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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 9 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il trattamento del paziente oncologico – oltre alla cura della malattia – deve avere come riferimento quello di accrescere la qualità di vita, anche limitando l'impatto psicopatologico e sociale sul paziente stesso e sui suoi famigliari;

    la Società italiana di psiconcologia (Sipo) definisce la psiconcologia come una disciplina che si colloca come interfaccia tra l'oncologia, da un lato, e la psicologia e la psichiatria dall'altro;

    per la Sipo il sostegno sociale rappresenta un elemento costitutivo del trattamento del paziente oncologico e rientra nelle responsabilità di ciascuna figura terapeutica: del medico di medicina generale, del medico oncologo, dell'infermiere, dello psichiatra e dello psicologo, dell’équipe curante nel suo complesso;

    il sistema deve quindi tener conto della globalità dei bisogni del malato in un'ottica psicosociale nell'approccio al paziente e nel rispetto dell'autonomia culturale e professionale di ciascuna disciplina;

    l'adattamento alla malattia ed ai trattamenti dipende in larga misura dalla qualità dell'approccio relazionale dell’équipe curante, che ne è artefice soprattutto tramite il controllo degli effetti collaterali delle terapie, il controllo del dolore e della sintomatologia ansiosa e depressiva. Ciò è possibile attraverso una presa in carico individualizzata del paziente, tramite l'informazione sui vari aspetti della patologia così come tramite la valutazione dei suoi bisogni, delle sue possibilità di scelta, della sua situazione familiare e sociale; ciò comporta un investimento personale del curante che richiede un sovraccarico di ruolo evidente per chiunque frequenti un reparto di oncologia;

    il cancro, più di ogni altra malattia, esige dal paziente uno sforzo continuo e ripetuto di adattamento. L'adattamento psicologico è finalizzato a preservare l'integrità psichica e fisica del paziente, ad affrontare i disturbi reversibili e ad integrare quelli irreversibili ed è costituito da una serie di reazioni cognitive, emotive e comportamentali. In ciascuna fase della malattia, infatti, le reazioni psicologiche costituiscono il risultato di un'integrazione complessa tra il ricordo delle esperienze passate, la percezione della minaccia futura e le risorse disponibili;

    i disturbi psicopatologici non rappresentano una rara evenienza nei pazienti con cancro. Spesso proprio la tendenza a considerare la sofferenza psicologica del paziente «comprensibile e normale date le circostanze» comporta una sottovalutazione dei sintomi ed un loro mancato trattamento;

    la diagnosi di cancro determina notevoli ripercussioni sull'equilibrio della struttura familiare. Il processo di reazione della famiglia al cancro dipenderà da diversi fattori quali età, sesso, tipo di patologia e ruolo del paziente all'interno della famiglia, ciclo vitale della famiglia stessa, eventuale presenza di conflitti fra i membri, modalità di espressione delle emozioni. Il modo in cui la famiglia è toccata dal tumore può lasciare delle conseguenze spesso gravi e durature. A volte la malattia può portare un membro della famiglia ad esplicitare una richiesta di aiuto sia per le ripercussioni del cancro, sia per problematiche preesistenti all'evento malattia;

    la psiconcologia nasce negli anni ’50 presso il Memorial Sloan Kettering Center di New York quando nell'ospedale viene istituito un servizio finalizzato all'assistenza psicologica del paziente affetto da cancro;

    nel 1984 nasce l’International Psychooncology Society (Ipos) con il proposito di creare una rete tra i professionisti del settore;

    nel 1985 viene fondata la Sipo (Società italiana psiconcologia);

    nel 1993 la Sipo contava 250 membri tra psicologi, psichiatri ed oncologi; dal 1996 la società ha ampliato la partecipazione anche agli altri operatori del settore ed è articolata territorialmente in sezioni regionali, finalizzate a favorire una certa capillarità ed uniformità nella diffusione delle linee di intervento e di ricerca della disciplina;

    le aree di intervento della Sipo includono interventi formativi sulla prevenzione primaria (fumo e corretta alimentazione), interventi di formazione ed educazione sanitaria (programmi di screening sul cancro), l'organizzazione di corsi di formazione del personale sanitario e dei volontari, progetti di ricerca, numerose attività cliniche dedicate ai pazienti e ai loro familiari oltre al controllo sull'efficacia dei diversi interventi;

    nel suo ultimo documento sulla reti oncologiche l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas) chiede di assicurare la presenza di una organizzazione multidisciplinare e multiprofessionale, specificamente dedicata e differenziata per affrontare adeguatamente i pazienti, e anche di assicurare l'accesso a terapie e percorsi di supporto, durante il percorso di diagnosi e cura, offerti da esperti in psiconcologia;

    l'Agenas richiede altresì di garantire ai guariti e ai lungo sopravviventi, popolazione in continuo aumento e tuttavia non priva di problemi, la disponibilità dei servizi oncologici in tutte le loro modulazioni, tra i quali è da considerare rilevante la psiconcologia, per un supporto ed una consulenza continuativa;

    sempre secondo l'Agenas la presenza dello psico-oncologo nelle équipe interdisciplinari consente di fornire, nei vari momenti del counseling, uno spazio di contenimento emotivo e di elaborazione dei vissuti legati alla condizione di rischio e di facilitare il processo comunicativo, migliorando la qualità di vita del paziente oncologico. L'utilizzo di tecniche di comunicazione efficaci nella relazione medicopaziente rappresenta uno strumento fondamentale per effettuare una valutazione completa ed accurata dei sintomi, per trasmettere al paziente informazioni cliniche chiare e personalizzate e per supportarlo emotivamente in modo appropriato. La letteratura scientifica dell'ultimo ventennio ha evidenziato come una buona comunicazione influisca positivamente su una serie di outcome inerenti alla salute, quali la compliance ai trattamenti, il controllo del dolore e il miglioramento del benessere fisico e psicologico del paziente;

    i trattamenti psiconcologici possono avere finalità essenzialmente supportive di un adattamento efficace alla malattia, ma possono, altresì, essere specifici in risposta a particolari condizioni emotive o relazionali del paziente. Infine, essi dovrebbero negoziare con il paziente un obiettivo terapeutico e di cura il più possibile condiviso;

    la presenza nelle strutture pubbliche della psiconcologia stenta a crescere e a strutturarsi seguendo le necessità dei pazienti. Molto spesso il lavoro viene svolto individualmente dallo psicologo all'interno delle unità di oncologia;

    circa il 60 per cento degli psiconcologi sono precari e, malgrado i miglioramenti nel tempo, ci sono notevoli difformità di offerta sul territorio oltre all'assenza di team di lavoro dedicati che non consentono di raggiungere standard di cura adeguati;

    il progetto «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» coordinato da Salute donna onlus ha prodotto un accordo di legislatura in 15 punti condiviso con tutte le forze politiche prima delle elezioni del 4 marzo 2018. Questo documento è stato recepito integralmente in un ordine del giorno unitario approvato all'unanimità dall'aula del Senato il 6 marzo 2019 e in 4 mozioni approvate alla Camera il 2 luglio 2019. Uno degli impegni assunti dal Governo pro tempore è quello di riconoscere la professione di psiconcologo come professione sanitaria,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a prevedere risorse per assicurare la presenza di un servizio di psiconcologia funzionante all'interno di ciascuna unità di oncologia presente sul territorio italiano;

2) ad adottare iniziative volte a superare la situazione di precarietà di numerosi psiconcologi che lavorano nelle strutture pubbliche;

3) ad adottare le iniziative di competenza per riconoscere la psiconcologia come professione sanitaria, anche valutando la possibilità di utilizzare a tal fine i decreti attuativi dell'articolo 9 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 («legge Lorenzin»).
(1-00257) «Garavaglia, Comaroli, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Locatelli, Sutto, Tiramani, Ziello».


   La Camera,

   premesso che:

    i Governi che si sono susseguiti hanno definito agevolazioni e provvedimenti di carattere economico e fiscale per le aree del sisma 2016;

    si sono evidenziate notevoli criticità nell'applicazione, se non addirittura vuoti normativi, che rendono necessari correttivi, integrazioni e modifiche urgenti;

    il comma 759 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) ha modificato la disciplina agevolativa della zona franca urbana (Zfu) del Centro Italia, istituita dall'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017. Le agevolazioni prevedono l'esenzione dall'Ires, Irap, Imu e dai versamenti dei contributi previdenziali, con l'esclusione dei premi assicurativi, a carico dei datori di lavoro per tutte le imprese che, al momento del sisma, avevano la sede principale o unità locale all'interno della Zfu (previa dimostrazione della diminuzione di fatturato pari al 25 per cento nel periodo dal 1° settembre 2016 al 31 dicembre 2016 rispetto al corrispondente periodo del 2015);

    la modifica apportata prevede l'estensione del periodo di esenzione anche per le annualità 2019 e 2020. Inoltre, si estende di due anni, fino al 31 dicembre 2019, il periodo entro il quale le imprese possono intraprendere una nuova iniziativa economica all'interno della Zfu per accedere ai benefici fiscali precedentemente richiamati. Quest'ultima proroga prevede l'esclusione delle imprese operanti nel settore delle costruzioni (categoria F della codifica Ateco 2007) che alla data del 24 agosto 2016 non avevano la sede nei territori colpiti;

    il decreto-legge n. 32 del 2019 ha espressamente riconosciuto l'agevolazione anche per le imposte dei professionisti. L'avviso pubblicato sulla home page della sezione del sito del Ministero dello sviluppo economico dedicata alla Zfu, a pochissimi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle istanze, ha richiamato le modifiche della legge n. 55 del 2019 (cosiddetto «sblocca cantieri») di conversione del decreto-legge n. 32 del 2019 che ha modificato l'articolo 46 del decreto-legge n. 50 del 2017 estendendo le esenzioni fiscali di cui al comma 2 dell'articolo 46, finora riconosciute solo alle imprese, anche ai professionisti relativamente ai periodi 2019 e 2020. La piattaforma non era in grado di recepire le domande dei professionisti che hanno iniziato la propria attività prima del 1° gennaio 2018 o che, pur avendo presentato la domanda non hanno utilizzato il credito per mancata assunzione di dipendenti, escludendoli in maniera del tutto ingiusta e discriminatoria;

    sono emerse, inoltre, tra gli operatori delle problematiche nella gestione dei prospetti delle varie misure agevolative denominate «rottamazioni» che per i soggetti presenti nei comuni di cui agli allegati del decreto-legge n. 189 del 2016, prevedevano uno slittamento al 31 luglio 2019. Si evidenzia l'incompletezza degli stessi prospetti o il contenuto non conforme alle istanze presentate tanto che, a seguito delle sospensioni sull'emissioni dei ruoli, la normativa sulle varie «rottamazioni» risulta non completamente efficace per i soggetti residenti nelle zone del «cratere», in quanto non sono ancora stati emessi i ruoli relativi agli inadempimenti e agli omessi versamenti. Infatti, soggetti fuori dal cratere possono accedere a tali forme deflative del contenzioso per annualità, mentre ai soggetti terremotati i ruoli verranno emessi e notificati a procedura ormai conclusa;

    il 15 ottobre 2019 scatterà per i terremotati del centro Italia la restituzione in un'unica soluzione delle 5 rate sospese, da giugno a ottobre, attraverso il decreto «sblocca cantieri», della cosiddetta «busta paga pesante», e a seguire scatterà la restituzione ordinaria come disciplinato dall'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 e successive modifiche;

    il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 9 agosto 2019 ha disposto le modalità di applicazione del credito di imposta per gli investimenti nei comuni colpiti dagli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016 agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2019, in merito alla proroga e alle modifiche dei termini di applicazione del credito d'imposta per l'acquisto di nuovi beni strumentali nell'area del cratere introdotta e normata dall'articolo 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017,

impegna il Governo:

1) ad adottare un'iniziativa normativa che chiarisca che per i professionisti che hanno subito un calo di fatturato nei periodi di riferimento individuati dalla normativa verrà aperta una nuova procedura per la presentazione delle domande e, contestualmente, ad assumere iniziative per riaprire e modificare la piattaforma in modo che dia attuazione in pieno alle novità introdotte dal decreto-legge n. 32 del 2019 a favore dei professionisti e che permetta la piena applicazione dell'articolo 22-bis del suddetto decreto, permettendo l'accesso sia a chi non ha presentato la domanda pur avendone i requisiti, sia a chi l'ha presentata ma non ha mai utilizzato il credito per la mancata assunzione di dipendenti;

2) ad adottare iniziative per favorire una riapertura immediata e «generalizzata» dello sportello zona franca urbana per consentire di presentare l'istanza anche a coloro che non l'avevano fatto nelle precedenti finestre temporali, ossia quelle aziende che, pur avendone i requisiti, per cause di forza maggiore legate alle difficoltà operative quotidiane, non hanno presentato l'istanza nella prima fase di applicazione della norma;

3) a valutare l'adozione di iniziative per l'apertura di un'ulteriore finestra temporale che consenta l'accesso alle agevolazioni per le nuove imprese che si costituiranno e avvieranno l'attività nei comuni del cratere nel secondo semestre del 2019 e fino al 31 dicembre 2019, non essendo di utilità alcuna, la finestra temporale di un solo mese tra giugno e luglio;

4) a valutare l'adozione di iniziative per istituire una nuova zona franca urbana per i soggetti che hanno subito ordinanze di sgombero anche recenti, con conseguenti enormi danni all'attività, verificando il calo di fatturato nel periodo intercorrente tra la data dello sgombero stesso ed i successivi 120 giorni, accertando la riduzione di fatturato raffrontando il periodo di cui sopra allo stesso periodo dell'anno 2015;

5) a prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio un incremento significativo della dotazione finanziaria per la zona franca urbana «Sisma Centro Italia», visto che la legge di bilancio 2019 ha stabilito che le agevolazioni saranno concesse per il biennio 2019/2020, utilizzando esclusivamente le risorse precedentemente stanziate (circa 493 milioni di euro) e non ancora fruite dalle imprese beneficiarie;

6) ad adottare iniziative affinché vengano ammessi al beneficio della zona franca urbana anche i contribuenti a cui è applicabile il regime fiscale di vantaggio e forfetario per i contribuenti minimi, come già disposto nel provvedimento relativo alla «Zona franca regioni convergenza e Carbonia - Iglesias»;

7) ad adottare un'iniziativa normativa che preveda sia una proroga dei termini di pagamento relativi alla definizione agevolata cosiddetta «rottamazione» per le zone interessate dal sisma del centro Italia dell'anno 2016, sia una riapertura del periodo agevolato, così da consentire un riequilibrio temporale della misura agevolativa, inclusa una riapertura dei termini per la presentazione delle istanze nelle sole aree del cosiddetto «cratere sismico»;

8) ad adottare iniziative per fissare l'inizio della restituzione delle imposte al 31 gennaio 2020, facendo slittare i termini di restituzione della cosiddetta «busta paga pesante» e abrogando il comma 11 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 limitatamente alle parole «con il versamento dell'importo corrispondente al valore delle prime cinque rate entro il 15 ottobre 2019»;

