Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 7 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la tecnologia 5G costituisce una piattaforma abilitante per realizzare servizi capaci di sostenere un nuovo modello di società e costituisce una tecnologia dalle grandi potenzialità che potrà essere applicata in diversi settori come la salute (e-health), l'istruzione (e-learning), le pubbliche amministrazioni, l'industria, l'agricoltura, determinando cambiamenti radicali, e la cosiddetta trasformazione digitale dovrebbe garantire un miglioramento dell'efficienza nella comunicazione tra le diverse piattaforme, con evidenti vantaggi nella gestione di servizi complessi;

    la tecnologia 5G rappresenta la nuova e più avanzata frontiera degli standard per le connessioni da dispositivi mobili, in quanto capace di assicurare una velocità di download e upload molto elevata;

    le tecnologie e i sistemi di telecomunicazione che sono stati sviluppati impiegano campi elettromagnetici a frequenze appartenenti alla banda che, non a caso, è definita radiofrequenza perché consentono la trasmissione e la ricezione di segnali per le radiocomunicazioni;

    il 5G è considerato essere una «tecnologia abilitante», in quanto, grazie all'altissima ampiezza di banda e la bassissima latenza, permette di sviluppare soluzioni innovative di utilizzo della rete internet, favorirà lo sviluppo del Paese quale base di soluzioni tecnologiche e driver dell'innovazione;

    nel 2018 l'Italia, con grande anticipo anche rispetto al resto dei Paesi europei – ponendosi al secondo posto nell'indice Desi 2019 in termini di 5G Readiness – ha proceduto ad assegnare le bande di frequenza 5G attraverso l'asta pubblica indetta dal Ministero dello sviluppo economico, generando introiti pari a 6 miliardi e 550 milioni di euro – nettamente superiori ai 2,5 miliardi di euro previsti dalla legge di bilancio per il 2018;

    le procedure per definire i nuovi standard per il 5G sono attualmente all'attenzione delle istituzioni nazionali ed europee e alcune di queste, in particolare quelle all'attenzione dei comitati tecnici, sono in via di conclusione;

    una recente analisi della società di consulenza Ernst & Young evidenzia come le implicazioni economiche correlate alla disponibilità di reti e servizi 5G sul sistema Paese siano pari a circa lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo all'anno in media per i primi 15 anni a partire dal 2020, con un impatto di circa 5-6 miliardi di euro all'anno, tenendo conto sia dei maggiori investimenti generati dalle piattaforme 5G-enabled nei vari ambiti applicativi, sia dei risparmi conseguenti all'utilizzo di tali piattaforme;

    lo sviluppo del 5G si inserisce in una strategia europea condivisa, come espresso bene dal 5G for Europe action plan e dalla direttiva 1972/18 relativa al nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Quest'ultimo ribadisce che gli Stati europei possono prevedere limitazioni per sviluppo delle reti, che siano però proporzionate e non discriminatorie e tenendo nella massima considerazione la raccomandazione 1999/519/CE;

    la stessa Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha incluso la definizione di standard comuni per il 5G tra gli obiettivi principali sulla governance digitale del nuovo corso dell'Europa e che diversi comitati tecnici europei come il 3GPP stanno sviluppando soluzioni e standard comuni per il 5G, alcuni di questi in via di conclusione;

    nell'ambito dell'indagine conoscitiva avviata dalla IX Commissione della Camera dei deputati per quanto riguarda i dati disponibili e le preoccupazioni emerse in alcuni segmenti della società rispetto a possibili danni per la salute della popolazione connessi alla introduzione del 5G, è stato lo stesso Istituto superiore di sanità a smentirle;

    allo scopo di proteggere la popolazione da eventuali effetti sulla salute provocati dall'esposizione ai campi elettromagnetici, sono state formulate, dagli organismi preposti, apposite linee guida internazionali che individuano limiti di esposizione cautelativi valutati e fissati sulla base di verifiche ed evidenze scientifiche circa gli effetti di tale esposizione;

    le richiamate linee guida individuano i limiti per tutte le gamme di frequenza riservate ai servizi mobili (100 MHz-300GHz). La tecnologia di rete non ha alcuna rilevanza rispetto ai limiti definiti che dipendono soltanto dalla potenza trasmessa dagli impianti e dalla frequenza utilizzata. Tutte le frequenze utilizzate dal 5G, incluse le spesso citate onde millimetriche, ricadono ampiamente all'interno di quelle considerate dalle linee guida;

    le normative nazionali sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza hanno sempre seguito un approccio cautelativo, tale da portare alla definizione e all'emanazione di leggi che prevedono limiti di esposizione per la popolazione più restrittivi rispetto a quanto riportato nelle linee guida di riferimento internazionali definite dalla Commissione scientifica internazionale, denominata International commission on non-ionizing radiation protection (Icnirp), e dalla raccomandazione 1999/512/CE;

    a livello nazionale, la materia dei limiti di emissioni elettromagnetiche ha trovato la sua regolamentazione nella legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», la cui impostazione riflette il principio di precauzione di cui all'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

    con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003 sono stati fissati i limiti di esposizione e i valori di attenzione per la prevenzione degli effetti a breve termine e dei possibili effetti a lungo termine nella popolazione dovuti all'esposizione ai campi elettromagnetici generati da sorgenti fisse con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz;

    l'articolo 6, comma 1, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, ha istituito il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico, presieduto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o da un Sottosegretario da questi delegato, che, tra le funzioni, annovera: quelle della promozione di attività di ricerca e sperimentazione tecnico-scientifica, la realizzazione di accordi di programma con gestori di elettrodotti, con i proprietari dei medesimi o delle reti di trasmissione finalizzati alla promozione di tecnologie e tecniche di costruzione di impianti in grado di ridurre le emissioni ambientali; la promozione di intese e accordi di programma con imprese produttrici di apparecchiature di uso domestico o lavorativo e con gestori di servizi trasporto pubblico che producono campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici al fine di favorire e sviluppare tecnologie che consentano di ridurre al minimo le emissioni ambientali;

    a suddetto Comitato è inoltre riconosciuta una funzione consultiva sugli atti di competenza del Governo, nonché funzione di monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla medesima legge n. 36 del 2001;

    le funzioni svolte dal Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico appaiono di grande utilità ai fini dell'opportuna tutela dell'ambiente e della salute e della sicurezza delle persone dal fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico;

    la base per i regolamenti nazionali dei diversi Paesi europei sono dettate dalle linee guida stabilite dall'Icnirp, che sono state sottoposte a revisione nel corso del 2018 dopo un lungo lavoro di rassegna e valutazione della letteratura internazionale intervenuta negli ultimi vent'anni. La conclusione di tale revisione è attesa per la fine dell'anno e ci si attende una sostanziale riconferma delle linee guida già pubblicate nel 1998;

    l'Icnirp ha pubblicato una nota in cui viene testualmente affermato che: «Sono stati pubblicati due recenti studi sugli animali che indagano il potenziale carcinogenico dell'esposizione a lungo termine ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (EMF) associati ai telefoni cellulari: uno dal Programma nazionale di tossicologia degli Stati Uniti (NTP 2018a, b) e l'altro dall'Istituto Ramazzini (Falcioni et al. 2018). Questi studi, tra gli altri, sono stati presi in considerazione durante la revisione delle linee guida sull'esposizione alla radiofrequenza di Icnirp. Tuttavia, entrambi gli studi hanno incongruenze e limitazioni, che influenzano l'utilità dei loro risultati per la definizione di linee guida sull'esposizione, ed entrambi devono essere considerati nel contesto di altre ricerche di cancerogenicità su animali e persone. Complessivamente, sulla base delle considerazioni esposte di seguito, Icnirp conclude che questi studi non forniscono una base affidabile per la revisione delle linee guida esistenti sull'esposizione alla radiofrequenza»;

    le grandezze fisiche di riferimento utilizzate per fissare i limiti sono il sar (specific absorption rate) misurato in w/kg (watt per chilogrammo), che misura la potenza assorbita dal corpo, e la densità di potenza (p) in w/m2 (watt per metro quadro), che è la grandezza fisica caratterizzante la propagazione dell'onda elettromagnetica nell'ambiente. Il fattore di sicurezza applicato dalle linee guida internazionali è pari a 50 per la popolazione generale esposta al campo. E dunque i limiti fissati dalle raccomandazioni sono 50 volte inferiori rispetto ai valori di soglia minima per i quali sono stati osservati degli effetti sanitari;

    a livello europeo, solo l'Italia, la Bulgaria, la Polonia e il Belgio (sia pur con alcune diversità) hanno adottato un limite pari a 6 v/m, laddove tutti gli altri Paesi si attestano in media su limiti che oscillano tra i 41 e i 58 v/m;

