Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    le fratture da fragilità ossea rappresentano un'emergenza di salute pubblica in Italia, superiore alla media europea e sono espressione diretta, nonché conseguenza più grave della riduzione della capacità meccanica dell'osso conseguente all'osteoporosi;

    l'osteoporosi costituisce la predisposizione alle fratture da fragilità ossea. Si tratta di una malattia multifattoriale caratterizzata da riduzione della massa ossea e da alterazioni dell'architettura scheletrica, che viene distinta in primitiva, ossia non attribuibile a una causa specifica, come per esempio quella post-menopausale e senile, e osteoporosi secondaria, legata ad altre patologie o a farmaci che promuovono demineralizzazione ossea (per esempio, i corticosteroidi, che notoriamente favoriscono il riassorbimento osseo);

    la frattura da fragilità ossea può essere l'epilogo della storia naturale dell'osteoporosi, ma spesso si inserisce anche in un quadro di fragilità complessiva del paziente, meglio nota come frailty syndrome, ovvero una condizione caratterizzata dalla compresenza di varie patologie con andamento evolutivo che interessano il distretto muscolare: per esempio, oltre alla compromissione qualitativa e quantitativa del tessuto osseo, spesso si instaura anche una sarcopenia (riduzione della massa muscolare);

    la stretta interdipendenza strutturale e biomeccanica dei due sistemi, scheletrico e muscolare, fa sì che l'alterazione dell'uno si ripercuota negativamente sull'altro. Parallelamente al declino della densità minerale ossea e dell'integrità funzionale del tessuto scheletrico, infatti, la massa muscolare si riduce del 40 per cento dai 20 ai 70 anni e dopo i 60 anni la sua perdita raggiunge l'1,4-2,5 per cento/annuo, con una conseguente perdita di forza muscolare pari al 3 per cento/annuo;

    la complessità e l'insidiosità di questo tipo di fratture possono essere ulteriormente amplificate quando concomitanti con altre patologie croniche e trattamenti farmacologici, responsabili di indurre fragilità ossea;

    le fratture da fragilità ossea causano disabilità complessa, riduzione della qualità di vita e limitazione funzionale, oltre ad aumentare il rischio relativo di mortalità;

    i dati pubblicati nel 2017 in merito alle fratture da fragilità ossea da parte della International Osteoporosis Foundation rispecchiano una vera e propria emergenza di salute pubblica e confermano che:

     4 milioni di italiani, con età superiore ai 50 anni, sono colpiti da osteoporosi (3,2 milioni le donne e 0,8 milioni gli uomini);

     il rischio di subire una frattura da fragilità nelle donne italiane, con età superiore ai 50 anni, è del 34 per cento (31 per cento media dell'Unione europea), negli uomini del 16 per cento (18 per cento media dell'Unione europea);

     in seguito alla prima frattura da fragilità il rischio di subire una successiva frattura, entro il primo anno, è cinque volte superiore;

     si stima che in Italia, nel corso del 2017, si siano verificate 560.000 fratture da fragilità, senza contare le numerose fratture vertebrali che solo in piccola parte vengono diagnosticate o registrate;

     l'incidenza di fratture da fragilità nei prossimi 10 anni crescerà del +22,4 per cento in Italia (2030: 690.000 fratture);

     i costi sanitari generati dalle fratture da fragilità in Italia sono calcolati in 9,4 miliardi di euro, con un aumento stimato del +26,2 per cento nei prossimi 10 anni (2030: 11,9 miliardi di euro);

     882 ore di assistenza ogni 1.000 pazienti colpiti da fratture da fragilità (media dell'Unione europea: 443 ore ogni 1.000 pazienti);

     717.316 giorni di lavoro persi per malattia a seguito di fratture da fragilità;

     il 75 per cento dei pazienti non riceve un trattamento farmacologico, a seguito di una frattura da fragilità;

    anche i dati rilevati in Italia dall'indagine Istat «La salute e il ricorso ai servizi sanitari, anno 2013» evidenziano e confermano la stessa tendenza di quanto elaborato dalla International Osteoporosis Foundation. Alla domanda se «è affetto o è stato affetto in passato da una o più delle seguenti malattie o condizioni patologiche di lunga durata» il 25,1 per cento degli italiani ultra sessantacinquenni ha dichiarato di aver ricevuto una diagnosi di osteoporosi. Le percentuali sono più alte in Sardegna (32,8 per cento), Campania (31,3 per cento) e Sicilia (30,1 per cento), più basse in Trentino Alto Adige (16,6 per cento), Valle d'Aosta (18 per cento) e Friuli Venezia Giulia (18,9 per cento). Per le donne di età 45-79 anni la percentuale è del 19,5 per cento, mentre considerando solo le donne di età superiore ai 70 anni si arriva al 43 per cento. L'analisi delle serie storiche dei dati raccolti dall'indagine multiscopo Istat «Aspetti della vita quotidiana» tra il 2001 e il 2016, conferma che le donne sono più colpite degli uomini dall'osteoporosi con un rapporto che nella popolazione generale è di circa 7:1 e che la prevalenza dell'osteoporosi presenta un trend in crescita, in particolare nelle donne;

    l'aumento della popolazione anziana, previsto nel prossimo futuro, non potrà che aggravare ulteriormente lo scenario attuale, rendendo quanto mai indispensabili azioni concrete per la prevenzione e la riduzione dell'impatto sociale ed economico delle fratture da fragilità ossea;

    l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha più volte richiamato l'attenzione sulle fratture da fragilità e sull'osteoporosi, che costituiscono una delle principali sfide per i Paesi occidentali per i rilevanti costi sociali ed economici in crescita simultanea con l'aumento dell'aspettativa media di vita della popolazione;

    la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 10 maggio 2018, ha sancito un accordo sul documento di indirizzo concernente «Una strategia di intervento per l'osteoporosi», al fine di sviluppare una strategia complessiva di intervento sul territorio nazionale che accompagni il miglioramento delle possibilità di diagnosi precoce e terapia realizzato negli ultimi decenni. Obiettivo del documento è di definire un approccio sistematico complessivo, che consenta il raccordo e il coordinamento programmatico degli interventi di prevenzione, diagnosi e cura dell'osteoporosi e delle sue complicanze, in un'ottica di integrazione e valorizzazione delle competenze e professionalità coinvolte, tenendo conto delle modalità organizzative proprie di ciascuna regione;

    per alzare il livello di attenzione sul tema della fragilità ossea 6 società medico-scientifiche e 15 associazioni di pazienti hanno dato vita a Frame®, un'alleanza che ha prodotto un manifesto sociale, con il quale viene sollecitata l'adozione di scelte di politica sanitaria e adeguate iniziative che consentano, attraverso nuovi modelli gestionali, di prevenire e contrastare efficacemente le fratture da fragilità;

    per limitare l'impatto sanitario e socioeconomico delle fratture da fragilità ossea, è necessario elaborare una strategia globale di prevenzione e gestione della patologia e delle sue complicanze, prendendo in considerazione tutti i determinanti della patologia, da quelli genetici a quelli ambientali, culturali, socio-economici che influenzano le abitudini alimentari e lo stile di vita, individuando sia azioni efficaci di promozione della salute e prevenzione, che interventi per la presa in carico e l'assistenza del paziente nei suoi molteplici bisogni clinici e terapeutici, in un'ottica intersettoriale di approccio integrato;

    l'assenza di una linea guida ministeriale e di un protocollo diagnostico-terapeutico-assistenziale, specifici per la gestione della persona con fratture da fragilità, unitamente alla complessità delle regole per l'accesso alle terapie e ai bassi livelli di conoscenza e consapevolezza, rappresentano elementi preoccupanti per la tutela del diritto alla cura e l'equità dei servizi;

    diventa irrinunciabile la definizione e l'applicazione di un adeguato paradigma gestionale, possibile solo attraverso l'adozione di urgenti scelte di politica sanitaria, capaci di generare risposte efficaci in grado di ridurre il peso sociale ed economico delle fratture da fragilità,

impegna il Governo:

1) a promuovere campagne di sensibilizzazione e coinvolgimento rivolte ai medici di medicina generale, in considerazione del loro ruolo fondamentale nella gestione della fragilità ossea e nel favorire l'accesso al medico specialista, nonché iniziative di sensibilizzazione che ottimizzino il coordinamento tra le diverse figure specialistiche coinvolte nella gestione della persona con fratture da fragilità, dall'ortopedico, all'endocrinologo, al reumatologo, allo specialista in medicina interna, al geriatra e al fisiatra;

2) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per istituire unità di gestione secondo le linee guida riconosciute a livello nazionale ed internazionale e sviluppare percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali interdisciplinari dedicati alle persone con fratture da fragilità ossea secondo la classificazione ICD International Classification of Diseases, con l'obiettivo di ridurre la frammentazione nella fornitura di servizi sanitari e migliorare la qualità e l'efficacia dell'assistenza ai pazienti;

3) ad adottare iniziative per prevedere che nello sviluppo dei percorsi nazionali diagnostico-terapeutico-assistenziali integrati, specificamente progettati, sia garantita la totale presa in carico del paziente da équipe multidisciplinari attraverso vie di accesso diverse (pediatra di libera scelta, medico di medicina generale, internista, geriatra, endocrinologo, ginecologo, ortopedico, reumatologo e altro) garantendo la continuità assistenziale anche attraverso l'implementazione di protocolli condivisi che garantiscano l'integrazione tra ospedale e territorio;

4) ad adottare iniziative per garantire la definizione di un approccio sistematico complessivo, che preveda il coordinamento programmatico degli interventi di prevenzione, diagnosi e cura delle fratture da fragilità ossea e delle sue complicanze, tenendo conto delle modalità organizzative proprie di ciascuna regione o provincia autonoma.
(1-00229) «Boldi, Panizzut, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Tiramani, Sutto, Ziello, Mandelli, De Filippo, Rostan».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 3 aprile 2019 il Brunei (Nagara Brunei Darussalam) ha introdotto un nuovo codice penale che prevede un inasprimento delle pene per determinate condotte sessuali e criminali;

    nello specifico, il nuovo codice penale prevede l'entrata in vigore di misure quali la condanna a morte per lapidazione per: atti sessuali consensuali intercorsi tra persone dello stesso sesso, rapporti sessuali extraconiugali, aborto e violenza sessuale;

    il nuovo codice penale prevede, inoltre, l'amputazione di un arto in caso di furto e la pena di morte per blasfemia nei confronti del profeta Maometto, tanto per i musulmani quanto per i non musulmani, inclusi gli stranieri, e si estende ai reati commessi al di fuori del Paese dai cittadini e dai residenti permanenti; anche ai bambini dopo la pubertà, condannati per tali reati, possono essere inflitte le stesse pene degli adulti e, in taluni casi, possono essere sottoposti a fustigazione;

    il nuovo codice penale era stato annunciato per la prima volta nell'ottobre del 2013, attraverso un'introduzione graduale per tre fasi. In quell'occasione il sultano Hassanal Bolkiah affermò che il Brunei sarebbe stato il primo Paese del Sudest asiatico a introdurre la syariah («legge islamica» in lingua malese);

    la nuova legislazione penale si ispira a un'interpretazione sunnita letteralista della shari‘a («legge islamica») e si incardina all'interno dell'ideologia ufficiale del sultanato, la Melayu Islam Beraja (Monarchia Islamica Malese), proclamata dal sultano il 1° gennaio 1984, giorno dell'indipendenza del Paese, e basata su tre pilastri: 1) lingua, cultura e usi malesi; 2) norme e valori islamici; 3) sistema di governo sultanale;

    prima dell'introduzione del codice penale basato sulla shari‘a, in Brunei l'omosessualità era illegale ed era punibile con pene detentive fino a dieci anni, e le nuove disposizioni sono una palese e flagrante violazione degli obblighi del Brunei derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani, tra cui il diritto alla vita, la libertà dalla tortura e da altri maltrattamenti, la libertà di espressione, la libertà di religione e il diritto alla vita privata, vietati, tra le altre cose, dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, di cui il Brunei è firmatario dal 2015;

    le norme del codice penale andranno a creare discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, come pure discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze religiose in Brunei, dove oltre all'islam, si professa il cristianesimo, il buddismo, l'induismo e diverse religioni indigene, che fino ad ora hanno coesistito pacificamente;

    in Brunei esiste una moratoria di fatto sulla pena di morte e l'ultima esecuzione ha avuto luogo nel 1957. L'attuazione del nuovo codice penale basato sulla shari‘a reintrodurrebbe quindi la pena di morte nell'ordinamento, per cui le nuove norme hanno suscitato sdegno a livello della comunità internazionale e messo in atto dei veri e propri boicottaggi nei confronti del Paese anche da parte di investitori privati;

    in Brunei le ultime elezioni si sono tenute nel 1962 e il sultano esercita sia il ruolo di capo di Stato che quello di primo ministro e detiene la piena autorità esecutiva;

    in seguito alle proteste il sultano del Brunei ha annunciato che manterrà la moratoria sulla pena di morte e che questa si applicherà anche alle condanne a morte per lapidazione per l'omosessualità e l'adulterio e ha aggiunto che è intenzione del Paese ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, firmata dal Paese nel 2015,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza affinché il Brunei mantenga la moratoria sul ricorso alla pena di morte quale passo verso la sua completa abolizione;

   a manifestare profonda preoccupazione alle autorità del Brunei per un codice penale basato sulla shari‘a e ad assumere iniziative affinché si attuino disposizioni che rispettino i diritti umani internazionali e che siano finalizzate a depenalizzare l'omosessualità e a garantire l'effettiva applicazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge e il rispetto dei diritti fondamentali di tutti i cittadini, senza distinzioni di alcun tipo basate su motivazioni quali il genere, l'orientamento sessuale, la razza o la religione;

   ad esprimere profonda preoccupazione per la possibile applicazione del diritto penale ai minori;

   ad adottare iniziative affinché le autorità del Brunei rispettino pienamente la libertà di religione nel Paese, come stabilito nella sua stessa costituzione, e consentano la celebrazione pubblica di tutte le festività religiose, compreso il Natale;

   ad incoraggiare le autorità del Brunei a promuovere il dialogo politico con i principali soggetti interessati della società civile, le organizzazioni per i diritti umani, le istituzioni religiose e le organizzazioni imprenditoriali, sia all'interno che all'esterno del Brunei, al fine di promuovere e tutelare i diritti umani nel suo territorio.
(7-00287) «Cappellani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI e SPADONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'11 luglio 2019 a Bologna, davanti al giudice delle indagini preliminari Domenico Truppa, si è aperta l'udienza del processo penale noto anche come «processo ai traditori di Stato», che vede imputati tra gli altri, a vario titolo anche con l'aggravante mafiosa, la famiglia Bianchini, funzionari prefettizi ed altri soggetti;

   si tratta di un procedimento penale, istruito come ramo autonomo dell'inchiesta Aemilia dai pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia Beatrice Ronchi e Marco Mescolini, partito quando, durante una perquisizione risalente al 2015 ai Bianchini, furono rinvenute registrazioni tra i Bianchini ed esponenti della prefettura e il senatore Carlo Amedeo Giovanardi: fu scoperta così una serie di pressioni per favorire il reinserimento nella white list di una ditta considerata infiltrata dalla «ndrangheta»;

   in particolare, l'ex senatore Carlo Amedeo Giovanardi avrebbe presentato atti di sindacato ispettivo parlamentare sulla vicenda di tale azienda, a suo avviso ingiustamente punita: il materiale raccolto dalla direzione distrettuale antimafia, fatto di intercettazioni, rapporti degli investigatori, e atti pubblici, dimostrerebbe il contrario, tra minacce, pressioni e azioni compulsive;

   risulta che, tra i vari capi d'imputazione, per alcuni imputati, in concorso con l'ex senatore Carlo Amedeo Giovanardi, vi siano i reati di cui agli articoli 81 del codice penale, 110, 326, 338, 61 n. 2) e 9) del codice penale e 7 della legge n. 203 del 1991;

   secondo i magistrati, l’ex senatore Giovanardi, la cui posizione processuale è sospesa, avrebbe ricevuto richiesta di agire da parte dei Bianchini ed avrebbe agito in loro difesa, nella piena conoscenza dei loro rapporti con l'Ndrangheta;

   l'11 luglio 2019, dopo una breve introduzione, l'udienza si è limitata alla costituzione delle parti civili: si sono costituite la regione Emilia-Romagna, l'associazione Libera, la Camera del lavoro di Modena, la Cgil-Fillea di Modena, la Cgil Bologna;

   in tale sede era presente per conto del Ministero anche l'avvocato dello Stato, il quale tuttavia ha limitato la sua partecipazione a quella di «parte offesa», senza richiedere la costituzione di parte civile: ciò significa che, se prima di un eventuale dibattimento gli imputati scegliessero un rito alternativo, lo Stato sarebbe fuori dai risarcimenti;

   tale eventualità si era già verificata in occasione dell'udienza preliminare del processo Aemilia, con il comune di San Felice e quelli dell'Area nord;

   il giudice per le indagini preliminari, ammesse le parti civili, ha rinviato l'udienza al 29 ottobre 2019, quando si entrerà nel merito –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se non ritenga giusto e doveroso che lo Stato si costituisca parte civile nel procedimento penale di cui in premessa;

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, attivarsi al fine di chiarire per quali ragioni non abbia avuto luogo la costituzione di parte civile nel processo penale di cui in premessa e se vi sia l'intendimento di presentare richiesta di costituzione di parte civile nelle prossime udienze.
(3-00891)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'annosa vicenda dell'ex ospedale «San Biagio» di Chiaravalle sembrava essersi risolta, dopo tante lotte, con lo sblocco dell’iter di riconversione in casa della salute;

   si tratta di un vecchio presidio destinato a trasformarsi in un polo d'eccellenza per l'assistenza e la cura a livello territoriale;

   il primo intoppo c'è stato, qualche anno fa, con la scoperta della vulnerabilità sismica dell'edificio, a cui era seguita la decisione, presa di concerto da comune, Asp e regione, di procedere alla realizzazione di una struttura ex novo, a pochi metri da quella tuttora in servizio e deputata alla demolizione;

   esaurita una serie di lungaggini e pastoie di varia natura, importanti investimenti (circa 8 milioni di euro) sono stati previsti per la realizzazione della nuova casa della salute di Chiaravalle, in relazione alla quale è stato recentemente approvato e validato il programma esecutivo dei lavori necessario all'indizione dell'apposito bando di gara, previsto da cronoprogramma per il mese di luglio 2019;

   con il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», approvato definitivamente il 19 giugno 2019 è stato sancito l'ennesimo, brusco «stop» al progetto;

   per gli appalti è stato, infatti, previsto che gli enti del servizio sanitario della regione Calabria si devono avvalere di centrali di committenza di altre regioni per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, abrogando, di fatto, la stazione appaltante unica calabrese;

   i primi riflessi di tale provvedimento non si sono fatti attendere e, oggi, è purtroppo alto il rischio di un ulteriore rallentamento, se non «stop» definitivo, alla realizzazione della casa della salute;

   la scelta operata dal Governo e l'aggravio della procedura burocratica, come denunciato dallo stesso sindaco di Chiaravalle Centrale, potrebbero mettere a rischio la realizzazione di un presidio sanitario importante in un territorio che è privo dei livelli minimi di assistenza sanitaria;

   la casa della salute rappresenta un presidio strategico dell'assistenza territoriale dell'Asp di Catanzaro, indispensabile per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria e socio-sanitaria alle popolazioni interessate;

   come l'interrogante ha già avuto modo di esprimere in sede di esame del provvedimento, il «decreto Calabria», invece di aiutare la Calabria e la sanità calabrese, già fortemente svilita da anni di commissariamento, affosserà la regione e i suoi cittadini, che, oggi più che mai, avranno bisogno, purtroppo, di emigrare per potersi curare;

   la Calabria e i calabresi pretendono il diritto alla tutela della salute, quello stesso diritto sancito dall'articolo 32 della Costituzione e destinato, ad avviso dell'interrogante, a rimanere lettera morta o, peggio, ad essere ignorato dalle istituzioni che quel diritto dovrebbero garantire –:

   quali conseguenze dirette il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, produrrà sull’iter di riconversione dell'ex ospedale «San Biagio» di Chiaravalle in casa della salute, e quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per garantire ai cittadini lo sblocco definitivo dei lavori di un progetto di vitale importanza per Chiaravalle Centrale e il comprensorio tutto.
(4-03354)


   NOVELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la rotta balcanica, percorsa da migranti provenienti prevalentemente dal Medio oriente e dal Sud-est asiatico e diretti in Europa passando per la Turchia, ha registrato negli ultimi anni flussi crescenti, passando dai seimila del 2012 ai 40 mila del 2014 agli 850 mila del 2015;

   nel marzo 2016 Unione europea e Turchia hanno siglato un accordo per contrastare il sopra citato fenomeno, tanto da far dichiarare alla Commissione europea che «i flussi irregolari di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali sta terminando» e che «la rotta è chiusa»;

   con il rafforzamento delle operazioni nel Mar Mediterraneo sono contestualmente aumentati, in particolar modo nel corso del 2019, i flussi migratori via terra, nuovamente attraverso la rotta balcanica: i migranti attraversano Serbia o Bosnia, entrano in Croazia e da qui muovono verso la Slovenia per poi entrare in Italia attraverso il confine con il Friuli-Venezia Giulia;

   i dati ufficiali indicano in 446 i migranti rintracciati in Friuli-Venezia Giulia nel corso del 2018, a fronte di circa 1.000 nei primi sei mesi del 2019;

   nel corso del mese di giugno 2019 Italia e Slovenia hanno concordato di effettuare i controlli lungo le zone confinarie attraverso pattuglie miste, composte da forze dell'ordine di entrambi gli Stati. Ad oggi risultano essere quattro le pattuglie in servizio;

   nella puntata del 15 luglio 2019 della trasmissione «Quarta Repubblica», sono andati in onda due servizi sulla rotta balcanica: uno relativo al transito nei Paesi non appartenenti all'Unione europea, l'altro al passaggio dei migranti lungo il confine nella zona di Trieste;

   nel corso di quest'ultimo servizio la giornalista ha intervistato alcuni migranti, ai quali ha chiesto se fossero stati fermati dalla polizia slovena e se fossero stati sottoposti a misure di identificazione, ricevendo risposta negativa per quanto concerne sia il rilevamento delle impronte digitali, sia la fotosegnalazione, in violazione del regolamento di Dublino;

   ciò comporta che nella fase di identificazione svolta dalle autorità italiane i migranti risultano sconosciuti alla banca dati Eurodat, che contiene tutti i migranti fotosegnalati in Europa. Ciò implica che sarà l'Italia, prima ad averli identificati, a prendersi carico della procedura per la richiesta di protezione internazionale –:

   se sia a conoscenza delle sopra descritte dichiarazioni dei migranti circa le procedure attuate dalla polizia slovena;

   se tali circostanze trovino conferma;

   qualora fosse accertata la fondatezza delle testimonianze, quali iniziative il Governo intenda adottare affinché la Slovenia assicuri il rispetto del regolamento di Dublino e degli accordi di collaborazione con l'Italia.
(4-03367)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   BILLI, FORMENTINI, ZOFFILI, COMENCINI, COIN, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dei lavori della Commissione interministeriale permanente della carta di identità elettronica (Cie), a metà del mese di ottobre 2018 è stato definito il piano degli interventi necessari all'attuazione del progetto carta di identità elettronica per gli italiani all'estero, che prevede l'esecuzione di una prima fase pilota a inizio 2019 e la successiva estensione a tutte le altre sedi consolari entro la prima metà del 2019;

   a riprova dell'interesse trasversale su questo argomento, la risoluzione n. 7- 00134, presentata dal primo firmatario del presente atto per impegnare il Governo alla realizzazione della stessa Cie per gli italiani all'estero, è stata approvata all'unanimità dalle Commissioni riunite esteri e affari costituzionali in data 18 giugno 2019;

   la sperimentazione partirà a settembre 2019 in tre sedi consolari: Vienna, Atene e Nizza. La Cie verrà prodotta in Italia e spedita direttamente all'indirizzo del connazionale –:

   se il Governo intenda prevedere una fase pilota anche nella circoscrizione di Lugano, alla luce della lingua comune e della vicinanza geografica e culturale che permetterebbero di risolvere più agevolmente i problemi che si dovessero eventualmente verificare.
(4-03358)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO, SERRACCHIANI e GIORGIS. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo Governo, regioni, province autonome ed enti locali del 16 dicembre 2010 definisce le «Linee di indirizzo del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo»;

   il decreto ministeriale del 11 novembre 2015 offre la possibilità alle regioni ed alle provincie autonome di presentare richiesta di deroga per il mantenimento in attività di punti nascita con volumi di soglie inferiori ai 500 parti annui in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010. La valutazione finale spetta allo Stato;

   il decreto ministeriale demanda al Comitato percorso nascita nazionale (CPNn) la valutazione sull'accettabilità della richiesta, e il parere espresso dal CPNn, attesa la natura tecnica dello stesso, è vincolante per le regioni e province autonome;

   nel 2012, in attuazione del sopracitato accordo Stato-regioni, la giunta del Friuli Venezia Giulia aveva indicato Gorizia e Latisana quali punti nascita da chiudere;

   in continuità tecnica con quanto deliberato nel 2012 dalla precedente giunta, la giunta insediatasi nel 2013 ha rivisto la programmazione sanitaria del Friuli Venezia Giulia e con delibera n. 929/2015 ha deciso, di proseguire con la riduzione dei punti nascita a rischio di sicurezza;

   ad agosto 2014 è stato chiuso il punto nascita di Gorizia; in data 7 marzo 2016 è stata sospesa l'operatività del punto nascita di Latisana;

   con sentenza del 16 dicembre 2016 il Tar Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso del comune di Latisana avverso la chiusura del punto nascita, richiamando la condivisione di tale scelta da parte della direzione generale della programmazione del Ministero della salute comunicata alla direzione regionale salute con nota 29 febbraio 2016;

   nel giugno 2019 il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha votato una norma che stabilisce la chiusura del punto nascita di Palmanova e la riapertura di Latisana;

   tale norma, a quanto consta agli interroganti, non è stata corredata da alcuna relazione tecnica contenente dati relativi al numero dei parti, flussi delle partorienti, indicatori di esito, alla strategia complessiva sulla riorganizzazione e concentrazione dei punti, né ha fornito indicazioni sui percorsi dei trasferimenti per urgenza ed emergenza, che necessitano di una proposta da parte di pediatri, ginecologi e professionisti dell'emergenza –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, anche ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, a fronte di deliberazioni di giunta o norme di legge regionali, per assicurare il rispetto dell'accordo Stato-regioni che definisce le «linee di indirizzo del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo».
(4-03376)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a Borgotaro (Parma) è insediata, dal 2016, una ditta di ceramica denominata Laminam;

   dal 2016 si sono verificati, fra la popolazione di Borgotaro, numerosissimi casi di irritazione e allergie cutanee, nonché ulcere nasali;

   la Laminam, dopo aver adottato trattamenti specifici delle emissioni, in particolare quella del forno cottura, ha ripreso la produzione;

   nonostante le bonifiche i fenomeni patologici sono continuati e anzi si sono aggravati; tanto che le segnalazioni, secondo una relazione della regione Emilia-Romagna, hanno raggiunto la cifra di 346, mentre le persone che sono state sottoposte a visita sono state 216;

   un'indagine effettuata dalla procura di Parma rileva la presenza, nei fumi della Laminam, di sostanze cancerogene, irritanti e allergeniche;

   gli studi del Cnr dimostrano la presenza di benzene superiore ai limiti stabiliti dal decreto legislativo 155 (per cento microgrammi-metrocubo) in tre località scelte per i controlli: area 36 (5,84) sito 3 (5,84) e sito 1 (14,04); presso le scuole elementare e media sono superati i limiti senza effetti stabiliti dal «Reach»: 3,98 contro il limite di 3,5;

   un'altra sostanza cancerogena, secondo le analisi di Arpa Emilia-Romagna, ha raggiunto presso le scuole la concentrazione di 250 mgr/mc, fuori delle aule e di 23 microgrammi all'interno;

   in altri siti i valori della sua concentrazione alle immissioni supera i livelli capaci di provocare lesioni precancerose come displasia, metaplasia e ulcere nasali;

   è stato istituito un tavolo di garanzia per la qualità dell'aria di Borgo Val di Taro ed esiste un Comitato tecnico-scientifico ambiente e salute che lo supporta, per approfondire le cause dei fastidi legati agli odori e ai sintomi di tipo sanitario segnalati dalla popolazione a partire dal 2017. Ne fanno parte enti locali, aziende sanitarie, sindacati, comitati e associazioni ambientaliste, quali Legambiente;

   le analisi del Cnr e quelle della procura hanno riscontrato nelle emissioni del forno di cottura centinaia di composti chimici, fra i quali molte sostanze cancerogene, irritanti e allergeniche, che possono interagire tra loro e sommare gli effetti;

   la Laminam ha richiesto la secretazione delle sue analisi per quanto riguarda i fumi del forno di cottura;

   secondo la relazione dell'Associazione italiana medici per l'ambiente viene attribuita, con forte probabilità, a Laminam la responsabilità dell'accaduto;

   la regione Emilia-Romagna ha concesso la secretazione delle analisi;

   non appare corretto all'interrogante accogliere la richiesta di secretazione che di fatto impedisce un'analisi approfondita delle cause dei numerosissimi casi patologici verificatisi a Borgotaro dopo l'attivazione delle produzioni Laminam con la conseguenza anche di negare il diritto di conoscere la probabile fonte di danno alla salute dei cittadini –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intendano, nel rispetto del «principio di precauzione» e tenendo conto delle analisi eseguite dalla procura e dal Cnr e della relazione del Comitato tecnico scientifico della regione che enumera 216 casi di disturbi di natura irritativa e allergica, adottare le iniziative di competenza per verificare il livello di inquinamento, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, e promuovere un'indagine epidemiologica dell'Istituto superiore di sanità, nell'ottica di evitare che la situazione descritta si perpetui nel tempo;

   se non intendano promuovere, per quanto di competenza, una riflessione tecnica sulla questione e al tempo stesso avviare un percorso di coinvolgimento dei cittadini in modo da assicurare la partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la tutela della loro salute.
(4-03355)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la caduta del cosiddetto confine orientale ha prodotto una conseguente smilitarizzazione delle aree prossime ai territori della ex Repubblica federativa di Jugoslavia;

   la conclusione dell'esperienza storica della «Cortina di Ferro» che ha visto per decenni una massiccia presenza di Forze armate nei territori del Friuli Venezia Giulia, dall'oggi al domani ha vissuto un progressivo abbandono degli stessi da parte del personale militare;

   gli edifici occupati dalle Forze armate durante tutto il periodo che va dal 1948 al 1995 sono stati spesso di pregio ed allocati in zone strategiche delle città oltreché in zone agresti, dove bunker e stabili di piccole dimensioni hanno diversificato il paesaggio esistente;

   oggi gli stessi stabili si presentano in condizioni disastrose, lasciati al potere della natura ovvero con arbusti di piccole e grandi dimensioni che crescono ovunque, si suppone anche esposti ad animali, e potrebbero diventare anche il ricettacolo di commerci spesso non esattamente leciti;

   gli enti locali non sempre hanno le risorse necessarie all'alienazione di tali beni –:

   quale sia l'elenco aggiornato degli immobili della Difesa in disuso al mese di giugno 2019;

   se il Governo abbia conoscenza delle condizioni in cui si trovano tali immobili e se negli stessi vi siano reperti storici di pregio come, ad esempio, la Cappella dedicata alla Beata Benvenuta Bojani presso la Caserma Zucchi di Cividale del Friuli;

   quali iniziative il Governo abbia intenzione di porre in essere hic et nunc al fine di preservare gli immobili di pregio e/o salvaguardare le opere artistiche eventualmente presenti;

   quale sia la situazione dell’iter di alienazione dei beni immobili e mobili;

   quale sarebbe potenzialmente il ricavo da parte dello Stato derivante dall'alienazione dei beni abbandonati e dove andrebbero incanalate le risorse;

   se il Governo abbia valutato l'ipotesi di prevedere una o più gare di idee al fine di creare progettualità e reddito dagli immobili ora dismessi dal Ministero della difesa.
(5-02551)


   DALL'OSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 marzo 2019 è stato edito, da parte del Sindacato dei militari, un comunicato avente ad oggetto il riconoscimento delle ore di lavoro straordinario per i militari della Marina impiegati in navigazioni di durata inferiore alle 48 ore, ai sensi delle «Disposizioni applicative sull'orario di servizio e sul compenso per lavoro straordinario» edite dallo Stato Maggiore della Marina (edizione 2006);

   dalla lettura dello stesso si evince che al personale imbarcato nelle predette condizioni, non si riconoscano integralmente le eccedenze lavorative prestate (ossia la differenza tra le ore effettivamente trascorse a bordo e quelle previste dalla normale giornata lavorativa) ma solo quota parte di esse, secondo una tabella redatta a scaglioni;

   ad avviso dell'interrogante tale sistema di calcolo è irragionevole in quanto si fonda sull'errata pretesa di assumere consistente parte delle ore trascorse a bordo come ore di libertà e riposo quando, invece, è acclarato che a bordo il personale non riposa, perché è sempre impegnato in attività e perché il concetto di riposo a bordo delle navi militari è assolutamente relativo;

   la nave militare non è una nave da crociera;

   il citato sistema di calcolo potrebbe risultare non migliorativo, considerato che durante una giornata di mare il marinaio appartiene completamente ed esclusivamente alla Marina militare ed è di fatto assente dal mondo «civile»;

   tale sistema, inoltre, potrebbe non risultare equo, poiché i marinai impiegati a bordo di unità navali in regime di navigazione si vedono ingiustamente decurtata, in modo rilevante, la quota degli straordinari effettivamente prestati rispetto ai colleghi impiegati a terra oppure a bordo di navi saldamente ormeggiate alla banchina, i quali giustamente si vedono riconosciuta ogni singola ora prestata eccedente il normale orario lavorativo –:

   per quale ragione al personale militare della Marina militare impiegato in attività di navigazione della durata inferiore alle 24 ore non vengano corrisposte tutte le ore di lavoro straordinario effettivamente svolte.
(5-02555)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per il sud, per sapere – premesso che:

   l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016 ha sancito l'obiettivo per le amministrazioni centrali di riservare al Mezzogiorno un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento;

   tale disposizione, nel ribadire il criterio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore degli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, in nome del principio del riequilibrio territoriale, dispone, essendo la popolazione del Mezzogiorno, attualmente, circa il 34 per cento di quella nazionale, che le amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare all'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale pari al 34 per cento, o conforme ad altro criterio relativo a specifiche criticità;

   la legge di bilancio per il 2019 è intervenuta sulle modalità di verifica del rispetto di tale principio e ha incluso nell'ambito degli stanziamenti oggetto di verifica anche quelli compresi nei contratti di programma (inclusi quelli vigenti) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete ferroviaria italiana s.p.a. e Anas s.p.a.;

   il Def 2019 riporta l'elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale per l'anno 2019, individuati in via sperimentale;

   la Svimez ha stimato quanto avrebbe inciso, negli anni della crisi, l'applicazione della clausola del 34 per cento alla spesa complessiva in conto capitale della pubblica amministrazione, non solo a quella delle amministrazioni centrali; il risultato è un aumento delle risorse ordinarie in conto capitale al Sud (con conseguente decremento al Centro-Nord), ovviamente di molto superiore alla simulazione «prudenziale» effettuata dai Conti pubblici territoriali con riferimento alle sole amministrazioni centrali: tra il 2009 e il 2015, gli aumenti medi annui sarebbero stati dell'ordine di circa 4,5 miliardi di euro;

   anche la relazione sui conti pubblici territoriali dell'Agenzia per la coesione territoriale calcola un impatto positivo, di importo più limitato, con riferimento alle sole amministrazioni centrali, pari a circa 1,6 miliardi di euro annui;

   secondo i conti pubblici territoriali, nel 2017 (ultimo anno disponibile) la quota di risorse ordinarie in conto capitale della pubblica amministrazione destinata al Mezzogiorno è pari al 26,7 per cento, a fronte del 34,4 per cento di popolazione; al Centro-nord si è al 73,3 per cento contro il 65,6 per cento di popolazione;

   secondo i medesimi conti pubblici territoriali, pubblicati dell'Agenzia per la coesione territoriale nel 2018, fra il 2001 e il 2015 (ma il trend non ha subito variazioni di rilievo negli ultimi due anni) gli investimenti con risorse ordinarie destinate al Sud sarebbero pari al 22,6 per cento in media, con una punta minima del 19,2 per cento nel 2007 e una massima del 24,3 per cento nel 2014; nello stesso periodo, il Centro-nord avrebbe così incassato la parte più consistente della spesa in conto capitale, passando dal 78,8 per cento del 2001 al 78,6 per cento del 2015, senza mai scendere al di sotto del 73,8 per cento;

   per raggiungere la clausola del 34 per cento mancherebbero quindi quasi 3 miliardi all'anno di risorse ordinarie in conto capitale, mentre, per quanto riguarda la spesa in conto capitale, il calo sarebbe ancora più evidente: fra il 2000 e il 2017 gli investimenti pubblici, nel Sud, si sarebbero dimezzati, passando da 22,2 miliardi (l'1,4 per cento del prodotto interno lordo) a 10,6 miliardi (0,7 per cento del prodotto interno lordo);

   appare evidente dalla lettura di questi dati come l'arretramento infrastrutturale del Mezzogiorno sia l'effetto inevitabile del taglio delle risorse per la spesa in conto capitale; gli investimenti in opere pubbliche al Sud hanno cominciato a diminuire dalla seconda metà degli anni ’70, nel Centro-nord dagli anni Duemila; l'alta velocità ferroviaria è l'esempio più evidente: la rete italiana per i treni veloci si sviluppa su 1.467 chilometri di binari e quelli al Sud sono solo il 16 per cento;

   la dotazione di infrastrutture è un requisito di vitale importanza per la crescita e la competitività; tuttavia, negli ultimi anni si è sviluppata una tendenza a impegnare più risorse dove ci si aspettava una maggiore redditività e più brevi tempi di risposta;

   contestualmente, occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni e garantire le risorse necessarie per raggiungerli, su base regionale, anche in termini di personale qualificato e dipendenti pubblici, quindi individuando un criterio di perequazione da estendere anche alla spesa corrente;

   la spesa corrente trasferita viene attualmente calcolata prevalentemente in base al criterio della spesa storica, che, stando ai dati sopra riportati, finirebbe per continuare a penalizzare, anche per il futuro, le regioni del Sud;

   si tratta di questioni di vitale importanza per i cittadini: basti pensare alla sanità, all'infanzia e all'istruzione, al trasporto pubblico locale, per non parlare di diritto all'abitazione e delle politiche per il lavoro;

   occorre poi estendere la clausola del 34 per cento alla spesa pubblica complessiva e non solo a quella delle amministrazioni centrali dello Stato, comprendendo quindi tutte le società partecipate pubbliche che erogano beni e servizi pubblici primari o essenziali, come già in parte previsto dalla norma della legge di bilancio 2019 citata che ha esteso tale clausola alla spesa di Anas e Rete ferroviaria italiana;

   solo nel momento in cui a tutte le regioni siano stati garantiti i medesimi livelli essenziali delle prestazioni (lep), sarà possibile avviare un confronto sulle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia regionale –:

   quale sia la posizione del Governo in merito alla necessità di definire prioritariamente i livelli essenziali delle prestazioni e gli strumenti perequativi prima di affrontare il percorso di attuazione dell'autonomia differenziata;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla perdurante sottrazione di risorse ordinarie in conto capitale al Sud a favore del Centro-nord, che ha comportato e continua a determinare l'utilizzo improprio dei fondi addizionali europei (fondo sviluppo e coesione e fondi strutturali e di investimento europei) per finanziamento di interventi a cui si sarebbe dovuto far fronte attraverso risorse ordinarie;

   quali iniziative intenda assumere il Governo volte a reintegrare le risorse per quelle regioni che in passato hanno avuto minori finanziamenti a vantaggio di altre regioni per raggiungere le priorità nazionali.
(2-00466) «Boccia, Navarra, De Filippo, Bruno Bossio, Ubaldo Pagano, De Luca, D'Alessandro, Frailis, Pezzopane, Siani, Lacarra, Mura, Miceli, Raciti, Bordo, Losacco, Madia, Melilli, Migliore, Verini, Ascani, Campana, Mancini, Andrea Romano, Orfini, Nobili, Sensi, Ferri, Topo, Carè».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1, commi da 21 a 24, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», a decorrere dal 1° gennaio 2016, i macchinari fissati al suolo, i cosiddetti «imbullonati», sono stati esclusi dalla rendita catastale;

   tale importante intervento legislativo ha risolto la complessa problematica della determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione produttiva classificati nei gruppi «D» ed «E», i cosiddetti immobili «imbullonati»;

   la complessità della valutazione catastale degli impianti negli immobili «imbullonati» è riconducibile alla circostanza che le norme e la prassi di settore prevedevano che, per questa tipologia di immobili, la rendita catastale – utilizzata per il calcolo della base imponibile della tassazione immobiliare Imu e Tasi – fosse determinata attraverso un procedimento di stima diretta, specifico per ciascun immobile a destinazione produttiva che, come tale, era soggetta a una puntuale valutazione tecnica, caso per caso, delle componenti edilizie e impiantistiche da prendere in considerazione;

   la legge di stabilità 2016 ha rideterminato i criteri di accatastamento escludendo i «macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo» dall'ambito della valutazione catastale, alla quale rimangono, invece, soggetti il suolo, le costruzioni e i soli impianti che, ordinariamente, accrescono la qualità e l'utilità dell'unità immobiliare, indipendentemente dal processo produttivo nella stessa svolto;

   come è facile intuire, se da una parte tale scelta legislativa ha posto fine a una serie di orientamenti giurisprudenziali contrastanti e alleggerito il carico fiscale delle industrie, dall'altro il ricalcolo delle rendite ha prodotto come effetto una evidente perdita per i comuni di gettito da tributi locali;

   la stessa legge di stabilità, al comma 24 dell'articolo 1, ha previsto l'erogazione a favore dei comuni di un contributo a copertura della perdita di gettito Imu e Tasi conseguente alla rideterminazione delle rendite catastali dei cosiddetti imbullonati, disponendo, in particolare, che «il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, emana, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro il 31 ottobre 2016, il decreto per ripartire il contributo annuo di 155 milioni di euro attribuito ai comuni a titolo di compensazione del minor gettito per l'anno 2016. A decorrere dall'anno 2017, il contributo annuo di 155 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare, entro il 30 giugno 2017, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2017, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2016 ai sensi del comma 22 e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016»;

   ad oggi, fra i comuni non ammessi al contributo risulterebbero numerosi comuni del Mezzogiorno;

   tale situazione, ovviamente, comporta gravi difficoltà finanziarie per i comuni non risarciti con ricadute dirette sui servizi essenziali per i cittadini e con rischio di dissesto finanziario, soprattutto per i piccoli comuni –:

   quali siano i comuni che, pur avendo presentato la necessaria documentazione, non hanno ricevuto il contributo a copertura della perdita di gettito Imu e Tasi e quali siano le relative motivazioni;

   se il Governo non intenda adottare una specifica iniziativa per sanare le eventuali carenze procedurali, rimettendo in termini i comuni e consentendo loro, quindi, di beneficiare dei relativi contributi.
(4-03351)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da quanto risulta all'interrogante, l'istituto di credito Bcc Felsinea (nato dalla fusione della Bcc di Castenaso con la Bcc di Monterenzio cui successivamente è stata incorporata anche la Bcc di Alto Reno) starebbe avendo contatti con la Banca di Bologna per un possibile progetto di fusione;

   la Banca di Bologna, pur essendo un importante e apprezzato istituto territoriale ha caratteristiche diverse dalla Bcc di Alto Reno, Castenaso e Monterenzio, che notoriamente hanno sempre distinto la propria attività con la presenza e il radicamento sul territorio dei rispettivi ambiti comunali, favorendo il sostegno della base sociale e delle piccole attività imprenditoriali;

   l'eventuale fusione o incorporazione in Banca di Bologna, qualora si realizzasse, potrebbe produrre un indebolimento del rapporto che la Bcc Felsinea ha ereditato dalle Bcc di Alto Reno, Monterenzio e Castenaso con i territori, oltre a comportare preoccupazioni in termini di tenuta degli attuali livelli occupazionali –:

   di quali informazioni disponga il Governo riguardo alla vicenda descritta in premessa;

   se si intendano assumere iniziative di carattere normativo per tutelare gli istituti di credito cooperativo, evitando che gli stessi siano indotti a fusioni che potrebbero risultare fortemente penalizzanti dal punto di vista del rapporto con il territorio.
(4-03369)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   InvImIt Sgr (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr) è stata costituita, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 164, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze in data 19 maggio 2013;

   il capitale sociale della società di gestione del risparmio sopracitata è interamente di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, e l'obbiettivo della InvImIt Sgr, come indica l'articolo 33, comma 1, del decreto-legge sopracitato, è quello di valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri enti pubblici;

   nel 2017 è stato istituito il Fondo i3-Inps da InvImIt Sgr spa, al quale verrà conferito il patrimonio immobiliare detenuto dall'Istituto nazionale della previdenza sociale e, conseguentemente, quest'ultimo con tale operazione inizia progressivamente il piano di investimento e disinvestimento del patrimonio immobiliare;

   mediante tale operazione l'Inps mira a valorizzare ed a rendere più efficace la gestione del suo patrimonio immobiliare anche mediante il conferimento al Fondo sopracitato istituito da InvImIt Sgr;

   gli obiettivi di investimento del Fondo i3-Inps sono caratterizzati dalla gestione, dalla valorizzazione e dalla parziale dismissione del patrimonio, attraverso differenti modalità strategiche in base alla tipologia strutturale dei rispettivi immobili;

   la Società Prelios Integra spa, con gara ad evidenza pubblica indetta da InvImIt Sgr, nel giugno del 2018 si è aggiudicata la gestione tecnico e amministrativa del patrimonio immobiliare del Fondo i3-Inps con la finalità di valorizzare l'investimento immobiliare dal punto di vista etico e gestionale;

   da quanto risulta all'interrogante in via Milazzo n. 4 a Bologna è ubicato un immobile, ad uso residenziale, che nel maggio del 2019 è rientrato nelle operazioni di conferimento del patrimonio immobiliare dell'Inps al Fondo i3-Inps istituito da InvImIt Sgr;

   tale immobile dalla primavera del 2018, in seguito ad un violento evento atmosferico a carattere ventoso, ha avuto parte del tetto scoperchiata e, conseguentemente, per gli inquilini dell'ultimo piano sono iniziati notevoli disagi;

   infatti, negli appartamenti degli inquilini dell'ultimo piano si verificano, quando vi sono precipitazioni atmosferiche, infiltrazioni, muffe nei soffitti e macchie di umidità che arrecano notevoli disagi a coloro che vi risiedono;

   tale situazione si starebbe ulteriormente aggravando con il susseguirsi nel tempo di eventi atmosferici avversi;

   gli inquilini avrebbero provveduto a contattare la società che gestiva precedentemente l'immobile per l'Inps, la Romea S.p.a, e l'attuale, la Prelios Integra S.p.a., segnalando la criticità sopracitata, ma, a quanto consta all'interrogante, non avrebbero ottenuto alcuna risposta;

   dalle segnalazioni pervenute emergerebbe che i vigili del fuoco, quando sono stati contatti dagli inquilini dell'ultimo piano dello stabile in questione, avrebbero risposto che i lavori di riparazione del tetto sono di competenza della proprietà dell'immobile;

   oltretutto gli inquilini dello stabile in questione, a quanto consta all'interrogante, pagherebbero un canone d'affitto di 1.000 euro –:

   di quali informazioni si disponga rispetto alla vicenda esposta in premessa;

   se nel passaggio di proprietà, avvenuto nel maggio 2019, l'Inps abbia comunicato ad InvImIt che vi era da effettuare la ricostituzione di parte del tetto;

   se si intendano assumere iniziative di competenza volte a verificare la situazione di cui in premessa e assicurare i relativi interventi di ripristino da parte di Prelios Integra S.p.a.;

   se siano previsti investimenti volti alla valorizzazione del patrimonio immobiliare e se siano previsti, in particolare, interventi di riqualificazione per l'immobile di via Milazzo 4 a Bologna.
(4-03372)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GALANTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la nuova legge denominata «codice rosso» prevede misure idonee a contrastare i «reati domestici», introduce nuove fattispecie di reato ed inasprisce le pene per gli atti persecutori;

   importanti sono le novità introdotte anche dal punto di vista processuale, come per esempio:

    a) il termine per la presentazione della querela per il reato di cui all'articolo 612-bis cp allungato a 12 mesi, e non più di 6 mesi;

    b) l'accelerazione delle indagini: da parte loro i pubblici ministeri sono obbligati a sentire le vittime entro tre giorni. Questo per evitare che reati come maltrattamenti, violenza sessuale, stalking, e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o di convivenza si reiterino senza interventi tempestivi delle autorità; o ancora, la polizia giudiziaria sarà tenuta a comunicare al pubblico ministero le notizie di reato immediatamente anche in forma orale e dovrà infatti attivarsi subito;

   come è noto, tuttavia, la situazione degli uffici giudiziari della regione Puglia presenta gravi carenze. In particolare, gli uffici del circondario di Trani presentano un organico sottodimensionato che non permette un efficace ed efficiente funzionamento dell'apparato della giustizia, causando evidenti e gravi problematiche sia nei confronti dei cittadini che degli operatori della giustizia;

   nonostante gli sforzi organizzativi di tutti gli operatori della giustizia la situazione degli uffici giudiziari del circondario di Trani presenta gravi criticità che non permettono all'amministrazione della giustizia di soddisfare i numerosi procedimenti giudiziari che devono essere trattati;

   le carenze di organico riguardano tutti i livelli e comportano gravi problematiche (ad esempio, l'aumento dell'orario di lavoro degli operatori degli uffici giudiziari senza alcun vantaggio economico per il servizio reso), soprattutto sulla quantità e qualità del servizio offerto;

   si pensa che con la riforma pensionistica cosiddetta «quota cento» vi saranno vacanze di organico nel dipartimento dell'organizzazione giudiziaria considerevoli. Infatti, si potrebbero registrare pensionamenti anticipati dovuti alla suddetta riforma pensionistica di 10.685 unità (nel triennio 2019-2021) di cui 7.158 nel 2019. Ciò produrrà, come detto, gravi criticità nell'amministrazione della giustizia e nel servizio all'utenza;

   in particolare, l'interrogante segnala la grave situazione del circondario giudiziario di Trani dove probabilmente il personale risulterà dimezzato e, quindi, non in grado di soddisfare la sempre più presente domanda di giustizia che proviene dai cittadini;