9) a prorogare, attraverso un'opportuna iniziativa normativa, l'agevolazione del credito d'imposta per il Mezzogiorno applicato alle aree del sisma 2016 ai sensi dell'articolo 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017 al 31 dicembre 2020, eventualmente per i soli territori compresi nel cosiddetto «cratere sismico» (allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016), termine già previsto dall'autorizzazione europea del 6 aprile 2018, e ad adottare iniziative per prevedere la possibilità della cessione del credito a soggetti privati in luogo della compensazione nel modello F24 a scomputo delle imposte.
(1-00258) «Acquaroli, Varchi, Delmastro Delle Vedove, Rizzetto, Rotelli, Prisco, Deidda, Silvestroni, Lucaselli, Gemmato».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la legge 4 agosto 1977, n. 517 ha introdotto la figura dell'insegnante di sostegno nel sistema scolastico. Tali docenti sono specializzati nella individuazione e definizione di modelli didattici finalizzati alla piena inclusione di alunni diversamente abili e devono svolgere la loro attività di insegnamento nelle classi dove siano presenti uno o più soggetti con handicap certificato ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104. L'insegnante di sostegno deve, quindi, essere figura chiave del sistema scolastico di un qualsiasi Paese che voglia definirsi civile e rispettoso dei diritti di ogni singolo alunno, in cui la diversità viene vista e considerata come una risorsa irrinunciabile;

    nonostante ciò, anche l'anno scolastico 2019-2020, appena iniziato, si sta caratterizzando per l'assenza del personale docente di sostegno nelle classi con conseguenti disagi sia per gli alunni, bisognosi di una didattica specializzata, che per le famiglie, preoccupate dal non poter saper con certezza se e quale insegnante si occuperà del proprio figlio. Puntualmente, anche quest'anno, sono state segnalate molte disfunzioni tra le quali: mancanza o ritardo nell'assegnazione degli insegnanti di sostegno, difficoltà nella redazione dei piani educativi individualizzati (Pei) insufficienti ore di sostegno didattico rispetto al Pei, composizione numerica delle classi superiori rispetto ai limiti stabiliti dalla legislazione vigente. Tali carenze, quasi sempre, si protraggono per l'intero anno scolastico, ostacolando o addirittura negando la piena inclusione scolastica e il diritto allo studio costituzionalmente garantito;

   la situazione sopra esposta è stata documentata anche da alcuni dati pubblicati il 24 settembre 2019 dal sito specializzato www.professionistiscuola.it sul quale è stato fatto un vero e proprio report sulle immissioni in ruolo sui posti di sostegno: su 14.593 posti in organico di diritto su sostegno solo 3.614 sono state le immissioni in ruolo, lasciando scoperti ben 10.979 posti che sommati ai 48.078 posti in deroga su sostegno arrivano complessivamente a essere 59.057 posti disponibili che andranno a supplenze anche a docenti di terza fascia non specializzati. In particolare nella scuola dell'infanzia risultano scoperti il 44,16 per cento dei posti disponibili, nella primaria il 72,82 per cento, nella scuola secondaria di I grado l'84,71 per cento e, infine, nella scuola secondaria di II grado il 68,7 per cento;

   su tutto il territorio nazionale, molte famiglie con ragazzi e bambini affetti da difficoltà psichiche o motorie continuano coraggiosamente ad affrontare le inadempienze e carenze che quotidianamente si presentano, disagi ai quali occorre porre urgentemente rimedio,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a prevedere, con obbligatoria cadenza biennale, percorsi di specializzazione finalizzati a garantire, in modo continuativo, la formazione di docenti esperti nella definizione e attivazione di modelli didattici realmente inclusivi;

   a garantire l'indizione costante di bandi di concorso volti a stabilizzare i docenti già specializzati e assicurare la effettiva copertura delle cattedre sul sostegno vacanti e disponibili.
(7-00332) «Testamento, Carbonaro, Gallo, Acunzo, Vacca, Bella, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Marzana, Melicchio, Nitti, Tuzi, Villani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, rubricato «Consultazione delle rappresentanze del personale» prevede che «Le organizzazioni sindacali e le sezioni del Cocer di cui all'articolo 2 (e quindi le forze di polizia ad ordinamento civile, forze di polizia ad ordinamento militare e forze armate) sono convocate presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in occasione della predisposizione del documento di programmazione economico-finanziaria e prima della deliberazione del disegno di legge di bilancio per essere consultate»;

   il giorno 8 ottobre 2019 le sigle sindacali Siulp, Sap, Siap, Fsp polizia di Stato hanno diramato una nota congiunta in cui lamentano che «l'attuale esecutivo vuole evitare il confronto con rappresentanti dei poliziotti, comprimendone ipso facto la funzione»;

   la circostanza non sembra essere frutto di sola dimenticanza o sciatteria istituzionale, ma per l'interrogante addirittura di una scelta politica, atteso che in data 24 settembre 2019 le sigle sindacali avevano inviato espressa richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri di essere convocate;

   la circostanza, oltre tutto, alimenta il sentimento di abbandono che attraversa migliaia di Servitori dello Stato che, quotidianamente, sono impegnati a fronteggiare la criminalità e a garantire la sicurezza dei cittadini;

   le necessità del confronto, peraltro, non sarebbero certamente mancate: dal rinnovo del contratto alle dotazioni, dai mezzi in uso agli organici, dal riordino delle carriere al pagamento degli straordinari, a mero titolo esemplificativo;

   quella che appare una scelta imperdonabile prima ancora che una imbarazzante dimenticanza assume, per l'interrogante, il sapore dell'ennesimo «schiaffo» alle nostre forze dell'ordine;

   la scelta non pregiudica la sicurezza dei cittadini solo ed esclusivamente per il notorio senso di responsabilità delle nostre forze di polizia di cui non è, però, lecito approfittare;

   sembra di poter dire che la linea del Governo si alimenti di quella che appare all'interrogante come l'ignobile, volgare e violenta cultura del Ministro Fioramonti, noto per i «sanpietrini verbali» che «scaglia» contro le forze dell'ordine –:

   quali siano le motivazioni che abbiano indotto il Governo a non convocare le sigle sindacali delle forze di polizia, nonostante l'espressa previsione normativa e la puntuale richiesta delle stesse;

   se il Governo intenda, per la non creduta ipotesi che si tratti solo di errore, per quanto imperdonabile, provvedere, in ossequio alla legge, alla immediata convocazione delle organizzazioni sindacali delle forze di polizia.
(3-01020)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Mediterraneo orientale sta diventando sempre più il teatro di un'inquietante partita a scacchi per l'accaparramento energetico e segnatamente delle ingenti risorse di gas naturali ivi presenti;

   la Turchia di Erdogan, negli stessi momenti in cui sta iniziando una pericolosa operazione militare contro i Curdi in Siria non lesinando di bombardare nell'assordante e complice silenzio della comunità internazionale, ha lanciato una nuova sfida alla comunità internazionale e segnatamente all'Italia nello scacchiere del mare circondante Cipro;

   il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez ha dato per l'interrogante «sfacciatamente» l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco 7, non solo e non tanto di pertinenza del Governo di Nicosia, quanto e soprattutto assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

   l'inaudita posizione turca altro non è per l'interrogante se non la «sfacciata» prosecuzione della sua temeraria politica energetica, in cui si utilizza il governo di Cipro del Nord, e in cui si sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga piattaforma continentale turca;

   la soverchia infondatezza delle pretese turche, secondo l'interrogante, è evidente, ictu oculi, ad un solo e sommario sguardo alla cartina geografica, atteso che il cosiddetto Blocco 7 si trova chiaramente nella zona economica esclusiva cipriota e segnatamente in un'area marina a sud-ovest dell'isola;

   l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote;

   dai sistemi satellitari di rilevazione marittima è stato accertato che la nave da perforazione turca Yavuz è già clamorosamente entrata nelle acque territoriali cipriote e nel cosiddetto Blocco esplorativo 7;

   l'America, per il tramite del Segretario di Stato Mike Pompeo in visita ad Atene, ha già condannato la spregiudicata mossa turca, definendo «illegali» le disposte trivellazioni;

   l'Unione europea ha prontamente inserito il caso Turchia nell'agenda del Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;

   il Governo italiano, nonostante il coinvolgimento di Eni e l'evidente interesse nazionale nel campo dell'approvvigionamento energetico, non ha ancora balbettato una posizione ufficiale;

   quella che appare all'interrogante come la politica rinunciataria nei confronti di Ergodan da parte dell'Italia è già stata contrassegnata da clamoroso fallimento nel 2018, allorquando il Governo pro tempore Gentiloni non emise nemmeno un timido flatus vocis di fronte alle pressioni marittime turche che costrinsero la nave Saipem 12000 ad abbandonare la zona marittima di competenza cipriota –:

   quale sia la posizione del Governo in relazione alla gravissima, e per l'interrogante illegittima decisione del Governo turco di iniziare le trivellazioni nel Blocco 7 di esclusiva pertinenza del Governo di Nicosia e in concessione anche ad Eni;

   quale sia la posizione del Governo per tutelare l'Eni e gli interessi strategici italiani all'approvvigionamento energetico;

   quale posizione il Governo intenda assumere in merito, in seno al Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 al fine di tutelare l'interesse nazionale ed ENI e se intenda richiedere l'applicazione di sanzioni decisamente severe e proporzionate alla gravissima provocazione turca;

   se il Governo intenda convocare immediatamente l'ambasciatore turco per chiedere spiegazioni in ordine al contegno assunto dal Governo di Ankara ed in ogni caso per trasmettere una vibrata protesta, precisando di non escludere di richiedere, in seno al Consiglio europeo del 17 ottobre 2019, l'applicazione di sanzioni severe nei confronti del Governo turco e delle sue aggressive, e per l'interrogante illegittime politiche in campo energetico.
(5-02878)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, il Commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos, intervistato sull'accordo di Malta, ha dichiarato che «nulla è stato ancora firmato o adottato. L'obiettivo era quello di preparare un documento da presentare al prossimo Consiglio dei ministri degli interni»; per Avramopoulos l'accordo di Malta è solo un «paper» su cui si dovrà trovare un'intesa al prossimo Consiglio europeo di Lussemburgo, «un passo avanti positivo che ora dovrà essere discusso»;

   secondo Avramopoulos «Questo lavoro non dovrebbe essere visto separatamente da tutti gli altri sforzi che stiamo facendo. La nostra priorità è ridurre gli arrivi irregolari, combattere i trafficanti, facilitare i rimpatri dei migranti irregolari, nonché salvare vite umane e aprire percorsi legali, sia per le persone bisognose di protezione internazionale, sia per i migranti regolari. Ma se i migranti si trovano in mare il che dovrebbe essere un'eccezione è nostro dovere salvarli»;

   condividendo a pieno quanto segue, ossia che «il nostro obiettivo è riformare il Sistema europeo comune di asilo, compreso il Regolamento di Dublino», Avramopoulos si è detto «orgoglioso per l'enorme Sistema operativo che abbiamo istituito: dal potenziamento della Guardia di frontiera e costiera europea al massiccio sostegno infrastrutturale»;

   il sistema lodato da Avramopoulos è lo stesso che ha portato il supertrafficante di uomini libico Abdalrahman al-Milad, detto Bija, a partecipare ad incontri ufficiali in Italia nel 2017, in una delegazione composta da rappresentanti di diverse amministrazioni libiche e di funzionari della stessa Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Tra questi, alcuni furono «incontri di formazione» con la Guardia costiera italiana nell'ambito del progetto «Sea Demm - Sea and Desert Migration Management for Libyan authorities to rescue migrants», coordinato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, progetto che ha dato avvio a progetti europei di cooperazione con la Libia in ambito Sar;

   come documentato più volte da Avvenire e altre testate internazionali, oltre che da indagini delle Nazioni Unite, a Bija sarebbero arrivate anche alcune motovedette cedute dalla nostra Guardia Costiera alla Libia. La flotta del boss di Zawyah sarebbe ancora attiva e risponderebbe alle chiamate della centrale di Tripoli, a sua volta allertata dalle Guardie costiere di Paesi come Italia e Malta –:

   quale sia la natura giuridica dell'accordo di Malta, derubricato a semplice «paper» dal Commissario Avramopoulos, nonché quali siano gli del Governo in merito alla necessità di avviare la cosiddetta «Fase 3» dell'operazione Sophia e se non ritenga necessario promuovere un accordo per fermare le partenze dei migranti prima di quello sulla redistribuzione.
(5-02879)

Interrogazione a risposta scritta:


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   i dati del Ministero della Giustizia, aggiornati al 30 settembre di quest'anno, mostrano una situazione al collasso, con 60.881 detenuti presenti nelle carceri italiane, quasi 10.000 in più dei posti disponibili, per un tasso ufficiale di sovraffollamento del 120 per cento;

   in particolare, secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di questi 60.439 detenuti 20.225, quindi oltre il 30 per cento, sono stranieri;

   se si tiene conto, poi, che il costo medio giornaliero per un singolo detenuto è di 131,39 euro, per mantenere quelli stranieri l'Italia spende ogni giorno 2.657.362 euro, che in un mese fanno 82.378.245 euro e in un anno 988.538.943 euro: circa un miliardo di euro ogni anno;

   le nazionalità che registrano maggior detenuti sono quella marocchina (3.808, il 18 per cento), albanese (2.429, il 12 per cento), rumena (2.420, il 12 per cento), tunisina (2.033, il 10,1 per cento), nigeriana (1.647, l'8,1 per cento), egiziana (556, il 2,7 per cento), gambiana (514, il 2,5 per cento), senegalese (486, il 2,4 per cento) e algerina (484, il 2,4 per cento). I principali delitti per cui stanno scontando la pena sono reati contro il patrimonio, traffico di stupefacenti e reati contro la persona, come omicidio e violenza;

   tali dati sono stati recentemente confermati anche dal capo della polizia, Franco Gabrielli, secondo il quale «da 10 anni, c'è un trend in calo complessivo dei reati. Ma c'è anche, negli ultimi anni, un aumento degli stranieri coinvolti tra arrestati e denunciati», sottolineando come «nel 2016, su 893 mila persone denunciate e arrestate, avevamo il 29,2 per cento degli stranieri coinvolti; nel 2017 il 29,8 per cento, nel 2018 il 32 per cento e in questo 2019 siamo quasi al 32 per cento»;

   se, da un lato, il perdurare del fenomeno del sovraffollamento carcerario impedisce un trattamento individualizzato di recupero del reo, portando al conseguente fallimento della funzione rieducativa della pena, principio cardine del sistema penale italiano, dall'altro, il peggioramento della qualità della vita all'interno delle carceri si ripercuote anche sul numero dei suicidi, un malessere che riguarda anche il Corpo di polizia penitenziaria;

   a tutto questo si aggiungono i rischi legati al proselitismo e alla radicalizzazione jihadista. La prigione, infatti, è un terreno fertile nel quale gli estremisti possono indottrinare gli elementi più deboli: su 12 mila detenuti di religione islamica, lo scorso anno sarebbero stati oltre 500 quelli tenuti sotto stretta osservazione, per comportamenti radicali;

   i provvedimenti in materia di giustizia approvati dal Parlamento negli ultimi anni, seppur numerosi, si sono concentrati esclusivamente sulla questione della deflazione della popolazione carceraria, nulla è stato fatto, invece, per quanto attiene all'espiazione della pena dei detenuti di origine straniera nei propri Paesi di provenienza;

   il 24 ottobre 2018 la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-0002 che impegnava il Governo pro tempore «ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative»;

   nonostante ciò, ad oggi, la situazione non sembra essere mutata –:

   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di dare seguito a quanto indicato nella risoluzione di cui in premessa;

   quali siano i dati ufficiali relativi al numero di detenuti stranieri trasferiti nei Paesi di origine per l'esecuzione della pena.
(4-03789)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PELLICANI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a Venezia da tempo vi è l'urgenza di ripristinare la manutenzione ordinaria della laguna nei suoi aspetti morfologici, anche attraverso lo scavo di canali portuali per garantire la navigazione e di aggiornare la normativa sul trattamento dei sedimenti;

   il protocollo fanghi oggi in vigore risale al 1993 e risulta oramai superato sia dal punto di vista normativo che di urgenza;

   secondo fonti di stampa sarebbe in dirittura di arrivo una nuova proposta con il superamento della classificazione del protocollo del 1993 che prevede il riutilizzo dei fanghi, tenendo conto dei parametri ecotossicologici del sito di conferimento e prevedendo analisi chimiche per determinare il grado di tossicità dei sedimenti; l'efficacia del nuovo protocollo è subordinata alla successiva approvazione del nuovo piano morfologico della Laguna, risalente al 1993;

   si consentirebbe così di riutilizzare circa il 90 per cento dei fanghi scavati, per interventi mirati a contrastare il degrado morfologico della laguna;

   si stima che siano circa 1,5 milioni i metri cubi di fanghi da dragare, ma è tutto fermo in attesa di nuove regole e siti adatti al confinamento dei fanghi tossici;

   anche le aziende e i lavoratori del porto hanno sollecitato i Ministeri competenti per portare avanti scelte precise per la salvaguardia sia del lavoro che del territorio;

   il nuovo protocollo consentirebbe anche lo sblocco della questione relativa agli interventi nel Canale dei Petroli, il cui progetto prevede la realizzazione di una palancolata lunga 1335 metri, con altezza 8,5 metri lungo il margine della cassa di colmata B;

   suddetta palancolata è oggetto di confronto tra provveditorato opere pubbliche e autorità di sistema portuale circa il materiale da utilizzare, con il primo che la richiederebbe in materiale biologico e la seconda in metallo; l'Autorità di sistema portuale sostiene che il legno sarebbe non idoneo per funzione e anche sotto il profilo erariale;

   si prende atto della risposta all'atto di sindacato ispettivo svolto nella seduta del 10 luglio 2019 –:

   se sia intenzione del Governo approvare quanto prima un nuovo protocollo fanghi per la laguna di Venezia, consentendo di riprendere le attività di trattamento dei sedimenti, e successivamente il nuovo piano morfologico della laguna, senza il quale il protocollo dei sedimenti non sarebbe risolutivo, e se intenda, inoltre, favorire, per quanto di competenza, la realizzazione di una palancolata metallica o in legno per mettere in sicurezza la cassa di colmata B e bloccare lo sversamento di veleni in laguna.
(5-02861)


   ZOLEZZI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, VARRICA, VIANELLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 19 aprile 2018 il Ministero dell'ambiente e dell'ecologia cinese ha annunciato l'estensione del divieto di importazione di 32 tipologie di rifiuti, oltre alle 24 vietate da gennaio 2018, e anche l'india ha stabilito limiti analoghi;

   i flussi internazionali di rifiuti si sono adattati alle politiche cinesi, deviando su altri Paesi del sud est asiatico. Una parte di questi rifiuti è arrivata anche in Italia e, in particolare, Mantova è stata interessata da quantitativi di carta con impurità molto elevate proveniente dagli Usa;

   appare evidente come, per prevenire situazioni di emergenza dovute alla chiusura delle importazioni di rifiuti da Cina e India, sia necessario ridurre la produzione di rifiuti, pianificare i flussi nazionali e internazionali e riprogettare i cicli industriali di produzione dei beni e di gestione dei rifiuti, nonché rivedere i ruoli degli attori coinvolti;

   in Italia il Conai è il principale soggetto deputato ad assolvere il principio comunitario di responsabilità estesa del produttore nella gestione dei rifiuti di imballaggio. Attualmente i contributi alla raccolta previsti dall'accordo quadro Anci-Conai sono l'unico elemento di ricavo nel sistema della gestione dei rifiuti differenziati;

   tale sistema prevede, per la filiera dei rifiuti di imballaggio in plastica, un sistema di distribuzione dei contributi alla raccolta secondo una progressione «lineare», ovvero all'aumentare delle impurità nella raccolta differenziata diminuisce il corrispettivo, fino ad azzerarsi nel caso in cui le impurità siano superiori al 20 per cento con l'obiettivo di avere un rifiuto con altissime percentuali di riciclo;

   nell'audizione presso la Commissione cosiddette ecomafie del 29 maggio 2019, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha riferito che vi sarebbe un accordo per reintrodurre il sistema del corrispettivo per fasce, vigente nel precedente accordo quadro, che ha determinato negli anni notevoli criticità in corrispondenza dei punti di passaggio fra le fasce, a causa della significativa differenza di corrispettivo fra una fascia e l'altra, ma soprattutto perché per soddisfare quel sistema non si è investito nella raccolta, nella sensibilizzazione dei cittadini, nei controlli e nelle sanzioni, ma in impianti di prepulizia i cui costi ricadono in tariffa –:

   di quali informazioni e relazioni tecniche sia in possesso il Ministro interrogato sulla vicenda e quale modello di remunerazione intenda privilegiare (per fasce o lineare), contestualmente fornendo le informazioni di cui è conoscenza sul nuovo accordo Anci-Conai nonché sulle iniziative per il miglioramento della riciclabilità degli imballaggi immessi al consumo che sta adottando il Conai.
(5-02862)


   MAZZETTI, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Presidente del Consiglio Conte il 9 settembre 2019, durante il discorso per il voto di fiducia al suo Governo, ha sottolineato la volontà dell'Esecutivo di realizzare un Green New Deal, ossia un insieme di misure volte al contrasto ai cambiamenti climatici, all'economia circolare, alla protezione dell'ambiente, e altro;

   nell'ambito del medesimo intervento, parlando del ciclo dei rifiuti ribadiva la necessità di una transizione ecologica capace di indirizzare «il sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto»;

   la realtà è che gran parte del nostro Paese vive una perdurante emergenza rifiuti e fatica a gestire efficacemente la gestione dei medesimi rifiuti. La situazione della gravissima emergenza, anche sanitaria, dei rifiuti a Roma è paradigmatica;

   il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, recentemente affermava: «Il problema numero uno nell'ambito non energetico è chiudere integralmente il ciclo del trattamento dei rifiuti, industriali e urbani. (...) Perché in Italia mancano gli impianti necessari e avanzati per trattare in sicurezza i rifiuti. E quegli impianti vanno realizzati»;

   come riporta il quotidiano on-line «il Sole 24Ore» del 18 aprile 2019, «secondo operatori del settore, per dotare l'Italia di un numero di impianti commisurato agli obiettivi europei di riciclo servirebbero investimenti dei 10 miliardi di euro. Servirebbe una ventina di impianti per le principali filiere del riciclo, 22 impianti per produrre biometano, 24 termovalorizzatori. Senza impianti i costi crescono, le aziende dell'ambiente si fermano, gli investimenti sfumano, i progetti svaporano e l'economia circolare resta una locuzione per politici assetati di consensi elettorali»;

   il Report 2019 di Fise Assoambiente recita: «La gestione dei rifiuti in Italia continua a rimanere in una fase critica e contraddittoria: da un lato fondata su obiettivi ambientali e di qualità sempre più ambiziosi (...), dall'altro costituito da un settore industriale sottodimensionato e reso fragile dall'assenza di condizioni essenziali per attuare investimenti necessari»;

   nel frattempo continuano a circolare bozze del decreto-legge «clima» che il Governo tarda ad approvare, e nel quale continua a rimane in bianco l'articolo dedicato alla «cessazione della qualifica di rifiuto» che da troppo tempo attendono le imprese che operano nel settore dell'economia circolare –:

   quali iniziative si intendano adottare per garantire una efficace gestione del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento all'insufficiente ma indispensabile dotazione impiantistica attualmente del tutto inadeguata in troppe aree del Paese.
(5-02863)


   LUCCHINI, MORRONE, VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella Valle della Canna è da tempo in corso un'eccezionale moria di volatili, anche di specie rara, la cui causa sarebbe stata un avvelenamento delle acque da botulino, un batterio che si sarebbe sviluppato per le temperature eccezionalmente calde di settembre e per le scarse piogge;

   i volatili morti a causa della patologia, ammontano a circa 2.200: il che significa quasi il 50 per cento dell'avifauna della Valle della Canna stimata fino a qualche tempo fa in 4.000-4.500 esemplari;

   la moria coinvolge specialmente migliaia di anatre di specie Canapiglie, Germani, Alzavole e Mestolon;

   la Valle della Canna è tutelata da numerosi vincoli ambientali: rientra nel perimetro del Parco regionale del Delta del Po, è Oasi di protezione, Zona umida di importanza internazionale, Sito di importanza comunitaria (SIC), Zona speciale di Conservazione (ZSP) e Zona di protezione speciale (ZPS);

   le risorse riversate sulla Valle da queste diverse forme di tutela sono però vanificate dall'incuria cronica di oltre un decennio da parte delle varie amministrazioni, incuria che ha determinato l'affioramento della falda di acqua salata, con una grave perdita di biodiversità e deterioramento dell’habitat;

   fino a 15 anni fa c'era un sifone che passando sotto il fiume Lamone permetteva il ricambio di acqua della Valle; poi tale sifone ha smesso di funzionare e l'alternativa è diventata la canaletta ex Anic che emunge acqua dal fiume Reno, con porte d'ingresso e uscita non adatte e ciò causa la siccità della valle ogni estate;

   sono mancate le manutenzioni e le opere di ripristino; da vent'anni, non sono stati fatti controlli e non è stata inserita regolarmente acqua fresca; non risultano interventi specifici da parte del Parco del Delta del Po;

   negli anni passati la Valle era affidata alla gestione dei cacciatori che curavano il riciclo delle acque, la bonifica e la potatura della vegetazione. In vari comunicati (Bighunter.it) la categoria dei cacciatori critica aspramente la gestione della Valle da parte del comune, sotto la vigilanza della regione Emilia-Romagna, che sta provocando un vero disastro ambientale –:

   se il Ministro interrogato, anche attraverso il Noe e il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, intenda appurare le cause dell'inquinamento e individuare gli interventi opportuni per ripristinare la salubrità delle acque presenti nella Valle della Canna.
(5-02864)


   CUNIAL e PLANGGER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il cementificio/co-inceneritore dell'industria Giovanni Rossi spa a Pederobba (TV) – a meno di cinque chilometri in linea d'aria da Valdobbiadene – è autorizzato dal 1996 a bruciare pneumatici fuori uso sino a 60.00 tonnellate annue. I cittadini di Pederobba e dei comuni limitrofi, preoccupati per i rischi sanitari, hanno chiesto fin dal 2007 uno studio epidemiologico;

   nel febbraio 2018 la provincia di Treviso, con riferimento ai materiali autorizzati all'incenerimento nel cementificio, ha autorizzato l'ampliamento della categoria merceologica a tutte le tipologie di plastica previste dal codice Cer 19 dicembre 2004, per 60.000 tonnellate annue;

   prima di dare l'autorizzazione, a giugno 2017, l'amministrazione aveva commissionato al professor Paolo Crosignani uno studio epidemiologico caso-controllo per valutare l'impatto sulla salute di tale ulteriore combustione;

   nell'udienza pubblica del 5 luglio 2017 il sindaco aveva annunciato l'iniziativa, per una spesa di circa 20.000 euro per sei mesi di studio, tempistica che avrebbe consentito di stabilire eventuali impatti sanitari prima dell'autorizzazione di Via (avvenuta nel febbraio 2018); il metodo prescelto avrebbe inoltre permesso di stabilire la correlazione tra la fonte emissiva e l'impatto sanitario nell'area di ricaduta della stessa;

   tuttavia, sempre a luglio 2017, tale studio viene annullato e sostituito con uno studio «di coorte» – che non consente la correlazione tra fonte e relativo impatto sanitario – i cui costi e risultati non sono ancora noti;

   secondo lo studio del servizio epidemiologico regionale relativo a cause di morte e ricoveri ospedalieri nei nove comuni interessati, emerge che «Pederobba presenta una mortalità generale superiore alla media regionale in entrambi i sessi (...) si osserva una mortalità per cause circolatorie maggiore rispetto alla media regionale in entrambi i sessi. (...) Nelle donne si osserva un tasso di mortalità superiore alla media regionale sia per malattie di Alzheimer che per le altre forme di demenza. (...) Nei Comuni contermine è da segnalare un più elevato tasso di mortalità per malattie del fegato negli uomini e per demenze in entrambi i sessi» (www.ser-veneto.it) –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, in particolare per tutelare dall'inquinamento la zona di produzione del prosecco, divenuta patrimonio dell'Unesco e minacciata dalla presenza di un co-inceneritore di tutte le plastiche e, in generale, per aggiornare il quadro normativo relativo alle attività e ai limiti di emissioni attualmente consentiti ai cementifici.
(5-02865)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da pochi giorni sull'Altopiano della provincia di Vicenza gli allevamenti bovini sono stati liberati nei pascoli, e le malghe hanno iniziato la tradizionale stagione dell'alpeggio. È bastato però che gli animali uscissero dalle stalle, dopo il lungo inverno e il continuo maltempo della primavera, perché i lupi riprendessero ad attaccare gli animali d'allevamento;

   la scorsa estate gli allevatori hanno subìto grandissimi disagi per i loro capi di bestiame. Oltre agli attacchi diretti con la conseguente morte dell'animale, si sono registrati anche casi di allontanamento degli animali dal pascolo indotto dalla presenza di branchi di lupi;

   durante l'estate appena conclusa, 90 manze di razza Frisone in un pascolo a 1200 metri, dopo l'arrivo dei lupi, sono fuggite spaventate e quattro di loro sono finite in un canalone. Le operazioni di recupero sono state tutt'altro che semplici e dispendiose. Una mucca è stata fatta risalire nel bosco fino ad un terrazzino, mentre altre tre sono state recuperate dai vigili del fuoco con l'ausilio di un l'elicottero;

   nel corso del 2018 nell'intero territorio montano veneto si sono verificate 196 predazioni che hanno causato in totale 400 capi morti, 50 feriti e 125 dichiarati dispersi. Sul totale delle 196 predazioni a livello regionale, nella sola provincia di Vicenza si sono verificati 91 attacchi da lupo che hanno provocato 146 capi morti, 27 feriti e 59 dichiarati dispersi. Di questi, il 50 per cento erano ovi-caprini, il 41,8 per cento bovini e l'8,2 per cento asini;

   per quanto riguarda le aree della provincia di Vicenza maggiormente colpite, il 75,8 per cento degli attacchi si sono registrati nell'Altopiano dei Sette Comuni e i comuni più colpiti sono stati Roana (22,7 per cento degli attacchi), Enego (15,9 per cento) e Gallio (18,2 per cento);

   il lupo è un animale tutelato dalla rete Natura 2000 secondo la direttiva «Habitat»; pertanto, anche ai fini della protezione dello stesso animale occorre definire un giusto equilibrio tra il bestiame di allevamento e il lupo, anche individuando opportune misure di mitigazione, monitoraggio e mezzi di protezione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare tempestivamente iniziative efficaci per rendere compatibile la presenza del lupo con le attività umane esercitate in ambienti antropizzati e particolari come quello dell'ecosistema malga e dell'alpeggio.
(4-03787)


   FEDERICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 dicembre 2016 la società Gasdotti Italia spa ha presentato al Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, istanza di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell'opera denominata Metanodotto «Larino-Chieti DN 600 (o 24") DP 75 bar», il cui tracciato attraversa le regioni Molise e Abruzzo, con una lunghezza di 111,45 chilometri, di cui 25,15 in Molise e 86,30 in Abruzzo;

   in data 25 giugno 2018 il Ministero dello sviluppo economico ha decretato l'approvazione dell'opera in parola, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale parte seconda n. 78 del 7 luglio 2018;

   nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale sarebbero state diverse le amministrazioni comunali che hanno espresso parere non favorevole, mentre per alcuni profili ad avviso dell'interrogante, si potrebbe ravvisare una violazione della direttiva 42/2001/CE sulla valutazione ambientale strategica e della direttiva 43/1992/CE «habitat»;

   il tracciato attraversa zone Sic, Zps, nonché aree archeologiche, ed insiste completamente in territori soggetti a dissesto idrogeologico ed altamente sismici, con la conseguente preoccupazione di cittadini ed associazioni;

   l'infrastruttura non risulta essere strategica ai fini del consumo di gas, ma solo per interconnettere aree per la realizzazione di pozzi di stoccaggio; ad avviso dell'interrogante non risulta neanche compatibile con gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese per la riduzione dei consumi di fonti fossili con conseguente abbattimento della produzione di CO2 –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per tutelare le aree che rientrano nei siti di importanza comunitaria e nelle zone di protezione speciale, sospendendo nelle more il progetto;

   se non si ritenga necessario valutare l'opportunità della realizzazione dell'opera in virtù degli impegni internazionali assunti e della Strategia energetica nazionale che consolida sempre di più il ricorso alle fonti rinnovabili di energia.
(4-03790)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARO e GIULIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a. è una società per azioni controllata interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   con avviso di selezione di personale del 15 ottobre 2018 l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs) avviava la procedura per la selezione di 25 unità di personale con la mansione di operaio di produzione da assumere per lo stabilimento di Foggia. Nell'avviso di selezione, tra i requisiti richiesti erano indicati, sotto la voce «competenze specifiche»: diploma di istruzione secondaria ad indirizzo tecnico e esperienza pregressa in posizioni e contesti assimilabili; mentre nella sezione «capacità e attitudini individuali» erano indicati: predisposizione al problem solving, orientamento di risultato e predisposizione a lavorare in team. La selezione veniva affidata alla Società Tempor s.p.a., e venivano individuati i vari step di valutazione da espletare, quali colloqui individuali e/o assessment, prove tecniche e/o questionari attitudinali. Secondo quanto riferito dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato aderivano alla selezione 4660 candidati e la Società Tempor s.p.a. selezionava 140 curricula successivamente sottoposti a una valutazione finale da parte del Poligrafico, all'esito della quale venivano individuati 68 profili idonei. Il 2 maggio 2019 l'Ipzs pubblicava sul proprio sito, nella sezione «Società trasparente», l'esito della selezione con l'assunzione di ben 58 operai, di cui 26 già precedentemente impiegati presso il medesimo istituto con contratti di somministrazione;

   nel contempo 11 candidati alla selezione che vantavano una esperienza pregressa svolta mediante contratto di somministrazione proprio nello stabilimento Ipzs di Foggia si vedevano recapitare da Tempor s.p.a. una nota via mail con la quale si comunicava loro la non idoneità per le posizioni ricercate. Secondo quanto riferito dagli 11 candidati non idonei, il giudizio di non idoneità veniva loro comunicato nonostante gli stessi avessero superato, a loro dire, tutti gli step previsti per la selezione e nonostante vantassero una esperienza lavorativa pregressa derivante dai contratti di somministrazione presso lo stesso stabilimento Ipzs di Foggia. A seguito di tanto, gli 11 candidati non idonei ex lavoratori in somministrazione sollevavano numerose perplessità circa la selezione gestita dalla Tempor s.p.a. soprattutto perché non comprendevano il giudizio di non idoneità per una mansione che, secondo quanto da loro riferito, era stata svolta fino a poco tempo prima in forza dei richiamati contratti di somministrazione. Tali perplessità sono state anche rappresentate dagli stessi a mezzo stampa, determinando la nascita di un caso mediatico. Il prefetto di Foggia il 20 settembre 2019 incontrava presso la prefettura di Foggia la dirigenza Ipzs, i sindacati e due rappresentanti degli 11 candidati non idonei. In tale circostanza l'Ipzs ribadiva la correttezza della procedura selettiva, respingendo ogni accusa circa le criticità rilevate. Viceversa i rappresentanti degli 11 candidati non idonei asserivano la mancata pubblicazione di una graduatoria nonché dei criteri di valutazione utilizzati nella selezione. Contestualmente, a quanto consta agli interroganti, 9 degli 11 non idonei hanno rivolto richiesta di accesso agli atti all'Ipzs che ad oggi risultano in corso di lavorazione, per accedere alle valutazioni redatte dalla TEMPOR s.p.a. che hanno condotto all'esito negativo della selezione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra rappresentati e se abbia effettuato, per quanto di competenza, tutti i controlli del caso atti a garantire il rispetto dei criteri selettivi imposti dalla legge per la selezione di personale relativo a società partecipate, come nel caso di specie.
(4-03781)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il festival della cultura e della libertà di Piacenza si svolgerà nel gennaio 2020 per la quarta volta dalla sua nascita. Risulta all'interrogante che nel 2017 tale festival aveva beneficiato del contributo, tra gli altri, della Fondazione Piacenza e Vigevano. Per le edizioni 2019 e 2020 non risultano invece all'interrogante contributi erogati dalla suddetta Fondazione, nonostante la presentazione del progetto da parte dell'Associazione dei liberali piacentini, associazione politica del territorio che da quattro anni cura l'organizzazione dell'evento;

   la Fondazione, tuttavia, come risulta all'interrogante, collaborerebbe e contribuirebbe a vario titolo ad altri eventi organizzati da associazioni politico-culturali, come quelli promossi dall'associazione «Cittàcomune» che sul sito web si definisce appunto «associazione politico culturale». Il logo della Fondazione risulta, per esempio, nella locandina dell'evento «I quaderni piacentini» e numerosi eventi promossi dalla suddetta associazione si svolgono regolarmente nell’auditorium della Fondazione come rilevasi dal già citato sito web;

   il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso il dipartimento del tesoro, esercita un ruolo di vigilanza sulle fondazioni bancarie come previsto dal decreto legislativo n. 153 del 1999. Il sistema di monitoraggio consente alle fondazioni di inviare, annualmente, all'ufficio competente del dipartimento del tesoro, i dati di bilancio, i dati relativi al patrimonio, il risultato economico e gli elementi sull'attività istituzionale svolta –:

   se e di quali elementi disponga il Governo in merito alle motivazioni del mancato contributo, da parte della Fondazione, al festival della cultura e della libertà di cui in premessa, anche in considerazione del fatto che la Fondazione stessa ha contribuito ad altri eventi politico-culturali;

   se si intendano adottare iniziative normative volte a chiarire il ruolo delle fondazioni nell'erogazione dei contributi ad eventi di carattere politico-culturale come quelli descritti in premessa, stabilendo un principio di parità di trattamento nei confronti dei progetti politico-culturali che annualmente vengono presentati alle fondazioni stesse.
(4-03792)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il carcere di San Gimignano (Siena) sono avvenuti vari episodi di condotte violente da parte di detenuti. Da uno di questi casi, accaduto nel novembre del 2018, si è anche sviluppata una procedura di indagine della procura di Siena che ha portato al provvedimento di interdizione dal lavoro per quattro agenti penitenziari, con un totale di 15 indagati che potrebbero venire rinviati a giudizio per reati vari tra cui quello di tortura;

   in occasione del dibattito pubblico che si è sviluppato attorno all'episodio si sono distinti gli interventi dei vari garanti dei detenuti. Sul territorio nazionale operano, infatti, anche garanti regionali, provinciali e comunali le funzioni dei quali sono definite dai relativi atti istitutivi. I garanti sono deputati a ricevere segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o parzialmente attuati e si rivolgono all'autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie. Il loro operato si differenzia pertanto nettamente, per natura e funzione, da quello degli organi di ispezione amministrativa interna e della stessa magistratura di sorveglianza;

   tuttavia, ed in relazione all'episodio di San Gimignano, il comportamento dei garanti si è distinto per una presa di posizione contro l'amministrazione penitenziaria attraverso dichiarazioni di stampa, ad avviso dell'interrogante, inopportune o del tutto apodittiche. Infatti, la presidente dell'associazione «Altro Diritto» Sofia Ciuffoletti garante dei diritti dei detenuti presso il carcere «Ranza» di San Gimignano afferma al Corriere Fiorentino del 24 settembre 2019 che l'ex direttrice «impediva ai malati di uscire per le cure perché convinta che l'area sanitaria fosse di manica troppo larga» e «aveva un'idea di direzione del carcere di stampo ottocentesco»;

   nello stesso articolo sostiene esistere «lotte di potere dentro le varie aree del carcere in assenza di una direzione stabile»; poi, afferma di aver «raccolto testimonianze» del personale medico riguardo le violenze l'articolo citato del Corriere fiorentino riporta altresì: «erano attentissimi alla sicurezza. Pochissimo ai diritti». Sul fatto interviene anche il Garante regionale per la Toscana Franco Corleone il quale, intervistato da «Il dubbio» del 24 settembre 2019 parla di «potere autogestito all'interno del carcere» e di un carcere che sarebbe «una riserva a sé stante» oltre ad un «arretramento culturale per quanto riguarda il senso della pena» a «causa del governo precedente»;

   a parere dell'interrogante, dichiarazioni di tale tenore appaiono del tutto estranee al semplice esercizio della funzione di garanti per gli interessi dei detenuti essendo più che frequentemente esternazioni generiche ed apodittiche nonché, potenzialmente, in grado di condizionare il comportamento e le aspettative dei detenuti quando non anche il convincimento ed il giudizio degli organi inquirenti e giudicanti sui possibili fatti di reato –:

   quali iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare per definire in maniera puntuale le funzioni dei Garanti regionali, anche nel rispetto degli organi dell'amministrazione penitenziaria, affinché i rapporti fra i Garanti regionali e autorità nazionali siano improntati ad una più leale e fattiva collaborazione.
(3-01019)


   CARFAGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 24 maggio 2013, Fabiana Luzzi, studentessa di soli sedici anni di Corigliano Calabro, è stata uccisa spietatamente per mano del fidanzato Domenico Morrone, di un solo anno più grande di lei;

   Domenico ha portato la giovane Fabiana in un luogo appartato, probabilmente con la scusa di un chiarimento sulla loro storia: qui, al culmine di un acceso diverbio, il ragazzo ha colpito con circa 24 fendenti – nessuno dei quali mortale – la sedicenne, lasciandola agonizzante. Fuggito e tornato dopo circa un'ora, ha appiccato il fuoco sulla ragazza, ancora viva, con una tanica di liquido infiammabile;

   il cadavere carbonizzato di Fabiana è stato ritrovato e, solo successivamente agli ineluttabili atti d'indagine, riconsegnato ai genitori che ne avevano tempestivamente denunciato la scomparsa, la sera successiva in una zona di campagna, alla periferia di Corigliano;

   nel marzo 2016, Domenico, incensurato e reo confesso, è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione alla pena di 18 anni e 7 mesi di reclusione;

   risulta all'interrogante che in quest'anno, Domenico Morrone ha ottenuto tre licenze premio per buona condotta;

   appresa la notizia, i familiari, a soli sei anni di distanza dal gravissimo fatto, sono rimasti in stato di shock, tale da dover ricorrere alle cure ospedaliere;

   il padre di Fabiana, il signor Mario Luzzi, già distrutto dal dolore per la tragica ed inspiegabile perdita della propria figlia ha scritto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ed al Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede;

   per il padre di Fabiana questa vicenda mette in discussione il significato stesso della parola «giustizia», così come ha esplicitato nella sua lettera;

   coerentemente con il dettato costituzionale, la giovane età dell'assassino rende più che mai necessaria la prospettiva della rieducazione, parimenti, è facilmente comprensibile quali sentimenti animino la famiglia Luzzi che, già colpita da un lutto atroce, è messa ulteriormente alla prova di fronte alla possibilità per il reo di godere, comunque, di momenti di quella libertà della quale ha privato brutalmente e definitivamente la loro figlia;

   in casi come quello di Fabiana, che tanto, e per sempre, hanno segnato l'intera comunità, l'esigenza di una piena tutela delle vittime del reato e, più in generale, delle parti danneggiate è fortemente avvertita ai vari livelli della nostra società, tanto da assurgere al rango di un interesse che molte volte non pare erroneo definire anche di rilievo pubblico o collettivo –:

   quali iniziative normative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di rendere più stringente il riconoscimento di benefici premiali nelle ipotesi di delitti particolarmente efferati, quale quello di cui in premessa, nel rispetto del fondamentale principio di rieducazione della pena, sancito dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione.
(3-01021)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TATEO, SASSO, BISA, TURRI, MORRONE e POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa di pochi giorni fa della scoperta di un boss che ordinò un delitto dalla cella;

   è ormai noto che nei negozi di elettronica e su internet è possibile trovare cellulari cinesi da poche decine di euro, facilissimi da nascondere e mimetizzare in quanto i più piccoli pesano circa 15 grammi e sono alti appena 5-6 centimetri;

   secondo la direzione distrettuale antimafia, tali oggetti, ormai onnipresenti in carcere, consentono ai detenuti e ai boss di associazioni per delinquere, anche di stampo mafioso, di tenere i contatti con l'esterno;

   risulta che nei giorni di fine settembre 2019, i carabinieri, nell'ambito di una indagine per omicidio collegata al clan Strisciuglio di Bari, hanno effettuato sequestri di minicellulari nelle carceri di Bari, Trani, Matera, Melfi e in Sicilia;

   emerge la probabilità che i telefonini vengano portati all'interno durante i colloqui con i familiari, nei pacchi dei viveri o in quelli della biancheria; una logistica complessa contro cui, a dire degli addetti ai lavori, ci sono poche contromisure se non accurate perquisizioni: è improponibile l'uso di jammer per schermare le celle (se non nei reparti destinati ai detenuti al 41-bis, ma non è questo il caso), perché la rete cellulare serve anche al personale in caso di emergenze;

   i mini-cellulari non hanno sistema operativo e questo dagli affiliati ai clan è considerato un vantaggio: in questo modo non possono essere attaccati con i trojan, i programmi che trasformano il telefonino in una microspia ormai molto utilizzati;

