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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 marzo 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La II e VI Commissione,

   premesso che:

    il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2018, n. 136, recante: «Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria», all'articolo 9-bis (Disposizioni in materia di sanzioni per assegni senza clausola di non trasferibilità) stabilisce:

     «All'articolo 63 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

   “1-bis. Fermo quanto previsto dal comma 1, per le violazioni di cui all'articolo 49, comma 5, relative a importi inferiori a 30.000 euro, l'entità della sanzione minima è pari al 10 per cento dell'importo trasferito in violazione della predetta disposizione. La disposizione di cui al presente comma si applica qualora ricorrano le circostanze di minore gravità della violazione, accertate ai sensi dell'articolo 67.”;

   2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto»;

    l'introduzione del predetto comma 1-bis ha modificato pertanto il regime sanzionatorio riguardante il soggetto che trae assegni privi della clausola di non trasferibilità;

    ciò ha consentito di riportare in un alveo di ragionevolezza la misura della sanzione che risultava oltremodo pesante per tutte quelle violazioni – la quasi totalità – di modesta entità;

    mentre in precedenza la sanzione prevista andava infatti da 3.000 euro a 50.000 euro indipendentemente dall'importo trasferito in violazione della disposizione, ora per le violazioni relative a importi inferiori ad euro 30.000 la sanzione è fissata nella misura del 10 per cento dell'importo trasferito;

    il citato decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, nulla dice invece in ordine al comma 5 dello stesso articolo 63 che punisce con una sanzione pecuniaria da euro 3.000 ad euro 15.000 le violazioni dell'obbligo di cui all'articolo 51, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 231 del 2007 e cioè la violazione dell'obbligo di comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze delle infrazioni alla quale sono tenuti i destinatari del decreto che ne hanno notizia in relazione ai loro compiti di servizio;

    di fatto, con riguardo al trasferimento di somme di denaro con l'utilizzo di assegni, destinatari della norma sono le banche, ma destinatari ultimi della sanzione sono in realtà gli operatori che negoziano i titoli atteso che in base all'articolo 6, commi 3 e 4, della legge n. 689 del 1981 «se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso nei confronti dell'autore della violazione»;

    il regime sanzionatorio previsto per le violazioni dell'obbligo di cui al citato articolo 51, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007 (da un minimo di 3.000,00 euro sino a un massimo di euro 15.000,00) impedisce per violazioni di modesto ammontare il rispetto del principio di proporzionalità della sanzione;

    detto principio di proporzionalità, si rammenta, è richiamato, in tema di antiriciclaggio, anche dalla direttiva dell'Unione europea n. 2015/849 che, all'articolo 58, paragrafo 1, stabilisce che le sanzioni devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive»;

    la clausola di non trasferibilità è obbligatoria per gli assegni tratti per importi pari o superiori ad euro 1.000 e pertanto la violazione dell'obbligo di segnalazione del trasferimento può comportare – anche applicando la misura minima – sanzioni almeno pari al 300 per cento (ed anche maggiori) della somma trasferita;

    si presume che per il «riciclaggio dei proventi di attività criminose» ed il «finanziamento del terrorismo» vengano utilizzati canali diversi dall'utilizzo di assegni «liberi» di modesto importo;

    il regime sanzionatorio mantenuto al comma 5 dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 231 del 2007 per le violazioni dallo stesso previste all'articolo 51, comma 1, appare pertanto ingiustificato – alla luce delle sopra citate modifiche invece apportate dal decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 – e vessatorio per il mancato rispetto del principio di proporzionalità,

impegnano il Governo

ad adottare iniziative per estendere anche alle violazioni di cui all'articolo 51, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007 il regime sanzionatorio in virtù del quale per le violazioni relative a importi inferiori ad euro 30.000 la sanzione è fissata nella misura del 10 per cento dell'importo oggetto della violazione.
(7-00203) «Varchi, Osnato, Delmastro Delle Vedove».


   La III e XI Commissione,

   premesso che:

    il Venezuela sta attraversando una delle fasi più critiche della sua storia. L'emergenza economica, politica ed umana si sta ripercuotendo anche sulla comunità italiana residente nel Paese e sui connazionali che lo hanno lasciato per rientrare in patria;

    già a partire dal 2017, con l'accrescere della crisi, il precedente governo si era adoperato per attuare con urgenza interventi volti ad aiutare la collettività della comunità italo-venezualana. L'ambasciata d'Italia a Caracas aveva provveduto a rafforzare il coordinamento con la rete degli uffici consolari presenti nel Paese, con i consoli onorari e con le istanze rappresentative della comunità italiana: i Comites, i Cgie, le associazioni, le istituzioni culturali e le imprese, per rendere più rapida la comunicazione con i nostri connazionali e creare le condizioni per interventi tempestivi a loro tutela. Per il 2017, in aggiunta ai fondi già stanziati a inizio anno, la Farnesina aveva predisposto un piano straordinario di intervento per l'assistenza ai connazionali più vulnerabili, del valore totale di circa 1,3 milioni di euro, consentendo di finanziare un totale di circa 10.000 interventi di assistenza. Inoltre, dal mese di giugno 2017 era stato sospeso l'adeguamento della tariffa relativa alle prestazioni dei servizi consolari, per tutelare ulteriormente i gruppi più vulnerabili della comunità italiana. E sono stati inoltre approvati i contributi a favore dell'associazione civile Cristoforo Colombo e per i Comites di Caracas, che forniscono assistenza tramite l'erogazione di sussidi, pacchi dono e assistenza medica e farmaceutica, di cui beneficiano circa 1.200 connazionali anziani e indigenti. In quel contesto di crisi economica, particolare attenzione era stata riservata, come Parlamento e come Governo, alla situazione dei pensionati italiani nel Paese, che rappresentano una delle categorie sociali più vulnerabili, e si era riusciti a far riconsiderare al nostro istituto previdenziale il tasso di cambio attualmente utilizzato per pagare le pensioni agli italiani in Venezuela ed attuare il tasso di concambio flessibile, di valore più o meno corrispondente al precedente tasso Simadi recentemente soppresso. In tal modo sono stati ricalcolati in maniera più congrua i ratei di pensione spettanti, garantendo così (con il ripristino dell'erogazione delle prestazioni assistenziali) a quasi 4.000 pensionati in convenzione un potere d'acquisto reale, superando così le criticità legate al tasso di cambio ufficiale attualmente utilizzato, che sovrastima la valuta locale;

    purtroppo, non si è riusciti ancora a risolvere la drammatica situazione pensionistica degli italo-venezuelani rimpatriati in questi ultimi tempi in Italia: il Governo venezuelano ha sospeso i pagamenti delle pensioni a coloro i quali non risiedono nel proprio territorio; si calcola infatti che siano circa 12.000 i titolari di pensioni venezuelane residenti all'estero i quali non ricevono più la pensione venezuelana maturata in regime autonomo o in convenzione;

    nonostante l'accordo stipulato nel 2014 tra le autorità competenti venezuelane e quelle italiane per il pagamento delle pensioni venezuelane in Italia, anche ai titolari di pensione venezuelana residenti in Italia (per la maggior parte ex emigrati italiani in Venezuela che sono rientrati) è stato sospeso il pagamento della pensione;

    l'articolo 6 della Convenzione di sicurezza sociale tra il Venezuela e l'Italia, stipulata nel 1988 ed ancora in vigore, in relazione ai pagamenti all'estero recita che «Le prestazioni in denaro dovute da uno Stato contraente saranno corrisposte integralmente e senza alcuna limitazione ai titolari che risiedono nel territorio dell'altro Stato contraente o in uno Stato terzo»;

    la sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane in Italia costituisce una grave violazione da parte delle autorità competenti venezuelane della convenzione bilaterale di sicurezza sociale e del diritto internazionale, e sta creando gravi disagi economici e sociali ai nostri connazionali rientrati in Italia dopo una vita di lavoro e di sacrifici nel Paese sudamericano;

    la convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Venezuela, all'articolo 24, dispone che le controversie che possono nascere nell'interpretazione e applicazione della convenzione saranno risolte dalle autorità competenti delle due parti e che le controversie che persistono saranno risolte per via diplomatica; va rilevato che il Governo venezuelano non paga da circa due anni le pensioni dei propri cittadini pensionati recatisi a vivere all'estero e l'Italia, da parte sua, si è rifiutata finora di accogliere le richieste di tali pensionati di riconoscere una prestazione assistenziale per garantire almeno un minimo reddito di sussistenza;

    l'Italia ha stipulato convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con diversi Stati esteri (Argentina, Repubblica di Capo Verde, Australia, Repubblica di Corea, Brasile, Repubblica di San Marino, Canada e Quebec, Santa Sede, Paesi dell'ex-Jugoslavia, Tunisia, Israele, Turchia, Isole del Canale e Isola di Man, U.S.A. (Stati Uniti d'America), Messico, Uruguay, Principato di Monaco, Venezuela, Repubblica di Bosnia-Erzegovina, Repubblica del Kosovo, Repubblica di Macedonia, Repubblica di Montenegro, Repubblica di Serbia e Vojvodina);

    le convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale sono state stipulate per assicurare, alla persona che si reca in uno Stato estero per svolgere un'attività lavorativa, gli stessi benefici previsti dalla legislazione del Paese estero nei confronti dei propri cittadini;

    le convenzioni bilaterali sono atti giuridici di diritto internazionale con i quali due Stati si impegnano ad applicare, nei rispettivi territori, un regime di sicurezza sociale nei confronti dei cittadini migranti dell'altro Stato al fine di garantire la libera circolazione di manodopera;

    le convenzioni bilaterali si fondano su tre principi essenziali:

     la parità di trattamento, in base alla quale ciascuno Stato è tenuto ad assicurare ai cittadini degli altri Stati membri lo stesso trattamento e gli stessi benefici riservati ai propri cittadini;

     il mantenimento dei diritti e dei vantaggi acquisiti e la possibilità, quindi, di ottenere il pagamento delle prestazioni nel Paese di residenza anche se a carico di un altro Stato;

     la totalizzazione dei periodi di assicurazione e contribuzione, grazie alla quale i periodi di lavoro svolto nei vari Stati si cumulano, se non sovrapposti, nel rispetto e nei limiti delle singole legislazioni nazionali, per consentire il perfezionamento dei requisiti richiesti per il diritto alle prestazioni;

    le pratiche anagrafiche presso i comuni italiani sono spesso difformi da un comune all'altro e questo crea un ulteriore ostacolo per i nostri concittadini italo-venezuelani che hanno fatto o vogliono fare rientro in Italia;

    la patente di guida venezuelana non è riconosciuta in Italia e ai concittadini che rientrano in patria è dunque negata la possibilità di guidare se non risostenendo integralmente l'esame di guida nel nostro Paese;

    con altri Stati sono stati avviati, e con alcuni già conclusi, accordi bilaterali per il riconoscimento automatico del titolo di guida;

    ugualmente, con alcuni Paesi sono stati stretti pari accordi per il riconoscimento dei titoli di studio e professioni, mentre con il Venezuela non ricorrono al momento tali intese;

    il Ministro Moavero Milanesi, nella informativa al Parlamento sul Venezuela delle scorse settimane, ha riferito che: «l'Italia ha proceduto ad un primo stanziamento di emergenza del valore di 2 milioni di euro che è stato fatto a favore della popolazione del Venezuela, da erogarsi nel più assoluto rispetto dei principi del diritto internazionale umanitario»;

    la Commissione europea ha recentemente incrementato di 5 milioni di euro la dotazione per l'assistenza umanitaria alla popolazione venezuelana, per la quale erano già stati stanziati 34 milioni di euro nel solo 2018,

impegnano il Governo:

   a riconoscere la straordinarietà dell'attuale situazione venezuelana e ad assumere iniziative a favore dei nostri concittadini ancora residenti in Venezuela o che sono rientrati o stanno per rientrare in territorio italiano, supportandoli e facilitandoli nell'espletamento di alcune pratiche burocratiche e nello specifico:

    a) ad assumere le iniziative di competenza volte a riconoscere ai titolari di pensione in convenzione con il Venezuela residenti in Italia – e che non percepiscono più la pensione venezuelana – una eventuale integrazione al minimo sul pro-rata pensionistico italiano ovvero l'assegno sociale se ne ricorrono i presupposti, anche se dovesse essere l'Italia a dover affrontare i costi di un onere finanziario che la convenzione bilaterale di sicurezza sociale pone a carico di un Venezuela inadempiente e responsabile di questo dramma che colpisce tanti nostri connazionali ai quali tuttavia il nostro Paese ha il dovere di garantire un reddito di sopravvivenza;

    b) a promuovere, qualora possibile, viste le condizioni diplomatiche del Venezuela, l'avvio di accordi bilaterali per il riconoscimento automatico del titolo di guida e dei titoli di studio e professionali per i cittadini italo-venezuelani o quanto meno ad attivare, attraverso strumenti interni, un riconoscimento temporaneo e straordinario per i soggetti interessati;

    c) ad assumere iniziative, ove possibile, per garantire una «corsia preferenziale» per agevolare il rientro dei nostri connazionali che fuggono da situazioni di fortissimo disagio in Venezuela anche sulla base di un monitoraggio relativo all'omogeneità delle pratiche anagrafiche dei comuni italiani;

   a chiarire se i due milioni di euro stanziati recentemente dal Governo italiano come aiuti umanitari a favore della popolazione del Venezuela, siano aggiuntivi rispetto alla cifra con cui l'Italia partecipa agli aiuti dell'Unione europea o parte di essi.
(7-00204) «Quartapelle Procopio, Serracchiani, La Marca, Minniti, Scalfarotto, Fassino, De Maria, Guerini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   dal sito dell'Istat si apprende che a partire dal 2010, l'Istituto, insieme al Cnel ha portato avanti un progetto con l'obiettivo di definire un sistema di misurazione del «Benessere equo e sostenibile» in Italia. L'iniziativa ha coinvolto numerosi rappresentanti delle parti sociali, della società civile ed esperti della materia al fine di selezionare i domini qualificanti il benessere nel nostro Paese egli indicatori per rappresentarlo. Il primo rapporto Bes è stato presentato presso la Camera dei deputati l'11 marzo 2013, mentre a giugno del 2014 è stato presentato il rapporto BES2014;

   l'Istat si propone di raccogliere ed elaborare dati in tutti i settori del vivere sociale del Paese, raccoglie ed elabora dati sulle condizioni economiche delle famiglie, sulla vita quotidiana dei cittadini e sulle loro opinioni; elabora dati in relazione alla cultura, comunicazione e viaggi, sulla salute e sulla sanità pubblica, tuttavia questi dati rispetto al passato appaiono impoveriti;

   lo studioso, il tecnico il soggetto che intende acquisire un dato statistico, spesso si trova a consultare dati o troppo generici o troppo criptici che richiedono approfondimenti con esperti di statistica e di matematica;

   nonostante l'utilità del servizio di rilevazione dati offerto dall'Istat, a metà 2014, nell'ambito delle iniziative di razionalizzazione delle scuole di alta formazione della pubblica amministrazione operate dal Governo presieduto da Matteo Renzi, la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche è stata soppressa e parte – ma non tutte – delle sue funzioni sono state assorbite dalla Scuola nazionale di amministrazione;

   le iniziative di razionalizzazione della spesa pubblica hanno determinato certamente l'impoverimento del dato statistico che spesso e demandato allo stesso soggetto che lo produce, ad esempio il Ministero della giustizia elabora dati tecnici riguardanti, i contenziosi, civili, penali, amministrativi e li confronta. Tuttavia si ritiene più corretto che questa raccolta ed elaborazione dati sia eseguita da un soggetto terzo ed estraneo alla produzione del dato stesso;

   quanto all'impoverimento del dato statistico si segnala, che quanto al tema «Suicidi per motivazioni economiche», l'indagine è stata condotta dall'Osservatorio della Link Campus University in relazione al periodo 2012-2018 e non da un ente terzo quale appunto dall'indagine è emerso che la grave crisi economica ha drammaticamente determinato, da un lato, l'aumento del fenomeno dell'usura, dall'altro quello dei suicidi economici, quale extrema ratio di persone in gravi difficoltà economiche;

   si è avvertita l'esigenza di definire le dimensioni di un fenomeno fortemente influenzato dalla crisi economica, ma anche dalla necessità di andare oltre la freddezza dei numeri individuando quei fattori economico-sociali che incidono su una scelta così estrema quale quella del suicidio; in sette anni di indagine sono emersi quasi 1.000 suicidi;

   all'inizio del monitoraggio ad essere maggiormente colpita era la categoria degli imprenditori, oggi invece i dati dimostrano che l'incidenza dei suicidi è cresciuta soprattutto tra i disoccupati che, a causa della perdita del lavoro e dalla incapacità di reinserirsi nel mondo del lavoro, hanno scelto di togliersi la vita;

   il dato assume contorni sconvolgenti e particolarmente allarmanti, tanto che questo Movimento ha da sempre assunto una posizione politica ben precisa e decisa in favore di un «Welfare State» che si muova in due direzioni: una in favore del sostegno al reddito, l'altra che si propone di rimettere in moto il mercato del lavoro;

   date le premesse, ciò che a latere appare altresì sconvolgente è la presa di posizione del precedente Governo di sopprimere l'analisi statistica dei dati socioeconomici del Paese da parte dell'Istat, un istituto storicamente vocato alla raccolta e all'elaborazione dei dati sociali, economici, culturali e di tendenza del Paese, una scelta non di poco conto se si considera la grave crisi economica che si è verificata nell'ultimo decennio, che ha determinato conseguentemente l'impoverimento della popolazione nazionale; inoltre ciò che è apparso è il costante ed inesorabile peggioramento dei dato statistico in generale –:

   considerata anche l'urgenza e la particolare attualità politica della tematica, se sia intenzione del Governo adottare le iniziative di competenza per la riattivazione presso l'Istat della scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, una struttura vocata alla formazione, sempre presente nell'istituto e che nel tempo aveva svolto un compito di significativo pregio, con l'auspicio che il dato elaborato e fornito sia facile, accessibile e completo.
(2-00292) «Francesco Silvestri, Macina, Davide Aiello, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Piera Aiello, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cadeddu, Cancelleri, Luciano Cantone, Cappellani, Carabetta, Carbonaro, Carelli, Carinelli, Casa».

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Il giorno 4 marzo 2019 alle ore 12.30 circa Juan Guaidò ha fatto rientro in Venezuela, atterrando nell'aeroporto internazionale Simon Bolivar di Maiquetia;

   in considerazione delle velate minacce di arresto pervenute dal dittatore Maduro i diplomatici di Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania hanno atteso l'arrivo di Juan Guaidò in aeroporto, garantendogli e offrendogli «protezione diplomatica»;

   la comunità internazionale continua, dunque, a sostenere la causa della libertà del popolo venezuelano per il tramite del Presidente dell'Assemblea nazionale Juan Guaidò;

   l'Italia, sino ad oggi, non ha riconosciuto Juan Guaidò Presidente ad interim, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 233 della Costituzione venezuelana affinché indica immediatamente libere elezioni ed archivi definitivamente la sanguinaria dittatura di Maduro;

   l'Italia, anzi, con il suo veto, ha impedito che l'Europa riconoscesse Guaidò presidente ad interim del Venezuela;

   a quanto è a conoscenza dell'interrogante non vi era un solo diplomatico italiano ad accogliere Guaidò in aeroporto;

   la comunità italiana in Venezuela appare sempre più disorientata per l'assenza di una posizione chiara e univoca del Governo italiano –:

   se vi fossero diplomatici italiani ad attendere Juan Guaidò in aeroporto e, in caso negativo, per quale motivo il Governo abbia deciso di non inviare diplomatici come altre nazioni europee;

   se e come l'Italia stia attivando interlocuzioni diplomatiche per garantire, come le altre nazioni europee, protezione diplomatica a Juan Guaidò, scongiurando arresti o altre misure nei suoi confronti che farebbero precipitare il Venezuela nel baratro della guerra civile, con gravi rischi anche per la nostra comunità di connazionali;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere in relazione alla malaugurata ipotesi che il dittatore Maduro assuma misure intimidatorie e di privazione della libertà nei confronti dell'oppositore Guaidò.
(3-00582)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   considerata l'insostenibile crisi che sta letteralmente travolgendo le ex province siciliane, trasformarle in liberi consorzi comunali, che da anni continuano ad essere gestite da commissari di nomina regionale che hanno solamente preso atto, loro malgrado, della lenta ed inesorabile morte di questi organismi con la conseguente fine dei primari servizi per la collettività. C'è una situazione finanziaria ingestibile e i cittadini ne stanno pagando le amare conseguenze. Il caso siciliano più emblematico è quello dell'ex provincia di Ragusa, commissariata da ben 7 anni e che dal punto di vista economico, sociale e culturale, ha purtroppo fatto molti passi indietro insieme ai comuni che non riescono più ad affrontare le emergenze quotidiane visti i bilanci sempre più esigui. Sanità, infrastrutture, strade e scuole stanno pagando caro questo stato di cose a causa di una riforma mai nata nella sostanza e aggravata dalle continue proroghe, girandole di commissari ed impoverimento economico e sociale dei territori. I danni creati per la mancanza di rappresentanze istituzionali sono inenarrabili. Ultima in ordine di tempo è la questione della disdetta del contratto di locazione da parte del libero consorzio comunale di Ragusa degli immobili dov'è allocato il liceo artistico «Galilei – Campailla» di Modica (Rg): causa il prelievo forzoso delle entrate da parte dello Stato ed il conseguente mancato stanziamento dei fondi per la gestione economica dei bisogni delle scuole secondarie superiori della provincia di esclusiva competenza del libero consorzio. Una situazione impossibile e improponibile in quanto la prestigiosa scuola dal prossimo anno rimarrà senza alcuna sede, rischiando così di danneggiare una realtà di spessore per i ragazzi vocati. Una vicenda inaccettabile che sta mettendo in difficoltà oltre 350 famiglie del territorio e dei comuni, limitrofi visto che l'istituto, che ha una storia di 21 anni, è frequentato da molti giovani provenienti da altre province;

   si rileva che è stata presentata una proposta di legge di Forza Italia sulla cancellazione del cosiddetto «prelievo forzoso» operato nei confronti delle ex province siciliane e che vi è una forte preoccupazione circa l'idea che, da qui a pochi mesi, la gestione di tali enti venga affidata agli amministratori locali sulle cui spalle incombe già la difficilissima situazione dei comuni –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, anche normative, per risolvere la drammatica situazione delle ex province siciliane;

   quali iniziative di competenza intenda avviare per contribuire ad individuare una soluzione che tuteli il diritto allo studio degli studenti del liceo artistico di Modica.
(4-02393)


   FRATOIANNI e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a fine marzo 2019, a Verona, si terrà il XIII World Congress of Families (Wcf), che riunisce varie sigle pro life e anti LGBTQ+ e fa capo a un'associazione centrale, la International Organization of Families (IOF);

   all'evento parteciperanno membri di organizzazioni cattoliche e ortodosse, politici esteri, diversi esponenti del Governo italiano come il Ministro per la famiglia e le disabilità Lorenzo Fontana, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Marco Bussetti, il Ministro dell'interno e vice presidente del Consiglio Matteo Salvini;

   l'evento, secondo il sito thevision.com avrebbe ottenuto il patrocinio e il logo della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministro per la famiglia e le disabilità;

   il Wcf è stato segnalato da alcune organizzazioni per i diritti civili con la dicitura di «hate group», poiché promuove una visione della famiglia basata esclusivamente sul matrimonio tra uomo e donna eterosessuali e i loro figli biologici, con rigidi ruoli di genere binari, in cui gli uomini sono i capi della famiglia e le donne loro aiutanti e fattrici dei loro figli;

   individuano come causa del declino della famiglia naturale il divorzio, l'omosessualità e le donne lavoratrici;

   secondo il Wcf quindi, le donne devono essere obbligate a stare a casa, fare figli, lavare e stirare, altrimenti rappresentano una rovina per le famiglie;

   molti dei membri del Wcf sono stati condannati per dichiarazioni omofobe e razziste, molti di loro sono promotori di leggi che criminalizzano l'omosessualità;

   esisterebbe una rete che collegherebbe il Wcf con la Russia (primo alleato dell'organizzazione e maggior finanziatore), i gruppi pro life e l'estrema destra europea, Italia compresa. All'associazione IOF confluiscono estremisti di destra (da Forza Nuova ad Alba Dorata);

   dietro questa organizzazione ci sarebbero potenti fondazioni miliardarie, oligarchi russi danarosi e generosi, cardinali, correnti religiose integraliste disponibili a finanziare eventi e campagne;

   uno dei registi di questa ennesima operazione dell'internazionale di estrema destra, è Alexey Komow, russo, presidente dell'associazione culturale Lombardia Russia, da anni molto vicino al Ministro Salvini e al suo cerchio magico;

   in questi raduni sono coinvolte persone come Yelena Mizulina, presidente della Duma russa, firmataria di una proposta di legge per la depenalizzazione della violenza domestica;

   se quanto riportato dal sito thevision.com risponde al vero, è assurdo e sbagliato che lo Stato italiano, per mezzo del suo Governo, dia il sostegno a un evento promosso da un «gruppo d'odio»;

   la concessione del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri è rigidamente regolamentata: è concesso per iniziative di alto rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico, sportivo;

   la concessione non dà diritto automaticamente all'utilizzo del logo. Competente alla sua concessione ed autorizzazione è il dipartimento per informazione e l'editoria;

   sarebbe opportuno sapere se oltre al patrocinio sia stato concesso anche l'utilizzo del logo rispettando le procedure previste;

   le richieste devono essere corredate della documentazione utile alla valutazione dei requisiti, da un motivato parere e di ogni utile notizia sulla natura dell'iniziativa e sulla serietà degli organizzatori;

   al termine dell'istruttoria la Presidenza del Consiglio dei ministri comunica – esclusivamente per iscritto – l'eventuale concessione del patrocinio ed il proprio nulla osta –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e se per la concessione del patrocinio e l'eventuale utilizzo del logo sia stata seguita la procedura prevista;

   quali siano le ragioni e i criteri per cui il Governo avrebbe deciso di patrocinare l'evento descritto in premessa che, a parere degli interroganti, non ne avrebbe i requisiti;

   se, ove risulti confermato quanto esposto in premessa, il Governo non intenda revocare il patrocino e l'utilizzo del logo alla tredicesima edizione del World Congress of Families.
(4-02396)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende del caso di Diego Iacuzzi, 53 anni, originario di Torreano di Cividale, che si trova ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Bangkok per un'infezione sottovalutata, curata in un primo momento come banale occlusione intestinale in un ospedale di Ban Ao Nang, nel sud della Thailandia, che ha rischiato di mettere a repentaglio la sua vita;

   il trasferimento al più attrezzato nosocomio della capitale thailandese lo ha probabilmente salvato, ma gli sono imposti dei costi di degenza che aumentano quotidianamente;

   alcuni parenti hanno raggiunto l'uomo in Thailandia per poterlo riportare in Friuli Venezia Giulia, dove potrebbe recuperare in serenità il proprio stato di salute, accanto agli affetti e in un contesto sanitario più efficiente. Tuttavia, bisogna affrontare le difficoltà legate al trasferimento, poiché attualmente Diego non può alzarsi e respirare autonomamente, pertanto, organizzare un volo a queste condizioni significherebbe affrontare costi di migliaia di euro, che vanno da una somma variabile tra i 60 e i 100 mila euro;

   si spera che le condizioni di Diego migliorino e che il decorso clinico gli consenta di imbarcarsi su un volo di linea per tornare in Italia e completare le cure nelle strutture sanitarie friulane;

   del caso in questione è stata informata l'ambasciata italiana a Bangkok, che a quanto è dato sapere, ha assicurato il proprio impegno. Vi è comunque preoccupazione per l'evolversi della vicenda –:

   se e quali iniziative intenda assumere, il Ministro interrogato per quanto di competenza, rispetto alla situazione descritta in premessa, affinché sia tutelato il nostro connazionale che necessita di tornare in Italia per essere assistito e curato.
(5-01593)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   al 31 dicembre 2017 risultavano registrati presso l'anagrafe del consolato generale d'Italia a Monaco 114.482 connazionali (annuario statistico 2018, Maeci) a fronte dei 110.625 dell'anno precedente;

   in linea con le tendenze generali, anche il consolato di Monaco registra un incremento di richieste nel settore dei documenti da parte dei nostri connazionali. Ad esempio, nel 2017 le richieste per i passaporti sono passate a 3.882 rispetto alle 3.631 del 2016;

   attraverso la sua pagina internet, il consolato informa i connazionali che, a causa della carenza di personale, è necessario «procedere con ampio anticipo – entro i 6 mesi dalla scadenza – alla richiesta di emissione del nuovo passaporto»;

   sono costanti e diffuse le segnalazioni di cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare di Monaco che lamentano la difficoltà di ottenere appuntamenti prima di sei-otto mesi attraverso il sistema di prenotazione on-line che, per altro, risulta spesso inattivo;

   la fonte principale di disagio è il «Sistema di prenotazione on-line» che non consentirebbe di prenotare un appuntamento prima di 6-8 mesi;

   gli utenti segnalano che il sistema avrebbe a disposizione un numero molto limitato di slot giornalieri, esauriti i quali il sistema verrebbe disattivato. Conseguentemente, nel tentativo di acquisire uno degli slot a disposizione, gli utenti sono costretti ad accedervi di notte o nelle primissime ore del mattino, con incerti risultati, e comunque a trascorrere molte ore davanti al pc per poter intercettare la disponibilità di un appuntamento in tempi ragionevoli ancorché lunghi;

   non risulterebbe possibile scaricare la «Guida all'uso del sistema di prenotazione online degli appuntamenti»;

   viene segnalata altresì l'impossibilità di richiedere preventivamente informazioni per telefono e, in diversi casi, per posta elettronica, rendendo difficile qualsiasi pratica, specie per chi proviene da fuori Monaco;

   sembra evidente l'esigenza di un adeguamento dell'organico della sede per evitare riflessi sempre più negativi sulla qualità dei servizi consolari prestati, parzialmente compensata dal personale che, con dedizione e professionalità, tenta di supplire a tale situazione –:

   quali iniziative urgenti si intendano assumere, alla luce delle crescenti difficoltà operative del consolato generale di Monaco e, in particolare, se siano previste integrazioni all'organico esistente, al fine di evitare inevitabili riflessi negativi sulla qualità dei servizi consolari prestati agli utenti;

   quali iniziative si intendano assumere per migliorare il funzionamento del sistema di prenotazioni on-line adeguandolo alle reali esigenze dei cittadini e per rimuovere gli ostacoli nell'accesso alle informazioni e alle prenotazioni per coloro che non possono accedere ad internet.
(4-02395)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   con delibera n. 2492 del 23 dicembre 2002 della giunta regionale della Basilicata è stata avviata la progettazione delle opere di adeguamento della rete di collettamento fognario e del depuratore a servizio dell'abitato di Genzano di Lucania (Potenza);

   a partire dal 2009 alcuni proprietari di terreni di Contrada Pago in agro di Genzano di Lucania (Potenza) hanno cominciato a lamentare la presenza di forti odori causati dalla rottura di una condotta fognaria che sversava i liquami ai margini delle loro proprietà, causando anche alcuni smottamenti e lo sversamento delle acque reflue nei canali e nei terreni coltivati;

   la direttiva 1991/271/CEE del 21 maggio 1991 sul trattamento e sullo scarico delle acque reflue urbane ha come primo obiettivo la protezione degli ecosistemi acquatici al fine di prevenire danni alla salute pubblica;

   la Commissione europea con una lettera del 28 marzo 2014 metteva in mora l'Italia avviando la procedura di infrazione n. 2014/2059 relativamente a 114 impianti dei quali, ben 41 situati nella regione Basilicata, risultavano non conformi all'articolo 4 della direttiva 91/271/CEE, poiché tutto il carico generato non riceveva un adeguato trattamento secondario;

   in data 16 dicembre 2014, il consigliere del M5S Gianni Perrino presentava, sulla vicenda, una interrogazione a risposta orale indirizzata al presidente del consiglio regionale della Basilicata;

   in data 9 marzo 2015 il dipartimento ambiente e territorio della regione Basilicata rispondeva alla suddetta interrogazione ed elencava i 27 agglomerati rimasti a forte criticità e tra questi figurava anche l'impianto di Genzano di Lucania, per il quale, grazie all'accordo di programma quadro, venivano stanziati fondi regionali per euro 3.197.000, prevedendo la fine dei lavori per il 21 agosto 2016 ed il relativo collaudo dell'opera per il 17 febbraio 2017;

   in data 13 aprile 2015 è stata inoltrata una richiesta di accesso agli atti amministrativi ad «Acquedotto Lucano» (gestore del servizio idrico integrato della regione) quindi della rete fognaria e dell'impianto di trattamento dei reflui ai sensi della convenzione di gestione stipulata tra Aato Basilicata e Acquedotto Lucano Spa, ma, a questa richiesta, «Acquedotto Lucano» non ha mai dato risposta;

   durante tutti questi anni i cittadini, a più riprese, hanno tentato di sensibilizzare gli enti preposti tra cui il comune di Genzano di Lucania in merito all'inquinamento ambientale in atto ed alla conseguente esposizione della popolazione per causa della parziale depurazione delle acque reflue e, a distanza di 16 anni dal primo provvedimento regionale che avrebbe dovuto porvi rimedio, purtroppo ad oggi ancora non è stato fatto nulla di concreto –:

   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per acquisire un quadro dettagliato sulla situazione effettiva dei 21 impianti di depurazione delle acque reflue, tra i quali figura anche quello del comune di Genzano di Lucania;

   se intenda, visto il lungo lasso di tempo trascorso, promuovere, per quanto di competenza, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, controlli delle acque di strato e dei terreni interessati dagli sversamenti.
(2-00291) «Cillis, Rospi, Ilaria Fontana, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Caso, Cassese, Cataldi, Chiazzese, Cimino, Ciprini, Colletti, Corda, Cubeddu, Currò, Sabrina De Carlo, De Giorgi, De Girolamo».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MURONI e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel fiume Sacco continuano a riversarsi, da oltre un ventennio, gli scarichi dei reflui di diverse attività industriali, senza alcuna depurazione e senza alcun controllo, come conferma il piano di gestione del bacino idrografico dell'Appennino meridionale (al quale appartiene il fiume Sacco);

   le cause di tale degrado sono ben individuate dal medesimo piano, laddove nell'azione si legge: «Il fenomeno era ed è tuttora da attribuirsi alla mancata regolamentazione del sistema di scarichi da varia natura, in specie industriali. Ad oggi nell'area persistono condizioni di emergenza ambientale connessi ancora ad un sistema di collettamento e depurazione non idoneo o comunque non sufficiente a garantire standard qualitativi delle acque reflue compatibili con la tutela e salvaguardia delle risorse idriche»;

   dopo l'annuncio dei mesi scorsi, che annunciava l'imminente adozione di uno «strumento operativo per avviare il percorso di bonifica e reindustrializzazione nella Valle del Sacco», giovedì 7 marzo 2019 verrà firmato in prefettura l'accordo di programma per il risanamento del sito di interesse nazionale del fiume Sacco, tra il Ministro interrogato e il presidente della regione Lazio;

   il valore complessivo dell'accordo è pari a 53.626.188 euro, di cui 29,7 milioni per interventi di immediata attuazione e circa 24 milioni per attività da programmare e realizzare entro il 2023. La gestione degli interventi è stata affidata alla regione Lazio per tutti gli aspetti tecnici che finanziari;

   i fondi dovrebbero servire a bonificare e mettere in sicurezza solo alcuni siti inquinati e solo nei territori dei comuni di Frosinone, Colleferro, Anagni, Ceccano, Ceprano e Ferentino. E di tutti gli altri siti inquinati e da bonificare cosa ne sarà? A tal proposito si ricorda che sono presenti circa 121 discariche di rifiuti solidi urbani distribuite su tutto il territorio della provincia di Frosinone e presenti in 80 comuni sui 91 costituenti la provincia;

   questo accordo rischia di essere l'ennesima beffa per un territorio devastato dall'inquinamento perché tralascia, o rinvia al 2023, gli altri interventi di bonifica dei molti siti inquinanti, senza i quali non si risolverebbe il drammatico inquinamento della Valle del Sacco –:

   quali siano i criteri e le modalità di esecuzione con cui sono stati individuati gli interventi di immediata attuazione e quali siano previsti entro il 2023 dall'accordo di programma per il risanamento del sito di interesse nazionale del fiume Sacco.
(3-00589)


   ILARIA FONTANA, LICATINI, FEDERICO, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il cambiamento climatico perdura e continuerà ad esserci a causa delle attività poste in essere dall'uomo, le quali provocano effetti drammatici per il mondo intero, come l'aumento della temperatura, l'innalzamento del livello del mare e l'acidificazione degli oceani, la variazione repentina delle precipitazioni e l'aggravamento delle condizioni di dissesto idrogeologico del territorio;

   il rapporto Ispra 2018 fornisce dati allarmanti relativi al dissesto idrogeologico, con il 91 per cento dei comuni italiani a rischio, in aumento rispetto ai dati del 2015, e il 16,6 per cento del territorio nazionale mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni;

   la XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro per la lotta contro il cambiamento climatico, svoltasi a Parigi nel 2015, ha adottato l'Accordo di Parigi, con il quale si è posto come obiettivo di lungo termine il contenimento dell'aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1,5 gradi, rispetto ai livelli pre-industriali. L'accordo è stato ratificato dall'Italia l'11 novembre 2016;

   entro il 2050 le emissioni globali devono essere ridotte del 50 per cento rispetto ai livelli del 1990 per raggiungere entro la fine del secolo la neutralità carbonica;

   il Quadro clima energia 2030 ha come obiettivo la riduzione di gas serra di almeno il 40 per cento a livello europeo rispetto all'anno 1990, articolata in una riduzione del 43 per cento per il settore Ets ed una del 30 per cento per i settori non soggetti a Ets, calcolate rispetto all'anno 2005: per questi ultimi il fine della riduzione non viene applicata a livello europeo, ma suddivisa tra i vari Stati membri e per l'Italia l'obiettivo al 2030 è pari al –33 per cento;

   con il decreto interministeriale del 10 novembre 2017 è stata adottata la strategia energetica nazionale con un termine posto all'anno 2030, in cui sono previsti gli obiettivi principali al fine di aumentare la competitività del Paese, allineando i prezzi energetici a quelli europei, migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento e delle forniture, decarbonizzare il sistema energetico in linea con l'accordo di Parigi –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di contrastare l'impatto del cambiamento climatico su un territorio fragile come quello italiano in termini di dissesto idrogeologico e di frequenti fenomeni alluvionali, che richiedono interventi strutturali di mitigazione del rischio idrogeologico.
(3-00590)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   per anni cittadini e associazioni ambientaliste hanno denunciato i malesseri causati dalle emissioni nauseabonde del polo industriale di Priolo-Augusta. L'iniziativa della procura della Repubblica di Siracusa, che con l'inchiesta «No Fly» nei giorni scorsi ha ottenuto il sequestro preventivo degli impianti Versalis e Sasol e dei depuratori IAS e TAF e sottoposto ad indagini 19 persone, consentirà anche di comprendere la fondatezza di queste denunce;

   da quanto scaturito finora dal lavoro della procura e dei suoi periti emergerebbero alcuni problemi nella conduzione delle attività industriali mai seriamente presi in considerazione e, in particolare, sia la omessa adozione delle migliori tecnologie sia la mancata messa in opera di soluzioni impiantistiche e strutturali, quali la copertura delle vasche acque oleose e i sistemi di captazione dei vapori di idrocarburi ai terminali di caricazione/discarica, con ciò causando l'emissione di alte concentrazioni di sostanze tossiche, maleodoranti e cancerogene come l'H2S (idrogeno solforato), gli Nmhc (idrocarburi non metanici) e il benzene con picchi di 90 µg/m3 (microgrammi/metrocubo) per i primi, di quasi 4000 µg/m3 per i secondi e di 500 µg/m3 per il cancerogeno benzene;

   emergerebbe inoltre il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni integrate ambientali (Aia) e dunque una gestione degli impianti non conforme alle prescrizioni stesse. Al di là dei profili di rilevanza penale sarebbero gravi le responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare se, come si ipotizza, alcune Aia non riportavano le prescrizioni delle BAT (Best available techniques) pur dovute per legge e non erano aggiornate alle direttive europee in materia. Altrettanto gravi potrebbero essere quelle della regione siciliana che per troppi anni ha tergiversato con il piano di tutela della qualità dell'aria, non mettendo a disposizione uno strumento fondamentale di tutela;

   si è così determinata una massa di emissioni convogliate, fuggitive e diffuse che, sin dall'insediamento del polo industriale, rende l'aria di questa zona più scadente rispetto a quelle distanti e, soprattutto, ha effetti dannosi sulla salute umana;

   Legambiente Sicilia insieme ai circoli di Augusta, Siracusa e Priolo, da oltre un decennio, segnala il pesante contributo di emissioni inquinanti che proviene dalle navi che sostano ed operano nei porti di Augusta e Siracusa. Proprio qualche giorno fa Legambiente Sicilia, insieme ai circoli di Augusta, Siracusa e Priolo, ha ufficialmente raccomandato alle autorità portuali e alle capitanerie di porto dell'isola di vigilare e applicare rigorosamente la normativa riguardante il cambio del combustibile in porto e di attivarsi per l'elettrificazione delle banchine. I periti della procura hanno ora esaminato questo aspetto e trovato una precisa corrispondenza tra l'accosto della nave e le alte concentrazioni di inquinanti verificatesi;

   un altro elemento dell'inchiesta della procura che Legambiente ha sottolineato, in un comunicato stampa del 26 febbraio 2019, è che i magistrati hanno evidenziato la carente normativa sui livelli di concentrazione delle sostanze come H2S, idrocarburi non metanici e benzene –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda promuovere una riflessione tecnica, nel rispetto delle competenze della regione siciliana, su tutte le autorizzazioni integrate ambientali statali relative al polo per verificarne la conformità con le norme e le direttive europee;

   se non ritenga opportuno e urgente adottare iniziative per implementare gli strumenti normativi con riferimenti a quegli inquinanti che attualmente non trovano riferimento nella disciplina vigente (idrocarburi non metanici, H2S, mercaptani) o per i quali essa è carente e non adeguata come ad esempio per il benzene (C6H6) sostanza altamente cancerogena, in linea con quanto da oltre un decennio è richiesto da Legambiente e, più di recente, anche da Arpa Sicilia;

   se, al fine di incentivare la collaborazione tra i cittadini e istituzioni, non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per implementare gli strumenti di informazione e di comunicazione con i cittadini.
(5-01597)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   PAGANI e UBALDO PAGANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il ponte di San Francesco di Paola di Taranto, inaugurato il 22 maggio 1887, è la struttura che collega l'isola del borgo antico con la penisola del borgo nuovo, unendo il mar Piccolo e il mar Grande;

   in data 29 novembre 2018, alcune organizzazioni sindacali hanno diffuso notizie relative a una consistente riduzione dell'organico e dell'assetto della direzione genio militare per la Marina – Marigenimil, la struttura della Marina militare cui fa capo il Genio militare, la quale si occupa della gestione delle attività e della manutenzione del ponte, e della sua operatività;

   secondo le organizzazioni sindacali, il taglio del personale riguarderebbe il 40 per cento del personale sia sulla tabella organica, che sul personale esistente;

   nonostante la disponibilità del direttore di Marigenimil Taranto a modificare la tabella organica secondo altri criteri, la riduzione dell'organico metterebbe, comunque, a rischio l'apertura del ponte di San Francesco di Paola e le relative manutenzioni, danneggiando gravemente la viabilità, oltre che l'immagine della città, di cui il «ponte girevole» è uno dei simboli;

   inoltre, a quanto consta agli interroganti, sembra non essere previsto alcun funzionario amministrativo presso l'ufficio per il personale civile né presso l'ufficio relazioni con il pubblico –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, se il Ministro, per quanto di competenza, intenda provvedere alla salvaguardia di uno dei simboli della città di Taranto, intervenendo nell'ambito della riorganizzazione del personale in atto nella direzione del Genio militare per la Marina di Taranto, anche attraverso la previsione di un piano di assunzioni straordinarie.
(5-01598)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 17 luglio 2018, Open Arms e Astral hanno ritrovato i resti di un gommone alle coordinate 34° 13'N 013° 52,4'E, al largo delle coste libiche. A bordo del relitto sono stati rinvenuti tre corpi abbandonati, due donne e un bambino. Josefa, una delle donne, ancora viva, è stata recuperata dai soccorritori insieme agli altri due corpi ormai senza vita;

   l'evento, oltre a suscitare grande clamore mediatico per la polemica nata tra il Governo italiano, Open Arms e la cosiddetta Guardia costiera libica per il legittimo sospetto, vista la dinamica dei fatti, che i corpi ritrovati siano stati abbandonati in acqua dopo un intervento libico, è stata oggetto di due atti di sindacato ispettivo: l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-00123 e l'interpellanza urgente n. 2-00063;

   una delle richieste avanzate al Governo attraverso tali atti era quella di sapere dal Governo medesimo quali imbarcazioni fossero transitate nella zona del ritrovamento, la notte tra il 16 e il 17 luglio 2018;

   a parere dell'interrogante, il Governo sul punto ha fornito risposte parziali e non soddisfacenti agli atti già presentati e sopra richiamati e, in particolare, all'interrogante appare improbabile che l'Italia non abbia il pieno controllo del traffico navale a ridosso delle proprie acque territoriali, non disponendo di dati preziosi quali il monitoraggio dei tracciati relativi a ogni imbarcazione che transita nel mediterraneo centrale, sia essa civile, militare, mercantile, o straniera;

   ad oggi quindi, non si sa ancora se e chi abbia avvicinato il gommone prima del ritrovamento di Open Arms –:

   se il Governo intenda fornire ulteriori chiarimenti in relazione a quali assetti navali appartenenti alla Marina militare italiana o alla Guardia costiera Libica, alla Nato o alla missione EunavforMed siano coinvolti o comunque siano transitati nel tratto di mare ovvero nel raggio di 50 miglia dal luogo del ritrovamento del relitto individuato dalla Open Arms e citato in premessa, dal momento che l'individuazione dell'assetto navale che per primo ha effettuato il salvataggio è fondamentale per accertare eventuali responsabilità.
(5-01599)


   DEIDDA e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la normativa inerente l'arruolamento del personale militare in servizio permanente nelle varie Forze armate prevede, il più delle volte, una differente data per l'immissione con riferimento ai benefici giuridici e a quelli amministrativi, spesso anche con una discrepanza di diversi anni;

   con decreto del 21 gennaio 2019, la direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) ha approvato la graduatoria per il 2016 relativamente all'Aeronautica militare, prevedendo quale data per la decorrenza amministrativa il 21 gennaio 2019, come stabilito dall'articolo 2 dello stesso decreto, mentre per la decorrenza degli effetti giuridici il 23 maggio 2016;

   tale ritardo comporta, con tutta evidenza: a) un differente trattamento in termini economici, come il mancato pagamento dello straordinario e del Fondo per l'efficienza servizi istituzionali, il pagamento, in misura ridotta, dell'indennità di marcia (circa 2 euro, in luogo di 7/8 euro, al giorno), del compenso forfettario d'impiego e compenso forfettario di guardia (70 per cento); b) una differente possibilità di avanzamento di carriera per il personale interessato, il quale vede di fatto annullata l'anzianità di servizio acquisita realmente in servizio, oltre che preclusa la partecipazione ad alcuni corsi come, ad esempio, quello per sergenti;

   il personale in questione non può, altresì, accadere ai mutui e/o finanziamenti personali, quali la cessione del quinto dello stipendio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere, in favore del personale interessato, affinché siano garantiti la coincidenza della decorrenza giuridica con quella amministrativa, nonché il conseguente adeguamento economico e di carriera.
(5-01600)


   TRAVERSI, CORDA, ARESTA, CHIAZZESE, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, RIZZO, ROBERTO ROSSINI e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2018 il maltempo ha investito molte regioni d'Italia; a La Spezia in Liguria si è verificata una forte mareggiata che ha provocato molti danni al porto, alle strade, alle ferrovie, ai commercianti e ai cittadini;

   a La Spezia hanno sede molte attività della Marina militare ed, in particolare, nella zona di Marola dove si trova l'Arsenale militare della Marina con numerosi capannoni caratterizzati dalla presenza di numerose coperture, in eternit;

   il Comitato cittadini di Marola da tempo segnala la presenza di eternit sui capannoni dell'arsenale, tanto che, è stata cura del primo firmatario del presente atto richiedere alla stessa Marina militare (Maricommi) informazioni sullo stato di conservazione dell'amianto sui capannoni;

   dopo la tromba d'aria del 29 ottobre 2018 gli stessi cittadini del Comitato di Marola segnalano la «frantumazione» di diverse parti delle coperture con presunta dispersione di fibre di amianto –:

   se il Ministro interrogato non intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza volte a promuovere la verifica dello stato dei capannoni citati, facendo sì che il comando militare della Marina insediato a La Spezia proceda agli accertamenti del caso e alla eventuale bonifica delle coperture in eternit.
(5-01601)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 66esimo reggimento fanteria aeromobile è ospitato nella caserma De Gennaro a Forlì dal 1° ottobre 1975. Nel periodo successivo al 1997 iniziava la trasformazione del personale militare dal ruolo di leva a quello di servizio permanente, incrementando quindi il numero di personale residente in città;

   tuttavia, la disponibilità di alloggi è rimasta la medesima dei primi anni Ottanta, fatta eccezione per una piccola percentuale che, a seguito della cessione dell'ex distretto militare, il comune di Forlì concesse al personale a seguito di convenzione (peraltro a prezzi tutt'altro che calmierati);

   si contano infatti 6 unità abitative in via Beltramelli, 9 in via Pigafetta, 4 in viale Roma c/o Poligono tiro a segno nazionale alle quali vanno aggiunti gli alloggi di piazza Gialli del Calvario, a fronte di centinaia di famiglie che, a vario titolo, sono legate alla caserma De Gennaro;

   nel caso specifico va rilevato che la maggioranza del personale proviene da regioni lontane dalla Romagna; il personale in uniforme e le loro famiglie vivono quindi una condizione di disagio legata al peculiare impiego, dovuta al distacco obbligatorio. Una maggiore disponibilità di alloggi limiterebbe anche il pendolarismo dai luoghi di origine, fonte di ulteriore aggravio per i militari;

   negli anni scorsi era stata addirittura paventata la chiusura della caserma stessa, poi smentita: situazione, in ogni caso, che appare essere indice di una carenza di investimenti;

   giunge inoltre segnalazione all'interrogante dell'esistenza di una costruzione mai ultimata, abbandonata da circa 10 anni, che occuperebbe un'area prospiciente la caserma De Gennaro che, dunque, non può essere destinata ad altro uso. In altre parole, quell'unico tentativo di costruire nuovi alloggi, pare essere purtroppo naufragato lasciando, tra l'altro, una situazione di degrado e abbandono;

   la precaria offerta strutturale per il personale si completa con il parcheggio antistante la caserma, di proprietà del demanio ma che non è ad uso esclusivo del personale militare: in tal caso si attende un intervento per chiudere almeno le profonde buche che lo costellano –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza al fine di programmare investimenti per adeguare l'offerta di alloggi per i militari del 66esimo Reggimento fanteria aeromobile ospitato nella caserma De Gennaro, e, in caso affermativo quali siano le tempistiche di tali investimenti;

   di quali elementi conoscitivi si disponga in relazione alla costruzione abbandonata da dieci anni in un'area prospiciente la caserma e quali eventuali iniziative di competenza siano previste nell'area stessa.
(4-02390)


   BRAMBILLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 19 febbraio 2019 è stato pubblicato sul portale infodifesa.it un articolo a firma «Il personale graduato», dal titolo «Esercito: demansionamento dei conduttori ultra 40enni e disinteresse per i cani in congedo»;

   dal testo si desume quanto segue: 1) i cani dell'unità cinofila dell'Esercito, considerati «militari a tutti gli effetti» e impiegati anche all'estero in azioni di ricerca esplosivi e di bonifica, sono operativi fino all'età di otto anni, durante i quali ricevono cibo, cure veterinarie e, se del caso, anche decorazioni; 2) raggiunta l'età massima, gli animali «congedati» possono essere affidati ad un civile o, come accade per lo più, al loro conduttore, che deve prendersene cura in toto, pagando di tasca propria cibo, terapie e medicine; 3) c'è un limite di età anche per il conduttore, al quale, compiuti 40 anni, non è più consentito l'abbinamento con un altro cane operativo –:

   se corrisponda a verità quanto esposto nell'articolo e, in tal caso, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire una serena vecchiaia ad animali così benemeriti e per non disperdere la professionalità dei loro conduttori.
(4-02399)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   TASSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2019, al comma 889 dell'articolo 1, stabilisce l'entità ed i criteri di attribuzione del contributo annuo per il periodo 2019-2033 da destinare al finanziamento dei piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole delle province;

   la Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 24 gennaio 2019 ha definito l'intesa sullo schema di decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ripartisce il contributo complessivo di 250 milioni di euro annui, per gli anni dal 2019 al 2033;

   in base a tale intesa, la provincia di Foggia è destinataria di circa 1.250.000 euro, cifra che la pone agli ultimissimi posti della graduatoria relativa all'entità del contributo: si evidenzia che Foggia è la terza provincia in Italia per estensione territoriale, con circa 3000 chilometri di strade, 172 scuole, 550 ponti realizzati oltre 60 anni fa;

   appare evidente che la somma stanziata è assolutamente inadeguata per attuare qualsiasi tipo di intervento, perché tradotta significa: 432 euro per ogni chilometro di strada oppure 2.356 euro per ogni ponte o 7.534 euro per ogni scuola;

   province con un quarto di estensione territoriale rispetto a quella di Foggia sono assegnatarie di somme quadruple e addirittura ottuple;

   i criteri di ripartizione stabiliti dal comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 prevedono, per il 50 per cento del contributo, la ripartizione tra le province in proporzione all'incidenza determinata, al 31 dicembre 2018, dalla manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell'imposta sulla responsabilità civile auto, dell'imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio;

   il comma 889 indica poi i riferimenti normativi per stabilire la misura del concorso alla manovra di finanza pubblica delle province, da considerare ai fini del calcolo della sua incidenza sulle entrate;

   il comma 889 non prevede criteri parametrati sulla reale entità della rete stradale e sulla quantità di ponti e di strutture scolastiche gestite da ciascuna provincia –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative al fine di integrare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, garantendo una più equa distribuzione sul territorio delle risorse disponibili.
(3-00587)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Fratelli d'Italia, sia nella XVII legislatura che in quella in corso, ha formalizzato un'iniziativa legislativa volta all'introduzione della cosiddetta flat tax incrementale, vale a dire l'applicazione di un'aliquota unica agevolata sugli aumenti retributivi e sugli aumenti di reddito guadagnati in misura maggiore rispetto all'anno precedente in favore di lavoratori dipendenti e autonomi;

   recentemente organi di stampa hanno riportato la notizia che alcuni esponenti della Lega avrebbero presentato una proposta di legge di contenuto analogo;

   l'introduzione della flat tax è uno degli obiettivi contenuti nel contratto di governo sottoscritto dai due partiti di maggioranza MoVimento 5 Stelle e Lega, ma con la legge di bilancio per il 2019 si è ridotta a una mera estensione del regime forfettario;

   contrariamente agli annunci, la legge di bilancio appena varata ha inasprito ulteriormente la tassazione in Italia, penalizzando ancora una volta la competitività delle imprese e riducendo il potere d'acquisto delle famiglie –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'introduzione della flat tax incrementale e per la riduzione della pressione fiscale complessiva.
(3-00588)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BIGNAMI, GIACOMONI, MARTINO, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'8 febbraio 2018 il gruppo Unipol ha annunciato la cessione a Bper Banca dell'intera partecipazione detenuta in Unipol Banca, per un ammontare complessivo di 220 milioni di euro;

   contestualmente, UnipolReC (società costituita per gestire le sofferenze della compagnia) ha acquisito da Bper, due distinti portafogli costituiti da sofferenze (uno di titolarità di Bper e uno del Banco di Sardegna), per un valore pari a 1,3 miliardi di euro, a fronte di un corrispettivo di 130 milioni di euro;

   attraverso questa operazione, ha sottolineato Unipol in una nota, si completa il processo di riqualificazione della propria strategia nel comparto bancario, «uscendo dalla gestione diretta di una banca di medie dimensioni, per assumere un ruolo di investitore stabile, di lungo termine, di uno dei principali gruppi bancari italiani». Inoltre, si «incrementa la scala operativa di UnipolReC, valorizzandone l’expertise in tema di recupero crediti», si «accentua la focalizzazione sul core business assicurativo» e si «valorizza la partecipazione detenuta in Bper Banca, supportandone il processo di crescita con potenzialità di sviluppo di ulteriori business in futuro»;

   il perfezionamento dell'operazione, «subordinato al verificarsi di alcune condizioni sospensive, in primo luogo di natura regolamentare e autorizzativa», è atteso per l'inizio del secondo semestre 2019;

   i circa 258 sportelli e i 2200 dipendenti di Unipol passeranno sotto il controllo di Bper che potrebbe, inoltre, acquistare il 40 per cento di Arca Sgr e la Banca Popolare di Sondrio, oltre che le quote di minoranza (49 per cento) del Banco di Sardegna di cui Bper è già socia al 51 per cento;

   alla luce di quanto precede, potrebbe nascere nel 2019 un imponente conglomerato finanziario da circa 160 miliardi di euro di asset e 750 milioni di utile le cui attività spaziano da quelle assicurative di recupero crediti a quelle bancarie e di risparmio;

   entro il mese di giugno 2019, il Governo dovrà comunicare alla Commissione europea come intende uscire dal capitale del gruppo Monte dei Paschi di Siena di cui lo Stato è titolare di una partecipazione al 68 per cento;

   negli ambienti finanziari inizia a farsi strada l'idea che Monte dei Paschi possa fondersi con Bper e Unipol;

   il Governo, del resto, appare orientato all'ipotesi di consolidare il settore bancario attraverso aggregazioni mirate, come peraltro confermato da recenti dichiarazioni del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Stefano Buffagni –:

   quali elementi il Governo sia in grado di fornire e quali orientamenti, per quanto di competenza, intenda esprimere rispetto a quanto descritto in premessa.
(5-01612)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto previsto dall'articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, la procedura relativa agli avvisi di accertamento concentra dal 2011 la «riscossione» nell'avviso di accertamento stesso, prevedendo in tal modo il superamento del ruolo esattoriale e della cartella di pagamento, con attribuzione allo stesso avviso di accertamento della funzione di titolo esecutivo;

   la suddetta disciplina è stata successivamente modificata dal decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011, e dal decreto-legge n. 98 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011;

   l'avviso di accertamento esecutivo è una procedura di riscossione che si applica agli avvisi di accertamento delle imposte dirette ed Iva, nonché connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, emessi dal 1o ottobre 2011;

   l'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo così formato e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, può procedere ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di ricomprendere gli atti di accertamento esecutivi, come i ruoli, nella definizione agevolata 2018 di cui al decreto-legge n. 118 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, cosiddetta «Rottamazione ter» considerando l'emissione dell'atto di accertamento pari alla emissione del ruolo.
(5-01613)


