spaccio e della frequentazione assidua di tossicodipendenti si inserisce in un contesto nel quale si ravvisa una presenza preoccupante della criminalità organizzata di numerose occupazioni abusive, una concentrazione significativa di immigrati clandestini, nonché una presenza di frange del mondo anarchico e di attività commerciali che appaiono fuori da ogni norma e controllo;

   costantemente la popolazione ha denunciato il degrado a cui il territorio è condannato senza vedere tuttavia un miglioramento o serie politiche di riqualificazione che possano inserirsi in una generale azione per l'ordine pubblico –:

   quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico nella zona.
(4-04085)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e l'Associazione medici e dirigenti del sistema sanitario nazionale (Anaao), stando ai dati Ansa, in Italia nei prossimi 5 anni verranno a mancare 45.000 medici per via dei pensionamenti. Il problema interessa sia i medici di famiglia sia i medici del servizio sanitario nazionale. Nelle proiezioni dei dati decennali, la fuoriuscita dei medici dal sistema sanitario per pensionamento sarà di 33.392 medici di base e 47.284 medici ospedalieri, per un totale di 80.676 medici;

   l'8 ottobre 2019 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di 250 studenti esclusi dal test d'ingresso, dello scorso anno, per l'ammissione alla facoltà di medicina e chirurgia. A seguito di ciò, in questi giorni, le mail degli studenti non vincitori sono state prese d'assalto da un discutibile «Sportello informativo contro il numero chiuso», gestito direttamente dall'azienda Consulcesi group, invitando i destinatari a promuovere, mediante un servizio di consulenza, azioni legali contro gli stessi atenei; l'azione intrapresa da Consulcesi mira alla totale abolizione del numero chiuso per il corso di laurea di medicina, teoria che determinerebbe, a detta della stessa società di consulenza legale, la risoluzione alla carenza dei medici;

   l'università italiana, nonostante le risorse limitate riesce a mantenere standard elevati di professionalità; un'immissione di così grande impatto, circa 67 mila è il numero di studenti che hanno sostenuto le prove di ingresso, graverebbe sulle capacità qualitative dell'offerta formativa degli atenei, non assicurando, in alcun modo, anche alla luce dei dati riportati relativamente alle somme stanziate nelle precedenti leggi di bilancio, una copertura reale dei costi necessari per soddisfare una tale richiesta. C'è una differenza di almeno 55 mila persone, senza contare tutti quelli che, scoraggiati dall'esame, non ci provano nemmeno, ripiegando su altri indirizzi (biologia il più gettonato) e che invece in assenza del test si iscriverebbero a medicina. Le università italiane dove mancano professori, aule, corsi, semplicemente non sono pronte: basti dire che nel 2014 per soli 5 mila ingressi in sovrannumero (dovuti a un maxiricorso) ci fu il caos;

   dai dati acquisiti dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, eliminare lo sbarramento all'iscrizione della facoltà di medicina, senza un programma organico per le specializzazioni, rischierebbe solo di spostare in avanti l'imbuto e aumentare il numero di disoccupati; infatti per il 2017-2018 ci sono stati 6.934 i contratti a fronte di 16.046 candidati (9.200 in più), 1.000 laureati tagliati fuori ogni anno, con il rischio di finire ai margini se non ottengono neppure l'accesso al corso di medicina di famiglia;

   dai dati della Commissione europea e del rapporto Eurispes-Enpam, si evidenzia che in dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici (10.104) e ottomila infermieri hanno lasciato l'Italia per lavorare all'estero. Secondo la stessa Consulcesi, ogni anno 1.500 laureati in medicina vanno via per frequentare scuole di specializzazione in altri stati;

   i fattori predominanti che spingono i medici italiani a lasciare l'Italia, secondo Anaao Assomed, sarebbero le paghe molto più alte e un accesso più meritocratico alla professione con migliori prospettive di carriera, ma la fuga all'estero crea anche un danno economico;

   la formazione costa allo Stato italiano 150 mila euro per ogni singolo medico laureato e altri 150 mila euro per ogni medico che abbia conseguito la specializzazione, senza dimenticare, infine, che chi lascia l'Italia per stabilirsi in altri Stati ha un'età che va dai 28 ai 39 anni, creando un ulteriore danno economico e incidendo negativamente sui fondi di previdenza sociale –:

   se non ritenga di assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per garantire, in tempi brevi, una soluzione alla migrazione dei medici italiani, valutando opportune iniziative, sul piano economico, per coprire gran parte delle domande per le scuole d'accesso e di specializzazione e garantendo così una soluzione alla carenza dei medici.
(2-00559) «Trizzino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIZZINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con le disposizioni di cui ai commi dal 622 al 627 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, si introduce un percorso finalizzato alla procedura di stabilizzazione del personale di cui all'articolo 1, comma 745, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Infatti, l'articolo 1 comma 622, stabilisce che: «al fine di stabilizzare il personale di cui all'articolo 1, comma 745 della legge 27 dicembre 2013 n. 147, titolare di contratti di lavoro attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo e provincia prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici, in forza nelle istituzioni scolastiche di cui all'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124 e all'articolo 9 del decreto del Ministero delle Pubblica Istruzione 23 luglio 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 24 gennaio 2000 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017 n. 19 è avviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un'apposita procedura selettiva per titoli e colloquio»;

