Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 3 aprile 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    gli articoli 29, 30 e 31 della nostra Costituzione sono dedicati alla famiglia e al ruolo che ad essa è riservato nel nostro ordinamento, con particolare riferimento ai rapporti tra i coniugi, ai doveri e diritti rispetto ai figli, e ai compiti dello Stato nel sostegno da accordare alla formazione della famiglia e alla tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù, ed è compito del legislatore garantirne la formazione e tutelarne i singoli aspetti;

    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha definito quali politiche per la famiglia quelle che «aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; e promuovono pari opportunità nell'occupazione»;

    la denatalità e lo squilibrio demografico rappresentano una delle prime grandi emergenze italiane in questa fase storica della nostra Nazione;

    l'Istat stima che al 1° gennaio 2019 la popolazione in Italia ammonti a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto al 2017, oltre cinque milioni dei quali sono stranieri;

    sempre secondo i dati Istat, nel 2018 sono avvenute 449 mila nascite, minimo storico dall'unità d'Italia, ossia 9 mila in meno rispetto al precedente registrato nel 2017, con una costante e progressiva diminuzione delle nascite dal 2008 al 2018, che in soli dieci anni ha visto 128 mila bambini in meno venire alla luce, e nel medesimo arco temporale sono diminuiti anche i decessi, che nel 2018 sono stati 636 mila, tredicimila meno di quelli avvenuti nel 2017;

    pertanto, la dinamica naturale di nascite e decessi nel 2018 è negativa e l'Istat ha calcolato che le prossime nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi, nonostante la fecondità sia prevista in rialzo da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2017-2065;

    la nostra società sta, dunque, invecchiando in maniera estremamente veloce, senza che vi sia un ricambio generazionale, con ripercussioni sociali drammatiche nel prossimo futuro, e che richiedono lo sviluppo di strategie a lungo termine, quali politiche più mirate di sostegno alle famiglie;

    in particolare, tra i fattori collegati alla denatalità gioco un ruolo importante la riduzione delle nascite da madre italiana, 358mila nel 2018 con una diminuzione di 8mila nascituri nel 2018 rispetto al 2017;

    relativamente al tasso di sostituzione, cioè al numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, pari a un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna, in Italia vi è un numero medio pari a 1,34 (1,46 nel 2010), con una differenziazione che vede attribuito alle donne italiane, in media, 1,26 figli (1,34 nel 2010), mentre alle cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010);

    in merito alla distribuzione sul territorio nazionale, la fecondità presenta un profilo diverso tra le regioni: nel 2018 la provincia autonoma di Bolzano si conferma l'area più prolifica della Nazione con 1,76 figli per donna, seguono la provincia di Trento (1,50), la Lombardia (1,38) e l'Emilia-Romagna (1,37), mentre le aree dell'Italia dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno (1,29), in particolare in Basilicata (1,16), Molise (1,13) e Sardegna (1,06), e la situazione è critica anche nel Centro che, con 1,25 figli, occupa l'ultimo posto tra le ripartizioni geografiche e, in particolare, nel Lazio (1,23);

    secondo quanto evidenziato durante il Festival di statistica 2018, le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno e hanno una propensione sempre più bassa ad avere figli, e le conseguenze saranno quelle di veder crollare la popolazione, arrivando nei prossimi 100 anni a poco più di 16 milioni di abitanti, rispetto ai 59 milioni e 423 mila attuali;

   l'istituto statistico della Commissione europea, Eurostat, ha calcolato che il tasso di fertilità nell'Unione europea è sceso ai livelli più bassi durante la crisi economica (2008-2011), tanto da parlare di baby recession, e che nel suo complesso, l'Unione è passata da più di 7,2 milioni di nuovi bebé nel 1970 a 5 milioni e 114 mila neonati nel 2016;

    secondo le rilevazioni di Eurostat, nessuno dei 28 Stati dell'Unione europea raggiunge il cosiddetto «livello di sostituzione», ossia quel numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, possibile solo con un tasso di fertilità pari a 2,1 figli per donna, mentre il tasso medio di natalità si attesta, invece, a 1,60 figli per donna;

    i tassi di natalità più alti sono state registrati in Irlanda (13,5 per 100 residenti), Svezia e Regno Unito (11,8 per cento) e Francia (11,7 per cento) mentre quelli più bassi sono stati registrati in Italia (7,8 per cento), Portogallo (8,4 per cento), Grecia (8,6 per cento), Spagna (8,7 per cento), Croazia (9,0 per cento) e Bulgaria (9,1 per cento). In termini assoluti, la popolazione nel 2016 è aumentata in diciotto Stati membri dell'Unione europea e diminuita in dieci, tra i quali l'Italia, che ha subìto una riduzione di popolazione del -1,3 per mille;

    le previsioni dell'Onu dicono che gli ultrasessantenni sono oggi un quarto della popolazione europea, ma entro il 2050 saranno già il 35 per cento, e se per ogni persona di età superiore a 65 anni ci sono oggi 3,3 persone in età lavorativa, nel 2050 questa proporzione scenderà sotto la soglia di due, con l'Italia destinata ad averne 1,8 già nel 2035, con le inevitabili importanti ricadute sul sistema del welfare;

    l'Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi;

    il piano nazionale per la famiglia varato nel 2012, che prendeva le mosse proprio dalla constatazione che sino ad allora avevano «largamente prevalso interventi frammentati e di breve periodo, di corto raggio, volti a risolvere alcuni specifici problemi delle famiglie senza una considerazione complessiva del ruolo che esse svolgono nella nostra società, oppure si sono avuti interventi che solo indirettamente e talvolta senza una piena consapevolezza hanno avuto (anche) la famiglia come destinatario», e che «in particolare, sono state largamente sottovalutate le esigenze delle famiglie con figli», non ha avuto alcun seguito e da allora non è stato adottato alcun nuovo piano;

    anche la legge di bilancio per il 2019 non fa che confermare una linea di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli interventi pro famiglia degli ultimi anni, senza adottare, ancora una volta, iniziative strutturali, in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che decidono di mettere al mondo dei figli;

    il passivo demografico è uno dei problemi cardine dell'Italia: la crisi demografica è un tema strategico per il nostro futuro, ed è necessario dunque mettere in campo contromisure imponenti ed immediate atte ad adottare politiche di incentivo alla natalità e di sostegno alla maternità;

    a questi fattori si aggiungono, nondimeno: l'assenza di politiche efficaci a sostegno della famiglia e della maternità, unitamente alla scarsa tutela accordata alle donne lavoratrici; l'insufficienza e l'inadeguatezza dei servizi di assistenza, con servizi educativi e scolastici costosi, con la mancanza di una rete sussidiaria;

    altra difficoltà rilevata è quella concernente la relazione tra maternità e disoccupazione femminile, vale a dire l'impossibilità per le donne di proseguire a lavorare dopo essere diventate madri, questione strettamente legata alla presenza e/o accessibilità dei servizi per l'infanzia;

    è stato stimato, infatti, che solamente 43 donne su cento continuano a mantenere il proprio lavoro in seguito alla nascita di un bambino, e spesso le neo-mamme subiscono anche una grave decurtazione stipendiale, che può arrivare anche al 20 per cento nei venti mesi successivi al parto;

    dare maggiori possibilità alle madri di mantenere il posto di lavoro ha, tuttavia, una serie di ricadute in termini di crescita del prodotto interno lordo, di sostenibilità finanziaria della spesa sociale, di capacità delle famiglie di sostenersi (i dati dicono che le famiglie monoreddito sono esponenzialmente più a rischio di povertà), ma perché ciò avvenga non bastano i bonus, ma urge piuttosto una riforma strutturale;

    la rete dei servizi per la prima infanzia è uno strumento essenziale sia per il benessere e lo sviluppo dei bambini, sia per il sostegno al ruolo educativo dei genitori nell'ambito della conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia;

    in Italia si continuano a registrare considerevoli ritardi nel recepimento delle iniziative normative europee in materia di sostegno alla genitorialità e servizi alla famiglia, e da anni l'Europa raccomanda all'Italia di moltiplicare gli strumenti che facilitano l'ingresso nel mondo del lavoro di chi ha una famiglia, per poter puntare all'equilibrio dei conti pubblici e a tornare a crescere dopo anni di debolezza;

    l'obiettivo fissato in sede europea che prevedeva una copertura territoriale dei servizi per l'infanzia almeno al 33 per cento entro il 2010, è ancora oggi largamente disattesa in Italia, dove tale copertura arriva in media ad appena il venti per cento, con punte minime del tredici per cento di strutture nelle regioni meridionali;

    a questo si aggiunge la scarsa diffusione di modelli di accoglimento alternativi agli asili nido, sul modello, ad esempio, delle Tagesmutter tedesche;

    un efficace sostegno alle famiglie, inoltre, non può prescindere da un insieme di politiche abitative che possano garantire un alloggio ai nuclei che non possiedono sufficienti risorse proprie per acquistarne o locarne uno, al fine di realizzare pienamente il diritto alla casa;

    i provvedimenti a sostegno della natalità e della maternità sin qui adottati dimostrano di non aver risolto il problema del calo delle nascite, e tantomeno di restituire alle giovani coppie quel diritto al futuro del quale la genitorialità è una componente essenziale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per avviare una rivoluzione del welfare che metta la famiglia naturale al centro dello Stato sociale e porre in essere un imponente piano di incentivo alla natalità per invertire il trend negativo del calo demografico in Italia;

2) ad adottare iniziative per introdurre il reddito per l'infanzia, per consentire l'erogazione di un assegno familiare di quattrocento euro al mese per i primi sei anni di vita per ogni figlio minore a carico per le coppie con redditi sotto gli ottantamila euro annui;

3) ad adottare iniziative per avviare una profonda revisione del sistema fiscale – con particolare riguardo al complesso delle detrazioni e deduzioni – prevedendo efficaci misure di agevolazione in favore delle famiglie con figli a carico, al fine di assicurare un prelievo più equo e progressivo basato sul quoziente familiare;

4) a promuovere il rilancio dell'occupazione femminile facilitando l'accesso al lavoro part-time e al telelavoro previsto dalla legge n. 81 del 2017, con l'obiettivo di garantire una più ampia flessibilità nella scelta dell'orario di lavoro e permettere alle madri di scegliere di trascorrere più tempo a casa con il proprio figlio;

5) ad adottare iniziative per prevedere incentivi in favore delle imprese che assumono neomamme e donne in età fertile;

6) ad adottare iniziative per definire incentivi per le aziende che prevedano, al loro interno, delle aree adibite ad asilo nido aziendali per le mamme lavoratrici;

7) ad adottare iniziative per prevedere l'esenzione contributiva per tutte le assunzioni in sostituzione di maternità, a fronte della riduzione del 50 per cento che vige oggi solo per le imprese fino a venti dipendenti, così da poter consentire alle imprese una riduzione degli oneri a loro carico;

8) ad assumere le iniziative di competenza affinché gli asili nido siano gratuiti ed aperti fino all'orario di chiusura di negozi e uffici e prevedano un sistema di turnazione nel periodo estivo per le madri lavoratrici;

9) a sostenere il potenziamento dell'offerta pubblico-privata degli asili nido, anche attraverso l'incentivazione dei nidi condominiali, sui luoghi di lavoro e in case private secondo il modello tedesco delle Tagesmutter;

10) ad adottare iniziative per applicare la deducibilità del costo del lavoro domestico di baby sitter, al fine di agevolare quelle famiglie che affrontano spese extra per l'assistenza dei loro figli;

11) ad adottare iniziative per garantire la copertura del congedo parentale, di 180 giorni, fino all'80 per cento, sia per i dipendenti pubblici che privati, e per un periodo che copra fino al sesto anno di vita, a fronte di quello attuale del 30 per cento;

12) ad adottare iniziative per prevedere il pieno riconoscimento dell'opera dei caregiver familiari.
(1-00163) «Meloni, Lollobrigida, Bellucci, Acquaroli, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   La Commissioni III e VII,

   premesso che:

    la crisi del cinema italiano, che si è andata aggravando negli ultimi decenni, ha tra le cause principali la mancata «circuitazione» diffusa su tutto il territorio nazionale, e quando ciò avviene raramente si superano le due-tre settimane di programmazione delle opere cinematografiche;

    nella «circuitazione» sono particolarmente penalizzate le opere prime di giovani artisti, docufilm, corti e lungometraggi che, di conseguenza, non hanno la possibilità di farsi conoscere e quindi di affermarsi professionalmente ed economicamente;

    allo stato attuale non ci sono le risorse economiche perché tale patrimonio possa essere adeguatamente valorizzato;

    gli Istituti di cultura italiana all'estero hanno come compito quello di far conoscere e valorizzare il nostro patrimonio culturale sotto ogni forma, di cui il cinema rappresenta una parte importante;

    gli Istituti italiani di cultura all'estero, che già promuovono e danno vita a numerose iniziative, grazie ad un inserimento strutturale delle nostre produzioni cinematografiche, potranno ampliare l'offerta, avvicinando i cittadini italiani all'estero e agli amanti della cultura del nostro Paese, alle nuove realtà artistiche emergenti,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per favore attraverso gli Istituti italiani di cultura all'estero, un'azione promozionale strutturata, organizzando proiezioni sistematiche di filmati italiani, in particolare di opere prime, che valorizzino le nostre eredità culturali identitarie, così da ottenere un duplice effetto:

    a) arricchire l'offerta culturale degli istituti di cultura italiani all'estero;

    b) permettere ai giovani autori di avere la possibilità di farsi conoscere dai propri connazionali emigrati e dagli amanti della cultura italiana;

   a contribuire con efficacia alla promozione dell'immagine dell'Italia all'estero, facendo conoscere storie, luoghi tradizioni della nostra identità artistica e sociale;

   a promuovere periodicamente un cartellone selezionato di opere, da far «circuitare» in tutti gli istituti di cultura nel mondo, arricchito, se possibile, anche da incontri con attori, registi, autori, sceneggiatori.
(7-00225) «Acunzo, Romaniello».


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 10 gennaio 2019, il dittatore comunista Nicolas Maduro ha assunto il secondo mandato presidenziale in Venezuela per un periodo di 6 anni, sino al 2025;

    la seconda elezione di Maduro e stata ampiamente contestata ed è ritenuta illegittima sia dalla comunità venezuelana che da quella internazionale;

    le contestazioni principali vertono sull'assenza di garanzie democratiche e la presenza di irregolarità nelle operazioni di voto svoltesi il 20 maggio 2018;

    nella giornata del 23 gennaio 2019, a seguito di imponenti manifestazioni di piazza del popolo venezuelano, Juan Guaidò si è proclamato «Presidente ad interim» annunciando nuove e finalmente libere elezioni;

    gli Stati Uniti d'America, il Brasile, l'Argentina, il Cile, la Colombia, il Costa Rica, il Paraguay, il Perù e il Canada hanno già riconosciuto, al fine di concludere la transizione della feroce dittatura di Maduro, il leader Guaidò quale presidente del Venezuela;

    nel frattempo il Venezuela è precipitato in una crisi politica, istituzionale, sociale e umanitaria senza precedenti;

    ad aggravare la situazione vi è la totale mancanza di medicinali e di cibo ed il fatto che il Governo di Maduro, il giorno 23 febbraio 2019, ha criminalmente respinto financo gli aiuti umanitari che pervenivano dalla comunità internazionale;

    a ciò si aggiunga che quotidianamente si registrano brutali violazioni dei diritti politici e umani da parte del Governo nei confronti degli oppositori;

    la popolazione venezuelana sta patendo il regime di Maduro: si consideri che il 78 per cento dei minori è a rischio di malnutrizione, 31 bambini su 1.000 muoiono di fame prima dei 5 anni e che oltre un milione di minori non va più a scuola;

    negli ultimi giorni si susseguono black out energetici, secondo alcuni alimentati parzialmente dallo stesso Governo per il controllo sociale e politico della popolazione, che hanno determinato la mancanza di elementari servizi negli stessi nosocomi e determinando la morte di alcuni pazienti;

    a ciò si aggiunga che sono atterrati all'aeroporto internazionale Simon Bolivar a Maiquetia diversi veicoli di Stati esteri trasportando soldati e attrezzature militari;

    in ultimo è sempre più preoccupante la creazione di milizie armate e gruppi paramilitari al servizio di Maduro;

    lo stesso Parlamento europeo in data 28 marzo 2019 ha votato una risoluzione sulla situazione di emergenza in cui si «esprime profonda preoccupazione per la presenza di organizzazioni terroristiche e criminali in Venezuela»;

