Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 21 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi dieci anni i liberi professionisti sono l'unica componente del mercato del lavoro che ha retto gli urti della crisi economica, in netta controtendenza rispetto agli altri segmenti occupazionali del mercato del lavoro indipendente;

    il Rapporto 2018 sulle libere professioni segna, infatti, un aumento del numero degli iscritti agli ordini e alle casse professionali; i professionisti si attestano intorno a 1.400.000 unità e tra questi cresce la componente dei datori di lavoro;

    sono 1,4 milioni i liberi professionisti in Italia (6 per cento della forza lavoro), con un indotto di 2,3 milioni di occupati, che contribuiscono al prodotto interno lordo nazionale per circa il 15 per cento e rappresentano il 19 per cento del totale in Unione europea, confermando il nostro Paese al primo posto;

    tale primato è confermato non soltanto dalla numerosità censita di liberi professionisti, ma anche dal rapporto professionisti/popolazione che in Europa si attesta a 11 ogni 1.000 abitanti, mentre in Italia arriva a 17;

    il citato Rapporto 2018 sulle libere professioni, però, evidenzia anche le difficoltà che i professionisti incontrano quotidianamente nell'esercizio di un'attività che amano ma che non garantisce tutele e certezze economiche adeguate e denuncia, altresì, un livello di fiducia nei confronti delle istituzioni piuttosto basso per tutte le categorie di professionisti, a causa di una percezione di marginalità con la quale sentono di essere trattati a livello politico;

    la minaccia principale a cui i liberi professionisti si sentono esposti è l'elevata tassazione insieme a continue modifiche normative che, in concreto, si tramutano in aumento degli oneri burocratici ed amministrativi;

    i frequenti cambiamenti normativi rappresentano, ad esempio, il problema principale per commercialisti e consulenti del lavoro: ne è prova la protesta indetta dalla categoria dei commercialisti il 30 settembre 2019 contro gli indici sintetici di affidabilità, a causa dell'impossibilità di rispettare la scadenza degli adempimenti fiscali, fissata alla medesima data del 30 settembre 2019, per oggettiva mancanza di tempo ad adeguarsi alle regole del sistema, codificate in un software disponibile solo da giugno 2019, poi aggiornato in prima battuta ad agosto 2019 ed in seconda il 9 settembre 2019;

    i professionisti italiani rappresentano l'architrave del mercato dei servizi che si rivolge ai cittadini privati, alle imprese, alla pubblica amministrazione e, pertanto, meritano politiche di sostegno e interventi di rinforzo;

    il forfettario per gli autonomi ha ridotto il tax gap di 1,8 milioni di euro in un anno; la mini flat tax per i professionisti con ricavi fino a 65 mila euro, introdotta nella scorsa manovra di bilancio per volontà della Lega per Salvini Premier, ha portato ad una apertura media di oltre 40 mila nuove partite iva al mese: nel primo trimestre 2019 sono state oltre 196 mila le nuove posizioni aperte, con un incremento di 7,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018; nel secondo trimestre 2019 sono state attivate 136.323 nuove partite Iva, con un aumento rispetto al corrisponde periodo dell'anno precedente del 3,9 per cento; di queste ultime 66.126 hanno aderito al regime forfettario, pari al 48,5 per cento del totale delle nuove apertura; in tutto il primo semestre 2019 si sono registrate 47.239 nuove aperture di partite Iva aderenti al regime forfettario, pari ad un incremento del 38,3 per cento (da 123.343 nel periodo gennaio-giugno 2018 a 170.343 nel medesimo periodo del 2019), segnale che le libere professioni continuano ad essere attrattive per tanti giovani e che una tassazione flat ha effetti positivi sull'emersione ed amplia la base imponibile;

    proprio in favore dei giovani professionisti che si affacciano al mercato del lavoro, si ricorda l'altra semplificazione burocratica e agevolazione fiscale introdotta su iniziativa della Lega per Salvini Premier sempre con la manovra di bilancio 2019, ovvero la flat tax al 5 per cento per cinque anni per le start up: un'aliquota agevolata per l'avvio dell'attività e l'esonero da diversi adempimenti come l'e-fattura, i nuovi indici sintetici di affidabilità e le dichiarazioni o versamenti Iva;

    con rammarico si prende atto che l'attuale compagine governativa si è dimostrata piena di pregiudizi nei riguardi dei liberi professionisti, considerati come categoria di evasori e come tali da perseguire e tassare. Le preannunciate misure contenute nella manovra di bilancio 2020 – come l'introduzione del regime analitico per chi rimane nel forfettario, la cancellazione della flat al 20 per cento per chi fattura tra i 65 mila ed i 100 mila euro – rischiano di porre un freno allo sviluppo e al sostegno delle libere professioni, contribuendo ad aumentare quel richiamato senso di marginalità e clima di sfiducia per le istituzioni che la categoria già lamenta;

    il sopra menzionato Rapporto 2018 sulle libere professioni evidenzia, poi, che i soggetti costituenti i segmenti professionali con più criticità sono architetti e geometri, seguiti dagli ingegneri. Proprio queste categorie sono le più colpite, insieme a geometri ed avvocati, anche sotto il profilo previdenziale, a causa della cosiddetta «Operazione Poseidone» posta in essere dall'Inps nel 2011, con la quale l'istituto ha provveduto ad iscrivere d'ufficio presso la gestione separata i liberi professionisti iscritti ad ordini o casse con redditi professionali non assoggettati al prelievo del contributo soggettivo presso gli enti previdenziali di riferimento, pretendendone il versamento contributivo;

    nonostante una norma di interpretazione autentica con efficacia retroattiva (articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2011) ed alcune sentenze delle corti di merito (corte di appello di Palermo n. 614/2018, n. 617/2018 e n. 627/2018) che hanno dichiarato la soccombenza dell'Inps, nonché l'invito da parte del precedente Governo all'Inps a «valutare l'opportunità di agire in autotutela annullando le iscrizioni d'ufficio alla gestione separata», la questione è ancora oggi oggetto di contenzioso, con grave nocumento per i liberi professionisti;

    per quanto riguarda il tema dell'autoregolamentazione delle professioni liberali in Europa, si nota che, a livello europeo, ci sono anche altri obiettivi in attesa di realizzazione, come quello di individuare una comune definizione di professione liberale in Europa. Ci sono infatti Paesi in cui le professioni sono regolamentate ma non organizzate in ordini e collegi, anche se la Commissione europea «guarda al modello italiano come un modello di garanzia, che porta competenza e garantisce condizioni di tutela della fede pubblica. Per questo è ancor più necessario operare per dare il giusto peso sullo scenario comunitario ad un segmento del mondo del lavoro che pesa per il 10-12 per cento sul prodotto interno lordo continentale e per il 15 per cento in Italia»;

    nonostante la disciplina normativa dell'equo compenso nelle professioni sia stata salutata come un passo decisivo per invertire il trend negativo determinatosi a seguito di un'indiscriminata accettazione delle regole europee in tema di libera concorrenza, l'impatto pratico ad oggi non ha determinato gli effetti sperati. Infatti, nonostante il richiamato principio dell'equo compenso sia stato sancito anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, questo non ha impedito il verificarsi di situazioni paradossali nelle quali si è giunti a teorizzare, con l'iniziale avallo della giurisprudenza amministrativa, il lavoro a prezzo simbolico, il compenso minimo aberrante e, da ultimo nei giorni scorsi, la collaborazione con il professionista a titolo gratuito. Il giudice di legittimità si è più volte pronunciato a difesa della tutela del decoro professionale e contro lo svilimento a livello economico della prestazione resa dai liberi professionisti, che in definitiva nuoce al sistema Paese, il quale certamente ha sempre individuato nel lavoro autonomo il motore dell'economia;

    nel caso degli avvocati, ad esempio, non può ulteriormente sottacersi che la prestazione professionale è resa a tutela di interessi costituzionalmente garantiti in un ambito, la giustizia, cruciale in qualsiasi democrazia occidentale ed in tal senso un compenso minimo garantito non può che garantire a sua volta il cliente da prestazioni professionali di bassa qualità; per tale categoria, l'introduzione della disciplina in materia di equo compenso ha avuto il merito di riportare il tema della remunerazione dei professionisti nella cornice costituzionale che gli compete, che è quella della protezione del lavoro, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, nel quadro dell'impegno della Repubblica per la tutela del contraente debole e la promozione della coesione sociale, ma permangono forti criticità che rendono non più rinviabile una riforma che consenta alle libere professioni di recuperare la centralità che spetta loro nel sistema Paese e che certamente non può prescindere dall'assicurare loro un compenso minimo garantito;

    in particolare, la nuova disciplina ha fatto registrare le seguenti problematiche:

     a) la tendenza dei contraenti forti a sfruttare i richiami testuali alle «convenzioni» per restringere il campo di applicazione tramite il ricorso a moduli procedimentali diversi da convenzioni in senso stretto (incarichi singoli e ad hoc, scambi di lettere e altro);

     b) la limitazione del campo soggettivo di applicazione della disciplina alle imprese di una certa dimensione: con l'attuale richiamo al quadro giuridico europeo restano fuori le cosiddette «piccole imprese» (che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato o un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro) e le cosiddette «microimprese» (che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro);

     c) l'emanazione da parte di alcune pubbliche amministrazioni di bandi «a zero compensi»;

     d) il regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, adottato all'indomani dell'abrogazione delle tariffe professionali, contenente disposizioni per la determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia. In particolare, il regolamento individua dei criteri generali riferibili a tutte le professioni interessate dal provvedimento e dispone dei parametri specifici per le singole professioni; è, infine, disposta l'applicazione analogica delle disposizioni del regolamento ai casi non espressamente previsti. La scelta di adottare un unico provvedimento per l'individuazione dei parametri nei confronti di diverse categorie professionali presenta delle limitazioni intrinseche: la molteplicità e la varietà delle professioni destinatarie delle disposizioni e, in particolare, l'eterogeneità delle attività a queste ascrivibili hanno comportato l'inevitabile emersione di dubbi interpretativi, nonché di lacune della disciplina non rimediabili neppure con l'applicazione in via analogica delle disposizioni stesse;

    il regolamento recante norme per la fissazione dei requisiti di professionalità e onorabilità dei membri del collegio sindacale delle società quotate da emanare in base all'articolo 148 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (decreto 30 marzo 2000, n. 162), all'articolo 1, comma 4, definisce il regime di incompatibilità alla carica di sindaco di società italiane con azioni quotate per coloro che, per almeno diciotto mesi, nel periodo ricompreso fra i due esercizi precedenti l'adozione dei relativi provvedimenti e quello in corso hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione o controllo in imprese sottoposte a procedure concorsuali. Tale disciplina si applica anche ai professionisti nominati dal giudice per la carica di amministratori giudiziari e liquidatori di imprese che, per i motivi più svariati – società in stato di scioglimento, a volte nemmeno iscritto ma accertato per via giudiziale, o società la cui amministrazione è affetta da gravi irregolarità – sono ad alto rischio di sottoposizione a procedura concorsuale, con il conseguente rischio per gli stessi professionisti di incorrere in cause di incompatibilità non imputabili alle loro condotte professionali,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per accogliere la richiesta dei professionisti di una disapplicazione, ovvero un'applicazione facoltativa, degli indici sintetici di affidabilità per il 2018;

2) ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata all'esenzione dagli indici sintetici di affidabilità di tutte le attività professionali, commerciali e artigiane che non hanno optato per il regime forfettario e con un fatturato pari o inferiore a 400 mila euro annui;

3) a considerare le preannunciate misure di incremento dei sistemi di pagamento digitale come interventi anticipatori del superamento definitivo degli indici sintetici di affidabilità per i commercianti;

4) a prevedere, nelle prossime iniziative normative, l'abrogazione dell'obbligo di invio delle liquidazioni periodiche dell'Iva per i soggetti che utilizzano la fatturazione elettronica, considerato un'inutile duplicazione sia per gli utenti che per i professionisti, nell'ottica di semplificazione degli adempimenti burocratici;

5) a lasciare inalterata la vigente normativa in materia di regime forfettario per le partite Iva e le start up, mantenendo l'aliquota flat – rispettivamente – al 15 per cento per i ricavi fino a 65 mila euro ed al 5 per cento per le attività innovative, senza alcun ritocco peggiorativo in termini di limitazioni e adempimenti, inclusa la conferma dell'esenzione dalla fatturazione elettronica, e confermando l'entrata in vigore dal 1° gennaio 2020 dell'imposta al 20 per cento per i ricavi compresi tra 65 mila e 100 mila euro;

6) ad assumere ogni iniziativa volta a valorizzare ed incrementare l'accesso ai fondi dell'Unione europea, la formazione e l'autoregolamentazione quali priorità per promuovere le professioni liberali in Europa in quanto «è ancora scarsa» l'apertura ai professionisti dei bandi per l'accesso ai fondi strutturali europei 2014-2020 e pertanto è necessario che gli ordini facciano una maggiore attività di formazione;

7) ad assumere iniziative normative atte a chiarire l'estraneità dalla gestione separata Inps dei liberi professionisti iscritti ad albi e dotati di propria cassa previdenziale;

8) ad adottare iniziative per rafforzare l'istituto dell'equo compenso, attivando misure di monitoraggio sulla sua effettiva applicazione, sia in ambito pubblico che privato, anche prevedendo l'istituzione ad hoc di un osservatorio nazionale, composto da un rappresentante per ciascuno dei consigli nazionali degli ordini professionali, con l'obiettivo di:

   a) estenderne l'efficacia a tutti i rapporti attualmente non inclusi;

   b) considerare equo il compenso determinato nelle convenzioni quando, in relazione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, nonché all'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste, il compenso risulta conforme ai parametri definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

   c) ritenere vessatorie le clausole che determinano, in ragione della non equità del compenso pattuito o delle altre previsioni in esse contenute, un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista;

   d) allargare l'equo compenso ad ogni forma di accordo preparatorio o definitivo, a patto che sia vincolante per il professionista, le cui clausole siano predisposte in maniera unilaterale dalle imprese indipendentemente dalla forma dell'accordo e comprendendo gli accordi quadro e i casi di accordi su incarichi singoli;

   e) fornire una definizione univoca di equo compenso allo scopo di chiarire che l'equo compenso si riferisce a qualsiasi rapporto professionale avente ad oggetto le prestazioni di qualunque professionista, a prescindere dall'utilizzo di vere e proprie convenzioni, predisposte unilateralmente o meno, ampliando la platea dei soggetti tenuti al rispetto della normativa, riferendosi a tutti coloro che, ai sensi del vigente codice del consumo, di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, non possono essere classificati come «consumatori»;

   f) promuovere l'istituzione di un collegamento tra equo compenso e sistema dei parametri, procedendo al contestuale aggiornamento del decreto ministeriale n. 140 del 2012 per tutte le professioni diverse da quella forense;

   g) ribadire l'integrale soggezione alla disciplina anche da parte della pubblica amministrazione, prevedendo, altresì, che la disciplina in materia di equo compenso si applichi anche ai rapporti instaurati prima dell'entrata in vigore della relativa normativa, purché ancora in corso di esecuzione;

9) ad adottare iniziative per procedere ad una modifica del decreto 30 marzo 2000, n. 162, per escludere dall'applicazione del regime di incompatibilità di cui all'articolo 1, comma 4, i professionisti che hanno svolto funzioni di amministratore giudiziario o liquidatore per nomina del giudice.
(1-00268) «Molinari, Bitonci, Durigon, Morrone, Galli, Centemero, Murelli, Turri, Andreuzza, Binelli, Bisa, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Cavandoli, Colla, Covolo, Dara, Di Muro, Gerardi, Giaccone, Gusmeroli, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Marchetti, Moschioni, Alessandro Pagano, Paolini, Patassini, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Potenti, Saltamartini, Tarantino, Tateo».


