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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 settembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il progetto «Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova», ha lo scopo di superare le problematiche connesse alla congestione del traffico autostradale ed urbano di Genova e allo smaltimento in sicurezza dei volumi di traffico soprattutto pesante, cui sono sottoposte le infrastrutture stradali e autostradali genovesi, e a consentire l'abbattimento degli attuali impatti su vaste aree residenziali, con riferimento alle componenti ambientali rumore e atmosfera;

    con l'approvazione del progetto da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, intervenuta il 7 settembre 2017, si è conclusa formalmente la fase di approvazione del progetto definitivo della Gronda di Genova, convalidata nell'aprile del 2018 con l'approvazione degli aspetti finanziari che trasferiscono sul concessionario Autostrade per l'Italia S.p.A. (Aspi) le responsabilità economiche dell'intervento;

    tuttavia, ai fini dell'avvio dei lavori, l’iter autorizzativo risulta sospeso presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'opera è ancora in attesa del «via libera» sul progetto esecutivo, già presentato dall'Aspi tra agosto e dicembre 2018, secondo quanto annunciato dai media; la società informa altresì che, per limitare gli effetti del ritardo dell'approvazione dei progetti esecutivi dei singoli lotti, ha già realizzato il 92 per cento degli espropri sul territorio e ha bandito gare di prequalifica per un importo complessivo di 490 milioni di euro;

    il 21 agosto 2019, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato sul proprio sito per la libera consultazione ulteriori analisi costi benefìci e l'analisi giuridica relativamente alla Gronda di Ponente e interconnessione A7-A10-A12, come da richiesta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro-tempore. L'analisi costi-benefìci, conferma la netta prevalenza dei benefìci sui costi dell'opera e riguarda non solo il progetto originario, ma anche alcune soluzioni alternative finalizzate al potenziamento del nodo stradale di Genova, che valutano la possibilità di perseguire opzioni infrastrutturali diverse in termini trasportistici, ambientali e finanziari, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha giudicato maggiormente efficienti e che, tuttavia, occorre ancora siano oggetto di un confronto con i livelli istituzionali territoriali e, secondo le stesse conclusioni dei valutatori, rivalutare, con simulazioni maggiormente approfondite effettuate con strumenti di maggior dettaglio, per verificare puntualmente il corretto dimensionamento delle diverse parti che le compongono;

    tale messa in discussione del progetto avrebbe il palese risultato di ritardare ulteriormente per almeno 5 anni la realizzazione dell'opera, fortemente voluta dalla comunità genovese, dalle istituzioni locali e dall'intero modo produttivo, oltre a provocare ingenti danni economici e ulteriori costi a carico dei pedaggi e quindi dei cittadini, per i risarcimenti delle spese già effettuate dalla concessionaria;

    l'opera autostradale già approvata presenta un tracciato di circa 65 chilometri, con 90 per cento in galleria, che devia tutto il traffico pesante e di transito al di fuori del centro urbano; il progetto della Gronda di Genova, la cui compatibilità ambientale è stata deliberata con decreto ministeriale, emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali, n. 28 del 23 gennaio 2014, è un progetto complesso che ha un costo complessivo di 4,7 miliardi di euro per 120 mesi di realizzazione e che prevede il potenziamento fuori sede della A10 tra Genova Ovest e Vesima, la realizzazione della carreggiata nord della A7 tra Genova Ovest e Bolzaneto e della carreggiata Est della A12, con nuovi rami di svincoli, rampe e raccordi, nonché la realizzazione dell'opera a mare, nel canale di calma del porto di Genova, con l'ampliamento dell'attuale fascia laterale a servizio dell'aeroporto, ai fini della messa in sicurezza dell'aeroporto medesimo;

    il progetto presentato ai fini della valutazione d'impatto ambientale (Via) ha compreso anche l'Autorizzazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, per 12.051.164 mc, e la valutazione di incidenza per i SIC IT1331402 - Beigua - Monte Dente - Gargassa - Pavaglione, IT1331501 - Praglia - Pracaban - Monte Leco - Punta Martin, IT1331615 - Monte Gazzo, e ZPS IT1331578 - Beigua - Turchino;

    il processo progettuale dell'opera è partito negli anni ’80 ed è stato concretizzato negli anni 2000 con atti di intesa;

    l'opera è stata preceduta da un dibattito pubblico, organizzato da Aspi, tra il 1° febbraio ed il 30 aprile 2009, espressamente richiesto con nota congiunta dei tre enti territoriali, regione, provincia e comune, e formalmente attivato con delibera di giunta comunale del 13 novembre 2008, al fine di coinvolgere la cittadinanza nella scelta del tracciato prima della predisposizione della progettazione definitiva;

    sono state presentate e valutate 5 ipotesi progettuali; il dibattito pubblico è stato gestito da una commissione di quattro esperti nominati d'intesa tra comune e proponente e organizzato attraverso 6 incontri a carattere generale, 7 incontri tematici e altri incontri collaterali; tale dibattito ha compreso la scelta delle alternative e l'alternativa di non intervento e la comparazione su 27 indicatori, articolati nelle categorie: «Traffico», per un totale di 7 indicatori, «Socio-economica-ambientale», per un totale di 13 indicatori, «Cantierizzazione», per complessivi 7 indicatori;

    dall'analisi dei risultati degli indicatori della categoria socio-economico ambientale è emersa la ferma necessità del raddoppio fuori sede della A 10, al di fuori del centro abitato e ima prevalenza delle soluzioni più distanti dalla città storica più antropizzata, risultando preferibile la soluzione con lo spostamento verso est del tracciato della nuova carreggiata dell'A7 diretta verso Milano e con un tracciato quasi interamente in sotterraneo;

    hanno avuto luogo 61 interviste per la divulgazione del materiale, sono stati prodotti 45 quaderni degli attori, sono avvenuti incontri con 29 esperti e scritti 400 articoli sui quotidiani per i 3 mesi di durata del dibattito pubblico, con una media di circa 4,6 articoli al giorno; sono stati effettuati una serie di sopralluoghi nelle aree di interesse del tracciato;

    l'8 febbraio 2010 è stato firmato il «Protocollo d'intesa per la realizzazione del nodo stradale ed autostradale di Genova» tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Liguria, provincia di Genova, comune di Genova, autorità portuale di Genova, Anas Spa ed Autostrade per l'Italia;

    la documentazione di progetto presentato ai fini della Via ha contenuto ulteriori approfondimenti ambientali in merito alle alternative di progetto, valutando soprattutto la vulnerabilità della falda e le caratteristiche chimico-fisiche dei litotipi affioranti, le caratteristiche di permeabilità del substrato e la profondità della falda, le interferenze con i pozzi e le sorgenti censite all'interno dell'area vasta d'intervento, considerando il numero di sorgenti e pozzi ricadenti in una fascia di 1 chilometro a cavallo di ogni singolo asse, nonché i regimi normativi definiti nella carta «Assetto Vegetazionale» del Piano territoriale di coordinamento paesistico della regione Liguria;

    tutte le analisi effettuate da parte della Commissione Via e Vas, come documentate nel parere della Commissione VIA e VAS n. 1282 del 28 giugno 2013, positivo con prescrizioni, pubblicato nel sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non hanno rilevato variazioni emergenti rispetto alle scelte delle alternative proposte in sede di dibattito pubblico;

    inoltre, in tale parere risultano contro-dedotte tutte le osservazioni del pubblico, dei comitati e delle associazioni ambientaliste, che hanno costituito oggetto di integrazioni, approfondimenti, implementazioni sostanziali dello studio di impatto ambientale, compensazioni ambientali e soluzioni progettuali specifiche che hanno richiesto la pubblicazione per ben due volte del progetto a disposizione delle osservazioni del pubblico;

    tra le mitigazioni previste si rilevano interventi di inserimento paesaggistico, in particolare nelle aree di imbocco delle gallerie, reintegro dei punti d'acqua potenzialmente drenati con allacciamento delle utenze impattate all'acquedotto pubblico, reintegro delle sorgenti di pregio naturalistico, interventi di mitigazione acustica;

    sono inoltre previsti interventi di compensazione ambientale che comprendono un parco fotovoltaico, interventi di forestazione o riforestazione, la rinaturalizzazione di una cava, il recupero delle acque potenzialmente drenate lungo le gallerie;

    tutte le osservazioni del pubblico e le controdeduzioni e modifiche progettuali proposte da Aspi sono state esaminate dalla Commissione Via e Vas e hanno trovato risposte nelle valutazioni esposte nel parere n. 1282/2013 e nelle prescrizioni dello stesso parere con verifiche da ottemperare ai fini della prosecuzione dei lavori. Il parere della Commissione VIA e VAS ha tenuto conto inoltre dei pareri della regione Liguria e delle prescrizioni del commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale regionale, da ottemperare a livello del progetto esecutivo ai fini della prosecuzione dei lavori;

    è stato inoltre istituito un comitato di controllo, partecipato da Arpa Liguria, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla regione Liguria; sono in corso le verifiche di ottemperanza delle prescrizioni relative al decreto ministeriale n. 28 del 23 gennaio 2014 e della determinazione direttoriale DVA-2013-0014268 del 19 giugno 2013, relativa al piano di utilizzo delle Terre;

    pertanto, la soluzione proposta è stata profondamente analizzata e il progetto è stato condiviso dall'intera società civile, cittadini, associazioni di categoria e istituzioni; eventuali ulteriori analisi per individuale modifiche progettuali si presentano inutili e negative, poiché avrebbero l'unico risultato di bloccare sine die i lavori e rimettere in discussione un'opera che migliora la situazione del traffico della città ed è considerata strategica per lo sviluppo del turismo e della portualità del nord-ovest e, quindi, vitale per Genova e per l'intero Paese;

    gli imprenditori genovesi, i sindacati e i professionisti hanno firmato nel mese di gennaio 2019 un manifesto a favore dell'opera e ora annunciano sui media manifestazioni in piazza per chiedere al Governo l'immediato avvio dei lavori di tutte le infrastrutture ferme e soprattutto della Gronda, ritenuta fondamentale per il futuro della Liguria per la possibilità di attrarre investimenti e creare occasioni di lavoro vere soprattutto per le nuove generazioni;

    il progetto presenta una soluzione concreta per superare il congestionamento da traffico del centro urbano di Genova, già martoriato dagli attraversamenti stradali e autostradali, spostando all'esterno tutto il traffico di attraversamento; contiene alte tecnologie di realizzazione per evitare il contatto degli operatori con le terre amiantifere che caratterizzano il suolo e sottosuolo ligure al nord della Valle di Polcevera, ed è funzionale all'adeguamento regolamentare della fascia laterale dell'Aeroporto di Genova, oggi oggetto di deroga permanente, senza modificare la potenzialità e capacità dell'aeroporto già autorizzato nel suo esercizio;

    nell'ambito delle valutazioni conclusive dell'istruttoria di valutazione ambientale si afferma che lo scopo dell'opera è quello di potenziare l'attuale sistema infrastrutturale, al fine di migliorare i livelli di servizio in funzione degli scenari di traffico, nonché di migliorare con adeguati standard geometrici le condizioni di sicurezza ottenibili con il tracciato fuori sede proposto; ciò consente lo spostamento fuori dall'abitato di Genova del traffico autostradale di attraversamento; sono stati valutati particolarmente positivi i benefìci ambientali sulle componenti atmosfera e rumore che la nuova opera così come proposta consente di ottenere, vista l'indubbia funzionalità della nuova infrastruttura, e ritenendo pertanto importante che tutti i soggetti coinvolti si adoperino per la realizzazione celere dell'opera;

    ultimamente, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha pronunciato espressioni a favore dello sblocco della realizzazione della Gronda di Genova,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative per procedere, nel più breve tempo possibile, allo sblocco dell’iter di approvazione del progetto esecutivo e all'inizio dei lavori dell'infrastruttura «Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova».
(1-00241) «Molinari, Rixi, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    l'approvazione del progetto definitivo riguardante l'opera infrastrutturale «Gronda di Genova» – aggiornato nel 2016 in ottemperanza alle relative prescrizioni – è stata sancita con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 7 settembre 2017 che ne ha dichiarato la pubblica utilità;

    l'opera, per una spesa pari a 4,3 miliardi di euro, comprende 72 chilometri di tracciati autostradali nuovi e si allaccia agli svincoli che delimitano l'area urbana del capoluogo ligure connettendosi con la direttrice dell'A26 a Voltri e ricongiungendosi con l'A10 in località Vesima. L'opera si sviluppa principalmente in sotterraneo con 23 gallerie, per un totale di circa 54 chilometri (90 per cento del tracciato), mentre il sistema viario all'aperto comprende 13 nuovi viadotti e l'ampliamento di 11 viadotti esistenti;

    il progetto della Gronda è volto in primo luogo ad alleggerire il tratto di A10 più interconnesso con la città di Genova, cioè quello dal casello di Genova Ovest (porto di Genova) sino all'abitato di Voltri, trasferendo il traffico passante sulla nuova infrastruttura;

    nella seduta del 31 ottobre 2018 a Montecitorio, in occasione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 109 del 2018 (cosiddetto «decreto Genova») si impegnava il Governo pro tempore con l'ordine del giorno 9/01209-A/131 accolto senza alcuna riformulazione al fine di valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a garantire la realizzazione dell'opera;

    a partire dal manifesto «Perché sì alla Gronda», numerose realtà produttive di Genova e della Liguria sollecitano dall'inizio del 2019 il Governo per la realizzazione della Gronda autostradale di Ponente sostenendone l'imminente cantierizzazione;

    il precedente Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli il 18 luglio 2019 dichiarava che l’iter autorizzativo per la Gronda di Genova «è sospeso perché è in corso di avanzamento il procedimento amministrativo che potrebbe portare alla revoca della concessione» di Aspi;

    l'avvio della richiamata procedura di revoca della concessione ad Aspi, ha prodotto quindi come effetto diretto e immediato anche il blocco della realizzazione della Gronda, opera assolutamente indispensabile per la viabilità della città di Genova e in generale dell'intero sistema viario ligure e della sua proiezione verso il nord del Paese e del continente;

    ciononostante, a fronte dell'eventuale revoca, Aspi conserverebbe il diritto all'incasso dei pedaggi precedentemente imposti, comprensivi delle somme derivanti dall'incremento degli stessi appositamente previsti per la realizzazione dell'opera;

    lo stesso amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, ha confermato che il progetto esecutivo è fermo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attesa della approvazione che, nonostante l'effettuazione dei dovuti e previsti espropri, non vede ancora i lavori avviarsi;

    sotto il profilo convenzionale, con il decreto-legge n. 109 del 2018 convertito con legge n. 130 del 2018 ha previsto l'applicazione di un nuovo regime tariffario, conforme alle metodologie definite dall'Autorità di regolazione dei trasporti, per le società concessionarie nei cui confronti risulta in corso la procedura di aggiornamento del piano economico finanziario. Con la delibera n. 71/2019 l'Autorità ha definito i nuovi ambiti tariffari che dovranno trovare attuazione per la società Autostrade per l'Italia attraverso apposito aggiornamento del rapporto concessorio, fermi restando gli esiti della richiamata procedura di contestazione connessa al crollo della sezione del «ponte Morandi»;

    come richiamato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella seduta della Commissione Trasporti il 23 luglio 2019, «la questione della Gronda di Genova è legata al piano economico finanziario della concessionaria Autostrade per l'Italia, relativamente al quale è in corso una procedura amministrativa di contestazione in conseguenza dei fatti di Genova», eppure nella medesima occasione sottolineava anche che il Governo avrebbe già avviato una «revisione del progetto che aveva già annunciato nelle proprie linee programmatiche e che è stata prescritta dal Governo nella sua interezza nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza», specificando come la procedura amministrativa richiamata e la revisione progettuale sarebbero giunte a compimento, condividendo in particolar modo le proposte di revisione con la regione Liguria e il comune di Genova,

impegna il Governo:

1) a confermare gli impegni per la realizzazione della Gronda, quale opera infrastrutturale strategica per Genova, la Liguria e il nordovest del Paese, provvedendo all'assunzione degli atti amministrativi conseguenti e necessari al tempestivo avvio dei lavori;

2) ad adottare iniziative per prevedere, nelle more dell'avvio dei lavori della Gronda, misure adeguate e di immediata applicabilità volte ad assicurare la viabilità della città di Genova, in modo tale da porre fine ai disagi e danni, diretti e indiretti, in termini di diritto alla mobilità nonché di produttività e competitività che stanno subendo famiglie, lavoratori e imprese di Genova, della Liguria e dell'intero nord-ovest del Paese;

3) ad avviare un chiaro e concreto piano di sviluppo infrastrutturale nel Paese superando l’impasse sulle opere pubbliche prodotto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, dalle scelte del Governo Conte I, sbloccando i numerosi cantieri ancora fermi al fine di tutelare in primo luogo le imprese del settore, i lavoratori e le loro famiglie, nonché per rilanciare con convinzione e senza più rinvii gli investimenti pubblici.
(1-00242) «Mulè, Gelmini, Occhiuto, Baldelli, Bergamini, Casino, Cortelazzo, Germanà, Giacometto, Labriola, Mazzetti, Pentangelo, Rosso, Ruffino, Sozzani, Zanella».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la cimice asiatica, conosciuta anche come cimice marmorata o come Halyomorpha halys, è un insetto appartenente alla famiglia delle Pentatomidae. È originario di Cina, Giappone e Taiwan ed è stato introdotto accidentalmente in occidente prima negli Stati Uniti e, dal 2012, è giunto anche in Italia. La prima segnalazione di presenza della cimice marmorata asiatica si è avuta in Emilia-Romagna, ma negli anni scorsi la sua presenza si è velocemente diffusa in tutto il Nord Italia, dove si ripropone ogni anno la situazione emergenziale derivante dall'invasione di questo insetto particolarmente infestante che, pur non essendo nocivo per l'uomo, risulta invece estremamente pericoloso per l'agricoltura, in quanto è estremamente infestante e polifago e capace di danneggiare frutteti e ortaggi andando conseguentemente a condizionare le produzioni agricole. La sua alta pericolosità deriva, inoltre, dalla sua capacità di moltiplicarsi velocemente deponendo le uova anche due volte l'anno; inoltre, l'esemplare adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo e presenta una elevatissima capacità di adattamento all'ambiente, con conseguente aumento della tendenza a diffondersi anche in altri territori. La conseguenza è quella di milioni di euro di danni per gli agricoltori e pesanti ripercussioni sugli habitat e sul paesaggio agrario di vaste aree;

    ad oggi il problema della cimice asiatica si è trasformato nel nuovo flagello dell'agricoltura del Nord Italia. Esso infatti risulta essere tra le principali cause di estinzione di specie endogene la cui presenza determina danni ingenti sia dal punto di vista della difesa dei territori e della biodiversità che da quello economico, provocando importanti ricadute su alcuni prodotti simbolo del made in Italy. I danni nelle campagne sono enormi e il rischio è di azzerare il settore ortofrutticolo in Emilia-Romagna e Veneto, mentre il parassita si diffonde a macchia d'olio anche nelle regioni vicine, come Lombardia, Trentino e Friuli-Venezia Giulia. Nel mese di agosto è stato registrato un aumento dilagante degli attacchi di questo insetto, con gli agricoltori esasperati di fronte alla distruzione di pereti, meleti, piantagioni di kiwi, pesche e nettarine, così come dalla mancanza di strumenti adeguati a combatterlo. Il problema inoltre è rappresentato dall'inarrestabilità di tale diffusione che non accenna a fermarsi, ma al contrario raggiunge picchi massimi nei periodi primaverili compresi tra aprile e giugno, con un successivo picco tardivo delle forme di insetto più adulto dopo la seconda metà di agosto. In considerazione di questi fattori quindi risulta chiaro come i frutti colpiti da questo insetto non siano più commercializzabili sul mercato, sia per il danno estetico che per l'impossibilità di consumarli in quanto ne risulta alterata la qualità;

    la più aggiornata stima dei danni è impietosa e si aggira intorno ai 250 milioni di euro, si tratta però di una quantificazione per difetto che non tiene conto delle possibili ricadute negative sull'industria di trasformazione. Si ipotizza inoltre un possibile taglio del 30 per cento dei lavoratori stagionali, e solo per quanto riguarda le pere;

    in Emilia-Romagna, in particolare, le perdite sul pero sono enormi ed arrivano anche al 100 per cento dei frutti in alcune aziende, soprattutto del Ferrarese. Danni accertati del 25-30 per cento anche su pesco, susino, albicocco, ciliegio, mandorlo. Peggio ancora le colture di pomacee (melo, pero e nespolo) biologiche non protette da reti: il danno valutato ad oggi è tra il 40 per cento e l'80 per cento. La presenza della cimice asiatica è in aumento anche in Veneto, dove le situazioni più gravi si registrano nel Polesine e nel Padovano. Rispetto agli anni precedenti, il fenomeno nel 2019 ha visto un aumento della gravità, con perdite sempre più importanti, fino al 100 per cento del raccolto. Coldiretti Veneto in data 23 luglio 2019 ha presentato il conto sui danni prodotti dalla cimice asiatica ai raccolti di tutta la regione, raccolti che registrano perdite fino al 70 per cento con una stima dei danni totali che raggiunge la quota di 100 milioni di euro. La situazione nel Veronese è preoccupante, dove i danni stimati sulle principali colture frutticole ad oggi si aggirano sui 79,1 milioni di euro. Le coltivazioni di mele scaligere rappresentano il 74 per cento di quelle venete, le pere il 46 per cento pesche e nettarine l'82 per cento delle produzioni regionale e l'actinidia rappresenta il 76 per cento;

    già nel mese di settembre 2015 il Comitato fitosanitario nazionale, in relazione ai crescenti livelli di dannosità e di pericolosità dovuti allo sviluppo di questo insetto, ha espresso il proprio parere favorevole affinché fosse dato sostegno e collaborazione ai programmi di studio intrapresi volti al superamento delle criticità nell'applicazione della direttiva 92/43/CEE («direttiva habitat»), nello specifico consentendo il ricorso all'introduzione di specie antagoniste alle specie esotiche dannose e per la realizzazione di piani di lotta biologica necessari per contrastare infestazioni sempre più frequenti;

