Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 marzo 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nel dicembre 2018 si è assistito all'ennesimo attacco terroristico, avvenuto nel centro storico di Strasburgo, nel cuore dell'Europa e della sua attività politica. L'attentatore, un 29enne nato a Strasburgo ma di origine marocchina, ha ucciso 3 persone e ne ha ferite 13, di cui 9 in maniera grave;

    tra i feriti più gravi, come noto, vi era anche un giovane italiano, Antonio Megalizzi, giornalista radiofonico colpito da un proiettile alla testa, che era a Strasburgo per seguire i lavori della plenaria dell'Europarlamento. Antonio è morto pochi giorni dopo, a causa delle sue condizioni considerate sin dal primo momento irreparabili. A distanza di poco tempo è morto anche il suo amico e collega Barto Pedro Orent-Niedzielski;

    Antonio era laureato in scienze della comunicazione presso l'Università di Trento, lavorava per Europhonica, format radiofonico che coinvolge università italiane, spagnole, tedesche, portoghesi e francesi, alla cui base vi è la volontà di raccontare l'Europa politica e sociale dal punto di vista di una generazione che vive in pieno la realtà europea, e che parla in maniera semplice ed immediata ai coetanei. L'attività italiana di Euphonica, interrotta in segno di lutto, è ripresa regolarmente durante il mese di febbraio 2019, con l'intento anche di continuare il lavoro del nostro giovane connazionale rimasto ucciso;

    in una nota il comune di Trento aveva dichiarato il lutto cittadino in concomitanza con le esequie del ragazzo, evidenziando come la città si riconoscesse «nei valori e nelle azioni portate avanti da Antonio nella sua breve vita» e di come il gesto rappresentasse «un'adesione simbolica ma importante per condannare con forza la brutalità e l'inutilità delle azioni terroristiche»;

    Antonio voleva raccontare l'Europa della «generazione Erasmus», con tutte le sue contraddizioni e divisioni ma anche con tutte le sue opportunità; aveva voglia di informare e di utilizzare la radio come strumento privilegiato di comunicazione, nel tentativo di incorporare e difendere un'idea di comunità che andasse oltre i luoghi comuni e le banalità e che avesse invece delle finalità concrete; voleva rendere partecipi i suoi coetanei, specialmente quelli più disattenti e poco motivati, attraverso una forma più diretta e genuina di giornalismo, quello delle giovani radio universitarie;

    l'esperienza di Euphonica è rappresentativa dell'importanza che le attività che si concretizzano in strumenti come le web radio o i media civici ricoprono nella partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica. La comunicazione partecipata, infatti, è un elemento irrinunciabile, onde evitare il malfunzionamento delle dinamiche relazionali tra società civile ed istituzioni;

    la storia di Antonio assomiglia a quella di moltissimi altri giovani italiani. Antonio poteva essere uno qualsiasi dei nostri figli, fratelli o nipoti che ogni giorno vivono l'Europa attraverso esperienze lavorative, di studio o di scambio. Il dolore della sua famiglia e dei suoi cari avrebbe potuto essere il dolore di una qualsiasi delle nostre famiglie;

    proprio per mantenere vivo il ricordo di Antonio e sempre attuale il messaggio di amore e fratellanza di cui la sua vita è stata testimonianza, la famiglia ha deciso di istituire una fondazione a lui intitolata con la quale si auspica una proficua collaborazione degli organi istituzionali, al fine di coordinare le molteplici iniziative che verranno poste in essere in suo ricordo;

    è per quanto fin qui esposto che si ritiene doveroso oltre che necessario, a più di un mese dalla morte di Antonio, tenere acceso il suo ricordo di giovane attivo e brillante, simbolo di una giovane generazione di eccellenze italiane motivate ad agire, a studiare, a lavorare per un ideale positivo – qualunque esso sia,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa di competenza per rinnovare il ricordo di Antonio Megalizzi, in particolare attraverso l'istituzione di una borsa di studio in suo nome presso una scuola di giornalismo di una delle università pubbliche italiane per il praticantato di giornalista professionista, destinata a giovani desiderosi di diffondere una informazione chiara, corretta e diretta;

2) a sostenere, l'impegno della Conferenza dei rettori delle università italiane nell'incentivare la realizzazione negli atenei pubblici italiani di azioni ed attività dedicate alla memoria di Antonio Megalizzi, che possano concretizzarsi in premi e riconoscimenti destinati agli studenti più meritevoli, in borse di studio e nella denominazione in suo onore di aule destinate alle attività di web radio e media communication.
(1-00146) «Lattanzio, Casciello, Carbonaro, Aprea, Sasso, Gallo, Fusacchia, Belotti, Piccoli Nardelli, Ascani».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni XI e XII,

   premesso che:

    ci sono patologie, come il cancro, in cui la persona che ne è affetta è costretta a controlli ravvicinati e continuativi per tutto l'arco della vita o per lunghi periodi. Queste patologie possono manifestarsi in modo silente, pertanto i follow-up diventano indispensabili e fondamentali e possono essere considerati sorveglianza salvavita;

    alcuni pazienti, a causa della gravità della malattia, vengono inseriti in progetti di studio, che richiedono una stretta sorveglianza a beneficio di altre vite umane e della ricerca, pertanto a beneficio anche della ricerca pubblica;

    la biologia molecolare ha permesso di individuare quelle forme di patologie considerate ad alto rischio, che necessitano – qualora i test genetici risultassero positivi – di un follow-up ravvicinato sia a beneficio del paziente che della stessa ricerca scientifica. Per alcune patologie, come ad esempio quella oncologica, risulta fondamentale diagnosticare in tempi brevi sia la patologia primitiva che le eventuali ricadute: si ritengono pertanto i follow-up come autentici percorsi di cura;

    il nuovo contratto di lavoro degli enti pubblici – contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl) 2016-2018 del comparto funzioni centrali, firmato il 12 febbraio 2018 e il Ccnl 2016-2018 del comparto funzioni locali, firmato il 21 maggio 2018 – approvato dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e dalle organizzazioni sindacali – che norma le assenze e i permessi dei pubblici dipendenti in caso di malattia, ha causato gravissimi problemi per i malati oncologici, in quanto non vengono considerate le circostanze sopra esposte, rendendo limitate le opzioni per controllare la malattia;

    il contratto di lavoro avrebbe dovuto prendere in considerazione quella categoria di lavoratori che sono ad alto rischio e soggetti a follow-up ravvicinati, considerando, per questi, le stesse condizioni di possibilità di assenza che sono state normate per la cura e per la riabilitazione: avendo, al contrario, generalizzato per tutti i dipendenti l'assenza retribuita per esami e controlli in 18 ore annuali; questa non garantisce al malato oncologico il diritto di cura, in quanto i follow-up strumentali e la visita oncologica necessitano di più tempo a disposizione per chi è ad alto rischio (ci sono malati oncologici che fanno i controlli bimestrali, trimestrali e semestrali sia con visite oncologiche, che con esami strumentali);

    da fonti Istat emerge che ci sono 11 milioni di italiani che non si curano, perché sotto la soglia di povertà e/o non hanno permessi retribuiti per potersi curare. Spesso questi pazienti soffrono un grave stress per la paura di perdere il lavoro, aumentando il rischio di malattia;

    uno Stato non può non prendere provvedimenti urgenti in materia di salute e qualità della vita di chi è già a rischio per gravi malattie ed è in dovere di trovare delle misure alternative al contratto di lavoro sottoscritto in materia di permessi retribuiti, sia per i malati ad alto rischio in via generale che per chi, già ammalato, a seguito di test molecolari, ha avuto una diagnosi di rischio di ammalarsi;

    occorre quindi ampliare i permessi delle 18 ore annuali in base alla necessità del paziente supportata dalla certificazione medica prodotta dallo stesso. Essendo i follow-up fondamentali per alcune patologie per captare eventuali ricadute e pertanto intervenire tempestivamente, sarà necessario considerarli come salvavita paragonandoli alle cure chemioterapiche;

    nell'ambito dei relativi permessi per l'espletamento delle visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici si ritiene quindi di dover estendere – facendo fede alla decisione del medico curante – il periodo delle 18 ore (3 giorni di 6 ore) previsto dai contratti collettivi di lavoro. Trattasi di una situazione molto particolare. Alcuni tipi di cancro necessitano infatti di controlli molto ravvicinati e il periodo previsto dai contratti collettivi è del tutto insufficiente all'espletamento di questi gravosi controlli;

    il problema investe non solo il settore del pubblico impiego, bensì anche quello privato, nell'ambito del quale vige il cosiddetto «periodo di comporto», ovvero il periodo di tempo di assenza per malattia individuato dai contratti collettivi;

    come è noto, il lavoratore del settore privato, durante lo stato di malattia, ha diritto alla conservazione del posto di lavoro; diritto, per l'appunto, vincolato al periodo di tempo individuato dalla contrattazione collettiva di settore;

    all'uopo, la Corte di cassazione ha affermato che il datore di lavoro, una volta indicati i giorni di assenza per malattia, deve ritenersi vincolato a quelli nel calcolo del periodo di comporto, ribadendo la nullità del licenziamento intimato al lavoratore prima della scadenza del periodo di comporto (fatta eccezione per il licenziamento per giusta causa, o per totale cessazione dell'attività d'impresa ovvero in caso di malattia irreversibile);

    alcuni contratti collettivi prevedono che, una volta superato il periodo di comporto, il lavoratore possa chiedere un'aspettativa non retribuita, al termine della quale, in caso di mancato rientro al lavoro, può raggiunto da licenziamento – si veda al proposito: Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 6 aprile 2016, n. 6697);

   la circostanza che tale possibilità di aspettativa non retribuita sia contemplata solo da alcuni Ccnl di categoria genera una disparità di trattamento fra lavoratori affetti da malattia identica, inasprita nei oratori affetti da patologie onco-ematologiche;

   l'intergruppo parlamentare «Insieme contro il cancro», nato nell'ambito del progetto «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» coordinato da Salute Donna Onlus, dà vita ad una costante dialogo con le associazioni di pazienti con lo scopo precipuo di raccogliere delle istanze valide sui diritti dei malati da porre all'attenzione del Governo,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché, in sede di rinegoziazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del pubblico impiego, sia prevista per le malattie croniche e invalidanti che richiedono controlli ravvicinati e continui, l'estensione del periodo massimo dei relativi permessi per l'espletamento delle visite, terapie, prestazioni specialistiche o degli esami diagnostici, secondo le indicazioni e a discrezione del medico specialista curante;

   ad assumere iniziative di competenza, anche normative, affinché per i lavoratori dipendenti nel settore privato, affetti da patologie onco-ematologiche, sia previsto un periodo di aspettativa parzialmente retribuita o non retribuita al termine del periodo di comporto;

   con riguardo alla tutela della salute, ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a migliorare la presa in carico e la cura del paziente da parte del Servizio sanitario nazionale – anche attraverso accordi in seno alla Conferenza Stato-regioni – per un accesso uniforme e il più rapido possibile ai trattamenti oncologici innovativi;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare il sistema della prevenzione e degli strumenti per garantire una diagnosi precoce delle patologie oncologiche.
(7-00213) «Boldi, Murelli, Comaroli, Bellachioma, Bordonali, Caffaratto, Vanessa Cattoi, De Angelis, Frassini, Lazzarini, Liuni, Zóffili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ORLANDO e MARTINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i commi da 20 a 28 della legge 9 gennaio 2019, n. 3, cosiddetta legge anticorruzione, entrata in vigore il 31 gennaio 2019, recano disposizioni in materia di trasparenza nei rapporti tra partiti politici e fondazioni politiche;

