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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 8 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    attualmente la rete autostradale dell'area genovese svolge anche la funzione di tangenziale per il traffico urbano con volumi molto elevati: in diversi punti si registrano anche flussi superiori ai 60.000 transiti giornalieri, con un'alta percentuale di veicoli commerciali;

    il progetto di Gronda, sin dagli anni ’80, si è posto l'obiettivo di dividere il traffico cittadino e quello connesso con l'area portuale da quello di attraversamento, trasferendo il traffico passante su una nuova infrastruttura da affiancare quella esistente;

    il progetto, negli anni, è stato oggetto di un attento confronto con gli enti territoriali, i cittadini e il mondo produttivo; sono queste le fasi principali: a) ad aprile 2011 viene inoltrato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il progetto; b) a giugno 2011 c'è l'inizio della procedura di Via, conclusa positivamente nel giugno del 2014; c) ad aprile 2014 c'è l'avvio della procedura di esproprio delle aree; d) a settembre 2014 viene presentata richiesta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della conformità urbanistica; e) nel 2016 c'è la consegna al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del progetto definitivo integrato; f) a settembre 2017 viene adottato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che dichiara la pubblica utilità dell'opera; g) a febbraio 2018 c'è la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del «lotto 5», il primo cantierabile; h) il 21 agosto 2019, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti pubblica un'analisi costi-benefici dell'opera per un costo stimato di 4,7 miliardi di euro e 120 mesi per la realizzazione;

    l'analisi dei costi-benefici benché confermi la netta prevalenza dei benefici sui costi valutando anche le problematiche connesse agli obblighi contrattuali – la realizzazione della Gronda rientra nella concessione ad Autostrade per l'Italia – calcola l'eventuale prezzo dello scioglimento contrattuale in almeno un miliardo di euro. Paradossalmente, la revoca al concessionario potrebbe far ripartire da zero l'intero progetto, nell'ipotesi migliore ritardare di almeno altri 10 anni un'infrastruttura strategica per nord-est del Paese e per Genova colpita dopo il crollo del «ponte Morandi»;

    negli ultimi giorni viva preoccupazione per il «congelamento» del progetto hanno manifestato i cittadini, il mondo produttivo e il governatore della Liguria. Si tratta di un progetto cantierabile, che gli italiani stanno già pagando; molte persone ed aziende sono state espropriate perché il cantiere sarebbe già dovuto partire. I costi sostenuti da parte di Aspi ammontano a circa 1,030 miliardi di euro;

    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti rispondendo in Aula il 25 settembre 2019 al question time, svolto dall'onorevole Gagliardi, ha affermato che «nei giorni scorsi ho incontrato sia il sindaco di Genova che il presidente della regione Liguria per costituire un gruppo di lavoro con gli enti locali coinvolti nell'intervento, per l'ascolto di tutti gli interessati, per raccogliere suggerimenti utili a migliorare il progetto e le ulteriori opere collegate, nonché per consentire una compiuta verifica e valutazione dell'opera da parte di tutte le forze politiche (...) per arrivare in tempi molto rapidi all'individuazione di soluzioni condivise. Non è intenzione del Ministero determinare conseguenze negative in termini temporali e realizzative non compatibili con le aspettative del territorio, che ha sicuramente bisogno di supporto infrastrutturale per rilanciare il proprio sistema produttivo e quello portuale, in particolare secondo modalità eco-sostenibili»;

    dalla realizzazione dell'opera Genova ne beneficerebbe, sia per le ricadute occupazionali che economiche, e le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e i cittadini hanno già più volte espresso con forza e determinazione l'esigenza che l'opera non sia più messa in discussione e che sia realizzata in tempi brevi,

impegna il Governo

1) ad avviare senza ulteriori ritardi, anche in considerazione delle espresse posizioni politiche e della volontà recentemente manifestata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la realizzazione di un'infrastruttura fondamentale per Genova, la Liguria e l'intero mondo produttivo del Nord-Ovest.
(1-00254) «Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte, Schullian».


   La Camera,

   premesso che:

    il cosiddetto «5G» è la quinta generazione di tecnologie mobili (wireless) che offre importanti vantaggi tecnologici, riconducibili sinteticamente: alla velocità della connessione, esponenziale rispetto all'attuale; alla riduzione dei tempi di latenza – ovvero l'intervallo che passa tra l'invio di un segnale e la sua ricezione – fatto che dovrebbe permettere applicazioni che richiedono immediatezza tra stimolo e risposta; alla maggiore «densità» di dispositivi connessi, condizione essenziale per gestire il cosiddetto Internet of things, vale a dire l'estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti; alla maggiore longevità delle batterie dei dispositivi, grazie al minor consumo energetico; ad altri benefici in termini di sicurezza del trasferimento dati e flessibilità di accesso;

    per altro verso, tuttavia, la nuova tecnologia pone seri problemi sotto alcuni profili: quello industriale, posto che per il reperimento delle necessarie risorse per gli investimenti i più grandi players del settore in Italia hanno preferito fare accordi industriali (come ad esempio Tim e Vodafone nell'operazione Inwit per l'ottimizzazione della gestione delle torri di trasmissione), e che la riconversione del nostro sistema produttivo e di erogazione dei servizi, sia pubblici che privati, sconta ritardi nella digitalizzazione; quello ambientale, con particolare riferimento alle preoccupazioni per l'aumento del cosiddetto elettrosmog; quello della sicurezza civile ed industriale dei dati e più in generale, con riferimento a gestori e componentistica, che potrebbero compromettere la sicurezza nazionale che pone nuove sfide sotto l'aspetto della cybersecurity;

    da ultimo, inoltre, stanno emergendo rilevanti problemi relativi alla regolazione del sistema, sia con riferimento ai protocolli di trasmissione che alla gestione ed ai costi delle aste di assegnazione dei canali;

    il dibattito sul 5G attualmente si sviluppa attorno a tre temi fondamentali: in primo luogo, l'aumento di competitività industriale del sistema Paese Italia, in secondo luogo la sicurezza ambientale della nuova tecnologia, e, infine, i problemi di sicurezza intorno alla raccolta e alla gestione dei dati, al fine di evitare che il sistema fortemente orientato al digitale rimanga esposto ad attacchi criminali e di potenze straniere;

    in tema di competitività occorre tener conto sia di una prospettiva di impatto economico diretto per la realizzazione delle infrastrutture, che di un impatto economico indiretto, generato da nuovi servizi che il 5G è in grado di favorire, un aspetto sul quale in tempi più recenti si sono incentrati numerosi studi che hanno stimato per l'economia italiana valori aggiunti per oltre cento miliardi a partire dal 2025;

    occorre, tuttavia, anche essere consapevoli dei costi che possono derivare dai ritardi nella realizzazione o nell'uso della nuova tecnologia e, in particolare, da una carente e/o inadeguata visione industriale e da un gap culturale che vede l'Italia al secondo posto nell'avanzamento delle tecnologie 5G ma solo al ventiquattresimo posto nella digitalizzazione dell'economia e della società, ed esiste un rischio concreto che l'investimento sulla infrastruttura 5G non porti i risultati sperati;

    in tema di sicurezza ambientale non sono ancora disponibili dati in quantità e di qualità sufficiente anche con riferimento al valore complessivo delle emissioni elettromagnetiche, e quindi non solo riferibili al 5G, ma a tutte quelle altre emissioni già presenti o in via di emissione;

    allo stato, le agenzie sanitarie nazionali ed internazionali hanno escluso pericoli diretti per la salute umana e, anzi, indicano la nuova tecnologia 5G come meno inquinante e dannosa delle precedenti tecnologie 3G e 4G, mentre i principali enti nazionali di protezione ambientale, quali l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e le Agenzie regionali per la protezione ambientale, non sembrano avere ancora avere avviato dei monitoraggi ambientali territoriali;

    il principio di precauzione impone di continuare a monitorare e vigilare, posto che la questione della sicurezza è un punto essenziale e gli studi ed i monitoraggi ambientali vanno intensificati ove già avviati, ovvero avviati senza indugio;

    per quanto attiene al tema della sicurezza delle infrastrutture, la gestione «geopolitica» del 5G, che riguarda anche i sistemi commerciali e militari di alleanze internazionali e la nazionalità delle imprese che producono i beni ed i servizi necessari alla realizzazione della infrastruttura 5G, costituisce una questione di primaria importanza, tanto da aver indotto il Governo a provvedere sulla Golden power estesa anche all'acquisto dei materiali e servizi e non solo alle quote delle società di gestione;

   alla questione geo-strategica si sovrappone almeno in parte anche il problema della cybersecurity che, per altro verso, è riconducibile alla tutela dei diritti economici (uso dei dati personali) civili (diritto alla privacy e collegati) e politici (profilazioni elettorali, libertà di informazione e di espressione) dei cittadini, questioni che occorre affrontare coinvolgendo l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Garante della privacy e gli altri enti ed agenzie, anche europei, competenti in materia,

impegna il Governo:

1) a promuovere la digitalizzazione dell'economia, sostenendo l'ammodernamento dei processi industriali e di produzione dei servizi pubblici e privati, e, in particolare, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, e a garantire il rinnovato sostegno ai programmi di industria 4.0;

2) ad avviare campagne di informazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle potenzialità della rete 5G;

3) a promuovere un programma pubblico di studio e di monitoraggio ambientale, coinvolgendo tutte le Arpa regionali e l'Ispra oltre all'Istituto superiore di sanità e alle Asl, per quanto di competenza sugli studi epidemiologici, per il rilievo delle emissioni dei nuovi impianti per il 5G e di tutte le altre emissioni elettromagnetiche presenti sui territori, al fine di avere una completa conoscenza della situazione ed una valutazione di adeguatezza di interventi che possa determinare l'adozione di un'unica posizione nazionale in materia, che tutte le regioni e i comuni dovranno rispettare onde evitare discriminazioni;

4) a predisporre linee guida per la tutela dei diritti economici, civili e politici dei cittadini esposti, a parere dei firmatari del presente atto, allo strapotere dei grandi gestori dei servizi informatici (Google, Facebook, Amazon e altri).
(1-00255) «Lollobrigida, Meloni, Silvestroni, Butti, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    la tecnologia 5G (acronimo di 5th Generation) costituisce il prossimo standard tecnologico per lo sviluppo delle reti mobili;

    l'ampiezza della banda e una latenza inferiore agli standard precedenti, rappresentano una vera e propria rivoluzione per la connettività;

    per tali caratteristiche le reti mobili di quinta generazione saranno in grado di trasmettere dati con una velocità 14 volte maggiore rispetto alle reti 4G, consentendo di coprire capillarmente il territorio e di connettere un elevatissimo numero di dispositivi in modo affidabile;

    il 5G non comporta solo un miglioramento significativo della qualità delle reti mobili, ma costituirà l'infrastruttura portante per lo sviluppo delle cosiddette «smart city» e della mobilità connessa, rendendo quindi possibile la realizzazione di ecosistemi che rivoluzioneranno una molteplicità di settori economici (industria, sanità, agricoltura e altro);

    secondo quanto indicato nel white paper della Next Generation Mobile Networks, la tecnologia di quinta generazione si dovrebbe radicare a partire dall'anno 2020 con l'aspettativa che «abiliti una società pienamente connessa e mobile, consentendo trasformazioni socio-economiche in molte direzioni, molte delle quali non immaginabili ad oggi, ivi inclusi gli ambiti della produttività, della sostenibilità e del benessere»;

    la rivoluzione innescata dal 5G sarà sempre più evidente a mano a mano che nasceranno applicazioni e dispositivi in grado di sfruttarne le peculiarità. Cambieranno il modo di gestire le comunicazioni e la copertura, rendendo le reti più intelligenti ed in grado di integrare realmente le persone ed il cosiddetto internet delle cose all'interno di un unico ecosistema informativo;

    tra i campi di applicazione del 5G vi saranno una più efficiente gestione della banda e delle connessioni, con la positiva conseguenza di un'alta velocità sia in aree cittadine che in quelle rurali;

    le applicazioni in campo sanitario verrebbero implementate con la possibilità di rendere istantanea la comunicazione tra due punti lontani: il monitoraggio a distanza dei parametri legati ad uno stato di salute, la possibilità di tracciarne l'evoluzione nel tempo, la possibilità di comunicare problemi in tempo reale con centraline di allarme e di controllo;

    secondo i dati forniti da Ericsson, tra i leader mondiali nella costruzione di infrastrutture di reti, il traffico mobile è destinato a quintuplicare entro il 2023 e pertanto solo un passaggio al 5G consentirebbe di non giungere al punto di esaurimento delle possibilità del 4G;

    una delle principali cause di preoccupazione nella popolazione, circa possibili rischi per la salute connessi alle emissioni elettromagnetiche, è risultata essere l'ipotesi di una «proliferazione di antenne»;

    gli effetti sui biosistemi dei campi elettromagnetici a radio-frequenza fino a 300 GHz, ossia tutte le bande di frequenza impiegate nelle tecnologie delle telecomunicazioni, sono stati studiati dalla commissione scientifica internazionale denominata International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (Icnirp) il cui operato è riconosciuto dall'Organizzazione mondiale della sanità. L'Icnirp è finanziato dal Ministero federale tedesco dell'ambiente, la conservazione della natura e la sicurezza nucleare, dalla direzione generale per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione dell'Unione europea (sicurezza sul lavoro) e dall’International Radiation Protection Association. Secondo l'Icnirp, gli unici effetti scientificamente accertati delle radiazioni sotto i 300 GHz sono quelli termici, cioè conseguenti a un riscaldamento dei tessuti per effetto dell'assorbimento dell'energia elettromagnetica;

   secondo i dati forniti dalla direzione del servizio di polizia postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno, dal 2017 al 2018 i dati sottratti al sistema sanitario sono aumentati del 99 per cento, i crimini cibernetici finanziari, dal 2017 al 2018 hanno i registrato un aumento degli attacchi del 320 per cento per importi sottratti aumentati del 170 per cento;

    l'Istituto superiore di sanità, ha osservato che «Il 5G, come le attuali tecnologie di telefonia mobile di seconda, terza e quarta generazione (2G, 3G e 4G), non richiede segnali elettromagnetici di intensità tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, per cui non è prevedibile alcun problema per quanto riguarda gli effetti noti dei campi elettromagnetici. Questo è vero anche in consideratone sia della natura particolarmente restrittiva della normativa italiana, sia dei margini di cautela impliciti negli standard internazionali per la protezione dagli effetti termici nell'ipotesi che il quadro normativo italiano venga allineato ad essi per evitare che già esistenti problemi di installazione degli impianti di telecomunicazione mobile possano essere accentuati con l'avvento del 5G. Non solo i livelli di esposizione della popolazione saranno molto inferiori alle soglie per gli effetti a breve termine di natura termica, ma la temuta “proliferazione di antenne” non dovrebbe comportare aumenti generalizzati delle esposizioni in quanto le ridotte dimensioni delle small cells comporteranno delle potenze di emissione più basse di quelle utilizzate per coprire le macrocelle. D'altra parte, come già avviene per le small cells già utilizzate dalle tecnologie attuali di telefonia cellulare, le antenne fisse saranno presumibilmente poste a distanze più ridotte dalle persone di quanto lo sia, per esempio, la distanza di una stazione radiobase posta sulla sommità di un edificio. Inoltre, le tecnologie 5G si affiancheranno, almeno inizialmente, alle tecnologie esistenti, per cui qualche aumento dei livelli di esposizione potrebbe verificarsi in prossimità delle antenne. Sarà comunque compito delle autorità delegate ai controlli delle emissioni verificare il rispetto della normativa. In conclusione, i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all'introduzione del 5G (...). Tuttavia è importante che l'introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione (come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile) e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine»,

impegna il Governo:

1) a procedere senza indugio all'assunzione degli atti di competenza e comunque di ogni utile iniziativa volta a consentire la rimozione degli ostacoli ingiustificati allo sviluppo delle reti 5G, in particolare adottando iniziative di semplificazione normativa più volte sollecitate anche dalle associazioni di categoria;

2) ad adottare un indirizzo a livello nazionale al fine di uniformare l’iter autorizzativo da seguire in caso di realizzazione di impianti di telecomunicazione, definendo chiaramente le procedure e i moduli da utilizzare e assumendo iniziative per chiarire le disposizioni che possono dar luogo a dubbi interpretativi e applicativi idonei a rallentare gli investimenti;