    anche se la numerosità di studi relativi alle frequenze specifiche del 5G è relativamente limitata, non ci sono ragioni scientifiche o logiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle tecnologie precedenti, in quanto gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati da Icnirp per le bande di frequenza fino a 300 GHz, incluse dunque le frequenze già utilizzate e/o che saranno utilizzate dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G;

    il Ministero della salute ha finanziato, presso il Centro nazionale di controllo delle malattie, il progetto triennale Camelet, sviluppato dall'Istituto superiore di sanità, che, tra le altre cose, ha creato un sito tematico, finalizzato a fornire ai cittadini un quadro globale dei risultati delle ricerche delle più innumerevoli organizzazioni nazionali e internazionali delle normative di protezione e delle strutture preposte al controllo dei campi elettromagnetici;

    nel corso della memoria consegnata in Commissione trasporti nel febbraio 2019, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in essere promossa dalla stessa Commissione, per l'Istituto superiore di sanità le esposizioni delle persone ai campi attualmente utilizzati per le telecomunicazioni sono infatti molto inferiori ai limiti di esposizione fissati per prevenire gli effetti termici (a loro volta molto inferiori alle soglie di esposizione effettivamente in grado di produrre tali effetti) ed è prevedibile che sarà così anche nel caso del 5G e, se è vero che con il 5G saranno utilizzate molte più antenne, per l'Istituto superiore di sanità non vi è motivo di ritenere che le esposizioni delle persone aumenteranno significativamente;

    un aspetto di particolare novità della tecnologia 5G è che, oltre alla comunicazione tra persone, sarà finalizzata anche al cosiddetto «internet delle cose», in cui sono i vari dispositivi wireless a comunicare direttamente tra loro utilizzando le frequenze nella banda 24-28 GHz attualmente molto poco, o quasi per niente, utilizzata;

    per il 5G serviranno le cosiddette small cells, aree di territorio dal raggio che può andare da poche decine di metri a circa 2 chilometri. Per coprire queste celle di dimensioni più piccole di quelle attualmente utilizzate per la telefonia cellulare saranno necessarie potenze di emissione più basse di quelle attuali, con una distribuzione dei livelli di esposizione più uniforme e con picchi di emissione più bassi nelle zone in prossimità delle antenne rispetto a quanto avviene attualmente;

    bisogna scongiurare che una cattiva informazione che spesso si propaga attraverso i social network possa compromettere un avanzamento tecnologico del nostro Paese, creando incertezze anche nell'ambito degli investimenti in corso,

impegna il Governo:

1) a proseguire con l'approfondimento degli studi e delle ricerche sull'elettromagnetismo – con riferimento alle tecnologie di comunicazione radio e non solo 5G – accompagnando le riforme normative necessarie con adeguate iniziative istituzionali di comunicazione volte a soddisfare le esigenze di informazione chiara ed esaustiva per l'opinione pubblica;

2) a garantire un monitoraggio costante e continuativo da parte del Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, che tenga conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale in tema di elettromagnetismo;

3) a tener conto dello sviluppo tecnologico in atto nel settore delle telecomunicazioni e delle opportunità di crescita e competitività che tale sviluppo offre al Paese;

4) ad adoperarsi nelle sedi più opportune, facendo ove necessario ricorso a iniziative di tipo legislativo per rivedere e migliorare l'impianto normativo alla base della realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione nazionali di rete mobile, perseguendo l'obiettivo di una maggiore omogeneità e semplificazione normativa a livello locale.
(1-00251) «Scagliusi, Bruno Bossio, Paita, Stumpo, Barbuto, Cantini, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Gariglio, Grippa, Marino, Nobili, Pizzetti, Raffa, Andrea Romano, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Rizzo Nervo, Carnevali, Siani».


   La Camera,

   premesso che:

    il progetto della Gronda di Genova ha lo scopo di separare il traffico cittadino da quello di attraversamento e dai flussi da/per il porto, così da alleggerire il tratto della A10 e trasferire la circolazione dei mezzi pesanti sulla nuova infrastruttura, andando a realizzare una sensibile riduzione del traffico, degli inquinamenti e dei tempi di percorrenza e aumentando, al contempo, gli standard di sicurezza stradale;

    il progetto definitivo è stato sottoposto alla prescritta procedura di approvazione, acquisendo nel corso dell’iter tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente, ivi compresa quella relativa alla compatibilità ambientale;

    in relazione all'originario progetto della Gronda, sono state elaborate nel tempo diverse analisi costi benefici che hanno portato ad ipotizzare delle alternative progettuali che considerano, da ultimo, la nuova viabilità che andrà a configurarsi a seguito della ricostruzione del cosiddetto Ponte Morandi;

    sul progetto della Gronda, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli ha dichiarato, in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-00974, che intende costituire un gruppo di lavoro con gli enti locali al fine di verificare miglioramenti delle infrastrutture collegate, così da addivenire in tempi ragionevoli alla realizzazione delle opere utili che siano al contempo compatibili con le aspettative del territorio,

impegna il Governo

1) ad avviare i lavori per la realizzazione dell'opera nota come Gronda di Genova secondo soluzioni condivise, mantenendo aperto un confronto con tutti gli interessati e le forze politiche, avendo come imperativi categorici la sicurezza delle infrastrutture, il miglioramento della viabilità complessiva e la funzionalità dell'opera rispetto alle esigenze di rilancio del sistema produttivo e portuale del territorio secondo modalità ecocompatibili.
(1-00252) «Ilaria Fontana, Braga, Fregolent, Stumpo, Rizzone, Gariglio, Federico, Enrico Borghi, Grippa, Pezzopane, Rospi, Zolezzi».


   La Camera,

   premesso che:

    la rete 5G è la rete di nuova generazione, l'evoluzione dell'attuale 4G lte in uso attualmente. Con velocità maggiori nel trasferimento dei dati, dispositivi sempre connessi, fino al cosiddetto internet delle cose (internet of things – l'estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi fisici), la rete 5G promette di rivoluzionare la telefonia mobile;

    cittadini, associazioni e personalità scientifiche hanno firmato un appello internazionale nel quale si denunciano i rischi sanitari legati al fatto che la rete 5G utilizza frequenze del campo elettromagnetico più elevate rispetto al 4G. In questo modo aumenterebbe in maniera importante l'esposizione alle radiofrequenze che potrebbe causare effetti gravi e irreversibili sulla salute delle persone e per l'ambiente;

    attualmente non ci sono ricerche sufficienti circa gli effetti dell'esposizione alla tecnologia 5G. Comunque sull'effetto dei campi elettromagnetici sui biosistemi esistono migliaia di studi, i cui risultati sono considerati in gran parte validi anche per le frequenze utilizzate dal 5G;

    secondo il dottor Polichetti, primo ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità al Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni, è necessario approfondire gli studi per capire meglio quali potrebbero essere i reali effetti del 5G sulla salute, anche se per il momento non ci sono ragioni che sostengano i timori, come non ce ne erano in passato quando sono state installate le altre tecnologie;

    l'Istituto superiore di sanità ha prodotto un rapporto dove si sottolinea come non ci siano motivi per attendersi effetti diversi del 5G rispetto alle tecnologie precedenti;

    il 26 febbraio 2019, nel corso dell'audizione nella IX Commissione della Camera relativa all’«Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G», l'Istituto superiore di sanità ha depositato delle memorie dove si ricorda che la tecnologia 5G utilizzerà bande di frequenza diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia cellulare. Uno degli aspetti di particolare novità è il suo utilizzo non solo per la comunicazione tra persone, ma anche per la comunicazione tra dispositivi («internet delle cose»), per la quale saranno utilizzate onde a frequenze comprese nella banda 24-28 GHz, molto vicina a quella delle «onde millimetriche» (30-300 GHz);

    gli studi fatti su queste frequenze (per esempio dall'Agenzia francese per la sicurezza, la salute e l'ambiente) dimostrano che gli effetti immediati sulle cellule sono meno rilevabili rispetto a quelli per l'uso delle attuali frequenze 2G/3G/4G (che pure danno effetti scarsamente percettibili di riscaldamento cellulare);

    onde elettromagnetiche di così elevata frequenza, durante la loro propagazione, non riescono a penetrare attraverso edifici o comunque a superare ostacoli ed inoltre vengono facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie. Per questo motivo l'utilizzo di tali onde renderà necessario installare numerosi ripetitori che serviranno le cosiddette small cells, aree di territorio dal raggio che può andare da poche decine di metri a circa 2 chilometri. La previsione di una proliferazione di antenne sembra essere la principale causa di preoccupazione riguardo all'introduzione del 5G. In realtà le dimensioni più piccole delle celle rispetto a quelle attualmente utilizzate per la telefonia cellulare comporteranno delle potenze di emissione più basse di quelle attuali, con una distribuzione dei livelli di esposizione più uniforme e con picchi di emissione più bassi nelle zone in prossimità delle antenne rispetto a quanto avviene attualmente;

