Camera dei deputati

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 14 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    secondo dati recenti in Europa vivono oltre 80 milioni di persone con disabilità: un europeo su quattro ha un familiare disabile e vi sono circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della sua popolazione femminile totale e al 60 per cento della popolazione complessiva di persone con disabilità;

    è opportuno evidenziare che la popolazione con disabilità è un numero che varia in funzione della definizione che si dà a questa condizione. La parola «disabilità», infatti, sottintende un'ampia gamma di situazioni personali temporanee, a breve o a lungo termine, di tipo sensoriale, motorio, intellettivo e psichico, che richiedono risposte politiche su misura;

    si sottolinea che la categoria delle donne e ragazze con disabilità è una delle più vulnerabili ed emarginate nella società europea, poiché esse vivono il rischio di una doppia discriminazione dovuta contemporaneamente al genere e alla disabilità;

    le donne disabili sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive e, nel contempo, presentano un basso tasso di occupazione: il 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro. Le donne con disabilità non assumono ruoli guida o dirigenziali e non prendono sufficientemente parte alla vita politica né alla vita pubblica. È evidente, pertanto, quanto questo rappresenti per le donne disabili un rischio maggiore di esclusione sociale, di povertà e di infelicità;

    circa la situazione in Italia, l'ultimo report Istat sull'inclusione sociale interpreta il termine disabilità in modo ampio, stimando a circa 13 milioni e 177 mila le persone con qualunque tipo di disabilità, definendole «limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi»;

    complessivamente, si tratta del 25,5 per cento della popolazione italiana e in questa popolazione prevalgono le donne (54,7 per cento);

    sempre in Italia, sono circa 4 milioni e 360 mila le persone che hanno una disabilità fisica o sensoriale, vale a dire il 7,2 per cento della popolazione;

    per le persone disabili si rileva anche un'alta incidenza del disagio fisico e psichico rispetto al resto della popolazione cui fa riscontro una situazione di difficoltà delle famiglie con persone con disabilità ad ottenere una visita medica o un trattamento terapeutico a causa di difficoltà economica. Il 14,0 per cento delle persone con disabilità è costretto a rinunciare all'assistenza sanitaria, percentuale che scende al 3,7 per cento se si considera il resto della popolazione;

    anche il territorio di residenza è un fattore discriminante, infatti nelle regioni del Mezzogiorno le persone costrette a rinunciare salgono al 30,0 per cento in Puglia o al 22,2 per cento in Calabria;

    una recente ricerca, evidenzia in proposito che una famiglia con almeno un componente con disabilità, per avere lo stesso livello di soddisfazione per la condizione economica di una famiglia senza persone con disabilità, ha bisogno di un reddito 1,76 volte superiore, tale parametro varia in relazione con la dimensione familiare;

    per quanto attiene alla differenza di genere, le donne disabili, già in età più giovane, sperimentano condizioni di salute peggiori rispetto ai giovani;

    inoltre, il 13 per cento delle donne con disabilità dichiarano di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, contro il 5 per cento della popolazione femminile generale, e i tassi di tumore al seno per le donne disabili sono più alti in modo significativo a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate;

    la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più’ di un Pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla popolazione femminile generale;

    relativamente alla doppia discriminazione delle donne disabili, l'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 febbraio 2018, evidenzia un marcato differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato – ad esempio – dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici, pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne;

    a confermare la drammatica condizione di discriminazione delle donne disabili, vi è anche la violenza subita. L'Istat rileva come abbia subito violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio, ovvero il 10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne non disabili;

    a fronte della palese condizione discriminatoria, l'articolo 6 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, prevede che in ragione del riconoscimento del fatto che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple, gli Stati adottino «misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità» e adottino nel contempo «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;

    malgrado tali premesse, la variabile di genere, associata alla condizione di disabilità rappresenta un elemento trascurato e posto ai margini dell'attenzione pubblica, che alimenta – in assenza di una specificità normativa – una persistente discriminazione multilivello che relega le donne e le minori disabili ad una sorta di limbo sociale e legislativo su cui l'attenzione politico-istituzionale appare vistosamente carente, con la conseguenza di un incremento del disagio e dell'alienazione correlata;

    a conferma di tale scenario deficitario che contraddistingue il nostro Paese, si evidenzia che nell'agosto 2016 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha espresso un richiamo all'Italia in ragione della mancanza di specifiche misure a sostegno delle donne e delle ragazze con disabilità, esprimendo preoccupazione per l'esistenza di molteplici definizioni di disabilità e la conseguente «disparità di accesso al sostegno ed ai servizi»;

    il comitato ONU, tra le altre cose, nella sua pronuncia ha raccomandato l'integrazione della specifica prospettiva di genere nelle politiche a tutela e sostegno della disabilità al fine di legittimare il riconoscimento di un ambito operativo specifico – quale quello del sostegno di genere – nel più ampio scenario degli interventi a favore dei cittadini disabili;

    un contributo significativo alla riflessione in materia di discriminazione multipla è stato fornito dal Secondo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell'Unione Europea, adottato a Budapest il 28-29 maggio 2011 dall'Assemblea Generale del Forum Europeo sulla Disabilità (Edf) in seguito ad una proposta del Comitato delle Donne dell'Edf: un documento aggiornato rispetto a quanto definito nel Primo Manifesto del 1997 in ragione di quanto sancito dalla Convenzione Onu, della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e del Patto per la parità di genere dell'Unione europea 2011-2020;

    il secondo Manifesto rappresenta un riferimento indiscusso sul versante dell'analisi multisettoriale della discriminazione di genere nella macro area della disabilità, ed ha avuto il merito di evidenziare l'urgenza di includere la prospettiva di genere all'interno dei programmi e delle politiche dell'Unione europea e dei Paesi membri a sostegno della disabilità e dell'inclusione, specificando ulteriormente come la discriminazione multipla di cui le donne disabili soffrono sia anche punto di approdo di ulteriori variabili quali l'età, la condizione sociale e l'etnia tra le altre cose: pertanto è stata offerta una prospettiva di analisi particolarmente dettagliata e valida su un fenomeno particolarmente complesso;

    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo che rappresenta la società civile organizzata dell'Unione europea, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri ad adoperarsi maggiormente sul versante della protezione delle donne e delle minori con disabilità. Nel parere espresso il Cese osserva che l'Unione europea e i suoi Stati membri non dispongono di un quadro giuridico specifico in grado di tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne e le ragazze con disabilità;

    tra gli altri inviti, il Cese, con riferimento alla violenza di genere che vede le donne con disabilità colpite con una maggiore incidenza rispetto alle altre (da 3 a 5 volte più esposte), ha evidenziato l'importanza che l'Unione europea e gli Stati membri aderiscano alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica;

    in data 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità (2018/2685(RSP), che tratteggia un quadro di insieme increscioso dal quale scaturisce la consapevolezza che in Italia come in Europa sussistono molteplici fattispecie di discriminazione multipla trasversale, che comportano una violazione sistematica dei diritti umani fondamentali;

    uno degli aspetti su cui insiste la risoluzione è relativo alle gravi carenze anche normative che rappresentano un ostacolo per le donne con disabilità alla possibilità di accedere in condizioni di parità a servizi fondamentali come quello dell'istruzione, dei trasporti, dell'inserimento al lavoro e della sanità;

    solo attraverso un sistema inclusivo è possibile superare il deficit che l'Italia ha nelle politiche a favore delle donne «doppiamente discriminate», il cui dato oggettivamente elevato ha dettato le condizioni perché dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, emergesse la richiesta di un impegno concreto volto a contrastare ogni forma di sfruttamento, violenza e maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità tenendo conto dell'età, del genere e del tipo di disabilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa necessaria, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione, dello sport, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa, in modo da assicurare la reale accessibilità per le donne disabili intese sia in senso fisico (motorio e sensoriale) che psichico, condizione imprescindibile per l'integrazione e la partecipazione delle persone con disabilità;

2) a promuovere ogni utile iniziativa finalizzata ad integrare le donne con disabilità all'interno dei sistemi di istruzione ordinari e soprattutto a porre in essere specifici percorsi di formazione professionale volti a far acquisire competenze, adeguate alla condizione psicofisica delle donne, che risultino realmente spendibili nel mercato del lavoro;

3) ad adottare iniziative per garantire il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, anche attraverso l'introduzione di incentivi/sanzioni, contrastando quindi le discriminazioni salariali e garantendo la parità tra donne e uomini, in particolare per quanto riguarda le persone con disabilità;

4) ad assumere iniziative per garantire l'autodeterminazione delle donne con disabilità, assicurando l'offerta di informazioni, in modo specifico e adeguato alla tipologia di disabilità, per consentire e favorire la libera scelta circa la propria salute, con riguardo anche all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, promuovendo, altresì, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali;

5) ad assumere iniziative per assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona;

6) ad assumere iniziative per utilizzare i fondi dell'Unione europea per aiutare gli Stati membri a promuovere l'accessibilità e la non discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità;

7) a sostenere campagne di sensibilizzazione e informazione sul tema della parità di genere in riferimento alla discriminazione multipla delle donne disabili, in particolare nel contesto scolastico, anche tramite il servizio pubblico radiotelevisivo, mediante pubblicità sociali, la carta stampata e i social media.
(1-00262) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Mantovani, Acquaroli, Baldini, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi e Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    gli ultimi dati Istat – pubblicati ad agosto 2019 – rilevano come quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni abbiano subito almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2 per cento violenza fisica, 21 per cento violenza sessuale). Su un totale di 3 milioni di donne, la violenza è stata perpetrata nel 5,2 per cento dei casi dall'attuale partner e nel 18,9 per cento da un ex partner. Oltre a partner ed ex partner, si rilevano violenze da parte dei colleghi di lavoro nel 2,5 per cento dei casi, da parenti nel 2,6 per cento, da amici nel 3 per cento e da conoscenti nel 6,3 per cento dei casi;

    violenze, abusi, molestie sono fenomeni assai diffusi fra le donne con disabilità, e comunque più frequenti rispetto a violenze e abusi subiti da donne che non hanno disabilità;

    se consideriamo i dati riferiti al 2014, sempre l'Istat riporta come i tentativi di stupro sono al 10 per cento sulle donne con disabilità contro il 4 di quelle senza limitazioni; la violenza psicologica al 31 per cento contro il 25 delle normodotate; lo stalking al 21 per cento per le disabili contro il 14 del resto della popolazione femminile;

    l'indagine Istat del 2015 ha rilevato che ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi, a fronte dell'11,3 per cento della popolazione femminile generale. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza problemi). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti, amici o conoscenti;

    il 14 novembre 2018, la Camera ha approvato con ampia maggioranza le mozioni parlamentari Carfagna ed altri n. 1-00075, Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando ed altri n. 1-00074, che impegnavano il Governo al contrasto alla violenza nei confronti delle donne;