3) a implementare il coinvolgimento degli enti territoriali, in primis comuni e regioni, nella fase operativa di realizzazione delle infrastrutture digitali;

4) a predisporre – per il tramite di forme di «pubblicità progresso» insieme alla Rai, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo – una adeguata campagna informativa che abbracci la conoscenza delle nuove tecnologie ma anche che fornisca adeguata e oggettiva informazione sull'impatto ambientale e su eventuali effetti dei campi elettromagnetici sulla salute dei cittadini;

5) ad adottare, di conseguenza, le opportune iniziative di monitoraggio dei livelli di esposizione, per verificare eventuali rischi sanitari;

6) ad assumere iniziative di carattere normativo volte a prevedere per le infrastrutture standard di sicurezza certificati, coniugando l'imperativo della protezione dei dati con la necessità di rapportarsi ai dispositivi di sicurezza già adottati dalle imprese e agli standard internazionali.
(1-00256) «Capitanio, Molinari, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zordan».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la legge n. 242 del 2 dicembre 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ossia la cannabis sativa, ha introdotto una disciplina del comparto con lo scopo di rilanciare la relativa filiera e il settore primario. La canapa può, tra l'altro, contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e alla perdita di biodiversità, nonché fungere come coltura da rotazione;

    l'articolo 1, comma 2, della citata legge, precisa che la stessa si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53 CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

    ai sensi dell'articolo 2, comma 1, rubricato Liceità della coltivazione, la coltivazione di tali varietà è quindi consentita senza necessità di autorizzazione. Il commercio e consumo di infiorescenze a basso contenuto di d9-THC non è espressamente vietato dalla medesima legge n. 242;

    con la suddetta normativa non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di Thc al massimo dello 0,2 per cento, fatto salvo l'obbligo di conservare per almeno dodici mesi i cartellini delle sementi utilizzate. La percentuale di Thc nelle piante analizzate può inoltre oscillare dallo 0,2 per cento allo 0,6 per cento senza comportare alcun problema per l'agricoltore;

    la legge n. 242 del 2016 se, da un lato, tutela la condotta dell'agricoltore che detenga piante di canapa risultate ai controlli con un contenuto di Thc superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, dall'altro nulla dispone in merito all'eventuale destinazione d'uso delle stesse; tra le finalità della coltivazione della canapa industriale, previste dal comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 242 del 2016, infatti non è espressamente inclusa la produzione di infiorescenze;

    la raccomandazione (UE) 2016/2115 richiede un monitoraggio della presenza di Thc, dei suoi precursori e di altri derivati della cannabis, negli alimenti. L'articolo 26 del regolamento (CE) 1223/2009 vieta la presenza nei cosmetici delle sostanze elencate nelle tabelle I e II della Convenzione sugli stupefacenti firmata a New York il 30 marzo del 1961, che includono la cannabis;

    il 10 aprile 2018, nel parere conclusivo formulato dal Consiglio superiore di sanità, si raccomanda la necessità «che siano attivate, nell'interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei prodotti» contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa. Questo perché il limite di THC previsto dalla legge (0,2-0,6 per cento) «non è trascurabile», e gli effetti psicotropi possono comunque prodursi, magari aumentando le dosi. Peraltro con un consumo «al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che possa produrre». Insomma, non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa;

    nel parere si rileva inoltre come tra le finalità della coltivazione della canapa industriale, previste al comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 242 del 2016 non è inclusa la produzione di infiorescenze né la libera vendita al pubblico;

    il Consiglio superiore di sanità ricorda che nei prodotti in vendita al pubblico non dovrebbero essere presenti sostanze stupefacenti o psicotrope tabellate, quali il d9-THC,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative utili a sostenere la produzione agricola della canapa coltivata per la produzione di fibre, e utilizzata per scopi industriali, nonché le relative di intese di filiera, secondo modalità che escludano i prodotti a base di infiorescenze fresche ed essiccate;

   ad adottare iniziative per incrementare le risorse previste dall'articolo 6 della legge n. 242 del 2016, destinate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a incentivare la filiera della canapa e al miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore, estendendo le finalità della legge alla sperimentazione di nuove varietà di canapa.
(7-00331) «Nevi, Spena, Mugnai, Anna Lisa Baroni, Novelli, Bagnasco, Mandelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   secondo informazioni diffuse da una organizzazione ambientalista che fa parte dell'Eeb, il Network europeo per l'ambiente, nell'Unione europea sarebbe stata elusa la normativa producendo e utilizzando sostanze che si sospetta possano causare malattie gravissime;

   l'associazione ambientalista si è contrapposta all'Echa, l'organo di controllo dell'Unione europea sull'utilizzo industriale di sostanze chimiche per prodotti di largo consumo come cosmetici, cibo, medicine;

   la normativa dell'Unione europea il «Reach», prevede l'onere per i produttori o gli importatori di sostanze chimiche, di effettuare test di sicurezza sulla non tossicità per accertarne le caratteristiche e registrarle in una banca dati presso l'Echa;

   il direttore dell'Echa ha dichiarato che più di due terzi dei prodotti registrati, quindi utilizzatili per la produzione di beni di consumo, infrangerebbero aspetti importanti del regolamento «Reach» sulla sicurezza:

   i controlli dell'Echa, su 22.257 sostanze, hanno portato all'analisi di 700, ammettendo che il 70 per cento violano le norme di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche. In seguito è sfata promossa un'azione di conoscenza denominata «dieselgate dell'industria chimica» per conoscere i nomi delle sostanze e delle aziende coinvolte, ma Echa ha rifiutato la pubblicazione;

   una ong tedesca ha quindi fatto richiesta di accesso agli atti per verificare il livello di conformità dei risultati delle analisi svolte sulle sostanze prodotte fino al 2014;

   la German Environmental Agency e il German Federal Institute for Risk Assessment già nel 2015 avevano presentato alcuni risultati di una loro indagine fatta su 1.814 sostanze, dimostrando che il 58 per cento non corrispondevano ai criteri richiesti;

   nel 2018 il risultato di Reach Compliance ha dimostrato che sono state 941 in totale le sostanze chimiche non conformi;

   secondo l'Eeb, «l'esposizione giornaliera a un mix di sostanze tossiche aumenta rischi di cancro, problemi riproduttivi, disordini metabolici come diabete e obesità e danni allo sviluppo neurologico. Più di 300 sostanze chimiche industriali sono state trovate negli uomini, e non erano presenti nei loro nonni. E i neonati nascono già con tracce delle sostanze»;

   l'ong tedesca ha pubblicato le 42 sostanze, tra cui il dibutilftalato, un plastificante utilizzato in pavimenti, mobili, giocattoli, tende, calzature, cuoio, prodotti di carta e apparecchiature elettroniche, che potrebbe causare danni ai feti e danneggiare la fertilità, l'acetato di metile, usato in adesivi e sigillanti, cosmetici e prodotti per la cura personale e la pulizia, che causa gravi infiammazioni agli occhi e può provocare sopore e stordimenti, il tricloroetilene, che può causare cancro, gravi infiammazione agli occhi e alla pelle ed è sospettato di provocare difetti genetici;

   le aziende che utilizzerebbero le 42 sostanze nocive sono 692. La maggior parte hanno sede in Germania (169), seguono poi Gran Bretagna (80), in Francia (57), Italia (49) e Spagna (42);

   l'Eeb sostiene che «cinque delle prime 10 società chimiche globali di vendita sono implicate». Tra esse l’«Basf, Dow Chemical, Sabic, Ineos, Exxon Mobil, 3M, Henkel, Sigma Aldrich, Solvay, Du Pont, Clariant, Thermo Fisher», e «il gigante dei cosmetici L'Oréal, la ditta di alimenti e bevande Dsm e il produttore di medicinali Merck», vista la portata del fenomeno, Bund ha chiesto che «Echa pubblichi immediatamente nel suo database i nomi delle sostanze chimiche con informazioni carenti e i nomi delle aziende»;

   in passato ci furono censure a Bayer per il glifosato, a Dow Chemical per il Bhopal e a Chemours per il GenX, altre aziende implicate sono Michelin, BP e Endesa;

   «Bund ha rivelato solo la punta dell'iceberg: ora è l'Echa a doverci dire il resto. Reach è la più ambiziosa regolamentazione chimica del mondo, ma conta poco se non viene presa sul serio», ha dichiarato un esponente di spicco dell'Eeb. Ai Governi nazionali, le organizzazioni chiedono di imporre sanzioni più severe nei confronti delle aziende che violano i principi di sicurezza. «Come al solito, il problema non è la legge, ma i controlli, che funzionano a macchia di leopardo», commenta un ex magistrato, ora docente di diritto dell'ambiente all'università La Sapienza di Roma. «L'Echa deve avviare un controllo a tappeto su tutti i prodotti chimici registrati per coprire questo gap informativo», ha dichiarato il direttore dell'ufficio europeo di un'associazione ambientalista italiana, membro del board dell'Eeb, anche perché «bisognerebbe far valere il principio di precauzione: quando c'è incertezza sul fatto che una sostanza possa essere pericolosa la si deve considerare tale» –:

   quali iniziative intendano assumere per verificare se quanto affermato in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, se intendano adire i competenti organi dell'Unione europea perché facciano rispettare il regolamento adottato per migliorare la protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente dai rischi delle sostanze chimiche, e se intendano autonomamente verificare i casi di violazione del «Reach» per assumere autonome iniziative volte a scongiurare la commercializzazione in Italia dei prodotti risultati dannosi per la salute umana.
(2-00514) «Ianaro, Massimo Enrico Baroni, Bologna, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano, Costanzo, Cubeddu, Currò, De Giorgi, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma, Del Monaco, Del Sesto, Di Lauro, Di Sarno, Donno, Dori, D'Orso, D'Uva, Ermellino».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   dopo tre anni dagli eventi sismici che hanno colpito quattro regioni dell'Italia centrale, la ricostruzione è praticamente ancora «ferma al palo», e gran parte della popolazione interessata vive una legittima sensazione di abbandono da parte dello Stato centrale. Il rischio di spopolamento di quei territori è forte;

   prima dell'estate, davanti a Montecitorio, c'è stata l'ennesima protesta dei comitati dei terremotati in rappresentanza dei territori di Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche. Hanno chiesto «subito la ricostruzione», denunciando tra l'altro la mancanza di un decreto ad hoc per le zone-terremotate;

   migliaia di domande presentate dai proprietari di immobili distrutti o danneggiati giacciono negli uffici in attesa di essere visionate e valutate;

   i cantieri avviati sono ancora drammaticamente pochi. Risorse insufficienti, difficoltà, eccessiva burocrazia, norme lacunose e poco chiare, stanno caratterizzando questa lunga fase. Finora si è andati avanti con singoli provvedimenti legislativi spesso slegati tra loro, con un decreto che modifica il precedente che a sua volta è intervenuto per correggere quello prima ancora;

   da ultimo il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, cosiddetto «sblocca cantieri», convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, ha previsto che gli adempimenti e i versamenti dei contributi sospesi vengano effettuati in un'unica soluzione entro il 15 ottobre 2019, senza applicazione di sanzioni e interessi. In alternativa, possono essere rateizzati, fino a un massimo di 120 rate mensili di pari importo, senza applicazione di sanzioni e interessi, versando l'importo corrispondente al valore delle prime cinque rate entro il 15 ottobre 2019;

   l'articolo 23, comma 1, lettera e-ter) del suddetto decreto «sblocca cantieri», modificando l'articolo 48, comma 11 e comma 13, del decreto-legge 189 del 2016, prevede infatti il differimento dal 1° giugno al 15 ottobre 2019 del termine: a) per il pagamento dei tributi non versati per effetto delle sospensioni disposte, nel tempo, in seguito agli eventi sismici in questione; b) per l'effettuazione degli adempimenti e dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi in seguito ai medesimi eventi –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative, con la necessaria urgenza al fine di prorogare il termine del 15 ottobre 2019 per gli adempimenti e i versamenti dei contributi sospesi di cui in premessa;

   se non ritenga di avviare tutte le iniziative indispensabili per consentire una vera rapida fase di ricostruzione dei territori colpiti, anche attraverso un processo di sensibile semplificazione delle procedure, nonché l'aumento delle risorse e del personale a favore degli uffici tecnici per la ricostruzione;

   se non ritenga di fare proprie le richieste che vengono dai territori colpiti dal sisma e dallo stesso Coordinamento dei comitati terremoto Centro Italia, tra cui la necessità:

    a) dell'apertura di un tavolo risolutivo anche sulla problematica della restituzione delle rate dovute, anche prevedendo una decurtazione delle somme da restituire in analogia con quanto avvenuto in occasione di altri terremoti;

    b) di fissare un inizio della restituzione ancorandolo a precisi parametri di ripresa economica;

    c) della creazione di una vera zona franca che utilizzi lo strumento fiscale per il rilancio dell'economia;

    e) di attivare contemporaneamente uno strumento di sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro a causa del sisma che i comitati hanno chiamato «Reddito di cratere»;

    f) di prevedere mirati aiuti fiscali alle imprese delle zone del cratere meno colpite che decidono di investire nelle aree più colpite, che decidono di assumere lavoratori che percepiscono il «reddito di cratere».
(2-00517) «Polidori, Baldelli, Spena, Nevi, Polverini, Labriola, Barelli, Battilocchio, Marrocco, Occhiuto».

Interrogazione a risposta scritta:


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   durante la requisitoria al processo per false fatture, nel quale sono stati condannati anche Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori di Matteo Renzi, la pm Christine Von Borries ha rilevato che una delle false fatture fu saldata da Luigi Dagostino, imprenditore pugliese anch'esso condannato al processo e già in affari con Tiziano Renzi, lo stesso giorno in cui fu ricevuto a Palazzo Chigi da Luca Lotti, allora Sottosegretario nel Governo Renzi, dopo essere stato suo stretto collaboratore in provincia e comune di Firenze e prima di diventare Ministro. La fattura dal valore di 20 mila euro fu pagata alla società Party amministrata da Laura Bovoli. Dagostino, nello specifico, si incontrò con Lotti a Palazzo Chigi il 17 giugno 2015: all'incontro sarebbe stato presente anche il magistrato pugliese Antonio Savasta, arrestato nel gennaio 2019 con l'accusa di aver «garantito positivi esiti processuali [...] in cambio di ingenti somme di denaro». Dagostino, ha ricostruito il pm in requisitoria, sarebbe stato sollecitato a procurare l'incontro con Lotti, per la sua conoscenza con Tiziano Renzi, in relazione a un procedimento penale in Puglia in cui, a Trani, Savasta indagava sullo stesso Dagostino per un giro di presunte fatture false –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se le società Party Srl e le società di cui è stato socio o amministratore Luigi Dagostino abbiano avuto rapporti, sotto qualsiasi forma, con la pubblica amministrazione.
(4-03777)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 30 settembre 2019, in un'intervista al programma Usa «60 Minutes», il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman ha dichiarato che il prezzo del petrolio potrebbe salire livelli «inimmaginabili» a meno che non venga avviata un'azione contro l'Iran, il principale nemico del Regno Saudita;

   «Se il mondo non intraprende un'azione forte e ferma per scoraggiare l'Iran, vedremo ulteriori escalation che minacceranno gli interessi mondiali – ha dichiarato commentando l'attacco alle raffinerie saudite, che Riad ha attribuito a Teheran e che ha provocato la riduzione di circa il 5 per cento della fornitura mondiale di petrolio, facendo risalire i prezzi del greggio – le forniture di petrolio saranno interrotte e i prezzi saliranno a numeri tanto elevati come non abbiamo mai visto»;

