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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 12 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il 54 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che dovrebbe aumentare fino al 66 per cento entro il 2050. Le proiezioni mostrano che l'urbanizzazione combinata con la crescita globale della popolazione mondiale potrebbe aggiungere altri 2,5 miliardi di persone alle popolazioni urbane entro il 2050, con quasi il 90 per cento dell'aumento concentrato in Asia e Africa, secondo un rapporto delle Nazioni Unite;

    la revisione del 2014 del World Urbanization Prospects da parte della divisione popolazione dell'Un Desa rileva che la più grande crescita urbana avverrà in India, Cina e Nigeria. Questi tre Paesi rappresentano il 37 per cento della crescita prevista della popolazione urbana mondiale tra il 2014 e il 2050. Entro il 2050 si prevede che l'India aggiunga 404 milioni di abitanti delle città, Cina 292 milioni e Nigeria 212 milioni;

    la popolazione urbana del mondo è cresciuta rapidamente da 746 milioni nel 1950 a 3,9 miliardi nel 2014. L'Asia, nonostante il suo basso livello di urbanizzazione, ospita il 53 per cento della popolazione urbana mondiale, seguita dall'Europa con il 14 per cento e dall'America Latina e Caraibi con il 13 per cento;

    si prevede che la popolazione urbana mondiale supererà i sei miliardi entro il 2045. Gran parte della prevista crescita urbana avverrà nei Paesi delle regioni in via di sviluppo, in particolare in Africa. Di conseguenza, questi Paesi dovranno affrontare numerose sfide nel soddisfare le esigenze delle popolazioni urbane in crescita, tra cui alloggi, infrastrutture, trasporti, energia e occupazione, nonché servizi di base come l'istruzione e l'assistenza sanitaria;

    la gestione delle aree urbane è diventata, quindi, una delle maggiori e più importanti sfide del 21° secolo. La capacità di realizzare città sostenibili diventa centrale ed è necessario affrontare la questione in maniera strutturale per le implicazioni e gli impatti sociali ed economici che hanno sulla vita di milioni di persone, anche nelle nostre città ed in particolare nelle nostre periferie;

    appare inevitabile, quindi, che il Governo, le regioni e gli enti locali siano chiamati ad impegnarsi ad attuare politiche idonee a garantire che il fenomeno della crescita continua dell'urbanizzazione diventi sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, evitando che al contrario l'ulteriore involuzione delle periferie lasci spazio ad ulteriore degrado ed esclusione sociale;

    oggi le periferie, in Italia sono, spesso, unicamente luoghi dove si assiste all'abbandono della loro storia e dell'identità, in quanto spesso ambiti urbani dove si perdono, oltre alla identità, forme di cittadinanza inclusive nonché relazioni;

    è del tutto evidente che il tema del riuso o della rigenerazione degli spazi urbani ed, in particolare, delle periferie, e a partire da queste, deve entrare nell'agenda politica;

    non è un caso che a partire dalle periferie ma non solo, si assiste al fenomeno capillare di immobili vuoti composti da edifici ex industriali, caserme, case sfitte o invendute, oltre a strutture pubbliche vuote ed abbandonate e, sempre di più, anche spazi del terziario chiusi, uffici e banche;

    il tema del riuso e della rigenerazione delle aree urbane ed, in particolare, delle loro periferie, non è relativo solo alle grandi aree urbane, ma riguarda anche piccoli centri;

    lo stato di salute delle nostre città e le condizioni di vita di chi ci vive, in particolare coloro che abitano nelle periferie, inducono all'amara e insostenibile constatazione della presenza di parchi e giardini pubblici in condizioni di degrado, di quartieri dormitorio e di una inutile cementificazione. Così come si registra l'assenza di servizi adeguati, siano essi riferiti a quelli sociali o alla mobilità, nonché l'assenza di luoghi d'incontro e di socializzazione, soprattutto per i più giovani. Per non dimenticare le scarse opportunità offerte alle attività di impresa e occupazionali;

    a promuovere e praticare percorsi e progetti di rigenerazione, dai singoli edifici ai quartieri, sono soprattutto i cittadini: comitati spontanei, associazioni, cooperative che intendono contrastare situazioni di degrado o rischi di speculazione; raramente questi percorsi partecipativi vedono un adeguato sostegno da parte di Governo e amministrazioni locali;

    la questione delle periferie non può essere affrontata con l'avvio di pur positivi programmi straordinari di interventi nelle periferie. Progettare e promuovere la rigenerazione urbana significa approcciare a questa in maniera strutturale, farla diventare una grande opera, una occasione di inclusione sociale, di riappropriazione degli spazi, di risposta ai bisogni abitativi, di volano occupazionale;

    nei Paesi più avanzati dell'Unione europea le politiche di rigenerazione urbana hanno un carattere strutturale e l'obiettivo di definire progetti di ecoquartieri, con il coinvolgimento diretto degli abitanti; in tale visione le periferie rappresentano e devono rappresentare una risorsa;

    esistono nelle nostre aree urbane e, in particolare, nelle periferie ex fabbriche, immobili cielo-terra, pubblici e privati, ex scuole, ex immobili ad uso non abitativo, ex caserme che oggi non hanno più le funzioni originarie in quanto fuori dal contesto odierno anche economico, luoghi inutili per i loro fini originari ma che possono diventare occasione di innalzamento della qualità della vita, di coesione sociale, di risposta al fabbisogno sociale reale;

    il degrado, la riduzione, se non l'azzeramento, di servizi essenziali, dall'abitativo a basso costo, al sociale, al culturale, al sanitario, e la contestuale assenza di pianificazione e anche del minimo ascolto da parte delle istituzioni anche di prossimità hanno dato vita a contesti di illegalità e di esclusione che pesano enormemente sulle condizioni di vita nelle periferie;

    non è un caso che le periferie delle nostre aree urbane ma anche nelle aree svantaggiate e nei comuni oggetto di abbandono da parte dei giovani, sono i contesti in cui vi è la maggiore presenza di giovani disoccupati, inoccupati e demotivati, di nuclei familiari sotto la soglia di povertà per i quali anche interventi come il reddito di cittadinanza rappresentano un effetto placebo o di riduzione del danno, ma che non incidono e non cambiano le loro condizioni di vita;

    nelle aree urbane e non solo nelle grandi aree urbane si è passati da una cementificazione del territorio massiva con una presenza di immobili in eccesso, alla situazione attuale in cui si trovano luoghi e immobili di vita, sociali e di lavoro senza persone. Non a caso dal 1948 al 2000 si è assistito ad una urbanizzazione cresciuta del 400 per cento, mentre la popolazione è cresciuta solo del 27 per cento;

    oggi in Italia si registra la presenza di un patrimonio immobiliare di sei milioni di beni, tra questi abitazioni e immobili pubblici, parapubblici e privati, come ex fabbriche, siti industriali dismessi, ex scuole, ex asili, cinema e teatri vuoti, case del Popolo, ospedali, stazioni dismesse, case cantoniere, beni confiscati alla mafia;

    per affrontare i gravi problemi di marginalizzazione sociale e di degrado urbanistico ed edilizio, della carenza e della scarsa qualità di spazi aperti e attrezzature collettive, della insufficiente integrazione dei servizi agli abitanti, che sono alla base dell'affermarsi di atti illegali e di crescita della criminalità, non serve parlare di sicurezza e legalità in termini astratti, bisogna operare sulle e nelle periferie per farle diventare non estranee al centro urbano, né ai margini, ma un volano di riscatto sociale, economico e occupazionale;

    le periferie non devono essere o rimanere solo luoghi o contenitori di immigrati e delle fasce di abitanti più vulnerabili che esprimono anche livelli di illegalità, e sono terreno fertile per le reti e le organizzazioni criminali;

    il tessuto sociale così degradato nelle periferie e l'assenza di risposte concrete al fabbisogno reale di servizi sociali, abitazioni e di occupazione diventano anche terreno fertile per intolleranza e razzismo, in una assurda contrapposizione tra poveri italiani e immigrati che hanno ed esprimono gli stessi bisogni;

    le aree urbane diventeranno solidali ed inclusive solo se con programmi adeguati e interventi di rigenerazione slegati da impostazioni speculative saranno capaci di far diventare, a tutti gli effetti, le periferie parte dell'area urbana stessa e non solo contigua e ricettacolo di esclusione sociale e marginalizzazione, quindi con pieni diritti di cittadinanza;

    il pur positivo programma straordinario di intervento per la qualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo, con il suo iter non omogeneo fatto di interventi legislativi che si sono sovrapposti, ha dimostrato come i programmi sulle periferie vengano ancora approcciati senza la necessaria coerenza e continuità e questo ha comportato ritardi e sottovalutazioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere la questione delle periferie delle aree urbane e della necessità di programmi di rigenerazione urbana, nonché del riuso degli immobili inutilizzati pubblici e privati da finalizzare ad uso abitativo, sociale, culturale, socio-sanitario, in quanto interventi di contrasto al degrado, come strategica e strutturale, adottando tutte le iniziative di carattere programmatico e finanziario necessarie, nonché le opportune iniziative normative;

2) a prevedere già nel disegno di legge di bilancio per il 2020 una postazione di bilancio, almeno decennale, a sostegno dei programmi di regioni e comuni finalizzati alla rigenerazione delle periferie a partire prioritariamente dal riuso degli immobili pubblici e privati, nonché delle aree dismesse, anche come forma efficace di contrasto al consumo del suolo, attraverso un piano di recupero, di intesa con le regioni e i comuni, di immobili da destinare prioritariamente ad edilizia residenziale pubblica, ovvero alla locazione a costi sostenibili, anche in relazione alle esigenze di studenti fuorisede e giovani coppie, ovvero ad uso sociale, culturale e sanitario, avente come obiettivo la coesione sociale e il contrasto alla povertà, assumendo la rigenerazione urbana anche come volano occupazionale;

3) ad avviare un piano nazionale di riconversione energetica nell'ambito della rigenerazione urbana, nonché ad adottare iniziative per la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica tramite interventi di risparmio energetico e di contrasto alla povertà energetica;

4) a prevedere, d'intesa con la Conferenza delle regioni e con l'Anci, forme effettive di coinvolgimento e percorsi partecipativi nei programmi di rigenerazione urbana degli abitanti, delle associazioni di abitanti, dei sindacati, delle associazioni di volontariato sociale e ambientalista e delle università;

5) ad adottare iniziative per prevedere l'esclusione dal patto di stabilità di investimenti, da parte di regioni e comuni, per la rigenerazione urbana, basati sul riuso dell'esistente finalizzato a rispondere al fabbisogno abitativo di edilizia residenziale pubblica, sociale nonché culturale, che contrastino l'esclusione sociale e il degrado nelle periferie delle aree urbane.
(1-00223) «Muroni, Fassina, Fornaro, Pastorino».


   La Camera,

   premesso che:

    la valorizzazione del merito deve essere la leva fondamentale per sostenere un radicale cambiamento di prospettive e favorire una svolta sociale ed economica e per cercare di colmare quel gap che il sistema Italia presenta dal punto di vista della trasparenza e delle pari opportunità, anche e soprattutto nel mondo della ricerca e delle università;

    troppo spesso è venuta meno la trasparenza in diverse procedure concorsuali, aspetto che è diventato ancora più macroscopico alla luce delle recenti determinazioni giudiziarie su tutto il territorio nazionale; da diverse indagini, in diversi atenei sarebbero stati pilotati i bandi di concorso per l'assegnazione di borse, assegni e dottorati di ricerca, come pure i bandi indirizzati all'assunzione del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statuari dell'ateneo e per l'assunzione e la progressione di carriera dei professori;

    in diversi casi è stato evidenziato che i docenti chiamati a fare parte delle commissioni esaminatrici si sarebbero sempre «preoccupati di non interferire sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole»;

    la mancata valorizzazione del merito nei concorsi pubblici, unita all'assenza di trasparenza, mina la qualità della pubblica amministrazione e, nel caso delle università, della ricerca italiana. Non solo, il ripetersi di tali episodi contribuisce a restituire al cittadino una sensazione di sfiducia nella classe docente, nel sistema universitario e in generale in tutta la pubblica amministrazione;

    tali aspetti possono addirittura dare luogo a tragici epiloghi come accaduto a Norman Zarcone che il 13 settembre 2010 si suicidava, gettandosi dal settimo piano della facoltà di filosofia dell'Università di Palermo. Aveva 27 anni, si era laureato con 110 e lode in filosofia della conoscenza e della comunicazione, a dicembre avrebbe conseguito un dottorato di ricerca, svolto senza alcuna borsa di studio, e secondo i familiari i docenti gli avevano detto che per lui non c'era futuro all'Università. Norman era fidanzato, voleva sposarsi, ma non poteva farlo senza avere un lavoro. Per guadagnare 25 euro al giorno faceva ogni tanto il bagnino in un circolo nautico, ma è finito però vittima della mortificazione dello studio e dell'impegno. Così ha deciso di farla finita, e di farlo proprio dai locali in viale delle scienze, in segno di protesta contro il mancato riconoscimento del merito nel mondo accademico;

    come Norman, tanti giovani impegnati nel mondo della ricerca, eccellenti e preparati, sono demoralizzati e preoccupati per il proprio futuro e soffrono per una perdurante situazione di precarietà e per la mancanza di prospettive;

    è necessario ricordare a tutti il rispetto dei meriti e della persona umana, è necessario un momento di confronto tra tutti gli attori del mondo della ricerca, insieme alle istituzioni e ai cittadini, coinvolgendo un ampio pubblico che possa contribuire alla discussione sul merito nelle università e sull'etica dell'impegno; è necessario creare contesti in grado di valorizzare le persone e di enfatizzare le loro capacità coinvolgendo tutti nella costruzione di una campagna di affermazione del valore e del talento delle persone;

    bisogna coinvolgere soprattutto i giovani, in un momento che riscatti la dignità dello studio e il valore delle persone, alla ricerca di prospettive e nuove idee per lo sviluppo di un «ecosistema» meritocratico dove il talento e l'impegno possano trovare espressione e riconoscimento: soluzioni per una comunità dove ci siano eguaglianza delle opportunità, libero dispiego delle potenzialità dei singoli e riconoscimento dei meriti individuali e non più ruoli affidati in base all'appartenenza a una lobby o a conoscenze,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire una «Giornata nazionale del merito» da tenersi il 18 gennaio, data di nascita di Norman Zarcone, di ogni anno;

2) a promuovere, nell'ambito di questa giornata, iniziative nelle scuole e nelle università per sviluppare una vera e solida discussione pubblica su cosa sia il merito nella sua natura plurale, valorizzando i contesti che consentono alle doti e alla progettualità di ciascuno, indipendentemente dalle condizioni di partenza e di appartenenza, di arrivare a rendere al meglio grazie all'esclusiva preparazione e competenza;

3) a favorire un confronto e un dibattito aperto, nel mondo della ricerca, della pubblica amministrazione e tra i cittadini sugli strumenti di monitoraggio e misurazione del merito e del demerito, sulla ricerca degli indicatori che aiutino a capire quanto si è sulla strada giusta nel cercare di diventare un Paese più efficiente, più competitivo, più attrattivo, con meno diseguaglianze sociali;

4) a favorire un'analisi in grado di chiarire il perimetro di riferimento e i fattori di tipo culturale su cui agire per diffondere la cultura del merito come modalità per organizzare e far funzionare la società e come «bene collettivo»: pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole e funzionamento dei meccanismi di selezione, trasparenza, mobilità sociale, diseguaglianze, meccanismi di accesso.
(1-00224) «Melicchio, Iovino, Carbonaro, Villani, Testamento, Tuzi, Nappi, Azzolina, Mariani, Grippa».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e XI,

   premesso che:

    il decreto ministeriale 25 febbraio 2015, n. 56, entrato in vigore l'11 maggio 2015 che modifica il decreto ministeriale n. 269 del 2010 reca la «Disciplina delle caratteristiche minime del progetto organizzativo e dei requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi di cui agli articoli 256-bis e 257-bis del Regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché dei requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dei medesimi istituti e per lo svolgimento di incarichi organizzativi nell'ambito degli stessi istituti»;

    la norma complessiva prevede, per il trasporto di valori fino a 100 mila euro la presenza di una sola guardia giurata, per i valori oltre i 100 mila e fino a 500 mila euro la presenza di due guardie giurate, per i valori oltre 500 mila e fino a 3 milioni di euro la presenza di tre guardie giurate. Tuttavia, la norma prevede anche che possano essere previste solo due guardie giurate, per il trasporto di valori da 500 mila a 1,5 milioni di euro nel caso di utilizzo di sistemi che rendono inutilizzabile il bene (ad esempio valigette o armadi/cassaforte a chiusura elettronica con dispositivi di macchiatura delle banconote) e se si viaggia a bordo di furgone semi-blindato, munito dei contrassegni identificativi dell'istituto di vigilanza, di efficiente collegamento con la centrale operativa, invio automatico del segnale d'allarme e sistema di localizzazione satellitare G.p.s., e nel caso di utilizzo di sistemi che impediscono il prelievo forzato delle banconote dal vano valori;

    recenti fatti di cronaca hanno messo in luce la necessità, come richiesto anche di recente dal sindacato Ugl, di prevedere la presenza di almeno due guardie giurate per il trasporto fino a 100 mila euro e di almeno tre guardie giurate anche per il trasporto di valori oltre i 100 mila euro. Ciò in considerazione del rischio e del pericolo che tali attività comportano e della necessità di far operare le guardie giurate in condizioni di sicurezza;

    la tematica è pertanto ampiamente sentita e urge un intervento normativo chiaro che disciplini il trasporto valori e il servizio di vigilanza in generale in maniera univoca, prevedendo la massima tutela e adeguate condizioni di sicurezza per le guardie giurate;

    inoltre, il sindacato Ugl sta portando avanti un'altra battaglia relativa ai salari delle guardie giurate che non sono adeguati al costo della vita, evidenziando che in molte aziende ci sarebbe il problema dei turni di lavoro fino a 11/12 ore consecutive con conseguente ricaduta sulla sicurezza per la distanza dei luoghi di lavoro da raggiungere;

    in più risulterebbe, da una nota stampa del sindacato, che il contratto nazionale di categoria, contenente indicazioni salariali molto basse, sia scaduto a dicembre del 2015 e da allora ancora si attende il relativo rinnovo;

    inoltre in merito allo status giuridico delle guardie giurate, il decreto-legge 8 aprile 2008 n. 59 ha modificato l'articolo 138 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in particolare ha sancito che una guardia giurata, che lavori alle dipendenze di un istituto di vigilanza privato, durante lo svolgimento delle proprie mansioni è qualificabile come «incaricato di pubblico servizio», differenziandola dal «pubblico ufficiale»;

    nel settore dei servizi fiduciari le guardie giurate sono il valore aggiunto, ma i ritmi di lavoro, gli orari massacranti, non consentono agli interessati una vita sociale soddisfacente e in più i salari minimi non aiutano i lavoratori a sostenere le famiglie adeguatamente,

impegnano il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative di competenza per risolvere le criticità di cui in premessa e se intenda promuovere una modifica della normativa in questione, prevedendo la presenza di almeno due guardie giurate per il trasporto valori fino a 100 mila euro e di almeno tre guardie giurate per il trasporto valori oltre i 100 mila, nonché di almeno due guardie particolari giurate per i servizi di vigilanza in generale;

   a prevedere, nel breve periodo e a seguito di concertazione con i sindacati di categoria, un tavolo per la discussione ed il rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto dal 2015;

   a valutare l'attività svolta dalle guardie giurate assumendo iniziative per riconoscere loro un salario dignitoso per il lavoro che giornalmente svolgono nella salvaguardia della sicurezza pubblica.
(7-00275) «Sisto, Zangrillo, Vietina, Rotondi, Musella».


   Le Commissioni XI e XIII,

   premesso che:

    il distretto frutticolo di Saluzzo, in provincia di Cuneo, è il più importante del Piemonte e fra i più grandi d'Italia; ogni estate richiede l'afflusso di circa 10.000 lavoratori stagionali per consentire la raccolta della frutta su un territorio di oltre 30 comuni:

    il decreto flussi 2019 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 marzo 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 84 del 9 aprile 2019) ha previsto la possibilità di regolare ingresso in Italia per 30.850 lavoratori non comunitari, dei quali 12.850 per lavoro subordinato non stagionale, autonomo e conversioni; 18.000 per lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero;

    la quota di lavoratori stagionali assegnati con il «decreto flussi» alla provincia di Cuneo ad oggi risultata essere di circa 1200 unità;

    negli ultimi anni, alla tradizionale presenza di stagionali, residenti e non, si è affiancata e poi progressivamente sostituita quella di lavoratori originari dell'Africa Sub Sahariana: 2500 nel 2017, 3200 circa nel 2018; circa il 30 per cento di questi godeva del permesso di soggiorno per protezione umanitaria, recentemente abolito dal cosiddetto «decreto sicurezza»;

    la mancanza di un efficace sistema di incontro fra domanda e offerta fa sì che in molti si rechino a Saluzzo senza contratto, senza casa e senza risorse economiche, sperando di trovare un ingaggio anche solo per pochi giorni, accampandosi in modo improvvisato, con punte di criticità non sostenibili sotto il profilo della dignità, dell'accoglienza e dell'inclusione sociale;

    la maggior parte dei lavoratori è ospitata in azienda (circa il 75 per cento); qualcun altro è inserito in strutture del territorio grazie agli incentivi regionali della legge n. 12 del 2016 e al bando relativo al Programma di sviluppo rurale (Psr). Tuttavia, 500 persone rimangono accampate abusivamente e senza servizi in un viale cittadino;

    il comune di Saluzzo, con il progetto Prima accoglienza stagionali (P.a.s.) è intervenuto, realizzando un luogo di prima accoglienza riservato alle persone in cerca di lavoro, ma non inserite in modo continuativo e di conseguenza in grave fragilità economica. Sono stati ristrutturati parte dei locali di un'ex caserma, ottenuta grazie al federalismo demaniale, adottando gli accorgimenti necessari perché fosse in condizioni igieniche soddisfacenti per accogliere 370 persone;

    il P.a.s. è stato affidato a personale competente e retribuito, addetto alla registrazione degli ingressi e al controllo delle condizioni di vita nella struttura, alla manutenzione e al supporto delle richieste dei presenti. Il personale è affiancato da addetti di Cgil, Cisl e consorzio socio assistenziale Monviso Solidale, coordinato con il terzo settore cittadino e in particolare con il lavoro di volontari e operatori della Caritas, che svolgono le attività di supporto con gli sportelli legale, amministrativo e sanitario;

    le risorse per la realizzazione di tutto quanto sopra nel 2018 sono ammontate a circa euro 400.000, reperiti grazie a regione Piemonte, Fondazione Crc, compagnia di S. Paolo, Cgil, Confcooperative, Consorzio Monviso Solidale ed ai contributi volontari di lavoratori ospiti ed aziende agricole;

    nonostante tutto, almeno 200 lavoratori non hanno trovato accoglienza dignitosa e i comuni coinvolti sono stati solo 4; decine di altri comuni a vocazione agricola e frutticola non hanno inteso affrontare la questione;

    i lavoratori stagionali che si recano nel saluzzese sono in possesso di regolare permesso di soggiorno;

   ciò emerge anche dai continui controlli effettuati dai Carabinieri (da ultimo nei mesi di giugno e luglio 2019) sui braccianti arrivati per la nuova stagione di raccolta;

   la legge 29 ottobre 2016, n. 199 per il contrasto al fenomeno del caporalato, prevede all'articolo 9 che al fine di migliorare le condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'interno predispongano congiuntamente un apposito piano di interventi che preveda misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori, anche attraverso il coinvolgimento di regioni, province autonome e amministrazioni locali, delle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore e delle organizzazioni del terzo settore, nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità anche ai fini della realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale. Dell'attuazione di questo piano di intervento dovrebbero essere informate con specifica relazione annuale le commissioni parlamentari competenti;

   la legge n. 199 del 2016 per la lotta al caporalato in agricoltura ha consentito di colpire numerose organizzazioni criminali in tutta Italia; tuttavia, ad oggi, il piano previsto dall'articolo 9 della legge n. 199 del 2016 non risulta essere stato predisposto; gli interventi realizzati in varie parti d'Italia a favore dei lavoratori stagionali del comparto agricolo risultano essere rimessi alle istituzioni locali e alla loro volontà e capacità di coordinarsi con enti del terzo settore, prefetture, forze dell'ordine, sindacati;

   il fenomeno della migrazione dei braccianti alla ricerca di un ingaggio temporaneo, senza alcuna certezza di impiego e di un riparo per trascorrere la notte, può dar lungo alle infiltrazioni della criminalità organizzata in tale contesto lavorativo, al fenomeno del caporalato e a situazioni di degrado urbano che alimentano il conflitto sociale e la percezione di insicurezza da parte delle popolazioni residenti, diventando oggetto di strumentalizzazione politica;

   tale fenomeno è sempre più a carattere nazionale, considerando che migliaia di lavoratori si spostano di regione in regione in base alla stagione e ai prodotti da raccogliere: agrumi in inverno, frutta in estate, uva in agosto/settembre, olive in autunno e via di seguito;

   l'esperienza di Saluzzo mette in luce la necessità nel nostro Paese della creazione di un sistema di collocamento nazionale per il lavoro stagionale, attraverso il quale i lavoratori si spostino solo in base agli ingaggi effettivamente disponibili e con la certezza di un lavoro regolare e di un'adeguata soluzione alloggiativa,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per predisporre il piano di interventi di cui alla legge n. 199 del 2016, con la previsione di specifiche misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori stagionali, attraverso il coordinamento di regioni, province autonome e amministrazioni locali, delle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore e delle organizzazioni del terzo settore;

   ad assumere iniziative di competenza per realizzare strutture di collocamento agricolo, anche esclusivamente telematiche, che consentano l'incrocio di domanda e offerta di lavoro stagionale e abbattano drasticamente i rischi di caporalato e di infiltrazione criminale fra i lavoratori stagionali, allo scopo anche adoperando le strutture di Inps e Anpal in collaborazione con le reti regionali dei centri per l'impiego;

   a favorire, nella realizzazione degli interventi di cui sopra, la positiva sinergia fra enti locali, enti del terzo settore, organizzazioni sindacali e forze dell'ordine, quale è avvenuta nell'esperienza di Saluzzo;

   ad assumere iniziative, anche normative, per responsabilizzare, in tema di condizioni di soggiorno dei lavoratori stagionali, i datori di lavoro interessati, anche attraverso la cabina di regia della Rete del lavoro agricolo di qualità, nonché prevedendo meccanismi di premialità;

   ad adottare iniziative per incentivare progetti di rete fra aziende e comuni interessati dalle migrazioni dei lavoratori stagionali e dai relativi fenomeni accampativi, anche attraverso fondi dedicati e semplificazione delle procedure amministrative;

   ad assumere iniziative per finanziare adeguatamente gli interventi di cui sopra.
(7-00274) «Gribaudo, Cenni, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, prevede in particolare all'articolo 306, comma 2, che: «Ogni due anni, entro il mese di marzo, il Ministro della difesa, sentite le competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisce con proprio decreto il piano di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto. Il piano indica altresì i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non legalmente separato, né divorziato, possono mantenerne la conduzione, purché non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità»;

    il decreto del Ministro della difesa del 18 maggio 2010, al Capo II, articolo 6, definisce le procedure per la vendita degli alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali, purché compresi in interi stabili o comprensori, da alienare. Sulla base di tali norme sono stati posti in vendita, attualmente in corso, da parte dei competenti uffici del Ministero della difesa, 3.022 alloggi;

    il decreto del Ministero della difesa del 16 marzo 2011 riporta le disposizioni in materia di rideterminazione del canone, con obbligo di rilascio degli alloggi di servizio militari, occupati da utenti il cui titolo di concessione risulta scaduto, che rientrano nell'articolo 286, comma 3-bis, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni. Lo stesso decreto, all'articolo 2, comma 5, esclude dalle procedure di rideterminazione del canone e dall'obbligo del rilascio gli utenti senza titolo che al 31 dicembre 2010 rientrano nelle categorie protette previste all'articolo 2 del decreto 23 giugno 2010, emanato ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo n. 66 del 2010;

    l'articolo 2 del decreto del 16 marzo 2011 prevede che il canone di locazione sia determinato dai prezzi di mercato desunti dalla media aritmetica derivante dai bollettini dell'Osservatorio del mercato immobiliare, con pubblicazioni semestrali editi dall'Agenzia del territorio, su una media aritmetica risultante dai bollettini stessi;

    la legge 20 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, commi 627 e 628, ha previsto la realizzazione di un programma infrastrutturale pluriennale per gli alloggi di servizio, il cui fabbisogno è stato stimato in 51.642 unità abitative in tutto il territorio nazionale;

    l'attuale consistenza del patrimonio abitativo della Difesa, desunta dall'ultimo decreto emesso il 24 luglio 2015 è di 16.812 alloggi così suddivisi:

