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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 27 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso degli ultimi anni, gli sbarchi di cittadini extracomunitari sul territorio italiano, provenienti in particolare dall'Africa – ma anche da Paesi asiatici – si sono intensificati, assumendo proporzioni tali da richiedere interventi immediati e urgenti;

    la questione più pressante, al riguardo, è sicuramente quella dell'immigrazione irregolare e della gestione dei flussi migratori in uscita verso i Paesi europei, oltre a quella dei rimpatri. Quasi tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno, infatti, un numero rilevante di immigrati entrati irregolarmente all'interno dei propri territori dai paesi dell'Africa;

    secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero dell'interno, dal 2013 al 2017 sarebbero sbarcati in Italia illegalmente oltre seicentomila immigrati, raggiungendo il loro picco negli anni tra il 2014 e il 2017, ed in particolare il loro numero sarebbe, poi, passato da 181.436 nel 2016 a 119.369 nel 2017, fino ad arrivare a 23.370 nel 2018, con conseguente calo delle vittime in mare;

    grazie a una politica di rigore, condotta in particolare dal presente Governo, si è assistito anche negli ultimi mesi ad un drastico calo del numero degli sbarchi, i quali, nel periodo di riferimento dal 1° gennaio al 26 febbraio, sarebbero passati da 5.247 nel 2018 a 262 nel 2019;

    ridurre il numero di ingressi illegali in Italia corrisponde all'interesse nazionale e permette di minimizzare gli effetti negativi, di natura sociale, economica e di sicurezza, che l'immigrazione di massa ha avuto in anni recenti sul nostro Paese;

    la riduzione degli ingressi illegali in Italia permette di concentrare le risorse, non illimitate, dello Stato sull'accoglienza e protezione di coloro che accedono all'asilo politico o alla protezione sussidiaria sulla base delle leggi italiane e dei trattati internazionali sottoscritti;

    l'obiettivo da perseguire dev'essere quello di annullare gli sbarchi illegali in Italia, sia per garantire il pieno rispetto della legalità nel nostro Paese, sia per evitare che i migranti siano messi in pericolo di vita dai trafficanti, che sfruttano l'immigrazione irregolare per finanziare la criminalità organizzata e il terrorismo;

    il predetto obiettivo non può essere conseguito senza la collaborazione di tutti i Paesi di partenza e/o che abbiano zone Sar lungo la rotta mediterranea tra Nordafrica e Italia;

    la questione migratoria rappresenta una questione non soltanto di interesse dirimente per i governi europei; al contrario, gli stessi Paesi di origine e transito sono coinvolti in prima persona nella gestione di un fenomeno che assume sempre di più le caratteristiche di una questione di portata internazionale. Se, da un lato, i Paesi europei – soprattutto quelli che per la loro posizione geografica sono maggiormente esposti all'immigrazione tramite la rotta mediterranea, tra i quali l'Italia – rivendicano una maggiore partecipazione degli altri stati membri dell'Unione europea nella soluzione del fenomeno, dall'altro lato, i governi della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo si trovano ad affrontare problemi di gestione degli immigrati e dei rifugiati di grande portata;

    dal momento che, sia nei Paesi di origine, sia in quelli di transito, si verificano episodi di violenza e di negazione dei diritti umani, è interesse degli stessi governi europei che anche i Paesi africani riescano a regolare in maniera migliore il fenomeno in tal modo, la stessa cooperazione da parte di questi governi potrebbe diventare una risorsa in più per l'Europa;

    nell'approntare una nuova e più efficace politica di cooperazione con tali Paesi, occorre considerare anche le priorità di tali partner e adottare un approccio che possa essere al tempo stesso regionale, ma anche basato sulle peculiarità e gli interessi economici di ogni singolo «attore»;

    è di tutta evidenza che l'Europa non ha ancora mostrato di voler adottare una politica comune per la gestione sostenibile e corretta dei flussi migratori e per il contrasto all'immigrazione irregolare, lasciando sostanzialmente sola l'Italia;

   come Stato di frontiera esterna dell'Unione europea, peraltro, il nostro Paese è sottoposto ad una pressione maggiore; tuttavia ciò non può sottintendere che il Paese di primo ingresso abbia responsabilità maggiori o speciali;

    il problema andrebbe affrontato coinvolgendo la comunità internazionale, non solo elaborando iniziative nei Paesi d'arrivo, ma anche promuovendo azioni di cooperazione e di sviluppo economico locale quali risposta alle problematiche di povertà che spingono milioni di persone a lasciare il proprio Paese;

    a livello nazionale ed europeo sarebbe necessario, pertanto, agire sulle cause dei flussi migratori, valutando l'opportunità di istituire vie legali e sicure di accesso all'Unione europea, quali i corridoi umanitari, vie legali e sicure di accesso all'Unione europea per chi ha diritto alla protezione internazionale al fine di favorire una diminuzione delle traversate in mare, la pressione dei flussi sulle frontiere esterne ed un'efficace lotta ai trafficanti di esseri umani;

    appare non più rinviabile la revisione del regolamento di Dublino, anche al fine di escludere il principio di responsabilità del Paese di primo ingresso ai fini dell'esame della domanda di asilo per i migranti soccorsi in mare, di garantire un'equa distribuzione dell'onere degli sbarchi e della ricollocazione dei migranti tra tutti gli Stati membri dell'Unione europea e al contempo prevedere meccanismi che disincentivino le partenze illegali;

    l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione anche a seguito di operazioni di salvataggio e soccorso in mare Sar (Search and Rescue), e il principio generale in esso stabilito – secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di primo ingresso – presenta notevoli criticità, tra le quali la gestione nazionale delle richieste d'asilo e dei costi per l'identificazione e l'accoglienza, nonché dei rimpatri degli irregolari;

    è necessario altresì che si provveda anche a livello europeo, a norma di legge, mediante la conclusione di adeguati accordi di riammissione e di fondi appositamente stanziati, a garantire l'effettivo e tempestivo rimpatrio in condizioni di sicurezza e dignità per quanti si trovano a non avere diritto alla protezione internazionale o che non soddisfano le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno in uno degli Stati membri, anche attraverso l'utilizzo di sistemi di raccolta dati efficaci, efficienti e tempestivi;

    chi fugge dalla guerra dovrebbe poter chiedere asilo alle istituzioni europee nei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, o lì dove è necessario senza doversi imbarcare, e dunque senza alimentare il traffico di essere umani e il bollettino dei tragici naufragi;

    in ordine all'immigrazione irregolare nelle mani delle organizzazioni criminali straniere, soprattutto i recenti e tragici fatti di Castelvolturno hanno dato risonanza ad attività e pratiche feroci che vengono perpetrate da tempo ed hanno luogo nel nostro territorio nazionale, tra cui quella relativa alla «tratta di esseri umani», individuata nell'atto di reclutare, trasportare o prestare alloggio a persone, nel passaggio dal loro Paese ad un altro, attraverso l'uso di violenza (coercizione, forza, inganno, minaccia o sfruttamento di una posizione di vulnerabilità, intese in senso fisico, psicologico, morale), al fine di riceverne un guadagno in forma di denaro o altri benefici che portino il trafficante ad avere il controllo o il possesso sul trafficato. Tale controllo o possesso può includere lo sfruttamento sessuale o lavorativo, oltre che la schiavitù o l'espianto di organi;

    la portata del fenomeno complessivo del traffico e della tratta di esseri umani, strettamente connesso all'immigrazione irregolare – secondo le recenti proiezioni dell'Organizzazione mondiale dell'immigrazione, annualmente sarebbero 800 mila le vittime di tratta nel mondo – tocca numerosi settori delle politiche pubbliche e delle relazioni internazionali, nonché aspetti fondamentali della lotta alla criminalità, del contrasto alle economie illegali e dei processi di integrazione culturale;

    Castelvolturno rappresenta un punto nevralgico del potere della mafia nigeriana nel nostro Paese: è proprio in tale zona che è stata accertata resistenza di rapporti strutturati tra gruppi criminali nigeriani e criminalità camorristica italiana, soprattutto nella gestione del traffico di droga;

    in generale, la criminalità nigeriana ha evidenziato negli ultimi anni una costante evoluzione nel nostro Paese, risultando estremamente versatile e penetrante in diverse regioni, tra cui, oltre la Campania, anche il Veneto, il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia Romagna, l'Umbria, il Lazio e la Sicilia, e ha soprattutto concentrato i proprio interessi nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento dell'immigrazione irregolare e nella tratta degli esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero;

    questo Governo fa della lotta alle mafie un punto qualificante della propria azione, e nei confronti della mafia nigeriana vi è una costante attenzione da parte e grazie all'impegno delle forze dell'ordine, tradottasi negli ultimi mesi in diversi interventi di polizia giudiziaria, che hanno riguardato diverse regioni e, più specificatamente, proprio Castelvolturno e la provincia di Caserta;

    si dovrebbe continuare ad agire per rafforzare la presenza e l'efficacia dell'attività repressiva, dotando le nostre forze dell'ordine, già presenti sul territorio, di uomini, mezzi e risorse adeguate al fine di per poter intervenire sul fenomeno in maniera incisiva;

    la mafia nigeriana, composta principalmente da persone di etnia Ibo o Yoruba con un elevato grado di istruzione, si è conquistata un posto di livello internazionale nel mondo del crimine. Oltre che in Italia, dove le principali associazioni «cultiste» sono la «Supreme Eiye Confraternity» e la «Black Axe Confraternity», infatti, è presente anche in molti altri Paesi (Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Romania, Inghilterra, Austria, Stati Uniti, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina, Polonia, Russia e, Brasile);

    la mafia nigeriana ha dimostrato nel tempo di saper gestire e controllare gran parte del traffico di esseri umani, fenomeno in continua espansione ed evoluzione, in Italia, come in tutta Europa, tale da essere posto come primo punto già nel preambolo della direttiva 36/2011/EU dove si afferma che «la prevenzione e la lotta alla tratta di esseri umani è una priorità per l'Unione e per gli Stati membri»;

    in tale contesto, il Consiglio dei ministri, nella riunione del 26 febbraio 2016, ha adottato il piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento 20162018 (Pna), previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 24 del 2014, in cui si afferma che le azioni dirette al contrasto del fenomeno si muovono su un doppio binario: «il primo, di assoluto rilievo, di contrasto e repressione del crimine di sfruttamento di esseri umani, affidato a tutte le Forze dell'ordine, l'altro di prevenzione e protezione delle vittime, affidato ai servizi sociali pubblici e del privato sociale accreditato»;

    come anche recentemente reso noto dall'attuale Governo, è già attivo il piano nazionale relativo all'operazione Strade sicure nell'ambito del quale è stata assegnata al prefetto di Caserta un'aliquota complessiva di 230 militari, già impiegati in servizi di vigilanza a obiettivi sensibili;

    è ormai pacifico che i trafficanti si avvalgono dei flussi migratori, specialmente quelli via mare, per «infiltrare» le vittime di tratta le quali saranno destinate, in un secondo momento, ad essere sfruttate in Italia e/o in altri Stati dell'Unione – infatti, come viene affermato nell'ultimo Rapporto Greta sull'Italia, la strategia dei trafficanti è quella di suggerire alle vittime di fare richiesta di protezione internazionale al fine di ottenere un valido titolo di soggiorno, cosicché le vittime possono essere sfruttate senza il rischio di essere espulse e rappresentare in questo modo una perdita di guadagno per i gruppi criminali;

    in un contesto così preoccupante, si è imposta l'imminente e improcrastinabile necessità di sviluppare una politica di immigrazione nazionale ed europea idonea ad offrire soluzioni concrete e adeguate, coerenti con i diritti fondamentali dell'uomo ed efficaci per la tutela della sicurezza e della stabilità interna. Un approccio che non può essere disgiunto dall'esigenza di una seria e puntuale indagine sulle dinamiche e soprattutto sugli sviluppi dell'asse transnazionale criminale che, oggi più di ieri, caratterizza i flussi migratori;

    il fenomeno della tratta risulta in continua espansione, ha una forte capacità pervasiva ed invasiva, nonché peculiarità di azione;

    la lotta al traffico e alla tratta di esseri umani richiede una costante e particolare attenzione rispetto alle politiche sulla migrazione e molteplici interventi, a fronte della condizione di frontiera (ormai quasi unica) dell'Unione europea a sud, quale si trova ad essere il nostro Paese,

impegna il Governo:

1) a intensificare la cooperazione con gli Stati litoranei nordafricani per il raggiungimento della piena efficienza delle rispettive guardie costiere e di confine;

2) ad assumere, nelle opportune sedi bilaterali e multilaterali, tutte le iniziative diplomatiche volte a far sì che ogni Paese mediterraneo nella rispettiva zona Sar svolga i compiti spettantigli alla luce dei trattati internazionali sottoscritti, senza che gli oneri del soccorso e dell'accoglienza in porto sicuro vadano a pesare sproporzionatamente sull'Italia;

3) ad assumere, in tutte le sedi competenti, iniziative volte a superare l'approccio del regolamento di «Dublino III» e, in particolare, il principio in base al quale la gestione degli immigrati sia appannaggio del Paese di primo ingresso;

4) a stringere accordi bilaterali con i Paesi di transito atti alla lotta del traffico di esseri umani;