    è stato inoltre confermato come il ricorso a pesticidi e altre sostanze chimiche si sia rivelato del tutto inefficace per fronteggiare l'invasione di questo insetto, come anche l'impiego di insetti antagonisti autoctoni. Al contrario, a seguito di un'ampia attività di sperimentazione in laboratorio, lo strumento più efficace di contrasto è risultato essere quello di contrapporre alla cimice asiatica il suo antagonista naturale, la cosiddetta «vespa samurai» (Trissolcus japonicus), anch'essa originaria dell'Estremo Oriente. Tale operazione di lotta biologica, è stata già intrapresa con successo in altri Paesi alle prese con il medesimo problema. Inoltre, con l'entrata in vigore, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, del decreto 5 luglio 2019, n. 102, è stata di fatto legalizzata l'immissione sul territorio italiano di specie e popolazioni non autoctone capaci di contrastare la diffusione di insetti alieni come la cimice. Il nuovo articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, prevede però una procedura particolarmente articolata e complessa per l'avvio concreto degli interventi di lotta biologica. In primo luogo, infatti, è necessario adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento di modifica, un decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che fissi i criteri per l'immissione in natura delle specie e popolazioni non autoctone. In relazione ai suddetti criteri, ed in seguito ad una specifica richiesta delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano o degli enti di gestione delle aree protette nazionali, il Ministero può poi autorizzare l'immissione, ma solo previa valutazione di uno specifico studio che escluda qualsiasi rischio per la conservazione delle specie e degli habitat naturali. Tale procedura, che è volta alla prevenzione di qualsiasi eventuale effetto negativo dovuto all'immissione degli organismi non autoctoni, dilata però eccessivamente i tempi per l'avvio concreto delle sperimentazioni in campo della «vespa samurai», che quindi non potrebbe svolgere la sua azione di contrasto alla cimice asiatica, con grave danno per le coltivazioni interessate da questo flagello;

    la gravità della situazione impone al Governo di agire con urgenza, per delimitare e porre un freno a questa emergenza oramai diventata nazionale, che necessita, come l'emergenza legata alla Xylella, di misure rapide e risolutrici,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a prevedere e sostenere, a tutti i livelli di governo, l'adozione di particolari misure per supportare le imprese agricole che hanno subito danni a causa dell'invasione della cimice asiatica, nonché a potenziare gli strumenti di risarcimento adeguati per le aziende danneggiate, anche tramite l'istituzione di uno specifico fondo nel disegno di legge di bilancio 2020;

   ad accelerare quanto più possibile le fasi dell’iter autorizzativo delineate nel novellato articolo 12, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, anche in considerazione dell'ampia sperimentazione già condotta sulla «vespa samurai», in modo da consentire l'azione in campo contro la cimice asiatica al più presto possibile;

   ad adottare ulteriori iniziative volte al potenziamento della ricerca e alla diffusione di tecniche di difesa adeguate ed al miglioramento della capacità di intervento nelle fasi emergenziali.
(7-00310) «Caretta, Ciaburro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la borsa di Hong Kong ha lanciato un'offerta d'acquisto per il London Stock Exchange, il listino di Londra che controlla Piazza Affari;

   stando alle notizie riportate a mezzo stampa, trattasi di una proposta non sollecitata del valore di 32 miliardi di sterline – vale a dire 36 miliardi di euro – inclusi debito, contanti e azioni; in particolare l’Hong Kong Exchanges and Clearing offre 20,45 sterline per azione della borsa di Londra e 2.495 nuove azioni del suo gruppo, valorizzando la City londinese 83,61 sterline per azione. Per i 354.471.415 titoli del gruppo di mercato, ciò rappresenta 29,6 miliardi di sterline e 31,6 miliardi di sterline, inclusi debito e altre rettifiche;

   secondo i calcoli della borsa di Hong Kong tale fusione creerebbe un gruppo dal valore di oltre 70 miliardi di dollari con «una base globale, attività diversificate, idealmente posizionate per sfruttare il mutevole panorama macroeconomico globale, collegando i mercati occidentali con i mercati finanziari orientali emergenti, soprattutto in Cina». In una nota il London Stock Exchange, confermando l'offerta d'acquisto, risponde che «studierà questa proposta e la commenterà a tempo debito»;

   il rischio dell'unificazione di due dei maggiori hub commerciali del mondo era stato sollevato dall'interpellante già qualche mese fa, all'indomani del discorso inaugurale di Boris Johnson, che si era detto disposto ad implementare la Brexit anche senza accordo;

   il cosiddetto «DL Brexit», si ricorda, è stato varato proprio nell'ottica di prevedere precauzioni a tutela dei nostri connazionali e delle imprese italiane operanti in Inghilterra, pur tuttavia lasciando aperte altre questioni come appunto quella di Borsa italiana appartenente al gruppo London Stock Exchange;

   tale proposta di acquisizione, a parere degli interpellanti, non può essere considerata limitatamente agli aspetti economico-finanziari, bensì deve essere valutata in un preciso contesto geo-politico, quello di una Cina che attraverso le vie della seta – terrestri, per mare e digitali con la 5G Huawei – tenta di ampliare la propria influenza nel mondo occidentale e di un Paese europeo – la Gran Bretagna – in uscita dall'Unione europea che diventa terreno appetibile per la Cina;

   fortunatamente il Consiglio di amministrazione di London Stock Exchange ha respinto l'offerta della Borsa di Hong Kong, non rinvenendo «alcun valore strategico per Lseg», non reputando allettante la proposta pecuniaria specie quando comparata con il significativo valore (derivante) dall'acquisizione di Refinitiv e ritenendo il valore delle azioni della Borsa di Hong Kong intrinsecamente incerto;

   tali motivazioni, tuttavia, se tranquillizzano al momento per quanto concerne l'esito dell'offerta pubblica di acquisto della borsa di Hong Kong su Lseg, non forniscono garanzie per il futuro di borsa italiana alla luce della Brexit –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda celermente porre in essere a tutela del gruppo Borsa italiana, che, comprendendo anche Mts, il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato, rappresenta un asset strategico per il nostro Paese.
(2-00488) «Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino».

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la pioggia battente del 27 e 28 luglio 2019 ha causato numerosi danni alla provincia di Arezzo ed in particolare nelle zone della Valdichiana fra Rigutino, Bagnoro e Cesa;

   si contano 3.000 persone rimaste giorni a casa senza elettricità, nonché ingenti danni alle attività agricole e aziendali;

   la regione Toscana con decreto del presidente n. 113 del 29 luglio 2019 ha dichiarato lo stato di emergenza regionale per le zone maggiormente colpite;

   a tale decreto è poi seguita la delibera n. 1072 del 5 agosto 2019 per l'attivazione degli interventi di finanziamento ai comuni;

   a margine di un recente incontro pubblico su questo tema, come riportato in un articolo della Nazione dell'8 settembre 2019, l'assessore all'ambiente del comune di Arezzo Marco Sacchetti ha fatto il punto su quelle che sono le problematiche della zona e ha enunciato un piano di interventi che si rende necessario per la messa in sicurezza del territorio;

   la realizzazione di questo piano, quanto mai urgente per quanto complesso, può essere accelerata dalla conferma dello stato di calamità per questa area da parte del Governo, che sbloccherebbe le risorse finanziarie indispensabili per attuare gli interventi preminenti –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per deliberare lo stato di emergenza di rilievo nazionale per le zone dell'aretino colpite dalle forti piogge del 27 e 28 luglio 2019.
(3-00963)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   come si evince da un recente articolo apparso sul sito Repubblica.it del 10 settembre 2019 alcuni connazionali immigrati negli anni Cinquanta e Sessanta in Gran Bretagna e per cui è stata persa dalle autorità britanniche la documentazione che certifichi l'arrivo e la residenza continuativa per almeno cinque anni, si sono visti negare il diritto di residenza permanente. È questo il caso emblematico di Anna Amato:

   quanto predetto ricorda poi lo scandalo «Windrush» e costituisce un esempio tangibile di cosa sta accadendo anche ai nostri connazionali; migliaia di immigrati — appartenenti alla cosiddetta «generazione Windrush» — arrivati dai Caraibi negli anni Cinquanta e Sessanta in seguito ad una politica di accoglienza operata dopo la seconda guerra mondiale dal Governo britannico nei confronti dei cittadini delle ex-colonie, si sono visti negare il lavoro, le cure mediche e altri servizi fondamentali, oltre ad essere minacciati di espulsione, poiché sprovvisti di adeguata documentazione fino ad allora mai richiesta. Vivono anch'essi nel Regno Unito da decenni però non sono nella posizione di poter documentare gli anni di presenza in Gran Bretagna;

   una soluzione temporanea potrebbe essere quelle di fare domanda per il «settlementscheme», cioè il programma del governo britannico che include in un database tutti i cittadini europei che hanno vissuto in Regno Unito negli ultimi anni in modo che possano continuare a vivere Oltremanica, ma si tratta di un regime transitorio e certo umiliante per chi, per moltissimi anni, ha vissuto, studiato, lavorato e pagato tributi nel Regno Unito –:

   se e come il Governo intenda adoperarsi per difendere le priorità dell'Italia e dell'Unione europea nelle negoziazioni sulla «Brexit», per assicurare, in particolare, la certezza legale e le garanzie necessarie a tutti i cittadini italiani residenti nel Regno Unito, affinché possano continuare a esercitare i diritti derivanti dalle normative dell'Unione europea sui diritti fondamentali, la libera circolazione e la residenza permanente;

   quale sia lo stato delle relazioni italo-britanniche.
(5-02718)


   RIZZETTO, RAMPELLI, FOTI e FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Governo italiano deve fornire, con la massima urgenza, delle risposte concrete per fronteggiare le inevitabili conseguenze per l'economia, determinate dall'attacco ai pozzi petroliferi dell'Arabia Saudita, avvenuto il 14 settembre 2019;

   si tratta di un ingente danno per i mercati petroliferi: sono stati colpiti i giacimenti di Abqaiq e Khurais, di proprietà della compagnia Saudi Aramco, fra i più grandi del mondo, costringendo l'Arabia Saudita a fermare oltre metà della sua produzione totale di petrolio;

   sono tuttora venuti meno 5,7 milioni di barili di greggio al giorno, quasi il 6 per cento dell'intera offerta globale;

   come si temeva in apertura di contrattazioni, l'attacco al petrolio saudita ha già provocato un'impennata senza precedenti al prezzo del greggio;

   a seguito del balzo delle quotazioni del petrolio, in Italia, dove l'85 per cento dei trasporti commerciali avviene per strada, si prevedono rincari dei prezzi di carburante e materie prime energetiche;

   l'aumento del prezzo dei carburanti avrebbe un «effetto a catena» sulla spesa, con un rincaro, non solo dei costi di trasporto, ma anche di quelli di produzione, trasformazione e conservazione –:

   se e quali immediate iniziative intenda assumere il Governo al fine di fronteggiare le ripercussioni sull'economia italiana dell'aumento del prezzo del petrolio ed, in particolare, escludere un aumento dei prezzi del carburante, che sono già tra i più alti dei Paesi dell'Unione europea, aumento che ridurrebbe ulteriormente il potere di acquisto degli italiani e aumenterebbe i costi per le imprese.
(5-02719)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GERMANÀ e PRESTIGIACOMO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   un forte maltempo, che ha interessato in questi giorni la Sicilia, ha provocato notevoli disagi nel palermitano e soprattutto nell'ennese. A Leonforte si è verificata una vera e propria bomba d'acqua che ha sommerso le strade trasformandole in fiumi in piena: alcune auto sono state trascinate dalla furia dello scorrere dell'acqua;

   fiumi di acqua hanno invaso tutte le vie del centro, dal corso Umberto alle adiacenze, fino al cuore della zona storica. La piazzetta della Granfonte è stata quasi interamente invasa dall'acqua;

   il sindaco, Carmelo Barbera, nelle scorse ore ha dichiarato: «stiamo vedendo con la Protezione civile il modo per finanziare dei progetti che tengano conto della nuova struttura del paese. Le condotte delle acque bianche non sono pronte a recepire tutte le acque che vengono dal Cernigliere. Oltre agli interventi sul Canale tagliata, stiamo studiando un piano strutturale. Si tratta di lavori da realizzare immediatamente». Si tratta di interventi indispensabili che necessitano di risorse finanziarie –:

   se non si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a stanziare opportune risorse finanziarie quale contributo per i necessari interventi, anche strutturali, a favore di Leonforte e dei comuni ennesi e palermitani interessati dagli eventi meteorologici di cui in premessa, valutando di deliberare, laddove richiesto dal presidente della regione, lo stato di emergenza nazionale.
(4-03581)


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 settembre 2019 il comune di Trieste ha inaugurato una statua raffigurante Gabriele D'Annunzio;

   tale iniziativa, assieme alla mostra allestita sempre nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia, si colloca nella celebrazione del centenario dell'impresa di Fiume, ma ha ad oggetto la volontà di ricordare D'Annunzio in tutti suoi profili ivi compresi quelli letterari; infatti sono state organizzate in tutto il territorio nazionale diverse iniziative a ricordo e approfondimento della figura di D'Annunzio, anche correlata all'impresa di Fiume;

   indubbiamente tali vicende si inseriscono nel patrimonio storico italiano, facendone parte integrante, e non a caso a D'Annunzio è dedicato un museo di rilievo nazionale e internazionale al Vittoriale curato dall'omonima fondazione che, tra l'altro, ha collaborato agli allestimenti della mostra «Disobbedisco» a Trieste e alla realizzazione della statua collocata nel centro cittadino;

   l'amministrazione comunale di Trieste ha inteso implementare il numero di personaggi che hanno caratterizzato la storia culturale della città, tra i quali indubbiamente Gabriele D'Annunzio, attraverso un percorso culturale inserito nelle vie del centro cittadino che vede effigi di Saba, Joyce e altri;

   orbene nella giornata del 12 settembre 2019 si è dovuta registrare la presa di posizione della Repubblica di Croazia che, con una nota consegnata all'ambasciata italiana, ha «condannato nel modo più deciso l'inaugurazione della statua proprio nella giornata che marca il centenario dell'occupazione di Fiume»;

   il Presidente della Repubblica di Croazia ha tra l'altro affermato che «con il Monumento a D'Annunzio si vuole celebrare l'irredentismo e l'occupazione di Fiume che fu e resterà una parte fiera della sua Patria croata»;

   infine, va registrato che alcuni cittadini italiani alla guida di tre velivoli della compagnia privata Fly Story, che effettua da oltre 20 anni la rievocazione delle gesta da aviatore del poeta D'Annunzio, partiti nel pomeriggio del 12 settembre 2019 da Barcellona, Casale Monferrato e Pescara con piano di aviazione approvato dall'aviazione civile croata, sono stati fermati all'aeroporto di Fiume, odierna Rijeka, mentre un terzo velivolo è stato costretto ad abbandonare lo spazio aereo croato dietro minaccia di avvicinamento di caccia militari –:

   in che termini il Governo intenda replicare a quelle che appaiono all'interrogante gravi ingerenze della Repubblica di Croazia per mezzo dei suoi massimi esponenti istituzionali nei confronti di legittime iniziative del comune di Trieste nonché di altri connazionali;

   se il Governo ritenga di stigmatizzare ufficialmente, oltre alle sopra evidenziate ingerenze, gli atti intimidatori perpetrati ai danni di nostri connazionali, i quali stavano effettuando manifestazioni pacifiche e preventivamente autorizzate.
(4-03593)


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 27 e 28 luglio 2019, diverse regioni del Centro-nord sono state colpite da un forte maltempo con forti venti e piogge che hanno provocato tre morti e prodotto molti danni;

   la Toscana è stata tra le regioni più colpite, soprattutto nell'aretino e sull'Amiata, con una persona morta nel nubifragio di Arezzo travolto dalla piena, e con importanti danni all'agricoltura e alle infrastrutture;

