Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    i foreign terrorist fighters (Ftf) hanno costituito in questi ultimi anni una delle maggiori minacce alla pace e alla stabilità nel mondo e sebbene la minaccia del terrorismo jihadista in ambito europeo appare in regressione, almeno nelle sue forme più eclatanti, il suo contrasto rimane un'assoluta priorità e sua prevenzione rimane la migliore arma per contrastarla;

    anche a seguito della disfatta dell'autoproclamato Stato Islamico, la galassia jihadista è in fase di riassetto. Secondo le stime più recenti i Ftf nell'area siro-irachena sarebbero circa 19 mila, di cui 8 mila stranieri. Tra questi ultimi sarebbero circa 2.600 gli europei dello spazio Schengen e 500 i balcanici. In totale se si comprendono anche donne e bambini il fenomeno riguarda non meno di 40 mila individui da più di 80 Paesi;

    sono numerosi i gruppi familiari e i singoli combattenti che vengono registrati in uscita dalla Siria e dall'Iraq, prevalentemente in direzione Nord Africa ma anche Asia meridionale e centrale, Sud-est asiatico ed Europa, dove i cosiddetti returnees sarebbero circa 1.700, dei quali 400 balcanici, mentre circa un migliaio sarebbero i combattenti tunisini ritornati in patria dalle zone di conflitto;

    sono principalmente queste ultime le cifre di cui anche il nostro Paese dovrà tener conto, considerando le comunità molto numerose nel nostro Paese e la vicinanza geografica del nostro Paese e ad ogni modo tenuto in considerazione che non tutti i Ftf sono stati «censiti» e che per tanti altri risulta difficile identificarli come tali;

    ad ogni modo la pericolosità del fenomeno dei Ftf di ritorno non risiede tanto nei numeri ma quanto nella «qualità» del loro profilo: potenziali veicoli di propaganda e proselitismo, nonché portatori di esperienza bellica e di know-how nell'uso di armi e esplosivi;

    con riferimento specifico al nostro Paese, nel 2018 sono stati monitorati dalle autorità 135 individui; con riferimento al contesto europeo, tale numero può essere considerato basso in valori assoluti e addirittura molto basso in relazione all'intera popolazione: si tratta, infatti, di poco più di 2 Ftf per milione di abitanti, contro i circa 46 per milione di abitanti in Belgio, 33 in Austria, 30 in Svezia e 28 in Francia; di questi 135 soltanto 24 sono in possesso della cittadinanza italiana, il 90 per cento sono uomini, l'88 per cento ha un basso livello di istruzione e l'età media è di 30 anni;

    oltre che essere un pericolo per il «ridispiegamento» in patria, i Ftf ancora in territorio di conflitto rappresentano un pericolo concreto per la sicurezza della regione, in quanto potrebbero unirsi a nuove campagne militari, riorganizzarsi e riprendere la jihad, oltre che essere un problema di «gestione»;

    dei Ftf reduci dalle campagne militari in Siria e Iraq, circa duemila combattenti con le rispettive famiglie per un totale di circa quattromila persone, sarebbero nelle mani delle Forze democratiche siriane (Syrian Democratic Forces, Sdf) e delle autorità irachene; attualmente il loro rimpatrio in Europa presenta diverse ragioni: legali, etiche, di sicurezza ed economiche;

    dal punto di vista legale sarebbe complicato processare i Ftf in patria data la difficoltà di raccogliere prove nel contesto del conflitto siro-iracheno e anche alla luce della mancanza di adeguati strumenti normativi per processarli in taluni Paesi. Per i Paesi che hanno una grande presenza di Ftf poi questo potrebbe essere un grande impegno economico, considerati i costi di trasferimenti, processi, eventuali iniziative di deradicalizzazione e reintegrazione, supporto sanitario e psicologico e altro difficilmente accettabili per l'opinione pubblica;

   particolarmente seria è poi la problematica per coloro i quali si sono recati in Siria e Iraq, ma non hanno partecipato personalmente ai combattimenti, pur aderendo all'ideologia di gruppi armati jihadisti. Questo riguarda particolarmente le donne, che secondo stime plausibili rappresenterebbero un quinto del totale delle persone partite e i minori che sono stati portati dai propri genitori o da altri adulti, o che sono addirittura nati in quel contesto;

    tutti questi individui hanno quindi trascorso anni fondamentali nella formazione di una persona in aree sotto il controllo di gruppi estremistici, esposti ad atti di violenza sistematica e altri eventi traumatici, a contatto quotidiano con l'ideologia jihadista, subendo persino articolati processi di indottrinamento. Il loro rimpatrio e ad ogni modo la loro riabilitazione, in qualunque luogo avvenga, richiederebbero quindi un'attenta e delicatissima attività di supporto;

    il possibile rientro su larga scala dei Ftf nei Paesi d'origine pone quindi tutta una serie di questioni che non possono non essere affrontare attraverso differenti strategie. In primis, con riferimento minaccia terroristica occorre proseguire nell'approccio repressivo di tutta una serie di persone che oggi esprimono idee estreme, cariche di risentimento e rabbia; con riferimento a situazioni che non possono essere considerate alla stregua del terrorismo, occorre agire con programmi che prevedano strategie di prevenzione, deradicalizzazione e riabilitazione con l'obiettivo di prevenire ulteriori e più gravi problematiche;

    al di là del perseguimento dei procedimenti penali per i reati connessi, tenendo in considerazione le difficoltà sopra evidenziate dovute alle difficoltà nel reperimento di fonti di prova certe relative alle attività svolte e ai legami con organizzazioni terroristiche, rimangono le misure di carattere repressivo quelle più diffuse in Europa, tra cui: revoca della cittadinanza, ritiro del passaporto, divieto di rientro per i Tft;

    a tal riguardo, con il decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, sono state introdotte importanti misure volte a rafforzare e ad aggiornare rispetto alla nuova minaccia terroristica gli strumenti di prevenzione e repressione del fenomeno nel territorio dello Stato;

    tale intervento normativo è stato effettuato a seguito e in conformità alla risoluzione n. 2178, adottata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 24 settembre 2014, che tra le altre cose, oltre all'esortazione agli Stati ad applicare misure repressive, sollecita politiche attive di contrasto dell'estremismo violento e un approccio preventivo;

    in definitiva, alla luce di quanto brevemente esposto, anche considerata l'evoluzione della minaccia terroristica, appare necessario un intervento finalizzato alla revisione e all'aggiornamento nonché all'attuazione delle strategie globali di lotta all'estremismo violento jihadista in tutte le sue forme,

impegna il Governo:

1) ad applicare le raccomandazioni dell'Osce sul contrasto al terrorismo approvate durante la Conferenza del 2018 tenutasi sotto la presidenza italiana, in particolare volte a:

   a) rafforzare i controlli frontalieri;

   b) intensificare la collaborazione internazionale, in particolare rafforzando lo scambio di informazioni operative;

   c) assicurare il costante raccordo con i database dell'interpol;

   d) vigilare sui rischi collegati alla possibile infiltrazione di jihadisti nei flussi migratori;

2) a proporre, nelle sedi internazionali competenti, il dispiegamento di una forza di controllo internazionale a guida Onu alla frontiera della Siria con l'Iraq e la Turchia;

3) a sostenere nelle competenti sedi dell'Onu e dell'Unione europea le proposte volte all'istituzione di un tribunale penale internazionale che indaghi sui crimini di guerra commessi da Daesh e dalle altre organizzazioni Jihadiste in Siria e in Iraq, sul modello dei tribunali internazionali già istituiti per l'ex Jugoslavia o il Ruanda;

4) a proporre in ambito europeo una strategia di deradicalizzazione, riabilitazione e reintegrazione, in particolare con riferimento alle donne e ai minori residenti nell'Unione europea che non hanno partecipato ai combattimenti ma che attualmente si trovano in Siria e in Iraq in quanto congiunti dei Foreign Terrorist Fighters.
(1-00192) «Sabrina De Carlo, Perconti, Invidia, Flati, Olgiati, Cappellani, Lovecchio, Sut, Corda, Galantino, Romaniello, Ermellino, Chiazzese, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi, Scanu, Iovino, Frusone».

Risoluzione in Commissione:


   La I Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 71 del testo unico enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, reca disposizioni per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino ai 15.000 abitanti;

    il comma 10, in particolare, disciplina i casi in cui sia stata ammessa e votata una sola lista con un solo candidato sindaco e prescrive che «sono eletti tutti i candidati compresi nella lista ed il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione è nulla»;

    nelle ultime elezioni amministrative del 26 maggio 2019, in molti comuni, soprattutto in quelli di piccole dimensioni, si è verificato il caso previsto dal comma 10, ovvero l'ammissione al voto di una sola lista;

    spesso si tratta di comuni, specialmente in area montana, con un'alta percentuale di cittadini iscritti all'Anagrafe italiana dei residenti all'estero (Aire), a volte anche in misura superiore al 30 per cento e questi elettori fanno parte del numero complessivo dei corpo votante e vanno computati ai fini del quorum dei votanti;

    di conseguenza, per quanto espresso in precedenza, si genera il concreto rischio di annullamento della consultazione elettorale, in considerazione dei costi e delle difficoltà ad esercitare il diritto di voto nei paesi di residenza da parte dei cittadini ormai residenti all'estero, i quali peraltro non possono beneficiare di alcuna agevolazione economica per rientrare in Italia a votare;

    la nullità delle elezioni ha come effetto il commissariamento degli organi elettivi dell'ente locale da parte dell'ufficio territoriale del Governo, creando di fatto un forte disagio per la popolazione amministrata di detti paesi;

    la Corte costituzionale, nel 2012, si è espressa proprio su un caso analogo a quello sopra riportato, relativamente al comune di Sessano del Molise;

    con la sentenza n. 242 del 2012, il giudice costituzionale, pur dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 71, comma 10, sollevata in via incidentale dalla V sezione del Consiglio di Stato, in riferimento agli articoli 1, secondo comma, 3, 48, primo comma, e 51, primo comma, della Costituzione, nelle motivazioni ha esortato il legislatore a porre rimedio all'inconveniente derivante «dalla assenza di una normativa agevolati va del voto dei residenti all'estero con riguardo alle elezioni amministrative» e ad «una rimeditazione del bilanciamento di interessi attuato in detta norma»;

    dalla pronuncia della Corte sembra potersi leggere un invito al legislatore ad una diversa formulazione della norma, volto all'estromissione dal quorum degli iscritti all'Aire che, non incidendo sulla capacità elettorale dei residenti all'estero e sul loro diritto elettorale, diventerebbe il giusto equilibrio tra le due categorie di elettori e rappresenterebbe un corretto parametro di validità del voto espresso dal corpo elettorale che vive e partecipa in quella comunità;

    del resto il Consiglio di Stato aveva interrogato il giudice costituzionale proprio in tal senso, ma la Corte, in materia di sistemi elettorali, ambito nel quale si esprime con massima evidenza la politicità della scelta legislativa, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, può soltanto censurare una norma quando risulti manifestamente irragionevole;

    peraltro con l'articolo 1, comma 2, della legge regionale 11 dicembre 2003, n. 21, il Friuli-Venezia Giulia ha già provveduto ad escludere gli elettori iscritti all'Aire ai fini del computo del quorum partecipativo e la Corte costituzionale, con la sentenza n. 173 del 2005, ha sostanzialmente riconosciuto la disposizione legittima e compatibile con la Costituzione,

impegna il Governo

a valutare iniziative di carattere normativo che «scorporino» i cittadini iscritti all'Anagrafe italiana dei residenti all'estero (Aire) dal quorum dei partecipanti al voto al fine di tutelare in pieno il diritto degli elettori degli enti locali ad essere amministrati da organi costituzionalmente eletti, garantendo solo in tal modo il giusto bilanciamento del diritto elettorale dei residenti in Italia degli abitanti con quello dei cittadini residenti all'estero.
(7-00257) «Iezzi, Parolo, Formentini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 24 maggio 2019, come da richiesta delle organizzazioni sindacali, si è svolto in regione Emilia-Romagna l'incontro che riguarda il possibile licenziamento dei 135 professionisti dei Invitalia spa, controllata al cento per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze che per conto dell'Agenzia regionale per la ricostruzione, sono impegnati nel post terremoto in Emilia-Romagna;

   Invitalia, infatti, da sei anni, con il contributo professionale dei 135 ingegneri e tecnici, sta contribuendo alla progettazione della ricostruzione in conseguenza degli eventi sismici del maggio 2012 nella regione;

   all'incontro in questione hanno partecipato l'assessore, Palma Costi, il direttore dell'Agenzia regionale per la ricostruzione dottor Enrico Cocchi, i rappresentanti dell'azienda Invitalia, dottor Antonio Migliardi e Giuseppe Galati, e la delegazione sindacale (Cgil Cisl Uil ER; Fisac Cgil - First Cisl - Uilca Uil Bologna e alcuni delegati dei lavoratori);

   in tale sede, l'azienda ha confermato la scadenza dei contratti a tempo determinato il 30 giugno 2019, non prevedendo, in conseguenza delle disposizioni del «decreto dignità» alcuna altra possibilità di rinnovo;

   Invitalia ha, infatti, confermato che in base alla normativa vigente, non vi è alcuno spazio per una possibile stabilizzazione del personale;

   il 30 giugno 2019, inoltre, scade la convenzione Invitalia-regione Emilia-Romagna in base alla quale si rende possibile la ricostruzione attraverso personale a tempo determinato assegnato alla struttura commissariale;

   a tal proposito, senza la continuazione dell'attività lavorativa dei 135 lavoratori attualmente in servizio, l'erogazione dei quattrocento milioni di euro attualmente in cassa presso la regione e finalizzati alla ripresa delle aziende, delle piccole e medie imprese e alla liquidazione dei danni dei privati cittadini, di cui al decreto-legge n. 74 del 2012 rischia una brusca frenata;

   il mancato rinnovo dei contratti comporterebbe la perdita di know how di altissimo profilo, espresso da figure che possono vantare un'esperienza di almeno tre anni «sul campo», avendo contribuito fattivamente alla ripresa economica, oltre che sociale, di un territorio piegato dal terremoto, consentendo altresì la rinascita economica delle imprese del cratere;

   il mancato rinnovo dei contratti di lavoro comporterebbe, inoltre, un ritardo nel completamento dell'opera di ricostruzione che non si può quantificare –:

   quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere affinché sia garantita la continuità occupazionale dei lavoratori di cui in premessa e la prosecuzione dell'opera di ricostruzione.
(4-03043)


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta su tutto il territorio italiano nel mese di maggio 2019 ha provocato ingenti danni alle infrastrutture per gli smottamenti ed esondazioni dei fiumi, ma anche e soprattutto all'agricoltura del Paese, in particolare dell'Emilia-Romagna;

   infatti, sarebbero a rischio le coltivazioni di mais e piselli nel piacentino, nel parmense e nel ferrarese, di pomodori a Piacenza, Parma, Modena, Ravenna e Ferrara, di ciliegie, fragole e pesche in particolare nel modenese e in Romagna, ma a pagare il prezzo più alto sarebbero i produttori di albicocche, vera eccellenza regionale, che per il secondo anno consecutivo, vedono le loro coltivazioni danneggiate da disastrosi eventi climatici;

   le associazioni di categoria hanno stimato, anche, un calo del reddito del 75 per cento uno scarto di produzione del 50 per cento e un prezzo all'origine dimezzato rispetto al 2018 a causa dell'effetto del «Burian» sulle coltivazioni. Le imprese agricole, parte essenziale del tessuto produttivo regionale, stanno subendo ingenti perdite a causa del maltempo e, di conseguenza, rischia un effetto a cascata su tutte le realtà che si occupano di trasformazione, confezionamento e distribuzione;

   inoltre, sarebbero a rischio migliaia di posti di lavoro e, affinché le aziende agricole interessate possano continuare la produzione e sostenere i costi della mano d'opera, è necessario che ad esse siano riconosciuti i contributi essenziali alla sopravvivenza e ciò è possibile solo con il riconoscimento dello stato di calamità naturale da parte della regione e, conseguentemente, con il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale da parte del Governo;

   da annuncio a mezzo stampa da parte dell'assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna, Simona Castelli, sembra che ad ora si stiano raccogliendo le segnalazioni dei danni subiti dagli agricoltori con successivo avvio delle ricognizioni da parte del tavolo permanente della Consulta agricola –:

   se siano a conoscenza e abbiano contezza dei danni subiti dagli agricoltori italiani ed in particolare dell'Emilia Romagna a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo dello scorso mese di maggio;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per deliberare lo stato di emergenza nazionale e quali siano le tempistiche;

   se non ritengano necessario convocare un tavolo tecnico con gli enti territoriali interessati, coinvolgendo tutti gli operatori del settore per definire le modalità migliori per rispondere alla drammatica situazione espressa in premessa.
(4-03044)


