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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 6 marzo 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    Il Pew Research Center di Washington ha girato una domanda a un campione di esperti sulle tecnologie dell'informazione e sulla possibilità che siano destinate a cancellare più posti di lavoro di quanti ne creeranno; secondo il 48 per cento degli interpellati, con la nuova ondata di innovazione le macchine sostituiranno anche parte dei lavoratori specializzati, mettendo a repentaglio l'ordine sociale. L'altra metà degli esperti è invece convinta del contrario: la tecnologia sarà in grado di creare più posti di lavoro rispetto a quelli che andranno perduti;

    la ricerca Skills Revolution, condotta da Manpower Group tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo e presentata al World Economic Forum 2017 di Davos, vede la percentuale di «ottimisti» salire addirittura all'83 per cento del totale. Secondo la ricerca l'automatizzazione e la digitalizzazione faranno crescere il lavoro, in particolare in Italia: tra i 43 Paesi oggetto dell'indagine è proprio nel nostro che si stima una creazione di nuovi posti tra il 31 per cento ed il 40 per cento del totale, al netto naturalmente dell’«upskilling», ossia aggiornamento delle competenze professionali;

    la chiave del successo nel rapporto tra tecnologia e lavoro deve abbracciare la rivoluzione digitale, a partire dai banchi di scuola. Lo ha sottolineato anche Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, nel suo report Robot and Industrialization in Developing Countries: «(...) Bisogna ridisegnare i sistemi educativi – si legge nel documento – in modo da creare le competenze manageriali e professionali necessarie a lavorare con le nuove tecnologie (...)»;

    per far fronte a quello che non è un cambiamento lineare ma una vera e propria «rottura» bisogna impegnarsi al fine di dotare le scuole di un supporto tecnologico adeguato;

    il vero cambiamento mentale da sostenere è la possibilità di diventare protagonisti e creatori della tecnologia stessa già in tenerissima età, attraverso corsi che stanno accelerando il modo di «vivere digitale» dei giovanissimi e stanno dando una carta in più per un inserimento professionale sicuro nella società «iper tecnologica» di domani. Si tratta dei nuovi programmi formativi di coding (ovvero della programmazione);

    il concetto di coding va ben oltre la sua traduzione letterale in «codifica o programmazione», ma indica «l'uso di strumenti e metodi intuitivi di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale»;

    l'efficacia del coding nello sviluppo dei ragazzi è così rilevante che la Commissione europea dal 2013 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e alfabetizzazione funzionale denominata «Europe Code Week»;

    molte esperienze stanno dando grandi risultati se si considera che le scuole italiane sono state protagoniste del 45 per cento delle attività organizzate durante l'ultima edizione di Europe Code Week;

    sono decine di migliaia gli insegnanti che si sono formati nel nostro Paese, coinvolgendo oltre un milione di bambini;

    il coding utilizzato nella pratica didattica è un metodo, uno strumento da applicare alla didattica per innescare nuove dinamiche all'interno della classe, favorire il lavoro in gruppo, fare squadra, coinvolgere tutti;

    il progetto di digitalizzazione delle istituzioni scolastiche è stato uno dei pilastri fondamentali della «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015) che ha posto al centro della didattica l'educazione digitale; la «Buona scuola» ha sancito la necessità di riportare al centro la didattica laboratoriale, come punto d'incontro essenziale tra sapere e saper fare;

    gli studenti che oggi frequentano le scuole appartengono alla così detta generazione dei «centennials», di coloro che non ha mai vissuto senza connessione;

    per questa nuova generazione il coding è un modo di comunicare, di imparare e sviluppare il proprio pensiero;

    in molti Paesi europei la materia del coding è inserita tra le materie obbligatorie;

    come emerge dalla osservazione dei mutamenti sociali ed economici a cui si assiste quotidianamente, è necessario tener conto di una nuova prospettiva di insegnamento,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rafforzare – anche in considerazione degli investimenti già previsti dalla «Buona scuola» – un disegno organico di innovazione delle scuole italiane, con programmi e azioni coerenti che comprendano l'accesso, gli ambienti di apprendimento, i dispositivi, le piattaforme, l'amministrazione digitale, la ricerca, la formazione e ovviamente la didattica, la metodologia e le competenze;

2) ad avviare tutte le iniziative necessarie a considerare lo studio generalizzato del coding nelle scuole di ogni ordine e grado, quale metodo intuitivo di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale;

3) a valutare, di conseguenza, l'assunzione di iniziative per allineare tutti gli spazi della scuola a questa visione di cambiamento, a partire dagli interventi a favore dell'edilizia scolastica che includano una riconfigurazione funzionale degli ambienti per l'apprendimento, con l'obiettivo di renderli ambienti associati all'innovazione e alla creatività digitale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare percorsi di formazione per il personale educativo e docente delle scuole di ogni ordine e grado, sostenendo il progetto – già avviato dal precedente Governo – della presenza nelle scuole degli «animatori digitali», docenti che, adeguatamente formati, hanno svolto negli ultimi anni un ruolo strategico nella diffusione dell'innovazione didattica nelle scuole, tenendo conto delle tecnologie digitali come sostegno per la realizzazione dei nuovi paradigmi educativi e la progettazione operativa di attività.
(1-00136) «Ascani, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Piccoli Nardelli, Prestipino, Rossi, Enrico Borghi, Fiano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'attuale assessore alla cultura del comune di Pisa Andrea Buscemi è stato riconosciuto dal tribunale di Firenze responsabile di «stalking» anche se la sentenza emessa in data 30 maggio 2017 e depositata il 25 agosto 2017 ha dichiarato di non dover procedere per «estinzione del reato per prescrizione»;

   la sentenza della corte d'appello di Firenze ha infatti condannato Buscemi «al risarcimento dei danni a favore della parte civile», oltre a «rifondere alla parte civile le spese di difesa», cioè tutte le spese del primo processo e di quello d'appello;

   nella sentenza sono descritti i fatti che hanno portato il giudice alla condanna: violenze fisiche, pedinamenti, continue telefonate, ricatti, pressioni, minacce e violenze fisiche alle vittime (sono più di una) e ai testimoni. L'abbondanza delle prove testimoniali e documentali rendono conto delle gravi violenze protratte per oltre 15 anni e rilevano chiaramente la condotta aggressiva e manipolatrice del soggetto;

   a carico di Buscemi sono state emesse anche misure cautelari di divieto di avvicinamento a due testimoni. Nella sentenza d'appello, infatti, è riportato: «l'istruttoria dibattimentale ha fatto emergere reiterati atti persecutori messi in atto dall'imputato» e ancora «l'imputato nel corso del procedimento penale si è reso responsabile di condotte di minaccia ai danni di due testi per indurle a non testimoniare, a seguito delle quali il giudice per le indagini preliminari ha emesso un divieto di avvicinamento alle predette testi»;

   l'11 gennaio 2019, da quanto si apprende dalla stampa, «la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da Andrea Buscemi assessore alla cultura di Pisa contro la sentenza di secondo grado, che lo dichiarava responsabile del reato di stalking compiuto nei confronti della sua ex compagna a partire dal febbraio 2009 al novembre 2009 e ha rinviato al giudice civile il giudizio riguardo al risarcimento del danno che il Buscemi dovrà riconoscere all'ex compagna»;

   sempre dai media si viene a sapere che il 27 febbraio 2019 si è tenuta l'udienza del processo di primo grado che vede imputato Andrea Buscemi nei confronti dei citati testimoni da lui minacciati;

   contro la nomina di Andrea Buscemi ad assessore si sono mobilitati cittadini, associazioni e un ampio settore dell'opinione pubblica non soltanto a Pisa ma in tutta Italia e hanno preso posizione pubblica molte personalità politiche di tutte le forze politiche, compresa la Ministra Bongiorno;

   tra le associazioni che hanno chiesto le dimissioni di Buscemi vi è la Casa delle donne di Pisa che ha promosso numerose iniziative per sensibilizzare la cittadinanza e l'opinione pubblica sulla vicenda a partire da una raccolta firme;

   la Casa della donna è un'associazione femminile, di promozione sociale, senza scopo di lucro, fondata nel 1996 (ma attiva fin dal 1990) impegnata da molti anni sui diritti delle donne; la Casa è sostenuta dal lavoro volontario delle socie e di tante cittadine. La Casa è uno spazio di incontro, di riflessione e iniziativa culturale e politica dove quotidianamente viene promossa una intensa attività per il contrasto alla violenza di genere in ogni sua forma. La Casa della Donna è collegata alle reti regionali e nazionali dei centri antiviolenza, alle biblioteche e ai centri di documentazione, alle altre Case delle donne;

   il 17 luglio 2018 sono state consegnate al sindaco di Pisa Michele Conti 37 mila firme raccolte per chiedere le dimissioni di Andrea Buscemi;

   il 31 luglio 2018 il consiglio comunale di Pisa ha respinto la mozione che chiedeva la sfiducia e conseguentemente le dimissioni di Andrea Buscemi;

   lo stesso Andrea Buscemi, che era già intervenuto pubblicamente contro l'associazione, ha dichiarato sui media che «se non verranno sostituiti gli attuali vertici della Casa delle Donne di Pisa» il comune bloccherà i contributi previsti per l'attività sociale e il supporto logistico dell'associazione;

   il sindaco di Pisa, ad avviso degli interpellanti, ha tenuto fino ad oggi sulla vicenda un atteggiamento neutro, non dando nessuna rassicurazione e dimostrando di non volere affrontare in maniera seria questa gravissima situazione;

   nei giorni scorsi alcune attiviste della Casa delle donne, dopo aver manifestato pacificamente sulla gravità della presenza nella giunta comunale di Pisa di un assessore accusato di reato di stalking, sarebbero state identificate dalla polizia municipale e successivamente insultate e denigrate sui social media a causa della pubblicazione non autorizzata di loro fotografie –:

   se il Governo sia informato sulla vicenda;

   se il Governo non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per tutelare l'autonomia delle associazioni impegnate contro la violenza e garantire la piena e libera prosecuzione delle loro attività, tutelando e rafforzando i presidi istituzionali a difesa dei diritti dei cittadini e delle cittadine e, in questo specifico caso, dei diritti delle donne vittime di «stalking» e violenza.
(2-00295) «Cenni, Ciampi, Braga, Annibali, Cantini, Pezzopane, Ceccanti, Ascani, Berlinghieri, Pizzetti, Prestipino, Fragomeli, Ferri, De Menech, Siani, Muroni, Topo, Boldrini, Piccoli Nardelli, Madia, Bruno Bossio, Colaninno, Di Giorgi, Anzaldi, Lotti, Scalfarotto, Serracchiani, Quartapelle Procopio, Gribaudo, Bonomo, Carla Cantone, Mura, Incerti».

