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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 8 maggio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, ha modificato in maniera sostanziale l'assetto della Banca d'Italia procedendo, di fatto, alla sua privatizzazione, nonostante la stessa non solo sia definita quale istituto di diritto pubblico dalla legge, ma soprattutto, svolga delicatissimi compiti istituzionali;

    la legge del 1936 che ha qualificato la Banca d'Italia come «istituto di diritto pubblico» aveva altresì previsto l'esproprio dei suoi azionisti privati e la redistribuzione delle quote di capitale tra le banche ormai nazionalizzate, unitamente all'obbligo di abbandonare le normali operazioni commerciali con clienti non bancari e il rafforzamento dei suoi compiti di vigilanza nei confronti del sistema, che frattanto veniva suddiviso – sull'esempio del Glass-Steagall Act americano – tra banche di credito a breve termine e banche di credito a lungo termine;

    il processo di trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni, verificatosi nel corso negli anni novanta a opera della legge 30 luglio 1990, n. 218, ha poi influito, di fatto, sulla titolarità delle quote di partecipazione al capitale di Bankitalia, e, infine, l'articolo 27 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, ha disciplinato la partecipazione al capitale della Banca d'Italia da parte delle fondazioni bancarie, enti di diritto privato che avevano effettuato il conferimento delle aziende bancarie alle società nate dai processi di trasformazione delle banche pubbliche;

    tra questi due provvedimenti si pone il testo unico delle disposizioni in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, con il quale è stato riformato l'intero sistema bancario attraverso l'eliminazione della separazione tra credito a breve termine e credito a lungo termine e la conseguente reintroduzione del modello della «banca universale», nonché attraverso l'adozione di sistemi di vigilanza uniformi a livello europeo;

    con l'adesione all'euro, la Banca d'Italia ha cambiato ancora una volta il proprio ruolo, divenendo al tempo stesso compartecipe ed esecutrice – a livello nazionale – delle decisioni di politica monetaria prese dalla Banca centrale europea (Bce), e perdendo la responsabilità esclusiva sia della politica monetaria nazionale sia della vigilanza sui principali gruppi bancari italiani, anch'essa conferita alla Bce;

    sino all'adozione del citato decreto-legge, la struttura della governance della Banca d'Italia, per quanto singolare, era riuscita a garantire l'indipendenza dai privati (vigilati) grazie ad alcuni meccanismi di salvaguardia che hanno impedito, almeno fino all'adozione della nuova normativa nel 2013, che alcuna banca partecipante al capitale della Banca d'Italia potesse prendere seriamente in considerazione né l'ipotesi di vendere la propria quota, né quella di attribuire ad essa un valore superiore a quello, simbolico, allora calcolato sul capitale complessivo di circa 156.000 euro;

    il decreto-legge n. 133 del 2013 ha introdotto significative novità sia rispetto al capitale, prevedendo che la Banca d'Italia potesse effettuarne una rivalutazione mediante utilizzo delle riserve statutarie sino a 7,5 miliardi di euro, sia rispetto alla distribuzione dei dividendi annuali;

    tali novità – come largamente previsto sin dal momento della conversione del decreto-legge e opportunamente segnalato già in quella sede dal Gruppo di Fratelli d'ltalia – hanno dimostrato nel tempo di portare giovamento solo alle banche azioniste, le quali, a fronte di un capitale della Banca d'Italia pari a 7 miliardi di euro, con un tasso di dividendi del 6 per cento, incassano circa 450 milioni di euro all'anno, a fronte dei precedenti 50-70 milioni di euro;

    inoltre, il decreto-legge ha ampliato il novero dei soggetti italiani che potranno detenere quote del capitale, allargandolo anche ai fondi pensione e alla totalità delle banche, mentre precedentemente solo le banche succedute nelle posizioni giuridiche delle aziende creditizie considerate dal regio decreto-legge n. 375 del 1936 (casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale) risultavano pienamente legittimate al possesso delle quote;

    le banche e le assicurazioni sono private e la loro nazionalità non è più difendibile a priori, con la conseguenza che la Banca d'Italia potrebbe diventare a maggioranza di azionisti esteri;

    in strettissima connessione con il tema della proprietà di Bankitalia si pone anche quello delle riserve auree: l'Italia è il terzo Paese al mondo per consistenza delle riserve (dopo Stati Uniti d'America e Germania) con 2.451,8 tonnellate di oro, pari oggi a una somma di circa 110 miliardi di euro che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente di anno in anno e, pur mantenendo la natura giuridica pubblicistica della Banca d'Italia, la sostanziale privatizzazione dell'istituto operata dal decreto-legge solleva più di qualche perplessità in ordine al destino delle stesse riserve;

    queste ultime, tuttavia, appartengono senza ombra di dubbio allo Stato italiano e al popolo italiano e questa è l'opinione anche di illustri costituzionalisti, che hanno avuto modo di affermare che «l'analisi della normativa sinora vigente induce a ritenere che si tratti di beni pubblici di natura quasi demaniale, destinati ad uso di utilità generale, che Bankitalia non avrebbe più titolo per detenere, essendo la sua funzione monetaria confluita in quella affidata ormai alla Banca centrale europea»;

    le riserve auree, in seguito alla sospensione del regime di convertibilità dei biglietti di banca «in oro o, a scelta della banca medesima, in divise su paesi esteri nei quali sia vigente la convertibilità dei biglietti di banca in oro», prevista dal regio decreto-legge 21 dicembre 1927, n. 2325, hanno svolto una funzione essenziale per il governo della bilancia dei pagamenti e, quindi, dell'esposizione dell'Italia verso l'estero e, pertanto, anche di garanzia dell'indipendenza e della sovranità del popolo italiano;

    il direttore generare di Bankitalia, Salvatore Rossi, in un'intervista rilasciata su La7 ha dichiarato che, con l'ingresso nell'euro, ad avere il potere di stabilire a chi appartenga l'oro della Banca d'Italia è la Banca centrale europea a cui si è ceduta la sovranità quando è stato creato euro;

    l'articolo 127, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che tra i compiti da assolvere tramite il Sebc (Sistema europeo di banche centrali) vi siano la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;

    le norme europee parlano di detenzione, sia esplicitamente nel titolo dell'articolo 31, sia nella disposizione dell'articolo 31.2 che fa riferimento alle «attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti», con ciò evidenziando nessuna supponibile ingerenza circa la proprietà e il titolo in forza del quale le banche centrali nazionali detengono tali riserve, ivi comprese quelle auree, lasciando così sul campo del diritto domestico la determinazione della questione;

    il codice monetario e finanziario della Francia, che raccoglie le disposizioni di legge e regolamentari concernenti le attività del settore bancario, finanziario e assicurativo, stabilisce che «la Banca di Francia detiene e gestisce le riserve di cambio dello Stato in oro e in valuta e le iscrive all'attivo del suo bilancio secondo le modalità stabilite in una convenzione con lo Stato», ribadendo, quindi, per legge e con grande chiarezza, che le riserve auree, pur se detenute e gestite dalla Banca centrale, sono di proprietà dello Stato;

    se è vero che le norme relative all'attività di gestione devono interpretarsi nel senso che la Banca d'Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve, comprese quelle detenute all'estero, tuttavia esse non appaiono sufficientemente esplicite nell'affermare la permanenza della proprietà dell'oro in questione in capo allo Stato italiano;

    una specificazione su questo punto si rende necessaria, vista la natura ibrida assunta dalla Banca d'Italia nel corso degli anni, in conseguenza dei numerosi interventi legislativi stratificatisi;

    l'adozione del nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia nel settembre 1993, ha rivoluzionato l'intera struttura del sistema bancario, e, soprattutto, eliminato la distinzione introdotta nel 1936 tra attività bancarie a breve e a medio-lungo termine;

    il nuovo Testo unico bancario ha, inoltre, previsto che «Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni all'attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali», mentre nella disciplina previgente alle banche commerciali era proibito detenere quote di partecipazione (ancora meno di controllo) nelle aziende non bancarie ed era altresì vietata qualsiasi attività di trading su titoli e valute;

    tale universalizzazione delle banche ha creato non poche complicazioni e ha dimostrato negli anni tutti i propri limiti, con danni finanziari spesso molto gravosi a carico dei piccoli contribuenti, esposti a rischi senza neanche esserne informati;

    è questa la storia, purtroppo, di tutti i più eclatanti casi fallimenti di istituti bancari degli ultimi anni, rispetto ai quali, peraltro, moltissimi risparmiatori truffati e danneggiati ingiustamente attendono ancora i dovuti risarcimenti;

    la possibilità di svolgere, contemporaneamente, le due antitetiche tipologie di attività ha, infatti, consentito alle banche sistemiche di avere una parte di attività tradizionale relativamente stabile e meno rischiosa che si occupa di concessione di crediti, mentre quella dedita al trading proprietario e speculativo, fortemente instabile e più rischiosa, è suscettibile di far fallire l'intero «conglomerato»;

    l'aspetto più grave consiste nel fatto che l'attività di trading proprietario è finanziata con i fondi sottratti ad attività a basso rischio e rendimento (i depositi bancari) e, quindi, poco costose per le banche;

    se, infatti, il trading proprietario fosse scorporato dall'attività ordinaria, la banca per svolgere quella specifica attività dovrebbe chiedere fondi sui mercati e sarebbe costretta a remunerarli a tassi molto più elevati;

    a ciò bisogna aggiungere che, in caso di fallimento, la banca sistemica può chiedere e ottenere facilmente il salvataggio a opera delle autorità di vigilanza – a spese dei contribuenti – sulla base della motivazione che, dal suo fallimento, sarebbero travolti i soggetti depositanti della banca;

    di fatto, dunque, i risparmiatori che effettuano i propri depositi nelle banche che mischiano attività tradizionale con trading speculativo proprietario sono due volte vittime: dapprima perché del loro denaro viene fatto un uso improprio e, di nuovo, nel momento in cui le banche devono essere «salvate», perché altrimenti i risparmiatori perderebbero i propri depositi;

    è noto che uno dei maggiori ostacoli alla ripresa dell'economia italiana nel difficile momento che si sta vivendo è che, nonostante le frequenti iniezioni di liquidità nel nostro sistema bancario da parte della Banca centrale europea, peraltro a bassissimo costo, con l'obiettivo di far ripartire i prestiti all'economia reale, sono anni che il credito non arriva più alle famiglie e alle imprese;

    la «massimizzazione del profitto» e la ricerca di guadagni – a breve termine e speculativi – riducono, infatti, gli incentivi a effettuare l'attività del credito tradizionale a cittadini e a imprese che, ormai, offre rendimenti piuttosto contenuti a fronte di costi elevati;

    questa scelta, drammaticamente negativa per l'economia reale e lesiva dei più elementari princìpi di salvaguardia dei presupposti sociali ed etici dell'economia, è resa possibile dalla grande dimensione delle banche sistemiche e dalla commistione, nel medesimo soggetto bancario, dell'attività di intermediazione creditizia tradizionale con quella delle banche d'affari e del trading speculativo proprietario;

    tornare di nuovo ad una separazione di ruoli non è così semplice: da un lato, la legislazione bancaria è ormai così complessa da renderla difficile sotto il profilo legislativo e regolamentare e, dall'altro, le banche d'affari fanno pressione sulle istituzioni nazionali ed europee per impedire il verificarsi di questa ipotesi;

    tuttavia, l'unica soluzione seria e realmente efficace per porre fine a questa inaccettabile situazione consiste proprio nel rompere il «cordone ombelicale» tra depositi dei clienti e risorse che le banche utilizzano per svolgere il trading speculativo di natura proprietaria, distinguendo nettamente le due tipologie di banche: quella commerciale ordinaria e tradizionale e quella speculativa che svolge attività di commercio in proprio di strumenti finanziari;

    nel marzo 2012 è stato approvato il «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'Unione economica e monetaria», più comunemente noto come fiscal compact, che ha impegnato le parti contraenti ad applicare e ad introdurre nella procedura di bilancio nazionale, mediante «norme vincolanti e di natura permanente, preferibilmente di tipo costituzionale», o di altro tipo, purché ne garantiscano l'osservanza, alcune regole di politica economica dette golden rules;

    in base a tali regole nell'ordinamento di ciascuno Stato doveva essere recepito il principio del pareggio di bilancio, ribadito il limite allo 0,5 del deficit strutturale rispetto al prodotto interno lordo, l'obbligo, già previsto da Maastricht, di mantenere il rapporto tra deficit e il prodotto interno lordo entro il valore massimo del tre per cento, e l'obbligo in capo agli Stati con un rapporto tra debito e prodotto interno lordo superiore al sessanta per cento di ridurlo di almeno un ventesimo all'anno, sino a raggiungere il parametro fissato da Maastricht;

    di fatto, quindi, con il fiscal compact sono stati ribaditi e resi maggiormente vincolanti alcuni dei parametri già fissati dal Trattato di Maastricht e sui quali si erano già appuntate numerose critiche, quali, in primo luogo, il vincolo del tre per cento, che non solo impedisce di fare delle spese in investimenti per rilanciare l'economia, ma, addirittura, condiziona la pubblica amministrazione in misura tale da non potere fare le spese di ordinaria di gestione anche nel caso in cui nelle proprie casse vi siano le risorse per poter finanziare le necessità dei propri cittadini;

    in Italia, diversamente che in altri Stati che hanno egualmente sottoscritto il fiscal compact, il principio del pareggio di bilancio e quello della sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni sono stati inseriti nella Carta costituzionale, attraverso la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ha novellato gli articoli 81, 97, 117 e 119;

    in particolare, il principio del pareggio è contenuto nel novellato articolo 81, mentre con un'apposita novella all'articolo 97 della Costituzione, l'obbligo di assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico in coerenza l'ordinamento dell'Unione europea è stato esteso a tutte le pubbliche amministrazioni;

    le modifiche apportate all'articolo 119 sono volte a specificare che «i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea»;

    la novella all'articolo 117, infine, inserisce la materia della armonizzazione dei bilanci pubblici nel novero delle materie sulle quali lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva;

    è opportuno rilevare in primo luogo come nel «nuovo» articolo 81 non vi è alcun riferimento ai cosiddetti vincoli europei e la sovranità di bilancio è dunque totalmente nazionale, ma la legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio è radicalmente uscita da questo schema, incorporando e persino rafforzando le nuove politiche di bilancio a matrice europea basate sull'idea del corso forzoso alla riduzione dello stock storico del debito italiano;

    con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, infatti, non solo sono stati introdotti nel nostro ordinamento a tutti gli effetti i dettami del fiscal compact, ma ad essi è stato riconosciuto un ancoraggio costituzionale sulla scia del principio generale di «desovranizzazione» contenuto nell'articolo 117, che, al primo comma, subordina l'esercizio della potestà legislativa da parte dello Stato e delle regioni al rispetto della Costituzione, nonché ai «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»;

    per effetto del combinato disposto di queste norme, quindi, il fiscal compact è arrivato ad essere, di fatto, lo strumento attraverso il quale si esercita il dominio dell'Europa sulle nostre politiche economiche nazionali, costringendo l'Italia a operare scelte che rischiano di affossare definitivamente la nostra economia e a subire ogni possibile forma di condizionamento, riduzione, e addirittura azzeramento della nostra sovranità nazionale,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per approntare e varare quanto prima una riforma del sistema del credito e delle autorità di vigilanza sullo stesso, al fine di garantire una stabilità del sistema e la tutela di investitori, risparmiatori e dei contribuenti in generale;

2) in tale ambito, ad adottare le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, per realizzare una netta separazione tra banche commerciali e banche d'affari e per istituire la fattispecie delle banche di deposito, con la sola funzione di custodire il risparmio;

3) ad adottare iniziative per introdurre normative più rigide a tutela dei risparmiatori, volte a prevedere in capo a banche e istituti di credito l'obbligo di informare sempre ed in maniera comprensibile il cliente circa il fattore di rischio dell'operazione che sta realizzando, e ad impedire ai medesimi istituti di attuare pratiche scorrette nell'attività di recupero dei crediti;

4) ad adottare iniziative per erogare in tempi brevissimi tutte le somme dovute a titolo indennizzatorio e risarcitorio ai risparmiatori truffati dalle banche;

5) ad adottare iniziative per definire una normativa che stabilisca che i membri del consiglio di amministrazione e di Governo delle banche siano responsabili in solido e senza limiti nel caso di fallimento delle proprie aziende;