   UNGARO, FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, il precedente Governo, facendosi interprete della volontà dalle parti sociali di superare gli studi di settore quale strumento di accertamento ritenuto non più idoneo nell'attuale contesto economico, ha introdotto a regime la disciplina degli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), che sono stati applicati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018;

   con gli Isa passa da una logica repressiva a una logica premiale; infatti, mentre il sistema degli studi di settore era imperniato sulla possibilità di effettuare accertamenti presuntivi rispetto la stima dei ricavi, il nuovo sistema tiene conto di una pluralità di indicatori, consentendo ai contribuenti più affidabili di accedere al regime premiale, che comporta periodi di accertamento più brevi, esclusione da accertamenti sintetici e presuntivi, procedure semplificate per i rimborsi e la compensazione dei crediti d'imposta;

   in coerenza con le raccomandazioni dell'Ocse e dell'Fmi, i citati indici risulterebbero orientati a rendere il sistema fiscale più neutrale, anche al fine di migliorare l'efficienza economica, favorendo l'adesione spontanea dei contribuenti;

   secondo quanto riportato nel rapporto sui risultati conseguiti in materia di contrasto all'evasione, allegato alla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2018, presentata dal Governo, si legge che nel 2017 vi è stato un recupero dalla riscossione pari a 20,1 miliardi di euro di cui circa 1,3 miliardi provenienti da versamenti spontanei (compliance +160 per cento rispetto al 2016); dal 2014 al 2016 si osserva una significativa diminuzione delle mancate entrate tributarie pari a 5,5 miliardi di euro;

   in merito agli indirizzi e alle strategie per il futuro, il rapporto indica come l'introduzione degli Isa) «risponda alla esigenza di rafforzare il carattere cooperativo della relazione tra fisco e contribuente»;

   con decreto ministeriale del 28 dicembre 2018 sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, validi per la dichiarazione dei redditi 2018, relativi alle attività economiche dei comparti agricoltura, manifatturiero, servizi, commercio e attività professionali;

   in alcune occasioni esponenti di Governo avrebbero dichiarato l'intenzione di abolire, oltre gli studi di settore, anche gli indici sintetici di affidabilità –:

   se sia intenzione del Governo superare gli indici sintetici di affidabilità fiscale che introducono un sistema premiale in sostituzione degli studi di settore e quali eventuali strumenti alternativi intenda attivare al fine di proseguire efficacemente l'attività di contrasto all'evasione fiscale e contributiva.
(5-01614)


   TABACCI e VITIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'accertamento sintetico è lo strumento utilizzato dal fisco, per determinare il reddito presunto dei contribuenti basandosi sulle spese effettuate. Tre le caratteristiche considerate: composizione familiare; età del contribuente; area geografica;

   tale strumento risale al 1973, ai sensi dell'articolo 38, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600, ed è stato potenziato nei 2010 con il decreto-legge n. 78: l'accertamento ha per oggetto sia le imposte dirette che quelle erariali e locali;

   a determinare il reddito complessivo è l'Agenzia delle entrate; spetta al contribuente giustificare la differenza tra spese e reddito dichiarato fornendo le prove;

   si ricorre all'accertamento sintetico solo quando il reddito presunto superi il 20 per cento del dichiarato;

   l'effettività delle spese è il presupposto del redditometro, che viene calcolato applicando dei coefficienti al valore dei beni posseduti;

   sebbene esista l'obbligo di un preventivo confronto con i contribuenti, nella pratica non si ammette prova contraria;

   l'attuale formulazione dell'articolo 38 non prevede una giustificazione finanziaria per le spese sostenute, ma soltanto una scusante reddituale, tant'è che un'applicazione rigida considera irrilevante la dimostrazione dell'origine del denaro utilizzato per pagare i costi e mantenere i beni;

   ulteriore aspetto critico è la standardizzazione dell'accertamento: chi possiede un'auto di grossa cilindrata deve dichiarare almeno un reddito, prescindendo dall'uso effettivo o dal costo reale;

   tale impostazione normativa causa situazioni surreali e vessatorie;

   la Corte di Cassazione – sentenza del 2006 n. 2411 – afferma che un utilizzo acritico dell'accertamento di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 non può essere ammesso senza un adeguamento alla realtà del contribuente. Nel nostro ordinamento vige – articolo 53 Costituzione – il principio di flessibilità degli strumenti presuntivi: non può ammettersi che il reddito venga determinato automaticamente;

   la motivazione in ordine all'idoneità concreta dei metodo sintetico a evidenziare sottrazione di reddito imponibile risulta imprescindibile, ove si consideri che il risultato dell'applicazione del redditometro rappresenta solo un possibile indizio di evasione (cfr. circolare ministeriale 101/MF/1999), che richiede approfondimenti, prima di poter essere tradotta in rettifica della dichiarazione: la motivazione non può essere generica, ma dettagliata;

   sia l'Agenzia delle entrate che la commissione regionale del Lazio operano, a giudizio degli interroganti, in totale dissonanza con le sentenze della Corte di Cassazione e con la Costituzione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in considerazione dell'orientamento sia della Corte di Cassazione sia degli uffici del Ministero, al fine di ottemperare ai principi costituzionali sopra richiamati.
(5-01615)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del concorso all'Agenzia delle dogane e dei monopoli – area dogane, per 69 dirigenti di seconda fascia, bandito il 16 dicembre 2011 e terminato a luglio 2014, 80 candidati, collocati utilmente in un elenco di idonei, si trovano ancora oggi in attesa della approvazione e pubblicazione della graduatoria;

   il 23 luglio 2014 la commissione esaminatrice ha trasmesso all'ufficio reclutamento dell'Agenzia tutto il materiale necessario alla proclamazione dei vincitori, ivi inclusa la relativa graduatoria, pronta per la formale approvazione; nelle more di tale proclamazione sono stati proposti alcuni ricorsi al Tar del Lazio, che contestavano, in particolare, la correzione delle prove;

   una volta espletati tutti i gradi del processo amministrativo, il Consiglio di Stato, nell'aprile del 2016, ha dichiarato la procedura viziata solo parzialmente, impartendo, di conseguenza, alla medesima commissione esaminatrice l'ordine di sanarla attraverso la rilettura collegiale dei compiti valutati gravemente insufficienti e stabilendo, in conformità ai numerosi precedenti emessi in materia di concorsi pubblici, la legittima condotta della commissione nella correzione dei compiti che hanno riportato il punteggio superiore a 40 su 100;

   l'esito del processo amministrativo, che dichiarava la piena legittimità della procedura è stato immediatamente seguito da alcune segnalazioni alla procura della Repubblica di Roma in merito a presunti illeciti penali, ma dopo due anni di indagini, sono state archiviate le posizioni dell'ex direttore dell'Agenzia e di uno dei membri della commissione e non si è ritenuto di chiedere il rinvio a giudizio per 74 degli 80 tra vincitori e idonei che quindi sono risultati chiaramente estranei a qualsivoglia forma di dubbio sulla liceità delle proprie condotte in relazione alla partecipazione al concorso;

   il 18 gennaio 2019 il Consiglio di Stato ha rigettato tutte le impugnazioni e ha fornito all'Agenzia tutti i chiarimenti per provvedere alla sanatoria parziale della procedura, come già indicato con le sopra citate sentenze del 2016;

   dopo oltre quattro anni dal termine della selezione i vincitori non hanno beneficiato della pubblicazione della graduatoria, hanno dovuto difendere la propria posizione innanzi alla magistratura amministrativa, ottenendo una soddisfazione per ora soltanto parziale, e sono stati destinatari di una campagna fortemente diffamatoria posta in essere da coloro i quali hanno fin dall'inizio avversato la conclusione dell'intero procedimento;

   si tratta di una vicenda la cui soluzione rapida nel senso indicato dal giudice amministrativo consentirebbe al nostro Paese di affrontare la prossima emergenza legata alle conseguenze della possibile uscita del Regno Unito dall'Unione europea con un'amministrazione più efficace e pronta –:

   quali siano i tempi per ottemperare alle pronunce del Consiglio di Stato e concludere il contenzioso in essere emerso in merito al concorso all'Agenzia delle dogane e dei monopoli – area dogane, per 69 dirigenti di seconda fascia bandito il 16 dicembre 2011 e terminato a luglio 2014, interrompendo così l'ingiustificata lesione dei diritti di coloro i quali abbiano partecipato e superato la selezione in modo leale e legale.
(5-01616)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   DE GIORGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   lo Stato è chiamato ad assicurare sull'intero territorio la presenza di sedi giudiziarie strutturalmente efficienti e dotate di un organico in grado di rispondere in tempi ragionevoli alle istanze di giustizia formulate dai cittadini;

   nonostante questo impegno, sono ancora numerosi gli uffici giudiziari italiani che lamentano carenze tali da impedire lo svolgimento delle proprie attività in maniera proficua, sicura e soddisfacente;

   l'auspicio di tutti è di non dover incorrere nuovamente in situazioni simili a quella verificatasi nel mese di maggio del 2018 quando a Bari, a seguito del pericolo di crollo del tribunale, magistrati, cancellieri e avvocati furono costretti a dover celebrare e seguire le udienze in tensostrutture appositamente allestite, il tutto fino ad una soluzione provvisoria, la stessa che da pochi mesi ha consentito il trasferimento degli uffici, inizialmente ospitati sotto le tende, in un edificio degno di questo nome;

   quanto accaduto nel capoluogo pugliese fu definito dalla stampa una «vergogna nazionale», una «vergogna» che però, nonostante la speranza di tutti sia quella di non doverla più subire, potrebbe ripetersi, a breve, a Taranto. Sono anni che nella città ionica il tribunale è ad un passo dalla «chiusura», eventualità finora scongiurata grazie a misure-tampone, che adesso non possono più bastare. Questa struttura versa in condizioni critiche: infiltrazioni di acqua nelle giornate di pioggia, impianti elettrici e di riscaldamento che necessitano di un totale rifacimento e, come se non bastasse, presenza di amianto. Si tratta di circostanze che potrebbero portare fra non molto alla dichiarazione di inagibilità di questa sede con tutte le conseguenze che tale provvedimento andrebbe a comportare;

   si è appreso che il Ministero della giustizia ha già comunicato di recente ai presidenti della corte d'appello di Lecce e della sezione distaccata di Taranto che, con l'obiettivo di risolvere la questione in via definitiva, saranno autorizzate tutte le opere strutturali ed elettriche necessarie per la regolare fruizione della sede del tribunale che, va ricordato, ospita anche gli uffici della procura;

   in attesa della realizzazione di tali interventi, già richiesti nel 2015 dalle autorità preposte, si deve segnalare anche la grave carenza di personale amministrativo che affligge tutti gli altri uffici giudiziari della città di Taranto e, nello specifico: la sezione distaccata della corte d'appello (la cui scopertura risulta pari al 15 per cento, anche se in realtà è maggiore se si considerano i lavoratori che godono del permesso concesso in base alla legge n. 104 del 1992 e le unità sottoposte a terapie salvavita); il tribunale ordinario (la cui scopertura risulta pari al 28,3 per cento), il tribunale di sorveglianza (la cui scopertura risulta pari al 29,41 per cento), il tribunale per i minorenni (la cui scopertura risulta pari al 26,31 per cento), l'ufficio Nep (la cui scopertura risulta pari al 54,54 per cento);

   qualora i provvedimenti necessari per porre rimedio alle criticità illustrate dovessero tardare, si teme che le attività degli uffici giudiziari tarantini possano subire ulteriori gravi penalizzazioni con relativo nocumento per l'utenza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per sanare le gravi carenze illustrate indicando i tempi per la loro risoluzione.
(3-00580)


   ZÓFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 4 marzo 2019 nel carcere di Bancali a Sassari, si è verificata una nuova grave aggressione ai danni di un agente di polizia penitenziaria;

   risulta che il poliziotto sia stato violentemente colpito al viso con una testata da un recluso che stava accompagnando verso la cella durante la fase di rientro;

   l'agente, soccorso dai colleghi, è stato poi trasportato al pronto soccorso dell'ospedale civile di Sassari per accertamenti;

   il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) sottolinea la gravità dell'episodio evidenziando il fatto che esso chiede da tempo che nei reparti del carcere di Sassari vengano ripristinate le condizioni per garantire la sicurezza per il personale che vi opera, e precisando che, anche nelle settimane scorse, un altro agente è stato colpito da un detenuto, che si è avventato sul poliziotto penitenziario con una sedia;

   occorre garantire maggiore sicurezza per gli agenti di polizia penitenziaria ed occorre che vengano applicate, con decisione, le misure necessarie per contrastare e reprimere fenomeni di aggressioni similari a quelli esposti ed altri che si sono verificati negli anni –:

   se ed in che termini il Ministro interrogato intenda intervenire a sostegno del personale della casa circondariale di Sassari, aumentando la sicurezza degli agenti nel penitenziario.
(3-00581)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 28 febbraio 1975 davanti alla sezione del Movimento sociale italino (Msi) di via Ottaviano è stato assassinato il giovane militante del Fronte universitario d'azione nazionale, Mikis Mantakas;

   il colpo di pistola che ha ucciso Mantakas è stato sparato da Alvaro Lojacono, gknrane militante di Potere operaio, nel corso dell'assalto alla sede del Msi;

   dopo la condanna in secondo grado a sedici anni di reclusione Lojacono ha approfittato del ricorso in Cassazione per fuggire prima in Algeria e poi in Svizzera dove vive tuttora senza aver mai scontato neanche un giorno di detenzione per l'assassinio di Mantakas –:

   se non ritenga di adottere iniziative, per quanto di competenza, per avviare la richiesta di revoca della cittadinanza, presso lo Stato svizzero, di Alvaro Lojacono affinché si possa procedere con l'istanza di estradizione.
(4-02400)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BRAGA e ENRICO BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 337 della Valle Vigezzo riveste un'importanza straordinaria per i collegamenti tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica. Tale arteria è, infatti, quotidianamente utilizzata da migliaia di cittadini italiani frontalieri che si recano in territorio elvetico per lavorare;

   a seguito delle numerose segnalazioni fatte pervenire dai cittadini e dalle istituzioni del Verbano Cusio Ossola Anas s.p.a. ha provveduto a inserire nel piano triennale delle opere pubbliche i lavori di messa in sicurezza della richiamata arteria viaria;

   il 1° aprile 2018 un evento franoso nel comune di Re ha aggravato ulteriormente la situazione e, a seguito di tale evento, si è tenuta una riunione straordinaria presso la prefettura del Verbano Cusio Ossola. In tale sede, Anas s.p.a. ha garantito la consegna della progettazione definitiva di messa in sicurezza entro il mese di giugno 2018 e, successivamente, la consegna della progettazione esecutiva entro il mese di dicembre 2018;

   nonostante i solleciti fatti pervenire ad Anas s.p.a. da parte dell'Unione montana dei comuni della valle Vigezzo con nota prot. n. 1368 del 22 agosto 2018, e successiva nota prot. n. 236 del 18 febbraio 2019, ad oggi non è stato dato nessun riscontro operativo e concreto alle richieste formulate dai sindaci della suddetta Unione montana valle Vigezzo;

   risulta necessario procedere in tempi estremamente brevi e certi per la richiamata messa in sicurezza della strada statale n. 337 e non sono più giustificabili i gravi ritardi di Anas s.p.a. nella progettazione definitiva delle opere –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopracitati e se non ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza nei confronti di Anas s.p.a., anche valutando la sussistenza dei presupposti per nominare un commissario straordinario che possa gestire la progettazione di tali necessarie opere di messa in sicurezza in modo più efficiente ed efficace, garantendo la risoluzione delle problematiche viarie in tempi certi.
(5-01608)


   CORTELAZZO, OCCHIUTO, BENDINELLI, LABRIOLA, CASINO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento al disegno di legge di bilancio 2018 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 e relativa nota di variazioni, A.C. 4768 Governo), nella seduta del 20 dicembre 2017 la Commissione bilancio della Camera dei deputati ha approvato gli emendamenti Tab. 10. 3 e Tab. 10.4 del relatore onorevole Francesco Boccia che assegnavano, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione3 casa e assetto urbanistico, programma 3.1, politiche abitative, urbane e territoriali, rispettivamente, la somma di 200.000 euro e la somma di 300.000 euro;

   come risulta chiaramente agli atti, l'emendamento Tab. 10.3, approvato dalla Commissione bilancio, è finalizzato al finanziamento delle politiche territoriali della città di Cosenza; l'emendamento Tab. 10.4 è invece finalizzato al finanziamento delle politiche, territoriali dei comuni di Zimella e Montecchia di Crosara (in provincia di Verona);

   il finanziamento complessivo, del valore di 500.000 mila euro, è correttamente riportato anche all'interno della nota di variazione contenuta nella legge di bilancio 2018;

   nell'allegato tecnico per azioni e capitoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è infatti chiaramente riportata, alla missione 3 casa e assetto urbanistico, programma 3.1 politiche abitative, urbane e territoriali, capitolo 7365 fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città, la somma complessiva di 500.000 euro che comprende, come specificato nella nota a margine, sia il finanziamento destinato a Cosenza, che le somme assegnate ai comuni di Zimella e Montecchia di Crosara;

   ad oggi, a distanza di oltre un anno dall'approvazione della legge di bilancio 2018, le somme stanziate pari ad euro 200.000 (per Cosenza) e ad euro 300.000 (per Zimella e Montecchia di Crosara), non risultano pervenute ai comuni interessati;

   il tema riguarda anche la messa in sicurezza dei bilanci degli stessi comuni che hanno già previsto i suddetti stanziamenti, e che, proprio per questo, potrebbero anche attivarsi dinanzi alla Corte dei conti per danno erariale –:

   quali siano le ragioni di un così grave ritardo nell'erogazione di risorse stanziate dalla legge di bilancio 2018 e in quali tempi i comuni di Cosenza, Zimella e Montecchia di Crosara potranno ricevere il finanziamento per il valore complessivo di 500.000 euro finalizzato alle politiche territoriali e alla riqualificazione urbanistica delle città.
(5-01609)


   LUCCHINI e PAOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la E78 Grosseto-Fano rappresenta un importante asse trasversale collegamento tra i due versanti adriatico e tirrenico, di lunghezza complessiva circa di 248 chilometri, di cui molti tratti presentano ancora caratteristiche di viabilità ordinaria in attesa che si arrivi all'adeguamento del corridoio stradale, con caratteristiche di superstrada, definito dei «Due Mari»;

   nell'ambito di tale corridoio, il progetto della galleria della Guinza (lunga 5.960 metri) a doppia canna, che attraversa l'Appennino come asse portante della nuova superstrada Grosseto-Fano, risale agli anni Ottanta ed i lavori per lo scavo del primo tunnel, costati circa 500 miliardi di lire, sono iniziati negli anni Novanta e si sono conclusi nel 2004; da allora, i cantieri si sono interrotti sia per necessità di conformare il progetto alle sopraggiunte normative di sicurezza europee e nazionali, sia a causa dei finanziamenti mancanti per la costruzione del secondo tunnel e delle indecisioni riguardo al tracciato di collegamento con la strada europea E45 sul versante umbro;

   il progetto di adeguamento della galleria alle norme di sicurezza e dell'adeguamento degli imbocchi e relativi svincoli di collegamento alla rete stradale è in corso d'esame presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai fini della valutazione dei relativi impatti;

   da fonti internet si apprende che sul progetto redatto direttamente dall'Anas, il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ha evidenziato delle importanti criticità tecniche tali, da poter pregiudicare la realizzazione dell'opera;

   fatta salva la necessità della realizzazione della seconda canna, la possibilità di utilizzare la galleria già realizzata, ovviamente a seguito alla realizzazione dell'opera di adeguamento alle norme di sicurezza, è importantissima per i territori umbri e marchigiani ai fini del proprio sviluppo economico e sociale;

   sarebbe opportuno conoscere lo stato dell'arte dell'approvazione del progetto di adeguamento alle norme di sicurezza del tunnel già realizzato e del relativo finanziamento delle opere –:

   se rientri nella programmazione dell'Anas la realizzazione della seconda canna della galleria della Guinza e nelle more se, per poter garantire il concreto avvio dei lavori, si intenda porre in servizio la galleria anche se con le dovute limitazioni e speciali condizioni ai fini della sicurezza, come ad esempio l'utilizzo della regolamentazione del traffico con ciclo semaforico.
(5-01610)


   TRANCASSINI, FOTI e BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta dell'8 dicembre 2018, il Governo ha accolto un ordine del giorno del primo firmatario del presente atto, relativo alla strada statale 4 via Salaria;

   la via Salaria è una strada obsoleta e danneggiata dal sisma, e su di essa, nonostante sia a una sola corsia, transitano mezzi pesanti diretti sulla costa adriatica, comportando un aggravio in termini di rallentamenti e di intensità di traffico e di pericolosità, dimostrata, purtroppo, da una lunga sequenza di incidenti anche mortali;

   in particolare, al sessantesimo chilometro della via Salaria si verificano con forte frequenza incidenti stradali che spesso hanno esiti mortali;

   l'ordine del giorno approvato impegnava il Governo a valutare la necessità di destinare le risorse occorrenti per la messa in sicurezza della strada statale Salaria –:

   quali iniziative siano state assunte in attuazione del citato ordine del giorno, al fine di mettere in sicurezza la via Salaria, in particolare nei suoi tratti più pericolosi, tutelando tutti i cittadini che la percorrono.
(5-01611)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FIORINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la bretella autostradale Gampogalliano-Sassuolo, opera ancora mai avviata, è infrastruttura di collegamento tra la A22 e la strada statale n. 467 Pedemontana. In tutto 25,5 chilometri di strade, di cui 14 per il collegamento tra l'interconnessione A22-A1 e Sassuolo, 3,6 di raccordo con la tangenziale di Modena, 6,5 della variante di Rubiera e ulteriori 1,4 di raccordo;

   l’iter procedurale era partito nel 2001 e il 23 febbraio 2018 è stato approvato, con decreto interministeriale, l'atto aggiuntivo alla convenzione di concessione, al fine di regolare progettazione, costruzione e gestione di questo importante collegamento;

   la Campogalliano-Sassuolo rappresenta una infrastruttura fondamentale per la zona e la sua realizzazione porterebbe, tra l'altro, un immediato beneficio, sgravando la viabilità ordinaria dal traffico dei mezzi pesanti; questa importante opera viaria, i cui lavori avrebbero dovuto prendere il via entro maggio 2018, è stata bloccata proprio in questi giorni dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli a pochi mesi dall'avvio del cantiere;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha infatti comunicato all'Autostrada Campogalliano Sassuolo S.p.A. di avere predisposto una valutazione secondo la metodologia «costi-benefici», circa l'opportunità di realizzare la medesima autostrada;

   l'Autostrada Campogalliano-Sassuolo Spa ha chiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di rivalutare un procedimento che non solo appare illegittimo, ma che determinerà anche un inevitabile ritardo nella realizzazione dell'opera, con un conseguente danno per la società e per l'utenza;

   lo stop alla bretella Campogalliano-Sassuolo sarebbe una sciagura per i distretti industriali dell'Emilia, in primis, con ricadute negative su tutto il Paese, a cominciare da quei settori di eccellenza come l'industria ceramica, tessile, agroalimentare, biomedicale, moda, meccanica e motori, oltre al turismo;

   il solo distretto di Sassuolo occupa 30 mila addetti e fattura più di 6,5 miliardi di euro e, con l'indotto, si arriva fino a 10 miliardi;

   come ha ricordato il presidente Lapam Confartigianato Modena e Reggio Emilia è indispensabile avviare finalmente i lavori, e non trovare artifici come l'analisi costi benefici per bloccarli per l'ennesima volta. Il blocco «non è accettabile perché, dopo quarant'anni di attesa, finalmente l’iter è arrivato alla conclusione, con denaro privato (come noto il contributo pubblico per la realizzazione dell'opera verrà interamente restituito nei primi anni di gestione) e con tutte le valutazioni fatte e finite (...). Il territorio e il Paese, ha bisogno di infrastrutture all'altezza delle sfide che le imprese hanno davanti. La Campogalliano-Sassuolo non è lo sfizio di qualche imprenditore, ma consente di colmare un ritardo storico che ha penalizzato fortemente un distretto d'eccellenza» –:

   se non si ritenga di assumere iniziative per la realizzazione della bretella Campogalliano-Sassuolo, considerato che il possibile blocco dei lavori o il ritardo nel loro avvio possono produrre un danno enorme per i distretti industriali dell'Emilia e dell'Italia, a cominciare da quei settori di eccellenza come l'industria ceramica;

   quali siano le motivazioni alla base della decisione di fermare l’iter per l'avvio dei lavori, anche alla luce del fatto che la strada di cui in premessa non ha costi per la collettività, e al contrario consentirebbe all'industria italiana di recuperare competitività.
(4-02392)


   CAIATA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada A1-var, chiamata anche variante di valico e direttissima, è un tratto autostradale appenninico di 37 chilometri, compreso tra le località di La Quercia e Aglio, in esercizio dal 23 dicembre 2015;

   l'A1-var rientra nel più ampio progetto della variante di valico che ha previsto opere di ammodernamento del tratto appenninico per un totale di 25 chilometri dell'A1 tra Sasso Marconi e La Quercia e tra Aglio e Barberino del Mugello (più 4,1 chilometri tra Casalecchio e Sasso Marconi, il cosiddetto lotto 0) con lunghezza complessiva dell'intero progetto di 65,8 chilometri;

   la storica autostrada A1 è stata quindi adeguata con la costruzione della terza corsia di marcia per 25,5 chilometri (più i 4,1 chilometri del lotto 0), mentre è stato costruito un nuovo tracciato autostradale (l'A1-var) di 37 chilometri affiancato all'originale dell'A1 e, rispetto a questa, l'A1-var ha una quota più bassa di 226 metri e riduce i tempi di percorrenza di circa il 30 per cento;

   nonostante l'evidente agevolazione apportata alla percorrenza, l'A1-var non presenta corsie differenziate per l'accesso degli autoarticolati di differente dimensione, quali i tir, comportando inevitabilmente non solo il rallentamento della viabilità, ma anche l'aumento degli incidenti –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di assicurare una più regolare e fruibile percorribilità, mediante la differenziazione di accesso alle corsie per la viabilità di autoveicoli di diversa destinazione e dimensione, in grado di assicurare anche una maggiore sicurezza lungo tale tratta.
(4-02394)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto «Giovanni Giorgi» di Roma, liceo scientifico e istituto tecnico industriale situato in viale Palmiro Togliatti numero 1161, si trova davanti all'asilo L'Ape Birichina, al teatro Tendastrisce e in prossimità dell'ipermercato Esselunga Prenestino pertanto in zona frequentata soprattutto da adolescenti, bambini, genitori e nonni;

   da tempo ormai, in pieno giorno, si verifica che delle prostitute sostino sia a poca distanza dal cancello di ingresso dell'istituto, e quindi anche davanti all'asilo, che lungo il perimetro della struttura scolastica, finanche in prossimità della fermata degli autobus;

   in particolare, con l'uscita da scuola, i ragazzi si trovano inevitabilmente ad incrociare le suddette prostitute;

   le prostitute, vestite in maniera provocante o addirittura svestite, cercano di intrattenersi con i ragazzi che, nella maggior parte si tratta di minorenni, spesso si fermano;

   tra le macchine dei genitori e nonni che sono lì anche per andare a prendere i bambini dell'asilo si mescolano quelle dei clienti che si fermano nel parcheggio adiacente alla scuola per contrattare con le prostitute –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa situazione e quali iniziative intenda adottare affinché si possa risolvere il problema evidenziato in premessa che ormai si ripete quotidianamente davanti ai due plessi scolastici.
(5-01596)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOVELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 25 febbraio 2019 nei pressi del Civiform, struttura destinata anche all'accoglienza di minori stranieri non accompagnati, ha avuto luogo una rissa cui hanno preso parte circa 80 persone;

   secondo la ricostruzione dei fatti due fazioni diverse di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 17 anni, da una parte kosovari e albanesi, dall'altra pakistani, hanno dato luogo alla rissa;

   nel tafferuglio sono state utilizzate spranghe di metallo, coltelli, una mazza da cricket, bastoni, poi rinvenuti e sequestrati;

   una decina di giovani, tutti i minorenni, sono stati accolti in pronto soccorso per le medicazioni. Il ragazzo più grave guarirà in 15 giorni. Sul posto sono intervenuti gli agenti della polizia di Stato del commissariato di Cividale e della questura di Udine;

   dopo gli eventi, 25 ragazzi stranieri, 12 di etnia albanese-kosovara, 13 di etnia pakistana, sono stati denunciati a piede libero per rissa aggravata;

   un 17enne è stato deferito per detenzione di droga poiché nella sua camera sono stati rinvenuti e sequestrati 3,9 grammi di hashish divisi in sei dosi;

   nella mattinata di giovedì 28 febbraio ha avuto luogo presso i locali del Civiform una operazione antidroga condotta da una ventina di agenti della polizia di Stato per verificare la presenza di stupefacenti. Durante l'ispezione sarebbero stati rinvenuti un trinciaerba ed un bilancino di precisione;

   l'amministrazione comunale di Cividale è ancora in attesa di ricevere dallo Stato i fondi per l'accoglienza minori relativi al quarto trimestre 2017, oltre a quelli per l'anno 2018 –:

   quali misure di pubblica sicurezza si intendano prendere perché eventi come quelli verificatisi domenica 28 febbraio non abbiano più luogo;

   se ritenga di assumere le iniziative di competenza per incrementare i controlli circa l'idoneità delle strutture che ricevono i fondi statali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, in modo tale da verificare che centri come il Civiform mantengano i requisiti per svolgere in modo adeguato il compito di accoglienza di tali minori;

   quando verranno saldati gli arretrati al comune di Cividale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
(4-02391)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie a mezzo stampa che il Ministro dell'interno Matteo Salvini ha pubblicato sui suoi profili Facebook e Twitter l'immagine di una ragazza con un cartello contro il fascismo e la Lega dalla quale si è scatenato un linciaggio mediatico e social;

   la foto ritrae una ragazza in occasione della manifestazione antifascista «Prima le persone» tenutasi a Milano il 2 marzo 2019, una marcia per i diritti che ha visto la partecipazione di più di 250 mila persone, sotto la quale risultano esserci oltre 25 mila commenti, molti dei quali a sfondo sessuale, con offese sessiste ed epiteti vari all'indirizzo della ragazza;

   episodi come questo si sono già verificati nel novembre 2018, con la pubblicazione su Facebook di una foto di tre studentesse di Milano, minorenni, che durante un corteo l'avevano contestato, e con quella di una ragazza che reggeva un cartello con una scritta antifascista durante un corteo a Milano per i fatti di Macerata, che risulta essere la stessa ragazza della foto pubblicata il 4 marzo 2019;

   in entrambi i casi c'è stata un'ondata di insulti di ogni genere, soprattutto sessisti, oltre che vere e proprie minacce di violenza fisica, sottoponendo queste persone ad una vera e propria gogna mediatica e social –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per contrastare la violenza sulle donne, anche sul web, considerato anche il fatto che è detentore di una pagina social seguita da milioni di utenti, e come intenda garantire la sicurezza di tutti i cittadini anche con apposite iniziative contro le campagne d'odio sui social.
(4-02401)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di istruzione nazionale è composto dalle scuole statali e dalle scuole non statali; queste ultime sono parte integrante del percorso scolastico nazionale verificato e controllato;

   il programma operativo nazionale (Pon) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, intitolato «Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento», finanziato dai fondi strutturali europei contiene le priorità strategiche del settore dell'istruzione e ha una durata settennale, dal 2014 al 2020;

   Il Pon «Per la scuola» è rivolto alle scuole dell'infanzia e alle scuole del I e del II ciclo di istruzione di tutto il territorio nazionale;

   è articolato in 4 assi ciascuno con i propri obiettivi specifici:

    «l'Asse 1 - istruzione» punta a investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimento permanente;

    «l'Asse 2 - infrastrutture per l'istruzione» mira a potenziare le infrastrutture scolastiche e le dotazioni tecnologiche;

    «l'Asse 3 - capacità istituzionale e amministrativa» riguarda il rafforzamento della capacità istituzionale e la promozione di un'amministrazione pubblica efficiente (e-government, open data e trasparenza, sistema nazionale di valutazione, formazione di dirigenti e funzionari);

    «l'Asse 4 - assistenza tecnica» è finalizzato a migliorare l'attuazione del programma attraverso il rafforzamento della capacità di gestione dei fondi (servizi di supporto all'attuazione, valutazione del programma, disseminazione, pubblicità e informazione);

   la partecipazione ai bandi Pon non era possibile per le scuole paritarie. Era prevista al massimo la co-partecipazione a progetti a prima firma di un istituto statale. Questo rappresentava una disfunzione del sistema di istruzione;

   il Parlamento con un emendamento alla legge di stabilità 2017 (comma 313 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232) stabilì che anche le scuole paritarie potessero accedere ai fondi del programma operativo nazionale Pon Istruzione. In attuazione della novità normativa definita dal Parlamento e per superare il problema dei cosiddetti «aiuti di Stato», già a luglio 2017 l'Italia propose di modificare l'accordo di partenariato in sede europea. Tale accordo di programma prevedeva in maniera esplicita l'impossibilità per le scuole non statali di partecipare ai bandi Pon. La richiesta di modifica fu affrontata dalla Commissione europea l'8 febbraio 2018. La decisione dell'8 febbraio 2018 (C(2018)598) modificò l'Accordo di partenariato tra Commissione europea e Italia per la politica di coesione. In particolare, l'Accordo veniva così modificato «il FSE e il FESR interverranno nel sistema nazionale di istruzione», ponendo fine a una discriminazione nell'accesso ai fondi dell'Unione europea di parte del sistema d'istruzione nazionale italiano;

   mancava ancora che la «direzione concorrenza» della Commissione europea escludesse una violazione della normativa sugli aiuti di Stato. Nell'attesa delle decisioni europee in merito all'assenza di violazioni, gli avvisi pubblicati durante il periodo 2017-2018, pur essendo arrivati dopo la modifica intervenuta nella legge di bilancio 2017 ma durante i lavori del tavolo europeo, avevano previsto che una quota economica proporzionata venisse «congelata» in attesa dell'accordo europeo per poi creare avvisi dedicati alle sole scuole paritarie;

   la Commissione ha dato il «via libera» alle novità richieste escludendo «aiuti di Stato», dal Parlamento e dal Governo italiano –:

   se sia confermata la decisione di aprire i bandi Pon anche alle scuole non statali/paritarie e se risulti confermato il percorso individuato per i fondi 2017-2018 che prevede di creare avvisi dedicati alle sole scuole paritari, mentre per i fondi 2019 e seguenti i bandi saranno comuni per scuole statali e non statali.
(3-00579)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sono circa 400 gli insegnanti precari del Friuli Venezia Giulia che chiedono giustamente l'assunzione dopo molti anni di servizio. Si tratta del personale cosiddetto di terza fascia, che non può accedere alle graduatorie perché sprovvisto dei titoli, ma che insegna da anni. Una rappresentanza è stata ricevuta nei giorni scorsi dal prefetto di Udine con la richiesta di farsi portavoce delle loro richieste al Governo;

   il 9 marzo 2019 è stata organizzata una manifestazione di protesta a Trieste e in molte altre piazze italiane, per richiedere al Governo di prevedere con urgenza una fase transitoria per l'assunzione di questi insegnanti in considerazione del fatto che nel 2018, a livello nazionale, ci sono stati ben 37 mila posti non coperti a causa della mancanza di candidati e anche in Friuli numerosi istituti comprensivi mandano avanti le loro attività didattiche solo grazie alle supplenze annuali;

   a quanto è dato sapere, sono tre gli obiettivi prioritari, per gestire questa fase transitoria: l'immissione in ruolo degli insegnanti idonei dei concorsi 2016 e 2018; una procedura concorsuale riservata per chi ha maturato 180 giorni di servizio di insegnamento per tre annualità scolastiche, con una prova orale non selettiva che conduce direttamente all'immissione in ruolo; l'adozione di un provvedimento per una soluzione definitiva dei docenti magistrali rimasti fuori dalle graduatorie a esaurimento (Gae) e a rischio di licenziamento;

   si ritiene prioritario intervenire a tutela di tale personale precario e, in secondo luogo, vanno adottate iniziative affinché si escluda che per anni il lavoro di tanti insegnanti non di ruolo venga sfruttato senza prevedere idonee procedure per una regolare stabilizzazione, che dia certezza a queste persone sul loro destino lavorativo –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative intenda urgentemente adottare affinché il personale precario in questione venga stabilizzato.
(5-01595)


   GARIGLIO e FREGOLENT. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di informazione, l'eurodeputato della Lega Danilo Oscar Lancini avrebbe incontrato, mercoledì 27 febbraio 2019, un gruppo di studenti delle classi quinte dell'istituto tecnico commerciale «Germano Sommeiller» di Torino;

   tale incontro, cui gli allievi sarebbero stati obbligati a partecipare, avrebbe dovuto essere una conferenza dal titolo «Torino's business. Andata e ritorno per l'Europa»;

   sempre secondo la stampa, prima del suo intervento l'eurodeputato leghista avrebbe distribuito biglietti da visita e un volantino con la sua presentazione: dove veniva riportato che l'Italia è un «paese che accoglieva indiscriminatamente senza un controllo di carattere legale, le atrocità che gli immigrati, per lo più provenienti da Paesi di matrice islamica, hanno compiuto nei nostri Paesi occidentali» e dove le ong vengono definite organizzazioni che «si occupano di falsa “assistenza” ai migranti»;

   non sarebbe stato soltanto l'intervento (visionabile integralmente) sulla sua pagina Facebook a suscitare l'indignazione dei genitori e degli studenti. Nel corso della conferenza sarebbero stati infatti messi a disposizione degli alunni numerose copie del libro «L'onda del crimine migrante»: si tratterebbe della traduzione italiana, curata dallo stesso Lancini, del «rapporto» «Migrant Crime Wave» pubblicato dal gruppo ENL-ENF, scritto dall'eurodeputata pro-Brexit ed ex UKIP Janice Atkinson e con la prefazione del Ministro Matteo Salvini, dove si vuole dimostrare la stretta correlazione causale tra immigrazione e aumento della criminalità;

   per Danilo Oscar Lancini (che avrebbe secondo i media candidamente dichiarato rispetto al suo intervento: «ho detto quel che penso io e la Lega, in maniera chiara ed esplicita, avrei dovuto dire quel che pensano gli altri?») la scuola ha da sempre rappresentato un veicolo prioritario di scorretta propaganda elettorale: da sindaco di Adro (Brescia) decise infatti di tappezzare la scuola elementare del paese con 700 simboli della Lega Nord «Sole delle Alpi» e negò il diritto alla mensa scolastica ai bambini, in prevalenza stranieri, i cui genitori non erano in regola con il pagamento;

   appare evidente che questo episodio risulti palesemente non solo irrispettoso dell'istituzione scolastica, degli studenti che la frequentano e dei docenti che vi prestano servizio, ma risulta anche, secondo gli interroganti, contrario ai più elementari principi di pluralismo informativo e di libertà di autodeterminazione del pensiero e delle convinzioni politiche (specialmente se in età di formazione); con l'aggravante che tale iniziativa si è svolta a poche settimane dalle elezioni europee dove lo stesso Danilo Oscar Lancini potrebbe ripresentarsi come candidato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali siano le iniziative che intenda adottare al fine di prevenire, soprattutto nel prossimo periodo elettorale, episodi del genere nella scuola e se non sussistano i presupposti per avviare un'ispezione nei confronti al dirigente scolastico dell'istituto tecnico commerciale «Germano Sommeiller» di Torino che ha organizzato l'evento.
(5-01617)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo di Monica D'Ascenzo pubblicato sul sito del Sole 24 ore, categoria scuola si legge che: «Nel tuo lavoro sono poche le donne, perché le femmine non vogliono fare le giornaliste. Vogliono fare le parrucchiere e le ballerine». «A parlare così era mio figlio». «...perché pensi questo? È quello che dicono le mie compagne quando le maestre chiedono cosa vogliamo fare da grandi»;

   negli ultimi giorni è diventata virale l'immagine del libro che attribuisce alla mamma i verbi cucinare e stirare e al papà lavorare e leggere. Chiunque ha figli e li aiuta a fare i compiti si è visto passare sotto il naso certi stereotipi e allora capisce la potenza di quello che c'è là fuori. A cominciare dalla scuola, con libri, storie e conversazioni di cui non conosci i contenuti, ma che ti arrivano in casa;

   cambia il disegno e la grafica, ma la mamma continua a cucinare e stirare. Un altro esempio della visione di mamma e papà sui libri di scuola è quello della «supermamma»: si mette il rossetto, cucina i tortelli, stira le camicie, va in posta, fa la spesa, certo va anche in ufficio a lavorare e beve il tè con le amiche, ma ha sempre tempo per i figli. Il «papone» invece, se ne sta tranquillamente davanti alla tv a sentire il telegiornale, controlla le mail e quando la cena è pronta si siede a tavola;

   la lista degli esempi è lunga. Le faccende di casa alle donne, il lavoro e il divertimento, anche quello con i figli, agli uomini. A parlare con le maestre ci vanno le madri e non i padri. Cambiano i tempi e gli stereotipi resistono e si adattano, infatti, l'innovazione e il digitale sono affari da papà. Perché mamma è quella che ancora sogna per te un futuro da violinista, mentre papà sa che sarai un mago dei computer;

   questi stereotipi non fanno male solo alle donne, perché non rendono giustizia alle nuove generazioni di padri che hanno un'attenzione per i figli e la famiglia non ancora rappresentata nei libri di scuola;

   di stereotipi, nei libri di scuola ce n'è per tutti, a cominciare dai nonni. La nonna naturalmente cucina e fa la maglia, il nonno continua, come faceva da papà, a leggere il giornale e fumare la pipa. Ci sono stereotipi anche per i piccoli. Le bambine sono quelle destinate a pulire e i bambini quelli che dovranno fare gli eroi e salvare il mondo. I maestri sono svegli, simpatici, divertenti e interessanti mentre le maestre sono quelle che chiacchierano nell'intervallo;

   a questo punto si può dire che una miriade di stereotipi invade la scuola. Le bambine giocano con le bambole e preparano la torta, mentre i bambini suonano strumenti, fanno i sub e giocano su un prato. Alle bambine si dice: ti piace il rosa, farai la ballerina e dovrai essere bella. Ai bambini si dice sei forte, coraggioso e portato a grandi imprese;

   il discorso sui libri di scuola è ben più ampio di quello sugli stereotipi di genere. Perché poi ci sono quelli sugli immigrati, ad esempio, ma non manca chi si lancia in novità scientifiche, come in alcuni libri della prima media –:

   se non intenda istituire un tavolo tecnico nel quale siano rappresentate tutte le categorie del mondo della scuola al fine di promuovere l'adozione di piani dell'offerta formativa più aderenti al nuovo contesto culturale e sociale, nonché la diffusione di libri scolastici che non siano basati su vecchi e anacronistici stereotipi.
(4-02397)


   PRESTIGIACOMO e APREA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha previsto l'indizione entro febbraio 2018 di una procedura selettiva finalizzata all'immissione in ruolo, a decorrere dall'anno scolastico 2018/2019, del personale ex Lsu assunto con contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle del personale Ata;

   il bando per l'avvio della procedura di selezione è stato emanato con D.D. 209 del 28 febbraio 2018 che ha anche previsto la vigenza triennale della graduatoria finale approvata con D.D. 1194/2018;

   ai sensi di quanto disposto dalla normativa, 779 lavoratori sono stati assunti sulla base di tale graduatoria, a decorrere dal 1° settembre 2018, con contratti part-time e assegnati ai ruoli provinciali sulla base della sede dove hanno prestato servizio sino al 31 agosto 2018;

   la legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018, ha disciplinato la trasformazione di detti contratti a tempo parziale in contratti a tempo pieno nel numero determinato dalla disponibilità di risorse e mediante scorrimento della graduatoria, prevedendo contestualmente l'abrogazione della sua vigenza triennale e la trasformazione in graduatoria a esaurimento;

   in concreto la misura introdotta con la legge n. 145 del 2018 ha riguardato circa 226 delle 779 unità, pur risultando, sulla base di una ricognizione del Ministero, maggiore il numero dei posti accantonati; il contingente dei posti autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze sul turn over del personale Ata si attesta infatti intorno circa al 50 per cento dei posti disponibili sull'organico di diritto;

   appare di fondamentale rilevanza dare continuità alla professionalità e alla sicurezza di stabilizzazione a tutti i precari, considerato che si tratta di lavoratori che svolgono le loro mansioni nella scuola da molti anni e che tale continuità contribuirebbe favorevolmente alla maggiore efficienza e qualità dei plessi scolastici –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di dare piena assicurazione a questi lavoratori circa l'integrale utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla legge di bilancio e di garantire loro una remunerazione quanto meno non inferiore a quella percepita in precedenza con il contratto in qualità di collaboratori coordinati e continuativi;

   se il Governo non ritenga necessario adottare immediate e tempestive iniziative affinché sia superata la situazione di ingiustizia e discriminazione che rende possibile solo per una minoranza di questi lavoratori la trasformazione dei contratti part-time in contratti a tempo pieno.
(4-02398)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI, ZAN, ENRICO BORGHI, FIANO e UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 4 del 2019 prevede una nuova figura professionale, «navigator», con il compito di «seguire personalmente il beneficiario del reddito di cittadinanza nella ricerca di un lavoro, di un'opportunità formativa o di un reinserimento professionale»; il compito di vagliare le candidature e selezionare 6000 idonei «navigator» spetterebbe ad Anpal;

   recentemente la regione Toscana ha sollevato questione di costituzionalità sulle procedure di reclutamento del personale dei centri per l'impiego previste in legge di bilancio per il 2019; molte regioni hanno, inoltre, segnalato il rischio di incostituzionalità del decreto-legge n. 4 del 2019, relativamente alle modalità di reclutamento dei «navigator», con un'invasione delle competenze regionali in materia di amministrazione dei servizi territoriali per il lavoro, senza una preventiva intesa Stato-regioni;

   tuttavia, il Ministro interrogato ha insistito per l'assunzione dei 6.000 «navigator» presso Anpal servizi, la quale ha già in organico 1.100 collaboratori a termine che attendono dallo stesso Ministro un piano e le risorse per essere stabilizzati;

   l'attuale previsione per l'assunzione dei «navigator» renderebbe strutturale l'utilizzo di personale precario nella pubblica amministrazione; non chiarisce in quali strutture e sotto quali responsabilità dovrebbero operare i «navigator»; impone ad Anpal servizi un regolamento speciale di selezione «semplificata» e non gli consente di stabilizzare il personale precario, decuplicandone il numero; espone il titolare rappresentante di Anpal servizi a rischio danno erariale fino a 500 milioni di euro per l'impossibilità, in caso di mancato accordo con le regioni, di ricevere un'utile prestazione dai «navigator»; mette a rischio di incostituzionalità una parte rilevante del decreto-legge e, con risorse per soli due anni, non garantisce continuità occupazionale ben 6.000 lavoratori;

   è necessario assicurare: una selezione trasparente, a norma di legge, senza corsie accelerate e discriminatorie per i lavoratori, delineando il destino occupazionale dei «navigator» anche dopo il 2021 e precisando se il rapporto di lavoro proseguirà con Anpal servizi o con quali alternative; tempi e risorse per la stabilizzazione degli attuali precari Anpal servizi, considerato il finanziamento dedicato attuale è di un milione di euro, sufficiente a stabilizzare solo venticinque lavoratori; la costituzionalità di questa rilevante parte del decreto-legge, scongiurando il rischio di danno erariale pari al finanziamento di 500 milioni di euro –:

   se non ritenga necessario adottare ogni iniziativa di competenza per evitare, nell'attuale contesto, lo sviluppo di qualsiasi forma di precariato o di selezione non trasparente attraverso strutture pubbliche, come Anpal e Anpal servizi.
(3-00586)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto decreto dignità, decreto n. 87 del 2018, ha previsto, all'articolo 1-bis, per le assunzioni di coloro che non hanno compiuto il trentacinquesimo anno di età, delle disposizioni che prolungano, al biennio 2019 e 2020, le agevolazioni contributive già previste dalla legge di bilancio 2018;

   in particolare, il beneficio, riconosciuto per un massimo di trentasei mesi, consiste nell'esonero dal versamento del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi Inail, nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile;

   la predetta norma di riferimento specifica, inoltre, che la piena operatività dell'esonero dovrà essere stabilita con un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;

   il decreto ministeriale, dunque, doveva essere emesso entro l'11 ottobre 2018, invece, nonostante il termine sia stato ampiamente superato, tale adempimento non è stato ancora assolto, restando preclusa la possibilità di poter beneficiare dell'esonero contributivo a favore dell'occupazione giovanile –:

   per quali motivi non sia stato ancora emesso il decreto ministeriale che indichi le modalità di fruizione dell'esonero e se e quando i Ministri interrogati intendano procedere a tale adempimento, considerando che tale mancanza sta pregiudicando giovani e imprese.
(5-01594)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel 2016 si è tenuto un concorso indetto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, il più importante ente italiano di ricerca, dedicato alle filiere agroalimentari;

   oltre alla proclamazione dei vincitori del concorso in tale occasione si sono formate anche delle graduatorie di idonei non vincitori;

   molti di questi idonei, che già lavoravano presso il Crea come precari da decenni, sono rimasti a lavorare con la speranza di essere assunti da queste graduatorie, incoraggiati anche dalle esperienze pregresse per cui tutte le graduatorie di idonei precedenti erano sempre state esaurite nel tempo;

   ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante norme per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che ha previsto disposizioni per «Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni», nel solo Crea sono stati stabilizzati ben oltre 400 precari, alcuni dei quali presenti anche nella lista degli idonei;

   la stabilizzazione si è basata su di un criterio meramente temporale e non di curricula (cosa che è richiesta in un concorso), con evidenti limiti di merito;

   in base alla delibera n. 113 del 19 dicembre 2018 e successiva comunicazione del 19 dicembre 2018, l'entità dello scorrimento delle graduatorie consisterebbe in 19 unità, 4 ricercatori e 15 tecnologi, riferite a personale già di ruolo o che verrà stabilizzato;

   la stessa comunicazione riferisce che nel piano di fabbisogno è stata prevista l'assunzione di 36 nuovi ricercatori e tecnologi ed è stata data facoltà ai direttori di centro di ricerca di scegliere se assumere tramite scorrimento delle graduatorie vigenti, seppur in misura non superiore al 50 per cento delle posizioni assegnate a ciascun centro;

   le graduatorie, attive fino al 31 dicembre 2019, sono una preziosa opportunità di reclutamento nelle aree strategiche individuate dal Crea: nelle 26 graduatorie dei concorsi del 2016 vi sono 176 unità potenzialmente assumibili tramite scorrimento;

   i profili scientifici degli idonei ricoprono una vasta gamma di aree tematiche includendo, ad esempio, sia laureati in fisica o informatica, sia laureati in agraria o scienze forestali, scienze geologiche e biologiche che, per inclinazione personale o esigenze lavorative, si sono specializzati in settori scientifico-disciplinari più ampi rispetto al loro titolo (ad esempio genetica, genomica, biotecnologie agro-industriali, geologia, bioinformatica, sistemi informativi geografici, telerilevamento, modellistica, statistica applicata e altro) –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché nella prossima seconda fase della stabilizzazione ci sia un più ampio scorrimento delle graduatorie in scadenza a fine anno, prevedendo la possibilità per la terza fase della stabilizzazione dello scorrimento totale delle graduatorie.
(3-00578)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   VIVIANI, LOLINI, BUBISUTTI, COIN, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI e LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   gli agricoltori del nostro Paese producono cereali eccellenti, soprattutto grano duro, che contribuisce a promuovere il made in Italy in Europa e nel mondo;

   la produzione di grano duro, nel nostro Paese, copre solo il 70 per cento del fabbisogno ed è quindi necessario importare dall'estero il restante 30 per cento del grano. Il grano importato spesso è un grano di pessima qualità che non sempre dà quelle garanzie di sicurezza e salubrità che invece si possono riscontrare nelle nostre produzioni;

   il settore cerealico è uno dei settori simbolo del made in Italy che però in questo periodo soffre di un drammatico crollo dei prezzi, che si attestano al di sotto dei 18 euro al quintale, prezzo che non riesce neanche a coprire i costi di produzione;

   la situazione è da considerarsi drammatica, in quanto i prezzi pagati agli agricoltori sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall'estero e poi utilizzato per fare pasta venduta come italiana;

   il grano importato, non solo fa male alla salute, ma fa malissimo anche all'economia italiana, perché i produttori di grano duro sono sull'orlo del lastrico, proprio perché la speculazione mantiene bassissimo il prezzo del grano duro italiano;

   al fine di arginare le speculazioni sul prezzo del grano, l'articolo 23-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, ha istituito un fondo volto a favorire la qualità e la competitività delle produzioni delle imprese agricole e cerealicole e dell'intero comparto cerealicolo, anche attraverso il sostegno ai contratti e agli accordi di filiera; fondo che è stato rifinanziato dalla legge n.145 del 2018 (legge di bilancio 2019);

   lo scopo di queste risorse è, soprattutto, quello di concedere un aiuto agli operatori del settore mediante la sottoscrizione di contratti tra i soggetti della filiera cerealicola in modo da assicurare al cerealicoitore un prezzo minimo fisso legato alla qualità del prodotto che viene garantita dall'uso di sementi certificate e delle buone pratiche agricole –:

   quali iniziative intenda assumere affinché non sia messo a rischio un prodotto simbolo del made in Italy a causa del ribasso dei prezzi del grano e dell'invasione dei prodotti stranieri, a volte anche di scarsa qualità e privi di controllo, al fine di garantire reddito agli operatori del settore cerealicolo.
(5-01602)