    è facile immaginare che per una donna disabile possa essere ancora più difficile denunciare i fatti subìti, anche per la possibile dipendenza dal proprio aggressore;

    le strutture di sostegno inoltre non posseggono le competenze per gestire questi specifici casi;

    l'associazione Differenza Donna ha istituito il primo Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne con disabilità;

    i dati, già evidenziati dall'Istat, sono stati oggetto di una ulteriore indagine di approfondimento lanciata dalla Federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish) e da Differenza Donna, con l'indagine presentata nel dicembre 2018, denominata «VERA» (acronimo di Violence Emergence, Recognition and Awareness), sulla base di questionari compilati da altrettante donne con differenti disabilità, provenienze geografiche, occupazione, età e titoli di studio, ha mostrato come hanno subito una qualche forma di violenza oltre il 32 per cento del totale. Ma è solo un dato apparente. Infatti se si considerano le domande inerenti le singole forme di violenza, quali l'isolamento, la segregazione, la violenza fisica e psicologica, le molestie sessuali, lo stupro, la privazione del denaro, si nota che a rispondere affermativamente, quindi a dichiarare di averle subito, sono state il 66 per cento del totale. Quindi il doppio rispetto a quanto rilevato usando la definizione generica di «una qualche forma di violenza», ad indicare che molto spesso le stesse donne fanno fatica a riconoscere e definire come «violenza» un atto che le danneggia ma che non sia di natura prettamente fisica o sessuale;

    ancora oggi le donne con disabilità rimangono troppo spesso ai margini. Non solo la loro condizione è peggiore rispetto a quella delle donne non disabili, ma lo è anche rispetto a quella degli uomini con disabilità;

    secondo i dati del progetto Creating leaders for the future portato avanti da 5 organizzazioni europee, la situazione italiana in merito all'inclusione lavorativa dei disabili è allarmante. Cinque milioni e mezzo di italiani hanno una disabilità, circa il 9 per cento dei residenti. Di questi disabili, l'80,3 per cento è disoccupato, mentre il tasso di disoccupazione globale è pari all'11,5 per cento. In pratica nel nostro Paese le persone con disabilità di età compresa tra i 15 e i 64 anni occupate professionalmente sono solo il 19,7 per cento, meno di una persona su cinque;

    appare necessario dare finalmente attuazione alla Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone disabili per quanto attiene l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, al fine di garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità;

    la differenza di sesso nella disabilità condiziona anche la prospettiva di accesso alla formazione e di conseguenza anche al lavoro. Le bambine e le ragazze con difficoltà, dopo l'obbligo scolastico, spesso non vengono avviate a cicli di istruzione che potrebbero anche garantire delle posizioni lavorative più elevate;

    le donne con disabilità sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive, e presentano un basso tasso di occupazione: 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro;

    l'Italia ha ratificato ormai da dieci anni la citata Convenzione Onu. Con la ratifica della Convenzione, l'Italia si è impegnata a promuovere il «riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, ed il loro contributo nei luoghi di lavoro e nel mercato lavorativo» ed a riconoscere «il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri»;

    sempre secondo la Convenzione «gli Stati Parti devono garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro»;

    è inoltre necessario, affinché l'inclusione sociale sia reale, sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione dei disabili ad attività di carattere sportivo;

    sempre la Convenzione dell'Onu del 2006, all'articolo 30, rubricato «Partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport», al paragrafo 5, dispone la necessità che gli Stati Parti prendano misure appropriate per permettere alle persone con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive;

    per chi convive con una disabilità, la pratica sportiva equivale a una rinascita, aumenta l'autostima, conferisce un'opportunità di nuova vita, assicura una migliore e più spedita integrazione sociale, abbatte le barriere mentali;

    a norma dell'articolo 6 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, gli Stati Parti della Convenzione riconoscono che «le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;

    in particolare il tema delle donne con disabilità, nella Convenzione Onu, è trattato negli articoli 3, 8, 16 e 28, nei quali si fa riferimento alla salute, ai diritti legati alla sfera riproduttiva e alla prevenzione, e si prevedono forme adeguate di assistenza alle persone con disabilità e si ribadisce l'attenzione proprio sul genere;

    l'Italia è stata richiamata dal Comitato sui diritti delle persone con disabilità (l'organo incaricato di verificare l'applicazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità) per l'assenza di politiche rivolte alle donne con disabilità, ed in specifico per inadempienze rispetto al fenomeno della violenza nei loro confronti;

    anche nel Rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia ciò che emerge è il vuoto di normative e politiche governative relativamente alla condizione delle donne con disabilità;

    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo consultivo dell'Unione europea che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d'interesse, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri a fare molto di più per proteggere le donne con disabilità, le quali devono costantemente far fronte ad una discriminazione dalle molteplici forme, dovuta sia al loro genere che alla loro disabilità, e che spesso ha come conseguenza l'esclusione sociale;

    sempre il Cese ha ricordato che nell'Unione europea ci sono 40 milioni di donne con disabilità (il 16 per cento dell'intera popolazione femminile). È uno dei gruppi sociali più vulnerabili, emarginati ed esclusi dal mercato del lavoro, e anche uno dei più esposti alla violenza domestica;

    viene inoltre sottolineato come la Unione europea e i suoi Stati membri non dispongano di un quadro giuridico solido atto a tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne con disabilità. Non solo: da un lato, le loro politiche di genere non tengono conto della questione della disabilità, e specularmente, dall'altro, essi non hanno integrato una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità, il che contravviene alla legislazione in vigore in questo campo;

    pur rappresentando il 16 per cento della popolazione femminile totale in Europa, vale a dire 40 milioni di donne, la categoria delle donne con disabilità, in Italia come in Europa, è una delle più vulnerabili ed emarginate;

    nell'ambito delle misure volte a contrastare la discriminazione che colpisce le persone con disabilità, o quella nei confronti delle donne, viene trascurata la discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità, ossia un tipo di discriminazione più grave e penalizzante di quella «semplice»,

impegna il Governo:

1) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, anche attraverso l'utilizzo delle risorse e dei fondi dell'Unione europea;

2) a considerare la variabile del genere nell'approccio e nelle tematiche legate alla disabilità;

3) ad avviare una efficace campagna di sensibilizzazione sui diritti delle persone con disabilità, sulla lotta alle discriminazioni e per dare maggiore visibilità alla condizione delle donne con disabilità, contribuendo a combattere la discriminazione multipla e i pregiudizi a cui sono soggette, nonché a favorire la conoscenza delle normative vigenti in materia;

4) ad adottare le iniziative necessarie per migliorare la fruibilità dei servizi di assistenza sanitaria per le donne con disabilità, laddove gli stessi problemi di accessibilità fisica per le medesime donne, finiscono per escluderle troppo spesso da misure di medicina preventiva;

5) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, tramite l'elaborazione di nuove iniziative normative;

6) a sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo;

7) ad assumere iniziative per prevedere specifici contributi, anche con l'istituzione di un fondo dedicato, al fine di facilitare l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale;

8) ad istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

9) ad assumere iniziative concrete volte a:

   a) agevolare la denuncia dei maltrattamenti subiti dalle donne con disabilità;

   b) sostenere economicamente e psicologicamente le donne con disabilità vittime di violenza, istituendo percorsi gratuiti di assistenza e supporto e pubblicizzandone l'esistenza;

   c) istituire corsi di formazione specifica sul trattamento di casi di violenza subiti da donne con disabilità.
(1-00263) «Versace, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Bagnasco, Marrocco, Dall'Osso, Spena, Novelli, Bond, Mugnai, Brambilla, Occhiuto, Porchietto, Ripani, Zanella, Mazzetti, D'Attis, Bergamini, Tartaglione, Aprea, Pettarin, Giacometto, Cannizzaro, Siracusano, Maria Tripodi, Cristina, Saccani Jotti, Biancofiore, Cannatelli, Sozzani, Polidori, Elvira Savino, Nevi, Fiorini, Ruffino, Cassinelli, Perego Di Cremnago, Orsini, Marin, Zangrillo, Pella, Casciello, Paolo Russo, Squeri, Mulè, Cattaneo, Ravetto, Casino, Baratto, Rosso, Pittalis, Vietina, Brunetta, Ruggieri, Battilocchio, Calabria, Carrara».


   La Camera,

   premesso che:

    in data 13 dicembre 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (di seguito, «Convenzione Onu»), dando vita a un documento fondamentale per la costituzione, a livello internazionale, di una società inclusiva delle persone con disabilità;

    il principio ispiratore della Convenzione Onu, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, non punta al riconoscimento di «nuovi» diritti in favore delle persone con disabilità. L'obiettivo, piuttosto, è quello di assicurare che tali individui possano godere delle medesime prerogative degli altri consociati, in applicazione del generale principio di pari opportunità;

    in tale prospettiva, la Convenzione Onu riflette l'evoluzione della definizione di disabilità che si è registrata negli ultimi anni. Non più una visione statica, bensì multiprospettica che interpreti le situazioni di disabilità come risultato di una complessa interazione tra l'individuo, i fattori personali e i fattori ambientali;

    le azioni da mettere in campo per realizzare gli ambiziosi obiettivi della Convenzione Onu sono molteplici. Le persone con disabilità, in effetti, sono tuttora vittime di gravi vessazioni e prevaricazioni, anche nell'esercizio delle proprie libertà individuali;

    tra queste, assumono primaria rilevanza gli episodi di violenza, maltrattamento e abusi, anche di natura sessuale, che ancora oggi vengono subìti in gran numero dalle persone con disabilità, all'interno e all'esterno del proprio domicilio;

    l'ultimo caso di cronaca, recentissimo, ha interessato un ragazzo di ventiquattro anni, affetto da una grave patologia caratterizzata da deficit intellettivi. Accompagnato in ospedale, i medici hanno confermato i sospetti, mettendo a referto la violenza sessuale sulla quale sono attualmente in corso le indagini delle forze dell'ordine;

    particolarmente delicata, in questo quadro, è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo;

    la Convenzione Onu ha dedicato un apposito articolo al tema in questione riconoscendo che le donne e i minori con disabilità sono soggetti a «discriminazioni multiple» e che per tale motivo è necessario adottare «misure per garantire il loro pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali»;

