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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 7 maggio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La IX Commissione,

   premesso che:

    nel nostro Paese il settore dei trasporti pubblici conta fra i vari sistemi di mobilità anche quello cosiddetto a fune che comprende funivie, funicolari, sciovie a fune alta e bassa e slittinovie. Tali sistemi rappresentano in vero un ambito altamente sviluppato a livello di trasporto urbano, turistico e di materiale;

    a dimostrazione dell'importanza di tale sistema di mobilità e trasporto basta considerare che le prime disposizioni concernenti l'esercizio di impianti a fune, aerei e terrestri, destinati al trasporto pubblico, si rinvengono già nel regio decreto 17 gennaio 1926, n. 177, con il quale è stata istituita la Commissione per le funicolari aeree e terrestri, quale organo consultivo volto a supportare la definizione di misure regolamentari, sia dal punto di vista tecnico che giuridico-amministrativo, concernenti l'impianto e l'esercizio di impianti funicolari aerei e terrestri destinati al servizio di trasporto pubblico, e poi ancora nel 1938 con il regio decreto-legge n. 1696, convertito dalla legge 5 gennaio 1939, n. 8, successivamente modificato con il decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 1955, n. 771, recante norme per l'impianto e l'esercizio di sciovie, slittovie e altri mezzi di trasporto terrestre a funi senza rotaia;

    nel corso degli anni, a confermare il crescente rilievo dei sistemi di trasporto a fune, il legislatore nazionale è intervenuto in numerose occasioni, come con il decreto ministeriale 15 febbraio 1969, n. 815, con cui furono approvate le prescrizioni tecniche speciali per le funivie bifuni con movimento a va e vieni; con il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 5; e ancora con il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, con cui si introducevano nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e degli altri servizi di trasporto; e il successivo decreto ministeriale 15 marzo 1982, n. 706 riguardante le norme tecniche per la costruzione e l'esercizio delle sciovie in servizio pubblico;

   con il decreto ministeriale 4 agosto 1998, n. 400 e successive modifiche e integrazioni, è stato emanato il regolamento generale recante norme per le funicolari aeree e terrestri in servizio pubblico destinate al trasporto di persone; mentre con il successivo decreto ministeriale 8 marzo 1999 venivano definite le prescrizioni tecniche speciali per le funivie monofuni con movimento unidirezionale continuo e collegamento permanente dei veicoli, cui si davano specifiche e integrazioni con il decreto dirigenziale del 9 gennaio 2012 concernente «Disposizioni modificative delle Prescrizioni Tecniche Speciali per le Funivie, nonché disposizioni in materia di partecipazione del personale tecnico degli U.S.T.I.F. alle verifiche e prove, periodiche o straordinarie, sugli impianti a fune in servizio pubblico» e con il decreto dirigenziale del 16 novembre 2012, n. 337 concernente «Disposizioni e prescrizioni tecniche per le infrastrutture degli impianti a fune adibiti al trasporto di persone»;

   ovviamente, anche il legislatore europeo è intervenuto sulla materia adottando la direttiva 2000/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000 relativa agli impianti a fune adibiti al trasporto di persone e relativo sistema sanzionatorio cui il nostro Paese ha dato applicazione attraverso il decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 210;

   visto lo sviluppo tecnologico massivo e il sempre crescente impiego dei sistemi a fune, le prescrizioni tecniche sono state ulteriormente integrate e sono state apportate modifiche nel corso degli anni più recenti, in particolar modo con riguardo all'esercizio e alla manutenzione degli impianti, come recato dal decreto dirigenziale n. 144 del 18 maggio 2016 (prescrizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione delle funi e dei loro attacchi per gli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone);

   da ultimo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è intervenuto con il decreto direttoriale 11 maggio 2017 concernente «Impianti aerei e terrestri. Disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone» in considerazione della necessità di adottare in forma organica le disposizioni e le prescrizioni tecniche, sia nazionali che di recepimento delle norme armonizzate, per la sicurezza degli impianti a fune adibiti al trasporto di persone; tale decreto è stato adottato con il parere della Commissione funicolari aeree e terrestri, istituita con il predetto regio decreto n. 177 del 1926, nell'adunanza del 23 giugno 2016 espresso con voto n. 4, oltre che essere concordato con le associazioni di categoria (Anitif, Federfuni Italia e Anef);

   il predetto decreto direttoriale reca pertanto disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone e valido specificatamente per le seguenti tipologie di impianti: funivie, funicolari, sciovie a fune alta e bassa, slittinovie. Lo scopo delle nuove disposizioni sarebbe quello di provvedere ad una rielaborazione organica della normativa in vigore relativa al personale, all'esercizio, alle verifiche e prove funzionali, alle prove periodiche, alla manutenzione e alle modifiche tecniche che non costituiscono varianti costruttive;

   nello specifico il decreto, all'allegato tecnico, reca: al punto 4.1.3 il regolamento di esercizio da redigere a cura del direttore di esercizio e dell'esercente per ogni singolo impianto in esercizio sulla base di uno schema proposto dall'autorità di sorveglianza, cioè il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con i relativi allegati (Piano di evacuazione) per poi essere approvato dal Ministero stesso; al punto 4.1.5, il registro Giornale dell'esercizio, che deve essere predisposto e compilato in linea con il modello del suddetto regolamento di esercizio; al punto 4.3 il registro di controllo e manutenzione che deve essere predisposto e compilato in linea con il modello del suddetto regolamento di esercizio e del manuale di uso e manutenzione dell'impianto;

   ai sensi del punto 9.1.1 del medesimo allegato tecnico entro il prossimo 24 maggio 2019, cioè entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto direttoriale, tutte le disposizioni di esercizio relative agli impianti esistenti devono essere adeguate ai contenuti del presente decreto. L'esercente dovrà inviare all'autorità di sorveglianza, ai fini approvativi, il regolamento di esercizio con i relativi allegati, tra i quali il piano di evacuazione, pena la revoca del nulla osta, nonché il registro giornale, il registro di controllo e manutenzione, il verbale di ispezione annuale e il rapporto di ammissibilità sullo stato delle funi;

   ciò significa che entro il prossimo 24 maggio tutti gli esercenti dovranno aggiornare i regolamenti di esercizio di tutti i loro impianti e inviarli all'autorità di sorveglianza, che li dovrà approvare. Ciononostante, alla data del 30 aprile 2019 non risulta ancora emanato lo schema di regolamento di esercizio, ai sensi del sopra richiamato punto 4.1.3 dell'allegato tecnico;

   vale la pena sottolineare che, anche se nel corso del mese di maggio 2019 il Ministero dovesse emanare lo schema di redazione del regolamento di esercizio, non vi sarebbero i tempi tecnici e materiali per permettere agli esercenti di adeguare i propri regolamenti e riceverne in tempo idoneo le dovute autorizzazioni dalla stessa autorità;

   in tali condizioni quindi il rischio concreto è che dal prossimo 25 maggio 2019 gli impianti a fune di tutta Italia debbano essere sottoposti a chiusura coatta imposta dall'autorità di sorveglianza, prevenendo in tal modo l'eventuale violazione della normativa vigente, ma anche qualora fosse la stessa Autorità a non prevedere misure di sospensione dell'attività degli impianti, sarebbero gli stessi esercenti, nel loro interesse, a fermare e chiudere i medesimi impianti in quanto non più conformi alla norma vigente,

impegna il Governo

ad assumere tempestive iniziative di natura normativa volte a rinviare l'applicazione delle disposizioni recate dal decreto direttoriale 11 maggio 2017, per un periodo di almeno 12 mesi, al fine di garantire la regolare prosecuzione dell'attività degli impianti oggetto del decreto direttoriale, ferma restando la necessità dell'adozione dello schema di registro d'esercizio da parte dell'autorità di sorveglianza in tempi idonei a permettere agli esercenti di adeguare i propri regolamenti e sottoporli all'autorizzazione della stessa autorità.
(7-00240) «Bergamini, Maccanti, Porchietto, Morelli, Sozzani, Cecchetti, Baldelli, Donina, Germanà, Capitanio, Mulè, Giacometti, Pentangelo, Fogliani, Rosso, Tombolato, Zanella, Zordan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel) (decreto legislativo n. 267 del 2000) prevede lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose: al comma 1 si prevede, infatti, che i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati dall'autorità giudiziaria emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica;

   la misura è di tipo preventivo, assunta sulla base dell'istruttoria effettuata dalla commissione di accesso nominata dal prefetto del territorio. Il prefetto, infatti, nomina una commissione d'indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni. Il prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell'interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 dell'articolo 143 del Tuel. Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

   la misura preventiva è considerata un atto di alta amministrazione: dunque, seppur sindacabile in quanto non si tratta di atto politico, il provvedimento gode di un peculiare regime, in virtù del quale non solo non sono applicabili le forme di partecipazione procedimentale, ma il controllo giurisdizionale ha ridottissimi margini di scrutinio, data l'ampia discrezionalità che connota la funzione in parola;

   il provvedimento si basa su un quadro meramente indiziario, ma impone comunque una valutazione estremamente rigida della coerenza degli elementi addotti;

   il provvedimento ex articolo 143, nella logica ordinamentale, è, o almeno dovrebbe essere considerato, una extrema ratio: esso, infatti, sulla base di valutazioni eccezionali sancisce la priorità delle motivazioni di sicurezza e di ordine pubblico rispetto alla volontà popolare;

   tuttavia, negli ultimi anni, diversamente da quanto la norma prevede, l'istituto, secondo gli interpellanti, si è sostanzialmente sganciato dai presupposti di eccezionalità stabiliti dal legislatore e ha cominciato a trovare un'applicazione sempre più frequente e ordinaria. Ciò determina – specie nei casi in cui il provvedimento sia poi sospeso o annullato in sede giurisdizionale – un'inversione dei beni giuridici in gioco (sicurezza da un lato, principio democratico-rappresentativo dall'altro), che introduce nel sistema un profilo d'irragionevole, e ingiustificato, sacrificio del principio democratico, oltreché del diritto-dovere dei soggetti preposti alle funzioni istituzionali di esercitare il proprio mandato –:

   se il Governo intenda chiarire:

    a) se i funzionari nominati dalle prefetture nelle commissioni di indagine ai fini della relazione si rechino nei comuni interessati o si basino esclusivamente sull'acquisizione di documenti;

    b) se la commissione d'accesso interloquisca con gli amministratori con richieste di spiegazioni;

    c) se i prefetti, prima si stilare la relazione, chiedano documenti di approfondimento o chiarimenti agli amministratori;

    d) se venga valutata, visto l'orientamento in merito della giustizia amministrativa, l'esatta rilevanza, caso per caso, anche degli inadempimenti, di ritardi o delle connessioni con il tessuto criminale locale dovuti alla parte burocratico-amministrativa e non agli organi politici, ed al controllo effettuato o meno in precedenza sui comuni poi sciolti dalle prefetture in relazione alle attività amministrative comunali, in particolare sugli appalti degli enti locali e sullo svolgimento di servizi di interesse statale da parte dei comuni;

    e) se si siano verificati casi nei quali i controlli e la vigilanza esercitati o meno dalle prefetture sui comuni non abbiano dato esiti, mentre poi i comuni sono stati sciolti anche con riguardo a vicende inerenti ad appalti o servizi;

    f) se i commissari o le commissioni, nominati dal Ministero dell'interno per la gestione commissariale degli enti disciolti, abbiano un obbligo specifico di presenza nei comuni dove prestano servizio;

    g) quale importo complessivo il Ministero dell'interno abbia impegnato e speso ai fini dell'indennità e degli altri costi, comprese le trasferte, dei commissari nominati;

    h) se il Ministero dell'interno effettui una vigilanza sulle commissioni nominate durante l'espletamento del mandato;

    i) se, nel caso in cui durante i commissariamenti vi sia un eccessivo indebitamento dei comuni interessati, tale indebitamento ricada sulle nuove amministrazioni oppure ne rispondano il Ministero dell'interno ed i funzionari nominati.
(2-00375) «Santelli, D'Ettore, Cannizzaro, Maria Tripodi, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI GIORGI, ASCANI, PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, PRESTIPINO, ROSSI, ANZALDI e FRANCESCHINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 218 del 2016 è stato avviato un processo di razionalizzazione e semplificazione della disciplina degli enti pubblici di ricerca;

   sono state poste le premesse per aumentare la competitività del sistema della ricerca pubblica italiana nello spazio europeo della ricerca associando alle misure di semplificazione gli strumenti di monitoraggio ex post ed in itinere per accompagnare l'autonomia responsabile degli enti con opportuni controlli di valenza strategica nazionale;

   l'articolo 2 del decreto legislativo n. 218 del 2016 ha affidato ai Ministeri vigilanti un compito specifico di monitoraggio i cui risultati devono essere sottoposti al Parlamento;

   in base alle disposizioni richiamate il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della salute, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e la stessa della Presidenza del Consiglio dei ministri, devono verificare per gli enti vigilati:

    a) l'adeguamento degli statuti e dei regolamenti alle prescrizioni del decreto n. 218 del 2016, alla Carta europea dei ricercatori e il Codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori (2005/251/CE) e alle indicazioni contenute nel documento European Framework for Research Careers;

    b) l'elaborazione di prassi applicative virtuose;

    c) l'adozione di adeguate iniziative di formazione, comunicazione istituzionale, informazione e disseminazione dei risultati delle ricerche;

    d) la programmazione di iniziative di collaborazione pubblico-pubblico e pubblico-privato;

    e) l'adozione di specifiche misure volte a facilitare la libertà di ricerca e la portabilità dei progetti;

    f) l'individuazione di misure adeguate per la valorizzazione professionale e la tutela della proprietà intellettuale connesse anche a strumenti di valutazione interna;

    g) l'efficacia delle forme di partecipazione di ricercatori e tecnologi alle fasi decisionali per la programmazione e attuazione della ricerca;

    h) il rientro in Italia di ricercatori e tecnologi di elevata professionalità e competenza e il livello di competitività e attrattività delle strutture di ricerca italiane per i ricercatori stranieri;

    i) l'equilibrio tra sostegno alle attività di ricerca e programmazione finanziaria;

   la disposizione stabilisce che i risultati dell'attività di monitoraggio siano illustrati in un'apposita e dettagliata relazione annuale, anche recante la dimostrazione dei risultati attesi, che ogni Ministero vigilante trasmette entro il mese di settembre di ogni anno al Parlamento;

   la disposizione prevede, inoltre, che per assicurare l'efficacia dell'azione di monitoraggio, a partire dall'anno 2018 un'apposita sezione del Programma nazionale della ricerca (Pnr) e i suoi aggiornamenti annuali contengano ulteriori specifici indicatori e risultati attesi;

   nel 2018 e nel 2019 il Programma nazionale della ricerca (Pnr) che, a norma di legge ha durata triennale e deve essere aggiornato annualmente (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 204 del 1998), non è stato aggiornato, pertanto, non ci sono indicatori nuovi;

   nel 2018 è arrivata una sola relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica registrata come Doc. CCXXXIX, mentre, a tutt'oggi, non risultano depositate le altre 19, di cui 11 di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:

   se il Governo non intenda fornire ogni utile elemento sull'esito delle azioni previste a due anni dalla loro introduzione e sui motivi del mancato deposito delle relazioni e del mancato aggiornamento del Pnr;

   quali atti e quali iniziative il Governo intenda adottare o intraprendere per assicurare un efficace e coordinato meccanismo di controllo e promozione delle buone pratiche a partire dal reclutamento e dalla programmazione delle assunzioni negli enti pubblici nazionali di ricerca.
(5-02033)


   BOSCHI e MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'attuazione del programma di Governo dovrebbe rappresentare uno degli impegni fondamentali di qualunque Esecutivo, così come la trasparenza e la intelligibilità dei relativi dati nei confronti dei cittadini;

   i precedenti Governi Renzi e Gentiloni avevano realizzato un sito istituzionale costantemente aggiornato e particolarmente chiaro per rendere accessibili i dati relativi alla attuazione da parte di tutti in tempo reale;

   il suddetto sito è stata oscurato dall'attuale Governo quasi per un anno, dall'inizio del proprio mandato sino al 30 aprile 2019;

   il sito istituzionale è stato radicalmente cambiato e risulta oggi, ad avviso degli interroganti, di difficile comprensione e non dettagliato, tanto da rendere molto complessa la lettura dei dati per i cittadini;

   oggi risulta quindi impossibile conoscere esattamente quanti e quali decreti attuativi siano stati adottati dall'attuale Governo sia con riguardo ai provvedimenti dei Governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni sia con riguardo a quelli del Governo in carica;

   non è possibile conoscere il numero dei decreti ancora da adottare complessivamente;

   tale circostanza appare particolarmente grave alla luce del fatto che dall'attuazione dei provvedimenti dipende la possibilità concreta per cittadini, imprese e famiglie di accedere ai servizi e poter esercitare i diritti connessi alle misure previste –:

   quanti decreti attuativi siano stati adottati dal Governo dal 1o giugno 2018 ad oggi, con riguardo sia ai provvedimenti promossi o adottati dall'Esecutivo in carica che a quelli promossi o adottati dai precedenti Governi, e quanti decreti restino complessivamente ancora da adottare;

   se e quando si intenda aggiornare e modificare il sito, al fine di consentire una reale trasparenza dei dati.
(5-02061)


   FIANO, MIGLIORE, CECCANTI, MARCO DI MAIO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI, POLLASTRINI, ANNIBALI, ANZALDI, ASCANI, BAZOLI, BENAMATI, BERLINGHIERI, BOCCIA, BONOMO, BORDO, ENRICO BORGHI, BOSCHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, BURATTI, CAMPANA, CANTINI, CARLA CANTONE, CARDINALE, CARÈ, CARNEVALI, CENNI, CIAMPI, COLANINNO, CRITELLI, DAL MORO, D'ALESSANDRO, DE FILIPPO, DE LUCA, DE MARIA, DE MENECH, DE MICHELI, DEL BARBA, DEL BASSO DE CARO, DI GIORGI, FASSINO, FERRI, FRAGOMELI, FRAILIS, FREGOLENT, GADDA, GARIGLIO, GIACHETTI, GIACOMELLI, GRIBAUDO, GUERINI, INCERTI, LA MARCA, LACARRA, LEPRI, LIBRANDI, LOSACCO, LOTTI, MADIA, GAVINO MANCA, MANCINI, MARATTIN, MAURI, MELILLI, MICELI, MOR, MORANI, MORASSUT, MORETTO, MORGONI, MURA, NARDI, NAVARRA, NOBILI, NOJA, ORLANDO, PADOAN, PAGANI, UBALDO PAGANO, PAITA, PELLICANI, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, PIZZETTI, PORTAS, PRESTIPINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, ROSATO, ROSSI, ROTTA, SCALFAROTTO, SCHIRÒ, SENSI, SERRACCHIANI, SIANI, TOPO, UNGARO, VAZIO, VERINI, VISCOMI, ZAN e ZARDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appresi che durante l'ennesima iniziativa di campagna elettorale tenuta dal Ministro dell'interno, tra i numerosi selfie e video concessi da Salvini, vi è stato anche quello di una ragazza che accosciatasi, ha chiesto sorridendo al segretario della Lega se li considerava ancora dei «terroni di m...»;

   come si vede dal video pubblicato, il segretario della Lega, preso alla sprovvista, ha intimato perentoriamente agli agenti, che lo accompagnavano in quanto Ministro, di cancellare il video; successivamente le forze dell'ordine hanno allontanato la ragazza requisendole il telefono, che in seguito le è stato restituito;

   non si comprende a che titolo e sulla base di quale norma giuridica sia stato sequestrato, sia pur temporaneamente, questo cellulare, non avendo la ragazza né insultato né aggredito il Ministro, come si evince dal video reperibile in internet, ma essendosi limitata a citare una vecchia espressione scritta e utilizzata in passato dal segretario politico della Lega –:

   se non ritenga che i fatti riportati in premessa configurino un vero e proprio abuso di potere a fronte dello svolgimento di una ironica e pacifica affermazione durante la ripresa di un video e quali iniziative di competenza, intenda adottare per assicurare la correttezza politica e giuridica delazione di Governo.
(5-02065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SERRACCHIANI, QUARTAPELLE PROCOPIO, BENAMATI, FIANO, ROSSI, BRUNO BOSSIO, PELLICANI, MORASSUT, NOJA, RIZZO NERVO, SCALFAROTTO, CARNEVALI, PAITA, PEZZOPANE, VERINI, ROSATO e CIAMPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   a Trieste dal 2 al 5 maggio si svolgerà il Trieste Running Festival. In occasione della conferenza stampa di presentazione dell'edizione 2019, il presidente della società e organizzatore Fabio Carini, alla presenza del sindaco di Trieste e del presidente della regione, comunicava la decisione, di non invitare «gli atleti africani» alla gara della Half Marathon, giustificando tale decisione con «le pressioni di manager poco seri che sfruttano gli atleti e li propongono a costi bassissimi (...) che intascherebbero cachet alti dando poco agli atleti africani» successivamente aggiungendo che essi sono costretti «a dormire negli scantinati»;

   in seguito a tale decisione tutto il mondo politico e sportivo si è mobilitato al punto da spingere gli organizzatori ad una retromarcia. Tra l'altro, la Fidal, su sollecitazione del Coni, ha aperto un fascicolo di inchiesta per far luce sulla questione, e su possibili azioni discriminatorie da parte degli organizzatori;

   il presidente Carini in un'intervista al quotidiano il Piccolo ha liquidato tale retromarcia definendola una «provocazione che ha colto nel segno»;

   il Sottosegretario Giorgetti, in relazione al caso sopra descritto, ha dichiarato che avrebbe subito aperto un'indagine interna per quanto riguarda le sue competenze, ascoltando tutte le parti in causa per fare chiarezza –:

   se il Governo sia a conoscenza di condizioni di sfruttamento degli atleti da parte di manager italiani;

   se siano mai giunte all'attenzione della Presidenza del Consiglio dei ministri denunce da parte di società sportive nei confronti di atleti sfruttati e sottopagati;

   se, come dichiarato dal sottosegretario Giorgetti, sia intenzione del Governo adottare iniziative, per quanto di competenza, per approfondire quanto accaduto a Trieste e, al contempo, verificare i possibili casi di sfruttamento degli atleti da parte dei manager.
(4-02835)


   PENTANGELO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   il 24 aprile 2016 è stato sottoscritto tra il Governo e la regione Campania il cosiddetto Patto per la Campania;

   nell'atto sono state previste specifiche aree di intervento riguardanti i seguenti settori, delle infrastrutture; ambiente; sviluppo economico e produttivo; scuola, università e lavoro; turismo e cultura; sicurezza e cultura della legalità;

   il patto ha previsto uno stanziamento complessivo di risorse necessarie per coprire i costi, pari a 9.558.244.000,00 euro. Di questi, 2.780 milioni sono fatti valere sul Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 ed ulteriori 6.778.244.000,00 euro sul Fondo sviluppo e coesione 2007-2013, piano azione e coesione, Cipe, leggi di scopo, Programma operativo complementare 2014-2020, ovvero su Fondi strutturali europei inseriti in strumenti di programmazione nazionale (PON ciclo 2014-2020) e/o regionale (POR Campania 2014-2020);

   a valere su essi, in coerenza con le misure contenute nel documento di economia e finanza regionale (Defr) della Campania 2016, sono stati previsti utilizzi a favore dei quattro principali poli dello sviluppo regionale, per un totale di 1.450,00 euro destinati a: a) Polo Aerospaziale (Cira, Dac e Finmeccanica), 500,00 milioni di euro; b) polo delle produzioni per l'autotrasporto e cantieristico (Fincantieri), 400,00 milioni di euro; c) Polo della filiera agroalimentare e foodact, 400,00 milioni di euro; d) Polo della moda e abbigliamento, 150,00 milioni di euro;

   successivamente, il 17 gennaio 2018, a seguito dell'atto modificativo del patto, delle iniziali risorse disponibili pari a 9.863.977,1352 euro quelle effettivamente destinate allo sviluppo economico e produttivo sono state ridotte e pari a 2.953.000.000,00 euro, necessarie per finanziare le misure dei quattro settori individuati dal Defr, il cui importo è sceso a complessivi 1.188,00 milioni di euro, realizzando quindi un saldo negativo di 262,00 milioni di euro rispetto a quanto previsto nel 2016;

   in virtù della riprogrammazione del patto fatta il 9 aprile 2019, a quanto consta all'interrogante è stata operata una riduzione delle risorse disponibili;

   sempre a quanto consta all'interrogante, pur nella riduzione delle risorse, quelle destinate allo sviluppo economico sarebbero pari ad un importo di circa 755 milioni di euro e, in tale ambito, nessuna risorsa sarebbe destinata al finanziamento delle misure relative ai 4 settori bisognosi di intervento precedentemente indicati nel Defr della Campania;

   a giudizio dell'interrogante è opportuno ripristinare l'ammontare di risorse necessarie e sufficienti a realizzare le opere promesse in Campania e per i campani in atti formali dal Governo pro tempore che poi non sono state confermate dal Governo in carica, come si evince dalle sue iniziative per la modifica del Patto per la Campania sopra richiamate; tali iniziative si rivelano inoltre, sempre ad avviso dell'interrogante, improvvide e dannose, a causa di scelte politiche riadeguate che dimostrano, nel migliore dei casi, una mancanza di conoscenza degli effettivi bisogni delle popolazioni campane. Resta il fatto che andrebbero per altro rispettati «i patti» con i cittadini i quali non possono sottrarsi unilateralmente agli obblighi contenuti in atti normativi, mentre il Governo ha sostanzialmente ritenuto giusto, opportuno e conveniente modificare misure, contenute in atti formali, che erano certamente utili per la regione e che erano il frutto di pregressi impegni –:

   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, anche promuovendo una modifica del «Patto per lo sviluppo della regione Campania», al fine di garantire le risorse necessarie per realizzare le opere indispensabili per lo sviluppo economico e produttivo della regione di cui in premessa.
(4-02846)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come accertato dalla procura già a partire dal 2009 e successivamente tra l'agosto e il novembre del 2016 e gli inizi del 2017, dal Centro Oli della Val d'Agri (COVA), ricadente nel comune di Viggiano, in provincia di Potenza, si sono verificate numerose perdite di petrolio che, secondo i dati diramati sia dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che dalla stessa società Eni si attestavano in circa 400 tonnellate;

   il petrolio, nel fuoriuscire dai condotti, era passato nella rete fognaria e poi nella rete idrografica circostante contaminando circa 26 mila metri quadri di territorio lucano limitrofo al Cova e giungendo fino a due chilometri dalla diga del Pertusillo, che fornisce acqua alla Puglia e, per l'irrigazione, ad oltre 35 mila ettari di terreno;

   nell'ambito delle indagini in merito agli sversamenti in questione, la procura di Potenza nelle scorse settimane ha posto agli arresti domiciliari Enrico Trovato, all'epoca dei fatti responsabile del Centro Oli di Viggiano, indagando altre 13 persone tra le quali anche componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata, il quale aveva il compito di vigilare sulle attività del Cova;

   da quanto si apprende da alcuni organi di stampa, secondo i magistrati, l'Eni tenne un atteggiamento di «sostanziale inerzia» nella vicenda delle perdite di petrolio e una sconcertante malafede e spregiudicatezza; infatti, agli inquirenti risulta che gli sversamenti avvenissero già a partire dal 2009 e che la condotta del comitato tecnico regionale – organo di vigilanza sugli impianti a rischio di incidente rilevante – fu di una «consapevole inerzia», perché prima prescrisse maggiori controlli, ma poi non sanzionò la loro mancata attuazione;

   per i magistrati, l'azienda petrolifera avrebbe attuato una precisa strategia a livello locale, ma certamente condivisa dai vertici di Milano al fine di nascondere i gravi problemi e le conseguenze che la corrosione stava provocando, e che avrebbe portato a una grave compromissione delle matrici ambientali, in particolare per l'acqua, con conseguenze molto più gravi per l'ambiente se non si fosse casualmente scoperta la perdita grazie a un sistema fognario malfunzionante e alla vicinanza della diga del Pertusillo –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere affinché sia fatta maggiore chiarezza sulle attività del Cova e se non ritenga, per quanto di competenza, di provvedere ad intensificare i controlli al fine di evitare nuovi disastri ambientali, quali lo sversamento del petrolio nel sottosuolo lucano.
(2-00374) «Rospi, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Battelli, Bella, Berardini, Berti, Bilotti, Brescia, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cadeddu, Cancelleri, Luciano Cantone, Cappellani, Carabetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   un dirigente dell'Eni all'epoca dei fatti responsabile del Centro Oli di Viggiano (Potenza), è finito agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta su una fuoriuscita di petrolio riconosciuta pubblicamente nel febbraio 2017, ma in atto con molta probabilità già da anni prima, che ha contaminato il «reticolo idrografico» e decine di ettari della Val'Agri. L'arresto è stato deciso dal giudice per le indagini preliminari (gip) di Potenza su richiesta della procura. Sono inoltre indagate altre 13 persone e l'Eni, per i reati di disastro, disastro ambientale, abuso d'ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altro;

   il procedimento penale, nel cui ambito è stata emessa la misura cautelare, riguarda, in qualità di indagati, non solo alcuni dirigenti della compagnia petrolifera, ma, anche, pubblici ufficiali facenti parte del Ctr (Comitato tecnico regionale) della Basilicata, il cui compito era quello di controllare, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, l'attività estrattiva di Eni;

   è importante che la magistratura e le forze dell'ordine si siano avvalse della legge n. 68 del 2015 (legge sugli «ecoreati») che introduce nel codice penale i delitti di inquinamento, disastro ambientale e omessa bonifica, per fermare questa situazione del tutto inaccettabile in Val d'Agri;

   in una nota che riporta in virgolettato alcuni passaggi dell'ordinanza del Gip di Potenza, il Coordinamento nazionale «No Triv» scrive che «l'Ing. Griffa faceva riferimento alle possibili cause del deterioramento del fondo del serbatoio: questi ricordava che analogo problema si era presentato per i serbatoi che, nella Raffineria di Taranto, ricevevano l'olio di Viggiano» e che «si interrogava se vi fosse un problema di glicole già noto dal 2011, ossia un problema ricollegabile alla sostanza usata per disidratare il gas»;

