Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 6 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il Ceta (Comprehensive economic and trade agreement) è un accordo misto che interessa materie di competenza nazionale per cui, ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), la Commissione europea può sottoscriverne solamente le parti di sua esclusiva competenza, mentre, per l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo nella sua interezza e la sua applicazione estesa, il documento deve essere approvato da tutti i Parlamenti nazionali degli Stati membri della Unione europea;

    per quanto di sua competenza, il Parlamento italiano non ha ancora proceduto all'approvazione della legge di autorizzazione alla ratifica;

    a far data dal 21 settembre 2017 il Ceta è in vigore a titolo provvisorio come da decisione (UE) 2017/38 del Consiglio del 28 ottobre 2016;

    il Ceta è un trattato di libero scambio fra Unione europea e Canada che, se ratificato, porterà a esecutività il meccanismo di arbitrato internazionale Ics, che pur compatibile con il diritto dell'Unione come da sentenza della Corte europea di giustizia «in assenza di un regime diretto a garantire l'accessibilità finanziaria del tribunale e del tribunale d'appello alle persone fisiche e alle piccole e medie imprese (PME), rischierebbe di essere accessibile, in pratica, ai soli investitori in possesso di rilevanti mezzi economici»;

    dinanzi a tale tribunale privato, gli investitori e le imprese con sede o filiale in Canada (fra cui oltre 40.000 multinazionali degli Usa) potranno citare in giudizio gli Stati sovrani europei rispetto alle leggi approvate;

    il Canada ha rinnovato l'accordo di libero scambio con Stati Uniti e Messico (Usmca, il nuovo Nafta) in base al quale i prodotti contenenti Ogm in entrata in Canada non saranno più identificati con codici doganali specifici. Pertanto, diventa impossibile distinguerli in uscita senza analisi genetiche, completamente a carico dei sistemi di controllo;

    grazie al Ceta, il nuovo Nafta permette a oltre 40.000 corporation Usa con base in Canada di ottenere sui nostri mercati gli stessi vantaggi assicurati alle imprese canadesi;

    il 12 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha approvato un altro trattato di libero scambio, con Singapore. Rispetto al Ceta, di portata assolutamente analoga, la Commissione europea ha cambiato tecnica legislativa, separando il capitolo strettamente commerciale da quello degli investimenti ed escludendo, così, i Parlamenti nazionali dell'Unione europea dal processo di ratifica, impedendo loro di esprimersi su contenuti di propria competenza;

    l'accordo prevede l'istituzione di un forum per ulteriori forme di cooperazione normativa volontaria tra le parti denominato «Regulatory cooperation forum» (Rcf);

    il Ceta, al capitolo 21 in riferimento al Rcf, attribuisce un potere altamente discrezionale in capo alla Commissione europea anche su materie di competenza degli Stati membri, tra cui gli ostacoli tecnici agli scambi, gli aspetti sanitari e fitosanitari, il commercio di servizi, il commercio e lo sviluppo sostenibile, il commercio e il lavoro, il commercio e l'ambiente;

    presso i tavoli tecnici istituiti dal Ceta, il Canada ha avanzato all'Unione europea richieste di chiarimenti in merito alla sua volontà di utilizzare il glifosate e altri erbicidi e rispetto ai rallentamenti per l'autorizzazione degli Nbt, ovvero i nuovi Ogm, nonostante la Corte di giustizia europea abbia chiaramente sentenziato che i prodotti derivati dalle nuove tecniche di modificazione genetica devono ritenersi ricompresi nell'ambito di applicazione della normativa comunitaria vigente in materia di organismi geneticamente modificati;

    a supporto di questa richiesta, un documento curato dalla Camera di commercio canadese e sponsorizzato dal CropLife, cui è stato dato ampio spazio anche nella stampa nazionale, dedica all'Italia un'intera pagina, per criticare le regole di tracciabilità in etichetta dell'origine delle farine, il bando degli Ogm per uso alimentare e i limiti di residui di pesticidi nel grano duro. Tutte «barriere non tariffarie», secondo gli estensori, e come tali da eliminare attraverso l'intervento del Rcf grazie all'azione del Rcf. Nel documento, la Camera di commercio canadese spiega infatti con chiarezza che «uno dei punti di forza del CETA è la struttura istituzionale creata dall'accordo, che forza il governo del Canada e la Commissione europea a mettere sul tavolo i fattori “irritanti” per il commercio»;

    finora tutti i trattati di libero scambio sono stati ritenuti da precedenti analisi costi-benefici condotti dalla Commissione europea e da organizzazioni indipendenti come dannosi per le economie locali, il welfare, la tutela dei diritti dei lavoratori e dei consumatori, andando principalmente a favorire le multinazionali;

    a tutt'oggi non vi è stato alcun dibattito parlamentare riguardo alle politiche commerciali dell'Unione europea in seno al Parlamento italiano;

    la Commissione commercio del Parlamento europeo ha dato parere favorevole all'accordo con Singapore con alcune raccomandazioni, tuttavia insufficienti a garantire il rispetto del diritto internazionale perché non vincolanti rispetto all'esecutività dell'accordo;

    peraltro, l'Ics non ha ragione di esistere fra Paesi in cui vi è uno stato di diritto solido. Può essere un'istituzione sensata in contesti in cui gli investitori europei possono rischiare di non avere un giusto processo o le garanzie del diritto internazionale: questo non è il caso di Giappone, Canada o Singapore;

    per una più ampia armonizzazione delle normative commerciali, per tutti i Paesi partner coinvolti dall'Unione europea esiste l'Organizzazione mondiale del commercio e delle unioni doganali;

    la risoluzione della 14a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) del Senato della Repubblica di cui al Doc XXIV, n. 75, approvata all'unanimità il 22 marzo 2017, impegnava il Governo pro tempore a garantire la massima trasparenza sulle trattative per il Ceta, in particolare: «a compiere ogni passo affinché i negoziati commerciali dell'Unione europea – anche quelli in essere (a partire dal TTIP), su cui è necessario avviare una fase di riflessione politica – siano basati su meccanismi trasparenti, comprensibili dai cittadini e, soprattutto, aperti al contributo dei parlamenti nazionali sulle materie non di esclusiva competenza europea, prevedendo apposite clausole di salvaguardia a tutela degli interessi nazionali e qualificando i trattati commerciali stessi quali accordi misti, al fine di sottoporli alle procedure di ratifica parlamentare nei singoli Stati membri; a promuovere efficaci e specifiche modalità di ascolto e rappresentanza degli interessi economici, sociali e ambientali diffusi, attraverso il coinvolgimento delle associazioni di cittadini e consumatori europei, dei rappresentanti delle categorie professionali, industriali, sindacali e dei lavoratori; a favorire, mediante la propria azione in ambito europeo, il raggiungimento di accordi commerciali che tutelino il Made in Italy e più in generale le produzioni d'eccellenza italiane ed europee, in particolare dell'agro-alimentare, prevedendo un sistema di controlli, vigilanza e sicurezza e con la possibilità di invocare clausole di salvaguardia di temporanea sospensione in caso di critici nazionale; a mantenere fermo ed imprescindibile, nei negoziati commerciali che riguardano l'Unione europea, il criterio volto ad assicurare primaria tutela ai beni comuni, alle priorità politiche dell'Unione europea, nonché ai valori di democrazia e libertà, progresso economico, coesione, solidarietà sociale, sicurezza e rispetto dell'ambiente, che guidano il processo di integrazione europea, a beneficio dei cittadini e delle imprese, soprattutto le piccole e micro imprese, che sono la principale fonte di occupazione e di innovazione europea»;

    va ricordato che sull'Unione europea vige il principio di precauzione, alla base di tutta la normativa ambientale internazionale e comunitaria, richiamato anche all'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

    si segnala, tra l'altro, come dall'ultimo rapporto pubblicato dal centro di studi legali ambientali europeo Ciel (Center for international environmental law) dal titolo «Il Ceta minaccia gli Stati membri dell'UE» emerga che l'applicazione dell'accordo porterà a una progressiva fluidificazione degli scambi commerciali in agricoltura, attraverso l'armonizzazione o la cancellazione di regole, molte delle quali a protezione dei consumatori e dell'ambiente;

    inoltre, la Corte dei conti europea ha, nei mesi scorsi, presentato un rapporto in cui condanna la Commissione europea in merito alla regolazione delle importazioni, sottolineando come in seguito agli accordi ratificati, la Commissione abbia richiesto ulteriori deroghe e deregolamentazione;

    i settori danneggiati dall'armonizzazione normativa al ribasso introdotta dal Ceta sono parecchi, un esempio per tutti è il settore vitivinicolo; fra Unione europea e Canada ci sono normative diverse e si tenderebbe nel Ceta a permettere la produzione di vino da polveri e sostanze sintetiche, mentre in Italia ed Europa esistono disciplinari di produzione chiaramente definiti e che andrebbero in collisione con la produzione canadese di vino di sintesi;

    altro esempio riguarda le cosiddette lavorazioni considerate sufficienti. In altre parole si potrà esportare in Giappone un prodotto, come l'olio per esempio, etichettandolo come italiano nonostante sia stato meramente trasformato in Italia, in totale contraddizione con la recente normativa nazionale sull'origine dei prodotti;

    attraverso la Francia, grazie al Ceta, stando alla denuncia della «Fondation pour la nature et l'homme», sono entrati nel mercato europeo cereali canadesi contaminati da atrazina, che è tra le 99 sostanze chimiche vietate in Italia e perfettamente legali in Canada,

impegna il Governo:

1) a chiarire la posizione politica del Governo riguardo a tutti i trattati di libero scambio in discussione e a fornire tempestivamente al Parlamento le analisi costi/benefici relative ad essi;

2) a comunicare nelle competenti sedi europee la volontà di non procedere alla ratifica dell'Accordo economico e commerciale globale (Ceta) anche al fine di riaprire una discussione ad alto livello sull'impegno europeo nelle istituzioni multilaterali, a cominciare dall'Organizzazione mondiale del commercio, sulla struttura dei trattati, sul vincolo per l'approvazione di accordi commerciali all'adesione dei Paesi partner alle convenzioni e agli obiettivi condivisi in sede Onu, Ocse e comunità internazionale rispetto ad ambiente, salute, diritti umani e lavoro;

3) a promuovere l'uscita unilaterale dell'Italia da tutti i trattati contenenti clausole Ics (Investor Court System) – Isds (Investor-State Dispute Settlement) come già fatto nel 2015 dal Governo italiano rispetto al Trattato Carta dell'energia proprio per sottrarre il nostro Paese a questo vincolo;

4) a negoziare rispetto ai partenariati commerciali sistemi di premialità per i prodotti e i servizi che tutelano i diritti dei lavoratori e la salvaguardia dell'ambiente, come previsto dagli impegni assunti dal Governo italiano con il Piano di azione nazionale impresa e diritti umani 2016-2021 promosso dal Comitato interministeriale per i diritti umani (Cidu);

5) a mettere in campo iniziative nel rispetto degli atti di indirizzo citati in premessa e della normativa in materia per il coinvolgimento del Parlamento italiano nella formazione dei protocolli normativi per i trattati commerciali, nonché negli eventuali meccanismi di monitoraggio e controllo del rispetto del principio di sussidiarietà;

6) ad adottare iniziative di pubblicità delle trattative sul Ceta in modo da dare seguito agli atti di indirizzo adottati nella XVII legislatura dalla 14a Commissione permanente del Senato della Repubblica;

7) ad adottare iniziative per contrastare il rischio di importazione da Usa e Messico, attraverso il Canada, di prodotti Ogm senza codici identificativi di ingresso e dunque di riconoscimento;

8) ad assumere iniziative per rendere pubbliche le valutazioni costi/benefici sui trattati conclusi recentemente dall'Unione europea con Giappone e Vietnam;

9) a sostenere in seno all'Unione europea la definizione di un trattato vincolante di protezione dei diritti umani e dell'ambiente da portare in approvazione all'Assemblea delle Nazioni Unite, con particolare riguardo ai contesti in cui operano e si sviluppano le attività produttive e commerciali delle grandi multinazionali mondiali;

10) ad intraprendere iniziative volte a proteggere le prerogative nazionali rispetto a materie non concorrenti, come le condizioni di utilizzo dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato;

