Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 24 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    Dante Alighieri, nato a Firenze tra il maggio e il giugno del 1265 e scomparso a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321, è il massimo esponente della tradizione letteraria italiana e la Divina Commedia resta, a tutt'oggi, l'opera italiana più celebre e tradotta al mondo, nonché uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale;

    lo studio delle opere di Dante Alighieri ha da sempre rappresentato un'esperienza intellettuale irrinunciabile e capace di segnare nel profondo i percorsi di vita di intere generazioni di studenti e di cittadini;

    Dante Alighieri viene unanimemente considerato il «padre» della lingua italiana in virtù della teorizzazione della lingua volgare «illustre», «cardinale», «aulica» e «curiale» esposta nell'opera De vulgari eloquentia (1303-1305) e in virtù dell'utilizzo della «nuova lingua» a partire dall'opera giovanile Vita nova, per arrivare alla celebre Commedia, opera in cui si rappresenta, metaforicamente, il tortuoso processo di maturazione linguistica del volgare illustre, assurgendo il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano;

    la vastissima diffusione del poema dantesco, già immediatamente dopo la morte del suo autore, veicolò anche la lingua con cui era stato composto, che funse così da modello linguistico per tutti i letterati, studiosi, intellettuali e semplici lettori;

    i capolavori di Dante hanno plasmato il Rinascimento, destato l'interesse dell'intero panorama della letteratura mondiale, e costituiscono, oltre all'incommensurabile valore letterario, anche un prezioso affresco di storia del pensiero occidentale intriso di riferimenti biblici e mitologici, di rimandi alla letteratura greca e latina, di riflessioni filosofiche e teologiche, di preziose testimonianze storiche e politiche del suo tempo;

    l'influenza dell'opera di Dante travalicò presto i confini della letteratura per abbracciare tutte le arti, divenendo immediatamente oggetto di interesse presso pittori rinascimentali come Sandro Botticelli, e successivamente presso esponenti della corrente del Romanticismo (Eugène Delacroix, Dominique Ingres e Gustave Doré) e dei preraffaelliti; da Vincenzo Galilei a Franz Liszt, anche la musica trasse ispirazione dalla poetica dantesca;

    William Blake, uno dei principali esponenti del Romanticismo inglese, illustrò la Divina Commedia con scene grandiose e visionarie, mentre il tedesco Joseph Anton Koch, della corrente dei nazareni, dedicò al poema dantesco gli affreschi del Casino Massimo di Roma;

    i primi influssi danteschi sulla produzione letteraria europea giunsero nella seconda metà del XIV secolo in Inghilterra, dove Dante venne scoperto grazie al letterato inglese Geoffrey Chaucer, che viaggiò in Italia ed entrò in contatto con il nostro mondo letterario;

    anche in Spagna la conoscenza di Dante si diffuse rapidamente sin dal XIV sec. con il Cancionero de Baena ed Enrique de Aragòn. La Commedia fu tradotta in spagnolo da Miguel Aranda y Sanjuàn nel 1868 e da Conde de Cheste nel 1879;

    in Francia Dante si diffuse grazie alla Scuola lionese e successivamente con le lezioni di Claude Fauriel e Abel-François Villemain;

    in Germania l'interesse per il Sommo Poeta raggiunse il culmine con la Riforma protestante e, in età Romantica, con August Wilhelm von Schlegel e i filosofi Schelling ed Hegel, e il filologo Karl Witte; anche Auerbach compì importanti studi su Dante;

    in America Ralph Waldo Emerson tradusse la Vita Nova e grazie ad Erza Pound, Henry Miller e Charles S. Singleton l'interesse verso Dante crebbe sempre più;

    nell'età moderna il culto dantesco raggiunse anche gli altri Paesi europei grazie ai viaggi di letterati e intellettuali in Italia e all'operato di italiani che ne patrocinarono la diffusione all'estero, come il frate francescano Giovanni Bertoldi da Serravalle che tradusse e commentò in latino la Commedia tra il 1414 e il 1417, diffondendone la conoscenza presso i prelati di Inghilterra, Germania e Francia;

    l'influenza di Dante fu molto forte anche su alcuni poeti del Novecento, tra cui in particolare Thomas Stearns Eliot ed Eugenio Montale; tra i principali studiosi danteschi del XX sec. si annoverano Gianfranco Contini, Umberto Bosco, Natalino Sapegno, Maria Corti, Marco Santagata, Giorgio Petrocchi;

    l'Enciclopedia Treccani ha calcolato che il 90 per cento del lessico fondamentale dell'italiano in uso oggi (cioè il 90 per cento delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90 per cento di tutto ciò che si dice, si legge o si scrive ogni giorno) è già presente nella Divina Commedia;

    il «Corriere della Sera», nell'imminenza del Settecentesimo anniversario dalla morte del Sommo Poeta, che cadrà nel 2021, ha lanciato la proposta di istituire una giornata nazionale dantesca, ricevendo l'immediata adesione dell'Accademia della Crusca, della Società Dante Alighieri, della Società dantesca e dell'Associazione degli italianisti;

    Marcello Ciccuto, presidente della società dantesca di Firenze, ha sottolineato al Corriere della Sera in data 3 giugno 2019 «l'esigenza di fissare un momento nella memoria culturale della Nazione nel quale molti ancor oggi riconoscerebbero uno dei sensi fondativi della nostra individualità storica». Alberto Casadei, docente di letteratura italiana presso l'Università di Pisa, ha precisato come «Nel 2021 l'attenzione internazionale verso Dante sarà fortissima e per questo va individuato un giorno specifico per ricordare uno dei pochi autori noti a livello davvero globale»;

    risulta doveroso, anche in considerazione della imminente ricorrenza dei Settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, che il nostro Paese celebri a dovere il più grande letterato della sua storia,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per istituire una giornata celebrativa in onore di Dante Alighieri, individuando una data in accordo con le varie associazioni e istituzioni culturali italiane che si dedicano allo studio, alla diffusione e alla conservazione del patrimonio dantesco, e a sostenere le attività e le celebrazioni che si svolgeranno in occasione dell'anno dedicato al Sommo Poeta.
(1-00231) «Nitti, Lattanzio, Palmisano, Rospi, Zennaro, Testamento, Aresta, De Giorgi, Cubeddu, De Lorenzo, Ianaro, Angiola, Trizzino, Melicchio, Bella, Villani».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,

   premesso che:

    il decreto ministeriale 24 luglio 2015, relativo al Piano annuale di gestione degli alloggi della Difesa, quantifica il patrimonio abitativo militare in 16.812 unità, di cui: a) circa 5.000, non assegnate perché inagibili e per le quali mancherebbero comunque i fondi per il ripristino; b) altre 3.600, risultano occupate da sine titulo;

    a fronte di ciò, il piano pluriennale per la realizzazione, la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale delle Forze Armate, di cui all'articolo 2, commi dal 627 al 631, della legge 14 dicembre 2007, n. 244, appare del tutto irrealizzabile, considerato che prevede di portare il predetto patrimonio a 46.000 unità;

    appare, di contro, decisamente più realistica, oltre che condivisibile, l'istituzione della categoria degli «alloggi di servizio gratuiti a incarico» (Asgi) per tutte le Forze Armate, attualmente prevista, ai sensi dell'articolo 363, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, esclusivamente per l'Arma dei Carabinieri: l'introduzione di tale categoria garantirebbe, infatti, la diretta strumentalità tra l'alloggio, la funzione svolta e l'esistenza di un incarico tabellare e ordinativo, tale da assicurare ai titolari degli incarichi anche la permanente e immediata reperibilità, eliminando per il futuro il fenomeno di nuove occupazioni sine titulo, con conseguente affidamento degli alloggi residui alla società Difesa Servizi s.p.a, al fine di assicurarne la valorizzazione e l'utilizzo economico;

    la vendita degli alloggi già individuati per la realizzazione del predetto piano pluriennale, di cui all'articolo 297 del codice dell'ordinamento militare, ha dato scarsi risultati;

    l'articolo 33, comma 8-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, prevede il conferimento ai fondi immobiliari di un numero di immobili residenziali pari almeno a quelli per il raggiungimento della quota minima di alloggi da alienare fissata dal comma 3 dell'articolo 306 del codice dell'ordinamento militare e che gli introiti di tale operazione sono destinati alla realizzazione del citato programma pluriennale;

    al fine di perseguire un vero cambiamento nel sistema di gestione degli alloggi, sarebbe auspicabile la dismissione del patrimonio esistente, ormai fatiscente, tralasciando, conseguentemente, la politica degli sfratti che non ha portato i risultati sperati, anche in ragione dello stato di salute e/o dell'età avanzata degli occupanti, ancorché senza titolo;

    gli alloggi, qualora venissero comunque recuperati, non potrebbero, per carenza di fondi, essere interessati dalle necessarie ristrutturazioni e, conseguentemente, rimarrebbero vuoti, determinando altresì per l'amministrazione un passivo legato ai mancati introiti dei canoni di locazione, di cui la Difesa non può certo fare a meno;

    il predetto piano dovrà tenere conto anche delle reali esigenze in ragione della preannunciata ridislocazione delle Forze Armate sul territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a valutare, con il coinvolgimento dei comitati degli inquilini degli alloggi:

    a) una differente politica di gestione degli alloggi, adottando iniziative per istituire, per tutte le forze armate, la categoria degli alloggi di servizio gratuiti ad incarico, nonché per prevedere la cessione della gestione dei residui alloggi alla Società Difesa S.p.a;

    b) la rideterminazione periodica dei canoni di cui al decreto ministeriale 16 marzo 2011, sulla base dei dati forniti dall'Agenzia del Territorio (OMI);

    c) l'adozione di iniziative per favorire la realizzazione di cooperative edilizie tra personale delle Forze Armate e forze di polizia, cui assegnare aree demaniali per la costruzione di alloggi, anche con l'utilizzo della «finanza di progetto»;

    d) una differente politica, avuto riguardo agli immobili occupati senza titolo – anche in conformità alle già emanate nel 2015 dallo stato Maggiore della Difesa –, che tenga conto sia dei numerosi alloggi vuoti disponibili in alcune regioni del Nord, sia delle difficoltà in termini tecnico-amministrativi di procedere al ripristino degli alloggi eventualmente liberati.
(7-00293) «Deidda».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    gli edifici occupati dalle Forze armate durante tutto il periodo che va dal 1948 al 1995 sono stati spesso di pregio ed allocati in zone strategiche delle città, oltreché in zone agresti, dove bunker e stabili di piccole dimensioni hanno diversificato il paesaggio esistente;

    oggi gli stessi stabili si presentano in condizioni disastrose, lasciati al potere della natura ovvero con arbusti di piccole e grandi dimensioni che crescono ovunque, si suppone anche esposti ad animali, e potrebbero diventare anche il ricettacolo di commerci spesso non esattamente leciti;

    gli enti locali non sempre hanno le risorse necessarie all'alienazione di tali beni,

impegna il Governo

a rendere pubblico, tramite gli organi di stampa e i social network di maggiore utilizzo, l'elenco aggiornato degli immobili della Difesa in disuso al fine di porre in essere una gara di idee per ogni immobile per favorirne una riqualificazione immediata, predisponendo nel sito ufficiale del Ministero della difesa idonei strumenti per evidenziare con assoluta chiarezza tale elenco, al fine di agevolare le amministrazioni pubbliche nel caso di interesse.
(7-00294) «Dall'Osso».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la legge 2 dicembre 2016, n. 242, reca dettagliate norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della cannabis sativa, incentiva la coltivazione e la trasformazione dei prodotti della canapa sativa anche nella produzione di alimenti e cosmetici; nel provvedimento è mancata la previsione di una disciplina tra i prodotti che possono ottenersi dalla canapa coltivata ai sensi dell'articolo 2, delle infiorescenze, fresche ed essiccate, per scopo floreale o erboristico; la motivazione addotta risiede nel fatto che, limitatamente agli scopi erboristici, vi sono troppi elementi di contiguità con gli aspetti medicinali, per cui le infiorescenze si devono regolamentare con norme specifiche: di fatto quindi si ammette una vacatio legis in materia;

    questo esclude dalla disciplina recata dal provvedimento in questione, un intero settore potenzialmente suscettibile di importanti sviluppi anche dal punto di vista occupazionale e di reddito, considerata l'importanza economica delle infiorescenze;

    le varietà di cannabis sativa ammesse alla coltivazione previste da questa legge, corrispondono a quelle ammesse nell'ambito dell'Unione europea, elencate nell'allegato XII del Regolamento (CE) 1251/1999 e successive modifiche;

    alla luce della fissazione allo 0,6 per cento del limite massimo di Thc ammesso nella coltivazione (articolo 4, comma 5, della legge n. 242 del 2016) le infiorescenze della canapa industriale potrebbero restare escluse dall'applicazione della normativa sui medicinali, alla quale sono invece attualmente soggette in considerazione delle sostanze farmacologiche ritenute attive presenti nelle infiorescenze della cannabis sativa;

    sul punto è giusta l'osservazione del Ministero della salute – espressa nel corso dell'audizione presso l'ufficio di presidenza della 9° Commissione permanente del Senato della Repubblica, il 16 marzo 2016 – secondo la quale «eventuali discrepanze tra il tenore di Thc previsto e quello riscontrato non vanno inquadrate nell'ambito del testo unico sugli stupefacenti, ma dovranno essere trattate nell'ambito della normativa dell'Unione europea in materia di coltivazioni agricole e di attività di operatore del settore alimentare in osservanza dei Regolamenti (CE) 178/2002 e 852/2004»;

    infatti, come peraltro già affermato da anni dall'Istituto superiore di sanità e dal Ministero della salute, l'immissione sul mercato di prodotti derivanti da canapa industriale certificata e tracciata diversi dalla fibra o dal seme è consentita, benché contenenti tracce di Thc, purché in misura tale da non provocare effetti stupefacenti e/o psicotropi nei consumatori;

    inoltre, la circolare del 22 maggio 2018 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in merito ai chiarimenti sull'applicazione delle legge 2 dicembre 2016, n. 242, non ha di fatto chiarito nessun dubbio sulle modalità di utilizzo delle infiorescenze; infine, dal recente decreto legislativo n. 75 del 21 maggio 2018, che disciplina la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali, sono escluse la coltivazione e la lavorazione delle piante di cui al comma 2 disciplinate dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. L'elenco delle specie di piante officinali coltivate sarà definito da un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro della salute, al quale è rinviata anche la disciplina dell'attività di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee e delle specie e delle varietà da conservazione o in via di estinzione,