6) ad adottare iniziative per condizionare l'erogazione di eventuali aiuti finanziari a istituti bancari all'applicazione di chiare e stringenti limitazioni: divieto di distribuzione di utili e dividendi per almeno cinque anni; divieto di erogare bonus; tetto ai compensi di amministratori e dirigenti; controllo straordinario sull'operato della banca per verificare l'eventuale mala gestione dell'istituto; responsabilità diretta e personale degli amministratori; divieto definitivo e inappellabile per gli amministratori che si siano resi responsabili della situazione di insolvenza di ricoprire altri incarichi in ambito bancario;

7) ad assumere iniziative, anche normative, per disporre l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia;

8) a valutare la tempestiva adozione di un'iniziativa normativa che chiarisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia;

9) ad adottare le iniziative opportune affinché le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero siano fatte rientrare nel territorio nazionale;

10) a promuovere le opportune iniziative, per quanto di competenza, volte a modificare la legge n. 243 del 2012 e le norme costituzionali in materia riaffermando il valore della sovranità nazionale anche in ambito europeo.
(1-00179) «Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,

   premesso che:

    la sicurezza la stabilità economica e sociale nella regione del Medio Oriente e Nord Africa (Mena) sono di importanza strategica per la Nato ed il nostro Paese;

    le cause che alimentano instabilità e conflitti nella regione includono un'ampia gamma di questioni economiche, ambientali e sociali, in aggiunta ad una governance inefficace;

    l'instabilità nell'area ha provocato flussi migratori massicci che hanno colpito principalmente gli Stati alleati, i quali hanno dovuto fronteggiare da soli il problema;

    la Nato contribuisce in modo significativo alla stabilità della regione Mena attraverso il dialogo politico e, in particolare, attraverso l'assistenza che essa fornisce ai Paesi partner del Dialogo Mediterraneo Md, MediterraneanDialogue) e dell'iniziativa di Istanbul per la Cooperazione Ici Istanbul Cooperation Initiative);

    un'intesa politica negoziata sulla base della risoluzione n. 2254 del 2015 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite può produrre una soluzione duratura del conflitto siriano;

    le forze di sicurezza irachene ed il Governo dell'Iraq, grazie anche al sostegno delle forze curde e al contributo della comunità internazionale, hanno ottenuto un considerevole successo contro l'Isis, ottenendo il ripristino del controllo sovrano su tutto il territorio iracheno;

    l'Isis e altre organizzazioni terroristiche restano una grave minaccia a meno che non si affrontino alla radice le cause che alimentano la radicalizzazione;

    la guerra in Siria e l'instabilità in Iraq e Libia sono una fonte primaria di instabilità ben oltre i loro confini, non facendo che esacerbare la già volatile situazione di sicurezza nella regione Mena e oltre, con ripercussioni avverse anche sulla sicurezza euro-atlantica nel suo complesso;

    il coinvolgimento di attori stranieri che perseguono agende contrastanti e appoggiano le fazioni rivali rappresenta il fattore principale che ha impedito l'attuazione del piano d'azione delle Nazioni Unite per la Libia;

    le gravi problematiche che affliggono la Libia, come ad esempio l'instabilità statuale, il terrorismo, le migrazioni massive, si originano da fenomeni che interessano e attraversano l'intera regione meridionale e di cui la Libia è il vettore finale;

    la volatile situazione della sicurezza nel Nord Africa non è influenzata solo dagli sviluppi all'interno della regione, ma anche da un effetto contagio proveniente da altre parti dell'Africa, non dimenticando che esiste una grave minaccia terroristica radicata nella regione, per la quale occorre rivolgere grande attenzione verso il Sud;

    gli sforzi sinora compiuti da Italia, Spagna, Grecia e altri Paesi dinanzi alla sfida della migrazione, causata dall'insicurezza e dall'instabilità nel Nord Africa, sono stati fondamentali per garantire la sicurezza euro-atlantica;

    la cooperazione della Nato con l'Unione Africana è parte integrante sia del quadro delle relazioni alleate a Sud che degli sforzi dell'Alleanza per proiettare la stabilità;

    a Napoli ha sede l’Allied Joint Force Command (JFC), il quale costituisce uno dei due comandi operativi del Comando Operazioni Alleate del Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE);

    sempre a Napoli ha sede il Nato Strategic Direction South Hub, il quale nasce dalla decisione, presa nel summit Nato di Varsavia del luglio 2016, di sviluppare in seno all'Alleanza una struttura che consenta una migliore comprensione delle sfide e delle minacce in Africa e in Medio Oriente;

    le decisioni adottate dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi Alleati al vertice di Bruxelles del 2018 sono di rilevante importanza per il nostro Paese, in quanto volte a costruire un rapporto più forte e dinamico con i partner meridionali della Nato, sottolineando inoltre l'importanza dell’Hub per il Sud della Nato;

    gli aspetti militari e civili devono essere affrontati avendo una visione globale dei fenomeni da contrastare;

    è importante che la Nato guardi sempre di più a sud oltre che ad est;

    l’Hub per il Sud della Nato sta fornendo un contributo primario alle attività della nato a Sud, grazie alla migliore consapevolezza della situazione («situational awareness») che risulta essere premessa fondamentale di qualsiasi forma di intervento alleato;

    l’Hub per il Sud della Nato consente di prevenire, cogliere e affrontare le sfide e le opportunità che emergono in un'area nevralgica per gli interessi geopolitici dell'Italia e della Nato,

impegnano il Governo:

   a continuare ad assistere i Paesi partner della Nato nella regione Mena a rafforzare le capacità e le attività relative alla difesa, in modo da supportare tali Paesi nel processo di creazione di istituzioni di sicurezza professionali e responsabili, elemento essenziale per migliorare la loro stabilità interna e dell'intera regione Mena;

   ad assumere iniziative per continuare a fornire risorse finanziarie ed umane adeguate per la prosecuzione della missione NATO non-combat e di addestramento in Iraq;

   a sviluppare un approccio congiunto e coordinato dei Paesi Alleati per una soluzione politica alla guerra in Siria che sia accettabile per tutti i principali soggetti portatori di interesse;

   a proseguire tutti gli sforzi diplomatici, nelle sedi opportune, al fine di contribuire ad una piena stabilizzazione della Libia;

   ad assumere iniziative per ampliare e approfondire la collaborazione tra Nato e Unione europea nella regione Mena, anche aiutando i Paesi partner a rafforzare le loro capacità operative e a promuovere la resilienza;

   ad assumere iniziative per contribuire a rafforzare ulteriormente l'operatività dell’Hub per il Sud di Napoli;

   ad incrementare il ruolo italiano nel fronte Sud della Nato, al fine di prevenire il più possibile il rischio di instabilità ai confini dell'Alleanza;

   a richiedere in tutti i consessi politico-diplomatici alleati e a tutti i Membri dell'Alleanza, un crescente impegno verso il fianco Sud, in particolare grazie al potenziamento delle capacità dell’Allied Joint Force Command (JFC) e dell’Hub per il Sud della Nato.
(7-00242) «Frusone, Formentini».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la XII Commissione della Camera su indicazione del Gruppo Pd ha svolto un'approfondita indagine conoscitiva per numero di audizioni svolte, documenti esaminati, visite effettuate presso determinate strutture sull'attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, in materia di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, con particolare riferimento all'ambito pediatrico, al fine di assicurare una rete di cure palliative omogenea in tutto il Paese ed una migliore specificità per quelle pediatriche, approvandone all'unanimità il documento conclusivo in data 10 aprile 2019;

    nonostante l'Italia sia stata uno dei primi Paesi ad essersi dotata di una legge ad hoc che stabilisse il diritto di ogni cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore è in grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei nella sua applicazione in particolare per quanto riguarda le cure palliative pediatriche (Cpp); si calcola, infatti, che solo il 10 per cento dei circa 35.000 bambini italiani bisognosi di cure palliative riescono a trovare una risposta adeguata ai loro bisogni;

    l'indagine conoscitiva ha evidenziato una serie di criticità che è necessario superare con l'intervento di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti al fine di raggiungere gli obiettivi evidenziati;

    nello specifico, durante le audizioni è emerso che:

     a) le cure palliative (Cp) non debbano più essere interpretate solo ed esclusivamente come cure di fine vita, ma anche come cure da somministrare a un malato inguaribile e complesso; in particolare, è stato evidenziato che le cure palliative specialistiche, poiché presuppongono un coefficiente di intensità assistenziale (Cia) elevato (accessi domiciliari quasi tutti i giorni), si spostino dall'ospedale al domicilio, attraverso anche procedure domiciliari codificate nel rispetto della sicurezza (di operatore e ammalato), della appropriatezza e della privacy. C'è l'esigenza di creare una struttura autonoma territoriale per assistere i pazienti in cura domiciliare, in quanto il numero di pazienti da assistere e la complessità dei casi da trattare, esige personale che sia specializzato in quest'area e che abbia acquisito una buona competenza delle problematiche esistenti. Così come è necessario adeguare i Drg ospedalieri anche ai pazienti in cure domiciliari. Conseguentemente l’hospice, struttura ad elevata complessità assistenziale per la gestione della terminalità e del dolore, si deve configurare non solo come luogo di ricovero, ma anche come luogo di rientro di pazienti con cronicità gravi, nonché come ricovero «di sollievo» per la stessa famiglia;

     b) la stessa assistenza pediatrica, seppur definita per legge, rimane ancora frequentemente ferma a livello di attenzione programmatoria ed organizzativa, una sorta di «settore minimale», innescando risposte assistenziali non dedicate ma mediate dai servizi per l'adulto con situazione di iniquità di diritto e di «non risposta» nella realtà clinica là dove la specificità del paziente pediatrico è inconfutabile;

    oltre alla configurazione della struttura, si riscontrano forti criticità con riferimento al numero e alla distribuzione degli hospice, soprattutto pediatrici presenti sul territorio nazionale. In particolare, è emersa una carenza a livello nazionale di 244 posti letto in hospice, anche se ci sono regioni in surplus accanto ad altre regioni in grave deficit;

    tale disomogeneità comporta necessariamente il ricorso a cure fuori dalla propria regione di residenza, specialmente per le cure pediatriche, nonché il ricorso a servizi non specifici o a cercare soluzioni alternative fuori regione e fuori dal Servizio sanitario nazionale;

    occorre intervenire sull'organizzazione e la funzione dei centri di riferimento regionali e della rete di terapia del dolore e cure palliative pediatriche poiché, allo stato attuale, alcune regioni non hanno ancora deliberato mentre altre hanno deliberato in ordine a determinati servizi dove la specificità pediatrica è poco o per nulla considerata;

    dalle audizioni svolte è emerso non solo che le cure palliative pediatriche e la terapia del dolore sono ancora considerate non necessarie alla cura del bambino malato e, pertanto, frequentemente ne è limitato il riconoscimento di risorse ad esse dedicate, sia a livello economico, che di personale ma che la stessa formazione nell'ambito delle cure palliative, cure palliative pediatriche e terapia del dolore, è estremamente carente durante il percorso curriculare. In ambito accademico, infatti, non vi e personale preparato in questi campi e l'ingresso di figure adeguate è tutt'altro che scontato;

    in particolare, è emersa la necessità di perseguire come obiettivo l'istituzione di un settore scientifico-disciplinare in cure palliative e di una scuola di specializzazione, alla stregua di quanto avviene in altri Paesi europei. Occorrerebbe garantire che l'insegnamento in materia di cure palliative, cure palliative pediatriche e terapia del dolore sia svolto da personale esperto, che si occupa di tali problematiche, e che i discenti abbiano l'opportunità di frequentare centri in cui questi problemi vengono affrontati in via ordinaria, nonché parallelamente è necessario migliorare la formazione degli operatori interessati: medici ospedalieri, infermieri, medici di medicina generale e pediatri di famiglia;

    la mancanza di un piano di tariffe nazionali di riferimento per le cure palliative obbliga, in caso di mobilità interregionale dei malati, a un iter autorizzativo che allunga il tempo di attivazione dei servizi e ostacola la tempestiva presa in carico del malato con bisogni di cure palliative in fase terminale, già prevista dal decreto ministeriale n. 43 del 2007 e ribadita nei successivi provvedimenti normativi adottati in materia;

    infine la conoscenza delle cure palliative presso la popolazione italiana è ancora modesta, nonostante sempre più persone abbiano bisogno di questo tipo di cure. L'assenza di campagne informative istituzionali sistematiche, previste dall'articolo 4 della legge n. 38 del 2010, impedisce ai cittadini di conoscere i programmi di cure palliative e le modalità di accesso a tali servizi;

    è necessario, specialmente in ambito pediatrico, avere in ogni ospedale dei piccoli nuclei dedicati che si occupino della «sofferenza di ogni tipo» collegati con i servizi che si occupano di dolore in ogni singolo presidio, con i centri regionali di riferimento di alto livello in cure palliative pediatriche, ma anche di terapie del dolore invasive e di cure palliative, al fine di effettuare i trattamenti più adeguati, almeno iniziali, sui piccoli ricoverati, come dovrebbe essere, d'altronde, per tutti i sofferenti di particolare complessità (inviandoli poi ai centri maggiormente specialistici se necessario),

impegna il Governo:

   a) a predisporre tutte le iniziative economiche e normative necessarie affinché in tutte le regioni vi sia un'adeguata e specializzata rete di cure palliative specialmente di quelle pediatriche, limitando così il ricorso sia a cure fuori dalla propria regione di residenza, sia il ricorso a servizi non specifici o addirittura fuori dal Servizio sanitario nazionale;

   b) a predisporre linee guida volte a codificare l'organizzazione e le procedure domiciliari per l'espletamento di una serie di analisi cliniche e diagnostiche quali emotrasfusioni, paracentesi, toracentesi, accessi venosi ecoguidati, diagnostica ecografica, emogasanalisi di chi necessita di cure palliative nel rispetto della sicurezza sia dell'operatore che del malato, dell'appropriatezza e della privacy al fine di ridurre i ricoveri ospedalieri inappropriati, nonché volte a dare continuità di cura attraverso strumenti in grado di gestire al meglio le dimissioni protette;

   c) a predisporre iniziative volte a prevedere l'utilizzo obbligatorio di sistemi di valutazione multidimensionale a validazione internazionale al fine di dare uniformità al sistema ed aumentare significativamente il livello del sistema di cure, nonché del flusso dei dati ministeriali, ponendo fine così a una sorta di «autoreferenzialità» dei singoli soggetti;

   d) ad assumere iniziative volte a predisporre risorse economiche e di personale dedicate adeguate, tenendo conto della maggiore variabilità clinica delle situazioni che occorre affrontare mediante le cure palliative, con particolare riferimento alle realtà cliniche che non sono di natura esclusivamente oncologica al fine di tutelare il diritto di salute della persona sia adulta che minore;

   e) a promuovere corsi di formazione universitaria e/o post universitaria nell'ambito delle cure palliative, cure palliative pediatriche e terapia del dolore alla stregua di quanto avviene in altri Paesi europei, garantendo che tali insegnamenti siano svolti da personale esperto, che si occupa di tali problematiche e che i discenti abbiano l'opportunità di frequentare centri in cui questi problemi vengono affrontati in via ordinaria nonché ad assicurare, nel contempo, una migliore formazione degli operatori interessati: medici ospedalieri, infermieri, medici di medicina generale e pediatri di famiglia;

   f) ad assumere iniziative per individuare finanziamenti adeguati al fine di predisporre progetti di telemedicina sulle cure palliative in particolare per quelle pediatriche affinché rilevatori di parametri non sofisticati forniscano informazioni strategiche per garantire una maggiore sicurezza a domicilio;

   g) a predisporre un aggiornamento del Sistema informativo per il monitoraggio dell'assistenza domiciliare attraverso la creazione di un flusso amministrativo per l'unità di cure palliative domiciliari, separato dal flusso delle informazioni relative all'assistenza domiciliare integrata, al fine di effettuare un monitoraggio in merito allo sviluppo delle cure palliative domiciliari e, quindi, la verifica degli adempimenti previsti dai nuovi livelli essenziali di assistenza;

   h) ad assumere iniziative per adottare un piano di tariffe nazionali di riferimento per le cure palliative, in caso di mobilità interregionale dei malati al fine di diminuire i tempi di attivazione dei servizi della presa in carico del paziente;

   i) a predisporre campagne di informazione istituzionali, per altro già previste dall'articolo 4 della legge n. 38 del 2010 volte a diffondere la conoscenza del diritto alle cure palliative, ai programmi e alle modalità di accesso ai servizi.
(7-00241) «Siani, De Filippo, Campana, Carnevali, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, e modificato dall'articolo 4 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, ha previsto un'importante agevolazione di natura fiscale nella forma di un credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali, con incremento minimo dell'1 per cento rispetto agli analoghi investimenti dell'anno precedente;

   il medesimo articolo 57-bis al comma 3 fissa, per il solo anno 2018, la spesa per concedere il credito di imposta per campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, in un importo pari a 62,5 milioni di euro, ai quali si è provvisto mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo di cui all'articolo 1 della legge n. 198 del 2016;

   con riferimento all'anno 2019 rimangono vigenti le modalità e i criteri di attuazione previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90. A tal riguardo si evidenzia che per gli anni successivi al 2018 i soggetti interessati devono presentare apposita richiesta per l'accesso al credito dal 1° al 31 marzo di ogni anno e che il Dipartimento per l'informazione e l'editoria provvede alla pubblicazione di un avviso, entro il 15° giorno antecedente alla data di presentazione delle domande, indicando le risorse disponibili per la concessione dell'agevolazione. Tale tempistica permette ai soggetti a cui la misura si rivolge di conoscere per tempo l'ammontare a loro disposizione permettendogli di pianificare adeguatamente i propri investimenti pubblicitari;

   il 20 marzo 2019, il dipartimento per l'informazione e l'editoria ha pubblicato una precisazione relativa al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari per l'anno 2019 indicando che «per l'anno 2019 la misura non è stata ancora, con espressa disposizione di legge, rifinanziata e, pertanto, non essendo disponibili le necessarie coperture finanziarie, non è possibile presentare le comunicazioni per l'accesso all'agevolazione. Il dipartimento darà in ogni caso tempestiva notizia dell'eventuale disponibilità di nuove risorse e delle procedure che saranno in quel caso attivate» –:

   quali tempi si prevedano per l'effettiva erogazione dei fondi per l'accesso al credito d'imposta.
(5-02091)