   è necessario pertanto un intervento del Governo per implementare le piante organiche delle professionalità che operano negli uffici giudiziari in modo da superare le criticità oggi esistenti e sopra evidenziate –:

   quali iniziative intenda adottare per sostenere l'aggravio di lavoro degli uffici giudiziari presumibilmente derivante dalla nuova legge cosiddetta «codice rosso», che avrà indubbiamente effetti positivi, sia da un punto di vista preventivo che repressivo nel contrastare reati che negli ultimi tempi hanno avuto una notevole diffusione;

   se il Ministro sia a conoscenza del problema relativo alla mancanza di organico a tutti i livelli nei tribunali italiani che compromette il buon funzionamento della giustizia;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per implementare l'organico (non solo magistrati, ma anche personale amministrativo come, ad esempio, cancellieri ed assistenti giudiziari) per garantire un efficiente ed efficace funzionamento del «sistema giustizia» del nostro Paese;

   quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per aumentare l'organico degli uffici giudiziari per superare le gravi criticità oggi presenti conseguenti anche alla riforma pensionistica cosiddetta «quota cento»;

   se non sia necessario monitorare con particolare attenzione la situazione di alcuni uffici giudiziari come quello del circondario di Trani che presenta, come detto in premessa, gravi criticità per la mancanza di personale e pertanto superare tale situazione che comporta grosse difficoltà per tutti gli operatori della giustizia e, in particolare, per l'utenza.
(4-03371)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'Austria ha introdotto divieti integrativi per i mezzi pesanti di massa superiore a 7,5 tonnellate che circolano sul territorio austriaco nel 2019, in aggiunta ai tradizionali divieti di circolazione nel fine settimana e nelle ore notturne;

   il Land del Tirolo ha messo in campo un'articolata politica di divieti finalizzati a scoraggiare il traffico su gomma, così rallentando il transito delle merci italiane verso la Germania e verso tutta l'Europa settentrionale;

   prossimamente scatteranno ulteriori divieti su base merceologica:

    dal 1° agosto 2019 per chimica, metalli, macchinari e apparecchiature;

    dal 1° ottobre 2019 per carta e cartone, tubi e profilati e prodotti del petrolio liquido, settori per i quali – nel solo 2018 – il valore economico transitato quantificato è stato di 137 miliardi di euro;

   attraverso l'arco alpino transita la metà delle esportazioni italiane e oltre il 70 per cento dei flussi import-export dell'Italia con l'Unione europea e di queste oltre 50 milioni le tonnellate di merci che transitano per il Brennero, su un totale di oltre 160 milioni che varcano i confini nazionali;

   nel 2018, per gli ambiti oggetto di «divieto settoriale» (materie prime, materiali grezzi, veicoli e rimorchi), sono transitate merci per un valore di 46 miliardi di euro;

   il Tirolo ha assunto una posizione unilaterale, a giudizio dell'interpellante, probabilmente violando la libertà di circolazione nell'Unione europea;

   nei mesi scorsi la commissaria europea ai trasporti, Violeta Buie, rispondendo alle lamentele della rappresentanza del Governo italiano a Bruxelles, ha dichiarato che il numero chiuso ai Tir al Brennero è una manovra che deve essere limitata a circostanze eccezionali per il suo impatto negativo sulle regioni vicine, evidenziando, inoltre, come «un'applicazione frequente di queste misure unilaterali non aiuti nella ricerca di una soluzione consensuale che può essere supportata da tutte le regioni interessate, soluzione che cerchiamo di raggiungere nel contesto del meeting dei Ministri dei Trasporti del corridoio del Brennero»;

   le camere di commercio lungo l'asse del Brennero sono critiche rispetto ai citati divieti, ma allo stesso tempo sono aperte alla discussione in merito a misure di medio termine per ridurre l'inquinamento, anche mediante lo spostamento del trasporto su rotaia, da applicarsi nell'attesa del completamento della galleria di base del Brennero –:

   come intenda adoperarsi, anche in sede europea, affinché venga rivisto il blocco unilaterale imposto dal Land del Tirolo e dall'Austria che limita il transito dei mezzi pesanti, creando un pesantissimo danno all'economia italiana.
(2-00465) «Belotti».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARO e TROIANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 693 dei laghi di Lesina e Varano (SS 693), meglio nota come strada a scorrimento veloce (Ssv) del Gargano è un'importante strada statale che si presenta a una corsia per senso di marcia affiancata da banchine transitabili, sprovvista di intersezioni a raso e con qualche accesso privato. Dal 13 maggio 2005, la strada a scorrimento veloce del Gargano è stata classificata come strada statale 693 dei Laghi di Lesina e Varano e la sua lunghezza è stata calcolata in 60,400 chilometri. È la più fluida arteria stradale di penetrazione nel territorio del Gargano, collegando la rete autostradale italiana alle località settentrionali del promontorio, terminando nei pressi di Vico del Gargano. La strada si snoda essenzialmente lungo l'asse ovest-est. Proprio l'idea alla base della costruzione della Ssv del Gargano era quella di creare una congiunzione ad anello da San Severo a Foggia avendo come punto estremo orientale Vieste. In tal senso, bisogna osservare che di questo anello la SS 693 rappresenta il primo tratto, e l'ammodernamento della SS 89 tra Foggia e Manfredonia e la costruzione in tempi recenti della strada statale 688 di Mattinata fino a Mattinatella ne rappresentano la parte conclusiva. Il collegamento quindi tra Vico del Gargano, Peschici, Vieste e Mattinata risulta garantito solo dalla già citata SS 89 o dalle strade provinciali litoranee (SP 52 Vieste-Peschici, SP 53 Vieste-Mattinata), entrambe molto tortuose e che costringono all'attraversamento di Vieste. L'importanza della SS 693 ovviamente aumenta nel periodo estivo quando i centri costieri del Gargano diventano meta di numerosi turisti;

   il nord del Gargano è una area ad alta concentrazione turistica con record di presenze negli ultimi anni, in particolare nell'area compresa tra Peschici e Vieste. Infatti, secondo i dati della regione Puglia, in quell'area della regione Puglia si registrano circa 5.000.000 di presenze turistiche durante l'intera stagione turistica, tanto da rendersi necessario un miglioramento della rete stradale dei piccoli centri del Gargano. Inoltre, l'elevata presenza di turisti nei mesi caldi dell'anno rende necessario mettere in sicurezza le strade del Gargano attraverso il completamento della strada statale 693, al fine di decongestionare il traffico all'interno dei centri abitati che ad oggi sono fondamentale elemento di contatto tra la strada statale 693 e la SS89. Sul punto giova evidenziare che negli ultimi anni si è registrato un trend in aumento dei sinistri stradali proprio sulla SS. 693, infatti, si è passati dai 14 sinistri del 2017 ai 22 del 2018, mentre per quanto riguarda il 2019 solo nel primo semestre già si sono registrati 4 sinistri in un periodo di bassa affluenza della predetta strada. Tali dati evidenziano, quindi, la necessità di opere di messa in sicurezza, ovvero di opere che evitino il passaggio di grossi flussi veicolari attraverso i centri abitati. Interpellata l'Anas Puglia in merito agli interventi in programma sulla SS 693, la stessa in riscontro alle numerose missive, precisa che non sono in programma interventi di prolungamento della predetta strada statale fino a Peschici-Vieste –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di procedere all'inserimento, nel prossimo contratto di lavori con Anas, del progetto di completamento della strada statale 693 con il relativo prolungamento da Vico del Gargano fino a Vieste;

   se sia stato previsto lo stanziamento dei fondi per il potenziamento della rete stradale nel nord del Gargano, attraverso il completamento della strada statale 693 con lo scopo di migliorare la viabilità dei luoghi indicati, in funzione dell'elevato numero di presenze turistiche che durante la stagione estiva aumentano esponenzialmente.
(4-03352)


   VALBUSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale dell’Abetone e del Brennero è un'importante strada statale italiana che collega l'Italia settentrionale con il confine con l'Austria, quindi verso l'Europa centrale. Alcuni tratti sono stati dismessi dalla gestione Anas e risultano di competenza delle province attraversate;

   l'intero tracciato è lungo poco meno di 524 chilometri, tenendo conto anche dei tratti ex statali, ed è gestito dall'Anas nelle tratte toscana, emiliana, lombarda e veneta (per un totale di 280 chilometri), mentre è di fatto una strada a gestione provinciale in Trentino Alto Adige, anche se la proprietà rimane dello Stato;

   la conferenza di servizi ha approvato il progetto preliminare del tracciato che andrà da Isola della Scala a Verona sud, sciogliendo anche il nodo sullo svincolo dell'Alpo;

   la variante alla strada statale 12 verrà realizzata in un unico stralcio e costerà complessivamente 140 milioni di euro, finanziati da Anas. L'opera prevede un tracciato di 14 chilometri, dei quali 1 e mezzo in trincea e 2 riqualificati, attraverso 5 comuni: Isola della Scala, Vigasio, Buttapietra, Castel d'Azzano e Verona. Altri 6 chilometri riguarderanno la viabilità complementare;

   il progetto prevede uno svincolo in via Ca’ Brusà, che proseguirà fino ad una rotatoria in strada La Rizza, per terminare all'Alpo, con due rotonde che permetteranno il collegamento con la Tangenziale Sud ed un futuro allacciamento con il Quadrante Europa. Il progetto preliminare è completato dallo studio del traffico e dal quadro di raffronto tra i tracciati progettati negli anni, così come richiesto ad Anas dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal comune di Verona;

   si tratta di una variante chiesta a gran voce dal territorio, la cui realizzazione è necessaria posto che già la regione Veneto due anni fa aveva stanziato in bilancio le risorse per questa progettazione, circa 1 milione e 250 mila euro, e nel 2016 il Ministero aveva già accantonato le risorse a favore di Anas per la progettazione esecutiva, un altro milione e mezzo. È un'opera, la cui progettazione è totalmente finanziata, sulla quale non bisogna più perdere tempo e arrivare al 2020 con il progetto esecutivo e quindi l'appalto dei lavori –:

   se il Ministro interrogato intenda attivarsi affinché l'Anas sblocchi l'opera di realizzazione della variante da troppo tempo ferma e fornisca una tempistica certa per l'avvio dei cantieri.
(4-03357)


   FASANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 giugno 2019 il quotidiano La Città di Salerno ha realizzato un focus sul turismo crocieristico, evidenziando oltre che i numeri (900 mila persone nei tre mesi estivi) anche i disagi che sono costretti a subire i turisti per via delle difficoltà legate alla gestione della stazione marittima;

   la stessa, progettata dall’«archistar» Zaha Hadid è costata 14 milioni di euro, è stata inaugurata il 25 aprile 2016 e il giorno precedente anche l'allora Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fece visita all'opera;

   a tre anni dall'inaugurazione la struttura viene utilizzata soltanto per gli arrivi e le partenze che collegano Salerno al Cilento e alle isole Eolie, in quanto l'opera di dragaggio è ancora ferma al palo;

   i lavori di dragaggio dovevano essere realizzati prima della consegna della stazione marittima, anche perché il mancato utilizzo della stessa per le finalità per le quali è stata realizzata potrebbe comportare un danno erariale;

   sempre nell'articolo pubblicato dal quotidiano La Città, l'amministratore di Stazione marittima spa (la società che si occupa della gestione della struttura), Orazio De Nigris spiega che «le navi, infatti, attraccano in spazi che normalmente non sono destinati alla movimentazione delle persone ma delle merci e che, quindi, non è né accogliente né un bel biglietto da visita per chi arriva»;

   secondo quanto riportato dagli organi d'informazione i lavori di dragaggio dovrebbero aver inizio nel mese di settembre 2019 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per fare in modo che i lavori di dragaggio partano nei tempi previsti in modo da evitare un danno non solo d'immagine ma anche economico alla città di Salerno.
(4-03359)


   DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'autodromo nel comune di Scarperia e San Piero costituisce infrastruttura preziosa per l'immagine e l'economia del Mugello e rappresenta un'occasione irrinunciabile per tutto il territorio. In data 14 giugno 2019 il comune ha concesso alla società «Mugello Circuit Spa» dell'autodromo, in via Senni 15, una nuova autorizzazione a derogare i limiti massimi di rumore previsti dalla normativa in materia di inquinamento acustico per un numero di 260 giornate stabilite con un calendario modificabile. Sulla base dell'autorizzazione possono girare in pista fino a un numero massimo di 60 auto e 80 moto contemporaneamente (con eccezioni). Alcune attività d'impresa e abitazioni civili nei dintorni dell'autodromo sono interessate economicamente e non solo dalla concessione di tali deroghe. Si tratta di una questione che riguarda molti altri autodromi in Italia, che utilizzano silenziatori omologati i quali consentono di organizzare un calendario fitto di eventi amatoriali –:

   se siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare, d'intesa con gli enti locali interessati, per valorizzare le attività dell'autodromo del Mugello;

   se non si intendano adottare iniziative per rivedere la normativa in materia stabilita dal decreto del Presidente della Repubblica n. 304 del 2001 sull'inquinamento acustico, per assicurare una maggiore tutela della salute dei cittadini.
(4-03366)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'edizione del 5 giugno 2019 del quotidiano L'Unione Sarda in un articolo titolato «Scappa-dall'orco, le portano via i figli» ha pubblicato la notizia secondo la quale, in esecuzione di un provvedimento del tribunale dei minori di Cagliari, due bambini, di 11 e di 5 anni, residenti con la madre in Sardegna (provincia di Oristano), sarebbero stati rimpatriati in Francia, dove risiede il padre, di origine calabrese, ma naturalizzato francese;

   secondo la ricostruzione, i bambini sarebbero stati prelevati dalle forze di polizia e dai servizi sociali, durante l'orario scolastico, alla presenza dei compagni di scuola e all'insaputa della madre, tutte circostanze che destano legittime preoccupazioni per gli effetti negativi e gli eventuali traumi che le citate modalità di esecuzione della disposizione potrebbero aver prodotto sui minori;

   la decisione del tribunale sarebbe scaturita a seguito di una lunga vicenda che, secondo quanto riporta il giornale, si sarebbe protratta per circa tredici anni, nel corso dei quali la donna sarebbe stata sottoposta a reiterati e gravi episodi di violenza fisica e psicologica, come risulterebbe dalle denunce all'autorità locale e da un provvedimento del tribunale francese;

   l'articolista riporta il racconto della donna sulle violenze e le umiliazioni subite e sul clima familiare nel quale sarebbero cresciuti i bambini;

   in particolare, riferisce: «Quando ci siamo trasferiti a Reims in Francia la situazione è peggiorata, mi considerava una sua proprietà, non mi lasciava libertà, non mi permetteva di lavorare, ero diventata una serva [...] Mai un gesto d'affetto e quando ero incinta c'è stato il primo schiaffo, poi l’escalation di violenze fisiche e psicologiche [...] Cercava anche di farmi passare per pazza e istigava i bambini contro di me»;

   la donna avrebbe presentato alle autorità locali «una e più denunce per maltrattamenti e abusi sessuali», a seguito delle quali il tribunale francese le avrebbe dato ragione stabilendo l'affido condiviso dei figli «a condizione che vivano con la madre che nel frattempo provvede da sola ai figli»;

   per sottrarsi alle continue pressioni dell'uomo che, nel frattempo, avrebbe anche avviato un'azione legale, la donna avrebbe fatto rientro in Sardegna con i figli, nel mese di settembre 2018;

   il tribunale dei minori di Cagliari avrebbe disposto il provvedimento di rimpatrio dei due minori in base alla convenzione dell'Aja, secondo la quale i bambini devono stare nel Paese dove risiedono abitualmente;

   la sollecitudine con cui è stato attuato il rimpatrio sarebbe immotivata sia perché la donna non si sarebbe opposta al trasferimento, ma avrebbe unicamente chiesto di attendere la conclusione dell'anno scolastico, sia perché di fatto sussisterebbero ancora questioni pendenti a carico del padre, nelle quali i soggetti deboli bisognosi di protezione sarebbero la madre e i bambini;

   le modalità di esecuzione sarebbero anche in contraddizione con le disposizioni del provvedimento stesso, visto che nell'atto verrebbe specificato che si doveva avvisare tempestivamente la madre sui modi e i tempi dell'esecuzione del rimpatrio per consentirle di affiancare il padre durante l'accompagnamento o comunque di essere presente;

   nel complesso emergerebbe una situazione nella quale sembra siano venute meno le tutele nei confronti di soggetti in condizioni di manifesta debolezza perché minori e perché in fuga da una situazione di violenza e abusi –:

   se le forze dell'ordine intervenute nel caso in questione abbiano adottato tutte le misure necessarie al fine di ridurre il disagio dei minori e di tutelare la serenità e la dignità degli stessi e se alla loro madre, in fuga da un contesto di violenza familiare, siano state garantite protezione e tutela;

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per rafforzare le tutele per i minori coinvolti in procedimenti giurisdizionali come quello richiamato in premessa.
(3-00888)


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 luglio 2019 il professor Rocco Lagioia, docente universitario è stato fermato a Bari, città nella quale vive con la famiglia, mentre era a bordo di un'auto, da una pattuglia della polizia municipale, che gli ha contestato una infrazione: quella di guidare un'auto, immatricolata in Germania (il veicolo è intestato alla moglie);

   ai sensi della normativa introdotta all'interno del cosiddetto «decreto sicurezza» i vigili urbani hanno comminato una multa di oltre 400 euro e disposto il sequestro della vettura;

   la modifica al codice della strada, introdotta attraverso il richiamato decreto-legge, fa divieto ai cittadini italiani di guidare auto con targhe straniere;

   così capita che sulla base di una norma prevista per contrastare «i furbetti delle targhe» che acquistano le auto all'estero per non pagare le tasse e le eventuali multe in Italia a pagarne le conseguenze siano malcapitati cittadini come il professor Lagioia che è sposato con una cittadina tedesca intestataria legittima di un'automobile che guida anche il marito;

   il non avere previsto esenzioni e fattispecie di esclusione dalla norma introdotta ha portato a questa incresciosa situazione che purtroppo è abbastanza diffusa;

   bisogna altresì aggiungere che il dissequestro del veicolo non è affatto semplice con una procedura molto farraginosa –:

   se il Governo sia a conoscenza di questi gravi disagi occorsi a cittadini perbene la cui unica responsabilità è quella di guidare un'autovettura intestata al coniuge straniero e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, per porre rimedio a questi incresciosi e paradossali episodi, introducendo specifiche esclusioni dalle sanzioni introdotte.
(3-00890)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Dia (direzione investigativa antimafia), nell'ultima relazione al Parlamento sull'attività svolta, presentata a febbraio e relativa al primo semestre 2018, ha evidenziato, con mappe dettagliate, la presenza di clan molto attivi nella città di Bisceglie, legati in particolare ai Capriati-Di Cosola;

   Bisceglie, in virtù della sua posizione geografica, si presta a essere un crocevia di traffici illeciti e una base logistica ideale per lo spaccio di sostanze stupefacenti, tant'è che in poco più di un anno ci sono stati ben cinque conflitti a fuoco e l'esplosione di due ordigni;

   l’escalation criminale è evidente: il 4 agosto 2017 una donna è stata ferita e il consorte ucciso a colpi di pistola; il 30 dicembre 2017 tre colpi di arma da fuoco sono stati esplosi all'interno dell'esercizio commerciale del signor Rizzo, fortunatamente colpito solo di striscio; il 19 luglio 2018 un uomo a bordo di un ciclomotore avrebbe puntato e sparato un colpo di pistola verso una persona che camminava sul marciapiede opposto, fortunatamente senza conseguenze; il 12 ottobre un boato nel cuore della notte ha svegliato nel panico un intero quartiere; il 18 dicembre 2018, poco dopo la mezzanotte, un giovane di 22 anni, residente a Bisceglie ma di origine ucraina, è rimasto ferito da colpi di arma da fuoco: lo stesso individuo, nel pomeriggio del 25 aprile 2019, ha esploso due colpi di pistola all'indirizzo del tenente Vincenzo Caputo, comandante dei carabinieri di Bisceglie, fortunatamente schivati dal carabiniere; alle 2,30 della notte del 17 luglio 2019 un ordigno è esploso in un noto locale notturno causando ingenti danni alla struttura e agli arredi. Le telecamere di sicurezza hanno ripreso, pochi minuti prima dell'esplosione, un uomo incappucciato che entrava dal retro della struttura;

   le forze dell'ordine, pur svolgendo un lavoro esemplare a rischio della propria incolumità, non riescono a garantire il pieno controllo del territorio a causa della carenza di uomini e mezzi;

   la pesante situazione inerente alla sicurezza pubblica e la difficile condizione emotiva dei cittadini, che vivono in un perenne clima di minaccia e paura, andrebbero contrastate con atti concreti da parte dello Stato in tutte le sue articolazioni –:

   quali iniziative urgenti e tempestive il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di ampliare l'organico delle forze dell'ordine e le relative dotazioni economico-finanziarie, salvaguardando così la sicurezza e l'incolumità dei cittadini di Bisceglie.
(5-02549)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'importanza di vedere attivo e pienamente funzionante l'aeroporto Ridolfi di Forlì è stata in più occasioni ribadita ai vari livelli istituzionali, così come risulta anche dal dibattito sviluppatosi il 6 settembre 2017 nel corso della informativa resa davanti alle commissioni territorio, ambiente e mobilità e politiche economiche della assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna;

   l'avvenuta aggiudicazione a F.A. srl del bando per la gestione della infrastruttura aeroportuale, unitamente ai modesti lavori necessari per la sua piena efficienza, ha fatto ipotizzare che con il prossimo autunno l'aeroporto Ridolfi potesse essere riaperto al traffico aereo;

   perché l'aeroporto possa regolarmente funzionare occorre tuttavia che si verifichino le specifiche condizioni di legge e di regolamento. In particolare, risulta problematico ipotizzare la presenza dei vigili del fuoco e del personale di pubblica sicurezza senza che siano stanziate le risorse opportune, tanto più se queste ultime siano di competenza dello Stato –:

   se i fatti siano noti ai Ministri interrogati e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di superare ogni difficoltà che si frapponga all'utilizzo del sopra citato aeroporto.
(5-02553)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Nello Trocchia è uno scrittore e giornalista di inchiesta di Piazza Pulita e collaboratore de Il Fatto Quotidiano;

   a causa delle sue inchieste su mafie, malaffare, intrecci tra politica, criminalità organizzata e gruppi eversori – l'ultimo dei suoi libri è sui Casamonica – è sotto vigilanza attiva;

   le prime minacce a Trocchia erano arrivate nel 2015, a seguito di alcuni articoli su Il Fatto Quotidiano, da parte di un esponente della criminalità organizzata, intercettato dalle cimici della procura di Napoli mentre pronunciava la seguente frase: «A quel giornalista gli spacco il cranio»;

   Nello Trocchia, non lasciandosi intimorire, ha continuato il suo lavoro di inchiesta e negli anni è stato vittima di altre intimidazioni e aggressioni, come quella subita dal vicesindaco di Casamicciola Terme mentre era inviato per un servizio sul terremoto del 2017 e quella avvenuta a Vieste dove stava facendo un'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nell'area del Gargano;

   nonostante sia sotto vigilanza, per la terza volta, ha subito un furto nella sua abitazione in provincia di Napoli e, in particolare, gli è stato sottratto il computer con informazioni sensibili sui suoi lavori giornalistici;

   a parere dell'interrogante è inquietante che nonostante il regime di vigilanza a cui è sottoposto, il giornalista Nello Trocchia subisca continui furti nella propria abitazione e per questo sarebbe opportuno che chi di competenza dedicasse una maggiore attenzione nei confronti di Trocchia e di tutti quei cronisti d'inchiesta spesso oggetto di minacce e intimidazioni per il loro rigoroso impegno al fine di garantire loro la massima sicurezza –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la massima tutela e «agibilità» professionale e culturale al giornalista e scrittore Nello Trocchia e, più in generale, a tutti quei cronisti italiani che coraggiosamente da anni, conducono inchieste rigorose su mafie, malaffare, intrecci tra politica, criminalità organizzata e gruppi eversori per consentire loro di lavorare senza dover subire alcuna forma di pressione, minaccia, intimidazione o insulto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente situazioni come quelle esposte in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire, alla luce dei fatti esposti in premessa, l'incolumità di Nello Trocchia e della sua famiglia, vittime di continui furti nella loro abitazione in Campania, nonostante lo stesso sia sottoposto a vigilanza attiva.
(4-03360)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 23 dicembre 2005, n. 266, all'articolo 1, commi da 562 a 565, ha definito la fattispecie di «vittima del dovere» stabilendo che per tale devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate nell'ambito delle attività indicate al comma 563 del citato articolo; ad essi sono equiparati coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni dentro e fuori dai confini nazionali; la normativa richiamata e i successivi interventi finalizzati ad estendere il suo ambito di applicazione nascono dalla sentita esigenza di prevedere una tutela rafforzata in favore di coloro che hanno sacrificato la vita per la sicurezza della nostra Nazione, anche oltre confine, e dei loro familiari superstiti;

   nel mese di marzo 2019 è stata pubblicata la graduatoria delle vittime del dovere e, per quanto di interesse, le pratiche riguardanti le forze dell'ordine (appartenenti alla polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, alla Guardia di finanza, al Corpo forestale, alla Polizia penitenziaria e alle Polizie municipali sono di competenza del Ministero dell'interno;

   in relazione a queste, si apprende che tutt'oggi le persone indicate in graduatoria non avrebbero ricevuto alcun beneficio economico previsto dalla legge e derivante dal riconoscimento della suddetta qualifica;

   la maggior parte delle persone ivi indicate a causa di invalidità permanenti gravi non hanno possibilità di svolgere attività lavorativa e, pertanto, si trovano in disagiate condizioni economiche, oltre che di salute;

   ciò che desta maggiore turbamento in quanti hanno diritto a ricevere le prestazioni previdenziali e assistenziali previste in materia è il fatto che eventuali ritardi, a quanto risulta all'interrogante dipenderebbero dalla mancata sottoscrizione dei decreti attuativi da parte del Capo della Polizia, necessaria per definire la procedura;

   simile ritardo disattende non solo le aspettative legittime dei nostri concittadini, ma disattende altresì l'intento del legislatore di apprestare una protezione aggiuntiva nei confronti dei militari, delle forze dell'ordine è, in generale, dei dipendenti pubblici che versano in gravi condizioni di salute, economiche nonché morali, a causa di eventi lesivi conseguenti alle funzioni espletate in favore dello stato;

   simile circostanza, se dovesse risultare veritiera, renderebbe i nostri concittadini vittime al contempo del dovere e della burocrazia amministrativa;

   pur comprendendo le ragioni del ritardo che sicuramente in parte dipenderà dal cospicuo numero dei nominativi indicati nella graduatoria, l'interrogante ritiene che dovrebbe porsi maggiore attenzione per quelle persone che presentano condizioni di salute precarie e gravissime –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti, se essi trovino conferma e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per far sì che non vengano lesi i diritti delle persone riconosciute «vittime del dovere».
(4-03361)


   SPORTIELLO, SAPIA, NAPPI, TROIANO, D'ARRANDO, MANZO e SARLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 26 giugno 2019 vi è stata a Napoli un'operazione di polizia per debellare le attività criminali della cosiddetta Alleanza di Secondigliano; secondo gli inquirenti l'ospedale San Giovanni Bosco (Asl Napoli1) era diventato la sede sociale dell'Alleanza di Secondigliano;

   per la procura napoletana l'associazione criminale Alleanza di Secondigliano controllava il funzionamento dell'ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali;

   l'ospedale era diventato la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione di certificati medici falsi;

   molti altri nosocomi della città di Napoli e della regione Campania sono stati investiti in questi ultimi mesi da numerosi casi di malasanità e da cattive pratiche gestionali da parte del management sanitario;

   l'ospedale San Giovanni Bosco è un Dea di II livello e svolge attività di emergenza-urgenza;

   nell'ospedale sono presenti le seguenti unità ospedaliere complesse: cardiologia/Utic, chirurgia endoscopica, chirurgia generale, chirurgia maxillo facciale (DS), chirurgia d'urgenza, chirurgia vascolare, ematologia (DH), ergoftalmologia (DS), ginecologia e ostetricia, medicina generale, neurochirurgia, neuroradiologia (DH), ortopedia, otorinolaringoiatria, psichiatria, rianimazione. Il pronto soccorso è attivo nelle 24 ore;

   il nosocomio ha attualmente 168 posti letto, 3 posti per il day hospital; 1 posto day surgery; la struttura ospedaliera serve una vasta di utenza dell'aerea nord della città di Napoli e dei comuni limitrofi –:

   quali iniziative si intendano intraprendere, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per assicurare l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza all'ospedale di San Giovanni Bosco di Napoli, garantendo ai cittadini napoletani le piene condizioni di agibilità dei servizi sanitari;

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, valutando misure idonee a ripristinare condizioni di piena legalità presso l'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli.
(4-03374)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLO, SPORTIELLO, TESTAMENTO, VILLANI, TUZI, CARBONARO, DE LORENZO, TORTO e SARLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   tra le raccomandazioni presentate dall'Unione europea all'Italia, vi sono indicazioni sul trattamento economico degli insegnanti, evidenziando una relazione diretta tra la qualità dell'istruzione italiana e la produttività «tendenzialmente stagnante» del nostro Paese;

   l'Unione europea sottolinea, come a fronte di un paragone del livello retributivo e professionale dei docenti italiani con quello degli insegnanti degli altri Paesi, si evince che gli stipendi «rimangano bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria»;

   il 28 febbraio 2018 sono stati predisposti tre distinti accordi preliminari, ciascuno sottoscritto dal rappresentante del Governo e dai presidenti delle regioni interessate, con cui le parti hanno concordato e definito le forme e le condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

   in data 24 aprile 2019 è stata sottoscritta un'intesa tra il Governo e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per il comparto istruzione e ricerca;

   durante il confronto tra le parti, è emersa la necessità di avviare quanto prima l’iter per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) del comparto, quale unico strumento atto a valorizzare il lavoro di tutto il personale;

   durante il confronto tenutosi tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le organizzazioni sindacali, sono stati evidenziati i preoccupanti effetti che la cosiddetta autonomia differenziata comporterebbe attribuendo la gestione del personale della scuola alle regioni, con i finanziamenti per la relativa retribuzione;

   in un'intervista, il Ministro interrogato ha dichiarato che: «La regionalizzazione si farà. Il modello a cui guardo è quello del Trentino e della Valle d'Aosta. Un modello che funziona e che potrebbe essere esportato anche in Regioni a statuto ordinario». Tali dichiarazioni, ad avviso dell'interrogante, risultano essere in forte contraddizione con quanto sottoscritto dal Ministro stesso e dai sindacati, con riferimento alla necessità di salvaguardare l'unità e l'identità culturale attraverso un sistema di reclutamento uniforme, lo status giuridico di tutto il personale regolato dal Ccnl e la tutela dell'unitarietà degli ordinamenti statali, dei curricoli e del sistema di governo delle istituzioni scolastiche autonome;

   durante l'incontro di aprile 2019, al fine di valorizzare la professionalità del personale dell'università e della ricerca, il Ministro si è impegnato a promuovere un intervento normativo per consentire maggiore flessibilità nella determinazione e nell'utilizzo dei fondi per il salario accessorio;

   il Ministro si è, inoltre, impegnato a incrementare il reclutamento del personale che svolge attività di ricerca e didattica –:

   sulla base dell'intesa con i sindacati, in che modo si intenda garantire il recupero graduale nel triennio del potere di acquisto delle retribuzioni dei lavoratori del comparto istruzione e ricerca e quali iniziative si intendano mettere in atto per avviare un percorso che permetta un graduale avvicinamento alla media dei livelli salariali degli altri Paesi europei;

   a fronte delle conseguenze che saranno prodotte dalle intese concernenti l'autonomia differenziata, in che modo si intenda rispettare la citata intesa tra il Governo e i sindacati, in particolare nella parte in cui si concorda sulla necessità di garantire l'unità e l'identità culturale del sistema nazionale di istruzione e ricerca, prevedendo un sistema di reclutamento uniforme, lo status giuridico di tutto il personale regolato dal Ccnl e la tutela della unitarietà degli ordinamenti statali, dei curricoli e del sistema di governo delle istituzioni scolastiche autonome;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per reperire le risorse necessarie per avviare le procedure di reclutamento in favore del personale che svolge attività di ricerca e di didattica.
(5-02547)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN, SPERANZA, CONTE, OCCHIONERO, PASTORINO e MURONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la formazione di un medico specialista passa attraverso due fasi: la prima è la laurea magistrale; la seconda è la specializzazione; dopo la prima fase, con la laurea magistrale, si ottiene solo un giovane medico non specialista, mentre per ottenere il profilo che manca negli ospedali italiani occorre completare una specializzazione;

   l'Italia, in questo momento, conta oltre 20 mila medici neolaureati che vorrebbero entrare in specializzazione; sono a disposizione, però, solo 8 mila posti;

   dopo anni di studi per conseguire la laurea solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post-laurea; ad oltre 12.000 medici è negata questa opportunità; alcuni di questi emigrano, altri restano sospesi in un limbo;

   ogni anno questo surplus si somma a quello dell'anno precedente, creando quello che è stato definito imbuto formativo;

   secondo la Federazione italiana dei medici e odontoiatri, i medici inattivi sono 25 mila: sono tutti quelli laureati e abilitati e che potrebbero entrare nella specializzazione;

   il 2 luglio 2019 si sono tenute le prove scritte, a livello nazionale, per l'accesso alle scuole di specializzazione e vi hanno partecipato 18.773 candidati;

   il Paese ha bisogno di medici dal momento che il blocco del turn over e i pensionamenti porteranno ad avere entro il 2025 una carenza di ben 16.500 medici nel sistema sanitario nazionale; entro il 2025 il sistema ospedaliero pubblico italiano avrà bisogno di almeno 4 mila medici in urgenza, 3 mila in pediatria, circa 2 mila in medicina interna e, anestesia, oltre mille in chirurgia generale e tante altre figure;

   appare del tutto evidente che i posti programmati per la formazione nella specializzazione siano, insufficienti rispetto al numero di laureati;

   la soluzione non appare, quindi, quella di aumentare i posti per l'accesso agli studi universitari, ma di incrementare il numero di borse di specializzazione, investendo più risorse –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per determinare un aumento delle borse di specializzazione per i medici e superare quell'imbuto formativo che determina, da una parte, un disagio per i medici neolaureati e, dall'altra, un rischio per il sistema sanitario nazionale.
(4-03363)


   FERRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il reclutamento e la stabilizzazione continuano a rimanere settori molto difficili. Secondo il rapporto Eurydice 2018 sulla professione docente, nella sezione «formazione iniziale e reclutamento», si scopre, infatti, che in Italia continuerà ad essere particolarmente difficile diventare insegnante;

   in particolare, paradossale è la situazione che, da ultimo, si è venuta a creare a seguito del concorso 2018 per docenti di scuola media e superiore che rischia di produrre vincitori che non saranno mai assunti;

   per un complicato intreccio di ritardi amministrativi e imbarazzanti tentativi di porvi rimedio, i primi in graduatoria rischiano di essere scavalcati da chi ha ottenuto un punteggio più basso;

   il concorso in esame è stato bandito il 1° febbraio 2018 per assicurare una cattedra a tutti i supplenti che oltre ad avere anni di servizio alle spalle avevano anche un'abilitazione e, in base al relativo bando, sarebbero stati tutti, nessuno escluso, inseriti in una graduatoria di merito da cui poi sarebbero stati assunti;

   a causa dei ritardi nella formazione delle commissioni, però, la pubblicazione delle graduatorie dei vincitori ha subito enormi ritardi, motivo per cui a settembre 2018, secondo dati Uil, solo 6.748 vincitori hanno potuto iniziare il loro anno di prova, mentre 5.642 aspiranti docenti hanno perso l'opportunità di essere immessi in ruolo;

   tale situazione si è tradotta in un danno, non solo per gli aspiranti docenti, ma anche per le scuole costrette a chiamare dei supplenti;

   per porre in qualche modo rimedio a tale incresciosa situazione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con un decreto ad hoc firmato nel mese di settembre 2018 dal Ministro interrogato, ha deciso di accantonare i posti residui del contingente 2018 in attesa delle assunzioni nel settembre 2019;

   nel frattempo, per via dell'onda lunga dei «baby» pensionati e di quanti hanno deciso di usufruire di «quota 100», si sono liberati moltissimi altri posti, con il risultato paradossale che i concorsisti con un punteggio più basso hanno ottenuto il diritto a salire in cattedra grazie allo scorrimento delle graduatorie che si è reso necessario;

   la disparità di trattamento e l'ingiustizia che tale situazione ha creato sono state denunciate non solo dai diretti interessati, ma anche dai sindacati confederali che, in un incontro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 2 luglio 2019, hanno chiesto al Ministero di ripensare la procedura in modo tale da garantire anche a chi è più in alto in graduatoria la possibilità di scegliere su tutte le cattedre che si sono liberate;

   dietro quella che appare all'interrogante l'insensatezza e assurdità di una cieca burocrazia ci sono le vite di aspiranti docenti, bambini e delle rispettive famiglie, che vivono nell'instabilità, nel precariato, nella mancanza di programmazione a lunga scadenza e di una pianificazione didattica –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare o abbia adottato per porre rimedio alla situazione di disuguaglianza di cui in premessa, garantendo continuità didattica e stabilità e il diritto allo studio degli alunni, oltre che risposte concrete agli interessati, nonché per evitare inutili contenziosi con la pubblica amministrazione.
(4-03368)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con l'emanazione e la pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento», si sono aggiunte 11 nuove classi di concorso, tra cui anche la classe A65 «teoria e tecnica della comunicazione»;

   tuttavia, così come è stato approvato, il regolamento alla tabella A presenta, delle incongruenze che pregiudicano il percorso professionale dei titolari della classe di concorso A65;

   è da sottolineare che i titolari della classe di concorso A65 possono insegnare esclusivamente la materia «teoria della comunicazione» presso gli istituti tecnici, settore tecnologico, indirizzo grafica e comunicazione (secondo biennio), ma non possono insegnare «tecnica della comunicazione» negli istituti professionali settore servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, articolazione «accoglienza turistica» (secondo anno del secondo biennio e quinto anno) e negli istituti professionali settore servizi commerciali (secondo biennio e quinto anno);

   di conseguenza, i posti in organico attivati dai dirigenti scolastici nelle diverse province per la classe di concorso A65 risultano essere pochissimi, alcune province sono totalmente scoperte ed il monte ore settimanali d'insegnamento è comunque minimo, rendendo di fatto impossibile il completamento di una cattedra. I posti, infatti, in larga parte sono affidati a docenti titolari della classe di concorso A18, anche in conseguenza di quanto contenuto nella tabella A «note», lettera a), che recita: «Ha titolo di accesso in opzione il titolare della classe di concorso A18; l'opzione è esercitata con precedenza da coloro che abbiano prestato servizio in utilizzazione nel periodo dal 1° settembre 2010 alla data del presente provvedimento per almeno un intero anno scolastico» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative normative per superare le disparità di trattamento determinate dall'attuale disciplina e di garantire la dignità professionale dei titolari della classe di concorso A65.
(4-03370)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la recessiva ed assistenziale misura del reddito di cittadinanza ha introdotto un solo elemento a favore della produzione e della occupazione, prevedendo incentivi per coloro che assumono i percettori del reddito di cittadinanza;

   i consulenti del lavoro hanno, a più riprese, lamentato che, nelle more del concorso per il reclutamento dei cosiddetti navigator, hanno iniziato a selezionare, unitamente ai loro clienti, dei potenziali lavoratori fra i percettori del reddito di cittadinanza, ma che, allo stato, la misura di incentivo è rimasta «sulla carta»;

   la mancanza di strumenti applicativi di quanto legiferato in termini di incentivi alle assunzioni evidentemente scoraggia le imprese;

   i consulenti del lavoro hanno dunque formulato un quesito specifico a Inps e a Anpal in merito alla vigenza e all'operatività dell'incentivo in parola;

   solo Anpal ha sibillinamente risposto che «la piattaforma digitale dedicata al RdC per le imprese nell'ambito del SIULP non è operativa e non abbiamo ancora la stima dei tempi di quando tale procedura entrerà a regime»;

   l'unico elemento di politica attiva del lavoro contenuto nel reddito di cittadinanza non è dunque in funzione, né il Governo appare in grado di dire quando entrerà in funzione;

   la mancata attivazione della procedura degli incentivi alle assunzioni a favore dei percettori del reddito di cittadinanza, ad avviso dell'interrogante, rende soverchia la natura passiva e assistenziale della misura introdotta dal Governo;

   la predetta situazione è stata ancora recentemente portata alla attenzione del Ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, da Ancl con missiva del 18 luglio 2019 a firma del presidente nazionale, Dario Montanaro –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se il Governo intenda adottare immediatamente iniziative per attivare le misure di incentivo all'occupazione asseritamente consentanee al reddito di cittadinanza;

   se la mancata attivazione sia solo un problema legato alla piattaforma digitale o se manchino taluni decreti attuativi per determinare gli incentivi verso coloro che assumono i percettori del reddito di cittadinanza.
(3-00889)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI, ZAN, MURA, CARLA CANTONE, LACARRA, GRIBAUDO, ROTTA, LEPRI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei mesi scorsi era stata presentata dai componenti del gruppo PD una interrogazione presso la Commissione XI della Camera dei deputati (n. 5-01480), in merito alla nomina, ai sensi del decreto legislativo n. 150 del 2015, del professor Domenico Parisi quale presidente di Anpal e amministratore unico di Anpal Servizi spa;

   l'atto di sindacato ispettivo nasceva dalla consapevolezza dell'importanza affidata dal nostro ordinamento all'Agenzia, che rappresenta il cuore del sistema occupazionale italiano, avendo il compito di coordinare le politiche del lavoro per le persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati, e della necessità che il suo funzionamento non fosse pregiudicato da problematiche attinenti interessi professionali o privati dei suoi vertici;

   nell'interrogazione si chiedeva al Ministro interrogato di assicurare il rispetto delle prescrizioni previste dal nostro ordinamento, al fine di garantire l'assenza di conflitti di interessi che potessero riguardare il professore, e di vigilare affinché il potenziamento delle piattaforme informatiche dei servizi per il lavoro gestite dall'Anpal avvenisse in totale trasparenza e con procedure aperte, volte a favorire la partecipazione del maggior numero di potenziali fornitori a livello italiano e internazionale e fugando ogni dubbio sul fatto che potessero essere affidate a soggetti riconducibili all'università del Mississippi o, indirettamente, a familiari del professor Parisi;

   nella seduta di Commissione del 14 febbraio 2019, il Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon, rispondeva dichiarando, tra le altre cose, che il Governo sarebbe stato vigile «nel monitorare periodicamente gli obiettivi assegnati ad ANPAL e, dunque, l'operato del Professor Parisi»;

   la prima firmataria del presente atto riteneva tale risposta insoddisfacente – in quanto nessun riferimento veniva fatto sulle modalità di effettuazione della vigilanza che il Governo intendeva adottare, considerati anche gli interessi che collegano il professor Parisi alla società, di recente costituzione, che si occupa di piattaforme digitali, amministrata dalla moglie – e sollecitava la definizione di criteri atti a garantire massima trasparenza e procedure a evidenza pubblica;

   a distanza di mesi la scelta del professor Parisi a presidente dell'Anpal continua a provocare forti perplessità;

   l'ultima polemica, riportata dagli organi di stampa in questi giorni, riguarda la pubblicazione sul sito dell'Agenzia della nuova piattaforma digitale che dovrebbe consentire l'incrocio tra domanda e offerta di lavoro tra imprese e lavoratori;

   la notizia della pubblicazione, inizialmente pubblicizzata sul sito e sulla pagina Facebook dell'Anpal, è stata successivamente cancellata e fonti giornalistiche (vedi Linkiesta on line del 17 luglio 2019) attribuiscono tale decisione alla volontà del presidente Parisi, collegandola con il suo potenziale conflitto di interessi;

   l'Anpal non può permettersi di essere al centro di continue dispute derivanti dalla mancanza di trasparenza in merito agli effettivi interessi del suo presidente –:

   quali siano le iniziative adottate dal Ministro interrogato al fine di garantire il monitoraggio e la vigilanza dell'attività dell'Anpal e del suo presidente e quali siano i riscontri ottenuti;

   se, anche alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga esser stata inopportuna la proposta di nomina a presidente dell'Anpal del professor Parisi, continuo oggetto di diffidenza e polemiche connesse alla sua attività e ai suoi interessi professionali e privati, e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.
(5-02550)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è ormai nota da anni la situazione dei lavoratori di Crotone assunti con contratto a tempo indeterminato dalla società Getek information communication technology, che hanno perso il posto di lavoro a seguito di cambio di appalto;

   si tratta di lavoratori che, per oltre 5 anni, hanno prestato attività per una commessa Inps-Inail, svolgendo il servizio informativo al numero verde e, per tale mansione, hanno ricevuto una specifica formazione in materia previdenziale direttamente dai funzionari Inps;

   nel 2010, la gara per prestare il servizio informativo del contact center Inps-Inail è stata aggiudicata alla società Transcom worldwide spa con sede legale a L'Aquila, ma il bando di gara non prevedeva la clausola di salvaguardia dei posti di lavoro e, pertanto, mentre tutti gli operatori dei vari siti, impiegati nella precedente commessa, sono stati assorbiti nella nuova, quelli di Crotone sono stati esclusi, rimanendo gli unici fuori dal circuito lavorativo;

   in seguito a tale appalto, gli operatori di Crotone, dopo essere stati posti prima in cassa integrazione ordinaria per un anno e, successivamente, in cassa integrazione straordinaria, dal mese di ottobre 2012 sono stati messi in mobilità e, ad oggi, essa è ormai scaduta;

   numerosi atti di sindacato ispettivo presentati da più parti, anche presso l'altro ramo del Parlamento, hanno cercato di sensibilizzare il Governo per impegnarlo a trovare una soluzione della vicenda, per la tutela dei lavoratori e delle loro famiglie;

   malgrado le «garanzie» dell'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali di prestare la massima attenzione alla vertenza e di valutare ogni possibile soluzione, ad oggi i 73 dipendenti ex Getek sono ancora in attesa di ricollocazione e privi di copertura reddituale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente attivarsi, per quanto di competenza, anche in raccordo con le istituzioni locali, per pervenire a una conclusione positiva della vicenda, considerato che proprio nei giorni scorsi si è definita l'aggiudicazione della gara del nuovo servizio di contact center Inps alla rete temporanea di imprese Comdata/Network Contacts.
(4-03362)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Carrara, ha deliberato l'eliminazione di 17 maestose piante di pino domestico in viale Colombo, e 7 di queste, purtroppo, nonostante le rimostranze della cittadinanza, sono già state abbattute;

   la delibera è stata adottata senza una preventiva concertazione con le associazioni, la cittadinanza, le commissioni consiliari e nessuna possibile alternativa all'abbattimento è stata contemplata né discussa;

   il tratto di strada interessato è sottoposto a vincolo idrogeologico e paesaggistico e nessuna scheda tecnica sulla presunta pericolosità dei singoli pini è stata presentata;

   nel periodo primaverile ed estivo sono vietati tutti gli interventi che possano disturbare la riproduzione dell'avifauna selvatica (articolo 5 della direttiva n. 2009/147/CE sulla tutela dell'avifauna selvatica, recepita in Italia con la legge n. 157 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, e nel caso in questione sono stati rinvenuti nidi caduti a terra;

   a tal proposito, Marco Dinetti, coordinatore nazionale della Lipu verde e arredo urbano è intervenuto, con sopralluoghi e lettere all'Amministrazione e ai carabinieri forestali per bloccare il taglio in fine periodo di massima nidificazione, ma senza successo;

   diverse esperienze in Italia, anche in zone vicine, hanno garantito la sopravvivenza dei pini, risolto le difformità stradali (in questo caso soprattutto del marciapiede) e garantito la effettiva accessibilità a tutti;

   anche gli aspetti di sostenibilità non risultano considerati. La necessità di contrastare il surriscaldamento climatico indirizza gli interventi negli spazi urbani verso un aumento o almeno una conservazione del verde strutturale esistente (inteso non come il verde di arredo, ma le aree parco, i giardini e i viali che possono portare un consistente miglioramento delle condizioni climatiche);

   in questo senso, il verde strutturale del viale Colombo non trova adeguata compensazione con un filare di palme del tipo Washingtonia, una specie eteroctona, originaria dei deserti del Nord America e quindi non facente parte della flora italiana e del litorale apuo-versiliese, che non garantisce gli ecoservizi del pino (ombra, produzione ossigeno, abbattimento polveri sottili e CO2) e che risulta peraltro attaccata da un lepidottero, la Paysandisia archon (fonte Arpat);

   i pini, che hanno sicuramente più di sessant'anni d'età, costituiscono una delle presenze più riconoscibili del lungomare apuano e abbatterli significa cancellare deliberatamente e arbitrariamente il senso di appartenenza della comunità apuana e un pezzo di storia della città;

   ad oggi, nonostante le numerose segnalazioni, la Soprintendenza archeologica delle belle arti e del paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara non è intervenuta e non ha fornito alcuna risposta a cittadini e associazioni che, peraltro, in data 12 giugno 2019 hanno presentato sulla vicenda un esposto alla procura di Massa-Carrara;

   un'istanza al Ministero per i beni e le attività culturali, alla Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara, ai carabinieri Forestali di Massa-Carrara e alla procura della Repubblica di Massa-Carrara è stata inviata anche dal GrlG Onlus (Gruppo di intervento giuridico), in data 8 luglio 2019, facente seguito un'istanza precedente del giugno 2019 –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se l'abbattimento dei pini in questione sia compatibile con la disciplina di cui alla legge n. 10 del 2013 in materia di tutela e salvaguardia degli alberi monumentali, soprattutto in considerazione del fatto che i tagli già effettuati sono avvenuti in periodi di nidificazione;

   se non si intenda adottare sollecitamente ogni iniziativa di competenza, anche tramite la Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara, per assicurare la tutela delle maestose piante di pino.
(5-02546)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Iarc – Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Oms) nel 2011 ha classificato i Cem-Rf come «possibile cancerogeno per l'uomo» e, nelle «Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la Monografia IARC» per il periodo 2020-2024, tra gli agenti con precedenza di valutazione per una riclassificazione ci sono le «radiazioni non ionizzanti-radiofrequenze» che potrebbero finire in classe 2A «probabile agente cancerogeno», se non in classe 1 «cancerogeni certi», l'esito è previsto nei prossimi cinque anni;

   le radiofrequenze del 5G dal 2019 sono considerate pericolose dal Comitato scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti della Unione europea (Scheer) che afferma come il «5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche»;

   uno studio del 2019 sul 5G della direzione generale per le politiche europee commissionato dal Parlamento europeo afferma: «sebbene i campi (elettromagnetici) siano altamente focalizzati dai raggi variano rapidamente con il tempo e il movimento e quindi sono imprevedibili, poiché i livelli e i modelli del segnale interagiscono come un sistema a circuito chiuso», sostenendo che «il problema è che al momento non è possibile simulare o misurare accuratamente le emissioni di 5G nel mondo reale»;

   nel 2019 l'alleanza contro il cancro (fondata dal Ministero della salute) ha ufficializzato un progetto di studio sul glioblastoma, tumore maligno al cervello per cui si stanno studiando le correlazioni con le onde elettromagnetiche;

   nel mese di aprile 2019 Senato l'Alleanza italiana stop 5G ha tenuto una conferenza con malati oncologici a cui i tribunali italiani hanno riconosciuto il nesso cancerogeno con i telefoni mobili e a giugno analoga conferenza s'è tenuta alla Camera, dove il medico dell'Associazione italiana elettrosensibili ha invitato «il Governo a riconoscere l'Elettroipersensibilità come disabilità, adottando provvedimenti tesi per la salvaguardia della salute, (...) ci appelliamo anche al Presidente della Repubblica; (...) in assenza di una moratoria sul 5G, i malati ipersensibili rischiano di aggravare ulteriormente le proprie condizioni»;

   il Movimento europeo dei diversamente abili si dice «estremamente preoccupato che la tecnologia 5G possa impattare in modo violento sulle persone meno fortunate ma anche su quelle cosiddette sane», denunciando «strane dermatiti che hanno colpito in città europee individui costretti al bombardamento da onde millimetriche»;

   secondo una notizia diffusa dal giornalista Maurizio Martucci, la segreteria particolare del Ministro della salute sosterrebbe «l'opportunità di un approfondimento su eventuali effetti indiretti di interferenza elettromagnetica con i dispositivi medici impiantati (soprattutto quelli installati sulla superficie del corpo), tema sul quale i dati di letteratura scientifica sono più limitati per le frequenze più elevate» affermando che «l'eventuale impatto sulla salute della tecnologia 5G si inquadra nel tema più ampio dei possibili rischi sulla salute delle radiofrequenze e microonde»;

   16 comuni d'Italia hanno approvato delibere o mozioni per la moratoria sul 5G, un sindaco ha emanato un'ordinanza urgente e contingibile per scongiurare rischi sanitari e il comune di Ravensburg (Germania) progetta zone senza irradiazioni 5G per elettrosensibili –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che l'irradiazione del 5G colpisca, causando possibile nocumento e danni irreversibili alla salute, la popolazione più a rischio, in particolare disabili, malati cronici, elettrosensibili, neonati, bambini, donne in gravidanza e portatori di apparecchi elettromedicali e pacemaker;

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per ridurre l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici del 5G;

   quali iniziative normative siano state intraprese o si intendano intraprendere per consentire alle persone con disabilità «ambientale» di vivere in maniera indipendente, partecipando pienamente a tutti gli aspetti della vita;

   se vi siano interventi programmati per identificare ed eliminare ostacoli e barriere elettromagnetiche all'accessibilità negli edifici pubblici e privati, in treni, scuole, strade, luoghi di lavoro e svago e strutture sanitarie.
(5-02552)