   Bin Salman, durante l'intervista, ha voluto chiarire che l'intento della monarchia è quello di evitare un conflitto militare con la Repubblica Islamica, una guerra, spiega, che porterebbe a un disastro economico di portata globale. Bin Salman ha affermato che la regione del Medio Oriente «rappresenta circa il 30 per cento delle forniture energetiche mondiali, circa il 20 per cento dei traffici commerciali globali, circa il 4 per cento del Pil mondiale». «Immaginate che tutte queste tre cose si fermino – ha dichiarato – Ciò significa un collasso totale dell'economia globale, e non solo dell'Arabia Saudita o dei paesi del Medio Oriente»;

   le tensioni tra le due nazioni sono alle stelle. L'Iran sta fronteggiano la monarchia degli al-Saud nella guerra civile yemenita, supportando i ribelli sciiti Houthi, in contrapposizione alla coalizione guidata proprio da Riyad;

   l'Arabia Saudita sostiene di avere le prove che l'attacco sia arrivato proprio dal vicino Yemen e che le armi che hanno colpito il complesso petrolifero siano di produzione iraniana;

   l'Iran, dal canto suo, ha negato qualsiasi coinvolgimento negli attacchi alle strutture petrolifere dell'Arabia Saudita all'inizio di settembre –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per la pacificazione dell'area, anche al fine di evitare un aumento dei prezzi del greggio.
(5-02839)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 28 settembre 2019, l'agenzia di stampa Reuters ha reso noto che, nell'aprirsi al turismo globale, l'Arabia Saudita ha contestualmente introdotto un «codice di comportamento» per i turisti;

   Mohammed bin Salman, principe ereditario dell'Arabia Saudita, ha fatto sapere che i consolati sauditi garantiranno in sette minuti un visto turistico valido 90 giorni ai cittadini di 49 Paesi del mondo. Il Ministro dell'interno ha reso noto che i turisti verranno multati in caso di violazioni al «pubblico decoro»;

   il nuovo codice di condotta comprende 19 violazioni, tra cui vestirsi in modo indecoroso, compiere gesti di affetto in pubblico, scattare fotografie a terzi senza prima avere ottenuto il loro permesso, sputare, urinare, mettere la musica durante l'orario di preghiera o bere alcol. Le donne dovranno coprirsi le spalle e le ginocchia ma non i capelli, e non saranno obbligate a indossare abaya. Le multe possono andare da 50 a 6.000 riyal (da 12 a 1.500 euro);

   «Queste regolamentazioni sono volte ad assicurarsi che i turisti nel reame siano al corrente della legge sul comportamento pubblico e possano adeguarvisi», ha affermato il Centro per la comunicazione internazionale del Governo;

   secondo quanto dichiarato, sarà la polizia a occuparsi di assicurare il rispetto di queste regole e non le tradizionali «squadre contro il peccato», in precedenza responsabili di far rispettare il divieto alla musica, alle situazioni di «mescolanza dei generi» o l'obbligo di preghiera cinque volte al giorno –:

   se l'Italia sia tra i 49 Paesi autorizzati ad ottenere il visto veloce e, in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere il Governo per informare i cittadini italiani che intendono viaggiare in Arabia Saudita circa le nuove regole introdotte per i turisti.
(5-02840)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 27 settembre 2019 la presidente della Sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo Maria Alena ha dichiarato di essere allarmata dalla possibile imminente esecuzione di Tashpolat Tiyip, eminente accademico uiguro ed ex presidente dell'università dello Xinjiang;

   la presidente Alena ha diffuso una nota stampa in cui viene riportato quanto segue. Tiyip è stato condannato in un processo segreto, dopo esser scomparso improvvisamente ed essere detenuto in isolamento dal 2017. Dopo la «condanna a morte sospesa», che include la possibilità di commutazione dopo due anni, secondo fonti informate ora rischia l'esecuzione imminente; Alena si dichiara preoccupata per l'isolamento e la condanna pronunciata contro l'ex direttore dell'Ufficio di supervisione dell'istruzione dello Xinjiang Satar Sawut. Anch'egli potrebbe essere giustiziato, così come lo scrittore e critico Yalqun Rozi, che sta scontando un ergastolo con un'accusa poco chiara. Vista la loro detenzione arbitraria e ingiustificata, devono essere rilasciati. Lo stesso vale per il numero allarmante di intellettuali e cittadini uiguri attualmente in detenzione;

   la presidente della Sottocommissione per i diritti umani ha chiesto alle autorità cinesi di sospendere immediatamente qualsiasi esecuzione programmata e di fornire informazioni credibili sul luogo in cui si trovano questi cittadini. Alena ha ribadito che le autorità devono garantire l'assistenza legale ai detenuti e l'autorizzazione a vedere i familiari e che eventuali arresti e procedimenti giudiziari devono essere affrontati in modo pienamente coerente con gli standard internazionalmente riconosciuti sul processo equo e giusto;

   l'interrogante ha già rappresentato al Ministro, attraverso l'interrogazione n. 5-02500 tuttora senza risposta, le conclusioni del China Tribunal, diretto da Sir Geoffrey Nice QC, dove viene denunciata la pratica di espianto degli organi dai prigionieri «di coscienza», tra cui la minoranza uigura, stimando la platea delle vittime in 90.000 –:

   quali iniziative diplomatiche intenda assumere il Governo per appurare la fondatezza delle ricostruzioni sulla pratica degli espianti di organi dai detenuti di coscienza, come gli appartenenti alla minoranza uigura, e quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(5-02843)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'8 maggio 2019 la sottoscritta ha depositato un'interrogazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministero dello Sviluppo economico (n. 5-02083) sulla grave situazione determinatasi a seguito di copioso sversamento di greggio dai serbatoi del Cova di Viggiano, con compromissione delle matrici ambientali «sottosuolo» e «acqua superficiale», oggetto di indagini svolte dal Noe e coordinate dalla procura di Potenza. Evento qualificato «incidente rilevante» dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con contaminazione e compromissione di 26.000 metri quadrati di suolo e sottosuolo dell'area industriale di Viggiano e del reticolo idrografico a valle di «Fossa del Lupo»;

   all'interrogazione, ad oggi, non sono seguite concrete iniziative ministeriali per bonificare le aree contaminate e riconoscere le responsabilità oggettive di Eni, rafforzare il sistema di controllo e monitoraggio gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare né è seguito il rigetto dell'istanza di proroga della concessione Val d'Agri, in scadenza il 26 ottobre 2019, presentata da Eni al Ministero dello sviluppo economico il 27 ottobre 2017;

   secondo il periodico Terre di Frontiera del 23 giugno 2019, sarebbero state avviate trattative segrete tra compagnie petrolifere, Governo centrale e regionale;

   Corriere della Sera e Basilicata24.it del 24 giugno 2019 fanno sapere che l'ex vicepresidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, incontrò l'amministratore delegato di Eni, Claudio De Scalzi, per concordare un nuovo memorandum del petrolio in Basilicata, con piano investimenti da 4 miliardi di euro, con più spazi di manovra per Eni sia nell’upstream che nello smaltimento dei rifiuti petroliferi;

   la seduta del consiglio regionale della Basilicata del 24 settembre 2019 è stata sciolta per mancanza del numero legale mentre era in corso la votazione sulla mozione dell'opposizione, sul negoziato sulle concessioni Total (Tempa Rossa) ed Eni (Val d'Agri);

   come riferisce Basilicata24.it del 25 settembre 2019, «Con il documento si chiedeva l'impegno del Presidente della Regione ad informare l'Assise regionale, prima della firma di ogni preintesa o intesa, al fine di poter essere edotti, condividere ed eventualmente contribuire alla definizione delle proposte in campo, oltre che ad avere, dalla stessa, un mandato ufficiale propedeutico alla sottoscrizione delle stesse intese. La maggioranza ha praticamente rifiutato di mettere ai voti la mozione, respingendola nei contenuti, ritenuti strumentali»;

   le trattative tra Eni, Governo nazionale e regionale, non sarebbero mai cessate e si sostiene che «... da qualche parte a Roma e a Milano, siano inserite nel quadro di più vasti giochi politici e di scenari nazionali e internazionali»;

   il Governo in carica ha inserito tra i 29 punti programmatici ben 7 punti con riferimento a tutela ambientale e sostenibilità, mentre i Ministeri competenti stanno lavorando alla definizione dei contenuti del «decreto clima» e di un decreto-legge su «Green New Deal e transizione ecologica del Paese», coerenti con i suddetti punti –:

   se siano state avviate o siano in corso trattative tra Ministeri, regione Basilicata ed Eni, con riferimento alle attività estrattive in Basilicata e alla concessione Val d'Agri;

   se esista un memorandum o un accordo o un'intesa preliminare (o equivalente) e con quali contenuti;

   se non ritengano oramai improcrastinabile, alla luce dei fatti di cui in premessa riportati già nell'interrogazione dell'8 maggio 2019, adottare iniziative per una strategia di uscita dalle estrazioni in Basilicata, favorendo la riconversione al 100 per cento al «rinnovabile», con dismissione dei pozzi attivi e transizione verso comparti moderni e sostenibili, garantendo e incrementando i livelli occupazionali;

   se non intendano adottare le iniziative di competenza per bonificare le aree contaminate, anche sulla base del riconoscimento della responsabilità oggettiva di Eni, per rafforzare il sistema di controllo e monitoraggio gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e rigettare l'istanza di proroga della concessione Val d'Agri, in scadenza al 26 ottobre 2019 presentata da Eni al Ministero dello sviluppo economico il 27 ottobre 2017, di cui il Centro Oli è parte integrante.
(5-02841)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GIACOMONI, PORCHIETTO, GELMINI, MANDELLI, MARTINO, BARATTO, CATTANEO, ANGELUCCI, GIACOMETTO, PAOLO RUSSO, D'ATTIS, D'ETTORE, PELLA e PRESTIGIACOMO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come evidenziato dalla stampa nazionale, le associazioni nazionali Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdcec e Unico hanno proclamato l'astensione degli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili dalle attività riguardanti la trasmissione telematica, quali intermediari, dei modelli di pagamento F24, nei giorni 30 settembre e 1° ottobre 2019, e la partecipazione ad udienze presso le commissioni tributarie provinciali e regionali, nei giorni compresi dal 30 settembre al 7 ottobre, con adesione anche degli avvocati, nonché il pieno appoggio del Garante del contribuente del Lazio, anche presidente della Ancg (Associazione nazionale dei garanti del contribuente);

   come si sia arrivati a questo punto è cosa pienamente nota al Governo che, il 25 settembre 2019, in risposta all'interrogazione n. 5-02753 presentata dal Gruppo Forza Italia ove si chiedeva di riconoscere in particolare, la possibilità di applicazione facoltativa per il 2018 degli Isa (Indici sintesi di affidabilità), ha spento ogni speranza confermando la piena applicazione degli Isa per il periodo d'imposta 2018;

   alla luce di tale risposta, il 27 settembre 2019, le sigle sindacali dei commercialisti Adc-Anc-Sic-Unico hanno diramato un comunicato per convocare nella giornata di martedì 1° ottobre 2019 un presidio di tre ore di fronte alla sede del Ministero dell'economia e delle finanze, per testimoniare tutta la loro delusione rispetto al modo in cui il Governo ha affrontato la questione degli Isa, arroccandosi di fatto sulle stesse posizioni irremovibili dell'Agenzia delle entrate;

   si tratta dell'ennesimo appello che i professionisti lanciano perché si presti finalmente ascolto e attenzione al loro disagio e a quello di milioni di contribuenti;

   per quanto risulta, sulla questione degli Isa pende la preoccupazione del Governo di non riuscire a raggiungere gli obiettivi di gettito prefissati (dall'introduzione degli Isa si stima, infatti, almeno un gettito pari a quello avuto in passato con gli studi di settore di circa 2 miliardi di euro). Tuttavia, questo motivo non può giustificare una tale incomprensibile insistenza a lasciare tutto così com'è, senza che si veda alcuna via d'uscita e a pagarne le spese come al solito saranno professionisti e contribuenti –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per rendere facoltativa l'applicazione degli Isa per l'anno di imposta 2018, come richiesto dai professionisti che rivendicano il diritto di essere ascoltati alla luce della situazione di caos che l'introduzione del nuovo sistema ha generato con effetti negativi nei confronti di tutti, dalle categorie professionali ai contribuenti.
(5-02848)


   BURATTI, FRAGOMELI, MANCINI, MURA, ROTTA e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come rilevato anche dal Governo, nella Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva allegata al Nota di aggiornamento del Def 2019, negli ultimi decenni il settore della distribuzione carburanti ha subito profonde trasformazioni, con la diffusione di operatori petroliferi non abituali e impianti di distribuzione «no logo», e, sulla base di informazioni condivise dalle associazioni di categoria, risulta essere caratterizzato da diffusi fenomeni di non assolvimento delle imposte con conseguenti distorsioni del mercato;

   nella citata Relazione si evidenzia un consistente incremento dal 4,8 al 10,7 per cento nel periodo 2012-2017 del tax gap ovvero del divario tra le imposte effettivamente versate e le imposte che i contribuenti avrebbero dovuto versare in regime di perfetto adempimento degli obblighi previsti a legislazione vigente;

   i rappresentanti delle associazioni di categoria interessate, intervenute in una audizione ad inizio ottobre 2019, hanno sottolineato come a fronte dei 45 miliardi di euro all'anno di fatturato, degli oltre 80.000 lavoratori e di 22.000 impianti, il comparto è fortemente segnato dalla piaga dell'illegalità fiscale e dell'abusivismo contrattuale, con un'evasione contributiva per circa 300 milioni di euro, una evasione Iva e accise stimata in 4-5 miliardi di euro e una rete di distribuzione largamente inefficiente; in ragione della poca trasparenza del settore, molte grandi compagnie petrolifere sono state spinte ad abbandonare il mercato italiano;

   uno dei punti critici per ristabilire nel settore il rispetto della normativa fiscale, come dichiarato dalle associazioni di categoria interessate, è rappresentato dal superamento della cosiddetta dichiarazione d'intenti che attualmente permetterebbe di realizzare il «salto d'imposta»;

   nel chiedere un maggior coinvolgimento delle istituzioni, per riportare il settore della distribuzione dei carburanti nell'alveo della normativa vigente, le associazioni di categoria hanno rappresentato come prioritario il divieto di utilizzo della citata dichiarazione; il contrasto delle frodi passerebbe anche attraverso l'assimilazione dell'Iva all'accisa al fine di far pagare l'imposta sul valore aggiunto direttamente all'estrazione dal deposito fiscale –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda mettere in capo al fine di contrastare gli importanti fenomeni di evasione fiscale che ha interessato il settore della distribuzione dei carburanti negli ultimi decenni, a tal fine anche valutando la possibilità di recepire le citate richieste dei rappresentanti di categoria e promuovendo la diffusione di nuove tecnologie utili al controllo e tracciamento digitale della filiera del carburante.
(5-02849)


   PATERNOSTER, CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   risulta agli interroganti che alcune direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate, in sede di verifica dei conteggi e dei versamenti effettuati dai contribuenti in applicazione della cosiddetta «pace fiscale», insistono per chiedere ai contribuenti il versamento della «Robin Tax» anche per le annualità precedenti al 2015;

   come è noto la «Robin tax» è stata dichiarata incostituzionale dalla Suprema Corte con sentenza n. 10/2015, salvaguardando, per ovvie esigenze di cassa, solo le somme fino a quel tempo versate;

   la sentenza e la ragionevolezza inducono a supporre che, a decorrere dalla data della sentenza medesima, nessun versamento a tale titolo dovrebbe esser richiesto ai contribuenti anche in fase di accertamento, ancor più nell'ipotesi di pace fiscale di annualità precedenti –:

   se tali comportamenti da parte delle agenzie fiscali trovino conferma e quali iniziative di competenza intenda adottare per chiarire che, alla luce della incostituzionalità della cosiddetta «Robin tax», nulla è più dovuto a tale titolo.
(5-02850)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASSINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il proposito di varare una riforma del catasto, che la Commissione europea raccomanda da tempo all'Italia allo scopo di accrescere il gettito fiscale, lascia quantomeno perplessi;

   il valore degli immobili continua a calare (unico caso in Europa), fino in molti casi all'azzeramento per totale assenza di mercato. Il Paese è costellato di case, negozi e uffici sfitti;

   su tutto questo immenso patrimonio di risparmi gli italiani hanno pagato, secondo quanto denuncia Confedilizia, 183 miliardi di euro di patrimoniale sotto forma di Imu e Tasi dal 2012 al 2019, con la conseguenza di comprimere i consumi;

   l'interrogante ritiene che la priorità sia quella di ridurre tale carico spropositato di tassazione e non di applicare la raccomandazione dell'Unione europea sul catasto, presentata perfino come eliminazione delle sperequazioni, ma con l'effetto di aumentare ancora le imposte sugli immobili e di ridurre le prestazioni sociali collegate all'Isee;

   circolano indiscrezioni sull'ipotesi di un taglio degli incentivi fiscali per interventi sugli immobili in funzione del reddito dei contribuenti –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla revisione del catasto e ad eventuali misure a sostegno del settore immobiliare.
(4-03770)


   MURONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sogin è la società dello Stato cui è affidato il compito di condizionare e mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi e smantellare gli impianti nucleari italiani, mantenendoli in sicurezza durante tutte le fasi dei lavori;

   le operazioni hanno subìto negli anni tali e tanti ritardi che la fine lavori, originariamente prevista per il 2019, nel 2013 è stata una prima volta rinviata al 2025, e nel corso del 2017 posticipata al 2036;

   nel triennio 2016-2018, dopo continue revisioni annuali al ribasso, sono stati infine eseguiti lavori di smantellamento per circa un terzo di quanto originariamente previsto; e per l'anno 2019 la situazione è ancora più critica: nei primi 9 mesi dell'anno sono stati eseguiti lavori per appena 25 milioni di euro, a fronte di un preventivo 2019 di 115 milioni di euro;

   quanto ai costi così detti obbligatori, riconosciuti dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) in quanto necessari per il mantenimento in sicurezza di tutte le strutture nei siti, in attesa del loro smantellamento, nella delibera 606/2018/R/EEL, Arera scrive: «i costi obbligatori previsti per l'anno 2018 (66,52 milioni di euro) risultano superiori a quelli previsti nel medesimo anno dal programma quadriennale precedente (59,16 milioni di euro); detto aumento è in parte riconducibile alla traslazione, al 2018, di costi considerati ammissibili, per l'anno 2017; l'incremento nel 2018 è, altresì, imputabile a maggiori costi esterni per la vigilanza dei siti; maggiori costi di gestione sito (Trino, Casaccia e Saluggia) e per manutenzioni ordinarie e straordinarie (Caorso)»;

   nel bilancio di esercizio 2018, pubblicato sul sito di Sogin, la tabella 66 a pagina 143 riporta il prospetto dei corrispettivi maturati per la commessa nucleare nel 2018; vi si può leggere che i costi obbligatori per l'anno 2018 sono effettivamente stati pari a 55,5 milioni, ben 11 milioni in meno rispetto al preventivo;

   dalla documentazione inviata ad Arera risulta che i costi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie preventivate nel sito di Caorso per gli anni 2017 e 2018 ammontavano a 2 milioni e a 1,5 milioni e che i lavori effettivamente eseguiti ammontano invece ad appena 840 e 450 mila euro, ovvero poco più di un terzo di quanto programmato, con lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria per 2,3 milioni rinviati agli anni successivi;

   da un articolo di stampa, pubblicato il 27 settembre 2019 sul giornale Libertà (Piacenza), si apprende che, in data 25 settembre 2019, un operaio è rimasto folgorato nel sito di Caorso, con serio rischio di pesanti danni fisici; l'incidente sarebbe stato provocato da un guasto all'impianto elettrico della centrale, guasto che ha interessato la linea elettrica a 6000 Volt che alimenta la centrale stessa;

   inoltre a giugno 2019, sempre presso la centrale di Caorso, era già avvenuto un incidente del tutto analogo, fortunatamente senza conseguenze per il personale –:

   se ci sia la consapevolezza che, a causa dei pesantissimi ritardi nello smantellamento dei siti, aggravatisi durante la gestione ormai giunta a conclusione, l'invecchiamento di tutti gli impianti gestiti da Sogin, nucleari e convenzionali, richieda ormai una profonda manutenzione per evitare il ripetersi di tali incidenti;

   se, e in quale modo, sia effettuata la manutenzione delle linee ad alta tensione presenti presso gli impianti Sogin;

   se non si ritenga che, nell'imminenza della designazione del nuovo consiglio d'amministrazione di Sogin, sia ormai improrogabile adottare iniziative per una profonda e impegnativa ristrutturazione della stessa società, e che per questo non sia opportuno affidarne la guida a risorse interne, ad avviso dell'interrogante corresponsabili di oltre un decennio di gestione deficitaria, ma sia indispensabile designare tecnici di riconosciuta competenza, integrità e determinazione, che di Sogin abbiano già maturato profonda conoscenza.
(4-03776)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il presidente del tribunale di Termini Imerese, dottor Raimondo Loforti, a quanto consta agli interpellanti, ha già rivolto richiesta scritta al Ministro della giustizia per rilevare le gravi criticità dell'ufficio giudiziario;

   con il decreto legislativo n. 155 del 2012, in vigore dal 13 settembre 2013, i comuni di Bagheria e Ficarazzi sono stati accorpati al circondario di Termini Imerese, con incremento della popolazione, pari ad oltre 360.000 abitanti (popolazione del circondario di Palermo ridotta del 7 per cento e quella di Termini Imerese aumentata del 24 per cento);

   la dotazione organica dei giudici di quel tribunale, confermata con decreto del Ministro della giustizia 1° dicembre 2016, è rimasta invariata e, oggi inadeguata a fronteggiare la domanda di giustizia proveniente dal territorio;

   nel 2015 l'ispettorato generale del Ministero della giustizia evidenziava che l'organico era rimasto inalterato rispetto alla precedente ispezione svolta nel 2009 e alla luce dei flussi di lavoro rilevati in corso di verifica la pianta organica dei magistrati doveva ritenersi sottodimensionata rispetto alla domanda di giustizia del territorio, avuto riguardo alle dimensioni ed al carico complessivo di lavoro che ha subito un significativo incremento a seguito dell'accorpamento delle sezioni distaccate, con particolare riferimento alla ex sezione distaccata di Bagheria (già sezione distaccata del Tribunale di Palermo);

   l'accorpamento avrebbe dovuto imporre per il Tribunale termitano, per l'estensione del circondario, per la vastità del bacino di utenza e per le specificità delle realtà socio-economiche e criminali del territorio, una maggiore dotazione di magistrati e di personale amministrativo;

   l'analisi dei flussi statistici precedenti e successivi al 2013, evidenzia l'allarmante incremento delle sopravvenienze:

   nel triennio 2010/2012 (settore civile), le sopravvenienze erano mediamente pari a 2.110 procedimenti, nel triennio 2015/2017 hanno raggiunto la media di ben 4.199 (+99 per cento);

   nel triennio 2010/2012 (settore lavoro), la sopravvenienza media era pari a 2.604, nel triennio 2015/2017 ha raggiunto la media di 4.518 (+73 per cento);

   nel triennio 2010/2012 (settore penale monocratico), la sopravvenienza media era di 1457 procedimenti, nel triennio 2015/2017 ha raggiunto la media di 2129 (+46 per cento);

   nel triennio 2010/2012 (giudice tutelare), la sopravvenienza media era pari a 265 procedimenti, mentre nel triennio 2015/2017, ha raggiunto la media di 1395 (+427 per cento);

   l'elevata produttività dei giudici non può fronteggiare l'ingente numero di sopravvenienze. Le pendenze medie, dopo il 2013, sono progressivamente aumentate:

    2681 al 31 dicembre 2010, contro 5058 al 31 dicembre 2017, settore civile (+89 per cento);

    2508 al 31 dicembre 2010, contro 4283 al 31 dicembre 2017, settore lavoro (+70 per cento);

    1533 al 31 dicembre 2010, contro 4758 al 31 dicembre 2017, settore penale (+210 per cento);

    1430 al 31 dicembre 2010 contro 2787 al 31 dicembre 2017, giudice tutelare (+95 per cento);

   il rapporto giudice popolazione, a Termini Imerese, è di un giudice ogni 16.387 abitanti: la media di tutti i tribunali italiani è pari ad un giudice ogni 11.624 abitanti (dati webstat);

   inoltre, il tribunale termitano è il tribunale siciliano con il maggior numero di comuni (62), seguito nel distretto di Palermo da quelli di Agrigento (28), Palermo e Sciacca (20), Trapani (12) e Marsala (8) e, nella regione, dal Tribunale di Catania (44);

   ancora più eclatante è il rapporto giudice/popolazione, poiché a fronte del rapporto 1/16.387 per questo tribunale (22 magistrati ordinari) l'analogo indice per gli altri tribunale del distretto è il seguente (webstat):

    Agrigento 1/10.356 (32/331.419);

    Marsala 1/8.411 (24/201.875);

    Palermo 1/6.900 (128/883.125);

    Sciacca 1/13.887 (10/138.870);

    Trapani 1/8.183 (25/204.575);

   escluso il tribunale di Termini Imerese, la media di tale rapporto nei tribunali del distretto è di 1/9.547, inferiore del 42 per cento rispetto al rapporto di questo tribunale;

   in Sicilia, il circondario Termitano, dopo quello di Palermo, è il circondario più popolato (360.154) e uno di quelli con il maggior numero di city users (soggetti non residenti che si recano nel territorio per le più svariate ragioni);

   significativa è anche la differenza con i restanti tribunali siciliani che vanno da un rapporto di 1/4.612 (Caltanissetta) fino a 1/12.300 (Ragusa): con una media di 1/8.456, inferiore del 48 per cento rispetto al rapporto di Termini Imerese;

   quanto al criterio «valenza criminologica dei contesti territoriali» si evidenzia l'incidenza lavorativa derivante proprio dal territorio del comune di Bagheria che è contraddistinto da una rilevante presenza di reati di contesto anche mafioso;

   nella provincia di Palermo operano tuttora famiglie mafiose radicate, tra l'altro, nei territori (ricadenti nel circondario) dei comuni di Bagheria, Corleone, Lascari, San Mauro di Castelverde, Misilmeri e Caccamo, responsabili di gravissimi crimini;

   il circondario di Termini Imerese comprende, inoltre, un porto commerciale e una vasta area industriale con plurimi e variegati insediamenti produttivi che si estendono fino alla estrema periferia di Palermo (solo nel territorio del comune di Termitano operano in vari settori economici oltre 200 imprese, anche di grosse dimensioni; nel territorio del circondario ricadono, poi, diverse importanti località turistiche (ad esempio Cefalù, sito Unesco), il parco naturale delle Madonie e comuni montani di origine medioevale (ad esempio Castelbuono) che giornalmente richiamano migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo (si pensi che nel corso del 2017, nel solo distretto turistico di Cefalù, Parco della Madonie ed Himera, sono stati registrati 259.167 arrivi di persone per una presenza effettiva pari a 1.096.672 – dati ufficiali diffusi dall'Osservatorio Turistico della Regione Siciliana – e che altrettanti arrivi sfuggono a ogni registrazione statistica) –:

   se il Ministro interpellato, al fine di evitare la paralisi dell'attività del tribunale di Termini Imerese, intenda intraprendere tempestivamente le opportune iniziative di competenza, anche di natura normativa, volte a:

    a) aumentare la pianta organica dei giudici di almeno 8 unità nonché aumentare proporzionalmente il personale amministrativo nella misura di 4 cancellieri e di 3 operatori giudiziari;

    b) in mancanza, revocare l'accorpamento degli uffici giudiziari di Bagheria e Ficarazzi, con proporzionale diminuzione delle sopravvenienze;

    c) inserire il tribunale di Termini Imerese nel prossimo elenco delle sedi disagiate.
(2-00516) «Bartolozzi, Della Frera, Novelli, Giacometto, Bond, Zanettin, Cortelazzo, Sisto, Baratto, Elvira Savino, Bergamini, Sandra Savino, Pedrazzini, Gagliardi, Bendinelli, Ravetto, Sgarbi, D'Ettore, Marrocco, Spena, Siracusano, Carrara, Tartaglione, Calabria, Cannatelli, Perego Di Cremnago, Anna Lisa Baroni, Germanà, Ruggieri, Sarro, Prestigiacomo».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   a fine agosto 2019, un blocco lapideo dall'alto del viadotto di Capo d'Armi, promontorio sito a Lazzaro, frazione di Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, è franato demolendo un pezzo di basamento dei piloni. La notevole quantità di blocchi lapidei crollati dimostra la condizione di pericolo;

   come ricordato dalla associazione Ancadic, sempre presente sul territorio jonico, già in data settembre 2015 aveva richiesto di accertare la stabilità geologica della rupe, «perché lo stato dei luoghi indica crolli grossi blocchi lapidei dal livello del mare in su e altri blocchi pronti a staccarsi»;

   sono anni che si segnala la precarietà di questa rupe, ma tutto sembrerebbe limitato ai recenti accertamenti visivi dal mare;

   l'intero costone in più punti presenta ampie fratture e grosse lineazioni verticali. Appare necessario verificare se sussistano pericoli di crolli che potrebbero coinvolgere anche beni pubblici, la sovrastante strada statale 106 e la linea ferrata, nonché riscontrare eventuali lastre di roccia pronte a staccarsi;

   ad aumentare la legittima preoccupazione è il fatto che una possibile azione sismica e le continue vibrazioni dei mezzi pesanti e quelle prodotte dal transito dei treni possono determinare distacchi di gran parte del costone, coinvolgendo la strada statale 106 e la linea ferroviaria;

   i processi di infiltrazione dell'acqua e delle azioni aggressive dell'ambiente marino di ossidazione e corrosione delle armature hanno portato in diversi punti, per quanto possibile osservare, all'espulsione del copriferro in alto sulle basole di alcuni piloni, mentre va approfondito soprattutto a garanzia della circolazione stradale, se c'è una situazione di degrado nell'impalcato del viadotto della strada statale 106;

   a ciò si aggiunga altresì la grave situazione in cui versa la strada statale 183 Melito di Porto Salvo-Gambarie d'Aspromonte. Allarmante è il pericolo che incombe sulla suddetta strada statale per le sue numerose e importanti frane che continuano ad interessare notevoli tratti di carreggiata e per le frane che si continuano a registrare dall'adiacente montagna, il cui materiale si riversa sulla strada. Esistono gravissime condizioni di pericolo per l'incolumità generale e per le infrastrutture ivi esistenti –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di verificare lo stato del costone di Capo d'Armi, anche per garantire l'incolumità pubblica, disponendo le necessarie verifiche tecniche e geologiche per accertare la stabilità geologica della rupe;

   se non intenda attivarsi al fine di accertare presso gli enti competenti, in primis Anas e Ferrovie dello Stato italiane, acquisendo la relativa documentazione e svolgendo le verifiche di competenza in ordine ai sopralluoghi eseguiti nel tempo, la manutenzione ordinaria e straordinaria effettuata sul costone e i provvedimenti eventualmente adottati o proposti per arginare la caduta di massi e i rischi di frane;

   ad avviare, per quanto di competenza, le opportune iniziative urgenti per la messa in sicurezza dei siti in frana e dei tratti più a rischio relativi alla strada statale 183 Melito di Porto Salvo – Gambarie d'Aspromonte di cui in premessa.
(2-00513) «Maria Tripodi, Sozzani, Ruffino, Mazzetti, Labriola, Squeri, Saccani Jotti, Orsini, Pettarin, Casino, Scoma, Mulè, Fiorini, Bagnasco, Fitzgerald Nissoli, Rotondi, Cannizzaro, Battilocchio, Palmieri, Martino, Marin, Fascina, Cristina, Dall'Osso, Pittalis, Aprea, Napoli, Versace, Santelli, Pella».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PLANGGER, SILLI, GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la E45, comunemente identificata con la strada statale 3bis «Tiberina», chiamata anche Orte-Cesena, costituisce il principale corridoio stradale fra la Valle del Tevere e la Romagna;

   le interdizioni e le limitazioni alla percorrenza di tale arteria hanno, negli anni, colpito una moltitudine di cittadini, automobilisti e imprese di autotrasporto, costretti a subire incrementi di tempi e costi di viaggio. In particolare, in questi ultimi mesi, le ripercussioni sul trasporto merci e sulle attività delle aziende locali, tagliate fuori dal cuore dell'Italia, si sono aggravate giorno dopo giorno;

   secondo Uniontrasporti, il danno economico causato nel 2019, per il solo settore dell'autotrasporto, può essere stimato in circa 27 milioni di euro, calcolati considerando l'incremento dei costi di trasporto, mentre si stima un danno economico per gli automobilisti di circa 13 milioni di euro;

   negli ultimi anni il comparto manifatturiero, le attività artigianali, le aziende agricole e turistiche, a causa della scarsa manutenzione del manto stradale e dei numerosi cantieri sparsi lungo il tracciato senza criteri, non riescono a garantirsi un reddito stabile: molte aziende sono fallite o rischiano il fallimento;

   la situazione è degenerata a tal punto che il cosiddetto decreto crescita ha previsto uno stanziamento specifico di 10 milioni di euro a favore dei lavoratori del settore privato che si sono trovati impossibilitati ad esercitare o hanno dovuto sospendere la propria attività a causa della chiusura della E45, a seguito del sequestro del ponte Puleto;

   l'asse viario di importanza strategica deve essere costantemente monitorato, manutenuto e riammodernato, anche in considerazione della conformazione orografica del territorio, dato che anche un solo pilone – viadotto Puleto – può mettere a rischio buona parte del tracciato;

   da tempo i cittadini e gli amministratori locali chiedono al Governo un intervento risolutivo, ovvero la trasformazione della E45 in superstrada o in autostrada: tale soluzione consentirebbe di avere finalmente un asse viario con caratteristiche omogenee da Orte a Venezia, connesso alla rete autostradale del Nord Italia –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire la sicurezza sull'intero asse viario della E45, valutando anche l'ipotesi, insieme agli enti locali interessati, di trasformare questo asse viario, strategico per i residenti e le attività economiche dell'Italia centrale, in superstrada o in autostrada, in modo da realizzare una efficiente connessione anche alla rete autostradale del Nord Italia.
(5-02851)