    è evidente che la stabile organizzazione di milizie armate e di gruppi paramilitari non solo allontana il percorso di pacificazione, ma ipoteca gravemente le libere elezioni e l'accettazione del loro eventuale risultato da parte di tutti i contendenti e segnatamente di Maduro e dei suoi sostenitori;

    il gruppo internazionale di contatto, copresieduto da Federica Mogherini, si incontrerà nuovamente a maggio 2019 per affrontare la questione venezuelana,

impegna il Governo:

  a segnalare alla Corte penale internazionale la gravissima situazione della proliferazione di bande armate al servizio del Governo di Maduro;

  ad assumere iniziative, in seno al gruppo internazionale di contatto, per ottenere immediatamente da Maduro il disarmo dei gruppi paramilitari e delle milizie armate proliferate nel Paese.
(7-00226) «Delmastro Delle Vedove».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    all'articolo 25, comma 2, legge 29 luglio 2010, n. 120 si prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano disciplinate due materie di attualità: la prima è la relazione telematica con la quale le amministrazioni locali devono indicare l'ammontare complessivo derivante dalle sanzioni irrogate per violazioni del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992 e gli interventi attuati impiegando le medesime risorse; la seconda riguarda l'indicazione delle modalità di collocazione e di uso degli autovelox, fermo restando che «fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità»;

    l'articolo 4-ter, comma 16, decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 reca chiaramente che: «Il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, è emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata emanazione del decreto entro il predetto termine, trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285», cioè con cui è disposto che: a) al comma 12-bis i proventi delle sanzioni derivanti dall'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità stabiliti dal presente articolo, attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità ovvero attraverso l'utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza, spettino al 50 per cento ciascuno, all'ente proprietario della strada e all'ente accertatore; b) al comma 12-ter tali somme siano impiegate per la manutenzione e messa in sicurezza stradale, comprese segnaletica e barriere, e per potenziare controllo e accertamento delle violazioni, comprese le spese del personale; c) al compia 12-quater gli enti locali trasmettano annualmente una relazione telematica ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno, indicando l'ammontare dei proventi e gli interventi realizzati. In assenza della relazione o con uso difforme delle risorse, gli importi spettanti sono ridotti del 30 per cento;

    ad oggi, dopo nove anni, il decreto non risulta ancora adottato e così si assiste spesso all'utilizzo distorto e vessatorio dei dispositivi di rilevazione a distanza, mentre, sulla richiamata relazione telematica e sull'uso delle risorse, si rileva che, meno di 300 comuni su 8.000 rispettano la legge, senza sanzioni per gli enti inadempienti che, malgrado l'obbligo di legge, non presentano la relazione; sull'uso corretto e trasparente di autovelox e proventi delle multe, peraltro, il gruppo Forza Italia ha presentato numerosi atti di sindacato nella presente e precedente legislatura, nonché una mozione (n. 1-01085) approvata sostanzialmente all'unanimità, con parere favorevole del Governo pro tempore, il 28 gennaio 2016, impegnandolo a porre fine all'uso improprio degli strumenti elettronici di controllo a distanza e all'uso difforme delle risorse derivanti dalle multe; a irrogare sanzioni alle amministrazioni inadempienti;

    ancora più recentemente, il medesimo gruppo parlamentare, in occasione dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, in data 20 marzo 2019, ha chiesto chiarimenti circa i tempi previsti per l'adozione del richiamato decreto ministeriale relativo ai proventi derivanti dalle sanzioni per violazioni del codice della strada nonché all'impiego degli autovelox (interrogazione n. 3-00622);

    in tale occasione il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, oltre a condividere «pienamente tutte le perplessità espresse e la necessità di portare al traguardo questo importante provvedimento» dichiarava che «nel corso del 2018, abbiamo lavorato alla rielaborazione del testo, anche, ovviamente, in sinergia con il Ministero dell'interno»;

    a fine gennaio 2019, lo schema di decreto è stato inviato alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e il 6 febbraio 2019 si è tenuta una prima riunione tecnica tra tutte le amministrazioni centrali coinvolte, compreso il Ministero dell'economia e delle finanze. Nelle prossime settimane saranno affrontati tutti gli aspetti tecnici che consentiranno alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali di dare al più presto il nulla osta al decreto. I proventi derivanti dalle sanzioni saranno utilizzati per la manutenzione e messa in sicurezza stradale [...],

impegna il Governo

ad emanare entro il 30 aprile 2019, anche in considerazione delle informazioni riportate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in occasione della seduta dell'Assemblea del 20 marzo 2019, il decreto attuativo di cui all'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010 di cui in premessa, al fine di disciplinare in modo chiaro e definitivo, anche con riferimento agli anni passati, il tema della trasparenza e dell'utilizzo dei proventi derivanti dalle sanzioni irrogate per le violazioni del codice della strada da parte delle amministrazioni locali, nonché quello delle modalità di collocazione e corretto uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all'articolo 142 del medesimo codice.
(7-00223) «Baldelli, Sozzani, Bergamini, Germanà, Mulè, Pentangelo, Zanella, Rosso».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    con il termine «Gig» nella lingua corrente inglese si intende definire un piccolo lavoro di natura saltuaria e occasionalmente; la così detta Gig economy, cioè l'economia di questi piccoli lavori, si è diffusa e fortemente strutturata a livello internazionale, al punto che ad oggi diverse sono le piattaforme internazionali che offrono questo tipo di attività, come ad esempio Airtasker, Taskrabbit, Upwork, Fiverr, Instawork, Job Today assieme alle italiane Vicker, Jobby, Taskhunters e altre. Tali soggetti rappresentano un evidente esempio di come questo tipo di economia «on demand» sia una delle molte derivazioni della sharing economy, l'economia della «condivisione» che usa la tecnologia per abbattere le barriere tra servizi e industria, di qualunque settore lavorativo, fenomeno con cui si è imparato a familiarizzare negli ultimi anni;

    in Italia, in base a una ricerca dell'Università di Pavia, commissionata da Phd Italia, il volume di un simile comparto, sarebbe destinato a salire a 8,8 miliardi di euro nel 2020, fino a un valore compreso tra i 14 e i 25 miliardi nel 2025. Si tratta di un turnover che potrebbe oscillare tra lo 0,7 per cento e l'1,3 per cento del prodotto interno lordo. Secondo altre stime, riportate dal blog di Corriere.it La Nuvola del Lavoro, si parlerebbe di una cifra più che raddoppiata: 53 miliardi di dollari (quasi 50 miliardi di euro) entro il prossimo decennio, il 2,5 per cento del prodotto interno lordo; alcune analisi di mercato promosse dalle piattaforme stesse come Upwork e Wonolo o altre società del mondo del lavoro come Adecco dimostrano come il trend che abbraccia queste nuove forme di impiego e ingaggio sia crescente e distintivo nelle nuove generazioni, proiettando una forza lavoro al 50 per cento freelance entro il 2027;

    se le prospettive di espansione economica che la Gig economy può realizzare sono rilevanti, allo stesso tempo questa nuova forma di economia, in particolare sotto l'aspetto della trasformazione delle dinamiche tradizionali che regolano il rapporto di lavoro e dal punto di vista della disintermediazione, in alcuni casi assoluta, del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore deve essere oggetto di attenta e approfondita analisi, anche in sede politica, al fine di valutare se si rendano necessari interventi di natura normativa, che in tal caso dovranno essere ben calibrati e ponderati, volti a individuare e regolare un nuovo settore del lavoro, a garantire i diritti e tutele che qualsiasi lavoratore deve vedersi riconosciuti e, al tempo stesso, consentire lo sviluppo, con i caratteri di novità che gli sono propri, di queste nuove forme di economia fortemente legate allo sviluppo tecnologico e digitale che possono realmente dare una spinta al mercato del lavoro sia in termini economici che occupazionali, generando una valida alternativa e progressivo allontanamento da forme di lavoro alternative o non regolamentate;

    nel XVII Rapporto annuale sul lavoro pubblicato dall'Inps nel luglio 2018, un'intera parte è dedicata all'analisi della Gig economy. Sulla base dei dati in possesso dell'Inps la Gig economy può essere suddivisa in tre grandi categorie: 1) lavoro on-demand tramite piattaforma digitale nel quale un committente privato o sostituto d'imposta o la piattaforma stessa può assegnare un compito a una persona che presta un'attività materiale e concreta; 2) Crowdwork nel quale si incontrano committenti e lavoratori ai quali viene affidata la realizzazione di un progetto risiedendo fisicamente entrambi in parti del mondo diverse e tra loro anche estremamente distanti; 3) asset rental che consiste nell'affitto e nel noleggio di beni e proprietà;

    uno dei principali problemi che emerge dallo studio dell'Inps è, in primo luogo, quello di mappare e fotografare i soggetti, nel senso di società e aziende, che operano nel settore «Gig», sia per accertare in concreto quale attività svolgano, sia per poter analizzare la forma di rapporto di lavoro utilizzata con i lavoratori da queste impiegati. Su 50 società analizzate 22 (pari al 44 per cento) non hanno alcuna posizione all'interno degli archivi Inps con riferimento all'anno 2017. Ciò significa che questi soggetti risultano privi di rapporti di collaborazione e di rapporti di lavoro dipendente;

    altro dato interessante che emerge dallo studio riguarda il fatto che sebbene il settore della consegna del cibo, in Italia, sia certamente quello più noto nell'ambito della Gig economy, non è certamente l'unico e né è quello che raccoglie più lavoratori;

    anche sotto il profilo delle regolamentazioni e delle tutele riconosciute dalla legge tramite l'Inps e l'Inail, emerge che i due principali soggetti che operano nel settore del così detto food delivery (che è uno dei settori in cui opera la gig economy ma non certamente l'unico o quello che raccoglie più lavoratori) Foodora (ora acquisita da Glovo) e Deliveroo inquadrino i propri lavoratori rispettivamente con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con quello di lavoro autonomo occasionale. Emerge viceversa che compagnie come Jobby, che opera come intermediazione di lavoro di nuova generazione, fornisce una serie di tutele integrative come assicurazione per infortuni e danni a terzi e forme private di tutele sanitarie integrative per il lavoratore e i famigliari. Per il resto del panorama delle realtà operanti sul territorio in merito agli altri settori di cui si compone la Gig economy permane invece la scarsa o totale assenza di dati in merito;

    a livello generale le criticità che appaiono spesso riguardare il settore «Gig» consistono in bassi salari che, a seconda dell'inquadramento lavorativo prescelto, come nel caso del lavoro autonomo occasionale, non consentono il raggiungimento delle soglie minime di reddito annuale oltre le quali scatta l'obbligo di assicurazione a fini previdenziali. Criticità riguardano la presenza di piattaforme che nella ricerca di lavoratori pongono in essere tecniche di dumping salariale tramite il meccanismo di offerte al ribasso. Vi è poi la necessità di tracciare e rendere visibili le forme di compenso erogate dalle piattaforme al lavoratore, al fine di evitare forme di evasione o elusione fiscale, in particolare da parte delle piattaforme che assegnano il lavoro,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per individuare, nel rispetto della flessibilità connaturata alla gig economy, una nuova, specifica, forma di regolazione del rapporto di lavoro tramite piattaforma, o «gig working», al fine di applicare ai dipendenti delle piattaforme digitali o ai lavoratori della Gig Economy adeguati standard uniformi, sia relativamente alla protezione sociale (Inps e Inail), sia per il rispetto delle condizioni di lavoro, sia per la corresponsione di un'adeguata retribuzione;

   ad adottare iniziative per vietare il ricorso, da parte dei soggetti che attribuiscono lavoro per il tramite di piattaforme informatiche, a meccanismi di asta al ribasso nella ricerca di lavoratori;

   ad adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di consentire l'individuazione della sede legale delle piattaforme digitali che attribuiscono lavoro, ai fini della conoscibilità dell'identità del datore di lavoro.
(7-00224) «Invidia, Pallini, Siragusa, Cubeddu, Tripiedi, Ciprini, Costanzo, Tucci, Amitrano, Olgiati, Bilotti, Davide Aiello».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2019, alle 5 di mattina, un ordigno lanciato dalla zona di Rafah, nel Sud di Gaza, è riuscito ad arrivare ben oltre la capitale israeliana, Tel Aviv, nell'area di Mishmeret, una zona che di solito non viene colpita dai missili lanciati da Gaza; l'ordigno ha raggiunto una casa con sette persone, di cui tre bambini di sei mesi, tre e dodici anni;

   per parafrasare, a distanza di qualche lustro, l’incipit di un celebre scritto «uno spettro si aggira per l'Europa», oggi un altro spettro, quello dell'antisemitismo, sta pericolosamente riaffacciandosi in Europa e nel mondo;

   Hamās, acronimo di Harakat al-Muqāwama al-Islāmiyya, Movimento islamico di resistenza, ovvero un'organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare, è considerata ufficialmente organizzazione terroristica da alcune nazioni nel mondo: Stati Uniti, Israele, Canada, Egitto, Giappone ed Unione Europea, quest'ultima dal 2003;

   considerando che la Striscia di Gaza è stata lasciata dagli israeliani ai palestinesi da molto tempo e non ci sono interventi militari da circa 21 anni, non trova motivazione l'attacco ai danni dei territori israeliani;

   l'Unhcr, la scorsa settimana, ha condannato Israele per «uso eccessivo della forza» durante gli scontri con i palestinesi al confine con la Striscia di Gaza, avanzando anche il sospetto di possibili crimini di guerra;

   il voto ha visto l'astensione di molti Paesi dell'Unione europea, tra cui l'Italia, che continua, come nella crisi venezuelana, a non prendere una posizione univoca e a sottovalutare il preoccupante status quo –:

   quale sia la motivazione per la quale il Governo si è espresso con l'astensione nel voto in seno all'Unchr nei confronti dello Stato di Israele, un'astensione che all'interrogante sembrerebbe far propendere per una posizione di ambiguità nei rapporti con la democrazia israeliana;

   se non ritenga che la suddetta posizione mal si concili con quella dell'Unione europea, che condanna Hamās, e con le recenti posizioni espresse dagli Stati Uniti;

   quali siano i motivi sottesi alla posizione espressa dal Governo sulla questione mediorientale, con particolare riferimento alla posizione e agli interessi dello Stato di Israele, unico e ultimo baluardo della democrazia e della libertà nel Mediterraneo orientale.
(3-00671)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dopo 9 anni di «stop», nel 2018 è stato siglato il parziale rinnovo del contratto delle Forze armate e delle Forze di polizia;

   non hanno firmato il Co.Ce.R. Marina militare ed il Co.Ce.R. Aeronautica militare;

   l'accordo aveva efficacia retroattiva con decorrenza dal 1° gennaio 2017 ed era in vigore fino al 31 dicembre 2018;

   l'accordo fu siglato alla presenza dei Ministri pro tempore Madia, Minniti, Pinotti ed Orlando e a tutt'oggi non si è ancora concluso la «coda contrattuale» pur cambiando la compagine governativa –:

   se il Governo, in attesa di stipulare nuovi contratti, abbia intenzione di proseguire l'opera per la chiusura della cosiddetta «coda contrattuale», ad integrare degli accordi di cui ai decreti del Presidente della Repubblica n. 39 e 40 del 2018, per garantire al personale delle Forze armate e delle Forze di polizia il soddisfacimento delle legittime aspettative di miglioramento della propria condizione sociale tramite l'applicazione di istituti molto importanti per i soggetti protagonisti delle azioni quotidiane al dei cittadini, soprattutto nell'ambito della sanità militare, in particolare per quanto riguarda la rivalutazione delle indennità connesse al rischio (ad esempio: rischio radiologico e biologico).
(5-01844)