11) a non sottoscrivere altri eventuali trattati commerciali che non prevedano sistemi di premialità per i prodotti e i servizi che tutelano i diritti dei lavoratori e assicurano la salvaguardia dell'ambiente.
(1-00280) «Fassina, Fornaro, Benedetti, Conte, Cunial, Fratoianni, Giannone, Muroni, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Stumpo, Vizzini».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni II e III,

   premesso che:

    il problema della «sottrazione internazionale dei figli minori» è un problema grave e di difficile soluzione, più volte posto all'attenzione, ma purtroppo rimasto, spesso, senza risposte adeguate;

    per contrastare il crescente fenomeno della sottrazione internazionale dei minori sono state stipulate apposite convenzioni internazionali, finalizzate a risolvere le controversie derivanti dagli illeciti trasferimenti;

    l'aumento della mobilità sia all'interno dell'Unione europea (Ue) che internazionale, ha aumentato il numero di controversie in materia familiare ed in particolare delle controversie transfrontaliere sulla potestà genitoriale e sulla custodia dei minori, il cui interesse superiore è riconosciuto da molteplici statuizioni nazionali ed internazionali;

    il fenomeno della sottrazione dei minori è andato aumentando anche con il crescere dei matrimoni «misti»: matrimoni, contratti per diverse motivazioni e spesso destinati a fallire per le profonde diversità religiose o culturali o sociali tra i coniugi. È, infatti, proprio nell'ambito della crisi delle coppie formate da cittadini italiani ed extra-Ue, che si verifica più frequentemente il kidnapping (cioè l'allontanamento del minore dal Paese di abituale residenza, ad opera di un genitore e senza il consenso dell'altro), potendo contare il coniuge straniero non solo sulla possibilità di entrare facilmente e «regolarmente» nel proprio Stato di origine in compagnia del figlio, ma a volte anche su legislazioni, in loco, a lui più favorevoli, in materia di affidamento della prole;

    la tipologia di caso che, più frequentemente viene sottoposto alla attenzione dei tribunali di molti Paesi Ue ed extra-Ue, è quello di un genitore che, in caso di crisi del rapporto, prima, durante o dopo l'inizio di un formale giudizio di separazione/divorzio, faccia rientro nel Paese di origine portando con sé il minore, talora a totale insaputa del partner/ex partner, talora con il suo consenso ottenuto in modo fraudolento, ad esempio dietro la promessa di un celere rientro che, una volta raggiunto il Paese di origine, non viene mantenuta;

    si innescano di frequente complessi ed articolati itinera giudiziari, di durata generalmente lunghissima e molto onerosi sul piano umano, affettivo ed economico;

    le problematiche da affrontare sono, in primis, quelle relative alla giurisdizione, alla competenza, all'adozione di provvedimenti di assegnazione provvisoria, e in secundis relativi a statuizioni provvisorie e/o definitive per la definizione delle istanze di separazione o divorzio, con conseguenti statuizioni in ordine all'affidamento della prole, talora difformi e contraddittori le une con le altre, in virtù delle diverse discipline nazionali;

    ulteriori complicazioni sorgono quando, nelle condotte poste in essere da uno dei due genitori, l'altro rilevi condotte penalmente rilevanti, con conseguente apertura di procedimenti anche in Paesi diversi, e quindi con regole normalmente molto diverse, che, ancor più, influiscono sulle vicende;

    non si possono, infine, tacere quei casi in cui, intervengano – motu proprio o in forza di normative nazionali, Ministeri, autorità consolari, autorità centrali, enti nazionali a competenza specifica (ad esempio il Jugendamnt tedesco, Ente di tutela dei minori che in tempi generalmente fulminei – 48 ore – emette provvedimenti o raccomandazioni a tutela che, di fatto, sono vincolanti per i tribunali tedeschi, i quali, a loro volta, emettono provvedimenti giurisdizionali provvisoriamente esecutivi da portare in esecuzione nei Paesi in cui sia stato portato il minore cittadino tedesco);

    in tutte queste ipotesi, in una sorta di eterogenesi dei fini, il solo soggetto che riporta sicuri danni è il figlio minore, cioè colui che nelle premesse è il portatore del menzionato superiore interesse;

    tenuto conto di tale panorama normativo, appare opportuno intervenire attraverso la disciplina di un nuovo reato di sottrazione o trattenimento anche all'estero di persone minori o incapaci, al fine di assicurare una tutela penale più efficace al minorenne o all'infermo di mente che vengano sottratti al genitore affidatario, al tutore, al curatore o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, collocando il reato nell'ambito dei delitti contro la libertà personale, consentendo alle forze dell'ordine l'esercizio di poteri più incisivi nella repressione di reati particolarmente riprovevoli e di allarme sociale (si pensi, ad esempio, al genitore straniero non affidatario che porta il minore all'estero, negando all'altro anche la possibilità di visita);

    particolarmente foriera di lungaggini, complicazioni e contraddittorie decisioni è la statuizione di cui all'articolo 15 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 che prevede che il genitore che abbia subito la sottrazione del figlio minore debba, di fatto, procurarsi una decisione o attestato comprovante che il trasferimento all'estero ovvero il suo prolungamento oltre il termine concordato e accettato, è stato attuato in modo clandestino od in forza di un consenso inficiato da erronee informazioni o mendaci promesse. Nelle more, che possono anche durare anni, il figlio cresce con un solo genitore, nel suo Paese, apprende una sola lingua e una sola cultura,

impegnano il Governo:

   1) ad assumere iniziative normative volte a predisporre misure più efficaci, affinché il bene giuridico tutelato sia il diritto del minore o della persona incapace e non il diritto del genitore esercente la responsabilità genitoriale o di chi ne ha la vigilanza, attraverso l'introduzione di un nuovo articolo del codice penale che vada a disciplinare la nuova fattispecie del reato di sottrazione o trattenimento anche all'estero di persone minori o incapaci, sancendo la procedibilità d'ufficio per tale reato, oltre a stabilire pene molto più severe, collocandolo nell'ambito dei «delitti contro la libertà personale», nonché per procedere ad un'armonizzazione con quelli esistenti;

   2) ad assumere iniziative per introdurre le modifiche normative necessarie ad evitare che risulti premiale, sul piano pratico, la sottrazione del minore all'altro coniuge, senza il suo assenso scritto e certificato e/o in assenza di alcun vaglio, anche provvisorio, della autorità giudiziaria del luogo di legale residenza e/o di residenza abituale della coppia/famiglia, in particolare, e fatte salve le eventuali ulteriori conseguenze penali, sanzionando tale condotta con la previsione di una riduzione o sospensione, totale, parziale, temporanea o permanente del diritto al mantenimento del coniuge/convivente/genitore che abbia sottratto all'altro genitore il figlio minore mancando le condizioni di cui nelle premesse;

   3) a promuovere le opportune modifiche normative idonee a far sì che, qualora il minore o l'infermo di mente sia sottratto a scopo di lucro, siano applicate pene più severe come quelle di cui all'articolo 630 del codice penale, e che per entrambi i tipi di reati di sottrazione non possano applicarsi le circostanze attenuanti di cui agli articoli 62 e 62-bis del codice;

   4) ad assumere iniziative normative per promuovere la costituzione di un pool di magistrati esperti ovvero il trasferimento delle competenze in materia alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ai fini di un utile ed efficace coordinamento ai fini della repressione del fenomeno della sottrazione internazionale dei minori, e per modificare l'attuale disciplina, affinché le vittime della sottrazione siano ammesse al gratuito patrocinio a spese dello Stato, tenuto conto che le spese giudiziarie nei Paesi esteri sono in genere ingenti;

   5) a farsi promotore, in sede europea ed internazionale, di modifiche alla Convenzione dell'Aja tali da eliminare ogni discriminazione tra i cittadini italiani, europei ed extra-Ue in materia di assenso del coniuge al rilascio del passaporto personale.
(7-00365) «Paolini, Formentini, Turri, Zoffili, Billi, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Potenti, Tateo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ILARIA FONTANA, SEGNERI e FRUSONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 2 novembre 2019 un vasto incendio è divampato all'interno di un capannone industriale situato nel comune di Frosinone;

   le aziende coinvolte dall'incendio sono la Max Cezanne, che opera nel settore della pelletteria di lusso, e la Eco.Ren. Srls. L'intenso fumo nero generato dal rogo ha avuto come combustibile pellame, legno e plastica;

   la Eco.Ren. Srls. è un'azienda autorizzata per operazioni di recupero rifiuti mediante comunicazione in procedura semplificata ai sensi degli articoli 214-216 del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   il piano di emergenza interna (Pei) di cui all'articolo 20 della direttiva «Seveso Ter» concernente gli impianti a rischio di incidente rilevante, recepita con decreto legislativo n. 105 del 2015, è lo strumento che tutti gli stabilimenti di competenza statale devono dotarsi per controllare gli incidenti e attuare le misure necessarie per proteggere i lavoratori e limitare i danni;

   il piano di emergenza esterna (Pee) di cui al successivo articolo 21 della citata direttiva «Seveso Ter», è invece il piano che tutti gli impianti assoggettati dalla direttiva devono predisporre, di concerto con il prefetto territorialmente competente, per limitare gli effetti verso l'esterno di un incidente rilevante;

   l'articolo 26-bis del decreto-legge n. 113 del 2018 della legge n. 132 del 1° dicembre 2018 prevede che anche gli impianti che gestiscono rifiuti, esistenti o da realizzare, siano assoggettati all'elaborazione di un piano di emergenza interno entro il 4 marzo 2019, e stabilisce altresì la trasmissione di tutte le informazioni utili all'elaborazione di un piano di emergenza esterna alla prefettura competente;

   il Ministero dell'interno, in una circolare, ha comunicato che allo stato non sussistono situazioni di rischio per la popolazione residente, ma che si attendono gli accertamenti da parte di Arpa Lazio per fornire informazioni più dettagliate al fine di consentire ai sindaci dei comuni interessati di prendere i dovuti provvedimenti;

   il pomeriggio del 2 novembre 2019 si è riunito un tavolo tecnico presso il comune di Frosinone al quale hanno preso parte comune di Frosinone, protezione civile, prefettura, Asl, Arpa, vigili del fuoco, polizia di Stato, polizia provinciale e comune di Supino;

   nel comunicato stampa ufficiale del comune di Frosinone che dava notizia del tavolo tecnico, si legge inoltre che «al momento, dagli accertamenti effettuati, non sussistono elementi per l'emanazione di una ordinanza contingibile e urgente da parte del Comune: non vi è la necessità di adottare provvedimenti da parte dell'autorità comunale in quanto, come accertato dal tavolo tecnico, la corrente aerea sta spirando nella direzione di altri comuni del circondario, per i quali operano differenti competenze territoriali» –:

   di quali informazioni disponga il Governo circa il piano di emergenza interna di cui all'articolo 26-bis del decreto-legge n. 113 del 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018;

   quali siano le attività di prevenzione incendi condotte in passato da parte delle autorità competenti nel capannone in questione.
(5-03083)


   NOVELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Simest è una delle società del gruppo Cassa depositi e prestiti che a sua volta è controllata, come azionista di maggioranza dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   l'attività istituzionale di Simest consiste nel sostenere la crescita delle imprese italiane attraverso l'internazionalizzazione della loro attività. Affianca, inoltre, l'impresa per tutto il ciclo di espansione all'estero, dalla prima valutazione di apertura a un nuovo mercato all'espansione attraverso investimenti diretti ed opera attraverso finanziamenti per l'internazionalizzazione, il supporto del credito alle esportazioni e la partecipazione al capitale di imprese;

   il consiglio di amministrazione di Simest è in prorogatio da diversi mesi in attesa della nomina della nuova governance;

   tale condizione rischia di rallentare l'attività istituzionale della società con conseguente rischio di nocumento per molte imprese italiane –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di procedere quanto prima alla nomina dei nuovi membri del consiglio di amministrazione di Simest.
(5-03098)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione Usa nelle scorse settimane ha disposto in modo unilaterale, sia pure con l'avallo dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), l'adozione di dazi pari al 25 per cento su una filiera di prodotti provenienti da Paesi europei per un valore complessivo di 7,5 miliardi di dollari;

   la motivazione delle sanzioni è presentata come compensazione per le sovvenzioni europee al consorzio franco-tedesco-spagnolo Airbus, ignorando che il Wto ha segnalato che gli stessi Usa hanno violato le regole del commercio internazionale procedendo a sovvenzioni nel caso Boeing;

   senza una soluzione negoziale, è reale il rischio di una pesante escalation di sanzioni tra le due sponde dell'Atlantico in un momento in cui la crescita per il 2019-2020 a livello mondiale viene valutata al di sotto del 3 per cento e sono più forti le ragioni di un impegno espansivo dei maggiori partner mondiali, oltre che dell'Unione europea in quanto tale e dei singoli Paesi che ne fanno parte, tra i quali l'Italia;

   anche se le misure statunitensi sembrano rivolte soprattutto ad indurre la Germania, detentrice di un elevato surplus negli scambi commerciali con gli Usa, a una posizione più aperta e recettiva, esse tuttavia colpiscono in modo e lesivo le esportazioni di diversi Paesi europei nel comparto agroalimentare, comprese alcune eccellenze del made in Italy, come il parmigiano e il pecorino;