   MANDELLI, GELMINI, ORSINI, PALMIERI, PEREGO DI CREMNAGO, ROSSELLO, SACCANI JOTTI, SQUERI, COLUCCI, LUPI, RAVETTO e CALABRIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dalla stampa nazionale, il Sottosegretario per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha dichiarato di avere la volontà politica di portare a Milano la sezione del Tribunale unificato dei brevetti (Tub), attualmente prevista a Londra, qualora vi siano le premesse;

   «Tutto il Governo», ha, infatti, evidenziato il rappresentante del Governo citato, «rema in favore della maggiore acquisizione possibile di entità internazionali in Italia» e ancora: «Ad oggi il TUB non è ancora operativo in quanto manca l'indispensabile ratifica da parte della Germania dello specifico Accordo Intergovernativo. Una volta giunta la ratifica tedesca, sarà anche necessario attendere l'esito della Brexit e gli effetti che questa avrà sulla partecipazione di Londra al TUB, che non sono automatici in quanto il Tribunale non è parte dell'architettura istituzionale UE. È una questione che viene seguita e continuerà ad essere seguita da vicino nei prossimi mesi da uno specifico Tavolo interministeriale, alla luce degli interessi complessivi dell'Italia nel contesto del sistema brevettuale unitario europeo. Se si realizzeranno le condizioni, tutti lavoreremo per la candidatura di Milano con la massima convinzione»;

   l'interrogante, in data 5 dicembre 2018, ha presentato la mozione n. 1-00085 discussa e respinta con parere contrario del Governo dall'Assemblea alla Camera dei deputati in data 9 aprile 2019 ove si impegnava il Governo a «sostenere concretamente la candidatura di Milano, già sede di una divisione locale del Tribunale unificato brevetti e in possesso di tutti i requisiti logistici e delle competenze giurisdizionali, professionali e imprenditoriali, a sede della sezione specializzata sulle controversie in tema di metallurgia, life sciences e chimica farmaceutica del Tribunale unificato dei brevetti e a porre in essere tutte le iniziative necessarie in tal senso, affinché non venga sprecata un'occasione unica di crescita, di prestigio internazionale e di indotto occupazionale per l'intero Paese»;

   appare alquanto sconcertante che, nell'arco di neanche due mesi, insigni rappresentanti del Governo manifestino volontà politiche in netta controtendenza rispetto a quanto manifestato in sede di votazione, nell'Aula della Camera, di un atto di indirizzo presentato dal gruppo Forza Italia –:

   quale sia l'effettivo orientamento del Governo in relazione alla possibilità di portare a Milano la sezione del Tribunale unificato dei brevetti (Tub), attualmente prevista a Londra e se, quando e quali iniziative di competenza intenda assumere presso le competenti sedi europee in tal senso.
(4-03047)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta orale:


   LUCA DE CARLO, MOLLICONE, DEIDDA e DONZELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   numerosi enti parco della Penisola sono ad oggi sprovvisti di presidente e in molti casi anche di direttore rischiando così la chiusura, si vedano per esempio il parco delle Dolomiti Bellunesi, parco delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campignana, il parco del Gargano, il parco nazionale del Circeo, il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, parco nazionale della Majella e dell'Appennino Lucano, parco regionale Sirente-Velino, il parco della Maddalena e altri –:

   quali siano le motivazioni che hanno comportato tali ritardi nelle nomine degli organi apicali dei parchi naturali italiani e quali siano i tempi previsti per le stesse, considerato che ad oggi le funzioni di tali organi in molti casi ricadono sui commissari o sul direttore «facente funzioni» se sia intenzione del Ministro adottare iniziative, ove vi sia un direttore «facente funzioni», per provvedere alla nomina di un direttore effettivo.
(3-00767)


   FEDERICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la viabilità del comune di Colletorto in provincia di Campobasso è stata gravemente compromessa dai rilevanti movimenti franosi in località Macchie – cimitero comunale – Vallone Macchiarelle verificatisi sia a seguito degli eventi sismici dell'ottobre 2002 che degli eventi meteorici del gennaio-febbraio 2005;

   la frana, inizialmente localizzata al di sopra della strada provinciale n. 73b II diramazione Bifernina «Colletorto-Bonefro», si è progressivamente allargata verso sud compromettendo 300 metri della strada provinciale, arrivando a circa 10 metri dal locale cimitero. Da questa prima zona di distacco, Cimitero-Macchie, il fenomeno si è poi evoluto verso il vallone Macchiarelle; dopo il corpo della frana (colata), ha interessato la strada provinciale 73b II diramazione Bifernina «Colletorto-Casalnuovo M.ro» causandone lo sprofondamento;

   a causa dei suddetti fenomeni la viabilità sulla strada provinciale II diramazione Bifernina, sia in direzione «Colletorto-Bonefro» che direzione «Colletorto-Casalnuovo M.ro», è stata interrotta e, come unico percorso alternativo, viene utilizzata una strada interpoderale «Pozzo Berardinelli», anch'essa minacciata dal movimento franoso;

   l'amministrazione comunale di Colletorto in data 4 dicembre 2014 ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un finanziamento pari a euro 2.540.966,21 per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza del territorio, poiché le risorse economiche-finanziarie del comune e della regione risultavano insufficienti;

   in data 4 ottobre 2018 il prefetto di Foggia ha scritto al presidente della regione Puglia e della regione Molise, nonché alle amministrazioni comunali di Colletorto e di Casalnuovo Monterotaro, con una richiesta di ripristino della viabilità compromessa sulla strada provinciale n. 73b –:

   se il Governo sia a conoscenza delle circostanze descritte e che tipo di iniziative intenda mettere in atto, con il coinvolgimento degli enti territoriali interessati, al fine di garantire l'avvio di tutti i lavori necessari alla messa in sicurezza del fronte franoso e al ripristino della viabilità, anche alla luce delle istanze del comune di Colletorto dell'interlocuzione avviata dal prefetto.
(3-00768)


   RUFFINO e D'ETTORE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'applicazione delle norme relative alle limitazioni disposte per riutilizzo di borse in materiale plastico non biodegradabile sta determinando gravi problemi agli operatori commerciali;

   la questione attiene all'interpretazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 così come modificate dal decreto-legge n. 91 del 2017 in particolare: a) l'articolo 226-bis che vieta la commercializzazione di borse in sola plastica con spessore inferiore a 15 micron utilizzabili per il trasporto dei prodotti acquistati; b) l'articolo 226-ter che limita la commercializzazione di borse «utilizzate a fini di igiene o come involucro primario per alimenti sfusi» di spessore superiore a 15 micron;

   le due norme sono radicalmente diverse, perché nel caso dell'articolo 226-bis è disposto un divieto assoluto censurato con sanzioni economiche pesantissime anche di parecchie migliaia di euro, mentre l'articolo 226-ter contiene limitazioni e oneri (obbligo di far pagare tali involucri) in termini che non sembrano modificare sostanzialmente la disciplina previgente in merito;

   benché il legislatore abbia usato in entrambi i casi il termine «borse» sembra evidente che la distinzione riguardi l'utilizzo di detti contenitori, nel senso che l'articolo 226-bis si riferisce alle borse vere e proprie nelle quali viene posta la spesa per trasportarla dopo l'acquisto, mentre l'articolo 226-ter riquadra i sacchetti utilizzati per l'igiene degli alimenti o per contenere prodotti sfusi;

   gli operatori del settore commerciale lamentano, invece, ormai parecchi casi in cui l'utilizzo dei sacchetti di cui alla seconda fattispecie è stato sanzionato ai sensi del precedente articolo relativo alle borse vere e proprie: in termini economici draconiani, con verbali che comminano anche 5.000 euro di sanzione;

   tali iniziative hanno peraltro sortito effetti manifestamente contrari alle finalità della norma; sono molti i commercianti che si sono visti costretti ad adottare le vaschette di materiale plastico da sempre utilizzate per alimenti con liquidi: strumenti che non sono vietati anche se, anche agli occhi di un profano, appaiono essere molto più inquinanti dei «vecchi» sacchetti;

   ciò è il frutto della mancata precisione del testo adottato dal legislatore che ingenera dubbi interpretativi. Peraltro, l'entità delle sanzioni può pregiudicare la stessa continuità operativa di esercizi di commercio di vicinato, specie se operanti in aree a rischio di desertificazione commerciale –:

   se non ritenga indispensabile, alla luce delle criticità esposte in premessa, adottare iniziative per rivedere le suddette norme del codice dell'ambiente, al fine di chiarire la portata delle medesime ed evitare le attuali discrezionalità interpretative che determinano una grave discriminazione anticoncorrenziale tra imprenditori commerciali;

   se, nelle more di un intervento normativo, non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per emanare quanto prima una circolare, al fine di limitare i danni prodotti da una redazione di norme poco chiare come quelle indicate in premessa.
(3-00770)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comando provinciale dei carabinieri di Siracusa da oltre 30 anni è di stanza in un immobile non adeguato per le esigenze logistiche operative dell'Arma e dei cittadini;

   l'affitto di tale edificio di proprietà dell'Inps, a quanto consta all'interrogante, sarebbe pari a 250.000 euro l'anno in regime di extra contrattualità ed è a carico del Ministero dell'interno;

   il Ministero della difesa, tramite l'Aeronautica militare, detiene nella città di Siracusa l'idroscalo «De Filippis» sito in via Elorina, un'ampia area sottoutilizzata, dove è presente una caserma che ospita un distaccamento che serve da supporto attraverso servizi amministrativi e autoparco alla 137a squadriglia radar di Testa dell'Acqua;

   a seguito dell'avvenuta separazione fra la parte operativa della 137a squadriglia radar di Testa dell'Acqua e il distaccamento aeronautico, la base di Siracusa è nei fatti sovradimensionata rispetto alle sole esigenze dell'Aeronautica;

   dal punto di vista logistico e di spazi, la base dell'Aeronautica (ex 34° gruppo Radar) potrebbe diventare una cittadella militare in grado di ottimizzare le risorse e migliorare il servizio per gli operatori e i cittadini con un notevole risparmio in termini di risorse per l'amministrazione pubblica;

   nell'area è presente anche l'attracco a mare utile per la motovedetta dei carabinieri oggi allocata in altra città; vi sono più di 100 posti letti non utilizzati, capaci di ospitare negli alloggi gli uomini delle forze dell'ordine, nonché la possibilità di avere la mensa ed altri servizi;

   su input del gabinetto del Ministro della difesa sono stati tenuti incontri con tutti i soggetti interessati, la regione, i carabinieri, l'Aeronautica, il provveditorato interregionale per opere pubbliche Sicilia-Calabria, a seguito dei quali è stato stipulato un protocollo d'intesa il 13 febbraio 2017;

   si era così giunti alla determinazione di un progetto di massima presentato attraverso una esposizione pubblica alla presenza delle autorità e della stampa a Siracusa con la presenza del comandante generale dell'Arma pro tempore e dell'allora presidente della regione Sicilia;

   il progetto ha ottenuto un finanziamento dalla regione di 3,6 milioni di euro provenienti dal fondo «Patto per il Sud» –:

   se e per quali ragioni il procedimento si sia fermato, se siano intervenuti fattori esterni che hanno spinto le varie amministrazioni coinvolte a fermarsi, se sia vero che risulterebbero altre ipotesi che però farebbero perdere il finanziamento già stanziato dalla regione e comunque, quali iniziative di competenza intenda assumere celermente per sbloccare la situazione e assicurare a Siracusa un'adeguata sede per il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri.
(5-02249)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i contribuenti persone fisiche possono presentare la dichiarazione dei redditi, direttamente o tramite intermediario abilitato, mediante il modello «Redditi persone fisiche» e versare le imposte dovute entro il 30 giugno 2019;

   di norma i contribuenti sono obbligati a presentare il modello Redditi persone fisiche 2019 esclusivamente per via telematica, ma in determinati casi può essere presentato ancora in forma cartacea presso gli uffici postali;

   nel primo caso il termine per la presentazione è il 30 settembre 2019, nel secondo caso invece è il 1° luglio 2019;

   ai contribuenti che vorrebbero presentare la dichiarazione autonomamente, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione un software per la compilazione del modello Redditi persone fisiche, che però, ad oggi, non è ancora stato pubblicato;

   sul sito dell'Agenzia delle entrate compare ormai da tempo il messaggio: «il software di compilazione del modello Redditi Pf sarà pubblicato nei prossimi giorni»;

   la pubblicazione del software troppo a ridosso delle scadenze per l'invio della dichiarazione e per il versamento delle imposte mette il contribuente in una spiacevole situazione di incertezza, anche per quanto riguarda l'ammontare dei versamenti dovuti –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare affinché al contribuente siano messi tempestivamente a disposizione gli strumenti necessari per gli adempimenti allo stesso richiesti.
(5-02243)


   NEVI, MANDELLI, BARATTO, BIGNAMI, CANNIZZARO, CARFAGNA, CATTANEO, D'ATTIS, D'ETTORE, GIACOMONI, MARTINO, OCCHIUTO, PORCHIETTO, PRESTIGIACOMO e PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come ampiamente denunciato dalla stampa nazionale e specializzata i presidenti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Massimo Miani, dell'Associazione dottori commercialisti (Adc), Enzo De Maggio, e dell'Associazione nazionale commercialisti (Anc), Marco Cuchel, hanno recentemente chiesto al Governo di intervenire con un provvedimento urgente affinché, per l'anno d'imposta 2018, siano disapplicati i nuovi indici ISA (indicatore sintetico di affidabilità), mantenendo gli studi di settore;

   tale richiesta è motivata fondamentalmente in relazione a quella che appare la latitanza da parte dell'Agenzia delle entrate nel rilascio degli strumenti necessari per l'adempimento, quali il software di elaborazione e lo schema di specifica delega che il contribuente deve firmare al professionista;

   detta contingenza sta provocando un disagio diffuso e crescente nell'ambiente delle categorie professionali dei commercialisti a fronte di una situazione di totale e imbarazzante incertezza, oltre all'impossibilità di dare risposte alle imprese che assistono;

   la preoccupazione, in particolare, riguarda anche i costi aggiuntivi che i professionisti si sono visti caricare sulle già esorbitanti spese di mantenimento dei software, relative all'integrazione dei rispettivi gestionali con le nuove procedure, unica conseguenza tangibile, questa, di un annunciato e ancora non realizzato sistema di semplificazione, che comunque si presenta ancor più macchinoso e di difficile elaborazione rispetto al precedente;

   per scongiurare l'ennesimo disordine derivante dalla perdurante situazione di incertezza operativa che si aggiunge a numerosi problemi ad oggi non ancora risolti alla fatturazione elettronica costantemente denunciati dal gruppo Forza Italia, si è arrivati alla paradossale situazione di dover chiedere il ritorno agli studi di settore, sistema che, da sempre, è considerato inadeguato e inefficace;

   nella considerazione che si avvicinano in questo momento numerose scadenze fiscali e le categorie professionali rappresentate dai commercialisti versano letteralmente in una condizione di smarrimento a causa dei ritardi dell'amministrazione finanziaria a fornire i dati necessari per definire, ad esempio, gli indicatori sintetici di affidabilità che il Governo Gentiloni aveva ideato in sostituzione degli studi di settore;

   la scadenza, in particolare, è fissata al 1° luglio 2019 e ad oggi non esiste ancora il software cui fare riferimento, in palese violazione dello statuto del contribuente che fissa in 60 giorni prima della scadenza il termine per l'erogazione dei nuovi strumenti;

   la circostanza che dopo il faticoso avvio della fatturazione elettronica questo Governo perseveri pervicacemente nella pessima linea di complicare la vita dei professionisti e di aumentare spese e burocrazia per i contribuenti appare, ad avviso degli interroganti, di eccezionale gravità –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e quali iniziative, anche normative e urgenti, intenda assumere al fine di superare le suesposte criticità nel senso dell'attuazione di una semplificazione e di una definizione reale ed efficace, idonea ad incidere positivamente sulla vita di cittadini e piccole e medie imprese.
(5-02245)