5) ad adoperarsi affinché si delinei una strategia europea strutturata contro il traffico di esseri umani;

6) a sostenere politiche di partenariato e di cooperazione con i Paesi di origine e transito dei migranti che abbiano il primario obiettivo di favorire le condizioni di sviluppo di questi Paesi e che includano iniziative finalizzate ad attuare una efficace politica condivisa che velocizzi e renda più efficienti le procedure di rimpatrio dei migranti che abbiano fatto ingresso illegalmente o il cui soggiorno sia irregolare, in condizioni di sicurezza e dignità, anche attraverso l'utilizzo di sistemi di raccolta dati più efficienti;

7) a sostenere in sede europea, la possibilità di istituire sistemi di valutazione delle domande di protezione internazionale al di fuori del territorio dell'Unione europea nei Paesi di transito e di partenza;

8) a valutare l'ulteriore rafforzamento dei presidi di sicurezza a Castelvolturno, con un contingente adeguato di uomini e mezzi, nonché – con specifico riguardo al tema del traffico di esseri umani e tratta – a proseguire nella formazione delle forze di polizia al fine di affinare le necessarie competenze e conoscenze per contrastare efficacemente il fenomeno;

9) ad alimentare puntualmente la banca dati delle forze di polizia nella quale sono raccolti anche i dati sulla criminalità organizzata nigeriana, anche al fine di ricostruire i legami verticistici delle varie organizzazioni operanti e contrastare la tratta di esseri umani;

10) a valutare l'opportunità di istituire un tavolo nazionale permanente, con il coinvolgimento delle regioni, composto da rappresentanti di ogni istituzione coinvolta nella gestione del fenomeno – questure, polizie locali, Arma dei carabinieri, procura della Repubblica – al fine di ottenere un'attualità costante ed una visione globale di come il fenomeno «tratta» si muove e si evolve in ogni regione d'Italia;

11) a valutare l'opportunità di ogni idonea iniziativa di competenza finalizzata alla valorizzazione, presso ogni procura distrettuale antimafia, di speciali strutture dedicate al contrasto delle mafie straniere attive sul territorio nazionale, quali ad esempio il «modello Torino», ove la locale procura della Repubblica ha già costituito, sin dall'aprile 2011, una «sezione» altamente specializzata, dedicata al contrasto della tratta di esseri umani e delle mafie straniere, che negli ultimi anni ha condotto e portato a termine una delle più importanti indagini sulla mafia nigeriana denominata «Operazione Athenaeum»;

12) a valutare la necessità di potenziare le già esistenti articolazioni interne al servizio centrale operativo del dipartimento della pubblica sicurezza e alle squadre mobili delle questure dedicate alle indagini sulla criminalità straniera, tra cui quella la mafia nigeriana;

13) ad assumere iniziative, in sede di Unione europea, per una più efficace azione nei confronti dei Paesi di origine e di transito, impegnando i rispettivi Governi in una seria e solidale politica di contrasto all'immigrazione irregolare, alla lotta alle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di esseri umani, a tal fine anche orientandosi sull'opportunità di aprire corridoi sicuri e legali di accesso;

14) a favorire l'avvio di un sistema intrinsecamente e completamente europeo di accoglienza che si basi sulla responsabilità e solidarietà tra i Paesi membri;

15) sul piano investigativo nazionale e internazionale, a potenziare la cooperazione giudiziaria e di polizia e a prevedere la creazione ed il potenziamento di squadre investigative comuni, ove non già operative, con tutti i Paesi interessati più massicciamente dal fenomeno della migrazione, nonché con i Paesi di transito utilizzati per raggiungere le frontiere dell'Europa, aumentando lo scambio delle informazioni e delle esperienze anche attraverso la realizzazione di percorsi formativi comuni.
(1-00132) «Iezzi, Macina, Dieni, Bordonali, Alaimo, De Angelis, Davide Aiello, Giglio Vigna, Baldino, Invernizzi, Berti, Maturi, Bilotti, Stefani, Brescia, Tonelli, Maurizio Cattoi, Vinci, Corneli, D'Ambrosio, Dadone, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Ascari».


   La Camera,

   premesso che:

    dai dati diffusi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la vendita di autoveicoli a gennaio 2019 ha registrato un calo del 7,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2018, con un dato in termini assoluti di 164.864 unità vendute contro 178.326;

    la filiera industriale automotive italiana, in termini numerici, conta quasi 6.000 imprese con un fatturato complessivo che supera i 100 miliardi di euro, rappresentando così il 6 per cento del prodotto interno lordo. Tale settore impiega ad oggi circa 260.000 addetti diretti e di indotto che rappresentano più del 7 per cento degli occupati del settore manifatturiero. A tali dati vanno poi aggiunti quelli delle attività di commercializzazione e manutenzione, attraverso i quali l'intera filiera conta nel suo complesso oltre 1,2 milioni di lavoratrici e lavoratori, e quelli della filiera della componentistica che, oltre a rappresentare un settore d'eccellenza nazionale, conta oltre 2.000 imprese fornitrici di tutte le case automobilistiche del mondo generando ormai da anni un avanzo commerciale positivo con un saldo medio annuo, dal 2007 al 2017, di oltre 6,4 miliardi di euro;

    come rilevato dall'Istat, nel quarto trimestre dell'anno 2018, l'economia italiana ha registrato una contrazione dello 0,2 per cento, segnando così per il secondo trimestre consecutivo calo e facendo entrare l'Italia in recessione tecnica;

    i dati dell'Agenzia europea per l'ambiente indicano come la media ponderata delle emissioni di CO2 degli autoveicoli immatricolati in Italia è costantemente diminuita nel corso degli anni, tanto che l'obiettivo fissato dall'Unione europea per il 2015, pari a 130 g/km, risultava raggiunto già nel 2011 (fonte Ministero dello sviluppo economico);

    la filiera automotive rappresenta altresì nel nostro Paese il primo investitore privato in ricerca e innovazione con una spesa annua che solo in Italia si aggira su 1,7 miliardi di euro. Quello industriale è il settore con il più alto moltiplicatore di valore aggiunto: basti considerare che per ogni euro di valore aggiunto creato dalle imprese automotive della fase industriale si generano 2,2 euro addizionali di valore aggiunto nell'economia e 10 occupati nelle medesime imprese sostengono 20 occupati addizionali nell'economia. Di conseguenza, l'industria automotive rappresenta anche uno dei maggior contribuenti al gettito fiscale con circa 74 miliardi di euro registrati nel 2017;

    nel corso dell'esame della legge di bilancio 2019 sono state introdotte misure disincentivanti, sotto forma di imposta, e misure incentivanti, sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di nuove autovetture in base ai livelli di emissione di diossido di carbonio (CO2). Nello specifico il disincentivo è previsto, con imposta a partire da 1.100 euro a crescere fino a 2.500 euro, per auto con emissioni CO2 superiori a 161 g/Km, mentre lo sconto sull'acquisto è pari a 6.000 euro, solo in caso di rottamazione di veicoli compresi tra Euro 1, 2, 3, e 4 e per la sola fascia di emissioni CO2 compresa tra 0-20 g/Km; lo sconto cala a 4.000 euro in assenza di rottamazione. È altresì riconosciuto uno sconto pari a 2.500 euro in presenza di rottamazione per veicoli con emissioni CO2 comprese tra 21-70 g/Km; che cala a 1.500 euro in assenza di rottamazione;

    la misura introdotta cosiddetta bonus/malus, per quanto condivisibile in linea di principio ai fini del contenimento e del superamento dei livelli di inquinamento, appare inefficace e fortemente controproducente alla luce dei dati attualmente rilevati e delle stime presentate dall'Unrae, l'Associazione delle case automobilistiche estere, secondo cui in uno scenario macroeconomico rivisto al ribasso, fanno presagire una chiusura dell'anno 2019 in flessione dell'1,1 per cento a 1.888,500 veicoli, oltre 21.000 in meno rispetto al 1.910.000 del 2018;

    adottata senza alcun confronto con le categorie direttamente interessate, la richiamata misura è ancora oggi al centro di un acceso dibattito fortemente critico promosso dalle associazioni di categoria, nonché dalle sigle sindacali, le quali lamentano l'esclusione dal processo in atto per l'adozione del decreto ministeriale finalizzato all'attuazione del cosiddetto bonus/malus a decorrere dal 1° marzo 2019;

    secondo i dati Unrae, il parco circolante al 2018 risulta essere composto da una percentuale rilevante di autovetture di categoria Euro 1, 2, 3 e 4 (circa il 64 per cento, pari a circa 25 milioni), mentre le autovetture di categoria Euro 5 ed Euro 6 risultano pari rispettivamente al 19,1 per cento (circa 7,2 milioni) e al 17,1 per cento (5,27 milioni), così facendo dell'Italia il parco autovetture circolanti più vecchio in Europa (il 47 per cento delle autovetture ha più di 10 anni di età, pari a 17,5 milioni di unità). In tal senso le critiche principali rivolte alla misura prevedono il cosiddetto «effetto Cuba» cioè la tendenza del consumatore a non rinnovare il proprio veicolo optando per il mantenimento dello stesso, quindi senza riduzione dell'inquinamento, ferma restando la tendenza ormai rilevata da tempo di un mercato privato dell'autovettura sempre più schiacciato sui segmenti più bassi (in particolar modo utilitarie e city car) con una progressiva riduzione dell'acquisto di autovetture dei segmenti medi (C e D) e alti (F): secondo le stime dell'Associazione nazionale industria dell'autonoleggio e servizi automobilistici (Aniasa) nei limiti delle risorse appostate per il bonus il numero di veicoli agevolabili sarà compreso, nel triennio, tra 12-14 mila unità;

    vale altresì considerare che il 24 per cento del parco circolante complessivo nel nostro Paese è oggi rappresentato da vetture per noleggio a lungo termine la cui flotta, al tempo stesso, è quasi completamente composta da autovetture di categoria Euro 6 (circa il 95 per cento);

    la contrazione nella produzione, rinvenibile, nella riduzione di autovetture immatricolate di produzione del gruppo FCA in Italia (-10 per cento rispetto al 2017), si registra anche a livello europeo: l'Associazione dei costruttori europei (Acea) ha rilevato a gennaio 2019 un calo del 4,6 per cento rispetto a gennaio 2018. La crisi del settore si mostra quindi tra i cinque Paesi «major market» dell'area europea, oltre al caso italiano: Spagna con il -8 per cento; Francia con il -1,1 per cento, Regno Unito con il -1,6 per cento e Germania con il -1,4 per cento. Tale complessiva contrazione impatta gravemente nel nostro Paese sull'intera filiera e sull'indotto dell’automotive formati da svariate imprese e settori economici, oltre a quello produttivo, come quello finanziario e creditizio attraverso il quale si registrano ormai i due terzi degli acquisti di autovetture e la attivazione in misura sempre più rilevante di noleggio a lungo termine (leasing); il settore della componentistica e della autoriparazione nei campi della meccanica, motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista; il settore assicurativo, quello di vendita e quello dell'autonoleggio, a breve e a lungo termine, nonché il settore dell'utenza e dei consumatori. Tale impatto, pertanto, rischia di avere un effetto ridondante sui livelli occupazionali interessati direttamente (quelli del sistema produttivo, basti pensare all'annuncio di FCA di ridimensionare il piano di investimenti in Italia annunciato a fine 2018) e indirettamente (quelli dell'indotto), ben più rilevante di quanto finora previsto;

    va sottolineato, inoltre, come l'introduzione di una misura basata esclusivamente sul grado di emissioni di anidride carbonica, senza alcun riferimento alla categorizzazione Euro scardini di fatto la programmazione industriale delle case automobilistiche ancora in corso – i cui cicli di produzione e di investimento si sviluppano su periodi di 6-9 anni di durata – con la quale in particolare nel passaggio da Euro 5 a Euro 6 si prevede la riduzione dell'inquinamento con interventi sostanziali più sulle emissioni di ossidi di azoto e particolato, secondo le direttive europee, che su quelle di diossido di carbonio;