    9.790 Stato Maggiore dell'Esercito, 2.588 Stato Maggiore della Marina, 4.434 Stato Maggiore dell'Aeronautica. Tra questi secondo i dati forniti dalla Corte dei conti con la sua relazione del 12 novembre 2015 n. 10/2015/G, vengono rilevati 4.785 alloggi tra vuoti-liberi e in attesa di lavori. Nel frattempo alla data odierna è legittimo pensare che tale numero superi le 5.000 unità abitative, pari a circa 1/3 dell'intero parco alloggi,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per risolvere l'insostenibile situazione di 5.000 alloggi vuoti e/o in attesa di lavori, specialmente quelli ubicati nelle grandi città, inserendo nelle clausole di assegnazione la previsione che la sistemazione dell'alloggio può essere soddisfatta facendo eseguire i lavori direttamente dagli assegnatari, decurtando successivamente l'importo anticipato dalla quota del canone;

   ad emanare precise direttive volte ad evitare recuperi coatti degli alloggi di servizio, eseguiti ai sensi del decreto del Ministero della difesa del 16 marzo 2011, ai quali non facciano seguito immediate e contestuali riassegnazioni ad utenti già individuati prima del recupero;

   ad assumere iniziative affinché ciascun comando, prima di attivare le procedure per i recuperi coatti degli alloggi di servizio, contemperi gli stessi con le reali capacità tecnico/amministrative dell'amministrazione di procedere ad un ripristino/utilizzo degli alloggi liberati per una nuova utenza;

   ad adeguare i canoni di mercato secondo le risultanze dei bollettini dell'Osservatorio del mercato immobiliare, previsti all'articolo 2, comma 1, del decreto del 16 marzo 2011, applicando agli utenti puntualmente le variazioni sia in aumento che in diminuzione;

   ad abrogare, sempre in ordine al decreto del 16 marzo 2011, la disciplina prevista all'articolo 2, comma 3, lettera b), punto da 1 a 4, posto che una volta applicati i coefficienti previsti dai dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare per la determinazione del canone, introdurre altre penalità per ogni mese «senza titolo» per ogni anno, banalizza gli eventuali adattamenti del coefficiente correttivo previsto al citato punto 4 e rende il reddito finale puramente virtuale;

   a introdurre una assoluta uniformità nella modulistica attualmente in essere per la compilazione della «Dichiarazione sostitutiva di atto notorio» da presentare annualmente ai singoli comandi militari a cura degli utenti;

   ad adottare iniziative per rendere obbligatoria la registrazione presso l'Agenzia delle entrate della modulistica prevista, modello 2, previo versamento della relativa imposta alla stessa Agenzia delle entrate sul modello F 23, considerando che molti comandi non hanno mai impartito direttive per osservare tale procedura;

   per il caso di vendita dell'immobile secondo le modalità di cui al decreto del Ministero della difesa del 18 maggio 2010, n. 112, ad adottare iniziative per inserire, nel Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, n. 90, una disposizione che estenda l'esercizio dell'usufrutto ad entrambi i coniugi conviventi, considerando che attualmente il diritto all'usufrutto è riservato al solo conduttore ed esclude il coniuge convivente, e dà luogo nei casi previsti al rateizzo del relativo corrispettivo in rate mensili di importo non superiore al 20 per cento del reddito mensile netto;

   ad adottare iniziative per ripristinare un «fondo casa» per erogare al personale mutui a tasso agevolato destinati all'acquisto della prima casa, tal fine valutando anche la possibilità di alimentare il fondo con quota parte dei canoni riscossi dagli utenti di alloggi di servizio.
(7-00276) «Frailis, Pagani, Enrico Borghi, Carè, De Menech, Losacco, Rosato».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nel 2016 è stato indetto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia e primaria;

    dagli esiti del concorso numerosi sono i docenti idonei non vincitori in particolare nelle regioni del sud Italia;

    la graduatoria del suddetto concorso, non essendo ad esaurimento, scadrà nel 2020 anche in ragione della proroga prevista nella legge 27 dicembre 2017, n. 205, legge di bilancio 2018;

    si è venuta a creare una notevole discriminazione tra chi ha superato il concorso del 2016, le cui graduatorie prevedono una scadenza, e chi ha partecipato e superato il concorso straordinario del 2018 le cui graduatorie sono, invece, ad esaurimento;

    il meccanismo introdotto in questa legislatura definito «quota cento» ha comportato la liberazione di moltissimi posti che, a settembre 2019, saranno vacanti e disponibili e quindi idonei ad essere utilizzati per le immissioni in ruolo;

    anche tali posti potrebbero essere attribuiti agli idonei del 2016, tramite una mobilità volontaria che permetterebbe ai docenti idonei di scegliere la destinazione,

impegna il Governo

a promuovere iniziative atte a favorire la mobilità nazionale volontaria al fine di smaltire le graduatorie di merito ancora copiose in molte regioni del sud Italia garantendo, altresì, la qualità didattica all'interno delle istituzioni scolastiche.
(7-00278) «Villani, Tuzi, Carbonaro, Faro, Angiola, Mariani, Azzolina, Nappi, Casa, Buompane».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute mentale come uno stato di benessere nel quale, la singola persona, è consapevole delle proprie capacità, sa affrontare le normali difficoltà della vita, lavorare in modo utile e produttivo ed è in grado di apportare un contributo alla propria comunità;

    tuttavia, sempre secondo l'Oms in Italia 17 milioni di persone soffrono di disturbi mentali. Sono sia uomini che donne, soprattutto sopra i 45 anni: l'età più critica, infatti, è proprio quella che va dai 45 ai 54 anni, con una percentuale di accessi ai servizi di psichiatria che copre il 25 per cento del totale;

    si stima che tra 10 anni le malattie mentali supereranno quelle cardiovascolari per incidenza nella popolazione generale, con particolare riguardo ai disturbi d'ansia e alla depressione;

    in Europa, la nostra nazione è la ventesima per la spesa dedicata alla salute mentale. È il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, mentre, per esempio, in Germania, Inghilterra o Francia oscilla attorno al 10-15 per cento;

    l'ultimo Rapporto sulla salute mentale (dati relativi al 2017), pubblicato dal Ministero della salute, evidenzia che sono state 851.189 le persone con problemi di salute mentale assistite (erano 807.035 nel 2016) dai servizi specialistici (esclusi i dati della provincia autonoma di Bolzano), di sesso femminile nel 53,5 per cento dei casi, di cui 335.794 entrate in contatto per la prima volta durante l'anno con i dipartimenti di salute mentale di questi il 91,7 per cento ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita. In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni (25,3 per cento nei maschi; 23,5 per cento nelle femmine); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe > 75 anni (7,2 per cento nei maschi e 12 per cento nelle femmine);

    la Società italiana di psichiatria (Sip) ha stimato una vasta e capillare rete di strutture psichiatriche, articolata in 163 dipartimenti di salute mentale, 1.460 strutture territoriali, 2.284 strutture residenziali che ospitano oltre 30 mila persone, 899 strutture semiresidenziali, 285 servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri per un totale di 3.623 posti letto, oltre 22 unità ospedaliere accreditate per ulteriori 1.148 posti letto. Un sistema che, grazie all'impegno e alla dedizione di circa trentamila operatori (psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri, educatori e tecnici della riabilitazione, amministrativi), garantisce ogni anno l'assistenza a oltre 800 mila persone;

    sempre secondo la Sip, le strutture psichiatriche sono in sofferenza per mancanza di personale e di risorse individuate dal Fondo sanitario, ancora troppo basse rispetto alle necessità reali. Infatti, su 21 regioni e province autonome, in 14 si è al di sotto dello standard, specialmente nel centro sud dove vi è una carenza del 50 per cento o più del personale, con punte del 70 per cento nella regione Lazio;

    purtroppo, si riscontra che i servizi, in tali condizioni, non sono in grado di attuare un'adeguata presa in carico degli utenti e a garantire loro progetti terapeutici riabilitativi individuali orientati alla ripresa, alla emancipazione sociale, alla vita indipendente, come indicato anche dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità fisica e/o psichica;

    con riferimento alla distribuzione delle patologie, invece, fra quelle per cui avviene il maggior numero di accessi vi è la schizofrenia (20 per cento), disturbi di personalità, disturbi dell'umore, come la depressione e il disturbo bipolare (31 per cento), più frequenti fra le donne. E la restante parte è costituita da disturbi nevrotici (13,5 per cento) come quello ossessivo compulsivo, da stress post-traumatico, da panico o da ansia generalizzata;

    inoltre, una quota significativa è costituita da altre patologie in crescente ascesa i disturbi psichici derivati da uso di sostanze (circa il 18 per cento), da quelle tradizionali quali alcol, eroina, cocaina, cannabis, a quelle nuove quali cannabinoli e psicostimolanti sintetici, e dalle cosiddette dipendenze comportamentali (circa il 4,5 per cento), come la dipendenza da gioco d'azzardo o da internet;

    secondo studi medico-scientifici, la metà di tutte le malattie mentali inizia all'età di 14 anni e, spesso, sotto sottovalutate: la malattia mentale più diffusa tra gli adolescenti è sicuramente la depressione. Infatti, forme depressive o ansiose interessano il 10 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni; la legge 13 maggio 1978, n. 180, nota anche come «legge Basaglia», ha avviato una riforma della psichiatria in Italia ed ha esteso perentoriamente il diritto costituzionale della volontarietà del trattamento sanitario, sancito dall'articolo 32, anche ai malati di mente, prevedendo che «gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali siano attuati di norma dai servizi psichiatrici extraospedalieri»;

    inoltre, l'articolo 1 della succitata legge dispone che gli accertamenti sanitari obbligatori (ASO) e i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) siano attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti, la degenza nei casi in cui esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate;

    ne deriva che le case di cura sono legittimate dalla stessa legge n. 180, poi recepita per intero dalla legge di riforma sanitaria (legge 23 dicembre 1978, n. 833, «Istituzione del servizio sanitario nazionale») ad operare nel campo dei ricoveri in psichiatria;

    l'articolo 6 della stessa legge, testualmente recita: «Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi psichiatrici extraospedalieri»;

    successivamente, la legge 17 febbraio 2012, n. 9, e la legge 30 maggio 2014, n. 81, hanno decretato il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). La chiusura dei sei Opg, di fatto, si è completata nel 2017;

    in alternativa agli Opg, sono ora attive le Rems (Residenze per le misure di sicurezza), strutture sanitarie residenziali per la cura e la riabilitazione con non più di 20 posti letto: ad aprile 2017, si contavano 30 Rems con 596 ricoverati;

    attualmente le strutture dedicate all'assistenza psichiatrica sono i dipartimenti di salute mentale istituiti principalmente presso le strutture delle Asl che assicurano le attività di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento del malato mentale. Ognuna di esse per soddisfare le molteplici esigenze dei pazienti, offre diverse tipologie basilari di assistenza: innanzitutto i centri di salute mentale e gli ambulatori, che si occupano dell'assistenza territoriale e domiciliare. Ci sono poi i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, i Day hospital, che forniscono le cure in regime di ricovero, e i Centri diurni che si occupano degli interventi socio-riabilitativi in regime semiresidenziale;

    le strutture residenziali offrono infine gli interventi terapeutico-riabilitativi in regime di permanenza temporale, suddivisi secondo le tre tipologie previste, in base all'intensità assistenziale sanitaria: nelle 24 ore, nelle 12 ore e a fascia oraria;

    in quarantanni, da quando è entrata in vigore la «legge Basaglia», restano ancora molte le criticità da risolvere. La norma ha infatti affidato alle regioni l'attuazione dei provvedimenti in materia di salute mentale, generando una difformità di trattamento. Mentre alcune regioni sono state tempestive nell'attuare la normativa, altre hanno tardato, producendo nel tempo effetti su qualità ed efficacia dell'assistenza;

    infatti, questo determina una drammatica differenziazione per tutti i cittadini di ogni regione nell'accesso ai servizi per la salute mentale alle cure e ai servizi forniti dai dipartimenti di salute mentale;

    in particolare, i dipartimenti di salute mentale vanno riducendosi di numero nelle regioni ove sono presenti a causa degli accorpamenti territoriali che generano strutture a «macchia di leopardo», della razionalizzazione delle risorse finanziarie stanziate e del personale sanitario impiegato;

    tutti questi disservizi creano non poche difficoltà agli operatori del servizio sanitario nazionale e ai volontari che, quotidianamente, insieme alle loro famiglie, si prendono cura delle oltre 800.000 persone con disturbi mentali;

    in assenza di risorse adeguate, il sistema dell'assistenza psichiatrica in Italia rischia il crollo, a danno dei malati e del loro diritto alla tutela della salute e alla qualità della vita,

impegna il Governo:

   ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, garantendo una reale differenziazione nella prestazione delle cure e dei modelli di intervento, basati sulle reali necessità della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale;

   ad assumere iniziative per adottare un nuovo piano nazionale che favorisca interventi di prevenzione dei disturbi ed azioni di promozione della salute mentale;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per rilanciare i servizi psichiatrici e favorire una rete territoriale per integrare le offerte pubbliche e le proposte del cosiddetto privato sociale;

   a porre in essere le iniziative di competenza per lo stanziamento di più risorse economiche e l'impiego di personale sanitario specializzato, con particolare riguardo ad una adeguata dotazione di psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, oltre a operatori sociali con funzioni educative e riabilitative, al fine di fare fronte a una situazione di disagio in crescente ascesa e al fine di garantire un effettivo accesso ai servizi sanitari e sociosanitari da parte di chi soffre di disturbi mentali;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a supportare le persone affette da disturbi mentali per combattere lo stigma e l'isolamento sociale che si abbatte su queste persone e le loro famiglie, impedendo a chi vive una malattia mentale di accedere alle cure;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a formare ed attrezzare le strutture pubbliche per far fronte, gestire e trattare le persone, tra le quali molti giovani, che sono afflitte da dipendenze comportamentali quali ad esempio il disturbo da gioco d'azzardo, dipendenza sessuale o da pornografia on line, dipendenza da internet;

   ad assumere le iniziative di competenza per la formazione di figure quali psichiatri e psicologi, che siano in grado di affrontare condizioni e situazioni psichiatriche radicalmente mutate rispetto agli scorsi decenni, come i disturbi psichici derivati da uso di sostanze stupefacenti, molto più aggressive nella popolazione più giovane;

   ad assumere iniziative di competenza volte a individuare, programmare e coordinare i presidi psichiatrici e di igiene mentale extraospedalieri, dando a questi una chiara e definita organizzazione;

   ad adottare iniziative per assicurare, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la risposta ai bisogni di cura, di salute e di integrazione sociale, al fine di favorire l'inclusione nelle attività del territorio e superare le attuali differenze regionali.
(7-00277) «Bellucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il Porto Canale di Cagliari – ricompreso nell'ambito di competenza dell'Autorità di sistema portuale della Sardegna – è sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi del decreto ministeriale del 1° marzo 1967, in conseguenza della «Dichiarazione di notevole interesse pubblico della spiaggia della Plaja, in Cagliari»;

   la citata Autorità – in considerazione del fatto che con la costruzione del Porto Canale fosse stato già modificato, irrimediabilmente, lo stato dei luoghi e che la citata spiaggia, in realtà, non risulta più esistente – ha più volte richiesto la riduzione del summenzionato vincolo paesaggistico, al di fuori delle dighe foranee delimitanti il Porto in questione;

   la destinazione della predetta area a porto industriale è stata stabilita nell'ambito degli interventi finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, previa approvazione del Cipe, e la costruzione della medesima opera ha avuto un costo complessivo pari a mille miliardi delle vecchie lire;

   il Ministero per i beni e le attività culturali non ha ritenuto di dover procedere alla nuova delimitazione del vincolo e anzi, insiste affinché venga attivata ogni possibile azione al fine di ripristinare lo stato dei luoghi, modificati con la realizzazione dell'infrastruttura in questione;

   di recente, inoltre, il giudice amministrativo ha annullato le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate per la costruzione del Porto Canale e, a fronte di tale situazione, su parere dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari e dell'ufficio legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali, si è dato avvio al procedimento per il rilascio, ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, delle autorizzazioni «ora allora»;

   con provvedimento n. 209 del 31 maggio 2019, il presidente dell'Autorità portuale ha rilasciato – in forza dei pareri favorevoli espressi da tutte le amministrazioni coinvolte, ivi compresa la soprintendenza – la citata autorizzazione;

   la soprintendenza, nonostante il parere favorevole espresso in seno alla conferenza di servizi all'uopo convocata, ha ritenuto, su direttiva del proprio direttore generale, di dover rettificare il predetto parere e di proporre opposizione alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

   la suindicata situazione, in ragione dei tempi ben più lunghi per il rilascio di qualsivoglia autorizzazione utile alla realizzazione di qualsiasi intervento strutturale, ha determinato il blocco di investimenti per oltre 100 milioni di euro;

   nella riunione svoltasi recentemente presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, la soprintendenza ha confermato il proprio parere contrario;

   il sindaco del comune di Cagliari, con nota in data 8 luglio 2019, ha richiesto l'intervento dei Ministri interrogati, al fine di consentire il superamento della situazione e garantire lo sblocco degli investimenti e la tutela dei posti di lavoro –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere per consentire la riperimetrazione del vincolo in questione, al fine di garantire lo sviluppo economico del Porto Canale, con conseguenti ricadute positive per le imprese, i lavoratori e tutto l'indotto.
(2-00457) «Deidda, Bucalo, Ferro, Rotelli, Donzelli, Lollobrigida, Gemmato, Caretta, Baldini, Zucconi, Foti, Butti, Osnato, Mantovani, Varchi, Montaruli».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la grave situazione sanitaria della Calabria è stata conclamata dalle risultanze dell'ultimo verbale del tavolo di verifica del 4 aprile 2019 che ha bloccato il turnover ed imposto addizionali fiscali ai cittadini calabresi;

   la rimozione del commissario ad acta ingegner Scura è stata annunciata dal Ministro della salute nel mese di giugno 2018 e avvenuta ben sei mesi dopo;

   i nuovi commissari governativi per l'attuazione del piano di rientro si sono insediati a gennaio 2019;

   al sub commissario, Thomas Schael, era stato assegnato il ruolo tecnico per l'attuazione del piano di rientro, rappresentando la figura del commissario ad acta, generale Saverio Cotticelli, il riferimento per la trasparenza e la garanzia della legalità degli atti;

   a tutt'oggi la struttura commissariale, ad avviso dell'interpellante, continua a perseguire pedissequamente il programma già tracciato dal precedente commissario ad acta in termini di individuazione delle figure professionali da acquisire nel servizio sanitario regionale e di assetto della rete assistenziale per come derivante dal decreto del commissario ad acta n. 64/2016;

   a quanto consta all'interpellante non è stata condotta alcuna verifica sul fabbisogno del personale;

   non è stato posto alcun correttivo al riassetto dei punti nascita fortemente carenti sotto il profilo della sicurezza;

   non è stata posta alcuna attenzione sulla riapertura dei presidi ospedalieri di Praia a Mare e Trebisacce per come stabilito da specifiche sentenze del Consiglio di Stato 4 anni fa;

   non è stato realizzato alcun piano assunzionale, relativamente al settore dell'emergenza-urgenza, in vista del periodo estivo in cui la popolazione di molte località della regione si incrementa di molto e, per converso, gli organici delle strutture ospedaliere si decrementano per l'inalienabile periodo feriale;

   non è stato avviato alcun monitoraggio della realizzazione dei nuovi ospedali come invece da decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 30 del 7 dicembre 2018;

   permane la questione di tutte le illiceità segnalate in relazione alle varie aziende in termini di favoritismi e violazioni di legge come ad esempio nell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria, nell'Asp di Vibo Valentia, nell'Asp di Cosenza, nell'Asp di Reggio Calabria senza che alcun responsabile sia stato chiamato a risponderne nel rispetto del ripristino della legalità;

   da notizie di stampa si rileva che il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, generale Saverio Cotticelli ed il sub commissario Thomas Schael avevano avviato le procedure per l'acquisto di una risonanza magnetica nucleare per l'Asp di Crotone e di una tomografia assiale computerizzata per il GOM di Reggio Calabria per una spesa di circa 1 milione e 200 mila euro + Iva ciascuna;

   con nota del 31 maggio n. 208375 e con nota del 31 maggio n. 208369, a firma del solo commissario ad acta, Cotticelli, lo stesso invitava rispettivamente il commissario dell'Asp di Crotone e il commissario del GOM di Reggio Calabria a soprassedere all'acquisto della tecnologia, già autorizzate con le precedenti note rispettivamente del 23 maggio n. 199552 e del 23 maggio n. 199548, nel presupposto che essendo imminente la nomina dei nuovi commissari straordinari al vertice delle aziende si sarebbe potuta effettuare una complessiva analisi del fabbisogno delle tecnologie su base regionale con individuazione delle relative priorità nonché la contestuale richiesta di una maggiore tempestività nell'erogazione dei fondi ministeriali finalizzati al fine di non impegnare la spesa sul bilancio corrente dell'azienda già in disavanzo;

   il sub commissario Thomas Schael si è di recente dimesso dall'incarico senza alcuna motivazione e, a giudizio dell'interpellante, in modo assai poco trasparente;

   il Ministro della salute non ha adottato le conseguenti iniziative di competenza in ordine alla vicenda dei cartoni utilizzati al posto degli specifici dispositivi al pronto soccorso del GOM di Reggio Calabria nel luglio 2018, pur avendo tempestivamente richiesto specifiche informazioni, nonostante la vicenda abbia avuto risonanza mediatica in tutto il mondo e nonostante il tribunale di Reggio Calabria abbia accertato la veridicità dei fatti riportati dalla stampa annullando, addirittura, la sanzione inflitta al medico che aveva contribuito a portare a conoscenza dell'opinione pubblica la vicenda;

   lo stesso Ministro della salute, dopo avere richiesto specifiche informazioni, non è intervenuto sulla vicenda della morte del giovane Flavio Scutellà, nonostante una sentenza passata in giudicato di condanna a diciotto mesi di reclusione nei confronti di un medico del GOM di Reggio Calabria;

   a tutt'oggi mancano i vertici titolari di 5 aziende su 8, sicché tali aziende sono condotte proprio da figure il cui operato di fatto ha richiesto l'adozione di una legge «straordinaria» come la legge n. 60 del 25 giugno 2019;

   i vertici titolari già nominati dal Consiglio dei ministri per 3 aziende a tutt'oggi non si sono insediati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti su esposti e quali iniziative intenda adottare per risolvere l'evidente inerzia della struttura commissariale – rendendo pubbliche le motivazioni che hanno portato alle dimissioni del sub commissario Schael – per non compromettere oltre il già drammatico quadro assistenziale della regione Calabria, garantendo nelle aziende ancora prive di vertice le relative nomine in conseguenza del cosiddetto «decreto Calabria».
(2-00454) «Nesci».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   al fine di scongiurare fenomeni di abbandono del territorio nei comuni interessati dagli eventi sismici dell'agosto 2016 che presentano particolari condizioni di inagibilità degli immobili, l'articolo 23 del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019, ha inserito nel decreto-legge n. 189 del 2016 l'articolo 4-quater che consente ai proprietari di immobili distrutti o gravemente danneggiati, previa autorizzazione comunale, l'installazione di strutture temporanee e amovibili, sul terreno ove si trovano i medesimi immobili o «su altro terreno di proprietà ubicato nel territorio dello stesso comune con qualsiasi destinazione urbanistica o su terreno anche non di proprietà o su altro terreno su cui si vanti un diritto reale di godimento, previa acquisizione della dichiarazione di disponibilità da parte della proprietà»;

   l'idoneità del terreno all'installazione di strutture temporanee e amovibili deve essere dichiarato da apposito atto comunale;

   gran parte dei territori interessati dal sisma si trovano in aree soggette a vincoli stabiliti dai piani paesaggistici ai sensi dell'articolo 136 e dell'articolo 142 del codice dei beni culturali;

   la legge non fa alcun riferimento a tali vincoli e consente l'installazione delle strutture abitative a prescindere dalla loro destinazione urbanistica, della volumetria e della dimensione;

   un'area, ancorché di proprietà e con una destinazione urbanistica di non edificabilità superabile ai sensi del citato articolo 4-quater, potrebbe comunque essere soggetta a vincoli di tutela paesaggistico-ambientale o di assetto idrogeologico;

   l'incertezza della norma non ne consente una facile interpretazione e sta generando problemi agli operatori pubblici e privati per i delicati risvolti, anche penalmente perseguibili, che una non corretta applicazione della norma potrebbe determinare –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per chiarire se l'articolo 4-quater del decreto-legge n. 189 del 2016, come modificato dall'articolo 23 del decreto-legge n. 32 del 2016, si applichi anche alle strutture abitative temporanee installate con autorizzazione comunale in aree soggette a vincoli paesaggistici o di assetto idrogeologico e, ove non si applichi, se non ritenga di adottare iniziative per estendere tale facoltà, rendendo possibile l'installazione di strutture abitative temporanee anche in aree soggette a vincoli paesaggistici o di assetto idrogeologico.
(5-02493)