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il mercato degli affitti brevi, vista anche la peculiarità del territorio, le sue potenzialità per gli aspetti storici, culturali, artistici ed eno-gastronomici abbinata a un'ampia disponibilità di alloggi, è diventato molto importante e pertanto necessita di un monitoraggio e una regolamentazione;

   con l'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato introdotto nella precedente legislatura un regime fiscale per le locazioni brevi;

   in particolare, per assicurare il contrasto all'evasione fiscale, i commi 4 e 5 del citato articolo prevedono, in capo ai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché soggetti che gestiscono portali telematici, un obbligo di trasmissione dei dati relativi ai contratti conclusi per il loro tramite entro il 30 giugno dell'anno successivo, nonché, qualora incassino i canoni o i corrispettivi, che operino, in qualità di sostituti d'imposta, una ritenuta del 21 per cento sull'ammontare dei canoni e corrispettivi all'atto dell'accredito a titolo di imposta, se si è optato per la cedolare secca o di acconto nel caso si sia scelto per la tassazione Irpef; inoltre il comma 5-bis obbliga i soggetti non residenti ad adempiere agli obblighi derivanti da tale regime tramite la stabile organizzazione in Italia;

   nel 2017 il portale di intermediazione Airbnb ha presentato ricorso al Tar-Lazio per l'annullamento del provvedimento dell'Amministrazione finanziaria, che è stato rigettato dallo stesso Tribunale con la sentenza del mese di febbraio 2019;

   nella sentenza il Tar fa riferimento alla circolare 24/E del 2017 dell'Agenzia delle entrate volta a chiarire che la formulazione volutamente ampia della legge ha inteso prevedere l'obbligo di operare la ritenuta in tutte le ipotesi in cui l'intermediario intervenga nella fase in cui è assolta l'obbligazione pecuniaria prevista dal contratto, sia che partecipi alla operazione di pagamento del corrispettivo da parte del conduttore, sia che partecipi alla riscossione da parte del locatore;

   pur in pendenza della pronuncia del Consiglio di Stato cui si è appellata la società ricorrente, va specificato che alla luce del decreto-legge, richiamato, il provvedimento dell'Agenzia dell'entrate non è mai stato sospeso dagli organi giurisdizionali, nonostante le ripetute richieste, per mancanza di presupposti e infondatezza delle ragioni addotte e pertanto avrebbe dovuto trovare applicazione fin dal luglio 2017 –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di ripristinare la legalità nel settore delle locazioni di breve periodo, rendendo cogenti gli obblighi a carico dei soggetti intermediari previsti per legge.
(5-02247)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROTTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di febbraio 2019 la Guardia di finanza ha eseguito un sequestro preventivo per oltre 700 milioni di euro a carico di due società e cinque banche. I sequestri sono stati eseguiti nell'ambito di un'inchiesta aperta dalla procura di Milano per i reati di truffa aggravata e autoriciclaggio sulla vendita di diamanti attraverso i canali bancari a prezzi superiori rispetto al loro valore;

   le società coinvolte nell'inchiesta sono la Intermarket Diamond Business di Milano (Idb, fallita) e la Diamond Private Investment di Roma (Dpi); le banche coinvolte sono il Banco Bpm, Banca Aletti, UniCredit, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi;

   l'inchiesta si riferisce a fatti che vanno dal 2012 al 2016, quando le società Idb e Dpi avevano iniziato un'attività di vendita di diamanti attraverso alcune banche, come forma di investimento sicuro da speculazioni e oscillazioni di mercato. Ma il prezzo delle pietre, secondo la procura, sarebbe stato gonfiato proprio con la complicità delle banche, che agivano da intermediarie e che promuovevano quegli stessi investimenti ai loro correntisti;

   gli accordi prevedevano formalmente che le banche mettessero semplicemente a disposizione nelle loro filiali il materiale pubblicitario delle due società: in realtà, secondo le indagini, i direttori e i consulenti finanziari avevano un ruolo attivo nel proporre ai clienti gli investimenti presentandoli in modo «parziale, ingannevole e fuorviarne»;

   infine, per garantirsi la collaborazione dei dipendenti e dei dirigenti delle varie banche, Intermarket Diamond Business e Diamond Private Investment spendevano anche in viaggi e benefit o investivano in azioni delle stesse banche con cui lavoravano. Questo ha fatto scattare, all'interno dell'inchiesta della procura di Milano, anche l'accusa di corruzione tra privati, autoriciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita;

   le persone truffate sono decine di migliaia e gli investigatori stanno cominciando a ricostruire le loro posizioni;

   nell'inchiesta risultano indagati il direttore generale di Banco Bpm, Maurizio Faroni, l'ex direttore generale di Banca Aletti Maurizio Zancanaro, l'ex dirigente di Bpm Andrea Mencarini, il responsabile pianificazione e marketing di Bpm Pietro Gaspardo. Il nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano ha proceduto con il sequestro diretto per 149 milioni di euro alla Idb, 165 milioni alla Dpi, 83 milioni al BancoBpm-Banca Aletti, 32 milioni a Unicredit, 11 milioni a Banca Intesa e 35 milioni a Mps;

   gli istituti bancari, per rispondere alla proteste dei risparmiatori, per cui era risultato impossibile rivendere le pietre a un prezzo almeno uguale all'acquisto, pur essendosi sempre dichiarati estranei alle operazione di vendita, hanno comunque deciso di provvedere a un rimborso di quanto investito da parte dei risparmiatori;

   tuttavia, tale impegno non è stato assunto dal Banco Bpm, la cui assemblea ha recentemente contestato la gestione dei reclami, poiché «mentre i gruppi concorrenti (Intesa, Unicredit e Mps) stanno già da tempo rimborsando integralmente i propri clienti ritirando le pietre, Banco Bpm offre rimborsi parziali, spesso reputati offensivi dalla clientela». Da qui l'invito «a utilizzare prontamente gli accantonamenti effettuati smontando un contenzioso pericolosissimo», con i sindacati che stigmatizzano la decisione del consiglio di amministrazione di approvare un piano di incentivazione da 5,1 milioni di euro, che andrebbero utilizzati «per risarcire i danni delle scelte sbagliate del vecchio e del nuovo management»;

   è grave che migliaia di risparmiatori del Banco Bpm vengano risarciti con quote tra il 40 e 60 per cento del valore investito, poiché la banca è responsabile, considerato che è nelle proprie filiali che venivano proposti i diamanti ai propri clienti –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per consentire che i risparmiatori vengano risarciti interamente del valore investito.
(4-03035)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'interpellante ha già presentato in questa legislatura due interrogazioni n. 3-00097 e n. 2-00265, in merito alle vicende della Berica Impianti di Arzignano (Vicenza), costretta a presentare domanda di ammissione al concordato preventivo avanti il tribunale di Vicenza, in quanto in crisi di liquidità, per il mancato incasso di crediti vantati nei confronti del Ministero della giustizia;

   in occasione della discussione della prima interrogazione, nella seduta del 22 gennaio 2019, l'interpellante aveva invitato l'amministrazione a una sollecita conciliazione delle cause, per evitare rovinose pronunce, sulla base dei precisi criteri indicati dal giudice del tribunale di Firenze, dottoressa Laura Maione, nel corso dell'udienza del 17 gennaio 2019;

   il tribunale di Torino, nel frattempo, ha accolto in pieno le domande della Berica Impianti, condannando il Ministero della giustizia al pagamento di 5 milioni di euro, oltre agli interessi e alle spese del giudizio;

   ulteriori rovinose pronunce ai danni del Ministero sono quindi attese dal tribunale di Firenze e dal tribunale di Bologna, ove pendono altre due cause con identica causa petendi;

   il Giornale di Vicenza, infatti, informa che la sentenza del tribunale di Torino non è stata impugnata dal Ministero ed è ormai passata in giudicato;

   tuttavia, ciononostante, il Ministero, a quanto consta all'interpellante, continua a non pagare la Berica Impianti;

   la battaglia legale ha dimostrato che se lo Stato avesse fatto il proprio dovere, a fronte dei lavori eseguiti dalla impresa vicentina, accettando il legittimo meccanismo della revisione prezzi, oggi l'impresa appaltatrice sarebbe ancora in bonis;

   invece, il titolare Severino Trevisan ha perso definitivamente l'azienda, che negli anni scorsi è stata data in affitto, dal commissario giudiziale, alla Hydrogas di Brescia;

   anche quest'ultima azienda è andata incontro a un rovescio economico, per cui la Berica Impianti è ormai stata definitivamente travolta;

   un'azienda storica del tessuto industriale vicentino è stata, quindi, cancellata dalla miopia e dalla superficialità della burocrazia ministeriale;

   appare evidente che chi, a livello ministeriale, ha gestito la vertenza in tutti questi anni, con esiti così disastrosi, dovrebbe essere chiamato a rispondere del proprio operato –:

   quando il Ministero della giustizia intenda ottemperare a quanto sancito dalla sentenza del tribunale di Torino;

   se il Ministro della giustizia abbia inoltrato una segnalazione alla Corte dei conti in relazione ai profili concernenti la sussistenza di un eventuale danno erariale per mala gestio, così come dal sottoscritto già suggerito nell'interpellanza richiamata in premessa.
(2-00409) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta orale:


   SAITTA, FICARA, MARZANA, RIZZO e SCERRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 6 giugno 2018, le segreterie coordinamenti regionali Sicilia delle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria – con una nota rivolta al provveditore dell'amministrazione penitenziaria per la regione Sicilia, Gianfranco De Gesù – hanno segnalato il preoccupante intensificarsi di atti di violenza nei confronti del personale, presso la casa circondariale di Caltagirone;

   la Uilpa polizia penitenziaria ha più volte sottolineato, da ultimo nel 2016, la perdurante carenza di organico presso gli istituti, nonché l'età media elevata dei poliziotti, che supera i 40 anni;

   il recente ampliamento del comprensorio circondariale, che ha visto crescere la sua popolazione carceraria (composta – come riportato in una relazione del 2015 dall'Antigone Onlus – per buona parte da soggetti che scontano pene per reati gravi o che versano in condizioni di tossicodipendenza, ovvero affetti da malattie psichiatriche) da 320 unità a 550 unità, ha acuito ulteriormente il problema della carenza di personale, considerato che l'organico attualmente in servizio ammonta a 3 funzionari dell'area trattamentale, a 147 unità di polizia penitenziaria e a 13 unità impiegate presso il nucleo traduzioni e piantonamenti;

   si registra l'esigenza di una maggiore presenza di mediatori linguistici, considerato che più di un quarto dei detenuti è extracomunitario, nonché l'implementazione del personale addetto all'area trattamentale, al fine di un maggiore coinvolgimento degli stessi nelle varie attività scolastiche e/o professionali;

   tali criticità sono esasperate anche dalle condizioni della struttura, dove i blocchi 25 e 50 – che ospitano rispettivamente 210 detenuti a regime protetto e 150 detenuti a regime comune – risultano fatiscenti. Inoltre, l'istituto versa in una costante emergenza idrica: in caso di sospensione dell'erogazione dell'acqua da parte del comune, esso può sopperire al fabbisogno suddetto esclusivamente attraverso l'approvvigionamento a mezzo di un camion dotato di una cisterna 10 mila litri, risorsa che appare evidentemente insufficiente;

   le problematiche rilevate presso la casa circondariale di Caltagirone sono emerse anche per la casa circondariale di Siracusa. Infatti, in seguito all'ampliamento del carcere e della relativa popolazione (cresciuta da 400 unità a circa 600 unità) si è assistito ad una diminuzione della sicurezza dell'istituto, il cui personale (che ammonta solamente a 165 unità) – è rimasto pressoché invariato;

   l'organico del personale di polizia penitenziaria e del nucleo locale risulta in entrambe le strutture penitenziarie del tutto inadeguato a garantire standard minimi di sicurezza e, in ogni caso, insufficiente per gli eccedenti carichi di lavoro, analogamente a quanto accade al personale civile preposto al trattamento;

   questa situazione ha generato una escalation di tensione, a causa dei continui problemi e disagi che i detenuti sono costretti ad affrontare quotidianamente: costoro, infatti, hanno cominciato a prendere coscienza della mancanza reale di controllo da parte del personale penitenziario, adottando per lo più un atteggiamento poco collaborativo e ritorsivo nei confronti di quest'ultimo che a sua volta, oltre a veder disattese le proprie prerogative soggettive, avverte anche il totale disinteresse da parte dell'amministrazione preposta (che, invece, dovrebbe intervenire per assicurare idonee condizioni di sicurezza e serenità lavorativa);

   i gravi episodi succedutisi nel maggio 2018 costituiscono soltanto il campanello d'allarme che non può essere più ignorato, se consideriamo il generalizzato e diffuso stato di sofferenza oggettiva di molti agenti penitenziari che prestano servizio anche in altre strutture presenti sull'isola –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative intenda intraprendere per risolvere in tempi brevi i problemi illustrati.
(3-00769)