impegna il Governo:

   ad adottare un'apposita iniziativa normativa che riconosca che tutti i prodotti derivati dalla canapa sativa, senza distinzione tra prodotti a base di semi o a base di infiorescenze, possano essere utilizzati nella preparazione di alimenti e cosmetici, nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori, così come peraltro previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge 2 dicembre 2016, n. 242, e in armonia con le normative europee così come evidenziato nelle premesse;

   ad adottare iniziative, anche alla luce del recente decreto legislativo n. 75 del 21 maggio 2018, per inserire la cannabis sativa, in tutte le sue parti, incluse le infiorescenze, nell'elenco delle piante officinali;

   a non assoggettare a monopolio di Stato il mercato delle infiorescenze di canapa industriale.
(7-00292) «Benedetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti sindacali Uil, la notizia rilanciata dagli organi di informazione del possibile sfratto, per moltissimi agenti di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere de L'Aquila, dalla caserma presso la quale hanno vissuto anche per più di 20 anni;

   il rischio è che tale situazione possa determinare contraccolpi negativi alla funzionalità dell'istituto penitenziario delle «Costarelle»;

   circa 20 agenti sono stati già costretti a trasferirsi nei Map di cui al progetto C.a.s.e. e presto molti potrebbero essere costretti a fare altrettanto;

   va individuata una nuova soluzione operativa, poiché è ovvio che i tempi di realizzazione di una nuova caserma sono lunghi e serve quindi una soluzione per il breve periodo;

   vi sarebbero sul campo diverse possibili soluzioni come riadattare il vecchio complesso, ora in disuso, riservato ai detenuti semiliberi, o procedere alla sdemanalizzazione degli alloggi all'uopo destinati a famiglie degli operatori penitenziari e alla relativa trasformazione in alloggi collettivi attraverso, ovviamente, opportune ristrutturazioni, oppure implementare i Map direttamente all'interno del perimetro carcerario –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, in tempi rapidi, per approntare una soluzione adeguata per gli agenti di polizia penitenziaria, senza che vi siano disagi e possibili disservizi per l'istituto penitenziario de L'Aquila.
(5-02585)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e DE MARIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, Seham Sergewa, un'attivista per i diritti delle donne e rappresentante della commissione diritti umani della Camera dei Rappresentanti, il parlamento libico con base a Tobruk, sarebbe stata prelevata da un gruppo di uomini armati presso la sua abitazione;

   secondo i familiari della donna – che hanno rilasciato alcune dichiarazioni alla Cnn – più di una dozzina di uomini mascherati e armati sono arrivati a casa di Sergewa. Un membro della famiglia avrebbe identificato gli uomini come parte di una milizia chiamata 106a brigata, nota anche come Awlia Aldem. Mentre cercavano Sergewa, alcuni uomini del commando avrebbero sparato al marito alle gambe e avrebbero picchiato uno dei suoi figli. Entrambi gli uomini sono ancora in ospedale e a nessun familiare sarebbe stato permesso di visitarli;

   Seham Sergewa è una delle donne politiche più importanti nel suo Paese. Poche ore prima del suo rapimento, Sergewa era stata intervistata da un canale televisivo pro-Haftar, Al Hadath, che ha sede al Cairo e aveva criticato l'assalto dell'LNA alla capitale, Tripoli. La parlamentare era appena rientrata da un viaggio al Cairo, dove ha partecipato a una riunione della Camera impegnata a trovare soluzioni all'attuale crisi, attraverso la formazione di un nuovo Governo di unità nazionale;

   un membro della famiglia attualmente all'estero ha detto alla Cnn che il rapimento è stato un tentativo di mettere a tacere Sergewa e soffocare un'ulteriore opposizione alla campagna di Haftar per conquistare la capitale;

   la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) e il Governo di accordo nazionale, guidato dal premier Fayez al Serraj, hanno condannato fermamente la sparizione della parlamentare Seham Sergewa;

   in una nota emessa mercoledì sera, il Consiglio presidenziale di Tripoli ha accusato «le milizie di Haftar» del rapimento, perché la deputata si è sempre espressa contrariamente all'intervento militare e al ruolo indipendente di Haftar;

   l'Unsmil ha chiesto alle autorità competenti di indagare sull'attacco alla residenza di Sergewa, sulla sua sparizione forzata e di rivelare dove si trova, chiedendone l'immediata liberazione;

   l'Unsmil ha sottolineato infine che non sarà tollerato il silenzio delle voci femminili nelle posizioni decisionali e ha ribadito il suo forte impegno a sostenere il ruolo cruciale delle donne libiche nel processo di pace e pacificazione, nonché la loro piena partecipazione e coinvolgimento nella vita politica e nel processo decisionale –:

   quali informazioni abbia il Governo riguardo alla vicenda della parlamentare Seham Sergewa, che aveva anche partecipato alla conferenza di Palermo del mese di novembre 2018.
(5-02583)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il litorale ligure da anni purtroppo è costantemente segnato dal fenomeno dell'erosione a causa del combinato disposto di correnti marine, mareggiate e innalzamento del livello del mare;

   è uno dei territori dove maggiormente si avvertono gli effetti dei mutamenti climatici, determinando situazioni di estrema criticità per gli operatori turistici;

   ha suscitato molto scalpore la notizia dell'annullamento del concerto di Jovanotti ad Albenga a causa proprio del restringimento della spiaggia dovuto ad una forte mareggiata a tal punto da impedire lo spettacolo previsto;

   ad Alassio, quest'estate, quasi tutti i lidi contano due file di ombrelloni in meno rispetto all'anno precedente;

   erosione della costa e mareggiate sempre più violente non consentono agli operatori turistici di programmare nulla;

   anche gli interventi di ripascimento servono a ben poco poiché è sufficiente una mareggiata a portar via ogni sforzo compiuto;

   si sta determinando quindi una condizione di estrema criticità e non facilmente affrontabile con le sole forze degli enti locali e degli operatori interessati;

   occorre uno sforzo più ampio, tale da rendere la costa ligure cuore di un progetto di tutela ambientale e rilancio economico sotto il profilo turistico –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza per porre in essere interventi di salvaguardia ambientale della costa e di sostegno agli operatori turistici danneggiati dal restringimento delle spiagge.
(5-02581)


   FASSINA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Sogesid spa è la società di ingegneria «in house providing» del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il suo capitale sociale è interamente detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   Sogesid spa si occupa di salvaguardia delle risorse idriche, bonifiche dei siti inquinanti, gestione del ciclo dei rifiuti e contrasto al dissesto idrogeologico;

   nel mese di settembre 2018 il Ministro Costa dichiarava: «È chiaro che non è pensabile che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si regga, per la metà delle proprie funzioni, sui dipendenti assunti a tempo indeterminato da una società di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze. Con quanto versato in questi anni a Sogesid, avremmo potuto assumere al Ministero, in 3 anni, oltre 2.400 unità di personale»;

   la convenzione quadro tra Sogesid e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stata rinnovata nel dicembre 2018. Al tempo stesso, il Ministro interrogato ha ribadito la volontà di far cessare nel medio-lungo periodo l'attività dei dipendenti Sogesid presso i propri uffici;

   l'articolo 1, comma 317 della legge di bilancio n. 145 del 2018 autorizza il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad assumere 400 funzionari e 20 dirigenti. Il timore dei lavoratori è che i nuovi funzionari, oltre a sostituire coloro che andranno in pensione, saranno chiamati a sostituire i dipendenti Sogesid. Infatti, l'articolo successivamente prevede «la progressiva riduzione delle convenzioni stipulate per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale, nella misura fino al 10 per cento nell'anno 2020, fino al 20 per cento nell'anno 2021, fino al 50 per cento nell'anno 2022, fino al 70 per cento nell'anno 2023 e del 100 per cento nell'anno 2024»;

   il 10 luglio 2019 i lavoratori hanno intrapreso il quinto sciopero dal mese di ottobre 2018 per avere risposte certe sul proprio futuro. La Sogesid spa ha 530 dipendenti, di cui 464 a tempo indeterminato, assunti nel 2015, con procedure pubbliche per titoli ed esami, dopo anni di precariato, in gran parte laureati. Di questi, 372 svolgono assistenza tecnica direttamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, permettendo il normale funzionamento del dicastero;

   nel comunicato di convocazione dello sciopero i sindacati hanno elencato le loro motivazioni: la progressiva dismissione del rapporto tra Sogesid spa e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, aggravata anche dal piano di riorganizzazione del Ministero approvato il 20 giugno 2019 dal Consiglio dei ministri; i ritardi accumulati, in un continuo «rimpallo» delle responsabilità, nell'attivazione di convenzioni con i Ministeri che esercitano indirizzo e controllo sulla Sogesid spa e con altri enti e amministrazioni pubbliche; l'inerzia dimostrata dalla società nel far fronte a questa grave situazione; il mancato rispetto del verbale di accordo sottoscritto nel dicembre del 2018; i tagli economici effettuati a scapito del personale (premi di produzione non erogati, recuperi finanziari sul premio della polizza per la copertura degli infortuni extra professionali) –:

   quali iniziative urgenti si intendano assumere, per quanto di competenza, per mantenere e tutelare gli attuali livelli occupazionali della società, salvaguardando esperienze e competenze maturate in anni di lavoro.
(5-02582)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si è in presenza di una accelerazione tecnologica in ragione dell'avvento del 5G e ciò avverrà mettendo a repentaglio il rispetto del limite di esposizione della popolazione di 6 Volt/metro, posto dal regolamento recante «i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana» e confermato come limite ambientale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 2003, «in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore»;

   la individuazione del valore di 6 Volt/metro, dovuta a Livio Giuliani, dirigente di ricerca dell'Ispesl («il padre dei 6 Volt/metro», ex pluribusRepubblica-Affari e Finanza 20 gennaio 2003), è stata una sfida scientifica e tecnologica che ha governato la costruzione della rete di telefonia cellulare in Italia, Gsm, Dcs e Umts, una delle migliori reti mondiali. La rete fu costruita proteggendo la popolazione italiana, con livelli di esposizione massima di 1/100, per l'Umts e poi per il 4G; livelli più sostenibili rispetto a quelli degli altri Paesi in America e in Europa in cui vige un limite di esposizione pari a 61 V/m. Un caso di effettivo sviluppo sostenibile, in equilibrio ottimale tra diritto alla salute e diritto alla intrapresa. In Europa, comunque, ben nove Paesi hanno adottato sull'esempio dell'Italia i 6 Volt/metro;

   nel 2011, la IARC «Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro» ha classificato il telefono cellulare come possibile fattore cancerogeno per l'uomo per i tumori della testa. Esistono, inoltre, ormai numerosissimi studi sull'esito tumorale dell'esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. A fine 2018 il National Toxicology Program (USA) ha diffuso il rapporto del suo studio con una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppano rari tumori delle cellule nervose del cuore» e aggiunge che esistono «evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali». Studi confermati dall'istituto Ramazzini di Bologna –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo, in considerazione di quanto previsto dalla legge n. 36 del 2001 per garantire la protezione elettromagnetica della popolazione per la mitigazione dell'impatto sulla popolazione e sull'ambiente del 5G, anche in applicazione del principio di precauzione e/o di prevenzione;

   se in applicazione del principio di buona amministrazione, non si ritenga necessario convocare un gruppo di lavoro interministeriale costituito sul modello di quello che fu istituito con decreto del Ministro dell'ambiente 2 giugno 1997, per la protezione dai campi elettromagnetici, che ha elaborato i testi del decreto ministeriale n. 381 del 1998 e dalla legge n. 36 del 2001;

   se non si ritenga opportuno affidare a tale gruppo di lavoro la redazione delle linee guida per la protezione della popolazione dal 5G;

   se non intenda promuovere un'indagine da parte dell'istituto superiore di sanità e dell'Inail sugli effetti dell'uso della tecnologia 5G sulla popolazione;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per istituire una conferenza dei servizi, con la partecipazione delle più rappresentative associazioni consumeristiche, associazioni ambientaliste e associazioni di portatori di sensibilità chimica multipla o di elettrosensibilità, per la definizione delle linee guida per la protezione dalle onde del 5G, qualunque sia l'organismo tecnico chiamato ad elaborarle.
(5-02587)


   MURONI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 28 giugno 2019 la dinamite e il plastico collocati su piloni e stralli delle pile 10 e 11 dell'ex viadotto Morandi hanno fatto collassare la struttura;

   ora bisogna pensare come smaltire le 50.000 tonnellate di cemento armato appena abbattute, alle quali vanno sommate le ventimila tonnellate del crollo del 14 agosto 2018;

   l'Ispra, organo tecnico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sostiene che data la presenza di amianto, le macerie del Morandi devono essere trattate come rifiuti speciali e pericolosi, con quel che ne consegue nella loro gestione, più lunga e costosa;

   l'ente che aveva chiesto il parere tecnico dell'Ispra è la città metropolitana di Genova, presieduta dal sindaco Marco Bucci. La replica affidata all'Arpal e alle Asl sostiene invece che i paletti fissati da Ispra sono troppo stretti, e andrebbero bene solo per i detriti a cui l'amianto «è stato intenzionalmente aggiunto», inserendo tubi e lastre di Eternit;

   quindi il Morandi, costruito tra il 1962 e il 1967, quando l'amianto era considerato un normale materiale edile, non rientrerebbe nella categoria. In questo caso, sarebbero da considerarsi come rifiuti misti, e la soglia di pericolosità scatterebbe solo con una presenza di amianto superiore dello 0,1 per cento dell'intero manufatto;

   nella perenne bufera governativa è passata quasi sotto silenzio una dichiarazione del Ministro dell'interno resa pochi giorni fa, pubblicata anche in un video postato sul sito de La Repubblica (https://video.repubblica.it): «Non può esserci qualche burocrate a Roma che rallenta la promessa fatta ai genovesi e agli italiani». La faccenda, quindi, appare più complessa di una semplice questione burocratica. I comitati civici della zona rossa chiedono certezze e al momento sono sulla linea del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   lo smaltimento «speciale» del ponte Morandi costerebbe 230 euro in più a tonnellata. Sembra un'inezia, ma moltiplicato per almeno 70.000 sono quasi diciassette milioni di euro. L'intero appalto per la demolizione ne vale 19 milioni di euro;

   la presenza di amianto tra le macerie preoccupa gli abitanti del Campasso che chiedono giustamente garanzie a tutela della loro salute, sono preoccupati dalla presenza di amianto e chiedono ulteriori interventi;