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Governo rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01414, sottolineava la necessità di assicurare il carattere di non obbligatorietà dell'adesione alla Federazione delle associazioni di razza da parte delle Associazioni nazionali allevatori (Ana) al fine di garantirne l'autonomia e l'indipendenza;

   nonostante le «precise disposizioni impartite» dal Ministero ai fini della mera possibilità di adesione, la Federazione, il cui consiglio di amministrazione è stato nominato dall'Associazione italiana allevatori (Aia), comunicava, il 19 febbraio, al dicastero e alle Ana di aver riformulato l'articolo «Adesione alla Federazione delle ANA» del nuovo statuto, che le Ana dovranno adottare, ma di fatto, l'articolo 2, recita: «(...) l'Associazione, a seguito dell'atto di scissione rep. 35.996 racc. 22.582, è socia della Federazione (...)»;

   si rileva che, nell'atto notarile sopra citato, all'articolo 1 si legge: «l'A.I.A. si scinde in maniera parziale e proporzionale (...) mediante assegnazione ad una nuova associazione, denominata “Federazione delle Associazioni Nazionali di Razza e di specie”, del rapporto associativo degli attuali soci dell'Aia»;

   la Federazione si spinge oltre e il 20 febbraio 2019 scrive a tutte le Ana «invitandole», «a seguito degli accordi raggiunti», con il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, nella persona del direttore generale, ad adottare lo statuto con le specifiche da essa indicate ai punti 1, 2 e 3 ribadendo che le Ana sono socie della Federazione e mettendo addirittura a disposizione anche il notaio che ha seguito l’iter di scissione;

   sembrano, dunque, pregiudicate l'autonomia e l'indipendenza delle Ana che sono invece fondamentali ai fini della concessione degli aiuti di Stato come previsto dal decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo del 18 novembre 2015 dove, all'articolo 2 si specifica che: «Possono beneficiare delle agevolazioni previste all'articolo 1, le Associazioni degli allevatori (...) rientranti nella definizione di cui all'Allegato I del Reg. n. 702/2014»;

   il requisito è quello inerente alle piccole e medie imprese di cui agli articoli 2 e 3 dell'allegato sopra citato, in particolare, per gli effetti dell'articolo 3, per cui l'impresa si deve definire autonoma e non collegata, come previsto al paragrafo 3, lettera c) –:

   quali iniziative urgenti abbia intenzione di adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire l'autonomia e l'indipendenza delle Ana come evidenziato anche nella risposta del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, del 18 gennaio 2019, tenendo presente che la Federazione non è prevista dal quadro normativo vigente e che la mancata separazione delle competenze farebbe venire meno il criterio per assegnazione dei finanziamenti del programma di sviluppo rurale nazionale.
(5-01603)


   BENEDETTI e PLANGGER. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni la popolazione del lupo ha visto un incremento in molte parti d'Italia, specialmente nell'arco alpino;

   le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e, a livello nazionale, l'Ispra, monitorano costantemente il numero e il movimento dei lupi e molti scienziati ne stanno studiando la proliferazione;

   si sono moltiplicate le richieste di indennizzi da parte degli agricoltori per i danni subiti e contemporaneamente gli aiuti erogati per le varie misure di prevenzione;

   sarebbe necessario, a seguito di quanto esposto, istituire – senza ulteriori oneri per la finanza pubblica – un Osservatorio nazionale con l'obiettivo di un monitoraggio costante del fenomeno, attraverso la raccolta dei dati riguardanti il numero dei lupi e i loro spostamenti nonché la stima dei danni dagli stessi causati al settore agricolo –:

   se il Ministro interrogato non intenda promuovere, a livello territoriale e soprattutto nazionale, una raccolta di dati sui danni causati agli agricoltori dalla presenza dei lupi, monitorando anche gli indennizzi loro concessi dalle regioni e dalle province autonome e i costi delle misure di prevenzione adottate dagli agricoltori (cani da guardia, recinzioni e altro) e rimborsate dalle medesime regioni e province autonome, al fine di avere un quadro complessivo della spesa sostenuta dalla «mano» pubblica.
(5-01604)


   DEL SESTO, PARENTELA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un monitoraggio che ha interessato gran parte del territorio campano e condotto mediante il posizionamento di trappole caricate con una sostanza attrattiva per i maschi, nell'ottobre 2018 è stata riscontrata, in alcuni frutteti situati nelle province di Napoli (Palma Campania) e Salerno (Nocera Inferiore), la presenza del tefritide Bactrocera dorsalis (Hendel);

   l'insetto, originario dell'Asia tropicale e conosciuto come «mosca orientale della frutta» è considerato da quarantena fitosanitaria in molti Paesi del mondo ed è inserito nell'allegato I, parte A, della direttiva 2000/29/CE, tra gli altri organismi nocivi di cui deve essere vietata l'introduzione o la diffusione in tutti di Stati membri;

   esso è estremamente polifago, potendo deporre le sue uova nei frutti di oltre 400 specie di piante, tra le quali si trovano frutti di pesco, arancio, melograno, pero, vite e diverse solanacee (in particolare, pomodoro) e cucurbitacee (tra cui cocomero, cetriolo e zucca) e danneggia i frutti attraverso le larve che, nutrendosi del mesocarpo, provocano il disfacimento dei tessuti e/o la cascola anticipata;

   la presenza in Campania è la prima segnalazione nel territorio europeo e nel bacino del Mediterraneo;

   i maggiori rischi di introduzione accidentale di B. dorsalis sono ricondotti all'importazione per scopi commerciali di frutta infestata contenente uova e/o larve e al trasporto da parte di passeggeri provenienti dalle zone del mondo infestate;

   in seguito al ritrovamento del fitofago, il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo ha istituito un gruppo di lavoro con il compito di affrontare la problematica, anche predisponendo un piano di azione nazionale;

   la regione Campania ha già riconosciuto lo status di emergenza fitosanitaria, ai sensi della legge regionale 28 marzo 2002, n. 4, e la Commissione europea ha inviato un gruppo di esperti;

   l'azione di B. dorsalis potrebbe avere un grosso impatto economico negativo sul settore ortofrutticolo italiano sia per i danni diretti alle colture interessate, sia per le misure da quarantena internazionali che potrebbero bloccare l'esportazione dei prodotti nazionali a livello mondiale –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di limitare il rischio di diffusione ed i potenziali danni della Bactrocera dorsalis alla produzione ortofrutticola nazionale.
(5-01605)


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 28 febbraio 2018 l'Efsa ha pubblicato un documento che conferma la relazione fra uso di neonicotinoidi e crollo della popolazione di api e insetti impollinatori;

   i tre insetticidi neonicotinoidi vietati sono i seguenti: imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam;

   la valutazione dei rischi delle tre sostanze bandite nel 2018 è stata fatta applicando le apposite linee guida che l'Efsa aveva precedentemente pubblicato nell'anno 2013;

   l'analisi del 2013 prendeva in considerazione le diverse vie di esposizione ai pesticidi, oltre all'irrorazione spray, come la contaminazione di pollini, nettare e acqua, compresi gli impatti derivanti dall'esposizione a lungo termine;

   si apprende dalla stampa che il Comitato europeo permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff) si è già riunito per discutere ed aggiornare le linee guida da adottare in merito alla valutazione dei rischi dei fitosanitari per api e insetti impollinatori;

   da quanto emerge da una bozza di un documento del Paff sarebbe in corso un tentativo di snaturare le precedenti linee guida a favore di un nuovo piano che:

    non permetterebbe più l'applicazione degli standard di sicurezza che hanno portato al bando dei tre neonicotinoidi sopracitati;

    sarebbe valutata solo la tossicità acuta per le api mellifere senza prendere in considerazione la tossicità cronica e gli effetti sulle larve;

    sarebbero esclusi i potenziali rischi per altre specie come le api selvatiche o i bombi;

   preso atto che:

    un recente rapporto di Greenpeace ha rivelato che l'Unione europea ha applicato gli standard più efficaci nella valutazione dei rischi per gli impollinatori (quelli dell'Efsa del 2013) solo per i tre insetticidi neonicotinoidi che sono poi stati oggetto di bando totale nel 2018;

   risulta che ad oggi il Governo, a differenza di altri Paesi come Francia ed Austria che si sono opposti al nuovo piano in discussione al Paff, non abbia intrapreso alcuna iniziativa ufficiale al fine di evitare modifiche alle linee guida del 2013 –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alla tutela delle popolazioni delle api e degli insetti impollinatori, alla luce del nuovo piano predisposto dalla Commissione europea e in discussione al Paff citato in premessa e dell'abolizione, in tale documento, degli attuali standard di sicurezza che hanno portato nel 2018 al bando dei tre insetticidi neonicotinoidi.
(5-01606)


   NEVI e SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel settembre 2018, rispondendo all'interrogazione n. 5-00451 Nevi il Ministro interrogato aveva dichiarato che «(...) dal luglio 2018, con un'attività articolata e congiunta di vari organi ispettivi si sta operando nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera... al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa qualità o contenenti residui di sostanze pericolose per la salute umana (...)»;

   già nell'ottobre 2018 era stato segnalato al Ministero dalle associazioni agricole la preoccupazione derivante dalla richiesta sui mercati agricoli di grandi quantità di arance bionde spagnole effettuata da parte di commercianti italiani. In passato, le stesse associazioni avevano più volte segnalato il fenomeno della vendita fraudolenta di agrumi esteri spacciati per italiani;

   da numerose aree agrumicole vocate giungono notizie del crollo del prezzo degli agrumi; in taluni casi i prezzi delle clementine sulla pianta oscillano tra i 10 e i 12 centesimi, cifre che non compensano minimamente le spese annuali di coltivazione;

   per sostenere il settore agrumicolo nazionale, nel mese di gennaio 2018 è stata avviata una campagna di ritiro e distribuzione nelle mense scolastiche o agli indigenti delle eccedenze di produzione e degli agrumi rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato avviando anche azioni coordinate con la grande distribuzione organizzata per superare la crisi del settore;

   è opportuno rafforzare l'attività dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), per incrementare controlli e indagini capillari volte ad evitare frodi e false denominazioni di provenienza, nonché per testare l'aderenza degli agrumi in ingresso sul territorio nazionale ai criteri di qualità richiesti dall'Unione –:

   se non ritenga opportuno convocare con urgenza un tavolo di confronto presso il Ministero, aperto alle delegazioni dei sindaci, dei sindacati e degli operatori di settore, per affrontare le tematiche esposte in premessa e assumere tutte le iniziative a difesa del comparto agrumicolo, attivando ed incrementando le risorse del fondo agrumicolo previsto dalla legge di bilancio 2018.
(5-01607)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'azienda ospedaliera universitaria città della salute e della scienza di Torino attualmente è un'unica grande azienda sanitaria nata dalla fusione di quattro presìdi ospedalieri: San Giovanni Battista (Molinette), Sant'Anna, Regina Margherita e Cto. Al suo interno sono occupati circa 10 mila dipendenti ed è dotata di poco più di 2.200 posti letto;

   nello studio di fattibilità aggiornato con la delibera della giunta regionale (dgr) 24 luglio 2017, n. 5-5391, «Approvazione dello “Studio di fattibilità” del Parco della salute, della ricerca e dell'innovazione di Torino», e ripreso nello studio di fattibilità di luglio 2018, i posti letto del nuovo Psri sarebbero pari a 1.040 di cui 70 tecnici più 450 posti letto nell'ospedale Cto-Uso riconvertito;

   la stima dei posti letto necessari è stata ottenuta applicando un semplice quanto ottimistico tasso di riempimento dei posti letto stessi, pari all'86 per cento contro una media attuale di circa il 70 per cento;

   il Regina Margherita, con la presenza di tutte le specialità mediche, chirurgiche e diagnostiche è centro di riferimento per neonati, bambini e adolescenti per le patologie più complesse, rare e croniche; inoltre, fornisce prestazioni di alta specializzazione pediatrica ed è diventato con gli anni sempre più polo d'eccellenza specialistico ed attrattivo per pazienti di tutta l'Italia;

   il SantAnna è specializzato sui problemi legati alle fasi riproduttive della donna, alla gravidanza e al parto e su quelli relativi alle patologie della sfera genitale femminile e della mammella. Alle circa 7.000 donne l'anno che partoriscono in questo ospedale viene garantita un'assistenza altamente specialistica e qualificata; inoltre, rappresenta un centro di eccellenza per la ginecologia, la neonatologia e conta il centro soccorso violenza sessuale che costituisce un modello innovativo di organizzazione per garantire un'appropriata assistenza alle donne vittime di violenza sessuale, cercando di dare una risposta tecnico-professionale e relazionale sul piano psico-socio-sanitario nella fase di emergenza/pronto soccorso e negli interventi di continuità assistenziale attraverso un'organizzazione di servizi in rete Ospedale e territorio;

   nei due presidi suddetti le associazioni di volontariato presenti svolgono un ruolo importante di aiuto e sostegno ai bimbi e donne ricoverati;

   il Cto ospita la più grande unità spinale unipolare (Usu) d'Italia, una fra le più grandi d'Europa, sede del trattamento riabilitativo delle persone con lesione del midollo spinale e svolge una funzione sovrazonale per pazienti mielolesi a valenza regionale;

   tutte le eccellenze dell'attuale città della salute comportano una mobilità attiva dalle altre regioni d'Italia che compensa almeno in parte il dato in crescita della mobilità passiva dalle province periferiche verso la Lombardia e la Liguria;

   nell'ultima programmazione sanitaria avvenuta con delibera della giunta regionale 1-600 del novembre 2014 si è prevista una riduzione di oltre 2.200 posti letto su tutta la regione, comprensivi di posti letto per acuti e post acuzie, pubblici e privati, passando da 17.700 a 15.464 e nella stessa delibera della giunta regionale per l'azienda ospedaliera universitaria città della salute si prevedono 1.821 posti letto;

   sarebbe auspicabile, come richiesto a gran voce dai cittadini, dagli operatori e dai sindacati aumentare il numero dei posti letto complessivamente, rivedendo la parte di calcolo basata sul semplice incremento del tasso di occupazione dei posti letto, arrivando ad un minimo di 1821 posti letto come da delibera della giunta regionale 1-600 del novembre 2014 succitato;

   sarebbe altresì utile aumentare il numero di posti letto afferenti all'area materno infantile, realizzando un «building» o «policlinico» separato che mantenga le specificità e le eccellenze mediche e chirurgiche pediatriche del Regina Margherita;

   inoltre, sarebbe necessario aumentare il numero di posti letto afferenti all'area ortopedica, realizzando un «building» o «policlinico» separato, mantenendo le specificità ed eccellenze ortopediche-traumatologiche, nonché dell'unità spinale e del centro grandi ustionati e prevedere dipartimenti e non «percorsi» strutturalmente separati per l'emergenza-urgenza: dell'adulto, dell'oftalmologia, dell'area pediatrica, di ostetricia e ginecologia;

   con deliberazione 118/2019 del 31 gennaio 2019 è stata avviata con determina a contrarre la procedura di gara, mediante dialogo competitivo, per l'affidamento del contratto partenariato di pubblico-privato, ai sensi del combinato disposto degli articoli 181 e 183 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per la realizzazione del polo della sanità e della formazione clinica e del polo della ricerca - (lotto 1);

   il valore stimato della concessione al netto dell'iva è pari a euro 934.750.000. Tale valore, stimato in base al metodo di calcolo di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 50 del 2016, include: il corrispettivo annuale della concessione moltiplicato per 25 anni (di 806.000.000 euro) e il contributo pubblico (di 119.500.000 euro) per un totale di 925.500.000 euro; la stima dei ricavi derivanti dallo sfruttamento delle aree commerciali 9.250.000 euro;

   il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76 «Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico» definisce il dibattito pubblico come il processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico sull'opportunità, sulle soluzioni progettuali di opere;

   secondo tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il dibattito pubblico può essere indetto ai sensi del comma 3, articolo 3, lettera a), dalla Presidenza del Consiglio dei ministri o dei Ministeri direttamente interessati alla realizzazione dell'opera;

   l'opera è strategica per la città di Torino e si ribadisce la volontà di tutta la collettività per la realizzazione del nuovo polo ospedaliero –:

   se per il Parco della salute, della scienza e dell'innovazione di Torino, alla luce dei dati e delle considerazioni esposti in premessa, sia assicurato il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, alla luce della richiamata diminuzione del numero dei posti letto;

   se ci siano le condizioni per avviare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge n. 50 del 2016, e come previsto dall'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 10 maggio 2018, il dibattito pubblico sulle opere, parallelamente all’iter già avviato.
(2-00293) «D'Arrando, Serritella, Costanzo, Massimo Enrico Baroni, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Acunzo, Adelizzi, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aresta, Ascari, Azzolina, Barbuto, Battelli, Bella, Berardini».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'Asmar – Associazione sarda malati reumatici – il 22 settembre 2018 ha acquistato, sul quotidiano regionale «L'Unione Sarda», una pagina pubblicitaria per un appello al presidente della regione e all'assessore regionale della sanità finalizzato alla salvaguardia della continuità terapeutica dei malati reumatici in cura con farmaci biologici;

   la necessità dell'appello si è imposta a seguito dell'emanazione della deliberazione della giunta regionale n. 23/6 dell'8 maggio 2018 sull'aggiornamento del «Piano di riorganizzazione e di riqualificazione del servizio sanitario regionale idoneo a garantire la sostenibilità del servizio» e soprattutto, a seguito della nota inviata dal direttore generale dell'assessorato regionale della sanità, ai direttori delle aziende sanitarie e ospedaliere della Sardegna affinché queste adeguino le proprie pratiche cliniche alle disposizioni regionali in materia di contenimento della spesa farmaceutica che impongono, de facto, la prescrizione di farmaci cosiddetti «biosimilari» in luogo dei farmaci cosiddetti «biologici originator»;

   nella predetta nota, il direttore generale, fa ricorso al documento dell'Aifa «Secondo Position Paper sui farmaci biosimilari», nel quale si afferma che «i farmaci biosimilari sono considerati come prodotti intercambiabili con i corrispondenti originatori di riferimento»;

   in realtà, la sostituzione di un farmaco biologico con un farmaco biosimilare, pur basandosi sull'assunto che questo «produca il medesimo effetto clinico in un determinato contesto clinico in qualsiasi paziente», non può prescindere dall'iniziativa o dall'accordo del medico prescrittore. Sotto questo aspetto, l'iniziativa e la decisione del medico prescrittore, non può essere limitata e costretta, in quanto è lo stesso medico che conosce la peculiare storia clinica dei singoli pazienti;

   l'amministrazione regionale della Sardegna, con la suddetta deliberazione, finirebbe invece per sostituirsi ai compiti di ciascun medico specialista nella valutazione dell'adeguatezza prescrittiva, imponendo agli stessi la sostituzione del farmaco biologico originario con il farmaco biosimilare;

   peraltro, si evidenzia come il citato documento dell'Aifa «Second Position Paper sui farmaci biosimilari» ribadisce, tra l'altro, che «la scelta di trattamento rimane una decisione clinica affidata al medico prescrittore», e che «i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati, sic et simpliciter, alla stregua dei prodotti generici, o equivalenti»;

   è opinione comune dei medici reumatologi la totale inopportunità di un cambio di cura farmacologica funzionante sui pazienti in remissione, ancorché basato sull'uso di farmaci biosimilari e che questo sia foriero di potenziali e ingiustificabili recidive della malattia, esponendo gli stessi medici prescrittori e le aziende sanitarie a contenziosi con i pazienti che, eventualmente, dovessero risultare danneggiati dal cambio della cura;

   peraltro, i prezzi dei farmaci biologici originator, sono sensibilmente calati portandosi al livello di prezzo dei loro biosimilari e la loro sostituzione non determinerebbe più i risparmi previsti;

   non è possibile per i medici prescrittori garantire, con trasparenza e chiarezza, la corretta e compiuta informazione del paziente sull'uso di un farmaco biosimilare, non essendo offerti sufficienti elementi di informazione ai pazienti tali da consentire agli stessi la libera formazione del proprio consenso al trattamento con lo stesso farmaco –:

   se sia a conoscenza della questione e quali siano i suoi orientamenti su quanto esposto in premessa;

   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza per garantire a ciascun cittadino italiano il diritto costituzionale della libertà di cura, con particolare riguardo alle malattie altamente invalidanti come quelle immunologiche/reumatologiche;

   se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia salvaguardata la continuità terapeutica dei malati in cura con farmaci biologici e l'adeguatezza prescrittiva posta in capo, in scienza e coscienza, a ciascun medico curante;

   se risulti che le regioni stiano sostenendo la pratica della sostituibilità automatica tra farmaco biologico e un suo biosimilare o tra biosimilari;

   se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza affinché nella scelta del farmaco biologico e/o biosimilare debba essere il medico ad essere responsabile della cura;

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere affinché sia garantita la formazione di un corretto consenso informato che porti il paziente a ben comprendere i termini e le modalità dell'intervento terapeutico proposto dal medico prescrittore, con particolare evidenza dei benefici e dei rischi derivanti nei pazienti in cura con farmaci biologici e/o biosimilari;

   se risulti, e in che termini, che le strutture ospedaliere abbiano previsto e ottenuto il consenso informato dai pazienti incorsi nella pratica clinica del cosiddetto switching non medico;

   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, monitorare la situazione in materia, affinché venga garantito il rispetto dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, salvaguardando la valutazione dei medici specialisti nelle prescrizioni di cura, con particolare riferimento alla pratica clinica della somministrazione dei farmaci biologici e/o biosimilari.
(2-00290) «Pittalis».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   SOZZANI, ZANGRILLO, ROSSO, MULÈ e GELMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   seppur la quota di servizi immateriali cresca nelle economie sviluppate, l'Italia rimane caratterizzata da una forte vocazione manifatturiera sostenuta dall'esportazione;

   Istat conferma a gennaio 2019 un marcato aumento congiunturale delle esportazioni (+5,9 per cento) e una contrazione delle importazioni (-2,6 per cento), con prevalenza di beni pesanti e durevoli sempre più movimentati verso l'estero;

   l'Italia, come è noto, non è un'economia autosufficiente, per cui il proprio sviluppo e la crescita debbono passare dall'importazione di materie prime, dalla loro lavorazione di qualità e quindi dall'esportazione di prodotti trasformati;

   questa dinamica attiva direttamente tre settori principali: trasporto e logistica, manifattura e industria, che contano centinaia di imprese e decine di migliaia di addetti impiegati su tutto il territorio nazionale;

   la vocazione manifatturiera e industriale italiana non può non basarsi su una forte interconnessione con il resto del continente europeo, che si traduce nel necessario e fondamentale aggancio dell'Italia alla rete Ten-T europea e al corridoio Mediterraneo, attraverso anche la linea Torino-Lione;

   sulla medesima linea il Governo ha mostrato una sostanziale incertezza e instabilità: dopo il primo blocco nel corso del 2018 e le successive differenti versioni dell'analisi costi-benefici del team del professor Ponti, le posizioni No-Tav governative vacillano;

   il blocco dei lavori del Tav ha arrecato finora danni ingenti all'occupazione, alla manifattura e all'industria italiana, con rischiose ricadute in termini economici, finanziari e sociali. Molte delle maggiori imprese di costruzioni del Paese versano in difficoltà finanziarie (Trevi) e amministrative (Condotte, Astaldi, Cmc);

   secondo le stime, in Italia il progetto Tav attiverebbe circa 9 miliardi di euro, dei quali 3,1 di spesa diretta nei cantieri, 3,4 per fornitori e 2,5 nell'indotto;

   con riguardo alle ricadute occupazionali, il Tav in un decennio produrrebbe 52 mila unità lavorative in più, tre quarti dei quali in settori diversi da quello delle costruzioni;

   Istat ha confermato come nel 2018 l'economia sia cresciuta dello 0,9 per cento, in netto rallentamento rispetto al +1,6 per cento del 2017, con un debito pubblico aumentato al 132,1 per cento nel 2017;

   senza il Tav le perdite si attesteranno su livelli troppo rilevanti da poter essere riassorbiti dall'intera economia; più in generale, per la complessiva azione «blocca cantieri» del Governo si stimano 27 miliardi di euro di perdite –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per contrastare le ricadute negative derivanti dal blocco dei cantieri Tav.
(3-00584)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZÓFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo il sito specializzato FlighStats, nel mese di febbraio 2019 Alitalia ha superato tutte le altre compagnie aeree per puntualità: poco più di nove voli su dieci sono atterrati in orario, ovvero non oltre i 14 minuti rispetto all'orario programmato. Ciò dimostra quanto il lavoro svolto dai commissari, nonostante quella che gli interroganti giudicano la disastrosa gestione dei precedenti Governi, abbia portato buoni risultati, riscontrabili anche in termini di prenotazioni e ricavi;

   questi segnali positivi rivestono grande importanza in un'ottica di rilancio della compagnia, dal 2 maggio 2017 in amministrazione straordinaria e attualmente oggetto di trattative sia sul fronte dei potenziali partner societari, sia sul futuro piano industriale;

   da fonti giornalistiche si apprende di una probabile conferma da parte del tandem Delta-EasyJet di entrare nella new company e si parla di un coinvolgimento del Ministero dell'economia e delle finanze e di Ferrovie dello Stato italiane;

   l'individuazione di un nuovo player come Ferrovie dello Stato italiane può garantire alla compagnia di bandiera italiana di tornare ad essere competitiva e al contempo strategica per lo sviluppo del Paese: l'alta velocità riveste un ruolo fondamentale per i sistemi di fideraggio che oggi non possono più essere garantiti dal solo trasporto aereo. Il servizio combinato treno-aereo può, pertanto, rappresentare un incremento importante per ridare, da una parte, dignità e competitività alla compagnia di bandiera e, dall'altra, garanzie sui livelli occupazionali del sistema trasportistico italiano;

   privilegiando la scelta dei vettori Delta Airlines ed Easyjet si potrebbe ottenere un doppio risultato, da una parte alimentare i voli a lungo raggio grazie ad una delle più grandi e solide compagnie aeree mondiali e, dall'altra, favorire il low cost con una società che ha una flotta identica e quindi in continuità con gli standard di qualità di Alitalia. Il tutto reso ancora più solido grazie all'intervento centrale del Governo che oggi ha impresso la giusta accelerazione, ponendosi anche a garanzia della salvaguardia dei livelli occupazionali fortemente a rischio;

   altro tema da definire è il piano industriale su cui si preannuncia come possibile deadline il 31 marzo 2019, data questa non procrastinabile al fine di rendere immediatamente operativo il piano strategico dell'azienda –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda portare avanti per il buon esito delle trattative in corso al fine di garantire un'efficace politica di rilancio della compagnia Alitalia e di tutela dei livelli occupazionali.
(3-00585)

Interrogazione a risposta orale:


   BOND. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   su una pasticceria nel comune di Garda è comparso in questi giorni un cartello con la scritta: «Chiuso per decreto dignità». I proprietari volevano rialzare la saracinesca il 20 febbraio 2019, dopo un mese e mezzo di chiusura invernale, soprattutto per venire incontro alle richieste dei dipendenti storici, assunti ogni anno con contratto stagionale in forza delle esigenze aziendali, che in questi mesi vivono del sussidio di disoccupazione;

   tuttavia, dopo aver consultato il consulente del lavoro per comprendere come muoversi a seguito delle modifiche alla normativa apportate dal decreto n. 87 del 2018, cosiddetto «decreto dignità», è risultato che le nuove norme, introdotte nell'estate del 2018 e i cui effetti si sono pienamente dispiegati dal novembre 2018, obbligano a rispettare almeno 70 giorni di chiusura continuativa, impedendo di rinnovare il contratto di lavoro stagionale fino al 22 marzo;

   l'alternativa sarebbe stata quella di assumere per quattro settimane persone diverse, senza esperienza e da formare. Così non c'è stata altra scelta che posticipare l'apertura. E in ogni caso i lavoratori di quella pasticceria sono meno sfortunati di altri;

   per descrivere gli effetti delle norme introdotte dal decreto-legge n. 87 la stampa ha inventato una specifica denominazione: i «beffati dal decreto dignità». Sono quei lavoratori impiegati da anni nella stessa azienda con contratti stagionali, che devono sottostare a regole che non tengono conto delle esigenze d'impresa e delle loro;

   oppure si tratta di quei lavoratori a tempo determinato o in somministrazione (gli ex interinali) che, scaduto il rapporto di lavoro, rischiano seriamente di non vederselo rinnovato. Di fronte al rischio di un contenzioso legale, molte aziende preferiscono non rinnovare il contratto, sostituendo i lavoratori con altri, naturalmente sempre a tempo determinato;

   se l'idea di fondo del Governo era quella di stabilizzare il lavoro, i tassi di stabilizzazione dicono altro. Gli stessi sindacati di sinistra riconoscono che i risultati sono stati opposti a quelli auspicati e denunciano il rischio, di «un turn-over infinito di contratti (...) una situazione peggiore di quella precedente»;

   secondo una stima del Sole 24 Ore al 31 dicembre 2018 500.000 lavoratori, molti dei quali al Nord, non hanno visto il rinnovo del proprio contratto di lavoro oppure essi inizieranno a lavorare più tardi, gravando entrambe le categorie suddette sugli istituti di sostegno al reddito –:

   se il Governo non ritenga opportuno, anche per motivi di finanza pubblica, adottare iniziative per modificare le «misure per il contrasto al precariato» contenute negli articoli da 1 a 3 del decreto-legge n. 87 del 2018, secondo modalità che tengano maggiormente conto delle esigenze delle imprese e dei lavoratori.
(3-00583)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Billi e Siragusa n. 7-00141, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sabrina De Carlo.

  La risoluzione in Commissione Spena e altri n. 7-00184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ripani.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Del Sesto e altri n. 4-02339, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Grimaldi.

  L'interrogazione a risposta scritta Serracchiani n. 4-02380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rosato.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Labriola n. 1-00098, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 102 del 18 dicembre 2018.

   La Camera,

   premesso che:

    l'area di Taranto è stata dichiarata «ad elevato rischio di crisi ambientale» con la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata il 30 novembre 1990. Successivamente è stata inserita tra i siti di bonifica di interesse nazionale (Sin) dalla legge n. 426 del 1998, e con il successivo decreto del Ministero dell'ambiente del 10 gennaio 2000 ne è stata disposta la perimetrazione. Una perimetrazione che copre una superficie complessiva di circa 115 mila ettari, di cui 83 mila ettari di superficie marina che interessa l'intera area portuale;

    la Commissione europea ha più volte invitato l'Italia a risolvere la grave situazione di inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, che interessa il sito dell'Ilva, la città di Taranto e tutto il territorio limitrofo allo stabilimento, anche oltre lo stretto perimetro circostante, a causa della trasmissione degli inquinanti nell'aria, nell'acqua e nel terreno;

    nel sito dell'Ilva, nella città di Taranto e in tutto il territorio limitrofo allo stabilimento, le diverse matrici ambientali, quali terreni, aria, acque di falda e non, mostrano mediamente elevati livelli di compromissione e inquinamento;

    l'area di Taranto vive da anni di una crisi ambientale gravissima, conseguenza di una notevole concentrazione di insediamenti industriali ad alto impatto ambientale, ma soprattutto della presenza sul territorio del più grande stabilimento siderurgico d'Europa. Le azioni ad oggi poste in essere non possono ritenersi sufficienti a mitigare tutte le criticità ancora ben presenti sul territorio;

    per gli interventi di riqualificazione, valorizzazione, sviluppo economico e risanamento ambientale legati alle forti criticità dell'area di Taranto, l'articolo 6 del decreto-legge n. 1 del 2015 ha previsto uno specifico contratto istituzionale di sviluppo denominato «CIS Taranto», il cui soggetto attuatore è Invitalia. A ciò si aggiungano gli specifici compiti affidati dal medesimo decreto-legge del 2015 al commissario straordinario (previsto dal decreto-legge 129 del 2012) per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto nonché per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi del deposito ex Cemerad di Statte, incarico ricoperto dal 2014, dalla dottoressa Vera Corbelli. L'importo totale ad oggi trasferito sulla contabilità speciale del commissario straordinario è pari a 126.850.000 di euro;

    in questi anni le complesse vicende legate allo stabilimento Ilva e le conseguenti perduranti emergenze industriali sanitarie e ambientali, sono state affrontate quasi esclusivamente con provvedimenti legislativi d'urgenza;

    a pagare maggiormente le conseguenze di questa situazione sono soprattutto i cittadini dell'area di Taranto per la crisi sanitaria e ambientale irrisolta;

    ben poco si è fatto per le opere di ambientalizzazione e di risanamento del territorio, così come per le misure di sorveglianza e tutela sanitaria;

    come dimostrano i numerosi, studi epidemiologici a cominciare dallo studio Sentieri, curato dall'Istituto superiore di sanità, vivere in siti contaminati comporta mediamente un aumento di tumori maligni del 9 per cento tra 0 e 24 anni. In particolare, «l'eccesso di incidenza» rispetto a coetanei che vivono in zone considerate «non a rischio» è del 62 per cento per i sarcomi dei tessuti molli, 66 per cento per le leucemie mieloidi acute; 50 per cento per i linfomi Non-Hodgkin;

    difficile fare una graduatoria dei Sin in cui è più evidente l'impatto ambientale sulla salute, anche per la diversità di caratteristiche ambientali, di popolazione esposta, di storia di esposizione: sicuramente Taranto si conferma all'apice, insieme ai Sin pugliesi e siciliani;

    la popolazione dell'area di Taranto (oltre 200.000 abitanti nell'area Sin) è esposta non solo alle emissioni inquinanti degli stabilimenti Ilva ma anche all'inquinamento prodotto dalla raffineria, dal cementificio, dalle discariche, dall'area portuale, che è di grande dimensione;

    peraltro, con la legge regionale n. 21 del 2012, la Puglia ha disposto la redazione della valutazione del danno sanitario (Vds) a valere per determinate aziende particolarmente inquinanti. Tuttavia a detta valutazione del danno sanitario regionale si è sovrapposta quella di carattere nazionale disciplinata dall'articolo 1-bis del decreto-legge 207 del 2012 del successivo decreto del Ministero della salute 24 aprile 2013 con il quale il Ministero ha stabilito criteri metodologici utili per la redazione (Vds) nazionale, che di fatto può essere redatta successivamente alla conclusione dei lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali (AIA), rendendo inapplicabile quella redatta sulla base della normativa regionale. È invece necessario prevedere che la valutazione del danno sanitario venga fatta «in corso d'opera», ossia durante tutti i lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali (AIA), e non alla fine;

    per quanto attiene allo stato di salute della popolazione ovvero gli studi di sorveglianza epidemiologica in corso, dai primi anni ’90 la situazione sanitaria della popolazione della città di Taranto è stata oggetto di studi epidemiologici nazionali e locali. Gli studi svolti dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), proprio a cavallo del 1990, rappresentano il punto di partenza della letteratura scientifica riguardo le possibili interazioni a Taranto tra inquinamento ambientale di origine industriale ed effetti sulla salute dei suoi cittadini. Tra i tanti studi si segnalano: a) la perizia epidemiologica Forastiere-Biggeri-Triassi, del giugno 2012, sui dati sanitari forniti dalla ASL di Taranto e sui dati ambientali forniti dall'ARPA Puglia, 4 cui risultati indicano come i quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell'area studiata; b) il progetto Sentieri – area del Sin di Taranto – Istituto superiore di sanità, nel quale si evidenzia come la mortalità per tutte le cause, tutti i tumori, apparato circolatorio, respiratorio e digerente rivela, in entrambi i generi, eccessi rispetto al riferimento regionale; c) l'indagine epidemiologica sito inquinato Taranto (IESIT) – Osservatorio epidemiologico regione Puglia – ASL Taranto del 2013, il cui studio mostra come per le neoplasie vi sia un eccesso di ricoveri e mortalità per tutte le neoplasie per quanto riguarda la città di Taranto, e comunque come si presenti più frequentemente un eccesso di ricoveri e mortalità fra i residenti del comune capoluogo e dei comuni limitrofi rispetto agli altri comuni regionali. Alle medesime conclusioni giungono i report e gli studi epidemiologici realizzati in questi anni dalla stessa Asl di Taranto;

    il 24 gennaio 2019, la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha emesso la sentenza sul caso Ilva, dando sostanzialmente ragione ai 180 cittadini dell'area tarantina che si erano rivolti alla Corte sostenendo di aver subito danni alla salute a causa delle emissioni dell'Ilva, in quanto lo Stato non avrebbe adottato le necessarie misure legislative per proteggere la loro salute e l'ambiente, vista la pericolosità dell'impianto, e la popolazione non sarebbe stata adeguatamente informata sui danni derivanti alla salute stessa;

    nella citata sentenza, la Corte ritiene che «la proroga di una situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei richiedenti» e, più in generale, «quella della popolazione residente in aree a rischio». Ritiene inoltre che «le autorità nazionali non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire l'effettiva tutela del diritto alla loro vita privata»;

    sarà ora il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, massimo organismo politico della istituzione da cui dipende la Corte, a dover informare il Governo italiano delle misure da adottare «per garantire l'esecuzione della sentenza della Corte». In ogni caso lo Stato italiano dovrà versare ai ricorrenti 5 mila euro per spese legali;

    è da troppo tempo che l'azienda sanitaria locale di Taranto denuncia l'assoluta carenza e inadeguatezza di mezzi e del personale a disposizione, rispetto alle reali necessità e ai bisogni del territorio;

    la richiesta di personale e mezzi da parte della Asl, è peraltro supportata dal dato emerso inequivocabilmente dall'aggiornamento sul registro tumori che inesorabilmente avverte che ci sarà necessità di lavorare in difesa della salute ancora per molti anni, sottointendendo un concetto chiaro in medicina che distingue gli effetti a breve da quelli a lungo tempo legati all'esposizione ad inquinanti;

    sono anni che l'azienda sanitaria di Taranto ha necessità di implementare la propria dotazione organica, rendendo possibile l'ingresso di nuove professionalità, in grado di raccogliere la richiesta di salute della popolazione. Da qui la necessità di consentire perlomeno l'avvio di procedure concorsuali che possano permettere il prosieguo delle attività di sorveglianza nella popolazione e nei lavoratori e monitoraggio, oltre alle ricerche epidemiologiche come l'elaborazione del registro tumori;

    ad una situazione di profonda criticità sanitaria e ambientale, si aggiunga che i cittadini del Rione Tamburi di Taranto stanno assistendo da tempo al lento ma costante deprezzamento delle proprie abitazioni a causa dell'inquinamento derivante dall'adiacente presenza dei parchi minerari del colosso dell'acciaio tarantino;

    dal 2013, molti cittadini del Rione Tamburi, hanno deciso di citare in giudizio l'Ilva di Taranto, per chiedere il risarcimento relativo al deprezzamento commerciale degli immobili, per via dell'inquinamento causato dallo stabilimento siderurgico. La Corte di cassazione con sentenza del 2005, accertò, definitivamente, che l'Ilva immetteva nelle zone circostanti circa 58 tonnellate al giorno di polvere ferrosa;

    è ormai un dato di fatto che circa l'80 per cento di tali polveri continuino a cadere sul quartiere Tamburi. Seppure i giudici di merito del tribunale di Taranto abbiano accertato la continuità di tali quantità immesse, e quindi, il diritto dei proprietari degli immobili al risarcimento, sarebbero stati risarciti solamente i proprietari che hanno avuto il pronunciamento giudiziale favorevole prima dell'insediamento dell'amministrazione straordinaria, e non invece quelli che lo avrebbero ottenuto dopo, creando una ingiusta discriminazione tra soggetti aventi lo stesso diritto;

    vale inoltre la pena sottolineare che l'attuale normativa prevede una sorta di immunità sia amministrativa che penale per gli acquirenti dell'Ilva prevista in riferimento alle condotte poste in essere dai medesimi acquirenti in attuazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale sanitaria;

    una norma ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo molto probabilmente incostituzionale, che lede lo stesso rispetto del principio dello Stato di diritto, e che pone l'Italia come forse l'unico Paese che garantisce l'immunità penale agli acquirenti per l'eventuale mancato rispetto delle norme di tutela ambientale e della salute pubblica;

    il decreto-legge n. 1 del 2015 ha infatti previsto l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa per il commissario straordinario e i suoi delegati, a fronte di condotte poste in essere in attuazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria. Successivamente, con il decreto-legge n. 98 del 2016, si è integrato il comma 6 dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 1 del 2015, al fine di estendere anche all'acquirente, nonché ai soggetti da questi delegati, l'esclusione dalla medesima responsabilità penale e amministrativa per le condotte attuative del piano ambientale;

    proprio riguardo all'esenzione dalla suddetta responsabilità penale, l'Avvocatura generale dello Stato, nell'ambito del parere espresso il 21 agosto 2018, in merito a possibili anomalie relative alla procedura di gara per il trasferimento a terzi dei complessi industriali facenti capo alle società del gruppo ILVA, ricorda che, circa la suddetta esenzione per gli acquirenti, la stessa Avvocatura «ha già avuto modo di occuparsi con parere del 14 settembre 2017 (...) – rilevando che l'eventuale futura modifica del suddetto piano (ex articolo 1, comma 8.1 del decreto-legge n. 191 del 2015, e la variazione dei termini per la sua attuazione (ex articolo 1, comma 8, cit.), postula che l'esimente di cui all'articolo 2, comma 6 cit. operi per tutto l'arco temporale in cui l'aggiudicatario sarà chiamato ad attuare le prescrizioni ambientali impartite dell'amministrazione. Detto arco temporale risulterà quindi coincidente con la data di scadenza dell'autorizzazione integrata ambientale in corso di validità (23 agosto 2023)»;

    con riguardo al recupero e alla valorizzazione dell'area di Taranto, giova inoltre ricordare che nel 1992 fu siglato un protocollo di intesa tra il Ministro per gli interventi delle aree urbane, il Ministro della difesa, il Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, il presidente della regione Puglia, il presidente della provincia di Taranto e il sindaco di Taranto, per la delocalizzazione delle installazioni militari navali sul mar Piccolo ed il recupero e la valorizzazione degli immobili dismessi in funzione degli interessi della collettività;

    i soggetti firmatari con tale protocollo convennero che «costituiscono obiettivi primari per l'area di Taranto la delocalizzazione delle installazioni militari navali sul mar Piccolo ed il recupero e la valorizzazione degli immobili e degli spazi così dismessi, al fine di consentire un uso da parte della collettività aderente a nuovi modelli di sviluppo della città stessa, riferiti alla sistemazione viaria, alla promozione di nuove imprenditorialità a vocazione turistica, ad una accresciuta rete di servizi e di verde pubblico»;

    peraltro la città è fisicamente «imprigionata» nel suo sviluppo urbano, dai due muraglioni militari dislocati per chilometri lungo le coste del Mar Piccolo e del Mar Grande, che rendono inaccessibile ai tarantini il mare più vicino,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di maggiori risorse finanziarie necessarie per accelerare e garantire gli interventi di bonifica e di riqualificazione dell'area di Taranto;

2) ad avviare una interlocuzione con i nuovi proprietari dello stabilimento siderurgico, anche al fine di individuare tutti gli strumenti normativi idonei, volti a favorire un cambio di tecnologie produttive;

3) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere, anche in deroga ai vigenti limiti finanziari e assunzionali, l'avvio di procedure concorsuali che possano consentire all'azienda sanitaria locale di Taranto le indispensabili attività di sorveglianza nella popolazione e il monitoraggio epidemiologico;

4) ad adottare iniziative per stanziare opportune risorse al fine di garantire la prosecuzione del piano di sorveglianza della salute della popolazione residente nei comuni di Taranto e di Statte, di cui all'articolo 2 comma 4-quinquies, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136;

5) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per attribuire, di concerto con la regione Puglia, all'azienda sanitaria locale di Taranto un assetto speciale che la ponga sotto il diretto controllo delle istituzioni statali, proprio per la particolare situazione sanitaria che colpisce la popolazione dell'intera provincia;

6) a promuovere, per quanto di competenza e di concerto con gli enti territoriali, l'implementazione dei programmi di aggiornamento per il personale medico della Asl di Taranto, con particolare riguardo ai medici pediatri, anche al fine di garantire una efficace e costante sorveglianza epidemiologica in conseguenza delle interazioni nell'area di Taranto tra inquinamento ambientale ed effetti sulla salute dei suoi cittadini, anche con riferimento ai conseguenti accertati casi di ritardo cognitivo nella prima infanzia;

7) relativamente al rapporto di valutazione del danno sanitario (Vds), da redigere nelle aree interessate dagli stabilimenti di interesse strategico nazionale, di cui al comma 1 dell'articolo 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2012, ad apportare le opportune modifiche al decreto ministeriale 24 aprile 2013, recante i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (Vds), al fine di garantire che il medesimo rapporto Vds venga redatto periodicamente durante tutti i lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali (Aia), e che a seguito del suddetto rapporto di valutazione del danno sanitario, l'Aia possa essere soggetta a riesame;

8) ad adottare iniziative per stanziare adeguate risorse al fine di assicurare l'attività di controllo e monitoraggio ambientale, attualmente svolta dall'Arpa Puglia, anche implementando le attuali stazioni fisse e mobili di monitoraggio della qualità dell'aria, per la rilevazione in continuo degli inquinanti PM10, PM2.5, NOx, 03, benzene, CO, S02, e prevedendo a tal fine monitoraggi trimestrali;

9) ad adottare le iniziative di competenza per far sì che si possa procedere ad assunzioni o stabilizzazioni di personale, presso l'ARPA Puglia, indispensabili per il pieno svolgimento dei relativi compiti istituzionali;

10) a prevedere un'iniziativa normativa volta ad abrogare la norma vigente che prevede l'esclusione dalla responsabilità penale e amministrativa dell'acquirente dell'Ilva, nonché dei soggetti da questi delegati per le condotte attuative del piano ambientale;

11) ad adottare iniziative per provvedere al risarcimento di quei cittadini del rione Tamburi, che hanno ottenuto il pronunciamento favorevole per il risarcimento dei danni successivamente all'amministrazione straordinaria, e che non sono ancora stati liquidati, garantendo loro in tal modo, pari diritto rispetto ai cittadini che hanno avuto il medesimo pronunciamento favorevole ma sono stati subito risarciti solo in quanto detto pronunciamento è avvenuto prima dell'avvio della medesima amministrazione straordinaria;

12) a mettere in atto tutte le iniziative urgenti volte a garantire l'esecuzione della sentenza della Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo del 24 gennaio 2019, e a risarcire i ricorrenti in relazione alle somme dovute per spese legali;

13) ad adottare iniziative per istituire un fondo a favore dell'area di Taranto volto a finanziare misure di favore per le nuove attività imprenditoriali legate alla green economy, e per gli imprenditori e lavoratori del settore primario le cui attività sono state penalizzate dall'inquinamento;

14) ad avviare le opportune iniziative volte alla valorizzazione dell'Arsenale militare di Taranto, anche tramite aggiudicazione a privati per mezzo di asta pubblica, anche prevedendo la demolizione del muraglione militare, per garantire il recupero dell'area e degli spazi di verde pubblico a favore della collettività;

15) ad adottare le iniziative di competenza per avviare un processo di formazione per tutti gli operatori del settore (magistrati, forze di polizia e capitanerie di porto, ufficiali di polizia giudiziaria e tecnici delle Arpa, polizie municipali e altro) riguardo alla legge n. 68 del 2015, al fine di migliorare la lotta contro gli illeciti ambientali;

16) ad istituire, di concerto con gli enti nazionali e territoriali interessati, un tavolo tecnico operativo che coordini una task force, costituita da un pool di agenti appartenenti sia ai comparti di terra che di mare (capitaneria di porto, guardia di finanza, carabinieri e polizia municipale), con il supporto dell'Arpa regionale, con il compito di contrastare gli illeciti perpetrati a danno della pesca ed in particolare dei mitili, dei datteri, dei ricci di mare e ostriche locali, e di controllare e prevenire la pesca abusiva sia nell'area del Mar Piccolo che su tutta la costa marina dell'area di Taranto;

17) a provvedere, con le opportune iniziative di competenza, al potenziamento degli organici delle forze di pubblica sicurezza impegnate nella lotta alla pesca di frodo, oltre che a fornire, potenziare, integrare e modernizzare mezzi e strumenti necessari allo scopo;

18) ad attivarsi, con gli enti territoriali interessati, al fine di implementare il controllo del litorale alto ionico della provincia di Taranto e il monitoraggio continuo delle attività di pesca, con particolare attenzione verso la pesca a strascico nelle zone vietate con deturpazione del patrimonio biologico, al fine di contrastare le attività illegali e comunque di garantire una efficace salvaguardia della fauna ittica e, in particolare, quella protetta.
(1-00098) «Labriola, D'Attis, Occhiuto».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Traversi n. 3-00288 del 31 ottobre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Ubaldo Pagano n. 4-01781 del 5 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Dall'Osso n. 5-01528 del 20 febbraio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Palazzotto n. 5-01565 del 26 febbraio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Ungaro n. 5-01588 del 1° marzo 2019.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-01369 del 31 gennaio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00579;

   interrogazione a risposta in Commissione Luca De Carlo n. 5-01427 del 7 febbraio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00578.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-02368 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 134 del 27 febbraio 2019. Alla pagina 4970, seconda colonna, alla riga quinta deve leggersi «tra il 2002 e il 2009, circa 70 persone sono», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà», consente alle madri detenute di tenere con sé i figli fino all'età di tre anni;

   la predetta legge prevede l'inserimento di specialisti (ostetriche, ginecologi e pediatri) nelle carceri, allo scopo di tutelare la salute psico-fisica dei bambini e delle loro madri, e l'istituzione di appositi asili-nido presso le strutture penitenziarie;

   con l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, che prevedeva il trasferimento della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, veniva incorporata anche la figura della puericultrice nell'istituto penitenziario, nel reparto detentivo denominato nido, dove vivono le madri detenute insieme ai bambini da 0-3 anni, come previsto dalla legge n. 354 del 1975;

   nella casa circondariale femminile di Rebibbia, sono presenti nove puericultrici deputate a sostenere le mamme nell'accudimento dei loro figli, a favorire il migliore sviluppo psico-fisico dei bambini dall'ingresso fino all'uscita dall'istituto penitenziario, instaurando rapporti di fiducia, facendosi carico delle molteplici problematiche e accompagnando madri e piccoli in un percorso non facile;

   le sopra citate nove puericultrici sono state impiegate, a seguito di una domanda presentata dalle stesse al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, ciascuna in tempi diversi e con una storia professionale che, per alcune di loro, supera i trenta anni di attività;

   le predette puericultrici hanno richiesto, costantemente nel tempo, al Ministero della giustizia il giusto riconoscimento della loro figura professionale, anche dal punto di vista giuslavoristico, avendo le stesse un rapporto di lavoro di fatto subordinato, ancorché nella forma scritta del rapporto siano contemplate come «libere professioniste»;

   nel merito, la loro ultima convenzione, stipulata con il Ministero della giustizia, ha dettato le condizioni lavorative permettendo alle puericultrici la prosecuzione del rapporto di lavoro che altrimenti sarebbe decaduto;

   lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, infatti, prevedeva il trasferimento al sistema sanitario nazionale delle risorse strumentali, economiche e umane con le stesse caratteristiche, compresi i rapporti professionali in essere, in attesa della stabilizzazione delle puericultrici che sarebbe dovuta avvenire nell'arco di tre anni;

   nonostante siano trascorsi 10 anni dal suddetto passaggio, la Asl Roma 2 formula ogni sei mesi proroghe per la prosecuzione del rapporto lavorativo delle nove puericultrici, creando, pertanto, una situazione lavorativa precaria;

   vanno considerate l'estrema importanza e la delicatezza del lavoro svolto dalle puericultrici nella sezione nido del carcere di Rebibbia, unitamente a tutte le criticità segnalate –:

   quali iniziative urgenti, anche normative, intenda porre in essere il Governo per assicurare la stabilizzazione lavorativa delle puericultrici, rendendo così effettivo quanto stabilito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008.
(4-01459)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi pervenuti dal Ministero della giustizia.
  Detto Dicastero osserva in premessa che, in seguito alle riforme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per il riordino della medicina penitenziaria (legge n. 419 del 1998, decreto legislativo n. 230 del 1999), sono state trasferite alle regioni le competenze relative all'organizzazione delle aziende sanitarie locali e alla gestione dei servizi sanitari negli istituti penitenziari.
  Al fine di dare concreta attuazione alle disposizioni della legge n. 230 del 1999, l'articolo 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha previsto l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire «Il trasferimento al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia», nonché «le modalità e le procedure (...) per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere, anche sulla base della legislazione speciale vigente, relativi all'esercizio di funzioni sanitarie nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile»; il comma 284 dell'articolo 2 citato ha anche previsto, nelle more del trasferimento, la proroga dei «rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007».
  In attuazione dell'articolo 2 citato, è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, in cui viene stabilito che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, vengono trasferite al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia».
  Alla luce del quadro normativo di riferimento, come sin qui ripercorso, tutte le competenze in materia di sanità penitenziaria, compresa la disciplina dei rapporti di lavoro, sono transitate alle regioni e alle singole aziende sanitarie locali, territorialmente competenti sugli istituti penitenziari di riferimento.
  Da ultimo, il Ministero della giustizia osserva che, a fronte dell'attività lavorativa prestata dalle puericultrici in servizio presso il reparto nido della casa circondariale femminile di Roma Rebibbia, secondo quanto partecipato dall'autorità dirigente del medesimo istituto, non risulta stipulata alcuna convenzione con l'Amministrazione penitenziaria.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Listeria monocytogenes, responsabile della listeriosi, è un batterio ubiquitario, che può essere presente nel suolo, nell'acqua e nella vegetazione e può contaminare diversi alimenti (latte, verdura, formaggi molli, carni poco cotte, insaccati poco stagionati e altro);

   la principale via di trasmissione per l'uomo è quella alimentare;

   bambini e adulti sani possono essere occasionalmente infettati; il batterio Listeria monocytogenes può essere causa di listeriosi e gravi malattie allo stomaco e all'intestino e, per alcune categorie di individui – tra cui donne incinte, bambini, anziani e soggetti immunodepressi – la malattia può degenerare in forme anche molto gravi se non preso in considerazione;

   la gravità della sintomatologia varia sensibilmente in funzione della dose infettante e dello stato di salute dell'individuo colpito. Si va da forme simil-influenzali o gastroenteriche, accompagnate a volte da febbre elevata fino, nei soggetti a rischio, a forme setticemiche, meningiti o aborto;

   Findus e Lidl hanno ritirato nei giorni scorsi dal mercato prodotti che potrebbero essere stati contaminati dal batterio che dal 2015 ha provocato 47 casi, tra cui 9 morti in 5 Paesi europei, ovvero Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e Regno Unito;

   il 6 luglio 2018 aziende come «Frashona» hanno richiamato, in via volontaria ed a scopo precauzionale, 16 lotti di prodotti surgelati tra cui minestroni, mix di verdure e mais forniti dall'azienda belga Greenyard N. V.;

   tale decisione è stata presa a seguito delle segnalazioni di allerta europea e del fornitore della potenziale contaminazione da Listeria monocytogenes di una partita di fagiolini, utilizzati all'interno dei prodotti oggetto del richiamo;

   dalle dichiarazioni dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) «potrebbero ancora emergere nuovi casi in ragione del lungo periodo di incubazione della listeriosi (fino a 70 giorni), della lunga durata di conservazione dei prodotti» –:

   quali iniziative normative intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare la salute dei cittadini e per rafforzare i controlli sanitari relativi alla commercializzazione dei prodotti sopracitati.
(4-00701)