   FERRO, BELLUCCI e MANTOVANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'analgesia epidurale in travaglio di parto, o partoanalgesia, è uno strumento di contenimento del dolore da parto mediante l'uso di farmaci anestetici somministrati per via epidurale;

   da notizie di stampa si apprende che l'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro è stata recentemente costretta ad abolire tale servizio, in quanto il personale del servizio di anestesia e rianimazione è in numero insufficiente;

   un hub come l'azienda ospedaliera «Pugliese Ciaccio» risponde alle urgenze e alle richieste di assistenza di un territorio molto esteso, che comprende il territorio delle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone;

   il servizio di partoanalgesia h24 è realizzabile solo attraverso l'impiego di équipe di anestesisti dedicati che gestiscono il servizio di partoanalgesia e le urgenze ostetriche;

   il commissario per l'attuazione del piano di rientro della regione Calabria, Saverio Cotticelli, si è detto «sconcertato e stupito» per la decisione dell'Asp di Catanzaro;

   in Calabria mancano circa 100 anestesisti e il rischio concreto è quello di vedere bloccati anche gli interventi chirurgici in diversi ospedali;

   la sanità calabrese è da lungo tempo commissariata dal Governo nazionale e ciò ha determinato il blocco delle assunzioni e molti medici andati in pensione non sono mai stati sostituiti;

   a quanto consta all'interrogante, il Governo dovrebbe approvare a breve un provvedimento di urgenza dedicato alla sanità calabrese che, ci si augura, non sia destinato solo a soddisfare appetiti di parte sugli incarichi di vertice degli enti del servizio sanitario regionale, vista delle prossime tornate elettorali –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per garantire a tutti i cittadini calabresi un'adeguata assistenza anestesiologica;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari regionali, per favorire un ripristino immediato del servizio di parto-analgesia presso l'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro;

   di quali elementi disponga circa la tempistica per l'indizione di un concorso per l'assunzione di personale medico anestesista, infermieristico e ostetrico da destinare alle strutture ospedaliere calabresi.
(5-01845)


   SENSI, BOSCHI, RIZZO NERVO, MARCO DI MAIO, QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO, BRUNO BOSSIO, FREGOLENT, FRAILIS, SCHIRÒ, PAITA, CARLA CANTONE, GAVINO MANCA, ROSSI, FRAGOMELI, CARNEVALI, SERRACCHIANI, MIGLIORE, PEZZOPANE, PELLICANI, MOR, SCALFAROTTO, MURA, MORETTO, MORGONI, BENAMATI, CANTINI, DE MARIA e NOBILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo apparso sul Foglio il 2 aprile 2019 si è appreso che fin dal 2017 il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un'indagine nei confronti dell'Associazione Rousseau per violazioni nel trattamento dei dati personali e, in particolare, per aver creato un database contenente informazioni relative ad operazioni di voto, numero cellulare e ID dei soggetti votanti, nonché i dati relativi all'espressione di ciascun voto, un sistema dunque potenzialmente lesivo del diritto alla privacy su dati molto sensibili, e tale da rendere l'elettore e il suo voto potenzialmente riconoscibile;

   sempre dalle notizie a mezzo stampa sembrerebbe inoltre che il software della piattaforma risalga addirittura al 2009, mentre il distributore di questo software avrebbe smesso di produrre aggiornamenti sin dal 31 dicembre del 2013, e dunque l'Associazione Rousseau finirebbe per utilizzare una tecnologia largamente obsoleta, e dunque inaffidabile sotto il profilo della sicurezza dei dati conservati;

   pertanto, in base a quanto premesso, gli esiti delle votazioni sulla piattaforma Rousseau sarebbero potenzialmente vulnerabili, esposti sia alla semplice consultazione da parte di terzi, sia a possibili alterazioni, sempre da parte di terzi, tali da inficiare l'esito della votazione stessa, e la piattaforma, non essendo dotata di strumenti di tracciamento delle attività, non sarebbe in grado né di prevenire eventuali abusi commessi da addetti interni né di consentirne l'accertamento a posteriori, non potendo dunque garantire né la correttezza delle procedure di voto né tantomeno l'anonimato in ogni fase della procedura;

   se quanto riportato risultasse anche solo in parte vero, a parere degli interroganti configurerebbe un vulnus estremamente significativo, potenzialmente lesivo anche di taluni fondamentali princìpi costituzionali come quello che prevede che tutti i cittadini possano associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale –:

   quali iniziative, anche normative per quanto di competenza, intenda adottare per assicurare che anche i moderni strumenti di partecipazione dei cittadini alla politica nazionale, come i voti elettronici e le piattaforme digitali, siano assistiti da adeguate garanzie sia sotto il profilo della sicurezza che sotto quello dell'assoluto rispetto della privacy dei dati personali.
(5-01847)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con circolare n. 1764 del 2 aprile 2019 l'Autorità di gestione del programma nazionale per i servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti ha comunicato agli ambiti territoriali sociali che il termine di conclusione delle attività del programma è stato fissato al 30 giugno 2020, con un ulteriore semestre per il completamento delle attività di rendicontazione e controllo di primo livello delle operazioni compiute dai beneficiari (31 dicembre 2020) e una successiva fase per le operazioni di chiusura definitiva del programma (30 giugno 2021);

   l'autorità di gestione, ad oggi, non ha comunicato agli ambiti territoriali il termine per la presentazione delle richieste di riprogrammazione e differimento del piano, finalizzate a garantire il pieno utilizzo delle risorse entro il termine di chiusura delle attività del programma, fissato al 30 giugno 2020;

   nella regione Puglia, le risorse Pac per i servizi di cura all'infanzia, sono in parte destinati alle famiglie più bisognose per garantire l'accesso ai servizi per la prima infanzia, come gli asili nido, e molti ambiti territoriali hanno inteso finanziare il sistema dei voucher regionale, denominato «buoni servizio», proprio con le risorse Pac per garantire alle famiglie pugliesi l'abbattimento della retta, per la frequenza di asili nido privati e convenzionati;

   nella regione Puglia, le risorse Pac per i servizi di cura agli anziani non autosufficienti sono destinate all'erogazione del servizio di assistenza domiciliare integrata (Adi) (obiettivo Lea S.06), ossia un complesso di prestazioni e di interventi, definiti nel piano assistenziale individuale (Pai), rivolti ad anziani non autosufficienti ultra sessantacinquenni che necessitano, in modalità programmata, di cure e di assistenza a lunga persistenza –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per rifinanziare il programma nazionale per i servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti e se intenda chiarire le modalità e le tempistiche per la presentazione delle proposte progettuali ad opera degli ambiti territoriali per l'accesso ai suddetti finanziamenti, nonché per permettere loro di attivare tutte le procedure per l'accesso ai servizi e la spendibilità dei finanziamenti a decorrere dal secondo semestre del 2020.
(4-02640)


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi in Venezuela, un Paese governato dal dittatore Maduro, continua a mietere vittime;

   il blocco degli aiuti umanitari inviati attraverso le vie istituzionali non garantisce l'ausilio previsto a chi ne necessita;

   i nostri connazionali in loco di I e II generazione, iscritti e non all'Aire, oltre a quelli residenti in loco per lavoro, sono innumerevoli, oltre 40.000 ufficiali solo a Maracaibo;

   la necessità di un servizio diplomatico efficiente, disponibile, attento e pronto è quanto mai necessario nei momenti di crisi, come quello che sta vivendo oggi il Paese sudamericano;

   non si comprende, dunque, il motivo della decisione appresa dal sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dall'Aise, Agenzia italiana della stampa estera, relativa alla chiusura del consolato di Maracaibo, a partire dal 15 marzo 2019 e sino a data da destinarsi;

   con una nota del medesimo giorno, 15 marzo 2019, la sede ha comunicato ai connazionali tale decisione chiarendo che «in relazione alla grave crisi che ha recentemente colpito le infrastrutture del Paese, determinando la momentanea impossibilità di operare per il Consolato a Maracaibo, le attività di questo Ufficio sono temporaneamente sospese»; il Consolato riaprirà «non appena le condizioni esterne permetteranno la ripresa» delle attività –:

   quali siano i motivi per i quali è stata sospesa l'attività del consolato generale d'Italia a Maracaibo, che abbandona a loro stessi oltre 40.000 connazionali, proprio in un momento in cui l'incolumità personale è ad altissimo rischio;

   se il Governo non intenda riconsiderare la decisione circa la chiusura del consolato generale d'Italia di Maracaibo, e provvedere ad una sua celere riapertura e quali iniziative intenda assumere, nelle more di una sua riapertura, utili a predisporre soluzioni urgenti, idonee adeguate, per supplire alla chiusura del suddetto consolato.
(4-02641)


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, fu disposto l'impiego del personale militare appartenente alle Forze armate per servizi di perlustrazione e pattugliamento in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia secondo un piano adottato dal Ministero dell'interno di concerto con il Ministero della difesa;

   fu delineato un contingente di 500 soldati delle Forze armate dispiegati nelle aree più densamente popolate ove si ritenne necessario garantire, in presenza di fenomeni di emergenza criminale, un maggiore controllo;

   nel corso degli anni, con il crescere degli atti criminali e il rischio emergente di eventuali attacchi terroristici al Paese, emerse l'esigenza di impiegare militari su tutto il territorio, annoverando oggi circa 7.500 tra uomini e donne in uniforme, assumendo un ruolo comprimario a quello delle Forze dell'ordine;

   detto personale, da ben 11 anni continua a percepire immutabilmente un'indennità giornaliera remota pari a 26 euro per l'impiego fuori sede, un compenso di 13 euro per coloro i quali sono impegnati in sede e soltanto 14,5 ore di straordinario mensili retribuiti a fronte delle centinaia di ore maturate durante i vari impieghi nel corso degli anni;

   a tal proposito, non si ravvisano tutt'oggi misure atte ad aggiornare gli appellati compensi;

   tale attività, espletata attraverso un mandato la cui durata era di circa novanta giorni, subiva poi, in itinere, un'estensione di permanenza di impiego della durata di circa sei mesi che non poteva che peggiorare la mole di ore di straordinario le quali inevitabilmente, visti i continui impegni, non potevano essere fruite dal personale in parola;

   l'Esercito ha disposto l'impiego di un contingente articolato su 12 comandi di raggruppamento suddiviso in un totale di 53 piazze, qualificati come agente di pubblica sicurezza a seguito di un duro addestramento che avviene prima di ogni mandato;

   dall'inizio dell'operazione ad oggi sono stati effettuati circa 16.000 arresti, 3.300.000 persone sono state controllate e identificate, 1.200 armi sono state sequestrate, 13.000 veicoli sono stati controllati e circa 2.300 chilogrammi di sostanze stupefacenti sono stati intercettati;

   l'Esercito ha dato il proprio contribuito in termini di sicurezza cooperando con le forze dell'ordine, malgrado ciò, il decreto sicurezza n. 113 del 2018 è stato quel veicolo legislativo attraverso il quale sono stati stanziati maggiori fondi per il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alla polizia, eccetto che per gli uomini e donne in divisa dell'Esercito;

   nonostante quanto già enunciato, risulta che tali compensi non siano nemmeno corrisposti in tempi consoni, ma risulta trascorrano anche fino a 6 mesi per retribuire il personale di tali competenze, ovvero, l'indennità onnicomprensiva;

   appare evidente quindi, che il personale impiegato in sedi lontane da quella stanziale, debba ricorrere ai propri fondi familiari per far fronte alle spese di viaggio per rientrare dai propri affetti, nonostante le coperture finanziarie siano già allocabili –:

   come mai non sia stato preso in considerazione di applicare, per tale operazione, quanto già in atto presso i militari dell'Arma;

   se il Governo intenda adottare iniziative per superare tale prassi di impiegare i militari dei reparti del Nord nei centri metropolitani del Sud e viceversa, vista la scarsità di risorse disponibili per l'amministrazione Difesa e considerato che la movimentazione ha un costo per motivi sia logistici usurando oltremodo mezzi già fatiscenti e logori, sia economici in genere;

   se le strutture di alloggio del personale siano consone all'ospitalità e chi siano i valutatori.
(4-02650)


   SCALFAROTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ZAN e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che il 3 aprile 2019 entreranno in vigore nel Brunei leggi ispirate alla sharia che prevedranno, tra l'altro, la lapidazione per chi ha relazioni omosessuali e per chi tradisce il coniuge, l'amputazione degli arti per i ladri e la fustigazione per l'aborto;

   la nuova normativa, voluta dal sultano Hassanal Bolkiah, si applicherà solo ai cittadini musulmani (ovvero la maggior parte della popolazione) e si inserisce sulla «scia» della direttiva del sultano del Brunei, uno dei leader più ricchi del mondo e che vanta un patrimonio di 20 miliardi di dollari;

   si apprende, inoltre, che importanti associazioni che operano a sostegno dei diritti umani hanno preso una posizione fortemente critica circa l'emanazione di tale legge: Amnesty International ha definito tali sanzioni «profondamente sbagliate» e la legge da «fermare immediatamente»; la stessa ha sottolineato come «rapporti consensuali tra individui dello stesso sesso non dovrebbero neanche essere considerati reato». Human Rights Watch ha invece definito il progetto delirante;

   a tali dichiarazioni si aggiunge anche l'appello dell'Alto Commissario per i diritti dell'uomo, Michelle Bachelet, che ha affermato: «Mi appello al governo affinché blocchi l'entrata in vigore di questo nuovo codice penale draconiano che, se verrà applicato, segnerà una grave battuta d'arresto per la tutela dei diritti umani»;

   a seguito di ciò, alcuni attori americani hanno invitato i lettori a manifestare la propria indignazione, boicottando nove lussuosi alberghi in Occidente di proprietà del sovrano asiatico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito; quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo al fine di contrastare tali leggi feroci e liberticide che minano i diritti umani della popolazione del Brunei;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in sede di Unione europea, affinché l'Unione medesima si faccia parte attiva per ristabilire la piena tutela dei diritti dei cittadini e delle cittadine del Brunei.
(4-02652)


   SCALFAROTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ZAN e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che all'inizio del mese di marzo 2019 è stata arrestata in Egitto nella sua casa Malak al-Kashif, giovane donna transgender ormai prossima all'intervento di riassegnazione chirurgica del sesso;

   Malak, non avendo quindi ancora ottenuto la rettifica dei dati anagrafici ed essendo di conseguenza registrata come uomo, è stata incarcerata in una prigione maschile senza precisa comunicazione dell'ubicazione del penitenziario;

   tale decisione, come rilevato da Magdalena Mughrabi, responsabile di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa comporta che «ci sono reali timori per l'integrità fisica e il benessere psicologico di Malak al-Kashif. A causa della sua identità di genere Malak è ad alto rischio di tortura da parte della polizia, incluso lo stupro e la violenza sessuale, come anche di aggressioni da parte di altri detenuti»;