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 13 febbraio 2019 l'inviato di «Popolo Sovrano» Daniele Piervincenzi e la troupe sono stati aggrediti a Pescara nel quartiere Rancitelli, mentre prestavano la loro opera di libera informazione;

   il giornalista e gli operatori, entrati in una zona, considerata la principale piazza di spaccio di Pescara e dell'Abruzzo, per fare delle domande su come si viva in loco, all'improvviso sono stati minacciati e successivamente aggrediti;

   già nel 2017 aveva perdurato alla ribalta delle cronache la violenta aggressione subita, ancora una volta, da una troupe di giornalisti d'inchiesta, nel caso specifico esponenti della testata di Striscia la Notizia;

   sempre nello stesso anno gli operatori della stampa erano stati «protagonisti passivi», o meglio, vittime inermi di violenze fisiche oltreché di quelle verbali;

   le forze dell'ordine non sono sempre in grado di provvedere ovvero di rispondere a tutte le chiamate e a fare fronte a tutte le situazioni che quotidianamente vedono presentarsi alla radiomobile;

   come accade per il contrasto alle mafie per il quale è stata creata la direzione investigativa antimafia che raggruppa esponenti dei carabinieri, della polizia di Stato e della guardia di finanza e da poco della polizia penitenziaria, così sarebbe utile creare un coordinamento tra tutte le forze appena elencate per fare fronte alla criminalità non solo di stampo mafioso –:

   se il Governo intenda assumere iniziative a tutela dei giornalisti cosiddetti d'inchiesta e della classe giornalistica tutta, al fine di evitare episodi di violenze fisiche e verbali;

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per un inasprimento delle pene apportando una modifica all'articolo 581 del codice penale che porti la reclusione fino a 5 anni e la multa fino a 15.000 euro;

   se vi sia la possibilità di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a creare strutture con le stesse condizioni di rappresentatività e operatività della direzione investigativa antimafia e della direzione distrettuale antimafia anche per la microcriminalità ovvero per quella non di origine mafiosa;

   se il Governo abbia mai valutato l'ipotesi di costituirsi parte civile in tutti i procedimenti connotati dalla violazione della libertà di stampa e di quella personale degli stessi operatori;

   se il Governo intenda assumere celeri e fondamentali iniziative volte al potenziamento degli attuali equipaggiamenti in dotazione alle forze dell'ordine.
(3-00593)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI e OSNATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Tar del Lazio ha stabilito la sospensione dell'attuazione della delibera con cui il sindaco di Campione, prima del commissariamento per default del comune, aveva ridotto la pianta organica dell'amministrazione di 86 unità;

   i dipendenti comunali dovranno attendere fino al 19 novembre 2019, quando i giudici entreranno nel merito, per conoscere il loro destino;

   oltre agli 86 esuberi, senza la casa da gioco a Campione d'Italia starebbero per essere licenziati 482 dipendenti; contando l'indotto, il commercio e le cooperative esterne, ci sono circa un migliaio di persone senza lavoro;

   i tempi della giustizia amministrativa sono lunghi, ma i giudici, nel dispositivo, giustificano la decisione «in ragione della peculiarità della condizione del comune di Campione d'Italia e del consistente numero di dipendenti (...) che risulterebbero eccedenti»;

   nonostante tale circostanza, nota anche ai giudici, il Governo, in carica ormai da quasi un anno, agli interroganti sembrerebbe ignorare la drammatica situazione dell’enclave che ha visto chiudere prima la casa da gioco e poi il comune;

   nella legge di bilancio 2019 è stata prevista la nomina di un commissario straordinario che dovrebbe lavorare per la riapertura del Casinò, ma l'incarico non è ancora stato ufficializzato;

   secondo fonti di stampa locale, il commissario della casa da gioco non sarebbe stato nominato a causa di un dissidio tra il Ministro dell'interno e il Ministro dello sviluppo economico;

   si sta consumando un dramma epocale nell'indifferenza delle istituzioni nazionali e della maggioranza di Governo, che si è limitata a detassare i redditi, che, paradossalmente, nessuno percepirebbe più da tempo;

   il comune di Campione, per la sua peculiarità storica, ma soprattutto geografica, necessita di provvedimenti ad hoc; il Governo deve prendere immediatamente atto di quanto sta accadendo e attivarsi al più presto per ridare a questo importante comune della provincia di Como la possibilità di risollevarsi –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Governo in ordine alle conseguenze prodotte dalla decisione del Tar del Lazio e quali tempestive soluzioni intenda porre in essere per rilanciare l'economia campionese; quando il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per nominare il commissario della casa da gioco.
(5-01622)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che la Fp Cgil si sta mobilitando sull'intero territorio nazionale nei confronti del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) per contrastare una circolare ministeriale che prevede, per gli agenti di polizia penitenziaria, il pagamento del pernottamento presso le caserme, determinando una situazione particolarmente grave con riferimento al carcere dell'Aquila;

   il delegato Fp Cgil polizia penitenziaria dell'Aquila Roberto Mattarocchia e il segretario Cgil L'Aquila Francesco Marrelli denunciano, in una nota, le condizioni degli agenti di polizia penitenziaria dell'Aquila che subiranno trattamenti diversi: alcuni infatti avranno un'adeguata sistemazione nella «caserma agenti», mentre altri saranno alloggiati in camere di pernottamento delle dimensioni 8/9 metri quadrati con servizi igienici non sufficienti. Tale prospettiva rischia di non trovare le dovute soluzioni sia per il reparto d'eccellenza della polizia penitenziaria qual è il gruppo operativo mobile (gom), sia per il personale effettivo, operante da circa 25/30 anni in istituto, i quali rischiano di non poter più usufruire degli alloggi fino ad oggi utilizzati in quanto insufficienti a coprire l'effettiva esigenza;

   la Cgil ribadisce altresì che l'attuale dotazione di personale in servizio presso l'istituto penitenziario dell'Aquila non consente di sostenere in maniera adeguata le effettive esigenze di una struttura che deve garantire i massimi livelli di sicurezza e, in particolare, ricorda che, fino ad ora, aver adeguatamente sistemato tutto il personale in consoni alloggi all'interno della struttura, ha consentito all'amministrazione, nonostante la carenza di personale, di poter contare sempre su un congruo numero di lavoratori presenti all'interno dell'istituto, il quale veniva utilizzato per sopperire alle carenze stesse; di contro, la prospettata soluzione che si vorrebbe attuare rischierebbe di pregiudicare la disponibilità di un adeguato numero di risorse umane presenti nella struttura e arrecherebbe altresì un grave disagio a quei lavoratori provenienti da fuori regione, costretti a vivere in stanze anguste, non adeguate, e con servizi igienici non sufficienti. Non va inoltre dimenticato che, fino ad oggi, il personale – con spirito di abnegazione al lavoro – ha svolto un servizio dedito alla gestione di determinate tipologie di detenuti eventualmente anche in deroga ai dettami normativi;

   appare pertanto urgente individuare una decorosa e adeguata sistemazione a tutto il personale della polizia penitenziaria operante nel carcere aquilano, ritenendo che la direzione del carcere dell'Aquila abbia scelto fin qui la soluzione più comoda, senza però tenere nella dovuta considerazione le ripercussioni negative che tale soluzione avrebbe comportato sul benessere del personale;

   sempre secondo quanto riportato dalla Cgil, si potrebbe invece ipotizzare la stipula di una convenzione tra il Dap e il comune dell'Aquila per reperire alloggi tra quelli costruiti a seguito del tragico terremoto del 2009 – situati a ridosso del carcere – e ad oggi inutilizzati, ovvero ogni altro alloggio finalizzato alla soluzione di questa problematica;

   appaiono indispensabili la messa in opera di interventi urgenti finalizzati al superamento di eventuali disparità di trattamento tra il personale nonché l'adozione di tutte le iniziative utili volte al ripristino di un'adeguata operatività dei reparti, nell'ottica di garantire i diritti di tutti i lavoratori e le lavoratrici –:

   se non si intenda rivedere quanto prima quanto stabilito dalla circolare ministeriale sopracitata che sta determinando un evidente e forte disagio agli agenti della polizia penitenziaria dell'Aquila, risultando essa, ad avviso dell'interrogante, incomprensibile e, al tempo stesso, inutilmente vessatoria e per ciò stesso anche inefficace.
(4-02403)


   MAGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   come rilevato dal sito «Openpolis» il 17 luglio 2018, il Governo Conte ha ereditato dalla scorsa legislatura 641 provvedimenti attuativi ancora da adottare, 251 risalenti al governo Renzi e 390 a quello Gentiloni;

   il sito dell’«Ufficio per il programma di governo» (upg), istituito nel 2012 dal governo Monti, permetteva di monitorare tempi e modalità dell'attuazione delle norme;

   il 4 marzo 2019 «Openpolis» ha rilevato che l'ufficio per il programma di governo (Upg) non pubblica aggiornamenti sull'emanazione dei decreti attuativi dal 9 luglio 2018, cioè da otto mesi;

   esaminando solamente le passate leggi di bilancio, Openpolis ha verificato che: per la legge di bilancio 2015 rimangono ancora da adottare 14 decreti attuativi; per la legge di bilancio 2016, rimangono da adottare 23 decreti attuativi; per la legge di bilancio 2017, rimangono da adottare 21 decreti attuativi; per la legge di bilancio 2018, i decreti attuativi ancora da adottare sono, addirittura, 97 su un totale di 149;

   risulta evidente all'interrogante che il Governo, ormai stabilmente in carica da 10 mesi, non ha tra le sue priorità quella di assicurare la necessaria trasparenza sul processo di implementazione legislativa. C'è, invece, bisogno di una piena apertura della materia, con il rilascio di dati in maniera continua, anche in considerazione di quello che l'interrogante giudica un processo di depotenziamento delle attività delle aule di Camera e Senato –:

   se intenda adottare iniziative per aggiornare, e mantenere costantemente aggiornato, il sito dell’«Ufficio per il programma di governo» con la pubblicazione, per ogni legge approvata dal Parlamento e per ogni decreto legislativo deliberato dal Consiglio dei ministri, di tabelle in formato aperto – al fine di permettere un effettivo monitoraggio da parte dei cittadini e un'analisi da parte di giornalisti e studiosi della materia – contenenti le informazioni relative al numero di provvedimenti attuativi previsti, ai ministeri coinvolti, alle norme specifiche da attuare (con riferimento ad articoli e commi), alla scadenza per la loro adozione e alla tipologia di provvedimenti necessari.
(4-02406)


   TRIPIEDI, CIPRINI e ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 dispone che in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. In questo caso, qualora il datore di lavoro non corrisponda correttamente le spettanze ai lavoratori, questi ultimi si rivolgono al committente;

   molti degli autotrasportatori non beneficiano pienamente della stessa normativa a causa del fatto che sin troppo spesso accade che le società risultino essere fallite e i lavoratori non riescano a recuperare quanto loro spettante e, senza che sia previsto un vincolo solidale che tuteli i lavoratori, le aziende committenti proseguono nell'utilizzare vettori non regolari, favorendo una concorrenza sleale;

   la durata e la costanza nel tempo delle prestazioni dedotte in contratto, non esaurendosi in sporadiche ed episodiche prestazioni di trasporto, vanno a integrare un risultato complessivo rispondente alle esigenze del committente per il quale si sostiene che debbano trovare applicazione le disposizioni che disciplinano il contratto di appalto, tra cui anche la disposizione della responsabilità solidale di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003;

   altra lacuna riguarda il divieto legale di affidamento da parte del sub-vettore di un'ulteriore sub-vezione sanzionata con la nullità del contratto che lo contempla, in contrasto con una norma qualificabile come imperativa quale è l'articolo 1418, comma 1, del codice civile;

   a giudizio degli interroganti, per debellare la concorrenza sleale a scapito dei lavoratori, sarebbe opportuno responsabilizzare pienamente i committenti, imponendo loro di controllare periodicamente la correttezza dei loro fornitori, in modo tale da uniformare il contratto di trasporto nel pieno rispetto delle normative che lo regolamentano –:

   se i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza, assumere iniziative di carattere normativo per estendere senza riserve il vincolo solidale di tutela di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003, anche ai contratti di trasporto sottoscritti e non, ovvero anche alle società di trasporto che quotidianamente offrono il servizio di trasporto presso una o più committenti.
(4-02409)


   FEDERICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il territorio del comune di Civitacampomarano (Campobasso) è stato interessato da un grave dissesto idrogeologico a partire dal 4 marzo 2017 ed ancora in atto;

   con delibera del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 si dà attuazione alle disposizioni previste per l'erogazione dei contributi autorizzabili a seguito degli eventi meteorologici che hanno interessato il territorio della regione Molise nel mese di gennaio 2017;

   con successiva delibera del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2018 vengono assegnati tali contributi;

   quei cittadini residenti nel comune di Civitacampomarano beneficiari del contributo chiedono di aver diritto, a parità di importo riconosciuto, a effettuare interventi di delocalizzazione senza l'incognita di una eventuale restituzione del contributo qualora l'area interessata dagli eventi di dissesto fosse recuperata;

   si registra la mancanza di attività e quindi di risultanze utili alla ricostruzione dello scenario e a una definizione attuativa di interventi per giustificare la delocalizzazione che, da norma, deve essere supportata e suffragata da attività tecnico-scientifiche;

   con ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 481 dell'11 settembre 2017 il presidente della regione Molise è nominato commissario delegato, con la precipua funzione di effettuare una ricognizione dei fabbisogni relativi al patrimonio pubblico e privato, nonché di effettuare lo studio dell'areale per verificare l'evoluzione del fronte franoso e predeterminare l'impossibilità di recuperare il sito e quindi giustificare delocalizzazioni, anche definitive –:

   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza intenda attivare affinché il commissario delegato per l'evento franoso di Civitacampomarano esplichi a pieno le sue funzioni, assicurando che i cittadini che hanno subìto danni abbiano chiarezza e certezza rispetto all'utilizzo dei contributi.
(4-02411)