   Arezzo è stata fortemente interessata, come buona parte del territorio regionale, ed è stata colpita con forti precipitazioni che hanno superato ogni limite e ogni valutazione ordinaria;

   i dati della regione Toscana indicano che nella provincia di Arezzo sono stati colpiti circa 20 mila soggetti tra privati, attività commerciali e ben quattro zone industriali;

   oltre ad Arezzo, è stato duramente interessato anche il territorio intorno della Val di Chiana, che è un territorio che ha un'importantissima vocazione agricola e vi sono tantissime aziende che sono produttrici di frutta, esportata in tutto il Paese e all'estero. Si parla di territori che hanno bisogno di una risposta dal Governo per poter continuare a proseguire in una vocazione economica che è assolutamente specifica e importante per quel territorio;

   il 29 luglio 2019, il presidente della regione, Enrico Rossi, firmava il decreto per lo stato di emergenza regionale;

   la regione Toscana ha chiesto, con nota prot. A00GRT/PD n. 0302494 del 2 agosto 2019 a firma del presidente della regione, alla Presidenza del Consiglio dei ministri la dichiarazione di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018;

   già il 31 luglio 2019 gli interroganti avevano presentato e discusso nell'Aula della Camera una interrogazione a risposta immediata, denunciando la difficile situazione suesposta e chiedendo al Ministro pro tempore Costa, peraltro confermato nel suo incarico anche nell'attuale Governo, di intervenire per garantire ai territori colpiti gli interventi di sistemazione idraulica indispensabili per la messa in sicurezza, e comunque di valutare in seno al Governo di deliberare lo stato di emergenza di rilievo nazionale;

   il 12 settembre 2019 il consiglio comunale di Arezzo ha fatto il punto sulla situazione a distanza di molte settimane dagli eventi meteorologici, evidenziando come poco o nulla sia avvenuto dai citati accadimenti –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, anche alla luce degli insufficienti interventi che sono stati messi in atto in queste settimane, per dare ristoro ai territori colpiti dagli eventi meteorologici di cui in premessa, e non si ritenga di deliberare lo stato di emergenza di rilievo nazionale.
(4-03595)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, sono state adottate misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria;

   l'adozione del suddetto provvedimento d'urgenza da parte del Governo pro tempore ha generato una serie di gravi disfunzioni che hanno portato al collasso il già precario sistema sanitario calabrese;

   nei giorni scorsi l'azienda ospedaliera «Pugliese Ciaccio» di Catanzaro ha notificato la cessazione del rapporto di lavoro a circa 20 lavoratori assunti a tempo determinato alcuni anni fa previa selezione pubblica ma che, in ragione dei vincoli disposti dal cosiddetto «decreto Calabria», non possono essere ulteriormente prorogati;

   il provvedimento di interruzione del rapporto lavorativo è stato comunicato, al momento, a una ventina di precari dell'azienda ospedaliera di Catanzaro, ma la vertenza coinvolge complessivamente oltre 200 tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari;

   la carenza di personale dovuta a tali licenziamenti determinerà, entro la fine dell'anno, l'impossibilità oggettiva per l'azienda ospedaliera «Pugliese - Ciaccio» di Catanzaro di garantire le prestazioni ospedaliere con grave pregiudizio per il diritto alla salute di tutti i cittadini calabresi –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per stabilizzare i lavoratori precari dell'azienda ospedaliera «Pugliese - Ciaccio» garantendo il mantenimento del know how posseduto;

   se il Governo non ritenga opportuno avviare, immediatamente, una riflessione sui danni, a giudizio dell'interrogante, arrecati alla sanità calabrese dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35.
(4-03596)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI STASIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nonostante gli accordi di pace tra la Colombia e la formazione guerrigliera delle Farc del 2016, una lunga scia di sangue continua ad attraversare lo Stato sudamericano;

   dal momento della rinuncia alla lotta armata sono stati uccisi circa 320 colombiani; di questi, 130 circa sarebbero militanti, i restanti sono difensori dei diritti umani e leader sociali;

   gli omicidi dei difensori dei diritti umani sono avvenuti tutti nei primi 8 mesi di governo guidato dal leader di destra Ivan Duque che ha già espresso la volontà di modificare, seppur unilateralmente, gli accordi di pace promossi dall'ex presidente colombiano Juan Manuel Sanchez;

   le organizzazioni criminali, anche internazionali e i narcotrafficanti stanno tornando a imporsi in alcune zone della Colombia;

   la capitale Bogotà e tutta la Colombia saranno interessate, il 27 ottobre 2019, dalle elezioni comunali e regionali e, in vista di questa tornata elettorale, lo scontro politico si sta evidentemente inasprendo, raggiungendo un picco di violenza inaccettabile e ingiustificabile, come dimostra l'omicidio della candidata sindaca di Suarez, Karina Garcia Sierra, assassinata insieme ad altre cinque persone e poi bruciata, a seguito di un'imboscata avvenuta nel dipartimento di Cauca, fatto seguito dagli omicidi del candidato alle comunali del municipio di Toledo, Orley Garca e di José Cortes Sevillano, presidente della Giunta di Azione comunale di El Carmen, entrambi uccisi a colpi di fucile in due diversi attentati avvenuti tra il 6 e l'8 settembre 2019 –:

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda adottare il Governo, anche insieme alla comunità internazionale, per garantire il mantenimento degli accordi di pace e quindi per garantire che le elezioni del 27 ottobre 2019, possano svolgersi in un clima di non violenza, correttezza e imparzialità.
(5-02712)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea potrebbe aprire scenari preoccupanti per i circa 700 mila italiani che vivono e lavorano in Gran Bretagna;

   l'amministrazione britannica ha in più occasioni rassicurato i cittadini comunitari in merito alla possibilità di ottenere il «Settled Status», la certificazione per chi arriva da un altro Paese dell'Unione e vive in Gran Bretagna da almeno cinque anni;

   recenti notizie di stampa hanno evidenziato il caso di una cittadina italiana, Anna Amato, di 57 anni arrivata nel Regno Unito all'età di due anni e ivi residente ininterrottamente per 55 anni, che si è vista negare da parte delle locali autorità il visto di soggiorno permanente, condizione per la concessione della cittadinanza. La connazionale in questione ha compiuto l'intero ciclo di studi nel Regno Unito, è sposata con un cittadino britannico, ha figli, a loro volta britannici, e ha svolto negli anni attività lavorative di vario genere nel settore dei servizi alla persona e nel settore del commercio. Tali attività, di difficile documentazione per la scomparsa degli enti presso i quali le prestazioni lavorative sono state effettuate, sono tuttavia evidenziate dai regolari adempimenti fiscali che l'interessata ha assolto nel corso del tempo;

   negli stessi servizi giornalistici, inoltre, si riportano numerose criticità e analoghe situazioni che riguarderebbero molti anziani italiani, immigrati negli anni Cinquanta e Sessanta, la cui documentazione certificante l'arrivo e la residenza continuativa per almeno cinque anni nel Regno Unito sarebbe andata persa. Molti di loro, inoltre, non avrebbero avviato le pratiche per il permesso di soggiorno («Settled Status») a causa di una insufficiente informazione o capacità ad operare attraverso modalità digitali –:

   se abbia già assunto iniziative affinché i rappresentanti diplomatici e consolari italiani prendano contatto con la connazionale indicata dalle notizie di cronaca al fine di sostenerne le istanze nei confronti delle autorità britanniche, fino al riconoscimento dei suoi giusti diritti;

   più in generale, quali iniziative siano state intraprese al fine di sensibilizzare i nostri connazionali a registrarsi al «settlement scheme» e di fornire l'assistenza necessaria ai connazionali medesimi in caso di bisogno;

   se sia stato predisposto un monitoraggio della situazione relativa a tutti coloro che si sono trovati, o possono trovarsi, nella stessa situazione della persona di cui in premessa in modo da dare al dialogo con le autorità britanniche un carattere organico e sistematico rispetto alle fasce più deboli e vulnerabili della comunità italiana, soprattutto agli anziani, profondamente radicate nel tessuto sociale del Paese, che rischiano di vedere messi in discussione i rapporti sociali e familiari e vanificata l'esperienza di una vita;

   se abbia avuto modo dì registrare nel rapporto con le autorità britanniche una reale intenzione di salvaguardare, in modo sostanziale, i diritti dei residenti provenienti dai Paesi dell'Unione europea anche nel deprecato caso di uscita senza accordo del Regno Unito dall'Unione europea stessa.
(4-03589)


   OCCHIONERO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano inglese The Mirror ha pubblicato il 3 settembre 2019 la notizia – ripresa dalla Repubblica dell'11 settembre 2019 – secondo cui una cittadina italiana residente nel Regno Unito da 55 anni (Anna Amato) dovrebbe lasciare il Paese a seguito della «Brexit» senza accordo o comunque sottomettersi a continue verifiche del titolo di permanenza;

   la signora Amato – che oggi ha 57 anni – è emigrata da Caserta e si è sposata nel Regno Unito, avviando una florida attività, con una pizzeria a Bristol. Il Mirror riferisce che nel corso degli anni ha impiegato decine di dipendenti e pagato circa mezzo milione di sterline di imposte all'erario inglese;

   le regole stabilite, su impulso del primo ministro Johnson, le precluderebbero viceversa la strada alla cittadinanza britannica ma anche alla residenza permanente;

   la clamorosa ingiustizia della vicenda è stata persino ripresa da Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista, che le ha dedicato un tweet;

   questa vicenda rivela non solo la palese natura autolesionista e paradossale delle politiche sovraniste (secondo cui al «prima gli italiani» qui in Italia fa da contraltare il «prima i britannici» di Boris Johnson, sicché a pagare sono sempre le persone normali e gli onesti lavoratori dell'Unione europea) ma anche la necessità di modificare e irrobustire le garanzie previste nel decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22 –:

   quali maggiori informazioni abbiano sul caso, quali iniziative intendano assumere per tutelare i diritti della cittadina di cui in premessa e per interloquire con le autorità britanniche a favore suo e delle migliaia di cittadini italiani che sinora hanno risieduto nel Regno Unito.
(4-03597)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   PETTARIN. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel decennio durante il quale è stato direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta alla frode (Olaf) il procuratore tedesco Franz-Hermann Brüner, fino alla sua morte nel 2010, gli atti delle riunioni e dei seminari della Rete dei comunicatori anti-frode dell'ufficio (Oafcn), creata e animata in quel periodo da un ufficiale della Guardia di finanza, erano disponibili (e le riunioni ed i seminari interpretati) in italiano, oltre che in inglese, francese, tedesco e spagnolo;

   dalla morte del dottor Brüner, gli atti della rete sono disponibili sul sito unicamente in lingua inglese, come si può vedere accedendo al sito: https://ec.europa.eu;

   risulta all'interrogante che gli stessi non vengono più tradotti in italiano, e l'italiano non è più neppure una lingua di lavoro della rete;

   l'interrogante è stupito di tale lesione della lingua italiana, anche in considerazione del fatto che il diretto successore del tedesco Brüner è stato l'ex magistrato e parlamentare italiano Giovami Kessler e che dell'Oafcn sono membri, e hanno fornito un contributo essenziale, i responsabili della comunicazione di Guardia di finanza, carabinieri, Polizia di Stato, Agenzia delle dogane monopoli e Nucleo antifrode della Presidenza del Consiglio dei ministri –:

   se il Governo sia al corrente di questa situazione e quali iniziative abbia assunto e/o intenda assumere per chiedere conto di questa situazione alla Commissione europea, anche in considerazione del fatto che l'eliminazione della lingua italiana da una rete di comunicatori antifrode europei, cui l'Italia ha dato un grandissimo contributo, appare un modo ulteriore per allontanare i cittadini italiani dall'Unione europea;

   se il Governo non ritenga necessario chiedere alla Commissione europea, indipendentemente dal ripristino per il futuro dell'uso della lingua italiana nelle riunioni e nei seminari della rete, il ripristino online delle traduzioni delle riunioni e dei seminari effettuati sotto la direzione di Brüner, che all'interrogante risultano esistere, dopo essere stati pagati con le risorse dei cittadini contribuenti.
(4-03594)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VIANELLO e ERMELLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in ossequio agli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, l'ordinamento nazionale fin dalla legge quadro 6 dicembre 1991, n. 394 ha provveduto a dettare una compiuta disciplina per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese;

   a tal fine la normativa prevede soggetti (Comitato per le aree naturali protette, Consulta tecnica per le aree naturali protette, ente parco), piani e programmi (Programma triennale per le aree naturali protette), misure di salvaguardia e di incentivazione;

   particolare rilevanza assume la funzione di informazione e di educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere;

   la normativa non disciplina nel dettaglio le modalità attuative delle necessità di informazione, ma senza dubbio esprime la volontà del legislatore di prevedere forme di vigilanza e controllo sullo stato di attuazione della presente legge e sull'attività degli organismi di gestione delle aree naturali protette nazionali, dato che impone al Ministro interrogato previa deliberazione del Consiglio nazionale per l'ambiente, la presentazione di una relazione annuale al Parlamento;

   dalla consultazione delle più recenti reazioni presentate dal Ministero emerge che per la promozione e la sensibilizzazione ambientale, gli enti gestori operano attraverso la produzione di materiale informativo/didattico (cartaceo o video), che viene distribuito attraverso vari canali (info-point, eventi internazionali, nazionali e locali, musei, centri visita o direttamente attraverso operatori anche stagionali dell'area marina protetta che svolgono l'attività di informazione, sensibilizzazione e controllo in mare). Eppure la distribuzione e il funzionamento specie degli info-point non risultano omogenei per le varie aree marine protette;

   particolarmente manchevoli risultano la normativa e la relativa organizzazione ed attuazione con riferimento al personale impiegato nelle aree marine protette, specie riguardo alle competenze tecniche e scientifiche richieste dall'attività svolta –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, anche di tipo normativo, per assicurare che le aree marine protette istituite e quelle che dovessero esser riconosciute tali siano dotate di specifiche strutture di informazione con personale all'uopo preparato e selezionato in base a competenze specifiche al fine di assicurare gli interessi pubblici primari che la Costituzione impone per la promozione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese.
(5-02713)


   GEMMATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, sembrerebbe che, da tempo, si verifichino illeciti sversamenti di reflui di origine fognaria nel fiume Ostone che ha origine a 4 chilometri a nord-ovest del comune di Lizzano, in provincia di Taranto. I reflui giungono successivamente a inquinare il mare di Marina di Lizzano nel quale sfocia il fiume. Gli ultimi episodi, rilevati e resi noti dagli organi di stampa, risalgono alla fine di agosto del 2019;

   l'area interessata dall'attraversamento del fiume, lungo 13 chilometri è pregevole sotto il profilo ambientale ed è, infatti, tutelata dal piano paesaggistico territoriale della regione Puglia;

   gli organi di stampa riportano da tempo le denunce di associazioni ambientaliste, rappresentanti della politica e cittadini che lamentano l'inquinamento del fiume, dei terreni adiacenti, delle falde acquifere sottostanti e del tratto di mare di Marina di Lizzano nel quale sfocia il fiume;

   in particolare, gli illeciti sversamenti sono stati oggetto di alcuni esposti presentati, nel 2017 e nel 2018, dall'ex vice presidente del consiglio comunale di Lizzano, Paolo Marangi. A seguito degli esposti e dell'attività investigativa del nucleo operativo di protezione ambientale della capitaneria di porto di Taranto è stato accertato un sistema sofisticato di smaltimento di reflui di origine fognaria da parte di una ditta autorizzata del comune di Lizzano che operava nei comuni limitrofi sversando liquami di civili abitazioni, precedentemente raccolti da alcuni pozzi neri, sia nel fiume che nei terreni agricoli circostanti;

   gli autori del reato sono stati deferiti alla autorità giudiziaria per inquinamento ambientale, distruzione di bellezze naturali e deturpamento oltre che per lo smaltimento illegale di rifiuti;

   l'attività investigativa ha evidenziato che la società in questione, anche dopo il primo sequestro, continuava a smaltire illegalmente i rifiuti e, secondo quanto si evince dagli organi di stampa e dagli ulteriori esposti, pare che ancora oggi perseveri nella condotta illecita;

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, pare che anche i carabinieri della stazione del comune di Torricella, in data 31 luglio 2018, a seguito di posizionamento di telecamere, abbiano rilevato una ennesima condotta illecita ad opera degli stessi soggetti e abbiano provveduto all'ulteriore sequestro dei mezzi di trasporto e spurgo dei pozzi;

   da quanto si evince dall'ulteriore esposto depositato in data 6 giugno 2019 alla procura della Repubblica di Taranto dal signor Paolo Marangi, sembrerebbe che gli stessi soggetti perseverino nella condotta illecita;

   di fatto, le rilevazioni di acqua sporca e maleodorante che giunge nel mare di Marina di Lizzano dal fiume Ostone sono ancora recenti e frequenti e sono riportate in alcuni articoli e video dagli organi di stampa;

   secondo quanto si evince dalle mappe della European Environment Agency (EEA), Agenzia dell'Unione europea, nell'area immediatamente prospiciente il tratto di mare di Marina di Lizzano interessato dallo sversamento dei reflui inquinanti, sussiste il sito di interesse comunitario (Sic) «Posidonieto Isola di San Pietro — Torre Canneto» (code IT9130008), un'area marina protetta e inserita nella Rete Natura 2000 con superficie di 31 chilometri quadrati;

   il Sic, e dunque le sue aree naturali e le specie protette, potrebbero risentire negativamente dei continui e illeciti sversamenti provenienti dal fiume Ostone –:

   di quali elementi disponga sui fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la tutela del Sic «Posidonieto Isola di San Pietro — Torre Canneto».
(5-02722)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARBONARO e ZANICHELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la frequenza degli incendi negli impianti di smaltimento e stoccaggio di rifiuti, soprattutto a partire dagli ultimi mesi del 2017, è tale da rappresentare un rischio di emergenza nazionale. Sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'interno, nell'ambito delle attività di collaborazione in essere tra le amministrazioni, relativamente agli incendi dall'inizio di giugno 2018, emerge un totale di 262 incendi, con una media di uno ogni tre giorni, di cui 165 incendi presso aree di deposito di rifiuti;

   come rilevato dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti su illeciti ambientali ad esse correlati», la questione dei roghi negli impianti di smaltimento e stoccaggio dei rifiuti non costituisce la sommatoria di episodi distinti, bensì un problema nazionale in ragione della correlazione tra il fenomeno degli incendi e la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti;

   i fenomeni relativi ai roghi negli impianti mostrano una maggiore concentrazione nelle regioni del Nord, anche a causa di un maggior numero di impianti di trattamento presenti sul territorio;

   con particolare riferimento alla regione Emilia-Romagna, si rileva che da marzo 2019 ad oggi sono numerosi i casi di incidenti di questo genere:

    il 3 marzo 2019, a Modena, c'è stato l'incendio alla discarica HERA;

    il 12 maggio 2019, a Fiorano, c'è stato l'incendio al capannone Intereco, impianto di stoccaggio di rifiuti speciali;

    l'8 agosto 2019, a Bibbiano, c'è stato l'incendio alla CO2, azienda di recupero rifiuti plastici;

    il 9 agosto 2019, a Faenza, c'è stato l'incendio in un impianto di stoccaggio rifiuti;

    il 31 agosto 2019, a Ravenna, c'è stato l'incendio alla Ciclat, azienda smaltimento rifiuti;

   la legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 ha introdotto una norma che prevede l'obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti di dotarsi di un piano di emergenza interna al fine, tra l'altro, di controllare e circoscrivere gli incidenti e provvedere al ripristino dell'ambiente. La norma prevede, altresì che, al fine di limitare gli effetti dannosi di incidenti rilevanti, il prefetto predisponga un piano di emergenza esterna e ne coordini l'attuazione; il fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti è stato oggetto di una relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvata nella XVII legislatura, che ha messo in luce criticità e debolezze del sistema, individuando nel contempo una serie di ipotesi di intervento volte a migliorare la sicurezza e il controllo preventivo su tutto il territorio nazionale;

   a seguito del ripetersi di tali episodi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel mese di luglio 2018, di concerto con il Ministro dell'interno, ha diramato una circolare a tutte le prefetture affinché i siti di stoccaggio e trattamento rifiuti siano inseriti nei piani coordinati di controllo del territorio, coordinati dal prefetto e gestiti dalle forze di polizia –:

   se e quali iniziative di contrasto il Governo abbia avviato o intenda avviare, per quanto di competenza, con specifico riferimento agli episodi riportati in premessa.
(4-03585)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi, è stata recepita in Italia con il «decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150»;

   il 12 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha approvato, una risoluzione, sull'applicazione della direttiva 2009/128/CE concernente l'utilizzo sostenibile dei pesticidi;

   la relazione evidenzia come il livello generale dei progressi compiuti dagli Stati membri e dalla stessa Commissione europea sia insufficiente per conseguire i principali obiettivi della direttiva 2009/128/CE sull'uso sostenibile dei pesticidi e si osserva, in molti Paesi, un minore impegno a favore della tutela dell'ambiente e della salute e un insufficiente impegno nei confronti delle pratiche di difesa integrata a ridotto uso di pesticidi;

   si evidenziano, inoltre, gli scarsi progressi compiuti nel promuovere e incentivare l'innovazione, lo sviluppo e la diffusione di alternative a basso rischio e non chimiche ai pesticidi tradizionali, compresa la lunghezza del processo di valutazione, autorizzazione e registrazione delle sostanze attive a basso rischio che ne ritarda la diffusione;

   in estrema sintesi, la risoluzione: invita la Commissione e gli Stati membri a prestare attenzione alla protezione dei gruppi vulnerabili, in particolare stabilendo divieti immediati dell'uso di pesticidi entro distanze considerevoli da abitazioni, scuole, aree giochi, asili, ospedali; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che il principio «chi inquina paga» sia pienamente attuato ed effettivamente applicato in relazione alla protezione delle risorse idriche;

   in particolare, i punti 61 e 62 della risoluzione rispettivamente raccomandano alla Commissione e agli Stati membri; di vietare l'utilizzo dei PPP nelle aree frequentate dal grande pubblico o da gruppi vulnerabili di cui all'articolo 3, paragrafo 14, del regolamento (CE) n. 1107/2009; di prestare particolare attenzione alla protezione dei gruppi vulnerabili di cui all'articolo 3, punto 14, del regolamento (CE) n. 1107/2009, considerando in particolare l'attuale assenza di protezione dei residenti delle zone rurali che vivono in prossimità delle colture; si invitano pertanto la Commissione e gli Stati membri: a proporre divieti immediati sull'uso dei pesticidi entro una distanza considerevole dalle abitazioni dei residenti, dalle scuole, dai campi da gioco, dagli asili nido e dagli ospedali;

   tali pesticidi sono presenti anche nei parchi giochi, quelli dell'Alto Adige. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista «Environmental Sciences Europe», condotto dal «Pesticide Action Network Europe», network di oltre 600 tra istituzioni, Ong e individui, attivo in 60 Paesi. Sono stati analizzati campioni di erba di 71 parchi giochi della regione: quasi la metà è contaminata da pesticidi. Sono state trovate 12 diverse sostanze, provenienti dai vigneti e dai meleti vicini, trasportati dal vento e dalle piogge, «Sostanze attive a livello endocrino», che «possono alterare lo sviluppo» dei bambini;

   lo studio ha inoltre ribadito che la contaminazione da pesticidi dipende dalla distanza e dalle dimensioni dei campi agricoli nel paesaggio circostante, nonché dal vento e dalle precipitazioni –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative volte a vietare, in maniera permanente, l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti e, in particolare, il dannoso glifosato, iniziando a prevedere l'uso dei pesticidi a una distanza considerevole dalle abitazioni dei residenti, dalle scuole, dai campi da gioco, dagli asili nido e dagli ospedali, al fine di salvaguardare l'ambiente, la biodiversità, nonché la salute pubblica.
(4-03586)