   ILARIA FONTANA, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 febbraio 2018 «Revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana e Umbria», pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 98 del 28 aprile 2018 diversi tratti stradali di competenza regionale sono tornati in gestione ad Anas;

   la strada statale 690 Avezzano Sora (SS 690) è un'importante arteria di collegamento interregionale tra Lazio e Abruzzo ad alta velocità con limite di velocità imposto a 90 chilometri orari, molto trafficata anche da mezzi pesanti;

   l'intero tracciato, pari alla lunghezza di 41,500 chilometri, parte da Avezzano (AQ) e giunge a Sora (FR);

   tale tratto stradale rientra nel piano di rientro di strade dalla competenza della regione Lazio a quella dell'Anas, ma non è nota ad oggi la data dalla quale tale passaggio di gestione diventerà operativo;

   la superstrada SS 690 risulta invece presa in carico dalla gestione Anas già dal luglio 2006, mentre in precedenza era gestita dalle due province di Frosinone e L'Aquila;

   il tratto di strada che corre dal chilometro 39+350 al chilometro 41+500 precedentemente affidato alla regione Lazio risulta essere da anni privo di manutenzione, tanto che il manto stradale risulta essere in pessimo stato e la segnaletica orizzontale e verticale completamente assente e in alcuni punti gli arbusti hanno invaso la carreggiata, costituendo un pericolo al transito e un ostacolo per la viabilità che, in quel tratto, risulta essere ad alto rischio di incidenti stradali –:

   quale piano di manutenzione abbia programmato l'Anas per il ripristino della sicurezza della viabilità nel tratto evidenziato.
(5-02852)


   RUFFINO, GIACOMETTO, CORTELAZZO, CASINO, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è da mesi che diversi comuni del torinese hanno avanzato la richiesta, sostenuta anche dalla regione e dalla città metropolitana di Torino, di eliminare i caselli di Beinasco, Rivoli, Vado e Settimo, e introdurre un sistema di pagamento tramite bollino;

   come riporta «La Stampa» del 2 ottobre 2019 nella cronaca di Torino, nel testo del bando per il rinnovo delle concessioni della rete tangenziale di Torino, di questa richiesta non c'è traccia alcuna. Peraltro la richiesta dei vari comuni aveva trovato la disponibilità dell'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli;

   la decisione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di pubblicare il bando di gara per l'assegnazione delle concessioni della tangenziale di Torino ha interrotto il dialogo. Stralciando dal capitolato la gestione dei pedaggi, il bando di gara impedisce di fatto l'avvio del percorso di eliminazione dei caselli;

   i sindaci coinvolti hanno inviato una dura lettera al neo Ministro Paola De Micheli circa l'interruzione da lei voluta circa la condivisione di decisioni strategiche. Come riporta il suddetto articolo di giornale, nella lettera, tra l'altro, si legge: «pubblicare il bando per l'assegnazione delle concessioni della tangenziale, della A21 Torino-Piacenza, della A5 Torino-Quincinetto e della Torino-Pinerolo, ha escluso dalla discussione la voce e le istanze dei territori e dei cittadini» che i sindaci rappresentano;

   come sottolinea anche Marco Gabusi, assessore regionale ai trasporti, la decisione di eliminare dal bando di gara l'obbligo, annunciato solo pochi mesi fa, del concessionario di presentare un'ipotesi di soppressione dei caselli, «significa che per i prossimi 12 anni, ovvero per la durata del nuovo contratto, difficilmente se ne potrà parlare. La conseguenza del mantenimento dei caselli è la condanna dei Comuni ad essere costantemente intasati da Tir e automobili e a subire passivamente un continuo aumento del livello di inquinamento ambientale (...) e si rischiano conseguenze per la salute dei cittadini»;

   con questo atto unilaterale il Ministro, ad avviso degli interroganti, tradisce una sensibilità ambientale solo a parole, e non tiene in considerazione le autonomie locali –:

   se non ritenga urgente adottare iniziative per rivedere il bando gara per l'assegnazione delle concessioni della tangenziale di Torino al fine di prevedere la soppressione dei caselli di cui in premessa, come concordato nei mesi scorsi con gli enti territoriali interessati.
(5-02853)


   PEZZOPANE e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   risulta ancora sospesa la questione relativa all'incremento tariffario dei pedaggi autostradali su A24 e A25 e l'intesa sul Piano economico finanziario (Pef) tra la società concessionaria Strada dei Parchi e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   nel mese di agosto 2019 il Cipe ha esaminato il nuovo piano economico finanziario messo a punto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società concessionaria Strada dei Parchi e lo stesso risulta trasmesso a Bruxelles per il parere;

   alla luce dell'accordo sul Pef si è raggiunta con la suddetta società concessionaria un'intesa di massima per un ulteriore rinvio degli incrementi tariffari, al 30 novembre 2019, che dovrebbe comportare un aumento del 19 per cento sui pedaggi autostradali;

   è notizia di metà settembre che la società concessionaria ha sospeso in via volontaria l'incremento tariffario per l'anno 2019 e che il Ministero ha richiesto il medesimo rinvio motivandolo con la necessità di approfondire alcuni report sulle condizioni di alcuni viadotti gestiti dalla società concessionaria;

   i suddetti aumenti sono quelli che erano stati congelati dai primi di gennaio di quest'anno, con un intervento diretto di Strada dei Parchi sollecitato dagli amministratori dell'Abruzzo e del Lazio che chiedevano con forza il blocco degli aumenti di pedaggio per le suddette infrastrutture che, a seguito degli eventi sismici, hanno necessità di interventi di messa in sicurezza urgente (Misu);

   gli interventi sono finalizzati ad evitare che, in caso di evento sismico, venga compromessa la percorribilità dell'autostrada, ritenuta per legge «strategica ai fini di protezione civile», in quanto unica via di collegamento più efficiente tra le due coste del centro Italia e quindi l'unico modo di raggiungere le aree dell'entroterra in caso di un disastroso evento naturale come peraltro avvenuto in occasione dell'evento sismico sia di L'Aquila (2009) che di Amatrice (2016);

   il Pef presentato in Europa prevede da subito l'avvio dei primi lavori di messa in sicurezza definitiva antisismica con un piano stralcio fino a 722 milioni di euro da completarsi in tre anni –:

   quale sia lo «stato dell'arte» in relazione alla messa in sicurezza dei viadotti di cui in premessa, al relativo cronoprogramma ed alle intese raggiunte per scongiurare gli aumenti delle tariffe autostradali.
(5-02854)


   MURONI, FORNARO e PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel marzo 2016 il settimanale «il Salvagente» pubblicava un articolo nel quale si rendeva noto che sul c/c 28128 della Cassa depositi e prestiti (Cdp) un fondo vincolato esclusivamente a programmi di edilizia residenziale pubblica, vi sarebbero stati oltre 2 miliardi e mezzo di euro un paradosso inspiegabile tenuto conto della vasta precarietà abitativa di migliaia di famiglie (650.000 nuclei famigliari nelle graduatorie comunali) circa 60.000 le sentenze di sfratto emesse annualmente;

   risorse che sarebbero molto utili ai fini del piano di edilizia residenziale pubblica al quale sembra che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stia lavorando;

   le risorse giacenti presso Cassa depositi e prestiti nel c/c 28128 potrebbero essere utilizzate per definire piani di rigenerazione di immobili pubblici e privati inutilizzati da assegnare a famiglie in disagio economico e rappresentare un volano occupazionale in sostanza avviare il piano di edilizia residenziale pubblica di cui al punto 8 del programma di Governo;

   dalla ricognizione effettuata nel 2016 dal settimanale «Il Salvagente» in Cassa depositi e prestiti figuravano giacenze per 1.017.779.954 di euro e risorse assegnate ma non spese per 1.347.168.302 euro; a queste si aggiungevano i «girofondi» – da acquisire dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – altri 356 milioni di euro; si arrivava quindi a una cifra impressionante che supera i 2,5 miliardi di euro;

   recentemente l'Ispra ha reso noto che dalla cementificazione del suolo deriva un innalzamento delle temperature di due gradi nelle aree urbane. Un piano di edilizia residenziale pubblica di rigenerazione urbana rappresenterebbe anche un atto di contrasto ai cambiamenti climatici;

   il monitoraggio di risorse inutilizzate e il rafforzamento della direzione generale politiche abitative presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono basilari per la definizione di un piano di edilizia residenziale pubblica previsto dal programma di Governo;

   è necessario aggiornare il dato delle eventuali risorse ex Gescal presso Cassa depositi e prestiti per capire a quanto ammontino le risorse che risultino non impegnate ovvero impegnate ma non utilizzate o giacenti, comprensive di quelle del «girofondi», con un monitoraggio regione per regione –:

   quale sia ad oggi l'eventuale ammontare delle giacenze presso il c/c 28128 della Cassa depositi e prestiti, di cui è a conoscenza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto riguarda sia le somme non impegnate, che quelle impegnate ma non utilizzate, nonché l'ammontare delle risorse che dovrebbero essere rimborsate attraverso il «girofondi» e la loro ripartizione per regione.
(5-02855)


   LUCCHINI, CAVANDOLI, DARA, RAFFAELE VOLPI e COMAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1, comma 891, della legge di bilancio per il 2019, introdotto con emendamento della Lega (On. Lucchini), è stato istituito un Fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e per la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;

   rientrano nell'insieme dei nuovi ponti da realizzare due importanti ponti, da anni attesi sul territorio, quelli di Casalmaggiore e della Becca;

   il nuovo ponte di Casalmaggiore rappresenta, un collegamento strategico tra la Lombardia e l'Emilia-Romagna, in quanto quello attuale costruito negli anni 50 ha ormai esaurito la sua funzione e, infatti, mediamente ogni 7 anni necessita di importanti lavori di manutenzione straordinaria, con interruzioni del traffico tra le due regioni;

   il Ponte della Becca, sulla ex strada statale 617, costruito tra il 1910 e il 1912 sulla confluenza tra i fiumi Ticino e Po, distrutto da bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e ripristinato, presenta annualmente problematiche importanti e imprevedibili che ne obbligano la chiusura per settimane ai fini della manutenzione straordinaria, creando ripetuti disagi alle comunicazioni e dispendio significativo di risorse per la messa in sicurezza;

   tale Ponte è un'opera fondamentale che migliorerà la viabilità di un nodo strategico per l'attraversamento del fiume Ticino e del Po ed i collegamenti con tutta la zona dell'Oltrepò;

   la regione Lombardia sta facendo la sua parte per la realizzazione del nuovo Ponte della Becca, avendo stanziato 800.000 euro nell'ottobre 2017 per la redazione del documento di fattibilità;

   secondo notizie di stampa (La Provincia Pavese del 24 settembre 2019) il nuovo ponte della Becca sul Po e il ponte di Casalmaggiore risultano essere tra i primi dieci progetti da finanziare per un importo stimato, rispettivamente, di euro 72.000.000,00 ed euro 64.310.780,37 –:

   se e con quali tempi il Ministro interrogato intenda emanare il decreto di ripartizione del fondo di cui all'articolo 1, comma 891, della legge di bilancio per il 2019 citato in premessa, in considerazione dell'urgenza della realizzazione dei due nuovi ponti della Becca e di Casalmaggiore.
(5-02856)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   SISTO e MULÈ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la prefettura di Lodi ha sottoscritto nel mese di gennaio 2019 un protocollo d'intesa, primo in Italia, che prevede in Lombardia un reale coordinamento con l'Areu per disciplinare le modalità di azione dei mezzi delle forze di polizia con a bordo un defibrillatore in caso di richiesta di intervento per supposto arresto cardiaco;

   grazie all'accordo, fortemente voluto dalla dottoressa Paola Sepe, cardiologa dell'ospedale di Lodi e coordinatrice del «Progetto Vita Lodi», il protocollo ha sin da subito incontrato il favore dell'ex prefetto di Lodi, Patrizia Palmisani, che ne ha pienamente condiviso lo spirito e le finalità;

   nello specifico, a ciascuna forza di polizia sarà fornito, in comodato d'uso gratuito, un tablet espressamente configurato per Areu; l'intervento delle pattuglie sarà gestito dalle rispettive sale operative e avverrà nel pieno rispetto dei servizi d'istituto, cui sarà garantita assoluta priorità;

   ad avviso degli interroganti si tratta di un progetto fondamentale che mette a fattor comune quella capacità di intervento, tipica delle forze di polizia, e intrinsecamente connessa al primario ruolo istituzionale ad esse assegnato: garantire la sicurezza dei cittadini;

   da quanto consta agli interroganti sembrerebbe che il protocollo citato abbia subito una battuta d'arresto dovuta alla mancata autorizzazione, da parte del dipartimento di pubblica sicurezza, circa l'uso dei Dae alle forze dell'ordine a Lodi –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative adeguate e di immediata applicabilità volte ad assicurare l'utilizzo dei Dae da parte delle forze dell'ordine a Lodi, così come previsto dal protocollo citato in premessa, al fine di garantire un tempestivo intervento in caso di arresto cardiaco e di migliorare in tal modo il livello di sicurezza.
(5-02844)


   GEBHARD e MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riporta un'inchiesta di Nello Scavo pubblicata il 4 ottobre 2019 su Avvenire all'incontro nel Cara di Mineo (CT) dell'11 maggio 2017, dove l'Italia stava «negoziando con le autorità libiche il blocco delle partenze di profughi e migranti», ha partecipato anche Abd al-Rahman al-Milad, il famigerato Bija, la cui presenza è testimoniata dalle foto esclusive ottenute dal giornalista da una «fonte ufficiale»;

   la notizia completerebbe il quadro già emerso con un'inchiesta di Francesca Mannocchi, poi ripresa da Associated Press, da cui emergeva un patto, fra luglio e agosto 2017, tra il Governo italiano e alcune milizie libiche che controllavano il traffico di esseri umani;

   pochi giorni dopo l'incontro, il 1° giugno, le Nazioni Unite – rapporto del Consiglio di sicurezza – denunciavano: «Abd al-Rahman Milad (alias Bija) e altri membri della Guardia costiera sono direttamente coinvolti nell'affondamento di imbarcazioni migranti utilizzando armi da fuoco (...) Si chiede il congelamento dei beni e il divieto di viaggio di Bija fuori della Libia»;

   il 7 giugno 2018 tali sanzioni per Bija e altri cinque persone sono state approvate all'unanimità dal Consiglio di sicurezza;

   già da molto prima Bija era finito nel mirino delle inchieste giornalistiche. Nel febbraio 2017 The Times diffonde un video che ritrae un uomo in divisa mimetica e con una menomazione alla mano destra (come Bija) picchiare selvaggiamente un gruppo di migranti su un gommone;

   pochi giorni dopo Nancy Porsia pubblica un reportage per Trt World nel quale spiega che «Bija lavora sotto la protezione di Al Qasseb (...) che esercita il controllo totale sulla raffineria e sul porto di Zawiyah»;

   già nel 2016 Panorama e Il Giornale avevano indicato Abdou Rahman quale uomo chiave del traffico di esseri umani;