   APREA e CASCIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nelle more di una revisione sistematica del sostegno pubblico all'editoria, annunciata dal sottosegretario Crimi nell'audizione sulle linee programmatiche svolta in VII Commissione il 26 luglio 2018, è stata prevista con legge di bilancio per il 2019 la progressiva riduzione, fino all'abrogazione totale a partire dal 1° gennaio 2022, dei contributi a favore di imprese editrici di quotidiani e periodici;

   la riduzione del sostegno pubblico all'editoria nel corso degli anni è avvenuta in una misura che non ha pari in nessun altro settore dell'economia del Paese e ha colpito in particolar modo la carta stampata con conseguente chiusura di numerose testate e la perdita di numerosi posti di lavoro;

   la presenza di piccoli giornali editi da cooperative giornalistiche e soggetti non profit consente la diffusione, soprattutto a livello locale, di un'offerta eterogenea di contenuti, ma queste realtà non sono in grado di resistere se non in presenza di un intervento pubblico che riequilibri le sperequazioni del mercato dell'informazione e, in particolare, della pubblicità, che respinge i soggetti di dimensioni minori;

   l'editoria locale mantiene coese le piccole comunità, molto rappresentate nel nostro Paese; senza considerare che la libertà di accesso all'informazione libera e di qualità è conditio sine qua non di una società democratica;

   nel corso dell'audizione citata del 26 luglio 2018, il sottosegretario ha ammesso che beneficiavano «della contribuzione diretta prevalentemente piccoli quotidiani e periodici fortemente radicati nelle diverse realtà territoriali del nostro Paese» nella misura di circa il 70 per cento dell'ammontare complessivo delle provvidenze destinate all'editoria e, si impegnava a «tener conto di questo network, costituito dalle piccole realtà editoriali che promuovono l'informazione professionale sul territorio»;

   il sottosegretario ha inoltre sostenuto la necessità di «trovare strumenti per contrastare la perdita di peso economico del settore industriale» che ha segnato una perdita di ricavi del 50 per cento in 10 anni, di «valore strategico e cruciale per il buon funzionamento del sistema democratico che vale circa 4 miliardi di fatturato l'anno»;

   tutti gli Stati occidentali prevedono forme di finanziamento pubblico per l'editoria, che rappresentano garanzia di democrazia, di credibilità dell'informazione, di diritto all'ascolto anche delle minoranze –:

   quali iniziative intenda adottare, e con quale tempistica, a favore soprattutto dell'editoria cartacea locale e regionale, considerato che le piccole imprese editrici hanno bisogno di certezze per definire investimenti, che l'accesso al credito per queste realtà è già di per sé difficile e che, in assenza di un quadro prospettico, diventa impossibile definire qualsiasi programmazione.
(5-02092)


   LATTANZIO e CARBONARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il comma 810 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – riportante i tagli al comparto dell'editoria – prevede che, nell'ottica di una revisione organica del settore dell'editoria, vengano individuate le modalità per il sostegno e la valorizzazione di progetti, da parte di soggetti sia pubblici che privati, finalizzati a diffondere la cultura della libera informazione plurale, della comunicazione partecipata e dal basso, dell'innovazione digitale e sociale, dell'uso dei media, nonché progetti volti a sostenere il settore della distribuzione editoriale anche avviando processi di innovazione digitale, a valere sul fondo per il pluralismo di cui all'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198;

   la norma si riferisce principalmente a nuovi attori innovativi, come start up del mondo digitale, che hanno come obiettivo la valorizzazione e diffusione della cultura e del pluralismo dell'informazione, dell'innovazione tecnologica e digitale e della libertà di stampa;

   risulta chiaro che i tanto dibattuti tagli all'editoria non andranno ad azzerare il fondo per il pluralismo, che si vedrà invece reindirizzato proprio all'attività delle summenzionate start up ed aziende innovative e digitali; senza contare che si specifica poi che le modalità con cui avverrà tale reindirizzo devono essere definite da uno o più decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri –:

   quali siano i tempi di emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e quali, nello specifico, le modalità individuate per meglio finanziare e sostenere l'attività delle nuove aziende digitali e delle start up innovative.
(5-02093)

XIV Commissione:


   ROSSELLO, BATTILOCCHIO, MARROCCO, PETTARIN, RUGGIERI, ELVIRA SAVINO, SIBILIA e VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile 2019, all'indomani dell'approvazione definitiva della legge europea 2018, risultavano aperte 71 procedure di infrazione, di cui 64 per violazione del diritto europeo e 7 per mancato recepimento di direttive;

   nel frattempo, il numero delle procedure è ulteriormente aumentato; tra le decisioni della Commissione europea del 7 marzo 2019, rilevano:

    tre lettere di costituzione in mora: n. 2018/2408, mancata notifica delle penalità previste dal regolamento 2016/425 (dispositivi di protezione individuale); n. 2019/2042, incompleto recepimento della direttiva n. 2015/849/UE sulla prevenzione di riciclaggio o finanziamento del terrorismo; n. 2018/2075, sistema di chiamata d'emergenza automatico (eCall), non corretta attuazione della decisione n. 585/2014/EU;

    un parere motivato: n. 2018/2175, non conformità alla direttiva 2013/55/UE sul riconoscimento delle qualifiche professionali;

    una lettera di costituzione in mora complementare: n. 2011/2026, in materia di concessioni idroelettriche;

    procedure d'infrazione: n. 2018/2258, parziale conformità con la direttiva 27/2012/UE sull'efficienza energetica; n. 2018/2273 con riferimento alle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE in materia di appalti pubblici e 2014/23/UE in materia di concessioni; n. 2018/2295 per non conformità con la direttiva 2005/36/CE (modificata con direttiva 2013/55/UE) relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali; n. 2018/2335 per mancata ottemperanza alla direttiva 2011/93/UE contro abuso e sfruttamento sessuale e pornografia minorile; n. 2018/2356 relativamente alla direttiva 2008/56/CE sull'ambiente marino;

    la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 21 marzo che condanna l'Italia (causa C-498/17) per inadempimento sollevato dalla Commissione europea, in quanto l'Italia è venuta meno agli obblighi derivanti dalla normativa europea per oltre 40 discariche in diversi comuni;

   nonostante il consistente numero di procedure d'infrazione e lo scarso sforzo dell'Esecutivo per diminuire il contenzioso – già segnalato da Forza Italia nell'Ordine del giorno 9/1432-A/7 a firma Pettarin, Vietina – non risulta siano stati presentati i disegni di legge annuali (delegazione europea, il cui termine è scaduto il 28 febbraio 2019, e legge europea), né atti normativi urgenti o a cadenza semestrale –:

   se non ritenga, con particolare riferimento alle procedure di infrazione richiamate in premessa, di dover adottare tempestivamente iniziative, quantomeno con la presentazione dei prescritti disegni di legge per il 2019, come previsto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, al fine di ottemperare all'adempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea.
(5-02074)


   DE LUCA, BOSCHI, BERLINGHIERI, ROTTA, SENSI, GIACHETTI, MAURI e RACITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   le procedure di infrazione dell'Unione europea nei confronti del nostro Paese rappresentano una situazione particolarmente delicata anche per gli effetti finanziari connessi a possibili sanzioni e comunque il dato delle procedure pendenti è considerato in termini negativi dalla Commissione europea nelle valutazioni sull'Italia;

   per anni il nostro Paese è stato fanalino di coda in Europa in termini di leale collaborazione con l'Unione europea e rispetto delle regole, potendo vantare il triste primato di essere uno dei Paesi destinatario del maggior numero di procedure;

   i precedenti Governi Renzi e Gentiloni hanno raggiunto uno straordinario risultato nella riduzione delle procedure di infrazione europee passando da 119 procedure aperte al 22 febbraio 2014 alle 59 procedure del 31 maggio 2018, grazie al coordinamento interministeriale e ad un costante e qualificato confronto con l'Unione europea;

   i precedenti Governi fornivano una informazione periodica in Consiglio dei Ministri e ai cittadini in merito all'iter delle procedure di infrazione;

   l'attuale Governo Conte non rende alcuna informazione periodica in merito e non è quindi possibile conoscere il numero attuale delle procedure di infrazione pendenti;

   tale circostanza appare particolarmente grave alla luce del fatto che dalle procedure di infrazione possono derivare pesanti sanzioni nei confronti del nostro Paese e quindi anche oneri finanziari che ricadono, in ultima istanza, su cittadini e imprese;

   il disegno di legge di delegazione europea, che contiene le disposizioni di deleghe legislative necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea che devono essere recepiti nell'ordinamento italiano, deve essere presentato dal Governo entro il 28 febbraio di ogni anno con l'indicazione dell'anno di riferimento, ai sensi dell'articolo 30 della legge n. 234 del 2012, cosa che al momento non risulta ancora avvenuta –:

   quante procedure di infrazione risultino attualmente aperte nei confronti del nostro Paese e quante procedure di infrazione europee siano state eventualmente definite positivamente dall'attuale Governo.
(5-02075)


   SCERRA, BERTI, BRUNO, SABRINA DE CARLO, DE GIORGI, DI LAURO, GALIZIA, GIORDANO, IANARO, OLGIATI, PAPIRO, PENNA, SPADONI e TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del Vertice di Sibiu del 9 maggio 2019 verrà affrontata la definizione della prossima agenda strategica dell'Unione europea 2019-2024, nonché le sfide e le priorità dell'Unione europea i prossimi anni;

   tra i temi decisivi per il futuro dell'Europa per i prossimi anni c'è quello dell'occupazione, della crescita e della competitività, orientato alla realizzazione del pilastro europeo dei diritti sociali e alla salvaguardia dell'equità del mercato del lavoro;

   l'Italia è uno dei pochi Paesi d'Europa privo di un salario minimo di fonte legale, oggi esistente in 22 Stati membri dell'Unione europea;

   secondo Eurofound, le remunerazioni mensili fissate dal salario minimo nei Paesi europei vedono in testa il Lussemburgo (1.998,59 euro), seguito da Irlanda (1.614 euro), Olanda (1.578 euro), Belgio (1.562,6 euro) e Francia (1.498,5 euro); in fondo alla classifica troviamo Romania (407,3 euro), Lituania (400 euro) e Bulgaria (260,8 euro);

   come rilevato dal rapporto Eurostat «In work poverty in the EU» del 2018, in Italia, a quasi il 12 per cento dei lavoratori dipendenti viene corrisposto un salario inferiore ai minimi contrattuali, ben al di sopra della media dell'Unione europea del 9,6 per cento;

   sebbene il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non conferisca all'Unione europea competenze in materia di salari e retribuzioni, i princìpi del pilastro europeo dei diritti sociali riconoscono ai lavoratori il diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso;

   il salario minimo europeo non serve solo per contrastare la povertà ma anche per combattere il fenomeno del dumping sociale: salari più bassi possono creare la tentazione per alcune imprese di delocalizzare la propria attività trasferendola dove il lavoro costa meno. Un salario minimo europeo, rispettoso delle differenze nazionali, aiuterebbe anche le imprese italiane a competere in maniera equa nel mercato europeo;

   occorre intraprendere, nelle opportune sedi europee, iniziative concrete affinché il tema dell'occupazione e in particolare quello dell'introduzione del salario minimo europeo, quale strumento per contrastare il dumping salariale e disincentivare le delocalizzazioni, rientrino nella definizione della prossima agenda strategica dell'Unione europea, in coerenza con i principi del pilastro europeo dei diritti sociali –:

   quali priorità il Governo intenda indicare per la definizione dell'Agenda strategica dell'Unione europea per il periodo 2019-2024 a partire dalla riunione di Sibiu e nei prossimi Consigli europei.
(5-02076)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la Calabria è sempre più isolata dal resto del Paese per il carente sistema dei trasporti, soprattutto nei periodi festivi e durante la stagione estiva;

   durante il recente periodo pasquale un treno Frecciarossa Etr500 ha compiuto, per la prima volta, un collegamento in Calabria dopo che il Frecciargento 8343 Roma Termini-Reggio Calabria Centrale si è bloccato nella stazione di Napoli Afragola;

   il Frecciarossa Etr500, sostitutivo del Frecciargento 8343, ha effettuato il percorso fino a Reggio Calabria, fermando nelle stazioni di Paola, Lamezia Terme Centrale, Rosarno, Villa San Giovanni e terminando la propria corsa a Reggio Calabria Centrale;

   le due coppie di treni Frecciargento che effettuano attualmente il servizio tra Reggio Calabria Centrale e Roma Termini, nonostante i disservizi più volte segnalati, hanno confermato l'esistenza di una costante domanda di mobilità da parte dei cittadini calabresi;

   la Calabria è l'unica regione d'Italia, servita da una direttrice di traffico fondamentale, facente peraltro parte del Corridoio 1 Berlino-Palermo, senza alcun collegamento ad alta velocità diretto verso le principali città italiane del centro e nord Italia;

   l'istituzione di un collegamento ad alta velocità diretto tra Reggio Calabria Centrale e Milano/Torino consentirebbe di ridurre i tempi di percorrenza tra i due estremi d'Italia e aiuterebbe non poco i calabresi nei propri spostamenti;

   il recente episodio del Frecciarossa Etr500 giunto sino a Reggio Calabria ha dimostrato l'insussistenza di ostacoli tecnici e la possibilità di avvalersi, peraltro, delle linee ad alta velocità già esistenti –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per sostenere la legittima aspettativa dei cittadini calabresi ad avere un collegamento ad alta velocità diretto tra Reggio Calabria Centrale e Milano/Torino;

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per incentivare i flussi di turisti intenzionati a trascorrere i propri periodi di vacanza in Calabria avvalendosi del trasporto ferroviario;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto di competenza, per migliorare l'attuale trasporto ferroviario offerto ai calabresi.
(4-02848)


   CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dalla stampa, nel pomeriggio del 16 aprile 2019 fino a tarda notte imbarcazioni da sbarco avrebbero «fatto da spola tra il molo di Cala Pisana e due navi militari, al largo di Lampedusa, trasportando materiale verso le navi»; sarebbero, inoltre, atterrati «nell'aeroporto di Lampedusa tre aerei militari dai quali sono stati scaricati dei colli». Alcune fonti ipotizzerebbero che tali manovre avrebbero interessato la Marina militare italiana e che nelle casse trasportate potrebbero esservi state delle armi: una tesi allarmante se si considera la vicinanza di Lampedusa con le acque territoriali libiche e la drammatica situazione interna che sta caratterizzando la nazione nordafricana;

   tale operazione, testimoniata anche dalla presenza di alcune immagini, è stata avvertita anche da alcuni residenti dell'isola dalla cui testimonianza, sempre secondo i media, si evincerebbe che non potrebbe aver coinvolto «mezzi civili»;

   il sindaco di Lampedusa ha comunque dichiarato di non essere a conoscenza di nessuna operazione ufficiale nell'isola;

   la Marina militare ha annunciato ufficialmente il 29 aprile l'avvio di alcune esercitazioni nelle acque del Mediterraneo centrale e meridionale ma tale tempistica sembra escludere che i fatti accaduti a Lampedusa il 19 aprile possano riferirsi a tali manovre –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto, riportato in premessa e, in particolare, se le operazioni del 19 aprile 2019 coinvolgano la Marina militare o altre Forze armate e con quali finalità.
(4-02850)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, disciplina «misure straordinarie per accelerare l'utilizzo delle risorse e l'esecuzione degli interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio nazionale e per lo svolgimento delle indagini sui terreni della Regione Campania destinati all'agricoltura»;

   il comma 2-ter del citato articolo 10 dispone che «per l'espletamento delle attività previste nel presente articolo, il Presidente della Regione può delegare apposito soggetto attuatore il quale opera sulla base di specifiche indicazioni ricevute dal presidente della Regione e senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica (...) Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

   in ragione di quanto previsto dal citato articolo 10, a far data dal 23 novembre 2014, il presidente della giunta regionale della Calabria, Gerardo Mario Oliverio, è subentrato nelle funzioni di commissario;

   con decreto commissariale n. 127 del 9 marzo 2015, il presidente della regione Calabria, in qualità di commissario per il dissesto idrogeologico, ha nominato soggetto attuatore l'ingegnere Carmelo Gallo, libero professionista nonché presidente dell'ordine degli ingegneri di Cosenza;

   tale incarico è stato ricoperto dall'ingegner Gallo dal 9 marzo 2015 al 10 marzo 2018 e poi, nuovamente, dal 26 settembre 2018 sino ad oggi;

   in data 13 aprile 2019 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio 2019 «Approvazione del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale» che prevede all'allegato A – azione 28 – «l'obbligatorietà della nomina di un soggetto attuatore, limitandone la scelta in un dirigente di ruolo della Regione, così da assicurare una relazione costante tra quest'ultimo e il Presidente-Commissario» –:

   come si concili l'incarico dell'ingegner Gallo quale soggetto attuatore per la mitigazione del rischio idrogeologico in Calabria con il vigente quadro normativo;

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Governo per assicurare il rispetto di quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio 2019 relativamente alla nomina di un soggetto attuatore interno ai ruoli regionali;

   a quanto ammontino le risorse finanziarie utilizzate sino alla data odierna per la corresponsione del compenso al soggetto attuatore esterno e su quali fonti di finanziamento gravino.
(4-02852)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 90 del 24 novembre 2017 è stato pubblicato il corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali di cui al Ddg 1259/2017;

   a quanto si apprende da notizie di stampa, la procedura concorsuale sarebbe interessata da numerose anomalie procedurali rispetto a quanto previsto nel bando tra cui, a titolo esemplificativo:

    prova scritta non unica su tutto il territorio nazionale nei tempi e nelle modalità;

    inadeguatezza dei programmi informatici utilizzati;

    inadeguatezza di alcuni locali adibiti all'espletamento delle prove scritte;

    correzione delle prove scritte presso ben 37 sottocommissioni con disomogeneità dei criteri di correzione applicati;

   tali anomalie potrebbero inficiare il concorso e con esso le legittime aspettative di tutti coloro i quali vi stanno dedicando le proprie energie –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e, nel caso in cui ciò sia vero, se abbia già disposto una ispezione atta ad accertare l'esistenza delle irregolarità sopra illustrate e garantire la trasparenza della procedura concorsuale;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per assicurare il corretto svolgimento della procedura nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento.
(4-02856)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   LUPI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal quotidiano la Repubblica: «I dazi Usa su duecento miliardi di dollari di merci importate dalla Cina salgono dal 10 al 25 per cento. Lo annuncia il presidente Donald Trump via Twitter. Il rialzo avrà effetto dal prossimo venerdì»;

   già oggi le borse internazionali e anche quella italiana hanno avuto pesanti perdite riguardanti soprattutto il settore merceologico e commerciale;

   inoltre, come affermano molti economisti americani, l'aumento dei dazi determina un aumento dei costi dei prodotti che si è trasferisce sui consumatori finali;

   il dipartimento del commercio Usa sta valutando la proposta di imporre dazi anche sulle importazioni per una lunga serie di prodotti provenienti da Paesi comunitari; tra questi anche i prodotti italiani di qualità agroalimentari e più in generale made in italy;

   quali iniziative il Governo stia proponendo a livello internazionale e, in tale contesto, presso le competenti sedi dell'Unione europea, per evitare questa «guerra commerciale» che ha innegabili riflessi negativi sulla economia italiana e soprattutto sulle imprese italiane che esportano.
(5-02087)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, SCALFAROTTO, MINNITI, GUERINI, DE MARIA e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel programma televisivo «Le Iene» ha recentemente proposto un servizio nelle condizioni dei migranti nei centri di detenzione in Libia che mette in dubbio che gli aiuti della cooperazione italiana arrivino realmente ai migranti rinchiusi nei campi;

   le organizzazioni umanitarie citate nel servizio hanno replicato che le notizie date sono state volutamente – lacunose e frammentate e che sono state basate sulla testimonianza di soli 9 ragazzi che non si trovavano nelle sezioni dei campi interessate dai progetti delle ONG. Al contrario tali organi possono dimostrare di aver svolto le attività previste dai bandi dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) che hanno vinto e per i quali hanno ricevuto finanziamenti. Il lavoro delle ONG è monitorato dall'AICS e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione italiana, attraverso numerose rendicontazioni che consentono agli organi di controllo di verificare l'effettiva messa in pratica delle azioni pianificate. Difatti, la rendicontazione delle ONG va presentata all'AICS che la deve verificare per erogare i finanziamenti. Per questi stessi progetti oggetto dell'inchieste de «Le Iene», alcune Ong hanno presentato le opportune rendicontazioni che sono state approvate dall'AICS, altre stanno ancora svolgendo la propria attività e sono dunque in attesa di presentare rendicontazione definitiva;

   da anni le condizioni dei centri in Libia sono di grande degrado; le persone sono detenute in condizioni inumane, a cui spesso purtroppo si uniscono la tortura e le deprivazioni di beni essenziali; i progetti realizzati dalle ONG sono pensati proprio per fare fronte a questa situazione. Ma, esse non possono esercitare controllo sulla gestione dei campi che spetta comunque alle autorità libiche e che a volte, in caso di corruzione, possono rendere impossibile far sì che i beni e i materiali forniti dalle ONG nell'ambito dei propri progetti, raggiungano i beneficiari. Negli ultimi mesi, le ONG che operano in Libia si sono trovate ad operare in condizioni ancora più difficili, – data la prolungata assenza di un capo missione nella ambasciata italiana di Tripoli dall'agosto 2018 al febbraio 2019 e la vacanza di un direttore dell'Agenzia durata più di un anno – e con l'ultima complicanza della guerra scoppiata nel Paese –:

   se quanto affermato dalla trasmissione «Le Iene» corrisponda al vero e, in tal caso, quali iniziative il Governo intenda adottare per monitorare al meglio le attività delle ONG impegnate in Libia.
(5-02088)


   SABRINA DE CARLO, SURIANO, EHM, PERCONTI e TUZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei mesi passati nell'ambito di missioni parlamentari presso il Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria in Niger ed Etiopia gli interroganti hanno potuto constatare come le epidemie di malaria, tubercolosi e l'HIV siano un problema da non sottovalutare;

   in particolare il Niger è il quarto Paese più colpito al mondo da queste malattie, la cui diffusione è stata limitata grazie alla cooperazione internazionale;

   il Fondo globale è stato istituito nel 2002 e si sostanzia in una collaborazione tra Governi, società civile, settore privato e pazienti con l'obiettivo di salvare milioni di vite, offrire servizi di prevenzione, trattamenti e assistenza per rafforzare i sistemi sanitari locali e migliorare le economie di tutti quei Paesi caratterizzati da un'elevata diffusione di queste epidemie;

   i Paesi membri assumono un ruolo guida nel determinare le modalità per combattere al meglio le malattie, in accordo agli obiettivi dell'Agenda 2030, costruendo conseguentemente dei sistemi di salute sostenibili e resilienti. Ad oggi gli investimenti sostenuti dal fondo hanno salvato 27 milioni di vite, favorendo una giustizia sociale per le comunità di tutto il mondo;

   i contributi sono raccolti in cicli triennali denominati «cicli di finanziamento». Il 95 per cento dei finanziamenti totali provengono dai Governi dei Paesi donatori. Si è riscontrato un aumento costante delle risorse disponibili, in quanto rilevanti sono stati i contributi anche da parte della società civile e dalle fondazioni private, oltre a un interessamento crescente di molti Paesi;

   l'impegno dell'Italia è stato considerevole. Il totale dei finanziamenti erogati fino al 2019 è di 1,234,785,710 dollari. Nell'ultimo triennio sono stati stanziati 90,618,337 dollari;

   nel 2017, 10 stati africani più colpiti dalla malaria hanno segnalato un aumento del numero dei casi rispetto al 2016 a causa di una resistenza ai trattamenti e agli insetticidi. È dunque necessario un impegno costante per arrestarne la diffusione e fornire un aiuto indispensabile alle zone maggiormente colpite, intensificando la lotta contro l'Hiv, la tubercolosi e la malaria;

   ad ottobre 2019 di terrà a Lione la sesta Conferenza di rifinanziamento del fondo globale con l'obiettivo di raccogliere 14 miliardi di dollari, affinché possano essere salvate 16 milione di vite umane –:

   se, in occasione della sesta Conferenza di rifinanziamento del Fondo globale, il Ministro interrogato non intenda riconfermare l'impegno che già da anni l'Italia ha assunto e contestualmente ove fosse possibile, rafforzarlo.
(5-02089)


   FORMENTINI e COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la posizione geografica così come la presenza contemporanea di più situazioni di instabilità, riconducibili a conflitti interni ed esterni (la guerra tra Eritrea ed Etiopia, la crisi somala e quella yemenita) hanno accresciuto l'importanza strategica della penisola del Corno d'Africa in termini di sicurezza e sotto vari altri aspetti (immigrazione, terrorismo e anti-pirateria, su tutti). Tutto ciò ha reso quest'area un luogo di importanza geo-strategica mondiale, tanto da aver attratto numerosi interessi di attori regionali e internazionali, come Stati Uniti, Cina, i Paesi del Golfo, India e Russia. Questo quadrante di Africa sta tornando in cima all'agenda di politica estera anche di molti Stati europei, assumendo sempre più le dimensioni di un territorio di rilevanza strategica da un punto di vista securitario per l'Europa intera;

   anche per il nostro Paese, il Corno d'Africa rappresenta una realtà di interesse geopolitico e strategico, che trova le proprie origini fin dalla seconda metà dell'ottocento del secolo scorso. Tuttavia, le capacità italiane rimangono penalizzate anche in un confronto europeo, sebbene in questa regione, l'Italia potrebbe avere un ruolo maggiore rispetto ad altri attori come Francia, Regno Unito, Germania;

   in questa prospettiva, il recente accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea potrebbe contribuire a favorire una fase di distensione nell'intera regione e aprire una nuova condizione di opportunità, senza però trascurare che questi sviluppi, se non adeguatamente supportati da strategie politiche dagli attori locali ed esterni, sono sempre suscettibili di repentini cambiamenti;

   Roma potrebbe sfruttare il contesto favorevole per garantire una presenza economico-commerciale forte dell'Italia nella regione e un aumento degli investimenti italiani, i quali fornirebbero un aiuto notevole nel dare un impulso ulteriore alle economie locali contribuendo a migliorare le condizioni di vita generali, e permettendo così di frenare il flusso migratorio verso l'Europa. Secondo dati di alcune organizzazioni internazionali, da questa regione provengono tra il 20-25 per cento delle persone che tentano di raggiungere la Libia, e quindi l'Europa continentale puntando l'Italia come primo approdo utile;

   la rete diplomatico-consolare è oggi composta da organici sotto-rappresentati che non consentono un'adeguata azione diplomatico-consolare a tutela dei nostri cittadini ivi presenti e degli interessi economico-commerciali italiani –:

   se il Governo non intenda potenziare e riorganizzare la rete diplomatico-consolare nel Corno d'Africa, in relazione al ruolo strategico che la regione riveste per il nostro Paese.
(5-02090)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 6 maggio 2019 su disposizione della procura della Repubblica di Potenza, il Noe nel quadro delle indagini scaturire dalla perdita di greggio dal C.o.v.a. (centro oli Val D'Agri) di Eni in Viggiano (Potenza) sta eseguendo «un'ordinanza di applicazione della misura cautelare della sospensione dell'esercizio di un pubblico ufficiale» per la durata di otto mesi, emessa dal G.I.P. del capoluogo lucano, nei confronti di cinque pubblici ufficiali facenti capo al C.T.R. (Comitato tecnico regionale) della Basilicata, organo di vigilanza sugli impianti a rischio di incidente rilevante, quale è lo stabilimento in questione, come riportato sul sito online «PotenzaNews.Net»;

   si tratta di un provvedimento emesso nell'ambito dello stesso procedimento nel quale, nelle scorse settimane, era stata emessa ed eseguita una misura cautelare a carico del dirigente dell'Eni responsabile del predetto C.o.v.a. di Viggiano, su cui la sottoscritta ha già presentato un'altra interrogazione;

   le indagini, coordinate dalla procura di Potenza e svolte dal Noe a seguito di un copioso sversamento di greggio, proveniente dai serbatoi del C.o.v.a., con contestuale compromissione delle matrici ambientali «sottosuolo» e «acqua superficiale», hanno permesso di accertare che, sebbene lo stesso C.t.r. della Basilicata avesse prescritto una maggiore frequenza nei controlli sui serbatoi e di valutare l'ipotesi di dotare gli stessi di doppio fondo, tali prescrizioni finalizzate a impedire il disastro ambientale che poi, in concreto si è realizzato, sono state apertamente e dichiaratamente disattese dall'Eni gestore dell'impianto, senza che il C.t.r. intervenisse per imporre il rispetto delle stesse disposizioni;

   l'evento qualificato «incidente rilevante» dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha causato la contaminazione e la compromissione di 26.000 metri quadri di suolo e sottosuolo dell'area industriale di Viaggiano e del reticolo idrografico a valle dell'impluvio denominato «Fossa del Lupo»;

   i reati posti a fondamento del provvedimento sono: concorso in falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale, concorso in rifiuto in atti d'ufficio e abuso d'ufficio. Le persone raggiunte dalla misura interdittiva sono: il vice dirigente direzione regionale dei vigili del fuoco di Potenza; il vice dirigente comando provinciale vigili del fuoco di Potenza; una funzionaria Arpab; un funzionario Inail; la responsabile area edilizia e urbanistica del comune di Viggiano;

   inoltre, in una nota stampa che riporta in virgolettato alcuni passi dell'ordinanza del Gip di Potenza del 15 aprile 2019, il Coordinamento nazionale «No Triv» scrive che «l'ingegner Griffa faceva riferimento alle possibili cause del deterioramento del fondo del serbatoio: questi ricordava che analogo problema si era presentato per i serbatoi che, nella Raffineria di Taranto, ricevevano l'olio di Viggiano» e che «si interrogava (...) se vi fosse un problema di glicole già noto dal 2011, ossia un problema ricollegabile alla sostanza usata per disidratare il gas» –:

   se non ritengano oramai improcrastinabile, anche alla luce dei nuovi fatti di cui in premessa, adottare iniziative per definire una strategia d'uscita dallo sfruttamento del petrolio in Basilicata che passi attraverso la riconversione al 100 per cento al rinnovabile del sistema energetico, con la dismissione graduale dei pozzi attivi e la transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili, garantendo ed incrementando i livelli occupazionali;