   è importante quindi che la magistratura e le forze dell'ordine verifichino la fondatezza dei timori espressi dall'ing. Griffa; tutti e 4 i serbatoi a Viggiano sono interessati dallo stesso problema di corrosione; visto che il trascinamento delle ammine e il volume del loro utilizzo, possono essere valutati in relazione all'erogazione del gas disidratato e pretrattato e a possibili manomissioni delle valvole di controllo dei flussi in uscita, le necessarie attività di indagine e di verifica devono svolgersi anche con riferimento ai serbatoi della raffineria di Taranto e alle centinaia di chilometri di condotte che attraverso cinque linee trasportano petrolio e gas dal Cova di Viggiano fino a Taranto –:

   se non ritengano oramai improcrastinabile adottare iniziative per definire una strategia d'uscita dallo sfruttamento del petrolio in Basilicata che passi attraverso la riconversione al 100 per cento al rinnovabile del sistema energetico, con la dismissione graduale dei pozzi attivi e la transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili, garantendo e incrementando i livelli occupazionali;

   se non intendano adottare ogni iniziativa di competenza per avviare immediatamente, a tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente, la bonifica delle aree contaminate attraverso anche il riconoscimento della responsabilità oggettiva della società Eni e il rafforzamento del sistema di controllo e monitoraggio gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e rigettare l'istanza di proroga della concessione Val d'Agri, in scadenza al 26 ottobre 2019, presentata da Eni al Ministero dello sviluppo economico il 27 ottobre 2017, di cui il Centro Oli è parte integrante.
(5-02036)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANICHELLI, CARBONARO, PARENTELA, GRIPPA e ASCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 aprile 2019, si è appreso dai giornali locali dell'Emilia-Romagna il rilevamento di sostanze inquinanti Pfas in una nuova categoria di generazione, la c6o4, riscontrate nelle acque del fiume Po a seguito di indagini campionarie effettuate dall'agenzia Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto);

   i Pfas sono composti che, a partire dagli anni Cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa;

   come rilevato in un dossier del Ministero della salute pubblicato nel 2016 Pfos (acido perfluoroottansulfonico) e Pfoa (acido perfluoroottanoico) appartengono alla famiglia delle sostanze organiche perfluoroalchiliche (Pfas) e sono composti che permangono per periodi prolungati nell'ambiente in seguito al rilascio;

   nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti «emergenti», effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal Cnr e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (Pfas) in acque sotterranee e acque superficiali: si trattava di una vasta contaminazione delle falde nelle province di Vicenza, Verona e Padova;

   l'Organizzazione mondiale della sanità non ha ad oggi indicato valori guida per i Pfas nell'acqua potabile; tuttavia, concentrazioni massime tollerabili di Pfoa e Pfos nell'acqua potabile sono state proposte a livello internazionale: per l'US EPA (United States Environmental Protection Agency) è stato considerato di 0,2-0,4 g/L il livello di concentrazioni limite per esposizione per periodi limitati rispettivamente a Pfos e Pfoa;

   nel 2006 l'Unione europea ha soltanto introdotto restrizioni all'uso del Pfos, una delle molecole più diffuse tra i Pfas, ma da applicarsi a cura dei singoli Stati membri;

   di fatto, allo stato attuale, per le acque potabili non sono ancora stati definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea;

   le recenti indagini sulle acque del fiume Po sono state eseguite dall'Arpav dopo la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova; l'inquinante era stato trovato in passato nelle acque contaminate nei pressi dello stabilimento della Miteni, che lo utilizzava nel processo produttivo a sostituzione dei Pfas tradizionali;

   a marzo 2019 è stata riscontrata una positività presso la stazione di acque superficiali sul fiume Po in località Corbola con la determinazione di un quantitativo di alcune decine di nanogrammi litro. Il campionamento è stato ripetuto il 2 aprile 2019 confermando il ritrovamento sia nella stazione già campionata che a monte e a valle;

   secondo l'Arpav il composto deriverebbe dai territori delle regioni del bacino padano a monte idraulico delle prese in cui è stata ritrovata la sostanza;

   la stazione di campionatura è ubicata in prossimità di Castelmassa (Rovigo), al confine con Lombardia ed Emilia-Romagna; a destare allarme è il fatto che, benché sia stato rilevato un quantitativo della sostanza pari a 80 nanogrammi/litro, il tutto fa supporre si possano trovare, a monte, fonti di inquinamento davvero rilevanti;

   infine, altrettanto allarmanti sono state le quantità di Pfos individuate sul ponte di Baccanello di Guastalla (Reggio Emilia) nel Crostolo, affluente reggiano del Po –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se il Governo ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per mettere a punto politiche e meccanismi accurati e aggiornati per individuare più facilmente le zone contaminate che possono riguardare le regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte, dal momento che il ritrovamento nel Po di questi inquinanti potrebbe davvero costituire un potenziale pericolo per le acque e per la salute dell'uomo.
(4-02819)


   FRATOIANNI e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal quotidiano il Tirreno del 17 aprile 2019 si apprende che la lezione distrettuale antimafia di Firenze, nell'ambito della maxi-inchiesta sul presunto traffico illecito di rifiuti pericolosi che riguarda il centro Italia, avrebbe chiuso le indagini e che 33 sarebbero le persone indagate alle quali si contesta, tra le altre, il traffico illecito di rifiuti pericolosi e la truffa ai danni della regione Toscana;

   secondo gli investigatori, si tratterebbe di un imponente traffico illecito di rifiuti che coinvolgerebbe praticamente tutta l'Italia centrale e avrebbe come fulcro due imprese di Livorno;

   sempre secondo le ricostruzioni investigative l'articolato sistema dedito al traffico illecito di rifiuti partiva da Cuneo, La Spezia, Chieti, Carrara, Bologna, Prato, per poi raggiungere, attraverso trasportatori consapevoli, Livorno. Qui, attraverso le società Lonzi e Ra.Ri. le sostanze venivano triturate e miscelate abusivamente per essere inviate in discariche non appropriate a ricevere rifiuti pericolosi come la Rea di Rosignano e Rimateria, a Piombino;

   i rifiuti venivano accompagnati da falsi certificati e con un codice di provenienza (Cer) modificato, i rifiuti venivano così trasformati da pericolosi a non pericolosi, anche grazie alla complicità di un laboratorio di analisi;

   i campionamenti dei rifiuti avvenivano, infatti, con modalità del tutto difformi dai protocolli operativi standard di un laboratorio accreditato, con una tempistica dedicata a tale operazione di prelievo tale da non consentire che il campione da analizzare fosse effettivamente rappresentativo della partita dei rifiuti da smaltire, tanto da produrre campioni artefatti, allo scopo di ottenere risultati conformi alle attese alle aspettative dei gestori dell'impianto;

   il risparmio sullo smaltimento sarebbe stato così pari a centinaia di migliaia di euro e la truffa ai danni della regione Toscana sarebbe di 1,5 milioni di euro;

   le due discariche Rea di Rosignano e Rimateria di Piombino, attualmente autorizzate solo per il conferimento di rifiuti non pericolosi, sulla base delle indagini svolte, risulterebbero contenere quantità imprecisate di sostanze pericolose, ma nulla è stato fatto per accertare questa circostanza e per verificare se risulti necessario attivare opere di bonifica; anzi, la regione Toscana ha nel febbraio 2019 autorizzato l'ampliamento della discarica Rea di Rosignano per ulteriori 3 milioni di metri cubi di rifiuti non pericolosi e quindi senza aver tenuto nel debito conto tutte quelle misure di sicurezza che caratterizzano i siti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi;

   se tale ricostruzione fosse confermata, emergerebbe un sistema criminale ben collaudato che si è protratto negli anni, almeno da quando è iniziata l'indagine nel 2015, fino al dicembre del 2017, quando sono scattati arresti e sequestri, in totale violazione e spregio della salute pubblica e di qualsiasi regola e legge;

   sempre secondo la procura antimafia di Firenze questo sistema criminale avrebbe trasformato per anni la provincia di Livorno in una «terra dei fuochi» in miniatura –:

   quali iniziative di competenza volte al contrasto del traffico e dello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi intenda assumere il Governo anche alla luce dei fatti esposti in premessa che sembrerebbero dimostrare ancora una volta l'esistenza di vere e proprie organizzazioni criminali strutturate e ramificate su tutto il territorio nazionale che coinvolgono dirigenti di imprese e titolari delle discariche dedite a tali attività illegali, in totale spregio della salute pubblica e di ogni norma vigente.
(4-02827)


   LOVECCHIO, FARO e MISITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il canale Lagrimaro sito alla via Manfredonia chilometro 3,500 è caratterizzato da esalazioni di cattivi odori, acque reflue, a volte schiumose e con colorazioni atipiche causate probabilmente dallo sversamento illecito di liquami;

   numerose sono state le segnalazioni e denunce dei cittadini della zona: all'Arpa (dipartimento provinciale di Foggia), ai carabinieri di Cerignola, al consorzio di bonifica della Capitanata, al comando di polizia municipale di Cerignola, al sindaco del comune e, infine, all'Asl di Foggia (presso il dipartimento di prevenzione servizio di igiene e sanità pubblica);

   già a partire dal 2015 i residenti di Cerignola si sono rivolti agli enti preposti al controllo, constatando da parte di questi ultimi la completa indifferenza. Il 6 novembre 2015, la Onlus cittadinanzAttiva, con missiva a/r, ha richiesto con urgenza l'intervento da parte delle autorità ritenute competenti alla soluzione del problema;

   il 14 dicembre 2015 l'azienda sanitaria locale della provincia di Foggia, a seguito del sopralluogo avvenuto presso il canale ha accertato le precarie condizioni igienico-sanitarie dichiarando che «la natura di queste acque scure e a volte ricche di schiuma non è accertata, ma il cattivo odore che ne deriva ne segnala la dubbia provenienza. Non secondaria è la proliferazione di arbusti e la presenza di rifiuti di varia natura, che danno al sito un aspetto di grave abbandono e degrado» e richiedendo un intervento immediato delle autorità competenti;

   in data 17 dicembre 2015, il dipartimento provinciale di Foggia dell'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente (Arpa), ha comunicato che le attività di indagine per l'accertamento dei responsabili di scarichi abusivi e/o di illeciti, che comportano fenomeni di inquinamento competono alle forze dell'ordine operanti in materia ambientale ed ha quindi trasmesso al corpo di polizia provinciale di Foggia e al Corpo forestale dello Stato di Foggia la richiesta, rimanendo a disposizione per qualsiasi tipo di supporto tecnico richiesto;

   numerose poi sono state le richieste di incontro con il sindaco di Cerignola, con l'assessore all'ambiente, con il comandante di polizia municipale e con il responsabile area tutela del territorio del comune di Cerignola affinché potessero essere verificate le condizioni igienico-sanitarie del canale;

   i fatti sovraesposti potrebbero creare problemi molto seri per i cittadini residenti della zona, mettendo a rischio, oltre la salute di tutti coloro che abitano il territorio, anche le coltivazioni degli agricoltori. Il rischio di inquinamento ambientale risulta infatti, essere molto elevato. L'inquinamento causato dallo scarico, da emissioni e da perdite di sostanze pericolose prioritarie deve essere arrestato e gradualmente eliminato –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con gli enti territoriali, il Governo abbia intenzione di portare avanti nell'immediato affinché possa essere evitato un danno ambientale possano essere tutelati il territorio e la salute dei cittadini della zona.
(4-02830)


   MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   ad agosto 2018 l'ente Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna ha emesso l'avviso pubblico per l'individuazione di una rosa di tre candidati da sottoporre al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il conferimento dell'incarico di direttore;

   nello stesso mese di agosto è terminato anche il mandato al presidente in carica dell'Ente Luca Santini;

   nel gennaio 2019 è terminato l'incarico al direttore, Sergio Paglialunga, senza che fosse concesso neppure un giorno di proroga, elemento che ha fatto pensare ad una pronta azione di rinnovo di entrambe le cariche;

   ai sensi dell'articolo 9, comma 11, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la nomina del direttore spetta al Ministro che lo sceglie entro una terna di candidati proposti dal Consiglio direttivo del Parco tra soggetti iscritti ad un albo di «idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco»;

   a quanto risulta, il consiglio avrebbe presentato una terna di nomi tra cui il direttore in scadenza del Parco, l'ingegnere Sergio Paglialunga, la dottoressa Franca Zanichelli e il dottor Alessandro Bottacci, colonnello dei Carabinieri Forestali, già partecipante alle parlamentarie M5S;

   ad oggi, il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è senza presidente, come altri 12 Parchi nazionali, e la situazione è ulteriormente aggravata dall'assenza del direttore e dalla mancata proroga delle funzioni del precedente, di fatto impedendo qualsiasi attività di tutela ambientale e di sviluppo sostenibile del territorio;

   la funzione degli enti Parco è quella di tutelare il territorio e garantire alle popolazioni locali uno sviluppo sostenibile; l'attuale situazione impedisce di svolgere tutte quelle attività che, negli anni, hanno permesso di consolidare forme di tutela territoriale e di sviluppo strategiche per mantenere in vita le residue comunità che ancora resistono in Appennino –:

   quali siano le ragioni del ritardo delle nomine del presidente e del direttore del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, e quando si intenda provvedere alle stesse, consentendo all'ente di continuare a svolgere le attività e ad esercitare le funzioni che gli sono proprie.
(4-02843)


   CALABRIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella tarda serata del 25 aprile 2019 è divampato un incendio in una discarica abusiva in via Collatina Vecchia a Roma;

   a causa dell'incendio di grosse dimensioni, il limite massimo giornaliero di concentrazione delle polvere sottili, pari a 50 gr/mc, è stato superato di 33 punti nella centralina di zona Preneste;

   la rilevazione condotta il giorno 26 aprile all'Arpa Lazio segnava il Pm10 di Preneste a 83 gr/mc, contro una media di 33 nello stesso periodo;

   l'area interessata dall'incendio era stata posta sotto sequestro a seguito di uno sgombero effettuato nel mese di febbraio 2019;

   l'enorme quantità di rifiuti all'interno della discarica abusiva, molti dei quali tossici, non erano mai stati rimossi;

   negli ultimi due anni sono circa 600 i cassonetti andati in fiamme nella Capitale;

   a Roma da mesi perdurano situazioni di profondo disagio a causa di incendi negli impianti di trattamento dei rifiuti di proprietà di Ama –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per contrastare gli abbandoni abusivi dei rifiuti e prevenire i crimini ambientali sul territorio di Roma Capitale.
(4-02844)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, si è provveduto ad accorpare la storica Soprintendenza di Arezzo con quella di Siena-Grosseto trasferendone la sede a Siena;

   lungi dal rivelarsi una misura di razionalizzazione della spesa pubblica, tale accorpamento, allontanando la soprintendenza dal suo territorio (una provincia estesa e ricca di giacimenti culturali nonché di aree vincolate), ha reso più difficile lo svolgimento delle azioni sia di tutela sia di collaborazione istituzionale necessarie, fra l'altro, per l'aggiornamento degli strumenti urbanistici;

   tali difficoltà si scaricano sui cittadini e sui professionisti nonché sugli stessi funzionari della soprintendenza;

   l'applicazione della «spending review» ai beni culturali con l'accorpamento di alcune soprintendenze, rappresenta, secondo gli interroganti, una forma originale di «autolesionismo istituzionale», e concreta un vulnus all'articolo 9 della Costituzione, atteso che i beni culturali rappresentano una risorsa primaria del Paese, unica al mondo, la ci tutela e valorizzazione possono contribuire alla crescita economica e occupazionale;

   la stessa presidente della provincia di Arezzo ha sollecitato la ricostituzione della soprintendenza ad Arezzo;

   in conseguenza dell'attuale sospensione cautelativa della dottoressa Di Bene dall'incarico di soprintendente alle belle arti e al paesaggio delle province di Siena, Arezzo e Grosseto, firmata dal direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali, l'incarico è stato affidato al soprintendente di Firenze architetto Andrea Pessina, determinando un evidente e oggettivo sensibile aggravio del suo lavoro –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare favorevolmente la richiesta proveniente dalle istituzioni locali e segnatamente la richiesta della presidente della provincia di Arezzo per la ricostituzione della soprintendenza ad Arezzo ed, in caso affermativo, in quali tempi intenda procedervi;

   se, nelle more dell'auspicabile ricostituzione della soprintendenza di Arezzo, non si ritenga di prendere in considerazione l'opportunità di conferire l'incarico ad altro dirigente, in conseguenza dell'alta mole di lavoro ora a carico del suddetto soprintendente di Firenze.
(5-02027)


   ASCANI, PICCOLI NARDELLI, ANZALDI, FRANCESCHINI, DI GIORGI, ROSSI, CIAMPI, PRESTIPINO, FIANO e NOBILI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 50 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (cosiddetto «decreto crescita»), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2019, al comma 2, lettera h), prevede la riduzione di 100 milioni di euro per l'anno 2019 dell'autorizzazione di spesa del bonus cultura per i diciottenni;

   questa riduzione, se confermata, si aggiungerebbe a quella di 50 milioni di euro per l'anno 2019 effettuata dall'ultima legge di bilancio (articolo 1, commi 604, 616 e 803 della legge 30 dicembre 2018, n. 145), dopo che la legge di stabilità 2016, la legge di bilancio 2017 e la legge di bilancio 2018 avevano, di volta in volta, autorizzato la spesa di 290 milioni di euro l'anno per coloro che hanno compiuto i diciotto anni nel 2016, nel 2017, nel 2018 e nel 2019 (per gli ultimi due anni, intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact);

   quindi, a seguito della riduzione prevista dalla legge di bilancio 2019, l'autorizzazione di spesa destinata al bonus cultura è passata da 290 a 240 milioni di euro per l'anno 2019, con l'intenzione del Governo di ridurla ulteriormente a 140 milioni di euro per l'anno 2019;

   fra l'altro, a tutt'oggi non è stato ancora emanato il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previsto dall'articolo 1, comma 604, della legge di bilancio 2019 — che avrebbe dovuto essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio — con cui definire gli importi nominali da assegnare nell'ambito delle risorse disponibili, i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo del bonus cultura;

   l'Associazione italiana editori, il 2 maggio 2019, ha affermato in merito che si tratta di «un grave errore che chiediamo di correggere (...) Si pensa a un decreto crescita tagliando proprio sulla cultura (...) il bonus cultura 18app ha aiutato le famiglie italiane dimostrandosi un investimento utile, che ha contribuito in modo rilevante alla crescita del Paese. Tra l'altro è stato largamente utilizzato dalle famiglie per acquistare i libri di testo per l'università, svolgendo un ruolo simile ai fondi destinati all'acquisto dei testi scolastici; (...)»;

   il viceministro Castelli e il Ministro Bonisoli, secondo quanto riportato da agenzie stampa hanno affermato che «(...) rassicuriamo tutti: il bonus cultura non sarà toccato, ai ragazzi nati nel 2000 non sarà tolto un solo euro. Sono stati solo ed esclusivamente anticipati 100 milioni di euro per il decreto crescita: una misura indispensabile per la ripresa economica del Paese. I fondi saranno stanziati di nuovo tra qualche settimana»;

   questa nuova previsione si configura di fatto come l'abolizione del «bonus cultura», nonostante il successo avuto da questa misura presso i giovani, al di là delle più rosee aspettative, segno dell'interesse dei ragazzi nei confronti della cultura qualora incentivati a usufruirne, e nonostante il fatto che detta misura sia presa come modello anche da altri Paesi europei –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, in coerenza con quanto affermato il 2 maggio 2019, al fine di ripristinare il «bonus cultura» quantomeno nella misura prevista dalla legge di bilancio 2019.
(5-02030)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'obbligatorietà di iscrizione all'albo è rivolta a tutte le categorie che hanno un'ordine o collegio professionale non rientrando nella fattispecie le professioni per il cui esercizio il legislatore non ha previsto tale vincolo, nonché le professioni per le quali l'albo non è ancora stato istituito;

   l'iscrizione all'albo per coloro che esercitano le professioni sanitarie rappresenta, non solo requisito essenziale per la partecipazione a concorsi, ma altresì requisito indispensabile per poter continuare a svolgere l'attività sanitaria nell'ambito del rapporto di servizio;

   con la novella legislativa dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, sono stati sostituiti i capi I, II e III del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 13 settembre 1946, n. 233, apportando un profondo riordino della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie;

   la norma impositiva per le professioni sanitarie non lascerebbe dubbi interpretativi; nell'articolo 5 del decreto legislativo del Cps 13 settembre 1946, n. 233, così come modificato dalla legge n. 3 del 2018, si prevede espressamente che: «Per l'esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica, è necessaria l'iscrizione al rispettivo albo»;

   inoltre, in tale contesto, l'articolo 4 della legge n. 3 del 2018, ha anche sancito la trasformazione in ordini delle relative Federazioni nazionali dei preesistenti collegi professionali –:

   se il Governo intenda assumere iniziative con urgenza, per promuovere una apposita modifica normativa, volta ad includere il personale militare nei rispettivi albi degli ordini professionali, limitatamente ai militari che esercitano la professione sanitaria solo nelle strutture militari o di interesse della difesa, giustificata dai termini di legittimità di impiego e di esigenze operative, a spese della stessa Amministrazione.
(5-02041)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 2° reggimento Alpini, reparto scelto dell'Esercito Italiano, fu costituito il 1° novembre 1882 a Bra (Cn) e durante la sua lunga storia ha difeso con valore la nostra Nazione nelle più importanti battaglie del secolo scorso. Questo reparto si è meritato la prima decorazione, in assoluto, al Valore ad un reparto alpino, non per un atto di guerra ma per un atto di solidarietà umana nei confronti della popolazione civile, la notte del 19 agosto 1883, quando il battaglione Alpini «Val Stura» del 2° reggimento Alpini accorse tempestivamente a spegnere un furioso incendio sviluppatosi nell'abitato di Bersezio (Cn). Anche nel nuovo millennio questo corpo scelto è stato impegnato in importanti missioni all'interno dei confini nazionali, per esempio nelle operazioni «Domino» (2004), «Strade Sicure» a Roma (2011), in Val di Susa (2011-2012), fino a quella odierna, nelle quali ha protetto e sta proteggendo i cittadini con senso del dovere e lealtà;

   la caserma Ignazio Vian-San Rocco Castagnaretta (Cn), dove è stanziato il 2° reggimento Alpini, vive da molti anni una situazione di particolare disagio. La struttura dove i circa 700 alpini vivono, lavorano e si addestrano presenta, infatti, gravi carenze strutturali dovute a circa sei anni di infiltrazioni continue che hanno causato ingenti danni sia all'esterno che all'interno dell'edificio, oltre ad aver obbligato la chiusura per motivi di sicurezza, non solo di molti uffici, ma anche della cappella della caserma. Tale disagio è stato provocato dai lavori per l'installazione di un impianto fotovoltaico avvenuti nel 2013, in seguito alla convenzione fra il Ministero della difesa e la società Difesa servizi spa, nell'ambito della mission riguardante la valorizzazione ambientale di strutture militari ai fini della produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. Secondo una stima calcolata dal Genio militare nel 2015, l'ammontare dei danni infrastrutturali raggiungerebbe la cifra di 250.000 euro. In questi sei anni, in seguito a numerose sollecitazioni, sono stati eseguiti, da parte dei proprietari dell'impianto, numerosi interventi per cercare di porre rimedio alle infiltrazioni sopracitate, che però non hanno portato alla risoluzione definitiva della problematica;

   con una riunione del mese di settembre del 2018 fra la Difesa servizi spa e le Forze armate si è trovato l'accordo per la sostituzione del tetto e il rifacimento della copertura, tramite anche un ingente contributo dello stesso Genio militare, ma allo stato attuale ancora nulla di concreto è stato fatto per la definitiva messa in sicurezza della struttura –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni della caserma Ignazio Vian-San Rocco in Castagnetta (Cn) e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di agevolare ed accelerare i lavori di messa in sicurezza, in modo tale che si possa giungere in tempi brevi a un definitivo e risolutivo ripristino dell'intera struttura.
(4-02837)


   MAGI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 maggio 2019, un'agenzia di stampa alle ore 11,24 riporta la notizia del salvataggio da parte della Marina italiana di pescherecci italiani puntati da motovedette libiche;

   dal lancio di agenzia, ricco di dettagli, si legge: «alcune motovedette della Guardia costiera libica hanno puntato nove motopesca italiani, che stavano pescando nel Golfo della Sirte, in acque al limite con le acque territoriali libiche, tentando di raggiungerli. Vista la situazione due pattugliatori della Marina Militare italiana, che stavano controllando il tratto di mare, sono intervenuti, prendendo sotto tutela i nove motopesca. È successo poco dopo la mezzanotte in un punto di mare su cui c'è da sempre una controversia: secondo la comunità internazionale sarebbero acque internazionali mentre la Libia ne rivendica il possesso. Se fossero stati raggiunti dalle motovedette libiche i pescherecci sarebbero stati probabilmente sequestrati e multati come accaduto altre volte. Al momento i pescherecci vengono scortati in acque sicure dalla Marina Militare»;

   alle 11,47, sul profilo Twitter del Ministero della difesa viene pubblicato il seguente tweet: «#4maggio Pescherecci italiani nel mirino delle motovedette libiche salvati dalla #MarinaMilitare. Il Ministro @Eli_Trenta: grazie al coraggio e alla professionalità dell’@ItalianNavy si è evitato il peggio»;

   dopo pochi minuti il Ministero rimuove il tweet e smentisce la notizia;

   alle 21,13 del 4 maggio esce un'agenzia di Adnkronos con un'intervista a Toni Scilla, presidente regionale di Agripesca Sicilia e componente dell'ufficio di gabinetto dell'assessorato alla pesca della Sicilia, il quale conferma la notizia del salvataggio di nove pescherecci della flotta di Mazara del Vallo e racconta quanto accaduto «alla mezzanotte del giorno precedente in acque internazionali, non in acque libiche»; in base ai racconti dello stesso Scilla, in costante contatto con la flotta mazarese: «La motovedetta libica avendo visto i pescherecci italiani stava raggiungendo le nostre imbarcazioni per fare il sequestro, solo che le due vedette italiane hanno intercettato la Guardia costiera libica e sono intervenute e hanno bloccato il sequestro delle imbarcazioni». Secondo Scilla, il Ministro della difesa Elisabetta Trenta avrebbe cancellato il tweet «dopo il chiarimento con le navi intervenute, che hanno confermato che non c'è più stato il sequestro» –:

   quale sia stata la dinamica dell'intervento che avrebbe visto coinvolta la Marina militare a tutela dei pescherecci italiani, dove questo sia avvenuto, se risulti al Governo quale guardia costiera libica abbia svolto l'operazione di cui in premessa, che ha costituito una minaccia per i pescatori italiani, con quali mezzi essa sia intervenuta e quale autorità libica abbia disposto tale intervento.
(4-02847)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   MARTINO, GIACOMONI, BIGNAMI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   durante la discussione alla Camera del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 119 del 2018 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (C. 1408), in data 13 dicembre 2018, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/01408/012 nell'ambito del quale si evidenziava che il provvedimento riguardava anche gli eventi sismici del 2012, essendo stata introdotta, nel corso dell'esame presso il Senato, una disposizione con cui si prevede che i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali di cui ai provvedimenti dei presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012 sono erogati dalle banche, in deroga a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, sul conto corrente bancario vincolato intestato al relativo beneficiario, in un'unica soluzione entro il 31 dicembre 2018, e posti in ammortamento a decorrere dalla data di erogazione degli stessi. Alla stessa data del 31 dicembre 2018, matura in capo al beneficiario del finanziamento il credito di imposta, che è contestualmente ceduto alla banca finanziatrice e calcolato sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese una tantum strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento. Le somme depositate sui conti correnti bancari vincolati di cui alla disposizione in esame sono utilizzabili sulla base degli stati di avanzamento lavori entro la data di scadenza indicata nei provvedimenti di cui al primo periodo e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2020. Vi sono ulteriori situazioni di profondo disagio che riguardano i territori colpiti da eventi sismici negli anni passati come l'Abruzzo rispetto ai quali sarebbe opportuno intervenire al fine di favorire lo sviluppo economico e la ripresa produttiva;

   in particolare, l'ordine del giorno richiamato impegnava il Governo a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa nel prossimo provvedimento utile, finalizzata a gestire fiscalmente i territori del 1° e 2° cratere 2009 e anni successivi per un periodo non inferiore a 20 anni, alla stessa stregua del comune frontaliero di Livigno –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di dare seguito all'impegno contenuto nel citato ordine del giorno n. 9/01408/012.
(5-02048)


   TRANO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale 13 giugno 1986, il Ministero del tesoro istituì una nuova serie di buoni fruttiferi postali della serie ordinaria distinta dalla lettera «Q» stabilendo che tutti i buoni fruttiferi postali delle serie precedenti (L, M, N, O) fossero convertiti in titoli della nuova serie Q;

   l'attribuzione della nuova serie «Q», rappresentò un vero e proprio «declassamento» delle precedenti, in relazione ai tassi d'interesse notevolmente più bassi rispetto a quelli sottoscritti al momento dell'acquisto, senza peraltro informare i possessori di tali prodotti finanziari dell'avvenuta riduzione dei rendimenti;

   al riguardo, gli interroganti evidenziano che il potere di modificare il tasso d'interesse previsto, anche con riferimento a serie di buoni postali già emessi, oltre che a quelle di nuova emissione, era conferito al Ministro del tesoro ai sensi dell'articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, (successivamente abrogato dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284) e che inoltre, il declassamento attuato con il richiamato decreto ministeriale, generò non poche complessità interpretative, soprattutto in tema di trasparenza e pubblicità dell'intervenuta variazione unilaterale dei tassi d'interesse per i buoni fruttiferi postali già emessi;

   la questione è stata affrontata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che con la sentenza n. 13979 del 15 giugno 2007, hanno enunciato: «nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti del testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento, al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale, deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali, destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori, che le condizioni attuali alle quali l'amministrazione postale si obbliga possono essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto della sottoscrizione del buono fruttifero postale»;

   gli interroganti rilevano a tal fine, che il suesposto principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, è stato ribadito in plurime sentenze dai giudici di merito, tuttavia con esiti discordanti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere, alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale non univoca, in relazione alle richieste di rimborso presentate da numerosi risparmiatori.
(5-02049)