   è auspicabile, a tale proposito, che tra i due Paesi si sviluppi un metodo collaborativo nello spirito transatlantico e che si eviti, nell'interesse di tutti, uno scambio di provvedimenti ritorsivi –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare al meglio i settori che saranno più colpiti dai dazi statunitensi e quale posizione intenda portare in sede europea affinché si possa arrivare ad un concreto e veloce superamento delle tensioni commerciali che si sono addensate nei rapporti Europa-Usa.
(5-03099)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   ZUCCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è presente nel territorio fra i comuni di Montignoso e Pietrasanta la discarica ex Cava di Fornace, gestita da Programma ambiente Apuane s.p.a. del gruppo Alia s.p.a.;

   essa è nata come discarica di inerti, assegnata al servizio dello smaltimento dei residui di lavorazioni lapidee, ma con una serie di autorizzazioni è stata trasformata in una vera e propria discarica per rifiuti speciali e pericolosi;

   nel 2001 la provincia di Massa-Carrara ha autorizzato l'estensione dei codici ammessi in discarica con i seguenti: 170105 (materiali da costruzione a base di amianto), 170501 (terre e rocce), 170502 (fanghi di dragaggio);

   nel 2001 la provincia di Massa-Carrara ha concesso la possibilità di conferire in discarica per tre mesi e per un quantitativo massimo di 35.000 tonnellate i Cer 190202 (miscele di rifiuti per lo stoccaggio finale), i Cer 100203 (polveri di abbattimento fumi) e i Cer 100202 (scorie di acciaieria) con inertizzanti quali calce, cemento e silicati;

   nel 2007 la provincia di Massa-Carrara ha riclassificato la discarica in «discarica per rifiuti speciali non pericolosi», ma con deroga per rifiuti pericolosi contenenti amianto (per 12.000 metri cubi);

   tale riclassificazione è avvenuta senza l'applicazione della valutazione di impatto ambientale ordinaria al processo di autorizzazione, fatto questo che scatenò forti contestazioni sulle modalità istruttorie e procedurali. L'autorizzazione, inoltre, è stata rilasciata anche in contrasto con autorevoli pareri del Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, dell'Arpat e dell'Anpil del Lago di Porta, relativamente alla necessità di mantenere la discarica per lo smaltimento dei soli rifiuti da lavorazione del marmo;

   la Usl Toscana nord ovest, in data 19 aprile 2019 ha classificato la discarica di Fornace come industria insalubre n. 1 classe;

   si è in presenza di una forte criticità ambientale, in quanto tale discarica, ubicata in una zona a forte vulnerabilità geologica, sismica, geomeccanica e idrogeologica, si trova a ridosso dell'area protetta del lago di Porta, e anche a quella residenziale di Renella. Inoltre, sono 3 le sorgenti (risorsa idrica anche potabile) che scorrono sotto la discarica e la rossa Fiorentina, che si riversano nel lago di Porta (oasi naturale protetta dalla regione Toscana e sito naturale di interesse della Unione europea). Il lago di Porta è a sua volta collegato al fiume Versilia, che sfocia nel Mar Ligure all'altezza del Cinquale;

   in data 3 giugno 2019 l'Arpat ha pubblicato i risultati dell'ispezione annuale del 2018 effettuata presso la ex Cava di Fornace, rivelando una serie di preoccupanti criticità: la presenza perenne in tutte le ispezioni effettuate di un valore superiore alla normalità di triclorometano nelle acque sotterranee, un elemento fortemente cancerogeno; sanzioni amministrative per un conferimento di rifiuti quantitativamente superiore ai limiti imposti dall'autorizzazione. In particolar modo, non sono state rispettate le percentuali prescritte nei rapporti tra rifiuti inerti e rifiuti contenenti amianto previsti in autorizzazione, rispettivamente in 70 per cento e 30 per cento. Per tale irregolarità l'Arpat ha inviato un'informativa all'autorità giudiziaria;

   per finire permangono forti dubbi sulle analisi legate alla presenza di fibre libere di amianto, visto che «il laboratorio ARYA S.r.l., che ha eseguito il campionamento non era iscritto nella lista del Ministero della salute riportante i laboratori qualificati per l'esecuzione delle analisi dell'amianto, ai sensi del DM 14/05/96 e non risultava pertanto, idoneo all'esecuzione delle analisi dei filtri prelevati» Si è, pertanto, ancora in attesa di un chiarimento definitivo al riguardo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di avviare opportune verifiche, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, circa le criticità correlate all'operatività della discarica di cui in premessa.
(3-01094)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA, GRIPPA, CASA, ERMELLINO e PIGNATONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprende, in questi giorni, la notizia di una segnalazione, da parte del «Coordinamento per il territorio No discarica Armicci e Bonvicino» di Lentini (Siracusa) ai diversi enti di competenza (Asp, Arpa, Ispra, oltre che al Nucleo investigativo circondariale tutela ambientale e sanitaria presso la procura), di sospette infiltrazioni di liquidi scuri nelle volte della galleria San Demetrio dell'autostrada Catania-Siracusa, provenendo da Catania nella direzione Lentini, a circa 1,5 chilometri. Lo stesso fenomeno e alla stessa altezza si ripeterebbe all'interno galleria attigua; considerando anche l'odore acre che si avverte, il sospetto generale è che si tratti di percolato, presumibilmente proveniente dalla soprastante discarica di Grotte San Giorgio, in proprietà e gestione della Sicula Trasporti Srl;

   con la segnalazione, oltre l'esame dei liquidi, è stato richiesto che si appuri lo stato di eventuale pericolosità strutturale delle gallerie e la causa dei ripetuti episodi di combustione di veicoli avvenuti durante il transito all'interno delle suddette gallerie;

   dal punto di vista delle potenziali irregolarità amministrative, un elemento oggettivo è la relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, nel cui dossier finale si parla della discarica di Grotte San Giorgio;

   la relazione, nel ripercorrere la storia della discarica, evidenzia come nelle continue situazioni di emergenza si sia passati da «decreti autorizzativi poco rispettosi delle norme ambientali vigenti, le cui conseguenze ambientali solo in piccola parte sono oggi note»;

   nella relazione si legge che dall'esame dei documenti si conclude che tutti i decreti di autorizzazione ambientale «rilasciati non possiedono le caratteristiche di conformità legislativa né conseguentemente permettono l'effettuazione di controlli (...). Ciò ha determinato una grave compromissione del territorio»;

   nonostante non sia stato ancora dimostrato scientificamente il nesso di causalità, molti studi hanno rilevato un elevato tasso di incidenza di patologie neoplastiche e malformazioni che colpiscono le popolazioni insediate in prossimità di discariche;

   considerando anche la non corretta gestione delle procedure e/o l'eventuale mancato rispetto delle stesse, è chiaro che l'incidenza del rischio di ripercussioni sulla salute è maggiore, così come le ripercussioni sulla sicurezza delle infrastrutture che si trovano nelle immediate vicinanze, come appunto nel caso della galleria in questione;

   già nel 2018 a detta del Coordinamento erano stati segnalati episodi di odori molesti, senza tuttavia ricevere riscontro alcuno –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra riportato e quali iniziative di competenza intendano porre in essere, anche promuovendo una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di tutelare la salute e la sicurezza delle persone e dei luoghi in questione.
(5-03096)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL SESTO, PARENTELA, GRIPPA, MAGLIONE, CILLIS, IORIO e CADEDDU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 30 ottobre 2019, una falla nei sistemi di controllo e di sicurezza ha consentito l'accesso non autorizzato nella reggia di Caserta a un individuo, che, con la propria auto, ha percorso indisturbato i viali del parco, giungendo fino alla Fontana di Venere e Adone e riuscendo anche a tuffarsi nella sua vasca;

   il real sito, che figura tra i maggiori attrattori culturali nazionali, dichiarato patrimonio mondiale dell'Unesco nel 1997, richiama ogni anno circa un milione di visitatori e già più volte in passato ha palesato le sue gravi carenze nei controlli di sicurezza e nei sistemi di videosorveglianza, connesse pure alla cronica carenza di personale;

   l'individuo, non estraneo a simili azioni dimostrative avendone già compiuta in passato una a Roma, alla fontana di Trevi, ha addirittura documentato il suo gesto con una diretta video sul social network Instagram;

   il suo deprecabile comportamento avrebbe potuto mettere a repentaglio non solo la conservazione del complesso scultoreo settecentesco che adorna la fontana ma, innanzitutto, la pubblica incolumità;

   nonostante il clamore mediatico, la direzione della Reggia ha stigmatizzato l'accaduto soltanto molte ore dopo, nel corso della giornata successiva;

   con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 29 settembre 2017, n. 429 (Decreto di approvazione «Fondi rinvenienti 2007-2013» - annualità 2017) la reggia di Caserta è beneficiaria di un finanziamento di 7 milioni di euro per un intervento di «Restauro e valorizzazione del Parco della Reggia di Caserta», che dovrebbe prevedere anche il miglioramento dei sistemi di sicurezza;

   da ultimo, la reggia di Caserta, con il decreto del Ministro per beni e le attività culturali 4 giugno 2019, n. 265 (decreto di approvazione della programmazione finanziata ai sensi dell'articolo 1, commi 9 e 10, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - legge di stabilità 2015 - annualità 2019 e 2020), risulta beneficiaria di uno specifico finanziamento di euro 400 mila per un «Intervento finalizzato al miglioramento dei livelli di protezione del patrimonio e dei visitatori dal rischio antropico con estensione dell'impianto di videosorveglianza ed adeguamento del guardaroba» –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per far chiarezza sull'accaduto e per facilitare l'assegnazione dei fondi sopra indicati, al fine di innalzare con tempestività il livello di sicurezza per l'accesso al sito, considerata la sensibilità del luogo, sia dal punto di vista storico-artistico, sia in quanto meta di un così alto numero di visitatori.
(4-04029)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   POTENTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   L'Unione italiana tiro a segno (Uits), è un ente pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, in quanto preposta all'organizzazione dell'attività istituzionale svolta dalle sezioni del tiro a segno nazionale (Tsn); è, inoltre, Federazione sportiva nazionale di tiro a segno, riconosciuta dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), in quanto preposta alla promozione, alla disciplina e alla propaganda dello sport del tiro a segno, alla regolamentazione e lo svolgimento di attività ludiche e propedeutiche all'uso delle armi;

   l'Uits è stata commissariata con decreto Ministero della difesa del 2 ottobre 2017 e poi, nuovamente, con decreto Ministero della difesa 22 ottobre 2018, sempre nella persona dell'avvocato Francesco Soro; essa vede pubblicizzata la convocazione della Assemblea nazionale in seduta elettorale per venerdì 22 e sabato 23 novembre 2019;

   varie fonti segnalano che, dopo oltre due anni di commissariamento, anche questo prossimo appuntamento elettorale potrebbe essere ulteriormente rinviato e, quindi, l'ente potrebbe non vedere eletto il suo presidente. Tale possibile infausto esito porrebbe grave nocumento all'Ente, stante la presenza di validi ed illustri candidati ed il protrarsi di uno stallo sulle funzioni di difesa e sviluppo dell'attività del tiro a segno –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, affinché si svolgano con la massima urgenza le procedure finalizzate all'elezione del presidente dell'Unione italiana tiro a segno.
(3-01095)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   MARIA TRIPODI e NOVELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dal 2001 è iniziata la cessione delle caserme dismesse, da parte del Demanio militare alle amministrazioni locali; in particolare ciò è avvenuto in Friuli Venezia Giulia con il decreto legislativo n. 237 del 2001, con il decreto legislativo n. 35 del 2007 e successivamente nel 2012 e 2013;

   in Friuli Venezia Giulia la presenza di beni militari dismessi, anche di vaste dimensioni, assume proporzioni molto più importanti rispetto al resto del Paese, poiché la presenza dello storico confine orientale, ultimo baluardo prima del cosiddetto «blocco» dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia e confine storico del «mondo occidentale» fino alla Guerra del Kosovo 1999, l'ha portata a essere il territorio più militarizzato d'Italia;

   in questa regione innumerevoli stabili fatiscenti e abbandonati si sono trasformati in ammassi di lamiere e amianto;

   oltre ai 1.157 alloggi demaniali vuoti sui 3.300 presenti sul territorio nazionale, cui si devono aggiungere 400 caserme in attesa di dismissione, vi si trovano più o meno, 1400 bunker e 300 postazioni di montagna, oltre a vari campi per le esercitazioni in quota e a ridosso del confine;

   in molte occasioni gli stabili sono fatiscenti, pericolanti e rischiano di diventare ricettacolo di sporcizia e sede di traffici non sempre all'interno della legalità;

   le caserme hanno spesso un valore storico poiché edificate in tempi lontani, sin da prima dell'Unità d'Italia –:

   di quali elementi disponga circa lo «stato dell'arte» della dismissione dei beni immobili afferenti al demanio militare e trasferiti alla regione Friuli Venezia Giulia e da questa agli enti locali.
(5-03084)


   GALANTINO e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la legge 31 dicembre 2012, n. 244, ha inciso in maniera determinante sulla riorganizzazione delle Forze armate realizzando un sistema nazionale di difesa mirato ad assicurare i necessari livelli di operatività nei contesti internazionali e nella prospettiva di una politica di difesa comune europea, per l'assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate ma numericamente molto contenuto;

   la legge ha lasciato ampio margine di intervento al Governo sulle azioni da intraprendere, prevedendo una forte riduzione di personale entro il 2024;

   più specificatamente, si passa da 190.000 attuali unità di personale militare delle tre Forze armate a 150.000 unità e una riduzione delle dotazioni organiche del personale civile della difesa da 30.000 unità a 20.000 unità. È stato stabilito, inoltre, il riequilibrio generale del bilancio della «Funzione difesa», ripartendolo orientativamente in 50 per cento per il settore del personale, 25 per cento per l'esercizio e 25 per cento per l'investimento;

   il Governo pro-tempore ha adottato il decreto legislativo n. 7 del 2014 per le disposizioni in materia di revisione in senso riduttivo dell'assetto strutturale e organizzativo delle Forze armate e il decreto legislativo n. 8 del 2014 per le disposizioni in materia di personale militare e civile del Ministero della difesa, oltre alle misure per la funzionalità della medesima amministrazione;

   i volontari in ferma prefissata del 2013 e 2014 sono i primi ad essere investiti da queste decisioni;

   dal numero dei posti disponibili nei concorsi indicati con codice RAF VSP04E10713 E RAF VSP04E11213, dedicato ai volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4) arruolati nel 2013, per il transito nel servizio permanente effettivo rimarrebbero escluse circa 500 unità di personale militare;

   inoltre, in riferimento all'ultimo bando d'arruolamento del personale in servizio permanente nell'Esercito italiano si apprende che i numeri delle unità di personale militare considerati non garantiscono una stabilizzazione di tutto il personale precario attuale, con ciò facendo venire a mancare la certezza di un lavoro al personale altamente qualificato delle Forze militari del nostro Paese che ha già dedicato circa 9 anni di servizio –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare in relazione al personale militare volontario in ferma prefissata quadriennale, VFP4, arruolato nel 2013 e 2014 non transitato nel servizio permanente effettivo per le motivazioni illustrate in premessa.
(5-03085)