    è bene ricordare, tra l'altro, che sul totale delle emissioni in Europa, le auto incidono per circa l'8 per cento e i veicoli industriali poco meno. Entrambi i settori, singolarmente e congiuntamente, pesano meno di altri, eppure il settore automotive viene indicato sempre come il principale responsabile dei cambiamenti climatici. Dal 1995 ad oggi le prestazioni emissive degli autoveicoli sono andate migliorando del 36 per cento e l'industria automobilistica è impegnata per arrivare agli obiettivi del 2020, impiegando capitale umano di assoluto valore e rilevanti investimenti finanziari;

    secondo le rilevazioni degli analisti di settore le ricadute della richiamata misura, a titolo meramente esemplificativo il bonus di 6.000 euro sostanzialmente riconoscibile per auto elettriche, interesserebbe autovetture con prezzi minimi compresi tra 25 mila e 27 mila euro (Smart EQ Forfour Youngster, Renault Zoe Life e Citroën Nuova E-Mehari) e prezzi massimi compresi tra 100 mila e 162 mila euro (tutte Tesla). L'ecotassa pari a 1.100 euro invece sarebbe applicata ad autovetture di ampio consumo con importo minimo compreso tra 14 mila e 24 mila euro (Dacia di varie tipologie, FIAT Qubo Easy, DR Automobiles di varie tipologie, FIAT 500L, FIAT Tipo 5 porte, Alfa Romeo Giulietta). Di fatto l'applicazione della tassa ecologica di importo pari o superiore a 2.000 euro si applicherà alle autovetture di importo superiore mediamente a 50 mila e a 80 mila euro, buona parte di queste ultime, pur se prodotte in Italia, sono dirette ai mercati esteri e quindi non immatricolate nel nostro Paese con evidente riduzione dell'impatto del disincentivo;

    la misura adottata in legge di bilancio 2019 rende altresì ancora meno trasparente ed efficace l'azione degli enti locali con riguardo alla riduzione dell'inquinamento nelle aree urbane attraverso le varie misure di blocco del traffico (totale o parziale). Va considerato, infatti, che attualmente i cittadini-utenti delle varie aree urbane sottoposte alla limitazione del traffico vivono oggi una condizione spesso discriminatoria, per aree urbane o per tipologia di misura o di comunicazione adottata dall'ente locale che solitamente appare opaca, non omogenea né chiara, inducendo i cittadini a incorrere involontariamente in violazioni e sanzioni, comminate quindi ingiustamente. Dall'altro lato, la misura bonus/malus nelle intenzioni del Governo dovrebbe spingere i consumi verso l'acquisto di autovetture a bassa emissione CO2 che, escluso per quelle elettriche, si tradurrebbe paradossalmente in un doppio disincentivo o in un incentivo dimezzato, poiché la limitazione della circolazione a fini ecologici, solitamente applicata sulla base delle categorizzazioni Euro e non sulle fasce di emissione CO2, vedrebbe comunque il proprietario del veicolo con ecobonus impossibilitato al suo utilizzo e il proprietario del veicolo acquistato con ecotassa ulteriormente penalizzato,

impegna il Governo:

1) ad adottare tempestivamente un'iniziativa normativa per l'abrogazione o in subordine la sospensione dell'applicazione della norma di cui in premessa (articolo 1, commi 1031-1047, della legge n. 145 del 2018), prima della sua entrata in vigore prevista per il 1° marzo 2019, al fine di:

   a) rinviare ogni misura normativa di disincentivo connessa alle performance emissive automobilistiche – alla categorizzazione Euro – e di revisione delle misure di incentivo, subordinandone l'adozione allo svolgimento di un necessario, quanto ormai improcrastinabile, confronto con gli attori dell'intero sistema automotive;

   b) prevedere il coinvolgimento delle singole categorie della intera filiera automotive nazionale: da quelle industriali del settore produttivo a quelle lavorative; da quelle commerciali a quelle della componentistica, del settore creditizio-finanziario, del noleggio e di quello assicurativo, nonché del settore meccanico-riparativo;

   c) varare un piano strategico di transizione tecnologica che, con tempi e misure adeguate, consenta all'intera filiera automotive nazionale di non perdere la propria competitività e di salvaguardare i livelli occupazionali;

2) a prevedere, nel piano strategico nazionale di cui al punto 1) lettera c), oltre a misure di incentivo/disincentivo all'acquisto di autovetture con particolari performance emissive, misure di politica industriale a sostegno delle attività di ricerca e innovazione e degli investimenti sul capitale umano e che supportino lo sviluppo infrastrutturale finalizzato alla piena diffusione delle alimentazioni alternative;

3) a riferire in Parlamento sulla ratio delle posizioni espresse in sede di Consiglio dell'Unione europea in occasione dei negoziati sulla nuova regolamentazione in materia di riduzione delle emissioni di CO2 di auto, veicoli commerciali e veicoli industriali, i cui obiettivi supportati dall'Italia, rischiano di mettere a repentaglio la competitività dell'intero comparto promuovendo, in sede europea, posizioni che tengano in dovuta considerazione anche le specificità ed il peso che ha la filiera automotive nazionale sull'economia del Paese;

4) a svolgere, nell'ambito delle proprie competenze, un monitoraggio sull'effettiva efficacia delle iniziative di limitazione del traffico a fini ecologici da parte delle amministrazioni locali, con l'obiettivo di promuovere l'armonizzazione di queste iniziative in modo da renderne omogenei i criteri, almeno per macro-aree, e introdurre per le amministrazioni l'obbligo di adottare un qualche meccanismo di comunicazione-informazione diretta ai cittadini su date, orari e modalità della circolazione;

5) ad adottare iniziative per definire un criterio chiaro e univoco sul quale provvedere a innestare misure incentivanti, ed eventualmente penalizzanti tra categorizzazione Euro (0, 1, 2, 3, 4, 5, 6) o performance emissive (CO2, Pm10, NOx, e altro), considerando che i cicli di produzione e di investimento delle case automobilistiche hanno mediamente una durata di 6-9 anni, al fine di offrire un panorama normativo omogeneo che eviti il rischio di un effetto psicologico pericoloso per l'economia.
(1-00133) «Baldelli, Gelmini, Mulè, Sozzani, Bergamini, Pentangelo, Rosso, Zanella».


   La Camera,

   premesso che:

    la continua crescita della persecuzione anti-cristiana nel mondo ha ormai portato il numero dei cristiani perseguitati a oltre 245 milioni, pari a quasi il nove per cento del totale, e nel solo 2018 sono stati quattromila quelli uccisi, con un aumento di ben mille vittime rispetto all'anno precedente;

    parimenti si intensificano gli attacchi ai luoghi di culto, con quasi ottocento chiese e altre migliaia di edifici che ospitavano case private e negozi appartenenti ai cristiani attaccate;

    lo studio condotto dalla fondazione Aiuto alla chiesa che soffre (Acs) sull'evoluzione delle persecuzioni subite dai cristiani nel mondo negli anni compresi tra il 2015 e il 2017 prende in esame tredici Paesi in cui le negazioni alla libertà di fede dei cristiani sono più efferate, dimostrando che in undici di questi, tra la metà del 2015 e la metà del 2017, la situazione è degenerata rispetto al biennio precedente (che già aveva registrato un netto peggioramento) e che negli altri due, Arabia Saudita e Corea del Nord, era tanto drammatica da non poter aggravarsi;

    nello specifico, in Stati quali Iraq e Siria il genocidio compiuto dall'Isis ha avuto effetti devastanti sulle locali minoranze religiose, e il rapporto di Acs mostra chiaramente come lo sradicamento dei cristiani, insieme a quello delle altre minoranze religiose, sia stato lo specifico e dichiarato obiettivo dei gruppi estremisti che agiscono in Iraq, in Siria e in altre aree della regione, incluso l'Egitto dove si ricordano i tre tragici attentati avvenuti nel 2017;

    assume la forma del genocidio anche quello in atto contro i cristiani in Nigeria, dove all'azione della setta islamista Boko Haram si uniscono le violenze commesse da pastori estremisti di etnia fulani, che hanno devastato villaggi cristiani e ucciso molti fedeli;

    il fondamentalismo islamico continua ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani, non confermandosi solamente, ma estendendo la sua morsa in varie aree, ma deve far riflettere anche l'ascesa del nazionalismo religioso come prorompente fonte di persecuzione anticristiana, in particolare in Medioriente e Sud-est asiatico, e non va dimenticato il ruolo di regimi totalitari quale quello nordcoreano;

    in India e Pakistan è in forte ascesa il nazionalismo indù, favorito in India dal Bharatiya Janata Party (BJP), il partito del Primo Ministro Narendra Modi, con conseguenze drammatiche per i cristiani, e anche in Pakistan il governo risulta incapace di proteggere le minoranze dall'estremismo e dalla discriminazione;

    in altri Stati gli attori diretti delle persecuzioni anticristiane sono i regimi totalitari: in Cina i diritti umani vengono gravemente violati nel tentativo statale di assoggettare qualsiasi attività religiosa al proprio controllo, mentre continua la campagna di rimozione delle croci e di distruzione delle chiese e desta preoccupazione la possibilità che Pechino possa adottare un sistema di stratificazione sociale analogo a quello del songbun della Corea del Nord;

    l'applicazione di tale sistema determina l'accesso a beni e servizi necessari quali cibo, educazione e assistenza sanitaria, sulla base della posizione occupata dai cittadini tra le 51 potenziali categorie che indicano maggiore o minore lealtà al regime, e realizza un sistema che favorisce la discriminazione basata sul credo religioso, giacché i cristiani, che si trovano nelle ultime categorie, sono classificati come ostili allo Stato e quindi incarcerati;

    i rapporti riferiscono di cristiani che patiscono «atrocità indicibili» all'interno dei campi di internamento e che spesso, in quanto prigionieri a causa della religione, sono isolati dagli altri per subire trattamenti peggiori quali lavori forzati, torture, persecuzione, privazione di cibo, stupri, aborti forzati, violenze sessuali ed omicidi;

    non è migliore la situazione nella cosiddetta Corea del Nord d'Africa, ovvero l'Eritrea, dove il Governo ha messo in atto misure ancor più repressive nei confronti dei cristiani, e chiunque si opponga al crescente controllo governativo dei gruppi religiosi viene arrestato e detenuto in carceri noti per le torture ai prigionieri;

    la persecuzione anti-cristiana va ben oltre il numero dei martiri o le distruzioni di edifici cristiani: si manifesta negli arresti senza processo, nei licenziamenti, nella violazione di diritti fondamentali come l'istruzione e le cure mediche, nelle campagne denigratorie e nel bullismo, ma anche nelle migliaia di matrimoni forzati e stupri, che celano vite devastate a causa di una scelta di fede e tali cifre sono purtroppo da considerare punti di partenza, poiché è potenzialmente enorme la realtà sommersa dei crimini non denunciati o non registrati contro i cristiani in molti Stati;

    rispetto alla minaccia costituita per i cristiani dal movimento islamista il rapporto World watch list – che ha stilato la nuova lista delle prime cinquanta Nazioni al mondo per numero di perseguitati religiosi, identifica cinque preoccupanti tendenze: «1) la radicalizzazione delle aree dominate dall'islam, con Africa orientale, occidentale e del Nord come scenario in ascesa, così come il mondo musulmano non arabo asiatico; 2) il divario tra sunniti e sciiti, il cui centrale terreno di scontro è soprattutto l'Asia, incluso il Medio Oriente; 3) l'espansionismo islamico in aree a prevalenza non musulmana (vedasi sviluppi in zone africane e asiatiche non islamiche, specie in Africa sub-sahariana, e Indonesia, Malesia, Brunei); 4) la simultanea radicalizzazione ed espansionismo islamico, con il caso principale della Nigeria; 5) una pulizia etnica in base ad affiliazione religiosa, in evidente crescita in alcuni Stati africani quali il Kenya, la Nigeria, la Somalia e il Sudan»;

    i recenti dati diffusi nel rapporto 2018 pubblicato dalla Ong Portes Ouvertes/Open Doors, differenziano, invece, due tipologie di persecuzione: quella «martellante» che consiste in una violenza fisica e materiale di carattere brutale che include anche l'incarcerazione dei cristiani, spesso per futili motivi, fino alla soppressione fisica, e la persecuzione «velata, ma opprimente» costituita da un'oppressione discreta, come discriminazione e limitazione dei diritti, marginalizzazione, celebrazione di processi truccati, in pratica una persecuzione che viola la vita privata, la famiglia e gli affetti, la convivenza sociale e civile e la vita all'interno della comunità ecclesiale;

    il 7 luglio 2018, a conclusione del dialogo a Bari nella Basilica di San Nicola, in occasione dell'incontro con i 22 Patriarchi e capi delle comunità cristiane in Medio oriente, Papa Francesco ha posto al centro della sua riflessione il dramma dell'esodo forzato dei cristiani che hanno dovuto abbandonare le terre della prima cristianità, ha ricordato le nuove persecuzioni dei cristiani, ma soprattutto ha sottolineato l'indifferenza dell'Europa e dell'Occidente;

    il Pontefice ha affermato che «l'indifferenza uccide, e noi vogliamo essere voce che contrasta l'omicidio dell'indifferenza. Vogliamo dare voce a chi non ha voce, a chi può solo inghiottire lacrime, perché il Medio Oriente oggi piange, soffre e tace, mentre altri lo calpestano in cerca di potere e ricchezze»;

    l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce ad ogni individuo «il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere e sostenere ogni iniziativa in ambito europeo ed internazionale volta a sostenere il rispetto della libertà religiosa nel mondo e per il contrasto delle persecuzioni e delle violenze;

2) ad esercitare forme di pressione diplomatica ed economica verso quegli Stati che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, se del caso non sottoscrivendo accordi con nazioni che non garantiscano il pieno esercizio di tale libertà;

3) a condannare in ogni sede le violenze nei confronti delle minoranze religiose e ad adoperarsi affinché queste siano scongiurate attraverso le opportune iniziative internazionali;

4) ad impegnarsi, nelle competenti sedi internazionali, affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni per motivi religiosi e affinché ciò rappresenti oggetto di un indirizzo condiviso tra i Paesi in grado di costituire la base per una collaborazione tra gli stessi, anche nelle politiche di aiuto ai rifugiati;