   FREGOLENT e MORETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate ha proposto, nella consulenza giuridica n. 3 del 4 dicembre 2018, un chiarimento in merito alla corretta aliquota Iva applicabile alla fornitura di energia elettrica per il funzionamento delle parti comuni dei condomini, prevedendo l'aliquota ordinaria del 22 per cento sull'intera fornitura riguardante anche l'illuminazione comune, gli ascensori, gli impianti e altro;

   il numero 103) della Tabella A, Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante il Testo unico Iva, prevede l'applicazione dell'aliquota agevolata del 10 per cento alla fornitura di «energia elettrica per uso domestico»;

   nel citato chiarimento tuttavia l'amministrazione finanziaria osserva che nel condominio la prestazione di fornitura di energia elettrica è fatturata distintamente ad ogni unità immobiliare e che la fornitura di energia elettrica necessaria per il funzionamento delle parti comuni dei condomini è fatturata anch'essa direttamente allo stesso condominio, con ciò ritenendo che le parti comuni dei condomini non soddisfino il requisito di uso domestico come impiego per la propria abitazione;

   tale interpretazione risulta difficilmente comprensibile nell'ipotesi in cui il condominio abbia natura interamente residenziale o anche solo prevalentemente residenziale, ossia qualora siano presenti nell'immobile anche porzioni minori destinate a uffici, studi professionali, negozi e altro;

   la conseguenza diretta di questa interpretazione perciò è l'incremento dell'Iva dal 10 al 22 per cento che graverà sui contribuenti già provati dal sensibile rialzo degli oneri di sistema in bolletta, e in particolare sulla grossa fascia di popolazione che vive nei condomini più anziani dove le spese dell'elettricità sono in comune; l'incremento Iva invece inciderà meno su coloro che vivono nei condomini di più recente costruzione, con il riscaldamento autonomo, e non inciderà affatto su chi abita in case unifamiliari e ville –:

   se non ritenga utile adottare iniziative, se opportuno anche in sede legislativa, al fine di riportare un equilibrio nella tassazione della fornitura di energia elettrica per il funzionamento delle parti comuni dei condomini residenziali o prevalentemente residenziali, riducendo l'aggravio sulle fasce più deboli della popolazione, evitando l'accertamento sul pregresso e scongiurando il rischio di contenzioso dovuto alla differente interpretazione fornita dall'Amministrazione finanziaria.
(5-02050)


   GERARDI, PATASSINI, CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si registrano frequenti segnalazioni di controlli fiscali in corso nella provincia di Macerata, disposti da Agenzia delle entrate e guardia di finanza, a carico di contribuenti ed aziende con domicilio fiscale in comuni ricompresi nel cosiddetto «cratere», danneggiati dal sisma 2016;

   le istruttorie avviate (verifiche, ispezioni richiesta documentazione fiscale), sono propedeutiche alla «azione accertativa», nonostante siano stati sospesi i termini di decadenza e prescrizione delle attività di controllo, di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 189 del 2016, per gli eventi sismici del 26 e 30 ottobre 2016, per tutti gli enti creditori, per effetto del decreto-legge n. 189 del 2016;

   sono altresì intervenute ulteriori proroghe, precisamente: i decreti-legge n. 8 del 2017 e n. 148 del 2017 che hanno, a loro volta, sospeso tali termini dapprima al 1° giugno 2018 e poi, col decreto-legge n. 55 del 2018, fino al 31 dicembre 2018; infine, la legge di bilancio 2019 ha ulteriormente prorogato il termine di sospensione a tutto il 2019, disponendo la ripresa delle attività dal 1° gennaio 2020;

   la finalità è stata quella di assicurare la continuità delle misure agevolative a favore dei contribuenti delle regioni interessate colpite dagli eventi sismici, anche in considerazione del perdurante stato emergenziale ancora esistente;

   per effetto della retrodatazione dell'efficacia delle predette norme, il legislatore ha ritenuto pertanto, che tutti i periodi di sospensione per attività degli uffici creditori (tra cui l'Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, devono intendersi cumulati senza soluzione di continuità a favore di tutti i comuni – e dei suoi residenti per le loro attività economiche – ricadenti nella cosiddetta «zona cratere»;

   se, invero, così non fosse, si verificherebbe una ingiustificata disparità di trattamento e iniquità tra i contribuenti sottoposti ai controlli e quelli invece non destinatari di analoghe ispezioni e/o eventuali avvisi di accertamento, pur trovandosi anch'essi a ricadere nella zona territoriale del cratere –:

   considerato che per gli interroganti si riscontra un mancato rispetto, da parte degli enti impositori, delle disposizioni in materia di sospensione dei termini di decadenza e prescrizione delle attività di controllo, se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché Agenzia delle entrate, Guardia di finanza e tutti gli organi preposti ai controlli dispongano la cessazione di ogni attività amministrativa, sia istruttoria che di accertamento fiscale, nei confronti dei cittadini e delle imprese risiedenti ed operanti nei comuni interessati dagli eventi sismici del 2016.
(5-02051)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA e MORANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le organizzazioni sindacali nazionali del settore trasporti hanno inviato una lettera al Governo evidenziando una legittima preoccupazione in merito alla riclassificazione che Istat ed Eurostat, per necessità di contabilità dello Stato, hanno proceduto a fare sulle unità che fanno parte del perimetro delle amministrazioni pubbliche includendo anche Rete ferroviaria italiana e Ferrovie nord s.p.a.;

   qualora esse rientrassero effettivamente nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, questo comporterebbe delle conseguenze sia in termini di governance, sia occupazionali;

   inoltre vi sarebbe da affrontare la questione del contratto collettivo nazionale;

   quanto sollevato dalle organizzazioni sindacali necessita di un adeguato confronto con il Governo e in tempi molto rapidi –:

   se sia intenzione del Governo convocare rapidamente un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali di cui in premessa al fine di affrontare le richiamate criticità e comprendere quali saranno le conseguenze della riclassificazione statistica per Rete ferroviaria italiana e Ferrovie nord.
(5-02063)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 71 del 22 gennaio 2018 della giunta regionale Emilia Romagna sono stati destinati 7 milioni di euro per la manutenzione straordinaria delle strade di montagna dell'Emilia-Romagna, individuando i soggetti attuatori e le unioni di comuni montani, fissando anche i criteri di riparto la somma dell'estesa chilometrica della viabilità comunale (per il 70 per cento) e la somma delle superfici territoriali classificate montane (per il 30 per cento). La giunta ha fissato poi i termini del 30 aprile 2018 per la presentazione dello studio di fattibilità tecnico-economica approvato e del 31 dicembre 2019 per il perfezionamento dell'obbligazione giuridicamente vincolante da parte dei soggetti attuatori, pena la revoca delle risorse assegnate;

   i commi da 107 a 114 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) disciplinano l'assegnazione di contributi da parte del Ministero dell'interno ai comuni, per un limite complessivo di 400 milioni di euro, per favorire gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale. Sono stabiliti, inoltre, i criteri di assegnazione dei contributi, le modalità di erogazione, l'affidamento e l'esecuzione dei lavori, inclusi i termini per l'eventuale revoca e riassegnazione dei contributi previsti;

   in attuazione di tali norme è stato emanato il decreto del Ministero dell'interno 10 gennaio 2019 che ha provveduto all'attribuzione a tutti i comuni aventi popolazione fino a 20.000 abitanti di contributi nel limite complessivo di 394,49 milioni di euro, per l'anno 2019, secondo le tabelle di riparto contenute negli allegati al decreto medesimi. I contributi sono stati così assegnati: ai comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti nella misura di 40.000 euro ciascuno; ai comuni con popolazione tra 2.000 e 5.000 abitanti nella misura di 50.000 euro ciascuno; ai comuni con popolazione tra 5.001 e 10.000 abitanti nella misura di 70.000 euro ciascuno e ai comuni con popolazione tra 10.001 e 20.000 abitanti nella misura di 100.000 euro ciascuno;

   se si pensa alla vastità chilometrica delle strade di montagna in Italia ed in particolare in Emilia Romagna ci si accorge immediatamente che le risorse messe a disposizione non siano sufficienti al giusto mantenimento e recupero stradale in quanto ci sono comuni montani con territori molto vasti e molti chilometri di strada ma con un numero esiguo di abitanti;

   con le poche risorse stanziate, in base alle fasce di popolazione e i tagli dei fondi ai comuni, questi non riescono a far fronte alla manutenzione, cura e messa in sicurezza delle strade con ripercussioni negative su tutta la sfera economica e sociale di chi vive in aree montane più soggette a dissesti idrogeologici e vulnerabili maggiormente agli eventi meteorologici;

   a parere dell'interrogante una manutenzione più costante delle strade, in particolare montane, a lungo termine gioverebbe non solo ad un miglioramento economico e sociale per le popolazioni interessate, ma contrasterebbe anche lo spopolamento dei comuni e rappresenterebbe un risparmio anche per le finanze comunali, regionali e statali –:

   se i Ministri interrogati intendano fornire elementi sulla chilometrica delle strade esistenti nei territori montani;

   quali iniziative di competenza intendano porre in essere per avviare una programmazione, di concerto con gli enti locali, relativa agli interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle strade montane, individuando tali interventi in base alle priorità riscontrate;

   se intendano assumere iniziative per destinare, per gli interventi di manutenzione delle strade montane, un finanziamento realistico che è stimato dagli operatori del settore intorno a 1500 euro a chilometro, per prevedere contributi ai comuni in base alla quantità di chilometri di strada esistenti nel proprio territorio, e per reperire risorse a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio.
(4-02826)


   UNGARO e SCHIRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2019 ha prorogato i principali bonus per i lavori in casa, tra i quali l’ecobonus;

   la detrazione fiscale per interventi volti al risparmio energetico della propria abitazione e del condominio è rivolta a tutti i contribuenti che risultino possessori di un immobile in favore del quale vengono posti in essere interventi di riqualificazione energetica;

   tale detrazione fiscale per il risparmio energetico (ecobonus) consente di beneficiare di uno sconto Irpef che può variare dal 50 per cento fino al 75 per cento della spesa sostenuta, in relazione alla tipologia di lavoro effettuato per un massimo detraibile di 100.000 euro;

   per quanto riguarda la riqualificazione energetica, la normativa in vigore stabilisce che i soggetti che nell'anno precedente a quello di sostenimento delle spese sono possessori di redditi esclusi dalla imposizione ai fini dell'Irpef – e cioè quelli che rientrano nella «no tax area» o sono incapienti, e che per questi motivi non subiscono una imposizione fiscale, o il cui reddito è già stato abbattuto da altre detrazioni fiscali – possono cedere il credito e girare quindi le detrazioni fiscali a privati o ditte esecutrici dei lavori, rivenditori dei materiali, intermediari finanziari, istituti di credito «a titolo di totale o parziale pagamento delle prestazioni fruite o in forma di abbattimento totale o parziale di mutui e finanziamenti»;

   sono migliaia i cittadini italiani residenti all'estero e proprietari di immobili in Italia i quali producono reddito in Italia ma sono esentasse in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali, o per altri motivi, e che possono potenzialmente beneficiare delle detrazioni fiscali, tramite la cessione del credito, per eventuali lavori di riqualificazione energetica effettuati nelle loro unità immobiliari e in edifici residenziali;

   le istituzioni fiscali non hanno finora fornito informazioni sull'applicabilità del sistema della cessione del credito anche ai cittadini italiani residenti all'estero i quali per le più svariate ragioni non sono tenuti a pagare l'Irpef in Italia –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga di assumere iniziative affinché anche i cittadini italiani residenti all'estero i quali vogliono effettuare interventi di riqualificazione energetica sugli immobili di loro proprietà in Italia possano avvalersi della cessione del credito alle stesse condizioni e con le stesse modalità dei cittadini italiani residenti in Italia.
(4-02829)


   CIMINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 14 novembre 2018 con atto del direttore dell'Agenzia delle entrate è stato disposto l'avvio delle procedure selettive d'interpello ai sensi dell'articolo 1 comma 93, della legge n. 205 del 2017, per l'attribuzione di posizioni organizzative, per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione, ivi compresa la responsabilità di uffici operativi di livello non dirigenziale;

   gli esiti della prova selettiva anzidetta – consistente in un test a risposta multipla – non sono stati dei migliori. Difatti, da un lato, per l'area legale solo il 43 per cento dei concorrenti ha superato la prova, mentre dall'altro per l'area controllo appena il 24 per cento dei concorrenti l'ha superata;

   le percentuali di superamento delle prove mostrano plasticamente come permanga, ad oggi, una grave carenza di organico che merita, come tale, di essere colmata al più presto;

   d'altra parte, il 16 febbraio 2019 l'Agenzia delle entrate ha pubblicato il bando per l'affidamento di incarichi ad avvocati del libero foro di rappresentanza e difesa in giudizio «alla luce del limitato numero di adeguate professionalità interne disponibili, con riferimento agli ingenti volumi del contenzioso derivante dallo svolgimento della propria attività istituzionale», evidenziando con nitore il vuoto di organico in questo settore, sebbene non si comprendano quali logiche di razionalizzazione spingano verso il conferimento di incarichi esterni, piuttosto che prediligere l'indizione di procedure concorsuali;

   l'area legale e soprattutto dell'area dei controlli risultano essere settori precipui per il buon andamento e funzionamento dell'attività dell'Agenzia delle entrate, la cui funzione istituzionale è sostanzialmente volta a contrastare i fenomeni evasivi ed elusivi e a favorire l'adempimento spontaneo del contribuente;

   ad oggi dette aree contano una carenza di organico che va come tale urgentemente rimpinguata, alla luce anche delle risultanze delle recenti procedure selettive –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa e quali siano gli orientamenti in merito;

   quali iniziative intendano assumere per sopperire alla carenza di organico in due settori strategici (area legale e controllo) per il buon andamento e funzionamento dell'Agenzia delle entrate, così da assicurare standard elevati in termini di efficienza ed efficacia dei servizi resi all'utenza finale, che una carenza di personale potrebbe compromettere.
(4-02832)


   CIMINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 24 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, statuisce, espressamente, che le amministrazioni pubbliche predispongano un piano di razionalizzazione nazionale per assicurare un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili o di parte di essi, anche in condivisione con altre amministrazioni pubbliche, compresi quelli di proprietà degli enti pubblici, e il rilascio di immobili condotti in locazione passiva, in modo da garantire per ciascuna amministrazione, dal 2016, una riduzione non inferiore al 50 per cento in termini di spesa per locazioni passive;

   l'Agenzia delle entrate, con una nota ufficiale del 2015, ha predisposto un piano di razionalizzazione per la chiusura a livello nazionale di 53 uffici territoriali e sub provinciali;

   la soppressione degli uffici territoriali, che da sempre svolgono un ruolo precipuo di presidio locale, servizio nei confronti dell'utenza, lotta all'evasione fiscale, comporterebbe pesanti danni non solo per i cittadini ma anche per i lavoratori degli uffici stessi;

   tra gli uffici territoriali da sopprimere, ricompresi nell'elenco, vi è tra gli altri, in Sicilia, quello di Canicattì, il quale conta oggi 26 unità lavorative che si occupano di controlli fiscali, erogando servizi all'utenza dei seguenti comuni: Canicattì, Racalmuto, Grotte, Castrofilippo, Naro, Camastra, Ravanusa, Campobello di Licata. Dipende, peraltro, dallo stesso ufficio territoriale, anche il P.a.f. di Licata, dove prestano attività n. 6 unità lavorative, con competenza anche sul comune di Palma di Montechiaro;

   in altri termini, l'ufficio territoriale di Canicattì dell'Agenzia delle entrate opera su un bacino di utenza di 150 mila abitanti, sì da erogare circa 20 mila servizi l'anno;

   inoltre, presso la sede dell'ufficio territoriale in questione, un giorno a settimana è operativo uno sportello della concessionaria della riscossione della provincia di Agrigento; quindi, in caso di chiusura di detto ufficio, verrebbe a mancare anche questo servizio;

   il mantenimento della predetta sede territoriale si traduce in notevoli benefici per l'utenza, sicché nell'ottica comparatistica del dualismo costi/benefici, maggiori sarebbero i secondi rispetto ai primi;

   sarebbe, pertanto, paradossale ipotizzare la chiusura di tale ufficio, la cui funzione rappresenta un presidio importantissimo dello Stato in questo territorio, con la conseguenza che la sua soppressione comporterebbe inevitabilmente un deleterio contingentamento dei diritti soprattutto per gli abitanti dei comuni distanti anche 50 chilometri dal capoluogo di provincia, costretti ad affrontare i disagi in termini di costo e di tempi di spostamento per usufruire dei servizi di cui hanno diritto;

   la norma di riferimento – ex articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 2014 – prevede la riduzione delle locazioni passive del 50 per cento, e non anche la chiusura degli uffici territoriali come pianificato, invece, dall'Agenzia delle entrate;

   lo Stato, d'altra parte, può utilizzare i beni immobili confiscati per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, così come statuito nell'inciso normativo dell'articolo 48, comma 3, del decreto legislativo n. 159 del 2011 –:

   quali motivazioni connesse a una maggiore efficienza nell'erogazione dei servizi giustifichino la chiusura di un servizio pubblico di rilevanza sociale ed economica come quello dell'Agenzia delle entrate di Canicattì;

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative volte a evitare la soppressione del suddetto ufficio territoriale – e di altri da sopprimere – utilizzando come sede uno dei tanti immobili acquisiti al patrimonio indisponibile dello Stato, inclusi quelli confiscati, nell'ottica del risparmio e della riduzione della spesa, nonché in considerazione dell'alto valore simbolico che detta operazione assumerebbe nel territorio in questione.
(4-02833)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il tribunale di Rovereto (Trento) si è concluso il procedimento giudiziario 1/17 – R.G. G.I.P. 17/152 nei confronti di Antonino La Grutta (direttore dell'azienda pubblica di servizi alla persona di Mori), Alessia Bonola (impiegata amministrativa presso l'Asp) e Renzo Colpo (consigliere comunale di Mori) con la sentenza 18/156; il procedimento ha avuto avvio il 6 agosto 2015, all'indomani delle elezioni comunali di Mori del maggio 2015, a seguito di un esposto dei consiglieri del Partito Autonomista Trentino Tirolese, i quali ipotizzavano un'assunzione sospetta collegata agli esiti elettorali e ha originato il procedimento n. 711/2016, presso il tribunale di Rovereto a carico di La Grutta e Bonola. In seguito, il 24 gennaio 2017, il sostituto procuratore generale di Trento Giuseppe Di Benedetto ha ritenuto di avocare a sé il fascicolo, rinominato 1/2017, disponendo ulteriori atti di indagine, inserendo tra gli indagati Colpo e richiedendo il rinvio a giudizio in data 29 novembre 2017;

   la stampa locale ha seguito il procedimento che si è dilungato per più di tre anni riportando accuse e dichiarazioni senza soluzione di continuità (a titolo d'esempio: Ottobre accusa: «Assunzione sospetta» – Trentino 19 giugno 2015; Assunzione diretta in Rsa, tre indagati – L'Adige, 17 ottobre 2017; il consigliere del M5S indagato – Trentoday, 18 ottobre 2017; L'inchiesta su Colpo finisce a puntate sul webL'Adige 31 ottobre 2017; Mori, assunzione sospetta indagini finite per Colpo – Trentino, 31 ottobre 2017; Per l'assunzione in Rsa chiesto il rinvio a giudizio (sottotitolato: Per la procura generale fu abuso d'ufficio: tre gli imputati) – L'Adige, 16 ottobre 2018, pubblicato in piena campagna per le elezioni della provincia autonoma di Trento del 21 ottobre 2018;

   nelle motivazioni della «sentenza di non luogo a procedere a carico di tutti gli imputati» il G.U.P. Riccardo Dies ha evidenziato che:

    «il fatto non sussiste, non emergendo alcun concreto elemento a carico ed anzi sussistendo specifici elementi probatori a discarico, tali da rendere del tutto inutile il vaglio dibattimentale.» (pag. 3, 1° capoverso);

    «Tali essendo le risultanze delle indagini svolte, ritiene questo Giudice che l'esito naturale delle indagini di questo tipo fosse non l'esercizio dell'azione penale ma una richiesta di archiviazione, per essere gli elementi raccolti manifestamente inidonei a sostenere l'accusa in giudizio ed anzi indicativi che il fatto contestato non sussiste.» (pag. 4, 4° capoverso);

    «La realtà è che gli esposti dai quali è nato il presente procedimento costituiscono un comune e banale tentativo di strumentalizzare il processo penale a fini politici e per screditare l'avversario presso l'elettorato e l'opinione pubblica, secondo un diffuso malcostume che pretende di trasferire la lotta politica nelle aule giudiziarie. Tra l'altro anche la tesi di fondo degli esposti non manca di mostrare palesi lacune ed incongruenze, perché lo scambio illecito prospettato, tra assunzione della figlia e sostegno al candidato a sindaco di centro sinistra nel turno di ballottaggio non sta in piedi davvero, se si considera, da un lato, che tra il Comune e la casa di cura non vi è alcun rapporto di dipendenza o anche solo di influenza...» (pag. 5, 6° capoverso) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati e se alla luce di quanto sopra esposto, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-02834)


   GALLO, VILLANI, DORI, CASA, SARLI, NAPPI, GIULIANO, PALMISANO e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Gori S.p.A., gestore del servizio idrico integrato nell'ambito distrettuale sarnese-vesuviano della regione Campania e partecipata da Acea al 37 per cento attraverso la controllata Sarnese Vesuviano s.r.l., gestisce il servizio idrico in settantasei comuni tra le province di Napoli e Salerno;

   sulla base di quanto riportato da un articolo pubblicato da «Il FattoQuotidiano» del 9 febbraio 2019, la procura di Torre Annunziata (Napoli), a seguito di un'indagine di quasi dieci anni su fatti antecedenti al 2010, ha affermato nell'atto giudiziario di richiesta di archiviazione, l'avvenuta assunzione clientelare di centinaia di lavoratori presso la Gori S.p.A., segnalati dai sindaci ed amministratori dei comuni consorziati con l'ente D'Ambito Sarnese Vesuviano. Tale ente avrebbe dovuto svolgere il ruolo di «controllore» in quanto titolare del 51 per cento del capitale sociale della stessa Gori;

   secondo una ricostruzione del quotidiano, basata sulle testimonianze, intercettazioni e documenti raccolti, l'intenzione di Acea è stata di consolidare il proprio titolo in Borsa negli anni precedenti al 2009 e per farlo, era necessario il sostegno dei sindaci e amministratori con i quali, in cambio di numerose assunzioni, è stato possibile approvare bilanci positivi e piani di sviluppo della controllata Gori;

   nell'articolo si conferma altresì che, sulla base di quanto emerso dalle indagini, le consulenze affidate dalla Gori, gli appalti ed il cospicuo numero di assunzioni pari a circa 674, queste ultime caratterizzate da lavoratori in parte non in possesso delle competenze necessarie allo svolgimento delle mansioni richieste, siano state elemento di scambio tra socio pubblico e privato, al fine di portare a compimento il proficuo business della privatizzazione dell'acqua, avviata nel 2002;

   si ritiene siano doverose le dimissioni dell'attuale amministratore delegato della Gori S.p.A. ed ex dirigente Acea Giovanni Paolo Marati, già incaricato del medesimo ruolo dal 2009 al 2014, il cui nome era iscritto nel registro degli indagati in merito all'inchiesta sopra esposta;

   con la richiesta di archiviazione della procura per prescrizione dei reati, ormai non più perseguibili in quanto commessi da più di dieci anni, resteranno impuniti i responsabili della cattiva gestione di uno dei principali operatori nazionali nel settore idrico ed energetico, con ingenti effetti negativi che si ripercuoteranno sui consumatori e sulle finanze dello Stato –:

   se sussistano i presupposti per procedere all'invio di ispettori ministeriali presso la procura di Torre Annunziata, al fine di verificare l'avvenuto regolare svolgimento del procedimento penale.
(4-02836)


   VERINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 125 del 11 ottobre 2018 sono stati, finalmente, ratificati due Trattati di estradizione e di cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Emirati arabi uniti;

   l'autorizzazione del Parlamento alla ratifica dei trattati, avvenuta tramite l'approvazione definitiva di un testo unificato della proposta di legge del Governo a guida PD e di quella a firma degli interroganti presentata all'inizio di questa legislatura, e che giunge al termine di una lunga battaglia che ha visto in prima linea associazioni come Libera, l'ex deputato Pd Davide Mattiello e i Ministri dei Governi a guida del Partito democratico, in particolare il Ministro della giustizia pro tempore Orlando, rappresenta un passo fondamentale per permettere il rientro in Italia di alcuni latitanti, tra cui alcuni già condannati in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, oppure alcuni per i quali in Italia è stato già chiesto il rinvio a giudizio per corruzione o altri reati gravissimi;

   ci si riferisce, solo per citare i casi più eclatanti, alle latitanze «d'oro» di Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, per il quale ripetute sono state le richieste di estradizione, tutte rimaste senza risposta nell'attesa della approvazione del Trattato, o come quella del boss Raffaele Imperiale, ritenuto dagli inquirenti uno dei maggiori narcotrafficanti a livello internazionale, il quale, dopo una prima fuga in Spagna dove è stato arrestato dalla polizia locale, si è rifugiato negli Emirati Arabi, a Dubai, nei quali pare condurre una vita fatta di lusso sfrenato in compagnia della sua famiglia;

   i trattati impegnano le parti a consegnare reciprocamente persone ricercate che si trovino sul proprio territorio, a dare corso a un procedimento penale o a consentire l'esecuzione di una condanna definitiva, ed erano già stati firmati nel 2015, ma il successivo recepimento da parte dell'Italia di una direttiva dell'Unione europea aveva di fatto comportato la sospensione degli effetti degli accordi in precedenza firmati: la normativa dell'Unione europea stabilisce, infatti, che qualora si firmi un accordo con uno Stato in cui vige la pena di morte (come nel caso degli Emirati arabi uniti) debba essere esplicitato nel Trattato stesso che, in caso di estradizione verso il Paese contraente, la pena capitale in loco prevista sia commutata in pena detentiva;

   nel febbraio 2017 il Governo italiano è riuscito finalmente a concordare l'adozione di un protocollo interpretativo da allegare al Trattato di estradizione e l'Italia ha così potuto siglare la stesura definitiva dell'accordo, frutto di un delicatissimo e lungo lavoro «sinergico» tra il Governo, che ha lavorato in modo determinante in materia di cooperazione giudiziaria, e in particolare il Ministero della Giustizia, e il Parlamento, con le commissioni giustizia e antimafia;

   ad oggi, però, il trattato di estradizione con gli Emirati non risulta ancora operativo, nonostante la ratifica parlamentare e l'approvazione di una legge dello Stato e questo perché il Governo italiano non avrebbe ancora approntato gli strumenti attuativi del trattato medesimo –:

   quali siano le ragioni che ancora oggi impediscono la operatività di tali fondamentali Trattati in tema di estradizione e di cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Emirati arabi uniti e se corrisponda al vero che tali ragioni vadano ricercate nella mancata adozione dei necessari strumenti attuativi; in tal caso, se il Ministro interrogato non ritenga assolutamente necessario quanto urgente adottare le iniziative di competenza per predisporli, al fine di vedere finalmente assicurati alla giustizia italiana pericolosi criminali latitanti e altri personaggi inquisiti e condannati per gravi reati legati alla criminalità organizzata e alle mafie.
(4-02842)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   a seguito delle recenti avversità atmosferiche la viabilità della strada statale 36 ha visto notevolmente accentuarsi le già note criticità per via di smottamenti e frane che hanno interessato la carreggiata in entrambe le direzioni con la chiusura al traffico di alcuni tratti in particolare all'altezza del comune di Lierna, in provincia di Lecco;

   sono stati effettuati controlli da parte di Anas e uffici tecnici territorialmente competenti per mettere in sicurezza la strada;

   questa condizione ha fatto sì che l'intero sistema viario comprensoriale subisse le conseguenze di un aumento di traffico e di tempi di percorrenza per cittadini e imprese;

   questo è solo l'ultimo episodio che riguarda questa strategica arteria che interessa questo territorio; sulla base di uno specifico studio realizzato dall'Aci, che analizza la localizzazione di oltre 36 mila incidenti stradali avvenuti in Italia lo scorso anno, è risultato che la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga sia la strada extraurbana più pericolosa del Paese;

   sono stati ben 311 gli incidenti nel solo nel 2017, su un'arteria lunga complessivamente 141 chilometri e che attraversa le province di Lecco e di Monza-Brianza;

   di questi, 180 incidenti si sono registrati negli appena 23 chilometri del tratto della provincia brianzola;

   si tratta di una strada molto frequentata dai pendolari anche per raggiungere le località sciistiche della Valtellina, di Bormio e Livigno, tra l'altro in corsa per le Olimpiadi del 2026;

   secondo l'Anas, la strada statale 36 è una delle più trafficata di tutto il nord Italia, con punte anche di 78 mila transiti al giorno;

   vanno considerate la rilevanza della strada statale in questione e la preoccupazione di istituzioni locali, cittadini, associazioni, organizzazioni sociali, per l'evidente criticità in termini di sicurezza;

   occorrono pertanto investimenti per la messa in sicurezza dell'arteria sia per questioni morfologiche sia per questioni attinenti strettamente alla sicurezza stradale, nonché per il suo adeguamento agli attuali volumi di traffico divenuti ormai insostenibili –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di convocare, in tempi rapidissimi, un tavolo istituzionale con l'Anas, con la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali interessati – in particolare prefetture e province di Monza e Brianza, Lecco, Sondrio – e non, comprese le parti sociali, per finanziare interventi per la messa in sicurezza dell'arteria e per il suo adeguamento ai rilevanti volumi di traffico, con l'obiettivo di innalzarne gli standard di sicurezza soprattutto nei tratti più pericolosi, adottando anche strumenti tecnologici innovativi lungo il tracciata rafforzando la presenza della Polstrada e avendo come obiettivo la riduzione dei sinistri e una effettiva sicurezza per chi è chiamato a percorrerla quotidianamente.
(2-00376) «Fragomeli, Ubaldo Pagano, Pagani, Losacco, Annibali, Raciti, Gavino Manca, Pizzetti, Del Barba, Buratti, Prestipino, Pellicani, Carla Cantone, Frailis, Carè, Di Giorgi, Librandi, Moretto, Piccoli Nardelli, Scalfarotto, Benamati, Mor, D'Alessandro, Ciampi, Colaninno, Siani, Mura, Ceccanti, Cenni, Bruno Bossio, Nardi, Ferri».