   Magdalena Mughrabi rileva inoltre che «Le autorità egiziane sono responsabili della sua sicurezza fisica e psicologica. Devono immediatamente rivelare dove si trova e, in attesa della sua liberazione immediata e incondizionata, assicurarsi che sia protetta dalla tortura e da altri abusi»;

   sempre da organi di stampa si apprende anche che la condizione delle persone Lgbti in Egitto registra un progressivo peggioramento a partire dal 2017, quando un giovane fu arrestato nel corso del concerto di una band libanese, dopo aver sventolato una bandiera arcobaleno. In tale occasione, all'epoca, si registrò una vasta campagna di repressione contro persone sospettate di essere omosessuali;

   nonostante si rilevi il fatto che in Egitto i rapporti omosessuali non siano formalmente vietati dal codice penale, un articolo della legge anti-prostituzione, varata oltre mezzo secolo fa, commina da tre a cinque anni di reclusione a chi «incita alla dissolutezza e all'immoralità», e determina una normativa ambigua che consente di fatto il perseguimento giuridico delle persone Lgbti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo al fine di ristabilire condizioni di sicurezza per Malak al-Kashif e per seguire con attenzione gli sviluppi della situazione;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in sede di Unione europea, affinché l'Unione medesima si faccia parte attiva nel garantire la piena tutela dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali in Egitto.
(4-02653)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'INCÀ e SABRINA DE CARLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 25 agosto 1973 il museo civico di Belluno denunciava il furto del dipinto raffigurante «Madonna con il Bambino», opera di Antonio Solario risalente alla fine del Quattrocento;

   nel febbraio 2017 il museo veniva informato di un tentativo di vendita all'asta del dipinto, riconoscibile in tutto e per tutto a quello rubato nel 1973, che risultava nelle disponibilità della casa d'aste Keys Fine Art di Norwich, Gran Bretagna;

   a seguito di questa segnalazione il museo avvisava il Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale-nucleo tutela patrimonio culturale di Venezia della possibile presenza del dipinto rubato presso la citata casa d'aste;

   della questione veniva avvisata anche la direzione generale archeologica, belle arti e paesaggio del Ministero per i beni e le attività culturali ai fini della presa in carico da parte del Comitato Restituzioni della citata opera del Solario;

   risulterebbe che in data 20 febbraio 2019 il Comitato restituzioni abbia deciso, a seguito dell'archiviazione della denuncia, considerato il periodo di tempo trascorso, di chiedere al Nucleo carabinieri per la tutela del patrimonio culturale italiano (NCTP), di avviare una nuova indagine per consentire la riapertura del caso di esportazione illecita del quadro –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, in merito alla vicenda suesposta ed in particolare se non ritengano di avviare in tempi rapidi ogni utile iniziativa per favorire la cooperazione con la Gran Bretagna al fine di recuperare il prezioso quadro rubato.
(5-01854)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLANI, AMITRANO, DE LORENZO, DAVIDE AIELLO, PALLINI, GALLO, PROVENZA, NAPPI, SARLI, SPORTIELLO, DI STASIO, CASO, GRIMALDI, MAGLIONE, BUOMPANE, MANZO, DEL SESTO, GIOVANNI RUSSO, DI LAURO, DEL MONACO, IORIO, GIORDANO, MARAIA, BRUNO, IANARO, ADELIZZI, BILOTTI, DI SARNO, GUBITOSA, IOVINO e TRIPIEDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra sabato e domenica 31 marzo 2019 nella chiesa cinquecentesca di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, a Napoli, è crollata la volta di sostegno del pavimento retrostante l'altare maggiore, provocando anche un cedimento che ha interessato la tomba di Maria D'Ayerba, co-fondatrice del vicino Ospedale degli Incurabili, di cui l'edificio religioso fa parte;

   l'edificio religioso fa parte del complesso ospedaliero degli Incurabili e appartenente alla Asl 1 e questo crollo rappresenta una ferita importante per il patrimonio storico, artistico e culturale della città di Napoli;

   tale crollo mette a rischio anche la farmacia storica confinante con la chiesa di Santa Maria del Popolo, in cui è presente l'originaria scaffalatura in noce intagliato, sulla quale, sono raccolti circa 400 preziosi vasi in maiolica dell'epoca, realizzati da Donato Massa, mentre sulle pareti è esposta una vasta raccolta di albarelli e idrie, che sono dei tipici contenitori da farmacia, decorati a chiaroscuro turchino;

   in base a quanto disposto dal decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente e istituto pubblico hanno l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;

   secondo le disposizioni della legge 25 marzo 1985, n. 121, «La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico»;

   in base a quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 2005 n. 78, il Ministero per i beni e le attività culturali e la Cei devono garantire la sicurezza e la tutela dei beni culturali mobili ed immobili di interesse religioso fruibili al pubblico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere, per il tramite della Soprintendenza e in accordo con la Cei e la regione, al fine di ripristinare la volta della chiesa di Santa Maria del Popolo;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di mettere in sicurezza la farmacia storica confinante con la chiesa di Santa Maria del Popolo e garantire la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale napoletano.
(4-02638)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IOVINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2018, il sottoscritto presentava l'interrogazione n. 5-00844, nella quale rappresentava l'urgenza di ripristinare un presidio dell'Arma dei carabinieri nel comune di Nola, in considerazione dell'alto indice della criminalità diffusa sul suddetto territorio ricadente nell'area nord-est della città metropolitana di Napoli;

   il 30 ottobre 2018, il Sottosegretario di Stato alla difesa, Angelo Tofalo, nella risposta all'interrogazione in IV Commissione Difesa, dichiarava che: «(...) il 13 maggio scorso, a causa di gravi carenze infrastrutturali accertate dai competenti organi tecnici, la Compagnia e la Stazione di Nola sono state ripiegate, rispettivamente, sulle sedi delle Stazioni di Tufino (distante 5 chilometri) e Cimitile (distante 2 chilometri);

   l'adozione del provvedimento non ha comportato alcuna variazione della competenza territoriale dei comandi interessati;

   lo stesso Comando ha, altresì, evidenziato che per riallocare i reparti nel comune di Nola, sono stati individuati: per la zona operativa, un immobile di proprietà dell'Inail, per cui è necessario adottare interventi di adeguamento infrastrutturale e per il quale sono in corso le procedure di stipula dell'atto di locazione a cura della Prefettura di Napoli e per gli alloggi di servizio, uno stabile di proprietà privata, sito in Cimitile, per il quale, il 25 settembre scorso, è già stato sottoscritto il relativo contratto di locazione»;

   risulterebbero in grave ritardo sia gli interventi di adeguamento infrastrutturale dell'immobile Inail (ove avrebbero dovuto essere allocati i reparti operativi della compagnia e della stazione dei carabinieri di Nola), sia la concreta disponibilità dello stabile di proprietà privata, sito nel comune di Cimitile in provincia di Napoli (ove avrebbero dovuto essere allocati gli alloggi di servizio);

   l'operatività di un presidio funzionale ed efficiente dell'Arma dei carabinieri nel comune di Nola sta ormai assumendo un carattere di emergenza –:

   quali siano i motivi del ritardo che sta attualmente impedendo la ricollocazione, nelle nuove sedi individuate, dei reparti della compagnia e della stazione dei carabinieri nel comune di Nola.
(5-01836)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARÈ, PAGANI, BURATTI, MELILLI, MICELI, ROSSI e CANTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio intermedio di rappresentanza (Coir) del Comando truppe alpine (Comta) con delibera 15/2018, avente come oggetto «Riflessi sul benessere del personale – Criticità della situazione alloggiativa del personale dell'area Comta impiegato in missione sul territorio nazionale», ha legittimamente avanzato, considerata la ciclicità e l'ordinarietà delle attività quali l'operazione «Strade sicure», i campionati sciistici delle truppe alpine (Casta) e l'adunata nazionale degli alpini (che quest'anno si svolgerà nella città di Milano, nota per la situazione alloggiativa del personale militare durante Expo), la richiesta dell'applicazione della circolare di Sme I Ragep concernente, tra l'altro, gli «standard minimi alloggiativi» per il personale militare inviato in missione sul territorio nazionale;

   al su menzionato deliberato, l'autorità corrispondente, in data 10 gennaio 2019, pur rassicurando nel merito il Coir, ha ritenuto opportuno confermare per le attività dei Casta, dell'adunata nazionale degli alpini e della esercitazione Falzarego/Cinque Torri, nonché dell'operazione Strade sicure, le soluzioni alloggiative già individuate, significando che le tipologie di alloggiamento auspicale dal Coir, non possono essere garantite, in quanto:

    «ancorché svolte con carattere di ciclicità, le citate attività sono certamente annoverabili fra le particolari esigenze di carattere operativo/esercitativo e pertanto ricomprese negli ambiti in cui è legittimo derogare alla prefata direttiva;

    in linea con gli intenti del disposto di legge da cui la citata direttiva trae ragione, in tutti gli ambiti da essa trattati, appare preminente l'interesse di contenimento dei costi a carico della Amministrazione della Difesa rispetto ai riflessi sul benessere del personale»;

   a tale risposta dell'autorità corrispondente, il Coir del Comta, in data 25 gennaio 2019, con la delibera 3/2019, avente oggetto «Risposta alla delibera n. 15/2018 Riflessi sul benessere del personale – Criticità della situazione alloggiativa del personale dell'area Comta impiegato in missione sul territorio nazionale», ha ritenuto di richiedere alla stessa di «voler riesaminare quanto già disposto, individuando le migliori soluzioni alloggiative che tengano conto di quanto rappresentato», proprio in virtù di una decennale ciclicità di tali attività, oltre al fatto che l'evidente disparità di trattamento tra il personale militare suscita, inevitabilmente, un comprensibile malessere;

   tra il 17 e il 23 febbraio 2019, in Alta Val Pusteria (Bolzano), si sono svolti i campionati sciistici delle truppe alpine (Casta). Tale attività vedeva partecipare oltre circa 700 unità di personale militare per lo più alloggiato nella caserme site in San Candido, Brunico e Tai di Cadore, in camere sovraffollate con dubbie condizioni di sicurezza e igienico sanitarie –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione alloggiativa che vedeva il personale impiegato per i Casta 2019;

   se intenda verificare le condizioni alloggiative in cui verrà sistemato il personale militare nel mese di maggio 2019 in occasione dell'Adunata nazionale degli alpini che si svolgerà a Milano;

   se non intenda adottare iniziative per una revisione della decisione del comando truppe alpine che ha derogato alla circolare concernente gli standard minimi essenziali sulla base del fatto che è «preminente l'interesse di contenimento dei costi a carico della AD rispetto ai riflessi sul benessere del personale»;

   quali iniziative intenda assumere per garantire al personale delle Forze armate impiegato in missione sul territorio nazionale, situazioni alloggiative idonee.
(4-02649)


   LUCA DE CARLO, DEIDDA e OSNATO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente, per mano di ancora ignoti autori, il Tricolore italiano issato su uno dei tre pennoni presso il Cimitero militare monumentale di Santo Stefano di Cadore è stato strappato e gettato a terra;

   il predetto cimitero è intitolato al sottotenente del 92° reggimento fanteria, Adriano Lobetti Bodoni, il quale, morto il 4 agosto 1915, appena ventenne, sul Monte Rosso, è stato insignito della Medaglia d'argento al valor militare alla memoria, proprio in ragione del suo sacrificio: al riguardo, nell'area in questione, riposano oltre alle spoglie del citato sottotenente, anche quelle di oltre 800 militari italiani, nonché quelle di un centinaio di militari appartenenti all'esercito austroungarico;

   dalla stampa, si è appreso che l'area dell'Alto Cadore/Comelico, nella stessa giornata di domenica 31 marzo 2019, è stata interessata da una folkloristica manifestazione organizzata da un sedicente Movimento di liberazione nazionale Veneto;

   l'episodio suindicato offende la memoria di quei mille sfortunati giovani, provenienti da ogni parte del territorio nazionale, i quali hanno dato la propria vita per rendere omaggio a quella bandiera che, invece, qualche, ancora ignoto, delinquente ha voluto vilipendere;

   il medesimo episodio è anche suscettibile di generare una responsabilità penale a carico degli autori e ciò ai sensi dell'articolo 292 del codice penale, il quale, appunto, sanziona con la reclusione il reato di vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano adottare al fine di contrastare gesti vergognosi, quanto illeciti, come quello richiamato, nonché per rendere omaggio ai giovani ragazzi sepolti nell'area in questione, anche al fine di tutelare l'onore dello Stato e della sua bandiera.
(4-02655)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO, VARCHI, MASCHIO, LUCASELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, PRISCO, CIABURRO e BUCALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del direttore generale del Ministero della giustizia del 3 aprile 2008, pubblicato nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 5 giugno 2008, è stato bandito il concorso interno per titoli di servizio ed esame a complessivi 643 posti (608 uomini e 35 donne) per la nomina alla qualifica di iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria;

   il concorso in questione si è concluso solo recentemente, dopo ben undici anni dalla pubblicazione, con un ampliamento dei posti elevati a 1232;

   la durata abnorme dell’iter concorsuale ha determinato una serie di problematiche legate alla normativa sopravvenuta e alle nuove e differenti esigenze di organico che, però, non tengono conto delle previsioni contenute nel bando di concorso;

   in particolare il bando di concorso, all'articolo 14, commi 6 e 7, stabiliva che le assegnazioni nelle sedi avvenissero secondo l'ordine di graduatoria risultante dagli esami di fine corso e con conferma nella sede di appartenenza, compatibilmente con la dotazione organica;

   entrambi i criteri, a quanto consta agli interroganti, sono stati disattesi, arrecando un grave pregiudizio a tutti i partecipanti con l'ulteriore aggravante, per le 47 unità specializzate in giustizia minorile, che non solo non rientreranno nelle rispettive sedi ma saranno trasferite negli istituti per adulti, con evidente perdita delle competenze acquisite nel corso degli anni in un settore particolarmente delicato, che richiede una formazione specifica –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per valorizzare le risorse specializzate in giustizia minorile ed evitare che le stesse siano assegnate a sedi non coerenti con la formazione posseduta;

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di evitare, per il futuro, che un concorso possa durare ben undici anni.
(5-01841)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL MONACO, IORIO, ROBERTO ROSSINI, SARLI, CASO, GALANTINO, MENGA, NAPPI, GALLO, DI LAURO, MANZO, DEL SESTO, GRIPPA, MAGLIONE, GRIMALDI, ANGIOLA e ERMELLINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   attualmente, chi deve scontare una pena detentiva per uno dei reati ambientali commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 può usufruire dell'indulto fino a 3 anni in base alla legge n. 241 del 2006 e dei benefìci (assegnazione al lavoro all'esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione) previsti dalla legge sull'ordinamento penitenziario, con il risultato che il reo, anche in presenza di una sentenza definitiva di condanna a più anni di carcere per reati ambientali, ha la concreta possibilità di scontarne effettivamente solo pochi mesi in istituto di pena e poi ottenere il beneficio dell'affidamento in prova ai servizi sociali, come dimostra il caso Pellini. I fratelli Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini di Acerra (Napoli), quest'ultimo ex maresciallo del nucleo informativo dei carabinieri di Napoli, nel maggio 2017 sono stati condannati in via definitiva a 7 anni di carcere per disastro ambientale aggravato provocato attraverso un ingente sversamento illecito di rifiuti in una vasta area della provincia di Napoli, tra i comuni di Acerra, Qualiano e Bacoli, ma dopo appena 10 mesi di reclusione, gli stessi, sono stati scarcerati a seguito di una decisione della procura generale presso la corte d'appello di Napoli, che ha calcolato una riduzione di pena sotto i 4 anni grazie a 3 anni di indulto concessi dalla predetta legge n. 241 del 2006.

   pertanto, i fratelli Pellini, nonostante i gravissimi reati ambientali commessi, ora si trovano a espiare una pena alternativa al carcere di appena 3 anni e mezzo, nonostante sia ancora pendente presso il tribunale di Napoli la pronuncia sulla confisca dei loro beni, per un valore di oltre 222 milioni di euro, beni sequestrati 2 anni fa dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli: 250 fabbricati, 68 appezzamenti di terreno, 50 tra auto, moto di lusso e autoveicoli industriali, 491 rapporti bancari e 3 elicotteri. Un vero e proprio tesoro intestato anche a mogli e suoceri, frutto del traffico illecito di rifiuti tossici. Si tratta di un impero costruito a discapito di tutta la collettività; infatti, reati come questi causano gravi danni anche alla salute pubblica per l'aumento delle patologie tumorali nelle zone con alto tasso d'inquinamento, come denunciato più volte dal vescovo di Acerra, Monsignor Di Donna, che in tante occasioni ha ricordato i nomi delle giovani vittime di tumori, morte nella sua diocesi, tra cui anche una bimba di appena cinque mesi defunta per un cancro al cervello; il nesso di causalità sussistente tra l'esposizione a inquinanti patogeni e susseguenti infermità neoplastiche, recentemente, è stato riconosciuto anche dal Ministero dell'interno nel caso di un funzionario di polizia municipale che proprio nel comune di Acerra svolgeva indagini sul disastro ambientale in atto sul territorio e operava per contrastare il ciclo illegale dei rifiuti. Si fa riferimento al Sottotenente Michele Liguori, morto per un tumore il 19 gennaio 2014 a soli 59 anni, il cui nominativo, dopo ben quattro anni e mezzo di lotta della famiglia e due pareri del Comitato di verifica per le cause di servizio del Viminale, il primo dei quali negativo e incompleto, dal 30 settembre 2018 è stato finalmente inserito nella graduatoria unica nazionale delle «vittime del dovere», poiché il suo decesso è stato riconosciuto, per la prima volta in Italia, dipendente dall'attività di servizio svolta nella «Terra dei fuochi» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti predetti riguardanti i fratelli Pellini e di quali dati disponga la direzione generale di statistica del Ministero della giustizia in merito all'incidenza del complessivo intervento normativo, recante l'indulto in relazione ai reati ambientali e in merito al numero di incriminazioni e condanne a seguito dell'introduzione del Titolo VI-bis del codice penale, relativo ai delitti contro l'ambiente.
(4-02654)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'accordo di programma per il rilancio dell'area costiera livornese, sottoscritto in data 8 maggio 2015 tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la regione Toscana, la provincia di Livorno, il comune di Livorno, il comune di Collesalvetti, il comune di Rosignano Marittimo, l'autorità portuale di Livorno e Rfi Rete ferroviaria italiana, prevedeva – tra gli altri interventi – la realizzazione di uno «scavalco ferroviario» per garantire la connessione tra il porto di Livorno e l'Interporto Amerigo Vespucci di Guasticce;

   nell'aprile 2018 è stato sottoscritto un accordo operativo tra Rfi, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Interporto Vespucci e autorità portuale di Livorno per la realizzazione dello «scavalco ferroviario», il cui costo è stimato in 23,8 milioni di euro;

   la regione Toscana ha già messo a disposizione il finanziamento di 17 milioni di euro previsto da tale accordo, mentre Rfi ha disposto risorse proprie per 4,3 milioni di euro per lo svolgimento delle fasi successive di progettazione esecutiva e realizzazione dell'opera;

   tale accordo prevedeva un finanziamento di 2,5 milioni di euro da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   risulterebbe all'interrogante che il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'erogazione del finanziamento previsto di 2,5 milioni di euro sia pronto dal mese di settembre 2018;

   suddetto decreto non è stato ancora firmato dal Ministro interpellato, pur essendo indispensabile sia per l'avvio delle opere preliminari sia per l'attivazione delle procedure di gara da parte di Rfi senza le quali non sarà possibile l'avvio dei lavori già previsto entro il corrente anno –:

   quali siano le ragioni per le quali il Ministro interpellato non ha proceduto nei sette mesi trascorsi da settembre 2018 alla firma del decreto per l'erogazione del finanziamento di 2,5 milioni di euro;

   se il Ministro interpellato intenda adoperarsi celermente al riguardo, considerato il valore fondamentale dello «scavalco ferroviario» per il sistema logistico dell'area livornese e dell'assoluta urgenza del suo completamento al fine di evitare che il rilancio economico e produttivo dell'area sia ostacolato da ritardi di natura politica o burocratica;