   DE FILIPPO, LORENZIN e SERRACCHIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo Governo, regioni, province autonome ed enti locali del 16 dicembre 2010 sulle «linee di indirizzo del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» del 16 dicembre 2010 raccomanda: «di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando il numero di almeno 1000 nascite/anno quale parametro standard cui tendere, nel triennio per il mantenimento/attivazione dei punti nascita. La possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello STAM»;

   dal censimento del Comitato percorso nascite nazionale del Ministero della salute, risulterebbero ancora aperti 100 punti nascita al di sotto dei 500 parti;

   il decreto ministeriale 11 novembre 2015, comma 1, definisce i compiti consultivi del Comitato percorso nascita nazionale (decreto ministeriale 19 dicembre 2014) su richiesta del tavolo di monitoraggio (decreto ministeriale 29 luglio 2015);

   nel 2012 la giunta del Friuli Venezia Giulia, in attuazione del sopracitato accordo, aveva indicato Gorizia e Latisana quali punti nascita da chiudere;

   la giunta insediatasi nel 2013 ha rivisto la programmazione sanitaria del Friuli Venezia Giulia e con delibera n. 929 del 2015 ha deciso, in continuità tecnica con quanto deliberato nel 2012 dalla precedente giunta, di proseguire con la riduzione dei punti nascita a rischio di sicurezza;

   ad agosto 2014 è stato chiuso il punto nascita di Gorizia; in data 7 marzo 2016 è stata sospesa l'operatività del punto nascita di Latisana, per la difficoltà di garantire la presenza di dirigenti medici pediatri nelle sedi di Latisana e Palmanova della struttura complessa di pediatria dell'azienda sanitaria Bassa Friulana Isontina, che possono avere un unico punto nascita;

   tale chiusura si fondava sulle valutazioni dei professionisti, sull'andamento delle nascite in regione nel 2015 (-6 per cento nascite in Friuli Venezia Giulia, diminuzione delle nascite a Latisana, + 12 per cento parti a Palmanova (2014) con una media di 853 parti/anno negli ultimi 6 anni), tenendo conto della distanza dall'ospedale Hub di Udine, per emergenze e complicazioni;

   nel 2018 la regione Veneto ha riaperto il punto nascita di Portogruaro che dista circa 15 chilometri da Latisana;

   con sentenza del 16 dicembre 2016 il Tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso del comune di Latisana avverso la chiusura del punto nascita, entrando nel merito della scelta tecnica e riconoscendo la correttezza dell'operato dell'azienda e richiamando la condivisione di tale scelta da parte della direzione Generale della programmazione del Ministero della salute comunicata alla direzione regionale salute con nota 29 febbraio del 2016;

   nel mese di giugno 2019 il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha votato una norma che stabilisce la chiusura del punto nascita di Palmanova e la riapertura di Latisana;

   tale norma non è stata corredata, a quanto consta agli interroganti, da alcuna relazione tecnica contenente dati relativi al numero dei parti ai flussi delle partorienti, agli indicatori di esito, alla strategia complessiva sulla riorganizzazione e concentrazione dei punti, né ha fornito indicazioni sui percorsi dei trasferimenti per urgenza ed emergenza, che necessitano di una proposta da parte di pediatri, ginecologi e professionisti dell'emergenza;

   preoccupazioni sono state rappresentate dalla dirigenza medica, Società ostetricia e ginecologia dell'Ospedale unico Palmanova/Latisana e dalla Società italiana di Pediatri del Friuli Venezia Giulia –:

   se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza affinché sia data priorità all'attuazione del sopracitato accordo Stato-regioni;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di tutelare le donne partorienti e i nascituri la cui salute sarebbe, ad avviso degli interroganti, ora a rischio per effetto della norma adottata nel 2019 di cui in premessa, priva, per quanto risulta agli interroganti, di valutazione tecnica;

   quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione alla situazione delle regioni che hanno mantenuto aperti punti nascita senza i necessari requisiti di sicurezza.
(5-02556)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'area del comune di Farini, in provincia di Piacenza, il servizio di emergenza sanitaria territoriale del 118, in convenzione con la Croce rossa italiana, ha garantito per diverso tempo la disponibilità di mezzi di soccorso e la presenza ventiquattro ore su ventiquattro (h24) di personale medico;

   alla fine del mese di febbraio 2018, tuttavia, il servizio di assistenza medica h24 è stato inspiegabilmente sospeso. Allo stato, ai fini della gestione dell'emergenza nelle ore notturne, l'azienda sanitaria locale si avvale esclusivamente di un infermiere e un autista, per i cui spostamenti viene adoperato un mezzo di proprietà dell'azienda stessa;

   tale riorganizzazione si traduce, ad ogni evidenza, in un depotenziamento del servizio che va a discapito della qualità delle prestazioni erogate a favore della cittadinanza locale. Infatti, in situazioni di emergenza, come sono quelle che giustificano l'attivazione del 118, la presenza del solo infermiere non può consentire un trattamento adeguato del paziente, dando luogo a potenziali rischi per la salute dello stesso;

   a fronte del depotenziamento, il comitato «Vivere Sicuri in Alta Val Nure» si è immediatamente attivato, raccogliendo le istanze dei cittadini e richiedendo formalmente la presenza h24 di un medico, in luogo della sola figura dell'infermiere proposta dall'azienda sanitaria locale;

   in data 19 dicembre 2018, preso atto dell'importanza della questione, l'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna ha approvato all'unanimità un ordine del giorno finalizzato a sollecitare il ripristino della presenza h24 di un medico del 118 nella postazione di emergenza sanitaria territoriale del comune di Farini;

   il 3 luglio 2019, l'azienda sanitaria locale ha comunicato che, limitatamente al periodo estivo e solamente per i fine settimana, il servizio di emergenza sanitaria sarà implementato con la presenza di un medico nelle ore notturne;

   tuttavia, rimane la carenza nei giorni feriali, manca una programmazione di lungo periodo, e non risulta pubblicato un bando per la copertura dei posti vacanti (in particolare, per garantire la turnazione occorrerebbero tre medici);

   il comune di Farini, dov'è situata la postazione di emergenza sanitaria territoriale del 118, si trova nell'area montana dell'Alta Val Nure, che ricomprende altri due comuni, Bettola e Ferriere, con una popolazione di circa sei mila persone che, in estate, aumenta considerevolmente sino a toccare quota dieci mila;

   i comuni montani, com'è noto e come si rileva espressamente anche nel decreto del Ministero della salute 2 aprile 2015, n. 70, sono penalizzati rispetto alle altre realtà territoriali a causa della difficoltà di accesso e collegamento viario ai principali presidi ospedalieri. Risulta, pertanto, fondamentale che il servizio territoriale ivi insediato disponga costantemente di personale medico, in modo da assicurare un'assistenza adeguata e tempestiva alla popolazione locale –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare a fronte della problematica esposta in premessa, al fine di monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza che possono essere garantiti solo dalla presenza costante di personale medico presso le postazioni di emergenza sanitaria del 118, ivi inclusa quella di Farini.
(4-03356)


   FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi una donna di 35 anni di Montalto Uffugo è morta nell'ospedale di Cetraro (CS), a seguito di una complicazione seguita al parto;

   da quanto si apprende da notizie di stampa, subito dopo il parto naturale la donna avrebbe avuto una forte emorragia e poco dopo è morta in attesa di ricevere altre sacche di sangue, dopo che i sanitari avevano provveduto ad effettuare la trasfusione dell'unica sacca di contenuto ematico compatibile presente nell'ospedale cetrarese. L'ospedale di Cetraro sembra fosse, infatti, in possesso di una sola busta di sangue a disposizione per le trasfusioni compatibili con il gruppo sanguigno della giovane donna e il centro trasfusionale più vicino è situato presso l'ospedale di Paola che dista circa 25 chilometri;

   si apprende, inoltre, che presso la struttura ospedaliera di Cetraro non c'era nemmeno un chirurgo, perché il polo chirurgico, da qualche settimana, è stato incentrato a Paola;

   la procura della Repubblica di Paola ha già avviato le indagini sulla vicenda per chiarire l'esatta dinamica dei fatti –:

   quali iniziative urgenti intenda attivare immediatamente il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per garantire, così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, il diritto alla salute dei cittadini calabresi attraverso strutture sanitarie adeguate agli standard di un Paese civile e idonee a prestare assistenza.
(4-03365)


   ROTTA e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il personale sanitario, 500 lavoratori, dell'Istituto assistenza anziani (Iaa) di Verona che ha il suo interno quasi 600 posti letto complessivi, è ormai in stato di agitazione da qualche mese a causa della mancata riorganizzazione del lavoro, della carenza di personale e del mancato turn-over;

   i lavoratori hanno indetto più scioperi, tra cui gli ultimi quelli del 12 e del 13 luglio 2019 che fanno seguito all'astensione del 3 giugno 2019, quando i lavoratori stessi si sono dovuti rivolgere alla prefettura di Verona perché a ridosso dell'inizio dello sciopero la direzione dell'istituto non aveva ancora precettato quelli che non avrebbero potuto scioperare per salvaguardare il diritto alle prestazioni minime da garantire ai pazienti ricoverati presso l'istituto medesimo creando così un forte stato di incertezza tra lo stesso personale;

   da parte loro i sindacati denunciano ormai una situazione insostenibile aggravata dal fatto che la direzione ha predisposto solo in via unilaterale il protocollo dei minimi essenziali in caso di sciopero e non bilateralmente così come prevede la legge. In tale atto unilaterale erano perfino stati dimenticati interi servizi essenziali come i pasti domiciliari agli anziani (circa 300) e l'assistenza domiciliare sul territorio in convenzione con la Ulss 9 Scaligera. Tanto che le stesse organizzazioni sindacali, prima dello sciopero hanno scritto alla Commissione di garanzia che è intervenuta nel merito. Gli scioperi del 3 giugno e del 12-13 luglio si sono svolti nel rispetto dell'atto unilaterale dell'ente che, tuttavia, non ha preventivamente individuato le prestazioni indifferibili da erogare. Nella giornata del 12 luglio inoltre le organizzazioni sindacali hanno chiesto l'intervento del prefetto, perché, a cinque minuti dallo sciopero, non erano ancora stati comunicati ai lavoratori, i nominativi dei precettati. La confusione generata dalla direzione, nonostante continue lettere e solleciti, ha permesso alla stessa direzione di inviare lettere disciplinari al personale scioperante ove si contesta la non esecuzione delle prestazioni «previste e programmate» sugli ospiti nel normale turno di lavoro in giornata non di sciopero;

   a seguito di questo caos per la mancata definizione delle prestazioni minime, infatti, prima la direzione dell'istituto assistenza anziani ha inviato al personale, che aveva aderito allo sciopero la contestazione dell'avvio di un procedimento disciplinare ai sensi e per gli effetti dell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori) affermando che, in data 10 giugno 2019, era pervenuta alla direzione stessa una segnalazione da parte del coordinatore dei servizi assistenziali e generali e del coordinatore infermieristico di eventi dannosi (senza peraltro specificare di quali danni si tratta) e poi, in data 17 luglio 2019, è pervenuta, allo stesso personale che aveva in precedenza ricevuto il procedimento disciplinare, circa una trentina di lavoratori, notifica da parte della procura della Repubblica della apertura d'indagini per il reato di cui all'articolo 328 c.p. «Rifiuto o omissioni di atti d'ufficio» a seguito della denuncia da parte della direzione dell'Iaa;

   questa escalation nei rapporti tra la direzione dell'ente e i lavoratori non fa altro che peggiorare le condizioni di lavoro del personale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non ritengano doveroso e urgente, nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, adottare iniziative al fine di tutelare non solo i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione dei pazienti ricoverati presso l'istituto assistenza anziani di Verona, ma anche il diritto dei lavoratori a poter svolgere il proprio lavoro nel rispetto dei diritti e dei doveri che il nostro ordinamento impone.
(4-03375)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRAGA, MORETTO, ORLANDO, BENAMATI, BURATTI, DEL BASSO DE CARO, MORASSUT, MORGONI, PELLICANI, PEZZOPANE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dall'Agenzia Ansa dell'11 luglio 2019 si apprende che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha recentemente accolto il ricorso della Commissione europea contro l'Italia per non aver ancora comunicato, a quasi quattro anni dal termine previsto dalle norme dell'Unione europea, ovvero dal 2015, la versione finale del programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi;

   si tratta di una sentenza di primo inadempimento contro l'Italia. La decisione della Corte è la conseguenza di una procedura di infrazione aperta nell'aprile 2016 dalla Commissione europea contro Italia, Austria e Croazia, perché i tre Stati avevano trasmesso soltanto le bozze dei loro programmi, e non quelli definitivi, entro il termine del 23 agosto 2015, come previsto dalla legislazione dell'Unione;

   risulta infatti alle autorità europee la mancata trasmissione dei programmi nazionali definitivi di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, a norma della direttiva sulla gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (direttiva 2011/70/);

   questo tipo di rifiuti comprende anche i sottoprodotti degli utilizzi delle tecnologie nucleari e radiologiche per scopi diversi dalla produzione di energia, quali la ricerca scientifica e diverse applicazioni mediche. Per la Commissione è una priorità garantire l'adozione delle più rigorose norme di sicurezza in materia di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 4, in combinato disposto con l'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri erano tenuti a trasmettere per la prima volta alla Commissione il contenuto del loro programma nazionale non oltre agosto 2015. La Commissione ha rammentato all'Italia gli obblighi a norma della direttiva e ha chiesto chiarimenti sulle procedure che ancora dovevano essere intraprese prima dell'adozione dei loro programmi nonché le date previste per la relativa adozione e trasmissione. Spetta infatti alle autorità degli Stati membri prendere tutte le misure necessarie per adottare il programma nazionale definitivo per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi e trasmetterlo alla Commissione;

   il Ministro Costa, durante l'audizione in Commissione ambiente alla Camera in data 25 luglio 2018, ha dichiarato che il suo dicastero e quello dello sviluppo economico sono in attesa di ricevere un aggiornamento da parte di Sogin sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) a ospitare il deposito dei rifiuti radioattivi;

   nel corso dell'audizione tenutasi in data 16 luglio 2019 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare Vannia Gava ha nuovamente dichiarato: «ad oggi il MATTM e il MISE sono in attesa di ricevere dall'ISIN la suddetta relazione di validazione e di verifica sul recente aggiornamento apportato dalla Sogin S.p.A. alla proposta di CNAPI» e che «il tempo stimato per arrivare all'autorizzazione per la costruzione del Deposito nazionale è di circa 44 mesi dalla comunicazione, da parte del MATTM e del MISE, del nulla osta alla Sogin S.p.A. alla pubblicazione di CNAPI» –:

   quali siano gli aspetti su cui i Ministri interrogati attendono un aggiornamento da parte di Sogin in merito alla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) e se gli stessi possano incidere sui contenuti del documento tecnico;

   in quali tempi i Ministri interrogati intendano provvedere alla pubblicazione della Cnapi e ad avviare le procedure, comprensive delle fasi di dibattito pubblico, per la localizzazione e la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;

   quando i Ministri interrogati intendano trasmettere alla Commissione europea il citato programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi nella sua versione definitiva.
(5-02548)


   ANZALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 luglio 2019 le organizzazioni sindacali di categoria e territoriali hanno proclamato lo sciopero ad oltranza dei lavoratori dello stabilimento Ferrosud di Matera e impegnati in trasferta presso il cantiere di Santhià a seguito della rottura del tavolo di confronto in atto presso la sede di Confapi Matera;

   le organizzazioni sindacali avevano manifestato la piena volontà di individuare un percorso finalizzato anche a trovare commesse fuori dal sito produttivo di Matera lavorando a una intesa che raccogliesse i criteri individuati in data 16 luglio 2019, presso il tavolo in sede di regione Basilicata;

   sulla base di quanto riportato dal comunicato delle organizzazioni sindacali sarebbero state le parole del presidente di Ferrosud offensive nei confronti delle stesse organizzazioni sindacali che hanno determinato l'interruzione del confronto e la proclamazione dello sciopero;

   si è addivenuti a questa evidente situazione di criticità anche per l'inerzia del Ministero dello sviluppo economico che non ha affatto agevolato un percorso che individuasse una soluzione industriale per il sito di Matera nonostante vi fossero le condizioni;

   la fine della gestione commissariale e il ritorno di una proprietà che non sembra avere nello stabilimento di Matera una priorità fa crescere le preoccupazioni dei lavoratori e delle loro famiglie;

   il Governo, nel rispondere a una interrogazione sulla vertenza in questione in data 20 giugno 2019, ha testualmente affermato che: «il Ministero dello sviluppo economico segue, con attenzione gli sviluppi dello stato delle imprese italiane in crisi, soprattutto per salvaguardarne le competenze e il know-how e garantire la continuità produttiva. Per tale ragione, in attesa dell'evolversi della procedura concorsuale in itinere e degli assetti societari, dà la propria disponibilità a trovare le possibili soluzioni affinché la storica società materana possa continuare la propria attività, riconvocando il tavolo di confronto»;

   in considerazione della delicata piega che ha preso la vertenza in queste ore, diviene prioritaria quanto necessaria la convocazione del tavolo di confronto in sede ministeriale –:

   a fronte di quanto riportato in premessa, se il Governo sia a conoscenza della rottura del tavolo di confronto con Ferrosud in sede locale e quali iniziative di competenza intenda assumere per una rapidissima riconvocazione delle parti in sede ministeriale al fine di individuare una soluzione in termini di politica industriale che scongiuri la chiusura del sito di Matera e ne salvaguardi i livelli occupazionali.
(5-02554)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALEMANNO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il fondo di garanzia per le vittime della strada, istituito con legge n. 990 del 1969 (abrogata con l'entrata in vigore del codice delle assicurazioni private), operativo dal 12 giugno 1971, è amministrato, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, dalla Consap con l'assistenza di un apposito Comitato, composto da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, di Consap, dell'Ivass, delle imprese di assicurazione e dei consumatori;

   il Fondo di garanzia per le vittime della strada si finanzia con le somme che ogni anno le imprese di assicurazione sono obbligate per legge a versare. In altre parole, una piccola parte del premio che i cittadini pagano alla propria assicurazione verrà versato da quest'ultima al fondo;

   la sua funzione è quella di garantire un risarcimento per i danni subiti da cose o persone in seguito a un incidente per il quale non ci si può rivalere sulla compagnia assicurativa del responsabile, in caso di un veicolo non assicurato, non identificato o assicurato con impresa di assicurazione in liquidazione coatta. Dall'archivio dati della Motorizzazione civile risulta, infatti, che in Italia più del 10 per cento dei veicoli circola senza un'assicurazione valida;

   le imprese autorizzate all'esercizio dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile per danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti sono tenute a versare, alla Consap, un importo determinato nella misura del 2,50 per cento dei premi incassati nello stesso esercizio, al netto della detrazione per gli oneri di gestione stabilita da Ivass;

   una diminuzione dei veicoli non assicurati implicherebbe una minore richiesta di risarcimento danni al fondo, che si tradurrebbe in una diminuzione del premio per l'assicurazione per la responsabilità civile auto e quindi di spesa per l'assicurato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per pervenire a una minore spesa da parte dei cittadini assicurati per obbligo di legge e, conseguentemente, a un utilizzo più congruo e mirato del fondo di garanzia per le vittime della strada.
(4-03353)


   SPERANZA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Ferrosud è un'azienda italiana di costruzioni meccaniche del settore ferrotranviario e di ristrutturazione rotabili con sede a Matera, in cui attualmente lavorano circa 70 persone;

   da tempo l'azienda attraversa una fase di difficoltà. Le ultime commesse acquisite sono da svolgere prevalentemente presso cantieri situati fuori dalla Basilicata, quindi occorrerebbe un'accurata organizzazione delle trasferte e dei carichi di lavoro per garantire gli attuali livelli occupazionali e chiudere anticipatamente il contratto di solidarietà in corso. Invece, non si è raggiunta alcuna intesa tra l'azienda e i sindacati sulla gestione del personale per i cantieri fuori sede;

   la situazione è fortemente compromessa, tant'è che il 17 luglio 2019, nel corso di un tavolo di trattativa tra l'azienda e i sindacati, si è raggiunta un'elevata tensione ed è intervenuta la polizia per placare gli animi;

   i sindacati lamentano la totale mancanza di un piano aziendale che garantisca un futuro credibile per lo storico impianto materano, ossia una ristrutturazione del debito e una formazione di know how al passo con i tempi;

   i lavoratori della Ferrosud sono in presidio permanente e minacciano lo stato di agitazione fino a quando non arriverà una convocazione da parte del Ministero dello sviluppo economico;

   mentre in Italia si sono investiti 94 miliardi di euro nel settore ferroviario, un'industria storica del settore rischia di chiudere per mancanza di commesse –:

   se e in quali tempi intenda accogliere la richiesta formulata dalle organizzazioni sindacali di convocare un tavolo di confronto con l'azienda presso il Ministero dello sviluppo economico riguardante il sito Ferrosud di Matera.
(4-03364)


   COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 124 del 2017 è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di confronto per redigere le linee guida sulla riparazione a regola d'arte dei veicoli; a tale tavolo hanno partecipato 17 associazioni dei consumatori, l'Ania, Federcarrozzieri e Ivass e Unipol quali invitati;

   Cna, Confartigianato e Casa artigiani, pur invitati, hanno inteso non parteciparvi, contestando la natura del consesso a causa della presenza di Federcarrozzieri, a loro avviso non legittimata per motivazioni che, ictu oculi, paiono all'interrogante capziose e del tutto non inerenti alla natura tecnica della materia in discussione; l'Ania, con altra comunicazione, ha subordinato la partecipazione al tavolo a quella delle summenzionate confederazioni; il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti con delibera del 4/18 ha costituito un preciso coordinamento tra le associazioni dei consumatori per la prosecuzione dei lavori;

   considerato lo stato di impasse, il Ministero dello sviluppo economico, a quanto consta all'interrogante, ha formulato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un quesito in merito alla rappresentatività di Cna, Confartigianato, Federcarrozzieri, Casa artigiani. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha censito le summenzionate quattro organizzazioni e, considerando la natura tecnica del tavolo, ha sollecitato una partecipazione il più possibile plurale e inclusiva; nonostante tali chiarimenti Ania, Cna, Confartigianato Casa artigiani e alcune organizzazioni dei consumatori hanno costituito un tavolo presso le sedi di Confartigianato; il Vice Ministro Galli, in data 4 febbraio 2019, anche nella sua qualità di presidente del Cncu, ha inviato una comunicazione a tutte le organizzazioni artigianali e all'Ania, stimolando nuovamente la massima incisività e partecipazione ai lavori;

   in data 16 maggio 2019, nonostante tale comunicazione, le proteste di molte associazioni dei consumatori, dell'Associazione familiari vittime della strada e di Federcarrozzieri e un articolo del Fatto Quotidiano che riassume la vicenda, Cna, Confartigianato, Casa artigiani, Ania e una ristretta minoranza delle associazioni aderenti al Cncu hanno sottoscritto un documento intitolato «Linee Guida per la definizione di Standard Minimi e raccomandazioni per un servizio di qualità»;

   detto documento non contiene alcun elemento «oggettivamente riscontrabile» che possano definire una riparazione eseguita a regola d'arte e propone una procedura risarcitoria irrituale che si sovrappone a quella attualmente prevista dalla legge;

   in detta procedura vi sono, ad avviso dell'interrogante, elementi palesemente restrittivi della concorrenza e limitazioni al diritto di difesa del danneggiato e non è presente alcun indicatore in merito alla sicurezza del veicolo riparato –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere per far sì che, con il contributo di tutti gli attori legittimati a proseguire i lavori, si giunga in tempi rapidi a una corretta redazione di linee guida tecniche per la riparazione dei veicoli a regola d'arte per aumentare il livello di sicurezza attiva e passiva del parco circolante in adempimento alla norma e alle procedure previste.
(4-03373)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Formentini e altri n. 4-03339, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Coin.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza urgente Quartapelle Procopio n. 2-00451 del 9 luglio 2019;

   interpellanza urgente D'Ippolito n. 2-00461 del 16 luglio 2019.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ANZALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   Ampia eco sta avendo un appello lanciato da Jean-Luc Nardone, professore a Tolosa e presidente degli italianisti francesi, in merito alla richiesta al Governo francese di rivedere alcune scelte in materia di istruzione che rischiano di penalizzare fortemente la lingua italiana;

   suddetto documento è stato sottoscritto da molti docenti francesi, ma anche da importanti personalità della cultura italiana come riportato anche dagli organi di informazione, tra cui gli scrittori Andrea Camilleri, Gianni Biondillo e Antonio Moresco, l'attore Ascanio Celestini e la regista Emma Dante, gli storici Luciano Canfora e Carlo Ginzburg, gli studiosi di linguistica Paolo Fabbri e Raffaele Simone;

   il punto cruciale è la diminuzione dei posti messi a concorso per l'insegnamento dell'italiano nelle scuole;

   per il 2019 i posti previsti per insegnare nei licei sono soltanto cinque;

   per il Capes, sigla che sta per certificato di attitudine al professorato per l'insegnamento di secondo grano, che abilita alla docenza nelle scuole medie, si è passati da 28 a 16, mentre i posti, erano 35 nel 2016, 2015, 2014, e addirittura 64 nel 2013 questo nonostante la richiesta di studiare l'italiano da parte dei ragazzi non stia affatto diminuendo –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo al fine di affrontare la richiamata criticità con il Governo francese e tutelare l'insegnamento della lingua italiana nel sistema scolastico della Francia.
(4-02999)

  Risposta. — Giova innanzitutto ricordare che l'insegnamento della lingua italiana in Francia è sostenuto dal Ministero dell'education nationale tramite l'impiego di circa 2.800 insegnanti e dal nostro Paese attraverso il contingente scolastico italiano all'estero, definito congiuntamente tra Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), il Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) e Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca (Miur).
  In Francia l'italiano si attesta come quarta lingua straniera studiata, dopo l'inglese, il tedesco e lo spagnolo; negli ultimi anni il numero delle ore di italiano nelle scuole francesi non è diminuito. Nell'anno scolastico 2016/17, ultimo rilevato, il numero degli studenti che hanno studiato l'italiano è stato di 314.190, con una tendenza in crescita che rende la Francia il primo tra i Paesi europei per quantità di allievi di italiano e il secondo a livello globale dopo l'Australia (con un differenziale di 526 unità).
  Attualmente nel sistema scolastico francese l'italiano è insegnato come seconda lingua straniera curriculare (la cosiddetta
«langue vivante 2» o LV2) in un numero limitato di scuole, operanti principalmente in dipartimenti delle zone prossime al confine con l'Italia; nei casi restanti l'italiano è studiato come «langue vivante 3» (LV3). In base alla riforma dei licei francesi che entrerà in vigore con il prossimo anno scolastico, lo studente continua a dover scegliere una seconda lingua straniera ed avrà la possibilità di apprendere un'ulteriore lingua straniera LV3; in quest'ultimo caso, però, lo studio della lingua straniera potrà essere sostituito da altre discipline anche di natura non linguistica, con un ventaglio di scelta determinato dai dirigenti dei singoli istituti. L'apprendimento dell'italiano, tuttavia, rientrerà anche all'interno del sistema delle materie di specializzazione, ovvero di un percorso che prevede la scelta dello studente al penultimo anno di liceo di tre discipline, che si riducono a due nell'ultimo anno e che saranno oggetto di due delle tre prove scritte finali e di parte della prova orale.
  Dunque il numero complessivo stimato di ore di insegnamento della lingua italiana non è diminuito; è prevedibile, tuttavia, che maggiori richieste potranno aversi in alcune città, tra le prime Parigi, mentre un ridimensionamento potrebbe esserci in altre aree del Paese, soprattutto nelle province o in regioni come l'Alsazia dove l'italiano è storicamente meno richiesto.
  Tutta la questione della riforma dell'istruzione secondaria in Francia e i possibili riflessi sull'insegnamento della lingua italiana sono stati seguiti con particolare attenzione sia dall'ambasciata d'Italia a Parigi sia dal Maeci. Il tema è stato inoltre sollevato ai più alti livelli in occasione dell'incontro ad Amboise fra i due Presidenti della Repubblica e, in precedenza, nell'incontro fra il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale Moavero Milanesi ed il suo omologo Le Drian.
  In particolare il Presidente Macron, nel corso della visita del Presidente Mattarella il 2 maggio 2019, ha fornito assicurazioni esplicite circa il mantenimento dell'insegnamento dell'italiano nelle scuole francesi con la conferma dello stesso numero di cattedre degli anni precedenti. In seguito a ciò, effettivamente, il Ministero dell'educazione nazionale francese ha ricevuto indicazioni di bandire per il prossimo anno scolastico lo stesso numero di posti di insegnanti di italiano dell'anno scolastico 2017/18. La notizia, diffusa dalle autorità francesi e ripresa dai
media italiani, è stata accolta positivamente anche dal corpo accademico (e in particolare dal professore Jean-Luc Nardone, docente dell'università di Tolosa, che si era fatto promotore di una petizione in tal senso).
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Guglielmo Picchi.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il porto di Civitavecchia, già leader nazionale nel settore crocieristico, è in forte espansione anche sui volumi di merci dichiarate che sono passate da 37.823 bollette doganali contabilizzate nel 2015, alle 42.036 del 2016, per salire a 44.347 nel 2017 e, ultimo dato del 2018 aggiornato a novembre, 48.225, confermando il dichiarato e costante incremento di traffico commerciale che si è sviluppato negli ultimi anni;

   dopo anni di stallo l'interporto di Civitavecchia è stato acquistato da una solida società multinazionale già operante nel porto nel settore orto-frutticolo, circostanza che fa prevedere un'ulteriore impennata dei traffici commerciali nella zona portuale;

   l'ufficio delle dogane di Civitavecchia, unitamente alla dipendente sezione operativa territoriale di Viterbo, considerando esclusivamente i tributi doganali ed escludendo completamente il settore delle imposte di consumo, vanta delle performance importanti per volumi di incassi doganali, pari ad oltre 200 milioni di euro nel 2018;

   tra gli uffici non aeroportuali della direzione interregionale di competenza, l'ufficio di Civitavecchia effettua controlli che per numerosità, disomogeneità e caratteristiche sono decisamente superiori alle altre strutture dipendenti dalla citata direzione;

   l'ufficio delle dogane di Civitavecchia è l'unico a effettuare controlli scanner su mezzi pesanti e container nell'ambito della direzione interregionale di competenza, svolgendo tale attività anche su richiesta di forze dell'ordine ubicate fuori provincia;

   l'espansione in atto dell'economia portuale e dei relativi necessari controlli è tale da imporre nella revisione dell'architettura organizzativa del dispositivo territoriale della Guardia di finanza che ha previsto la costituzione del gruppo di Civitavecchia e del gruppo di Viterbo in aggiunta agli attuali comandi di compagnia;

   il 17 dicembre 2018, l'Agenzia dogane e monopoli ha pubblicato la determinazione prot. n. 136643/RU con la quale è stata fissata la graduazione della retribuzione di posizione (parte variabile) corrispondente alle posizioni dirigenziali di livello non generale dell'Agenzia. La determinazione, ha classificato su cinque livelli – di cui gli ultimi due essenzialmente residuali – l'importanza degli uffici in cui si struttura l'Agenzia; risulta all'interrogante che, sulla base della citata graduazione, l'ufficio di Civitavecchia è stato parificato al livello degli uffici di Gaeta, Frosinone, Porto Empedocle, Messina, Cagliari e Arezzo, solo per citarne alcuni, che hanno una valenza tributaria ampiamente inferiore, non registrano traffici merci, traffici passeggeri di natura extracomunitaria, nonché traffici passeggeri crocieristi paragonabili a quelli dell'ufficio di Civitavecchia;

   ad avviso dell'interrogante da quanto precede emerge una valutazione complessivamente iniqua del livello di importanza in relazione alla graduazione della posizione assegnata all'ufficio delle dogane di Civitavecchia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di adeguare la graduazione della posizione assegnata all'ufficio delle dogane di Civitavecchia, tenendo conto delle informazioni e dei dati suesposti.
(4-02009)

  Risposta. — Con il documento in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito ai criteri in base ai quali, sulla base della determinazione n. 136643/RU adottata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli in data 17 dicembre 2018 con la quale è stata stabilita la graduazione della retribuzione (cosiddetta «parte variabile») delle posizioni dirigenziali di livello non generale dell'Agenzia, sia stata attribuita all'ufficio delle dogane di Civitavecchia una graduazione di posizione ritenuta inadeguata.
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si fa presente quanto segue.
  Nel 2018 l'Agenzia ha avviato un ampio processo di riforma organizzativa al fine di completare l'integrazione operativa tra il settore dogane e il settore monopoli. L'attuazione del nuovo modello organizzativo richiede un adeguamento dei sistemi informatici e necessita di tempi di realizzazione non brevi. In ragione di ciò, si è scelto di adottare un modello organizzativo transitorio, in vigore dal 1° maggio 2019, che rappresenta il primo di una serie di passaggi intermedi della riforma. Allo stato attuale, l'adozione del modello organizzativo definitivo è prevista all'incirca per la fine del 2020.
  Il modello transitorio contempla mutamenti per tutte le strutture di prima fascia e per gran parte delle strutture di seconda fascia centrali e regionali dell'Agenzia, mentre lascia invariate le strutture operative, ovvero – all'attualità – gli uffici delle dogane e gli uffici dei monopoli, a eccezione di quelli che hanno sperimentato modifiche organizzative a partire dal 2015.
  Nell'immediato, dovendosi dare corso alla rapida attuazione del modello organizzativo transitorio, al fine di individuare i livelli di graduazione delle posizioni dirigenziali che subivano modifiche organizzative, è stata applicata la metodologia già utilizzata per la graduazione del modello previgente, vale a dire una metodologia ispirata al metodo
Hay, che si basa su un set di indicatori ampio e articolato e che è stata approvata dal comitato di gestione dell'Agenzia.
  L'ufficio delle dogane di Civitavecchia rientra nel novero delle strutture dirigenziali non interessate da alcuna modifica. Sin dal 2009 l'ufficio in questione è stato collocato, con determinazione protocollo n. 3617 del 3 marzo 2009, nel terzo livello retributivo di posizione al quale corrisponde un importo ad oggi rimasto invariato, così come è accaduto per tutti gli altri uffici delle dogane che non hanno subito variazioni per effetto del nuovo assetto organizzativo.
  Per quanto fin qui considerato, la revisione della graduazione dell'ufficio di Civitavecchia, come quella degli altri uffici operativi, non potrà che essere valutata solo successivamente, nel più vasto quadro della riforma organizzativa in atto che – nella sua fase finale – contemplerà, come detto, la piena integrazione tra il settore dogane e il settore monopoli.
  Appare utile precisare, da ultimo, che la graduazione delle posizioni dirigenziali dell'Agenzia – e dunque anche quella relativa all'ufficio delle dogane in questione – non ha alcun impatto sui servizi assicurati agli operatori e alle imprese, né incide sugli istituti premiali e indennitari previsti in favore del personale di qualifica non dirigenziale in servizio presso il medesimo ufficio.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Massimo Bitonci.


   BERGAMINI, VITO, MULÈ e ROSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ricopre un ruolo fondamentale all'interno delle istituzioni in materia di prevenzione, vigilanza e soccorso sulla base delle rispettive attribuzioni;

   secondo le sigle sindacali Cisl-Fns Vvf, Uil-Pa Vvf, Cgil-Fp Vvf, Confsal Vvf e Usb Vvf, la situazione dei mezzi di servizio è infatti assai problematica: molti degli automezzi, autopompe serbatoio, autoscale e mezzi di colonna mobile utilizzati per calamità regionali e nazionali sono in esercizio dagli anni ’80 e non più conformi alle attuali normative europee di sicurezza e ambientali. Non meno grave è la situazione delle risorse finanziarie a disposizione per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi, con riparazioni che vengono fatte in economia e che sovente si rivelano inefficaci;

   in particolare, per quanto riguarda le cosiddette «autoscale» il parco mezzi italiano per questa tipologia conterebbe ad oggi solo 250 veicoli circa con una età media degli stessi che si aggira tra i 25 ed i 30 anni ed ancora più carenti risulterebbero i veicoli con autoscale con altezza operativa di circa 50 metri;

   è evidente che questo stato di cose non garantisce l'efficienza degli automezzi impegnati nel soccorso per via dei continui guasti, senza contare che il prolungarsi di queste condizioni non garantisce né la sicurezza né l'incolumità del personale che viene sacrificato oltre il dovuto, e riduce la possibilità di garantire il massimo dell'aiuto alla cittadinanza;

   una siffatta situazione comporta una grave e potenziale situazione di pericolo per gli operatori dei vigili del fuoco nonché una difficoltà oggettiva nel dare alla collettività un servizio efficiente ed efficace, garantito soltanto dalle capacità professionali degli operatori dei vigili del fuoco ma non sufficientemente supportato da mezzi e attrezzature ormai al collasso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda valutare la possibilità di assumere iniziative volte a potenziare ulteriormente il parco veicoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-02747)

  Risposta. — Il ripianamento degli organici e il potenziamento delle risorse strumentali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresentano delle priorità dell'azione del Governo, impegnato fermamente a garantire sempre più elevati standard di efficienza del dispositivo di soccorso tecnico urgente.
  In premessa va rilevato che, in ragione delle carenze di fondi legate alla sfavorevole congiuntura economica, si è verificato, nel tempo, un progressivo invecchiamento del parco mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tuttavia, negli ultimi anni specifici interventi normativi di finanziamento hanno consentito l'avvio di un progressivo piano di ammodernamento dei mezzi operativi.
  Si precisa che attualmente sono complessivamente 279 le autoscale – con un'età media di anni 18, di cui 183 in piena efficienza – in dotazione al Corpo Nazionale che può contare anche su 68 piattaforme aeree utili per interventi in quota, con un'età media tra i 6 e i 9 anni.
  Quanto alle iniziative in corso per potenziare le risorse strumentali a disposizione, si rappresenta che per gli anni 2018-2021 sono state già programmate le attività per le gare e i contratti finanziati con i fondi in bilancio, finalizzate all'acquisizione di nuovi mezzi operativi per il soccorso tecnico urgente (fra i quali 240 auto pompe serbatoio, 180 autobotti serbatoio, 30 veicoli aeroportuali autoidroschiuma, 53 autoscale, 66 automezzi antincendio di piccole dimensioni per i centri storici).
  Inoltre, sono stati presentati progetti per finanziare interventi pluriennali di spesa, per un totale di oltre 900 milioni di euro, concernenti anche l'ammodernamento e l'adeguamento dei dispositivi di protezione individuale e l'acquisto dei mezzi soccorso, a valere sul fondo istituito dalla legge di bilancio per il 2019 concernente il rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato per lo sviluppo del Paese.
  Si sottolinea, altresì, che gli automezzi in dotazione sono sottoposti alle revisioni periodiche e straordinarie e rispettano i requisiti di circolazione stradale, mentre i nuovi capitolati tecnici per l'acquisto dei suddetti mezzi, prevedono il rispetto dei più alti
standard di consumi e di parametri ambientali vigenti.
  Il complessivo sistema del soccorso tecnico-urgente potrà giovarsi anche delle procedure di assunzioni ordinarie e straordinarie di vigili del fuoco, avviate dal Ministero dell'interno ai sensi della legge di bilancio 2019 con quale è stato previsto un potenziamento dell'organico di ben 1.500 unità per il biennio 2019-2020.
  Al riguardo, si informa che il 13 maggio 2019 sono state assegnate ai comandi dei vigili del fuoco 236 unità.
  Ulteriori carenze potranno essere ridotte al termine dell'espletamento del concorso straordinario a 1.144 posti per capo squadra, per il quale sono in corso di svolgimento le relative procedure.
  Sono tuttora in corso, poi, alcune procedure finalizzate ad immissioni in servizio che consentiranno di mitigare ulteriormente le attuali carenze di personale.
  Sono, infatti, in fase di svolgimento due corsi di formazione, iniziati il 27 dicembre 2018 e il 14 maggio scorso, rivolti rispettivamente a 223 e 650 allievi vigili del fuoco, assunti in attuazione della predetta legge di bilancio 2019.
  Sempre in attuazione di quest'ultima legge, ulteriori 200 unità saranno assunte con decorrenza 7 ottobre 2019. Nella stessa data è prevista anche l'assunzione straordinaria di 100 unità, ai sensi della legge di bilancio 2018.
  Infine, entro la fine dell'anno ulteriori 838 unità di vigili del fuoco saranno assunte a copertura delle cessazioni dal servizio avvenute nel 2018.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente gli organi di informazione hanno riportato la notizia relativa alla stipula di un «patto salva-migranti» sottoscritto tra i sindaci dei comuni delle Valli del Reno, Lavino e Samoggia (Casalecchio, Sasso Marconi, Zola Predosa, Monte San Pietro e Valsamoggia) e organizzazioni sindacali;

   il patto consisterebbe nella creazione di un albo per l'iscrizione anagrafica di tutti i richiedenti asilo e la garanzia per tutti loro di poter accedere ai corsi di formazione professionale. Il documento prevede anche l'apertura di un dialogo con Poste Italiane e gli istituti di credito del territorio, al fine di permettere ai migranti di accedere agli sportelli e aprire un conto corrente;

   tali azioni, messe in campo unilateralmente dai sindaci, potrebbero risultare in contrasto con la piena applicazione del cosiddetto decreto sicurezza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano acquisire informazioni sull'iniziativa dei sindaci attraverso le prefetture competenti;

   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il pieno rispetto del «decreto sicurezza», anche per il tramite delle competenti prefetture.
(4-02293)

  Risposta. — I fatti richiamati nell'interrogazione riguardano un patto stipulato tra i comuni appartenenti all'unione dei comuni delle Valli del Reno, Lavino e Samoggia (Casalecchio di Reno, Sasso Marconi, Zola Predosa, Monte San Pietro e Valsamoggia), in provincia di Bologna.
  Il suddetto patto, secondo quanto riferito dal presidente dell'unione, non prevede misure di carattere amministrativo ma si qualifica per essere un accordo programmatico tra i comuni dell'Unione, di natura eminentemente politica, volto a meglio comprendere e prevenire eventuali ricadute sui territori derivanti dal nuovo assetto normativo introdotto dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132.
  L'iniziativa nasce, secondo quanto riferito dai vertici dell'unione, dall'esigenza di monitorare gli impatti della riforma in ambito economico, sociale e di sicurezza, chiedendo al Ministro dell'interno e al Governo di aprire sul tema un confronto con gli enti locali.
  Nel patto viene auspicata, altresì, l'apertura di tavoli di confronto a livello sovracomunale, nonché tavoli di lavoro che coinvolgano anche i soggetti associativi che si occupano di accoglienza ed integrazione, per valutare gli effetti della riforma anche sul piano della tutela dei diritti dei lavoratori del settore.
  Ciò premesso, si rileva che ad oggi non risultano pervenute da parte della competente prefettura segnalazioni di irregolarità nella tenuta dell'anagrafe dei comuni interessati dalla problematica esposta.
  Più in generale, si evidenzia che in materia di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo il decreto-legge sicurezza e immigrazione (n. 113 del 2018) ha introdotto alcune novità, modificando gli articoli 4, 5 e 5-
bis del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 142.
  In particolare, a seguito delle nuove disposizioni il permesso di soggiorno di cui all'articolo 4, comma 1, del citato decreto legislativo, costituisce documento di riconoscimento ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ma non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 e del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
  Le nuove norme hanno altresì sostituito il comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 142 del 2015 che riconosceva la possibilità di iscrivere il richiedente asilo nella struttura di accoglienza, prevedendo che l'accesso ai servizi previsti dal decreto citato e quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti è assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e 2 del medesimo articolo.
  Infine, è stato abrogato l'articolo 5-
bis del predetto decreto legislativo che contemplava la possibilità di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo facendo ricorso all'istituto della convivenza anagrafica.
  A seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge e immigrazione il Ministero dell'interno ha immediatamente diramato una circolare con la quale sono state impartite, attraverso le prefetture, le istruzioni operative per gli ufficiali di anagrafe ed è stato, in particolare, evidenziato che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo costituisce documento di riconoscimento ma non titolo per l'iscrizione anagrafica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo dei vigili del fuoco svolge un ruolo di primaria importanza nelle operazioni di soccorso in occasione degli eventi dannosi, di origine naturale o meno, che purtroppo continuano a colpire il territorio nazionale;

   la carenza di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è un problema nazionale aggravato dalle conseguenze della «riforma Madia», di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, eredità del precedente Governo, emanato in attuazione della legge n. 124 del 2015, che ha sancito, a partire dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato in diverse amministrazioni statali, attribuendo in particolare all'Arma dei carabinieri le funzioni già esercitate dal Corpo in materia forestale e ambientale, ad eccezione, ad esempio, di quelle assegnate ai vigili del fuoco in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi;

   l'attuazione del citato provvedimento ha originato svariate problematiche di natura organizzativa, logistica e personale, al punto tale da rendere necessario un pronunciamento, fortemente atteso, da parte della Corte costituzionale;

   con la soppressione del Corpo forestale dello Stato è stato eliminato, tra gli altri, il reparto prevenzione ed antincendio boschivo, costituito da uomini e mezzi con esperienza decennale in questo campo. A ciò si aggiunge il fatto che l'attività di spegnimento aereo, assicurato dalla flotta elicotteri del Corpo forestale, è stata demandata dalle regioni a soggetti privati, con costi elevatissimi;

   solo nel 2017 sono andati bruciati per incendi, dolosi e non, 101 mila ettari di territorio, con conseguenze devastanti per fauna e flora, e a fronte di un numero specifico di incendi poco superiore a quello dell'anno precedente si è avuto invece un raddoppio dei territori interessati. È evidente che la soppressione del Corpo forestale dello Stato ha penalizzato l'efficienza e l'efficacia degli interventi, privando il territorio di quella presenza vigile e costante che il Corpo garantiva;

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento soffre in maniera particolare la suddetta mancanza di organico e opera con distaccamenti in numero esiguo su un territorio vasto e ad alto rischio sismico e idrogeologico che si sviluppa su superfici rurali e boschive molto estese con centri abitati distanti tra loro e mal collegati, stante la mancanza di infrastrutture adeguate: l'insieme di tutti questi fattori da’ come risultato l'estrema vulnerabilità delle popolazioni a qualsiasi evento catastrofico;

   nonostante ciò, lo sforzo profuso per fronteggiare le emergenze è stato immane, poiché i vigili hanno sopperite alle carenze di organico, strutturali e organizzative con uno straordinario senso del dovere che, tuttavia, non può essere sufficiente a risolvere tutti i casi, come quello verificatosi il 28 agosto 2018 dove a bruciare per un intero pomeriggio è stato quasi tutto il monte Caruso, caratterizzato da costoni impervi, difficile da raggiungere con i mezzi a disposizione: le fiamme, avanzate disastrosamente in mancanza di mezzi terrestri adatti ad affrontare il difficile terreno e di quelli aerei atti allo spegnimento, hanno cancellato coltivazioni, macchia mediterranea, un'antica pineta fino ad arrivare a lambire alcune abitazioni e l'eremo di San Michele;

   spesso nella provincia di Benevento è stato necessario ricorrere all'ausilio di vigili del fuoco operanti nelle province confinanti di Campobasso e Napoli, con tutti i risvolti negativi del caso, come quello del tempo impiegato per giungere sul posto e rientrare, dopo difficoltosi interventi, nella propria sede;

   come più volte evidenziato anche dal sindacato Co.Na.Po., da ultimo in una denuncia del 17 marzo 2019, si registra, in particolare, una situazione di grave carenza di personale autista vigile permanente che interessa il comando dei vigili del fuoco di Benevento, le cui criticità sono destinate ad acuirsi con l'approssimarsi dei mesi più caldi e del periodo in cui il personale dovrebbe usufruire delle ferie estive: il rischio è che l'intero dispositivo di soccorso tecnico urgente della provincia di Benevento sia messo in ginocchio, non concedendo peraltro la necessaria serenità al personale che espleta questo difficile e particolare lavoro –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito alla cosiddetta «riforma Madia», di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, emanato in attuazione della legge n. 124 del 2015;

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto rispetto all'evidente necessità di incremento di risorse e mezzi da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in particolare, al comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento.
(4-02601)