  Risposta. — Riguardo alla questione delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, si ricorda che il Ministero della salute, allo scopo di tutelare i consumatori, è il punto di contatto nazionale del sistema rapido di allerta europeo «Rapid alert system for food and feed» (Rasff).
  Il sistema europeo, istituito dal regolamento (Ce) 178/2002 per consentire la notifica, in tempo reale, di rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi, è una rete di cui fanno parte gli Stati membri, la Commissione europea e l’«
European food safety authority» (Efsa – Autorità europea per la sicurezza alimentare).
  Il sistema di allerta Rasff garantisce lo scambio delle informazioni, permettendo di ritirare dal mercato, con rapidità, tutti i prodotti che costituiscono un rischio per la salute dei consumatori ed è attivo 24 ore tutti i giorni, compresi i festivi.
  Il Ministero della salute, quale punto di contatto Rasff, garantisce il collegamento con la Commissione europea e con le strutture regionali.
  Nel caso in cui i prodotti siano stati già esitati al consumatore finale, è prevista, come misura ulteriore a tutela della salute pubblica, la procedura per cui l'operatore del settore effettua il richiamo al consumatore.
  Questo comporta l'obbligo di informare il consumatore finale attraverso un'apposita cartellonistica, da apporre nei punti vendita, e la pubblicazione, previa verifica da parte dell'autorità locale competente (regioni e Asl), dell'avviso di richiamo nell'apposita area del sito del Ministero della salute.
  Inoltre, è in capo alle stesse autorità locali la verifica degli adempimenti degli operatori agli obblighi di legge.
  Il quadro normativo, per gli aspetti di ritiro e richiamo di prodotti non conformi, viene completato dalla disciplina sanzionatoria di cui agli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190, recante «Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (Ce) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare».
  Si precisa che anche per il caso segnalato nell'interrogazione parlamentare in esame sono state attivate tutte le misure previste a tutela della salute umana.
  Infatti, al fine di prevenire la comparsa di ulteriori casi umani di listeriosi, le misure di ritiro e richiamo dal mercato hanno interessato tutti i lotti di alimenti congelati prodotti dallo stabilimento ungherese coinvolto nell'indagine negli ultimi due anni (dal 2016 al 2018).
  Questa misura si è resa necessaria proprio in considerazione del lungo periodo di incubazione della malattia, che può estendersi sino a 70 giorni.
  Peraltro, ancor prima del coinvolgimento dell'Italia come Paese destinatario dei lotti non conformi, il Ministero della salute ha seguito attivamente, sia mediante contatti via Rasff, sia tramite «
call conference» con la Commissione europea, l'evolversi della problematica di casi di listeriosi umana in alcuni paesi europei.
  Pertanto, sulla base di quanto sopra esposto, si ritiene che la normativa, europea e nazionale, sia adeguata alla gestione di tali situazioni di allerta, considerato anche il fatto che controlli ufficiali vengono disposti lungo tutti gli anelli della filiera agroalimentare, compresi i prodotti oggetto di scambi intracomunitari e le importazioni da Paesi terzi.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   BRAGA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Turate, in provincia di Como, ha sede la «Casa militare Umberto I», costituita in ente morale con il regio decreto n. 187 del 23 giugno 1898, che, per molti anni, ha svolto la funzione di casa di riposo per i veterani e i reduci di guerra e al cui interno è ancora presente un museo nel quale sono raccolti cimeli, ricordi e reperti documentali che costituiscono un patrimonio storico-testimoniale della vita e dell'attività militare dalle guerre d'indipendenza alla Seconda guerra mondiale;

   nel 2004 la Casa militare ha terminato la sua attività di accoglienza e oggi è una Fondazione sotto la giurisdizione del Ministero della difesa. L'ente è retto da un consiglio di amministrazione composto da un presidente nominato dal Ministero della difesa e da cinque consiglieri indicati dal comune di Milano, dalla regione Lombardia, dalla fondazione Cariplo, dalla prefettura di Como e dal distretto militare di Como;

   la Casa militare, con la sua presenza e attività, svolge una funzione storico-culturale fondamentale per Turate e per l'intero Paese, contribuendo, anche attraverso l'organizzazione di celebrazioni, manifestazioni ed eventi commemorativi, alla conservazione della memoria storica dei caduti di guerra per la libertà e la democrazia del nostro Paese;

   nei giorni scorsi è stato diffuso anche attraverso la pagina web http://arditi-anai-milano.blogspot.com/2018/, un volantino informativo su carta intestata dell'Associazione nazionali arditi d'Italia (Anai) nel quale è illustrato il programma dettagliato di alcuni eventi commemorativi dal 20 ottobre al 24 novembre 2018 a Turate e in altre città d'Italia, tra i quali spicca in particolare la manifestazione che si è svolta domenica 28 ottobre 2018 a Predappio per rendere omaggio, come è riportato testualmente nel volantino, al «Caporale d'Onore e Duce, Benito Mussolini nel ricordo della marcia su Roma», nel corso della quale neofascisti e nostalgici hanno indossato magliette nere con la scritta «Auschwitz Land» con la sagoma del noto campo di sterminio;

   l'evento descritto, più che commemorativo dei caduti di guerra, si configura, ad avviso dell'interrogante, marcatamente e inequivocabilmente come apologetico del fascismo e quindi in assoluto contrasto con i valori e i principi della Costituzione;

   nel volantino diffuso l'Associazione nazionale arditi d'Italia riporta esplicitamente come sede dell'associazione stessa la Casa militare Umberto I di Turate, struttura pubblica di proprietà del Ministero della difesa, gestita da una fondazione sotto la giurisdizione del medesimo Ministero –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'iniziativa riportata in premessa e quali iniziative intendano adottare per evitare il ripetersi in futuro di manifestazioni che paiono di chiara matrice fascista;

   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano assumere per impedire che all'interno della Casa militare Umberto I di Turate, sotto la giurisdizione del Ministero della difesa, abbia sede un'associazione la cui attività, anche secondo quanto segnalato a livello locale, si configurerebbe palesemente apologetica del fascismo.
(4-01536)

  Risposta. — La Casa militare Umberto I in Turate, in provincia di Como, ha concesso in comodato d'uso alcuni locali, attualmente non utilizzati per i fini statutari della fondazione, da adibire a sede di sezione di alcune Associazioni nazionali di interesse delle Forze armate che ne hanno fatto richiesta.
  Ciò nell'intento di venire incontro alle necessità dei sodalizi in difficoltà nella ricerca di locali e nella convinzione che la presenza del mondo dell'associazionismo militare, presso la Casa militare, fosse un utile veicolo per far conoscere la stessa e gli scopi perseguiti.
  Il tutto è avvenuto nella piena autonomia dei singoli sodalizi e senza nessun tipo di coinvolgimento di quest'ultimi nelle attività e nei fini perseguiti dalla fondazione Casa militare.
  Tra le associazioni ospiti della Casa vi era anche l'Associazione nazionale arditi d'Italia (Anai), sodalizio che, sulla base delle sue norme statutarie, è stato considerato alla stregua degli altri sodalizi ospitati.
  Tanto rappresentato, per affrontare nel merito le questioni poste, si rende noto che la presidenza della Casa militare ha comunicato che non vi è stato alcun tipo di coinvolgimento nelle iniziative contenute nel volantino oggetto del sindacato ispettivo.
  La fondazione è stata associata a una iniziativa della quale era del tutto estranea e, per giunta, in evidente contrasto con le attività preparatorie intraprese dalla presidenza della Casa militare per la celebrazione del centenario della fine della Grande guerra.
  Per quanto riguarda lo svolgimento dei fatti, la presidenza della Casa militare ha reso noto che, venuta a conoscenza del volantino dell'Anai, ha nell'immediatezza del fatto dichiarato l'estraneità della Casa dalle iniziative in titolo, procedendo contestualmente alla risoluzione unilaterale del contratto di comodato d'uso, con il conseguente rilascio del locale da parte dell'Anai stessa.
  D'altronde, le attività riportate nel volantino, che si dovevano svolgere presso la Casa militare, non potevano essere note alla Presidenza che, in quelle giornate e in quegli stessi orari, aveva dato in uso i locali della Casa a una associazione culturale e ludica, per lo svolgimento di una manifestazione.
  Si evidenzia, infine, che nello stesso volantino è stata citata anche Assoarma, federazione che riunisce tutte le associazioni d'Arma d'interesse delle Forze armate, con sede a Roma, che, a sua volta, ha dichiarato di essere all'oscuro delle iniziative in questione.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   BUOMPANE, AMITRANO, ANGIOLA, DEL MONACO, DEL SESTO, FICARA, GRIMALDI, GRIPPA, IORIO, LOMBARDO, MAGLIONE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, PARENTELA, ROBERTO ROSSINI, SAPIA, TRIZZINO, VILLANI e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 il saldo tra export e import per i prodotti dell'industria alimentare risulta essere in positivo, con un valore di circa 2,8 miliardi di euro;

   tuttavia, per l'agricoltura il dato è negativo, avendo fatto registrare un disavanzo pari a 7,3 miliardi di euro;

   l'Italia è stata per anni leader indiscussa e punto di riferimento per il settore olivicolo-oleario a livello mondiale;

   tra i tanti problemi che affliggono il settore oleario, uno dei più significativi risulta essere l'eccessiva instabilità delle quotazioni sul mercato, fattore che non consente una programmazione e una gestione serena delle attività aziendali;

   i prezzi, inoltre, sembrano non attestarsi su livelli stabili;

   a maggio 2016 la quotazione media di un quintale di olio d'oliva era di 356 euro, nello stesso mese del 2017 era di 605 euro, mentre a maggio 2018 è tornata a 407 euro;

   un'azienda con 10 ettari di oliveto, in pratica, vendendo l'intera propria produzione annuale di olio a maggio 2017 avrebbe incassato 36.000 euro, mentre la stessa produzione quest'anno avrebbe garantito 25.000 euro, cioè 11.000 euro in meno;

   l’import di olio di oliva è ormai una costante dell'economia italiana;

   l'istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) calcola che nelle ultime quattro annate agrarie, a fronte di una produzione nazionale di 328.000 tonnellate di olio d'oliva, l'Italia abbia importato qualcosa come 588.000 tonnellate, favorendo il mercato dei principali competitor del nostro Paese, come Spagna, Grecia, Tunisia e Portogallo;

   questo rende il prezzo italiano all'origine molto esposto alla concorrenza internazionale, a fronte di una produzione primaria molto frammentata e poco competitiva;

   nella scheda di settore dell'Ismea sul settore olivicolo-oleario pubblicata a giugno 2018 si evince come delle 825.000 aziende olivicole presenti in Italia, solo il 37 per cento risulta essere in grado di sostenere la competitività del mercato;

   in base all'indagine eseguita dagli osservatori di mercato di Italia Olivicola nell'ultima settimana di settembre, emerge una previsione di produzione pari al 50 per cento in meno rispetto alle 429.000 tonnellate dello scorso anno;

   ad incidere negativamente sulla campagna olivicola sono le condizioni meteorologiche altalenanti con gelate, grandinate, bombe d'acqua e venti intensi che hanno prodotto danni considerevoli alle piante;

   la fioritura risulta gravemente compromessa in regioni come la Campania, con perdite stimate tra il 40 ed il 50 per cento;

   negli ultimi anni si è registrata una costante crescita delle importazioni in tutti i Paesi maggiormente industrializzati;

   l'Italia si trova quindi nella drammatica situazione di avere floride prospettive di mercato ma nessun prodotto da vendere –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per invertire la tendenza e rilanciare un settore fondamentale per il nostro Paese.
(4-01527)

  Risposta. — Si evidenzia che, recentemente, proprio a sostegno del settore olivicolo, come prescritto dal regolamento (UE) n. 1308/2013, sono stati resi disponibili 108 milioni di euro circa per i prossimi tre anni (1° aprile 2018-30 marzo 2021), destinati alle organizzazioni di produttori che svolgono programmi di sostegno nel settore, programmi che vengono finalizzati al miglioramento della qualità dell'olio di oliva e delle olive da tavola (a cui verrà riservato non meno del 30 per cento delle risorse comunitarie) e le relative azioni ambientali, che potranno avvalersi di almeno il 20 per cento del finanziamento.
  Altresì, ulteriori azioni riguardano il miglioramento del sistema di tracciabilità, della certificazione della tutela della qualità dell'olio di oliva e delle olive da tavola, con mirata attenzione al controllo della qualità degli oli di oliva venduti ai consumatori finali, a cui è stato destinato il 15 per cento delle risorse.
  Sempre nell'ambito della strategia nazionale, per facilitare l'aggregazione nella fase della commercializzazione, è stato riservato circa il 25 per cento dell'importo base del finanziamento, alle Organizzazioni di produttori che commercializzano il prodotto dei propri soci.
  Con riferimento all'esigenza di tutela del prodotto, si partecipa che, ad esito di iniziativa di questo Dicastero, la Commissione europea ha recentemente emanato il regolamento delegato n. 1096/2018, in ragion del quale è stato modificato l'articolo 5, lettera
a) del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva.
  In base a tale modifica, i Paesi membri possono obbligare gli operatori che commercializzano il proprio prodotto in ambito nazionale a riportare sempre in etichetta l'indicazione della campagna di raccolta, definendo contestualmente cosa si intenda per «campagna di raccolta».

Il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo: Gian Marco Centinaio.


   BUOMPANE, D'ARRANDO, DEL MONACO, DEL SESTO, FARO, GRIMALDI, GRIPPA, IORIO, LOMBARDO, MAMMÌ, MANZO, MENGA, NAPPI, PARENTELA, VILLANI, ZENNARO e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Caserta presenta una situazione di allarmante preoccupazione in merito all'assistenza sanitaria ospedaliera;

   a fronte di una popolazione censita di quasi 1 milione di abitanti, la provincia di Caserta presenta ufficialmente un valore di 2,9 posti letto ogni 1000 abitanti;

   quest'ultimo dato a giudizio dell'interrogante è falsato dal conteggio di circa 500 posti letto previsti per il nuovo policlinico di Caserta, i cui lavori di realizzazione stanno proseguendo a rilento;

   si può stimare l'offerta di posti letto della provincia di Caserta attualmente ben al di sotto di 2 posti letto per ogni 1000 abitanti;

   il decreto del commissario ad acta n. 8 del 2018, prevede di ricollocare l'integrazione dell'offerta sanitaria pubblica nei presidi già disponibili, con qualche intervento di potenziamento strutturale e recupero di stabilimenti ospedalieri;

   si sta verificando un processo costante di smantellamento delle strutture pubbliche presenti sul territorio in conseguenza della attuale fase di rientro dai disavanzi di bilancio della regione Campania;

   contemporaneamente, si assiste infatti al potenziamento delle strutture private accreditate, in alcuni casi quasi in concerto con la «demolizione» del pubblico, come ad esempio nell'area ovest della provincia, teatro della «demolizione» di tre ospedali pubblici (Teano, Roccaromana e Capua) a fronte di tre strutture convenzionate in piena espansione; oppure ad est dove sono stati ridimensionati il presidio di S. Felice a Cancello e quello di Maddaloni;

   emergono perplessità sull'attuale situazione dei reparti di emergenza/urgenza, del presidio ospedaliero San Giuseppe e Melorio di Santa Maria Capua Vetere;

   da settembre 2018 il laboratorio di analisi è aperto solo la mattina (8-14), mentre per le urgenze si provvede con appositi macchinari self service;

   l'attività notturna viene spostata alternativamente verso i presidi di Marcianise e di Aversa con non poche ripercussioni organizzative e cliniche;

   il presidio San Giuseppe e Melorio rischia la chiusura, non programmata a livello legislativo ma consequenziale a una concatenazione apparentemente casuale di eventi (pensionamento del personale senza reintegro, deterioramento e usura di attrezzature e strumenti non adeguatamente reintegrati, trasferimento progressivo delle attività notturne e festive presso altri nosocomi vicini, avvicendamenti dirigenziali interni dell'Asl);

   è da segnalare inoltre l'enorme discrepanza tra quanto previsto dall'ultimo piano ospedaliero della regione Campania 2016-2018, in cui è previsto un corposo potenziamento della struttura, e quanto in realtà si sta verificando;

   le problematiche del presidio San Giuseppe e Melorio sembrano frutto di una poco accorta e ancor meno trasparente gestione;

   il Commissario ad acta, in visita presso una struttura sanitaria privata di Capua, «Villa Fiorita», ha espresso la necessità di implementare un pronto soccorso presso la predetta clinica, a causa delle criticità dall'ospedale «San Giuseppe e Melorio» di Santa Maria Capua Vetere;

   il commissario ad acta sembra all'interrogante voglia affrontare le criticità che si riscontrano ormai da tempo in Campania, spostando dal pubblico al privato l'assistenza sanitaria;

   analizzando i dati del rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti, si evince come la regione Campania è l'unica regione tra quelle in piano di rientro ad essere inadempiente sui livelli essenziali di assistenza;

   la Costituzione italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di porre rimedio all'enorme discrepanza tra quanto previsto dall'ultimo piano ospedaliero della regione Campania e quanto in realtà si sta verificando, nell'intera provincia di Caserta e più specificamente nell'ospedale di Santa Maria Capua Vetere nonché per scongiurare l'interruzione della continuità assistenziale e di emergenza data dalla carenza di personale.
(4-01529)

  Risposta. — La regione Campania, con il decreto del commissario ad acta n. 8/2018, ha adottato il piano regionale di programmazione della rete ospedaliera, relativamente al quale, nella riunione di verifica del 27 marzo 2018, i tavoli congiunti hanno ribadito la necessità di un «...completo allineamento dei parametri previsti dal decreto ministeriale n. 70/2015 attraverso l'adozione di un nuovo decreto del commissario ad acta entro e non oltre il 10 agosto 2018...», riproponendo, quindi, interamente le valutazioni precedenti.
  In data 5 novembre 2018, la regione Campania ha trasmesso a questo Ministero il decreto del commissario
ad acta n. 87/2018, concernente l'aggiornamento del Piano regionale di programmazione della rete ospedaliera richiesto, non valutato positivamente dai tavoli preposti in quanto non recepiva le prescrizioni effettuate al decreto del commissario ad acta 8/2018.
  La regione ha pertanto provveduto ad inoltrare una nuova proposta emendativa, valutata dal tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 in data 17 dicembre.
  Il tavolo, in esito all'istruttoria, ha richiesto alla regione di adottare con specifico atto il documento di programmazione regionale, corredato dalla tabella C, entro e non oltre il 31 dicembre 2018.
  Detto provvedimento deve recepire le indicazioni riportate nell'esito istruttorio, con particolare riferimento alla definizione dei criteri di allineamento delle singole discipline (in termini di attività, volumi ed esiti) non aderenti ai parametri di configurazione degli ospedali ed ai criteri di dimensionamento per bacino di utenza previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 entro il 2019.
  I Ministeri vigilanti hanno richiesto la presenza del cronoprogramma di riconduzione degli eccessi di discipline entro gli
standard fissati dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 da attuarsi entro l'anno 2019; di definizione della rete dei punti nascita classificati per livello di complessità (I e II livello) successivamente al parere espresso dal comitato percorso nascita nazionale, con relativo aggiornamento dell'offerta afferente alle discipline dell'area materno infantile; di rivalutazione dell'offerta di oncologia, con particolare riferimento agli ospedali sede di pronto soccorso, contestualmente all'aggiornamento della rete oncologica (inclusa la chirurgia oncologica) che la regione dichiara essere in fase di rivalutazione.
  I Ministeri hanno richiesto, inoltre, di inserire il piano di attivazione della rete che sintetizzi le singole azioni con tempistiche di implementazione programmate, da concludersi entro l'anno 2019.
  L'atto richiesto è stato adottato dalla regione Campania in data 28 dicembre 2018 con dca n. 103, contenente il «Piano regionale di programmazione della rete ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015 – aggiornamento di dicembre 2018».
  È in corso la verifica di congruità dell'atto alle prescrizioni effettuate dai tavoli di verifica in data 17 dicembre 2018.
  La programmazione della rete ospedaliera della Campania si articola su macro aree territoriali: macro-area delle province di Avellino e Benevento, macro-area della provincia di Caserta, area della provincia di Napoli con la macro-area della Asl NA 1 centro, la macro-area della Asl NA 2 nord e la macro-area della Asl NA 3 sud, ed infine, la macro-area della provincia di Salerno.
  La regione Campania con la recente programmazione regionale intende provvedere, per la macro-area della provincia di Caserta, ad un incremento sostanziale di posti letto e di discipline, ricollocati nei presidi già disponibili con un incremento di 596 posti letto.
  L'attuale piano di programmazione della rete ospedaliera prevede per la suddetta macro-area 8 punti di accesso, secondo la seguente classificazione:

   - 1. dipartimento d'emergenza e accettazione (DEA) di II livello, individuato nell'Azienda ospedaliera di Caserta che rappresenta «hub» per la rete infarto miocardico acuto, «hub» per la rete ictus, centro traumi di alta specializzazione e centro traumi di zona per la rete trauma (serve anche Avellino a distanza di 59 chilometri, Benevento a 51 chilometri, area nord di Napoli, Giugliano a 29 chilometri; unità spinale (cod. 28), sede di neuro riabilitazione (cod. 75) e riabilitazione intensiva (cod. 56), spoke II per la terapia del dolore, «spoke» II per la rete emergenza pediatrica. Si istituiscono la radioterapia e la medicina nucleare;

   - 3. DEA di I Livello, nei presidi ospedalieri di Aversa, Marcianise e Sessa Aurunca;

   - 4. pronto soccorso nei presidi ospedalieri di S. Maria Capua Vetere, Piedimonte Matese, Maddaloni, e casa di cura «Pineta grande».

  Il presidio di Maddaloni viene riprogrammato quale presidio ospedaliero con pronto soccorso (con annesso lo stabilimento di San Felice a Cancello) con un aumento di 42 posti letto afferenti alle discipline di lungodegenza e riabilitazione (codice 56).
  Lo stabilimento di San Felice a Cancello viene riconfigurato quale stabilimento annesso al pronto soccorso di Maddaloni.
  Il presidio ospedaliero di «San Giuseppe e Melorio», nell'ambito della rete dell'emergenza urgenza afferente alla macro-area della provincia di Caserta, è stato classificato come ospedale sede di pronto soccorso, con un incremento complessivo di 60 posti letto, il potenziamento della struttura complessa di chirurgia generale e l'istituzione della disciplina di ortopedia e traumatologia, con la soppressione di geriatria, di nefrologia, di oculistica e di pediatria.
  Per completezza, di seguito si riporta la macroanalisi dei dati di attività per tutte le discipline del presidio ospedaliero «San Giuseppe e Melorio».
  In particolare, per l'anno 2017, l'attività erogata registra un tasso di occupazione dei posti letto con valori bassi, sia in regime ordinario che diurno: complessivamente, per la struttura, i tassi di occupazione rilevati sono pari al 63 per cento (regime ordinario) e al 40 per cento (regime diurno).
  Relativamente al peso medio «
Diagnosis Related Group (DRG)», valutabile quale «proxy» della complessità della casistica trattata, si evidenzia il valore della nefrologia, superiore rispetto al valore medio nazionale (1,8 vs 1,2), e di contro, il valore della chirurgia generale, inferiore rispetto al nazionale (0,9 vs 1,14).
  La chirurgia generale, inoltre, fa registrare una percentuale di Drg inappropriati pari al 43 per cento, e pertanto superiore rispetto alla soglia dei livelli essenziali di assistenza (LEA) del 32 per cento.
  Relativamente agli indicatori oggetto di monitoraggio
ex decreto ministeriale n. 70 del 2015, si registrano 77 angioplastiche coronariche effettuate nel 2017, valore nettamente al di sotto dello standard di 250 interventi/anno.
  Si rilevano, inoltre, 26 primi interventi su casi di tumore della mammella incidenti, valore anche questo nettamente «
substandard» (150 interventi/anno).
  Nel 2017 presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero «San Giuseppe e Melorio» si sono registrati 20.183 accessi, con una prevalenza importante di codici verdi (83,5 per cento); la rimanente quota si compone di un 8,4 per cento di codici gialli, un 7,4 per cento di codici bianchi e uno 0,7 per cento di codici rossi.
  In merito alle strutture segnalate nell'interrogazione parlamentare in esame, quali Teano, Capua e Roccaromana, nel piano di programmazione della rete ospedaliera, la regione evidenzia la necessità del potenziamento dell'assistenza territoriale quale variabile ineludibile per garantire appropriatezza e qualità delle cure in ambito ospedaliero, consentendo di soddisfare con maggiore intensità e qualità l'istanza di garanzia dei Lea nella regione Campania.
  A tal fine, è stata identificata, tramite le Asl, la mappa delle aggregazioni funzionali territoriali, delle unità complesse di cure primarie e dei servizi delle professioni sanitarie nell'intero territorio regionale, tra cui è annoverata la struttura di Teano, che è stata riconvertita in ospedale di comunità, con cessazione di tutte le attività per acuti.
  Per il presidio di Capua, confluito già nella struttura ospedaliera «San Giuseppe e Melorio» di Santa Maria Capua Vetere, viene programmata la riconversione in ospedale di comunità con il potenziamento dell'offerta territoriale.
  Nella struttura territoriale di Roccaromana risulta essere allocata una postazione territoriale medicalizzata.
  Quanto al personale, i tavoli di verifica del piano di rientro, nella riunione del 17 dicembre 2018, hanno valutato il piano di fabbisogno di personale, ai sensi della legge n. 208 del 2015, presentato dalla regione, assentendo assunzioni e stabilizzazioni per varie unità di personale (nello specifico: 1.442 medici, di cui 575 afferenti all'area dell'emergenza-urgenza, 55 ostetriche e 1.537 operatori socio-sanitari).

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   MAURIZIO CATTOI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   da alcune notizie pubblicate su un quotidiano on-line, La voce di Bolzano, sembrerebbe emergere un'anomalia nella procedura di nomina del direttore generale dell'azienda sanitaria di Bolzano;

   il decreto legislativo n. 171 del 2016, recante «Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», istituisce l'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del servizio sanitario nazionale;

   nella seduta del 3 marzo 2016 è stato acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione della amministrazioni pubbliche»;

   ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del succitato decreto legislativo n. 171 del 2016, le regioni nominano quali direttori generali esclusivamente gli iscritti all'elenco nazionale dei direttori generali;

   il medesimo articolo 2, comma 1, disciplina le regole per la nomina della commissione per la valutazione dei candidati alla carica di direttore generale;

   con decreto n. 3043 del 22 febbraio 2018 della direttrice della ripartizione salute della provincia autonoma di Bolzano, è pubblicato l'avviso relativo alla procedura di iscrizione nell'elenco provinciale per la nomina a direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige;

   con decreto n. 12118 del 2 agosto 2018, il presidente della provincia autonoma di Bolzano nomina la commissione per la valutazione delle richieste di iscrizione nell'elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige;

   con decreto n. 16736 del 30 agosto 2018 della direttrice della ripartizione salute della provincia autonoma di Bolzano, è pubblicato l'avviso per la manifestazione d'interesse alla nomina a direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige, rivolto agli iscritti nell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie;

   con decreto n. 17832 del 17 settembre 2018, il presidente della provincia autonoma di Bolzano istituisce l'elenco provinciale per la nomina del direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige;

   con delibera n. 1007 del 2 ottobre 2018, la giunta provinciale nomina il dottor Florian Zerzer quale direttore generale dell'azienda sanitaria Alto Adige –:

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, a fronte di quella che appare all'interrogante un'evidente anomalia riguardo alla nomina, a direttore generale dell'azienda sanitaria Alto Adige, del dottor Florian Zerzer, il quale non risulterebbe iscritto all'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie, come previsto dal decreto legislativo n. 171 del 2016.
(4-01412)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base dei dati acquisiti presso la provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige.
  L'Assessorato provinciale alla salute ha ricordato che, in data 3 marzo 2016, la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, in attuazione della delega in materia di dirigenza sanitaria di cui all'articolo 11, comma 1, lettera
p), della legge 7 agosto 2015, n. 124.
  Per effetto di tale parere, e delle integrazioni e correzioni apportate dal decreto legislativo 26 luglio 2017, n. 126, il decreto legislativo n. 171 del 2016, all'articolo 2 recante «Disposizioni relative al conferimento degli incarichi di direttore generale» prevede attualmente che le regioni nominano direttori generali esclusivamente gli iscritti all'elenco nazionale dei direttori generali, mentre è stato abrogato il riferimento alle province autonome.
  Inoltre, ogni dipendente pubblico della provincia autonoma di Bolzano deve essere in possesso dell'attestato di conoscenza delle lingue italiana e tedesca di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, o di un attestato equipollente.
  La legge provinciale 21 aprile 2017, n. 3, «Struttura organizzativa del Servizio sanitario provinciale», ha istituito un elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttrice/direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige.
  Con regolamento di esecuzione in forma di decreto del Presidente della provincia 7 agosto 2017, n. 27 «Elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttrice/direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige», sono disciplinate le modalità di svolgimento della procedura di selezione delle candidate e dei candidati da proporre alla giunta provinciale, ai fini della nomina, nonché i criteri per la valutazione della direttrice/direttore generale.
  Pertanto, in base alle citate fonti normative, la provincia autonoma di Bolzano ha la competenza ad istituire un proprio elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttrice/direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige, facendo riferimento alla normativa nazionale per quanto non espressamente disciplinato.
  Ciò premesso, si precisa che con decreto della direttrice della ripartizione salute della provincia autonoma di Bolzano n. 16736 del 30 agosto 2018 «Avviso pubblico per la manifestazione di interesse alla nomina di direttrice generale o direttore generale dell'Azienda sanitaria dell'Alto Adige», è stato dato pubblico avviso per la manifestazione di interesse ai soggetti che risultano iscritti nell'elenco nazionale degli idonei.
  L'unico soggetto, iscritto nell'elenco nazionale degli idonei a direttore generale di un'azienda sanitaria, che ha manifestato il proprio interesse alla nomina a direttore generale dell'Azienda sanitaria dell'Alto Adige è risultato il dottor Thomas Schael, il quale al termine della procedura di selezione è stato iscritto d'ufficio nell'elenco provinciale, in quanto in possesso del requisito individuato nell'attestato di conoscenza delle lingue italiana e tedesca per il diploma di laurea, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modifiche.
  L'orientamento della Giunta provinciale di Bolzano, tra la rosa dei profili iscritti nell'elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttrice/direttore generale dell'Azienda sanitaria dell'Alto Adige, è ricaduto sul dottor Florian Zerzer.
  Riguardo alla nomina del dottor Florian Zerzer, si rammenta che la normativa provinciale in materia, prevede la possibilità per la provincia autonoma di Bolzano di istituire un proprio elenco provinciale degli idonei alla nomina a direttrice/direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige, definendo con regolamento di esecuzione le modalità di svolgimento della procedura di selezione ed i criteri di valutazione degli idonei, e prevedendo, altresì, che sono iscritte d'ufficio nell'elenco provinciale le persone iscritte nell'elenco nazionale degli idonei, qualora soddisfino i requisiti previsti dalle disposizioni dello statuto speciale di autonomia e dalle relative norme di attuazione.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   CECCONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nell'atto di indirizzo predisposto per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2016-2018 relativo all'area delle funzioni centrali vi è un paragrafo relativo alle «modalità di conferimento degli incarichi» in cui è incentivato il ricorso a procedure che «limitino l’outsourcing» e l'utilizzo di metodologie di selezione trasparenti e meritocratiche;

   l'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, così come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009, sottrae alla contrattazione collettiva «la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali»;

   le indicazioni di cui sopra, laddove richiedono una regolazione contrattuale delle modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali, sono pertanto in contrasto con la normativa vigente;

   le clausole contrattuali che deriverebbero dalle indicazioni dell'atto di indirizzo risulterebbero contra legem;

   tale atto d'indirizzo va nel senso di dare attuazione alla riforma cosiddetta Madia, dal nome del Ministro del Governo Renzi che la promosse, riforma cassata per illegittimità costituzionale, unitamente alla legge delega che la legittimava;

   la suddetta riforma ruotava sul «ruolo unico», con il rischio di depotenziare l'autonomia organizzativa e gestionale delle singole amministrazioni;

   questo perché la «riforma Madia» mirava ad estendere all'intera area dirigenziale la platea dei possibili concorrenti per ogni incarico da assegnare, limitandone l'accesso dall'esterno (outsourcing, appunto);

   ricorrendo a tali meccanismi di nomina così stringente, si rischia di vanificare il ricorso al tempo determinato dirigenziale, facendo venir meno la possibilità di disporre di figure professionali funzionali all'attuazione dei programmi politici, caratteristica fondante l'area funzioni centrali;

   sul punto, esiste compiuta disciplina normativa, ivi incluso lo stesso decreto legislativo n. 165 del 2001, articolo 19, comma 6;

   ancor più surreale è la circostanza per cui, per la prima volta nella storia della contrattazione collettiva del lavoro pubblico, alcuni dei soggetti al vertice dell'Aran, parte della suddetta contrattazione, siano dirigenti pubblici, ossia destinatari diretti del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area dirigenziale della funzioni centrali;

   lo stesso dicasi per i responsabili tecnici che hanno redatto l'atto d'indirizzo sopra citato –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative per rivalutare il contenuto dell'atto di indirizzo al fine di impartire ad Aran delle direttive negoziali coerenti alla normativa vigente, ripristinando, così, le condizioni di legittimità in cui vanno svolte le contrattazioni;

   se il Ministro interrogato, alla scadenza del mandato in corso, abbia intenzione di evitare una situazione di potenziale conflitto di interessi, assumendo le iniziative di competenza per pervenire a una presidenza e un collegio di indirizzo e controllo di Aran non composti da dirigenti pubblici contrattualizzati.
(4-00810)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di conoscere se sia mia intenzione procedere ad una rivalutazione del contenuto dell'atto di indirizzo per il rinnovo del CCNL 2016-2018 relativo alla dirigenza dell'area delle funzioni centrali, nonché porre in essere iniziative finalizzate a prevenire potenziali situazioni di conflitto di interesse nella composizione degli organi dell'Aran.
  Anzitutto, mi preme evidenziare che l'atto di indirizzo, richiamato dall'interrogante, è stato adottato dal Ministro del precedente Governo, in applicazione delle previsioni contenute negli articoli 41 e 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo cui:

   a) gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono emanati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale;

   b) per tutte le amministrazioni diverse da quelle regionali, dagli enti locali e dalle amministrazioni del servizio sanitario nazionale, opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

  L'atto di indirizzo contiene le indicazioni alle quali l'Aran dovrà attenersi nell'ambito delle trattative per il rinnovo contrattuale della dirigenza dell'autonoma area delle funzioni centrali, come definita dall'articolo 7, comma 2, del Ccnq del 13 luglio 2016.
  Con specifico riguardo alle criticità rilevate dall'interrogante, osservo che il riferimento, nell'atto di indirizzo, alla necessità di incentivare «nel conferimento degli incarichi, l'attuazione di procedure che limitino il ricorso all’
outsourcing, in un'ottica di imparzialità ed efficienza della funzione», non può comportare alcuna autorizzazione – neppure implicita – ad introdurre, mediante previsioni contrattuali, deroghe o disposizioni incompatibili con le previsioni di legge che, attualmente, disciplinano il conferimento degli incarichi dirigenziali.
  Del resto, il legislatore, nel sottrarre espressamente,
ex articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, alla contrattazione collettiva la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, ha espressamente qualificato le previsioni di cui all'articolo 19 del medesimo decreto legislativo (recante, come noto, la disciplina del conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali) come norme inderogabili dai contratti o accordi collettivi.
  Conseguentemente, escludo che la richiesta di contenimento dell'utilizzazione dell’
outsourcing possa essere interpretata come diretta a precludere la possibilità, prevista dai commi 5-bis e 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, di conferire incarichi dirigenziali a professionalità non appartenenti ai ruoli dell'amministrazione conferente ovvero alla pubblica amministrazione tout court.
  Più correttamente, detta indicazione deve essere intesa solo come una mera evidenziazione della necessità di valorizzare le professionalità interne alle pubbliche amministrazioni nelle procedure finalizzate al conferimento degli incarichi dirigenziali come del resto già previsto dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
  A tale proposito, nel distinguere il conferimento dell'incarico dirigenziale – atto unilaterale dell'amministrazione, naturalmente sottratto alle prerogative contrattuali (e puntualmente regolato dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001) – dalla fase di selezione della persona cui conferire l'incarico, l'atto di indirizzo non contrasta con le disposizioni di legge, limitandosi a dare mandato all'Aran di «favorire», nelle procedure di selezione, modalità che, senza travalicare i confini definiti dalle norme primarie, siano in grado di «far emergere» la valutazione di tipo comparativo posta in essere durante la selezione e di assicurare l'attuazione del principio di meritocrazia.
  In ogni caso, poiché il comma 3 dell'articolo 47 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede la formulazione di osservazioni da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Ministro per la pubblica amministrazione, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sulle ipotesi di accordo trasmessa dall'Aran, è mia intenzione vigilare affinché non vengano introdotte, in sede di contrattazione collettiva, disposizioni in materie ad essa sottratte per espressa previsione di legge.
  Con riguardo alla circostanza che «alcuni dei soggetti al vertice dell'Aran, siano dirigenti pubblici, ossia destinatari diretti del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area dirigenziale delle funzioni centrali», ritengo necessario evidenziare che, attualmente, soltanto il presidente ed uno dei quattro componenti del collegio di indirizzo e controllo sono dirigenti pubblici.
  Aggiungo che,
de iure condito, non esiste alcuna disposizione di legge che vieti ai dipendenti pubblici (ivi compresi quelli di livello dirigenziale) di ricoprire l'incarico di presidente dell'Aran o di componente del collegio di indirizzo e controllo.
  Anzi, i commi 6 e 7 del citato articolo 46 contemplano, espressamente, l'ipotesi di conferimento dell'incarico di presidenza dell'Aran ad un dipendente pubblico (che viene collocato in aspettativa o in posizione di fuori ruolo secondo l'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza) ed individuano, come causa di inconferibilità, esclusivamente la titolarità di incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici, la titolarità, nei cinque anni anteriori alla nomina, di cariche in organizzazioni sindacali e l'esistenza di rapporti di carattere professionale o di consulenza con organizzazioni sindacali o politiche.
  Infine, con specifico riguardo alla circostanza che sono dirigenti pubblici anche «i responsabili tecnici che hanno redatto l'atto di indirizzo», rappresento che in base all'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° ottobre 2012, il dipartimento della funzione pubblica è la struttura di supporto al Presidente del Consiglio dei ministri che opera nell'area funzionale relativa al coordinamento e alla verifica delle attività in materia di organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento alle innovazioni dei modelli organizzativi e procedurali finalizzate all'efficienza, efficacia ed economicità, nonché relativa al coordinamento in materia di lavoro nelle pubbliche amministrazioni.
  In particolare e per quanto qui rileva, il dipartimento cura i rapporti con l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni con riguardo al personale contrattualizzato e le relazioni negoziali concernenti il personale delle pubbliche amministrazioni in regime di diritto pubblico.
  Pertanto, la circostanza che i responsabili tecnici, che hanno curato la fase istruttoria dell'atto di indirizzo richiamato, siano dirigenti pubblici è da ascrivere esclusivamente all'organizzazione del dipartimento della funzione pubblica ed alle attività ad esso istituzionalmente demandate.
  Aggiungo che, diversamente da quanto ritenuto dall'interrogante, al personale anche di livello dirigenziale del dipartimento della funzione pubblica non si applicano le previsioni della contrattazione collettiva relativa al comparto delle funzioni centrali, costituendo, come noto, la Presidenza del Consiglio dei ministri un comparto autonomo e distinto da quello delle funzioni centrali.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Giulia Bongiorno.


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalle testate giornalistiche locali, ad Atena Lucana sono stati diagnosticati i primi due casi in Italia di schistosomiasi, malattia tropicale infettiva;

   in particolare, due ragazzi provenienti dal Mali, ospiti di un centro d'accoglienza presente nel comune salernitano, sono stati ricoverati presso l'ospedale di Eboli;

   i due maliani sarebbero arrivati in Italia circa sei mesi fa e la malattia in questione può essere curata in maniera efficace solo con farmaci non disponibili in Italia, che l'ospedale di Eboli ha richiesto alla farmacia dello Stato della Città del Vaticano;

   nel mondo sono stimate circa 240 milioni di persone infette e sono più di 50 i Paesi interessati, soprattutto dell'Africa, dell'Asia e del Sud America;

   da tempo viene denunciata la necessità di porre adeguata attenzione al rischio contagio da malattie infettive legate, in particolare, ai flussi migratori incontrollati che hanno interessato il nostro Paese negli ultimi anni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se siano state adottate tutte le misure caso per proteggere i cittadini e quanti sono impegnati ogni giorno nelle operazioni di sbarco lungo le coste italiane.
(4-00630)

  Risposta. — In relazione ai fatti segnalati dall'interrogante, l'azienda sanitaria locale di Salerno, interessata dalla competente prefettura, ha comunicato che i casi evidenziati risalgono al mese di gennaio 2017 e hanno riguardato due minori stranieri non accompagnati provenienti dal Mali, Amadou Bah, nato il 17 maggio 1999 e Diallo Harouna, nato il 17 marzo 1999, richiedenti asilo e affidati dal comune di Salerno (porto di sbarco) al centro di accoglienza del comune di Atena Lucana.
  A seguito di
screening sanitario, disposto in esecuzione a specifiche circolari del Ministero della salute inerenti al protocollo operativo per la sorveglianza sindromica, i predetti venivano ricoverati presso l'unità operativa complessa malattie infettive del presidio ospedaliero di Eboli, ove si accertava che i due stranieri erano affetti da schistosomiasi, trattata adeguatamente, secondo protocollo, dalla predetta struttura sanitaria.
  Ciò detto in merito agli elementi informativi in possesso di questo Ministero relativi allo specifico caso segnalato nell'interrogazione, si rendono, di seguito, compiute informazioni in relazione al contesto generale in cui il predetto caso si inserisce.
  La schistosomiasi o bilharziosi è una malattia parassitaria causata da elminti trematodi (vermi parassiti) del genere schistosoma, e le diverse specie provocano principalmente patologia a carico dell'intestino (
schistosoma mansoni, schistosoma mekongi, schistosoma intercalatum, schistosoma japonicum) o dell'apparato uro-genitale (schistosoma haematobium).
  La sintomatologia può variare: si può infatti manifestare una forma acuta, con prurito ed eruzione cutanea legata all'ingresso del parassita, seguita, in alcuni soggetti, a distanza di 1-2 mesi dal contatto iniziale, da febbre, dolori muscolari, tosse, eosinofilia.
  Esiste inoltre una forma cronica, legata alla presenza di uova nei tessuti intestinali o urinari.
  A seconda della specie di schistosoma, possono manifestarsi sintomi a carico dell'intestino (ad esempio dolori addominali, fibrosi epatica) o dell'apparato urinario (dall'ematuria – sangue nelle urine – al tumore vescicale).
  L'infezione avviene attraverso l'esposizione ad acque contaminate dalle larve del parassita, generalmente durante i lavori agricoli o domestici, ovvero nel corso di attività ricreative.
  Fra le misure preventive, rivestono particolare importanza l'applicazione di misure igieniche e l'accesso a servizi igienici adeguati e all'acqua potabile.
  Questa malattia non è legata solo alle migrazioni da paesi endemici: l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) segnala, infatti, un aumento dei casi nei turisti di ritorno da viaggi internazionali, con infezioni acute e forme atipiche.
  In Italia, la classe quinta del sistema informativo delle malattie infettive e diffusive, istituito con decreto ministeriale 15 dicembre 1990, include le malattie infettive e diffusive non comprese nelle classi precedenti, i cui dati vengono comunicati annualmente al Ministero della salute.
  In assenza di una lista positiva, le notifiche di schistosomiasi sono frequentemente omesse.
  I dati preliminari di uno studio condotto dalla società italiana di medicina tropicale e salute globale in cinque centri italiani per le malattie infettive nel periodo 2011-2016, mostrano che i casi di schistosomiasi rappresentano oltre il 30 per cento delle malattie tropicali neglette diagnosticate, con una tendenza in crescita.
  In Italia esistono centri specializzati in malattie tropicali per la diagnosi ed il trattamento di queste malattie.
  Il farmaco d'elezione per la schistosomiasi è il «
praziquantel», incluso nella lista dei farmaci essenziali dell'Oms.
  Nel nostro Paese, tale farmaco non viene prodotto, non essendo attrattivo dal punto di vista commerciale per le aziende farmaceutiche italiane.
  Può tuttavia essere importato, seguendo le disposizioni del decreto ministeriale 11 febbraio 1997 e successive modificazioni, che disciplina le modalità per l'importazione di farmaci dall'estero qualora non autorizzati in Italia, ovvero qualora, per ragioni eccezionali, vi sia mancanza di una valida alternativa terapeutica.
  Invero, i tempi dell'importazione possono risultare non compatibili con le necessità terapeutiche.
  Poiché il problema della disponibilità di farmaci riguarda anche altre malattie tropicali neglette, il Ministero della salute, in collaborazione con l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), il centro di collaborazione OMS «Ospedale Sacro Cuore Don Calabria» di Negrar (Verona) e l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP), ha predisposto una bozza di provvedimento da sottoporre alla Conferenza Stato-regioni.
  Tale documento è finalizzato a concordare le modalità operative in base alle quali i farmaci forniti dall'OMS di Ginevra per la cura delle malattie tropicali neglette al centro di collaborazione OMS «Ospedale Sacro Cuore Don Calabria» di Negrar, verrebbero successivamente distribuiti, a titolo gratuito, agli altri ospedali italiani in base alle necessità.
  In particolare, quanto alle attività effettuate dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf) del Ministero della salute, si segnala che i migranti irregolari recuperati in operazioni di ricerca e soccorso («
Search and Rescue» – Sar) vengono sottoposti immediatamente a controllo sanitario.
  I controlli in questione sono volti a verificare la presenza di segni e sintomi sospetti di malattie infettive, che potrebbero rendere necessarie misure sanitarie, dalla semplice sorveglianza sanitaria al ricovero in reparti di malattie infettive, fino al ricovero in centri di riferimento nazionali, con trasferimento in alto biocontenimento.
  Per quanto concerne la gestione sanitaria dei flussi migratori, gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera effettuano i controlli sanitari di competenza all'attracco in porto della nave che ha effettuato il recupero in mare dei migranti.
  In relazione alla tipologia della nave, le operazioni di controllo sanitario possono cominciare già a bordo di questa, oppure essere effettuate in banchina, e consistono nell'esecuzione di un «
triage» generale, con rilevazione della temperatura corporea e verifica delle condizioni cliniche di ciascun migrante.
  Questa modalità consente di stabilire una priorità per lo sbarco in banchina, ovvero, se lo sbarco è già avvenuto, per l'invio al ricovero ospedaliero.
  Nell'anno 2017 i casi sospetti di malattie infettive, di interesse del regolamento sanitario internazionale, sono stati prontamente ed appropriatamente gestiti, così come altre situazioni sanitarie richiedenti immediata attenzione, sia sotto il profilo della sanità pubblica che sotto quello della salute della singola persona.
  Oltre alla disidratazione, alle sindromi febbrili non accompagnate da altri sintomi e alle congiuntiviti, le condizioni osservate nei migranti riguardano frequentemente traumatismi, ustioni chimiche, ferite da armi da fuoco e intossicazioni per esposizione a vapori tossici nelle stive; i controlli sanitari all'arrivo hanno evidenziato anche: cardiopatie, diabete, affezioni neurologiche, esiti traumatici e psichiatrici, connessi a torture e violenze intenzionali, subite o nel Paese di origine o nel percorso migratorio, oltre a condizioni fisiologiche quali lo stato di gravidanza.
  Al primo posto, tra le condizioni osservate all'arrivo, permangono le parassitosi cutanee, quali scabbia e pediculosi, legate alle condizioni disagiate di vita ed alla promiscuità, sia nei luoghi di partenza che durante il viaggio; tali condizioni non comportano un reale rischio di contagio, in quanto facilmente e prontamente controllabili con semplici misure di profilassi e di terapia.
  La diagnosi di schistosomiasi si basa su
test sierologici o sulla ricerca delle uova dei parassiti nelle feci o nelle urine, o su esami anche più complessi, quali la biopsia vescicale, che è possibile effettuare una volta che i migranti siano stati distribuiti nelle strutture di accoglienza, sulla base dei segni e dei sintomi che inducano al sospetto di tale parassitosi, ad opera delle strutture del Servizio sanitario nazionale, come è avvenuto nel caso di Eboli.
La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011 la compagnia dei carabinieri del Rione Traiano della città di Napoli è stata spostata nella nuova sede di Bagnoli;

   tale spostamento ha penalizzato il quartiere di Soccavo che, non avendo un presidio di P.S., ha subìto un grave danno dal punto di vista del controllo del territorio, afflitto da fenomeni di criminalità e microcriminalità. Da organi di stampa si appende infatti che numerose sono le «stese» da parte di uomini legati alla camorra: da ultimo, nel mese di settembre 2018, due colpi di pistola hanno infranto i vetri di un'abitazione in via Nerva;

   presso il centro polifunzionale di Soccavo era stato avviato il progetto per la realizzazione di una tenenza dei carabinieri, provvista di tutti i servizi e accessori necessari come le celle per la detenzione provvisoria, ma, da circa tre anni, i lavori sembrerebbero paralizzati con conseguente stato di abbandono della struttura;

   durante la seduta consiliare del mese di maggio 2018, i consiglieri comunali avrebbero sollevato la questione chiedendo, in particolare, al sindaco di Napoli di attivarsi per conoscere lo stato dell'arte della tenenza dei carabinieri. Ad oggi, però, nessuna azione concreta sarebbe stata posta in essere;

   a parere dell'interrogante, l'istituzione della tenenza a Soccavo sarebbe di grande aiuto per la sicurezza dei cittadini, tenendo presente che il predetto quartiere non possiede alcun posto di polizia di Stato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per approfondire lo stato dei lavori della tenenza dei carabinieri di Soccavo e per individuare le cause del ritardo nell'ultimazione dell'opera.
(4-01650)

  Risposta. — L'Arma dei Carabinieri ha avviato un piano di riconfigurazione del dispositivo territoriale con l'obiettivo di assicurare la capillare distribuzione dei presìdi e attraverso un'analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale/logistico, in piena sintonia con le altre Forze di polizia e d'intesa con gli orientamenti dei prefetti.
  Al riguardo, allo scopo di razionalizzare la presenza dei propri reparti nella città di Napoli, nonché nell'ambito di un programma di interventi infrastrutturali avviato nel 2004, l'Arma dei carabinieri ha deciso di trasferire i comandi compagnia Carabinieri di Napoli rione Traiano e la stazione carabinieri di Napoli Bagnoli presso la caserma «Battisti», nel quartiere di Bagnoli.
  Fatta questa premessa, rispondendo allo specifico quesito posto dall'interrogante, il comando generale dell'Arma dei carabinieri ha riferito che:

   la stazione carabinieri di Napoli rione Traiano occupa, dal 1972, uno stabile di proprietà privata – per il quale il Ministero dell'interno corrisponde un canone annuo di euro 114.588.50 – in buono stato d'uso e privo di alloggi di servizio;

   a seguito di una proposta avanzata nel 2003 dall'Amministrazione comunale, era stata stabilita la dislocazione della stazione carabinieri di Napoli rione Traiano in una nuova sede presso il centro polifunzionale di Soccavo – in fase di realizzazione – i cui locali (comprensivi di 8 alloggi di servizio) sarebbero stati ceduti in locazione al canone annuo di euro 89.380;

   nel giugno 2012, a causa del mancato pagamento della stato di avanzamento dei lavori alla ditta esecutrice e alla mancata nomina di un nuovo direttore dei lavori, la realizzazione dell'opera è stata interrotta e, successivamente, proseguita nel marzo 2013;

   nel febbraio 2018, il comando interregionale carabinieri «Ogaden» ha comunicato il termine dei lavori, precisando di avere interessato il comune di Napoli in merito a infiltrazioni d'acqua piovana: nell'immobile;

   nel marzo 2018, lo stabile è stato consegnato dalla ditta all'amministrazione comunale che ha affidato i lavori per l'adeguamento della struttura alla normativa antincendio e per la riparazione delle suddette infiltrazioni;

   nel luglio 2018, l'Agenzia del demanio ha rilasciato il «nulla osta» alla stipula del contratto di locazione, al canone concordato di euro 89.380, previa l'acquisizione del certificato di prevenzione incendi per l'autorimessa;

   il 10 dicembre 2018, il Ministero dell'interno ha autorizzato la stipula del contratto, subordinando l'occupazione alla riconsegna dell'attuale sede, in modo da evitare indebite sovrapposizioni di canoni;

   al riguardo, lo scorso mese di dicembre è stato incaricato un ufficiale dell'Arma quale responsabile per la presa in consegna dell'immobile da parte dell'ente proprietario.

  Infine, l'ipotesi di elevare la stazione carabinieri di Napoli rione Traiano a comando di tenenza è stata al momento accantonata a causa della carenza di risorse. Tuttavia, per contribuire ad una maggiore operatività sul territorio, non appena il reparto in questione sarà collocato nella nuova sede, è stato determinato di potenziarne le capacità con 6 unità di rinforzo, nella considerazione che le stazioni sono e restano tra le più concrete e immediate espressioni di vicinanza ai cittadini.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   CONTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i registri dei tumori sono uno strumento indispensabile per capire il fenomeno delle neoplasie, per individuarne diffusione e tipologie sui territori, per misurarne incidenze e mortalità, per meglio strutturare la conoscenza, la prevenzione, la cura della malattia;

   i registri raccolgono e annotano tutti i tumori incidenti su una zona, organizzando le informazioni per tipologie, classi di età, e altre informazioni statistiche utili allo studio dei fenomeni, alle correlazioni e alle strategie di prevenzione;

   il piano oncologico nazionale 2011-2013, approvato dopo lunga attesa, ha fissato tra gli obiettivi strategici proprio la maggiore copertura territoriale dei registri dei tumori;

   l'ultimo rapporto dell'Istat sul benessere equo e sostenibile nelle province italiane segnala dati negativi su decessi per tumore e speranza di vita alla nascita per i residenti sul territorio regionale campano. In Italia l'aspettativa di vita si attesta a 82,8 anni. Nella provincia di Caserta il dato si abbassa di tre anni e mezzo, mentre nella città metropolitana di Napoli si ferma a 80,7; la Campania è la regione dove si vive meno a lungo: 81,1 anni, anche perché essa è la regione italiana con il maggior tasso di mortalità per tumori, 10,7 ogni 10 mila abitanti;

   a fronte di questi dati, i registri dei tumori sul territorio regionale campano risultato fermi da anni; a Napoli l'ultimo aggiornamento risale a cinque anni fa. A Salerno e provincia i dati sono fermi addirittura al 2009;

   si tratta di aree che negli anni scorsi hanno registrato sistematicamente una incidenza tumorale superiore a quella nazionale, anche in correlazione ad aree geografiche dove i roghi di rifiuti tossici, le discariche abusive, i tanti impianti per il trattamento dei rifiuti non sempre a norma, con i grossi interessi nel settore della criminalità organizzata, hanno rappresentato fattori di rischio ambientale;

   non a caso le mappe del rischio neoplastico dell'ultima pubblicazione dell'asl di Salerno risalente ai dati 2008-2009 segnalano la presenza di un maggiore rischio di tumore in alcuni distretti (in particolare Salerno, Nocera Inferiore, Sarno-Pagani, Mercato San Severino e Battipaglia), dove vi sono maggiori insediamenti industriali e per il trattamento dei rifiuti;

   nell'area di Battipaglia, in particolare, si registra grande preoccupazione: in meno di 7 chilometri, tra Eboli e Battipaglia, si è strutturata un'area industriale per il trattamento dei rifiuti composta da 20 impianti privati, capaci di trattare 2,5 milioni di tonnellate l'anno, e due impianti pubblici che trattano 114 mila tonnellate l'anno di frazione organica, che si aggiungono a impianti dismessi mai bonificati;

   la differenza territoriale più evidente riguarda le neoplasie del fegato: un maggiore rischio di contrarre un tumore epatico nei distretti di Angri-Scafati, Sarno-Pagani e Mercato San Severino, Battipaglia rispetto al resto della provincia e in particolare al distretto di Sala Consilina-Polla;

   la sanità in Campania è commissariata; il commissariamento è stato disposto per la prima volta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, con deliberazione del 28 luglio 2009, per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo, siglato il 13 marzo 2007; a tale intervento sostitutivo hanno fatto seguito le successive nomine commissariali avvenute con varie delibere della Presidenza del Consiglio dei ministri fino a quella vigente –:

   se intenda adottare iniziative, nell'ambito delle sue competenze e in sinergia con gli altri soggetti istituzionali coinvolti, per assicurare il funzionamento dei registri dei tumori, in particolare quello di Salerno, promuovendo su tale territorio anche una indagine epidemiologica rispetto all'incidenza dei tumori, soprattutto nelle aree dove sono insediati numerosi impianti di trattamento dei rifiuti.
(4-01163)

  Risposta. — In merito alla problematica delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, l'Istituto superiore di sanità ha segnalato quanto segue.
  I registri tumori di popolazione sono la più accreditata fonte informativa di dati di incidenza e raccolgono informazioni su tutte le nuove diagnosi di tumore che si verificano tra i residenti di un determinato territorio.
  Il registro tumori della provincia di Salerno è stato istituito con deliberazione di Giunta provinciale n. 4093 del 27 novembre 1996, e il 26 luglio 2004 è stato accreditato dall'Associazione italiana dei registri tumori (Airtum).
  L'accreditamento sancisce la validità e la completezza delle informazioni prodotte dal registro e ne garantisce la confrontabilità a livello nazionale e internazionale.
  I dati del registro di Salerno sono inclusi nella banca dati Airtum, che costituisce l'archivio nazionale dei registri tumori accreditati.
  Il confronto dell'incidenza per tumore nella provincia di Salerno con le aree italiane coperte da registrazione mostra che, in generale, il rischio oncologico è significativamente inferiore rispetto alla media nazionale e in linea con i valori riscontrati nelle regioni meridionali per il complesso di tutti i tumori e per i tumori più frequenti, quali colon-retto, polmone, mammella e prostata.
  Per il tumore del fegato i tassi standardizzati di incidenza nella provincia di Salerno sono inferiori alla media del sud ed equivalenti al dato nazionale, sia per gli uomini (18.4 per 100,000) che per le donne (5.6 per 100,000).
  