   TONDO e CUNIAL. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Francesco Rinaldelli nel mese di gennaio 2004 si sottoponeva ad analisi ematochimiche in esito alle quali emergeva un numero eccessivo di neutrofili nel sangue;

   egli ha ricevuto con nota protocollo n. 57/2° Blocco V.F.A./2004 la convocazione, per l'arruolamento volontario, per il 17 febbraio 2004, la quale richiedeva come unico documento sanitario quello comprovante l'avvenuta vaccinazione;

   Francesco Rinaldelli è stato arruolato in data 18 febbraio 2004 e in data 1° giugno 2004 veniva assegnato alla «Missione Domino», al Petrolchimico di Porto Marghera, con l'incarico di sorveglianza dei siti pericolosi;

   la legge n. 426 del 1998, all'articolo 1, comma 4, individua l'area industriale di Porto Marghera come sito di bonifica di interesse nazionale, collocandola al primo posto nell'elenco di tali siti;

   alla data dei fatti era in vigore il decreto legislativo n. 626 del 1994 che al comma 1 dell'articolo 55 prevede la sorveglianza sanitaria per i lavoratori e al comma 3 dello stesso articolo stabilisce che i lavoratori siano sottoposti a successive indagini diagnostiche mirate;

   nel novembre 2004 veniva diagnosticato, a Francesco Rinaldelli, un linfoma di Hodgkin varietà sclerosi nodulare grado II in stadio HA e in data 16 marzo 2008 il suddetto è deceduto;

   nel parere medico-legale in materia di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, il collegio medico-legale afferma che Francesco Rinaldelli non aveva allegato la documentazione, di cui era in possesso in data 8 gennaio 2004 al momento dell'arruolamento, ma questa, a quanto consta agli interroganti, non era stata richiesta né in forma specifica né in forma generale con la convocazione per la visita di idoneità all'arruolamento;

   le Commissioni d'inchiesta sull'uranio impoverito hanno preso in esame il caso di Francesco Rinaldelli. Nell'ultima Commissione è stato evidenziato che prima di effettuare le vaccinazioni occorrerebbe valutare l'assenza di patologie oncologiche –:

   se non intenda rendere noti il numero di protocollo del verbale di visita di idoneità all'arruolamento e i numeri di protocollo dei verbali delle visite di sorveglianza sanitaria come previste, all'epoca dei fatti, dal decreto legislativo n. 626 del 1994 (articolo 55 e articolo 16) effettuate a Francesco Rinaldelli prima della designazione o comunque prima dell'entrata in servizio presso il sito di porto Marghera e gli atti associati ai citati protocolli.
(5-03086)


   FERRARI, VIVIANI, RIXI, FOSCOLO e DI MURO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   tra le numerose crisi che investono siti produttivi italiani vi è anche quella che riguarda l'Arsenale militare marittimo di La Spezia, al quale viene affidata la manutenzione di numerose unità navali della Marina italiana;

   in questi ultimi anni, in seguito all'applicazione delle disposizioni previste dalla legge n. 244 del 2012, la cosiddetta Legge Di Paola, e dai due decreti legislativi delegati, l'area tecnico-industriale della Difesa ha subìto una progressiva riduzione degli organici del personale civile, finalizzata a tagliarne di dieci mila unità la consistenza entro il 2024;

   parallelamente, si è dato il «via» ad un complesso processo di riorganizzazione, sempre in chiave riduttiva, di cui sono elementi essenziali il blocco delle assunzioni e la contrazione degli stanziamenti a disposizione delle Forze armate, con effetti particolarmente pronunciati sugli stabilimenti spezzini;

   l'Arsenale di La Spezia dovrebbe in effetti occupare 735 lavoratori, ma a oggi i dipendenti civili sono già scesi a 635 e i possibili pensionamenti dell'immediato futuro sono all'incirca 175;

   servirebbero conseguentemente almeno 100 assunzioni immediate solamente per permettere all'Arsenale di funzionare regolarmente;

   un ordine del giorno, n. 9/2203/210, presentato il 30 ottobre 2019, modificato e accolto il 31 ottobre successivo, ha impegnato il Governo ad adottare, nei limiti delle risorse disponibili, ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento proprio all'Arsenale di La Spezia –:

   quali iniziative e in che tempi il Ministro interrogato per quanto di competenza intenda assumere per dar corso all'ordine del giorno accolto dal Governo il 31 ottobre 2019 e rilanciare così l'Arsenale militare marittimo di La Spezia.
(5-03087)


   GIOVANNI RUSSO, ARESTA, CHIAZZESE, CORDA, D'UVA, DEL MONACO, ERMELLINO, FRUSONE, GIARRIZZO, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, MISITI, RIZZO e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 30 luglio 2019, presso la Commissione Difesa della Camera dei deputati, nell'ambito della discussione della risoluzione n. 7-00243, su iniziative volte ad assicurare supporto psicologico al personale militare, si è svolta, tra le altre, l'audizione informale del responsabile della direzione di sanità del comando generale del Corpo della Guardia di finanza, il quale ha illustrato le iniziative adottate per fornire tale supporto al personale del Corpo;

   tra le iniziative, l'Ufficiale generale ha anche fatto cenno ad uno studio che la Guardia di finanza sta svolgendo in alcune regioni, in collaborazione con l'Università di Padova, tramite somministrazione al personale di test scientifici in forma anonima per comprenderne le problematiche;

   dagli atti della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, risulta che il 15 febbraio 2019 il plenum della Commissione si sia occupato di una istanza di accesso, da parte di un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori presso la Guardia di finanza. Tale istanza di accesso agli atti interesserebbe gli esiti di una valutazione dello stress da lavoro correlato, attuata mediante somministrazione di un questionario al personale in servizio il 2 dicembre 2015 ed esaminato dalla facoltà di psicologia di una non ben specificata università;

   risulta altresì che l'amministrazione si sia opposta all'accesso poiché la conoscenza di dati che, anche anonimi, potrebbero svelare aspetti legati allo stato psico-fisico e di salute nonché l'esistenza di patologie di personale in forza alla Guardia di finanza lederebbe l'interesse pubblico alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e repressione della criminalità –:

   se non si ritenga opportuno rendere pubblici i risultati dello studio, onde chiarire quale sia il livello di benessere psico-fisico del personale della Guardia di finanza.
(5-03088)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i costi per aprire un conto corrente per connazionali non residenti non sono uguali a quelli che bisogna sostenere per aprire un conto corrente ordinario. Si sostiene che questo accada per via delle commissioni più alte e dei maggiori controlli fiscali che questa tipologia di conti correnti richiedono;

   anche se si ha la cittadinanza italiana e si è regolarmente iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, per gli italiani non residenti si ha l'obbligo, per effetto del recepimento della normativa comunitaria antiriciclaggio in vigore dal febbraio 2015, di chiudere il conto corrente italiano e trasferire tutte le somme in esso, a patto che tale conto venga aperto presso una banca regolarmente operante in Italia;

   la predetta tipologia di rapporto bancario è molto costosa con pesanti limitazioni di operatività: ad esempio, non è concesso il servizio di banca telematica così come sono interdetti altri strumenti di pagamento elettronico, quali quello della carta di credito. Mediamente secondo fonti Abi il costo annuo si aggira intorno ai quattro-cinquecento euro;

   molte sono le lamentele pervenute all'interrogante in merito ai citati costi;

   pur considerando legittime e assolutamente giuste normative stringenti contro le frodi valutarie e fiscali, si tratta evidentemente di una discriminazione verso una parte di connazionali che spesso per necessità emigra e che, anche per tutelarsi da svalutazioni valutarie o costi di cambio, decide di mantenere i propri risparmi in Italia e magari sostenere un mutuo per pagare una casa acquistata nella Penisola –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga, pur salvaguardando l'assetto delle normativa antiriciclaggio vigente, di adottare iniziative per correggere questa evidente discriminazione economica e nell'accesso al credito, in relazione al verificarsi di determinate condizioni favorevoli e di affidabilità fiscale verso gli italiani residenti all'estero e iscritti all'Aire, stante il fatto che conviene al «sistema Paese» avere depositi monetari per una più facile spesa nel Paese di giacenza, per aumentare la raccolta degli istituti di credito, anche in considerazione degli effetti sul gettito fiscale.
(5-03089)


   MURA, FRAGOMELI, BURATTI, MANCINI, ROTTA e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli incentivi volti alla detrazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica hanno costituito nell'ultima decade il principale fattore anticongiunturale in un quadro che dal 2008 al 2016 è stato caratterizzato da una contrazione del mercato;

   sono tante le famiglie che vivono in case di proprietà, quasi otto su dieci e il mantenimento di questo valore nel tempo è quindi un obiettivo non solo dei proprietari ma anche dello Stato che da anni utilizza le detrazioni fiscali come leva per stimolare i proprietari ad investire su di esso;

   è importante puntare a un programma di prevenzione e di riduzione dei rischi che ha, nelle detrazioni fiscali in edilizia, validi strumenti che sostengono la ripresa del settore edile;

   le detrazioni per l'efficienza energetica e quelle per le ristrutturazioni edilizie possono essere sfruttate appieno solo da chi paga imposte per un importo superiore allo sgravio e non è prevista la possibilità di traslare su altri periodi di imposta gli importi che eventualmente non si riescono a recuperare negli anni in cui si risulta incapienti per cause indipendenti dal contribuente, quali la perdita del posto di lavoro per licenziamento o per problemi di salute;

   in aggiunta, il contribuente che risultasse incapiente non potrebbe cedere lo sgravio ad un familiare convivente con la capienza sufficiente a godere della detrazione, in quanto la suddivisione può essere decisa solo al momento del pagamento iniziale dell'intervento incentivato ed è immodificabile per gli anni successivi; in più, nel nostro sistema a tassazione individuale non è possibile utilizzare il credito di un componente familiare per il pagamento delle imposte dovute dall'altro componente;

   sarebbe auspicabile prevedere delle forme di garanzia che impediscano la perdita del diritto alle detrazioni «ecobonus» e «ristrutturazione edilizia» nei casi di incapienza del reddito, anche considerando la possibilità di traslare negli anni successivi la mancata quota di spesa non detratta e allungando il periodo attualmente fissato in 10 anni –:

   al fine di una valutazione dell'onere a carico del bilancio dello Stato, quale sia la stima della platea di soggetti che sarebbero interessati dalla possibile introduzione di una misura che, nei casi di variazione della situazione reddituale in diminuzione, superiore al 20 per cento rispetto all'ultima dichiarazione dell'anno precedente, consenta la traslazione della quota di detrazione, non usufruita per incapienza, all'anno successivo, ovvero oltre il termine di scadenza decennale per recuperare gli importi non detratti negli anni precedenti.
(5-03090)


   SANGREGORIO e SILLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 7 gennaio 1992, n. 20, veniva ratificata la convenzione firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 tra l'Italia e la Francia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l'evasione e le frodi fiscali;

   l'articolo 18 della suddetta convenzione attribuisce al Paese di residenza la potestà fiscale sulle pensioni e sulle altre «remunerazioni analoghe»;

   il comma 2 del medesimo articolo precisa, in antitesi con il primo, che «le pensioni e altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, sono imponibili in detto Stato», vale a dire nel Paese erogatore;

   tale comma ha, dunque, dato origine ad un contenzioso interpretativo in ordine al contenuto del termine «sicurezza sociale», che avrebbe dovuto essere risolto con l'accordo di procedura amichevole firmato nel 2000 dalle due parti;

   tale accordo amichevole, stabilendo che rientrano nella fattispecie della «sicurezza sociale» anche le pensioni contributive e non solo – come ipotizzato in passato – quelle non contributive, quali l'integrazione al trattamento minimo, ovvero quelle di vecchiaia, invalidità e superstiti, ha confermato la confusione e, soprattutto, la doppia imposizione;

   l'ambiguità della norma, inoltre, ha indotto l'Agenzia delle entrate ad emanare una circolare interpretativa ed applicativa del citato comma 2 dell'articolo 18 della Convenzione di Venezia;

   in questa circolare si è sostenuto che il citato comma 2 deve essere interpretato nel senso che le pensioni e le somme menzionate sono soggette ad imposizione in entrambi gli Stati, sulla base della legislazione nazionale di ciascuno;

   risulta che numerosi medici italiani pensionati Enpam, residenti in Francia, pur avendo pieno diritto, in quanto residenti, alla sola imposizione fiscale francese, sarebbero di fatto soggetti alla doppia imposizione fiscale;

   occorre, pertanto, un intervento che, alla luce del principio cardine dell'ordinamento tributario nazionale e sovranazionale (convenzione Ocse) che vieta la doppia imposizione giuridica, chiarisca la situazione che vede doppiamente tassata una vasta platea di connazionali medici che risiedono in Francia, platea della quale, tra l'altro, non si conosce neppure l'effettiva entità –:

   quali iniziative, anche di tipo normativo, il Governo intenda assumere al fine chiarire le condizioni della imposizione concorrente stabilite dalla citata convenzione di Venezia e dal successivo accordo amichevole per i contribuenti italiani residenti in Francia, con particolare riguardo agli aventi diritto a trattamenti pensionistici da enti di diritto privato, tra i quali l'Enpam.
(5-03091)