   se non intendano adottare le iniziative di competenza per avviare immediatamente, a tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente, la bonifica delle aree contaminate attraverso anche il riconoscimento della responsabilità oggettiva della società Eni, il rafforzamento del sistema di controllo e monitoraggio gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e rigettare l'istanza di proroga della concessione Val d'Agri, in scadenza al 26 ottobre 2019, presentata da Eni al Ministero dello sviluppo economico il 27 ottobre 2017, di cui il Centro Oli è parte integrante.
(5-02083)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IOVINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in assenza di un immediato intervento da parte della Soprintendenza archeologica, per le arti, il paesaggio per il comune di Napoli, il prossimo capolavoro artistico ed architettonico che probabilmente crollerà per incuria e abbandono nel nostro Bel Paese sarà la farmacia dell'Ospedale degli Incurabili di Napoli, una delle più antiche spezierie mediche d'Europa, una meraviglia costruita nel 1700 e conosciuta nel mondo per le stupefacenti volte affrescate;

   la farmacia appartiene al più antico complesso monumentale dell'Ospedale degli Incurabili costruito due secoli prima e di cui fa parte anche il Museo delle scienze e delle arti sanitarie, un altro gioiello unico al mondo, a metà tra scienza e arte e parte integrante della storia urbanistica ed artistica del capoluogo campano;

   qualcosa di simile alla storica farmacia, esiste a Londra e Parigi, sebbene gli storici dell'arte ritengano il laboratorio speziale di Napoli di maggior pregio artistico;

   nei giorni scorsi, i pazienti ricoverati nell'Ospedale degli Incurabili sono stati frettolosamente evacuati e trasferiti al vicino ospedale del Mare. Al loro dramma, si accompagna anche il disagio di alcune famiglie residenti nella zona che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni, direttamente minacciate da un imminente crollo della suddetta struttura;

   dopo il primo cedimento di una parte del pavimento della Chiesa di Santa Maria del Popolo (posta all'interno del Complesso monumentale), i tecnici hanno scoperto che dovunque si sono aperte crepe larghe più di un centimetro: una vera e propria «rete di fessure» che rivela e segnala la gravissima sofferenza dell'intero sito;

   la sola speranza di riuscire a salvare la chiesa e la farmacia è rappresentata da interventi immediati: prima un puntellamelo dal basso per impedirne il collasso e poi l'avvio di massicci lavori di consolidamento delle opere architettoniche, in particolare delle volte incannucciate e degli archi stuccati della farmacia;

   il Commissario straordinario della Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, ha assicurato che, dopo la chiusura dell'Ospedale degli Incurabili, provvederà al trasferimento delle opere d'arte e dei manufatti custoditi nella farmacia storica, piccola consolazione se la struttura dovesse crollare;

   già nel settembre 2018, il Corriere del Mezzogiorno aveva lanciato l'allarme sul fatto che lo scalone della Chiesa si stesse staccando dal corpo principale, evidente segnale che fosse in atto da tempo un «cinematismo», ovvero un lento e inesorabile processo di movimento e deformazione della struttura;

   l'apertura e l'allargamento delle crepe, gli scricchiolii, il movimento costante della struttura non lasciano dubbi sull'epilogo infausto di questa vicenda: la farmacia collasserà portandosi dietro centinaia di anni di storia e di meraviglie e la stessa sorte seguirà la chiesa di Santa Maria del Popolo;

   le istituzioni, la società civile e la collettività non possono assistere sgomenti e inermi al compimento di un disastro ampiamente annunciato da mesi come se si trattasse di un fatto ineluttabile, al pari di un evento atmosferico;

   appare evidente che gli interventi, le decisioni e le delibere a tutti i livelli, locale e centrale, debbano essere adottati il più rapidamente possibile per scongiurare che finisca miserabilmente in macerie un complesso monumentale posto sotto la tutela dell'Unesco –:

   quali stringenti iniziative di competenza intenda rapidamente assumere per realizzare i migliori interventi volti a evitare il collasso della farmacia e dell'intero complesso monumentale degli Incurabili di Napoli, rispettivamente del XVIII e del XVI secolo;

   se abbia già avviato i contatti con la Conferenza episcopale italiana per individuare, con la massima urgenza, modalità e tempistiche finalizzate agli interventi di restauro della chiesa di Santa Maria del Popolo.
(5-02070)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOPO, SIANI e MIGLIORE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il castello di Baia (provincia di Napoli) ospita il Museo archeologico dei Campi flegrei con reperti di inestimabile valore storico e artistico, provenienti da tutto il sito archeologico dei Campi flegrei, in particolare, Pozzuoli, la romana Puteoli, e dalla città greca-romana di Cuma, oltre che da Baia, città termale preferita dall’élite patrizia della Roma antica e da Miseno, sede della più grande tra le flotte navali di Roma;

   dal 18 aprile 2019 sono stati trasferiti nel museo archeologico di Napoli, per essere esposti nella mostra permanente dal titolo «Magna Grecia», numerosi preziosissimi reperti provenienti da Cuma, attualmente esposti nel museo dei Campi Flegrei, in particolare;

   le note esposte nelle bacheche del museo archeologico dei Campi Flegrei dal quale sono stati prelevati i succitati reperti non forniscono indicazioni circa la data di rientro degli stessi;

   vi è crescente preoccupazione che l'assenza di una precisa data di rientro possa costituire la premessa per una spoliazione dello straordinario patrimonio di cui sopra per il museo ospitato presso il Castello di Baia –:

   quando gli importanti reperti di cui in premessa faranno «ritorno» al museo archeologico dei Campi Flegrei, quando presso la stessa struttura verranno esposti i reperti provenienti dall'Antiquarium di Pozzuoli, chiuso nel 1970, attualmente «conservati» nei depositi del Mann e quando tutte le sale espositive della citata struttura museale saranno aperte al pubblico, in particolare la Sala del Sacello degli Augustali di Miseno e la Sala del Ninfeo dell'imperatore Claudio di Punta dell'Epitaffio; se sia intenzione del Governo rafforzare la dotazione organica per consentire l'apertura del museo per l'intera giornata.
(4-02854)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   CORDA, ARESTA, CHIAZZESE, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, RIZZO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso, da fonti giornalistiche, la notizia in base alla quale la Guardia costiera libica, nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2019, avrebbe puntato nove pescherecci italiani, salvati poi dalla Marina italiana;

   la notizia, confermata e rilanciata dall’account ufficiale del Ministero della difesa, poneva in evidenza il salvataggio, da parte della Marina militare, appunto, di pescherecci italiani che stavano per essere raggiunti con il presumibile intento di essere sequestrati;

   il Ministro interrogato, nel commentare l'accaduto, ringraziava il coraggio e la professionalità della Marina militare, in virtù del cui intervento si era evitato il peggio;

   il tweet, poi rapidamente rimosso dall’account del Ministero della difesa, precisava nei seguenti termini: «Quanto riportato da un'agenzia di stampa circa un salvataggio della Marina di alcuni pescherecci italiani nei pressi delle acque libiche è falso. Appresa la notizia abbiamo provveduto a rimuovere il tweet precedente» –:

   se corrisponda al vero la ricostruzione dei fatti così come riportata dalle agenzie giornalistiche e, in caso affermativo, come sia stato possibile il verificarsi di tali criticità, in un settore importante e delicato come quello della pubblica comunicazione.
(5-02084)


   MARIA TRIPODI e GAGLIARDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nell'area dell'Arsenale della Marina militare, prospiciente la frazione di Marola (La Spezia), si trovano numerosi capannoni con coperture in eternit (contenente fibre di amianto) e tali strutture sono situate a poche decine di metri dal plesso scolastico della medesima frazione, comprendente scuola dell'infanzia e primaria;

   dopo gli eventi atmosferici del 29 ottobre 2018, cittadini e associazioni hanno segnalato i danni alle coperture delle strutture sopracitate, in cui si evince la «frantumazione» di diverse parti delle coperture medesime, e hanno manifestato la comprensibile preoccupazione per la possibilità di dispersione di fibre di amianto nelle aree civili;

   le condizioni relative alla presenza di amianto in aree militari, in prossimità di aree civili, è un fatto che perdura da troppi anni;

   la volatilità delle fibre di amianto, in un contesto così densamente abitato e con strutture scolastiche a così poca distanza, impone interventi urgenti per la bonifica e la rimozione;

   la Marina militare ha provveduto alla rimozione dei frammenti di eternit presenti nell'area dal 7 novembre 2018 e, in occasione dell'audizione presso la commissione ambiente del consiglio comunale de La Spezia tenutasi il 22 novembre 2018, l'ammiraglio Giorgio Lazio ha esposto la situazione, confermando la forte presenza di amianto nelle strutture militari. Tale situazione rappresenta tutt'oggi una potenziale fonte di pericoli per la salute dei cittadini spezzini –:

   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di promuovere un protocollo d'intesa tra Marina militare, comune della Spezia, Asl e Arpal per il monitoraggio degli interventi di bonifica da effettuare all'interno della base navale e nelle aree civili in prossimità delle zone interessate dagli interventi, a tutela della salute pubblica chiarendo se siano già stanziate risorse ad hoc per bonificare e liberare le suddette strutture e aree dalla presenza di amianto e in quali tempi si intenda procedere ai medesimi interventi.
(5-02085)


   TONDO. — Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:

   durante un intervento alla solennità del 25 aprile nella città di Viterbo il Presidente dell'ANPI (Associazione nazionale partigiani italiani) locale ha utilizzato parole sconvenienti nei confronti delle Forze armate italiane;

   il Ministro della difesa, in relazione alla condotta tenuta dal generale Riccò in tale occasione, ha precisato: «non è stata aperta nessuna inchiesta, ma come previsto dalla legge, le autorità militari competenti dovranno aprire una procedura d'accertamento dei fatti». In questo caso quindi si attiva da parte del Ministro una vera e propria inchiesta;

   quanto accaduto a Viterbo quindi, secondo l'interrogante, rappresenta un fatto sgradevole per le Forze armate che hanno sempre rappresentato al meglio il nostro Paese soprattutto nelle missioni internazionali. Infatti, i militari italiani che hanno partecipato alle missioni internazionali hanno sempre riscosso «un plauso» da parte della comunità internazionale per la loro efficienza, il senso del dovere e l'umanità dimostrata nei confronti anche delle popolazioni locali –:

   se il Ministro della difesa, anche tardivamente, non ritenga necessario rivedere la sua decisione richiamata in premessa al fine di salvaguardare la professionalità dimostrata nelle sue azioni e comportamenti dal Generale Riccò e ovviamente da tutti i militari che partecipano da anni con spirito di sacrificio al difficile compito di «portare» la pace nei diversi territori in cui sono impegnati.
(5-02086)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 19 maggio 1971, n. 403, ha istituito la professione sanitaria ausiliaria di massofisioterapista;

   la norma è stata abrogata dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; è stato precluso l'avvio di nuovi corsi regionali per la formazione di nuovi massofisioterapisti, prevedendo contestualmente – per coloro che svolgono o abbiano svolto un'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non continuativi, negli ultimi dieci anni – la possibilità di continuare a svolgere le attività professionali previste dal profilo della professione sanitaria ausiliaria, purché si iscrivano ad un albo speciale ad esaurimento istituito presso gli ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, entro il 31 dicembre 2019;

   il decreto del Ministero della sanità del 27 luglio 2000, recante disposizioni per «l'equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base» prevede, all'articolo 1, che tutti i titoli di massofisioterapista conseguiti in base alla legge 19 maggio 1971, n. 403, sono equipollenti al diploma universitario di fisioterapista; tale disposizione è stata confermata da numerose sentenze del Consiglio di Stato;

   in base alla guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all'anno di imposta 2017 dell'Agenzia delle entrate, circolare 27 aprile 2018 n. 7/E, le prestazioni del massofisioterapista sono detraibili solo se rese da soggetti che hanno conseguito il diploma entro il 17 marzo 1999 – in base alla circolare della medesima agenzia del 24 aprile 2015 n. 17 – mentre le prestazioni rese da massofisioterapisti che hanno conseguito il diploma successivamente a tale data non sono detraibili;

   le prestazioni rese dal massaggiatore capo bagnino ai sensi del regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334, sono invece completamente detraibili;

   risultano all'interrogante incomprensibili le motivazioni della differente valutazione, ai fini della detraibilità, delle prestazioni erogate dietro prescrizione medica dal massofisioterapista piuttosto che dal massaggiatore capo bagnino e, all'interno della stessa professione, dai diplomati pre o post 17 marzo 1999 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per eliminare tale difformità di trattamento, consentendo così la detrazione delle spese sostenute ai pazienti di tutti i diplomati in massofisioterapia, a prescindere dalla data di conseguimento del diploma.
(4-02853)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICELI, NAVARRA e BAZOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il plenum del Consiglio superiore della magistratura (Csm) deliberato, nella seduta del 20 febbraio 2019, a seguito della procedura concorsuale per la copertura di posizioni presso gli uffici requirenti, il trasferimento presso le sedi di Nola, Messina e Palermo di tre dei quattro sostituti procuratori attualmente in organico presso la procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto;

   già il numero dei magistrati in pianta organica era stato rideterminato di recente (2016), in riduzione, nonostante il parere contrario del Csm e una volta effettuati i suddetti trasferimenti, la locale procura della Repubblica presenterà una scopertura dell'organico dei sostituti procuratori pari al 75 per cento notevolmente più alta di tutte le altre tre procure di destinazioni dei magistrati in organico a Barcellona Pozzo di Gotto;

   nel solo anno 2018, l'ufficio della procura della Repubblica di Barcellona ha iscritto ben 3452 notizie di reato, a fronte di un ruolo di oltre 850 per ciascuno dei quattro magistrati;

   la procura di Barcellona Pozzo di Gotto rappresenta un fondamentale e imprescindibile presidio di legalità in uno dei territori in cui, storicamente, la mafia ha dimostrato una maggiore capacità pervasiva del tessuto sociale ed economico, nonché uno strutturato quanto diffuso radicamento;

   le relazioni annuali della direzione investigativa antimafia e della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo indicano costantemente in Barcellona Pozzo di Gotto, il centro criminale più rilevante della provincia di Messina, sia in rapporto al volume di interessi illeciti che in relazione alla pericolosità delle condotte;

   il contrasto alla criminalità mafiosa deve rappresentare una priorità assoluta per l'intera classe politica riducendo al minimo le possibilità che Cosa Nostra affermi il proprio predominio laddove lo Stato dia l'impressione di essere assente –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottarsi tempestivamente per garantire, nell'immediato, un'adeguata copertura dell'organico della procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, atteso che il messaggio di una riduzione di tale presidio appare devastante e sintomatico di un calo di tensione nel contrasto alla criminalità organizzata che negli ultimi tempi ha mostrato segni di recrudescenza del fenomeno specie nel territorio di competenza della procura di Barcellona Pozzo di Gotto.
(5-02068)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   numerosi lavoratori e lavoratrici del palazzo di giustizia di Ancona hanno promosso e sottoscritto una petizione per denunciare come gli impianti di condizionamento del palazzo di giustizia fossero molto datati e necessitassero di un intervento di ammodernamento;

   nel testo della petizione si sollevano anche dubbi circa la corretta e regolare pulizia dei filtri dell'impianto di aria condizionata e l'irregolare funzionamento dell'impianto di aerazione, con differenze anche rilevanti tra i diversi piani e le diverse stanze;

   tale situazione, secondo i firmatari della petizione, associata alla mancanza di finestre, determinerebbe grossi problemi di vivibilità degli ambienti, sia a carico dei lavoratori che dell'utenza, che si manifestano in particolare nel periodo estivo;

   sarebbero stati diversi i casi di crisi respiratorie, mal di gola, bruciori agli occhi, problemi di vista, mal di testa, di aggravamento di problemi di salute anche molto gravi; pare infatti che nel palazzo sia molto elevata la casistica di malattie gravi e mortali, come i tumori o comunque di persone che sono in cura per malattie di questo tipo, anche in età giovanile;

   dal verbale della riunione periodica annuale sulla sicurezza del luogo di lavoro, presso l'ufficio di presidenza del tribunale di Ancona tenutasi il 21 novembre 2018, si apprende che in data 23 maggio 2018 è stato approvato da parte del Comitato tecnico amministrativo presso il provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Firenze, competente per gli uffici giudiziari marchigiani, il progetto esecutivo per la realizzazione di una modifica strutturale dell'intero impianto di aerazione e climatizzazione del palazzo di giustizia di corso Mazzini, 95;

   l'importo complessivo del costo dei lavori veniva determinato, con nota del provveditore del 1° ottobre 2018, – in euro 718.275,28;

