Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 20 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    come raccontano i dati di cui si dispone e le realtà che si hanno sotto gli occhi, le città contemporanee vivono un'epoca di grandi contraddizioni in termini di crescita demografica, sicurezza, distribuzioni delle ricchezze, disuguaglianze sociali, utilizzo dei suoli, mutamenti climatici e approvvigionamento energetico;

    secondo gli studi e le ricerche delle maggiori organizzazioni internazionali (Ocse, Onu), che da oltre un decennio si occupano della trasformazione delle grandi aree urbane e metropolitane e delle principali tendenze che le caratterizzano, l'accelerazione dell'urbanizzazione ha rafforzato il peso delle grandi città e delle aree metropolitane. Ormai quasi i due terzi della popolazione mondiale si avvia a vivere (entro il 2050) nelle grandi città o in centri «meta-metropolitani»;

    già nel 2006 la «zona Ocse» annoverava il 53 per cento della popolazione residente in grandi aree urbane e ben 78 aree metropolitane con una popolazione superiore ad 1,5 milioni di abitanti;

    una ricerca Onu del 2015 stima che entro il 2025 l'aumento della popolazione urbanizzata sarà mediamente di 65 milioni di abitanti per anno e che il 96 per cento delle città europee con oltre 300 mila abitanti è destinato a crescere nell'arco dei successivi 15 anni;

    la crescente concentrazione demografica, che assume intensità e velocità diverse a seconda delle varie aree continentali, produce una concentrazione di ricchezza cui si accompagna una crescita di diseguaglianze ed un aumento della povertà all'interno delle aree urbane;

    molte grandi città dell'Europa, delle Americhe e dell'Asia, concentrano quasi la metà del prodotto interno lordo nazionale nelle loro aree metropolitane ed un prodotto interno lordo pro-capite superiore a quello nazionale;

    nello stesso tempo, in gran parte delle medesime situazioni, i tassi di disoccupazione o di inattività lavorativa sono superiori agli indici nazionali ed in molti casi alle zone rurali e scarsamente urbanizzate;

    la povertà e l'esclusione non sono più da tempo fenomeni urbani e metropolitani propri delle città meno avanzate o dei cosiddetti «Paesi in via di sviluppo» ma segnano profondamente (con una marcata accelerazione dei fenomeni dopo il 2008) anche le città e le metropoli dei Paesi più avanzati, configurando un forte assottigliamento dei ceti medi urbani tradizionali e delle condizioni medie di prosperità e di benessere;

    gli immigrati ed i loro discendenti rappresentano, insieme ai gruppi sociali impoveriti dal restringimento delle classi medie, le componenti più vulnerabili delle popolazioni che tendono a raggrupparsi nelle grandi città;

    tutto ciò produce costi elevati; la povertà e l'esclusione si traducono in alti livelli di criminalità che rafforzano le reti e le organizzazioni criminali che ormai agiscono su scala globale e operano sempre più attivamente anche nel settore finanziario;

    già nel 2006 l'Ocse segnalava un tasso di criminalità, nelle città principali dell'area, superiore del 30 per cento al tasso nazionale ed una forte concentrazione spaziale dei fenomeni di criminalità in quartieri depressi con minore accessibilità alle infrastrutture, ai servizi, ai poli formativi principali (università, scuole) e sui quali i livelli di investimenti pubblici e privati pro-capite sono nettamente inferiori ai quartieri più integrati;

    parte rilevante della disgregazione del tessuto sociale è rappresentato dai fenomeni di intolleranza tra gruppi etnici o religiosi di diversa radice e che trovano alimento in particolare nella contrapposizione tra nuovi poveri immigrati e non, figli di una medesima condizione di diseguaglianza ed esclusione;

    la crescita demografica delle aree urbane e la conseguente tendenziale espansione dei perimetri urbani costituisce una delle componenti più allarmanti sullo stato complessivo della salute del pianeta;

    mutamenti climatici, aumento esponenziale delle superfici impermeabilizzate e del consumo di suolo, riduzione e compromissione delle riserve idriche, ritardi e sperequazioni nelle politiche di riconversione energetica finalizzate alla riduzione ed al progressivo abbandono dell'uso dei derivati fossili, rappresentano le grandi sfide dell'umanità di questo secolo, sfide che possono essere vinte o perse principalmente nel teatro urbano e metropolitane;

    anche perché la crescente urbanizzazione a livello mondiale sta producendo, per converso, un crescente degrado del suolo mondiale non urbanizzato che, secondo una stima della Fao, già per il 33 per cento «altamente degradato» anche per l'impoverimento che ne è derivato per la concentrazione delle moderne coltivazioni intensive; una condizione che mette a rischio il benessere di 3 miliardi e mezzo di persone;

    da questi dati emerge quindi il profilo di una «nuova questione urbana» che si configura come un vero e proprio transito da una civiltà urbana ad un'altra il cui destino è tutto da scrivere e che, seppure con caratteristiche specifiche e scale dimensionali diverse e spesso assai distanti, caratterizza l'intero pianeta e si gioca su una nuova strategia di crescita nella quale l'aumento della popolazione urbana e delle possibilità di ricchezza e di benessere debbono necessariamente convivere con maggiore eguaglianza, risparmio delle risorse naturali, nuovi modelli energetici, contenimento del consumo di suolo e dell'espansione del suolo urbanizzato;

    una ricerca del Cresme del 2016 (World Cities Vision 2030-2050) documenta ancor meglio e con dati aggiornati la crescita delle grandi metropoli delle economie emergenti ma anche delle città della vecchia Europa e come esse stiano cercando di progettare la loro «rivoluzione» attrezzandosi per crescere e competere, offrendo nuove opportunità di lavoro e di sviluppo e una nuova qualità della vita;

    le linee di azione in corso nelle principali metropoli capitali europee si sviluppano su indirizzi comuni e che fanno riferimento ai contenuti di Agenda urbana europea 2030;

    tali indirizzi contemplano: piani climatici riguardanti l'ambiente e l'energia, per migliorare la qualità dell'aria e ridurre le emissioni di CO2; grandi investimenti per la mobilità sostenibile, per la rigenerazione dei tessuti urbani ed edilizi, per la riconversione energetica degli edifici e per la loro rifunzionalizzazione, grandi programmi per la digitalizzazione; potenziamento delle infrastrutture culturali e formative e dei centri per la ricerca scientifica e tecnologica; programmi di housing sociale valorizzazione dello spazio pubblico;

    sono in atto importanti trasformazioni condotte con politiche di partnership pubblica e privata, inscritte all'interno di piani strategici con obiettivi temporalizzati;

    le strategie di agenda 2030 sono dunque in pieno sviluppo nella gran parte delle nazioni europee, sorrette da programmi e finanziamenti nazionali ed europei all'interno dei quali è possibile ravvisare l'ormai strettissima relazione, fin quasi alla coincidenza, tra politiche urbane in senso generale e politiche per la riqualificazione delle periferie;

    in Italia tale condizione assume una speciale connotazione e si inserisce in un contesto di particolare complessità nel quale le crescenti e nuove contraddizioni si sommano ad antichi problemi mai del tutto risolti e superati e ad una condizione distorsiva dello sviluppo moderno delle principali città italiane guidato per lungo tempo dalla rendita urbana, da un rapido e concentrato inurbamento che ha modificato in poco tempo il rapporto tra città e campagna consolidatosi in secoli di storia di un Paese ancora prevalentemente agricolo fino ai primi anni del secondo dopoguerra;

    tutto questo consegna una condizione nella quale esistono larghi squilibri territoriali tra diverse aree del Paese e tra diverse aree urbane del Nord, del Centro e del Sud, nella quale la dimensione pubblica della città, che ha caratterizzato peculiarmente lo sviluppo delle città italiane dall'antichità, al Medioevo, al rinascimento e fino all'Ottocento e che ancora si mantiene viva e presente nella sostanziale conservazione dei tessuti storici di borghi e città, si è fermata progressivamente e va declinando, minacciata o totalmente compromessa dalle vecchie e nuove contraddizioni;

    gli strumenti normativi posti a presidio e garanzia di un equo sviluppo urbano tra le componenti «pubbliche» (servizi, spazi pubblici, attrezzature collettive, urbanizzazioni primarie, infrastrutture, edilizia sociale) e quelle private (residenza privata, attrezzature per servizi privati o per la produzione manifatturiera) sono fermi agli anni ’60 e ’70, figli di una stagione ormai lontana;

    del tutto particolare e legato alle peculiari contraddizioni dell'inurbamento post unitario e post bellico è il fenomeno dell'abusivismo edilizio che ha generato enormi costi finanziari, sociali ed ambientali, che ancora oggi rappresenta una delle cause della fragilità idrogeologica del modello insediativo italiano e che non accenna a diminuire anche per il cedimento periodico delle istituzioni e delle amministrazioni che più o meno esplicitamente, più o meno surrettiziamente hanno alternato campagne di lotta e di repressione del fenomeno con soluzioni indultive;

    il fenomeno dell'abusivismo ha segnato la forma della gran parte delle città italiane sia in relazione alle forme insediative sia in relazione ai tessuti produttivi e commerciali accentuando il carattere distributivo «sprawl» dei perimetri urbani e metropolitani, più dispersivi e costosi sotto ogni punto di vista;

    oggi, in presenza delle nuove contraddizioni globali (precedentemente descritte) le periferie urbane vanno assumendo una connotazione trasversale che riguarda il complesso dell'organismo urbano nel quale i fenomeni di degrado e marginalità, di impoverimento dei ceti medi urbani, di abbandono dello spazio pubblico e di patrimonio privato, di crescita delle sacche di insicurezza urbana e di aumento della criminalità non riguardano più solo le aree esterne delle città, ma interessano anche zone centrali o semicentrali, investite dalle modificazioni del mercato immobiliare, dai flussi insediativi di immigrati, dall'invecchiamento del patrimonio edilizio diffuso;

    si parla ormai di «spappolamento», di «lacerazione», di «sfaldamento» dei corpi urbani e, per converso si contrappone la necessità di una «ricucitura» dei tessuti;

    l'Italia appare, nel contesto europeo e mondiale caratterizzato, come si è visto, da un grande dinamismo e da grandi obiettivi tesi ad affrontare i termini della «nuova questione urbana» e a contrastare gli aspetti negativi della globalizzazione, come il fanalino di coda delle politiche urbane; si tratta di una condizione di ritardo e di arretratezza o al meglio di stasi segnata da assenza di progetti di grande respiro, irrigidimento normativo, scarsezza di risorse, conflitto di competenze tra diversi enti territoriali, incapacità di molte regioni ad avvalersi delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea per programmi e progetti innovativi e di rigenerazione urbana;

    dopo anni di inerzia e di sostanziale episodicità degli interventi sulle città, senza un quadro organico e coordinato, con la legge 28 dicembre del 2015, n. 208, articolo 1, commi 974, 975, 976, 977, 978, è stato istituito un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia» che ha segnato una significativa inversione di tendenza nelle politiche pubbliche nazionali a sostegno delle aree urbane;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 dicembre 2016, è stata approvata la graduatoria dei progetti (n. 120), il cui valore finanziario complessivo ammonta a circa 3,8 miliardi di euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati, mentre la quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di circa 2,1 miliardi di euro;

    i comuni dal n. 1 al n. 24 hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (500 milioni di euro);

    per i restanti Comuni (n. 96 comuni) il finanziamento è stato assicurato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 che, ai sensi dell'articolo 1, comma 140 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (cosiddetta legge di bilancio 2017) ha assegnato al programma 800 milioni di euro a valere sol fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale e dalle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017 che, ai sensi del comma 141 della citata norma, hanno assegnato l'importo residuo di 761,32 milioni di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione relativo al periodo di programmazione 2014-2020;

    a seguito della disponibilità dell'intero ammontare delle risorse necessarie, nel mese di gennaio 2018 è stata completata la sottoscrizione di tutte le convenzioni;

    su questo contesto si è innestata, nel 2018, la modifica legislativa introdotta con l'articolo 13 del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2017, n. 108, cosiddetto «Milleproroghe». Tale norma ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse con i 96 comuni. Successivamente, in Conferenza unificata, è stato sancito l'accordo del 18 ottobre 2018 a cui è stato dato seguito con l'approvazione della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019);

    le disposizioni in questione, contenute all'articolo 1, commi da 913 a 916, stabiliscono che le convenzioni dei 96 enti successivi ai primi 24, producono effetti nel corso dell'anno 2019 relativamente al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma, attraverso l'utilizzo dei residui iscritti sul fondo di sviluppo e coesione e che le economie realizzate dagli enti territoriali rimangono acquisite al bilancio statale per essere destinate al finanziamento di spese di investimento dei Comuni e delle Città metropolitane. A tal fine, la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli enti beneficiari provvedono all'adeguamento delle convenzioni già sottoscritte. Sono, pertanto, in corso di perfezionamento gli atti integrativi alle convenzioni già sottoscritte con i citati 96 Enti;

    nella passata legislatura la Camera dei deputati aveva anche istituito una «Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» che aveva concluso i suoi lavori con un rapporto conclusivo votato sostanzialmente all'unanimità e che aveva condotto ad un'ampia indagine territoriale e all'indicazione di alcune linee unitarie di intervento;

    purtroppo, sia le modifiche legislative al «bando per le periferie» che la decisione di non ricostituire la Commissione parlamentare nella XVIII legislatura hanno interrotto un proficuo lavoro che rischia di ritardare o compromettere molti progetti e di riportare l'Italia in una condizione di episodicità di interventi, di disinteresse delle istituzioni e di marginalità rispetto alle dinamiche in atto nelle trasformazioni strategiche in corso negli altri Paesi europei e nelle maggiori nazioni del mondo,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rafforzare gli strumenti governativi e parlamentari per promuovere e gestire una nuova stagione delle politiche urbane, istituendo in particolare un dipartimento ad hoc di coordinamento delle politiche urbane;