   La Camera,

   premesso che:

    in Italia il comparto dei liberi professionisti rappresenta un settore vitale per il nostro Paese, considerato che, secondo il Rapporto 2018 dell'Osservatorio sulla professione, il nostro Paese conta circa 2,4 milioni di professionisti iscritti agli albi professionali e 1,4 milioni di iscritti alle casse previdenziali e si colloca come lo Stato con il numero maggiore di professionisti in Europa; in termini percentuali rappresenta il 26 per cento del lavoro indipendente in Europa e, allo stato attuale, occupa circa 900 mila persone con contratto di lavoro dipendente;

    l'apporto delle libere professioni si sviluppa anche sul lato economico, rappresentando il 12,4 per cento del prodotto interno lordo italiano, unico settore che nonostante il periodo di stagnazione degli ultimi anni ha retto più di tutti gli altri;

    difendere il mondo delle libere professioni significa, tra l'altro, difendere non solo l'economia del nostro Paese, ma anche un modello virtuoso, considerato che, nel caso delle professioni ordinistiche, l'obbligo di iscrizione all'albo garantisce una qualità elevata delle prestazioni fornite dai professionisti e la rispondenza alle norme di deontologia professionale;

    si tratta di un settore variegato che coinvolge tre grandi filoni – giuridico, sanitario e tecnico – e, pertanto, necessita di un'attenzione particolare da parte del Governo, che non si limiti a provvedimenti spot, ma che si realizzi nella più ampia tutela di tutte le specificità delle singole professioni interessate;

    nei suddetti ambiti di operatività – giuridico, sanitario e tecnico – i professionisti concorrono, attraverso la propria attività, alla realizzazione ed attuazione di diritti che hanno uno specifico riconoscimento a livello costituzionale, quali, ad esempio, il diritto alla salute, il diritto alla difesa, il diritto all'abitazione, il diritto all'ambiente;

    dalla funzione coessenziale svolta dai professionisti in relazione a settori così centrali per i diritti individuali e per il buon funzionamento della cosa pubblica discende, peraltro, come corollario necessario, l'esigenza di garantire il decoro dei professionisti, anche economico, e la sostenibilità delle professioni, intesa in una duplice accezione: come sostenibilità della professione per chi attualmente la svolge, e come attrattività per quanti, delle future generazioni, vorranno intraprenderle. Decoro e sostenibilità che non possono essere garantite se non con politiche e misure attente, adeguate al ruolo sociale dei professionisti e al bagaglio di competenze ed eccellenza che essi rappresentano;

    Forza Italia ha istituito il dipartimento delle professioni, che ha costantemente prestato ascolto alle problematiche rappresentate delle professioni ordinistiche e non ordinistiche;

    tale comparto viene costantemente «vessato» da novità legislative, come norme fiscali e burocratiche, che comportano un aggravio di incombenze, sottraendo il tempo all'attività professionale;

    si evidenzia, altresì, che recentemente è stato presentato alla Camera dei deputati un documento congiunto Confindustria-Cndced (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili) con cui si fornisce una mappatura delle azioni più urgenti da compiere per migliorare la vita dei professionisti e delle imprese, nell'ottica di una sempre maggiore semplificazione normativa e degli adempimenti, garantendo un rapporto equilibrato tra fisco e contribuenti, attraverso interventi volti:

     a) a introdurre la scadenza annuale dell'esterometro;

     b) a modificare l'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, nel senso di prevedere il ripristino della disciplina di recupero dell'Iva relativa a crediti inesigibili, oggetto di procedure concorsuali, introdotta dalla legge di stabilità per il 2016 e mai entrata in vigore per effetto della legge di bilancio per il 2017;

     c) ad abrogare l'obbligo di utilizzo esclusivo dei canali telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate in caso di compensazione dei crediti di imposta indicati per importi non superiori a 5.000 euro annui;

     d) ad abrogare il meccanismo dello split payment nella considerazione che i benefici (in termini di maggior gettito ascrivibile al bilancio dello Stato) conseguiti con lo split payment saranno realizzati mediante l'uso della fatturazione elettronica obbligatoria per tutte le operazioni rilevanti Iva dal 1° gennaio 2019 o quanto meno a consentire alle imprese un recupero integrale del credito Iva generato dall'applicazione del meccanismo, eliminando i limiti massimi di compensabilità dei crediti d'imposta e contributivi attualmente vigenti (pari a 700.000 euro annui);

     e) a ripristinare definitivamente un termine congruo per esercitare il diritto alla detrazione Iva, stabilendo quale tempo massimo la data di presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno successivo a quello in cui il diritto è sorto;

     f) a riconoscere più tempo per l'emissione della fattura che oggi è emessa entro 20 giorni dall'effettuazione dell'operazione e comunque non oltre il giorno 12 del mese successivo;

     g) a prevedere, nell'ambito degli appalti pubblici, l'esclusione dell'applicazione della sanzione in caso di errata applicazione dell'Iva da parte del cedente o prestatore che si è uniformato a una specifica indicazione dell'ente pubblico appaltante contenuta nel contratto d'appalto o in altri documenti riconducibili all'ente pubblico stesso;

     h) a modificare l'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, eliminando, nell'ultimo comma, la condizione di effettivo pagamento dell'imposta da parte del cessionario/committente ai fini dell'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta che il cedente/prestatore gli ha addebitato in via di rivalsa;

     i) a modificare il termine di registrazione degli atti in termine fisso, attualmente pari a 20 giorni, e renderlo di 30 giorni per tutti gli atti formati in Italia, nonché a riscrivere la tempistica dei termini di presentazione della dichiarazione annuale dell'imposta di bollo assolta in modo virtuale per i soggetti tenuti al versamento dell'acconto;

     l) a rivedere le modifiche introdotte all'articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, ripristinando l'esclusione dalla regola generale di deducibilità (limite del 30 per cento del risultato operativo lordo) degli interessi passivi sui finanziamenti contratti per la realizzazione di beni alla cui produzione è diretta l'attività dell'impresa (ad esempio, gli «immobili merce» delle imprese edili ovvero prodotti alimentari con lungo periodo di maturazione o di invecchiamento);

     m) a semplificare gli adempimenti documentali connessi alle spese per ospitalità clienti, con l'obiettivo precipuo di abrogazione dell'obbligo di raccolta dei dati relativi alle generalità dei soggetti ospitati;

     n) a uniformare i requisiti di accesso al regime della liquidazione Iva di gruppo a quelli valevoli per l'esercizio delle opzioni per il consolidato fiscale nazionale;

     o) a rimuovere la causa di esclusione dal regime forfetario costituita dalla partecipazione in società di persone, associazioni, imprese familiari e società a responsabilità limitata «trasparenti»;

     p) a rimuovere il divieto per le micro-imprese che scelgano di redigere il bilancio in forma abbreviata o ordinaria di applicare, ai fini fiscali, il principio di «derivazione rafforzata», adeguandosi in tal modo la disciplina loro applicabile a quella oggi vigente per tutte le altre società di capitali che non abbiano i requisiti dimensionali per essere qualificate micro-imprese;

    il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha, inoltre, evidenziato come – in virtù dell'impossibilità di una disapplicazione totale degli indici sintetici di affidabilità per l'anno 2018 a causa delle pressanti esigenze di gettito – sia necessario comunque dare spazio ad interventi che provino con successo a mettere ordine nel caos generatosi su questo adempimento, quali:

     a) la rimozione delle criticità riscontrate nel funzionamento di alcuni indici di anomalia con riferimento a tutti i 175 indici sintetici di affidabilità approvati e non solo per gli 89 indici sintetici di affidabilità in revisione nel 2019;

     b) codificazione normativa del principio che gli indici sintetici di affidabilità evoluti si applichino, se più favorevoli per il contribuente, anche ai periodi d'imposta precedenti;

     c) la sperimentalità degli indici sintetici di affidabilità per il 2018 ai fini della formazione delle liste selettive di controllo;

     d) l'introduzione dell'obbligo di parere preventivo della commissione degli esperti in sede di individuazione delle premialità;

     e) la conferma, nell'immediato, della proroga dei termini di versamento prevista, per quanto risulta, dalla manovra di bilancio per il 2020 dal 16 novembre al 16 marzo 2020;

    ancora, per l'anno 2019 Cna, nell'ambito del rapporto «Comune che vai fisco che trovi» dell'Osservatorio sulla tassazione delle piccole imprese in Italia, presentato alla stampa ed alle istituzioni il 17 settembre 2019, ha stimato una sensibile riduzione del total tax rate (-1,5 punti percentuali), strettamente legata all'aumento della quota di Imu deducibile dal reddito d'impresa che, proprio dal 2019, passa dal 20 al 50 per cento. L'ulteriore incremento al 100 per cento della quota di Imu deducibile – già previsto dalla norma, sia pure solo con riferimento all'anno d'imposta 2023 – avrebbe notevoli impatti sulla pressione fiscale: nei comuni nei quali le imprese sono costrette a pagare una Imu molto elevata, infatti, la deducibilità integrale dell'imposta determinerebbe una forma di compensazione tale da ridurre l'iniquità derivante dalla tassazione comunale;

   considerato che nell'ambito della manovra di bilancio per il 2020, alla luce del documento programmatico di bilancio recentemente approvato dal Consiglio dei ministri e inviato a Bruxelles, si prevede non solo l'abrogazione della flat tax al 20 per cento per le partite Iva con redditi tra i 65.001 e i 100.000 euro annui recentemente introdotta dalla legge di bilancio per il 2019, ma anche, con riferimento precipuo alle partite Iva fino a 65.000 euro con flat tax al 15 per cento, una sostanziale revisione dei parametri del «regime dei minimi», con annessa elencazione di quelli che potrebbero essere oggetto di successiva modifica nella manovra. Si parla, infatti, di parametri relativi ai limiti di spese per il personale e beni strumentali fino a 20.000 euro e soprattutto di «esclusione se il reddito è maggiore a 30.000» senza dare particolari indicazioni. Quest'ultimo parametro non meglio specificato potrebbe significare tante cose: ovverosia, che si potrebbero escludere dall'applicazione del regime i contribuenti che nel precedente periodo di imposta hanno realizzato redditi di lavoro dipendente superiori a 30.000 euro, oppure redditi d'impresa o di lavoro autonomo superiori a 30.000 euro, oppure entrambe le cose, oppure addirittura l'introduzione di due diversi regimi fiscali separati in sostituzione di quello attuale, magari un «regime dei minimi», sulla base di quello previsto dalla vecchia normativa del 2011, per i soggetti aventi ricavi o compensi sino a 30.000 euro annui ed un «regime forfettario» per tutti gli altri con ricavi o compensi superiori a 30.000 euro ed entro il limite di 65.000 euro annui. Una soluzione di questo tipo, a doppio regime per le partite iva entro i 65.000 euro, snatura fortemente se non addirittura abroga di fatto anche l'attuale impianto normativo sulla flat tax per le partite Iva al 15 per cento, con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Non si comprende, infatti, perché l'unica concreta misura fino ad oggi assunta a beneficio di giovani o professionisti-medio piccoli debba essere espunta. Non si tratta, certo, di grandi contribuenti contro cui il principio di progressività giustifichi accanimenti fiscali. Non esiste alcuna regione per una simile scelta, se non una sorta di malcelato odio sociale verso i ceti libero-professionali e verso le dinamiche attive e meritocratiche che le caratterizzano. Non bisogna tacere, peraltro, che il nuovo regime, oltre ad agevolare i professionisti, ha prodotto influssi positivi anche per la finanza pubblica, con un aumento degli introiti e l'emersione del nero;

   considerato, infine, che l'impianto generale della manovra di bilancio per il 2020, per quanto risulta, dovrebbe prevedere, alla luce di quanto descritto dal documento programmatico di bilancio recentemente approvato dal Consiglio dei ministri e inviato a Bruxelles, un diluvio di interventi minuti tesi a recuperare anche le briciole delle tasse, con conseguente aggravio di costi, adempimenti e sanzioni che si abbatterebbero inopinatamente nei confronti degli esercenti commerciali, addirittura definiti «infedeli» quasi a voler criminalizzare nel sentire collettivo l'intera categoria di riferimento,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire presso i Ministeri vigilanti sulle professioni tavoli di lavoro o osservatori permanenti che prevedano la partecipazione dei rappresentanti di ogni professione e che permettano una costante concertazione sui principali temi che riguardano i professionisti e un dialogo teso a semplificarne l'attività;

2) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, atta a garantire l'applicazione del principio dell'equo compenso commisurato alla quantità e qualità del lavoro prestato, già contemplato nell'articolo 13-bis della legge professionale forense, introdotto con la legge di bilancio per il 2018, garantendone l'applicazione a tutte le prestazioni professionali con soggetti diversi dai consumatori o dagli utenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, abbiano gli stessi natura pubblica o privata, ed estendendone l'applicazione alle prestazioni dei professionisti iscritti agli ordini di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, nonché, per quanto compatibili, a tutti i liberi professionisti;

3) a considerare l'opportunità di adottare iniziative normative, per ogni singola professione vigilata dal Ministro della giustizia, che individuino parametri specifici per l'applicazione dell'equo compenso da parte del giudice per la liquidazione giudiziale dei compensi, nonché dalle parti in assenza di un accordo specifico, rendendo autonome le professioni diverse da quella forense e garantendo una tutela specifica per ognuna di loro;

4) a promuovere ogni opportuna iniziativa per dare la possibilità ai consigli nazionali delle professioni vigilate dal Ministero della giustizia, nonché alle associazioni che rappresentano le professioni non ordinistiche, a segnalare violazioni alla normativa sull'equo compenso sia presso il Ministero vigilante, sia presso l'autorità giudiziaria nei casi più gravi;

5) a considerare l'opportunità di assumere iniziative per sottoporre a revisione i compensi per i consulenti tecnici di ufficio ausiliari della giustizia, la cui tariffazione è regolata dal testo unico sulla giustizia che richiama la legge n. 319 del 1980, ormai obsoleta e non in linea con il principio dell'equo compenso, tenuto conto che gli onorari attualmente sono commisurati al tempo impiegato dai professionisti a svolgere l'incarico e valutati poco più di 4 euro l'ora, parametro che, anche alla luce delle nuove incombenze previste in materia fallimentare, appare assolutamente anti storico e non adeguato;

6) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per rendere maggiormente fruibili gli strumenti della volontaria giurisdizione e razionalizzare i tempi dei connessi procedimenti, con chiari benefici in termini deflattivi;

7) ad adottare tutte le iniziative più opportune, anche d'intesa con la rete delle professioni tecniche e con i rappresentanti del terzo settore, per coordinare le norme in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, quali il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996, il decreto ministeriale n. 236 del 1989, la legge sui piani di eliminazione delle barriere architettoniche, di fatto mai attuati, e la legge n. 104 del 1992 in un testo unico sull'abbattimento delle barriere architettoniche e sull'accessibilità;

8) ad assumere iniziative, anche in collaborazione con la Federazione nazionale dei chimici e dei fisici, per valorizzare la figura professionale dei chimici e dei fisici;

9) ad adottare iniziative, anche normative, finalizzate a declinare nell'ambito dell'ordinamento le proposte individuate dal documento congiunto Confindustria-Cndced (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili), al fine di porre rimedio ad alcune criticità particolarmente evidenti soprattutto nell'operatività dei sostituti di imposta e nel settore Iva, che complicano la gestione delle imprese nonché degli studi professionali dei commercialisti attraverso gli interventi evidenziati in premessa;

10) ad adottare iniziative volte ad una maggiore semplificazione normativa attraverso la rimozione di alcune distorsioni strutturali che rendono l'ordinamento opaco e di difficile lettura nei suoi obiettivi e nel coordinamento tra le diverse discipline di imposta e tra i diversi comparti dell'ordinamento;

11) ad adottare iniziative normative finalizzate a garantire un rapporto fra fisco e contribuenti, valorizzando, con particolare riferimento a imprese e libere professioni, gli istituti della cooperazione e del controllo del rischio fiscale e garantendo la certezza del diritto e la proporzionalità della risposta sanzionatoria;

12) ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata a risolvere le problematiche sollevate dalla sostituzione degli studi di settore con gli indicatori sintetici di affidabilità, in particolare accogliendo, anche con provvedimenti normativi, le proposte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili evidenziate in premessa;

13) a prevedere una specifica iniziativa normativa che affronti in modo organico e coordinato il tema della sicurezza degli operatori sanitari nell'espletamento delle loro prestazioni professionali, anche prevedendo il conferimento agli stessi della qualifica di pubblico ufficiale, durante le loro funzioni, con la connessa procedibilità d'ufficio per i reati commessi contro questi ultimi nell'esercizio delle loro funzioni professionali, al fine di arginare il fenomeno dell'aggressione ai «camici bianchi», sempre più diffuso negli ultimi tempi;

14) ad adottare iniziative per rimodulare ed implementare le risorse dedicate al settore delle prestazioni veterinarie sia nel settore privato che in ambito pubblico;

15) ad adottare iniziative per rivedere le disposizioni introdotte con la legge n. 124 del 2017, che ha consentito l'accesso alla titolarità delle farmacie anche alle società di capitali, senza la previsione – contrariamente a quanto stabilito dalla normativa vigente per le altre società tra professionisti – di alcuna riserva di partecipazione ai soci professionisti;

16) ad adottare iniziative per stanziare le risorse necessarie per l'attuazione della farmacia dei servizi, prevista dalla legge n. 69 del 2009, dal decreto legislativo n. 153 del 2009 e successivi decreti attuativi in tutte le regioni italiane;

17) a porre in essere ogni iniziativa utile per il celere rinnovo della convenzione nazionale che disciplina i rapporti con le farmacie pubbliche e private e che risale ormai a più di venti anni fa (decreto del Presidente della Repubblica n. 371 del 1998);

18) a intraprendere ogni utile iniziativa finalizzata ad equiparare lo status contrattuale ed economico dei laureati in farmacia e in altre lauree sanitarie non mediche che afferiscono alle scuole di specializzazione di area sanitaria, disciplinate dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 1° agosto 2005, e successive modificazioni, a quello dei laureati in medicina;

19) ad adottare iniziative per sospendere l'obbligo di emissione della fattura elettronica per tutti i soggetti privati non esenti fino al 1° gennaio 2022 o ad estendere a tutto il primo anno di applicazione del nuovo obbligo di fatturazione elettronica il regime sanzionatorio più mite che è stato introdotto dal «decreto fiscale 2019»;

20) ad adottare iniziative per innalzare la soglia della «no tax area», esentando dal pagamento dell'Irpef tutti i contribuenti, lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e pensionati con un reddito non superiore a 13.000 euro;

21) a valutare la possibilità di adottare iniziative per detassare gli investimenti operati dalle casse dei professionisti in economia reale, ovvero la ridurre la tassazione dal 27 al 12,5 per cento come previsto per i titoli di Stato;

22) ad adottare iniziative volte a rendere, alla luce delle evidenze del Rapporto Cna «Comune che vai, fisco che trovi», l'Imu pagata sugli immobili strumentali delle imprese completamente deducibile dal reddito d'impresa a partire dall'anno d'imposta 2019, nella considerazione che la completa deducibilità dell'Imu dal reddito d'impresa, oltre a determinare un effetto importante sul total tax rate della piccola impresa, porterebbe maggiore equità nella tassazione, perché apporta maggiori benefici di riduzione della tassazione erariale alle imprese più vessate dalla tassazione comunale sugli immobili;

23) ad astenersi dall'adottare improvvide iniziative normative capaci solo di snaturare la recente riforma del regime forfettario per le partite Iva fino a 65.000 euro cui è applicata una flat tax pari al 15 per cento, nonché ad adottare iniziative per rivedere l'abrogazione della previsione contenuta nella legge di bilancio per il 2019 relativa all'estensione della platea dei beneficiari fino alla soglia dei 100.000 euro, con flat tax pari al 20 per cento;

24) ad adottare iniziative, anche nell'ambito dell'imminente disegno di legge di bilancio, volte a ridurre costi, adempimenti e sanzioni a carico degli esercenti commerciali, senza alcun tipo di strategia effettiva contro l'evasione fiscale, nonché a evitare l'eccessiva polverizzazione del sistema tributario e la depressione dell'economia reale.
(1-00269) «Mandelli, Gelmini, Zanettin, Giacomoni, Porchietto, Martino, Baratto, Cattaneo, Angelucci, Giacometto, D'Ettore, Cannizzaro, Pella, D'Attis».