   in particolare, la legge n. 3 del 2019, attraverso la sostituzione dell'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 149, stabilisce che sono equiparate ai partiti e ai movimenti politici per l'applicazione delle prescrizioni in materia di trasparenza delle erogazioni effettuate, le fondazioni, le associazioni e i comitati (prima non ricompresi), la cui composizione degli organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici (disposizione già prevista) e i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte: a) da membri di organi di partiti o movimenti politici; b) da persone che nei dieci anni precedenti sono stati membri di assemblee elettive e, in particolare, del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di assemblee elettive regionali o locali; c) da coloro che ricoprono o che abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo a livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali nelle fondazioni, associazioni o comitati per esservi stati eletti o nominati in virtù della loro appartenenza a partiti o movimenti politici;

   le fondazioni, le associazioni e i comitati riconducibili ai partiti o movimenti politici sono pertanto assoggettati medesimi obblighi di trasparenza e rendicontazione stabiliti per i partiti o movimenti politici di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto-legge n. 149 del 2013;

   le norme brevemente esposte rischiano di avere ricadute significative e gravose su tutte le associazioni, le fondazioni e sugli enti del terzo settore dal punto di vista gestionale, organizzativo e fiscale. È sufficiente infatti che una persona sia stata consigliere comunale, anche di un piccolissimo paese, o consigliere municipale per far sorgere in capo ad una fondazione o ad un'associazione o a un comitato obblighi che prima dell'entrata in vigore della legge non avevano;

   la disposizione in esame estende a giudizio degli interroganti in modo irragionevole a soggetti che svolgono attività completamente diverse da quelle dei partiti politici gli obblighi previsti per questi ultimi, partendo dall'assunto che chi abbia svolto l'attività di amministratore o di membro di un'assemblea elettiva, debba necessariamente perseguire finalità non lecite nell'ambito degli organi direttivi di fondazioni, associazioni e comitati. La stessa disposizione sembra, inoltre, agli interroganti violare un numero elevato di regole e principi (dal diritto di associazione a quello di manifestare liberamente il proprio pensiero e le proprie opinioni politiche, fino ad arrivare al principio di sussidiarietà orizzontale e alla possibilità di adempiere i doveri inderogabili di solidarietà);

   queste disposizioni appaiono anche di difficile, se non impossibile, attuazione, tenendo conto che non esiste un'anagrafe di tutte le fondazioni, le associazioni e i comitati, in modo da verificare se effettivamente nei loro organi direttivi ci siano persone che sono state membri di assemblee elettive o che abbiano ricoperto incarichi di governo, a qualsiasi livello –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per modificare la suddetta legge 9 gennaio 2019, n. 3, gravemente lesiva dell'attività dell'associazionismo, delle fondazioni e del terzo settore.
(5-01733)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPITANIO e FORMENTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo report che la Commissione adozioni internazionali (Cai) ha pubblicato si afferma che l'Etiopia è il «terzo Paese di origine al mondo» dei minori adottati ed è passata dai 1.539 minori adottati nel 2004 «a un picco di 4.553 minori adottati nel 2009, per concludere con 1.086 minori adottati del 2014»;

   secondo il Cai, nel 2013 l'Etiopia era per l'Italia il secondo Paese di provenienza dei minori adottati, con 293 bambini (il 10,4 per cento): nel 2014 sono stati 103 e nel 2015 sono scesi a 97, rimanendo l'ottavo Paese d'origine dei minori entrati in Italia per adozione;

   i bambini adottati provenienti dall'Etiopia da coppie italiane nel 2017 sono stati solo 44, aventi un'età media di 3,2 anni (dati Cai);

   da anni la situazione delle adozioni in Etiopia è estremamente complessa e le adozioni hanno un iter estremamente lungo, incerto e travagliato;

   il 9 gennaio 2018 il Parlamento dell'Etiopia ha approvato la legge n. 1070 del 2018, pubblicata il 14 febbraio 2018, che mette al bando le adozioni internazionali;

   in seguito all'approvazione di tale legge risultavano circa 80 famiglie italiane instradate per un'adozione in Etiopia, delle quali poco meno di un terzo hanno ricevuto la segnalazione di un abbinamento; perciò, sono state bloccate le domande di adozione di circa una trentina di coppie italiane di cui era già stato avviato il procedimento di adozione –:

   quali iniziative siano state messe in campo dal Governo per cercare una positiva soluzione di questa vicenda, nell'interesse primario dei minori abbandonati e delle famiglie italiane instradate che da tempo attendono di portare a termine la procedura di adozione e coronare il loro desiderio di famiglia.
(4-02553)


   D'IPPOLITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sul bollettino della regione Calabria n. 34 del 13 marzo 2019 è stata pubblicata la legge regionale n. 6 del 2019;

   dal 2009 la Calabria è sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale e dal 2010 è commissariata per l'attuazione del medesimo;

   nella suddetta legge regionale si legge che, dal giorno successivo alla pubblicazione, «l'azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro è integrata con l'azienda ospedaliero universitaria “Mater Domini”, che assume la denominazione di azienda ospedaliero universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio”»;

   dal suddetto giorno, secondo la legge in parola, «cessano di diritto gli organi» delle due aziende «e i rispettivi direttori sanitari ed amministrativi, con risoluzione dei relativi rapporti di lavoro»;

   più avanti, nel testo della legge in questione è precisato che «l'azienda ospedaliero universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio” ha sede in Catanzaro, ha personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale, ai sensi della vigente normativa statale e subentra nelle funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi» delle due aziende di partenza;

   ancora, nel testo in predicato è previsto che sono «organi dell'azienda ospedaliero universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio” il direttore generale, il collegio sindacale e l'organo di indirizzo» e che entro «novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge sono definiti i rapporti tra la Regione Calabria e l'Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza, mediante protocollo d'intesa definito ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517 (...), sottoscritto dal Presidente della Giunta regionale, dal Rettore dell'Università e dal Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria»;

   «in attesa – continua la summenzionata legge regionale – del complessivo riordino organizzativo del sistema delle aziende del servizio sanitario regionale, il protocollo d'intesa di cui al comma 3 prevede l'integrazione del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme», struttura cosiddetta «Spoke» già gestita dall'Asp di Catanzaro, «con l'azienda ospedaliero universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio”»;

   «l'atto aziendale – prosegue la legge in argomento – definisce l'assetto organizzativo» della nuova azienda e ne «individua le strutture complesse», «indicando quelle a direzione ospedaliera e quelle a direzione universitaria»; infine entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della rammentata legge «i direttori generali» delle due aziende originarie «provvedono alla ricognizione del personale, di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi e del contenzioso pendente, nonché alla redazione degli inventari dei beni mobili e immobili e svolgono ogni altra attività necessaria per l'attuazione della presente legge, senza oneri a carico del bilancio regionale»;

   nella XVII legislatura, con l'interrogazione a risposta scritta 4-09821, presentata il 14 luglio 2015, è stata ricostruita la vicenda della – perdurante – mancata sottoscrizione del protocollo d'intesa, scaduto nel 2008, tra la regione Calabria e l'Università di Catanzaro per l'integrazione dell'assistenza sanitaria, attraverso l'erogazione di prestazioni dell'azienda «Mater Domini», nonché del corrispettivo regionale alla medesima, tuttora erogato per milioni di euro oltre il dovuto, in difformità rispetto alle norme vigenti;

   a parere dell'interrogante la disposta fusione delle due aziende è da ritenersi illegittima, perché viola le norme di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 517 del 1999 –:

   se il Governo non intenda promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alla citata legge regionale;

   se, per il tramite della struttura commissariale per il piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese, non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire che il corrispettivo di cui in premessa sia pienamente conforme alla normativa vigente, recuperando le maggiori somme ricevute dall'Azienda ospedaliero universitaria Mater Domini di Catanzaro.
(4-02555)


   RIZZO, ALAIMO, ARESTA, CANCELLERI, CHIAZZESE, CORDA, D'UVA, DEL MONACO, ERMELLINO, FICARA, FRUSONE, GALANTINO, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, LOMBARDO, PAPIRO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO, TRAVERSI, SAITTA, SURIANO, TRIPIEDI, SABRINA DE CARLO, GIARRIZZO, LOVECCHIO, ANGIOLA, SCERRA, CORNELI, SCAGLIUSI, MARTINCIGLIO, CURRÒ, LOREFICE, SEGNERI, SODANO, LICATINI, VARRICA, CIPRINI, COSTANZO, VILLANI, DAVIDE AIELLO, DI STASIO, BATTELLI, DEL GROSSO, SPADONI, EHM, BRESCIA, GRANDE, BUSINAROLO, GALLO, GALLINELLA, PARENTELA e RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Centro d'accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo è stato fino a pochi mesi fa la più grande struttura in Europa in grado di ospitare extracomunitari richiedenti asilo; esso è sorto sotto il Governo Berlusconi 2011;

   il villaggio che consta di diverse palazzine e strutture ricreative e di servizio, prima di diventare centro d'accoglienza, ospitò i militari della marina statunitense in servizio presso la vicina base di Sigonella e venne realizzato dal gruppo Pizzarotti spa di Parma che ne avviò i lavori nel 1997, a seguito del contratto decennale di affitto siglato con la Us Navy del valore di 8,5 milioni di dollari;

   la paventata chiusura del centro per richiedenti asilo lascia intravedere diverse opzioni per la Pizzarotti spa, proprietaria del sito, come la sua demolizione così come apparso sul giornale «La Sicilia» del 24 gennaio 2019;

   il Consiglio dell'Unione europea dell'11 dicembre 2017 – sulla base di una proposta presentata da Francia, Germania, Italia e Spagna – ha adottato una decisione con la quale è stata istituita la cooperazione strutturata permanente (Pesco) in materia di difesa, alla quale partecipano tutti gli Stati membri dell'Unione europea tranne Gran Bretagna, Danimarca e Malta;

   nella decisione del Consiglio dell'Unione europea istitutiva della «Pesco» si stabiliscono una serie di impegni vincolanti, tra cui quello di «ravvicinare gli strumenti di difesa, in particolare armonizzando l'identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica»;

   l'Italia è capofila in 4 progetti e partecipa ad 11 progetti. Tra i progetti di cui l'Italia è capofila si ricordano i seguenti:

    centro europeo di formazione e certificazione per eserciti; sostegno militare in caso di catastrofi, emergenze civili e pandemie;

   l'Italia è impegnata in missioni internazionali, con le proprie forze armate, a guida Unione europea, Onu, Nato e bilaterali, molte delle quali con compiti di training, come in Somalia, Mali, Repubblica Centroafricana, Libano, Palestina, Iraq e Gibuti;

   la capacità e peculiarità italiana nello svolgere queste fondamentali attività di pacificazione dei territori ove il nostro Paese è presente sono oggetto di elogi e apprezzamenti in sede diplomatica da parte tutti i Partner e i Paesi ospitanti nel mondo;

   il recupero della struttura del Cara di Mineo, attraverso progettualità legate al mondo della difesa con compiti di formazione, permetterebbe il rilancio del sito, l'applicazione delle linee guide del Ministro della difesa dottoressa Elisabetta Trenta e la creazione di un polo di eccellenza europeo e mondiale in grado di valorizzare le capacità italiane nel campo dell'istruzione delle forze armate, sia in chiave «Pesco» che per razionalizzare le spese per le missioni internazionali con progetti ricadenti sul territorio nazionale, riducendo l'esposizione di militari italiani a rischio in teatri operativi, taluni ostili –:

   se il Governo intenda verificare l'opportunità di riqualificare l'ex «Villaggio degli Aranci», al fine di favorire la creazione di un polo addestrativo e di formazione per le Forze armate, le Forze dell'ordine, la protezione civile e i vigili del fuoco, anche in chiave «Pesco», e per iniziative di peacekeeping.
(4-02556)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SILLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   su alcune testate on line italiane e corse stato riportato il testo di una petizione on line firmata da molti cittadini corsi e lanciata da petizionepubblica.it, secondo cui l'articolo 4 del Trattato di Versailles del 1768 prevedrebbe che:

   1) la sovranità giuridica sulla Corsica spetti alla Repubblica italiana, Stato che ha ereditato le pertinenze giuridiche della Serenissima Repubblica di Genova;

   2) nel 1815 la validità del Trattato di Versailles del 1768 e la sovranità del Regno di Sardegna sulla Corsica sono state confermate dal Re di Francia Luigi XVIII, che ha continuato a tenere la Corsica associata alla Francia solo in via temporanea per l'impossibilità del Regno di Sardegna di prendere subito possesso dell'isola;

   3) non vi sono trattati internazionali successivi che stravolgerebbero quanto riportato nel trattato di Versailles al riguardo –:

   se trovi conferma la situazione rappresentata nella petizione riportata in premessa.
(4-02554)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FARO e LOVECCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la mitilicoltura in mare aperto è un settore che è stato oggetto di una crescita esponenziale nel corso degli ultimi anni, con risultati significativi soprattutto nel Sud Italia. Nel Gargano, in Puglia, sono presente diversi impianti nei pressi di Mattinata, Manfredonia, Capojale e Torre Mileto. Le tecniche di allevamento si sono evolute nel tempo con il superamento degli impianti classici a favore della coltura basata sull'utilizzo delle «Reste», dette più comunemente «Calze» all'interno delle quali crescono fino a 50 chilogrammi di molluschi. Queste sono costituite da retini tubolari in polipropilene della lunghezza di qualche metro. Durante le fasi della lavorazione, quella più critica per l'ambiente è la fase del «reincalzo» che consiste nella progressiva sostituzione dei retini con altri retini dalle maglie più larghe ed è in questo momento che persone senza scrupoli gettano in mare quintali di retini che, giorno dopo giorno, mettono in serio pericolo la sopravvivenza della fauna e della flora marina e finiscono per arenarsi sulle spiagge del nord del Gargano e specialmente in prossimità dello specchio di mare di Torre Mileto, dichiarato dalla regione Puglia sito di interesse comunitario ed inserito nella lista degli habitat marini da tutelare. Da tale situazione discendono notevoli conseguenze per l'economia della zona; infatti, gravi danni sono arrecati alla meccanica delle barche e dei pescherecci, variazioni negative si registrano per lo stock ittico in termini di quantità e qualità del pescato e soprattutto si determina un aggravio di costi per gli enti locali che si vedono costretti a prendere in carico lo smaltimento dei rifiuti speciali, che, una volta arenati sui litorali, diventano rifiuti urbani e pertanto di competenza dei comuni. Non vanno tralasciate le conseguenze sul turismo a causa del decremento estetico che i rifiuti marini arenati comportano. I retini della mitilicoltura sono i rifiuti speciali più pericolosi che si depositano lungo le spiagge del Gargano e andrebbero smaltiti in porto dai singoli pescatori dediti a tale attività. Nel corso degli ultimi anni ci sono state operazioni da parte dei carabinieri volte alla repressione di tali comportamenti illegali, ma il grave inquinamento determinato dalla mitilicoltura continua a persistere e non accenna a diminuire –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere contro l'abbandono fraudolento in mare dei residui della pesca e se non ritenga opportuno promuovere adeguate misure, al fine di eliminare quelle pratiche illegali messe in essere dai mitilicoltori spregiudicati.
(5-01730)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di agosto 2018 e dal mese di gennaio 2019 il Parco nazionale delle Foreste casentinesi, monte Falterona e Campigna è privo del presidente e del direttore;

   al loro posto sono stati nominati due figure facenti funzioni, le quali però nonostante il loro impegno e il loro lavoro non sono nelle condizioni di poter adottare decisioni che riguardano il futuro dell'ente;

   le regioni Emilia-Romagna e Toscana, tutti gli enti territoriali del Parco con le associazioni, le accademie e le comunità religiose presenti hanno chiesto la riconferma del presidente uscente Luca Santini;

   stessa situazione di impasse si registra per la figura istituzionale del direttore dell'Ente parco, in quanto da fine anno 2018 sussiste, per quanto consta all'interrogante, la terna dalla quale è possibile scegliere suddetta figura, ma ancora non si procede;

   lo stallo istituzionale che porta, a giudizio dell'interrogante, la responsabilità del Governo ed in particolare di una parte del Governo rischia di far perdere importanti occasioni di sviluppo e crescita per il Parco e le sue comunità in una fase storica in cui la domanda di qualità e di benessere ambientale è in crescita;

   sono state apprezzate le dichiarazioni del Ministro interrogato di promuovere e supportare chi vive, lavora o risiede in un parco naturale;

   tali dichiarazioni però, ad avviso dell'interrogante, confliggono con la paralisi burocratica che si registra proprio in seno al Parco nazionale delle Foreste casentinesi monte Falterona e Campigna –:

   quali siano le ragioni della situazione di impasse richiamata in premessa e se, per quanto di competenza, intenda adottare con la massima tempestività le iniziative necessarie a procedere alla nomina del nuovo presidente e del direttore del parco nazionale delle Foreste casentinesi, monte Falterona e Campigna.
(5-01731)


   PEZZOPANE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in merito all'inchiesta sul presunto rischio d'inquinamento delle falde acquifere sotto il massiccio del Gran Sasso da notizie a mezzo stampa si è appreso che la procura di Teramo avrebbe avviato ulteriori accertamenti in merito agli esperimenti svolti nei laboratori di fisica nucleare e, in particolare, sul loro impatto ambientale;

   soprattutto è grave «rischio di contaminazione» delle falde acquifere, dovuto a una struttura, quella dei laboratori del Gran Sasso, «fragile», in uno stato di «generale abbandono» e quindi «non in grado di garantire la collettività» poiché, sempre secondo la procura, non c'è stata «la necessaria separazione» tra le condotte destinate alle acque per consumo umano e quelle di «scarto»;

   la procura, che ha vagliato le risultanze investigative dei carabinieri del Noe, contesta ai vertici dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, di aver mantenuto in esercizio i laboratori senza aver verificato se vi fosse «un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate ad uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe potenziali fonti di contaminazione» e quindi senza attuare le misure «atte a scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee», così come di aver omesso di adottare «le misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute ed utilizzate nelle attività dei laboratori»;

   ai vertici della Strada dei Parchi, la procura contesta, «di aver mantenuto in esercizio le gallerie autostradali senza verificare l'esistenza di un adeguato isolamento delle superfici dei tunnel autostradali e delle condutture di scarico a servizio delle gallerie rispetto alla circostante falda acquifera e, di conseguenza, senza attuare le misure atte a scongiurare il rischio di contaminazione della falda acquifera»;

   alla Ruzzo Reti, infine, la procura contesta di non aver verificato, così come scritto nel capo d'imputazione, «se vi fosse un adeguato isolamento delle opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate ad uso idropotabile» ricadenti nelle strutture dei laboratori e nei tunnel autostradali –:

   se il Governo intenda adottare tutte le opportune iniziative di competenza in relazione alle problematiche emerse al fine di garantire la salvaguardia dell'ambiente e la tutela della qualità della vita dei cittadini residenti nelle zone interessate.
(5-01732)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nonostante gli sforzi degli organismi di controllo per far rispettare la legislazione in vigore, il commercio illegale di avorio rappresenta ancora, a livello globale, un business fiorente in crescita negli ultimi decenni, e le stime parlano di 55 elefanti al giorno uccisi illegalmente;

   oltre all'impatto diretto sulle specie e sugli ecosistemi, il bracconaggio e il traffico illegale compromettono la sicurezza, lo sviluppo, lo Stato di diritto e la stabilità nei Paesi interessati in Africa. Il bracconaggio è inoltre legato alla corruzione, alla criminalità organizzata, al finanziamento dei gruppi armati e alle uccisioni di guardie forestali;

   studi recenti mostrano che l'Europa rappresenta un'area cruciale per l'importazione, il transito e la contraffazione dell'avorio, sia grezzo sia lavorato. Questo perché è facile aggirare le norme in vigore, proponendo sul mercato avorio recente come se si trattasse di avorio legale (quindi lavorato prima del 1947);

   in Italia, a quanto sembra, l'avorio è contraffatto e sono prodotti i falsi certificati, necessari per poterlo riesportare, soprattutto verso oriente. Ma è anche saltuariamente un approdo per l'avorio illegale, come dimostra il recente sequestro a Genova (18 febbraio 2019);

   il fondo internazionale per il benessere animale (Ifaw) e altre associazioni non governative stanno portando avanti una campagna per ottenere dalla Commissione europea e dagli Stati membri, sia pure con limitate eccezioni relative all'avorio antico, leggi e regolamenti più restrittivi. A tale scopo, nel 2018, sono state raccolte e presentate alla Commissione 1,2 milioni di firme di cittadini europei;

   già Stati Uniti, Cina e Hong Kong hanno adottato restrizioni al commercio di avorio più severe di quelle in vigore oggi in Europa, mentre alcuni Stati dell'Unione (Gran Bretagna, Francia, Lussemburgo) hanno prodotto dei bandi nazionali che vanno nella direzione di regole più rigide, pur garantendo il commercio di veri pezzi di antiquariato. In altri (Belgio, Olanda) i Parlamenti stanno esaminando provvedimenti di analogo tenore;

   la Commissione europea, dopo aver consultato gli Stati membri, compresa l'Italia, ha prodotto una proposta di linee guida, che è al momento sotto analisi e sarà nuovamente discussa e sottoposta al parere del Governo il 27 marzo 2019 a Bruxelles. Al momento non vi è unanimità tra gli Stati membri e dunque è opportuno che tutti partecipino attivamente alla discussione, per trovare una soluzione comune;

   inoltre, a maggio 2019 in Sri Lanka si svolgerà la 18a riunione della Conferenza delle parti Cites in cui l'argomento di conservazione degli elefanti sarà all'ordine del giorno e gli occhi saranno puntati proprio sugli impegni che l'Unione europea saprà assumere –:

   quale sia lo stato dei lavori in sede europea, quale posizione l'Italia stia rappresentando e se essa vada nella direzione richiesta dalle associazioni di tutela e intrapresa dagli Stati più virtuosi.
(4-02550)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SARRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel centro storico di Capua (Caserta) sorge la chiesa della SS. Annunziata, uno dei monumenti più importanti della città;

   il complesso edificato nel suo nucleo originario alla fine del XIII secolo, è stato successivamente ampliato grazie alle elargizioni delle più illustri famiglie capuane, quali gli Abenavolo e i Fieramosca, e arricchito con un pregevole soffitto cassettonato e con la superba cupola che la tradizione ricollega all'ingegno di Domenico Fontana;

   la chiesa danneggiata gravemente a seguito dei devastanti bombardamenti inferti alla città di Capua nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, circa trenta anni fa veniva riaperta al culto dopo un imponente intervento di consolidamento;

   attualmente, purtroppo, l'intera struttura, interessata da abbondanti infiltrazioni piovane, versa in uno stato di totale abbandono con preoccupanti segni di cedimento che hanno reso necessario interdire il transito dei pedoni e la sosta dei veicoli nelle aree contigue;

   come è facile intuire, il deperimento della struttura coinvolge anche la parte interna, in particolare il cassonato ligneo che subisce costantemente fenomeni di corrosione a causa delle infiltrazioni. A ciò va aggiunto che anche la tenuta delle statue collocate nel prospetto del monumento risulta compromessa, come testimonia il loro posizionamento sensibilmente inclinato;

   per rimuovere la segnalata situazione di degrado si rende necessario eseguire con urgenza lavori di messa in sicurezza e risanamento conservativo, ai quali dovrà fare seguito un serio programma di manutenzione –:

   se e quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per favorire l'intervento di messa in sicurezza della chiesa della SS. Annunziata in Capua, in un progetto più ampio di riqualificazione e restauro dell'intero immobile.
(4-02542)


   MORELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   è di questi giorni la notizia di un progetto naufragato, che prevedeva la sponsorizzazione da parte del Governo saudita nei confronti del Teatro alla Scala di Milano e che ha creato forti polemiche, ampiamente riportate dagli organi di stampa;

   il consiglio di amministrazione del Teatro ha definitivamente bocciato le ipotesi esposte dal sovrintendente Alexander Pereira e sostenute in sede di consiglio, così come riportato dallo stesso Pereira e dal presidente dell'organismo, il sindaco di Milano Giuseppe Sala;

   il Teatro alla Scala è una istituzione molto importante del nostro Paese, costituisce un patrimonio culturale di notevole rilevanza per la diffusione e la conoscenza della musica e rappresenta il secondo brand italiano più famoso all'estero –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza dell'intera vicenda dalla sua nascita, che pare risalire a dicembre 2018, e se risulti che il presidente del consiglio di amministrazione del Teatro, Giuseppe Sala, avesse rilevato le criticità che hanno portato all'esito attuale.
(4-02551)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, RIZZO, ARESTA, IORIO, IOVINO, ERMELLINO, ROBERTO ROSSINI, DEL MONACO, GIOVANNI RUSSO e CHIAZZESE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione «Strade Sicure» condotta dall'Esercito italiano, ininterrottamente dal 2008, su tutto il territorio nazionale è rivolta al sostegno della pubblica sicurezza e al supporto alle forze di polizia per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio come, ad esempio, rispetto a siti e obiettivi sensibili, centri di accoglienza e centri di identificazione ed espulsione;

   tale operazione, nel corso degli anni, ha registrato notevoli successi, dalla gestione del Giubileo straordinario della Misericordia, al G7 di Taormina, agli interventi a L'Aquila in relazione al sisma del 2009 e nei territori dell'Italia centrale colpiti dal terremoto, certificandosi come una missione valida ed efficace nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità e al terrorismo;

   a fronte degli ottimi risultati conseguiti, si registrano tuttavia delle specifiche criticità soprattutto in relazione alle condizioni di lavoro, al benessere psicofisico nonché rispetto alla retribuzione dei militari impiegati nell'operazione;

   il personale militare, infatti, svolge il proprio turno di lavoro con la cosiddetta «turnazione in quinta» che prevede, dopo l'effettuazione di quattro turni lavorativi da 6 ore, un riposo psicofisico di trentasei ore. Tale turno è adottato da tutte le forze dell'ordine impiegate sul territorio nazionale con la differenza però che, mentre essi svolgono il normale servizio nella loro città o zona di lavoro predefinita e con l'arma a seguito, i militari prestano servizio in accantonamenti spesso lontani dall'effettivo luogo di lavoro, con l'obbligo di ritirare/riconsegnare le armi a fine turno, provocando la conseguente maggiorazione di ore che rendono, di fatto, la turnazione tutt'altro che auto-compensante;

   le suddette difficoltà alloggiative e logistiche comportano, inoltre, l'accumulo di un ammontare di ore di straordinario e di festività da recuperare tale da comprimere le capacità addestrativo/operative dei reparti al limite della sopravvivenza. Infatti, ogni militare impiegato in «Strade Sicure» accumula mediamente 300 ore di recupero compensativo e 30 giorni di festività, ai quali si aggiungono i giorni di licenza ordinaria dell'anno in corso non fruiti. Tutto ciò si tradurrebbe in più di 4 mesi di assenza media dal reparto, assenza resa impossibile dai predetti impegni operativi e dal ciclo di ricondizionamento addestrativo propedeutico alla reimmissione, dopo soli sei mesi dal rientro, nell'operazione in parola;

   in merito alla retribuzione, i militari impiegati nell'operazione percepiscono una paga mensile accessoria pari a circa 800 euro ripartiti in: 663 euro di indennità omnicomprensiva; 14 ore a pagamento per un importo al netto pari a 126 euro mensili; 16 euro (70 centesimi al giorno) di viveri di conforto. Se a tutto ciò si aggiunge anche il ritardo nei pagamenti, è indiscutibile il malumore che si diffonde sovente tra il personale militare impiegato in «Strade Sicure», in considerazione del trattamento differenziato rispetto ai colleghi di altre forze armate o di polizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità sopraesposte e se ritenga opportuno adottare iniziative volte a garantire ai militari che partecipano all'operazione «Strade Sicure» un miglioramento delle condizioni di lavoro, l'adeguamento della retribuzione prevista per la partecipazione all'operazione, come pure la tempestiva corresponsione della stessa, promuovendo altresì tutte le misure necessarie per assicurare e sostenere il benessere psicofisico del suddetto personale militare.
(4-02544)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   FARO e LOVECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Galleria «Passo del Lupo», sulla strada statale 17/VAR «Variante di Volturara», in provincia di Foggia, è stata interessata da interventi di ammodernamento dell'impianto antincendio, lavori che dapprima dovevano eseguirsi durante la prima settimana del mese di settembre 2018; poi, a seguito di una riunione presso la prefettura di Foggia, è stato chiesto ad Anas di rinviare l'interdizione al traffico della galleria; pertanto, la società è stata costretta a rimodulare il cronoprogramma con l'impresa esecutrice, rinviando l'inizio dei predetti interventi intorno alla metà di novembre 2018;

   con l'ordinanza n. 99 emanata dall'Anas spa in data 13 novembre 2018 si disponeva la chiusura della galleria «Passo del Lupo» dalle ore 8,00 del 19 novembre 2018 fino alle ore 18,00 del 1° febbraio 2019;

   nel dettaglio, per l'esecuzione delle attività è stato chiuso al traffico leggero il tratto compreso tra lo svincolo di San Bartolomeo in Galdo (chilometro 3,650) e lo svincolo per Volturino (chilometro 11,250);

   la circolazione leggera è stata deviata, con indicazioni in loco, lungo la strada provinciale 145 (ex strada statale 17);

   nella stessa ordinanza si leggeva inoltre: durante l'esecuzione dei lavori, per i mezzi pesanti con massa superiore alle 7,5 tonnellate la strada statale 17/VAR (dal chilometro 0,000 al chilometro 14,250) interamente interdetta al transito; con indicazioni in loco, il traffico pesante in direzione di Termoli proveniente dalla provincia di Foggia verrà deviato sulla strada statale 16 oppure sull'Autostrada A14 «Adriatica», mentre quello proveniente dalla provincia di Campobasso lungo la strada statale 647 «Fondo Valle del Biferno»;

   tali interventi, così come descritti, rappresentano l'inizio di un calvario, fatto di limitazione della circolazione, cantieri e deviazioni, il tutto aggravato dalle scarse condizioni della rete stradale del Gargano, così come emerge da un report della provincia di Foggia e consegnato in prefettura come atto propedeutico ai vari incontri del contratto istituzionale di sviluppo, dove si evince che il 60 per cento delle strade il cui manto stradale è da rifare ha anche seri problemi di dissesto idrogeologico;

   successivamente ai numerosi interventi del sindaco di Volturino, volti a rimandare i lavori non urgenti, l'Anas provvedeva a riaprire la Galleria di Passo del Lupo, per poi richiuderla il 1° febbraio 2019 per la caduta di calcinacci che ha evidenziato una lesione della calotta in cemento;

   attualmente la Galleria di Passo del Lupo è ancora chiusa e non vi è alcuna data certa circa la riapertura del tratto di strada in questione, nonostante siano in corso gli interventi necessari di messa in sicurezza, anche con turni di lavoro notturni –:

   quali siano le tempistiche certe per la riapertura della Galleria di Passo del Lupo e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire una maggiore sicurezza delle strade statali garganiche, al fine di evitare gli enormi disagi che le popolazioni dei comuni interessati sono costretti a vivere a causa dei lavori in corso di esecuzione.
(4-02543)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   con l'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125 fu disposto l'impiego del personale militare appartenente alle Forze armate per servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle forze di polizia secondo un piano di utilizzo adottato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro della difesa;

   agli albori della succitata legge, per l'appunto circa 11 anni fa, fu delineato un contingente di 500 soldati delle forze armate dispiegati nelle aree ove si ritenne necessario garantire, in presenza di fenomeni di emergenza criminale, un maggiore controllo al fine di garantire sicurezza alla popolazione italiana; nel corso degli anni, a fronte di atti criminali in crescita, emerse l'esigenza di aumentare sul territorio nazionale l'impiego dei militari che ad oggi constano circa 7.200 tra uomini e donne in uniforme, assumendo un ruolo comprimario;

   il personale in questione, benché operi in tale attività da ben 11 anni, per ciò che concerne il ristoro economico, continua tutt'oggi a percepire immutabilmente un indennità giornaliera remota pari a 26 euro fuori sede, un compenso di 13 euro per coloro i quali sono impegnati in sede e 14,5 ore di straordinario mensili; a tal proposito, non si ravvisano tutt'oggi misure atte ad aggiornare i menzionati compensi;

   giova sottolineare che tale attività veniva espletata attraverso un mandato la cui durata era di circa novanta giorni e nel corso degli anni ha subìto un'estensione di permanenza che termina dopo sei mesi, anziché tre, di impiego;

   i militari dell'esercito in tale contesto eseguono una turnazione nei servizi il cui impianto genera inevitabilmente una maturazione di eccesso di ore;