   SCALFAROTTO, SENSI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 luglio 2019, nell'ambito della visita ufficiale del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin in Italia, è stata offerta una cena ufficiale a Villa Madama dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla delegazione russa in visita;

   alla cena, tra l'altro, era presente anche Gianluca Savoini, presidente dell'Associazione culturale Lombardia-Russia e da giorni al centro di un grave scandalo per presunti finanziamenti illeciti provenienti dalla Russia per il partito della Lega Nord e sul quale la magistratura italiana ha aperto un'inchiesta per il reato di corruzione internazionale;

   il presidente Conte ha dichiarato: «non conosco Gianluca Savoini» e ha giustificato la sua presenza alla cena offerta dalla Presidenza del Consiglio a Villa Madama in onore di Vladimir Putin come conseguenza del fatto che «sono stati invitati tutti i partecipanti del forum Italia-Russia che si era concluso poche ore prima alla Farnesina». Il presidente Conte ha poi sottolineato di aver «fatto le necessarie verifiche, avendo grandi responsabilità pubbliche abbiamo tutti dei doveri di trasparenza e quindi ci tenevo a spiegare la presenza di Savoini alla cena» –:

   a che titolo il signor Savoini abbia partecipato al forum Italia-Russia presso la Farnesina e se fosse l'unico esponente dell'Associazione Culturale Lombardia-Russia presente;

   se non si intenda rendere nota la lista degli altri ospiti invitati alla cena.
(5-02502)


   ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il sito Buzzfeed ha pubblicato, in un articolo dal titolo «An Explosive Secret Recording Reveals How Russia Tried To Funnel Millions To The “European Trump”» a firma Alberto Nardelli, alcuni frammenti di audio e la trascrizione completa di un incontro tra un importante collaboratore del Ministro dell'interno e alcuni cittadini russi in cui si è discusso di un accordo illegale per far arrivare alla Lega 65 milioni di euro con cui pagare la campagna elettorale in vista delle elezioni europee;

   la registrazione si riferisce a un incontro avvenuto il 18 ottobre 2018, mentre il Ministro Salvini si trovava in visita a Mosca, e fra i partecipanti c'era anche Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini e considerato la figura che ha facilitato le relazioni fra la Lega e il partito del presidente russo Vladimir Putin, Russia Unita (con cui la Lega ha un accordo ufficiale di collaborazione);

   si tratterebbe di un fatto gravissimo, con un partito italiano finanziato da un'impresa di Stato russa per una importante campagna elettorale, in palese violazione della legislazione in materia di trasparenza dei partiti politici, che proibisce ai partiti politici di accettare grandi donazioni straniere;

   a parere dell'interrogante non si può certo escludere che sia stata messa a rischio la piena regolarità delle stesse elezioni europee dello scorso maggio –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e in ogni caso se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza al fine di garantire la piena attuazione della legislazione in materia di trasparenza dei partiti politici.
(5-02504)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle giornate del 9 e 10 luglio 2019, forti raffiche di vento fino a 150 chilometri orari hanno colpito la costa adriatica nella provincia di Ascoli Piceno, da Cupra Marittima fino a Porto d'Ascoli;

   a quanto si apprende i danni maggiori si sono avuti a Pesaro con incidenti stradali, allagamenti e blackout;

   nella Riviera del Conero si sono verificati danni a molte strutture turistiche a causa degli alberi caduti e una nave da crociera in costruzione di oltre 200 metri, la Seven Seas Splendor, ha rotto gli ormeggi a causa delle forti raffiche di vento nel porto di Ancona;

   in quest'ultimo caso, per fortuna solo la prua della nave si è scostata dalla banchina, e un rimorchiatore è riuscito a bloccare l'imbarcazione;

   le spiagge di Numana e Sirolo, della costa fanese e fino a Pesaro sono state devastate dal vento e dalla pioggia;

   un uomo è morto dopo essere stato colpito da un infarto a Osimo, in provincia di Ancona, durante la tempesta di pioggia e vento che si è abbattuta sulla regione;

   anche nel capoluogo marchigiano decine di persone sono state soccorse dai sanitari per incidenti stradali, cadute da moto e alberi che si sono abbattuti a causa del maltempo;

   sono pervenute oltre 500 richieste di interventi ai vigili del fuoco e nel Maceratese, tra Recanati e Porto Recanati, è stato necessario l'intervento del 118 per soccorrere una persona colpita dalla caduta di un albero;

   secondo il sindaco di Numana i danni sarebbero sicuramente ingenti, l'evento sarebbe stato rapido e devastante;

   a causa di una violenta grandinata a Pescara e su parte della costa abruzzese almeno diciotto persone si sono dovute recare al pronto soccorso per le ferite;

   la violenza della grandine ha fatto molti danni in tutta la città, con tetti danneggiati, parabrezza e vetri sfondati;

   la grandine a causato danni anche in Emilia-Romagna, con ripercussioni pesanti nei campi da Piacenza a Rimini;

   a subire danni le colture di pomodoro e mais nel Piacentino, di cereali nel Bolognese e di pesche nettarine in Romagna;

   a Milano Marittima, nel Ravennate, una tempesta di vento e pioggia ha abbattuto diversi pini e segnali stradali –:

   se il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, non intenda deliberare lo stato di emergenza per calamità naturale relativamente agli eccezionali eventi meteorologici che hanno interessato la costa adriatica e, in particolare, Marche, Abruzzo ed Emilia Romagna;

   se si intenda procedere a un censimento dettagliato dei danni, al fine di individuare quanto prima modi, tempi e fondi necessari per ripristinare una situazione di normalità.
(4-03295)


   MORGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016 sono state disciplinate le procedure per l'individuazione, la realizzazione e la fruizione di aree attrezzate per finalità turistiche nei territori colpiti dagli eventi sismici;

   compete ai comuni attestare la compatibilità d'uso dell'area individuata e dichiararla idonea allo stazionamento di camper o roulotte;

   molti comuni si trovano all'interno aree parco e gran parte dei territori sono gravati da vincoli di tutela paesaggistico-ambientale;

   l'ordinanza non chiarisce quali siano i criteri per l'individuazione dell'area e, in particolare, se vada preventivamente acquisito un parere da parte degli enti gestori se essa ricade in zona protetta o sulla quale gravano vincoli e neppure, nel caso, quali siano i tempi entro i quali deve essere data risposta –:

   se non ritenga indispensabile, alla luce delle criticità esposte in premessa, adottare iniziative al fine di garantire la piena applicazione dell'ordinanza citata in premessa, chiarendo quali disposizioni ambientali siano da ritenersi vincolanti per i comuni e quali pareri gli stessi devono acquisire, affinché possano attestare la compatibilità d'uso delle aree attrezzate per finalità turistiche nei territori colpiti dagli eventi sismici.
(4-03297)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che a maggio 2019, in Libia, siano stati usati missili Blue Arrow (BA-7), utilizzati di norma come armamento per i droni Wing Loong prodotti dalla Cina;

   secondo le Nazioni Unite, è quasi sicuro che il missile non sia stato trasportato in Libia dai fornitori, o eventualmente dai cinesi, ma attraverso una «terza parte» non meglio identificata. I funzionari dell'Onu stanno però investigando sull'impiego dei droni cinesi e sul possibile ruolo degli Emirati Arabi nell'offensiva su Tripoli condotta dal generale Haftar. Wing Loong è un drone sviluppato dal gruppo cinese Chengdu Aircraft Industry Group (CAIG) e la flotta emiratina comprende appunto le due versioni di velivoli a pilotaggio remoto Wing Loong e Wing Loong. Il report dell'Onu fa notare che il missile BA-7 è a disposizione solo di Cina, Emirati Arabi e Kazakistan. Lo stesso report aggiunge che alcuni Paesi dotati di droni Wing Loong potrebbero aver acquisito il missile: Egitto, Indonesia, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Serbia e Uzbekistan. Tra questi, Emirati ed Egitto appoggiano economicamente il generale Khalifa Haftar;

   il presidente turco Erdogan ha dichiarato: «abbiamo un accordo di cooperazione militare con Tripoli. Forniamo quello che ci richiedono e loro pagano. Egitto ed Emirati fanno lo stesso»;

   ciò starebbe a significare che nonostante l'embargo delle Nazioni Unite, in Libia continuano a riversarsi moltissime armi da guerra e la crisi sta prendendo la forma di una «guerra per procura» tra potenze esterne, la cui ricompensa non sarà soltanto l'influenza sulla futura Libia unificata, ma anche la definizione di rapporti di forza nel Mediterraneo orientale, con connesse linee di influenza delle zone economiche e di quelle per la ricerca dei giacimenti di gas offshore;

   le Nazioni Unite hanno ribadito l'importanza dell'embargo sulle armi alla Libia, rinnovato a giugno 2018 dal Consiglio di sicurezza –:

   quali notizie abbia il Ministro interrogato in merito alla presunta violazione dell'embargo sulle armi alla Libia e come si adopererà il Governo, nei consessi internazionali e nelle relazioni bilaterali con i Paesi interessati, per denunciare le violazioni e approdare a una soluzione che permetta di arrestare, il prima possibile, l'approvvigionamento di armi da guerra alla Libia.
(5-02495)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 luglio 2019 le agenzie stampa hanno dato notizia del ritrovamento di quattro missili anticarro venduti dagli Stati Uniti alla Francia sono stati trovati in un campo militare delle milizia armate del Maresciallo Kalifha Haftar nella città libica di Gheryan;

   Haftar sta portando una aggressione militare unilaterale al Governo di Fayez Al Serraj, riconosciuto dall'Onu e appoggiato dall'Italia;

   i predetti missili sono venduti dall'America con divieto di cederli a terzi per la loro conclamata potenza ed efficacia;

   il New York Time in data 9 luglio 2019 ha riportato la notizia che un consigliere del Ministro della difesa francese ha ammesso che i predetti missili appartenevano allo Stato francese;

   alla luce dell'espresso divieto, nel contratto americano, di cessione a terzi dei missili, appare evidente che non esistano alternative: o la Francia, anche in spregio al contratto, ha ceduto i missili alle forze libiche di Haftar, oppure sul campo libico vi sono forze speciali francesi che utilizzano i predetti missili;

   in ogni caso è evidente che la Libia debba essere pacificata e non armata al fine di alimentare una guerra fratricida contraria non solo agli interessi nazionali italiani, ma più in generale europei –:

   se il Governo abbia intenzione di convocare l'ambasciatore francese per chiedere spiegazioni e giustificazioni;

   se il Governo intenda sottoporre la questione in sede europea denunciando il comportamento del Governo francese che, a giudizio dell'interrogante armando e/o supportando militarmente una delle parti del conflitto e segnatamente Haftar, assume un atteggiamento in contrasto con la deliberazione di riconoscimento di Serraj dell'Onu e chiaramente idoneo a pregiudicare la sicurezza italiana ed europea.
(5-02496)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 marzo 2019 l'Italia ha sottoscritto il controverso Memorandum con la Cina, intessendo rapporti privilegiati con Pechino;

   nel paragrafo II, titolo 5, del predetto Memorandum sono previste espressamente «forme di collaborazione, tra le rispettive Amministrazioni, sui temi dell'istruzione, della cultura, della scienza, dell'innovazione, della salute, del turismo e della previdenza pubblica»;

   nel 2018 è stato istituito il China Tribunal, diretto da Sir Geoffrey Nice QC, ex pubblico ministero presso il Tribunale internazionale dell'ex Jugoslavia, al fine di verificare se la Cina, come sostiene e contrariamente alle denunce di diverse organizzazioni internazionali, abbia effettivamente bandito dal 2015 la pratica disumana dell'espianto di organi ai detenuti, soprattutto se appartenenti alle minoranze di «Falun Gong», uiguri e altre minoranze etniche e religiose;

   Sir Geoffrey Nice QC ha confermato l'utilizzo sistematico degli espianti sui prigionieri di coscienza, precisando che tale pratica aberrante «sta continuando su scala significativa», aggiungendo, in termini inquietanti, che «moltissime persone hanno perso la vita in modo indescrivibilmente orribile»;

   le conclusioni di Sir Geoffrey Nice QC precisano che tale pratica disumana, lungi dall'essere stata bandita, prosegue, colpendo selettivamente minoranze etniche e religiose;

   in particolar modo, ogni anno in Cina 90.000 detenuti di coscienza subirebbero espianti di organi;

   tale pratica è certamente la più mostruosa, disumana e aberrante che la storia delle dittature abbia mai conosciuto –:

   se alla luce della conferma di tale aberrante pratica, il Governo intenda valutare l'opportunità della prosecuzione del rapporto politico privilegiato con la Cina intrapreso con la sottoscrizione del Memorandum;

   se il Governo, nell'ambito della prevista collaborazione sul tema «salute», abbia intenzione di porre con determinazione il tema alla Cina, chiedendo conto delle conclusioni del China Tribunal ed in ogni caso pretendendo garanzie in ordine al fatto che la pratica degli espianti venga effettivamente bandita in Cina;

   in ogni caso quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per verificare la fondatezza delle conclusioni del China Tribunal e per evitare, nell'ambito della collaborazione nel campo della salute, che la Cina prosegua con l'aberrante pratica dell'espianto degli organi nei confronti dei detenuti di coscienza.
(5-02500)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sono state segnalate all'interrogante situazioni di notevoli disservizi a scapito della comunità italiana in Belgio relativamente alle sedi consolari italiane in Belgio. In particolare, alcune criticità si verificano nelle sedi del consolato generale di Charleroi e, in misura minore, presso la cancelleria consolare di Bruxelles;

   de facto a causa di mancanza di personale le liste d'attesa per qualsiasi tipo di documento sono diventate insostenibili a fornire un servizio decente. Di più per la missione diplomatica di Bruxelles – capitale politica d'Europa – purtroppo il decesso di un operatore ha fatto peggiorare ancora la situazione;

   a quanto si apprende, le citate inefficienze si concentrerebbero sia presso l'ufficio passaporti di Bruxelles e Charleroi ma anche in altri settori amministrativi. Inoltre, per il consolato generale di Charleroi, che conta quasi 200.000 residenti italiani, di recente i problemi e i disservizi sarebbero addirittura peggiorati;

   anche in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, secondo quanto riportato dal quotidiano online Europa Today del 26 maggio 2019, i problemi per il voto in Belgio e non solo non sono mancati. Con l'ultima legge di bilancio, a fronte di un risparmio di due milioni di euro, il Governo Conte ha deciso di dimezzare il numero di seggi e sezioni a disposizione degli italiani che vivono all'estero;

   in tutta Europa, come ad esempio in Spagna, Regno Unito, Belgio si sono registrate ore di fila, seggi a centinaia di chilometri di distanza e poche cabine elettorali per migliaia di persone; questo scenario ha certamente scoraggiato i nostri connazionali ad esercitare un diritto fondamentale e costituzionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, per quanto di competenza, di prevedere il rafforzamento del personale nelle missioni consolari italiane in Belgio e in particolare a Charleroi;

   se non si ravveda la necessità di adottare iniziative per rendere finanziariamente più capiente il fondo – ora insufficiente – per l'allestimento dei seggi elettorali per l'esercizio del voto degli italiani all'estero in previsione delle future tornate elettorali.
(4-03312)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VIANELLO, NAPPI, MENGA, FARO, GRIPPA e D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la riserva naturale statale Torre Guaceto è situata sulla costa adriatica dell'alto Salento, a pochi chilometri dai centri di Carovigno e San Vito dei Normanni e 17 chilometri da Brindisi. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto ministeriale del 4 febbraio 2000, ha istituito la riserva naturale dello Stato di Torre Guaceto e ha individuato l'organismo di gestione in un consorzio misto fra l'amministrazione comunale di Brindisi, l'amministrazione comunale di Carovigno e l'associazione protezionistica senza fini di lucro WWF Italia;

   nell'ambito del programma comunitario «Natura 2000» il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto 361 del 28 dicembre 2018, ha designato il sito di importanza comunitaria (pSIC) denominato Torre Guaceto Macchia San Giovanni (sigla IT9140005) come zona speciale di conservazione;

   il 25 giugno 2019 un incendio è divampato all'interno della riserva nella zona denominata «Macchia San Giovanni», a monte della strada statale 379. È stata immediata la richiesta di intervento ai vigili del fuoco, accorsi già nella serata precedente e in mattinata a causa di un ulteriore rogo divampato in un altro punto dell'area protetta; tuttavia, le forti raffiche di vento hanno impedito di mettere in sicurezza la zona prima che venissero intaccate le aree più sensibili. Nonostante il pronto intervento dei vigili del fuoco, le lingue di fuoco si sono estese verso sud, hanno divorato prima il canneto e poi hanno attaccato la macchia mediterranea. In tutto sono stati distrutti 3 ettari di area naturale, la metà dell'intera Macchia San Giovanni;

   l'incendio avrebbe potuto distruggere l'intera riserva, come già accaduto nel 2007. Allora il devastante rogo annientò buona parte dell'area protetta; infatti, partì dai terreni agricoli a monte della strada statale 379 e poi, con il vento, si propagò sino a stringere il cuore della riserva;

   si ha notizia di una richiesta dell'ente gestore della riserva di ampliamento del perimetro della riserva naturale dello Stato, con particolare riferimento alla zona posta a ridosso della costa di Punta Penna Grossa e nell'area denominata Macchia San Giovanni, anche in ragione della presenza di habitat agricoli in fase di rinaturalizzazione e della frequentazione di specie di rilevante interesse per la conservazione della biodiversità. Si precisa che trattasi di aree di proprietà in parte anche del demanio dello Stato. La regione avrebbe espresso parere favorevole –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per garantire la messa in sicurezza dell'area ed intensificare il controllo del territorio nelle aree oggetto di incendi che da diversi anni sono sempre le stesse, se del caso valutando l'opportunità di un potenziamento dell'operatività del personale adibito alla vigilanza, della pianificazione di opportuni servizi di pattugliamento e dell'incremento della dotazione dei mezzi idonei a domare questi fenomeni;

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda fornire elementi circa lo stato del procedimento di modifica delle delimitazioni della riserva naturale statale Torre Guaceto e se i soggetti preposti abbiano fornito le relazioni necessarie per procedere all'ampliamento.
(5-02501)


   MELICCHIO, BARBUTO, TUCCI, ORRICO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Celico, in località San Nicola, è stata attiva dal 1995 al 23 giugno 2003, una discarica di rifiuti solidi urbani, di proprietà comunale. Invece dei previsti 78 mila metri cubi, la discarica raccolse 107 mila metri cubi, con successivi sovrabbanchi, pari al 38 per cento in più di quanto stabilito in fase di progetto. Di questa discarica non esiste un piano di caratterizzazione né un piano di bonifica;

   dopo la chiusura il comune non ha ottemperato al piano di gestione post-operativa e a quanto disposto dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 36 del 2003: «La manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discarica devono essere assicurati anche nella fase della gestione successiva alla chiusura, fino a che l'ente territoriale competente accerti che la discarica non comporta rischi per la salute e l'ambiente»;

   fino al 2016 sono state effettuate solo due campagne di indagine, una nel 2009 e una nel 2016, a fronte di un piano di gestione post-operativo che prevedeva indagini semestrali;

   le analisi effettuate nel 2009 hanno evidenziato l'assenza di valori soprasoglia nelle acque di falda (come da rapporto di prova n. 1377, effettuato dal laboratorio GeoLab). In seguito, nonostante i valori siano risultati sottosoglia, il comune ha ritenuto ugualmente di procedere alla messa in sicurezza del sito, pur in assenza di un piano di caratterizzazione;

   a seguito della messa in sicurezza del sito è stata effettuata un'altra campagna di indagini a maggio 2016 (come da rapporto di prova n. 201601887, effettuato dal laboratorio Delvit), dalla quale è emerso il superamento dei valori limite nelle acque sotterranee, relativamente al manganese (1.200 microgrammi per litro, a fronte di un valore soglia di 50 microgrammi per litro) e al nichel (48 milligrammi per litro contro un valore soglia di 20 microgrammi per litro);

   nonostante i valori oggettivamente allarmanti, certificati dall'Arpacal (il manganese supera di ben 24 volte le concentrazioni previste dalla Parte IV-Titolo V Allegato 5 Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee del decreto legislativo n. 152 del 2006), il comune non ha messo in atto le procedure previste dalla legge e ben esplicitate dall'articolo 242, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006: «il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione»;

   in questo caso l'aggravamento esiste di fatto, in quanto nel 2009 la discarica non presentava alcun valore soprasoglia (esso è un dato accertato e quindi ancor più grave del «potenziale» rischio di aggravamento);

   nel merito il comune di Celico, a quanto consta all'interrogante, non ha provveduto ad effettuare né le necessarie opere di prevenzione né la comunicazione ai sensi dell'articolo 304, comma 2. Inoltre, non ha ottemperato a quanto previsto dall'articolo 242, comma 3: «Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al Comune ed alle Province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione... Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative...» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche in attuazione di quanto disposto dall'articolo 304, comma 3, del decreto legislativo 152 del 2006, affinché siano adottate le necessarie misure di prevenzione del danno ambientale in relazione alla situazione della discarica di San Nicola.
(5-02508)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPORTIELLO, PENNA, SARLI e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il sud, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'area dell'attuale sito di interesse nazionale di Bagnoli Coroglio si erano sviluppate delle importanti attività industriali dedite alla produzione dell'acciaio, del cemento, dell'amianto. La storia del movimento operaio napoletano ha avuto pagine storiche negli insediamenti dell'Italsider, della Cementir, dell'Eternit; l'Italsider da sola impiegava diecimila lavoratori e il suo indotto contava alcune migliaia di addetti; le produzioni di acciaio, di cemento, di amianto, sviluppatesi nel corso del 1900 erano foriere di un alto tasso d'inquinamento del sottosuolo, dei fondali marini e del mare a Bagnoli - Coroglio;

   a seguito della chiusura, nel 1994, dello stabilimento Italsider e delle altre fabbriche della zona, si sono verificate molte vicende che hanno visto protagonisti il comune di Napoli, la regione Campania e il Governo nazionale, determinando l'attuale assetto dell'area, che fu lasciata libera dagli insediamenti industriali –:

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per recuperare dalla società Ilva-Italsider, dalla società Cementir e dalla società Eternit i costi sostenuti dalla collettività e quelli da sostenere in futuro per la definitiva bonifica dell'area;

   se intendano intraprendere iniziative nei confronti della Bagnoli Futura spa, (la società fallita che si occupava fino a qualche anno fa della bonifica dell'area) per salvaguardare gli interessi dello Stato;

   se si intenda, eventualmente, vagliare la posizione allocativa di Città della Scienza, che potrebbe inibire la fruizione della spiaggia;

   di quale entità siano i fondi europei stanziati per la bonifica;

   se sia stata rilasciata la certificazione di avvenuta bonifica dei suoli di città della scienza;

   quali siano i tempi della bonifica dell'area contaminata, nella sequenza terra - arenili, e della rimozione della colmata, i tempi della bonifica dei fondali, i tempi della bonifica dell'area Cementir, i tempi della bonifica dell'area della Città della Scienza, i tempi della realizzazione della spiaggia pubblica, ivi compreso dell'eventuale spostamento di Città della Scienza e i tempi della realizzazione del parco pubblico;

   se ritengano d'intraprendere eventuali iniziative per l'adesione al «piano cemento zero» che prevede nessuna nuova edificazione (se non necessaria) sul territorio;

   se ritengano d'intraprendere eventuali iniziative per favorire l'autonomia energetica dell'area;

   se non ritengano di promuovere la realizzazione del «distretto economico di Bagnoli-Coroglio» con lo scopo di valorizzare il territorio (mare, pesca, diportistica);

   se non ritengano d'intraprendere tutte le iniziative di competenza per assicurare tempi certi per le opere da realizzare per il risanamento dell'area Bagnoli-Coroglio;

   quali iniziative intendano assumere nell'ambito della prevenzione del rischio vulcanico per tutto il quartiere, già danneggiato dai precedenti eventi bradisismici.
(4-03293)


   PALMISANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   consta all'interrogante che a molti pedoni e ciclisti viene precluso l'accesso al comprensorio di Rosa Marina di Ostuni (Brindisi), consorzio nato nel 1967 di cui fanno parte tutti i proprietari di immobili ricadenti nella lottizzazione del complesso turistico «Rosa Marina di Ostuni»;

   l'ingresso all'interno del predetto comprensorio costituisce l'unico modo per raggiungere la linea demaniale di costa, che costituisce un bene pubblico e per tale motivo fruibile liberamente da ciascuno;

   tale situazione penalizza anche anziani e soggetti diversamente abili che sono pressoché impossibilitati a raggiungere il tratto di spiaggia demaniale;

   la mancanza di strade alternative alla viabilità interna del comprensorio di Rosa Marina, obbliga chiunque voglia percorrere longitudinalmente la costa, a dover utilizzare la strada statale 379, impedendo così a ciclisti e pedoni, non autorizzati a percorrerla, di raggiungere la corrispondente zona costiera di Rosa Marina;

   consta all'interrogante che la convenzione stipulata a suo tempo dai lottizzanti e dall'amministrazione comunale di Ostuni prevede la sistemazione a parcheggio di due ampie aree lato mare con accesso libero alla costa. Proprio per queste opere inserite nella convenzione la società è stata esonerata da oneri di urbanizzazione secondaria;

   si è espresso da ultimo anche il giudice del tribunale di Brindisi il quale ha stabilito nella sentenza n. 228/2019 pubblicata il 15 febbraio 2019 RG n. 900239/2010 che alcune strade come Cimino e Mezzopiecore sono state intercluse nella lottizzazione;

   invece, secondo quanto si apprende da notizie apparse su social network in data 5 febbraio 2019, il Consorzio di Rosa Marina ha annunciato l'acquisto della viabilità interna e di parte della macchia mediterranea estesa lungo la spiaggia di Rosa Marina, in virtù del mandato ricevuto dall'assemblea straordinaria del 23 agosto 2018, in un'ottica di conservazione e tutela dell'ambiente naturale e di acquisizione delle urbanizzazioni primarie che costituiscono il tessuto connettivo del paesaggio locale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se ritenga opportuno adottare iniziative di carattere normativo al fine di stabilire precise modalità per garantire l'accesso in spiaggia a tutti e per disciplinare in modo più stringente la materia delle concessioni demaniali, anche tenendo in considerazione le esigenze della collettività.
(4-03310)