   Saverio Faccilongo, il plenipotenziario degli Strisciuglio nel quartiere San Pio di Bari, considerato il mandante dell'omicidio di un rivale interno al clan, secondo i carabinieri dava ordini dal carcere proprio con un minicellulare, e aveva perfettamente chiari i rischi dell'uso della tecnologia;

   l'indagine della direzione distrettuale antimafia di Bari ha evidenziato anche il ruolo delle mogli dei capi delle organizzazioni criminali, che – facendo passare i numeri di telefono – consentivano i mariti di parlarsi da un carcere all'altro (il caso, ad esempio, dei colloqui tra Faccilongo e altri due detenuti ritenuti esponenti di spicco del clan di Enziteto, Nicola Ciaramitaro (detenuto a Melfi) e Aldo Brandi (rinchiuso a Matera);

   la verosimile diffusione del fenomeno rende necessari maggiori e più serrati controlli, da parte della polizia penitenziaria, tesi a evitare che i detenuti possano continuare a gestire traffici illeciti servendosi di soggetti collegati dall'esterno, raggiungibili facilmente grazie all'uso dei telefonini la cui miniaturizzazione mette sempre più a dura prova il personale;

   il reparto di polizia penitenziaria di Trapani è stato uno dei primi in Italia a dotarsi di Manta ray (strumento per il rilevamento di componenti elettronici) al fine di contrastare efficacemente non solo il fenomeno dei cellulari ma anche il loro occultamento all'interno di cavità anatomiche, riuscendo così a scoprire in almeno cinque occasioni il micro telefono celato all'interno del corpo –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per evitare il proseguire di tali episodi (ingresso e detenzione di telefoni cellulari nelle carceri) che, come ormai noto, rendono possibili ed efficaci i contatti dei detenuti pericolosi con l'esterno.
(4-03785)


   MORRONE, TURRI, BISA, TATEO, PAOLINI, POTENTI, DI MURO, CANTALAMESSA e MARCHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Corte europea dei diritti umani, nel pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario che prevede la preclusione all'accesso dei benefici per i detenuti che si trovano all'ergastolo ostativo, cioè per coloro che non hanno mai collaborato con la giustizia, ha confermato la sentenza della Cedu del giugno 2019;

   il Governo italiano aveva presentato, infatti, richiesta di rinvio alla Grande Camera in seguito a una sentenza della Cedu di giugno scorso. Secondo la Corte europea dei diritti umani il «fine pena mai» è contrario all'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Per questo, secondo Strasburgo, l'Italia deve rivedere questa legge;

   l'ergastolo «ostativo» stabilisce che i condannati all'ergastolo per reati di mafia e di terrorismo non possano accedere ai benefici penitenziari – e in particolare alla liberazione condizionale – se non abbiano offerto, insieme ad altre prove della loro rieducazione, anche la loro collaborazione con la giustizia;

   all'atto pratico si decide se cancellare una delle norme per il contrasto alla mafia proposte da Giovanni Falcone quando ricopriva il ruolo di direttore generale degli affari penali al Ministero della giustizia;

   il carattere ostativo di queste condanne può essere superato solo se l'ergastolano collabora con la giustizia. Con l'abrogazione di questa norma si rimette tutto nelle mani del singolo giudice di sorveglianza che dovrebbe valutare ai fini del trattamento di reclusione se accordare o meno il permesso o la libertà condizionale;

   in questo modo si rischia di scaricare sugli operatori sociali che redigono le relazioni trattamentali in cui descrivono il comportamento del detenuto e sul singolo giudice di sorveglianza la responsabilità della decisione e li si sottoporrebbe alle eventuali «pressioni» dei mafiosi condannati al carcere a vita;

   con la cancellazione o la modifica della norma in questione, si ritorna al regime che vigeva prima delle stragi del 1992; sarebbe un vantaggio per i mafiosi che si sono sempre opposti alla che sono stati riconosciuti colpevoli di aver ordinato o eseguito stragi e omicidi. La Cedu (Corte europea dei diritti dell'uomo) nel mese di giugno 2019 ha deciso di condannare l'Italia a risarcire un ergastolano ostativo, per la violazione della dignità umana, e il Governo, come detto, ha davanti alla Grande Camera della Corte di Strasburgo;

   queste sentenze del Consiglio d'Europa non richiedono di modificare il nostro ordinamento, condannano solo lo Stato a risarcire il danno;

   a parere degli interroganti non si può e non si deve affievolire ed azzoppare uno dei punti fermi del contrasto alle mafie, e non si può mettere sullo stesso piano il mafioso che collabora, il boss che ha reciso ogni legame con l'organizzazione criminale e i suoi affiliati, con quelli invece che continuano ad aggrapparsi al silenzio imposto dall'omertà del loro codice d'onore, senza dare alcun segno di pentimento o desistenza;

   la decisione della Grande Camera potrebbe avere conseguenze molto gravi sulle politiche antimafia e antiterrorismo italiane: occorre agire affinché l'Europa venga incamminata in una direzione unica: rafforzare la lotta alle mafie riconoscendo l'associazione a delinquere di stampo mafioso in tutta l'Unione –:

   quali iniziative per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare, anche sul piano normativo, in relazione all'esigenza di mantenere l'ergastolo «ostativo» nei confronti di mafiosi e terroristi condannati, dal momento che l'attuale disciplina vigente rappresenta un ottimo deterrente affinché i mafiosi non possano tornare sul territorio e operare anche dopo stragi e omicidi.
(4-03786)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   TASSO, GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 del cosiddetto decreto Genova (decreto-legge n. 109 del 2018) istituisce e disciplina – a decorrere dal 1° gennaio 2019 – l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), operante anche attraverso un archivio informatico integrato delle opere pubbliche (Ainop);

   il decreto dispone che tale Agenzia succeda a titolo universale all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf), istituita dall'articolo 4 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162;

   il 21 dicembre 2018, la direzione di Ansf si è rivolta all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, sollevando la questione relativa al momento in cui la norma contenuta nel decreto-legge fa scattare il passaggio di competenze tra la vecchia struttura e la nuova: ovvero se già alla nomina degli organi di Ansfisa o solo nel momento in cui venga raggiunta la piena operatività della stessa;

   la sede di Firenze ha risposto che la seconda opzione era preferibile, ma ha demandato la questione all'Avvocatura generale di Roma, che si è espressa a fine gennaio 2019 indicando invece la soluzione di un passaggio di consegne graduale, attraverso il trasferimento del personale di Ansf e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla nuova Agenzia;

   ad oggi però non risulta essere stata adottata alcuna decisione definitiva;

   inoltre, il Consiglio di Stato non si è ancora pronunciato sulle bozze di statuto e regolamento di Ansfisa, licenziate in ritardo dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rispetto alle scadenze previste dal decreto-legge n. 109 del 2018;

   anche l'archivio informatico Ainop non è ancora realmente operativo e i dati che dovevano essere forniti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da tutti gli enti proprietari di strade, per ottenere un quadro preciso della situazione riguardante la sicurezza strutturale della viabilità nazionale, sono arrivati in modo insufficiente e disomogeneo;

   i tempi rapidissimi previsti dal decreto per l'insediamento della nuova Agenzia e per la realizzazione dell'archivio informatico sono stati dunque ampiamente sforati e, a più di un anno di distanza dalla tragedia del ponte Morandi di Genova, le strutture che dovrebbero vigilare sulla sicurezza delle infrastrutture sono ancora lontane da una effettiva operatività e appaiono sempre più una chimera –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per dare piena attuazione alle norme contenute nel decreto-legge n. 109 del 2018 riguardanti l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) e l'archivio informatico integrato delle opere pubbliche (Ainop).
(5-02866)


   STUMPO e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge n. 113 del 2018 convertito dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018 (decreto sicurezza), entrata in vigore il 4 dicembre, è stato modificato il codice della strada, in particolare l'articolo 93, commi 1-bis e 7-bis, e, in base alla nuova formulazione, è vietato a chi risiede in Italia da più di 60 giorni circolare con un veicolo immatricolato all'estero. Il divieto riguarda tanto il cittadino italiano quanto lo straniero, qualunque sia il veicolo di cui è alla guida;

   per i trasgressori è prevista una sanzione amministrativa da 712 a 2.848 euro, integrata con la trasmissione del documento di circolazione alla motorizzazione competente, da parte dell'organo accertatore, al fine di ordinare l'immediata cessazione della circolazione del veicolo. Decorsi centottanta giorni dalla violazione, se non è stato richiesto il foglio di via per portarlo oltre il confine italiano, si applica la sanzione della confisca del veicolo stesso;

   tali norme hanno particolarmente penalizzato gli abitanti delle aree di confine, tra i quali numerosi cittadini italiani, talvolta lavoratori transfrontalieri, producendo così conseguenze negative nella vita delle singole persone come per le attività economiche. Si tratta, infatti, nella quasi totalità dei casi di cittadini italiani o stranieri che, residenti in Italia in prossimità del confine con uno Stato estero, sono obbligati, per motivi di lavoro, studio o familiari, a circolare anche nel nostro Paese con un veicolo immatricolato all'estero. Diversi casi sono stati segnalati dagli organi di stampa in provincia di Trieste e Gorizia, al confine con la Slovenia, come in Lombardia, al confine con la Svizzera;

   le nuove disposizioni al codice della strada paiono in contraddizione con alcuni articoli del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), in particolare gli articoli 21 (diritto di libera circolazione e soggiorno), l'articolo 45 (diritto alla libera circolazione dei lavoratori), gli articoli dal 49 al 55 (diritto di stabilimento) e gli articoli dal 56 al 62 (diritto alla libera prestazione di servizi) –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per superare questa situazione di disagio che colpisce molti cittadini residenti nelle aree di confine e che per diversi motivi si devono muovere in territorio italiano con dei veicoli immatricolati all'estero.
(5-02867)


   SILVESTRONI e BUCALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge 21 dicembre 1996, n. 665, ha disposto la trasformazione dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale in ente pubblico economico denominato Ente nazionale di assistenza al volo (Enav) e la successiva trasformazione in società per azioni dal 1° gennaio 2001;

   la legge istitutiva (legge n. 665 del 1996) e l'articolo 691-bis del codice della navigazione, puntualmente definiscono le funzioni dell'Enav, che sotto la vigilanza dell'Enac e coordinandosi con il gestore aeroportuale, è tenuta a disciplinare e controllare in tutti gli spazi aerei di pertinenza italiana, la movimentazione degli aeromobili, degli altri mezzi e del personale sull'area di manovra, ad assicurare l'ordinato movimento degli aeromobili sui piazzali, e a curare la gestione e la manutenzione degli impianti di assistenza visiva luminosa (Avl) di sua proprietà;

   la creazione del «Single European Sky» nel 2004 da parte del legislatore europeo, oltre a ribadire la funzione di pubblico interesse degli enti di assistenza al volo, ha dichiarato in modo puntuale che la funzione deve esclusivamente orientarsi alla salvaguardia delle vite umane in volo e a terra, nonché all'efficienza e alla regolarità del trasporto aereo in generale, tutelando il diritto sancito da tutte le costituzioni europee circa la libertà di movimento dei singoli individui e delle imprese;

   l'operazione di trasformazione da ente pubblico economico a società per azioni quotata in borsa, promossa dal Governo Monti per ridurre il debito pubblico, ha determinato un profondo processo di cambiamento tale da rapportare l'attività svolta dall'Enav a regole di mercato;

   la quotazione in borsa e il preponderante ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze hanno di fatto ridimensionato il ruolo di vigilanza tecnica e di indirizzo politico che la legge attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   l'Enav è un'eccellenza italiana, il primo provider europeo in termini di puntualità nella gestione del traffico aereo;

   è stata prospettata l'ipotesi della cessione della quota del 53 per cento in mano al Ministero dell'economia e delle finanze alla Cassa depositi e prestiti, in cambio di un abbattimento del debito pubblico dello 0,06 per cento circa, ossia di una percentuale del tutto irrisoria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della possibile privatizzazione della restante quota azionaria di Enav (53,3 per cento) e quali iniziative di competenza intenda assumere per scongiurare di svendere una tra le società a maggioranza pubblica con la più alta redditività nel panorama nazionale e quindi evitare di perdere il controllo dello spazio aereo italiano, di fondamentale importanza non solo per la difesa dei confini nazionali.
(5-02868)


   GRIPPA, SCAGLIUSI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, CHIAZZESE, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, ILARIA FONTANA, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO, TERMINI e FEDERICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il viadotto Sente Longo è un ponte stradale tra i più alti e importanti d'Italia che collega Molise e Abruzzo. Con i suoi 185 metri di altezza e 1200 metri di lunghezza con campate di 200 metri, è un'imponente opera ingegneristica nonché uno dei monumenti strutturali più importanti d'Europa;

   il 28 settembre 2018 con specifica ordinanza è stata disposta la chiusura del viadotto dalla provincia di Isernia in seguito alle verifiche effettuate dopo il terremoto del 14 agosto con epicentro a Montecilfone, in provincia di Campobasso;

   l'articolo 40-bis del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, cosiddetto «Decreto Genova», dispone un'autorizzazione di spesa pari a 2 milioni euro per interventi straordinari per il viadotto Sente; la prima tranche di 400 mila euro è stata erogata di recente in favore della provincia di Isernia;

   la strada statale che coinvolge il viadotto svolge funzione di adduzione e distribuzione del traffico veicolare alle località industriali della Val di Sangro di rilevanza nazionale, serve traffici interregionali e congiunge strade statali soddisfacendo a tal proposito i requisiti tecnici di appartenenza alla rete nazionale previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

   da una stima dei tecnici si apprendere che i primi interventi sul terzo pilone del viadotto ammonterebbero a oltre un milione e 200 mila euro. Ad oggi il viadotto resta interdetto alla circolazione stradale perché, a quanto risulta agli interroganti, lo stesso ente provinciale non sarebbe in grado di sostenerne i costi di manutenzione straordinaria, e avrebbe chiesto il passaggio di competenza all'Anas;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 febbraio 2018 è stata predisposta la revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionali ricadenti nelle regioni Abruzzo Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana, Umbria –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative di competenza intenda adottare per ripristinare quanto prima la mobilità sul viadotto e garantire il traffico veicolare in condizioni di sicurezza valutando altresì la possibilità di istituire un tavolo tecnico con le istituzioni territoriali per una proposta di revisione della rete stradale di interesse nazionale.
(5-02869)


   MULÈ, SOZZANI, BERGAMINI, GERMANÀ, PENTANGELO, ROSSO e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018, comunemente conosciuto come decreto Genova, ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019 l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa). La nascita della nuova agenzia ha previsto l'inglobamento della già esistente Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf);

   tra le funzioni di controllo più rilevanti attribuite alla Ansfisa figura un ampio potere ispettivo nei confronti dei gestori delle infrastrutture autostradali, declinato in varie attività di ispezione, controllo e sollecitazione nei confronti di tali soggetti. Politicamente l'Ansfisa era stata presentata dal Governo Conte 1 e dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti come un primo atto concreto nella dura polemica aperta con Autostrade per l'Italia;

   ad oggi la costituzione dell'Ansfisa non si è ancora realizzata. Come riportato da un articolo del Sole 24 ore del 1° ottobre 2019, il Consiglio di Stato, al quale il Governo ha inviato le bozze di statuto e di regolamento della nuova agenzia solo in data 17 luglio 2019, ha sollevato dei rilievi sui testi inviati al suo esame con altrettanti pareri: il parere 2370/2019 inerente allo statuto e il parere 2369 inerente al regolamento. Rilievi che dovranno essere superati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite l'invio di nuovi bozze di regolamento e statuto;

   oltre ai rilievi di natura tecnica formulati dal Consiglio di Stato nell'articolo di stampa già citato si riferisce che uno dei principali ostacoli alla realizzazione della nuova agenzia sarebbe da individuare in uno scontro interno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, scontro che avrebbe coinvolto anche l'Avvocatura dello Stato con la produzione di due pareri tra loro discordanti sullo scioglimento di Ansf all'interno della nuova agenzia;

   ad avviso degli interroganti lo stallo in cui versa la nascita di Ansfisa che, almeno nei piani del precedente Governo, doveva svolgere un ruolo centrale nell'attività della revisione delle concessioni autostradali, oltre a confermare l'approssimazione con il quale il medesimo Governo ha dimostrato di affrontare le principali questioni nazionali, non può non destare sconcerto in ordine alla necessità di assicurare la massima sicurezza e controllo sulle infrastrutture stradali e ferroviarie –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine rimuovere la situazione di stallo descritta in premessa e dare piena attuazione alla costituzione dell'Ansfisa.
(5-02870)