2) ad adottare iniziative per una riforma delle competenze territoriali delle grandi aree metropolitane puntando alla istituzione di città metropolitane elette dai cittadini, con particolare riferimento alle città metropolitane con popolazione superiore ai 500 mila abitanti;

3) a rilanciare politiche coordinate e finanziate per la riqualificazione delle periferie, come per il bando del 2015, con un programma poliennale della durata di dieci anni, in modo tale di allestire un vero e proprio programma con continuità di finanziamenti e obbiettivi, considerato che la promozione di un tale programma può consentire investimenti per 25-30 miliardi di euro in dieci anni e che le città italiane hanno bisogno di obbiettivi e programmazione coordinata a livello nazionale e locale;

4) a promuovere una organica riforma della normativa nazionale per il governo del territorio in un quadro unitario e coordinato, il quale, pur nel rispetto del carattere concorrente della materia secondo il dettato della Costituzione, consenta di semplificare procedure e normativa, dare un quadro unitario di principi alla variegata legislazione regionale, favorire una riforma della normativa sugli standard e le dotazioni territoriali per i servizi urbani e metropolitani, costruire le condizioni di una fiscalità urbana equa e che favorisca il finanziamento della «città pubblica», codificare un regime di incentivazioni e sostegno alle politiche di rigenerazione urbana, riconversione energetica, riuso del patrimonio dismesso, demolizione e ricostruzione e contenimento del consumo di suolo;

5) a favorire una nuova stagione di politiche di edilizia residenziale pubblica con sostegno diretto degli enti pubblici e con accordi con soggetti finanziari per la realizzazione di programmi di housing, finalizzati al recupero e alla riconversione del patrimonio dismesso, alla riqualificazione dei quartieri di edilizia pubblica esistenti e degradati, allo sviluppo della residenza per studenti e per giovani coppie e al potenziamento dell'offerta per anziani attraverso residenze sanitarie assistite pubbliche o convenzionate;

6) a favorire una politica di effettiva tutela della sicurezza pubblica, adottando iniziative per raccordare tutte le competenze e le autorità presenti sul territorio (comuni, prefetture, corpi di polizia) e costruendo dei «patti per la sicurezza» che in ogni città si avvalgano delle competenze e delle prerogative dei neoistituiti Comitati metropolitani per l'ordine e la sicurezza e che puntino a coniugare cooperazione col tessuto associativo, sussidiarietà e controllo del territorio da parte delle autorità di Pubblica Sicurezza, unendo quindi sicurezza e solidarietà;

7) ad adottare le iniziative di competenza per una lotta serrata al fenomeno delle occupazioni abusive ed illegali del patrimonio abitativo pubblico e privato ed una decisa azione finalizzata allo sgombero delle occupazioni abusive quando non motivate da una reale e comprovata necessità che le autorità pubbliche competenti debbono impegnarsi a risolvere preservando il diritto alla proprietà ed i beni comunque comuni;

8) ad assumere le iniziative di competenza per una riforma dell'ordinamento delle polizie locali che favorisca un loro maggior coordinamento con i corpi nazionali;

9) a favorire politiche attive per il sociale adottando iniziative per agevolare una crescita degli investimenti da parte delle amministrazioni locali sia in termini di realizzazione di nuove strutture (scuole, centri civici, centri anziani, strutture formative, impianti sportivi), sia in termini di sostegno al reddito delle fasce più deboli, di impegno lavorativo e di inserimento per gli immigrati regolari e di sostegno alle politiche per l'emergenza abitativa (buono casa, sostegno all'affitto);

10) ad adottare, in questo quadro, iniziative per valorizzare, in un'ottica di virtuose azioni di sussidiarietà, le risorse civiche dell'associazionismo e del volontariato che in campo ambientale, culturale, sociale, sportivo, di manutenzione dello spazio pubblico e dei beni comuni, già oggi rappresentano una risorsa di grandissimo valore e importanza e che supportano gratuitamente ma senza un quadro organico di regole e di obbiettivi l'azione spesso carente delle amministrazioni locali.
(1-00199) «De Maria, Morassut, Annibali, Ascani, Benamati, Braga, Carnevali, Ciampi, Dal Moro, De Filippo, De Luca, Del Basso De Caro, Marco Di Maio, Fiano, Franceschini, Martina, Morgoni, Mura, Pezzopane, Rossi, Scalfarotto, Schirò, Siani, Ungaro, Viscomi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:

   da alcuni giorni, è reperibile, su internet, la bozza ufficiosa e non definitiva del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Regolamento recante l'organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, degli Uffici della Diretta Collaborazione del Ministro e dell'Organismo Indipendente di Valutazione della Performance»;

   tale documento presenterebbe gravi criticità relative, specificatamente, all'ordinamento del sistema periferico degli uffici statali che insistono sul territorio, in particolare nel settore dell'amministrazione archivistica;

   questo ambito organizzativo merita una trattazione specialistica ponderata sulla base di una valutazione che deve contemperare la salvaguardia dei principi che informano il decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) alle esigenze concrete di autonomia tecnica ed amministrativo-gestionale facenti capo ai 101 Archivi di Stato e alle soprintendenze archivistiche e bibliografiche, con particolare riguardo agli archivi di Stato non aventi natura dirigenziale;

   il capo VI (amministrazione periferica) di tale regolamento – articoli dal n. 30 al n. 38 – introduce alcune sensibili modificazioni che andrebbero ad alterare l'attuale ripartizione delle competenze affidate, rispettivamente, alle soprintendenze archivistiche e bibliografiche e agli archivi di Stato e tale alterazione non è di scarsa portata; essa sancirebbe, di diritto e di fatto, la subordinazione degli archivi alle soprintendenze, senza tuttavia indicare l'entità delle funzioni esercitate dai due organi, né, tanto meno, la loro esatta ripartizione;

   ad un'analisi testuale appare che, in linea di principio, l'esercizio delle funzioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio archivistico mantenga l'attuale configurazione, fondata sulla differenza del regime proprietario del patrimonio archivistico, dove le soprintendenze vigilano gli archivi privati e quelli prodotti dagli enti pubblici, mentre gli archivi di Stato operano sulla documentazione statale;

   il dispositivo, peraltro, si limita ad abbozzare una facoltà di coordinamento, da parte delle soprintendenze, «delle attività svolte dagli archivi di Stato anche ai fini di pubblica fruizione dei beni archivistici in loro consegna» (articolo 36, comma 1), mentre il successivo articolo 37, al comma 3, declassa gli archivi di Stato che non hanno natura di uffici dirigenziali al rango di mere «articolazioni» delle soprintendenze archivistiche e bibliografiche, evidenziando, a giudizio dell'interpellante, una contraddizione logica interna a quest'ultimo articolo, laddove al comma 1 viene dichiarata l'autonomia tecnico-scientifica degli archivi di Stato (senza discriminazione tra dirigenziali e non) poco dopo smentita dall'asserto del sopraccitato comma 3 che dichiara la stragrande maggioranza degli archivi di Stato della Repubblica dipendente dalle locali soprintendenze;

   una tale rivoluzione fischierebbe di produrre effetti imprevedibili – in termini di ricadute positive – a valere tanto sul piano teorico, quanto su quello gestionale-amministrativo, nonché in ambito politico, in quanto si verrebbe a legittimare l'insorgenza di una pesante discriminazione tra le modalità di esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione operate dagli archivi dirigenziali – di fatto «autonomi» – rispetto a quelle messe in atto dagli archivi declassati, ridotti a semplici esecutori materiali di decisioni assunte da parte di uffici di altra natura;

   l'efficacia operativa delle nuove «super soprintendenze» sarebbe minata dall'endemica e diffusa carenza di personale, e di converso, gli archivi di Stato non dirigenziali sarebbero esposti alle concrete prospettive di una mobilità dei dipendenti decisa dal soprintendente sulla base di considerazioni di carattere superiore, con inevitabile detrimento di ogni linea di programmazione pluriennale delle attività degli istituti;

   il malcelato intento centralizzatore che sottende l'intero provvedimento compromette ulteriormente il delicato equilibrio tra centro e periferia già minato dalle recenti riorganizzazioni del Ministero, rendendo ancora più ardua quella attività che i dipendenti del Ministero per i beni e le attività culturali conducono quotidianamente a favore della tutela, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio culturale nazionale;

   il minacciato e non organizzato depotenziamento degli archivi di Stato non dirigenziali costituirebbe un grave arretramento dello Stato in quelle zone – ed è il caso della regione Friuli Venezia Giulia – dove essi costituiscono ancora, nonostante le notevoli difficoltà organizzative e gestionali, un autorevole presidio culturale e istituzionale, la cui autonomia tecnico-scientifica in materia di tutela, valorizzazione e fruizione dei patrimoni ad essi affidati deve essere difesa con forza, nel quadro di un suo potenziamento, fermi restando il dialogo e l'eventuale assegnazione di alcune e ben determinate competenze amministrative – in conformità a una corretta applicazione del principio di sussidiarietà – alle articolazioni gerarchiche superiori –:

   se, nel corso dell’iter per l'adozione del citato regolamento, si terrà conto delle criticità esposte in premessa apportando le opportune modifiche, segnatamente laddove si prevede la ridefinizione delle competenze degli organi periferici dell'amministrazione archivistica;

   se si intenda prevedere, in conformità agli intenti espressi dal Ministro interrogato, un'auspicata consultazione preventiva di una rappresentanza tecnico-scientifica dei dirigenti e dei funzionari delegati, in particolare degli istituti archivistici non aventi natura dirigenziale.
(2-00428) «Pettarin».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato su alcuni quotidiani locali, una consigliera comunale neo eletta al comune di Modena in una lista civica Modena Solidale che sostiene l'attuale giunta comunale, Katia Parisi, avrebbe impropriamente utilizzato i nominativi degli utenti di un Caf per la propaganda elettorale;

   in particolare, sembrerebbe che iscritti a un locale Caf modenese, ma anche comuni elettori estranei al Caf, abbiano ricevuto sms con invito a votare la suddetta candidata consigliera comunale, «responsabile» del medesimo Caf;

   sembrerebbe, inoltre, che anche i clienti della società Domus Gest Immobiliare, società modenese di cui Katia Parisi sarebbe amministratrice unica, abbiano ricevuto sms e telefonate che invitavano a votarla;

   nella sezione «Elezioni trasparenti» del sito internet del comune di Modena la consigliera Parisi ha pubblicato il proprio curriculum vitae, dove emerge che la stessa sarebbe direttrice del patronato Epas, che ha sede allo stesso indirizzo e ha lo stesso numero di telefono di Caf Italia;

   gli sms sarebbero stati inviati dal sindacato Fna che detiene il 100 per cento delle quote di Caf Italia, mentre Fna Emilia Romagna detiene il 100 per cento delle quote di Csf Servizi ER srl, di cui Katia Parisi è amministratore unico;

   da quanto esposto si potrebbero profilare casi di violazione della normativa in materia di privacy nonché un rischio di violazione della normativa in materia elettorale;

   se queste indiscrezioni venissero confermate, ci si troverebbe, secondo l'interrogante, di fronte a un tentativo di inquinamento del voto delle elezioni comunali di Modena –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche di tipo normativo, in relazione alla vicenda espressa in premessa.
(3-00809)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. — Per sapere – premesso che:

   una fase «carsica» ma non per questo meno centrale di tutte le dinamiche legislative è costituita dai decreti delegati;

   i decreti delegati rappresentano il delicato passaggio successivo alla approvazione delle leggi e sono caratterizzati da una notevole tecnicalità con la quale prendono corpo i disegni di legge, gli emendamenti e le leggi;

   attualmente, secondo Openpolis, sarebbero circa 230 i decreti attuativi in attesa di essere adottati taluni dei quali anche in scadenza;

   sempre secondo Openpolis, il termine per l'approvazione del 30 per cento dei decreti attuativi sarebbe già scaduto;

   il monitoraggio dei decreti attuativi è strumento per valutare efficacia ed efficienza, in particolare dei Ministeri, ai cui uffici è generalmente demandata la loro predisposizione e assunzione;

   sempre secondo Openpolis solo il 19,31 per cento dei decreti attuativi previsti sono stati adottati –:

   quanti decreti attuativi stiano attendendo approvazione e in relazione a quali ministeri;

   per quali decreti attuativi sia scaduto il termine ed in relazione a quali Ministeri;

   quali leggi siano ancora in attesa dei decreti attuativi ed in relazione a quali ministeri.
(4-03129)


   GERMANÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Società italiana autori ed editori (Siae) opera sul territorio nazionale attraverso circa 450 agenti mandatari con i quali stipula un contratto di mandato disciplinato dagli articoli 1703-1736 del codice civile;

   il mandato che viene conferito agli agenti mandatari Siae, prevede le seguenti funzioni principali:

    1) rilasciare permessi/autorizzazioni ed incassare i relativi compensi spettanti agli autori ed editori per le opere affidate e amministrate dalla Siae;

    2) cooperare con la Siae in materia di imposta sugli intrattenimenti prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972;

    3) assicurare la cooperazione per l'accertamento dell'iva;

    4) cooperare con la Siae in forza delle convenzioni stipulate dalla stessa con le case di distribuzione cinematografica;

    5) cooperare con la Siae in forza della convenzione stipulata con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato per il reperimento e l'acquisizione di tutti gli elementi utili per il censimento ed il controllo degli apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all'articolo 110 del Tulps e cui all'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972;

   nella sostanza l'agente mandatario Siae svolge due attività principali:

    agente della riscossione dei diritti di autore, punti 1 e 4 del mandato;

    agente di accertamento per conto dello Stato, poiché dai rilievi effettuati nello svolgimento delle sue funzioni di cui ai punti 2-3-5 scaturiscono accertamenti tributari e conseguente attività di riscossione da parte dello Stato stesso;

   nel definire le attività principali è stata utilizzata la parola «agente» nell'accezione generale del termine, cioè colui che a titolo professionale rappresenta un'organizzazione e promuove e/o conclude operazioni per conto dell'organizzazione stessa e quindi svolge un'attività di agenzia. Lo svolgimento ottimale dell'attività svolta dal mandatario Siae richiede, oltre all'impiego di soggetti in possesso di specifiche capacità professionali personali, l'organizzazione e l'impiego di risorse umane e strumentali tipiche dell'attività d'impresa;

   l'ufficio del mandatario Siae, per il raggiungimento degli obiettivi della società, deve possedere un'organizzazione tipica d'impresa e impiegare, previa accurata selezione e formazione continua, adeguato personale amministrativo di supporto, personale di supporto nelle attività di controllo e verifica del territorio, macchine e strumenti elettronici. Nello specifico l'agente Siae agisce come una impresa satellite dell'impresa madre mandante esclusivamente su un territorio assegnato. L'agente mandatario Siae è obbligato dalla stessa ad avere un ufficio aperto al pubblico, con giornate e orari di apertura settimanali che variano in base alla grandezza del territorio esclusivo assegnato; tutti gli uffici hanno l'obbligo di utilizzo della stessa insegna esposta al pubblico, l'obbligo di raggiungimento di obiettivi minimi di controllo e presidio del territorio, nonché l'obbligo di essere muniti di autovettura;

   la figura dell'agente Siae è perfettamente analoga agli agenti di commercio, assicurativi e finanziari. Questi ultimi si occupano della vendita di beni immateriali «prodotti finanziari, prodotti assicurativi»; gli agenti mandatari della Siae si occupano anche della vendita di beni immateriali quali prodotti musicali, cinematografici, teatrali e altro –:

   se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza, anche normative, affinché il contratto tra Siae e i soggetti preposti al presidio territoriale, in nome e per conto della medesima società, attualmente rubricati come mandatari, attualmente inquadrata come rapporto di «mandato» ai sensi degli articoli 1703 e seguenti del codice civile e disciplinato dalla circolare Inps n. 83 del 28 marzo 1997, sia inquadrato più propriamente come contratto di agenzia in base agli articoli 1742 e seguenti del codice civile, con conseguente attrazione, dal punto di vista previdenziale, al regime previsto dalla cassa di previdenza ed assistenza degli artigiani e commercianti, in luogo della attuale iscrizione alla gestione separata.
(4-03135)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   presso l'ex sanatorio Banti situato tra Pratolino e Montorsoli, nel comune di Vaglia, a pochi chilometri da Firenze, che in passato ha ospitato un edificio ospedaliero dismesso da quasi trentanni, è stata rilevata la presenza di eternit sbriciolato. I maggiori rischi per la salute, segnalati dai residenti già preoccupati per lo stato di degrado in cui versa l'edificio, si concentrerebbero nel tetto: 1400 metri quadrati rivestiti di tegole fatte di eternit che finiscono in pezzi al suolo. L'edificio, a quanto consta all'interrogante, sarebbe da tempo meta per occupazioni e feste abusive, che hanno danneggiato ulteriormente l'immobile e provocato degrado nella zona –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   a chi appartenga la proprietà dell'immobile;

   se esista un piano nazionale per le bonifiche di eternit.
(3-00807)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 345 del 15 dicembre 2017 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il dottor Domenico Pappaterra è stato nominato presidente dell'ente parco nazionale del Pollino;

   come da notizie stampa, di recente la giunta regionale della Calabria ha nominato lo stesso Pappaterra direttore generale dell'Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria), ente strumentale della regione Calabria istituito dalla legge regionale n. 20 del 3 agosto 1999 ed avente, tra i suoi obiettivi, la razionalizzazione delle attività di controllo sulle fonti di pressione ambientale e l'implementazione dell'attività di monitoraggio ambientale;

   l'articolo 9 della legge 394 del 1991 dispone, al comma 3, che il presidente del Parco nazionale «è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale»;

   le due suddette cariche appaiono all'interrogante in rapporto conflittuale, per cui sarebbe opportuno, nel caso in cui Pappaterra non si dimetta dalla carica di presidente dell'ente parco nazionale del Pollino, procedere al commissariamento dello stesso ente, per evitare possibili situazioni di conflitto e difficoltà, dato che lo stesso soggetto dovrà governare due enti e due ambiti operativi molto complessi e difficili e poiché ad Arpacal fanno capo i controlli ambientali su tutto il territorio regionale, e dunque anche quelli riguardanti il parco nazionale del Pollino;

   Pappaterra è, tra l'altro, anche presidente del consiglio di amministrazione dell'osservatorio ambientale sulla centrale del Mercure, ubicata dentro il parco in questione, che dovrebbe garantire il monitoraggio degli effetti delle emissioni della centrale sulla biodiversità del parco e sulla salute dei residenti;

   in una nota a firma di associazioni ambientaliste, si rappresentano pesanti anomalie gestionali in merito al personale dell'ente parco nazionale del Pollino –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la posizione di conflitto di cui in premessa e se non intenda, anche ove fossero confermate o emergenti forti criticità relative ad aspetti gestionali, adottare le iniziative di competenza per procedere al commissariamento dell'ente parco nazionale del Pollino.
(4-03132)


   CALABRIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la regione Lazio sembrerebbe abbia dato il via libera all'iter per le autorizzazioni necessarie alla realizzazione di una discarica a Pian dell'Olmo, area ricadente nel comune di Roma, municipio 15, a confine con il comune di Riano;

   la società lancianese Torre di Procoio srl ha richiesto l'autorizzazione per 700mila metri cubi di rifiuti all'interno di una cava con un'estensione di 45mila metri quadri, che si trova alle spalle della riserva naturale della Marcigliana, in un'ansa del fiume Tevere;

   il sito di Pian dell'Olmo è collocato sopra la galleria per l'alta velocità, a circa 500 metri da un asilo, ed è utilizzato dal dipartimento della polizia di Stato del Ministero dell'interno come poligono di tiro;

   la titolare della direzione regionale politiche ambientali e ciclo di rifiuti, Flaminia Tosini, ha rilevato che la cava per la quale la società lancianese Torre di Procoio srl ha richiesto la Via (valutazione d'impatto ambientale) non ricade in nessuno dei siti della rete europea Natura 2000;

   il parere positivo fornito anche dall'Arpa Lazio ha permesso agli uffici regionali di dare l’«ok» alla conferenza di servizi;

   nel 2012 la regione Lazio aveva «bocciato» l'ipotesi di realizzare la discarica a Pian dell'Olmo a causa di gravi criticità, legate alle falde acquifere e al fatto che l'area interessata fosse collocata in una zona a rischio esondazione, e come tale vincolata;

   nel 2012 l'autorità di bacino del Tevere, riguardo il sito di Pian dell'Olmo, scrisse: «La probabile assenza di barriera geologica naturale e l'attestazione di livelli di falda al piano campagna, ritenuti fattori escludenti per la realizzazione di una discarica di rifiuti, determinano la probabile inidoneità dei siti»;

   nel 2012 i residenti della zona manifestarono insistentemente contro la discarica, arrivando a bloccare ripetutamente il traffico sulla via Tiberina e sulla via Flaminia;

   l'apertura di una discarica a Pian dell'Olmo, ad avviso dell'interrogante, comporterebbe delle gravi inadempienze in tema di rifiuti, contravvenendo totalmente alle indicazioni tracciate dall'Unione europea riguardo la riduzione dei rifiuti, del riuso, del riutilizzo e del riciclo;

   l'ultimo piano regionale dei rifiuti per la regione Lazio risale al 2012 –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per scongiurare la realizzazione della discarica a Pian dell'Olmo tenendo conto che l'area è situata in prossimità di una galleria per l'alta velocità, che sussiste un poligono di tiro del Ministero dell'interno e che la zona presenta forti rischi sul piano idrogeologico, come già rilevato in precedenza dalla competente autorità di bacino.
(4-03134)


   PRESTIPINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   lungo alcuni tratti della superstrada Pedemontana Veneta sono installati dall'inizio del 2018 dei pannelli fonoassorbenti completamente trasparenti e senza marcatura, che possono quindi rappresentare un grave pericolo per l'incolumità dell'avifauna che può urtarvi contro durante il volo;

   a quanto consta all'interrogante già nel maggio 2016 la Lipu (Lega italiana protezione uccelli) avrebbe inviato al commissario della Pedemontana e alla direzione trasporti della regione del Veneto una nota con oggetto «Superstrada Pedemontana Veneta, misure di prevenzione della collisione dell'avifauna» in cui venivano precisate le modalità per prevenire gli impatti dei pannelli, installati su tale infrastruttura, sull'avifauna;

   sul finire del mese di marzo 2018 la Lipu avrebbe segnalato nuovamente, sempre a quanto consta all'interrogante, alla direzione regionale infrastrutture e trasporti che tali pannelli, vista la totale trasparenza e l'assenza di marcatura, potrebbero rappresentare un reale pericolo per l'incolumità dell'avifauna in volo;

   dall'aprile 2018 a tutt'oggi sono stati segnalati innumerevoli rinvenimenti di esemplari di avifauna morti, anche appartenenti a categorie protette (sparviere, falco lodolaio, picchio rosso maggiore), lungo i tratti della superstrada Pedemontana Veneta dotati dei pannelli trasparenti in questione;

   tali rinvenimenti sono stati segnalati a tutte le autorità competenti sia dalla Lipu, sia da membri delle istituzioni, sia dai cittadini;

   durante la migrazione primaverile degli uccelli migratori è aumentato e continuerà anche in futuro ad aumentare esponenzialmente il suddetto fenomeno di moria;

   la direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 prevede la protezione degli uccelli selvatici;

   la legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» e la legge della regione Veneto del 9 dicembre 1993, n. 50, «Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio» tutelano le popolazioni di fauna selvatica –:

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia a conoscenza del grave fenomeno di moria dell'avifauna illustrato in premessa, causato dai pannelli completamente trasparenti collocati lungo alcuni tratti della superstrada Pedemonta Veneta, e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per monitorare il fenomeno e impedirne la prosecuzione a tutela delle specie di uccelli, anche protette ai sensi della legge n. 157 del 1992, che stanno subendo gravissime perdite;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda assumere per verificare l'adeguatezza dei pannelli indicati in premessa e la correttezza della loro installazione ed eventualmente ripristinarne la conformità alla disciplina nazionale ed europea.
(4-03137)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI, ROSSI e CIAMPI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   sono dei giorni scorsi, in occasione dell'inaugurazione di Pitti Uomo a Firenze, le dichiarazioni del Ministro per i beni e le attività culturali circa l'intenzione di declassare dalla lista dei «super musei» la Galleria dell'Accademia di Firenze, il Parco archeologico dell'Appia antica, il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia e il Museo storico e Parco del Castello di Miramare e abolire i consigli di amministrazione dai musei autonomi;

   si tratta, dalle parole del Ministro «(...) di un provvedimento che entrerà in vigore a partire dal primo gennaio per evitare storture di budget. Da quel momento i musei avranno un'approvazione del bilancio che sarà direttamente collegata al ministero e non sarà più delegata a un Cda, di cui, per quel che ho visto, non ho verificato l'efficacia»;

   il provvedimento, che avrà inevitabili ricadute sull'autonomia dei grandi musei, fa parte di una più ampia revisione della riforma, la cui stesura definitiva sembrerebbe essere prevista per fine giugno 2019;

   abolire l'autonomia delle istituzioni museali comporterà inevitabilmente la fine della libertà di movimento dei direttori che, proprio grazie alla possibilità di impegnare localmente gli introiti, erano stati incentivati a promuovere iniziative culturali, di promozione e formazione nei territori, ottenendo ottimi risultati in termini di numero di visitatori e di innovazione culturale;

   l'accentramento delle risorse presso il Ministero, attraverso il controllo e la gestione diretta dei bilanci, appare all'interrogante piuttosto un'esigenza per fare cassa con i finanziamenti della cultura;

   sin dall'attuazione della riforma, il precedente Governo ha cercato di riportare gli istituti della cultura italiani in linea con quelli del mondo, cercando di dare una svolta e di superare l'obsolescenza che affliggeva alcuni musei italiani;

   come dimostrano i dati più recenti, il bilancio della riforma dei musei è stato eccezionale: dai 38 milioni del 2013 ai 50 milioni del 2017, i visitatori sono aumentati in quattro anni di circa 12 milioni (+31 per cento) e gli incassi di circa 70 milioni di euro (+53 per cento);

   a fronte di un aumento degli introiti di circa 20 milioni di euro (+11,7 per cento), sono aumentati anche i visitatori non paganti (+15 per cento) e tale aumento è ascrivibile alla riforma e al successo delle prime domeniche del mese che, nel solo 2017, hanno portato più di 3,5 milioni di persone gratuitamente nei luoghi della cultura statali;

   l'autonomia a un istituto come il museo ha fatto in modo che questo si potesse rendere più autonomo e padrone di intraprendere delle strategie mirate. La possibilità per un museo di provvedere con i propri mezzi alla valorizzazione e alla conservazione ha dato maggiore competitività –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare l'avvio di un processo di declassamento della Galleria dell'Accademia di Firenze, del Parco archeologico dell'Appia antica, del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, del Museo del Castello di Miramare e – altresì – l'intenzione di adottare iniziative per abolire i consigli di amministrazione dai musei autonomi e, in tal caso, se non intenda indicare le motivazioni che inducono a tale scelta e avviare un confronto con il settore.
(5-02327)


   ROTTA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Pro loco Carpanea ha ottenuto un contributo di 335 mila euro da impiegare per ristrutturare l'antico teatro Pisciota, lo stabile sito a Casaleone (VR) chiuso da anni e in avanzato stato di degrado;

   l'edificio si trova nel cuore del paese, a poche centinaia di metri dal municipio e dalle scuole elementari, e risale al 1925, anno in cui venne costruito; lasciato in stato di abbandono è stato acquistato dal comune con un investimento di circa 105 mila euro allo scopo di riqualificarlo;

   tuttavia, i lavori non sono mai effettivamente partiti per l'assenza di risorse. Così il teatro si è trasformato in un «salasso» all'interno del patrimonio comunale: da quasi 10 anni, infatti, il comune paga 4.500 euro per il noleggio dell'impalcatura posizionata sulla facciata esterna per tutelare i passanti;

   nel 2011, la giunta approvò anche l'accensione di un mutuo di 40 mila euro per la sistemazione del tetto che rischiava di crollare;

   nel 2012 la nuova amministrazione si è, invece, attivata per vendere lo stabile, inserito tra gli immobili alienabili;

   nel maggio 2016 la Pro loco Carpanea ha fatto domanda di contributo nell'ambito del bando promosso dal Governo «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi dimenticati», ottenendo un finanziamento per la ristrutturazione e la riqualificazione dello stabile;

   il comune di Casaleone, dunque, è beneficiario di un contributo di euro 335.000 a valere sulle risorse della delibera 1° maggio 2016 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) «Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: Piano stralcio “Cultura e Turismo” (articolo 1, comma 703, lettera d), legge n. 190/2014», inerente al progetto di recupero dei luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», giusta decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 settembre 2018;

   in data 15 maggio 2019 il sindaco ha scritto, con notevole e inspiegabile ritardo, una lettera al Ministero per i beni e le attività culturali in cui si mette in discussione il giudizio della commissione ministeriale che ha assegnato il contributo, poiché la documentazione sarebbe stata insufficiente;

   tali affermazioni sembrano, ad avviso dell'interrogante, insinuare che le procedure di valutazione siano state poco trasparenti e scorrete;

   si legge in particolare: «Si chiede pertanto se sia possibile destinare il contributo assegnato per finalità culturali da realizzare nell'immobile “ex Teatro Pisciotta”, diverse da quelle rappresentate dalla Associazione Pro Loco in modo del tutto autonomo, senza aver consultato l'Istituzione preposta all'amministrazione dell'interesse pubblico e del bene della collettività, quale è l'Amministrazione Comunale sul cui territorio insiste l'immobile e proprietaria del medesimo. L'Amministrazione Comunale intenderebbe dunque intervenire per un primo risanamento conservativo dell'immobile, in quanto per l'intera ristrutturazione, da una prima stima, necessita una somma molto più ingente – il contributo assegnato corrisponde a circa 1/3 della spesa necessaria –, in seguito procederebbe a sistemare i locali per la nuova sede della biblioteca, attualmente decentrata rispetto agli uffici municipali ed alle scuole. Si attende Vs espresso assenso alla soluzione prospettata per attivare la progettazione esecutiva per la quale si richiede un congruo periodo di proroga del termine di cui al D.P.C.M. 27 settembre 2018» –:

   se non ritenga ingiustificato il cambio di progetto richiesto dall'amministrazione, anche in considerazione del fatto che sarebbe molto più oneroso;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per far rispettare la corretta destinazione del contributo.
(5-02329)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA, MELONI, FERRO, VARCHI, LUCASELLI, SILVESTRONI, CAIATA, MOLLICONE, MANTOVANI, MONTARULI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FOTI, PRISCO, BELLUCCI, BUCALO, LOLLOBRIGIDA, ROTELLI, ZUCCONI e LUCA DE CARLO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ormai da anni si susseguono sbarchi di immigrati irregolari nel Sud della Sardegna, perlopiù di soggetti aventi cittadinanza algerina, a mezzo di piccole imbarcazioni private, spesso non individuate, né individuabili, dalle forze di polizia che pattugliano le coste, le quali, dunque, consentono l'accesso nel territorio nazionale in assenza di qualsivoglia controllo;

   nel corso del Forum nazionale sull'immigrazione illegale svoltosi recentemente in Algeria, il Ministro degli interni algerino ha dichiarato che nel solo 2018, oltre 200 algerini, avrebbero perso la vita in mare, in particolare nella rotta verso la Sardegna: fenomeno parzialmente limitato dall'intervento delle autorità locali che ha portato anche all'arresto di diversi trafficanti impiegati nell'organizzazione dei cosiddetti «viaggi della speranza», promossi anche a mezzo di pagine Facebook, nelle quali vengono divulgate informazioni utili avuto riguardo alla traversata, al fine di incentivare altri soggetti ad intraprendere il medesimo viaggio;

   la situazione, che ha già superato il limite della sicurezza, potrebbe ulteriormente peggiorare in vista della prossima stagione estiva, la quale vede ormai da anni un incremento notevole degli sbarchi diretti, soprattutto in zone ad elevata affluenza turistica come Porto Pino e Sant'Antioco, con gravi ripercussioni per un territorio già notevolmente segnato dalla crisi economica ed industriale;

   qualsiasi azione attuata finora non ha consentito l'interruzione della navigazione di tali imbarcazioni sulla citata tratta e, dunque, non ha reso possibile l'arresto degli sbarchi suindicati che, infatti, sfuggono al controllo delle forze di polizia locali, incaricate del pattugliamento delle acque territoriali;

   in alcuni casi non è stato neppure possibile identificare gli immigrati in questione, i quali si sono dunque introdotti nel territorio nazionale senza essere stati adeguatamente censiti e senza che, allo stato, sia possibile conoscerne né le generalità, né la dimora: inoltre, alcuni dei citati soggetti si sarebbero pure resi colpevoli di diversi reati contro la persona e/o il patrimonio, aumentando il senso di insicurezza nella popolazione civile che, infatti, ha più volte espresso, anche per il tramite delle amministrazioni locali, il proprio disappunto per l'assenza di qualsivoglia controllo;

   appare necessario, da un lato, dare seguito agli accordi intervenuti con gli Stati del Nord-Africa, supportando le autorità locali nell'attività di contrasto al traffico di esseri umani; dall'altro lato, in assenza, impiegare navi della Marina militare nelle acque internazionali, con l'obiettivo, per un verso di intercettare le suddette imbarcazioni; per un altro verso, di verificare l'esistenza o meno di navi d'appoggio;

   già in passato, l'Italia ha avuto modo di attivare, con l'adesione degli Stati interessati, l'intervento di un gruppo navale della Marina militare, operante anche all'interno delle acque territoriali degli Stati interessati, sia entro le tre miglia dalla costa che oltre tale distanza, al fine di impedire la partenza dei relativi flussi migratori e, pertanto, tale misura appare assolutamente praticabile, oltre che necessaria –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sta accadendo e se intenda avviare un'attività di pattugliamento della Marina militare nelle acque internazionali antistanti gli Stati del Nord-Africa, e, in caso di accordo con gli Stati di partenza, anche nelle relative acque territoriali, al fine di interrompere il flusso migratorio avente origine dai medesimi territori nonché di verificare l'esistenza di eventuali navi d'appoggio.
(3-00806)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Corte dei conti – sezione regionale di controllo per la Calabria – con deliberazione n. 60/2019, avrebbe riscontrato talune irregolarità nella gestione finanziaria e contabile del comune di Cittanova;

   le sezioni regionali della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 131 del 2003 hanno il compito di verificare, in sede di controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti, secondo la rispettiva competenza, dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali e il funzionamento dei controlli interni riferendo gli esiti ai consigli degli enti controllati;

   nel caso di specie, con note n. 4148 del 7 luglio 2018 e n. 208 del 17 gennaio 2019 indirizzate al sindaco e all'organo di revisione del comune, si richiedeva all'ente di fornire informazioni sulla propria situazione di cassa nel triennio 2015-2017 ed in particolare: evoluzione e composizione del fondo cassa; utilizzo di anticipazioni di tesoreria; percezione ed utilizzo di anticipazione di liquidità;

   le risultanze istruttorie avrebbero evidenziato irregolarità in relazione all'utilizzo e alla rappresentazione in bilancio dei fondi vincolati, nonché il continuo ricorso agli stessi e alle anticipazioni di tesoreria, non correttamente ricostituiti e rimborsati;