  Risposta. — Si segnala, preliminarmente, che il Ministero dell'interno, in collaborazione con i soggetti istituzionali interessati, ha realizzato diverse iniziative per la lotta agli incendi boschivi, proprio in attuazione del decreto legislativo n. 177 del 2016, menzionato nell'interrogazione.
  In particolare, il 4 maggio 2017 è stato siglato un accordo quadro, presso la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per definire i criteri generali e i principi direttivi di collaborazione tra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le regioni, nell'esercizio dei rispettivi compiti istituzionali in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi. Sulla base di tale accordo, sono state stipulate convenzioni con le regioni che intendono avvalersi del concorso dei vigili del fuoco nella lotta agli incendi boschivi. Nella medesima ottica, sono stati siglati accordi anche con l'Arma dei carabinieri.
  Il 9 luglio 2018 il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Arma dei carabinieri e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto un importante protocollo d'intesa per lo svolgimento delle attività antincendio boschivo a tutela delle aree protette statali, dei parchi nazionali e delle riserve naturali, che fa seguito al precedente accordo del 5 aprile 2017, siglato con l'Arma dei carabinieri, sulla ridistribuzione dei compiti in materia di antincendio boschivo.
  Con il decreto ministeriale 12 gennaio 2018, in attuazione dell'articolo 9 del predetto decreto legislativo n. 177 del 2016, è stato istituito il Servizio antincendio boschivo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Aib), articolato in uffici al livello centrale, con l'individuazione di due uffici centrali dirigenziali, e territoriale, con uffici regionali presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco.
  Inoltre, con il decreto legislativo n. 127 del 2018, il personale Aib in possesso del brevetto di pilota e del brevetto di specialista di aeromobile è confluito nel nuovo ruolo del personale aeronavigante istituito per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale inquadramento comporterà che le funzioni svolte dal predetto personale non saranno più limitate solo alle attività Aib ma, attraverso un percorso di «standardizzazione» già in atto, il personale Aib potrà essere utilizzato anche per tutte le attività di soccorso aereo dei vigili del fuoco. In tal modo si conseguirà l'obiettivo di un uso più efficiente e una piena integrazione delle risorse umane e strumentali transitate dal Corpo forestale.
  Quanto alla situazione del comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento, si rappresenta che il presidio – grazie anche a tre sedi distaccate con personale permanente e una sede distaccata con personale volontario – è in grado di fare fronte alle esigenze del territorio provinciale, sebbene con qualche criticità nei periodi invernali, in particolare nella zona collinare del Fortore.
  Si fa presente, inoltre, che la dotazione in uso al predetto comando è pari a 114 mezzi terrestri, di cui 32 in manutenzione. L'età media dei mezzi è leggermente superiore alla media regionale, ma comunque entro i limiti di variabilità riscontrabili al livello nazionale. Peraltro, nel biennio 2017-2018 sono stati assegnati al comando: un veicolo fuoristrada per antincendio boschivo
pick-up, un'autobotte-pompa da 18 tonnellate, una vettura fuoristrada e una vettura tipo «combi», strumenti indispensabili per il tempestivo ed efficiente svolgimento dell'attività di soccorso in occasione degli eventi emergenziali.
  Si informa, altresì, che nel corso dell'anno saranno consegnati ai comandi provinciali nuovi mezzi e che sono in corso le procedure per acquistarne ulteriori, con l'obiettivo di ridurre e uniformare l'età media del parco automezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Pertanto, l'assegnazione di nuovi mezzi per le esigenze del comando di Benevento potrà essere tenuta in considerazione con i nuovi acquisiti già in programmazione.
  Con specifico riferimento alle risorse umane, si rappresenta che il decreto, ministeriale del 28 marzo 2019 – col quale è stato ridefinito l'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – per il comando di Benevento prevede un organico operativo di 72 unità di capi squadra e capi reparto. Al momento ne risultano effettivamente presenti 69, con una carenza di 3 unità, che tuttavia sarà colmata al termine del corso per il passaggio di qualifica a capo squadra previsto entro il mese di giugno 2019.
  Per quanto riguarda il ruolo dei vigili del fuoco non specialisti, per il quale è previsto un organico operativo di 116 unità, ne risultano effettivamente presenti 123, con un esubero di 7 unità.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   CECCHETTI, LUCCHINI e BONIARDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   tra la fine degli anni ’80 e l'inizio degli anni ’90 la città di Milano si trova in piena emergenza rifiuti e viene individuata la cava di Cerro Maggiore quale unico sito ove scaricare i rifiuti solidi urbani del capoluogo lombardo. Nasce così la discarica più grande d'Europa. A metà degli anni ’90, dopo le lotte e i presidi dei cittadini, la revisione della gestione del ciclo dei rifiuti e i cambiamenti politici avvenuti nel frattempo, sia locali che regionali, inizia il percorso virtuoso che nel 1999 vede approvare un accordo di programma tra regione Lombardia, comune di Cerro Maggiore, comune di Rescaldina, Asl territorialmente competente, Simec, Calcestruzzi Ceruti e Omnia Res per la chiusura della discarica nel quale sono descritte tutte le fasi attuative del progetto di recupero delle aree, le modalità di apertura del centro commerciale Auchan e la riqualificazione dell'area per un futuro utilizzo;

   non tutte le prescrizioni dell'accordo di programma sono state realizzate, ma nell'ottobre 2009 il collegio di vigilanza per l'accordo di programma dichiara esaurita l'attività dello stesso accordo di programma per mancanza dei fondi ministeriali di cui all'accordo quadro tra regione e Ministero;

   a seguito della decisione dell'ottobre 2009 viene sottoscritta una convenzione privatistica tra comune di Cerro Maggiore e Simec che prevede la conclusione dei lavori di riqualificazione ambientale del terzo lotto come da nuovo progetto approvato. Nel 2011 la convenzione viene sottoscritta e inizia il nuovo iter progettuale che prevede a carico di Simec l'onere di riqualificare l'ultimo lotto ancora aperto, reperendo soltanto terre e rocce di scavo. I costi del recupero sono previsti in convenzione e saranno coperti dal conferimento da parte di terzi del materiale;

   nel novembre 2017 Ecoceresc (società che ha sostituito Simec a seguito di una variazione societaria) presenta alla città metropolitana una richiesta per conoscere il fattore di pressione di Cerro Maggiore e dell'area di buffer per avere i dati che le consentano di presentare un nuovo progetto di riqualificazione ambientale della ex discarica utilizzando per il riempimento rifiuti speciali non pericolosi (R5) al posto delle rocce e terre di scavo previsti in precedenza, più facili da recuperare e sicuramente più remunerativi per l'operatore. Alla domanda la città metropolitana risponde mettendo a conoscenza Ecoceresc dei dati, che risultano essere oltre il limite consentito dall'attuale normativa regionale in materia di nuove concessioni di discariche sia per l'area di Cerro Maggiore, sia per l'intera area di buffer;

   il comune di Cerro Maggiore, a tutela dei cittadini e del territorio, predilige soluzioni per il completamento dell'ambientalizzazione della discarica che prevedono l'utilizzo di terre e rocce da scavo, qualificate come sottoprodotti, piuttosto che l'utilizzo di rifiuti –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere, per quanto di competenza e a tutela della popolazione e dell'ambiente, promuovendo la conclusione di un nuovo accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, allo scopo di individuare soluzioni appropriate per il completamento dell'ambientalizzazione della discarica di Cerro Maggiore.
(4-01878)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Come noto, la storia della discarica di Cerro Maggiore inizia oltre 25 anni fa, in piena emergenza rifiuti della città di Milano. Nel corso degli anni sono stati stipulati diversi atti che impegnavano i vari soggetti competenti, ossia la regione Lombardia, i comuni di Cerro Maggiore e Rescaldina, la Simec s.p.a. ed altri soggetti privati, per la realizzazione della riqualificazione ambientale del «Polo Baraggia», senza tuttavia giungere all'ultimazione delle opere di recupero né, come riferisce il comune di Cerro Maggiore, al collaudo di quelle già realizzate.
  Peraltro, l'ultimo progetto di riqualificazione presentato nel 2018 dalla Ecoceresc s.r.l. (ex Simec) non potrà avere esecuzione tenuto conto che il 14 gennaio 2019 il comune di Cerro Maggiore ha evidenziato alcune criticità sulla fattibilità di tale intervento ed il successivo 21 gennaio la città metropolitana di Milano ha comunicato preavviso di rigetto dell'istanza di Autorizzazione integrata ambientale per la realizzazione e gestione dell'impianto, in ragione del superamento del criterio localizzativo «fattore di pressione».
  Ad ogni modo, sia la regione Lombardia che il comune di Cerro Maggiore si sono detti pronti a trovare una soluzione alternativa che consenta la completa riqualificazione ambientale del «Polo Baraggia».
  Per quanto concerne l'accordo di programma quadro stipulato nel 2001 tra il Ministero dell'ambiente, il Ministero del tesoro e la Regione, occorre precisare che lo stesso consiste in un'intesa istituzionale di programma della Lombardia avente ad oggetto interventi di risanamento e salvaguardia ambientale del territorio lombardo.
  All'articolo 8, relativo alla bonifica e riqualificazione delle aree inquinate, è attribuita alla regione la pianificazione degli interventi, il finanziamento delle operazioni ed il coordinamento degli enti territoriali, nonché l'individuazione, nel piano regionale di bonifica, dei criteri e delle priorità di erogazione dei contributi.
  In tale contesto, la regione ha individuato i siti di Milano area Bovisa e Cerro al Lambro, nonché il sito di Sesto S. Giovanni, quali interventi di bonifica da poter inserire nel Programma nazionale.
  Non è previsto, viceversa, alcun finanziamento da parte del Ministero, in quanto il «Polo Baraggia» non rientra tra i siti di interesse nazionale per i quali il Ministero dell'ambiente gestisce le risorse finanziarie.
  Ad ogni modo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativamente al ripristino ambientale di Cerro Maggiore, ai sensi dell'articolo 10 del predetto accordo di programma quadro, concorda con la regione Lombardia sulla necessità di approfondire lo studio delle tecnologie disponibili e, in tal senso, valuterà l'opportunità di avviare le necessarie procedure per attivare un tavolo tecnico al fine di pervenire ad una progettazione preliminare degli interventi.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura, dunque, che il Ministero dell'ambiente, per quanto di competenza, continuerà a svolgere le proprie attività di monitoraggio e ad operare con il massimo impegno, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   COMENCINI e FERRARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il Circolo unificato di ufficiali e sottufficiali di Verona, sito in Castelvecchio, è al centro di una disputa dal mese di luglio del 2018;

   sulla questione sono intervenuti in molti e negli ultimi giorni sono state raccolte 1.200 firme di sensibilizzazione, destinate al Ministro della difesa, affinché intervenga per riaprire tale circolo e mantenere al suo posto l'attuale direttore;

   agli inizi di gennaio 2019 il circolo era stato chiuso a causa della concessione scaduta, ma a tutt'oggi non si hanno notizie di chi abbia vinto il nuovo bando di concessione. A fine febbraio 2019, non era ancora stata comunicata alla direzione del circolo stesso la data di inizio della nuova concessione;

   tuttavia, il 18 febbraio 2019 è stata diramata dal Ministero della difesa una richiesta di ricerca di personale per il circolo di Verona al fine di avvicendarne il direttore;

   l'attuale direttore del circolo è stato destinato ad altro incarico, nonostante, a quanto consta agli interroganti, non sarebbero ancora trascorsi i tre anni senza demerito, durata prevista dal regolamento per l'impiego in tali posizioni;

   dalla stampa e agli interroganti risultano numerosi eventi organizzati dall'attuale direttore, tanto stimato dalla sua amministrazione da essere promosso in altra sede –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali fatti;

   se il bando di gara per la gestione del circolo unificato di ufficiali e sottufficiali di Verona sia stato aggiudicato e, in questo caso, a quale concorrente;

   quali siano le motivazioni che hanno indotto l'amministrazione della difesa alla decisione di avvicendare prematuramente l'attuale direttore del circolo stesso.
(4-02481)

  Risposta. — Si rappresenta, in premessa, che i circoli di Forza armata svolgono attività di carattere prevalentemente socio-ricreativo, culturale e sportivo ed hanno una dipendenza d'impiego e funzionale dai comandi territoriali nella cui giurisdizione sono dislocati.
  L'avvicendamento della carica di direttore dei circoli avviene, di norma, sulla base di proposte avanzate dai predetti comandi e, in forma centralizzata, ove esistano situazioni di oggettiva difficoltà nell'individuare personale adatto ad assumere l'incarico.
  Tanto rappresentato, si rende noto che il tenente colonnello Cardone, che ha ricoperto la carica di direttore presso il circolo unificato di Verona dal 16 novembre 2016, in data 19 aprile 2019 è stato avvicendato dal tenente colonnello Donato Rizzello in tale funzione.
  Si sottolinea, a tal riguardo, che il periodo di permanenza minimo nell'incarico di tre anni, introdotto nel corrente anno, non ha carattere inderogabile, potendo variare a fronte di eventuali e sopraggiunte esigenze funzionali di Forza armata.
  Chiarito quanto sopra, si specifica che la ricerca di personale traeva origine dalla sussistenza di alcune criticità riscontrate nell'ambito della direzione del circolo, tali da ripercuotersi negativamente sull'ottimale funzionamento della struttura e da far emergere, pertanto, la necessità di condurre approfondimenti mirati ad individuare il personale più idoneo a ricoprire l'incarico di direttore del circolo, al fine di garantire il funzionamento dell'organismo di protezione sociale.
  Per quanto riguarda, infine, la gara per l'affidamento dei servizi presso il circolo unificato di Verona, si precisa che la stessa è stata condotta conformemente alle prescrizioni del codice degli appalti, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, avuto riguardo anche alle particolari verifiche, a carico della stazione appaltante, dei motivi di esclusione degli operatori economici dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione, elencati dettagliatamente all'articolo 80 del citato decreto legislativo.
  Al termine della relativa procedura, la direzione di intendenza del Comando forze operative nord, in data 2 maggio 2019, ha aggiudicato la gara per l'affidamento dei servizi alla ditta ERGON SERVICE SOC. COOP., che ha sottoscritto il relativo contratto in data 18 giugno 2019.

Il Ministro della difesa: Elisabetta Trenta.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA e DONZELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i prossimi 21 e 22 marzo 2019 il Presidente cinese Xi Jinping sarà in visita in Italia;

   la visita è stata preparata da tempo dal Ministro Luigi Di Maio e dal sottosegretario Michele Geraci e coinvolgerà il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte;

   il media network europeo Euractiv dichiara di essere entrato in possesso di un «memorandum d'intesa» tra Italia e Cina, definito «confidenziale», di cui ne ha divulgato i contenuti. Tale notizia è stata ripresa dalle principali testate nazionali;

   secondo la ricostruzione di Euractiv, i contenuti dell'accordo sarebbero stati fissati a settembre 2018, quando il Ministro dello sviluppo economico ha annunciato l'intesa con la Cina sulla cooperazione in Paesi terzi;

   la cooperazione tra Italia e Cina riguarderebbe «strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni». Secondo una fonte di Euractiv, sarebbero «proposte presentate dalla Cina» e «nessun cambiamento al testo è stato fatto dal governo italiano»;

   l'intesa prevederebbe una struttura per «specifici accordi minori commerciali e di cooperazione», come nuovi investimenti cinesi nel Porto di Trieste. La bozza cita anche un accordo tra State Grid Corporation of China e Terna, ossia con Cassa Depositi e Prestiti. Altre joint-venture riguarderebbero Leonardo;

   il sottosegretario Geraci ha dichiarato a Radio Anch'io dell'8 marzo 2019 che «il memorandum of understanding che noi dovremmo firmare a marzo è esattamente in linea con le best-practices che noi utilizziamo in occidente come trasparenza, apertura, scambio di informazioni e di dati» e che «È probabile che si riesca a convergere verso quella data perché una firma alla presenza dei due capi di stato, Mattarella e Xi Jinping, darebbe il giusto peso»;

   il Presidente Conte, al Festival di Limes, ha definito l'accordo come «una grande opportunità per il nostro Paese», aggiungendo: «Vogliamo questo progetto il più trasparente e ampio possibile», «ho dato la disponibilità a partecipare al secondo forum sulla Belt and Road, ad aprile»;

   vale la pena sottolineare come la trasparenza auspicata da Conte sia totalmente disattesa: non vi è traccia di alcun passaggio parlamentare sul tema. Il quadro delle nuove relazioni, degli investimenti e degli asset strategici italiani di interesse cinese, fra cui i porti di Trieste e Genova, non è stato politicamente discusso;

   il sottosegretario per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Picchi non ha nascosto le sue perplessità, ma è subito stato rintuzzato dal sottosegretario Geraci, vero «trait d'union» fra Italia e Cina poiché a capo della task force fortemente voluta dallo stesso Ministro Luigi Di Maio;

   anche il tentativo di «vendere» il debito pubblico ai cinesi e l'astensione in sede europea rispetto al nuovo regolamento per il controllo degli investimenti di Paesi terzi in Europa, in precedenza proprio sollecitato dall'Italia in relazione al dinamismo economico cinese, costituiscono secondo l'interrogante indici di un mutamento di atteggiamento dell'Italia rispetto alla necessità di difendere la produzione nazionale dalla penetrazione economica cinese –:

   se il Governo intenda rendere disponibile la bozza del Memorandum of understanding con la Cina prima della sua sottoscrizione, poiché, di fatto, esso delineerà il nuovo quadro delle relazioni tra le due nazioni;

   se nel memorandum venga tassativamente escluso che il porto di Trieste possa subire la stessa sorte del porto del Pireo;

   quali siano esattamente le relazioni economiche e commerciali che si ipotizzano per Terna;

   quali siano esattamente le relazioni economiche e commerciali che si ipotizzano per Leonardo e quali siano le garanzie in ordine ai sistemi per la sicurezza delle informazioni e delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla tecnologia 5G, ai sistemi aerospaziali, ai sistemi di difesa e dell'elettronica applicata alla difesa terrestre e navale attualmente nel know-how di Leonardo.
(4-02479)

  Risposta. — Come noto, la connettività riveste un ruolo centrale nei rapporti tra Europa ed Asia. Ne danno testimonianza la piattaforma sulla connettività tra l'adozione di una «Strategia UE sulla connettività eurasiatici» (nell'ottobre 2018)
  Pienamente consapevole della centralità di infrastrutture, porti e logistica quali vettori per lo sviluppo economico, il Governo italiano attribuisce massima rilevanza al potenziale derivante dalla
Belt and Road initiative (Bri) e dalle altre iniziative di connettività euroasiatiche per il conseguimento degli obiettivi di crescita, sviluppo, occupazione, coesione sociale.
  Il Governo italiano ritiene infatti che la connettività tra Europa e Asia debba realizzarsi in modo aperto e inclusivo, rispettando i migliori
standard internazionali e le priorità di sviluppo dei singoli Paesi oltre ai principi cardine di trasparenza, inclusività, sostenibilità fiscale ed ambientale, in linea con i criteri articolati nella strategia dell'Unione europea sulla connettività.
  Sulla base di questi principi il 23 marzo 2019 è stato sottoscritto un
memorandum di intesa sulla collaborazione nell'ambito della «Via della Seta Economica» e dell’«Iniziativa per una via della Seta Marittima del 21° Secolo». Il testo è stato immediatamente pubblicato sul sito internet di Palazzo Chigi, unitamente alla lista degli accordi istituzionali e commerciali siglati.
  Tale
memorandum non costituisce un accordo internazionale e non produce quindi alcun tipo di vincolo giuridico. Si tratta di una dichiarazione politica-quadro per la collaborazione tra Italia e Cina in relazione alla connettività tra Europa e Asia, da realizzare sulla imprescindibile base dei principi e degli standard definiti in sede europea e multilaterale.
  Nella visione italiana il
Memorandum favorirà la creazione di una cornice di riferimento per promuovere la dimensione marittima e terrestre della connettività euro-asiatica anche verso il Mediterraneo. Nel memorandum si valorizza il potenziale sviluppo di sinergie con il sistema italiano di porti, trasporti e infrastrutture, in coerenza con il rafforzamento delle reti di trasporto e di collegamento trans-europee.
  Il
memorandum articola criteri e interessi alla base della collaborazione, quali l'accesso al mercato, la tutela della proprietà intellettuale, nonché l'individuazione di sinergie in ambito Bri secondo principi e standard consolidati derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
  La firma di tale documento rappresenta uno strumento su cui fare leva per consentire un più strutturato accesso delle nostre imprese al mercato cinese, anche con l'obiettivo di pervenire a un riequilibrio dei rapporti commerciali bilaterali che, pur dinamici, restano in forte disavanzo.
  Peraltro si segnala che il
memorandum non menziona i porti citati nell'interrogazione e che non sono state firmate intese tra Terna e Leonardo e imprese cinesi né nel corso della visita di Stato in Italia del Presidente cinese Xi Jinping di marzo 2019, come risulta dalla lista di intese commerciali pubblicate sul sito internet di Palazzo Chigi, né durante la visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Cina dell'aprile 2019.
  Per quanto riguarda le garanzie relative ai sistemi per la sicurezza delle informazioni e delle comunicazioni, si segnala che è stato approvato il 25 marzo 2019 il decreto-legge n. 22 del 2019 (convertito con legge n. 41 del 20 maggio 2019) per l'ampliamento del campo di applicazione del
Golden Power, che in precedenza riguardava solo l'acquisizione di partecipazioni azionarie o le acquisizioni di aziende. Esso rafforza i poteri e le misure di protezione a disposizione del Governo italiano anche con riguardo all'implementazione dell'infrastruttura digitale 5G. Presso il Ministero dello sviluppo economico è inoltre attiva dal 19 febbraio una struttura strategica, il «Centro di valutazione e certificazione nazionale-CVCN» per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell'assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture critiche, previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 febbraio 2017.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   DI STASIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di gennaio 2018 non si hanno più notizie dei nostri connazionali Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, rapiti verosimilmente da gruppi criminali messicani;

   i tre italiani si trovavano in Messico per lavoro e pare si occupassero dell’import ed export di macchinari. In particolare, Raffaele Russo era in Messico da tempo: risiedeva a Tecaltitlan, città dello stato di Jalisco. Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, erano invece arrivati nella città centroamericana soltanto cinque giorni prima della loro sparizione, risalente al 31 gennaio, proprio per cercare Raffaele Russo, del quale non si avevano più notizie da diversi giorni;

   la zona in cui sono scomparsi i tre italiani è considerata un feudo del Cartel Jalisco Nueva Generación, una delle organizzazioni criminali più potenti del Messico. Le autorità locali, nel febbraio 2018, arrestarono 4 agenti della polizia locale di Tecalitlan, con l'accusa di aver consegnato i tre italiani ad un gruppo armato in cambio di 43 euro. Tuttavia questo provvedimento non condusse ad alcuna svolta nelle indagini per individuare i tre «desaparecidos»;

   nei mesi successivi altri due connazionali che facevano lo stesso mestiere dei tre scomparsi sono stati assassinati con colpi d'arma da fuoco in Messico;

   l'avvocato delle famiglie Russo e Cimmino, Claudio Falleti, ha presentato ricorso all'Onu al quale – si apprende da fonti di stampa – lo Stato messicano ha recentemente risposto e dal quale sarebbero emersi i seguenti particolari: da un'intercettazione telefonica risulterebbe che Josè Guadalupe Rodriguez Castillo, noto come el Quince, boss del cartello Nueva generación attivo soprattutto nello Stato del Jalisco, da indicazioni ad un altro capo cartello affinché faccia ciò che vuole dei «due italiani». Il riferimento sarebbe quindi ad Antonio Russo e Vincenzo Cimmino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se disponga di informazioni circa la sorte dei tre italiani scomparsi;

   quali iniziative intenda eventualmente intraprendere, per quanto di competenza, per aiutare le indagini e arrivare a una definizione del caso dei tre italiani scomparsi nello Stato di Jalisco in Messico.
(4-03056)

  Risposta. — La vicenda dei tre connazionali scomparsi in Messico, originari di Napoli, è seguita dalla Farnesina, in stretto raccordo con l'ambasciata a Città del Messico, fin da quando, il 1° febbraio 2018, i familiari ne segnalarono la sparizione nel pomeriggio del 31 gennaio 2018.
  L'autorità giudiziaria dello Stato di Jalisco ha avviato un'indagine sulla base della denuncia sporta dai familiari. Un fascicolo è stato poi aperto anche dalle autorità giudiziarie italiane (procure di Roma e Napoli). È tuttora in corso un dialogo diretto tra l'autorità giudiziaria italiana e quella messicana e gli sviluppi investigativi della vicenda sono anche adesso seguiti direttamente dall'autorità giudiziaria e coperti dal necessario riserbo istruttorio.
  La Farnesina ha mantenuto sin dall'inizio contatti quotidiani con i congiunti in Italia, garantendo, loro un costante aggiornamento sullo stato delle indagini, anche attraverso le informazioni trasmesse dall'ambasciata, che ha costantemente svolto presso le competenti autorità messicane un'incisiva azione di sensibilizzazione perché fossero chiarite le circostanze che hanno condotto alla scomparsa dei connazionali.
  La vicenda venne sollevata dall'allora Ministro Alfano in un colloquio telefonico con l'omologo messicano svoltosi il 27 febbraio 2018. Lo stesso Ministro aveva poi ricevuto i familiari il 6 marzo e una missione in Messico guidata dall'allora sottosegretario Enzo Amendola (19-23 marzo) aveva permesso di intervenire sui più autorevoli interlocutori messicani a livello politico, giudiziario e investigativo. A seguito di tale missione i familiari dei tre connazionali erano stati nuovamente ricevuti al Ministero il 30 marzo.
  In seguito all'insediamento dell'attuale Governo, i familiari sono stati ricevuti una prima volta da funzionari della Farnesina il 21 dicembre 2018, mentre il 16 gennaio 2019 li ho incontrati personalmente. Nel corso dell'incontro ho ribadito il fermo impegno del Governo italiano a una decisa azione di sensibilizzazione sulle autorità messicane affinché le indagini proseguissero in maniera concreta ed effettiva e le richieste avanzate dalla magistratura italiana – nell'ambito della sua attività d'indagine condotta sulla vicenda – ricevessero rapido e completo riscontro.
  Dando seguito a quanto comunicato ai familiari, il 22 gennaio 2019 ho incontrato l'incaricato d'affari a.i. messicano, Jorge Luis Hidalgo, per sottolineare l'attenzione del Governo alla vicenda, esprimendo l'aspettativa di arrivare presto alla verità sulla sorte dei connazionali.
  In parallelo, l'ambasciata a Città del Messico sensibilizzava il procuratore generale della Repubblica, Gertz Manero, il sottosegretario per i diritti umani, Alejandro Encinas e più recentemente la nuova titolare della Commission nacional de busqueda, Karla Quintana, incaricata del coordinamento delle attività di ricerca delle oltre 40 mila persone scomparse in Messico.
  La vicenda è stata evocata altresì a margine degli incontri istituzionali che ho avuto a Città del Messico il 4-6 giugno e, su mia indicazione, l'ambasciatore Maccotta si è recato il 6 giugno a Jalisco per un incontro con i vertici giudiziari locali finalizzato a tracciare un punto di situazione sugli sviluppi delle indagini. Gli interlocutori, dopo aver riepilogato gli eventi che hanno portato al sequestro ed alla scomparsa dei connazionali, hanno rimarcato l'interesse e la piena volontà a collaborare per la pronta risoluzione della tragica vicenda.
  Ho incontrato, da ultimo, nuovamente i familiari alla Farnesina il 25 giugno 2019, aggiornandoli sull'esito delle iniziative svolte e confermando il mio impegno sul caso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 novembre 2018, secondo quanto si riferisce sul sito internet Arpat Toscana, è divampato un incendio in un'area vicina al campo della comunità rom di Ospedaletto a Pisa. Nella zona interessata erano stati depositati rifiuti ingombranti di varia tipologia, elettrodomestici, pneumatici, sfalci e potature. Il personale dell'Arpat, intervenuto sul luogo, ha segnalato all'amministrazione comunale la necessità di ripristino dello stato dei luoghi a seguito dell'incendio, oltre all'adozione di provvedimenti per contrastare il ripetersi di tali episodi –:

   se risultino al Governo essersi verificati episodi simili nelle aree attigue;

   se siano state effettuate verifiche, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, sui rischi ambientali e per la salute pubblica arrecati dal succitato episodio ed altri simili eventualmente verificatisi;

   se, considerati la pericolosità dell'evento e i danni ambientali provocati dall'abbruciamento, ove l'incendio risulti collegato alla presenza del campo rom si intenda adottare ogni iniziativa di competenza per sgomberare la comunità rom di Ospedaletto.
(4-01676)

  Risposta. — Nella serata del 10 novembre 2018 i vigili del fuoco, coadiuvati da una pattuglia del reparto radiomobile dei carabinieri, della polizia locale e dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, sono intervenuti presso il campo della comunità rom ubicato in località Ospedaletto a Pisa a causa di un incendio divampato in una discarica di materiali vari, verosimilmente depositati dagli stessi abitanti del campo.
  A seguito dell'incendio, subito domato, non si sono verificati danni a persone, cose e/o a risorse ambientali e naturali.
  Dalla relazione dell'Arpat emerge che la ricaduta dei fumi, localizzata sostanzialmente sul sito stesso, al massimo potrebbe aver raggiunto i 200 metri e, considerata la durata dell'incendio e le condizioni meteo in quel momento – l'Arpat – ha ritenuto «non significativa la valutazione della ricaduta».
  La questione è all'attenzione dell'amministrazione comunale di Pisa che in raccordo con la locale prefettura ha avviato le procedure finalizzate allo sgombero del campo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   D'UVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di organico nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, causata per lo più dal blocco del turnover, è giunta a un tale livello di criticità da rischiare l'efficacia e l'efficienza dei compiti ad esso assegnati;

   invero, con il «decreto Madia», il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre ai compiti già in precedenza assegnati, si è visto attribuire le competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi (Aib), comprese quelle inerenti all'ausilio di mezzi da terra e aerei, il coordinamento delle operazioni di spegnimento e la partecipazione alla struttura di coordinamento nazionale e a quelle regionali;

   inoltre, con decreto ministeriale n. 284 del 19 dicembre 2018, è stato indetto un bando di concorso a n. 1144 posti di capo squadra, che porterà ulteriori criticità dettate dalla carenza di unità operative nel ruolo di vigile del fuoco;

   da ultimo, con l'articolo 2 del decreto legislativo 6 ottobre 2018, n. 127, è stato previsto che il corso di formazione per allievi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco preveda una durata di complessivi 9 mesi (6 mesi di corso + 3 mesi di applicazione pratica), invece dei 7 mesi totali previsti in precedenza –:

   se il Ministro interrogato, al fine di superare la grave carenza di organico che affligge il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, intenda assumere iniziative atte ad accelerare l'inserimento in organico di nuove unità operative, al fine di affrontare al meglio tutte le competenze ad esso assegnate.
(4-02633)

  Risposta. — In via preliminare si evidenzia che questa Amministrazione sta dedicando notevole impegno per risolvere la problematica del ripianamento dell'organico del corpo nazionale dei vigili del fuoco che, al momento, a fronte di una previsione di 37.781 dipendenti, soffre di una carenza di poco più di 3.000 unità.
  Sono, infatti, in corso di attuazione diverse misure volte a mitigare l'incidenza di tale
deficit.
  In particolare, con la legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) è stata prevista l'assunzione straordinaria di 1.300 unità, con una programmazione quinquennale, a decorrere dal 1° ottobre di ogni anno, in particolare: 50 unità per il 2018, 100 per il 2019 e 383 per gli anni 2020 e 2021, 384 per il 2022.
  La stessa legge ha disposto un incremento della dotazione organica di 300 unità, di cui le prime 210, avendo concluso il corso di formazione, sono state assegnate alle sedi di servizio il 13 maggio scorso, mentre le restanti 90 unità hanno iniziato lo specifico corso di formazione lo scorso 27 dicembre.
  La particolare attenzione del Governo al tema del rafforzamento degli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si è concretizzata in un importante risultato contenuto nella legge di bilancio per il 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) con la quale è stata, infatti, prevista l'assunzione straordinaria di 1.500 unità in un biennio.
  In proposito, si informa che le prime 650 unità sono state assunte e hanno iniziato, il 14 maggio scorso, il corso di formazione; ulteriori 200 unità saranno assunte il prossimo ottobre.
  Sempre in relazione ai nuovi ingressi in organico, si evidenzia che entro la fine dell'anno saranno assunte ulteriori 838 unità di vigili del fuoco, a copertura delle cessazioni dal servizio, avvenute nel 2018.
  Le suddette iniziative appena descritte, permetteranno, pertanto, nel corso dei prossimi anni di ripianare, in parte, le carenze di organico rappresentate nell'interrogazione.
  In ordine al corso di formazione per allievi vigili del fuoco presso le Scuole centrali antincendio, si fa presente che il decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, nella formulazione originaria, ne prevedeva una durata complessiva di 12 mesi, articolata in 9 mesi di formazione di base e 3 mesi di applicazione pratica presso i comandi dei vigili del fuoco.
  Tale periodo di formazione è stato poi dimezzato dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, anche in relazione alle pressanti esigenze di riduzione della spesa pubblica di quel periodo. Successivamente, con il decreto legislativo 6 ottobre 2018, n. 127, è la durata del corso è stata fissata in 9 mesi.
  Si rappresenta, in conclusione, che al fine di accelerare le procedure per le numerose nuove immissioni in servizio previste dalle disposizioni citate, il Ministero dell'interno ha predisposto una proposta normativa per portare la durata del corso di formazione a 6 mesi, in via eccezionale e per un tempo limitato al biennio 2019-2020, proposta che sarà presentata in sede di conversione del decreto-legge n. 53 del 2019 «sicurezza bis».

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   FIORINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 19-quinquiesdecies del decreto-legge n. 148 del 2017, convertito dalla legge n. 172 del 2017, ha obbligato i gestori dei servizi di telefonia a riportare i cicli di fatturazione a 30 giorni, dopo che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) si era espressa considerando i cicli di fatturazione su base quadrisettimanale adottati negli ultimi anni, come aumenti tariffari surrettizi dell'8,6 per cento;

   i gestori di telefonia, nell'ottemperare all'obbligo di adeguarsi alla nuova normativa entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (quindi entro i primi giorni di giugno 2018), riportando i cicli di fatturazione a 30 giorni, hanno aggirato la norma, introducendo un aumento dell'8,6 per cento, che, secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), rappresenterebbe l'evidenza di un'intesa anticoncorrenziale;

   l'AGCM, con provvedimento del 21 marzo 2018, ha conseguentemente disposto la sospensione di tale aumento tariffario, prevedendo che gli operatori formulassero in maniera indipendente le proprie proposte tariffarie;

   mentre alcuni operatori si adeguavano tempestivamente alla delibera dell'AGCM, altri reagivano riconfigurando le proprie tariffe in un modo considerato illegittimo dall'AGCom, in quanto non rispondente a criteri di trasparenza e non idoneo a fornire adeguate indicazioni sul possibile esercizio del diritto di recesso;

   nonostante l'avvio di un procedimento sanzionatorio da parte di AGCom con riferimento alle predette condotte, questi operatori hanno lasciato invariata la propria offerta e, allo stato, all'interrogante non risultano adottati provvedimenti sanzionatori da parte dell'Autorità preposta;

   è necessario rispondere alle numerose segnalazioni pervenute sull'argomento dalle associazioni dei consumatori, che richiedono di disporre il blocco di queste condotte con un'esemplare sanzione agli operatori inadempienti e, soprattutto, il pieno ristoro dei consumatori –:

   quali iniziative normative il Governo intenda intraprendere per garantire il rispetto dei diritti dei consumatori, l'equo trattamento di tutti gli operatori e il risarcimento di quanto indebitamente chiesto ai clienti coinvolti.
(4-01369)

  Risposta. — In merito all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente e sentita l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla cadenza su base mensile o di multipli del mese del rinnovo e della fatturazione dei servizi di comunicazione elettronica di cui all'articolo 9-
quinquiesdecies del decreto-legge n. 148 del 2017, convertito dalla legge n. 172 del 2017.
  In particolare, la norma sopra richiamata è intervenuta per porre fine ad una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli articoli 20 e successivi del codice del consumo, (accertata come tale dalle
Authorities, all'uopo preposte) posta in essere, negli ultimi tempi, dalle società di telecomunicazioni e di pay tv consistente nell'adozione di una nuova periodicità di fatturazione e di rinnovo delle offerte fissata ogni 28 giorni anziché a cadenza mensile.
  Tale norma demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) la verifica del rispetto di tale obbligo e l'eventuale irrogazione di sanzioni.
  Inoltre, lo stesso Codice del Consumo (articolo 27) individua l'Autorità garante per la concorrenza e del mercato (AGCM), quale Autorità competente di riferimento con pregnanti poteri inibitori, di accertamento e sanzionatori in materia di pratiche commerciali scorrette.
  Pertanto, nell'ambito della regolazione dei servizi di pubblica utilità, nella fattispecie dei servizi di comunicazione elettronica, è opportuno fare riferimento al rapporto tra i provvedimenti cautelari adottati dall'AGCM per la sussistenza di una possibile intesa restrittiva della concorrenza e i procedimenti avviati dall'AGCOM per la violazione della normativa di settore.
  L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera n. 495/17/CONS, ha emanato le linee guida in applicazione delle nuove norme sulla fatturazione mensile, identificando il mese solare quale riferimento temporale per i rinnovi e la fatturazione dei servizi e precisando l'obbligo di garantire agli utenti – ai sensi dell'articolo 70, comma 4 del Codice delle Comunicazioni – il diritto di recesso senza costi né penali nel caso in cui, in sede di ripristino della cadenza mensile, venissero modificate le tariffe delle offerte. La successiva delibera n. 496/17/CONS ha impartito agli operatori indicazioni precise circa le modalità e le procedure da seguire durante la delicata fase di transizione dalla fatturazione quadrisettimanale a quella mensile, al fine di garantire una corretta informazione e una trasparente pubblicazione dei servizi e delle tariffe generali agli utenti.
  Nello stesso tempo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ordinato, in virtù dei propri poteri, con delibera n. 27025 del 21 marzo 2018, la sospensione cautelare delle modifiche contrattuali attuate dagli operatori (Fastweb s.p.a., TIM s.p.a., Vodafone s.p.a. e Wind Tre s.p.a.), a partire dal mese di aprile 2018, in quanto oggetto di una intesa concernente la determinazione del
repricing comunicato agli utenti in occasione della rimodulazione del ciclo di fatturazione da quadri settimanale a mensile, in ottemperanza agli obblighi regolamentari e normativi introdotti dalla citata legge n. 172 del 2017, disponendo che ogni operatore definisca i termini della propria offerta di servizi in modo indipendente dai concorrenti.
  A seguito di tale provvedimento, gli operatori interessati hanno assunto condotte diversificate (annullamento, mantenimento o riduzione della precedente percentuale di aumento di costo delle offerte pari all'8,6 per cento) ponendo contestualmente l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella condizione di esercitare le proprie funzioni di vigilanza in merito al rispetto della normativa di settore riferita agli obblighi di trasparenza informativa e diritto di recesso.
  All'esito delle dovute verifiche, è emerso che gli operatori TIM s.p.a. e Wind Tre s.p.a. hanno posto in essere condotte in contrasto con i predetti obblighi e, pertanto, l'Agcom ha avviato i relativi procedimenti sanzionatori nei confronti di tali Società per la violazione del richiamato articolo 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche, in combinato disposto con l'articolo 6, allegato A, della delibera 519/15/CONS e dell'articolo 1, comma 3-
bis del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito nella legge n. 40 del 2007. La condotta è sanzionabile ai sensi dell'articolo 98, comma 16, del medesimo Codice.
  L'Agcom ha poi adottato due provvedimenti di ordinanza ingiunzione (con delibere 521/18/CONS e 522/18/CONS), comminando alle società TIM s.p.a. e Wind Tre s.p.a. una sanzione pecuniaria pari, rispettivamente, a euro 1.044.000,00 e 870.000,00.
  Successivamente, con delibera 269/18/Cons l'Agcom ha stabilito che entro il 31 dicembre 2018 gli operatori di telefonia TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb, avrebbero dovuto restituire in bolletta i giorni illegittimamente erosi agli utenti, a seguito della fatturazione a 28 giorni delle offerte di telefonia fissa.
  Con ordinanza del 18 dicembre 2018, il Consiglio di Stato, accogliendo le istanze degli operatori TIM, Wind Tre, Vodafone e Fastweb, ha temporaneamente sospeso per esigenze cautelari fino al 31 marzo 2019, l'obbligo di rimborso dei giorni erosi a seguito della fatturazione a 28 giorni, obbligo confermato con sentenza di primo grado dal Tar. I giorni di rimborso che ciascun operatore doveva riconoscere in fattura ai propri utenti riguardano il periodo compreso tra il 23 giugno 2017 e la data in cui è stata ripristinata la fatturazione su base mensile, ossia i primi giorni di aprile 2018.
  Il Consiglio di Stato, la cui decisione sui rimborsi in parola è stata più di una volta rinviata – nonostante le pronunce favorevoli del TAR e dell'Autorità garante – ad oggi ha respinto la sospensiva richiesta da Vodafone, Wind Tre e Fastweb e ha raccomandato alle compagnie telefoniche di predisporre un «piano di storno scaglionato», in attesa dell'udienza di merito fissata per il prossimo 4 luglio 2019.
  Nel frattempo, gli operatori coinvolti stanno presentando dei piani alternativi, satisfattivi del diritto di ristoro degli utenti, sotto forma di utilizzo di servizi offerti gratuitamente per il numero di giorni che spettano come rimborso. I consumatori interessati hanno facoltà di accettarli, con l'accortezza di verificare, caso per caso, se sono effettivamente convenienti e conformi alle linee guida dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Comunque, resta salvo il diritto del consumatore di avere il risarcimento in fattura.
  Ad ogni buon fine, si evidenzia che alcune associazioni dei consumatori aventi rappresentatività nazionale, iscritte all'elenco del Ministero dello sviluppo economico, di cui all'articolo 137 del Codice del Consumo, hanno avviato una raccolta di pre-adesioni per un'eventuale
class-action (ex articolo 140-bis codice del consumo).
  Tale iniziativa, potrebbe risultare vantaggiosa non solo per gli utenti della telefonia fissa che hanno cambiato operatore, ma anche per tutti i clienti della telefonia mobile interessati a reclamare un danno ulteriore, nell'ipotesi in cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) dovesse accertare il cartello anticoncorrenziale tra gli operatori interessati.
  Il Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto dell'attività di vigilanza svolta dalle autorità preposte, valuterà l'opportunità di adottare eventuali misure tecnicamente percorribili, anche normative, volte a garantire la massima tutela dei diritti dei consumatori in materia di contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Dario Galli.


   FIORINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comando reggiano dei vigili del fuoco negli ultimi mesi sta riportando una preoccupante sequenza di rotture ai mezzi di soccorso a causa della loro anzianità e del logorio;

   solo per rendere l'idea della criticità della situazione, si evidenzia che il parco automezzi della provincia (centrale, distaccamenti di Guastalla, Sant'Ilario e Castelnovo né Monti) è composto da dieci Aps (auto pompe serbatoio) con un'età compresa tra gli 8 e i 28 anni per una media di servizio di 17 anni;

   l'autogrù del comando ha dovuto subire recentemente dei fermi poiché l'usura dei pneumatici ne pregiudicava la sicurezza;

   inoltre, l'unica autoscala della sede centrale, mezzo fondamentale per la sicurezza degli operatori e per i soccorsi in altezza, è spesso fuori servizio e il territorio, di conseguenza, rimane con la sola autoscala acquistata con fondi provenienti dalla protezione civile regionale e da sponsor locali;

   gli ultimi stanziamenti a livello nazionale per l'acquisto di nuove Aps risalgono al 2017 con la finanziaria del Governo Gentiloni che prevede fondi molto carenti, si parla di una Aps per ogni comando provinciale;

   non meno grave è la situazione delle risorse finanziarie a disposizione per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi che costringono a riparazioni in economia che spesso si rivelano inefficaci;

   basta immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non si fosse potuto contare sui mezzi di servizio durante le operazioni di soccorso nel grave incendio di via Turri del mese di dicembre 2018 che ha provocato decine di feriti e la morte di due persone;

   a tutto ciò si aggiunge la carenza di organico che per le quattro sedi dovrebbe essere di 200 unità, ma mancano circa 30 vigili del fuoco;

   sono evidenti, quindi, la grave situazione di pericolo e l'enorme difficoltà in cui opera il personale per cercare di dare alla collettività un servizio efficiente, sicuro e professionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative il Ministro abbia assunto e intenda assumere per far fronte alle criticità derivanti dalle carenze sia di organico che del parco automezzi del comando provinciale reggiano.
(4-02671)

  Risposta. — Il ripianamento degli organici e il potenziamento delle risorse strumentali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresentano indubbie priorità dell'azione del Governo, impegnato fermamente a garantire sempre più elevati standard di efficienza del dispositivo di soccorso tecnico urgente.
  In premessa va rilevato che, in ragione delle carenze di fondi legate alla sfavorevole congiuntura economica, si è verificato, nel tempo, un progressivo invecchiamento del parco mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tuttavia, negli ultimi anni specifici interventi normativi di finanziamento hanno consentito l'avvio di un progressivo piano di ammodernamento dei mezzi operativi.
  Al riguardo, si informa che per gli anni 2018-2021 sono state già programmate le attività per le gare e i contratti finanziati con i fondi straordinari messi a disposizione dalle ultime due leggi di bilancio, finalizzate all'acquisizione di nuovi mezzi operativi per il soccorso tecnico urgente (fra i quali 240 auto pompe serbatoio, 180 autobotti serbatoio, 30 veicoli aeroportuali autoidroschiuma, 53 autoscale, 66 automezzi antincendio di piccole dimensioni per i centri storici).
  Tanto premesso, si precisa che il comando di Reggio Emilia – cui si fa riferimento nell'interrogazione – dispone dei seguenti automezzi: 10 autopompe serbatoio con un'età media di circa 17 anni, 2 autoscale, una piattaforma aerea antincendio per gli interventi in altezza e un'autogrù con circa 14 anni di servizio, in piena efficienza.
  All'esito delle procedure saranno valutate anche le specifiche esigenze del comando di Reggio Emilia nel più generale quadro dei fabbisogni dei presidi operanti sul territorio nazionale.
  Per quanto riguarda, invece, il personale a disposizione del predetto comando, si fa presente che rispetto a una previsione organica di 200 unità (72 capi reparto/capi squadra e 128 vigili del fuoco) sono attualmente presenti 179 unità (66 capi reparto/capi squadra e 113 vigili del fuoco).
  Le carenze nella qualifica di vigile del fuoco potranno essere ridotte all'esito delle procedure di assunzioni ordinarie e straordinarie avviate dal Ministero dell'interno ai sensi della legge di bilancio 2019 con quale è stato previsto un potenziamento dell'organico di ben 1.500 unità per il biennio 2019-2010.
  Al riguardo, si informa che il 13 maggio 2019 sono state assegnate ai comandi dei vigili del fuoco 236 unità e, in particolare, al comando di Reggio Emilia sono state destinate 11 unità.
  Ulteriori carenze potranno essere ridotte al termine dell'espletamento del concorso straordinario a 1.144 posti per capo squadra, per il quale sono in corso di svolgimento le relative procedure.
  Sono tuttora in corso, poi, alcune procedure finalizzate ad immissioni in servizio che consentiranno di mitigare ulteriormente le attuali carenze di personale.
  Sono, infatti, in fase di svolgimento due corsi di formazione, iniziati il 27 dicembre 2018 e il 14 maggio 2019, rivolti rispettivamente a 223 e 650 allievi vigili del fuoco, assunti in attuazione della predetta legge di bilancio 2019.
  Sempre in attuazione di quest'ultima legge, ulteriori 200 unità saranno assunte con decorrenza 7 ottobre 2019. Nella stessa data è prevista anche l'assunzione straordinaria di 100 unità, ai sensi della legge di bilancio 2018.
  Infine, entro la fine dell'anno ulteriori 838 unità di vigili del fuoco saranno assunte a copertura delle cessazioni dal servizio avvenute nel 2018.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che il 17 aprile 2019 la cittadina italo-ecuadoriana Saarhy Viviana Betancourt – impiegata a contratto disciplinato dalla legge locale, presso l'ambasciata d'Italia a Quito, Ecuador, previa autorizzazione del 18 febbraio 2019 da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – sia stata licenziata senza che, secondo quanto risulta all'interrogante, siano state espletate le legittime procedure di attuazione del disciplinare correlato;

   sulla base degli addebiti contestati all'impiegata, alla luce di una presunta istruttoria svolta dall'ambasciata d'Italia a Quito, sarebbe stata applicata l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso ai sensi dell'articolo 166, comma 3, lettere a) e d) del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 e degli articoli 12 e 13 del contratto individuale di impiego;

   malgrado la procedura preveda che sia fornita documentazione correlata all'accusa, non risulterebbe che la lavoratrice sia stata messa nelle condizioni di farlo, con grave nocumento del diritto di difesa;

   la contestazione disciplinare riferisce di una supposta falsità di firma su alcune legalizzazioni, ma la lavoratrice non ha avuto accesso a documenti comparativi per permettere una perizia grafologica e non le è stato consentito di prendere visione del registro di accesso alla sede del 2018 contenente orari di ingresso e uscita del personale; tutto ciò solleva forti dubbi circa la correttezza del procedimento in corso;

   secondo il predetto decreto del Presidente della Repubblica la formalizzazione della risoluzione del rapporto di lavoro necessita dell'approvazione da parte dell'ispettorato del lavoro ecuadoriano, quale garante per la corretta applicazione della norma e della procedura di licenziamento;

   gli avvocati della signora Bentacourt hanno evidenziato vistosi difetti di forma e di contenuto della procedura;

   l'ispettore del lavoro, unico titolato ad emettere la decisione risolutiva secondo la legge locale, risulta sia «scomparso» e sostituito da uno nuovo, il quale ha rapidamente approvato la procedura di licenziamento, affermando di non essere a conoscenza dei contenuti critici della precedente richiesta di approfondimento; dunque la decisione appare, pronunciata da un ispettore che secondo gli stessi avvocati sarebbe incompetente a decidere;

   inoltre, l'azione amministrativa attivata avrebbe dovuto essere prescritta secondo la normativa locale, perché a quanto consta all'interrogante, proposta tardivamente rispetto alla conoscenza degli eventi contestati; elemento eccepito dai difensori locali e disatteso dal nuovo ispettore; l'attuale procedimento locale risulterebbe privo delle garanzie di imparzialità e terzietà a tutela del diritto di difesa della lavoratrice;

   i difensori italiani hanno chiesto più volte l'interessamento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in tre diverse comunicazioni;

   il caso solleva molti interrogativi circa la disciplina in materia di impiegati a contratto della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale: non sussiste in capo agli impiegati, con contratto disciplinato da legge locale il diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento di cui all'articolo 55-bis, comma 4, del Testo unico delle leggi sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001) sebbene l'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 annoveri gli impiegati a contratto tra il «personale dell'Amministrazione degli affari esteri»; vige quindi per l'interrogante una palese sperequazione in tema di diritti tra lavoratori della medesima amministrazione;

   è auspicabile un superamento delle criticità circa la disciplina concernente gli impiegati a contratto, soggetti ad ordinamento italiano e a quello locale, ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica al fine di pervenire a un'equiparazione dei diritti contrattuali, scongiurando il ripetersi di episodi come quello sopra descritto –:

   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato in merito alla vicenda della signora Betancourt, in particolare sui motivi del mancato accesso agli atti del procedimento;

   se non ritenga opportuno intervenire nella vicenda suesposta al fine di fornire alla dipendente gli elementi richiesti;

   se intenda assumere iniziative per colmare i vuoti normativi in materia di lavoratori a contratto della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, consentendo una piena equiparazione dei diritti, attualmente sviliti, dei lavoratori.
(4-02979)

  Risposta. — In primo luogo si precisa che, con riferimento all'asserito grave nocumento al diritto di difesa della dipendente a contratto, la documentazione correlata alla contestazione degli addebiti è stata fornita alla signora Betancourt in allegato all'atto stesso di contestazione del 19 dicembre 2018, vale a dire sin dall'avvio del procedimento disciplinare.
  La procedura disciplinare si è svolta nelle forme prescritte e all'interessata è stato sempre garantito l'accesso agli atti del procedimento. La signora Betancourt si è difesa, sempre con l'assistenza dei propri avvocati, in prima battuta il 2 gennaio 2019 e poi, a correzione/integrazione, il 4 gennaio 2019, presentando le proprie giustificazioni scritte.
  Dopo due accessi agli atti e un accesso alla propria postazione PC, le è stato concesso un ulteriore periodo di 10 giorni, oltre il termine stabilito, per l'eventuale integrazione delle proprie giustificazioni. Il diritto alla difesa della signora Betancourt è stato dunque ampiamente garantito in tutte le forme e in ogni momento del procedimento.
  Corre poi l'obbligo di precisare che tutti gli atti richiesti dalla signora Betancourt sono stati forniti in copia ad eccezione dei seguenti:

   registro di ingresso e uscita del personale dalla sede (diniego motivato dalla concomitante necessità di tutelare la privacy di soggetti terzi, nonché dalla circostanza che tali registri afferiscono all'organizzazione della sicurezza della sede diplomatica);

   documenti comparativi per permettere una perizia grafologica in quanto le copie dei documenti richiesti non erano agli atti della sede. Per prassi ben nota all'interessata, i documenti legalizzati vengono consegnati al richiedente e dei medesimi non è trattenuta copia.