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato per far sì che gli impegni sottoscritti per l'area livornese dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel quadro dell'accordo di programma vengano rapidamente rispettati.
(2-00338) «Andrea Romano».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MURONI, EPIFANI e STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio comunale di Fiano Romano insiste la barriera autostradale di Roma nord, sull'autostrada A1, per consentire il transito in entrata ed in uscita dalla Capitale; detta barriera viene utilizzata anche dai cittadini del comune di Fiano per percorrere l'A1 verso Firenze, in direzione nord, e verso Napoli, in direzione sud;

   per recarsi a Roma i cittadini di Fiano attraversano un casello distinto, sebbene contiguo alla barriera principale, che rende a pagamento il tratto autostradale compreso tra la barriera di Roma nord ed il grande raccordo anulare;

   i cittadini fianesi, non diretti verso Roma o non provenienti da Roma, che attraversano la sola barriera di Roma nord per accedere all'A1, sostengono anche il costo relativo ad una tratta che non percorrono, quella tra la barriera Roma nord ed il grande raccordo anulare, pagano cioè come se partissero da Roma o fossero diretti verso Roma; detto costo aggiuntivo, ammonta a 1,50 euro per passaggio che, per un pendolare, comporta un onere pesante;

   le fasce di residenti più colpite sono quelle che utilizzano il tratto autostradale per ragioni di lavoro, studio e di cura;

   nel 2010 in circostanze analoghe, riguardanti l'eventualità di prevedere il pedaggio da e verso Fiumicino, il buon senso impose di evitare detta soluzione a giudizio degli interroganti illegittima e paradossale;

   nella risposta alla interrogazione n. 4-17910 del deputato d'Attorre, nel corso della XVII legislatura, il Vice Ministro pro tempore Nencini affermava, tra l'altro, che le tratte Fiano Romano-Magliano Sabina e Tivoli non sono ancora tra quelle per le quali è possibile fruire dello sconto per pendolari poiché il tratto si riferisce non ad un tratto gestito da Anas ma in regime di concessione sulla base di un apposito protocollo;

   nella risposta alla citata interrogazione si affermava, altresì, che il Ministero, circa l'estensione dello sconto pendolari, al tratto in questione, avrebbe posto attenzione alle esigenze manifestate;

   ad oggi la questione non risulta risolta e i cittadini sono ancora costretti al pagamento di un pedaggio, a detta degli interroganti, ingiusto –:

   se non intenda promuovere una modifica al protocollo di concessione del tratto autostradale al fine di adottare le misure finalizzate al superamento delle penalizzazioni per residenti e pendolari di Fiano Romano in linea con l'impegno assunto dal Governo pro tempore di porre attenzione alle esigenze manifestate.
(5-01848)


   TRANCASSINI, FOTI e BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la funzione ispettiva consiste, nella sua manifestazione più completa, nell'acquisizione dei dati necessari alla esatta conoscenza di fatti di interesse generale e nella conseguente espressione di un giudizio alla luce della conoscenza così formatasi. Il rapporto di responsabilità politica del Governo davanti al Parlamento viene dunque attivato dai singoli parlamentari con atti quali, ad esempio, le interrogazioni;

   con atto di sindacato ispettivo n. 5-01181 il primo firmatario del presente atto, a fronte dell'annuncio dell'imminente cambio di denominazione del casello «Piacenza nord» in «Basso Lodigiano» come deciso dal sottocomitato per la toponomastica autostradale, chiedeva al Ministro interrogato se intendeva sottoporre al sottocomitato per la toponomastica autostradale – e conseguentemente ad Autostrade per l'Italia spa – l'opportunità di rivedere la decisione assunta, nel senso di disporre che il casello autostradale in questione assuma la denominazione «Piacenza nord-Basso Lodigiano»;

   nella risposta resa il 10 gennaio 2019 il sottosegretario Michele Dell'Orco affermava «in relazione al quesito posto relativo al cambio di denominazione del casello sull'autostrada Al Milano-Bologna da Piacenza Nord in Basso Lodigiano si condivide quanto evidenziato dagli Onorevoli interroganti. Pertanto, assicuro che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avvierà un confronto con gli enti coinvolti per individuare la soluzione più opportuna»;

   nei fatti, ad oggi, non solo non risulta agli interroganti essere stato avviato alcun confronto con gli enti coinvolti, ma – per contro – Autostrade per l'Italia spa ha provveduto a sua cura e spese a installare sulla tratta di competenza cartelli recanti la nuova denominazione del casello «Basso Lodigiano» in luogo di quella «Piacenza Nord», e ciò a differenza di quanto accade sulla tratta dell'A21, laddove le indicazioni dei cartelli autostradali recano la denominazione del casello «Piacenza Nord» –:

   se il Governo intenda confermare il contenuto della risposta già resa e, conseguentemente, provvedere, con l'urgenza che il caso conclama, ad avviare l'annunciato (a suo tempo) confronto per rivedere la decisione assunta dal comitato e, quindi, stabilire che il casello autostradale in questione assuma la denominazione «Piacenza nord-Basso Lodigiano» o «Basso Lodigiano-Piacenza Nord».
(5-01849)


   ALBERTO MANCA, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra le numerose infrastrutture cosiddette «eterne incompiute» della Sardegna è sicuramente possibile annoverare la strada statale 125;

   oltre a rappresentare la principale arteria di collegamento della Sardegna orientale, essa è considerata uno dei tratti stradali più suggestivi di tutta l'isola: alla bellezza dei paesaggi che possono essere ammirati nel corso della sua percorrenza fa tuttavia da contraltare l'impatto visivo dei cantieri da tempo stabilmente presenti lungo alcuni tratti della stessa. È di vari anni il ritardo accumulato nell'esecuzione dei lavori di completamento di questa infrastruttura, la quale riveste un'importanza primaria nelle dinamiche legate alla viabilità interna isolana;

   le cause di tali ritardi sono da annoverare a molteplici fattori, tra i quali rientrano anche le vicissitudini dell'impresa aggiudicatrice, la quale ha prima subìto gli effetti di uno stato di crisi aziendale, certificato da una richiesta di concordato preventivo, ed in seguito è stata rilevata da un'altra società, con tutte le criticità burocratiche del caso. Alla luce di questi ed altri avvenimenti, le varie date, di volta in volta indicate come termine dei lavori, sono state puntualmente spostate in avanti. Tale situazione ha creato numerosi problemi alle diverse categorie di utenti della strada statale 125, soprattutto lungo il tronco «Tertenia Tortoli», ricompreso all'interno dei lavori del 4° Lotto 2° Stralcio del progetto;

   sempre in riferimento alla viabilità della Sardegna, un altro tratto stradale che necessita di interventi urgenti è quello tra i chilometri 63+700 e 64+700 della strada statale 129, il quale conduce alla pericolosa intersezione a raso di Orotelli. Su di esso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha già dato segnali concreti di interessamento, dando ufficialmente avvio all’iter che porterà alla rettifica plano-altimetrica di due curve teatro di numerosi incidenti mortali, nonché agli interventi di superamento delle criticità legate alla conformazione, del citato bivio di Orotelli –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, abbia intrapreso o intenda intraprendere per assicurare il rapido completamento della strada statale 125, elemento costitutivo del diritto alla mobilità interna dei cittadini sardi, chiarendo altresì lo stato di avanzamento, alla data odierna, dell’iter progettuale inerente alla messa in sicurezza del tratto stradale tra i chilometri 63+700 e 64+700 della strada statale 129 e i tempi previsti per l'avvio e la fine dei relativi lavori.
(5-01850)


   LUCCHINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'appalto integrato dei lavori di realizzazione del nuovo ponte sul Ticino e dei raccordi alla viabilità ordinaria a Vigevano lungo la strada statale 494 è stato affidato dalla provincia di Pavia, su finanziamento statale pari a 51 milioni di euro, all'A.t.i. Pivato, Fadalti ed Alga con contratto del 5 novembre 2009 per l'importo a corpo di 27.078.887,90 euro da eseguirsi in 840 giorni dalla consegna; successivamente all'Ati è subentrata l'impresa C.E.S.I scarl in qualità di capogruppo e Polese in sostituzione della Fadalti;

   la consegna definitiva delle opere è intervenuta ad agosto 2012 ed i lavori sarebbero dovuti terminare a dicembre 2014; tuttavia, sono emersi diversi elementi ostativi alla realizzazione dell'opera quali interferenze con sottoservizi, adeguamenti progettuali richiesti dagli enti competenti, rinvenimento di zone inquinate già da aprile 2012 (in area ex Bocca), imprevista erosione della sponda sinistra del fiume, danni alle fondazioni del ponte provocati dall'alluvione verificatasi nel dicembre 2014;

   rilevanti fattori ostativi e perturbativi hanno a vario titolo stravolto via via il programmato andamento dell'appalto, generando sottoproduzioni e rallentamenti;

   tali impedimenti permangono nonostante rimangano solo 23 metri di soletta da realizzare per completare il ponte;

   l'opera ha carattere strategico per l'intera zona, già parecchio compromessa da rilevanti carenze infrastrutturali, situazione che arreca danni economici ingenti al tessuto industriale vigevanese;

   il nuovo ponte sul Ticino, inoltre, risulta propedeutico e, quindi, determinante alla realizzazione del raddoppio ferroviario della linea Milano-Mortara-Alessandria, un'altra infrastruttura fondamentale per il collegamento con il capoluogo lombardo –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per il corretto svolgimento delle procedure d'appalto e della realizzazione dei lavori, in considerazione del finanziamento dell'infrastruttura da parte dello Stato, e i tempi previsti per il completamento dell'opera.
(5-01851)


   PELLICANI e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Veneto sta rischiando una crisi idrica uguale se non peggiore rispetto al 2017, anno della grande siccità;

   i dati delle precipitazioni e tutti gli indici pluviometrici segnalano una crisi gravissima che rischia di determinare situazioni di vera e propria emergenza se non affrontate tempestivamente;

   l'Arpav ha calcolato una media di meno 70 per cento di precipitazioni rispetto alla media del periodo;

   i manti nevosi sulle montagne del bacino del fiume Adige sono al 43 per cento rispetto alla media del periodo;

   quelli del bacino Brenta-Bacchiglione sono al 18 per cento e quelli del Piave sono al 27 per cento;

   sul bacino del fiume Adige, nei primi 15 giorni di marzo è caduto il 93 per cento di pioggia in meno e l'89 per cento in meno sull'intera regione Veneto con il record negativo che spetta al bacino polesano Fissero Tartaro Canalbianco che fa addirittura registrare il 97 per cento;

   occorre pertanto un'attenta verifica strutturale della rete infrastrutturale idrica per una ottimale gestione della risorsa acqua per i cittadini e le attività economiche, a partire dall'agricoltura;

   è necessario ampliare la rete degli invasi, l'ammodernamento delle condotte e degli impianti irrigui, la realizzazione di barriere contro la risalita del cuneo salino;

   nel mese di febbraio 2019 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti vi era stata una riunione di un tavolo con le regioni, l'Anci e l'Upi proprio sul settore idrico;

   ad oggi non risultano adeguate iniziative da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in relazione all'avanzare di una crisi senza precedenti che rischia di infliggere un durissimo colpo anche all'economia del territorio veneto –:

   in considerazione della evidente criticità legata alla siccità, quali iniziative, per quando di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere in favore della regione Veneto per affrontare la suddetta emergenza e procedere all'ampliamento della rete degli invasi e dei bacini di raccolta nonché di altre infrastrutture funzionali a tale obiettivo, chiarendo se sia già pronto un piano di emergenza.
(5-01852)


   MAZZETTI, CARRARA, CORTELAZZO, CASINO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, LABRIOLA e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   relativamente all'autostrada A11 Firenze-Pisa nord, sono da anni programmati interventi di adeguamento dell'infrastruttura, tra i quali l'ampliamento alla terza corsia dell'autostrada A11 nel tratto compreso tra Firenze e Pistoia, per uno sviluppo complessivo pari a 26,8 chilometri circa;

   il suddetto adeguamento è indispensabile, anche alla luce del fatto che la suddetta tratta Firenze-Pistoia presenta significativi livelli di traffico che si attestano su valori dell'ordine di oltre 117.000 veicoli giornalieri equivalenti totali bidirezionali, nella tratta più carica. Nella configurazione attuale a due corsie per direzione di percorrenza, l'infrastruttura appare quindi già molto congestionata;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, aveva fissato al 21 giugno 2018, il termine entro il quale presentare eventuali osservazioni –:

   quale sia la situazione relativa all'ampliamento alla terza corsia dell'autostrada A11, nel tratto compreso tra Firenze e Pistoia, e lo stato effettivo dei finanziamenti.
(5-01853)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIACOMETTO e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   «Porta Canavese-Monferrato-Valle d'Aosta» è il progetto di stazione di interscambio tra alta velocità, ferrovie regionali e assi viari e autostradali che confluiscono nel nodo di Chivasso da Canavese, Monferrato, Valle d'Aosta, Vercellese e area metropolitana torinese;

   tale stazione ha posizione strategica finalizzata a integrare efficacemente le diverse modalità di trasporto e, al contempo, assicurare a centinaia di migliaia di residenti dei territori interessati – con notevole riduzione nei tempi di percorrenza e maggior comodità di accesso – quei collegamenti veloci verso Milano e il resto dell'Italia allo stato attuale assenti;

   tali collegamenti veloci, qualora effettivamente accessibili, offrirebbero a questi territori opportunità di sviluppo economico e occupazionale utili a contrastare la pesante crisi economica e occupazionale e la tendenza (particolarmente acuta nel Canavese e Monferrato) al calo demografico e all'esodo giovanile;

   anche il turismo che necessita di migliori collegamenti ferroviari nazionali in Valle d'Aosta e che in Canavese e Monferrato ha grandi potenzialità godrebbe dei nuovi collegamenti;

   la stazione di interscambio permetterebbe a Valle d'Aosta e ai territori settentrionali del Piemonte di avere accesso all'alta velocità da cui oggi sono esclusi, grazie alla combinazione dei servizi e delle connessioni così offerte al Piemonte occidentale (tra Torino e Milano dalla Valle d'Aosta al Monferrato) e a quello orientale offerto dalla speculare stazione alta velocità di Novara;

   il 3 marzo 2018 con un documento firmato da oltre cento sindaci del Canavese, del Monferrato, del Chivassese si sollecitavano il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, regione Piemonte e città metropolitana di Torino per la realizzazione della stazione;

   l'11 aprile 2018, nella riunione presso il Ministero in presenza dei sindaci, di Francesco Balocco, assessore regionale ai trasporti, Marco Marocco, vicesindaco della città metropolitana di Torino, di parlamentari piemontesi e di Christian Colaneri, direttore commerciale di Rfi, Rfi comunicava la propria disponibilità e l'assessore si impegnava a costituire un apposito tavolo tecnico, limitandosi poi però a uno studio a giudizio dell'interrogante evasivo, rimettendo ogni decisione al Ministero;