    nel preambolo della medesima Convenzione Onu, inoltre, si sottolinea che le donne e le ragazze con disabilità, in ragione dell'intersezione del fattore del «genere» e di quello della «disabilità», corrono un rischio più elevato di subire violenze, maltrattamenti e abusi fisici e sessuali;

    queste tendenze, assolutamente da sradicare, hanno trovato conferma, purtroppo, nelle principali indagini statistiche che sono state condotte in relazione al fenomeno. Nell'ambito delle rilevazioni della Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap, infatti, circa il 10 per cento delle donne con disabilità interpellate ha dichiarato di essere stata vittima di stupro nella propria vita;

    allo stesso modo, i dati Istat, aggiornati al 2014, certificano che il rischio di subire violenze fisiche o sessuali è molto più alto per le donne con limitazioni (circa il 36,6 per cento) rispetto al resto della popolazione femminile. Problematiche maggiori nelle donne con disabilità si riscontrano anche con riferimento agli episodi di stupri, stalking e violenza psicologica;

    all'interno di queste rilevazioni, inoltre, potrebbero non rientrare i tantissimi casi di violenza «invisibile» che non sono seguiti da una denuncia da parte delle relative vittime. Secondo l'Istat, infatti, le vittime di violenza sessuale non sporgono denuncia addirittura nel 92,5 per cento dei casi e non vi è ragione di ritenere che un dato analogo, se non addirittura superiore, non si riscontri con riguardo alle donne con disabilità, a causa delle difficoltà ancora maggiori che le stesse possono incontrare nel chiedere aiuto e nell'essere ascoltate e comprese;

    il fenomeno, data la sua complessità e gravità, ha spinto il Parlamento europeo ad approvare in data 29 novembre 2018 una specifica risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità («di seguito Risoluzione europea»), riprendendo alcuni temi già trattati, più in generale, nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, anche nota come Convenzione di Istanbul;

    i dati evidenziati dal Parlamento europeo sono allarmanti. Si conferma, innanzitutto, il rischio accentuato delle donne con disabilità di subire violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita. Inoltre, si sottolinea come la violenza contro le donne con disabilità non sia solamente di natura sessuale, ma generale, ricomprendendo altresì le situazioni di abbandono, i problemi di comunicazione, fino ad arrivare alla negazione nei ruoli e dei momenti essenziali della vita, assumendo in questo modo una connotazione che deve correttamente essere interpretata e definita «trasversale», oltre che multipla;

    in particolare, secondo quanto rilevato nella Risoluzione europea, negli Stati membri sono presenti gravi criticità che rendono difficoltoso l'accesso delle donne con disabilità alle strutture di protezione delle vittime di violenza, ma anche ai servizi erogati nei differenti settori dell'istruzione, dei trasporti, del lavoro e della sanità;

    più nel dettaglio, la Risoluzione europea specifica che:

     a) sul piano lavorativo, circa il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa (20-64 anni) sono prive di un'occupazione;

     b) sul piano economico, le persone con disabilità e, in particolare, le donne hanno redditi più bassi e sono a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale;

     c) sul piano sanitario, secondo l'indice sull'uguaglianza di genere dell'Eige (2017), in media il 13 per cento delle donne con disabilità lamenta di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre per la rimanente parte della popolazione femminile tale percentuale si attesta intorno al 5 per cento;

    per garantire una risposta alle citate criticità, il Parlamento europeo ha diramato una lunga serie di raccomandazioni agli Stati membri, invitando i rispettivi Esecutivi a rispettare «gli impegni assunti in merito alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità» e a integrare «una prospettiva relativa alle donne e alle minori con disabilità nei programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere»;

    nel nostro Paese, il percorso di superamento degli ostacoli e dei fattori ambientali che danno luogo alle citate discriminazioni, ivi incluse quelle multiple, è ancora incompleto. Le persone con disabilità e, tra queste, in particolar modo le donne sono tuttora vittime di violenza, come attestano i dati sopra riportati, e rimangono troppo spesso invisibili ed escluse dai principali servizi erogati a beneficio della collettività;

    pochi sono altresì i riferimenti a livello normativo. Manca una disciplina mirata che tenga conto delle discriminazioni multiple e del loro impatto nella vita delle persone e, in particolare, delle donne con disabilità;

    nel quadro degli interventi già approvati possiamo citare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017, recante «Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza», nell'ambito del quale vengono previsti appositi moduli volti alla sensibilizzazione sulle forme di violenza in danno delle donne con disabilità e sui percorsi da attivare in questi casi;

    nella stessa prospettiva, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne sottolinea l'esigenza di promuovere azioni mirate per contrastare le violenze sui gruppi più vulnerabili, tra i quali le donne con disabilità;

    gli interventi in questione, tuttavia, non possono bastare a contrastare le predette forme di discriminazione. Di qui la necessità che il Governo si attivi e attui misure idonee a salvaguardare le esigenze di tali categorie di persone, dando così attuazione agli obblighi assunti dall'Italia attraverso la ratifica della sopracitata Convenzione Onu e cogliendo altresì l'invito rivolto agli Stati membri dal Parlamento europeo tramite l'anzidetta Risoluzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per contrastare efficacemente la violenza, i maltrattamenti e gli abusi perpetrati in danno delle persone con disabilità, dedicando particolare attenzione alle donne, quali vittime di discriminazione multipla, e intervenendo secondo le quattro linee di intervento principali della prevenzione, della protezione, del sostegno e della repressione dei reati;

2) ad adottare le iniziative di competenza per garantire che le ragazze e le donne con disabilità si trovino sempre nelle condizioni di poter sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria contro le violenze subite, assicurando piena attuazione a quanto previsto sul punto dalle «Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

3) ad introdurre, nell'ambito del «Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne», azioni di sostegno nei confronti delle donne con disabilità vittime di violenza, garantendo un'assistenza continua a partire dalla fase della denuncia sino al successivo percorso di riabilitazione, di cura e di definizione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

4) ad adottare iniziative per avviare percorsi di formazione specifica degli operatori sanitari e sociosanitari tenuti a rapportarsi, a qualsiasi titolo, con la persona con disabilità vittima di violenza;

5) a prevedere indicatori per la valutazione dell'impatto delle iniziative adottate e delle relative risorse stanziate, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, in modo da orientare le future strategie di intervento, garantendo in ogni caso la partecipazione attiva delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e dei centri antiviolenza;

6) ad adottare iniziative per riconoscere adeguata tutela alle donne con disabilità, quale categoria soggetta a discriminazioni multiple e trasversali, predisponendo azioni finalizzate a rimuovere gli ostacoli e i limiti esterni che tuttora si frappongono ad una loro piena inclusione nel tessuto sociale;

7) ad integrare in maniera biunivoca le politiche pubbliche in tema di parità di genere con quelle relative alla protezione e l'inclusione sociale delle persone con disabilità;

8) ad adottare iniziative volte a garantire, sul piano sanitario, pieno accesso alle prestazioni e ai trattamenti da parte delle donne con disabilità, in condizioni di uguaglianza con gli altri cittadini e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;

9) ad adottare iniziative finalizzate a tutelare la piena libertà di scelta delle donne con disabilità, anche in ambito sanitario, sradicando ogni forma di coercizione e prevedendo, all'interno delle strutture, personale preposto a garantire la loro autodeterminazione, in grado di fornire le necessarie informazioni con le forme e le modalità adeguate in base alle diverse tipologie di disabilità;

10) in tale contesto, ad assumere iniziative per assicurare che gli ambulatori, gli ospedali e la rete dei presidi sanitari e sociosanitari siano sempre strutturalmente accessibili per persone con disabilità motorie, in accordo a quanto stabilito dalla Convenzione dell'Onu;

11) ad adottare iniziative volte a rendere pienamente accessibile il sistema dell'istruzione e del lavoro alle donne con disabilità, anche attraverso la previsione di forme di flessibilità adeguate e la promozione del lavoro agile ai sensi della legge 22 maggio 2017, n. 81, in maniera tale da garantire la loro piena realizzazione;

12) ad integrare i temi delle discriminazioni multiple alle quali sono soggette, in particolare, le donne con disabilità nell'ambito delle campagne di sensibilizzazione concernenti la parità di genere, prevedendo un coinvolgimento attivo anche del mondo scolastico, in accordo a quanto stabilito dalle Linee guida di cui all'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015;

13) a promuovere sistemi di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità.
(1-00264) «Locatelli, Molinari, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Tiramani, Ziello».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    l'Italia è il terzo Paese del Mediterraneo per produzione di agrumi e il dodicesimo a livello mondiale. I dati Istat 2018 rilevano che la superficie italiana coltivata ad agrumi è di circa 145 mila ettari con una produzione di 2,63 milioni di tonnellate. Il nostro Paese è al tredicesimo posto per export e al decimo per import al mondo;

    i principali produttori di agrumi sono Spagna, Italia, Egitto, Turchia e Grecia. Più del 90 per cento della produzione di agrumi destinata al consumo come frutta fresca è consumato nel Paese di produzione. I principali importatori sono Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito;

    le specie più coltivate nel nostro Paese sono l'arancio, il mandarino e il limone, mentre esistono produzioni, seppur più limitate, di bergamotto, pompelmo e cedro. Il settore agrumicolo italiano risente di numerose difficoltà dovute dalla concorrenza di Paesi esteri sia dell'Unione europea, come la Spagna, che del bacino del Mediterraneo, come Egitto, Marocco e Turchia. Le massicce importazioni di agrumi dall'estero, confondendosi con la produzione italiana, hanno fatto abbassare i prezzi di vendita al dettaglio e ancor più il prezzo riconosciuto all'agricoltore che non copre ormai nemmeno i costi di raccolta;

    il settore agrumicolo da tempo sta facendo i conti con il Citrus Tristeza Virus (CTV) quale responsabile di una patologia degli agrumi che viene denominata «Tristeza» che nel nostro Paese è esplosa nel 2002 in particolare in Sicilia, Calabria e Puglia;

    in Sicilia si concentra il 57 per cento delle produzioni nazionali di agrumi, con oltre 10 milioni quintali di arance, 4 di limoni, 600 mila di mandarini e 500 mila di clementine all'anno che rappresentano i due terzi del raccolto nazionale. Sono circa 70 mila ettari nella sola Sicilia orientale dedicati all'agrumicoltura, dei quali circa 45 mila sono stati colpiti dal Tristeza virus;