Interrogazione a risposta orale:


   ACUNZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la stazione ferroviaria di Battipaglia, in provincia di Salerno, è uno snodo importante di diramazione verso Napoli, Reggio Calabria e Potenza e serve un vasto territorio di oltre trecentomila abitanti;

   la stessa stazione dispone di 14 binari per il ricevimento e le partenze dei treni, che hanno le seguenti caratteristiche:

    binario 1: lunghezza 257 metri, equivalente a 8 vetture tipo intercity con marciapiede di 369 metri;

    binario 2: lunghezza 300 metri, equivalenti a 9 vetture tipo intercity con marciapiede di 330 metri;

    binario 3: lunghezza di oltre 400 metri con marciapiede di 330 metri;

    binario 4: lunghezza di oltre 450 metri con marciapiede di 454 metri;

    binario 5: lunghezza di circa 500 metri con marciapiede di 454 metri;

   i binari 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14, di lunghezza variabili dai 550 agli 800 metri circa, sono adibiti al ricevimento di treni merci viaggiatori vuoti Etr tipo Frecce e Intercity, che sono fatti sostare e spostare alla stazione di Salerno da dove iniziano le corse;

   la stazione di Battipaglia è interessata dal passaggio di circa 130 treni giornalieri, con circa 100 treni regionali, circa 20 Intercity e 10 Frecce AV, di cui solo due hanno fermata a Battipaglia, mentre nel contempo la stessa stazione è interessata dal garaggio di treni Frecce Rosse 1000 fuori servizio, per decongestionare la stazione di Salerno;

   la stazione di Battipaglia ha un bacino di circa 4.000 viaggiatori, di cui circa 3.000 pendolari, e 1.000 sono costretti a portarsi a Salerno per i treni alta velocità, che però stazionano a Battipaglia e vengono portati vuoti a Salerno, da dove iniziano la corsa;

   nei pressi del terminal bus è sorta la nuova sede dell'Inps con una utenza di bacino ancora più allargata;

   sarebbe oltremodo utile che la clientela dell'intero comprensorio potesse usufruire dei seguenti treni alta velocità:

    treno 8351 Roma Termini/Reggio Calabria;

    treno 8352 Reggio Calabria/Roma Termini;

    Frecce bianche, treno 8873 Roma Termini/Reggio Calabria;

    Frecce argento, treno 8878 e 8358 Reggio Calabria/Roma Termini;

    Frecce rosse 1000 9522 Taranto/Milano centrale e 9547 Milano Centrale/Taranto;

   nei mesi estivi, occorrerebbe prevedere anche con fermata a Battipaglia, i treni:

    Freccia rossa 1000 9593 Milano centrale/Sapri e treno 9590 F.R. 1000 Sapri/Milano centrale –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per assicurare nel suddetto comprensorio la fruizione dei treni sopracitati.
(3-00714)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   GAGLIARDI, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal mese di giugno 2019 la viabilità spezzina sarà interessata da importanti lavori di manutenzione straordinaria che riguarderanno principalmente la galleria Marinasco, infrastruttura che insiste sulla strada statale Aurelia, principale arteria di comunicazione stradale per l'ingresso e l'uscita dalla città della Spezia;

   la galleria, della lunghezza di circa 2,4 chilometri, dovrà rimanere chiusa al traffico per la durata di un anno per ingenti lavori impiantistici riguardanti illuminazione, ventilazione e sicurezza. Durante tale periodo potranno essere permessi transiti solo in alcuni orari prestabiliti (ore di punta) e a flussi di percorrenza mono direzionali, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori che opereranno all'interno del tunnel e della circolazione veicolare;

   i cittadini saranno pertanto obbligati a transitare sull'autostrada nel tratto che sottende tale itinerario, in particolare nel segmento autostradale della A12 Brugnato/Santo Stefano Magra;

   risulta agli interroganti che l'assessore alle infrastrutture della regione Liguria ha segnalato le suddette criticità al Ministero delle infrastrutture e trasporti –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative per prevedere, in occasione della specifica eccezionale gravità della situazione descritta in premessa, l'applicazione di esenzioni o riduzioni tariffarie ai pendolari residenti o interessati per motivi di lavoro o studio, anche non in possesso di Telepass, costretti ad impiegare la tratta autostradale per l'intero periodo di apertura del cantiere.
(5-02052)


   MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il traffico e la viabilità del centro Italia potrebbero dal 19 maggio entrare in pesante crisi. La causa è riscontrabile nella decisione di Autostrada dei parchi, titolare della concessione per la gestione delle autostrade A24/A25, di chiudere in entrambe le direzioni il traforo, 10 chilometri, del Gran Sasso;

   la situazione che si verrebbe a creare con la possibile chiusura a tempo indeterminato in entrambe le direzioni di marcia, tra gli svincoli di Assergi nel versante aquilano, e Colledara-San Gabriele sul versante teramano è un drammatico colpo per l'Abruzzo, condannandolo ad un insostenibile isolamento;

   il motivo di questa chiusura forzata va ricercato nell'inchiesta della procura di Teramo in merito all'inquinamento della falde acquifere del massiccio;

   i lavori per lo scavo delle due gallerie hanno causato un abbassamento delle sorgenti e una massa d'acqua di deflusso, che si è incanalata verso gli acquedotti che circondano la zona de L'Aquila. Proprio questa massa d'acqua, risulta inquinata a causa sia delle automobili che quotidianamente circolano in superficie sia delle attività del laboratorio;

   sotto inchiesta si trovano l'ente Autostrada dei parchi, la società che gestisce il servizio idrico della provincia di Teramo e l'Istituto nazionale di fisica nucleare;

   per risolvere questa delicata situazione, la provincia ha chiesto a Strada dei Parchi di effettuare un'opera di manutenzione urgente per un importo complessivo di 104 milioni di euro –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per nominare un commissario straordinario con poteri definiti e limitati alla sola esecuzione dei lavori da realizzarsi attraverso lo stanziamento dei fondi necessari per gli interventi, procedendo alla conseguente revoca della chiusura del traforo.
(5-02053)


   LUCCHINI e COVOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la superstrada Pedemontana Veneta, nel tratto di interconnessione tra la A31 Valdastico e Breganze (Vicenza), è pronta per essere aperta alla circolazione, ma ad oggi continua a non essere fruibile;

   stando a quanto asserito dalla struttura di progetto Superstrada Pedemontana Veneta (Spv spa), la mancata apertura del tratto predetto è dovuto alla mancata stipula dell'accordo con i concessionari per la regolamentazione degli introiti da pedaggio, necessario dal momento che la tratta si interconnette con il sistema autostradale esistente;

   vanno considerati la strategicità dell'infrastruttura e i benefici connessi all'apertura del tratto stradale menzionato –:

   se intenda fornire maggiori informazioni in merito e quali iniziative intenda adottare — nell'ambito delle sue competenze — affinché le società concessionarie interessate si accordino tempestivamente per pervenire all'apertura del tratto di interconnessione tra la A31 Valdastico e Breganze (Vicenza).
(5-02054)


   PELLICANI e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 309 Romea è una delle arterie più trafficate e pericolose d'Italia, con un elevato numero di incidenti spesso mortali;

   la statale in questione è compresa all'interno di un progetto, denominato «Nuova Romea Commerciale» o «Mestre-Orte», che prevede la realizzazione di un'autostrada a pagamento, parallela all'attuale strada statale, di collegamento tra Mestre, Cesena e Orte (Lotto E45-E55);

   la cosiddetta Mestre-Orte lunga 400 chilometri, è stata progettata in project financing dalla Gefip di Vito Bonsignore per un importo di circa 9 miliardi di euro (di cui circa 1,6 miliardi finanziati dalla parte pubblica);

   tale progetto ha già ottenuto la verifica di impatto ambientale (Via), i pareri favorevoli delle Soprintendenze interessate, dell'Anas e del Cipe;

   suddetto progetto riscontra, però, la contrarietà di numerosi Comuni del Veneziano, a cominciare da Dolo e Mira e da molti comitati di cittadini e per tali ragioni è stato accantonato, dando priorità ad interventi di riqualificazione, manutenzione e messa in sicurezza dei 120 chilometri della Romea attuale (70 in territorio Veneto, 50 in Emilia-Romagna), destinando a questo scopo anche ingenti finanziamenti;

   tra le opere complementari dell'autostrada Mestre-Orte nel progetto risultano previste una bretella dal casello di Cavarzere a Chioggia e soprattutto il completamento della strada provinciale «Arzeron», unica alternativa alla Romea per decongestionare il nodo di Chioggia;

   si tratta di una strada di circa 20 chilometri molto utilizzata tutto l'anno dai pendolari e d'estate anche dai cosiddetti «pendolari del mare», per far fronte ai pesanti problemi di traffico e sicurezza, che va da Brondolo a Santa Margherita di Codevigo;

   nel corso del tempo sono stati completati circa 5/6 chilometri, ne restano una quindicina da completare, da Valli di Chioggia a Santa Margherita;

   risulta esservi, infine, un ulteriore progetto riguardante la strada statale «Romea», che prevede di aggiungere due ulteriori corsie al tracciato della Romea attuale, trasformandola di fatto in una superstrada a quattro corsie, progetto noto al Ministero, all'Anas, alla società concessioni autostradali venete (Cav) e alla regione, ma mai formalmente esaminato –:

   in considerazione di quanto riportato in premessa, quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato in riferimento alla realizzazione dell'autostrada Mestre-Orte e quali interventi concreti nell'immediato intenda adottare, d'intesa con gli altri soggetti competenti, per la messa in sicurezza e l'adeguamento della strada statale Romea, in particolare nel tratto Mestre-Chioggia.
(5-02055)


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Lecco soffre di gravissime carenze infrastrutturali viarie dovute alla carenza di manutenzione, alla mancata programmazione e alla mancata progettazione di nuove infrastrutture;

   ogni giorno, migliaia di persone, imprese, lavoratori e studenti devono fare i conti con lunghissime code, ritardi e imprevisti che incidono notevolmente sull'economia generale della provincia, sul fatturato e sulla produzione delle imprese, sulle vite dei singoli cittadini e delle famiglie;

   i lavori di ricostruzione del ponte crollato in comune di Annone di Brianza sono in netto ritardo rispetto al cronoprogramma di cantiere;

   i lavori sul Ponte San Michele in comune di Paderno d'Adda risultano fermi senza giustificati motivi;

   il ponte tra Brivio e Cisano Bergamasco è estremamente sollecitato dal passaggio di traffico pesante;

   il ponte di Trezzo sull'Adda è monitorato per la sicurezza e soggetto a lavori;

   i dati relativi ai collaudi statici e ai monitoraggi non sono mai stati diffusi all'opinione pubblica;

   la situazione peggiora di giorno in giorno e sta diventando insostenibile –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda porre in atto, per quanto di competenza, per dare inizio ad una politica di programmazione e progettazione infrastrutturale che risolva la gravissima situazione della provincia di Lecco.
(5-02056)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'industria delle macchine per costruzioni, impegnata nella progettazione di nuovi mezzi poco inquinanti richiede degli interventi che contribuirebbero a un miglioramento della qualità dell'aria;

   la regolamentazione europea in materia di emissioni dei veicoli mobili non stradali ha avuto un impatto rilevante sulla commercializzazione di motori all'avanguardia e in pochi anni di attività è stato reso possibile un abbattimento di oltre il 95 per cento dei particolati emessi delle macchine per costruzioni;

   tuttavia, le nuove tecnologie non vengono incentivate e diffuse al livello di mercato. Infatti, sebbene i motori a basse emissioni siano da tempo disponibili, in Italia non vi è stato ancora un ricambio del parco veicoli, i quali in buona parte restano obsoleti e inquinanti, con il rischio di procedure d'infrazione. Al riguardo, si ricorda che l'Italia, nel 2012, è stata già sanzionata, per inadempimento nell'applicazione della direttiva 2008/50/CE;

   le amministrazioni comunali svolgono un ruolo fondamentale per attuare la normativa in materia di emissioni. Il monitoraggio dei valori di concentrazione degli inquinanti è effettuato al livello comunale e i provvedimenti di prevenzione da adottare in caso di superamento dei limiti imposti dalla legge, sono di competenza principale delle amministrazioni comunali, di concerto con le regioni;

   contro il superamento dei limiti di concentrazione degli inquinanti, molti comuni hanno istituito delle zone a traffico limitato e responsabilizzano l'utilizzatore indirizzandolo all'acquisto di veicoli nuovi, meno inquinanti e quindi esenti dalle limitazioni. Tuttavia, le macchine per costruzioni sono sistematicamente non comprese tra i veicoli oggetto delle limitazioni e possono quindi operare liberamente nelle zone a traffico limitato, indipendentemente dall'anno di produzione e quindi dal motore installato. Ciò è estremamente grave se si considera che l'impatto in termini di emissioni anche di una sola macchina obsoleta equivale a diverse decine di macchine analoghe, ma rispondenti a classi di emissioni più recenti. In altri casi, invece, le macchine per costruzioni vengono considerate inquinanti a prescindere, e quindi interdette alla circolazione, senza tenere in considerazione, come invece fatto per auto e motoveicoli, gli avanzamenti tecnologici degli stage dei motori;

   questa situazione paradossale non valorizza lo sforzo dei produttori e non contribuisce al miglioramento della qualità dell'aria e rischia di deresponsabilizzare l'utilizzatore finale che non è incentivato a sostituire le macchine obsolete con quelle più avanzate;

   le emissioni delle macchine per costruzioni non derivano solo dalla loro circolazione, ma anche dalla loro attività in cantiere. I cantieri possono trovarsi all'interno delle zone a traffico limitato, le quali, tuttavia, prendono in considerazione, esclusivamente i veicoli circolanti. In questo modo si permette a macchine inquinanti di operare indipendentemente dalla propria obsolescenza anche in aree di particolare interesse. Di contro, incentivare l'uso di macchine di ultima generazione contribuirebbe al miglioramento della qualità dell'aria;

   sarebbe dunque necessario intervenire per: a) includere le macchine nelle ordinanze comunali relative alle aree a traffico limitato, tenendo conto degli stage dei motori; b) superare l'approccio della sola circolazione, prevedendo limitazioni all'utilizzo delle macchine per costruzioni obsolete all'interno delle aree a traffico limitato; c) prevedere un'incisiva premialità di punteggio nelle gare di appalto per lavori di costruzione e manutenzione in ambito comunale per le aziende che utilizzano macchine di ultima generazione; d) intensificare i meccanismi di controllo del mercato aumentando la vigilanza –:

   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, affinché sia incentivato l'utilizzo delle nuove macchine per costruzioni che garantiscano la sostenibilità dell'ambiente, al fine di eliminare dal parco veicoli dell'Italia i macchinari obsoleti e inquinanti, come esposto in premessa.
(5-02025)


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli interventi di adeguamento sismico per quanto concerne le autostrade A 24 e A 25 sono stati disposti in adempimento dell'articolo 1, comma 183, della legge n. 228 del 2012, in considerazione della funzione strategica di suddette infrastrutture;

   le risorse assegnate al concessionario Strada dei parchi s.p.a. per il ripristino e la messa in sicurezza della tratta autostradale A 24 e A 25 a seguito degli eventi sismici 2009, 2016 e 2017 sono state assegnate nell'ambito dei fondi di sviluppo e coesione destinati alla regione Abruzzo di cui all'articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 109 del 2018 e convertito dalla legge n. 130 del 2018;

   suddette risorse ammontano a 192 milioni di euro;

   come riportato dagli organi di informazione il Ministero dell'economia e delle finanze nel foglio di osservazione prot. 7450 del 22 marzo 2019 con esplicito riferimento all'impegno di spesa per i richiamati interventi riportava testualmente: «al riguardo non è possibile dar corso all'impegno di spesa di cui in oggetto, in quanto la disponibilità di cassa sul capitolo 7701/01 di 112 milioni di euro consente un correlato impegno di pari importo a fronte di una spesa derivante dal protocollo di intesa di 192 milioni di euro che risulterebbe pertanto privo di copertura»;

   questa notizia ha suscitato grave allarme tra i vari soggetti istituzionali interessati e soprattutto tra i cittadini;

   sono trascorsi 6 mesi dalla conversione in legge del citato decreto-legge e ad oggi nessun intervento è stato autorizzato per i lavori di messa in sicurezza antisismica per i manufatti autostradali in questione –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di rendere immediatamente disponibili le risorse ammontanti a 192 milioni di euro per gli interventi di messa in sicurezza e di adeguamento sismico per le autostrade A 24 e A 25 considerata la loro assoluta priorità.
(5-02038)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2019 è stato chiuso al traffico il viadotto Puleto, lungo la superstrada E45, nel territorio del comune di Pieve Santo Stefano (Arezzo), a seguito del sequestro disposto dalla procura aretina, perché ritenuto a rischio di cedimento;

   solamente nelle settimane successive il viadotto è stato riaperto, ma solamente al traffico leggero, mentre il traffico pesante continua ad essere dirottato sulla viabilità provinciale locale, non in grado di sostenere tale traffico, anche perché già in condizioni critiche. Peraltro la parallela strada provinciale in Emilia-Romagna è chiusa da tempo;

   come risulta evidente, le conseguenze per il territorio interessato e per tutta la viabilità dell'area sono pesantissime e ormai insostenibili;

   di fatto, oggi il sistema viario dell'Italia è praticamente «spezzato» a metà, con gravi disagi per i territori interessati, che si trovano a subire giornalmente il deflusso di migliaia di veicoli costretti a trovare vie secondarie per le strade dell'Appennino;

   le conseguenze determinate dalla chiusura della E45 sono talmente gravi che le regioni Emilia-Romagna, Toscana e Umbria hanno decretato lo stato di crisi regionale e hanno avanzato al Governo la richiesta di dichiarare lo stato di crisi nazionale;

   tutti i comuni coinvolti nell'emergenza E45, a cominciare dai sei dell'Unione Valle Savio, stanno subendo, e subiranno ancora per molto, i pesantissimi effetti negativi della parziale chiusura del viadotto;

   purtroppo, questa richiesta è caduta nel vuoto, visto che la Presidenza del Consiglio non ha ritenuto di riconoscere lo stato d'emergenza, chiarendo che le pesanti conseguenze della chiusura parziale del viadotto Puleto sono risolvibili per via ordinaria;

   anche grazie a forti sollecitazioni e richieste di intervento avanzate con specifici atti di sindacato ispettivo dell'interrogante, il Governo, nel decreto-legge n. 34 del 2019, prevede alcuni interventi a favore dei lavoratori e delle attività produttive dei territori interessati che, seppur insufficienti, vanno comunque nella direzione di un giusto e doveroso sostegno alle comunità locali;

   in ogni caso, si ricorda che in un incontro con gli amministratori locali, il Ministro interrogato aveva sottolineato l'impegno del Governo a farsi carico delle competenze sulla viabilità locale alternativa, in modo tale da garantire interventi rapidi attraverso Anas, stanziando le risorse necessarie all'adeguamento ai nuovi volumi di traffico e riconoscendo quindi la necessità di dare risposte in tempi brevi ai territori e ai cittadini coinvolti dalla chiusura della superstrada;

   anche alla luce delle forti criticità suesposte, andrebbe riconsiderato il progetto autostradale Orte-Mestre, seppur con le dovute e necessarie modifiche;

   il progetto autostradale Orte-Mestre detta anche Nuova Romea Commerciale, è in essere da circa 16 anni. Nel 2012, il Governo Monti aveva definito l'opera come un intervento prioritario, e il 10 novembre 2014 il Cipe approvava il progetto preliminare del «Collegamento autostradale E45-E55 Orte-Mestre». Dal 2015, l'opera non è più presente nell'Allegato infrastrutture del documento di economia e finanza, il documento governativo che elenca le opere infrastrutturali strategiche di interesse nazionale –:

   se non si intendano adottare iniziative per accelerare gli interventi per il ripristino della E45 e della viabilità alternativa, anche prevedendo le cantierizzazioni degli interventi medesimi con una operatività «h24» e 7 giorni su 7, sino alla conclusione delle opere;

   se non intenda avviare le opportune iniziative di competenza volte a riportare quanto prima tutta la vecchia statale Tiberina sotto la gestione dell'Anas;

   se non ritenga necessario, nell'ambito delle proprie competenze, adottare iniziative per prevedere maggiori risorse per gli interventi di manutenzione delle strade dei comuni montani dei territori interessati dalla chiusura parziale del viadotto;

   se non intenda valutare l'opportunità di riconsiderare il progetto autostradale Orte-Mestre, seppur con le necessarie modifiche rispetto al progetto iniziale.
(4-02828)


   CONTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto ha provveduto a stilare un regolamento interno denominato «Pers 1»;

   in virtù di tale regolamento si può movimentare il personale anche quando non sussistono cause di incompatibilità «ambientale», e quando nessuno esprime richiesta di trasferimento ad altra destinazione o quando quella destinazione non è oggetto di richiesta di trasferimenti da parte di nessun militare;

   giova ricordare che in virtù delle precedenti disposizioni il personale potrebbe ambire a rimanere nella stessa destinazione a prescindere dai periodi di permanenza (5 anni per gli uffici locali, 15 anni per gli uffici circondariali marittimi o per particolari comandi, come in Campania o Puglia);

   la nuova disposizione provoca tensioni e malessere tra il personale coinvolto;

   i disagi maggiori soprattutto per coloro che sono legati familiarmente a dei civili che per ovvie ragioni avrebbero notevoli problemi a seguire il coniuge militare senza poter godere di alcuna agevolazione;

   vengono segnalati casi di militari trasferiti dopo molti anni di permanenza in una sede o addirittura a pochi anni dalla pensione;

   i trasferimenti comportano oltretutto una importante spesa a carico dello Stato per far fronte alle indennità di trasferimento;

   in altri corpi militari o nelle Forze armate e nelle Forze di polizia, una volta ricevuta la destinazione, non si è più soggetti a trasferimenti se non previa esplicita richiesta;

   il Corpo delle capitanerie di porto risulta sotto organico; ciò nonostante la Guardia costiera italiana rappresenta un'eccellenza nel mondo proprio per le grandi capacità organizzative nelle attività di «Search and Rescue» (Sar);

   invece di procedere a trasferimenti sarebbe opportuno bandire un concorso per l'assunzione di nuovo personale che vada a ricoprire gli incarichi richiesti nelle sedi con carenza in modo tale da soddisfare le necessità –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di intervenire, nell'ambito delle sue competenze, sui temi posti in premessa; quale sia l'intendimento del Governo in ordine alla carenza di personale del Corpo delle capitanerie di porto e se intenda avviare un programma di nuove assunzioni.
(4-02839)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   PRISCO, MELONI, FRASSINETTI, FIDANZA, OSNATO e DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno a Milano il 29 aprile le istituzioni celebrano la tragica morte di Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi. Inoltre, è sempre stata prevista una fiaccolata organizzata dal Comitato preposto all'organizzazione del 29 aprile in ricordo della tragica morte di Sergio Ramelli, colpito con le chiavi inglesi da un commando di Avanguardia operaia;

   l'omicidio di Sergio Ramelli fu un delitto a sfondo politico commesso nel 1975 da militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia ai danni di Sergio Ramelli, nato a Milano il 6 luglio 1956, all'epoca e fiduciario del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile del Msi);

   la vicenda storica e processuale è chiara e nota: il 13 marzo 1975 Ramelli mentre stava ritornando a casa in via Paladini fu assalito da un gruppo di militanti di Avanguardia operaia armati di chiavi inglesi, e colpito ripetutamente al capo; a seguito dei colpi ricevuti perse i sensi e fu lasciato esangue al suolo, morì dopo 47 giorni di agonia il 29 aprile;

   quest'anno il questore ed il prefetto di Milano, hanno deciso, anche su richiesta del sindaco di Milano Giuseppe Sala, di negare la fiaccolata silenziosa e questo nonostante l'appello di oltre sessanta rappresentanti istituzionali lombardi di partiti diversi, tra cui parlamentari, consiglieri e assessori regionali, consiglieri comunali e municipali che chiedevano di consentire il diritto al ricordo di un giovane trucidato dall'odio ideologico;

   non vi sono mai stati episodi di violenza durante le fiaccolate consentite nei decenni precedenti;

   nello stesso giorno è stata invece autorizzata una pretestuosa contromanifestazione promossa dall'estrema sinistra il percorso della quale è stato previsto a poca distanza dal luogo di concentramento dei militanti di destra;

   le forze dell'ordine in viale Romagna hanno caricato in modo assolutamente eccessivo i manifestanti che si stavano incamminando in direzione di via Palladini dove c'è la lapide di Ramelli, in modo pacifico e silenzioso, senza striscioni e senza simboli, fatta eccezione per una bandiera tricolore;

   durante queste cariche, esasperate da alcuni funzionari della questura (come emerge da riprese video), alcune persone sono rimaste ferite e due hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso –:

   per quali motivi sia stato ordinato agli agenti di caricare in viale Romagna uno sparuto gruppo di persone in movimento disarmate che, a giudizio degli interroganti, potevano essere contenute senza l'utilizzo della forza e senza creare inutili tensioni.
(5-02042)


   GEBHARD e TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   quasi quattrocentomila abitanti e circa 14 milioni di turisti ogni anno, oltre a city users e visitatori daily trip, costituiscono i numeri con cui si devono confrontare gli uomini delle forze dell'ordine tutte, carabinieri, polizia e guardia di finanza, che sono impiegati quotidianamente nella città di Firenze;

   in data 18 settembre 2018, al riguardo, è stata presentata l'interrogazione n. 5-00459, a firma dell'onorevole Toccafondi cui è stata data risposta da parte del Governo in data 19 settembre 2018;

   giova sottolineare come il sottosegretario per l'interno delegato, nella risposta di cui sopra, constati «un'enorme differenza tra popolazione residente e popolazione reale», e come pertanto la questione sicurezza debba sempre avere una grande priorità sia per i residenti che per i turisti che la vivono;

   nella risposta del Ministero, oltre a vari progetti, modelli di sicurezza partecipata e specifici protocolli e accordi siglati tra enti territoriali e associazioni di categoria, aventi a tema sempre la sicurezza, sono stati riportati nello specifico i dati relativi all'organico delle forze dell'ordine;

   si fa presente al riguardo:

    «la Polizia di Stato in servizio nella città di Firenze e in provincia consta di 2.083 operatori a fronte di una previsione organica pari a 2.064 unità. Sulla base delle assegnazioni disposte dal Ministero dell'interno per il 2018, è stato disposto un incremento pari a 34 unità (di cui 4 già assegnate, 9 da assegnare il prossimo ottobre, 5 a novembre e 16 a febbraio 2019)»;

   inoltre, si precisa che:

    «La forza organica del Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri di Firenze è di 1.105 unità, a fronte di una forza effettiva di 956.»;

   nella stessa risposta si riferisce che il numero delle risorse disponibili:

    «nell'ambito del Comando Provinciale della Guardia di Finanza (compreso anche il personale del Corpo in servizio presso la Compagnia di Empoli e le Tenenze di Borgo San Lorenzo, Castelfiorentino e Pontassieve) è pari a 557 militari, rispetto a una forza organica prevista di 664 unità» –:

   quando sarà assegnato il personale mancante nella città di Firenze, rispetto anche ai dati su riportati.
(5-02043)