   il 28 giugno Confindustria Canavese e Agenzia di Sviluppo Canavese inserivano la stazione di interscambio tra le opere strategiche e prioritarie del territorio;

   il 20 dicembre 2018 il consiglio regionale Valle d'Aosta approvava all'unanimità una mozione che sottolinea: «la realizzazione di questa stazione consentirebbe ai viaggiatori della Valle d'Aosta e del Canavese di utilizzare i treni che percorrono la linea ad Alta Velocità, riducendo drasticamente i tempi per raggiungere con la ferrovia il capoluogo lombardo e le altre località italiane ed europee»;

   il 31 gennaio 2019 il consiglio della città metropolitana di Torino approvava all'unanimità una mozione impegnando «Sindaca ed i Consiglieri Delegati a mettere in atto ogni iniziativa presso la Regione Piemonte, il Ministero ai Trasporti ed Infrastrutture ed RFI perché venga adeguatamente considerato il valore strategico del progetto [...] non solo dal punto di vista trasportistico ma anche socio-economico e perché si proceda con sollecitudine ad uno studio di fattibilità, propedeutico alle successive elaborazioni progettuali e alle procedure di individuazione delle risorse finanziarie fino ad arrivare all'assegnazione dei lavori, per la realizzazione di della stazione di interscambio denominata “Porta Canavese-Monferrato”»;

   se e quali iniziative concrete intenda assumere per la realizzazione della stazione di cui in premessa e per assicurare ai suddetti territori quei collegamenti veloci mancanti, indispensabili non solo per garantire un servizio ai cittadini di vasta parte di Piemonte e Valle d'Aosta e consentire l'integrazione tra linea Av/Ac e rete regionale nel nodo di Chivasso, ma anche per favorire la ripresa economica e demografica del Canavese e Monferrato;

   quali iniziative di competenza intenda promuovere per la realizzazione della stazione alta velocità di Novara.
(5-01842)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la rete autostradale ligure appare ad oggi in una situazione vicina al collasso. Persistono circa 50 cantieri aperti con continui lavori, restringimenti di carreggiata e inversioni di corsie che causano rallentamenti, forti disagi e potenziale pericolo per gli utenti;

   i principali cantieri che insistono sulla rete autostradale ligure sono di competenza di due concessionarie: Autostrade per l'Italia, per il nodo di Genova, fino alla barriera Savona, a ponente, fino a Serravalle, per la A7 e, a est, fino a Sestri Levante, oltre alla A26 Voltri-Gravellona; il gruppo Gavio, che risponde dei rimanenti tratti di A10 e A12, della A6 Savona-Torino e del tronco dell'Autocisa;

   nello specifico, la chiusura del tratto Deiva Marina-Carrodano su entrambe le corsie di marcia, dalle ore 21 alle 5 del mattino, sta creando innumerevoli disagi ai cittadini e, soprattutto, al traffico veicolare delle merci. Al fine di aggirare l'autostrada le auto, i Tir ma anche le ambulanze sono costretti a utilizzare la via Aurelia sul passo del Bracco; tuttavia, la strada non da garanzie al regolare transito, poiché le carreggiate in alcuni punti sono troppo strette e con curve a gomito, creando non poche difficoltà nelle manovre e quindi lunghe code;

   a questi lavori se ne aggiungono altri, più ordinari, oltre ad alcuni avviati a seguito del disastro del mese di agosto 2018, come l'ammodernamento e consolidamento di diversi viadotti, numerosi dei quali proprio sulle autostrade liguri;

   dunque, i tratti a corsia unica sono molteplici e i tempi di percorrenza si allungano, ma soprattutto non vi è alcuna sicurezza in caso di emergenze per il transito di ambulanze o dei mezzi dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine. La situazione andrà ad aggravarsi con l'inizio della bella stagione; il fine settimana del 24 marzo 2019 ha preannunciato ciò con la circolazione in tilt sulle autostrade della Liguria per il rientro dalle località delle riviere di Ponente e Levante e gli incolonnamenti, con traffico a fisarmonica, che hanno raggiunto i 20 chilometri;

   sono favorevolmente accolti gli appelli fatti dal Ministero delle infrastrutture e ai trasporti, tuttavia è necessario che a questi seguano azioni concrete in favore di chi viaggia. Preme ricordare che a inizio di quest'anno sono stati anche previsti degli aumenti proprio dei pedaggi autostradali liguri, nonostante la grave situazione di isolamento della regione venutasi a creare a seguito del crollo del Ponte Morandi;

   sarebbe pertanto opportuno stabilire nuove regole che permettano la messa in sicurezza delle strade senza che questo implichi la congestione del traffico, come ad esempio stabilire, per le concessionarie, un limite di cantieri aperti sullo stesso tratto autostradale e, nel caso questo non venisse rispettato, gli automobilisti dovrebbero quantomeno poter viaggiare gratuitamente –:

   quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda attuare al fine di porre rimedio alla caotica situazione descritta in premessa, che rischia di aggravarsi nei prossimi mesi, e, nello specifico, quali siano le misure che intende promuovere per ridurre i disagi o indennizzare gli utenti della rete autostradale ligure.
(4-02639)


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come riportato anche dagli organi di informazione il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si sta rendendo protagonista di quelle che appaiono all'interrogante iniziative di inaugurazione di opere ad uso e consumo mediatico senza incidere minimamente sulle criticità infrastrutturali presenti sul territorio regionale;

   ad esempio, vi è stata una cerimonia per l'apertura del cantiere del raddoppio ferroviario sulla linea Palermo-Catania nella tratta Catenanuova-Bicocca con un cantiere che risultava essere stato aperto nel mese di dicembre 2018;

   stessa cosa è accaduta in altre circostanze con inaugurazioni di cantieri attivi e realizzati mediante risorse rivenienti da stanziamenti dei Governi precedenti;

   era stato lo stesso Presidente del Consiglio ad annunciare lo sblocco dei lavori sulla Caltanissetta-Agrigento dopo che la Cmc di Ravenna è entrata in crisi;

   l'annuncio riguardava solo una piccola parte dei lavori ancora da completare, ma il paradosso è che la criticità persiste anche per il cantiere in questione con il rischio di paralisi sull'intera opera, con le imprese che continuano a tenere operai in cassa integrazione e a manifestare le proprie preoccupazioni sul futuro;

   risulta essere stata disattesa al momento anche la nomina del commissario per gli interventi sulla viabilità secondaria siciliana che, però, considerato il contesto, assume una valenza prioritaria;

   è sempre più evidente la discrasia tra annunci e realtà per le infrastrutture siciliane –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per assicurare concretamente le risorse già stanziate almeno nell'ambito dei patti per il Sud in favore della Sicilia quale sia l'effettivo e reale cronoprogramma degli interventi per il territorio regionale, al fine di procedere alla realizzazione di opere strategiche, a partire dalla Caltanissetta-Agrigento.
(4-02651)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO, SURIANO, LUCIANO CANTONE, CAPPELLANI, FICARA, GIARRIZZO, LOREFICE, PAPIRO, PAXIA, RAFFA, SAITTA e SCERRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Catania è organizzato su tutto il territorio della provincia con 13 distaccamenti;

   da anni si registrano innumerevoli richieste e diversi sono gli stati di agitazione indetti da alcune sigle sindacali di categorie a causa della mancata apertura del distaccamento di Palagonia, che avrebbe permesso e permetterebbe di garantire una migliore operabilità nel territorio ricadente nel comprensorio di Caltagirone;

   il comune di Palagonia, il 6 agosto 2018, ha affidato all'impresa aggiudicataria i lavori per l'adeguamento e il completamento del sito (ex mattatoio) destinato a ospitare il distaccamento operativo dei vigili del fuoco. I lavori, realizzati con stanziamenti congiunti del dipartimento regionale della protezione civile, della città metropolitana di Catania e con fondi del comune di Palagonia sono oramai conclusi;

   le disposizioni di legge approvate in Parlamento negli ultimi anni hanno previsto l'assunzione di 300 unità come stabilito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) e 1.500 unità come previsto dalla legge n. 145 del 2018 (legge di stabilità 2019);

   si rende necessario da parte del Ministero l'adozione di un «decreto ponte» necessario a recepire le modifiche apportate ai ruoli del personale operativo dal decreto legislativo n. 127 del 2018 e garantire continuità ai procedimenti di mobilità e assegnazione dei vigili del fuoco che stanno frequentando l'84° e l'85° corso e dei vincitori del concorso interno per 1.144 unità per l'accesso alla qualifica di capo squadra;

   per poter garantire l'apertura del distaccamento di Palagonia è necessario procedere sin da ora alla definizione delle piante organiche nonché delle disponibilità di automezzi, al fine di prevedere, per la prossima campagna estiva, la piena operatività in ausilio degli altri distaccamenti del territorio;

   il Calatino, 15 comuni e 150 mila abitanti, è servito unicamente da una squadra di soccorso ubicata presso il distaccamento di Caltagirone, con tempi di percorrenza di oltre un'ora, dal comune più distante, (ben distanti dai parametri fissati di 20 minuti) che risultano inaccettabili e ampiamente insufficienti per garantire un servizio di soccorso efficace e tempestivo ai cittadini;

   l'organico dei vigili del fuoco del comando provinciale di Catania oltre a patire della mancata apertura del distaccamento di Palagonia risulta carente di oltre 50 unità e il sistema di soccorso (per le frequenti chiusure dei distaccamenti nord e sud determinate dalla mancanza di personale) rischia seriamente il collasso –:

   quali rassicurazioni il Governo intenda fornire in merito alla piena definizione dell’iter per l'apertura del distaccamento dei vigili del fuoco di Palagonia e alla completa copertura delle vacanze di organico del comando provinciale di Catania.
(5-01837)


   CARBONARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende della possibile chiusura della stazione di polizia stradale di via Bazzanese a Casalecchio di Reno, in virtù di un piano nazionale di accorpamenti e riorganizzazione dei presidi di polizia sul territorio;

   secondo i sindacati di polizia e gli amministratori locali, anche in considerazione del dimezzamento dell'organico a disposizione intervenuto nell'ultimo decennio, l'ipotesi di unificare un ufficio di polizia con competenze sulla viabilità ordinaria con un altro ufficio con competenza autostradale rischierebbe di produrre una concentrazione delle attività di polizia stradale verso le arterie autostradali A1 e A14, lasciando sguarnita la viabilità ordinaria e snaturando la mission per la quale il distaccamento di via bazzanese fu istituito;

   a causa di questa paventata ipotesi di accorpamento, negli anni, il personale trasferito de distaccamento non è mai stato sostituito, provocando di fatto una limitazione delle attività di specifica competenza della polizia stradale, nonché di prevenzione e repressione di reati in genere; pertanto, sarebbe auspicabile l'assegnazione di alcune unità di personale aggiuntivo per assicurare l'espletamento delle funzioni ordinarie;

   a giudizio dell'interrogante, la doverosa razionalizzazione della spesa non può concretizzarsi in tagli lineari che non tengono conto delle specificità di ogni singolo caso, a maggior ragione quando si propone di intervenire in contesti dove il livello di sicurezza percepita da parte dei cittadini desta particolari preoccupazioni –:

   se e quali iniziative il ministro interrogato intenda avviare al fine di evitare la chiusura del distaccamento di polizia stradale di Casalecchio di Reno;

   se, alla luce di quanto esposto, il ministro interrogato non ritenga opportuno potenziare l'organico del distaccamento di polizia stradale di Casalecchio di Reno.
(5-01838)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA, PRISCO, GEMMATO, MASCHIO, MONTARULI, ACQUAROLI, LUCA DE CARLO, DONZELLI, FERRO, OSNATO, SILVESTRONI, MANTOVANI e LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 maggio 2017 sono stati indetti tre concorsi per il reclutamento di un numero complessivo di 1.148 allievi agenti della Polizia di Stato;

   ai sensi del bando di concorso i requisiti di partecipazione prevedevano la cittadinanza italiana, il godimento dei diritti civili e politici, il possesso del diploma di scuola secondaria di I grado o equipollente, un'età compresa tra diciotto e trenta anni, le qualità morali e di condotta previste dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e l'idoneità fisica, psichica e attitudinale all'espletamento dei compiti connessi alla qualifica;

   nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di convenzione del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, è stata introdotta una disposizione mediante la quale si è autorizzata l'assunzione di allievi agenti della Polizia di Stato, nel numero massimo di 1.851, mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti bandito il 18 maggio 2017;

   le disposizioni inserite nel decreto-legge, tuttavia, hanno limitato le assunzioni esclusivamente ai soggetti risultati idonei alla prova scritta d'esame, prescindendo totalmente dall'idoneità riportata dai candidati nelle altre fasi previste dal bando, prova di efficienza fisica, accertamenti psico-fisici, accertamento attitudinale, mentre secondo il medesimo bando il candidato sarebbe dovuto risultare idoneo in tutte le prove;

   oltre ai 1.148 messi a concorso per i civili, si riservavano 645 posti ai volontari in ferma breve di 1 anno e 276 ai militari in ferma breve di 4 anni o già congedati. Di questi ne sono risultati idonei, ma non vincitori, 683 nel primo caso e 307 nel secondo. Quindi, in tutto 65 militari hanno superato tutte le prove per diventare allievi agenti di Polizia, ma non sono risultati vincitori;

   quattro di loro sono subito entrati a sostituire quattro dei vincitori che hanno deciso di non presentarsi e gli altri 61 sono rimasti in attesa, nonostante abbiano già superato, oltre ai test, le prove fisiche, mediche, psicoattitudinali e quindi siano pronti a partire immediatamente;

   prestare servizio nelle forze armate era il requisito fondamentale per tentare il concorso nella polizia o nelle altre forze di polizia ad ordinamento militare, ma sembra oggi diventato uno svantaggio considerato che spesso non viene rispettata la quota riservata ai militari in servizio o in congedo –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo con riferimento ai fatti di cui in premessa, per ristabilire equità e rispetto delle regole in favore di tutti i candidati, in particolare per i 61 appartenenti alle Forze armate, mettendo fine a quelle che agli interroganti appaiono ingiuste discriminazioni.
(4-02637)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Bitonto (Bari) è da anni teatro di una sanguinosa faida tra clan rivali per il controllo dei traffici illeciti e delle attività criminali nel territorio;

   in data 30 dicembre 2017, alle prime luci dell'alba, una sparatoria tra esponenti dei clan Cipriano e Conte ha coinvolto un'anziana signora di 83 anni, rimasta uccisa a causa di diversi colpi d'arma da fuoco;

   in seguito a quell'episodio, in data 14 marzo 2018, ancora una volta nel corso di un agguato ai danni di esponenti del clan rivale, due uomini appartenenti al clan dei Conte esplodevano colpi d'arma da fuoco in pieno centro cittadino, ferendo alla gamba per errore una donna di 29 anni;

   l'inchiesta della direzione investigativa antimafia (Dia), che ha già portato all'arresto di 7 uomini appartenenti ad ambedue i clan, è ancora in corso di esecuzione;

   queste organizzazioni criminali, fortemente radicate sul territorio, controllano le attività di spaccio di stupefacenti ed estorsione ai danni dei commercianti locali;

   la gravità della situazione necessita di interventi di estrema urgenza da parte delle autorità statali e di un maggiore dispiegamento di forze dell'ordine sul territorio per ristabilire la sicurezza e l'ordine pubblico;

   in seguito a una specifica richiesta rivolta dalle autorità locali al Ministro interrogato in ordine all'incremento del numero di unità delle forze dell'ordine in rapporto alle dimensioni del territorio, lo stesso Ministro aveva dato riscontro dichiarando agli organi di stampa un impegno maggiore in tal senso –:

   se e quali iniziative intenda intraprendere per mantenere fede alle dichiarazioni fatte nell'occasione riportata in premessa;

   se intenda adottare iniziative per un incremento delle forze dell'ordine sul territorio, al fine di assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini di Bitonto.
(4-02642)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 marzo 2019, a Padova, si è tenuto un corteo organizzato dal movimento neofascista Forza Nuova;

   il corteo è partito dalla Basilica di Sant'Antonio, uno dei luoghi simbolo della città, ed ha sfilato per le vie del centro;

   al contempo, è stata negata la possibilità ai cittadini, alle cittadine e alle organizzazioni che si richiamano ai valori dell'antifascismo e della democrazia di manifestare in corteo, concedendo loro il solo presidio in piazza;

   la stessa giunta comunale il 27 marzo 2019 aveva espresso le proprie preoccupazioni sull'opportunità di permettere un corteo di una forza neofascista il venerdì sera in pieno centro città;

   a parere dell'interrogante le dichiarazioni rilasciate dal questore di Padova, precedenti e successive al corteo, sono da ritenersi preoccupanti, inaccettabili ed eccessivamente benevole e a difesa dell'iniziativa di Forza Nuova;

   in altre città d'Italia, come Prato e Milano, questo stesso permesso, a Forza Nuova, è stato negato;