   conseguentemente con le risorse finanziarie previste dal comma 625 dell'articolo 1 della suddetta legge, le stabilizzazioni avrebbero dovuto riguardare 467 lavoratori di 519 aventi causa;

   con il decreto direttoriale n. 500 del 5 aprile 2018, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, indicendo la procedura prevista, statuiva: «procedura selettiva per titoli e colloquio ai sensi dell'articolo 1 commi 622-626 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, finalizzata a stabilizzare 305 unità di personale di cui all'articolo 1, comma 745, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, titolare di contratti di lavoro attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici in forza nelle istituzioni scolastiche di cui all'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 9 del decreto del ministro della pubblica istruzione 23 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2000, tuttora in servizio ai sensi dell'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19»;

   alla procedura selettiva partecipavano i 467 lavoratori candidati alla stabilizzazione, dei quali solo 305 venivano effettivamente stabilizzati;

   secondo quanto previsto dal comma 626 dell'articolo 1 della succitata legge, i lavoratori rimasti esclusi dalla procedura di stabilizzazione avrebbero dovuto essere iscritti in apposito albo indicato, dal quale gli enti territoriali interessati avrebbero potuto attingere per nuove assunzioni di personale;

   ad oggi questo albo, a quanto consta all'interrogante, non è mai stato predisposto e i 162 esclusi continuano a rimanere fuori da qualsivoglia prospettiva lavorativa, anche se in possesso dell'idoneità di cui alla procedura selettiva meglio sopra specificata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per la stabilizzazione delle 162 unità lavorative rimaste escluse.
(5-03125)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il servizio di «accompagnamento e assistenza alla clientela di carrozze letti e cuccette sui treni Intercity notte» (d'ora in poi, il «Servizio») è stato storicamente reso dalla Compagnie Internationale des Wagons-Lits, con direzione generale in Roma, Largo Nicolò dè Lapi n. 4 e sede legale a Bruxelles, società appartenente al gruppo francese Accor che gestiva i servizi di catering di classe nel settore dei vagoni letto, vagoni ristorante e vagoni salone in Europa occidentale, Asia e Africa (d'ora in poi, «CIWL»);

   a far data dal 2008, l'affidamento da parte di Trenitalia del Servizio sui treni Intercity Notte è stato caratterizzato dall'annullamento di una gara (comunicazione 18 giugno 2008 C.I.G. 02867086EB), la pubblicazione di n. 2 bandi di gara a distanza ravvicinata (Gazzetta Ufficiale 5° Serie Speciale n. 145, del 15 dicembre 2008 e n. 83 del 17 luglio 2009), un nuovo bando nel 2011 (n. 2597428962 pubblicato in data 1° giugno 2011) un affidamento temporaneo e urgente (sentenza Tar Roma, Sez. III, n. 4679);

   alla gestione intermittente ed emergenziale del Servizio, sembrerebbe essersi affiancata un'altrettanta gestione precaria del personale impiegato nella successione degli appalti, i quali per anni hanno lamentato e tutt'ora lamentano situazioni di irregolarità dal punto di vista procedurale, nonché di inquadramento contrattuale;

   a titolo esemplificativo e non esaustivo, i lavoratori ad oggi lamentano:

    1) la tipologia del contratto d'appalto: il Servizio non è volto all'ottenimento di un preciso risultato, ma è connaturato al contratto di trasporto ferroviario in maniera strutturale e continuativa, traducendosi in un'attività di ausilio collaborativo ed essenziale da parte del personale dell'appaltatore e/o di subappaltatori. Di fatto, sembrerebbe che Trenitalia abbia sostanzialmente integrato il proprio personale interno, con altro personale esterno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività nell'ambito del servizio erogato sui treni «Intercity notte». Tale scelta appare deprecabile anche perché il personale delle ditte appaltatrici, a quanto risulta all'interrogante, non sembrerebbe avere alcun know how specifico che giustifichi Trenitalia ad avvalersi di personale esterno all'azienda stessa. Il Consiglio di Stato ha già chiarito che tale elemento sostanzi «la causa tipica del contratto di somministrazione di lavoro, il cui fine tipico è proprio l'integrazione del personale nell'organigramma del committente» (si veda Sez. V. 12 marzo 2018 n. 1571, ma anche Cassazione Civile, sezione lavoro 27 marzo 2017 n. 7796);