   durante la medesima riunione, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha chiesto di procedere a un campionamento e all'analisi dell'area all'interno del palazzo, allegando una memoria nella quale viene evidenziata sia la lungaggine della gara di appalto per l'inizio dell'esecuzione dei lavori che la necessità di procedere ad una valutazione di monitoraggio microbiologico della qualità dell'aria dell'intero palazzo, dal momento che gli ultimi rilievi peritali disponibili risalgono al 10 novembre 2003;

   da verifica successiva risultava che per il progetto esecutivo sopra menzionato non erano state destinate le risorse finanziarie necessarie e che quindi non poteva darsi corso alla sua realizzazione;

   vista la gravità e la serietà dei fatti esposti e la necessità di procedere all'effettuazione degli interventi sopra descritti, i quali rappresentano una priorità non più procrastinabile –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per procedere quanto prima e comunque entro il 2019 allo stanziamento dei fondi necessari garantendo così che i lavori inizino prima possibile, tutto questo per evitare il collasso delle attività che si svolgono nel palazzo di giustizia, vista la priorità del problema;

   se il Governo, visti i problemi esposti in premessa, non intenda verificare la possibilità di costruire e/o individuare strutture più idonee ad ospitare gli uffici del tribunale di Ancona, dotando la città di una cittadella giudiziaria da cui tutta la collettività potrebbe trarre beneficio e chiudendo l'attuale sede del tribunale di Ancona.
(4-02855)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   LUCIANO CANTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il porto di Catania è un sito di rilevanza economica internazionale con funzioni commerciali e industriali, di servizio passeggeri, turistiche e da diporto. Il sito è stato oggetto di indagini giudiziarie, il dossier redatto dalla Commissione nazionale antimafia ha svelato il malaffare esistente all'interno dell'area portuale;

   con delibera n. 436 del 2018, l'Autorità nazionale anticorruzione censura l'operato dell'avvocato Annunziata per le attività esercitate presso il porto di Salerno quando ivi rivestiva la carica di presidente. A ciò si aggiungono altre perplessità sul suo operato presso il porto di Catania; infatti, egli avrebbe prospettato di affidare in concessione alla società Katanè Marina Yachting la realizzazione di un progetto di approdo turistico all'interno del porto pur in assenza del piano regolatore;

   il giornale on line ecocostiera.it del 19 aprile 2019 riporta notizie allarmanti sui lavori di ampliamento del porto commerciale; il costo del progetto sarebbe lievitato da 50 milioni a 62,5 milioni di euro. Ciò figura in un avviso pubblicato nel supplemento della Gazzetta europea del 27 ottobre 2018. Appare cioè un anno dopo i vincoli posti dall'Unione europea sulle saline qualificate come zona speciale di conservazione e zona di protezione speciale. Eppure la gara per il previsto ampliamento dei piazzali è proseguita;

   in data 31 luglio 2017, il comitato di gestione dell'Autorità di sistema portuale di Sicilia orientale ha nominato all'unanimità l'ingegnere Carlo Guglielmi, su proposta del presidente, segretario generale per la durata di 4 anni. Tutti i componenti del comitato si sono espressi favorevolmente viste le sue capacità e la comprovata esperienza professionale nel settore portuale e nelle materie amministrativo-contabile;

   il segretario generale ha svolto svariati compiti inerenti la sua funzione e ha sottolineato, in merito a diversi interventi, delle criticità sia sul deposito Gnl del porto di Augusta sia in relazione alla questione dell'approdo turistico nel porto di Catania sia sull'assunzione di personale con contratti di somministrazione;

   per la questione del deposito, il segretario generale non è stato nominato responsabile unico del procedimento e, nonostante la richiesta di rettifica degli atti pubblicati ciò non è stato eseguito. Per la questione dell'approdo turistico nel porto di Catania, nella seduta della conferenza ad esso relativa del 14 marzo 2019, il presidente ha partecipato al consesso, al posto del segretario generale, potendo con tale comportamento invalidare il procedimento;

   con delibera prot. N. 3854-U-2019 del 3 aprile 2019 è stata notificata al segretario generale una proposta di revoca del suo mandato e una contestazione disciplinare avente ad oggetto svariate doglianze, tra cui ritardo nell'elaborazione del bilancio consuntivo del 2018 e violazione degli obblighi di riferire al comitato di gestione sullo stato di attuazione dei piani di intervento e di sviluppo delle strutture portuali e altro;

   si apprende in ultimo, che il segretario generale è stato licenziato, eppure la figura professionale tecnica come quella dell'ingegnere Guglielmi era stata definita «necessaria a realizzare e sviluppare le opere di infrastrutturazione avviate e da avviare»;

   vista l'importanza delle competenze e la rilevanza che la figura del segretario generale riveste all'interno dell'Autorità di sistema portuale appare estremamente urgente la verifica dei fatti accaduti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati e se non intenda promuovere una verifica in merito ai fatti e ai comportamenti illustrati, nonché sulla correttezza degli interventi attuati dal presidente dell'autorità di sistema portuale della Sicilia Orientale.
(3-00722)


   PAITA, ANDREA ROMANO, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO e NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione Federconsumatori come riportano i media ha denunciato la presenza di un «supplemento bambini» sulle tariffe praticate dalla compagnia aerea Ryanair che riguarderebbe bambini viaggiatori con meno di due anni di età;

   il supplemento sarebbe contenuto nel documento «termini a condizioni» e nell'allegata tabella facente riferimento so «supplementi facoltativi»;

   per l'associazione che tutela i consumatori il supplemento sarebbe del tutto ingiustificato, poiché i bambini di quella età viaggiano in braccio ai genitori e quindi senza l'offerta di un servizio;

   la compagnia ha contestato tali osservazioni, sostenendo che si tratta di una prassi già in vigore;

   considerare un bambino alla stregua di un bagaglio per un supplemento sarebbe inaccettabile, anche perché, come richiamato, non vi sarebbero servizi aggiuntivi offerti dalla compagnia;

   spesso il Governo richiama, a giudizio degli interroganti in maniera strumentale e ideologica, il valore della famiglia annunciando misure di sostegno –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per verificare l'effettiva presenza del supplemento e, conseguentemente, attivarsi affinché la compagnia aerea assicuri condizioni meno penalizzanti per chi viaggia con bambini di età inferiore ai due anni.
(3-00723)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'aprile 2018 venne annunciata la scelta del progetto per la realizzazione, entro il 2025, della bretella ferroviaria e della stazione dell'aeroporto Marco Polo di Tessera;

   il progetto della società Italferr, partecipata al 100 per cento dalle Ferrovie dello Stato italiane, prevedeva la realizzazione di 3 chilometri e mezzo di tracciato, partendo dalla linea Venezia Trieste all'altezza di Dese, costeggiando la bretella autostradale, per raggiungere l'aerostazione e, attraverso un percorso circolare, il cosiddetto «cappio», per consentire ai treni di proseguire nella stessa direzione, senza dover tornare indietro, con l'obiettivo di far risparmiare tempo ai viaggiatori;

   tale progetto, cofinanziato dalla Unione europea prevedeva un costo complessivo di 400 milioni di euro, 14 dei quali relativi alla progettazione da parte di Italferr, finanziati nel contratto di programma per gli investimenti, siglato da Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel 2015;

   un progetto che, oltre a dotare l'aeroporto di Venezia di un nodo intermodale importante, presenterebbe grandi vantaggi ambientali per il territorio, diminuendo l'inquinamento automobilistico e di conseguenza una minore esigenza di parcheggi;

   in base a quanto riportato dagli organi di informazione in sede locale, a seguito di un vertice tra tecnici del Governo e delle Ferrovie il progetto verrebbe fortemente modificato, in quanto non rispetterebbe il rapporto costi-benefici;

   per ridurre i costi verrebbe prevista la creazione all'interno dell'aeroporto Marco Polo una stazione «di testa», invece che «di transito», per cui i treni, una volta arrivati all'aeroporto, dovrebbero tornare indietro, come avviene alla stazione Santa Lucia di Venezia;

   inoltre, sempre sulla base di quanto riportato dagli organi di stampa, sembrerebbe avanzare, a causa del crescente numero di passeggeri in transito al Marco Polo, l'idea di realizzare il nuovo tracciato non più a un binario singolo, ma doppio, per garantire la massima funzionalità della nuova stazione per l'incarrozzamento dei viaggiatori con bagagli al seguito;

   invece come da una recente intervista rilasciata alla stampa da Enrico Marchi, presidente di Save, la società che gestisce lo scalo Marco Polo, sembrerebbe confermato il progetto originario mantenendo quindi la stazione «di transito» e il cappio e lo stesso presidente di Save nell'intervista precisa che un'eventuale modifica del progetto comporterebbe la rinuncia, da parte della società che gestisce lo scalo, alla realizzazione dell'opera, che è già in fase avanzata di progettazione;

   la decisione di variare il progetto della bretella aeroportuale di Venezia comporterebbe certamente uno slittamento dei tempi, poiché la nuova soluzione dovrebbe ritornare al Consiglio superiore dei lavori pubblici prima, alla Conferenza servizi poi, e non riuscirebbe a rispettare la scadenza del 2025 –:

   se corrisponda al vero quanto riportato dalla stampa circa possibili modifiche al percorso o se sia da intendersi confermato il progetto iniziale e se intenda fornire rassicurazioni sull'effettiva conclusione dei lavori per il 2025, in considerazione della rilevanza della infrastruttura al servizio della mobilità aeroportuale.
(5-02066)


   NOBILI, PAITA, GARIGLIO, CANTINI, ANDREA ROMANO, BRUNO BOSSIO e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 102, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) prevede l'autorizzazione alla sperimentazione della circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come segway, hoverboard e monopattini;

   la norma rimanda per la definizione delle modalità di attuazione e degli strumenti operativi della sperimentazione a un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che avrebbe dovuto essere adottato entro il 31 gennaio 2019;

   dopo innumerevoli sollecitazioni da parte di enti locali, organizzazioni di categoria, associazioni e atti di sindacato ispettivo, in particolare, del gruppo parlamentare del Pd, il provvedimento di attuazione è arrivato con tre mesi di ritardo e in maniera indeterminata a tal punto dal mettere a rischio la stessa sperimentazione;

   il testo che, per espresso richiamo, ora dovrà attendere, ulteriori pareri, in particolare dagli enti locali, prevede che la circolazione possa essere consentita solo in determinate aree con differenze nell'accesso tra i diversi mezzi ammessi alla sperimentazione;

   ai comuni è poi affidato il compito di individuare queste aree con relativa specifica cartellonistica in assenza di qualsiasi risorsa a sostegno;

   questi limiti rischiano pertanto di esporre i comuni a un percorso assai complesso prima di avviare effettivamente la sperimentazione, di frenare gli investimenti degli operatori nel promuovere questo tipo di mobilità e di far perdere una opportunità per una mobilità ecologicamente poco impattante;

   con questo testo si assiste a una completa eterogenesi dei fini della norma primaria prevista dalla legge di bilancio per l'anno 2019 –:

   se intenda, a fronte delle già ampie critiche manifestate dai comuni e dagli operatori del settore, adottare iniziative per rivedere il testo, previo confronto con i suddetti soggetti, al fine di prevedere il superamento delle assurde limitazioni introdotte evitando di pregiudicare un cambiamento innovativo e ambientalmente sostenibile per la mobilità.
(5-02072)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 3 maggio 2019 l'iniziativa del Ministro dell'interno a Modena è stata accompagnata da tensioni tra forze di polizia e chi manifestava liberamente le proprie idee contrarie a quelle del segretario della Lega. Tensioni accentuate ad avviso dell'interrogante tra i manifestanti anche da alcune scelte di sicurezza pubblica, visto che è stato consentito l'ingresso nella piazza dove si teneva il comizio del Ministro interrogato anche a chi ne contestava la presenza;

   il 6 maggio 2019 a Salerno, prima di un comizio del Ministro interrogato, alcuni agenti della Digos sono entrati in un'abitazione privata di una signora e hanno fatto rimuovere uno striscione con la scritta «Questa Lega è una vergogna», una citazione di una canzone di Pino Daniele. Gli agenti, come mostrano i filmati, hanno invitato la donna e alcuni ragazzi a togliere lo striscione per evitare conseguenze giudiziarie. C'è da dire che lo striscione era esposto in una strada laterale e non era visibile dal palco, come si evince dalle fotografie;

   sempre il 6 maggio 2019 a Salerno, durante i selfie che ad ogni comizio il Ministro dell'interno fa con i suoi suppoter, una ragazza ha contestato allo stesso di aver usato in passato frasi ingiuriose nei confronti dei meridionali. Alla domanda il Ministro dell'interno ha intimato alla ragazza di cancellare il video. A quel punto due persone, come si vede dai video, hanno prima bloccato la ragazza e poi le hanno intimato di cancellare le riprese, così come aveva indicato il Ministro dell'interno;

   negli ultimi mesi, come dimostrano, ad esempio, anche i casi di Napoli, Cagliari ed Avellino, sono in aumento le tensioni alle iniziative della Lega dove è protagonista il Ministro Salvini –:

   vista la somiglianza dei diversi casi, se ci siano da parte del Ministro interrogato direttive e disposizioni precise sulla sicurezza che devono osservare le forze dell'ordine durante le manifestazioni della Lega alle quali partecipa il Ministero medesimo e, in caso affermativo, quali esse siano;

   se a sequestrare il telefono della ragazza siano stati degli agenti di polizia in servizio in quella giornata o della scorta del Ministro e se il Ministro si avvalga, oltre che delle forze dell'ordine, anche di agenti privati per la propria sicurezza.
(3-00725)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANTINI e LOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento del comando dei vigili del Fuoco di Castelfiorentino viene istituito nel 1973 dall'accorpamento di due distaccamenti: quello di Certaldo e quello di Castelfiorentino;

   dalla sua creazione il distaccamento dei vigili del fuoco è allocato all'interno dello stabile che si trova in zona di «Petrazzi» nel comune di Castelfiorentino (Firenze), da cui prenderà poi il nome;

   si tratta di un distaccamento storico del comando di Firenze, che svolge la sua importante opera su un ampio territorio ricompreso tra le provincie di Firenze, Pisa e Siena. I comuni interessati sono: Castelfiorentino, Certaldo, Gambassi Terme, Montaione, Montespertoli, Barberino Val d'Elsa, Tavarnelle Val di Pesa un territorio molto vasto e popoloso;

   il distaccamento oggi è composto da circa 30 persone che nel corso dell'anno sono chiamati a svolgere circa 650 interventi tra cui incidenti stradali, incendi boschivi, soccorsi a persone e a immobili, ai quali vanno aggiunti gli interventi relativi alla verifica in situ di cose e ambienti. Il tutto viene svolto utilizzando un parco mezzi che risale al 1990, con notevoli disagi per gli operatori e conseguenze sull'efficacia degli interventi di soccorso;

   in questo contesto lo stabile che ospita i vigili del fuoco dal 1973, nonostante gli interventi di mantenimento che nel corso degli anni sono stati svolti in «economia», si trova oggi in uno stato di grave deterioramento e non è più idoneo a svolgere e a supportare le attività del distaccamento (castello di manovra non più utilizzabile, piazzale per gli automezzi non più usufruibile); nello stabile sono inoltre presenti coperture eternit in amianto e infiltrazioni che rendono difficili e compromettono la salute e l'efficienza degli operatori di soccorso;

   nell'ottica della ricerca di uno stabile idoneo all'attività dei vigili del fuoco in data 26 agosto 2016 viene emanato un avviso pubblico (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea n. 2016/S 167-300992) per la ricerca di un immobile da destinare a uso del servizio di Castelfiorentino;

   successivamente il decreto ministeriale del Mef – Ragioneria generale dello Stato protocollo 32039 del 24 febbraio 2017 approva, tra le altre, l'operazione di acquisto dell'immobile sito in Castelfiorentino (Firenze) contenuta nel piano triennale di investimento 2017-2019, in quanto compatibile con i saldi strutturali di finanza pubblica indicati nella nota di aggiornamento del Def 2016 e stante la documentata indispensabilità e indilazionabilità;

   con nota protocollo 2018/4907 del 29 marzo 2018 la direzione regionale Toscana e Umbria dell'Agenzia del demanio, svolte le attività di competenza, comunicava al Ministero dell'interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali, ufficio di coordinamento e sedi di servizio, di aver definito il valore di acquisto dell'immobile individuato e sito nel comune di Castelfiorentino località «Malacoda»;