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, MORELLI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende dell'intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti onorevole Paola De Micheli, di dare vita ad una nuova struttura tecnica di controllo di tutte le opere pubbliche da realizzare o in fase di realizzazione sul territorio italiano;

   dalle medesime fonti si apprende che tale struttura di controllo avrà un costo non inferiore ai due milioni di euro;

   il controllo sugli appalti e sulle opere pubbliche in genere è già effettuato da numerose strutture interne al Ministero, nonché — per diversi profili — dall'Autorità nazionale anti-corruzione (Anac), e pertanto la creazione di una nuova struttura risulta agli interroganti incomprensibile e superflua –:

   se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e — in caso affermativo — se non ritenga opportuno evitare la creazione di una nuova ed inutile struttura di controllo in seno al Ministero, con un aggravio di costi ingiustificato e con il concreto rischio di rallentare ulteriormente la realizzazione di infrastrutture fondamentali per lo sviluppo del Paese, tra cui in particolare le infrastrutture ferroviarie, portuali ed intermodali.
(5-02871)


   GARIGLIO, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GIACOMELLI, PIZZETTI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda Alitalia rappresenta un dossier di grande rilevanza per il Governo;

   in data 9 ottobre 2019 alcune sigle sindacali hanno indetto uno sciopero per l'intera giornata proprio in relazione alla vertenza in atto che prevede la cancellazione di quasi 200 voli con gravi ripercussioni per tutto il traffico aereo;

   entro il 15 ottobre 2019 sarebbe prevista la presentazione del piano industriale;

   gli assetti della nuova compagnia, il ruolo di Atlantia, la partecipazione di Ferrovie dello Stato italiane, il progressivo esaurimento delle risorse del prestito-ponte, i potenziali esuberi, sono i nodi più rilevanti della vertenza –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro, per quanto di competenza, al fine di avviare l'atteso rilancio della compagnia in un quadro di certezze finalizzato a garantire competitività e mantenimento dei livelli occupazionali.
(5-02872)


   NOBILI e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 ottobre 2019 la sindaca Virginia Raggi ha annunciato la liquidazione «controllata» di Roma Metropolitane srl, azienda municipalizzata del comune di Roma incaricata di progettare e realizzare nuove linee metropolitane nonché di ampliare e ammodernare quelle esistenti;

   la scelta di non ricapitalizzare la società ha allarmato i 158 lavoratori che, nonostante le comprovate competenze e professionalità, risultano essere a rischio licenziamento;

   come già evidenziato con l'interrogazione n. 5-00848 presentata presso la IX Commissione in data 29 ottobre 2018, hanno suscitato preoccupazione le affermazioni dell'ormai ex amministratore unico di Roma Metropolitane, dottor Pasquale Cialdini, rilasciate in data 9 ottobre 2018 che sosteneva che le due linee, A e B, della metropolitana di Roma, dal punto di vista della manutenzione, presentano gravi arretratezze e che rischiano la chiusura d'ufficio da parte dei vigili del fuoco per la non corrispondenza alla normativa antincendio;

   quotidianamente le linee della metropolitana sono frequentate da decine di migliaia di utenti e sempre più frequenti sono i disservizi e i conseguenti disagi per l'utenza;

   l'amministratore unico dimissionario di Roma Metropolitane srl Marco Santucci ha accusato la giunta Raggi di immobilismo, identificando in tale inerzia una delle cause della crisi dell'azienda: «In questo modo si blocca una società che lavora alacremente. Invece di apprezzare lo sforzo sono stati bloccati i pagamenti, fondamentali per l'equilibrio economico e finanziario della città»;

   il medesimo dottor Marco Santucci ha affermato che l'azienda risulta attualmente «a rischio pignoramento» anche a causa dei mancati pagamenti dei Sal (stato di avanzamento dei lavori) e che: «Dei 6 milioni che secondo la sindaca bruciamo, 3 sono dovuti a Roma Capitale»;

   in tale situazione di incertezza risultano a rischio anche i 180 milioni di euro su 425 già stanziati per l'ammodernamento e la manutenzione straordinaria delle linee metro A e B nel dicembre 2017; infatti, il comune deve aggiudicare la gara entro il 31 dicembre del 2020, pena la revoca dei finanziamenti;

   risulta infine drammatico constatare come la liquidazione di un'azienda di progettazione infrastrutturale equivalga de facto alla liquidazione di ogni ambizione di sviluppo e crescita della capitale d'Italia –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di impedire che la liquidazione dell'azienda municipalizzata Roma Metropolitane – annunciata dalla sindaca Virginia Raggi – determini una crisi occupazionale, una rinuncia ad ogni tipo di ambizione in chiave di progettazione infrastrutturale e la perdita dei 180 milioni di euro ministeriali già stanziati per mancata aggiudicazione delle gare.
(5-02873)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il forte caldo dei mesi estivi comporta di frequente il verificarsi di incendi, soprattutto nei pressi di località in cui vi è una forte concentrazione di vegetazione arida ed incolta, spesso situata a bordo di strade anche molto trafficate. Le sterpaglie attraggono rifiuti e roghi, creando uno stato di forte allarmismo;

   tale sembrerebbe essere la situazione ad Acerra, in provincia di Napoli, dove la problematica dei roghi incontrollati nelle periferie e nelle aree extra-urbane, soprattutto nell'ultimo periodo estivo, è fortemente sentita dalla popolazione;

   da privati cittadini si apprende che vi sarebbero sterpaglie ai bordi delle rampe di accesso alla città e delle arterie periferiche che collegano la città di Acerra ai comuni limitrofi che denoterebbero una mancata manutenzione ed un mancato controllo del territorio, sfociando in un vero e proprio stato di degrado;

   la situazione appena descritta danneggerebbe gravemente la salute pubblica e creerebbe uno stato di malessere e preoccupazione nella popolazione;

   a parere dell'interrogante, quindi, sembrerebbe opportuno verificare se gli enti territoriali responsabili della manutenzione e della sicurezza delle strade stiano svolgendo appieno i loro doveri secondo quanto disposto dall'articolo 14 del codice della strada, secondo il quale «gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi»; in particolare, i tratti stradali interessati sarebbero in parte di competenza del comune di Acerra, in parte della città metropolitana di Napoli ed in parte di Anas S.p.a. –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di verificare l'eventuale inadempienza di Anas con riguardo agli interventi di manutenzione dei tratti stradali sopra citati, favorendo un intervento urgente per risolvere la situazione descritta in premessa, atteso che ulteriori ritardi nella pulitura delle strade comporterebbero gravi rischi per l'ambiente, la salute e l'incolumità della popolazione.
(4-03788)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da fonti giornalistiche si apprende che il 17 settembre 2019 un militare trentaquattrenne in servizio presso la stazione centrale di Milano è stato gravemente ferito da parte di uno yemenita di 23 anni, Mahamad Fathe;

   nel dettaglio, l'aggressore sarebbe salito sul mezzo di servizio e avrebbe colpito il militare alla schiena e alla gola con delle forbici, urlando «Allah Akbar». Lo stesso, poi, dopo essere stato arrestato, avrebbe dichiarato la propria finalità di morire da martire per «raggiungere il paradiso di Allah». Per tali ragioni, le accuse mosse contro lo straniero sarebbero di attentato per finalità terroristiche o di eversione, tentato omicidio e violenza a pubblico ufficiale;

   peculiare sembrerebbe essere la notizia di una precedente espulsione dello yemenita da parte della Germania il 12 luglio, 2019 luogo nel quale lo stesso si era allontanato dopo essere giunto, nel 2017, dalla Libia in Italia, dove attendeva il riconoscimento dello status di rifugiato. La polizia tedesca avrebbe segnalato lo straniero al Ministero dell'interno italiano a causa delle sue «simpatie» islamiche e la sua partecipazione a scontri armati in Yemen. Il Viminale a sua volta, l'8 agosto avrebbe riportato l'informazione alle questure. Ciononostante, la questura di Mantova, il 23 agosto 2019, avrebbe rilasciato, a favore dello yemenita, un permesso di soggiorno temporaneo di protezione internazionale;

   per di più, organi di stampa comunicano che, durante la notte precedente all'accaduto, il ventitreenne sarebbe stato fermato dai carabinieri e portato in caserma nello stesso capoluogo lombardo con l'accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale poiché, dopo essere stato avvistato nell'intento di minacciare alcune persone con frasi poco chiare, avrebbe opposto resistenza al controllo da parte delle forze dell'ordine. Ciò malgrado, sarebbe stato rimesso in libertà tanto da provocare quanto poi accaduto il giorno seguente alla stazione;

   a parere dell'interrogante, accertato l'accaduto così come descritto, sarebbe estremamente necessario cercare di ricostruire l'arrivo del ventitreenne yemenita in Italia per comprendere quali controlli siano stati fatti al momento della sua richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato;

   inoltre, fondamentale, apparirebbe capire quali siano stati gli accertamenti effettuati al suo ritorno dopo l'espulsione dalla Germania, anche alla luce dell'avvertenza da quest'ultima impartita, e come sia possibile (e, quindi, su quali basi) che la questura di Mantova abbia rilasciato un permesso temporaneo a suo favore. Per di più, risulterebbe rilevante anche comprendere se, il giorno dell'aggressione, siano state adottate tutte le misure di sicurezza che avrebbero potuto impedire il fatto;

   sembrerebbe, ad ogni modo, trattarsi dell'ennesimo caso di violenza messo in atto da un clandestino ai danni di un servitore dello Stato che, probabilmente, avrebbe potuto essere evitato anche attraverso maggiori controlli nei confronti di immigrati che provengono da Paesi pericolosi nonché tramite delle norme che prevedano delle pene più severe per coloro che aggrediscono le forze dell'ordine. Un episodio del genere, oltretutto, spingerebbe a riflettere su una eventuale modifica della disciplina dell'espulsione che, in particolare, all'articolo 19 del decreto legislativo n. 286 del 1998, prevede il divieto di espulsione per coloro che siano in possesso della carta di soggiorno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere, anche di carattere normativo, per impedire che possano ripetersi fatti simili a quelli accaduti.
(4-03782)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi sta crescendo la preoccupazione per il possibile licenziamento delle migliaia di docenti, in possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001-2002, che si vedranno escludere dalle graduatorie a esaurimento per le materne ed elementari, per effetto della sentenza del Consiglio di Stato 11/2017 con la quale non è stato riconosciuto, per i docenti diplomati magistrali, il diritto ad essere inseriti nelle Gae (graduatorie ad esaurimento);

   da fonti stampa si rileva che sarebbero 7.000 i docenti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001-2002 che si vedranno escludere dalle Gae (http://www.ilgiornale.it);

   a peggiorare la situazione vi sarebbero altri due elementi: il primo riguarderebbe la mancata approvazione del decreto «salva-precari» che avrebbe permesso, in caso di rescissione contrattuale, di poter terminare l'anno scolastico, il secondo è relativo alla nota dell'Inps n. 94 del 2015 per la quale coloro che saranno licenziati non potranno neppure percepire l'indennità di disoccupazione come denunciato anche su siti tematici (https://www.orizzontescuola.it). Ciò sarebbe dovuto al fatto che l'Inps non avrebbe previsto la particolare situazione di questi docenti, in ruolo da alcuni anni e sui quali ora potrebbe gravare il pericolo di un licenziamento in tronco;

   alcuni docenti, infatti, per poter accettare il ruolo, si sono licenziati ad esempio da scuole comunali nelle quali prestavano servizio a tempo indeterminato ed erano stati spinti a tale scelta anche per le precedenti sentenze positive che erano arrivate sul tema;

   il concorso straordinario indetto di recente, di fatto, non sembra aver risolto il problema, poiché non tutti i diplomati magistrali hanno potuto avere accesso al suddetto concorso e perché il concorso stesso non ha consentito l'assorbimento di tutti i docenti che si trovano nella suddetta situazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se sussista il pericolo di licenziamento di migliaia di docenti diplomati magistrali e se corrisponda al vero che tali docenti non avranno diritto all'indennità di disoccupazione;

   quali iniziative si intendano assumere per superare le criticità di cui in premessa, a tutela dei docenti diplomati magistrali con anni e anni di esperienza alle spalle che rischiano il licenziamento in tronco.
(4-03780)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 17 della legge n. 81 del 2017 prevede l'istituzione del «Tavolo tecnico di confronto sul lavoro autonomo» con il compito di «formulare proposte e indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo» –:

   se il tavolo citato sia stato costituito e sia attualmente operativo e quali siano le modalità di partecipazione con riguardo, in particolare, alla possibilità di adesione degli ordini professionali e dell'Avvocatura, con particolare riferimento all'Organismo congressuale forense.
(5-02874)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è la tipologia di attività lavorativa in concreto svolta l'elemento in relazione al quale vanno individuati l'ente previdenziale competente e il regime previdenziale applicabile in ciascun caso specifico (articolo 2, comma 25 e 26, della legge n. 335 del 1995; articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011), nel rispetto del principio di autonomia degli enti previdenziali (articolo 1 della legge n. 1046 del 1971; articoli 1 e 2 della legge n. 509 del 1994; articolo 2, comma 25, della legge n. 335 del 1995; articolo 3 del decreto legislativo n. 103 del 1996; Cass. SU 3240/2010) e del principio di esclusività (Cassazione 4982/2014; 9076/2013);

   pertanto, in relazione all'attività libero-professionale per la quale è richiesta l'iscrizione ad albo è competente in via esclusiva a dettare la disciplina previdenziale l'ente previdenziale di diritto privato tipico per la specifica categoria;

   ciò è quanto espressamente prevede il comma 25 dell'articolo 2 della legge n. 335 del 1995, confermato, peraltro, nel decreto attuativo (articolo 3 del decreto legislativo n. 103 del 1996) e dalla norma di interpretazione autentica dell'articolo 2, comma comma 26, della legge n. 335 del 1995, e cioè l'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011;

   anche il precedente Governo ha preso posizione sulla vicenda, come risulta da una risposta ad un atto di sindacato ispettivo del 9 ottobre 2018; ove l'allora Sottosegretario Durigon ha dichiarato che «il nostro governo, ritenendo fondate le ragioni dei professionisti coinvolti, al fine di garantire un'azione efficace e uniforme su tutto il territorio nazionale, ha provveduto a invitare l'Inps a valutare l'opportunità di agire in autotutela annullando le iscrizioni d'ufficio alla gestione separata» e che il legislatore ha fornito un'interpretazione autentica, con efficacia retroattiva, della norma (con la legge 111/2011), affermando che «sono tenuti all'iscrizione della gestione separata esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui servizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali (...)», o coloro che versano all'ente di competenza quanto lo stesso richiede in base a proprie scelte ordinistiche interne;

   su questa linea era anche il direttore generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il quale, con messaggio n. 0009731/2018, invitava l'Inps «a valutare l'opportunità di agire in autotutela, annullando le suddette iscrizioni d'ufficio, (..)» –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere in merito alla problematica esposta in premessa e se, in particolare, intenda adottare iniziative normative volte a chiarire l'estraneità, dalla gestione separata Inps, dei liberi professionisti iscritti ad albi dotati di propria cassa privata e proseguire il tavolo tecnico istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel mese di giugno 2019.
(5-02875)