   MACINA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a giugno del 1998 l'amministrazione del comune di Manduria (Taranto) stipula il contratto per il completamento e la gestione della discarica in contrada «Li Cicci» con l'associazione temporanea d'imprese composta da Ecoambiente Srl di Bari, Diseco Srl di Castellaneta e Salvatore Matarrese Spa di Bari. Da quanto risulta, il contratto stabiliva che dopo l'esaurimento della discarica, l'associazione temporanea di imprese avrebbe dovuto eseguire la bonifica ambientale del sito;

   tre mesi dopo la stipula del contratto, stando a fonti giornalistiche locali, le tre imprese consorziate cedono l'esercizio della discarica ad una quarta società consortile, la Mandeco che diviene, di fatto, gestore dell'impianto;

   nel novembre 2002, la Mandeco presenta alla regione un progetto di variante alla bonifica finale per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da biogas di discarica che viene respinto; ripresenta una variante migliorativa all'estrazione del gas che è concessa con una semplice determina dell'11 novembre 2003. Il progetto porta la firma della Mandeco e della nuova società Marco Polo Engineering Srl;

   la Marco Polo gestisce l'impianto di biogas fino al giugno 2008, quando comunica la sua dismissione prevista invece sino al 2010-2012;

   a giugno 2009 il comune invita Mandeco a completare la bonifica della discarica, ma la nota, inviata all'indirizzo societario, torna al mittente, come la notifica ufficiale del tribunale;

   a settembre 2009, la procura della Repubblica ordina il sequestro della discarica;

   il 12 ottobre 2009, la Diseco Srl, una delle consociate che avevano costituito la Mandeco, comunica al comune la cessione della quota sociale ad un pensionato originario di Castellana Grotte che, come ultimo gestore dell'impianto, nel 2011, patteggerà una pena di sei mesi di reclusione per aver omesso «in fase di post gestione, di procedere alla verifica dello stato di abbandono del sito e di non avere effettuato le dovute comunicazioni»;

   il 23 agosto 2018, l'interrogante effettua un sopralluogo, insieme alla Guardia ambientale regionale, constatando il totale stato di abbandono della discarica che conserva a cielo aperto 500 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani;

   l'interrogante, il 30 agosto 2018, deposita un esposto alle procure di Brindisi e Taranto;

   nel novembre 2018 la regione Puglia stanzia i fondi per la terza messa in sicurezza per un importo di 570 mila euro i cui lavori sono lontani dal «via» e solo con delibera approvata il 9 aprile 2019, la regione indica la discarica Li Cicci tra i siti più inquinati da bonificare;

   dal 2008 la discarica, divenuta una «bomba» ecologica in termini di danno ambientale e di salute pubblica non è mai stata completamente bonificata né dall'ultimo gestore né dalle amministrazioni comunali e regionali;

   dai risultati delle analisi effettuate dall'Arpa Puglia, nel settembre 2018, ricevute dall'interrogante l'11 luglio 2019, risulta che i valori fuori norma riguardano i metalli pesanti sulla cui tossicità non esistono dubbi. Nel campione di terreno più inquinato il ferro ha segnato un valore di 2024 microgrammi per litro quando il limite massimo è di 200 e l'alluminio 1310 microgrammi sui 200 consentiti e nell'acqua di falda è stato trovato il manganese a 66,5 sul limite di 50;

   il comune di Manduria è stato informato a novembre 2018, ma non ha adottato alcun provvedimento per arginare la contaminazione, limitandosi, il 15 giugno 2019, ad incaricare un legale di ricercare i responsabili dell'inquinamento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga di adottare, per quanto di competenza, opportune iniziative perché si proceda, di concreto con gli altri enti interessati, all'accertamento e alla riparazione del danno ambientale, con le necessarie misure di ripristino, a tutela della salute pubblica e ambientale del territorio.
(4-03311)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un tweet datato 9 luglio 2019, il giornalista radiofonico francese Laurent Marsick, @Imarsick, ha denunciato apertamente l'esistenza di siti web che propinano prezzi esorbitanti per accedere alla Galleria degli Uffizi di Firenze;

   motivo scatenante di tale denuncia è stato l'acquisto di quattro biglietti per gli Uffizi al prezzo complessivo di 74 euro; e cioè 14 euro in più di quanto si sarebbe speso nella piattaforma ufficiale del museo;

   è stata immediata la reazione via social network della Galleria degli Uffizi che ha affermato che «purtroppo è incappato in un sito non ufficiale dove i prezzi dei biglietti sono molto più cari...»;

   anche il sindaco di Firenze Nardella ha immediatamente reagito ai fatti, dichiarando sempre via social che «quello che ha trovato non è il prezzo del biglietto ma sembra un'offerta commerciale». Attraverso diversi articoli comparsi il 10 luglio 2019 in vari siti on line tra cui La Nazione, il Corriere Fiorentino ed altri si è potuto apprendere come anche l'assessore alla cultura del capoluogo toscano, Sacchi, si sia attivato dando mandato all'avvocatura comunale per studiare come fronteggiare tali spiacevoli accadimenti che costituiscono «un vero e proprio inganno sulla pelle dei turisti». Tutto alla «luce del web»: si apprende che digitando per esempio la parola Uffizi nel più noto motore di ricerca, il sito ufficiale del polo museale appare soltanto al quinto posto, essendo preceduto da altri siti di acquisto biglietti non ufficiali e che applicano prezzi maggiorati;

   il direttore degli Uffizi, Schmidt, rincarando la dose, ha affermato che «il bagarinaggio on line è inaccettabile, da tempo abbiamo predisposto una black list di questi siti e abbiamo cause in corso...» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione suesposta e quali iniziative di competenza intenda assumere per fronteggiare tale inaccettabile «bagarinaggio on line», sia a Firenze sia nelle altre realtà museali dove tutto ciò accade alla luce del sole.
(5-02484)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAITA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale, IV Serie speciale – Concorsi ed esami n. 98 del 22 dicembre 2015 è stato pubblicato il bando per il reclutamento di «60 Esperti per il patrimonio culturale»;

   a seguito di questo sono stati selezionati archeologi, archivisti e bibliotecari;

   il 1° gennaio 2017 i selezionati hanno preso servizio come funzionari di area III nei diversi Istituti del Ministero per i beni e le attività culturali italiani con un contratto della durata di 9 mesi;

   dopo una pausa di 7 mesi, il 1° maggio 2018 sono stati richiamati in servizio in virtù di una proroga contrattuale di 8 mesi, resa possibile dallo stanziamento di fondi previsti dalla legge di bilancio 2018;

   dopo altri 2 mesi di pausa, dal 1° marzo 2019 sono nuovamente tornati in servizio, a seguito di un'ulteriore proroga di 9 mesi, come previsto dalla legge n. 145 del 30 dicembre 2018;

   attualmente di questa platea sono in servizio 30 funzionari e, nonostante le assunzioni degli idonei del concorso del 2016, e i passaggi di area per il riconoscimento dei cosiddetti «funzionari ombra» continua ad esservi una carenza strutturale di personale scientifico negli Istituti del Ministero per i beni e le attività culturali;

   nel corso degli ultimi anni si è registrata una costante e sistematica contrazione del personale bibliotecario accentuata anche dall'introduzione di misure di accesso previdenziale anticipato;

   per fare un esempio presso la biblioteca universitaria di Genova alla fine del 2019 rimarranno in servizio solo 6 funzionari bibliotecari, invece dei 17 presenti nel 2017, con evidenti criticità per il funzionamento delle attività della biblioteca stessa;

   il prossimo concorso per funzionari presso il suddetto Ministero secondo quanto annunciato dal Governo sarà bandito nei prossimi mesi, e vi sarà bisogno, come minimo, di un ulteriore anno per espletare selezioni e chiamata in servizio;

   diventa quindi prioritario assicurare continuità alla prosecuzione in servizio del personale selezionato attraverso il reclutamento del 2015 non disperdendo professionalità e tutelando il funzionamento degli uffici nei quali sono attualmente impiegati –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di prevedere una ulteriore proroga contrattuale del personale di cui in premessa anche per il 2020 e se non intenda attivarsi per valutare un processo di stabilizzazione dello stesso in considerazione della evidente carenza di personale e della professionalità di cui sta assicurando il funzionamento di soprintendenze, musei, aree archeologiche, archivi e biblioteche.
(4-03294)


   ROSPI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2006 presso la diga di San Giuliano, nelle vicinanze di Matera in Basilicata è stata ritrovata la balena fossile più grande mai scoperta; questa era lunga circa 26 metri e si stima che pesasse tra le 130 e le 150 tonnellate;

   il ritrovamento della balena, denominata Giuliana, è stato oggetto di uno studio coordinato da parte dei paleontologi dell'università di Pisa e di recente si è occupata della problematica anche la rivista Biology Letters della Royal Society di Londra attraverso un articolo;

   già negli anni scorsi la scoperta era stata oggetto di iniziative quali il documentario «Giallo ocra – Il mistero del fossile di Matera» a cura del giornalista scientifico Renato Sartini, attraverso il quale si chiedeva la valorizzazione e la fruizione del fossile;

   lo studio risulta molto importante in quanto permette di ridisegnare l'evoluzione del gigantismo estremo delle balene; infatti, secondo i ricercatori lo straordinario aumento delle dimensioni di questi cetacei non sarebbe avvenuto negli ultimi 2 o 3 milioni di anni, ma avrebbe avuto inizio oltre 10 milioni di anni fa;

   la scoperta della balena di Matera, inoltre, riguarda uno dei pochi fossili riconducibili al pleistocene; infatti, è fatta risalire a circa un milione e mezzo di anni fa;

   i resti di Giuliana ad oggi sono relegati in casse di legno custodite nei magazzini del Museo Domenico Ridola di Matera;

   sarebbe opportuno restaurare un reperto unico nel suo genere in modo da poterlo esporre al pubblico che fruirebbe del fossile di balena più grande mai rinvenuto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di avviare l’iter di restauro della balena Giuliana, soprattutto quest'anno che Matera e l'Italia sono i rappresentanti della cultura a livello europeo;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di valorizzare, per la fruizione al pubblico, il reperto archeologico.
(4-03303)


   FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Monte Cavo è all'interno del parco regionale dei Castelli Romani classificato come area a verde V2 ed è plurivincolato paesaggisticamente, ambientalmente, storicamente, archeologicamente e idrogeologicamente ex decreto ministeriale 24 aprile 1954 ai sensi della legge n. 1497 del 1939;

   sulla vetta del Monte Cavo sono stati istallati 119 impianti telecomunicazioni, di cui 114 antenne radio-televisive, molti di essi privi di titoli autorizzativi;

   la RTI (Reti Televisive Italiane S.p.a – Mediaset) presentava ricorso al Tar del Lazio impugnando l'ordinanza del comune di Rocca di Papa n. 135/2003, con la quale si ordinava la demolizione delle antenne. Il ricorso veniva rigettato e solo dopo 11 anni si dava seguito all'esecuzione della sentenza;

   con interrogazione a risposta immediata prot. n. 64 dell'11 ottobre 2018 e con interrogazione Prot. 171 del 12 aprile 2019 presentate dal gruppo Consiliare M5S della regione Lazio XI legislatura venivano interpellati l'assessore alla sanità e quello alle politiche all'agricoltura e all'ambiente per chiedere: «quali provvedimenti ed attività si intendono adottare al fine di affiancare e supportare il comune di Rocca di Papa nel dare effettiva esecuzione all'ordinanza di ingiunzione n. 135 del 2003 e concludere il sotteso iter amministrativo, la cui portata è strettamente connessa sia alla salvaguardia del patrimonio storico-ambientale (...), sia alla tutela dei conseguenti interessi di (accertato) rilievo costituzionale, considerando altresì la concreta necessità di esercitare i poteri sostitutivi attraverso la nomina di un commissario ad acta»;

   si chiedeva altresì alla regione Lazio: «quali provvedimenti si intendano adottare, affiancando il comune di Rocca di Papa al fine di dare esecuzione all'Ordinanza di sgombero delle antenne su Monte Cavo, così da garantire la dovuta tutela del patrimonio storico ambientale e del paesaggio naturale dei luoghi, ripristinando la salvaguardia assoluta sancita per l'area in questione dalla normativa statale e dalla classificazione del PTPR, nonché per quanto di competenza, favorendo il monitoraggio dei livelli di emissione e di inquinamento elettromagnetico nell'area di Monte Cavo, limitando e prevedendo così possibili danni alla salute dei cittadini nelle aree potenzialmente esposte dalle emissioni»;

   durante la seduta pubblica del 23 novembre 2018 del consiglio della regione Lazio, l'assessore alle politiche agricole e all'ambiente della regione Lazio, concludeva dicendo che: «il Comune resta il soggetto competente ad autorizzare l'installazione, la modifica degli impianti radioelettrici e così anche a dare esecuzione alla propria ordinanza di sgombero e alla sentenza del Consiglio di Stato...»;

   a quasi due anni dalla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 2200/2017 e nonostante i solleciti del sindaco del comune di Rocca di Papa circa la conclusione degli atti necessari del connesso procedimento amministrativo (da ultimo con direttiva n. 8969 del 28 marzo 2019), l'amministrazione comunale non riesce a portare termine la rimozione delle antenne e concludere il relativo procedimento di demolizione e ciò nonostante la richiesta formulata mediante interrogazione del 12 aprile 2019 dal consigliere regionale Cacciatori, alla regione Lazio di esercitare i poteri sostitutivi attraverso la nomina di un commissario ad actaex articolo 31, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2008;

   in data 28 maggio 2019, in risposta all'interrogazione formulata, la regione Lazio rielencava nuovamente le competenze regionali senza rispondere nel merito della richiesta di rimozione di antenne «abusive» per le quali si è richiesto l'esercizio dei poteri sostitutivi –:

   se i Ministri interrogati, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza necessarie e indifferibili per assicurare la piena tutela dell'area vincolata, in conformità a quanto affermato dal Consiglio di Stato sulla questione secondo il quale, la normativa paesaggistico-ambientale presiede alla tutela di interessi di indubbio rilievo costituzionale e del tutte ragionevolmente pone limiti alla libertà di iniziativa privata quando quest'ultima risulti potenzialmente dannosa.
(4-03318)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUGGIERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 4, della legge n. 28 del 18 febbraio 1997 prevede che «Agli effetti di cui all'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per navi destinate all'esercizio di attività commerciali devono intendersi anche i galleggianti antincendio, le gru galleggianti mobili, i pontoni di sollevamento, i pontoni posatubi o posacavi, le chiatte nonché le piattaforme e i galleggianti mobili o sommergibili destinati alla attività di ricerca e di sfruttamento del suolo marino»;

   la norma citata recepisce la direttiva 95/7/Ce concernente semplificazioni in materia d'imposta sul valore aggiunto sui traffici internazionali, con il fine esclusivo di agevolare il trasporto internazionale, mentre l'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 sull'iva disciplina le operazioni assimilate alle cessioni all'esportazione per le quali vige la non imponibilità iva recependo, di fatto, le disposizioni comunitarie dell'articolo 148 della direttiva Iva, secondo cui gli stati membri esentano dal tributo anche «le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca nonché delle navi adibite ad operazioni di salvataggio e assistenza in mare e delle navi adibite alla pesca costiera»;

   con sentenza al procedimento giudiziale C-291/18 del 20 giugno 2019, la Corte di giustizia europea ha stabilito che le piattaforme petrolifere sono escluse dal trattamento di non imponibilità Iva previsto per le navi destinate all'esercizio di attività commerciali in quanto non possono essere ricondotte in tale nozione da interpretare in termini restrittivi e uniformi tra tutti gli Stati membri;

   ne consegue che le piattaforme petrolifere non sono tali da poter essere utilizzate ai fini della navigazione né assimilabili a opere a servizio della navigazione; la funzione principale delle piattaforme è infatti lo sfruttamento, tramite infrastrutture immobili, di giacimenti di idrocarburi in mare; sono pertanto escluse dalla previsione dell'articolo 148 della direttiva Iva, che contrasta apertamente con il disposto dell'articolo 2, comma 4, della legge n. 28 del 1997 –:

   se non ritenga opportuno adottare immediate iniziative normative per la modifica di tale disposizione, anche al fine di evitare procedure di infrazione comunitarie.
(5-02490)


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Fondazione Cariplo, con sede in Milano, rappresenta una delle realtà più significative nel sostegno, promozione e innovazione di progetti di utilità sociale legati all'arte, alla cultura, all'ambiente, al sociale e alla ricerca scientifica;

   tale Fondazione detiene il 4,381 per cento del totale delle azioni ordinarie di Intesa San Paolo s.p.a., oltre ad aver sostenuto una serie di fondazioni specializzate e territoriali, ed è socio di Acri-Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio s.p.a., la quale a sua volta detiene poco meno del 16 per cento del capitale di Cassa depositi e prestiti s.p.a.;

   secondo quanto riferito da fonti di stampa, il bilancio della Fondazione Cariplo per l'esercizio 2018 si è chiuso con una perdita di quasi 115 milioni di euro, che fa seguito ad altri due anni di risultati negativi, pari a -38,7 milioni di euro nel 2015 e a -30,9 milioni di euro nel 2016;

   dall'ultimo bilancio si evincerebbe che la perdita sia stata fortemente influenzata dal risultato finanziario negativo di 348 milioni del SIF Quaestio Alternative Fund one, in cui sarebbe stato investito il 66 per cento circa del totale degli attivi, e che la scelta di valutare il SIF a prezzi di mercato avrebbe determinato componenti di ricavo meramente contabili, cui non corrisponderebbe un flusso in entrata di liquidità, finendo per determinare tensioni di cassa che avrebbero costretto la Fondazione ad effettuare prelievi anche in presenza dell'andamento negativo del Fondo, con conseguente emersione di minusvalenze da negoziazione;

   questo modus operandi potrebbe incidere sulla capacità della Fondazione Cariplo di far fronte ai futuri impegni istituzionali, in quanto la potenziale volatilità dei proventi da valutazione, e non da negoziazione, potrebbe costringere la medesima ad attingere al Fondo di stabilizzazione delle erogazioni, posto, come noto, a presidio della continuità delle attività; in base a quanto riportato da fonti stampa, ciò si sarebbe effettivamente già realizzato, con la consistenza del Fondo ridotta dai 390 milioni di euro del 31 dicembre 2014 agli 82 milioni di euro del 31 dicembre 2018;

   di tale evidenza non è stata fatta menzione nel quadro delle numerose celebrazioni (dalla Scala di Milano a Roma) nelle quali l'ex presidente della Fondazione Cariplo, ex senatore Giuseppe Guzzetti, ha avuto modo di raccontare enfaticamente gli esiti gestionali e l'operato degli organi uscenti della Fondazione medesima, senza riferirsi al contempo ad aspetti gestionali più critici (unitamente ai riflessi su buona parte delle Fondazioni aderenti all'Acri delle scelte compiute negli anni di presidenza dello stesso);

   il 22 aprile 2015 è stata avviata l'autoriforma delle Fondazioni di origine bancaria con la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Acri, con cui le fondazioni si sono impegnate, fra le altre cose, ad adottare le opportune precauzioni al fine di contenere la concentrazione del rischio e ad agire nel rispetto del principio di conservazione del patrimonio;

   le fondazioni bancarie restano sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i poteri di controllo, ordinari e straordinari, espressamente previsti dal decreto legislativo n. 153 del 1999, e che, in generale, verifica il rispetto della legge e degli statuti, la sana e prudente gestione delle Fondazioni, la redditività dei patrimoni e l'effettiva tutela degli interessi contemplati dagli statuti –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza siano state adottate per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999, a salvaguardia del valore del patrimonio della Fondazione Cariplo.
(5-02494)

Interrogazione a risposta scritta:


   EPIFANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (legge di bilancio 2019), all'articolo 1, comma 269, prevede che «Con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le risorse iscritte, per l'anno 2019, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, afferenti al contributo a carico del datore di lavoro per la previdenza complementare del personale delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo, sono ripartite tra gli stati di previsione dei singoli Ministeri ovvero sono trasferite ai bilanci delle amministrazioni statali ad ordinamento autonomo secondo i criteri di riparto di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15 maggio 2000. Il contributo a carico del datore di lavoro è versato al relativo fondo di previdenza complementare con le stesse modalità previste dalla normativa vigente per il versamento del contributo a carico del lavoratore. Il comma 2 dell'articolo 74 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è abrogato»;

   tale disposizione è volta a semplificare le procedure di versamento del contributo datoriale al fondo pensione Perseo Sirio dei dipendenti statali che, al pari di quanto avviene per tutti gli altri lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, deve essere versato al fondo pensione con le stesse modalità previste per il versamento del contributo a carico del lavoratore;

   la norma ha quindi disposto, per mezzo di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, la ripartizione proporzionale delle risorse tra le amministrazioni interessate, sulla base del trattamento retributivo medio e della consistenza del personale in servizio presso le stesse, come da articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 1999;

   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad oggi non è stato emanato e l'attuale mancata emanazione, combinata con l'abrogazione della norma che regolava la precedente modalità di versamento del contributo a carico datoriale, ha di fatto creato un buco normativo e, nei versamenti aventi competenza 2019 effettuati dalle amministrazioni statali interessate, per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze, è assente la quota contributiva datoriale;

   il ritardato investimento della contribuzione e il conseguente mancato incremento della posizione individuale causano un danno economico agli aderenti coinvolti –:

   quali elementi il Governo intenda fornire alla luce di quanto descritto in premessa e se non intenda provvedere urgentemente all'emanazione del suddetto decreto o adottare apposite iniziative di carattere normativo.
(4-03300)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto penale per minorenni di Bologna, pur avendo una capienza massima prevista di 22 persone, ospita attualmente una popolazione detenuta di 23 persone delle quali 11 maggiorenni e 12 minorenni;

   a fronte di una pianta organica che dovrebbe essere composta di 1 funzionario, 2 ispettori, 3 sovrintendenti, 40 agenti uomo e 3 agenti donna, attualmente l'organico di polizia penitenziaria in forza all'Istituto consiste in 1 funzionario pro tempore che esercita attualmente le funzioni di comandante, 1 ispettore con funzioni di vice comandante e sorveglianza generale e 40 tra agenti e assistenti di cui 8 in servizio temporaneo presso altre strutture;

   la situazione logistica e strutturale dell'Istituto, che presenta un'architettura ormai obsoleta, risulta essere precaria, con assenza o forti difficoltà di gestione di spazi assolutamente necessari per il buon andamento delle attività come sale colloqui con i congiunti, spazi per la fruizione della permanenza all'aria, spazi per la socialità, refettori per la fruizione del vitto e questo, insieme alla carenza di organico e all'eccessivo numero di detenuti ospitati che concorrono a rendere la situazione insostenibile mettendo in notevole difficoltà e di conseguenza stressando il personale in servizio;

   le principali organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo di polizia penitenziaria denunciano da diversi anni la mancata presenza definitiva di un comandante di reparto presso l'Istituto, anni durante i quali si sono succeduti diversi comandanti di reparto; il personale che presta servizio è stato costretto a vedere cambiare le figure di riferimento in continuazione con tutti i possibili affanni gestionali e organizzativi;

   infine, come spiega la SiNAPPe che ha appreso la notizia «informalmente, durante l'incontro del 20 giugno con il Centro Giustizia Minorile dell'Emilia Romagna e Marche», potrebbe aprire presto un secondo piano detentivo al carcere minorile del Pratello e questo ha destato ulteriore allarme, sia per le problematiche espresse finora, sia perché sarebbero previsti alcuni lavori di ripristino al secondo piano detentivo con possibili ricadute sulla sicurezza del personale se tali lavori fossero svolti nella struttura con la contemporanea presenza dei detenuti –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per risolvere con urgenza le problematiche esposte in premessa.
(5-02488)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si apprende di due episodi violenti occorsi nella casa circondariale San Lazzaro di Piacenza nella serata del 9 luglio 2019. Un detenuto ha infatti appiccato un incendio all'interno della propria cella, mentre un altro detenuto ha aggredito il personale medico in infermeria;

   solo grazie alla tempestività e alla professionalità degli agenti si è potuto evitare il peggio;

   fatti analoghi, relativi ad aggressioni a danno degli agenti di polizia penitenziaria, sono avvenuti di recente anche in istituti penitenziari di Forlì e di Parma, come reso ampiamente noto dalla stampa;

   i sindacati da tempo denunciano la situazione di grave sottorganico delle carceri. In particolare, la casa circondariale di Piacenza presenterebbe anche la più alta percentuale di distacchi fuori sede dell'Emilia-Romagna;

   dai dati aggiornati al 30 giugno 2019 sul sito del Ministero della giustizia, risulta che nella casa circondariale di Piacenza sono presenti 485 detenuti, di cui 330 stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 395 unità. In tutta l'Emilia-Romagna sono 3.695 i detenuti presenti nei 10 istituti della regione in relazione a una capienza di 2.795 unità. Di questi, 1.898 sono stranieri;

   è indubbio che anche la situazione di sovraffollamento determini condizioni lavorative di grande criticità per agenti, operatori e personale medico –:

   quali iniziative si intendano assumere per superare le criticità relative al grave sottorganico e alla situazione di sovraffollamento in cui si trova la casa circondariale di Piacenza e, in generale, tutti gli istituti dell'Emilia-Romagna;

   quali ulteriori iniziative di carattere normativo si intendano assumere per tutelare maggiormente gli agenti di polizia penitenziaria e tutto il personale che lavora in tali strutture, mettendo i lavoratori quanto più possibile al riparo da situazioni di grave rischio come quelle descritte in premessa.
(4-03302)


   ROSATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo rapporto del Garante nazionale delle persone detenute, alla data del 26 marzo 2019 erano presenti negli istituti penitenziari oltre 60 mila detenuti a fronte di una capacità regolare di quasi 47 mila posti, con un sovraffollamento che arriva al 129 per cento;

   preme all'interrogante riportare la situazione della casa circondariale di Taranto che detiene un primato in ordine al sovraffollamento carcerario, tenuto conto della presenza di circa 600 detenuti a fronte di 306 posti disponibili da regolamento;

   a questa situazione estrema si aggiunge la riduzione della pianta organica degli agenti di polizia penitenziaria che dalle 357 unità del 2001 sono scesi alle 277 unità odierne. Questa drastica riduzione dell'organico costringe il personale a estenuanti turni in deroga alla normativa vigente con le ore di lavoro straordinario che spesso superano le 41 ore mensili consentite a termini di legge;

   ad aggravare questa situazione vi è, tra il personale, un numero molto elevato di fruitori di permessi a vario titolo (legge 104 del 1992), di personale con età superiore ai 50 anni che dovrebbero essere esentati dai turni notturni, e di personale che ha superato i 25 anni di servizio ai quali spetterebbero 45 giorni di congedo annui, anziché 36 come per il restante personale;

   anche nei ruoli ispettori e sovrintendenti, si segnala la grave carenza di personale: 7 unità anziché 28 previste dalla pianta organica per i primi, 11 anziché le 30 previste dalla pianta organica per quanto riguarda i secondi;

   queste condizioni di sovraffollamento e di carenza del personale non solo rappresentano un rischio per la sicurezza e l'incolumità del personale che opera all'interno dell'istituto di pena, ma ledono anche i diritti dei detenuti;

   si ricorda che la legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha da ultimo disposto l'assunzione straordinaria, in aggiunta a quelle del turn over, di 861 unità di polizia penitenziaria entro il 2022;

   si ricorda altresì che il Governo ha già di fatto «affossato» la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, cancellando tutti gli spiragli che le commissioni di esperti e i precedenti Governi avevano individuato per potenziare l'area penale esterna e per superare la centralità che la privazione della libertà ha nel sistema di giustizia penale, così come richiesto dall'Europa, assolutamente necessarie, in funzione social-preventiva, per la sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle gravi criticità richiamate in premessa che riguardano la casa circondariale di Taranto;

   quali iniziative intenda promuovere, nel breve e nel lungo periodo, per affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e, in particolare, il sovraffollamento registrato nell'istituto di pena di Taranto;

   quali iniziative intenda adottare, nel breve e nel lungo periodo, per colmare la grave carenza di personale registrata nel carcere in questione.
(4-03304)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   recentissime notizie diffuse dalla cronaca locale e nazionale hanno dato conto dei primi esiti di una indagine condotta dalla procura di Reggio Emilia a proposito di un sistema di presunta falsificazione delle notizie e diagnosi su situazioni di disagio familiare o addirittura di abuso su minorenni, intese a provocare, a fini di lucro, l'affidamento di bambini a persone diverse dai familiari e la sottoposizione a diagnosi e terapie condotte con modalità invasive e pregiudizievoli per l'integrità psico-fisica, la libertà e la serenità dei minorenni interessati;

   i primi sviluppi dell'inchiesta hanno portato all'applicazione di misure restrittive nei confronti di operatori dell'assistenza sociale, di psicologi e di psichiatri;

   i fatti in questione sembrerebbero delineare un sistema consolidato e le indagini abbraccerebbero un periodo particolarmente ampio di tempo. Sembra emergere inoltre, a parere dell'interrogante, la circostanza che, l'emissione dei provvedimenti autoritativi, in grande misura comportanti l'allontanamento di bambini e ragazzi dalle famiglie e la collocazione in strutture o presso terzi affidatari, avvenga prevalentemente sulla sola base di giudizi relativi alla inadeguatezza genitoriale o addirittura di richieste contenute nelle relazioni dell'assistenza sociale;

   secondo quanto riscontrato in sede di indagine conoscitiva svolta tra il 2015 e il 2017 dalla Commissione parlamentare per l'infanzia tale situazione risulterebbe diffusa a livello nazionale: già nel 2010, pur in assenza di registri degli allontanamenti, studi accreditati anche in sede ministeriale stimavano l'abnorme numero di almeno quarantamila minorenni allontanati dalle famiglie, con un conseguente flusso di pubblico denaro che ammontava, solo per la collocazione in strutture e con riferimento a rette oscillanti da settanta a quattrocento euro giornalieri per minorenne, ad almeno un miliardo e mezzo di euro all'anno;

   in diversi casi, molti dei quali hanno costituito oggetto di condanna dello Stato italiano da parte della Corte Europea dei diritti dell'uomo (vedasi, tra molte, Corte E.D.U., sentenza 13 ottobre 2015, ricorso S. H. contro Italia), l'anomala emissione di provvedimenti autoritativi ha condotto persino a dichiarazioni di adottabilità senza la preventiva verifica dello stato di abbandono –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare per porre fine all'anomala situazione di imposizione di interventi terapeutici e di ricovero extra-familiare per mere condizioni di disagio e senza previo accertamento di situazioni di effettiva violazione dei doveri genitoriali e di pericolo derivante per i minorenni dalla permanenza in famiglia;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per evitare la situazione di commistione tra funzioni minorili giudicanti e collaborazione o gestione in strutture erogatrici di servizi trattamentali o residenziali in convenzione con gli enti titolari della funzione sanitaria e assistenziale minorile;

   se e in che modo si intenda riformare il sistema di finanziamento delle strutture che prestano servizi a tutela dell'infanzia in convenzione con l'amministrazione;

   se si intendano adottare iniziative normative per garantire che l'accesso ai servizi a tutela dell'infanzia possa avvenire su base consensuale in via prioritaria e di preferenza rispetto ad ogni intervento autoritativo, oltre a stabilire, quale misura privilegiata e da percorrersi, l'affidamento a parenti in luogo dell'affidamento extra-familiare;

   se non ritenga di adottare iniziative normative per far sì che i residuali interventi di affidamento extra-familiare siano organizzati in modo da mantenere quanto più assiduamente possibile la relazione tra il minorenne e i familiari e da consentire il rientro quanto più possibile celere del minorenne stesso nel proprio ambito familiare e domestico;

   quali ulteriori iniziative normative si intendano assumere per stabilire che l'adottabilità e l'adozione siano disposte esclusivamente in corrispondenza di accertate ed irrimediabili situazioni di abbandono e non anche quali conseguenze di valutazioni psicologiche o lunghi periodo di affidamento extrafamiliare.
(4-03306)


   FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sia nel corso della mattina che la sera del 10 Luglio 2019 si sono verificate, all'interno della casa circondariale «Le Novate» di Piacenza, ben tre aggressioni al personale di polizia penitenziaria, la più grave delle quali da parte di due 2 detenuti stranieri. I predetti detenuti hanno infatti proditoriamente aggredito i poliziotti penitenziari; non solo: mentre uno tentava anche di scagliarsi contro il personale sanitario, l'altro provocava un incendio all'interno della camera di pernottamento;

   a seguito della sopra illustrata aggressione, 8 poliziotti venivano sottoposti alle cure del caso presso il pronto soccorso dell'ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza –:

   se i fatti siano noti al Ministro interrogato, quale sia il suo orientamento a riguardo e quali iniziative intenda assumere, anche per impedirne il ripetersi;

   se non si ritenga di adottare iniziative per il blocco «in uscita» dei distacchi e delle missioni al gruppo operativo mobile da parte del personale di polizia penitenziaria in servizio alla casa circondariale di Piacenza, atteso che quest'ultima, rispetto agli istituti dell'Emilia-Romagna e in proporzione al personale presente, registra il più elevato numero di distacchi/missioni di personale in uscita;

   risultando grave la carenza (68 per cento) di personale nel ruolo ispettori – anche in considerazione del fatto che da circa 2 mesi è stato attivato alla casa circondariale di Piacenza il sistema di videoconferenza per i processi a distanza (articolo 146-bis, disposizioni di attuazione del codice di procedura penale), che richiede la presenza di un ausiliario o di un ufficiale di polizia giudiziaria e tenuto conto che, ad oggi, sono presenti effettivamente solo 7 appartenenti al ruolo ispettori, i quali devono anche ricoprire i turni di sorveglianza e Coordinatore di Unità operative – se si intenda predisporre un interpello nazionale per un servizio di missione nel ruolo di ispettori per la casa circondariale di Piacenza, con alloggio presso la stessa –:

   atteso l'alto numero di distacchi e missioni in uscita, se non si ritenga doveroso incrementare il personale da assegnare, dando seguito a quanto dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prevedendo un aumento da 2 donne e 7 uomini (come da nota del Dap n. m_dg.GDAP.0212919.U del 5 luglio 2019) a 2 donne e 15 uomini, al fine di ridurre, rispetto agli altri istituti dell'Emilia-Romagna, la disomogeneità di presenza del personale.
(4-03308)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è ormai nota l'agghiacciante vicenda che vede al centro dell'inchiesta «Angeli e Demoni» per affidamenti illeciti di minori, maltrattamenti, abusi psicologici e fisici ed una serie di altri gravissimi illeciti penali fra i quali frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d'uso, la rete dei servizi sociali della Val d'Enza nel reggiano ed in seguito alla quale 29 persone sono state iscritte nel registro degli indagati e 16 persone, fra le quali il sindaco di Bibbiano, la responsabile dei servizi sociali dell'unione dei comuni della Val d'Enza, una coordinatrice del servizio sociale, un'assistente sociale e due psicoterapeuti della Onlus Hansel&Gretel di Torino, sottoposte agli arresti domiciliari;

   le indagini investigative avrebbero condotto all'individuazione di una vera e propria rete d'affari con un business da centinaia di migliaia di euro che ruoterebbe intorno alla gestione e all'affidamento dei minori in carico ai servizi sociali;

   quanto accaduto sta facendo riemergere inquietanti episodi analoghi alle vicende del reggiano, già denunciati anni fa dall'inchiesta giornalistica denominata «Veleno»;

   in particolare, si vuole portare l'attenzione su un famoso e analogo caso di cronaca che nel 2007 vide protagonisti due genitori reggiani G.F e M.C ai quali fu tolta la figlia in seguito ad una perquisizione per droga, che risulterebbe non essere mai stata trovata, e per la quale, dopo una lunga battaglia legale nel 2017 è stata emessa dal Tribunale dei minori di Bologna la sentenza di adozione;

   secondo quanto dichiarato agli organi di stampa dall'avvocato della famiglia l'assistente sociale che per prima redasse la relazione che causò poi l'allontanamento della bambina sarebbe una delle persone raggiunte dalle misure cautelari emesse all'interno dell'inchiesta «Angeli e Demoni»;

   da quanto risulta all'interrogante sorte analoga toccò ad un'altra minore di Forlì tolta ai genitori e poi data in adozione agli operatori della comunità nella quale era stata alloggiata; anche in questo caso il giudice relatore risulterebbe essere lo stesso giudice del tribunale dei minorenni di Bologna;

   quanto sta emergendo dalle indagini in corso nel reggiano evidenzierebbe drammatiche analogie e similitudini con gli episodi sopra riportati, soprattutto individuerebbe come responsabili della gestione degli affidamenti e delle adozioni anche le persone attualmente indagate e risulterebbero numerose le vicende a tutt'oggi dubbie o poco chiare aventi ad oggetto sentenze di allontanamento o di adozione emesse dal tribunale dei minorenni di Bologna –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza, in particolare di carattere ispettivo intenda intraprendere, considerato che l'operato del giudice del tribunale dei minorenni richiamato in premessa risulterebbe essere il medesimo in similari casi di sentenze controverse riguardanti affidi e/o adozioni.
(4-03316)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   recentemente si è appreso che l'Ufficio della motorizzazione civile di Nuoro si trova in uno stato di grave difficoltà che sembra far preludere alla sua chiusura, con conseguente, ulteriore taglio dei servizi statali in una zona, quella del centro Sardegna, già abbondantemente colpita dal fenomeno;

   in particolare, consta all'interrogante che nella sede in questione: a) la pista collaudi ed esami, in seguito all'emanazione delle nuove direttive ad opera del Ministero, non risulta più a norma e, pertanto, gli interessati sono costretti a recarsi presso altri uffici presenti nell'isola; b) sarebbero assegnate in pianta organica dieci figure professionali che, già di per sé insufficienti, non risultano comunque presenti, dimodoché il personale effettivamente impiegato risulta pure inferiore a tale numero; c) allo sportello patenti è addetta una sola impiegata, con conseguente, necessaria chiusura del medesimo servizio in caso di assenza e/o impedimento; d) i tecnici abilitati, a fronte della suindicata carenza di personale, a partire dal mese di luglio 2019, non eseguiranno collaudi, revisioni e/o esami esterni, presso aziende private, al di fuori dell'orario di ufficio;

   nonostante le rassicurazioni fornite all'assessore regionale ai trasporti da parte del Ministero, allo stato, non risulta che gli uffici competenti abbiano assegnato alla sede in questione ulteriore personale e tale situazione sta arrecando un notevole danno sia all'utenza che alle aziende operanti nel settore –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di superare le criticità che attualmente caratterizzano la sede di Nuoro, garantendo, conseguentemente, il mantenimento di un servizio essenziale per una comunità territoriale già vessata da innumerevoli tagli di servizi.
(3-00870)


   ZANETTIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 luglio 2019, con un comunicato ufficiale, le Autostrade Meridionali spa hanno informato di aver ricevuto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una lettera, che annuncia l'inizio della procedura di «gara negoziata» per l'affidamento della concessione delle attività di gestione e manutenzione dell'autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno;

   il vice Presidente del Consiglio Di Maio, solo pochi giorni fa, aveva annunciato l'avvio della procedura di revoca delle concessioni autostradali ad Autostrade per l'Italia, definendo, per l'effetto, «decotta» Atlantia, holding che fa capo alla famiglia Benetton;

   a distanza di soli pochi giorni il Ministro interrogato avvia invece la procedura negoziata anche con Autostrade Meridionali, che, giova ricordare, è controllata proprio da Autostrade per l'Italia, per il rinnovo della concessione scaduta –:

   se l'avvio della procedura negoziata anche con Autostrade Meridionali spa, per l'affidamento della concessione della autostrada A3, sia stata concordata in seno al Governo dal Ministro interrogato, in particolare in relazione alle dichiarazioni del vice Presidente del Consiglio Luigi Di Maio.
(3-00871)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 giugno 2019, il Governo nell'ambito dei lavori di conversione in legge del decreto-legge n. 32 del 2019, conosciuto come «sblocca cantieri», ha accolto un ordine del giorno, a prima firma dell'interrogante, in cui si impegnava il Governo medesimo a prevedere la nomina in tempi rapidi della figura di un commissario straordinario per interventi di ammodernamento e messa in sicurezza della strada statale 36, considerata la sua strategicità con l'obiettivo di velocizzare le misure finalizzate a innalzarne gli standard di sicurezza soprattutto nei tratti più pericolosi lungo il tracciato;

   l'ordine del giorno è il n. 9/1898/94 e costituisce un atto di indirizzo importante atteso da tutte le comunità interessate dalla strada statale 36;

   sulla Gazzetta Ufficiale del 17 giugno 2019 è stata pubblicata la legge n. 55 del 14 giugno 2019 riguardante appunto la conversione in legge del citato decreto-legge;

   a seguito dell'assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Milano-Cortina con le importanti sedi che saranno interessate da questo evento, la cui raggiungibilità dipende in larga misura proprio da questa infrastruttura, diventa ancora più urgente accelerare i lavori di ammodernamento e messa in sicurezza;

   la presenza dell'impianto normativo di cui alla legge n. 55 del 2019 e dell'atto di indirizzo di cui in premessa costituiscono quindi la premessa alla nomina della figura del commissario straordinario;

   le istituzioni locali, i comitati civici, associazioni, organizzazioni di categoria, federazioni sportive, stampa locale, in questi giorni sollecitano la nomina di questa figura, perché consapevoli della rilevanza che riveste tale arteria per il territorio –:

   in considerazione di quanto riportato in premessa, quali iniziative il Governo intenda adottare e in quali tempi per dare seguito alla nomina della figura del commissario straordinario per interventi di ammodernamento e messa in sicurezza della strada statale 36.
(5-02486)


   MARATTIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, cosiddetto «Sblocca cantieri», convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, all'articolo 1, comma 20, lettera u), ha introdotto alcune rilevanti modifiche in merito alla disciplina dell'offerta anormalmente bassa di cui al codice dei contratti (decreto legislativo n. 50 del 2016);

   in particolare, il citato decreto-legge ha novellato l'articolo 97, comma 2, del codice, disponendo una nuova metodologia di calcolo da utilizzare nel caso di applicazione del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, qualora vi siano quindici o più offerte ammesse;

   la nuova metodologia prevede in primo luogo il calcolo della somma e della media dei ribassi percentuali di tutte le offerte, escludendo il 10 per cento dei maggior ribassi e rialzi (cosiddetto «taglio delle ali», da effettuarsi in base a delle specificazioni dettate dalla lettera a) del richiamato comma 2;

   si calcola quindi lo scarto medio dei ribassi percentuali che superano la media dei ribassi ai sensi del comma 2, lettera b); si sommano poi la media aritmetica e lo scarto medio dei ribassi, ottenendo così un primo valore della soglia, in base alla lettera c) del medesimo comma; questo valore viene diminuito, ai sensi della successiva lettera d), «di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b)», ottenendo infine la soglia di anomalia;

   la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla suddetta soglia; il descritto metodo di calcolo, a causa del tenore della norma disposta dal decreto «Sblocca cantieri», in particolare alla richiamata lettera d), non appare però di immediata comprensione;

   incertezze interpretative si rivelano fortemente problematiche, anche in ragione dei potenziali ricorsi contro le amministrazioni pubbliche che si trovano ad applicare le nuove regole –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per predisporre una formalizzazione della procedura di calcolo della soglia di anomalia di cui al novellato articolo 97, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016, al fine di permettere una chiara e univoca applicazione della norma.
(5-02489)


   CENNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il raccordo autostradale RA3 «Siena-Firenze» definita «Autopalio» (gestito da Anas, società interamente partecipata da Ferrovie dello Stato italiane a sua volta partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze) ha una estensione complessiva di circa 56 chilometri;

   tale infrastruttura attraversa il territorio delle due province di Firenze e di Siena, collegando le due città capoluogo e rappresentando quindi un'arteria fondamentale per lo sviluppo della Toscana del sud; percorsa ogni giorno da circa 25 mila automobilisti;

   la situazione complessiva di tale raccordo, che risale al 1964 e che quindi è stata realizzata con tecniche e materiali oggi superati, presenta attualmente caratteristiche strutturali di forti criticità dal punto della stessa funzionalità tecnica;

   particolarmente danneggiati sarebbero, anche secondo recenti inchieste sulla stampa, i pilastri dei tre viadotti presenti sull'Autopalio, con ruggine ovunque e pezzi di cemento che si sgretola e su cui Anas, «non sta facendo nulla con il rischio che qui possa crollare tutto» come hanno denunciato allarmati i sindaci Roberto Ciappi di San Casciano, Alessio Calamandrei di Impruneta e David Baroncelli di Barberino-Tavernelle (a cui si sono aggiunti i primi cittadini di Colle Valdelsa, Greve, Poggibonsi, San Gimignano e Monteriggioni);

   i viadotti incriminati sono quello delle Terme ai Falciani, il Bandini vicino a San Casciano e il Fillinelle tra Tavarnelle e Barberino Val d'Elsa. I viadotti sono altissimi, raggiungono anche 30-40 metri di altezza e da alcuni anni, oramai, si discute del loro degrado. Il problema, denunciano i sindaci, «è che nonostante petizioni, appelli, telefonate, lettere e telegrammi, da circa un anno Anas non solo, non fornisce risposte e chiarimenti, ma ha mollato tutte le lavorazioni esistenti e in programma sull'Autopalio»;

   il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti delegato, rispondendo alla Camera alla interrogazione in Commissione il 17 aprile 2019 n. 5-01242, ha ammesso che l'Autopalio è stata oggetto di indagini per «valutare la resistenza di alcune parti di calcestruzzo» e ha assicurato che Anas interverrà a breve. Il Sottosegretario ha inoltre sottolineato che «sono in fase di progettazione interventi di ripristino degli elementi strutturali, di regimentazione delle acque e di adeguamento delle barriere di protezione, da effettuarsi sui viadotti Docciola e Falciani, per un investimento complessivo di 4,8 milioni di euro»;

   «l'Autopalio è ben oltre la durata di vita per la quale era stata progettata e costruita – hanno sotto sottolineato sulla stampa i sindaci citati –, Anas ci aveva promesso che l'avrebbe messa in sicurezza ma ora non svolge neanche più la manutenzione ordinaria a parte qualche asfaltatura qui e lì. L'Autopalio è un'infrastruttura vecchia che non ha gli standard di sicurezza di un raccordo moderno. Questo è il nostro ultimo appello. Se in un tempo breve non dovessimo ricevere risposte segnaleremo questa vergogna alla Procura della Repubblica perché la sicurezza degli automobilisti è una priorità assoluta»;

   su tale vicenda è previsto per il 17 luglio 2019 un incontro tra sindaci e prefettura di Firenze;

   appare evidente che questa problematica non riguardi soltanto problemi di viabilità, ma la sicurezza stessa di chi utilizza tale infrastruttura –:

   se le attuali condizioni in cui versano i viadotti dell'Autopalio possano garantire standard adeguati di sicurezza per le migliaia di automobilisti che ogni giorno utilizzano tale autostrada;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di velocizzare l'iter di adeguamento infrastrutturale dell'Autopalio;

   se il Governo non ritenga opportuno promuovere un incontro istituzionale sul tema della sicurezza e dell'ammodernamento dell'Autopalio, coinvolgendo anche Anas e amministrazioni locali dei comuni interessati.
(5-02498)


   BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da recenti notizie di stampa (Corriere di Verona del 5 luglio 2019) che il 4 luglio 2019 si è svolta l'assemblea dei soci della Catullo spa (la società che gestisce gli scali aeroportuali di Verona e di Brescia-Montichiari), nel corso della quale è stato approvato il bilancio consolidato per l'esercizio 2018 che, nonostante i dati positivi che indicherebbero una crescita dell'aeroporto scaligero, presenta un «buco» per circa 6 milioni di euro;

   le pesanti ricadute negative che hanno interessato il bilancio appena approvato sono riconducibili sia all'attuale situazione dello scalo di Brescia-Montichiari, che ha presentato gravi perdite, sia alla causa in corso con Enac, relativa ai servizi di controllo del traffico aereo a Montichiari negli anni 2002-2013;

   alla votazione non ha partecipato, perché assente, alcun rappresentante di Fondazione Cariverona, mentre ha votato a favore del bilancio Giuseppe Riello, il presidente di Aerogest, la holding a partecipazione pubblica dell'aeroporto Catullo, nata al fine di coordinare e garantire la maggioranza pubblica nell'operazione di cessione di una importante quota della società di gestione aeroportuale, di fatto per evitare – come previsto dalla normativa in materia – una gara ad evidenza internazionale nella fase di privatizzazione dell'aeroporto Catullo, consentendo alla Save di Venezia, dal 2014 entrata a far parte della compagine societaria della società di gestione degli Scali del Garda, di diventare azionista di maggioranza relativa con il 40 per cento per cui verrebbe meno una delle due condizioni di obbligo di maggioranza pubblica insieme alla sottoscrizione del piano industriale;

   sussistono molte perplessità circa la posizione del comune di Verona che, in qualità di socio, ha votato favorevolmente per l'approvazione del bilancio 2018 relativo all'aeroporto Catullo, in forte perdita e che, presumibilmente, non potrà essere ripianato a causa della mancanza di investimenti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, anche alla luce dell'approvazione di un bilancio gravemente in perdita, per fare chiarezza circa le possibili soluzioni dirette ad un reale rilancio dell'aeroporto Catullo, soprattutto in termini di investimenti produttivi, annunciati ma mai realizzati, che gioverebbero a tutto il territorio interessato.
(5-02509)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VILLANI, SURIANO, PIERA AIELLO, PALLINI, MENGA, DE LORENZO, TUZI, GALLO, CASA, ELISA TRIPODI, BILOTTI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, NAPPI, GRIMALDI, IORIO, PROVENZA, SARLI, MASSIMO ENRICO BARONI, DORI, ADELIZZI, SAPIA e TESTAMENTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Pagani, in provincia di Salerno, il 26 maggio 2019 si sono svolte le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale e della carica di sindaco della città;

   non avendo nessun candidato raggiunto il 50 per cento più uno dei consensi durante la tornata elettorale del 26 maggio, si è provveduto in data 9 giugno al ballottaggio tra i due candidati che al primo turno avevano raggiunto il maggior numero di consensi;

   in seguito al ballottaggio è risultato eletto il candidato del centro-destra Alberico Gambino;

   in data 13 giugno l'ufficio elettorale centrale ha proclamato eletto il Singor Gambino quale sindaco di Pagani;

   il 14 giugno dagli organi di stampa si apprendeva di una sentenza emessa in data 15 maggio 2019 e pubblicata l'11 giugno attraverso la quale la Corte di cassazione con ordinanza Sez. 1 n. 15725, rigettava il ricorso proposto dal signor Gambino in merito all'incandidabilità dello stesso ex articolo 143, comma 11, del decreto legislativo n. 267 del 2000, rendendo di fatto definitivo il provvedimento di incandidabilità; nella stessa giornata del 14 giugno il presidente dell'ufficio centrale deputato alla verifica dei risultati ed alla proclamazione degli eletti relativamente alle elezioni amministrative svoltesi presso il comune di Pagani, inviava una nota al Ministero dell'interno, attraverso la quale informava il Ministero della problematica;

   la prefettura ha chiesto al Ministero, dipartimento per gli affari interni e territoriali, un parere in merito alla legittimità dell'eventuale nomina della giunta da parte del sindaco neoeletto e degli eventuali atti amministrativi da lui compiuti;

   in data 26 giugno la prefettura di Salerno con nota n. 0084592 ha comunicato al comune di Pagani, in base a quanto previsto dall'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 235 del 2012, la decadenza di diritto del sindaco neoeletto e l'impossibilità per lo stesso di nominare la giunta; il 27 giugno, il comune di Pagani nella persona del Segretario generale, con nota n. 0031072, comunicava al neoeletto sindaco la decadenza di diritto dalla carica e la nullità di tutti gli atti fino a quel momento adottati, per effetto del provvedimento di incandidabilità sancito dalla Corte di cassazione;

   il sindaco Gambino nei giorni successivi alla sua elezione ha nominato la giunta del comune di Pagani contravvenendo a quanto stabilito e comunicato dalla prefettura;

   il 1° luglio si è riunito il consiglio comunale di Pagani che ha convalidato l'elezione del sindaco;

   oggi il comune di Pagani si ritrova in una situazione irreale, con un sindaco decaduto di diritto in conseguenza di una sentenza definitiva emanata dalla Corte di cassazione, e che, nonostante ciò continua ad amministrare la città senza tener conto delle conseguenze che questo può avere nei confronti della cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di risolvere la problematica in questione, riportando stabilità e legalità nel comune di Pagani.
(5-02503)


   VERINI, MADIA, MIGLIORE, MORASSUT e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che nella giornata del 9 luglio 2019 la signora Irma Tobias e il signor Enrico Tirreno, marito e moglie, si sono recati presso gli uffici del XI municipio della città metropolitana di Roma, per il rinnovo della carta di identità di quest'ultimo, precedentemente oggetto di furto, regolarmente denunciato; il signor Tirreno era accompagnato anche dalla madre, per espletare le formalità del rinnovo alla presenza di due testimoni dal richiedente così come prevede la legge attualmente in vigore;

   sul sito del comune di Roma si legge che per quanto riguarda il rinnovo della carta d'identità il richiedente deve presentarsi allo sportello preposto con «Un valido documento di riconoscimento, in mancanza del quale occorre la presenza di due persone maggiorenni, munite di documento d'identità valido, che in base a fatti concreti (parentela, affinità, vicinato, ecc.) siano in grado di testimoniare l'identità del richiedente (...)»;

   la signora Irma Tobias, moglie da 19 anni di Enrico Tirreno, era regolarmente munita di carta d'identità rilasciata dallo stesso comune di Roma;

   probabilmente alla vista dei tratti somatici asiatici della signora Tobias, l'impiegata Cinzia C. del comune, in quel momento in servizio presso gli uffici del XI municipio si rivolgeva al signor Tirreno asserendo che gli stranieri non possono fare da testimoni, tesi confermata dal collega in quel momento presente presso gli stessi uffici e invitava lo stesso a cercare «qualcuno tra le persone presenti in attesa» allo scopo di fungere da testimone, in aperta violazione delle disposizioni comunali e nazionali che prevedono che il testimone abbia conoscenza diretta del richiedente;

   l'identità del signor Tirreno veniva dunque accertata di fronte all'impiegata, da un gentile sconosciuto che, evidentemente, agli occhi dei pubblici funzionari preposti, aveva più valore di una persona, la signora Tobias, che, prima ancora di essere la moglie del richiedente, era munita di regolare documento d'identità rilasciato dal comune di Roma, è regolarmente soggiornante nel nostro Paese da 35 anni, e ha ricoperto la carica di consigliere aggiunto al comune di Roma con il sindaco Walter Veltroni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati sulle prime pagine del quotidiano La Repubblica, Cronaca di Roma, del 10 giugno 2019 e se considerato che la signora Tobias appare agli interroganti essere stata oggetto di un grave comportamento apertamente ed ingiustificatamente discriminatorio oltre che lesivo della dignità e dei diritti della signora stessa, se intenda adottare iniziative per chiarire sulla base di quali presupposti normativi sia stato opposto diniego alla medesima;

   se vi siano stati altri fatti analoghi riscontrati anche in altri comuni italiani aventi ad oggetto la legittimità di cittadini stranieri a vedere riconosciuti i loro diritti anche in sedi ufficiali quali quelle degli uffici dell'anagrafe;