   la situazione attuale in cui si trova lo stabile del distaccamento di Castelfiorentino, oltre a compromettere l'ambiente di lavoro dei vigili del fuoco, pregiudica anche l'efficacia degli interventi, rendendo pertanto necessario concretizzare in modo tempestivo l'acquisto del nuovo immobile individuato e i conseguenti lavori di adeguamento, per permettere agli operatori di svolgere la loro importante professione al meglio e in conformità delle norme giuridiche –:

   se sia già stato dato mandato ai competenti uffici di provvedere alla liquidazione degli importi finalizzati all'acquisto dell'immobile, così come previsto dal citato decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e, in caso contrario, quali siano le motivazioni per cui non si sia ancora provveduto e in quali tempi il Ministro interrogato preveda che l’iter di acquisizione e ristrutturazione si possa concludere.
(5-02071)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa si apprende che nei giorni scorsi, a Salerno, alla finestra di un appartamento di una via limitrofa alla piazza dove si sarebbe tenuto il comizio del Ministro interrogato, sarebbe stato esposto uno striscione con scritto «Questa Lega è una vergogna», citazione di una canzone di Pino Daniele del 1991;

   i poliziotti sarebbero entrati in casa della signora proprietaria dell'immobile raccomandandole di toglierlo per non incorrere in presunti problemi con la giustizia;

   la signora, intimorita, avrebbe immediatamente fatto togliere tutto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti che, qualora rispondessero al vero, sarebbero senza precedenti e seriamente preoccupanti per i contorni di censura della espressione del libero pensiero che inevitabilmente assumerebbero;

   quali siano le motivazioni, e gli eventuali ordini di servizio, che hanno portano la Polizia di Stato a far rimuovere ad una cittadina incensurata dalla propria abitazione uno striscione recante la strofa di una canzone.
(4-02849)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 3 al 5 maggio 2019 si è svolta a Milano la fiera internazionale dedicata alla canapa;

   lo slogan scelto dagli organizzatori è «Non sono una droga», con una grande foglia di cannabis sullo sfondo;

   lo slogan utilizzato, nonché le piantine di canapa distribuite dagli organizzatori nei giorni precedenti nella città di Milano, rappresentano ad avviso dell'interrogante, un messaggio sociale gravissimo, posto che gli effetti dannosi della cannabis, che è una droga, sono scientificamente dimostrati;

   una petizione online ha chiesto, purtroppo troppo tardi e senza successo, al prefetto di Milano di disporre urgenti misure restrittive per impedire l'accesso di minori alla fiera internazionale della cannabis;

   eventi di identica natura avranno luogo, per esempio, a Roma dal 31 maggio al 2 giugno prossimo e nel corso dell'anno 2020 –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, in relazione alle problematiche legate all'accesso dei minori alle prossime manifestazioni pubbliche aventi quale scopo la promozione dell'utilizzo della canapa.
(4-02851)


   MELONI, BELLUCCI, LOLLOBRIGIDA, FERRO, ROTELLI, LUCASELLI, DEIDDA, FRASSINETTI, MASCHIO, CARETTA, MANTOVANI, TRANCASSINI, LUCA DE CARLO, BUCALO, VARCHI, ZUCCONI, CIABURRO, MOLLICONE e BUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ha suscitato profondo sdegno la vicenda dell'anziano vittima delle torture di una banda di bulli a Manduria, maltrattato e morto in seguito alle ferite riportate da una baby gang a Manduria;

   ad aggravare un quadro già inquietante si aggiunge la notizia, riportata da numerosi quotidiani, che già il 14 marzo 2019, quindi ben quaranta giorni prima del suo decesso; il signor Antonio aveva segnalato ad alcuni poliziotti «di essere, già da diversi giorni, costantemente oggetto di vessazioni, angherie, percosse ed aggressioni ad opera di alcuni giovani ignoti»;

   il successivo 5 aprile, inoltre, risulta che sia stata anche presentata una denuncia scritta delle aggressioni a carico del pensionato, firmata da sette residenti nella via in cui viveva Stano e dal parroco della chiesa San Giovanni Bosco, don Dario De Stefano;

   nonostante questi fatti, non è stato effettuato alcun intervento a tutela del signor Stano, che ha continuato a subire le aggressioni, i maltrattamenti e i pestaggi sino al giorno della sua morte, avvenuta il 23 aprile;

   seppur il signor Stano soffrisse di un disagio psichico, non è chiaro, sulla base di quanto riportato dagli organi di stampa, se il centro di igiene mentale di riferimento di Manduria avesse in carico lo stesso e, se fosse confermato che era in cura, non si sarebbe comunque evitato che l'anziano venisse maltrattato ripetutamente;

   certamente, i servizi per la salute mentale sono privi di adeguate risorse. In base ai dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'Italia, tra Paesi Ocse, si posiziona al ventesimo posto come numero di psichiatri per centomila abitanti, e al quattordicesimo come numero di psicologi e infermieri –:

   per quali motivi le forze di polizia non siano intervenute a tutela del signor Stano nonostante la segnalazione da lui stesso effettuata e la successiva denuncia presentata dai residenti della sua strada;

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per contrastare questi abusi e per tutelare le persone con problemi di salute mentale che possono essere vittime di tali abusi, come nel caso sopra richiamato.
(4-02857)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 ottobre 2018 aveva luogo la prova scritta del concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 novembre 2017, n. 90;

   in data 14 settembre 2018, in Gazzetta Ufficiale n. 73, veniva pubblicato il diario per la prova scritta, il quale fissava per il 18 ottobre 2018 alle ore 10 la data per lo svolgimento della prova;

   la prova scritta, tuttavia, al contrario di quanto stabilito nel bando, non veniva espletata in maniera uniforme e simultanea sul territorio nazionale, così come previsto dall'articolo 8, comma 2, del bando, determinando non solo disparità di trattamento, ma anche una violazione delle disposizioni dei princìpi di trasparenza ed equità;

   in data 12 ottobre 2018, infatti, un'ordinanza del Tar del Lazio disponeva la ripetizione della prova preselettiva per 91 docenti campani a seguito dell’«interruzione del funzionamento delle procedure informatiche», stabilendo altresì la sospensione della graduatoria degli ammessi alla prova scritta;

   in data 17 ottobre 2018 l'ufficio scolastico regionale per la Sardegna determinava il differimento della prova scritta, a seguito di un'ordinanza di chiusura delle scuole per condizioni meteorologiche avverse, disposta dal sindaco di Cagliari, fissata, a seguito della pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2018, per il 13 dicembre 2018;

   in alcune sedi, sono inoltre state riscontrate molteplici ambiguità procedurali, come il differimento dell'orario di svolgimento della prova fino a 2 ore rispetto a quanto stabilito, la mancanza di uniformità procedurali nella selezione dei testi oggetto della stessa, con particolare riferimento alla disomogeneità dei livelli di difficoltà di quelle di lingua inglese, l'inidoneità degli strumenti di software utilizzati per lo svolgimento della prova –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, considerate le molteplici difformità nello svolgimento del concorso messe in luce in premessa, adottare le iniziative di competenza per l'annullamento della prova scritta, il cui svolgimento, secondo l'interrogante, è evidentemente avvenuto in totale difformità rispetto a quanto disposto dall'articolo 8, comma 2, del bando di concorso, secondo il quale la prova scritta è unica su tutto il territorio nazionale e si svolge in un'unica data.
(3-00724)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 ottobre 2018 si è svolta la prova scritta del concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici; i concorrenti avrebbero dovuto essere 8.736, ma il numero è stato alterato dalla mancata partecipazione dei concorrenti della Sardegna che, a causa delle avverse condizioni meteorologiche, non hanno potuto svolgere la prova, che è stata rinviata al 13 dicembre 2018;

   nell'ambito della procedura, sono state riscontrate diverse anomalie che riguardano la violazione del principio di contestualità ed unicità delle prove scritte su tutto il territorio; la violazione del principio dell'anonimato; la mancata pubblicazione, in anticipo, delle griglie di valutazione con descrittori analitici; la disparità di trattamento in merito alla possibile consultazione dei testi normativi, rimessa ad un'eccessiva discrezionalità; malfunzionamenti della tastiera; impostazione della risoluzione di casi non riscontrabili nei contenuti del bando; predisposizione di quadri di riferimento uguali, con evidente vantaggio per i candidati che hanno svolto la prova successivamente;

   in particolare, sarebbe grave la violazione del principio di contestualità ed unicità delle prove scritte sancita dall'articolo 8, comma 2, del bando;

   sembra evidente la violazione del decreto ministeriale 24 novembre 2017, nonché la violazione del principio di equità, che avrebbe dovuto creare pari opportunità per tutti i concorrenti;

   tale principio di equità appare ulteriormente violato considerato che la griglia di valutazione con i rispettivi criteri, è stata pubblicata 24 ore prima della prova. Il Ministero ha pubblicato la griglia, aggiungendo l’«incipit» per ognuno dei 5 quesiti. L’incipit era di orientamento ai candidati per comprendere la tipologia dei quesiti, ma altresì inutile, in quanto pubblicato solo 24 ore prima. Ebbene, la stessa griglia e il medesimo incipit è stato utilizzato per i candidati della Sardegna, che sono stati chiaramente avvantaggiati;

   nel rispetto del dettato del bando del corso concorso, il Ministero avrebbe potuto rinviare la prova per tutti i concorrenti, in osservanza del comma 12 dell'articolo 8;

   si sottolinea, inoltre, la disomogeneità dei comportamenti adottati dai comitati di vigilanza nelle sedi di svolgimento della prova scritta in ordine ai «testi di legge» consultabili ai sensi del comma 13 dell'articolo 8 del bando;

   a seguito della pubblicazione del decreto del direttore generale n. 395 del 27 marzo 2019 cui è allegato l'elenco degli ammessi, sono pervenute al Ministero più di 2.000 istanze di accesso agli atti;

   contrariamente ad ogni regola di trasparenza, al momento non sono noti i nominativi del comitato tecnico-scientifico deputato alla redazione delle prove, così come i criteri di distribuzione delle prove per la correzione tra le varie commissioni –:

   se il Ministro non ritenga opportuno chiarire le ragioni per cui, nell'articolazione della procedura concorsuale, non sia stato rispettato il dettato dell'articolo 8, comma 2, del decreto ministeriale 24 novembre 2017;

   se non ritenga opportuno rendere noti i nomi dei componenti del comitato tecnico-scientifico;

   se non ritenga di avviare un'attività ispettiva interna per verificare la relazione tra il numero di ammessi per regione di provenienza e i posti disponibili per la stessa regione;

   se non ritenga di dover avviare un'attività di verifica sul sistema informatico ed in particolare sulla procedura di abbinamento tra elaborato e codice;

   se non ritenga, con riferimento agli atti endoprocedimentali che hanno portato alla formazione del decreto del direttore generale n. 395 del 27 marzo 2019, di rendere pubblici i dati relativi alla percentuale di ammessi per commissione e, qualora da questi si evincessero eventuali irregolarità se intenda assumere le iniziative di competenza necessarie per garantire la concretezza di tale procedura concorsuale.
(5-02081)


   SURIANO e CASA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011 l'ateneo di Catania ha bandito un concorso per la posizione di ricercatore in storia contemporanea a tempo determinato, su sei partecipanti ben cinque hanno un dottorato in storia contemporanea, tranne una donna laureata in architettura che vince il concorso;

   Giambattista Scirè, uno dei partecipanti, presenta ricorso denunciando «stranezze » legate alla vicenda; dalle indagini della procura ci sarebbero anche prove di rapporti di conflitto d'interesse tra la candidata vincitrice ed il presidente di commissione;

   nel 2014 il Tar Catania emette sentenza per l'annullamento del punteggio della vincitrice e chiede all'università di Catania di sospenderla ma la «vincitrice» continua ad occupare quel posto;

   il ritardo dell'esecuzione della sentenza ha comportato lo sfumare della procedura di proroga del contratto e quindi un danno ulteriore per l'effettivo vincitore del concorso;

   nel 2015 anche il Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana, emette sentenza che certifica le irregolarità; nello stesso anno la giustizia penale dispone il rinvio a giudizio dei membri della commissione, ma l'università non si costituisce parte civile al processo;

   il 17 aprile 2019 Catania Today titola «Concorso truccato all'università di Catania: condannata la commissione per abuso d'ufficio». Si legge «Il tribunale etneo ha condannato i componenti della commissione giudicatrice di un concorso svolto nel 2011, bandito dal dipartimento Disum e funzionale alla copertura di un posto nella sede di Lingue di Ragusa, a un anno di reclusione – pena sospesa – per il reato di abuso d'ufficio e con l'interdizione dai pubblici uffici»;

   nel 2010 con decreto rettorale n. 5512 del 2 febbraio 2010 l'ateneo di Catania pubblica un bando per l'attribuzione di un assegno di ricerca in filosofia del diritto «Pubbliche selezioni, per titolo e colloquio, per il conferimento di assegni per la collaborazione alla ricerca»;

   il 15 aprile 2019 Liveunict titola «Dopo Scirè, il caso Cavallo: Ancora abusi sui concorsi all'Università di Catania». Sembra infatti esserci un nuovo caso stavolta riguardante Roberto Cavallo, studioso abilitato come professore associato in filosofia del diritto nonché docente a contratto nella medesima disciplina presso l'università di Firenze e l'università della Tuscia. Anche in questo caso l’iter giudiziario intrapreso dal professor Cavallo che era stato illegittimamente escluso dal bando si è concluso con una condanna in via definitiva nei confronti dell'amministrazione al risarcimento danni per perdita di chance avendo sia il Tar di Catania, sia il Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana ritenuto la procedura illegittima ab origine. Nello stesso articolo si legge ancora «Nonostante i tribunali appositi gli avessero dato ragione, l'altra controparte, “favorita” secondo Cavallo dall'Università di Catania, avrebbe continuato a percepire regolarmente l'assegno di ricerca per circa 5 o 6 anni. Ma la storia non finisce qua. Nel giugno del 2017, l'Ateneo catanese bandisce un altro concorso ed il professor Cavallo inoltra istanza di annullamento in via di autotutela sostenendo che la formulazione dei criteri avrebbe favorito ancora una volta la stessa persona, come poi avvenuto. Anche in questo caso c'è stato l'invio degli atti al Tar Catania ed il procedimento ad oggi è pendente; nonostante ci sia ancora il procedimento pendente, l'ateneo di Catania ha bandito un nuovo concorso per una posizione identica a quella degli atti impugnati “selezione per ricercatore a tempo determinato, legge 240/2010, articolo 24 comma 3 lettera a) settore scientifico disciplinare IUS/20 – Filosofia del diritto pubblicato nella G.U.R.I. del 26 febbraio 2019”» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti accaduti, se ritenga necessario adottare iniziative per la definizione di una normativa più articolata in materia di reclutamento di docenti e ricercatori universitari e quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per prevenire casi simili;
(5-02082)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, prevede, all'articolo 1-bis, un esonero contributivo triennale per i datori di lavoro privati che assumono i giovani under 35 che non sono mai stati titolari di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Lo sgravio contributivo è pari al 50 per cento dei contributi previdenziali – con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail – per un importo massimo di 3.000 euro;

   il decreto suddetto ha modificato le norme relative ai contratti a tempo determinato, per i quali oggi solo i primi dodici mesi sono considerati «acausali», mentre ogni rinnovo e proroga fra i dodici e i ventiquattro mesi deve essere giustificata con causali che le parti sociali, in sede di conversione, avevano definito difficilmente applicabili e a rischio di generare ampio contenzioso;

   al fine di ottenere l'esonero contributivo triennale per le assunzioni dei giovani under 35, è necessario che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali emani il decreto attuativo previsto al comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87; tale necessità viene riportata anche nel report «incentivi.gov.it» pubblicato in questi giorni sull'omonimo sito internet;

   ad oltre nove mesi dalla conversione in legge del cosiddetto «decreto dignità», il Governo non ha ancora emanato i suddetti decreti attuativi; le responsabilità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per questo ritardo sono tanto più gravi considerato il rischio di recessione per il Paese e tenuto conto della grave stagnazione in cui si trova l'economia italiana, stimata dai maggiori istituti economici internazionali –:

   in quali tempi intenda adottare il decreto attuativo dell'articolo 1-bis del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, e consentire la fruizione dell'esonero contributivo triennale per i datori di lavoro privati che assumono i giovani sotto i 35 anni che non sono mai stati titolari di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
(5-02069)