   gli abitanti delle zone interessate chiedono altresì che la bonifica delle macerie avvenga nei tempi e nei modi giusti, perché si tratta di rifiuti speciali, forse con tracce di amianto, dunque prima di parlare di riutilizzo è bene procedere a una accurata bonifica –:

   se la decisione dell'Ispra di trattare come rifiuto speciale e pericoloso le 70.000 tonnellate di macerie sia condivisa dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nel caso, se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, in collaborazione con la regione Liguria e l'Arpa Liguria, per il loro corretto smaltimento in modo da scongiurare qualsiasi pericolo per la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente;

   se il Governo non intenda assumere iniziative di competenza per potenziare il monitoraggio per la verifica della presenza di polveri, fibre d'amianto e altri cancerogeni in modo da prevenire eventuali pericoli per la salute dei cittadini e per l'ambiente e nel caso avviare immediatamente la necessaria messa in sicurezza dei luoghi.
(5-02588)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:

   l'Associazione «Carteinregola», il 17 luglio 2019, ha scritto una lettera al presidente della regione Lazio e al consiglio regionale del Lazio, nonché a dirigenti del Ministero per i beni e le attività culturali relativa alla proposta di deliberazione consiliare n. 26 del 4 gennaio 2019, relativo al piano territoriale paesistico regionale (Ptpr) che la giunta regionale ha inviato al consiglio regionale per l'approvazione definitiva;

   l'articolo 43 delle norme del Ptpr tutela «gli insediamenti urbani storici che includono gli organismi urbani di antica formazione e i centri che hanno dato origine alle città contemporanee nonché le città di fondazione e i centri realizzati nel XX secolo», stabilendo disposizioni per le strutture urbane «che hanno mantenuto la riconoscibilità delle tradizioni, dei processi e delle regole che hanno presieduto alla loro formazione»;

   i citati insediamenti urbani storici sono sottoposti ad autorizzazione paesaggistica, e a puntuali prescrizioni, per gli interventi di demolizione e ricostruzione, nuove costruzioni e ampliamenti al di fuori della sagoma esistente, ma anche la coloritura dei manufatti edilizi e le finiture esterne. Infatti, «Per i manufatti di interesse storico-monumentale di età medioevale, moderna e contemporanea sono consentiti esclusivamente gli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e gli interventi di restauro e di risanamento conservativo»;

   il centro storico della Capitale d'Italia viene ancora una volta escluso dalla tutela, nonostante custodisca un patrimonio paesaggistico unico al mondo;

   l'ultimo comma dell'articolo, il comma 17, recita: «17. Non si applicano le disposizioni sostanziali e procedurali di cui al presente articolo all'insediamento urbano storico sito Unesco centro storico di Roma. L'applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione»;

   nel Ptpr del 2007 invece si rimandava a un «piano di gestione» e si prevedeva: «Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all'articolo 134 comma 1 lettera a) del Codice, e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell'Unesco (tra questi Roma – centro storico) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale” ratificata dalla legge n. 184 del 1977»;

   il piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione è stato approvato con delibera n. 62 del 2016, ma non ha introdotto alcuna effettiva tutela per il centro storico e la città storica di Roma;

   da tempo si perpetua l'equivoco di un presunto vincolo da ascrivere alla appartenenza del centro storico di Roma alla lista dei siti patrimonio dell'Unesco, che tuttavia non ha alcun valore prescrittivo, trattandosi di un elenco da cui un sito potrebbe persino essere escluso se perde le peculiarità che hanno portato al suo inserimento, e che non può garantire alcuna reale tutela, né fornire prescrizioni vincolanti;

   appare, quindi necessario tutelare effettivamente lo straordinario patrimonio del centro storico di Roma e tutti i soggetti interessati hanno il dovere di salvaguardare, da interventi che possono modificarne irrimediabilmente il valore paesaggistico, sia la porzione di città illustrata nelle mappe catastali redatte dopo l'avvento dello stato unitario, sia gli impianti urbani all'interno e all'esterno del perimetro delle Mura aureliane; questo per essere coerenti con la disciplina definita dalla medesima regione Lazio che fissa specifiche regole per i centri storici (articolo 60 della legge regionale n. 38 del 1999);

   non sfugge all'interrogante la preoccupazione relativa al fatto che sono ancora pendenti i rischi su pregiatissimi tessuti storici novecenteschi prodotti dal «Piano casa» della regione Lazio, prorogato fino al 2017, a cui si aggiungono quelli recati della recente legge regionale del Lazio per la rigenerazione urbana;

   l'associazione «Carteinregola» ha richiesto di apportare al testo del Ptpr un emendamento al fine di preservare e tramandare alle generazioni future un bene che rappresenta la nostra storia e la nostra memoria collettiva; l'emendamento proposto recita: «All'articolo 43 il comma 17 (ovvero articolo 15 dei PTPR adottato) è sostituito dal seguente: “L'insediamento urbano storico del Comune di Roma è sottoposto alle prescrizioni di tutela paesaggistica del presente articolo sia nelle aree interne alle mura del centro storico monumentale, come individuato negli elaborati prescrittivi Tav. A 24 e Tav. B 24 del presente Piano, sia nelle aree di cui agli ambiti T5 e T7, rispettivamente articoli 30 e 32 delle Norme tecniche del PRG, inerenti la Città storica che individuano l'edilizia puntiforme otto-novecentesca dei villini e della città giardino”» –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interpellato, per quanto di competenza, in merito alle esigenze evidenziate dall'associazione «Carteinregola»;

   quali iniziative di competenza intenda assumere, alla luce di quanto riportato in premessa, affinché si determino le condizioni di tutela effettiva ed efficace dell'insediamento urbano storico nel comune di Roma.
(2-00471) «Fassina».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   OSNATO e SILVESTRONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo la disciplina vigente vi sono due principali tipologie di contratto di locazione di immobili ad uso abitativo (non transitorio): il contratto «a canone libero» e il contratto «a canone concordato», che si determina riducendo del 30 per cento il reddito fondiario, ai sensi dell'articolo 37, comma 4-bis, del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

   un'ulteriore agevolazione è stata introdotta dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, commi 53-54) e concerne la riduzione del 25 per cento delle imposte Imu e Tasi dovute per gli immobili concessi in locazione a canone concordato, a prescindere dall'ubicazione dell'immobile;

   all'esito della pubblicazione del decreto ministeriale 16 gennaio 2017, n. 62, come interpretato dalla direzione generale del Ministero e dall'Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 31/E, nei confronti dei cittadini dei comuni che successivamente alla pubblicazione del decreto ministeriale non hanno ancora sottoscritto un accordo territoriale si sono verificate gravi e irragionevoli disparità;

   alla luce di quanto indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 309 del 1996, il decreto ministeriale n. 62 del 2017 va interpretato nel senso che esso consenta l'attestazione da parte di tutte le organizzazioni firmatarie la convenzione nazionale, mediante le proprie articolazioni territoriali, del rispetto dei criteri obiettivi di determinazione del canone –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché l'attestazione della conformità del contratto ai criteri dettati negli accordi territoriali sia consentita a tutte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative che hanno sottoscritto la convenzione nazionale integralmente recepita nel decreto ministeriale di cui in premessa.
(5-02589)


   BIGNAMI, MARTINO, GIACOMONI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate sta «affliggendo» milioni di partite Iva con un nuovo strumento burocratico, gli indici sintetici di affidabilità (Isa), mediante i quali si sarebbero dovuti superare i famosi studi di settore;

   in realtà, gli Isa non sostituiscono alcunché, ma anzi causano un ulteriore aggravio burocratico, comportando la necessità di integrare la documentazione per l'elaborazione degli Isa con i dati fiscali degli ultimi 8 anni;

   tali dati, pur essendo già in possesso dell'Agenzia delle entrate, devono essere riacquisiti dai professionisti e ricaricati nuovamente sui sistemi informatici dell'Agenzia;

   si esclude che ad estrarre i dati e a ricaricare i dati siano i medesimi titolari di partita Iva, magari abbandonando il posto di lavoro, ma si presume che lo faranno commercialisti e professionisti all'uopo incaricati i quali, anche volendo, non si ritiene lavorino gratuitamente, costituendo quindi tutto ciò costi aggiuntivi per le partite Iva coinvolte;

   per accedere a tali dati i professionisti devono acquisire i medesimi previo rilascio di una delega specifica da parte del titolare della partita Iva;

   tale delega appare del tutto «pleonastica» in quanto si tratta di chiedere dati già in possesso dell'Agenzia delle entrate, in palese violazione dello statuto del contribuente, che poi vanno nuovamente comunicati all'Agenzia delle entrate;

   tali dati, una volta reso possibile l'accesso, sono disponibili per soli 20 giorni, rendendo evidente quel che già si sospettava, ovvero che chi ha elaborato questi strumenti non ha mai avuto una partita Iva e non ha mai emesso una fattura;

   alla luce di quanto precede, appare opportuno che il Ministro interrogato esprima il proprio orientamento circa l'operato dell'Agenzia delle entrate –:

   su quali basi normative si fondi questa continua richiesta di adempimenti da parte dell'Agenzia delle entrate e come si giustifichi una richiesta di dati, peraltro, già in possesso della medesima Agenzia delle entrate che appare agli interroganti in palese violazione dello statuto del contribuente, oltre che del buon senso.
(5-02590)


   FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riferito dall'Associazione nazionale consulenti del lavoro- Ancl, l'Agenzia delle entrate starebbe emettendo degli avvisi di irregolarità relativi al Modello 770/2017 che sarebbero frutto di un'impropria compilazione dovuta a malfunzionamenti di alcuni software;

   in particolare, l'Ancl denuncia la richiesta del versamento della differenza tra la somma contenuta nella certificazione unica 2017, relativa ai redditi 2016 e quanto riportato nel modello 770/2017, al rigo SX47, colonna 3;

   le istruzioni ministeriali relative al modello 770/2017 prevedono che nel rigo SX47, alla colonna 3, debba essere indicato l'ammontare del credito «bonus Irpef» — il cosiddetto bonus fiscale di 80 euro previsto dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 — riconosciuto e successivamente recuperato dal sostituto d'imposta in sede di effettuazione delle operazioni di conguaglio, da esporre anche nella prima sezione del quadro ST, con la precisazione che detto credito recuperato non è quello utilizzato in compensazione bensì quello recuperato dal sostituito in quanto non spettante;

   molti software di compilazione hanno riportato nel rigo SX47, alla colonna 3, l'ammontare del bonus al netto delle compensazioni ed è da questa incongruente esposizione di dati, frutto di un'impropria compilazione dei due diversi modelli, che derivano le differenze richieste negli avvisi bonari;

   l'errore si sarebbe quindi ingenerato a causa di un disallineamento tra le istruzioni per la compilazione dei due modelli e la rimozione temporanea del controllo bloccante sui software di compilazione automatica, «tuttavia» i dati per poter riscontrare che l'avviso di irregolarità si fonderebbe su una apparente incongruenza tra la certificazione unica e il modello 770/2017 sono già in possesso dell'Amministrazione finanziaria;

   per poter chiarire la difformità dei dati, molti professionisti hanno utilizzato i servizi di assistenza dell'Agenzia delle entrate riscontrando un comportamento difforme sul territorio da parte dell'amministrazione finanziaria: alcune sedi accettano i chiarimenti mediante il canale telematico Civis, altre richiedono una Pec, altre la richiesta di un'istanza da protocollare con trattazione successiva, altre ancora la necessità di recarsi fisicamente in sede muniti di delega del sostituto –:

   data oramai la estesa dimensione del fenomeno, se non ritenga necessario fornire, in tempi brevi, a tutte le sedi territoriali, le indicazioni per applicare le stesse modalità operative d'intervento per la rapida risoluzione della problematica esposta in premessa.
(5-02591)


   SANGREGORIO e CECCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 19 maggio 1971, n. 403, ha istituito la professione sanitaria ausiliaria di massofisioterapista;

   la norma è stata abrogata dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; è stato precluso l'avvio di nuovi corsi regionali per la formazione di nuovi massofisioterapisti, prevedendo contestualmente – per coloro che svolgono o abbiano svolto un'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non continuativi, negli ultimi dieci anni – la possibilità di continuare a svolgere le attività professionali previste dal profilo della professione sanitaria ausiliaria, purché si iscrivano ad un albo speciale ad esaurimento istituito presso gli ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, entro il 31 dicembre 2019;

   il decreto del Ministero della sanità del 27 luglio 2000, recante disposizioni per «l'equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base» prevede, all'articolo 1, che tutti i titoli di massofisioterapista conseguiti in base alla legge 19 maggio 1971, n. 403, sono equipollenti al diploma universitario di fisioterapista; tale disposizione è stata confermata da numerose sentenze del Consiglio di Stato;

   in base alla guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all'anno di imposta 2017 dell'Agenzia delle entrate, circolare 27 aprile 2018 n. 7/E, le prestazioni del massofisioterapista sono detraibili solo se rese da soggetti che hanno conseguito il diploma entro il 17 marzo 1999 – in base alla circolare della medesima Agenzia del 24 aprile 2015, n. 17 – mentre le prestazioni rese da massofisioterapisti che hanno conseguito il diploma successivamente a tale data non sono detraibili;

   le prestazioni rese dal massaggiatore capo bagnino ai sensi del regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334, sono invece completamente detraibili;

   risultano agli interroganti incomprensibili le motivazioni della differente valutazione, ai fini della detraibilità, delle prestazioni erogate dietro prescrizione medica dal massofisioterapista piuttosto che dal massaggiatore capo bagnino e, all'interno della stessa professione, dai diplomati pre o post 17 marzo 1999 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per eliminare tale difformità di trattamento, consentendo così la detrazione delle spese sostenute ai pazienti di tutti i diplomati in massofisioterapia, a prescindere dalla data di conseguimento del diploma.
(5-02592)