   RADUZZI, GRIMALDI e MANIERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, istituisce ai commi da 493 a 507, il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) per coloro che hanno subìto un pregiudizio ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata;

   al riguardo, il decreto 10 maggio 2019 del Ministero dell'economia e delle finanze, che definisce le modalità di presentazione della domanda di indennizzo, nonché il piano di riparto semestrale delle risorse disponibili, (come stabilito dal comma 501 della suesposta legge di bilancio 2019) detta, all'articolo 4, comma 1, lettera b), e all'articolo 5, disposizioni in merito al costo di acquisto degli strumenti finanziari oggetto dell'istanza, nonché in ordine alla misura degli indennizzi;

   a tal fine, gli interroganti evidenziano che: se, da un lato, risulta di agevole predisposizione l'inserimento delle domande di indennizzo nella piattaforma informatica predisposta dalla Consap, dall'altro potrebbero destare perplessità i dati richiesti dalla nuova versione della piattaforma medesima, poiché potenzialmente estranei rispetto a quanto invece stabilito dalle disposizioni istitutive del Fir, nonché nei successivi decreti attuativi (del 10 maggio 2019 e dell'8 agosto 2019), in relazione al prezzo medio di carico fiscale e al costo totale di acquisto/controvalore; per quanto consta agli interroganti inoltre sarebbero intervenute attività di commercializzazione degli strumenti finanziari oggetto del Fir, posti in essere dopo il 31 dicembre 2018, volte unicamente ad eludere i limiti all'accesso diretto della domanda e all'entità dell'indennizzo;

   la necessità di prevedere interventi volti a definire in maniera più precisa i criteri elaborati dalla Consap, in relazione alle modifiche introdotte all'interfaccia del portale per l'inserimento delle domande di ristoro previste dal Fir, appare pertanto, a giudizio degli interroganti, urgente e indifferibile, in considerazione dell'esposizione per migliaia di risparmiatori ai rischi di dilatazione dei tempi di rimborso –:

   se il Ministro interrogato ritenga che le modifiche apportate dalla Consap siano conformi alla funzione istitutiva del Fondo indennizzo risparmiatori e se, al riguardo, non convenga sulla necessità di avviare un'iniziativa normativa ad hoc, volta all'esclusione dei soggetti che abbiano acquisito le azioni oltre la data del 30 dicembre 2018, fatti salvi i casi di successione.
(5-03092)


   BARATTO, BOND, MARTINO, GIACOMONI, CATTANEO, ANGELUCCI, PORCHIETTO e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 100, comma 2, lettera g) del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi) sono deducibili: «le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo»;

   numerose associazioni società sportive dilettantistiche e non, gestiscono oppure sono concessionarie o affidatarie di impianti sportivi comunali e/o pubblici –:

   se la gestione, la concessione, l'affidamento di impianti sportivi da parte di associazioni/società sportive dilettantistiche, e non, comporti per queste associazioni l'assunzione di uno status giuridico tale da rientrare nel novero dei soggetti di cui all'articolo 100, comma 2, lettera g), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 che hanno il diritto alla deduzione delle erogazioni liberali ricevute per un importo non superiore al 2 per cento del reddito del soggetto erogante la liberalità.
(5-03093)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ACQUAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avellino ha emesso un decreto di sequestro preventivo delle barriere new jersey esistenti su 10 viadotti dell'A14 tra il sud delle Marche e l'Abruzzo;

   a seguito del sequestro, Autostrade per l'Italia ha emesso un'ordinanza che dispone, dal giorno 3 ottobre 2019 e fino a nuova disposizione dell'autorità giudiziaria la chiusura della corsia di marcia e della corsia di emergenza, ove presente, tra la progressiva km 274+000 e la progressiva km 388+000 dell'autostrada A14 Bologna-Taranto;

   molti viadotti vengono citati nella suddetta ordinanza insistono sul territorio del sud delle Marche;

   la situazione della viabilità in questo tratto dell'A14 è molto critica, visto che si può percorrere i viadotti solo ad una corsia creando gravi disagi agli automobilisti, anche nella viabilità urbana ed extraurbana –:

   di quali elementi disponga circa i tempi di ripristino della viabilità su questo tratto di autostrada;

   se non si ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza affinché, durante questo periodo di riduzione delle carreggiate, vi sia una riduzione del pedaggio a risarcimento dei disagi;

   se ci saranno interventi strutturali e di che genere.
(5-03078)


   GEMMATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che l'autostrada A14 sia interessata da mesi da traffico intenso e da lunghe code di veicoli che si creano in prossimità di 10 viadotti che insistono sulla strada che collega Bologna a Taranto;

   le chilometriche code di autoveicoli e i disagi arrecati agli automobilisti che percorrono questa autostrada sono causati da provvedimenti di Autostrade per l'Italia volti a ridurre le carreggiate ad una sola corsia proprio nei pressi dei 10 viadotti citati. Il restringimento della carreggiata è dovuto al fatto che «(...) il Gip di Avellino ne ha sequestrato le barriere, su richiesta della Procura che sta indagando sulle new jersey dopo l'incidente avvenuto nel 2013 che coinvolse un autobus sulla A16 Napoli-Canosa e che causò 38 morti e 10 feriti (...)»;

   secondo fonti di stampa, «(...) i 10 viadotti hanno lo stesso problema che lo scorso inverno ha indotto i magistrati di Avellino a intervenire in modo analogo sulla A16 e che si ritrova su buona parte della rete Aspi (si parla di circa 300 opere in tutta Italia): i tirafondi che ancorano al suolo le barriere non sarebbero stati sufficientemente testati (...)»;

   recenti fonti di stampa riferiscono che «(...) il ministero delle Infrastrutture, avrebbe approvato il progetto di Autostrade per l'Italia per il rifacimento dei guardrail sequestrati dal Gip di Avellino (...)» e che «(...) Autostrade farà, o ha già fatto (...) istanza di dissequestro presso il Gip di Avellino, (...) per attivare i lavori di sostituzione delle parti ritenute non sicure (...)» –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, di quali notizie disponga in merito alle effettive problematiche riscontrate da Autostrade per l'Italia sui viadotti e al citato progetto di rifacimento dei guardrail sequestrati, alle eventuali operazioni di manutenzione programmate nonché alle tempistiche di risoluzione delle problematiche rilevate, e di ripristino del regolare traffico.
(5-03079)


   TRIPIEDI, OLGIATI, TERMINI, SCAGLIUSI, PALLINI, SEGNERI, SERRITELLA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, COSTANZO, TUCCI, CIPRINI, COMINARDI e CAPPELLANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 ottobre 2019, sul sito online «businessinsider.com» veniva pubblicata un'inchiesta dove si evidenziava che negli ultimi otto anni solamente il 10 per cento di ponti, viadotti e gallerie della rete ferroviaria italiana gestita da Rfi è stato controllato, ispezionato e sottoposto a conseguenti interventi strutturali e che questo genere di operazioni siano state svolte molto spesso in maniera superficiale. Ciò è quanto è emerso da un report segretato dell'Agenzia per la sicurezza ferroviaria (Ansf) datato 11 febbraio 2019;

   gli ispettori Ansf dichiaravano pesantissime «criticità», quali: «ispezioni sulla tenuta statica di ponti, gallerie e viadotti mai fatte ma inserite comunque a computer»; «controlli sulle strutture effettuati senza strumenti idonei o da personale senza qualifica»; esami effettuati solo «a vista», cioè solo nelle parti «visibili», «tralasciando ogni controllo sulle parti strutturali come appoggi, travi cave, giunti ecc...»;

   l'Ansf, inoltre, indicava che i controlli su tutta la rete nazionale iniziati nel 2011, devono terminare a fine 2021. Ma nell'ultimo report prodotto da Rfi a novembre 2018, emerge che «sono state eseguite visite generali a 1.610 opere complessivamente su un totale circa 15 mila opere interessate (stato di avanzamento pari a poco più del 10 per cento, rispetto ad un piano presentato ad Ansf nel 2014)». Ciò significa che ne resterebbero da controllare 13.400 entro i prossimi due anni;

   in un ulteriore documento segretato, il report allegato all'autorizzazione di sicurezza concessa da Ansf a Rfi il 14 giugno 2019, Ansf riscontra «procedure superate o inutili»; controlli dichiarati sulla carta, ma la cui reale effettuazione è impossibile da ricostruire; regole che governano la manutenzione ridotte a semplici «affermazioni di principio del tutto insufficienti». Nello stesso documento, l'Ansf concede comunque a Rfi, un giorno prima dell'entrata in vigore delle nuove regole europee sulla sicurezza, l'autorizzazione di sicurezza, necessaria alla società per poter operare;

   in una lettera del 27 febbraio 2019 a firma del direttore di Ansf, Marco D'Onofrio, veniva sottolineato come Rfi «sia responsabile (...) della congruità tra le risorse disponibili e le attività svolte». L'annotazione risulta essere rilevante soprattutto alla luce della recente iscrizione nel registro degli indagati per il reato di disastro ferroviario colposo dell'ex direttore di Ansf, Amedeo Gargiulo, e del suo vice di allora, di cui non si conosce il nome, per l'incidente di Pioltello in cui perirono tre persone. Interrogati dalla testata «businessinsider.com», sia Rfi che Ansf hanno minimizzato il contenuto della lettera, specificando che le inadempienze indicate sarebbero solo sulla carta e non riguarderebbero la sicurezza;

   l'Ansf denuncia da tempo la carenza in organico di ingegneri strutturisti in grado di verificare le singole infrastrutture, di mezzi tecnologici e di mancato aggiornamento del sistema informatico. Per ovviare a questi problemi, l'Ansf ricorre al metodo di fare audit sulle attività di Rfi e di verificare i documenti esistenti;

   Rfi tra il 2010 e il 2018, solo per le manutenzioni ordinarie ha ricevuto dallo Stato 7,08 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti altri 4,35 miliardi per le manutenzioni straordinarie negli anni 2012-2017. Nell'ultima legge di bilancio, il Governo ha stanziato ulteriori 300 milioni per «interventi per la sicurezza della rete ferroviaria nazionale» –:

   se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato adottare iniziative con urgenza, a seguito dei dati negativi sulla sicurezza indicati in premessa, per avere chiarimenti in merito dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e da Rfi e al fine di garantire maggiore sicurezza sull'intera rete ferroviaria nazionale.
(5-03094)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei porti italiani, la fornitura di mano d'opera temporanea viene fornita esclusivamente dall'impresa autorizzata in base all'articolo 17 della legge n. 84 del 1994, e nel porto di Napoli dalla Cooperativa Culp (Compagnia Unica lavoratori portuali di Napoli);

   con nota dell'aprile 2018 inviata come primo indirizzo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ad altri indirizzi, la Culp di Napoli ha segnalato che il 5 aprile 2018, presso l'area portuale di Napoli in concessione alla società So.Te.Co. (autorizzata ex articolo 16 della legge n. 84 del 1994) e concessionaria di area portuale ai sensi dell'articolo 18 della medesima legge), venivano effettuate operazioni portuali, così come individuate dall'articolo 16 della legge n. 84 del 1994, da parte di personale dipendente dalla società Co.Na.Te.Co. (anch'essa autorizzata ex articolo 16 e concessionaria di area portuale ai sensi dell'articolo 18), utilizzando mezzi meccanici appartenenti alla società Turi Transport, anch'essa autorizzata ex articolo 16, il cui personale era in quel momento in stato di sciopero;

   nella stessa nota si sostiene che il personale impiegato per effettuare le operazioni portuali proveniva dalla società Co.Na.Te.Co. e ha operato in sostituzione del personale in stato di sciopero della società Turi Transport. La nota della Culp segnala altresì che dette prestazioni lavorative sarebbero state autorizzate dal presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale tramite email e che nel turno pomeridiano della stessa giornata le operazioni portuali sono proseguite mediante l'impiego di personale della società World Logistis srl che, pur non essendo ancora autorizzata ufficialmente a operare nel porto di Napoli ex articolo 16, illegittimamente prestava l'attività lavorativa mediante l'impiego di proprio personale, utilizzando i mezzi meccanici della Turi Transport, per sopperire alla carenza di personale della medesima società a causa dello sciopero;

   ove ciò fosse confermato le società sopraddette, l'Autorità di sistema portuale e il suo presidente, avrebbero commesso plurime illegittimità, oltre alla gravissima lesione del diritto di sciopero dei lavoratori favorendone l'illegale sostituzione con altri lavoratori, circostanza non scusabile e, ad avviso dell'interrogante inammissibile da parte dell'Autorità di sistema portuale che rappresenta lo Stato e deve garantire innanzitutto il rispetto delle leggi;

   inoltre tale illegittima autorizzazione dell'Autorità di sistema portuale ha provocato una sleale concorrenza verso la Culp, nonché un mancato avviamento al lavoro del proprio personale con un conseguente danno anche alle casse dello Stato e dell'Inps, in quanto, per il personale non impegnato la Culp ha dovuto far ricorso all'IMA (indennità di mancato avviamento al lavoro), posta a carico della stessa Inps. Infine l'Autorità di sistema portuale avrebbe consentito, in violazione del comma 7 dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, ad un concessionario di un terminal contenitori Co.Na.Te.Co., di operare con proprio personale nell'area di un altro concessionario So.Te.Co. –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti denunciati e, ove essi trovino conferma, se e quali iniziative intenda assumere nei confronti dell'Autorità di sistema portuale che a Napoli dovrebbe rappresentare lo Stato e agire, in primis, per la difesa della legalità.
(4-04033)