   a tal riguardo la sezione regionale afferma: «appare evidente che il Comune di Cittanova ha presentato, nel triennio 2015-2017, significative tensioni di liquidità. Infatti, nonostante le scarne e contraddittorie affermazioni rese, la cassa è costituita esclusivamente da fondi vincolati e il suo valore è di fatto azzerato nel triennio, anche per la presenza di anticipazioni di tesoreria non rimborsate a fine esercizio»;

   criticità sarebbero emerse anche in relazione alla capacità programmatoria dell'ente mostrando scostamenti significativi fra le previsioni di cassa definitive e gli effettivi incassi, rilevando che la programmazione non sarebbe avvenuta nel rispetto dei postulati di veridicità e attendibilità del bilancio;

   inoltre, sembrerebbe che il sindaco pro tempore Francesco Cosentino e gli altri dirigenti dell'ente abbiano disatteso le disposizioni della Corte riguardanti la pubblicazione della deliberazione sul sito del comune e del suo inserimento nell'ordine del giorno della prima seduta utile del consiglio comunale, la cui notifica da parte della Corte dei conti avveniva in data 10 maggio 2019;

   tale azione non avrebbe consentito ai cittadini di essere adeguatamente informati sulla grave situazione finanziaria del loro comune prima delle elezioni amministrative svoltesi il 26 maggio 2019 tra i cui candidati vi era il sindaco uscente, il cui mandato è stato riconfermato;

   in particolare, tra la data di notifica e quella delle elezioni si sarebbero svolte due sedute del consiglio comunale, senza che tuttavia la deliberazione venisse inserita negli ordini del giorno; inoltre, la deliberazione de qua veniva pubblicata sul sito del comune solo in data 28 maggio, quindi, all'esito delle consultazioni elettorali;

   si apprende da cronache locali che taluni consiglieri comunali di opposizione hanno depositato presso la procura della Repubblica del tribunale di Palmi, la prefettura di Reggio Calabria e presso gli altri organi competenti, formale esposto nei confronti del sindaco pro tempore Francesco Cosentino, del Presidente pro tempore del consiglio comunale Bernadette Giovinazzo e di quanti abbiano con gli stessi concorso per i reati di cui agli articoli 323-328 e 650 del codice penale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, se non intendano promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato in relazione alle criticità amministrative e finanziarie richiamate in premessa;

   quali risposte il prefetto intenda fornire in relazione alle segnalazioni formulate dai consiglieri comunali di opposizione e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-03133)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato nel rapporto Eures sono state 106 le vittime di femminicidio nei primi 10 mesi del 2018, una donna ogni 3 giorni, mentre dal 2000 al 2018 le donne uccise sono state 3.100 e in quasi 3 casi su 4 si è trattato di donne uccise per mano di un parente, di un partner o di un ex-partner;

   questi dati mostrano, dunque, che l'ambito della coppia e della relazione sentimentale è quello più a rischio per l'incolumità delle donne;

   nel 2018 sono state più di 2.000 le sentenze definitive per stupro e 1.827 quelle per stalking;

   questi dati mostrano che il fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne è particolarmente rilevante e attuale;

   risulta all'interpellante che molto spesso i soggetti condannati per reati cosiddetti di genere o contro i minori, quali, ad esempio, i reati di cui agli 572, 577, 600-bis, 600-ter, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale, non pagano il risarcimento danni dovuto alle vittime dei reati determinato in sede di giurisdizione civile;

   tuttavia, possono accedere, similmente ad altri detenuti nelle carceri italiane, a forme di lavoro retribuito, così come disciplinato dagli articoli 20 e seguenti dell'ordinamento penitenziario, legge 26 luglio 1975, n. 354;

   la destinazione coattiva di una parte dei compensi per il lavoro svolto dai detenuti o dagli internati alle vittime, fino al raggiungimento dell'importo del risarcimento stabilito dal giudice, potrebbe costituire un'efficace modalità per i condannati di adempiere ai propri obblighi e per garantire quanto dovuto alle vittime, così come stabilito, tra l'altro, dall'articolo 24 dell'ordinamento penitenziario –:

   se trovi conferma quanto riportato in premessa sul mancato risarcimento dei danni, da parte di carcerati e internati che lavorano, verso le vittime di violenza di genere e di quali dati disponga il Ministro interpellato in merito;

   se il Ministro interpellato non intenda intraprendere, per quanto di competenza, tutte le iniziative di competenza, anche di tipo normativo, volte ad assicurare che carcerati e internati risarciscano coattivamente le vittime.
(2-00429) «Ascari».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che un nigeriano di 48 anni, uscito dal carcere di Velletri il 31 maggio 2019, dopo aver scontato una pena detentiva di 1 anno e 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, violenza sessuale e sul quale pendeva un provvedimento di espulsione, avrebbe aggredito i carabinieri che lo avevano preso in carica per condurlo a Potenza nel Centro di permanenza per i rimpatri ma, ciononostante, sarebbe stato rimesso in libertà dal giudice;

   nel dettaglio, Alukwe Okecku, 48 anni, avrebbe cercato di far sbandare la macchina nella quale veniva trasportato, urlando, sgomitando, sputando e morsicando i carabinieri che, dopo averlo fermato grazie ai rinforzi, avrebbero deciso di denunciare quanto accaduto;

   il giudice, a seguito dell'instaurazione di un processo per direttissima, avrebbe deciso di convalidare l'arresto, ma, a causa di una ferita alla testa, dallo stesso provocata durante la notte passata dietro le sbarre, non avrebbe optato per l'applicazione di una misura cautelare, in quanto incompatibile con lo stato di salute del nigeriano e avrebbe, quindi, ordinato la liberazione immediata;

   il nigeriano sarebbe stato trasportato all'ospedale Umberto I di Roma e, qui, avrebbe aggredito fisicamente il portantino con numerosi pugni e spinte sul pavimento, fuggendo successivamente all'accaduto;

   prima del ritrovamento del 48enne, avvenuto qualche giorno fa, lo stesso avrebbe picchiato una ragazza alla stazione Termini;

   a parere dell'interrogante la situazione appena descritta denoterebbe un quadro molto poco rassicurante per la pubblica sicurezza e rischierebbe di mortificare la fiducia che i cittadini nutrono nei confronti del sistema giustizia, che dovrebbe garantire i princìpi della certezza della pena, dell'effettività della sanzione penale e della sua efficacia deterrente. Difatti, si potrebbe arrivare ad affermare che, nel caso in cui il nigeriano fosse stato trattenuto a seguito della prima aggressione, non ci sarebbe stata, molto probabilmente, l'occasione per commetterne delle altre –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere, anche di carattere normativo, al fine di impedire che possa ripetersi un simile accaduto valutando altresì se sussistano i presupposti per avviare iniziative ispettive presso l'ufficio giudiziario di cui in premessa.
(4-03130)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGLIARDI, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Galleria Marinasco, infrastruttura che insiste sulla strada statale Aurelia, principale arteria di comunicazione stradale per l'ingresso e l'uscita dalla città della Spezia, è interessata da importanti lavori di manutenzione straordinaria;

   la galleria, della lunghezza di circa 2,4 chilometri, dovrà rimanere chiusa al traffico per la durata di un anno, e durante tale periodo potranno essere permessi transiti solo in alcuni orari prestabiliti e a flussi di percorrenza mono direzionali, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori che opereranno all'interno del tunnel e della circolazione veicolare;

   tutto questo comporta e comporterà fortissimi disagi ai cittadini, che a seguito dei lavori, sono obbligati a transitare sull'autostrada nel tratto che sottende tale itinerario, in particolare nel segmento autostradale della A12 Brugnato/Santo Stefano Magra;

   la prima firmataria del presente atto, già con la sua interrogazione n. 5-02052, aveva evidenziato queste criticità. Peraltro, la società Salt aveva già dato la propria disponibilità a intervenire sulle tariffe, attraverso una lettera del 30 aprile 2019 inviata all'assessore regionale e ai sindaci dei comuni interessati, rimettendo tuttavia una eventuale decisione in tal senso al Ministero;

   l'8 maggio 2019, in risposta alla suddetta interrogazione, il sottosegretario chiariva che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva già acquisito le valutazioni e la disponibilità della concessionaria autostradale del tratto autostradale interessato sulla possibilità di riconoscere un'agevolazione di pedaggio e il 7 giugno la stessa concessionaria aveva convocato una riunione tecnica con le autorità locali per esplorare le possibili diverse soluzioni. Da quel momento non si è saputo più nulla e nulla è stato finora deciso –:

   cosa sia stato deciso alla riunione tecnica del 7 giugno 2019 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e autorità locali e se non ritenga di adottare iniziative al fine di prevedere esenzioni o riduzioni tariffarie per l'intero periodo di apertura del cantiere a favore dei pendolari residenti o interessati per motivi di lavoro o di studio costretti a impiegare la tratta autostradale.
(5-02326)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGLIONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 marzo 2019, nel comune di Airola, in provincia di Benevento, su segnalazione di numerosi cittadini, emergeva la preoccupante situazione in cui versavano gli inquilini di uno dei plessi Iacp, Istituto autonomo case popolari di Benevento, sito in via Fossa Arena, ai quali era stata già stata comunicata in via informale dal primo cittadino, l'intenzione di emanare un'ordinanza di sgombero delle abitazioni presenti nell'edificio, a causa dello stato dello stabile che risultava irrimediabilmente e visibilmente danneggiato e che pertanto necessitava di una messa in sicurezza a causa del rischio di crollo, emerso da una prima verifica richiesta dall'ufficio tecnico comunale all'ente proprietario dell'immobile, come riportato dalla testata giornalistica online Il Mattino.it;

   il comune di Airola, all'indomani della seduta del consiglio comunale svoltasi in data 26 marzo 2019, sulla questione relativa agli immobili Iacp, stabiliva che il suddetto ente avrebbe provveduto, in primo luogo, all'effettuazione dei carotaggi per verificare lo stato di salute dei pilastri dei restanti cinque immobili siti in via Fossa Rena. Nelle more dei carotaggi, inoltre, si sarebbero effettuati ulteriori sopralluoghi al fine di escludere la imminenza di criticità strutturali; si stabiliva poi, che l'edificio smobilitato sarebbe stato messo in sicurezza e successivamente abbattuto. Alle famiglie costrette ad abbandonare le rispettive abitazioni veniva altresì riconosciuto dal comune di Airola un supporto di 200 euro per il periodo di un anno, come riportato dal quotidiano online Anteprima 24.it;

   in data 5 aprile 2019, la questione relativa alla situazione degli immobili di via Fossa Rena veniva posta al centro del tavolo interistituzionale promosso presso le sedi del Palazzo di Governo, presieduto dal dottor Cappetta, all'esito del quale era disceso l'impegno di abbattere lo stabile e di ricercare presso le sedi regionali-ministeriali, le necessarie risorse per la relativa ricostruzione, conservando il diritto alla casa di tutti i nove inquilini che erano stati «smobilitati»; per i rimanenti cinque edifici del complesso, inoltre, dopo il sopralluogo «visivo» del Palazzo Montevergine-Iacp, che escludeva rischi di crollo imminenti, sarebbe proseguito il percorso burocratico propedeutico all'effettuazione dei carotaggi, unico accertamento in grado di fornire certezze rispetto alla sicurezza statica (e non sismica) delle strutture, come riportato dalla testata online ntr24;

   il Sunia, Sindacato unitario nazionale degli inquilini e assegnatari della provincia di Benevento, e il Comitato «RiqualifichiAMO Iacp Fossa Rena di Airola» hanno chiesto alle autorità preposte un immediato intervento al fine di garantire una sistemazione dignitosa alle nove famiglie che hanno subito lo sgombero e di effettuare i dovuti controlli degli altri edifici, al fine di escludere il rischio di crollo degli stessi;

   il 3 ottobre 2018 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con apposito decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2018, ha predisposto lo sblocco di oltre 321 milioni di euro attraverso il programma di recupero e la razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli istituti autonomi per le case popolari, destinando circa 50 milioni di euro alla regione Campania –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per far fronte all'emergenza abitativa in questione e se vi siano strumenti normativi, come ad esempio gli incentivi per la valorizzazione edilizia e il «sisma bonus» contenuti nel decreto-legge n. 34 del 30 aprile 2019, che possano agevolare interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici in questione.
(4-03126)


   ASCANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione comunale della città Todi, al fine di delimitare l'area destinata al parcheggio dei veicoli, per ridurre la sosta irregolare e per delimitare le aree pedonali nel centro storico, ha deciso di intervenire installando dissuasori di sosta;

   a gennaio 2019, senza coinvolgere le categorie interessate del centro storico (residenti, dirigenti scolastici degli istituti che hanno sede nel centro città, esercizi pubblici e commercianti) e senza la prescritta ordinanza dell'ente proprietario della strada, sono stati installati dissuasori in ferro zincato a colonnina, alti circa un metro e quindici centimetri, a breve distanza l'uno dall'altro, lungo la principale via di accesso al centro cittadino che ha assunto un aspetto molto diverso rispetto al passato: lo spazio aperto, delimitato solo dall'architettura di palazzi antichi appare ora ristretto da una fila continua di paletti scuri, che in prospettiva non hanno soluzione di continuità;

   da alcuni giorni poi l'installazione dei dissuasori si sta compiendo anche in altri punti della città, sempre per impedire la sosta dei veicoli, divieto che era già garantito dalla presenza di altri dissuasori di minore impatto (fioriere, panettoni in cemento);

   i dissuasori sono stati posti a delimitare beni culturali e monumenti storici e artistici della città umbra, ma non è chiaro se e quali valutazioni siano state effettuate dalla Soprintendenza;

   parte della piantumazione è quindi destinata a trasformare irrimediabilmente le prospettive di alcuni degli edifici più importanti della città di Todi per rilevanza storica e culturale;

   l'articolo 180 del regolamento di esecuzione e attivazione del codice della strada stabilisce, al comma 2, che i dissuasori di sosta devono armonizzarsi con gli arredi stradali e, al comma 6, che devono essere autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale e posti in opera previa ordinanza dell'ente proprietario della strada –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per verificare la regolarità degli interventi messi in opera;

   se siano stati rispettati i criteri prescritti dalla normativa per la posa in opera dei suddetti dissuasori e se il Governo abbia autorizzato, per quanto di competenza, l'apposizione degli stessi.
(4-03128)


   ALBERTO MANCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 giugno 2019 la strada statale SS129 è stata per l'ennesima volta teatro di un incidente mortale. Lo scontro tra una motocicletta e un'autovettura, nel quale hanno perso la vita due turisti svizzeri, è avvenuto in corrispondenza dell'intersezione (a raso) con la strada provinciale SP38, tra il chilometro 22 e chilometro 23 della trasversale sarda, in territorio di Dorgali (Nuoro);

   negli ultimi anni, in prossimità dell'incrocio citato, si sono verificati numerosi incidenti con feriti, spesso nel corso della stagione estiva, quando la strada è maggiormente trafficata per l'alta affluenza di turisti e vacanzieri che transitano nella zona. Si ricordano, a titolo esemplificativo, lo scontro tra due vetture avvenuto nell'agosto 2014, quello analogo dell'agosto 2016, e quello dello scorso anno tra una monovolume e un'utilitaria, che coinvolse sei persone;

   il tratto stradale in questione fungendo da raccordo tra i territori dei comuni di Dorgali, Oliena e Gattelli, è da considerarsi a pieno titolo come snodo cruciale della viabilità dell'intera zona. Il cospicuo numero di utenti che quotidianamente vede messe a repentaglio la propria vita a causa della pericolosità di una siffatta intersezione richiede da tempo che in corrispondenza della medesima siano realizzate sicure e agevoli vie d'accesso e d'uscita dalla strada statale 129, finalizzate a ridurre sensibilmente il rischio di incidenti (diminuendo la velocità di transito). In assenza di tali interventi risulta assai facile prevedere il continuo ripetersi di sinistri stradali di grave e gravissima entità, come l'ultimo verificatosi in ordine di tempo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, intraprendere iniziative finalizzate a garantire la messa in sicurezza del tratto stradale in questione, anche valutando l'ipotesi di realizzare un'intersezione a rotatoria.
(4-03131)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa nei mesi scorsi, sul litorale sud occidentale della Sardegna, in particolare nella zona di Sulcis, si sarebbero registrate diverse segnalazioni di immigrati irregolari, pare giunti in modo illegale sulle coste attraverso l'uso di natanti noti come «barchini»;

   proprio pochi giorni fa, precisamente il 18 giugno 2019, a Sant'Anna Arresi si sarebbe verificato un nuovo sbarco di sei migranti, tutti adulti e probabilmente di origine algerina, i quali sarebbero stati prontamente rintracciati grazie ai carabinieri della stazione di Giba e Tratalias, impegnati in un servizio perlustrativo di controllo del territorio, e, dopo l'intervento dei militari del nucleo operativo radiomobile di Carbonia, subito condotti al centro di prima accoglienza di Monastir per le ulteriori verifiche sulla loro identità;

   sempre secondo quanto riportato dalla stampa altri episodi simili a quello sopra citato si sarebbero verificati negli ultimi mesi, soprattutto a Teulada e a Porto Pino nel comune di Sant'Anna Arresi, note e rinomate località turistiche della Sardegna, sebbene, come anche emerso in occasione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica dell'11 giugno 2019, questa tipologia di arrivi sia in realtà in forte diminuzione, con un calo dell'85 per cento dal 1o gennaio al 10 giugno 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018;

   vanno considerati tuttavia la particolare vocazione turistica della zona del litorale sud occidentale della Sardegna, in particolare della zona di Sulcis, e l'avvio della stagione estiva dell'anno in corso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato e riportato dalla stampa locale e se ciò corrisponda al vero;

   quali iniziative abbia già assunto o intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di contrastare il fenomeno degli sbarchi illegali di immigrati provenienti dall'Algeria e diretti alle coste meridionali della Sardegna.
(3-00805)


   SPENA, SISTO, D'ATTIS, ELVIRA SAVINO, LABRIOLA e NEVI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   una violenta esplosione si è verificata nella notte tra il 14 e il 15 giugno provocando ingenti danni ad alcuni silos di stoccaggio di grano duro dell'industria molitoria della società Santacroce Giovanni Spa, sita in Ascoli Satriano, nel cuore del Tavoliere delle Puglie;

   interpellato dalla stampa, Giovanni Santacroce, tra i più importanti imprenditori cerealicoli del territorio, ha descritto un crescendo di intimidazioni consistenti in lettere, minacce, segnali strani, fino alla violenta deflagrazione di alcuni giorni fa;

   l'imprenditore non è stato in grado di fornire indicazioni sui possibili autori dell'attentato. Le indagini si muovono a tutto campo e secondo gli inquirenti la pista estorsiva è quella più accreditabile;

   la Santacroce Giovanni spa, capofila di un gruppo societario più ampio, opera nel settore cerealicolo ed è considerata uno dei più grandi stoccatori e trader del Mezzogiorno. Con un fatturato di circa 50 milioni di euro dà lavoro a circa 100 persone tra diretti e indotto, operando su più siti sparsi sull'intero territorio provinciale. Il gruppo dispone di capacità di stoccaggio per circa 1,5 milioni di quintali di grano duro, pari a circa il 20 per cento dell'intera produzione della Capitanata, trasformando il grano stoccato in semola destinata a rifornire i principali pastifici italiani;

   l'impresa a partire dal 1992, ha avviato l'attività di lavorazione delle sementi, producendo oltre 100.000 quintali di soli semi di grano duro l'anno. A supporto di tale attività, l'azienda è dotata di un gruppo di ricerca e di breeding al fine di ottenere cultivar di propria costituzione, meglio performanti, sia dal punto di vista produttivo che qualitativo. Negli ultimi anni, il gruppo ha acquisito una società di ricerca e di costituzione di nuove varietà vegetali, Coseme srl, azienda storica per la costituzione di nuove varietà di grano duro, insieme ad altre 3 sole società rimaste in Italia;

   nel 2009 la Santacroce spa ha partecipato alla costituzione della società cooperativa agricola per azioni O.P. del Tavoliere (Organizzazione dei produttori cerealicoli) ed è stata promotrice di un importante progetto integrato di filiera (Pif), permettendo ai produttori cerealicoli della Capitanata di accedere ai finanziamenti previsti dall'Unione europea per l'ammodernamento tecnologico delle proprie aziende;

   nel 2010 l'azienda ha avviato un impianto molitorio nella zona industriale di Ascoli Satriano (FG), sito dove è avvenuta l'esplosione dell'ordigno. In questo stabilimento si producono semole di grano duro biologiche e convenzionali, destinate ai più importanti pastifici italiani (De Cecco, Rummo, Delverde e altri). L'impianto molitorio, realizzato con le più moderne tecnologie, è ritenuto dai clienti una perla di efficienza e di garanzia qualitativa del prodotto;

   Confindustria Foggia, nell'esprimere la propria solidarietà a Santacroce, ha chiarito che la questione della sicurezza è ormai divenuta il fattore primario per fare impresa nel foggiano, affermando che, sino a che non saranno ripristinate le condizioni attese dal sistema imprenditoriale, non vi potrà esser lo sviluppo economico e sociale da tutti auspicato –:

   se non ritengano opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di assicurare a tutto il mondo agricolo e imprenditoriale del foggiano le tutele necessarie a garantire un meritato sviluppo economico e di garantire la sicurezza di una delle imprese di punta del settore cerealicolo nazionale;

   se non si ritenga opportuno rafforzare la presenza delle forze dell'ordine nelle campagne e nelle aree produttive del foggiano, anche utilizzando tecnologie di video sorveglianza mediante telecamere e droni.
(3-00810)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPERANZA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha rapporti con la società Babcock Mcs Italia per la concessione, tramite aggiudicazione di appalti pubblici, della manutenzione della flotta aerea antincendio Canadair assegnata al medesimo corpo nazionale per lo spegnimento di incendi boschivi, e, in generale, lo spegnimento di incendi determinanti da eventi calamitosi;

   nel corso della puntata andata in onda il 16 giugno 2019 della trasmissione Report, sono state evidenziate alcune presunte non conformi manutenzioni effettuate sulla flotta aerea Canadair a causa di una insufficiente dimensione dello staff tecnico;

   durante la trasmissione è stata trasmessa una nota del 21 maggio 2019, firmata dal dirigente del dipartimento dei vigili del fuoco del Ministero dell'interno, Santo Rogolino, e inviata alla Babcock Mcs Italia, nella quale il dirigente esprimeva «la più viva preoccupazione» per la «progressiva riduzione dello staff tecnico» per l'impatto che potrebbe avere «con l'approssimarsi della campagna antincendio boschivo estiva»;

   si tratta di una situazione grave, per un mestiere come quello del vigile del fuoco che è una missione, ma anche un rischio. Le dichiarazioni del Capo del Corpo, ingegner Fabio Dattilo, durante la trasmissione di Report, fanno intendere che ci sono colpe dei lavoratori in merito all'efficienza dei loro mezzi a terra. Dattilo ha infatti dichiarato che i suoi uomini «dovrebbero avere maggiore amore per i propri mezzi». Una risposta che indigna i lavoratori, se soltanto si pensa che il Corpo dei vigili del fuoco ha i mezzi più vecchi d'Europa, mentre, paradossalmente, mancano tutele sanitarie, e le loro retribuzioni sono tra le più basse di tutti gli operatori del soccorso, sia in Italia che in Europa, dove la frattura economica tra la base dei lavoratori dei vigili del fuoco e la dirigenza, si evidenzia con un rapporto di 1/6;

   netta sostanza, quindi, ad avviso dell'interrogante, si è voluto nascondere l'atavica condizione in cui versa il Corpo dei vigili del fuoco, costretto a lavorare con mezzi e attrezzature obsolete. Resta tutt'ora l'amarezza di chi ascolta continuamente le mancate promesse di questo Governo circa lo stanziamento di risorse per l'equiparazione economica, previdenziale e di carriera dei vigili del fuoco agli altri Corpi in divisa dello Stato, ma non si capisce quando e come tutto questo accadrà –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, al fine di risolvere immediatamente le anomalie denunciate, affinché situazioni analoghe non si presentino più, rivedendo i criteri previsti per la manutenzione degli aeromobili antincendio e per la fornitura di idonee e necessarie attrezzature antincendio, come pure al fine di garantire la parità di trattamento economico e previdenziale dei vigili del fuoco agli altri Corpi in divisa dello Stato.
(4-03123)