   GRIMALDI e BUOMPANE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinamento del Corpo della Guardia di finanza prevede un concorso a cadenza annuale per l'ammissione degli allievi finanzieri al corso; gli ultimi concorsi per allievi finanzieri, negli anni 2010, 2011 e 2012 hanno previsto l'assunzione a distanza di tempo sia dei vincitori che degli idonei in graduatoria a norma dell'articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2015;

   l'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 1995, che detta modalità per l'espletamento dei concorsi nella Guardia di finanza, prevede la possibilità di procedere al reclutamento mediante scorrimento della graduatoria dei candidati idonei ma non vincitori entro 18 mesi dall'approvazione della stessa;

   l'articolo 1, comma 296, della legge n. 205 del 2017 ha previsto la possibilità di effettuare assunzioni nel ruolo iniziale del Corpo della Guardia di finanza mediante scorrimento, fino ad esaurimento, delle graduatorie degli idonei non vincitori del concorso bandito per l'anno 2012;

   nel 2018, è stato indetto un concorso per 380 allievi finanzieri concluso con l'approvazione delle graduatorie finali di merito e la nomina dei vincitori il 10 dicembre 2018; in data 26 aprile 2019 la Guardia di finanza ha emanato un bando di reclutamento per 965 allievi finanzieri che non prevede scorrimento delle graduatorie degli idonei del concorso indetto nell'anno 2018, che conservano efficacia per ulteriori 18 mesi;

   il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza 14/2011, è intervenuto in merito al reclutamento di personale della pubblica amministrazione o mediante scorrimento di graduatorie valide ed efficaci o mediante indizione di nuovi concorsi, sottolineando, in particolare, che le disposizioni che estendono i termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall'espletamento delle nuove procedure concorsuali;

   perseguendo lo scopo di offrire protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie, non costituiscono deroga alla regola costituzionale del concorso;

   nella citata sentenza si stabilisce, inoltre, che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta regola generale di reclutamento, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce eccezione e richiede apposita e approfondita motivazione, salvo particolari necessità di procedere al nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie efficaci –:

   quali iniziative intenda assumere, in considerazione del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e del preminente interesse pubblico al contenimento della spesa pubblica, per garantire l'applicazione della regola dello scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2018 per il reclutamento degli allievi finanzieri nell'anno 2019.
(5-02593)


   CENTEMERO, VIVIANI, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 174 del 2006, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo il «Regolamento per il funzionamento del sistema telematico delle Borse merci italiane, con riferimento ai prodotti agricoli, agroalimentari ed ittici». Come si evince dalla definizione, viene fissata l'esistenza della cosiddetta «Borsa merci telematica italiana», nonché del «mercato regolamentato dei prodotti agricoli, agroenergetici, agroalimentari, ittici e dei servizi logistici, realizzato attraverso la piattaforma telematica, accessibile da postazioni remote, che viene predisposta dalla società di gestione»;

   di conseguenza, nel momento in cui l'impresa di pesca cede il prodotto ittico, non è a conoscenza del corrispettivo che le verrà riconosciuto dal grossista, in quanto quest'ultimo risulta essere strettamente legato alle oscillazioni giornaliere della quotazione del pescato;

   le cessioni suesposte sono accompagnate da un documento di trasporto – necessariamente privo del prezzo di cessione – il quale verrà ricompreso, assieme agli altri documenti di trasporto relativi al medesimo mese, in una fattura «differita» da emettere entro il giorno quindici del mese successivo, secondo quanto stabilito dall'articolo 21, comma 4, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 663 del 1972;

   la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 18/E del 24 giugno 2014, Parte II, prevede che «nel caso di cessione di beni, la fattura differita potrà contenere, in luogo del dettaglio delle operazioni, anche solo l'indicazione della data e del numero del Documento di Trasporto...»;

   secondo quanto suggerito dalla suddetta circolare, ogni consegna al grossista dovrebbe essere accompagnata dal documento di trasporto in cui vengono elencati i beni oggetto della cessione suddivisi per natura, qualità e quantità (senza il prezzo, in quanto ancora non stabilito);

   inoltre, entro il giorno quindici del mese successivo, dovrebbe essere emessa un'unica fattura differita contenente, in luogo del dettaglio dei beni ceduti, solamente gli estremi dei documenti di trasporto di riferimento;

   per il nostro Paese, la pesca in acque marine risulta essere un comparto strategico, le cui energie non possono ma soprattutto non devono essere assorbite da adempimenti che si stanno rivelando sempre più gravosi –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa e delle difficoltà che le imprese di pesca si troveranno ad affrontare in relazione all'obbligo della fattura elettronica, intenda fornire eventuali delucidazioni in merito, ponendo rimedio a questa scomoda situazione.
(5-02594)

Interrogazione a risposta scritta:


   FICARA, ALAIMO e GRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo modello organizzativo dell'Agenzia delle entrate si basa su un progetto di riorganizzazione delle strutture dell'Agenzia con il principale obiettivo di instaurare un rapporto fiduciario tra fisco e contribuente;

   con atto del direttore pro tempore dell'Agenzia delle entrate del 7 agosto 2018, prot. n. 186067, nel disciplinare i compiti e la nuova articolazione delle direzioni provinciali, è stato disposto l'accorpamento di numerose aree servizi estimativi e O.m.i. (Osservatorio del mercato immobiliare) su tutto il territorio nazionale secondo le modalità previste nell'Allegato A allo stesso atto;

   sulla base di quanto sopra disposto l'area servizi estimativi e O.M.I. della direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate di Siracusa dovrebbe essere accorpata alla direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate di Ragusa;

   da un articolo pubblicato dal quotidiano on line «Il messaggero.it» si apprende che vi sarebbe il rischio di una «...perdita della professionalità acquisita da tutti i tecnici dopo anni di formazione ed esperienza nel campo estimale ed un aumento del carico di lavoro ai danni dei Reparti delle Direzioni Provinciali presso cui confluiranno le attività dei Reparti soppressi, quindi solo complicazioni per una corretta gestione del lavoro oltre al notevole danno alla utenza che per accedere ai servizi catastali è costretta a coprire notevoli distanze chilometriche»;

   lascia perplessi, inoltre, la logica di una scelta che non tiene conto del fatto che la provincia di Siracusa rispetto a quella di Ragusa ha un territorio più esteso, un maggior numero di comuni, un maggior numero di abitanti, un maggior numero di transazioni immobiliari;

   i provvedimenti di riorganizzazione delle articolazioni e dei compiti delle direzioni provinciali non hanno carattere irrevocabile, così come dimostrato dall'atto prot. 525138 del direttore pro tempore dell'Agenzia delle entrate che ha modificato l'allegato A all'atto n. 18067 del 7 agosto 2018, prevedendo l'istituzione nella direzione provinciale di Bergamo dell'area servizi estimativi e O.m.i., precedentemente accorpata presso la direzione provinciale di Brescia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del modello di riorganizzazione in atto riguardante le direzioni provinciali dell'Agenzia delle entrate e se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per verificare la congruità e la razionalità di tale modello in realtà strategiche come quella della provincia di Siracusa;

   quali iniziative intenda porre in essere affinché venga scongiurato il rischio dell'accorpamento dell'area servizi estimativi e O.m.i. della suddetta provincia.
(4-03395)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'attivazione della linea alta velocità Frecciarossa/Frecciargento ha modificato il modo di viaggiare di milioni di passeggeri fruitori del servizio di trasporto ferroviario su scala nazionale tramite collegamenti più veloci e maggiore frequenza dei treni sulle linee a maggior traffico;

   a partire dal 9 giugno 2019, in concomitanza con il nuovo orario estivo di Trenitalia, sono entrati in esercizio nuovi treni Frecciargento Etr 700 che progressivamente sostituiranno i treni Frecciabianca sulla direttrice adriatica Milano-Bologna-Ancona-Pescara-Bari-Lecce;

   la sostituzione sarà graduale per terminare entro il primo semestre 2020 allo stato attuale interessa due coppie di Frecciabianca Ancona-Milano, nello specifico quella nn. 8802/8804 da Ancona verso Milano centrale e quella nn. 8825/8829 viceversa, confermando tutte le fermate intermedie già previste;

   dal 28 luglio 2019 sarà sostituita con i nuovi Frecciargento Etr 700 un'altra coppia di treni Frecciabianca da Pescara centrale a Milano centrale e viceversa, nello specifico la nn. 8806 e 8823, confermando tutte le fermate intermedie già previste;

   i treni Frecciarossa e Frecciargento prevedono abbonamenti specifici e sono caratterizzati da minori fermate;

   si apprende da fonti di stampa locale che la regione Emilia-Romagna ha raggiunto un accordo con Trenitalia per assicurare ai circa 900 abbonati in possesso della carta «Mi Muovo Tutto Treno» che ogni mese si avvalgono dell'abbonamento mensile agevolato «Mi Muovo FB-IC», di poter utilizzare anche i nuovi treni Frecciargento senza alcun aggravio di spesa;

   anche i circa 1.900 pendolari che usano la carta annuale «Mi Muovo Tutto Treno» in abbinamento all'abbonamento annuale al trasporto regionale potranno utilizzare i treni Frecciargento almeno fino al 31 gennaio 2020;

   come segnala l'osservatorio sulla mobilità di Federconsumatori, la sostituzione del materiale rotabile non porterà benefici sui tempi di percorrenza ma solo un aumento dei prezzi dei biglietti. A titolo esemplificativo, sulla relazione Pescara-Rimini si passerebbe dagli attuali 35,50 euro a 46 euro, mentre sulla linea Ancona-Bologna dagli attuali 33,50 euro a 44 euro;

   per percorrere i 632 chilometri che separano Roma da Milano sono sufficienti 2h e 55’, mentre per percorrere i 569 chilometri che separano Pescara da Milano un treno Frecciabianca o Frecciargento impiega circa 5h e 30’, nonostante gli utenti che usufruiscono del servizio lungo la direttrice adriatica paghino il biglietto a un prezzo più alto rispetto agli utenti delle linee ad alta velocità;

   l'aumento del costo nominale del biglietto ferroviario va pertanto da un minimo del 14 per cento fino a circa il 38 per cento senza che ci sia alcun miglioramento dei tempi di percorrenza, con il caso di un abbonamento Rimini-Pescara che aumenta dell'88 per cento;

   la direttrice adriatica Bologna-Ancona-Pescara oggetto dell'intervento di sostituzione dei Frecciabianca con i Frecciargento non consente velocità commerciali fino a 250 km/h tali da giustificare l'aggravio del costo nominale del biglietto come previsto sulle linee ad alta velocità –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato nei confronti di Trenitalia, per garantire l'adeguamento della sua offerta commerciale alle condizioni del servizio sulla linea Bologna-Ancona-Pescara interessata dagli interventi di cui in premessa, anche al fine di salvaguardare l'utilizzo degli abbonamenti «Mi Muovo Tutto Treno» per l'accesso ai treni Frecciargento da parte dei pendolari delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo dopo il 31 gennaio 2020.
(2-00470) «De Girolamo, Berardini, Grippa».

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 ottobre 2018 è stato conferito incarico a sei esperti, con altrettanti decreti ministeriali, per redigere la famigerata analisi costi-benefici in relazione alla realizzazione del Tav;

   oltre al professor Ponti, i sei esperti nominati nell'apposita commissione dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono: Paolo Beria, Riccardo Parolin, Francesco Ramella Pezza, Alfredo Dufruca e Pierluigi Coppola;

   al netto del professor Ponti, per ognuno degli esperti è stata sottoscritta una «collaborazione coordinata e continuativa» a far data dal 15 ottobre 2018 e con scadenza al 15 ottobre 2019;

   la commissione è stata, a giudizio dell'interrogante, improvvidamente e inopportunamente, nominata senza alcuna chiamata pubblica e composta quasi integralmente da persone con chiari pregiudizi nei confronti dell'opera Tav;

   il Ministro interrogato ha, dunque, proceduto alle nomine intuitu personae;

   il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in data 23 luglio 2019 ha precisato che il Tav si farà perché il costo per fermare l'opera sarebbe certamente più alto;

   è evidente per l'interrogante che per giungere a queste conclusioni non era per nulla necessario attivare la predetta commissione;

   in ogni caso la predetta commissione pare aver esaurito anzitempo il suo compito –:

   se il Ministro anche in virtù della scelta operata «intuitu personae», intenda, concordemente con gli esperti nominati, risolvere anticipatamente il contratto in essere, riducendo il compenso pattuito;

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato per la denegata ipotesi che non si pervenga a una risoluzione anticipata e concordata della collaborazione coordinata e continuativa in ordine al compenso pattuito;

   se sia prevista la facoltà di recedere o risolvere anticipatamente la collaborazione con riduzione del compenso pattuito a tutela del Ministero.
(3-00902)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIRACUSANO, GERMANÀ, PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI, MINARDO, SCOMA e PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 10 luglio all'8 settembre 2019, la circolazione ferroviaria tra le stazioni di Gioiosa Marea e Patti, sulla linea Messina-Palermo, è interrotta per lavori di manutenzione straordinaria;

   i lavori citati interesserebbero 98 chilometri di tratta ferroviaria e sarebbero funzionali per la manutenzione di binari e incroci, di stazioni e gallerie, causando il blocco dei treni per l'intero periodo estivo;

   durante il periodo interessato dai lavori di manutenzione sono posti a disposizione di tutti gli utenti dei servizi sostitutivi, con conseguenti variazioni al programma di viaggio dei treni e con cancellazioni di corse e sostituzioni, soprattutto per collegare i viaggiatori da Gioiosa Marea e Brolo verso Sant'Agata Militello e Palermo e da Patti in direzione Messina;

   ferma restando l'importanza dei lavori appena citati, ad avviso degli interroganti, è del tutto evidente come i lavori di ammodernamento appena citati compromettano il lato economico, commerciale e turistico del territorio di Patti, Tindari, Isole Eolie, Villa Romana ed altre attrazioni turistico-ricettive come Gioiosa Marea, Brolo, Capo D'Orlando, Sant'Agata di Militello –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per posticipare i lavori di manutenzione straordinaria tra le stazioni di Gioiosa Marea e Patti, sulla linea Messina-Palermo, nel periodo autunnale e/o invernale al fine di non compromettere l'attività a vocazione prettamente turistica del territorio interessato dalla chiusura della circolazione ferroviaria appena citata.
(4-03393)


   TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sul sito ufficiale della Grande opera www.terzovalico.it c'è scritto che l'attivazione del Terzo valico dei Giovi avverrà, nel 2022 (www.terzovalico.it/progetto/focus-on.html), ma il 7 giugno 2019, a Rapallo, Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, ha affermato: «Nel 2023 confermiamo il completamento della tratta Genova-Tortona», come riportato dal sito web dell'emittente tv Primocanale;

   soltanto tre anni fa, il 9 aprile 2016, a Novara, in occasione della firma dell'ennesimo protocollo legato al Terzo valico, proprio Gentile aveva dichiarato al quotidiano Repubblica che «il Terzo Valico tra Piemonte e Liguria sarà “verosimilmente” operativo per il 2021, mentre per il 2022 dovrebbero essere pronti i collegamenti ferroviari Torino-Genova e Milano-Genova in 60 minuti»;

   le ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato di Rfi sono state rilasciate dopo la pubblicazione di un articolo di Repubblica che, sulle pagine di Genova, evidenziava come la crisi finanziaria che rischia di portare verso il fallimento Condotte d'acqua s.p.a., finita in amministrazione controllata, potrebbe minacciare la realizzazione dell'opera. La società romana detiene infatti il 31 per cento delle quote del Cociv e l'articolo dava conto dell'impossibilità della stessa di versare a Rfi la somma prevista da contratto come garanzia per la costruzione del quinto lotto;

   l'articolo parlava del rischio di chiusura dei cantieri. Gentile ha quindi rassicurato tutti annunciando un ulteriore ritardo di almeno un anno nella fine dei lavori. Il Cociv, da parte sua, ha inviato ai mass media solo poche righe per annunciare che «i lavori per la realizzazione del Terzo Valico proseguono senza alcuna interruzione. Il consorziato Salini Impregilo, socio di maggioranza del Cociv, infatti, stante la situazione di Condotte, si è temporaneamente preso carico delle esigenze del consorzio per garantire la continuità delle attività realizzative del progetto». Lo scavo del tunnel di valico dal Piemonte verso Genova (27 chilometri in totale), precisamente dal cantiere di Radimero di Arquata, va avanti ma a singhiozzo. L'impatto con le sorgenti degli acquedotti di Sottovalle e Rigoroso-Borlasca da parte di una delle due talpe meccaniche era stato previsto inizialmente a febbraio di quest'anno, poi a fine aprile, ma finora non c'è stato. Questo perché, spiega Claudio Coffano, presidente dell'Osservatorio ambientale del Terzo valico, «ci sono stati degli stop di carattere organizzativo nello scavo»;

   Rfi, da parte sua, spiega: «La fresa sta operando rispettando i tempi tecnici di fermo programmato per la manutenzione. Una delle due frese è, infatti, in fase di manutenzione programmata ma, a breve rientrerà in funzione». A Radimero sono attese anche le vasche dedicate alle analisi dell'amianto nello smarino, ma per ora tutto è fermo. I materiali scavati da Radimero vanno nelle piazzole provvisorie di Romanellotta, dove viene attesa la bio degradazione dei tensioattivi presenti nelle terre scavate con Tbm, la talpa meccanica, e, una volta caratterizzati, sono inviati ai siti finali individuati dal Piano di utilizzo delle terre da scavo;

   da dicembre 2018 si contano due morti all'interno dei cantieri per la realizzazione della grande opera –:

   quali siano gli effettivi tempi di realizzazione del Terzo valico;

   se siano state condotte analisi e controlli per verificare che la mancanza di vasche aggiuntive dedicate all'analisi dell'amianto contenuto nello smarino e il conseguente stoccaggio provvisorio in località Romanellotta non costituiscano un rischio per la salute dei cittadini;

   se non ritengano necessario eseguire, per quanto di competenza, visite ispettive per verificare la corretta esecuzione in sicurezza dei lavori all'interno dei cantieri del Terzo valico.
(4-03400)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 aprile 2019 nel territorio di Monzuno (Bologna), tra Vado e Rioveggio, si è verificato un importante smottamento del terreno con conseguente chiusura al traffico della strada provinciale 325, una delle più importanti arterie stradali della provincia di Bologna e Prato, dal chilometro 13 in poi;

   conseguentemente, si è verificato lo scivolamento del terreno nell'alveo del fiume Setta e la strada si ritroverebbe sospesa nel vuoto;

   date le evidenti criticità relative alla strada provinciale in questione è stata disposta la deviazione del traffico in una strada secondaria che, per ovvie ragioni, non è adatta ad assorbire la mole di traffico della strada provinciale 325. Quest'ultima risulterebbe piuttosto stretta in alcuni tratti, con una galleria che «sfocia» nell'abitato di Vado, generando un flusso di traffico ingente e costante;

   la galleria che dalla Gardeletta si immette nell'abitato di Vado è caratterizzata da limiti dimensionali che non consentono il transito a camion di elevata portata e, pertanto, nel caso in cui si verifichino situazioni emergenziali non potrebbero essere deviati lungo tale arteria stradale;

   in seguito alla chiusura del tratto stradale della strada provinciale 325, dal chilometro 13 in poi, vi sarebbe infatti l'impossibilità di effettuare una deviazione del traffico sulla strada provinciale medesima, nel caso in cui l'autostrada venisse chiusa a causa di incidenti oppure per fenomeni atmosferici avversi;

   i residenti della zona sono comprensibilmente preoccupati per la situazione, visto che non è stata ancora posta in essere una soluzione definitiva al problema di viabilità;

   se non verranno effettuati rapidamente interventi per mettere in sicurezza il territorio dal punto di vista idrogeologico, potrebbero esserci ripercussioni idrauliche per la frazione di Gardeletta specialmente nel periodo invernale –:

   se sia a conoscenza della situazione e delle tempistiche di ripristino dell'asse stradale di cui in premessa;

   se siano previsti finanziamenti statali per la città metropolitana di Bologna destinati a interventi di ripristino dei tratti stradali come quello in questione;

   se intenda avviare una fase di confronto, con la città metropolitana e la regione Emilia-Romagna, al fine di porre in essere un progetto viario volto alla realizzazione di una nuova arteria stradale statale nella Val di Setta, evitando così l'insorgere di criticità e disagi alla viabilità della zona in questione.
(4-03401)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'area urbana di Bologna sembra destinata a ospitare, a breve, due cantieri particolarmente imponenti: quelli per la realizzazione del «Passante di Mezzo» e quelli per la prima linea tranviaria. Quest'ultima, da progetto, dovrebbe attraversare il tessuto urbano di Bologna collegando i quartieri periferici di Borgo Panigale e del Pilastro;

   il progetto del Tram (definito anche metrotramvia), che si estenderà per 15 chilometri passando per il centro, riguarderebbe il collegamento delle aree ubicate nella zona periferica della città metropolitana di Bologna, precisamente dal quartiere Borgo Panigale al quartiere San Donato-San Vitale, ove è ubicato il Caab;

   i cantieri per la realizzazione del Passante di Mezzo sembrerebbero dover iniziare tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021 e terminare nel giro di cinque anni, mentre i lavori per la linea tramviaria partirebbero nel 2022 e terminerebbero nel 2026;

   nell'eventualità che tali opere si realizzassero, il contesto urbano di Bologna verrebbe interessato dalla presenza di due cantieri piuttosto imponenti nello stesso periodo con gravi ripercussioni sulla viabilità cittadina;

   gli assi viari di Bologna interessati dai cantieri per la realizzazione della metrotramvia subirebbero, pertanto, restringimenti della carreggiata, riduzione dei parcheggi, alterazioni dei sensi originari di marcia e deviazioni del traffico;

   conseguentemente, potrebbe esservi il rischio di costanti intasamenti, disagi e paralisi del traffico viario nel contesto urbano di Bologna anche per diversi anni –:

   se sia conoscenza della situazione suesposta;

   se intenda porre in essere iniziative, per quanto di competenza, avviando un confronto con il comune di Bologna, al fine di ridurre il più possibile i disagi e le criticità alla viabilità dell'area urbana di Bologna nel caso in cui la presenza dei cantieri per la realizzazione delle opere in questione dovesse effettivamente concretizzarsi;

   se siano stati effettuati o si intendano promuovere piani di studio volti a rilevare e prevenire le criticità e i disagi alla viabilità che potrebbero scaturire, all'interno dell'area urbana di Bologna, dalla presenza simultanea dei cantieri per la realizzazione del Passante di Mezzo e del Tram.
(4-03402)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi una vasta operazione della Digos di Torino, coordinata dalla procura di Torino (in collaborazione con le Digos di Milano, Varese, Pavia, Novara e Forlì), ha portato a perquisizioni e sequestri in numerose città;

   tale blitz è stato effettuato nei confronti di una serie di soggetti orbitanti nei gruppi dell'estrema destra oltranzista relativa ad alcuni combattenti italiani che hanno partecipato alla guerra nel Donbass, in Ucraina;

   tra il materiale sequestrato vi è addirittura un missile terra-aria e numerose armi da guerra, tra cui fucili d'assalto automatici di ultima generazione e moltissime munizioni, mentre tra i tre arrestati figura un ex ispettore delle dogane specializzato nell'antifrode Fabio Del Bergiolo, già indagato nel 2003 per una truffa sui rimborsi a Malpensa. Fabio Del Bergiolo, militante di Forza Nuova, era stato candidato al Senato nella circoscrizione di Gallarate nel 2001;

   in una casa della frazione Antona di Massa Carrara, nella disponibilità dell'ex funzionario doganale di Gallarate, sono stati rinvenute molte armi da guerra insieme a materiale celebrativo del nazismo e del fascismo;

   sul ritrovamento di queste armi, alcune di quali di fabbricazione statunitense, sta indagando anche l'Fbi;

   questa operazione di polizia ha svelato la presenza di una fitta organizzazione di estremisti di destra coinvolta in un traffico di armi internazionali e ramificata in molte zone del nostro Paese, capace di importare armamenti pesanti eludendo i controlli alle frontiere e alle dogane;

   l'esistenza di questa organizzazione criminale di destra rappresenta palesemente un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare le organizzazioni di estremisti di destra che possono rappresentare un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico e se non ritengano necessario intensificare i controlli per reprimere e prevenire il commercio e l'importazione di armi illegali nel nostro Paese.
(5-02586)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con solamente un minimo preavviso, mercoledì 17 luglio 2019, una parte degli enti gestori regionali dei servizi di accoglienza dei migranti sono stati informati dalle rispettive prefetture della direttiva giunta dal Ministero dell'interno, volta a trasferire nei prossimi giorni dal Friuli Venezia Giulia in altre regioni 2000 migranti. Più tardi, in data imprecisata, dovrebbe esserci inoltre un ulteriore trasferimento;

   è indubbio che al momento attuale, e già da alcuni mesi, l'ingresso di richiedenti asilo alle frontiere del Friuli Venezia Giulia abbia assunto una dimensione crescente rispetto al passato, anche se lontana da ogni reale emergenza, come ha ben evidenziato il «Rapporto Statistico sul sistema di accoglienza di Trieste» recentemente pubblicato da ICS, Caritas, Coop. Lybra e Coop. 2001;

   il numero considerato corrisponde alla grande maggioranza delle persone accolte nella regione. I dati che riguardano qualche centinaio di persone sul totale, ci fanno intuire che il progetto ministeriale ha finalità ben diverse da quelle dichiarate, cioè la pretesa ricollocazione di persone in piccole strutture (...) che però non sarebbero appartamenti;

   è evidente per l'interrogante che il «decreto Salvini» serve solo per creare un mercato di grandi strutture, veri e propri campi di concentramento o centri di detenzione di dubbia legittimità, da affidarsi alle multinazionali delle carceri privati e ad altri operatori privi di scrupoli. Sul piano dei risparmi, si hanno solo lo scadimento dei servizi e licenziamenti di operatori;

   le persone, a partire da giovedì 18 luglio 2019, hanno iniziato ad essere trasferite, ivi compresi i nuclei familiari, senza alcun rispetto per i progetti in atto e per la dignità delle persone;

   peraltro tali trasferimenti hanno interessato, in parte significativa, le persone collocate in appartamenti e case privati diffusi sul territorio. Perché di persone, e non di pacchi postali, si tratta, con tutte le problematiche relative. Tra esse ci sono ad esempio pazienti seguiti dai centri di salute mentale, che assumono anche terapie farmacologiche gravi, a causa dei numerosi eventi traumatici trascorsi, per le quali la violenza del nuovo trasferimento è una ulteriore aggravante;

   di fatto quella che sta avvenendo per l'interrogante è una vera e propria «deportazione», di dubbia legittimità, senza che siano rispettati i più elementari diritti umani;

   non si può non collegare questo vergognoso trasferimento alla richiesta del presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia di costruire una muraglia al confine della regione e ad altre iniziative ministeriali, come il censimento delle persone nomadi; gli sgomberi di abitazioni occupate da persone senza casa; il mantenimento di migliaia di lavoratori migranti in condizioni di vita e di lavoro inumane; la guerra alle Ong che, sole, con le loro piccole navi cercano di salvare i migranti nel Mediterraneo. Come denunciato in un comunicato stampa, del 18 luglio 2019, dal presidente dell'associazione regionale cooperative ed imprese sociali-Legacoop –:

   se il Ministro interrogato non intenda sospendere i trasferimenti, e se intenda chiarire le ragioni che hanno condotto a tale decisione, visto che il numero dei richiedenti asilo, a quanto consta all'interrogante, risulterebbe inferiore alle disponibilità di posti di accoglienza previsti e organizzati nel territorio del Friuli Venezia Giulia, e che in almeno tre province (Pordenone, Udine e Gorizia) risulterebbero esser stati di gran lunga abbassati i posti a convenzione, e ciò nonostante gran parte dei posti residui sarebbero inutilizzati;

   se non intenda stilare, rendendolo pubblico, un report che contenga gli elementi informativi forniti da tutti i soggetti che nelle diverse province sono a vario titolo coinvolte nella vicenda trasferimenti di migranti, al fine di chiarire l'effettiva situazione in atto e in particolare se i trasferimenti in programmazione avvengono dalle grandi strutture collettive presenti in Friuli Venezia Giulia che sono in sovrannumero e che garantiscono degli standard molto bassi di accoglienza, quali l'ex Cara di Gradisca e l'ex caserma Cavarzerani di Udine, nonché se si intendano assumere iniziative per realizzare un'accoglienza diffusa.
(4-03397)