    2) la netta contaminazione tra le attività dei lavoratori Trenitalia con i dipendenti delle società appaltatrici a far data dal giorno 1° luglio 2010, quando i lavoratori CIWL sono stati assunti dalla società Servirail Italia S.r.l. a seguito della cessione di ramo d'azienda da parte della prima società; ad esempio, vi sono immagini attestanti che i lavoratori di Intercity notte abbiano indossato divise confondibili con quelle del personale delle Ferrovie dello Stato, abbiano utilizzato sistemi software, con logo F.S., funzionali a svolgere mansioni a bordo treno quali: controlleria (inserimento dati anagrafici e Pnr) e blocco posti prenotazioni. Ancora, abbiano incassato denaro dalla clientela per la vendita dei titoli di viaggio, attraverso l'emissione di ricevute per conto della committente Trenitalia S.p.a., relazionato sui libri di bordo sempre della committente, segnalazioni ed anomalie a bordo treno. Il personale dipendente dai soggetti appaltatori, quindi, sembrerebbe essere stato stabilmente ed organicamente inserito all'interno del ciclo produttivo della committente;

    3) la netta contaminazione tra le attività dei lavoratori di Trenitalia con i dipendenti delle società appaltatrici e il grave demansionamento a far data dal 9 dicembre 2011, a seguito dell'affidamento del Servizio, per la durata di 6 mesi, alla seconda classificata alla gara di appalto n. 2597428962, il Consorzio Angel Service, appalto poi durato di fatto oltre sei anni (2011-2017). Oltre alle contaminazioni già descritte al precedente punto 2, la figura dell'operatore qualificato, originariamente identificato con il livello G del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) delle attività ferroviarie, avrebbe subito, un progressivo demansionamento. Di fatto, a quanto consta all'interrogante, accadeva che i pulitori viaggianti, di livello H, venivano inquadrati come gli assistenti di bordo, di livello G. A questi ultimi sarebbero state, quindi, richieste anche le prestazioni di pulizia, con detrimento evidente della professionalità acquisita nel tempo a diretto contatto con l'utenza;

    va rilevato che le segnalazioni da parte dei lavoratori risultano essere corroborate da documentazione e che l'inserimento stabile del personale dell'appaltatore nel ciclo produttivo della committente, nonché l'organizzazione da parte della committente dell'attività dei dipendenti dell'appaltatore, sono elementi che possono agevolare il fenomeno interpositorio (Cassazione Civile, sezione lavoro, 7 febbraio 2017, n. 3178) –:

    quali siano gli intendimenti del Governo per tutelare questi lavoratori che da anni espletano il servizio per conto della committente Trenitalia, il cui settore è in crisi da più di un decennio e che richiedono di essere internalizzati, come peraltro accadde in passato per altri lavoratori;

    se il Governo intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per predisporre opportuni controlli per verificare le condizioni di lavoro effettive di questi lavoratori.
(2-00561) «Barzotti».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   CARNEVALI, RIZZO NERVO, SIANI, SCHIRÒ e PINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2016, il Parlamento ha approvato la legge n. 112 del 2016 sul «dopo di noi», uno dei temi più annosi e urgenti in ambito sociale con uno stanziamento pari a 90 milioni di euro nel 2016, 38,3 milioni di euro nel 2017 e 56,1 milioni per il 2018;

   successivamente, anche in seguito alla decurtazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha ripristinato per il 2019 lo stanziamento originario così come per il 2020 e il 2021 sono previsti rispettivamente 56,1 milioni annui;

   nonostante tali ingenti stanziamenti da parte dallo Stato, in molte Regioni il progetto è fermo. Le risorse ci sono, ma molte regioni non riescono ad erogarle e la disabilità continua ad essere a carico delle famiglie;

   dati ufficiali su scala nazionale però per la legge n. 112 del 2016 non esistono e le sole informazioni sono quelle rese con la relazione del 2017 che ha potuto però presentare esclusivamente le primissime informazioni. Questo perché non è ancora stata presentata al Parlamento, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la seconda relazione, relativa al 2018, sullo stato di attuazione della legge benché questa sia prevista entro il mese di giugno di ogni anno;

   la relazione del primo anno di attività si è limitata a descrivere lo stato di avanzamento di questa prima fase in cui le regioni hanno definito gli indirizzi di programmazione, propedeutica all'erogazione delle risorse per la realizzazione degli interventi sul territorio; l'analisi, quindi, fa riferimento alle risorse complessivamente stanziate nel biennio 2016-2017. Si tratta di una cifra corrispondente a poco più di 128 milioni di euro;

   l'attuazione concreta degli interventi e dei servizi a favore dei beneficiari della legge è di competenza dei comuni e questo dovrebbe essere l'oggetto della seconda relazione;

   la mancata presentazione della seconda relazione appare grave anche alla luce del fatto che l'attuazione della legge su base regionale sembra, nel contempo, procedere a velocità diversa da regione a regione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nelle opportune sedi di rappresentanza e coordinamento nazionali, al fine di dare piena attuazione in tempi rapidi alla legge n. 112 del 2016 sul «Dopo di noi» anche attraverso la presentazione al Parlamento della seconda relazione sullo stato di attuazione della legge.
(5-03131)