Il confronto a livello comunale è disponibile nel rapporto pubblicato dal registro tumori di Salerno, «I tumori in provincia di Salerno-Anni 2008-2009» (www.aslsalerno.it/documents/11004/661670/Pubblicazione_RTSalerno_2008-2009.pdf ), in cui sono presentate le mappe del rischio neoplastico per comune di residenza in rapporto alla media provinciale.
  I distretti collocati a nord (Salerno, Nocera Inferiore, Sarno-Pagani, Mercato San Severino e Battipaglia) presentano livelli di incidenza più elevati della media provinciale per tumori frequenti (polmone, in particolare nelle donne, mammella, prostata) e per il tumore del fegato.
  Le differenze territoriali riscontrate sono compatibili con il diverso grado di urbanizzazione che caratterizza il territorio provinciale.
  I comuni compresi nella fascia di territorio che va dall'agro Nocerino-Sarnese a nord fino a Pontecagnano e Battipaglia a sud, infatti, sono quelli caratterizzati dal più elevato grado di urbanizzazione della provincia, comprendendo in soli 21 comuni oltre il 50 per cento della popolazione provinciale complessiva (1,100,000 circa).
  I tassi di incidenza per il tumore del fegato dell'area nord risultano sovrapponibili con quelli registrati nel territorio della confinante Azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud, dove è attivo il registro tumori di Napoli, e sono in buona parte ascrivibili ad una più elevata prevalenza di epatiti croniche, infezioni che costituiscono la causa principale della diffusione dell'epatocarcinoma nel mondo.
  In merito al funzionamento del registro tumori di Salerno, l'Istituto superiore di sanità ha inteso precisare che l'attività di registrazione è ad oggi in corso, e che l'ultimo aggiornamento dei dati al 2008-2012 è stato di recente completato e trasmesso in regione per la prossima pubblicazione del rapporto sull'incidenza dei tumori in Campania.
  Detto rapporto integrerà in un unico volume i contributi di tutti i registri accreditati presenti in regione e consentirà di valutare i profili di rischio con dati maggiormente aggiornati.
  

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   DADONE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada), prevede al fine di agevolare la mobilità delle persone invalide che: «Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione impedita, o sensibilmente ridotta; il comune rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento sanitario»;

   l'interpretazione delle parole: «con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» deve intendersi nella sua accezione più espansiva, come più volte sottolineato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (nel parere n. 2242 del 14 maggio 2015; nella nota del dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, n. 1567 del 11 marzo 2016); sull'argomento è anche intervenuta il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, con la risposta all'interrogazione n. 4-18261, in cui ha affermato: «il contrassegno potrebbe essere rilasciato a persone, come il disabile psichico, autistico, che teoricamente non presentano problemi di deambulazione, ma che proprio a causa della loro specifica patologia, non possono essere considerate autonome nel rapporto con la mobilità»;

   all'interrogante risulta che, nonostante questa costante linea interpretativa, l'applicazione della norma – in particolare da parte delle aziende sanitarie competenti a certificare il diritto all'autorizzazione – non sia omogenea sul territorio nazionale e conforme a tale interpretazione. In diverse occasioni, infatti, ne sarebbe stata preferita una più restrittiva dell'articolo 381 con particolare riferimento a cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, anche gravi;

   al fine di garantire che a queste persone venga riconosciuto il diritto al contrassegno speciale e al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e/giudizio da parte delle aziende sanitarie competenti, a parere dell'interrogante, si rende necessario l'intervento del Governo;

   inoltre, con particolare riferimento a cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, anche gravi (come riportato da un appello apparso pochi giorni fa su alcune testate giornalistiche), potrebbe alleviare la vita dei malati e dei loro accompagnatori munirli di un'autorizzazione, o misura equivalente, per evitare lunghe attese in coda ed alleviare il conseguente grave disagio;

   questa autorizzazione, o altra misura equivalente, potrebbe essere adottata in primo luogo con riferimento agli enti pubblici e para-pubblici ed essere consigliata/raccomandata per le attività private –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche eventualmente emanando una circolare o una specifica nota interpretativa, al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e di giudizio sull'intero territorio nazionale in relazione a quanto esposto in premessa e di garantire che alle persone con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico sia riconosciuto il diritto al contrassegno speciale di cui all'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche eventualmente emanando una circolare o una specifica nota interpretativa, al fine di poter prevedere il rilascio di un'autorizzazione, o misura equivalente, per i cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, come evidenziato in premessa.
(4-01148)

  Risposta. — In merito alla questione delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ricordato che il comma 2 dell'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1982, n. 495 (regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada) prevede che: «Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotte, il comune rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento sanitario».
  L'interpretazione delle parole «con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» deve intendersi nella sua accezione più espansiva, come più volte sottolineato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad esempio con il parere n. 2242 del 14 maggio 2015, nel quale è stato evidenziato che: «il contrassegno potrebbe essere rilasciato a persone, come il disabile psichico, che teoricamente non presentano problemi di deambulazione, ma che proprio a causa della loro specifica patologia, non possono essere considerate autonome nel rapporto con la mobilità e la strada e necessitano comunque della mediazione di terze persone che le accompagnano e gestiscono i loro spostamenti».
  Nel medesimo parere è stato evidenziato che: «sarà solo l'ufficio medico legale di appartenenza del disabile che, per propria competenza e sotto la propria responsabilità, potrà determinare e certificare, secondo scienza e coscienza, il diritto all'autorizzazione valida su tutto il territorio europeo».
  Inoltre, nel parere viene precisato che: «il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non possa entrare nel merito di una attività resa in ambito sanitario, la quale ha come effetto solamente secondario il rilascio di un titolo la cui attinenza col settore del trasporto è limitata al modo di esercitare il diritto connesso previsto nel Regolamento».
  Pertanto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiarito che ha diritto ad ottenere il rilascio del contrassegno invalidi per l'automobile non solo chi ha patologie fisiche relative al movimento, ma anche chi soffre di altre patologie invalidanti, quale per esempio l'autismo o altri disturbi intellettivi.
  In tema di rilascio del contrassegno per il parcheggio invalidi, il Ministero della salute intende rammentare che è compito del medico dell'Asl competente per territorio accertare se l'handicap che affligge il cittadino sia meritevole del rilascio o meno del contrassegno invalidi.
  Solo il medico competente può stabilire se il richiedente, qualora affetto da patologie teoricamente non limitative del movimento, ma che attengono solo a patologie mentali, possa ugualmente essere accreditato per il rilascio del contrassegno per il parcheggio invalidi.
  Infatti, sebbene questo certificato sia tradizionalmente collegato ad una limitata capacità a deambulare, la normativa è molto più generica e non fa riferimento solo a problematiche di carattere fisico.
  Possono quindi essere contemplati disturbi di tipo mentale e lo stesso autismo, in quanto patologie che, in effetti, possono impedire al soggetto una autonoma mobilità in sicurezza.
  Peraltro, in considerazione delle autonomie regionali e della professionalità dei sanitari che certificano, una specifica circolare potrebbe risultare inefficace per assicurare un'uniformità d'interpretazione di giudizio sull'intero territorio nazionale.
  Si coglie l'occasione per segnalare che il Ministero della salute, nell'ambito delle attività finalizzate all'attuazione del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 «Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità», ha ritenuto opportuno costituire una rete di referenti regionali competenti in tema di disabilità e in grado di raccordarsi con le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 13 ottobre 1990, n. 295.
  Questa iniziativa potrà favorire il confronto in merito alle procedure regionali in tema di concessione dell'invalidità civile e dei benefici della legge n. 104 del 1992 e facilitare un'uniformità d'interpretazione della norma sullo specifico tema della concessione del contrassegno invalidi.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   DEL SESTO, CILLIS, GALLINELLA, GAGNARLI, CADEDDU, MAGLIONE, LOMBARDO e ALBERTO MANCA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   fino ad una decina di anni fa, la Campania vantava oltre il 50 per cento della produzione nazionale di castagne. Dal suo territorio proveniva il 10 per cento di quella mondiale e il 20 per cento del prodotto trasformato dall'industria alimentare;

   la filiera castanicola dell'alto Casertano – e dell'areale vulcanico di Roccamonfina, in particolare – ha rappresentato una delle realtà più importanti del distretto castanicolo europeo per volumi prodotti, per qualità e per fatturato in rapporto all'estensione territoriale. In questo areale, dove la castanicoltura è documentata già a partire dal secolo XV, venivano raccolti circa 120 mila quintali di castagne con una produzione lorda vendibile pari a circa 20 milioni di euro;

   tra le diverse cultivar prodotte spicca, senz'altro, la «Tempestiva», una varietà autoctona caratterizzata da eccezionali proprietà organolettiche ed unica nel suo genere, in quanto si tratta della prima castagna che viene raccolta in Europa già ai primi di settembre;

   dal 2008, è iniziato un netto calo della produzione, a causa della massiccia infestazione delle superfici da parte del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu), un imenottero originario della Cina, contro il quale è stata messa in campo una lotta biologica attraverso l'utilizzo di un antagonista naturale (il parassitoide Torymus sinensis);

   ciò nonostante, i dati degli ultimi anni sono davvero allarmanti: per le annate 2012, 2014 e 2016, a causa di un calo medio del 90 per cento è stato, infatti, dichiarato per tre volte lo stato di calamità naturale. Anche il calo previsto per il 2018 appare superiore al 90 per cento;

   il cinipide, infatti, ha determinato danni irreversibili, con perdite rilevanti per quanto riguarda la produzione dei frutti e agli accrescimenti legnosi, a seguito del forte depauperamento delle strutture vegetative della pianta, oltre ad ingenerare uno stato di stress che ha predisposto il castagno all'attacco di altre malattie endemiche e non (mal dell'inchiostro, cancro corticale, cydia intermedia e precoce, marciume delle castagne, e altro);

   inoltre, condizioni climatiche avverse e sempre più frequenti – come gelate tardive primaverili ed abbondanti piogge durante la fioritura – hanno spesso causato notevoli riduzioni del raccolto;

   al danno socio-economico rischia di aggiungersi, nei prossimi anni, anche quello ambientale ed idrogeologico. Si sta già assistendo, infatti, all'abbandono di centinaia di ettari di castagneti, in particolare quelli caratterizzati dall'eccessiva acclività, dove le operazioni colturali non sono meccanizzabili e implicano maggiori spese di gestione, con interi costoni di montagna che non vengono più manutenuti. Pertanto, la mancata pulizia del sottobosco e dei canali di scolo delle acque meteoriche, che ha sempre garantito non solo una barriera contro gli incendi ma anche una corretta gestione idrogeologica di vaste aree montane, potrebbe non costituire più un argine per combustioni, frane e dissesti;

   le numerose aziende agricole impegnate nella produzione e quelle agroindustriali di trasformazione, in questi ultimi anni, stanno continuando a subire un considerevole danno economico, che potrebbero non superare se le condizioni complessive della filiera non miglioreranno e se non vi saranno interventi strutturali ed organici di sostegno;

   è seriamente a rischio un pezzo della storia agroindustriale della regione, un pezzo di cultura agricola, un modo di vivere e gestire la montagna –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di sostenere e agevolare la ripresa del settore castanicolo nazionale, e della regione Campania in particolare, indispensabile per la sopravvivenza delle aziende impegnate nella produzione e dei numerosi addetti dell'indotto, nonché per garantire la continuità della tutela del paesaggio, visto il prezioso ruolo di presidio e conservazione del territorio svolto dalla coltivazione dei castagni.
(4-01327)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo n. 4-01327 del deputato Del Sesto e altri, relativo alla critica situazione del settore castanicolo nel territorio dell'alto casertano e dell'areale vulcanico di Roccamonfina in particolare, dovuta alla diffusione del cinipide del castagno.
  Il ritrovamento sul territorio dell'Unione europea dei primi focolai del cinipide del castagno (
Dryocosmus kuriphilus) ha sollevato, fin da subito, preoccupazioni per le conseguenti ricadute sull'ambiente e sul comparto produttivo.
  Per cercare di arginare tale problematica, con la decisione della Commissione 2006/464/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto ministeriale 30 ottobre 2007, l'organismo nocivo in parola è stato oggetto di misure d'emergenza temporanee volte ad impedirne l'introduzione e la diffusione.
  A distanza di oltre dieci anni dall'ingresso del cinipide del castagno in Europa, preso atto dell'ormai ampia diffusione in gran parte del territorio dell'Unione europea, il Comitato fitosanitario permanente (Ue) ha ritenuto non più efficaci e necessarie le misure introdotte con la predetta disposizione europea, poi abrogata con la decisione 2014/690/UE del 30 settembre 2014.
  A partire da tale data, il
Dryocosmus kuriphilus non rientra più tra gli organismi nocivi considerati da quarantena.
  Questo Ministero, per far fronte alla crisi della filiera castanicola nazionale, nel 2010 ha istituito il «Tavolo del settore castanicolo», i cui lavori hanno portato alla predisposizione del piano castanicolo nazionale, approvato nello stesso anno, contenente specifici interventi di lotta biologica al
Dryocosmus kuriphilus mediante l'introduzione del Torymus sinensis, un antagonista naturale dell'organismo nocivo in parola.
  L'applicazione del citato piano di settore si è rivelata di grande efficacia nella lotta contro il cinipide, dal momento che l'impiego dei metodi di contrasto in esso previsti, nonostante i lunghi tempi necessari per l'attuazione e l'efficacia, hanno già dimostrato una rilevante diminuzione dell'infestazione.
  Anche la regione Campania, interpellata informalmente sulla situazione, ha confermato che la forte riduzione produttiva è dovuta, non tanto all'infestazione del cinipide (che risulta molto regredita e, in alcune aree, del tutto scomparsa), quanto all'infezione del cosiddetto «marciume nero» provocata dal fungo
Gnomoniopsis pascoe.
  Trattandosi pertanto di patogeno non soggetto a lotta obbligatoria o ad obblighi di quarantena, non è possibile attivare gli interventi compensativi del Fondo di solidarietà nazionale.
  Nel sistema castagneto si è constatata, soprattutto a causa dell'infestazione di cinipide, una forte recrudescenza di vecchie malattie come il mal dell'inchiostro e nuovi danni da cancro corticale, segno di una castanicoltura indebolita in tutti i suoi aspetti.
  Infatti, dovendo intervenire in emergenza contro il cinipide con sistemi di lotta biologica, ci si è trovati nella condizione di non riuscire a tenere sotto controllo, per un periodo piuttosto lungo, tutti gli altri aspetti della castanicoltura e della difesa e a dover concentrare le risorse finanziarie – 1.400.000 euro del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo – in due progetti a livello nazionale (Lobiocin e Bioinfocast), solo ed esclusivamente sul cinipide.
  I danni da insetti «tradizionali» nemici del castagno sono ancora ingenti e dal momento che il rischio aumenta in assenza di una copertura integrale del territorio con reti di monitoraggio che possano almeno dare indicazioni sul rischio di infestazione annuale, è, quindi, opportuno investire nelle reti di monitoraggio per la difesa che, in taluni recenti progetti regionali, si sono dimostrate efficaci e poco costose.
  Il Piano di settore castanicolo è scaduto a dicembre 2013 ed è quasi terminata la sua revisione, scaturita dalla necessità di fare il punto della situazione sugli aspetti ritenuti all'epoca più rilevanti, nonché verificare la possibilità di aggiornare lo stato dell'arte e riconsiderare la validità delle azioni proposte, molte delle quali scarsamente applicate sul territorio nazionale, eccezion fatta per la lotta al cinipide nei castagneti da frutto.
  Appare quindi prioritario, dopo l'approvazione del Piano di settore castanicolo. predisporre una programmazione a medio e lungo termine con investimenti mirati nella ricerca, sotto una regia nazionale – Tavolo di filiera castanicolo – attraverso progettualità operative sui territori castanicoli nazionali, che forniscano le risposte tecniche richieste per il rilancio del settore.
  Si rende, inoltre, necessario far presente che la riforma della PAC, le misure o i sottoprogrammi specifici per la castanicoltura da frutto che dovranno essere previsti nei programmi di sviluppo rurale delle regioni, costituiscono concrete opportunità di sostegno per il settore e, quindi, la regione Campania, nell'ambito del proprio programma di sviluppo rurale, può attivare la misura del ripristino del potenziale produttivo, con la quale finanziare interventi finalizzati al risanamento ed alla ripresa produttiva dei castagneti.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo: Gian Marco Centinaio.


   DIENI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal Corriere della Calabria, il 12 maggio 2018, verso le 16, dopo un violento piovasco, una escursionista, mentre stava scendendo dalla cima del Panno Bianco, seconda cima del Monte Sellaro, nel Parco nazionale del Pollino, nel comune di Cerchiara di Calabria, a causa di un mancato appiglio, scivolava ruzzolando giù per venticinque metri lungo la parete rocciosa fermandosi miracolosamente in un sottostante canalino in parete, appena prima di precipitare per altri 30 metri;

   immediatamente i compagni di escursione, tutti della provincia di Catanzaro, davano l'allarme alla centrale operativa del 118 di Cosenza, la quale girava la chiamata alla stazione del Pollino del Soccorso alpino Calabria;

   il Soccorso alpino, per velocizzare l'intervento, richiedeva al 118 l'intervento dell'elisoccorso così da imbarcare i tecnici del Soccorso alpino presso la piazzola a Cerchiara e sbarcarli direttamente in quota (sulla sella tra la cima del Monte Sellaro e la cima del Panno Bianco) in modo da risparmiare il tempo necessario per percorrere (con tutto il materiale tecnico, barella, corde e altro) i 400 metri di dislivello su sentiero per raggiungere la ferita;

   sebbene in un primo momento sembrasse che la missione dell'elisoccorso fosse stata confermata, gli otto uomini del Soccorso alpino già in piazzola in attesa dell'elicottero in virtù di una successiva comunicazione negativa della centrale 118 hanno dovuto raggiungere l'attacco del sentiero e percorrere a piedi l'itinerario sino al Panno Bianco;

   giunti sul posto, i soccorritori si rendevano subito conto che il canalino in cui si era fermata dopo la caduta l'escursionista era a forma di imbuto, per giunta contornato da materiale roccioso instabile e che non sarebbe stato facile immobilizzare e imbarellare la ferita, operazione che ha richiesto tutta la professionalità dei tecnici del Soccorso alpino;

   una volta imbarellata, la donna veniva dapprima calata in parete accompagnata da due operatori e, successivamente, alla base del canalino, veniva trasportata a spalle con tecnica «portantina», con una decina di ripresa di ancoraggi, sino al Santuario della Madonna delle armi ove ad attenderla vi era una ambulanza medicalizzata del 118;

   la regione Calabria è una delle pochissime ad avere l'elisoccorso con ben quattro elicotteri in configurazione Hems (elicottero medicalizzato che effettua missioni con atterraggi o nei campi sportivi o in ampie piazzole e spazi); per permettere all'elisoccorso di intervenire anche in ambienti impervi o in montagna è necessario che la configurazione sia in Sar (soccorso e ricerca) con la possibilità di utilizzare il verricello senza atterrare così anche da poter trasportare gli uomini del Soccorso alpino per effettuare gli interventi sanitari su richiesta del 118 in ogni luogo ove ci sia la necessità, così come avviene praticamente in tutta Italia;

   il diniego di imbarcare il personale del soccorso alpino sull'elisoccorso crea il paradosso che la centrale del 118 chieda al Soccorso alpino di intervenire per portare soccorso ad un paziente, ma poi nega il mezzo aereo;

   sarebbe inoltre avvenuto in passato che il recupero di un ferito fosse effettuato con elicotteri non sanitari proprio su richiesta del 118 e che poi il paziente venisse imbarcato dall'elisoccorso 118 magari al campo sportivo più vicino, nonostante l'Enac vieti agli elicotteri non sanitari di imbarcare persone traumatizzate –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quale impedimento di tipo normativo non consenta agli uomini del Soccorso alpino di accedere ai mezzi di elisoccorso e se non ritenga di mettere in atto iniziative, per quanto di propria competenza, visto il pericolo per la vita e la salute dei cittadini che tali limiti rischiano di produrre, per rimuovere ogni ostacolo, a iniziare da quelli descritti, che consenta una piena sinergia tra i soccorritori medici e il Soccorso alpino.
(4-00291)

  Risposta. — L'accordo sancito in Conferenza Stato-regioni in data 3 febbraio 2005, definisce le «linee guida per l'organizzazione dei servizi di soccorso sanitario con elicottero»: nel rispetto di tali determinazioni, la centrale operativa 118 di Cosenza dispone di elicotteri con assetti Hems (Helicopter Emergency Medical Service), con lo scopo di facilitare l'assistenza sanitaria in emergenza garantendo il trasporto immediato di personale sanitario e equipaggiamento sanitario, persone malate o infortunate e attrezzature, sangue, organi, farmaci.
  Tali elicotteri non prevedono l'assetto SAR
(Search and Rescue), assetto indispensabile per garantire il soccorso sanitario in ambiente ostile.
  Le attività Hems in Italia sono disciplinate dal regolamento dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) «Norme operative per il servigio medico di emergenza con elicotteri» e dalla relativa circolare applicativa Enac OPV-18 A del 9 ottobre 2008, che applica a questa tipologia di intervento i requisiti al momento più elevati nell'ambito dell'Unione europea, allo scopo di tutelare i passeggeri trasportati, l'equipaggio di condotta, il personale sanitario, nonché i terzi (soccorritori, accompagnatori) a terra.
  La suddetta circolare, in accordo con quanto stabilito dal codice di navigazione, definisce l'esclusiva responsabilità del comandante dell'elicottero, a cui spetta l'insindacabile decisione, relativamente alla valutazione sulla possibilità di effettuare ciascuna missione nel rispetto delle condizioni di sicurezza.
  Infatti, l'esperienza acquisita nelle operazioni Hems evidenzia tra le cause di molti incidenti la non osservanza dei limiti contenuti negli specifici regolamenti, nel tentativo di risolvere un'emergenza medica di particolare gravità.
  Pur considerando che la richiesta di soccorso in emergenza costituisce una potente motivazione nell'iniziare e portare a termine una missione, anche in condizioni «
borderline», è necessario ricordare che la regolamentazione Hems ha lo scopo di contenere il rischio in tale tipo di operazioni.
  Pertanto, al fine di garantire gli interventi di soccorso sanitario in ambiente ostile, diventa necessario e indispensabile predisporre, a livello regionale, appositi protocolli con altri enti ed istituzioni dello Stato, nello specifico il soccorso alpino e speleologico, fermo restando l'esclusiva competenza della centrale operativa 118 nel gestire unilateralmente l'impiego delle eliambulanze in funzione dei propri compiti istituzionali.
  Tali protocolli devono esplicitare, tra l'altro, le condizioni tecnico operative, le modalità di attivazione dei mezzi di soccorso aerei e terrestri ed i responsabili dell'applicazione dei protocolli stessi, nonché i rapporti con i vari enti che forniscono il personale esperto di soccorso per le operazioni da effettuare.
  Nel caso segnalato nell'interrogazione parlamentare in esame, la regione Calabria ha reso noto di aver provveduto ad avviare iniziative di miglioramento del servizio, attraverso la definizione di specifici protocolli operativi condivisi tra il servizio 118 e il soccorso alpino: al riguardo, questo Ministero ha già provveduto a segnalare alla regione stessa la necessità che detti protocolli operativi tra il servizio di emergenza territoriale 118 e il soccorso alpino siano elaborati in modo dettagliato e risultino atti a definire in modo esplicito le modalità di intervento e gli ambiti di competenza e responsabilità di ciascuno dei due enti interessati; al contempo, è indispensabile che risultino chiaramente delineati i criteri operativi attraverso i quali si esplica la sinergia di intervento tra detti enti nelle missioni di soccorso.
  Riguardo all'incidente verificatosi, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Cosenza ha segnalato quanto segue.
  In data 12 maggio 2018, alle ore 16.24, alla centrale operativa 118 di Cosenza giungeva una telefonata di richiesta di soccorso per una donna infortunata presso Monte Sellaro di Cerchiara di Calabria.
  Nella telefonata si riferiva di una paziente cosciente, che respirava bene.
  Si inviava immediatamente una ambulanza medicalizzata in codice rosso.
  In base a protocollo specifico per gli incidenti di montagna, la centrale operativa 118 di Cosenza contattava telefonicamente il soccorso alpino per il recupero della paziente.
  In tale telefonata l'operatore del soccorso alpino chiedeva l'elicottero sanitario per il trasporto della squadra di recupero (8 persone) dal campo sportivo di Cerchiara di Calabria in quota, a metri 1.400 circa, onde accorciare i tempi necessari a raggiungere la paziente.
  La centrale operativa di Cosenza chiedeva al pilota la fattibilità dell'intervento e, per meglio chiarire le procedure di recupero, metteva in comunicazione telefonica il pilota in turno presso la base di elisoccorso di Cosenza e il soccorso alpino, il quale avanzava la formale richiesta di trasporto della squadra di recupero da Cerchiara al punto di arrivo.

  Il pilota si riservava di rispondere dopo consultazione per l'autorizzazione al trasporto con i vertici operativi dell'Elitaliana.
  Dopo qualche minuto il pilota dell'elisoccorso di Cosenza ricontattava la centrale operativa 118 riferendo di non avere ottenuto l'autorizzazione al trasporto di personale estraneo al servizio di elisoccorso.
  Pertanto, la paziente veniva soccorsa dall'ambulanza medicalizzata del 118 presso il Santuario Madonna delle Armi di Cerchiara di Calabria.
  L'Enac, per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha precisato, in merito all'evento descritto, che il comandante della base di elisoccorso di Cosenza aveva segnalato al soccorso alpino Calabria che la configurazione sanitaria del velivolo è di tre posti passeggeri e che, comunque, il personale da elitrasportare avrebbe dovuto essere formato secondo gli
standard di sicurezza della compagnia Elitaliana s.r.l., accettati dall'autorità aeronautica (Enac).
  Al riguardo, in data 29 maggio 2018, il sistema emergenza urgenza 118 – coordinamento regionale – servizio di elisoccorso ha richiesto alla compagnia Elitaliana s.r.l. di sottoporre ad addestramento 16 operatori del corpo nazionale soccorso alpino e speleologico Calabria.
  Nei giorni 25, 26 e 27 luglio 2018 è stato quindi effettuato l'addestramento teorico-pratico di formazione per Hems Expert dei 16 operatori, in base a quanto riportato nel manuale operativo della compagnia, approvato dall'Enac.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2017 (in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 298 del 22 dicembre 2017) il consiglio comunale di Lamezia Terme (Catanzaro) veniva sciolto, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, per infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione politica-amministrativa; con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica veniva nominata una Commissione straordinaria con «le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonché ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche»; al decreto veniva allegata la prodromica relazione del Ministro dell'interno redatta anche sulla scorta degli accertamenti di rito e, in particolare, dell'accesso presso il suddetto comune disposto, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dal prefetto di Catanzaro, con decreto del 6 giugno 2017, successivamente prorogato; in particolare la relazione finale del Ministro, ha evidenziato che, in disparte i «rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell'organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenente alla criminalità organizzata (...) la relazione della commissione d'indagine ha fatto emergere un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell'ente locale che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rivelati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell'attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento»; nell'accertamento prefettizio sono elencate, con minuziosa ricostruzione, le varie pratiche condotte in modo poco ortodosso – fonte del sospetto collusivo e di infiltrazione malavitosa – ma anche le complete generalità dei dirigenti e funzionari del comune di Lamezia Terme che di tali comportamenti e atti amministrativi si sono resi responsabili; a quanto consta all'interrogante tutti i citati dirigenti (tre), all'infuori di uno, ormai in quiescenza, sono ancora regolarmente in servizio nel comune commissariato, anche se dopo doverosa rotazione d'incarichi; tali dirigenti, citati nella relazione prefettizia, riceverebbero ripetutamente attestati di stima e fiducia dalla terna commissariale che affiderebbe loro tutte le attività dirigenziali del comune (sono gli unici dirigenti in servizio), evitando di provvedere alla loro rimozione o, almeno, all'integrazione, consentita dalla legislazione vigente, dei quadri dirigenziali comunali con altri dirigenti di designazione provvisoria e prefettizia; tale situazione determina la totale assenza di servizi indispensabili per la città, atteso che i citati dirigenti a quanto risulta all'interrogante manterrebbero non atteggiamenti collaborativi e propositivi di fronte alle richieste dei singoli cittadini, bensì posizioni di chiusura totale e assoluta rispetto anche alle più elementari e giustificate esigenze che ogni comunità organizzata ha necessità di svolgere in campo sociale, culturale, sportivo, economico, e così via; i dirigenti più volte citati, essendo gli unici dirigenti comunali, starebbero portando a compimento atti amministrativi risalenti alla precedente amministrazione, che pure avevano formato oggetto delle motivate ragioni che avevano portato allo scioglimento del consiglio comunale, come ad esempio il piano strutturale comunale, la cui ipotetica approvazione provoca forti dissensi in città –:

   se non ritenga opportuno assumere urgenti iniziative di competenza affinché la commissione straordinaria segni una maggiore e più evidente discontinuità con l'amministrazione sciolta per infiltrazioni criminali, anche e soprattutto nella riorganizzazione degli uffici amministrativi e nei quadri dirigenziali.
(4-00753)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiedono dei chiarimenti in merito all'operato della commissione straordinaria insediata presso il comune di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, a seguito dello scioglimento per condizionamenti di tipo mafioso di quella amministrazione, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 2017.
  Al riguardo, si rappresenta che l'attività di risanamento della terna commissariale si sta sviluppando nell'ambito di un contesto territoriale e istituzionale particolarmente complesso e delicato, come chiaramente emerso a seguito dell'attività ispettiva che ha portato alla misura di rigore per gli organi elettivi dell'Ente.
  Tra le prime iniziative messe in campo, la Commissione ha proceduto ad una riorganizzazione degli Uffici che presentano forti criticità connesse ad una rilevante carenza dei profili professionali dirigenziali, ed in particolare di quelli tecnici; carenza che costituisce un fattore di ulteriore rallentamento rispetto alle necessarie determinazioni amministrative.
  L'attuale situazione organizzativa risente anche dell'adesione dell'ente al piano di riequilibrio finanziario (a partire dal 2014), che ha comportato una progressiva e sistematica contrazione delle posizioni dirigenziali.
  In tale quadro, la ricerca di soluzioni organizzative, anche transitorie, è oggetto di approfondita disamina da parte della commissione, con verifica delle possibilità applicative della previsione di cui all'articolo 97, comma 4, lettera
d), del Testo unico degli enti locali e la devoluzione temporanea di alcune tra le competenze gestionali non disponibili al momento in organico, direttamente in capo al segretario comunale.
  Tale soluzione, purtroppo, non ha avuto gli esiti sperati in quanto il segretario generale è assente dal servizio dal 5 luglio 2018, situazione che ha determinato una serie di avvicendamenti nell'incarico, senza che l'ente potesse fare affidamento in via continuativa a tale infungibile figura professionale.
  La commissione ha, peraltro, dato impulso alla rotazione degli incarichi dirigenziali, avvalendosi, sin dal suo insediamento, di due distinti profili professionali che integrano quelli disponibili nell'ente al fine di imprimere un coordinamento unitario agli indirizzi politico-amministrativi. Si tratta di figure incardinate nei servizi di polizia municipale amministrativo, in posizione di cosiddetta «sovraordinazione», ed individuate all'esito di specifiche procedure ricognitive, consentite, come noto, alle commissioni straordinarie, ai sensi dell'articolo 145 del Testo unico degli enti locali citato.
  L'assetto organizzativo è stato, recentemente, potenziato, sempre ai sensi del predetto articolo 145, con l'utilizzo di un dirigente tecnico, ingegnere dei Vigili del fuoco, al fine di imprimere una funzione unitaria di coordinamento ed una accelerazione nella gestione dei processi di regolarizzazione di impianti e infrastrutture che l'ente ha avviato.
  In particolare, la commissione sta realizzando un percorso di recupero delle condizioni di agibilità di alcune strutture sportive e teatrali al fine di ricondurre in una cornice di sicurezza tali luoghi di aggregazione sociale cittadina.
  Il piano di risanamento dell'ente avviato dalla commissione straordinaria sta scontando, quindi, innegabili difficoltà dovute principalmente alle preesistenti criticità nella macchina burocratico-amministrativa.
  È intenzione di questo Ministero fornire una sempre maggiore attenzione nelle azioni che seguono il commissariamento di un ente pubblico.
  Nel decreto n. 113 del 2018 è stato infatti previsto un nucleo per la composizione delle commissioni straordinarie per la gestione degli enti sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.
  Questo per garantire una condotta sempre più specializzata da parte delle terne commissariali che devono assolvere l'arduo compito di ricostruire i rapporti tra comunità locali ed istituzioni nonché con le diverse componenti sociali.
  Giova sempre ricordare che lo scopo di ogni commissariamento è il ripristino dell'ordinaria vita democratica e il superamento di ogni eventuale pericolo di contiguità e di infiltrazioni a cui potrà essere esposta la futura amministrazione dell'ente.
  La valutazione del lavoro svolto dalle terne commissariali e quindi l'eventuale provvedimento di proroga della durata dello scioglimento è disciplinato all'articolo 143 del Testo unico degli enti locali, che rimette al Ministro la facoltà di prorogare o meno la permanenza del commissariamento a seguito di relazione del Prefetto redatta successivamente alla riunione del Comitato provinciale ordine sicurezza pubblica integrato nelle forme di legge.
  Per cui, in merito alla complessa istruttoria svolta sulla gestione straordinaria del comune di Lamezia Terme si rassicura la consueta valutazione scrupolosa al fine di trovare le soluzioni più adeguate per far sì che la comunità torni alla normale vita democratica e quindi a nuove elezioni il più presto possibile e in un ambiente atto a salvaguardare la buona amministrazione dell'ente.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FEDERICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio del comune di Guardialfiera (CB) è ubicata la diga di Ponte Liscione afferente al bacino idrografico del fiume Biferno; la direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche svolge le funzioni di competenza del Ministero negli ambiti di attività definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 2014, n. 72, tra le quali quelle relative alla vigilanza sull'esercizio, ai fini della tutela della pubblica incolumità; la diga di Ponte Liscione non ha ancora ottenuto il collaudo definitivo nonostante siano passati quasi cinquant'anni dalla sua realizzazione; il piano di emergenza diga di Ponte Liscione, approvato dalla regione Molise il 16 giugno 2017 con delibera della giunta regionale n. 219, riporta testualmente che «nel 2003, a seguito degli eventi di piena dei giorni 24 e 25 gennaio, si verificarono danneggiamenti delle opere di scarico di superficie della diga e delle opere di dissipazione e di difesa in sponda destra [...], che, ad oggi, non risultano ancora riparati e a causa dei quali il MIT-UTD Napoli ha disposto nel 2014 la riduzione della quota di esercizio»; tali ritardi nella messa in sicurezza dell'opera hanno comportato negli anni una progressiva riduzione della quantità di acqua immagazzinabile nell'invaso, con il paradosso che per gli inverni più piovosi/nevosi si è dovuto ricorrere all'apertura degli scarichi per riportare il livello dell'acqua al di sotto della soglia limite superiore autorizzata dal Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti e quindi riportando a mare una quantità notevole di acqua che altrimenti sarebbe stata convogliata ai cittadini del Basso Molise per uso anche potabile, in considerazione altresì delle frequenti interruzioni del flusso durante i mesi estivi causato proprio dalla riduzione di capacità; il 25 aprile 2018 il territorio di Guardialfiera è stato interessato da un fenomeno sismico di magnitudo 4.2 che è stato distintamente avvertito dalla popolazione e per il quale si sono attivate procedure di ispezione e controllo di eventuali danni subiti da parte degli organi preposti; nella stessa località è presente il lungo viadotto di Ponte Liscione (strada statale 647) che ha i suoi piloni di cemento immersi proprio nel bacino idrografico in questione –:

   se siano state attivate iniziative e destinate risorse per portare, nel più breve tempo possibile, alla messa in sicurezza e al definitivo collaudo della diga di Ponte Liscione e se sia a conoscenza delle operazioni di ricognizione dell'opera a valle degli eventi sismici del 25 aprile 2018.
(4-00646)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si evidenzia quanto segue.
  La diga di Ponte Liscione, costruita negli anni 1967-1974 nel comune di Guardialfiera (CB), lungo l'asta del fiume Biferno, è uno sbarramento in materiali sciolti con manto di tenuta in conglomerato bituminoso di altezza pari a 60 metri il cui invaso, destinato a soddisfare usi plurimi, ha un volume pari a 148 milioni metri cubi in corrispondenza della quota di massima regolazione di progetto (125,50 metri sul livello del mare),
  Il concessionario di derivazione e gestore della diga è l'azienda speciale regionale (A.S.R.) Molise acque.

  Si premette che le attività di collaudo tecnico funzionale della diga e dell'invaso di Ponte Liscione, necessarie ai sensi della regolamentazione in materia di sbarramenti di ritenuta e richiedenti invasi sperimentali pluriennali, risultano tuttora in corso in quanto per la relativa conclusione si attendono ormai da diversi anni gli interventi di riparazione dei danni che, a seguito di un evento di piena occorso nel gennaio 2003, hanno interessato lo scarico di superficie della diga e le opere di restituzione in alveo immediatamente a valle.
  La realizzazione degli interventi di recupero funzionale dello scarico di superficie è stata prescritta, fin dallo stesso anno 2003, al citato concessionario di derivazione e ripetutamente sollecitata; nelle more della realizzazione dei lavori, la Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche di questo Ministero, autorità vigilante sulla sicurezza dell'opera ai fini della tutela della pubblica incolumità, ha imposto una limitazione di invaso per motivi di sicurezza.
  Nel 2013 la diga è stata formalmente inserita nell'elenco degli sbarramenti per i quali erano necessari urgenti interventi di incremento della sicurezza idraulica ai sensi dell'articolo 43, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011.
  In assenza di iniziative da parte del concessionario di derivazione o della regione, questo ministero, al fine di assicurare gli interventi necessari per portare l'opera al collaudo, ha inserito l'opera nel Piano operativo infrastrutture approvato con delibera Cipe n. 54 del 2016 – Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020 – Piano operativo infrastrutture, con un finanziamento pari a 5 milioni di euro. Ai sensi di apposito accordo sottoscritto nel settembre 2017 il soggetto attuatore resta il concessionario A.S.R. Molise acque.
  Il progetto esecutivo dell'intervento nel frattempo redatto da Molise acque è stato approvato nel 2016 in linea tecnica (articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 507 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 584 del 1994) con prescrizioni dalla citata Direzione generale.
  Il Comitato tecnico amministrativo del provveditorato interregionale alle opere pubbliche per Campania, Molise, Puglia e Basilicata, in sede di parere nei confronti dell'azienda proponente, ai sensi del Codice dei contratti pubblici, il 14 dicembre 2017 ha chiesto ulteriori approfondimenti progettuali: in particolare un supplemento di indagini circa la capacità dissipativa della vasca a valle dello scarico di superficie, da espletare mediante prove su modello fisico.
  Allo stato, risulta in affidamento da parte dell'azienda concessionaria l'esecuzione delle richieste prove su modello propedeutiche alla revisione del progetto esecutivo e al successivo affidamento dei lavori; tali operazioni dovranno essere concluse entro il 2019 così da poter poi eseguire i lavori e portare finalmente a collaudo l'opera.
  Circa le operazioni di ricognizione dell'opera a seguito degli eventi sismici del 25 aprile 2018, sono state immediatamente attivate le procedure di controllo straordinario a carico del concessionario prescritte dal vigente Foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione dello sbarramento approvato dalla citata direzione generale. I controlli eseguiti già in data 25 aprile 2018, e poi confermati dal concessionario con asseverazione straordinaria sulla sicurezza, hanno consentito di accertare – tramite le ispezioni e le misure eseguite attraverso apposita strumentazione installata – l'assenza di danni o anomalie di comportamento delle opere di sbarramento e delle sponde dell'invaso.
  Tali controlli hanno confermato il regolare comportamento dell'opera, seppur nei limiti della richiamata limitazione all'esercizio del serbatoio, in attesa dei lavori di recupero funzionale dello scarico di superficie e di altre manutenzioni necessarie.
  Anche in relazione alla sequenza sismica che ha interessato il territorio molisano a partire dal 14 agosto 2018 con epicentri in aree prossime al sito della diga di Ponte Liscione, il gestore della diga Molise acque ha attivato le procedure di controllo straordinario della sicurezza stabilite e recentemente aggiornate dalla competente direzione generale di questo ministero nell'ambito dei predetti obblighi del foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione della diga. In esito alle ispezioni, ai controlli e alle misure di monitoraggio effettuati, il gestore ha comunicato, secondo le procedure stabilite anche dal documento di protezione civile della diga (aggiornato da questo ministero e approvato in revisione dalla prefettura di Campobasso in data 16 marzo 2017), l'assenza di danni all'impianto di ritenuta e di anomalie di comportamento della diga e dello sponde del serbatoio. In data 20 agosto 2018 il gestore, sempre in conformità alle richiamate procedure, ha presentato la prevista asseverazione sulla sicurezza delle opere confermando il sopra richiamato giudizio.
  Tuttavia, la medesima direzione generale con provvedimento del 18 agosto 2018 – in relazione alle valutazioni sulla sequenza sismica comunicate dal Dipartimento della protezione civile in pari data e sulla base delle considerazioni formulate dalla Commissione per la previsione e prevenzione dei grandi rischi nella riunione del 17 agosto 2018 – ha ridotto in via precauzionale la quota di invaso autorizzata ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959, fissandola a 118,00 metri sul livello del mare (da 124,00) e invitando il gestore a procedere ad un ulteriore temporanea e prudenziale riduzione della quota idrica, ad oggi prossima a 116,5 metri.
  Il successivo 21 agosto il competente ufficio ministeriale ha eseguito uno specifico sopralluogo tecnico alle opere (come fatto per le dighe prossime agli epicentri anche in occasione della sequenza sismica che ha interessato nel 2016-2017 l'Italia centrale), sopralluogo che ha confermato le valutazioni dell'ingegnere responsabile incaricato dal gestore: assenza di danni o anomalie nel comportamento dell'opera.
  La visita semestrale ispettiva di vigilanza (quella relativa al II semestre 2018, da eseguirsi ai sensi degli articoli 11 e 17 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959) si è svolta lo scorso 4 settembre e non ha presentato rilievi difformi da quanto era stato riscontrato nel corso del sopralluogo straordinario del 21 agosto 2018, confermando tuttavia la necessità di ottemperare, da parte del concessionario/gestore, ad una serie di prescrizioni e/o raccomandazioni soprattutto nel merito delle verifiche di sicurezza sismica dello sbarramento e delle opere accessorie e dei controlli strumentali da eseguire presso la diga.
  Per quanto concerne la sicurezza del viadotto stradale che attraversa l'invaso di Ponte Liscione, a seguito degli eventi sismici del 16 agosto 2018, Anas ha provveduto immediatamente a interdire al traffico la strada statale 647 Fondo Valle del Biferno, dal km 47,600 al km 63,400, per effettuare una specifica attività di monitoraggio visivo e strumentale mediante il sistema
by bridge sulle nove opere d'arte presenti sui sopracitati 15 km dell'arteria stradale, compreso il viadotto di Ponte Liscione.
  I risultati delle verifiche non hanno evidenziato danneggiamenti tali da compromettere la stabilità delle opere ispezionate e sono stati condivisi con i rappresentanti degli enti territoriali nella riunione del 24 agosto 2018 presso la prefettura di Campobasso.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il piano di crescita digitale 2014-2020, rilasciato dall'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid) in attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale europea, prevede un investimento di risorse, nel periodo di riferimento, pari a circa 4,5 miliardi di euro reperiti da fondi nazionali, Fesr OT2, Feasr, Pon Metro, Pon Governance e Fsc;

   la dimensione dell'impatto che il piano avrà sull'intero sistema Paese è importante, considerando che tra gli obiettivi è prevista anche la realizzazione di Italia Login, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente e del sistema pubblico di identità digitale, infrastrutture che mirano alla tanto auspicata svolta verso il digitale del rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione, finalizzata a garantire l'erogazione sicura di servizi e prestazioni secondo modalità snelle, veloci ed efficienti;

   il piano di crescita predisposto dall'Agid si incentra su alcuni settori verticali quali, ad esempio, sanità, scuola e giustizia digitali. Tra gli stakeholder del piano, oltre alle amministrazioni centrali dello Stato, si individuano solo quelle locali: non si registra alcuna attività, supporto, evoluzione e sviluppo di sistemi digitali destinati all'erogazione dei servizi destinati anche ai connazionali residenti all'estero, né nella piattaforma Italia Login è previsto alcun riferimento all'evoluzione dei servizi consolari;

   i connazionali residenti all'estero, iscritti nell'apposito registro dell'Aire, hanno oramai raggiunto la soglia dei 5 milioni di persone, per i quali, peraltro, la rete consolare rappresenta l'unico vero punto di contatto con l'Italia, mancando ogni altro punto di contatto, anche digitale;

   è quanto mai fondamentale evitare che l'opportunità di una svolta digitale si trasformi nell'ennesima occasione per confermare l'oramai cronicizzata disparità di trattamento tra connazionali residenti all'estero e quelli residenti in Italia, a danno dei primi;

   i connazionali che vivono e lavorano all'estero rappresentano una risorsa culturale ed economica, anche in termini di prodotto interno lordo generato, che è a tutti gli effetti parte determinante del «sistema Italia» e a cui deve essere riconosciuta pari dignità e parità di accesso alle opportunità che il Paese offre e non più solo una gestione esercitata con risorse residuali –:

   quante delle risorse del piano summenzionato, e a partire da quale data, siano destinate al rafforzamento digitale della rete consolare;

   se e quando verranno completamente digitalizzati tutti i servizi gestiti dalla rete consolare, anche per conto di altre amministrazioni;

   se e quando verrà assicurata la possibilità ai connazionali residenti all'estero di poter richiedere l'identità digitale-Spid;

   se e quando verrà finalmente ristrutturata l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero con l'inclusione dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente;

   se e quando verrà assicurata la possibilità ai connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero di richiedere la carta di identità elettronica;

   se e quando la rete consolare sarà abilitata a rilasciare il codice fiscale ai connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero con modalità effettivamente digitali e contestualmente alla richiesta, evitando le inutili lungaggini della procedura attualmente in uso e ancora non completamente digitalizzata.
(4-00973)

  Risposta. — Le tematiche oggetto dell'interrogazione sono già all'attenzione del Governo e, in particolare, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), che ha assicurato il proprio impegno nella realizzazione dei relativi interventi, prioritariamente con riguardo al rafforzamento della rete consolare, del Ministero dell'interno, oltreché del mio Dicastero.
  Nel merito, sulla base degli elementi forniti sia dal Maeci che dal Ministero dell'interno, rappresento che il Maeci ha già sviluppato il portale
Fast It (Farnesina servizi telematici per Italiani all'estero) che consente all'utente di inoltrare la richiesta di iscrizione all'Aire e di variare l'indirizzo on-line, senza bisogno di recarsi direttamente allo sportello.
  Gli uffici che hanno già attivato il servizio sono attualmente 88, con una copertura che si attesta a circa il 90 per cento dell'utenza.
  Nei prossimi mesi è prevista l'adesione della Farnesina a SPID. Ciò consentirà agli utenti del portale
Fast It di accedere direttamente ai servizi del portale con le proprie credenziali SPID, nell'ottica di una maggiore semplificazione.
  A tal fine, il Maeci, unitamente all'Agenzia per l'Italia digitale (AglD), ha provveduto a definire i requisiti finalizzati all'ottenimento delle credenziali SPID da parte degli italiani all'estero presso gli
Identity Provider accreditati.
  Per avviare il progetto di emissione della nuova carta di identità elettronica (CIE), come previsto dal decreto ministeriale del 23 dicembre 2015, è stata istituita una Commissione interministeriale alla quale partecipano gli uffici del dipartimento della funzione pubblica, il Maeci, il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'A.n.c.i e l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (incaricato – quest'ultimo – dell'implementazione concreta del progetto).
  La complessità del progetto ha richiesto gradualità nel processo di attivazione, articolato in due fasi, attualmente in corso: una prima fase di rilascio della CIE da parte dei soli comuni sul territorio nazionale, quasi conclusa; una seconda fase di progettazione che consenta il rilascio della CIE all'estero.
  Nell'ambito di quest'ultima, la Commissione sta analizzando le condizioni operative necessarie per poter procedere al rilascio della CIE all'estero.
  Le principali criticità, in corso di risoluzione, riguardano le modalità di collegamento della rete consolare ai sistemi «INA SAIA» (Indice nazionale delle anagrafi e Sistema di accesso e interscambio anagrafico) e successivamente all'Anpr) (Anagrafe nazionale della popolazione residente), le modalità per l'identificazione univoca del richiedente della CIE (allineamento dato anagrafico, assegnazione e validazione codice fiscale), nonché le modalità di verifica delle cause ostative al rilascio del nulla-osta da parte del comune di riferimento.
  A testimonianza di come l'utilizzo della tecnologia rappresenti lo strumento più idoneo per cercare di offrire all'utenza un servizio celere e di prossimità, il Maeci sta provvedendo a dotare numerosi consolati onorari, di strumenti per la captazione dei dati biometrici necessari per il passaporto, contribuendo ad accelerare la definizione delle pratiche consolari.
  Il titolare dell'ufficio consolare onorario potrà, infatti, acquisire
in loco i dati anagrafici e biometrici dei richiedenti il passaporto per poi trasmetterli, telematicamente, all'ufficio consolare di prima categoria, senza necessità di recapito diretto (come è accaduto finora), realizzando così un risparmio per l'erario e la garanzia di un servizio di prossimità all'utente.
  È infine allo studio, congiuntamente con l'Agenzia per l'Italia digitale e il team per la trasformazione digitale, la possibilità, per il Maeci, di aderire alla piattaforma «PagoPA», per consentire ai cittadini all'estero di pagare i servizi consolari in modalità totalmente telematica.
  Per quanto riguarda l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), si rappresenta che il Ministero dell'interno ha già avviato il graduale subentro nell'Anpr delle anagrafi tenute dai comuni, vale a dire, dell'anagrafe della popolazione residente – APR – e dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), nella quale confluiranno progressivamente le anagrafi comunali.
  Attualmente, i comuni che hanno trasferito in Anpr le proprie anagrafi sono oltre un migliaio, per un totale di 13 milioni di abitanti, di cui 730 mila residenti all'estero. Per i connazionali iscritti all'Aire è ancora previsto il rilascio del documento d'identità cartaceo. Tuttavia, l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato ha predisposto un documento tecnico denominato «Emissione della Cie per i cittadini residenti all'estero», approvato il 25 luglio dalla Commissione interministeriale permanente già citata.
  Definiti gli aspetti concernenti le modalità di eventuali cause ostative al rilascio del documento elettronico con validità per l'espatrio, nonché le modalità di gestione dei corrispettivi percepiti dai consolati a seguito del rilascio della Cie, il Ministero dell'interno e il Maeci formalizzeranno le intese previste dall'articolo 17, comma 2, del decreto ministeriale 23 dicembre 2015, con la prospettiva di avviare, entro l'anno 2019, una sperimentazione finalizzata a verificare il regolare funzionamento del circuito di emissione della Cie all'estero.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Giulia Bongiorno.