   La Camera,

   premesso che:

    l'idrovia Padova-Venezia, della lunghezza di 27 chilometri e mezzo, inizia nell'area dell'interporto di Padova (zona industriale) e termina nella laguna veneta, raggiungendo il canale di grande navigazione Malamocco-Marghera;

    incompiuta, in quanto priva della parte centrale, oggi è visibile in due tratti a valle di Padova e nella parte terminale del suo percorso. Attualmente essa non è scavata nel tratto compreso tra la Cunetta di Brenta e il Canale Novissimo. Era stata progettata per il traffico di chiatte fluviali di dimensioni di 80 x 9,5 x 2,5 metri, con una capacità massima di 60 Teu (circa 1.320 tonnellate);

    la sua storia nasce nel 1955, sulla base di un'idea delle camere di commercio di Padova e Venezia, con un progetto elaborato dal genio civile di Venezia. La prima autorizzazione di spesa fa riferimento alla legge n. 92 nel 1963. La costituzione del Consorzio per l'Idrovia Padova-Venezia è del 1965. I lavori iniziano nel 1968, ma vanno avanti con ritardi e a singhiozzo, fino alla soppressione del Consorzio nel 1988;

    in seguito la legge n. 16 del 2000, che ratificava l'accordo europeo sulle grandi vie navigabili d'importanza internazionale (Accord européen sur les grandes voies navigables d'importance internationale (AGN), sottoscritto a Ginevra il 19 gennaio 1996), ha incluso nella lista di vie navigabili d'importanza nazionale il canale Venezia-Padova (annexe I dell'articolo 1). Analogamente ha previsto nel 2012 il «Blue book» della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite. Tali riconoscimenti non hanno consentito il riavvio dell'opera;

    recentemente l'Idrovia è tornata al centro del dibattito per la possibilità di essere utilizzata come scolmatore delle piene sia del fiume Bacchiglione che del Brenta. L'esigenza di regimentare questo sistema fluviale si è posta come indifferibile dopo l'alluvione del 2010, ma eventi di piena si sono registrati nel novembre 2011, tra gennaio e febbraio 2014 e nell'aprile 2017. Anche a fine ottobre 2018 si è registrata una piena di 5 metri;

    tale situazione è ampiamente conosciuta e documentata, sia da indagini commissionate dalla regione Veneto (studio Ing. Mazzucato, indagine del 2014) che da rilevamenti degli anni 2017 e 2018 sul fiume Brenta e sul Bacchiglione. Le alluvioni si possono riproporre anche ad intervalli brevi, mettendo a rischio la vita delle persone, ed i costi dei danni che producono sono superiori a quelli delle opere necessarie ad evitarle. La diversione delle acque tramite l'idrovia consentirebbe di far defluire, senza esondazioni, piene con portate al colmo a 1900-2000 m3/s, mitigando sensibilmente il rischio idraulico cui è attualmente esposta una parte importante del territorio del vicentino, del padovano e dei comuni della città metropolitana di Venezia;

    la provincia di Padova è da sempre soggetta a fenomeni alluvionali. La rovinosa alluvione del novembre 2010 ha mostrato in maniera drammatica come la cementificazione e la mancata attuazione degli interventi prospettati dalla commissione De Marchi dopo l'alluvione del 1966 (che fu di 11,53 metri s.l.m.) abbiano reso il territorio veneto fragile e vulnerabile a fronte della minaccia dei fiumi (si veda: Luigi d'Alpaos, «I rischi di inondazione nella Provincia di Padova», in Padova e il suo territorio, n. 119, Febbraio 2006);

    nel febbraio 2016 la conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta ha approvato e inviato all'autorità di bacino, una mozione che chiede l'inserimento dell'Idrovia fra le opere da progettare e iniziare entro il 2021, con riferimento al piano di bacino approvato, in via definitiva, nel dicembre 2015;

    nello stesso anno, dopo aver presentato uno specifico bando due anni prima, la giunta regionale del Veneto ha ripreso i vecchi progetti del genio civile, presentando la progettazione preliminare con la supervisione dell'università di Padova. Tale progettazione ha stabilito la quota di regolazione del livello dell'idrovia (+4 metri sul medio mare), oltre il natante di riferimento più adatto per l'idrovia, con requisiti di adeguatezza per transitare sotto tutti i 12 ponti esistenti. Nel progetto della regione Veneto, mediante riutilizzo dei materiali di scavo, sono previste opere di valorizzazione ambientale oltre alla pista ciclopedonale, che da Padova porterà fino a Venezia;

    ad esaltare il ruolo di collegamento tra Padova e la laguna veneta che l'Idrovia riveste, si segnala che, nel corso dell'istruttoria, gli uffici della regione hanno sentito anche i rappresentanti dell'autorità portuale di Venezia, in considerazione del fatto che l’iter relativo alla realizzazione del porto d'altura di Venezia al largo di Malamocco si trovava in fase alquanto avanzata. Il nuovo piano regolatore dovrà permettere al porto di Venezia di rimanere competitivo rispetto agli orizzonti temporali di pianificazione infrastrutturale europea 2030 e 2050: una via acquea di collegamento consentirebbe a Padova di utilizzare direttamente il nuovo porto;

    altro aspetto importante dell'opera, segnalata dal magistrato delle acque, sarebbe la funzione di apporto di sedimenti alla laguna Veneta, la quale soffre di perdita dei bassi fondali, passati dai 168 chilometri quadrati del 1930 ai 60 chilometri quadrati del 2000, con perdita di sedimenti di 2,2 milioni di metri cubi l'anno, nonostante il fatto che il magistrato abbia realizzato strutture morfologiche con il riuso di 19,5 milioni di metri cubi negli ultimi 30 anni (si veda https://slideshare.net);

    a fronte dei positivi e convergenti riscontri, la regione Veneto, sempre nel 2016, ha incluso il completamento dell'idrovia Padova-Venezia tra le opere immediatamente cantierabili, ritenendo urgente realizzarla quanto prima come scolmatore del Brenta e del Bacchiglione, salvo poi, a completamento del progetto, ampliarne la funzione a via navigabile. Esaurite le procedure preliminari, l'opera è finalmente fattibile, ma occorrono adeguate risorse;

    nel corso del 2018 e del 2019 ben 31 consigli comunali della provincia di Padova e della città metropolitana di Venezia, rappresentativi di un territorio con oltre 500.000 abitanti, hanno approvato mozioni ed ordini del giorno, indirizzati alla regione Veneto, con la richiesta di procedere all'esecuzione del progetto definitivo dell'opera denominata «idrovia Padova-Venezia con funzione anche di scolmatore»;

    nel mese di ottobre 2019 numerose associazioni hanno scritto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al presidente della regione Veneto, a tutte le autorità competenti, compresa la magistratura, per affrontare con urgenza il rischio di alluvione che interessa il territorio attraversato dai fiumi Brenta e Bacchiglione da Padova al mare. Nell'ambito di questa iniziativa la stessa Legambiente Padova ha definito l'idrovia Padova-Mare «l'unica grande opera necessaria»;

    l'Unione europea ha rilanciato le vie navigabili attraverso la revisione delle reti strategiche di trasporto (Ten-T) e lo sviluppo del programma Naides, giunto ormai alla fase Naiades II. Si vuole che il 30 per cento delle merci dell'Unione sia trasportato con metodi più puliti e questa previsione comprende l'utilizzo dei suoi 37.000 chilometri di vie navigabili interne. La quota del trasporto unionale per via navigabile è oggi al 6 per cento, una percentuale ferma dal 2001;

    per potenziare la navigazione interna, Bruxelles sta spendendo il 7 per cento del fondo Connected Europe dotato di 24 miliardi di euro nell'attuale bilancio settennale, per collegare i corsi d'acqua nei corridoi di trasporto Ten-T, aggiungere collegamenti mancanti e integrare meglio il traffico di chiatte con altri modi di spedizione merci. Ma questa è una frazione dei 13 miliardi di euro necessari per eliminare le strozzature entro il 2030;

    il 14 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su Naiades II – un programma di azione a sostegno del trasporto sulle vie navigabili interne (2018/2882(RSP)) sollecitando la Commissione «... ad aggiornare e rinnovare il programma NAIADES entro il 2020 al fine di garantire che il potenziale del trasporto sulle vie navigabili interne... sia sfruttato...»;

    nell'Allegato infrastrutture del documento di programmazione economica e finanziaria (oggi documento di economia e finanza) del 2011, il Governo pro tempore affermava di voler recuperare i 990 chilometri di rete e canali fluviali ubicati nel settentrione d'Italia dove è movimentato il 60 per cento delle merci del Paese e in tale ambito di voler recuperare l'asta idroviaria/scolmatore Padova-Venezia, catalogandola nella generica e atemporale voce «attività programmate»;

    l'Unione europea ha stanziato risorse per la sicurezza idraulica dei territori all'interno dei fondi strutturali di ciascuna programmazione settennale. Secondo i dati del dipartimento per le politiche di coesione, nell'ambito dei programmi operativi, in particolare a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), relativamente alle programmazioni 2007-2013 e 2014-2020, l'Italia ha ricevuto dall'Unione europea 1,6 miliardi di euro in 14 anni per il contrasto al dissesto idrogeologico. In tale ambito le regioni italiane hanno presentato circa 700 interventi, ma ne hanno conclusi appena 333, meno della metà, per un ammontare di pagamenti che si aggira sui 320 milioni di euro (il 20 per cento di quanto ricevuto);

    di contro, dal 2002 il fondo di solidarietà dell'Unione europea per far fronte a catastrofi naturali dal 2002 all'aprile 2019 ha erogato 5,2 miliardi: ben 2,5 miliardi di euro (ossia quasi la metà) sono andati al nostro Paese, che, per quanto fragile e fortemente antropizzato, rappresenta solo l'8 per cento del totale della superficie dell'Unione e poco più del 12 per cento, in termini di popolazione. È stato dimostrato che, per ogni euro investito nella prevenzione delle alluvioni, se ne risparmiano circa sei, necessari per la riparazione dei danni conseguenti,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza, coordinandosi con la regione Veneto, al fine di individuare le risorse necessarie al completamento dell'idrovia Padova-Venezia, destinata nell'immediato a regimentare il livello delle acque nei casi di esondazione dall'alveo del sistema fluviale Bacchiglione-Brenta, sulla base della progettazione già approvata dalla regione medesima, prevedendo che le opere d'urgenza siano realizzate tenendo conto della possibilità di trasformare il canale scolmatore in idrovia di V classe.
(1-00270) «Caon, Cortelazzo, Baratto, Bendinelli, Zanettin, Mazzetti, Labriola, Ruffino, Giacometto, Casino, Marin».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni II e XII,

   premesso che:

    a tre mesi dall'entrata in vigore del cosiddetto codice rosso, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 25 luglio 2019 della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», il bilancio della dottrina e, in particolare, degli avvocati matrimonialisti, non è positivo;

    la novella normativa ha modificato la disciplina penale, sia sostanziale che processuale, della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione, ma, nonostante ciò, la media delle donne vittime di violenza domestica rimane ancora troppo alta: una ogni due giorni;

    gli ultimi dati disponibili, relativi al 2018, parlano di una crescita di denunce ed arresti e di un andamento ondivago dei cosiddetti reati-spia: maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali. I casi di stalking da gennaio a settembre 2018 sono stati 8.414; i soggetti ammoniti per stalking sono aumentati del 23 per cento nel periodo esaminato (passando da 672 a 827);

    i maltrattamenti in famiglia sono stati 10.204, contro i 10.682 del 2017 (-4,47 per cento); il numero di soggetti ammoniti per violenza domestica, invece, è cresciuto del 31,5 per cento (da 409 a 538). I casi di violenza sessuale sono stati 2.977; l'azione di contrasto svolta dalle forze di polizia ha portato alla segnalazione all'autorità giudiziaria di 3.217 presunti autori di reato nel periodo gennaio-agosto 2018, a fronte di 3.011 nello stesso periodo del 2017 (+6,84 per cento);

    in un anno, tra il 1° agosto del 2017 e il 31 luglio del 2018, secondo il Censis, sono state 120 le vittime di femminicidio in Italia. Mentre è ancora in divenire il triste elenco del 2019: nei primi tre mesi il trend sembrava in diminuzione, ma l'ultimo periodo, a partire dal mese di giugno, potrebbe aver nuovamente alzato la media;

    alla base di questo amaro giudizio, avvalorato dalle dichiarazioni dello stesso presidente degli avvocati matrimonialisti (Ami), Gian Ettore Gassani, c'è un'unica considerazione, ovvero «non riusciamo a capire che le leggi devono essere accompagnate da grandi investimenti economici»;

    queste stesse preoccupazioni erano state espresse a ridosso dell'approvazione della legge, quando diverse associazioni femminili avevano fatto presente la necessità di un supporto concreto sia per rafforzare il sistema dei centri nei quali le donne si rifugiano quando abbandonano la casa familiare a seguito di una violenza, sia per realizzare un più ampio progetto educativo capace di incidere nella mentalità e nella cultura, anche attraverso percorsi di formazione che partono dalle scuole;

    un'altra lacuna non trascurabile in un'ottica di concreta attuazione delle riforme e, in particolare, delle riforme penali è la carenza di personale, piaga irrisolta dell'Italia, perché se, da un lato, si accelerano le procedure e si inaspriscono le pene, dall'altro è indispensabile rafforzare gli organici. Il «codice rosso» non potrà mai portare davvero risultati se i centri anti-violenza chiudono e se la pianta organica dei magistrati vede una carenza di almeno 2 mila unità. Il magistrato, di fatto, non ha la possibilità di sentire la vittima di violenza domestica entro tre giorni dalla denuncia, come disposto per legge, e su cui, comunque, Fratelli d'Italia aveva chiesto l'introduzione della scelta da parte della vittima nell'applicazione del termine cogente, al fine del rispetto dei temi emotivi della donna, se il carico di lavoro è eccessivo per il numero di magistrati in servizio;

    secondo la Convenzione sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica – meglio nota come «Convenzione di Istanbul» – adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011 ed entrata in vigore il 1° agosto 2014, è necessario seguire tre obiettivi: prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime;

    al momento, dunque, il «codice rosso» rimane indubbiamente un segnale culturale, una presa di coscienza, rappresenta certamente un passo in avanti nella battaglia e nel contrasto alla violenza di genere, ma non è in grado di offrire risposte efficaci, perché è difficile capire come si possano intraprendere azioni di tutela, formazione del personale e di prevenzione a invarianza finanziaria (articolo 21);

    inoltre, l'educazione deve diventare parte integrante della prevenzione, sia in ambito familiare sia in ambito scolastico, perché la donna dovrebbe essere il nucleo essenziale di una famiglia che la rispetta, la tutela, e quella famiglia deve essere il nucleo essenziale di una società;

    ogni atto di violenza contro una donna rappresenta l'impotenza dello Stato di difendere quelle donne e tutto questo va cambiato;

    più di ogni altro provvedimento, il «codice rosso» è, innanzitutto, un avanzamento culturale che deve procedere in corsia preferenziale, perché si discute di dignità, di protezione, si discute della libertà delle donne. Tre concetti che sono tra di loro concatenati, perché non c'è dignità senza protezione e non c'è libertà senza dignità; quindi, prima ancora di parlare dell'inclusione sociale, del superamento del salary gap e di tutto ciò che ha a che fare con la collocazione economica delle donne nella società, si deve partire dal presupposto che non ci debba essere, in una società moderna, spazio per la sopraffazione fisica di nessuno, in particolare, delle donne,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative, stanziando le risorse necessarie anche in occasione del prossimo disegno di legge di bilancio, per:

    a) prevedere percorsi di specializzazione per avvocati, magistrati e forze dell'ordine, perché la velocità delle decisioni può fare la differenza tra la vita e la morte;

    b) prevedere specifici percorsi di preparazione e formazione sul fenomeno della violenza di genere per il personale socio-sanitario;

    c) implementare i posti letto messi a disposizione per chi fugge dalle mura domestiche (secondo dati ufficiali, mancano più di 5 mila posti letto), teatro dell'80 per cento dei maltrattamenti, prevedendo anche misure di controllo sull'utilizzo dei fondi pubblici, se è vero che di quelli disponibili ne sono stati spesi solo lo 0,02 per cento;