5) a rendersi promotore in ambito internazionale di un'iniziativa volta a favorire il rientro dei cristiani d'Oriente nei propri Stati di appartenenza che hanno dovuto abbandonare a causa di guerre e fenomeni di intolleranza religiosa.
(1-00134) «Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   L'VIII Commissione,

   premesso che:

    con il decreto legislativo n. 155 del 2010 è stata recepita la direttiva 2008/50/CE conosciuta come CAfE – «Clean Air for Europe»;

    all'articolo 20 di tale decreto viene istituito un coordinamento tra regione, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ispra, Enea e Cnr. In base a quanto stabilito dal comma 2 di tale articolo, il Coordinamento «assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi connessi all'applicazione del presente decreto, anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze»;

    il decreto legislativo n. 155 del 2010 prevede altresì una trasmissione di informazioni e dati in formato standard dalle regioni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e successivamente dal Ministero all'Unione europeo, relativamente alla qualità dell'aria ambiente e agli agglomerati che riportano valori oltre le soglie stabilite di inquinamento;

    i dati di questa attività sono riportati sul portale WebInfoAria di Ispra, ma non è consentito l'accesso al pubblico;

    alcuni dati sulla qualità dell'aria sono consultabili sul portale «Misure PRQA» di Ispra, ma le informazioni presenti risultano parziali o non aggiornate. Esiste inoltre una pagina dedicata sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma a quanto consta ai firmatari del presente atto risulta aggiornata al 2014 e reindirizzata a collegamenti esterni non più attivi;

    sul portale europeo E-Prtr sulle emissioni da parte degli impianti, non risultano per l'Italia tutte le installazioni. A titolo di esempio, compaiono soltanto 16 impianti di incenerimento rifiuti, dei quali non per tutti sono disponibili dati completi sulle loro emissioni limitandosi a dichiarare soltanto alcuni parametri;

    le reti di centraline di monitoraggio delle regioni sia in termini strutturali che gestionali risultano spesso carenti, non in grado ad esempio di misurare gli inquinanti più pericolosi oppure non inserite in modelli di dispersione aventi sufficiente livello di dettaglio;

    le azioni previste dai piani di risanamento della qualità dell'aria (Prqa) possono così risultare inefficaci o inapplicate, provocando di fatto il mancato raggiungimento degli obiettivi e dei principi sanciti dalla direttiva europea;

    recentemente l'Unione europea ha proposto un questionario per valutare l'efficacia della direttiva in questione, attraverso il quale è stato possibile analizzare gli ambiti di maggiore e di minore impatto delle misure proposte. Dai questionari emerge uno scarso impatto sulla pianificazione urbana, sui piani energetici e di trasporto nazionali, sulle politiche fiscali e sulle strategie di prevenzione per la salute;

    un punto fondamentale per l'applicazione della direttiva è sicuramente l'interazione tra Stato, regioni ed enti di controllo e di ricerca, al fine di coordinare gli interventi, monitorarne i risultati e pubblicarli con periodicità annuale associati a report che ne analizzano l'andamento. Tali attività dovrebbero essere valutate dal Coordinamento di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 155 del 2010;

    l'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, recante «Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa» ha la finalità, inter alia, di garantire al pubblico le informazioni sulla qualità dell'aria ambiente,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative necessarie affinché le attività del Coordinamento di cui all'articolo 20 del citato decreto legislativo n. 155 del 2010 siano adeguatamente valorizzate, nonché rese più efficaci, anche rendendo accessibili al pubblico, attraverso la pubblicazione sul sito web dei soggetti partecipanti al Coordinamento di cui al medesimo articolo 20, i report sui dati e sulle informazioni in suo possesso;

   a trasmettere a cura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione periodica al Parlamento in cui siano riportati gli interventi e le iniziative assunte dai dicasteri competenti sulla base degli indirizzi e delle linee guida predisposti, ai sensi del comma 2 del citato articolo 20, per contrastare l'inquinamento e gli effetti nocivi dell'inquinamento sulla salute umana e sull'ambiente;

   ad avviare, per quanto di competenza, una valutazione e un controllo delle misure messe in atto, con particolare riguardo al raggiungimento degli obiettivi dei piani di risanamento della qualità dell'aria regionali (Prqa);

   ad adottare iniziative per rendere prontamente consultabile, con le opportune modalità del caso, l'informazione ambientale concernente le emissioni atmosferiche, mediante la pubblicazione di report sui dati per tutti gli impianti in esercizio e con particolare riferimento agli impianti di produzione di energia con potenza installata superiore ai 300 megawatt e agli impianti di trattamento rifiuti.
(7-00195) «Ilaria Fontana, Lucchini, Badole, Benvenuto, Daga, Deiana, D'Eramo, D'Ippolito, Federico, Gobbato, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Parolo, Raffaelli, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Valbusa, Vallotto, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'autismo è una maniera diversa di percepire il mondo, come lo definiscono i genitori dei bambini con spettro autistico e, ancora oggi non si sa se sia una malattia, un disfunzionamento neuronale, una dispercezione del mondo esterno, se abbia origine genetica o meglio epigenetica: allo stato attuale non si sa niente delle cause;

    quello che si sa è che assistiamo ad un aumento notevole dei casi. In passato molti casi di autismo erano legati ad altre psicopatologie su base per lo più genetica con ritardo mentale. Attualmente, sono prevalenti i casi in cui i bambini presentano un livello intellettivo adeguato e nessun altro segno di malattia;

    secondo i dati diffusi dall'Ospedale Bambini Gesù di Roma, un bambino su cento presenterebbe un disturbo dello spettro autistico, e tra questi i maschi hanno una frequenza quattro volte superiore rispetto a quella delle femmine;

    in Italia si stima che circa 500.000 famiglie potrebbero convivere con un paziente autistico e, in particolare a Napoli sono circa 1300 i casi seguiti dalle équipe dei nuclei di neuro-psichiatria infantile distrettuali;

    ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il servizio sanitario nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;

    l'articolo 60, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502» dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza Unificata»;

    il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto di intesa della Conferenza unificata, tuttavia, ha inficiato, di fatto, la legge n. 134 del 18 agosto 2015 e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali (Asl) solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendo di fatto difficile la piena attuazione e la garanzia degli stessi;

    si parla molto di tecniche terapeutiche, ma la vita di questi bambini non può e non deve essere ridotta a un tentativo di «riparazione» di qualcosa che non funziona come dovrebbe ad avviso dei firmatari del presente atto e, l'esperienza di molti operatori, ha insegnato che i risultati sono scarsi a lungo termine con tutte le tecniche terapeutiche che lavorano in tal senso e quindi anche con la tecnica Aba così in voga attualmente;

    sin dalla effettuazione della diagnosi, intorno ai due anni di età, i bambini autistici vengono condotti più volte a settimana presso un centro di riabilitazione (scorretto anche il nome preso in prestito dagli adulti e che denota scarsa cultura del rispetto dell'infanzia e dell'adolescenza: ci si chiede in cosa un bambino di due o tre anni si debba riabilitare e quali siano le funzioni che abbia perso) dove si cerca di far apprendere loro i nostri schemi di vita (funzionalmente più adatti), ma molto poco si cerca di fare affinché possano utilizzare i loro schemi rendendoli più efficaci. Per circa 12-15 anni dal momento della diagnosi i ragazzi conducono una vita più o meno simile per tutti: casa-scuola-centro-casa;

    alla fine viene loro proposto un centro ancora più chiuso che si chiama semiconvitto o addirittura convitto dove dovranno «riabilitarsi» alla vita che intanto passa;

    è invece necessario che i ragazzi diagnosticati con autismo conducano una vita insieme agli altri e abbiano tutti gli aiuti di cui hanno bisogno nei loro contesti naturali di vita e con l'aiuto dei loro compagni;

    il progetto Pass (progetto di adozione scolastica e sociale) per l'inclusione di bambini e ragazzi con l'autismo, sviluppato a Napoli (da circa cinque anni) a partire dai quartieri Vomero e Arenella mira proprio ad evitare l'allontanamento dei bambini dai contesti naturali di vita: le terapie specifiche vengono effettuate a casa o a scuola o durante le attività sportive sempre effettuate insieme ai compagni in un gruppo laddove necessario, sostenuto da personale specializzato di supporto con il coinvolgimento dei compagni che, istruiti in tal senso, diventano i tutor del loro compagno;

    con tale progetto sin da piccoli imparano a conoscere il proprio quartiere ed essere conosciuti in modo da essere supportati in caso di bisogno. In altre parole si lavora molto con il contesto ambientale, a partire dai genitori che per primi devono costruire percorsi di autonomia per i loro figli sin da piccoli: solo un buon livello di autonomia restituirà loro la libertà spesso negata per troppa protezione;

    gli interventi più che riabilitativi intensivi dovrebbero essere di integrazione socio-sanitaria: si determinerebbero migliori risultati e risparmio per il non ricorso a situazioni di chiusura in centri chiusi (semiconvitto o convitto) residui manicomiali,

impegna il Governo:

   a sviluppare progetti di carattere sociale per l'inclusione di soggetti autistici, al fine di assicurare l'inserimento progressivo dei bambini con spettro autistico nei loro contesti naturali di vita;

   a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neurosviluppo, e a favorire la conoscenza delle caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico, oltre che dei sintomi precoci, rivolte anche a insegnanti della scuola dell'infanzia e materna, a medici e agli operatori dei servizi sociali per bambini;

   a garantire la piena attuazione della legge n. 134 del 18 agosto 2015 in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie;

   ad assumere iniziative volte ad implementare il fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito presso il Ministero della salute, e a garantire i livelli essenziali di assistenza così come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, anche mediante la destinazione delle risorse economiche necessarie;

   ad assumere iniziative per implementare il fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, istituito con la legge 22 giugno 2016, n. 112;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire un potenziamento in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari per garantire una diagnosi ed un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare che, nelle regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi e le cure nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal servizio sanitario nazionale, la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate secondo le linee guida nazionali;

   a favorire la sperimentazione di progetti di vita indipendente, così da dare piena attuazione articolo 14 della legge n. 328 del 2000;

   a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita indipendenti, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive nonché l'imprenditoria mediante, a titolo esemplificativo, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

   a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti con disturbi dello spettro autistico, al fine di poterne valorizzare le capacità, impegnandoli anche in lavori in questo momento meno richiesti;

   a promuovere l'adozione di ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad incrementare a 560 euro mensili l'assegno di invalidità civile, ora fermo a 280;

   ad elaborare le linee di indirizzo sui disturbi dello spettro autistico per l'età adulta, così da definire gli essenziali servizi alla persona e gli adeguati strumenti di supporto al progetto di vita e all'autonomia della persona.
(7-00194) «Siani, De Filippo, Carnevali, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   DE LUCA, SENSI e LOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azzeramento di ogni tipo di contributo all'editoria, previsto dalla legge di bilancio 2019 che prevede di arrivare entro 4 anni alla cancellazione definitiva di ogni contributo, rappresenta un rischio reale per il pluralismo dell'informazione e il diritto dei cittadini di essere informati correttamente, così come sancito anche dall'articolo 21 della Costituzione;

   la Federazione nazione della stampa italiana (Fnsi) e il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, in una nota congiunta, hanno definito di «inaudita gravità» la decisione del sottosegretario Crimi «di inserire il taglio dei contributi all'editoria nello schema della legge di bilancio»;

   l'editoria attraversa un momento di grande difficoltà e i tagli annunciati, se realmente applicati, causerebbero un grave danno a un settore, già sufficientemente provato e che rappresenta un fondamento per la democrazia;

   a tal proposito, si fa rilevare che forme di sostegno pubblico al comparto dell'informazione sono presenti in quasi tutta Europa e in quasi tutte le democrazie;

   attualmente il finanziamento pubblico elargito viene calcolato sulla base delle retribuzioni pagate, delle copie vendute e dei contributi versati. Quelle che ne beneficiano sono quindi aziende virtuose, che pagano secondo contratto molti giornalisti a tempo indeterminato, proprio quella forma di rapporto che il Governo sostiene a parole di voler incentivare;

   la cancellazione del contributo avrebbe l'effetto immediato di precarizzare altre migliaia di lavoratori;

   il «Governo del cambiamento» si appresta invece ad azzerare la concorrenza di giornali locali, testate no profit, cooperative senza scopo di lucro, perfino giornali delle diocesi: la vera vittima del taglio selvaggio è quindi il pluralismo, è la varietà dell'offerta e dei punti di vista, e con esso anche quel patrimonio di identità e di culture locali che il Governo apparentemente dice di voler tutelare;

   a conferma del fatto che tali tagli si ripercuotono a danno delle testate, in particolare quelle territoriali, vi è la gravissima vicenda che ha interessato il quotidiano «la Città», una delle esperienze editoriali più significative degli ultimi anni in provincia di Salerno, che l'8 marzo 2019 avrebbe compiuto 23 anni di attività editoriale;

   in data 12 febbraio 2019 la proprietà del quotidiano ha deliberato la messa in liquidazione della società editrice e la sospensione delle pubblicazioni della testata giornalistica La Città di Salerno con decorrenza immediata, con conseguente interruzione di tutti i rapporti di lavoro in essere ed avvio immediato delle procedure previste dalla legge n. 223 del 1991 in tema di riduzione del personale dipendente per licenziamento collettivo –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per garantire il diritto dei cittadini ad avere un'informazione libera, trasparente e autonoma, anche attraverso i necessari interventi di sostegno, e per scongiurare la chiusura di testate importanti, come nel caso del quotidiano «La Città» di Salerno.
(3-00565)