   IEZZI, BORDONALI, DE ANGELIS, GIGLIO VIGNA, INVERNIZZI, MATURI, STEFANI, TONELLI e VINCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quando, nel 2011, a Roncadelle (Brescia), un gruppo Sinti ha acquistato un campo agricolo nel quale si è insediato con le roulotte e ha costruito manufatti abusivi, i cittadini denunciano gravi problemi di convivenza, fatti di minacce e aggressioni da parte dei Sinti ai residenti di Via Ghislandi dove si trova il terreno occupato;

   a ottobre 2018 i cittadini hanno depositato alla procura della Repubblica alcune denunce per omissione di atti d'ufficio e realizzazione di opere o lottizzazioni abusive contro l'ex sindaco Michele Orlando, contro quello attuale, contro l'ufficio tecnico e la polizia locale, tutti accusati di concedere ai Sinti di vivere su un terreno agricolo non abitabile e di eccessiva tolleranza a discapito degli altri residenti;

   il terreno è, infatti, un'area agricola sulla quale possono essere eseguiti solamente interventi atti alla conduzione del fondo agricolo, mentre dai sopralluoghi effettuati dal comune, risultano essere state realizzate, in assenza di titoli abitativi, opere di trasformazione permanente del suolo quali l'installazione di prefabbricati e piazzali in ghiaietto;

   a febbraio si è verificata l'ennesima lite, degenerata in rissa, con l'intervento delle forze dell'ordine e subito dopo il sindaco, Damiano Spada, ha annunciato di aver scritto al prefetto e alla questura per dare risalto alla questione;

   nel mese di aprile 2019, a seguito di un tavolo in prefettura, il sindaco Spada ha emesso un'ordinanza per il ripristino del campo agricolo e il trasferimento dei nomadi in aree pubbliche del comune e ne ha dato notizia nel corso di un consiglio comunale;

   purtroppo, i problemi tra il gruppo Sinti e i cittadini continuano anche dopo la nuova collocazione che il sindaco ha trovato per il gruppo Sinti e lo stesso ha assicurato alla cittadinanza di aver scritto nuovamente al prefetto Visconti che, nonostante sia appena arrivato sul territorio, si è già attivato per risolvere la questione –:

   se intenda chiarire quali richieste di intervento il sindaco abbia inviato al prefetto e al questore e, rispetto alle ordinanze emesse, come il prefetto intenda intervenire per risolvere questa situazione complicata.
(5-02044)


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 3 maggio 2019, durante un attentato di natura camorristica, si è verificata l'ennesima sparatoria a Napoli, in pieno giorno in piazza Nazionale, nella quale è rimasta questa volta gravemente ferita una bambina di soli 4 anni, colpita ai polmoni e tuttora ricoverata in gravissime condizioni e in prognosi riservata;

   già il 9 aprile 2019 un'altra sparatoria camorristica aveva coinvolto un minore di 3 anni, rimasto incredibilmente illeso, e si era svolta non lontano da una scuola durante l'orario di ingresso, con conseguenze potenzialmente drammatiche e spaventose per l'intera cittadinanza;

   più volte negli ultimi mesi, a seguito del ripetersi di numerosi attentati a Napoli e provincia, il firmatario del presente atto ha presentato analoghe interrogazioni per chiedere mezzi e uomini adeguati, e una presenza costante dello Stato, per ripristinare quanto prima la legalità e il pieno controllo di questo territorio;

   da quando si è insediato l'attuale Governo, invece, la sicurezza dei cittadini è stata univocamente intesa come lotta ad un pugno di migranti in balia delle onde, dimenticando sistematicamente il necessario contrasto agli interessi economici della grande criminalità organizzata che per l'ennesima volta ha colpito, in pieno giorno a Napoli, ai danni di una bambina di soli 4 anni –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per contrastare il sistematico ripetersi di attentati a Napoli e nella sua provincia e per garantire la sicurezza dei cittadini ai quest'area, con particolare attenzione al possibile coinvolgimento dei soggetti più deboli, quali i minori di età.
(5-02045)


   MACINA, DADONE, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, DIENI, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dopo 17 anni di elusione normativa ed una class action vittoriosa presso il Tar Lazio, il decreto legislativo n. 95 del 2017, attuativo della legge delega cosiddetta «Madia», ha istituito il nuovo ruolo direttivo ad esaurimento della polizia di Stato che, per sanare ha l'annosa questione, ha sostituito il ruolo direttivo speciale di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 2000 ma, tra tutte le forze di polizia civili e militari, mai costituito nella sola polizia di Stato, danneggiando gli ispettori della polizia di Stato ex legge n. 121 del 1981: il ruolo direttivo ad esaurimento non ha sanato la questione, ha comportato una regressione di 12 parametri economici, non restituisce nemmeno le prerogative annullate dal 2000, dopo che gli stessi soggetti interessati, con il decreto legislativo n. 197 del 1995 erano stati retrocessi e demansionati, caso unico nella storia della Repubblica, e non risponde minimamente al principio di equiordinazione indicato nella suddetta delega;

   le Commissioni parlamentari sottolinearono all'epoca le criticità, raccomandando al Governo di «tenere conto della posizione giuridica differenziata in cui si è venuto a trovare il personale della Polizia di Stato che alla data del 31 agosto 1995 rivestiva una delle qualifiche dell'originario ruolo degli ispettori e alla data del 1° gennaio 2017 prestava servigio con la qualifica di ispettore superiore s.u.p.s. sostituto commissario e che per effetto della mancata indizione dei concorsi ex articolo 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, è risultato privato della possibilità di progredire gerarchicamente nel superiore ruolo direttivo, come invece regolarmente avvenuto per il personale degli altri Corpi di polizia civili e militari e per le Forze armate, prevedendo altresì che, a seguito del concorso per titoli, acceda integralmente e direttamente, anche in sovrannumero riassorbibile rispetto alle 1.500 unità indicate (le 300 ulteriori alle 1.500 sono destinate a sanare altra posizione soggettiva), alla qualifica di commissario capo del ruolo direttivo ad esaurimento, con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2017 e decorrenza economica dal 1° gennaio 2018 (...)» –:

   se e quali iniziative intenda adottare per sanare l'illustrata iniqua e penalizzante situazione, già rimessa alla Corte costituzionale dal Tar Abruzzo, al fine di «equiordinare» gli interessati ai loro omologhi delle forze di polizia civili e militari ai quali, prima del decreto legislativo n. 197 del 1995 (in cui furono retrocessi), erano sovraordinati gerarchicamente, funzionalmente ed economicamente.
(5-02046)


   SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai maggiori organi di stampa, il 28 aprile 2019, nel quartiere Libertà di Bari, si sono verificati due nuovi scandalosi episodi di esibizione dei clan della malavita locali, in pieno stile «Casamonica»;

   ad attendere un bambino, figlio di un boss detenuto al quale il carcere ha negato l'autorizzazione ad assistere alla festa del figlio, c'è una fiammante Ferrari e ad attendere l'altro c'è invece uno spettacolo pirotecnico non autorizzato degno della migliore festa patronale con diverse batterie di fuochi il cui rumore si è diffuso in tutta la città per diversi minuti;

   in ogni caso non sarebbe il primo episodio verificatosi soprattutto nel quartiere Libertà di Bari all'ombra della chiesa e dell'attiguo oratorio salesiano, per festeggiare la prima comunione di figli o la scarcerazione di affiliati: lo spettacolo pirotecnico è andato in scena anche qualche settimana prima dell'episodio testé menzionato, per festeggiare addirittura la prima confessione di un altro bambino circondato dall'acclamazione e dell'entusiasmo dei parenti;

   ad avviso dell'interrogante, quanto appena riportato mostra una situazione di forte allarme tra la cittadinanza, considerato che non vi è stato alcun intervento da parte delle forze dell'ordine per ripristinare la situazione –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di scongiurare il perpetuarsi degli eventi riportati in premessa per garantire la sicurezza di tutti i cittadini della città di Bari.
(5-02047)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Isola di Capo Rizzuto, situata in provincia di Crotone, conta circa 17.000 abitanti, e ha un territorio molto esteso che comprende diverse contrade tra cui la frazione di Le Castella, nota per la presenza del castello aragonese, località Marinella, S.Anna, dove sono ubicati l'aeroporto e il centro di prima accoglienza più grande d'Europa, Capo Rizzuto, Le Cannella ed altre frazioni;

   la città è anche una rinomata località balneare, nota per le attrattive naturalistiche e archeologiche;

   nel mese di novembre 2017 l'amministrazione comunale è stata sciolta per infiltrazioni mafiose e, nel mese di marzo 2019, il Governo ha prorogato tale provvedimento per ulteriori sei mesi a causa dei numerosi eventi criminosi che interessano questo territorio e che sono oggetto di continue indagini da parte delle forze dell'ordine e della magistratura;

   la sicurezza pubblica deve essere garantita come diritto essenziale agli stessi livelli e nelle stesse condizioni in tutto il territorio italiano, costituendo essa un diritto fondamentale di ciascun cittadino, senza alcuna distinzione;

   nel territorio comunale di Isola di Capo Rizzuto la presenza dello Stato è attualmente garantita da una tenenza dei carabinieri a fronte di un territorio che richiede, con forza, la presenza delle forze dell'ordine quale presidio di legalità a tutela delle tante persone oneste che vi risiedono e svolgono la propria attività professionale;

   nel territorio di Isola di Capo Rizzuto sono disponibili numerosi immobili confiscati alla mafia che potrebbero essere utilizzati, senza alcun onere per lo Stato, per allestire un comando della guardia di finanza, presente in loco sino all'agosto del 2013, o un commissariato della Polizia di Stato –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per soddisfare la richiesta dei cittadini del comune di Isola di Capo Rizzuto di avere, oltre all'attuale tenenza dei carabinieri, anche un comando della Guardia di finanza o un commissariato di polizia;

   quali siano il numero e le caratteristiche degli immobili confiscati alla mafia presenti sul territorio di Isola di Capo Rizzuto e quali, in ragione delle condizioni tecniche e strutturali, possano essere immediatamente utilizzati per le finalità di cui in premessa.
(5-02024)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2019 le convenzioni per l'accoglienza diffusa di Croce rossa italiana Udine, Oikos Onlus, Centro Balducci con la prefettura U.t.g. di Udine sono giunte a scadenza. I soggetti citati si occupavano dell'accoglienza di 315 persone. Tra questi figuravano persone vulnerabili dal punta di vista sanitario (patologie croniche, disabilità, o prese in carico psichiatriche), nuclei familiari con minori al seguito di età compresa tra i 2 e i 12 anni. Si precisa, inoltre, che 8 bambini risultano regolarmente inseriti in contesti scolastici e sociali negli attuali luoghi di accoglienza;

   in data 1° maggio 2019 è stata diffusa la notizia di un trasferimento, coatto e repentino, di tutte queste persone presso la struttura ex caserma Cavarzerani di Udine. Tale struttura, indicata quale luogo per la prima accoglienza di persone appena arrivate sul territorio nazionale, dispone di camerate per l'accoglienza di soli uomini singoli. Non sono previsti spazi per famiglie né bagni che garantiscano divisione tra donne e uomini; la struttura non ha spazi minimamente adeguati per l'accoglienza di bambini o di persone disabili e risulta molto dislocata rispetto ai precedenti luoghi di accoglienza, comportando l'interruzione dei percorsi scolastici intrapresi (con successo) dai bambini;

   la capienza della ex caserma Cavarzerani, definita anche per la gara pubblica tenutasi recentemente, è calcolata in massimo 300 persone. Anche con gli aumenti d'obbligo la capienza risulta già abbondantemente superata con questi imminenti trasferimenti –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere;

   quali siano i limiti di capienza per la ex caserma Cavarzerani di Udine;

   quali notizie intendano fornire circa i lavori di ristrutturazione già svolti per rendere i locali della caserma accessibili ai disabili e adeguati all'accoglienza di donne e nuclei famigliari con minori;

   quali iniziative saranno intraprese per garantire la frequenza scolastica dei bambini;

   come verrà garantita la sicurezza nella struttura, in particolare per quanto riguarda l'accoglienza di persone disabili, anche con disturbi psichiatrici certificati, e soprattutto in relazione al superamento della capienza massima della ex caserma.
(5-02028)


   MARIN, GELMINI, BENDINELLI, GREGORIO FONTANA, CASCIELLO, SARRO e D'ATTIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sin dalla scorsa estate si è appreso, in particolare attraverso le parole del capo della polizia, Franco Gabrielli, della volontà di implementare un piano di revisione degli organici degli uffici territoriali delle questure di tutta Italia;

   come riportato dagli organi di stampa, un tavolo composto da esperti costituito presso il Viminale, con alla guida lo stesso Gabrielli, ha infatti rivalutato la funzione di alcune questure, che potrebbero cambiare fascia di importanza ottenendo un aumento di organico e di fondi per la propria attività;

   secondo le notizie diffuse dalla stampa, il piano di riassetto prevede infatti un «salto» di livello per le questure di Padova, Verona, Brescia, Bergamo, Caserta, Salerno e Foggia: per queste sedi, si tratterebbe di un potenziamento delle forze di polizia a presidio del territorio, e a servizio dei cittadini; un riconoscimento fondamentale in grado di portare il livello delle questure pari alle potenzialità che queste città esprimono. In particolare negli ultimi anni il Paese è profondamente cambiato ed è necessario adeguare il livello di controllo alle esigenze dei diversi territori –:

   quali siano le intenzioni del Governo in relazione al piano di riorganizzazione delle questure più volte annunciato dal capo della polizia;

   in quali tempi si intenda procedere alla rivalutazione delle funzioni delle questure che maggiormente richiedono un salto di livello, con un aumento di risorse e personale, come quelle citate in premessa e riportate dagli organi di stampa.
(5-02031)


   GARIGLIO, BONOMO, ENRICO BORGHI, FASSINO, FREGOLENT, GIORGIS, GRIBAUDO, LEPRI e PORTAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dai media e dai video pubblicati su internet nel corso del corteo del 1° maggio a Torino si sono verificati scontri che hanno coinvolto esponenti «No Tav» e alcuni pacifici manifestanti del Partito Democratico;

   l'aggressione ha provocato, tra i militanti del Pd intervenuti alla manifestazione, alcuni feriti, che hanno dovuto ricorrere anche alle cure mediche;

   tra i rappresentanti dei «No Tav» autori dell'assalto vi erano molti esponenti dei centri sociali, mentre alla testa di tale corteo era presente, sempre secondo fonti stampa, una nutrita schiera di eletti torinesi e piemontesi del M5s: dalla vicepresidente del consiglio comunale, Viviana Ferrero, ai consiglieri comunali Damiano Carretto, Roberto Malanca e Marina Pollicino, dalla vicecapogruppo in comune Giovanna Buccolo alla consigliera regionale Francesca Frediani;

   l'aggressione assume quindi una gravità ancora maggiore, perché sembrerebbe quindi ispirata da motivazioni politiche, coinvolgendo anche esponenti istituzionali di primo piano dell'amministrazione comunale di Torino;

   in questo contesto va aggiunto che possibili azioni violente erano state ampiamente previste proprio per la presenza preavvisata di «No Tav» appartenenti ai centri sociali, come Askatasuna, già autori di episodi simili e le cui posizioni intransigenti sulla Torino-Lione erano già state difese e giustificate da esponenti politici locali del M5s;

   numerosi erano infatti stati gli appelli alla non violenza nel corteo del 1° maggio da parte delle istituzioni e dagli stessi sindacati;

   appare agli interroganti evidente che gli stessi scontri siano stati premeditati e cercati dai manifestanti «No Tav» che hanno forzato il cordone di sicurezza predisposto dagli organizzatori del corteo per giungere in piazza San Carlo, dove era in corso il comizio conclusivo dei sindacati;

   appare altrettanto chiaro che, nonostante l'azione delle forze di polizia che hanno bloccato le aggressioni evitando conseguenze peggiori, non fosse stato predisposto dalle istituzioni competenti un piano efficace di pubblica sicurezza per prevenire prevedibili azioni di violenza –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;

   se il Ministro interrogato ritenga che sia stato predisposto un piano di pubblica sicurezza efficace per prevenire le aggressioni nel corso del corteo del 1° maggio a Torino e, qualora venissero appurate responsabilità dirette negli scontri da parte di eletti nelle amministrazioni pubbliche, quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per prevenire tali comportamenti ed evitare che essi si ripetano in futuro.
(5-02034)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7-vicies-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, comma 2, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, la carta d'identità su supporto cartaceo venga sostituita, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo del documento, dalla carta d'identità elettronica;

   l'articolo 10, comma 3 del decreto-legge 78 del 2015, convertito dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, modificando l'articolo 7-vicies-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 ha stabilito che l'emissione della carta d'identità elettronica è riservata al Ministero dell'interno e che le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato siano definite con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza Stato-città e autonomie locali;

   come riportato sul sito internet del comune di Roma Capitale «i cittadini residenti in Roma Capitale devono fare richiesta della nuova CIE con congruo anticipo rispetto alla data di scadenza della carta d'identità cartacea che ha valenza decennale (...)»;

   sempre sul sito di Roma Capitale, nella sezione relativa ai tempi di attesa per gli appuntamenti in tutte le sedi municipali per il rilascio della CIE, si apprende che il tempo di attesa medio è di ben 81 giorni raggiungendo, in alcuni municipi, tempi lunghissimi: 175 giorni al V e VI municipio, 146 giorni per il X municipio e 134 giorni per il I municipio (Circonvallazione trionfale);

   a ciò si aggiunge che, dal 1° gennaio 2019, per i servizi anagrafici-stato civile presso i municipi e il dipartimento servizi delegati è accettato solo il pagamento elettronico, causandosi, in questo modo, notevoli difficoltà per gli anziani, gli indigenti e chiunque non abbia un bancomat o una carta di credito, impedendogli di fatto la possibilità di richiedere un servizio che, oltre ad un diritto, rappresenta anche un obbligo di legge;

   quelle appena riportate sono soltanto alcune delle numerose problematiche che stanno colpendo la capitale d'Italia. A queste infatti si aggiungono molteplici e profondi disagi con i quali sono costretti a convivere quotidianamente i cittadini: i trasporti pubblici con 3 fermate centrali della metro A chiuse; la situazione di emergenza cronica dei rifiuti; la viabilità e l'allarme sicurezza e le numerose sentenze del Tar, che di fatto si sostituisce all'amministrazione capitolina, con i cittadini che sempre più spesso ricorrono in tribunale per vedere riconosciute le proprie legittime aspettative;

   ad avviso dell'interrogante, alla luce di quanto appena riportato, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, la regione può adottare tutte le misure necessarie e opportune volte a dare piena attuazione al principio di sussidiarietà, compreso, in caso di perdurante inerzia, l'esercizio di poteri sostitutivi nei confronti di Roma Capitale –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare, sia sul piano, amministrativo che normativo, al fine di contenere le tempistiche, ad oggi irragionevolmente eccessive necessarie per il rilascio della carta d'identità elettronica;

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare, sia sul piano amministrativo che normativo, per impedire che le persone più bisognose, vale a dire gli anziani, gli indigenti e chiunque non abbia a disposizione un bancomat o analogo mezzo di pagamento elettronico, possano vedersi negato il diritto a richiedere un certificato in ragione della vigente normativa.
(4-02820)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2019, la prefettura di Udine ha richiesto il trasferimento di 70 richiedenti asilo all'ex caserma Cavarzerani;

   l'ex caserma risulta essere un hub attrezzato per garantire una prima sistemazione alle centinaia di richiedenti asilo dove gli spazi restano tuttavia limitati;

   queste persone erano già state accolte in due centri di accoglienza e, conseguentemente, si erano già iniziate ad integrare con la popolazione residente. Le associazioni erano a conoscenza della necessità di trasferimento dei richiedenti asilo e per tali ragioni avevano incontrato personalmente il prefetto per garantire che questo avvenisse nel miglior modo possibile, instaurando così un dialogo costruttivo con le istituzioni;

   in data 30 aprile 2019 la prefettura, tramite Pec ha comunicato che «i richiedenti asilo dovranno essere prelevati dall'Ente gestore Consorzio Matrix secondo le modalità e gli orari concordati direttamente con l'Associazione Oikos. Gli stessi dovranno essere tempestivamente comunicati a questo Ufficio ed alla Questura di Udine. Si raccomanda la massima collaborazione al fine di garantire ordine e fluidità negli spostamenti.»;

   a seguito della comunicazione suddetta non sono stati presi in considerazioni gli scambi avuti precedentemente con il prefetto di Udine che invece sembravano voler garantire le attenzioni ai soggetti vulnerabili e alle famiglie facenti parte di quel gruppo;

   immediate sono state le reazioni delle due associazioni che si occupavano dei richiedenti asilo, Oikos e Centro Balducci, le quali ritengono assolutamente fuori luogo spostare 70 persone che si erano iniziate a integrare nella comunità. È necessario poi tenere in considerazione che tra queste c'è una donna incinta, e 5 famiglie con minori; l'ex caserma Cavarzerani, essendo un hub, dovrebbe occuparsi soltanto della prima accoglienza e non, come sta accadendo ora, di accogliere persone che invece vivono sul territorio e che si sono integrate avendo già superato la prima fase di accoglienza. Gli hub, infatti, hanno la funzione di centri di smistamento dove le persone dovrebbero rimanere poco tempo, o meglio il tempo necessario per realizzare le operazioni di identificazione e formalizzazione della domanda di protezione. Inoltre, non essendo previsto un termine massimo di permanenza, il rischio è quello che queste persone restino nell'ex caserma per un tempo indefinito;

   la prefettura sembrerebbe, inoltre, aver disposto il trasferimento di altri 245 migranti, che fino al 30 aprile erano ospitati dalla Croce rossa, in una decina di alberghi della provincia. In questo modo potrebbe venir meno la garanzia di quei diritti assistenziali minimi, soprattutto se si tiene in considerazione che la ex caserma Cavarzerani può contenere fino ad un massimo di 320 persone e che ad oggi già vi sono 170 ospiti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e cosa intenda fare affinché possano essere garantiti i diritti assistenziali minimi di coloro che già erano stati identificati e si erano cominciati a integrare nel territorio, tenendo in considerazione, poi, la presenza di donne e bambini.
(4-02821)


   PALAZZOTTO, MURONI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il primo maggio 2019 sul quotidiano online «Friulisera» si apprende che circa settanta persone tra cui intere famiglie, donne, bambini e persone vulnerabili, per effetto del cosiddetto «decreto sicurezza» saranno trasferite d'imperio alla ex caserma Cavarzerani;

   da quanto si apprende infatti, Oikos e Centro Balducci che ospitavano i migranti in questione, sarebbero stati esclusi dall'assegnazione della nuova gara, per cui la prefettura di Udine ha comunicato di spostare forzatamente tutti gli ospiti alla ex caserma Cavarzerani con la seguente nota: «i richiedenti asilo dovranno essere prelevati dall'Ente gestore Consorzio Matrix secondo le modalità e gli orari concordati direttamente con l'Associazione Oikos. Gli stessi dovranno essere tempestivamente comunicati a questo Ufficio ed alla Questura di Udine. Si raccomanda la massima collaborazione al fine di garantire ordine e fluidità negli spostamenti»;

   tale procedura, che tra l'altro ha concesso un solo giorno di tempo per organizzare lo spostamento, non ha tenuto conto di tutti quei casi vulnerabili e a rischio che avrebbero richiesto un'attenzione particolare nella gestione del trasferimento. Tra i circa 70 migranti vi sono, infatti, persone seguite dai servizi psichiatrici, donne sole con figli, donne incinte a rischio, famiglie con bambini scolarizzati, ragazze madri, persone vittime di violenza e tortura o portatori di fragilità seguiti da specifici servizi specialistici, casi a rischio di suicidio;

   a parere degli interroganti si è di fronte a una gratuita violenza istituzionale da parte della prefettura di Udine che, non solo, non ha concesso un adeguato preavviso per consentire il trasferimento, ma non ha neanche fatto una distinzione tra i vari casi;

   la caserma Cavarzerani è un hub di prima accoglienza che dovrebbe gestire solo la prima accoglienza dei richiedenti asilo e le situazioni di emergenza, ma non certo accogliere persone già integrate, che da tempo vivono sul territorio e tantomeno situazioni vulnerabili;

   l'effetto di tale decisione sarà quello di concentrare e ammassare le persone dentro un unico grande contenitore totalmente inidoneo, nel quale è più facile che si creino situazioni di disagio ed esclusione sociale, oltre a determinare un grave spreco di risorse pubbliche, rinunciando a qualsiasi percorso di integrazione e inclusione sociale avviato, interrompendolo;

   occorre evitare che episodi del genere si ripetano anche in altre realtà e che tale modalità possa essere presa ad esempio da altre prefetture;

   il Ministro interrogato ha dichiarato in diverse sedi di voler chiudere tutti i grandi centri di accoglienza –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce dei fatti esposti in premessa, non intenda procedere con la chiusura della ex caserma Cavarzerani, luogo evidentemente non idoneo a ospitare i migranti per un tempo prolungato, e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare i soggetti vulnerabili coinvolti nel trasferimento citato in premessa e che non possono essere certamente accolti in un centro hub.
(4-02822)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Cgil funzione pubblica e Confederale di Bari, il 29 gennaio 2019 ha presentato un esposto sulle numerose e gravi problematiche emerse recentemente presso il Centro di permanenza per i rimpatri (C.p.r. ex Centro di identificazione ed espulsione) di Bari-Palese e le mancate risposte dell'appaltatore del servizio, ossia la prefettura di Bari su tempi e modi di soluzione dei medesimi;

   nell'esposto vengono indicate problematiche legate ai temi in materia di lavoro e previdenziali riconducibili alla responsabilità dell'appaltatore del servizio di gestione del Centro, la cooperativa Badia Grande, con sede a Trapani, quali stipendi corrisposti in acconto, in ritardo oppure non pagati, buste paga non consegnate, utilizzo dei lavoratori in compiti di custodia degli ospiti, di competenza altrui, mancato versamento dei contributi previdenziali Inps;

   i carichi di lavoro sono diventati insostenibili, imponendo sempre agli stessi lavoratori doppi turni massacranti e dimostrando quindi una chiara carenza di organico degli operatori;

   oltre ai problemi citati vi è un grave problema di sicurezza per gli operatori che lavorano all'interno del centro, determinato anche dalla poca chiarezza dei compiti assegnati ai lavoratori, adibiti in modo improprio anche alla custodia degli ospiti del centro, compito del tutto estraneo ai profili professionali di inquadramento e allo stesso oggetto dell'appalto;

   la situazione all'interno del C.p.r di Bari Palese, a causa della sua cattiva gestione, sta diventando esplosiva e non vi sarebbero le dovute garanzia di sicurezza fisica dei lavoratori, in violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro per la non corretta applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008;

   a parere dell'interrogante occorre intervenire urgentemente a tutela dei lavoratori e degli stessi ospiti del C.p.r. perché venga garantita l'incolumità di tutte e di tutti i frequentatori, a vario titolo, del Centro;

   le condizioni igienico-sanitarie in cui versa il centro sono gravissime e rischiano di pregiudicare la salute dei lavoratori e degli stessi ospiti del Centro;

   solo recentemente un incendio ha interessato gli alloggi del Centro, danneggiando materassi e arredi di tre moduli abitativi;

   la società Badia Grande, che gestisce il Centro più o meno dalla metà del 2018, sembrerebbe non aver mai risposto adeguatamente ai problemi sollevati dalla Cgil funzione pubblica di Bari e la stessa prefettura non sarebbe intervenuta con la dovuta efficacia, affinché venissero indicati tempi, modi e soluzioni dei problemi riscontrati nella gestione del centro –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché venga avviata una verifica delle anomalie denunciate in premessa e riguardanti il Centro di permanenza per i rimpatri di Bari-Palese, anche al fine di richiamare la società Badia Grande al rispetto delle vigenti disposizioni normative e contrattuali, indicando tempi e modi di soluzione delle numerose e gravi problematiche emerse negli ultimi mesi presso il Centro barese.
(4-02823)


   FIDANZA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 113 del 2018 ha apportato modifiche all'articolo 93 del codice della strada che vieta, al comma 1-bis, che chi ha stabilito la propria residenza in Italia da più di 60 giorni circoli con un veicolo immatricolato all'estero, facendo salve le eccezioni di cui al comma successivo e con una sanzione amministrativa, in caso di inosservanza, che prevede il pagamento di una somma che può variare da 712,00 a 2.848,00 euro; nel caso in cui, poi, a seguito dell'accertamento della violazione, l'intestatario del veicolo non si attivi per richiedere l'immatricolazione in Italia nel termine di 180 giorni, si applica la sanzione accessoria della confisca amministrativa, di cui all'articolo 213 del codice della strada. Le nuove norme hanno lo scopo di sanzionare quegli individui che, pur vivendo e lavorando in Italia, utilizzano veicoli con targa straniera, al fine di eludere il pagamento delle relative imposte, incontrando spesso agevolazioni sui premi assicurativi e riuscendo talvolta a evitare la notifica di contestazioni non contestuali all'infrazione;

   esistono però delle categorie lavorative, i cosiddetti «frontalieri», che risiedono nelle provincie di confine, lavorano nei Paesi vicini e negli anni hanno immatricolato le loro autovetture nei Paesi esteri;

   questa norma sta creando numerosi disagi a questi cittadini italiani, e quindi i suddetti si troverebbero costretti a scegliere tra due soluzioni offerte dal decreto-legge il trasferimento della residenza all'estero, con conseguente iscrizione all'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero), oppure l'immatricolazione della propria autovettura in Italia; essi nel frattempo si troverebbero costretti al pagamento delle sanzioni previste dal decreto-legge e a tenere fermo il veicolo fino a immatricolazione con targa Italiana, da effettuare entro 6 mesi –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire la risoluzione delle problematiche sopraindicate a tutela dei cittadini italiani che lavorano nei Paesi confinanti.
(4-02824)


   CARETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il compito della polizia postale sta diventando con il passare degli anni sempre più difficile, ma nello stesso tempo sempre più necessario ai fini della prevenzione e del contrasto delle frodi fiscali e dei crimini informatici. Sono proprio quest'ultimi a generare maggior preoccupazione; infatti, secondo i dati dei rapporto Clusit, in Italia, dal primo semestre 2016 allo stesso periodo di quest'anno, i reati in rete sono cresciuti dell'83 per cento. Si va dai raggiri alle sostituzioni di identità, dalle truffe informatiche alle diffamazioni online, per non parlare della rete di pedopornografia. Diventa sempre più complicato trattare questo genere di reati, in quanto la materia richiede un alto tasso di preparazione e specializzazione;

   nonostante il pericoloso aumento di questa tipologia di reati che richiederebbe un potenziamento e una rivalorizzazione di questa specialità, proprio per l'importanza della materia di cui si occupa, si sta assistendo in questi anni a un vero e proprio depotenziamento degli organici della polizia postale a livello nazionale. In poco meno di un decennio, dal 2010 ad oggi, gli agenti sono passati da circa 900 a circa 600. Una delle situazioni maggiormente precarie a livello di organico viene registrata nella sezione di polizia postale di Padova, dove si è passati dalle 15 unità del 2008 a 5 unità di oggi. Con una media di circa 50 interventi al giorno e il sequestro di oltre 120 computer ogni anno, l'ufficio di polizia postale di Padova è assolutamente strategico per il lavoro svolto a servizio dei cittadini e perciò, la grave carenza di organico sta portando e porterà a gravi conseguenze in termini di sicurezza. Il lavoro della sezione sopracitata non si esaurisce nel contrasto ai reati sopracitati, bensì è volto anche a far conoscere questa tipologia di reati e le loro insidie. Infatti, in un momento in cui i reati commessi sulla rete sono in netto aumento ed è sempre più necessaria una sorveglianza, soprattutto per tutelare i minori, i poliziotti portano abitualmente le proprie competenze investigative e tecnologiche in moltissime scuole, attraverso altrettanti incontri con centinaia di studenti, che hanno generato un vero e proprio passa parola su quelle che possono essere le insidie provenienti dalla navigazione del web e del «cyber bullismo»;

   il Sindacato autonomo di polizia Sap di Padova sta svolgendo un costante lavoro di informazione sulla situazione precaria a livello di organico della sezione sopracitata, la quale è tra le più brillanti sotto un profilo della produttività in termini di attività di indagini e di polizia giudiziaria, e proprio per questo va assolutamente e celermente rafforzata. Ci sono poliziotti in provincia con attitudini, titoli ed esperienza informatica che attendono da anni di essere assegnati a tale sezione, mentre altri poliziotti sono in attesa di rientrare in servizio in sezione dopo essere stati indebitamente assegnati ad altri uffici in provincia, disperdendo in malo modo l'enorme bagaglio di esperienze e professionalità acquisite in tanti anni di militanza presso la sezione Polposta di Padova. Quest'ultima svolge, inoltre, una importantissima attività di contrasto alla pedopornografia on line e ai crimini informatici, in particolare in riferimento ai reati legati a carte di credito e home banking, alle truffe on line e nei confronti di tutti i reati connessi ai social network, quali la diffamazione, lo stalking, le ingiurie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda, per quanto di competenza, assumere iniziative volte al rafforzamento dell'organico della sezione di polizia postale di Padova, in modo tale da garantire gli standard minimi di sicurezza in un campo dove i reati hanno subito una vertiginosa e costante impennata.
(4-02831)


   MURONI e FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il corteo del 1° maggio 2019 a Torino è stato purtroppo turbato da quella che agli interroganti appare una discutibile scelta di gestione dell'ordine pubblico da parte dell'autorità preposta;

   fatta eccezione per lo scorso anno, sono ormai diversi anni che le forze dell'ordine impediscono a una consistente parte del corteo di accedere alla piazza ove si svolge il comizio finale;

   alle vibranti proteste dei manifestanti le forze dell'ordine hanno reagito in modo sproporzionato caricando indiscriminatamente tutti i manifestanti con uso degli sfollagente, senza peraltro che sia stato dato loro avviso della carica, finendo per travolgere ogni persona, comprese quelle che tentavano un'azione di interposizione e di rasserenamento della situazione;

   in questa circostanza insieme ad altri manifestanti l'avvocato Gianluca Vitale, iscritto ai Giuristi democratici e co-presidente del Legal Team Italia, veniva ferito, riportando un trauma cranico per 7 giorni di prognosi, a causa di un violento colpo di manganello, a quanto consta agli interroganti proprio mentre si prodigava per riportare un clima sereno e di dialogo con le stesse Forze dell'ordine;

   come riportato da un articolo pubblicato il 1° maggio 2019 sul sito online de «La Repubblica», il Ministro dell'interno ha affermato di aver visto «anche oggi in azione i cretini dei centri sociali»;

   affermazione secondo gli interroganti fuori luogo, perché il corteo partecipato e pacifico è stato turbato da quella che appare una carica ingiustificata da parte delle forze dell'ordine;

   a parere degli interroganti tale gestione dell'ordine pubblico è inaccettabile, in quanto ha determinato un evitabile innalzamento della tensione con l'utilizzo sproporzionato e non giustificato della forza, il quale sempre a parere degli interroganti appare finalizzata ad alzare il livello di conflittualità, anche con lo scopo di criminalizzare manifestazioni democratiche di dissenso –:

   se non intenda urgentemente assumere tutte le iniziative di competenza per accertare se la gestione dell'ordine pubblico, in occasione del corteo del 1° maggio 2019 tenutosi a Torino, sia stata rispettosa del diritto delle persone di manifestare liberamente e in modo pacifico e se siano state violate le norme del testo unico di pubblica sicurezza e le norme in materia di utilizzo delle dotazioni di servizio della polizia e, nel caso, acquisire elementi sul responsabile di queste decisioni e sulle relative motivazioni.
(4-02841)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZÓFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sempre più spesso i media ci riportano di aggressioni agli insegnanti da parte di alunni e genitori, l'ultimo caso racconta di una professoressa aggredita dalla madre di una ragazza alla quale era stata irrogata una sospensione, ma la serie di violenze è lunga e interessa le scuole di ogni grado, infatti, nel solo 2018, le aggressioni ai docenti sono state 33;

   alcuni professori con una petizione rivolta alle più alte cariche istituzionali, e in particolare al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'istruzione, sostengono la «tolleranza zero» anche per i più giovani, che devono essere adeguatamente puniti con pene effettivamente rieducative;

   la causa più importante alla base di questi atteggiamenti violenti è rintracciabile nella crisi del patto educativo, tra la scuola e la famiglia. Le famiglie sono una parte importante del lavoro educativo per la costruzione delle persone insieme alla scuola e quelli narrati sono fatti che evidenziano quanto sia profondamente mutato il rapporto di fiducia tra scuola e famiglia. A partire dall'autonomia scolastica, fino alla recente riforma, la legge n. 107 del 2015, la figura dell'insegnante ha perso via via autorevolezza e prestigio;

   per i sottoscrittori della petizione non ci sarebbero alternative: serve una legge, che istituisca e soprattutto rafforzi la figura dell'insegnante quale pubblico ufficiale, che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza, che tuteli la libertà di insegnamento e restituisca agli insegnanti un ruolo di primo piano nella società;

   il gruppo della Lega, a tal proposito, si è fatto promotore di una iniziativa legislativa con cui si intendono inasprire fortemente le pene per chiunque usi violenze fisiche e verbali nei confronti degli insegnanti, considerati appunto quali pubblici ufficiali;

   inoltre, in questi ultimi giorni è stata approvata proprio dalla Camera dei deputati la proposta di legge, nata sempre da un'iniziativa della Lega, che vede il ritorno dell'educazione civica come materia obbligatoria, oggetto di valutazione finale con voto, sia nella scuola primaria che nella secondaria –:

   quale strategia educativa il Ministro interrogato intenda mettere in campo al fine di arginare questi frequenti ed intollerabili comportamenti a danno dei docenti, se ritenga si debba scegliere la strada dell'inasprimento delle punizioni o ritenga percorribili soluzioni diverse per responsabilizzare tutte le parti in campo e favorire il dialogo, attraverso tutti quei progetti educativi mirati che, ad avviso degli interroganti, proprio la proposta di legge in itinere sull'educazione civica permetterà di intraprendere con il coinvolgimento anche delle famiglie.
(3-00721)

Interrogazione a risposta orale:


   CASA, PARENTELA, DEL MONACO, MARTINCIGLIO, PENNA, D'ORSO, LOMBARDO, LICATINI e ALAIMO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   le università degli studi pubblicano, proprio in questi giorni, i bandi relativi alle selezioni dei corsi di cui al decreto ministeriale 8 febbraio 2019, n. 92, attivando le procedure di specializzazione sul sostegno didattico agli alunni con disabilità;

   chi partecipa deve corrispondere alle università un contributo per sostenere le prove e, dopo la selezione, il costo dell'intero corso;

   la determinazione dei costi è priva di un tetto massimo previsto a livello centrale e i bandi già emessi in numerosi atenei risultano prevedere un costo abnorme di migliaia di euro, che oscilla talora tra i 2.500 e i 3.700 euro, in maniera inspiegabilmente disomogenea nei vari territori;

   dalla lettura della tabella A allegata al decreto ministeriale del 21 febbraio 2019, n. 118, l'università di Palermo non attiverà alcun percorso di formazione per il conseguimento della specializzazione né nella scuola secondaria di I grado né nella scuola secondaria di II grado, con gravissima lesione delle legittime aspettative degli aspiranti concorrenti e in prospettiva dell'utenza;

   la Costituzione garantisce sì l'autonomia finanziaria e contabile degli atenei, ma ciò non consente loro di premettere la normativa statale relativa al diritto allo studio, visto l'obiettivo essenziale e importantissimo di questi corsi che realizzano anche il diritto allo studio degli studenti disabili e che sono previsti in applicazione di specifiche norme di legge dello Stato, quali la legge n. 104 del 1992, per il perseguimento di elevatissimi interessi collettivi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, anche normative, al fine di garantire la realizzazione del diritto de quo in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, provvedendo alla fissazione di un costo massimo alla contribuzione richiesta agli iscritti;

   se intenda adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere l'attivazione dei canali formativi di cui in premessa su tutto il territorio nazionale, considerata anche la carenza di offerta formativa nell'ateneo sopracitato, per garantire l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso all'istruzione universitaria.
(3-00712)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 4 del 1999 ha previsto a carico degli enti locali le spese relative al servizio di mensa del personale dipendente dallo Stato, riconoscendo un contributo;

   tale contributo riconosciuto ai comuni per i pasti forniti al personale docente e Ata della scuola statale, si aggira intorno ai 3 euro a fronte di una spesa media di 7 euro a pasto, compresi i costi indiretti;

   complessivamente, i comuni ricevono un rimborso annuale di 62 milioni di euro, a fronte di una spesa che l'Anci stima in circa 130 milioni di euro, la cui differenza è sostenuta con risorse proprie dei comuni;

   il contributo individuato nel 1999 è, da allora, rimasto praticamente invariato, tranne un lieve incremento di 16 milioni di euro nel 2008 a seguito del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola del 2007; tale rinnovo, senza alcun preventivo accordo con i comuni, ha ampliato la platea dei beneficiari, riconoscendo il diritto a tutto il personale statale in servizio durante la refezione, compreso il personale Ata, aggravando pertanto i costi a carico dei comuni per personale dipendente dallo Stato;

   il Tar Lombardia nel 2009 ha riconosciuto la competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il pagamento dei pasti per il personale statale, precisando che il costo di ogni attività formativa, compresa l'assistenza educativa alla refezione, deve essere posta a carico dello Stato quale datore di lavoro, gravando sull'ente locale la sola gestione dei servizi di assistenza scolastica rivolti agli alunni;

   la criticità di tale situazione è stata più volte rappresentata dall'Anci e portata all'attenzione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali a luglio del 2016, trovando la condivisione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla necessità di un adeguamento delle risorse cui però non ha fatto seguito nessun provvedimento, nonostante i solleciti rivolti ai Ministeri interessati e gli impegni assunti;

   la necessità di incremento delle risorse è stata nuovamente posta all'attenzione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel mese di marzo 2019, acquisendo l'impegno del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad attivare a breve un tavolo congiunto tra Miur, Mef e Anci per individuare la soluzione;

   a tale situazione di criticità andrà ora ad aggiungersi la previsione dell'ulteriore costo che deriverà, a partire dal prossimo anno scolastico, dall'applicazione dell'articolo 1, commi 728 e 729, della legge n. 145 del 2018, che prevede l'incremento del tempo pieno nella scuola primaria in 2000 classi;

   nessuna risorsa aggiuntiva è stata prevista per il rimborso del pasto del personale docente, di sostegno e Ata, di queste 2000 classi, che comporterà, secondo le stime dell'Anci, un costo complessivo per il pasto di circa 6 milioni di euro –:

   quale sia la differenza di costo in termini finanziari che grava sui bilanci dei comuni per una competenza che non rientra tra le attività da porre a carico degli enti locali;

   quali siano gli intendimenti per superare tale previsione, che appare anacronistica, che pone a carico dei comuni un contributo per spese di competenza statale, previsione non conforme al principio generale di autonomia e responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche e alla regola costituzionale del finanziamento autonomo da parte di ciascun livello di Governo delle funzioni pubbliche esercitate, fissato dall'articolo 119 della Costituzione;

   se intenda adottare iniziative per reperire le risorse finanziarie necessarie già nel prossimo disegno di legge di bilancio 2020, affinché a partire dal prossimo anno scolastico 2019/2020, si possa finalmente adeguare il contributo, che i comuni ricevono per tali spese, fino alla totale copertura dei costi, ovvero procedere, come sarebbe auspicabile, ad un trasferimento delle competenze a carico dello Stato.
(5-02023)


   NOJA e CARNEVALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legislazione del nostro Paese sul tema dell'integrazione scolastica degli alunni con disabilità è tra le più evolute e moderne dell'Unione europea;

   il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, (13 cercato di dare una risposta concreta al tema dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, garantendo una scuola accogliente e inclusiva nel rispetto delle esigenze degli alunni;

   per l'anno scolastico in corso risultano coperti soltanto 3.382 posti con personale di ruolo sui 13.329 autorizzati per il sostegno;

   i dati riportati nei principali siti di settore dimostrano che per la scuola dell'infanzia, primaria e scuola secondaria di 1° e 2° grado si ha una elevatissima percentuale di posti coperti da «non specializzati» pari a circa il 75 per cento;

   i primi interventi approvati dal Governo con la legge di bilancio «disattivano» il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 – che aveva introdotto nuove modalità per la formazione iniziale dei docenti – introducendo, invece, per il sostegno il corso di specializzazione a cui segue il concorso;

   è stato, inoltre, bandito il concorso straordinario per posti comuni e di sostegno nella scuola dell'infanzia e primaria che porterà alla formazione di graduatorie di merito straordinarie per 10 mila posti totali;

   si tratta di numeri che non possono soddisfare in alcun modo il fabbisogno, tenendo anche conto delle ulteriori uscite previste in seguito alla cosiddetta quota 100;

   se il concorso per la scuola secondaria si svolgerà entro l'estate – come dichiarato dal Ministro interrogato – verranno di conseguenza esclusi i docenti che stanno avviando i tirocinii formativi attivi (Tfa) sul sostegno che non si concluderanno prima di marzo 2020;

   il Tfa per il sostegno prevede la possibilità di partecipazione ai diplomati ITP (insegnamenti tecnico-pratici), contro gli altri partecipanti che posseggono lauree o abilitazioni all'insegnamento;

   non risulta ancora emanato il decreto di attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, che, al fine di agevolare la continuità didattica e su richiesta delle famiglie, prevede la riconferma per i docenti con contratto a termine;

   la prima manovra approvata dal Governo evidenzia in modo netto la riduzione della spesa per i docenti di sostegno, registrando una riduzione di ben 73 milioni di euro per l'anno 2019 e di 230 milioni di euro per l'anno 2020;

   tale grave riduzione penalizza gli oltre 245.500 alunni disabili, che incorrono quotidianamente in grandi difficoltà a causa della mancanza di personale specializzato, poiché, di fatto, ciò si traduce nella impossibilità di assumere oltre 40.000 insegnanti specializzati;

   secondo quanto riportato da un'intervista del 16 gennaio 2019, rilasciata al sito on line «Orizzonte scuola», il Ministro interrogato avrebbe dichiarato: «da quest'anno le risorse per le supplenze del sostegno vengono individuate anno per anno. Quindi con le prossime manovre saranno di volta in volta iscritte in bilancio, programmando la spesa sulle necessità previste. Il Ministero continuerà sempre a garantire il sostegno a chi ne ha bisogno»;

   la dichiarazione del Ministro riguarda l’«intenzione futura» di stanziare ulteriori risorse, cosa però non avvenuta nell'ultima legge di bilancio, in quanto le cifre riportate nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca attestano la suddetta riduzione –:

   come il Ministro interrogato intenda dar seguito alle dichiarazioni di cui sopra;

   quando sarà bandito il prossimo concorso ordinario per la scuola secondaria di primo e secondo grado per immettere in ruolo docenti specializzati sul sostegno;

   quali siano i tempi di approvazione del decreto attuativo dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 66 del 2017;

   quali siano le ragioni per cui è stato concesso agli insegnamenti tecno-pratici di accedere ai corsi di specializzazione, al contrario degli altri, con il solo diploma.
(5-02037)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 65, istituisce il cosiddetto «Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai sei anni» e definisce anche i titoli per diventare educatore di nido d'infanzia;

   lo stesso decreto legislativo istituisce di fatto un sistema «ibrido», in quanto questi titoli sono definiti in due articoli di legge distinti (articolo 4 e 14), che coprono sia i «nuovi» titoli necessari, sia i titoli idonei a tale lavoro già conseguiti entro la data di entrata in vigore del decreto (31 maggio 2017) e prima ammessi in base alle leggi regionali;

   il decreto legislativo n. 65 del 2017 norma, nell'articolo 4, comma 1, lettera e), e nel successivo articolo 14, comma 3, i titoli di studio idonei per essere educatore di nido d'infanzia e altri servizi per l'infanzia a partire dall'anno educativo 2019/2020, indicando esplicitamente:

    laurea in scienze dell'educazione e della formazione (classe L19) con «indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi per l'infanzia»;

    laurea quinquennale a ciclo unico in scienze della formazione primaria, «integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari, da svolgersi presso le università»;

   il decreto, non essendo retroattivo, prevede all'articolo 14, comma 3, che «continuano ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi per l'infanzia i titoli conseguiti nell'ambito delle specifiche normative regionali ove non corrispondenti a quelli di cui al periodo precedente, conseguiti entro la data di entrata in vigore del presente decreto» (31 maggio 2017);

   il decreto ministeriale n. 378 del 9 maggio 2018 e la relativa circolare interpretativa dell'8 agosto 2018, che riporta il parere dell'ufficio legislativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rimediano al vuoto temporale che il decreto legislativo n. 65 del 2017 aveva creato dalla data di entrata in vigore fino all'avvio dell'anno scolastico 2019-20, e considera anche il problema di chi si è laureato in L-19 «generica», cioè non ad indirizzo specifico per i servizi educativi all'infanzia, indicando che «l'unica interpretazione possibile appare quella che assicuri, fino all'attivazione degli indirizzi specifici della laurea L-19 e dei corsi di specializzazione per i laureati in scienze della formazione primaria, il principio di affidamento di coloro che hanno conseguito o stanno conseguendo la laurea L19 in relazione agli sbocchi professionali previsti al momento dell'immatricolazione, anche in ragione del principio di irretroattività delle leggi»;

   la circolare ribadisce poi che «pertanto, si fa presente che, fino all'attivazione dei percorsi di laurea L-19 ad indirizzo specifico, di cui alla Tabella B del decreto ministeriale n. 378 del 2018 e dei corsi di specializzazione per laureati in scienze della formazione primaria, di cui al medesimo decreto, continuano ad avere validità ai fini dell'accesso alla professione di educatore per i servizi educativi i titoli riconosciuti in precedenza validi dalle normative regionali»;

   ad oggi, dopo quasi due anni dalla pubblicazione del decreto legislativo n. 65 del 2017 molti educatori ed educatrici privi di titolo di studio che lavorano presso scuole d'infanzia e asili nido da più di tre anni con contratto a tempo indeterminato lamentano la poca chiarezza della normativa e chiedono informazioni riguardo alla loro condizione lavorativa e, in particolare, delucidazioni rispetto all'obbligo di conseguire i 60 crediti formativi universitari per poter continuare ad esercitare la loro professione –:

   se non ritenga di adottare iniziative per chiarire la posizione di questa particolare categoria di lavoratori e gli eventuali adempimenti richiesti e, in particolare fornire informazioni in merito all'obbligatorietà del conseguimento dei 60 Cfu per i professionisti senza alcun titolo di laurea che risaltano già impiegati negli asili nido e nelle scuole d'infanzia.
(5-02062)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATTANEO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   alcuni cittadini italiani hanno concluso, in Romania, i percorsi denominati «Programului de studii psichopedagogiche, Nivel I e Nivel II» e hanno chiesto al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il riconoscimento del titolo conseguito;

   il riconoscimento delle qualifiche professionali tra Italia e Romania è disciplinato con decreto legislativo n. 206 del 2007 che, in merito all'esercizio della professione docente, prevede che il riconoscimento possa essere richiesto «per gli insegnamenti per i quali l'interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo ed a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell'ordinamento scolastico italiano»;

   in seguito a ricorsi, il Tar del Lazio si è emesso con sentenza n. 9816 del 2018, dichiarando illegittimo il silenzio-inadempimento serbato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sull'istanza dei ricorrenti e ordinando al Ministero di adottare il provvedimento conclusivo sull'istanza entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza;

   successivamente, lo stesso Tar del Lazio, con ordinanza n. 805 del 2019, non essendo stato adottato alcun provvedimento da parte del Ministero, ha nominato il prefetto di Roma, o funzionario da lui delegato, Commissario ad acta affinché provvedesse in luogo dell'amministrazione inadempiente all'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento di riconoscimento dell'abilitazione conseguita in Romania, ma il Commissario non ha ottemperato al compito assegnato;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con avviso n. 5636 del 2019, ha rigettato le istanze di riconoscimento dei suddetti titoli; tale decisione sarebbe stata assunta basandosi su una nota del Segretario di stato rumeno per l'educazione nazionale e la ricerca scientifica con la quale si chiariva come il possesso dei titoli in questione costituiscono in Romania condizione necessaria ma non sufficiente all'ottenimento della qualifica professionale di docente;

   la Corte di giustizia europea (sentenza C-313/2001) prevede che uno Stato membro, a cui si rivolge un cittadino di altro Paese che intende svolgere una professione regolamentata, deve disporre una valutazione del titolo finalizzata in via di principio alla «salvezza degli effetti della qualifica conseguita in un altro paese», anche quando essa non soddisfi pienamente, ma solo parzialmente, i requisiti fissati in quella legislazione;

   anche la Commissione europea, nell'esaminare una richiesta di una cittadina italiana abilitata in Romania – in riferimento ad «un caso di richiesto di infrazione dell'Italia per non aver riconosciuto la abilitazione conseguita in Romania» – si è espressa richiamando la giurisprudenza comunitaria in merito all'applicazione del «principio della salvezza degli effetti parziali della abilitazione all'insegnamento conseguita da laureati italiani in Romania»;

   i richiedenti sarebbero in possesso di documenti ufficiali del Ministero dell'educazione rumeno che smentirebbero in maniera inequivocabile quanto riportato ai fini del rigetto nell'avviso n. 5636/2019;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rigettando le istanze senza vagliare le singole posizioni, ha agito in violazione delle norme sul procedimento di cui alla direttiva europea n. 36 del 2005 nonché dei princìpi giurisprudenziali espressi dalla Corte giustizia europea e non ha verificato la sussistenza dei requisiti tali da garantire l’«espletamento minimo della funzione docente», salvaguardando così anche nell'ordinamento scolastico il diritto alla libertà di circolazione previsto dall'articolo 45 del trattato fondativo dell'Unione europea;

   il rigetto delle istanze ha determinato un ulteriore grave danno agli abitati in Romania che, per quanto in attesa di decreto di riconoscimento su indicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno regolarmente partecipato, al concorso docenti di cui al decreto del direttore generale n. 85 del 2018, e si sono ritrovati esclusi dalle graduatorie di merito del suddetto concorso senza una reale valutazione della loro posizione e con conseguente invalidazione e compromissione della loro professione e qualificazione –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per sanare una situazione lesiva e discriminante in armonia con le decisioni del Tar del Lazio.
(4-02845)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'Inps ha ripreso, dopo circa 15 anni di sospensione, il processo di dismissione del proprio patrimonio immobiliare residenziale, dopo la prima operazione di dismissione, interrottasi ai primi anni del 2000;

   successivamente, la legge n. 14 del 27 febbraio 2009, ha prescritto il rientro in possesso degli immobili residuati dalla cartolarizzazione agli enti previdenziali, stabilendo che, nel proseguo del processo di dismissione, si dovessero comunque garantire i diritti già stabiliti dalla legge n. 410 del 2001, sia in relazione al prezzo di vendita, sia per quanto attiene alle tutele per coloro che, a causa dei bassi redditi o per condizione di età o situazione di grave infermità, non possono procedere all'acquisto;

   la legge ha altresì stabilito le condizioni e le modalità attraverso le quali gli occupanti senza titolo o coloro che presentano un titolo irregolare, possono procedere a regolarizzare la propria situazione;

   tali disposizioni sono state più volte confermate in occasione di dibattiti parlamentari, relativi a norme varate, ordini del giorno approvati o risposte a interrogazioni parlamentari;

   per la ripresa del processo di dismissione, però, l'Inps, a quanto risulta agli interroganti, ha deciso, unilateralmente, di negare agli inquilini le tutele per chi non può comprare (redditi fino a 19 mila euro, nuclei con portatori di handicap grave, malati terminali) a suo tempo previste dal comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001 e ribadite dalla richiamata legge n. 14 del 2009, fornendo, invece, solo una generica disponibilità di discutere di eventuali tutele, solo al termine del processo di dismissione;

   tale decisione è secondo gli interpellanti del tutto arbitraria in quanto, come è evidente, la volontà espressa dal legislatore, più volte reiterata, è quella del mantenimento delle tutele già previste, anche dopo il reingresso degli immobili nella proprietà degli enti previdenziali;

   questo processo di dismissione è concentrato in aree metropolitane, in particolare a Roma, con una residenza costituita ormai esclusivamente da ceti popolari e con una situazione di sofferenza abitativa che certo non ha bisogno che l'Inps getti benzina sul fuoco alla luce di una «emergenza sfratti» già drammatica;

   per chi non compra c'è la previsione legislativa della vendita all'asta dell'alloggio in cui vive e, togliendo l'ombrello di protezione del rinnovo dei 9 anni del contratto di locazione, il rischio reale è quello dell'accensione di una nuova miccia pronta a far deflagrare la mina di centinaia di nuovi sfratti;

   l'Inps ha altresì deciso di modificare la procedura, adottata nel precedente processo di dismissione, vincolando la regolarizzazione dei cosiddetti «senza titolo» o con «titolo irregolare» alla corresponsione di un canone arretrato parametrato sugli affitti di libero mercato, invece che su quelli degli accordi territoriali;

   in questo modo, si determina una inaccettabile differenza di trattamento con la precedente regolarizzazione relativa al primo programma di dismissione immobiliare che fu realizzata sulla base dei canoni previsti dagli accordi territoriali e si mettono le famiglie nell'impossibilità di mettersi in regola;

   secondo gli interpellanti si tratta di un calcolo doppiamente sbagliato, perché iniquo socialmente e anche insostenibile economicamente da parte delle famiglie e l'Inps rischia di coniugare, pertanto, un comportamento socialmente iniquo con una negativa performance economica;

   sarebbero altre le misure utili a garantire la tutela sociale per le famiglie e un adeguato incasso da parte dell'istituto –:

   se non ritenga necessario adottare urgentemente iniziative presso l'Inps affinché:

    a) venga effettuata una immediata correzione delle lettere di opzione inviate agli inquilini, con l'esplicitazione della sussistenza delle tutele previste per le fasce deboli dal richiamato comma 4 dell'articolo 3 della legge n. 410 del 2001, eventualmente elevandone i limiti economici, essendo trascorsi ben 18 anni dal suo varo;

    b) vengano date istruzioni affinché la regolarizzazione degli occupanti senza titolo o con titolo irregolare venga effettuata sulla base dei canoni degli accordi territoriali, ferma restando la prevista prescrizione quinquennale;

   se non ritenga opportuno, al fine di favorire l'accesso alla proprietà della prima casa e la tutela delle fragilità, assumere iniziative per:

    a) prevedere la possibilità per le famiglie di accedere ai mutui agevolati, anche autorizzando l'Inps medesima a farsene carico;

    b) prevedere la possibilità per gli anziani di acquistare l'usufrutto dell'alloggio in cui vivono ratealmente, con un importo rapportato al canone in essere;

    c) prevedere la possibilità di individuare ulteriori forme di flessibilità che favoriscano l'accesso alla prima casa di proprietà, pur mantenendo il diritto di abiezione, in particolare a favore degli anziani;

    d) favorire l'intervento di regioni ed enti locali per le residuali situazioni sociali per le quali gli interventi agevolativi non possono comunque risultare efficaci.
(2-00373) «Morassut, Sensi, Fiano».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORINO e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 1 del 2019, il 12 febbraio 2019 è stato approvato alla Camera dei deputati l'ordine del giorno n. 9/1486-A/17, con cui il Governo si è impegnato a porre in atto ogni iniziativa possibile affinché le misure previste per il sostegno pubblico in favore di Banca Carige S.p.a., dirette a garantire la stabilità finanziaria e assicurare la protezione del risparmio, siano accompagnate da azioni volte a tutelare e preservare le attuali posizioni lavorative del personale dipendente, evitando gravi ricadute occupazionali che potrebbero derivare dalla situazione di difficoltà in cui versa l'istituto bancario;

   tuttavia, le recenti notizie di un accordo fra Blackrock e Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) – confermate a seguito della riunione tenutasi il 6 maggio a Milano, in occasione della quale il Consiglio di gestione ha approvato l'intervento secondo lo schema concordato con la società di investimento statunitense – destano grande preoccupazione;

   il prossimo 14 maggio l'assemblea del Fitd voterà la proposta approvata dal Consiglio. In merito alla futura governance, è verosimile che sarà la Balckrock a nominare l'amministratore delegato, mentre gli amministratori saranno proporzionali alle azioni detenute. Il timore reale è che la Banca Carige, da sempre banca del territorio e riferimento indispensabile per le economie locali e per le PMI, venga di punto in bianco snaturata, divenendo prevalentemente una banca digitale, specializzata nell’asset management;

   se così sarà, a pagarne le conseguenze saranno in primis i lavoratori, dal momento che si paventano circa 2000 esuberi, con annessa possibile decurtazione degli stipendi di circa il 20 per cento per finanziare il fondo di solidarietà, e un taglio di quasi la metà delle filiali che passeranno dalle attuali 470 a 250;

   l'accordo ricadrebbe, dunque, sulle spalle dei dipendenti che negli ultimi anni hanno vissuto nella loro quotidianità il peso della crisi e si sono sempre impegnati affinché Banca Carige potesse proseguire nel suo operato. Infatti, dal 2014 ad oggi si contano più di 2000 «uscite volontarie», oltre al congelamento del premio, al taglio del 30 per cento della previdenza complementare, all'eliminazione di numerose indennità e alle giornate di solidarietà –:

   quali siano le azioni che il Governo intende urgentemente porre in essere per salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti di Banca Carige Spa e specificatamente dei 2000 lavoratori che rischiano di essere licenziati con tagli indiscriminati.
(3-00715)