   In ordine all'istanza di accesso agli atti ricevuta in data 4 aprile 2019, si evidenzia che la stessa era inammissibile in quanto pervenuta quando era ampiamente esaurito il tempo a disposizione dell'interessata per la propria difesa in ambito disciplinare. Accogliendo l'invito dell'amministrazione, la signora Betancourt ha peraltro avuto modo di ripresentare l'istanza di accesso in data 14 giugno 2019 e, con l'occasione, ha ampliato la lista degli atti richiesti. Anche a tale istanza non si mancherà di dare pronto e puntuale riscontro.
   Con riferimento all'approvazione del licenziamento da parte dell'ispettorato del lavoro ecuadoriano, procedura esplicitamente prevista dal contratto d'impiego della dipendente, la stessa è stata attivata nei termini prescritti dalla normativa locale (nello specifico, entro 30 giorni dalla data in cui il Ministero ha autorizzato l'ambasciata ad irrogare la sanzione disciplinare) e, per quanto a conoscenza di questa amministrazione, si è svolta ritualmente. In ogni caso, lo svolgimento di tale procedura è di competenza esclusiva delle autorità ecuadoriane.
   Merita peraltro ricordare che il medesimo documento ispettivo (il cosiddetto «
vìsto bueno») precisa che «[..] la decisione adottata dal Funzionario della “inspección del trabajo” non pregiudica il diritto di ricorrere al Giudice del lavoro», diritto che, al momento, non risulta l'interessata abbia azionato. Si precisa che tale procedimento, ancorché posto ad ulteriore garanzia del dipendente che si giova della valutazione di un'istituzione terza (rispetto al procedimento disciplinare «interno»), quale appunto l'Ispettorato del lavoro locale, non è sottoposto al controllo di questa amministrazione.
   Più in generale si desidera assicurare che il diritto all'accesso agli atti istruttori del procedimento è sempre garantito anche al personale con contratto disciplinato da legge locale. Difatti, la summenzionata contestazione di addebiti riporta testualmente che l'interessata «potrà inoltre richiedere ai competenti uffici di questo ministero, con istanza scritta, di prendere visione ed ottenere copia degli atti del procedimento». Non può pertanto rilevarsi, a tal riguardo, sperequazione alcuna tra la tutela dei diritti del personale delle sedi estere a contratto e quella dei diritti del personale di ruolo dell'amministrazione.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   ILARIA FONTANA e GRANDE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il lago di Bolsena è il più grande lago vulcanico d'Europa, oltre che sito d'interesse comunitario (Sic, codice IT6010007), classificato come area sensibile e vulnerabile a causa del lento ricambio delle sue acque;

   il lago si trova nella regione Lazio e fa parte della provincia di Viterbo; i comuni che circondano il bacino sono: Bolsena, Montefiascone, Marta, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, San Lorenzo Nuovo;

   gli stessi comuni sopra citati costituiscono un agglomerato urbano che genera un carico pari a circa 35.000 abitanti equivalenti (di seguito a.e.) che si servono del lago per fognature e servizi idrici;

   tale agglomerato è interamente servito da rete fognaria che convoglia i reflui al depuratore gestito dalla società Co.ba.l.b s.p.a. ubicato nel comune di Marta. L'impianto ha una capacità organica di progetto pari a 48.500 a.e. ed effettua il trattamento biologico secondario e la disinfezione finale dei reflui, per poi scaricare le acque nel fiume Marta emissario del lago di Bolsena;

   i problemi di inquinamento discendenti da una supposta inadeguatezza del sistema fognario depurativo nei comuni citati sono stati oggetto del Caso EU Pilot 6800/14/ENVI avviato dalla Commissione europea;

   la regione Lazio ha finanziato nel 2015 un intervento, di importo pari a circa 2 milioni di euro, per la sostituzione di alcune parti vetuste. Per tale intervento è stato predisposto un bando per l'affidamento dei lavori, che sono stati aggiudicati definitivamente, con determinazione dirigenziale della regione Lazio n. G09947 del 14 luglio 2017 (gara CIG 64830573E1);

   i lavori per l'ammodernamento dell'impianto di depurazione e del relativo collettore a quanto consta all'interrogante sarebbero dovuti terminare entro aprile 2018, ma non risultano ad oggi ancora completati;

   nell'arco degli ultimi anni si sono verificati diversi casi di sversamenti di liquami e schiume nel fiume Marta che hanno causato anche morie di pesci;

   l'attuale efficacia dell'intero sistema di raccolta e trattamento delle acque reflue è compromessa in attesa del completamento degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito al sistema di depurazione in questione relativamente alla citata procedura di infrazione europea nei confronti dello Stato italiano;

   quali siano state le iniziative di competenza messe in atto, nel corso del tempo per risolvere detto contenzioso comunitario e dotare il lago delle dovute misure di depurazione delle acque.
(4-00998)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto già segnalato lo scorso 10 aprile in sede di seduta di question time Commissione VIII.
  Secondo quanto riferito dalla regione Lazio, per l'impianto di depurazione in argomento è stato previsto il completo rifacimento della parte elettro-meccanica, riutilizzando le opere civili preesistenti, in buono stato di conservazione, mentre per il sistema fognario circumlacuale è previsto un intervento di manutenzione straordinaria sulle stazioni di sollevamento, sostanzialmente attraverso l'installazione di nuove pompe.
  La regione ha evidenziato, inoltre, che, durante la fase di realizzazione dei lavori, sono emerse esigenze legate alla gestione dei fanghi presenti nell'impianto di depurazione, nonché alla necessità di intervenire in maniera più profonda sulle stazioni di sollevamento della circumlacuale.
  A fronte di tali esigenze, il 10 gennaio 2018 la regione ha disposto la parziale sospensione dei lavori sull'impianto di depurazione, per meglio definire le modalità di intervento per la gestione dei fanghi residui presenti nei comparti.
  Il 20 dicembre 2018, la regione Lazio ha approvato una perizia di variante al progetto redatta per far fronte alle esigenze emerse durante le lavorazioni. Inoltre, a seguito di ripetuti incontri con i soggetti istituzionali competenti, con il coinvolgimento dell'ATO 1, di Arpa Lazio, della Asl e degli uffici della provincia di Viterbo, è stato redatto un piano di gestione provvisoria dell'impianto di depurazione che delinea le fasi di lavoro, garantendo nel contempo la gestione dei fanghi. Tale piano di gestione è stato formalizzato alla provincia di Viterbo, come parte integrante della richiesta di autorizzazione provvisoria allo scarico, il 7 marzo scorso.
  A valle del rilascio dell'autorizzazione provvisoria allo scarico da parte della provincia, potranno essere ripresi i lavori previsti sull'impianto di depurazione.
  Verosimilmente le lavorazioni avranno una durata di circa 6 mesi, dopo i quali potrà essere raggiunta e stabilizzata un'adeguata capacità depurativa.
  Considerando le necessarie successive operazioni di taratura, prova e collaudo, il tempo stimato per poter consegnare formalmente l'impianto al gestore, è stato stimato in 9-12 mesi dall'inizio delle lavorazioni.
  Per quanto riguarda invece, il collettore fognario circumlacuale, l'intervento ha coinvolto 23 stazioni di sollevamento. Sono state alloggiate n. 31 pompe e sono stati forniti n. 23 nuovi quadri elettrici. Sebbene siano da completare ancora alcuni cablaggi elettrici e siano ancora da mettere in campo le lavorazioni e forniture ulteriori previste nella variante, ad oggi risulta ripristinata, in condizioni di funzionamento standard, la continuità idraulica del collettore fognario circumlacuale.
  Al termine delle lavorazioni previste in contratto, per le quali è stato stimato un tempo di 2-3 mesi, sarà possibile procedere ad un collaudo parziale dell'opera, propedeutico ad una consegna del comparto al gestore.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   La Sep Srl (Società ecologica pontina) è un'azienda che gestisce un impianto di compostaggio situato nel territorio di Pontinia, nell'area industriale di Mazzocchio, zona confinante con i comuni di Priverno e Sonnino, e in prossimità dei territori di Roccasecca dei Volsci, Sabaudia e Terracina;

   l'impianto, sottoposto a valutazione di impatto ambientale nel 2002, tratta in totale circa 50 mila tonnellate di rifiuti organici all'anno, di cui 32.500 tonnellate di umido (fanghi) e 17.500 tonnellate strutturanti di matrice lignocellulosica;

   con determinazione della regione Lazio n. G08407 del 2015 è stata rinnovata l'autorizzazione integrata ambientale (Aia) per questo impianto, avente durata decennale;

   nell'ottobre del 2017 l'impianto è stato posto sotto sequestro da parte della procura di Latina, per poi essere nuovamente posto sotto sequestro nel dicembre 2017;

   i rilievi sollevati da Arpa Lazio sull'impianto, trasmessi alla regione Lazio con nota prot. n. 78853 del 21 ottobre 2016, riguardano la presenza di percolato, produzione di cattivi odori e valori fuori specifica nel compost;

   con istanza del 27 settembre 2018, la società ha presentato una richiesta per l'assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, per variante sostanziale all'autorizzazione rilasciata nel 2015, chiedendo un aumento pari a 10 mila tonnellate dei quantitativi di trattamento precedentemente autorizzati;

   con circolare prot. n. 4064/2018 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recante «Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi» è stato specificato che «la movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti, siano effettuate in condizioni di sicurezza, evitando per quanto possibile, rumori e molestie olfattive»;

   malgrado i rilievi sollevati da Arpa Lazio e il sequestro dell'impianto da parte della procura di Latina, non risultano procedimenti di sospensione o revoca delle autorizzazioni attuati dalla regione Lazio; ai sensi dell'articolo 29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;

   in mancanza di revoca o sospensione dell'Aia si genera un paradosso nel quale per un impianto sottoposto a sequestro possa essere richiesto l'ampliamento –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di adottare iniziative normative volte a escludere la possibilità di rilascio di autorizzazioni ambientali per l'ampliamento di impianti per il trattamento dei rifiuti in presenze di gravi circostanze come quelle sopra richiamate.
(4-01881)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La regione Lazio riferisce che l'impianto della S.E.P. S.r.L, localizzato all'interno dell'area di sviluppo industriale Sita in località Manocchio, nel comune di Pontinia (Latina), è attualmente autorizzato a trattare un massimo di 49.500 tonnellate di rifiuti non pericolosi all'anno, così come previsto dall'A.I.A. rilasciata giusta determinazione dirigenziale n. 308407, del 7 luglio 2015, e successive modificazioni e integrazioni.
  Nel 2017, su richiesta del pubblico ministero, l'impianto è stato sottoposto a sequestro dall'A.G. ma, al fine di consentire la prosecuzione delle attività autorizzate, è stata disposta la nomina di un custode giudiziario.
  Il 22 dicembre 2017 la regione Lazio ha avviato un procedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale relativa all'installazione della società S.E.P. S.r.L, sita nel comune di Pontinia (Latina), finalizzato all'aggiornamento delle condizioni di autorizzazione a suo tempo stabilite. Il procedimento in corso non riguarda alcun incremento di volumetrie di rifiuti da trattare.
  Come viene precisato dalla stessa Regione il riesame è rivolto ad una nuova valutazione delle attività gestionali autorizzate presso l'impianto in questione, al fine di adeguare e rendere più stringente, per il gestore, l'attuale quadro prescrittivo previsto nella stessa A.I.A.
  L'Arpa, sulla base di quanto previsto dall'articolo 29-
quater comma 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha provveduto a rilasciare il parere di competenza per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo dell'installazione.
  Ancora, la regione informa che, di recente, su precisa disposizione degli uffici della Autorità competente è stata sospesa l'autorizzazione al conferimento dei rifiuti non pericolosi costituiti dai cosiddetti «fanghi», rimanendo impregiudicata la possibilità, da parte della stessa SEP s.r.l., di accogliere presso l'impianto in questione le altre tipologie di rifiuti non pericolosi già autorizzate, ovvero rifiuti cosiddetti «verdi» e costituiti dalla cosiddetta «FORSU», ovvero la frazione organica dei rifiuti solidi urbani, raccolta separatamente.
  Rispetto alla questione degli incrementi delle volumetrie di rifiuti da trattare, risulta che in data 28 settembre 2018 la società SEP ha prodotto specifica istanza riguardante un incremento da 49.500 tonnellate a 60.000 delle quantità annue di rifiuti conferibili e trattabili (R3), rispetto a quelle già autorizzate.
  Per quanto concerne il procedimento di verifica di assoggettabilità alla VIA, avente ad oggetto l'incremento del quantitativo massimo di rifiuti non pericolosi previsto a trattamento su base annua, nonché la possibilità di introdurre, in una nuova area, ulteriori attività di raffinazione del compost prima che questo sia collocato sul mercato, i competenti uffici regionali non hanno ancora completato l'istruttoria del procedimento attivato dal proponente.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proseguirà a mantenere alto il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la legge 26 ottobre 1995, n. 447, dispone, tra l'altro, che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, nel caso di superamento dei valori limite normativi, hanno l'obbligo di predisporre piani di contenimento ed abbattimento del rumore, mentre il decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1998, n. 459, definisce le norme per la prevenzione e il contenimento dell'inquinamento da rumore avente origine dall'esercizio delle infrastrutture ferroviarie;

   l'articolo 60 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, prevede che il gestore dell'infrastruttura ferroviaria impegni, in via ordinaria, una quota non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio, previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse, per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore, mentre l'articolo 5, comma 3, del decreto del Ministero dell'ambiente del 29 novembre 2000, stabilisce che gli interventi strutturali finalizzati all'attività di risanamento devono essere effettuati secondo la seguente priorità: a) sulla sorgente rumorosa b) lungo la via di propagazione del rumore c) direttamente sul ricettore;

   il 29 gennaio 2004 è pervenuto alla regione Emilia-Romagna, da parte di Rete ferroviaria italiana, il piano di contenimento ed abbattimento del rumore ferroviario previsto dal decreto del Ministero dell'ambiente del 29 novembre 2000 (articolo 2, comma 2, lettera b.2);

   vi è l'esigenza di superare gli ostacoli interpretativi che si oppongono alla realizzazione degli interventi di risanamento acustico del rumore prodotto dall'esercizio delle infrastrutture ferroviarie e di definire un quadro di riferimento univoco, ed un ambito certo, entro cui ricondurre il percorso di realizzazione degli interventi, anche al fine di evitare rallentamenti nella esecuzione di alcune opere prioritarie;

   in comune di Cadeo (provincia di Piacenza), segnatamente in via Guglielmo da Saliceto – da anni – i cittadini attendono la realizzazione di adeguati interventi di contenimento ed abbattimento del rumore a margine della linea ferroviaria Milano-Bologna. Recenti rilevazioni effettuate su specifica richiesta del comune di Cadeo (in corrispondenza di via da Saliceto e del plesso scolastico) hanno confermato la gravità della situazione in essere, tant'è che dalla relazione tecnica resa risulta che «il valore di livello sonoro misurato e riferito al transito di convogli ferroviari è superiore al valore limite indicato dalla vigente normativa, in tutte le circostanze verificate», ed è inoltre peggiorato rispetto ai rilievi effettuati nel 2015 –:

   se risponda al vero la notizia che per l'intervento nel comune di Cadeo il piano di contenimento ed abbattimento del rumore (Pcar) di Rete ferroviaria italiana prevede la realizzazione di una barriera acustica di 1237 metri (di altezza variabile tra 2 metri e 7,5 metri) e che lo stesso intervento sia collocato alla VI annualità, cioè nel secondo stralcio del piano di Rete ferroviaria italiana, che risulta vagliato dalle regioni per l'approvazione in Conferenza unificata;

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per giungere in tempi celeri alla soluzione del problema che qui interessa, non più ulteriormente tollerabile.
(4-00208)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si precisa che il decreto ministeriale ambiente 29 novembre 2000, relativo alla predisposizione, da parte degli Enti gestori delle infrastrutture di trasporto, dei Piani degli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore, in attuazione della legge quadro sull'inquinamento acustico (n. 447 del 1995), prevede, com'è noto, che il Ministro dell'ambiente approvi i piani di interesse nazionale o di più regioni, d'intesa con la conferenza unificata.
  In linea con tale previsione, Rete ferroviaria italiana s.p.a. ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 31 dicembre 2003, il piano di competenza (Primo stralcio) sul quale è stata raggiunta, il 1° luglio 2004, l'intesa con conferenza unificata che ha indicato alcune prescrizioni a quanto presentato, per l'approvazione della fase relativa al primo quadriennio di attuazione.
  A marzo 2009, Rfi s.p.a. ha trasmesso al Ministero l'aggiornamento del piano per le fasi successive alla prima. Tale Piano è stato successivamente inviato ad Ispra ai fini istruttori. Dalla relazione istruttoria sono emerse alcune criticità, per la risoluzione delle quali si sono svolti presso.il Ministero dell'ambiente diversi incontri con Rfi s.p.a., le regioni, l'Ispra, l'Upi, l'Anci e le competenti direzioni generali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Nel febbraio 2016, è stata avanzata, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una cospicua quanto necessaria richiesta di integrazioni al gestore. Inoltre, in relazione alle criticità che avevano condotto, già nell'Intesa del 2004, ad un consistente quadro prescrittivo, è emersa la necessità, di istituire un Tavolo tecnico, con la presenza, oltre che del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della società RFI S.p.A., del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle regioni, dell'Ispra, dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF), dell'Anci e dei gestori dei servizi di trasporto pubblico. Il predetto Tavolo si è riunito per la terza volta il 18 luglio scorso.
  A valle di tali incontri e dell'istruttoria svolta dalle regioni e in seguito all'invio da parte di RFI s.p.a. di un cronoprogramma aggiornato degli interventi del piano di risanamento acustico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è adoperato per predisporre lo schema di decreto di approvazione dell'aggiornamento del piano, con ulteriori prescrizioni, che a breve sarà sottoposto alle regioni attraverso la conferenza unificata, finalizzata all'approvazione dello stesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto ministeriale 29 novembre 2000 per giungere, quindi, alla conclusione del procedimento.
  Per quanto attiene in particolare il comune di Cadeo (PC), l'Arpa ha fatto presente di aver svolto, nei mesi di ottobre 2017 e gennaio 2018, a seguito di specifica istanza del comune, nuove verifiche fonometriche in prossimità della linea ferroviaria «storica» Milano-Bologna, in due diverse postazioni. All'esito di tali verifiche, è stato «riscontrato un sensibile peggioramento in particolare se confrontato coi risultati ottenuti con le misure effettuate nel 2015».
  Pertanto, in ordine alle misure di contenimento e abbattimento del rumore, per il sito in parola, sono stati ricompresi appositi interventi nel predetto piano redatto da RFI. In particolare, è prevista la realizzazione – collocata temporalmente nell'ambito della sesta annualità che ricade nello schema di decreto di cui si è detto – di due tratti di barriera antirumore di lunghezza complessiva pari a metri 1.814 e altezza variabile tra metri 2 e 7,5.
  Inoltre, a partire dalla dodicesima annualità sono previsti ulteriori interventi, consistenti in barriere antirumore e interventi diretti sul ricettore.
  Alla luce delle informazioni esposte emerge, dunque, che le problematiche rappresentate sono tenute in debita considerazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale, unitamente alle regioni, ha svolto un consistente lavoro per fornire prescrizioni affinché il secondo stralcio del piano risulti approvabile in conferenza unificata, e rassicura che continuerà a svolgere le attività e valutazioni di competenza in materia con il massimo grado di attenzione, tenendosi informato anche attraverso gli altri enti istituzionali competenti.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   FRATOIANNI e MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   un articolo pubblicato l'8 aprile 2019 su Huffington Post raccoglie la denuncia del coordinamento «No Triv» in merito alla sospensione dei permessi di ricerca di petroli e gas nello Ionio e in altri siti prevista nel «decreto semplificazioni» recentemente convertito in legge dal Parlamento;

   secondo i «No Triv» senza un provvedimento amministrativo del Ministero dello sviluppo economico che renda effettive le disposizioni del «decreto semplificazioni» la sospensione annunciata non entrerebbe in vigore e le compagnie potrebbero continuare a fare ricerca nello Ionio, sotto Santa Maria di Leuca nel Salento, nelle aree di «Monte Cavallo» (tra Salerno e Potenza), «La Cerasa» e «Pignola» (in Basilicata), secondo le autorizzazioni rilasciate dallo stesso Ministero a dicembre 2018;

   nonostante ai comuni di queste tre aree sia recentemente arrivata una nota a firma del direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Giuseppe Lo Presti, in cui si comunica che è sospesa la valutazione di impatto ambientale circa i permessi di ricerca già accordati, il coordinamento «No Triv» sostiene che ciò non sia sufficiente affinché le autorizzazioni siano automaticamente sospese;

   il «decreto semplificazioni» sospende i permessi per 18 mesi, fino all'11 agosto 2020, data ultima prevista per l'approvazione del piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai);

   il costituzionalista Enzo Di Salvatore, attivista «No Triv» e autore dei quesiti referendari del 2016 sulle trivelle, ha dichiarato come non basti la legge e che senza il provvedimento amministrativo del Ministero dello sviluppo economico non c'è alcuna sospensione e che l'emanazione di tale provvedimento potrebbe essere stata evitata anche per scongiurare i possibili ricorsi da parte delle compagnie che, in caso di vittoria, potrebbero costringere lo Stato a pagare ingenti somme a titolo di risarcimento;

   l'importanza del provvedimento amministrativo, infatti, sempre secondo il costituzionalista Di Salvatore, nasce proprio dal fatto che è sulla base di questo che il cittadino, in questo caso le aziende petrolifere, possono ricorrere davanti al Tar, mentre la legge non sarebbe impugnabile e inoltre, un provvedimento amministrativo darebbe maggiori garanzie sulla sospensione –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, trovi conferma che per l'effettiva sospensione dei permessi di ricerca di idrocarburi sia necessario un provvedimento amministrativo del Ministero dello sviluppo economico; in tal caso, se non intenda adottare urgentemente i provvedimenti amministrativi di competenza relativi alla sospensione delle istanze e dei permessi di ricerca di petrolio e gas nello Ionio e in altri siti, rendendo così effettive le disposizioni contenute nel decreto-legge cosiddetto «semplificazioni» ed evitando che l'assenza di un apposito atto amministrativo possa rendere vana la norma di sospensione delle attività di estrazione e ricerca, permettendo alle compagnie petrolifere di continuare ad operare indisturbate, nonostante la volontà politica fosse quella di sospendere ogni autorizzazione.
(4-02732)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentite le direzioni generali competenti, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla «sospensione dei permessi di ricerca di petroli e gas nello Ionio e in altri siti prevista nel “decreto semplificazioni” recentemente convertito in legge dal Parlamento» e chiedono se il Ministro «non intenda adottare urgentemente i provvedimenti amministrativi di competenza relativi alla sospensione delle istanze e dei permessi di ricerca di petrolio e gas nello Ionio e in altri siti, rendendo così effettive le disposizioni contenute nel decreto-legge cosiddetto “semplificazioni” ed evitando che l'assenza di un apposito atto amministrativo possa rendere vana la norma di sospensione delle attività di estrazione e ricerca, permettendo alle compagnie petrolifere di continuare ad operare indisturbate, nonostante la volontà politica fosse quella di sospendere ogni autorizzazione».
  La materia è disciplinata dall'articolo 11-
ter «Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee» del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione» (decreto-legge Semplificazioni), articolo introdotto con legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12.
  Il suo comma 1 prevede l'approvazione, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione, del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI).
  Sullo specifico aspetto delle sospensioni, disciplinano invece i successivi commi da 4 a 6:

   «4. Nelle more dell'adozione del PiTESAI, [...] i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi sono sospesi, fatti salvi i seguenti procedimenti in corso o avviati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, relativi a istanze di:

    a) proroga di vigenza delle concessioni di coltivazione di idrocarburi in essere;

    b) rinuncia a titoli minerari vigenti o alle relative proroghe;

    c) sospensione temporale della produzione per le concessioni in essere;

    d) riduzione dell'area, variazione dei programmi lavori e delle quote di titolarità.

   5. La sospensione di cui al comma 4 non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto [...].
   6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino all'adozione del PiTESAI, i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, sono sospesi, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione, fermo restando l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività».

  La sospensione non riguarda invece le istanze di concessione di coltivazione già presentate né le attività di coltivazione in essere. I titoli minerari sospesi riprenderanno efficacia, dopo l'adozione del Piano, nelle aree in cui tali operazioni risulteranno compatibili con le previsioni del Piano stesso. Nelle aree che saranno invece ritenute non compatibili, il Ministro dello sviluppo economico provvederà a rigettare le istanze sia per nuovi i permessi che per le nuove concessioni di coltivazione non ancora rilasciate, e revocherà, anche limitatamente ad aree parziali, i permessi di prospezione e di ricerca in essere. Le attività di coltivazione esistenti, che dovessero risultare incompatibili con le previsioni del PiTESAI, manterranno invece la loro efficacia sino alla scadenza. Qualora il piano non dovesse essere adottato entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge, cesserebbe la sospensione prevista, sia per i procedimenti che per le attività esistenti.
  La «sospensione dei permessi di ricerca di idrocarburi» è dunque direttamente disposta da una fonte del diritto di rango primario, la cui effettività non è subordinata all'emanazione di un provvedimento amministrativo, di rango inferiore.
  Il decreto-legge n. 135 del 2018, convertito con legge n. 12 del 2019, demanda ad un decreto attuativo ministeriale la sola approvazione del PiTESAI, non già le disposizioni di sospensione, sulle quali l'azione amministrativa è invece vincolata da parametri determinati dal legislatore. Né la norma prevede una verifica di tipo amministrativo della sussistenza di specifiche condizioni per la sospensione temporale delle istruttorie di conferimento e dei permessi vigenti.
  A seguito dell'entrata in vigore della norma, il Ministro dello sviluppo economico ha quindi provveduto a dare comunicazione dell'intervenuta sospensione, delle istruttorie in corso e dei permessi vigenti, mediante pubblicazione di avviso sul bollettino ufficiale per gli idrocarburi e le georisorse (BUIG) del mese di febbraio 2019 e sul sito istituzionale dello stesso Ministero.
  Per quanto riguarda i timori espressi dagli interroganti circa il rischio di risarcimento di ingenti somme a carico dello Stato, si rappresenta che, all'atto della predisposizione della norma in parola, sono stati stimati gli effetti economico-finanziari e sono state prese in considerazione le eventuali richieste di risarcimento da parte degli operatori colpiti, al termine del periodo di moratoria previsto dalla legge, con un provvedimento di revoca del permesso conferito.
  Si rappresenta che le valutazioni compiute dal Governo sono state enunciate nella relativa relazione tecnica esaminata dal Servizio bilancio dello Stato della Camera dei deputati.
  In conclusione si segnala che, in merito alle istanze della Società SHELL («La Cerasa», «Monte Cavallo» e «Pignola») richiamate dagli interroganti, il Ministro dello sviluppo economico non ha rilasciato alcuna autorizzazione ad operare, non essendo stati adottati neanche i relativi decreti di conferimento, la cui emanazione è subordinata agli esiti della procedura di verifica di compatibilità ambientale e all'acquisizione dell'intesa della regione competente. Peraltro, sulla base della documentazione agli atti del Ministro dello sviluppo economico risulta che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia comunicato il preavviso di rigetto per l'istanza di verifica di compatibilità presentata dalla società SHELL per ciascuna delle tre istanze. I relativi procedimenti sono stati sospesi secondo le previsioni dell'11-
ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12, che in attesa dell'approvazione definitiva del PiTESAI sospende i procedimenti amministrativi in corso.
  Si conferma, ad ogni modo, che nessuna società potrebbe al momento operare nel settore della ricerca di idrocarburi, atteso che la legge prevede la sospensione dei permessi di ricerca e che sulle attività vige il controllo degli uffici periferici territorialmente competenti della Direzione generale per la sicurezza – Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministro dello sviluppo economico.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Davide Crippa.


   GALLO, DEL SESTO, IORIO, GRIMALDI, DI LAURO e IOVINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   Ise Cold spa è in procinto di costruire, presso il Molo di Levante del porto di Torre Annunziata, due nuovi serbatoi di idrocarburi, in aggiunta ai sette già esistenti, al fine di ampliare la volumetria del deposito di stoccaggio di bitume;

   presso detto molo, l'Arpac, il 20 dicembre 2016, evidenziava la contaminazione da tetracloroetilene, rendendosi, perciò, necessario un progetto di bonifica, messa in sicurezza e monitoraggio biennale delle acque di falda;

   nel corso del consiglio comunale di Torre Annunziata del 28 dicembre 2017, l'assessore all'urbanistica Luigi Ammendola sottolineava che Ise Cold il 20 luglio 2017 otteneva una proroga dei termini di scadenza del P.d.C. 6/2015, fino a febbraio 2020;

   la commissione paesaggistica esprimeva parere contrario il 24 novembre 2017 ed attualmente si attende parere della Soprintendenza ai beni archeologici;

   si aggiunga che determinati territori necessitano di piani urbanistico-territoriali volti alla tutela – preservazione e valorizzazione – dei territori stessi; piani che non sono stati prodotti per il molo di Levante;

   la Ise Cold inoltre, si sottraeva all'attivazione della procedura ex articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sull'assunto di non essere il soggetto obbligato per quell'area, portando la città metropolitana di Napoli ad agire per l'individuazione del responsabile della contaminazione dell'area ex articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Difformemente da quanto affermato dalla società, il comune di Torre Annunziata (nota prot. 5215 del 21 febbraio 2017) dichiarava che il complesso produttivo presso il molo di Levante è in concessione proprio della Ise Cold;

   suddetto sito è risultato contaminato da tetracloroetilene, sostanza classificata di classe 2A dall’International Agency for Research Cancer, probabilmente cancerogena per l'uomo, talché alcuni studi epidemiologici correlano l'esposizione cronica al tetracloroetilene all'insorgenza di fenomeni tumorali e severi danni alla salute;

   la bonifica e messa in sicurezza di un sito industriale prevede (decreto dirigenziale 75 della regione Campania) la posa e messa in opera di un telo di polietilene ad alta densità elettronica (HDPE) per prevenire/impedire la lisciviazione in falda acquifera superficiale di tetracloroetilene o altri inquinanti equivalenti;

   tenuto conto della nocività del tetracloroetilene, sarebbe preferibile evitare un aumento del carico inquinante, seppur prescrivendo una bonifica, considerato che l'area in questione è già fortemente compromessa; si consideri che la ISE COLD – classificata dal Piano di emergenza comunale di protezione civile del comune di Torre Annunziata del 12 dicembre 2015, quale stabilimento suscettibile di causare incidenti a rischio industriale rilevante – ha il deposito di stoccaggio in un'area contigua ad ambienti urbani densamente popolati –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza affinché, per le aziende utilizzanti tetracloroetilene, sia prevista la realizzazione di opere di messa in sicurezza preventive;

   se il Governo intenda promuovere una verifica sullo stato dei luoghi da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, con particolar riguardo alla necessità di evitare contaminazioni della falda idrica;

   come si concili l'ampliamento del deposito di stoccaggio con il piano strategico del Grande Progetto Pompei, nonché con le linee guida emanate dall'ufficio Unesco della soprintendenza di Pompei, volte ad attuare i principi di recupero urbano e di sostenibilità ambientale di cui alla legge «Cultura» n. 112 del 2013;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per far sì che la Ise Cold non estenda i suoi impianti finché non sia stata effettuata una idonea pianificazione dell'emergenza.
(4-00262)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, sulla base degli elementi acquisiti si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si rende noto che il Ministero dello sviluppo economico ha precisato che la I.se.co.l.d s.p.a. è titolare di un deposito costiero di oli minerali, sito in Torre Annunziata, della capacità di metri cubi 13.498, autorizzato con decreto interministeriale n. 16575 del 19 marzo 1999. Nel maggio 2017 e successiva precisazione del settembre 2017, la Società ha comunicato, ai sensi del decreto-legge 9 febbraio 2012 n. 5, convertito nella legge 4 aprile 2012 n. 35, e del comma 58 dell'articolo unico della legge n. 239 del 2004, l'inizio dei lavori per la modifica dello stoccaggio del deposito in argomento, inferiore al 30 per cento della capacità autorizzata. La modifica comporterà l'installazione di n. 2 serbatoi da metri cubi 1.750 ciascuno per lo stoccaggio di benzina e la messa fuori esercizio di due serbatoi della capacità rispettivamente di metri cubi 33 e metri cubi 75 di gasolio.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha, quindi, evidenziato che le modifiche degli impianti che non superano il 30 per cento della capacità autorizzata, ai sensi del comma 58, dell'articolo unico della legge n. 239 del 2004, sono liberamente effettuate dall'operatore senza il ricorso all'autorizzazione unica regionale, sempre che venga rispettata la normativa vigente in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di demanio marittimo.
  Di contro il Ministero per i beni e le attività culturali ha evidenziato che la competente Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio dell'area metropolitana di Napoli, esaminato il progetto per la verifica delle compatibilità delle opere con le esigenze di conservazione della bellezza naturale del luogo, oggetto del vincolo, nell'aprile 2018 ha espresso il proprio parere negativo in quanto l'intervento in questione ricade in parte nella zona di protezione ambientale (P.I.) ed in parte nella zona aree portuali (A.P.) sottoposte al Piano territoriale paesistico (P.T.P).
  Le opere da realizzare, pertanto, sono incompatibili, sia con quanto previsto dall'articolo 11 del menzionato Piano, che sancisce il divieto di incremento dei volumi esistenti, sia con la previsione di cui all'articolo 19 che impone, per l'espressione del parere di competenza ambientale, la precondizione dell'approvazione di un obbligatorio strumento di pianificazione ed attuazione della pianificazione delle aree portuali di cui, allo stato, il comune di Torre Annunziata risulta sprovvisto.
  Peraltro, relativamente alla compatibilità delle opere con il piano strategico per lo sviluppo socio-economico delle aree ricadenti nella
buffer zone del sito Unesco «aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata», lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali ha evidenziato che le corrispondenti linee guida non risultano ancora essere state recepite dagli strumenti di pianificazione urbanistica dei comuni interessati.
  Sempre con riguardo all'ampliamento delle attività industriali da realizzare ad opera della I.se.co.l.d. s.p.a., la città metropolitana di Napoli ha rappresentato che la Società è concessionaria dell'area di deposito costiero e dell'area demaniale ubicate nell'area portuale del comune di Torre Annunziata, censite in catasto al foglio particelle 944 e 943 (ex 700).
  Al fine di realizzare l'ampliamento delle suddette attività industriali nell'area demaniale di nuova concessione, la I.se.co.l.d s.p.a. ha effettuato una campagna di indagini per verificare la qualità ambientale del sito. Tali indagini hanno evidenziato criticità a carico delle matrici ambientali suolo e acqua di falda per cui la Società, nella qualità di soggetto non responsabile dell'inquinamento, ai sensi dell'articolo 245, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha avviato le procedure di bonifica previste dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Nel dicembre 2016 la regione Campania, acquisita la documentazione di rito inviata dalla società I.se.co.l.d. s.p.a., ha convocato la conferenza di servizi per la valutazione del documento Analisi di rischio sito-specifica. Nell'ambito di tale Conferenza di servizi è emerso che l'area adiacente al sito
de quo, denominata «Molo di levante» non è in concessione alla I.se.co.l.d. e che, per tale area, era stato riscontrato un superamento delle CSC per il parametro piombo.
  Il presidente della conferenza di servizi ha ritenuto, pertanto, necessario affidare al comune di Torre Annunziata, con l'ausilio della città metropolitana di Napoli, l'individuazione del soggetto obbligato, ai fini dell'attivazione della procedura prevista dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, spettando allo stesso comune, in mancanza, iniziare detta procedura, ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  La città metropolitana di Napoli ha avviato le procedure previste dall'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, finalizzate all'individuazione del responsabile dell'evento di superamento del parametro Piombo per l'area «Molo di levante», senza però ricevere le informazioni necessarie, per cui sarebbe spettato al comune di Torre Annunziata l'attivazione delle procedure di cui all'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Il comune di Torre Annunziata, come riferito dalla stessa città metropolitana di Napoli, nel febbraio 2017, ha comunicato la titolarità, in capo alla I.se.co.l.d. s.p.a., del complesso produttivo ubicato nel comune di Torre Annunziata «Molo di levante», area demaniale marittima, come risultante dagli atti formali di concessione demaniale. Tanto ha portato l'ente a richiedere, nel marzo 2017, specifici chiarimenti al riguardo sia alla regione Campania, titolare del procedimento autorizzatorio, che alla I.se.co.l.d. s.p.a.
  Secondo quanto rappresentato dalla città metropolitana di Napoli, le note interlocutorie che ne sono seguite non hanno definitivamente chiarito la questione.
  La stessa città metropolitana di Napoli ha precisato che, nelle more – stante le procedure di bonifica attivate dalla società in qualità di soggetto non responsabile della contaminazione nell'area oggetto di concessione – la regione Campania, nell'aprile 2017, ha approvato le attività di bonifica poste in essere dalla I.se.co.l.d. che non hanno riguardato l'area denominata «Molo di Levante».
  La città metropolitana di Napoli, acquisita la validazione delle analisi e la Relazione tecnica conclusiva dell'Arpac e ulteriore documentazione, nel gennaio 2018 ha emesso la certificazione di completamento dei lavori di bonifica.
  In ordine alla possibilità di una verifica sullo stato dei luoghi da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, la prefettura di Napoli ha comunicato che, nel mese di giugno del 2018, la procura della Repubblica di Torre Annunziata ha delegato il nucleo operativo ecologico carabinieri di Napoli a svolgere accertamenti sullo stabilimento, unitamente ad altri reparti speciali dell'arma.
  Il Ministero, per quanto di competenza, continuerà comunque a tenersi informato, proseguendo, in caso, nella sua azione di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel Cova, il Centro Olio Val d'Agri, di Viggiano in Basilicata, vi sono i serbatoi dove viene stoccato il greggio stabilizzato che Eni e Shell estraggono in Basilicata;

   come riportato anche da diversi quotidiani, si conferma purtroppo che da agosto a novembre 2016, 400 tonnellate di petrolio, una marea nera, si sono sversate nel sottosuolo lucano;

   si tratta di un disastro ecologico, ammesso dalla stessa Eni durante un tavolo tecnico – come riporta un articolo de «Il Fatto quotidiano.it» del 6 maggio 2018 – convocato dal Governo proprio sulla questione inquinamento del Cova, in presenza di Giuseppe Lo Presti della direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e di rappresentanti della regione Basilicata, dell'Ispra, dell'Arpa Basilicata e dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) per conto del Ministero dello sviluppo economico;

   il suddetto Centro Olio è fermo dal 18 aprile 2018, quando una delibera regionale chiese lo «stop» degli impianti a fronte «delle inadempienze e dei ritardi» della compagnia rispetto «alle prescrizioni regionali». Stando a quanto riferito dalla regione Basilicata durante l'incontro, l'Eni avrebbe anche spiegato che la contaminazione interesserebbe 6.000 metri quadri circostanti il Cova;

   in un comunicato del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si legge che «Ispra e Arpa Basilicata condurranno nei prossimi giorni, con la piena disponibilità di Eni, un'ispezione straordinaria nel Centro Olio Val d'Agri di Viggiano per verificare le azioni poste in essere dall'azienda per far fronte alla situazione di emergenza che si è creata a seguito dello sversamento di idrocarburi» –:

   se non si ritenga indispensabile, anche alla luce di quanto suesposto, provvedere, per quanto di competenza, a una intensificazione dei controlli e a una loro messa a regime da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle agenzie ambientali;

   se non si intendano assumere iniziative affinché detti controlli interessino tutto il processo produttivo, dai pozzi estrattivi fino a Taranto, dove arrivano le condotte del greggio;

   se non si intenda verificare con urgenza, per quanto di competenza, se lo sversamento ha inquinato anche le falde;

   se non si ritenga necessario e doveroso informare costantemente le popolazioni locali sullo stato ambientale dei territori interessati.
(4-00254)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il Centro Oli Val d'Agri (COVA) di Eni è soggetto ad autorizzazione integrata ambientale di esclusiva competenza regionale, e la cui autorità di controllo è l'ARPA Basilicata la quale, da giugno 2011, effettua mensilmente il monitoraggio delle acque sotterranee dei piezometri ubicati sull'intero perimetro esterno dell'impianto.
  Il Cova, inoltre, in funzione delle tipologie e dei quantitativi di sostanze pericolose che detiene, risulta assoggettato al decreto legislativo n. 105 del 2015 ed è notificato nell'inventario nazionale degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante come stabilimento «di soglia superiore».
  Come previsto dall'art. 6 del citato decreto, per lo stabilimento in parola, il comitato tecnico regionale della Basilicata (CTR) rappresenta l'autorità di controllo competente ad effettuare le istruttorie sul rapporto di sicurezza predisposto dal gestore, nonché le ispezioni ordinarie e straordinarie sui sistemi di gestione della sicurezza.

  In conseguenza dell'evento verificatosi nel febbraio 2017, l'ARPA Basilicata è intervenuta a supporto del NOE nelle attività di indagine e campionamento, effettuando, in particolare, durante gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (Mise), 17 sopralluoghi e 48 campionamenti delle matrici ambientali suolo/sottosuolo ed acque sotterranee, nonché 4 prelievi di acque reflue.
  Inoltre, al fine di intensificare l'attività di monitoraggio nell'area della Val D'Agri, successivamente allo sversamento di greggio, a partire da aprile 2017, sono stati individuati ulteriori punti di campionamento rispetto a quelli ricompresi nel piano regionale di tutela delle acque.
  Peraltro, sulla base dell'accordo di programma quadro tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione, Ispra e Arpab, siglato nel gennaio 2017, «per il potenziamento del monitoraggio ambientale nella Regione Basilicata, attraverso il supporto tecnico-scientifico dell'Ispra a favore di Arpab», Ispra è stata coinvolta nelle attività relative al Centro Oli Val D'Agri, pur trattandosi di un impianto non rientrante nelle proprie ordinarie competenze.
  Ispra ha, quindi, collaborato ad un tavolo nazionale istituito presso il Ministero, unitamente alla regione Basilicata e all'Arpab, per confronti tecnici e attività di sopralluogo finalizzate principalmente alla verifica del sistema di gestione ambientale implementato dal Cova.
  Le attività di Ispra hanno avuto come oggetto anche la valutazione degli interventi di Mise realizzati da Eni. In tale contesto, sono stati effettuati sopralluoghi con gli altri Enti coinvolti nel procedimento, è stata garantita la partecipazione a supporto della regione alle conferenze di servizi istruttorie, sono stati redatti pareri sui documenti presentati da Eni inerenti la Mise e su altre problematiche connesse con il piano di caratterizzazione dell'impianto Cova e delle aree limitrofe.
  La regione Basilicata, alla luce delle evidenze acquisite, ha avviato il riesame parziale dell'autorizzazione integrata ambientale, estendendolo anche al connesso oleodotto. Tale procedimento risulta tuttora in corso.
  Si segnala, peraltro, che a dicembre 2018 si è tenuta un'ulteriore conferenza di servizi decisoria relativa ai risultati della caratterizzazione delle aree interessate dalla fuoriuscita del greggio, nell'ambito della quale la Conferenza ha stabilito tra l'altro di effettuare il campionamento in contraddittorio con Arpab dei piezometri profondi: PPF001, PPF002, PPF003 e PPF010.
  La conferenza ha avuto, altresì, ad oggetto il piano di caratterizzazione dell'area interessata dallo
spill del serbatoio V-560-TA-001 ed il piano di caratterizzazione dell'area interessata dalla perdita di acque semioleose in area M del Cova.
  È stata disposta la realizzazione di 2 piezometri profondi a sud delle condotte lungo l'oleodotto per Costa Molina e Taranto ed è stato stabilito che il modello concettuale definitivo finalizzato all'applicazione dell'analisi di rischio sia integrato ed aggiornato con tutti i risultati delle indagini in contraddittorio con Arpab, sia in fase di Mise che di caratterizzazione.
  Sempre per quanto concerne le attività di indagine, nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2019, Arpab ha effettuato i campionamenti delle acque sotterranee previsti dal piano di caratterizzazione ed ha fatto presente che le attività richieste dalla conferenza di Servizi sono in fase di completamento.
  A quanto fin qui esposto, si aggiunga che, a partire da luglio 2018, data di scadenza dell'Accordo di programma quadro tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Basilicata, Ispra e Arpab, si sono svolte numerose interlocuzioni tra i vari soggetti coinvolti al fine di giungere al rinnovo dello stesso, la cui bozza è stata già predisposta da Ispra e sarà sottoscritta a breve.
  Tale accordo ha ad oggetto, come già detto, la collaborazione tecnico-scientifica dell'Ispra a supporto della regione Basilicata e dell'Arpab per il monitoraggio e la salvaguardia dell'ambiente e del territorio e l'impiego sostenibile delle risorse naturali.
  Tra gli ambiti di collaborazione dell'accordo quadro si sta valutando l'opportunità di ricomprendere anche le attività autorizzative e di controllo dei procedimenti di AIA, VIA e VAS con particolare riferimento alle concessioni Val d'Agri e Gorgoglione e l'affiancamento in sopralluoghi e visite ispettive, oltre che la collaborazione nell'ambito dei procedimenti di «bonifica di siti contaminati» nei SIN e in altre aree contaminate o potenzialmente tali della regione Basilicata e sui pozzi petroliferi non più produttivi, presenti nel territorio della regione e che necessitano di chiusura mineraria, bonifica e ripristino.
  Si segnala, da ultimo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è costituito parte civile nel processo penale n. 4542/2010 RGNR pendente dinanzi al tribunale di Potenza per il risarcimento dei danni derivanti all'ambiente in relazione alle attività del Centro Oli. In particolare, in detto procedimento, ai responsabili della società sono stati contestati reati concernenti le emissioni in atmosfera (violazione delle prescrizioni AIA) e la gestione dei reflui, commessi tra il 2011 e il 2014.
  A tal proposito, si evidenzia, infine, che com'è noto, e come è stato confermato anche dalla procura della Repubblica di Potenza, sul COVA è in corso un ulteriore procedimento penale, nel cui ambito sono state emesse misure cautelari per i reati di disastro, abuso d'ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altro.
  Le indagini hanno preso avvio nel gennaio 2017, in coincidenza con il rilevamento di un recapito di «idrocarburi» nel depuratore dell'area industriale di Viggiano, nei pressi del Centro Oli. Da un quadro investigativo ampio e complesso, relativo all'evento di dispersione del greggio nell'ambiente circostante – peraltro, poi, qualificato come incidente rilevante dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – secondo quanto argomentato dalla procura, è stato, inoltre, possibile ricavare i profili del delitto di disastro ambientale.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   LONGO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è necessario che lo Stato italiano concluda con urgenza un accordo bilaterale con il Cile per la conversione della patente italiana in «licencia de conducir chilena». I molti italiani residenti in Cile richiedono, infatti, tale atto normativo che è già in vigore in altri Stati del Sud America (Ecuador, Argentina, Brasile ed Uruguay);

   si richiede in particolare di attivare le misure normative necessarie a convertire le patenti di guida in corso di validità che sono state emesse dalle rispettive competenti autorità del Cile e dell'Italia;

   occorre, altresì, che la conversione venga effettuata senza sostenere esami teorici e pratici, ferme restando tutte le verifiche necessarie per accertare il possesso dei requisiti psicofisici richiesti per le diverse categorie di patenti di guida;

   l'accordo bilaterale risulta indispensabile per permettere ai nostri connazionali che abitano in Cile sia una maggiore libertà di movimento sia lo svolgimento di attività lavorative connesse al possesso della patente di guida –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se non ritengano necessario e urgente assumere iniziative per dare corso alla stesura di un accordo bilaterale tra Italia e Cile per definire al più presto una situazione che si trascina da anni, permettendo così ai nostri connazionali che vivono in Cile di fruire degli stessi diritti di coloro che vivono in altri Paesi sudamericani;

   se esistano al momento difficoltà alla stipula dell'accordo e quali siano eventualmente le problematiche che ostacolano una rapida soluzione del problema.
(4-02180)

  Risposta. — I negoziati per la definizione di un Accordo di reciprocità tra Italia e Cile per la conversione delle patenti di guida sono in corso, con fasi alterne, dal 2001. La lunghezza e complessità del negoziato è principalmente dovuta alla difficoltà di concordare le equipollenze tra le disposizioni vigenti in materia nei due Paesi, anche alla luce degli aggiornamenti normativi intervenuti nel corso degli anni. Il negoziato si era interrotto nel 2007 per poi riprendere nel febbraio 2015 su impulso italiano.
  Le trattative al momento sono nella fase dello scambio d'informazioni di carattere prettamente tecnico, concernenti la normativa di settore, tra i due competenti Ministeri dei trasporti. Informazioni peraltro indispensabili al nostro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per valutare la possibilità o meno di definire l'accordo in questione, nel rispetto del principio di reciprocità che, ai sensi dell'articolo 136, primo comma, del Codice della strada, costituisce vincolo inderogabile a cui ogni accordo per la conversione delle patenti di guida si deve attenere.
  Da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) non si è mancato di sostenere la conclusione dell'Accordo in questione, anche in occasione di importanti incontri politici bilaterali che si sono tenuti nel corso, di questi anni. Dopo numerosi scambi di bozze dell'intesa fra le due parti, da ultimo, a metà settembre 2018, il Maeci ha trasmesso all'Ambasciata del Cile a Roma una nota della motorizzazione, nella quale si richiedono chiarimenti in particolare in merito a:

   1) le modalità di effettuazione degli esami (teorici e pratici) che vengono effettuati in Cile per il conseguimento della patente di guida;

   2) l'elenco e le immagini dei modelli di patente di guida cilena;

   3) la possibilità di rilevare dalla lettura della patente di guida cilena la data di conseguimento (primo rilascio) della medesima;

   4) la descrizione tecnica dei veicoli delle categorie B e C necessaria per stabilire le equipollenze tra le categorie rilasciate in Cile e quelle rilasciate in Italia e quindi per redigere le tabelle di equipollenza che, come l'elenco modelli patenti di guida, costituiscono allegati tecnici dell'accordo indispensabili per la sua applicazione.