   «Bija» avrebbe ottenuto un lasciapassare per entrare in Italia ed essere accompagnato dalle autorità a studiare «il modello Mineo»; a quanto si apprende, durante l'incontro, la delegazione libica avrebbe invitato l'Italia a finanziare la realizzazione di strutture per migranti in tutto il Paese;

   da lì a poco partirà l’«assedio» alle ong e verranno annunciati interventi dell'Italia e dell'Europa per aprire campi di raccolta in Libia –:

   quale fosse la composizione della delegazione libica e italiana, quale l'oggetto dell'incontro – se il salvataggio in mare o i centri di accoglienza – e se ci siano stati contatti con Bija, successivi alla condanna dell'Onu, da parte delle autorità italiane.
(5-02845)


   BRESCIA, MACINA, DIENI, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 4 ottobre 2019 il quotidiano Avvenire ha pubblicato un'inchiesta con alcune foto scattate l'11 maggio 2017 che testimoniano la partecipazione di Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, ad un incontro tra una delegazione libica e autorità italiane presso il Cara di Mineo;

   Bija è ritenuto essere il capo di un'organizzazione criminale nell'area di Zawyah ed è stato accusato dall'Onu di essere uno dei più efferati trafficanti di uomini in Libia, direttamente coinvolto insieme ad altri membri della Guardia Costiera nell'affondamento di imbarcazioni utilizzando armi da fuoco;

   il 5 ottobre 2019 sempre Avvenire ha dato conto di una mancata chiarezza su chi ha organizzato il citato incontro. «Secondo fonti vicine all'allora esecutivo Gentiloni, l'appuntamento di Mineo fu suggerito dall'Oim, agenzia delle Nazioni Unite che ha suoi funzionari anche in Libia. Al contrario, “riporta il quotidiano” dall'Onu fanno sapere che l'incontro fu organizzato dai ministeri italiani coinvolti a vario titolo nella gestione della crisi migratoria insieme al governo libico, che aveva trasmesso la lista dei partecipanti.»;

   le inchieste, firmate da Nello Scavo, fanno emergere quello che appare agli interroganti un potenziale opaco collaborazionismo tra autorità italiane e libiche con l'obiettivo di bloccare, costi quel che costi, i flussi migratori;

   stando a quanto dichiarato alla stessa testata dall'ex viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Mario Giro, tale dossier sarebbe passato in capo al Viminale dopo l'interruzione del lavoro diplomatico fatto dalla Farnesina;

   a parere degli interroganti la Libia non può rappresentare un porto sicuro e il Governo non può non tenere in considerazione le condizioni di sfruttamento e di violenza in cui vivono migliaia di persone nei centri di detenzione libici –:

   di quali elementi sia a conoscenza sui fatti esposti in premessa e quali orientamenti, per quanto di competenza, intenda seguire con riferimento ai rapporti con le autorità libiche.
(5-02846)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dopo la positiva conclusione del bando per la concessione della gestione totale dell'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì, il precedente Governo, ad avviso degli interroganti, ha a lungo tergiversato sui propri adempimenti;

   in particolare, si è registrata un'incomprensibile inattività del Ministero dell'interno nell'assegnare all'aeroporto un presidio stabile del Corpo dei vigili del fuoco, indispensabile per la riapertura della struttura aeroportuale;

   ciò ha determinato, purtroppo, un ulteriore allungamento dei tempi per l'aeroporto, con gravi ripercussioni per tutto il territorio e danno economico per gli imprenditori;

   annunci e promesse fatte dagli ex sottosegretari per l'interno Molteni e per la giustizia Morrone avevano fatto ipotizzare l'apertura dell'aeroporto prima dell'estate 2019: appuntamento saltato proprio per mancanza delle dotazioni di personale per il rispetto delle normative antincendio;

   ci si trova ora in una situazione paradossale, in quanto, per vedere accettato il livello di operatività richiesto per lo scalo, chiuso nel 2013, sussiste l'obbligo di disporre di un presidio antincendio dei Vigili del fuoco, che non è tuttavia possibile avere fino a quando la struttura non sarà ricompresa tra gli aeroporti di cui alla Tabella A del decreto legislativo n. 139 del 2006, recante l'elenco degli scali nei quali il Corpo dei vigili del fuoco rassicura il servizio antincendio;

   tale problema, già sottoposto all'attenzione del Governo, senza esito, con altri atti di sindacato ispettivo a firma dell'interrogante, comporta un danno, anche in relazione ai mancati accordi stipulati con le compagnie aeree, che non potranno operare per la stagione estiva, rischiando di far perdere un altro anno al gruppo di imprese coinvolte;

   gli ex sottosegretari per l'interno Candiani e per la giustizia Morrone il 6 ottobre 2019 hanno comunicato che il Ministero dell'interno avrebbe concluso «l'istruttoria tecnica che consentirà all'aeroporto di Forlì di rientrare nella tabella A»;

   non è noto a quale titolo gli ex sottosegretari abbiano dato questa comunicazione, e quale ne sia il fondamento;

   l'inserimento del «Ridolfi» nella tabella A del decreto legislativo n. 139 del 2006 consentirebbe di avere il presidio Vigili del fuoco su pista, il cui onere, altrimenti, ricadrebbe sull'ente gestore;

   in tutti gli aeroporti a concessione di gestione totale il servizio antincendio è coperto direttamente dal Corpo dei vigili del fuoco –:

   se sia vero che sarebbe stata conclusa positivamente l'istruttoria del Ministero dell'interno per l'inclusione dell'aeroporto «Ridolfi» tra quelli inseriti nella tabella A del decreto legislativo n. 139 del 2006.
(5-02847)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   in attuazione dell'articolo 10, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128), come modificato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, è stato emanato, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 6 aprile 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – S.G. n. 120 del 25 maggio 2018;

   il decreto-legge n. 104 del 2013, cosiddetto decreto «Carrozza» prevede la concessione di contributi diretti e mutui pluriennali da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca finalizzati a interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico, degli edifici adibiti all'attività istituzionale delle Istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (Afam) statali, anche in costruzione, con uno stanziamento complessivo – a carico del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – di euro 16 milioni per l'assegnazione di contributi diretti (che corrispondano alla quota annua di euro 4 milioni per le annualità 2016, 2017, 2018 e 2019), nonché di euro 4 milioni annui – comprensivi della quota capitale e interessi – per la stipula di mutui di durata pari a 26 anni, a decorrere dall'anno 2020;

   il successivo decreto ministeriale del 2018 contiene le caratteristiche e le modalità di presentazione della domanda di finanziamento ed evidenzia che tali richieste saranno valutate da una apposita commissione, composta da 5 componenti e nominata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   la suddetta Commissione di valutazione è stata nominata a più di un anno di distanza, attraverso il decreto ministeriale 208 del 14 maggio 2019. Si apprende che il processo di valutazione dei progetti da parte della Commissione è ancora in corso, e che presumibilmente questa si è riunita per l'ultima volta a fine settembre 2019. Vista la successiva necessità di formulare una graduatoria, che dovrà poi essere validata a livello ministeriale e resa pubblica con decreto, si teme che i tempi di erogazione dei finanziamenti continuino a dilatarsi con grave nocumento delle istituzioni, come il Conservatorio G.B Martini di Bologna, che, pur avendo inoltrato la richiesta ed espletato le procedure per l'assegnazione dei contributi, non ricevono i contributi previsti, ritardando in tal modo la messa in opera degli interventi di edilizia previsti –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se e quali iniziative di competenza intenda assumere, per accelerare la definizione della graduatoria degli istituti Afam risultanti beneficiari dei finanziamenti;

   quali siano i tempi della reale erogazione dei suddetti contributi, tenuto conto dei forti ritardi già accumulati in passato.
(2-00515) «Carbonaro, Nitti, Lattanzio, Acunzo, Villani, Bella, Casa, Frate, Gallo, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Vacca, Berardini, Brescia, Bruno, Buompane, Businarolo, Cadeddu, Cancelleri, Luciano Cantone, Carabetta, Carinelli, Caso, Cassese, Cataldi, Chiazzese, Cillis, Cimino, Ciprini, Corda».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI, RACCHELLA, FOGLIANI, COLMELLERE e PATELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i servizi di sanificazione e decoro degli istituti scolastici statali sono stati esternalizzati e gestiti in regime di appalto dal 2014, gli addetti sono circa 20.000;

   a causa delle diminuzioni di risorse legate all'applicazione della nuova convenzione, le diverse aziende hanno optato per una riduzione media delle ore dei contratti individuali di lavoro dell'ordine di circa il 60 per cento a livello nazionale, con Una distribuzione che privilegia le regioni del Sud (considerata la presenza di lavoratori ex socialmente utili);

   in data 28 marzo 2014 è stato sottoscritto uno specifico accordo nazionale, che prevedeva l'avvio di un progetto speciale denominato «Scuole belle» funzionale a risolvere i problemi occupazionali attraverso lo svolgimento di ulteriori attività e lavori (prevalentemente di decoro) all'interno degli istituti scolastici, per i quali sono state stanziate specifiche risorse, con contestuale ripristino degli orari di lavoro dei lavoratori interessati;

   nel corso del 2018 e dei primi mesi del 2019, alla normale riduzione degli addetti si è aggiunto un ulteriore decremento soprattutto dovuto al raggiungimento dei requisiti pensionistici (in particolare, quelli anticipati). Pur con la sostituzione di parte del personale uscito con nuove risorse per far fronte alle esigenze di servizio, è ragionevole stimare un ulteriore decremento per 1.000 unità;

   l'articolo 1, comma 760, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio 2019) ha previsto un'apposita procedura selettiva, per titoli e colloquio, per assumere nello Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i lavoratori che hanno svolto la propria attività nei servizi di pulizia e decoro delle scuole;

   i requisiti richiesti sono: l'anzianità di servizio, ossia deve trattarsi di «personale impegnato per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché includano il 2018 e il 2019, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi»; il possesso del titolo di studio della «licenza media» e l'assenza di carichi pendenti;

   da stime effettuate dopo la procedura di selezione, oltre il 40 per cento degli addetti non sarà rispondente ai requisiti della legge di bilancio, soprattutto per quanto attiene all'anzianità di servizio, con la conseguenza di essere soggetto a licenziamento e per quelli che rimarranno ci saranno ingenti riduzioni salariali;

   inoltre, dall'analisi dei dati stimati risulta una forte contrazione del numero degli addetti alle pulizie nelle scuole del Nord del Paese, connessa al requisito della mancanza dei 10 anni di anzianità di servizio per poter accedere alla selezione –:

   se sia a conoscenza della gravità della situazione e quali iniziative intenda adottare per risolvere i pesanti disservizi connessi alla drastica riduzione del numero di addetti alla pulizia e al decoro degli istituti scolastici, e alla sensibile diminuzione del monte ore destinato a questo tipo di servizi.
(4-03769)


   TUZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale n. 402, il quale introduce per la prima volta in Italia un sistema di valutazione quantitativa e un monitoraggio continuo delle scuole di specializzazione. Tale valutazione determina l'accreditamento o meno di una scuola;

   l'articolo 8 del decreto interministeriale n. 402 prevede l'obbligatorietà per tutte le scuole già esistenti di sottoporsi alla procedura di accreditamento;

   nell'anno in corso (2019) sono circa 104 le scuole di specializzazione non accreditate, a cui andrebbero aggiunte 8 già non accreditate l'anno scorso;

   vi sono due categorie di scuole non accreditate: quelle che hanno richiesto l'accreditamento e non lo hanno ottenuto per mancanza dei requisiti previsti e quelle che non lo hanno richiesto;

   quando una scuola non è accreditata, in base alla nota direttoriale del 16 ottobre 2017, deve concedere il nulla osta al trasferimento, se richiesto;

   è diffuso il rifiuto del trasferimento degli specializzandi da parte delle scuole non accreditate;

   sovente le scuole adducono la scusante dell'aggregazione ad un'altra scuola, non tenendo in considerazione che la possibilità dell'aggregazione è esplicitamente esclusa dalla nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 17 aprile 2018;

   la CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane), il 25 luglio 2019 vota all'unanimità una mozione che «ritiene necessario un concreto impegno da parte dei Rettori affinché gli Atenei applichino quanto previsto dalla Nota Direttoriale del 16 ottobre 2017, al fine del rilascio dei nulla osta per trasferimenti, a qualsiasi anno di corso, sia in entrata che in uscita per le Scuole definitivamente non accreditate, anche per gli iscritti alle Scuole che per l'a.a. 2018/2019 non abbiano presentato richiesta di accreditamento»;

   la mozione della Crui del 25 luglio 2019 chiede, inoltre, che venga pubblicato dagli atenei l'esito dell'accreditamento delle scuole di specializzazione –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alle scuole non accreditate per contrastare il diniego del nulla osta per trasferimenti, a danno degli specializzandi;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la pubblicazione dei decreti direttoriali di accreditamento.
(4-03772)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna dall'inizio dell'anno sono morte 553 persone sui luoghi di lavoro, un numero impressionante che impone un intervento urgente in materia di sicurezza sul lavoro;

   fin dai primi giorni di attività il Governo ha indicato tra le priorità questo tema, avviando un tavolo di confronto su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con le parti sociali e i rappresentanti della Conferenza Stato-regioni, dell'Inail, dell'Inl e dell'Inps;

   attualmente esiste una carenza di controlli e di coordinamento tra i vari organismi chiamati a vigilare sul posto di lavoro, tanto da creare inefficienza, duplicazioni e assenza di dati;

   l'attuale modello assicurativo si basa su un sistema di incentivazione della prevenzione attraverso un sistema di bonus/malus che registra la tendenza di qualche datore di lavoro, soprattutto tra le piccole e medie imprese, di omettere la denuncia di infortuni o malattie: occorre intervenire con forme di supporto a favore dell'implementazione delle buone prassi e con il trasferimento delle competenze;

   è necessario lavorare ad un impianto che ponga al centro la persona, garantendo la tutela sul lavoro a tutti, indipendentemente dalle tipologie contrattuali, e in modo diffuso, nel lavoro privato e nel lavoro pubblico;

   nella Commissione lavoro della Camera dei deputati è in discussione la proposta di legge «Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e altre disposizioni concernenti la vigilanza e la sicurezza sul lavoro, nonché prevenzione e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali» e c'è unità di intenti sul fatto che vadano aggiornate le misure previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008;

   la Ministra interrogata, a margine del tavolo convocato con le parti sociali, ha dichiarato: «Voglio avviare un dialogo costruttivo e arrivare a delle proposte condivise finalizzate all'attuazione e all'aggiornamento del decreto legislativo n. 81 del 2008, soprattutto a seguito dei gravi e frequenti episodi infortunistici» –:

   come intenda intervenire per garantire con urgenza tutele a chi lavora e contrastare le numerose morti sul lavoro.
(3-01011)


   EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 338, della legge n. 205 del 2017) ha istituito, per il triennio 2018-2020, un fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, per sostenere i progetti delle associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattie oncologiche e delle loro famiglie;

   il fondo ha previsto una dotazione di un milione di euro annui per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 5 milioni di euro per l'anno 2020. L'utilizzo del fondo è disciplinato con regolamento adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 60 giorni dal 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge;

   tale regolamento non è ancora stato emanato, nonostante il 30 gennaio 2019 – con comunicato ufficiale – sia «stato pubblicato il parere del Consiglio di Stato (n. 323/2019) sullo schema di regolamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali recante la disciplina delle modalità di utilizzo del contributo a valere sul fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, in attuazione dell'articolo 1, comma 338, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Nell'esprimersi favorevolmente sul generale impianto del regolamento, il Consiglio di Stato puntualizza che il contributo non può essere riservato, come, invece, previsto nello schema di decreto trasmesso dal Ministero, alle sole associazioni del terzo settore, iscritte nel relativo registro, ma dev'essere riconosciuto, nel rispetto dell'espressa volontà del legislatore, a tutti i soggetti costituiti in forma di associazione che perseguano come scopo statutario l'attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria a favore di bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie»;

   tali associazioni svolgono un ruolo cruciale nell'assistere i bambini malati e le loro famiglie nel doloroso percorso delle cure: i tumori pediatrici più comuni sono le leucemie, secondi in ordine di frequenza sono i tumori del sistema nervoso centrale, seguiti dai linfomi. Questi tre gruppi di malattie, afferma Airc, sono responsabili di oltre due terzi dei casi di cancro nell'infanzia;

   a otto mesi dall'espressione del parere del Consiglio di Stato, la mancata erogazione dei fondi sta causando forti difficoltà alle associazioni –:

   quali siano i tempi previsti per l'adozione del regolamento di cui in premessa.
(3-01012)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è notizia che ha destato non poco sconcerto e indignazione nell'opinione pubblica, in particolare tra i parenti di vittime del terrorismo, quella dell'ex brigatista Saraceni beneficiaria del reddito di cittadinanza;

   Federica Saraceni, figlia di un ex giudice fondatore di Magistratura democratica, poi parlamentare con Pds e Verdi, è stata condannata a 21 anni e sei mesi per l'omicidio del giuslavorista Massimo D'Antona, sulla via Salaria il 20 maggio 1999; dal 2005 è agli arresti domiciliari e da agosto 2019 percepisce la somma di 623 euro al mese;

   a norma di legge (decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019) condicio sine qua non per beneficiare del reddito di cittadinanza è che il richiedente non sia sottoposto «a misure cautelari personali» e non sia stato condannato in via definitiva nei dieci anni precedenti la richiesta per reati gravissimi;

   dopo il caso Saraceni, sono emersi altri due nomi di ex terroristi beneficiari del sussidio: Massimiliano Gaeta, esponente del cosiddetto Partito comunista politico militare, condannato, tra l'altro, per banda armata con finalità eversiva, e Raimondo Etro, condannato per concorso nel sequestro di Aldo Moro e per l'omicidio del giudice Riccardo Palma a 20 anni e sei mesi: il primo incassa 500 euro al mese, il secondo la cifra massima pari a 780 euro mensili;

   la notizia è, a parere degli interroganti, di una gravità inaudita, sia per l'inopportunità che ex terroristi possano ricevere da quello stesso Stato, che con stragi e omicidi volevano colpire, un sussidio riservato, invece, a chi si trova in condizioni di povertà con la finalità di reinserirsi nel mondo del lavoro, sia perché denota le falle del sistema di erogazione del reddito di cittadinanza, non corrispondente, nei fatti, alla ratio della disciplina –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare con urgenza con riguardo ai fatti esposti in premessa relativamente all'erogazione del reddito di cittadinanza a chi si è macchiato dei più gravi reati contro lo Stato e, come tale, non titolato, a parere degli interroganti, a beneficiare di provvidenze economiche a spese della collettività.
(3-01013)


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA, SOVERINI, VISCOMI, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, Anpal servizi s.p.a., già Italia lavoro, è una struttura «in house» dell'Anpal, la quale è sottoposta all'indirizzo e alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; il presidente di Anpal è anche amministratore unico di Anpal servizi s.p.a.;

   Anpal servizi s.p.a. promuove azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale, fornendo assistenza tecnica a centri per l'impiego e a enti locali;

   il personale a tempo determinato in forze ad Anpal servizi s.p.a. ammonta attualmente a 654 unità, selezionate con procedure ad evidenza pubblica, possiedono esperienza pluriennale e competenze specifiche nel campo delle politiche attive del lavoro; tuttavia, le somme stanziate dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, permetterebbero la stabilizzazione soltanto di poche decine di lavoratori;

   l'amministratore unico di Anpal servizi s.p.a., Domenico Parisi, ha annunciato nel mese di luglio 2019 la possibilità di stabilizzare soltanto 400 lavoratori precari;

   il decreto-legge n. 101 del 2019 reca, all'articolo 4, la modifica della disciplina sull'impiego di uno stanziamento già vigente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, relativo ad ulteriori spese di personale di Anpal servizi s.p.a. In particolare, la riformulazione sopprime le indicazioni circa l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami, riferendosi soltanto ad ulteriori spese di personale; tuttavia, tale stanziamento appare comunque insufficiente anche a raggiungere gli obiettivi annunciati dall'amministratore unico;

   non è stato ancora presentato il piano industriale dell'azienda;

   i lavoratori di Anpal servizi s.p.a. rappresentano oggi l'unica struttura di livello nazionale preparata a gestire forme moderne di politiche attive del lavoro e stanno seguendo fin dalla sua nascita la prima applicazione del reddito di cittadinanza –:

   se intenda verificare e attuare la possibilità di iniziative volte alla stabilizzazione per tutti i 654 lavoratori precari di Anpal servizi s.p.a., al fine di non disperdere le competenze e l'esperienza da loro accumulate e di potenziare le strutture nazionali per le politiche attive del lavoro, nell'ottica di un miglioramento progressivo dei sistemi di collocamento, di incontro fra domanda e offerta di lavoro e di miglior funzionamento degli strumenti previsti dal reddito di cittadinanza.
(3-01014)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, RIZZETTO, BUCALO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in base all'ultimo rilevamento dell'Inps i percettori del reddito di cittadinanza sono circa 704 mila;

   come riportato dai maggiori organi di informazione, da accertamenti svolti dallo stesso istituto previdenziale e dalla Guardia di finanza è risultato che circa il 60 per cento delle richieste sono sospette e, quindi, oltre 422 mila dei destinatari della misura di sostegno la percepirebbero illegittimamente;

   a questo si aggiunge il fatto che, a causa del mancato accoglimento delle proposte emendative che intendevano scongiurare questa eventualità, tra i percettori dell'assegno figurano anche soggetti condannati per reati gravi, come emerso da ultimo con il caso della brigatista Saraceni;

   per quanto riguarda, invece, il promesso avviamento al lavoro, si registrano gravi ritardi, tanto che solo dall'inizio di settembre 2019, a ben sette mesi dall'avvio dei pagamenti del sussidio, sono partite le prime chiamate dei centri per l'impiego alla platea degli 704 mila «occupabili», ma si sono dovuti confrontare con un'elevatissima percentuale di mancate risposte, attestata a livello nazionale al 30 per cento e con picchi nelle regioni meridionali di addirittura il 40 per cento;

   agli interroganti appare evidente, quindi, come dai primi sei mesi di applicazione del reddito di cittadinanza emergano più riscontri negativi che positivi e che i percettori siano ben lontani dall'essere integrati nel mondo del lavoro –:

   se non ritenga di disporre maggiori e più incisivi controlli ai fini della concessione del reddito di cittadinanza ai soggetti richiedenti, per impedire e sanzionare le frodi e garantire la massima trasparenza ed efficienza della misura di sostegno.
(3-01015)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURIGON e GARAVAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il pane italiano è famoso nel mondo per il suo pregio, la sua bontà, i suoi sapori. La grande e vasta cultura panaria nazionale è riconducibile alle diverse abitudini locali, alle stesse varietà culturali-cerealicole territoriali e a specifiche tradizioni culturali;

   in Italia esistono circa 41 mila imprese operative nel settore della panificazione che offrono lavoro a quasi 180 mila occupati. Di queste, circa tre su quattro operano nella produzione di pane e affini e una su quattro opera nel commercio;

   la produzione artigiana, con una presenza capillare in tutti i comuni italiani, è realizzata da più di 24.000 imprese che impiegano oltre i 100.000 addetti, con un fatturato totale che supera i 5 miliardi di euro; questa deve, però, fare i conti con il prodotto industriale, che grazie alle economie di scala e alla presenza nella grande distribuzione organizzata, abbatte i costi di produzione e di commercializzazione;

   il settore della panificazione nazionale da qualche tempo è entrato in una profonda crisi, in quanto non solo subisce la concorrenza di produttori di altri Paesi membri dove, in molti casi, la normativa verticale di prodotto non è così restrittiva come quella italiana, dando così più libertà allo sviluppo di prodotti e dinamicità alla produzione, ma deve fare anche i conti con la diminuzione del consumo di pane che negli ultimi 25 anni si è ridotto di circa il 40 per cento, riduzione dovuta anche dai mutati stili di vita (attenzione alle diete, intolleranze/allergie, celiachia e altro). Infatti, i consumi annui pro capite si attestano intorno ai 31 chilogrammi livello decisamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei;

   i panificatori, per rispondere alle richieste di consumatori sempre più attenti ed esigenti, hanno sviluppato nuovi prodotti alimentari alternativi al pane ma pur sempre riconducibili ai prodotti derivati dai cereali e rientranti nella più generale produzione panaria italiana nella quale si esalta la professionalità dei panificatori;

   dal 2008 ad oggi si contano almeno 3 mila imprese che hanno cessato la loro attività, e almeno 1.000 punti vendita che hanno chiuso e si registrano prezzi del pane costantemente al di sotto dell'indice medio di incremento dei prodotti alimentari a fronte di tariffe per le utenze (acqua, luce, gas) in aumento;

   i consumi di pane diminuiscono, i prezzi sono fermi da tempo, il grano perde valore, il costo delle farine è in aumento e i costi di produzione sono divenuti, soprattutto per i medi e piccoli imprenditori, insostenibili;

   questa situazione ha portato a una contrazione sia del numero di imprese che dei livelli occupazionali nel settore della panificazione che risente anche di uno scarso ricambio generazionale –:

   quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza, per rilanciare il settore della panificazione in particolare rivalutando le produzioni di qualità e di filiera nazionale e per sostenere le imprese del settore in crisi, nonché tutelare i lavoratori ivi impiegati con interventi, anche normativi, che salvaguardino i posti di lavoro e che permettano un necessario ricambio generazionale.
(5-02838)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in Italia le attività connesse alla bio-economia marina, tra le quali la pesca e l'acquacoltura, contribuiscono per circa il 15 per cento del fatturato e dei posti di lavoro all'attuale «Economia Blu» nazionale il cui valore stimato è di circa 43 miliardi di euro l'anno e 850.000 addetti;

   le valutazioni sullo stato delle risorse ittiche in Mediterraneo, eseguite dal Cstep (Comitato tecnico, scientifico ed economico della pesca) della Commissione europea, a differenza dei bacini nord europei, da anni descrivono una situazione di generale sovra-sfruttamento che perdurerebbe nonostante la già richiamata riduzione della flotta attiva ed i limiti tecnici e gestionali imposti da decenni allo sforzo di pesca esercitato dagli Stati membri nel bacino;

   la Commissione europea (Direzione generale affari marittime e pesca) ha recentemente approvato piani di gestione multi-annuali (Map) per il Mediterraneo con misure sempre più draconiane, come l'introduzione di quote (per il pesce azzurro in Adriatico) o di nuovi limiti tecnici e spazio-temporali (per lo strascico nel Mediterraneo occidentale) che stanno aumentando lo stato di difficoltà di un settore in crisi da tempo;

   ulteriori complicazioni sono determinate dall'implementazione dell'obbligo di sbarco del prodotto sotto taglia minima, introdotto dall'ultima riforma della politica comune della pesca;

   inoltre, le norme sulle dimensioni delle reti a strascico previste dal regolamento europeo, penalizzano soprattutto i pescatori mediterranei, dal momento che nei mari del Nord gli esemplari ittici hanno dimensioni molto maggiori rispetto a quelli nostrani;

   la legge nazionale n. 154 del 2016 prevede sanzioni spropositate, dai 4 mila ai 75 mila euro, per chi non rispetta la misura dei pesci da pescare e le dimensioni delle reti a strascico, le quali, secondo il regolamento europeo del Mediterraneo, devono essere di 50 centimetri di larghezza, una misura non proporzionata agli esemplari presenti nei nostri mari –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per modificare il sistema sanzionatorio relativo alle infrazioni previste dalla legge n. 154 del 2016, visto che l'attuale disciplina nazionale è fortemente deteriore rispetto ad altri Stati membri dell'Unione europea, con un potenziale danno economico per gli operatori italiani ed un freno allo sviluppo del settore;

   se e quali iniziative intenda intraprendere per promuovere una modifica dei regolamenti europei in materia, al fine di renderli maggiormente compatibili con le caratteristiche del pescato dei nostri mari;

   se intenda assumere iniziative per rinegoziare i dossier relativi ai piani di gestione multi-annuali adottati dalla Direzione generale affari marittimi e pesca nella fase ascendente del processo decisionale, sfruttando ogni spazio negoziale offerto dalle procedure di co-legislazione, e rafforzando il dialogo con le rappresentanze economiche e sociali;

   se intenda adottare iniziative in relazione alla pesca dei grandi pelagici al fine di ottenere una regolazione più equa delle catture ed un'attenzione specifica per la piccola pesca che caratterizza l'intera flotta nazionale;

   se intenda assumere iniziative per approfondire e migliorare il sistema degli ammortizzatori sociali onde garantire dignità al lavoro del pescatore, mediante il mantenimento e lo stanziamento anche ulteriore di adeguate risorse per i periodi di sospensione dell'attività di pesca non dipendenti dalla volontà dell'armatore, nonché riconoscere il lavoro del pescatore quale attività usurante di cui al decreto legislativo n. 67 del 2011, considerate le precipue caratteristiche e stante l'avvenuto riconoscimento, di attività gravosa di cui alla legge n. 205 del 2017 – legge di stabilità 2018);

   se intenda assumere iniziative per rafforzare la dotazione finanziaria del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura in modo da rendere realmente possibile un governo condiviso della pesca e accelerare e snellire le procedure per l'accesso ai fondi del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp).
(4-03774)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   ALAIMO, MACINA, DIENI, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, SURIANO, FRANCESCO SILVESTRI, ELISA TRIPODI, ROBERTO ROSSINI, MARTINCIGLIO, D'ORSO, NAPPI, CANCELLERI, FARO, TROIANO, GRIPPA e LOMBARDO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 74 del 2017, di riforma del decreto legislativo n. 150 del 2009, ha modificato il sistema di misurazione delle performance, attribuendo agli organismi indipendenti di valutazione capacità di iniziativa per il miglioramento della valutazione, con riflessi sull'organizzazione amministrativa;

   il suddetto decreto legislativo ha inserito importanti novità all'interno del processo valutativo della performance con la partecipazione diretta dei cittadini e degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi, riconoscendo la possibilità di segnalare le proprie osservazioni e incrementando così la trasparenza nell'attività pubblica;

   in particolare, l'articolo 19-bis del decreto legislativo n. 150 del 2009, introdotto dal decreto legislativo n. 74 del 2017, prevede che i cittadini, anche in forma associata, partecipino al processo di misurazione delle performance organizzative, anche comunicando direttamente all'organismo indipendente di valutazione il proprio grado di soddisfazione per le attività e per i servizi erogati, secondo le modalità stabilite dallo stesso organismo;

   lo stesso articolo prevede che ciascuna amministrazione adotti sistemi di rilevazione del grado di soddisfazione degli utenti e dei cittadini in relazione alle attività e ai servizi erogati, favorendo ogni più ampia forma di partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi;

   l'organismo indipendente di valutazione verifica l'effettiva adozione dei predetti sistemi di rilevazione e assicura la pubblicazione dei risultati in forma chiara e comprensibile e ne tiene conto ai fini della valutazione della performance organizzativa dell'amministrazione;

   i risultati della rilevazione del grado di soddisfazione dei cittadini e degli utenti devono essere pubblicati, con cadenza annuale, sul sito dell'amministrazione e sono valutati dall'organismo indipendente di valutazione ai fini della valutazione della performance organizzativa dell'amministrazione e, in particolare, ai fini della validazione della relazione sulla performance;

   con la normativa sopra richiamata viene, dunque, riconosciuto ai cittadini un ruolo attivo nella valutazione della performance organizzativa, favorendo ogni più ampia forma di partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi;

   gli enti locali, in modo particolare i comuni, sono erogatori di servizi la cui rilevanza e il cui impatto incidono profondamente sulla qualità della vita degli stessi –:

   se, valutando lo stato di attuazione di quanto previsto all'articolo 19-bis del decreto legislativo n. 150 del 2009 sopra richiamato, non intenda adottare iniziative per rafforzare lo strumento della partecipazione, al fine di valorizzare il ruolo attivo dei cittadini nella valutazione della performance delle amministrazioni, anche con riferimento agli enti locali, anche fissando metodologie e standard sui servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche per effettuare indagini e rilevazioni del grado di soddisfazione degli utenti.
(3-01016)