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché simili illegittimi comportamenti, da parte di pubblici funzionari, rappresentanti dello Stato, non abbiano più a verificarsi in analoghe situazioni.
(5-02505)


   VIZZINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il panificio toscano è una realtà industriale che conta quasi 140 dipendenti con sede a Firenze, a Prato e a Livorno. È fornitore dell'Unicoop Firenze per prodotti da forno;

   nel mese di settembre 2018, dopo una lunga vertenza, l'azienda ha accordato di modificare l'inquadramento dei propri lavoratori, ma solo 37 su 138 sono stati i lavoratori messi in regola. Tale vertenza era nata inizialmente per la stabilizzazione di oltre cento lavoratori che facevano parte della cooperativa Giano, per focalizzarsi poi sulla situazione contrattuale dei lavoratori ai quali viene applicato un contratto per le realtà artigianali, invece di uno per le realtà industriali;

   nella giornata dell'8 luglio 2019, il sindacato Si Cobas ha organizzato un picchetto di protesta di fronte alla sede di Prato del Panificio Toscano per denunciare, ancora una volta, il mancato rispetto degli accordi presi con i sindacati relativi all'adeguamento dei contratti dei lavoratori dell'azienda. Da quanto si evince da fonti stampa locali alcuni agenti delle forze dell'ordine avrebbero utilizzato violenza immotivata nell'atto di disperdere il picchetto di protesta. In particolare, in un filmato si nota chiaramente un agente che colpisce con un pugno un operaio bloccato a terra dallo stesso pubblico ufficiale;

   l'atto violento fa seguito a quanto accaduto pochi giorni prima, il 5 luglio 2019, quando una sindacalista appartenente allo stesso sindacato Si Cobas, Sarah Caudiero, nel corso di un presidio alla Tintoria Superlativa, è stata afferrata e trascinata per i capelli dà un agente;

   il diritto di sciopero è sancito dall'articolo 40 della Costituzione e l'attività di picchettaggio, qualora non sfoci in attività di blocco della libera entrata o uscita di altri lavoratori dal posto di lavoro, trasformandosi in picchettaggio violento (articolo 610 del codice penale), è altresì tutelata dalla stessa Carta costituzionale. La libertà di espressione è tutelata dall'articolo 21 della Costituzione;

   le immagini relative all'intervento delle forze dell'ordine evidenziano, ad avviso dell'interrogante, il carattere non violento del picchetto di protesta –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e se abbia potuto visionare i filmati sopra descritti;

   se il Ministro interrogato intenda avviare iniziative per verificare puntualmente quanto successo, in particolare se l'intervento delle forze dell'ordine sia stato legittimo in virtù del carattere non violento del picchetto di protesta;

   se si intendano adottare iniziative per verificare eventuali responsabilità disciplinari del pubblico ufficiale che ha colpito un manifestante inerme colpevole solo di voler difendere i propri diritti sul posto di lavoro.
(5-02511)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il procuratore capo di Milano, il 12 giugno 2019, ha diffuso una circolare in materia di «accertamenti sullo stato di alterazione da uso di bevande alcoliche o di sostanze stupefacenti/psicotrope» a tutti gli organi di polizia giudiziaria competenti nel territorio della procura nella quale sostanzialmente chiede che i test per l'accertamento della guida in stato di ebbrezza e in stato di alterazione psico-fisica per uso di droghe, di cui agli articoli 186 e 187 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992), in particolare le analisi delle urine debbano essere richiesti solo a seguito della «prova storica», ovvero l'accertamento di persona dello stato di alterazione del soggetto interessato;

   tale circolare è scaturita dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione sull'argomento, l'ultima sentenza è del 2018, relativa proprio all'aspetto della contestazione immediata al conducente dello stato di alterazione da parte degli organi di polizia, cui possono poi seguire gli accertamenti diagnostici dell'esame delle urine e del sangue;

   la Cassazione, infatti, ha assolto un conducente per la guida sotto effetto di droga e lo ha condannato solo per la guida in stato di ebbrezza in quanto l'esame delle urine disposto dalle forze di polizia senza l'accertamento di persona dello stato di alterazione, aveva rilevato la presenza di droga, che però lascia traccia nelle urine fino a 10 giorni dopo l'assunzione;

   pertanto l'esame non è stato ritenuto una prova sufficiente dal giudice per la condanna relativa alla guida sotto effetto di sostanze stupefacenti, non avendo elementi per provare che il conducente fosse effettivamente sotto effetto di droga nel momento in cui ha provocato l'incidente;

   il comandante della polizia locale di Milano, conseguentemente, ha emanato una circolare di recepimento delle direttive dell'autorità giudiziaria, che ha scatenato la reazione del Sulpm, il sindacato maggioritario degli agenti della polizia locale di Milano;

   la circolare del procuratore capo riporta un passaggio ritenuto controverso, poiché motiva la direttiva sostanzialmente con gli aspetti finanziari derivanti dalla richiesta degli accertamenti;

   infatti, il procuratore scrive che l'opportunità «di procedere a tali analisi» deve essere «attentamente valutata di caso in caso, in quanto, non potendosi configurare alcun reato in difetto di un'attestazione dello stato di alterazione del soggetto, non si ritiene che le spese relative agli accertamenti richiesti dalle forze dell'ordine debbano essere poste a carico della Procura della Repubblica»;

   la circolare del Ministro dell'interno n. 300 del 2005 è intervenuta proprio per ampliare i poteri della polizia locale di accertamento al fine di incrementare i controlli sui conducenti a seguito della riscrittura degli articoli 186 e 187 del codice della strada, consentendo alla stessa di effettuare nell'immediato test di screening, all'esito dei quali valutare l'opportunità di sottoporre il conducente a esami clinici;

   le circolari dell'autorità giudiziaria e del comandante della polizia locale, ad avviso del sindacato, finiscono per vanificare l'efficacia delle norme volte al contrasto dei fenomeni della guida in stato di ebbrezza e in alterazione psico-fisica per uso di droghe, fenomeni che purtroppo sono sempre più frequenti e in continuo aumento;

   nella maggior parte degli incidenti stradali che avvengono per guida in stato di alterazione per alcol o droga necessitano, infatti, dell'intervento dell'ambulanza ed è raro che la polizia, al suo arrivo, trovi i conducenti ancora sul posto –:

   se sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se intenda assumere le iniziative di competenza, anche tramite una nuova circolare ministeriale, per salvaguardare i poteri di accertamento spettanti alla polizia locale nell'ambito dell'attività di polizia per il contrasto alla guida in stato di ebbrezza e di alterazione psico-fisica dovuta all'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope.
(4-03301)


   ADELIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il territorio della Piana del Sele, e in particolare i comuni di Altavilla Silentina e Albanella, hanno subìto negli ultimi mesi un preoccupante aumento di furti, creando non poca preoccupazione tra i residenti;

   il fenomeno ha registrato una pericolosa impennata. Un territorio meraviglioso è diventato fragile perché preso di mira da bande di ladri, spesso rimaste impunite, ai danni della popolazione che vive, sulla propria pelle e a proprie spese, un apparente abbandono da parte delle istituzioni;

   numerosi sono gli episodi accaduti ad Altavilla Silentina, l'ultimo dei quali risalente a poche ore fa; durante la notte tra il 10 e l'11 luglio 2019 una banda di delinquenti, dopo aver scassinato la porta di un bar, è riuscita ad entrare e a trafugare una cassaforte e un cambiamonete. Ad incrociarli è stato un vigilante di una agenzia di sicurezza privata, che li ha inseguiti. I malviventi, vistisi scoperti, hanno lanciato dall'auto il cambiamonete nel tentativo di bloccare l'inseguimento della guardia giurata. Non riuscendoci si sono fermati e sono scesi dal veicolo, inveendo contro di lui e minacciandolo, per poi darsi alla fuga;

   nel mese di giugno 2019, sempre durante la notte, un gruppo di ladri ha distrutto le vetrine di una gioielleria e ha fatto irruzione portando via un ricco bottino. Sono stati rubati gioielli, orologi e altri oggetti di valore. La notte seguente è stata poi la volta della filiale della Bcc di Buccino e dei comuni Cilentani, in cui è stata fatta incursione forzando la porta di emergenza;

   sempre a giugno e sempre ad Altavilla Silentina tre malviventi hanno tentato un furto in un centro scommesse. Nonostante sia scattato l'allarme, presso la centrale operativa della società di vigilanza, i tre sono riusciti ad aprire la porta centrale e a scassinare una porta interna. Vistisi scoperti si sono dati alla fuga;

   qualche mese fa invece sono state prese di mira diverse abitazioni e dei depositi privati, portando via attrezzi agricoli, taniche di gasolio e fusti di olio d'oliva;

   la stessa sorte è toccata al vicino comune di Albanella, che dall'inizio di quest'anno è anch'esso sotto assedio. Il caso più recente riguarda l'incursione in una sala di slot machine a opera di alcune persone incappucciate, le quali dopo aver forzato la saracinesca con un piede di porco sono riuscite a portare via due televisori e un cambiamonete;

   purtroppo anche ad Albanella non si è trattato di un episodio isolato. Alcuni mesi fa infatti sono stati colpiti dai ladri un negozio, di telefonia e numerose abitazioni private nelle quali i delinquenti hanno fatto razzia di monili d'oro, oggetti di valore e derrate alimentari;

   le vicende sopra elencate hanno suscitato e continuano a suscitare non poca paura e angoscia tra i residenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare la diffusa criminalità organizzata e il preoccupante aumento di reati di furto;

   se non ritenga doveroso dislocare in quelle zone ulteriori forze dell'ordine al fine di garantire la sicurezza dei cittadini della Piana del Sele.
(4-03305)


   GALANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in poco più di un anno nella sola città di Bisceglie ci sono state ben 5 sparatorie e l'esplosione di una bomba;

   il 4 agosto 2017 è stata ferita una donna, il suo consorte è rimasto ucciso. Entrambi hanno riportato ferite da arma da fuoco all'addome e al torace;

   il 30 dicembre 2017 tre colpi di arma da fuoco sono stati sparati all'interno dell'esercizio commerciale in cui si trovava il signor Rizzi, un pescivendolo, che rimase colpito di striscio a un braccio. Gli altri due colpi sono finiti nelle pareti dell'attività commerciale;

   il 19 luglio 2018 un uomo a bordo di un ciclomotore avrebbe puntato una pistola verso una persona che camminava sul marciapiede opposto e ha esploso un colpo che, fortunatamente, non è andato a segno;

   il 12 ottobre 2018 un boato ha svegliato di soprassalto nel cuore della notte un intero quartiere. Fortunatamente però, nessuno è rimasto ferito;

   il 18 dicembre 2018 nella notte tra lunedì e martedì, poco dopo la mezzanotte, un giovane di circa 22 anni residente a Bisceglie, ma di origine ucraina, è rimasto ferito con colpi di arma da fuoco. Sono stati ritrovati 5 bossoli esplosi da una calibro 7,65. Un colpo lo ha raggiunto al polpaccio e uno di striscio alla gola; lo stesso individuo nel pomeriggio del 25 aprile 2019 ha esploso due colpi di pistola all'indirizzo del tenente Vincenzo Caputo, comandante dei carabinieri di Bisceglie, che per fortuna sono stati schivati dal carabiniere;

   le forze dell'ordine, pur svolgendo un lavoro esemplare, risultano quindi essere in numero insufficiente a garantire un pieno controllo del territorio e anche a rischio per la propria incolumità, considerando anche l'esplosione del 3 dicembre 2018 di un ordigno, di fattura artigianale, collocato sotto l'auto di un militare dell'arma dei carabinieri di Corato (cittadina vicina a Bisceglie);

   per questa pesante e incresciosa situazione inerente alla sicurezza, l'ondata emotiva della popolazione locale versa in un perenne clima di tensione che va contenuto con atti pratici e concreti da parte delle istituzioni –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per potenziare gli organici delle forze dell'ordine e le relative dotazioni economico-finanziarie, al fine di salvaguardare la sicurezza dei cittadini biscegliesi.
(4-03313)


   CIABURRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi 20 anni si è assistito a diversi tentativi, da parte dei Governi in carica, di giungere all’«eliminazione» della categoria dei segretari comunali, salvo poi, attribuire incarichi di responsabilità alla medesima figura. L'obbiettivo che si è voluto perseguire sembra all'interrogante piuttosto chiaro: creare una figura a cui attribuire l'intero carico di responsabilità, ma che al contempo sia «assoggettata» al potere politico, di fatto tramite la creazione di continue situazioni di grave carenza di organico, al fine di proporre le cosiddette «soluzioni straordinarie» e sostanzialmente «bypassare» la procedura concorsuale classica per l'assunzione di dirigenti della pubblica amministrazione;

   tale carenza di organico colpisce tutti i comuni italiani, ma sono in particolar modo i piccoli comuni a patire maggiormente le conseguenze di tale insufficienza di personale. I comuni in questione hanno infatti grandi difficoltà a portare avanti le proprie attività politico-amministrative per la mancanza di questa vitale figura, e si devono per questo spesso accontentare, se sono fortunati, di un servizio con il «contagocce» di un segretario che ha la titolarità o la gestione associata di tre o quattro Comuni;

   il segretario comunale è titolare di attribuzioni multiformi: neutrali, di controllo di legalità e di certificazione, da una parte, ma, dall'altra, di gestione quasi manageriale e di supporto propositivo all'azione degli organi comunali, capaci di orientare le scelte dell'ente nella fase preliminare della definizione dell'indirizzo amministrativo di quest'ultimo. Si tratta di una figura importante e fondamentale a supporto dei sindaci per la quotidiana attività amministrativa, soprattutto alla luce delle continue interpretazioni normative che implicano scelte e responsabilità gravose, con implicazioni importanti non solo per il bene comune dei cittadini, ma anche per la tutela e la salvaguardia del ruolo del sindaco stesso. In relazione a ciò, tutelare e salvaguardare la professionalità dei segretari dovrebbe essere precipuo interesse delle istituzioni, le quali dovrebbero tutelare gli interessi delle autonomie che, a causa di «nomine onorarie» o altri incarichi sui generis, sarebbero destinate irrimediabilmente ad un caos amministrativo nefasto per le stesse amministrazioni e per la politica che le governa. Non è dunque possibile prescindere da una classe dirigente qualificata, formata e specializzata per supportare e tutelare sindaci e presidenti credibili e animati dal desiderio di operare per il bene della collettività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intenda intraprendere iniziative volte all'introduzione permanente di un concorso per segretario comunale che vada a sostituire i cosiddetti «corsi/concorso» e che preveda un corso di formazione di due/tre mesi e l'assegnazione di un tutor, cioè di un segretario esperto con almeno 10 anni di servizio che supporti il neo segretario nei primi sei mesi di servizio, in modo tale da ovviare in modo definitivo alla ciclica «carenza dei segretari».
(4-03317)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   la scuola italiana soffre endemicamente di carenza di insegnanti di sostegno cui sopperisce, in tutte le regioni, sottoscrivendo contratti a tempo determinato con personale non in possesso del prescritto titolo di specializzazione, dopo aver esaurito le istanze prodotte da personale specializzato;

   la programmazione delle specializzazioni si è dimostrata inefficace, atteso la grande carenza di insegnanti specializzati;

   in aggiunta all'istituzione in organico di diritto della quantità prevista di posti di sostegno, ogni anno l'adeguamento all'organico cosiddetto di fatto prevede un'ulteriore istituzione in deroga di posti di sostegno per garantire, in media, un posto ogni due alunni disabili, assicurando l'azione didattica e di integrazione ricorrendo, tuttavia, ai docenti non specializzati e ai docenti curriculari di classe;

   a tal fine, ogni anno, il Ministero emana atti amministrativi per stabilire le dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico successivo;

   il 18 marzo 2019 il Ministero ha emanato la nota per individuare le «modalità di equilibrata distribuzione delle risorse professionali e materiali utili per l'integrazione degli alunni disabili (...). Le classi delle scuole di ogni ordine e grado, (...) che accolgono alunni con disabilità, sono costituite secondo i criteri e i parametri di cui all'art. 5 del Regolamento sul dimensionamento. Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi iniziali con alunni disabili, nel rispetto di quanto previsto dal D.P.R. 81/09 art. 5 comma 2.»;

   l'individuazione dei docenti da nominare, soprattutto quelli in deroga, è sorretta dalla logica del punteggio, prescindendo dalle scelte vocazionali dei docenti. Infatti, in occasione dell'esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti sono assegnati a insegnanti specializzati che sono inseriti nelle graduatorie di circolo e di istituto;

   la circolare ministeriale n. 37856 del 28 agosto 2018 ha definito le modalità per procedere alla sottoscrizione dei contratti a tempo determinato con il personale utilizzando anche lo scorrimento della graduatoria di riferimento per la formazione degli elenchi del sostegno;

   lo schema, identico da anni, precisa che, in caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, si utilizzino le graduatorie di circolo e di istituto, di prima, seconda e terza fascia. Esaurite queste, si procede allo scorrimento incrociato degli elenchi di sostegno delle altre aree disciplinari, limitatamente alla scuola secondaria di II grado. Quindi si ricorre agli insegnanti specializzati inclusi nelle graduatorie di istituto delle scuole della provincia. Infine si passa allo scorrimento delle graduatorie di istituto per il personale che ha titolo ad essere incluso nelle graduatorie, avendo conseguito tardivamente il titolo di specializzazione per il sostegno rispetto alle scadenze previste per produrre la relativa istanza;

   purtroppo, a causa della carenza di docenti specializzati, il dirigente scolastico mediamente esaurisce tutte e graduatorie del personale specializzato senza riuscire a coprire tutti i posti di sostegno. Quindi attribuisce a supplenza ai docenti privi di titolo di specializzazione, incrociando le proprie graduatorie di circolo o di istituto, prima dei docenti abilitati ma non specializzati e poi dei docenti non abilitati e non specializzati, infine, se neanche ciò fosse sufficiente, l'attribuisce ad aspiranti privi di titolo di specializzazione, anche non inclusi nelle graduatorie di istituto;

   in questo scenario il 2 luglio 2019, il Ministro interpellato, ha dichiarato: «Ho appena firmato la richiesta al Mef di autorizzazione ad assumere in ruolo 58.627 docenti per il prossimo anno scolastico. Di questi, 14.552 saranno docenti di sostegno»;

   questi futuri docenti di sostegno hanno già superato le selezioni, si sono collocati in posizione utile nelle graduatorie delle università autorizzate per conseguire il titolo di specializzazione, e attualmente frequentano, distribuiti proporzionalmente in tutta Italia, un corso annuale di formazione finalizzato al conseguimento del titolo, necessario per accedere a tali posti di insegnamento. La formazione prevede una fase teorica, quasi terminata, ed una successiva di tirocinio in presenza, il cui termine è previsto entro il mese di marzo 2020;

   quest'ultima, nella maggior parte dei casi, come negli anni scorsi, sarà svolta affidando il compito di tutor a personale non sempre in possesso dei titoli idonei perché nel 46,2 per cento delle classi c'è un alunno con certificazione di disabilità e quindi ogni anno si opera con le deroghe descritte, affidando le cattedre a supplenti che restano in carica solo fino al 30 giugno dell'anno successivo e neanche ciò è sufficiente poiché, comunque siano individuati, gli insegnanti di sostegno effettivi sono stati pari ad appena 60.000 a fronte di circa 250.000 studenti disabili, mentre i posti di sostegno necessari sono circa 140.000. Lo scorso anno sono stati assunti solo 13.329 insegnanti di sostegno, e di questi ne sono entrati in ruolo solo 1.682, cioè appena il 13 per cento del totale;

   sarebbe opportuno, da una parte impegnare personale che, superando le varie e complicate prove di ammissione al corso di specializzazione, ha dimostrato una vocazione particolare per svolgere la sua opera nello specifico campo e, dall'altra, offrire alle scuole personale in possesso di maggiore qualificazione e competenza, considerato che si sta preparando per conseguire le specifiche competenze necessarie per svolgere il delicatissimo lavoro di contribuire alla formazione, alla crescita e all'inclusione degli studenti più bisognosi –:

   se, al fine di garantire agli studenti disabili il sostegno migliore nelle condizioni illustrate, non ritenga nell'ambito dell'emanazione dell'atto ministeriale contenente le istruzioni e indicazioni operative in materia di assegnazione delle supplenze per l'anno scolastico 2019/2020, di prevedere, una volta esauriti tutti gli elenchi dei docenti specializzati e prima di passare ad utilizzare i molteplici elenchi dei docenti non forniti di specializzazione, l'assegnazione in via prioritaria delle supplenze sul sostegno ai docenti frequentanti i corsi universitari di specializzazione attualmente in svolgimento che avranno manifestato la disponibilità presso le scuole, sulla base delle procedure, delle regole e dei limiti definiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in tal modo consentendo di soddisfare contestualmente anche l'esigenza, come previsto dai programmi di studio, di svolgere il previsto tirocinio in presenza degli alunni diversamente abili, presenti nelle classi affidate ai predetti corsisti.
(2-00456) «Pentangelo, Aprea, Bagnasco, Bignami, Cannizzaro, Cappellacci, Casino, D'Ettore, Fatuzzo, Ferraioli, Fiorini, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marrocco, Mulè, Novelli, Pettarin, Pittalis, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Scoma, Spena, Squeri, Tartaglione, Maria Tripodi, Vietina».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   vi è molta preoccupazione da parte delle organizzazioni sindacali di categoria in merito alle attuali criticità che interessano il settore scolastico in Emilia-Romagna;

   i nodi strutturali più critici riguardano l'insufficienza degli organici, l'inadeguatezza dei meccanismi di reclutamento del personale, i vuoti nell'ambito dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali amministrativi, la carenza di docenti specializzati sul sostegno; questo nonostante l'aumento delle certificazioni e la presenza di classi, soprattutto nella secondaria superiore, con elevato numero di alunni;

   le scuole dell'Emilia-Romagna rischiano il collasso soprattutto a seguito della notizia dell'annullamento da parte del Tar del concorso per dirigenti scolastici in corso, i cui esiti avrebbero consentito la copertura di molte scuole della regione;

   su 523 istituti scolastici presenti in Emilia-Romagna ben 214 di queste, il 41 per cento, sono prive di dirigente scolastico titolare e sono affidate dall'amministrazione a un dirigente chiamato spesso a dirigere più scuole;

   mancano anche 258 direttori dei servizi generali amministrativi, altra figura apicale della scuola, pari al 49,5 per cento delle scuole della regione sostituito attualmente da personale amministrativo facente funzione che ad oggi ancora non trova un'adeguata soluzione e stabilità;

   l'accordo del 24 aprile 2019, tra le organizzazioni sindacali e il Governo per la parte che riguarda la stabilità del personale precario, deve essere attuato in tempi rapidi anche se i posti messi a disposizione risultano essere insufficienti a coprire i posti vacanti con il concreto rischio di ricorrere nuovamente a supplenti –:

   a fronte delle evidenti difficoltà riportate in premessa, quali iniziative intenda assumere con urgenza il Governo al fine di garantire per l'Emilia-Romagna un regolare avvio dell'anno scolastico rispondendo alle richieste provenienti dal mondo della scuola e delle organizzazioni sindacali e assicurando il rispetto del diritto allo studio e la dignità del personale che opera all'interno della scuola.
(5-02485)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 marzo 2019 l'insegnante Giusy Cristaudo è stata sospesa dal servizio con privazione della retribuzione dal 27 al 28 marzo 2019. La maestra dell'istituto comprensivo Salvo Basso di Scordia sarebbe rea di aver dato uno «scappellotto», il giorno 8 febbraio 2019, a uno scolaro e di aver plagiato i bambini affrontando nel corso delle lezioni tematiche politiche;

   tali accuse sono state rivolte dai genitori del bambino coinvolto che, come si legge nei verbali di audizione, dichiarano: «molteplici sono state le occasioni in cui il bambino viene punito» e aggiungono: «l'insegnante plagia, i bambini, trattando tematiche politiche all'interno della classe, accostando i bambini a nozioni “comuniste”»;

   tuttavia, le audizioni di altre insegnanti dell'istituto descrivono una diversa situazione. La collega docente di sostegno, presente in aula l'8 febbraio, afferma di «non aver mai visto la Cristaudo dare “scappellotti”» e la stessa compagnetta di banco del bambino che avrebbe ricevuto lo «scappellotto» nega che il fatto sia avvenuto;

   inoltre, i genitori di altri bambini, in una lettera inviata il 7 marzo 2019 alla dirigente scolastica, si dichiarano pienamente soddisfatti in tutto e per tutto del metodo didattico ed educativo della maestra, giudicando tendenziose e non corrispondenti alla realtà le accuse rivolte alla Cristaudo definendole «assolutamente inverosimili. Si parla di non ben definite, fantomatiche, non circostanziate, non provate e prive di ogni effettivo fondamento, accuse di maltrattamenti a carico di un alunno; nonché di paradossali e grossolane insinuazioni di plagio politico»;

   la maestra accusata afferma, in un'intervista rilasciata il 20 maggio 2019 al quotidiano online Meridionenews, di non essere stupita di quanto accaduto, dichiarando: «ero oggetto delle attenzioni della dirigente dai tempi della storia del Diario di Anna Frank» quando in classe parlando ai bambini del tema dei migranti ha spiegato, ricorrendo al parallelismo con la triste vicenda di Anna Frank, di come anche ai più piccoli, purtroppo, non vengano risparmiate le sofferenze dei grandi;

   nonostante quanto predetto la dirigente scolastica, Loredana Argentino, ha sanzionato la docente che, tuttavia, a seguito di quanto occorso ha deciso di querelare sia la dirigente sia i genitori del bambino che l'hanno originariamente accusata;

   la questione appare essere più ampia rispetto al, per quanto grave, fatto specifico. La Costituzione italiana, al primo comma dell'articolo 33, recita «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento»; emerge dunque la necessità di assicurare che l'esercizio del potere disciplinare dei dirigenti scolastici sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte anti doverose dell'insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, la libertà di insegnamento, intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale;

   ai dirigenti scolastici sono stati assegnati poteri decisionali sproporzionati rispetto al loro ruolo di assicurare il buon andamento della scuola e troppo spesso, come denunciato dagli stessi sindacati della scuola, le controversie sono originate da dirigenti scolastici che prendono di mira un determinato docente; tuttavia, le sospensioni hanno gravi ricadute non tanto sullo stipendio che viene trattenuto, quanto sulla reputazione e la carriera dell'insegnante –:

   se, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga opportuno un accertamento ispettivo nell'istituto comprensivo in cui si sono svolti i fatti descritti in premessa;

   quali iniziative intenda porre in essere affinché la libertà di insegnamento, garantita dal dettato costituzionale, sia rispettata anche nell'ambito dei procedimenti disciplinari da cui possono scaturire eventuali sanzioni da parte dei dirigenti scolastici nei confronti dei docenti;

   se, stante la situazione attuale in cui il dirigente scolastico incarna una sorta di potere inquirente, requirente e giudicante, non ritenga opportuno adottare iniziative per ripristinare una terzietà, ovvero la presenza di un attore terzo e imparziale, esterno all'istituto, che a un tavolo di conciliazione convochi le parti per placare il conflitto, acquisire prove e valutare la situazione.
(4-03314)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la normativa italiana in materia di parità di genere sul luogo di lavoro è ampia, articolata e gode di una tutela, anche giudiziaria, rafforzata in quanto il principio è di matrice Costituzionale (articolo 37 della Costituzione);