    in pratica il segnale su frequenze elevate penetra e si diffonde meno bene, ecco perché le celle devono essere più piccole e più capillari. Ma questo vuol dire anche, come sottolinea l'Istituto superiore di sanità, che le potenze utilizzate saranno più basse e le onde si fermeranno a livello molto superficiale (della pelle);

    il 5G implica lunghezze d'onda più corte e maggiori antenne per renderlo efficiente. Molte antenne consentono di coprire territori più piccoli, quindi potenze molto piccole. Così sarà per tutte le antenne del 5G: avranno potenze molto basse;

    dal 2022 il 5G userà anche le frequenze a 700 MHz, che però sono le stesse usate dai televisori e su cui nei decenni non sono emersi rischi dimostrabili per la salute;

    in realtà, come ha sottolineato Pietro Guindam, presidente di Asstel-Assotelecomunicazioni (l'associazione delle imprese delle telecomunicazioni aderente a Confindustria), riguardo agli allarmi che ruotano intorno alle cosiddette frequenze millimetriche, queste frequenze non sono una novità, ma «sono utilizzate in altri campi da anni e regolate da normative a tutela della salute umana. E a titolo di curiosità scientifica, si ricorda che le frequenze della luce solare visibile sono nanometriche, quindi 1.000 più corte delle temute frequenze millimetriche»;

    ad oggi chiaramente non si dispone di studi scientifici di durata pluriennale svolti su un ampio gruppo di persone, né di studi sulla sovrapposizione degli effetti dei campi elettromagnetici dovuti al 5G con quelli delle tecnologie precedenti. Per avere questi dati servirebbe molto tempo e un'ampia popolazione su cui svolgere l'indagine. Allo stato attuale non sembrano esserci indizi di pericolosità tali da far invocare con forza il principio di precauzione;

    peraltro, a proposito del citato principio di precauzione e dei limiti di emissione elettromagnetica, il 6 novembre 2018, il Sottosegretario di Stato pro tempore per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Micillo, rispondendo a un'interrogazione alla Camera, ricordava come nel nostro Paese, i limiti di emissione «sono inferiori e non allineati a quelli in vigore negli altri Paesi europei e sono stati stabiliti in ottica prudenziale, nel dubbio di effetti negativi di lungo periodo per la salute umana derivanti da esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. A ciò si aggiunga, pertanto, che la richiamata normativa nazionale prevede che un apposito comitato interministeriale preveda l'aggiornamento dello stato delle conoscenze conseguenti alla ricerca scientifica prodotta a livello nazionale e internazionale sul tema. Il Ministero della salute ha fatto, inoltre, presente che la valutazione del rischio sanitario associato all'esposizione ai campi elettromagnetici è basata su migliaia di studi condotti negli ultimi decenni in ambito epidemiologico e sperimentale. Tali studi, sia in vivo che in vitro, hanno prodotto un ricchissimo quadro di riferimento e un elevato grado di condivisione a livello mondiale delle politiche di protezione e concordano nel ritenere che il rischio di eventuali effetti sanitari a lungo termine associato all'esposizione ai campi elettromagnetici e alle radiofrequenze, inclusi i telefoni cellulari, rivesta, allo stato dell'arte, un carattere del tutto ipotetico e non di certezza»;

    gli standard internazionali di protezione definiscono limiti di esposizione ai campi elettromagnetici il cui rispetto garantisce ampiamente, grazie anche all'introduzione di opportuni fattori di riduzione, che la soglia degli effetti termici non venga superata. Tali standard sono stati recepiti anche in Italia dove per i sistemi fissi per le telecomunicazioni e radiotelevisivi sono previsti limiti di esposizione e valori di attenzione più restrittivi dei limiti internazionali, in quanto finalizzati alla tutela della salute anche da eventuali effetti a lungo termine;

    nel panorama mondiale, solo l'Italia, la Bulgaria e il Belgio (sia pur con alcune diversità) hanno adottato un limite di esposizione pari a 6 v/m, laddove tutti gli altri Paesi si attestano in media su limiti che oscillano tra i 41 e i 58 v/m;

    le reti 5G, salvo intervento normativo e/o regolamentare, dovranno rispettare gli attuali limiti emissivi: per cui dire che il 5G provocherà di per sé un innalzamento delle soglie massime è quindi falso;

    peraltro, nel corso della suddetta indagine conoscitiva alla Camera, gli esperti hanno unanimemente confermato in audizione che ciò su cui davvero occorre prestare attenzione sono i dispositivi: su questo va fatta una campagna informativa per spingere le persone ad un uso responsabile dello smartphone;

    esiste una sostanziale condivisione all'interno della comunità scientifica sul fatto che gli effetti dei campi elettromagnetici non dipendono dalle diverse generazioni di tecnologie adottate, ovvero dall'uso nelle telecomunicazioni dalle tecnologie 2G, 3G, 4G o 5G, ma solo dalle diverse bande di frequenza utilizzate per la propagazione delle onde elettromagnetiche. Anche se la numerosità di studi relativi alle frequenze specifiche del 5G è relativamente scarsa, non ci sono ragioni scientifiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle tecnologie precedenti, in quanto gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati dall’International commission on non-ionizing radiation protection (Icnirp) per le bande di frequenza fino a 300 GHz, incluse dunque le frequenze già utilizzate e/o che saranno utilizzate dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G;

    sempre con riguardo agli effetti sanitari, nel luglio 2019, l'Istituto superiore di sanità ha ribadito che resta valido il parere dell'Organizzazione mondiale della sanità e di numerosi panel internazionali di esperti, ossia che «le evidenze scientifiche correnti, sebbene non consentano di escludere completamente la possibilità di effetti a lungo termine dell'esposizione prolungata a bassi livelli di campi a radiofrequenza, non giustificano modifiche sostanziali all'impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute». Ovvero non esistono fondati motivi per ritenere che l'utilizzo dei campi elettromagnetici secondo le regole vigenti a livello internazionale crei danni per la salute;

    secondo il rapporto Istisan 19/11 dell'Istituto superiore di sanità in merito al rischio di tumori cerebrali in relazione all'esposizione a radiofrequenze da telefoni mobili, i dati ad oggi disponibili suggeriscono che l'uso comune del cellulare non sia associato all'incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale. Inoltre, le indagini condotte in diversi Paesi, tra i quali Usa, Paesi nordici e Australia, non mostrano una correlazione tra i due fenomeni: mentre la telefonia mobile e l'utilizzo dei telefoni cellulari è cresciuto esponenzialmente, l'incidenza di tumori su larga scala è rimasta pressoché costante nello stesso arco di tempo. Tra i più recenti studi si può citare quello a prima firma Ken Karipids dell'Arpansa (l'Agenzia australiana per la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare), che ha indagato i dati epidemiologici australiani dei tumori del cervello, gliomi e glioblastomi nei periodi 1982-1992, 1993-2002, 2003-2013, non rilevando correlazione con l'uso dei telefoni mobili;

    secondo il Ministero della salute, le evidenze scientifiche attualmente disponibili, che includono numerosi studi svolti dopo il 2011, non esaminati dal gruppo di lavoro della Iarc (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità), tendono a deporre contro l'ipotesi che l'uso dei telefoni cellulari comporti un incremento del rischio di tumori intracranici, ma diversi studi sono in corso per chiarire le incertezze che permangono;

    in ogni caso, al di là dei singoli studi che possono essere sempre criticabili, appaiono scientificamente più rilevanti gli studi che compiono una revisione completa di numerose ricerche. Uno di questi, che ha preso in esame 94 pubblicazioni sia in vitro che in vivo, mostra che il 58 per cento delle prime ha dimostrato effetti, mentre nelle seconde solo l'8 per cento. Ma rivela anche che nessuna di queste fornisce sufficienti informazioni sugli effetti che vanno oltre a quelli termici;

    come precedentemente ricordato, la legge n. 36 del 2001 ha istituito, altresì, un Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico, che, tra le altre funzioni, annovera quelle della promozione di attività di ricerca e sperimentazione tecnico-scientifica, nonché di coordinamento dell'attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati. Il Comitato è chiamato, tra le altre cose, ad esprimere il parere sui decreti del Presidente del Consiglio dei ministri relativi alla definizione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, delle tecniche di misurazione e rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico;

    la stessa legge quadro n. 36 del 2001 prevede comunque la necessità di rivedere il quadro normativo alla luce delle evidenze che emergono dalla comunità scientifica,

impegna il Governo:

1) ad agevolare lo sviluppo della nuova tecnologia 5G, anche attraverso la revisione dei limiti delle emissioni elettromagnetiche vigenti in Italia, attualmente decisamente più bassi rispetto a quelli stabiliti nella gran parte degli altri Paesi, al fine di non penalizzare la diffusione della tecnologia;

2) ad affiancare all'introduzione della tecnologia 5G un monitoraggio dei livelli di esposizione, come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile;

3) ad assumere iniziative per adeguare la normativa del settore sulla base dello sviluppo tecnologico in atto, al fine di garantire al nostro Paese un adeguato livello di competitività;

4) ad avviare efficaci campagne informative sull'uso corretto e responsabile dei dispositivi e degli smartphone, anche incentivando l'utilizzo degli auricolari.
(1-00253) «Palmieri, Zanella, Bagnasco, Sozzani, Novelli, Bergamini, Mulè, Rosso, Mugnai, Versace, Bond, Brambilla».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni è in corso la visita, in Italia, del segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, per rilanciare i rapporti dell'Italia con Washington, dopo quelle che appaiono all'interrogante le molte ambiguità e contraddizioni espresse in politica estera dal primo Governo Conte;

   nelle stesse ore i più noti quotidiani americani, il New York Times e il Washington Post, hanno dato notizia di due missioni segrete in Italia del Ministro della giustizia statunitense William Barr (accompagnato dal procuratore John Durham, il magistrato incaricato di fare luce sulle origini del «Russiagate»);

   Barr sarebbe già stato a Roma a metà agosto 2019, in piena crisi di governo, e poi tornato nei giorni scorsi al fine di raccogliere informazioni sulla reale origine del «Russiagate» e in particolare sul destino di Joseph Mifsud, il professore maltese dell'università Link Campus di Roma, che nel 2016 avrebbe informato George Papadopoulos – all'epoca consigliere della campagna elettorale di Donald Trump – dell'esistenza di migliaia di mail imbarazzanti su Hillary Clinton in possesso dei russi;

   tali incontri con la nostra intelligence sarebbero stati autorizzati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, titolare della delega ai servizi segreti, come riportato da vari quotidiani nazionali, fra cui il Corriere della Sera del 3 ottobre 2019;

   l'obiettivo di tali visite sarebbe stato quello di capire quale sia stato il ruolo svolto dalla Link Campus University e, più in generale, dagli apparati di intelligence del nostro Paese sin dalla campagna elettorale americana, poi vinta a sorpresa da Donald Trump, e nello specifico nel dossier costruito per screditare il candidato repubblicano, costruendo il caso «Russiagate», sempre secondo il Corriere della Sera del 3 ottobre 2019;

   pare che gli inviati del presidente Trump siano convinti che Mifsud fosse un agente provocatore, manovrato dai servizi britannici e, forse, protetto da quelli italiani;

   le visite in Italia mirano, dunque, a verificare se i servizi italiani abbiano effettivamente aiutato il professor Mifsud – sparito dall'ottobre 2017 – a trovare un rifugio sicuro anche perché sembra che egli, proprio mentre era indagato negli Stati Uniti, avrebbe alloggiato a Roma, in un appartamento intestato ad una società collegata con la Link Campus, fino a maggio 2018;

   in questa vicenda sono da chiarire anche i rapporti tra la Link Campus University e il M5S, incluso il Ministro Luigi Di Maio, come emerge peraltro da notizie di stampa secondo le quali lo stesso segretario di Stato americano avrebbe affrontato la questione; peraltro, sempre da fonti di stampa, emergerebbe il sospetto che in virtù di tali rapporti potrebbe esserci scarsa collaborazione dell'Italia alle indagini sopra richiamate –:

   se il Governo abbia offerto collaborazione, ed eventualmente di che tipo, alle autorità americane in missione a Roma e se ne sia stata data corretta informazione all'organo parlamentare competente;

   se la gestione di questa intricata vicenda possa compromettere i rapporti tra Italia e Stati Uniti e, quindi, la loro collaborazione e supporto su alcuni dossier internazionali per l'Italia vitali sul piano della sicurezza, della difesa e del commercio;

   se i sospetti denunciati dalla stampa sul ruolo del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale possa rendere meno incisiva la sua azione sui tavoli internazionali.
(3-01010)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI MURO, VIVIANI, ZOFFILI, FORMENTINI, BILLI, COMENCINI, GRIMOLDI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Accordo sulla delimitazione delle aree marittime di rispettiva giurisdizione tra la Francia e l'Italia, firmato il 21 marzo 2015 a Caen, non è in vigore in quanto non ratificato dall'Italia;

   l'Accordo di Caen, sottoscritto dall'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, è stato osteggiato sin dall'inizio in modo particolare dai pescatori liguri, sardi e toscani che si vedrebbero scippate le risorse ittiche che cadrebbero sotto la giurisdizione francese;

   su tale Accordo e sulle sue conseguenze sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo, sia alla Camera che al Senato, soprattutto nella scorsa legislatura;

   in data 4 febbraio 2016 il Governo all'epoca in carica rispondeva, alla Camera, ad una interrogazione riguardante le circostanze che avevano portato al sequestro di un peschereccio italiano da parte della Francia, riportando come i francesi avessero chiesto scusa perché la dogana francese aveva contestato per errore il mancato rispetto del trattato del 21 marzo 2015, che appunto non era ancora in vigore; nella risposta a tale interrogazione si ricordava inoltre che, da parte italiana, al negoziato avevano partecipato, ognuno per la propria parte di competenza specifica, i Ministeri dell'ambiente per gli aspetti di protezione ambientale, della difesa per gli aspetti di sicurezza, dello sviluppo economico per la piattaforma continentale, delle infrastrutture e trasporti per gli aspetti di navigazione marittima, delle politiche agricole per le questioni legate alla pesca e dei beni culturali per gli aspetti di protezione di tali beni;

   il Governo pro tempore, in quella sede, segnalava inoltre come fossero in corso «approfondimenti da parte delle Amministrazioni competenti al termine dei quali sarà effettuata una valutazione globale sull'accordo del 2015, anche ai fini dell'eventuale avvio della procedura di ratifica parlamentare»;

   le forze politiche presenti in Parlamento e i Governi che si sono succeduti dal 2015, non hanno proceduto alla presentazione di un provvedimento di ratifica in quanto l'Accordo è profondamente osteggiato dai cittadini italiani che vedono nella sua implementazione un ulteriore cedimento alle pressioni francesi –:

   se il Governo sia al corrente dell'esito degli approfondimenti citati in premessa e quali siano le intenzioni al riguardo, nonché gli eventuali nuovi accordi che intende sottoscrivere con la Francia a proposito del confine marittimo con il nostro Paese, anche alla luce dei nuovi assetti creatisi con la nomina del componente italiano alla Commissione europea.
(5-02831)


   PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a Genova sono da tempo in realizzazione due opere pubbliche fondamentali il cui compimento contribuirà a spezzare l'isolamento della città e dare uno sbocco al porto: il terzo valico dei Giovi e il nodo ferroviario;

   i lavori del cantiere del terzo valico dei Giovi, rimasti bloccati per un anno a causa dell'analisi costi-benefici del Governo Conte I, sono recentemente ripartiti;

   la realizzazione del nodo ferroviario, che avrebbe dovuto precedere il valico di parecchi anni, è invece stata rallentata dalla crisi della società appaltatrice con la successiva rinuncia dell'appalto medesimo;

   si tratta di un'opera strategica in quanto le potenzialità del terzo valico dei Giovi dipendono anche dalla realizzazione del nodo ferroviario, attraverso il quale il Ponente genovese avrebbe a disposizione una metropolitana ferroviaria urbana, fondamentale per una zona ad alta densità abitativa, fortemente industrializzata e sita in prossimità dell'area portuale;

   per evitare il pericolo di ulteriori ritardi, il Governo Conte I aveva stabilito la realizzazione contestuale dei due appalti; proprio per valorizzarne l'integrazione;

   per la conclusione del nodo ferroviario è necessaria la nomina del Commissario del Nodo ferroviario di Genova, che ha subito una battuta d'arresto a causa della crisi del Governo Conte I in conseguenza del quale sono rimaste sospese le nomine che spettano al Governo in carica –:

   se il Governo non ritenga opportuno procedere con urgenza alla nomina del commissario del nodo ferroviario di Genova, affinché si possa proseguire e portare rapidamente a compimento la realizzazione dell'opera.
(5-02835)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta orale:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un tweet datato 9 luglio 2019, il giornalista radiofonico francese Laurent Marsick, @Imarsick, ha denunciato apertamente l'esistenza di siti web che propinano prezzi esorbitanti per accedere alla Galleria degli Uffizi di Firenze;

   motivo scatenante di tale denuncia è stato l'acquisto di quattro biglietti per gli Uffizi al prezzo complessivo di 74 euro; e cioè 14 euro in più di quanto si sarebbe speso nella piattaforma ufficiale del museo;