  In attesa di un riscontro da parte delle autorità cilene, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non mancherà di continuare ad insistere con le controparti per una rapida conclusione dei negoziati, consapevole dell'importanza che la questione della possibilità di convertire la patente di guida riveste per la comunità italiana in Cile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   LONGO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in America latina, anche complice la crisi venezuelana, negli ultimi tempi si stanno registrando una serie di anomalie nella richiesta della cittadinanza italiana;

   lo stesso fenomeno si sta registrando in Brasile, dove il numero delle richieste continua ad aumentare ad un ritmo che le sedi consolari non riescono a lavorare;

   una situazione così complessa che ha creato anche, inevitabilmente, gli interessi di personaggi e agenzie senza scrupoli che tentano di lucrare sulle difficoltà degli uffici diplomatici a dare risposte sollecite;

   tant'è in Brasile si è moltiplicato il numero di agenzie specializzate di dubbia credibilità che con annunci ingannevoli, a pagamento, offrono servizi con la promessa di accelerare i tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana ius sanguinis;

   va chiarito anche il problema della residenza in Italia dei soggetti che richiedono l'acquisizione della cittadinanza. Le persone ora obbligatoriamente devono risiedere in Italia per un periodo non definito, in attesa della visita di conferma dei vigili urbani e quindi dei documenti del comune di residenza. Questo implica spese per il trasferimento in Italia e tempi non certi per il conseguimento dei documenti necessari;

   naturalmente ciò ha attirato le mire della criminalità organizzata: in Sicilia, nel maggio 2017 la polizia ha arrestato sette persone che, in contatto con faccendieri brasiliani, riuscivano a far ottenere in breve tempo la documentazione necessaria al rilascio della cittadinanza italiana;

   ai sensi della normativa vigente, per il rilascio della cittadinanza «ius sanguinis», bisogna consegnare ai consolati una documentazione idonea a stabilire che c'è una discendenza diretta dell'interessato con cittadini italiani, nei fatti un albero genealogico confortato dai documenti, e indicare esattamente da quale comune d'Italia era partito, non importa quando, il parente;

   sono procedure complesse che possono durare anche dieci anni, perché le risposte dei comuni spesso arrivano con grandissimo ritardo, ma anche perché le esigenze di bilancio italiano hanno, negli ultimi anni, tagliato gran parte delle risorse economiche e umane delle sedi diplomatiche all'estero. Un'attesa che, per chi ha fatto richiesta di cittadinanza, può comunque valere la pena vivere –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative per quanto di competenza, intenda adottare al fine di regolamentare, con procedure certe e celeri, i vari passaggi per il riconoscimento della cittadinanza italiana secondo la normativa vigente;

   se non ritenga di doversi adoperare affinché le sedi consolari italiane all'estero, anche in virtù dei tagli pregressi, possano essere dotate di mezzi e personale sufficiente;

   se il Governo non ritenga, anche in virtù di un dibattito politico e sociale sempre più attuale sulle modalità di riconoscimento della cittadinanza italiana, avviare un serio confronto soprattutto con le comunità estere.
(4-02756)

  Risposta. — Come noto, nel nostro ordinamento la trasmissione dello status civitatis avviene, come regola generale, mediante il criterio della discendenza, ossia dello ius sanguinis, a cui si aggiunge, come principio residuale, quello della nascita nel territorio dello Stato, ovvero dello ius soli. La normativa in vigore apre la strada all'acquisizione di cittadinanza da parte di numerosissimi stranieri di ceppo italiano (circa 50 mila solo lo scorso anno, senza contare i minorenni) che ogni anno richiedono agli uffici consolari italiani all'estero il riconoscimento ex tunc, ossia dalla propria nascita, dello stato di cittadinanza. A tale situazione si riconduce altresì il fenomeno crescente dei riconoscimenti di cittadinanza italiana, sempre iure sanguinis, richiesti ai nostri comuni sul territorio italiano da cittadini stranieri.
  A conferma dell'ampiezza della disposizione normativa si può citare ad esempio il fatto che i discendenti di cittadini emigrati all'estero in data anteriore alla costituzione del Regno d'Italia possono ancor oggi ottenere il riconoscimento dello
ius civitatis se dimostrano che l'ascendente emigrato dallo Stato preunitario fosse ancora vivente alla data dell'annessione di detto Stato al Regno d'Italia.
  Particolarmente numerose sono le richieste presentate in America Latina, dove gli abitanti discendenti da avi italiani rappresentano percentuali significative della popolazione.
  In tali circostanze il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale segue da sempre, per gli aspetti che rientrano nella propria competenza, le prospettive di possibile riforma delle disposizioni che disciplinano il riconoscimento, l'acquisto, la perdita e il riacquisto di cittadinanza. La normativa, infatti, oltre a toccare la sfera dei fondamentali diritti della persona, ha inevitabili conseguenze sulle attività svolte all'estero dagli uffici diplomatico-consolari. Nel contesto merita segnalare che da parte sua il Ministero dell'interno si dice favorevole a verificare una complessiva revisione della normativa in materia per meglio regolamentare il complesso quadro ordinamentale.
  La mole di richieste resa possibile dalla normativa di settore grava sulla rete consolare, con inevitabili allungamenti dei tempi di ricezione e lavorazione delle pratiche ciò che ha favorito attività esterne di intermediazione di dubbia legalità. Ben consapevole del problema, il Maeci ha avviato una concertazione con le altre amministrazioni interessate sui possibili interventi, sia in via amministrativa sia per eventuali innovazioni normative, atti a scoraggiare dette attività.
  Quanto al secondo quesito circa la dotazione di mezzi e risorse presso le nostre sedi consolari, va ricordato che il blocco del «
turn-over» introdotto nell'ultimo decennio ed i contestuali provvedimenti di contenimento della spesa pubblica hanno comportato per la Farnesina una progressiva carenza di personale, nonché la chiusura di oltre 60 strutture all'estero tra ambasciate, consolati ed istituti di cultura. Basti pensare che nell'arco di dieci anni la Farnesina ha perso circa il 33 per cento del proprio personale delle aree funzionali (1.200 dipendenti), che è quello prevalentemente destinato a svolgere negli uffici all'estero importanti incarichi proprio al servizio dei connazionali (ad esempio cittadinanza, visti, passaporti, assistenza, sicurezza, contabilità). Il progressivo aumento dell'età media del personale in servizio (ormai pari a 56 anni) si è inoltre tradotto anche in una minore propensione al trasferimento all'estero, soprattutto in aree geografiche caratterizzate da rilevanti difficoltà ambientali, rischi sanitari e condizioni di sicurezza precarie.
  Nella consapevolezza che il rafforzamento dei servizi ai connazionali offerti dalla rete diplomatico-consolare italiana sia possibile solo a fronte della disponibilità di nuove risorse umane e finanziarie (tenendo anche conto dei previsti collocamenti a riposo, quantificabili in oltre un centinaio l'anno), l'attuale Governo ha promosso un deciso consolidamento dell'inversione di tendenza che era stata avviata con la legge finanziaria del 2018 (con l'autorizzazione all'assunzione di un totale di 221 dipendenti della III area – concorsi che si dovrebbero concludere entro l'anno – nonché con l'aumento di 100 unità del contingente dei dipendenti a contratto). La legge di bilancio 2019 ha infatti autorizzato l'assunzione di altri 100 dipendenti della III area, 200 della II area ed un nuovo incremento di 50 unità del contingente dei dipendenti a contratto. Per connessione di argomento si segnala inoltre che con la legge di conversione del cosiddetto decreto Brexit (decreto-legge n. 22 del 2019), è stato incrementato di ulteriori 50 unità il contingente del personale a contratto, per far fronte alle esigenze di assistenza a cittadini e imprese italiane in seguito all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
  Detto impegno andrà peraltro proseguito con le prossime leggi di bilancio, poiché il nuovo personale che entrerà a far parte dei ruoli del Ministero potrà solo in parte compensare le 1.200 unità di ruolo perdute per via del blocco del
turn-over.
  Per quanto riguarda il personale a contratto si sottolinea che la Farnesina ha destinato l'aumento del contingente introdotto con le ultime due leggi di bilancio principalmente al rafforzamento degli uffici con attività consolare. In particolare, con riferimento ai Paesi menzionati, in Venezuela è stato disposto il potenziamento del consolato generale di Caracas (4 unità temporanee) e del consolato di Maracaibo (2 unità temporanee e 1 a tempo indeterminato). In Brasile, invece, è stato disposto il rafforzamento dell'ambasciata a Brasilia (2 unità a tempo indeterminato), dei consolati generali di Rio de Janeiro (1 unità a tempo indeterminato), di San Paolo (3 unità a tempo indeterminato), di Curitiba (2 unità a tempo indeterminato), di Porto Alegre (2 unità a tempo indeterminato) e del consolato di Belo Horizonte (1 unità a tempo indeterminato).
  Tale incremento delle unità di personale a contratto costituisce senz'altro una misura di grande importanza per alleviare la grave situazione di carenza di personale, anche se non avrà carattere risolutivo, proprio in ragione delle mansioni che possono essere svolte dagli impiegati a contratto. Giova ricordare, infatti, che si tratta di una categoria di dipendenti con mansioni essenzialmente istruttorie e di supporto, che non può essere considerata sostitutiva del personale di ruolo.
  Infine, con riguardo al terzo quesito, la Farnesina ha rinnovato la propria apertura a recepire ogni utile indicazione della società civile sull'argomento, a cominciare dal dibattito sempre produttivo con le comunità estere, anche attraverso il Consiglio generale degli italiani all'estero.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   GABRIELE LORENZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   le necropoli di Tarquinia e Cerveteri sono dal 2004 iscritte nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco, in quanto costituiscono una testimonianza straordinaria ed eccezionale dell'antica civiltà etrusca, unica tipologia di civilizzazione urbana dell'Italia preromana. Siti di tale importanza archeologica e storica necessitano di adeguate strategie di fruizione e valorizzazione unitaria, la cui attrazione turistica può favorire enormemente lo sviluppo sociale ed economico delle comunità locali;

   dal 2010 la gestione integrata dei servizi di accoglienza del Museo archeologico nazionale etrusco e la necropoli della Banditaccia a Cerveteri (RM) e il Museo archeologico nazionale etrusco e necropoli del Calvario a Tarquinia (VT), così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 73 – Serie V del 28 giugno 2010, risultava affidata alla società denominata Società Etruria Musei srl;

   nel mese di novembre 2018 è avvenuta l'interruzione della concessione dei servizi aggiuntivi e di biglietteria, affidata alla Società Etruria Musei srl, dei Musei archeologici nazionali di Tarquinia e Cerveteri;

   le attività dei servizi aggiuntivi (punti ristoro, bookshop e caffetteria) e di biglietteria erano svolte per conto di Società Etruria Musei srl da 18 lavoratori, i quali si trovano da mesi sprovvisti di contratto di lavoro;

   ad oggi il servizio di biglietteria è svolto da dipendenti del Ministero;

   vi è necessità di tutelare i lavoratori e la qualità del servizio, tenendo conto del personale, che nel corso del tempo ha acquisito specifiche competenze;

   nel 2019 ricorreranno i quindici anni dall'iscrizione delle necropoli al patrimonio dell'Unesco e sono previste manifestazioni ed iniziative presso i siti archeologici nazionali i quali risultano ad oggi sprovvisti di sufficiente personale per la gestione dei servizi aggiuntivi e di biglietteria –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra esposta;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo e quali iniziative intenda adottare per la gestione dei servizi aggiuntivi e di biglietteria dei Musei archeologici nazionali di Tarquinia e Cerveteri;

   se sia prevista una nuova gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi;

   quali iniziative si intendano intraprendere per tutelare i 18 ex dipendenti della società Etruria Musei srl.
(4-02904)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di sapere quali iniziative il Ministero intende intraprendere nei confronti di Etruria Musei s.r.l. e dei diciotto dipendenti impiegati presso i musei e le necropoli di Tarquinia e Cerveteri a seguito della scadenza del bando avvenuto in data 25 novembre 2018.
  Sulla base degli elementi forniti dal Polo museale del Lazio si rappresenta quanto segue.
  I siti citati, i musei e le necropoli di Tarquinia e Cerveteri, attualmente in consegna al Polo museale del Lazio, vi sono giunti in tempi diversi: nel 2016 il museo di Cerveteri; nel 2017 il museo di Tarquinia; nel 2018, infine, le due necropoli.
  In data 27 novembre 2012, ovvero prima del passaggio al Polo museale del Lazio, il Ministero – attraverso l'allora direzione regionale del Lazio – aveva stipulato una concessione con la società Verona 83 s.c.r.l., quale capogruppo mandataria di un'Associazione temporanea d'imprese (ATI).
  Tale concessione aveva per oggetto la gestione integrata dei servizi aggiuntivi di cui all'articolo 117 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e la società Etruria Musei s.r.l. era la società strumentale creata dall'ATI.
  Si rappresenta, inoltre, che al Polo museale del Lazio non sono stati consegnati atti dai quali si evinca il numero dei dipendenti della concessionaria, né, tanto meno, la tipologia di contratto di lavoro di tutti o parte degli stessi.
  La concessione aveva una durata di sei anni ed è giunta a naturale scadenza il 26 novembre 2018.
  La mancata attivazione della proroga della concessione si deve a una precisa ed espressa volontà di entrambe le parti, ovvero dell'Amministrazione e della Verona 83.
  Dal punto di vista dell'Amministrazione, la Verona 83 si è resa protagonista di una serie di inadempienze, tra cui:

   mancato versamento all'Amministrazione delle royalties relative ai servizi aggiuntivi;

   pagamento solo parziale all'Amministrazione del canone annuale;

   ritardi anche cospicui nel versamento all'Amministrazione degli introiti dei biglietti.

  A tutto questo si aggiunge quella che sembra configurarsi come una vera e propria violazione dell'atto di concessione: nei siti di Cerveteri, infatti, la Verona 83 ha applicato dal 2014 il diritto di prenotazione di 2 euro anche ai visitatori che acquistavano il biglietto in loco, introitando direttamente un importo stimato di circa 100.000 euro l'anno, oltre all'agio del 27 per cento sui biglietti.
  L'Amministrazione ha invitato perentoriamente la Verona 83 a sanare le inadempienze e l'ha diffidata dall'applicare il diritto di prenotazione laddove non ne ricorressero le condizioni, trasmettendo contestualmente gli atti all'Avvocatura generale dello Stato.
  La Verona 83 ha provveduto solo in minima parte a sanare dette inadempienze e ha continuato ad applicare indistintamente il diritto di prenotazione fino alla naturale scadenza della concessione.
  Quanto alla Verona 83, dal marzo 2018 essa ha manifestato a più riprese l'intenzione di concludere il rapporto concessorio alla sua naturale scadenza, ovvero il 26 novembre 2018.
  In tutte queste circostanze la Verona 83 ha lamentato che la concessione non era conveniente/sostenibile sotto il profilo economico.
  Con l'approssimarsi della scadenza della concessione, la Verona 83 è sembrata mutare indirizzo, avanzando per le vie brevi e anche per iscritto il desiderio unilaterale di prorogare la concessione a condizione però che venisse rimodulato il rapporto concessorio a suo ulteriore vantaggio.
  Dalla su esposta situazione, risulta evidente che non sussistevano le condizioni minime per ipotizzare una proroga della concessione.
  Preso atto della situazione, la direzione del Polo museale del Lazio ha immediatamente richiesto alla direzione generale musei di indire le procedure di gara per individuare un nuovo atto concessionario e ha inviato alla stessa direzione generale tutto il materiale necessario alla predisposizione degli atti di gara.
  La direzione del Polo museale del Lazio, proprio in ragione del problema dei lavoratori dei siti di Cerveteri e Tarquinia, ha inoltre segnalato l'urgenza della situazione e caldeggiato presso la Direzione generale musei l'attivazione della clausola di salvaguardia a tutela dei lavoratori della Verona 83.
  La direzione del Polo museale del Lazio a partire dal 27 novembre 2018 ha assunto la gestione diretta dei siti solo ed esclusivamente nelle more dell'espletamento delle nuove procedure di gara: in caso contrario, il Polo museale del Lazio sarebbe stato obbligato a chiudere i siti stessi, con grave danno sia per l'erario — nella forma di mancati introiti da bigliettazione — sia per l'immagine dei territori interessati, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Paese.
  Tale gestione diretta deve perciò considerarsi puramente transitoria: essa cesserà non appena le procedure di gara saranno state espletate.
  Chiarito quanto sopra, si ritiene opportuno precisare che il personale Ministero per i beni e le attività culturali in servizio presso i siti di Tarquinia e di Cerveteri ha maturato una lunga esperienza nella vigilanza e nell'accoglienza: la maggior parte di loro vanta poi una conoscenza approfondita dei siti in questione e delle loro specificità.
  A tutti gli effetti il personale oggi in servizio ha i requisiti professionali per svolgere con la massima professionalità la gestione dei siti di Cerveteri e Tarquinia.
  Vale rammentare che i 18 lavoratori in questione fossero dipendenti non già dell'Amministrazione, bensì della Verona 83.
  A rigore di logica, fornire le motivazioni era dunque incombenza della Verona 83, non certo dell'Amministrazione.
  Ciò premesso, la direzione del polo museale, in spirito di fattiva vicinanza ai territori interessati e di rispetto verso i lavoratori, ha incontrato in data 22 novembre 2018 alcuni rappresentanti dei 18 lavoratori, l'organizzazione sindacale cui si erano rivolti, la (Cgil) di Civitavecchia, e anche i rappresentanti delle amministrazioni locali, fra cui la sub-commissaria del comune di Tarquinia, il sindaco e l'assessore alla cultura del comune di Cerveteri, al fine di spiegare loro la situazione e in particolare l'intenzione dell'Amministrazione di bandire la nuova gara e attivare la clausola di salvaguardia.
  Ad ogni buon conto, pare utile ricordare che la giurisprudenza ha affermato che «... i lavoratori, che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali» (Cons. St., sezione III, 27 settembre 2018, n. 5551; Cons. St., sezione III, 30 marzo 2016, n. 1255).
  Per quanto riguarda la nuova convenzione relativa ai servizi aggiuntivi, si fa presente che la direzione del Polo museale del Lazio ha dato la propria disponibilità a farsi carico direttamente dell'espletamento delle procedure di gara: in considerazione dell'accentuata carenza di personale nel profilo di funzionario amministrativo, ha ritenuto però indispensabile richiedere il supporto di personale con adeguata competenza in materia di gare e contratti.
  Tutta la questione, è stata oggetto di apposita riunione svoltasi presso questo Ministero in data 3 giugno 2019 cui ha partecipato anche il sindaco di Cerveteri.
  L'obiettivo è quello di arrivare rapidamente a un nuovo affidamento di tali servizi – attraverso meccanismi di gara trasparenti e concorrenziali – che consentano una gestione più efficiente a supporto dei progetti di valorizzazione dei beni culturali sviluppati dalle strutture competenti.
  Ricorrendo nel 2019 il quindicesimo anno dell'inserimento delle necropoli tra i siti Unesco, il Polo museale del Lazio ha già avviato le attività per tale celebrazione con la costituzione di un comitato scientifico di profilo internazionale, e gettare le basi per un pieno rilancio in sinergia con i territori.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   MELICCHIO, ORRICO, MISITI, D'IPPOLITO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Legnochimica srl ha operato sul territorio del comune di Rende dal 1969, in un'area estesa su 7 ettari, ed era specializzata nella lavorazione del legno per l'estrazione del tannino e per la produzione di pannelli in fibra di legno. I residui di lavorazione (black liquor) venivano sversati sul terreno, all'interno di bacini artificiali privi delle più elementari norme di isolamento;

   nell'anno 2003 cessano tutte le attività della Legnochimica e, nell'anno 2006, l'assemblea dei soci decide di porre la società in liquidazione. Nell'agosto 2016 la società viene dichiarata fallita;

   nel luglio 2011 la procura della Repubblica dispone la redazione di una consulenza tecnica che, come confermato dai successivi rilievi effettuati dall'Arpacal, evidenzia che la falda acquifera sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, risulta gravemente contaminata, anche in profondità e che detta contaminazione si è estesa ai pozzi esistenti in zona;

   diverse indagini degli organi inquirenti hanno portato a due sequestri dell'area, nel 2010 e nel 2015, ed è tuttora in corso un procedimento giudiziario per omessa bonifica e danno ambientale;

   in diverse occasioni nel corso degli anni si sono sviluppati incendi, con fenomeni di autocombustione delle acque dei bacini;

   in Calabria la competenza in materia di bonifica è stata delegata ai comuni territorialmente competenti, ai sensi dell'articolo 86 della legge regionale n. 34 del 2002 e con deliberazione della giunta regionale n. 107 del 9 marzo 2009. Il comune di Rende, a partire dal 2009, ha avviato le procedure previste all'articolo 242 decreto legislativo n. 152 del 2006, con continui solleciti alla società Legnochimica. Nella conferenza dei servizi del 24 maggio 2012 è stato approvato il piano di caratterizzazione ma non si è mai arrivati a un piano di bonifica. Nell'aprile 2016, stante l'inerzia della società, il comune di Rende ha richiesto alla regione Calabria l'intervento in sostituzione ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (articolo 11, comma 1) prevede che «gli Stati membri designano l'autorità competente o le autorità competenti ai fini dell'esecuzione dei compiti previsti» dalla direttiva stessa. Con interrogazione E-004797/2015 si chiedeva l'individuazione dell'autorità competente ai sensi della stessa direttiva. In merito, la Commissione europea chiariva che «in Italia l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio»;

   ad agosto del 2016 il Ministro dell'ambiente pro tempore Galletti annunciava lo stanziamento di 6 milioni di euro per la bonifica della Legnochimica con fondi Cipe relativi alla programmazione 2014-2020 dei fondi di sviluppo e coesione destinati all'ambiente –:

   se siano stati effettivamente stanziati fondi pubblici per la bonifica della Legnochimica, tramite il Cipe, nell'ambito della programmazione 2014-2020 dei fondi di sviluppo e coesione destinati all'ambiente;

   se il Ministro interrogato intenda esercitare le competenze ministeriali previste nell'articolo 299 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e nella direttiva 2004/35/CE, considerato che la società Legnochimica srl, ormai fallita, non ha mai provveduto agli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 152 e visto che sia il comune di Rende sia la regione Calabria, che non ha provveduto ad inserire il sito nel piano regionale delle bonifiche, non si sono sostituiti al soggetto responsabile inadempiente, come previsto dall'articolo 250 dello stesso decreto;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per effettuare le opportune verifiche, anche in considerazione della normativa europea, al fine del controllo sui livelli di inquinamento delle aree interessate dalle vicende riportate in premessa e per assicurare interventi di riparazione, nella misura possibile, di eventuali danni ambientali, e, più in generale, quali iniziative di competenza intenda promuovere per tutelare in maniera adeguata la sicurezza e la salute dei cittadini calabresi residenti nelle zone interessate dalla presenza di rifiuti tossici.
(4-02092)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nell'area industriale del comune di Rende, in località Cancello Magdaloni, è ubicato lo stabilimento industriale della ex Legnochimica s.r.l. (attualmente in liquidazione) con sede legale in S. Michele di Mondovì (Cuneo). Le attività industriali dell'impianto Legnochimica riguardavano l'estrazione del tannino e la lavorazione del legno per la realizzazione di pannelli di fibra di legno.
  Le attività produttive della società Legnochimica sono cessate nel 2002 con la successiva cessione di parte dei terreni e degli stabilimenti ad altre società.
  L'Arpacal evidenzia come nello specifico la procedura di bonifica attualmente in corso riguarda una porzione dell'area ex legnochimica che è rimasta in proprietà alla società sulla quale sono ubicati n. 3 bacini di lagunaggio artificiali. I bacini di lagunaggio denominati «laghi» e identificati con i numeri 4, 5 e 6 occupano un volume di circa 75.000 mc (il 4 ed il 5) e di circa 100.000 mc il 6.
  I bacini erano utilizzati per decantare e raffreddare le acque di processo dello stabilimento.
  Ad oggi questi bacini contengono sul fondo ancora gli scarti della lavorazione del legno ormai totalmente trasformati oltre alle acque di processo in superficie (conosciute come «
black liquor») che, nei bacini 5 e 6, sono ormai completamente evaporate.
  I problemi di inquinamento afferiscono la contaminazione delle acque di falda mentre i suoli, in fase di caratterizzazione, non sono risultati contaminati. La contaminazione delle acque è dovuta alla presenza di concentrazioni superiori ai limiti previsti per le acque sotterranee per alcuni idrocarburi alogenati e per la presenza di metalli pesanti (ferro e manganese con superamenti consistenti oltre ad arsenico, mercurio, nichel, piombo, antimonio, e tellurio).
  Si ipotizza che la contaminazione delle acque di falda sia dovuta al passaggio degli inquinanti dai rifiuti solidi e liquidi contenuti nei «laghi» fino alla falda sottostante.
  Per quanto riguarda la questione della bonifica dell'area, la regione Calabria riferisce che la deliberazione di giunta regionale n. 107 del 9 marzo 2009 ha stabilito che la competenza in materia di bonifica è stata delegata ai Comuni territorialmente competenti, ai sensi dell'articolo 86 della legge regionale 12 agosto 2002 n. 34.
  In virtù di tale disposizione normativa, il comune di Rende ha avviato, in conformità alla previsioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 la procedura di bonifica per il sito convocando la conferenza dei servizi per l'approvazione del piano di caratterizzazione, eseguito dalla ex legnochimica, i cui risultati sono stati validati dall'Arpacal.
  Il piano, a valle di un lungo e articolato iter, è stato approvato con prescrizione nel maggio 2012.
  Visti i superamenti riscontrati nella matrice acque sotterranee, la conferenza dei servizi, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha richiesto alla società Legnochimica di predisporre il progetto operativo di bonifica (POB) finalizzato alla risoluzione della contaminazione riscontrata nelle acque di falda, nonché all'intervento sulla sorgente primaria di contaminazione individuata nel rifiuto liquido contenuto nei laghi di decantazione e nel sedimento depositato in fondo ai laghi.
  Tale progetto, nonostante le ripetute richieste di modifica avanzate nel corso delle varie sedute della conferenza dei servizi, che hanno avuto luogo tra il 2013 e il 2015, non ha ricevuto l'approvazione definitiva.
  L'Arpacal precisa che in sostanza, le proposte di bonifica presentate dalla ex legnochimica, individuata come responsabile dell'inquinamento, non sono state approvate nelle varie conferenze dei servizi proprio per discordanze sulle modalità di rimozione e/o trattamento dei rifiuti solidi e liquidi.
  Il comune di Rende, vista l'inerzia della ex legnochimica nel produrre un POB effettivamente risolutivo delle problematiche ambientali presenti nel sito, meritevole di approvazione della conferenza dei servizi, ha chiesto alla regione Calabria l'intervento sostitutivo ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Lo stesso comune, con delibera di giunta n. 116 del 28 giugno 2016 ha sottoscritto una convenzione con l'università della Calabria avente ad oggetto bonifica dell'area ex stabilimento della società legnochimica di Rende «Modellazione numerica del flusso e del trasporto di contaminanti nelle acque sotterranee, analisi di rischio sanitario ambientale e studio della migliore tecnologia disponibile per il risanamento dell'area».
  La regione nel riscontrare la richiesta del comune di Rende ha comunicato che il sito in questione sarebbe stato inserito nel piano regionale delle bonifiche.
  In ottemperanza all'impegno preso, la regione Calabria ha inserito il sito dell'area Legnochimica all'interno del piano regionale gestione dei rifiuti approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 156 del 21 dicembre 2016 – parte III – Rifiuti speciali sezione II/II tabella n. 25-20 elenco «Elenco dei siti contaminati non classificati».
  La stessa regione con D.d.g. n. 15812 del 29 dicembre 2017, ha concesso un contributo di euro 43.268,31 per la realizzazione dei lavori di messa in sicurezza ai fini antincendio delle vasche di decantazione dell'ex stabilimento della Legnochimica, s.p.a., demandando al comune di Rende, in applicazione del principio «chi inquina paga» tutte le iniziative previste dall'ordinamento vigente per il recupero delle spese sostenute da imputare al responsabile della contaminazione.
  Per sito in esame, di proprietà privata e con un responsabile della contaminazione individuato, non è previsto alcun finanziamento.
  Tanto premesso, occorre rilevare che la regione Calabria, tenuto conto dei fondi stanziati con il «patto per il sud», in attuazione dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 162 del 2006, opera, conformemente alle previsioni della stessa norma, sulla base di un ordine di priorità individuato dal Piano regionale delle bonifiche che prevede l'intervento sulle discariche pubbliche.
  Nel mese di aprile di quest'anno è stato chiesto ad A.r.p.a.cal una collaborazione per la validazione di studi sulla qualità delle acque sotterranee assegnati dal comune di Rende al dipartimento di ingegneria ambientale della università della Calabria.
  Lo studio sarà occasione per fare il punto, a distanza di anni, sull'attuale stato di contaminazione delle acque di falda.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, continuerà a tenersi informato proseguendo nella sua azione di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, affinché si possa giungere attuare una concreta azione di bonifica del territorio interessato.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   MICELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Carini, in provincia di Palermo, da alcuni anni è presente, presso una struttura in affitto, un distaccamento di volontari dei vigili del fuoco che dal 2013 garantisce, nei limiti delle proprie competenze, in media oltre 600 interventi all'anno riguardanti i comuni di Carini, Capaci, Isola delle Femmine, Torretta, Cinisi e Terrasini per un totale di oltre 85 mila residenti che, nel periodo estivo, arrivano ad oltre 100 mila presenze;

   dal 2018 tale servizio volontario ha subito interruzioni e ridimensionamenti delle proprie attività anche in ragione dei costi di gestione del distaccamento, i quali vengono coperti dal comune ospitante e in proporzione dagli altri comuni interessati;

   la Cassa per il Mezzogiorno ha realizzato nel 2009 nel Centro direzionale e servizi ex area per lo sviluppo industriale (A.s.i.) di via don Luigi Sturzo nella zona industriale di Carini, una struttura per l'allocazione di una caserma dei vigili del fuoco, unitamente a quelle dei carabinieri e della Guardia di finanza, con uno spazio esterno idoneo alla realizzazione di una pista di atterraggio per elicotteri e che nel medesimo centro direzionale ha anche trovato collocazione il distaccamento del Corpo forestale della regione siciliana;

   i locali destinati ai vigili del fuoco, dopo un periodo in uso a privati, sono attualmente nelle disponibilità del comune di Carini che compensa l'istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive (I.r.s.a.p.) con un corrispettivo ammontante a circa 40 mila euro annui per l'affitto degli stessi e il comune potrebbe facilmente liberare – in parte o in tutto, se necessario – i predetti locali, attualmente adibiti a magazzino ed uffici, trasferendo dette utenze presso altre strutture;

   ad oggi, nonostante la disponibilità di locali appositamente realizzati e la tipologia delle aziende insediate nella zona industriale di Carini, non è, quindi, presente un distaccamento permanente dei vigili del fuoco, con personale specializzato che garantirebbe presidio 24 ore su 24;

   la creazione del distaccamento permanente dei vigili del fuoco a Carini garantirebbe un presidio fisso per la popolazione del comprensorio impiegando circa 25 unità di vigili del fuoco già presenti sull'organico attuale del comando provinciale, il quale potrebbe mettere a disposizione mezzi e risorse per il mantenimento ordinario e straordinario del distaccamento permanente in questione, sgravando, così, i comuni dai costi di gestione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda promuovere al fine di garantire la soluzione della problematica esposta in premessa ed assicurare, in tempi rapidi, attese le necessità dei comuni interessati, l'istituzione di un distaccamento permanente dei vigili del fuoco e del relativo presidio elicotteristico.
(4-02609)

  Risposta. — Il distaccamento volontario di Carini, attivo dal 2013, svolge l'attività di soccorso in un comprensorio che comprende i territori dei comuni di Carini, Capaci, Isola delle Femmine, Torretta, Cinisi e Terrasini.
  Il servizio di soccorso, assicurato su chiamata di personale volontario residente nel comprensorio dei predetti comuni, ha garantito, sino al 2018, l'attività di soccorso tecnico urgente, in particolare durante il periodo estivo quando la popolazione, per la presenza di una notevole componente turistica, aumenta in modo consistente.
  L'indisponibilità di tale personale volontario si è determinata a seguito dell'emanazione del decreto legislativo n. 97 del 29 maggio 2017, con cui è stato previsto che i volontari del corpo nazionale, già iscritti nell'unico elenco tenuto presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco, potessero chiedere l'iscrizione in appositi nuovi elenchi distinti in due tipologie, rispettivamente per le necessità dei distaccamenti volontari e per le necessità delle strutture centrali e periferiche del corpo nazionale, rimettendo allo stesso personale la relativa scelta.
  Il citato decreto legislativo ha altresì disposto che solo il personale iscritto nell'elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche avrebbe potuto essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga. I vigili volontari di Carini hanno optato per l'inserimento nella, predetta lista, determinando, di fatto, la chiusura per alcuni mesi del distaccamento.
  Il comando provinciale di Palermo ha comunque garantito adeguati standard di soccorso tecnico, attraverso l'ampliamento delle zone di competenza del distaccamento cittadino nord del capoluogo e del distaccamento di Partinico e, nel contempo, si è attivato con i volontari e con i sindaci dei comuni interessati per promuovere un'attività di sensibilizzazione tra i residenti al fine di reclutare nuove unità di personale e consentire la riapertura dei presidi sul territorio.
  In effetti l'iniziativa ha consentito la riapertura, dal 4 aprile scorso, del distaccamento volontario di Carini, nonché di quelli di Prizzi e Villafrati.
  Per quanto concerne la problematica della sede del distaccamento volontario, ubicata dal 2013 a Carini in via De Spuches, si rappresenta che la stessa è di proprietà privata.
  Il sindaco di Carini, con nota del 29 marzo scorso, ha proposto al comando di Palermo di potenziare il distaccamento volontario ovvero di valutare l'opportunità della sua trasformazione in distaccamento permanente, segnalando che all'interno del «centro direzionale ASI-area per lo sviluppo industriale», realizzato nel territorio comunale, è disponibile un corpo di fabbricato destinato a «distaccamento permanente dei vigili del fuoco» con relativa agibilità rilasciata nel 2009. Lo scorso 17 aprile, a seguito di un sopralluogo congiunto tra il comando di Palermo ed il sindaco di Carini, è stato accertato che i locali originariamente destinati a distaccamento dei vigili del fuoco risultano al momento occupati e, pertanto, non disponibili, rimanendo invece utilizzabili unicamente alcuni locali presumibilmente destinabili a rimessa, ma all'atto del sopralluogo non ispezionabili per l'impossibilità di accedervi.
  Il sindaco si è quindi fatto carico di valutare la possibilità di riacquisire alla originaria destinazione detti locali o di reperirne altri idonei allo scopo.
  In ordine alla proposta di trasformare il distaccamento volontario di Carini in distaccamento permanente, si rappresenta che, al momento, non sussistono le condizioni per realizzare l'operazione, anche in ragione del numero di interventi effettuati dallo stesso, e in considerazione del fatto che l'attribuzione della dotazione organica necessaria presupporrebbe una modifica del piano di distribuzione territoriale del personale operativo, attuabile solo a detrimento di altre sedi già consolidate ovvero di nuove sedi, la cui istituzione risulta prioritaria per l'ottimizzazione del dispositivo di soccorso a copertura del territorio siciliano.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'ultimo ventennio, lungo il tratto di costa compreso tra Fiumicino e Fregene si è assistito ad un inesorabile arretramento della linea di riva, dovuto inizialmente alla riduzione degli apporti solidi forniti dal fiume Tevere che ha modificato l'equilibrio della costa;

   tra il 1996 e il 2013, per contrastare tali fenomeni erosivi, la regione Lazio, di concerto con l'Ardis, ha messo in opera diversi interventi di difesa costiera, concentrati esclusivamente nel tratto di litorale compreso tra Fiumicino e Focene;

   come risulta dalla denuncia del Comitato «Salviamo la spiaggia di Fregene» e diversi media, tali interventi sono consistiti principalmente nella realizzazione di opere che, se da un lato hanno limitato i fenomeni erosivi in tali tratti di litorale, dall'altro hanno innescato evidenti fenomeni erosivi nei tratti di costa immediatamente sottoflutto, con arretramenti della linea di riva anche di 80/100 metri (Oasi di Macchiagrande);

   il 12 aprile 2018, nel corso di un sopralluogo, l'assessore ai lavori pubblici della regione Lazio Alessandri e il sindaco Montino hanno annunciato il finanziamento del geo tubo e la prevista spesa di 350.000 euro per la realizzazione di un intervento di ripascimento di sabbia prima dell'inizio della stagione, prefigurando l'ennesimo intervento tampone già effettuato in passato e vanificato dopo pochi mesi;

   l'attuale direttore del dipartimento risorse idriche e difesa del suolo della regione Lazio, Mauro Lasagna, risulta essere al centro di una fitta corrispondenza, avviata fin dal 2016 tra l'Agenzia nazionale anticorruzione e la regione Lazio, nella quale l'Anac accusa la regione di aver «omesso di attuare la misura della rotazione ordinaria nei confronti dei tre dirigenti segnalati» (tra i quali Lasagna) e anche di aver «omesso di adottare il relativo atto regolamentare»;

   la segnalazione riveste carattere di urgenza perché «le risultanze istruttorie del procedimento confermano l'assoluta necessità che la Regione attui immediatamente» il trasferimento;

   inoltre, in quanto imputato «per reati di natura corruttiva», Lasagna avrebbe dovuto essere sottoposto a «rotazione straordinaria» e invece è ancora nello stesso dipartimento che si occupa anche di interventi di somma urgenza relativi all'erosione del litorale di Fregene;

   all'interrogazione presentata in merito a quest'ultimo aspetto dal deputato Rampelli nel 2017 il Ministro interrogato ha risposto che dal database nazionale per la lotta all'erosione delle coste non risultavano interventi finanziati dalla regione Lazio, e nemmeno il piano di tutela delle coste regionali –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per limitare il ricorso alle procedure di somma urgenza, spesso collegate a interventi invasivi e a ripascimenti tardivi e insufficienti, anche al fine di assicurare la necessaria trasparenza circa le ditte coinvolte in tali lavori e considerato che nel caso di specie vi sono procedimenti giudiziari in corso che coinvolgono il direttore del dipartimento regionale competente come denunciato dall'Anac che ne chiede la rimozione dal 2016;

   quali risultati abbia prodotto l'attività del Tavolo nazionale per l'erosione costiera (Tnac), istituito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispetto al fenomeno erosivo delle coste di Fregene sud, dato che il controllo esercitato nel caso di specie appare all'interrogante essere stato carente e omissivo;

   per quali motivi, a fronte di evidenti errori nel contrasto all'erosione, non si assumano, per quanto di competenza, iniziative per il riconoscimento dello stato di calamità, l'avvio di un urgente importante intervento per il ripristino della spiaggia di Fregene nel suo stato originario e l'erogazione di risarcimenti;

   se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni necessaria iniziativa di competenza affinché possano essere affrontare tali situazioni a livello statale, laddove una Regione, come accaduto nel Lazio, non operi in senso strategico per la risoluzione dell'erosione delle sue coste e non presenti il piano coste nei tempi previsti.
(4-00166)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, relativa alle problematiche connesse alla progressiva erosione costiera della spiaggia di Fregene (RM) e all'intervento di ripascimento previsto dalla regione Lazio per tamponare momentaneamente il dissesto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, è opportuno precisare che le competenze in materia di difesa delle coste, quali programmazione, pianificazione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri, sono delegate alle regioni dal decreto legislativo n. 112 del 1998. Detta norma non prevede l'adozione di poteri sostitutivi.
  Nel merito della questione, la regione Lazio ha reso noto che sia nel 2016 che nel 2017 sono stati effettuati interventi di ripascimento del litorale, finalizzati a garantire la fruibilità delle spiagge durante la stagione balneare, soprattutto nell'area di Fregene sud, tratto di costa interessato dal rilevante fenomeno erosivo.
  Secondo la regione, ad oggi il fenomeno erosivo che interessa il tratto di costa di Fregene non versa in una condizione tale da richiedere, ai sensi di legge, la dichiarazione dello stato di calamità, ma può essere fronteggiato mediante sistematici interventi di competenza regionale.
  Per quanto riguarda la soluzione a medio termine della problematica relativa all'erosione del tratto di costa compreso tra Fiumicino e Fregene, la regione Lazio, per l'anno 2018, ha finanziato ed integrato, per un importo di circa 351.000,00 euro, un'opera di contenimento a mare, detta Geotubo. L'appalto è stato affidato ad un'impresa in data 18 maggio 2018.
  La regione ha altresì precisato che, su richiesta avanzata dalle associazioni degli imprenditori balneari, i lavori del posizionamento del Geotubo sono stati posticipati alla chiusura della stagione estiva 2018, così da non interagire con il normale corso delle attività balneari, e ripresi nel mese di ottobre 2018, successivamente alla consegna dello specchio acqueo da parte della competente capitaneria di porto.
  I lavori si sono quindi protratti fino ad oggi, causa le condizioni meteo non favorevoli. Il ripascimento e i lavori di posa del Geotubo si concluderanno, tra la fine di maggio e i primi di giugno 2019. A tale opera si aggiunge un intervento per un nuovo ripascimento di circa 25.000 metri cubi. Il ripristino protettivo di tale arenile sarà realizzato per l'80 per cento in quanto il restante 20 per cento dovrà essere effettuato dopo il posizionamento del Geotubo.
  La regione ha quindi riferito che, per quanto riguarda la realizzazione, nel medio-lungo periodo, di opere fisse strutturali a salvaguardia dell'intera linea di costa tra Focene e Fregene sud, inserite nel programma regionale di difesa costiera 2018/2020, di prossima adozione da parte della giunta, ci si avvarrà, oltre che delle risorse regionali anche dei nuovi finanziamenti derivanti dal fondo per lo sviluppo e coesione, (FSC) destinati alla regione Lazio da parte del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica).
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fa presente che per limitare le procedure di somma urgenza occorre avviare una programmazione di interventi pluriennale derivante dagli esiti della pianificazione per la difesa delle coste, che dovrà individuare le criticità, gli interventi e le norme di uso della fascia costiera.
  Inoltre si sta costituendo l'Osservatorio nazionale per l'erosione costiera che, coinvolgendo tutti i soggetti competenti in materia, affronta i temi di maggiore rilevanza e contribuisce a mantenere costantemente elevato il livello di attenzione sulla questione.
  Il Ministero, comunica infine che, a seguito della pubblicazione nel dicembre 2018, della seconda versione delle «linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici», redatte dal tavolo nazionale per l'erosione costiera (TNEC) costituito nel 2016, è previsto, in coordinamento con le regioni rivierasche, l'avvio di un percorso per la definizione di una norma nazionale che stabilisca le regole per una corretta pianificazione sulla difesa della costa, coordinata su scala nazionale, che consentirà la sua tutela e protezione, secondo un sistema omogeneo di intervento.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020» (di seguito «legge di bilancio 2018»), è stato introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'obbligo di fatturazione elettronica nell'ambito dei rapporti tra privati (B2B) per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, e la contestuale eliminazione delle comunicazioni dei dati delle fatture (cosiddetto spesometro);

   la medesima legge di bilancio 2018 ha previsto che l'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria fosse anticipata al 1° luglio 2018 per le cessioni di benzina o di gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori, fatte salve le cessioni di carburante per autotrazione effettuate dagli impianti stradali di distribuzione, per le quali l'obbligo è stato prorogato al 1° gennaio 2019;

   le citate disposizioni si inseriscono nell'ambito di un pacchetto di misure volte ad aumentare la capacità dell'amministrazione di prevenire e contrastare efficacemente l'evasione fiscale e le frodi Iva, nonché ad incentivare l'adempimento spontaneo, soprattutto nel settore dei carburanti;

   tra le misure di contrasto all'evasione vi è inoltre il piano straordinario triennale (2018-2020) di controlli congiunti tra Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, istituito dall'articolo 1, comma 919, della stessa legge di bilancio 2018;

   quello dei carburanti, in ragione del carico fiscale che pesa per ben il 60 per cento sul prezzo finale del prodotto (sommando accise e Iva), è tra i settori più affetti da fenomeni di illegalità riconducibili a frodi Iva, perpetrate da parte di operatori petroliferi non abituali che praticano prezzi non in linea con le policy di mercato;

   secondo le stime prudenziali dell'associazione Assopetroli-Assoenergia citate, in modo ancor più prudenziale, nella stessa relazione tecnica della legge di bilancio 2018, l'ammanco di gettito annuale riconducibile alle frodi Iva ammonterebbe a circa 4 miliardi di euro;

   nonostante siano stati presi alcuni primi provvedimenti legislativi, le aziende oneste attive nella distribuzione dei carburanti, sia all'ingrosso che al dettaglio, continuano a essere gravemente penalizzate dal perdurare di un vero e proprio mercato parallelo, nel quale viene venduto carburante in frode Iva a prezzi ingiustificatamente bassi –:

   se il Governo intenda dare effettiva e rapida attrazione al piano straordinario triennale di controlli citato in premessa;

   se l'azione di contrasto alle frodi in materia di Iva sia stata potenziata con l'utilizzo dei dati raccolti a seguito dell'entrata in vigore dal 1° luglio 2018 della fatturazione elettronica obbligatoria per le cessioni di carburante tra privati «B2B»;

   se il Governo intenda attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria, in particolare con l'associazione dei rivenditori Assopetroli-Assoenergia, per affrontare congiuntamente il prioritario dossier sulla legalità nel settore dei carburanti.
(4-01806)

  Risposta. — Con il documento in esame, l'interrogante, in relazione ai provvedimenti normativi intervenuti in materia di obbligo di fatturazione elettronica, chiede di sapere se gli stessi abbiano potenziato l'azione di contrasto alle frodi Iva nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi e se il Governo intenda attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria per affrontare congiuntamente il tema della legalità nel settore dei carburanti.
  Al riguardo, sentiti gli uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Occorre preliminarmente precisare che nel corso degli ultimi anni sono state adottate numerose iniziative volte a prevenire fenomeni illeciti nel comparto in esame e, in particolare, si richiamano le disposizioni introdotte dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) le quali, all'articolo 1, commi da 945-959, sottopongono ad un particolare regime abilitativo i soggetti che, per commercializzare i prodotti menzionati, si avvalgono di impianti di terzi.
  Tali operatori commerciali (
traders), che non siano già titolari dello status di depositario autorizzato in qualità di esercenti di un deposito fiscale ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 504 del 1995, prima di iniziare l'attività di stoccaggio presso depositi di terzi devono ottenere un'autorizzazione dal competente ufficio delle dogane; per coloro che invece risultino già titolari di un deposito fiscale si rende necessaria unicamente la trasmissione di apposita comunicazione.
  L'attività di stoccaggio, presso i depositi di soggetti terzi, per cui viene accordata l'autorizzazione o effettuata la comunicazione sopra richiamata, è vincolata al rilascio dell'atto di assenso da parte dell'esercente detto deposito, sia esso depositario autorizzato che destinatario registrato ai sensi dell'articolo 8 del già citato decreto legislativo n. 504 del 1995 ed è subordinata all'acquisizione, da parte dell'Ufficio delle dogane territorialmente competente, del medesimo atto di volontà.
  L'assenza di tale atto di assenso da parte dell'esercente preclude ogni concreto effetto dell'autorizzazione accordata o della comunicazione effettuata dal
trader.
  Il descritto sistema di identificazione dei
traders, costituisce il necessario corollario delle disposizioni introdotte dai commi da 937 a 943 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, finalizzato a contrastare i fenomeni di frode nel pagamento dell'Iva ad opera di soggetti operanti nel settore della vendita di benzina e gasolio usato come carburante per autotrazione stoccato (in sospensione da accisa) presso depositi fiscali o ricevuti (in sospensione da accisa) presso depositi di destinatari registrati.
  Con tali disposizioni, modificando la disciplina ordinariamente applicabile ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, viene previsto che la relativa immissione in consumo o estrazione sia condizionata, fatte salve alcune eccezioni individuate dalla norma, al versamento diretto all'Erario dell'Iva, senza possibilità di compensazione da parte del soggetto proprietario per conto del quale l'operazione (di immissione in consumo o di estrazione) viene effettuata.
  Al fine di poter operare l'immissione in consumo o l'estrazione dei prodotti, l'esercente il deposito di stoccaggio dovrà acquisire la ricevuta di versamento dell'Iva, in mancanza della quale diviene solidalmente responsabile dell'Iva non versata.
  L'analisi dell'entità della frode Iva sui carburanti, così come la valutazione di efficacia nel merito dei provvedimenti normativi adottati nel settore, è costantemente effettuata dall'agenzia delle dogane tramite il monitoraggio e la vigilanza sui flussi merceologici significativi di benzina e di gasolio.
  In particolare è dedicata massima attenzione ai trasferimenti di prodotto finito all'interno della Unione europea non giustificati dalla economicità delle transazioni via terra e via mare, verso i medesimi soggetti e dalle medesime provenienze.
  Sotto il profilo operativo, il monitoraggio effettuato dall'agenzia sui flussi intracomunitari dei prodotti energetici segue principalmente tre diverse modalità di realizzazione della frode:

   1) alcune frodi sono connesse alla circolazione di prodotti non soggetti a controlli sulla circolazione nel territorio dell'Ue.
   Per la circolazione in sospensione di imposta nel territorio dell'Unione europea, dei prodotti energetici destinati a carburazione e combustione, la direttiva 118/2008/CE ed il decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico delle accise) prevedono particolari vincoli di circolazione e deposito, finalizzati a tutelare il gettito fiscale proveniente dalle accise. Tali vincoli obbligano gli operatori economici ad avvalersi del sistema informatizzato comunitario (Emcs) il quale prevede, per tali movimentazioni, l'emissione del documento di accompagnamento elettronico denominato e-AD, che ne consente il controllo in tempo reale.
   La frode, in tali ambiti, viene attuata mediante l'elusione di detti vincoli.
   I prodotti per i quali la normativa comunitaria non prevede vincoli fiscali di circolazione e deposito, infatti, non necessitano, nella movimentazione intracomunitaria dell'emissione del documento di accompagnamento elettronico denominato e-AD1, ma unicamente della documentazione commerciale.
   In ragione di ciò, in alcuni casi i prodotti movimentati vengono dichiarati come prodotti (oli lubrificanti, solventi e diluenti o oli pesanti a base di oli vegetali) per i quali non sono previsti i richiamati vincoli di circolazione e deposito, sebbene destinati ad usi energetici; in altri casi essi vengono dichiarati come prodotti esenti da vincoli di circolazione, pur essendo in realtà prodotti energetici per i quali è obbligatoria l'emissione dell'e-AD (ad esempio gasolio).

   Tali prodotti, provenienti in particolare dai Paesi dell'Europa centro-orientale, vengono presumibilmente impiegati sul territorio nazionale tal quali o miscelati con gasolio, come carburante per motore in sostituzione del gasolio stesso, senza il pagamento, in territorio nazionale, dell'accisa e dell'Iva dovute.
   Con riferimento, invece, agli acquirenti del prodotto energetico, generalmente, si evidenzia che il sistema di frode in parola prevede l'interposizione di società «fantasma» formalmente residenti in diversi Paesi Ue e, in alcuni casi, extra-Ue.
   Dall'analisi delle informazioni in possesso di questa Amministrazione è emerso che le principali società acquirenti – in termini di quantità di prodotto acquistato – delle partite di prodotto spedite dall'Europa centro-orientale e destinate in Italia, «risiedono» in Paesi – quali, ad esempio, Cipro, Germania, Slovenia, Austria, Paesi Bassi, Croazia e Regno Unito – dove non esistono limiti ai pagamenti in denaro contante.
   Tale circostanza induce a considerare, tra le ipotesi investigative, anche quelle inerenti i reati di riciclaggio e di auto-riciclaggio, previsti dagli articolo 648-
bis e seguenti del codice penale.
   Lo scenario appena descritto, ovvero quello di società acquirenti che operano in Paesi che ammettono transazioni commerciali in denaro contante, secondo i modelli di analisi del rischio elaborati dall'Agenzia, è sintomatico di un mercato (dei prodotti energetici) che presenta specifiche vulnerabilità legate agli interessi economici della criminalità organizzata.
   In più occasioni e fin dal 2011, l'Agenzia si è fatta promotrice presso i competenti servizi comunitari di iniziative volte ad estendere ai prodotti in parola i richiamati vincoli di circolazione di cui al sistema Emcs ma, allo stato, le proposte presentate non hanno ricevuto la necessaria condivisione da parte degli altri Stati membri dell'Ue. Nelle more di una modifica della disciplina unionale, allo scopo di prevenire e reprimere la frode in parola, l'agenzia delle dogane ha adottato alcune procedure che si sono concretizzate, a livello nazionale in una collaborazione sinergica con la guardia di finanza e con l'agenzia delle entrate.
   Sono stati potenziati i servizi di controllo sugli operatori presso i territori a maggiore rischio per la presenza di impianti di distribuzione, pompe bianche, depositi intermedi, operatori commerciali, selezionati secondo specifici criteri di rischio, nei confronti dei quali sono state eseguite e sono tuttora in corso verifiche fiscali mirate;

   2) altre frodi sono riscontrabili su flussi, apparentemente regolari di prodotto, che viaggiano con il documento di accompagnamento elettronico (e-AD).
   Con riguardo a tali flussi sono stati analizzati, in particolare, gli acquisti intracomunitari di gasolio da società maltesi, slovene e croate.
   L'analisi è stata finalizzata ad evidenziare distorsioni di flusso di prodotto e l'apparente anti-economicità di operazioni di acquisto effettuate da operatori italiani. Un'operazione di acquisto di prodotto tra deposito mittente e soggetto destinatario geograficamente molto distanti tra loro appare, infatti, antieconomica. I costi sostenuti dai destinatari finali del prodotto (ad esempio, distributori stradali) per il pagamento del trasporto dal deposito «intermedio» italiano che ha ricevuto il prodotto da un altro paese dell'Unione europea, sommati a quelli già sostenuti dallo stesso deposito per il trasferimento del prodotto dai depositi mittenti ubicati all'estero, potrebbero determinare un prezzo del prodotto non concorrenziale da praticare al consumatore finale. Avendo, invece, rilevato che il prezzo dei carburanti «alla pompa» è, in alcuni casi, estremamente conveniente e, comunque, concorrenziale rispetto alla media dei prezzi di vendita praticati per il gasolio e la benzina, si può verosimilmente ipotizzare che lo stesso scaturisca da condotte fraudolente volte ad evadere l'imposta sul valore aggiunto afferente le operazioni di acquisto dei prodotti energetici.
   È emerso che, nel 2017, il flusso di gasolio spedito da Malta verso l'Italia è diminuito di circa il 20 per cento rispetto al 2016, probabilmente anche grazie alle attività investigative in corso; è, invece, aumentato rispetto al 2016 il flusso di gasolio proveniente dalla Slovenia, che ha registrato un incremento di circa il 40 per cento e dalla Croazia, dove l'aumento è stato del 190 per cento.
   Tale analisi consente di individuare i Paesi di provenienza dei flussi di prodotto energetico maggiormente a rischio di frode, spediti in sospensione d'accisa e destinati in Italia, e, nel particolare, di individuare i depositi mittenti esteri e i depositi riceventi italiani – depositari autorizzati e i destinatari registrati – da sottoporre a controllo.
   Con riferimento a questo tipo di attività, sono state formulate allerte specifiche per le competenti strutture territoriali dell'agenzia delle dogane;

   3) altre frodi sono commesse con interposizioni fittizie e mediante false dichiarazioni di intento.
   In particolare si tratta di movimentazioni di carburanti, effettuate mediante l'utilizzo di soggetti fittizi creati
ad hoc per realizzare scambi commerciali senza assolvimento degli obblighi fiscali di versamento – cosiddetti missing trader – oppure mediante l'uso di false dichiarazioni d'intento per l'assolvimento dell'imposta (caso in cui il soggetto si dichiara «esportatore abituale»).
   Le fattispecie riguardano sia prodotto in sospensione di accisa sia quello ad imposta assolta.
   In considerazione della rilevanza del fenomeno e delle ricadute in termini di mancato gettito fiscale, l'agenzia delle dogane ha proposto di inserire l'attività di contrasto, a tale tipologia di frode, nell'ambito della «Cabina di regia operativa» – di cui agli articoli 83, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge n. 133 del 2008 –, nel cui ambito opera, dal 2017, il sottogruppo prodotti petroliferi, con l'obiettivo di definire un percorso di analisi mirato ad ottenere una mappatura completa dei soggetti coinvolti nelle frodi Iva e valorizzando tutte le informazioni in possesso dei vari organismi partecipanti (Adm, agenzia delle entrate e guardia di finanza).
   La collaborazione in seno al gruppo di lavoro ha permesso di individuare decine di soggetti economici coinvolti in frodi Iva sui carburanti.