   NOJA e DE FILIPPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 3, della legge n. 18 del 1980 prevede che siano esclusi dall'indennità di accompagnamento coloro che siano «ricoverati gratuitamente in istituto»;

   con messaggio n. 18291 del 26 settembre 2011, l'Inps ha indicato che, ai sensi di tale disposizione, l'erogazione dell'indennità di accompagnamento sia sospesa in caso di ricoveri superiori a 30 giorni anche presso strutture ospedaliere, chiarendo al contempo che il ricovero «si pone come elemento ostativo non del riconoscimento del diritto, bensì dell'erogazione dell'indennità per il tempo in cui A l'inabile sia ricoverato a carico dell'erario e non abbisogni dell'accompagnatore»;

   la sospensione dell'indennità è, dunque, giustificata solo dal ricovero in una struttura in cui, oltre alle cure mediche, venga garantita al paziente un'assistenza anche di carattere personale;

   la Corte di cassazione nel 2007 ha rilevato che «il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce "sic et simpliciter" l'equivalente del "ricovero in istituto"» e che, pertanto, «l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita»;

   secondo la successiva giurisprudenza della Corte di cassazione, «il diritto al beneficio va riconosciuto in relazione a tutte le malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano, per il malato, una consistente limitazione delle facoltà cognitive e, quindi, richiedono una giornaliera assistenza»;

   da una richiesta di accesso effettuata dall'associazione «La casa di sabbia» emerge che, nel 2017, l'Inps ha comunicato a 758 famiglie con membri titolari di indennità di accompagnamento ricoverati presso strutture ospedaliere l'applicazione della trattenuta dell'indennità;

   risulta come si tratterebbe spesso di ricoveri di persone con disabilità gravissima, non di rado effettuati nei pochi centri ospedalieri ad altissima specializzazione situati lontani dal luogo di abituale residenza delle famiglie che devono, quindi, affrontare un impegno economico ulteriore;

   risulta altresì che, anche laddove sia stato proposto dagli interessati ricorso (in via di autotutela) avverso tali provvedimenti, certificando come lo stesso ospedale abbia richiesto la presenza assistenziale dei congiunti o di terzi esterni alla struttura ospedaliera, la risposta dell'Inps sarebbe stata negativa e spesso avrebbe obbligato le famiglie ad avviare costosi contenziosi giudiziari vinti in molti casi –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per prevenire sospensioni nell'erogazione dell'indennità di accompagnamento pur in assenza delle condizioni previste dalle norme vigenti.
(5-03132)


   BOLOGNA, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO e TROIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i servizi per l'infanzia sono importanti per il lavoro delle donne, ma il divario tra offerta e fabbisogno potenziale di tali servizi è ancora ampio;

   analisi recenti evidenziano che una maggiore disponibilità di nidi con orari più flessibili, indurrebbero una percentuale significativa di donne non occupate con figli piccoli (50-60 per cento) a modificare le proprie scelte e avviarsi all'attività lavorativa;

   d'altra parte il 40 per cento delle donne che non lavorano indicano la cura dei figli quale motivazione principale della rinuncia all'occupazione;

   quanto all'offerta, la copertura garantita rispetto ai potenziali beneficiari è di poco superiore al 10 per cento. Anche se si considerano le forme di affido più flessibili e innovative (micro nidi, nidi famiglia), si è ancora distanti dall'obiettivo fissato in sede europea e il grado di diffusione sul territorio è molto basso;

   a fronte di una carenza di servizi per l'infanzia, sembra che molti asili nido aziendali aperti nelle sedi delle pubbliche amministrazioni ma anche in aziende private con incentivi pubblici nazionali e regionali siano sottoutilizzati;

   appare pertanto utile una ricognizione di queste strutture con asili nido, al fine di comprovare il loro sotto utilizzo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le iniziative di competenza per una eventuale apertura alla comunità degli asili nido aziendali non utilizzati, al fine di fronteggiare le liste d'attesa esterne e sopperire alle carenze dei servizi per le famiglie di quei territori, nonché favorire l'occupazione femminile, consentendo così alle donne di meglio conciliare lavoro e famiglia.
(5-03133)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, le responsabili di alcuni centri antiviolenza della Sardegna hanno denunciato, per mezzo degli organi di stampa locali, la situazione di criticità nella quale si troverebbero i centri dell'isola per effetto dell'insufficiente dotazione finanziaria causata dalla progressiva riduzione delle risorse stanziate da regione e Stato;

   in particolare, in un articolo pubblicato, il 4 novembre 2019, sul quotidiano l'Unione sarda si sarebbe sostenuto che «per i due Centri anti violenza (Cav) operativi in città (Cagliari), non sono affatto tempi facili. Colpa del progressivo taglio dei fondi regionali che va avanti da un decennio, non tamponato di certo dall'intervento dello Stato che al momento sul piatto mette solo briciole»;

   nello specifico, secondo l'articolista, in questi giorni «la Regione ha stanziato un milione di euro a cui si aggiungono 545 mila euro di risorse statali, segnando un deciso miglioramento rispetto al 2018, resta il fatto che i soldi a disposizione dei Cav sono considerati ancora insufficienti»;

   le risorse stanziate risulterebbero del tutto insufficienti a garantire adeguate assistenza e protezione alle donne vittime di violenza e la stessa sopravvivenza delle strutture, considerato che l'erosione delle risorse «ha creato affanno nella gestione, anche perché i costi di una casa rifugio restano costanti a prescindere dal numero di donne ospitate. Così negli anni siamo stati costretti a ridimensionare il personale nel numero e nella disponibilità oraria, passando ad esempio dal full time al part time. Inoltre i fondi arrivano sempre in ritardo e spesso ci si affida al volontariato puro»;