   PALLINI, D'UVA, FRANCESCO SILVESTRI, TRIPIEDI, INVIDIA, VIZZINI, SIRAGUSA, CUBEDDU, DE LORENZO, COSTANZO, SEGNERI, BILOTTI, CIPRINI, DAVIDE AIELLO, TUCCI, PERCONTI, AMITRANO e GIANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ha istituito il reddito di cittadinanza, allo scopo di garantire un livello di sussistenza materiale e socioculturale quale misura unica di contrasto alla povertà e alla disuguaglianza, nonché all'inclusione sociale dei soggetti maggiormente a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro;

   il reddito di cittadinanza potrà determinare persino, nel prossimo futuro, una riduzione degli ammortizzatori sociali presenti nel sistema, andando così a sgravare il bilancio dell'Inps da una serie di costi e, in aggiunta, verrebbe garantita una riduzione dei contributi sociali a vantaggio sia dei salari, sia dei redditi da lavoro;

   in un mercato del lavoro così precario, dove diventa sempre più frequente perdere e trovare un nuovo lavoro, il reddito di cittadinanza consente di avere una continuità economica per i periodi in cui non c'è occupazione, e ciò è positivo innanzitutto per i lavoratori, ma anche per il mercato stesso in un'ottica di flexsecurity, per chi assume da una parte e da uno Stato in grado di formare, riqualificare e reinserire il lavoratore, incrociando la domanda con l'offerta di lavoro dall'altra;

   sempre per quanto concerne il livello sociale, attraverso la misura del reddito di cittadinanza è sicuramente possibile prevenire, come sopra sottolineato, l'esclusione sociale degli individui con un reddito non continuo ed esiguo;

   il «Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza», di cui all'articolo 1, comma 255, della legge di Bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) reca una dotazione finanziaria di 7.100 milioni di euro per l'anno 2019, 8.055 milioni di euro per l'anno 2020 e di 8.317 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021;

   risulterebbe che le domande finora presentate, a livello nazionale, per l'ottenimento del beneficio economico del reddito di cittadinanza si attestano complessivamente a 900 mila –:

   qualora nell'ambito del monitoraggio di cui all'articolo 1, comma 257, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, siano accertati minori oneri rispetto agli oneri previsti dal «Fondo per il reddito di cittadinanza», a quali interventi il Ministro in indirizzo intenda destinare le correlate risorse.
(3-00716)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'enorme mole di domande presentate per il reddito di cittadinanza sta già mostrando i primi problemi nell'applicazione della misura;

   nelle intenzioni dichiarate dal Governo la misura del reddito di cittadinanza doveva servire ad aiutare tutti gli italiani in povertà assoluta, ma ad oggi è difficile capire sia chi ha davvero diritto al sussidio, sia chi ne stia beneficiando in realtà;

   questo anche perché l'Italia – a differenza di quasi tutti gli altri Stati europei – non ha banche dati aggiornate sul mondo del lavoro da cui ricavare informazioni precise in merito agli occupati e ai disoccupati, e rispetto ai beneficiari delle diverse prestazioni di welfare già esistenti;

   un'ulteriore problematica è costituita dal rischio, segnalato anche dalla CGIA di Mestre, che una parte consistente dei fondi vada a finire nelle tasche di cittadini che già lavorano in nero e che potrebbero quindi continuare a lavorare senza pagare tasse, anche incassando il reddito di cittadinanza, una doppia «beffa» per lo Stato;

   secondo l'Istat, i lavoratori in nero in Italia sarebbero poco meno di 3,3 milioni, e se si escludono i lavoratori dipendenti e i pensionati che non possono accedere al reddito di cittadinanza – pari a circa 1,3 milioni di unità – coloro che, pur svolgendo un'attività irregolare, potrebbero ricevere il reddito di cittadinanza, sarebbero circa due milioni;

   inoltre, sembra che numerosi lavoratori stiano rinunciando – ufficialmente – al proprio impiego, per poi continuare a svolgerlo «in nero» e accedere al contempo al reddito di cittadinanza;

   le risorse allocate dal Governo per finanziare il reddito di cittadinanza ammontano a 9,5 miliardi di euro ma la platea potenziale dei beneficiari, tra occupati e disoccupati, supera i sei milioni, e questo fa sì che a percepire il reddito per intero saranno solo pochi soggetti mentre a tutti gli altri saranno dati importi non suscettibili di risolvere davvero il problema della povertà –:

   quali meccanismi di controllo siano stati attivati per evitare l'erogazione del reddito di cittadinanza a soggetti non titolati a riceverlo, e per verificare preventivamente che i richiedenti non mettano in atto comportamenti volti a eludere la normativa (quali residenze fittizie, false separazioni e altro).
(3-00717)

Interrogazione a risposta orale:


   MULÈ e FATUZZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. In particolare, l'articolo 14 reca disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi, meglio nota come «quota 100»;

   la misura sperimentale, valida solo per il triennio 2019-2021, permette l'accesso anticipato al trattamento previdenziale secondo la combinazione del requisito contributivo e di quello anagrafico;

   con messaggio del direttore generale dell'Inps, n. 1008 dell'11 marzo 2019, è stato disposto che «esclusivamente per le pensioni quota 100 con decorrenza 1° aprile 2019, atteso il meccanismo della prima finestra utile, si ritiene opportuno consentire in via straordinaria di procedere alla liquidazione provvisoria sulla base delle dichiarazioni di cessazione contenute nella domanda, al ricorrere dei prescritti requisiti»;

   come riportato da svariati organi di informazione a livello nazionale, l'Inps avrebbe indicato sostanzialmente una corsia preferenziale per la liquidazione delle pensioni cosiddette «quota 100» introducendo una doppia giornata per il pagamento degli assegni (il 1° e il 7 aprile) e prevedendo misure premiali per i dipendenti dell'istituto che evadono più velocemente le richieste di prepensionamento;

   tale percorso facilitato, se non propriamente incentivato, alla lavorazione delle richieste di pensionamento «quota 100» avrebbe secondo alcuni commentatori un diretto effetto «imbuto», cioè un effetto di notevole rallentamento nella lavorazione da parte degli uffici dell'Inps delle pratiche e delle richieste che sono pervenute e perverranno al di fuori della sperimentazione contenuta nel richiamato decreto-legge n. 4 del 2019;

   a titolo esemplificativo, gli interroganti segnalano il caso della famiglia Squillace-Totero: risulta infatti che a seguito del decesso della signora A. M. S. G., avvenuto il 31 luglio 2018 quando era ancora in servizio, i familiari hanno regolarmente presentato richiesta di pensione indiretta, in data 13 settembre 2018;

   ad oggi non risulta agli interroganti che la richiamata richiesta sia stata evasa dagli uffici dell'Inps rappresentando di fatto un'anomalia che a questo punto troverebbe quale causa principale, se non motivo ulteriore del prolungamento del ritardo, proprio la indicazione di agevolare l'elaborazione delle richieste di «quota 100» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di altri casi analoghi a quello della famiglia richiamata in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative urgenti affinché l'istituto garantisca la regolare evasione della pratica richiamata in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda fornire ogni utile elemento circa quella che appare una possibile discriminazione operata dall'istituto nazionale per la previdenza sociale nel trattare le richieste di pensionamento relative a «quota 100» a discapito delle richieste di pensionamento giunte comunque ai sensi della normativa vigente anche se al di fuori delle recenti disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019.
(3-00713)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VISCOMI, SERRACCHIANI, LACARRA, LEPRI, CARLA CANTONE, MURA e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 247, della legge n. 145 del 2018 dispone: «i programmi operativi nazionali e regionali e i programmi operativi complementari possono prevedere, nel limite complessivo di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, nell'ambito degli obiettivi specifici contemplati dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire l'assunzione con contratto a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età ovvero di soggetti di età pari o superiore alla suddetta soglia, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. Tali misure possono consistere anche in un esonero contributivo integrale della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro privato (fatti salvi i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), entro il limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua (anche in deroga a norme vigenti relative a divieti di cumulo con altri esoneri o riduzioni della contribuzione)»;

   la legge di bilancio 2019 ripropone, in termini analoghi, una misura già stabilita per il 2018, dall'articolo 1, commi 893 e 894, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, a cui è stata attuazione con il decreto direttoriale dell'Anpal n. 2 del 2018 (come rettificato dal decreto direttoriale n. 81 del 2018);

   con decreto n. 178 del 19 aprile 2019, l'Anpal ha istituito la misura predetta (denominata «incentivo occupazione sviluppo Sud») limitandone, secondo gli interroganti inopinatamente, il campo di applicazione alle sole assunzioni effettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019 e riducendo le risorse previste da 500 a 120 milioni di euro;

   confidando nel chiaro disposto legislativo e nella precedente prassi, molti imprenditori meridionali hanno effettuato le normali assunzioni a partire già dal 1° gennaio del 2019 correttamente ritenendole idonee a beneficiare dell'incentivo de quo, in base al dispositivo di cui all'articolo 1 comma 247, della legge n. 145 del 2018;

   la limitazione temporale introdotta in via amministrativa fa sì che molte aziende si trovino a dover sopportare un significativo e non previsto aumento del costo del personale regolarmente assunto e nella necessità di ridefinire l'assetto economico dei piani di sviluppo aziendale;

   la questione de quo richiama l'attenzione non soltanto su un problema di corretta gerarchia delle fonti, ma anche sul più grave rischio di un drastico calo della fiducia istituzionale nell'universo del sistema delle imprese per via di iniziative che si rivelano non in linea con quanto previsto dalla legge di bilancio;

   è infine noto che la riduzione del costo del lavoro, in particolare nel Mezzogiorno, è strumento essenziale per incrementare l'occupazione, tanto da suggerire al Governo in carica di reiterare per l'anno in corso provvedimenti e benefici introdotti dai precedenti Governi –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente di questa situazione;

   se ritenga di adottare iniziative al riguardo e/o promuovere modifiche normative per chiarire la disciplina in materia e per tutelare le aziende che in perfetta buona fede hanno effettuato le assunzioni nella certezza di essere agevolate;

   se intenda promuovere iniziative di competenza per assicurare il riconoscimento delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 247, della legge n. 145 del 2018 anche alle assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2019 al 30 aprile 2019.
(5-02032)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 2 maggio 2019, si è appreso da un'inchiesta giornalistica del noto programma televisivo «Le Iene» che dalle risorse destinate agli assegni familiari Inps sarebbero stati sottratti 6 miliardi di euro. Nello specifico, risulta che l'Inps avrebbe distribuito alle famiglie un miliardo di euro in meno all'anno, negli ultimi 6 anni;

   sicché, un miliardo l'anno non è stato versato a bilancio per le famiglie, ma spostato su altre voci di spesa dell'istituto;

   interpellato sulla questione l'ex presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha affermato che la gestione degli assegni ai nuclei familiari è sempre stata in attivo dal 1978 e, cioè, da quando per legge la concessione degli assegni è stata vincolata al livello di reddito familiare. Ciò, secondo Boeri, avrebbe ridotto le erogazioni, ma non i contributi. Inoltre, ha aggiunto: «il surplus, di circa un miliardo l'anno, è aumentato per il calo demografico. Ma poi non è riallocato arbitrariamente dall'Inps: finisce nel suo bilancio e, in base alle leggi; a seconda dei governi in carica, va ad alimentare gestioni in passivo o altre prestazioni sociali molte delle quali indirizzate alle famiglie»;

   sul caso è intervenuto anche Mario Sberna, presidente dell'Associazione famiglie numerose, che denuncia che l'ammanco annuo di un miliardo di euro ha inevitabilmente determinato un taglio degli assegni familiari: per una famiglia con cinque figli, ad esempio, sono venute meno 1.200 euro in un anno, per una con tre figli la perdita annua è invece di 600 euro. Pertanto, se si considerano i sei anni dal 2012 al 2017, una famiglia numerosa si è vista sottrarre in media circa 7.000 euro;

   ed ancora, Sberna riferisce che aveva rivolto un'interrogazione su questo tema all'allora Ministro del lavoro, Giuliano Poletti; tuttavia, non c'è stato nessun riscontro utile, anzi, sembra che, successivamente, il bilancio dell'Inps sia diventato ancora meno trasparente, poiché i dati sono presentati in maniera aggregata e, dunque, sono meno comprensibili;

   sull'ammanco sono state rivolte delle domande anche all'attuale presidente Inps, Pasquale Tridico, che si è limitato a riferire che avrebbe fatto luce sulla vicenda –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intenda adottare per chiarire, urgentemente, se sia vero che gli assegni familiari siano stati decurtati negli ultimi sei anni, come esposto in premessa, e, in caso affermativo, quale destinazione sia stata data alle risorse in questione;

   se e quali iniziative intenda porre in essere per rendere il bilancio dell'Inps più trasparente, in modo che sia comprensibile la specifica destinazione delle risorse finanziarie dell'Istituto.
(5-02039)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   VIVIANI, COIN, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI e LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la sindrome nota come «moria del kiwi» si è manifestata a partire dal 2012 in Veneto, soprattutto nell'area nord-ovest della provincia di Verona, portando ad un disseccamento di circa 1.200 ettari di coltivazioni. Da allora ha iniziato a manifestarsi anche in altri areali produttivi della Pianura Padana e nel Centro Italia. Dal 2015 è comparsa in Piemonte (Torino ed Alessandria), nel 2016 a Cuneo, determinando nelle ultime due annate una perdita del 30 per cento di superficie coltivata a kiwi e del 40 per cento di produzione potenziale, e nel 2017 è comparsa anche in Friuli (Pordenone) e nel Lazio (Latina);

   si tratta di un fenomeno molto complesso e di difficile interpretazione, ma che sta arrecando comunque gravissimi danni alle coltivazioni, in quanto le piante di kiwi colpite manifestano un iniziale blocco dello sviluppo, cui segue un progressivo disseccamento, arrivando in breve tempo, circa 3-4 settimane, alla morte delle stesse;

   l'Italia è il secondo produttore mondiale di kiwi e il fenomeno della moria ha causato danni per alcune decine di milioni di euro;

   il fenomeno sta notevolmente preoccupando i frutticoltori in quanto, essendo tale malattia riscontrata anche sulle piante nuove messe a dimora, inficia anche la produzione e il reddito delle aziende agricole negli anni a venire, mettendo a rischio la tenuta economica di questo comparto agricolo;

   la moria dei kiwi comporta danni sia a livello economico che ambientale in quanto si riscontra un notevole calo di produzione e vi è il fondato rischio di un ulteriore allargamento delle aree colpite, associato anche alla forte diffusione della cimice asiatica;

   risulta agli interroganti che la manifestazione dei fenomeni potrebbe essere legata a una serie di concause, tra cui le caratteristiche agronomiche del terreno e le condizioni meteorologiche degli ultimi anni, con innalzamento delle temperature medie e dell'indice di piovosità, essendo la pianta del kiwi particolarmente sensibile a tali fattori, che, insieme, concorrono ad alterare la vitalità degli apparati radicali fino a comprometterne la funzionalità;

   è necessario identificare possibili rimedi che possono contribuire al miglioramento delle condizioni di coltivazione e alla conseguente regressione dei sintomi, ed è inoltre indispensabile continuare nelle attività di ricerca –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di sostenere le aziende agricole che si trovano a dover affrontare il fenomeno della moria dei kiwi, nonché per identificare le cause dei disseccamenti e definire una strategia per il contrasto del fenomeno.
(5-02057)


   SPENA e NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nelle giornate del 28 e 29 novembre 2018 il territorio dell'agro pontino è stato colpito dal maltempo. Piogge fortissime e venti di tempesta, in poche ore, hanno creato danni alle attività agricole con centinaia di ettari di colture ortofrutticole sott'acqua, da Pontinia a Fondi. I danni ammontano a circa 100 di milioni di euro in termini di costi e fatturato perso. I numerosi alberi sradicati da terra hanno creato disagi enormi, paralizzando la viabilità di interi comuni, con danni ad abitazioni private ed infrastrutture. Sono state danneggiate la via Appia e la strada statale Pontina, le strutture energetiche, il sistema fognario, i sistemi di protezioni delle inondazioni e approvvigionamento idrico;

   inoltre in concomitanza delle forti piogge, si è registrato un innalzamento del livello marino dovuto al vento di scirocco e all'alta marea che hanno ulteriormente aggravato le condizioni di deflusso dell'intera rete drenante;

   l'ondata di maltempo ha spazzato via un numero indefinito di serre creando danni serissimi alle piantagioni. Nelle aree di Terracina e Sabaudia numerose aziende sono state completamente invase dall'acqua. Gli agricoltori sono disperati: i loro terreni sono di nuovo una immensa palude. Un colpo notevole per la stessa economia del Lazio, se si considera che il 40 per cento del suo export agroalimentare è concentrato nella zona;

   le città di Sabaudia e di Pontinia sono state invase dall'acqua. I consorzi di bonifica di Latina e Fondi gestiscono la rete di canali di 5.000 chilometri con un terzo dell'organico: occorre ringraziare le squadre se gli eccezionali eventi atmosferici non si sono trasformati in un'alluvione che avrebbe potuto invadere l'intero reticolo idrografico;

   il Ministro delle politiche agricole è intervenuto sulla vicenda per rassicurare gli imprenditori colpiti. «Aspettiamo un quadro completo sull'entità dei danni subiti sia dalle aziende che dalle strutture connesse», ha chiarito, «ma non lasceremo soli gli agricoltori dell'Agro Pontino. Occorre continuare a lavorare per costruire e ammodernare le infrastrutture legate all'agricoltura» –:

   se non ritenga opportuno, oltre ad attuare quanto promesso in materia di ammodernamento delle infrastrutture del complesso reticolo idrografico pontino, attivare il Fondo di solidarietà nazionale in agricoltura di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, anche in deroga alle regole vigenti, come già previsto per altri similari eventi eccezionali, al fine di consentire alle imprese agricole dell'agro pontino di accedere agli interventi ivi previsti.
(5-02058)


   GADDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Crea con la determinazione direttoriale n. 96 del 10 agosto 2016, all'articolo 1, ha assegnato in esclusiva i diritti di moltiplicazione e commercializzazione del seme certificato della varietà di grano duro denominata «Cappelli» a Società Italiana Sementi S.I.S. S.p.a.;

   in conformità all'articolo 2 della determina, Società italiana sementi S.i.s. S.p.a. ha stipulato un contratto con il Crea per l'acquisizione di tali diritti di esclusiva; in premessa e, nell'articolo 4, si riporta che il contratto è concesso «per la produzione del seme sul territorio italiano e per la vendita di tale produzione». All'articolo 5 si prevede inoltre che Sis prenda «tutte le misure necessarie per garantire l'approvvigionamento di seme certificato R2 in funzione dei bisogni del mercato»;

   risulta all'interrogante che la Sis stia vincolando le imprese agricole ad accordi di filiera non limitati alla moltiplicazione del seme, ma anche alla vendita della granella, di fatto condizionando la restituzione di tutta la semente R2 e la libera commercializzazione della successiva produzione; tale «accordo di sviluppo commerciale Cappelli», prevederebbe che Sis acquisti l'intero raccolto di «Cappelli» ottenuto dagli agricoltori selezionati, da una impresa individuata da Sis stessa, a prezzo e condizioni vincolati –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire come l’«accordo di sviluppo commerciale Cappelli» sopra menzionato si concilii con la determinazione direttoriale n. 96 del 10 agosto 2016 del Crea — organismo vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo — e con il contratto successivamente stipulato dalla Sis e se ritenga che sussistano i presupposti per promuovere modifiche al contratto tra Crea e Sis garantendo l'approvvigionamento di seme certificato R2 in funzione dei bisogni del mercato.
(5-02059)


   CASSESE, BELLA, CADEDDU, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 29 gennaio 2019 è stata approvata la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8/00014 presso la Commissione XIII della Camera riguardante la tracciabilità delle uova;

   è di fondamentale importanza tutelare e valorizzare le produzioni italiane di uova per garantire al consumatore una corretta informazione circa l'origine delle stesse, evitando ulteriori oneri burocratici ed economici a carico delle aziende di produzione;

   al fine di tutelare la produzione nazionale di uova e di assicurare una corretta tracciabilità, le uova, anche quelle destinate all'industria alimentare, dovrebbero essere marchiate presso il sito di produzione, ferme restando le deroghe previste per le uova vendute direttamente al consumatore finale: vendute nel luogo di produzione o vendute nell'ambito della regione di produzione, in un mercato pubblico locale o nella vendita porta a porta;

   sulle confezioni di uova poste in vendita al consumatore finale dovrebbe essere evidenziato in maniera esplicita il Paese di origine delle stesse;

   è indispensabile l'incremento dei controlli al fine di evitare che uova provenienti dall'estero siano commercializzate come uova italiane;

   quali iniziative siano state intraprese al fine di dare seguito agli impegni assunti con l'approvazione della risoluzione di cui in premessa.
(5-02060)

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 16 e 17 aprile 2019, nelle province di Bari, Lecce e Grosseto, si è svolta la visita degli ispettori dell'Unione europea dell'agenzia DG Sante, al fine di verificare il rispetto delle procedure di profilassi ed eradicazione delle piante infette dal batterio Xylella Fastidiosa;

   il 12 gennaio 2019 la procura di Bari ha disposto il sequestro probatorio di un ulivo infetto da Xylella e dell'intera particella agraria, eseguito a Monopoli, presso la Masseria Caramanna, prescrivendo al conduttore dei terreni, nominato custode dei luoghi, che «ogni accesso al fondo per la materiale conduzione agricola e rispetto delle vigenti normative in materia di emergenza Xylella, dovrà essere concordata con l'autorità giudiziaria per la relativa autorizzazione, durante il periodo di vigenza del sequestro» –:

   se presso il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo risultino notificati provvedimenti o esiti analitici relativi ad accertamenti molecolari svolti nei focolai che insistono nelle summenzionate province e particolarmente nell'agro di Monopoli, presso il focolaio della sola pianta sequestrata dalla procura della Repubblica di Bari e nel comune di Monte Argentario.
(4-02838)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO E DEMOCRAZIA DIRETTA

Interrogazione a risposta immediata:


   ROSSELLO, BATTILOCCHIO, MARROCCO, PETTARIN, RUGGIERI, ELVIRA SAVINO, COSIMO SIBILIA e VIETINA. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. — Per sapere – premesso che:

   l'8 marzo 2019 il prof. Paolo Savona ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Ministro per le Politiche europee per passare alla guida della CONSOB;

   la mancanza di un Ministro stabile per le politiche europee che partecipi, d'intesa con i Ministri competenti, alle riunioni del Consiglio dell'UE, rappresentando l'Italia nella definizione delle posizioni da sostenere su dossier cruciali, finisce per indebolire la difesa degli interessi strategici del nostro Paese, oltre a svilire la normale dialettica maggioranza-minoranza per l'incostante interlocuzione Esecutivo-Parlamento, in special modo con la XIV Commissione, per definire la partecipazione italiana alla programmazione dell'azione europea;

   gli effetti non performanti di tale assenza sono particolarmente visibili nell'aumento delle procedure di infrazione (crescenti di giorno in giorno) e nella perdurante assenza di interventi normativi di natura ordinaria e straordinaria finalizzati a ridurre il contenzioso, così come previsto dalla legge n. 234 del 2012;

   rimangono sospese e senza risposta molte delle domande circa la posizione dell'Esecutivo in Europa, non ultima quella relativa al documento dell'ex Ministro Savona – Una Politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa – se sia da ritenersi ancora valido e attuale per l'intera compagine di governo, o se, diversamente, il Governo non intenda aggiornare le sue linee guida, in riferimento alle nuove sfide che l'Europa è chiamata ad affrontare, a partire dagli esiti della Brexit e dalle imminenti elezioni europee;

   rimangono parimenti oscure al Parlamento le posizioni dell'Esecutivo in ordine alle riforme per il futuro dell'Europa, sulla nuova governance economica Ue, sull'unificazione di regole comuni (con particolare riguardo a beni e servizi, al diritto contrattuale europeo, al digitale) e sui numerosi dossier dall'evidente impatto, laddove, tuttavia, il rischio che l'Italia finisca per non avere alcun peso, isolata e marginalizzata rispetto alle decisioni dell'asse franco-tedesco, è sempre più concreto, anche in relazione alle future cariche europee –:

   come il Governo intenda operare al fine di assicurare un'efficace azione del nostro Paese in ambito europeo, in modo tale da rappresentare adeguatamente l'Italia ai tavoli europei, presentando altresì tempestivamente al Parlamento gli strumenti normativi ordinari volti all'adeguamento interno al diritto europeo e al superamento delle procedure di infrazione ancora pendenti.
(3-00720)