   DALL'OSSO, PETTARIN, SANDRA SAVINO, RIZZETTO, CARFAGNA e GELMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi in Venezuela risale oramai al primo governo del dittatore Nicolas Maduro dal 2013 al 2018 dove il prodotto interno lordo si è dimezzato;

   una nota società di estrazione petrolifera venezuelana, dall'insediamento di Maduro come presidente non ha effettuato investimenti per individuare nuovi giacimenti di petrolio e migliorare il proprio livello tecnologico tagliando le retribuzioni dei propri dipendenti che hanno reagito a tale situazione, con la conseguenza che Maduro ha affidato il controllo un generale dell'esercito;

   la crisi economica ha determinato un lungo periodo di iperinflazione che ha condotto la Banca centrale venezuelana a vendere le proprie riserve valutarie con la conseguenza di una perdita di valore del Bolivar fuerte e la messa in circolazione di banconote di nuovi tagli, creando nel solo 2018 un tasso di inflazione pari a 1.000.000 per cento;

   gli effetti della crisi hanno visto anche il sorgere di carenze alimentari e medicinali, un fenomeno che ha generato anche una crisi umanitaria senza precedenti colpendo anche la sanità, attraverso la carenza di farmaci e creando un'aspettativa di vita più limitata;

   numerose sono le Associazioni e gli Enti che hanno cercato negli anni di fare pervenire aiuti umanitari alla popolazione con grandissima difficoltà;

   la popolazione italiana residente in Venezuela e certificata conta numerose decine di migliaia a cui si deve aggiungere l'emigrazione di prima e seconda e terza generazione non sempre iscritta all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero;

   le regioni si stanno muovendo autonomamente nel cercare di offrire ausilio ai propri corregionali e connazionali all'estero, il Friuli Venezia Giulia in primis;

   a seguito delle ultime elezioni e dell'atteggiamento restrittivo e dittatoriale di Nicolas Maduro anche l'Unione europea ha approvato una risoluzione con l'astensione dell'Italia che riconosce come leader legittimo Juan Gerardo Guaidó Màrquez divenuto già presidente dell'Assemblea –:

   se il Governo abbia intenzione di offrire ausilio immediato ai nostri connazionali, italiani che hanno fatto grande il nome dell'Italia all'estero;

   se il Governo sia a conoscenza della situazione dei connazionali italiani in Venezuela ed attraverso quali canali abbia appreso le notizie;

   come il Governo abbia intenzione di offrire aiuti umanitari diretti alla popolazione venezuelana ed, in primis, agli italiani in Venezuela;

   se il Governo sia a conoscenza della presenza numerosa e forte di connazionali all'estero che sono emigrati e continuano ad emigrare per sopravvivere, «fare fortuna» e fare grande il nome dell'Italia e come intenda preservare la stessa presenza, con particolare riguardo al Venezuela.
(3-00566)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA e FRAGOMELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, come modificato dalla legge di conversione n. 16 novembre 2018, n. 130, e successivamente dall'articolo 1, comma 1020, della legge di bilancio per il 2019 del 30 dicembre 2018, n. 145, prevede l'istituzione di una nell'ambito del territorio della città metropolitana di Genova per il sostegno alle imprese colpite dall'evento del crollo del «ponte Morandi»;

   l'ambito territoriale della zona franca urbana (Zfu) deve essere definito con provvedimento del commissario delegato, sentiti la regione Liguria e il comune di Genova, secondo quanto previsto all'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

   nel dicembre 2018 il commissario ha provveduto a individuare l'area che ricomprende la Zfu di cui al citato articolo 8 del decreto-legge n. 109 2018;

   le imprese ricadenti nell'ambito della Zfu accedono alle seguenti agevolazioni:

    a) esenzione dalle imposte sui redditi del reddito derivante dall'attività d'impresa svolta nella zona franca fino a concorrenza, per ciascun periodo di imposta, dell'importo di euro 100.000 riferito al reddito derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella zona franca;

    b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella zona franca, nel limite di euro 200.000 per ciascun periodo di imposta, riferito al valore della produzione netta;

    c) esenzione dalle imposte municipali proprie per gli immobili siti nella zona franca posseduti e utilizzati dai soggetti di cui al presente articolo per l'esercizio dell'attività economica;

    d) esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, a carico dei datori di lavoro, sulle retribuzioni da lavoro dipendente (tale esonero spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca);

   le risorse stanziate per finanziare tale importante strumento di sostegno e rilancio dell'economia territoriale sono pari a 10 milioni di euro per l'anno 2018, e a 50 milioni di euro per ciascun anno nel biennio 2019-2020;

   per l'attuazione di tali interventi si applicano, come da previsione normativa, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 dell'11 luglio 2013, recante le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza e durata delle agevolazioni concesse ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;

   nonostante siano trascorsi oltre 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 109 del 2018 e ormai anche dalla individuazione della perimetrazione della Zfu, non si hanno ancora i provvedimenti attuativi per rendere operative e usufruibili da parte delle imprese le misure di sostegno previste dalla istituzione della richiamata zona franca;

   purtroppo, non è l'unico caso di ritardo nella emanazione dei provvedimenti attuativi previsti dalle disposizioni contenute all'interno del citato provvedimento –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di rendere pienamente operativa la Zfu di cui al citato articolo 8 del decreto-legge n. 109 del 2018 e con quali tempistiche intenda procedere alla emanazione dei provvedimenti attuativi relativi alle altre misure a sostegno della città di Genova a seguito del crollo del «ponte Morandi».
(5-01580)


   FIANO e MARATTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, si è appreso che il Ministro dell'economia e delle finanze, trattando del tema della Tav, avrebbe dichiarato che «nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che con un cambio di governo [l'Italia] non sta più ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive»;

   la rievocata esigenza di offrire certezze agli investitori, anche al fine di rilanciare lo sviluppo produttivo del nostro Paese, è stata immediatamente contestata dal titolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente sulla Tav, che si è limitato a ricordare l'esistenza di un contratto di Governo e l'obbligo politico per il Ministro dell'economia e delle finanze di attenervisi;

   del resto, come riportato più volte da diversi autorevoli commentatori sulla stampa o in trasmissioni televisive, potrebbero essere consistenti gli investimenti persi dall'Italia nell'ultimo anno per il mancato rispetto di obblighi internazionali sanciti da trattati firmati e ratificati dal nostro Paese, e successivamente disattesi, con pesanti conseguenze sia sotto il profilo dei posti di lavoro, sia sotto quello del tasso di crescita e sviluppo del nostro Paese –:

   quale delle due linee riportate dal Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è la linea del Governo in materia di sviluppo e infrastrutture;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per superare l'attuale blocco delle grandi e piccole opere, che, secondo alcune stime ammonterebbe a circa 36 miliardi di euro, e riprendere finalmente un'adeguata politica di investimenti;

   quali siano, e per quale ammontare, gli investimenti persi dall'Italia nell'ultimo anno a causa del mancato rispetto di obblighi internazionali, sanciti da Trattati e successivamente disattesi, e come e quanto abbiano inciso e incideranno nei prossimi anni sulla crescita dei posti di lavoro e sul tasso di sviluppo del nostro Paese.
(5-01583)


   PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dagli organi di informazione la regione Liguria ha annunciato una propria proposta in materia di autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, riguardante infrastrutture autostradali, portuali e aeroportuali;

   quello che rappresenta un evidente punto di criticità è sicuramente l'ipotesi dettata dal possibile combinato disposto di regionalizzazione del demanio e la contestuale trasformazione in società per azioni delle autorità portuali in territorio ligure, scelta che cozza contro la battaglia di difendere l'autonomia e la specificità delle autorità di sistema portuale contro la volontà dell'Unione europea di prevederne la tassazione;

   tale scelta segnerebbe una frammentazione pericolosa che indebolirebbe la capacità di competizione degli hub portuali in considerazione della pesante offensiva portata avanti in particolare dalla Cina per quel che riguarda i sistemi portuali e la movimentazione merci;

   tra l'altro, per elaborare la suddetta proposta sarebbe stato istituito anche un non meglio definito e definibile «comitato scientifico» al quale prenderebbero parte sia il presidente dell'autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, dottor Paolo Emilio Signorini, che, il professor Francesco Parola, consulente del Governo in materia di portualità;

   il profilo sulla natura giuridica delle Autorità di sistema portuale che avanzerebbe la regione Liguria porrebbe una serie di problemi di compatibilità con le attuali disposizioni normative e con le competenze attribuite dalla legge n. 84 del 1994;

   si ritiene che l'iniziativa in questione potrebbe determinare un indebolimento complessivo della capacità competitiva delle autorità di sistema portuale italiane –:

   se il Governo condivida il disegno, richiamato in premessa, della regione Liguria, se sia a conoscenza di questo «comitato scientifico» a cui parteciperebbe anche un consulente del Governo proprio per la materia portuale e se tali ruoli siano compatibili con gli incarichi che attualmente rivestono;

   se il Governo intenda adottare iniziative per salvaguardare l'attuale natura giuridica delle autorità di sistema portuale, difendendone la specificità in sede europea, anche alla luce del fatto che altre regioni potrebbero attivare iniziative analoghe, nonché tutelandone la capacità competitiva, in considerazione delle sfide globali che questo settore strategico ha davanti, e rafforzando il profilo nazionale del sistema portuale italiano;

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto alle proposte avanzate dalla regione Liguria in materia di infrastrutture, porti e aereoporto.
(5-01584)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI e FIORINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in occasione delle commemorazioni per il Giorno del ricordo, si sono accese aspre polemiche per via di alcune dichiarazioni a mezzo social network rilasciate dal consigliere del consiglio comunale di Reggio Emilia Dario De Lucia (link: http://www.reggionline.com);

   su un noto social network il consigliere in questione ha scritto un commento altamente offensivo nei confronti di coloro che stavano manifestando per ricordare le vittime delle foibe («Ragazzi, che cavolo è successo oggi in Piazza Prampolini, che cinque cittadini mi hanno scritto e chiamato dicendo che le fogne erano esplose e c'era la m***a in piazza?»);

   non è la prima volta che pubblici amministratori si lasciano andare a simili esternazioni, frutto di retaggi ideologici che ancora non consentono una lettura obiettiva dei fatti storici e ritardano il processo di riappacificazione che il nostro Paese chiede e merita;

   il giorno del ricordo è stato istituito con la legge 30 marzo 2004, n. 92, per ricordare le vittime delle foibe e l'esodo dei tanti italiani costretti a fuggire dalle terre d'Istria, Dalmazia e Friuli Venezia Giulia al termine della Seconda guerra mondiale;

   l'articolo 1 della legge istitutiva del Giorno del ricordo recita: «1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. 2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero»;

   la legge istitutiva del Giorno del ricordo prevede, in particolare, la promozione della conoscenza di quei tragici fatti tra le nuove generazioni. In tal senso dunque, le istituzioni e i suoi rappresentanti rivestono un ruolo decisivo ed è per questo che, a maggior ragione, pubblici amministratori dovrebbero astenersi da simili commenti e dal veicolare messaggi di odio ideologico;

   tenuto conto dei fatti accaduti, potrebbe essere presa in considerazione, a parere dell'interrogante, la possibilità di inserire raccomandazioni specifiche sul comportamento da tenere per i pubblici amministratori, all'interno della circolare che annualmente viene diramata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la commemorazione delle vittime delle foibe nell'ambito delle iniziative scolastiche –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se non si ritenga, dati i retaggi ideologici che ancora aleggiano intorno a tali commemorazioni, di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, eventualmente con una specifica circolare, per assicurare che siano utilizzati dai rappresentanti delle istituzioni toni consoni e per promuovere, attraverso i canali di divulgazione (stampa e social), la conoscenza di quei fatti storici e le iniziative in ricordo delle vittime.
(4-02363)


   CONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre dell'anno 2015 il territorio del Sannio, ma soprattutto Benevento città, fu colpito da una disastrosa alluvione, che costò la vita a tre persone; l'economia di una grande parte del territorio fu messa in ginocchio e molte attività commerciali e agricole furono distrutte;

   nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2015, n. 279, venne pubblicata la dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che nei giorni dal 14 al 20 ottobre 2015 avevano colpito il territorio della regione Campania;

   con delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016 venne deliberato lo stanziamento per la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 5, comma 2, lettera d), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modifiche ed integrazioni;

   con ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 373 del 16 agosto 2016 vennero definite le disposizioni operative per l'attivazione dell'istruttoria finalizzata alla concessione di contributi a favore di soggetti privati e attività economiche e produttive ai sensi dell'articolo 1, commi da 422 a 428, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, in attuazione della delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016, relativamente agli eventi calamitosi verificatisi nel territorio della regione Campania;

   il 17 novembre 2017 venne sottoscritta la convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana con la quale si definirono le modalità operative di gestione del finanziamento agevolato concesso a seguito degli eventi calamitosi dell'ottobre 2015;

   i soggetti interessati, per accedere ai contributi, avrebbero dovuto presentare la domanda entro 40 giorni al comune nel quale si trovava l'immobile danneggiato: le verifiche istruttorie sarebbero state effettuate da comuni e regioni, mentre la qualità tecnica delle domande sarebbe stata assicurata dalla definizione di uno schema di perizia specifico;

   il territorio del comune di Ceppaloni (in provincia di Benevento) fu inserito tra i comuni che avrebbero potuto beneficiare dei contributi; nel comune di Ceppaloni furono presentate e ammesse al finanziamento due sole pratiche; i beneficiari di tali contributi furono un parente dell'allora sindaco (finanziamento pari ad euro 60.000,00) e un parente di un assessore comunale dell'epoca (finanziamento pari ad euro 68.000,00);

   sulla stampa locale sono apparsi vari articoli nei quali si evidenziava che il comune di Ceppaloni fortunatamente aveva subito soltanto danni marginali a seguito di quegli eventi calamitosi, e che alcuna conseguenza vi era stata per la proprietà privata o pubblica;

   la deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016 prevede solo controlli a campione, nella misura anche minima del 20 per cento delle domande, per verificare la veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e atto notorio rese dagli interessati;

   ad oggi molti cittadini sanniti che hanno visto le loro attività economiche e/o la loro proprietà distrutta e/o danneggiata da quella terribile alluvione ancora non hanno ottenuto alcun contributo pubblico;

   a parere dell'interrogante il caso del comune di Ceppaloni rischia di rappresentare una particolarità nella gestione dei fondi post alluvione che potrebbe sollevare dubbi tra i cittadini –:

   quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare che siano stati effettuati i dovuti controlli circa le zone realmente danneggiate a seguito dell'alluvione dell'ottobre 2015 e i requisiti per ottenere i contributi, al fine di fare luce su episodi come quelli citati in premessa; quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per dare attuazione alle disposizioni di cui alla delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016.
(4-02365)