   è il caso di riferire che la Sardegna risulterebbe «una delle regioni più virtuose, fra le prime ad adottare una propria legge nel 2007 e ad attivare una rete antiviolenza fra i vari Centri presenti nell'Isola, attualmente otto, di cui cinque anche con casa rifugio»;

   la carenza di risorse risulterebbe generalizzata in tutta Italia: a fronte di 338 centri attivi nel Paese (ai quali nel 2017 si sarebbero rivolte almeno una volta in un anno 54.706 donne), in base alla legge n. 119 del 2013, lo Stato avrebbe erogato alle regioni 12.714.553 e 20.000.000 di euro rispettivamente per gli anni 2017 e 2018;

   all'inadeguatezza delle risorse si aggiungerebbero le criticità connesse ai tempi di erogazione dei fondi che subirebbero ritardi di oltre un anno rispetto all'annualità di riferimento degli stanziamenti;

   secondo il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri (relazione alle Camere trasmessa il 12 luglio 2019) i trasferimenti delle risorse 2017 sarebbero stati disposti il 20 settembre 2018, con la disponibilità effettiva alle regioni tra ottobre e dicembre 2018, a cui si aggiungerebbero i tempi tecnici degli uffici regionali per l'erogazione ai centri;

   è il caso di riferire che tra le osservazioni presentate dalle associazioni di riferimento al piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017/2020, sarebbe stata ribadita la necessità di: definire con maggiore chiarezza i tempi di realizzazione degli interventi e di erogazione delle risorse; di garantire una maggiore uniformità dei criteri adottati dalle regioni; di avviare un'attenta attività di monitoraggio della spesa con una valutazione reale della qualità dei servizi erogati; di garantire maggiore tracciabilità e trasparenza nell'uso dei fondi e nella rendicontazione delle spese –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire la piena operatività dei centri antiviolenza del nostro Paese, attraverso un'adeguata dotazione finanziaria, una maggiore celerità nell'erogazione dei fondi e, nel complesso, un rafforzamento della presenza dei presidi di protezione e assistenza alle donne vittime di violenza.
(3-01114)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la definizione letterale di disabilità è: mancanza o assenza di abilità;

   la disabilità è la condizione di chi ha una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma; pertanto, è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale;

   i Centri di Fisiocinesiterapia Serapide S.p.A. – accreditati con il servizio sanitario nazionale – operano nel campo dell'assistenza riabilitativa dal 1976 e vantano una distribuzione capillare delle proprie sedi operative sul territorio della Asl NA 2 nord in stretta collaborazione con le Asl del territorio campano, con le università di Napoli e con i presidi ospedalieri territoriali, garantendo un attento iter terapeutico per quelle patologie che richiedono interventi riabilitativi di equipe in cui operano in perfetta sinergia, terapisti, medici, psicologi che seguono i pazienti in tutto l'arco del percorso riabilitativo e sociale;

   è notizia degli ultimi giorni di una scarsità di risorse correlate alle attività rivolte ai disabili –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire la continuità per 365 giorni l'anno per le attività riabilitative rivolte ai disabili.
(5-03122)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARTOLOZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il comparaggio consiste nella condotta illecita di medici, veterinari e farmacisti che ricevano, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico; analogamente, è vietata la condotta di chiunque dà o promette al sanitario o farmacista denaro o altra utilità per i suddetti scopi;

   gli articoli, 170, 171 e 172 del Regio decreto n. 1265 del 1934, nonché l'articolo 147 del decreto legislativo n. 219 del 2006 sanciscono espressamente il divieto di tali comportamenti, prevedendo specifiche sanzioni penali per coloro che li pongono in essere;

   recenti episodi di cronaca nazionale hanno portato alla luce situazioni di commistione di interessi tra medici prescrittori, farmacisti e manager dell'industria farmaceutica, evidenziando reti di rapporti e interessi economici volti a finalità di lucro personali e illecite, nell'intento di massimizzare il consumo di determinati prodotti, anche senza che vi sia una reale necessità terapeutica;

   il reato di comparaggio può concretizzarsi attraverso forme e modalità di condotte diversificate, che includono la dazione diretta di denaro ovvero forme indirette di utilità economica;

   con specifico riferimento ai rapporti tra medici e farmacisti, spesso si assiste a situazioni in cui direttamente dalle farmacie ovvero tramite società riconducibili alla farmacia sono concessi in locazione gratuitamente ovvero a un canone palesemente fuori dai valori di mercato locali adibiti ad ambulatori e studi medici;