   TRIPIEDI, CIPRINI e ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7 del decreto legislativo n. 234 del 2007 riguardante il lavoro notturno, recita che «l'orario di lavoro giornaliero non deve superare le dieci ore per ciascun periodo di ventiquattro ore» e che lo stesso lavoro notturno deve essere «indennizzato sulla base di quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro sempreché il metodo di indennizzo prescelto sia tale da non compromettere la sicurezza stradale»;

   l'articolo 3, comma 1, lettera h), del medesimo decreto legislativo definisce il lavoro notturno «un periodo di almeno quattro ore consecutive tra le ore 00,00 e le ore 7,00»;

   in conseguenza di ciò, la categoria degli autotrasportatori deve obbligatoriamente osservare un massimo di 10 ore d'impegno nell'arco delle 24 ore e non può aggirare tale normativa, anche nel caso osservasse una pausa prolungata, per estendere a oltre 10 ore l'orario d'impegno giornaliero;

   nonostante l'articolo 8 del decreto legislativo n. 234 del 2007 preveda l'obbligo d'informazione al lavoratore e l'articolo 9 predisponga un regime sanzionatorio, in particolare, al comma 4, va sottolineata la quasi assenza di controlli in tal senso che concorrono ad elevare i rischi per la sicurezza stradale;

   vi è poi l'aspetto della corresponsione del lavoro notturno agli autotrasportatori la quale viene riconosciuta nulla o poco in busta paga nonostante il contratto collettivo nazionale di lavoro preveda la maggiorazione del 25 per cento in più ad ora lavorata rispetto alla normale retribuzione ordinaria nella fascia oraria che va dalle 22:00 alle 06:00. In conseguenza di quanto appena esposto, tale maggiorazione non trova adeguata sostituzione da quanto previsto all'articolo 16, comma 1, del sopraindicato contratto collettivo nazionale di lavoro, che indica la cifra di 0,93 euro per ciascuna indennità di trasferta da 18 a 24 ore, oppure per ogni indennità di trasferta dovuta per l'assenza coincidente, anche in parte, con l'orario notturno;

   il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore e le normative che regolamentano l'autotrasporto richiamano la possibilità degli autotrasportatori di farsi consegnare una copia autenticata dei dischi cronotachigrafici o gli estratti della tessera tachigrafica digitale per un massimo di 12 mensilità antecedenti alla richiesta entro 30 giorni. Nonostante ciò, le aziende, avvalendosi dell'articolo 2712 del codice civile, disconoscono le copie anche da loro stesse prodotte. Di conseguenza, i lavoratori non riescono a provare l'orario di lavoro svolto nonostante il contratto collettivo nazionale di lavoro preveda, all'articolo 11, comma 8, lettera a), che tali orari sono comprovati dalle registrazioni del tachigrafo;

   per gli autotrasportatori esiste la possibilità di essere sanzionati per la semplice consultazione della carta tachigrafica che risulta non essere però una piena prova dell'orario di lavoro nel caso di contestazione delle ore non retribuite. Quanto detto appare agli interroganti discriminante e illegittimo nei confronti degli autotrasportatori per il fatto che gli stessi mai potrebbero in altro modo provare l'orario di lavoro effettivamente svolto con, allo stesso tempo, il rischio di essere sanzionati –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano assumere iniziative atte a intensificare i controlli sugli orari di lavoro notturno e sulle relative retribuzioni degli autotrasportatori;

   se non intendano assumere iniziative di carattere normativo atte a inasprire le sanzioni nei confronti dei committenti per il mancato rispetto dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 234 del 2007, anche al fine di assicurare maggiore sicurezza stradale;

   alla luce di quanto indicato in premessa, se non intendano assumere iniziative di carattere normativo atte a disciplinare in maniera adeguata i dischi tachigrafici e/o i dati della tessera tachigrafica, valorizzandone l'utilizzo come prova idonea dell'orario di lavoro effettivamente svolto dagli autotrasportatori.
(4-02414)


   TRIPIEDI, CIPRINI, ASCARI e TERMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i periodi di lavoro degli autotrasportatori sono regolamentati dalla direttiva 2002/15/CE, recepita dal nostro ordinamento all'articolo 3 del decreto legislativo n. 234 del 2007;

   il limite massimo consentito dall'Unione europea (che non pone distinzioni tra lavoratori discontinui e continui) è di 48 ore settimanali comprensive delle ore straordinarie;

   nel regio decreto n. 2657 del 6 dicembre 1923, punto 8, definisce l'autotrasportatore come lavoratore discontinuo ed estende per lo stesso il limite di orario di lavoro ordinario oltre le 39 ore settimanali;

   nel contratto collettivo nazionale di lavoro trasporto merci e logistica, per il lavoratore inquadrato nel livello 3° super, sia che gli venga riconosciuta l'applicazione dell'articolo che stabilisce 39 ore settimanali lavorative per il lavoratore continuo, sia che gli venga riconosciuta quella dell'articolo 11-bis che stabilisce 47 ore settimanali lavorative per il lavoratore discontinuo, la retribuzione base prevista risulta essere la medesima, con la conseguenza che i lavoratori inquadrati nell'identico livello con uguali mansioni ricevono un trattamento retributivo diverso e quindi discriminatorio, in contrasto con quanto stabilito all'articolo 36 della Costituzione che indica che la giusta retribuzione deve essere adeguata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto;

   anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 103/1989, ha evidenziato l'obbligo dell'eguale salario a parità di prestazione lavorativa sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. In detta sentenza veniva inoltre stabilito che la contrattazione collettiva deve necessariamente conformarsi ai principi dettati dalla Costituzione con il passaggio che richiamava l'articolo 3 indicando che «... per tutte le parti, anche quelle sociali, vige il dovere di rispettare i precetti costituzionali». Ciò significa che al contratto collettivo nazionale di lavoro di settore vìola detto principio se e nella misura in cui consente che una disparità di trattamento derivi da mero arbitrio dell'imprenditore;

   in sostanza, la Corte Costituzionale ha ritenuto intollerabili i trattamenti categoriali e retributivi differenziati ove non sostenuti da motivate e giustificabili causali meritocratiche riposanti sulla più elevata professionalità, competenza o rendimento;

   come stabilito attraverso accordi aziendali in deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro, la media di ore lavorate per i lavoratori discontinui è stata portata a 58 ore settimanali per un arco di tempo esteso a sei mesi, fino ad un massimo di 61 ore. Spesso tali limiti vengono superati senza avere notizia di controlli svolti dagli organi preposti;

   il contratto collettivo nazionale di lavoro stabilisce che il lavoratore inquadrato nel livello 3° super ha diritto a una retribuzione pari a 1727,22 euro. Se detta retribuzione viene divisa per il coefficiente di 168 ore mensili pari a 39 ore settimanali, il lavoratore continuo percepirà una retribuzione oraria di 10,28 euro. Diversamente il lavoratore discontinuo che vede dividere la predetta retribuzione con il coefficiente di 203 ore mensili pari a 47 settimanali, percepirà una paga oraria di 8,50 euro. Tale retribuzione è quindi di gran lunga inferiore a quella corrisposta al lavoratore continuo, con la conseguenza che per il lavoratore discontinuo il rapporto ore di lavoro e retribuzione risulta essere inversamente proporzionale. Tale disparità di trattamento, come già sopra spiegato, è in palese contrasto con il dettato costituzionale di cui all'articolo secondo il quale il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto –:

   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza per chiarire l'interpretazione dell'articolo 11-bis del sopracitato CCNL trasporto merci e logistica al fine di stabilire una corretta retribuzione proporzionata all'orario lavorativo stabilito in 47 ore, evitando così la discriminazione economica tra lavoratori continui e discontinui inquadrati nel livello 3° super.
(4-02415)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MANZO, VILLANI, PARENTELA e GRIPPA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con la deliberazione della giunta regionale n. 180 del 3 maggio 2016 avente come oggetto «Rimodulazione degli interventi sulla ferrovia ex circumvesuviana e altre determinazioni», la regione Campania ha rimodulato gli interventi sulla ferrovia ex Circumvesuviana prevedendo il raddoppio della tratta tra via Nocera (nuova stazione Stabia Scavi) – Castellammare Centro nonché la riqualificazione della stazione di Castellammare Centro;

   il costo complessivo dell'operazione è pari a 135.000.000,00 euro;

   la città di Castellammare di Stabia, un tempo conosciuta come Stabiae, ha origine, come attestano alcuni ritrovamenti, intorno all'VIII secolo a.C., venne distrutta insieme a Pompei ed Ercolano durante l'eruzione del Vesuvio del ’79;

   Stabia comprendeva un territorio denominato «Ager Stabianus», corrispondente agli odierni comuni di Castellammare di Stabia, Casola di Napoli, Gragnano, Lettere, Santa Maria la Carità e Sant'Antonio Abate;

   da notizie apprese a mezzo stampa si evince che, nella giornata del 14 febbraio 2019, presso la Piazza Unità d'Italia a Castellammare di Stabia, durante gli scavi per il parcheggio sotterraneo, sono stati rinvenuti i resti di antiche strutture; si ipotizza che oggetto del ritrovamento in questione sia una cisterna del ’600, ma ultimamente sono stati rinvenuti muri in opus reticulatum e pertanto risalenti a un periodo compreso tra il I secolo A.C. e il I secolo D.C., nonché monete e reperti riconducibili all'epoca romana; il tutto, in ogni caso al vaglio della Soprintendenza di Napoli;

   non è, quindi, da escludere che le ricerche sulla stratificazione degli insediamenti a Castellammare di Stabia possano riportare alla luce reperti di epoca romana, non distanti dalle ville di otium della collina di Varano. Un'area archeologica di alto valore potenziale, con la scoperta di una Stabia sotterranea che potrebbe costituire un nuovo attrattore turistico e culturale in città e per la Nazione –:

   se il completamento dei lavori non pregiudichi la corretta tutela del bene storico e se verranno predisposti contestualmente altri interventi, quali i saggi finalizzati alla definizione del perimetro dell'area archeologica in pieno centro città;

   se il Ministro sia conoscenza dei piani di messa in sicurezza dello scavo.
(4-02407)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il disastro del crollo del «ponte Morandi», avvenuto il 14 agosto 2018, ha provocato 43 vittime e molte altre persone sono rimaste ferite in modo grave;

   centinaia di famiglie, abitanti nella cosiddetta zona rossa, sono state costrette a lasciare le loro abitazioni;

   numerose imprese (alcune delle quali nel frattempo costrette alla chiusura) hanno dovuto interrompere l'attività, perché i loro siti produttivi erano direttamente coinvolti nel crollo ovvero perché non erano più accessibili;

   moltissime attività commerciali hanno perso quasi totalmente la propria clientela, perché le vie di accesso agli esercizi erano tutte interrotte;

   per tutti questi soggetti era stato un disposto un doveroso differimento delle scadenze fiscali fino al 31 dicembre 2018;

   il Governo aveva assicurato la disponibilità a prorogare questa misura anche per l'anno 2019;

   un primo tentativo in questo senso non ha avuto successo (non è stato possibile approvare un emendamento in tal senso);

   nel frattempo sono passati oltre due mesi e sull'argomento è sceso un silenzio molto preoccupante –:

   se e in quali tempi il Governo intenda ottemperare a un impegno così importante assunto nei confronti della città di Genova e in particolare del suo tessuto economico e produttivo colpito dal crollo del «ponte Morandi» e che sta attraversando un periodo difficilissimo, destinato purtroppo a protrarsi anche per il tempo necessario per la costruzione del nuovo ponte.
(5-01627)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il trasporto pubblico non di linea assicura il trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea;

   su tutto il territorio nazionale il singolo mezzo di trasporto può operare con una sola licenza o autorizzazione, o quella di taxi o noleggio con conducente. Questa regola è derogata nel comune di Venezia a motivo della peculiarità e della limitata estensione degli spazi acquei idonei all'attività delle imbarcazioni adibite al trasporto passeggeri, spazi che non consentono mai uno stazionamento fisso adeguato; basti pensare che il numero complessivo di imbarcazioni adibite a servizio ammonta a circa 300. L'assenza di spazi acquei dedicati alla sosta condiziona in uguale misura tutti i mezzi, indipendentemente dal tipo di licenza o autorizzazione di cui sono dotati. La concreta operatività è identica per qualunque licenza: che si tratti di taxi, noleggio o mezzo con licenza doppia, il servizio inizia di regola su prenotazione telefonica oppure online, eventualmente canalizzata per il tramite di consorzi, cooperative, agenzie di viaggio o tour operator;