   alla luce di ciò, si rimarca, oltre alla mancanza di fondi per compensare le ore maturate in eccesso, anche quella carenza di personale che preclude ineluttabilmente ai militari coinvolti di poter utilizzare le proprie ore con la formula del recupero psicofisico al rientro presso i propri reparti;

   da considerare, inoltre, l'esempio della Brigata Sassari, che al rientro dall'operazione «strade sicure» dovrà preparare nei prossimi mesi la missione Leonte in Libano programmata per il 2020, per cui vi sarà altro accumulo di ore attraverso le giuste esercitazioni preparatorie;

   l'Esercito ha disposto l'impiego di un contingente articolato su 12 comandi di raggruppamento suddiviso in un totale di 53 piazze; per l'appunto i militari, in forza della legge n. 125 del 2008, la quale li dota della qualifica di agente di pubblica sicurezza, dall'inizio dell'operazione ad oggi hanno effettuato circa 16.000 arresti; risultano 3.300.000 persone controllate e identificate, 1.200 armi sequestrate, 13.000 veicoli controllati e circa 2.300 chilogrammi di sostanze stupefacenti acquisite, ancorché l'Esercito abbia dato il proprio contribuito in termini di sicurezza cooperando con le forze dell'ordine, il «decreto sicurezza» n. 113 del 2018 è stato il veicolo legislativo attraverso il quale sono stati stanziati maggiori fondi per il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alla polizia, ma non anche per quelle svolte dagli uomini e dalle donne in divisa dell'Esercito;

   altro aspetto che, alla stessa stregua, diviene determinante evidenziare riguarda gli oneri di funzionamento; nella fattispecie risulta che, nonostante le coperture finanziarie, il personale non ha mai fruito tra i servizi generali di quelli pertinenti alle esigenze di lavanderia; mentre continuano senza soluzione di continuità i ritardi dei pagamenti delle indennità di «omnicomprensiva» e dello straordinario e il personale si vede pagare il proprio ristoro, nonostante le tantissime rimostranze, con mesi di ritardo;

   va fatto salvo l'impegno dello Stato Maggiore Difesa e dell'Esercito, constatato dal primo firmatario del presente atto personalmente con apposite visite ufficiali, per rimediare a croniche criticità emerse in questi anni, in particolare dal punto di vista alloggiativo e di impiego del personale militare –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intendano adottare al fine di risolvere le criticità emerse e garantire al personale impiegato nell'operazione «Strade Sicure» i doverosi trattamenti economici, erogati nelle corrette tempistiche.
(2-00312) «Deidda, Varchi, Frassinetti, Fidanza, Mollicone, Ciaburro, Bucalo, Zucconi, Lucaselli, Meloni, Lollobrigida, Foti, Prisco, Gemmato, Mantovani, Luca De Carlo, Caretta, Ferro, Osnato, Acquaroli».

Interrogazioni a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   intorno alle ore 3,30 del 16 marzo 2019 si è registrato un nuovo assalto con esplosivo avente come obiettivo lo sportello bancomat della filiale della «Banca Popolare di Bari» situata a Ferrandina in corso Vittorio Emanuele, zona centrale del paese;

   sulla base delle ricostruzioni, quattro uomini a volto coperto hanno raggiunto la banca a bordo di un'auto e hanno fatto esplodere il bancomat, portando via una ingente somma di denaro contenuta all'interno;

   sull'episodio stanno indagando i carabinieri della stazione di Ferrandina;

   purtroppo, non è la prima volta che si registrano episodi del genere, in provincia di Matera, e questo desta preoccupazione nella opinione pubblica;

   Ferrandina è un centro molto importante della provincia di Matera, la cui stazione ferroviaria è di fatto la stazione ferroviaria di accesso a Matera, e ha un'area industriale vasta e importante, nella quale purtroppo si registrano con frequenza furti e azioni contro il patrimonio;

   per tali ragioni, è importante che si attenzioni adeguatamente la domanda di sicurezza proveniente da cittadini e imprese, anche alla luce dell'ultimo inquietante episodio dell'assalto al bancomat –:

   quali iniziative intenda assumere per rafforzare gli organici delle forze dell'ordine in servizio in provincia di Matera e se sia intenzione del Governo, anche in relazione all'evento di Matera capitale Europea 2019, aumentare la dotazione organica del personale in servizio presso la stazione dell'Arma dei carabinieri di Ferrandina.
(3-00631)


   FATUZZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   al commissariato di polizia «Casilino Nuovo» di Roma gli agenti chiedono di lavorare in una sede strutturalmente sicura e conforme a quanto previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (sicurezza sugli ambienti di lavoro), e di avere mezzi idonei per poterlo fare;

   da tempo il Libero sindacato di polizia (Li.Si.Po.) si è rivolto al questore di Roma, segnalando le diverse e gravi problematiche del commissariato de quo;

   si sono rivelati insoddisfacenti i tentativi di discuterne anche con vari interlocutori; inoltre il disinteresse mostrato dall'amministrazione di pubblica sicurezza dà luogo a considerare di segnalare nelle sedi opportune, da un lato, la fatiscenza strutturale dell'attuale immobile sede del commissario P.S., che apparirebbe non pienamente conforme a quanto previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e dall'altra, le difficili condizioni di lavoro e la mancanza di mezzi per poterlo svolgere;

   si registra una lesione dei diritti dei cittadini di quella parte di Roma Capitale, che ivi recandosi, trova barriere architettoniche mai rimosse, che non permettono l'accesso neanche a persone disabili;

   sussiste una acclarata lentezza sul «progetto di spostamento della sede» del commissariato di P.S., e nondimeno un malcontento galoppante che serpeggia tra il personale di polizia, costretto ad operare in condizioni difficili;

   da tempo il Li.Si.Po. sta sostenendo una dura protesta, anche con manifestazioni e volantinaggi davanti allo stesso ufficio di polizia e nei pressi del Ministero dell'interno –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere con tempestività iniziative idonee al fine di dare una risposta alle numerose problematiche operative illustrate che vengono vissute quotidianamente dal personale di polizia e alla necessità di procedere rapidamente a uno spostamento di sede del commissariato di polizia, in funzione della sicurezza dello stesso personale di polizia e dei cittadini che ivi si recano.
(3-00634)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COSTANZO, PALLINI, CIPRINI, DAVIDE AIELLO, PERCONTI, DE LORENZO, CUBEDDU, INVIDIA, TUCCI, SIRAGUSA, GIANNONE e AMITRANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella prima settimana di febbraio 2019 la rappresentanza di Vercelli del sindacato autonomo dei vigili del fuoco Conapo ha incontrato il prefetto Michele Tortora per esporre le problematiche del comando provinciale, dalla mancanza di personale all'assenza di alcuni automezzi di soccorso;

   all'incontro in prefettura erano presenti il vice segretario regionale Alessandro Basile, il segretario provinciale Conapo, Luca Filetti, e Alessandro Boni della segreteria provinciale;

   i rappresentanti del comando vercellese hanno poi ribadito, come riportato dal quotidiano on-line La Sesia in data 6 febbraio 2019, la carenza di personale (37 unità operative su 156 totali, ripartite tra graduati e vigili permanenti, a cui si aggiungono 11 unità assenti per malattie di lunga durata e leggi speciali) con forti limitazioni del turn over e situazioni di stress psico-fisico per i lavoratori che devono rientrate al di fuori del proprio turno per garantire i soccorsi. Tale carenza è accentuata nel ruolo dei capi squadra, per i quali si quantifica un'assenza pari a circa il 75 per cento che influisce sul sistema di soccorso, complicando inoltre la formazione del personale che non può aumentare il proprio bagaglio professionale a causa dello scarso numero del personale in servizio;

   in una nota del Conapo riportata dal quotidiano La Sesia si legge che «altrettanto importante è l'assenza di un'autoscala o piattaforma aerea nella Valsesia, che limita la rapidità di intervento ai piani alti e che espone a maggiori rischi i vigili durante le attività di soccorso»;

   il Sindacato Conapo aveva già fatto presente in una lettera del 10 giugno 2017 al direttore regionale Piemonte dei vigili del fuoco come «a causa della particolare morfologia del territorio, lunga oltre 150 km, le autoscale in dotazione al Comando impiegassero troppo tempo per raggiungere le aree montane, costringendo in via eccezionale il personale operativo a effettuare operazioni congiunte con piattaforme aeree messe a disposizione da altre Amministrazioni»;

   nel territorio comprendente il lago Maggiore, in cui operano battelli e traghetti per il trasporto di mezzi (auto e camion) e fino a 600 passeggeri verso le sponde e le isole Borromee, oltre al trasporto di studenti e lavoratori anche frontalieri, risulta l'utilizzo di una sola e non più idonea imbarcazione antincendio, come riportato dal quotidiano La Stampa in un articolo dell'11 agosto 2018;

   Alberto Antoniazzi, segretario provinciale Conapo di Verbania, aveva denunciato al quotidiano on-line Verbano-24 il 21 luglio 2018 come «nel pieno della stagione turistica l'unico mezzo in grado di garantire un minimo di standard antincendio risulta fuori servizio da quasi un mese, e allo stato attuale non si conoscono i tempi di ripristino»;

   le acque del Verbano, che comprendono anche le tre isole Borromee, Pescatori e Isola Bella, sono le più trafficate rispetto agli altri laghi italiani e per questo necessiterebbero di avere disposizione mezzi navali antincendio, in modo da garantire un efficace e completo servizio di soccorso rivolto alla popolazione che vive e lavora nei pressi del lago in questione –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per garantire con urgenza una piattaforma aerea dislocata presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Varallo Sesia, richiesta rimasta inevasa da circa quattro anni;

   quali iniziative intenda assumere per affrontare la carenza cronica di personale operativo nel Vercellese e per gestire adeguatamente il sistema di soccorso tecnico urgente e presso il lago Maggiore, anche fornendo una nuova e più efficiente imbarcazione antincendio al comando di Verbania.
(5-01734)

Interrogazione a risposta scritta:


   CASO, GRIMALDI, MANZO e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'elenco disciplinato dall'articolo 1 comma 53, della legge n. 190 del 2012 indica le attività maggiormente esposte al rischio infiltrazioni mafiose ed è immediatamente consultabile dalla pubblica amministrazione sia in caso di stipula di contratti che di rinnovo di autorizzazioni e licenze amministrative, senza che la prefettura o altro organo dello Stato debba effettuare specifiche comunicazioni agli enti; l'assenza nell'anzidetto elenco di alcune attività fortemente esposte ad infiltrazioni mafiose rende meno efficace il concreto contrasto all'attività delle imprese criminali, come dimostrano il recente caso del comune di Marano di Napoli relativo a due aziende di onoranze funebri (http://www.terranostranews.it) o quello della Ristorart Toscana in Torino nel 2018 (https://www.lastampa.it) e il caso della Cardamone Group in Cortona nel 2017 (https://ricerca.repubblica.it);

   oltre al settore delle imprese funebri e a quello della ristorazione aziendale, è fortemente esposto al rischio di infiltrazione mafiosa anche quello delle imprese di gestione ambientale per le quali il Consiglio di Stato ha recentemente chiarito che l'adozione dell'interdittiva antimafia non solo impedisce l'iscrizione al relativo albo, ma comporta anche la cancellazione dallo stesso (Consiglio di Stato adunanza plenaria 3/2018), rendendo pertanto necessario l'inserimento anche di tale settore di attività nell'elenco disciplinato dall'articolo 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012 per una più efficace e veloce applicazione del principio chiarito dal giudice amministrativo; l'inserimento nell'elenco disciplinato dall'articolo 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012 delle attività di impresa funebre, piuttosto che di refezione scolastica e aziendale o di gestione ambientale consentirebbe agli enti interessati di poter immediatamente applicare le dovute sanzioni e restrizioni, anche revocando licenze e permessi che consentono alle aziende di operare; l'elenco summenzionato può essere aggiornato «con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti» (articolo 1, comma 54, della legge n. 190 del 2012) –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per integrare l'elenco di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012 includendovi anche le attività delle imprese funebri e di vendita di oggetti funerari, le imprese di gestione ambientale e le imprese di ristorazione e preparazione e fornitura di cibi e pasti per mense.
(4-02547)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CIMINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante la «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», cosiddetta legge della «Buona scuola» del Governo Renzi – il cui obiettivo precipuo doveva essere la scomparsa del precariato nelle scuole – alla luce di quanto previsto all'articolo 1, comma 131, ha di fatto imposto ai docenti precari di presentare domanda, pena, dopo il terzo anno di servizio, l'esclusione dalle graduatorie e l'impossibilità di insegnare nella scuola;

   la stragrande maggioranza dei docenti precari è stata, però, tradita nelle proprie aspettative, dal momento che la stabilizzazione tanto attesa si è trasformata in un incubo: immissioni in ruolo per docenti anche over quaranta e cinquanta costretti alla mobilità forzata al Nord, sradicati dalla scuola meridionale a cui avevano apportato il proprio contributo per anni. Difatti, benché migliaia di docenti ammessi al procedimento straordinario di reclutamento avessero fino a quel momento lavorato per maturare i titoli necessari all'assunzione in quel determinato contesto provinciale, la riforma ha imposto loro, draconianamente, una scelta sull'intero reticolo nazionale, senza tener conto, tra l'altro, delle rispettive situazioni personali e dei carichi familiari;

   la ricaduta economica della riforma sulla «Buona scuola» nel sud Italia e, in particolare, in Sicilia è stata e continua a essere perniciosa: gli insegnanti fuori sede spendono tutto lo stipendio al Nord in affitti e viaggi, impoverendo ulteriormente il proprio tessuto sociale, già gravemente intaccato dalla crisi di questi anni;

   in altre parole, quello operato dalla legge 107 del 2015 è stato un silente quanto censurabile «saccheggio» intellettuale, culturale ed economico che ha interessato principalmente il Meridione;

   se non verranno ripristinati il merito e l'equità, si prospettano ineludibili difficoltà e ingiustizie per questi docenti e per le loro famiglie sottoposte a costanti sacrifici e divisioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   quali iniziative intenda assumere per garantire il rientro dei docenti costretti a lasciare le regioni di appartenenza, al fine di porre rimedio al vulnus creato dalla riforma denominata «Buona scuola», sì da tutelare i diritti delle persone e dei lavoratori che la Carta costituzionale garantisce, tenendo conto, peraltro, degli innumerevoli posti liberi venutisi a creare nel Meridione sia con la cessazione dal servizio di diversi docenti grazie al provvedimento «quota 100», sia con la misura introdotta mediante la legge di bilancio 2019 per incrementare il tempo pieno.
(3-00633)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, MARZANA, CASA, PERCONTI, CANCELLERI, NESCI, SEGNERI, RIZZO, PAPIRO, FICARA e VARRICA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la riduzione e/o l'azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato, ossia il contributo di finanza pubblica per il periodo 2015-2018 previsto dalla legge di stabilità n. 190 del 2014, ha reso disastrosa la situazione finanziaria delle ex province e ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza;

   le disponibilità finanziarie sempre più esigue hanno impedito l'approvazione del bilancio di previsione 2018-2020 del Libero consorzio comunale di Ragusa. La condizione di predissesto ha addirittura costretto il dirigente del settore della pubblica istruzione a disdire i contratti di locazione degli edifici privati di Modica dove sono allocati l'Istituto alberghiero «Principi Grimaldi» il convitto ad esso riferito e i locali della sezione staccata di Chiaramonte Gulfi a partire dal 1° settembre 2019, cioè con l'inizio del nuovo anno scolastico;

   l'articolo 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che ha per oggetto il trasferimento di compiti e funzioni alle province e ai comuni in materia scolastica, attribuisce alle province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, le competenze concernenti la programmazione dell'offerta formativa e la pianificazione della rete scolastica con l'istituzione, l'unione, la soppressione di scuole, la predisposizione del piano di utilizzazione degli edifici, di uso delle attrezzature e la sospensione delle lezioni in casi urgenti e gravi;

   la disdetta dei contratti di locazione costringerà i dirigenti scolastici alla soluzione dei doppi turni nei locali di proprietà del Libero consorzio comunale di Ragusa;

   il ricorso ai doppi turni in una scuola priva dei requisiti necessari per un istituto alberghiero non è perseguibile;

   in mancanza di ambienti didattici idonei il diritto allo studio così come sancito dagli articoli 33 e 34 della Costituzione rischia di essere gravemente leso –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di individuare una soluzione che consenta di garantire e tutelare il diritto allo studio degli studenti dell'istituto alberghiero «Principi Grimaldi» di Modica, del relativo convitto e della sede della sezione distaccata di Chiaramonte Gulfi.
(4-02548)


   GOLINELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stanzia le risorse per assegnare le borse di studio agli studenti universitari;

   le aziende regionali per il diritto allo studio, gestiscono questi fondi per finanziare le borse di studio per gli studenti italiani e stranieri; la soglia massima Isee (situazione economica) e Ispe (situazione patrimoniale) per poter usufruire della borsa di studio, alla quale è collegato anche l'esonero totale delle tasse universitarie, è per l'Isee di 23.000 euro e per l'Ispe di 50.000 euro;

   la dichiarazione Isee è soggetta al doppio controllo di Inps e Agenzia delle entrate, che acquisiscono anche i dati dalle banche e dagli uffici postali; quindi lo studente italiano è obbligato a dichiarare tutto;

   lo studente straniero, invece, per concorrere alla borsa di studio deve inviare la documentazione estera, legalizzata dalle ambasciate italiane all'estero e, nella maggior parte dei casi, dai documenti inviati risultano nuclei familiari con redditi molto bassi e assenza di proprietà immobiliari;

   i requisiti per l'ottenimento del visto per motivi di studio per l'immatricolazione all'università presuppongono, però, che lo studente straniero dimostri di avere mezzi economici di sussistenza pari a 453 euro al mese e ciò non collima con le dichiarazioni dei redditi del nucleo familiare che gli studenti presentano per poter usufruire dei benefici, nelle quali si dichiara che nessun membro della famiglia lavora e che quindi i componenti sono privi di reddito;

   le ambasciate che hanno dichiarato che non sono in grado di convalidare i documenti degli studenti hanno chiesto, ottenendolo, di accogliere le attestazioni autocertificate dagli studenti che si dichiarano nullatenenti;

   l'importo massimo della borsa di studio è di 5200 euro per gli studenti fuori sede (gli stranieri risultano tutti fuori sede) e viene erogata in due tranche, la prima a dicembre e la seconda a giugno-luglio e, per avere l'ultima rata, occorre dimostrare di aver conseguito un certo numero di crediti formativi;

   molti studenti stranieri, dopo aver incassato la prima rata di 2500 euro circa spariscono e non sono più rintracciabili, mentre gli studenti italiani che non maturano i crediti previsti dal bando devono restituire la prima rata, essendo soggetti alle banche dati e ad Equitalia –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla verifica delle documentazioni estere validate dalle ambasciate, che permettono agli studenti stranieri di usufruire della borsa di studio e dell'esonero totale dalle tasse universitarie, per evitare abusi e garantire il diritto allo studio agli studenti davvero indigenti, sia stranieri che italiani, se intenda adottare iniziative per rimodulare le risorse destinate agli studenti stranieri alla luce delle loro effettive necessità economiche.
(4-02552)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA, LUCA DE CARLO, CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   tra la prima settimana di maggio 2018 e per tutto il periodo estivo e autunnale, il territorio della Sardegna è stato interessato da fenomeni meteorologici di carattere eccezionale, al punto da porre l'intero comparto agricolo e zootecnico in una condizione di forte sofferenza, che ha raggiunto livelli tali da assumere il carattere di straordinaria emergenza;

   per la crisi del comparto agricolo sono stati determinanti gli episodi localizzati di forte intensità, anche accompagnati da violente grandinate, i quali hanno determinato, oltre alla compromissione delle produzioni in atto, anche fenomeni diffusi di ruscellamento, smottamenti e allagamenti;

   il quadro già critico dei danni sulle produzioni agricole è stato ulteriormente aggravato dal persistere delle precipitazioni in quasi tutto il mese di settembre 2018 e dagli ulteriori episodi temporaleschi particolarmente intensi intervenuti nel mese di ottobre, i quali hanno devastato i territori colpiti determinando ingenti danni alle infrastrutture, alle attività produttive, alle abitazioni, alla viabilità;

   l'Agenzia Argea Sardegna ha evidenziato, oltre ai danni alle produzioni conseguenti ad allagamenti nei campi appena seminati o affienati, anche danni strutturali alle aziende, oltre che al sistema viario che ha pure impedito, causando l'inagibilità di molte strade, di raggiungere gli ovili con conseguente ulteriore danni anche agli allevamenti;

   le produzioni interessate dai citati fenomeni rientrano tra quelle che possono essere ammesse all'assicurazione agricola agevolata, ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, recante «Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38», il quale reca la normativa del nuovo fondo di solidarietà nazionale (Fsn);

   con l'ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 558 del 15 novembre 2018, i benefici di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004 sono stati estesi anche alle imprese agricole che non abbiano sottoscritto polizze assicurative e che abbiano riportato danni a produzioni, strutture e impianti;

   al fine di favorire la ripresa economica e produttiva, possono essere concessi: a) contributi in conto capitale per i danni alle produzioni ed alle scorte aziendali; b) prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio dell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso e per l'anno successivo; c) la proroga, per una sola volta, e per non più di 24 mesi, delle scadenze delle rate delle operazioni di credito agrario di esercizio e di miglioramento e di credito ordinario effettuate dalle imprese agricole; e) l'esonero parziale, fino a un massimo del 50 per cento, del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali propri e per i lavoratori dipendenti, in scadenza nei dodici mesi successivi alla data in cui si è verificato l'evento;