    la «Tristeza» degli agrumi comporta che i nostri agricoltori sono costretti ad esportare agrumi con foglia sui mercati comunitari solo se accompagnati da passaporto delle piante, poiché il virus si trasmette attraverso la parte vegetale e non attraverso i frutti. I controlli sui prodotti esteri che entrano nel nostro Paese non sono pressanti e stringenti come quelli in uscita sui prodotti agricoli nostrani, con un danno incalcolabile per gli agricoltori;

    gli operatori del settore agrumicolo sono, oggi, fortemente preoccupati per alcuni potenziali problemi legati al rischio incombente dell'ingresso nell'area mediterranea di malattie e parassiti distruttivi come la malattia della «macchia nera» degli agrumi (CBS – Citrus Black Spot) e la malattia di arance, limoni e pompelmi (HLB – Citrus Greening Desease). Se questo si dovesse verificare sarebbe un ulteriore duro colpo alla produzione e metterebbe a rischio la sopravvivenza delle aziende agrumicole italiane;

    la citrus black spot o «macchia nera», è stata rinvenuta per la prima volta in Australia nel 1895, e da lì si è poi progressivamente diffusa in altre regioni a produzione agrumicola, come la Nuova Zelanda, la Cina, la Russia orientale, l'Indonesia, il Sudafrica, l'Uganda, l'Argentina e il Brasile. La «macchia nera» viene provocata da un fungo patogeno, il GuignardiacitricarpaKiely, diffuso soprattutto nelle zone di produzione con climi da caldi e umidi a semiaridi; attacca principalmente le piante appartenente al genere Citrus, quindi il limone, l'arancio, il mandarino, il pompelmo e il lime, ma la sua presenza è stata rinvenuta anche su piante ospiti non appartenenti al genere Citrus, come il mandorlo o piante ornamentali come la camelia, la magnolia ed altre;

    la «macchia nera» ha un forte impatto economico sulle produzioni di agrumi che presentano il sintomo, perché li rende invendibili ed indesiderabili per il consumo umano. Il fungo, oltre a rendere invendibile la frutta per un discorso estetico, causa anche uno scadimento delle caratteristiche organolettiche interne ed una caduta prematura del frutto dalla pianta, riducendo così drasticamente la resa per ettaro;

    la malattia ancora non è presente nel territorio dell'Unione ma ci sono fondati timori che vi possa arrivare attraverso le importazioni di agrumi dai Paesi in cui è invece presente e questo metterebbe seriamente a repentaglio il settore agrumicolo europeo, ma soprattutto quello nazionale;

    nei mesi di marzo e aprile 2019 la «macchia nera» è stata intercettata dalle autorità fitosanitarie francesi in sette spedizioni di frutti e agrumi (arance e limoni) provenienti dalla Tunisia. Il servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha quindi prontamente allertato i punti di entrata nazionali al fine di rafforzare i controlli e le importazioni di eventuali spedizioni di agrumi originari della Tunisia;

    in esito alle diverse iniziative adottate a livello europeo, la Tunisia ha interrotto l'esportazione in maniera precauzionale da tutto il Paese. Peraltro, prima dell'inizio della prossima campagna di importazione, la Tunisia dovrà fornire dettagliate informazioni in merito alle indagini condotte in tutte le aree produttive nazionali;

    nel mese di agosto 2019, stando ai dati ufficiali della Commissione europea, pubblicati su Europhyt, sei nuove intercettazioni sono state segnalate su esportazioni in Europa dai Paesi sudafricani, che hanno destato allarme tra gli operatori agrumicoli europei. Riguardano, in particolare, due casi di Cbs o macchia nera degli agrumi e quattro casi di Thaumatotibialeucotreta o «falena falena»;

    altre segnalazioni riguardando i Paesi del Mercosur, firmatari tra l'altro di un accordo commerciale con l'Unione europea, dove gli ispettori doganali hanno riscontrato, su tre spedizioni di agrumi provenienti dall'Uruguay, la presenza della macchia nera e su una il cancro batterico degli agrumi. Anche l'Argentina e stata oggetto di ben cinque intercettazioni di spedizioni di agrumi destinate all'Europa dove è stata segnalata la presenza della macchia nera;

    l'arrivo nel nostro Paese di fitopatologie, parassiti e virus provenienti da altri continenti, che trovano poi nel nostro Paese un habitat favorevole a causa dei cambiamenti climatici, è favorito anche dall'intensificarsi degli scambi commerciali;

    non tutti i Paesi che spediscono i loro prodotti verso il mercato dell'Unione europea sono in grado di garantire l'assenza di malattie o di insetti nocivi e quindi garantire un'adeguata sicurezza fitosanitaria. Questo è dimostrato dal numero crescente delle intercettazioni di partite infette. È necessario far sì che i Paesi extraeuropei, soprattutto quelli con i quali l'Unione europea stipula accordi di libero scambio, possano garantire l'adeguata sicurezza sanitaria sui prodotti che esportano;

    l'agrumicoltura europea corre un grave pericolo in quanto i nostri produttori, in caso di contaminazione, non disporrebbero di materiali attivi efficaci per combattere parassiti e malattie che causerebbero perdite milionarie al settore;

    il 21 febbraio 2019, a seguito delle concertazioni con le parti produttive intervenute nel corso del Tavolo agrumicolo, è stato approvato in Conferenza Stato-regioni lo schema di decreto del Ministero politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze per la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale agrumicolo, le cui risorse disponibili sono pari a 10 milioni di euro (6 milioni per il 2019 e 4 milioni per il 2020);

    la norma prevede tre aree di intervento, attribuendo risorse, in particolare, 8 milioni di euro per la concessione di contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende agrumicole danneggiate dal virus «Tristeza» (arance) e del «Mal Secco» (limoni); sono passi concreti per dare risposte a un settore prezioso per il sistema agroalimentare nazionale;

    inoltre, il decreto-legge n. 27 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2019, cosiddetto «decreto emergenze», prevede misure per il sostegno del settore agrumicolo, riconoscendo un contributo destinato alla copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti dalle imprese del settore agrumicolo entro la data del 31 dicembre 2018, al fine di contribuire alla ristrutturazione di tale settore;

    una nota del Ministero delle politiche agricole, alimentari forestali e del turismo recita che, nel Tavolo nazionale della filiera agrumi del 23 luglio 2019, presieduto dal Sottosegretario Alessandra Pesce, le due tematiche principali affrontate con gli attori della filiera sono state «la concessione di contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende agrumicole», finalizzato a combattere le fitopatie, ed il «finanziamento di campagne di comunicazione istituzionale e promozione rivolte ai consumatori per sostenere la competitività e lo sviluppo del mercato». Inoltre, a margine dei lavori del suddetto tavolo, il Sottosegretario ha dichiarato che «È importante trovare risposte adeguate ai problemi che questo settore ha affrontato e dovrà affrontare nei prossimi anni, soprattutto in vista di una maggiore penetrazione delle nostre aziende sui Mercati internazionali. Da settembre sarà avviato il tavolo partenariale per la definizione di un piano di filiera per il comparto, con lo scopo di imprimere un nuovo impulso al settore»;

    solo in Sicilia, e solo per il Tristeza virus, il ricambio varietale dovrà riguardare non meno di 50 mila ettari di agrumeto. Pertanto, occorre un piano preciso, che consenta non solo di accompagnare gli agrumicoltori nella lotta contro questa fitopatia, ma che si doti anche di misure per impedire che entri in Italia il Citrus black spot (macchia nera);

    i cambiamenti climatici e soprattutto le gelate e alluvioni degli ultimi tempi stanno aggravando ulteriormente le condizioni del comparto agrumicolo, già in forte difficoltà, e stanno compromettendo la tenuta economica e finanziaria di numerose aziende;

    sulle esportazioni di agrumi italiani incideranno anche i dazi che gli Stati uniti, dal 18 ottobre 2019, applicheranno alle produzioni agroalimentari europee. Infatti sul Federal Register, ovvero la Gazzetta Ufficiale del Governo americano, si può leggere la lista definitiva dei prodotti europei che saranno sottoposti ai dazi aggiuntivi del 25 per cento nella quale compaiono le clementine, i mandarini, i limoni e succhi, concentrati e non;

    la campagna agrumicola 2018-2019 ha subìto insidie pericolose per il settore, dalle importazioni selvagge di prodotto dall'estero senza passaporto verde, al crollo dei prezzi, ai rischi ambientali che le imprese agricole stanno subendo quotidianamente, un trend drammatico che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori;

    è necessario innanzitutto uscire dalla logica dell'emergenza ed intervenire in maniera strutturale con una attenta e puntuale programmazione degli interventi anche tramite la definizione di un Piano agrumicolo nazionale molto dettagliato con obiettivi, strumenti e costi che portino a soluzioni di lungo periodo;

    con l'aumento delle importazioni dall'estero, la diminuzione dei prezzi corrisposti ai produttori e il costante aumento di segnalazioni di spedizioni contaminate da parassiti e malattie, tutto il comparto agrumicolo sta vivendo una crisi senza precedenti, con conseguente considerevole riduzione del reddito per gli agricoltori e con imprese sempre più in grandissima difficoltà,

impegna il Governo:

   a prevedere tempestive quanto efficaci iniziative, al fine di individuare una strategia complessiva a livello nazionale ed europeo di prevenzione, contrasto e contenimento delle fitopatie degli agrumi che arrivano nel nostro territorio da Paesi terzi, intensificando i controlli alle frontiere, al fine di prevenire qualsiasi rischio di contaminazione per non mettere a repentaglio il patrimonio agrumicolo, già messo seriamente a dura prova da altri fattori di crisi;

   a porre in essere, per quanto di competenza e nelle opportune sedi europee, iniziative per migliorare la disciplina relativa alle importazioni di prodotti agroalimentari, in particolare agrumicoli, da Paesi terzi, anche rinegoziando gli accordi a condizioni di reciprocità, in particolare per quanto riguarda le norme fitosanitarie da adottare;

   ad assumere iniziative, nelle opportune sedi europee, affinché siano previste misure stringenti per quanto riguarda i controlli sui prodotti agricoli importanti da Paesi extra Unione europea che utilizzano fitofarmaci, non autorizzati in Italia e in Europa, e manodopera sottocosto o minorile, al fine di tutelare i prodotti agrumicoli italiani per non sottoporli ad una continua concorrenza sleale da parte di prodotti stranieri a basso costo;

   a proporre, nelle opportune sedi europee, che negli accordi di libero scambio con i Paesi extra Unione europea siano adottate misure per rafforzare e promuovere le esportazioni di agrumi nazionali al fine di salvaguardare il comparto agrumicolo;

   ad accrescere la competitività del settore agrumicolo italiano anche mediante il rilancio dei prodotti agrumicoli nei mercati esteri sia per il prodotto fresco che per il trasformato al fine di salvaguardare i redditi e l'occupazione;