   FITZGERALD NISSOLI, COSIMO SIBILIA, CAPPELLACCI, CANNATELLI, SACCANI JOTTI, FERRAIOLI, CASINO e FASANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», la cosiddetta spending review, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, aveva previsto la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare senza compromettere i servizi offerti ai cittadini;

   questo ha portato alla chiusura del consolato italiano di Newark, una realtà storica dell'emigrazione italiana in Usa, dove è presente una popolazione anziana che ha difficoltà a muoversi e che ha subito disagi derivanti da questa chiusura, anche se si è cercato di rimediare con l'apertura di un consolato onorario, istituito anche grazie al mio impegno sul piano istituzionale;

   lo Stato del New Jersey (Usa), dove si trova Newark, presenta una considerevole attrattiva nel settore della ricerca e Newark è in una posizione geostrategica rilevante, tra New York e Washington, snodo centrale di importanti reti ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali che sono di vitale importanze per le aziende italiane presenti in quell'area degli Usa;

   negli ultimi tempi si assiste a una ripresa dell'emigrazione italiana verso gli Usa e soprattutto verso quelle aree che possono offrire un futuro migliore ai giovani italiani ad alto know-how, tanto che, dalla chiusura del consolato di Newark ad oggi, gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti dell'estero risultano aumentati di più del 10 per cento e il consolato generale di New York, competente per l'area, vedrà pian piano aumentare il sovraccarico di lavoro sul personale già di per sé insufficiente;

   il consolato è per tradizione l'ufficio preposto alla tutela e all'assistenza dei connazionali all'estero nell'ambito di due diverse sfere di azione: la promozione e l'assistenza –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover procedere alla riapertura del consolato italiano di Newark nell'interesse delle vecchie e nuove emigrazioni italiane in quell'area.
(4-01908)

  Risposta. — In merito a quanto richiesto dall'interrogante circa la possibilità di prevedere una riapertura del consolato italiano di Newark nell'interesse delle vecchie e nuove emigrazioni italiane in quell'area, si fa presente che la «spending review» del 2012 (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) ha comportato non solo la chiusura dell'ufficio di Newark ma la soppressione di oltre 20 sedi della rete diplomatico-consolare nel biennio 2013-2014.
  Parallelamente, la pesante riduzione del personale della Farnesina ed il blocco assunzioni del personale amministrativo hanno messo a dura prova, negli ultimi anni, il funzionamento di buona parte degli uffici della rete diplomatico-consolare, a cominciare dagli uffici consolari sui quali gravano collettività italiane numericamente molto consistenti.
  Pertanto, pur nella consapevolezza dell'opportunità di rafforzare la rete diplomatico-consolare, occorre prendere atto che l'istituzione di nuovi uffici e il rafforzamento di quelli esistenti sarà possibile solo a fronte della disponibilità di nuove risorse umane e finanziarie. Proprio in tale ottica, e in una prospettiva che comunque potrà essere come minimo di medio periodo, dopo i primi progressi in termini di assunzioni registrati con la legge di bilancio 2018, grazie alla legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145), il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stato autorizzato ad assumere ulteriori 100 funzionari da inquadrare nella III Area e fino a 200 unità da inserire nei ruoli di II Area, oltre a 50 unità di personale a contratto.
  L'immissione di nuovo personale permetterà di rafforzare la presenza nella rete diplomatico-consolare di personale di ruolo del Maeci, e ove anche le risorse finanziarie siano sufficienti, di valutare interventi sulla rete estera, compresa l'apertura di nuovi uffici consolari di I categoria a partire dai Paesi nei quali l'aumento della richiesta di servizi consolari da parte delle nostre collettività ha registrato negli ultimi anni gli incrementi più sensibili.
  La Farnesina è pienamente consapevole della rilevante presenza italiana nell'area di Newark e, più in generale, nello Stato del New Jersey (USA). Proprio per assicurare l'assistenza agli italiani
in loco, è stato aperto nel 2015 l'ufficio onorario in Clifton e si sta contemporaneamente valutando la possibilità di un ulteriore potenziamento della rete onoraria locale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo recenti notizie di stampa, gli agenti ausiliari di pubblica sicurezza che operano a Zingonia, in provincia di Bergamo, avrebbero avanzato richiesta alla prefettura locale di ottenere il porto d'armi per l'uso della pistola d'ordinanza anche quando non sono in servizio;

   la richiesta, che tuttavia è stata negata, nasce da esigenze di tutela personale determinate dal territorio particolarmente critico, che espone gli agenti locali a situazioni di minaccia costante;

   una situazione del territorio da tempo denunciata dall'interrogante, che si potrebbe ovviare se solo si elevasse la Stazione dei carabinieri di Zingonia a tenenza, al fine di permettere all'Arma di coadiuvare gli agenti della polizia locale nelle situazioni di tensione;

   anche a seguito di numerosi atti di sindacato ispettivo dell'interrogante e delle numerose richieste degli amministratori locali di Forza Italia, il Ministero della difesa sembra aver avviato le pratiche per il potenziamento della stazione a tenenza. Potenziamento che tuttavia avrebbe la sua utilità solo se non comportasse un demansionamento delle stazioni limitrofe –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno procedere quanto prima alla conclusione dell’iter per l'elevazione della stazione dell'Arma dei carabinieri di Zingonia, alla luce dei sempre più ricorrenti problemi di sicurezza e ordine pubblico riscontrati nell'area, che necessitano di un deciso rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio al fine di assicurare, secondo la tradizione dell'Arma dei carabinieri, una presenza capillare e diffusa delle forze dell'ordine in un territorio afflitto da persistenti e diffuse criticità in materia di sicurezza e di ordine pubblico.
(4-01120)

  Risposta. — Vorrei, in primo luogo, porre in risalto come l'Arma dei carabinieri abbia sempre perseguito il mantenimento di una dislocazione territoriale efficiente, capillarmente diffusa sul territorio nazionale e adeguata per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali, tra cui quello di offrire una presenza rassicurante ai cittadini.
  Proprio nell'ottica di incrementare la capacità e la tempestività di risposta alle esigenze di sicurezza pubblica, il comando generale dell'arma dei carabinieri ha definito, da tempo, un programma di elevazione delle stazioni a Tenenze. In tale quadro, la stazione di Zingonia è stata inferita tra i presìdi da elevare a Tenenza, al fine di garantire una più incisiva attività di contrasto alla criminalità nella giurisdizione del citato reparto, competente sui comuni di Ciserano, Verdellino e Boltiere, connotati da delicate condizioni dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché privi di altri presìdi di polizia.
  Posso dare assicurazione, in tal senso, che il provvedimento che dispone la citata elevazione di rango – presentato per l'approvazione lo scorso 7 novembre e per il quale è stato acquisito il parere favorevole del Prefetto di Bergamo – è in via di definizione.
  La tenenza di Zingonia, retta da un ufficiale o da un luogotenente, permarrà nella sede dell'attuale stazione, sarà attestata su 21 unità organiche (rispetto alle 16 attuali) e sarà dotata di mezzi e materiali idonei ad assicurare i servizi di controllo del territorio e di pronto intervento, di massima, nell'arco delle 24 ore.
  Ciò nondimeno, proprio per corrispondere più efficacemente alle avvertite esigenze di una maggior percezione di sicurezza in quell'area, è stato interessato il comando legione competente affinché siano ulteriormente intensificate le attività di prevenzione, dando alle stesse maggiore visibilità, nella considerazione che una questione così delicata, quale la tutela dei cittadini, merita la massima attenzione.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Bergamo soffre da alcuni anni di un pesante deficit di organico delle forze dell'ordine. Ormai troppo spesso i sindacati di polizia denunciano tale carenza e, recentemente, anche il procuratore della Repubblica di Bergamo ha lanciato un appello raccolto dalla stampa locale sulla necessità di incrementare l'organico delle forze dell'ordine;

   l'appello si riferisce in particolare alla necessità di affiancare altri uomini, e mezzi adeguati, ai circa 800 carabinieri effettivi, impiegati giornalmente su tutto il vasto territorio dell'intera provincia bergamasca;

   come l'interrogante ha più volte sottolineato in altri atti di sindacato ispettivo, l'organico delle forze dell'ordine per la provincia di Bergamo è fermo dal 1989. Questa situazione arriva al paradosso che costringe la regione Lombardia e alcuni comuni della provincia di Bergamo a stipulare contratti con istituti di vigilanza privati, pur di assicurare ai cittadini servizi di tutela della loro sicurezza, servizi che i cittadini finiscono per pagare due volte –:

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'incremento dei carabinieri in provincia di Bergamo e quali tempistiche occorra ancora attendere prima che tale rinforzo giunga a una piena operatività sul territorio.
(4-01577)

  Risposta. — I presìdi territoriali dell'Arma dei carabinieri nella provincia di Bergamo si articolano su un comando provinciale, quattro compagnie, una tenenza, quarantotto stazioni, nonché un reparto carabinieri ispettorato del lavoro, il nucleo elicotteri di Orio al Serio e un gruppo carabinieri forestali (con i relativi assetti dipendenti), che svolgono una intensa attività di controllo del territorio e di contrasto alla criminalità.
  Inoltre, lo scorso 7 dicembre, dopo aver acquisito il parere favorevole del Prefetto di Bergamo, ho espresso il mio assenso all'adozione del provvedimento per l'elevazione a tenenza della stazione carabinieri di Zingonia (BG).
  Riguardo all'opportunità d'incrementare il dispositivo territoriale, il comando generale dell'arma dei Carabinieri ha riferito che – in considerazione dell'attuale disponibilità di risorse organiche che impone una gestione improntata a criteri di estrema selettività in ambito nazionale – al momento non è percorribile il potenziamento auspicato dall'interrogante.
  Ciò nonostante, al fine di fornire una risposta efficace e incisiva alle avvertite esigenze di una maggior percezione di sicurezza in quell'area, è stato interessato il comando legione competente affinché valuti, compatibilmente con l'attuale quadro di disponibilità di personale, un ripianamento delle posizioni vacanti attraverso manovre di impiego in ambito locale, intensificando contestualmente sia il numero delle attività di prevenzione che la loro visibilità.
  

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   FORMENTINI e ZÓFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Nigeria, il 25 ottobre 2018, cinque suore delle missionarie di Marta e Maria, appartenenti alla diocesi di Issele-Uku, nel sud-est del Paese, sono state rapite nello Stato del Delta da uomini armati;

   lo Stato del Delta non è nuovo a rapimenti di questo genere, tanto che nel mese di gennaio 2018 i vescovi nigeriani hanno lamentato il fatto che «la piaga dei rapimenti a scopo di estorsione abbia raggiunto proporzioni inimmaginabili»;

   secondo notizie pervenute all'agenzia di stampa Fides, durante il rapimento, banditi avrebbero sparato dei colpi d'arma da fuoco ferendo due suore alle gambe –:

   se il Governo sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa e come intenda dare un contributo, in ambito nazionale e internazionale, per cercare di porre fine a questa inaudita violenza e per restituire la libertà alle religiose.
(4-01530)

  Risposta. — OnorevoleDeputato, rispondo alla Sua interrogazione a risposta scritta n. 4-01530 sul rapimento di cinque suore missionarie di Marta e Maria, avvenuto il 25 ottobre 2018 nel Sud-Est della Nigeria, il cui testo è il seguente:

  «Per sapere,

   premesso che:

    in Nigeria, il 25 ottobre 2018, cinque suore delle missionarie di Marta e Maria, appartenenti alla diocesi di Issele-Uku, nel Sud-Est del Paese, sono state rapite nello Stato del Delta da uomini armati;

    lo Stato del Delta non è nuovo a rapimenti di questo genere, tanto che nel mese di gennaio 2018 i vescovi nigeriani hanno lamentato il fatto che “la piaga dei rapimenti a scopo di estorsione abbia raggiunto proporzioni inimmaginabili”;

    secondo notizie pervenute all'agenzia di stampa Fides, durante il rapimento, banditi avrebbero sparato dei colpi d'arma da fuoco ferendo due suore alle gambe -:

    se il Governo sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa e come intenda dare un contributo, in ambito nazionale e internazionale, per cercare di porre fine a questa inaudita violenza e per restituire la libertà alle religiose.».

  La Farnesina ha seguito con attenzione la vicenda del rapimento a mano armata delle missionarie di Marta e Maria nello Stato del Delta, conclusasi il 6 gennaio 2019 con la loro liberazione.
  La tutela e la promozione della libertà di religione o credo, nonché dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche, rappresentano temi prioritari per questo Governo.
  L'Italia, anche in coordinamento con i
partner dell'Unione europea e in ambito Nazioni Unite, porta avanti numerose iniziative al fine di mantenere alta l'attenzione della comunità internazionale sulla situazione delle minoranze religiose nel mondo, inclusi i cristiani che costituiscono minoranza in molte delle attuali aree di crisi.
  In Nigeria da anni si assiste a conflitti etnico-religiosi che, su un substrato di tensioni e conflitti endemici interni e regionali, in presenza di gruppi terroristici o pulsioni indipendentiste, vede le comunità cristiane fra le principali vittime di episodi di estremismo violento.
  Si tratta di coercizioni da inquadrare non solamente nel contesto di discriminazioni nei confronti dei cristiani in quanto tali ma anche nell'ambito di conflitti ancestrali per il controllo delle risorse. All'acuirsi delle violenze ha contribuito il diffondersi del terrorismo estremista di matrice islamica riconducibile al gruppo denominato Boko Haram, che dal 2009 affligge il nord-est della Nigeria.
  L'Italia e l'Unione europea monitorano costantemente la situazione delle minoranze religiose nel Paese, con particolare riguardo ai cristiani, e sostengono il Governo nigeriano e le popolazioni nella lotta all'estremismo violento attraverso forti prese di posizione politiche: a seguito di episodi di particolare violenza registrati nel marzo 2018, ad esempio, la nostra ambasciata e le altre ambasciate europee ad Abuja hanno manifestato allarme per la recrudescenza degli scontri fra pastori e agricoltori, spronando il Governo del Presidente Buhari ad agire con maggior determinazione per promuovere un dialogo costruttivo e perseguire i responsabili.
  Dal momento che gli episodi di violenza nei confronti delle comunità cristiane sono dovuti principalmente alla precarietà della situazione di sicurezza in alcune aree del Paese, l'Italia svolge da anni attività di formazione a favore di funzionari di sicurezza nigeriani. Si tratta di attività a cura dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e del Ministero della difesa, alcune delle quali finanziate dalla Farnesina, destinate a rafforzare la capacità della polizia, delle forze armate e di altri corpi dello Stato nigeriano in materia di contrasto al terrorismo e rafforzamento dell'ordine pubblico.
  Abbiamo inoltre fortemente sostenuto la decisione dell'Unione europea di concedere un contributo di 50 milioni di euro alla
MultiNational Joint Task Force, costituita da Benin, Camerun, Ciad, Niger e Nigeria per contrastare le attività terroristiche di Boko Haram.
  L'Italia è particolarmente attiva sul fronte della risposta all'emergenza umanitaria causata dalle attività terroristiche in Nigeria e nella regione del lago Ciad. Il nostro Paese ha partecipato il 3 e 4 settembre 2018 alla Conferenza di Berlino, dedicata alla crisi umanitaria del lago Ciad, area colpita da un inaridimento progressivo e allo stesso tempo soggetta alle azioni violente di Boko Haram. In tale ambito l'Italia ha confermato lo stanziamento di 15 milioni di euro da utilizzarsi nel triennio 2017-2019 per iniziative di emergenza e programmi di sviluppo in favore delle popolazioni che vivono nella regione: si tratta di programmi di assistenza che rivestono particolare importanza in quanto, alleviando le sofferenze della popolazione, contribuiscono ad attenuare le tensioni tra gruppi etnici e religiosi per il controllo delle risorse. Recente è la visita del Presidente del Consiglio dei ministri Conte in Ciad e Niger, la prima di un capo di governo nazionale in quei Paesi, testimonianza concreta dell'interesse italiano allo sviluppo e alla sicurezza dell'intera regione.
  In conclusione, l'Italia, anche in coordinamento con gli altri Paesi dell'Unione europea, continuerà a promuovere sia in ambito bilaterale che multilaterale la libertà religiosa e di credo, opponendosi fortemente ad ogni forma di intolleranza, violenza e persecuzione religiosa. Nel caso specifico, assieme ai nostri
partner europei, abbiamo apprezzato e sostenuto le azioni messe in atto dal Governo nigeriano per assicurare la liberazione delle religiose.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Polesine Zibello, in provincia di Parma, è stato arrestato con l'accusa di corruzione, falso, truffa e peculato. La misura cautelare è stata disposta dalla procura della Repubblica di Parma ed eseguita nella giornata del 23 ottobre 2018 dai carabinieri di Parma;

   l'indagine, coordinata come detto dalla procura della Repubblica di Parma, avrebbe permesso di scoprire un «pervicace sistema di gestione della cosa pubblica, assolutamente asservito agli interessi privatistici del sindaco»;

   oggetto di contestazione da parte dell'autorità giudiziaria sarebbero, anche, la falsificazione di numerose delibere della giunta comunale, con violazione quindi anche dei principi di trasparenza e collegialità del predetto organo –:

   se — alla luce dei fatti suesposti, la cui gravità appare acclarata e, in ogni caso, non di certo minimizzabile — il Ministro interrogato non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per adottare le iniziative di competenza ai sensi degli articoli 141 e 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in materia di scioglimento dei consigli comunali e di rimozione e sospensione di amministratori locali.
(4-01475)

  Risposta. — In relazione all'atto ispettivo in esame, si premette che il 7 novembre 2018 il sindaco del comune di Polesine Zibello, in provincia di Parma, ha presentato le dimissioni dalla carica.
  La vicenda ha avuto inizio a seguito di un'operazione di polizia giudiziaria, coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Parma, a conclusione della quale, il 23 ottobre 2018, il citato sindaco è stato destinatario dell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari.
  Nei confronti dello stesso, pertanto, si è verificata la fattispecie della sospensione di diritto
ex articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, alla cui notifica la prefettura di Parma ha tempestivamente provveduto ai sensi del comma 5 dello stesso articolo 11.
  Insieme al sindaco, sono stati destinatari della misura cautelare interdittiva della sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici per anni uno il segretario comunale e il dirigente dei servizi finanziari dello stesso comune.
  Inoltre, sono stati segnalati in stato di libertà il vice sindaco, il vice segretario comunale ed il comandante della Polizia municipale di Polesine Zibello, oltreché altre sei persone tra imprenditori e professionisti, in quanto imputati, a vario titolo, dei reati di peculato, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, abuso d'ufficio, truffa aggravata e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
  Nel corso dell'operazione sono stati perquisiti gli uffici del comune ed è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, quale profitto della corruzione e delle truffe, confluito sui conti correnti dei soggetti sopra indicati per un importo complessivo di euro 42.000,00.
  A seguito delle predette dimissioni presentate dal sindaco il 7 novembre 2018 e divenute irrevocabili decorsi i 20 giorni previsti dall'articolo 53 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali), il prefetto di Parma ha sospeso il consiglio comunale e i competenti uffici di questo Ministero hanno avviato la procedura di scioglimento del predetto consiglio, ai sensi dell'articolo 141 comma 1 lettera
b) n. 2 del predetto Testo unico degli enti locali.
  Con decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2018, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il 14 gennaio 2019, il consiglio comunale di Polesine Zibello è stato sciolto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FRATOIANNI e BOLDRINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la carabiniera Angela Rizzo svolge il proprio incarico presso il nucleo investigativo del comando di Firenze, dove è stata oggetto di molestie sessuali da parte di un suo diretto superiore;

   dopo aver denunciato la vicenda, nel gennaio 2017, il superiore autore delle molestie è stato condannato in primo grado dal tribunale militare di Roma a nove mesi di reclusione e al risarcimento danni per il reato militare di «minaccia ad inferiore aggravata e continuata» (nella sentenza si parlava di «morboso interessamento» e di «esasperante invadenza»). Quindi nel dicembre 2017 la corte militare d'appello di Roma ha confermato la condanna e il giudizio è ora pendente in Cassazione, dove è stato presentato appello dal superiore, che non è stato condannato per molestie sessuali solo perché nell'ordinamento militare non sono previsti i reati a sfondo sessuale, reati che non sono dunque punibili perché non previsti nemmeno dal codice penale militare di pace (da tempo ci sono richieste di riforma della giustizia militare in questo senso);

   nei confronti della carabiniera il 24 marzo 2018 l'Arma dei carabinieri ha aperto un procedimento disciplinare: l'accusa nei suoi confronti è non aver chiesto l'autorizzazione a rilasciare un'intervista alla trasmissione di Rai 3 «Presa Diretta», andata in onda il 10 marzo 2018, e di aver screditato il prestigio dell'Arma stessa con alcune sue dichiarazioni;

   nell'intervista in questione la carabiniera afferma, raccontando la sua drammatica esperienza: «(...) avevo paura che succedesse qualcosa di più grave. In un contesto come il nostro dovremmo tutelare, no? Con grande amarezza trovo invece che, ecco, anche nel mio caso, uno venga abbandonato»;

   a parere degli interroganti è evidente la sproporzione dell'iniziativa del comando dell'Arma dei carabinieri: chi ha screditato il prestigio e l'immagine dell'istituzione non è certo una donna che ha avuto il coraggio di denunciare episodi odiosi e che ha espresso pubblicamente la propria amarezza per ciò che ha passato –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa la decisione assunta all'interno dell'Arma dei carabinieri di avviare il procedimento disciplinare contro una carabiniera già vittima di molestie all'interno di una caserma, decisione che appare agli interroganti l'ennesima ed avvilente offesa nei confronti della donna;

   quali iniziative abbia assunto o intenda assumere la Ministra della difesa affinché l'Arma dei carabinieri receda dalla decisione presa nei confronti della carabiniera vittima di molestie sessuali;

   quali iniziative abbiano assunto in passato i superiori della carabiniera vittima delle molestie, a sua tutela;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative affinché i reati sessuali siano previsti dall'ordinamento militare del nostro Paese.
(4-00125)

  Risposta. — Ritengo opportuno, in primo luogo, precisare che il carabiniere scelto A.R. è stata richiamata al rispetto delle previste disposizioni regolamentari in quanto ha rilasciato, senza autorizzazione, una intervista – i cui contenuti sono lesivi, in alcuni passaggi, del prestigio dell'istituzione – sulla vicenda di cui è stata vittima, in occasione di una puntata della trasmissione televisiva «Presa Diretta».
  Il procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti si è, dunque, concluso con il richiamo verbale – che non dà luogo a trascrizione nella documentazione personale – ovvero con il livello più lieve delle sanzioni disciplinari di corpo contemplate dall'articolo 1358 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  Nel merito di quanto accaduto, il comando generale dell'Arma dei carabinieri ha comunicato che l'interessata, in data 10 marzo 2018, ha fatto presente al diretto superiore di avere appreso dal legale di fiducia che quel giorno sarebbe stato proposto, nell'ambito della citata trasmissione, un servizio riguardante l'episodio di cui è stata protagonista.
  Lo stesso comando ha, altresì, riferito che il militare, già effettiva alla 2a sezione del nucleo investigativo del reparto operativo di Firenze, nell'aprile del 2015 metteva al corrente il proprio comandante di sezione circa un diverbio intercorso con un suo superiore, al termine del quale era stata minacciata, qualora ne avesse fatto menzione ad altri.
  La condotta del superiore sarebbe poi stata reiterata quando il militare, convocata dal comandante del reparto operativo
pro tempore, ebbe a manifestare il proprio disagio per alcuni atteggiamenti e comportamenti tenuti nei suoi riguardi dal superiore che – secondo la propria valutazione – esulavano dal normale rapporto di impiego.
  Il reparto operativo di Firenze ha informato di tali fatti la locale procura della Repubblica e la procura militare di Roma.
  Nell'immediatezza, il carabiniere è stata impiegata, a sua tutela, quale addetta al foto-segnalamento e ai rilievi tecnici, presso la sede del comando provinciale di Firenze, infrastruttura diversa dalla precedente sede di servizio. In seguito poi all'accoglimento di specifica istanza dell'interessata, ne è stato disposto il trasferimento al nucleo investigativo del comando provincia dei carabinieri di Livorno.
  Con riferimento agli aspetti processuali, il richiamato comando generale ha rappresentato che:

   il 22 febbraio 2016 il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Firenze ha archiviato il procedimento penale per il delitto di «atti persecutori» instaurato a carico del militare accusato dall'interessata, per mancanza di querela;

   il successivo 5 luglio, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale militare di Roma ha decretato il rinvio a giudizio del maresciallo accusato, per il reato di «minaccia a inferiore aggravata e continuata». Per tale reato, nel gennaio 2017, il medesimo tribunale lo ha condannato a 9 mesi di reclusione militare (pena confermata dalla Corte militare d'appello). Conseguentemente, il militare è stato trasferito «d'Autorità» presso il comando provinciale di Genova;

   trattandosi di fatti oggetto di un procedimento penale ancora in corso e per i quali è già intervenuta una condanna, la posizione disciplinare del citato sottufficiale sarà valutata all'esito della decisione della Corte di Cassazione, presso cui pende il giudizio, a norma dell'articolo 1393 del codice dell'ordinamento militare.

  Per quanto concerne, invece, l'opportunità di porre in essere eventuali «iniziative normative» in materia di reati militari e modifiche al codice penale militare di pace, considero tale ipotesi meritevole di approfondimento, nella convinzione del ruolo assolutamente paritario rivestito dalle donne nell'organizzazione militare e del corrispondente inalienabile diritto a vedere difesa la propria figura da qualsivoglia forma di discriminazione e violenza.
  Se è vero che sul versante processuale, nel corso del tempo sono state introdotte apposite misure cautelari in relazione a reati espressione di violenza di genere e, più in generale, in danno delle vittime vulnerabili e che i reati in parola sono contemplati tra quelli per i quali è prevista una priorità nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei relativi processi, occorre mantenere alta la guardia e di approfondire le modalità attraverso le quali continuare a migliorare la difesa della libertà e dei diritti di ogni cittadino, nella sua individualità.
  Ciò, a prescindere da ogni valutazione sui possibili futuri interventi normativi e/o azioni che il Parlamento vorrà avviare.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   FRATOIANNI e PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da notizie di stampa, successivamente a quella effettuata dalle autorità maltesi il 6 ottobre 2018, nel periodo tra il 7 e il 12 ottobre 2018, nel Mediterraneo centrale, non vi sarebbero state segnalazioni Navtext, malgrado fonti ufficiali diano conto di sette interventi da parte delle autorità libiche, maltesi e tunisine, come si evince dall'articolo pubblicato su Repubblica.it dal titolo: «Migranti, la battaglia navale nel Mediterraneo, così si ostacola il lavoro delle Ong»;

   soltanto il successivo 13 ottobre 2018 un Navtext inviato dal Maritime Rescue Coordination Centre (Mrcc) di Malta ha segnalato alla nave Mar Ionio la presenza di imbarcazioni con a bordo persone in situazione di pericolo e di non avere mezzi per effettuare il soccorso –:

   quante segnalazioni di eventi di Search and Rescue (Sar) abbia ricevuto il centro di coordinamento del soccorso in mare di Roma nel periodo compreso tra il 6 e il 13 ottobre 2018;

   se sia a conoscenza delle ragioni per le quali non siano stati diramati avvisi Navtext a fronte di dette segnalazioni e quali iniziative si intendano adottare affinché a fronte di ogni segnalazione che pervenga al Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma venga immediatamente diramato un avviso Navtext.
(4-01452)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame sulla base degli elementi forniti dal Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, si riferisce quanto segue.
  Con riguardo al primo quesito, si comunica che, nel periodo compreso tra il 6 ed il 13 ottobre 2018, la centrale operativa del predetto comando generale – Imrcc
(Italian Maritime Rescue Coordination Centre), Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662, Regolamento di attuazione della legge 3 aprile 1989, n. 147, concernente adesione alla convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 – ha ricevuto n. 03 distinte segnalazioni relative ad imbarcazioni con a bordo migranti.
  Tra queste, solo una si trovava all'interno dell'area Sar
(Search and Rescue) di responsabilità nazionale e le relative operazioni di soccorso, in linea con le procedure standardizzale, sono state coordinate dal Mrsc (Maritime Rescue Sub Center) – Centro secondario di soccorso marittimo – Reggio Calabria, competente ratione loci.
  Per le altre due imbarcazioni, trovandosi nelle acque di responsabilità maltese e libica, il coordinamento delle operazioni di soccorso è stato assunto, rispettivamente, dai Centri di coordinamento del soccorso marittimo Rcc
(Rescue coordination centre) Malta e Libia.
  Con riferimento poi al secondo quesito, si precisa che il Navtex
(NAVigational TEXt Messages) è un servizio internazionale automatico, trasmesso sulle medie frequenze, di invio di avvisi e bollettini di navigazione e meteorologici.
  Dal momento che può essere usato anche per trasmettere informazioni urgenti che ineriscano la sicurezza marittima, tale servizio svolge un ruolo complementare nell'ambito del più complesso Gmdss
(Global maritime distress safety system), Sistema globale di soccorso e sicurezza marittima disciplinato dall'Imo (International maritime organization).
  Al riguardo, il combinato disposto dei punti 2.2.1.27 e 10.2.3 della circolare Imo MSC.1/Cire. 1403 «Amendments to the revised Navtex Manual» («Emendamenti alla edizione riveduta del Manuale Navtex», unito in copia per pronta consultazione (disponibile presso il servizio Assemblea)) stabilisce che la trasmissione a mezzo del servizio Navtex di messaggi per esigenze legate ad attività Sar può [
should be] essere disposta dall'Autorità coordinatrice delle operazioni di soccorso competente per Srr (Search and rescue region), ossia responsabile dell'area Sar in cui si è verificato l'evento.
  Per quanto concerne l'imbarcazione soccorsa da Mrsc Reggio Calabria, che ha interessato l'area Sar di competenza italiana, non è stato emesso alcun messaggio Navtex in quanto l'unita era seguita a brevissima distanza dalla CP 940, Nave Dattilo, che garantiva un controllo costante; dunque, non se ne è ravvisata la necessità.
  In relazione agli altri due eventi Sar, infine, nulla può riferirsi, giacché, come anticipato, essendo localizzati al di fuori dall'area di competenza del Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, la competenza alla trasmissione di un possibile messaggio Navtex versava in capo alle citate autorità Sar maltese e libica.
  

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   GALANTINO, COSTANZO, LATTANZIO, LOMBARDO, ROBERTO ROSSINI e VILLANI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle Forze armate, la disciplina che prevede la tutela del dipendente militare in caso di segnalazione di atti illeciti o irregolari, a quanto consta all'interrogante, spesso non trova applicazione;

   Riccardo Casamassima, il carabiniere che ha avuto il coraggio di rivelare l'illecito pestaggio di Stefano Cucchi, è stato punito, dopo la sua deposizione, con un trasferimento dall'attività operativa su strada alla scuola allievi, affrontando anche diminuzione dello stipendio e un demansionamento dal momento che è stato adibito all'attività di portierato;

   ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 179 del 2017, che ha modificato l'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 tra i dipendenti pubblici ai quali si applica la tutela per illeciti nella pubblica amministrazione, si considera anche il personale militare;

   anche chi fa parte del personale militare, quindi, quale pubblico dipendente, potrà, «nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnalare al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denunciare all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro» senza dover passare di propri superiori gerarchici –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per garantire l'applicazione della tutela prevista per il whistleblower anche al personale militare.
(4-01427)

  Risposta. — Nel merito delle questioni evidenziate nell'atto desidero ricordare che, soprattutto nei paesi di cultura anglosassone, ciò che ha reso il whistleblower degno di attenzione è stato il ruolo che ha – o può avere – nel portare allo scoperto, combattere e disincentivare fenomeni di corruzione su grande e piccola scala.
  La scelta di denunciare irregolarità e comportamenti illegali riscontrati sul luogo di lavoro espone chi denuncia a rischi di conseguenze negative; fattispecie, quest'ultima, comune a diverse realtà sociali, tanto che in tempi diversi e in diversi paesi, si è profilata la necessità di legiferare a tutela di queste persone.
  In Italia, una prima parziale presa in carico del problema sul piano normativo è testimoniata dall'articolo 54-
bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, come novellato dalla legge n. 179 del 2017, in cui è previsto che: «Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticoiruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione».
  Tanto premesso, va preliminarmente precisato che per dipendente pubblico devono senz'altro ricomprendersi anche i dipendenti di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e, quindi, anche il personale militare (oltre a magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, e altro).
  Al di là del caso invocato in sede di interrogazione, si rileva che la tutela del dipendente,
lato sensu, nei termini di cui alla sopra citata disposizione costituisce interesse primario anche per le Forze armate nell'ambito delle quali diffondere la conoscenza dell'istituto in parola può agevolare il perseguimento delle finalità imposte dal legislatore, attraverso il rafforzamento delle tutele in essere.
  A tal proposito sono state già condotte specifiche iniziative tese a conferire massima risonanza all'argomento divulgandolo al personale e dedicando ampio spazio alla sua analisi all'interno dei seminari di formazione dedicati alla materia della prevenzione della corruzione.
  Al riguardo, presso lo Stato maggiore della difesa si sono tenuti il 13 novembre 2017 e il 17 aprile 2018 due seminari di formazione sulle tematiche della prevenzione della corruzione, affrontando, in tali sedi, il delicato argomento della tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite, nell'ottica di agevolare, nella prospettiva indicata dal legislatore, l'emersione della corruzione, a salvaguardia dell'integrità della pubblica amministrazione.
  In particolare, il seminario del 17 aprile 2018 è stato organizzato a beneficio del personale che riveste l'incarico di capo reparto, capo ufficio generale e comandante di ente, nel convincimento che l'affermazione della: cultura di contrasto della corruzione deve essere in primo luogo appannaggio delle classi dirigenti.
  Con specifico riferimento al personale militare, occorre comunque ricordare la vigenza di una
lex specialis di riferimento completa ed esaustiva quale quella contenuta nel codice dell'ordinamento militare e nel relativo Testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento militare, cui continua a far rinvio il 1° comma dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001. non modificato dai decreti legislativi discendenti dalla legge «Madia».
  Per quanto riguarda, invece, il militare dei carabinieri citato nell'atto, ho da subito manifestato la mia disponibilità a incontrarlo ed è stato, quindi, da me ricevuto il 1° ottobre 2018, mentre il successivo 7 novembre è stato convocato dal comando generale dell'Arma dei carabinieri: l'interessato, sui
social network, ha riferito degli incontri in termini entusiastici.
  Nel merito della vicenda, si rende noto che lo stesso ha pubblicato, sul proprio profilo
Facebook, tre video nei quali, oltre a rappresentare pubblicamente problematiche di natura personale connesse al trasferimento alla scuola allievi Carabinieri di Roma, esprimeva valutazioni fortemente critiche nei confronti delle istituzioni e di altri militari.
  Inoltre, mentre era effettivo all'8 reggimento carabinieri «Lazio», aveva più volte lamentato di prestare servizio nello stesso reparto ove erano impiegati, in particolare, due colleghi: uno imputato nel procedimento penale relativo al decesso di Stefano Cucchi e l'altro che si era espresso pubblicamente sui
social network in maniera negativa a proposito della sua testimonianza.
  L'interessato, in data 13 giugno 2018, è stato trasferito al reparto comando della legione allievi carabinieri di Roma, al fine di consentirgli di operare con serenità in una nuova sede di servizio, equidistante dal luogo di residenza rispetto al precedente incarico, elidendo la situazione di incompatibilità ambientale e funzionale.
  Il militare, che non è in possesso di specializzazioni particolari, presso il reparto cedente veniva precipuamente impiegato in servizi di ordine pubblico in sede e in servizi di vigilanza fissa e dinamica, mentre nella nuova sede è stato assegnato alla squadra servizi del reparto comando della regione allievi, in attività ordinariamente devolute a personale del ruolo appuntati e carabinieri.
  Sul piano disciplinare, infine, si conferma che il militare è stato sanzionato per iniziative concernenti un improprio utilizzo dei
social network e per rapporti non autorizzati con la stampa.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a fine dicembre 2016 era stato diffuso un documento relativo alla prevenzione ed al controllo della malaria: 24 pagine contenenti le indicazioni per le misure di prevenzione per i viaggiatori, per la sicurezza trasfusionale e per le modalità di segnalazione in modo da aggiornare le ultime linee guida risalenti al 1997;

   nel documento si può leggere che: «Nei paesi non endemici la malaria continua ad essere la più importante malattia d'importazione, legata al numero crescente sia di viaggiatori internazionali sia di flussi migratori provenienti da aree endemiche». Poi, prima di elencare le nuove linee guida, si passa all'analisi dei numeri che raccontano di 3.633 casi notificati in Italia nel quinquennio dal 2011 al 2015, di cui l'89 per cento con diagnosi confermata. La quasi totalità di casi sono d'importazione, i casi autoctoni riportati sono stati sette, sottolineando che la malaria «rappresenta dunque la principale fonte di preoccupazione da un punto di vista sanitario per le persone che si rechino in paesi tropicali e sub tropicali»;

   una circolare del Ministero della salute dice di prestare attenzione, perché i casi di malaria stanno aumentando e dice esplicitamente che questa malattia sta arrivando a causa dei flussi migratori. La circolare però pone più l'accento sui residenti che si recano in Paesi a rischio per i motivi più svariati, rispetto ai flussi migratori, ma è necessario sottolineare quanto evidenziato dai dati: alcune malattie, tra le quali la malaria, che erano state debellate stanno tornando sul territorio italiano; va sottolineato come negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie all'attuazione di programmi di controllo promossi dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Anche se nell'ultimo rapporto sulla situazione mondiale della malaria, pubblicato sempre dall'Organizzazione mondiale della sanità, vengono riportati 95 Paesi ancora con malaria endemica, circa 214 milioni di casi e 438 mila decessi. L'ufficio regionale europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità, nell'aprile 2016, ha comunicato agli Stati membri l'eradicazione della trasmissione di malaria autoctona sul territorio della regione europea. Tuttavia, nelle aree tropicali e sub tropicali, la malaria rappresenta ancora la più importante malattia trasmessa da vettore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative di controllo, prevenzione e profilassi intenda adottare per fronteggiare questa emergenza e per controllare e monitorare gli immigrati ospitati e quelli in continuo arrivo sul territorio italiano, al fine di tutelare la salute pubblica dal ritorno di malattie debellate da decenni.
(4-00428)

  Risposta. — In riferimento alla questione sollevata nell'atto ispettivo in esame, si fa presente quanto segue.
  Preliminarmente, si ritiene opportuno specificare alcuni aspetti relativi alla natura della malaria. Si tratta di una malattia causata da protozoi del genere
plasmodium: nell'uomo, l'infezione è trasmessa dalla puntura di alcune specie di zanzare appartenenti al genere anopheles. La malattia non si trasmette per contagio interumano diretto, cioè da persona a persona, ma soltanto attraverso il tramite delle zanzare.
  All'inizio della seconda guerra mondiale la malaria era ancora presente su buona parte del nostro territorio, in particolare al centro-sud, nelle isole maggiori e lungo le fasce costiere delle regioni nordorientali, con propaggini di ipoendemia nella Pianura Padana.
  La trasmissione della malaria fu praticamente interrotta a conclusione della campagna di lotta antimalarica (1947-1951); casi sporadici, dovuti a
Plasmodium vivax, si verificarono in Sicilia fino agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso.
  Nel 1970, l'organizzazione mondiale della sanità (Oms) incluse l'Italia tra i Paesi indenni dalla malaria. Tuttavia, nel nostro Paese, per questa malattia resta in vigore la notifica obbligatoria.
  Per quanto concerne le misure di controllo, vigilanza, prevenzione e profilassi adottate, si fa presente che il Ministero della salute ha emanato in data 27 dicembre 2016 la circolare n. 36391, con la quale sono state fornite alle Regioni indicazioni mirate alla prevenzione ed al controllo della malaria.
  Il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità (Iss) mantengono attivo un sistema di sorveglianza che prevede una continua valutazione della situazione epidemiologica tramite l'elaborazione annuale della casistica e attraverso il controllo dell'anofelismo residuo. L'Iss ha anche l'incarico di conferma microscopica di diagnosi dei casi notificati.
  Occorre sottolineare, che l'aggiornamento della situazione epidemiologica della malaria nel nostro Paese è un fattore essenziale sia per fornire informazioni adeguate, ai fini della prevenzione di questa malattia, ai viaggiatori diretti verso Paesi tropicali e sub-tropicali sia per orientare ed ottimizzare le misure di controllo in caso di eventi autoctoni introdotti, considerando che il principale vettore indigeno,
anopheles labranchiae, è ancora presente nel territorio nazionale e, nel periodo giugno-ottobre, in alcune aree può raggiungere anche densità elevate.
  A livello regionale, l'attività di sorveglianza entomologica viene svolta dagli Istituti zooprofilattici sperimentali.
  I casi di malaria attualmente registrati in Italia sono definibili «di importazione», cioè sono casi di malaria contratti all'estero, in zone malariche, da viaggiatori internazionali. Il rischio di contrarre la malaria, per chi si reca all'estero, può essere minimizzato ricorrendo ad una attenta combinazione di misure di prevenzione comportamentale e di misure di prevenzione basate sull'assunzione di farmaci adatti.
  Si può affermare che in Italia, grazie al funzionamento del sistema di sorveglianza delle malattie infettive, nonché del sistema di sorveglianza sindromica, attivato fin dal 2011, nonostante i massicci flussi migratori irregolari, non sono stati evidenziati aumenti dell'incidenza e della prevalenza di malattie infettive che richiedono interventi di sanità pubblica.
  Come indicato dall'Oms in relazione ai dati sulle malattie endemiche o sulle epidemie in corso nelle varie aree del mondo, nel nostro Paese sono messe in atto misure di sorveglianza sui viaggiatori internazionali e sui mezzi di trasporto usati per il viaggio internazionale. Tali misure sono rivolte a tutti i viaggiatori internazionali, includendo in questa definizione anche i migranti irregolari.
  Relativamente ai protocolli sanitari in atto nel nostro Paese per il controllo delle malattie infettive, si evidenzia che le attività di sorveglianza e prevenzione sanitaria non si esauriscono al momento dello sbarco dei migranti ma continuano, sotto la responsabilità delle strutture del servizio sanitario nazionale e in collaborazione con il Ministero dell'interno, per tutta la durata della loro permanenza nel territorio nazionale.
  Al fine di mantenere attivi i flussi informativi nelle fasi successive alla prima accoglienza dei migranti, il Ministero dell'interno ha adottato la circolare n. 3159 del 12 marzo 2014, con la quale sono state date indicazioni alle Prefetture riguardo alle modalità di comunicazione al Ministero della salute del numero di immigrati ospitati presso i centri di accoglienza governativi ordinari e temporanei, e di ogni altro riferimento utile a garantire la sorveglianza sanitaria.
  Attraverso il decreto ministeriale 20 ottobre 2014, il Ministero della salute ha collaborato con il Ministero dell'interno per definire la parte relativa all'accertamento delle condizioni di salute degli ospiti dei centri per l'immigrazione, con particolare riguardo al collegamento tra le predette strutture e le aziende sanitarie locali competenti per territorio.
  Da ultimo, si fa presente che la competente direzione generale del Ministero della salute ha emanato molte circolari sulle misure di profilassi per esigenze di sanità pubblica ed invia costantemente, a tutte le amministrazioni interessate, aggiornamenti sulla situazione epidemiologica internazionale, tutti consultabili nel sito del Ministero della salute, sezione eventi epidemici all'estero, con le relative, raccomandazioni circa le misure di profilassi e con particolari attenzioni rivolte ai casi specifici.
  Inoltre, informazioni più approfondite sulla malaria e gli aggiornamenti relativi a profilassi e terapia sono consultabili nel medesimo sito
web, nella sezione dedicata alle malattie trasmesse da vettori.
La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   LABRIOLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi a Taranto, nel rione Tamburi si sono registrati diversi superamenti dei livelli di gas radon;

   otto aule di tre plessi scolastici del quartiere sono state interdette per il rilevamento, da parte dell'agenzia regionale per l'ambiente (Arpa Puglia), del suddetto gas. Il direttore regionale dell'Agenzia per la protezione ambientale, Vito Bruno, ha confermato che «ci sono casi in cui i superamenti sono piuttosto significativi, in particolare in otto aule, e altri dove il superamento sussiste ma non è altrettanto significativo. Altre 18 aule, intanto, sono considerate a rischio. Comunque il superamento prevede interventi finalizzati al risanamento»;

   il gas radon può provocare rischi solo in caso di lunghissima e consistente esposizione. La cosa migliore per eliminare questi gas radon, che vengono prodotti dal sottosuolo dal materiale di costruzione, è quella di areare. Questo suggerimento sembra una contraddizione, e in parte lo è, alla luce del fatto che il quartiere Tamburi già patisce fortemente tutte quelle criticità ambientali connesse all'attività dell'Ilva con la conseguenza che la popolazione residente subisce più di altre lo sviluppo di patologie correlate agli inquinanti atmosferici e all'inalazione di polveri sottili –:

   se il Governo non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di seguire e monitorare attentamente l'effettiva situazione, anche alla luce dell'estrema criticità sanitaria e ambientale di Taranto e in particolare del rione Tamburi, i cui residenti già subiscono pesantemente gli effetti dell'inquinamento atmosferico conseguente all'attività industriale degli stabilimenti dell'Ilva.
(4-01087)

  Risposta. — Il Ministero della salute, attraverso il Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità, ha effettuato una serie di attività per far fronte al serio problema della presenza di radon nelle scuole di Taranto.
  Innanzitutto, attraverso il costante supporto telefonico al direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Asl di Taranto, è stata effettuata una valutazione preliminare e generale della situazione, seguita da informazioni specifiche sulle risultanze degli studi epidemiologici sui rischi per la salute derivanti dall'esposizione al radon e sulle relative tecniche di misurazione della concentrazione, nonché sull'interpretazione dei valori misurati di concentrazione, tenendo conto delle tecniche utilizzate, e sulle modalità per ridurre temporaneamente e a lungo termine la concentrazione di tale gas.
  Vi è stata, inoltre, la partecipazione, su invito del sindaco di Taranto, ad una videoconferenza, tenutasi il 1° ottobre 2018, con la partecipazione di varie autorità locali, durante la quale sono state fornite le informazioni e le valutazioni già anticipate in precedenza al direttore del Dipartimento di prevenzione, e sono state date risposte alle domande delle autorità presenti, anticipando, come richiesto, molti degli elementi del parere formale dell'Istituto superiore di sanità (richiesto dal sindaco di Taranto) sulle attività svolte dalle autorità locali per affrontare la situazione.
  Si è dato, altresì, supporto telefonico ad uno dei genitori dei bambini che frequentano le scuole di Taranto coinvolte, a seguito di una richiesta di informazioni inviata da questo genitore all'Istituto superiore di sanità.
  Ulteriore supporto telefonico è stato dato al presidente della sezione di Taranto e al presidente nazionale dell'Associazione medici per l'ambiente – Isde Italia, anche in tal caso a seguito di richieste specifiche: sono state rese informazioni e valutazioni conformi a quelle fornite in precedenza alle autorità locali.
  L'Istituto superiore di sanità ha inteso far presente che le misure di concentrazione di radon nelle scuole della Puglia, incluse quelle di Taranto, sono state effettuate in applicazione alla legge regionale n. 30 del 3 novembre 2016, la quale ha in parte anticipato alcuni degli elementi presenti nella Direttiva europea 2013/59/Euratom, in corso di recepimento nella normativa nazionale, che risultano maggiormente cautelativi e protettivi rispetto alla legislazione nazionale vigente (decreto legislativo n. 230 del 1995, così come modificato con decreto legislativo n. 214 del 2000).
  Ad esempio, la direttiva citata stabilisce un «livello di riferimento» non superiore a 300 Bq/m3, e la legge regionale n. 30 del 2016 usa tale valore (sia pur chiamandolo «livello limite» o «livello limite di riferimento»), mentre la normativa nazionale attualmente in vigore non prevede azioni di risanamento per livelli inferiori a 500 Bq/m3 (denominato «livello di azione»), e prevede l'obbligo di misura della concentrazione di radon solo nei locali sotterranei dei luoghi di lavoro (a meno che la regione non abbia classificato la zona come zona a maggior rischio di concentrazione di radon, e in tal caso l'obbligo di misurare la concentrazione del gas si estende anche ai luoghi di lavoro non sotterranei).
  La legge regionale n. 30 del 2016 prevede anche l'elaborazione di un Piano regionale radon, che sia coerente con il Piano nazionale radon del Ministero della salute e che contempli la protezione dal gas anche nelle abitazioni.
  Inoltre, nell'interpretare i dati delle misure di concentrazione di radon effettuati con rivelatori passivi, occorre tenere presente che le concentrazioni medie misurate sono molto probabilmente una sovrastima di quelle relative alle ore di effettiva occupazione dei locali da parte degli alunni e del personale, in quanto i rivelatori passivi misurano anche la concentrazione di radon durante le ore di non occupazione dei locali, cioè durante la sera e la notte, quando solitamente la concentrazione di radon risulta più alta.
  Aerare i locali rappresenta una soluzione solo temporanea per ridurre la concentrazione di radon in un edificio e, comunque, tale operazione va eseguita solo periodicamente, ad esempio 1 o 2 volte al giorno, e non continuativamente. Sono altresì disponibili, e ampiamente sperimentate e adottate in Italia, soluzioni tecniche finalizzate a ridurre stabilmente l'ingresso del radon nei locali, e a queste soluzioni si riferiscono le normative in materia di protezione da esposizione al radon, inclusa la citata legge della regione Puglia.
  Il rischio per la salute finora accertato dovuto all'esposizione al radon, consiste in un aumento di probabilità di sviluppo di tumore polmonare.
  Tale aumento è proporzionale all'esposizione integrata al radon, cioè al prodotto della concentrazione media e del tempo di esposizione: di conseguenza, il rischio dovuto alla presenza di radon nelle abitazioni è in genere sensibilmente più elevato di quello nelle scuole, sia perché si passano molte più ore a casa che non a scuola, sia perché la concentrazione di radon è solitamente maggiore di notte che non di giorno.
  Di conseguenza, al fine di effettuare una valutazione più completa del rischio complessivo da esposizione al radon, è raccomandabile che, a seguito dell'identificazione di scuole con concentrazione di radon relativamente elevata, si proceda a misurare la concentrazione di radon anche nelle abitazioni dei soggetti coinvolti (alunni, professori e altro personale); inoltre, allo scopo di proteggere la popolazione nel suo insieme, andrebbe valutata anche la possibilità di effettuare una indagine campionaria nelle abitazioni situate nello stesso comune.
  Allo stato attuale delle conoscenze non è stata accertata l'esistenza di una «soglia di sicurezza», cioè di un valore di esposizione sotto il quale il rischio sia nullo, o una «soglia di pericolo», cioè un valore sopra il quale vi sia un pericolo immediato di sviluppare un tumore polmonare in tempi brevi.
  Va inoltre evidenziato che, a parità di esposizione al radon, il rischio è molto più elevato per i fumatori (circa venti volte per chi fuma abitualmente un pacchetto di sigarette al giorno).
  In relazione al caso preso in esame, occorre ricordare che non vi sono evidenze epidemiologiche del fatto che le esposizioni al radon durante l'infanzia e l'età scolare comportino un rischio maggiore rispetto alle esposizioni in età adulta.
  I valori riportati nelle normative internazionali e nazionali – in precedenza denominati «livelli di azione» e più recentemente «livelli di riferimento» – in ogni caso, non vanno intesi, date le caratteristiche del rischio per la salute sopra sintetizzate, come soglie di sicurezza o soglie di pericolo.
  

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   LOREFICE, BOLOGNA, CHIAZZESE, D'ARRANDO, LAPIA, MAMMÌ, NAPPI, SARLI, SPORTIELLO e LEDA VOLPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 18 agosto 2015, n. 134, in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, all'articolo 3, prevede «l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili»;

   la letteratura scientifica degli ultimi trent'anni ha escluso l'individuazione dell'autismo tra le psicosi. In particolare, l'ultimo DSM 5 (manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali) ha eliminato le sottocategorie diagnostiche dei disturbi pervasivi dello sviluppo e ha unificato tutti i disturbi nella definizione di spettro autistico;

   nel DSM 5, testo redatto da una commissione di esperti nominati dall'associazione americana degli psichiatri che elenca le definizioni dei disturbi mentali che incontrano il consenso degli psichiatri e della comunità scientifica internazionale, il disordine dello spettro autistico viene inquadrato all'interno dei disordini del neurosviluppo con codice 299.00;

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza, l'autismo è invece incluso tra le psicosi; tale classificazione si pone in contrasto, per l'interrogante, con tutta la letteratura scientifica degli ultimi trent'anni, e ha determinato inoltre l'uscita dalla diagnosi di autismo al compimento dei 18 anni;

   nello stesso decreto sono previsti dei pacchetti di interventi per molte singole disabilità, anche intellettive, come ad esempio la sindrome di Down, mancando invece l'intervento cognitivo comportamentale raccomandato dalla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità (il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti), la gran parte degli interventi specifici previsti dalle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, approvate e anche la Scala Vineland, che viene richiesta dall'Inps per determinare la necessità dell'indennità di accompagnamento piuttosto che quella di frequenza;

   nel mese di luglio 2016 il Ministro della salute Lorenzin, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera, non ha, di fatto, spiegato, secondo l'interrogante, la motivazione che ha spinto il Governo a decidere per questa tipologia di classificazione, che anche secondo gli stessi specialisti risulterebbe errata –:

   se il Governo non intenda valutare la possibilità di modificare tale classificazione dell'autismo infantile tra le psicosi (codice 044.299.0), conformandola all'alto parere della comunità scientifica internazionale e quindi di assumere iniziative per includere nella suddetta classificazione l'autismo non infantile, al fine di garantire una miglior tutela dei diritti delle persone affette da tale patologia.
(4-01027)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  L'elenco delle malattie croniche ed invalidanti contenuto nel (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (allegati 8 e 8-
bis), utilizza per l'individuazione delle malattie croniche e invalidanti e delle prestazioni correlate, la Classificazione internazionale delle malattie ICD9-CM, vale a dire il sistema di classificazione in uso nel Servizio sanitario nazionale per codificare tutte le prestazioni sanitarie, inclusi i ricoveri ospedalieri e le prestazioni specialistiche.
  Detta classificazione colloca li «disturbo autistico», che comprende anche le forme non infantili, nel gruppo delle «Psicosi» con il codice 299.0.
  Riguardo alla richiesta in questione, sarebbe teoricamente possibile utilizzare una codifica della malattia desunta da altri sistemi di classificazione (ad esempio, il DSM-IV), ma ciò comporterebbe l'impossibilità di utilizzare i dati dell'archivio delle esenzioni in associazione con i dati ricavati da altri flussi informativi basati sull'ICD9-CM.
  Inoltre, sarebbe necessario rilasciare un nuovo attestato di esenzione ai pazienti già esenti, senza alcun miglioramento delle loro tutele.
  In ogni caso, la questione verrà sottoposta alla commissione nazionale per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, che sta esaminando tutte le richieste di modifica dell'elenco delle malattie croniche ed invalidanti pervenute da parte di società scientifiche e associazioni di pazienti.
  

La Ministra per la salute: Giulia Grillo.