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella notte dell'11 settembre 2019, ancora un incendio si è verificato nel comune di Battipaglia. È andata in fiamme una parte dell'azienda Mgm che si occupa dello smaltimento del rifiuto pneumatico;

   è una situazione ambientale insostenibile. Si tratta, infatti, dell'ennesimo incendio che riguarda una azienda a Battipaglia e che si occupa di smaltimento di rifiuti;

   questo ulteriore episodio, in presenza di un'emergenza rifiuti che attanaglia notoriamente il territorio, desta preoccupazione negli amministratori locali e nella popolazione;

   già in precedenza il l'interrogante ha posto, in ogni modo, la problematica all'attenzione delle istituzioni, presentando, insieme anche ad altri deputati, interrogazioni sul tema, rimaste senza risposta;

   la situazione del territorio di Battipaglia è esplosiva: operano, infatti, almeno 24 impianti di trattamento, stoccaggio e smaltimento rifiuti. In, aggiunta, gli uffici regionali elencano anche le cinque autorizzazioni vigenti, inclusa quella del comune, per il territorio di Eboli;

   in pratica, sui circa 200 chilometri quadrati di territorio suddiviso fra i comuni di Battipaglia ed Eboli, insistono oltre 30 impianti di trattamento rifiuti. Oltre quelli privati, occorre infatti tener presente anche lo Stir e i siti di stoccaggio provvisori: all'incirca, un impianto di rifiuti ogni 6 chilometri e mezzo;

   la prima cittadina di Battipaglia ha già più volte richiesto l'intervento del prefetto sollecitando un protocollo che preveda una task force con regione e comune per il «piano di azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti»;

   la sindaca ha, inoltre, sollecitato il Ministro precedentemente in carica affinché intervenisse per il preoccupante reiterarsi degli incendi che gettano un'ombra sinistra e allarmante sulla gestione dei rifiuti nell'area;

   le istituzioni nazionali e regionali continuano a diffondere una visione che ridimensiona il problema, evitando di definire concretamente quali siano i confini reali della «Terra dei fuochi»;

   quest'ultimo incendio impone indefettibilmente una riflessione anche sulle responsabilità e sui ritardi della regione Campania in merito all'applicazione del piano regionale dei rifiuti e sulle discutibili scelte di far governare il sistema dei rifiuti ai privati, considerando le comunità locali solo come luoghi dove far sversare rifiuti, facendone sopportare ai cittadini l'enorme carico ambientale –:

   se i Ministri interrogati, nell'ambito delle loro competenze, intendano promuovere quanto prima l'attuazione di tutti gli interventi di messa in sicurezza del territorio volti ad arginare definitivamente i danni causati all'ambiente, anche attraverso l'istituzione di un tavolo permanente fra comuni, assessorato regionale e Ministero, prevedendo l'inserimento del comune di Battipaglia nell'ambito del «Protocollo d'intesa per un'azione urgente nella Terra dei fuochi», non potendosi, a tutela del diritto alla salute dei residenti, attendere che la situazione degeneri e si aggravi ulteriormente
(4-03588)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZUCCONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella metà del mese di marzo 2019 la provincia di Lucca ha visto avvicendato il questore Vito Montaruli;

   a seguito del decesso del dottor Leopoldo Falco, ad oggi non vi è stata ancora la designazione del nuovo prefetto di Lucca;

   dal 3 ottobre 2019 andrà in pensione per raggiunti limiti di età il procuratore della Repubblica, il dottor Pietro Suchan, e la sua sostituzione non avverrà in tempi celeri;

   nonostante la situazione di forte criticità strutturale-istituzionale che contraddistingue la provincia di Lucca, al comandante provinciale dei carabinieri di Lucca, il colonnello Giuseppe Arcidiacono, in data 22 agosto 2019, è stato comunicato il trasferimento, inopinato e non richiesto, per un indefinito incarico «non operativo» (posizione di impiego di ufficiale a disposizione del comandante interregionale «Culqualber»), che dovrà assumere a Messina a partire dal 23 settembre 2019;

   il suddetto provvedimento sembra all'interrogante essere stato adottato in disapplicazione delle previsioni normative di cui alla legge n. 241 del 1990, in particolar modo del mancato avvio del procedimento e unilateralmente, inaudita altera parte, con una carenza del necessario contraddittorio, pur nel rispetto della discrezionalità amministrativa;

   il trasferimento in questione risulta, inoltre, ad avviso dell'interrogante, particolarmente incongruo se messo in relazione ai risultati encomiabili raggiunti in poco meno di due anni dall'Arma della provincia di Lucca sotto la guida del colonnello Giuseppe Arcidiacono: si è registrato nella provincia di Lucca, infatti, un abbattimento della delittuosità del 32 per cento, dei furti del 40 per cento e dei furti in abitazione del 48 per cento;

   il dislocamento del colonnello Arcidiacono, avverrebbe a circa 9 mesi dal collocamento in quiescenza del suddetto per raggiunti limiti di età, comportando costi esosi a carico dell'erario raddoppiandoli nel giro di poco tempo in maniera immotivata: in un primo momento per il disposto trasferimento d'autorità (e quindi per servizio), con missione intera e rimborsi/spese correlate per trasloco delle masserizie da Lucca a Messina e ristoro dei costi sostenuti in attesa dello stesso; in un secondo momento, perché, come l'Arma dei carabinieri prevede, l'Amministrazione dovrà sostenere le spese per l'altro trasloco nella residenza che il colonnello Arcidiacono eleggerà a fine carriera –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda eventualmente adottare per i motivi suddetti, affinché venga garantita la prosecuzione e la conclusione naturale dell'operato del colonnello Giuseppe Arcidiacono come comandante dell'Arma dei carabinieri nella provincia di Lucca.
(4-03598)


   DONZELLI e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il maresciallo in ferma volontaria dei Carabinieri Raffaele Russo, oggi effettivo al comando stazione Carabinieri di Roma Tor Sapienza, il 16 marzo 2018, è stato impegnato a Roma in un'attività di contrasto alla criminalità e di pedinamento di due persone sottoposte ad indagine;

   in tale circostanza il sottufficiale, che aveva colto due indagati in flagranza di reato a bordo del veicolo in loro possesso, ha esploso un colpo con l'arma d'ordinanza per opporsi al tentativo dei malviventi di investire lui ed un altro carabiniere dopo l'alt intimatogli, Il colpo, malauguratamente, ha attinto due donne di passaggio in quel momento, a bordo di uno scooter, causandone il ferimento. Per tali fatti, il militare è stato sottoposto a due procedimenti penali, uno presso il tribunale militare di Roma il reato di cui all'articolo 164 del codice penale militare di pace (p.p. n. 108/18 RGNR) ed uno presso il tribunale ordinario di Roma per il reato di cui all'articolo 590 del codice penale (n. 2798/18 RGNR). Il procedimento penale militare è stato archiviato con ordinanza del Gip del tribunale militare di Roma il 10 luglio 2019, avendo di fatto riconosciuto l'uso legittimo delle armi). Il procedimento penale ordinario, invece, instaurato a querela delle persone raggiunte dal proiettile, si è estinto per remissione di querela da parte di queste. Il conducente del veicolo fermato è stato condannato, sia in primo grado che in appello, per tentato omicidio del maresciallo Russo e per resistenza a pubblico ufficiale dal tribunale penale di Roma (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. 11879/18);

   l'Arma dei Carabinieri, invece, ha irrogato al militare la sanzione disciplinare della consegna di rigore di giorni 5, inoltre, con riferimento al medesimo periodo, ha giudicato «inferiore alla media» il rendimento in servizio del sottufficiale. Con nota n. 359964/M1-3/PERS. MAR. di protocollo del 21 giugno 2019, il capo dell'ufficio personale marescialli del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha comunicato che il comando generale dell'Arma dei Carabinieri starebbe valutando, previa acquisizione di un qualificato parere della commissione di valutazione e avanzamento, di non accogliere la domanda presentata dal militare e diretta ad ottenere l'ammissione in servizio permanente al termine della temporanea inidoneità al servizio militare incondizionato, ai sensi dell'articolo 950 del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010;

   secondo la nota in riferimento, i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza sarebbero «riconducibili alla sanzione disciplinare della consegna di rigore comminata per i fatti avvenuti il 16 marzo 2018, alla documentazione caratteristica redatta dai superiori gerarchici, per il periodo dal 17 luglio 2017 al 18 marzo 2018, nella quale ha riportato un giudizio valutativo di “inferiore alla media”, e ai pareri espressi dalla scala gerarchica»;

   con verbale n. 176/21 del 5 agosto 2019, la commissione di valutazione e avanzamento del comando generale dell'Arma dei Carabinieri ha espresso unanime parere contrario al passaggio in servizio permanente del maresciallo Russo;

   dagli organi di stampa si apprende che il suddetto maresciallo è stato recentemente congedato dal servizio –:

   se trovi conferma la notizia circa la decisione dell'Arma dei carabinieri di congedare il maresciallo Russo con riferimento a fatti che la magistratura ha ritenuto assolutamente legittimi e rientranti nell'uso corretto delle armi.
(4-03600)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   i legali e le associazioni dei risparmiatori denunciano ormai quotidianamente sulle stampa locale le difficoltà ad accedere al portale Consap relativo al Fondo indennizzo risparmiatori;

   nonostante il Governo avesse garantito una procedura estremante semplice per presentare domanda di indennizzo, in realtà ad oggi il portale è inutilizzabile;

   il 16 settembre 2019 è programmato un incontro al Ministero con i tecnici Consap per tentare di individuare delle soluzioni;

   nel frattempo c'è tuttavia chi si organizza;

   negli ultimi giorni è pervenuta ad avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro una locandina, a cura del Centro studi forensi, recante invito a partecipare a seminari di specializzazione, che si terranno a Vicenza il 24 settembre e a Treviso il 30 settembre, tenuti da un avvocato, componente dell'ABF di Milano;

   il costo per la partecipazione al seminario è fissato in euro 160 oltre Iva;

   vale a tale proposito la pena ricordare che l'articolo 1, comma 501, della legge di bilancio per il 2019, prevede che «la prestazione di collaborazione nella presentazione della domanda e le attività conseguenti non rientrano nell'ambito delle prestazioni forensi e non danno luogo a compenso». Dunque, i professionisti non possono pretendere una parcella per la loro prestazione professionale, ma dovrebbero invece pagare per essere informati sulle complicate modalità di presentazione della domanda di indennizzo –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per semplificare la procedura per la presentazione della domanda di indennizzo e per evitare che, nella confusione oggi regnante, possano trovare spazio speculazioni, in contrasto con spirito e ratio, della normativa vigente.
(2-00489) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DEL BARBA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riferito da alcuni contribuenti direttamente coinvolti, l'amministrazione finanziaria starebbe contestando la deducibilità del compenso corrisposto, nelle società a responsabilità limitata unipersonali, all'amministratore unico che sia anche socio unico, anche se detto compenso risulti inerente e di importo congruo;

   in evidente contrasto con quanto previsto dall'articolo 55 del Testo unico sulle imposte dirette (Tuir), sono stati considerati indebitamente dedotti i compensi agli amministratori unici di Società a responsabilità limitata, con contestuale irrogazione delle sanzioni, ipotizzando che tali società non siano in realtà che una simulazione di ditta individuale e che dunque si applicherebbe il disposto dell'articolo 60 del Tuir secondo il quale non sarebbe deducibile il compenso all'amministratore;

   in particolare, gli avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle entrate, sulla base delle risultanze delle verifiche fiscali eseguite dalla Guardia di finanza, ritengono sussistere gli estremi per applicare l'istituto dell'abuso del diritto in quanto, pur nel rispetto formale delle norme, l'operazione sarebbe diretta a realizzare essenzialmente vantaggi fiscali indebiti (deduzione dei compensi in luogo della indeducibilità dei dividendi);

   l'amministrazione finanziaria ha ravvisato nella fattispecie il fatto concreto che il socio unico che ricopre anche la carica di amministratore non potrebbe essere considerato un dipendente della società, ma ne sarebbe «il dominus», e, pertanto, il suo compenso come amministratore sarebbe da considerare remunerazione del capitale investito nella società stessa, e non il compenso per la prestazione lavorativa, tipica di un dipendente di un soggetto terzo;

   tale interpretazione appare decisamente opinabile, in quanto, nonostante l'apparente coincidenza tra società e socio/amministratore, essi sono soggetti distinti sotto il profilo giuridico, quindi per la società il costo relativo all'amministratore rientra tra gli ordinari costi di gestione;

   dottrina unanime e giurisprudenza hanno, infatti, espresso contrarietà rispetto alla citata interpretazione dell'amministrazione finanziaria, in quanto l'articolo 95 del Tuir prevede esplicitamente che i compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali siano fiscalmente deducibili e non vi sarebbe un'espressa esclusione delle Società a responsabilità limitata a socio unico per cui anche per tali fattispecie risulta applicabile la deducibilità dei compensi;

   nel pronunciamento della sentenza di cassazione del 10 dicembre 2010 n. 24957 i giudici argomentano come segue: l'articolo 62 del Tuir, stabilisce, al terzo comma, che «i compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati al conto dei profitti e delle perdite: la norma, in forza del rinvio operato dall'articolo 95, secondo comma, si applica anche alle società di capitali ed agli enti commerciali»;

   l'interpretazione della norma dettata dall'amministrazione finanziaria rischia di mettere in seria difficoltà le imprese interessate, concorrendo ad aumentare il clima di sfiducia che induce sempre più spesso le imprese locali a spostarsi nei territori oltrefrontiera;

   appare oltremodo necessaria una interpretazione univoca da .parte del Ministro interrogato volta a dare certezza alle società interessate –:

   se non ritenga di adottare iniziative per fornire una interpretazione definitiva della norma prevista volta a chiarire che quanto disposto dall'articolo 95 del Tuir si applica a tutte le tipologie societarie, ivi incluse le società a responsabilità limitata unipersonali.
(5-02714)


   BIGNAMI e OSNATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la risoluzione del 2 settembre 2019, n. 79, l'Agenzia delle entrate ha recepito e dato attuazione alla sentenza della Corte di giustizia europea del 14 marzo 2019, resa nella causa C-449/17, che ha negato «nei servizi di insegnamento resi dalle autoscuole, l'esistenza dei requisiti didattici propri di scuole ed università, per effetto dei quali si può operare in esenzione IVA», e, di conseguenza, contestato alle autoscuole il mancato pagamento della stessa nell'aliquota del 22 per cento;

   tale decisione, al di là dei pesanti dubbi interpretativi che permangono, espone le scuole guida al recupero forzoso, nei confronti dei propri studenti delle somme Iva oggi pretese dall'Agenzia delle entrate;

   appare evidente che, nell'impossibilità di recuperare tali somme dai frequentatori dei corsi, saranno di fatto le autoscuole a dover sopportare questa sorprendente e del tutto inammissibile pretesa impositiva;

   l'Agenzia delle entrate, invece di attendere un provvedimento in sede legislativa, si è immediatamente attivata dimostrando, a giudizio degli interroganti, ancora una volta la propria «freddezza burocratica» alimentata dall'incapacità di comprendere le esigenze del settore privato;

   le somme richieste, infatti, costituiscono una vera e propria sorpresa di bilancio per migliaia e migliaia di operatori, che li costringe a ripensare retroattivamente ai propri bilanci, investimenti, costi, e attività di azienda, fatto che si pone in palese contrasto con la logica che guida ogni attività privata, fondata sulla pianificazione annua del proprio bilancio con spese e investimenti;

   dunque appare necessario, prima ancora che opportuno, che il Governo in via d'urgenza provveda a porre rimedio a questa situazione surreale, in cui gli unici che rischiano di pagare un prezzo assai elevato, tanto da rischiare concretamente la chiusura, sono i titolari di scuola guida, per responsabilità tra l'altro a loro non imputabile –:

   se non intenda adottare immediatamente iniziative per prevedere una moratoria utile a definire tempi e modalità di risoluzione della problematica di cui in premessa, che rischia di fare chiudere migliaia di operatori con pesantissime ripercussioni anche sul piano occupazionale.
(5-02720)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, reca disposizioni inerenti al cosiddetto «eco-bonus» e si pone l'obiettivo di incentivare la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico, attraverso la possibilità per il soggetto che ha diritto alla detrazione del 65 per cento oppure del 50 per cento per gli interventi rivolti al risparmio energetico, nonché per coloro che sostengono spese per adeguare i fabbricati contro il rischio sismico che hanno diritto alla detrazione del 50 per cento della spesa sostenuta entro il limite di 96.000 euro per ogni unità immobiliare, di richiedere una riduzione del prezzo al fornitore della prestazione pari alla detrazione, il quale può trasferire il credito ai propri rispettivi fornitori; tale contributo è poi recuperato dal fornitore come credito di imposta da utilizzare in compensazione;

   l'Agenzia delle entrate, con il provvedimento del direttore del 31 luglio 2019, ha stabilito che il contribuente che sostiene le predette spese può optare per ottenere un contributo di importo pari alla detrazione sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto; il contributo viene quindi anticipato dal fornitore che ha effettuato l'intervento;

   la norma così formulata ha sollevato le proteste di numerose associazioni di categoria degli artigiani, poiché implica la disponibilità da parte del fornitore della liquidità necessaria ad anticipare lo sconto: soltanto i fornitori più strutturati e dotati di elevata capacità organizzativa e finanziaria saranno, infatti, nella condizione di anticipare all'utente la somma necessaria a integrare lo sconto, nonché di avere una sufficiente capienza fiscale per compensare il credito di imposta;

   si evidenzia, inoltre, la possibilità che la norma induca a un rialzo dei prezzi degli interventi in questione, al fine della copertura della componente finanziaria generata dall'incasso dilazionato nel tempo –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per correggere, attraverso il primo strumento normativo utile, le previsioni di cui all'articolo 10 del decreto-legge n. 34 del 2019, al fine di permettere anche alle imprese artigiane di minori dimensioni di poter applicare gli sconti previsti dall’«eco-bonus».
(4-03584)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ormai pare sport nazionale quello di criticare l'operato del Consiglio superiore della magistratura, paragonandolo addirittura alla mafia;