   la giunta regionale sarda, con deliberazione n. 9/43 del 22 settembre 2019, ha richiesto al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo l'adozione di un provvedimento che riconosca espressamente, ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2004 con le deroghe previste dall'ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 558 del 15 novembre 2018, il carattere di eccezionale avversità atmosferica in relazione agli eventi verificatisi da maggio a novembre 2018 nei territori delimitati della regione Sardegna –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di riconoscere il carattere di eccezionale avversità atmosferica in relazione agli eventi verificatisi tra il maggio e il novembre 2018 nei territori della regione Sardegna, oltre a prevedere la concessione, alle aziende interessate, delle provvidenze di cui all'articolo 5, comma 2, lettere a), b), c) e d), comma 3, del decreto legislativo n. 102 del 2004, anche in relazione ai danni alle strutture aziendali e alle scorte.
(4-02546)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   PENNA, GRIPPA, PARENTELA, MENGA e CASA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 9 novembre 2015 «Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972» aveva previsto un progetto pilota volto alla produzione di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis per fini terapeutici da svolgere presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e relativa distribuzione su tutto il territorio nazionale della durata di ventiquattro mesi a decorrere dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (30 novembre 2015);

   il decreto prevedeva che, durante tale periodo, fossero effettuate verifiche relative al raggiungimento dei risultati attesi, che venisse garantita una produzione fino a 100 chilogrammi di infiorescenze di cannabis e che la produzione industriale sarebbe stata effettuata in base alle richieste delle regioni e province autonome in relazione al numero dei pazienti trattati, in assenza delle quali la produzione della sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sarebbe stata effettuata in base al consumo nazionale degli ultimi due anni al fine di assicurare continuità terapeutica;

   il decreto prevedeva norme in merito alle prescrizioni magistrali (legge n. 94 del 1998) che, tra le altre cose, garantivano prescrizioni con dati anonimi relativi a età, sesso, posologia in peso di cannabis ed esigenza di trattamento per fini epidemiologici, così come previsto dal progetto pilota;

   per tutelare l'anonimato, occorreva la compilazione di un'apposita scheda per la raccolta dei dati dei pazienti trattati da inviare all'azienda sanitaria locale territorialmente competente secondo le indicazioni che le stesse regioni avrebbero dovuto fornire al Ministero della salute;

   sono trascorsi abbondantemente i ventiquattro mesi previsti dal decreto –:

   se i dati siano stati raccolti e quando verranno pubblicati;

   quale sia la valutazione degli esiti del progetto pilota e se questi abbiano portato a una revisione del reale fabbisogno di prodotti terapeutici a base di cannabis;

   se vi siano stati sviluppi relativamente al prezzo bloccato dalle cannabis che aveva sollevato perplessità da parte degli ordini dei farmacisti;

   se e quando inizieranno i corsi di formazione e informazione degli operatori sanitari coinvolti e le campagne informative rivolte alla cittadinanza, relativamente alla prescrivibilità dei prodotti provenienti dallo Stabilimento farmaceutico militare di Firenze e di quelli importati dai Paesi Bassi e Germania;

   se il Ministro sia a conoscenza di quanti e quali studi clinici sono in corso in Italia.
(3-00629)


   MANDELLI e SACCANI JOTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il tabagismo è il primo fattore di rischio delle malattie croniche non trasmissibili; infatti, il fumo di tabacco è considerato la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile nel mondo occidentale;

   il fumo è il principale responsabile di malattie all'apparato respiratorio e cardiovascolare;

   nei Paesi sviluppati si calcola che, per tutti i tumori, la percentuale di decessi attribuibili al fumo di tabacco, varia tra il 25 per cento e il 30 per cento;

   in particolare, la percentuale di tumori del polmone associabili al fumo è circa del 90 per cento negli uomini e del 70 per cento nelle donne, mentre per i tumori dell'esofago, della laringe e della cavità orale l'effetto attribuibile al fumo di tabacco, sia da solo che in combinazione con il consumo di bevande alcoliche, è di oltre il 50 per cento in entrambi i sessi;

   inoltre, anche buona parte dei tumori della vescica e del pancreas, e una percentuale minore di tumori del rene, dello stomaco, della cervice e della leucemia mieloide sono stati associati al fumo;

   nei Paesi industrializzati il 25-30 per cento di tutte le neoplasie ha tra le sue cause il tabacco, responsabile del tumore del polmone nell'83-92 per cento dei casi negli uomini e nel 57-80 per cento dei casi nelle donne;

   nel 2015 il Global Burden of Disease Study dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), analizzando i dati di 195 Nazioni, ha rilevato che il fumo di tabacco è responsabile dell'11,5 per cento di tutte le morti al mondo;

   l'Oms, con il piano di azione globale 2014-2020 per il controllo delle malattie croniche non trasmissibili, ha previsto l'obiettivo finale della riduzione del 25 per cento della mortalità precoce per le malattie non trasmissibili entro il 2025; per raggiungere questo scopo gli Stati membri, tra cui l'Italia, si sono impegnati, tra l'altro, a ridurre la prevalenza dei fumatori del 30 per cento entro il 2025 –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per ridurre il tabagismo, anche attraverso campagne informative che coinvolgano le scuole di ogni ordine e grado.
(3-00630)


   MANDELLI e SACCANI JOTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nell'edizione 2018 del «Global status report on alcohol and health», che presenta un quadro completo del consumo di bevande alcoliche e del carico di malattia attribuibile all'alcol in tutto in mondo e che descrive le azioni dei Paesi per ridurre questo grave problema di sanità pubblica, ha segnalato che, in tutto il mondo, nel 2016, più di 3 milioni di persone sono morte a causa di un uso dannoso di alcol (il 5,3 per cento di tutti i decessi). L'uso dannoso di bevande alcoliche è un fattore causale in oltre 200 malattie, incluso il cancro, e di situazioni d'infortunio e incidentalità. L'uso di alcol, ai livelli medi di circa 30 grammi di consumo medio pro capite, genera ogni anno, complessivamente, il 5,1 per cento del carico globale di malattia e infortuni – misurato in anni di vita persi per malattia, disabilità o morte prematura (DALYs, Disability Adjusted Life Years);

   a livello mondiale si stima che 237 milioni di uomini e 46 milioni di donne soffrano di disturbi legati al consumo di alcol, con le prevalenze più alte nella regione europea (14,8 per cento uomini e 3,5 per cento donne) e in quella delle Americhe (11,5 per cento uomini e 5,1 per cento donne);

   in tutto il mondo, più di un quarto (27 per cento) di tutti i ragazzi di 15-19 anni consuma alcolici e i tassi di consumo di alcol per questa fascia d'età sono in assoluto e per frequenza i più alti registrati: in Europa (44 per cento), Americhe (38 per cento) e Pacifico occidentale (38 per cento). Alcune indagini svolte a livello scolastico indicano che, in molti Paesi, l'uso di alcol inizia ben prima dei 15 anni con differenze molto piccole tra ragazzi e ragazze;

   la tendenza in Italia è misurata attraverso il Sisma (Sistema monitoraggio alcol), gestito dall'Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell'Istituto superiore di sanità e dal Centro Oms per la ricerca e la promozione della salute sull'alcol, a fronte del mandato del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulle sorveglianze, producendo la statistica formale del piano statistico nazionale confluente nella relazione annuale del Ministro della salute al Parlamento ai sensi della legge n. 125 del 2001;

   in Italia, si stimano 800 mila minorenni italiani di età compresa tra i 16 e i 17 anni a fronte di 8,6 milioni di adulti che cadono nella stessa emergenza. Sono gli adolescenti che fanno abuso di alcol, con punte che toccano anche gli 11-12 anni, non soltanto nelle uscite serali con gli amici ma anche lontano dai pasti, in alcuni casi al parco dopo scuola;

   basti pensare che nella fascia tra i 18 e i 24 anni l'abitudine più diffusa è quella del binge drinking, ovvero l'assunzione di bevande alcoliche al di fuori dei pasti in un breve arco di tempo: fenomeno che riguarda il 17 per cento del campione interessato da uno studio svolto a cura della Casa del Giovane di Pavia e della Fondazione Exodus;

   secondo l'Oms ogni Paese dovrebbe impegnarsi a ridurre i costi sanitari e sociali legati all'uso dannoso di sostanze alcoliche, promuovendo azioni di provata efficacia e incentivando le campagne informative anche presso le scuole di ogni ordine e grado –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per ridurre il consumo di alcol, soprattutto tra i giovanissimi, e ridurre altresì sensibilmente i 25 miliardi di euro stimati dall'Oms, di costi sanitari e sociali legati all'abuso di alcol.
(3-00632)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SURIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana afferma, al comma primo, che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti;

   la sclerosi laterale amiotrofica (Sla), è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria che, nella maggior parte dei casi nell'arco di pochi anni, porta alla morte del paziente;

   questa malattia, pur bloccando progressivamente tutti i muscoli, non toglie la capacità di pensare e la volontà di rapportarsi agli altri. La mente resta vigile ma prigioniera in un corpo che diventa via via immobile, rendendo di fatto ancora più drammatica la situazione;

   ad oggi in Italia non esiste un registro nazionale sulla Sla, a parte un'iniziativa di Aisla del 2017, che raccolga e tenga traccia delle diagnosi effettuate e del numero delle persone che ne sono colpite;

   negli ultimi anni le ricerche e le sperimentazioni si sono moltiplicate e con queste la speranza da parte dei malati di riappropriarsi della propria vita e sollevare la famiglia che inevitabilmente viene coinvolta in maniera gravosa;

   nel tempo le persone colpite da una patologia così grave sono state lasciate sole e si sentono abbandonate dalle istituzioni;

   sono in atto alcune cure sperimentali Rns60 (una soluzione fisiologica addizionata di nanobolle di ossigeno) in 18 centri italiani per i quali bisogna avere la malattia da non oltre 2 anni ed età compresa tra i 18 ed i 70 anni;

   già in passato sono state fatte delle cure sperimentali con simili criteri, con una durata della malattia dall'esordio inferiore ai 24 mesi –:

   se si stiano assumendo iniziative per predisporre un registro dei malati di sclerosi laterale amiotrofica;

   come il Ministro interrogato intenda divulgare i risultati delle ricerche in corso di sperimentazione, che unite alle precedenti già eseguite, diano un quadro dei passi avanti compiuti dalla ricerca;

   se siano in programma altre sperimentazioni con altri criteri diversi da quelli in atto;

   se sia ancora attiva la Consulta delle malattie neuromuscolari, quali risultati abbia raggiunto e come si intendano superare eventuali criticità emerse rispetto all'assistenza erogata, nelle diverse aree del Paese, fornendo indicazioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali appropriati ed efficaci.
(5-01729)