   VARCHI, MASCHIO e BUCALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia dell'ennesimo tragico sinistro mortale sulla strada statale 194 che connette la città siciliana di Catania a quella di Ragusa;

   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, una Peugeot 208 con a bordo tre persone, un uomo e due donne, si è scontrata, per motivi che sono ancora al vaglio degli inquirenti, con un tir dedicato al trasporto di bestiame;

   i tre viaggiatori, tutti originari di Messina e provincia, hanno perso la vita sul colpo;

   la strada statale 194 è da sempre ritenuta una delle più pericolose esistenti in Sicilia, come confermato da questo ennesimo incidente mortale, tanto da costringere i sindaci di diversi comuni (Lentini, Chiaramonte Gulfi, Licodia Eubea, Vizzini, Carlentini e Francofonte) a chiederne la chiusura al transito veicolare ai sensi dell'articolo 54 del testo unico degli enti locali, a tutela della sicurezza pubblica;

   come dopo ogni tragedia, all'indomani dell'ultimo sinistro, i rappresentanti dello Stato e dell'Anas hanno rinnovato la volontà di procedere alla realizzazione dell'autostrada Ragusa-Catania;

   secondo quanto denunciano i sindaci dei territori interessati, però, la procedura che aveva già ottenuto tutte le autorizzazioni di legge sarebbe caratterizzata da tempi di realizzazione troppo lunghi e l'autostrada Ragusa-Catania rischia di rimanere la nuova incompiuta;

   secondo i sindaci «La vera preoccupazione rimane sui tempi di realizzazione destinati ad allungarsi clamorosamente: non certo tre anni come, con faciloneria, dichiarato dall’entourage dell'allora ministro Toninelli, ma piuttosto 8 anni e 10 mesi laddove si decidesse di procedere con l'appalto integrato per la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori; addirittura 11 anni e 10 mesi se si procedesse con l'appalto separato, sulla base delle statistiche sulle tempistiche del Ministero e dell'Anas per analoghe procedure»;

   solo qualche mese fa, dopo le rassicurazioni giunte dall'allora Ministro per il sud e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, l'opera sarebbe stata bloccata al Cipe e sarebbe stato negato l'accesso agli atti agli otto sindaci che ne avevano fatto richiesta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per garantire la sicurezza pubblica e l'incolumità di quanti percorrono ogni giorno la strada statale 194 che connette la città siciliana di Catania a quella di Ragusa;

   quali siano le effettive intenzioni del Governo, nonché lo stato di avanzamento dei lavori, in merito alla realizzazione di un'arteria stradale fondamentale per lo sviluppo economico e turistico della Sicilia sud-orientale.
(4-04034)


   CECCHETTI, MACCANTI e TOMBOLATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio di sorveglianza di Peugeot S.A. e il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles N.V. hanno concordato all'unanimità di lavorare a una piena aggregazione dei rispettivi business tramite una fusione paritetica;

   l'aggregazione proposta creerebbe il 4° costruttore automobilistico al mondo in termini di unità vendute (8,7 milioni di veicoli), con ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro;

   il consiglio di amministrazione sarebbe composto da 11 membri: cinque sarebbero nominati da FCA (incluso il presidente) e cinque da Groupe PSA (incluso il senior Independent Director e il vice presidente), mentre l'attuale amministratore delegato di PSA ricoprirebbe il ruolo di chief executive officer, oltre che membro del consiglio di amministrazione, per un mandato iniziale di cinque anni;

   la nuova capogruppo con sede in Olanda sarebbe quotata sui mercati Euronext (a Parigi), Borsa Italiana (a Milano) e al New York Stock Exchange e continuerebbe a mantenere la presenza nelle attuali sedi operative centrali in Francia, Italia e negli Stati Uniti;

   i cinesi di Dongfeng, azionisti di Psa con una quota pari a quella della famiglia Peugeot e della Cdp francese, non hanno siglato l'accordo di lock-up di tre anni sulle azioni della nuova società che dovrebbe nascere dalla fusione tra Psa e Fca, cui si sta lavorando. Dongfeng detiene circa il 12 per cento del capitale del gruppo automobilistico francese e, mentre si è impegnata in un accordo di standstill di 7 anni con Exor, la famiglia Peugeot e Bpifrance Participations SA, non ha siglato l'accordo di lock-up di tre anni. Entrambe le intese hanno validità dal momento della fusione. Unica eccezione all'accordo è che alla famiglia Peugeot sarebbe concesso di aumentare del 2,5 per cento la propria partecipazione nella società risultante dalla fusione nei primi 3 anni successivi al closing, esclusivamente acquisendo azioni da Bpifrance Participations e Dongfeng;

   il quotidiano Il Sole 24 Ore ha osservato che «La presenza del costruttore cinese offre delle opportunità ma allo stesso tempo può rappresentare un'incognita. Le opportunità sono evidentemente tutte legate al fatto che l'alleanza con una delle principali compagnie asiatiche può aprire le porte del mercato del Far East al maxi gruppo dell'auto che nascerà dalla fusione tra Fca e Psa. Le perplessità riguardano invece il passaporto di Dongfeng e il Dna per metà americano di Fiat Chrysler: un binomio che, nell'epoca dei dazi, non sempre può risultare vincente»;

   l'incertezza sui mercati globali dovuta al rischio dazi tra gli Stati Uniti e la Cina potrebbe avere conseguenze dirette sul settore dell'automobile;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che «il Governo non può rimanere indifferente rispetto a un progetto industriale così importante» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per tutelare il mercato dell’automotive e salvaguardare i livelli occupazionali e gli stabilimenti produttivi sul territorio nazionale;

   se e con quali iniziative il Governo intenda affrontare l'ipotesi di un arresto dell'esportazione di autovetture, dovuto all'applicazione di eventuali dazi commerciali, e l'inevitabile contrazione dello sviluppo economico dato il ruolo strategico ricoperto dall'industria dell'auto.
(4-04035)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 4 novembre 2019 a Livorno, nell'area dismessa dell'ex stabilimento industriale Trw, è stato rinvenuto all'interno di un'automobile il cadavere di Moira Piermarini (30 anni, residente a Pisa);

   sulla stessa area ex Trw si era tenuto nel corso dei tre giorni precedenti un «raveparty» non autorizzato, con la confluenza a Livorno di centinaia di giovani provenienti da tutta Italia che avevano occupato abusivamente il terreno privato da anni in stato di abbandono;

   mentre sono in corso gli accertamenti giudiziari sulle cause della morte di Moira Piermarini, è presumibile immaginare che la ragazza sia deceduta in seguito all'assunzione di droghe pesanti acquistate nel corso del «raveparty»;

   già nella giornata di venerdì 1° novembre 2019, appena diffusa la notizia del «raveparty», il sindaco di Livorno Luca Salvetti aveva espresso la preoccupazione sua e dell'amministrazione comunale circa la possibilità che in occasione della festa non autorizzata si potessero creare incidenti con conseguenze gravi sulla salute dei partecipanti, chiedendo contestualmente al prefetto di Livorno la convocazione di un Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica;

   il questore di Livorno, Lorenzo Suraci, ha dichiarato oggi al quotidiano Il Tirreno che quando gli organi di sicurezza hanno saputo del rave «dentro al capannone c'erano già circa duecento, trecento persone. Troppe per pensare ad uno sgombero. Per impedire la festa avremmo dovuto arrivare prima che entrassero». Aggiungendo poi di avere dato disposizioni per identificare «le persone che entravano, cercando di risalire agli organizzatori. Cinque li abbiamo denunciati e abbiamo sequestrato gli strumenti»;

   si ritiene quindi che un'attività efficace da porre in essere per il futuro sia quella di prevenzione e di sensibilizzazione dei cittadini al fine di segnalare da subito ai sindaci o alle forze dell'ordine persone o comportamenti sospetti, tra i quali eventuali affitti straordinari di attrezzature (strumenti musicali, generatori elettrici e altro), nonché acquisti sospetti di vivande su larga scala. Solo così si potranno prevenire gli arrivi e si potrà essere presenti sul posto prima che le persone raggiungano numeri che rendono rischiosa ogni successiva operazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia verificato la correttezza delle procedure seguite per prevenire lo svolgersi di tale evento;

   quali iniziative intenda assumere per evitare che abbiano a ripetersi eventi di questo tipo che, oltre a porre problemi molto seri di ordine pubblico e di sicurezza dei cittadini coinvolti, troppo spesso sono associati alla morte di giovani in conseguenza dello spaccio di droghe pesanti diffuse d'abitudine nel corso dei «raveparty» non autorizzati.
(5-03082)


   TRANCASSINI, FERRO e RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   per 25 anni Napoli, Roma e Palermo sono state le «terre dei fuochi» d'Italia, le province in cui è stato necessario il maggior numero di interventi, in assoluto, per spegnere le fiamme che in un quarto di secolo hanno bruciato rifiuti di ogni sorta, ma anche impianti e discariche;

   il fenomeno dei roghi tossici nelle adiacenze dei campi nomadi assume particolare rilevanza, soprattutto in prossimità degli insediamenti di maggiore estensione, situati, per lo più, a ridosso dei grandi centri metropolitani, quali in primissimo luogo Roma e Napoli ma anche nell'area torinese e milanese;

   i roghi all'interno dei campi nomadi determinano l'esposizione dei cittadini delle aree colpite a un grave disagio, a rischi per la loro salute, a un pericoloso inquinamento ambientale e a situazioni di tensione sociale che devono essere contrastati con ogni mezzo;

   tale preoccupante fenomeno viene denunciato da tempo dai cittadini che, negli anni, si sono organizzati in comitati di quartiere;

   è di pochi giorni fa la notizia che, proprio grazie alle numerose segnalazioni di continui roghi tossici, gli agenti della polizia di Stato del commissariato Tor Carbone, nell'ambito di un'intensa attività investigativa, protrattasi dal mese di maggio 2019, hanno arrestato 3 cittadini romeni;

   in particolare, secondo quanto riportato da fonti di stampa nazionale, i tre romeni, di 28, 20 e 31 anni sono stati colti in flagranza di reato nella tarda serata del 22 ottobre 2019 mentre bruciavano 80 chili di cavi di rame nel parco della Caffarella;

   per i tre imputati, condannati in via definitiva a un anno e 4 mesi di reclusione, il pm aveva chiesto 3 anni e due mesi «per i gravi fatti» e il «concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato»;

   il nostro Paese si è dotato di una specifica legislazione ambientale nazionale con notevole ritardo rispetto ai primi importanti interventi normativi comunitari;

   nonostante ciò, l'iniziativa legislativa non è sufficiente a fronteggiare queste «nuove» forme di criminalità se non sorretta da un adeguato investimento in materia di personale specializzato e strumenti adeguati;

   in particolare, solo per citare alcune delle problematiche in essere, il numero unico di emergenza 112 non è organizzato per gestire interventi di questo genere, i parchi pubblici non prevedono vie accessibili per i mezzi di soccorso, i guardaparco non sono dotati di alcuno strumento idoneo per intervenire in modo tempestivo e hanno degli orari di servizio incompatibili con la gestione delle emergenze, che di solito si verificano nelle ore serali o notturne;

   dal punto di vista giuridico, inoltre, spesso questo tipo di reati è rubricato a semplice attività di accattonaggio;

   lo stesso prefetto di Roma si è pronunciato favorevolmente per un intervento straordinario su alcune delle situazioni più critiche riguardo al fenomeno dei roghi tossici nella Capitale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per affrontare in maniera organica il preoccupante fenomeno dei roghi tossici, sia da un punto di vista organizzativo sia dal punto di vista giuridico, anche attraverso la costituzione di una commissione interforze per una gestione coordinata del problema che coinvolga diverse professionalità;

   per quali motivi il Governo non abbia ancora disposto l'impiego delle forze armate in operazioni di sicurezza e di controllo per la prevenzione dei delitti di criminalità ambientale, come quelli più volte segnalati nella Capitale.
(5-03095)