   ELISA TRIPODI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 23 gennaio 2019 si è compiuto l'arresto di un consigliere regionale della Valle d'Aosta, di un consigliere comunale di Aosta, di un assessore comunale di Saint Pierre e di altre 13 persone, in seguito alle misure cautelari messe in atto nell'ambito dell'operazione Geenna dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Torino; l'operazione si inserisce tra le numerose inchieste coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Torino nei confronti di appartenenti all'associazione di stampo mafioso di matrice e origine calabrese denominata ’Ndrangheta;

   il 7 febbraio 2019 viene trasmessa dalla procura di Torino l'ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere per il consigliere regionale Marco Sorbara;

   si apprende dalle dichiarazioni del presidente della regione Valle d'Aosta che, una volta ricevuta tale ordinanza, ne ha dato subito comunicazione, esercitando le funzioni di prefetto, al Presidente del Consiglio dei ministri, al quale spetta, secondo la normativa, l'adozione del provvedimento che accerta la sospensione –:

   a fronte dei fatti esposti in premessa quale sia lo stato della procedura volta ad accertare la sospensione del consigliere regionale della Valle D'Aosta Marco Sorbara e quali ne siano i tempi.
(4-02366)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 26 febbraio 2019 a Milano i driver lombardi che lavorano per Amazon hanno indetto uno sciopero per rivendicare la situazione lavorativa in cui si trovano;

   le rivendicazioni di questi lavoratori riguardano principalmente carichi di lavoro ingestibili, irregolarità delle buste paga, orari di lavoro superiori a quanto stabilito da contratto e straordinari non pagati;

   con i ritmi di consegna frenetici a cui sono sottoposti (quasi 200 consegne in un giorno, circa 3 minuti a consegna,) rischiano multe e incidenti stradali, sforando inevitabilmente gli orari di lavoro stabiliti a livello contrattuale;

   si apprende inoltre durante il periodo di novembre e dicembre 2018 il numero dei dipendenti assunti per le consegne dalle aziende in appalto ad Amazon è triplicato, ma erano tutte assunzioni a tempo determinato che, una volta concluse, hanno inciso notevolmente sul carico di lavoro di coloro che sono rimasti, creando un sovraccarico tale da mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori e la qualità del servizio offerto –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di verificare il rispetto degli accordi e delle regole contrattuali, con particolare riferimento all'orario di lavoro, acquisendo ogni elemento utile sul carico di lavoro e sulle assunzioni previste per redistribuire le consegne.
(4-02367)


   PRESTIPINO e ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 7 settembre 2018, durante la trasmissione radiofonica «Morning Show» dell'emittente Radio Globo, il conduttore Roberto Marchetti ha espresso in diretta il proprio disgusto verso una coppia omosessuale;

   in particolare, il conduttore ha testualmente riportato che «sotto casa mia due trentacinquenni pomiciavano, mi fermo a guardare perché o non siamo abituati o semplicemente non è normale e provavo anche un certo disgusto», continuando poi nei confronti di un ascoltatore «pensare di baciare te, Luca, mi fa rabbrividire»;

   alla successiva telefonata di una ascoltatrice che sottolineava e criticava la condotta e le parole in diretta di Roberto Marchetti, lo stesso ha nuovamente risposto: «io personalmente quando vedo due uomini baciarsi provo un senso di ribrezzo»;

   il portavoce dell'organizzazione Gay Center, Fabrizio Marrazzo, ha denunciato pubblicamente l'accaduto, specificando che l'ufficio legale dell'organizzazione stava verificando se sussistessero le condizioni di applicazione della «legge Mancino»;

   a ciò, l'emittente radiofonica Radio Globo ha risposto annunciando una querela per diffamazione nei confronti di Fabrizio Marrazzo, sottolineando che: «La nostra Emittente radiofonica è fiera di poter affermare, senza timore di essere smentita, di non imporre linee di pensiero politico, sessuale, religioso e così via. E proprio in virtù della nostra indiscutibile libertà di pensiero ed opinione, i nostri speaker sono altrettanto liberi di esprimere ciò che sentono, senza alcun condizionamento editoriale» e ribadendo che Roberto Marchetti «ha semplicemente e liberamente espresso un proprio gusto»;

   a parere degli interroganti, tali opinioni espresse in diretta radiofonica a un pubblico di centinaia di migliaia di persone risultano particolarmente gravi e inclini alla diffusione di odio omotransfobico, che in particolare nell'ultimo anno, si è manifestato in episodi di violenza in crescita esponenziale –:

   se il Governo sia conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, per contrastare il fenomeno dell'omotransfobia e affinché si limiti la diffusione di messaggi di odio omotransfobico.
(4-02369)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un'inchiesta de «Le Iene» ha denunciato la situazione drammatica in cui versano gli ospedali di competenza dell'Asp di Reggio Calabria;

   nell'ospedale di Locri sono emerse gravissime carenze infrastrutturali relative alla staticità della struttura, allo stato di manutenzione, al funzionamento degli ascensori, degli impianti elettrici e dei sistemi antincendio e di sicurezza, alle condizioni igieniche e funzionali delle sale operatorie; nei reparti c'è una carenza di personale medico e sanitario, così come la guida dei reparti è affidata da anni a pochi dirigenti medici facenti funzioni;

   nell'ospedale di Polistena è impossibile effettuare radiografie, perché non funzionano i macchinari e i testimoni hanno sollevato inquietanti interrogativi sui lavori di ristrutturazione del reparto di rianimazione, i cui costi si sarebbero più che triplicati in corso di esecuzione;

   da almeno 6 anni l'azienda sanitaria di Reggio Calabria spende circa 800 milioni di euro all'anno per il funzionamento degli ospedali, senza che ci sia traccia di un bilancio;

   il sistema dei controlli appare inesistente, mentre la regione non rimuove i manager che non presentano i bilanci;

   secondo quanto riferito dai testimoni non vengono effettuate gare d'appalto per l'affidamento dei lavori o per la gestione dei servizi ospedalieri, che si continuano ad affidare in proroga alle stesse ditte; i pagamenti dei lavori vengono effettuati anche senza i relativi collaudi;

   dietro questo sistema di assoluta illegalità ci sarebbe l'interesse delle cosche della ’ndrangheta;

   a luglio l'Asp di Reggio Calabria è stata destinataria di un provvedimento di accesso antimafia per accertare l'eventuale presenza di infiltrazioni da parte della ’ndrangheta;

   già il 2 febbraio 2019 era emerso che l'unico ascensore funzionante nell'ala nord dell'ospedale di Locri è andato in avaria per la terza volta in due settimane e i pazienti che necessitavano di trasferimento da un piano all'altro sono stati condotti a braccio lungo da personale del 118;

   quell'episodio è stato l'ennesimo di una lunga serie di casi di malasanità che hanno interessato il presidio ospedaliero locrese già oggetto di procedimenti penali avviati dalla procura e di un recente sopralluogo da parte dei Nas dei carabinieri a seguito del decesso di un paziente;

   è rimasta ancora senza risposta l'interrogazione n. 5-01391 della sottoscritta sulla situazione in cui versa l'ospedale di Locri;

   il Presidente del Consiglio dei ministri, nel corso della sua visita a Locri a novembre 2018 ha dichiarato: «L'altra emergenza è la sanità, l'ospedale di Locri, anche su questo dovremo fornire risposte»;

   tutti i cittadini, ancor più in un momento di difficoltà quale quello rappresentato dalla necessità di cure mediche, meritano rispetto e devono essere tutelati dallo Stato –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per garantire ai cittadini della Locride il diritto alla salute sancito dalla Costituzione come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività;

   quali risposte intenda dare il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, rispetto alla situazione vergognosa in cui versano i citati ospedali e a tutta la sanità calabrese e come ritenga di intervenire rispetto all'assenza di bilanci e alla gestione dell'azienda sanitaria di Reggio Calabria;

   di quali elementi disponga il Governo circa il destino dei 15 milioni di euro finalizzati alla ristrutturazione e all'adeguamento dell'ospedale di Locri, dei finanziamenti predisposti per la casa della salute di Siderno;

   se, nel corso dell'accesso antimafia, siano emerse infiltrazioni mafiose presso l'Asp di Reggio Calabria e, in tal caso, se esse siano collegate alla pessima gestione degli ospedali di Locri e Polistena.
(4-02371)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIORGIS, QUARTAPELLE PROCOPIO, POLLASTRINI, FASSINO, MIGLIORE, MARCO DI MAIO, CECCANTI e DE MARIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a livello mondiale si ripropone con forza il tema della pericolosità degli arsenali nucleari, e del rischio, diventato sempre più concreto, di vere e proprie catastrofi umanitarie;

   proprio nel mese di luglio 2017 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con 122 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario) ha approvato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw), che ha l'ambizione di affermarsi come strumento giuridico per una progressiva eliminazione totale delle armi nucleari;

   il premio Nobel per la Pace per il 2017 è stato assegnato all'Ican, l'agenzia per la messa al bando delle armi nucleari nata all'interno dell'Onu, proprio «per il suo lavoro nel sensibilizzare sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi ad ottenere un trattato sul divieto di tali armi»;

   l'esistenza stessa delle armi nucleari è universalmente riconosciuta come una terribile minaccia per la vita di milioni di persone;

   già l'articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (ratificato dall'Italia nel 1975) prevede come obiettivo ultimo un «trattato sul disarmo generale e totale sotto il severo ed effettivo controllo internazionale»;

   gli interroganti ritengono che anche il Governo italiano debba rafforzare il proprio impegno affinché queste armi siano abolite ovunque –:

   se il Governo intenda procedere alla sottoscrizione del Trattato (adottato da parte dell'Onu nel luglio 2017) per la messa al bando delle armi nucleari e quali iniziative intenda adottare, anche nelle opportune sedi europee e internazionali, per favorire la sottoscrizione più ampia possibile da parte di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite;

   quali iniziative intenda intraprendere per favorire l'universalizzazione e il rafforzamento delle disposizioni del Trattato di non proliferazione nucleare, l'entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbt), la conclusione dei processi di negoziazione per giungere ad un Trattato sulla messa al bando del materiale fissile idoneo alla fabbricazione di armi nucleari (Fmct), e il consolidamento e la creazione di zone libere da armi nucleari, al fine di raggiungere l'obiettivo del disarmo generale.
(5-01579)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il fronte Jugoslavo fu uno dei tanti teatri della seconda guerra mondiale in cui si consumarono innumerevoli barbarie che portarono a migliaia di vittime;

   in particolare, da fonti storiche si apprende che, anche durante la fase finale del conflitto e nell'immediato dopoguerra, le autorità jugoslave e le truppe partigiane si resero responsabili di tanti atti di violenza e di atrocità nei confronti dei militari italiani;

   degno di particolare rilevanza e memoria è l'eccidio dei superstiti del 1° battaglione bersaglieri volontari «B. Mussolini». Da ciò che emerge dai racconti di uno dei testimoni superstiti, sembrerebbe che, a seguito dell'arresa del battaglione, il 30 aprile 1945, i bersaglieri vennero trasportati a Tolmino. Lì, alcuni di essi furono uccisi immediatamente, altri vennero gettati in una caverna che poi venne fatta esplodere, altri ancora iniziarono un lungo calvario all'interno del campo di concentramento di Borovnica;

   in questi anni molte sarebbero state le iniziative a favore del recupero delle salme dei martorizzati da parte di molti parenti delle vittime uccise dai partigiani jugoslavi, di svariate associazioni e di alcuni superstiti del conflitto ma, ad oggi, non sono state poste in essere azioni concrete;

   ad esempio, nel 1996, alcuni senatori presentavano una mozione — mai discussa — in cui si denunciavano chiaramente le atrocità commesse dai partigiani jugoslavi, descrivendo quanto accaduto come un vero crimine per l'umanità e con cui si impegnava il Governo pro tempore a intraprendere ogni iniziativa utile per il recupero dei resti delle vittime;