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 maggio 2019 è stata presentata dall'interrogante e dall'onorevole Fasano un'interrogazione a risposta scritta al Ministro interrogato affinché assumesse le opportune iniziative volte ad avviare l’iter amministrativo per lo scioglimento del comune di Agropoli attraverso l'immediata istituzione della commissione di accesso;

   l'interrogazione traeva origine dalle notizie pubblicate su quasi tutti i quotidiani nazionali e locali, afferenti le indagini per voto di scambio politico-mafioso a carico dell'allora sindaco di Acropoli, Adamo Coppola;

   le medesime accuse, contenute in un decreto di perquisizione firmato dal pm della direzione distrettuale antimafia di Salerno Vincenzo Montemurro, riguardano anche Franco Alfieri, ex sindaco di Agropoli, consigliere all'agricoltura del presidente Pd della regione Campania Vincenzo De Luca e neo sindaco di Capaccio Paestum;

   sta destando indignazione generale e sgomento il clamore mediatico generato dalla circostanza che, nella notte della vittoria di Alfieri, almeno cinque autoambulanze si sono precipitate a sirene spiegate nel cuore della città a partecipare ai festeggiamenti, sostando di fronte al comitato elettorale del braccio destro del presidente della regione Pd Vincenzo De Luca;

   quanto alla provenienza delle autoambulanze, come riportato da Il Fatto quotidiano, tutte con la scritta «Croce Azzurra», esse fanno capo a una delle società di Roberto Squecco, l'imprenditore delle pompe funebri che la Cassazione ritiene organico al clan camorristico dei Marandino, condannato a gennaio con sentenza definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. La moglie di Squecco, Stefania Nobili, era candidata in una delle otto liste di Alfieri, «Democrazia Capaccese», ed è stata eletta in consiglio con 348 preferenze;

   le gravissime accuse per voto di scambio politico-mafioso, i retroscena e le intercettazioni a dir poco inquietanti che stanno emergendo dall'inchiesta che vede indagato il sindaco Alfieri, insieme ai fatti verificatisi nell'immediato post-elezione, indignano le forze sane della società civile e della politica che chiedono a gran voce che vengano adottati provvedimenti immediati per il comune di Capaccio e per Alfieri, quale consigliere delegato all'agricoltura del presidente della regione Campania De Luca;

   fermo il profondo convincimento che in fase di indagini il garantismo sia posto a presidio della persona in una democrazia liberale, ciò non di meno, lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, per i quali siano emersi collegamenti con i fenomeni mafiosi, è volto ad evitare che il loro permanere alla guida degli enti esponenziali delle comunità locali sia di pregiudizio per i legittimi interessi di queste stesse comunità e sono, dunque, giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell'amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori (Cons. Stato, sez. III, 22 giugno 2018, n. 3828);

   numerosi sono stati, infatti, i comuni sciolti per vicende molto meno gravi di quelle che occupano le cronache di questi giorni –:

   se il Ministro interrogato, sulla scorta di quanto esposto, intenda adottare le iniziative di competenza, ai sensi dell'articolo 143 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, per avviare l’iter amministrativo per lo scioglimento del comune di Capaccio-Paestum, procedendo all'immediata istituzione della relativa commissione di accesso.
(4-03136)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:


   CASA, MARTINCIGLIO, SABRINA DE CARLO, PENNA, VILLANI, LOMBARDO, BELLA e AZZOLINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 8 febbraio 2019 n. 92, «Disposizioni concernenti le misure di specializzazione sul sostegno di cui al decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 e successive modificazioni» stabilisce, al comma 4 dell'articolo 3, che «le assenze sono accettate nella percentuale del 20 per cento di ciascun insegnamento. Il monte ore relativo è recuperato attraverso modalità definite dai titolari degli insegnamenti. Per il tirocinio e per i laboratori vige l'obbligo integrale di frequenza delle attività previste»;

   la suddetta disposizione non concede ai partecipanti la possibilità di poter usufruire di alcun permesso specifico, neppure in presenza di comprovato certificato medico o di altro motivo ostativo documentalmente dimostrato;

   tale articolo non chiarisce in che modo l'assenza per una percentuale maggiore di ore o l'assenza da un'attività di tirocinio o laboratorio possa incidere sul conseguimento finale della specializzazione sul sostegno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga necessario rivedere il decreto ministeriale n. 92 del 2019 eventualmente chiarendo le modalità di assenza, le giustificazioni e le modalità di recupero delle assenze stesse;

   se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza per attivare modalità differenti di recupero degli insegnamenti eventualmente non completati per assenze giustificate e certificate secondo le modalità previste dalla legge.
(3-00808)


   ASCARI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la relazione 6 febbraio 2018 sull'attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, della XVII legislatura, tratta dell'ambito scolastico e universitario;

   come dichiarato in sede di audizioni da parte della presidente dell'associazione Telefono Rosa, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, «la violenza nei confronti delle donne ha origini culturali; per questo è necessario un intervento organico sui nostri giovani. Non si possono fare interventi a pioggia nelle scuole senza organizzare un piano organico e di ampio respiro che ci consenta di strutturare percorsi di formazione sulla differenza di genere, sulla parità e sul rispetto reciproco»;

   un ruolo importante, in questo sistema, deve essere svolto dal corpo docente e per questo è importante partire dai contenuti della formazione del personale docente stesso; inoltre, è necessario che i docenti siano formati per riconoscere e affrontare le dinamiche violente nelle giovani coppie: secondo ricerche, il 16 per cento delle ragazze nelle scuole secondarie di secondo grado ha subito violenze psicologiche e comportamenti di controllo da parte del partner, il 14 per cento ha vissuto molestie o violenze sessuali nella coppia, il 13 per cento ha subito violenza fisica;

   secondo l'Istat, il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali ha subito tali violenze prima dei 16 anni, nella fascia d'età dell'obbligo scolastico;

   l'articolo 14 della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come convenzione di Istanbul, tratta dell'educazione, prescrivendo azioni «per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi»;

   ancora oggi i libri di testo scolastico riportano contenuti stereotipati che incidono negativamente sulla formazione degli alunni con riferimento alla violenza di genere;

   anche nell'ambito universitario si possono riscontrare problematiche simili, inclusi casi di violenza, sia con riguardo al personale universitario che agli studenti;

   l'università è anche l'ambito ove si formano professionalità che, una volta inserite nel mondo del lavoro, per caratteristiche proprie della professione, dovranno confrontarsi con casi di violenza di genere: avvocati, infermieri, medici, assistenti sociali, psicologi e altri –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di includere all'interno dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, tenuto conto del livello cognitivo degli alunni e degli studenti, i temi dell'educazione alla legalità, del diritto all'integrità personale, dell'identità di genere e del contrasto della violenza di genere, nonché altre attività volte a prevenire il fenomeno e riconoscerlo all'interno dell'ambito scolastico, anche formando specificatamente il corpo docente;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, con il contributo delle associazioni degli editori di libri di testo scolastici, al fine di promuovere la trattazione corretta delle questioni di genere in ambito scolastico ed evitare la trattazione della figura femminile in maniera stereotipata;

   quali iniziative intenda intraprendere, anche d'intesa con i rappresentanti dei rettori, dei docenti e degli studenti universitari, al fine di promuovere l'inserimento dello studio di questioni di genere all'interno delle classi di laurea, con particolare attenzione a quelle che formano professionalità che per loro natura si dovranno confrontare con il fenomeno della violenza di genere;

   quali siano le attività in corso promosse o realizzate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in tema di contrasto alla violenza di genere e quali ulteriori iniziative di competenza intenda intraprendere in merito.
(3-00811)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora proceduto alla pubblicazione delle graduatorie di merito del concorso docenti dell'anno 2018;

   la questione dei ritardi di pubblicazione delle graduatorie di merito è stata già resa nota più volte dagli stessi docenti;

   in data 29 maggio 2019, si è svolto l'incontro con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sollecitato dalle organizzazioni sindacali per fare il punto sull'aggiornamento e sulla pubblicazione delle diverse graduatorie utili sia alle immissioni in ruolo che alle supplenze in vista dell'avvio dell'anno scolastico;

   le richieste dei docenti abilitati, di cui i sindacati si sono fatti latori al Ministero, erano già state presentate all'ufficio legale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal Coordinamento nazionale docenti abilitati;

   la lentezza delle procedure concorsuali ha determinato dei fortissimi rallentamenti in diverse regioni. Il riferimento è al Centro-sud dove chi attende ancora di svolgere i colloqui orali verrà ad essere penalizzato dalle inefficienze degli uffici scolastici regionali. Per questi docenti la possibilità di svolgere l'anno di prova nel 2019 è sfumata e questo rappresenta un grave pregiudizio, in ragione delle percentuali di immissioni in ruolo previste dal decreto legislativo n. 59 del 2017;

   si sottolinea la necessità di giungere entro fine luglio 2019 alla pubblicazione di tutte le graduatorie di merito ancora non pronte. Come già anticipato sopra, in diverse regioni del Centro-sud, a causa dei ritardi nell'espletamento delle procedure concorsuali, tantissimi candidati hanno perso l'opportunità di accedere al ruolo, per cui quest'anno è essenziale che sia garantita loro una risposta efficace –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché tutte le procedure relative al concorso 2018 vengano concluse e le relative graduatorie pubblicate nei più brevi tempi possibili, in modo da garantire ai docenti coinvolti la possibilità di partecipare al piano di assunzioni per l'anno scolastico 2019/2020.
(5-02325)


   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 9 maggio 2019 è stata presenta al dipartimento di scienze politiche e giuridiche presso il rettorato dell'Università di Messina la richiesta di utilizzare un'aula conferenze, al fine tenere, l'11 giugno 2019, una lectio magistralis del professor Aleksandr Dugin, voluta e organizzata da associazioni culturali cittadine e studentesche dello stesso ateneo;

   il 10 giugno, giorno prima dell'evento, il rettorato ha pubblicato sul sito dell'Università di Messina il diniego alla concessione dell'aula con le seguenti motivazioni «in relazione alla presenza di Aleksandr Dugin, l'Università di Messina, tenuto conto anche delle numerose perplessità manifestate da molti docenti e delle controverse posizioni ideologiche del relatore, non concederà alcun locale dell'Ateneo»;

   a seguito di questa decisione si sono innescate critiche sia accademiche che pubbliche in cui l'Ateneo di Messina viene accusato di censura illiberale, tali da far declinare l'invito da parte del professor Dugin a svolgere la sua Conferenza in altro luogo approntato dagli organizzatori;

   il professor Dugin politologo e filosofo russo, docente universitario, autore di diversi saggi e conferenziere apprezzato in tutto il mondo non rappresenta politicamente nessuna parte politica italiana; le sue riflessioni filosofiche avrebbero dato vita solo ad un interessante dibattito trasversale che poteva arricchire l'attività culturale dell'ateneo messinese;

   il rettore, pur nel rispetto dell'autonomia degli atenei, deve assicurare la pluralità di informazione e formazione, la democraticità dei dibattiti, promuovendo il confronto di idee e lo scambio culturale di cui si nutre un ateneo, anche se altri docenti non ne condividono le idee –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché vengano garantiti la natura e il ruolo delle università italiane, ossia la laicità e il pluralismo libero da ogni condizionamento ideologico, confessionale, politico o economico.
(5-02328)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012 la compagnia di telecomunicazioni Fastweb ha ceduto un ramo d'azienda, con 720 dipendenti, a Visiant Next che nel frattempo è stata acquisita dal gruppo Covisian, nell'ambito della fusione con il gruppo Contacta;

   i giudici di più tribunali, riconosciute le ragioni di 72 dipendenti, hanno stabilito che quella non fu una cessione di ramo d'azienda, ma una mera esternalizzazione mascherata verso una società che, oltretutto, era completamente dipendente dalla casa madre, visto che Fastweb era l'unica committente;

   le sentenze definitive dei tribunali di Milano e Torino, non appellate, obbligavano l'azienda a riassumere questi lavoratori e Fastweb ha tardato due anni prima di applicarle e ora che ha deciso di farlo, in una lettera del 27 maggio 2019, ha fatto sapere ai 72 lavoratori che potranno sì rientrare a pieno titolo in azienda, ma da Torino (10 persone), Milano (31), Roma (2), Napoli (23) e Catania (6) dovranno recarsi a Bari, perché è lì che, nel frattempo, sono state spostate le attività del customer care;

   nella missiva, firmata Unindustria, non viene data molta scelta ai lavoratori: la formula utilizzata è «impossibilità di un ricorso a strumenti alternativi ai trasferimenti»;

   quindi Fastweb riammette al lavoro i 72 dipendenti, ma chiede loro di andare a lavorare a centinaia di chilometri rispetto alla loro sede abituale;

   a parere dell'interrogante si è di fronte a una chiara ritorsione nei confronti di persone che hanno chiesto all'azienda per cui lavorano il rispetto dei propri diritti e della propria dignità e per questo sono stati discriminati, attraverso un trasferimento coatto;

   si sottolinea inoltre che i trasferimenti dovrebbero partire già da luglio 2019 e tra queste persone ve ne sono alcune in categoria protetta e altre che utilizzano la legge n. 104 del 1992 per assistere parenti malati e davvero non si comprende perché questi lavoratori dovrebbero trasferirsi per quella che appare soltanto una ritorsione da parte di Fastweb;

   come riportato dalla stampa, in un articolo pubblicato il 31 maggio su Repubblica.it, secondo alcuni lavoratori Fastweb avrebbe la tecnologia e l'infrastruttura per consentire a questi lavoratori di lavorare o da casa o da altre sedi e Bari non sarebbe l'unica possibilità;

   effettivamente, trovare soluzioni alternative al trasferimento non dovrebbe essere particolarmente complicato per un colosso delle telecomunicazioni come Fastweb, con sedi in tutta Italia che potrebbero tranquillamente ospitare una settantina di persone –:

   se il Governo, per quanto di competenza, non intenda adottare iniziative, anche attraverso la convocazione urgente di un tavolo di confronto con l'azienda e le organizzazioni sindacali, affinché Fastweb riconsideri la scelta di procedere con il trasferimento dei 72 dipendenti da reintegrare presso la sede di Bari e si giunga a soluzioni alternative condivise con i lavoratori e le organizzazioni sindacali.
(4-03124)