   si fa presente che tali operatori sono in continuo contenzioso con l'amministrazione finanziaria, in quanto applica a loro l'iva per trasporto «turistico-ricreativo», ed invece la commissione tributaria riconosce che il trasporto urbano di persone – indipendentemente se sia individuale o di gruppi di persone – non rientra nel cosiddetto turistico-ricreativo, ad eccezione delle fattispecie nelle quali il vettore fornisce direttamente i servizi suppletivi (guida turistica) ovvero ne sostiene i costi e li riaddebita al cliente;

   dagli interpelli, dalle circolari ministeriali, dalle risoluzioni ministeriali e dalle verifiche fiscali non era mai stato contestato agli operatori il trasporto «turistico-ricreativo», ad esempio a Venezia, dove le imbarcazioni sono assoggettate alla legge n. 21 del 1992, alla legge regionale n. 63 del 1993 e ai regolamenti comunali di attuazione. Gli operatori economici effettuano il noleggio con conducente con tutti gli obblighi di acquisizione di servizio, di rimessa e di svolgimento del servizio, e non da noleggio da diporto;

   in caso di guida a bordo, quando viene prenotato il trasferimento dai terminal (porto, aeroporto o stazione ferroviaria) per il centro città o per i trasferimenti alle isole, gli operatori non possono sapere se chi accompagna il gruppo è una guida, un accompagnatore, il proprietario dell'agenzia viaggi, o altro. Sarebbe in ogni caso impossibile da controllare. Il fatto di mantenere la stessa imbarcazione per la visita di mezza giornata o di intera giornata non significa necessariamente avere l'imbarcazione a disposizione, perché l'imbarcazione potrebbe fare nel frattempo altri servizi e, in ogni caso, in una sosta di un'ora quando il barcarizzo viene chiuso ancorché il gruppo è sceso, il personale di bordo risulta libero da qualsiasi impegno fino al trasferimento successivo –:

   di quali informazioni disponga il Governo sui fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere anche di carattere normativo, affinché il trasporto urbano di persone effettuato a mezzo di natanti sia soggetto ad aliquota ordinaria solamente nel caso in cui eventuali servizi aggiuntivi siano forniti ed organizzati dal vettore.
(4-02402)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che negli scorsi giorni, presso il carcere Don Bosco di Pisa, si sono verificate tre aggressioni nei confronti del personale della polizia penitenziaria: il primo giorno un detenuto georgiano ha aggredito un agente che ha riportato delle ferite; il secondo giorno un agente è stato aggredito da un detenuto tunisino; il terzo giorno un altro operatore è stato colpito da un carrello del vitto che gli è stato lanciato addosso da un detenuto, riportando delle lesioni;

   come ha evidenziato il segretario generale dell'organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, quanto accaduto presso il carcere Don Bosco non sarebbe un elemento di novità. Le aggressioni in carcere rappresentano un fenomeno in forte aumento: nel 2018 si ravvisano all'incirca ottomila casi, una cifra esorbitante rispetto agli anni precedenti (4.688 nel 2015, 6.552 nel 2016 e 7.446 nel 2017);

   la situazione appena prospettata rappresenterebbe una conseguenza inevitabile e intollerabile del sovraffollamento delle carceri, della carenza di personale all'interno degli istituti penitenziari nonché della sorveglianza dinamica, di recente introduzione, che contribuirebbe ad aumentare tensioni e aggressioni in danno del personale penitenziario;

   l'istituto della sorveglianza dinamica, così come concepita e attuata, solleverebbe inevitabilmente una serie di interrogativi, atteso che porrebbe in condizioni di pericolo quanti lavorano all'interno delle carceri nonché gli altri detenuti, spesso anche loro vittime di aggressione da parte di altri internati;

   non di rado, infatti, taluni detenuti giovandosi della maggiore flessibilità della vita intramuraria, assumono comportamenti pericolosi e violenti in danno di altri detenuti e del personale preposto, generando condizioni di vita e di lavoro particolarmente ostili;

   alle considerazioni sin qui svolte si aggiungerebbero ulteriori questioni:

    la «riforma Madia», come anzidetto, avrebbe notevolmente ridotto il personale in organico;

    le riforme attuate sino ad oggi non avrebbero apportato alcun ammodernamento tecnologico (ad esempio, introduzione di sistemi di videosorveglianza) che possa assicurare livelli sufficienti di sicurezza non solo per i detenuti ma anche per il personale;

   la sicurezza e l'incolumità del personale penitenziario dovrebbero sempre rappresentare il fondamento di qualsivoglia riforma penitenziaria, atteso che questo personale svolge una funzione essenziale per conto della comunità, prodromica alla sicurezza dei detenuti e di quanti altri sono presenti negli istituti;

   in relazione a quanto precede, al fine di rafforzare la tutela intramuraria e scongiurare ulteriori aggressioni sarebbe opportuno ridefinire i criteri della sorveglianza dinamica e della sua applicazione limitandone la fruibilità per chiunque abbia commesso un reato grave, anche in forma non associata, perpetrato con condotte violente e minacciose tali da far ritenere il detenuto un soggetto pericoloso per gli altri detenuti e per il personale;

   sarebbe altresì opportuno introdurre avanzati sistemi di videosorveglianza e incrementare l'organico del corpo di polizia penitenziaria, predisponendo nuove assunzioni tramite scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori e nuove procedure concorsuali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per arginare le conseguenze negative derivanti dall'introduzione della sorveglianza dinamica e per garantire la sicurezza degli agenti e di quanti altri siano presenti all'interno degli istituti penitenziari;

   se non intenda adottare iniziative al fine di incrementare l'organico della polizia penitenziaria nonché di prevedere l'apertura degli istituti penitenziari in via di ultimazione e la creazione di nuove strutture, in modo da limitare il sovraffollamento delle carceri.
(4-02405)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Pontremolese è la linea di trasporto ferroviario che congiunge Parma con la dorsale tirrenica nei pressi della Spezia;

   lo sviluppo complessivo della linea è di circa 120 chilometri e la sua denominazione deriva dalla cittadina di Pontremoli uno dei principali centri abitati attraversati dalla linea ferroviaria;

   i primi progetti per una ferrovia che collegasse la media valle del Po con il litorale ligure e tirrenico cominciarono ad essere presi in considerazione nel 1860;

   i lavori per la costruzione della linea, finanziata dalla «legge Baccarini» iniziavano nell'anno 1879 e l'intera tratta fu completata nel 1894 e tre anni dopo fu realizzata una bretella da Santo Stefano di Magra a Sarzana;

   venne subito raddoppiato il tratto comprendente la galleria di valico (Galleria del Borgallo lunga 7.972 metri) e il ripido tratto compreso tra Grondola Guinad e Pontremoli (con pendenze del 20 per mille in galleria e del 25 per mille nei tratti scoperti);

   nel 1931 la linea iniziò ad essere elettrificata e alla fine del 1949, dopo pesantissimi danneggiamenti subiti nel corso del conflitto mondiale per la sua strategicità, terminò il graduale processo di conversione all'elettrificazione;

   la linea, originariamente concepita a singolo binario, tranne nel tratto di valico Borgo Val di Taro-Pontremoli, dagli anni Ottanta è oggetto di lavori di raddoppio del binario con realizzazione di una nuova sede più favorevole dal punto di vista plano altimetrico;

   il progetto di ammodernamento della linea risale alla legge di finanziamento denominata «piano integrativo» del 1981;

   fino al 1996 il doppio binario era presente solo nel tratto da Vezzano Ligure a Santo Stefano di Magra;

   il 22 maggio 1996 venne attivata la variante di tracciato a doppio binario fra Solignano e Berceto quasi completamente in galleria;

   nel 2003 è stato inaugurato il nuovo fascio merci di La Spezia Marittima;

   l'11 settembre 2005 è entrato in funzione il doppio binario nel tratto Santo Stefano di Magra-Posto di Passaggio Chiesaccia, raccordato nel 2008 con la linea ferroviaria della Garfagnana;

   tutti questi lavori di raddoppio hanno comportato anche lo spostamento verso nord del raccordo meridionale con la linea Tirrenica, con conseguente chiusura al traffico del tratto a binario unico tra Santo Stefano di Magra e Sarzana inaugurato il 9 agosto 1897 e abbandono della stazione di Ponzano Magra;

   anche il raccordo settentrionale, originariamente situato nei pressi della stazione di Vezzano Ligure, è stato spostato verso nord grazie all'aggiunta di un binario appositamente dedicato al traffico della Pontremolese, il quale corre parallelo alla linea tirrenica da Vezzano Ligure a La Spezia Migliarina;

   nel 2014 sono terminati i lavori di raddoppio nella tratta Solignano-Fornovo;

   a distanza di oltre 30 anni il raddoppio completo della tratta è ancora in attesa di essere realizzato, comportando una grave penalizzazione del comprensorio in questione in particolare per l'area retroportuale della Spezia;

   gli enti locali interessati hanno predisposto una serie di atti e documenti ufficiali per sollecitare la realizzazione della seconda fase del completamento del raddoppio che, come da contratto di programma, richiederebbe un quadro finanziario complessivo di circa un miliardo e mezzo di euro –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per il completamento del raddoppio della citata opera che assume un rilievo strategico anche sul piano europeo per lo sviluppo della libera circolazione di cittadini e merci, accogliendo le richieste dei territori che sollecitano l'effettivo richiamato raddoppio della infrastruttura ferroviaria.
(5-01619)


   TRIPIEDI, TERMINI, CURRÒ, SCAGLIUSI, DE LORENZO, BOLOGNA, CIPRINI, PALLINI, COSTANZO e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la linea ferroviaria Lecco-Como della lunghezza totale di circa 42 chilometri in gestione a Rete ferroviaria italiana, è una linea a binario semplice non elettrificata nella tratta tra Albate e Lecco. È invece elettrificata a doppio binario tra Albate Camerlata e Como nella tratta in comune con la linea Milano-Chiasso;

   strategicamente importante per il sistema territoriale padano e le sue interconnessioni, la linea accresce la sua rilevanza per il potenziale utilizzo che ne potrebbero fare i pendolari all'interno dei confini nazionali, per il crescente numero di lavoratori frontalieri ma anche per il servizio che potrebbe fornire a livello turistico con la vicinanza ai laghi del sistema pedemontano;

   le politiche aziendali di chi gestisce la tratta, negli ultimi anni, hanno portato a un progressivo decadimento qualitativo dell'intera linea dovuto all'assenza di corse nella fascia mattutina, nei giorni festivi, nei periodi vacanzieri di agosto e delle festività natalizie e all'aumento dei tempi di percorrenza, dei ritardi e delle cancellazioni delle corse;

   la mancata elettrificazione della tratta Albate-Lecco, che rappresenta la quasi totalità dell'intera tratta che collega Lecco a Como, impone l'utilizzo di treni diesel e una conseguente rottura di carico a Como. Questo, unito al fatto che le coincidenze tra i treni della Como-Lecco e i treni diretti in Svizzera non sono comode e non vengono garantite dall'impresa ferroviaria, è uno dei principali motivi di mancato utilizzo dei treni da parte di molti dei frontalieri che vorrebbero varcare il confine nazionale, giungendo in Svizzera in treno, ma che si vedono impossibilitati dal farlo. Tale disservizio porta ad avere, come logica conseguenza, problemi legati alla congestione stradale che contribuisce alla pessima qualità dell'aria;

   il Comitato pendolari Como-Lecco composto da cittadini da sempre attivi rispetto alla problematica, negli anni 2014 e 2015 ha proposto alle amministrazioni comunali dei paesi interessati dalla linea ferroviaria un ordine del giorno nel quale si chiedeva a regione Lombardia, Trenord e rete ferroviaria italiana di adottare provvedimenti volti al potenziamento e al rilancio della linea Como-Lecco. Nell'ordine del giorno veniva escluso il punto dell'elettrificazione ove necessaria, esclusivamente perché tale problema non era ancora stato considerato dal Comitato. 18 comuni hanno accolto e approvato la proposta di ordine del giorno insieme alle province di Como e Lecco;

   l'articolo 3, comma 7, della legge n. 472 del 1999, autorizzava la spesa di 1 miliardo di lire per ciascuno degli anni 1999, 2000 e 2001 per l'urgente predisposizione degli studi di fattibilità del tratto ferroviario Lecco-Molteno-Como. A quanto risulta agli interroganti, tali fondi destinati agli studi di fattibilità del tratto ferroviario considerato, pur essendo stati stanziati non sono mai stati utilizzati;