   a parere dell'interrogante apparirebbe opportuno dare ai caduti una giusta sepoltura nel loro suolo patrio per mettere fine a questa tragica ed inumana vicenda e ridare dignità a coloro i quali hanno sacrificato la loro giovane vita per amore della patria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere affinché possano essere recuperati i resti dei bersaglieri martiri, per rendere loro i dovuti onori.
(4-02364)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ACQUAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i contribuenti che, errando nella valutazione dell'oggetto del trasferimento, assoggettano un'operazione commerciale ad Iva anziché ad imposta di registro si vedono chiedere dall'amministrazione finanziaria l'imposta di registro e il recupero dell'Iva detratta in capo al cessionario (acquirente) con interessi e sanzioni (con violazione del principio di neutralità, in quanto l'Iva viene incassata due volte: dal cedente che l'ha versata all'Erario e dal cessionario con il recupero della detrazione);

   l'articolo 1, comma 935, legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha modificato la disciplina della violazione degli obblighi di dichiarazione Iva, introducendo una sanzione amministrativa compresa fra 250 e 10.000 euro per il cessionario, in caso di applicazione dell'imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente; tale misura è prevista in luogo della precedente, pari al novanta per cento dell'ammontare della detrazione. Con un approccio sostanziale, la legge ha ridotto le sanzioni irrogabili e ha eliminato la possibilità di recuperare la detrazione operata dal cessionario (se l'Erario non ha subito danni), con l'obiettivo di evitare inutili contenziosi; la nuova disposizione dovrebbe riguardare ogni ipotesi di indebita applicazione dell'Iva, sia che dipenda da una errata individuazione dell'aliquota che da una errata valutazione dell'operazione, purché esse siano estranee ad un contesto fraudolento;

   la Guardia di finanza ha ritenuto applicabile la disposizione anche «(...) qualora (...) una determinata operazione sia erroneamente fatturata (...) con IVA, pur trattandosi di operazioni esenti o non imponibili (...)» (G.d.F., circolare 114153 del 13 aprile 2018);

   l'Agenzia delle entrate ha chiarito che l'Iva si considera assolta dal cedente con l'annotazione nel registro delle fatture emesse a norma dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e confluenza nella liquidazione di competenza (Circolare n. 16\E dell'11 maggio 2017, paragrafo 3);

   tale conclusione si applica anche con riferimento al diritto alla detrazione in capo al cessionario: si tratta infatti di una modifica volta a chiarire che, nel caso di errori che non hanno comportato danno erariale, il diritto alla detrazione non può essere negato e la previgente sanzione deve intendersi rimossa; del resto, l'espressione «fermo restando» sembra rafforzare tale concetto;

   ciò fa chiaramente emergere che l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997 ha natura di norma interpretativa ed effetti retroattivi, ancorché non espressamente qualificato come tale;

   l'imprecisione del legislatore ha offerto spunto alla giurisprudenza di legittimità per affermare un principio opposto: «(...) la previsione di cui all'articolo 6, comma 6 (...), nella parte in cui prevede che (...) resta fermo il diritto del concessionario o committente alla detrazione (...), non ha efficacia retroattiva, né può ad essa riconoscersi valore di norma interpretativa» (Corte di Cassazione, sentenza 24001/18);

   l'interpretazione della Corte, ad avviso dell'interrogante, smentisce sia la prassi, sia i principi generali sull'applicazione delle leggi nel tempo;

   la soluzione è una modifica legislativa, volta a correggere l'articolo 6, comma 6, per adattarlo alle casistiche pendenti, in particolare ai casi di applicazione di imposta non dovuta, nonché a qualificare espressamente l'intera disposizione come norma interpretativa, per conferirle efficacia retroattiva;

   la modifica consentirebbe di ripristinare il principio di neutralità dell'Iva, di mantenere il potere accertativo e sanzionatorio in capo all'amministrazione finanziaria, nonché di conservare il versamento dell'Iva all'erario; si esporrebbero i trasgressori a una sanzione «ragionevole e proporzionata» rispetto all'errore, continuando a escludere le frodi ed evitando un indebito arricchimento dell'Erario;

   tale incongruenza, anche in assenza di un intervento esplicito del legislatore, ad avviso dell'interrogante ben potrebbe essere sanata da un'interpretazione autentica da parte dell'Agenzia delle entrate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, anche normative, intenda adottare, per quanto di competenza, per sanare l'illustrata disparità di trattamento, valutando anche l'emanazione di una circolare interpretativa.
(5-01582)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASSINELLI, BAGNASCO, MULÈ e GAGLIARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si assiste quotidianamente a un decadimento delle reali condizioni di vita in carcere a cui sono sottoposti detenuti e agenti di polizia penitenziaria, a cominciare dallo stato di difficoltà e, a volte, di abbandono in cui si trova la sanità penitenziaria;

   in base a quanto ricostruito da articoli giornalistici, il numero di detenuti morti nelle carceri italiane per suicidio, malattia, overdose e «cause non accertate» è in costante aumento dal 2016 a oggi;

   al 22 febbraio 2019 i detenuti trovati morti in carcere sono già 19 di cui 8 suicidi, a fronte di 148 decessi nel 2018 (67 suicidi), 123 nel 2017 (52 suicidi), 115 (45 suicidi) nel 2016, con un preoccupante incremento proporzionale agli occhi di tutti;

   nelle carceri italiane i detenuti si tolgono la vita con una frequenza 19 volte maggiore rispetto alle persone libere e, spesso, lo fanno negli istituti dove le condizioni di vita sono peggiori, quindi in strutture particolarmente fatiscenti, con poche attività trattamentali, con una scarsa presenza del volontariato;

   in base a quanto ricostruito un centinaio di detenuti l'anno muore per «cause naturali» nelle carceri italiane. A volte la causa è l'infarto, altre volte le complicazioni di un malanno trascurato o curato male. La morte in carcere arriva anche al termine di un lungo deperimento, dovuto a malattie croniche o scioperi della fame;

   si rileva l'assenza di un confronto serio sul tema tra rappresentanti del Ministero di giustizia e rappresentanti politici, degli enti locali, operatori dell'amministrazione penitenziaria e delle Asl;

   notizie di stampa riferiscono che sarebbe intendimento dei vertici dell'amministrazione penitenziaria chiudere il distaccamento penitenziario di Genova;

   tale chiusura recherebbe un grave danno all'amministrazione penitenziaria locale, dopo aver eliminato il provveditorato regionale, accorpato ora a Torino;

   senza una struttura di coordinamento regionale delle carceri liguri, con presidio di polizia penitenziaria costituita da dirigente e poliziotti, si rischierebbe una deriva pericolosa in termini di controllo e di organizzazione, provocando un ennesimo decadimento delle strutture e delle condizioni di permanenza all'interno delle strutture penitenziarie –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo in relazione alle circostanze evidenziate in premessa;

   se corrisponda al vero che il Governo avrebbe in programma la chiusura del distaccamento penitenziario di Genova.
(4-02357)


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa (L'Adige e Il trentino del 10 dicembre 2017) si apprende di un grave episodio che ha interessato gli uffici giudiziari della ex pretura di Cavalese (Trento), che aveva sede in uno storico palazzo in piazza Scopoli dal quale è scomparsa la totalità degli arredi, di cui facevano parte anche prezzi molto pregiati, tra cui quelli realizzati in legno massello in stile Biedermeier;

   sul caso sono intervenuti anche tre consiglieri comunali del capoluogo fiemmese, Beppe Pontrelli, Franco Corso e Bruna Dalpalù i quali, in un esposto alla procura della Repubblica di Trento, hanno chiesto chiarimenti sulla vicenda, evidenziando che alcuni pezzi sarebbero potuti rientrare nelle mire di mercanti d'arte antiquaria e che la sparizione di beni mobili potrebbe integrare il reato di furto o di peculato, a seconda della figura dell'autore, ovvero il privato cittadino o il funzionario pubblico;

   consta all'interrogante che in data 28 aprile 2017, in risposta a una interrogazione presentata dal consigliere comunale Pontrelli, relativa alla richiesta di una verifica da parte del comune tra l'elenco dei beni consegnati all'U.t.c. del comune e degli arredi allora giacenti nel locale archivio, il sindaco Silvano Welponer, negava l'obbligo da parte del comune, dichiarando che tali beni non fossero mai stati lasciati nella disponibilità del comune e di non essere in possesso delle chiavi per l'accesso al locale;

   successivamente, in data 26 settembre 2018, il consigliere comunale Pontrelli si sarebbe rivolto al procuratore capo della procura della Repubblica presso il tribunale di Trento per chiedere notizie sulla riapertura delle indagini sul caso, la cui archiviazione era stata richiesta il 7 maggio 2018 a seguito di indagini a carico di ignoti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di consentire il recupero di quegli arredi pregiati sottratti arbitrariamente alla sede giudiziaria.
(4-02370)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 ottobre 2018 il ponte sulla strada provinciale 18 che attraversa il Vara a Cavanella frazione di Beverino, La Spezia, è stato chiuso per il grave stato di degrado del manufatto;

   dalle notizie di stampa risulta che i lavoratori della ditta che ha iniziato a porre in essere i primi interventi di consolidamento della struttura, con la stesura di fibre di carbonio, hanno trovato una situazione alquanto critica delle condizioni complessive del ponte;

   sempre da notizie giornalistiche risulta l'ammaloramento del calcestruzzo e il degrado del ferro all'interno dei cassoni in prossimità delle mensole è preoccupante;

   occorrono ulteriori e importanti interventi di consolidamento e questo comporta un prolungamento della chiusura al traffico dell'importante manufatto infrastrutturale;

   il Governo, dopo il crollo del «viadotto Morandi» a Genova, ha avviato un monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione delle infrastrutture stradali, con l'acquisizione di elementi e segnalazioni anche da parte delle regioni e degli enti locali –:

   se il Ministro, nell'ambito del citato monitoraggio, abbia ricevuto dalla provincia della Spezia segnalazioni circa le criticità sopra riscontrate e gli interventi necessari a rimuovere la situazione di rischio e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, siano state assunte o programmate al riguardo.
(5-01581)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA, SILVESTRONI e VARCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di luglio del 2018 il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale ha presentato un progetto di riassetto e di rilancio del porto del porto di Palermo e degli altri scali compresi nell'Autorità, Trapani, Termine Imerese e Porto Empedocle, volto allo sviluppo del traffico crocieristico e ferry per il trasporto merci e di passeggeri;

   il progetto delineava la nascita di un vero e proprio hub croceristico nel porto del capoluogo siciliano, nel quale era prevista la realizzazione di due nuovi terminal, uno per le crociere e uno per i traghetti, camion e rimorchi e navi da crociera;

   sempre alle navi da crociere si prevedeva fosse dedicato il molo Vittorio Veneto, dissequestrato poco prima, e per la cui ristrutturazione era disponibile uno stanziamento di trenta milioni di euro da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   secondo il progetto, inoltre, ulteriori fondi sarebbero stati destinati anche ai porti di Trapani e Porto Empedocle ai quali dovrebbe essere destinata una parte del traffico crocieristico;

   al potenziamento strutturale dei porti dovrebbe, infine, essere affiancata la realizzazione di infrastrutture immateriali, al fine di rendere gli scali davvero competitivi anche sotto il profilo dei servizi;

   le coste siciliane godono di una stagione allungata e della vicinanza con le isole minori, elementi che potrebbero fare da volano a un'economia basata sulla nautica da diporto, preziosa per il suo elevato coefficiente a livello occupazionale e un quasi altrettanto elevato moltiplicatore di reddito –:

   a che punto sia la realizzazione delle infrastrutture di cui in premessa e in che tempi si preveda di giungere alla piena operatività dei rinnovati porti dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale.
(4-02353)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Rfi - Rete ferroviaria italiana s.p.a. ha presentato nei giorni scorsi il piano d'investimento per la Lombardia. Tra gli interventi infrastrutturali, è previsto anche il nuovo collegamento ferroviario con la stazione dell'aeroporto di Bergamo-Orio al Serio;

   il progetto di rafforzamento della tratta di collegamento, da anni atteso, sarà sicuramente un volano per l'economia dell'area bergamasca attraverso la realizzazione di un piano di integrazione treno/aereo che collegherà l'aeroporto direttamente con Milano;

   i tempi di attuazione sono stati stimati in quattro anni, per cui a dicembre del 2023 il collegamento dovrebbe già essere pienamente in uso;

   per quanto riguarda i costi dell'opera, Rfi ha presentato una stima pari a 110 milioni di euro, di cui ne sono stati per ora stanziati 8. Il fabbisogno futuro, quindi, ammonta a 102 milioni di euro, che dovrebbero tuttavia ancora trovare certa allocazione;

   in effetti, la legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 30 dicembre 2018) ha subordinato la disponibilità degli accantonamenti delle dotazioni del bilancio dello Stato, tra i quali anche quelli di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dedicati alla missione «mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto», solo all'esito positivo del monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica che si compirà con il documento di economia e finanza del mese di luglio 2019 (articolo 1 commi 1118, 1119, 1120) –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di garantire l'integrità degli importi previsti e annunciati per portare a termine il collegamento ferroviario con la stazione dell'aeroporto di Bergamo-Orio al Serio, stimati in 102 milioni di euro, e preservare la capienza delle dotazioni del bilancio di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a valere sulla missione «Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto», qualora l'esito del monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica, che si compirà con il documento di economia e finanza di luglio 2019, sia di esito negativo.
(4-02354)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO, DONZELLI e DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi della legge del 24 luglio 2008, n. 125, l'Esercito Italiano conduce, dal 4 agosto 2008, su territorio nazionale, l'operazione «Strade Sicure»;

   l'articolo 7-bis della succitata previsione normativa dispone che «Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate»;

   il comma 2 del medesimo articolo dispone che «Il piano di impiego del personale delle Forze armate di cui ai commi 1 e 1-bis è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari»;

   da notizie di stampa si apprende che, a far data dal 25 febbraio 2019, il Ministero dell'interno non intende impiegare ulteriormente l'Esercito nel controllo della città di Prato;

   non si comprendono, a parere degli interroganti, le motivazioni di una simile decisione anche alla luce delle criticità esistenti nella città di Prato, derivanti dalla sempre maggiore e pervasiva presenza di diverse organizzazioni criminali, suddivise tra autoctone e straniere e con una grossa presenza di appartenenti alla mafia cinese –:

   quali siano le motivazioni alla base della decisione assunta e se, nelle more di una più puntuale valutazione della situazione pratese, i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative per sospendere l'efficacia del provvedimento di cui in premessa;

   quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza, per fronteggiare la criminalità mafiosa cinese nella città di Prato e su tutto il territorio nazionale; per quali città sia in corso di valutazione la sospensione dell'impiego dei militari dell'Esercito dalle attività di controllo del territorio.
(5-01575)