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, hanno avviato la privatizzazione degli enti di previdenza e assistenza dei liberi professionisti;

   nel 1994 suddetti enti si consociano nell'Associazione degli enti previdenziali privati (AdEPP), che oggi conta l'adesione di 19 casse di previdenza privata e rappresenta circa due milioni di professionisti, avente l'obiettivo di armonizzare l'autonomia privata degli enti stessi con la funzione pubblica esercitata;

   l'insieme degli enti associati all'AdEPP vede al suo interno circa duemila ottocento impiegati;

   nel corso degli anni all'interno del sistema delle casse previdenziali si sono verificati, in singoli enti, episodi di mala gestione che hanno visto l'intervento della magistratura e che hanno provocato danni agli iscritti alle rispettive casse e gettato ombre sulla capacità gestionale dell'intero sistema;

   le casse previdenziali dei professionisti (85,3 miliardi di euro di risorse complessive) sono gli unici investitori istituzionali, così come denunciato dal Presidente della Covip, Padula, nell'ultima relazione della Commissione, privi, realtà unica nell'eurozona, di una regolamentazione unitaria sugli investimenti attesa dal 2011;

   l'autonomia gestionale delle casse nell'esercizio di una funzione pubblica non può essere considerata assoluta, in quanto, per la natura stessa della funzione gestita, nel caso di inconvenienti gli oneri ricadrebbero sulla collettività;

   il 19 marzo 2019 il Governo accoglieva come raccomandazione un ordine del giorno, 9/1637-AR/42, che impegnava «il Governo ad avviare una verifica del dettato normativo istituente il comparto della previdenza privata e a valutare le possibili iniziative volte a favorire una prossima apertura del negoziato tra l'Associazione degli enti previdenziali privatizzati e le organizzazioni sindacali al fine di giungere quanto prima ad un nuovo testo contrattuale capace di adeguare le esigenze delle parti contraenti ad un contesto lavorativo e organizzativo profondamente mutato, dopo vent'anni dalla prima applicazione»;

   a circa dieci anni dalla sottoscrizione dell'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl), le trattative per il rinnovo del Ccnl non sembrano essere avviate a una positiva conclusione;

   il Ccnl del personale dipendente è, ad oggi, in regime di prorogatio;

   l'AdEPP ha nominato una delegazione trattante composta dal presidente di Cassa commercialisti, dal presidente di Inarcassa, dal presidente di Cassa psicologi e dal vicepresidente della fondazione Onaosi;

   il 17 giugno 2019, le organizzazioni sindacali operanti nel comparto davano notizia di aver scritto direttamente a ciascuno dei presidenti degli enti previdenziali al fine di sensibilizzarli, sia sulla questione del rinnovo che sulla necessità di operare responsabilmente al fine di confermare l'utilità e la necessità della scelta compiuta circa venticinque anni fa con i decreti legislativi citati;

   il quadro di sintesi presentato dalla Covip nel mese di ottobre 2018 segna una crescita delle attività totali delle Casse, dal 2011 al 2017, complessivamente del +53,2 per cento. Alla fine del 2017, l'attivo, delle casse ammonta a 85,3 miliardi di euro, con un aumento rispetto al 2016 di 5,3 miliardi;

   gli enti di previdenza privati sono sottoposti al controllo dei Ministeri vigilanti, della Corte dei conti, della Commissione parlamentare bicamerale di controllo sugli organismi gestori della previdenza obbligatoria, nonché al controllo sulla gestione delle risorse finanziarie da parte della Covip –:

   se in relazione al quadro normativo, definito dai decreti legislativi citati in premessa, non si ritenga necessario avviare una nuova, profonda e articolata analisi;

   se intenda adottare iniziative per definire il quadro normativo riguardo agli investimenti mobiliari e immobiliari che le casse privatizzate quotidianamente mettono in atto per garantire la previdenza dei propri iscritti, così come segnalato dalla Covip, colmando quel gap che pone questa realtà italiana al di fuori del contesto europeo;

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza e nel quadro dell'autonomia gestionale degli enti, circa l’iter di definizione del nuovo Ccnl per i circa tremila nuclei familiari dei dipendenti impiegati nei rispettivi enti previdenziali.
(4-03125)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di cronaca recenti (www.brindisireport.it del 5 giugno 2019) si è venuti a conoscenza di un grave episodio che ha avuto come protagonista un medico leccese, in servizio presso una nota clinica privata della provincia di Brindisi, convenzionata con il servizio sanitario nazionale, nei confronti del quale è stata emessa la misura interdittiva del «divieto di esercitare per mesi nove la professione di medico», con l'accusa di istigazione alla corruzione nei confronti di uno specialista della Asl di Brindisi, a cui avrebbe chiesto di dirottare i pazienti affetti da patologie oncologiche epatiche verso la stessa struttura privata, al fine di sottoporli alle terapie necessarie, con la promessa che gli sarebbe stata affidata una consulenza scientifica pagata dalla stessa clinica, risultata però del tutto estranea alla vicenda;

   dalle indagini, iniziate nel settembre del 2018 e condotte dai Nas di Taranto, dopo la denuncia del direttore generale dell'Asl di Brindisi, dottor Pasqualone, è emerso che i trattamenti sanitari a cui avrebbero dovuto essere sottoposti i pazienti, altamente remunerativi, avrebbero incrementato le prestazioni di ricovero presso la clinica (non essendo peraltro necessari perché eseguibili presso l'ospedale Perrino), ed accresciuto il «budget» del personale del medico;

   il caso sopracitato evidenzia un quadro preoccupante relativo alle ipotesi di corruzione, illeciti e frodi nell'ambito della sanità nel nostro Paese che, come segnalato da Transparency International Italia, si conferma tra i settori più critici con 34 segnalazioni, seguita dalla pubblica amministrazione (24) e dal settore dell'educazione (11);

   sul fenomeno si è espressa anche la Corte dei conti che negli ultimi anni ha sottolineato come in sanità «si intrecciano con sorprendente facilità veri e propri episodi di malaffare con aspetti di cattiva gestione, talvolta favoriti dalla carenza dei sistemi di controllo» –:

   quali iniziative di competenza, anche alla luce di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di prevedere un potenziamento delle attività di monitoraggio e di controllo dei vari settori del sistema sanitario italiano, indebolito da casi di corruzione e frode con perdite di circa 6 miliardi di euro all'anno, sottratti alle cure dei malati e a discapito dei cittadini.
(4-03122)


   BOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per l'Organizzazione mondiale della sanità il fumo è la principale causa di morte e malattia prevenibile nel mondo occidentale, essendo il principale responsabile di malattie all'apparato respiratorio e cardiovascolare;

   stando a quanto si legge nell'ottava edizione del volume «I numeri del cancro in Italia», pubblicato nel 2018 dall'Aiom ed Airtum insieme al sistema di sorveglianza dell'Istituto superiore di sanità «Passi» (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia), dei 369.000 nuovi casi di cancro stimati nel 2018, 41.800 figurano come nuovi casi di cancro al polmone (fortemente correlati al fumo);

   in Italia, secondo i dati ricavati dalle indagini Doxa – Istituto superiore di sanità il numero dei fumatori è in continua crescita: nel 2018 si registrano 12,2 milioni di fumatori, che rappresentano il 23,3 per cento della popolazione, con un aumento di 500 mila persone rispetto all'anno precedente. Un dato, quello dell'Italia in controtendenza in Europa;

   in Inghilterra le statistiche sul fumo del National Health System nel 2018 dimostrano che c'è stata una rilevante diminuzione del numero di fumatori: essi sono scesi al 14,9 per cento della popolazione adulta rispetto al 15,5 per cento del 2016 e al 19,8 per cento del 2011, con una caduta significativa di circa 1,6 milioni di fumatori adulti in pochi anni;

   in Francia, la riduzione del numero di fumatori abituali nell'arco di un solo anno è stata di 1 milione, secondo quanto diffuso in occasione della «Giornata mondiale senza tabacco del 2018», dall'Agenzia nazionale di salute pubblica;

   negli ultimi anni alcune ricerche, realizzate in ambito europeo, hanno dimostrato che il danno prevalente legato al fumo è provocato dalla combustione del tabacco, in particolare catrame e monossido di carbonio;

   nel Regno Unito, il Public Health England dopo un'approfondita ricerca condotta da esperti indipendenti e pubblicata nel 2015, ha concluso che la sigaretta elettronica è per il 95 per cento meno dannosa della sigaretta tradizionale, sottolineandone l'uso come strumento efficace per smettere di fumare;

   la Santé Publique France (Agenzia nazionale di salute pubblica), oltre ad aver avviato uno studio di rilievo nazionale per valutare l'efficacia della sigaretta elettronica come strumento utile a smettere di fumare, nel mese di ottobre 2018, durante il mese francese senza tabacco («Mois sans tabac»), ha inserito il vaping tra le forme di disassuefazione dal fumo;

   l'innovazione ha permesso di sviluppare nuovi dispositivi che possono soddisfare il desiderio di nicotina, arrecando al contempo meno danni alla salute, perché consentono di evitare gli effetti negativi legati alla combustione del tabacco da fumo;

   al meeting 2019 della US Society for Research on Nicotine & Tobacco, sono stati presentati i risultati di uno studio clinico che dimostra come la riduzione di alcuni rilevanti biomarcatori (NNN, NNAL, 3-HPMA, MHBMA, S-PMA, HMPMA, 1-OHP, COHb) sia sostanzialmente equivalente per i soggetti che si astengono dal fumo per un periodo di cinque giorni e per quelli che utilizzano sigarette elettroniche per lo stesso periodo, rendendo l'opzione della sigaretta elettronica paragonabile e sostanzialmente equivalente, dal punto di vista delle rilevazione di tali biomarcatori, a quella della cessazione totale del fumo –:

   se non ritenga utile, nell'alveo dell'elaborazione di nuove politiche attive dedicate alla lotta al fumo in Italia, acquisire dati e informazioni relativi agli orientamenti di altri Paesi con caratteristiche comparabili a quelle dell'Italia in tema di «riduzione del danno» e di informazione circa il «vaping» come strumento relativo alla cessazione del fumo, che comporta grande beneficio per i cittadini singoli e per la collettività, in ragione dei risparmi che derivano dalla diminuzione della spesa sanitaria correlata alle malattie derivanti dal fumo.
(4-03127)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Boldi e altri n. 7-00172, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bologna.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Buompane e altri n. 2-00419, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Villani.

Apposizione di una firma ad una interrogazione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  L'interrogazione a risposta orale Labriola e altri n. 3-00802, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Polverini. Pertanto, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Labriola, Zangrillo, Polverini, Fatuzzo, Musella e Rotondi.».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Testamento e altri n. 4-03037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ascari.

  L'interrogazione a risposta scritta Manzo n. 4-03063, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Di Lauro.

  L'interrogazione a risposta scritta Cabras e altri n. 4-03117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Corda.