   DONZELLI, VARCHI, FERRO, FRASSINETTI e MOLLICONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'indagine per corruzione che coinvolge il magistrato Luca Palamara, che secondo l'accusa voleva «telecomandare» le nomine nelle procure, rischia di minare la credibilità dell'intero sistema giudiziario italiano. Secondo quanto emerge dagli articoli di stampa, al centro ci sarebbe la corsa nella successione alla procura di Roma dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone. Il caso vedrebbe coinvolti anche membri togati del Csm, non indagati ma intercettati durante incontri con Palamara, l'ex sottosegretario Cosimo Ferri e l'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, con i quali avrebbe in più occasioni discusso delle successioni romane. Le conversazioni intercettate svelerebbero le trattative diventate serrate a pochi giorni dalle scadenze di palazzo dei Marescialli, ma anche l'interesse di Lotti alla discontinuità con la gestione Pignatone. «Pochi mesi prima il procuratore, l'aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi – spiega un articolo del Corriere della Sera – avevano chiesto per lui il rinvio a giudizio per l'affare Consip e dunque negli incontri delle ultime settimane Lotti avrebbe sostenuto la necessità di un cambio di rotta, sostenendo la candidatura del procuratore aggiunto di Firenze Marcello Viola, anziché quello di Palermo Francesco Lo Voi» –:

   se non intenda promuovere iniziative ispettive, in particolare presso le procure di Roma e Firenze, anche alla luce di quanto sopra rappresentato, che a parere degli interroganti suscita forti perplessità circa l'effettiva terzietà della magistratura con riguardo ad inchieste giudiziarie relative alle vicende segnalate in premessa.
(3-00771)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   a Termoli, unica stazione ferroviaria strategica della regione Molise sulla direttrice ferroviaria Bologna-Lecce, la linea ferroviaria corre parallela alla costa dividendo innaturalmente il centro città, rappresentato prevalentemente da edilizia anni ’70 con palazzi che superano i 6 piani, e dunque, ad alta densità abitativa;

   proprio tale fragile conformazione urbanistica e ambientale ha determinato la bocciatura del progetto preliminare «Linea Pescara-Bari Raddoppio della tratta Termoli-Lesina» proposto da Rfi – Rete ferroviaria italiana spa e Italfer spa da parte della commissione speciale di valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nel 2004. Analogamente si era espresso il Ministero per i beni e le attività culturali nel 2010;

   contemporaneamente Rete ferroviaria italiana, in cambio del parere favorevole al progetto, sigla 2 protocolli d'intesa, nel 2005 e nel 2006 (sottoscritti anche dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ratificati sia dal consiglio comunale di Termoli che dal consiglio regionale del Molise), impegnandosi a presentare, a fronte del parere comunale favorevole al progetto un nuovo progetto per risanare urbanisticamente Termoli e impegnandosi alla delocalizzazione della Sse (sottostazione elettrica e doppia terna di elettrodotti ad altissimo voltaggio in pieno centro abitato e confinante con la scuola materna di via Montecarlo e la scuola elementare di via Maratona);

   il 14 novembre 2014, con disappunto dei cittadini termolesi che da anni seguono la problematica, l'attuale amministrazione comunale di Termoli e la precedente amministrazione regionale, hanno espresso parere favorevole al progetto preliminare (Bollettino ufficiale della regione Molise 1° dicembre 2014); il parere favorevole sarebbe stato ottenuto in quanto Rfi avrebbe portato alla ratifica solo uno spezzone dell'effettivo impatto del progetto su tutto il territorio termolese, quasi ad aggirare, ad avviso dell'interpellante, le criticità che ne avevano decretato il parere negativo della valutazione di impatto ambientale speciale;

   in tal senso, sarebbe stato dato parere favorevole al progetto preliminare, e con esso alla costruzione di 4.078 metri di barriere antirumore continue lungo il binario dispari e 3.709 metri lungo il binario pari con altezza fino a 7.50 metri, sottovalutando, incautamente, che al metro lineare precedente il cosiddetto Punto 0 (punto d'inizio del progetto approvato), Rfi aveva già presentato un piano di risanamento acustico che prevede altri chilometri di barriere attaccate alle precedenti, e che interessano tutto il centro cittadino;

   il muro chilometrico, per stessa ammissione di Rfi, risanerebbe acusticamente solo i ricettori di pari altezza, mentre peggiorerà i valori di inquinamento acustico dei piani alti, e la soluzione proposta è la sostituzione, a carico di Rfi, di centinaia di infissi con infissi fonoisolanti a ricircolo di aria forzata. Appare paradossale la costruzione di diversi chilometri di barriere metalliche che, oltre a deturpare un'intera area della città, porterebbero a sigillare all'interno delle abitazioni centinaia di abitanti;

   gli stessi tecnici estensori dello studio dell'inquinamento acustico generato dal raddoppio ferroviario dichiarano che nel caso in esame, visto l'elevato numero di superamenti previsti anche post-mitigazione, e per i quali si prevede l'adozione di interventi diretti sui ricettori, si prefigura un significativo interessamento della popolazione;

   nonostante si valuti necessario il raddoppio della tratta in questione, si ritiene necessario apportare le debite migliorie al progetto di risanamento acustico;

   il progetto approvato, proprio perché datato, non analizza l'impatto sulla salute dei residenti di via Dante e via Mario Pagano che, con la nuova viabilità, sommano al problema dell'inquinamento acustico ferroviario anche l'incremento da traffico veicolare e il probabile ristagno degli inquinanti, così come ipotizzato dall'Università Politecnica delle Marche;

   nel progetto preliminare approvato non è stato assolutamente affrontato il problema della sottostazione elettrica ferroviaria e della doppia terna di elettrodotti ad altissimo voltaggio nel popoloso quartiere del Crocifisso che Rfi s.p.a. nei 2 protocolli d'intesa 2005 e 2006 (in cambio del parere favorevole al progetto di raddoppio) si era impegnata a delocalizzare;

   una eventuale ipotesi di copertura di parte del tracciato consentirebbe un risparmio in termini di costo per barriere, manutenzione, cambio centinaia di infissi e risanamenti in facciata su centinaia di piani, garantendo una soluzione ottimale di risanamento e ricucitura urbanistica di tutto il centro cittadino e possibilità di sfruttare il sedime –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di ulteriori elementi rispetto a quelli esposti in premessa e se non ritenga di dover adottare le opportune iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per promuovere soluzioni migliorative al progetto di risanamento acustico;

   se non si ritenga opportuno valutare, attraverso uno studio costi/benefici, la copertura del tracciato (anche senza abbassamento dei binari) con recupero del sedime soprastante, così come già realizzato in altre realtà.
(2-00408) «Grippa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 60 della legge n. 120 del 2010 disciplina le «caratteristiche degli impianti semaforici e di altri dispositivi». Al comma 1, si demanda a un decreto ministeriale la disciplina delle «caratteristiche per l'omologazione e per l'installazione di dispositivi finalizzati a visualizzare il tempo residuo di accensione delle luci [o temporizzatori] dei nuovi impianti semaforici»;

   il 27 aprile del 2017 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha emanato il decreto ministeriale (Gazzetta Ufficiale n. 140);

   nell'allegato del decreto si individuano una serie di caratteristiche che disciplinano i corretti standard e le modalità d'installazione dei dispositivi temporizzatori;

   nell'allegato al decreto Ministeriale, tuttavia, appare una serie di limitazioni ed esclusioni che sembrano eccedere l'originale scopo di omologazione demandato dalla legge e, più in particolare, quelle inerenti agli abbinamenti di cui all'articolo 2, comma 2;

   tali esclusioni, però, sembrano essere il frutto della sola volontà ministeriale, senza che vi sia, sul punto, indicazione della legge –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga più opportuno adottare iniziative per demandare direttamente al gestore o al proprietario delle strade la valutazione tecnica su dove inserire tali «temporizzatori».
(5-02235)


   MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha dichiarato più volte che la linea dell'alta velocità Brescia-Verona-Padova si farà;

   ad oggi però non si conoscono i risultati delle analisi costi-benefici sociali che sempre il Ministro interrogato ha dichiarato di essere lo strumento principale di supporto alle decisioni di spesa del suo Ministero;

   il progetto dell'alta velocità — secondo Dario Balotta, esperto di trasporti ed esponente dei Verdi — è superato tanto che a due anni dall'inaugurazione della linea dell'alta velocità Treviglio-Brescia (la tratta contigua), solo 60 treni giornalieri, ovvero meno di un terzo, la percorrono, mentre la capacità della linea è di 220 treni al giorno;

   il vero potenziamento necessario della tratta Brescia-Verona-Padova sarebbe, invece, il raddoppio dei binari vicini ai due esistenti con le stesse caratteristiche di velocità (240 km/h) e la fermata a Desenzano/Peschiera;

   una soluzione, secondo l'esponente dei Verdi, che porterebbe la capacità della tratta a 440 treni giornalieri, rispondendo così a tutti i segmenti della domanda e rendendo possibile un consistente trasferimento di traffico dalla strada alla rotaia;

   si potrebbe, in tal modo, collegare il Garda con quattro treni pendolari all'ora, mentre oggi ce n'è uno solo superaffollato e sempre in ritardo. Potrebbero, inoltre, coesistere le freccerosse, i treni Intercity e i treni notte con i convogli merci oggi ridotti al lumicino per le restrizioni poste dalla linea esistente e che anche con l'alta velocità rimarrebbero tali;

   inoltre, andrebbe anche ricordato che il progetto alta velocità Brescia-Padova fu un appalto assegnato, senza gara, nel lontano 1991 in piena Tangentopoli;

   questa costosissima opera (8,6 miliardi di euro complessivi), al contrario della Torino-Lione, sarà tutta a carico dei contribuenti italiani. In questo caso, oltretutto, non sono presenti vincoli internazionali, né finanziamenti europei, mentre esistono alternative concrete e rilevanti che farebbero diminuire i costi, ridurre il consumo di suolo agricolo e raddoppierebbero la capacità di treni giornaliera –:

   se non ritenga, alla luce di quanto riportato in premessa, di rendere immediatamente pubblici i risultati dello studio costi-benefici e aprire un dibattito pubblico su questa costosissima opera in modo da individuare soluzioni alternative, quale potrebbe essere il raddoppio dei binari vicini ai due esistenti con le stesse caratteristiche di velocità (240 km/h) con la fermata a Desenzano/Peschiera, soluzioni che permetterebbero non solo di diminuire i costi ma anche di ridurre il consumo di suolo agricolo, raddoppiando la capacità di treni giornalieri.
(5-02242)


   BENIGNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4-00349 presentata in data 5 giugno 2018, l'interrogante chiedeva conto al Governo della carenza di personale presso l'ufficio della motorizzazione civile della città di Bergamo, a seguito di lamentele e disagi raccolti dagli utenti nell'evasione delle pratiche;

   la risposta giunta dal Ministro interrogato recava la seguente informazione: per far fronte a tale situazione si è intervenuto dapprima a livello strutturale, aumentando la potenzialità delle aule adibite allo svolgimento degli esami quiz informatizzati: dal 5 luglio 2018 il numero dei posti utili per aula è passato da 14 a 30;

   si è specificato inoltre che «era stato recentemente bandito un concorso per la figura professionale di funzionario ingegnere, di cui sei destinati alla Motorizzazione di Bergamo e alle relative sezioni di Como, Lecco e Sondrio» e che sarebbe stato garantito «l'impiego di due operatori alla settimana messi a disposizione dalla sede centrale di Roma»;

   nonostante tali rassicurazioni la situazione rispetto allo scorso anno non è ancora mutata: continua il calo degli esami calendarizzati dalla motorizzazione per carenze di personale e, di conseguenza, aumentano i tempi per fare la patente (in media 10 mesi);

   a breve andranno in pensione 3 persone di cui 2 esaminatori e ciò comporterà un ulteriore calo di personale e un inevitabile aumento dei disagi per gli utenti, come peraltro segnalato nel corso del mese di maggio 2019 dagli stessi dipendenti dell'ufficio della motorizzazione civile di Bergamo –:

   con riguardo al bando nazionale di concorso richiamato in premessa, quanto tempo trascorrerà dall'assunzione all'effettiva immissione in servizio;

   se la procedura per impiegare presso la motorizzazione civile di Bergamo i due operatori a settimana messi a disposizione dalla sede centrale di Roma, come dichiarato dallo stesso Ministro, sia stata effettivamente perfezionata.
(5-02250)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 23 dicembre 2014, n. 190, e, in particolare, l'articolo 1, comma 232, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2019, il divieto di circolazione di veicoli a motore delle categorie M2 e M3 alimentati a benzina o a gasolio con caratteristiche antinquinamento Euro 0, ad eccezione, per particolari caratteristiche, dei veicoli di carattere storico o destinati a usi particolari; la disposizione stabilisce altresì che casi di esclusione sono individuati con uno o più decreti del Ministero delle infrastruttura e dei trasporti;

   con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, datato 7 gennaio 2019, è stata consentita la circolazione dei veicoli citati, immatricolati a uso speciale autoscuola fino al 30 giugno 2019;

   i termini temporali della norma sopracitata potrebbero mettere in seria difficoltà, a parere dell'interrogante, le aziende private, in particolare per quanto attiene alle tempistiche di predisposizione dei piani economico-finanziari per il rinnovamento e l'adeguamento del parco mezzi di trasporto;

   l'entrata in vigore del provvedimento in questione prevede di porre in essere quanto previsto dal piano strategico nazionale della mobilità sostenibile per il rinnovo del parco autobus e pullman delle regioni e città metropolitane con vetture a ridotto impatto inquinante;

   tale piano prevede, per il settore pubblico, lo stanziamento di 3,7 miliardi di euro nel periodo 2019-2033 (2,2 miliardi per le regioni e 1,5 miliardi di euro per le città metropolitane) per il rinnovamento e l'adeguamento del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale con autobus elettrici;

   le aziende private di trasporti, con l'applicazione della normativa sopracitata, potrebbero ritrovarsi a dover ridurre il parco mezzi con una conseguente perdita di introiti e verosimilmente con impatti negativi sui livelli occupazionali;

   non si mette in dubbio l'importanza di dover, a livello pubblico e privato, rinnovare il parco dei mezzi classe M2 e M3, al fine di tutelare l'ambiente e ridurre gli effetti dell'inquinamento atmosferico, tuttavia il Ministero dovrebbe, a parere dell'interrogante, porre in essere iniziative normative volte all'introduzione di agevolazioni fiscali finalizzate a incentivare il rinnovamento del parco anche per le aziende private di trasporto;

   il decreto citato, tra l'altro, concederebbe una proroga per il rinnovamento del parco mezzi per le aziende pubbliche, che continuerebbero a porre in manutenzione mezzi Euro 0, mentre per i privati i tempi apparirebbero decisamente più stringenti –:

   se sia a conoscenza della situazione suesposta;

   quali iniziative normative si intendano adottare per introdurre agevolazioni fiscali per le aziende di trasporto privato finalizzate al rinnovamento del parco dei mezzi, tenendo in considerazione come parametro l'effettuazione regolare, da parte delle aziende medesime dei controlli manutentivi e dei collaudi sui mezzi;

   se e quali iniziative si intendano porre in essere per la tutela delle aziende private di trasporti del territorio nazionale, evitando possibili delocalizzazioni all'estero con conseguenti possibili ripercussioni sulla sicurezza dei mezzi;

   se si intendano adottare iniziative per adeguare la citata normativa al fine di dare la possibilità alle aziende private di pianificare, con tempi congrui, a livello economico-finanziario, il rinnovamento del parco mezzi.
(4-03042)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATTANZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi è sempre più ricorrente il riferimento alle azioni di baby gang, bande di ragazzi giovanissimi dediti ad atti di criminalità e violenza, spesso inaudita e inconcepibile;

   la notte di sabato 1° giugno 2019, tre giovani ventenni della provincia napoletana sono stati vittima di una aggressione gratuita nel pieno centro storico di Napoli, in prossimità di via Monteoliveto, area frequentata da moltissimi ragazzi universitari e centro della movida serale;

   ad aggredirli è stato un numeroso gruppo composto, a quanto pare, da una trentina di ragazzini di età compresa tra i 14 e i 18 anni: più che di gang, si parla di un vero e proprio branco. La banda, dopo aver offeso ed aggredito verbalmente senza motivo i tre giovani di passaggio, li ha accerchiati e presi a calci e pugni. La prognosi per i giovani è di numerose contusioni e traumi a livello cranico, facciale e toracico. La polizia sta indagando sull'accadimento;

   sempre a Napoli, poche ore prima del fatto appena descritto, si riporta un altro inquietante episodio che vede come protagonista un minorenne: vicino alla metropolitana in piazza Vanvitelli — nel benestante quartiere del Vomero — un ragazzo ha estratto una pistola e ha iniziato a sparare in aria. Sebbene l'arma — come si scoprirà solo dopo — fosse caricata a salve, l'accaduto ha provocato panico tra la folla di ragazzi e famiglie, che si sono accalcati nella fuga, con il rischio di provocare un grave incidente;

   non è la prima volta che a Napoli si susseguono episodi del genere: già negli ultimi anni la città ha vissuto un'ondata di violenza caratterizzata da numerosi accoltellamenti. Si ricorda, infatti, il ferimento di un giovane diciassettenne rimasto a lungo tra la vita e la morte in ospedale e l'uccisione nel marzo 2018 di una guardia giurata da parte di tre minorenni che volevano rubargli l'arma;

   si riconosce un aumento nei controlli e nelle iniziative di sicurezza, ma accadimenti come quelli dello scorso sabato rappresentano un segnale chiaro della presenza di una vera e propria emergenza. La stampa locale riporta le testimonianze di molte persone preoccupate per la presenza assidua di ragazzini violenti e per l'assenza, invece, di un presidio fisso delle forze dell'ordine durante il fine settimana –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e dell'esistenza di una vera e propria emergenza relativa a una violenta ondata di criminalità minorile nella città di Napoli;