   è di tutta evidenza che, in casi di questo genere, risulta difficilmente comprensibile un tale atto di liberalità se non alla luce di una valutazione di convenienza per la farmacia che, in questo modo, beneficerebbe del vantaggio della vicinanza dello studio medico, con conseguente accrescimento del proprio volume di affari;

   peraltro, in una logica di sostenibilità del servizio, non appare concretamente ipotizzabile che la farmacia, direttamente o indirettamente, si accolli un costo in favore di uno studio medico se non a fronte di un guadagno che sia ovviamente superiore al costo stesso;

   sarebbe quanto mai opportuno che le autorità di vigilanza (Asl e Nas) si attivassero sul territorio per far emergere situazioni di questa tipologia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato e quali siano le iniziative di competenza che ritiene opportuno intraprendere per arginare il fenomeno descritto.
(4-04082)


   FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il «decreto Calabria», insieme al lavoro del commissario Cotticelli, avrebbe dovuto portare la «buona sanità» nella regione Calabria, ma la situazione non sembra all'interrogante essere migliorata di molto e, anzi, all'indomani delle notizie che stanno travolgendo l'azienda ospedaliera di Cosenza, suonano premonitrici le parole di Cotticelli, che, in più occasioni, aveva ribadito come: «Tutti i concorsi, specie quelli amministrativi saranno bloccati fino alle prossime elezioni regionali»;

   nonostante ciò, infatti, si continua ad assistere all'indizione di concorsi con modalità discutibili che suonano come uno spreco di risorse pubbliche finalizzato a finanziare quello che appare all'interrogante il solito clientelismo politico e con il rischio di «inquinare» il voto dell'imminente campagna elettorale per le regionali, come denunciano alcuni partecipati al concorso per call center indetto dall'azienda ospedaliera di Cosenza;

   in particolare, con la delibera n. 315 del 29 dicembre 2016, a firma dell'allora direttore generale, Achille Gentile, veniva indetto un «avviso pubblico di selezione per l'assunzione a tempo indeterminato a chiamata nominativa, di n. 1 operatore tecnico ascensorista, cat. B, n. 1 operatore tecnico centralinista, cat. B e n. 2 operatori tecnici-call center, cat. B, ai sensi della Legge 68/99»;

   con successiva delibera n. 532 del 20 novembre 2017, si costituiva la commissione esaminatrice dell'avviso pubblico, di cui però veniva espletata solo la selezione per l'assunzione di n. 1 operatore tecnico-centralinista, mentre venivano rinviate le selezioni delle altre figure previste dal concorso;

   la commissione, dunque, procedeva alla graduatoria di merito dalla quale risultava vincitrice la signora De Cunto, mentre con delibera n. 288 del 22 maggio 2018, il direttore generale procedeva all'assunzione di altri 9 partecipanti, tra cui tal Petrucci, mediante scorrimento della graduatoria. In sostanza, dalla necessità di assunzione di centralinisti si è arrivati a 10 assunzioni;

   le altre procedure concorsuali venivano poi sospese dal «decreto Calabria» al fine di privilegiare l'utilizzo delle risorse per l'assunzione di medici, infermieri ed operatori socio-sanitari;

   mentre gli operatori socio-sanitari vengono licenziati, non si assumono medici e infermieri e non si acquistano farmaci, l'azienda ospedaliera ha ripreso inaspettatamente il concorso del 2016;

   con determina n. 280 del 25 febbraio 2019, il direttore U.O.C. gestione risorse umane, dottoressa Panno, infatti, su delega dell'allora commissario, Achille Gentile, procedeva alla sostituzione del presidente della commissione concorsuale dimissionario, unitamente alla sostituzione anomala di tutta la commissione;

   un altro aspetto singolare di tale già assurda vicenda riguarda le nomine, tra i nuovi membri della commissione, dei due vincitori dello stesso concorso assunti come operatori centralinisti, De Cunto e Petrucci;

   tale concorso, bandito nel 2016, presenta quindi evidenti anomalie e nel tempo i posti da coprire sono lievitati, oltre al calendario delle prove troppo breve per gli oltre 700 candidati, per citare solo alcuni degli aspetti critici di tale procedura –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per garantire trasparenza e legalità nella sanità calabrese, revocando immediatamente il concorso per centralinisti e operatori di call center indetto dall'ospedale di Cosenza e sospendendo tutti gli ulteriori eventuali concorsi in atto in Calabria, al fine di attenersi all'indirizzo della struttura commissariale del Governo e di escludere ogni dubbio su una campagna elettorale improntata sulla massima liceità e trasparenza.
(4-04086)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   ANDREUZZA, GOLINELLI, VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI, PATASSINI e PETTAZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con circolare 24 novembre 2015, n. 90178, della direzione generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico è stata data attuazione all'intervento per la concessione di agevolazioni a favore delle microimprese localizzate nella zona franca urbana istituita, ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, nei territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;

   la stessa direzione centrale del Ministero dello sviluppo economico con la successiva circolare 23 febbraio 2016, n. 16076, ha apportato alcune modifiche al citato provvedimento che individua la tipologia, le condizioni, i limiti, la durata e le modalità di fruizione delle agevolazioni, con lo scopo di introdurre semplificazioni e chiarimenti sulle procedure di accesso ai benefici;