   TRIPIEDI, OLGIATI, COMINARDI, CIPRINI, TUCCI, PALLINI, COSTANZO, BRESCIA, BILOTTI, MACINA, FORCINITI, CAPPELLANI e CORNELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il parco regionale delle Groane, istituito nel 1976, si estende su una superficie di 8249 ettari in diversi comuni delle provincie di Milano, Monza e Brianza e Como. Dal 21 dicembre 2017, al parco delle Groane è stato accorpato il parco della Brughiera Briantea e la riserva naturale Fontana del Guercio;

   nel suddetto parco, da diversi anni vi è la presenza di numerosi spacciatori di sostanze stupefacenti che, approfittando della folta vegetazione presente, riescono a proseguire le loro attività illecite difficilmente contrastati dalle forze dell'ordine;

   il problema dello spaccio si estende anche alle stazioni ferroviarie presenti sulla linea S9 Saronno-Albairate, di Cesano Maderno-Groane, all'interno del Parco, e di Cesano Maderno e Ceriano Laghetto-Solaro, adiacenti al parco, dove giungono appositamente consumatori, abituali e non, per acquistare le sostanze stupefacenti. Ad esclusione di quella di Cesano Maderno, le altre due fermate indicate hanno visto nel corso degli anni, per decisione dell'azienda Trenord che gestisce la tratta, continue chiusure al pubblico per lunghi periodi di tempo o, in altri periodi di non chiusura totale, interruzioni temporanee del servizio in determinate fasce orarie. Ciò a causa dell'elevata mancanza di sicurezza dovuta all'ininterrotta frequentazione di spacciatori e tossicodipendenti;

   sono numerose le operazioni di polizia e carabinieri volte ad impedire il proliferarsi del fenomeno, molte delle quali completate con successo. Si cita, come esempio, l'ultima in ordine di tempo svolta in data 24 settembre 2019, denominata «Operazione Fisarmonica», che ha visto impegnati oltre 70 carabinieri e che ha portato all'arresto di 16 persone;

   diversi sono anche i vertici tenuti nel corso del tempo tra le autorità territoriali e le prefetture competenti di zona, organizzati con l'intento di coordinarsi nel contrasto del fenomeno;

   in data 25 settembre 2019 è stato dato il via al «Progetto Groane» coordinato dalla prefettura di Monza. Il progetto prevede un coordinamento tra azione repressiva e di sorveglianza del territorio, e le attività socio-sanitarie ed educative coordinate da regione Lombardia con l'Ats della Brianza e il supporto di Croce rossa italiana e degli operatori del privato sociale. Nella prima fase del progetto è prevista, sino a fine 2019, l'attivazione di un presidio mobile nell'area comunale di Ceriano Laghetto ogni martedì, mercoledì e venerdì dalle 14 alle 18, con la presenza di personale socio-educativo e sanitario composto da soccorritori e infermieri;

   nonostante tutte le misure adottate, il problema dei continui traffici di droga risulta però essere talmente radicato all'interno del parco che, nonostante le numerose operazioni svolte, a tutt'oggi non si è ancora riuscito a debellare in modo definitivo –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza, in collaborazione con tutte le autorità interessate, al fine di intensificare le operazioni di intervento delle forze dell'ordine per debellare in maniera definitiva il problema dello spaccio di sostanze stupefacenti su tutto il territorio del parco delle Groane e presso le sopraindicate stazioni ferroviarie;

   se non intenda, sempre di concerto con le autorità competenti e in contemporanea con le operazioni di intervento delle forze dell'ordine, stilare un piano volto ad estendere e intensificare quanto previsto nel sopraindicato «Progetto Groane» a tutti i comuni del territorio in cui è presente il parco delle Groane, includendovi anche le citate stazioni ferroviarie;

   in conseguenza delle due iniziative sopra indicate, se non intenda adottare iniziative, con il coinvolgimento di Trenord e delle competenti autorità del territorio, al fine di garantire la sicurezza presso le fermate ferroviarie più critiche sopraindicate, con l'obiettivo di poterle far riaprire al pubblico con continuità e in maniera definitiva.
(5-03097)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il segretario generale regionale Fsp della polizia di Stato Veneto, Mauro Armelao, ha lanciato un appello alle istituzioni per scongiurare il rischio paralisi del commissariato di Conegliano con un organico di solo 35 agenti rispetto ai 66 previsti;

   come si legge nell'appello: «Non è l'unico Ufficio di polizia a soffrire a causa di una cronica carenza d'organico, ma arrivare quasi al 50 per cento di personale in meno rispetto a quello previsto non è più tollerabile. Sappiamo che a livello ministeriale si stanno discutendo le piante organiche dei vari Uffici ma auspichiamo che il Ministero dell'interno decida in fretta di aumentare l'organico del Commissariato altrimenti, così facendo, non si riuscirà più a garantire una volante h24 come accade ora. I furti in questo periodo continuano nella zona di Conegliano e comuni limitrofi, zona denominata della sinistra Piave, ma a causa di questa evidente carenza d'organico non si può lavorare al meglio.»;

   nonostante la situazione descritta, gli agenti del commissariato anche nell'ultimo periodo hanno concluso brillanti operazioni, anche di contrasto allo spaccio di droga;

   la sicurezza delle città è garantita dall'affidabilità e dalla professionalità degli agenti in servizio, ma, nonostante ciò, le cifre forniscono un dato preoccupante e, a livello nazionale, secondo l'allarme lanciato dal prefetto, Franco Gabrielli, l'amministrazione ha meno di 99.000 uomini rispetto ai 117 mila che avrebbe dovuto avere;

   la stessa analisi del capo della polizia sulla carenza degli organici e del delicato momento di turn over che riguarda un patrimonio di esperienze e professionalità mette a fuoco uno dei principali problemi che riguardano la sicurezza del nostro Paese –:

   se e quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per ripianare l'organico del commissariato di Conegliano al fine di garantire un servizio efficiente a tutela dei cittadini e del territorio;

   quali siano ad oggi i dati relativi agli organici dei commissariati di polizia sul territorio italiano.
(4-04032)


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia, riportata da fonti di stampa locale, che presto a Palermo partirà la sperimentazione della Ztl notturna e nei giorni festivi, affiancata dal potenziamento di alcune linee dei bus Amat come la linea 101 che, secondo il piano, resterà attiva tutta la notte;

   a confermarlo è lo stesso assessore alla mobilità urbana dopo l'invito del prefetto a prendere seri provvedimenti per «limitare» il traffico veicolare all'interno del centro storico;

   in particolare, il prefetto palermitano si è fatto portavoce di una folta schiera di cittadini, ormai esasperati dalla situazione vissuta quotidianamente, definibile «selvaggia»: caos sino a notte fonda, abbandono di rifiuti, macchine parcheggiate ovunque, anche dove è vietata la sosta;

   la movida va sostenuta con regole chiare e certe a vantaggio degli imprenditori che hanno un'attività regolare, frutto di investimenti economici spesso non indifferenti e dei residenti nelle zone maggiormente coinvolte nel traffico notturno;

   l'amministrazione comunale ha già dimostrato di non essere al fianco delle attività produttive, dall'annosa questione della regolamentazione dei cosiddetti dehors, all'utilizzo del suolo pubblico, alla regolamentazione degli spettacoli musicali, alla gestione della mobilità;

   l'auspicio è che un maggiore controllo del territorio aiuti a realizzare una movida regolare, nella quale cittadini e turisti possano decidere di trascorrere una serata senza temere di ritrovarsi rapinati o aggrediti per futili motivi, come accaduto, tragicamente, a un giornalista tedesco, da anni residente a Palermo, ridotto in fin di vita per futili motivi riconducibili alla circolazione stradale;

   l'estensione della Ztl anche in orario notturno, tuttavia, non può che essere accompagnata dalla destinazione di aree limitrofe a parcheggio nella stessa fascia oraria, da un efficiente servizio di raccolta differenziata e dal potenziamento dei mezzi pubblici che servono l'asse viario coinvolto, già fortemente penalizzato dalle linee principali dell'Amat, che non rispettano gli orari delle corse neppure in orario diurno;

   solo così si potrà raggiungere il necessario equilibrio tra le esigenze dei residenti, lo svolgimento dell'attività d'impresa per chi ha investito nel centro storico e l'offerta ricettiva, globalmente considerata, da proporre alle migliaia di turisti che riempiono la città;

   ad oggi le proposte dell'amministrazione comunale agli interroganti non sembrano tenere in considerazione le esigenze degli imprenditori e la diffusa esigenza di maggior sicurezza, soprattutto nelle zone maggiormente interessate dalla movida, quasi completamente sguarnite in termini di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, in cronica carenza di organico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla situazione descritta in premessa, a fortiori in considerazione degli interventi del prefetto, condivisibili nella misura in cui auspicano maggiori controlli e più sicurezza, anche disponendo un potenziamento dell'organico delle forze dell'ordine per il controllo e la sicurezza della città di Palermo e dei suoi cittadini.
(4-04037)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   mercoledì 30 ottobre 2019 si è tenuta, presso la facoltà di sociologia dell'università degli studi di Trento, una conferenza sulla situazione libica con ospite il giornalista, esperto della questione, Fausto Biloslavo;

   l'incontro si è svolto nonostante le contestazioni dei giovani del collettivo Hurriya che nel tardo pomeriggio hanno bloccato con una catena una delle porte d'ingresso, dando vita a un confronto diretto con un gruppo di studenti di centrodestra, limitato solo dall'intervento delle forze dell'ordine in tenuta antisommossa;

   si trattava del secondo incontro programmato con Biloslavo, dopo che il primo di due settimane precedenti era stato annullato per proteste da parte di una parte degli studenti universitari di sinistra. I dimostranti avevano occupato anche la sala dove doveva tenersi la conferenza, e con fischi e slogan avevano impedito l'incontro;

   la conferenza era tra l'altro organizzata da un movimento studentesco, l'UDU — Unione degli universitari — afferente al mondo della sinistra moderata, ma gli estremisti hanno tentato in ogni modo di boicottare l'iniziativa perché Fausto Biloslavo, 40 anni fa è stato un esponente del Fronte della Gioventù, ragione sufficiente per incatenare l'ingresso, sfondare le porte, scagliarsi contro tutto e tutti, finanche contro il loro rettore;

   l'università dovrebbe essere un luogo di libertà e di confronto dialettico, affinché possa svolgere la sua funzione propulsiva di progresso culturale e sociale. Solo grazie al vivo fermento di idee e valori, anche contrastanti, gli studenti crescono e si formano;

   non può essere consentito ad un manipolo di facinorosi di arrogarsi il diritto di stabilire quali idee possano o non possano circolare, chi possa entrare e chi invece debba rimanere fuori dall'ateneo;

   i movimenti estremisti della sinistra universitaria non sono nuovi ad episodi come quelli avvenuti a Trento; già in passato varie conferenze organizzate da movimenti della sinistra moderata o del centrodestra non si sono potute svolgere per le contestazioni dei collettivi studenteschi –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo sia intenzionato a prendere in relazione a quanto esposto in premessa, considerato che, per l'interrogante, nelle università italiane dovrebbe essere garantito a tutti il diritto di organizzare conferenze con ospiti di diversa estrazione culturale;

   se il Governo non intenda promuovere, per quanto di competenza e nelle sedi opportune, un confronto sul sistema sanzionatorio per casi di tale genere;

   se le forze dell'ordine abbiano provveduto a identificare e denunciare i teppisti che si sono macchiati di episodi di violenza, odio e intolleranza.
(4-04028)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'epidemia causata dal patogeno da quarantena Xylella fastidiosa rappresenta la più grave emergenza fitosanitaria del continente;

   una recente indagine curata dal Centro comune di ricerca (Ccr) della Commissione europea e dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha evidenziato che la propagazione della Xylella fastidiosa in Europa potrebbe comportare danni alle produzioni agricole per oltre 5 miliardi di euro, mettendo a rischio quasi 300 mila posti di lavoro;

   in una nota diramata di recente da Coldiretti è emerso che «...nella sola provincia di Lecce la produzione di olio di oliva ha subito un trend negativo irreversibile, toccando il minimo storico di 5.295 tonnellate prodotte nell'ultima campagna 2018/2019 e un crollo del 90 per cento, mentre in provincia di Brindisi la produzione di olio è diminuita del 38 per cento, seguita dal calo della produzione in provincia di Taranto, dove c'è stata la virata della malattia», come denunciato da Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia;

   il contagio avanza inarrestabile verso nord a una velocità di più 2 chilometri al mese e, dopo aver devastato la Puglia, rischia di infettare nel giro dei prossimi cinque anni l'intero Mezzogiorno d'Italia; l'avanzata della batteriosi nella Piana degli ulivi monumentali tra Ostuni e Fasano rischia di deteriorare un paesaggio rurale unico al mondo, compromettendo per sempre la vocazione agricola e turistica del territorio, con ricadute drammatiche sull'economia e sull'occupazione, laddove gli ulivi secolari costituiscono un tratto identitario ineliminabile della cultura, della tipicità e della tradizione del territorio, che è dovere delle istituzioni preservare;

   nel documento conclusivo approvato il 21 febbraio 2019 dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia è stato evidenziato che la presenza di tale fitopatogeno, il cui primo ritrovamento risale al maggio 2013, ha colpito milioni di ulivi presenti sul territorio, provocandone il disseccamento rapido e causando ingenti perdite sul comparto agricoltura, uno dei principali dell'economia pugliese;

   nel 2015 la Commissione europea ha imposto misure di eradicazione del batterio, che prevedevano la rimozione delle piante infette e degli alberi situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli infetti. Nel 2016 la stessa Commissione ha chiesto misure di contenimento del batterio per impedirne la diffusione, il monitoraggio del territorio interessato e l'abbattimento delle sole piante infette in una fascia limitrofa alla zona cuscinetto, di 20 chilometri di larghezza, che attraversa le province di Taranto e Brindisi;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 5 settembre 2019, nella causa tra l'Italia e la Commissione europea, ha stabilito che l'Italia avrebbe omesso di procedere immediatamente alla rimozione di tutte le piante infette, venendo meno all'obbligo di garantire, nella cosiddetta zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella attraverso controlli annuali. Ciò evidenzia la superficialità con cui, per molti anni, è stato sottovalutato il grave danno socio-economico legato alla diffusione della Xylella fastidiosa, non soltanto verso l'ambiente e il comparto agricolo pugliese ma anche verso altre coltivazioni, a livello nazionale ed europeo –:

   quali iniziative concrete urgenti, alla luce di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire una soluzione reale al problema legato alla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa in Puglia, al fine di contrastare un fenomeno che sta mettendo in ginocchio la regione più olivicola d'Europa, per impedire il rischio di paralizzare ogni esportazione di prodotti agricoli dai territori colpiti, per tutelare gli agricoltori gravemente danneggiati dal drammatico fenomeno e per proteggere un patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale che rappresenta una preziosa e importante risorsa per il nostro Paese.
(4-04031)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   cittadini presenti nell'occasione e la stessa Associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 hanno denunciato pubblicamente il comportamento di tifosi dell'Inter a Bologna che avrebbero intonato cori offensivi riferiti alla strage del 2 agosto;

   fatti come questo, qualora confermati, non possono e non debbono essere sottovalutati;

   ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, che la Figc adottasse, in casi come questi, ogni iniziativa necessaria a sanzionare l'accaduto, anche al fine di scongiurare il ripetersi di fatti analoghi in futuro –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere ulteriori iniziative, per quanto di competenza, al fine promuovere i valori delle libertà e della democrazia, anche nell'ambito delle attività sportive, contribuendo a contrastare il diffondersi, soprattutto tra le giovani generazioni, di ideologie neofasciste, xenofobe e razziste, incompatibili con i princìpi costituzionali.
(3-01096)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, la mancanza di un defibrillatore e di un'ambulanza nell'ex ospedale di Ruvo di Puglia, oggi ridotto a semplice poliambulatorio, avrebbe contribuito a determinare la morte di un uomo di 55 anni colto da infarto;

   l'uomo avrebbe accusato un malore nel corso del proprio lavoro e sarebbe stato accompagnato presso il vicino presidio sanitario territoriale della Asl di Bari a Ruvo di Puglia. La guardia medica, non disponendo di defibrillatore né di un'ambulanza pronta per trasportare l'uomo presso l'ospedale più vicino poiché già impegnata in altro soccorso, ha potuto provvedere solo al massaggio cardiaco senza riuscire a salvare la vita dell'infartuato;

   l'ambulanza sostitutiva richiesta dal medico al 118 è giunta in ritardo, quando l'uomo aveva già perso la vita;

   nella struttura sanitaria di Ruvo di Puglia pare non sia prevista l'obbligatorietà della presenza di un defibrillatore né di personale preparato a usare tale strumentazione;

   l'episodio citato in premessa è l'ultimo di una lunga serie che evidenziano la grave mancanza in città di una struttura sanitaria pubblica adeguata in termini di servizi e strumenti a disposizione –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la tutela della salute dei cittadini e dei livelli essenziali di assistenza, con particolare riferimento alla possibilità di rendere obbligatoria la presenza di defibrillatori e di personale specializzato all'utilizzo di tale strumentazione in tutte le strutture sanitarie pubbliche;

   se non intenda porre in essere iniziative di tipo normativo volte a utilizzare la capillare rete territoriale delle farmacie private convenzionate con il servizio sanitario nazionale dotandole di defibrillatori e di personale specializzato all'utilizzo di tale strumentazione, posto che appare evidente la mancanza di una rete di presìdi sanitari pubblici che siano adeguati a coprire l'intero territorio nazionale e a prestare almeno questo genere di primo soccorso in tempi rapidi e nei casi di emergenza.
(5-03080)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMO ENRICO BARONI, TUZI, FRUSONE, BELLA, SEGNERI, NAPPI, LAPIA, PROVENZA, MENGA, SARLI, FRANCESCO SILVESTRI, SAPIA, MAMMÌ, GABRIELE LORENZONI, DAGA, FLATI, ILARIA FONTANA, MARIANI, SALAFIA, TRANO, BOLOGNA, NESCI, SPORTIELLO, TRIZZINO e IANARO. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da numerosi articoli di stampa, la maggior parte dei mezzi di soccorso extra ospedaliero di proprietà della regione Lazio, gestiti direttamente dall'azienda regionale per l'emergenza sanitaria Ares 118 (ente dipendente della regione Lazio dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e istituito con la legge regionale n. 9 del 3 agosto 2004) non rispetta i limiti previsti dal comunicato n. 87 della Presidenza del Consiglio dei ministri relativo al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 e recante atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza (Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 1992): «introduzione dei limiti di impiego delle ambulanze nelle attività di soccorso avanzato e di primo soccorso rispettivamente definiti in 5 anni o 150.000 km e 7 anni o 300.000 km. I mezzi che giungono ai limiti di impiego vengono declassati nella categoria immediatamente inferiore»;

   secondo le stesse fonti (come ad esempio quotidianosanita.it, latinaquotidiano.it, roma.corriere.it, inchieste.repubblica.it), la maggior parte delle autoambulanze e automediche di proprietà della regione Lazio – e in uso all'Ares 118 – sono vetuste: armadietti e strumentazione medica di bordo fissati al mezzo con i cerotti, barelle con ingranaggi compromessi, guasti meccanici continui, infiltrazioni di pioggia. I guasti riparati, spesso si ripresentano, dovendo dunque ricorrere nuovamente alla manutenzione con lievitazione dei costi. Infatti, nel bilancio d'esercizio 2018 dell'ente Ares 118 (delibera n. 2/19) la voce B.3.E (pagina 167) «spese di riparazione e manutenzione agli automezzi» ammonta a 1.797.000,00 euro, con un aggravio di 190.000,00 euro rispetto all'esercizio precedente;

   la notizia del sinistro del 18 febbraio 2019 è rimbalzata sugli organi di stampa: un'ambulanza della regione Lazio immatricolata nel 2009 e con più di 300.000 chilometri, è andata fuori strada a causa di un'avaria improvvisa, sfondando una palizzata, e finendo in un campo. L'autista ha riportato un trauma cranico ed è stato ricoverato al Sant'Andrea, e un infermiere ferito è stato ricoverato presso l'ospedale San Filippo Neri;

   secondo quanto riportato nel piano aziendale di risk management 2018 di Ares 118, i mezzi di soccorso di proprietà della regione Lazio sono 129 (di questi soltanto 4 sono stati acquistati recentemente, delibera Ares 118 n. 737 del 24 ottobre 2018) e ulteriori 101 mezzi sono forniti dagli appalti in convenzione con i privati (associazioni, società, cooperative e altro) che invece devono rispettare rigidamente i requisiti e gli standard nazionali; difatti all'articolo 5 dello «schema-tipo di convenzione» scaricabile dal sito istituzionale di Ares 118, si richiede che i mezzi debbano essere stati immatricolati in data non antecedente ai 5 anni, e non aver percorso più di 200.000 chilometri. Nel bilancio d'esercizio 2018 la voce B2A114 (pagina 165) «costi di acquisto per prestazioni di trasporto sanitario da privato» ammonta a 62.022.000,00 euro nel 2018, contro i 57.680.000,00 euro del 2017 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se non si ritenga, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, di adottare opportune iniziative urgenti volte a verificare, per quanto di competenza, lo stato di vetustà della flotta dei mezzi di soccorso della regione Lazio e in uso ad Ares 118, al fine di quantificare l'impatto di tale vetustà sui costi – finanziati con risorse pubbliche – e sulla qualità del servizio di soccorso offerto;

   quali iniziative si ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, al fine di verificare la conformità ai requisiti previsti dal sopracitato comunicato n. 87 della Presidenza del Consiglio dei ministri, e al novellato decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(4-04036)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO e CAIATA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la concessione di coltivazione idrocarburi liquidi e gassosi denominata «Val d'Agri», intestata alle società Eni s.p.a. e Società Shell Italia E&P s.p.a., è scaduta in data 26 ottobre 2019;

   in data 27 ottobre 2017, la società Eni s.p.a. ha chiesto il rinnovo della concessione al Ministero dello sviluppo economico, ma la relativa autorizzazione non è ancora stata rilasciata;

   attualmente le operazioni di estrazione di idrocarburi ad opera degli impianti di Eni s.p.a. sono ancora in corso. Peraltro, le previsioni del comma 19 dell'articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, consentono queste operazioni fino al completamento delle procedure autorizzative ed, in particolar modo, la norma prevede che «...gli impianti attualmente in funzione di cui all'articolo 46 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e di cui agli articoli 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, continuano ad essere eserciti fino al completamento delle procedure autorizzative in corso previste sulla base dell'originario titolo abilitativo, la cui scadenza deve intendersi a tal fine automaticamente prorogata fino all'anzidetto completamento...»;

   il 18 novembre 1998 è stato sottoscritto un protocollo di intenti in cui vengono definiti gli impegni di Eni s.p.a. per l'attuazione di misure multisettoriali mirate alla compensazione ambientale e allo sviluppo sostenibile. Anche tali accordi, secondo quanto si evince dagli organi di stampa, pare siano scaduti;

   secondo quanto si evince dagli organi di stampa sembrerebbe che nel mese di ottobre 2019, la società Eni s.p.a., tramite i suoi rappresentanti legali, abbia comunicato alla regione Basilicata di non potere iniziare le trattative per rinnovare gli accordi e concordare le compensazioni ambientali dovute alla regione fino alla confusione dell’iter autorizzativo della proroga suddetta a causa delle previsioni del comma 5 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239;

   7 postazioni di produzione (pozzi) della concessione «Val d'Agri» si trovano all'interno del parco nazionale Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese (Zps), in cui insistono anche aree Zsc nonché Sic inserite nella rete dei siti di interesse comunitario appartenenti alla rete Natura 2000 ed in particolare identificati dai codici IT9210005, IT9210110, IT9210143, IT9210170, IT9210180, IT9210205, IT9210240 –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Governo intenda adottare iniziative per chiarire l'interpretazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, con particolare riferimento alla possibilità della società Eni s.p.a. di addivenire a nuovi accordi sulle compensazioni ambientali, posto che continua ad estrarre in regime di prorogatio;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di tutelare le aree protette indicate in premessa ed appartenenti alla rete Natura 2000, sulle quali insistono alcuni impianti di estrazione, e al fine di garantire adeguati e opportuni interventi di compensazione ambientale volti alla rigenerazione dei valori ambientali persi o degradati a seguito delle citate operazioni di estrazione.
(5-03081)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRAILIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2019 si è svolto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un incontro nel quale si è raggiunto un accordo sulla base della legge n. 198 del 2018 per quanto riguarda la cassa integrazione per cessata attività per 12 mesi per 212 lavoratori della Contship di Cagliari;

   il trattamento di cassa integrazione guadagni non è ancora in pagamento e si ha motivo di ritenere che l'Inps non abbia ancora ricevuto le necessarie disposizioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   nel contempo, l'autorità portuale di sistema della Sardegna ha predisposto una gara internazionale per riassegnare la concessione della banchina del porto ad altro soggetto. La Contship non ha ancora lasciato il porto, pur essendo già stata revocata la concessione;

   il periodo dei 12 mesi in cassa integrazione dovrebbe essere utile per trovare una soluzione atta a garantire questi posti di lavoro;

   si sta ragionando su diverse possibilità quali, ad esempio, una zona franca doganale interclusa, ma la realizzazione è impedita da un vincolo paesaggistico che comunque risale all'anno 1967. Altre soluzioni riguardano l'istituzione di una zona economica speciale (Zes) sulla quale finora non si sono registrati sviluppi. Sembrerebbe poi che le azioni di bunkeraggio (rifornimento navi presso rada della raffineria della Saras) stiano procedendo, anche se si tratta di navi container che non si fermano a Cagliari (tranne qualcuna diretta alla Grendi), essendo il porto canale per il movimento merci, ormai fermo;

   al momento, non sembrano quindi esserci soluzioni praticabili, anche se il 30 settembre 2019 l'assessore regionale del lavoro ha convocato le federazioni di categoria per fare il punto sui percorsi di attuazione dell'accordo firmato anche con Aspal sulle politiche attive del lavoro e le parti sindacali, il 3 settembre, hanno chiesto l'attivazione di un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico –:

   se i Ministri interrogati intendano adoperarsi per affrontare la situazione sopra descritta, convocando più presto possibile un tavolo di confronto con tutti gli interessati.
(4-04030)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Prisco e altri n. 7-00321, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delmastro Delle Vedove.

  La risoluzione in Commissione Fusacchia n. 7-00363, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Toccafondi, Anzaldi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Novelli n. 4-02576 del 25 marzo 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Ungaro n. 5-02888 del 10 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Bond n. 5-02983 del 24 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Marino n. 5-03059 del 5 novembre 2019.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Baldino e altri n. 2-00547 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 252 del 5 novembre 2019. Alla pagina 9269, prima colonna, alla terza riga, sostituire: «0030636» con: «0022981».