   l'11 febbraio 2019, il Ministro interrogato annunciava di aver firmato il decreto interministeriale con il quale venivano ripartiti tra le regioni a statuto ordinario 3,89 milioni di euro come anticipazione dell'80 per cento del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario. Tra i fondi venivano conteggiati, e dunque di fatto sbloccati, anche i 300 milioni di euro accantonati dalla legge di bilancio 2019 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della destinazione dei sopraindicati fondi stanziati all'articolo 3, comma 7, legge n. 472 del 1999 e, nel caso tali fondi giacciano inutilizzati, se non intenda adottare iniziative per impiegarli come ulteriore contributo per il finanziamento dei lavori di riammodernamento ed efficientamento dell'indicata linea ferroviaria Como-Lecco compresa, ove mancante sulla tratta, di elettrificazione;

   se non intenda adottare iniziative per prevedere, ulteriori fondi per i lavori di riammodernamento ed efficientamento dell'intera linea Como-Lecco e, ove mancanti sulla tratta, per le opere di elettrificazione.
(5-01626)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 13 agosto 2008, l'Anas ha ordinato la chiusura della carreggiata sud del viadotto «Pietrastretta» del raccordo autostradale che collega Sicignano (Salerno) a Potenza (Potenza), dopo aver riscontrato problemi strutturali. Nei mesi successivi furono riscontrati problemi sui viadotti Torre I, Torre II e Marmo in direzione Potenza;

   il traffico leggero, sia in direzione Potenza che Salerno, ha transitato per anni a doppio senso sulla carreggiata nord o è stato deviato attraverso il percorso alternativo della strada provinciale 94 e nelle contrade vietresi;

   i lavori, che hanno visto gli impalcati dei viadotti demoliti, nel tratto tra Vietri di Potenza e quello di Balvano in direzione Salerno, sono fermi da quasi sei mesi;

   si apprende che numerosi utenti hanno scritto all'ANAS, la quale giustifica lo «stop» nei cantieri a causa delle avverse condizioni meteorologiche;

   a parere dell'interrogante tale spiegazione non sarebbe sufficiente a discolpare l'ANAS per la mancata conclusione dei lavori, in quanto solamente negli ultimi due mesi (gennaio 2019-febbraio 2019) vi sono stati due episodi di abbondanti nevicate (con disagi perdurati per una sola settimana), mentre da settembre a dicembre non si è verificato alcun evento meteorologico al di fuori dell'ordinario. La situazione grava sugli abitanti della Basilicata e sulla regione stessa che, senza un'accelerazione delle opere di messa in sicurezza delle due arterie, rischia un isolamento dal resto d'Italia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per accelerare la conclusione dei suddetti lavori, che si protraggono ormai da anni, affinché sia definitivamente ripristinata la circolazione.
(4-02404)


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 13 marzo 2013, n. 42, «Regolamento recante le modalità di redazione dell'elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all'articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214», disciplina l'elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute;

   il decreto-legge 28 settembre 2018, n. 10, come convertito dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, «Decreto Genova», all'articolo 13, ha istituito l'archivio informatico delle opere pubbliche-Ainop;

   sulla base del decreto ministeriale 13 marzo 2013, n. 42, la regione Abruzzo ha provveduto, con proprio atto ricognitivo a redigere e inviare l'elenco-anagrafe delle opere incompiute;

   nel periodo intercorso sono emerse ulteriori opere che presentano, in particolare sulla rete ferroviaria regionale, la necessità di interventi conclusivi e di messa in sicurezza;

   la ferrovia regionale Adriatico Sangritana (T.u.a. s.p.a.), ai sensi dell'articolo 15 dell'accordo di programma quadro, di cui al decreto legislativo n. 422 del 1997, ha ottenuto due dotazioni finanziarie, nel 1996 per circa 43 milioni di euro e nel 2016 per euro 14 milioni, per il completamento e la riattivazione del tracciato ferroviario Fossacesia-Castel di Sangro;

   con il Par Fas 2007-2013 è stato finanziato un intervento complessivo, articolato su tre lotti, da Archi a Quadri, per complessivi 14.600,00 euro;

   come noto, le eventuali economie sui lavori effettuati possono essere accertate e riutilizzate esclusivamente sulla base di una verifica amministrativa e autorizzativa fondata sulle competenze proprie del comitato di verifica e monitoraggio preposto alla valutazione di cui all'accordo di programma sottoscritto ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 422 del 1997, così come richiesto da regione Abruzzo;

   con delibera del Cipe n. 12 del 28 febbraio 2018 è stato ulteriormente finanziato l'intervento «Completamento della tratta ferroviaria regionale Quadri-Castel di Sangro» per un importo di euro 100.000;

   sul tracciato Fossacesia-Torino di Sangro-Castel di Sangro sono intervenuti diversi fronti franosi che impediscono il completamento funzionale dell'opera –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire la ripresa dell'esercizio sulla linea Fossacesia-Castel di Sangro, anche alla luce di eventuali economie accertabili derivanti da lavori conclusi, e se, a tal fine, sia stato costituito il comitato di verifica e monitoraggio preposto alla valutazione di cui all'accordo di programma sottoscritto ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 422 del 1997, visto che, in caso di inerzia, la ferrovia non potrebbe essere messa in esercizio con grave danno all'economia regionale e alle aree interne.
(4-02410)


   MAGGIONI e LUCCHINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la superstrada Vigevano-Malpensa, primo stralcio Magenta-Vigevano, tratte A e C, è un'opera di carattere strategico del programma «legge obiettivo» e fa parte dei corridoi autostradali e stradali della Lombardia, – «Accessibilità Malpensa»;

   la Vigevano-Magenta, con la variante di Abbiategrasso, è un'opera importantissima per l'area metropolitana milanese, in quanto completa lo scacchiere viabilistico verso Malpensa;

   l'infrastruttura è inserita nell'accordo di programma quadro «realizzazione di un sistema integrato di accessibilità ferroviaria e stradale all'aeroporto di Malpensa 2000» sottoscritto il 3 settembre 1999 da Stato, regione e concessionari ed è ricompresa nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Lombardia sottoscritta l'11 aprile 2003;

   inoltre, l'infrastruttura è inserita nel protocollo di intesa «Accessibilità Malpensa» stipulato tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Varese, Rfi s.p.a. e Anas S.p.A. il 26 marzo 2007;

   con delibera del Cipe n. 7 del 28 febbraio 2018, è stato approvato il progetto definitivo dell'opera, anche ai fini del vincolo espropriativo e della dichiarazione di pubblica utilità, con un finanziamento pari a 218.613.333,33 euro;

   il progetto ha ottenuto tutte le autorizzazioni finalizzate alla cantierizzazione e sono state già avviate le procedure espropriative, essendo prevista la pubblicazione dei due bandi, per la tratta C addirittura entro il 2018 e per la tratta A nella primavera 2019;

   recentemente sono state diffuse notizie in merito a un rinvio della gara di appalto, con interventi del Ministero sulle decisioni e sugli atti formali di approvazione dell'opera, allo scopo di valutare percorsi alternativi;

   da fonti stampa si apprende che sarebbe stato ipotizzato dalla segreteria del Ministro uno studio per procedere a una modifica del tracciato della variante di Abbiategrasso;

   i media danno notizia dell'immediata reazione dei sindaci interessati di Vigevano, Abbiategrasso, Ozzero, Magenta e Robecco sul Naviglio che hanno inviato una nota al Ministro dichiarando che se tale informazione si rivelasse fondata la questione costituirebbe un grave pregiudizio al lavoro svolto, dopo anni di incontri e atti formali, e chiedendo chiarezza per i cittadini e comunicazioni formali su eventuali provvedimenti difformi da quelli istituzionalmente condivisi per la realizzazione dell'opera;

   un passo indietro di tale portata proprio alla fine di un percorso amministrativo lungo e faticoso, che ha visto la collaborazione fattiva su tutti i livelli istituzionali ai fini della conclusione dell’iter di approvazione e della cantierizzazione dell'opera, creerebbe ingenti danni economici e sociali sul territorio –:

   quale sia l'intenzione del Ministro interrogato in merito alla realizzazione della superstrada Vigevano-Malpensa, primo stralcio Magenta-Vigevano, tratte A e C, e se rispondano a verità le notizie sopra riportate.
(4-02412)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le aree di libero scambio, nate come luogo dove i raccoglitori informali di merci usate destinate ai rifiuti possono cedere nella piena legalità gli oggetti che hanno raccolto, rivestono ancora oggi una opportunità per la promozione dell'economia circolare;

   da alcuni anni è presente a Torino, nella zona di Borgo Doria, un'area di libero scambio denominata «Barattolo» che si svolge ogni sabato e domenica del mese;

   nel corso degli ultimi anni, però, tale mercato ha raggiunto dimensioni notevoli (in breve tempo i venditori sono passati infatti da 400 ad oltre 1000 e aumentano considerevolmente ogni settimana), che non sono più compatibili con il decoro e la sicurezza pubblica dell'area in cui si svolge. Ad ottobre 2017 una lite tra due venditori causò, infatti, una vittima e, secondo quanto riportato dalla stampa, sono continui i litigi tra gli ambulanti e frequenti le minacce ai residenti, mentre rifiuti e sporcizia si accumulano nelle strade;

   sono ormai due anni che comitati di quartiere, residenti e commercianti chiedono all'amministrazione comunale di Torino di spostare il «Barattolo» in un'area maggiormente funzionale e idonea;

   criticità sono state rimarcate anche da Luca Deri, presidente della circoscrizione 7 di Torino, che ha invitato più volte il sindaco di Torino Chiara Appendino a confrontarsi con i cittadini sul regolamento del «Barattolo» senza ottenere alcuna risposta;

   l'assessore comunale delegato Marco Giusta ha ribadito in numerose occasioni l'intenzione di individuare una nuova sede per il «Barattolo»;

   sono numerose le deliberazioni della giunta comunale che nel corso degli ultimi anni hanno fornito una disciplina allo svolgimento del mercato di libero scambio. Con le deliberazioni del 25 ottobre 2016, del 22 novembre 2016 e del 6 aprile 2017 la giunta comunale ha sempre confermato l'intenzione di realizzare la rotazione della sede di svolgimento del mercato di libero scambio sia del sabato che della domenica;

   il 27 dicembre 2018 la giunta comunale ha deliberato in via definitiva dal 19 gennaio 2019 il trasloco del «Barattolo» in via Carcano (nella zona recuperata del magazzino delle pietre), confermando il provvedimento già indicato nella delibera approvata il 6 aprile 2017;

   ad oggi, dopo quasi due mesi, tale trasferimento non è stato ancora attuato: secondo quanto emerge dalla stampa dall'area del «Barattolo» sono già stati rimossi i bagni chimici, ma le pattuglie di vigili urbani che il venerdì sera controllano la zona non impedirebbero ai venditori di sistemare le bancarelle per il fine settimana;

   questa situazione di continuo disagio per le imprese e i cittadini e di degrado urbano sta causando notevoli proteste, anche a causa dei ritardi rispetto alla corretta applicazione della delibera comunale;

   trentacinque tra associazioni, comitati e condomini di zona hanno scritto al Ministro dell'interno Matteo Salvini, al sindaco Chiara Appendino, al prefetto Claudio Palomba e al questore Francesco Messina per far rispettare l'ordinanza di spostamento del mercato;

   il 14 marzo è stato convocato in prefettura, a Torino, un tavolo con tutti i soggetti coinvolti nella vicenda –:

   se sia a conoscenza delle gravi criticità presenti sull'area di libero scambio di Torino denominata «Barattolo» e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per riportare la legalità, l'ordine pubblico e il decoro urbano nella zona attualmente interessata dal mercato.
(5-01621)


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende a mezzo stampa nella notte del 3 marzo 2019 fino al giorno successivo il capannone dismesso dell'ex fabbrica della Trw di Livorno è stato occupato abusivamente da circa trecento giovani per un rave party autogestito;

   la festa non autorizzata, contrassegnata da uso incontrollato di alcool e di droga, si è svolta all'insegna dell'illegalità e ha messo a rischio la sicurezza dei cittadini –:

   se intenda assumere iniziative per verificare come sia potuto accadere un fatto del genere;

   se siano state avviate indagini in relazione alla vicenda di cui in premessa;

   se siano stati utilizzati cani antidroga per individuare e fermare gli spacciatori;

   come si intenda agire affinché non si verifichino più episodi simili.
(5-01624)