  Si evidenzia, infine, che in considerazione del mutato modus operandi dei principali depositari coinvolti in movimentazioni «sospette», conseguente alla introduzione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 937-944 della legge n. 205 del 2017 sopra descritte, è in corso di definizione un mirato piano di controlli, anche a seguito della valutazione della fattibilità e della sostenibilità condotta con le principali associazioni del settore, per contenere maggiormente il fenomeno di che trattasi.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Alessio Mattia Villarosa.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la revisione dell'ordinamento del Corpo dei vigili del fuoco è stata disposta in attuazione di una delega prevista dalla legge n. 124 del 2015;

   l'articolo 8 della stessa legge, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato;

   la legge n. 145 del 2018, dispone, ai commi 389-393 dell'articolo 1, un incremento di 1.500 unità della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è determinata dal decreto legislativo n. 217 del 2005 e in particolare dall'Allegato A alla predetta legge;

   già in data 10 ottobre 2018 alcune organizzazioni sindacali di categoria avevano denunciato la cronica e grave carenza di personale del comando provinciale dei vigili del fuoco di Bari, che, in alcuni casi, ha causato la soppressione di alcune partenze e la sospensione temporanea dell'operatività di alcuni distaccamenti, pregiudicando la tempistica e l'efficacia d'intervento e mettendo dunque a serio rischio la sicurezza del territorio;

   dalla disamina del decreto ministeriale recante modifiche ed integrazioni al decreto ministeriale n. 11 aprile 2017 in materia di distribuzione territoriale delle dotazioni organiche del personale appartenente al ruolo dei vigili del fuoco, al ruolo dei capi squadra e dei capi reparto, nonché ai ruoli specialistici, in attuazione della Tabella A del decreto legislativo n. 217 del 2005, emerge un'inaccettabile disparità di trattamento nei confronti del comando provinciale di Bari in termini assoluti e comparativi, se confrontato con comandi di pari categoria;

   in particolare, i 3 nuovi comandi provinciali in fase di istituzione, Monza (SD5), Barletta (SD5) e Fermo (SD4), saranno costituiti da future 88 unità cadauna;

   il reperimento di tali unità, nell'ambito della futura dotazione organica di ciascun nuovo comando provinciale, avverrà mediante lo scorporo dagli attuali comandi provinciali matrici, ossia dal comando provinciale di Bari per l'istituzione del nuovo comando provinciale di Barletta;

   dall'operazione di «decurtazione» del personale emerge un grave danno in termini di carenza di unità per il comando provinciale di Bari, che risulta maggiormente penalizzato rispetto, ad esempio, al comando provinciale di Milano, matrice del nuovo comando provinciale di Monza;

   inoltre, a fronte dell'istituzione di un quarto distaccamento cittadino per il comando di Genova denominato «Genova Levante», sebbene sia già presente un distaccamento denominato «Genova est», nessun nuovo distaccamento, benché richiesto da anni, è stato istituito per l'area meridionale della città metropolitana di Bari, sprovvista di copertura, nonostante sia un territorio densamente popolato e soggetto a una fortissima presenza turistica durante il periodo estivo e non solo;

   la dotazione organica prevista per i distaccamenti di categoria SD5 è insufficiente a garantire l'attivazione di n. 2 partenze con contestuale richiesta continua di rimpiazzo/integrazione del personale;

   gran parte delle 500 unità qualificate sono state riservate alla direzione centrale e Dcf –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di dotare il comando provinciale dei vigili del fuoco di Bari di una donazione organica idonea a garantire la sicurezza dei territori di competenza;

   se intenda adottare iniziative per l'istituzione di un distaccamento nell'area a sud di Bari per alleggerire la mole di lavoro della squadra della sede centrale e garantire gli interventi su tutto il territorio entro 20 minuti dalla segnalazione;

   se intenda chiarire quale criterio sia stato utilizzato per la distribuzione delle 500 unità qualificate;

   se intenda adottare iniziative per dare finalmente corso all'equiparazione della dotazione organica del comando di Bari con le altre sedi metropolitane di pari rango, in considerazione della carente dotazione di unità operative che caratterizza da sempre la sede centrale, decurtata delle sedi operative cittadine di Bari-Carrassi e Bari-Fiera.
(4-02540)

  Risposta. — Si segnala, preliminarmente, che con decreto del Ministro dell'interno del 28 marzo 2019 si è provveduto a ridefinire la ripartizione territoriale delle dotazioni organiche del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Esso è stato predisposto al fine di recepire le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 127 del 2018, con particolare riferimento ai ruoli degli specialisti ed ai ruoli dei vigili del fuoco, dei capi squadra e dei capi reparto non specialisti nonché per consentire il corretto espletamento delle procedure di mobilità ed assegnazione del personale operativo appartenente ai predetti ruoli.
  Si precisa, inoltre, che il citato decreto non prende in considerazione l'incremento di 1.500 unità della qualifica di vigile del fuoco che, secondo la legge n. 145 del 2018 (legge di stabilità 2019) sarà articolato in diversi scaglioni e si concluderà nel 2020.
  Nel caso dei comandi di nuova istituzione, tra cui quello di Barletta–Andria– Trani, si è proceduto a scorporare dal comando di origine la dotazione organica del preesistente distaccamento permanente (58 unità operative, precisamente 40 vigili del fuoco e 18 capi squadra e capi reparto), in quanto non più ricomprese nell'ambito di competenza territoriale. Elevando la sede di Barletta a comando, l'organico è stato aumentato di 12 vigili del fuoco e 18 capi squadra e capi reparto. Tale organico è stato quindi potenziato con 30 unità di nuova attribuzione per adeguarlo, in prima applicazione, alla dotazione minima prevista per le sedi centrali dei comandi (88 unità, precisamente 52 vigili del fuoco e 36 capi squadra e capi reparto).
  Per quanto riguarda la distribuzione delle 500 unità di personale qualificato, è stata effettuata una valutazione delle necessità di sviluppo dell'intero dispositivo di soccorso a livello nazionale, sia territoriale che centrale, ivi comprese quelle di carattere formativo.
  Quanto alle, difficoltà segnalate nell'interrogazione connesse alla carenza di personale del comando di Bari, si rappresenta che non risultano al citato comando circostanze significative di riduzione del dispositivo provinciale di soccorso pubblico per effetto di soppressione di partenze operative, ovvero di sospensione dell'operatività di alcuni distaccamenti, salvo qualche sporadica circostanza determinatasi in occasione di turni diurni festivi per assenze dal servizio non programmate. Tali criticità hanno tuttavia trovato soluzione nell'ambito della turnazione, sia attraverso sostituzioni tra sedi che mediante una tempestiva rimodulazione del dispositivo provinciale di soccorso pubblico.
  Quanto all'insufficienza organica per i distaccamenti di categoria SD5, si segnala che tale problematica verrà superata per effetto dell'istituzione del comando «BAT», destinato a sostituire il distaccamento di Barletta.
  Infine, in ordine all'eventuale istituzione di un ulteriore distaccamento permanente da ubicarsi nell'area sud di Bari, si fa presente che tale opzione è in corso di valutazione nell'ambito degli interventi di potenziamento resi possibili dall'incremento di organico di 1.500 unità di vigili del fuoco, da realizzarsi nell'arco di un biennio. A tal fine sono in corso di elaborazione apposite analisi tecnico-operative basate su indicatori oggettivi quali: la popolazione servita, il territorio di competenza ed i tempi attesi di intervento.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   PALAZZOTTO e OCCHIONERO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   la popolazione della Repubblica Democratica del Congo continua da tempo a vivere una profonda crisi umanitaria;

   il Premio Nobel e Premio Sacharov, Dottor Denis Mukwege, ha riportato l'attenzione sulla spirale di violenze continua nella Repubblica Democratica del Congo, invitando la comunità internazionale ad agire con urgenza;

   nel rapporto dell'Ohchr sulla Repubblica Democratica del Congo viene denunciato un rischio di genocidio e molteplici crimini di guerra, crimini contro l'umanità;

   le organizzazioni umanitarie denunciano numerosi casi di stupri, violenze, torture e massacri;

   nel gennaio 2018 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla Repubblica Democratica del Congo, ribadendo la sua profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione umanitaria, politica e della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo;

   l'epidemia di ebola continua a mietere vittime, 461 decessi al momento, soprattutto nelle province di Kivu Nord e Ituri;

   numerose fonti giornalistiche denunciano il perpetrarsi di violenze di vario genere, come nel caso di alcune donne alle quali sono stati chiesti favori sessuali in cambio di vaccini per l'ebola –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti esposti in premessa e la grave e costante violazione dei diritti umani perpetrata nella Repubblica Democratica del Congo;

   quali iniziative intenda mettere in campo il Governo, anche in seno all'Unione europea, al fine di giungere alla cessazione di tali violenze.
(4-02308)

  Risposta. — L'Italia è fortemente impegnata a favore della protezione e della promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel mondo, anche nell'ambito del mandato triennale in Consiglio diritti umani delle Nazioni unite/CDU (2019-2021).
  La situazione dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo è oggetto di costante attenzione e monitoraggio. In seguito alle elezioni dello scorso dicembre, le Nazioni Unite hanno registrato un crescente numero di violazioni dei diritti umani, per lo più imputabili alle forze di sicurezza. Almeno una cinquantina di persone, in particolare difensori dei diritti umani e giornalisti indipendenti, sono stati oggetto di minacce o di attacchi o hanno avuto bisogno di misure di protezione da parte delle Nazioni unite. Siamo consapevoli che in alcune aree del Paese le condizioni umanitarie sono particolarmente difficili. Seguiamo con grande attenzione le recenti decisioni del nuovo Presidente Tshisekedi, insediatosi il 24 gennaio 2019, in particolare in merito al provvedimento di grazia per numerosi prigionieri politici, e l'impegno che egli ha annunciato di voler profondere nella lotta contro la corruzione, in difesa dei diritti umani e nel contrasto agli abusi da parte delle forze di sicurezza.
  In ambito Onu, il Consiglio diritti umani (Cdu) approva annualmente una risoluzione dedicata all'assistenza tecnica alla Repubblica democratica del Congo in materia di diritti umani. Nell'ultima, adottata lo scorso settembre (Risoluzione 39/20), il Cdu condanna tutti gli atti di violenza, in particolare nelle zone del Paese colpite da conflitti, e incoraggia il Governo ad aumentare gli sforzi per assicurare la protezione e delle libertà fondamentali.

  Nella sessione del Cdu del 19 marzo 2019 si è svolto un dialogo interattivo sulla Repubblica democratica del Congo nel corso del quale l'Unione europea, con il sostegno di tutti gli Stati membri, ha espresso preoccupazione per le violazioni dei diritti umani commesse nel Paese durante il processo elettorale, inclusi i casi di uso eccessivo della coercizione da parte delle forze di sicurezza, le minacce e le intimidazioni contro i rappresentanti dei partiti politici di opposizione e le restrizioni ingiustificate della libertà di opinione, di assemblea e di associazione. L'Unione europea ha invitato le autorità a perseguire gli autori di tali abusi e a risarcire le vittime. Ha inoltre sollecitato il Governo del Paese a considerare prioritaria la lotta alle violenze sessuali e di genere.
  La Repubblica democratica del Congo ha partecipato il 7 maggio 2019 alla Revisione periodica universale (UPR), esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri dell'Onu si sottopongono ogni quattro anni nell'ambito del CDU. Nell'occasione, l'Italia ha raccomandato al Paese di: aumentare gli sforzi per combattere la violenza di genere, inclusi la violenza domestica, i matrimoni precoci e forzati e la violenza sessuale nelle aree di conflitto; adottare misure appropriate per combattere qualsiasi forma di violenza e discriminazione nei confronti dei bambini, inclusi i bambini disabili e quelli accusati di stregoneria; perseguire tutte le violazioni dei diritti umani, incluse quelle commesse da membri delle forze di sicurezza e facilitare l'accesso alla giustizia da parte delle vittime; aumentare gli sforzi per garantire le libertà di espressione, riunione e associazione e adottare misure efficaci per assicurare adeguata protezione ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti; aderire al secondo protocollo opzionale del Patto internazionale sui diritti civili e politici e quindi adottare una moratoria de iure della pena di morte. Nell'ultima sessione di UPR la Repubblica democratica del Congo ha ricevuto nel complesso 267 raccomandazioni.
  In ambito dell'Unione europea la situazione dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo è menzionata nelle conclusioni del Consiglio affari esteri adottate il 18 febbraio 2019, sulle priorità nei fori delle Nazioni Unite per il 2019. In tale documento l'Unione europea, con riferimento alla Repubblica democratica del Congo, esprime preoccupazione per i casi di tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, e per le violazioni dei diritti umani dei minori, in particolare in riferimento ai casi di bambini soldato.
  In ambito bilaterale, il rispetto dei diritti umani è sollevato regolarmente in tutte le occasioni di dialogo che l'Italia ha con la Repubblica democratica del Congo.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la situazione in cui si trovano diversi lavoratori liguri di centri per l'impiego (Cpi) induce a una riflessione, a livello nazionale, per quanto concerne i criteri di stabilizzazione e assunzione nella pubblica amministrazione e nello specifico l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge 29 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che, all'articolo 12, ha previsto un aumento dell'organico del personale assegnato ai Cpi;

   i lavoratori in questione hanno prestato attività fin dai primi anni 2000, presso i Cpi come addetti ai servizi specialistici per il lavoro, dapprima come personale esterno in appalto (con servizio prestato all'interno del centro per l'impiego, utilizzando gli strumenti di lavoro messi a disposizione del centro per l'impiego e interfacciandosi con il direttore del centro per l'impiego, attraverso un coordinatore) su appalti differenti da centro per l'impiego a centro per l'impiego e per tipologia di servizio, successivamente, sempre come personale esterno in appalto conferito ad un unico consorzio per la provincia di Genova (formato dai precedenti fornitori e con le medesime modalità di lavoro, salvo un aumento delle competenze assegnate) e, a partire dal 1° febbraio 2019 (a seguito del superamento del concorso per assistente amministrativo – cat. C – da adibire ai centri per l'impiego con contratto a tempo determinato di 12 mesi – rinnovabile fino ad un massimo di 36 mesi – bandito da Alfa Liguria) come dipendenti di Alfa Liguria. La regione ha, inoltre, recentemente approvato il passaggio delle lavoratrici da Alfa Liguria alla stessa regione a far data dal 1° maggio 2019;

   il decreto legislativo n. 75 del 2017 (uno dei decreti attuativi della «riforma Madia») ha previsto diverse procedure di stabilizzazione del personale, dirigenziale e non, relativo a diversi comparti della pubblica amministrazione, sia con procedura diretta, sia tramite procedure concorsuali con quote di riserva diversificate in deroga a quanto previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sotto il profilo della quota di riserva (fino al 50 per cento) ed anche con riguardo al tipo di anzianità di servizio necessaria;

   ma lo stesso decreto-legge n. 4 del 2019, al citato articolo 12, comma 3-bis, derogando all'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, individua come titolo per la stabilizzazione solo il riferimento al personale reclutato mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, di cui all'accordo sul documento recante Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro, approvato nella riunione della conferenza unificata del 21 dicembre 2017, senza che vi sia alcun riferimento ad una anzianità di servizio e, dunque, consentendo di escludere che la stabilizzazione prevista dalla norma sia riferita a personale reclutato da più di tre anni;

   va osservato inoltre, con riferimento alla specifica posizione delle lavoratrici liguri, che il decreto del direttore generale Alfa Liguria n. 173/2019, in data 31 gennaio 2019, nel disporre l'assunzione (n. 67 unità di personale a tempo determinato, da destinare ai centri per l'impiego liguri) a seguito di esito positivo della procedura selettiva avviata da Alfa con decreto del direttore generale n. 1631 del 18 settembre 2018, richiama espressamente il citato Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro, configurandosi, dunque, come atto finale di una procedura concorsuale bandita in forza di tale piano, oltre che dei relativi piani di attuazione, e con utilizzo delle relative risorse finanziarie –:

   se il Governo intenda chiarire se, con riferimento ai lavoratori liguri citati e a quanti si trovino nella medesima posizione ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge n. 4 del 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sia consentita la stabilizzazione del personale attualmente impiegato a tempo determinato nei centri per l'impiego.
(4-03100)

  Risposta. — Con riferimento ai fatti rappresentati dall'interrogante, si forniscono i seguenti chiarimenti.
  L'articolo 12, comma 3-
bis, decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, autorizza le regioni e le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, o le province e le città metropolitane ad assumere, a decorrere dall'anno 2020 fino a complessive 3.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego, e solo a decorrere dall'anno 2021 ulteriori assunzioni per 4.600 unità di personale, compresa la stabilizzazione delle unità di personale, reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato di cui al Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro 2017.
  Va tuttavia sottolineato che il comma 258 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), al secondo periodo prevede che: «...A decorrere dall'anno 2019, le regioni e le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, o le province e le città metropolitane se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale ai sensi dell'articolo 1, comma 795, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono autorizzati ad assumere, con aumento della rispettiva dotazione organica, fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego...».
  Tale norma, pur avendo carattere certamente precettivo, sembrerebbe operare quale norma «aperta», ovverosia tale da dare essa possibilità alle regioni di poter assumere a far data dall'anno 2019, anche il personale eventualmente già impiegato a tempo determinato presso i centri per l'impiego.
  La regione Liguria, ha comunicato che sono attualmente in forza presso i centri per l'impiego liguri n. 67 unità con contratto a tempo determinato e che tale personale è stato assunto, previo esperimento di specifica procedura concorsuale realizzata nell'ambito del piano di rafforzamento sancito in conferenza unificata del 21 dicembre 2017, dall'Agenzia per il lavoro, la formazione e l'accreditamento (ALFA) della regione Liguria in quanto titolare della funzione in materia di gestione dei centri per l'impiego ai sensi della legge regionale n. 29 del 2017.
  Sempre la regione Liguria con legge regionale n. 29 del 2018, ha disposto il trasferimento della funzione in materia di gestione dei CPI e del personale interessato, dall'Agenzia strumentale ALFA alla regione stessa a far data 1° aprile 2019; con legge regionale n. 4 del 2019 ha poi provveduto a trasferire a far data 1° maggio 2019, i contratti di lavoro a tempo determinato in essere.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Claudio Cominardi.


   PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nell'archivio del comune di Cormòns (Gorizia) è stato ritrovato un documento datato 2 marzo 1938, la cui intestazione recita «Estratto dello Schedario degli Italiani delle nuove provincie già militari nell'Es. Austro-Ungarico, morti in seguito alla guerra», firmato dall'allora addetto militare presso la Regia legazione italiana a Vienna;

   il caso ha voluto che quella unica scheda ritrovata sia quella di Giovanni Batta Pettarin, il nonno dell'interrogante. Se lo schedario fu ordinato in ordine alfabetico, la scheda rinvenuta a Cormòns contrassegnata dal numero 21115 farebbe presupporre che il numero di caduti delle nuove provincie italiane per l'Esercito austro-ungarico potesse attestarsi intorno ai 35.000 uomini;

   al ritrovamento, di importanza potenzialmente eccezionale per restituire dignità storica non solo alle genti del territorio goriziano ma del Friuli in generale, di Trieste e di Trento, dell'Istria e del Tirolo, sono seguite incessanti ed approfondite ricerche grazie agli sforzi dell'associazione Società Cormonese Austria, che sono state meritoriamente supportate, tra il 2011 e il 2014, dai funzionari dell'ambasciata italiana a Vienna, dell'Ufficio storico dell'Esercito, di Onorcaduti di Roma, dell'Archivio centrale dello Stato, e non ultimo dall'ex presidente della regione, Debora Serracchiani, che aveva portato la questione ai più alti livelli istituzionali;

   nonostante gli sforzi qui brevemente descritti, le ricerche hanno portato solamente all'indice della documentazione del segretario generale per gli affari civili istituito nel 1915 e dal 1919 divenuto Ufficio centrale delle nuove province, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il fondo consta di 252 buste e 47 registri di protocollo, tra cui non vi è purtroppo traccia dello schedario;

   secondo l'opinione dei ricercatori, non sarebbe strano se durante il regime fascista, a un registro di questo tipo, utilizzato essenzialmente per la concessione di pensioni di guerra da assegnare ai superstiti, venisse imposta la classificazione di riservatezza, favorendo l'occultamento di una realtà allora ritenuta incompatibile con le logiche di propaganda nazionalista, ossia la morte di decine di migliaia di italiani che combatterono nelle fila dell'esercito nemico contro l'Italia. Si tratta però dei nostri nonni. Non esiste famiglia isontina, triestina o trentina che non abbia avuto un familiare o congiunto combattente nell'Esercito austro-ungarico che attende ancora di essere tratto dall'ingiusto oblio determinato dal ventennio successivo alla guerra –:

   se il Governo sia al corrente e, nella considerazione della doverosità del supporto alla prosecuzione delle ricerche di archivio, anche e soprattutto fisiche, come intenda mettere a disposizione tutti gli strumenti necessari affinché sia assicurato totale e incondizionato sostegno a ogni ulteriore ricerca di verità storica relativa ai caduti delle nuove province italiane nella prima guerra mondiale con indosso la divisa dell'esercito austro-ungarico e, in particolare, alle ricerche fisiche, anche presso gli archivi storici della Farnesina, delle Forze armate e dello Stato Maggiore dell'Esercito, dello schedario citato in premessa.
(4-02162)

  Risposta. — In relazione al quesito posto dall'interrogante, si premette preliminarmente che il Governo assicura il proprio totale e incondizionato sostegno a qualsivoglia ricerca di verità storica relativa ai caduti delle nuove province italiane nella prima guerra mondiale con indosso la divisa dell'esercito austro-ungarico, avvalendosi, a tal fine, dell'ausilio delle amministrazioni e articolazioni dello Stato.
  Si conferma il rinvenimento, presso gli archivi comunali di Cormons, di un carteggio, risalente al 1938 e intercorso tra l'addetto militare presso la Regia delegazione d'Italia a Vienna, il municipio di Cormons e il Ministero delle finanze-direzione centrale delle pensioni di guerra, riguardante una pratica relativa a Pettarin Giovanni Battista. Tuttavia, non è stata rinvenuta alcuna documentazione o elementi documentari riconducibili allo «Schedario degli Italiani delle nuove province già militari nell'Esercito Austro-ungarico, morti in seguito alla guerra» presso il locale archivio di Stato.
  La circostanza che detto schedario fosse stato prodotto dall'addetto militare presso la regia delegazione d'Italia a Vienna, come attestato dagli atti raccolti dalla società Cormonese «Austria», ha indotto ad effettuare una verifica anche presso l'archivio storico diplomatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che già nel 2014 aveva ricevuto analoga richiesta, nel contesto delle celebrazioni per la commemorazione dell'anniversario della Grande Guerra.
  Sebbene la ricerca non avesse all'epoca consentito di individuare lo schedario in parola, si segnala che l'archivio storico-diplomatico della Farnesina assicura la massima collaborazione degli archivisti di Stato che potranno assistere ed indirizzare eventuali specialisti del settore che saranno incaricati di condurre ulteriori ricerche fisiche. Inoltre, l'inventario dei fondi è accessibile
online dal sito internet della Farnesina al link:
  
https://www.esteri.it/mae/it/servizi/uapsds/storico_diplom/inventarionline.html.
  Al fine di agevolare la conduzione delle ricerche sarà certamente utile acquisire copia del documento citato nell'interrogazione e degli altri documenti ad esso collegati nel fascicolo, ivi compresi elementi e informazioni sulla provenienza archivistica. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale assicura inoltre la disponibilità a proseguire gli accertamenti sui fondi archivistici dell'ambasciata d'Italia a Vienna, di cui è previsto il versamento nei prossimi mesi.
  Analoghe ricerche, seppur con esito negativo, sono state svolte presso il Ministero per i beni culturali, il quale ha peraltro reso noto che documentazione di carattere militare è conservata anche presso gli archivi di Stato presenti sul territorio del Triveneto, in particolare Trieste, Trento, Bolzano, Belluno, i cui fondi sono, tra l'altro, consultabili anche attraverso il sistema informativo degli archivi di Stato (SIAS), raggiungibile al
link http://www.archivi-sias.it/. La ricerca presso detto Dicastero era stata condotta tra il 2011 ed il 2014, non si può pertanto escludere che, ad oggi, possa essersi resa accessibile ulteriore documentazione.
  In tale contesto, il Ministero per i beni culturali ha promosso e avviato la realizzazione di diversi progetti di censimento, inventariazione e digitalizzazione di documentazione relativa alla Prima guerra mondiale, finalizzati alla valorizzazione del relativo patrimonio documentario, conservato presso i propri istituti dipendenti o altri soggetti conservatori. In particolare si segnala il progetto nazionale «14-18. Documenti e immagini della Grande Guerra», (
http://www.14-18.it/) avente l'obiettivo di creare un archivio digitale di immagini di interesse storico, documentario e artistico della Prima guerra mondiale, attualmente coordinato dall'istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, i cui contenuti sono in continua implementazione.
  Infine il Ministero della difesa ha confermato che gli archivi degli stati maggiori di Forza armata e del Comando generale dell'Arma dei carabinieri non dispongono dello «Schedario» in parola. Presso l'ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito è conservato un elenco dei militari appartenenti agli eserciti austro-ungarico, bulgaro, germanico e turco, caduti e raccolti sul campo dalle truppe italiane nella guerra 1915-1918, oppure deceduti durante la prigionia di guerra in Italia. Tale documento, che non risulta essere del tutto completo, è in ogni caso consultabile.
  Presso gli archivi del Commissariato generale per le onoranze ai caduti (ONORCADUTI) della difesa è disponibile un elenco, anche in questo caso non completo, dei Caduti austro-ungarici nati nella provincia di Trento (all'epoca territorio non italiano), tra i quali, tuttavia, non compare il caduto Giovanni Batta Pettarin.
  La documentazione comprendente i fogli matricolari dei militari di origine italiana, arruolati nell'esercito austro-ungarico e proveniente da territori passati all'amministrazione italiana al termine del Primo conflitto mondiale (Cortina d'Ampezzo, S. Lucia, Livinallongo del Col di Lana, tutti nella provincia di Belluno), nel novembre del 1949 fu consegnata al distretto militare di Belluno. Il materiale era stato sottratto dagli archivi del Regio esercito dalle truppe tedesche negli anni 1943-1945, durante l'occupazione nelle province dell'allora zona di operazioni del litorale adriatico e zona di operazioni delle prealpi che includevano, tra l'altro, i territori di Trento, Bolzano, Udine, Belluno, Trieste, Pola, Fiume e Gorizia. Tale documentazione è oggi custodita in parte presso gli archivi di stato competenti per territorio (Belluno, classi 1867-1909; Trento, classi 1852-1910; Bolzano, classi 1872-1908; Trieste, classi 1878-1911) e, in parte, presso i Centri documentari militari di Padova e Udine.
  Relativamente ai caduti che hanno militato nell'esercito austroungarico, la diretta competenza è della Croce nera austriaca (ente austriaco similare al Commissariato generale per le onoranze ai caduti), incaricata dal Governo federale austriaco di tutelare i diritti e gli interessi austriaci derivanti dagli articoli 171 e 172 del Trattato di Pace di Saint Germain (1919) fra le potenze alleate/associate e l'Austria. Il Trattato riguarda l'impegno dei governi a fornire, reciprocamente, l'elenco completo dei deceduti e tutte le informazioni per procedere all'identificazione, ivi compresa l'ubicazione, delle tombe dei caduti noti e ignoti.
  Il volume «La Prima Guerra Mondiale e il Trentino» del comitato trentino dell'Istituto per la storia del risorgimento italiano e dell'ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito, riporta che presso la biblioteca comunale di Trento si conservano gli elenchi ufficiali del Ministero della guerra austriaco, con le perdite subite dall'esercito austro-ungarico dal 12 agosto 1914 al 15 marzo 1918, i feriti/gli ammalati e i prigionieri di guerra.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   PINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è l'unico centro in Italia che si occupa, tra l'altro, della produzione di farmaci di interesse sociale, dei farmaci orfani, di alcuni tipi di antidoti;

   lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze dal 18 settembre 2014, dopo un accordo tra i Ministeri della difesa e della salute, è l'unico stabilimento che produce prodotti e sostanze e base di cannabis da destinare alle istituzioni sanitarie e farmacie private;

   la quantità di cannabis prodotta dallo Stato italiano sarà quest'anno tra i 200 e i 300 chilogrammi, mentre la richiesta da parte degli ospedali, delle istituzioni sanitarie delle farmacie sarà nel 2019 di circa 700 chilogrammi;

   come comunicato dal Sottosegretario alla salute il 31 gennaio 2019 durante il question time in Commissione XII affari sociali il Ministero della salute per ovviare alla sua mancanza, oltre all'acquisto presso l’Office of medical cannabis del Ministero della salute olandese, lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze si avvarrà di partner privati;

   sempre secondo il Ministero della salute, «per garantire un adeguato grado di sicurezza sull'attività di coltivazione e produzione, si potrebbero mettere a disposizione del partner privato, fin da subito, ulteriori superfici anche in altri stabilimenti militari (Unità Produttive), idonee ad una estensione della coltivazione» –:

   se il Governo abbia valutato i rischi che corre lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze il quale diventerà di fatto il centro di produzione della cannabis, cosa che lo impegnerà quasi completamente e verrà sminuito e ridimensionato rispetto ai compiti per i quali è nato, e quali iniziative intenda assumere in merito;

   con quali criteri saranno scelti i partner privati per la produzione di cannabis ad uso medico e se si affiderà l'incarico per la coltivazione di tale prodotto ad un solo partner o a più soggetti e dove questi opereranno.
(4-02185)

  Risposta. — Lo stabilimento chimico farmaceutico Militare di Firenze è l'unica officina farmaceutica dello Stato e – in virtù delle qualificate competenze e capacità che esso esprime per soddisfare in modo tempestivo, sicuro ed efficace le esigenze non solo delle Forze armate, ma di tutta la collettività – svolge un importante ruolo per il Paese, conducendo attività che investono anche profili di collaborazione esterna con il Ministero della salute e con l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
  Lo stabilimento è attivo nella produzione di medicinali, di presidi medico-chirurgici e di cosmetici, negli allestimenti sanitari e nel confezionamento di alimenti dietetici.
  In particolare, lo stabilimento produce lotti di medicinali carenti con i quali vengono trattati circa 3.000 pazienti affetti da patologie rare e croniche.
  La produzione della
cannabis – attualmente 150 chilogrammi annui – nonostante il graduale incremento previsto per soddisfare l'aumento del fabbisogno nazionale, non avrà alcun impatto sugli attuali impegni istituzionali dello stabilimento; anzi, proprio al fine di assicurare sia la continuità di tutte le attività produttive sia la piena funzionalità dell'Ente, sono state avviate alcune iniziative propedeutiche ad un adeguamento degli assetti organici del personale.
  Al fine di fronteggiare la crescente esigenza (stimata dal Ministero della salute in 1.000 chilogrammi annui nel 2020) di diverse varietà di
cannabis per uso medico mediante il necessario incremento della produzione, è stata valutata e approfondita, in accordo con il Ministero della salute, la possibilità di coinvolgere altre strutture pubbliche (come università, istituti di ricerca) e/o private.
  Non avendo, allo stato, trovato enti pubblici con disponibilità di fondi da impiegare per il potenziamento della produzione, si sta procedendo con l'individuazione, previa selezione con avviso pubblico, di soggetti privati con i quali instaurare un eventuale rapporto di partenariato o di «
project financing».
  In tale evenienza, i
partner potranno contribuire sia nel campo della ricerca e sviluppo indispensabili per il continuo miglioramento dei processi produttivi, sia alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis (per esempio, la produzione di derivati con processi estrattivi particolari), fino a coprire tutto il fabbisogno nazionale.
  Ai fini del potenziamento della produzione, presso lo stabilimento sono disponibili aree per l'allestimento di nuove serre di coltivazione con oneri a carico dei
partner, che consentirebbero una produttività annuale di circa 4.000 chilogrammi, a cui si potrebbero aggiungere, qualora necessario, ulteriori spazi recuperabili presso altre unità produttive in gestione all'Agenzia industrie difesa.
  Lo stabilimento, che manterrebbe, comunque, le attività di fabbricazione, controllo qualità e certificazione dei lotti di sostanza attiva, in linea con gli
active substance master file depositati presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), potrà, inoltre, mettere a disposizione, a fronte di specifici accordi, il proprio know-how così da garantire le specifiche e i livelli di standardizzazione richiesti dal servizio sanitario nazionale, oltre che, ovviamente, la qualità del prodotto finito.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie a mezzo stampa che l'ambasciata italiana in Ghana ha rifiutato il 95 per cento visti agli studenti africani che ne avevano fatto richiesta per venire a studiare in Italia; su 1.275 richieste per studenti in Togo e Ghana, risultano essere 1.205 quelle negate;

   tra questi c'è Lawrence Kpegoh, un ragazzo togolese di 21 anni al quale non è stato concesso il visto nonostante fosse in possesso di tutti i criteri per il rilascio, tra i quali la situazione patrimoniale, che eccedeva anche il minimo richiesto;

   colpiti duramente da questa nuova politica di selezione non sono solo gli studenti, ma anche il lavoro delle scuole di italiano come «La Casa Italiana», fondata nel 2015 nella capitale togolese Lomé, che lavorano per promuovere la cultura italiana in Africa e grazie alle quali gli studenti africani possono fare un'esperienza che migliorerà la loro vita e quella delle società in cui lavoreranno –:

   quali iniziative intenda intraprendere al fine di verificare lo status delle richiamate richieste di visto e la loro effettiva inammissibilità, e in che modo intenda assicurare il diritto allo studio e garantire la mobilità internazionale giovanile che contribuisce utilmente allo sviluppo dell'Africa.
(4-02373)

  Risposta. — Le domande di visto per studio ricevute dall'Ambasciata d'Italia in Ghana nel 2018 sono state in totale 1.668, di cui 1.481 per visti di lunga durata (D) e 187 per visti di breve durata (C. I visti di studio concessi dalla Sede nel 2018 sono stati 263 (C+D), che corrispondono a una percentuale generale di dinieghi dell'84,23 per cento. Tra questi, i visti di studio di lunga durata (D) concessi sono stati 98, con una percentuale di diniego del 93,38 per cento. Si tratta di un dato significativo, ma derivante da circostanze ben determinate che giustificano pienamente l'operato dell'Ambasciata.
  Inoltre, occorre precisare che in Ghana – Paese da cui è giunto l'81 per cento delle domande di visti D per studio (ossia visti nazionali, per soggiorni di durata superiore ai tre mesi) presentate alla Rappresentanza italiana ad Accra – purtroppo non esistono scuole di lingua italiana. I cittadini ghanesi sono di madrelingua inglese e tutte le domande di visto in questione sono state presentate in relazione alla frequenza di corsi di studio – organizzati presso Università italiane – che si tengono esclusivamente in lingua inglese. Al contrario, i cittadini togolesi (264 domande, pari al 19 per cento di quelle trattate dall'Ambasciata), di madrelingua francese, hanno effettivamente studiato l'italiano in scuole attive nel loro Paese d'origine.
  Pertanto, solo una minima parte dei visti negati ha riguardato studenti di lingua italiana (254 su 1383, pari al 18,36 per cento), tutti provenienti da cittadini togolesi.
  Si rileva, inoltre, come proprio nel 2018 l'Ambasciata ad Accra abbia registrato un numero anormalmente elevato di domande di visti D per studio. Tale valutazione si fonda sul confronto con il dato relativo alle annualità precedenti, nonché con il volume di domande di visto ricevute dalle altre Ambasciate italiane in Africa Occidentale.
  La serie storica del numero di domande di visti D per studio presentate alla nostra Rappresentanza in Ghana è la seguente: 327 nel 2016, 715 nel 2017 (+118 per cento), 1.481 (+ 10,7 per cento) nel 2018. È evidente che tale massiccio e repentino incremento derivi da dinamiche anomale, che non appaiono giustificate da un proporzionale aumento di interesse per il sistema formativo italiano nei due Paesi in questione.
  L'anomalia appare ancor più evidente ad una comparazione con il volume di domande, della stessa tipologia di visti, ricevute dalle altre Rappresentanze italiane nei Paesi dell'area (Senegal: 181; Costa d'Avorio: 60; Nigeria: 364; Camerun: 380). Per questi Paesi (ad eccezione della Costa d'Avorio), la consistenza della diaspora in Italia e dei legami economici, sociali e culturali con il nostro Paese sono notevolmente superiori rispetto al Ghana. Eppure, in quest'ultimo Paese, il dato relativo alle domande di visti per studio è enormemente superiore. A ciò si aggiunge la circostanza per cui in Ghana il numero di domande di visti per studio risulta assolutamente sproporzionato rispetto al volume generale delle domande di visti d'ingresso.
  Già sul finire del 2017 l'ambasciata ad Accra era venuta a conoscenza di una pratica scorretta posta in atto da centinaia di studenti ghanesi e togolesi i quali, dopo aver ottenuto il visto presentando documentazione attestante il possesso dei mezzi economici di sussistenza minimi previsti dalla normativa in materia nella misura di 5.889 euro l'anno, una volta giunti in Italia si dichiaravano nullatenenti e riuscivano ad ottenere dagli enti regionali per il diritto allo studio borse di studio e altri benefici (vitto, alloggio, esenzione dalle tasse universitarie). Tale comportamento, dal quale deriva un evidente danno all'erario, veniva peraltro realizzato presentando documentazione falsa e contraffatta.
  Grazie ad una serie di verifiche e alle rivelazioni di uno studente collaborativo, l'Ambasciata ha scoperto che dietro alle anomalie riscontrate si celavano alcuni individui che reclutavano giovani ghanesi in tutto il Paese promettendo loro un visto e una borsa di studio in Italia dietro il pagamento di cifre che oscillavano dai 1.000 ai 3.500 euro a persona. L'ambasciata ha peraltro tempestivamente e circostanziatamente denunciato l'azione fraudolenta di queste organizzazioni all'Autorità giudiziaria italiana, la quale a sua volta ha aperto delle indagini.
  A queste vicende i media ghanesi hanno dato nei mesi scorsi un certo risalto, attraverso articolate inchieste avviate a seguito delle proteste degli studenti e delle perplessità suscitate da tassi di diniego così alti. Detti media hanno investigato sul fenomeno in modo approfondito, effettuando numerose verifiche con la collaborazione della stessa ambasciata d'Italia in Ghana, fino a concludere che l'operato di quest'ultima sia stato del tutto corretto e motivato.
  In relazione, specificamente, al rapporto tra l'Ambasciata in Ghana e «La Casa Italiana» a Lomé, si fa presente come la Rappresentanza italiana abbia fornito tutta l'assistenza necessaria e ne abbia sin dagli inizi promosso le attività, compatibilmente con quanto possibile e corretto nei confronti di un ente con fini di lucro che opera in un Paese di secondario accreditamento e in regime di concorrenza con altre due scuole di Italiano.
  Quanto, infine, al caso individuale menzionato dall'interrogante, occorre segnalare che l'ambasciatore d'Italia aveva fornito tempestivamente e per iscritto a «La Casa Italiana» spiegazione delle ragioni del diniego del visto, confermandole che nessuna delle dichiarazioni sul possesso di adeguati mezzi di sussistenza risultava comprovata dalla documentazione presentata dal giovane a supporto dalla sua domanda di visto, bensì il contrario. Peraltro, l'ambasciatore concludeva esprimendo la disponibilità della sede ad esaminare una domanda di riesame del diniego o una seconda domanda di visto del giovane, purché accompagnate da nuova e più completa e accurata documentazione. Ciononostante, ad oggi risulta che l'interessato non abbia mai avanzato una seconda domanda.
  Fornite le opportune precisazioni quanto al caso specifico di Ghana e Togo, si intende qui ribadire che la promozione del sistema italiano di formazione superiore e la sua internazionalizzazione sono una priorità del Governo, della Farnesina e della rete diplomatico-consolare italiana. Il nostro sistema universitario si contraddistingue per un eccellente rapporto qualità-prezzo e quindi costituisce un'opzione molto interessante per quegli studenti africani che dispongono di mezzi sufficienti per provvedere a vitto, alloggio, assicurazione sanitaria e tasse d'iscrizione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Kameleddine Fekhar, algerino attivista per i diritti umani ed ex presidente della sezione di Ghardaia della Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Laddh), è morto martedì 28 maggio 2019 all'ospedale Frantz Fanon di Blida, in seguito a uno sciopero della fame che aveva iniziato il giorno del suo arresto, il 31 marzo per protestare contro la sua incarcerazione;

   Fekhar era stato arrestato il 31 marzo con un altro attivista, Brahim Hadj Auf, inseguito di una videointervista in cui denunciava le pratiche «segregazioniste» contro Mozabites (riti di berberi ibadita, minoranza in Algeria) nella wilaya (prefettura) di Ghardaïa, 600 chilometri a sud di Algeri. Entrambi sono stati tenuti in custodia e processati con l'accusa di «minare la sicurezza dello Stato» e «incitare all'odio razziale»;

   Fekhar da sempre è stato attivo nella protezione delle minoranze, in particolare berbera, in Algeria e per questo suo impegno era già stato arrestato a più riprese, e addirittura sospeso dalla professione di medico per undici anni;

   per denunciare la propria ingiusta detenzione, il signor Fekhar, aveva iniziato uno sciopero della fame e il suo avvocato e sua moglie avevano più volte segnalato le gravi condizioni di detenzione e un rifiuto deliberato di fornirgli cure adeguate;

   la sua morte ha suscitato forti reazioni nei partiti, nelle associazioni per la protezione dei diritti umani, tra personalità e cittadini e il Ministero della giustizia algerino ha annunciato l'apertura di un'indagine approfondita dei suoi servizi specializzati «sulle condizioni e le circostanze della morte di Kamel Eddine Fekhar»;

   nei mesi scorsi, in Algeria, ci sono state proteste popolari di massa che chiedevano il ritiro di un’élite che ha governato l'Algeria dall'indipendenza dalla Francia del 1962 e la messa in stato di accusa di coloro che considerano corrotti. I manifestanti hanno ottenuto le dimissioni di Abdelaziz Bouteflika, presidente algerino in carica per quasi 20 anni e un rimpasto tra i vertici del Governo ordinato dallo stesso presidente, con il Ministro dell'interno Noureddine Bedoui e il fedelissimo Ramtane Lamamra nominati rispettivamente Primo ministro e Vicepremier. Il Presidente ad interim dell'Algeria, Abdelkader Bensalah, ha annunciato che il 4 luglio 2019 si terranno le elezioni presidenziali. L'annuncio di Abdelkader Bensalah è stato seguito da nuove proteste ad Algeri, organizzate per chiedere le dimissioni dello stesso Presidente ad interim, considerato troppo vicino a Bouteflika;

   molte associazioni per i diritti umani segnalano un clima di pesante attacco alla minoranza berbera dell'Algeria che a volte sfocerebbe in incarcerazioni arbitrarie e violenze contro gli oppositori democratici –:

   quali notizie abbia il Governo in merito alla vicenda della morte di Kameleddine Fekhar e, in più larga scala, riguardo ad atti di persecuzione delle popolazioni di lingua berbera in Algeria.
(4-02996)

  Risposta. — Il militante e difensore dei diritti umani Kamel Eddine Fekhar è morto il 28 maggio 2019 all'ospedale di Blida, dove era stato trasferito d'urgenza dalle autorità algerine a causa del deteriorarsi delle sue condizioni di salute, dovuto allo sciopero della fame iniziato per protestare contro l'ingiustizia della sua detenzione.
  Fekhar, ex senatore del fronte delle forze socialiste (FFS) e fondatore del movimento per l'autonomia dello Mzab, si trovava in carcere a Ghardaia, nel sud del paese. L'attivista era stato arrestato il precedente 31 marzo a seguito di una intervista nella quale aveva denunciato le «pratiche segregazioniste» contro i mozabiti, storica minoranza berbera di rito ibadita al centro delle violenze etniche e religiose scoppiate nella provincia di Ghardaia alla fine del 2013.
  Condannato per «attentato alla sicurezza dello Stato» e «incitazione all'odio razziale», Fekhar, un vero e proprio «detenuto politico» per tutte le organizzazioni di difesa dei diritti umani in Algeria, aveva intrapreso uno sciopero della fame immediatamente dopo il proprio arresto, nonostante le sue condizioni di salute fossero già state fortemente indebolite dai lunghi scioperi della fame sostenuti durante il precedente periodo di detenzione tra il 2015 e il 2017, avvenuto sempre nel contesto delle tensioni intercomunitarie della valle dello Mzab.
  L'attivista è stato sepolto il 1° giugno scorso nel cimitero di Algeri, alla presenza di numerose persone e personalità della società civile che hanno reso omaggio alla sua memoria e hanno fatto appello al rispetto delle libertà democratiche in tutto il Paese da parte delle autorità di sicurezza e della magistratura.
  Il Ministero della giustizia algerino ha annunciato di aver avviato una inchiesta formale e approfondita sulle condizioni e le circostanze che hanno causato la morte di Fekhar. Al contempo, il suo ex compagno di carcere, Aouf Hadj Brahim, arrestato con le stesse motivazioni, è stato rilasciato dalle Autorità algerine.
  La morte di Kamel Eddine Fekhar ha generato un vasto moto di indignazione in tutta l'Algeria che si è andato a saldare incidentalmente al movimento popolare che dal 22 febbraio 2019 ha inaugurato un periodo di transizione in Algeria e che ha visto, tra l'altro, le dimissioni del Presidente Bouteflika lo scorso 2 aprile.
  Nel corso delle manifestazioni del 31 maggio, 15mo venerdì di protesta, moltissimi sono stati gli striscioni in ricordo di Fekhar e del suo ruolo di militante per la difesa dei diritti umani: i dimostranti hanno osservato per lui due minuti di silenzio.
  La morte dell'attivista tuttavia pare sia da ricondurre prevalentemente alle condizioni carcerarie che non hanno tenuto conto di standard umanitari, oltreché ad una questione di garanzie giurisdizionali e protezione dei diritti dei detenuti. L'evento ha comunque contribuito ad alimentare le rivendicazioni popolari nella misura in cui viene chiesta giustizia equa e rispetto dello Stato di diritto.
  Sullo sfondo della vicenda legata a Kamel Eddine Fekhar resta la storica questione del rispetto dell'identità, della lingua e della cultura berbera. In Algeria sono circa 10 milioni i berberofoni (circa un quarto della popolazione), soprattutto presenti nella regione della Cabilia, nell'est e nel sud del paese. L'etnia berbera costituisce una componente strutturale della società algerina, con un fondamentale riconoscimento costituzionale, che si è tradotto in una nutrita legislazione secondaria e una regolamentazione attuativa.
  Il primo riconoscimento costituzionale, in particolare, è avvenuto con la riforma del 2016, attraverso l'elevazione della lingua «tamazigh» a seconda lingua ufficiale della Repubblica algerina.
  Anche a seguito delle proteste scoppiate nel dicembre 2017 nell'area della Cabilia, finalizzate all'ottenimento di un maggiore impegno delle autorità algerine per l'insegnamento, il diritto allo studio e la promozione della lingua «tamazigh», un secondo importante risultato a favore del riconoscimento dell'identità berbera è avvenuto nel 2018 con l'introduzione costituzionale della festa nazionale della «Yennayer», che il 12 gennaio segna l'inizio del nuovo anno berbero.
  L'episodio della morte dell'attivista Fekhar desta preoccupazione. L'Italia resta impegnata nella promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che sono elemento centrale nel dialogo e nelle relazioni UE-Algeria. Al contempo, l'Italia, alla luce dell'intensificazione della cooperazione bilaterale in ambito giudiziario e del dialogo politico strutturale tra i due Paesi, confida che l'inchiesta avviata dal Ministero della giustizia algerino possa chiarire le circostanze che hanno determinato la morte di Kamel Eddine Fekhar.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   ROMANIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'IVIE, ossia imposta sul valore degli immobili detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti in Italia, è stata istituita dal decreto-legge n. 201 del 2011; già prevista per il medesimo anno 2011 con la legge di stabilità del 2013, è stata posticipata al 2012, prevedendo che i versamenti già effettuati per il 2011 venissero considerati come acconti per l'Ivie 2012; il prelievo è applicato nella misura dello 0,76 per cento (7,6 per mille) del valore degli immobili e come chiarito dalla circolare 28/E del 2 luglio 2012 dell'Agenzia delle entrate, esso è applicato in proporzione alla quota di proprietà o di altro diritto reale e ai mesi dell'anno nei quali si è protratto tale diritto; assoggettati alla tassa sono quindi coloro che per la maggior parte del periodo d'imposta – 183 giorni all'anno e 184 negli anni bisestili – risultano iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato italiano il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile; la base imponibile dell'Ivie è il valore dell'immobile, ossia il costo risultante dall'atto di acquisto e, qualora il dato non fosse disponibile, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui si trova l'immobile. In deroga a questo principio generale, per gli immobili situati nei Paesi appartenenti all'Unione europea e allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, la base imponibile da considerare è il valore catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l'immobile è situato ai fini dell'assolvimento di imposte di natura patrimoniale o reddituale oppure, in mancanza di quest'ultimo, il costo d'acquisto o il valore di mercato allo scadere del periodo d'imposta; l'imposta non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ad eccezione delle unità immobiliari che in Italia risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (immobili «di lusso») alle quali si applica l'aliquota nella misura ridotta dello 0,4 per cento e la detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, di euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; l'Ivie non è dovuta se l'importo complessivo dell'imposta, a prescindere dalla quota o dal periodo di possesso, è pari o inferiore alla cifra di euro 200; l'Ivie è sorta sul modello francese, che presenta parametri di calcolo della base imponibile diversi da quelli italiani; il prelievo può risultare sproporzionato e provocare, di conseguenza, disomogeneità e parzialità nel prelievo di tale imposta –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire i più recenti dati disponibili in tema di Ivie indicando in particolare, quanti immobili siano stati oggetto di prelievo nell'ultima annualità disponibile e il relativo gettito d'imposta, distribuiti per Paese (Unione europea ed extra Unione europea); quali siano i parametri effettivi adottati per il calcolo del valore degli immobili nei Paesi dell'Unione europea; quali siano le stime di gettito, aggiornate agli attuali valori di mercato se si applicasse il solo criterio del valore di mercato, a prescindere dal Paese di ubicazione dell'immobile.
(4-01916)

  Risposta. — Con il documento in esame, l'interrogante fa riferimento all'imposta sul valore degli immobili detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti in Italia (Ivie), istituita con il decreto-legge 201 del 2011.
  In particolare, l'interrogante chiede di conoscere:

   1) i più recenti dati disponibili in tema di imposta sul valore degli immobili situati all'estero ed, in particolare, quanti immobili siano stati oggetto di prelievo nell'ultima annualità disponibile e il relativo gettito di imposta, distribuiti per Paese (Unione europea ed extra Unione europea);

   2) quali siano i parametri effettivi adottati per il calcolo dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero nei Paesi dell'Ue;

   3) quali siano le stime di gettito, aggiornate agli attuali valori di mercato, se si applicasse il solo criterio del valore di mercato, a prescindere dal Paese di ubicazione dell'immobile.

  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 19, comma 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, convertito con modificazione dalla legge 22 dicembre 2011, 214 ha istituto l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale, a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.
  L'imposta è dovuta nella misura dello 0,76 per cento in proporzione alla quota di titolarità del diritto di proprietà o altro diritto reale e ai mesi dell'anno nei quali si è protratto tale diritto.
  Come precisato dall'agenzia delle entrate nella circolare 28/E del 2 luglio 2012, al fine di determinare la residenza delle persone fisiche, si deve fare riferimento alla nozione contenuta nell'articolo 2, comma 2, del Tuir, in base alla quale si considerano residenti «le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile».
  Tali criteri sono alternativi essendo sufficiente che sia verificato anche uno solo di essi affinché una persona fisica possa considerarsi fiscalmente residente in Italia.
  La base imponibile dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero è il valore dell'immobile, ossia il costo risultante dall'atto di acquisto, ovvero, qualora il dato non sia disponibile, il valore di mercato.
  Per gli immobili situati nei Paesi appartenenti all'Ue o aderenti allo spazio economico europeo, la base imponibile da utilizzare, ai fini della determinazione dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, è il valore catastale, così come determinato e rivalutato nel Paese in cui l'immobile è situato, per l'assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale; oppure, in mancanza, si fa riferimento al costo che risulta dal l'atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile.
  Il versamento non è dovuto se l'importo complessivo (calcolato a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta) non supera i 200 euro.
  Tanto premesso, nelle tabelle (disponibili presso il Servizio Assemblea) sono indicati i dati relativi all'Ivie per l'anno 2017, ultimo anno di imposta al momento disponibile, contenuti nelle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (quadro Rw).
  Le tabelle contengono le distribuzioni del numero degli immobili oggetto di prelievo, circa 85 mila unità, e gli importi dell'Ivie, al lordo del credito d'imposta e delle detrazioni, di circa 126,1 milioni di euro e dell'Ivie dovuta di circa 76,3 milioni di euro.

  In particolare le distribuzioni vengono prodotte distintamente per gli immobili ubicati negli Stati dell'Unione europea (tabella 1) e per quelli ubicati nei restanti Stati (tabella 2).
  Il numero degli immobili è stato calcolato come somma delle quote e dei mesi di possesso. I dati relativi agli immobili ubicati nell'Unione europea vengono distribuiti in base ai seguenti criteri di determinazione del valore:

   valore di mercato; valore nominale; valore di rimborso; costo d'acquisto; valore catastale; valore dichiarato nella dichiarazione di successione o in altri atti.

  Con riferimento alla richiesta concernente i parametri effettivi adottati per il calcolo dell'imposta), si evidenzia che la circolare 2 luglio 2012, n. 28 ha chiarito, come anche riportato nel testo dell'interrogazione, che in relazione «agli immobili situati in Paesi appartenenti all'UE o aderenti allo Spazio economico europeo, ai fini della determinazione dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, deve essere utilizzato quello catastale, così come determinato e rivalutato nel Paese in cui l'immobile è situato, ai fini dell'assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale, ovvero di altre imposte determinate sulla base del valore degli immobili, anche se gli immobili sono pervenuti per successione o donazione». Se, per uno stesso immobile, sono attribuiti diversi valori catastali ai fini delle imposte reddituali e delle imposte patrimoniali, deve essere preso in considerazione il valore catastale utilizzabile ai fini delle imposte patrimoniali. In mancanza del valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall'atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile.
  Infine, per quanto riguarda la richiesta relativa alle stime di gettito aggiornate agli attuali valori di mercato se si applicasse il solo criterio del valore di mercato, a prescindere dal Paese di ubicazione dell'immobile, si rileva che per effettuare tale elaborazione occorrerebbe conoscere il valore di mercato degli immobili nei vari Paesi in cui essi sono ubicati. Tale informazione non è nelle disponibilità degli uffici dell'amministrazione finanziaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Alessio Mattia Villarosa.