   l'interrogante, con altro atto di sindacato ispettivo, precisamente n. 3-00007, aveva già segnalato un caso analogo;

   i quotidiani oggi in edicola riportano le frasi choc del dottor Nino di Matteo, candidato alle elezioni suppletive dell'organo di autogoverno della magistratura, che, parlando in Cassazione, in diretta streaming, secondo Repubblica, testualmente avrebbe affermato: «le correnti della magistratura come la mafia»;

   tali dichiarazioni appaiono di inaccettabile gravità, considerato sia il magistrato, da cui provengono, sia il contesto nel quale sono state pronunciate;

   personalmente l'interrogante reputa la mafia un fenomeno del nostro Paese troppo serio e troppo tragico, che non dovrebbe essere evocato a sproposito, soprattutto a fini elettorali –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio di iniziative di carattere disciplinare nei confronti del dottor Di Matteo.
(3-00964)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ha destato indignazione la notizia che in data 11 settembre 2019 sia stato concesso un permesso premio a Ciro U., uno dei tre giovani, che hanno ucciso a sprangate la guardia giurata Francesco Della Corte davanti alla stazione partenopea di Piscinola, al fine di sottrargli l'arma con cui prestava servizio (una pistola);

   i tre minorenni, si ricorda, il 13 marzo 2018 hanno aspettato la guarda giurata deputata alla chiusura della stazione, l'hanno colpita più volte al corpo e al capo con dei bastoni al solo scopo di rubargli l'arma. L'uomo per i colpi subiti e le ferite è spirato dopo 12 giorni di agonia in ospedale;

   il fatto ovviamente ha fatto scalpore sulla cronaca nazionale per la violenza messa in atto dai minorenni e per il fatto che gli stessi non avevano compreso il grave gesto compiuto, tanto che proprio Ciro U., accompagnato al commissariato di Scampia per l'interrogatorio, si preoccupava di non perdere la seduta di allenamenti nel pomeriggio e come detto dal giudice Daetta, si è trattato di «Ragazzi indifferenti al male»;

   i giovani, sono stati condannati a 16 anni e 6 mesi di reclusione ed associati al carcere minorile di Airola (Benevento);

   da quanto appreso ora a mezzo stampa, il più grande dei tre, Ciro U., ha usufruito di un permesso di uscita dalla struttura per festeggiare il suo diciottesimo compleanno con amici e parenti. Questi ultimi hanno condiviso sui social le foto dell'evento (Repubblica Napoli 10 settembre 2019): «Una delle foto ritrae una coppia che si bacia teneramente davanti a due tavole imbandite. Le tovaglie a fiori, bicchieri e bottiglie di carta, il dolce nel piatto. Sul muro, un festone con la scritta “18”. Nell'altra c ’è un gruppo di ragazzi che scherza»;

   il clamore intorno al permesso di uscita concesso, scaturisce anche dalla considerazione che trattasi di un reato efferato, perpetrato per futili motivi, da minorenni che non hanno neanche dimostrato di aver compreso la gravità del gesto commesso, non si sono mai ravveduti e tantomeno scusati con la famiglia, in un contesto sociale che necessita della presenza dello Stato, di sicurezza e della ferma azione di quest'ultimo. Il permesso ad un omicida dopo poco più di un anno dalla sentenza, a parere dell'interrogante, non aiuta certamente la crescita dello Stato e del senso di sicurezza e di giustizia in territori difficili come Piscinola adiacente alle più conosciute Scampia e Secondigliano, soprattutto se il permesso viene attribuito non per un percorso rieducativo ma per eventi ludici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare, ivi compresa l'ipotesi di promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui sopra, anche ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare.
(4-03592)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, ha disciplinato il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari in favore delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) quali strutture sanitarie di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi;

   in Italia sono operative circa trenta Rems, distribuite su tutto il territorio nazionale, le quali, tuttavia, dispongono della metà dei posti che prima erano disponibili negli ospedali psichiatrici giudiziari;

   nel comune di Subiaco, unico caso in Italia, e nonostante le numerose sentenze della magistratura che sanciscono l'impossibilità di ubicare le Rems all'interno degli ospedali, la residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza «Castore» è stata ubicata in un'ala dell'ospedale Angelucci;

   questo ha costretto l'ospedale a cedere alla Rems metà dei suoi posti letto per acuti, passati da 76 a 40, uno dei motivi per i quali nel 2016 l'ospedale ha effettuato 1087 ricoveri ordinari, riuscendo a coprire solo il 29,7 per cento della domanda espressa dai quarantamila residenti del distretto sanitario;

   la verifica effettuata dal comando dei carabinieri di Subiaco prima dell'apertura della struttura su incarico del prefetto di Roma in merito alla rispondenza della stessa ai requisiti di legge per la funzionalità e la sicurezza ha messo in luce diverse criticità, nonostante le quali, tuttavia, nel luglio 2015 la Rems «Castore» è stata inaugurata ed aperta «in via eccezionale e provvisoria e sino al superamento delle eventuali criticità»;

   altre criticità si rilevano in merito sia al personale sanitario in servizio presso la struttura, acquisito mediante trasferimento dai reparti ospedalieri senza la prevista, a termini di legge, riqualificazione professionale, a tutt'oggi non ancora effettuata, sia al personale della vigilanza privata, anch'esso carente di una formazione specifica;

   gli utenti della Rems, inoltre, girano per la città senza le dovute misure di sicurezza, spesso accompagnati da un solo operatore socio-sanitario;

   sin dall'apertura della Rems l'Associazione per la tutela della salute e dei diritti del malato «Antonio Lollobrigida» ha presentato ripetutamente ai carabinieri di Subiaco istanze di accesso agli atti per poter visionare la relazione stilata in merito all'idoneità strutturale della Rems «Castore», ma le richieste non sono mai state accolte –:

   quali siano stati gli esiti della verifica effettuata dai carabinieri di Subiaco in merito alla rispondenza della struttura «Castore» ai requisiti di legge.
(4-03601)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   giova ricordare che le autoscuole esistenti nelle province di Firenze e di Prato sono attualmente 114;

   come dall'interrogante riportato nella recente interrogazione n. 5-02297 del 18 giugno 2019, la situazione è sempre più critica a causa della mancanza di esaminatori forniti dalla motorizzazione civile, ente che dipende dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che fornisce un numero di esaminatori assolutamente insufficiente rispetto alla domanda sul territorio toscano;

   come anche riportato nella risposta al question time n. 5-02571 del precedente Ministro, la cosiddetta «quota 100», il blocco del turn-over e la rotazione di personale hanno inciso in modo profondo sull'organico a disposizione per l'effettuazione delle prove di esame di guida. A ciò va aggiunto un incremento del 18 per cento circa, ovverosia +1500, degli esami effettuati nel periodo comparato 1° gennaio-31 maggio degli anni 2018 e 2019;

   il pensionamento anticipato di cinque dipendenti aggrava ulteriormente la già difficile situazione di cui sopra –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione venutasi a creare sul territorio toscano, ma anche nelle altre realtà regionali, e quali iniziative intenda assumere per risolvere la situazione in tempi certi e brevi;

   quale esito abbiano avuto le procedure concorsuali per l'assunzione di oltre 100 ingegneri su tutto il territorio nazionale, anche rispetto al territorio toscano.
(5-02716)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 2 settembre 2019, l'Agenzia delle entrate, in base a una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, ha deciso di applicare l'Iva al 22 per cento sui corsi di scuola guida, perché non possono essere considerate «istruzione». Ciò significa «addio» all'esenzione;

   conseguenza inevitabile di tale decisione sarà un largo abbandono delle lezioni di scuola guida, a causa del gravoso aumento del prezzo. Le famiglie, inevitabilmente, per risparmiare, taglieranno sulle ore di pratica con l'istruttore, vale a dire sulla sicurezza;

   in pratica, se un corso di scuola guida costava mediamente 380-450 euro, oggi con l'Iva al 22 per cento, che si è obbligati ad applicare, arriva a costare circa 460-550 euro. L'aspetto allarmante è che ormai, per ridurre i costi, si risparmia sulle ore di pratica; si tratta di un aumento che quindi si ripercuote sulla sicurezza stradale;

   nello specifico se un'ora di pratica con l'istruttore costava 25-26 euro, oggi arriva a costare 31-32 euro. Per la patente B sono obbligatorie 6 ore di guida certificate, in tutto i ragazzi arrivano a fame mediamente 12;

   ricadute negative si hanno anche per quel che riguarda la patente AM per i motori 50, che arriva a costare 600 euro per i 14enni; patente che, dopo appena quattro anni va rifatta nel caso in cui si intenda prendere la patente A oppure B;

   giova, inoltre, ricordare che in data 11 settembre 2019, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), chiamato a pronunciarsi sulla proposta di avviare una sperimentazione nazionale per quel che riguarda l'educazione civica, materia introdotta dalla legge 20 agosto 2019, n. 92, che inserisce nelle scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione l'insegnamento trasversale dell'educazione civica, all'interno della quale è prevista anche l'educazione stradale, ha espresso parare negativo;

   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ritenuto di accogliere il parere del Cspi e, pertanto, di non dare seguito alla sperimentazione per l'anno scolastico in corso;

   c'è da chiedersi, inoltre, come i giudici europei abbiano stabilito che le lezioni di scuola guida non rientrino tra «l'insegnamento scolastico e universitario» esente dal pagamento dell'Iva, quando in Italia persino una legge (20 agosto 2019, n. 92) abbia annoverato l'educazione stradale tra le discipline da insegnare nella scuola dell'obbligo;

   come se ciò non bastasse, l'aumento dell'Iva al 22 per cento sul conseguimento della patente che prima ne era esente porterà anche un rischio enorme per le autoscuole; l'Iva infatti deve essere applicata dal 2014 ad oggi: le autoscuole devono quindi richiamare gli ex allievi per raccogliere l'Iva e versarla allo Stato. Si tratta di 3,8 milioni di patenti conseguite in questi ultimi 5 anni: un lavoro estremamente complicato se non impossibile, a cui le autostrade dovranno far fronte versando l'Iva di tasca propria, essendo responsabili del tributo. Per molte autoscuole questo rappresenterebbe il fallimento –:

   se il Governo sia al corrente dei fatti suesposti e se intenda adottare iniziative per ovviare e come a questa incresciosa vicenda che inevitabilmente contribuirà ad una minor sicurezza stradale e determinerà un impatto economico negativo anche per il settore delle autoscuole.
(5-02717)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 10 settembre 2019, il consiglio regionale del Molise, ha approvato a maggioranza il piano urbanistico che delinea l'ampliamento dello scalo portuale di Termoli, in provincia di Campobasso;

   il piano regolatore portuale (Prp) di Termoli è stato approvato dopo oltre tre anni di discussione. Si è trattato di un iter lungo e complesso iniziato nel 2015, dopo la delibera del Cipe che assegnava alla regione Molise i fondi per la redazione di un piano regolatore del porto con il relativo ampliamento dello scalo portuale;

   il Prp è considerato rivoluzionario e in grado di produrre effetti positivi non solo per il porto, ma anche per Termoli. Una volta realizzato, il nuovo scalo portuale potrà inoltre costituire un volano per l'intera regione;

   il piano regolatore portuale comporterà una espansione degli attuali spazi del porto, con lo spostamento del porto turistico più a ridosso del Borgo vecchio e di conseguenza l'inserimento dell'area per i pescherecci più a sud. Sono previsti spazi per il molo traghetti, la cantieristica e l'accesso alle navi passeggeri e commerciali. L'intento è far sì che il porto possa ospitare imbarcazioni commerciali e piccole navi da crociera;

   è evidente che per la sua piena realizzazione servono comunque risorse finanziarie. Come ha ricordato l'assessore regionale ai lavori pubblici, Vincenzo Niro, «adesso arriva la parte più difficile, quella dell'ottenimento dei finanziamenti». Attualmente solo la prima fase ha i fondi a disposizione: «20 milioni per la prima fase, 50 per la seconda e poi 10 per la terza. Finora non abbiamo mai avuto l'attenzione finanziaria del governo, anche perché mancava il piano urbanistico» –:

   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza al fine di garantire le risorse occorrenti alla completa realizzazione del piano regolatore portuale di Termoli, decisivo per lo sviluppo del porto, nonché per l'economia della città e dell'intera regione.
(4-03579)


   CASSINELLI e BAGNASCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Gronda di Genova, ovverosia un nuovo tratto autostradale da realizzarsi a nord del capoluogo ligure, è un'opera infrastrutturale fondamentale per l'intera economia del Nord ovest del nostro Paese;

   dell'opera si discute ormai da oltre trent'anni, senza essere mai giunti ad alcuna conclusione, nonostante l'aggravio del traffico sulla rete autostradale ligure;

   nel 2008 il costo complessivo dell'opera era stimato in circa 3 miliardi di euro, di cui 1,8 miliardi di euro sarebbero stati erogati da Autostrade per l'Italia; il residuo sarebbe stato coperto mediante un aumento del 2,7 per cento delle tariffe dei pedaggi delle esistenti autostrade;

   il 21 agosto 2019 è stata pubblicata l'analisi costi-benefici dell'opera da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti guidato dal Ministro pro tempore Danilo Toninelli, che ha riguardato il progetto originario (che prevederebbe un costo aggiornato complessivo di 4,7 miliardi di euro e 120 mesi di realizzazione), ma anche alcune soluzioni alternative meno costose finalizzate al potenziamento del nodo stradale di Genova, che tengono conto della realizzazione del cosiddetto «nuovo ponte per Genova» più ampio del precedente;

   come riporta Il Sole 24 Ore in un articolo dell'11 novembre 2013, «Il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando ha firmato la Valutazione di impatto ambientale (Via), dopo il parere — positivo con prescrizioni — formulato in giugno dalla Commissione tecnica Via. Opera da 3,2 miliardi, con sviluppo di nuovo tracciato per circa 33 km (il 90 per cento in galleria), la Gronda, pezzo forte di un più ampio progetto di potenziamento del nodo genovese, va ora incontro alla Conferenza dei servizi, con Comune, Regione, società Autostrade. Previsti 8 anni di lavori, e scavi imponenti: 11 milioni di metri cubi da estrarre e gestire. Obbiettivo: ridisegnare quel coacervo autostradale in cui si intersecano, spesso in città, tratti delle A7-A10-A12, fluidificando anche il traffico da/per il porto»;

   dati facilmente reperibili elaborati da Confindustria Genova e supportati da analisi delle varie categorie professionali indicano con chiarezza come la mancata realizzazione della Gronda di Genova costituisca un danno economico gigantesco per la città e per la Liguria tutta, oltre al danno già provocato da continui rinvii –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo in relazione alle problematiche del nodo autostradale genovese e alla realizzazione della Gronda di Genova.
(4-03580)


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalle testate giornalistiche locali e dalle dichiarazioni di stampa, il futuro dell'area compartimentale Anas Calabria di Catanzaro è sempre più incerto;

   dopo l'indebolimento della sede del capoluogo di regione con il dirottamento di molti dirigenti di importanti settori verso la sede di Cosenza, a destare preoccupazione è anche il destino della sala operativa, punta di diamante della struttura Catanzarese per efficienza e sviluppo di lavoro. Si tratta, infatti, della prima sala operativa dopo quella nazionale con il maggior numero di eventi gestiti;

   nonostante ciò, l'Anas avrebbe presentato una proposta di rimodulazione organizzativa che porterebbe a una riduzione delle sale operative attive in Italia e che presumibilmente condurrà alla chiusura di una delle due sale attive in questo momento in Calabria;

   la riorganizzazione delle sale operative compartimentali decisa dall'Anas è stata adottata non tenendo conto di alcun criterio come la qualità del servizio, l'efficienza e l'importanza e, in particolare, senza considerare le reali condizioni dei territori interessati nonché le criticità che caratterizzano ognuno di essi in maniera peculiare;

   Catanzaro, collocata nella sede strutturale territoriale, gestisce più di 1.700 chilometri di strade, registra più di 11 mila eventi all'anno tra incidenti, emergenze neve e altro, fornisce supporto ai trasporti eccezionali, ha la gestione di ben 96 telecamere dislocate su tutto il territorio regionale, 18 pannelli a messaggio variabile tra cui, a mero titolo esemplificativo, quelli collocati tra Bagnara e Scilla – supportati da telecamere – che monitorano e forniscono la necessaria informazione sulla presenza eventuale di frane e caduta massi, ed ancora quelli posizionati lungo la tratta della strada statale 107 Silana Crotonese destinati, in particolare, alla gestione del piano neve, con tutta evidenza dei riflessi che tale attività ha sulla tutela dell'incolumità pubblica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e le motivazioni degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di trovare una soluzione organizzativa realmente rispondente a criteri di efficienza per i singoli territori e comunità, anche attraverso l'apertura di un tavolo tecnico con i soggetti maggiormente rappresentativi.
(4-03582)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'università degli studi di Firenze risulta proprietaria di immobili e terreni siti in via Piero Dazzi n. 3 a Firenze, non censiti, ma rappresentati al nuovo catasto terreni foglio 11, part. 92, come fabbricato rurale, classificato «O» secondo l'articolo 17 delle norme tecniche di attuazione;

   nell'ambito di un bando regionale di recupero di detti immobili, denominato «auto recupero», tali proprietà, con determinazioni del 2012 e 2013, vennero concesse in affitto trentennale ad un'associazione vincitrice di suddetto bando;

   l'associazione in questione è denominata «Associazione di Promozione Sociale Co – Habitat», che con atto di repertorio 53/2014, protocollo 6521 del 27 gennaio 2014, stipulò con l'Università degli studi di Firenze un'effettiva convenzione per il recupero ad uso residenziale del plesso immobiliare sito in via Dazzi n. 3;

   per l'attuazione del programma di auto recupero, l'associazione «Co-Habitat» ricevette un contributo di 160.000,00 euro dalla regione Toscana, a fronte di un canone di locazione da corrispondere alla Università degli studi di Firenze pattuito, all'articolo 4 della convenzione in specie, in 11.555,08 euro annui. A distanza di più di 5 anni dall'assegnazione, foto e video dei residenti testimoniano, a quanto consta all'interrogante, una situazione di totale degrado della struttura: sporcizia, auto e camper abbandonati, vetri rotti tratteggiano up quadro più vicino ad un centro sociale che a un progetto di recupero –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo della regolarità dell'occupazione dello stabile sopra richiamato;

   se e quali iniziative di competenza si intendano adottare e in quali tempi per ristabilire il decoro in una zona, alle pendici del monte Morello, per altro molto frequentata dai turisti per le bellezze paesaggistiche;

   se il Governo sia a conoscenza di insediamenti abusivi in zona favorite dallo stato di assoluto degrado in cui versano le strutture.
(5-02721)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente organi di stampa nazionale hanno riportato la notizia secondo la quale sono sempre più numerosi i casi nei quali i migranti, pur di vedersi riconosciuto un permesso di soggiorno come minori stranieri non accompagnati (Msna), dichiarano falsamente una età inferiore rispetto a quella reale, ovvero al di sotto dei 18 anni;

   in particolare, secondo quanto emerso solo pochi giorni fa da una inchiesta del quotidiano Il Giornale, sarebbero numerosi i casi in cui alcuni immigrati, sebbene «non hanno i capelli» o dimostrano palesemente «35 anni», beneficerebbero delle particolari condizioni di accoglienza e dei permessi di soggiorno destinati ai minori stranieri non accompagnati, come disposto dell'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998 e dell'articolo 28, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 e successive modifiche, con ciò sottraendo, evidentemente, le risorse disponibili per gli effettivi minori;

   con quanto si sta verificando, così come ampiamente documentato nel servizio, si palesa una evidente truffa ai danni dello Stato, considerati i maggiori oneri per l'accoglienza e per i percorsi di integrazione dedicati ai minori non accompagnati, nonché una palese violazione dei diritti che anche la normativa sovranazionale prevede per i minori e che, è di tutta evidenza, la legge 7 aprile 2017, n. 47, nota come «legge Zampa», pertanto non è stata in grado di garantire;

   solo a titolo esemplificativo e come pare accada in numerose altre regioni, dall'inchiesta emerge che in Friuli Venezia Giulia il fenomeno sarebbe all'ordine del giorno, e vi sarebbero numerosi immigrati, in questo caso di nazionalità pakistana o afghana, che, dichiaratisi minorenni al momento dell'arrivo o della domanda di protezione internazionale ed attualmente in accoglienza presso centri per Msna appaiono palesemente maggiorenni e, in alcuni casi, anche ultraquarantenni –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di verificare e contrastare il fenomeno sopra evidenziato, in particolare, per garantire adeguati controlli relativamente ai migranti attualmente accolti nei centri di accoglienza o beneficiari dei permessi di soggiorno destinati ai minori stranieri non accompagnati e per l'espletamento delle indagini sui familiari nei Paesi di origine, sia per l'accertamento dell'età dei migranti che si dichiarano minorenni al momento dell'arrivo o nel corso dell'esame dell'eventuale domanda di protezione internazionale ed infine, conseguentemente, per il rimpatrio di coloro non hanno i requisiti di età.
(4-03575)