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato a sostegno delle forze dell'ordine e delle richieste di maggiore sicurezza provenienti dai cittadini.
(4-03034)


   TESTAMENTO, GRIPPA, MARIANI e NAPPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 molte testate giornalistiche riportarono il caso di un falso poliziotto, tal Roberto Scandurra, pregiudicato, che per tre mesi aveva frequentato gli uffici del commissariato di polizia «Due Torri San Francesco» di Bologna spacciandosi per un ispettore del servizio centrale operativo di Roma. Il personaggio, nella realtà risultato gestore del parcheggio dell'aeroporto di Chieti, era stato introdotto nei suddetti uffici da un vero poliziotto, tal Antonio Moggi, che originario di Augusta, si trovò a operare per alcuni mesi nel commissariato Due Torri come agente «aggregato». Dopo la scoperta dell'imbroglio, il vero poliziotto (Moggi) e il falso poliziotto (Scandurra) finirono sotto inchiesta e successivamente condannati, in primo grado, dal tribunale di Bologna: il primo a due anni di reclusione, con annessa interdizione dai pubblici uffici e riduzione del 50 per cento dello stipendio, e il secondo a sei mesi e venti giorni di pena detentiva per i reati di accesso abusivo a sistemi informatici, usurpazioni di funzioni pubbliche, sostituzione di persona e rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio. Entrambi sono stati inoltre condannati a risarcire con 5000 euro il Ministero dell'interno e per tutti e due c'è stata la sospensione condizionale della pena. Inoltre, Moggi veniva interdetto per due anni dai pubblici uffici. Attualmente si attende la sentenza di appello;

   oltre ai risvolti penali della vicenda, appunto tuttora in corso, quattro anni fa, immediatamente dopo la diffusione della notizia a mezzo stampa, l'allora questore di Bologna Ignazio Coccia annunciò l'avvio di una rigorosa indagine interna finalizzata ad accertare eventuali responsabilità, ma ancora oggi delle risultanze di quella indagine non si sa nulla;

   a testimonianza dell'opportunità di avviare l'indagine interna di cui sopra non si può non richiamare l'attenzione su un comunicato stampa del Sindacato italiano appartenenti polizia (Siap), ripreso dal quotidiano «Libero» del 1° maggio 2015, in cui si parlava di «un'attività di indagine delicata e coperta da segreto investigativo»;

   la vicenda di cui sopra è stata anche oggetto di attenzione da parte di alcune associazioni per la legalità, tra queste l'Associazione «Antonino Caponnetto» che ha chiesto si faccia finalmente chiarezza sulla vicenda e si rendano pubbliche le risultanze dell'indagine interna;

   a destare ulteriori preoccupazioni circa il livello di sicurezza interna del commissariato «Due Torri» di Bologna, risulta agli interroganti che nel medesimo commissariato sia tuttora operativo un poliziotto, Giuseppe Rizzieri di Castel Volturno, già condannato in primo grado per aver svolto un servizio di scorta a favore di un esponente di un clan mafioso ma recentemente assolto in appello –:

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso porre in essere tutte le iniziative di competenza utili a verificare il livello di sicurezza attualmente esistente all'interno del commissariato di polizia «Due Torri»;

   se il Ministro interrogato, in relazione ai fatti esposti, non ritenga opportuno esercitare i poteri ispettivi che l'ordinamento gli riconosce, al fine di accertare lo stato dell'indagine interna annunciata dall'ex questore Coccia, ovvero se la stessa sia stata ultimata e con quali risultanze.
(4-03037)


   TRANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il clima da «querela preventiva» a cui sono sottoposti diversi giornalisti della provincia di Latina è stato segnalato attraverso l'interrogazione a risposta scritta n. 4-00465 (seduta di annuncio n. 15 del 14 giugno 2018, Camera dei deputati, XVIII legislatura);

   nella stessa interrogazione si elencano diversi fronti giudiziari aperti nel comune di Sperlonga e nella successiva interrogazione n. 4-02679 (seduta di annuncio n. 157 del 5 aprile 2019) si specifica come in realtà si paventino avvisaglie di infiltrazioni malavitose all'interno del cosiddetto «piano integrato di Sperlonga» fin dal 2010;

   tali timori sono declinati in successivi articoli di stampa e sostanziati da una informativa dei carabinieri del comando provinciale di Latina diretta alla direzione distrettuale antimafia di Roma del 2016;

   a seguito della richiesta del pubblico ministero di acquisire il documento nel processo «piano integrato» e della relativa notizia divulgata da organi di informazione locali e nazionali, la giunta comunale di Sperlonga in data 9 maggio 2019 ha deciso di dare mandato a un avvocato del foro di Roma di procedere nei confronti dei giornalisti attraverso «le più opportune azioni legali a propria tutela», arrecando gli articoli, a proprio giudizio, «grave lesione del diritto d'immagine»;

   tra i destinatari indicati vi è anche l'associazione antimafia Antonino Caponnetto;

   dalla prima versione della delibera pubblicata sull'albo pretorio comunale on line si evince che trattasi dello stesso legale che ha assunto il patrocinio, nel summenzionato procedimento penale, del sindaco Armando Cusani;

   nel documento il primo cittadino è indicato quale presidente della seduta; in una seconda versione, pubblicata in sostituzione e senza particolari formalità con identico numero, il sindaco risulta invece assente e ad assumere la direzione è il vice sindaco Francescantonio Faiola;

   contraddittoriamente sul quotidiano Il Messaggero si evidenzia come proprio il comune nell'ultimo piano anticorruzione delinei un quadro territoriale soggetto a infiltrazioni camorristiche;

   da altri articoli risulta che l'ente provincia di Latina e il suo presidente Armando Cusani abbiano sporto nei confronti dei giornalisti 16 querele, coronate dall'esclusione di un cronista da una conferenza stampa, nonostante le proteste dei colleghi. In relazione alle spese legali per tali querele l'associazione Stampa Romana ha presentato un esposto alla Corte dei Conti;

   altre 10 querele per diffamazione sono state inoltrate dal comune di Sperlonga nel 2015 nei confronti di due giornalisti del quotidiano Latina editoriale Oggi «rei» di essersi interessati alla vicenda del «Piano integrato»;

   precedentemente già nel 2013 secondo quanto riportato da articoli del Corriere della Sera e La Repubblica la giunta aveva nominato un «delegato all'immagine» con funzioni di «querelatore»;

   l'opposizione consiliare ha denunciato nel 2018 spese per 350.000 euro tra «avvocati e consulenze di vario genere, senza contare le condanne e le spese che derivano dai contenziosi» –:

   se il Governo non ritenga di attivare tutti gli strumenti di competenza compresa l'attivazione dei servizi ispettivi di finanza pubblica, per verificare se le sostanziose cifre stanziate per spese legali da un comune di poco più di tremila abitanti e definite in sede di approvazione del rendiconto 2016 «un buco nero», siano in linea con la corretta amministrazione finanziaria, anche in considerazione dell'oggetto delle azioni giudiziarie intentate e della resistenza nei vari gradi di giudizio;

   se, considerando le inchieste elencate nelle interrogazioni di cui in premessa e la sproporzione nella possibilità di rappresentare le proprie ragioni da parte dei privati, il Governo non ritenga di adottare iniziative normative per tutelare i più elementari diritti di espressione, intesi sia come diritti costituzionali di cronaca e di critica tipici della funzione del giornalista, sia di mera opinione del cittadino comune, ripristinando il normale gioco democratico.
(4-03041)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione del voto di fiducia sul cosiddetto decreto sicurezza (A.C. 1346), il 28 novembre 2018, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/01346/024, a prima firma dell'interrogante;

   in tale ordine del giorno si impegnava il Governo «a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta ad agevolare ai nati in Italia, figli di almeno un genitore italiano, che hanno perso la cittadinanza in seguito a espatrio, il riacquisto della cittadinanza italiana»;

   il tema del riacquisto della cittadinanza è di fondamentale importanza per gli italiani all'estero, in quanto alcuni di loro, recandosi all'estero l'hanno perduta in seguito all'acquisto di quella del Paese di accoglienza, non essendo possibile avere la doppia cittadinanza;

   la legge 5 febbraio 1992, n. 9, ha riaperto i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana, ma non tutti sono venuti a conoscenza di questa possibilità, mentre altri all'epoca vivevano in Paesi dove non era ancora ammessa la doppia cittadinanza;

   è doveroso venire incontro alle esigenze di chi è emigrato ed è oggi parte del «sistema Italia» nel mondo di cui si ha tanto bisogno –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per dare attuazione all'ordine del giorno richiamato in premessa.
(4-03045)


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da qualificate fonti di stampa, grazie al lavoro della Digos la procura della Repubblica di Bari ha aperto più fascicoli d'inchiesta per «corruzione elettorale» in relazione a casi conclamati di voto di scambio alle recenti elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Bari;

   i poliziotti, già durante la campagna elettorale, avrebbero ricevuto e raccolto diverse segnalazioni anche sui social network e approfondito i casi. Sono state ascoltate, come persone informate dei fatti, una ventina di persone in questura e, nei giorni scorsi, sono state trasmesse alla procura le prime relazioni;

   i reati sarebbero stati commessi nel corso della campagna elettorale da esponenti di diversi schieramenti politici in campo. Le inchieste, al momento, sarebbero a carico di ignoti con identica ipotesi: corruzione elettorale, secondo l'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni;

   secondo la ricostruzione di stampa, in alcuni casi sarebbe stato utilizzato l'espediente del rappresentante di lista, fornendo a tali soggetti un rimborso spese, in realtà pagamento del voto (o dei voti) accordato. In altri casi, invece, sarebbero state promesse e consegnate somme di denaro (dai 30 ai 50 euro), generi alimentari, buoni benzina o di altro genere;

   si apprende inoltre che la polizia avrebbe esaminato la lista dei 36 consiglieri eletti in comune, analizzando i dati sulle preferenze e incrociandoli con i risultati ottenuti nei vari quartieri;

   a parere dell'interrogante, vanno ringraziati quei cittadini baresi che hanno fatto scattare le indagini con le loro numerose e coraggiose segnalazioni e si auspica che i consiglieri comunali eletti per effetto della commissione di eventuali reati si autodenuncino e collaborino alle indagini della procura;

   giova ricordare che il pericolo di voto di scambio è stato più volte segnalato durante la campagna elettorale dalla candidata sindaca del MoVimento 5 Stelle, Elisabetta Pani, che aveva invitato i cittadini a denunciare i fatti;

   si ricorda infine che grazie all'impegno di questa maggioranza è stata finalmente approvata una legge sul voto di scambio politico mafioso che modifica l'articolo 416-ter del codice penale. La legge entrerà in vigore l'11 giugno 2019 –:

   di quali ulteriori elementi il Ministro interrogato sia a conoscenza e quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, per contrastare il fenomeno della corruzione elettorale, soprattutto nelle aree esposte al fenomeno.
(4-03046)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle elezioni a sindaco nel comune di Ciampino, nella città metropolitana di Roma Capitale, sono state ravvisate alcune gravi irregolarità a danno di una dei candidati;

   in particolare, in data 12 maggio 2019, ad appena due settimane dalla prima tornata elettorale, uno strano plico è stato recapitato al comitato elettorale della candidata Daniela Ballico;

   il plico, recapitato contemporaneamente anche ad altre persone, comprendeva alcuni fogli asseritamente contenenti l'elenco di presunte conversazioni provenienti dal cellulare smarrito pochi giorni prima da uno dei collaboratori della candidata Ballico, e alcune fotocopie di foto, in parte fotomontaggi, prese dal personal computer della stessa candidata, sottratto pochi giorni prima dal bagagliaio della sua auto;

   una delle foto è addirittura stata pubblicata su facebook;

   sembrerebbe che, di fatto, qualcuno abbia utilizzato del materiale proveniente da due dispositivi non di sua proprietà – il telefono cellulare di cui sopra e il pc della stessa candidata – per falsificare delle foto e delle conversazioni, in modo da poter disporre di contenuti secondo loro compromettenti da far circolare, con la speranza di arrecare un danno di immagine alla candidata –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire che qualunque tornata elettorale garantisca la massima trasparenza per i cittadini e il rispetto delle regole nella competizione tra i candidati.
(4-03048)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in previsione della scadenza del mandato di presidente del conservatorio di Palermo, il consiglio accademico dell'istituto ha adottato un avviso pubblico per la designazione della terna da proporre al Ministro;

   tale avviso pubblico, inviato a tutti i docenti, detta i requisiti che debbono possedere i candidati, tra cui quelli di «comprovata esperienza maturata nell'ambito di organi di gestione di istituzioni culturali, ovvero, di avere riconosciuta competenza nell'ambito artistico e culturale»;

   su 147 docenti del conservatorio, 81 hanno proposto al Consiglio accademico di inserire nella terna il presidente in carica che però, nella seduta del Consiglio accademico del 13 maggio 2019, non è stato inserito;

   in conseguenza di ciò, si sono dimessi alcuni docenti dal Consiglio accademico, sono state richieste le dimissioni del direttore e del Consiglio accademico da parte di altri docenti;

   vi sono state le prese di posizioni della Cisl e della Uil inviate, oltre che al Ministro, anche al Vice Ministro, al Capo dipartimento formazione superiore e ricerca e ai direttori generali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   con decreto ministeriale n. 451 del 4 giugno 2019 si è proceduto alla nomina del professor Mario Barbagallo a presidente del conservatorio di Palermo, con decorrenza dal 22 luglio 2019 e per la durata di un triennio;

   dall'esame del curriculum vitae del nominato presidente, si leggono i titoli familiari (la nonna Maria Sangiorgi era musicista e uno dei proprietari del teatro Sangiorgi di Catania, ora Ente Teatro Massimo Bellini; il prozio del professor Mario Barbagallo era il famoso musicista e compositore Alfredo Sangiorgi, che ha insegnato in diversi conservatori italiani) e non le comprovate esperienze e le riconosciute competenze;

   tale nomina è già stata oggetto di articoli di stampa: «Mio zio era musicista – La nomina per meriti familiari» (Repubblica Palermo 6 giugno 2019), «Il geriatra a capo del Conservatorio – Ma io avevo uno zio musicista» (Repubblica 7 giugno 2019) –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché vengano salvaguardati i princìpi di adeguatezza e di tutela del merito, e garantita la nomina di un presidente di «comprovata esperienza maturata nell'ambito di organi di gestione di istituzioni culturali, ovvero, di riconosciuta competenza nell'ambito artistico e culturale»;

   se il Ministro non reputi di adottare iniziative per revocare tale nomina che appare agli interroganti viziata e lesiva dei suddetti principi e dei richiesti requisiti.
(5-02252)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LACARRA, UBALDO PAGANO, BOCCIA, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA, VISCOMI, ZAN, MARTINA, BRAGA, QUARTAPELLE PROCOPIO, GADDA, DE LUCA, DE MARIA, FIANO, GAVINO MANCA, UNGARO, SIANI, MOR, SENSI, CARNEVALI, TOPO, PADOAN, MIGLIORE, FRAILIS e PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con un comunicato stampa e alla vigilia di un incontro con le rappresentanze sindacali, previsto per il 10 giugno 2019, la dirigenza del Gruppo ArcelorMittal, ha annunciato che, dai primi del prossimo mese di luglio, per 1.400 dipendenti dello stabilimento ex Ilva di Taranto scatterà la cassa integrazione per 13 settimane;