   MORANI e ROTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 4 marzo 2019, gli account social del Ministro dell'interno, Matteo Salvini, hanno rilanciato la foto di una ragazza scattata durante la manifestazione «People», organizzata a Milano nella giornata di sabato 2 marzo;

   il Ministro ha così commentato la foto della ragazza che esibiva un cartello: «che gentil signora» e una emoticon sorridente, scatenando i suoi followers che hanno commentato l'immagine con ogni tipo di epiteto e insulto;

   la ragazza era già apparsa sulle pagine social del Ministro interrogato e anche in quella circostanza le erano stati rivolti insulti, offese, minacce di morte e di violenza e l'augurio di malattie terminali;

   si tratta di una gogna mediatica a cui vengono sottoposte persone che manifestano il loro pensiero senza, peraltro, compiere atti violenti o che violino le leggi vigenti;

   già in passato il Ministro interrogato ha pubblicato sui suoi account social, fotografie di manifestanti contro il Governo, permettendo ai propri sostenitori e elettori di insultarle in qualsiasi maniera, senza intervenire;

   il 19 novembre 2018, il Ministro sulle proprie pagine ufficiali di Facebook e Twitter ha postato una foto di tre ragazze minorenni con la didascalia «Poverette, e ridono pure...»;

   anche in quel caso, le tre ragazze sono state oggetto di minacce e innumerevoli insulti, direttamente – e non solo – sulla pagina ufficiale del Ministro dell'interno, senza che questi fossero cancellati o moderati;

   secondo gli ultimi dati dell'Istat il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni e 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, mentre il 12,3 per cento delle donne ha subìto minacce;

   la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 42727, pubblicata il 23 ottobre 2015 stabilisce, tra l'altro, che «Facebook è una gigantesca piazza immateriale con oltre cento milioni di utenti nel mondo, che comunicano in settanta lingue diverse: la community internet, dunque, ben può rientrare nella nozione di “luogo pubblico” ex articolo 660 del c.p.»;

   la quinta sezione della Corte di cassazione, con la sentenza n. 4873 del 1° febbraio 2017, ha stabilito che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca «Facebook» integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595, comma 3, del codice penale;

   il Ministro interrogato dovrebbe essere consapevole, considerato il ruolo che ricopre, del fatto che attraverso la Rete il cyberbullismo agisce costantemente attraverso un pubblico enorme e non c'è alcun riparo per le vittime: attraverso le foto e alcune ricerche online, è possibile identificare chiunque e conoscere i suoi dati e account social;

   tra le principali funzioni esercitate dal Ministro dell'interno c'è la sicurezza del cittadino, la tutela dell'incolumità e delle libertà individuali garantite dalla Costituzione;

   l'11 ottobre 2018, Luca Morisi, responsabile social network del Ministro dell'interno ha dichiarato che esiste un solo spin doctor di Salvini ed è Salvini stesso –:

   se il Ministro interrogato abbia pubblicato personalmente la foto della ragazza apparsa il 4 marzo 2019 sui suoi account social;

   per quale motivo non abbia provveduto a cancellare e a limitare le minacce e gli insulti nei confronti di persone inermi, considerato che, per gli interroganti, con questi comportamenti, si può mettere in pericolo la sicurezza delle persone oggetto di minacce e insulti;

   se non ritenga opportuno, per quanto tardivo, adottare urgenti iniziative per rimuovere gli insulti e le minacce rivolti alla ragazza sulla sua pagina Facebook e adottare le iniziative necessarie per tutelare l'incolumità della stessa nelle forme e con le modalità previste dalla legge, nel rispetto del suo ruolo e nell'adempimento delle sue funzioni di Ministro dell'interno.
(5-01625)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra, nonché presidente regionale dell'Associazione medici cattolici italiani ed esponente di spicco del family day, in occasione di un convegno dedicato alle politiche per la famiglia tenuto al teatro Reims di Firenze, è stato destinatario di uno striscione recante attacchi e minacce;

   lo striscione conteneva la seguente scritta: «Contro la violenza di genere e confini, abbattiamo il patriarcato e appendiamo Gandolfini»;

   la scritta recava inoltre la seguente firma: «transfr... antifasciste»;

   secondo i quotidiani locali, lo striscione sarebbe riconducibile ad esponenti dei centri sociali fiorentini, accorsi sul posto per contestare l'iniziativa;

   nelle ore immediatamente successive sono giunti numerosi messaggi di solidarietà rivolti al professor Gandolfini;

   i fatti descritti sono di evidente gravità, non soltanto per la notoria levatura culturale ed etica della personalità cui sono state rivolte le minacce, ma anche perché il tutto è avvenuto a margine di un convegno nel quale venivano affrontati temi di assoluta importanza, quali il rispetto della vita umana, le politiche per la famiglia, pilastro della società, e (e libertà educative, nel pieno rispetto quindi dei principali valori dell'ordinamento costituzionale italiano;

   più in generale, si assiste continuamente a un imbarbarimento del dibattito su temi anche delicati, con molteplici episodi, come nel caso in questione, nei quali il confronto civile e dialettico tra idee difformi viene meno in favore di atti di intolleranza, di maleducazione e di violenza, comportamenti del tutto fuori luogo in una società avanzata come quella nella quale viviamo –:

   se il Ministro interrogato abbia informazioni maggiormente dettagliate sui fatti richiamati in premessa e quali iniziative di competenza stia eventualmente valutando di adottare in proposito.
(4-02413)


   FIDANZA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ogni episodio di violenza deve essere come tale condannato e perseguito ai sensi di legge;

   compito precipuo delle forze dell'ordine è garantire l'ordine e l'incolumità pubblica;

   nella serata del 27 febbraio 2019 si è svolto a Firenze l'incontro di calcio Fiorentina-Atalanta, semifinale di andata di Tim Cup;

   in tale occasione alcune migliaia di tifosi atalantini hanno seguito la squadra a Firenze con pullman e mezzi propri;

   né nel pre-partita né durante la stessa si è verificato alcuno scontro tra opposte tifoserie o tra tifosi e forze dell'ordine;

   al termine della partita, concluse le operazioni di deflusso del pubblico di casa, come da prassi, i tifosi atalantini sono stati riaccompagnati ai pullman e di lì verso l'autostrada;

   anche durante il tragitto verso l'autostrada non si sono verificati atti ostili o situazioni di potenziale pericolo da parte dei tifosi di casa;

   secondo quanto riferito da diversi testimoni (anche attraverso video pubblicati sul web) e riportato dagli organi di informazione, a circa 500 metri dal casello di Firenze Sud, lungo la superstrada (via Giovanni Agnelli), i primi due pullman della carovana sarebbero stati fatti accostare dagli agenti di polizia;

   secondo le stesse testimonianze, nelle fasi immediatamente successive, alcuni agenti scesi dai propri mezzi avrebbero intimato agli autisti di aprire le porte e, raggiunti da alcune decine di altri agenti, sarebbero saliti a bordo colpendo i tifosi con i manganelli e obbligandoli poi a scendere dai pullman per essere identificati;

   a quanto consta all'interrogante, sarebbe stato inoltre riferito da numerosi testimoni che, anche nel corso delle procedure di identificazione seguite agli scontri, sarebbero proseguite le percosse ai danni dei tifosi;

   il bilancio di questi incidenti risulterebbe essere di circa 30 tifosi atalantini e 5 agenti di polizia feriti, tra questi ultimi un dirigente della questura di Firenze;

   la questura di Firenze ha diramato una nota in cui si fa riferimento a un duro intervento di contenimento di tifosi «incappucciati e armati di bastoni e aste» che stavano scendendo dai pullman;

   tale versione risulta in aperto contrasto con quanto riferito dalle testimonianze orali e video riportate dai media, dalle quali non parrebbe ravvisarsi alcuna discesa dai mezzi se non dopo l'apertura delle porte ordinata dagli agenti e le successive fasi sopra riportate;

   il 3 marzo 2019 la società Atalanta Bergamasca Calcio ha diffuso una nota stampa con la quale chiede che «sia fatta luce su quanto accaduto mercoledì notte a Firenze»;

   in pari data il Ministro dell'interno ha comunicato che «si stanno facendo tutte le verifiche del caso» –:

   se, alla luce delle versioni contrastanti sopra riportate, intenda promuovere un'indagine interna al fine di tutelare il buon nome delle forze dell'ordine in relazione a eventuali possibili abusi compiuti da propri appartenenti, nonché per verificare:

    chi abbia ordinato di fermare i pullman;

    se, pur in assenza di tifosi avversari nelle immediate vicinanze, sussistessero realmente le esigenze di ordine pubblico che hanno portato a fermare i pullman e ad intervenire con l'uso della forza a bordo degli stessi;

    se le procedure di identificazione, seguite allo scontro tra agenti e tifosi, si siano svolte secondo i protocolli operativi in uso;

    se siano state avviate indagini giudiziarie in relazione alla vicenda di cui in premessa, e se risulti siano state acquisite immagini delle telecamere del vicino ristorante Mac Donald's o di altri impianti di videosorveglianza in zona, al fine di appurare la dinamica e la responsabilità dei fatti;

    se, in attesa di una eventuale indagine interna, si intendano dare indicazioni al questore di Firenze di non precedere all'emanazione di Daspo ai danni dei tifosi fino a quando non saranno state acclarate le responsabilità.
(4-02416)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la parità fra uomo e donna è tutelata, in ogni aspetto e in ogni contesto, dalla Costituzione italiana e dal Trattato sull'Unione europea;

   l'Unione europea, nel corso degli anni, ha infatti rafforzato questi indirizzi, in particolare con il Trattato di Amsterdam del 1997 e con la Carta delle donne del 2012;

   il Consiglio d'Europa ha poi adottato nel novembre 2013, una «Strategia sulla parità di genere 2014-2017», con l'obiettivo di conseguire il progresso e l'emancipazione delle donne e quindi l'effettiva realizzazione dell'uguaglianza di genere nei propri Stati membri;

   la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2017 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea ha ribadito la necessità di perseguire politiche anche nazionali per ottenere una reale ed efficace parità di genere; con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica «Convenzione di Istanbul» che ha introdotto un nuovo paradigma nel definire la violenza contro le donne e ha dato impulso a politiche pubbliche di contrasto della stessa. In particolare, ha fatto emergere la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza e la necessità di politiche antidiscriminatorie che favoriscano l'effettiva parità fra i sessi al pari di misure atte alla prevenzione e al contrasto alla violenza;

   si apprende da fonti stampa e dai social media che in un esercizio di grammatica contenuto in un libro in dotazione ad alcune scuole elementari pubbliche («Nuvola, Libro dei Percorsi» edizioni La Spiga del 2017), nel quale deve essere individuato il verbo che non si adatta al soggetto indicato, sarebbero presenti indicazioni di evidente carattere sessista;

   in particolare, tra i verbi relativi alle attività della «mamma» l'alunno deve scegliere tra i verbi «cucina», «stira» e «tramonta» mentre per il «papà» le opzioni sono «lavora», «legge» e «gracida». Fatto salvo che per entrambi i genitori il terzo verbo sia palesemente sbagliato, appare comunque evidente come le altre due scelte connotino fortemente due stereotipi di genere ormai desueti e denigranti della dignità della persona;

   da quanto si appende da fonti stampa la casa editrice ha annunciato che eliminerà le pagine «incriminate», ma resta comunque la possibilità che sussistano, anche in altri volumi didattici, esempi similari non ancora venuti alla luce;

   questa impostazione didattica, al di là del caso specifico che riguarda l'ambito domestico che può rappresentare una scelta di vita libera e autonoma, potrebbe veicolare nei giovani studenti pregiudizi di genere soprattutto in ambito lavorativo;

   secondo recenti indagini la metà della popolazione nazionale è ancora d'accordo nel ritenere che «gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche» e questo tipo di materiale formativo rischierebbe di rafforzare questa tipologia di preconcetti; si tratta di cliché quindi anacronistici, dove la donna è relegata a casa mentre l'uomo lavora, ma che vengono comunque ancora proposti ai bambini in un testo scolastico;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fissato alcune caratteristiche a cui devono conformarsi i libri di testo, in particolare, per quanto riguarda gli aspetti pedagogici;

   l'adozione dei libri di testo va poi deliberata dal collegio docenti di ogni istituto nella seconda decade del mese di maggio, per tutti gli ordini e gradi scuola;

   ai rispettivi dirigenti scolastici spetta il compito di vigilare, affinché le adozioni siano deliberate nel rispetto della normativa vigente, e di assicurare che le scelte siano espressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia professionale dei docenti –:

   se non intenda assumere, coerentemente con le norme vigenti in materia di autonomia scolastica e di libertà di insegnamento, iniziative urgenti, per quanto di competenza, per promuovere la parità di genere nelle scuole e favorire una crescita educativa e culturale, che eviti pregiudizi antiquati e denigranti della dignità delle persone, anche attraverso testi, materiali e documentazione di studio.
(5-01623)