    d) sostenere la donna al fine di garantire la libera scelta e di poterne rispettare i tempi di elaborazione emotiva e psicologica, rispetto all'obbligo del magistrato di sentirla entro tre giorni dalla denuncia, assicurando altresì un adeguato contesto nell'audizione e nel supporto di figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

    e) creare le condizioni per un effettivo funzionamento dei centri antiviolenza, anche attraverso la previsione di percorsi di assistenza per le donne vittime di violenza domestica e i loro figli;

    f) prevedere percorsi di inserimento nel mondo del lavoro per le donne vittime di violenza domestica e di genere;

    g) prevedere un ampio progetto educativo di sensibilizzazione e informazione su tali temi e promuovere specifici corsi di difesa personale.
(7-00350) «Varchi, Bellucci, Maschio, Lucaselli, Frassinetti, Rampelli, Deidda, Montaruli, Galantino, Zucconi, Foti, Baldini, Osnato, Ferro, Mantovani, Caiata, Donzelli, Delmastro Delle Vedove, Rotelli, Bucalo, Luca De Carlo, Ciaburro, Trancassini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    le isole Canarie sono un grande arcipelago di sette isole maggiori e altre isolette situate nell'oceano Atlantico al largo dell'Africa nord-occidentale, e formano una comunità autonoma della Spagna. Grazie alla loro posizione geografica, le isole Canarie sono la regione più meridionale e occidentale della Spagna e quindi conseguentemente dell'Unione europea;

   il Ref il Ric, rispettivamente Régimen Econòmico Fiscal canario e Reserva Imouestas de Canarias, sono alcuni dei più generosi benefici fiscali concessi alle attività imprenditoriali e alle persone fisiche per promuovere gli investimenti nell'arcipelago. Si tratta di una forma di vantaggio fiscale che ha attirato molte piccole e medie imprese di connazionali;

   più precisamente, in Spagna gli italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) nella circoscrizione consolare di Barcellona sono 86.405, mentre in quella di Madrid sono 96.095, per un totale di 182.500 cittadini italiani nel Paese dei Borbone;

   in particolare, negli ultimi anni, il numero di italiani alle Canarie è quasi raddoppiato e, nel 2018, si sono registrati quasi 46.000 italiani residenti, il che significa un aumento di circa l'87 per cento dal 2008 allo scorso anno. Tra questi quasi un terzo sono pensionati che, attirati dai minore costo della vita, dal clima incredibilmente gradevole e dalla alta qualità della vita, hanno deciso di trascorrere il loro pensionamento proprio in questo arcipelago spagnolo. Il resto, si divide tra imprenditori e giovani lavoratori, impiegati per lo più nel settore del turismo e della ristorazione e delle crociere;

   grazie al clima mite l'arcipelago delle Canarie è inoltre meta di turismo europeo e, in particolare di italiani tutto l'anno, nonché di italo-venezuelani e italo-argentini che hanno trovato rifugio dalla crisi politica ed economica dei loro Paesi;

   sarebbe opportuno poi valutare, qualora il consolato fosse aperto, di inserirlo nel progetto pilota del Ministero dell'interno nell'elenco dei consolati autorizzati al rilascio della Cie – carta di identità elettronica,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative più utili per l'apertura di un consolato italiano nell'arcipelago delle Isole Canarie, considerate le più generali necessità di assistenza amministrativo-consolare per il crescente numero di italiani residenti e di passaggio, così come la difficoltà di un costoso e lungo viaggio per raggiungere in caso di bisogno il consolato generale italiano di Madrid.
(7-00349) «Migliore, Ungaro, Librandi».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    in base ai dati Istat 2018, rielaborati dal Centro per la ricerca in agricoltura (Crea), la superficie coltivata ad agrumi si aggira intorno ai 144.970 ettari con una produzione di 2,63 milioni di tonnellate. L'Italia è il 13° esportatore ed il 10° importatore di agrumi al mondo. Le coltivazioni agrumicole incidono per il 9 per cento sulla produzione lorda vendibile e costituiscono circa il 12 per cento delle superfici coltivate a orto frutta. La Sicilia è la regione con la maggiore superficie coltivata, con il 62 per cento delle superfici nazionali. Seguono la Calabria con il 24 per cento, la Puglia con il 7 per cento e altre regioni con il 7 per cento. Questi dati evidenziano come questo comparto sia strategico da un punto di vista produttivo per il nostro Paese;

    nonostante le produzioni agrumicole nazionali rappresentino un'eccellenza dal punto di vista qualitativo, riconosciuta anche all'estero, e sebbene un recente incremento della superficie aziendale media, il sistema soffre di un'eccessiva polverizzazione dell'offerta e di una scarsa aggregazione che favorisce i competitor esteri, sia dell'Unione europea (Spagna) sia del bacino del Mediterraneo (Egitto, Marocco, Turchia). La bilancia commerciale 2017/2018 è negativa, con un disavanzo di 146 milioni di euro tra import ed export;

    gli operatori del settore agrumicolo partendo dai vivaisti fino agli agricoltori, una rete che occupa migliaia di addetti, sono oggi seriamente preoccupati per i problemi derivanti dalla presenza di diversi patogeni: negli ultimi anni il settore è stato colpito da diverse problematiche fitopatologiche;

    il Citrus Tristeza Virus (Ctv) è responsabile della patologia degli agrumi che viene denominata «tristeza», è esplosa a partire dal 2002 in Sicilia, Calabria e Puglia. La quantificazione delle aree infette, a oggi riguarda 36.000 ettari infetti su 90.000. Si parla di un danno nel biennio 2016-2017 di oltre 800.000 tonnellate di agrumi italiani. Il Crea ha chiarito che ci si trova di fronte alla necessità di impiantare un totale di oltre 15.000.000 di nuove piante resistenti al virus, al costo di 22-25.000 euro l'ettaro;

    il mal secco degli agrumi (Phoma tracheiphyla) è grave patologia fungina che colpisce gli agrumi e spesso non lascia scampo, soprattutto se non si interviene correttamente. La malattia attacca tutti gli agrumi, ma in modo particolare il limone, seguito da cedro e bergamotto. Tuttavia, può essere prevenuta con una corretta gestione degli innesti, delle potature, delle concimature;

    il Phyllosticta citricarpa o GuignardiacitricarpaKiely è fungo responsabile del black spot, le cui segnalazioni nei porti europei (anche italiani quindi) sono state superiori ai limiti di sicurezza in più occasioni, su partite provenienti dalla Tunisia, dal Sud-Africa e dai Paesi sudamericani aderenti al Mercosur, firmatari di un recente accordo commerciale con l'Unione europea. Questo è un patogeno al momento non presente nei nostri areali, ma che causa danni commerciali gravissimi. Nei Paesi dove è diffuso, la lotta è particolarmente gravosa per l'agrumicoltore. La sua presenza è stata rinvenuta anche su piante ospiti non appartenenti al genere Citrus, come il mandorlo o piante ornamentali come la camelia, la magnolia ed altre;

    altri agenti patogeni sono: il Xanthomonas axonopodis, batterio responsabile del Citrus canker, non presente nei nostri areali; il Candidatus liberibacter, agente batterico del Greening (Hanglongbin) degli agrumi, che dispiega la sua pericolosità tramite diversi ceppi e numerosi vettori; la Xylella fastidiosa, conosciuta per i danni causati all'olivo in Puglia, poco nota per i danni che potrebbe causare, con alcuni suoi ceppi, agli agrumi;

    il 21 febbraio 2019, a seguito delle concertazioni con le parti produttive intervenute nel corso del tavolo agrumicolo, è stato approvato in Conferenza Stato-regioni lo schema di decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per la ripartizione delle risorse del fondo nazionale agrumicolo, le cui risorse disponibili sono pari a 10 milioni di euro (6 milioni per il 2019 e 4 milioni per il 2020). La norma prevede tre aree di intervento, attribuendo risorse, in particolare, per 8 milioni di euro per la concessione di contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende agrumicole danneggiate dal virus «Tristeza» (arance) e dal «Mal Secco» (limoni);

    il decreto-legge n. 27 del 2019, cosiddetto «decreto emergenze», prevede uno stanziamento di 5 milioni di euro per il sostegno del settore agrumicolo, riconoscendo un contributo destinato alla copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti, al fine di contribuire alla ristrutturazione di tale settore. Al momento, il decreto previsto dall'articolo 9 del decreto, che doveva reso operativo entro il 28 giugno 2018, risulta ancora non emanato;

    il settore agrumicolo nazionale da diversi anni subisce i contraccolpi delle importazioni più o meno regolamentate di prodotto dall'estero senza passaporto verde e con bassi costi di produzione. Gli agrumi coltivati nei Paesi emergenti, in particolare quelli della sponda Sud del Mediterraneo, con i quali l'Unione europea ha sottoscritto gli accordi euromediterranei, spuntano prezzi di mercato notevolmente più bassi rispetto a quelli italiani;

    ciò è possibile in forza dell'uso indiscriminato di pesticidi illegali nell'Unione europea e del costo di manodopera che è assolutamente inferiore a quello sostenuto dagli agricoltori italiani. Gli elevati standard richiesti per la sicurezza nei luoghi di lavoro, i notevoli costi dei fattori di produzione, la limitata disponibilità di agro-farmaci consentiti nelle coltivazioni, incidono in maniera determinante sulla redditività delle aziende agrumicole nazionali rendendole meno competitive. Ne è derivato un crollo dei prezzi, che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori;

    in questa legislatura, già ad ottobre 2018 era stata segnalata al Ministero dalle associazioni agricole la preoccupazione derivante dalla richiesta sui mercati agricoli di grandi quantità di arance bionde spagnole effettuata da parte di commercianti italiani. In passato, le stesse associazioni avevano più volte segnalato il fenomeno della vendita fraudolenta di agrumi esteri spacciati per italiani;

    i dazi che gli Stati uniti, dal 18 ottobre 2019, applicheranno alle produzioni agroalimentari europee colpiranno anche le esportazioni di agrumi italiani. Nella lista definitiva dei prodotti europei che saranno sottoposti ai dazi aggiuntivi del 25 per cento compaiono le clementine, i mandarini, i limoni e succhi, concentrati e non;

    stenta a decollare, essenzialmente per mancanza di risorse, il programma nazionale di certificazione volontaria degli agrumi gestito dal Crea-Ofa, voluto dal Ministero, volto a produrre il primo materiale di propagazione, con controlli fitosanitari e di corrispondenza varietale estremamente severi, al fine di assicurare al settore vivaistico di poter disporre di piante certificate e di elevata qualità,

impegna il Governo:

   a definire una rigorosa programmazione degli interventi per il rilancio del settore agrumicolo nazionale, mediante potenziamento del piano agrumicolo nazionale, al fine di individuare soluzioni di lungo periodo, avviando altresì l'annunciato tavolo partenariale con i soggetti della filiera agrumicola nazionale al fine di imprimere un nuovo impulso al settore;

   a rafforzare l'attività dei vari organi ispettivi nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera, sino ai magazzini di insilamento di prodotti alimentari provenienti da Paesi terzi, al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa qualità o contenenti residui di sostanze pericolose per la salute umana;

   a richiedere la revisione, in sede Unionale, degli accordi in materia di liberalizzazione degli scambi con Paesi terzi dei prodotti agricoli, in considerazione del fatto che essi provocano gravi perturbazioni al mercato nazionale e segnatamente alle filiere produttive delle regioni meridionali del nostro Paese, in particolare degli accordi Euro mediterranei siglati con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo e dell'accordo con i Paesi del Mercosur sudamericano, al fine di introdurre in tali ambiti il rafforzamento del «principio di precauzione» e del «principio di reciprocità»;

   a delineare un piano di azione efficace per evitare o contenere i danni di un ingresso involontario di nuovi organismi rafforzando il controllo fitosanitario alle frontiere, implementando le misure di quarantena e adottando le iniziative di competenza per rafforzare i servizi fitosanitari che devono essere messi nelle condizioni di operare con tempestività direttamente nei punti di ingresso;

   in tale ambito a spostare l'attenzione anche su altre specie vegetali, comprese le piante ornamentali, in ingresso nel nostro Paese, che possono essere ospiti secondari di patogeni o dei loro vettori;

   ad adottare iniziative per rafforzare il sistema di «certificazione degli agrumi» con investimenti sulle strutture esistenti, al fine di renderle efficienti, prevedendo un piano di interventi nel quale i patogeni presenti, anche se non letali o tollerati, vengano gradualmente eliminati;

   ad avviare, secondo le modalità già sperimentate nel mese di gennaio 2018, una campagna di ritiro e distribuzione nelle mense scolastiche o agli indigenti delle eccedenze di produzione e degli agrumi rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato, promuovendo anche azioni coordinate con la grande distribuzione organizzata per superare la crisi del settore agrumicolo italiano;

   ad adottare una specifica campagna di promozione dei prodotti agrumicoli italiani, anche in relazione al consumo consapevole e ai benefici per la salute, con il coinvolgimento delle scuole.
(7-00348) «Spena, Nevi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a seguito degli episodi del 2002 e del 2017 che hanno portato alla rilevazione della presenza, nelle acque destinate al consumo umano, di sostanze estranee, seppur in quantitativi molto al di sotto dei limiti di legge, è stata evidenziata la potenziale interferenza delle infrastrutture del Traforo del Gran Sasso e dei laboratori nazionali dell'istituto di fisica nucleare (Infn) con il sistema idrico ed è stata avviata un'inchiesta condotta dalla procura di Teramo in riferito all'inquinamento delle falde acquifere del massiccio;

   la magistratura teramana contesta ai vertici dell'Infn di aver mantenuto in esercizio i laboratori senza aver verificato se vi fosse «un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate a uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe, potenziali fonti di contaminazione», quindi senza attuare misure per «scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee», così come di aver omesso di adottare «misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute e utilizzate nelle attività dei laboratori»;

   i rappresentanti di Strada dei Parchi, secondo l'accusa, avrebbero mantenuto in esercizio le gallerie autostradali, come si legge ancora nel capo di imputazione, «senza verificare l'esistenza di un adeguato isolamento delle superfici dei tunnel autostradali e delle condutture di scarico a servizio delle gallerie rispetto alla circostante falda acquifera»;

   sempre secondo la procura, la società avrebbe omesso di attuare misure quali il completamento delle opere di impermeabilizzazione delle platee autostradali, necessarie a scongiurare il rischio di contaminazione della falda acquifera, quindi delle acque sotterranee;

   ai vertici della Ruzzo Reti Spa, società che gestisce il servizio idrico, infine, viene contestato di non aver verificato se «vi fosse un adeguato isolamento delle opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate a uso idropotabile» ricadenti nelle strutture dei Laboratori e nei tunnel autostradali, «rispetto alle potenziali fonti di contaminazione» e, di conseguenza, di non aver attuato misure per scongiurare il rischio di immissione in rete di acque contaminate. Alla Ruzzo Ruzzo Reti Spa viene anche contestato di non aver assicurato «il mantenimento di adeguate condizioni igieniche e di efficienza delle strutture acquedottistiche», di non aver vigilato «sulla funzionalità dei sistemi di rilevazione precoce di eventuali contaminazioni»;

   il 1° agosto 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Danilo Toninelli, individuava nell'ingegnere Corrado Gisonni il nome, sottoposto per l'intesa al presidente della regione Abruzzo Marco Marsilio, da proporre al Presidente del Consiglio per ricoprire il ruolo di commissario straordinario per il rischio idrico del Gran Sasso. Una figura prevista dal decreto «sblocca cantieri» per sovraintendere alla realizzazione degli interventi strutturali per la messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso;

   la legge prevede espressamente che il commissario, che dovrà essere nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, possa assumere le funzioni di stazione appaltante;

   in data 26 settembre 2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° agosto 2019, con cui si è adottato il primo stralcio del piano nazionale degli interventi nel settore idrico – sezioni acquedotti; tale stralcio dispone gli interventi relativi alla messa in sicurezza delle falde acquifere poste a rischio dal traforo dell'autostrada A24 e dai laboratori di fisica nucleare, con un finanziamento di 5,3 milioni di euro in due anni –:

   quali ulteriori iniziative il Governo intenda assumere per incrementare il livello di sicurezza delle infrastrutture presenti all'interno del massiccio del Gran Sasso e per garantire la salute dei cittadini abruzzesi.
(4-03876)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la previsione dell'articolo 25 del regolamento (CE) 810/09 (codice dei visti), permette ad ogni Stato membro di rilasciare un visto con validità territoriale limitata al solo Stato concedente quando per motivi umanitari si ritenga necessario derogare alle condizioni previste per l'ingresso. Il tribunale di Roma, giudice Dottoressa Damiana Colla, con ordinanza dd. 21 febbraio 2019 ha riconosciuto tale diritto al visto per un minore scappato all'insaputa dei propri famigliari in Nigeria e che chiedeva un visto di ingresso per ricongiungersi in Italia con la madre e per motivi di salute ed umanitari;

   in data 13 agosto 2019, la signora, F.K.A. nata in Sierra Leone e titolare di protezione internazionale anche a causa delle violenze subite nel proprio Paese di origine (mutilazione genitale femminile) a mezzo dell'avvocato Giovanni Guarini del foro di Rovereto proponeva ricorso ex articolo 702-bis del codice di procedura civile e ricorso d'urgenza articolo 700 del codice di procedura civile per ottenere il rilascio del visto di ingresso per la figlia di 12 anni, negato con atto ricevuto il 5 luglio 2019 dall'Ambasciata d'Italia ad Abidjan (Costa D'Avorio) da parte dell'ufficio visti a causa della mancanza dell'assenso dell'altro genitore;