   l'intervento prevede fino a tutto il 2019 la concessione di agevolazioni in favore delle microimprese della zona franca dell'Emilia fortemente danneggiate dagli eventi sismici e meteorologici verificatisi nel 2012 e 2014 e la cui capacità produttiva ancora oggi è messa a dura prova, tanto che dai dati diffusi dall'Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre il peso occupazionale delle microimprese in Emilia-Romagna è del 40,5 per cento e tale dato pone l'intera regione al terzultimo posto a livello nazionale;

   sarebbe pertanto necessario prevedere appositi strumenti per favorire l'insediamento di nuove imprese nei territori emiliani colpiti dalle citate calamità e misure a sostegno delle piccole realtà produttive già esistenti anche attraverso una proroga della «no tax area» in Emilia –:

   quali iniziative intenda adottare per supportare le microimprese, con particolare riferimento a quelle localizzate nei territori dell'Emilia di cui in premessa e, nello specifico, se intenda intraprendere iniziative volte al mantenimento della zona franca urbana in quelle aree così gravemente colpite dagli eventi sismici del 2012 e dall'alluvione del 2014.
(5-03126)


   SQUERI e BARELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 91 del 2018, ha spostato dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 il termine della cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, stabilita dalla legge n. 124 del 2017, «legge annuale per il mercato e la concorrenza»;

   il Governo precedente ha chiarito che la proroga è stata disposta per consentire l'adozione di provvedimenti volti a favorire un regime di concorrenza tra gli operatori, obbligandoli a fornire offerte trasparenti e «certificate», al fine di mettere i consumatori nella condizione di scegliere, quelle che siano ritenute più vantaggiose e affidabili;

   nella relazione annuale presentata a inizio luglio 2019, il presidente dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), Stefano Besseghini, ha smentito ogni ipotesi di ulteriore rinvio del termine finale del regime di mercato tutelato per le bollette di luce e gas, spiegando che «l'eventuale ulteriore rinvio della scadenza rappresenterebbe un elemento di incertezza che farebbe venire meno il carattere cogente delle diverse azioni»;

   nella medesima sede Arerà ha richiamato il Governo ad approvare il decreto contenente le misure che dovranno accompagnare la transizione al mercato libero. L'Autorità è al lavoro assieme alle associazioni dei consumatori per definire le modalità operative di questo cambiamento;

   il mercato libero dell'energia elettrica e del gas esiste da diversi anni e finora ha convissuto con quello tutelato. Oggi, secondo la relazione sullo stato dei servizi di Arera il 43,4 per cento dei clienti domestici si trova nel mercato libero per il settore elettrico e il 50,1 per cento nel settore gas;

   il 16 luglio 2019 è stato presentato al Senato dall'istituto per la competitività (I-Com) e da Public Affairs Advisors un rapporto realizzato dal «Tavolo permanente sul superamento delle tutele di prezzo nei mercati dell'energia», partecipato da 8 aziende del settore e 11 associazioni dei consumatori, i quali concordemente sollecitano il Governo ad attuare le azioni previste dalla legge n. 124 del 2017 per il superamento del regime delle tutele, quali il varo dell'elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica, il cui decreto ministeriale di attuazione deve essere approvato dal Ministero dello sviluppo economico o le misure per abbattere i costi e semplificare le procedure se il consumatore decide di cambiare gestore –:

   quali siano i tempi di adozione dei provvedimenti di attuazione sulle modalità della transizione dal regime di tutela al mercato libero nel settore energetico e se non ritenga opportuno avviare campagne informative nazionali sulla suddetta transizione.
(5-03127)


   BENAMATI e NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Capacity market (Cm) prevede di garantire una disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica nel lungo periodo, attraverso un corrispettivo ai produttori, per mantenere un adeguato backup al sistema elettrico da parte degli impianti alimentati a fonti fossili, rinnovabili ed ai sistemi di accumulo;

   il decreto ministeriale 28 giugno 2019 ha approvato la disciplina del sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica per assicurare l'adeguatezza del sistema privilegiando le capacità dotate dei necessari requisiti ambientali e di flessibilità e assicurando la partecipazione di tutte le risorse utili;

   l'individuazione delle necessità di potenza e del valore massimo del premio e del prezzo di esercizio nel Cm devono doverosamente essere tesi a ridurre i costi del sistema e degli oneri a carico dei consumatori domestici e industriale, con piena verifica degli effetti prodotti;

   la prima asta, valida per l'anno di consegna 2022 si è aperta il 6 novembre 2019 e ha visto Terna selezionare 40,919 Gw di capacità complessiva di cui 34,7 Gw di capacità esistente, 1,7 Gw di nuove centrali, 1 Gw alle «Fer» e 4,4 Gw all'estero;

   nulla è stato assegnato in termini di accumulo e la remunerazione di capacità, a base d'asta, per un nuovo impianto è di 75.000 euro/Mw/anno e di 33.000 euro/anno per impianti esistenti, riferiti però ad età molto diverse (da ventennali a pochi anni);

   la capacità finale assegnata è assai ragguardevole e porta al costo complessivo di circa 1,3 miliardi di euro;