   SPADONI, ALAIMO e ZANICHELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende da notizie di stampa, in data 8 giugno 2019 era stata prevista l'inaugurazione di un nuovo parco pubblico a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia. Il parco è stato realizzato dall'immobiliare Raffaella S.a.s., società di Maria Teresa Todaro, in particolare dal fratello architetto Giuseppe Todaro, entrambi figli di Raffaele Todaro e Caterina Dragone, a sua volta figlia del boss ’ndranghetista Antonio Dragone confinato a Quattro Castella negli anni Ottanta, e poi ucciso dalla cosca Grande Aracri il 10 maggio 2004 in Calabria;

   i due Todaro sono soci al 50 per cento di un'altra società, la GMC Immobiliare srl, alla quale il 26 gennaio 2015 il prefetto di Reggio Emilia Ruberto negò l'iscrizione alla White List;

   due anni dopo, il 5 gennaio 2017, il Tar dell'Emilia Romagna respinse il ricorso presentato dai Todaro, ritenendo legittimo il provvedimento di esclusione sulla base dei «legami familiari tra i due soci della GMC e gli amministratori di altre società operanti nello stesso settore, già raggiunte da interdittive antimafia, per rischio di infiltrazioni mafiose»;

   le società interdette per rischio di infiltrazione mafiosa sono il Consorzio Primavera e la Giada srl, entrambe con sede nello stesso stabile della Immobiliare Raffaella in via Amendola 88. Il Consorzio Primavera è amministrato da Raffaele Todaro, socio maggioritario anche della Giada srl al 95 per cento (il fratello Francesco con il restante 5 per cento);

   nella prima comunicazione di interdittiva antimafia inviata dall'allora prefetto De Miro a Iren, che aveva richiesto informazioni sul Consorzio Primavera, si legge (5 luglio 2010) che Francesco Todaro è anche «socio accomandante della Immobiliare Raffaella sas»;

   i titolari dell'Immobiliare Raffaella sono anche cugini di Simone Todaro (figlio di Rosario, arrestato nel 1986 dalla questura di Catanzaro per porto abusivo di munizioni), proprietario della impresa La Fenice, a sua volta esclusa dalla White List il 9 ottobre 2014 dal viceprefetto di Reggio Emilia, per rischio di infiltrazione mafiosa, con decisione confermata dal Tar; infine sono cugini di Alfonso Bonaccio, condannato in primo grado a 10 anni al processo Pesci sulla ’ndrangheta mantovana e assolto recentemente dalla corte d'appello;

   il parco di Fabbrico, la cui inaugurazione è stata rimandata, è situato in via Righetta dove il piano strutturale comunale del 2003 prevedeva un piano attuativo che interessa l'area in cui l'immobiliare Raffaella ha in corso un intervento edilizio. Sull'insediamento è nato un contenzioso tra l'ente locale e la Immobiliare Raffaella, proprietaria dell'area, sollecitata più volte tra il 2010 e il 2012 a sottoscrivere il piano urbanistico e a pagare 14.300 euro a titolo di perequazione urbanistica. L'Immobiliare ha deciso di fare ricorso contro queste richieste, ricorso che la sentenza emessa dal Tar di Parma il 10 ottobre 2018 ha dichiarato inammissibile e improcedibile, obbligando la stessa società al pagamento anche delle spese processuali;

   mentre era in corso questo contenzioso davanti al Tar, la regione Emilia-Romagna approvava un bando, titolato: «Una casa alle giovani coppie e ad altri nuclei familiari». Nell'elenco del centinaio di alloggi ammessi in provincia di Reggio Emilia (bando n. 11, delibera della giunta regionale 515/2018) figurano anche cinque appartamenti di nuova costruzione di proprietà della Immobiliare Raffaella sas in via Righetta. Nel bando non è specificato come le imprese immobiliari siano entrate nell'elenco degli operatori selezionati dalla regione per la vendita agevolata alle giovani coppie –:

   se si ritenga opportuno, sulla base dei fatti sopra esposti, approfondire e far luce, per quanto di competenza, sulla corretta applicazione delle misure di prevenzione e contrasto ai tentativi di infiltrazione criminale e mafiosa della società Immobiliare Raffaella S.a.s., nonché sull'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 32 comma 1, lettera a) e b) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.
(4-03403)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   AMITRANO e SIRAGUSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i dispositivi di protezione individuale (Dpi) sono strumenti e attrezzature utilizzati nei luoghi di lavoro, destinati ad essere indossati e tenuti dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute, e devono essere conformi ai requisiti previsti dalle specifiche tecniche della normativa dell'Unione europea;

   l'utilizzo dei Dpi è previsto nel momento in cui l'adozione delle misure tecniche preventive di protezione collettiva non risulti sufficiente all'eliminazione di tutti i fattori di rischio;

   il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, stabilisce che i Dpi utilizzati in ambito lavorativo, devono sottostare alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 475 del 1992; tali dispositivi, devono corrispondere a «qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo»;

   i Dpi sono divisi in categorie, in funzione del tipo di rischio; vi sono dispositivi autocertificati dal produttore e destinati a salvaguardare i lavoratori dai danni lievi, altri dispositivi volti a prevenire rischi maggiori, certificati da un organismo di controllo autorizzato, altri sono finalizzati a proteggere da rischi di lesioni gravi, certificati da un organismo di controllo autorizzato con controllo della produzione;

   i Dpi sono utilizzati quando i rischi non possono essere rimossi o ridotti dalla prevenzione, dall'organizzazione del lavoro e dai dispositivi di protezione collettiva (Dpc) e devono essere adeguati alle condizioni presenti sul luogo di lavoro, senza comportare un ulteriore pericolo per l'utente;

   è importante che le aziende garantiscano un lavoro in sicurezza; è altresì importante contribuire all'avvio di un processo culturale in cui nuovi paradigmi prevalgano su comportamenti stereotipati, al fine di individuare alcuni ostacoli derivanti dall'applicazione sui luoghi di lavoro di pratiche errate causate da una non idonea gestione del processo di manutenzione dei dispositivi che devono avere i requisiti normativi e tecnici necessari per la protezione dei lavoratori –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivare le necessarie iniziative di carattere tecnico volte ad adeguare, alle norme vigenti, il decreto ministeriale del 2 maggio 2001, recante Criteri per l'individuazione e l'uso di Dpi, i cui allegati, in relazione al progresso tecnologico, accludono norme Uni abrogate.
(5-02598)


   SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie pubblicate dall'agenzia di stampa internazionale Bloomberg (23 luglio 2019) e non smentite dagli interessati, il gruppo di credito italiano Unicredit, nel corso della definizione del nuovo piano industriale che sarà presentato a dicembre 2019, sta valutando l'ipotesi di ricorrere a una massiccia riduzione di posti di lavoro in tutta Europa, per un numero di lavoratori che potrebbe raggiungere le 10 mila unità;

   secondo quanto riportato dalla suddetta agenzia di stampa, il personale italiano dovrebbe essere quello maggiormente coinvolto dall'operazione; il nostro Paese rappresenta, infatti, il principale mercato dell'istituto di credito e occupa il maggior numero di suoi dipendenti;

   tale decisione comporterà, se le notizie riportate fossero confermate, l'ennesimo colpo inferto al sistema creditizio del nostro Paese con gravi ripercussioni sul tessuto occupazionale italiano;

   la notizia del possibile drastico ridimensionamento dell'organico del gruppo bancario ha ovviamente provocato la dura presa di posizione delle organizzazioni sindacali che hanno stigmatizzato l'atteggiamento di Unicredit;

   gli interroganti reputano del tutto insufficiente e assolutamente inadeguato l'operato del Governo nel corso delle più recenti e complesse crisi occupazionali e ritengono indispensabile che, almeno in questa occasione, vi sia un intervento dell'Esecutivo tempestivo ed efficace, volto a prevenire le gravi conseguenze causate dall'effettivo ricorso di Unicredit a una drastica riduzione di organico –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare l'effettiva veridicità delle notizie riportate dagli organi di stampa riguardo alla drastica riduzione del numero di dipendenti italiani di Unicredit, anche mediante l'immediata attivazione di un tavolo di confronto con i responsabili del gruppo bancario italiano e le parti sociali.
(5-02599)


   MURELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI e PICCOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio del 2019, articolo 1, commi 283 e 284, è stato reso strutturale il cosiddetto indennizzo per cessazione attività commerciali in crisi;

   trattasi di una prestazione economica concessa a soggetti che svolgono una determinata attività autonoma e che cessano di lavorare senza aver ancora raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia e finanziata con l'aliquota del contributo aggiuntivo dello 0,09 per cento a carico dei commercianti in attività a valere su un apposito fondo istituito nell'ambito della gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali;

   in altri termini è un'importante misura di autofinanziamento che accompagna al pensionamento i soggetti che, alla cessazione della propria attività commerciale, presentino determinati requisiti anagrafici (62 anni se uomini; 57 se donne) e contributivi (iscrizione al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, anche non continuativi, in qualità di titolari o coadiutori, alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali);

   la misura, introdotta in via temporanea dal decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, poi oggetto di proroghe fino all'ultima per l'anno 2016, è stata per l'appunto resa strutturale dalla legge di bilancio con decorrenza 1o gennaio 2019;

   di fatto, si è creato un gap per il biennio 2017/2018, nonostante il versamento della predetta maggiorazione dello 0,09 per cento dell'aliquota contributiva terminasse il 31 dicembre 2018;

   come confermato dalla circolare dell'Inps n. 77 del 24 maggio 2019, pertanto, tutti coloro che hanno dovuto chiudere la propria attività commerciale nel biennio 2017/2018 sono esclusi dalla possibilità di usufruire di tale indennizzo, sebbene durante gli anni lavorativi precedenti alla chiusura del loro esercizio commerciale, abbiano contributo, con il versamento della predetta maggiorazione, ad alimentare il fondo;

   invero, a parere degli interroganti, l'Inps ha proceduto ad una interpretazione restrittiva della norma contenuta nella legge di bilancio, limitando il beneficio dell'indennizzo soltanto alle cessazioni di attività decorrenti dal 2019;

   gli interroganti esprimono solidarietà a coloro che, alla luce di tale quadro normativo delineatosi, si definiscono gli «esodati del commercio» –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con riguardo alla problematica esposta in premessa, al fine di far rientrare nell'accesso al beneficio dell'indennizzo anche coloro che hanno cessato la propria attività lavorativa negli anni 2017 e 2018, a normativa vigente esclusi, sebbene abbiano contribuito ad alimentare l'apposito fondo per l'erogazione dell'indennizzo medesimo.
(5-02600)


   FATUZZO, ZANGRILLO e ROTONDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi di quanto disposto dal comma 43 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, le pensioni di inabilità e l'assegno ordinario di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (Ago), riconosciuti a seguito di un infortunio sul lavoro o per malattia professionale non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante, fino a concorrenza della rendita stessa;

   i lavoratori e i datori di lavori ai sensi della disciplina vigere sono obbligati a versare somme importanti a titolo di contribuzione per l'assicurazione sul lavoro a Inail e per la previdenza e l'assistenza a Inps;

   chi subisce un infortunio grave durante l'attività lavorativa tanto da essere riconosciuto quale inabile al lavoro e invalido non si vede riconosciuto un assegno per il danno subito e uno per la condizione di invalido ma soltanto una misura pari all'importo dell'assegno previdenziale eventualmente integrato per il raggiungimento dell'importo dell'assegno di invalidità, laddove quest'ultimo sia più elevato di quello previdenziale;

   di fatto, quindi, la disposizione richiamata sottrae agli infortunati sul lavoro la rendita Inail in virtù del godimento della pensione di inabilità o invalidità erogata da Inps, nonostante gli stessi lavoratori, nonché i loro datori di lavoro abbiano versato sia i contributi Inail che quelli Inps, registrandosi in tal senso una evidente duplicazione in termini di imposizioni contributive –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative normative volte ad abrogare la disposizione di cui in premessa o, in alternativa, volte comunque a superare il divieto di cumulo delle due prestazioni, ovvero la sussistenza di una doppia imposizione contributiva priva del corrispettivo duplice beneficio.
(5-02601)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il reddito di cittadinanza è una misura di sostegno che è realtà già da alcuni mesi;

   all'appello, tuttavia, mancano ancora una serie di fondamentali decreti attuativi come quelli relativi ai lavori di pubblica utilità e al cosiddetto «volontariato obbligatorio» per i percettori del reddito di cittadinanza. Le criticità derivanti dalla mancanza dei decreti attuativi sono state anche riportate a mezzo stampa;

   mancano, in particolare, le norme con le quali il Governo deve fissare le linee guida per i comuni ai fini dello svolgimento di lavori di pubblica utilità;

   manca, inoltre, il decreto sui controlli anagrafici che sono a carico dei comuni e che rappresenta uno strumento normativo fondamentale per evitare truffe. In altre parole, come si riporta anche a mezzo stampa, non si è ancora potuto verificare se i percettori del reddito di cittadinanza siano effettivamente residenti in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Attualmente le verifiche avverrebbero sulla base di autocertificazioni;