   è stata immediata la reazione via social network della Galleria degli Uffizi che ha affermato che «purtroppo è incappato in un sito non ufficiale dove i prezzi dei biglietti sono molto più cari...»;

   anche il sindaco di Firenze Nardella ha immediatamente reagito ai fatti, dichiarando sempre via social che «quello che ha trovato non è il prezzo del biglietto ma sembra un'offerta commerciale». Attraverso diversi articoli comparsi il 10 luglio 2019 in vari siti on line tra cui La Nazione, il Corriere Fiorentino ed altri si è potuto apprendere come anche l'assessore alla cultura del capoluogo toscano, Sacchi, si sia attivato dando mandato all'avvocatura comunale per studiare come fronteggiare tali spiacevoli accadimenti che costituiscono «un vero e proprio inganno sulla pelle dei turisti». Tutto alla «luce del web»: si apprende che digitando per esempio la parola Uffizi nel più noto motore di ricerca, il sito ufficiale del polo museale appare soltanto al quinto posto, essendo preceduto da altri siti di acquisto biglietti non ufficiali e che applicano prezzi maggiorati;

   il direttore degli Uffizi, Schmidt, rincarando la dose, ha affermato che «il bagarinaggio on line è inaccettabile, da tempo abbiamo predisposto una black list di questi siti e abbiamo cause in corso...» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione suesposta e quali iniziative di competenza intenda assumere per fronteggiare tale inaccettabile «bagarinaggio on line», sia a Firenze sia nelle altre realtà museali dove tutto ciò accade alla luce del sole.
(3-01007)


   CIAMPI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la Rocca di Ripafratta è un castello medioevale facente parte del sistema difensivo di confine della Repubblica Pisana nei confronti della Repubblica di Lucca;

   si tratta di un monumento di rilevante valore storico e architettonico, caratterizzato da un recinto a pianta poligonale irregolare, occupato al centro da una torre quadrangolare e da altre due torri adiacenti alle mura, la cui struttura originaria risale al 970;

   il complesso, che risiede nel territorio comunale di San Giuliano Terme (provincia di Pisa) versa da anni in condizioni fatiscenti, tali da impedire ogni tipologia di utilizzo, valorizzazione e fruizione;

   la fortificazione è circondata dalla vegetazione e in attesa di urgenti interventi di messa in sicurezza e conservazione. Gli stessi rinvenimenti archeologici, affiorati con gli scavi, sono stati gravemente danneggiati dall'incuria. Una serie di crepe si sono aperte nelle mura perimetrali, e il versante del fiume è soggetto ad un movimento franoso che a lungo andare potrebbe mettere a rischio l'incolumità della struttura;

   il recupero della Rocca, per il suo valore identitario, storico e comunitario e la sua importanza per la crescita turistica, economica e occupazionale del territorio, rappresenta una opportunità di sviluppo significativa per l'intera comunità;

   in questi anni la comunità locale e le istituzioni territoriali hanno promosso progetti e iniziative al fine di recuperare e valorizzare la «Rocca di Ripafratta»;

   sono andati però falliti, negli ultimi anni, tutti i tentativi promossi per recuperare tale struttura;

   gli attuali proprietari della Rocca, pur non attivando alcun recupero funzionale dell'area, hanno rifiutato di donare tale bene al comune;

   sono comunque in corso progetti di recupero e gestione della struttura, promossi, tra l'altro anche in collaborazione con l'Università di Pisa;

   il consiglio comunale di San Giuliano Terme, il 26 luglio 2018, ha votato all'unanimità una mozione che impegna la giunta a sostenere la candidatura della Rocca di Ripafratta come «luogo del cuore FAI», e a coinvolgere la regione e il Ministero per i beni e le attività culturali nel percorso di recupero;

   in una lettera inviata successivamente il sindaco di San Giuliano Terme ha quindi chiesto alla regione Toscana e al Ministero per i beni e le attività culturali «di entrare in possesso della Rocca di Riprafatta, dei terreni limitrofi e degli spazi di accesso e parcheggio necessari alla sua futura fruibilità al fine di avviare un percorso di recupero, restauro e valorizzazione che possa intercettare anche fondi di finanziamento europei, statali, regionali»;

   la Rocca di Ripafratta è riconosciuta (ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e successivamente del decreto legislativo n. 490 del 1999) come bene culturale nazionale sottoposto a vincolo;

   l'articolo 30, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) dispone che «I privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione»;

   gli articoli 32, 33 e 34 del medesimo decreto dispongono comunque che il Ministero, in seguito ad una relazione tecnica del Soprintendente territorialmente competente, può imporre al proprietario, gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali. In determinati casi di urgenza, il Soprintendente può adottare immediatamente le misure conservative necessarie e il Ministero può concorre, in tutto o in parte, alla relativa spesa;

   la tematica relativa al restauro e alla fruizione di beni culturali di proprietà di soggetti privati è oggetto di discussione di molte aree dell'Italia e sono già sorte problematiche sulla mancanza di finanziamenti pubblici adeguati –:

   se sia a conoscenza delle problematiche relative alla «Rocca di Ripafratta» e ai tentativi di recupero promossi in questi anni;

   quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire la messa in sicurezza dell'edificio e promuovere il recupero e la fruizione di tale bene artistico nazionale;

   se non ritenga necessario assumere iniziative volte a destinare le risorse ad oggi stanziate per le misure conservative urgenti e inderogabili di cui il Sovrintendente territorialmente competente può disporre, come prevede il decreto legislativo n. 42 del 2004, agli interventi volti ad assicurare la conservazione dei beni culturali di proprietà privata in stato di pericoloso degrado.
(3-01008)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   CAIATA. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il 25 giugno 2019, a seguito del Consiglio dell'Unione europea per gli affari esteri, i Ministri della difesa di nove Paesi europei (Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna), hanno firmato a Lussemburgo una lettera d'intenti per avviare la «Iniziativa Europea di Intervento» (Iniziative Européenne d'Intervention – IEI), come struttura esterna all'Unione europea e alla Nato;

   il progetto, fortemente voluto dal Presidente francese Macron, volge alla creazione di una forza d'intervento comune tra gli Stati aderenti e prevede la partecipazione congiunta degli stessi a missioni militari, la condivisione delle informazioni e l'organizzazione di esercitazioni congiunte con l'obiettivo finale di rafforzare l'autonomia strategica dell'Europa;

   il 19 settembre 2019, in seguito ad un comunicato sul sito ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri, viene ufficializzata l'adesione dell'Italia all'iniziativa europea d'intervento, «European Intervention Initiative EI2», nella quale l'Italia si impegnerà a fornire la peculiare competenza nazionale nel settore securitario nella regione del Mediterraneo. L'iniziativa nata a Lussemburgo ha ovviamente originato critiche e polemiche in ambito dell'Unione europea, in quanto è stata valutata come un ulteriore tentativo del Presidente Macron di assumere la leadership a livello europeo con la creazione di un'altra struttura che si sovrappone a quelle già esistenti nel settore della sicurezza e della difesa –:

   se il Governo intenda chiarire se l'Italia intende aderire alla succitata iniziativa e se intenda fornire elementi circa le motivazioni ed i contenuti della European Intervention Initiative EI2.
(3-01009)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATERNOSTER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che alcune direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate, in sede di verifica dei conteggi e dei versamenti effettuati dai contribuenti in applicazione della cosiddetta «pace fiscale» insisterebbero per chiedere ai contribuenti il versamento della «Robin Tax» anche per le annualità precedenti al 2015;

   come è noto la «Robin tax» è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10 del 2015, salvaguardando, per ovvie esigenze di cassa, solo le somme fino a quel tempo versate;

   la sentenza e la ragionevolezza inducono a supporre che, a decorrere dalla data della sentenza medesima, nessun versamento a tale titolo dovrebbe esser richiesto ai contribuenti, anche in fase di accertamento, ancor più nell'ipotesi di pace fiscale di annualità precedenti –:

   se tali comportamenti da parte delle Agenzie fiscali trovino conferma e quali iniziative di competenza intenda adottare per chiarire che, alla luce della incostituzionalità della cosiddetta «Robin tax», nulla è più dovuto a tale titolo.
(4-03766)