SALUTE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la regione Molise è commissariata per il piano di rientro dai debiti della sanità dal luglio del 2009;

   con l'articolo 25-septies del decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, è stata introdotta l'incompatibilità tra la carica di presidente della regione ed il ruolo di commissario per i piani di rientro;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2018 sono stati nominati come commissario e sub commissario rispettivamente il dottor Angelo Giustini e la dottoressa Ida Grossi;

   l'11 aprile 2019 si è tenuto il primo tavolo di verifica degli adempimenti per il piano di rientro molisano della nuova gestione commissariale da cui sarebbe emerso un disavanzo di 22 milioni di euro così composto: 7 milioni di mancati trasferimenti dal bilancio della regione a quello sanità e 15 milioni di accantonamento prudenziali per eventuale non risoluzione di contenziosi per extrabudget per i privati accreditati;

   queste prime indiscrezioni emerse dalla stampa locale, confermate in quelle prime ore anche dal presidente della regione, hanno riacceso il pericolo di un nuovo innalzamento delle tasse per i cittadini molisani e l'attivazione di un nuovo blocco del turn over per medici ed operatori sanitari;

   nei giorni successivi ci sono stati incontri tra i vertici regionali e la struttura commissariale, pur restando tutti in attesa della pubblicazione dei verbali del tavolo di verifica dell'11 aprile 2019;

   nel corso dell'ultima sessione di bilancio in consiglio regionale il presidente Toma ha dichiarato: «Ho ricevuto una lettera di diffida da parte dei commissari con la quale mi chiedono di riversare integralmente la fiscalità perché manca una quota di 4,2 milioni. Ho risposto però che ho la necessità di conoscere tutte le partite del disavanzo che dovrebbero essere coperte dalla Regione» (fonte Primo Piano Molise 3 maggio 2019) –:

   se il Ministro interpellato non ritenga opportuno rendere disponibili i dati economico-finanziari presentati al tavolo di monitoraggio dell'11 aprile 2019 da parte della struttura commissariale e dell’advisor a supporto della regione e quali iniziative si intendano implementare per garantire la piena disponibilità dei servizi erogati presso le strutture ospedaliere presenti su tutto il territorio.
(2-00372) «Federico, D'Arrando, Massimo Enrico Baroni, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Acunzo, Adelizzi, Davide Aiello, Piera Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aresta, Ascari, Azzolina, Baldino, Barbuto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il modello di servizio sanitario nazionale (Ssn), che si è andato delineando a partire dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è ispirato alla coniugazione del principio di libera scelta dell'utente con il principio di programmazione delle prestazioni a carico del servizio pubblico e la necessità che la spesa sanitaria sia resa compatibile con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario;

   in particolare, il principio di concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private e di libera scelta dell'assistito «non è assoluto e va contemperato con gli altri interessi costituzionalmente protetti, in considerazione dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore ordinario incontra in relazione alle risorse finanziarie disponibili (Corte Cost. sentenze n. 267 del 1998, n. 416 del 1996)». Le risorse disponibili per la copertura della spesa sanitaria costituiscono, quindi, un limite invalicabile non solo per l'amministrazione ma anche per gli operatori privati, il cui superamento giustifica l'adozione delle necessarie misure di riequilibrio finanziario;

   come ripetutamente affermato dalla Corte Costituzionale, seppure «la tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone», in ogni caso «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» (sentenza n. 309 del 1999; nello stesso senso, sentenze n. 267 del 1998, n. 416 del 1995, n. 304 e n. 218 del 1994, n. 247 del 1992 e n. 455 del 1990);

   relativamente all'anno 2019, il Commissario ad acta per il piano di rientro della regione Calabria, allo scopo di raggiungere il riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali, secondo gli obiettivi imposti dal piano di rientro, attraverso la riduzione della spesa complessiva annua, ha abbattuto del 50 per cento circa il tetto di spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, con la previsione che le strutture pubbliche siano in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza in condizione di efficienza e appropriatezza;

   in particolare, nella proposta di acquisto delle prestazioni per l'anno 2019, all'articolo 4 comma 7 è stabilito che: «Al fine di consentire agli aventi diritto continuità della fruizione delle prestazioni sanitarie, sia pure nell'ottica di necessario contenimento della spesa pubblica, le Parti si danno atto che l'Erogatore è tenuto all'erogazione delle prestazioni agli aventi diritto modulando la produzione per soddisfare il fabbisogno assistenziale della popolazione in modo omogeneo per tutto il corso dell'anno, tenendo conto delle liste di attesa e delle priorità assistenziali stabilite con apposito atto regionale (...)»;

   ad oggi non è stato emanato alcun «atto regionale» sulle liste di attesa e sulle priorità assistenziali, sicché appare impossibile per l'erogatore privato modulare la somministrazione delle prestazioni in regime di accreditamento in modo omogeneo in base al bisogno clinico dell'utente, non essendo in condizioni di distinguere le situazioni di oggettiva difficoltà di accesso, da quelle determinate dalla scelta discrezionale dell'utente di rivolgersi ad altra struttura sanitaria o di richiedere la prestazione in altra data, successiva alla prima proposta;

   in applicazione di ovvi princìpi di buona amministrazione (Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 3/2012) – che rendono opportuna l'esplicazione, sia pure provvisoria, di scelte programmatorie all'inizio dell'anno – le riduzioni della spesa complessiva sono state disposte in modo consistente (-50 per cento circa) esclusivamente sui contratti o sugli accordi per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, in assenza però di qualsiasi meccanismo di verifica infra-annuale, che consenta di monitorare che il diritto alla salute dei cittadini non risulti compromesso nel suo nucleo irriducibile, e verificare se l'opera di bilanciamento perseguita dal commissario ad acta, al fine di conseguire l'obiettivo di risparmio, abbia irragionevolmente commisurato la concreta attuazione del diritto alla salute alle risorse esistenti e al rispetto dei vincoli di bilancio, a fortiori in una regione nella quale è nota la inadeguatezza ontologica delle strutture pubbliche. Tale vulnus non può essere colmato dal generico richiamo, contenuto nell'articolo 7, n. 3, della proposta di acquisto, al meccanismo di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 –:

   se intenda chiarire quali siano i criteri che l'erogatore privato deve applicare per «modulare» il budget individuale annuale attribuito al fine di assicurare e preservare in modo omogeneo il nucleo incomprimibile del diritto dei cittadini all'assistenza sanitaria, nonché quale meccanismo la pubblica amministrazione debba attuare per verificare che la scelta di compressione del budget disposto a carico delle strutture private non possa pregiudicare, in concreto, detto nucleo incomprimibile.
(2-00377) «Cannizzaro, Occhiuto».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la condizione di commissariamento della sanità nel Lazio, nell'ottica di razionalizzazione e riorganizzazione di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, sta in realtà causando tagli ai servizi, trasferimenti di competenze e accorpamenti dei reparti, spesso in favore delle strutture di Roma;

   il «San Camillo De Lellis» di Rieti, dopo i drammatici eventi sismici del 24 agosto 2016 che hanno causato il crollo dell'ospedale «Grifoni» di Amatrice, è rimasta l'unica struttura ospedaliera presente nella vasta ed articolata provincia di Rieti (2.750 chilometri quadrati di superficie);

   come riportato dal settimanale Avvenire Sette in un articolo a firma di Francesca Ulizio del 10 marzo 2019, in una partecipata assemblea pubblica a Rieti con le associazioni di volontariato alla presenza del Vescovo della Diocesi di Rieti, seguita da una petizione popolare e da una mozione licenziata dal consiglio comunale del capoluogo di provincia a tutela del diritto alla salute, si paventa il rischio di un ridimensionamento e di una ulteriore perdita di competenze di alcuni reparti del nosocomio reatino;

   l'atto aziendale della Asl di Rieti approvato dal decreto del commissario ad acta 15 gennaio 2019 U00004, in applicazione del decreto del commissario ad acta del 2 luglio 2014 U00219, prevede il depotenziamento del laboratorio di analisi del nosocomio reatino con ulteriore trasferimento di lavorazione dei campioni di sangue presso la struttura ospedaliera «San Filippo Neri» di Roma, con gravi ripercussioni sulla qualità degli esami stessi visti i tempi di percorrenza e l'inadeguatezza della rete stradale che collega il capoluogo sabino alla Capitale;

   gli indici epidemiologici del nosocomio reatino non sono in flessione e il numero di esami effettuati risulta in media superiore ai 2.000.000 annui, collocandosi al di sopra degli standard previsti come laboratorio di Base;

   la provincia di Rieti sarebbe quindi l'unica rispetto alle altre province del Lazio a non detenere un laboratorio «hub» ad elevata complessità con settori specialistici (LEC-S) nonostante le caratteristiche orografiche e infrastrutturali della stessa;

   nel decreto del commissario ad acta U00207 del 20 giugno 2014 è stabilito che l'ospedale «De Lellis» sia punto di raccolta sangue da inviare al «San Filippo Neri» e, in caso di necessità, fornito da quest'ultimo all'indirizzo della struttura del capoluogo sabino, determinando la perdita dello status di area di produzione di emocomponenti del centro trasfusionale di Rieti. Allo stato attuale risulta essere l'ospedale di Rieti ad integrare le scorte di sangue spesso carenti dell'ospedale romano;

   nel decreto del commissario ad acta U00116/2018 (Burl 26 aprile 2018 n. 34) vengono definite le linee di indirizzo per l'organizzazione della rete delle anatomie patologiche della regione Lazio e si concretizza il rischio che i pezzi istologici complessi non potranno più essere esaminati al San Camillo De Lellis ma dalla anatomia patologica del S. Filippo Neri, senza tener conto del fondo costituito dalle donazioni devolute dalle associazioni di volontariato per l'ampliamento del reparto de quo integrando la biologia molecolare;

   l'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017 consente ai comuni del cratere sismico di cui agli allegati 1, 2, 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, tra cui Rieti, la disapplicazione della normativa di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, in materia di riorganizzazione della rete ospedaliera e piano di rientro delle aziende ospedaliere, per 48 mesi successivi alla data di entrata in vigore, ossia dal 10 febbraio 2017, previo parere favorevole del tavolo di monitoraggio di attuazione del citato decreto ministeriale n. 70 del 2015, di cui al decreto del Ministro della salute 29 luglio 2015;

   tutto quanto premesso, non si comprende la ratio sottesa alla decisione di depotenziare ulteriormente un'azienda sanitaria che opera in un territorio già colpito da un evento calamitoso che ha causato il crollo di un ospedale, uno spopolamento in atto, un elevato indice di vecchiaia, un’«area di crisi industriale complessa», invece di preservarne o potenziarne i reparti che ne rappresentano un'eccellenza, in applicazione del suddetto articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017, di cui la regione Lazio ad avviso dell'interpellante non ha tenuto conto;

   al contrario, la regione Abruzzo, con delibera di giunta n. 59 del 2 febbraio 2018, ad integrazione della delibera di giunta n. 24 del 24 gennaio 2018, ha sospeso l'esecutività della riorganizzazione della rete ospedaliera come prevista dal decreto del commissario ad acta 79/2016 e successivo atto aziendale, preservando le strutture della Asl di Pescara, in particolare il presidio ospedaliero di Popoli, proprio in applicazione del suddetto articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017 –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, adottare le iniziative di competenza per pervenire alla modifica dei decreti del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali succitati in premessa, volti a depotenziare il laboratorio di analisi, il centro trasfusionale, l'anatomia patologica ed in generale tutta la struttura dell'unico ospedale della provincia di Rieti, il «San Camillo De Lellis», come disposto dall'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017.
(2-00371) «Gabriele Lorenzoni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il diritto alla libera circolazione dei prodotti originari degli Stati membri e dei prodotti provenienti da Paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri, sancito dall'articolo 28 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea è uno dei principi fondamentali dell'Unione stessa;

   il principio della libera circolazione delle merci comprende anche i farmaci, la cui libera vendita nel mercato unico dell'Unione europea non è oggetto di limitazioni normative e prende il nome di «paralleltrade»;

   l'importazione parallela di un medicinale costituisce quindi in Europa una legittima forma di scambio;

   il «parallel trade» consiste nel trasferimento commerciale di prodotti dagli Stati in cui i prezzi dei farmaci sono inferiori verso quelli in cui sono più elevati, trasferimento messo in opera da parte d'intermediari specifici, gli «importatori paralleli», diversi dai produttori titolari o licenziatari della proprietà intellettuale;

   all'interno dell'Unione europea, alcuni Governi incentivano la pratica dell'importazione parallela dei farmaci al fine di ridurre la spesa farmaceutica;

   l'importazione parallela dei farmaci, consentendo l'acquisto di medicinali a prezzi inferiori, rappresenta in potenza un vantaggio per i compratori pubblici e privati e un rischio per le industrie, che vedono calare i propri profitti, nonché per i consumatori che vedono aumentare i problemi legati alla sicurezza della merce e alla qualità per il riconfezionamento della stessa;

   a livello europeo, l'Italia è annoverata tra i Paesi esportatori di farmaci, dati i prezzi dei medicinali, mediamente più bassi;

   anche se una quantificazione risulta difficile, alcune stime indicano l'Italia come il Paese di provenienza di un terzo dei medicinali destinati al «paralleltrade»;

   nel 2018 la Commissione europea ha chiuso le procedure di infrazione precedentemente avviate contro Polonia, Romania e Slovacchia che hanno messo in atto politiche volte a limitare il commercio parallelo di medicinali;

   secondo la Commissione, la carenza e la fornitura inadeguata di farmaci sono «un problema serio e in crescita che si è verificato negli ultimi anni in diversi Stati membri e può incidere gravemente sul trattamento dei pazienti» e, sottolinea la stessa Commissione, «il commercio parallelo può essere una delle ragioni della carenza di un certo numero di medicinali»;

   la Commissione ha quindi autorizzato gli Stati membri a introdurre normative che limitino l'esportazione di farmaci, normative che però devono essere giustificate e proporzionate;

   con una circolare del 18 giugno 2014, il Ministero della salute ha richiamato tutti gli operatori della filiera del farmaco e le autorità territoriali alla puntuale e corretta osservanza di quanto disposto in materia dal decreto legislativo n. 17 del 2014 per contrastare il fenomeno dell'indisponibilità territoriale di determinati medicinali presso le farmacie;

   nella citata circolare viene ribadito che non possono essere sottratti alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, praticando esportazione parallela, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità anche temporanea sul mercato;

   la temporanea irreperibilità sul mercato nazionale di medicinali indispensabili per la cura di determinate patologie viene monitorata dall'Aifa;

   l'Aifa aggiorna e pubblica sul portale istituzionale una lista dei farmaci temporaneamente carenti e si è fatta promotrice di un protocollo sulle carenze, firmato nel settembre 2016 dalla filiera farmaceutica;

   a dispetto delle vigenti normative italiane e delle azioni messe in campo dall'Aifa, alcuni medicinali continuano ad essere difficilmente reperibili e la scarsa reperibilità è probabilmente da collegare al fenomeno del «paralleltrade» –:

   se il Governo sia a conoscenza delle ricadute del «paralleltrade» in merito alla disponibilità di farmaci sul territorio italiano e se non sia intenzionato ad adottare le iniziative di competenza in modo da garantire tale disponibilità.
(5-02035)


   SPORTIELLO e SARLI. — Al Ministro della salute, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'ospedale S. Maria degli Incurabili, sito in via M. Longo 50 Napoli, è un nosocomio con 89 posti letto, 6 posti letto per ricoveri in day hospital, 7 posti letto per ricoveri in day surgery;

   nel vigente modello organizzativo e assistenziale dell'ospedale trovano collocazione anche delle componenti universitarie, come l'ostetricia, la ginecologia, la nefrologia ed emodialisi e l'anatomia ed istologia patologica, provenienti dalla Seconda Università degli Studi di Napoli;

   all'ospedale S. Maria degli Incurabili si pratica il tirocinio dei laureandi in medicina e chirurgia e vi sono percorsi di numerose scuole di specializzazione;

   dal 1997 è attivo un polo didattico per i diplomi universitari di area sanitaria dei tecnici di laboratorio biomedico e di infermiere professionale, oggi trasformatisi in lauree triennali;

   nel presidio ospedaliero è attivo un ambulatorio dedicato specificamente alla diagnosi e al trattamento multidisciplinare del bruxismo. Le cause del bruxismo possono, infatti essere odontoiatriche, psicologiche o posturali. Per la prima volta queste diverse competenze sono riunite in un'unica struttura pubblica, consentendo agilmente al paziente di usufruire di tutte le competenze necessarie con la garanzia del coordinamento e dell'integrazione, come si legge dal sito dell'Asl Napoli 1;

   l'ospedale di S. Maria degli Incurabili è un presidio ospedaliero al centro della città di Napoli e ha come utenza centinaia di migliaia di cittadini napoletani;

   l'Asl Napoli 1 ha deciso il 6 aprile 2019 di chiudere l'ospedale degli Incurabili in seguito a crolli che si sono verificati nella cappella storica adiacente. I pazienti e il personale operativo sono stati trasferiti in via precauzionale in altre strutture dell'Asl; cedimenti ulteriori avevano interessato parte del reparto di radiologia, in un'area dove non c'erano degenti e non ci sono stati feriti tra ricoverati o personale sanitario;

   l'ospedale S. Maria degli Incurabili è considerato ospedale storico; fu inaugurato il 23 marzo 1522. Il complesso risale ad epoca rinascimentale, è ricco di tradizioni culturali, scientifiche e religiose e custodisce tesori di inestimabile valore, come la storica farmacia –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per verificare che i livelli essenziali di assistenza siano garantiti ai cittadini di Napoli, penalizzati dalla chiusura di un importante presidio ospedaliero cittadino, come l'ospedale S. Maria degli Incurabili, e per assicurare che le attività della medicina specialistica, di diagnosi e trattamento del bruxismo, siano assicurate ai cittadini di Napoli;

   di quali elementi disponga il Governo in merito alle circostanze legate alla tenuta statica dell'edificio dell'ospedale S. Maria degli Incurabili, con particolare riguardo ai rischi per la salute del personale medico sanitario e dei pazienti.
(5-02040)

Interrogazione a risposta scritta:


   PENNA, GRIPPA, PARENTELA, MENGA e CASA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 9 novembre 2015 «Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972» aveva previsto un progetto pilota volto alla produzione di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis per fini terapeutici da svolgere presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e relativa distribuzione su tutto il territorio nazionale della durata di ventiquattro mesi a decorrere dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (30 novembre 2015);

   il decreto prevedeva che, durante tale periodo, fossero effettuate verifiche relative al raggiungimento dei risultati attesi, che venisse garantita una produzione fino a 100 chilogrammi di infiorescenze di cannabis e che la produzione industriale sarebbe stata effettuata in base alle richieste delle regioni e province autonome in relazione al numero dei pazienti trattati, in assenza delle quali la produzione della sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sarebbe stata effettuata in base al consumo nazionale degli ultimi due anni al fine di assicurare continuità terapeutica;

   il decreto prevedeva norme in merito alle prescrizioni magistrali (legge n. 94 del 1998) che, tra le altre cose, garantivano prescrizioni con dati anonimi relativi a età, sesso, posologia in peso di cannabis ed esigenza di trattamento per fini epidemiologici, così come previsto dal progetto pilota;

   per tutelare l'anonimato, occorreva la compilazione di un'apposita scheda per la raccolta dei dati dei pazienti trattati da inviare all'azienda sanitaria locale territorialmente competente secondo le indicazioni che le stesse regioni avrebbero dovuto fornire al Ministero della salute;

   sono trascorsi abbondantemente i ventiquattro mesi previsti dal decreto –:

   se i dati siano stati raccolti e quando verranno pubblicati;

   quale sia la valutazione degli esiti del progetto pilota e se questi abbiano portato a una revisione del reale fabbisogno di prodotti terapeutici a base di cannabis;

   se vi siano stati sviluppi relativamente al prezzo bloccato dalle cannabis che aveva sollevato perplessità da parte degli ordini dei farmacisti;

   se e quando inizieranno i corsi di formazione e informazione degli operatori sanitari coinvolti e le campagne informative rivolte alla cittadinanza, relativamente alla prescrivibilità dei prodotti provenienti dallo Stabilimento farmaceutico militare di Firenze e di quelli importati dai Paesi Bassi e Germania;

   se il Ministro sia a conoscenza di quanti e quali studi clinici sono in corso in Italia.
(4-02825)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   LUPI, COLUCCI e TONDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   molte delle grandi imprese italiane del settore delle infrastrutture sono in grossa crisi: Astaldi (è stata ammessa quattro mesi fa al concordato dal tribunale), Condotte (è in amministrazione straordinaria), Trevi (il cui debito in fase di ristrutturazione: la Cassa depositi e prestiti già ne possiede il 17 per cento);

   Salini-Impregilo, la più grossa di tutte, non naviga in acque esattamente tranquille, come ha certificato l'agenzia Standard & Poor's declassandone il rating al livello BB- con outlook negativo;

   si apprende che si vuole coinvolgere Cassa depositi e prestiti (Cdp) per cercare una soluzione di sistema alla crisi del settore delle costruzioni. La misura del coinvolgimento dipenderà dai risultati di questo primo esame di valutazione sullo stato di salute del comparto e, più in particolare, del gruppo Astaldi;

   l'impressione, però, è che Cassa depositi e prestiti potrebbe presto dover affrontare e tentare di risolvere un progetto – sicuramente gradito alle banche – che potrebbe ruotare attorno a un perno chiave: l'ingresso della Cassa nel capitale di Salini Impregilo con l'intento di creare un'entità sufficientemente forte per affrontare prima la messa in sicurezza di Astaldi e poi quella degli altri grandi operatori in difficoltà;

   un progetto che voglia competere con i colossi europei che fatturano 10 volte le nostre imprese non può aggregarsi intorno alle sole aziende in crisi che rischiano di far diventare Cassa depositi e prestiti l'unico garante solvibile. Infatti una simile operazione rischia di incrinare la trasparenza nelle procedure di assegnazione dei lavori, penalizzando essenzialmente proprio le imprese sane dell'intero comparto;

   ci si chiede se una simile operazione debba ruotare intorno ad un'unica impresa anche se la più forte in termini di portafoglio ordini e di capitale sociale;

   questa operazione garantirebbe essenzialmente l'assetto della Salini-Impregilo e ciò grazie al coinvolgimento di un organismo come la Cassa depositi e prestiti che a tutti gli effetti si configura come un soggetto finanziario pubblico, generando in tal modo un possibile contenzioso per effetto dell'intervento dell'Antitrust;

   è auspicabile un «Progetto Italia» che veda partecipare tutte le più grandi aziende del settore e quindi anche quelle sane –:

   quali elementi intenda fornire il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali siano i suoi intendimenti al riguardo proprio al fine di risolvere la grave problematica delle imprese di costruzioni in crisi.
(3-00718)


   ANDREA ROMANO, BURATTI, SERRACCHIANI, BOSCHI, MORETTO, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NARDI, NOJA, ZARDINI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, FIANO, CENNI e CIAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2018 è stato firmato, grazie al lavoro di coordinamento svolto nei mesi precedenti dal Governo pro tempore Gentiloni e dalla presidenza della regione Toscana, l'accordo di cessione della Cevital Spa (acciaierie di Piombino, ex Aferpi) al gruppo Jindal South West Steel;

   l'accordo e il successivo piano industriale prevedevano, dal lato imprenditoriale, dopo 18 mesi di valutazione, la costruzione di due forni elettrici con produzione di tre milioni di tonnellate di acciaio l'anno da destinare alla laminazione attraverso un nuovo treno per la produzione di coils, e un successivo terzo forno elettrico per la produzione di semiprodotti lunghi (blumi e billette) per alimentare i treni di laminazione preesistenti (rotaie, vergella e barre) con impegno ad utilizzare l'intera forza lavoro di circa 2.000 unità;

   l'accordo e la successiva ratifica dell'accordo di programma prevedevano l'impegno del Governo italiano per la riduzione dei costi energetici, di bonifica ambientale, precise garanzie sull'utilizzo del porto di Piombino, oltre alla garanzia di adeguati strumenti di ammortizzazione sociale per l'intera durata dell'attuazione del piano industriale;

   l'accordo prevedeva inoltre periodici momenti di verifica dopo il trasferimento degli impianti alla nuova proprietà;

   il prossimo novembre scadranno i diciotto mesi del periodo di valutazione previsti nell'accordo e necessari per verificare la fattibilità del piano industriale e dunque la prosecuzione degli impegni della Jindal South West Steel –:

   quali iniziative il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere in merito agli impegni sottoscritti dal Governo ed illustrati in premessa per garantire la fattibilità del piano industriale e, dunque, la prosecuzione degli impegni della Jindal South West Steel e assicurare la copertura degli ammortizzatori sociali previsti dall'accordo.
(3-00719)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore calzaturiero italiano rappresenta uno dei pilastri del sistema moda italiano (con circa 4.500 imprese, 76.000 addetti, 190 milioni di paia prodotte annualmente con un fatturato di circa 14 miliardi di euro), e si configura come il primo produttore di calzature nell'Unione europea e il dodicesimo per numero di paia nel mondo. L'Italia è il sesto Paese esportatore di calzature a livello mondiale in volume, ma il terzo in termini di valore (ed è secondo in valore, dietro alla Cina, con riferimento alle sole calzature con tomaia in pelle);

   la primaria posizione nei mercati internazionali dell'industria calzaturiera italiana è dovuta a una forte capacità competitiva ed è basata sulle superiori caratteristiche qualitative del prodotto. Il settore calzaturiero italiano esporta oltre l'87 per cento della propria produzione e, con un saldo commerciale da sempre attivo, pari a circa 4,45 miliardi di euro nel 2018, rappresenta una realtà di estrema rilevanza qualitativa e quantitativa nell'economia italiana;

   il mercato cinese, in questo contesta rappresenta un'opportunità unica per le piccole e medie imprese calzaturiere italiane che possono anche essere anche ambasciatori del made in Italy nel mondo. Allo stato attuale, tuttavia, la mancata tutela del copyright da parte del Governo cinese e la debole tutela della proprietà intellettuale fanno sì che le imprese calzaturiere si trovino molto spesso ad affrontare una lotta impari, come ad esempio il caso che riguarda l'azienda Premiata Srl che da circa 10 anni subisce in Cina pratiche sleali di usurpazione del marchio e di contraffazione di marchio, prodotto e di immagine aziendale, e che sta agendo legalmente a tutela dei propri diritti sostenendo costi ingenti e insostenibili per una piccola e media impresa: caso eclatante che rispecchia la situazione di molte piccole e medie imprese italiane in merito alla mancata tutela della proprietà intellettuale in Cina e al mancato rispetto delle regole del commercio internazionale;

   nel 2016 il valore del commercio mondiale di prodotti contraffatti che violano i marchi italiani è di 31,7 miliardi di euro, pari al 3,6 per cento delle vendite totali per il settore manifatturiero italiano (nazionale ed esportazioni). Rispetto al valore delle merci italiane contraffatte e scambiate nel mondo, il 16,7 per cento è rappresentato da abbigliamento calzature e prodotti in pelli, il 15,4 per cento è costituito da prodotti elettronici e strumenti ottici, e il 13 per cento da prodotti alimentari. Il volume totale delle mancate vendite per le aziende italiane a causa della violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale nel commercio mondiale ammonta a 24 miliardi di euro, pari al 3,2 per cento delle vendite totali registrate da tali aziende –:

   quali iniziative stia portando avanti il Governo, nell'ambito dei rapporti bilaterali per la difesa delle imprese italiane in Cina, sui temi della proprietà intellettuale, in particolare nei settori manifatturieri con alto contenuto di creatività, e quali strumenti stia mettendo in atto affinché la Cina riconosca i diritti del copyright e più in generale garantisca la tutela della proprietà intellettuale, come avviene in molte realtà e soprattutto in Europa dove esiste un alto livello di tutela.
(5-02026)


   LOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 4 marzo 2019 è stato presentato al Ministero dello sviluppo economico il programma di cessione, in continuità, delle attività aziendali elaborato dai commissari straordinari di Condotte d'Acqua s.p.a., azienda impegnata in numerose grandi opere del Paese, tra cui il completamento del nodo Tav di Firenze, e in amministrazione straordinaria dall'agosto 2018;

   dopo che, il 17 aprile, il comitato di sorveglianza ha espresso il suo parere favorevole, il 23 aprile il Ministro Di Maio ha firmato il decreto che autorizza l'esecuzione del programma, nel quale non è presente il completamento del nodo dell'alta velocità di Firenze, né per quanto riguarda il tunnel, né per quanto riguarda la stazione Foster;

   si tratta di un'opera strategica per la città di Firenze e per la regione Toscana, che consentirebbe anche il decongestionamento del traffico su rotaia dalla stazione di Santa Maria Novella a favore del traffico regionale;

   come ricordato anche dal sindaco di Firenze Nardella per il cantiere della stazione Foster sono stati già spesi 800 milioni di euro per un'opera che oggi è pronta a essere realizzata in tempi brevi:

   il comune di Firenze aveva già rivisto in passato il progetto del nodo Tav, mantenendo la costruzione dell'opera, in modo da accelerare la conclusione dei lavori, prevedendo un hub di interscambio per bus urbani ed extraurbani e dedicando i binari di superficie esclusivamente al trasporto locale;

   il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede, a lungo avvocato di comitati che si oppongono all'opera fiorentina, il 30 aprile, nel corso della rassegna stampa di Italia 7, ha dichiarato – come riportato da Firenzetoday – che «nel caso in cui dovesse essere confermata la decisione di non fare la stazione Foster, si lavorerà su un progetto di conversione» –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato all'esclusione, dall'elenco dei progetti inclusi nel piano di cessione di Condotte s.p.a. del completamento del nodo Tav di Firenze;

   cosa si intenda per progetto di «conversione» e quali siano i tempi previsti per realizzare tale piano;

   per quali motivi non si ritenga utile la realizzazione del nodo dell'alta velocità di Firenze, il cui cantiere è ormai presente da molti anni sul territorio fiorentino e che se completato riuscirebbe a decongestionare il traffico della stazione di Santa Maria Novella.
(5-02029)


   ANZALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la prospettiva prevista dal piano industriale della Rai annunciata dall'amministratore delegato Fabrizio Salini di affidare a RaiCom il nuovo canale in inglese del servizio pubblico ha suscitato diverse proteste;

   il Comitato per l'informazione pubblica, fondato da oltre 100 giornalisti risultati idonei alle selezioni Rai 2015, ha annunciato un ricorso alla magistratura per impugnare il passaggio da Rai a RaiCom del nuovo canale di notizie in lingua inglese;

   contestano che il nuovo canale ricadrà sotto RaiCom, una partecipata della Rai, in violazione del contratto di servizio e che quindi non dovrà sottostare alle regole previste per il servizio pubblico, a partire dall'obbligo per le assunzioni in base a concorso;

   suddetto Comitato chiede che il canale in inglese rimanga in capo alla Rai con l'obiettivo che le assunzioni possano avvenire in base allo scorrimento degli idonei in graduatoria del 2015 –:

   se il Governo condivida, in qualità di azionista, la scelta del piano industriale relativamente al nuovo canale in inglese per il servizio pubblico radiotelevisivo e se non ritenga altresì di adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di assicurare che suddetto canale rimanga in capo direttamente alla RAI.
(5-02064)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in molte realtà della Campania e, in particolare, della provincia di Salerno si registrano rilevanti disagi per quanto concerne il servizio postale;

   tra le realtà maggiormente critiche, oltre ad alcune zone della città di Salerno, vi sono Eboli, Nocera Inferiore, Pontecagnano Faiano, Pellezzano e Mercato San Severino, con segnalazioni da parte delle organizzazioni sindacali e anche di associazioni di consumatori e semplici cittadini;

   la politica aziendale di Poste Italiane spa sembra penalizzare fortemente alcune aree, in particolare nel Mezzogiorno, privilegiando il profilo finanziario dell'azienda rispetto a quello di fornitore di servizio universale;

   la questione del recapito a giorni alterni, la chiusura di sportelli, le giacenze di corrispondenza stanno arrecando forti disagi sia in termini di utilizzo che di qualità del servizio erogato ai cittadini;

   non si può neppure ignorare l'oggettivo peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti postali, costretti a incrementi importanti dei carichi di lavoro sia nel recapito e nelle consegne sia agli sportelli –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, nell'ambito del vigente contratto di servizio, affinché per le realtà campane di cui in premessa vengano poste in essere, tempestivamente misure di efficientamento del servizio medesimo, tali da garantire il rispetto del principio di universalità a cui è tenuta – in virtù della normativa nazionale ed europea – Poste Italiane, a tutela delle comunità interessate dagli attuali rilevanti disagi.
(4-02840)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-01099 del 13 settembre 2018;

   interrogazione a risposta orale Covolo n. 3-00468 del 29 gennaio 2019;

   interpellanza Gabriele Lorenzoni n. 2-00294 del 6 marzo 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Gadda n. 5-01710 del 20 marzo 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Martino n. 5-01790 del 28 marzo 2019;

   interrogazione a risposta scritta Cancelleri n. 4-02681 dell'8 aprile 2019;

   interrogazione a risposta scritta Donzelli n. 4-02723 dell'11 aprile 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Galantino n. 5-01972 del 17 aprile 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Gagliardi n. 5-01982 del 18 aprile 2019;

   interrogazione a risposta orale Lupi n. 3-00708 del 29 aprile 2019;

   interrogazione a risposta scritta Pastorino n. 4-02805 del 2 maggio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Frassinetti n. 4-02818 del 2 maggio 2019.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-01200 del 15 gennaio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02834;

   interrogazione a risposta in Commissione Gallo e altri n. 5-01560 del 25 febbraio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02836;

   interrogazione a risposta in Commissione Casa e altri n. 5-01642 del 7 marzo 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00712;

   interrogazione a risposta orale Penna e altri n. 3-00629 del 21 marzo 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02825;

   interrogazione a risposta in Commissione Mulè e Fatuzzo n. 5-01896 del 10 aprile 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00713;

   interrogazione a risposta in Commissione De Luca n. 5-02007 del 30 aprile 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02840.