   SPORTIELLO, PALLINI, MANZO, BUOMPANE, SARLI e AMITRANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Campania sono circa 2.600 i lavoratori Apu (Attività di pubblica utilità) ex percettori di ammortizzatori sociali ed ex percettori di sostegno al reddito impegnati nei progetti finanziati dalla regione Campania e realizzati all'interno di numerosi comuni della regione;

   i lavoratori Apu in questi mesi sono stati impegnati in progetti che hanno assicurato servizi necessari per i cittadini e le comunità. I lavoratori Apu sono stati utilizzati per la manutenzione di strade e scuole, giardinaggio, attività in uffici e biblioteche comunali, lavori in occasione di manifestazioni sportive, culturali e di solidarietà sociale;

   il decreto legislativo n. 150 del 2015 «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183» prevede, all'articolo 26 – «utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito» che: «1. Allo scopo di permettere il mantenimento e lo sviluppo delle competenze acquisite, i lavoratori che fruiscono di strumenti di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro nonché i lavoratori sottoposti a procedure di mobilità possono essere chiamati a svolgere attività a fini di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di appartenenza, sotto la direzione e il coordinamento di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, nel territorio del comune ove siano residenti»;

   l'Unione sindacale di base, federazione regionale della Campania, in una sua nota del 23 aprile 2019, pone l'accento sulla situazione precaria dei lavoratori Apu e sull'assenza di prospettive occupazionali per questi lavoratori. A questa condizione di precarietà si aggiunge il fatto che alcuni comuni non hanno effettuato i pagamenti per alcune mensilità di lavoro già svolto, con ritardi che arrivano fino 6-8-10 mesi nei pagamenti. L'Usb Campania ha stilato una nota nella quale indica ai vertici della regione Campania quali siano i comuni in cui vi sono ritardi di pagamento e il numero di lavoratori Apu coinvolti;

   di seguito l'elenco dei comuni:

    Montecorvino Rovella (Salerno) 24 unità: progetto terminato ad aprile 2019, manca il pagamento di 6 mensilità;

    Arpaise (Benevento) 12 unità: mancano 6 mensilità;

    Teano (Caserta) 12 unità: progetto ancora in corso, mancano 3 mensilità;

    Cava de’ Terreni (Salerno) 24 unità: per i lavoratori in carica alle scuole di Cava, progetto scaduto a gennaio 2019, mancano 2 mensilità;

    Capodrise (Caserta): 7 unità: progetto terminato a ottobre, 2018 mancano 3 mensilità;

    Gricignano d'Aversa: progetto terminato a novembre 2018, manca l'ultima mensilità;

    Casola di Napoli: 12 unità: progetto terminato a gennaio 2019, manca l'ultima mensilità;

    Calitri (Avellino) 7 unità: progetto terminato il 10 settembre 2018, mancano le ultime 2 mensilità;

    Striano (Napoli) 3 unità: progetto terminato, mancano le ultime 3 mensilità;

    Sarno (Salerno) 7 unità: progetto terminato a gennaio 2019, mancano le ultime 2 mensilità;

    Caivano (Napoli) 24 unità: progetto terminato a novembre 2018, manca l'ultima mensilità –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, anche in sinergia con gli enti territoriali interessati, per dare una risposta alla situazione di precarietà dei lavoratori sopra indicati.
(5-02073)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO, FRAGOMELI e BAZOLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'orticaria cronica spontanea (Csu) è una malattia autoimmune che assume caratteri di severità tale da interferire pesantemente con la qualità di vita del paziente, causandone un deterioramento progressivo;

   i pazienti che, dal 2015, sono stati trattati con Omalizumab, farmaco privo di effetti avversi di rilievo e in grado di determinare la regressione completa della manifestazione clinica nel 70 per cento dei casi, hanno recuperato libertà di lavorare e di svolgere normali mansioni quotidiane, con un visibile miglioramento delle loro condizioni di vita;

   l'Aifa, a differenza di autorità di altri Paesi europei ed extra europei, ha previsto nel decreto del 31 luglio 2015 un piano terapeutico che include solo 11 infusioni per tale farmaco, pur non esistendo alternative farmacologiche in termini di pari efficacia e sicurezza;

   dagli studi nazionali e internazionali e dai dati «real life», i pazienti che recidivano all'interruzione del trattamento sono oltre il 60 per cento, per cui, se non trattati, ripiombano nel drammatico iter di ospedalizzazioni, con ripetuti accessi al pronto soccorso;

   il monitoraggio e gli effetti collaterali dei trattamenti alternativi ad Omalizumab, unitamente alla persistenza di una forma severa di orticaria cronica spontanea, comportano un costo per il servizio sanitario nazionale in termini di indagini ematologiche, visite mediche, accessi al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri di gran lunga superiore al costo del prolungamento della terapia con Omalizumab;

   il 13 febbraio 2019, i pazienti con Csu riuniti nell'associazione nazionale Arco hanno incontrato rappresentanti dell'Aifa, la quale, a seguito dell'incontro, ha richiesto all'azienda farmaceutica Novartis di consegnare entro il 28 febbraio un dossier aggiornato relativo alla patologia e agli effetti positivi dell'Omalizumab, oltre le 11 infusioni;

   il 2-3-4 aprile 2019 si è riunito il Comitato tecnico-scientifico dell'Aifa per valutare la richiesta avanzata da Arco di ripetibilità del protocollo terapeutico e all'inizio di maggio si è tenuto il Comitato prezzi e rimborsi di Aifa. Ad oggi non vi è stata alcuna comunicazione in merito ed anzi due settimane fa il blocco del farmaco è iniziato anche in Sicilia;

   un articolo apparso sul Corriere della Sera in data 4 maggio 2019 conferma che a partire dal 2018 in alcune regioni – segnatamente Lombardia, Liguria e Sicilia – l'uso del piano terapeutico per il farmaco Omalizumab è stato limitato a soli 12 mesi (per un totale di 11 infusioni massime), Dopo tale periodo le cure non vengono più rimborsate dal servizio sanitario nazionale e alle persone affette da Csu non vengono fornite valide e più economiche alternative (anche considerando il costo di circa 1.200 euro per ogni ciclo di cura con Omalizumab);

   la stessa Arco è stata audita in data 27 febbraio 2019 dalla regione Lombardia per sollevare la questione e ha incontrato in data 11 marzo e 14 aprile 2019 l'avvocato Giulio Gallera, assessore al welfare della Lombardia, il quale ha garantito una soluzione per rendere nuovamente disponibile Omalizumab in Lombardia;

   la materia era stata già oggetto di diverse interrogazioni, tra cui una – interrogazione a risposta scritta 4-02549 – presentata dal primo firmatario del presente atto in data 21 marzo 2019 che non ha ancora ricevuto risposta –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per assicurare ai pazienti, sotto stretta prescrizione medica, le infusioni di Omalizumab anche oltre le 11 somministrazioni previste dal decreto dell'Aifa, qualora le condizioni del paziente lo rendano necessario;

   se e quali iniziative intenda intraprendere al fine di eliminare in via definitiva la limitazione nell'utilizzo del farmaco di cui in premessa e così assicurare uniformemente su tutto il territorio nazionale l'accesso ad esso.
(5-02067)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   BENAMATI, MORETTO e GAVINO MANCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore calzaturiero italiano rappresenta uno dei pilastri del sistema moda italiano (con circa 4.500 imprese, 76.000 addetti, 190 milioni di paia prodotte annualmente con un fatturato di circa 14 miliardi di euro), e si configura come il primo produttore di calzature nell'Unione europea e il dodicesimo per numero di paia nel mondo;

   la primaria posizione nei mercati internazionali dell'industria calzaturiera italiana è dovuta ad una forte capacità competitiva ed è basata sulle superiori caratteristiche qualitative del prodotto. Il settore calzaturiero italiano esporta oltre l'87 per cento della propria produzione e, con un saldo commerciale da sempre attivo, pari a circa 4,45 miliardi di euro nel 2018, rappresenta una realtà di estrema rilevanza qualitativa e quantitativa nell'economia italiana;

   il mercato cinese, in questo contesto, rappresenta un'opportunità unica per le piccole e medie imprese calzaturiere italiane che possono anche essere ambasciatori del made in Italy nel mondo. Allo stato attuale, tuttavia, la mancata tutela del copyright da parte del Governo cinese e la debole tutela della proprietà intellettuale, fa sì che le imprese calzaturiere si trovino molto spesso ad affrontare una lotta impari, come ad esempio il caso che riguarda l'azienda Premiata srl che da circa 10 anni subisce in Cina pratiche sleali di usurpazione del marchio e di contraffazione di marchio, prodotto e di immagine aziendale, e che sta agendo legalmente a tutela dei propri diritti sostenendo costi ingenti e insostenibili per una piccola e media impresa;

   nel 2016 il valore del commercio mondiale di prodotti contraffatti che violano i marchi italiani è di 31,7 miliardi di euro, pari al 3,6 per cento delle vendite totali per il settore manifatturiero italiano. Il volume totale delle mancate vendite per le aziende italiane a causa della violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale nel commercio mondiale ammonta a 24 miliardi di euro, pari al 3,2 per cento delle vendite totali registrate da tali aziende –:

   quali iniziative stia portando avanti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per la difesa delle imprese italiane in Cina, sul riconoscimento della proprietà intellettuale in particolare nei settori manifatturieri con alto contenuto di creatività, sul riconoscimento dei diritti del copyright e più in generale sulla tutela della proprietà intellettuale, come avviene in molte realtà soprattutto in Europa, dove esiste un alto livello di tutela.
(5-02077)


   BARELLI e BOND. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Terna è proprietario della Rete di trasmissione nazionale di energia elettrica ed è responsabile della trasmissione, del dispacciamento dell'energia e della gestione in sicurezza della stessa;

   la società Terna ha mostrato, con la presentazione di due progetti simili, l'intenzione di realizzare un elettrodotto aereo ad alta tensione, che si sviluppa per 15 chilometri, in un'area d'intervento Dolo-Padova Camin, tra le province di Venezia e Padova, densamente popolata a ridosso di centri abitati, in prossimità di ville Venete (villa Pisani e Villa Sagredo per esempio) e all'interno del Parco Sarmazza a Vigonovo, realizzato con fondi comunali e statali;

   il primo progetto di elettrodotto aereo da 380 kV, con tralicci alti 60 metri, è stato «bocciato» dal Consiglio di Stato con sentenza depositata il 10 giugno 2013;

   il secondo progetto di elettrodotto aereo da 380 kV (molto simile al primo) è stato ritirato dalla stessa società con comunicato del 30 maggio 2018;

   l'intervento nasce dall'esigenza di Terna di rafforzare la maglia della rete elettrica in Veneto e potenziare la capacità di connessione, trasformazione e trasmissione della potenza prodotta nell'area;

   la richiesta dei comitati cittadini e delle amministrazioni comunali è quella di procedere alla realizzazione dell'elettrodotto interrato e non aereo. La richiesta locale è di fare l'opera ma interrata rispettando:

    1) il territorio densamente antropizzato con presenza di scuole materne e parchi, oltre a numerose abitazioni e attività di vario genere;

    2) il valore storico artistico e turistico delle splendide ville venete che i patrizi veneziani hanno edificato nel corso dei secoli (l'elettrodotto aereo sarebbe visibile a migliaia di metri di distanza rovinando uno skyline unico al mondo);

   anche la regione Veneto ha scelto di contestare il piano originario proposto da Terna, approvando all'unanimità una mozione del consiglio regionale, che impegna la regione ad «ottenere un progetto alternativo, che preveda l'interramento delle linee elettriche»;

   si noti che la Terna s.p.a. realizza centinaia di chilometri di linee interrate in giro per il mondo (come riportato sul sito internet istituzionale). Non si capisce perché non sia possibile farlo anche nella Riviera del Brenta –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per assicurare la realizzazione dell'elettrodotto tra Dolo e Camin-Padova interrato e non aereo, ascoltando le realtà locali e collaborando con esse.
(5-02078)


   MASI e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore dell'arredo riveste un'importanza strategica nell'economia pugliese che, tra i suoi distretti produttivi, annovera anche quello Legno e Arredo Pugliese;

   all'interno del citato distretto legno e arredo pugliese ha dimostrato una particolare vitalità il comparto del mobile imbottito conosciuto come il «Triangolo del salotto»;

   collocato nella zona compresa tra i comuni di Altamura, Santeramo e Matera e per questo denominato distretto Murgiano, il citato comparto è entrato in crisi nel primo decennio degli anni 2000: tra il 2001 e il 2015, nel quadro di una congiuntura economico finanziaria internazionale negativa, ha perso, infatti, circa il 50 per cento sia delle unità locali che degli addetti, con pesanti ripercussioni anche sull'indotto;

   in un'ottica di superamento della crisi il comparto del mobile imbottito ha scelto di continuare a puntare sul distretto industriale come sistema di impresa, con particolare attenzione alla sua riqualificazione sia dal punto di vista dell'innovazione dei processi produttivi che dell’upgrade della formazione dei lavoratori, finalizzata all'internazionalizzazione delle imprese del territorio e alla promozione presso il sistema impresa italiano ed estero della scelta della Murgia come territorio privilegiato per far vivere l'economia dell'arredo;

   fino al dicembre 2015 il comparto ha beneficiato dell'accordo quadro tra Puglia e FederlegnoArredo (Federazione italiana industrie del legno, del sughero, del mobile e dell'arredo), firmato in continuità con la sigla a febbraio 2013 dell'accordo di programma per il rilancio industriale delle aree interessate dalla crisi del distretto del mobile imbottito della Murgia tra il Ministero dello sviluppo economico e le regioni Puglia e Basilicata;

   nel 2016 è stato stipulato un accordo triennale di collaborazione tra FederlegnoArredo e regione Puglia per sostenere la locale filiera del legno-arredo, attraverso la partecipazione di imprese del territorio alle manifestazioni fieristiche Made expo, Salone del Mobile Milano e Saloni Worldwide 2017;

   la Puglia figura tutt'oggi tra le otto regioni italiane del distretto del mobile come rilevato dall'indagine sui distretti italiani del mobile realizzata dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, del gennaio 2019, dalla quale emerge, altresì, come il 60 per cento degli addetti dell'industria del mobile trova impiego nei distretti industriali, che coprono i tre quarti dell'avanzo commerciale dell'industria del mobile italiana –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per il rilancio del distretto murgiano del mobile imbottito.
(5-02079)


   COLUCCI e SCHULLIAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 1031 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, introduce, in via sperimentale per il triennio 2019-2021, incentivi sotto forma di contributi fino a 6.000 euro per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di veicoli a basse emissioni di monossido di carbonio;

   ai sensi del comma 1031 sono ammissibili al contributo i veicoli di categoria M1 nuovi di fabbrica, con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro Iva esclusa;

   generalmente le case automobilistiche praticano una politica secondo la quale la dotazione di base dei veicoli può essere integrata con accessori vari, come ad esempio navigatore satellitare, assistenti di guida elettronica e altro, pagando un supplemento sul prezzo base del veicolo, a seconda degli accessori scelti;

   si fa presente che in Germania, dove vengono concessi analoghi incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni con prezzo base non superiore a 60.000 euro, i suddetti supplementi per accessori sono espressamente esclusi ai fini del raggiungimento del limite di prezzo –:

   se i supplementi di prezzo per accessori vari, richiesti dal cliente, siano computati ai fini del raggiungimento del limite di 50.000 euro o se questo limite si riferisca esclusivamente al prezzo base del veicolo come risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice.
(5-02080)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Francesco Silvestri e altri n. 2-00292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Romaniello.

  L'interpellanza urgente Rospi e altri n. 2-00374, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cillis, Liuzzi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Alaimo n. 4-02804, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lombardo, Martinciglio, Licatini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-02039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delmastro delle Vedove.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Migliore n. 5-02045, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiano.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Spena e Nevi n. 5-02058, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fasano.

  L'interrogazione a risposta scritta Sabrina De Carlo n. 4-02821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sut.

Cambio di presentatore di una interrogazione a risposta immediata in Commissione.

  Interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-02049, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019, è da intendersi presentata dall'On. Cancelleri, già cofirmataria della stessa.

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Bond n. 4-00985 del 4 settembre 2018.