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 9 settembre 2019 intorno alle 12.40, quindi in pieno giorno, nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Lecco, un giovane all'apparenza di origine africana, molto robusto, ha aggredito due donne, una di 18 e l'altra di 55 anni, picchiandole con estrema violenza, apparentemente senza motivo alcuno;

   in ospedale la 18enne è stata dimessa con 10 giorni di prognosi, mentre la donna di 55 anni è rimasta in osservazione durante la notte a causa di un trauma cranico commotivo ed è stata dimessa mercoledì 11 settembre 2019, con una prognosi di 30 giorni;

   la scena è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza, il che ha consentito di identificare, fermare e poi arrestare un 24 enne, originario del Togo, regolarmente presente sul territorio nazionale (contrariamente a quanto sembrava in un primo tempo);

   negli ultimi mesi gli scali ferroviari di Lecco e di altri Comuni della provincia, dove stazionano gruppi di irregolari, sono stati teatro di numerosi episodi di violenza;

   in giugno e in luglio, il prefetto Michele Formiglio, nell'ambito di più riunioni dedicate al tema della sicurezza delle stazioni ferroviarie, ha già disposto la chiusura notturna delle stazioni di Lecco, Calolziocorte e Olgiate Molgora, ma il provvedimento, per difficoltà tecniche poste da Rete ferroviaria italiana (Rfi) e dal comune di Lecco, non è stato ancora attuato –:

   se si intenda disporre il rafforzamento della vigilanza in città e provincia, da parte delle forze dell'ordine, laddove i recenti episodi evidenziano maggiori rischi per la sicurezza dei cittadini;

   quali iniziative di competenza ritenga di adottare per accelerare l'attuazione del provvedimento di chiusura delle stazioni e supportare gli sforzi del prefetto di Lecco per garantire maggiore sicurezza nelle stazioni ferroviarie;

   come intenda, in generale, rendere effettivo l'allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini stranieri irregolari.
(4-03576)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 4-00497 del 19 giugno 2019 viene denunciata la grave situazione di intolleranza politica che si registra all'interno del quartiere «Infrangibile» nel comune di Piacenza, imputabile ad esponenti della sinistra extraparlamentare, autori tra l'altro, di una grave forma di intimidazione in occasione della prima riunione pubblica del «Comitato Infrangibile Sicuro», nonché autori di minacciose scritte murali nei confronti del suo presidente;

   la situazione è ulteriormente peggiorata rapidamente e nel mirino sono finiti alcuni abitanti della zona iscritti o simpatizzanti di Fratelli d'Italia. Anche la porta esterna della segretaria dell'interrogante a Piacenza viene, in più occasioni lordata, con scritte e l'affissione di volantini minacciosi, atti questi ultimi che lasciano nella più completa indifferenza il destinatario degli stessi;

   è di questi giorni l'ennesima comparsa di scritte murali minacciose nei confronti di «fascisti, poliziotti e caramba», oltre alla rituale «10,100,1000 Ramelli», a giudizio dell'interrogante vera e propria manifestazione di istigazione a delinquere, oltre che forma di esaltazione di uno dei più orrendi crimini politici perpetrato nel 1975 nei confronti di un inerme giovane militante del Movimento Sociale Italiano –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere, per quanto di competenza, approfondite e immediate verifiche in relazione agli episodi sopra richiamati, per contribuire all'individuazione degli autori di dette illecite scritte, tenendo anche conto del fatto che, a quanto consta all'interrogante, sulle pagine Facebook di molti esponenti della sinistra piacentina dette violente esibizioni vengono esaltate quando non rivendicate;

   se e quali iniziative di competenza, anche con riferimento a quanto esposto nel sopra citato atto di sindacato ispettivo, siano state assunte per prevenire e contrastare dette forme di violenza, praticate in vario modo da parte di soggetti che, anche attraverso l'utilizzo dei «social», pubblicamente esaltano il ricorso alla violenza come metodo di lotta politica.
(4-03599)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è stata istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la Commissione consultiva e di valutazione di cui al decreto ministeriale 3 maggio 2018, n. 59; all'atto dell'insediamento della stessa è stato adottato a maggioranza assoluta, il regolamento di funzionamento improntato a criteri di trasparenza e di pubblicità delle decisioni e valutazioni (ai sensi dell'articolo 6, comma 6);

   l'articolo 6, comma 9, del decreto ministeriale recita che: «l'incarico di membro della Commissione è incompatibile con quello di componente di organi di direzione, gestione, consultivi, di controllo e didattici dei soggetti gestori di tutte le Scuole Superiori per Mediatori Linguistici. I membri della commissione non possono avere comunque co-interessi nelle Scuole, né avere presso le stesse incarichi di insegnamento o di gestione in atto»;

   l'Università degli studi internazionali di Roma ha impugnato con ricorso al Tar del Lazio, in data 8 settembre 2018, il decreto ministeriale di cui sopra per richiederne l'annullamento;

   l'Università Unint è in regime di convenzione con la Scuola superiore per mediatori linguistici «Vittoria» di Torino e, al riguardo, risulterebbero esserci casi di palese conflitto di interessi, in quanto un membro della commissione consultiva e di valutazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ricoprirebbe nello stesso tempo anche il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione delle scuole superiori per mediatori linguistici «Carlo Bo» –:

   se ritenga che sussistano nella fattispecie conflitti di interesse, in contrasto con i criteri di trasparenza e imparzialità sanciti nel predetto decreto ministeriale;

   se, nel caso venisse accertata la sussistenza di palesi conflitti di interesse, si intenda procedere alla revoca di tutti gli atti eventualmente adottati dalla commissione, in quanto irregolari, con la conseguente revoca della nomina dei membri della Commissione stessa.
(4-03577)


   MARIN, APREA, CASCIELLO, MINARDO, PALMIERI, SACCANI JOTTI e ZANETTIN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni, sulla base del calendario definito dalle singole regioni, sta iniziando l'anno scolastico 2019-2020 che presenta alcuni problemi per quanto riguarda la presenza del personale scolastico nelle scuole;

   in Veneto il nuovo anno scolastico ha avuto inizio l'11 settembre e in molte scuole si è presentata una situazione di difficoltà dovuta alla mancanza di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata): fonti giornalistiche parlano di un numero iniziale di migliaia di cattedre vacanti — la maggioranza delle quali nelle scuole primarie — di cui rimarrebbero scoperte ancora 1.890 posti e di una consistente percentuale di personale Ata insufficiente;

   inoltre, sempre da notizie apparse sulla stampa locale, si apprende che nella regione Veneto, su 600 istituti, un numero consistente avrebbe iniziato l'anno senza un direttore dei servizi generali e amministrativi, e che ne sarebbero mancati molti di più fino a poche settimane fa;

   è ancora la stampa che segnala un'altra emergenza rappresentata dalla mancata disponibilità di insegnanti di sostegno specializzati per cui, a fronte di un fabbisogno che esponenti del mondo della scuola indicano in migliaia di posti, oltre il 50 per cento potrebbe probabilmente essere coperto da personale non specializzato, abilitato in altre discipline;

   parte del problema della chiamata dei supplenti sarebbe dovuta alla mancata pubblicazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca delle graduatorie di istituto di prima fascia nei tempi adeguati ad assicurare un ordinato inizio dell'anno scolastico;

   a questo si aggiunge che, in seguito all'esaurimento di alcune graduatorie di docenti, gli addetti ai lavori prevedono che per coprire i posti vacanti si dovrebbe far ricorso alle messe a disposizioni, cioè a personale laureato ma non abilitato;

   la situazione si presenta analogamente drammatica su tutto il territorio nazionale, al punto che le stime apparse sui quotidiani nazionali prevedrebbero un numero di supplenze per l'anno scolastico che sta iniziando tra 170 mila e 200 mila unità –:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo affinché gli istituti di ogni ordine e grado possano assicurare il regolare avvio dell'anno scolastico e affinché il sistema scolastico non si debba trovare ogni anno a dover ricorrere a un numero di supplenti straordinario con le conseguenti ripercussioni sulla qualità dell'insegnamento e sulla continuità didattica.
(4-03583)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DURIGON, MURELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è notizia del 12 settembre 2019 quella del gravissimo incidente sul lavoro verificatosi in un'azienda agricola ad Arena Po, nel pavese: quattro persone, i due titolari e due operai, sono morti annegati in una vasca di liquami in seguito ad una caduta;

   secondo i primi accertamenti effettuati dai carabinieri della compagnia di Stradella, i quattro stavano lavorando vicino alle vasche di compostaggio del fertilizzante, proprio accanto all'allevamento di bovini, quando sono precipitati;

   questo ennesimo triste episodio conferma quanto sia necessaria una svolta riguardo alla sicurezza nei luoghi di lavoro, considerati anche i dati dell'ultimo rapporto dell'Inail che registra, purtroppo, un incremento del 2,8 per cento degli incidenti mortali sul lavoro;

   in proposito, si ricorda che il primo firmatario del presente atto era stato promotore di specifici incontri con le parti sociali in merito al tema della salute e della sicurezza sul lavoro, al fine di definire in maniera capillare le nuove linee guida da seguire –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in merito alla tematica degli infortuni sul lavoro e della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed entro quali tempi;

   se, in particolare, intenda dare continuità ai tavoli di confronto già aperti con le parti sociali.
(5-02709)


   LEGNAIOLI, CASTIELLO, CANTALAMESSA, MURELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   notizie a mezzo stampa di quest'oggi riportano la notizia secondo la quale nella giornata del 13 settembre 2019 è scoppiato un incendio in un'azienda in provincia di Avellino, la lgs, che produce contenitori in plastica per batterie automobilistiche;

   le fiamme sono divampate poco dopo le 13,30 nel piazzale esterno all'azienda dove erano state stoccate le produzioni e non ci sarebbero al momento notizie di feriti o intossicati;

   il prefetto di Avellino ha dovuto convocare il dentro coordinamento soccorsi per fronteggiare eventuali criticità provocate dall'inquinamento e ha dichiarato lo stato di emergenza –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda adottare in relazione a vicende analoghe a quella riportata in premessa, allo scopo di salvaguardare la sicurezza nei luoghi di lavoro.
(5-02710)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 5-02600 gli interroganti evidenziavano la questione dei cosiddetti «esodati del commercio»;

   in particolare, ricordando che con la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 283 e 284) si è reso strutturale l'indennizzo per cessazione di attività commerciali in crisi con decorrenza 1° gennaio 2019, si evidenziava il gap per il biennio 2017/2018 creatosi con la circolare dell'Inps n. 77 del 24 maggio 2019, la quale, includendo tra i requisiti per accedere al beneficio dell'indennizzo anche la cessazione dell'attività dopo il 1° gennaio 2019, di fatto ha escluso tutti coloro che hanno dovuto chiudere la propria attività commerciale tra il 2017 ed il 2018, nonostante gli stessi avessero contribuito al versamento della maggiorazione dello 0,09 per cento dell'aliquota contributiva;

   in sede di risposta datata 25 luglio 2019, l'allora sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Durigon, tra i firmatari ora del presente atto, nel rilevare «il disallineamento temporale sussistente tra la possibilità di accesso all'indennizzo e l'assoggettamento all'aliquota contributiva aggiuntiva dello 0.09 per cento» – in quanto la prima terminava a dicembre 2016 e la seconda a dicembre 2018 –, prendendo atto che «in passato le proroghe non hanno lasciato vuoti temporali (mentre) in questo caso il diritto all'indennizzo è terminato nel 2016 per essere ripristinato, in maniera strutturale, con decorrenza 1° gennaio 2019», si impegnava «a riconsiderare, tra i requisiti indicati ai fini dell'accesso all'indennizzo in questione, la data di cessazione dell'attività commerciale»;

   il cambio di Governo preoccupa ora non poco gli interessati della problematica, oramai comunemente noti come gli «esodati del commercio», timorosi – ovviamente – che la questione possa rimanere irrisolta per mancanza di volontà da parte del cosiddetto Governo «giallo-rosso» –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per dare seguito alla revisione della circolare dell'Inps nei termini esposti in premessa, ovvero se si intenda confermare la volontà di includere nell'indennizzo anche il biennio 2017/2018.
(5-02711)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è notizia pubblicata sul quotidiano La verità del 13 settembre 2019 quella relativa alle modifiche dei requisiti per il reddito di cittadinanza annunciate dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico;

   in proposito, si ricorda che, dinanzi alla ferma volontà del M5S di varare il reddito di cittadinanza, la Lega al Governo tentò di limitarne gli abusi introducendo dei meccanismi che limitassero la platea dei potenziali fruitori, garantendo il diritto al beneficio prima di tutto ai residenti in Italia, onde evitare che la misura divenisse un ammortizzatore per gli extracomunitari appena sbarcati;

   in particolare, per tale finalità, è stato previsto il requisito della residenza continuativa in Italia da almeno dieci anni, nonché l'obbligo di dimostrare per il richiedente il reddito di non possedere beni patrimoniali;

   stando alle notizie riportate a mezzo stampa dal succitato quotidiano, sembrerebbe che il nuovo corso «giallorosso» intenda rivedere tali requisiti, riducendo a cinque anni la permanenza minima in Italia ai fini dell'ottenimento del Rdc ed esentando dall'obbligo di attestazione della non titolarità di patrimonio gli immigrati, ritenendo difficoltoso per questi ultimi presentare un certificato che li dichiari nullatenenti nel loro Paese –:

   se le notizie di cui in premessa trovino conferma e, in caso affermativo, se il Governo pensi di adottare iniziative per utilizzare i risparmi destinati a disinnescare l'aumento dell'Iva a copertura di quello che diventerebbe un ammortizzatore «pro-stranieri»;

   se il Governo abbia considerato, qualora procedesse come denunciato nell'articolo di stampa, il rischio di operare quella che appare una discriminazione nei confronti dei cittadini italiani.
(5-02715)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono notizie riportate a mezzo stampa quelle dei 25 milioni di euro sottratti alle risorse destinate ai centri per l'impiego ed al fondo per il reddito di cittadinanza per il software voluto dal neopresidente di Anpal, professor Mimmo Parisi, e dall'ex portavoce del Ministro Di Maio, Luigi Falco, nominato direttore generale dell'Anpal;

   secondo la ricostruzione de La Repubblica, grazie ad «un emendamento arrivato nottetempo alla Camera durante l’iter di approvazione del decretone» una quota pari a 25 milioni di euro delle risorse stanziate per il reddito di cittadinanza sono state destinate all'acquisto senza bando del software che incrocerà domanda ed offerta di lavoro correlate al sussidio e che lo stesso Parisi, docente italo-americano di demografia, ha sviluppato per il centro di ricerca Nsparc, da lui diretto prima di rientrare in Italia per guidare l'Anpal, della Mississippi State University di Starkville;

   sembrerebbe che, per evitare il conflitto di interessi, sia stata prevista una modifica normativa che consentirà al Parisi-presidente di Anpal di non acquistare il software dal Parisi-direttore del Nsparc, ricorrendo all'affidamento, senza bando, per il triennio 2019-2021, a società in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, per evitare ulteriori conflitti di interesse, la società non sarà l'Anpal Servizi, controllata al 100 per cento da Anpal e di cui Parisi è anche amministratore delegato, bensì – si ipotizza – Invitalia, società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze ma considerata dalla delibera dell'Anac n. 484/2018 società in house di fatto di quasi tutti i Ministeri, incluso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   secondo la ricostruzione del quotidiano, la relazione tecnica di supporto alla norma chiarisce gli intenti, con i 25 milioni distribuiti in 10 per il 2019, 10 per il 2020 e 5 nel 2021, «comparsi all'improvviso a fine marzo alla Camera e allora giustificati per non meglio specificate “spese di funzionamento di Anpal”. I fondi serviranno proprio per “l'implementazione della piattaforma informativa strutturale all'attività dei centri per l'impiego”»;

   secondo la ricostruzione de Il Giornale, il Ministro pro tempore, dopo aver posto a presidente dell'Anpal «l'oscuro prof. Mimmo Parisi, che piace alla Casaleggio, (...) ha piazzato un altro suo amico, nonché ex addetto stampa, a fare il direttore della stessa agenzia»;

   il candidato ufficiale al ruolo di direttore generale dell'Anpal, l'agenzia vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oggi con la gestione dell'intera partita dei centri per l'impiego, del reddito di cittadinanza e delle assunzioni dei navigator, era un altro, Gianni Bocchieri, tecnico esperto della materia e nome concordato tra le forze di maggioranza governativa;

   sempre secondo le rivelazioni di stampa sembrerebbe, invece, che nel Consiglio dei ministri del 30 aprile 2019 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore Di Maio, rinnegando gli accordi raggiunti ed in contrasto con l'altra forza di Governo, la Lega per Salvini Premier, abbia imposto il nome del suo amico nonché conterraneo, Luigi Falco, persona priva di alcuna esperienza della materia e di incarichi manageriali;

   tale nomina sembra contrastare con il disposto dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 150 del 2015 che riserva quel ruolo a «esperti» ovvero «dirigenti generali» della pubblica amministrazione «in possesso di provata esperienza e professionalità» nelle materie di competenza dell'Anpal –:

   di quali elementi disponga il Governo, se il Ministro interrogato non ritenga doveroso fare luce sui conflitti di interesse che «aleggiano» intorno alla figura di Parisi ed al software da lui voluto ed in che termini il Ministro ritenga sia garantita l'efficienza dell'Anpal con un direttore generale privo di alcuna specifica esperienza nel settore, nonché la neutralità e l'equilibrio delle scelte strategiche operate dal presidente e vigilate dal Dicastero da lui guidato.
(5-02723)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la grave crisi in cui versano da tempo la pastorizia e il comparto ovino e caprino italiano richiede con urgenza misure concrete e interventi strutturali; soprattutto in Sardegna il grave stato di sofferenza in cui versa il settore sta compromettendo l'intero sistema economico, occupazionale e imprenditoriale dell'isola;

   la Sardegna rappresenta, infatti, l'area di riferimento nazionale per quanto riguarda il mercato del latte ovi-caprino e dei suoi derivati, con particolare riferimento al pecorino romano: si stima, infatti, una produzione complessiva di 300 mila tonnellate di latte ogni anno e oltre 380 mila quintali di prodotti caseari;

   il prezzo del latte remunerato all'allevatore ad inizio 2019 è stato di circa 60 centesimi al litro: una cifra che non riesce a coprire i costi di produzione e di gestione; questa situazione rischia di mettere in ginocchio un sistema costituito da oltre 12 mila aziende agropastorali presenti in Sardegna, in cui si trova il 40 per cento delle pecore allevate in Italia che producono 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60 per cento alla produzione di pecorino romano (Pop);