Interrogazione a risposta scritta:


   NOVELLI, MUGNAI, BOND e BAGNASCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è ormai annoso il problema relativo alla carenza di insegnanti di sostegno nella scuola italiana;

   oltre al problema numerico, si evidenzia che da anni ricoprono il ruolo di insegnanti di sostegno persone non adeguatamente preparate alla mansione;

   per l'anno scolastico in corso, su un totale di poco più di 141 mila cattedre complessive, circa 50 mila sono state coperte con personale attinto dalla seconda o terza fascia, spesso diplomati o laureati non abilitati all'insegnamento;

   la Cisl-Scuola ha denunciato lo scarto notevole tra il fabbisogno stimato e quello effettivamente rilevato, che condanna migliaia di insegnanti a una sorta di precarietà strutturale;

   sempre la Cisl-Scuola rileva come sia limitata l'offerta formativa per l'acquisizione dei titoli di specializzazione, mentre si è costretti ad assegnare i tre quarti delle supplenze a docenti non specializzati;

   in base ai dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono stati coperti con assunzioni in ruolo, quest'anno, solo il 13 per cento dei posti disponibili: 1.682 assunzioni a fronte di 13.329 posti vacanti e tutti disponibili per nomine in ruolo;

   il resto delle cattedre che rimane scoperto costringe le scuole ad attingere dalle graduatorie di seconda fascia e terza fascia, dove non ci sono profili abilitati al sostegno;

   dal dossier redatto da Cisl-Scuola emerge che su 67.990 supplenze assegnate nel 2017/2018 appena 16.833 sono andate a docenti specializzati, mentre ben 51.107 (il 75,2 per cento del totale) ha riguardato figure non specializzate;

   il Governo ha dichiarato la volontà di superare le norme contenute nel decreto legislativo n. 66 del 2017, procedendo a una nuova riforma di sostegno –:

   come il Governo intenda affrontare la carenza strutturale di docenti di sostegno nella scuola italiana e quali siano le linee fondamentali della riforma del sistema di formazione e reclutamento di detti docenti.
(4-02408)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   FRATE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'indirizzo dell'istituto professionale socio-sanitario, della durata di cinque anni, ha lo scopo di formare professionalmente i discenti alla figura di operatore socio-sanitario. Tuttavia, il diploma conseguito non è di per sé abilitante: difatti, per esercitare tale professione è necessaria l'iscrizione a un apposito corso regionale, a pagamento, al termine del quale si acquisisce la qualifica di operatore socio-sanitario di 3° livello;

   l'operatore socio-sanitario affianca gli infermieri nelle strutture ospedaliere e nelle residenze sanitarie assistenziali con mansioni di forte responsabilità e la mancanza di un diploma può, in taluni casi, significare una preparazione parziale. Non a caso, negli ambienti sanitari, sta affermandosi la consapevolezza e la necessità di impiegare personale maggiormente qualificato, onde garantire uno standard di assistenza qualitativamente superiore. Un esempio è offerto dalla città di Bergamo che, bandendo un concorso per operatore socio-sanitario, ha indicato quali requisiti sia la qualifica regionale che il conseguimento di un diploma quinquennale;

   il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 61, all'articolo 1, comma 4, recita che: «Il sistema dell'istruzione professionale ha la finalità di formare la studentessa e lo studente ad arti, mestieri e professioni strategici per l'economia del Paese [...] nonché di garantire che le competenze acquisite nei percorsi di istruzione professionale consentano una facile transizione nel mondo del lavoro e delle professioni»;

   una possibile soluzione per chi ha conseguito il diploma quinquennale potrebbe essere l'introduzione di una nuova e specifica figura professionale: quella di tecnico dei servizi socio-sanitari di 4° livello Eqf. Ciò consentirebbe ai diplomati di accedere direttamente al mercato del lavoro — garantendo che le competenze acquisite nel percorso di istruzione siano immediatamente spendibili senza dover frequentare corsi regionali a pagamento — e con il conseguente miglioramento delle prestazioni sanitarie offerte –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al riguardo.
(3-00591)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il fallimento di Qui! Group e quello «a grappolo» di un'infinità di società collegate alla capogruppo ha lasciato senza lavoro 450 persone, di cui 365 a Genova;

   proprio in questi ultimi giorni ha chiuso il centralissimo bar-ristorante Moody, che da solo dava lavoro a circa 50 persone;

   alcune settimane fa nella stessa via ha cessato la sua attività anche la Rinascente;

   tutto questo provoca un drammatico impoverimento nel cuore di una città già pesantemente colpita dal crollo del «ponte Morandi»;

   i lavoratori interessati da queste chiusure hanno protestato, lamentando, tra l'altro, la totale assenza di iniziative del comune e della regione;

   oltre che sui lavoratori diretti, tale crisi si sta ripercuotendo anche su centinaia di fornitori, creditori di ingenti somme visto che si è di fronte a un fallimento da 326 milioni di euro;

   questa drammatica situazione vede, secondo l'interrogante, anche una preoccupante inerzia del Governo e in particolare del Ministro del lavoro e dello sviluppo economico, che in altre circostanze e territori non ha mancato di incontrare i lavoratori di aziende in difficoltà –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, nell'immediato, per venire incontro alla richiesta di protezione sociale di centinaia di lavoratori rimasti da un giorno all'altro senza lavoro;

   se il Governo intenda farsi parte attiva, per quanto di competenza e di concerto con il comune di Genova e la regione Liguria, nonché con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, di un'azione di rilancio della centralissima zona commerciale del capoluogo ligure, capace di attrarre nuovi investitori e dar vita a nuove iniziative economiche e se intenda, anche con apposite iniziative, prendere in considerazione anche i problemi delle centinaia di aziende fornitrici, che rischiano a loro volta di andare incontro a pesantissime difficoltà.
(5-01620)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUCA DE CARLO e MASCHIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   le associazioni di fragolicoltori stanno segnalando la preoccupazione che stanno vivendo le imprese agricole in previsione della prossima campagna di raccolta fragole, che partirà tra un mese;

   già nella raccolta del 2018 il problema della manodopera aveva causato gravissimi danni alle produzioni nazionali, la cui elevata qualità necessita di particolare attenzione e cura anche durante la fase della raccolta;

   in particolare, nel caso delle fragole, trattandosi di frutta molto delicata e poco conservabile, un ritardo nella raccolta potrebbe vanificare il lavoro di un intero anno, arrecando così gravi danni economici alle aziende e a tutto il territorio;

   il ritardo nel reperimento di adeguata manodopera per la raccolta delle fragole sta creando grande apprensione per il rischio che si possa verificare un crollo dell'intero comparto agricolo ortofrutticolo –:

   se sia informato della problematica esposta in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere al riguardo.
(5-01618)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la condizione di commissariamento della sanità nel Lazio sta determinando tagli ai servizi, trasferimenti di competenze e accorpamenti dei reparti, in favore delle strutture di Roma, nell'ottica di razionalizzazione e riorganizzazione di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70;

   l'atto aziendale della A.s.l. di Rieti approvato dal decreto del commissario ad acta 15 gennaio 2019 U00004, in applicazione del decreto del commissario ad acta del 2 luglio 2014 U00219, prevede il depotenziamento del laboratorio di analisi del nosocomio reatino con ulteriore trasferimento di lavorazione dei campioni di sangue presso la struttura ospedaliera «San Filippo Neri» di Roma, con gravi ripercussioni sulla qualità degli esami stessi, visti i tempi di percorrenza e l'inadeguatezza della rete stradale che collega il capoluogo sabino alla Capitale;

   nel decreto del commissario ad acta U00207 del 20 giugno 2014 è stabilito che l'ospedale di Rieti sia punto di raccolta sangue da inviare al «San Filippo Neri» e, in caso di necessità, fornito da quest'ultimo all'indirizzo della struttura del capoluogo sabino, determinando il trasferimento del centro trasfusionale. Allo stato attuale risulta essere l'ospedale di Rieti a integrare le scorte di sangue spesso carenti dell'ospedale romano;

   nel decreto del commissario ad acta U00116/2018 vengono definite le linee di indirizzo per l'organizzazione di anatomia patologica della regione Lazio, ridimensionando l'unità reatina, senza tener conto del fondo costituito dalle donazioni devolute dalle associazioni di volontariato per l'ampliamento del reparto de quo integrando la biologia molecolare, non gravando quindi sul bilancio regionale;

   l'ospedale «San Camillo De Lellis» di Rieti, dopo i drammatici eventi sismici del 24 agosto 2016 che hanno causato il crollo dell'ospedale «Grifoni» di Amatrice, è l'unica struttura presente nella vasta ed articolata provincia di Rieti (2750/Km2 superficie);

   gli indici epidemiologici del nosocomio reatino non sono in flessione e il numero di esami effettuati risulta in media superiore ai 2.000.000 annui, collocandosi al di sopra degli standard previsti come laboratorio di base;

   la provincia di Rieti è l'unica del Lazio a non detenere un «hub», nonostante le caratteristiche orografiche e infrastrutturali della stessa;

   l'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017 consente ai comuni del cratere sismico di cui agli allegati 1, 2, 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 tra cui Rieti, la disapplicazione della normativa di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, in materia di riorganizzazione della rete ospedaliera e piano di rientro delle aziende ospedaliere, per 48 mesi successivi alla data di entrata in vigore, ossia dal 10 febbraio 2017 –:

   se, previo parere favorevole del tavolo di monitoraggio di cui al decreto del Ministro della salute del 29 luglio 2015, il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per sospendere l'efficacia dei decreti del commissario ad acta del Lazio, volti a depotenziare il laboratorio di analisi, il centro trasfusionale, l'anatomia patologica e, in generale, tutta la struttura dell'ospedale «San Camillo De Lellis» di Rieti, ai sensi dell'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017.
(2-00294) «Gabriele Lorenzoni».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   ZUCCONI e SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato, ancor prima di assurgere a ruoli governativi, aveva annunciato la volontà di chiudere tutti gli esercizi commerciali nei giorni festivi;

   divenuto Ministro aveva corretto l'annuncio, riconfermando l'idea, ma modulandola diversamente;

   nei giorni scorsi il Governo sembra aver raggiunto una nuova intesa sulla tematica prevedendo fra le varie misure: la chiusura notturna per tutti gli esercizi commerciali dalle 22 alle 7 del mattino, la chiusura (previo accordo tra regioni, associazioni di categoria e sindacati) in 12 festività laiche e religiose (che possono arrivare a 8 previo accordo tra regioni, associazioni di categoria e sindacati), oltre che per 26 domeniche, lo «stop» alla preparazione e alla consegna dei pacchi nelle 26 domeniche di chiusura per il commercio on line;

   le misure suddette di restringimento della liberalizzazione del commercio non intaccherebbero l'operato degli esercizi commerciali dei centri storici, i quali continuerebbero a operare secondo i dettami vigenti al momento;

   le misure suddette prevedrebbero una deroga anche per i negozi di vicinato: oltre alla possibilità di apertura di tutte le domeniche eccetto le festività nazionali, nei comuni fino a 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 150 metri quadrati, mentre nei comuni con più di 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 250 metri quadrati;

   le associazioni di categoria stimano che tali misure comporterebbero un calo dei consumi di oltre 4 miliardi di euro e metterebbero a rischio circa 40 mila posti di lavoro;