   ad adottare iniziative, anche di natura normativa, finalizzate all'ammodernamento della rete e dei sistemi di commercializzazione, alla diminuzione della burocrazia, all'accesso al credito e ad aiuti più celeri e mirati destinati al settore agrumicolo, che sarà ulteriormente colpito anche dall'introduzione dei dazi Usa;

   a definire un piano di rilancio dell'agrumicoltura, assumere iniziative per la concessione alle aziende agrumicole di contributi importanti per investimenti, concordati anche in sede europea, finalizzati alla selezione e al miglioramento delle varietà esistenti e quindi volti a sostenere il ricambio varietale delle piante colpite per combattere le fitopatie conosciute (Tristeza virus), ma anche per prevenire il diffondersi di quelle nuove (Citrus black spot e Greening), considerando che anche le colture limonicole scontano la presenza delle fitopatie, prime, fra tutti il Mal Secco dei limoni, sul quale bisogna intervenire con urgenza;

   ad avviare, come annunciato dal Governo in carica a luglio 2019, il tavolo partenariale per la definizione di un piano di filiera per il comparto, con lo scopo di imprimere un nuovo impulso al settore;

   ad adottare un vero e proprio Piano agrumicolo nazionale tale da favorire una vera e diffusa ristrutturazione dell'agrumicolo anche utilizzando a tale scopo il Fondo nazionale agrumicolo, la cui dotazione sia adeguatamente rifinanziata.
(7-00339) «Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Guidesi, Liuni, Lolini, Loss, Manzato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, il Governo ha adottato misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria;

   nonostante l'adozione di un provvedimento normativo d'urgenza, il Governo non si occupa dell'assistenza ospedaliera dei cittadini calabresi ai quali, purtroppo, è negato quotidianamente il diritto alla salute;

   da quanto si apprende da notizie di stampa, nei giorni scorsi all'ospedale «Jazzolino» di Vibo Valentia una donna di 32 anni di Cessaniti (VV), ha perso la bimba che portava in grembo dopo essere stata rimandata a casa dai medici in quanto non vi sarebbero stati anestesisti per un parto cesareo;

   la competente Procura della Repubblica ha già avviato le indagini sulla vicenda per chiarire l'esatta dinamica dei fatti –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo, per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, per garantire, così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, il diritto alla salute dei cittadini calabresi, attraverso strutture sanitarie adeguate agli standard di un Paese civile e idonee a prestare la necessaria assistenza;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per assicurare la presenza di un numero adeguato di medici presso le strutture ospedaliere calabresi.
(4-03821)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con nota del maggio 2016 la città metropolitana di Reggio Calabria inviava l'elenco delle opere strategiche da realizzare, prevedendo l'intervento di completamento del lungomare di Marina di San Lorenzo con finanziamento di un milione di euro;

   con delibera di giunta comunale del giugno 2018 veniva approvato il progetto definitivo;

   al fine di acquisire tutti i pareri necessari per la redazione del progetto esecutivo, il 3 agosto 2018 veniva indetta conferenza dei servizi ai sensi di legge;

   la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e provincia di Vibo Valentia provvedeva il 27 dicembre 2018 a trasmettere il proprio parere contrario, acquisito al protocollo comunale oltre i termini di legge;

   il 1° febbraio 2019 veniva approvato il progetto esecutivo dei lavori, con allegato il verbale di chiusura della suddetta conferenza dei servizi;

   l'intervento progettuale ricade in area costiera, bene paesaggistico di interesse nazionale, tutelato da vincolo prioritario ex decreto legislativo n. 42 del 2004, sicché nessuna nuova opera può essere realizzata senza il parere favorevole della competente Soprintendenza;

   detto intervento prevede una «piastra» (che significa nuova superficie non permeabile) di oltre 1 ettaro, con una sezione trasversale totale di circa 18 metri, per una lunghezza di quasi 630 metri lineari;

   per l'interrogante l'infrastruttura costituisce una vera e propria «barriera», una drastica soluzione di continuità tra il centro urbanizzato e la fascia di costa e di spiaggia;

   il progetto esecutivo è stato dunque approvato nonostante il progetto definitivo non sia stato sottoposto come per legge alla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, benché sia contrario alle disposizioni normative del quadro territoriale regionale paesaggistico della regione Calabria, che vieta interventi di tale natura, e si scontri con il parere negativo della Soprintendenza ai beni paesaggistici;

   pur ricadendo il progetto in area sito di interessa comunitario, il suddetto progetto esecutivo non è stato preceduto dallo studio d'incidenza ambientale, presupposto essenziale per escludere o affermare la necessità della valutazione d'incidenza da parte della regione Calabria;

   la valutazione d'incidenza si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo), sia a quelli che, pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito;

   il comune di San Lorenzo ricade nel perimetro dell'area di tutela ambientale identificata come Zona speciale di conservazione, di tipo B, COD IT9350145 Fiumara Amendolea;

   il progetto in questione potrebbe avere un'incidenza significativa sul suddetto sito;

   l'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, recepita nell'ordinamento nazionale dal ridetto decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, dispone che «le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica»;

   secondo l'interrogante il progetto definitivo, essendo un'estensione del precedente progetto, approvato nel 2001, andava sottoposto a screening di Via;

   le disposizioni del codice dell'ambiente stabiliscono che la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale debba svolgersi sulla base della valutazione congiunta di elementi relativi alle caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, le dimensioni, la produzione di rifiuti, l'inquinamento, i disturbi ambientali e il rischio di incidenti), alla loro localizzazione e alle caratteristiche dell'impatto potenziale (la portata, durata o reversibilità del progetto);

   nella fattispecie non è stato posto in essere alcuno degli atti propri del procedimento di verifica di assoggettabilità –:

   quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere a difesa delle suddette aree tutelate.
(4-03822)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4-bis decreto-legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, aveva previsto, con decorrenza 1o gennaio 2018, l'obbligo dell'emissione della fatturazione elettronica per il tax free shopping;

   per poi garantire l'interoperabilità tra il sistema di fatturazione elettronica ed il sistema OTELLO (Online tax refund at exit: light lane optimization) è stata emanata la determinazione 22 maggio 2018, n. 54088, del direttore dell'agenzia delle dogane e monopoli, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate;

   del predetto articolo 4-bis è rilevante, per gli interroganti, la disposizione recata dal comma 5, in virtù della quale le maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'obbligo di fatturazione elettronica per il tax free shopping dovevano essere destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze –:

   quale sia stato il gettito per le casse dello Stato, e specificatamente per il Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato istituito, per l'anno 2018 e per il primo semestre 2019, ai sensi dell'articolo 4-bis di cui in premessa.
(5-02901)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VARCHI, MASCHIO e PRISCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando per l'assunzione di 616 operatori giudiziari con contratto a tempo indeterminato e orario di lavoro full time;

   per partecipare al concorso bisogna essere in possesso di alcuni requisiti, come l'iscrizione ai centri per l'impiego, ma non ci sono limiti di età e come titolo di studio basta la licenza media;

   come specificato nel bando, il concorso pubblico per l'assunzione di 616 operatori giudiziari è finalizzato alla copertura dei posti vacanti negli uffici di alcune regioni italiane, tra le quali, però, non figurano regioni come l'Umbria e la Sicilia, dove pure è stata registrata una forte carenza di organico, come denunciato pubblicamente dai presidenti di Corte di appello di Messina, Michele Galluccio, e di Perugia, Mario Vincenzo d'Aprile, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario;

   più passano tempo e governi, più il funzionamento della complessa macchina della giustizia appare sfiancata dalle innumerevoli carenze di organico, nel segno di una continuità che non fa bene all'Italia;

   in tale contesto, non bisogna, poi, dimenticare i 1.835 idonei della graduatoria stilata in seguito al concorso indetto nel novembre 2016 per la medesima posizione di assistente giudiziario, molti dei quali ancora in attesa di essere assunti –:

   per quali motivazioni le regioni Umbria e Sicilia siano state escluse dalla selezione degli operatori giudiziari indetta con il recente bando di concorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 80 dell'8 ottobre 2019, nonché quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per sanare le criticità legate alla carenza di organico denunciate anche in queste regioni, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie ancora valide.
(5-02899)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   COSTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato il bando di gara per l'affidamento in concessione delle attività di gestione delle tratte autostradali A21 Torino-Alessandria-Piacenza, A5 Torino-Ivrea-Quincinetto, la bretella di collegamento A4/A5 Ivrea-Santhià e il Sistema autostradale tangenziale torinese (Satt), nonché, limitatamente agli interventi di messa in sicurezza dell'infrastruttura esistente, la progettazione, la costruzione e la gestione degli stessi;

   tale provvedimento era atteso dall'agosto 2016, scadenza naturale della precedente concessione;

   il provvedimento comprende anche la concessione del servizio di gestione del Sistema autostradale tangenziale torinese (Satt) che è composto dalla A55 — vale a dire le tangenziali nord e sud della città di Torino — per un totale di circa 55 chilometri di percorso autostradale a tre corsie;

   tale percorso risulta essere completamente gratuito per coloro i quali lo utilizzano, accedendovi ed uscendovi attraverso molti svincoli urbani;

   a pagare il pedaggio, sostenendo quindi i costi di manutenzione dell'intero tratto, sono esclusivamente quei cittadini che entrano ed escono dalla tangenziale utilizzando le barriere di pagamento poste in corrispondenza degli accessi agli assi autostradali (ad esempio Barriera di Carmagnola per chi percorre la A6 Torino-Savona);

   l'interrogante ha segnalato ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore (Ministro Lupi, nel 2014, Ministro Delrio, nel 2016, Ministro Toninelli, nel 2019) l'iniquità di tale situazione. Paradossalmente, infatti, l'utente che accede alla tangenziale tramite uno svincolo urbano può percorrere anche la sua intera lunghezza senza corrispondere alcun pagamento, contrariamente a quell'utente che — accedendo alla tangenziale da una delle barriere autostradali — si trova ricaricato il costo del transito in tangenziale già nel pedaggio dell'autostrada stessa (circa 1,50 euro per chi utilizza la A6 attraversando la Barriera di Carmagnola);

   ad avviso dell'interrogante, peraltro, non ha comunque valore l'obiezione secondo cui quella parte di pedaggio risulta corrispondere all'utilizzazione di quei tratti di raccordo che collegano la tangenziale con le autostrade e che il costo debba parametrarsi ai chilometri di questi raccordi, in quanto con tali risorse viene gestito l'intero tratto;