   GIACCONE, BOLDI e PETTAZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi da 771 a 774) ha riconosciuto un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994 che abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;

   la medesima legge prevedeva che fosse presentata apposita istanza all'Agenzia delle entrate e demandava a un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, la definizione dei criteri e delle modalità di accesso al contributo e della ripartizione delle risorse assegnate ai sensi del comma 773, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2019;

   l'emanazione del predetto decreto sembra abbia trovato ostacolo nella decisione C(2015)5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione europea che ha dichiarato incompatibile con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato le agevolazioni fiscali e contributive concesse alle imprese a seguito di calamità naturali che hanno colpito l'Italia a decorrere dal 1990; nello specifico, la Commissione europea ha dichiarato i benefici fiscali in questione aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno;

   per superare tale impedimento è intervenuto il legislatore con la norma di cui al comma 1013 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), precisando che il contributo debba essere «di importo non superiore al limite previsto dai regolamenti della Commissione europea relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per gli aiuti de minimis»;

   sono trascorsi ben dieci mesi dall'entrata in vigore del citato comma 1013, ma ad oggi non c'è nessuna traccia ancora del relativo decreto attuativo;

   il timore delle imprese piemontesi – a parere degli interroganti oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità –:

   quali siano le motivazioni che impediscono l'emanazione del decreto citato in premessa e se il Governo abbia intenzione di emanarlo celermente ovvero di non darvi seguito, circostanza che determinerebbe un danno per le imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
(4-03768)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASCIELLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 14 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, dirigenti e militanti del Partito Radicale, l'Osservatorio delle Camere penali italiane, diversi parlamentari, i garanti delle persone private della libertà hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019, i detenuti ristretti nelle carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello è decisamente ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   nella casa circondariale di Salerno i detenuti presenti alla visita del 14 agosto sono risultati essere 529 (504 alla precedente visita del 19 luglio), con un incremento della popolazione detentiva di 25 ristretti in poco più di 1 mese, ospitati in soltanto 366 posti regolamentari;

   i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 15/20 con turnazioni di 6 mesi, i tossicodipendenti e i casi psichiatrici sono moltissimi, di cui soltanto 4 ricoverati nell'articolazione psichiatrica interna al carcere che dispone appena di 5 posti letto;

   40/50 sono i detenuti in trattamento metadonico; i ristretti in attesa del primo giudizio sono 203; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 184 a fronte di una pianta organica che ne prevedrebbe 243, di questi però 43 destinati al nucleo traduzioni e quindi sottratti alla sorveglianza;

   si tratta di una struttura fatiscente risalente agli inizi degli anni ottanta con evidenti deficienze strutturali, pur a fronte di una recente ristrutturazione e messa a norma della sezione femminile (43 ristrette), della 2a sezione alta sicurezza (54 ristretti) e di quella dei semiliberi (17 ristretti), i rimanenti 411 (tranne ovviamente i due ricoverati al reparto detentivo del nosocomio cittadino) sono stipati e ammassati quali carne da macello;

   nella 1a sezione cosiddetta dei comuni, dove sono allocati tossicodipendenti, migranti, 2 disabili e tantissimi disabili psichiatrici, sono presenti le criticità maggiori; vi è concentrato il sovraffollamento dell'intero penitenziario, in 6/7 per ogni stanza in condizioni disumane, con muffa e umidità e impianto idrico con copiose perdite che non garantiscono sufficiente pressione per raggiungere docce e lavabi al terzo piano;

   da pochi mesi, grazie alla caparbietà della direttrice Rita Romano, si è riusciti a far finanziare dalla «Cassa delle ammende» un progetto di ristrutturazione e messa a norma dell'intera sezione, che risolverà, come per le altre sezioni, i problemi strutturali, ma purtroppo non potrà essere risolta la problematica del sovraffollamento oramai divenuta da tempo strutturale e sempre più fuori controllo, la cui matrice è, ovviamente, da ricercare oltre la cinta muraria della casa circondariale; l'assistenza sanitaria è spesso garantita soltanto da una eccellente guardia medica coadiuvata dall'amorevole personale paramedico e dal personale di custodia che più volte supplisce con tempestivi interventi salvavita anche notturni;

   è esigua la disponibilità di farmaci; visite specialistiche e interventi anche chirurgici sono procrastinati nel tempo, nonostante l'urgenza e la gravità delle patologie;

   sono pochissimi gli educatori e gli psicologi a fronte di una popolazione detentiva bisognosa di cure e inesorabilmente in crescita –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dette situazione descritta in premessa e quali iniziative intendano assumere affinché si ponga fine ai trattamenti disumani ai quali sono ogni giorno sottoposti i detenuti nelle carceri italiane e, in particolare in quelle salernitane nel rispetto dei princìpi statuiti dall'articolo 27, terzo comma della Costituzione;

   quali iniziative di competenza ritengano di adottare per garantire un adeguato livello di assistenza alla popolazione reclusa, fronteggiare la gravissima situazione sanitaria e tutelare la salute dei detenuti, considerato il così alto numero di pazienti psichiatrici e tossicodipendenti, assicurando il servizio sanitario h24 per far fronte alle gravi emergenze notturne.
(4-03764)


   CASCIELLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 14 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, dirigenti e militanti del Partito Radicale, l'Osservatorio delle Camere penali italiane, diversi parlamentari, garanti delle persone private della libertà, hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019 i detenuti ristretti nelle carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello è estremamente ridotto nel suo organico; dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   la delegazione che ha visitato la casa circondariale di Vallo della Lucania (Salerno) il 16 agosto 2019 era composta da: Donato Salzano, capo delegazione Partito Radicale, professor Samuele Ciambriello, Garante regionale campano per i diritti delle persone private della libertà personale, avvocato Maria Rosaria Cardenuto, componente dello staff del Garante, avvocato Fiorinda Mirabile Camera penale salernitana ed il dottor Peppe Tarallo Comitato «Verità e Giustizia Franco Mastrogiovanni»;

   nella casa circondariale di Vallo della Lucania (Salerno) alla visita del 16 agosto la fotografia è la seguente:

   55 detenuti ristretti nei 56 posti regolamentari;

   i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 5/6; i casi psichiatrici sono moltissimi; i ristretti che sono in attesa del primo giudizio 7; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 7, di cui 3 destinati alle traduzioni (ogni turno di custodia) per un totale di 22 giornalieri a fronte di una pianta organica che ne prevedrebbe 26;

   si tratta di istituto dedicato in esclusiva dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) a tipologie particolari di reati riguardanti la sfera sessuale; vi sono soltanto uomini e, nonostante le presenze siano al di sotto del numero legale, il sovraffollamento è strabiliante, in 7/8 in una stanza con una sola doccia e un solo wc;

   la struttura era un piccolo e stretto antico monastero riadattato in età Borbonica a carcere; fortunatamente le mura sono state da poco tinteggiate; le stanze di detenzione sono sotto il livello della strada, tant'è che la visita si è svolta a mezzogiorno, ma si teneva accesa la luce come se fosse stata mezzanotte, quando invece un primo piano a piena luce rimane chiuso per mancanza di personale;

   la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per i trattamenti inumani e degradanti con la sentenza «Torreggiarli ed altri» del 2013, non certo e soltanto per il sovraffollamento e la mancata assistenza sanitaria ma, tra le altre cose, anche e soprattutto per l'assenza della luce naturale in stanza e negli ambienti di passeggio;

   il carcere di Vallo della Lucania come il terribile carcere di Favignana, dove le stanze sono al di sotto del livello del mare, pare abbandonato al suo destino; il personale medico e paramedico amorevole fa l'impossibile; sono pochi gli agenti, una sola educatrice encomiabile, un solo psichiatra del Ministero per 27 ore al mese e un solo psicologo dell'Asl una volta a settimana; è gravissima la carenza di questo tipo di personale, vista la tipologia di reati in trattamento e fortissima tale criticità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative di competenza, anche di natura amministrativa, intendano assumere:

    a) per porre fine ai trattamenti disumani e degradanti ai quali sono sottoposti i detenuti, riportando nella legalità costituzionale il carcere di Vallo della Lucania;

    b) per fronteggiare la gravissima situazione sanitaria e assicurare un adeguato livello di assistenza alla popolazione reclusa, anche tramite la presenza di un servizio sanitario h24 per fronteggiare le eventuali gravi emergenze notturne, così garantendo il diritto alla salute dei detenuti.
(4-03765)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'intero Paese è sotto choc per l'uccisione nella questura di Trieste di due agenti di polizia;

   la dinamica è ancora in fase di accertamento da parte degli inquirenti;

   da una prima sommaria ricostruzione, parrebbe che l'omicida abbia sottratto una pistola a un agente, a causa, anche, di un equipaggiamento obsoleto;

   sotto accusa sono le fondine, prive di leve di blocco;

   peraltro, le fondine con tale dispositivo di sicurezza, a quanto consta all'interrogante, sono già in dotazione di alcuni reparti speciali e delle forze di sicurezza a livello europeo –:

   se corrisponda al vero che alcuni reparti speciali delle forze dell'ordine italiane già dispongano di fondine munite di leve di blocco;

   in caso di risposta affermativa, per quali motivi queste fondine non siano state fornite a tutti i Corpi di polizia.
(3-01005)