   un provvedimento in tal senso, a causa della presenza di numerose casistiche volte a determinare la chiusura o meno di un esercizio commerciale, comporterebbe un groviglio normativo, rendendo difficile e incerta la sua attuazione, oltre che il semplice lavoro degli operatori del comparto –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare i lavoratori e i commercianti del comparto le cui attività sono messe a rischio dal suddetto intervento normativo, con particolare riferimento a quelli operanti nei centri commerciali, i quali in molti casi hanno già in essere contratti di affitto annuali.
(3-00592)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   ZANELLA, SOZZANI, ROSSO, MULÈ e PENTANGELO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico nell'ambito della missione «Telecomunicazioni», è previsto il programma «Servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali», in cui sono iscritti, fra l'altro, i finanziamenti per l'attività del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, istituito al fine di dare piena attuazione al codice, sottoscritto nel 2002 dalle emittenti televisive e recepito dal decreto legislativo n. 177 del 2005;

   nell'ambito della governance del sistema televisivo, il Comitato, composto da quindici membri effettivi, in rappresentanza, in parti uguali, delle emittenti televisive firmatarie del codice, delle istituzioni, e degli utenti, rappresenta un validissimo esempio – attualmente ancora uno dei pochi – di verifica e controllo delle comunicazioni di massa basato su un sistema di autoregolamentazione affiancato da una co-regolamentazione legislativa a livello governativo;

   il Comitato verifica infatti, d'ufficio o su segnalazione dei soggetti interessati, le violazioni del codice e qualora le accerti adotta risoluzioni motivate e determina, in base alla gravità, le modalità con le quali debba esserne data notizia. Può, inoltre, ingiungere all'emittente di modificare o sospendere il programma, ovvero di adeguare il proprio comportamento alle prescrizioni del codice;

   il Comitato trasmette le determinazioni all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), la quale, ove ne riscontri il caso, può irrogare sanzioni pecuniarie, sospensive e revocatorie della licenza o autorizzazione a trasmettere; le violazioni più spesso rilevate riguardano la violenza, la volgarità, l'offesa alla dignità della persona;

   finalmente, dopo un lungo periodo di inattività in seguito alla decadenza dei membri, nel gennaio 2018 il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con l'AGCOM, ha ricostituito il Comitato, riconoscendone l'evidente importanza e il ruolo cruciale. Ciononostante, il Comitato permane in una condizione di assoluta carenza di risorse economiche, peraltro confermata dal Governo nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio 2019, con la reiezione di un emendamento recante una previsione di spesa di 200 mila euro a sostegno delle attività e del funzionamento del Comitato; tale mancanza di risorse rende sempre più difficoltoso l'esercizio delle attività anche essenziali –:

   se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative di competenza per prevedere misure di carattere finanziario volte a garantire e supportare adeguatamente l'attività del Comitato di cui in premessa, al fine di consentire lo svolgimento della sua delicata e fondamentale finzione nell'ambito della governance del sistema televisivo.
(5-01628)


   FIDANZA, CIABURRO e ROTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   all'articolo 45, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 177 del 2005 («testo unico della radiotelevisione») viene espressamente specificato che il servizio pubblico radiotelevisivo deve garantire obbligatoriamente «la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale»;

   in data 27 luglio 2017 è stato approvato lo schema di convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai spa, in qualità di società concessionaria dell'esercizio del servizio pubblico radiotelevisivo. Fra gli obblighi imposti alla società concessionaria è espressamente indicato nel contratto di servizio 2018-2022 che la Rai spa deve «garantire la fornitura del servizio pubblico... assicurando la ricevibilità gratuita del segnale al 100 per cento della popolazione»;

   nonostante gli obblighi sopracitati, innumerevoli cittadini piemontesi vivono da anni il disagio causato dai problemi di ricezione del segnale Rai o dalla mancanza totale dello stesso. Troppe infatti sono ancora le case e gli esercizi commerciali che soffrono di lunghissimi periodi di totale o parziale oscuramento dei canali Rai. Le cifre della statistica condotta dal Corecom sono infatti impietosi. Tra comuni montani e collinari, la percentuale di chi non riesce a vedere la televisione è del 19 per cento, mentre va lievemente meglio (13 per cento) nei comuni «parzialmente montani». Alcune delle situazioni più gravi però, riguardano la valle di Lanzo (20 per cento) e la Valsusa, dove il segnale Rai è un mistero per il 26 per cento degli abitanti, mentre si sale addirittura al 32 per cento tra i comuni dell'alta Langa, al 41 per cento tra i comuni del Monviso, fino al clamoroso 58 per cento della Valle Elvo;

   è senza dubbio assurdo, al netto delle cause che generano il mancato servizio, che ai cittadini piemontesi, che pagano regolarmente il canone Rai, venga negato un servizio pubblico così essenziale. L'iniquità che subiscono da anni gli utenti dei comuni piemontesi è gravissima. Questi ultimi, infatti, non potendo usufruire direttamente dei servizi offerti dalle tre emittenti pubbliche, sono molto spesso costretti al pagamento di costi extra legati alla ricezione dei servizi satellitari o alla costruzione di linee via cavo private –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza e in coordinamento con gli enti territoriali interessati, al fine di garantire alle popolazioni ivi residenti l'accesso completo al segnale radiotelevisivo, anche valutando, in considerazione dei disagi subiti dai cittadini dei comuni piemontesi, la possibilità di sospendere il pagamento del canone Rai fintanto che non sia garantito il servizio di trasmissione.
(5-01629)


   MACCANTI, CAPITANIO, DONINA, CECCHETTI, FOGLIANI, GIACOMETTI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo l’intelligence degli Stati Uniti, l'azienda Huawei avrebbe nascosto dei software nelle proprie infrastrutture per consentire al Governo cinese di appropriarsi di dati sensibili trasmessi attraverso le reti;

   fonti stampa riportano che l'Unione europea sta considerando delle proposte volte a bandire le apparecchiature Huawei; ci sarebbero in particolare due opzioni: una revisione delle norme sulla cybersicurezza, così da escludere società anche solo sospettate di spionaggio, e/o una modifica delle regole sugli appalti, in modo da impedire alle società cinesi di partecipare a progetti per lo sviluppo del 5G;

   da fonti di stampa si apprende che, in tema di infrastrutture di telecomunicazione mobile, Huawei è partner di Wind-Tre, Vodafone e TIM con una copertura delle loro tecnologie tra il 20 e il 30 per cento delle reti, nonché partner tecnologico per la rete fissa di Tim, coprendo circa il 10 per cento della rete;

   Huawei si era precedentemente aggiudicato l'appalto come fornitore dei sistemi di controllo della rete in fibra ottica di open fiber sulle 10 principali città italiane;

   nei progetti sperimentali sul 5G, Huawei risulta essere capofila per la copertura del lotto Bari-Matera e partner di Vodafone nel lotto di Milano;

   il progetto WiFi.Italia.it, realizzato attraverso Infratel, ha come obiettivo principale quello di permettere a cittadini e turisti di connettersi gratuitamente e in modo semplice a una rete WiFi libera e diffusa su tutto il territorio nazionale;

   dopo un primo stanziamento di 8 milioni di euro, per il progetto WiFi.Italia.it è previsto un ulteriore finanziamento di 45 milioni di euro per l'assegnazione dei quali Infratel si avvale direttamente di una convenzione per la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le pubbliche amministrazioni, nella quale Huawei risulta come principale fornitore di tutti i dispositivi coinvolti;

   la stampa riporta che Infratel ha assegnato a Huawei l'intera fornitura tecnologica del progetto WiFi.Italia.it;

   visto quanto accaduto, il Governo potrebbe esercitare il golden power, ricorrendone i presupposti previsti dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 –:

   se sia conoscenza della situazione e se non ritenga opportuno verificare l'operato di Infratel e soprattutto promuovere una specifica strategia volta alla tutela degli apparati elettronici circolanti in Italia e del più ampio interesse della sicurezza cibernetica.
(5-01630)


   PAITA, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO, NOBILI, PIZZETTI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società cinese Huawei è molto coinvolta nello sviluppo delle reti italiane come testimoniano le partnership con Wind-Tre, Vodafone e Tim e una copertura delle loro tecnologie tra il 20 e il 30 per cento delle reti;

   risulta essere partner di Tim per la rete fissa al 10 per cento e si è aggiudicata l'appalto per la realizzazione dell'infrastruttura in fibra ottica di open fiber nelle 10 principali città italiane;

   la società è anche direttamente coinvolta nelle sperimentazioni sul 5G a Milano e Bari-Matera e partecipa attivamente a realizzare l'infrastruttura di WiFi.Italia.it, rete wi-fi gratuita nazionale per permettere a cittadini e turisti di collegarsi a internet;

   il gruppo in questione risulta come noto da notizie di stampa essere al centro di rilevanti tensioni internazionali, poiché, sempre secondo quanto riportato dagli organi di informazione, sulla base di alcuni report dell’intelligence statunitense, avrebbe nascosto dei software nelle proprie infrastrutture per consentire al Governo cinese di appropriarsi di dati sensibili trasmessi attraverso le reti;

   la segreteria di Stato Usa ha affermato che non si condivideranno informazioni né si intende collaborare con Paesi che usano infrastrutture di rete realizzate da Huawei;

   questo scenario ha fatto emergere alcune discrepanze anche all'interno della attuale maggioranza di Governo, con il partito della Lega che avrebbe chiesto al Governo, di usare il golden-power, strumento che permette di prendere decisioni straordinarie, come recedere da contratti già firmati quando si tratta di infrastrutture strategiche per il Paese –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato con riferimento a quanto riportato in premessa e in particolare quale sia il suo l'orientamento rispetto alla richiesta proveniente dalla stessa maggioranza di Governo di eventuale utilizzo dello strumento del «golden power» nei confronti dei contratti siglati con Huawei.
(5-01631)


   GRIPPA, SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, LIUZZI, MARIANI, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a partire dagli anni 2000, il calo dell'utilizzo delle cabine telefoniche, in parte dovuto all'uso del telefono cellulare, ha pregiudicato anche l'uso delle schede telefoniche tanto che seppure la società Telecom Italia ne distribuisca ancora la vendita, è pressoché improbabile trovarle in commercio;

   nel 2010 con la delibera n. 31/10/CONS «Revisione dei criteri di distribuzione sul territorio nazionale delle postazioni telefoniche pubbliche nell'ambito del servizio universale», l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha autorizzato Telecom Italia alla rimozione dei telefoni pubblici non più strettamente necessari, facendo salvo però il diritto dei cittadini a presentare opposizione. Nel 2011 si stimava la quasi rimozione totale delle cabine sul territorio italiano entro il 2015, anche se nello stesso anno fu registrata un'inversione di tendenza nel loro utilizzo e la Telecom valutò la loro sostituzione con cabine di nuova generazione;

   con la delibera n. 486/18/CONS «Avvio della consultazione pubblica sul documento recante Le postazioni telefoniche pubbliche: nuove prospettive regolamentari» l'Agcom, mostrando i dati relativi al numero di chiamate da postazione telefonica pubblica, ha proposto nuovi e più moderni utilizzi per le storiche cabine telefoniche da anni in corso di dismissione;

   la prima «cabina intelligente» di Telecom è stata installata in via sperimentale il 2 aprile 2012 a Torino ed includeva l'accesso ad internet e ad altre informazioni utili, nonché quattro colonnine per la ricarica di scooter e biciclette elettrici;

   una nuova versione di cabina smart denominata «City Link» è stata realizzata dalle società Tim ed Ericsson, ed è un parallelepipedo tecnologico di oltre due metri d'altezza, dotato di un touch screen con cui, oltre ad effettuare telefonate, è possibile anche navigare gratuitamente in forma limitata ottenendo informazioni e servizi di pubblica utilità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di ulteriori elementi in merito alle installazioni delle nuove postazioni di pubblica utilità e quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di rendere più efficiente e disponibile per tutti i cittadini tale servizio di connessione integrato.
(5-01632)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Ciampi e altri n. 7-00202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Prestipino.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Benedetti e Plangger 5-01604, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Schullian.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Dall'Osso n. 1-00122 del 20 febbraio 2019.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza urgente Santelli n. 2-00219 del 30 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Zanella n. 5-01512 del 19 febbraio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Capitanio n. 5-01548 del 21 febbraio 2019;

   interrogazione a risposta orale Ciaburro n. 3-00550 del 25 febbraio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-02340 del 25 febbraio 2019;

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta Fiorini 4-02392 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 136 del 5 marzo 2019. Alla pagina 5061, seconda colonna, alla riga quarantunesima deve leggersi: «la bretella autostradale Campogalliano» e non come stampato.