   l'occasione per riequilibrare tale iniquità non poteva che essere il bando per la nuova concessione, che avrebbe dovuto individuare adeguati strumenti di armonizzazione;

   a questo proposito, comunque, l'articolo 6 del citato decreto indica i «criteri di selezione» in base ai quali sarà selezionata l'offerta economicamente più vantaggiosa per aggiudicarsi l'appalto, di cui al suddetto bando di gara. Fra questi, al punto n. 3, degli elementi di natura tecnica (qualitativi), è inserita «l'individuazione di un sistema di esazione che al contempo assicuri la tutela dei diritti dei consumatori, favorisca la crescita economica del territorio e sia comunque orientata alla tutela ambientale» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di riequilibrare il sistema di pedaggiamento del Sistema autostradale tangenziale torinese, al fine di evitare che i costi si ripercuotano esclusivamente sugli utenti che lo percorrono in entrata o in uscita dalle barriere autostradali.
(3-01025)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PATELLI e MACCANTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'infrastruttura ferroviaria in Piemonte copre 1.895 chilometri così suddivisa: 760 chilometri sono linee a doppio binario mentre 1.135 chilometri sono linee a semplice binario;

   dal punto di vista della trazione ferroviaria, la regione ha 1343 chilometri di linee elettrificate (di cui 760 chilometri a doppio binario e 583 chilometri a binario semplice), mentre i rimanenti 552 chilometri sono linee a trazione termica (diesel);

   tra le linee non elettrificate compare la tratta ferroviaria lunga circa 27 chilometri che collega Biella a Santhià, passata in gestione a Rfi a partire dagli anni 2000 e negli ultimi 5 anni fortemente penalizzata;

   la zona di Biella ha subìto tagli delle corse dirette verso Torino, Milano e Pavia, rendendo disagevole o impossibile ai cittadini biellesi raggiungere le principali città del nord-ovest;

   oltre ai continui disservizi causati da ritardi, mancate coincidenze e guasti, ed alle carenti condizioni di sicurezza sulle linee ferroviarie, i pendolari biellesi hanno subìto anche la soppressione della relazione diretta Biella-Torino, causa il divieto di circolazione dei treni diesel nella stazione di Torino Porta Susa, rendendo inevitabile il cambio a Santhià;

   da anni l'intero territorio biellese si adopera nella causa per l'elettrificazione della linea ferroviaria Biella-Santhià, per iniziativa sia di enti pubblici che privati della zona, a testimonianza della compattezza della comunità biellese nel ritenere il progetto dell'ammodernamento delle tratta ferroviaria assolutamente irrinunciabile per il futuro del territorio;

   il 20 giugno 2016 è stato firmato un protocollo d'intesa tra regione Piemonte, provincia, comune, camera di commercio e Fondazione Cassa di risparmio di Biella, comune di Cossato, Banca Sella, Biver Banca-Gruppo Cassa di Risparmio di Asti e Unione industriale biellese, con lo scopo di elettrificare e mettere in sicurezza tale tratta ferroviaria;

   un anno dopo, nel 2017, Rfi comunicava che sarebbero state finanziate le risorse necessarie – circa 9,5 milioni di euro – per l'elettrificazione, inserendole nel successivo contratto di programma 2017-2021;

   il nuovo Contratto di Programma RFI – parte Investimenti 2017-2021, esaminato nella seduta del 7 agosto 2017 dal Cipe, che si è espresso con parere favorevole, ha concluso il suo iter autorizzativo con la registrazione della Cdc del decreto di approvazione MIT/MEF avvenuta in data 9 maggio 2019;

   nel luglio 2019 a Torino si è svolto un incontro tra il sindaco di Biella, le rappresentanze politiche biellesi in consiglio regionale, il presidente di Atap e l'assessore regionale ai trasporti e alle infrastrutture, ove sono state rappresentate alla regione tra le priorità d'agenda del territorio biellese proprio l'elettrificazione della linea Biella-Santhià;

   secondo informazioni stampa, entro la fine di luglio 2019 Rfi Torino avrebbe dovuto mettere a disposizione del comparto regionale il finanziamento di 9,5 milioni di euro, consentendo l'avvio dell'appalto integrato Rfi, la progettazione esecutiva, il reperimento materiale e i lavori;

   dall'incontro è emersa la previsione per la messa in esercizio dell'opera per il gennaio 2021, periodo per il quale regione ha assicurato la garanzia dell'ingresso sulle linee del diretto Biella-Torino;

   ad oggi nessun passo avanti è stato registrato e le scadenze promesse da Rfi nell'incontro estivo a Torino, a quanto consta agli interroganti, non sono state rispettate;

   il progetto di elettrificazione della Biella-Santhià ha purtroppo accusato già alcuni mesi di ritardo e più di un rinvio: basti ricordare che la data di fine lavori, fissata inizialmente per novembre 2018, è slittata alla primavera del 2019 e ora la data finale è fissata fra oltre un anno –:

   quando sia previsto l'inizio dei lavori di elettrificazione della linea ferroviaria Biella-Santhià, stante l'avvenuto inserimento del progetto stesso nel Contratto di Programma RFI 2017-2021 nel 2017 e la seguente entrata in vigore il 9 maggio 2019.
(5-02902)

Interrogazione a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Toscana è purtroppo una regione in attesa, da tempo, della realizzazione di numerose opere;

   tra queste, senza dubbio spicca il Corridoio tirrenico, al centro di un dibattito che dagli anni Sessanta si trascina, soprattutto con riferimento alla tratta Grosseto-Capalbio;

   il territorio della Maremma da tempo lamenta interventi per l'ammodernamento di una struttura con note e gravi criticità, soprattutto in merito alla sicurezza stradale, con incidenti molto spesso mortali;

   l'infrastruttura è strategica per lo sviluppo dell'economia e del turismo della zona, e anzi, ove privato ulteriormente, l'intero asse costiero ne soffrirebbe;

   secondo notizie riportate dalla stampa locale nel novembre 2018, il presidente del gruppo consiliare del Movimento cinque stelle in regione Toscana, Giacomo Giannarelli, in seguito a contatti intercorsi con i vertici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato: «Per la Tirrenica partirà un piano di riqualificazione straordinaria della strada statale Aurelia nel tratto tra Grosseto e Capalbio; questa arteria inoltre rimarrà senza pedaggio» –:

   numerosi rappresentanti del Governo hanno dichiarato il loro favore al completamento e alla realizzazione di opere come la Tirrenica –:

   se, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il Ministro interrogato non ritenga urgente intraprendere tutte le iniziative utili al fine di provvedere alla messa in sicurezza e all'adeguamento della strada statale 1 Aurelia, con particolare riguardo alla tratta Grosseto-Capalbio, stanziando da subito le risorse necessarie.
(4-03825)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MELONI e LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 ottobre 2019 Danilo D'Amico, dirigente del partito Fratelli d'Italia nell'isola di Ponza ha subito violenti atti di aggressione mentre rientrava presso il suo domicilio in serata;

   stando a quanto riportato dalla stessa vittima, gli assalitori avrebbero agito in due, molto probabilmente animati da motivazioni di natura politica;

   l'aggressione, come confermato dalle immagini della vittima riportate dai media, è stata particolarmente violenta ed è stata attuata con un'arma da taglio, recando una vistosa ferita sul volto per la quale sono stati necessari, presso il poliambulatorio locale, sei punti di sutura, ed è verosimile che quanto provocato possa lasciare una cicatrice permanente, a conferma del carattere violento e vigliacco di quanto attuato;

   si ritiene opportuno evidenziare, a conferma dello scenario di complessità entro il quale si inserisce l'evento in questione, come nel dicembre 2018 lo stesso dirigente di partito sia stato vittima di un'altra aggressione, e che le aggressioni susseguitesi in questi mesi siano il punto di approdo di una serie di minacce e di attacchi ricevuti dallo stesso in ragione del suo impegno politico e amministrativo sul territorio dell'isola di Ponza;

   gli atti di violenza, segnatamente quando reiterati ai danni di un medesimo rappresentante politico, animati da motivazioni politiche rappresentano un fenomeno preoccupante dinanzi al quale le istituzioni sono chiamate a svolgere un ruolo determinante e prioritario di monitoraggio, intervento e sanzione –:

   se si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione a quanto verificatosi e descritto in premessa, al fine di contribuire a fare chiarezza su quanto accaduto, anche in ordine a motivazioni di carattere politico, nonché adottare ogni iniziativa di competenza affinché tali eventi non abbiano più a ripetersi.
(4-03827)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, DARA, PATASSINI e PETTAZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è notizia ufficiale oramai quella della multinazionale Nike, produttrice di calzature, abbigliamento e accessori sportivi, di chiudere la sede di Casalecchio (Bologna), in via Isonzo, entro luglio 2020;

   in soli dieci anni Nike Italia è passata dai 250 dipendenti bolognesi del 2009 ai 30 attuali, che ora dovranno scegliere tra il trasferimento a Milano o la perdita del posto di lavoro;

   i primi licenziamenti avvennero proprio nel 2009, cui fece seguito nel 2012 una seconda procedura di mobilità, quando il personale era già calato di 50 unità, per poi ridursi di ulteriori 50 unità nel 2013; iniziò poi la fase delle riorganizzazioni interne, con la perdita di centralità di Bologna nelle strategie di Nike Europe e del trasferimento dei lavoratori nelle sedi di Milano e Roma e, persino, in quelle olandesi;

   secondo quanto riportato dalla stampa locale — Corriere di Bologna 11 ottobre 2019 — in un incontro in videoconferenza da Milano con la responsabile delle risorse umane, i tre referenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil hanno tentato, senza alcun esito positivo, di ottenere «migliorie» alla decisione aziendale o perlomeno quegli incentivi all'esodo già utilizzato in passato «per offrire protezione e sostegno per coloro che, per ragioni oggettive, non sono nella condizione di trasferirsi nella sede milanese»;

   peraltro, sembra che, per colui che, tra i 30 dipendenti sia impossibilitato a trasferirsi a Milano, la sola opzione è quella delle dimissioni volontarie, che non garantisce alcuna copertura reddituale da ammortizzatore, giacché occorrendo meno di 80 minuti di viaggio per raggiungere Milano, mancano i presupposti per le dimissioni per giusta causa;

   a parere degli interroganti, la logica puramente numerica e di larga scala delle multinazionali non può sempre e ovunque prevalere su un generale diritto di tutela dei lavoratori e delle rispettive famiglie, queste ultime talvolta alle prese anche con la cura di soggetti anziani e/o fragili –:

   se e quali iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare tempestivamente a tutela dei dipendenti di cui in premessa e se non ritenga opportuno avviare urgentemente un tavolo istituzionale di confronto, con la partecipazione dei vertici aziendali, delle rappresentanze sindacali e delle istituzioni locali, al fine di valutare tutte le possibili misure a salvaguardia dei lavoratori.
(5-02900)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   CILLIS, ALBERTO MANCA e DEL SESTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   è del tutto evidente che ci si trovi ormai da anni di fronte all'allarmante fenomeno del cambiamento climatico le cui conseguenze colpiscono in modo drammatico non solo le comunità, le città e i paesaggi interessati ma anche il mondo agricolo;

   l'eccezionalità di eventi atmosferici così violenti, spesso disastrosi per i territori su cui si abbattono, rappresenta purtroppo la norma, con fenomeni sempre più frequenti nella loro portata distruttiva e con stagioni caratterizzate da mutamenti repentini di temperatura che compromettono le colture agricole e provocano eventi che spesso danneggiano le strutture aziendali;

   un ultimo emblematico esempio è quanto avvenuto nel mese di giugno 2019 in Basilicata e in particolare nel Metapontino, nelle aree dei comuni di Pisticci, Marconia, Metaponto, Bernalda, Montalbano e Tursi, dove si è abbattuta una grandinata di eccezionale portata che ha interessato sia la fascia jonica, in pianura, che le aree più interne causando ingenti danni;

   i suddetti territori, come noto, sono a forte vocazione agricola, con la presenza di numerose aziende e centinaia di ettari di coltivazioni di ortaggi e frutta che rappresentano un'eccellenza nell'ambito delle produzioni agricole italiane;

   a causa della eccezionale grandinata del mese di giugno di cui sopra, quasi la totalità delle produzioni agricole, che in quel periodo dell'anno sono nel pieno dello sviluppo e della loro maturazione, ha subìto danni consistenti, con cadute dei frutti dagli alberi; anche dove i frutti hanno resistito, essi sono risultati danneggiati a tal punto da non essere commerciabili –:

   se il Ministro interrogato intenda verificare se siano stati effettuati monitoraggi di rilevazione dei danni e se siano state avviate le procedure idonee a quantificare l'entità degli stessi, al fine di valutare se assumere iniziative per il riconoscimento dello stato di calamità naturale e quali ulteriori utili iniziative di competenza intenda porre in essere a sostegno delle aziende agricole danneggiate.
(3-01024)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, MAGLIONE, CADEDDU, LOMBARDO, DEL SESTO, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il trattamento delle sementi, più noto come «concia», consiste nell'applicare sul seme in maniera precisa e localizzata sostanze (agrofarmaci, fertilizzanti o biostimolanti) finalizzate a proteggere il seme e la plantula;

   la concia consente un impiego mirato e ridotto delle sostanze attive in piena sicurezza da parte degli operatori;

   si stima che senza l'utilizzo di sementi conciate si potrebbero avere perdite di raccolto anche superiori al 20 per cento con aumenti di costo fino al 200 per cento;

   l'industria sementiera nazionale realizza un importante volume d'affari, esportando prodotti verso Paesi comunitari o terzi. Il nostro Paese è fra i principali produttori di sementi in Europa, secondo solo alla Francia;

   gli articoli 28 e 49 del regolamento (UE) 1107/2009 hanno determinato, per le aziende sementiere del nostro Paese, l'impossibilità di produrre sementi conciate per l'esportazione qualora il Paese di destinazione richieda il trattamento del seme con prodotti fitosanitari non registrati in Italia;

   al tempo stesso, però, viene consentito l'ingresso in Italia di sementi conciate con prodotti fitosanitari non registrati nel nostro Paese, attraverso il principio della libera circolazione all'interno del territorio comunitario a condizione che il prodotto fitosanitario sia registrato in almeno uno Stato;

   Francia, Ungheria e Romania, con modalità diverse, hanno inteso ampliare la lettura del regolamento (UE) 1107/2009;

   il Ministro dell'agricoltura francese, con una lettera del 12 settembre 2011, ha ammesso la possibilità di deroga ai sensi dell'articolo 28, paragrafi 2c e 2d, del medesimo regolamento (UE) 1107/2009, con la condizione che le sementi trattate con prodotti fitosanitari non registrati siano effettivamente ed esclusivamente destinate all'esportazione verso Paesi in cui quei prodotti sono, invece, registrati;

   le aziende sementiere italiane hanno lamentato consistenti perdite economiche a vantaggio dei competitor europei –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative per sanare l'anomalia descritta in premessa, con una interpretazione analoga a quella di altri Stati membri europei, con la finalità di consentire, per la sola esportazione, il trattamento fitosanitario con prodotti registrati nel Paese di destinazione della semente.
(5-02903)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   VANESSA CATTOI, BINELLI, LOSS, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, SUTTO, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il rapporto «I numeri del cancro in Italia», nato dalla collaborazione consolidata tra diverse associazioni nazionali, il tumore al seno (o carcinoma mammario) costituisce la prima causa di morte oncologica per le donne nelle diverse età della vita;

   per lo screening, la diagnosi e la presa in carico multidisciplinare delle pazienti affette da tumore al seno, sono stati istituiti i Centri di senologia, comunemente noti come breast unit;

   una breast unit che operi in modo corretto deve possedere, tra l'altro, un data-base gestito da un data manager, assicurare l'attuazione di riunioni multidisciplinari e la formazione degli studenti, favorire progetti di ricerca e consentire un audit annuale sul centro stesso;

   è ormai dimostrato che le donne in trattamento presso le breast unit presentano una percentuale di sopravvivenza più alta rispetto alle pazienti che si rivolgono a strutture non specializzate e hanno, rispetto a queste ultime, una migliore qualità di vita;

   il 18 ottobre 2016, anche a fronte di tali evidenze, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale ha raccomandato agli Stati membri di assicurare la costituzione, entro il 2016, di breast unit interdisciplinari;

   analoghi impegni sono stati presi anche dal Parlamento italiano. In particolare, nel 2011, la 12a Commissione permanente del Senato ha svolto un'indagine conoscitiva nell'ambito della quale si è rimarcata, nella lotta al tumore alla mammella, la necessità di implementare le breast unit;

   il 18 dicembre 2014, in sede di conferenza Stato-regioni, sono state approvate le linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali della rete dei Centri di senologia;

   indicazioni in questo senso sono state fornite anche dal decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, ove si prevede di «sollecitare specifici percorsi di integrazione terapeutici assistenziali quali ad esempio quelli relativi alla presa in carico multidisciplinare delle pazienti affette da neoplasia mammaria attraverso le unità mammarie interdisciplinari (breastunit)»;

   ad oggi, nonostante gli impegni presi, si ritiene che le breast unit siano state attuate solo parzialmente e con risultati non uniformi nelle diverse regioni;

   è necessario realizzare una piena multidisciplinarietà che spesso manca. Occorre assicurare all'interno della struttura la presenza di oncologi, chirurghi senologi, radiologi, tecnici di radiologia, infermieri, fisioterapisti, radioterapisti, chirurghi plastici esperti di informatica per la raccolta dati, psico-oncologi, genetisti, esperti di medicina nucleare e, non ultimo, un rappresentate delle associazioni di pazienti;

   anche il progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», coordinato da Salute Donna onlus, al quale ha aderito l'Intergruppo parlamentare nazionale, reca tra i vari impegni quello alla promozione dell'approccio multidisciplinare e del lavoro di équipe con l'obiettivo di migliorare il benessere psico-fisico del paziente oncologico –:

   quale sia l'effettivo stato di attuazione e diffusione delle Breast Unit sul territorio italiano;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di assicurare l'effettiva multidisciplinarietà delle Breast Unit e realizzare, di conseguenza, una migliore presa in carico delle pazienti;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di ampliare il tavolo delle Breast Unit con la partecipazione di specialisti delle cure palliative che possano prendersi carico delle cronicità e, in particolare, delle donne metastatiche, nonché al fine di prevedere un percorso definito per le mutate esigenze, nell'ottica di una multidisciplinarità completa e ordinata del tumore della mammella.
(4-03823)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il recente fallimento del colosso britannico «Thomas Cook», uno dei principali tour operator europei, sta causando conseguenze non indifferenti a moltissime piccole e medie imprese siciliane ed in particolare del Sud est dell'isola legate al settore del turismo. Molte di queste, infatti, avevano investito parecchio alla luce degli importanti investimenti da parte della Thomas Cook nel territorio ragusano e nello scalo aeroportuale di Comiso. C'era un grosso progetto di promozione diretto ai mercati di Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Norvegia, Olanda, Regno Unito e Ungheria. Una situazione che certamente ha influito sull'attività dello scalo aeroportuale comisano che adesso guarda con sempre più difficoltà al suo futuro ma il rischio peggiore è che tantissime piccole imprese legate al turismo sono in grosse difficoltà. Gli operatori hanno già chiaro il quadro delle conseguenze subite da tale situazione. Occorre mettere a punto un piano immediato per aiutare il turismo e contenere gli effetti del fallimento del tour operator britannico Thomas Cook. È necessario stanziare delle somme di sostegno per le perdite derivanti dai mancati pagamenti, per la promozione ed il miglioramento dei collegamenti aerei sotto forma di incentivi alle compagnie aeree affinché attivino voli che vadano a coprire il buco finanziario lasciato dalla compagnia di viaggi per evitare ancora gravi ripercussioni alle strutture ricettive esposte nei confronti di Thomas Cook e, a cascata, dei loro fornitori, senza dimenticare le possibili conseguenze per i lavoratori che prestano servizio in tali aziende; è opportuno, inoltre, garantire le risorse necessarie per assicurare a tutte le imprese del settore turistico-alberghiero adeguati incentivi al fine di effettuare investimenti. Interventi di sostegno tempestivi consentirebbero alle piccole e medie imprese di onorare gli impegni già assunti con fornitori e i dipendenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano assumere al fine di salvaguardare il lavoro di migliaia di strutture turistico-ricettive colpite dal fallimento della compagnia turistica Thomas Cook. Quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire al comparto l'assistenza necessaria, anche nel rispetto delle norme comunitarie.
(4-03824)