   è altresì indispensabile, a parere dell'interrogante, che si intervenga normativamente anche per chiarire con quali modalità andrà controllato il valore del patrimonio immobiliare all'estero soprattutto nel caso in cui i percettori del reddito di cittadinanza siano di origine straniera. Ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2019, il valore del patrimonio immobiliare, in Italia e all'estero, come definito ai fini Isee, diverso dalla casa di abitazione, deve essere non superiore a una soglia di euro 30 mila –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare e con quali tempistiche per risolvere e superare le criticità di cui in premessa.
(4-03394)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il 23 maggio 2019 Leonardo Russo, un bimbo di 2 anni, è morto nella sua casa nel quartiere Sant'Agapio, alla periferia di Novara, a causa delle ripetute percosse ricevute, talmente violente da lesionargli il fegato, come è stato confermato dall'autopsia;

   con l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato sono finiti in carcere la mamma Gaia di 22 anni e il suo compagno Nicolas Musi;

   nel corso delle indagini sarebbe emerso che le violenze sul piccolo andavano avanti da almeno un mese prima del suo decesso e dunque l'episodio che gli è costato la vita non sarebbe stato un caso isolato;

   sui telefonini della coppia sarebbero stati ritrovati decine di scatti in cui sono evidenti sul volto del bambino i segni delle percosse subite;

   nelle immagini in questione si vede il piccolo coperto di lividi e con l'occhio nero, mentre mangia un gelato oppure mentre gioca con una macchina;

   la famiglia di Gaia, la mamma del piccolo Leonardo, preoccupata per la sua situazione di ragazza madre, aveva comunque segnalato il caso ai servizi sociali nel mese di febbraio 2019, perché le dessero il giusto supporto di cui aveva bisogno, tanto che la donna viveva in un alloggio messo a disposizione proprio dai servizi sociali;

   con l'arrivo del nuovo compagno della madre, i familiari di Gaia avrebbero fatto decine di segnalazioni – l'ultima risalirebbe al 17 maggio 2019 – senza mai ottenere nessun aiuto;

   secondo la famiglia, infatti, mai nessuno si sarebbe presentato a casa per verificare di persona la situazione;

   il piccolo Leonardo avrebbe la sola «colpa» di essere nato nel posto sbagliato, da genitori incapaci di cura e di amore, un bimbo che, a parere dell'interrogante, forse poteva essere salvato se solo qualcuno, a fronte delle numerose richieste di aiuto ai servizi sociali da parte dei familiari della mamma, fosse intervenuto in tempo per portarlo via da quella casa e da quelle botte che andavano avanti da mesi;

   da quanto si apprende, la famiglia aveva ottenuto un appuntamento per il 23 maggio, troppo tardi, perché proprio quel giorno il bimbo è morto, probabilmente per un calcio che gli è stato fatale;

   tale tragico evento ripropone il tema di quanto sia necessario implementare sempre di più i fondi destinati ai servizi sociali e agli enti locali per evitare che la carenza di personale a fronte dei tanti casi da monitorare e i sempre minori fondi a disposizione dei comuni possano determinare ritardi nelle risposte e nelle verifiche di situazioni di disagio sociale e di sospetti maltrattamenti ai minori;

   l'assenza di un intervento tempestivo dei servizi sociali può, come nel caso citato, portare a terribili conseguenze;

   ogni volta che si riducono risorse ai servizi sociali bisogna essere consapevoli degli effetti che si producono, perché tali tagli significano sempre più bambini e persone le cui condizioni socio-psicologicne peggiorano ogni giorno e che sono abbandonati alla propria sorte –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché siano destinati fondi e risorse dagli enti locali per intervenire tempestivamente rispetto ad ogni segnalazione di disagio familiare e di possibili maltrattamenti su minori ricevuta.
(4-03399)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   VERSACE, BOND, MUGNAI, NOVELLI, PEDRAZZINI, BAGNASCO e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, si è provveduto all'aggiornamento e alla definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea);

   l'aggiornamento dei Lea ha quindi introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo nuove prestazioni ed eliminando quelle più obsolete; inoltre, ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica;

   la legge di bilancio 2018 fissava per il 28 febbraio 2018, la data entro la quale il Governo avrebbe dovuto adottare decreti ministeriali di fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica e dell'assistenza specialistica ambulatoriale;

   sono passati due anni e mezzo dall'approvazione dei nuovi Lea, e sono scaduti da quasi un anno e mezzo i termini entro i quali si sarebbero dovuti emanare i provvedimenti relativi alla fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica e dell'assistenza specialistica ambulatoriale. Il che è inaccettabile;

   in attesa della pubblicazione del decreto con le tariffe, ormai improcrastinabile, verranno erogate ancora le prestazioni e gli ausili elencati nel precedente decreto Lea del 2001, fatte salve le prerogative delle regioni. Le tariffe a cui fare riferimento, pertanto, sono ancora quelle contenute nel nomenclatore tariffario stabilito dal decreto ministeriale n. 332 del 1999;

   come già ricordato in una precedente interrogazione dai medesimi interroganti, per fare solo un esempio: i pazienti con malattie croniche non possono usufruire di diverse prestazioni specialistiche in regime di esenzione dal ticket, in quanto il nuovo elenco delle malattie croniche (allegato 8) prevede l'esenzione per numerose prestazioni specialistiche incluse nel nuovo nomenclatore, ma al momento non erogabili. Inoltre, l'introduzione di protesi all'avanguardia al posto di quelle obsolete o di importanti prestazioni sanitarie è bloccata di fatto per una mancanza di fondi;

   il 25 ottobre 2018, in risposta alla interrogazione n. 5-00828 Versace ed altri, con la quale già si denunciava il grave ritardo nell'emanazione dei decreti attuativi, il sottosegretario delegato rispondeva: «è intenzione del Ministro della salute intervenire con ogni possibile iniziativa e misura per "sbloccare" la situazione di stallo che abbiamo riscontrato e che è nelle priorità delle azioni in agenda». Una promessa ad avviso degli interroganti imbarazzante da parte del sottosegretario, alla luce dell'attuale nulla di fatto –:

   quando il Ministro provvederà ad emanare il decreto di fissazione delle tariffe, il cui ritardo è ormai intollerabile, visto che il termine per la sua adozione è scaduto da un anno e mezzo.
(5-02602)


   CARNEVALI, SIANI, DE FILIPPO, PINI, SCHIRÒ, RIZZO NERVO e UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della salute ha pubblicato i dati ufficiali sulle coperture vaccinali del 2018 dove si segnala un trend in aumento nella maggior parte delle regioni e dove la copertura a 24 mesi contro la poliomielite supera la soglia minima raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità, pari al 95 per cento; mentre la Valle d'Aosta e Trento sono prossime all'obiettivo e quattro regioni, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sicilia e Veneto hanno una copertura sottosoglia (Bolzano addirittura ha una copertura pari all'83,33 per cento);

   nel 2018 è cresciuta del +1,38 per cento, rispetto all'anno precedente, la copertura per la prima dose di vaccino contro il morbillo-parotite-rosolia, fermandosi al 93,2 per cento, a fronte del 95 per cento necessario per eliminare la malattia (Bolzano ha una copertura inferiore al 90 per cento);

   sono in aumento anche le coperture per le vaccinazioni anti-pneumococcica (+0,73 per cento: 91,63 per cento nel 2018 rispetto a 90,90 per cento nel 2017) e anti-meningococcica C (+2,29 per cento: 84,93 per cento) nel 2018 rispetto a 82,64 per cento nel 2017) nonché le coperture dei vaccinali nazionali a 36 mesi (relative ai bambini nati nell'anno 2015) e quelle a 48 mesi (bambini nati nel 2014), rilevate per verificare le attività di recupero nei bimbi inadempienti: l'anti-polio passa dal 93,33 per cento (dato a 24 mesi rilevato al 31 dicembre 2016) al 96,01 per cento e l'anti-morbillo dall'87,26 per cento al 94,93 per cento, con un guadagno rispettivamente del +2,68 per cento e del +7,67 per cento. Per le coorti di nascita successive si registrano recuperi di copertura, anche se non si raggiunge l'obiettivo del 95 per cento;

   nonostante siano passati ormai due anni dall'introduzione del «decreto Lorenzin» che aveva come obiettivo quello di dotare il Paese della più grande misura di prevenzione attraverso l'obbligo vaccinale per recuperare le coperture per malattie che si pensavano ormai archiviate e nonostante siano aumentate le percentuali delle coperture vaccinali, si è ancora lontani dalle soglie raccomandate dall'Oms, anche a causa di una politica non lineare sul mantenimento dell'obbligo vaccinale da parte di questo Governo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso fare chiarezza su quelle che sono le linee d'intervento in tema vaccinale, riconfermandone l'obbligo, fino a quando non saranno raggiunti livelli di copertura ottimali per tutte le vaccinazioni, adottando le iniziative di competenza per rafforzare le risorse umane e strutturali dei servizi di prevenzione territoriali, incrementando campagne di informazione per le famiglie sull'utilità dei vaccini ed arginando le campagne «no vax».
(5-02603)


   LAPIA, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «decreto sblocca cantieri», decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, all'articolo 4-quinquies:

    a) garantisce la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria ritenuti prioritari;

    b) esclude l'automatica risoluzione degli accordi di programma per i quali non risulti presentata, entro 24 mesi dalla sottoscrizione dell'accordo, la relativa richiesta di ammissione al finanziamento;

    c) esclude la risoluzione degli accordi di programma ammessi a finanziamento per i quali gli enti attuatori (regioni e province autonome), entro diciotto mesi dalla relativa comunicazione, non abbiano proceduto all'aggiudicazione dei lavori, facendo scadere, in tal modo, anche l'eventuale termine di proroga;

   in caso di scadenza anche di proroghe – concesse grazie al succitato articolo – può essere individuato apposito un commissario ad acta tra i dirigenti delle amministrazioni dello Stato, in sostituzione dell'ente che inizialmente aveva avanzato la richiesta di finanziamento;

   dalla deliberazione del 9 marzo 2018 n. 4/2018/G della Corte dei conti, emergono dati importanti riguardo all'attuazione del Programma straordinario per la ristrutturazione edilizia e l'ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario, che interessano alcune regioni italiane, tra cui la Sardegna;

   dalle procedure necessarie per l'accesso ai finanziamenti previsti dagli accordi di programma, come da delibera, si desume che «molte realtà locali centro-meridionali (tra le quali la Sardegna), non solo hanno sottoscritto accordi di programma in misura significativamente inferiore rispetto alle quote assegnate, ma sono risultate anche in ritardo nel compimento delle procedure istruttorie che costituiscono il presupposto per l'ottenimento delle consistenti disponibilità finanziarie residue»;

   la Sardegna non ha sottoscritto sufficienti accordi di programma per accedere alle finanze residue, risultando in ritardo nel compimento delle procedure istruttorie relative agli accordi invece già sottoscritti (sono 199 gli interventi ammessi a finanziamento, come da delibera);

   viene accertata, nella delibera, la disponibilità di circa 243 milioni ed 800 mila euro destinati alla Sardegna, non utilizzati per la mancanza di progetti o proposte di accordi avanzati dai competenti uffici regionali;

   nel mese di febbraio 2019, lo stesso Ministro interrogato, ebbe a segnalare a mezzo stampa alla Sardegna la disponibilità, in suo favore, della succitata somma, da utilizzare per interventi di edilizia sanitaria –:

   quali siano gli accordi di programma per l'edilizia sanitaria della Sardegna sia nuovi sia quelli già ammessi a finanziamento e per i quali non risulti ancora completata la relativa procedura ad opera degli uffici regionali competenti in materia.
(5-02604)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza delle cure rientra tra gli indicatori per la valutazione della qualità di un sistema sanitario;

   i pazienti hanno diritto a terapie appropriate e sicure ed è pertanto di interesse sia per la politica sanitaria che per quella economica, un'attenzione particolare alle attività di farmacovigilanza;

   la farmacovigilanza nasce con lo scopo di garantire un utilizzo appropriato e sicuro dei farmaci; tale disciplina è definita dall'Organizzazione mondiale della sanità come «la scienza atta alla rilevazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro evento correlato al farmaco»; essa consta nel monitoraggio della sicurezza di tutti i farmaci, inclusi i rimedi a base di erbe, le terapie tradizionali, i vaccini ed i prodotti di origine biologica/biotecnologica;

   la farmacovigilanza si propone di: migliorare la cura e la sicurezza del paziente in relazione all'uso dei farmaci e di tutti i dispositivi medici; contribuire alla valutazione di efficacia e rischio dei farmaci; migliorare le attività di comunicazione agli operatori sanitari e al pubblico, al fine di consentire un uso più razionale del farmaco;

   la farmacovigilanza e la rilevazione delle reazioni avverse hanno non solo una rilevanza dal punto di vista clinico ed epidemiologico, ma anche rilevanti ricadute economiche, visto il notevole impatto sul sistema sanitario dell'insieme delle reazioni avverse;

   circa la metà dei ritiri di farmaci dal commercio e la maggior parte delle azioni per la sicurezza derivano da evidenze emerse proprio grazie alle attività di farmacovigilanza;

   il mancato riconoscimento o l'errata interpretazione di un sospetto evento avverso rappresentano un ulteriore fattore di rischio per il paziente; la mancata diagnosi di una reazione avversa, infatti, ha importanti ricadute cliniche;

   in alcune regioni, come la Toscana, la farmacovigilanza è stata individuata come indicatore di un corretto e appropriato uso dei medicinali, inserendola tra gli obiettivi di qualità dei direttori generali delle aziende sanitarie;

   la farmacovigilanza rappresenta uno strumento semplice, utile ed economico per favorire l'efficienza e l'efficacia nell'uso delle risorse disponibile e, al contempo, garantire la tutela del diritto a terapie efficaci, sicure e personalizzate per i cittadini e per questo motivo andrebbe inserita nei Lea, senza ulteriori costi per il servizio sanitario nazionale –:

   se non ritenga, alla luce di quanto esposto in premessa, di assumere le iniziative di competenza al fine di inserire la farmacovigilanza nei livelli essenziali di assistenza.
(5-02605)


   BOLDI, PANIZZUT, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in ambito odontoiatrico, i livelli essenziali di assistenza, come definiti dall'Allegato 4C al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, sono limitati a poche prestazioni, subordinati a stringenti condizioni di accesso e — ciò che è più grave — applicati in maniera insufficiente e disomogenea fra le varie regioni italiane;

   tali carenze trovano riscontro negli ultimi rapporti forniti dall'Istat secondo cui il numero di italiani che, per motivi economici, hanno dovuto rinunciare alle cure odontoiatriche ammonta addirittura a 5 milioni;

   il quadro sopra delineato, già di per sé critico, rischia di aggravarsi ulteriormente nel prossimo futuro a causa delle previsioni normative che impediscono agli odontoiatri legittimati all'esercizio della professione di partecipare, in maniera equa e in un numero adeguato, ai concorsi per la copertura dei posti di dirigente odontoiatra del servizio sanitario nazionale;

   ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483, nonché dell'articolo 8, comma 1, lettera h-ter), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (inserito in sede di conversione del decreto-legge n. 158 del 2012), infatti, la partecipazione ai concorsi in questione è riservata esclusivamente agli odontoiatri in possesso di specializzazione nella branca d'interesse;

   nel caso specifico degli odontoiatri, tuttavia, il requisito in esame finisce di fatto per azzerare del tutto, o quasi, la platea di potenziali partecipanti ai concorsi di cui si discute, a fronte del numero estremamente limitato di scuole di specializzazione, della loro disomogenea distribuzione sul territorio e della mancanza di una relativa programmazione a livello nazionale;

   pertanto, la carenza di odontoiatri in possesso del diploma di specializzazione potrebbe impedire il fisiologico ricambio dei professionisti in ruolo e determinare una ulteriore riduzione delle prestazioni odontoiatriche offerte dal servizio sanitario nazionale, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, compromettendo definitivamente il già delicato equilibrio sul quale si regge il sistema dell'odontoiatrica pubblica, a discapito dell'intera collettività e in violazione dei livelli essenziali di assistenza –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di salvaguardare il sistema dell'odontoiatria pubblica e garantire una sua dotazione organica sufficiente e adeguata ad assicurare, quantomeno, l'erogazione delle prestazioni odontoiatriche ricomprese nei livelli essenziali di assistenza.
(5-02606)