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'orticaria cronica spontanea (Csu) è una malattia autoimmune che assume caratteri di severità tale da interferire pesantemente con la qualità di vita del paziente, causandone un deterioramento progressivo;

   i pazienti presentano angioedemi e pomfi su tutto il corpo, hanno difficoltà a respirare, limitazioni funzionali che non rispondono alla somministrazione di antistaminici, anche se assunti ad alte dosi;

   la patologia colpisce sia bambini che adulti e anziani e in Italia i malati oscillano tra lo 0,5 e l'1 per cento della popolazione;

   i pazienti, dal 2015, sono stati trattati con Omalizumab, farmaco privo di effetti avversi di rilievo e in grado di determinare la regressione completa della manifestazione clinica nel 70 per cento dei casi;

   la loro vita è cambiata grazie a tale farmaco, poiché hanno recuperato libertà di lavorare e di svolgere normali mansioni quotidiane;

   l'Aifa, a differenza di autorità di altri Paesi europei ed extra europei, ha previsto nel decreto del 31 luglio 2015 un piano terapeutico che include solo 11 infusioni per tale farmaco, pur non esistendo alternative farmacologiche in termini di pari efficacia e sicurezza;

   dagli studi nazionali e internazionali e dai dati «real life», i pazienti che recidivano all'interruzione del trattamento sono oltre il 60 per cento, per cui, se non trattati, ripiombano nel drammatico iter di ospedalizzazioni, con ripetuti accessi al pronto soccorso;

   il monitoraggio e gli effetti collaterali dei trattamenti alternativi ad Omalizumab (corticosteroidi orali, ciclosporina A, eccetera), unitamente alla persistenza di una forma severa di orticaria cronica spontanea, comportano un costo per il servizio sanitario nazionale in termini di indagini ematologiche, visite mediche, accessi al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri di gran lunga superiore al costo del prolungamento della terapia con Omalizumab;

   il 13 febbraio 2019, i pazienti di Csu riuniti nell'associazione nazionale Arco hanno incontrato rappresentanti dell'Aifa e hanno presentato i dati aggiornati in merito alla patologia, le linee guida internazionali e l'urgenza di riattivare il piano terapeutico, rendendolo ripetibile come accade per tutte le patologie croniche;

   l'Aifa, a seguito dell'incontro, ha richiesto all'azienda farmaceutica Novartis di consegnare entro il 28 febbraio un dossier aggiornato relativo alla patologia e agli effetti positivi dell'Omalizumab, oltre le 11 infusioni;

   i pazienti segnalano anche la consueta disparità legata all'utilizzo del farmaco nelle regioni italiane: in Lombardia, Liguria e in Abruzzo l'uso del farmaco oltre le 11 infusioni è stato bloccato, come peraltro previsto dal decreto, mentre nelle restanti 17 regioni il farmaco viene prescritto a discrezione dello specialista ben oltre le 11 infusioni –:

   se e in che modo il Ministro interrogato intenda assicurare ai pazienti, sotto stretta prescrizione medica, le infusioni di Omalizumab anche oltre le 11 somministrazioni previste dal decreto dell'Aifa, qualora le condizioni del paziente lo rendano necessario.
(4-02549)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   sulle prospettive di Aferpi di Piombino, l'incontro tenutosi al Ministero dello sviluppo economico il 19 febbraio 2019 tra il management dell'azienda, le parti sociali e il Governo, per le valutazioni sugli sviluppi del piano industriale di Jindal, è stato definito «positivo» dal vice capo di gabinetto del Ministro dello sviluppo economico Giorgio Sorial. Un incontro, secondo le parole dello stesso vice capo di Gabinetto, nel corso del quale «è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento del piano industriale e degli impegni assunti da Jsw Steel Italy srl con il Ministero e la Regione, formalizzati nell'Accordo di programma sottoscritto in occasione del passaggio di proprietà dell'azienda», incentrati in particolar modo sul riavvio del sito di Piombino e sui livelli occupazionali. Riguardo agli investimenti, precisa poi il medesimo «sono a disposizione risorse già previste nell'Accordo di Programma e destinate alla riqualificazione ambientale dell'area, direttamente correlate agli investimenti che l'azienda si è impegnata a realizzare»;

   «L'azienda», si legge in una nota diramata dallo stesso Ministero dello sviluppo economico, «ha illustrato i passi che finora hanno consentito il riavvio di tre linee di laminatoi nel sito di Piombino, con il reimpiego in media di 630 lavoratori a tempo pieno. Per il primo trimestre del 2019 è previsto inoltre un ulteriore aumento della produzione di rotaie, barre e vergella a seguito delle commesse ricevute da Rfi e da altri soggetti, che permetterà entro il mese di marzo di aumentare anche il numero dei lavoratori reimpiegati». Con la stessa nota è stato infine assicurato «il rispetto degli impegni per nuovi investimenti sul sito e sulla sicurezza dei lavoratori, anche nell'ambito delle bonifiche e della demolizione dei vecchi impianti presenti nell'area»;

   la nota chiude anticipando un nuovo tavolo di monitoraggio sul sito siderurgico previsto entro la fine del mese di maggio 2019;

   su quanto riportato dall'azienda vi sono, da parte dei lavoratori di Aferpi, informazioni discordanti. In particolare, con il riferimento al citato dato di 630 lavoratori impiegati a tempo pieno, si riscontrano numeri decisamente inferiori di lavoratori attivi. Inoltre, non si comprende come si possa accennare ad un incremento occupazionale nonostante il prospettato ridimensionamento fino al 30 per cento delle maestranze previste in numerose postazioni di lavoro;

   l'azienda, in occasione della firma dell'ultimo accordo di programma, ha fatto promesse e indicato ipotesi di sviluppo (senza precisi impegni) sempre condizionate ad auspicabili andamenti favorevoli del mercato e dei profitti (la cosiddetta «fattibilità economica»). Di contro, nella medesima occasione, ha imposto impegni precisi e perentori per le concessioni di agevolazioni finanziarie (per parecchie decine di milioni di euro) e di cassa integrazione guadagni (cig) obbliganti la parte pubblica;

   l'esito della cosiddetta «verifica» del 19 febbraio 2019 era prevedibile: impegni ribaditi da parte aziendale, ma indefiniti e, quindi, inverificabili in quanto a tempi e contenuti; qualche imbarazzo da parte del Governo e delle amministrazioni locali per quanto si erano impegnati a fare; una pesante incertezza sugli sviluppi futuri della Cig;

   verosimilmente, a parere dell'interrogante anche la prossima verifica di maggio potrebbe approdare ad un esito analogo. Altra incognita è rappresentata dalla scadenza, a fine anno, del cosiddetto «piano di fattibilità», poiché tale scadenza, non essendo formalmente perentoria, potrebbe essere rinviata a piacimento;

   al di là degli aspetti formali degli accordi, occorrerebbe piuttosto osservare l'azienda sul fronte della conduzione concreta dello stabilimento. Non sono, infatti, di buon auspicio tutte le recenti scelte di risparmio sulla manutenzione di impianti ormai fatiscenti, di riduzione del personale e di investimenti sui treni e la totale assenza di segnali tangibili di impegni (in termini di consulenze, progetti, iter autorizzativi e altro) che riguardino il colaggio dell'acciaio;

   le tattiche, a giudizio dell'interpellante, dilatorie condotte fino ad oggi da Governo e amministrazioni locali hanno finito con il mettere il cappio al collo ai lavoratori ed alla città, favorendo un gioco al rinvio (a cominciare dai 18 mesi concessi per la presentazione del «piano di fattibilità») che logora impianti, mercati, lavoratori e un'intera comunità che, invece, ambisce al rilancio della sua economia attraverso l'utilizzo di nuove aree da liberare per la diversificazione economica –:

   in vista del prossimo tavolo di monitoraggio sul sito siderurgico, previsto entro la fine del mese di maggio 2019, quali iniziative il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda mettere in atto al fine di verificare adeguatamente l'avanzamento del piano industriale e dare effettiva operatività agli impegni assunti da Jindal.
(2-00311) «Fassina».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza del 6 settembre 2018 il tribunale di Genova ha dichiarato il fallimento dell'operatore genovese del settore del welfare aziendale, dei buoni pasto, dei sistemi di pagamento e dei programmi di fidelizzazione Qui! Group. Quest'ultima avrebbe maturato circa 326 milioni di euro di debiti, 200 dei quali sarebbero nei confronti di circa 15.000 esercenti creditori (bar, ristoranti, supermercati e altri);

   oltre ad aver generato un grave problema occupazionale in relazione al licenziamento dei circa 600 lavoratori dell'azienda, le conseguenze di questo infausto evento si sono inesorabilmente abbattute anche su tutti i commercianti che vantano crediti da decine di migliaia di euro nei confronti di Qui! Group. I curatori fallimentari, che sono stati nominati dal tribunale di Genova, sono chiamati a risollevare le sorti delle numerose attività imprenditoriali, che già attraversavano una profonda crisi a causa dei crediti vantati nei confronti di Qui! Group ma che, con la dichiarazione di fallimento, rischiano di dover chiudere i battenti. Per ogni creditore, dal momento della dichiarazione di fallimento, si apre infatti un capitolo fatto di questioni burocratiche e legali;

   il 20 febbraio 2019 si è tenuta la prima adunanza con centinaia di esercenti creditori presso il tribunale di Genova, il quale ha deciso che i primi a essere liquidati saranno i crediti in prededuzione in favore dei lavoratori: 600 coinvolti tra Qui! Group e le sue controllate, che sono stati per buona parte licenziati. Seguiranno i creditori privilegiati e i chirografari, a cui andranno somme molto limitate. Il giudice, nel corso dell'adunanza ha anche deciso che seguiranno altre tre udienze per i creditori, due delle quali si terranno il 17 aprile e il 23 ottobre;

   il fallimento di Qui! Group s.p.a. esprime la vulnerabilità di un sistema che premia offerte economicamente insostenibili e impone una riforma della normativa vigente. Infatti, le distorsioni dell'attuale mercato dei buoni pasto necessitano di una celere correzione della normativa attualmente in vigore, considerate anche le ineluttabili preoccupazioni ricollegate alle prossime aggiudicazioni. Il Governo, dunque, non può assolutamente lasciare senza tutele le migliaia di imprese creditrici coinvolte nel fallimento dell'azienda in questione, e deve per questo considerare la predisposizione di strumenti che riducano i danni economici per gli esercenti creditori presenti e per quelli futuri –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di evitare perdite economiche per gli esercizi e le imprese convenzionate con Qui! Group;

   se il Ministro interrogato, intenda porre in essere iniziative volte ad estendere, nell'ambito dei contratti di affidamento dei servizi sostitutivi di mensa, la garanzia definitiva di cui agli articoli 103 e 104 del decreto legislativo n. 50 del 2016 anche a copertura delle inadempienze delle società di emissione nel pagamento delle prestazioni effettuate da parte degli esercizi convenzionati, fornendo in tal modo uno strumento di garanzia e tutela per quest'ultimi in caso di futuri casi simili a quello richiamato.
(4-02545)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Mammì e altri n. 4-02518, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ianaro.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fiano e altri n. 5-01694, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Bruno Bossio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzo n. 5-01701, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Costanzo, Ciprini, Villani, Davide Aiello, Cubeddu, Invidia, Giannone, Amitrano, Pallini, Siragusa, Tucci, Vizzini, Segneri.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzo n. 5-01702, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Costanzo, Ciprini, Davide Aiello, Cubeddu, Invidia, Amitrano, Giannone, Pallini, Siragusa, Tucci, Vizzini, Segneri.

  L'interrogazione a risposta scritta Iorio e Del Monaco n. 4-02538, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ermellino, Giovanni Russo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Costa n. 5-01726, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Bartolozzi.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:

   interrogazione a risposta in Commissione Stumpo n. 5-01252 del 17 gennaio 2019.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata in Commissione Currò n. 5-01719 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 145 del 20 marzo 2019.
  Alla pagina 5395, seconda colonna, alla riga quarantatreesima, deve leggersi: «TRANO. – Al Ministro dell'economia e», e non come stampato.