   D'ALESSANDRO e FERRI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione nazionale dei comuni italiani ha denunciato, a più riprese, la grave situazione di carenza dei segretari comunali sul territorio nazionale;

   la situazione si presenta più critica soprattutto nei piccoli comuni. Secondo gli ultimi dati riportati dall'Anci, solo a titolo di esempio, in Abruzzo, su 135 comuni con meno di 3.000 abitanti, 111 sono sprovvisti del segretario comunale; in Liguria, su un fabbisogno di 238 autonomie locali, alla fine del 2019 resteranno 68 segretari comunali;

   in assenza del segretario comunale, si rischia il blocco della funzionalità del comune stesso, con inevitabili ripercussioni negative sulla qualità del lavoro dei sindaci: non può tenersi il consiglio comunale; non posso essere firmati gli atti; è impossibile bandire gare d'appalto; non si gestiscono i contenziosi; si determina, dunque, un rallentamento complessivo dell'azione amministrativa;

   un grido di allarme fattosi più intenso con l'entrata in vigore della norma relativa alla cosiddetta «quota 100» che incrementerà in maniera esponenziale il pensionamento dei segretari comunali, con il pericolo di determinare un vero e proprio blocco dell'azione amministrativa dei piccoli comuni del nostro paese;

   l'espletamento pluriennale del corso-concorso, se pur necessario, rischia di non rappresentare la soluzione decisiva alla carenza cronica delle figure apicali della pubblica amministrazione, se individuato come unica possibilità di reclutamento. In tal senso andrebbero indicate soluzioni capaci di far fronte all'emergenza rappresentata dall'alto numero delle sedi al momento vacanti, che, entro la fine del 2019, rischiano un ulteriore incremento a causa dei pensionamenti dovuti all'applicazione di «quota 100» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, a fronte dell'eventuale aggravarsi della situazione in conseguenza dell'applicazione della normativa relativa a «quota 100» che incrementerà i pensionamenti dei segretari comunali, nell'ambito di una più generale programmazione dei reclutamenti della pubblica amministrazione, per far fronte all'attuale insufficienza di organico, anche individuando ulteriori nuove procedure di selezione rispetto all'attuale concorso pubblico.
(3-01017)


   MUSELLA e PELLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosiddetto «decreto crescita», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 2019, introduce significative novità in materia di assunzioni di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni;

   precisamente il comma 2 del citato articolo introduce una modifica significativa del sistema di calcolo della capacità assunzionale dei comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole del turn over e l'introduzione di un sistema basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale;

   la nuova disciplina non è immediatamente applicabile, in quanto è previsto un decreto ministeriale attuativo, attualmente in discussione in Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nelle more dell'adozione del decreto, continuano ad applicarsi le norme ordinarie in materia di determinazione della facoltà assunzionale;

   a decorrere dalla data che verrà individuata con apposito decreto attuativo, i comuni potranno effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato entro il limite di una spesa complessiva per il personale dipendente (al lordo degli oneri riflessi) non superiore al valore soglia, definito come percentuale, anche differenziata per fascia demografica, delle entrate relative ai primi tre titoli risultanti dal rendiconto dell'anno precedente a quello in cui è prevista l'assunzione, che dovranno essere calcolate al netto delle entrate a destinazione vincolata e del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione;

   i valori soglia e le fasce demografiche sarebbero dovuti essere individuati con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro 60 giorni dalla data in vigore del «decreto crescita»;

   le previsioni dell'articolo 33 del «decreto crescita», in attesa dei decreti attuativi, sembrano aprire senza dubbio scenari incoraggianti per gli enti locali che nel corso degli ultimi anni hanno subito una drastica riduzione del personale in servizio: la possibilità di assumere viene finalmente disancorata da ferree logiche di turnover –:

   come e in quali tempi intenda provvedere all'adozione dei decreti attuativi richiamati in premessa, per aprire una stagione di ricambio generazionale tanto attesa negli enti locali, reduci da un decennio in cui il valore aggiunto della professionalità del personale a parere degli interroganti è stato sacrificato sull'altare dell'austerità finanziaria.
(3-01018)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto «I numeri del cancro in Italia» di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Airtum (Associazione italiana dei registri tumori) pubblicato nel 2019, certifica che i casi di tumore sono in diminuzione. La stima è di 371.000 diagnosi (196.000 per gli uomini e 175.000 per le donne: 2000 in meno rispetto al 2018);

   sono quasi 3 milioni e mezzo gli italiani (3.460.025, il 5,3 per cento dell'intera popolazione) che vivono dopo la diagnosi di cancro, cifra in aumento, grazie a terapie più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di prevenzione;

   tuttavia, sui modelli organizzativi per l'oncologia, l'Italia è ancora significativamente indietro. Molte regioni non si sono dotate di una rete oncologica e protocolli diagnostico terapeutici assistenziali sono in lenta crescita;

   a livello di infrastrutture ci sono evidenti disparità tra regioni ed è necessario un riammodernamento in molti centri, soprattutto per ciò che riguarda la strumentazione per la radioterapia e per la somministrazione dei nuovi radiofarmaci della piattaforma teragnostica;

   è assente dal 2010 un piano oncologico nazionale che induca le regioni ad adeguare a specifici criteri i propri processi di presa in carico e cura dei pazienti;

   ad oggi, l'elemento principale della pianificazione in oncologia è costituito dall'intesa Stato-regioni, del 17 aprile 2019, contenente le «Nuove linee guida organizzative e raccomandazioni per la rete oncologica ospedale territorio»;

   obiettivo delle linee-guida è quello di indicare i criteri per una più compiuta implementazione delle reti oncologiche;

   l'intesa è volta all'individuazione delle migliori strutture per il trattamento, suddivise per tipologia dei tumori ed individua i criteri per costituire team interdisciplinari e dispensare i farmaci innovativi;

   in conformità all'accordo, entro 90 giorni il Ministero della salute avrebbe dovuto istituire il coordinamento generale delle reti oncologiche, mentre l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) avrebbe dovuto dotarsi di un Osservatorio per il monitoraggio delle reti oncologiche. Tuttavia, ad oggi, risulta che i predetti provvedimenti non siano stati adottati;

   inoltre, a quanto è dato sapere, in Italia sono dotate di una rete oncologica funzionante solo Lombardia, Piemonte, Valle D'Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Campania e le province autonome di Trento e Bolzano;

   il progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» coordinato dall'associazione Salute donna onlus, con altre 24 associazioni di pazienti oncologici, ha diffuso nel 2018 un documento denominato «Accordo di legislatura» che, per la migliore presa in carico e cura del paziente onco-ematologico, propone alle istituzioni di conformarsi a un preciso piano di intervento;

   in particolare, con i primi punti del documento si chiede di garantire l'adozione di un nuovo piano oncologico basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, nonché di lavorare per dare effettiva attuazione alle reti oncologiche ed ematologiche regionali –:

   se e quali iniziative intenda adottare per migliorare i modelli organizzativi per l'oncologia, anche con l'intento di superare il divario che esiste tra le regioni;

   se e quali iniziative abbia adottato, per quanto di competenza, per porre in essere gli interventi pianificati in oncologia con l'intesa Stato-regioni del 17 aprile 2019, tra le quali l'istituzione del Coordinamento generale delle reti oncologiche che, ad oggi, non risulta effettivo;

   se ed entro quali tempi si intenda procedere all'adozione del piano oncologico nazionale basato sulla centralità del percorso di presa in carico e cura del paziente oncologico ed onco-ematologico, dando vita a un sistema di indicatori delle performance a livello regionale, anche in conformità a quanto indicato dal documento diffuso con il progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», menzionato in premessa.
(5-02842)

Interrogazione a risposta scritta:


   EPIFANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni giorni il punto nascita di Sant'Agata Militello è stato chiuso. Da fonti di stampa si apprende che la decisione è scaturita il 28 settembre 2019 a conclusione di un vertice interno, presieduto dalla dirigente sanitaria Paolina Reitano;

   da circa due settimane il reparto di ostetricia e il punto nascita erano stati allocati in nuovi locali situati al secondo piano del nosocomio. Ora il direttore sanitario aziendale ne dispone la chiusura, con conseguente dirottamento delle partorienti presso il presidio ospedaliero di Patti;

   la chiusura del punto nascita di Sant'Agata Militello colpisce un presidio sanitario che serve non solo comuni dell'area costiera, ma anche numerosi comuni della montuosa area nebroidea che avrebbero ulteriori insostenibili difficoltà a doversi allontanare per essere assistiti per questa delicata prestazione;

   il 2 ottobre 2019 si è svolta la conferenza dei 18 sindaci del distretto alla presenza del direttore generale dell'Asp, Paolo La Paglia. Da quanto si apprende, la causa della chiusura non sarebbe strutturale, come trapelato inizialmente, ma riguarderebbe la dotazione organica del personale medico, insufficiente per garantire i turni di guardia;

   il timore dei cittadini è che quella del punto nascita sia solo l'avvisaglia di una futura chiusura definitiva dell'intero ospedale a danno di una utenza dell’hinterland nebroideo di oltre 100.000 abitanti –:

   se sia a conoscenza di quanto accaduto e quali iniziative di competenza intenda assumere per monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e salvaguardare la salute dei cittadini e la qualità del lavoro del personale sanitario, anche alla luce della peculiarità geografica del territorio servito dal punto nascita di Sant'Agata Militello.
(4-03773)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASSINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da molteplici notizie di stampa e dichiarazioni di esponenti del Governo emerge la volontà dell'Esecutivo di rivedere le agevolazioni fiscali nel comparto edilizio con l'idea del Governo di agganciare le detrazioni al reddito;

   nel mirino vi sarebbero, tra l'altro, i bonus per le ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici che, nel corso degli ultimi anni, hanno contribuito in maniera significativa a far muovere l'economia e a generare posti di lavoro;

   bonus per ristrutturazioni edilizie e per le riqualificazioni energetiche coinvolgono cifre rilevanti che si riuscirebbero a ottenere soltanto intaccando anche i rimborsi in essere, quelli relativi ai lavori conclusi negli anni scorsi, ma si tratterebbe di una sorta di tassa retroattiva, molto probabilmente incostituzionale;

   oltre una certa soglia di reddito si perderebbe il diritto a ottenere il rimborso fiscale. Al riguardo, il Ministro Patuanelli si era impegnato a prorogare il pacchetto legato agli incentivi sopra richiamati, indicando tale tema come una priorità –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alle agevolazioni fiscali nel comparto edilizio.
(4-03771)


   PRESTIGIACOMO e OCCHIUTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto internazionale di Catania, primo scalo del Mezzogiorno per traffico totale passeggeri e secondo scalo italiano per il traffico nazionale, è gestito dalla Sac Società Aeroporti Catania S.p.a., con capitale sociale detenuto per il 61,22 per cento dalle camere di commercio di Catania, Ragusa, Siracusa, per il 12,24 per cento ciascuno rispettivamente dalla città metropolitana di Catania, da Irsap Palermo e dal Libero consorzio comunale di Siracusa e per il 2,04 per cento dal comune di Catania;

   come riportato dai maggiori organi di stampa il 29 aprile 2019, è stato eletto il nuovo consiglio di amministrazione della Sac S.p.a. e, come ravvisato dal Codacons, sono state rilevate una serie di incongruenze e presunte irregolarità in merito alle procedure di nomina da parte della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Cciaa) del Sud-est Sicilia;

   in primo luogo, come si evince dalla delibera n. 27 del 23 aprile 2019 della giunta della Cciaa del Sud-est Sicilia, si apprende che la procedura di voto si è svolta a scrutinio palese, ma al tempo stesso non si riesce a prendere atto del dato relativo alla presentazione dei curricula, ovvero se essi siano stati presentati sulla base di preventive candidature e in quale misura valutati nella prospettiva dell'incarico da conferire;

   a quanto consta agli interpellanti in riferimento all'istanza di accesso agli atti proposti dal Codacons (prot. n. 74/IST/2019 del 2 maggio 2019 e prot. n. 80/IST/2019 del 15 maggio 2019), la Camera di commercio del Sud-est Sicilia, inspiegabilmente si sarebbe limitata a trasmettere le delibere in questione e non i curricula dei designati al nuovo consiglio di amministrazione della Sac s.p.a.;

   a ciò si aggiunge che dalla predetta delibera non si evince se i soggetti designati che figurano anche all'interno della giunta della Cciaa, sui quali sembrano gravare evidenti profili di incompatibilità, oltre ad astenersi si siano anche allontanati dal luogo della votazione;

   in tal senso l'articolo 24, comma 1, dello statuto della Cciaa del Sud-est Sicilia stabilisce che «il presidente della Cciaa, i componenti della giunta e del Consiglio devono astenersi dal prenderà parte alle deliberazioni e dall'adottare atti nei casi di incompatibilità previsti dalla legge con l'oggetto in trattazione» e il medesimo articolo, al comma 2, prevede che «il divieto di cui al precedente comma comporta anche l'obbligo di allontanarsi dalla sala delle sedute»;

   gli evidenti profili di incompatibilità si prefigurano poiché i soggetti designati dalla Cciaa, signori Privitera e Gambuzza, sembrerebbero figurare all'interno della giunta della Cciaa del Sud-est e nel consiglio di amministrazione della Società Soaco (controllata dalla medesima Cciaa in palese violazione rispetto a quanto stabilito dall'articolo 43, comma 5, dello statuto camerale della Cciaa del Sud-est Sicilia;

   parimenti, meritevole di attenzione è il dato relativo al fatto che tra i tre soggetti designati dalla Cciaa del Sud-est Sicilia non vi sia alcun soggetto di sesso femminile, violando quanto stabilito dall'articolo 44, comma 6 e articolo 46, comma 4, dello statuto della Cciaa del Sud-est Sicilia ai sensi del quale è garantita la presenza di genere diverso per almeno un terzo nel caso in cui il numero dei designati sia superiore a due;

   il rinnovo del consiglio di amministrazione della Sac Spa rappresenta un momento fondamentale per l'aeroporto di Catania anche dal punto di vista economico, considerato che la gestione della privatizzazione della stessa società, di cui si parla da anni, vale circa 1 miliardo di euro;

   a ciò si aggiunge che le polemiche relative alla privatizzazione della società sono altresì legate alle modalità di accorpamento di dubbia fattibilità delle camere di commercio di Siracusa, Ragusa e Catania che, allo stato attuale, detengono il 61,22 per cento del capitale sociale della società citata –:

   se il Governo, anche alla luce dei rilievi avanzati dal Codacons, non intenda adottare le iniziative di competenza, anche in relazione alle perplessità avanzate in ordine al procedimento di designazione dei vertici della società Aeroporti Catania S.p.a., in particolare istituendo un tavolo tecnico ministeriale, al fine di assicurare trasparenza e correttezza nei confronti della collettività e dagli utenti, per uno scalo aeroportuale di estrema rilevanza anche sul piano nazionale.
(4-03775)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Noja e altri n. 1-00243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Boldrini, Muroni.

  La mozione Lazzarini e altri n. 1-00246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bazzaro, Garavaglia, Durigon, Andreuzza, Bisa, Coin.

  La mozione Scagliusi e altri n. 1-00251, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bella.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ilaria Fontana n. 5-01984 del 18 aprile 2019;

   interpellanza urgente Prestigiacomo n. 2-00440 del 2 luglio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Murelli n. 5-02783 del 30 settembre 2019;

   interrogazione risposta in Commissione Giacomoni n. 5-02786 del 1° ottobre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Silli n. 5-02792 del 2 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Covolo n. 5-02815 del 4 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta scritta Paternoster n. 4-03766 del 7 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta scritta Mulè n. 4-03767 del 7 ottobre 2019.