   BELLUCCI e GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 10 luglio 2019 sono state pubblicate le motivazioni della sentenza emessa il 30 maggio dalle Sezioni unite penali della Corte di Cassazione, in merito alla questione della commercializzazione dei prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis Sativa L., cosiddetti a basso contenuto di thc;

   secondo i giudici «la commercializzazione di cannabis “sativa L”, e in particolare di foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole (...) e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati»;

   sulla base di queste motivazioni la Corte di cassazione ha, quindi, affermato nella sua sentenza, che «integrano reato le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della “CANNABIS sativa L”»;

   soprattutto, le Sezioni unite hanno osservato che «ciò che occorre verificare non è la percentuale di principio attivo contenuto nella sostanza ceduta, bensì l'idoneità della medesima sostanza a produrre, in concreto, un effetto drogante»;

   in Italia i «cannabis shop», che vendono diversi prodotti a base di cannabis, dagli olii alle tisane, alle bevande energetiche fino ai biscottini, sono già oltre settecento in tutta Italia, con un incremento molto consistente registrato tra il 2017 e il 2018 specialmente in alcune regioni come la Lombardia, di quasi il 100 per cento, e il Lazio, con un aumento di circa il 120 per cento;

   in occasione della discussione di una interpellanza urgente sul tema, svolta il 7 giugno 2019, nella quale si chiedevano chiarimenti in merito alle intenzioni del Governo sul tema della chiusura dei cannabis shop, proprio in ottemperanza alla sentenza della Corte di Cassazione, il rappresentante del Governo ha affermato che «A questo punto occorre, pertanto, attendere le motivazioni della suddetta decisione delle Sezioni Unite per valutare gli interventi, anche normativi, da adottare per fare definitivamente chiarezza su tale questione», fatto ora avvenuto –:

   con quali modalità e tempistica si intendano adottare le iniziative di competenza per garantire la cessazione della vendita e della commercializzazione al pubblico dei prodotti derivanti dalla coltivazione della Cannabis Sativa L., al fine di tutelare la salute di tutti i cittadini.
(5-02607)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   VALLASCAS, CILLIS, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, RIZZONE, SCANU, RACHELE SILVESTRI e SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 11-ter del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12, ha istituito il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) prevedendone l'approvazione entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore;

   il piano – quale strumento normativo di riferimento per la programmazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi condiviso con regioni, province ed enti locali – intende valorizzare la sostenibilità ambientale e socio-economica delle diverse aree, annullare gli impatti derivanti dalle attività upstream e accompagnare il processo di decarbonizzazione;

   la sua adozione semplifica l'individuazione delle aree idonee per lo svolgimento delle attività da parte degli operatori del settore, tenendo conto di tutte le caratteristiche territoriali, sociali, industriali, urbanistiche, morfologiche, dell'impatto sull'ecosistema delle rotte marittime e indicando tempi e modi di dismissione e ripristino degli impianti che avranno cessato la loro attività;

   nelle more dell'adozione del PiTESAI, sia i permessi vigenti di prospezione o di ricerca di idrocarburi, liquidi e gassosi, su terraferma e in mare, che i procedimenti amministrativi (anche quelli di Via) relativi al conferimento di nuovi permessi, sono stati sospesi e riprenderanno la loro efficacia nelle aree che risulteranno compatibili con le previsioni del piano stesso;

   a documento redatto, le aree in concessione per le attività di coltivazione che invece risulteranno incompatibili con le previsioni in esso contenute, anche in regime di proroga, vigenti al 13 febbraio 2019, manterranno la loro efficacia sino alla scadenza, senza possibilità di ammissione di nuove istanze di proroga;

   nell'ottica di assicurare una puntuale ed efficace adozione del piano e di avviare un confronto trasparente con tutti gli operatori del settore, è stato istituito un tavolo permanente presso il Ministero dello sviluppo economico con il compito di concordare le misure definitive;

   il 28 febbraio 2019 si è svolto il primo incontro tecnico tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare per la predisposizione del suddetto piano –:

   quale sia, per quanto di sua competenza, lo stato dell'arte dei lavori in merito al tavolo permanente per l'adozione condivisa e trasparente del PiTESAI.
(5-02595)


   MORETTO, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NARDI, NOJA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, provvede a sostenere, ai fini della salvaguardia delle attività e dei livelli occupazionali, le imprese che versino in crisi economico-finanziaria attraverso la struttura per le crisi d'impresa;

   dalla stampa, frequentemente, si apprende dell'apertura di tavoli di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico — come nel caso di grandi aziende come Whirlpool, Mercatone Uno, o Almaviva, e altro, ma in realtà molti di più sono i casi meno noti —, ciononostante sul sito istituzionale del Ministero non si rintraccia, secondo gli interroganti, un quadro preciso, aggiornato e accessibile di quanti siano i tavoli attualmente in corso e dell'esito di quelli conclusi;

   l'importanza e la delicatezza delle crisi aziendali, in ragione di tutti i soggetti e gli interessi coinvolti, tra i quali un numero, ancorché indeterminato, sicuramente elevato di lavoratori e aziende di rilievo anche internazionale, richiedono, da parte del Ministero cui compete la loro gestione, una più puntuale informazione e conoscibilità, nonché il rispetto del ruolo del Parlamento che, proprio al fine di conoscere le possibili ricadute sulla politica industriale del Governo delle crisi industriali in atto, aveva stabilito l'audizione — più volte rinviata — del Ministro interrogato in codesta commissione –:

   quanti e quali siano i tavoli di crisi attualmente in corso e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per assicurare una maggiore trasparenza in ordine all'andamento di tali tavoli e in generale all'efficacia degli strumenti messi a disposizione per sostenere le aziende in difficoltà, anche al fine di garantire un adeguato monitoraggio.
(5-02596)


   BARELLI, PORCHIETTO, FIORINI, POLIDORI e SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in questo primo anno di legislatura il tema delle delocalizzazioni di impresa e delle crisi industriali è stato tra quelli centrali dell'attività di indirizzo e di sindacato ispettivo, con oltre 200 atti presentati e un numero limitato di risposte del Governo: da queste risulta con evidenza che tavoli di concertazione (o di crisi) appaiono oggi come uno strumento depotenziato e insufficiente;

   il 18 luglio 2018 il Ministro dello sviluppo economico è intervenuto presso l'Aula della Camera dei deputati, con una informativa urgente del Governo sullo stato dei tavoli di crisi aperti presso il Ministero dello sviluppo economico. In quella occasione, il Ministro, da poco insediato, aveva riferito di 144 tavoli aperti al 30 giugno 2018, con un coinvolgimento di 189.000 lavoratori, e che 30 delle aziende interessate dal procedimento di concertazione intendevano anche delocalizzare;

   a inizio febbraio 2019 il Ministro ha proceduto alla riorganizzazione della task force delle aziende in crisi, sostituendo il consulente che l'aveva guidata negli 11 anni precedenti. A quella data, si apprende dalla stampa, i tavoli in essere assommavano a 137;

   sempre dalla stampa si apprende che, a giugno 2019, il numero dei tavoli di crisi è salito a 158, con il coinvolgimento di più di 201.000 lavoratori. Il ricorso alla cassa integrazione esplode segnando ad aprile 2019 un +78 per cento sullo stesso mese dell'anno precedente;

   alla metà di luglio 2019 si apre un nuovo fronte: entrano in crisi marchi molto famosi, alcuni dei quali hanno fatto la storia del lusso: La Perla, Stefanel, Roberto Cavalli e Calvin Klein;

   da mesi la stampa segnala che cercare l'elenco delle situazioni di crisi sul sito del Ministero dello sviluppo economico è inutile. Né è stato possibile ottenerlo attivando gli strumenti in possesso del Parlamento –:

   quale sia ad oggi l'elenco esatto ed aggiornato dei tavoli di crisi in essere presso la struttura per le crisi d'impresa, allo scopo specificamente costituita presso il Ministero dello sviluppo economico e se non ritenga opportuno che esso sia pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico e costantemente aggiornato.
(5-02597)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni è aumentata la preoccupazione tra i lavoratori della Safilo per il futuro dello stabilimento produttivo di Longarone;

   si sono svolte le assemblee sindacali con i dipendenti, i sindacati hanno illustrato l'incontro svoltosi alcune settimane fa a Padova con l'amministratore delegato. Incontro in cui l'amministratore delegato ha comunicato che si concluderà il 31 dicembre 2020 il contratto di fornitura con Kering di occhiali a marchio Gucci, produzione che per il 2019 si attesta sul milione e mezzo di pezzi. Sempre nella stessa data cesserà anche la licenza con Dior, che pesa sul fatturato di Safilo per il 13 per cento;

   in autunno si conosceranno le strategie che la società metterà in campo per superare questa situazione, quando è prevista la presentazione del cosiddetto piano Safilo;

   oggi resta alto il timore che i risvolti possano essere pesanti per l'occupazione. La situazione è quindi in divenire; è chiaro a tutti che non è possibile aspettare di conoscere questo piano per iniziare una riflessione seria sulla trasformazione del settore dell'occhialeria;

   si è quindi di fronte a una trasformazione che deve essere governata per poter difendere i posti di lavoro e le competenze acquisite dai lavoratori in tutti questi anni per tutto ciò è necessaria una forte sinergia fra aziende, sindacato e politica;

   la preoccupazione dei lavoratori per il loro futuro è sposata anche dagli amministratori locali come i sindaci di Longarone e Ponte nelle Alpi. Occorre trovare una soluzione per blindare l'occupazione –:

   se intenda occuparsi della delicata situazione della Safilo e convocare un tavolo di confronto con tutti gli attori protagonisti al fine di salvaguardare i mille posti di lavoro, preservare la localizzazione e dare futuro alle produzioni.
(5-02584)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si apprende della vicenda relativa a Gastronomia Italiana (GI), società del gruppo Camst in procinto di essere ceduta a una catena di distribuzione di Milano senza garanzie sul mantenimento dell'occupazione;

   in particolare, quindici persone sarebbero a rischio di licenziamento a seguito dell'operazione di cessione delle quote societarie che comporterebbe, dunque, quindici esuberi su un totale di 69 dipendenti;

   secondo i sindacati, tale operazione sarebbe in violazione dell'accordo risalente al 2016 con il quale Camst si impegnava a garantire la continuità industriale e occupazionale;

   il 18 luglio 2019 l'assemblea dei lavoratori di GI ha indetto uno sciopero di otto ore in segno di protesta contro la cessione totale delle quote di GI avvenuta senza l'applicazione della legge n. 428 del 1990. La decisione aziendale, tra l'altro, avverrebbe in assenza di un piano industriale;

   sempre da fonti stampa si apprende che, in prima linea per l'acquisizione di Gastronomia Italiana, ci sarebbe Miglior Market, una catena milanese con qualche punto vendita di proprietà di Good4You srl. Amministratore unico è Francesco Del Vecchio, ex amministratore unico di Ferkal srl, società in liquidazione dal 2018;

   le istituzioni territoriali, compresa la città metropolitana, hanno convocato le parti il 24 luglio 2019 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per salvaguardare i livelli occupazionali di Gastronomia Italiana, evitando che si verifichino licenziamenti;

   quali ulteriori iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, per monitorare e seguire l'intera vicenda, evitando che Camst agisca in possibile violazione dell'accordo siglato nel 2016 e in assenza di un piano industriale.
(4-03396)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori ex Intecs dell'Aquila, licenziati a dicembre 2017, da due anni non percepiscono più né indennità né «Naspi»;

   nel novembre 2018, il tribunale del lavoro aveva annullato la procedura di licenziamento collettivo rigettando la motivazione dell'infungibilità del sito addotta dall'azienda quale motivazione per la chiusura dello stabilimento aquilano;

   tuttavia, essendo stato chiuso il laboratorio all'ex polo elettronico, di fatto, i ricercatori non sono potuti tornare al lavoro e restano, dunque, disoccupati;

   come hanno scritto i lavoratori in una lettera pubblica, anche a parere dell'interrogante si è di fronte a una situazione iniqua, ingiusta e, per alcuni tratti, vessatoria, dopo quasi due anni dall'ingiusto licenziamento collettivo che hanno dovuto subire;

   questi ex ricercatori si ritrovano oggi senza lavoro, senza indennità, creditori di spettanze non ricevute e debitori nei confronti dell'Inps di circa 10.000 euro medi pro-capite, mentre la Intecs che li ha licenziati, con decine di milioni di debiti con lo Stato, può accedere a forme di «condono» fiscale come il concordato «in bianco»;

   a ciò si aggiunge il paradosso che questi lavoratori stanno continuando a restituire le tasse sospese per il terremoto del 2009, mentre Intecs è tra le aziende per cui tutti si battono per evitarle la restituzione, pena ulteriori rischi per l'occupazione;

   nel 2016 è stato avviato un progetto di ricollocazione occupazionale con accordi sottoscritti fra parti sociali e regione, e fra regione e Thales Alenia Space, capofila nel progetto plurimilionario per la space economy;

   tale progetto da alcuni mesi si è arenato malgrado i loro skill combacino con i profili richiesti, essendo stati in passato fornitori della stessa Thales;

   tale vertenza riguarda 62 famiglie aquilane e, nell'ambito della strategia sulla «space economy», la regione Abruzzo avrebbe dovuto partecipare con circa 10 milioni di euro, il Ministero dello sviluppo economico avrebbe dovuto contribuire con circa 15 milioni di euro e la Thales Alenia Space avrebbe dovuto partecipare, cofinanziando il tutto con circa 25 milioni di euro, per un totale di 50 milioni di euro; attraverso tale progetto potrebbero essere reintegrati 50 dei 62 lavoratori e i primi 30 lavoratori verrebbero reintegrati attraverso la Forender 24, start up nata all'ex polo elettronico che avrebbe dovuto reinserire i ricercatori su commesse che sarebbero dovute arrivare dai grandi player del territorio, e in particolare Thales Alenia Space, ma nulla di tutto ciò è avvenuto –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per dare seguito al progetto di ricollocazione occupazione nell'ambito della strategia sulla «space economy», ad oggi unica soluzione possibile per garantire un futuro lavorativo ai ricercatori della ex Intecs de l'Aquila.
(4-03398)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Sportiello e altri n. 7-00290, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Cattaneo e altri n. 2-00462, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pentangelo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro n. 4-03368, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bucalo, Frassinetti.

  L'interrogazione a risposta scritta Menga e altri n. 4-03385, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Cecconi n. 4-02853 dell'8 maggio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Lapia n. 4-03321 del 15 luglio 2019.