   VISCOMI, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA e SOVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il fondo per il perseguimento di politiche attive a sostegno del reddito e dell'occupazione per il personale delle società del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, da ultimo disciplinato dal decreto ministeriale n. 99296 del 2017, prevede misure di sostegno economico tramite erogazione di prestazioni straordinarie per il sostegno al reddito riconosciute nel quadro di processi di agevolazione all'esodo, anche in un'ottica di ricambio generazionale, per il personale cessato dal servizio dichiarato in esubero a seguito di riorganizzazione/ristrutturazione/crisi aziendale, a condizione che raggiunga i requisiti necessari per il riconoscimento del diritto al pensionamento di vecchiaia o anticipato entro 60 mesi dall'accesso alla prestazione dell'assegno straordinario;

   il suddetto fondo è gestito dall'Inps;

   a quanto risulta agli interroganti, molti lavoratori, individuati quali esuberi ai sensi dell'Accordo nazionale del 26 ottobre 2017, pur avendo sottoscritto da diversi mesi la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, in ottemperanza al medesimo Accordo, non riescono a ricevere l'accredito degli importi relativi alle misure di sostegno al reddito del predetto Fondo;

   tali ritardi si registrerebbero solo con riferimento alla direzione regionale dell'Inps della Lombardia –:

   qualora risultino confermati gli elementi sommariamente riportati in premessa, quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di garantire il necessario sostegno al reddito per tali lavoratori delle società del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
(5-02876)


   GIANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la situazione occupazionale dell'azienda Arcelor-Mittal nel sito di Taranto è particolarmente grave e preoccupante: dopo la riduzione della produzione a 5 milioni di tonnellate di acciaio, 1.400 lavoratori sono stati messi in cassa integrazione. Dall'altra il «mostro climatico», come definito da diverse associazioni ambientaliste, butta nell'aria emissioni di anidride carbonica pari a 4 milioni e 700 mila tonnellate annue, mettendo in serio pericolo la salute di lavoratori e cittadini;

   certamente un mix di fattori sta penalizzando sia a livello europeo che nazionale l'intero settore siderurgico italiano che soffre una situazione economica sempre più buia. Il risultato è un progressivo minor carico di ordini e, quindi, di lavoro. A peggiorare, poi, la situazione si registra un aumento senza precedenti delle importazioni da Paesi terzi e le deboli misure di salvaguardia adottate dalla Commissione europea rendono il settore sempre più vulnerabile in un momento in cui i prezzi dell'acciaio sono bassi, i costi energetici elevati e i costi delle materie prime in continuo aumento;

   è necessario altresì evidenziare l'impatto negativo che ha causato tale situazione sui lavoratori che vedevano, nell'azienda Arcelor-Mittal, un rilancio della produzione dell'acciaio ed una prospettiva occupazionale futura. Tra l'altro, la stessa azienda ha deciso di affidare la gestione dei servizi e delle pulizie civili ed industriali ad una società ad essa collegata. Non tutti gli operai potranno usufruire della clausola sociale che impegna il nuovo operatore a garantire i lavoratori delle ditte escluse. Così altri 500 lavoratori rischieranno il licenziamento;

   è necessario intervenire, per trovare un «punto di equilibrio» tra un aumento della produzione, che possa garantire e tutelare l'occupazione dei lavoratori, e il contenimento delle emissioni di CO2 nella zona, considerando i notevoli danni alla salute già arrecati a migliaia di lavoratori e cittadini. Tra l'altro Arcelor-Mittal rappresenta la prima fonte di anidride carbonica in Italia –:

   se non ritenga necessario chiarire quali prospettive il Governo intenda garantire ai lavoratori dell'azienda Arcelor-Mittal, anche sotto il profilo della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, soprattutto a quelli dell'indotto, e scongiurando pertanto un ridimensionamento dell'azienda o la sua effettiva chiusura, che comporterebbe gravi problematiche di reinserimento per tutti i lavoratori coinvolti, anche al fine di attivare una politica industriale di sostegno concreto ad un settore considerato da sempre uno dei più importanti dell'industria del nostro Paese.
(5-02877)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, che tra l'altro ha istituito il reddito di cittadinanza, prevede alcuni motivi ostativi al predetto reddito;

   in particolare all'articolo 2, comma 1, lettera c), con riferimento al godimento di beni durevoli, è previsto che:

    «1) nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente;

    2) nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171»;

   il precitato articolo 3 detta: «Unità da diporto» e stabilisce che: le costruzioni destinate alla navigazione da diporto sono denominate:

    «unità da diporto: si intende ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto»;

    nave da diporto maggiore e nave da diporto minore: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri, misurata secondo la norma armonizzata UNI/EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto e di una determinata stazza;

    imbarcazione da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui sopra;

    natante da diporto: si intende ogni unità da diporto a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui sopra;

   ad avviso dell'interrogante il combinato disposto delle due norme predette, considerato che le imbarcazioni da diporto sono quelle superiori a 10 metri e fino a 24 metri, mentre i natanti da diporto sono quelli inferiori ai 10 metri, lascia presupporre che il possesso di questi ultimi non sarebbe ostativo alla richiesta del Reddito di cittadinanza. Ove la presente interpretazione fosse confermata chi possiede un autoveicolo che costa circa 25.000 euro o un motoveicolo che ne costa 10.000 non può fare domanda per il Reddito di cittadinanza. Invece sarebbe consentito farlo al possessore di un natante da diporto, ad esempio di 9 metri e dotato di due motori da 250 cavalli, del valore di 100.000 euro e oltre;

   infine, ad avviso dell'interrogante, anche se la norma venisse modificata, sarebbe pressoché impossibile ogni controllo da parte delle autorità preposte in quanto, in Italia, tutte le unità da diporto qualificate come «natanti da diporto» dal predetto decreto legislativo, sono prive del contrassegno identificativo ad eccezione di quelle presenti nelle aree della laguna veneta e dei laghi Maggiore, Varese e pochi altri –:

   se il Governo intenda prestare attenzione alle osservazioni sopra esposte e conseguentemente quali iniziative si intendano adottare:

    a) per evitare l'iniquità e l'ingiustizia derivanti dal fatto che possessori di unità da diporto del valore di decine e centinaia di migliaia di euro possono percepire, legittimamente, il reddito di cittadinanza;

    b) per superare l'attuale situazione che non consente di identificare le migliaia di unità da diporto con le evidenti conseguenze negative, in caso di sinistri che coinvolgono persone e cose, o di richiesta di soccorso in mare, in quanto tali imbarcazioni risultano invisibili e sconosciute tutti, compreso per le autorità preposte al controllo.
(4-03784)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 692 e seguenti, della legge di bilancio 2019, introdotti con il «maxiemendamento» del Governo al Senato, sui quali non è stato possibile svolgere alcun confronto, istituiscono un'imposta sostitutiva per le persone fisiche sui redditi derivati dallo svolgimento, in via occasionale, delle attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi e dalla raccolta di piante officinali spontanee, di cui alla classe Ateco 02.30 (funghi, tartufi, bacche, frutti dell'ippocastano ecc.), a cui si aggiunge la raccolta di piante officinali spontanee;

   la norma stabilisce una soglia dei corrispettivi percepiti dalla vendita del prodotto, pari a 7.000 euro, entro la quale l'attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi si intende svolta in via occasionale. Inoltre, esclude dal pagamento dell'imposta coloro i quali effettuano la raccolta esclusivamente per autoconsumo;

   in Piemonte, la raccolta dei funghi epigei è disciplinata dalla legge regionale n. 24 del 2007. In tale legge costituisce titolo per la raccolta la ricevuta di versamento di apposito contributo; per recepire le istanze delle amministrazioni locali e per sostenere in modo particolare i territori montani, la norma prevede che le unioni montane di comuni possono stabilire quote ridotte di un terzo per i residenti;

   peraltro, la previsione di un titolo per la raccolta in luogo di un'autorizzazione, non avendo natura di provvedimento amministrativo, ha permesso di esentare dal pagamento dell'imposta di bollo;

   le risorse derivanti dal titolo per la raccolta funghi di cui alla legge regionale n. 24 del 2007 introitate dalle unioni montane o dai comuni vengono reinvestite sul territorio, a differenza di quanto avviene per l'imposta sostitutiva introdotta con la legge n. 145 del 2018;

   l'introduzione di questo nuovo balzello rischia di minare il valore di figure tradizionali delle valli piemontesi, a partire dai «boulajour» (cercatori di funghi), la cui attività è un elemento di vitalità per i centri montani e di controllo e pulizia dei boschi –:

   se non ritengano opportuno adottare iniziative per apportare modifiche ai commi 692 e seguenti dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, prevedendo che l'imposta ivi prevista sia ridotta per i residenti nelle aree montane e sia azzerata nei casi in cui le regioni abbiano già previsto nell'ambito dei propri ordinamenti il pagamento di somme a qualunque titolo per svolgere le medesime attività.
(4-03778)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   una grave discriminazione territoriale riguarda le regioni del Sud e danneggia gravemente l'economia meridionale nel suo rapporto con l’export, soprattutto verso mercati importanti come quelli degli Stati Uniti d'America e della Cina;

   il tema riguarda la commercializzazione della carne suina, sia direttamente sia come ingrediente composto dei cosiddetti piatti «ready to cook», che contengono ingredienti di origine animale, come ad esempio la pizza surgelata con salumi;

   l'esportazione negli Stati Uniti d'America di carne e prodotti composti ha bisogno del via libera delle autorità statunitensi del dipartimento dell'agricoltura (Usda), in particolare l'Aphis/Usda (Animal and Plant Health Inspection Service/United States Department of Agricolture), che definisce il «rischio Paese» in relazione allo status sanitario relativamente alle patologie animali mentre Fsis/Usda (Food Safety and Inspection Service/United States Department of Agricolture) definisce le norme di sicurezza alimentare;

   allo stato attuale l'Italia può esportare carne e prodotti a base di carne suina negli Stati Uniti a una serie di condizioni alla luce delle quali le autorità americane costruiscono una lista degli stabilimenti abilitati, a seguito di controlli da parte di ispettori del Ministero della salute;

   tra i requisiti considerati c'è un'attestazione di indennità del territorio dove è inserito lo stabilimento dalla malattia vescicolare del suino (Mvs);

   in diverse regioni italiane la malattia vescicolare è stata presente per molti anni e questo ha indotto le autorità statunitensi a una rigida attenzione e a controlli molto severi;

   l'Aphis ha riconosciuto Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte (nonché le province autonome di Trento e di Bolzano) come indenni dalla Mvs; Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche e Valle d'Aosta, sono state riconosciute indenni fin dal 2003;

   restano escluse le altre regioni italiane, quasi tutte del Sud, a cui viene negata la possibilità di esportare carni suine e prodotti composti, chiudendo ad esse le porte di un mercato importante;

   occorre precisare che attraverso l'applicazione del piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione per la malattia vescicolare del suino (Mvs), redatto per la prima volta nel 1995, tutte le regioni italiane hanno raggiunto un miglioramento;

   in ritardo sono apparse solo Campania e Calabria, per le quali nel 2011 è stata istituita una apposita task force composta da esperti del Ministero e del Cerves (Centro di referenza per le malattie vescicolari presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Brescia), che, in collaborazione con i servizi veterinari regionali, ha realizzato una serie di interventi sul territorio;

   grazie a questo lavoro si è ottenuto un netto miglioramento della situazione epidemiologica tale da consentire il riconoscimento di territorio indenne dalla malattia per la Campania nel 2017 e per la Calabria nel 2019;

   con il riconoscimento alle ultime due regioni, pertanto, tutto il territorio italiano è ufficialmente indenne dalla malattia da febbraio 2019;

   l'Italia ha dichiarato ufficialmente la sua indennità dalla Mvs all'Oie (Organizzazione mondiale della salute animale) con autodichiarazione trasmessa dal capo dei servizi veterinari italiano e delegato Oie, Silvio Borrello; il riconoscimento è del 20 marzo 2019, data della decisione (UE) 2019/470 della Commissione che stabilisce l'indennità dell'intero territorio italiano per la malattia;

   con lo stato di indennità nazionale e la «self declaration» nulla osta all'ampliamento dei mercati internazionali per la carne suina italiana;

   vanno avviate e completate le negoziazioni per l'ampliamento della «macroregione» indenne estendendola a tutto il territorio nazionale –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo, nell'ambito delle sue competenze, per assicurare il formale riconoscimento dell'indennità dalla Malattia vescicolare del suino ad opera delle agenzie dei Paesi stranieri interessati alle importazioni dei prodotti suini italiani, in modo da non discriminare più le regioni del sud.
(4-03783)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Centro ricerche dell'Enea del Brasimone è oggi uno dei maggiori centri di ricerca italiani in termini di infrastrutture sperimentali per attività di progettazione, sviluppo tecnologico per sistemi energetici avanzati e attività sperimentali per lo sviluppo ingegneristico. Il Centro si caratterizza per le tecnologie innovative, con particolare riguardo alle applicazioni, sia energetiche che non energetiche, delle tecnologie dei materiali, delle tecnologie dei metalli liquidi e delle radiazioni ionizzanti. Le attività e le competenze di Enea del Brasimone trovano spazio nei programmi europei e internazionali, nonché nei progetti nazionali. In particolare, le attività svolte presso il Centro sono perseguite anche attraverso la gestione e l'esercizio di grandi apparecchiature sperimentali di ricerca, oltreché grazie al funzionamento di numerosi laboratori. Un patrimonio tecnologico pressoché unico dell'Enea nel nord del Paese che permette alle attività qui condotte di accedere a finanziamenti della Commissione europea (Horizon2020), del Ministero dello sviluppo economico, di altre istituzioni europee (Consorzio Iter, Eurofusion) e non da ultimo da enti di ricerca internazionali (Cina, Regno Unito, Stati Uniti). Grazie a un continuo processo di investimenti in termini di infrastrutture e impianti sperimentali, garantito dai margini derivanti dalle attività istituzionali e di servizio tecnico-commerciale, il Centro si ritrova oggi nella invidiabile posizione di essere un polo tecnologico riconosciuto a livello internazionale. D'altro canto, negli ultimi anni, il Centro soffre per una evidente e più marcata assenza di investimenti in termini di risorse umane, che sta compromettendo in maniera sempre più sensibile lo svolgimento delle attività già finanziate. In accordo con la regione Emilia-Romagna e la regione Toscana, e a seguito della candidatura proposta per il Progetto Dtt, è stato proposto e implementato un piano di potenziamento infrastrutturale e tecnologico, che passa necessariamente da un potenziamento dell'organico. Tale proposta, supportata dalle regioni e da tutti gli enti locali (comuni, comunità montane, associazioni sul territorio e altri), ha portato alla definizione di un protocollo di intesa (gennaio 2019) che si incentra sul cosiddetto progetto Brasimone. Il progetto Brasimone si articola su tre linee di intervento fondamentali che prevedono: 1. Dtt: attività di sviluppo tecnologico del divertore; 2. Demo: sviluppo tecnologico del «breeding blanket dei reattori a fusione», 3. Sorgentina-Rf: produzione di radiofarmaci e applicazioni neutroniche. La regione Emilia-Romagna ha supportato tale iniziativa con un bando che prevede il finanziamento di progetti triennali che portino a compimento le aspettative del protocollo. È quindi più che mai importante che si chiarisca, considerata anche la riorganizzazione del dipartimento fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare, quali siano le azioni poste in essere da Enea sulla struttura organizzativa del Brasimone per dare seguito agli impegni assunti –:

   se quanto esposto in premessa trovi conferma e quali siano oggi le azioni poste in essere da Enea per fare fronte agli impegni assunti a livello regionale, nazionale ed internazionale presso il Brasimone e come specificamente Enea intenda procedere nell'implementazione delle linee di attività elencate in premessa, con quali risorse economiche ed umane e con quale finestra temporale.
(5-02857)