   ArcelorMittal ha vinto una gara europea per l'acquisto del compendio industriale ex Ilva con assegnazione il 6 settembre 2018. L'aggiudicazione pone dei vincoli stringenti alla società sia in termini occupazionali sia in termini ambientali, termini che sono parte integrante e sostanziale del medesimo contesto di aggiudicazione;

   a parere degli interroganti, è senz'altro stigmatizzabile l'irritualità della procedura per effettuare e comunicare una scelta di tale rilevanza, che appare in aperto contrasto con le condizioni poste alla base della suddetta aggiudicazione e con gli accordi sottoscritti in sede ministeriale con le organizzazioni sindacali;

   l'intera città di Taranto ha affrontato grandi sacrifici su diversi fronti per consentire a Mittal di rimettere la ex Ilva in attivo e le condizioni della fabbrica, della città, delle analisi di mercato, delle congiunture internazionali e delle regole industriali e ambientali da rispettare erano ben conosciute dal gruppo indiano, quando è stata iniziata e conclusa la trattativa;

   già l'accordo sottoscritto con il Ministro interrogato prevedeva un primo gruppo di 1.500 lavoratori in cassa integrazione, a differenza di quanto, invece, indicato nell'accordo proposto dal precedente Governo;

   inoltre, sebbene l'intesa siglata nel mese di settembre 2018 fra ArcelorMittal e Governo preveda una verifica trimestrale sulle questioni ambientali e lavorative oggetto dell'accordo, nessun incontro – malgrado le molte sollecitazioni da parte delle organizzazioni sindacali e delle associazioni ambientaliste – è stato finora tenuto;

   nel mese di novembre 2018 diversi organi di stampa e organizzazioni sindacali evidenziavano alcune gravi anomalie nei processi di selezione del personale rispetto ai criteri concordati nel predetto accordo. In particolare, si denunciavano molteplici incongruenze sull'applicazione del criterio della mansione, della professionalità, dell'anzianità e dei carichi familiari, rendendo manifesto, secondo l'opinione delle organizzazioni sindacali, il fatto che la selezione fosse stata operata dall'azienda attraverso criteri unilaterali e, dunque, al di fuori di quanto previsto dall'accordo;

   ancora una volta, ci si trova di fronte a un accordo sottoscritto e non rispettato, situazione che evidenzia, ad avviso degli interroganti, una palese incapacità di controllo da parte del Governo sui comportamenti dei contraenti, nonché la mancanza di una chiara strategia per il rilancio dell'economia italiana, con effetti ancor più drammatici su territori come quelli del Mezzogiorno –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare il pieno rispetto degli impegni sottoscritti il 6 settembre 2018 da parte del gruppo ArcelorMittal, a cominciare dalla salvaguardia dei livelli occupazionali e dal pieno utilizzo delle maestranze in tutti gli stabilimenti.
(5-02236)


   ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei prossimi giorni, a Sanguinetto (Ve) verranno licenziati 77 dipendenti sui 166 della multinazionale olandese-britannica Unilever proprietaria anche dello storico marchio Knorr;

   l'azienda l'ha definita «razionalizzazione»: è la seconda in un anno, dato che nel 2018 erano già state licenziate 28 persone. L'azienda parla di «decisione difficile, presa nell'ambito di un piano di riorganizzazione a livello europeo della produzione di dadi tradizionali da brodo», che si spiega con «una continua diminuzione della richiesta di mercato di questo tipo di prodotti che hanno un peso consistente nelle attività di Sanguinetto»;

   Unilever si dice quindi «costretta ad intervenire in modo tempestivo per garantire la sostenibilità futura dello stabilimento, consentire il prosieguo delle altre produzioni attualmente presenti e metterlo nelle condizioni di poter cogliere le eventuali opportunità che dovessero presentarsi in futuro»;

   l'azienda, tuttavia, ad avviso dell'interrogante, non è stata chiara e corretta nella comunicazione, poiché è da oltre un anno che i sindacati chiedevano il piano industriale senza averlo mai ricevuto;

   si teme che Unilever voglia chiudere lo stabilimento di Sanguinetto, per delocalizzare tutta la produzione. In tal senso, appare sconcertante che un'azienda delle dimensioni dell'Unilever, che in questi ultimi anni non ha avuto cali significativi sotto il profilo del fatturato, dall'oggi al domani decida di licenziare oltre 70 dipendenti e di trasferire la produzione in Portogallo solo ed esclusivamente per trarne vantaggio economico sia in termini di costi del lavoro che in termini di costi di produzione;

   la scelta di delocalizzare la divisione food, e in particolare la produzione del dado, dove il costo del lavoro è più basso, è l'ennesimo caso di scelte prese lontano dai contesti territoriali, che incidono negativamente sulla capacità di saper fare le produzioni;

   di fatto nello stabilimento di Sanguinetto si dimezzerà il numero degli addetti. In tal senso, sembra chiaro il disegno che porta a una progressiva cessazione di ogni attività in questo sito dove non si investe da cinque anni –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato per quanto di competenza;

   quali iniziative intenda adottare al fine di istituire un tavolo di concertazione, con il coinvolgimento delle autorità locali, per tutelare i lavoratori e le loro famiglie e salvaguardare la realtà aziendale in questione.
(5-02239)


   NOJA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in forza dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, il lavoratore dipendente – che assiste la persona con disabilità grave – ha diritto di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito;

   in seguito alla circolare dell'Inps n. 45 del 1° marzo 2011, in attesa dei nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro, le aziende ospedaliere hanno concesso ai predetti lavoratori la possibilità di fruire alternativamente di 3 giorni di permesso o di 18 ore mensili da ripartire nelle giornate lavorative;

   l'articolo 38, paragrafo 1, del nuovo contratto comparto sanità, sottoscritto in data 21 maggio 2018, ha previsto che, ove ne ricorrano le condizioni, i dipendenti abbiano diritto a fruire dei tre giorni di permesso di cui all'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ma non ha contemplato, contrariamente a quanto avviene per gli altri comparti, la possibilità del frazionamento ad ore dei permessi suddetti;

   a seguito di un chiarimento richiesto dall'azienda ospedaliera universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO) il 9 agosto 2018, l'Aran ha ribadito l'impossibilità di fruizione ad ore dei permessi per l'assistenza delle persone con disabilità, anche attraverso accordi aziendali, in quanto la mancata previsione contrattuale «non è dovuta ad un mero refuso, al contrario le parti negoziali hanno ritenuto incompatibile con l'organizzazione del lavoro delle strutture sanitarie detta frazionabilità, avuto riguardo alle prioritarie esigenze di carattere gestionale»;

   generalmente, la fruizione ad ore è richiesta per assistere i figli con disabilità che frequentano gli istituti scolastici, per cui il dipendente chiede l'uscita anticipata all'orario del pranzo, ovvero per accompagnarli presso centri di riabilitazione o per lo svolgimento di altre attività essenziali per lo sviluppo e la qualità della vita dei bambini con disabilità;

   appare dunque molto grave la scelta di negare ai dipendenti del comparto sanità il diritto alla fruizione ad ore dei permessi per l'assistenza delle persone con disabilità, poiché essa costituisce una evidente discriminazione degli operatori sanitari rispetto a tutti gli altri lavoratori, fondata sull'inaccettabile principio che siano prioritarie le esigenze di carattere «gestionale» rispetto ai bisogni delle persone –:

   se il Governo non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per porre rimedio a questo vulnus che discrimina i lavoratori del comparto sanità e consentire anche per loro la frazionabilità ad ore dei tre giorni mensili di permesso, previsti dall'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
(5-02240)


   SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI, ZAN, CENNI, DE LUCA, MARTINA, BRAGA, QUARTAPELLE PROCOPIO, GADDA, DE MARIA, FIANO, GAVINO MANCA, UNGARO, SIANI, MOR, SENSI, CARNEVALI, TOPO, PADOAN, MIGLIORE, FRAILIS e PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 31 maggio 2019, l'azienda multinazionale Whirlpool, durante un incontro con alcune organizzazioni sindacali, convocato per un aggiornamento del piano industriale 2019-2021, ha reso nota la propria volontà di procedere alla riconversione del suo sito produttivo di Napoli e alla cessione del ramo d'azienda a una società terza;

   lo stabilimento industriale napoletano è specializzato nella produzione di lavatrici ad alta tecnologia e conta attualmente la presenza di 420 operai, il cui futuro lavorativo è ora messo seriamente a rischio, senza alcun preavviso, insieme a quello di molti lavoratori dipendenti delle aziende campane dell'indotto;

   questa decisione della proprietà è arrivata, in maniera unilaterale, dopo che il 25 ottobre 2018 Whirlpool aveva annunciato un piano industriale di 250 milioni di euro di investimenti da distribuire tra il 2019 e il 2021, alcuni dei quali da realizzare nello stabilimento di Napoli, ottenendo così, nell'accordo firmato dal Governo presso il Ministero dello sviluppo economico, l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che avevano lo scopo di supportare proprio il piano di investimenti;

   a quanto è dato sapere, l'annuncio della cessione del sito sarebbe stato dato senza che né il Ministero dello sviluppo economico, con cui Whirlpool aveva firmato l'intesa nel mese di ottobre 2018, né il Governo tutto fossero informati o coinvolti in alcun modo;

   dal mese di aprile 2019 sono giunte al Governo, da parte delle organizzazioni sindacali, richieste congiunte di confronto, rimaste del tutto inascoltate, affinché fosse riaperta l'interlocuzione con la proprietà della società multinazionale presso il Ministero competente in modo da seguire da vicino l'andamento e l'applicazione del piano di rilancio degli stabilimenti Whirlpool;

   nel 2015 lo stesso gruppo multinazionale prima aveva annunciato la chiusura dello stabilimento di Carinaro (Caserta), e poi, grazie a una lunga e non semplice trattativa condotta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore, decise di recuperare lo stabilimento campana, convertendolo in piattaforma logistica a servizio di tutto il gruppo –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di salvaguardare uno stabilimento fondamentale per il tessuto produttivo di Napoli e dell'intero Mezzogiorno e gli oltre 400 posti di lavoro messi in pericolo dalla chiusura dello stabilimento;

   se e mediante quali iniziative e strumenti di confronto, nei mesi successivi alla firma dell'accordo con Whirlpool, il Governo abbia monitorato l'andamento del piano di investimenti annunciato;

   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché l'accordo siglato con Whirlpool venga rispettato nei termini indicati nell'ottobre 2018, compresi quelli che riguardano il sito produttivo di Napoli.
(5-02241)


   FRAGOMELI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Husqvarna spa, nel 1999, acquista la divisione europea del marchio McCulloch, storica azienda statunitense produttrice di motoseghe e di attrezzature per la cura del verde già presente in provincia di Lecco con un insediamento produttivo nella città di Valmadrera; successivamente, il management – riconoscendo l'eccellenza del comparto lecchese – decide di spostare nello stabilimento di Valmadrera l'intera produzione europea dei rasaerba a marchio McCulloch;

   a partire già dal 2008, il sito produttivo di Valmadrera, divenuto ormai monoprodotto e specializzato nello stampaggio e nella verniciatura delle scocche in lamiera e nell'assemblaggio finale dei rasaerba, comincia a sperimentare delle difficoltà ed è costretto perciò a ricorrere a diverse settimane di cassa integrazione ogni anno;

   dal 2009, nel sito di Valmadrera, non vi sono state più nuove assunzioni e, attualmente, la forza lavoro dello stabilimento è composta da 102 dipendenti con, nella stragrande maggioranza, 50 e più anni d'età, vale a dire appartenenti alla fascia di età più debole in caso di ricollocamento lavorativo;

   negli ultimi tre anni, i volumi produttivi dello stabilimento di Valmadrera sono calati pesantemente; ciò è avvenuto – per stessa ammissione della direzione del gruppo – non per un calo delle performance di qualità e produttività del sito di Valmadrera, ma a causa della contrazione del mercato dei rasaerba e della forte competitività dei prodotti a basso prezzo di produzione cinese;

   il gruppo Husqvarna spa ha deciso di dissolvere, a partire dal 2020, la divisione consumer brand e di interrompere così la vendita dei rasaerba e dei prodotti a batteria del marchio McCulloch; alcune settimane fa ha quindi annunciato la dismissione completa del reparto produttivo dello stabilimento di Valmadrera – con il mantenimento della sola parte commerciale – e il conseguente licenziamento di oltre il 70 per cento dei dipendenti, vale a dire quasi 80 lavoratori sui 102 complessivi;

   i lavoratori, a quanto consta all'interrogante, informati di tale decisione non dal management dell'azienda ma soltanto tramite i rappresentanti sindacali, si sono subito raccolti in assemblea permanente e, da diverse settimane ormai, presidiano giorno e notte i cancelli dello stabilimento di Valmadrera;

   la direzione aziendale ha successivamente dichiarato esservi ipotesi di interessamento all'acquisto del sito di Valmadrera da parte di aziende esterne, delle quali, allo stato dei fatti, non vi è alcun riscontro;

   negli ultimi giorni si sono susseguiti diversi incontri tra azienda, sindacati e istituzioni locali nel corso dei quali il gruppo Husqvarna non ha fatto altro che confermare l'intenzione di chiudere il reparto produttivo di Valmadrera e di licenziare i lavoratori coinvolti –:

   se il Governo non ritenga di dover promuovere, con la massima urgenza, un tavolo di concertazione istituzionale al quale convocare i rappresentanti del gruppo Husqvarna spa, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e gli amministratori locali di un territorio – la provincia lecchese – a forte vocazione industriale e manifatturiera;

   quali strumenti di politica industriale si ritenga di dover adottare per garantire la salvaguardia del posto di lavoro dei lavoratori coinvolti e del patrimonio professionale da essi rappresentato;

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di elaborare un piano di tutela sociale ed economico che possa ridurre al minino l'impatto di un eventuale licenziamento sui lavoratori coinvolti e sulle loro famiglie.
(5-02244)