   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'edizione de La Stampa del 17 dicembre 2018 riporta, a pag. 13, una lunga intervista di Francesca Sforza a Denis Manturov, Ministro dell'industria e del commercio della Federazione russa, che partecipa a Roma al «Consiglio italo-russo per la cooperazione economica, industriale e finanziaria» (CIRCEIF). Nell'intervista, Manturov dichiara, fra l'altro: «Apprezziamo la posizione del governo italiano in merito alle sanzioni nei confronti delle aziende russe. In un incontro con i dirigenti di Uc Rusal (azienda leader nella produzione di alluminio, ndr), l'ambasciatore italiano in Russia Terracciano ha dichiarato che il governo italiano si oppone alle sanzioni extraterritoriali e ha sottolineato l'importanza che riveste per l'economia della UE la revoca delle sanzioni a Uc Rusal [...] Due società italiane, Enel e Terna, contemporaneamente stanno preparando progetti congiunti con Rosseti [...] Enel intende creare un “duster intelligente” in Russia, lanciando un progetto pilota per costruire una “smart grid” sulla base della piattaforma tecnologica dell'azienda. Terna e Rosseti stanno ora discutendo la possibilità di implementare progetti pilota sull'impiego di dispositivi di archiviazione nelle reti e sulla digitalizzazione delle reti» –:

   se quanto affermato dal Ministro Manturov sul tenore delle dichiarazioni dell'ambasciatore Pasquale Terracciano corrisponda al vero;

   in caso affermativo, come si concilino tali dichiarazioni con la posizione ufficiale del Governo italiano, più volte ribadita, di conferma delle sanzioni finanziarie ed economiche imposte dall'Unione europea alla Federazione russa, visto il suo mancato rispetto degli accordi di Minsk, aggravato nelle ultime settimane da una vera e propria aggressione militare ai danni di navi ucraine nel Mare di Azov;

   se i progetti citati in premessa sia di Enel che di Terna in Russia siano compatibili con il regime di sanzioni finanziarie ed economiche succitato;

   quali siano stati gli esiti del «Consiglio italo-russo per la cooperazione economica, industriale e finanziaria» (CIRCEIF) e come tali esiti si inquadrino nel contesto del regime di sanzioni succitato.
(4-01892)

  Risposta. — Come noto, l'Italia rispetta le sanzioni approvate nei confronti della Federazione Russa in seno all'Unione europea, che vincolano politicamente e giuridicamente il nostro Paese.
  In occasione del Consiglio europeo di dicembre 2018, abbiamo condiviso la preoccupazione dei nostri
partner per il deteriorarsi della crisi ucraina a seguito dell'incidente nel Mare di Azov, con particolare riguardo altresì alla mancanza di progressi nell'attuazione degli accordi di Minsk. L'Italia ha pertanto concorso all'accordo politico raggiunto dai capi di Stato e di governo europei sulla proroga delle sanzioni economiche settoriali europee nei confronti della Federazione russa.
  Al tempo stesso, il Governo sostiene e promuove la cooperazione bilaterale ed il rafforzamento delle relazioni economico- commerciali con la Russia, anche attraverso la costante promozione degli interessi delle nostre aziende nel Paese, entro il perimetro consentito dal quadro sanzionatorio vigente.
  Le sanzioni imposte verso la Federazione russa dagli Stati Uniti d'America possono invece dispiegare i loro effetti, contrariamente a quanto previsto per le misure europee, anche su persone fisiche e giuridiche di altri Paesi. Il Governo è impegnato, unitamente con i
partner europei, a discutere con le controparti americane le modalità per minimizzare tali eventuali effetti extraterritoriali sulle nostre aziende e sui nostri interessi economici nazionali.
  Alla luce di quanto sopra, gli esiti della XVI sessione del Consiglio di cooperazione economica, industriale e finanziaria con la Russia coincidono pienamente con gli indirizzi sopra menzionati dell'azione di Governo, improntati a rafforzare le relazioni economico-commerciali con Mosca e a consentire al Sistema Paese di cogliere appieno il significativo potenziale che tale mercato offre alle nostre realtà imprenditoriali, pur nella piena osservanza delle restrizioni derivanti dall'impianto sanzionatorio europeo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   MORRONE e RAFFAELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dall'analisi degli ultimi dati in merito alla diffusione della tubercolosi emerge che la metà dei nuovi casi interessa cittadini italiani, mentre i cittadini stranieri più coinvolti sono quelli che provengono da Paesi ad alta endemia: Africa maghrebina, equatoriale, Paesi dell'Est — Romania e Moldavia;

   gli stranieri ammalati hanno in media un'età tra i venti e i quarant'anni, mentre i casi riguardanti gli italiani oltre sessant'anni;

   la causa della differenza d'età si può giustificare analizzando la provenienza del soggetto; infatti, chi proviene da Paesi ad alta endemia ha un coefficiente di rischio molto più alto e tende ad ammalarsi prima, anche a causa di una qualità di vita di prassi inferiore. La malattia, di natura batterica, si trasmette in maniera aerogena, ossia per condivisione di spazi aerei con un malato;

   notizie di stampa riportano l'ennesimo caso di un profugo 18enne, risultato positivo al test della tubercolosi, ospite di una struttura di accoglienza a Rimini fino al mese di gennaio 2018, quando ancora minorenne è stato spostato allo Sprar di Pesaro, dove da circa una settimana è ricoverato in ospedale;

   a Pesaro, dove il migrante si è sentito male, i medici hanno accertato il contagio, obbligando il personale sanitario a predisporre le misure di prevenzione e verifica per tutte le persone che erano state in stretto contatto con il giovane negli ultimi tre mesi, come prevede il protocollo del Ministero della salute. Una «finestra» temporale ampia, più precisamente tre mesi, che hanno comportato la «profilassi» ad una quarantina di persone del Riminese;

   le persone sottoposte a misure di prevenzione sono profughi e richiedenti asilo che frequentavano insieme all'allora 17enne i corsi di alfabetizzazione che si tengono al Cpt di Rimini, presso una scuola media. Sottoposti a profilassi sono anche i docenti dei corsi pomeridiani e serali che si tenevano nella scuola, gli educatori, gli addetti e gli altri richiedenti asilo che abitavano con il giovane nella villetta gestita da una onlus –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda predisporre le iniziative necessarie a verificare se siano stati rispettati tutti i protocolli di carattere sanitario e normativo, per evitare il contagio e la diffusione di una patologia pericolosa come la tubercolosi sia tra la popolazione che tra i migranti, attuando una preventiva azione di controllo delle frontiere marittime e terrestri italiane e un continuo monitoraggio delle condizioni di salute di chi risiede all'interno dei centri di accoglienza.
(4-00088)

  Risposta. — In merito al caso di tubercolosi riscontrato in un ospite del centro di accoglienza di Rimini, si precisa che il paziente proveniva dalle strutture del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) di Riccione.
  Al riguardo, l'Azienda sanitaria regionale delle Marche ha riferito sulle procedure attivate dall'Agenzia sanitaria unica regionale (Asur) ai fini della gestione del caso.
  In data 22 marzo 2018, il paziente ha avuto accesso al pronto soccorso dell'Ospedale S. Salvatore di Pesaro dell'Azienda ospedaliera Marche nord, inviato dalla struttura territoriale di pneumologia del distretto di Pesaro dell'Asur Marche.
  La notifica di sospetta tubercolosi è stata effettuata dal pronto soccorso ospedaliero in data 23 marzo 2018 e inviata al servizio di igiene e sanità pubblica di Pesaro dell'Asur Marche.
  Nel Reparto ospedaliero di malattie infettive il paziente è stato sottoposto ad ulteriori accertamenti diagnostici, che hanno confermato la positività al micobatterio della tubercolosi.
  È stata immediatamente attuata la consueta terapia antitubercolare, ed il paziente è stato dimesso in data 16 aprile 2018, clinicamente stabile e non contagioso, con la prescrizione di completare il trattamento terapeutico a domicilio.
  La notifica di accertata tubercolosi è stata effettuata dal reparto di malattie infettive in data 31 marzo 2018 e inviata al servizio di igiene e sanità pubblica di Pesaro dell'Asur Marche.
  A seguito di indagine epidemiologica del servizio igiene ospedaliero, non sono stati rilevati i contatti a rischio da parte del personale sanitario o di utenti della struttura ospedaliera, in quanto il paziente è stato gestito, fin dall'ingresso in pronto soccorso, con le precauzioni di isolamento specifiche per la tubercolosi previste dalle norme vigenti e contenute nelle procedure ed istruzioni operative aziendali.
  Il 23 marzo 2018 è iniziata l'indagine epidemiologica da parte dell'Asur, che ha riguardato i contatti del paziente, i quali sono stati tutti sottoposti a test di «
screening Mantoux».
  Relativamente ai protocolli sanitari in atto nel nostro Paese per il controllo delle malattie infettive, questo Ministero assicura che le attività di sorveglianza e prevenzione sanitaria non si esauriscono al momento dello sbarco dei migranti, ma continuano, sotto la responsabilità delle strutture del Servizio sanitario nazionale e in collaborazione con il Ministero dell'interno, per tutta la durata della loro permanenza nel territorio nazionale.
  A tal riguardo, il 20 dicembre 2012 è stato sancito l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome sul documento recante: «Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province autonome», ovvero i migranti regolari, irregolari ed i soggetti temporaneamente presenti per motivi diversi in Italia.
  Il documento oggetto dell'accordo è finalizzato ad assicurare alla popolazione immigrata un uniforme accesso alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti, nonché, nell'ottica di tutela della collettività, alle prestazioni di medicina preventiva, quali vaccinazioni e terapia antitubercolare.
  Inoltre, al fine di mantenere attivi i flussi informativi nelle fasi successive alla prima accoglienza dei migranti, il Ministero dell'interno ha adottato la circolare n, 0003159 del 12 marzo 2014, con la quale sono state date indicazioni alle Prefetture riguardo alle modalità di comunicazione al Ministero della salute del numero di immigrati ospitati presso i centri di accoglienza governativi, ordinari e temporanei, ed ogni altro riferimento utile a garantire la sorveglianza sanitaria.
  Infine, attraverso il decreto ministeriale 20 ottobre 2014, il Ministero della salute ha collaborato con il Ministero dell'interno per definire la parte relativa all'accertamento delle condizioni di salute degli ospiti dei centri per l'immigrazione, con particolare riguardo al collegamento tra le predette strutture e le aziende sanitarie locali competenti per territorio.
  Grazie al sistema «routinario» di sorveglianza delle malattie infettive ed al sistema di sorveglianza sindromica, attivato dal 2011, si può dunque affermare che in Italia, nonostante i flussi migratori, non sono stati evidenziati aumenti dell'incidenza e della prevalenza di malattie infettive che richiedono interventi di sanità pubblica.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene, o tinnito, è un disturbo che causa, in chi ne è affetto, la percezione di rumori endogeni (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altri fenomeni similari) all'interno di un orecchio o in entrambi, oppure nella testa;

   tali rumori, dunque, originano all'interno dell'apparato uditivo, ma alla loro prima comparsa vengono illusoriamente percepiti come suoni provenienti dall'ambiente esterno;

   si capisce agevolmente come questa patologia influisca in modo assai significativo sulla qualità della vita di che ne soffre: incide sul livello di attenzione e concentrazione, sconvolge il ciclo sonno-veglia, si ripercuote sia sulle condizioni fisiche che sull'assetto psicologico-emozionale, sfociando non di rado in uno stato di forte indebolimento e depressione, o in conseguenze ancor più drammatiche;

   l'acufene è una patologia piuttosto diffusa: studi condotti negli ultimi 10 anni hanno dimostrato come una percentuale compresa fra il 10 per cento e il 20 per cento della popolazione europea ne abbia sofferto almeno una volta nella vita. In Italia, la percentuale di popolazione interessata dal disturbo si aggira attorno alla soglia ragguardevole del 15 per cento. Si tratta di numeri, dunque, assai significativi;

   la problematica in questione è stata già oggetto di attenzione nella passata legislatura. Ad una interrogazione sulla questione, il Ministro della salute aveva espresso e condiviso la necessità di sviluppare ulteriormente la ricerca mirata alla comprensione delle basi fisiopatologiche del disturbo, nonché di promuovere la conoscenza delle problematiche relative all'acufene presso istituzioni, centri di ricerca e opinione pubblica, al fine di inserire l'acufene nei livelli essenziali di assistenza (LEA) –:

   se e quali iniziative siano state intraprese dal Ministro interrogato al riguardo;

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare con urgenza iniziative volte a prevedere il riconoscimento della patologia dell'acufene come malattia cronica e invalidante, ai sensi decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, inserendola nei livelli essenziali di assistenza (Lea);

   se e quali iniziative intenda adottare per favorire la conoscenza, lo studio e la ricerca scientifica relativi a tale patologia.
(4-00164)

  Risposta. — Come noto, l'acufene è un disturbo otologico che consiste in sensazioni acustiche endogene, sotto forma di fischi, ronzii, fruscii o altro, percepiti in una o in entrambe le orecchie o nella testa.
  Il Ministero della salute è ben consapevole che tale disturbo può incidere sulla qualità della vita di chi ne soffre, soprattutto a livello psicologico e, nei casi più gravi, può arrivare a compromettere seriamente il benessere del paziente.
  La ricerca clinica ha, infatti, chiaramente dimostrato come, in una alta percentuale dei casi, questo disturbo debba essere affrontato mediante una strategia terapeutica di cui la psicoterapia sia parte integrante.
  Indubbiamente, l'acufene ha un'alta incidenza: studi condotti negli ultimi due lustri in diversi paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato, infatti, come mediamente circa il 5-20 per cento della popolazione del nostro continente abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita.

  Per quanto riguarda l'Italia, studi analoghi hanno dimostrato che nel nostro Paese vi è una prevalenza simile: tra la popolazione adulta, l'acufene colpisce più di tre milioni di persone ed è sentito come problema grave da oltre 600.000 italiani.
  La causa dell'acufene non è chiara nella maggioranza dei casi.
  Tuttavia, nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di «neuroimaging», che permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate all'elaborazione dei segnali acustici, sembrano promettere importanti passi in avanti per la comprensione dell'eziologia della patologia.
  In particolare, recenti studi suggeriscono come il disturbo sia accompagnato da anomalie cerebrali funzionali e strutturali.
  Per quanto riguarda i possibili interventi terapeutici per il trattamento dell'acufene, l'Istituto superiore di sanità ha riferito che, recentemente, la neuromodulazione mediante stimolazione magnetica transcranica (Tms), una terapia indolore e non invasiva, ha avuto successo nel ridurre i sintomi del tinnito almeno in alcuni pazienti.
  Altri interventi considerati efficaci, in base alla letteratura scientifica degli ultimi anni, includono approcci quali il «
cognitive training», eseguito anche grazie all'aiuto di specifici «software», che permette di modificare l'attenzione, la percezione e il ricordo del tinnito, portando a un significativo miglioramento della condizione medica dei pazienti.
  L'istituto ha poi affermato che, allo scopo di identificare le iniziative da adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e per identificare quali siano le ricerche da finanziare per migliorare la comprensione delle basi eziopatologiche del disturbo e l'efficacia dei trattamenti, si potrà effettuare un attento studio dello stato dell'arte delle conoscenze di base e cliniche ottenute, tramite la revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile e l'esame delle scoperte più recenti.
  Ciò permetterebbe anche di valutare se assumere iniziative mirate a «
screening» preventivi, anche in base all'età, per evidenziare una possibile vulnerabilità all'acufene, o volte a informare sulle attività che possono generare la patologia.
  Inoltre, tale approccio permetterebbe di identificare le strategie migliori per il trattamento della patologia ed, eventualmente, di organizzare una rete di centri di eccellenza per la cura dell'acufene.
  Simili iniziative potrebbero anche essere mirate alla valutazione non solo dell'eventuale inserimento dell'acufene nei livelli essenziali di assistenza, ma anche al riconoscimento della patologia come malattia cronica invalidante, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, e tenuto conto di quanto stabilito dall'allegato 8 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Peraltro, va precisato che – considerato che gli acufeni sono un sintomo con diversi livelli di gravità, determinati da patologie vascolari del collo e della testa o associati a malattie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, neoplastiche, dismetaboliche, ematologiche – l'accesso alle cure dei pazienti interessati da queste patologie è già garantito dai Livelli essenziali di assistenza (Lea), che consentono loro di usufruire delle prestazioni e dei servizi erogati a carico del Sistema sanitario nazionale, sia in fase diagnostica che di monitoraggio, nonché della connessa assistenza farmaceutica.
  Inoltre, una parte delle condizioni che determinano gli acufeni è comunque già individuata fra le patologie croniche soggette a tutela, ove sussistano le condizioni di cronicità, gravità, invalidità ed onerosità previste dal decreto legislativo n. 124 del 1998: è questo il caso, ad esempio, degli acufeni secondari a malattie cerebrovascolari (aneurismi, patologie dei grossi vasi) o neurologiche (sclerosi multipla).
  In conclusione, intendo assicurare che il Ministero della salute, anche sulla base della revisione sistematica della letteratura scientifica auspicata dall'Istituto superiore di sanità, seguirà con attenzione gli ulteriori aggiornamenti dei Livelli essenziali di assistenza, in modo che, laddove ne emergano le condizioni, possa essere rivalutato l'inserimento delle prestazioni di specialistica ambulatoriale connesse all'acufene.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   NOVELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in queste settimane nelle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale stanno entrando nel vivo le trattative per i rinnovi dei contratti integrativi che dovranno adeguarsi al nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato il 21 maggio 2018;

   si sta assistendo ad una molteplicità di richieste di chiarimenti interpretativi all'Autorità nazionale anticorruzione (Aran), poiché, per la sua cattiva qualità, la normativa contrattuale non solo si presta a molteplici letture, ma presenta lacune e contraddizioni palesi che ne rendono fortemente problematica una corretta applicazione, ponendo gli operatori in gravi difficoltà ed esponendoli al rischio di causare danno patrimoniale agli enti;

   le regioni, con un'iniziativa senza precedenti, si sono sostanzialmente appropriate della funzione di interpretazione del contratto collettivo nazionale di lavoro: con lettera del 22 giugno 2018, il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, ha comunicato ai suoi colleghi e agli assessori al personale che «è stato deciso che le richieste di parere da parte delle amministrazioni regionali, degli enti strumentali regionali e delle singole aziende sanitarie, nel caso in cui riguardino questioni e temi di carattere generale, dovranno essere inoltrate al Comitato di settore regioni-sanità, ai fini di un preventivo esame congiunto con Aran»;

   tale decisione è stata assunta in condivisione con il presidente dell'Aran, dottor Sergio Gasparrini, che ha confermato la disponibilità ad accompagnare le regioni in questa fase;

   questa iniziativa rappresenta, a giudizio dell'interrogante, una palese violazione dell'equilibrio tra le competenze dei comitati di settore e quelle dell'Aran poiché secondo l'articolo 46, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 «l'Aran esercita a livello nazionale... ogni attività relativa... alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi»;

   si tratta all'evidenza, secondo l'interrogante, di una funzione chiaramente attribuita dalla legge alla competenza piena ed esclusiva dell'Aran, non condivisibile con altri soggetti istituzionali quantomeno nei termini della citata lettera del presidente Bonaccini;

   l'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 afferma che «i comitati di settore possono stipulare con l'Aran specifici accordi per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per specifiche attività in comune», ma naturalmente l'ambito di tali convenzioni non potrebbe collocarsi al di fuori del rispetto della cornice delle competenze attribuite a ciascun soggetto dalla legge, come sembra essere avvenuto nel caso specifico;

   peraltro, è la stessa ricordata lettera ad evidenziare palesemente lo «sconfinamento» laddove in un successivo passaggio dice che «Si provvederà anche a calendarizzare specifici incontri e seminari, anche di livello tecnico, congiuntamente con Aran»;

   queste attività ben potrebbero essere ricondotte a una corretta applicazione delle disposizioni dell'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma sono evidentemente distinte da quelle precedentemente indicate dove, ad avviso dell'interrogante, si tratta chiaramente di una ingerenza nella competenza interpretativa dell'Aran;

   non è poi dato comprendere il senso delle parole «anche di livello tecnico», atteso che l'interpretazione delle norme contrattuali è una attività che non può che essere esercitata in base alle regole dell'ermeneutica giuridica, che costituisce una «tecnica» con parametri certi e codificati dalla legge –:

   quale sia l'esatto stato della situazione sopra descritta;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo, posto che l'iniziativa delle regioni appare all'interrogante un tentativo di sostanziale appropriazione delle competenze in tema di interpretazione del contratto collettivo nazionale, resa necessaria dalle lacune e contraddizioni dell'accordo ispirato dalle regioni stesse e sottoscritto dai sindacati partecipanti;

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per ripristinare un corretto esercizio dell'attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi da parte dell'Aran.
(4-01633)

  Risposta. – L'interrogazione in esame prende spunto da un'iniziativa delle regioni ed è relativa a difficoltà interpretative, rilevate dalle stesse nella predisposizione dei nuovi contratti integrativi delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale.
  Tale iniziativa è consistita in una nota del 22 giugno 2018, con la quale il presidente della conferenza delle regioni e delle province autonome ha rappresentato la decisione di inviare le richieste di parere da parte delle amministrazioni regionali, degli enti strumentali regionali e delle singole aziende sanitarie, riguardanti questioni e temi di carattere generale, al comitato di settore regioni-sanità, ai fini di un preventivo esame congiunto con l'Aran. Tale iniziativa sarebbe in contrasto con le disposizioni a tutela delle competenze dell'Aran e dei comitati di settore.
  L'interrogante chiede quindi di conoscere qual è il mio orientamento in merito al ruolo dell'Aran e dei comitati di settore relativamente all'assistenza alle pubbliche amministrazioni nella negoziazione e nell'uniforme applicazione dei contratti collettivi.
  Preliminarmente ritengo necessario richiamare l'attenzione sulle competenze istituzionali dell'Aran e alle sue relazioni con il comitato di settore del comparto sanità.
  L'Agenzia per rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni, ai sensi dall'articolo 46 del decreto legislativo n. 165 del 2001, svolge un'attività di assistenza alle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali.
  Tale attività si sostanzia anche nella risposta a quesiti specifici posti dalle pubbliche amministrazioni, attraverso l'emanazione di pareri che costituiscono un orientamento di parte datoriale a carattere non vincolante, restando poi nella disponibilità di ciascun ente la valutazione delle singole questioni e l'indicazione delle soluzioni coerenti con le clausole contrattuali, nel rispetto dei principi fondamentali di correttezza e buona fede.
  Quanto alla natura dei comitati di settore, essi costituiscono le istanze associative e rappresentative delle singole amministrazioni, agli effetti della contrattazione collettiva; inviano gli atti di indirizzo all'Aran, approvano il testo dell'ipotesi di CCNL, negoziato per loro conto dall'Aran sulla base dei predetti indirizzi, prima del successivo inoltro alla Corte dei conti.
  Nel caso del comparto sanità, lo stesso comitato opera nell'ambito della conferenza delle regioni e delle province autonome che sostengono, ai sensi dell'articolo 48, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, gli oneri del contratto collettivo.
  Ai sensi poi del comma 4 dell'articolo 41 del citato del decreto legislativo n. 165 del 2001 «I comitati di settore possono stipulare con l'Aran specifici accordi per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per eventuali attività in comune. Nell'ambito del regolamento di organizzazione dell'Aran per assicurare il miglior raccordo tra i Comitati di settore delle Regioni e degli enti locali e l'Aran, a ciascun comitato corrisponde una specifica struttura, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
  Tale facoltà è altresì disciplinata dall'articolo 3, comma 3, lettera
d), del vigente regolamento di organizzazione dell'Aran, che stabilisce «l'Aran può collaborare, anche sulla base di apposite intese, accordi o convenzioni, con amministrazioni pubbliche e soggetti pubblici o privati, e in particolare con: (...) d) i comitati di settore, per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per eventuali attività in comune; (...)».
  È quindi la stessa legge a prevedere un costante raccordo tra comitato di settore e Aran, configurabile nei termini di una «contitolarità», nel senso che il comitato di settore risulta titolare degli stessi interessi organizzativi di cui l'agenzia assume la rappresentanza negoziale. L'attività di coordinamento con il comitato di settore si limita, peraltro, all'analisi dei quesiti di rilevanza generale o di quelli che, avendo carattere prettamente gestionale, richiedono anche un'attività di supporto alle aziende ed enti da parte delle regioni; le problematiche che non presentano le caratteristiche sopra evidenziate sono, invece, analizzate esclusivamente dall'Aran.
  Pertanto, nell'ambito delle competenze istituzionali previste dalle vigenti disposizioni legislative, è ineludibile un rapporto di collaborazione e di coordinamento tra conferenza delle regioni e delle province autonome e Aran, nell'analisi delle problematiche applicative poste dalle singole aziende sanitarie in sede di contrattazione integrativa, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del Ccnl.
  Nel caso di specie, il comitato di settore riceve e convoglia le richieste delle aziende sanitarie all'Aran che rimane
ex lege l'unica legittimata a esprimere il parere finale.
  In ogni caso le risposte a quesiti, compresi quelli esaminati congiuntamente, sono elaborate e trasmesse dall'Aran alle singole amministrazioni, nello svolgimento delle funzioni a essa attribuite dalla legge.
  In conclusione, si è in presenza di un'utile attività di coordinamento delle decisioni e degli indirizzi della parte datoriale pubblica del tutto coerente con i compiti e le responsabilità che la legge attribuisce all'Aran e al comitato di settore sanità.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Giulia Bongiorno.


   PALAZZOTTO e FRATOIANNI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Riccardo Casamassima, l'appuntato dei carabinieri che con la sua testimonianza ha fatto riaprire l'inchiesta sul decesso di Stefano Cucchi, in un video postato su Facebook ha chiesto di essere ascoltato dal Governo perché dice testualmente: «per aver fatto il mio dovere, come uomo e come carabiniere, per aver testimoniato nel processo relativo a Stefano Cucchi, morto perché pestato dai miei colleghi mi ritrovo a subire un sacco di conseguenze (...)»;

   a seguito della sua testimonianza, infatti, sarebbero cominciate a suo carico diverse vessazioni, procedimenti disciplinari e minacce da parte di colleghi e superiori, tra cui la negazione del ricongiungimento familiare, insulti via social network, punizioni per aver rilasciato dichiarazioni stampa, e altro;

   l'ultima notizia, in ordine di tempo, è che al carabiniere sarebbe stato notificato un trasferimento presso la scuola allievi ufficiali, il che comporta un allontanamento, un demansionamento e una consistente decurtazione dello stipendio, dopo 20 anni di servizio in strada. A detta di Casamassima, i suoi superiori lo avrebbero giudicato «poco esemplare» e «inadeguato al senso della disciplina», da qui la giustificazione al trasferimento;

   anche la carabiniera Maria Rosati, oggi compagna di Riccardo Casamassima, ha testimoniato, essendo di fatto coloro che hanno permesso di riaprire l'inchiesta e dare il via al processo per l'uccisione di Stefano Cucchi. Sono stati ascoltati dopo che alcuni loro colleghi dissero di aver visto Stefano Cucchi estremamente sofferente dopo il pestaggio subito alla caserma della Casilina durante il foto segnalamento e sono stati sentiti dopo che alcuni loro colleghi avevano ammesso, davanti ai giudici, di essere stati convocati dai superiori, sempre dopo la morte di Cucchi, per modificare le loro annotazioni;

   a parere degli interroganti qualsiasi azione fatta nei confronti di un testimone chiave come Riccardo Casamassima potrebbe direttamente o indirettamente compromettere un processo ancora aperto, delicato e complesso come quello Cucchi. Il trasferimento, piuttosto, doveva essere disposto già da tempo ma nei confronti dei suoi superiori e dei colleghi coinvolti nel processo, e non di chi ritiene di aver fatto solo il proprio dovere raccontando i fatti così come si sono verificati;

   sempre a parere degli interroganti, l'Arma dei carabinieri, per la sua storia e il rispetto che gode nell'opinione pubblica, non può permettersi che rimanga anche la più piccola ombra rispetto alla correttezza del proprio operato, anche nel rispetto della stragrande maggioranza di quegli uomini e quelle donne appartenenti all'Arma, che servono lo Stato con abnegazione e spirito di servizio –:

   se la Ministra interrogata intenda approfondire, per quanto di competenza, i fatti esposti in premessa e in particolare quanto contenuto nel video realizzato dal carabiniere Riccardo Casamassima, al fine di accertare i fatti e fare piena luce su quanto accaduto e denunciato, anche a tutela del buon nome dell'Arma dei carabinieri;

   se la Ministra interrogata intenda attivarsi, per quanto di competenza, per accertare se risponde al vero che il carabiniere Riccardo Casamassima sia stato vittima di vessazioni, procedimenti disciplinari e minacce e se le stesse possano essere messe o meno in correlazione con la sua testimonianza al processo Cucchi;

   quali iniziative di competenza la Ministra interrogata intenda adottare per garantire che un testimone chiave in un processo ancora in corso venga tutelato da eventuali ritorsioni a causa del contenuto della sua testimonianza.
(4-00532)

  Risposta. — Prima di entrare nello specifico della vicenda illustrata nell'atto in titolo, vorrei soffermarmi brevemente sulla legge che tutela chiunque segnali reati o irregolarità, di cui sia venuto a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.
  Mi riferisco all'istituto più comunemente noto con il termine inglese
whistleblowing, entrato a far parte del diritto italiano tramite la legge n. 179 del 2017, che ha introdotto l'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, in cui è previsto che: «Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala ... condotte illecite di cui è venuto a conoscenza... non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione», dove, per dipendente pubblico deve ricomprendersi anche il personale militare.
  Nell'osservare che la tutela del dipendente costituisce interesse primario anche per le Forze armate, devo, tuttavia, ricordare la vigenza di una
lex specialis di riferimento completa ed esaustiva, quale quella contenuta nel codice dell'ordinamento militare e nel relativo Testo unico regolamentare, cui continua a far rinvio il 1° comma dell'articolo 3 del decreto legislativo n.165 del 2001, non modificato dai decreti legislativi discendenti dalla legge «Madia».
  Per quanto concerne, invece, il caso dell'appuntato scelto R.C. ho da subito manifestato la mia disponibilità a incontrarlo dopo avere preso atto su
Facebook delle sue affermazioni ed è stato, quindi, da me ricevuto lo scorso 1° ottobre, mentre il successivo 7 novembre è stato convocato dal comando generale dell'Arma dei Carabinieri: l'interessato, sul proprio profilo, ha riferito degli incontri in termini entusiastici.
  Esaminando ora gli specifici aspetti della vicenda, il comando generale dell'arma dei carabinieri, al riguardo, ha comunicato che:

   il graduato, quando era effettivo all'8 reggimento carabinieri «Lazio» aveva: più volte lamentato di prestare servizio nello stesso reparto dove erano: impiegati due colleghi: uno imputato nel procedimento penale relativo al decesso di S.C. e l'altro che si era espresso pubblicamente sui social network in maniera negativa a proposito della testimonianza resa dal graduato (il maresciallo, comandante di squadra, è stato sanzionato disciplinarmente con: tre giorni di «consegna»);

   in data 13 giugno 2018, il militare è stato, pertanto, trasferito al reparto; comando della legione allievi carabinieri di Roma, al fine poter operare con serenità in una nuova sede di servizio, equidistante dal luogo di residenza rispetto al precedente incarico, eliminando, così, la situazione di incompatibilità ambientale e funzionale;

   la legione allievi, ubicata in prossimità della fermata metro «Ottaviano», è meglio collegata con la residenza familiare dell'interessato ed è distante poco meno rispetto alla precedente sede di servizio, situata nella zona di Tor di Quinto;

   l'appuntato, che non è in possesso di particolari specializzazioni, nella nuova sede è stato assegnato alla squadra servizi del reparto comando della Legione allievi, in servizi ordinariamente devoluti a personale del ruolo appuntati e carabinieri, mentre nella precedente sede era stato principalmente impiegato: in servizi di ordine pubblico in sede e di vigilanza, fissa e dinamica;

   ad oggi, è in fase di trattazione la sua domanda di trasferimento in una sede: ancora più confacente alle sue esigenze personali e familiari.

  Sul piano disciplinare, il carabiniere è stato sanzionato per fatti concernenti l'utilizzo dei social network e i rapporti con la stampa.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   un summit tra i capi di Stato e di Governo di Francia, Germania, Italia e i cinque Paesi del Sahel (Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania, Niger), tenutosi il 13 dicembre 2017, ha dato il via alla nascita della «coalizione Sahel», con l'obiettivo dichiarato di contrastare il terrorismo nella regione. Un'organizzazione operativa effettiva e reale, con un comando unico a livello regionale, per sostenere sul campo la forza G5 Sahel e l'Alleanza per il Sahel;

   il 17 gennaio 2018 la Camera dei deputati, riunita in seduta straordinaria dopo lo scioglimento, ha votato a giudizio dell'interrogante in fretta e furia, su proposta del Governo pro tempore, una risoluzione su una missione militare italiana in Niger. Sono trascorsi cinque mesi e ancora non è chiaro quale sarà il destino di questa missione;

   l'Italia avrebbe dovuto addestrare le forze nigerine che partecipano alla forza congiunta del G5 Sahel con un contingente di 470 uomini, 130 mezzi, 2 aerei, per un totale di poco meno di 50 milioni di euro di spesa prevista, così come hanno riferito il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale pro tempore Alfano e la Ministra della difesa pro tempore Pinotti alle commissioni parlamentari Difesa ed Esteri;

   la missione in Niger, che ha un interesse specifico pure per quello che riguarda i flussi migratori verso la Libia e verso il Mediterraneo, sarebbe dovuta servire anche per impegnarsi nel contrasto al traffico di esseri umani;

   nonostante la Ministra pro tempore Pinotti nel corso di un'audizione in Parlamento avesse dichiarato che fosse stato il Niger a chiedere all'Italia di essere presente con una propria missione, il 26 gennaio 2018 la stampa estera riportava la notizia secondo cui fonti interne al Governo del Niger confermavano che le autorità di Niamey non sarebbero state né consultate né informate. E il Governo nigerino avrebbe comunicato agli italiani di non condividere la missione italiana. Nel marzo e poi in aprile del 2018 il Ministro dell'interno nigerino Mohamed Bazoum e il Primo Ministro Mahamadou Issoufou hanno definito «inconcepibile» la missione militare italiana, ribadendo di aver appreso la notizia soltanto dai media e non da contatti ufficiali con le autorità italiane e chiesto un rallentamento nelle procedure di invio del contingente;

   risulta all'interrogante in questo contesto incomprensibile il ruolo dei 40 militari italiani già inviati in Niger con compiti di ricognizione. I militari italiani infatti sono accampati in una base statunitense, sprovvisti di armi e senza aver ottenuto reciprocità dall'esercito nigerino, che si sarebbe persino rifiutato di concedere il terreno per costruire l'annunciato campo base;

   l'intervento militare italiano in Niger si profila quindi come una missione «fantasma», partita male, proseguita peggio e finita in uno stallo diplomatico e politico. Un fallimento passato in sordina, che rischia di pregiudicare le relazioni diplomatiche tra i due Stati oltre a compromettere la reputazione internazionale del nostro Paese;

   preoccupa, inoltre, la condizione dei 40 militari italiani bloccati in Niger senza alcuna ragione, relegati in un aeroporto senza alcun accordo sullo status giuridico e operativo. Formalmente non possono neanche uscire dalla base (americana). Si tratta di una situazione che rappresenta una grave lesione della loro dignità –:

   se il Governo intenda rendere pubblico il contenuto di tutti i documenti e degli eventuali accordi relativi alla missione italiana in Niger;

   se non ritenga opportuno, alla luce della situazione attuale, richiamare al più presto i militari italiani dal Niger, vista la situazione di stallo in cui di fatto si trova la missione, a maggior ragione considerate le ripetute manifestazioni di contrarietà da parte del Governo nigerino.
(4-00593)

  Risposta. — La missione di assistenza in Niger (Misin) – autorizzata dai due rami del Parlamento il 15 e il 17 gennaio 2018 – ha la finalità di accrescere le capacità di controllo del territorio e delle frontiere da parte delle forze di difesa e sicurezza nigerine, e si inserisce nel quadro dell'accordo bilaterale tra Roma e Niamey in materia di difesa del 27 settembre 2017, attualmente in corso di ratifica da parte italiana.
  In particolare, la missione è nata in base a una richiesta di assistenza delle Autorità nigerine presentata con una nota verbale del 1° novembre 2017 e una lettera in pari data del Ministro della difesa del Niger al Ministro della difesa italiano
pro tempore, seguite da un'ulteriore nota del 26 dicembre 2017 concernente la questione relativa alla concessione dell'immunità dalla giurisdizione per il nostro personale militare operante in territorio nigerino.
  Tali richieste, va sottolineato, sono state reiterate dal Ministro della difesa nigerino con una lettera del 15 gennaio 2018; una sopravvenuta situazione di stallo politico, che è stato possibile sbloccare solo recentemente da parte del corrente esecutivo, ha purtroppo inibito per mesi lo sviluppo della missione, facendo perdere del tempo prezioso.
  Nelle prossime settimane sarà reso pubblico, nei siti istituzionali del Parlamento e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo intergovernativo, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 novembre.
  Lo stesso potrà essere fatto in futuro, caso per caso, per tutti gli altri documenti che dovessero consolidarsi e la cui pubblicazione sia giudicata non pregiudizievole delle comprensibili cautele nelle relazioni tra i due Paesi e a protezione degli interessi nazionali in essere.
  In termini finanziari e di personale, le delibere adottate dal Consiglio dei ministri in data 28 dicembre 2017 e 28 novembre 2018 fissano le soglie massime dell'impegno in 470 unità per un fabbisogno massimo di circa 40 milioni di euro. Tali consistenze sono da intendersi quale mero elemento di pianificazione finanziaria e limite massimo del contributo nazionale, in quanto la reale consistenza del nostro contingente – attestata, per l'anno in corso, su una media tra le 40 e le 50 unità – dipenderà dalle attività che di volta in volta saranno definite tra Niger e Italia, in funzione delle esigenze che verranno manifestate da parte nigerina.
  Sotto l'aspetto prettamente operativo, la missione ha avuto inizio il 18 gennaio 2018, con l'invio a Niamey di circa 40 unità quale
Advanced Party di un dispositivo interforze incaricato di svolgere, autonomamente o in cooperazione con altri contingenti già in loco, attività di formazione e supporto alle forze di difesa e sicurezza nigerine, accrescendone le capacità nel controllo del territorio e delle frontiere per il contrasto ai traffici illegali – in particolare il contrabbando, la tratta di esseri umani, il traffico di migranti – e alle minacce alla sicurezza, incluso il terrorismo.
  Nello specifico, la missione è articolata attraverso lo svolgimento di corsi in Italia e/o a domicilio – attraverso lo schieramento di nuclei di addestratori nazionali (
Mobile Training Team) – orientati al Capacity Building, alla stabilizzazione d'area, alla protezione delle forze, ai diritti umani e dei rifugiati. Allo stato attuale, a seguito di un'azione costante e paziente da parte del Dicastero, che ha portato allo sblocco del perdurante stallo politico poc'anzi menzionato, sono stati recentemente immessi in teatro operativo 3 team italiani, che permarranno in Niger per il tempo necessario allo svolgimento delle attività formative concordate.
  L’
Advance Party, al momento, continua il proprio impegno nelle i attività preparatorie e nei colloqui con i colleghi nigerini, al fine di definire i dettagli delle attività da sviluppare con i Mobile Training Team e di consolidare gli accordi con i contingenti americani, francesi e tedeschi (schierati nell'ambito di proprie missioni bilaterali) per il reciproco supporto sanitario.
  Ulteriori contatti sono stati, inoltre, intrapresi con la missione Eucap Sahel Niger, nell'ottica di ricercare delle possibili sinergie e cooperazioni, soprattutto nei settori
gendarmerie e garde nationale.
  Sul piano umanitario mi preme, inoltre, sottolineare le donazioni effettuate a beneficio del Ministero della salute e della difesa nigerini, impiegando, da aprile a settembre 2018, quattro voli militari che hanno trasportato in totale circa 40 tonnellate di materiale sanitario (farmaci e presidi sanitari, tra i quali un potabilizzatore).
  In termini di sviluppi futuri della missione, a livello militare è emersa la volontà nigerina di continuare a ricevere assistenza sia in termini di fornitura di mezzi ed equipaggiamenti, sia di pacchetti formativi e addestrativi, da rivolgere principalmente a battaglioni di fanteria; in tal senso sono stati sviluppati specifici programmi concordati con la controparte. Tale volontà è stata prontamente recepita dal Dicastero che rappresento, nello spirito di una cooperazione efficace e reciprocamente proficua sotto l'aspetto della sicurezza e della stabilità regionale nonché dello sviluppo delle relazioni tra i due Paesi.
  Nell'ottica di tale rinnovato impulso verso la Misin, ho avuto il piacere e l'opportunità di discutere le modalità del prosieguo e dell'evoluzione della missione con il mio omologo, lo scorso 9 ottobre a Roma.
  La conferma degli intenti da parte delle autorità nigerine rappresenta un ragguardevole risultato che giunge dopo un periodo di stasi politica durante il quale l'Italia ha, comunque, assicurato il proprio supporto supporto alla popolazione sul piano umanitario.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Techno Sky è la società di logistica e manutenzione che, partecipata al cento per cento da Enav (Ente nazionale per l'assistenza al volo), è responsabile di gestione, assistenza e manutenzione degli impianti e dei sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo nazionale agendo per la piena efficienza operativa con la disponibilità degli impianti, dei sistemi e dei software utilizzati per il controllo del traffico aereo in Italia;

   Enav ha ricevuto licenza di Ansp (Air navigation service provider) da Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile), pertanto ha diretta responsabilità della sicurezza operativa del traffico aereo inclusa la piena responsabilità dei servizi tecnici dell'assistenza al volo forniti integralmente dalla controllata Techno Sky per la quale assume tutte le procedure e le decisioni atte a garantirne la gestione interna e di servizio;

   il 19 luglio 2018 il sindacato Usb (Unione sindacale di base) ha proclamato uno sciopero nazionale per il 15 agosto 2018, in piena franchigia stabilita dalla legge sull'esercizio dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, poi svoltosi con la partecipazione dei dipendenti che hanno abbandonato il servizio per l'intera giornata almeno nei centri strategici del controllo del traffico aereo del nord Italia, sito a Milano, ed in quello dell'aeroporto di Malpensa;

   la forte conflittualità interna di Techno Sky ha prodotto negli ultimi decenni, da parte di differenti sindacati e coordinamenti sindacali, decine di scioperi che hanno visto il personale tecnico dell'assistenza al volo abbandonare gli impianti in tutta Italia, anche per 24 ore, senza che venisse assunto alcun provvedimento di limitazione del traffico a salvaguardia della sicurezza degli utenti, pur inoltrando l'azienda Techno Sky richiesta sistematica di sanzionamento degli organismi sindacali per la sua presunta violazione;

   anche per questo sciopero, come in tutti i casi precedenti, Enav, opportunamente avvertita da Techno Sky, ha ritenuto di non dover assumere limitazioni al traffico aereo a garanzia della sicurezza degli utenti, escludendo di fatto alcun impatto su di essa;

   a seguito dello sciopero, la società Techno Sky ha chiesto, come sempre avvenuto nelle numerose precedenti occasioni, alla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali di intervenire quale autorità garante per sanzionare il sindacato e i dipendenti che hanno aderito allo sciopero ritenendo siano stati violati i diritti costituzionali degli utenti previsti dalla legge «alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, se ritenga quanto mai urgente l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a verificare se, durante le iniziative di sciopero del personale tecnico dell'assistenza al volo operante in Techno Sky, siano realmente salvaguardati i diritti alla vita e alla libertà delle persone o se non vi siano gravissime negligenze finalizzate a vanificare l'azione di sciopero con una sovrapposizione inopportuna di attribuzioni delle società Enav;

   se durante gli scioperi del personale tecnico Techno Sky si rendano necessari provvedimenti di limitazione del traffico a salvaguardia della sicurezza dei passeggeri e, in tal caso, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere;

   quali siano le informazioni e gli orientamenti in ordine ai fatti descritti in premessa e, più ampiamente, in relazione alla posizione di ENAV nell'ambito di tale vicenda;

   se e quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di assicurare che l'attività di Enav rispetti senza alcuna ombra le direttive di sicurezza operativa Eurocontrol in materia di servizi tecnici dell'assistenza al volo, nel rispetto della normativa nazionale.
(4-01062)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi informativi.
  In premessa si evidenzia che l'Ente nazionale di assistenza al volo (Enav S.p.A.), ai sensi dell'articolo 4 del contratto di programma con lo Stato, cura la conduzione tecnica e la manutenzione dei sistemi e degli impianti per i servizi della navigazione aerea, mentre la gestione e la manutenzione dei sistemi e degli impianti di assistenza al volo sono assicurate attraverso la società Techno Sky S.r.l., controllala al 100 per cento.
  Il 26 e il 30 luglio 2018 la Rsu Usb Techno SKy di Milano e la Usb nazionale hanno rispettivamente proclamato uno sciopero locale riguardante gli impianti della zona milanese e uno nazionale, entrambi per la stessa data del 15 agosto 2018, cioè durante il periodo di franchigia degli scioperi nel settore del trasporto aereo, tra l'altro precisando che il personale avrebbe abbandonato gli impianti.
  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (di seguito Commissione) ha immediatamente invitato il sindacato Usb a revocare lo sciopero, denunciando, tra l'altro, la violazione delle norme riguardanti il periodo di franchigia e la mancata garanzia delle prestazioni indispensabili.
  Ciononostante, Usb ha mantenuto ferma la posizione e il 15 agosto lo sciopero si è effettivamente svolto, con adesione di 23 dipendenti dei siti di Milano, i quali hanno abbandonato la postazione di lavoro senza costituire presìdi di garanzia delle prestazioni minime indispensabili.
  Techno Sky ha informato di quanto avvenuto la Commissione la quale, il successivo 1° ottobre 2018, ha aperto un procedimento nei confronti del sindacato Usb (sia Rsu di Milano che Usb nazionale) per violazione della normativa sugli scioperi relativa alla regola della franchigia, della durata massima dello sciopero, della mancata garanzia delle prestazioni minime indispensabili e, relativamente al sindacato nazionale, per il mancato esperimento delle procedure di raffreddamento.
  Nella seduta del 22 novembre 2018, la medesima Commissione ha adottato la delibera 18/323 in riferimento agli scioperi del 15 agosto proclamati dalla segreteria nazionale del sindacato Usb lavoro privato – Atm nazionale per il personale dipendente dalla società Techno Sky e dalla Rsu Usb Techno Sky Milano Acc Linate CA, Monte Settepani, per il personale di Techno Sky in servizio presso i predetti impianti.
  La Commissione ha ribadito il carattere di strumentalità del servizio reso dai tecnici di Techno Sky rispetto al servizio di controllo della navigazione aerea garantito da Enav; pertanto, tale servizio rientra a pieno titolo tra quelli che, direttamente o strumentalmente, concorrono al servizio finale del controllo del traffico aereo e dunque anche ad esso si applicano gli obblighi relativi a franchigie, preavviso, durata prestazioni indispensabili.
  La Commissione ha sottolineato, altresì, che nessuna valutazione circa le disposizioni che regolamentano il conflitto collettivo nel servizio di assistenza c manutenzione degli impianti e sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo può essere rimessa alle parti sociali, e pertanto ogni comportamento difforme non può che essere sanzionato.
  Per tale motivo la Commissione, nel valutare in maniera negativa il comportamento del sindacato Usb, sia nazionale sia locale, che – nonostante gli ammonimenti della Commissione ha ugualmente effettuato lo sciopero in un periodo di franchigia con abbandono del luogo di lavoro e senza approntare presìdi a tutela delle prestazioni indispensabili richieste per legge nel settore di cui Techno Sky è parte – ha deliberato la sospensione del pagamento dei contributi sindacali, da parte di Techno Sky. al sindacato predetto lino alla concorrenza di determinati limiti pecuniali; sia a livello nazionale che locale.
  Proprio in riferimento all'abbandono del posto di lavoro senza la costituzione di presidi, detta Commissione ha rilevato l'obbligatorietà di tale predisposizione mediante l'utilizzo di un numero minimo necessario di addetti o, ove le prestazioni da erogare lo consentano, in reperibilità.
  Inoltre, la Commissione ha invitato l'azienda a valutare l'opportunità di avviare con il sindacato un percorso per individuare forme di presidio a garanzia delle prestazioni minime di tutela dell'utenza, coerenti con le previsioni di legge sulla regolamentazione dello sciopero.
  Techno Sky si è dichiarata disponibile a incontrare le organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl applicato in azienda per individuare, attraverso un percorso comune, quelle attività di tutela che, pur mantenendo inalterata ogni azione sindacale, consentano di garantire in ogni momento la sicurezza e la regolarità del trasporto aereo.
  Ad ogni modo, Enav ha assicurato che le attuali procedure di contingenza non prevedono alcun provvedimento di limitazione del traffico aereo e che, proprio in virtù di tali specifiche procedure, la sicurezza e la continuità delle operazioni non risulta in nessun caso compromessa in caso di inefficienza tecnica dei sistemi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   PATERNOSTER, TURRI, LAZZARINI, BAZZARO, VALLOTTO, ZORDAN, COVOLO, FANTUZ, RACCHELLA e PRETTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la Drosophilasuzukii Matsumura, moscerino dei piccoli frutti, è un parassita polifago appartenente alla famiglia Drosophilidae sub-genere Sophophora. Originario del sud-est asiatico (India, Cina e Bangladesh) recentemente è stato introdotto negli Stati Uniti (2008) ed in Italia (2009). L'insetto è stato individuato in 12 regioni italiane e in 13 Paesi europei;

   è caratterizzato dalla presenza di grandi occhi di colore rosso. Il maschio presenta una distinta macchia scura vicino alla punta di ogni ala, caratteristica non presente nella femmina;

   il moscerino colpisce tutte le specie frutticole e viticole, infetta frutta a buccia sottile, in particolare le dupracee ovvero ciliegio dolce, pesco, susino, albicocco e frutti a bacca quali mirtillo, lampone mora e fragola, ma anche kiwi, cachi, fichi e uva;

   i danni maggiori si manifestano durante la maturazione dei frutti, fase in cui non è possibile eseguire trattamenti a causa della raccolta imminente. La presenza del parassita si nota dai fori di ovodeposizione contornati da aree leggermente depresse e rammollimenti della polpa che perde la sua consistenza. Successivamente possono instaurarsi patogeni secondari, fungini o batterici, che accelerano il processo di degradazione dei frutti, distruggendo così il valore commerciale dello stesso;

   a rendere l'insetto particolarmente pericoloso per i frutteti e i vigneti è anche la sua velocità di riproduzione – infatti, le femmine arrivano a compiere anche 10 generazioni in un anno – decisamente più elevata rispetto al moscerino autoctono. Dalle uova fuoriescono le larve che nutrendosi della polpa, provocano danni irreparabili alla frutta matura, causando anche infezioni batteriche e fungine;

   nella Val d'Alpone, provincia di Verona, dove peraltro tutti i comuni che fanno parte di questo comprensorio hanno iniziato quest'anno il percorso, affinché la ciliegia ottenga la denominazione I.g.p., la «Suzukii» ha causato gravissimi danni alla produzione cerasicola, coltura fiore all'occhiello della zona, che genera e commercializza un prodotto di elevata qualità riconosciuto ed apprezzato ovunque;

   tale insetto ha una innata capacità di svilupparsi e si diffonde specialmente con temperature piuttosto basse rispetto alla media e stagioni piovose. La lotta contro questa specie invasiva è particolarmente difficile e richiede interventi tempestivi che comprendono l'utilizzo sia di pratiche agronomiche sia di prodotti chimici;

   i produttori sono costretti ad intensificare i trattamenti, che comportano un aumento molto considerevole dei costi, ma soprattutto obbligano i cerasicoltori a trattare le piante ogni tre/quattro giorni durante la stagione, sovraccaricando il tutto con pesanti prodotti fitosanitari, che tuttavia non garantiscono una conservazione del frutto dall'attacco dell'insetto. La sola difesa chimica, infatti, non è in grado di controllare efficacemente la popolazione dell'insetto;

   nella regione Veneto qualcosa di importante si è fatto e si sta facendo, sono stati liberati in modo mirato e capillare nel tempo, tra l'anno scorso e quest'anno, dei parassitoidi indigeni (Trichopria drosophilae), nelle aree non soggette a lotta chimica in prossimità di zone coltivate a ciliegio e vite capaci di parassitizzare l'insetto, riducendo conseguentemente la popolazione e le relative infestazioni di Drosophilasuzukii. Si è affermato che ci vogliono comunque alcuni anni, perché tale antagonista possa prendere piede;

   altre province come la provincia autonoma di Trento, confinante con la provincia di Verona, ha autorizzato i propri cerasicoltori ad usare prodotti molto più efficaci che avrebbero dato fin da subito importanti risultati in termini di conservazione e salvaguardia dei prodotti attaccati da questo insetto –:

   quali iniziative intenda intraprendere per tutelare il comparto agricolo e i territori colpiti dal parassita che ogni anno danneggia sempre di più un settore di straordinaria importanza come quello cerasicolo.
(4-00924)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo n. 4-00924 dei deputati Paternoster ed altri, relativo al contenimento degli effetti dannosi del parassita Drosophila suzukii.
  Il
drosophila suzukii, o moscerino dei piccoli frutti, è una specie originaria del Sud-est asiatico, descritta all'inizio degli anni 30 in Giappone ma che poi, durante il secolo scorso, ha visto ampliarsi notevolmente l'areale di distribuzione, interessando aree vicine quali Corea, Cina, Russia e Hawaii. A partire dal 2008 è stata rinvenuta negli Usa e successivamente in Europa, interessando tutte le principali aree produttive dell'Unione europea.
  Diversamente da altri drosofilidi il
Drosophila suzukii attacca i frutti prossimi alla maturazione, ancora sulla pianta e, generalmente, appena infestati da uova e dalle giovanissime larve non mostrano segni visibili ma solo successivamente perdono consistenza, anche a causa di attacchi fungini o batterici secondari.
  L'elevata polifagia, la rapidità di sviluppo e l'impossibilità di accertare la presenza dell'insetto all'interno dei frutti ha determinato la rapida diffusione della specie sia sul territorio nazionale che dell'Unione europea, portando, di conseguenza, a sviluppare una strategia di contenimento con l'impiego di misure integrate di lotta, basate principalmente sull'utilizzo di prodotti fitosanitari ad azione insetticida, quali quelli formulati a base di Phosmet sulla coltura del mirtillo e di Acetamìprid sulle colture di pesco, nettarine, albicocco, susino, ciliegio, amarena e prugnolo.
  Nel contempo i servizi fitosanitari regionali svolgono attività di monitoraggio nel territorio di competenza e forniscono informazioni in merito alle strategie più idonee di difesa.
  Il regolamento (CE) n. 1107/2009 relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, all'articolo 53 «Situazioni di emergenza fitosanitaria», prevede che uno Stato membro può autorizzare, per non oltre 120 giorni, l'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari per un uso limitato e controllato, ove tale provvedimento appaia necessario a causa di un pericolo che non può essere contenuto in altro modo ragionevole.
  Pertanto, ai sensi del citato articolo 53, il Ministero della salute, autorità competente in materia di prodotti fitosanitari, sentito il parere del servizio fitosanitario nazionale circa la gravità dell'emergenza fitosanitaria in questione, l'efficacia delle sostanze attive proposte dai portatori di interesse e l'indisponibilità di mezzi di contenimento alternativi, ha sottoposto le suddette istanze alla Sezione consultiva per i fitosanitari del Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale, preposta ad esprimere il proprio parere in merito e, conseguentemente, ha autorizzato per emergenza fitosanitaria, per un periodo di 120 giorni, prodotti fitosanitari a base delle sostanze attive Spinetoram sulle colture di more, lamponi, mirtilli e ribes (decreto del 17 luglio 2018) e Cyazypyr su ciliegio, pesco e vite da vino (decreto dell'8 marzo 2018).
  Nel mese di maggio 2014, inoltre, si è concluso uno studio transnazionale finanziato anche dall'Italia nell'ambito dell'azione Eranet «Euphresco» – Coordinamento della ricerca fitosanitaria in Europa, dal titolo «Danni potenziali derivanti da
Drosophila suzukii e sviluppo di misure fitosanitarie Droskii».
  Da tale progetto, che ha visto la partecipazione di 6 gruppi di ricerca tra cui due italiani (Crea – Centro di ricerca per l'agrobiologia e la pedologia di Firenze e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige), sono scaturiti risultati che hanno reso opportuno vararne uno successivo, sempre in ambito Euphresco, più orientato alla messa a punto di misure di lotta integrata.
  Anche in questo nuovo progetto l'Italia è rappresentata dal Crea – Difesa e certificazione, sede di Firenze.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo: Gian Marco Centinaio.


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   tra gli indicatori del benessere equo e sostenibile dei territori, recentemente rilasciato, Istat ha inserito anche alcune tavole dedicate alle cause di morte, fornendo alcuni numeri interessanti su scala provinciale che «Infondata» ha deciso di utilizzarli per realizzare delle vere e proprie mappe della mortalità in Italia, pubblicate per Il Sole 24 Ore;

   partendo dalla mortalità infantile, la provincia dell'Aquila è poco sopra la media nazionale, ultima tra le province abruzzesi: nel 2014 – sono gli ultimi dati disponibili – si sono registrati tre decessi ogni mille nati vivi; la media nazionale si attesta a 2.8, col tasso che è fortunatamente sceso sensibilmente rispetto al 2004, allorquando era fermo a 3.8. Stando alle altre province abruzzesi: Teramo è a 1.6, Chieti a 1.7 e Pescara a 2.6. Le situazioni peggiori a Benevento e Cosenza, dove nel 2014 si è arrivati a 5,8 decessi ogni mille nati vivi;

   la mortalità per incidenti stradali: su una media nazionale che si attesta a 0.7 morti tra i 15 e i 34 anni ogni 10 mila abitanti, la provincia dell'Aquila è a 0.4, con Pescara a 0.3, Chieti a 0.8 e Teramo a 0.6. È difficile identificare una zona d'Italia in cui l'incidenza sia decisamente maggiore rispetto al resto del Paese; si segnala la provincia di Vercelli che con 2.6 decessi ogni diecimila abitanti è decisamente quella con il più alto tasso di morti per incidenti stradali. In questo caso, i dati fanno riferimento al 2016;

   per la mortalità relativa ai tumori per la provincia dell'Aquila ha un tasso di 10.3 morti tra i 20 e i 64 anni ogni 10 mila abitanti, sopra la media nazionale che si attesta a 9, e delle altre province abruzzesi: Teramo. Pescara e Chieti hanno fatto registrare un tasso di 8.5;

   la provincia dell'Aquila ha livelli di poco inferiori alla così detta «Terra dei Fuochi», l'area a cavallo tra le province di Napoli e Caserta laddove si registra il più alto tasso di patologie oncologiche a livello nazionale: ben 11.4 ogni 10 mila abitanti tra i 20 ed i 64 anni nel napoletano, 11 nel casertano. Dati preoccupanti che si riscontrano anche in Sardegna, in quella che un tempo era la provincia di Carbonia-Iglesias, ora confluita nel sud Sardegna;

   per ciò che attiene alla mortalità per demenza e altre malattie del sistema nervoso, la provincia dell'Aquila è al di sotto della media nazionale con 23.80 morti tra gli over 65 ogni 10 mila abitanti; nel Paese se ne sono registrati 27.9. Le altre province abruzzesi sono sopra la media nazionale: Teramo ha un tasso pari a 30, Pescara è addirittura a 34.5, con Chieti che si attesta, invece, a 28.8. Dalla elaborazione di Infodata, si può notare come nel Nord si concentrino i territori con un'incidenza di decessi legati a queste patologie superiori a quella nazionale. Mentre nel centro e soprattutto nel Sud Italia, con l'eccezione della Sardegna, il tasso è inferiore che nel resto del Paese. Certo, non mancano i casi in controtendenza. Con appena 18,4 decessi ogni 10 mila residenti, è Pordenone la provincia italiana con l'incidenza minore. Dopo aver toccato il picco nel 2012, i decessi legati a queste patologie hanno iniziato a scendere;

   la politica ha il dovere di garantire il diritto alla salute dei cittadini attraverso l'attuazione di pratiche virtuose e adeguate –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-01001)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Preliminarmente, l'istituto superiore di sanità ha inteso precisare che i dati di mortalità indicati nella stessa interrogazione si riferiscono ad un «
set» di indicatori molto più ampio, che racchiudono le 12 dimensioni del «BES»: benessere, inteso come aspetti rilevanti della qualità della vita dei cittadini; equo, che pone l'attenzione alla distribuzione tra soggetti e gruppi sociali; sostenibile, che tiene conto delle condizioni per assicurare il benessere anche alle generazioni future.
  A livello internazionale, è diventata fondamentale l'esigenza di trovare delle misure di sviluppo e di comparazione tra Paesi, che vadano al di là del prodotto interno lordo (pil), ossia che esprimano, con un approccio multidimensionale, lo sviluppo in termini di accrescimento del benessere delle persone.
  Ciò premesso, lo stesso Istituto sottolinea che i dati di mortalità citati riguardano solo alcuni aspetti della salute e non possono essere utilizzati come valutazione d'insieme dei profili di salute delle popolazioni che risiedono nelle varie province italiane.
  Le stesse cause di decesso analizzate vengono riportate in particolari fasce di età [mortalità per incidenti stradali (15-34 anni); mortalità per tumore (20-64 anni)] peculiari dell'impostazione complessiva del modello Bes.
  L'Istituto segnala che la mortalità è certamente un solido indicatore epidemiologico dello stato di salute delle popolazioni, ma non è il più appropriato per valutare l'impatto di specifiche patologie, gravi, invalidanti ma non ad alta letalità, quali le demenze.
  Rispetto ai confronti riportati nella premessa, l'istituto ha segnalato, inoltre, alcune criticità dal punto di vista della metodologia statistico-epidemiologica:

   confrontare differenze in termini di mortalità senza fare riferimento alla significatività statistica associata, può dar luogo a conclusioni non corrette;

   confrontare valori relativi a province che si trovano in regioni che hanno situazioni epidemiologiche differenti tra loro, può dare luogo a conclusioni non corrette.