   Forza Nuova è un'organizzazione politica che si richiama apertamente ai valori del fascismo, per pensiero e metodo e in quanto tale, ad avviso dell'interrogante, dovrebbe essere sciolta, perché si pone al di fuori e in contrasto con i valori della Costituzione;

   al fine di garantire il corteo a poche decine di nostalgici del fascismo e antidemocratici si è giunti a una totale militarizzazione del centro di Padova e, cosa ancor più grave, è stato permesso alle forze dell'ordine di reagire con un ingiustificato uso della forza e della violenza nei confronti del corteo antifascista che, seppur non autorizzato, era formato da tante cittadine e cittadini che avanzavano a mani alzate;

   tali violenze sono state confermate e documentate da numerosi video, pubblicati sul web e dagli articoli di stampa che hanno raccontato il ferimento di numerosi manifestanti, in particolare di giovani ragazze, colpite alla testa, che guidavano la testa del corteo in ragione del loro diretto coinvolgimento nella manifestazione, promossa da «NonUnaDiMeno», a Verona contro il congresso delle famiglie;

   a parere dell'interrogante, alla luce dei fatti esposti, la gestione della piazza da parte dei vertici della questura di Padova è da ritenersi quantomeno impropria e inadeguata –:

   se il Ministro interrogato non intenda, acquisiti i dovuti elementi dalla questura di Padova, fornire chiarimenti sui motivi che hanno portato al divieto del corteo organizzato da diverse realtà democratiche e antifasciste che volevano manifestare contro il corteo di Forza Nuova;

   se il Ministro, alla luce dei fatti riportati in premessa, non intenda verificare se vi sia stata una scorretta gestione della «piazza» da parte dei vertici della questura di Padova, in relazione ai profili di ordine pubblico, in particolare circa un utilizzo apparentemente spropositato della forza e della violenza da parte delle forze dell'ordine, nei confronti dei manifestanti pacifici che avanzavano con le mani ben alzate e in vista e, ove ciò sia confermato, quali iniziative intenda assumere nei confronti del questore di Padova;

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per vagliare, anche per i profili di ordine pubblico, eventi e manifestazioni organizzati da tutti i movimenti d'ispirazione neofascista che, a giudizio dell'interrogante, non andrebbero svolti, poiché tali soggetti non si riconoscono nella Costituzione, ponendosi in palese contrasto con i valori fondativi di libertà e democrazia della Carta costituzionale;

   quali iniziative di prevenzione e contrasto il Ministero dell'interno abbia predisposto, per quanto di competenza, in relazione all'emergere e allo svilupparsi in ampie zone del Paese di organizzazioni di carattere neofascista e neonazista, come anche evidenziato nell'ultima relazione del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) presentata al Parlamento.
(4-02646)


   MAGLIONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 20 febbraio 2018 nel comune di Frasso Telesino (Benevento) quattro giovani ragazze sono state ostaggio di un gruppo di rapinatori entrati in casa di un medico del posto, così come riportato dalla testata on line «Ntr24» in data 21 febbraio 2018 titolando «Frasso Telesino, “arancia meccanica” nell'abitazione di un medico»;

   il 25 agosto nel comune di Bonea (Benevento) l'auto di un consigliere comunale, Alfonso Pecchillo, è stata incendiata, così come riportato dalla testata on line «Ottopagine» in data 25 agosto 2018;

   il 30 agosto nel comune di Sant'Agata dei Goti (Bn) si è verificata l'esplosione di una bomba carta davanti all'abitazione di un imprenditore, così come riportato dalla testata on line «Ntr24» in data 30 agosto 2018;

   sempre il 30 agosto il Sottosegretario di Stato alla difesa Angelo Tofalo ha dichiarato che i suddetti episodi criminosi in Valle Caudina sono un segnale allarmante per l'intera collettività della provincia di Benevento, così come riportato dalla testata on line «Il Caudino» in data 30 agosto 2018;

   il 24 settembre 2018 a seguito dell’escalation criminale in Valle Caudina, il Prefetto dottor Cappetta ha convocato presso il comune di Sant'Agata de’ Goti il Comitato per l'ordine e la sicurezza a cui ha preso parte anche il Sottosegretario per l'interno Carlo Sibilia;

   tra la notte di domenica e lunedì del 10 dicembre 2018 si sono verificati diversi episodi criminosi di tipo incendiario in Valle Caudina, precisamente nei comuni di Bucciano (Benevento) e di Montesarchio (Benevento), così come riportato dal quotidiano «Il Mattino» in data 10 dicembre 2018;

   in data 8 gennaio 2019, il quotidiano «il Sannio» pubblicava un articolo che riportava la notizia di un'aggressione avvenuta da parte di una banda di cinque ladri, nei confronti di un padre, alla presenza dei figli minori, in un'abitazione di Bucciano (Benevento). I ladri, quella circostanza, avevano inferto una picconata all'uomo, che riportava gravi ferite. La stessa famiglia, peraltro, aveva già subito un furto poche settimane prima;

   in data 21 gennaio 2019 è stato convocato d'urgenza un consiglio comunale sul tema della sicurezza presso San Martino Valle Caudina (Avellino), proprio perché la cittadinanza è preoccupata per i ripetuti episodi di ferimenti, colpi di pistola, attentati incendiari, furti e truffe, così come riportato dal quotidiano on line «Il Caudino» in data 21 gennaio 2019;

   in data 31 marzo 2019, nel comune di Durazzano, in provincia di Benevento, si è verificato un duplice omicidio, le vittime sono un suocero e un genero, entrambi originari del Casertano. Il fatto è avvenuto in pieno giorno, nella piazza del paese. La dinamica di quanto avvenuto è ancora da chiarire. Le indagini sono in corso, come riportato dalla testata on line, «il mattino.it» il 31 marzo 2019;

   la recrudescenza dei suddetti fatti criminosi provoca, pertanto, un profondo turbamento nella comunità e rischia di minare la fiducia dei cittadini della Valle Caudina nelle istituzioni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se e quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire sicurezza a un'area nella quale oramai i suddetti fatti criminosi si consumano con quotidiana frequenza.
(4-02647)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 28 marzo 2019 sul sito «pisatoday» si apprende che la giunta comunale di Pisa avrebbe approvato una delibera per decidere di non rinnovare l'adesione ai progetti Sprar (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati) attualmente in vigore: entro dicembre 2019 per quello riguardante la categoria «ordinaria», entro dicembre 2020 per quello riservato alla categoria «disagio sanitario»;

   l'uscita dai progetti Sprar, secondo l'assessore al sociale del comune di Pisa, sarebbe stata decisa per disporre e impegnare tutte le risorse umane e materiali dell'ente totalmente nelle tematiche sociali rivolte alle persone che risiedono da tempo in quel territorio e, in particolare, su progetti che riguardano il contributo per l'integrazione Tari, il contributo per la maternità e il «bonus bebé»;

   tale motivazione dimostra, ad avviso dell'interrogante, come ancora una volta sul tema dell'immigrazione e dell'integrazione si proceda in termini puramente propagandistici, mettendo in contrapposizione i diritti dei cittadini, in questo caso pisani, con quelli dei migranti, dei rifugiati e di richiedenti asilo;

   il comune di Pisa fu uno dei primi comuni italiani ad aderire allo Sprar, già nel 2001, e ha accolto quasi 200 rifugiate e rifugiati; tra il 2017 e marzo 2019 ci sono state 38 «uscite», ovvero le persone interessate hanno trovato lavoro e acquisito un'autonomia sociale e personale tale da non avere più bisogno di supporto e protezione esterni;

   all'interno dei progetti lavorano 11 operatori tra assistenti sociali, psicologi, educatori, operatori legali;

   il «decreto sicurezza» ha modificato lo Sprar in Siproimi «sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati», escludendo dalla modalità di accoglienza integrata i richiedenti protezione internazionale;

   i sindaci rimangono comunque protagonisti nella proposizione e nella definizione delle progettualità del sistema di accoglienza, mentre la giunta pisana, secondo l'interrogante, decide in maniera strumentale, visto che cofinanzia gli Sprar con una cifra irrisoria rispetto ai ritorni, in termini di sicurezza sociale e risorse monetarie, derivanti dall'uscire dal sistema Sprar;

   un progetto di welfare locale con un mix di sinergie di enti, Istituzioni, forze dell'ordine, associazioni, cittadinanza sociale si chiude per pura propaganda, interrompendo tutti i percorsi di integrazione avviati e provocando pesanti ricadute sui servizi del territorio, dato che le persone continueranno a chiedere asilo, ma non ci sarà nessuno che potrà accompagnarli in un percorso guidato di integrazione e crescita personale in un territorio;

   infine, ci saranno 11 operatori, di cui 9 donne, 4 madri, con una specifica esperienza nell'ambito dell'accoglienza di persone straniere che rischiano di non poter più continuare a svolgere il proprio lavoro;

   anni di dedizione umana e professionale a un lavoro complesso e delicato fondato su umanità e rispetto dei diritti delle persone rischiano di andare distrutti e tanti uomini e donne autori di un percorso personale che li poteva condurre all'autonomia in un Paese straniero dall'anno prossimo si troveranno senza alcuna prospettiva, improvvisamente invisibili –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche di carattere normativo, per garantire che i percorsi di integrazione avviati tramite il sistema Sprar dagli uomini e dalle donne richiedenti asilo e rifugiati non si interrompano in casi come quello di cui in premessa e, anzi, possano proseguire nello stesso territorio in cui hanno avuto inizio affinché non si vanifichi quanto fatto;

   con quali iniziative di competenza il Governo intenda intervenire per impedire che la chiusura degli Sprar determini nel presente e nel futuro una perdita occupazionale per tutte quelle figure professionali che hanno maturato una specifica esperienza e che operano con dedizione nell'ambito dell'accoglienza delle persone straniere.
(4-02656)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   TONDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle facoltà di medicina delle università italiane vige un sistema anomalo sia per quanto riguarda i tirocini per sostenere l'esame di Stato che abilita alla professione, sia per quanto concerne i test di ammissione alla specializzazione. Infatti coloro che si laureano in medicina (ad esempio a luglio) devono aspettare il mese di novembre per iniziare i tirocini necessari per sostenere l'esame di Stato che si potrà svolgere solo a febbraio dell'anno successivo. Altra incongruenza, come detto, riguarda i test di ammissione alla specializzazione post-laurea che non si potranno effettuare se non prima di un anno dal completamento del ciclo universitario (laurea);

   la problematica è quindi relativa al ciclo di studi italiano mentre in altri Paesi europei è vigente un sistema diverso che riduce i tempi sia per il tirocinio che per l'ammissione alla specializzazione;

   è necessario pertanto rivedere il sistema universitario della laurea in medicina, concedendo la possibilità agli studenti di medicina di anticipare i tre mesi del tirocinio prima della laurea in modo da consentire ai laureati in medicina di entrare più rapidamente nel mondo del lavoro ed implementando il numero di date per l'espletamento dell'esame di Stato e per i test di ammissione alla specializzazione. Si potrebbe intervenire fin dall'anno accademico in corso attivando l'anticipo dei tre mesi riconoscendo, luogo del tirocinio, le ore di esercitazione effettuate per i diversi corsi seguiti dagli studenti;

   un altro problema urgente riguarda l'accesso alle facoltà di medicina oggi regolato da norme molto restrittive che consentono il medesimo accesso solo dopo avere superato un esame di ammissione. In particolare si rileva in questi ultimi tempi la scarsità di medici che operano nei presidi ospedalieri. Infatti alcune strutture sanitarie hanno richiamato in servizio medici che erano in pensione. Tutto ciò si ripercuote in modo negativo sulla tutela della salute del cittadino –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative per rivedere in primo luogo, come esposto in premessa, il sistema dei tirocini per sostenere l'esame di Stato e l'ammissione alla specializzazione, riducendone i tempi, fin dall'anno accademico in corso;

   se non sia opportuno assumere iniziative, anche in via sperimentale, per un certo periodo di tempo, per eliminare i test aumentare di ammissione a medicina od aumentare il numero di coloro che possono essere ammessi alla facoltà di medicina.
(4-02643)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione n. RS30/176/2017 dell'8 maggio 2017 è stata indetta una procedura aperta in ambito comunitario, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 50 del 2016, suddivisa in 3 lotti, volta all'affidamento della fornitura del servizio di contact center Inps – Equitalia, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea in data 8 maggio 2017 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 17 maggio 2017;

   in particolare, la procedura di affidamento del lotto 1 prevede la «fornitura di soluzioni e servizi di Contact Center Multicanale (CC) per l'erogazione di servizi informativi e dispositivi all'Utenza dell'INPS di Equitalia»;

   la suddetta procedura aperta è stata aggiudicata provvisoriamente in data 13 marzo 2019, con determina n. 131.2019, al Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Comdata s.p.a. – Network Contacts S.r.l. – Telesurvey Italia S.r.l., grazie a un ribasso d'asta dell'81,24 per cento sulla parte ribassabile;

   il Rti che si è aggiudicato la procedura ha, come previsto dal bando, garantito il rispetto della «clausola sociale», ovvero ha assicurato che tutti i lavoratori saranno riassunti ai medesimi livelli occupazionali e salariali, senza procedere a trasferimenti in altre sedi;

   più specificamente, l'articolo 3, comma 9, del disciplinare di gara prevede che «al fine di garantire i livelli occupazionali esistenti, ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 50 del 2016 ed in applicazione dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 11 del 2016, ove applicabile, in caso di successione di imprese nelle attività previste dalla presente procedura, l'appaltatore dovrà garantire la prosecuzione dei rapporti di lavoro in essere, tenendo conto, con le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale vigente, delle esperienze ed anzianità maturate alla data del trasferimento»;

   l'offerta di gara con cui il Rti si è aggiudicato la procedura, prevede un ribasso d'asta dunque che appare all'interrogante incongruo rispetto ai princìpi della concorrenza, a meno che non si intenda disattendere la salvaguardia dei lavoratori coinvolti nell'operazione;

   attualmente, il servizio di contact center multicanale viene erogato attraverso l'impiego di 560 operatori telefonici attivi presso l'Aquila, su 2.600 totali a livello nazionale;

   tuttavia, da notizie apparse sugli organi di stampa, sembrerebbe che la mandataria del suddetto Rti, la Comdata s.p.a., abbia sottoscritto con le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie, un impegno ad assorbire tutti i lavoratori di Comdata Pozzuoli sulla nuova commessa per l'erogazione di servizi informativi e dispositivi Inps – Equitalia;

   se tale dichiarazione fosse confermata, lederebbe i diritti di centinaia di lavoratori attualmente impegnati nell'area del cratere aquilano;

   infatti, se, come sembrerebbe, il Rti non avesse valorizzato in fase di offerta economica il rispetto della «clausola sociale» e avesse praticato un ribasso di gara eccessivo, diventerebbero incerte le sorti dei lavoratori de L'Aquila;