   BENAMATI e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la ex Magneti Marelli è una delle aziende principali del settore automotive in Italia; è stata venduta nel maggio 2019, per 6,2 miliardi di euro, da Fca al gruppo giapponese Calsonic Kansei, dando così vita ad un colosso mondiale della componentistica con circa 62.000 dipendenti e 170 stabilimenti e centri di ricerca presenti in Europa e Giappone;

   la scorsa settimana la Marelli ha presentato richiesta di cassa integrazione per 910 lavoratori, nei due stabilimenti di Bologna e Crevalcore;

   le ragioni della richiesta di cassa integrazione ordinaria riguarderebbero le fluttuazioni del mercato dell’automotive e la conseguente riduzione degli ordini anche per le fabbriche bolognesi, cassa integrazione che dovrebbe iniziare il 28 ottobre e finire il 21 dicembre con il coinvolgimento di due terzi delle maestranze di entrambi gli stabilimenti, 280 tra quadri e operai sui 350 di Crevalcore e 630 su 800 dipendenti della ex Weber di via del Timavo a Bologna, compresi gli ingegneri del reparto ricerca e sviluppo;

   inoltre, secondo le organizzazioni sindacali, si assiste ad una costante riduzione dell'organico, stanti anche le recenti mancate conferme di una trentina di contratti di somministrazione nella sede di Crevalcore;

   da maggio 2019 la nuova proprietà non ha presentato alcun piano industriale e questo, insieme alla richiesta di cassa integrazione, primo provvedimento a sei mesi dall'acquisizione, rende incerto il futuro dell'azienda, specie in un momento così delicato per il settore dell'auto che è in crisi ed è alle prese con la trasformazione e la transizione verso veicoli con emissioni di ridotte o nulle;

   il settore dell’automotive sta attraversando, infatti, un periodo di cambiamento spinto dalla rivoluzione «verde» che punta alla decarbonizzazione totale dei trasporti e della mobilità e dalla rivoluzione digitale: per l'automobile in Italia nei prossimi anni si assisterà a una sfida epocale, sfida sia tecnologica come per la batteria elettrica, sia per quanto riguarda il tema delle infrastrutture, delle colonnine di ricarica elettrica e del biocombustibile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione della Magneti Marelli e quali iniziative di competenza abbia intenzione di mettere in campo verso la proprietà e, più in generale, per il futuro industriale e occupazionale del settore dell’automotive italiano.
(5-02858)


   FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con nota protocollo n. 4425 del 6 agosto 2019 a firma del direttore dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) inviata ai Ministri interrogati, oltre che alla regione Emilia-Romagna, veniva trasmesso il parere dello stesso, comprensivo delle condizioni e prescrizioni da applicare alle attività previste nel documento So.gi.n., relativo alla centrale nucleare di Caorso (Pc) e riguardante l'istanza di autorizzazione dello «Addendum al Piano Globale di disattivazione per lo stoccaggio transitorio di rifiuti a bassa attività in ISO container»;

   nei fatti il predetto parere autorizza So.gi.n. ad effettuare le operazioni di movimentazione dei fusti contenenti rifiuti radioattivi, di caricamento degli Iso container e di collocazione di questi ultimi nelle aree individuate all'interno della centrale di Caorso, ancorché subordinato a specifiche procedure tra le quali le modalità di riconfezionamento dei fusti e quelle di impiego del personale nel rispetto dell'obiettivo di dose per singolo operatore pari a 1 mSv’;

   nessuna comunicazione ufficiale risulta resa al riguardo alla popolazione da tempo interessata più allo smaltimento definitivo della centrale che allo stoccaggio all'interno della stessa di materiale radioattivo –:

   se risultino definiti i tempi di stoccaggio all'interno della centrale nucleare di Caorso dei rifiuti radioattivi di cui sopra e quali specifiche, oltre che periodiche, verifiche si intendano disporre per monitorare l'integrità fisica dei container e dei fusti contenenti rifiuti radioattivi, nonché i livelli di radiazione e accertare l'assenza di contaminazione superficiale in corrispondenza dei container e delle aree di stazionamento che li ospiteranno;

   quali specifiche iniziative intendano assumere per limitare la permanenza dei fusti all'interno dei container al tempo strettamente necessario al completamento delle operazioni di adeguamento delle strutture di deposito provvisorio e temporaneo previste nella autorizzazione alla disattivazione.
(5-02859)


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Divertor Tokamak Test Facility (Dtt) è una importante opportunità colta grazie al concorso di diversi attori istituzionali con il fine ospitare in Italia, con tutte le rilevanti ricadute del caso, un esperimento internazionale a supporto del percorso verso la produzione di energia elettrica da fusione nucleare, una forma di energia sicura, pulita, sostenibile e praticamente inesauribile;

   la Dtt è una macchina di ricerca che integra ricerche di fisica e tecnologia, e che accompagnerà Iter durante la sua fase operativa e contribuirà alla progettazione e alla costruzione del reattore dimostrativo Demo, supportando test sui materiali innovativi e soluzioni tecnologiche per lo smaltimento del carico termico sui componenti affacciati al plasma;

   questa macchina ha poi la chiara ambizione di mantenere la comunità scientifica italiana in una posizione di leadership nel campo della fusione e di permettere, al contempo, al sistema industriale nazionale di confermare il livello di competitività dimostrato nel caso della costruzione di Iter;

   l'impatto occupazionale, come stimato da Enea, è valutato in circa 2000 posti di lavoro;

   il costo complessivo del progetto è di 500 milioni di euro così suddivisi:

    progettazione: 30 milioni di euro;

    investimenti: 445 milioni di euro;

    imprevisti: 25 milioni di euro;

   le risorse derivano, per 250 milioni di euro da contributi istituzionali e contributi europei e di partner internazionali, mentre i restanti 250 milioni di euro fanno parte di un prestito della Banca europea degli investimenti (Beis), da restituirsi in 25 anni e garantito dal Governo italiano;

   quindi oltre alla Banca europea degli investimenti con 250 milioni, vi sono istituti italiani con 30 milioni di euro, partner internazionali (contributo in forniture principalmente cinese) con 30 milioni di euro, un contributo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di 40 milioni di euro, del Ministero dello sviluppo economico di 40 milioni di euro, dell'Enea di 25 milioni di euro, della regione Lazio di 25 milioni di euro, di EUROfusion (a partire dal 2022) di 60 milioni di euro;

   il bilancio economico del progetto viene stimato essere largamente positivo grazie ai contributi degli utilizzatori internazionali. Il progetto prevede dei tempi di realizzazione che vanno dal luglio 2018 al dicembre 2025 secondo quanto dichiarato da Enea;

   a tale realizzazione dovrebbe provvedere un Consorzio, di cui è importante oggi capire la composizione, la natura e lo stato di approntamento. Come è altresì importante capire quale sia lo stato di approntamento del gruppo di progetto, quali risorse umane siano allocate e dove vengano reperite e come il prestito erogato dalla Beis sarà gestito da Enea nell'ambito del nascente Consorzio. È, inoltre importante, chiarire lo stato dell'adeguamento infrastrutturale presso il Centro di ricerca Enea di Frascati, anche alla luce dei vincoli posti nel bando che ha portato alla scelta del sito di Frascati –:

   se quanto sopra citato risulti corretto e quale sia lo stato di avanzamento del progetto Dtt rispetto ai tempi previsti, anche in relazione alle questioni aperte sollevate in premessa;

   quale ruolo avranno gli altri centri Enea nello sviluppo del progetto stesso e quale sarà l'impatto del progetto Dtt sugli altri progetti nazionali in ambito EUROfusion e Iter e se Enea abbia sufficienti risorse umane.
(5-02860)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la legge 3 maggio 2019, n. 37 (legge europea 2018), con il suo articolo 2, recante «Disposizioni in materia di professione di agente d'affari in mediazione», ha integralmente novellato l'articolo 5, comma 3, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, restringendo significativamente il perimetro delle attività incompatibili con l'esercizio della mediazione immobiliare;

   l'intervento del legislatore è stato motivato, fra l'altro, dalla procedura di infrazione avviata dall'Unione europea proprio in relazione al regime normativo previsto dall'articolo 5 della citata legge che, nella sua formulazione originaria, prevedeva che l'esercizio dell'attività di mediazione fosse incompatibile sia con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione, sia con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate;

   dalla lettura della nuova formulazione dell'articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989 sembra quindi doversi escludere, sia con riferimento all'attività di intermediazione creditizia (nelle forme consentite dalla legge) che con riferimento all'attività di amministrazione condominiale, che il nuovo testo consenta di adottare interpretazioni preclusive o atte ad affermare, in termini generali, un'incompatibilità con l'attività di mediazione immobiliare, fatto salvo il caso in cui, in concreto e con specifico riferimento a situazioni precise e documentate, si possa rinvenire un'effettiva situazione di conflitto di interessi;

   in risposta all'istanza di interpello inoltrata dall'Associazione Arco (Amministratori e revisori contabili) per sapere se l'agente (di affari in mediazione) immobiliare potrà o meno svolgere anche l'attività di amministratore di condominio in via professionale – tenuto conto del nuovo regime delle incompatibilità introdotto dal riformato articolo 5, comma 3, della legge n. 39 del 1989 – in data 22 maggio 2019, la direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, divisione VI – registro imprese, regolazione e servizi digitali alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, ha ritenuto che anche in relazione a questa nuova disciplina permanga l'incompatibilità di detta attività professionale con quella di amministratore condominiale: «sia ove quest'ultima venga intesa come professione intellettuale afferente al medesimo settore merceologico per cui viene esercitata la mediazione (rientrando, quindi, l'incompatibilità nell'ipotesi della lettera c) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989), sia ove venga considerato l'aspetto imprenditoriale di rappresentanza di beni afferenti al medesimo settore merceologico (rientrando, quindi, nell'ipotesi di incompatibilità della lettera a) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989); nonché trattandosi comunque di evidente conflitto di interesse per il mediatore immobiliare che, contemporaneamente a curare per il proprio cliente la vendita/acquisto di un immobile, lo amministra e lo gestisce per conto del condominio (lettera d) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989)». In tale risposta veniva altresì ribadito che lo svolgimento di attività incompatibili con quella di agente di affari in mediazione determina, da parte degli uffici camerali, l'inibizione allo svolgimento di quest'ultima –:

   quali iniziative intenda adottare in relazione a tale questione, posto che tale interpretazione restrittiva fornita dalla direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, divisione VI – registro imprese, regolazione e servizi digitali alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, ad avviso dell'interrogante, si pone in contrasto con la ratio che ha portato il legislatore alla riforma dell'articolo 5, comma 3 della legge n. 39 del 1989 e, più in generale, con l'orientamento espresso dalla Commissione europea nella procedura di infrazione n. 2018/2175.
(4-03779)


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il silenzio è calato su uno dei passaggi più critici del procedimento di autorizzazione che ha portato alla ripresa delle attività di ricerca di gas in Val di Noto, permesso di ricerca «Fiume Tellaro», di cui il Coordinamento nazionale No Triv si è occupato nei giorni scorsi e per cui si è attivato per l'accesso agli atti presso i competenti uffici della regione Siciliana;

   il punto dirimente è l'applicazione anche in Sicilia della legge nazionale n. 12 del 2019, che ha introdotto la sospensione dei procedimenti autorizzativi di permessi di ricerca e le attività di permessi di ricerca in tutto il territorio nazionale per la durata di 18 mesi a far data dal 12 febbraio 2019 e, comunque, fino all'approvazione del PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee);

   su questa vicenda in questi giorni è intervenuto l'atto di diffida inviato dai comuni del Distretto Sud al Ministero dello sviluppo economico affinché questo si pronunci sull'applicabilità della legge n. 12 del 2019 anche in Sicilia;

   a seguito dell'accesso agli atti, il Coordinamento nazionale No Triv è venuto in possesso di una nota ufficiale del 1° agosto 2019, in cui si citano due distinte richieste di parere, datate rispettivamente 30 aprile 2019 e 4 luglio 2019, formulate dal dirigente generale dell'assessorato dell'energia della regione Siciliana all'Avvocatura generale dello Stato – ad oggi rimaste inevase –, in merito all'applicabilità o meno alla Sicilia della legge nazionale sulle sospensioni, in virtù dello statuto speciale autonomo di cui gode la regione;

   la mancata risposta dell'Avvocatura dello Stato, si argomenta nella nota del 1° agosto 2019, avrebbe in qualche modo concorso, assieme ad altre concause, a far maturare la decisione da parte della regione Siciliana di autorizzare le attività di ricerca di «Fiume Tellaro», al fine di evitare di rischiare, di essere soccombente a fronte di più che probabili ed onerosi ricorsi da parte delle compagnie dell'Oil&Gas;

   a tal riguardo si ricorda che l'interrogante sulla vicenda «Fiume Tellaro» ha già depositato un'interrogazione (4-03591) a cui ancora non è stata data risposta e per questo ribadisce la richiesta che sarebbe peraltro opportuno che venissero revocati i decreti assessoriali del 5 e del 28 febbraio 2019 richiamati nella precedente interrogazione –:

   se il Ministro dello sviluppo economico sia in possesso delle due richieste di parere, citate in premessa, della regione Sicilia indirizzate all'Avvocatura dello Stato;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare nel più breve tempo possibile, anche alla luce dei progetti di cui in premessa, per porre fine alla deriva fossile che si sta compiendo in una delle aree più ricche di risorse naturali, di beni ambientali e culturali del nostro Paese;

   quali iniziative di competenza il Governo ritenga di dover intraprendere per restituire la dovuta trasparenza all'informazione diretta al pubblico in materia di istanze, permessi di ricerca e concessioni, inclusi quelli riguardanti la Sicilia, e per ricondurre la pianificazione ambientale, energetica e climatica al rispetto della normativa nazionale.
(4-03791)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Noja e altri n. 1-00243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rotta.

  La mozione Lazzarini e altri n. 1-00246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Comencini, Fogliani.

  La mozione Lollobrigida e altri n. 1-00250, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Galantino.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Ianaro e altri n. 2-00514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gagnarli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fusacchia n. 5-02198, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Toccafondi.

  L'interrogazione a risposta scritta Cecchetti e altri n. 4-03676, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colucci.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pastorino n. 5-02822, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Occhionero.

Ritiro di una firma da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Ianaro e altri n. 2-00514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2019: è stata ritirata la firma del deputato D'Arrando.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gagliardi n. 5-02728 del 18 settembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Mulè n. 5-02791 del 2 ottobre 2019.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Latini n. 3-00804 del 19 giugno 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03779.