   il precedente Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali nel mese di febbraio 2019, incontrando una delegazione di pastori, consorzi, imprenditori, cooperative ed industriali della Sardegna, aveva promesso una soluzione rapida e il remunerato all'allevatore di almeno 1 euro al litro;

   lo stesso Ministro pro tempore Centinaio l'8 marzo 2019 annunciava che era «stato trovato l'accordo sul prezzo del latte tra pastori e trasformatori a 74 centesimi, con l'impegno di un conguaglio a novembre 2019 in base al prezzo di mercato del pecorino romano»;

   i rappresentanti dei pastori avevano rimarcato di aver sottoscritto tale accordo per «senso di responsabilità» e che «oltre al prezzo del latte» avevano «avanzato altre richieste ed in particolare una riforma generale della filiera produttiva»;

   la produzione di Pecorino romano, proprio per evitare grosse oscillazioni dei prezzi, è regolata da quote che vengono stabilite ogni anno, ma che secondo gli allevatori non vengono rispettate da molti caseifici, anche per via delle multe molto basse;

   la Commissione Agricoltura della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità, nel mese di marzo 2019, una risoluzione in cui impegnava il Governo pro tempore ad assumere iniziative a sostegno del latte ovicaprino (atto n. 8-00019);

   a quanto si apprende da fonti stampa, il precedente Ministro non avrebbe mantenuto nemmeno le promesse fatte agli agricoltori sardi sul prezzo minimo del latte, dal momento che il prezzo del pecorino, a cui erano agganciati gli aumenti promessi dallo stesso Ministro a novembre 2018, non ha subito variazioni;

   l'inchiesta sul prezzo del latte sardo, avviata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti del Consorzio per la tutela del formaggio Pecorino romano, si è risolta inoltre con un nulla di fatto. Il citato accordo sui 74 centesimi al litro ha fatto venir meno infatti i presupposti per rilevare un'eventuale pratica commerciale scorretta;

   il piano su cui hanno discusso fino ad oggi Consorzi e Ministero, denunciano i pastori, è sbagliato nella sostanza. «Noi riproponiamo (...) un nuovo sistema di attribuzione delle quote (...), partendo dal concetto che ha diritto a produrne di più chi acquista dal pastore “latte atto a divenire”, pagandolo meglio, e non chi si ritiene, com'è oggi, padrone del nostro latte perché in possesso delle quote storiche del prodotto formaggio»;

   alcuni pastori che avevano manifestato nei mesi scorsi sono stati inoltre raggiunti da denunce, mentre il presidente del Consorzio del Pecorino romano, che aveva dato le dimissioni in seguito alle proteste, le ha successivamente ritirate;

   questa situazione sta alimentando un comprensibile clima di malcontento rispetto agli impegni assunti e non rispettati che potrebbe portare a nuove azioni di protesta –:

   posti che non sembra all'interrogante che siano stati rispettati gli accordi raggiunti l'8 marzo 2019 dal precedente Ministro, fondamentali per la sostenibilità economica di un intero comparto, quali urgenti iniziative intenda conseguentemente intraprendere, dando piena attuazione a quanto indicato dalla risoluzione citata in premessa, per sostenere il settore del latte ovicaprino, con particolare riferimento alle criticità della Sardegna.
(4-03587)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Targa Florio, una delle più antiche e famose corse automobilistiche al mondo che si disputa in Sicilia dai primi anni del Novecento ed inserita nel registro eredità immateriali della regione, è un patrimonio storico, sportivo e culturale per l'Italia intera il marchio «Targa Florio» è l’asset più importante di proprietà dell'Automobile Club di Palermo e concesso in gestione all'Automobile Club d'Italia, ente pubblico non economico;

   Ac Palermo avrebbe manifestato la volontà di cessione del marchio – pur a condizione di restare coinvolto nella manifestazione sportiva come sodalizio territorialmente competente – e nel settembre 2017 il Comitato esecutivo di Aci ha adottato una deliberazione che confermava che la direzione per lo sport automobilistico Aci avesse richiesto l'autorizzazione all'avvio di una procedura per l'affidamento del servizio di valutazione del marchio e si conferivano al Presidente dell'Aci il mandato a condurre le trattative e la verifica della sussistenza delle condizioni per l'eventuale acquisizione; con due determinazioni del 2017 e del 2018, Aci – in accordo con Ac Palermo – ha affidato il servizio di valutazione del marchio ad una società Trevor s.r.l. per un ammontare di euro 14.500 (oltre Iva) liquidati nel marzo 2019; ad oggi, non si conosce l'esito, né il valore determinato dalla società affidataria;

   intervistato da organi di stampa del settore automobilistico, il presidente dell'AC Palermo – stante la pubblicità degli atti sopra citati – ha negato l'esistenza di trattative in tal senso e, di converso, il presidente dell'Aci, nelle stesse sedi, ha confermato le trattative;

   la vicenda ha destato la preoccupazione di appassionati ed amministratori dei territori coinvolti nella manifestazione della Targa Florio, riunitisi in un Comitato spontaneo; nel corso della 102° edizione della Targa, i territori amministrati da coloro che sono entrati in polemica con la presidenza del sodalizio di Palermo a quanto risulta all'interrogante sarebbero stati estromessi dal circuito;

   nonostante sussistessero le condizioni essenziali per le deliberazioni di Aci, a seguito di due richieste di accesso agli atti promosse dal Comitato spontaneo, Ac Palermo ha fatto sapere che non esisteva nessun atto amministrativo in tal senso ed Aci ha fatto sapere che non sarebbe stato possibile avere accesso ai suddetti atti perché non in suo possesso; se ciò fosse confermato, si determinerebbe un'assenza di fatto dei presupposti per le suddette deliberazioni e se, invece, fosse smentito, bisognerebbe accertare la veridicità delle dichiarazioni di Ac Palermo ed Aci;

   a quanto consta all'interrogante durante un incontro informale del gennaio 2019 tra il Comitato spontaneo ed il presidente dell'Aci, quest'ultimo avrebbe confermato l'interesse all'acquisizione del marchio, all'investimento sulla formula «regolarità» e meno su quella rally e – stante la preoccupazione del Comitato – si dimostrato disponibile alla redazione di una dichiarazione d'intenti nella quale affermare i valori ed il legame territoriale della Targa Florio;

   l'intera operazione di affidamento del servizio di valutazione da parte del soggetto potenzialmente acquirente, in assenza di un valore determinato dal soggetto potenzialmente alienante, appare non idoneo ad una gestione equa e trasparente della trattativa;

   si rileva inoltre che, dalla relazione del Collegio dei revisori sul bilancio d'esercizio 2017 dell'Automobile Club Palermo, risulta che lo stesso abbia un indebitamento netto nei confronti di Aci Italia superiore o uguale a 3 milioni di euro –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far piena luce su eventuali irregolarità nell'ambito dell'intera operazione esposta in premessa, anche al fine di evitare procedure che possano ledere o avvantaggiare gli interessi delle parti e/o interessi particolari;

   se e quali iniziative di competenza, qualora venissero accertate operazioni di dubbia trasparenza, il Governo intenda assumere per tutelare la storica «Targa Florio» ed il suo indotto a favore dei comuni interessati e degli appassionati.
(4-03602)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   SCOMA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano la Repubblica del 12 agosto 2019 riporta la notizia che l'Ospedale Civico di Palermo ha affidato la direzione del reparto di nefrologia alla dottoressa Flavia Caputo che era stata precedentemente posta in quiescenza dal 1° luglio 2019;

   l'assessorato regionale alla salute fin dal 12 luglio 2019 ha, infatti, autorizzato Asp e ospedali a stipulare contratti a prestazione gratuita ai pensionati nelle more della conclusione dei concorsi. Un provvedimento giustificato dalla necessità di garantire i livelli essenziali di assistenza e nonché da una delibera della giunta regionale che ha predisposto un piano per fronteggiare la carenza di medici in corsia, prevedendo, oltre alla possibilità di reclutare pensionati, anche quella di sottoscrivere contratti con neolaureati senza specializzazione;

   il Cimo – Sindacato dei medici – ha duramente contestato la scelta della regione affermando che «Lascia particolarmente perplessi l'input fornito dalla Regione con apposita Circolare alle varie Aziende Sanitarie siciliane per il reclutamento di medici in quiescenza, a titolo gratuito, per garantire i livelli essenziali di assistenza nei nostri ospedali»;

   come noto, in tema di incarichi nella pubblica amministrazione per il personale in quiescenza il decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114, modificando l'articolo 5, comma 9, della legge n. 135 del 2012 vieta di conferire incarichi «a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza»;

   la circolare n. 6 del 2014 del Dipartimento della funzione pubblica ha, successivamente, confermato la ratio della disciplina normativa osservando che «In considerazione degli obiettivi perseguiti dal legislatore, deve ritenersi che la nuova disciplina prevalga su quelle precedenti, anche speciali, che consentano il conferimento di incarichi o cariche, rientranti tra quelli ormai vietati, a soggetti in quiescenza»;

   in conclusione, è del tutto evidente che il servizio sanitario nazionale oggi si trova di fronte ad una gravissima carenza di dottori, infermieri e medici di famiglia, con pesanti ricadute sulle prestazioni e sulla tutela della salute dei cittadini, nonostante la Costituzione sancisca il diritto alla salute;

   confrontando i pensionamenti con le stime dei medici specializzati assunti dal servizio sanitario nazionale nei prossimi anni, i sindacati di categoria hanno calcolato che diverse discipline mediche affronteranno una grave carenza di specialisti;

   alle difficoltà causate dall'impatto dei pensionamenti va aggiunta, infatti, l'insufficiente compensazione causata dal cosiddetto «imbuto formativo», il grande ingorgo formatosi all'ingresso della carriera medica in ragione del basso numero di borse di specializzazione disponibili;

   secondo i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'anno accademico 2017/18 i posti disponibili nelle scuole di specializzazione erano 7.164, a copertura di meno dell'80 per cento dei 9.252 neo-laureati in medicina nell'anno precedente. Considerando anche gli attuali specializzandi, ciò comporterà un influsso annuale di circa 7 mila nuovi medici per i prossimi 3-5 anni. L'entità del saldo negativo dipenderà dall'impatto finale di quota 100, ma gli entranti potrebbero coprire solo circa il 30 per cento dei posti vacanti –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere abbia assunto per affrontare la grave carenza di personale nel servizio sanitario nazionale, che si ripercuote sulle condizioni di lavoro ormai insostenibili, e per garantire il diritto alla salute dei cittadini.
(3-00960)


   SANTELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la regione Calabria con la deliberazione della giunta regionale n. 21 del 15 aprile 2002, come modificata e integrata dalla deliberazione della giunta regionale 446/2006, ha imposto alle aziende ospedaliere calabresi e territoriali di riqualificare il personale dipendente di strutture pubbliche e il personale che presta la propria opera con le società appaltatrici di servizi;

   nel marzo 2008 con un protocollo d'intesa con le organizzazioni sindacali, la giunta Loiero deliberò la stabilizzazione del personale sanitario e l'internalizzazione dei servizi ospedalieri. Il lungo commissariamento della sanità calabrese e il blocco del turn over hanno di fatto bloccato il percorso di internalizzazione lasciandoli nel limbo degli appalti come operatori socio-sanitari nelle cooperative che si sono succedute negli anni;

   le aziende ospedaliere calabresi vivono da anni una situazione di sofferenza per la carenza di organico dovuta al blocco del turno over;

   il «decreto Calabria» non ha previsto il via libera a nuove assunzioni;

   in questi giorni 82 lavoratori OSS esternalizzati Coopservice/Multiservice dell'azienda ospedaliera di Cosenza si sono visti recapitare dalla cooperativa per cui prestano servizio da oltre vent'anni, le lettere di licenziamento, previsto il 30 settembre 2019;

   la regione Calabria in passato ha finanziato diversi corsi di formazione per qualificare molti di questi lavoratori che non avevano i titoli necessari;

   in tutti gli ospedali calabresi sussiste questa situazione di carenza di organico del personale che inevitabilmente mette a rischio i servizi;

   l'azienda ospedaliera ha previsto l'assunzione di 25 OSS a tempo determinato, attingendo da una graduatoria di un'altra provincia calabrese, quella di Reggio Calabria –:

   quale iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria, al fine di arrivare ad una definitiva stabilizzazione di questi precarie garantire l'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nell'azienda ospedaliera di Cosenza
(3-00961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERGAMINI, D'ETTORE e CARRARA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il batterio New Delhi (NDM) è un batterio resistente agli antibiotici. La sigla Ndm, sta per New Delhi metallo beta-lattamasi;

   il batterio isolato per la prima volta nel 2008, si è diffuso più volte in Europa, ma mai con le attuali concentrazioni. Viene considerato tra i più resistenti e in grado di portare a un rischio di mortalità fino al 70 per cento;

   questo batterio tra il mese di novembre 2018 e quello di agosto 2019 ha fatto registrare in Toscana 64 pazienti infettati e 17 decessi dei quali occorre accertare le cause. È già stato riscontrato anche in altre parti d'Italia, ma in casi sporadici. In questi mesi, il fenomeno è esploso in Toscana, e in particolare nella Toscana nord ovest. La regione si aspetta il 40 per cento di mortalità;

   il microorganismo è uno dei super batteri capaci di resistere agli antibiotici, anche di secondo livello, e continua a tenere in allarme medici e sanitari da Pisa a Massa, da Lucca a Livorno, uno spicchio di regione diventato da novembre 2018 un focolaio anomalo, senza precedenti;

   le autorità sanitarie e la regione Toscana dicono di conoscere le cifre dei ricoverati e dei pazienti risultati positivi, quelli di chi ha contratto la malattia, e assicurano di aver attivato una «unità di crisi» a maggio 2019, prima ancora di emanare il decreto dirigenziale del 26 luglio con cui il sistema sanitario regionale dettava le linee guida ai reparti a rischio per gestire un'emergenza che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha messo nero su bianco il 4 giugno; i vertici della sanità toscana dichiarano tuttavia: «non possiamo dire quanti siano i morti legati al super batterio, non può essere stabilita una correlazione immediata fra infezioni e decessi»;

   come ha ricordato il professor Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, i ceppi circolano perché all'interno degli ospedali o delle strutture sanitarie non si adottano corrette prassi igienico-sanitarie: ad esempio, il lavaggio mani quando si passa dall'assistenza di un paziente all'altro; il contatto senza protezione fra un paziente colonizzato (portatore sano) e uno non colonizzato. Questi batteri girano negli ospedali: è lì che ci sono le condizioni perché si diffondano, e il problema riguarda soprattutto i malati più fragili e debilitati;

   come ha ricordato l'11 settembre 2019 il consigliere di Forza Italia della regione Toscana, Maurizio Marchetti, durante la discussione di un'interrogazione presentata in regione, la tempistica è stata: il 24 maggio i dati epidemiologici raccolti destano allarme per i focolai di New Delhi presenti in 9 ospedali della Asl Toscana nord ovest. Il 30 maggio il Ministero della salute dirama un'allerta a tutta la penisola per il rischio di contagi derivante dal caso toscano. Il 6 giugno l'Istituto superiore di sanità emette la valutazione di rischio definendolo «alto» quanto a «diffusione tra le strutture sanitarie europee». Il primo atto formale da parte dell'assessorato regionale è del 26 luglio. La Asl lo recepisce il 5 settembre. Questi sono i tempi a fronte di un rischio noto e di un indice di mortalità che si aggira attorno al 40 per cento-:

   quali iniziative urgenti di competenza si ritenga di adottare per contenere la diffusione dell'infezione da batterio Ndm e per garantire una efficace attività di sorveglianza e monitoraggio, al fine di ridurre il grave rischio infettivo, con particolare riguardo alla regione Toscana.
(4-03578)


   MURONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese è fra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo (5,7 kg/ha contro i 3,8 kg/ha europei). Nel 2016 in Italia sono stati venduti 125 milioni di chilogrammi di prodotti fitosanitari;

   le persone possono venire in contatto con il glifosato per esposizione occupazionale, residenziale o attraverso l'acqua e l'alimentazione. Residui dell'erbicida sono stati ritrovati in pane, cereali e legumi, prodotti derivati animali ma anche nel plasma, nelle urine e nel latte materno;

   il glifosato è un'ammina individuata una prima volta negli anni ’50 da una multinazionale chimica e farmaceutica svizzera e poi negli anni ’70, risintetizzata per caso dal colosso statunitense Monsanto, di recente acquisito dalla tedesca Bayer;

   il glifosato è un noto interferente endocrino: specie nella formulazione commerciale interferisce con la sintesi di progesterone, estrogeni e testosterone a concentrazioni ritenute non tossiche e inferiori alle dosi raccomandate e può influenzare l'apoptosi in cellule placentari umane;

   nel mese di maggio del 2015 lo Iarc ha valutato il glifosato come «cancerogeno probabile», in particolare per l'insorgenza di linfomi non Hodgkin;

   nell'ottobre 2018 il tribunale di San Francisco ha condannato la Monsanto a versare 289 milioni di risarcimento danni, di cui 250 a titolo di «danni punitivi» (ridotti in appello a 39, per un risarcimento finale di 78 milioni), a Dewayne Johnson, il giardiniere di una scuola di una cittadina vicino la stessa San Francisco, ammalatosi di un linfoma non-Hodgkin anche a causa dell'esposizione al Roundup;

   nel mese di marzo 2019 la Corte di San Francisco, in California, ha concluso all'unanimità che «il signor Andrew Hardeman ha provato con evidenza preponderante che la sua esposizione al glifosato è un fattore sostanziale nella causazione del linfoma non-Hodgkin»;

   il 27 novembre 2017 l'Italia ha votato a favore del divieto della sostanza glifosato a livello di Unione europea;

   nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, in quanto cancerogena e comunque nociva, la Commissione europea, con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, ha ritenuto di rinnovare per ulteriori 5 anni, fino al 2022, l'autorizzazione all'immissione del glifosato nell'ambito territoriale dell'Unione europea;

   la legislazione dell'Unione europea prevede che le sostanze attive (ad esempio, il glifosato) siano autorizzate a livello di Unione europea. Tuttavia, i prodotti (ad esempio RoundUp) basati su queste sostanze attive sono autorizzati a livello di Stato membro. Le autorità nazionali sono responsabili dell'autorizzazione dei prodotti. In Italia, il Ministero della salute è responsabile dell'autorizzazione;

   mentre il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo italiano blocca la presentazione del nuovo Pan pesticidi il Parlamento della vicina Austria ha approvato un divieto totale di utilizzo dei pesticidi a base di glifosato sul proprio territorio. Vietare il glifosato come da tempo chiede la Coalizione «StopGlifosato» è quindi possibile, senza dover attendere il termine dell'autorizzazione concessa dall'Unione europea al contestato diserbante reso legale fino a dicembre del 2022 –:

   se il Governo intenda adottare, e in che tempi, le opportune iniziative normative atte a vietare il glifosato attuando il principio di precauzione in modo da proteggere la salute dei cittadini e tutelare l'ambiente;

   nel caso in cui il Governo non intendesse adottare iniziative per vietare il glifosato, se intenda indicare i motivi di questa decisione non in linea con il voto espresso nel mese di novembre 2017 a livello europeo.
(4-03590)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   lo studio del For Free Choice Institute – pubblicato in data 21 marzo 2019 – sostiene che il claim «senza olio di palma» è ingannevole per il consumatore;

   lo studio compara 96 prodotti alimentari in commercio in Italia tra quelli consumati dalle fasce più giovani della popolazione;

   le conclusioni della ricerca sopra indicata evidenziano che laddove l'olio di palma è stato sostituito con altri ingredienti, non si è riscontrato alcun miglioramento significativo del profilo nutrizionale dei prodotti in termini di grassi saturi. In diversi casi, infatti, i prodotti con olio di palma contengono meno grassi sia in totale sia saturi;

   lo studio sostiene inoltre di aver dimostrato che i prodotti che contengono olio di palma certificato come più sostenibili dei prodotti che usano altri grassi vegetali;