   la realizzazione effettiva di tale principio si è, negli anni, affidata a diversi organismi istituiti in materia di parità e pari opportunità e, tra questi, un ruolo centrale è rivestito dai/dalle consiglieri/e di parità nominati a livello nazionale, regionale o territoriale e dalla Rete nazionale dei/delle consiglieri/e di parità (decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196);

   con l'entrata in vigore del codice delle pari opportunità nel 2006 (d'ora in poi, «C.p.o.»), è stata introdotta nel nostro ordinamento una normativa volta alla prevenzione e alla rimozione di ogni forma di discriminazione fondata sul sesso in tutti i campi della vita civile, sociale, economica e altri;

   ad oggi, la normativa rilevante, modificata da ultimo nel 2015 nel quadro dell'attuazione del cosiddetto Jobs Act, prevede che consiglieri/e di parità siano nominati a livello regionale, a livello di città diritti metropolitana e degli enti di area vasta (di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su designazione dei rispettivi enti sulla base di specifici requisiti esperienziali e previo espletamento di una procedura di valutazione comparativa;

   i/le consiglieri/e di parità: i) possiedono requisiti di specifica competenza ed esperienza in materia di lavoro femminile, di normativa sulla parità e pari opportunità nonché di mercato del lavoro; ii) svolgono funzioni di promozione e di controllo sull'attuazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro; iii) nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali e hanno l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria dei reati di cui vengano a conoscenza per ragione, del loro ufficio;

   il testo originario del C.p.o. prevedeva un fondo («il Fondo») volto a finanziarie le spese dei/delle consiglieri/e di parità a tutti i livelli. Nello specifico, una quota pari al 30 per cento veniva riservata all'ufficio del/della consigliere/a nazionale di parità, mentre la restante parte del 70 per cento era destinata alle regioni, suddivisa tra le stesse e sulla base di una proposta di riparto comprendente sia i/le consiglieri/e regionali che provinciali elaborata dalla commissione composta da Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell'economia e delle finanze a seconda della disponibilità del fondo;

   la modifica introdotta con il decreto legislativo n. 151 del 2015 ha previsto: a) la corresponsione di una indennità mensile, sulla base di criteri determinati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (d'ora in poi, «Conferenza Unificata Stato-regioni») che, però, è subordinata alla disponibilità economico-finanziaria dell'ente territoriale che ha proceduto alla designazione (articolo 17, comma 2, del C.p.o.); b) la limitazione del fondo al finanziamento delle attività del/della solo/a consigliere/a nazionale di parità (articolo 18 C.p.o.);

   ciò si è tradotto nell'assegnazione per gli anni 2017 e 2018 di un'indennità minima mensile fissata a un valore mensile di euro 90,00 lordi per le consigliere regionali ed euro 68,00 lordi mensili per le consigliere provinciali;

   per gli anni 2019 e 2020, è previsto di elevare nella misura fissa di euro 780,00 lordi l'indennità mensile di livello regionale (euro 390 euro lordi per referenti supplenti) lasciando quella spettante per coloro che operano a livello provinciale a soli euro 68,00 lordi (ridotti ad euro 34 lordi per referenti supplenti), pur prevedendo la possibilità di elevarne la misura a un massimo di un quintuplo;

   tale distinzione realizza una netta discriminazione teorica e pratica tra i/le consiglieri/e territoriali che non sembra essere giustificata dalle effettive funzioni né dai carichi di lavoro. I consiglieri e le consigliere che operano a livello decentrato, infatti, sono fisicamente più vicini alle piccole e medie realtà imprenditoriali, a volte isolate e terreno fertile per le discriminazioni;

   il fenomeno discriminatorio sul luogo di lavoro è, invero, in preoccupante ascesa (secondo i dati disponibili, dal 2011 al 2016 in Italia, i casi di mobbing da maternità sono aumentati del 30 per cento) ed assume molteplici forme –:

   quali siano i criteri fondanti la netta distinzione nella ripetizione delle indennità tra consiglieri/e di diverso livello territoriale, avuto riguardo anche ai risultati del «rapporto sull'attività svolta» di cui all'articolo 15, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 198 del 2006, è quali siano gli intendimenti del Governo circa il ruolo dei consiglieri e delle consigliere di parità, affinché possano operare effettivamente e dignitosamente a tutti i livelli.
(2-00455) «Barzotti, Siragusa, Giannone, Grippa, Ficara, Raffa, Termini, Paolo Nicolò Romano, Costanzo, De Lorenzo, Sarli, Mammì, Carinelli, Marino».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UNGARO e SCHIRÒ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono alcune centinaia i cittadini italiani residenti in Italia ai quali l'Inps ha negato o revocato l’«Ape sociale» perché titolari di pro-rata in convenzione (pensione estera);

   si tratta di cittadini disoccupati, disabili, care giver, o precedentemente occupati in lavori gravosi, i quali hanno perfezionato i requisiti anagrafici e amministrativi necessari per ottenere l’«Ape sociale»;

   si tratta di persone in età avanzata e in uno stato di disagio economico, perché non hanno altri redditi all'infuori del modesto pro-rata erogato dallo Stato estero dove hanno lavorato per pochi anni;

   l'Inps sostiene che l'incompatibilità del pro-rata estero con l’«Ape sociale» è stabilito dal comma 167 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dove viene disposto che non possono ottenere l'Ape coloro che sono già titolari di un trattamento pensionistico diretto;

   nella circolare applicativa e interpretativa n. 100 del 2017 l'Inps ha stabilito che non possono conseguire l’«Ape» sociale i titolari di un trattamento pensionistico diretto conseguito in Italia o all'estero e che ai fini del perfezionamento dell'anzianità contributiva minima (dei 30/36 anni) richiesta per l'accesso al beneficio non possono essere totalizzati i periodi assicurativi maturati in Paesi dell'Unione europea, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l'Italia;

   se da una parte è logico e comprensibile introdurre l'incompatibilità dell’«Ape sociale» con un trattamento pensionistico diretto italiano, sembra invece all'interrogante ingiusto, illogico e incongruente negare l’«Ape sociale» a coloro i quali soddisfano tutti i requisiti e le condizioni richiesti, ma sono titolari di una prestazione estera di poche decine di euro (giova ricordare che la prestazione estera è inevitabilmente modesta, perché gli interessati hanno lavorato tutta una vita in Italia – dai 30 ai 36 anni);

   nella scorsa legislatura il Governo pro tempore, in risposta a specifiche interrogazioni su questa problematica, aveva fatta salva la possibilità di assumere una posizione più aperta una volta superata la fase di prima applicazione della nuova normativa, al fine di favorire, nelle ulteriori fasi di monitoraggio, l'ingresso di potenziali beneficiari con contribuzione e prestazioni estere, valutando la possibilità di consentire il perfezionamento sia del requisito contributivo minimo per l’«Ape sociale» totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, sia il cumulo di una prestazione estera con l’«Ape sociale» –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare l'adozione di iniziative affinché l'Inps modifichi l'interpretazione restrittiva esposta nella circolare n. 100 del 16 giugno 2017, consentendo il cumulo dell’«Ape sociale» con una prestazione estera per venire incontro alle umane e disperate esigenze di centinaia di cittadini italiani residenti in Italia i quali possiedono i requisiti per perfezionare il diritto all’«Ape sociale» ma ne sono esclusi a causa di una valutazione molto restrittiva dello stesso Inps;

   se non ritenga opportuno e giusto adottare iniziative per consentire la totalizzazione dei contributi italiani ed esteri ai fini del perfezionamento contributivo minimo richiesto dalla normativa sull’«Ape sociale», in modo tale da attenersi a quanto disposto in materia di perfezionamento dei diritti previdenziali da tutte le convenzioni bilaterali e multilaterali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia.
(5-02483)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le organizzazioni sindacali di categoria in questi giorni hanno denunciato le insostenibili condizioni di lavoro dei dipendenti, circa 80, della ditta Idea Servizi Integrati, da maggio divenuta Nuova Idea impegnati nell'appalto di pulizia degli uffici di Poste Italiane di Rimini, Forlì, Cesena e Ferrara;

   i suddetti lavoratori sono costretti a fare i salti mortali tra i vari uffici per rispettare le ore settimanali che sono pagate 7 euro lorde l'ora;

   attualmente i dipendenti non ricevono le dovute spettanze dal mese di aprile 2019, ultimo mese pagato;

   nonostante le legittime proteste non hanno ricevuto alcuna risposta dalla propria azienda e neppure dall'azienda committente e cioè da Poste Italiane;

   la situazione è divenuta grave e non più tollerabile per i lavoratori –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere per attivare, per quanto di competenza, un tavolo di confronto che coinvolga anche Poste Italiane, al fine di verificare le condizioni contrattuali e di lavoro degli 80 dipendenti e far sì che vengano pagate le spettanze dovute.
(5-02487)


   RUGGIERO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in tema di prestazione pensionistiche i soggetti in possesso dei requisiti di accesso alla «quota 100» entro il 31 dicembre 2018 ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2019, al comma 4 dell'articolo 14, iscritti alle gestioni pensionistiche di cui al comma 1, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° aprile 2019;

   le gestioni pensionistiche cui si riferisce la norma sono l'assicurazione generale obbligatoria e le forme esclusive e costitutive della medesima, gestite dall'Inps tra cui rientra anche l'ex Inpdap;

   la norma aggiunge che chi ha raggiunto i requisiti per aderire a «quota 100» entro il 29 gennaio 2019 potrà andare in pensione anticipata a partire dal 1° agosto 2019;

   i dipendenti che invece hanno cessato la loro attività lavorativa, prima di presentare domanda per «quota 100», che non erano alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ed iscritti alla gestione esclusiva, avranno la possibilità di andare in pensione anticipata a partire dal 1° aprile 2019 come i dipendenti privati;

   nel messaggio n. 1551, invece, l'Inps chiarisce, a giudizio dell'interrogante, arbitrariamente derogando alla norma primaria, che i dipendenti pubblici, che prima di presentare domanda per «quota 100», avevano già cessato l'attività lavorativa alle dipendenze della pubblica amministrazione mantengono lo status di lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni deviando quindi tali soggetti dalla presumibile decorrenza pensionistica del 1° aprile verso quella del 1° agosto –:

   se non si non si ritenga di adottare iniziative per chiarire lo status dei soggetti appartenenti alla fattispecie sin qui inquadrata, dando motivazione del perché tali soggetti che hanno cessato l'attività lavorativa eventualmente debbano mantenere forzosamente lo status di lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche non essendolo, ciò al fine di non cadere in una interpretazione pretestuosa con il solo effetto di danneggiare la categoria de quo.
(5-02491)


   CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Eskigel S.r.l. con sede legale e stabilimento a Terni opera nel settore dell'industria alimentare e produce principalmente gelati e prodotti surgelati;

   dal 2016 la società è stata acquistata dalla multinazionale Froneri;

   la società occupa circa 200 dipendenti a tempo indeterminato e ha scelto, per politica aziendale, di far gestire le assunzioni, in base alle necessità di produzione, all'agenzia per il lavoro Ranstad per reperire numerosi lavoratori stagionali che prestano l'attività lavorativa a favore della Eskigel;

   i lavoratori occupati presso l'utilizzatrice Eskigel con contratto di somministrazione a tempo determinato oscillano dai 200 ai 400 nei periodi di picco produttivo;

   in data 23 ottobre 2018 la società Eskigel e la rappresentanza sindacale unitaria Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto un accordo aziendale di secondo livello, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011 in deroga alle disposizioni legali e contrattuali;

   l'accordo ha previsto il superamento del limite del 30 per cento dei contratti a tempo determinato diretto e dei contratti di somministrazione a tempo determinato (anche cumulati tra loro) sui contratti a tempo indeterminato in forza all'azienda, escludendo ogni limite percentuale nonché il diritto in capo all'azienda di applicare il regime normativo previsto per il lavoro stagionale dal decreto legislativo n. 81 del 2015 per le assunzioni a tempo determinato anche in somministrazione;

   eppure l'azienda, nonostante un accordo aziendale in deroga alla normativa vigente che già le consente una forte libertà normativa in tema di rinnovi dei contratti a tempo determinato degli stagionali, sembrerebbe preferire non richiamare i lavoratori fino ad ora impiegati e non rinnovare loro i contratti a tempo determinato in somministrazione per non pagare il contributo addizionale dello 0,50 per cento previsto dalla legge per ogni rinnovo, così mettendo a rischio la continuità lavorativa e i livelli occupazionale e contraddicendo le finalità dell'accordo siglato dell’«incremento dell'occupazione aziendale nel suo complesso, soddisfacendo, da un lato, l'esigenza dei lavoratori di vedersi garantire una continuità di occupazione di stagione in stagione, dall'altro quello aziendale di assicurare la conservazione al proprio interno delle competenze nel tempo acquisite dal personale a termine»;

   i lavoratori e le lavoratrici stagionali in somministrazione presso l'utilizzatrice Eskigel hanno già proclamato un presidio davanti alla prefettura di Terni per il 22 luglio 2019 affinché venga loro garantita la continuità occupazionale e la parità di trattamento;

   ad oggi, a parere dell'interrogante, non sono chiari gli obiettivi e le scelte dell'azienda in ordine ai lavoratori stagionali in somministrazione di cui è forte la preoccupazione di non vedersi rinnovato il contratto e garantita la continuità di occupazione di stagione in stagione come prevede l'accordo siglato nell'ottobre 2018;

   molti dei lavoratori in somministrazione sono infatti donne tra i 40 e i 50 anni che lavorano in azienda da oltre 20 anni e che difficilmente possono trovare una nuova collocazione in un territorio quale quello di Terni già duramente provato dalla crisi –:

   se intenda convocare urgentemente l'azienda Eskigel al fine di conoscere in maniera chiara quali siano le intenzioni della stessa in ordine al futuro lavorativo dei lavoratori stagionali in somministrazione fino ad ora occupati, favorendo per quanto di competenza, l'individuazione di percorsi che abbiano l'obiettivo di soddisfare l'esigenza dei lavoratori e delle lavoratrici in somministrazione di vedersi garantire una continuità di occupazione, così da scongiurare ogni rischio di ricadute sugli attuali assetti occupazionali.
(5-02492)


   SIRAGUSA e VILLANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 402 del 1975 stabilisce che i cittadini italiani che hanno lavorato in Stati membri dell'Unione europea, ovvero in Stati extra europei, rimasti disoccupati per licenziamento o per mancato rinnovo del contratto di lavoro stagionale da parte del datore di lavoro all'estero, hanno diritto alla cosiddetta disoccupazione per lavoratori rimpatriati, in seguito al loro rimpatrio;

   l'ammontare della disoccupazione per i lavoratori rimpatriati è calcolato sulla base delle retribuzioni convenzionali stabilite con decreti ministeriali annuali ad hoc;

   il diritto a ricevere tale prestazione economica decorre dal giorno del rimpatrio, qualora il disoccupato abbia dichiarato la disponibilità al lavoro al centro per l'impiego entro sette giorni dal rimpatrio, ovvero dal giorno della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro se dichiarata tra l'ottavo e il trentesimo giorno successivi alla data del rimpatrio e ha una durata massima di 180 giorni –:

   quanti lavoratori rimpatriati abbiano usufruito di tale prestazione economica negli ultimi 5 anni;

   se il Ministro interrogato non intenda intraprendere iniziative volte a pubblicizzare tale incentivo rivolto ai lavoratori rimpatriati, nonché a valutare la possibilità di estendere i termini entro i quali presentare la richiesta.
(5-02497)


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   entro il 31 luglio 2019 è programmata la chiusura da parte dell'Arlab Basilicata del centro per l'impiego Valbasento con sede a Tinchi, frazione del comune di Pisticci;

   suddetto centro per l'impiego aveva prima sede presso l'area industriale di Pisticci Scalo per poi essere trasferito;

   l'utenza del richiamato centro per l'impiego dovrebbe rivolgersi ai centri di Matera e Policoro;

   la chiusura dell'attività del centro per l'impiego Valbasento riguarderebbe anche il sub centro di Ferrandina, determinando un disagio enorme all'utenza;

   è paradossale che, nel mentre il Governo reclamizza il potenziamento dei centri per l'impiego, uno dei centri per l'impiego più importanti della provincia di Matera e anche della regione Basilicata veda la chiusura delle sue attività;

   tra l'altro, suddetto centro per l'impiego è denominato Valbasento, perché ricade in un territorio in cui sono presenti anche insediamenti industriali e, quindi, dovrebbe essere a maggior ragione rafforzato, anche in vista delle politiche attive del lavoro;

   si è in attesa del decreto di riparto, la cui emanazione risulta essere in ritardo, delle risorse per le regioni, affinché vengano potenziale queste strutture perché ritenute strategiche per il funzionamento anche delle politiche attive del lavoro collegate al reddito di cittadinanza;

   non è stata data comunicazione delle ragioni della prevista chiusura;

   sarà da valutare anche l'impatto che questa chiusura avrà sulle altre strutture con aumento inevitabile dei carichi di lavoro;

   l'approssimazione con la quale, ad avviso dell'interrogante, il Governo si sta muovendo sui centri per l'impiego evidenzia tutta la fragilità dell'impianto posto in essere;

   si è consapevoli che la competenza è regionale, ma nel momento in cui, pur con la previsione di risorse pubbliche stanziate dallo Stato per il rafforzamento di queste strutture che dovrebbero interessare anche suddetto centro per l'impiego, si apprende che un ufficio che riguarda uno dei territori più importanti viene ad essere chiuso sorgono molte domande –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda attivare, per quanto di competenza, per sostenere la presenza e il funzionamento del sistema dei centri per l'impiego, a partire dal centro per l'impiego Valbasento/Tinchi e dal sub centro di Ferrandina, in considerazione dell'importanza che ha per il territorio suddetto centro per l'impiego e per evitare disagi a una utenza già fragile.
(5-02499)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMITRANO, VILLANI, DEL MONACO, IOVINO e NAPPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Unicoop Tirreno, società cooperativa a responsabilità limitata, è una delle grandi cooperative di consumatori del sistema «Coop», con sede legale a Livorno e possiede, oltre ad un milione di soci in tutta Italia, anche numerosi punti vendita in Campania, Lazio, Umbria, Toscana e Marche;

   dal 2015 al 2017, Unicoop Tirreno è entrata in sofferenza economica, con un bilancio in perdita a causa di una errata politica gestionale e, già nel 2017, la società aveva messo in atto cessioni di ramo d'azienda che avevano interessato punti vendita in Campania, in particolare le unità di Napoli via Arenaccia e di Santa Maria Capua Vetere a Caserta e successivamente, il coinvolgimento di tutti i punti vendita della rete presenti sul territorio nazionale;

   anche nel Lazio, la società ha messo in atto le cessioni di affitto di Frosinone e Fiuggi, successivamente riacquisiti in Unicoop Tirreno, e la chiusura definitiva del punto vendita di Terracina, in provincia di Latina; inoltre ci sono stati i vari processi di fusione e cessione verso altre cooperative nazionali come l'accordo stipulato nel 2016 con Coop Alleanza 3.0 per la cessione di alcuni punti vendita in Umbria, Campania e Lazio;

   da rassegna sindacale, all'interrogante risulta che nel maggio 2017 la cooperativa e le stesse organizzazioni sindacali avevano siglato un piano industriale articolato nel triennio 2017-2019, che puntava al pareggio di bilancio nell'anno 2019 e a una chiusura in utile nel 2020;

   dal 12 giugno 2019, la società Distribuzione Centro Sud s.r.l. titolare degli ipermercati Coop di Afragola e Quarto in provincia di Napoli, per evitare la chiusura dei due punti vendita e il licenziamento dei lavoratori, ha comunicato alle organizzazioni sindacali un preliminare di accordo per la cessione dei rami d'azienda relativi ai due punti vendita, inclusi i rapporti di lavoro del personale occupati nelle due strutture, un preliminare di accordo con la società Gdm srl di Milano che già possiede un negozio in franchising con marchio Coop in Campania; la cessione dei due rami d'azienda da DCS s.r.l. a GDM è indicativamente previsto già dal 15 luglio 2019;

   anche la Coop Alleanza 3.0 nella sede Ipercoop «Porto Grande» di San Benedetto del Tronto, ha recentemente manifestato l'intenzione di procedere con gli esuberi e la stipula di contratti di solidarietà difensivi a causa della chiusura in passivo del bilancio del 2018;

   da alcuni anni risulta all'interrogante che la società Coop adotti azioni unilaterali volte alla cessione dei rami d'azienda senza promuovere dei piani industriali che rilancino la riorganizzazione dei servizi commerciali, al fine di tutelare i lavoratori e le lavoratrici dell'azienda e dell'indotto, tali cessioni da parte della Coop si sono manifestate anche in altri punti vendita al di fuori della Campania; situazioni analoghe si sono rivelate nei punti vendita del Lazio e in altre regioni, provocando preoccupazioni tra i lavoratori e le lavoratrici e tra i sindaci dei comuni coinvolti, per le ripercussioni socio-economiche ed occupazionali che potrebbero penalizzare ulteriormente il contesto territoriale già segnato da precedenti crisi aziendali –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, al fine di promuovere un confronto con tutti i soggetti a vario titolo interessati, affinché si possa avviare un tavolo istituzionale in sede ministeriale con l'obiettivo di garantire e salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti nelle cessioni dei due punti vendita in provincia di Napoli e negli eventuali esuberi della sede Ipercoop di San Benedetto del Tronto.
(4-03296)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il dramma dei coniugi Alessandra Marsili e Francesco Roberto Cucinotta e dei loro tre figli è iniziato nel 2015 quando rimasero senza casa dopo la dichiarazione di inagibilità di quella dove vivevano ad Alanno, in provincia di Pescara;

   l'immobile sarebbe stato danneggiato dalle acque piovane perse da un canale di scolo in prossimità dell'abitazione che avrebbero eroso le fondamenta della casa rendendola impraticabile e causando un cedimento;

   in attesa dei lavori di risistemazione del canale e del ripristino delle adeguate condizioni strutturali dell'immobile, la famiglia è stata prima ospite di parenti ed amici e poi, per tre mesi circa, ha usufruito di un soggiorno in albergo pagato dall'amministrazione di Alanno, fino a raggiungere la quota massima di spesa di 22 mila euro;

   al termine di questo periodo, la soluzione che il comune ha offerto loro è stata una casa popolare umida e invasa dalla muffa, soluzione comprensibilmente respinta anche a causa delle condizioni di salute precarie di uno dei figli, gravemente allergico;

   non avendo ricevuto risposte dagli enti preposti, la famiglia la scorsa estate ha occupato una parte del giardino pubblico tra la prefettura e il municipio di Pescara, per poi essere sgomberata dalle forze dell'ordine dopo 116 giorni;

   già nel 2017 l'interrogante ha depositato, insieme ad altri deputati, un'interrogazione parlamentare che invitava l'allora Governo a trovare una soluzione dignitosa all'emergenza abitativa di questa famiglia;

   in un continuo «rimpallo» di responsabilità e di inadempienze sono trascorsi altri due anni, ma Alessandra e Francesco si ritrovano ancora a doversi arrangiare a vivere in una cantina, la loro abitazione rimane inagibile e ovviamente, con il passare del tempo, continua a deteriorarsi, visto che nel frattempo nessun intervento è stato fatto;

   alcuni giorni fa Alessandra, ormai esasperata, è arrivata ad entrare nel canale di scolo, in segno di protesta e per riaccendere i riflettori sulla vicenda;

   a parere dell'interrogante, Alessandra e Francesco non chiedono un privilegio, ma rivendicano un diritto, il diritto all'abitare, oggi negato, perché, a quanto pare, risanare le fondamenta erose dal canale costerebbe troppo, nonostante regola vuole che le opere pubbliche vengano messe a norma e il territorio risanato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali soluzioni abbia approntato o intenda approntare la competente prefettura, in sinergia con il comune per pervenire a una positiva conclusione della vicenda;

   quali iniziative di competenza intendano assumere, anche incrementando le risorse a disposizione degli enti locali, per rafforzare le politiche abitative, con particolare riferimento a famiglie disagiate o in condizioni di difficoltà, come nel caso esposto in premessa.
(4-03299)