   ROSATO e GARIGLIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la notte tra sabato 9 e domenica 10 marzo 2019, due autisti in servizio su un autobus FlixBus, nota compagnia di trasporto passeggeri su gomma, che stavano effettuando servizio su una linea internazionale notturna tra Firenze e Barcellona, sono stati vittime di un gravissimo quanto deprecabile episodio;

   poco dopo il confine italo-francese, all'altezza del casello autostradale de La Turbie, la polizia di frontiera transalpina ha fermato il mezzo per i consueti controlli volti a verificare il possesso da parte di tutti i passeggeri dei necessari visti per entrare in Francia;

   le operazioni di controllo dei documenti si svolgono di norma piuttosto brevemente – comunque secondo le fisiologiche tempistiche che l'adempimento delle stesse richiede – e, nel caso siano trovati passeggeri con documenti irregolari, questi vengono fatti scendere, permettendo invece al bus con a bordo gli altri viaggiatori di proseguire;

   tuttavia, diversamente da quanto accade di solito, la notte tra sabato 9 e domenica 10 marzo 2019, il bus della compagnia FlixBus è stato trattenuto al posto di blocco per oltre due ore, dalle ore 23,15 alle ore 01,30 circa, fornendo quale unica giustificazione quella legata alla presenza di passeggeri irregolari;

   terminati i controlli, il mezzo – con ancora gli utenti a bordo, tra cui anche alcuni bambini comprensibilmente spaventati – è stato scortato dalla polizia transalpina all'aeroporto di Nizza, senza effettuare la fermata intermedia prevista a Nizza Gare Routiere, non permettendo, dunque, la normale salita e discesa dei passeggeri;

   agli interroganti risulta che per percorrere il tragitto dal posto di blocco all'aeroporto sia anche salito a bordo dell'autobus un agente della polizia francese;

   giunti allo scalo aeroportuale, i viaggiatori e gli autisti sono stati fatti scendere, ed il bus è stato chiuso a chiave, i passeggeri hanno continuato il proprio viaggio, seppur in fortissimo ritardo, grazie al supporto del servizio clienti dell'azienda, mentre i due autisti sono stati condotti negli uffici aeroportuali della polizia di frontiera, ed è stato notificato loro lo stato di fermo: a partire da questo momento, si sono succedute le violazioni sostanziali e procedurali più gravi;

   i due autisti sono stati trattenuti in stato di fermo dalle ore 02,00 alle ore 15,00 di domenica 10 marzo 2019. Durante tale lunghissimo lasso di tempo, gli sono stati sottratti tutti gli oggetti personali, i telefoni, il denaro, le cinture e i lacci delle scarpe; è persino stata negata loro la possibilità di bere dell'acqua e di fare una telefonata. Essi sono stati rinchiusi tutta la notte in due stanze separate e la mattina successiva, ammanettati, sono stati portati in caserma è interrogati – a quanto risulta – senza la presenza di un avvocato;

   una volta rilasciati dalle autorità francesi, intorno alle ore 16,00 di domenica 10 marzo, è stato loro spiegato di esser sospettati di aver favorito l'immigrazione clandestina, ma non sarebbe stato fornito loro alcun documento e/o verbale sull'accaduto;

   ad avviso degli interroganti quanto accaduto, oltre ad aver compromesso in modo serio e illegittimo il nucleo primario dei più basilari diritti e libertà personali dei due autisti, vittime di un vero e proprio sopruso, rappresenta una grave e inaccettabile violazione dei principi cardine del diritto dell'Unione europea nonché dei diritti fondamentali garantiti dai Trattati e dalle più importanti Convenzioni internazionali –:

   se siano a conoscenza dei gravi fatti di cui in premessa e quali siano gli orientamenti del Governo circa l'inaccettabile modus operandi delle autorità francesi;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere in relazione al grave episodio esposto e come intendano agire al fine di evitare il ripetersi di episodi come quello descritto.
(4-02503)

  Risposta. — Nella notte fra il 9 e il 10 marzo, un autobus delle autolinee Crognaletti di Jesi (Ancona), partner di Flixbus, è stato fermato dalle autorità di polizia di frontiera francesi mentre era in servizio sulla tratta notturna Firenze-Barcellona. Passata la frontiera francese, durante un controllo dei documenti in località La Turbie, quattro passeggeri pakistani sono risultati non in regola con i visti di ingresso nell'area Schengen.
  La polizia francese ha trattenuto il mezzo per circa due ore (dalle 23:15 alle 01:30, secondo quanto riferito dal
country manager Flixbus Italia), per poi scortarlo all'aeroporto di Nizza. Qui i passeggeri sono stati fatti scendere e sono riusciti a raggiungere le loro destinazioni con altri automezzi messi a disposizione dalla compagnia. Viceversa, è stato disposto il fermo per i due autisti in quanto sospettati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Per tale motivo, sono stati inizialmente trattenuti presso la stazione di polizia dell'aeroporto e, successivamente, trasferiti al commissariato di Auvare. Secondo quanto riferito dalla compagnia, i due autisti sono stati trattenuti dalla polizia francese dalle 02:00 alle 16:00 del 10 marzo e sottoposti a interrogatorio.
  Il centro di cooperazione di polizia e dogana di Ponte San Luigi (Imperia) ha reso noto di essere stato richiesto dalla polizia di frontiera di Nizza di effettuare una verifica su sette persone, due delle quali erano gli autisti dell'autobus. Tale circostanza, tuttavia, è emersa solo successivamente. Lo stesso centro ha riferito che, all'atto della richiesta, la parte francese aveva precisato che si trattava di esigenze investigative attinenti ad indagini su un episodio di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, senza tuttavia fornire alcun ulteriore elemento in merito all'attività di polizia giudiziaria. La richiesta veniva evasa in conformità agli accordi vigenti tra i due Paesi.
  Il consolato generale d'Italia a Nizza, informato del fermo, si è prontamente attivato per prestare la necessaria assistenza, accertando con le competenti autorità locali le ragioni del provvedimento adottato, verificando le condizioni dei due e tenendo i contatti con i familiari e i dirigenti dell'autolinea.
  Nel pomeriggio di domenica 10 marzo, il magistrato responsabile delle indagini rimetteva in libertà gli autisti, consentendo loro di recuperare il mezzo e fare rientro in Italia.
  L'ambasciata d'Italia a Parigi e il consolato generale a Nizza, su istruzione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sono quindi intervenuti sulle competenti autorità d'Oltralpe per raccogliere dettagliati elementi e fare piena luce sulla vicenda.
  In particolare, il consolato generale ha indirizzato una lettera al capo della polizia e al prefetto delle Alpi Marittime, chiedendo delucidazioni su quanto accaduto e rappresentando la necessità di poter disporre di informazioni specifiche al fine di evitare futuri malintesi e disservizi all'utenza.
  Anche a seguito dell'intenso lavoro svolto dalle autorità consolari italiane, si è avviato di recente un costruttivo dialogo tra la compagnia di trasporto e le locali autorità, che auspichiamo possa evitare il ripetersi in futuro di tali spiacevoli episodi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   SILLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   al Senato è stato assegnato alla commissione affari esteri un disegno di legge di ratifica concernente l'Accordo tra Italia e Macedonia sulla cooperazione nel campo della difesa. L'Accordo è stato ratificato ai sensi della legge 17 febbraio 2001, n. 46 ed è entrato in vigore per la durata di cinque anni, dal 17 ottobre 2007, dopo il reciproco scambio di notifiche, tacitamente rinnovato per altri cinque anni;

   il suddetto disegno di legge è stato presentato al Senato il 22 febbraio 2019 e assegnato alla Commissione affari esteri il 7 marzo 2019;

   l'accordo è importante per la posizione strategica che occupa la Macedonia nei Balcani. Allo stato attuale il disegno di ratifica è «fermo» al Senato da molti mesi. Pertanto sarebbe opportuna favorire una rapida discussione e approvazione del provvedimento. Non si conoscono infatti, allo stato, le eventuali ragioni e problematiche che impediscono di fatto una ratifica di un disegno di legge di grande importanza per il nostro Paese –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per quanto di competenza, per favorire un rapido iter del disegno di legge di cui in premessa in modo che possa essere definita al più presto, una ratifica di importanza strategica per il nostro Paese.
(4-03261)

  Risposta. — Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica cui si riferisce l'interrogante è relativo allo scambio di note verbali del 3 febbraio 2017 e del 23 agosto 2017 concernente il rinnovo dell'accordo tra il ministero della difesa italiano e il ministero della difesa macedone sulla cooperazione nel campo della difesa, fatto a Skopije il 9 maggio 1997, ratificato con legge n. 46 del 2001 ed entrato in vigore, per la durata di cinque anni, dal 17 ottobre 2007. L'accordo è stato successivamente tacitamente rinnovato per altri cinque anni.
  Il provvedimento ha lo scopo di prorogare a tempo indeterminato la vigenza dell'accordo del 1997, consolidando in tal modo, nell'ambito di un idoneo quadro giuridico, la cooperazione tecnico-militare con un paese della vicina area geografica dei Balcani, che potrebbe diventare il prossimo Stato membro della NATO. Lo scorso febbraio infatti è stato firmato a Bruxelles il protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica della Macedonia del Nord, al momento sottoposto alla ratifica degli Stati membri, tra cui l'Italia.
  Il disegno di legge in questione è stato adottato dal Consiglio dei ministri dello scorso 31 gennaio e successivamente presentato al Parlamento per la ratifica, risultando al momento assegnato alla Commissione affari esteri del Senato. Il Governo auspica certamente un avvio tempestivo dell'esame ed assicura massima collaborazione ai fini della discussione del provvedimento, nelle preposte sedi e secondo il calendario che il Parlamento vorrà stabilire, rendendosi disponibile a fornire qualunque chiarimento o informazione supplementare che possa facilitarne l’
iter.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   SPERANZA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale presidente della provincia di Cremona, Davide Viola, è sindaco del comune di Gadesco Pieve Delmona;

   il 26 maggio 2019 si terranno le elezioni europee e in tale data è presumibile che si svolgano anche le prossime elezioni amministrative;

   con le prossime elezioni amministrative scadrà il suo mandato di sindaco e, di conseguenza, ai sensi dell'articolo 1, comma 65, della legge n. 56 del 7 aprile 2014, decadrà anche dalla carica di presidente della provincia;

   si renderà necessaria una nuova elezione per il presidente della provincia che, come disposto dalla legge n. 56 del 7 aprile 2014, sarà eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio della provincia;

   l'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, al comma 79, lettera b), come modificato dall'articolo 1, comma 9-ter, della legge n. 21 del 2016, stabilisce che le elezioni per il nuovo presidente dovranno tenersi entro novanta giorni dalla scadenza per fine del mandato, e quindi entro il 25 agosto 2019, venendo esse a cadere in pieno periodo estivo e di vacanze, rischiando di rendere l'affluenza al voto da parte dei sindaci e consiglieri comunali della provincia molto bassa –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative affinché la scadenza elettorale per il rinnovo del presidente della provincia di Cremona possa essere posticipata di un ulteriore mese, in modo da favorire la massima partecipazione dei sindaci e dei consiglieri comunali.
(4-02499)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiede a questa Amministrazione, in relazione alla prossima elezione del Presidente della provincia di Cremona, di adottare iniziative normative affinché la scadenza elettorale per il rinnovo di tale carica possa essere posticipata, in modo tale da favorire la massima partecipazione dei sindaci e dei consiglieri comunali.
  In particolare, viene evidenziato che in occasione delle elezioni amministrative del 26 maggio 2019, la scadenza del mandato del sindaco di Gadesco Pieve Delmona, che ha rivestito anche la carica di presidente della provincia, determina la necessità di rinnovare anche la carica di presidente dell'ente di area vasta, come stabilito dall'articolo 1, comma 65, della legge n. 56 del 7 aprile 2014, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province unione e fusione di comuni».
  Tale circostanza renderà quindi necessaria una nuova elezione del presidente della provincia che, come disposto dalla legge n. 56 del 2014, dovrà essere eletto da sindaci e consiglieri comunali del territorio della provincia
«entro novanta giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali».
  Nel caso specifico, le elezioni dovrebbero pertanto svolgersi entro il 25 agosto 2019 e la preoccupazione espressa dall'interrogante, è che tale circostanza, cioè la concomitanza con il periodo delle vacanze estive, rischi di incidere negativamente sull'affluenza al voto dei sindaci e dei consiglieri comunali della provincia cremonese.
  Ciò detto, considerato che la legge si limita a definire l'arco temporale entro cui devono svolgersi le elezioni di secondo grado, e quindi entro 90 giorni, è possibile ovviare alle preoccupazioni rappresentate dall'interrogante attraverso l'individuazione, rimessa alla libera determinazione degli organi territoriali, di una data di votazione anticipata rispetto al termine ultimo consentito dalla legge.
  Viceversa, l'ipotesi di differimento del voto oltre il termine dei 90 giorni previsto dalla legge n. 56 del 2014 richiederebbe un percorso più complesso, dovendosi tradurre in una specifica modifica legislativa, rispetto alla quale il Governo non mancherà di assicurare il suo contributo valutativo in presenza di una iniziativa parlamentare in tal senso.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   TARTAGLIONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   considerato quanto previsto dal decreto ministeriale dell'11 aprile del 2017 in materia di ripartizione delle dotazioni organiche del corpo nazionale dei Vigili del fuoco, si evidenzia che il distaccamento di Termoli (Campobasso) è ad oggi ubicato all'interno nella zona industriale e, più precisamente, a ridosso di un polo chimico con aziende ad alto rischio;

   preme sottolineare che la città di Termoli, in quanto città marittima e dalla posizione geograficamente strategica e di collegamento con la vicina regione Puglia, nei periodi di alta stagione, arriva a contare oltre 100.000 abitanti e, in aggiunta al porto passeggeri, peschereccio e turistico sviluppato su tre moli (infrastruttura di III classe), vi è la presenza della linea ferroviaria adriatica, recentemente incrementata e in continua crescita, del tratto autostradale della A14, dell'infrastruttura critica della diga del fiscione, oltre al già citato polo industriale chimico con oltre 4.000 dipendenti;

   a ciò si aggiunge che la sede centrale di Campobasso, in previsione di una richiesta di rinforzo o di intervento aggiuntivo, dista oltre 70 chilometri dal distaccamento di Termoli e che alla luce del ruolo strategico di Termoli, si rende indispensabile una riqualificazione di tale distaccamento –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di provvedere tempestivamente a una riqualificazione del distaccamento di Termoli, attraverso il potenziamento dell'organico, garantendo una seconda squadra (da SD3 a SD4).
(4-02688)

  Risposta. — Il distaccamento di Termoli, classificato con la sigla SD3, ha una dotazione organica di 34 operatori, di cui 2 coordinatori e 32 inseriti nei quattro turni (8 unità/turno) in cui è articolato su scala nazionale il servizio di soccorso tecnico svolto dal corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Il distaccamento garantisce il servizio di soccorso tecnico anche in 16 comuni limitrofi e ha un carico di lavoro superiore a 1.400 interventi di soccorso all'anno, con picchi nel periodo estivo di oltre 200 interventi al mese.
  La capacità di risposta standard del distaccamento – che consente di fronteggiare emergenze e situazioni incidentali statisticamente prevedibili – consiste in una squadra di soccorso polivalente costituita da cinque unità, disponibile 24 ore su 24 per 365 giorni l'anno, la cui operatività è assicurata da mezzi di soccorso tipo autopompaserbatoio (APS).
  In presenza di situazioni emergenziali severe, le procedure gestionali adottate localmente tendono a perseguire l'obiettivo di assicurare la presenza in servizio di una sesta unità, incaricata di costituire un «modulo di appoggio» in grado di supportare la squadra di soccorso polivalente con mezzi speciali (autobotte, autoscala, autogru, mezzo Antincendio boschivo. Ciò avviene facendo ricorso all'invio di personale dalla sede centrale del comando di Campobasso che dista, comunque, circa 70 chilometri, con tempi di percorrenza superiori a 60 minuti.
  Il territorio coperto dal distaccamento di Termoli è, inoltre, caratterizzato dalla presenza di alcune aree ad elevata concentrazione di stabilimenti industriali e dal porto che fa registrare un consistente movimento di navi e passeggeri. Infine, il territorio presenta importanti rischi sismici, idrogeologici e idraulici.
  Per i motivi sopraesposti, la richiesta di riclassificazione del distaccamento di Termoli da SD3 a SD4 (che comporta un potenziamento dell'organico da 34 a 46 unità) è in corso di valutazione da parte dell'amministrazione, nel quadro d'insieme delle priorità di potenziamento rilevate in ambito nazionale, da realizzarsi grazie agli incrementi delle dotazioni organiche complessive del corpo nazionale dei vigili del fuoco previsti dall'articolo 1, comma 287, della legge n. 205 del 2017 e dall'articolo 1, comma 389, della legge n. 145 del 2018.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   TONDO e NOVELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nella XVI legislatura in un'interrogazione del 26 aprile 2012 dell'onorevole Ivano Strizzolo era stato affrontato il tema della tutela delle mura tardo romaniche di Cividale del Friuli;

   in proposito si è attivato un percorso di dialogo e di confronto tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il comune di Cividale del Friuli che ha portato alla sottoscrizione in data 18 dicembre 2012 di un accordo di programma in cui al punto 1) viene definito un «Progetto congiunto per lo scavo ed il recupero del tratto di mura tardo-romane giacenti sotto l'edificio di contrasto davanti al Castello Canussio»;

   dopo sette anni dalla sottoscrizione dell'accordo di programma pare che l’iter per dare attuazione al punto 1) sopra richiamato sia gravemente in ritardo e, nella sua evoluzione, non sia conforme a quanto stabilito nell'accordo stesso;

   in particolare, l'accordo di programma prevede in termini chiari ed espliciti che si deve procedere con l'apposizione di un vincolo archeologico sul sottosuolo del noto edificio –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere per verificare lo stato dell’iter di attuazione di quanto previsto al citato punto 1) dell'accordo di programma sottoscritto il 18 dicembre 2012;

   se non ritenga di accertare urgentemente se ciò che è stato posto in essere dagli uffici territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali sia coerente e conforme a quanto stabilito dall'accordo di programma.
(4-02070)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie sullo stato di attuazione dell'accordo di programma sottoscritto in data 18 dicembre 2012 con il comune di Cividale del Friuli e quali iniziative si intendono attuare per la valorizzazione del patrimonio culturale.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, si rappresenta quanto segue.
  Il 18 dicembre 2012 fu siglato dalle soprintendenze del Friuli Venezia Giulia, rispettivamente per i beni archeologici, per i beni architettonici e paesaggistici, per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Cividale del Friuli «L'Accordo di programma concernente l'individuazione delle priorità di azione di tutela e valorizzazione da attuarsi negli anni 2013-2015».
  Il punto 1) di tale accordo concerneva il progetto congiunto per lo scavo e il recupero del tratto di mura tardo-romane giacenti sotto l'edificio di contrasto davanti al Castello Canussio.
  Nell'accordo si specificava che «...la stessa Soprintendenza procederà alla predisposizione della documentazione necessaria per l'apposizione del “vincolo archeologico” sull'area delle antiche mura».
  Cividale del Friuli è inserita dal 2012 nella
World Heritage List dell'Unesco come capofila delle sette città dell’Italia Langobardorum e l'antica cinta muraria costituisce un cardine essenziale della tutela e della valorizzazione del suo patrimonio culturale ed è salvaguardata con decreto ministeriale 5 maggio 1954 ai sensi della legge n. 1089 del 1939.
  Il comune di Cividale del Friuli ha infatti approvato nel 2011 il PAC (Piano attuativo comunale) che prevede interventi di salvaguardia su tutti i circuiti murari della città, ivi compreso il tratto di mura tardo-romane giacenti sotto l'edificio denominato
hard discount, oggetto della presente interrogazione, edificato negli anni sessanta in assenza di autorizzazione ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 1089 del 1939, oggi articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in corrispondenza di un tratto della seconda cerchia di mura cittadine la cui particella catastale è inserita nel citato provvedimento del 1954.
  Nel PAC, ambito del centro storico, del 4 maggio 2012, si evidenziano alla TAV. A8, vincoli architettonici e paesaggistico-ambientali e TAV. P.1, Zonizzazione di progetto e vincoli architettonici/ambientali, in particolare all'art. 10, «gli edifici di valore storico-artistico e antiche cinte murarie urbane e all'art. 11, gli edifici di contrasto, per i quali il Piano individua i fabbricati che per la loro ubicazione in vicinanza ad episodi di elevato valore storico-monumentale, per le loro caratteristiche compositive, sono dissonanti con quelle storico-architettoniche, con l'obbiettivo di promuovere un'azione di trasferimento e di sostituzione».
  Nel caso di specie, è stata rilevata una totale incompatibilità tra lo
hard discount, citato come edificio di contrasto nel PAC, costruito nell'area interessata dal vincolo del 1954, catastalmente identificata al N.C.E.U. al foglio 16, particelle 164 e 165, e l'adiacente Castello Canussio, anch'esso tutelato ai sensi della legge n. 1089 del 1939 con decreto ministeriale 29 marzo 1991, come si legge in una lettera dell'allora soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici prot. 757 del 9 agosto 2011: «...elemento di notevolissimo contrasto ambientale e architettonico rispetto al Castello Craigher-Canussio, tanto da mortificare la godibilità visiva del bene vincolato, con speciale riguardo della panoramica del Viale della Libertà».
  Pertanto, nella delineazione del quadro di interventi previsti dagli organi territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali e dal Comune attraverso il PAC, si inseriva al primo punto, nel cronoprogramma stabilito nell'accordo del 2012-2015, lo scavo e il recupero delle mura tardo-romane giacenti in prossimità e sotto l'edificio di contrasto posto davanti al Castello Canussio, promuovendo così un'idonea azione di tutela per sopperire alla lesione prodotta al bene dall'inosservanza del vincolo del 1954.
  Il coordinamento veniva affidato alla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia con le relative indagini preliminari e il successivo scavo archeologico per l'apposizione di un nuovo e più esteso vincolo archeologico, subordinato al rinvenimento in fondazione dei resti della cinta muraria esterna tardo-romana a ridosso dello
hard discount e in linea di continuità con il limitrofo muro perimetrale del Castello Canussio, relativo alla stessa cerchia di mura urbiche.
  La verifica, dopo lo scavo, della sussistenza della struttura muraria in fondazione avrebbe quindi significato che essa era conservata anche sotto lo
hard discount, la cui costruzione era avvenuta a seguito della demolizione di una porzione della struttura muraria.
  Numerose sono le fonti d'archivio, iconografiche, fotografiche e documentali ottocentesche e degli inizi del novecento che testimoniano in quel sedime la presenza di tale seconda cinta muraria urbica, confermate anche dai risultati dell'analisi della cartografia storica e degli scavi condotti nel Castello Canussio (1991-’94; 2000).
  La Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, nell'ambito del «Progetto congiunto per il recupero del tratto di mura tardo-romane giacenti sotto l'edificio di contrasto davanti al Castello Canussio» ha effettuato un'indagine archeologica nell'area delle cosiddette mura patriarcali del castello di Canussio.
  I lavori eseguiti, come da certificato di regolare esecuzione del 2 dicembre 2016, sono così descritti:

   «Indagine archeologica nell'area delle cosiddette mura patriarcali al fine di acquisire dati riguardo alla sequenza stratigrafica esistente nel tratto in questione compreso tra due cortine all'esterno e dell'antemurale per una puntuale ricostruzione della sequenza cronologica. Il saggio, posizionato immediatamente a nord del muro che ricalca la cinta muraria esterna della città di epoca romana, è stato delimitato ed è iniziata la rimozione dell'asfalto con mezzo meccanico. Al di sotto uno strato molto compatto di matrice e di componenti varie, riporto preparatorio alla pavimentazione attuale del piazzale. La rimozione del riporto ha permesso di mettere in luce una superficie composita formata da strati a matrice argillosa-limosa compatti, posti nella parte centrosettentrionale del saggio. È stato effettuato lo svuotamento di un grosso taglio, probabilmente un canale, situato nella porzione nord del sondaggio. È stato messo in luce un tratto di muro costruito a secco con andamento parallelo al canale. Nella zona a sud del muro sono stati rimossi due strati di origine alluvionale. Tra questi due depositi alluvionali è stata individuata una fossa rettangolare che conteneva lo scheletro di un individuo disposto supino e con orientamento est-ovest. Verso sud sono state portate a termine le indagini a ridosso del muro di limite dell'area. Inquadramento topografico e georeferenziazione delle evidenze strutturali emerse e aggiornamento della rete topografica per l'ancoraggio delle evidenze archeologiche di Cividale. Indagine geo-archeologica realizzata in due aree distinte mediante carotaggi meccanici continui e prospezioni geofisiche. Il saggio è stato richiuso dopo aver rivestito le strutture murarie con geotessuto ed è stato rifatto il piano pavimentale. Revisione della documentazione di scavo pregressa (indagini 1991-94; 2000). Analisi e pre-schedatura del materiale relativo a tali indagini conservato presso il M.A.N. di Cividale. Elaborazione dei dati. Relazione scientifica sia informato cartaceo che informatizzato comprensiva di documentazione grafica e fotografica, sistemazione ordinaria per US ed elenco delle US».

  Sulla base dell'indagine archeologica su riportata, la soprintendenza ha avviato, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 42 del 2004, un procedimento di dichiarazione dell'interesse culturale per le seguenti particelle (fg. 16, mapp. 161 sub 9-10; mapp. 164 sub. 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19; mapp. 165 sub. 1, 3, 5; mapp. 1295 sub 1, 2, 3; mapp. 760 sub 1, 2, 3, 4, 5; mapp. 166), in quanto si rendeva «necessario aggiornare le disposizioni di tutela, ampliando l'area di vincolo sulla base delle conoscenze acquisite in relazione alla cinta muraria di Forum Iulii, come peraltro già sollecitato dalla Direzione Regionale competente per territorio con nota prot. 7312 di data 11 ottobre 2006. Pertanto, in considerazione del quadro emerso dagli scavi in proprietà Canussio, nel ribadire ai sensi dell'attuale normativa la validità del vincolo diretto apposto nel 1991 (F16 mapp. 161) e circostanziato all'aspetto storico-architettonico del bene, si ritiene indispensabile tutelare il relativo sedime, così come acclarato dai resti delle mura urbiche di Forum Iulii portate alla luce nell'area esterna ed interna dell'edificio e attualmente visitabili. Altresì è opportuno applicare un vincolo indiretto ex art. 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004 a cui sottoporre le proprietà confinanti (F16, mapp. 164, 165, 1295, 760, 166) per evitare che sia messa in pericolo l'integrità del bene culturale e promuovere la futura valorizzazione...».
  Pertanto le iniziative di tutela da parte degli organi periferici del Ministero hanno recentemente avuto nuovo impulso con il suddetto avvio di procedimento a confermare ed estendere i vincoli esistenti.
  Inoltre, la direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio sta predisponendo un atto di indirizzo nei confronti della competente soprintendenza al fine di rafforzarne l'azione di tutela, considerando primaria l'esigenza di tutelare sia l'antica cinta muraria – che, seppur sottoposta a vincolo fin dal 1954 fu demolita nel tratto corrispondente all'edificio di contrasto – sia di ripristinare la visuale del castello Canussio, oscurata dal suddetto edificio.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni i lavoratori del Corpo valdostano dei vigili del fuoco manifestano i loro notevoli disagi che riguardano soprattutto l'aspetto retributivo e quello previdenziale;

   i vigili del fuoco valdostani non godono, infatti, degli stessi diritti di accesso alla pensione degli altri loro colleghi in ambito nazionale e hanno un sistema di calcolo penalizzante;

   per tali motivi il 12 e 13 febbraio 2019 è stato indetto un referendum consultivo, per l'esercizio di un loro diritto sancito dall'articolo 21 dello statuto dei lavoratori;

   la quasi totalità del personale del Corpo valdostano dei vigili del fuoco, ben il 96 per cento, ha espresso, con tale strumento, la volontà di ritransitare alle dipendenze del Ministero dell'interno;

   si ricorda che l'articolo 2 dello statuto speciale della Valle D'Aosta approvato con legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 4, nell'elencare le materie nelle quali la regione ha potestà legislativa, alla lettera Z) indica i servizi antincendio –:

   se il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, d'intesa con la regione, per individuare soluzioni alla questione esposta, in particolare in ordine alle differenze penalizzanti in ambito previdenziale.
(4-02307)

  Risposta. — Con la legge regionale 19 marzo 1999, n. 7, inerente «ordinamento dei servizi antincendi della Regione Valle d'Aosta. Modificazioni alla legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45», il personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco della regione Valle d'Aosta è transitato alle dipendenze della predetta regione autonoma, alla quale vengono attribuiti, nel proprio territorio, i compiti e le funzioni inerenti la prevenzione e l'estinzione degli incendi nonché i servizi di soccorso tecnico urgente, in sostituzione degli organi centrali e periferici dello Stato, ai sensi dell'articolo 19 della legge 16 maggio 1978, n. 196 (norme di attuazione dello statuto speciale della Valle d'Aosta).
  Le successive leggi regionali 24 ottobre 2002, n. 20 «disciplina dell'organizzazione del personale volontario del corpo valdostano dei vigili del fuoco» e 10 novembre 2009, n. 37 «Nuove disposizioni per l'organizzazione dei servizi antincendi della regione autonoma Valle d'Aosta» hanno contribuito al definitivo chiarimento degli ambiti operativi di quel corpo sul territorio regionale.
  Con decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, all'articolo 11, viene previsto, in deroga a quanto disposto dall'articolo 70, comma 11, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che al fine di coprire le carenze organiche del corpo nazionale dei vigili del fuoco, si possa provvedere, in caso di richiesta degli interessati, anche mediante mobilità degli appartenenti ai corpi permanenti dei vigili del fuoco delle province autonome di Trento e di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, previo assenso delle amministrazioni di provenienza e alla verifica del possesso dei requisiti necessari.
  Su detta questione – al fine di definire l'eventuale
iter nel caso di transito del personale appartenente al Corpo valdostano dei vigili del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco – lo scorso 9 aprile si è svolto un incontro tecnico presso questo ministero, alla presenza del capo del corpo nazionale e di qualificati rappresentanti di quell'ente territoriale.
  In tale sede, nell'esprimere la disponibilità del competente dipartimento ad acquisire nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco il personale del Corpo regionale, è stato precisato che tale passaggio è tuttavia subordinato ad alcune condizioni.
  Innanzitutto, il trasferimento dovrebbe comprendere, unitamente alle risorse umane e strumentali, anche tutte le competenze e funzioni in materia di soccorso pubblico, prevenzione incendi, formazione e vigilanza, nonché in materia di protezione civile, al fine di garantire l'unitarietà del corpo nazionale e la sua uniforme azione di intervento sul territorio.
  Inoltre, anche al fine di garantire la regolare erogazione dei servizi di soccorso, al trasferimento del personale permanente dovrebbe contestualmente seguire quello del personale volontario in possesso dei requisiti previsti nel decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 76.
  Il predetto passaggio di competenze non dovrebbe, ovviamente, comportare oneri aggiuntivi per l'erario dello Stato. Pertanto, atteso che eventuali costi dovrebbero trovare adeguata copertura finanziaria, risulta preliminarmente necessario quantificare l'onere complessivo dell'operazione, analizzando le potenziali differenze in termini di oneri stipendiali, previdenziali e costi logistici e strumentali.
  All'esito del suddetto incontro, si è, quindi, convenuto che il processo di riallocazione delle funzioni dalla regione allo Stato per consentire il transito del personale appartenente al Corpo regionale dei vigili del fuoco al Corpo nazionale dovrebbe essere preceduta da una previa intesa tra Stato e regione.
  La soluzione della questione dovrà, dunque, necessariamente passare attraverso un'ulteriore fase di confronto politico tra Stato e regione al fine di definire un percorso condiviso nel rispetto del quadro legislativo vigente.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dalle maggiori agenzie di stampa nazionali e dai siti internet europei, mentre a Westminster si dibatte ancora sulla «Brexit» e il plausibile mancato accordo con l'Unione europea, i circa 3,5 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito – tra i quali oltre 700 mila italiani – dal 21 gennaio possono fare domanda per lo status di residenti che garantisce l'accesso a sanità pubblica e sicurezza sociale;

   chi fa richiesta deve aver vissuto nel Regno Unito per almeno cinque anni ed essere anche in possesso di un telefonino «smart», ovvero di recente fabbricazione, perché la procedura utilizza un’app. Il sistema è ancora in fase sperimentale e diventerà completamente operativo soltanto a partire dal 30 marzo 2019 quando il Regno Unito avrà lasciato l'Unione europea. La richiesta va fatta entro il giugno 2021 se si vuole evitare di dover lasciare l'isola;

   chi non ha ancora raggiunto i cinque anni di residenza potrà fare domanda per «presettled-status», una specie di condizione di pre-residenza, che diventerà definitiva una volta raggiunti i cinque anni in Gran Bretagna;

   secondo la Bbc e altri media britannici il sistema di registrazione potrebbe non essere in grado di reggere la pressione di così tante richieste e i cittadini europei potrebbero diventare un'altra «generazione Windrush». Come gli immigrati arrivati dai Caraibi negli anni Cinquanta e Sessanta, mai registrati e diventati tecnicamente immigrati illegali, anche gli europei potrebbero ritrovarsi senza diritti, pur avendo lavorato e pagato le tasse per anni;

   questa eventualità potrebbe interessare migliaia di cittadini italiani non in grado di ottemperare alle richieste del Governo Britannico. Ad oggi il Governo italiano non ha, ad avviso dell'interrogante, alcun piano serio per affrontare questa emergenza continentale –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda mettere in campo per evitare un accompagnamento coatto alla frontiera degli italiani residenti nel Regno Unito non in grado di completare la procedura di «settled-status» per l'ottenimento del permesso di residenza in Gran Bretagna.
(4-02086)

  Risposta. — Il tema della tutela dei diritti acquisiti dei cittadini dell'Ue residenti in Regno Unito e dei cittadini britannici residenti nell'Ue ha costituito una delle priorità affrontate sin dall'inizio dei negoziati Brexit nel 2017. Anche grazie all'iniziativa dell'Italia, la materia è infatti stata inclusa nel testo di accordo di recesso, concordato dai negoziatori UE-UK e avallato sia dal Governo britannico sia dal Consiglio europeo articolo 50 del 25 novembre 2018.
  In questa direzione, già nella prima fase del negoziato
Brexit, era anche intervenuto un impegno in prima persona della Premier May con una sua lettera aperta ai cittadini europei nel Regno Unito del 19 ottobre 2017 in cui il Primo Ministro britannico, oltre ad affermare che «i cittadini dell'Unione europea che oggi vivono legalmente nel Regno Unito potranno rimanervi», ha voluto rassicurare i cittadini Ue rispetto al timore di un processo «complicato e burocratico».
  Oltre a quanto convenuto con l'Ue nell'accordo di recesso, il Regno Unito ha definito le proprie posizioni in tema di diritti acquisiti dei cittadini nel documento «
Safeguarding the position of EU citizens in the UK and UK nationals in the EU» del 26 giugno 2017.
  Da ultimo, tenuto conto dell'incertezza che sta caratterizzando il processo di ratifica dell'accordo di recesso, il 6 dicembre 2018 il Governo britannico ha pubblicato un documento d'indirizzo (
policy paper) «Citizens’ Rights – EU citizens in the UK and UK nationals in the EU» sui diritti dei cittadini in caso di recesso senza accordo. Muovendo dal presupposto dell'operatività del nuovo sistema di registrazione dei cittadini europei introdotto dall’Home Office britannico anche in caso di no deal, il policy paper prevede una tutela dei diritti acquisti per i cittadini dell'Ue che risultino continuativamente residenti nel Paese da almeno cinque anni alla data del 29 marzo 2019 (invece che alla data del 31 dicembre 2020, venendo meno, senza l'accordo di recesso, il periodo transitorio). Chi si trovi nelle condizioni di poter beneficiare del Settled Status potrà far domanda di registrazione entro il 31 dicembre 2020. Coloro i quali si vedranno riconosciuto lo status di Settled potranno continuare a godere, in linea di massima, di diritti e benefici assicurati fino ad ora, la cui tutela tuttavia verrebbe demandata a tribunali britannici (senza alcun possibile coinvolgimento di istanze giurisdizionali europee, come invece previsto nell'accordo di recesso).
  Per quanto riguarda in generale la procedura di registrazione messa a punto dall’
Home Office britannico, si tratta di un sistema interamente online che prevede la compilazione di un modulo semplificato (rispetto a quello inizialmente previsto di 85 pagine) e con una presunzione positiva del diritto di residenza. I rifiuti dovrebbero avvenire unicamente in casi eccezionali, alle stesse condizioni per cui un rifiuto è previsto attualmente dalla direttiva 2004/38, ove il richiedente rappresenti un grave pericolo per ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Il sistema di registrazione è disponibile online sia tramite portale di accesso su un PC, sia tramite un'applicazione scaricabile su smartphone o tablet. Secondo quanto comunicato dall’Home Secretary Sajiid Javid nella sua lettera del 15 maggio 2018 al coordinatore Brexit del Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, resterà la possibilità, per quanti non siano in grado di utilizzare la tecnologia, di presentare la richiesta in forma cartacea, anche se – con riguardo ai grandi numeri – si punta chiaramente all'uso del sistema online per gestire in maniera più rapida ed efficace un processo oggettivamente complesso e senza precedenti.
  Dopo le due prime fasi di sperimentazione (settembre-ottobre 2018 e novembre-dicembre 2018), la procedura per la registrazione per il
Settled status è giunta al suo terzo ed ultimo test, essendo stata aperta a tutti gli aventi diritto a partire dal 21 gennaio 2019. Essa è divenuta pienamente operativa il 29 marzo 2019, con oltre 400.000 richieste di regolarizzazione trattate a tale data, superando di buona misura le previsioni.
  I casi di rigetto del
Settled status da parte dell’Home office britannico sarebbero stati, sin qui, alquanto limitati e confinati ai casi dubbi circa l'effettivo possesso della cittadinanza europea da parte dei richiedenti. Ben più numerosa è invece la casistica di quanti, non avendo ancora maturato cumulativamente i previsti cinque anni di residenza continuativa minima, hanno ottenuto il riconoscimento del Pre-Settled status.
  In tale contesto il Governo italiano è costantemente impegnato a vigilare e dialogare insieme all'Ue con le autorità britanniche sulle modalità di applicazione concreta del sistema di registrazione per il
settled status e Pre-Settled status da parte dell’Home office britannico, tenuto conto dell'ampio sforzo organizzativo che l'amministrazione britannica è chiamata ad assicurare nei prossimi mesi.
  In questo senso, il tema delle modalità pratiche di riconoscimento del
Settled status continua ad essere seguito e approfondito da parte italiana, in particolare nell'ambito dell'apposito User Group dell’Home office – gruppo consultivo informale a cui partecipa attivamente la nostra Ambasciata a Londra insieme ai rappresentanti degli altri 26 Stati membri e della Commissione europea,
  Secondo le informazioni fornite dall’
Home office in occasione della riunione del 16 aprile 2019 del citato User group, il processo di trattazione delle domande in formato elettronico – che sta raggiungendo tutte le categorie di potenziali beneficiari (cittadini Ue, loro congiunti e altri destinatari del diritto di ricongiungimento) – si starebbe mostrando pienamente efficace e all'altezza della sfida. La gestione della registrazione in forma cartacea, pur ammessa, è rimasta sinora del tutto residuale.
  Nel frattempo, la campagna informativa sul
Settled scheme nel Regno Unito sta interessando tutti i canali di comunicazione (radio, TV, reti sociali, spazi pubblici), con visibili ritorni di attenzione e risposta da parte dei cittadini europei. Secondo quanto è stato possibile apprendere, le azioni informative continueranno a svilupparsi e a diversificarsi ulteriormente nei mesi a seguire, con la prevista intensificazione anche di eventi-incontro con le collettività straniere sul territorio che l’Home office intende organizzare in aree periferiche del Paese, soprattutto al fine di raggiungere le categorie di cittadini più vulnerabili.
  Proprio riguardo ai cittadini più vulnerabili (fra cui rientrano non solo anziani, minori sotto tutela e/o affidamento e diversamente abili e/o portatori di handicap, e varie altre categorie, ma anche persone di cui sia comprovato un difficile accesso e/o utilizzo allo strumento informatico) l’
Home office, in occasione della riunione periodica dello User group a Londra del 30 ottobre 2018, ha informato di aver varato una strategia ad hoc fatta di sostegni mirati diretti ed indiretti, ovvero attraverso organizzazioni non governative ed articolati sul territorio nazionale, volti ad accompagnare gli interessati sia nella finalizzazione della domanda tramite l'applicativo informativo, sia nel successivo, miglior utilizzo del Settled status. È stata anche confermata la finalizzazione della gara nazionale che ha attribuito, per il 2019-2020, un fondo di 9 milioni di sterline a 57 associazioni, enti ed organizzazioni non governative operanti sul territorio britannico per attività (di comunicazione, supporto, identificazione dei bisogni) di sostegno ai casi di vulnerabilità.
  Quanto ai costi della richiesta, in occasione del suo discorso alla Camera dei Comuni il 21 gennaio 2019, la Premier May ha annunciato anche l'eliminazione della commissione (inizialmente fissata a 65 sterline) per la richiesta di
Settled status da parte dei cittadini Ue. L’Home office avrebbe completato i rimborsi delle somme già pagate da cittadini europei per la concessione del Settled status.
  Su questa azione governativa di registrazione dei cittadini europei su così vasta scala lo stesso Parlamento britannico continua a tenere uno stretto monitoraggio, sia alla Camera dei Comuni (
Joint committee on human rights) che alla Camera dei lord (Sotto Comitato giustizia della Commissione per l'Unione europea).
  In tale quadro, il nostro Governo continua, dunque, ad avere un intenso e proficuo dialogo con il Regno Unito sulla necessità di garantire anche in concreto i diritti acquisiti dei cittadini Ue in Regno Unito e britannici nell'Ue, con particolare riguardo alle categorie più vulnerabili. In particolare il tema del riconoscimento pratico del
Settled status continua ad essere monitorato ed approfondito dal Governo italiano, anche nell'ambito del sopramenzionato User group dell’Home office britannico.
  Sul piano della comunicazione pubblica, dal 2017 ad oggi è stato promosso un ciclo di 12 incontri da parte dell'Ambasciata d'Italia a Londra con la Comunità italiana residente nel Regno Unito, anche alla presenza di esponenti di Governo italiani in visita, allo scopo di ascoltare le esigenze e le aspettative della Comunità italiana residente sulla
Brexit, fornire riscontri sulle prime fasi di test del sistema di registrazione, preparare le riunioni dello User group, nonché fornire indicazioni utili anche nel processo di formazione della posizione italiana sul negoziato relativo alla parte II dell'accordo di recesso relativo ai diritti dei cittadini.
  Inoltre, a partire dal 2017 l'ambasciata d'Italia a Londra, in collaborazione con i Consolati generali di Londra e di Edimburgo, ha anche istituito un servizio speciale di assistenza dedicato ai cittadini italiani, con la creazione di un'apposita pagina
Brexit – informazioni per i connazionali sul sito: www.amblondra.esteri.it/ambasciata_londra/it/informazioni_e_servizi/brexit.
  Tale servizio di assistenza è articolato in quattro sezioni: 1) notizie sulle principali tappe e sullo sviluppo del processo negoziale tra il Regno Unito e l'Unione europea; 2) spazio esplicativo dedicato alle domande più frequenti (FAQ – Frequently asked questions), sotto forma di domande e risposte, contenenti informazioni di dettaglio sull'impatto, attuale o potenziale, della
Brexit sullo status dei cittadini italiani (e in generale Ue) residenti nel Regno Unito; 3) sezione «Prepararsi alla Brexit» per gli operatori economici; 4) Documenti e Note ufficiali sulla Brexit, pubblicati dal Governo britannico, dall'Ue dall'Italia.
  Anche al fine di sopperire all'aumento tali richieste di servizi consolari connesso all'incremento di iscrizioni all'Aire e passaporti nel contesto di incertezza legato alla
Brexit, il Governo italiano ha lavorato al rafforzamento della rete consolare italiana nel Regno Unito con l'assegnazione di un terzo funzionario diplomatico presso il Consolato generale a Londra (gennaio 2019) e l'assunzione di 15 unità di personale a contratto temporaneo di un anno (nel corso del 2018 e 2019). Sono attualmente allo studio del Maeci ulteriori misure di rafforzamento della rete soprattutto nel caso si arrivasse ad un recesso senza accordo. In particolare, l'articolo 16 del decreto-legge del 25 marzo 2019, n. 22 già convertito in legge prevede misure volte a rafforzare i servizi consolari, sia attraverso l'adeguamento delle strutture fisiche a disposizione della rete consolare italiana nel Regno Unito, sia attraverso l'aumento delle risorse umane a disposizione, per rispondere alle legittime aspettative dei nostri connazionali nel Regno Unito.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni si è verificato un significativo incremento del fenomeno migratorio che riguarda cittadini italiani che si trasferiscono a Londra;

   le cifre fornite dal consolato italiano a Londra parlano di circa 315.000 persone che hanno già trasferito la propria residenza e una stima prudenziale consentirebbe di affermare che altrettanti hanno già trasferito il proprio domicilio abituale a Londra ma non ancora la residenza con una cifra pari almeno al doppio (circa 700.000 riferiva il console generale d'Italia a Londra in un'intervista al Sole24Ore qualche mese fa);

   le statistiche, dunque, consentono di affermare che per la prima volta nella storia Londra è la prima città del mondo per numero di immigrati italiani ospitati, superando Buenos Aires che deteneva questo infelice (per l'Italia) primato;

   come è noto, l'Inghilterra sta attraversando un momento storico di grande travaglio, con particolare riferimento alla cosiddetta Brexit, ossia la scelta di porsi al di fuori dell'Unione europea;

   è del tutto evidente, dunque, che il presidio italiano a Londra, mai come ora, deve essere costituito da uffici pienamente efficienti e fruibili da parte degli italiani che lì si trovano;

   ebbene, da controlli effettuati sui principali motori di ricerca sul web, risulta che presso gli uffici dell'ambasciata d'Italia a Londra gli utenti abbiano notevoli difficoltà ad ottenere servizi basilari, talvolta imbattendosi in soggetti che parlano un italiano stentato;

   parimenti risulta all'interrogante che il sito web dell'ambasciata, sia di difficile consultazione, non offra i risultati maggiormente richiesti dagli utenti in navigazione ed, in ultimo, preveda un meccanismo automatico di risposta ai quesiti degli utenti, che non pare prevedere neppure la lettura del quesito ad opera del personale presente negli uffici;

   analoghe considerazioni possono estendersi anche al consolato generale d'Italia a Londra;

   le cronache politiche londinesi rassegnano l'evidenza di un momento abbastanza confuso con riguardo alla cosiddetta Brexit, evento politico-economico rispetto al quale non vi è ancora unità d'intenti e chiarezza rispetto all'epilogo, atteso il 23 maggio 2019, ad oltre tre anni dal referendum sull'uscita dall'Unione europea gli inglesi parteciperanno alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo e, scongiurata l'ipotesi di una «hard-Brexit» con il no deal, resta comunque incertezza sulla «soft Brexit»;

   appare abbastanza evidente, dunque, che gli italiani a Londra i quali, lo si ribadisce, sono oltre mezzo milione da una stima prudenziale, in un momento storico del genere, non abbiano alcun supporto logistico, burocratico e amministrativo –:

   quali rimedi il Ministro interrogato intenda adottare al fine di dotare il consolato generale d'Italia e l'ambasciata d'Italia a Londra di strumenti telematici adeguati a fronteggiare le richieste e le esigenze degli italiani a Londra e come si intenda riorganizzare, sotto il profilo delle risorse umane, gli uffici italiani per renderli più efficienti.
(4-02864)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) tiene nella massima considerazione i problemi della rete consolare all'estero e specialmente, nell'attuale contesto della Brexit, degli uffici nel Regno Unito.
  Come noto la Farnesina ha visto il proprio personale diminuire drasticamente negli ultimi dieci anni (-33 per cento circa) come conseguenza del blocco del
turn over. È proprio la consapevolezza di tale situazione che ha portato all'adozione del decreto Brexit – decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito con legge del 29 maggio 2019 n. 41 che stanzia fondi destinati ad assicurare risorse umane e strumentali per venire incontro alle esigenze della numerosa comunità italiana residente in Gran Bretagna.
  Anche prima dell'approvazione del suddetto decreto e pur nel summenzionato difficile contesto di risorse umane a disposizione del Maeci, il consolato generale d'Italia a Londra, proprio in connessione con la
Brexit e gli impegni da essi derivanti per la tutela dei nostri connazionali, è stato rafforzato nell'ultimo anno con l'invio di cinque funzionari consolari in assegnazione temporanea. Nel corso del 2019, oltre alla sostituzione delle unità di ruolo in avvicendamento, verranno bandite ulteriori assegnazioni brevi di personale tecnico (contabili, informatici, esperti di personale, esperti di anagrafe, ecc.) a supporto di tutte le attività della sede propedeutiche ad una più efficiente erogazione dei servizi consolari. Il personale assegnato alla sede è accuratamente selezionato tra quello più esperto in materia consolare proprio per garantire continuità nell'erogazione dei servizi richiesti dalla numerosa collettività residente.
  Con riferimento al personale a contratto, sempre a riprova della massima attenzione rivolta alle eccezionali esigenze del consolato generale di Londra, dove già prestavano servizio 32 unità di personale a contratto a tempo indeterminato, nel corso del 2018 è stata disposta l'assunzione, in due
tranches, di 15 unità a contratto a tempo determinato per un anno. Tale straordinario potenziamento del personale a tempo determinato sarà garantito per un ulteriore anno. Nonostante la perdurante situazione di difficoltà, il consolato generale a Londra è così riuscito ad aumentare del 35 per cento il numero dei passaporti rilasciati nei primi 4 mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo del 2018.
  Ben consapevoli delle necessità del consolato generale a Londra e dell'intera rete diplomatico-consolare, occorre prendere atto che ogni ulteriore rafforzamento degli uffici all'estero sarà possibile solo a fronte della disponibilità di nuove risorse umane e finanziarie. Per questo il Governo si è impegnato per un'inversione della tendenza alla continua diminuzione di risorse umane e con l'ultima legge di bilancio il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stato autorizzato ad assumere 100 funzionari da inquadrare nella III area e fino a 200 unità da inserire nei ruoli di II area, che si aggiungono all'aumento di 50 unità del contingente del personale a contratto. Tali unità andranno ad aggiungersi ai 177 funzionari amministrativi, contabili e consolari e ai 44 appartenenti all'area della promozione culturale la cui assunzione – che dovrebbe aver luogo a partire dalla fine del corrente anno – venne autorizzata dalla precedente Legge di Bilancio.
  Con riferimento agli strumenti telematici, la Farnesina ha realizzato un portale per l'erogazione di servizi consolari online, denominato «Fast It», tramite il quale gli italiani all'estero possono richiedere in pochi click al proprio ufficio consolare di competenza l'iscrizione all'Aire, notificare il cambio di indirizzo all'interno della circoscrizione consolare, consultare la propria scheda anagrafica e visualizzare in tempo reale lo status della pratica. Il portale consente inoltre all'operatore consolare di lavorare le pratiche senza ulteriori attività di digitazione, a vantaggio di una loro più rapida trattazione e una più efficiente tenuta degli schedari consolari. Ad oggi, sono oltre 90.000 gli utenti registrati al portale «Fast It» nella circoscrizione del consolato generale a Londra, e più di 88.000 le pratiche ricevute dal portale che il consolato ha fin qui processato. Sono inoltre più di 14.000 gli appuntamenti allo sportello che il Consolato Generale a Londra ha potuto erogare all'utenza dall'inizio dell'anno, tramite il portale della Farnesina «prenota online».
  Infine, grazie al nuovo progetto «funzionario itinerante — console onorario», i consoli onorari in Gran Bretagna (e 116 in tutto il mondo) possono acquisire con un laptop i dati biometrici dei richiedenti passaporto e trasmetterli telematicamente ai Consolati competenti per la successiva stampa e spedizione del passaporto. Nello specifico i dati acquisiti dai consoli onorari in Gran Bretagna sono il 32 per cento di quelli di tutta la rete onoraria nel mondo. Nei primi otto mesi di utilizzo, nella circoscrizione del consolato generale d'Italia a Londra sono stati così acquisiti i dati biometrici di circa 3.300 connazionali, che pertanto hanno ottenuto il passaporto senza necessità di recarsi fisicamente allo sportello a Londra.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.