   il Ministero della salute, ha pubblicato il 25 febbraio 2016 un parere dell'Istituto superiore di sanità sull'olio di palma che afferma testualmente «la letteratura scientifica non riporta l'esistenza di componenti specifiche dell'olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute» e inoltre: «non ci sono evidenziate dirette nella letteratura scientifica che l'olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi mono/poli-insaturi, quali, ad esempio il burro»;

   inoltre, non risulta che nessuna autorità o ente o organizzazione (mondiale, europea o nazionale) ha mai adottato alcun provvedimento per eliminare l'olio di palma dai prodotti alimentari, affermando che questo ingrediente sia dannoso per la salute; né ne ha mai limitato l'uso neppur in via precauzionale ai sensi delle norme sulla sicurezza alimentare (regolamento (CE) n. 178/02);

   la mancanza di informazioni connessa all'uso di questa tipologia di etichettatura potrebbe così risultare ingannevole; si potrebbe presupporre un miglioramento sotto il profilo nutrizionale dei prodotti che hanno rimosso un ingrediente, inducendo in errore il consumatore; inoltre potrebbero essere fornite informazioni ambigue e confuse, tra l'altro non basate su dati scientifici pertinenti e inconfutabili –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare per garantire la tutela dei consumatori, evitando che vengano diffusi messaggi fuorvianti nelle etichettature degli alimenti che non trovano riscontri fattuali e scientifici, e se ritenga o meno di promuovere un'indagine compiuta e puntuale da parte della Commissione europea circa l'utilizzo delle etichette «senza olio di palma» per verificare l'eventuale contrasto con quanto previsto dall'articolo 36 del regolamento UE1169/11.
(3-00962)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Manifesto del 14 settembre 2019 ha dedicato ampio spazio alla ripresa delle attività di ricerca di idrocarburi su terra ferma in Sicilia («(...) L'area del Barocco presa di mira è tra i siti patrimonio dell'Unesco »), citando il permesso di ricerca «Fiume Tellaro», accordato il 22 marzo 2004. È oramai prossima la realizzazione di 3 nuovi pozzi esplorativi autorizzati con decreto del 5 febbraio 2019 a firma dell'assessore regionale all'energia;

   il Manifesto riferisce anche che i «No Triv» hanno denunciato che con decreto del 28 febbraio 2019 è stato rilasciato un nuovo permesso di ricerca denominato «Case la Rocca»; di questo non risulterebbero tracce negli aggiornamenti sulla Sicilia che il Ministero dello sviluppo economico pubblica sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse, fermi, ad oggi, al 30 giugno 2018;

   la giunta ed i competenti uffici della Regione siciliana hanno disatteso quanto previsto dalla legge 12 febbraio 2019 in merito alle sospensioni di legge, optando per l'applicazione della legge regionale n. 14 del 2000, che insigni giuristi ritengono da tempo incostituzionale;

   dalla lettura degli atti apparirebbe netta la volontà, ribadita dalla Regione siciliana con la deliberazione di giunta n. 347 del 19 settembre 2018, di dare nuovo impulso alle attività di ricerca e di estrazione di gas su terra ferma, così come previsto dal protocollo d'intesa sottoscritto nel 2014 tra Ministero dello sviluppo economico, regione siciliana, comune di Gela ed Eni, e ciò ad avviso dell'interrogante in violazione della legge nazionale e degli obiettivi di decarbonizzazione indicati nella nuova proposta di piano integrato nazionale Clima ed energia che l'Italia invierà presto a Bruxelles;

   non è accettabile che in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi, e di pianificazione energetica e climatica, la regione siciliana possa far tutto da sé. A maggior ragione visto che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha già applicato la sospensione di cui alla legge nazionale n. 12 del 2019 alla procedura di VIA n. 3355 riguardante il permesso di ricerca di idrocarburi «Scicli»;

   sarebbe peraltro opportuno che venissero revocati i decreti assessoriali del 5 e del 28 febbraio 2019 sopra richiamati –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare nel più breve tempo possibile, anche alla luce dei progetti di cui in premessa, per porre fine alla deriva fossile che si sta compiendo in una delle aree più ricche di risorse naturali, di beni ambientali e culturali del nostro Paese;

   quali iniziative di competenza il Governo ritenga di dover intraprendere per restituire la dovuta trasparenza all'informazione diretta al pubblico in materia di istanze, permessi di ricerca e concessioni, inclusi quelli riguardanti la Sicilia, e per ricondurre la pianificazione ambientale, energetica e climatica al rispetto della normativa nazionale.
(4-03591)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Paita e altri n. 5-02708, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Nardi.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e Spadoni n. 4-03563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Grippa.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Sandra Savino n. 7-00092, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 75 del 31 ottobre 2018.

   La XIII Commissione,

   premesso che:

    si assiste da anni, con un costante aumento di intensità del fenomeno, al proliferare di specie aliene – cosiddette «specie esotiche invasive» – la cui introduzione determina danni ingenti sia dal punto di vista della difesa dei territori e della biodiversità che da quello economico, con rilevantissime ricadute sulla produzione agricola nazionale;

    la cimice marmorata asiatica – halyomorpha halys – proveniente dall'Est asiatico, sta determinando ormai da anni una vera e propria situazione di emergenza: pur non essendo nociva per l'uomo, risulta invece estremamente distruttiva per l'agricoltura. È un insetto polifago e quindi può passare da una coltura all'altra. Inoltre, ha un'elevata capacità di adattamento all'ambiente e si espande da un territorio all'altro. La sua presenza si è velocemente diffusa in tutto il Nord Italia, area in cui si ripropone ogni anno una situazione sempre più emergenziale, su aree sempre più vaste;

    la specie è stata segnalata la prima volta in Europa a partire dal 2004. La prima segnalazione italiana si è avuta in Emilia-Romagna nel 2012. L'habitat di questo insetto si è esteso negli anni in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Piemonte. Da 2018 se ne registra la presenza anche in Campania nel territorio alto casertano e nel 2019 la cimice avrebbe già infestato i noccioleti di Teano, con un'alta probabilità di riduzione del raccolto di quest'anno;

    nella sua proliferazione, la cimice asiatica non ha trovato fattori naturali di contrasto: non risultano specie antagoniste e non si conoscono strumenti di contenimento chimici o meccanici validi, in quanto anche interventi con prodotti insetticidi non riescono ad ottenere risultati per la grande mobilità di questo insetto che si sposta facilmente da una coltura a un'altra;

    la conseguenza è quella di milioni di euro di danni per gli agricoltori e pesanti ripercussioni sugli habitat e sul paesaggio agrario di vaste aree, in quanto la cimice attacca qualsiasi tipo di raccolto tra luglio e settembre (almeno 300 specie vegetali) e si moltiplica velocemente, deponendo le uova anche due volte l'anno; inoltre, l'esemplare adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo, con conseguente aumento della tendenza a diffondersi anche in altri territori;

    considerato che la cimice asiatica non resiste ad una temperatura inferiore ai 10 gradi, le temperature ormai più calde delle medie stagionali autunnali favoriscono la sua diffusione e sopravvivenza. Questo insetto ha anche un impatto sulla popolazione, in quanto in inverno, tende a rifugiarsi nelle abitazioni per svernare, causando forti disagi ai cittadini che vedono invaso qualsiasi luogo chiuso, con il rischio di seri danni agli impianti di ventilazione di case ed edifici commerciali;

    nell'ottobre 2016, nell'ottica di individuare misure di contrasto alla diffusione dell'insetto, sono state sviluppate linee guida operative approvate dal Comitato nazionale per l'applicazione di buone prassi per la movimentazione intracomunitaria e internazionale delle merci di natura non vegetale;

    il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) ha da tempo avviato delle sperimentazioni in campo e laboratorio, per individuare i mezzi più idonei a contrastare la diffusione della cimice asiatica. Già dal 2016 nell'ambito del Progetto nazionale Aspropil, è stato individuato un imenottero autoctono (Ooencyrtus telenomicida) parassita delle uova della cimice marmorata, che può essere allevato in biofabbriche e che già ha dimostrato, in ambiente controllato, di poter parassitare efficacemente le uova della Cimice marmorata;

    il 16 aprile 2019 è stata approvata al Senato una risoluzione (n. 7-00021) volta dare la massima priorità all'adozione del decreto ministeriale previsto dal nuovo articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, al fine di fissare i criteri per l'immissione di specie e di popolazioni non autoctone nel territorio italiano, accelerando più possibile le altre fasi dell'iter autorizzatorio. Tale impegno, posto in capo al Governo, è finalizzato consentire l'introduzione dell'imenottero Trissolcus japonicus (cosiddetta «vespa samurai ») anche in considerazione dell'ampia sperimentazione già condotta su tale imenottero, in modo da consentirne l'azione in campo contro la cimice asiatica già durante la campagna agricola 2019;

    la «vespa samurai», anch'essa proveniente dalla Cina, dunque alloctona, si è rivelata utile per consentire l'azione in campo contro la cimice asiatica, in quanto deposita le proprie uova in quelle della cimice uccidendo le larve. Detto insetto, in Cina, raggiunge percentuali di parassitizzazione superiori al 70-80 per cento e ha dimostrato notevoli capacità nella lotta contro la cimice. Della «vespa samurai» si sa che, come la cimice asiatica, non è nociva per l'uomo, ma, essendo comunque una specie alloctona, non si conoscono a fondo le possibili conseguenze derivanti da una sua introduzione nell'ecosistema italiano ed europeo;

    prudentemente, con l'ordine del giorno 9/DOC.XXIV, N. 5/1, approvato il 12 giugno 2019, dal Senato della Repubblica, nel rinnovare gli impegni già assunti il 16 aprile, si è impegnato il Governo a valutare l'opportunità di una specifica azione di monitoraggio con cadenza annuale, al fine di garantire una periodica informazione circa le condizioni di inserimento della «vespa samurai» nel territorio nazionale e un controllo dello stato dell'emergenza fitopatologica, scongiurando eventuali effetti pregiudizievoli agli habitat naturali, alla flora e alla fauna;

    il panel istituito presso l’European and Mediterranean Plant Protection Organization (Eppo), sugli agenti di controllo biologico a cui partecipa anche il delegato del Servizio fitosanitario nazionale, valuterà a breve l'efficacia di Anastatus bifasciatus, un parassitoide autoctono di uova, quale potenziale agente di controllo biologico della cimice in Europa per la sua inclusione nell'elenco degli agenti di controllo biologico della cimice;

    il 20 settembre 2019 entra in vigore il decreto del Presidente della Repubblica 5 luglio 2019, n. 102, che dispone, in presenza di motivate ragioni di interesse pubblico, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa derogare al divieto imposto dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, sulla base di studi che evidenzino l'assenza di effetti negativi sull'ambiente e di appositi criteri da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Le associazioni agricole hanno chiesto al Ministero dell'ambiente, sentiti il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero della salute, di autorizzare quanto prima l'immissione in natura, su richiesta delle regioni, degli antagonisti della cimice asiatica;

    con riferimento ai danni causati dalla cimice asiatica, registrati nel 2019, i più colpiti in questi mesi sono stati i frutteti e in particolare le produzioni di punta come pero, melo e pesco, a cui si aggiungono ciliegio, albicocco, kiwi e susino. In Friuli Venezia Giulia, si registrano danni a frutteti (mele, pere, pesche, ma anche fragole e kiwi) che vanno dall'80 al 100 per cento del raccolto. Colpite anche le coltivazioni di mais, i vigneti, le piante di pioppo, gli asparagi. Nel solo Veneto i danni alle produzioni di mele, pere, pesche e kiwi hanno raggiunto la cifra di 100 milioni di euro, di cui quasi 80 nella sola provincia di Verona, ma situazioni drammatiche si registrano un po’ ovunque. In Piemonte, la provincia di Alessandria è tra le più colpite;

    vi sono gravi problemi anche in Lombardia dove la cimice ha attaccato le coltivazioni di soia e mais nel Bresciano e quelle di frutta nella provincia di Mantova; anche in Emilia Romagna la situazione e gravissima con la Coldiretti che ha chiesto addirittura di incontrare i prefetti. Si registra un crollo dei redditi di almeno il 50 per cento per moltissime aziende agricole in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto Lombardia e Trentino Alto Adige. I danni alle colture per l'annata 2019 sono stimati al momento in 250 milioni di euro;

    in considerazione della compresenza di diverse emergenze fitosanitarie, le principali associazioni agricole nazionali hanno posto sotto accusa il sistema di controllo dell'Unione europea, le cui frontiere sono considerate sin troppo permeabili, in quanto avrebbe lasciato passare materiale vegetale infetto e parassiti vari. Secondo le associazioni si assiste ad una politica europea troppo permissiva che consente l'ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell'Unione europea senza che siano applicate le cautele, i controlli e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati extra Unione europea, con estenuanti negoziati e dossier che durano anni e che affrontano un prodotto alla volta;

    l'articolo 8 del decreto-legge n. 27 del 2019, in materia di emergenze agricole, con riferimento al contrasto della diffusione della Xylella, ha modificato il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, recante attuazione della direttiva 2002/89/CE, del 28 novembre 2002 del Consiglio, sulle misure di protezione contro l'individuazione e la diffusione nella unione di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, prevedendo provvedimenti in deroga a ogni disposizione vigente, comprese quelle paesaggistiche ed ambientali, in caso di emergenza fitosanitaria;

    altra norma di riferimento per il settore fitosanitario è la direttiva 2000/29/CE che, a partire dal 14 dicembre 2019, sarà abrogata e sostituita dal regolamento (UE) 2016/2031, in relazione al quale la legge di delegazione europea 2018 detta talune prescrizioni per il recepimento, prevedendo altresì di integrarla con le disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 relativo ai controlli ufficiali, limitatamente alla normativa nazionale sulla sanità delle piante. In attuazione della direttiva 2000/29/CE, l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), opera continuativamente con l'Agenzia delle dogane, al fine di monitorare i flussi di introduzione delle derrate alimentari provenienti da Paesi extra Unione europea;

    nella legislatura XVII, in materie di emergenze fitosanitarie è stata approvata alla Camera il 10 gennaio 2017 la risoluzione unitaria n. 8-00212 nella quale si impegnava il Governo pro tempore ad istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una «Cabina di regia con il compito di coordinare le attività del Servizio Fitosanitario Nazionale con tutti i soggetti istituzionali» e a valutare l'istituzione «presso il Servizio Fitosanitario Centrale di un fondo di emergenza, per le attività di prevenzione e contrasto ai parassiti e alle fitopatie, realizzate anche in collaborazione con regioni e province autonome, Crea, Università ed altri soggetti pubblici con finalità analoghe» coinvolgendo le associazioni e aziende agricole del territorio;

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie per l'adozione di misure straordinarie in favore delle imprese agricole che hanno subito danni a causa dell'invasione della cimice marmorata asiatica – halyomorpha halys – e per potenziare gli strumenti di risarcimento, anche a valere sul fondo nazionale di solidarietà in agricoltura di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004 o istituendo un fondo ad hoc o avvalendosi degli strumenti ritenuti più opportuni quali forme di credito specializzato, supportati dagli strumenti pubblici a disposizione (Ismea);

   a dare piena attuazione a quanto già indicato nella risoluzione unitaria n. 8-00212 approvata alla Camera il 10 gennaio 2017, avviando tutte le iniziative necessarie per gestire le emergenze fitosanitarie, compresa l'adozione là dove possibile di misure di quarantena, rafforzando i piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale;

   ad adottare iniziative volte al potenziamento della ricerca finalizzata ad individuare nuove misure di contrasto alla diffusione della cimice asiatica, ivi compresa la selezione di nuove specie antagoniste, prevedendo altresì il rafforzamento delle azioni di monitoraggio delle specie antagoniste in corso di introduzione, al fine di evitare effetti pregiudizievoli agli habitat naturali, alla flora, alla fauna e alle colture;

   a farsi promotore in sede di Unione europea di una iniziativa volta a potenziare il regime di controlli in ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell'Unione, nel senso di richiedere misure e cautele, anche preventive, più stringenti, potenziando altresì le buone prassi per la movimentazione intracomunitaria e internazionale delle merci e intensificando i controlli fitosanitari sull'importazione delle merci sensibili originarie di Paesi terzi;

   ad affrontare, in sede di Unione europa, i problemi commerciali ancora irrisolti negli accordi che riguardano i prodotti agricoli provenienti da Paesi terzi, rispondendo alla forte preoccupazione dei produttori italiani per l’import di frutta e ortaggi da Paesi in cui sono presenti organismi o malattie di quarantena, approfondendo le implicazioni correlate ai differenziati standard sanitari che contraddistinguono le produzioni agroalimentari di Paesi terzi.
(7-00092) «Sandra Savino, Caon, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Fasano, Paolo Russo, Spena».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-02702, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 222 del 9 settembre 2019.

   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi da 214 a 218 (cosiddetta ottava salvaguardia) prevedeva dei requisiti per l'accesso all'assegno previdenziale, in funzione delle diverse categorie di provenienza dei lavoratori, che hanno determinato delle evidenti discriminazioni;

   il testo di legge in questione ha previsto una significativa eterogeneità dei termini temporali, utili al riconoscimento del diritto alla pensione che, da una categoria all'altra, si differenzia fino ad oltre cinque anni; pertanto, è necessario intervenire ed uniformare il periodo transitorio entro il quale è riconosciuto il beneficio della salvaguardia, nei confronti di quelle categorie di lavoratori già considerate dalla succitata legge, ma rimaste escluse;

   a titolo di esempio, prendendo il caso di due ex lavoratori, entrambi sessantenni, con pari cumulo contributivo, uno in mobilità e l'altro in contribuzione volontaria o cessato, che hanno raggiunto entrambi i requisiti negli anni dal 2018 o successivi, il primo è stato salvaguardato, mentre l'altro è stato escluso;

   sono circa 6.000 gli esodati che attendono le dovute tutele per accedere al diritto alla pensione, poiché rimasti da anni senza alcun reddito e ulteriormente danneggiati, come predetto, dall'introduzione di criteri e paletti temporali posti per l'accesso alle precedenti salvaguardie, che hanno avuto l'effetto di estrometterli dall'accesso all'assegno previdenziale;

   le iniquità contenute nell'ottava salvaguardia devono quindi essere sanate nei confronti delle stesse categorie contemplate da detto provvedimento. Non esiste, dunque, un problema di individuazione della platea dei beneficiari, poiché le tipologie di lavoratori sono le stesse già oggetto della ottava salvaguardia e quindi agevolmente individuabili dall'Inps;

   ad oggi, irragionevolmente, non è stato adottato alcun provvedimento utile a sanare tale grave situazione, che si protrae ormai da otto anni lasciando nell'indigenza e nella più indicibile disperazione questi ex lavoratori, di fatto, abbandonati dalle istituzioni e privati di ogni reddito;

   quello che deve essere introdotto è un provvedimento legislativo circoscritto a detta platea di persone che, di certo, non può trovare surroga in soluzioni previste dall'attuale regime previdenziale (ad esempio la cosiddetta quota 100) per due ragioni: questi lavoratori, cessati quando le regole erario diverse e più favorevoli, sono ora impossibilitati a raggiungere gli attuali requisiti pensionistici; in ossequio a princìpi di uguaglianza ed equità vanno riconosciuti gli stessi benefici già concessi agli esodati salvaguardati che, in non pochi casi, vantano requisiti addirittura inferiori –:

   se e quali iniziative intenda adottare urgentemente il Ministro interrogato per riconoscere il diritto alla pensione agli esodati individuabili come ex-lavoratori esclusi dai benefìci di cui all'articolo 1, comma 214, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per carenza di requisiti, non più occupati al 31 dicembre 2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo o che, entro tale data, abbiano sottoscritto accordi collettivi o individuali che, come esito finale, prevedevano la cessazione del rapporto lavorativo, i quali maturino i requisiti pensionistici, vigenti prima dell'entrata in vigore del 6 dicembre 2011.
(5-02702)