   SERRACCHIANI, BENAMATI, DE MICHELI, CRITELLI, DE MARIA, MARCO DI MAIO, FASSINO, INCERTI, PINI, RIZZO NERVO e ROSSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, dipendente del Ministero dell'economia e delle finanze, svolge attività di assistenza tecnica e gestisce i contributi per le imprese dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto del 2012, sulla base di apposita convenzione con la regione;

   lo svolgimento di queste attività è assegnato a un gruppo di professionisti, indicativamente ottanta, soprattutto ingegneri e architetti, assunti a tempo determinato da Invitalia, il cui contratto scade il 30 giugno 2019 (come denunciato anche dalle rappresentanze sindacali Cgil-Cisl-Uil dell'area metropolitana bolognese);

   tale scadenza, in ragione della disciplina introdotta dal decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, che limita la durata massima e il rinnovo dei contratti a tempo determinato, risulta inderogabile;

   il mancato rinnovo dei contratti, oltre alla perdita del lavoro per tali professionisti, operanti da anni nelle attività di ricostruzione promosse da Invitalia, comporterebbe anche la dispersione di un contributo professionale inestimabile e difficilmente sostituibile, in ragione delle loro competenze specifiche e altamente tecniche, che ha contribuito a rendere la ricostruzione in Emilia-Romagna un modello per i successivi interventi post sisma;

   si sottolinea altresì che la legge di bilancio per il 2019 ha previsto una deroga alla normativa vigente in materia per il rinnovo di specifici contratti a tempo determinato in relazione agli eventi sismici del 2016 –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché Invitalia possa assicurare la continuità lavorativa dei professionisti impiegati nella ricostruzione post sisma in Emilia-Romagna.
(5-02248)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   dal 2013 l'olivicoltura pugliese è in ginocchio, devastata dalla Xylella fastidiosa che in sei anni ha causato una riduzione del 9,5 per cento della produzione regionale di olio d'oliva, con una perdita – solo nelle ultime tre campagne – di 390 milioni di euro di mancata produzione;

   la vicenda della Xylella nel Salento è il frutto di errori e orrori politici, ad eccezione di pochi che purtroppo hanno solo potuto denunciare e chiedere insistentemente misure urgenti affinché si impedisse la diffusione del batterio e affinché venissero supportati gli ovicoltori e i vivaisti in ginocchio. Ad oggi non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare la Xylella fastidiosa da una pianta malata in reali condizioni di campo. E per questo l'intera Europa può essere considerata a rischio;

   questo è il quadro che emerge dai due pareri dell'Efsa (l'Autorità europea della sicurezza alimentare) redatti sull'epidemia che ha devastato l'olivicoltura pugliese;

   le simulazioni effettuate dai ricercatori dell'Efsa hanno evidenziato che le aree maggiormente a rischio sono quelle nell'Europa meridionale con in primis l'Italia e che la variante della Xylella fastidiosa multiplex è quella che risulta avere le maggiori probabilità di stabilirsi nel nord Europa rispetto alle altre sottospecie;

   la lotta alla Xylella, sottolineano gli esperti dell'Efsa, è complicata dal ritardo con cui si manifestano i sintomi. In assenza di cure, il controllo degli insetti vettori e la corretta e tempestiva applicazione delle misure di emergenza attualmente in vigore a livello di Unione europea (taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di 100 metri) risultano quindi decisive. Si tratta proprio delle misure raccomandate da Bruxelles fin dal 2015 e che, purtroppo, tra ricorsi amministrativi e altre indagini giudiziarie in Puglia, sono state adottate con grande ritardo al punto da spingere lo scorso anno la Commissione europea ad aprire una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia;

   il batterio della Xylella fastidiosa non ha colpito in questi anni solo l'Italia;

   in un precedente atto di sindacato ispettivo, l'interpellanza n. 2-00078, l'interpellante chiedeva di procedere, senza ulteriori ritardi, per affrontare la fase di crisi economica degli agricoltori e dei vivaisti; di individuare ogni misura idonea a prevenire il fenomeno e curare gli ulivi e le altre specie di piante attaccate dalla Xylella fastidiosa; di attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, in modo da certificare l'assenza del patogeno prima di ogni movimentazione di materiale vivaistico e da evitare qualsiasi blocco di esportazioni;

   nonostante il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo si sia dichiarato fortemente determinato a fornire risposte concrete sul problema della Xylella fastidiosa agli agricoltori e si sia impegnato per la tutela di questo comparto produttivo in sede europea, ad oggi la situazione resta tragica e coinvolge non solo un'intera filiera ma tutto il tessuto economico e sociale di una regione che produce circa il 50 per cento dell'olio extravergine d'oliva italiano;

   si tratta di 21 milioni di piante infettate su quasi 800 mila ettari del territorio pugliese per un danno stimato di oltre 1,2 miliardi di euro;

   purtroppo, sta emergendo chiaramente l'avanzata della malattia, che sta investendo Brindisi, Gallipoli, Supersano, Maglie, con le aree adiacenti, fino ad arrivare a Lecce;

   dall'autunno 2013 la malattia si è dunque estesa senza che venisse applicata una strategia efficace per fermare il contagio che ha avuto effetti disastrosi sull'ambiente, sull'economia e sull'occupazione della Puglia;

   le responsabilità sono molteplici, a partire da chi, e ci si riferisce alla forze di Governo un tempo «sbeffeggiavano» il fenomeno, definendo la Xylella una «bufala» e negando che vi fosse un nesso scientifico fra la Xylella e la morte degli ulivi. Oggi, queste stesse forze, per mero opportunismo politico, ad avviso dell'interpellante con una buona dose di ipocrisia e senza alcuna credibilità, cercano di ergersi a paladini in difesa degli ulivi;

   dopo anni di immobilismo dei precedenti Governi, regionale e nazionale, e ulteriori colpevoli ritardi, occorre fermare il contagio e sostenere gli agricoltori, stremati dalla burocrazia, nelle operazioni di espianto e reimpianto creando sistemi sostenibili nelle zone infette;

   dopo i ripetuti moniti dell'Unione europea e dopo il «decreto emergenze» con le misure e le risorse previste, seppur insufficienti ma comunque utili ad iniziare, adesso occorrono solo fatti concreti e non più parole –:

   se il Governo non ritenga di dover assumere ulteriori iniziative, con carattere di estrema urgenza, per dare una risposta al territorio e all'economia agricola pugliese;

   quali iniziative urgenti intenda concretamente porre in essere per evitare l'ulteriore diffusione del batterio;

   quali tempestive misure ad hoc intenda promuovere per i frantoi salentini per l'integrazione al reddito e quali iniziative economiche intenda adottare a supporto della «rottamazione» parziale e totale degli impianti di molitura.
(2-00410) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo negli ultimi anni è stato sottoposto più volte a profonde riforme organizzative con contestuale accrescimento delle proprie competenze e, precisamente: nell'anno 2013 c'è stato il trasferimento delle funzioni ex Assi-Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, nell'anno 2017 il trasferimento di diverse funzioni dell'ex Corpo forestale dello Stato, nell'anno 2018 il trasferimento di competenze in materia di turismo, ai sensi del decreto-legge n. 86 del 12 luglio 2018, convertito dalla legge n. 97 del 9 agosto 2018;

   per ciò che concerne l'organico, ad oggi, il Ministero si avvale di circa 1380 unità di personale effettive, consistenza al di sotto dell'organico di diritto, fissato dal recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 febbraio 2019, n. 25, in 1691 unità (875 unità del ruolo agricoltura e 816 unità del ruolo Icqrf-Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari);

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», ha previsto diverse assunzioni – anche in aggiunta alle vigenti capacità assunzionali e/o in deroga alla normativa vigente – in diversi Ministeri e amministrazioni pubbliche come ad esempio:

    nel Ministero dell'interno: 700 unità di personale civile nel triennio 2019-2021 e 25 dirigenti;

    nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 50 unità nell'anno 2019;

    nel Ministero della difesa: 294 unità di personale civile nel triennio 2019-2021;

    nel Ministero del lavoro e delle politiche sociali: per l'Anpal, 600 unità biennio 2019-2020 e 300 nell'anno 2021;

    nel Ministero dello sviluppo economico: 102 unità di personale nel triennio 2019-2021;

    nel Ministero della giustizia: 3000 unità di personale amministrativo nel triennio 2019-2021;

    nel Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale: 300 unità di personale per l'anno 2019;

    nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: 400 unità di personale, anche in sovrannumero (con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo), per il triennio 2019-2021; la dotazione organica dello stesso è stata altresì incrementata di 20 posizioni di livello dirigenziale non generale e di 300 unità di personale non dirigenziale;

    nel Ministero per i beni e le attività culturali: complessive 1.000 unità di personale a decorrere dall'anno 2020 e dall'anno 2021;

    nel Ministero della salute: 108 unità di personale amministrativo nel triennio 2019-2021;

    nell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo: 57 unità di personale;

   anche nel Def-documento di economia e finanza 2019 presentato alle Camere nella sezione III (programma nazionale di riforma), il Governo ha inserito per il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo importanti – e condivisibili – obiettivi di azione politica da raggiungere nel settore delle politiche agricole e del turismo;

   tali azioni dovranno necessariamente essere poste in campo con le strutture ministeriali e con le risorse umane presenti, che come già ricordato sono molto al di sotto della pianta organica prevista per legge –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa e ferme restando le programmate assunzioni di 57 unità per l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, non ritenga opportuno e doveroso – proprio al fine di assicurare la massima efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, di incentivare le maggiori attività rese in particolare nella elaborazione e nel coordinamento delle linee della politica agricola, agroalimentare, forestale, per la pesca, per il settore ippico e per il turismo a livello nazionale, europeo ed internazionale e di far fronte alle azioni di tutela del made in Italy e di contrasto all’italian sounding nel settore agroalimentare, anche con riferimento alle funzioni di controllo ed ispezione in relazione alle frodi agroalimentari – programmare e pianificare un nuovo piano di assunzioni per le diverse aree funzionali e dirigenziali dei ruoli, anche di professionalità specifiche per i diversi settori di competenza.
(4-03036)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   nell'atto di indirizzo predisposto per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro 2016-2018 relativo all'area della dirigenza delle funzioni locali, vi è il punto 8.2 che desta alcune allarmanti riserve e preoccupazioni ove si prevede che «L'ARAN definisce i contenuti delle attività di sovraintendenza e coordinamento (...) tra cui, a titolo esemplificativo, la sovraintendenza alla gestione complessiva dell'ente, la predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi, la proposta del piano esecutivo di gestione, l'esercizio del potere di avocazione degli atti dei dirigenti in caso di inadempienza e ogni altra funzione di direzione richiamata nei regolamenti organizzazione»;

   in questo modo, si dà mandato ad Aran di definire i contenuti di previsioni normative che hanno evidente carattere «organizzativo» e che non possono essere nella disponibilità né del «Comitato di settore» né, tantomeno, della Agenzia deputata alla contrattazione collettiva;

   come noto, la contrattazione può disciplinare «il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali» ma non l'esercizio delle funzioni pubbliche, che è soggetto a riserva di legge, ancorché relativa, ex articolo 97 costituzione;

   pretendere di definire in sede di contrattazione collettiva il contenuto della «sovrintendenza alla gestione complessiva dell'ente, la predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi, la proposta del piano esecutivo di gestione» rappresenta secondo l'interpellante una palese violazione del disposto del terzo periodo del primo comma dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

   la pretesa di attribuire alla contrattazione collettiva la possibilità di ingerirsi di materie quali la «predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi» e «la proposta del piano esecutivo di gestione» interferisce con attribuzioni che sono proprie degli enti locali;

   non meno ingiustificata appare la previsione relativa all’«esercizio del potere di avocazione degli atti dei dirigenti in caso di inadempienza» ove la radicale incompatibilità con la previsione dell'articolo 40, comma 1, del Testo unico del pubblico impiego (Tupi) appare anche più evidente, stante che la norma di legge sottrae espressamente, come già visto, alla contrattazione collettiva le materie «afferenti alle prerogative dirigenziali»;

   la ratio della preclusione normativa è evidente: la contrattazione collettiva non può mai disciplinare l'esercizio delle funzioni pubbliche (di cui sono titolari i dirigenti), che devono essere regolate dalla legge e dagli atti di normazione sub-primaria che alla legge si subordinano;

   simmetricamente a quanto testé rilevato a proposito delle «prerogative dirigenziali», assunto che anche il segretario comunale è un dirigente, le sue «prerogative» non possono essere fissate dalla contrattazione collettiva;

   l'intera previsione contenuta nell'atto di indirizzo appari abnorme e orientata a predisporre un contratto collettivo che dovrebbe cadere sotto l'inesorabile mannaia costituita dal combinato disposto degli articoli 40, comma 1, e 2, comma 3-bis, del Tupi (decreto legislativo n. 165 del 2001);

   in ogni caso, è molto elevato il rischio che disposizioni che, esorbitando dal perimetro riservato alla contrattazione collettiva e limitando prerogative organizzative e funzionali degli enti locali, possano innescare un contenzioso endemico, alimentato da parte di tutti quei soggetti che dovessero sentirsi lesi dall'indebito esercizio di funzioni pubbliche da parte di soggetti non legittimati dalla legge;

   il Parlamento si è più volte pronunciato negli ultimi 25 anni, prevedendo una specifica e compiuta disciplina di legge (si veda l'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo 165);

   appare, dunque, foriera di rischi particolari la disposizione in materia di avocazione, laddove il segretario comunale fosse chiamato ad adottare, in luogo dei dirigenti inadempienti, provvedimenti limitativi degli interessi e dei diritti dei cittadini, sulla base di una disposizione della contrattazione collettiva esorbitante rispetto ai limiti fissati dalla normativa;

   gli indirizzi dati dal comitato di settore perseguono anche evidenti finalità di natura politica tentando di introdurre per via contrattuale alcuni capisaldi del cosiddetto «decreto Madia», notoriamente decaduto nella scorsa legislatura per ragioni di costituzionalità propria e della relativa legge di delega, come già avvenuto per alcuni aspetti con l'atto di indirizzo emanato dal Comitato di settore per il contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza delle funzioni centrali;

   i segretari comunali vanno inseriti, per la contrattazione, nell'area della dirigenza delle funzioni locali, anziché in quella delle funzioni centrali proprio per l'avvenuta decadenza del cosiddetto decreto Madia, stante la loro appartenenza datoriale al Ministero dell'interno;

   l'organizzazione sindacale Confsal-Fenal con nota del 20 maggio 2019 ha posto tale questione alla sua attenzione –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto, intenda adottare ogni iniziative di competenza, anche normativa, al fine di ripristinare il rispetto del principio di legalità, ad avviso dell'interpellante così clamorosamente offeso dal contenuto dell'atto di indirizzo emanato dal competente comitato di settore;

   se il Ministro intenda promuovere le iniziative di competenza, anche normative, affinché gli atti di indirizzo siano conformi ai principi dettati dall'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché disporre opportune iniziative di controllo, per quanto di competenza, al fine di verificare che la contrattazione collettiva non esorbiti dagli ambiti assegnati dalla legge.
(2-00411) «Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la Costituzione della Repubblica Italiana prescrive, all'articolo 97, che i pubblici uffici siano organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Prevede, inoltre, al medesimo articolo che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge;

   l'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prescrive e regola il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse;

   al comma 1 dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si prescrive che «Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere»;

   il comma 2-bis dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, dispone che «Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio»;

   la Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, con la sentenza n. 12559, depositata il 18 maggio 2017, ha ribadito che la mobilità rappresenta un obbligo per la pubblica amministrazione;

   il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5830/2010, ha escluso che l'obbligo delle pubblica amministrazione di attivare le procedure di mobilità volontaria possa essere adempiuto con il mero esame delle domande di trasferimento presentate da alcuni dipendenti, ove si tratti di domande autonome e proposte indipendentemente da qualsiasi preventiva pubblicazione delle disponibilità di organico;

   il Consiglio di Stato, sezione V, 15 ottobre 2009, n. 6332, e poi successivamente il Tar Lazio, Roma, II ter, 15 luglio 2011, n. 6366, chiariscono che le amministrazioni pubbliche devono avviare le procedure di mobilità prima di procedere all'espletamento di nuove procedure concorsuali e di utilizzare eventuali graduatorie ancora valide;

   l'espletamento delle procedure mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 è imprescindibile, ivi compresa la pubblicazione di appositi bandi di selezione, e ha priorità assoluta rispetto a scorrimenti di graduatoria esistenti e l'indizione di nuovi concorsi;

   come risulta agli atti presso il comune di Agropoli sono state effettuate oltre venti nuove assunzioni nell'ultimo quinquennio, anche per funzionari di fascia apicale;

   per tali assunzioni non sarebbero state esperite le prescritte procedure di mobilità, senza dunque un bando di selezione, avendo attinto a scorrimenti di graduatorie di altri comuni o a singole richieste individuali di mobilità;

   alla lunga lista di assunti a tempo indeterminato al comune di Agropoli si aggiungono oltre 30 unità in forza alla Agropoli Cilento Servizi, azienda speciale del comune stesso –:

   se sia a conoscenza dei fatti su esposti e se intenda acquisire elementi al riguardo e intraprendere iniziative, anche promuovendo una verifica da parte dell'Ispettorato della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per verificare il corretto svolgimento delle procedure di assunzione del comune di Agropoli e della azienda Speciale Agropoli Cilento Servizi.
(5-02246)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta molta preoccupazione l'allarme lanciato dalle organizzazioni sindacali della sanità e dagli ordini delle professioni sanitarie circa il combinato disposto della mancanza di medici e della emigrazione degli stessi dalla Liguria, perché attirati da altri territori per le condizioni economiche più favorevoli;

   la recente delibera approvata dalla regione Liguria consente a specialisti in pensione, da non più di due anni, di rientrare in servizio con contratti a tempo determinato e si prevede possa essere operativa, in attesa delle circolari esplicative, nella seconda metà del mese di giugno 2019;

   questa ipotesi non è certo una delle soluzioni migliori e comunque la criticità legata alla carenza di profili medici e professionali a vario titolo nel settore della sanità rischia di aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni;

   le criticità maggiori si riscontrano nel trovare medici d'urgenza, anestesisti, radiologi, neuro-radiologi interventisti e radiologi interventisti;

   i numeri testimoniati dalla scuola di specialità genovese evidenziano come siano del tutto insufficienti a coprire le esigenze delle nove aziende sanitarie presenti sul territorio regionale;

   la stessa previsione di aprire i concorsi anche agli specializzandi dell'ultimo anno non è sufficiente;

   tale criticità, presente ormai su tutto il territorio nazionale, in Liguria si accentua anche in ragione del particolare andamento demografico e dell'incidenza dell'invecchiamento della popolazione che aumenta la domanda di servizi connessi alla tutela della salute –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, nell'ambito delle proprie competenze e d'intesa con la regione Liguria, con la massima urgenza, al fine di garantire un rafforzamento del personale medico e sanitario in servizio presso le strutture sanitarie e assicurare ai cittadini adeguati standard di cura, venendo incontro alle richieste delle organizzazioni sindacali e degli ordini professionali.
(5-02237)