   la madre ricorrente faceva presente che il padre è irreperibile e che la figlia vive con la nonna paterna, che ha già espresso il proposito di sottoporla a mutilazione tradizionale (dal report allegato al ricorso risulta che il 90 per cento delle donne provenienti dalla Sierra Leone hanno subito il «bundo» fra i 10 e 14 anni);

   il tribunale di Roma sezione diritti della persona e immigrazione RG 52469/ 2019 giudice Dottoressa Antonella Di Tullio ha emesso ordinanza rinviando alla data del 21 gennaio 2020 l'udienza chiedendo all'ambasciata di verificare l'irreperibilità del padre della ragazza, a tal riguardo chiedendo alla parte il numero di telefono del padre, della nonna paterna e dei figli;

   a parere dell'interrogante fino al 21 gennaio 2020 vi è il fondato rischio che la minore sia sottoposta a mutilazione genitale femminile in Patria e, fra l'altro, l'interlocuzione con la nonna paterna favorevole a tale pratica potrebbe favorirne l'immediata esecuzione –:

   per quale ragione non sia possibile l'immediato rilascio di un visto di ingresso ai sensi dell'articolo 25 del regolamento (CE) 810/09 (codice dei visti) alla minore, anche in assenza di un assenso del genitore irreperibile, per i menzionati motivi imperiosi di tutela della salute della minore ed anche al fine di escludere una futura e possibile responsabilità civile del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
(4-03874)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Lampedusa e Linosa, isole situate sulla rotta obbligata tra Africa ed Europa, sono sede naturale per ciò che viene detto «stop-over» ovvero luoghi dove l'avifauna arrivata stanca può sostare per riprendere fiato e, una volta ristabilita, ripartire;

   fenicotteri rosa, falchi pescatori, usignolo africano, capinera sono solo alcune delle specie che transitano dalle Pelagie;

   esistono direttive europee per la loro protezione;

   le isole suddette sono riserva naturale protetta istituita con legge regionale dalla regione siciliana. Legambiente è l'Ente affidatario; Lampedusa, ad oggi è luogo di bracconaggio ai danni dell'avifauna di passo;

   in queste zone l'attività abusiva e incontrollata di caccia si svolge massicciamente anche all'interno della riserva naturale orientata «Isola di Lampedusa», dove ovviamente ogni tipo di attività venatoria sarebbe vietata;

   a Lampedusa, località di Ponente, esattamente nella zona adiacente alle stazioni radar dell'Aeronautica e dell'impianto radar della Marina, sono stati rinvenuti abbondanti quantitativi di cartucce calibro dodici. Stesso discorso per Linosa nel cratere del monte Vulcano. In un articolo comparso su Il Manifesto, in data 26 settembre 2019, si legge inoltre che a Lampedusa «abbiamo ritrovato cartucce calibro dodici a poche centinaia di metri in linea d'aria dalla base radar di Ponente, ovvero in piena Riserva Naturale Protetta, è scandaloso. A Linosa abbiamo ritrovato cartucce nel cratere del Monte Vulcano» –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, in collaborazione con la regione, per contribuire a contrastare tali illeciti, essendo la stagione migratoria alle porte;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per fare di Lampedusa e Linosa e delle Pelagie tutte un territorio protetto in modo completo per superare le criticità sopra evidenziate e proteggere la fauna, l'avifauna e l'ittiofauna in quella parte del Mediterraneo.
(4-03871)


   LUCASELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è ormai notizia di mesi, riportata dai principali organi di stampa, lo sversamento nel canale Ostone di liquami provenienti dal depuratore consortile di Lizzano, fatto questo che ha portato le autorità competenti a compiere i dovuti controlli e la sindaca a emettere un'ordinanza di divieto di balneazione;

   a conferma di questa vera e propria emergenza ambientale e sanitaria, il giornalista ecologista e responsabile regionale della Cpa Ambiente, Mimmo Carrieri, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Taranto, per chiedere «di voler avviare verifiche, al fine di stabilire se vi sia pericolo per l'ambiente e la salute pubblica, riferito alle acque reflue, vista la decisione di vietare la balneazione, (malgrado tale divieto non sia stato di fatto mai osservato) in quanto la spiaggia di fronte all'Ostone è a tutt'oggi piena di bagnanti»;

   tale situazione, di cui, ad oggi, è difficile comprenderne la portata generale, si protrarrebbe dal 31 luglio 2019, da quando, cioè, è stato rilevato lo sversamento dei reflui, attribuiti a scarichi provenienti dal depuratore;

   lo stesso Paolo Marangi, ex assessore del comune di Lizzano e dopo poco dimissionario, ha più volte denunciato gli scarichi nelle campagne da parte di una ditta di autospurghi del posto, quella stessa ditta che, però, lavorerebbe per l'amministrazione comunale;

   è recente l'ennesimo grido di allarme di Marangi, amareggiato dal nuovo episodio di sversamenti di liquami nei pressi del canile di Lizzano, il quale ha denunciato il fatto che continuano, evidentemente, gli spargimenti di liquami e che negli ultimi tre anni ha segnalato il problema, ma, ad oggi, la situazione è questa;

   la fogna a cielo aperto scoperta da Marangi è ancora lì e le alte temperature di questi giorni non fanno che peggiorare la situazione;

   solo un mese fa un altro sversamento era stato segnalato nei pressi del cimitero, sulla strada provinciale Sava-Lizzano;

   la problematica era già stata portata all'attenzione del Governo da un'altra interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02722, a firma dell'On. Gemmato, ma l'atto è rimasto tuttora senza risposta;

   parlare di «cultura della legalità» oggi non significa parlare solo di lotta alla mafia, ma di una rinnovata alleanza tra istituzioni e società civile unite nella costruzione del bene comune, che passa attraverso la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, troppo spesso messa in pericolo da un diffuso senso di inciviltà, dalla corruzione imperante e da una politica a volte incapace di dare risposte efficaci –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per chiarire quale sia la portata reale di quella che sembra essere una vera e propria emergenza ambientale e sanitaria, nonché per garantire la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente interessato.
(4-03880)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   PERANTONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   è noto che l'Italia possiede il patrimonio culturale più importante al mondo, che copre un arco cronologico che si estende dalla più alta antichità fino ai tempi attuali. È altresì indiscutibile che, in gran parte, i beni culturali risalenti all'epoca preistorica e preclassica – le cui testimonianze sono diffuse su tutto il territorio nazionale, dalla Val Camonica alla Sicilia – non sono adeguatamente valorizzati e quindi non sviluppano pienamente tutte le potenzialità che potrebbero in ambito culturale e, conseguentemente, economico. Sono inoltre scarsamente tutelati – quando non del tutto trascurati – con il conseguente rischio che vadano irrimediabilmente perduti;

   è oggettivo il dato che il maggior numero di testimonianze del patrimonio a cui ci si riferisce si trova in Sardegna, il cui territorio regionale è disseminato da migliaia di nuraghi ed ipogei e da centinaia di tombe di giganti, oltre che da ulteriori costruzioni uniche nel Mediterraneo, come i pozzi sacri e l'Altare prenuragico di Monte d'Accoddi, ad oggi unico ziqqurat conosciuto al di fuori dell'area mesopotamica. Si ricorda incidentalmente, peraltro, che l'Unesco ha riconosciuto la reggia nuragica di Barumini quale patrimonio dell'umanità;

   come detto, tali beni culturali ad oggi non sono adeguatamente tutelati e quindi valorizzati, nonostante siano in potenza una costante e produttiva fonte di lavoro, sviluppo e crescita economico-culturale. Ciò in quanto le politiche precedenti hanno trascurato la valorizzazione dei beni culturali diffusi sul territorio, privilegiando esclusivamente i grandi poli museali ed i siti archeologici più noti;

   si pensi, ad esempio, al fatto che solo poche decine di nuraghi sono esplorati e fruibili, a fronte degli oltre ottomila censiti: si immagini, quindi, quali e quante possibilità di investimento e lavoro potrebbero svilupparsi, anche se solo venissero investite risorse per campagne di scavo sistematiche;

   ad oggi, la presenza di beni archeologici e culturali diffusa sul territorio è troppo spesso sinonimo di mera esistenza e sempre meno punto di partenza per la creazione di valore. Il patrimonio culturale, difatti, partecipa a processi di creazione di valore economico per il Paese e per i territori, attesa la capacità di contribuire alle dinamiche complessive di formazione del reddito e di sviluppo economico. In questa prospettiva, si osserva come sia strumento di esternalità su una varietà di filiere (industrie culturali, enogastronomia e produzioni tipiche, produzioni artigiane ed edilizia di riqualificazione) ed è, quindi, opportuno intervenire sulla relazione tra patrimonio e queste filiere;

   inoltre, i beni culturali rappresentano un elemento di caratterizzazione territoriale e partecipano alla capacità dei territori di attirare visitatori, contrastare il grave fenomeno dello spopolamento, generando esternalità sulla filiera turistica;

   sulla scorta di tali osservazioni è quindi auspicabile un diverso approccio rispetto a quello del Governo precedente, una nuova politica finalizzata ad investire adeguate risorse nel campo dei beni culturali, in particolare in quelle realtà del territorio nazionale – prima fra tutte la Sardegna – che soffrono di una cronica stagnazione economica, di gravi problematiche sociali ed occupazionali e preoccupanti fenomeni di emigrazione e di spopolamento delle zone interne, quelle più ricche dei beni in questione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di tutelare e valorizzare il patrimonio archeologico nazionale preistorico e preclassico, con particolare riferimento alle civiltà pre-nuragica e nuragica della Sardegna.
(3-01043)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA, VARCHI, GALANTINO, OSNATO e DONZELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre del 2012, in ragione dell'aggravarsi della tensione lungo il confine con la Siria, la Nato ha dato avvio al Nato Support To Turkey (NS2T), sulla base di una specifica richiesta avanzata dallo Stato turco, per la protezione del suo territorio da un'eventuale minaccia missilistica proveniente dai territori dello Stato siriano;

   tale richiesta ha trovato l'adesione, nel tempo, degli Stati Uniti, della Germania, dell'Olanda e della Spagna, con lo schieramento di alcune batterie missilistiche Patriot, mentre, successivamente al disimpegno di americani e tedeschi, l'Italia ha deciso di schierare, a partire dal giugno 2016, una batteria SAMP-T;

   l'Italia, allo stato, partecipa alla citata missione con 130 unità di personale militare e 25 mezzi terrestri di stanza nella base militare «Gazi KislaÅi» di KahramanmaraÅ, e il fabbisogno finanziario della missione, è pari ad euro 12.756.907;

   l'operazione non ha un termine di scadenza predeterminato e, allo stato, la presenza italiana è stata prorogata fino al 31 dicembre 2019;

   la recente aggressione militare della Turchia ai danni della Siria – in particolare nei territori del nord est, occupati dalla popolazione curda – sta provocando centinaia di morti, inclusi, purtroppo, molti civili, nonché migliaia di sfollati ed è di queste ore la notizia di una tregua dell'offensiva, contestuale, peraltro, all'avanzata delle forze siriane nella zona;

   il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nella recente informativa, e, successivamente, il presidente del Consiglio, hanno annunciato provvedimenti di sospensione di qualsiasi vendita di armamenti, nonché il monitoraggio delle operazioni esistenti per le valutazioni del caso –:

   se il Governo sia a conoscenza dell'attuale condizione dei nostri militari italiani impegnati nella missione in questione, e quali iniziative intenda assumere al fine di valutare il ritiro della presenza italiana nel territorio turco alla prevista scadenza del 31 dicembre 2019.
(5-02942)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2019 si è concluso il processo penale al tribunale militare di Napoli nei riguardi del Caporal Maggiore Capo Scelto Qualifica Scelta Girolamo Foti, delegato nazionale del Cocer eletto dai propri colleghi per tre mandati consecutivi, presidente e cofondatore del primo sindacato della storia dell'Esercito italiano «Libera rappresentanza militare» che ha vissuto buona parte della sua carriera in teatro operativo;

   Foti è stato imputato per diffamazione pluriaggravata (articolo 227, comma 2, Cpmp; articolo 47 n. 2 Cpmp) e, secondo quanto riportato dalle registrazioni del processo Foti, pubblicate il 13 dicembre 2018 e nel mese di marzo 2019 da «Radio Radicale», tutto ebbe inizio con il monitoraggio del profilo Facebook, provvedimenti disciplinari continui, un processo di rigore per attività connesse con l'associazione libera rappresentanza (secondo l'accusa) con abbassamento repentino delle note caratteristiche da «eccellente» a «nella media»;

   la vicenda ha avuto inizio dal reparto di appartenenza di Palermo, mentre il delegato Foti era in servizio isolato e continuativo su Roma per svolgere il suo regolare mandato nell'organo centrale della rappresentanza militare: il Cocer comparto difesa ha votato ad unanimità la delibera n. 42 «tutela del delegato» per chiedere all'autorità affiancata di verificare se gli episodi segnalati da Foti avrebbero limitato il suo regolare mandato;

   il colonnello Marco Piacentini, all'epoca comandante del 46° reggimento trasmissioni di Palermo, segnalò alla procura militare di Napoli un post del Foti che ringraziava il Cocer comparto difesa per aver votato ad unanimità la delibera;

   a parere dell'interrogante il colonnello Piacentini non aveva la competenza per segnalare la delibera in questione, atto di competenza e responsabilità del Capo di Stato Maggiore della Difesa; oltretutto non si comprende come mai il Foti sia stato oggetto di tale processo, in quanto la delibera nella sua interezza, passò al vaglio del Comitato di presidenza e venne trattata, dibattuta e votata dall'intero consiglio, con annessi suoi eventuali allegati, nel rispetto del diritto di critica;

   Foti difeso dagli avvocati Zanghì e Giallombardo verrà poi assolto con la nota conclusiva «il fatto non costituisce reato»;

   Foti, per confermare la sua innocenza, si è dovuto accollare tutte le spese giudiziarie che l'amministrazione non rimborserà per intero; oltretutto, ha ricevuto un grave danno d'immagine dovuto alle indagini subite in tutto il territorio nazionale; non per ultimo Foti, a quanto consta all'interrogante, è stato escluso dal recente concorso per titoli speciale ex 958 in quanto all'epoca del concorso era stato rinviato a giudizio –:

   se il Governo sia a conoscenza del processo relativo a Girolamo Foti, dei costi sostenuti dall'amministrazione giudiziaria e dai contribuenti italiani e se non ritenga di dover inoltrare una opportuna segnalazione alla Corte dei conti in relazione all'operato dell'autorità militari coinvolte nella vicenda e valutare la sussistenza dei presupposti per avviare una verifica interna al fine di accertare eventuali responsabilità amministrative e disciplinari alla luce delle anomalie sopra evidenziate;

   quali iniziative intendano adottare al fine di tutelare l'attività dei militari impegnati nelle attività del Cocer ed evitare che possano ripetersi casi analoghi in futuro;

   se il Ministro interrogato non ritenga che, attraverso la segnalazione della delibera n. 42 del Cocer comparto difesa ad opera di un comandante di unità periferica, siano state violate le competenze attribuite al Capo di Stato Maggiore, responsabile dell'andamento, dei deliberati e della funzionalità della rappresentanza militare nonché di eventuali segnalazioni per azioni disciplinari e penali alle autorità di competenza.
(4-03870)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRO, OSNATO, BIGNAMI, DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 maggio 2018 veniva indetto dal comando generale della Guardia di finanza il concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 380 allievi finanzieri, con la pubblicazione nel dicembre 2018 delle relative graduatorie finali di merito, da cui risultavano 352 idonei e 741 idonei non vincitori;

   tale bando di reclutamento prevedeva all'articolo 18, commi 4 e 5, la validità della graduatoria di merito per 18 mesi e la possibilità che la stessa fosse utilizzata per l'ammissione ad analoghi e successivi corsi;

   prima dell'emanazione del bando di reclutamento 2018, con determinazione n. 86857 del 20 marzo 2018, la Guardia di finanza autorizzava, avvalendosi del disposto di cui all'articolo 1, comma 296, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), il reclutamento di 307 allievi finanzieri, attraverso lo scorrimento delle graduatorie del concorso indetto nell'anno 2012;

   in data 26 aprile 2019, veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale un nuovo bando di concorso per il reclutamento di 965 allievi finanzieri, il quale, però, non prevedeva lo scorrimento delle graduatorie degli idonei del concorso indetto nell'anno 2018;

   tale esclusione determina, a parere degli interroganti, una palese disparità di trattamento rispetto agli allievi che hanno beneficiato dello scorrimento delle graduatorie, considerato anche che i posti messi a bando nell'anno 2018 hanno subito una decurtazione per lo scorrimento della graduatoria del concorso dell'anno 2012;

   sul tema del reclutamento di personale della pubblica amministrazione o mediante scorrimento di graduatorie valide ed efficaci o mediante indizione di nuovi concorsi è già intervenuto il Consiglio di Stato che, con sentenza 14/2011, ha sottolineato come le disposizioni che estendono i termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentino una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall'espletamento delle nuove procedure concorsuali;

   nella citata sentenza si è stabilito, inoltre, che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta regola generale di reclutamento, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce eccezione e richiede apposita e approfondita motivazione, salvo particolari necessità di procedere al nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie efficaci;