   l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) con deliberazione 261/2018/R/eel dispone obblighi di trasparenza e vigilanza in capo a Terna, che deve provvedere alla trasmissione in 30 giorni dei dati dettagliati a Ministero dello sviluppo economico e alla stessa Arera ed alla successiva pubblicazione per le parti non espressamente coperte da riserbo da questi due soggetti istituzionali;

   si presume che ad oggi il Ministero dello sviluppo economico non abbia ancora ricevuto da Terna i dati sopra citati –:

   nell'attesa di una valutazione complessiva da rendere al Parlamento sull'esito dell'asta – in merito alla quale Terna ha già pubblicato per ciascuna area nazionale le quantità complessivamente accettate ed i relativi premi di valorizzazione senza un elenco dettagliato delle risorse aggiudicate –, se il Ministro interrogato ritenga di escludere la presenza di informazioni per le quali sia necessario mantenere un provvisorio riserbo, consentendo così a Terna la opportuna pubblicazione di un rendiconto dettagliato degli esiti della procedura.
(5-03128)


   SUT, SABRINA DE CARLO e GIARRIZZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 6 settembre 2019 Arvedi, il gruppo italiano che nel 2014 ha acquisito l'intero impianto della Ferriera di Servola a Trieste – già inserito nelle aree di crisi complessa – sottoscrivendo un accordo di programma con le istituzioni per la messa in sicurezza ambientale e la reindustrializzazione dell'intera area, ha annunciato la sua volontà di sospendere l'attività del sito industriale;

   per affrontare la possibile chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola e il nodo del futuro dei lavoratori è stato tempestivamente convocato un tavolo interministeriale coordinato dal Ministero dello sviluppo economico;

   il 21 ottobre 2019, Arvedi ha presentato al Ministero dello sviluppo economico il nuovo piano industriale incentrato sulla riconversione dell'area a caldo e sulla decarbonizzazione del sito produttivo;

   la riconversione continuerà il percorso di rilancio del sito siderurgico avviato da Arvedi nel 2014, che prevede il potenziamento sia dell'area a freddo, con le linee di zincatura e verniciatura, che delle attività logistiche. Nel piano è prevista, inoltre, una trasformazione della centrale elettrica, la cui turbina ad alto rendimento verrà alimentata con gas da fonte rinnovabile e sarà funzionale a garantire la sicurezza del sistema e l'approvvigionamento di energia elettrica;

   le attività prospettate dall'azienda comporteranno circa 230 milioni di euro di investimenti, in parte autofinanziati da Arvedi e in parte rientranti nell'ambito di un nuovo accordo di programma che dovrà essere sottoscritto dall'azienda e dalle istituzioni nazionali e locali;

   in questo contesto si profila una fase di ricorso alla cassa integrazione nonché lo spettro di esuberi occupazionali;

   con il decreto-legge n. 101 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, sono state rifinanziate le agevolazioni per le aree di crisi complessa ed è stato istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate le centrali a carbone –:

   quale iniziative di competenza intenda intraprendere per accompagnare la Ferriera di Trieste verso una riconversione industriale in linea con il piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec), tutelando al contempo l'occupazione.
(5-03129)


   MOR e MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la costituzione del Fondo nazionale innovazione è stato un buon passo in avanti per aumentare il numero di investimenti privati in start-up di cui alla legge di bilancio per il 2019, ancora troppo bassi nel nostro Paese rispetto ai principali competitori europei, seppur in crescita anno dopo anno;

   è passato quasi un anno dall'approvazione dalla legge che ha istituito il Fondo e questo non è mai partito, bloccato dalla scusante della mancanza del consiglio d'amministrazione e dunque del presidente e dell'amministratore delegato;

   la creazione di nuove aziende tecnologiche è il maggior fattore di sviluppo e di innovazione nel nostro decennio, e l'Italia, già colpita dal processo di de-industrializzazione che è tristemente noto, non può permettersi di perdere questo treno;

   il mondo dell'innovazione va ad una velocità che non può aspettare i tempi della politica, perché le start-up che nascono e crescono competono a livello globale e gli investimenti vengono allocati laddove vi sono le migliori condizioni perché questi si trasformino in ritorni significativi;

   il Fondo nazionale innovazione avrebbe la possibilità di attrarre fondi internazionali in misura maggiore rispetto ad oggi, mentre la continua reiterazione della sua effettiva partenza non fa altro che bloccare gli investimenti, lasciando il settore in attesa in un limbo che significa meno sviluppo, meno nuovi posti di lavoro, maggiori rischi di chiusura per le aziende che hanno necessità di trovare di continuo capitali per finanziare la propria crescita –:

   quando verrà reso effettivamente operativo il Fondo nazionale innovazione.
(5-03130)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Ianaro ed altri n. 1-00193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ceccanti, De Filippo, Rostan, e Zanichelli. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Ianaro, Ceccanti, De Filippo, Rostan, Iezzi, D'Uva, Zanichelli».

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Bruno e altri n. 2-00554, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ehm, Del Monaco, Sarli.

  L'interpellanza urgente Di Sarno e altri n. 2-00556, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caso.