   ZOFFILI, LOCATELLI, FERRARI, PAROLO e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ha suscitato notevole scalpore la notizia riportata in questi giorni da diversi quotidiani dell'arresto a Sondrio di un richiedente asilo di 23 anni, originario del Gambia, con l'accusa di violenza sessuale ai danni di un ragazzo disabile;

   secondo quanto riportato dalla stampa, l'immigrato avrebbe dapprima avvicinato il ragazzo e successivamente, approfittando dello stato di disabilità del giovane, con un inganno l'avrebbe condotto all'interno della sua camera nel centro di accoglienza in cui era ospitato;

   qui, come emerso dal racconto della vittima e dalle prime indagini effettuate dalle forze dell'ordine, sarebbe avvenuta la violenza sessuale;

   in seguito, il ragazzo è fortunatamente riuscito a fuggire e, una volta tornato a casa, ha raccontato l'accaduto ai genitori;

   acquisiti gli ulteriori elementi di prova e considerato il pericolo di fuga dell'indiziato, gli agenti della questura hanno, quindi, provveduto ad effettuare il fermo di polizia giudiziaria del gambiano, mentre il ragazzo disabile è stato accompagnato presso il presidio ospedaliero dove è stato sottoposto alla procedura prevista dal protocollo antiviolenza;

   il 4 ottobre 2019 il giudice per le indagini preliminari, sulla base degli elementi raccolti dagli agenti della sezione reati contro la persona, ha poi convalidato l'arresto;

   tuttavia, sarebbero ancora in corso ulteriori indagini, che proseguono nel più stretto riserbo, poiché pare che il gambiano non abbia agito da solo, bensì con l'aiuto di un complice;

   inoltre, la circostanza che un tale crimine si sia potuto perpetrare indisturbatamente all'interno di un centro di accoglienza per richiedenti asilo è, con tutta evidenza, di assoluta gravità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto accaduto a Sondrio e, considerata la gravità del crimine e delle circostanze nelle quali si sarebbe consumato, quali iniziative di competenza intenda assumere sia con riguardo all'immigrato gambiano per la sua espulsione immediata dall'Italia sia relativamente al centro di accoglienza per la sua definitiva chiusura.
(3-01006)

Interrogazione a risposta scritta:


   MULÈ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la prefettura di Lodi, ha sottoscritto nel mese di gennaio 2019, un protocollo d'intesa, primo in Italia, che prevede in Lombardia un reale coordinamento con l'Areu per diffondere in ambito provinciale l'acquisto e l'uso dei defibrillatori automatici esterni (Dae) nonché per disciplinare le modalità di azione dei mezzi delle forze di polizia con a bordo un defibrillatore in caso di richiesta di intervento per supposto arresto cardiaco;

   grazie all'accordo, fortemente voluto dalla dottoressa Paola Sepe, cardiologa dell'ospedale di Lodi e coordinatrice del «Progetto Vita Lodi», il protocollo ha sin da subito incontrato il favore dell'ex prefetto di Lodi, Patrizia Palmisani, che ne ha pienamente condiviso lo spirito e le finalità;

   nello specifico, a ciascuna forza di polizia sarà fornito, in comodato d'uso gratuito, un tablet espressamente configurato per Areu; l'intervento delle pattuglie sarà gestito dalle rispettive sale operative e avverrà nel pieno rispetto dei servizi d'istituto, cui sarà garantita assoluta priorità;

   ad avviso dell'interrogante, si tratta di un progetto fondamentale che mette a fattor comune quella capacità di intervento, tipica delle forze di polizia, e intrinsecamente connessa al primario ruolo istituzionale ad esse assegnato: garantire la sicurezza dei cittadini;

   da quanto consta all'interrogante, sembrerebbe che il protocollo citato abbia subito una battuta d'arresto dovuta alla mancata autorizzazione, da parte del dipartimento di pubblica sicurezza, circa l'uso dei Dae alle forze dell'ordine a Lodi –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative adeguate e di immediata applicabilità volte ad assicurare l'utilizzo dei Dae da parte delle forze dell'ordine a Lodi, così come previsto dal protocollo citato in premessa, al fine di garantire un tempestivo intervento in caso di arresto cardiaco.
(4-03767)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è notizia pubblicata su Il Giornale del 6 ottobre 2019 quella che denuncia le spese illegittime con il reddito di cittadinanza;

   il quotidiano, riportando un caso documentato dal programma Striscia la Notizia racconta dell'episodio «nel Casertano di un cliente e un titolare di un sexy shop intenti a "transare" l'acquisto di una "crema rinvigorente" attraverso lo speciale badge anti-miseria»;

   il medesimo quotidiano ricorda anche che giorni addietro Il Piccolo di Trieste ha aperto la prima pagina col seguente titolo: «Cercano di pagare con la tessera del reddito di cittadinanza, poi aggrediscono il barista»;

   sembra, dunque, che non si tratti più di «casi-limite», bensì, in tutta la Penisola, di un uso improprio e fraudolento della «card Rdc» da parte di furbi titolari senza scrupoli con la connivenza di negozianti altrettanto spregiudicati –:

   quali e quanti siano i casi finora registrati dall'Inps in merito all'uso improprio della card del Reddito di cittadinanza, quante le denunce effettuate e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia già messo in campo o intenda urgentemente intraprendere per porre fine a siffatti comportamenti fraudolenti.
(5-02834)


   MURELLI, DURIGON, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, FRASSINI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2007 l'allora Governo Prodi operò quello che appare agli interroganti un vero e proprio «scippo» del trattamento di fine rapporto (tfr) a danno dei lavoratori: con la motivazione di incentivare lo sviluppo dei fondi pensioni, ma in realtà al solo scopo di fare cassa, il comma 755 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) disciplinò per le aziende con più di 50 dipendenti il trasferimento «coatto» in un apposito fondo di tesoreria dello Stato presso l'Inps del Tfr maturando ed inoptato verso un fondo pensione;

   teoricamente, l'Inps avrebbe dovuto occuparsi di tale somma in modo da assicurare al lavoratore una «mini rendita» aggiuntiva alla pensione al momento della quiescenza (per legge la remunerazione è dell'1,5 per cento più il 75 per cento dell'incremento dell'inflazione), ma in realtà il successivo comma 758 prevedeva che le somme affluite all'Inps avrebbero dovuto essere utilizzate per il finanziamento degli interventi indicati nell'elenco annesso alla medesima legge, ovvero «promozione edilizia ad alta efficienza energetica, fondo salvataggio e ristrutturazione imprese in difficoltà, imprese pubbliche, alta velocità, spese funzionamento della Difesa, rifinanziamento per investimenti»;

   secondo notizie stampa di questi giorni (Il Sole 24 Ore del 3 ottobre; Libero del 4 ottobre) il fondo raccoglie la quota di liquidazione di ben 3,3 milioni di lavoratori, accumulando in dodici anni 68.528 miliardi, ma più della metà – esattamente 36 miliardi – sembra siano spariti;

   nonostante la richiesta di chiarimenti della Corte dei conti, nessuno sembra in grado oggi di fornire adeguate risposte: il Ministero dell'economia e delle finanze ha dirottato la richiesta sul Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che a sua volta ha scaricato le delucidazioni sull'Inps, il cui presidente Tridico non ha fornito alcuna risposta esaustiva in proposito –:

   se corrisponda a verità quanto riportato in premessa e se il Governo intenda chiarire che fine abbiano fatto ben 36 miliardi di euro di trattamento di fine rapporto accantonato nel fondo Inps e come si intenda provvedere alla restituzione di tali somme ai legittimi titolari.
(5-02836)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAFFARATTO, GIACCONE, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI, MURELLI e RIBOLLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 33 del cosiddetto «decreto crescita» – decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge n. 68 del 2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2019 – è intervenuto in materia di assunzioni di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni in base alla sostenibilità finanziaria, con la finalità di accrescere le facoltà assunzionali degli enti;