   è recentissima la firma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 settembre 2019 che prevede lo sblocco di 12 mila assunzioni, procedendo tramite scorrimento di graduatoria di selezioni già effettuate;

   lo sblocco delle graduatorie garantirebbe quell'iniezione di gioventù davvero indispensabile in un settore come quello della difesa;

   a parere degli interroganti, sarebbe un esempio di buon senso, oltre che di forte presenza dello Stato, l'immediata assunzione dei tanti giovani in attesa di essere immessi nel ruolo di allievi finanzieri –:

   se e quali idonee iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire lo scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2018, anche in costanza di nuovi concorsi, in considerazione del preminente interesse pubblico al contenimento della spesa.
(5-02938)


   SUTTO, CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 ha riproposto, al comma 66 dell'articolo unico, la cosiddetta estromissione agevolata dell'immobile per l'imprenditore individuale, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva dell'8 per cento sulla plusvalenza che emerge dall'operazione, da perfezionarsi entro il 31 maggio 2019;

   tale possibilità era già stata prevista con la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) sia per gli imprenditori individuali (articolo 1, comma 121) che per le società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità limitata (articolo 1, comma 115);

   l'Agenzia delle entrate, con circolare n. 37/E del 16 settembre 2016, fra i tanti chiarimenti in materia di assegnazione dei beni ai soci, al punto 2.3, comma 2, chiariva che: «possono essere, invece, assegnati/ceduti in via agevolata i singoli beni ricompresi nel contratto di affitto di azienda che, prima dell'assegnazione/cessione, non rientrino più nel contratto di affitto del complesso aziendale.»;

   la riapertura di tale possibilità è stata riservata, invece, dalla manovra economica 2019, unicamente agli imprenditori individuali, indipendentemente dal regime contabile adottato (ordinario o semplificato), escludendone, pertanto, dall'ambito di applicazione gli esercenti arti o professioni, le società e gli enti non commerciali, pur se esercitano attività imprenditoriali;

   va considerata l'importanza che l'intervento normativo riveste anche per i soci di società di persone –:

   se sia allo studio del Governo la possibilità di assumere iniziative normative per estendere l'estromissione agevolata degli immobili strumentali anche ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 115, della legge n. 208 del 2015, magari limitando i benefici alle micro e piccole imprese, così come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2013 attuata dal decreto ministeriale 18 aprile 2005, ed ammettendo ai medesimi benefici fiscali i beni strumentali con un valore catastale rivalutato progressivo con la previsione di un'imposta sostitutiva pure essa progressiva.
(5-02939)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da segnalazione pervenuta all'interrogante, il 27 maggio 2019 il comandante provinciale della Guardia di finanza cosentina notificava al M.C. L.C. contestazione di addebiti presso la tenenza di servizio, a seguito di comunicazione WhatsApp tra il sindaco di San Giovanni in Fiore (CS), Giuseppe Belcastro, e lo stesso comandante;

   dagli atti emerge, peraltro, che sul proprio profilo Facebook L.C. aveva espresso elogi per l'operato del procuratore Grattieri;

   gli altri addebiti riguardano perlopiù la partecipazione a una cena del maresciallo capo in predicato, di cui esistono fotografie e commenti scherzosi su Facebook;

   il suddetto materiale è rientrato nelle incolpazioni a carico del maresciallo capo, con modalità che all'interrogante appaiono da polizia giudiziaria, se non da dossieraggio, peraltro con il dubbio dell'utilizzabilità senza il consenso degli interessati;

   nello scambio WhatsApp tra comandante provinciale e sindaco, il primo rappresentava all'altro disappunto per esternazioni di L.C., tanto da anticipare successive valutazioni;

   appena dopo il sindaco precisava di aver consegnato altro materiale al comandante della tenenza in cui lavora L.C., più volte ribadendo che questi stava esagerando;

   il comandante provinciale manifestava l'intenzione di avere i documenti citati dal sindaco, anticipando di informarlo delle valutazioni;

   secondo notizie stampa, il sindaco sarebbe stato indagato per concorso in falso, con successiva disputa politica sull'archiviazione per il medesimo;

   alle suddette indagini aveva partecipato il maresciallo capo in argomento;

   peraltro il sindaco Belcastro sarebbe stato denunciato, dallo stesso maresciallo, per falso e abuso d'ufficio in concorso;

   L.C., a seguito di accertamenti eseguiti per conto della Corte dei conti, aveva sentito in atti il sindaco Belcastro e dalle risultanze sarebbero emersi elementi da valutare;

   nel dicembre 2018 il sindaco raggiungeva la tenenza in predicato per dolersi di commenti su Facebook del maresciallo capo colà in servizio;

   a mano lo stesso sindaco consegnava documentazione su commenti sgraditi, che in atti successivi il comandante della tenenza definiva satirici;

   l'11 marzo 2019 Leonardo Straface, assessore comunale del Pd, riferiva al comandante della tenenza che il sindaco aveva segnalato al comandante provinciale commenti pubblicati su Facebook da L.C. e ne inviava altri al comandante della tenenza;

   Straface, il cui figlio nel 2015 fu oggetto di contestazione, da parte della tenenza e dello stesso L.C., per violazioni in materia di lavoro, trasmetteva al comandante della tenenza documentazione circa ulteriori commenti su Facebook del predetto maresciallo;

   dagli atti del procedimento disciplinare a carico di L.C. emerge un ordine del comandante provinciale, ai militari della tenenza, di non recarsi più al comune di San Giovanni in Fiore senza la sua preventiva autorizzazione;

   nella determina del 1° agosto 2019 del comandante provinciale in parola, a L.C. vengono inflitti 5 giorni di consegna di rigore, malgrado il parere non favorevole della commissione consultiva, che ha ritenuto il comportamento dell'incolpato non gravemente lesivo dei doveri di cui all'articolo 713 del testo unico sull'ordinamento militare;

   per l'interrogante elementi negli atti del richiamato procedimento, compreso l'atteggiamento del comandante provinciale circa la tempistica delle contestazioni, la genericità degli addebiti, le modalità di incolpazione e la dubbia parità di posizione concessa alla difesa, meritano ampio approfondimento, come lo merita, anche per escludere eventuali condizionamenti di attività di indagine, il suddetto ordine dato ai militari della tenenza;

   infine, sulla base di apposita relazione veniva chiesto il trasferimento d'autorità di L.C. per incompatibilità ambientale con elementi che all'interrogante appaiono carenti nella logica e nella sostanza e dunque non sufficienti a giustificare l'allontanamento del militare –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, anche di carattere ispettivo, per verificare la correttezza e la legittimità di atti e comportamenti del comando provinciale di cui in premessa relativi alla vicenda narrata.
(4-03873)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere «Filippo del Papa» (Casa circondariale di Vicenza) è una struttura di massima sicurezza a celle singole concepita per ospitare detenuti condannati o imputati di reati di mafia, poi adibita a casa circondariale;

   si tratta di un istituto penitenziario caratterizzato da uno stato di sovraffollamento cronico che non è calato nell'ultimo periodo. Nonostante l'apertura di una nuova area detentiva, inaugurata di recente, alcune sezioni restano inabitate a causa della carenza di personale. Infatti, assieme al sovraffollamento, quello delle risorse umane nell'ambito del reparto di polizia penitenziaria è un problema che contribuisce a rendere le condizioni di lavoro problematiche e ad elevato rischio di stress lavoro correlato. Difficoltosi sono anche l'avvio e il mantenimento di progetti educativi per i ristretti; in particolare, per quanto riguarda i corsi scolastici, le aule disponibili sono poco capienti e non coprono l'esigenza della struttura;

   infatti, i detenuti presenti ad oggi sono 315, ed in arrivo si prevedono altri 100 detenuti ad alta sicurezza di cui 36 già assegnati e di prossimo arrivo. Dunque, la stima dei detenuti complessiva è di 420 presenze (270 comuni, 100 AS3, e 50 collaboratori di giustizia). L'organico di polizia penitenziaria ad oggi conta di 190 unità amministrate e, visto il numero ingente di detenuti presenti e di prossimo arrivo, la carenza stimata di personale è di circa 60 unità, prevalentemente nel ruolo ispettori e sovrintendenti;

   nella struttura manca un direttore titolare; l'attuale direttore reggente assicura la sua presenza per soli due giorni a settimana; mancano due direttivi del Corpo di polizia penitenziaria, ed il dirigente/comandante del reparto è costretto a svolgere i propri compiti di coordinamento della polizia penitenziaria senza l'ausilio di un vice comandante e di ruoli intermedi;

   la carenza d'organico ha creato chiaramente enormi disagi al personale dipendente del carcere soprattutto in relazione alla cosiddetta «sorveglianza dinamica» e all'introduzione del sistema a «custodia aperta». La polizia penitenziaria, infatti, non è più chiamata ad attuare un controllo statico sulla popolazione detenuta, ma piuttosto un controllo incentrato sulla conoscenza e sull'osservazione della persona detenuta. Tale sistema comporta una più difficile possibilità di controllo effettivo delle sezioni, che viene decisamente aggravata quando il personale non è sufficiente come in questo caso;

   alle carenze di organico suddette e al sovraffollamento detentivo della casa circondariale, si aggiungono altre problematiche strutturali che affliggono l'intero carcere, fra le quali si ricordano: la caserma agenti fatiscente e priva di docce in camera, l'inadeguatezza dei sistemi di videosorveglianza che appaiono insufficienti a garantire la vigilanza dei detenuti e della struttura e il mancato funzionamento dei sistemi di antiscavalcamento e antintrusione; la vetustità degli automezzi del Corpo; la mancanza di automezzi blindati per il trasporto di detenuti ad alta sicurezza;

   è arrivato il momento di tutelare la categoria della polizia penitenziaria. Tali agenti svolgono, infatti, un lavoro cruciale e a tratti molto rischioso, un lavoro che spesso, in relazione alla configurazione a giudizio dell'interrogante, erronea del reato di tortura, li espone a minacce di ritorsione e vendetta;

   le problematiche precedentemente esposte devono trovare una soluzione nel più breve tempo possibile, per evitare che la situazione degeneri e porti a complicazioni e conseguenze gravissime –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda, per quanto di competenza, assumere iniziative volte ad incrementare l'organico di polizia penitenziaria della casa circondariale di Vicenza, al fine di garantire la sicurezza della struttura e il rispetto dei diritti soggettivi degli agenti penitenziari, in connessione con l'imminente incremento della popolazione detentiva;

   in che modo intenda intervenire per risolvere le molteplici criticità strutturali di cui soffre il carcere «Filippo del Papa», in modo tale da rendere più sicuro e vivibile l'intero complesso.
(4-03869)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   RAVETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della missione che si è svolta il 16 ottobre 2019, la delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di cui l'interrogante è parte, ha visitato l’hotspot di Lampedusa;

   a quanto consta all'interrogante è evidente come l’hotspot di Lampedusa sia al collasso, e versi in una situazione di estrema emergenza: su 94 posti previsti, erano presenti 320 persone in mezzo a materassi senza lenzuola, sporcizia, rifiuti;

   la struttura è quindi apparsa sporca, degradata e non adatta a svolgere il compito per cui è stata istituita;

   a detta delle forze dell'ordine presenti sul luogo, i minori presenti nella struttura sono una quindicina, ma è evidente come non esista la sezione dedicata per ospitarli;

   è infatti di assoluta gravità il fatto che la sezione dell’hotspot che dovrebbe essere dedicata ai minori sia inagibile a quanto consta all'interrogante a causa di un incendio doloso occorso molto tempo fa, con la conseguenza che i 5 minori molto piccoli – tra cui un neonato – che l'interrogante ha avuto modo di vedere nell’hotspot, sono costretti a stare con le madri in una stanza piccola, lugubre e sporca –:

   se il Ministro interrogato intenda verificare quanto prima i tempi e le modalità di ridefinizione della sezione dedicata ai minori, se intenda fornire chiarimenti in merito e, nel caso tale riallestimento sia ostacolato da lungaggini lungaggini burocratiche, quali iniziative di competenza intenda assumere affinché il gestore agisca in ogni caso e nell'immediato alla riorganizzazione di una sezione dedicata ai bambini;

   come sia possibile che la struttura ospiti circa 320 migranti a fronte dei 94 posti previsti e se non ritenga di dover valutare una riorganizzazione complessiva dell’hotspot o addirittura di valutare l'opportunità di mantenerlo in vita, considerato che si inserisce in una comunità locale di circa 6500 abitanti.
(3-01045)


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   al giornalista del Il Giornale Fausto Biloslavo, invitato ad un dibattito dagli studenti dell'Università di Trento, per parlare della situazione in Libia, dove si è recato più volte nel suo ruolo di inviato, dalla caduta di Gheddafi in poi, è stato impedito di parlare da un gruppo di studenti della sinistra antagonista;

   un funzionario dell'università ha comunicato al telefono allo stesso giornalista che «la conferenza era stata annullata perché giravano picchetti di balordi, giunti anche da fuori». Quindi, all'ultimo minuto, mentre Biloslavo stava arrivando in treno, l'università ha deciso di sottostare ai voleri di una violenta minoranza escogitando un cavillo formale per impedire l'accesso all'Aula Kessler del dipartimento di sociologia dove avrebbe dovuto tenersi la conferenza;

   è stato esposto anche uno striscione all'ingresso dell'ateneo con la scritta «fuori i fascisti dall'università», firmato dal Collettivo universitario Refresh, ed è stato distribuito un volantino dal contenuto «delirante», in cui il giornalista ospite è stato tacciato come «fascista»;

   appare discutibile la decisione del rettore dell'università di annullare la conferenza programmata sottostando alla sopraffazione di una minoranza facinorosa, avallando in questo modo l'idea che sia lecito negare la libertà di parola a un giornalista;

   Paolo Collini, rettore dell'Università di Trento, si è poi mostrato «disponibile a riorganizzare quell'incontro in un altro momento, non appena possibile», poiché «non siamo stati in grado di gestire la situazione come avremmo voluto, io non c'ero, ero all'estero ma se fossi stato presente forse sarei riuscito a fare in modo che le cose andassero diversamente» –:

   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, in merito a questo increscioso episodio che va fermamente condannato e in relazione all'esigenza che siano contrastate, anche per i profili di ordine pubblico, le azioni di studenti violenti e facinorosi, con l'obiettivo di garantire la libertà di pensiero;

   se risulti al Governo che sia in corso di riorganizzazione la conferenza annullata, come è stato peraltro richiesto dalla maggioranza degli studenti.
(3-01046)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ATTIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giunta del comune di Fasano, in provincia di Brindisi, dopo l'elezione del sindaco dottor Francesco Zaccaria, risultava composta da tre donne e quattro uomini, rispettando dunque le previsioni normative sulle «quote rosa»;

   nell'aprile del 2018, il consiglio comunale di Fasano è stato interessato da cambiamenti di equilibri politici: il consigliere Vito Bianchi, rappresentante il Movimento «In Comune», ha abbandonato la maggioranza che sostiene l'attuale sindaco di Fasano;

   tali cambiamenti, intersecandosi con nuovi ingressi in maggioranza per rafforzare la squadra del primo cittadino, hanno determinato la revoca delle deleghe all'allora assessore ai lavori pubblici, dottoressa Annarita Angelini (in quota «In Comune»), e l'invito alla stessa nel ricoprire il ruolo di assessore alla cultura;

   in data 27 luglio l'assessore Giacomo Maringelli, a seguito di nuovi accordi politici tra il primo cittadino ad un nuovo gruppo di quattro consiglieri pronti ad abbandonare l'opposizione per aderire al progetto politico della maggioranza (il cosiddetto gruppo «Uniti per Fasano»), rassegnava le dimissioni dal suo incarico;

   nel medesimo periodo l'assessore Annarita Angelini rifiutava l'offerta del sindaco Zaccaria – il quale, come in premessa, le proponeva la delega alla cultura – abbandonando dunque la squadra del primo cittadino;

   in data 29 luglio 2018, veniva ufficialmente nominato un nuovo assessore, dottor Giuseppe Ventrella, sostituendo così l'ex assessore Angelini nelle medesime funzioni, con ingresso in maggioranza del neonato gruppo «Uniti per Fasano», del quale Ventrella risultava essere rappresentante in giunta: da questo momento in poi – dal 29 luglio del 2018 – la giunta risultava composta da 4 uomini e 2 donne;

   nel marzo 2019, a seguito di rottura dei rapporti fiduciari tra un membro della giunta e la maggioranza che sostiene il sindaco Zaccaria, quest'ultimo revocava ufficialmente le deleghe all'allora assessore al demanio, Leonardo De Leonardis: il 22 giugno 2019 il consigliere comunale Giuseppe Galeota è stato nominato nuovo assessore al demanio, sostituendo dunque l'ex assessore De Leonardis nelle sue funzioni;

   nelle ultime settimane, con nuovo cambio di deleghe, all'ex assessore Giuseppe Ventrella è subentrato il neo assessore Antonio Pagnelli;

   dopo più di un anno dunque, la giunta Zaccaria continua, ad oggi, ad essere composta da 4 assessori di sesso maschile e 2 assessori di sesso femminile;

   la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio») prevede che «Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico»;

   appare evidente che in questo caso la giunta Zaccaria, mancando della nomina del settimo assessore di sesso femminile, determina una quota aritmetica che non va oltre quella del 33 per cento, con due assessori di genere femminile e quattro di genere maschile;

   si rammenta che il Consiglio di Stato (Sezione Quinta) con sentenza n. 406, emessa in data 27 ottobre 2015, e depositata in data 3 febbraio 2016, ha confermato il carattere inderogabile della percentuale di «quote rosa» nelle giunte comunali prevista dalla cosiddetta «legge Delrio»;

   il 15 luglio 2019 i consiglieri di opposizione del comune di Fasano hanno depositato esposto nelle mani del prefetto di Brindisi;

   il 21 settembre 2019 gli stessi consiglieri hanno interrogato il sindaco presso l'assise cittadina: ad oggi non risultano nuove nomine –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   se e quale risposta abbia fornito il prefetto di Brindisi alla segnalazione di cui sopra e se l'attuale conformazione della giunta comunale di Fasano rispetti pienamente la cosiddetta legge Delrio del 2014.
(4-03877)


   COMAROLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza trascende i confini nazionali e che un ordinato sviluppo globale di prevenzione è realizzabile solo con una maggiore inclusione di tutte le autorità di sicurezza preposte e, nel secolo in cui si vive, lo scambio di informazioni è fondamentale per la polizia di tutto il mondo in quanto ci si trova sempre ad affrontare nuove sfide;

   Taiwan è un Paese di circa 23,5 milioni di abitanti che vivono in pace e libertà, cittadini di una democrazia tra le più progredite dal punto di vista dei diritti civili, politici, religiosi e sindacali;

   il diniego di Taiwan all'accesso del Global Police Communications System 1-24/7 e anche quello di partecipare alla formazione e ai progetti relativi in settori molto importanti come la lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e al pericolosissimo crimine informatico limitano decisamente la sicurezza internazionale;

   la sua esclusione è atto inaudito, anzitutto perché contrario a quanto stabilito dall'articolo 2 dello Statuto dell’Interpol dove c'è scritto «Garantire e promuovere la più ampia assistenza reciproca possibile tra tutte le autorità di polizia criminale entro i limiti delle leggi esistenti nei diversi paesi e nello spirito della Dichiarazione universale dei diritti umani» e pertanto lo sforzo collettivo per garantire la sicurezza globale e la giustizia sociale dovrebbe superare le barriere regionali, etniche e politiche;

   Taiwan è stato un membro dell’Interpol, ma la sua partecipazione è stata interrotta solamente per quello che all'interrogante appare un sabotaggio politico anche se Taiwan continua a svolgere un ruolo sempre collaborativo con le forze dell'ordine della comunità internazionale, ma è costretta a lavorare faticosamente per contrastare la delinquenza transnazionale con la mancanza di informazioni e di assistenza in tempo reale;

   le Autorità di polizia di tutto il mondo hanno una missione collettiva e, insieme, la responsabilità di bloccare il crescente crimine transfrontaliero e Taiwan non fa, e non può fare eccezione, anzi l’Interpol beneficerebbe di una maggiore copertura della rete globale –:

   quali passi il Governo abbia compiuto e/o intenda compiere, in tutte le sedi competenti, per far sì che Taiwan possa dare il suo importante contributo alle riunioni dell’Interpol e, in particolare, alla sua prossima 88a riunione, e contribuire attivamente alla lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e al pericolosissimo crimine informatico.
(4-03878)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 della legge 14 gennaio 1999, n. 4, ha previsto l'erogazione a carico del Ministero dell'interno del contributo agli enti locali per le spese da essi sostenute per il servizio di mensa per il personale insegnante, dipendente dallo Stato, impegnato nella vigilanza ed assistenza degli alunni durante la refezione scolastica;

   il comma 5 dell'articolo 4 della medesima legge ha previsto che a decorrere dall'anno 1998, agli oneri derivanti dal servizio di mensa, si provvede con le disponibilità finanziarie destinate alla contrattazione collettiva per il comparto del personale della scuola;

   attualmente la disciplina che regola il contributo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca verso gli enti locali è dettata dall'articolo 7, comma 41, della legge n. 135 del 2012, il quale ha disposto che il contributo che lo Stato riconosce ai comuni per le spese sostenute per i pasti del personale statale, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sia pagato direttamente ai comuni in proporzione al numero delle classi che accedono al servizio mensa scolastica;

   accade che il comune anticipa la spesa per la mensa degli insegnanti, anche se gli stessi sono dipendenti dello Stato, ma spesso si limita, tuttavia, a fornire il vitto compatibile con le limitate risorse erogate e coincidente con un «primo ed un contorno», non essendo in grado di garantire, a causa delle risorse finanziarie stanziate, il pasto completo per gli insegnanti durante l'orario di refezione;

   il contributo riconosciuto ai comuni per ciascun pasto fornito al personale statale, insegnanti e personale Ata, della scuola, sarebbe pari a circa 2,80/3,00 euro, contro una media di 5,00/6,00 euro a pasto sostenuti dai comuni;

   per effetto del «corto circuito» tra la suddetta norma che parla di «contributo» che lo Stato versa ai comuni per le spese sostenute per i pasti e l'articolo 21 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola 29 novembre 2007 che riconosce il diritto alla fruizione del servizio di mensa gratuita al personale «in servizio in ciascuna classe o sezione durante la refezione», gli insegnanti e il personale statale si vedono, di fatto, negare dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quale loro datore di lavoro, il diritto al pasto completo durante la loro attività di sorveglianza degli alunni, svolta nel contesto del servizio di mensa organizzato dal comune sul quale grava solo la messa a disposizione del servizio;

   la vicenda è oggetto anche di un ricorso pendente davanti al tribunale del lavoro di Spoleto da parte di un gruppo di insegnanti che chiede il riconoscimento del diritto di poter usufruire di un «pasto completa» quando sono impegnate nel servizio di sorveglianza degli alunni durante la mensa;

   come si apprende da un articolo di stampa (https://www.tecnicadellascuola.it) del 7 marzo 2018: «Il personale – si sostiene nel ricorso – si trova a “dover affrontare un'incresciosa situazione da diverso tempo”. Le insegnanti e la collaboratrice sostengono che quando sono impegnate nel servizio di sorveglianza si “vedono negare il pasto completo”, potendo usufruire di primo e contorno ma non di pietanza, frutta e pane. Essendo poi “impossibilitate” anche a integrarlo con vitto portato dall'esterno “poiché di ciò è fatto espresso divieto dal Regolamento di ristorazione scolastica”» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere, anche sul piano normativo, per assicurare un adeguato pasto per il personale insegnante e Ata, dipendente dallo Stato, impegnato nella vigilanza e nell'assistenza degli alunni durante la refezione scolastica, anche al fine di evitare disservizi per le famiglie degli alunni interessati.
(4-03875)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IEZZI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con messaggio n. 3449 del 24 settembre 2019, l'Inps ha avviato la sperimentazione del progetto cosiddetto «Inps PER tutti», la cui idea «nasce dalla volontà di rendere più accessibili e, dunque, effettive, concrete ed esigibili tutte le prestazioni cui gli utenti abbiano diritto»;

   stante il messaggio «L'intento dell'istituto è, dunque, quello di promuovere azioni mirate, raggiungendo i soggetti più poveri ed emarginati, recandosi nei luoghi di lavoro in cui gli stessi si trovano, in modo da poter offrire loro supporto, individuare i loro bisogni e le eventuali prestazioni a loro spettanti, sino a raccogliere le relative domande in perfetta coerenza con quanto previsto dal decreto-legge n. 4 del 2019, (...) che ha istituito, (...) il Reddito di cittadinanza (...) L'originalità dell'iniziativa (...) sta nel fatto che (...) non sono i cittadini a cercare l'istituto, ma è l'Inps a raggiungerli»;

   la sperimentazione vedrà coinvolte, in prima battuta, le sedi Inps di Roma, Milano, Napoli, Bologna e Torino, dove, stante il Messaggio Inps, l'istituto «intende promuovere, da subito, iniziative in favore dei cittadini senza fissa dimora, allo scopo di consentire la diffusione del Reddito di cittadinanza e delle altre prestazioni erogate dall'Inps. (...) Nell'ambito del progetto (...) i potenziali beneficiari Rdc o di altre prestazioni assistenziali saranno intercettati direttamente nei luoghi in cui tipicamente sono soliti ritrovarsi (ad esempio, nelle mense, nelle stazioni e terminali di viaggio delle principali città italiane)»;

   a parere degli interroganti le finalità ed il modus operandi di tale progetto Inps sono di una gravità inaudita in quanto a rischio di trasformare il reddito di cittadinanza e tutte le prestazioni assistenziali erogate dall'istituto in misure assistenziali per immigrati clandestini, con l'aggravante che sia l'Ente previdenziale italiano a farsene promotore;

   il progetto, a giudizio degli interroganti, appare come una «S-vendita a domicilio» di una misura intesa, nella ratio del legislatore, quale strumento di politica attiva dei lavoro configurandola – di fatto – quale misura assistenziale tout court;

   ad oggi sono già stati registrati diversi episodi di cronaca sulle criticità che ruotano intorno al reddito di cittadinanza e sui percettori che ne beneficiano indebitamente (secondo quanto pubblicato su Il Sole 24 Ore del 24 settembre 2019, medesima data del messaggio Inps, un'operazione delle fiamme gialle ha dimostrato come circa il 60/70 per cento dei soggetti beneficiari nei fatti non avesse diritto ad ottenerlo);

   peraltro, a tutt'oggi, il Reddito di cittadinanza si configura esclusivamente come misura assistenziale, considerato che il sistema delle offerte di lavoro non è neanche partito, a danno di chi cerca concretamente di inserirsi nel mercato del lavoro –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa il Messaggio Inps citato in premessa, considerato anche che, per gli interroganti, il relativo progetto appare, di fatto, come la risposta dell'Inps alla dichiarazione del Presidente del Consiglio dei ministri alla kermesse 5 stelle «daremo lavoro a migliaia di africani».
(5-02941)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in base al quadro giuridico vigente, i contadini hanno diritto a riseminare il proprio raccolto liberi da qualsiasi tipo di obbligo;

   il regolamento (Ce) n. 2100/94 del 27 luglio 1994 concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali dice: «Art. 14 – Deroga alla privativa comunitaria per ritrovati vegetali 1. In deroga all'articolo 13, paragrafo 2 e ai fini della salvaguardia della produzione agricola, gli agricoltori sono autorizzati ad utilizzare nei campi a fini di moltiplicazione, nelle loro aziende, il prodotto del raccolto che hanno ottenuto piantando, nelle loro aziende, materiale di moltiplicazione di una varietà diversa da un ibrido o da una varietà di sintesi che benefici di una privativa comunitaria per ritrovati vegetali»;

   nel testo base di riferimento si parla di «materiale di moltiplicazione di una varietà protetta da diritti (di ottenzione) di una varietà vegetale diversa da una varietà ibrida o sintetica». Sempre lo stesso articolo 14 recita: «i piccoli agricoltori non sono tenuti al pagamento di una remunerazione al titolare»;

   il regolamento (CE) n. 1768/95 del 24 luglio 1995 che definisce le norme di attuazione dell'esenzione agricola prevista dall'articolo 14, paragrafo 3, del regolamento 2100/94 torna sulla questione ancora con più chiarezza dettando, all'articolo 7, la definizione di «Piccoli agricoltori»: «1. Una superficie sulla quale vengono coltivati vegetali ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3, terzo trattino del regolamento di base, è una superficie piantata ai fini di una coltura e di un raccolto regolari...» e stabilisce che la dimensione aziendale ne sia il riferimento. Ma non solo, sempre lo stesso articolo continua: «3. Fatto salvo il disposto dell'articolo 14, paragrafo 3 (...) nel caso di altre specie vegetali (...) sono considerati agricoltori quei piccoli agricoltori che» (seguono dettagliate e lunghe specifiche in cui rientra la maggioranza delle aziende agricole italiane, poiché circa il 70 per cento delle aziende ha una dimensione inferiore ai 5 ettari);

   come riportato da Ari – Associazione rurale italiana e crocevia (organizzazione non governativa di cooperazione internazionale e solidarietà senza fini di lucro) nonché diverse associazioni impegnate nella tutela dei piccoli agricoltori è in corso un tentativo per negare il diritto alla risemina di varietà certificate. In queste settimane diverse imprese sementiere presenti sul mercato italiano stanno diffondendo con vari mezzi informazioni false e tendenziose per cui sarebbe vietato riseminare il raccolto da varietà certificate (ovvero quelle comprate sul mercato e cartellinate);

   la società cooperativa SICASOV in particolare ha stampato e affisso diversi volantini in molti consorzi sementieri in cui si afferma che agli agricoltori non è consentito seminare o scambiare le proprie sementi. Si tratta di informazioni che, ad avviso dell'interrogante, sono destituite di fondamento e in palese contrasto con la legislazione italiana –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare per contrastare la diffusione di queste informazioni;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro abbia intenzione di adottare per garantire agli agricoltori il proprio diritto alla risemina di varietà certificate.
(4-03872)


   STUMPO e FORNARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la società Unirelab s.r.l. è una società a totale partecipazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, costituita nel 2003, e opera nell'ambito della medicina veterinaria per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, offrendo una serie di servizi diagnostici di laboratorio per l'ippica e per la medicina veterinaria ad enti pubblici e privati;

   in data 30 aprile 2019 è stato nominato amministratore unico di società Unirelab s.r.l. la dottoressa Barbara Maria Grazia Genala;

   il nuovo amministratore avrebbe deciso di adottare un nuovo organigramma;

   non risulta agli interroganti che rappresentanze sindacali e dipendenti siano stati coinvolti o informati preventivamente in alcun modo relativamente alle revisioni poste in essere dall'amministratore unico, nonostante la direttiva del Ministro delle politiche agricole del 31 gennaio 2018 che sottopone a controllo analogo la società Unirelab;

   sarebbe altresì intenzione dell'amministratore unico di passare all'adozione di un nuovo contratto collettivo, specifico per i dipendenti della società, lasciando il contratto collettivo nazionale di lavoro Case di cura Aiop e per redigere tale nuovo contratto sarebbe stata acquisita la consulenza dell'avvocato Maddalena Boffoli;

   tale professionista, il cui rapporto professionale con la società Unirelab sarebbe limitato all'assistenza legale relativa alla redazione del nuovo contratto e al conseguente inquadramento del nuovo personale, avrebbe dichiarato, durante un incontro chiesto dai sindacati e svoltosi il 25 settembre 2019, che in ogni caso la società dovrà avvalersi, allo scopo, del supporto di una ditta esterna specializzata nel settore, creando, in tal modo, a giudizio dell'interrogante, una ingiustificata duplicazione dei costi in capo alla società in house Unirelab;

   non risulta chiaro quali siano le motivazioni per le quali l'amministratore unico abbia deciso di uscire da un contratto collettivo nazionale e quali saranno le conseguenze del nuovo eventuale inquadramento contrattuale a carico dei dipendenti e se saranno salvaguardati mansioni e livelli retributivi –:

   se il Ministro interrogato intenda accertare la legittimità delle decisioni dell'amministratore unico di Unirelab in merito ai percorsi amministrativi intrapresi, soprattutto alla luce della direttiva ministeriale sul controllo analogo, e se la gestione del personale sia sottoposta a quanto previsto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 del testo unico sul pubblico impiego;

   se la gestione delle consulenze e le attività poste in essere dai collaboratori della società e dall'amministratore unico siano conformi ai dettami della buona amministrazione e, al contempo, se tanto l'adozione del nuovo organigramma, quanto il percorso di uscita dall'attuale contratto collettivo e relativa scrittura del nuovo contratto, per una società con 38 dipendenti, sia un percorso opportuno e privo di vizi e, in caso contrario, quali iniziative di competenza intenda adottare nell'esercizio dei poteri di vigilanza;

   quali iniziative di competenza intenda avviare per garantire mansioni, livelli retributivi e diritti fondamentali dei lavoratori di Unirelab, nell'ambito dall'ampio processo di riforma avviato dall'amministratore unico.
(4-03879)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   VERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la centrale termoelettrica Enel «Pietro Vannucci» denominata Bastardo, sita nel territorio di Gualdo Cattaneo di Perugia – progettata negli anni sessanta come impianto a lignite – a seguito della nazionalizzazione dell'energia elettrica in Italia, è stata trasferita a Enel che la convertì dapprima in una centrale a olio denso, poi nel 1988 in una centrale a carbone;

   la centrale è costituita da un'isola produttiva con una superficie di 15,6 ettari. All'interno della centrale è integrato un centro di addestramento specialistico di circa 3000 metri quadrati particolarmente attrezzato per l'attuazione di interventi nei campi della manutenzione meccanica ed elettrostrumentale, della sicurezza, dell'antincendio e dei controlli non distruttivi. Vi è anche la possibilità per i partecipanti ai corsi di accedere all'attigua centrale termoelettrica per attività di stage e simulazioni ed esercitazioni pratiche;

   nel 2016 è stata avviata una procedura, attualmente in corso, per l'acquisto e la riqualificazione dell'impianto termoelettrico, al fine di realizzare sul sito della centrale un polo logistico integrato che preveda l'utilizzo del centro addestramento specialistico come volano per la crescita dell'imprenditoria locale e non solo nel campo della riqualifica dei materiali e dei componenti destinati a rifiuto nell'ottica della circular economy;

   nel corso del 2017 Enel Produzione S.p.a., nell'ambito del progetto Futur-e, ha avviato una procedura volta alla selezione di proposte, invitando alla presentazione di manifestazioni di interesse; attualmente la scadenza dell'asta risulta fissata a gennaio 2020;

   il 3 maggio 2019 l'assemblea legislativa della regione Umbria ha deliberato un ordine del giorno relativo alla prevista dismissione della centrale termoelettrica ai fini della riconversione del sito, nonché per il potenziamento del centro specialistico di addestramento del personale Enel, impegnando la giunta ad adottare tutte le iniziative necessarie atte ad individuare possibilità di impiego sostenibile dell'intero sito, attraverso un rapporto collaborativo con Enel. Si prevedeva anche l'attivazione di percorsi di ricerca di fondi comunitari e il potenziamento della scuola di addestramento specialistico del personale Enel a livello nazionale attraverso la costituzione di un centro di alta formazione universitaria che potrebbe diventare anche polo di attrazione per ricercatori e studiosi e struttura di eccellenza della regione Umbria. In questo senso, risulterebbero fondamentali processi sinergici con le università umbre;

   un'ulteriore riqualificazione della centrale e dell'area consentirebbe di promuovere accordi di programma con istituzioni, enti e agenzie in campo ambientale nonché di elaborare analisi su specifici temi ambientali che hanno particolari ripercussioni sull'intero sistema aziendale. Il Centro di addestramento, inoltre, potrebbe consentire la realizzazione di convenzioni con le scuole specialistiche nel programma di integrazione scuola lavoro;