   BOLDRINI, FORNARO, MURONI e EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la legge 28 marzo 2019, n. 26, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 75 del 29 marzo 2019, è vigente dal 30 marzo 2019;

   il comma 1-bis dell'articolo 2 del citato decreto-legge dispone che ai fini dell'accoglimento della richiesta di cui all'articolo 5 e con specifico riferimento ai requisiti di cui al comma 1, lettera b), dello stesso articolo 2, i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea devono produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana;

   il comma 1-ter dell'articolo 2 afferma che le disposizioni di cui al comma 1-bis non si applicano nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al citato comma 1-bis;

   il comma 1-ter prevede altresì che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, venga definito l'elenco dei Paesi nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) ai fini Isee;

   il termine entro cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbero dovuto definire l'elenco dei Paesi nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della Dsu ai fini Isee, è scaduto il 30 giugno 2019;

   l'Inps ha emanato una circolare che sospende le domande del reddito di cittadinanza presentate da cittadini extracomunitari che non rispettino i criteri stabiliti proprio dall'istituto. Sarebbero circa 130 mila i cittadini fuori dai parametri: «Particolare attenzione, ai fini dell'accoglimento della richiesta del beneficio Rdc/Pdc va posta in ordine alle previsioni di cui all'articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea devono produrre una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali, nonché sulla composizione del nucleo familiare. La norma prevede che la certificazione debba essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana (che ne attesta la conformità all'originale»;

   l'ASGI (associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) ha evidenziato una serie di criticità recate dalla legge 28 marzo 2019, n. 26; tra le altre si segnalano le seguenti: a) non viene spiegato quale sia esattamente il contenuto della «apposita certificazione» che lo straniero dovrebbe produrre ai fini dell'accoglimento della domanda; b) si assegna ad un decreto Ministeriale il compito di indicare i Paesi «nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della Dsu ai fini Isee»: mentre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 non prevede alcuna «documentazione necessaria per la compilazione»; c) non viene spiegato cosa accade agli stranieri in attesa della emanazione del decreto ministeriale suddetto, ossia se sono messi in condizione di presentare domanda e di ottenere il beneficio –:

   se i Ministri interrogati non ritengano urgente emanare immediatamente il decreto recante elenco dei Paesi di cui al citato comma 1-ter del decreto-legge n. 4 del 2019.
(4-03309)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   circa 100 ex lavoratori del sito Ideal Standard di Salerno da anni sono impegnati in tutte le sedi per vedere riconosciuta la loro esposizione alle polveri di amianto e conseguentemente i benefici previdenziali previsti dalle leggi;

   gli ex lavoratori Ideal Standard di Salerno avevano tutti presentato regolare domanda all'Inail entro il termine – 15 giugno 2005 – di cui all'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003 e l'Inail aveva risposto negativamente soltanto nel 2012;

   nel giugno del 2015 i lavoratori avevano presentato le domande amministrative all'Inps che oggi vengono ritenute, dallo stesso Ente, «inesistenti»;

   nello stesso periodo veniva accertata nel settore dell'industria ceramico-sanitaria la presenza di amianto nell'impasto ceramico dei sanitari tanto che l'Asl di Roma provvedeva ad adottare le necessarie misure per il monitoraggio della salute dei lavoratori;

   accertato anche l'elevato tasso di mortalità gli ex lavoratori presentavano un esposto all'Asl e diversi richiedevano singolarmente all'Inail il riconoscimento della malattia professionale in relazione alle malattie asbesto correlate;

   in vari giudizi celebrati innanzi al tribunale di Nocera Inferiore diversi ex lavoratori dell'Ideal Standard di Salerno, anche in seguito a consulenza tecnica d'ufficio ambientale nel corso della quale veniva accertata l'esposizione all'amianto dei lavoratori, ottenevano il riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13 della legge n. 257 del 1992 e l'Inps non impugnava le sentenze che passavano così in giudicato;

   viceversa, per i giudizi celebrati innanzi al tribunale di Salerno l'Inps affermava che non era stata presentata alcuna domanda amministrativa, ritenendo che le domande depositate personalmente dai lavoratori, con regolare protocollo e menzione del responsabile del procedimento fossero del tutto «inesistenti», in quanto avrebbero dovuto essere inoltrate telematicamente secondo quanto previsto dalla circolare 10 febbraio 2011, n. 32 e dal decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e dalla determinazione presidenziale n. 75 del 30 luglio 2010;

   a parere dell'interrogante si configura, di conseguenza, una macroscopica diversità di trattamento tra i lavoratori ricorrenti innanzi al tribunale di Salerno e quelli ricorrenti innanzi al tribunale di Nocera Inferiore, con evidente lesione del principio di uguaglianza, oltre alla violazione del diritto dei lavoratori alla vita (articolo 2 convenzione CEDU), al giusto processo (articolo 6 convenzione Cedu), al rispetto della vita privata (articolo 8 convenzione (CEDU) e ad un ricorso effettivo (articolo 13 convenzione Cedu) –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza e nel rispetto dell'autonomia gestionale dell'ente, adottare iniziative, ove ne ricorrano i presupposti anche ispettive, nei confronti della sede territoriale Inps di Salerno, utile ad accertare se con riferimento, ai lavoratori ex Ideal standard che hanno presentato personalmente e in forma cartacea la domanda concernente benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto, l'Inps abbia fornito l'informazione sull'obbligo di presentazione della domanda esclusivamente in via telematica pena la nullità della stessa o se abbia ritenuto, solo successivamente, non valide tali domande, come sembrerebbe, tanto da protocollarle regolarmente e menzionare il responsabile del procedimento, arrecando così un evidente danno ai lavoratori e alle lavoratrici ex Ideal Standard, oltre a far emergere dubbi, a parere dall'interrogante, sulla correttezza delle condotte messe in atto dalla stessa sede Inps.
(4-03315)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   la canapa è una coltura tradizionale tipica del nostro Paese: fino alla metà del secolo l'Italia era infatti il secondo produttore mondiale dopo la Russia con 100 mila ettari seminati e un milione di quintali prodotti;

   la legge 12 febbraio 2016, n. 242, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ha previsto tra le proprie finalità «il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa, quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione»;

   tale legge sostiene e promuove la coltivazione, la trasformazione e lo sviluppo delle filiere finalizzate alla produzione di prodotti tessili, di semilavorati da impiegare nella bioedilizia, nella componentistica, di prodotti alimentari (principalmente semi, oli e farina);

   tale coltivazione ha quindi innumerevoli applicazioni con i suoi derivati soprattutto in ambito alimentare e del filone del benessere: per fare alcuni esempi, l'olio di canapa è un utile strumento di contrasto al colesterolo, le tisane di infiorescenza sono ideali per avere effetti anti stress, la farina di canapa è utilissima nel supporto di proteine e priva di glutine tanto da essere un super food perfetto per chi soffre di celiachia;

   a seguito della nuova normativa, la coltivazione di canapa, dopo decenni di abbandono, ha registrato una crescita esponenziale nel nostro Paese: negli ultimi tre anni la superficie coltivata è passata da 950 a 3 mila ettari coinvolgendo centinaia di aziende-agricole;

   è quindi palese come questa coltura rappresenti una risorsa e una opportunità per l'agricoltura italiana e come sia estremamente riduttivo e fuorviante ridurre la questione della canapa alla sola Cannabis light, anche in seguito alla recente sentenza della Corte di Cassazione che ha sancito la non commerciabilità di alcuni prodotti derivati dalla Cannabis (come l'olio, le foglie, le infiorescenze e la resina che contengono il principio attivo Thc - tetraidrocannabinolo);

   la Corte di Cassazione ha rilevato quindi alcune carenze presenti nella normativa vigente: la legge n. 242 del 2016, promuovendo indiscutibilmente lo sviluppo della filiera della canapa sativa, non ha però definito nel dettaglio il suo utilizzo in ambito agro-alimentare;

   l'articolo 5 della legge n. 242 del 2016 «Limiti di THC negli alimenti», tuttavia, stabilisce che «Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti». Ad oggi tale decreto non è stato ancora adottato;

   la Cassazione ha inoltre indicato un contrasto interpretativo sulla liceità della commercializzazione della vendita al dettaglio della cannabis light proveniente dalle coltivazioni di canapa previste dalla legge n. 242 del 2016: in definitiva, la norma dovrebbe perfezionarsi distinguendo le due tipologie di piante che hanno valori tecnici completamente differenti, pur essendo della stessa famiglia, e che si differenziano comunque sulla potenzialità di «efficacia drogante»;

   anche se infatti tutte le attività agricole e le attività di vendita da aziende agricole ad altre imprese di prodotti derivati da canapa industriale (come cosmetici, alimentari, manifatturieri, biomassa, colture per florovivaismo) non sarebbero oggetto della citata sentenza della Corte di cassazione, purché conformi alle rispettive normative di settore, è evidente che il dibattito legato alla liberalizzazione della cannabis abbia alimentato una confusione mediatica sulla piena commercializzazione del prodotto, penalizzando fortemente soprattutto la sua applicazione alimentare –:

   se ritenga necessario assumere iniziative urgenti al fine di colmare il vuoto normativo presente nella legge 12 febbraio 2016, n. 242, relativo alla commercializzazione dei prodotti agroalimentari derivanti dalla coltivazione e dalla trasformazione della canapa, al fine di sostenere le numerose imprese della filiera che in questi hanno programmato investimenti e generato posti di lavoro e al fine di contrastare pratiche speculative commerciali che hanno danneggiato numerose aziende agricole italiane.
(5-02482)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Veneto c'è uno stato di «emergenza sanitaria» dovuta alla presenza di alcuni inquinanti nelle falde acquifere di una trentina di comuni a cavallo tra la provincia di Padova, quella di Vicenza e quella di Verona;

   le persone coinvolte nel Piano di sorveglianza sanitaria attivato dalla direzione prevenzione dell'area sanità e Sociale della Regione in relazione all'inquinamento da Pfas, sono state sino ad ora circa 47.000;

   secondo i dati pubblicati dalla regione, per 25.228 di queste sono già disponibili tutti gli esiti. A marzo 2019 erano oltre 16.000 le persone alle quali era stato indicato di iniziare un percorso di approfondimento di secondo livello;

   questi dati sono contenuti nei periodici rapporti sull'andamento del Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a Pfas, diffusi dalla direzione prevenzione della regione che, in collaborazione con le Ulss e le strutture sanitarie interessate gratuitamente e a disposizione degli abitanti nei comuni suddivisi in «Area Rossa A» e «Area Rossa B», sta proseguendo nell'attuazione del piano rivolto alla salute delle persone esposte all'inquinamento;

   la convocazione per i controlli della popolazione target è iniziata a dicembre 2016 e procede secondo un ordine di età anagrafica crescente. Dal 2018 vengono chiamate anche 2 o 3 coorti all'anno per i soggetti nati dopo il 2003. Il protocollo di sorveglianza include: un'intervista per individuare abitudini di vita non salutari e per fornire informazioni e consigli su come proteggere la propria salute. Vengono inoltre rilevati parametri quali la misurazione della pressione, esami del sangue e delle urine per valutare lo stato di salute di fegato, reni e tiroide, e l'eventuale presenza di alterazioni del metabolismo dei grassi e degli zuccheri. Inoltre viene eseguito il dosaggio di 12 sostanze Pfas nel siero con l'invio agli ambulatori di secondo livello per la presa in carico dei soggetti con valori alterati e Pfas nel sangue;

   con la nota del 18 dicembre 2018 (protocollo numero 514405) la regione ha avviato lo screening ecografico tiroideo su tutte le donne con riscontro positivo ai Pfoa e/o Pfos della coorte di nascita 1989-1998, residenti nell'area rossa delle provincie di Padova, Verona e Vicenza;

   quelle che presentavano concentrazioni sieriche di Pfoa e/o Pfos superiori al valore di riferimento, sono state invitate ad eseguire un'ecografia tiroidea per identificare eventuali patologie. In base all'esito dell'esame, le utenti venivano poi prese in carico e, se ritenuto necessario, inserite in un percorso diagnostico-terapeutico specifico. Al 31 maggio 2019 sono state effettuate 100 ecografie con un'adesione all'invito da parte delle utenti pari all'83,3 per cento, secondo i dati diffusi dalla regione;

   sarebbe opportuno sapere se lo screening iniziato dalla regione abbia ottenuto il parere preliminare da parte del Comitato etico prima di essere avviato e in base a quali evidenze scientifiche sia stato iniziato tale programma, visto che a quanto consta all'interrogante la letteratura medica la nega decisamente, ed anzi raccomanda di non effettuare tali screening tiroidei per il concreto rischio di over-treatment delle donne coinvolte e la mancata efficacia nel ridurre la mortalità per tumore tiroideo;

   sarebbe inoltre opportuno sapere se siano stati considerati gli effetti collaterali prodotti da tale attività di screening alla luce delle numerose evidenze scientifiche disponibili e se sia stato acquisito il competente parere dell'ufficio UOC Screening e Valutazione impatto sanitario dell'Azienda Zero del Veneto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravità della situazione;

   se intenda assumere iniziative, anche per il tramite dell'istituto superiore di sanità, al fine di promuovere un'indagine epidemiologica nell'area in questione;

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere per prevenire e fronteggiare i rischi per la salute della popolazione provocati dal grave inquinamento da Pfas nelle zone richiamate in premessa.
(5-02506)


   ROTTA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con esposto acquisito al protocollo Anac in data 28 dicembre 2017, prot. 139969, la società Dussmann Service Srl, segnalava delle criticità nella procedura aperta per l'affidamento del servizio di ristorazione per i fabbisogni delle aziende sanitarie locali della regione Veneto, da aggiudicarsi secondo le modalità previste dall'articolo 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

   si lamentava la violazione degli articoli 51 e 30 del codice dei contratti e conseguentemente un non corretto funzionamento delle regole della concorrenza;

   con sentenze nn. 1350/2019, 1486/2019, 1491/2019 il Consiglio di Stato ha statuito l'illegittimità della gara in riferimento agli appelli presentati per il lotto numero 1, il lotto numero 6 e il lotto numero 3;

   successivamente, venivano contestate alla stazione appaltante profili di illegittimità in riferimento agli articoli 30, 31, 32, 51 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e anche in riferimento alla violazione dei princìpi comunitari di libera concorrenza, partecipazione, proporzionalità e non discriminazione;

   l'Anac nella delibera n. 427 del 15 maggio 2019, ha scritto che: «La società Serenissima Ristorazione ha in disponibilità un centro di cottura nel territorio Veneto con preparazione dei pasti con metodo cook and chill, rinveniente da un affidamento in project financing disposto dalla ex Ausl 16 di Padova e che, anche in ragione della predetta struttura, la Serenissima risulta già affidataria della maggior parte degli appalti nella sanità veneta ed opera sul mercato in condizione di netta superiorità rispetto alla concorrenza. Dagli atti istruttori è emerso come la citata CRITE di fatto si sia sostituita alla Stazione appaltante nella predisposizione del capitolato tecnico con una serie di emendamenti sulla gara che superando l'aspetto consultivo sono sfociate in vere e proprie prescrizioni su elementi essenziali della lex specialis di gara quali il criterio di aggiudicazione, la definizione del rapporto qualità/prezzo, la determinazione dei punteggi, anche abbastanza restrittivi, su alcuni aspetti tecnici spettanti alla stazione appaltante per espressa previsione di legge articolo 32 del decreto legislativo n. 50 del 2016, e senza alcuna circostanziata motivazione rinvenibile nei pareri espressi»;

   alla luce delle predette considerazioni, si evince «come anche la previsione di attribuzione, per il criterio di cui al comma 3 dell'articolo 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016, di 50 punti per l'offerta tecnica e di 50 per l'economica [...] prescritto dalla Commissione regionale, diversamente da quanto previsto nel progetto di gara, cioè nella misura di 60/40, ha avuto l'effetto di appiattire la valutazione tecnica attribuendo un peso decisivo all'offerta economica che ha inevitabilmente favorito l'operatore economico colosso della ristorazione nel Veneto»;

   l'Anac, nella delibera ha affermato che: «Non vi è dubbio come si rileva nella sentenza del CdS nr. 1491/2019 “il fine della standardizzazione dei servizi è stato perseguito strutturando illegittimamente la gara in modo da favorire la ‘concentrazione’ di tutti i lotti nell'unica impresa già presente sul territorio e che opera con il sistema cook and chill mediante il più grande centro di produzione pasti della Regione Veneto...”»;

   l'Anac ha poi rilevato: «la gara appare sotto il profilo delle scelte discrezionali strutturata in violazione delle regole della concorrenza nel mercato delle imprese del settore»;

   per i motivi sopra espressi, l'Anac ha statuito la «illegittimità della procedura di gara con inoltro alla stazione appaltante della presente deliberazione e l'invito a voler far conoscere nel termine di 30 giorni le conseguenti determinazioni assunte» –:

   se il Governo, alla luce delle criticità evidenziate in premessa, non ritenga di adottare iniziative per rivedere la normativa in materia di affidamenti e appalti pubblici, con particolare riferimento al settore sanitario, al fine di evitare situazioni come quella sopra richiamata e garantire un'effettiva concorrenza nel mercato.
(5-02507)


   BRUNO BOSSIO e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   successivamente al varo e alla conversione in legge del decreto-legge n. 35 del 30 aprile 2019 concernente misure riguardanti la sanità calabrese, si era registrato un accordo tra i commissari e le organizzazioni sindacali territoriali con il quale, anche sulla base dei risultati raggiunti dalla precedente gestione commissariale, si autorizzavano le Asl della Calabria ad assumere a tempo indeterminato le unità di personale autorizzate con i decreti del commissario ad acta per il piano di rientro;

   suddetto accordo tradotto in una circolare del 27 giugno 2019, autorizzava le Asl, fino al 31 dicembre 2019, a prorogare e rinnovare tutti i contratti di lavoro a tempo determinato esistenti al mese di giugno 2019 e consentiva la possibilità di costituire nuovi rapporti sempre a tempo determinato per la copertura di posti vacanti autorizzati dalla struttura commissariale solo in assenza di graduatorie valide;

   si apprende che il commissario ad acta generale Dott. Saverio Cotticelli ha inviato una comunicazione indirizzata a tutti i soggetti istituzionali della sanità calabrese in data 5 luglio 2019 con la quale sospende unilateralmente le disposizioni assunte a seguito del citato accordo-circolare del 27 giugno 2019 riguardante l'applicazione delle norme contenute dal decreto-legge n. 35 del 2019 e dal citato accordo con le organizzazioni sindacali, fino alla riunione del tavolo tecnico interministeriale per la verifica dell'attuazione del piano di rientro;

   si evidenzia che in questo modo il provvedimento di necessità e urgenza quale il decreto-legge n. 35 del 2019, con la gestione commissariale straordinaria voluta dal Governo in carica, non solo presenta lacune, inefficienze e zone d'ombra, ma, con il blocco delle assunzioni determinato dalla comunicazione del 5 luglio, rischia di mandare in default il già fragile sistema sanitario calabrese con conseguenze drammatiche soprattutto per i cittadini;

   vanno inoltre chiarite le ragioni delle dimissioni del sub commissario Thomas Schael su cui si stanno moltiplicando i retroscena sugli organi di informazione –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere per chiarire le ragioni della sospensione della circolare prot. 241891 del 27 giugno 2019;

   se e in quale modo si intendano confermare gli impegni assunti con quella circolare.
(5-02510)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BURATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il «nomenclatore tariffario» contiene l'elenco delle prestazioni e dei dispositivi erogabili dal servizio sanitario nazionale nell'ambito dell'assistenza alla disabilità;

   dopo essere stato sottoposto al parere delle commissioni parlamentari competenti, è stato recentemente aggiornato all'interno dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2017;

   l'aggiornamento dei Lea ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo nuove prestazioni ed eliminando quelle più obsolete; ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica, introducendo prestazioni innovative nel settore delle tecnologie informatiche e di comunicazione, a favore dei disabili con gravissime limitazioni funzionali; tali aggiornamenti non sono ancora divenuti operativi, in quanto non sono stati ancora emanati i decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;

   la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 420, della legge n. 205 del 2017) aveva posto il 28 febbraio 2018, come termine ultimo per l'emanazione dei decreti sulle tariffe massime;

   a distanza di più di un anno questi decreti non sono stati ancora emanati;

   la conseguenza è che, in assenza dei citati decreti che fissano le tariffe massime e in assenza della pubblicazione dei nomenclatori tariffari, gli aggiornamenti dei Lea non possono diventare operativi –:

   quale sia lo stato attuale dell’iter del decreto concernente le suddette tariffe massime e quali urgenti iniziative intenda assumere per giungere alla definitiva adozione del provvedimento, i cui ritardi stanno ledendo il diritto fondamentale alla salute di molte categorie di pazienti deboli.
(4-03307)


   PASTORINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, commi 537, 538, 540, 541 e 542, disciplina l'iscrizione agli albi professionali di taluni professionisti in ambito sanitario, al fine di eliminare l'indeterminatezza del quadro giuridico delineatosi a seguito dell'approvazione della legge n. 3 del 2018;

   per tale scopo, al citato comma 538, si dispone che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019, con decreto del Ministro della salute, vengano istituiti degli elenchi speciali a esaurimento istituiti presso i corrispondenti ordini professionali;

   l'iscrizione a tali elenchi, entro il 31 dicembre 2019, autorizza a continuare a svolgere le attività professionali previste dal profilo della professione sanitaria di riferimento. Possono iscriversi coloro che svolgano o abbiano svolto un'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di 3 anni, per periodi anche non continuativi, nell'arco degli ultimi dieci anni; tuttavia, a distanza di circa 5 mesi dal termine per la pubblicazione del citato decreto del Ministero della salute, indispensabile per l'attuazione della revisione descritta, non è stato licenziato alcun atto ministeriale;

   inoltre, in base alla circolare n. 7/E del 4 aprile 2017 dell'Agenzia delle entrate, interpretativa dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, le prestazioni del massofisioterapista sono detraibili solo se rese da soggetti che hanno conseguito entro il 17 marzo 1999 il diploma di formazione triennale. Dunque, le prestazioni rese da massofisioterapisti che hanno conseguito il diploma successivamente a tale data non sono detraibili, neanche in presenza di una specifica prescrizione medica;

   secondo quanto riportato dai rappresentanti della categoria, l'Agenzia delle entrate afferma di vantare a carico dei massofisioterapisti fino a 5 anni di Iva non versata relativa alle loro prestazioni, nonostante le stesse fossero correlate di prescrizione medica;

   pertanto, la categoria dei massofisioterapisti è ad oggi penalizzata dalla impossibilità, salvo l'eccezione sopra descritta, di detrazione delle prestazioni rese e in attesa di uscire dal limbo in cui si trova a causa della mancanza del decreto attuativo che istituirà gli elenchi speciali a cui iscriversi; i rappresentanti della categoria e l'interrogante non riescano a comprendere cosa blocchi l'approvazione del suddetto decreto. Le dichiarazioni pubbliche del presidente della Federazione nazionale Ordini Tsrm-Pstrp, Alessandro Beux, e del sindacato dei fisioterapisti, che stanno esercitando quelle che appaiono all'interrogante ingiuste pressioni sullo stesso Ministero della salute, incutono il timore che mai si arriverà ad una approvazione di un decreto che preveda l'inclusione dei massofisioterapisti «post 1999» in un elenco speciale –:

   quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto di cui all'articolo 1, comma 538, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, atteso da 20 mila professionisti ignari di quale futuro li attenda;

   se intenda, nell'ambito delle sue competenza e in virtù del principio della trasparenza, chiarire cosa ostacoli l'emanazione del suddetto decreto che presenta ad oggi un ritardo di circa cinque mesi;

   quali siano i suoi orientamenti in merito a quanto dichiarato in materia tranchant dal presidente Beux che esclude a priori la possibilità di inserimento in un albo ad hoc dei massofisioterapisti «post 1999»;

   se, in attesa dell'emanazione di suddetto decreto, si intendano adottare iniziative per prevedere una fase transitoria a favore delle categorie di professionisti interessate;

   quali indicazioni si intendano dare con riferimento alla situazione fiscale dei massofisioterapisti, alla luce delle richieste dell'Agenzia delle entrate in relazione alle prestazioni svolte dagli appartenenti alla categoria.
(4-03319)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANICHELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, avvalendosi della collaborazione del Nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza, ha accertato, nel mese di dicembre 2018, l'esistenza di un cartello delle principali società finanziarie e dei relativi gruppi automobilistici operanti in Italia nel settore della vendita di autoveicoli mediante prodotti finanziari, nonché delle relative associazioni di categoria e, «in considerazione della gravità e della durata dell'infrazione», ha imposto sanzioni pecuniarie ai principali operatori del mercato per un totale complessivo di circa 678 milioni di euro;

   in particolare l'Autorità ha constatato l'esistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza, tra il 2003 e il 2017, funzionale ad alterare le dinamiche concorrenziali nel mercato della vendita di automobili dei gruppi di appartenenza attraverso finanziamenti erogati dalle rispettive captive banks, ossia istituti collegati alle società che erogano i prestiti per l'acquisto delle auto a rate;

   il 28 aprile 2017, l'Autorità ha avviato un procedimento istruttorio al fine di accertare la sussistenza di un'intesa, in violazione dell'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), volta al coordinamento delle strategie commerciali tra le società Banca PSA Italia S.p.A., BMW Bank GmbH, FCA Bank S.p.A., FCE Bank Plc., General Motors Financial Italia S.p.A., Mercedes Benz Financial Services Italia S.p.A., RCI Banque SA, Toyota Financial Services Plc. e Volkswagen Bank GmbH (cosiddetta captive banks), ipotizzando in particolare un'alterazione delle dinamiche competitive tra le captive banks attive in Italia nella fornitura dei servizi finanziari finalizzati all'acquisto di autoveicoli, con una possibile alterazione anche delle dinamiche competitive relative alla scelta di autoveicoli;

   quello che si è creato è stato un vero e proprio cartello nella vendita di finanziamenti finalizzati all'acquisto di auto. Un accordo che, attraverso scambio di email e riunioni segrete, aveva l'obiettivo di allineare i tassi dei finanziamenti al livello di quello dei concorrenti, a discapito dei clienti finali;

   per i consumatori che hanno acquistato un'auto con un finanziamento tra il 2003 e il 2017, la principale conseguenza del comportamento anticoncorrenziale è stata quella dell'aver pagato interessi e spese più alti e dell'essere indotti a comprare i prodotti abbinati, a causa delle informazioni non corrette –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative al fine di promuovere la concorrenza nel settore in questione e contrastare la nascita di cartelli anticoncorrenziali che danneggiano i consumatori e il mercato.
(5-02512)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la storica azienda italiana di moda specializzata in intimo «La Perla» nel mese di febbraio 2018 è stata venduta a una società d'investimento olandese, Sapinda Holding, di proprietà di un finanziere tedesco, Lars Windhorst;

   il 24 giugno 2019 la holding ha annunciato il pesante taglio di ben 126 posti di lavoro;

   gli esuberi sarebbero concentrati quasi tutti sul polo bolognese e rappresentano un quarto del personale totale del gruppo in Italia;

   immediatamente sono scattate le legittime proteste delle lavoratrici «La Perla» e delle organizzazioni sindacali di categoria;

   secondo le organizzazioni sindacali tali esuberi potrebbe essere solo un primo passo verso un disimpegno totale dall'Italia da parte della holding olandese;

   a supporto di tale tesi vi è la circostanza che ad essere interessati dai tagli siano professionalità che detengono il «saper fare» dell'azienda;

   la decisione della proprietà mette a rischio la continuità produttiva del sito di Bologna e quel bagaglio professionale che ha reso «La Perla» un marchio conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo; su 1200 dipendenti nel mondo inspiegabilmente l'apertura delle procedure di mobilità riguarda 126 dipendenti di due società del gruppo «La Perla» e la nuova proprietà sceglie di licenziare cento persone a Bologna, dove risiede il know how del prodotto;

   un altro marchio di prestigio del made in Italy, leader del mercato dell'intimo e della corsetteria rischia di vedere la sua linea produttiva totalmente pensata e realizzata all'estero, con un grave danno economico e di immagine per la manifattura italiana e per lo stesso made in Italy;

   tutte le persone in mobilità sono donne, artigiane d'eccellenza, altamente specializzate che hanno acquisito nel tempo competenze professionali e che rischiano di perdere il posto di lavoro se non verranno scongiurati i licenziamenti;

   durante il tavolo di confronto che si è svolto il 2 luglio 2019 a Bologna in regione tra sindacati e azienda, quest'ultima ha comunicato il rifiuto sia al ritiro dei licenziamenti sia alla sospensione della procedura che riguarda il futuro di questi 126 lavoratori;

   durante quell'incontro l'azienda non ha presentato alcun piano industriale e non è stata in grado di dare risposte sulle prospettive future o sulla conduzione presente;

   licenziare impiegate tecniche, sarte, modelliste vuol dire smontare l'impresa e spingerla fuori dall'Italia;

   un piano industriale fatto solo di tagli al personale vuol dire, secondo l'interrogante, aver acquistato un'azienda solo per un «gioco» speculativo fatto su fondi di investimento, senza alcuna logica industriale –:

   se il Governo non intenda intervenire convocando urgentemente un tavolo di confronto con i sindacati e l'azienda al fine di salvaguardare i 126 posti di lavoro de «La Perla», favorendo contestualmente l'elaborazione di un piano industriale chiaro e sostenibile, al fine di tutelare gli attuali livelli occupazionali e la centralità dell'insediamento produttivo bolognese, scongiurando così l'ennesima crisi industriale che, oltre a creare nuova disoccupazione, farebbe perdere al nostro Paese un patrimonio di conoscenze che non può andare disperso.
(4-03298)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione De Maria e altri n. 1-00199, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gariglio, Sensi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Zoffili e altri n. 3-00858, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caffaratto.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Pastorino n. 5-02406 del 2 luglio 2019.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Paita n. 5-02180 del 29 maggio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03294.