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza per verificare la corretta applicazione della clausola sociale, a tutela dei lavoratori attualmente impiegati nell'erogazione del servizio di contact center Inps – Equitalia, affinché sia garantita la massima trasparenza di una commessa di tale rilevanza per il settore e per il Paese, coerentemente con le norme e le leggi relative al lavoro e alla concorrenza;

   come intenda tutelare e garantire i lavoratori dell'area del cratere dell'Aquila che rischiano di essere seriamente penalizzati nella transizione contrattuale nonostante risiedano e lavorino in una zona in cui il Governo e le istituzioni hanno attivato strumenti di protezione speciale per garantire un'adeguata ricostruzione materiale, economica e sociale.
(5-01840)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno 2018 Poste Italiane s.p.a. e le parti sociali hanno siglato un accordo, che prevede per il prossimo triennio (2018-2020) la stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, e nuove assunzioni, come previsto dal piano industriale «Deliver 2022»;

   all'interrogante risulta che, ad oggi le politiche dell'azienda siano improntate alla precarietà e all'eccessivo ricorso ai contratti a tempo determinato, soprattutto nell'ambito delle attività di consegna e lavorazione della corrispondenza, date in appalto alle agenzie di recapito;

   nello specifico, nell'ambito del territorio campano e precisamente a Napoli, Poste Italiane spa, aveva appaltato alla società Soluzioni srl la distribuzione e la raccolta di corrispondenza;

   successivamente Poste Italiane ha indetto un nuovo appalto proprio per la zona appaltata alla Soluzioni srl;

   dal 1° luglio 2017, la società Gsp Srl di Genova è subentrata nell'appalto per la distribuzione della corrispondenza alla Soluzioni srl e quest'ultima, con la perdita della gara di appalto, ha inviato una lettera di licenziamento a tutti i suoi dipendenti;

   a quanto risulta all'interrogante, la nuova società Gsp srl era tenuta al rispetto della clausola di garanzia dei livelli occupazionali (di cui all'articolo 13 de protocollo d'intesa sulla disciplina dei rapporti con le aziende appaltatrici, siglato con le organizzazioni sindacali in data 30 novembre 2017) e, dunque, avrebbe dovuto riassorbire il personale della precedente società, ossia la Soluzioni srl, invece che assumere in toto nuovo personale;

   con l'accordo del 19 giugno 2018, Poste italiane ha manifestato la propria disponibilità ad incontrare organizzazioni sindacali entro il mese di settembre per la verifica annuale finalizzata a fornire adeguata informativa in tema di rapporti e procedure in essere con le ditte appaltatrici (di cui all'articolo 14 del protocollo d'intesa sulla disciplina dei rapporti con le aziende appaltatrici, siglato con le organizzazioni sindacali in data 30 novembre 2017) al fine di monitorare i processi assunzionali in essere –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione riguardante gli ex lavoratori di Soluzioni srl di Napoli e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al riguardo.
(4-02644)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   durante lo scorso inverno la regione Emilia-Romagna è stata colpite da eventi climatici straordinari, tanto da causare un'ondata di gelo, tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo che provocò nelle campagne da Piacenza a Rimini circa 100 milioni di euro di perdite secondo le stime effettuate dalle organizzazioni di categoria;

   le gelate avevano colpito pesantemente i frutteti, in particolare albicocchi e peschi, e gli ortaggi, dai carciofi ai cavoli, dai pomodori ai broccoli;

   dagli organi di stampa si apprende che la regione Emilia-Romagna non rientrerebbe nell'ambito del decreto firmato dal Ministro interrogato per ripartire, tra le regioni interessate, le disponibilità de fondo di solidarietà nazionale per l'anno 2018 alle aziende colpite da eventi calamitosi;

   la regione Emilia-Romagna potrebbe attuare le procedure di delimitazione del territorio e di accertamento dei danni conseguenti, deliberando la proposta di declaratoria della eccezionalità dell'evento, solo derogando a quanto stabilito dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102;

   per consentire quindi alle aziende di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 dello stesso decreto legislativo n. 102 del 2004 sarebbe necessaria una deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b), del decreto, perché le aziende non avevano potuto sottoscrivere le polizze assicurative agevolate a copertura del rischio di gelo e brina, in quanto la campagna assicurativa non era ancora stata avviata –:

   se il Ministro interrogato intenda porre in essere iniziative urgenti a tutela di queste aziende colpite duramente dalle calamità naturali dell'inverno 2018 a sostegno del settore agroalimentare della regione Emilia-Romagna.
(5-01839)


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultima indagine annuale sul turismo internazionale effettuata dalla Banca d'Italia e pubblicata a giugno del 2018, i flussi in entrata e in uscita nel corso del 2017 sono aumentati rispetto all'anno precedente in termini sia di viaggiatori sia di spesa;

   l'avanzo della bilancia dei pagamenti turistica è salito allo 0,9 per cento del prodotto interno lordo (da 0,8 nel 2016) grazie al marcato incremento delle entrate (ovvero la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia) che da 39,2 miliardi nel 2017, pari al 2,3 per cento del prodotto interno lordo, sono aumentate a un tasso del 7,7 per cento, che rappresenta più del doppio di quello delle entrate mondiali da turismo internazionale, con una ricaduta positiva sulla quota di mercato dell'Italia; la crescita della spesa turistica dall'estero ha riguardato in generale tutto il Paese, concentrandosi soprattutto nelle regioni del Sud e del Centro;

   i viaggiatori stranieri in Italia sono stati quasi 91 milioni, il 6 per cento in più che nel 2016 e per l'anno che si è chiuso nel mese di dicembre 2018 il saldo della bilancia dei pagamenti turistica ha presentato un surplus di 409 milioni di euro, superiore all'avanzo nello stesso mese dell'anno precedente (354 milioni di euro);

   nel 2018 è quindi proseguito il trend di crescita del settore che, beneficiando anche delle politiche messe in campo negli anni scorsi, ha fatto registrare un ulteriore avanzo di 15.981 milioni di euro, a fronte di uno di 14.597 milioni dell'anno precedente;

   le spese dei viaggiatori stranieri in Italia hanno continuato ad aumentare del 6,1 per cento, arrivando a 41.550 milioni, mentre quelle dei viaggiatori italiani all'estero (25.568 milioni di euro) del 4,1 per cento;

   il settore turistico nella sua complessità e dinamicità è divenuto sempre più strategico per l'economia nazionale, producendo un valore aggiunto di oltre 170 miliardi di euro con un contributo al prodotto interno lordo nazionale dell'11,8 per cento e un impatto sull'occupazione che si attesta attorno al 12,8 per cento;

   in questo contesto, con l'insediamento del nuovo Governo nel mese di giugno 2018, tra i primi atti del Consiglio dei ministri c'è stato il trasferimento della delega al turismo dal Mibac al Mipaaf, fortemente sollecitata dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e tuttavia ancora oggi in via di piena attuazione;

   a questo proposito, solo il 28 marzo 2019, in Gazzetta Ufficiale – serie generale n. 74, è stato pubblicato il decreto del Presidente del consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2019, n. 25 con il regolamento concernente l'organizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, a norma dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97;

   il decreto, che supera i rilievi espressi dal Consiglio di Stato nel mese di dicembre 2018 sul precedente analogo atto, organizza il Ministero con l'inserimento del dipartimento per il turismo;

   nella seduta dell'Assemblea del 22 marzo 2019 è stata, inoltre, comunicata la presentazione da parte del Governo del disegno di legge «Delega al Governo in materia di turismo», A.C. 1698 di cui non è ancora iniziato l'esame –:

   se il Ministro interrogato, a poco meno di un anno ormai dall'insediamento del Governo, intenda definire a beneficio degli operatori e dei cittadini italiani un programma di interventi e di iniziative per il settore turistico e, in particolare, quali iniziative intenda adottare per accrescere il contributo del settore «turismo» al benessere economico e sociale e per mantenere quella leadership dell'Italia sul mercato turistico internazionale, riconquistata solo negli ultimi anni.
(5-01846)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in riferimento ai bandi della ricerca indipendente Aifa 2017, si apprende dal sito ufficiale della stessa Aifa che sono stati finanziati 12 studi per un totale di 7 milioni e 671 mila euro, tutti con punteggio inferiore a 9.0;

   nel bando di concorso 2017 pubblicato da Aifa, al punto informazioni di carattere generale è scritto: «nel presente bando confluiranno le somme dedicate derivanti dal bilancio preventivo per l'anno 2017 (budget 2017) e quelle dal bilancio consuntivo per l'anno 2016». Si desume dalla lettura dei bilanci di Aifa che vi erano fondi disponibili per almeno 11 milioni di euro. Vi è stata quindi, a parere dell'interrogante, una decisione arbitraria di Aifa di non usare tutti i fondi a disposizione. Negli anni precedenti sono stati finanziati progetti per oltre 30 milioni di euro;

   nel bando del concorso è scritto a pagina 10: «Il finanziamento verrà erogato sulla base di una graduatoria di merito scientifico dei progetti comunque valutati sufficienti fino all'esaurimento del fondo disponibile, ma comunque all'interno di un punteggio finale di valutazione corrispondente all'eccellenza del progetto presentato». Al punto Modalità di valutazione è scritto: «il punteggio fino a 5 corrisponde all'eccezionalità, il punteggio fino a 10 corrisponde all'eccellenza ...»;

   si ha notizia tramite stampa (http//www.quotidianosanita.it) che «I progetti ammessi al finanziamento sono quelli che hanno ottenuto un punteggio pari o inferiore a 9», portando così all'esclusione di alcuni progetti che, pur avendo ottenuto un punteggio di 9.5 e quindi essendo stati giudicati eccellenti secondo i criteri enunciati, sono stati esclusi;

   queste valutazioni rischiano pertanto di avere effetti negativi, soprattutto per gli ospedali di provincia che non possono accedere a fonti dedicati come Ircss ed università –:

   se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se non reputi di assumere iniziative affinché Aifa destini le risorse finanziarie necessarie per ampliare la lista dei progetti finanziati;

   se, al fine di garantire maggiore trasparenza, non ritenga di adottare iniziative affinché siano meglio esplicitati i motivi per cui progetti giudicati «eccellenti» siano stati esclusi da tale opportunità e se, al fine di garantire maggiore equità e nel rispetto di quanto indicato nel bando Aifa 2017 per la ricerca indipendente sui farmaci, non si debba considerare di ammettere al finanziamento tutti i progetti considerati «eccellenti».
(5-01843)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO e BELLUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, recante «Modifiche ed integrazione della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti», all'articolo 36, stabilisce che formano oggetto dell'attività degli iscritti all'albo dei chimici le attività di consulenza in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, relativamente agli aspetti chimici nonché assunzione di responsabilità quale responsabile della sicurezza;

   l'articolo 36, inoltre, assegna al chimico abilitato la possibilità di effettuare «la progettazione e realizzazione di laboratori chimici e di impianti chimici industriali, compresi gli impianti pilota, per la lavorazione di prodotti alimentari, di depurazione, di smaltimento rifiuti, antinquinamento; la compilazione dei progetti, preventivi, direzione dei lavori, avviamento, consegne, collaudo»;

   la legge 11 gennaio 2018, n. 3, all'articolo 8 prevede, inoltre, misure in materia di ordinamento delle professioni di chimico e di fisico, riconoscendo alle stesse professioni natura non solo tecnica, ma anche sanitaria;

   il comma 2 dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 81 del 2008 stabilisce che per lo svolgimento delle funzioni di responsabile del servizio prevenzione e protezione (Rspp) è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione;

   il comma 5 del medesimo articolo indica le classi di laurea il cui possesso esonera dalla frequenza dei corsi di formazione per lo svolgimento dell'attività di responsabile del servizio di prevenzione e protezione e attribuisce alla Conferenza Stato-regioni la facoltà di ampliarne il novero con l'indicazione di ulteriori classi di laurea;

   l'Accordo 128/CSR del 7 luglio 2016 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato-regioni ha ampliato il novero dei titoli che danno diritto all'esonero, individuando quale ulteriore titolo di esonero dalla frequenza dei corsi abilitanti, il possesso di un certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami relativi a uno o più insegnamenti specifici del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti previsti nello stesso Accordo o l'attestato di partecipazione a un corso universitario di specializzazione, perfezionamento o master i cui contenuti e le relative modalità di svolgimento siano conformi ai suoi contenuti;

   non sono comprese nell'Allegato I dell'Accordo 128/CSR del 7 luglio 2016 le classi di laurea magistrale LM 54 scienza chimiche e LM 71 scienze e tecnologie della chimica industriale, le classi di laurea specialistica 62/S scienze chimiche e 81/S scienze e tecnologie della chimica industriale, e diplomi di laurea in chimica e chimica industriale conseguiti in base agli ordinamenti previgenti;

   è evidente la totale esclusione dei chimici dall'ambito di applicazione dell'Accordo menzionato, in particolare in relazione all'esonero dalla frequenza dei corsi abilitanti per lo svolgimento delle funzioni di Rspp;

   la mancata inclusione della professione sanitaria del chimico nell'insieme delle categorie esonerate dalla formazione abilitante, dovuta alla scrittura incompleta dell'Accordo, produce, a parere dell'interrogante, una grave contraddizione con quanto stabilito dalla legge, creando una condizione di evidente ambiguità nell'applicazione delle disposizioni e ledendo di fatto i diritti dei professionisti ad essere esonerati in base alla loro specifica formazione –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente delle incongruenze evidenziate in premessa;

   se non ritengano opportuno adottare le iniziative di competenza per garantire il rispetto delle disposizioni normative relative alla professionalità dei chimici negli ambiti descritti;

   se non reputino necessario adottare iniziative per prevedere una integrazione delle classi di laurea elencate all'Allegato I dell'Accordo 128/CSR del 7 luglio 2016 con quelle esposte in premessa.
(4-02648)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRAVERSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la metrologia legale, che tutela la fede pubblica in quelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura, compete unicamente al Ministero dello sviluppo economico;

   è in corso, su scala nazionale, la sostituzione di decine di milioni di misuratori di energia elettrica e di gas naturale;

   i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette al distributore di energia elettrica e/o di gas, di «gestirli» da remoto;

   il sistema, inteso come misuratore in campo e struttura di gestione dello stesso, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato definito legalmente dal Ministero dello sviluppo economico;

   la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal decreto legislativo del 22 febbraio del 2007, n. 22: non è cioè ammesso modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;

   lo stesso decreto legislativo stabilisce, inoltre, che l'unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto;

   a fronte di quanto premesso i consumatori devono sostenere il costo di sistemi di misurazione dubbi. Un costo che, per gli utenti che consumano meno, rappresenta un cospicuo aggravio della bolletta, già oberata di oneri e tasse che stanno diventando insostenibili;

   per come è stato predisposto, il sistema sembra essere molto più utile ai distributori, di energia elettrica e di gas, che ai consumatori: i nuovi misuratori, che dovrebbero facilitarli nella rilevazione dei propri consumi, sono invece oggettivamente complicati;

   tenuto conto che la quasi totalità dei misuratori di energia elettrica è controllata da Enel, tramite E-distribuzione, e decine di milioni di clienti Enel dovranno passare al mercato libero, questa operazione sui contatori sembra all'interrogante rafforzare il monopolio di Enel –:

   quali iniziative intenda mettere in atto per definire regole e strumenti per rendere chiara la misurazione relativa ai contatori Enel e verificare, nel contempo, i reali costi e benefici per il consumatore della sostituzione dei contatori stessi.
(5-01835)

Interrogazione a risposta scritta:


   CRITELLI, BENAMATI, DE MARIA e RIZZO NERVO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Magneti Marelli è una multinazionale italiana specializzata nella fornitura di prodotti e sistemi ad alta tecnologia per l'industria automobilistica;

   nel corso degli anni la Magneti Marelli, la cui fondazione risale al 1919, ha assorbito diverse aziende, tra cui la bolognese Weber;

   negli stabilimenti di Bologna e Crevalcore sono impiegati circa 1.200 lavoratrici e lavoratori, operai e impiegati, con un consolidato know how in materia di logistica, ricerca e produzione, in particolar modo nel campo della mobilità sostenibile;

   dopo varie riconversioni e trasformazioni la Magneti Marelli, finora appartenente al gruppo Fca, è divenuta una multinazionale che opera in 20 Paesi su 4 continenti con 85 unità produttive e 13 centri ricerca e sviluppo;

   nel mese di ottobre 2018 si è concretizzata la cessione del gruppo alla giapponese Calsonik Kansei, operazione che vedrà la sua conclusione entro la metà del corrente anno;

   ad oggi, non ha avuto luogo nessun incontro per discutere del futuro occupazionale e contrattuale dei lavoratori;

   i tempi ristretti richiedono con urgenza un'iniziativa istituzionale per dare risposte al futuro di migliaia di lavoratrici e lavoratori –:

   se il Governo conosca i dettagli di questa cessione e il piano industriale dei compratori e se abbia in programma la convocazione, in sede istituzionale, di un tavolo di confronto con le direzioni aziendali e le organizzazioni sindacali, al fine di discutere le prospettive industriali e le tutele occupazionali e contrattuali delle lavoratrici e dei lavoratori occupati in tutti i siti italiani del gruppo.
(4-02645)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza Serracchiani n. 2-00334, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Quartapelle Procopio, Paita.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Prestigiacomo n. 4-02612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nevi.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Vallascas n. 5-01821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alemanno.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Madia n. 5-01266 del 22 gennaio 2019.