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 25 gennaio 2017 è entrato in vigore il decreto legislativo del 30 dicembre 2016, n. 254 di attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni, che prevede l'obbligo di presentare una dichiarazione individuale di carattere non finanziario per le imprese di interesse pubblico che abbiano avuto, in media, durante l'esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 euro;

   la citata direttiva n. 2014/95 incoraggia gli Stati membri a estenderne l'ambito di applicazione se questo è funzionale e coerente con gli obiettivi perseguiti dall'informazione non finanziaria. In tal senso Germania, Francia, Danimarca e Svezia hanno deciso, di recente, di abbassare il limite dei dipendenti delle imprese destinatarie dell'obbligo di presentazione della dichiarazione individuale di carattere non finanziario, in modo da permetterne una maggiore diffusione nel sistema imprenditoriale nazionale;

   detta decisione di Germania, Francia, Danimarca e Svezia rischia di rappresentare un elemento maggiormente qualificante per le imprese di tali Paesi, con la conseguenza di renderle più competitive rispetto alle nostre imprese;

   tale rischio è supportato dall'attuale momento storico in cui è costantemente in crescita l'attenzione e la sensibilizzazione sulla sostenibilità ambientale, tant'è che è stato ritenuto a livello europeo di adottare ogni utile iniziativa affinché le piccole e medie imprese si avvicinassero ai temi della regolazione in materia di finanza sostenibile;

   ciò anche in considerazione della circostanza che i limiti «quantitativi» indicati dalla direttiva non sono allineati con la definizione suggerita dalla raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 e recepita in Italia con il decreto ministeriale del 18 aprile 2005 per le piccole e medie imprese che stabilisce il limite delle medie imprese nell'Unione europea a 250 addetti –:

   se il Governo non condivida la necessità di assicurare massima competitività alle imprese nazionali, adottando le opportune iniziative, anche di carattere normativo, in coerenza con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 94/45/UE, volte ad un'estensione dell'obbligo di presentazione della dichiarazione individuale di carattere non finanziario per le imprese che abbiano avuto, in media, durante l'esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 250, prevedendo corrispondenti misure di agevolazione fiscale per compensare integralmente eventuali oneri derivanti dall'introduzione dell'obbligo in questione.
(4-03826)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Noja e altri n. 1-00243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Pezzopane.

  La mozione Gelmini e altri n. 1-00261, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brunetta, Zangrillo, Mazzetti, Cassinelli, Sarro, Maria Tripodi, Mugnai, Cappellacci, Zanella, Labriola, Bergamini, Ripani, Bagnasco, Pettarin, Bartolozzi, Squeri, Rotondi, Casino, Mulè, Milanato, Palmieri, Saccani Jotti, Versace, Gregorio Fontana, Cannatelli, Nevi, Anna Lisa Baroni, Scoma, Marin, Napoli, Della Frera, Ravetto, Orsini, Ruffino, Spena, Pittalis, Marrocco, Fasano, Minardo, Sozzani, Fiorini, Rosso, Vietina.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Menga e Grippa n. 4-03535, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 agosto 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Faro.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00338, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 237 dell'11 ottobre 2019.

   La III Commissione,

   premesso che,

    i curdi sono stati decisivi per il contenimento prima e per la sconfitta poi dello Stato islamico, sorto al confine tra Siria ed Iraq e proclamato nel luglio 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi: ai curdi siriani è stata, infatti, delegata per lungo tempo dalla Coalizione internazionale anti-Daesh e dagli Stati Uniti l'azione sul campo nella difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, divenuta la capitale siriana di Daesh, obiettivi conseguiti dopo strenui combattimenti nelle città e nei villaggi e con enorme sacrificio in termine di vite umane e di sofferenze e violenze subite dalla popolazione civile curda;

    nel Kurdistan siriano il confronto con gli islamisti di Daesh ha acquisito profondo valore simbolico anche alla luce del particolare modello di governo locale instaurato nella regione, fondato sul rispetto del pluralismo politico, sulla garanzia di pari diritti alle diverse etnie e minoranze religiose presenti, tra cui cristiani ed ebrei, e sulla partecipazione delle donne a tutti gli ambiti della vita pubblica, incluse le forze armate;

    le donne curde impegnate nelle forze armate curde hanno, in particolare, offerto al mondo un esempio di straordinario coraggio e valore nella difesa del loro popolo, del territorio e della loro dignità;

    l'improvviso annuncio, il 7 ottobre 2019, da parte di Trump sul ritiro delle truppe statunitensi dal Nord della Siria ha dato il via libera all'offensiva turca, finalizzata ad instaurare una fascia di sicurezza in territorio siriano, a ridosso del confine tra Siria e Turchia, in cui reinsediare circa due milioni di profughi siriani, con pesanti ripercussioni sugli equilibri etnici nel Rojava;

    le motivazioni addotte dal presidente Trump hanno palesato una grave sottovalutazione dello Stato islamico, sconfitto ma tuttora in attività, e degli stessi interessi degli Stati Uniti e dell'Occidente in Medioriente, oltre a scaricare interamente sui Paesi della regione e sull'Europa la gestione dei circa 2.500 prigionieri del Daesh e dei loro familiari detenuti anche nelle carceri curde, con ad oggi inimmaginabili ripercussioni sul piano della sicurezza collettiva;

    la decisione di Trump è stata fortemente contestata in campo sia democratico sia repubblicano, al punto da indurre il presidente statunitense ad attenuare la linea sul piano del ritiro militare e a proporsi come mediatore tra curdi e Turchia;

    il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è purtroppo ancora riuscito a produrre una dichiarazione comune sull'offensiva della Turchia in Siria a causa del dissenso da parte di Russia e Stati Uniti;

    l'Unione europea ha dal canto suo richiamato la Turchia alle sue responsabilità come Paese membro della Coalizione internazionale anti-Daesh chiedendo il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU 2254 e del Comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dalla Siria nel processo di Ginevra a guida ONU;

    quanto alla NATO, l'Italia con Germania, Spagna, Olanda e Stati Uniti partecipa alla missione «Active Fence», istituita su richiesta della Turchia di incrementare il dispositivo di difesa area integrato per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria;

    è fuori discussione il ruolo cruciale che la Turchia ricopre in ambito NATO, un'alleanza militare difensiva il cui Statuto tuttavia prevede, all'articolo 1, l'impegno delle Parti alla composizione pacifica di qualsiasi controversia internazionale in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite;

    le dichiarazioni del segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, richiederebbero un chiarimento quanto al rispetto da parte della Turchia dei princìpi fondanti dell'alleanza alla luce delle notizie su bombardamenti di centri abitati, di autoambulanze della Mezza Luna Rossa e delle numerose vittime civili già registrate, oltre alle decine di migliaia di persone già in fuga dalle città e dai villaggi;

    la dinamica ondivaga delle diplomazie occidentali, oltre a porre un tema profondo di credibilità e di resilienza degli istituti di diritto internazionale, ha, nel frattempo, indotto i curdi siriani a riconsiderare a loro volta l'asse delle proprie alleanze interne ed esterne al Paese, ricercando e trovando proprio nel regime di Damasco protezione e salvezza dalla furia delle incursioni turche;

    nel nostro ordinamento l'articolo 1 della legge 9 luglio 1990, n. 185, impone che la conformità di ogni esportazione, importazione e transito di materiale di armamento alla politica estera e di difesa dell'Italia, ai princìpi della Costituzione repubblicana, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e li vieta espressamente quando siano in contrasto, tra l'altro, con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato e della lotta contro il terrorismo o quando riguardino Paesi in stato di conflitto armato e verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo;

    importanti Paesi europei – Germania, Francia ma anche Olanda, Norvegia e Finlandia – hanno già disposto la sospensione della forniture di armamenti ad Ankara e lo stesso presidente Conte, che ha fin da subito manifestato profonda preoccupazione per l'iniziativa unilaterale della Turchia, ha con una nota preannunciato che il Governo italiano è impegnato nell'Unione europea per arrivare a «una moratoria nella vendita di armi alla Turchia» e «si adopererà per contrastare l'azione militare turca nel Nord-Est della Siria con ogni strumento consentito dal diritto internazionale»;

    secondo l'Osservatorio per i diritti umani in Siria ci sono già 130 mila sfollati, tra cui migliaia di civili che oggi sono fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa, ormai privo di vigilanza. Tra le 10 mila persone in fuga, sarebbero oltre 800 i familiari di membri dell'Isis, per lo più donne e bambini;

    Erdogan, capo di Stato di un Paese formalmente candidato all'ingresso in Europa e firmatario nel 2016 di un accordo con Bruxelles per la gestione dei migranti siriani a fronte di un contributo di 3 miliardi di euro in parte già versati, non ha esitato a ricattare l'Europa minacciando di innescare un flusso assai rilevante di profughi se le cancellerie europee non riconosceranno la legittimità della sua iniziativa militare contro la Siria e i curdi del Rojava;

    il Consiglio europeo del 17-18 ottobre 2019, chiamato ad affrontare la crisi con la Turchia, non potrà fare a meno di valutare misure da adottare nei confronti di Ankara sul piano militare ma anche economico, con inevitabili ripercussioni sull'andamento negoziato di adesione, già gravemente compromesso dai recenti accadimenti,

impegna il Governo:

   ad intimare alle autorità turche l'immediata cessazione delle ostilità nel nord della Siria, unitamente al monito affinché non siano perpetrati crimini di pulizia etnica, né siano realizzate deportazioni di massa o commesse violazioni dei diritti umani e affinché sia preservata l'incolumità della popolazione civile curda e, in particolare, la sicurezza delle strutture sanitarie preposte al soccorso e cura dei feriti, nonché quella dei giornalisti e degli operatori dell'informazione presenti sul campo;

   a condannare fermamente in sede ONU, di Unione europea e anche NATO l'azione militare della Turchia collaborando attivamente in seno a tali organismi per ottenere l'immediato cessate il fuoco e il ripristino di condizioni di sicurezza nell'interesse del contrasto allo Stato islamico;

   ad indire una moratoria delle forniture di armamenti ad Ankara;

   a promuovere in sede NATO la immediata sospensione dell'Operazione «Active Fence»;

   a sostenere l'adozione da parte dell'Unione europea di sanzioni economiche contro la Turchia, oltre ad un embargo europeo delle forniture militari;

   a prevedere l'immediata messa in campo di strumenti di aiuto umanitario e di supporto alla popolazione civile, in sinergia con la Croce Rossa Internazionale, con la Mezza Luna Rossa e l'UNHCR;

   a valutare, nell'esercizio di un fermo impegno dell'Italia anche in sede multilaterale per il contrasto al terrorismo, per il trasferimento nelle carceri italiane dei foreign fighters di nazionalità italiana, attualmente detenuti nelle prigioni siriane.
(7-00338) «Quartapelle Procopio, Cabras, Fassino, Palazzotto, Migliore, Andrea Romano, Schirò, La Marca, Boldrini».