  Tanto premesso, l'istituto ha rivolto particolare attenzione alle province della Regione Abruzzo, di cui di seguito si riporta un sintetico profilo di salute in termini di mortalità.

  Analisi della mortalità delle province della regione Abruzzo.

  Sono stati analizzati i dati relativi alla mortalità per grandi gruppi di cause e alla mortalità infantile delle singole province abruzzesi e della regione Abruzzo nel suo complesso, confrontati con il livello nazionale nell'anno 2015 (il più recente disponibile).
  L'indicatore utilizzato è il tasso standardizzato di mortalità con popolazione di riferimento Italia al censimento 2011; questo indicatore è depurato dell'effetto delle diverse strutture per età delle popolazioni in studio e le rende quindi confrontabili.
  Inoltre ciascun tasso viene accompagnato dall'intervallo di confidenza calcolato al 95 per cento, il quale fornisce un'indicazione della precisione della stima riportata e della significatività delle differenze.
  La mortalità generale delle province della regione Abruzzo risulta inferiore ai valori della media nazionale, mentre per quanto riguarda la mortalità infantile, le province di L'Aquila e Teramo, pur presentando valori più alti della media nazionale, non se ne discostano in modo statisticamente significativo.
  Analizzando tutti i tumori, le province mostrano dei valori sempre significativamente al di sotto della media nazionale: per le malattie endocrine, per i disturbi psichici, per le malattie del sistema respiratorio e dell'apparato urinario, i valori sono assimilabili alla media o al di sotto di essa.
  Valori significativamente più alti si registrano nella mortalità per malattie del sistema nervoso nelle province di Teramo e Pescara, ed in tutte le province per le malattie del sistema circolatorio e dell'apparato digerente.
  Per quanto riguarda le cause violente di decesso (che comprendono al loro interno gli incidenti stradali) le province di Chieti e l'Aquila presentano valori significativamente più alti della media nazionale.
  Trattandosi di patologie che vedono una pluralità di fattori di rischio, sia individuali/comportamentali che ambientali, i risultati non si prestano a fornire indicazioni dirette e specifiche di misure di prevenzione da adottare.

  Fattori di rischio e stili di vita in Abruzzo.

  È ben riconosciuto in letteratura scientifica che i comportamenti e gli stili di vita (ad esempio alimentazione, sedentarietà, fumo, alcol) rappresentano elementi importanti nella prevenzione di diverse patologie e sono rilevanti anche nella loro progressione.
  L'Istituto superiore di sanità (Iss) da diversi anni coordina alcuni sistemi di sorveglianza, che raccolgono informazioni sugli stili di vita nella popolazione e forniscono stime sulla loro prevalenza: «OKkio alla SALUTE» nei bambini, «Passi» negli adulti e «Passi d'Argento» per gli
over 65 anni.
  Per quanto riguarda i bambini dell'Abruzzo il quadro generale sulle abitudini alimentari, l'attività fisica e la sedentarietà non si discosta di molto da quello nazionale (ad esempio il 20 per cento non consuma quotidianamente frutta e/o verdura, valore identico a quello nazionale).
  Dati dettagliati sono disponibili al seguente link:
http://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/ReportRegionali2016.asp.
  Anche i dati sugli adulti, raccolti con il sistema di sorveglianza «PASSI», non presentano forti variazioni dalla media nazionale.
  Ad esempio, se per l'attività fisica svolta e il consumo di alcol, l'Abruzzo presenta valori migliori rispetto a quelli nazionali, minore è il consumo quotidiano di 5 porzioni frutta e leggermente maggiore la percentuale di fumatori (28.8 per cento rispetto al 26.0 per cento).
  Per un maggior dettaglio sui dati si rimanda al sito:
http://www.epicentro.iss.it/passi/dati/temi.asp.
  Il sistema di sorveglianza «PASSI» raccoglie anche dati sugli «
screening» elemento importante per la diagnosi precoce dei tumori.
  In questo ambito, gli abitanti della regione Abruzzo presentano coperture peggiori rispetto ai valori nazionali.
  Dai dati 2014-2017 risulta, infatti, che in Italia il 79,3 per cento delle donne fra i 25 e i 64 anni, si sottopone a scopo preventivo allo «
screening» della cervice uterina (Pap-test o Hpv test) all'interno di programmi organizzati o per iniziativa personale rispetto al 73,6 per cento in Abruzzo.
  Peggiore è la situazione per lo «
screening» mammografico a scopo preventivo fra le donne di 50 e i 69 anni, all'interno di programmi organizzati o per iniziativa personale (64,5 per cento in Abruzzo rispetto a 73,5 per cento in Italia) e per la copertura dello «screening» colorettale (35,3 per cento in Abruzzo rispetto a 45,3 per cento in Italia).
La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   cittadini italiani residenti in Lituania lamentano, in diversi messaggi, l'impossibilità di collegarsi al sito del Ministero dell'interno italiano;

   il sito del Ministero dell'interno, viene riportato, risulterebbe bloccato (geoblocking);

   l'ambasciata italiana di Vilnius, contattata dagli interessati sulla questione, non ha fornito risposte precise circa la possibilità di superare tale difficoltà e di normalizzare l'accesso al sito del Ministero dell'interno –:

   se il Governo sia informato di tale blocco e quali iniziative intenda intraprendere per superare la situazione, permettendo ai cittadini italiani residenti in Lituania di accedere alle informazioni e ai servizi offerti dal sito del Ministero dell'interno.
(4-01557)

  Risposta. — L'interrogazione in esame riguarda l'accessibilità del sito internet del Ministero dell'interno per i cittadini italiani che lo consultano dalla Lituania.
  Al riguardo, si rappresenta che – nell'ambito della protezione dei propri servizi informatici e telematici e, in particolare, dei siti web istituzionali, tra i quali il portale web www.interno.gov.it – l'Amministrazione dell'interno ha adottato misure finalizzate a impedire minacce informatiche provenienti da alcune zone geografiche, dalle quali si registrano con maggiore frequenza attacchi cibernetici.
  Di conseguenza, le reti appartenenti ad alcuni Paesi europei ed extraeuropei – tra i quali la Lituania – sono state inizialmente sottoposte a limitazioni d'accesso al portale web istituzionale del Ministero dell'interno.
  Successivamente, allo scopo di consentire ai cittadini residenti all'estero di consultare il sito in questione, tale blocco è stato rimosso ma rimane ancora necessario mantenerlo nei confronti delle reti telematiche di taluni Stati che presentano un grave rischio di minaccia cibernetica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   SERRACCHIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene è una patologia che si manifesta nella percezione di un rumore in assenza di qualunque sorgente sonora esterna al proprio organismo;

   trattasi di un fenomeno sempre più frequente tra la popolazione, descritto con caratteristiche variabili (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altro) che vengono illusoriamente percepite come suoni irritanti e insopportabili provenienti dall'ambiente esterno;

   questa malattia, solo in apparenza trascurabile, tende invece a creare un vero e proprio stato invalidante, coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione, inducendo o potenziando stati ansioso-depressivi ripercuotendosi gravemente sulla qualità della vita delle persone;

   in Italia esiste un'associazione, Tinnitus-acufene, con oltre 2.000 iscritti, che segnala di ricevere un altissimo numero di richieste volte a ottenere informazioni circa le strutture di cura specializzate, gli esperti in materia o anche semplici consigli da parte di coloro che iniziano ad affrontare l'acufene;

   l'associazione denuncia come ad oggi, nel nostro Paese, tale patologia non sia ancora sufficientemente conosciuta né adeguatamente studiata nonostante sondaggi specializzati abbiano rilevato l'esistenza di oltre due milioni di persone affette da tale forme di disturbo;

   l'associazione ha avanzato più volte in passato, presso il Ministero della salute, la richiesta di promuovere la ricerca scientifica per lo studio di tale patologia;

   anche la Commissione europea è a conoscenza delle difficoltà incontrate dalle persone che soffrono di acufeni e per sopperire alle conseguente invalidanti di questa malattia ha sostenuto progetti (tra cui, Hearcom) destinati a fornire un punto di partenza per un modello – a livello europeo – di migliori pratiche nella concessione di aiuti per l'udito, incluso un quadro delle procedure di riabilitazione e una proposta per una riabilitazione che aiuti a sentire meglio –:

   se si intendano assumere le iniziative di competenza per riconoscere, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, l'acufene come malattia cronica e invalidante, così da permetterne l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza;

   se intenda assumere iniziative atte a promuovere studi e ricerche scientifiche su tale grave patologia al fine di adottare un efficace protocollo terapeutico e, in caso affermativo, in cosa esse si sostanziano.
(4-00371)

  Risposta. — Come noto, l'acufene è un disturbo otologico che consiste in sensazioni acustiche endogene, sotto forma di fischi, ronzii, fruscii o altro, percepiti in una o in entrambe le orecchie o nella testa.
  Il Ministero della salute è ben consapevole che tale disturbo può incidere sulla qualità della vita di chi ne soffre, soprattutto a livello psicologico e, nei casi più gravi, può arrivare a compromettere seriamente il benessere del paziente.
  La ricerca clinica ha, infatti, chiaramente dimostrato come, in una alta percentuale dei casi, questo disturbo debba essere affrontato mediante una strategia terapeutica di cui la psicoterapia sia parte integrante.
  Indubbiamente, l'acufene ha un'alta incidenza: studi condotti negli ultimi due lustri in diversi paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato, infatti, come mediamente circa il 5-20 per cento della popolazione del nostro continente abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita.
  Per quanto riguarda l'Italia, studi analoghi hanno dimostrato che nel nostro Paese vi è una prevalenza simile: tra la popolazione adulta, l'acufene colpisce più di tre milioni di persone ed è sentito come problema grave da oltre 600.000 italiani.
  La causa dell'acufene non è chiara nella maggioranza dei casi.
  Tuttavia, nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di «
neuroimaging», che permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate all'elaborazione dei segnali acustici, sembrano promettere importanti passi in avanti per la comprensione dell'eziologia della patologia.
  In particolare, recenti studi suggeriscono come il disturbo sia accompagnato da anomalie cerebrali funzionali e strutturali.
  Per quanto riguarda i possibili interventi terapeutici per il trattamento dell'acufene, l'istituto superiore di sanità ha riferito che, recentemente, la neuromodulazione mediante stimolazione magnetica transcranica (Tms), una terapia indolore e non invasiva, ha avuto successo nel ridurre i sintomi del tinnito almeno in alcuni pazienti.
  Altri interventi considerati efficaci, in base alla letteratura scientifica degli ultimi anni, includono approcci quali il «cognitive training», eseguito anche grazie all'aiuto di specifici «software», che permette di modificare l'attenzione, la percezione e il ricordo del tinnito, portando a un significativo miglioramento della condizione medica dei pazienti.
  L'Istituto ha poi affermato che, allo scopo di identificare le iniziative da adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e per identificare quali siano le ricerche da finanziare per migliorare la comprensione delle basi eziopatologiche del disturbo e l'efficacia dei trattamenti, si potrà effettuare un attento studio dello stato dell'arte delle conoscenze di base e cliniche ottenute, tramite la revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile e l'esame delle scoperte più recenti.
  Ciò permetterebbe anche di valutare se assumere iniziative mirate a «screening» preventivi, anche in base all'età, per evidenziare una possibile vulnerabilità all'acufene, o volte a informare sulle attività che possono generare la patologia.
  Inoltre, tale approccio permetterebbe di identificare le strategie migliori per il trattamento della patologia ed, eventualmente, di organizzare una rete di centri di eccellenza per la cura dell'acufene.
  Simili iniziative potrebbero anche essere mirate alla valutazione non solo dell'eventuale inserimento dell'acufene nei livelli essenziali di assistenza, ma anche al riconoscimento della patologia come malattia cronica invalidante, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, e tenuto conto di quanto stabilito dall'allegato 8 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  Peraltro, va precisato che - considerato che gli acufeni sono un sintomo con diversi livelli di gravità, determinati da patologie vascolari del collo e della testa o associati a malattie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, neoplastiche, dismetaboliche, ematologiche – l'accesso alle cure dei pazienti interessati da tali patologie è già garantito dai livelli essenziali di assistenza (Lea), che consentono loro di usufruire delle prestazioni e dei servizi erogati a carico del Sistema sanitario nazionale, sia in fase diagnostica che di monitoraggio, nonché della connessa assistenza farmaceutica.
  Inoltre, una parte delle condizioni che determinano gli acufeni è comunque già individuata fra le patologie croniche soggette a tutela, ove sussistano le condizioni di cronicità, gravità, invalidità ed onerosità previste dal decreto legislativo n. 124 del 1998: è questo il caso, ad esempio, degli acufeni secondari a malattie cerebrovascolari (aneurismi, patologie dei grossi vasi) o neurologiche (sclerosi multipla).
  In conclusione, intendo assicurare che il Ministero della salute, anche sulla base della revisione sistematica della letteratura scientifica auspicata dall'istituto superiore di sanità, seguirà con attenzione gli ulteriori aggiornamenti dei Livelli essenziali di assistenza, in modo che, laddove ne emergano le condizioni, possa essere rivalutato l'inserimento delle prestazioni di specialistica ambulatoriale connesse all'acufene.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   SIANI, DE FILIPPO, CAMPANA, CARNEVALI, UBALDO PAGANO, PINI, RIZZO NERVO e SCHIRÒ. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il grave rischio per la salute derivante dall'uso improprio di alcool denaturato confezionato in contenitori di plastica morbida, è evidenziato dall'alto numero di incidenti causati dall'imprudenza nell'accendere caminetti, barbeque, stufe e altro con questo prodotto altamente infiammabile e facilmente reperibile in commercio;

   il contenitore in commercio a causa del foro di uscita, atomizza le molecole di alcool etilico, miscelandole con l'ossigeno dell'aria ambiente. Questo «mix» estremamente infiammabile, quando è innescato da fiamma libera, causa l'esplosione del contenitore con gravissimi danni;

   un'indagine condotta nel 2015 dalla Siust (Società scientifica dei centri grandi ustionati italiani) e promossa dall'A.o.r.n. «A. Cardarelli» di Napoli, ha evidenziato che, a causa dell'uso improprio dell'alcool etilico, si sono verificati 222 casi di ricovero (nei soli centri grandi ustionati) con 7 decessi;

   nonostante gli interventi volontari espletati dalle aziende produttrici e distributrici di alcool etilico denaturato, a seguito delle disposizioni amministrative del Ministero della salute (DGPRE 13761-P-18 maggio 2016), si segnalano ancora molteplici casi di ustioni per uso improprio di alcool etilico su fiamma libera;

   le misure volontarie hanno portato alla parziale modifica del prodotto per evitare gli effetti di ritorno di fiamma accompagnata da adeguata etichettatura della nuova confezione, nonché da cartellonistica nei punti vendita sul corretto uso, per permettere lo smaltimento delle vecchie confezioni presenti sul mercato;

   le attività di monitoraggio sull'applicazione delle disposizioni impartite, condotte dai Nas nell'arco di tempo 2016-2018, hanno portato alla raccolta di varie confezioni di campioni presenti sul mercato nazionale sottoposte a verifica del Centro sostanze chimiche (Csc) dell'Istituto superiore di sanità; per quanto riguarda l'etichettatura di avvertenza e la conformità del foro d'uscita di almeno 3 mm sono risultati conformi a quanto prescritto, anche se non si può escludere che in commercio sia ancora possibile la presenza di confezioni di alcool etilico non conformi;

   bisogna ricordare che per limitare l'uso improprio di alcool etilico su fiamma libera vi è anche sul portale dell'Istituto superiore di sanità una specifica informativa dedicata a tale problematica, così come nelle scuole il Ministero opera tramite accordi finanziati e in concorso con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, esplicando attività educativa ed informativa in campo Reach sui prodotti chimici;

   in conclusione, nonostante le migliorie apportate alle confezioni di alcool etilico per eliminare/ridurre gli incidenti da ustioni per uso improprio, alcuni incidenti ancora accadono per presenza di alcune confezioni nuove, o vecchie in uso, che non offrono direttamente l'apertura del foro da 3 mm e, quindi, è necessario proseguire e implementare il monitoraggio dei prodotti in vendita sul mercato nonché predisporre nuove indicazioni alle aziende;

   nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea l'alcool è commercializzato solo in gel e non in soluzione –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, per dare nuovo vigore alle iniziative intraprese in passato dal Ministero della salute, promuovere iniziative, anche amministrative, che incentivino azioni volontarie integrative da parte delle ditte per superare le criticità evidenziate nella pronta disponibilità del foro di 3 mm garantita direttamente all'apertura della confezione, senza richiedere l'uso di ausili da parte del consumatore;

   se i Ministri interrogati non ritengano, al fine di tutelare la salute degli acquirenti, in caso di inerzia da parte delle ditte produttrici, di adottare iniziative per definire disposizioni per il confezionamento e la vendita dell'alcool, impedendone il commercio in contenitori di plastica morbida e obbligando all'uso di un contenitore rigido con un foro di almeno 1-2 cm, che non consenta di spruzzare la soluzione e che abbia un tappo di sicurezza anti-bambino;

   se i Ministri interrogati non ritengano utile predisporre campagne educative nazionali, soprattutto nel periodo estivo, contro l'uso improprio di alcool etilico e sulle possibili conseguenze.
(4-01398)

  Risposta. — Con riferimento alla questione posta nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  A seguito delle disposizioni amministrative emanate dal Ministero della salute (protocollo n. 13761 del 18 maggio 2016 Dgpre), le misure volontarie hanno portato alla parziale modifica del prodotto, al fine di evitare gli effetti di ritorno di fiamma (predisposizione sperimentata di un regolare foro d'uscita a 3 millimetri), accompagnata da una adeguata etichettatura della nuova confezione, nonché da una specifica cartellonistica nei punti vendita sul corretto uso.
  Le attività di monitoraggio sull'applicazione delle disposizioni impartite, condotte dal comando carabinieri per la tutela della salute-nuclei antisofisticazione e sanità nell'arco di tempo 2016-2018, hanno determinato il campionamento di confezioni presenti sul mercato nazionale, sottoposte a verifica da parte del «centro nazionale delle sostanze chimiche, prodotti cosmetici e protezione del consumatore dell'Istituto superiore di sanità», per quanto riguarda l'etichettatura di avvertenza e la conformità del foro d'uscita di almeno 3 mm.
  Tali campioni sono risultati conformi a quanto prescritto.
  Anche le informazioni in possesso dei rappresentanti di alcune associazioni di cittadini rimasti ustionati depongono a favore di una costante diminuzione degli incidenti a seguito dell'utilizzo delle nuove confezioni.
  Preso atto delle migliorie e della diminuzione degli incidenti con ustioni da alcool etilico, e tenuto conto del principio di precauzione di cui all'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e della comunicazione della commissione COM(2000) 1, del 2 febbraio 2000, il Ministero della salute, a seguito della riunione del 22 marzo 2018 svoltasi presso la propria sede, e per garantire l'immissione sul mercato, la distribuzione e l'uso sicuro dell'alcool etilico denaturato, ha emanato ulteriori disposizioni amministrative (protocollo n. 21303 del 13 luglio 2018-Dgpre) con le quali intende promuovere:

   a) l'azione volontaria dei produttori e dei distributori (tramite le associazioni di categoria) di alcool etilico denaturato di cui all'articolo 107, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 e successive modificazioni ed integrazioni (così detto codice del consumo), concernente l'adozione di contenitori dotati di foro di uscita già disponibile dal diametro non inferiore ai 3 millimetri, al fine di garantire l'immissione sul mercato, la distribuzione e l'uso del prodotto sicuro per la tutela della salute umana;

   b) lo smaltimento delle scorte per i prodotti attualmente in commercio, possibilmente in un tempo utile non superiore ai 6 mesi;

   c) l'opportuna comunicazione ai consumatori, mediante apposita cartellonistica presso i punti vendita della catena di distribuzione per i prodotti attualmente in commercio, indicante la necessità dell'apertura corretta del foro con divieto di utilizzo di spillo o punta, ovvero di qualsiasi utensile che possa causare un'apertura irregolare, nonché un diametro del foro di uscita inferiore ai 3 mm, in grado di provocare una parziale atomizzazione del liquido infiammabile con formazione di un getto a spray, innesco del liquido e conseguente ritorno di fiamma.

  Il Ministero della salute, attraverso l'operato del comando carabinieri per la tutela della salute–nuclei antisofisticazione e sanità, sta inoltre disponendo il monitoraggio dell'azione volontaria dei produttori e dei distributori, in base alle vigenti disposizioni amministrative.
  Se da tale monitoraggio l'azione volontaria intrapresa dai produttori e dai distributori per il tramite delle associazioni di categoria, al fine di garantire l'immissione sul mercato, la distribuzione e l'uso sicuro dell'alcool etilico denaturato, sarà risultata insufficiente e/o inefficace, il Ministero della salute, a fronte di un possibile pericolo per la salute umana e tenendo conto del principio di precauzione, porrà in essere ogni azione necessaria.
  Si rammenta che sul portale dell'Istituto superiore di sanità vi è una specifica informativa dedicata al pericolo dell'utilizzo improprio dell'alcool etilico per le finalità indagate e che, nelle scuole, il Ministero della salute opera tramite accordi finanziati ed in concorso con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, esplicando attività educativa ed informativa in campo Reach –
Registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals.
  Con riferimento al regolamento (Comunità europea) n. 1907/2006 Reach, si rammenta che esso è un sistema integrato di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche, che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell'ambiente.

  Circa 30.000 sostanze e prodotti chimici sono infatti soggetti ad un esame sulla loro pericolosità e inseriti in un database comune a tutti gli Stati membri.
  Detto regolamento ha inoltre previsto l'istituzione di un'agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), la cui sede è stata stabilita ad Helsinki (Finlandia).

  Essa svolge un ruolo di coordinamento tecnico-scientifico delle attività previste dal regolamento Reach e, in primo luogo, organizza una banca dati per raccogliere e gestire i dati forniti per la registrazione delle sostanze, anche allo scopo di garantire l'accesso del pubblico alle informazioni sulle sostanze chimiche e sui prodotti chimici.
  Pertanto, ad oggi non sono previste ulteriori specifiche iniziative di comunicazione ed informazione riguardanti l'uso improprio dell'alcool etilico.
  Si assicura, comunque, che il Ministero della salute continuerà a mantenere i massimi livelli di impegno ed attenzione sulla tematica in questione, al fine di garantire l'uso sicuro dell'alcool etilico denaturato.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   SILLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la tutela del diritto alla salute è un diritto costituzionale, che per essere pienamente garantito necessita di personale competente e di strutture adeguate, unitamente ad un'azione di vigilanza costante da parte degli organi preposti, affinché siano sempre assicurate prestazioni sanitarie efficaci;

   a giudizio dell'interrogante, desta serie preoccupazioni quanto avvenuto alla signora G.C., deceduta a seguito della somministrazione del farmaco Brivirac 125 in Toscana;

   il Brivirac è un farmaco che moltiplica gli effetti tossici del chemioterapico e la stessa Menarini, casa farmaceutica produttrice, specifica che la somministrazione del farmaco è controindicata in pazienti sottoposti a chemioterapia e indica che, in caso di somministrazione accidentale, devono essere interrotte le somministrazioni e devono essere attuate drastiche misure per ridurre la tossicità; inoltre, raccomanda il ricovero immediato in ospedale, al fine di attuare tutte le misure indicate per la prevenzione di infezioni sistemiche e disidratazione. I segnali di tossicità includono nausea, vomito, diarrea e in casi gravi stomatiti, mucositi, necrolisi epidermica tossica, neutropenia e depressione midollare;

   in data 3 settembre 2010 il medico di base dottor L.B. avrebbe prescritto una cura a base di Brivirac 125 alla signora G.C., pur sapendo che lei era sottoposta ad un trattamento chemioterapico con Xeloda 500;

   il 9 settembre 2010 la signora G.C., a seguito di gravi disturbi, viene immediatamente condotta al Cord (centro oncologico di riferimento dipartimentale) dalla dottoressa P. a cui ha spiegato l'accaduto. La signora è stata dimessa dalla struttura sanitaria e le sono stati prescritti esclusivamente dei farmaci palliativi;

   il 13 settembre 2010 la signora G.C. viene condotta nuovamente dalla dottoressa P., in quanto le condizioni di salute sono peggiorate, a causa di una mucosite che non le consente di deglutire. Date le circostanze e le insistenze del congiunto, la stessa dottoressa ricovera per 5 giorni la signora G.C., prescrivendole cure che si riveleranno inadeguate;

   in tali circostanze si sarebbero probabilmente dovute prestare cure più adeguate; in particolare, dato lo stato di intossicazione in cui si trovava la signora a seguito dell'assunzione di Brivirac 125, si sarebbe potuto coinvolgere il vicino centro antiveleni di Careggi;

   il 17 settembre 2010 le analisi effettuate evidenziano una situazione molto grave; la signora G.C. viene condotta d'urgenza all'ospedale di Prato, dove viene ricoverata nel reparto di rianimazione, ma a causa degli effetti devastanti dell'antitumorale, muore il 3 ottobre 2010, dopo una lunga agonia;

   dal maggio 2009 era disponibile negli Stati Uniti l'uridina triacetato, un potente antidoto che avrebbe potuto salvare la signora G.C., ma, come sostenuto dal marito della stessa, non fu fatto nulla per procurarselo;

   al riguardo il medico di famiglia L.B. ha patteggiato una condanna a un anno di reclusione, mentre la dottoressa P. è stata assolta dall'accusa di omicidio colposo;

   risulta all'interrogante che, nel mese di febbraio 2014, si sia verificato un caso analogo, in quanto ad una paziente di 73 anni, con un tumore in stadio più avanzato di quello della signora G.C.., vengono somministrati per 5 giorni Brivirac e Xeloda 500. Il medico ospedaliero avrebbe ricoverato subito la paziente in camera sterile; da Londra in poche ore fa giungere l'antidoto uridina triacetato e la paziente a distanza di un anno risulta essere ancora in vita;

   nella precedente legislatura è stata presentata al Senato un'interrogazione con contenuto analogo che non ha avuto risposta –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, la Ministra interrogata per verificare le dinamiche che hanno condotto alla morte della signora G.C., individuare eventuali carenze o insufficienze organizzative, procedurali e gestionali dal sistema sanitario e scongiurare conseguenze estreme in casi analoghi.
(4-00538)

  Risposta. — Il caso riportato nell'interrogazione parlamentare in esame è stato – secondo quanto riferito dalla regione Toscana, per il tramite della prefettura di Firenze – correttamente segnalato alle autorità regolatorie, mediante inserimento nella Rete nazionale di farmacovigilanza, sia dall'azienda sanitaria locale di Prato (codice segnalazione 125133) sia dall'azienda ospedaliera universitaria di Careggi (codice segnalazione 124340), nei tempi e nei modi previsti dalla normativa vigente in materia all'epoca dei fatti.
  L'assessore al diritto alla salute della regione Toscana ha fatto inoltre presente che, in data 16 febbraio 2016, è stata verificata con i referenti di Prato la situazione amministrativa e giuridica, e che risultano avviati procedimenti amministrativi e penali a carico del medico di medicina generale che ha prescritto Brivirac non tenendo conto della controindicazione all'uso del farmaco in paziente in terapia chemioterapica; la documentazione dettagliata (cartelle cliniche) è già in mano agli inquirenti.
  Secondo quanto riportato dalle cennate aziende sanitarie la paziente è deceduta in seguito ad una grave depressione midollare con conseguente sepsi ed è stata trattata con «mielostimolatori», e con «trattamento intensivo dello stato settico», non meglio specificati.
  Da un'analisi preliminare della letteratura medica, sembra che l'uridina triacetato possa essere utile in caso di overdose da fluorouracile e analoghi (incluso Xeloda, farmaco con il quale la paziente era in trattamento) in fase acuta se somministrato in tempi utili.
  In un unico caso reperito in letteratura, l'uridina triacetato veniva somministrato 18 ore dopo l'overdose da fluorouracile.
  Nella situazione descritta, l'overdose causata dall'interazione tra Xeloda e Brivirac diviene manifesta 4 o 5 giorni dopo l'ultima somministrazione di Brivirac.
  Pertanto, si dovrebbero conoscere in maniera più approfondita le circostanze del caso del 2004 — citato senza fonte nell'interrogazione parlamentare – per capire se in quel caso l'antidoto sia stato somministrato in tempi utili o meno; è probabile che la possibilità di usare l'antidoto uridina triacetato fosse meno documentata nel 2010, rispetto al 2014 e che in quest'ultimo caso l'opzione poteva avere una maggiore probabilità di essere identificata e applicata, grazie alle conoscenze acquisite negli anni precedenti.
  Non è stato possibile individuare nella letteratura medica un caso di intossicazione da Xeloda causata da interazione con Brivirac risolta con l'uso di uridina triacetato; probabilmente, il trattamento della sepsi e della depressione midollare con mielostimolanti (ad esempio Filgrastim) era la migliore opzione disponibile al momento del ricovero, come confermato in tutti i casi di trattamento dell'interazione reperiti in letteratura.
  Una strategia utile da applicare per prevenire questo tipo di problema (raccomandata anche in letteratura medica) è quella di promuovere la conoscenza dell'interazione in oggetto ed il suo trattamento, attraverso note informative, nonché piani di formazione mirati a rendere edotto il personale sanitario; a tal fine è stato rappresentato l'impegno, nel contesto delle attività del Sistema regionale toscano di farmacovigilanza, a promuovere l'informazione tra gli operatori sanitari regionali.
  L'assessore al diritto alla salute della regione Toscana ha inoltre comunicato che, ad oggi, il centro antiveleni dell'azienda ospedaliera universitaria di Careggi è stato individuato quale riferimento regionale per eventuali future intossicazioni da fluoropiramidine.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal comunicato UIL Scuola Rua Germania si apprende che dal 1° gennaio 2019 saranno sospesi 150 corsi di lingua e cultura italiana, con il conseguente licenziamento di oltre 15 docenti, a causa dell'imminente chiusura dell'ente gestore Co.As.Sc.It;

   tali corsi rappresentano uno strumento particolarmente utile per la diffusione della lingua e della cultura italiana, nonché un punto di aggregazione per i nostri connazionali;

   risultano, infatti, iscritti ai suddetti corsi circa 1500 studenti che subirebbero delle gravose conseguenze a causa della improvvisa sospensione degli stessi corsi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative, di competenza, intenda assumere affinché venga evitato il blocco del servizio scolastico per i nostri connazionali.
(4-01915)

  Risposta. — Nel corso di controlli svolti dal consolato d'Italia a Friburgo, di concerto con l'Ambasciata d'Italia a Berlino, sui registri contabili dell'ente Co.As.Sc.It., gestore di corsi di lingua e cultura italiana e beneficiario di contributi ministeriali, sono emerse gravi irregolarità sull'utilizzo dei fondi da parte dell'ente.
  La Direzione generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, coordinandosi con il consolato e sulla base degli elementi raccolti, ha quindi deciso in base a quanto previsto dalla legge, di sospendere le erogazioni all'ente Co.As.Sc.It, essendo venute meno le fondamentali condizioni giuridiche e di fiducia per proseguire nel rapporto. Gli elementi emersi sono stati inoltre segnalati all'Autorità giudiziaria italiana competente.
  A causa di ciò, l'ente si è ritrovato nell'impossibilità di far fronte alle proprie obbligazioni contrattuali e, in data 6 dicembre 2018, è iniziata una procedura di insolvenza secondo la normativa tedesca, con la conseguente nomina di un curatore fallimentare incaricato di assicurare la liquidazione dei debiti e il pagamento dei docenti. Il Console d'Italia a Friburgo è in contatto con il curatore, allo scopo di assicurare il più stretto raccordo e la massima collaborazione con le autorità tedesche.
  Il consolato preso atto della situazione, ha dovuto purtroppo comunicare ai dirigenti delle scuole locali interessate e alle famiglie degli alunni, una temporanea sospensione dei corsi a partire dal 1° gennaio 2019. Tale sospensione, non dovuta alla volontà dell'amministrazione, risulta inevitabile in considerazione della natura privatistica del rapporto di lavoro sussistente tra i docenti e l'ente in questione.
  Il console è in contatto con i docenti dei corsi sospesi e, di concerto con l'Ambasciata a Berlino e con i competenti uffici ministeriali, nel rispetto delle procedure e dei principi di pubblicità e trasparenza, ha individuato un nuovo ente al quale affidare la gestione dei corsi, al fine di assicurare agli alunni della circoscrizione e alle loro famiglie il ripristino, quanto prima, di questo importante servizio.
  Si sta quindi attualmente operando per rendere il necessario periodo di sospensione dei corsi il più breve possibile.
  Nel periodo di sospensione, al fine di garantire la continuità didattica ed evitare la dispersione scolastica, si assicura uno stretto raccordo con le Autorità tedesche, con gli istituti scolastici locali e con le famiglie degli alunni, che saranno tempestivamente informate in merito ad ogni novità e alla futura data di apertura dei corsi stessi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   SPERANZA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'8 dicembre 2018 scade la sperimentazione che ha portato l'Etr 1000 Mennea di Trenitalia a Potenza e a Taranto e, dopo quella data, infatti, non è più possibile prenotare i biglietti;

   l'Etr 1000 Mennea è entrato in servizio sulla (tratta Salerno-Potenza-Taranto l'11 dicembre del 2016 quale prolungamento sperimentale della corsa ad alta velocità Milano-Salerno, fino a Taranto, con fermate intermedie a Potenza, Ferrandina e Metaponto. Tale sperimentazione è proseguita nel 2018 –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, il Ministro interrogato, considerati gli effetti che potrebbero derivare dalla grave interruzione di tale servizio, immaginato come essenziale nel panorama dei collegamenti tra Basilicata, Puglia e Campania in vista anche dell'evento di Matera capitale della Cultura 2019.
(4-01648)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi informativi.
  Il treno alta velocità citato nell'atto in esame rientra nei collegamenti ferroviari a mercato, effettuati da Trenitalia a rischio d'impresa.
  Al riguardo la società Trenitalia riferisce che il servizio fino a Taranto, in effetti essenziale nel panorama dei collegamenti tra Basilicata, Puglia e Campania, anche in vista dell'evento di Matera capitale della cultura 2019, è stato prorogato alle medesime condizioni fino al prossimo cambio orario di dicembre 2019.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'energia svolge un ruolo cruciale nello sviluppo di un Paese sia come fattore abilitante, in quanto usufruire di energia a basso costo e a basso impatto ambientale è fondamentale per lo sviluppo delle imprese e delle famiglie, sia come fattore di crescita in sé;

   al fine di assicurare un'energia più competitiva e sostenibile, la Commissione europea nel 2007 ha gettato le basi per la politica energetica europea e successivamente, nel 2008, ha approvato il pacchetto clima ed energia (decisione n. 406/2009/CE), il primo di una lunga serie di provvedimenti per la governance del settore tesi a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra e stimolare l'internalizzazione dei costi ambientali associati ai cambiamenti climatici;

   in linea con i suddetti provvedimenti e nell'ottica di definire un percorso di decarbonizzazione per l'Italia, con il decreto interministeriale dell'8 marzo 2013 è stata approvata la strategia energetica nazionale (Sen) con cui si sono previste la chiusura di tutte le centrali a carbone entro il 2025 e l'adozione di misure per raggiungere i traguardi di crescita sostenibile e tutela dell'ambiente attraverso le energie rinnovabili e l'efficienza energetica;

   la centrale di Monfalcone (Gorizia) è ubicata su un'area di circa 20 ettari lungo la sponda orientale del Canale Valentinis, nella zona industriale del comune di Monfalcone, adiacente all'area del porto commerciale;

   la società A2A, proprietaria dell'impianto, ha previsto la trasformazione della sezioni a carbone in una centrale a ciclo combinato alimentata a gas naturale da circa 800 megawatt elettrici, compresa la realizzazione di un metanodotto quale opera connessa al corpo principale;

   a parere dell'interrogante, in linea con gli obiettivi comunitari sopra citati, avrebbe più senso riconvertire la centrale di Monfalcone in un mega impianto di accumulo in grado di fornire la stessa capacità di una grande turbina a gas o di una centrale a carbone;

   in particolare, per raggiungere gli 800 megawatt elettrici attualmente garantiti dalla centrale, si tratterebbe di installare una moltitudine di impianti fotovoltaici diffusi sui tetti della regione Friuli Venezia Giulia, attrezzati con batterie per accumulo, di pari potenza e, all'interno del sito occupato dalla centrale, installare una centrale di solo accumulo per compensare i picchi di richiesta nei periodi sfavorevoli;

   si tratta di un sistema ramificato e diffuso costituito dalla messa in rete degli impianti fotovoltaici distribuiti sul territorio che accumuleranno collettivamente l'energia prodotta e la renderanno disponibile sia per l'alimentazione dei propri fabbisogni che per l'immissione in rete –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di fornire, per quanto di competenza, i dati relativi all'andamento della produzione di energia ovvero il valore di potenza elettrica immessa in rete dalla centrale almeno ogni 15 minuti, negli ultimi due anni di attività, al fine di valutare la fattibilità della conversione della stessa in un mega impianto di accumulo.
(4-01875)

  Risposta. — La centrale termoelettrica di Monfalcone (Gorizia), di proprietà della società A2A Energie future Spa, è attualmente costituita da due sezioni termoelettriche, il gruppo GR1 (418 MWt e 165 MWe) e il gruppo GR2 (433 MWt e 171 MWe), entrambe alimentate a carbone e biomasse. Gli altri due gruppi esistenti (GR3 e GR4), alimentati a olio combustibile denso, sono stati messi definitivamente fuori servizio a fine 2012.
  Attualmente non risultano in corso procedimenti autorizzativi attivati dalla società A2A per la modifica dell'impianto, né tantomeno per la realizzazione di un mega impianto di accumulo.
  L'ultimo provvedimento rilasciato per l'impianto in questione ha riguardato la modifica dei gruppi nn. 1 e 2 mediante l'installazione del sistema di abbattimento degli ossidi di azoto (DeNOx) (decreto direttoriale n. 55/03/2014 del 29 luglio 2014).
  Si fa presente che in passato, nel giugno del 2004, è stata presentata a questa Amministrazione un'istanza ai sensi della legge n. 55 del 2002 per la conversione della sezione n. 4 in un ciclo combinato alimentato a gas (iniziativa citata dall'interrogante). Il procedimento autorizzativo però non è stato concluso in quanto nell'aprile 2014 la società A2A ha esplicitamente rinunciato all'iniziativa, cosicché questa Amministrazione ha archiviato l'istruttoria.
  Per quanto attiene, invece, il funzionamento della centrale, si fa presente che da gennaio 2016 a settembre 2018, l'energia media oraria immessa in rete è pari a circa 232 MWh, nel 2016 sono stati immessi complessivamente 2,2 TWh, nel 2017 2 TWh e nel 2018 (fino a settembre) 1,4 TWh.
  Nel grafico seguente è riportato l'andamento orario dell'energia:
  

Immagine prelevata dal resoconto
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Davide Crippa.


   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia dell'abbattimento di circa settanta pini ad opera dell'Anas, nel tratto stradale della strada statale 17 dell'Altopiano delle Cinquemiglia, che collega i comuni di Rocca Pia, Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo, Castel di Sangro, attraverso la quale si accede ai parchi nazionali e che consente, altresì, il collegamento tra l'Adriatico ed il Tirreno, conosciuto anche come la storica «via degli Abruzzi»;

   gli esemplari abbattuti lungo i 9 chilometri della strada statale 17, appartenevano alla specie cosiddetta «Pino nero», largamente impiegata come specie da rimboschimento, oltre che per la sua notevole rusticità, per la capacità di vivere su suoli poveri e difficili;

   la vicenda ha scatenato roventi polemiche provenienti non solo dalle associazioni ambientaliste ma, altresì, dai sindaci dei comuni attraversati dal tratto stradale in questione, che lamentano omessa informazione, concertazione e preavviso circa l'intervento poi eseguito;

   la legge 14 gennaio 2013, n. 10, riguardanti le norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, prevede disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei boschi vetusti, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale;

   il triste evento ha suscitato, nell'opinione pubblica, sdegno e preoccupazione, poiché, come noto ai più, la piantumazione di alberi lungo questo tratto della strada statale 17, era stata voluta fin dai secoli scorsi per indicare meglio il tracciato durante le tormente di neve, frequenti nel periodo invernale. Invero, non pare revocabile in dubbio che l'abbattimento degli alberi abbia trasformato il paesaggio e produrrà enormi difficoltà nell'individuazione della strada in caso di maltempo, proprio lì dove le alberature indicavano la sede viaria, determinando così un ulteriore aumento del rischio-incidente;

   non è nota quale sia la ragione dell'abbattimento, essendo stata esclusa, tra le possibili motivazioni e stando a quanto riferito dagli organi di stampa, la presenza di malattie o parassiti nelle piante estirpate –:

   quali siano le motivazioni che hanno determinato la decisione di abbattimento degli alberi;

   se l'abbattimento degli alberi sia stato preceduto da una valutazione di stabilità arborea eseguita da tecnici specialisti del settore su tutte le piante di pino, con l'intento di salvaguardare l'alberatura sana e stabile ed abbattere solo gli eventuali esemplari malati o con difetti strutturali;

   se gli alberi abbattuti rientrassero tra quelli oggetto delle previsioni della legge 14 gennaio 2013, n. 10, ai fini dell'applicazione di quanto previsto dal relativo articolo 7;

   se saranno adottate iniziative – e quali – volte a ripristinare il patrimonio arboreo abbattuto e a garantire la sicurezza degli automobilisti che transiteranno sulla strada statale 17, nel tratto in questione e, in caso affermativo, quale sarà la tempistica dell'intervento e se le essenze arboree che verranno poste a dimora saranno della stessa specie abbattuta.
(4-01682)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La società Anas ha comunicato che il taglio degli alberi posti lungo la strada statale 17, nel tratto che attraversa l'altopiano delle Cinquemiglia, si è reso necessario per garantire una maggiore sicurezza della circolazione stradale.
  Anas riferisce di avere anche valutato la possibilità di porre in opera delle barriere di sicurezza ma queste, per motivi tecnici dovuti all'inadeguato spazio di lavoro delle barriere, non avrebbero garantito l'adeguata deflessione dinamica in caso d'urto, né avrebbero tutelato l'utenza stradale dalla caduta di alberature provocata dal maltempo.
  Inoltre, la medesima Anas segnala che al fine di aumentare gli
standard di sicurezza nel tratto stradale in esame sarà potenziata la segnaletica verticale e orizzontale, e nei periodi invernali saranno posizionate delle paline da neve.
  Da ultimo, come concordato con la Soprintendenza archeologica, i comuni territorialmente interessati procederanno alla piantumazione di nuove alberature in sostituzione di quelle rimosse a una distanza non inferiore a 10 metri dalla carreggiata.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   VERSACE. — Al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, si è provveduto all'aggiornamento e alla definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza;

   la legge di bilancio 2018 ha fissato, per il 28 febbraio 2018, la data entro la quale il Governo doveva adottare decreti ministeriali di fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura;

   il termine per l'adozione dei decreti è dunque scaduto;

   il 14 dicembre 2016, la Commissione affari sociali, ha approvato un parere favorevole sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei Lea, subordinandolo ad una serie di condizioni;

   in particolare (punto 5), si poneva al Governo pro tempore la condizione di mantenere il sistema tariffario, anziché prevedere gara di appalto per l'acquisto di dispositivi audioprotesici e di alcuni ausili di serie di cui all'allegato 5 dello schema di decreto, elenchi 2A e 2B;

   la Commissione osservava che se si fosse adottata una procedura di gara per questi ausili era difficilmente raggiungibile l'obiettivo di garantire la massima personalizzazione e aderenza alle effettive esigenze degli utenti;

   ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 il nomenclatore, contenuto nell'allegato 5 del decreto, contiene, nell'elenco 1, le protesi e le ortesi costruite o allestite su misura e, nell'elenco 2A e 2B, gli ausili tecnologici di fabbricazione continua o di serie;

   ai sensi del comma 4 dell'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, nel caso in cui risulti necessaria la personalizzazione di un ausilio di serie contenuto nell'elenco 2A e 2B, la prestazione è eseguita, a cura dei soggetti aggiudicatari delle procedure pubbliche di acquisto degli ausili, da professionisti abilitati all'esercizio della professione sanitaria o arte sanitaria ausiliaria;

   le necessarie modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sono state ancora apportate e dunque la fornitura di questi indispensabili ausili ad oggi dovrebbe passare attraverso l'insopportabile iter delle gare d'appalto;

   molte persone con disabilità (bambini, ragazzi ed adulti), per il tramite delle associazioni che li rappresentano, ribadiscono a gran voce che è inaccettabile l'utilizzo, per molti ausili, della gara d'appalto che esclude dalla scelta la persona cui l'ausilio è destinato;

   le persone che vivono la condizione di una disabilità fisico-motoria ritengono indispensabile che tutti gli ausili attualmente riportati negli elenchi 2A e 2B – che si caratterizzano per la necessità di una doverosa personalizzazione – vengano spostati nell'elenco 1 e che, anche per essi, si mantenga un sistema a tariffa e non per pubblica procedura;

   il mantenimento del regime tariffario, peraltro, non comporterebbe alcun aumento di spesa;

   la disabilità è una condizione che, troppo spesso, costringe a vivere in un ambiente sfavorevole. In ottemperanza dell'articolo 3 della Costituzione lo Stato deve garantire l'effettiva pari dignità sociale dei cittadini rimuovendo gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona –:

   se non ritengano opportuno porre in essere tutte le iniziative necessarie affinché vengano emanati i decreti ministeriali il cui termine era fissato per il 28 febbraio 2018;

   se non ritengano indispensabile, alla luce delle ragioni sopraesposte, assumere iniziative per mantenere il sistema tariffario – anziché le pubbliche procedure di gara – per i dispositivi individuati dall'allegato 1-bis di cui all'articolo 30-bis, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017, dal punto 5 del parere formulato dalla XII Commissione della Camera il 14 dicembre 2016, nonché per tutti i dispositivi che necessitano personalizzazione indicati negli elenchi 2A e 2B dell'allegato 5 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017.
(4-00577)

  Risposta. — In riferimento alla questione delineata dall'interrogazione in esame, si può osservare che la commissione nazionale per la definizione dei livelli di assistenza e la promozione dell'appropriatezza del Servizio sanitario nazionale ha dichiarato di condividere la necessità di un percorso prescrittivo individualizzato e di un appropriato percorso valutativo condotto da un'équipe multidisciplinare, nonché di un adeguato training all'uso, al fine di garantire la massima personalizzazione e aderenza alle esigenze degli utenti; valutazioni peraltro manifestate anche dalla 12ª Commissione del Senato e dall'omologa Commissione della Camera dei deputati in occasione dell'espressione del parere sullo schema di decreto Presidente Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali assistenza.
  Tuttavia, la commissione nazionale livelli essenziali assistenza ha osservato che questi obiettivi sono già perseguiti dal decreto nelle fasi che precedono e che seguono l'espletamento delle procedure di acquisto.
  In particolare, l'allegato 12, recante le «modalità di erogazione dell'assistenza protesica», specifica all'articolo 1 che «il piano riabilitativo-assistenziale individuale è formulato dal medico specialista in collaborazione con l'équipe multidisciplinare sulla base delle esigenze espresse dall'assistito. Il medico specialista deve essere in possesso di specifiche competenze per la prescrizione di protesi, ortesi e ausili tecnologici. Le regioni possono prevedere l'istituzione di elenchi regionali o aziendali dei medici prescrittori» (comma 2).
  Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo il piano riabilitativo-assistenziale individuale deve riportare:

   a) l'indicazione della patologia o della lesione che ha determinato la menomazione o la disabilità;

   b) una diagnosi funzionale che riporti le specifiche menomazioni o disabilità;

   c) la descrizione del programma di trattamento con l'indicazione degli esiti attesi dall'équipe e dall'assistito in relazione all'utilizzo della protesi, ortesi o ausilio a medio e a lungo termine;

   d) la tipologia di dispositivo e gli adattamenti o le personalizzazioni eventualmente necessari;

   e) i modi e i tempi d'uso del dispositivo, l'eventuale necessità di aiuto o supervisione nell'impiego, le possibili controindicazioni e i limiti di utilizzo ai fini della risposta funzionale;

   f) l'indicazione delle modalità di follow-up del programma e di verificadegli esiti ottenuti rispetto a quelli attesi dall'équipe e dall'assistito.

  Inoltre, è richiesto che la prescrizione sia «coerente con il piano riabilitativo-assistenziale individuale e che riporti la specifica menomazione o disabilità, le definizioni e i codici identificativi delle tipologie di dispositivi» (comma 8). La prestazione, infine, deve essere appropriata rispetto al bisogno dell'utente e compatibile con le caratteristiche del suo ambiente di vita e con le esigenze degli altri soggetti coinvolti nel programma di trattamento (comma 9).
  Ai sensi dell'articolo 3 del medesimo allegato, riferito alle modalità di acquisto dei dispositivi di serie, «i capitolati di gara prevedono che i soggetti aggiudicatari assicurino, quando prescritto dal medico e in ogni caso per la fornitura di apparecchi acustici, l'adattamento o la personalizzazione dei dispositivi da parte di professionisti sanitari abilitati all'esercizio della specifica professione o arte sanitaria ausiliaria, nonché la manutenzione, la riparazione o la sostituzione di componenti dei dispositivi stessi. Nella valutazione delle offerte le regioni e le aziende sanitarie locali adottano criteri di ponderazione che garantiscano la qualità delle forniture, la durata del periodo di garanzia oltre quello fissato dalla normativa di settore, la capillarità della distribuzione e la disponibilità di una gamma di modelli idonei a soddisfare le specifiche esigenze degli assistiti» (comma 2). «Le aziende sanitarie locali assicurano che i dispositivi di serie inclusi nell'elenco 2A, a garanzia della corretta utilizzazione da parte dell'assistito in condizioni di sicurezza, siano applicati o messi in uso da un professionista sanitario abilitato all'esercizio della specifica professione o arte sanitaria ausiliaria» (comma 3).
  Considerato che il testo del decreto, come sopra evidenziato, sembra già garantire la personalizzazione e l'aderenza alle effettive esigenze degli utenti, per la commissione nazionale Lea non appare giustificata una deroga alle norme generali che prevedono il ricorso alle procedure a evidenza pubblica per l'acquisto di beni da parte della pubblica amministrazione in ogni ambito e in ogni settore merceologico.
  Peraltro, il decreto legislativo n. 50 del 2016 (nuovo codice degli appalti) mette a disposizione delle amministrazioni numerose tipologie di «gara» che consentono, ad esempio, l'aggiudicazione della fornitura a più soggetti per prodotti con diverse caratteristiche ovvero l'aggiudicazione di «servizi» di fornitura di dispositivi, che possono consentire la scelta del dispositivo per il singolo assistito in una gamma di prodotti offerti dall'aggiudicatario.
  In questa circostanza, secondo la commissione nazionale Lea l'adozione di una remunerazione a tariffa predeterminata per un cospicuo numero di ausili di fabbricazione industriale, oltre a comportare inevitabili ritardi nell'entrata in vigore del nuovo nomenclatore, potrebbe comportare riflessi negativi sotto il profilo dell'equità delle forniture. Infatti, nel caso in cui la tariffa fissata dal decreto ministeriale fosse ritenuta «inadeguata», gli assistiti potrebbero essere sollecitati a richiedere prodotti con caratteristiche ulteriori, anche se prive di effettivo maggiore valore riabilitativo/assistenziale, con la conseguente applicazione dell'istituto della «riconducibilità funzionale» che pone a carico dell'assistito la differenza di prezzo tra il prodotto tariffato e quello desiderato.
  La commissione nazionale Lea ha osservato anche che il mancato ricorso alle procedure pubbliche di acquisto per i dispositivi audioprotesici e per alcuni ausili di serie di cui all'allegato 5, elenchi 2A e 2B dello schema di decreto (indicati nell'interrogazione) comporterebbe un incremento dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dell'assistenza protesica, quantificato nella relazione tecnica al provvedimento in non meno di 48 milioni di euro/anno su base nazionale. Ritenendo che i citati obiettivi di personalizzazione e adeguatezza possano essere realizzati con una capillare attività d'indirizzo alle stazioni appaltanti, volta a rendere più efficaci le procedure di gara accompagnata da un'attenta vigilanza sulla qualità dei prodotti acquistati, la commissione nazionale Lea ha osservato che non sarebbero giustificate misure di risparmio in altre aree assistenziali per garantire la compensazione dei maggiori costi conseguenti al ritorno alla tariffazione degli ausili.
  Inoltre, si evidenzia che il decreto-legge n. 50 del 2017, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha previsto all'articolo 30
-bis che, per le tipologie di ausili trasferite dall'elenco 1 all'elenco 2, le regioni adottino «procedure ad evidenza pubblica che prevedano l'intervento di un tecnico abilitato che provveda all'individuazione e alla personalizzazione degli ausili con l'introduzione delle modifiche necessarie».
  Va precisato, infine, che nel caso in cui la commissione nazionale Lea, a distanza di sedici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, (vale a dire nel dicembre 2018) verifichi, anche attraverso audizioni delle associazioni dei disabili, che le procedure pubbliche di acquisto non abbiano consentito di soddisfare le esigenze dei disabili, essa propone al Ministro della salute il trasferimento degli ausili nell'elenco 1 dell'allegato 5 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, e la fissazione delle relative tariffe, a condizione che ciò non determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Sarà quella, dunque, la sede opportuna per effettuate una rivalutazione dell'intera materia, sempre che l'entrata in vigore dell'elenco 1 dei dispositivi «su misura» a seguito dell'approvazione del decreto con le nuove tariffe, abbia consentito alle stazioni appaltanti di sperimentare ed adottare le procedure di gara più idonee a soddisfare le esigenze degli assistiti.

La Ministra della salute: Giulia Grillo.