   Enel è impegnata a tutelare l'ambiente, la sicurezza e la salute dei lavoratori e, nell'ambito di questa politica aziendale, dovrebbe farsi carico della bonifica dell'area della centrale di Gualdo Cattaneo –:

   quali iniziative di competenza intende assumere il Governo per garantire l'attuazione diretta da parte di Enel – nella logica del progetto Futur-e che l'azienda sta attuando in tutti i suoi impianti – della bonifica dell'area prima della sua alienazione, promuovendo, una volta conclusa la procedura di attribuzione del sito, la costituzione di un polo logistico integrato che preveda l'utilizzo del centro di addestramento specialistico come volano per la crescita dell'imprenditoria locale nonché quale strumento per attivare reali sinergie del polo universitario umbro.
(3-01044)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   POLIDORI, NEVI e BARELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2018, in risposta ai dazi statunitensi sull'acciaio proveniente dall'Asia, la Commissione europea ha adottato delle misure di salvaguardia volte a tutelare le imprese comunitarie dalle possibili distorsioni del mercato provocate dai concorrenti asiatici;

   inizialmente l'Indonesia non è stata inclusa tra i Paesi in via di sviluppo soggetti a tali misure, poiché, stando ai dati allora disponibili, non aveva ancora raggiunto la soglia individuale di importazioni del 3 per cento che, se superata, innesca il meccanismo protezionistico;

   nel corso del 2019, la disponibilità di dati aggiornati sulle importazioni siderurgiche in Europa ha condotto a una revisione dell'elenco dei Paesi soggetti alle misure di salvaguardia, il quale, a partire dal 1° ottobre 2019, comprenderà anche l'Indonesia;

   solo in un secondo momento verranno applicate le misure anti-dumping che l'ordinamento europeo prevede per quei Paesi esteri che esportano a un prezzo inferiore rispetto a quello praticato sul mercato domestico oppure vendono sottocosto;

   tuttavia, da un'inchiesta del Wall Street Journal è emerso che le misure anti-dumping già utilizzate da altri Paesi verso l'Asia non sono immuni da criticità: la Cina, infatti, ha già implementato alcuni espedienti per arginare gli effetti dei dazi americani;

   una strategia consiste nel trasbordo dei prodotti cinesi che, prima di sbarcare nel Paese importatore, sostano in un Paese terzo dove, dopo essere stati leggermente modificati, proseguono come esportazioni originarie del luogo in cui hanno fatto tappa;

   un'altra strategia, adottata da molte società cinesi, prevede l'apertura di stabilimenti direttamente in un altro Paese del Sud-est asiatico, come Bangladesh, Vietnam e Malaysia;

   un ulteriore pericolo per il settore siderurgico proviene, da un lato, dagli stessi Paesi europei che, attratti dal prezzo particolarmente conveniente, stanno orientando i propri acquisti verso l'Indonesia; dall'altro, dai clienti italiani che stanno inducendo i produttori nazionali ad applicare gli stessi prezzi degli asiatici;

   in attesa che le misure di salvaguardia producano i loro effetti positivi, è necessario continuare a vigilare sulla condotta sleale di aziende cinesi e sui clienti europei – italiani in particolare – che potrebbero continuare a tenere sotto scacco i produttori nazionali, dettando prezzi potenzialmente letali per il made in Italy –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere a tutela della produzione siderurgica italiana, a fronte della situazione internazionale attraversata dal settore dell'acciaio.
(5-02940)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00266, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 240 del 16 ottobre 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    il mondo delle libere professioni rappresenta un fondamentale valore aggiunto per l'economia della nostra Nazione, sia in termini di prodotto interno lordo che più in generale, come modello che, per la necessità di conseguire un titolo abilitativo per lo svolgimento della professione, ed in caso di professioni ordinistiche per l'obbligo di iscrizione all'Albo, garantisce anche una qualità elevata e per un certo aspetto «certificata» delle prestazioni fornite;

    i numeri parlano chiaro. Con 2,3 milioni di unità si concentra infatti in Italia la maggiore percentuale dei professionisti censiti nei 28 Paesi dell'Unione, una platea pari al 26 per cento del lavoro indipendente, capace a sua volta di occupare circa 900 mila persone;

    secondo il rapporto 2018 di Confprofessioni, i liberi professionisti hanno retto più di altri alla crisi economica ed alla seguente stagnazione, tuttavia il contributo al prodotto interno lordo dal 2011 al 2016 è calato dal 12,8 per cento al 12,4 per cento;

    al di là del mero aspetto numerico, non può sfuggire come la specificità del mondo delle libere professioni in Italia, sia anche a garanzia di un modello sociale ed economico che condividiamo, lontano da logiche assistenzialiste, ma anche da quegli aspetti iper mondialisti e liberisti legati ad una finanza senza volto e senz'anima, che nell'immaginario collettivo si legano al meccanismo delle «companies» americane, dove anche il più stimato professionista è un semplice granello intercambiabile, destinato ad essere spazzato via durante una delle crisi cicliche del turbo capitalismo che tanto spesso si sono viste in questi anni;

    difendere le libere professioni significa quindi difendere un modello sociale nel quale crediamo, come sempre nelle nostre battaglie con l'unica stella polare della tutela degli interessi nazionali;

    i liberi professionisti necessitano di risposte urgenti ed indifferibili da parte del Governo, in termini innanzitutto di difesa della propria specificità ed identità, di riduzione della pressione fiscale, di semplificazione delle incombenze burocratiche, di tutela della meritocrazia anche a difesa di un modello che funziona e che è tipicamente italiano;

    Fratelli d'Italia ha incontrato in questi mesi rappresentanze ai massimi livelli di tutte le professioni ordinistiche, rappresentate nei tre grandi filoni giuridico, sanitario e tecnico, raccogliendo le principali istanze sulle quali i firmatari del presente atto di indirizzo intendono fin da subito sollecitare per quanto di competenza impegni seri e circostanziati da parte del Governo,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa di carattere normativo atta a garantire la diffusa applicazione del principio dell'equo compenso per le prestazioni svolte da professionisti a favore delle pubbliche amministrazioni, grandi imprese, banche e assicurazioni, principio già contemplato all'articolo 13-bis della legge professionale forense, recepito nella legge di bilancio 2018 ed esteso anche alle prestazioni, per quanto compatibili, degli altri Ordini professionali di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a tutti i liberi professionisti, indipendentemente dalla iscrizione o meno ad un ordinamento professionale, commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto;

2) a promuovere tutte le iniziative necessarie atte a definire una riforma organica del diritto di successione anche in termini di riduzione della tassazione e di rinunciabilità della quota di legittima, ed una corrispondente revisione del codice civile, per risolvere l'annoso problema della circolazione dei beni immobili di provenienza donativa, fenomeno che ha riguardato circa 135.000 immobili nel 2017, ed oltre 139.00 immobili nel 2018, con rilevanti problemi per le famiglie di accesso al credito e per la erogazione di mutui da parte delle banche;

3) ad adottare iniziative per garantire la previsione di un sistema sanzionatorio differenziato e più lieve per i notai, commercialisti, consulenti del lavoro e professionisti obbligati alle segnalazioni, relativamente alla omessa o parziale segnalazione in tema di antiriciclaggio, sanzioni ad oggi equiparate a quelle previste per il sistema bancario;

4) a predisporre iniziative efficaci atte a potenziare la volontaria giurisdizione, anche a favore dei soggetti incapaci, per abbreviare i tempi lunghissimi per i provvedimenti provenienti dai giudici tutelari, tema sul quale Fratelli d'Italia ha presentato da tempo una proposta di legge per la soppressione dei tribunali dei minori e l'istituzione di apposite sezioni specializzate nell'ambito dei tribunali ordinari;

5) a prevedere specifiche iniziative finalizzate alla revisione dei compensi per i consulenti tecnici di ufficio ausiliari della giustizia, la cui tariffazione è ancora regolata dal Testo unico sulla giustizia che richiama la legge n. 319 del 1980, obsoleta sia nel testo che nei contenuti, tenendo conto che attualmente gli onorari sono commisurati al tempo impiegato dai professionisti a svolgere l'incarico e valutati poco più di quattro euro l'ora e che, alla luce delle nuove incombenze determinate dal decreto-legge n. 83 del 2015 che introduce nuove misure in materia fallimentare e di procedure di esecuzione forzata immobiliare, il compenso previsto per le attività del professionista appare assolutamente anti storico e non adeguato;

6) ad adottare iniziative per predisporre un Testo unico sull'abbattimento delle barriere architettoniche e sull'accessibilità, anche d'intesa con la rete delle professioni tecniche e con le rappresentanze interessate del terzo settore, perché oggi esistono una serie di norme tra di loro non coordinate, come il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 che riguarda tutto ciò che è attinente agli edifici pubblici, il decreto ministeriale n. 236 del 1989 che riguarda gli edifici privati, la legge sui Peba (piani di eliminazione delle barriere architettoniche) di fatto mai attuati, la legge n. 104 del 1992 che cura determinati aspetti, ma manca di una visione organica e sistematica di insieme;

7) a promuovere tutte le iniziative di competenza atte a garantire un più facile accesso al credito per i liberi professionisti, anche attraverso lo strumento dei Confidi per professionisti ai sensi del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito dalla legge n. 106 del 2011, ed il coinvolgimento del Mediocredito centrale per un accesso più agevole al fondo di garanzia;

8) ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata alla disapplicazione degli Isa (indicatori sintetici di affidabilità) 2018, o almeno alla loro applicazione facoltativa, evitando di caricare di ulteriori incombenze i dottori commercialisti e i consulenti del lavoro, impegnandosi ad un confronto costante con le categorie interessate ed al rispetto dello statuto del contribuente;

9) ad attuare le iniziative necessarie per esentare dall'Isa tutte le attività professionali, commerciali ed artigiane con fatturato pari od inferiore a 250.000 euro annui;

10) a promuovere il protocollo siglato nel 2014 tra il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla asseverazione contrattuale (ASSE.CO) come marchio di legalità per le imprese e garanzia della regolarità contrattuale nella gestione dei rapporti di lavoro;

11) ad adottare iniziative per prevedere la detassazione degli investimenti operati dalle Casse dei professionisti in economia reale, ovvero la riduzione della tassazione dal 27 al 12,5 per cento come previsto per i titoli di Stato;

12) a valutare, nell'ambito delle prossime iniziative normative, la possibilità di abrogare l'obbligo di invio delle liquidazioni periodiche dell'Iva per i soggetti che utilizzino la fatturazione elettronica, per evitare inutili duplicazioni onerose sia per gli utenti che per i professionisti del settore;

13) ad adottare iniziative per abolire l'Iva sulle prestazioni veterinarie, rimodulando ed implementando le risorse dedicate a questo settore;

14) a prevedere un'iniziativa normativa volta a conferire lo status di pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni per tutto il personale della sanità, con la procedibilità di ufficio nei confronti dell'aggressore, per contrastare il fenomeno delle aggressioni ai «camici bianchi», sempre più frequente in questi ultimi mesi;

15) con la stessa finalità, a tutelare i giornalisti, nell'esercizio della loro professione, dai sempre più frequenti episodi di intimidazione ed aggressione, per salvaguardare la libertà di informazione così come garantita dalla Carta costituzionale;

16) ad adottare iniziative per rivedere la legge n. 124 del 2017, che ha consentito l'ingresso del capitale privato nel mondo della farmacia, anche in via esclusiva, di fatto aprendo alle multinazionali e permettendo alle grandi catene di «invadere» il mercato, a scapito della figura del farmacista e di oltre tremila farmacie private oggi in crisi, e per stanziare le necessarie risorse per la piena realizzazione della farmacia dei servizi alla persona, normata dai decreti del 18 novembre 2010, 16 dicembre 2010 e 8 luglio 2011 ed ancora scarsamente attuata;

17) ad adottare iniziative per applicare una «flat tax» al 15 per cento sugli incrementi di fatturato prodotti dai liberi professionisti e dalle piccole e medie imprese con fatturato pari o inferiore a 50 milioni di euro e con un numero di dipendenti pari od inferiore a 250, realizzati rispetto all'ultimo esercizio di bilancio e reinvestiti in economia reale;

18) ad adottare iniziative per sospendere l'obbligo di emissione della fattura elettronica per tutti i soggetti privati non esenti fino al 1° gennaio 2022;

19) ad adottare iniziative per innalzare la soglia della «no tax area» esentando dal pagamento dell'Irpef tutti i contribuenti, lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e pensionati con un reddito non superiore a 15 mila euro lordi annui;

20) ad assumere iniziative per istituire un osservatorio sul mercato del lavoro delle professioni sulla base dei dati delle Casse di previdenza al fine di verificare le misure da adottare a sostegno delle libere professioni e di monitorare e misurare i costi amministrativi e fiscali sempre più elevati che limitano oggi l'accesso alla professione;

21) ad adottare iniziative di tipo normativo volte ad aumentare il numero delle borse di studio disponibili per i laureati specializzandi in medicina al fine di sopperire alla mancanza di specialisti di settore nelle strutture sanitarie pubbliche.
(1-00266) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove n. 4-03711, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 230 del 1° ottobre 2019.

   DELMASTRO DELLE VEDOVE e LOLLOBRIGIDA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 334 del 2000 prevedeva concorsi straordinari per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, in favore degli ispettori della polizia di Stato ex legge n. 121 del 1981 cosiddetti ante riordino di cui al decreto legislativo n. 197 del 1995, per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia di Stato;

   il dipartimento della pubblica sicurezza non ha mai bandito detti concorsi e quella che appare agli interroganti una deliberata omissione ha creato ingente danno a questo personale della polizia di Stato, già fortemente danneggiato dalla retrocessione con il riordino del 1995 (decreto legislativo n. 197 del 1995), nonostante il ruolo rappresenti la spina dorsale della polizia: si tratta infatti, di comandanti di reparto, di responsabili delle sezioni di polizia giudiziaria presso procure, di responsabili di sezioni delle squadre mobili o delle Digos nelle varie questure, di sezioni di polizia scientifica, Polfer, polizia postale, e altri;

   carabinieri, Guardia di finanza, polizia penitenziaria, Esercito e Marina diedero sistematicamente luogo a detti concorsi per ufficiali del ruolo speciale e, di conseguenza, i sottufficiali che erano sottordinati funzionalmente, gerarchicamente ed economicamente ai predetti ispettori ex legge n. 121 del 1981, dapprima diventarono ope legis loro omologhi (decreto legislativo n. 197 del 1995), poi transitarono nei rispettivi ruoli speciali degli ufficiali ed ora – con il riordino decreti legislativi n. 94 del 2017 e n. 95 del 2017 – sono stati ope legis tutti dirigenzializzati e quindi sono diventati ufficiali superiori;

   solo grazie alla vittoriosa sentenza per una class action degli interessati innanzi al Tar del Lazio del 2 febbraio 2016 n. 01439/2016, dopo ben 17 anni di mancata applicazione della legge, l'amministrazione della polizia di Stato ha concorso a redigere il decreto legislativo n. 126 del 2018 che ha previsto nelle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 un concorso per coprire i posti del ruolo direttivo speciale per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 in un nuovo e diverso ruolo, denominato ad esaurimento, con sviluppo inferiore a quello previsto per il R.D.S. contemporaneamente abrogato;

   con tale operazione, l'amministrazione dell'interno non solo non ha tenuto fede alla più volte annunciata volontà di ristorare parzialmente dopo 17 anni l'irreparabile danno causato a tali investigatori, ma, cinicamente, ha dimostrato un'avversione nei loro confronti affossando ulteriormente verso il basso i vincitori del concorso;

   in forza del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 – cosiddetto decreto sicurezza – convertito dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018, è prevista l'adozione di provvedimenti normativi recanti disposizioni integrative in materia di revisione dei ruoli del personale delle forze di polizia nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95;

   si tratta di personale enormemente danneggiato, a ridosso dei raggiunti limiti di età per la collocazione in pensione e con un'anzianità di servizio effettivo ricompresa tra i 35 e i 40 anni, tenuto anche conto dei profili di rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale del citato articolo 2, sollevati innanzi alla Corte costituzionale dal Tar Abruzzo con l'ordinanza 19 dicembre 2018, n. 104 del 2019 Reg. Prov. Coll –:

   se si intendano adottare iniziative per attribuire la qualifica di commissario capo all'esito di ciascuno dei cinque cicli (annualità 2001/2005) per i vincitori del 1° concorso per commissari del ruolo direttivo ad esaurimento.
(4-03711)

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Perantoni n. 5-02163 del 27 maggio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-01043.