   RIZZO NERVO, DE FILIPPO, CARNEVALI, UBALDO PAGANO, SCHIRÒ, SIANI, PINI e CAMPANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende da autorevoli organi di stampa nazionale la nuova bozza di Patto per la salute inviata dal Ministero della salute alle regioni ha suscitato forti preoccupazioni da parte delle regioni stesse per il contenuto del primo articolo dove, alla voce finanziamenti è stata introdotta la clausola, che evidenzia come le risorse definite nell'ultima manovra (2 miliardi di euro in più per il 2020 e 1,5 miliardi per il 2021) sono confermate «salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico»;

   si tratta di una formula che fa suscitare più di qualche apprensione per il concreto rischio di futuri tagli, soprattutto alla luce della decisione della Unione europea di aprire una procedura d'infrazione a danno dell'Italia;

   solo qualche giorno prima, la stessa Ministra interrogata, in un bilancio sugli obiettivi raggiunti in un anno di mandato su Facebook, annunciava l'aumento dei finanziamenti per la sanità con queste parole: «Abbiamo finalmente ricominciato a investire sulla sanità pubblica: +4,5 miliardi di euro per il Fondo sanitario nazionale nel triennio 2019-2021»;

   oggi però, il quadro sembra molto diverso con il rischio più che concreto che le regioni si vedano tagliare l'incremento più sostanzioso –:

   se la clausola introdotta nella bozza del nuovo patto per la salute sia il preludio al taglio di 2 miliardi di euro al fondo sanitario nazionale e quale sia il livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale per i prossimi due anni, vista la necessità delle regioni di avere un quadro certo dei finanziamenti, senza che questi siano condizionati alla variazione del quadro macroeconomico.
(5-02238)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PROVENZA, MAMMÌ, NAPPI, LAPIA, MENGA, SAPIA e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 1o aprile 1999, n. 91, recante disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti, ha la finalità di assicurare che il procedimento per l'esecuzione dei trapianti avvenga secondo modalità tali da assicurare il rispetto dei criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i cittadini, prevedendo criteri di accesso alle liste di attesa determinati da parametri clinici ed immunologici;

   l'articolo 4 della succitata legge disciplina la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione e dispone che i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione;

   al successivo articolo 5 si prevede che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro della salute, con proprio decreto, disciplina i termini, le forme e le modalità attraverso i quali notificare la richiesta di dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, a scopo di trapianto, secondo modalità tali da garantire l'effettiva conoscenza della richiesta da parte di ciascun assistito;

   il decreto del Ministero della salute dell'8 aprile 2000, in cui si dettavano le disposizioni attuative relative alla dichiarazione di volontà dei cittadini sulla donazione, è stato successivamente modificato con il decreto del Ministero della salute del 11 marzo 2008 e ha previsto il coinvolgimento dei comuni e dei centri di riferimento regionali per i trapianti, in aggiunta alle strutture sanitarie già previste;

   entrambi i decreti ministeriali citati tuttavia non hanno dato attuazione all'articolo 4 della legge 1o aprile 1999, n. 91, tutt'oggi vigente, in ordine al fatto che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione;

   in attuazione della legge di stabilità 2013 è stato emanato il decreto 19 novembre 2015 del Ministero della salute che, all'articolo 16, disciplina le modalità di espressione e di modifica della volontà a donare, prevedendo che le dichiarazioni di volontà in ordine alla donazione di organi possono essere effettuate con una dichiarazione resa in carta libera o su moduli appositamente predisposti da enti pubblici e dalle associazioni dei donatori con una dichiarazione resa presso le aziende sanitarie, ospedaliere o gli ambulatori dei medici di medicina generale, presso i comuni, al momento del rinnovo della carta di identità, o presso i centri regionali per i trapianti;

   appare anomalo che l'attuazione di una direttiva di tale rilevanza sia stata demandata a un decreto di natura non regolamentare (decreto ministeriale 19 dicembre 2015);

   la dichiarazione di volontà a donare continua ad essere disciplinata da una norma di carattere meramente transitorio (articolo 23 della legge n. 91 del 1999) e dai decreti ministeriali succitati, applicando il principio del consenso o del dissenso esplicito nonostante la medesima norma, a tutt'oggi vigente, preveda invece il principio del silenzio assenso che non ha mai trovato attuazione;

   scegliere e decidere in vita come esprimersi rispetto alla donazione rappresenta l'unico modo per elaborare una posizione personale in merito ed esser certi che questa venga rispettata –:

   se il Ministro interrogato intenda dare attuazione quanto previsto dalla legge n. 91 del 1999 in tema di silenzio assenso «informato», tenuto conto che sono trascorsi oltre 20 anni e l'anagrafe informatizzata dei soggetti assistiti dal sistema sanitario nazionale avrebbe dovuto essere attiva.
(4-03038)


   TORTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sin dalla stagione estiva 2015 sono state numerose le notizie di stampa e sui media abruzzesi riguardanti le acque di balneazione della costa pescarese: alle notizie sul visibile inquinamento delle acque e testimonianze di bagnanti circa problematiche di salute presumibilmente legate alle condizioni delle acque balneabili, si sono susseguiti i risultati delle analisi dell'Arta Abruzzo che confermavano la concentrazione batteriologica in acque costiere al di sopra delle soglie stabilite dalle norme vigenti, denotando presenza di escherichia coli e di enterococchi; il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116 recepisce la direttiva europea 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione; in ottemperanza a quanto disposto dal decreto legislativo citato, il Ministro della salute e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno definito, con il decreto del 30 marzo 2010, i criteri per determinare il divieto di balneazione, comprese le modalità e le specifiche tecniche relative alla gestione delle acque di balneazione; secondo il comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116 se le acque di balneazione sono classificate di qualità «scarsa» per cinque anni consecutivi, è disposto un divieto permanente di balneazione; la porzione di acque del litorale pescarese denominata «Zona antistante via Balilla» è stata classificata come «scarsa» per 5 anni consecutivi; con ordinanza del comune di Pescara n. 179 del 5 ottobre 2018 la zona antistante via Balilla è stata interdetta alla balneazione; successivamente alla richiesta del comune di Pescara alla regione Abruzzo, di cui alla nota prot. n. 0012915 del 21 gennaio 2019, con la quale si propone, a seguito delle risultanze dei campionamenti anno 2018, di poter monitorare il tratto di costa denominato «zona antistante via Balilla» mediante un nuovo punto di prelievo, è stato modificato il punto di prelievo della zona antistante via Balilla, conseguentemente denominato dalla giunta della regione Abruzzo «zona antistante via Leopardi»; nonostante il cambio di denominazione, l'area di balneazione della «zona antistante via Balilla» e della «zona antistante via Leopardi» coincidono, come è possibile verificare dalle coordinate WGS84 che delimitano le due zone –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per garantire la piena applicazione del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116 e se intenda assumere iniziative, anche normative, per chiarire che le acque derivanti da acque di balneazione classificate di qualità «scarsa» per cinque anni consecutivi, anche in caso di modifica delle coordinate del solo punto di prelievo, debbano essere dichiarate permanentemente vietate alla balneazione;

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa il motivo per cui sul Portale acque del Ministero della salute la «zona antistante via Leopardi, Pescara» individuata dalle coordinate WGS84 compresa tra il punto inizio costa (lat 42,4714413 long 14,2174653) e punto fine costa (lat 42,4687700 long 14,2222300), risulta vietata temporaneamente alla balneazione.
(4-03039)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTO e DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dagli organi di informazione locale, il consiglio di amministrazione della società Stefanel, di Ponte di Piave, ha deliberato di avviare l’iter per la procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria tramite il deposito dell'istanza per la dichiarazione dello stato di insolvenza, presso il tribunale di Treviso;

   si tratta di una decisione che discende dalla presa d'atto della mancata definizione di un accordo con i propri stakeholder, dell'attuale assenza di altri interlocutori interessati a supportare la società nella formalizzazione dell'ipotizzata proposta concordataria e dell'impercorribilità di ipotesi autonome di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione dell'indebitamento complessivo. Si è pertanto deliberato di rinunciare alla procedura di concordato preventivo con riserva, avviata il 14 dicembre 2018, e dunque al deposito del piano e della proposta concordataria nel termine ultimo del 14 giugno;

   l'azienda è gravata da un debito complessivo di 88,7 milioni di euro, di cui 17,12 debiti commerciali residui;

   solo il 7 febbraio 2019, il Ministero dello sviluppo economico, per bocca del vicecapo di gabinetto Giorgio Sorial, comunicava che era pronto il piano industriale per il rilancio della Stefanel e la salvaguardia dei lavoratori. Successivamente, era stato sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'accordo per la concessione della cassa integrazione a decorrere dalla data dell'11 febbraio 2019;

   anche in conseguenza dei suddetti termini, il citato esponente ministeriale si era impegnato a mantenere al Ministero dello sviluppo economico un tavolo di monitoraggio periodico sul percorso di rilancio dell'azienda;

   azienda e negozi restano aperti, ma il futuro della società e dei lavoratori appare ancora più indeterminato e preoccupante, vista l'inefficacia dei piani di rilancio presentati dall'attuale dirigenza –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di favorire l'individuazione di ogni soluzione utile per una gestione straordinaria che porti a un risanamento e a un rilancio produttivo della Stefanel, avendo come prioritario obiettivo la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali;

   quali iniziative si intendano adottare al fine di assicurare ai lavoratori del gruppo Stefanel gli opportuni ammortizzatori sociali;

   se sia stato attivato il monitoraggio citato in premessa, quali risultanze abbia prodotto e quali iniziative conseguenti abbia determinato.
(5-02251)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è del 25 maggio 2019 la notizia, a mezzo stampa, del fallimento della Shernon Holding, società di gestione dei punti vendita di Mercatone Uno. In particolare, si è appreso che l'istanza di fallimento era stata accolta il 23 maggio dal presidente del tribunale fallimentare Alida Paluchowski e dal giudice Sergio Rossetti ed era stata presentata dalla procura di Milano insieme a due creditori, Savini Due e Falegnameria Adriatica. Con la sentenza inoltre è stata respinta l'istanza di concordato preventivo;

   la vicenda è apparsa, fin dalle prime ore, drammatica e assurda, poiché i lavoratori hanno saputo del fallimento attraverso i social network. I sindacati, infatti, hanno denunciato pubblicamente la totale mancanza di comunicazioni ufficiali da parte dell'azienda e che la notizia del fallimento era arrivata solo nella notte, con conseguente comunicazione, da parte dei direttori, del divieto per i lavoratori di accedere ai locali aziendali;

   Shernon Holding aveva acquisito 55 punti vendita in tutta Italia del marchio emiliano «Mercatone Uno» e aveva annunciato un imponente piano di rilancio con importanti ricavi a partire dal 2022. All'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, svoltosi il 18 marzo 2019, era stato garantito che tutti i 1800 dipendenti sarebbero stati assorbiti dall'amministrazione straordinaria. Ad aprile era stata presentata domanda di ammissione al concordato preventivo. L'azienda aveva garantito comunque la tenuta occupazionale fino al 30 maggio;

   al momento vi sono 1800 lavoratori senza alcuna garanzia del futuro, senza alcuna fonte di reddito e senza ammortizzatori sociali. Intanto la procura di Milano ha aperto una indagine per bancarotta fraudolenta;

   l'allarme è scattato anche per le oltre 500 aziende fornitrici che vanterebbero crediti per circa 250 milioni di euro (l'intero indotto arriverebbe a circa 10.000 dipendenti). Ci sono problemi anche per i numerosissimi clienti che si erano presentati, nei giorni successivi al fallimento, nei punti vendita per ritirare la merce per la quale avevano versato anche migliaia di euro di acconto. Coloro che hanno acceso la finanziaria, tra l'altro, rischiano di dover continuare a pagare per un bene che non riceveranno mai;

   intanto la regione Emilia-Romagna ha fatto sapere di voler richiedere all'Inps di pagare il trattamento di fine rapporto maturato dai lavoratori prima del passaggio di gestione alla Shernon Holding –:

   quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere, per quanto di competenza, per garantire un futuro ai dipendenti di Mercatone e per assicurare loro, in questa fase drammatica, adeguati ammortizzatori sociali;

   se il Governo abbia effettivamente verificato la sussistenza dei requisiti per garantire la continuità del progetto, se esista una clausola revocatoria dell'accordo di cessione e in tal caso per quale motivo non sia stato preso in considerazione il suo utilizzo;

   se vi sia intenzione, da parte dell'amministrazione straordinaria, di riprendere in carico i dipendenti al fine di garantire l'utilizzo degli ammortizzatori sociali;

   se si intendano assumere iniziative per reintrodurre, a livello normativo, la possibilità di sospendere i mutui per i lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali;

   se si intenda dare seguito alla richiesta della regione Emilia-Romagna relativa al pagamento, da parte dell'Inps, del Tfr ai lavoratori di Mercatone Uno, maturato prima del passaggio di gestione alla Shernon Holding;

   quali ulteriori e tempestive iniziative si intendano mettere in campo a tutela dei fornitori e dei clienti di Mercatone Uno.
(4-03040)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Spena e altri n. 1-00191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Aprea, Bagnasco, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Casciello, Cassinelli, Fatuzzo, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marin, Milanato, Mulè, Musella, Napoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Sozzani, Tartaglione, Siracusano, Maria Tripodi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Pagani n. 5-00097, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciampi.

  L'interrogazione a risposta in commissione Sarli e altri n. 5-00948, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Del Monaco.

  L'interrogazione a risposta orale Costa n. 3-00674, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Ettore.

  L'interrogazione a risposta scritta Cecchetti e Boniardi n. 4-03003, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Viviani.

  L'interrogazione a risposta scritta Muroni e altri n. 4-03011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morassut.

  L'interrogazione a risposta scritta Sut e altri n. 4-03015, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ruggiero.

  L'interrogazione a risposta scritta Mammì n. 4-03019, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Massimo Enrico Baroni.

  L'interrogazione a risposta orale Boldrini e altri n. 3-00765, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Noja.

  L'interrogazione a risposta scritta Frassinetti n. 4-03032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fidanza, Butti, Osnato, Ferro, Cirielli, Varchi, Maschio, Deidda, Bucalo, Luca De Carlo, Ciaburro, Mantovani, Mollicone, Foti, Gemmato.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Federico n. 4-01740 del 28 novembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00768;

   interrogazione a risposta in Commissione Saitta e altri n. 5-01542 del 21 febbraio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00769;

   interrogazione a risposta in Commissione Ruffino n. 5-01788 del 28 marzo 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00770.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Spena e altri n. 1-00191 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 185 del 5 giugno 2019. Alla pagina 6707, prima colonna, alla riga trentaquattresima, deve leggersi: «Giuseppe di soli sette anni è stato trovato», e non come stampato.