   le previsioni del predetto articolo 33 hanno offerto, senza alcun dubbio, condizioni rassicuranti per gli enti che negli ultimi anni hanno subito un drastico calo di personale in servizio, giacché finalmente si svincola la facoltà di assumere da logiche di turn-over e sostituzione di personale in quiescenza che paradossalmente hanno finito col penalizzare maggiormente gli enti sottorganico rispetto a quelli con un'alta spesa di personale, agganciandola a principi di sostenibilità finanziaria;

   il medesimo articolo demandava poi ad un decreto ministeriale l'individuazione delle fasce demografiche, dei relativi valori soglia e delle relative percentuali massime annuali di incremento di personale per gli enti che si collocano al di sotto del predetto valore soglia;

   a norma di legge, il termine entro il quale tale decreto, d'iniziativa della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, e previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;

   la bozza di decreto ministeriale attuativo, aggiornata a luglio 2019, individuerebbe due valori soglia, uno in cui viene fissato il tetto massimo oltre il quale gli enti dovranno adottare politiche di rientro progressivo, ed un secondo, più basso del primo, che identificherebbe gli enti cosiddetti virtuosi; i comuni che si collocheranno tra il primo ed il secondo valore potranno assumere fino al raggiungimento del limite massimo senza alcun vincolo; i comuni che, invece, si collocheranno al di sotto del secondo valore soglia potranno assumere nei limiti delle percentuali massime di incremento della spesa del personale rispetto all'anno 2018, come definite dal decreto ministeriale medesimo; stante sempre quella bozza, qualora, gli enti presentassero un indice inferiore al secondo valore soglia, potranno assumere fino al raggiungimento della sola seconda soglia, ovvero fino al valore più basso, avendo così ristretti margini assunzionali;

   ad oggi il decreto risulta essere ancora in fase di stesura, quindi ben oltre il termine di legge per la sua emanazione, e, a quanto consta agli interroganti, ciò avverrebbe a causa del mancato accordo tra i partecipanti al tavolo preposto, tra i quali Ragioneria generale dello Stato e Anci; quest'ultima, peraltro, intenta ad evitare un immediato peggioramento del regime assunzionale per gli enti con rapporto spese/entrate superiore al valore soglia –:

   quali siano le ragioni che impediscono l'emanazione del decreto ministeriale richiamato in premessa e quali iniziative il Governo intenda adottare per accelerare l’iter al fine di attuare la norma di cui al succitato articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, considerata l'importanza storica che la norma medesima riveste per le regioni ed i comuni virtuosi in cronica situazione di sottorganico e per garantire quella stagione di ricambio generazionale tanto auspicata dai giovani meritevoli.
(5-02833)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZIELLO, LORENZO FONTANA, GALLI, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, PATASSINI e PETTAZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza del 24 settembre 2019 il tribunale europeo ha dato torto alla Piaggio, condannandola anche alle spese in quanto parte soccombente, nella causa contro la Zhejiang, negando che lo scooter cinese «Ves» sia un plagio della «Vespa»;

   «forme simili ma non uguali» è, in sintesi, la motivazione con cui la Piaggio si è vista respingere il ricorso presentato all'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo) contro i cinesi del gruppo Zhejiang Zhonzheng Industry;

   secondo i giudici «Lo scooter della Zhejiang e lo scooter Vespa LX suscitano impressioni generali diverse. Il primo possiede un carattere individuale rispetto al secondo. Infatti, mentre lo scooter della Zhejiang è dominato da linee sostanzialmente spigolose, lo scooter Vespa LX privilegia linee arrotondate. Le caratteristiche di forma proprie dello scooter Vespa LX non si ritrovano, a loro volta, nello scooter della Zhejiang, mentre le differenze che li separano sono numerose e significative e non sfuggiranno all'attenzione di un utilizzatore informato»;

   per gli interroganti, invece, non solo il modello è oggettivamente la copia del mezzo prodotto dall'azienda pontederese, ma anche il nome stesso «Ves» è un richiamo del modello originario;

   tale sentenza rappresenta un duro colpo al Made in Italy e dimostra come lo stesso è assolutamente privo di alcuna tutela comunitaria;

   la decisione del tribunale europeo comporta che ora il prodotto cinese potrà essere venduto anche in Europa e, considerato che il costo del lavoro e le tutele sociali sono di gran lunga più basse in Cina, di certo potrebbe provocare ricadute negative sulla produzione e sui livelli occupazionali della fabbrica di Pontedera;

   si ricorda, peraltro, che da oltre sei anni la Piaggio si batte per tutelare lo scooter più celebre al mondo vincendo in ben due gradi di giudizio contro la tesi sostenuta dai legali dell'azienda cinese per i quali non sarebbe esistito diritto d'autore sulle linee estetiche della Vespa;

   la vicenda era iniziata nel 2013 quando la Guardia di finanza sequestrò nel corso della fiera milanese Eicma undici scooter di sette diversi espositori, tutti disegnati su imitazione della Vespa Piaggio; secondo le Fiamme Gialle, gli scooter sequestrati violavano il diritto di esclusiva del marchio trimensionale dello scooter registrato dall'azienda di Pontedera per fissare le caratteristiche di unicità e creatività del motoveicolo fin dal primo anno di produzione, nel lontano 1946 –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare con riguardo ai fatti esposti in premessa e, più in generale, a tutela dei nostri marchi storici e dei prodotti Made in Italy famosi in tutto il mondo come, per l'appunto, la Vespa Piaggio.
(5-02832)


   PELLICANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel marzo 2019, in occasione del convegno Milanofil, Poste Italiane ha messo in vendita nei propri stand il folder «Francobolli: valori nel tempo»;

   suddetto prodotto conteneva due foglietti – quelli celebrativi del 150esimo anniversario dell'unificazione del sistema monetario nazionale (uscito nel 2012) e dei cento anni dall'inaugurazione dell'Aula di Palazzo Montecitorio (emesso nel 2018) – ma, soprattutto, il foglio intero del francobollo alti valori da 10 mila lire, emesso nel 1983 e quotato oltre 500 euro;

   i due foglietti e il foglio in questione erano soprastampati sul bordo Milanofil 22 marzo 2019 numerati da 0 a 800;

   il prezzo di vendita era di 120 euro contro un valore nominale di 107;

   i francobolli erano venduti esenti da Iva, mentre il supporto cartotecnico era soggetto a tassazione del 22 per cento;

   l'iniziativa è stata ripetuta a Verona con il folder Francobolli: valori nel tempo 2 con all'interno del folder altri due foglietti – Italia ’98 (del 1998) e Il francobollo nostro amico (del 1999) – e il foglio dell'alto valore del 1987 da 20 mila lire;

   anche in questo caso i prodotti inseriti nel citato folder erano soprastampati sul bordo Veronafil 24.05.2019 e numerati da zero a 1.200, con prezzo di vendita a 220 euro a fronte di un valore nominale effettivo di 209,60 euro);

   in entrambe le circostanze i folder offerti sono andati esauriti in brevissimo tempo e di questi circa trecento esemplari per ciascuno erano già stati riservati da Poste Italiane agli abbonati al proprio servizio «Novità»;

   attualmente i folder sono offerti sul web a partire del doppio del prezzo di vendita di Poste Italiane fino a oltre 1.350 euro;

   l'iniziativa citata pone in evidenza alcune criticità che sono state oggetto di riflessione da parte di molti addetti ai lavori;

   in particolare, tali criticità si concentrano sulla modalità di distribuzione ufficiale dei francobolli, sul versamento Iva per quanto concerne i folder da collezione, sulla tempistica della diffusione di prodotti come quelli in questione che rischiano di nuocere al settore, anche inserendo meccanismi di alterazione del mercato se rapportati alla tiratura limitata –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per verificare la sussistenza delle richiamate criticità, chiarire il ruolo di Poste Italiane e assicurare la massima trasparenza nel mercato del collezionismo filatelico, scongiurando meccanismi speculativi.
(5-02837)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Andrea Romano ed altri n. 5-02790, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciampi.

  L'interrogazione a risposta scritta Capitanio n. 4-03757, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cavandoli, Colla, Colmellere, Dara, Donina, Golinelli, Bordonali, Cecchetti.

Cambio dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

  Mozione Mulè ed altri n. 1-00242, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta di lunedì 16 settembre 2019, seduta n. 224, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Mulè, Gelmini, Occhiuto, Bagnasco, Cassinelli, Baldelli, Bergamini, Casino, Cortelazzo, Germanà, Giacometto, Labriola, Mazzetti, Pentangelo, Rosso, Ruffino, Sozzani e Zanella».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ciampi n. 5-01018 del 28 novembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01008;

   interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-02484 del 12 luglio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-01007;

   interrogazione a risposta scritta Di Muro ed altri n. 4-03731 del 2 ottobre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02831.