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in base ai dati presentati dal presidente del tribunale per i minorenni di Trieste, il numero di minorenni stranieri non accompagnati in Friuli Venezia Giulia, al 30 novembre 2018, ammontava a 794: un dato in controtendenza rispetto al resto d'Italia, che colloca la regione al terzo posto dopo Sicilia e Lombardia, laddove nel mese di novembre 2017 era al decimo posto;

   il primo provvedimento della nuova giunta regionale del Friuli Venezia Giulia in merito al programma dell'immigrazione è stata la cancellazione di una serie di interventi destinati a servizi territoriali, accoglienza, inserimento abitativo, istruzione, educazione, intercultura e formazione professionale, per un totale di 1.153.518 euro;

   nel comune di Cividale (Udine) è ubicato un Civform, una delle strutture maggiormente qualificate della regione Friuli Venezia Giulia preposte ad ospitare stranieri minori non accompagnati;

   il comune di Cividate si trova oggi a dover fare i conti con un buco di bilancio non previsto, dell'ammontare di oltre 278 mila euro, a causa del mancato trasferimento da parte del Ministero dell'interno dell'importo preventivato, per il trimestre ottobre-dicembre 2017, a copertura dei costi sostenuti dall'amministrazione comunale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;

   secondo il sindaco, che ha coinvolto sia l'amministrazione regionale, sia le forze politiche di maggioranza e opposizione che siedono nel consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, «la somma di 278 mila euro determina una situazione di dissesto finanziario per il comune di Cividale»;

   il sindaco ha più volte fatto presente che l'amministrazione comunale non può permettersi di sostenere autonomamente un peso economico così rilevante per l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati;

   nel chiedere l'intervento della regione Friuli Venezia Giulia, «affinché si creino le condizioni economiche per rimborsare gli Enti locali dei costi sopportati», il sindaco ha inoltre segnalato che la prefettura di Udine ha comunicato che il Ministero «non provvederà a trasferire le risorse agli Enti locali quale contributo per le spese da questi sostenute per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati», relativamente alla fascia temporale sopra citata –:

   se sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e se intenda confermare la posizione comunicata dal prefetto di Udine, di sostanziale abbandono del comune di Cividale alle difficoltà finanziarie generate dall'aver assolto a un compito di competenza nazionale;

   se intenda assumere iniziative urgenti, considerata la responsabilità del Ministro dell'interno per l'attuale situazione di criticità finanziaria del comune di Cividale, intese a sbloccare, a normativa vigente, il previsto trasferimento di risorse.
(4-02360)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 28 dicembre 2018, è stato pubblicato l'avviso per «Concorso pubblico, per esami e titoli, per la copertura di duemilaquattro posti di direttore dei servizi generali ed amministrativi del personale ATA»;

   tale procedura concorsuale ordinaria per il profilo di direttore per i servizi generali e amministrativi era attesa da 18 anni dalla istituzione del profilo stesso;

   l'obiettivo della procedura concorsuale sopracitata è quella di dotare le scuole di personale qualificato e in possesso dei requisiti necessari a coordinare e sovrintendere alle operazioni amministrative e contabili delle istituzioni scolastiche;

   negli ultimi vent'anni, all'interno degli istituti scolastici, sovente le posizioni vacanti di Dsga sono state coperte utilizzando gli assistenti amministrativi con incarico funzioni superiori;

   coloro che hanno ricoperto le posizioni vacanti di Dsga, hanno consentito il funzionamento amministrativo e gestionale degli istituti scolastici ove vi era l'assenza del Dsga;

   inoltre, in forza di una norma presente nella finanziaria del 2013, gli assistenti amministrativi con funzioni superiori che hanno ricoperto il ruolo di Dsga, durante la vacanza di tale posizione, non sarebbero stati retribuiti;

   inoltre, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), in data 11 dicembre 2018, con un parere su «Concorso per titoli ed esami per l'accesso al profilo professionale del Direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA)», ha chiesto di inserire, in relazione alla partecipazione al concorso, il seguente punto: «l'esclusione dai test preselettivi per il personale facente funzione con almeno tre anni di servizio»;

   tale richiesta espressa dal Consiglio citato non sarebbe stata poi tenuta in considerazione in tale concorso per Dsga includendo nei test preselettivi, conseguentemente, gli assistenti amministrativi che negli ultimi anni hanno coperto l'incarico, in caso di vacanza, di Dsga;

   pertanto, anche gli assistenti amministrativi, che hanno ricoperto il ruolo di Dsga, dovranno superare la prova preselettiva del concorso Dsga che, pertanto, ammetterà agli scritti soltanto 6 mila candidati e ne escluderà 97 mila;

   conseguentemente, tra i criteri per l'accesso al concorso, il Ministero non avrebbe tenuto in considerazione l'indicazione, sopracitata, del Cspi;

   la conseguenza potrebbe essere una penalizzazione per gli assistenti amministrativi facenti anche funzioni di Dsga negli istituti scolastici –:

   per quale motivo il Ministero abbia ritenuto di non considerare, nell'ambito del concorso in questione, l'indicazione del Cspi recante: «l'esclusione dai test preselettivi per il personale facente funzione con almeno tre anni di servizio»;

   se ed entro quali termini intenda porre in essere iniziative volte a sanare la posizione contraddittoria e fortemente penalizzante per gli assistenti amministrativi scolastici facenti funzione di Dsga, posto che la situazione di cui in premessa potrebbe, in seguito, generare una serie di ricorsi e contenziosi di carattere amministrativo.
(4-02362)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori Asu della Sicilia che svolgono da anni (oltre 20) la loro attività in impieghi socialmente utili sono sul piede di guerra. Oltre 5 mila lavoratori stanno scioperando a causa del mancato pagamento degli assegni mensili da parte dell'assessorato regionale al lavoro e per la loro mancata stabilizzazione. Tale tipologia di lavoro flessibile, diventata indispensabile, viene utilizzata per far fronte ad esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario delle aziende ospedaliere. I lavoratori denunciano una situazione insostenibile che vede incerto il loro futuro da sempre. Il problema da superare è la stabilizzazione interrompendo così le continue proroghe di rinnovo del loro contratto che non può essere previsto sine die. È opportuno, pertanto, trovare una soluzione efficace ed efficiente per questa tipologia di lavoratori attraverso una vera e propria stabilizzazione che permetta agli stessi di svolgere la loro attività nel migliore dei modi. Occorre, quindi, favorire la stabilizzazione dei precari Asu che, tra l'altro, come detto sono indispensabili per la loro attività che viene svolta regolarmente e per l'acquisizione delle competenze maturate nel corso degli anni; tutto ciò impone la chiusura, si spera definitiva, del fenomeno del precariato proveniente dal bacino dei lavoratori socialmente utili in Sicilia e questo può avvenire solo ad opera del legislatore nazionale –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per avviare un percorso normativo che definisca un quadro di regole certe per un legittimo processo di stabilizzazione dei precari Asu al fine di ridare dignità a questi lavoratori che per anni hanno svolto la loro attività in modo efficiente ed efficace.
(4-02355)


   CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che, tra il 2022 e il 2009, circa 70 persone sono state raggirate dal direttore del patronato Inca Cgil di Zurigo, Antonio Giacchetta. Più nel dettaglio, quest'ultimo, approfittando delle richieste di alcuni ex lavoratori che si recavano presso l'ente per farsi rilasciare la pensione, aveva ottenuto dalle casse previdenziali il trasferimento dei contributi dei pensionati sul proprio conto corrente, per un totale di all'incirca 12 milioni di franchi svizzeri;

   la questione è stata oggetto di un processo civile in Svizzera che si è concluso con la condanna del sindacato al risarcimento dei pensionati. Nel 2013 però, il patronato Inca-Cgil chiudeva per insolvenza, evitando così di indennizzare i pensionati truffati, per poi, però, riaprire dopo un anno, sotto forma di società con diverso nome. A causa di tali vicissitudini, ad oggi, le vittime della truffa non sarebbero state ancora risarcite;

   l'ex segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, negherebbe qualsiasi coinvolgimento e responsabilità nei confronti dei pensionati, affermando l'indipendenza delle filiali all'estero (come il patronato Inca-Cgil) rispetto alla sede centrale. Tuttavia, da fonti giornalistiche si apprende che ci sarebbe una relazione tra la Cgil nazionale e le filiali estere;

   a parere dell'interrogante la situazione appena delineata meriterebbe maggiori approfondimenti, in quanto non si comprende come, nonostante la truffa abbia avuto forte clamore, gli anziani derubati non abbiano ancora avuto giustizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, affinché le somme sottratte vengano restituite ai pensionati raggirati.
(4-02368)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ETTORE, MUGNAI e NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio 2 Alto Valdarno, tra marzo 2017 e aprile 2018, ha condotto un censimento tra le aziende agricole della Val di Chiana finalizzato a individuare le aziende che avessero effettiva necessità di risorsa idrica ai fini irrigui e che manifestassero la volontà di utilizzo della stessa a seguito della realizzazione dei distretti irrigui appartenenti al sistema Montedoglio;

   sulla scorta dei risultati ottenuti dal censimento, il settore irrigazione e fondi strutturali del Consorzio 2 Alto Valdarno ha condotto uno studio nel quale sono stati definiti e dimensionati, in via preliminare, i nuovi distretti irrigui alimentati dalle vasche n. 9 e n. 23 nel comprensorio della Valdichiana;

   l'area di pertinenza del futuro distretto 23 si colloca prevalentemente nel territorio del comune di Foiano della Chiana ed in parte nei comuni di Castiglion Fiorentino, Marciano della Chiana e Lucignano;

   la stima del Consorzio 2 Alto Valdarno, circa il quadro economico totale dell'intera opera, è di 23.515.200,00 euro;

   ad oggi il citato Consorzio sta completando la prima fase progettuale dell'intervento (fattibilità tecnica ed economica), conclusa la quale si dovrebbe proseguire nei successivi livelli di progettazione con suddivisione in stralci funzionali;

   l'articolo 1, comma 523 della legge n. 205 del 2017, ha previsto un piano straordinario per la realizzazione degli interventi urgenti in stato di progettazione definitiva, con priorità per quelli in stato di progettazione esecutiva, riguardanti gli invasi multiobiettivo e il risparmio di acqua negli usi agricoli e civili. Gli interventi previsti nel piano straordinario sono realizzati dai concessionari di derivazione o dai gestori delle opere mediante apposite convenzioni con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per la realizzazione del piano straordinario è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022;

   l'attuale graduatoria del suddetto piano straordinario invasi (legge n. 205 del 2017) non contempla finanziamenti a reti irrigue in Toscana se non qualche intervento di sbarramento/accumulo di acqua in Maremma;

   relativamente agli investimenti in infrastrutture irrigue, con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, autorità di gestione del programma di sviluppo rurale nazionale 2014-2020, è stata approvata la graduatoria provvisoria delle domande di sostegno presentate a valere sul bando di selezione delle proposte progettuali nell'ambito del Pnsr 2014-2020, che ha finanziato distretti irrigui per oltre 250 milioni di euro. Nel decreto, non comprare alcun progetto toscano tra quelli ammessi –:

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per finanziare il progetto del Consorzio 2 Alto Valdarno di cui in premessa, quale punto di forza per lo sviluppo di un sistema agroalimentare strategico per la Valdichiana;

   se non si intenda convocare, per quanto di competenza, un tavolo di confronto con gli enti locali interessati, la regione Toscana e i consorzi che si trovano nei distretti irrigui di cui in premessa, al fine di verificare la possibilità di dare avvio a una completa progettazione per la realizzazione di opere indispensabili e strategiche anche per il settore agroalimentare toscano.
(4-02359)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza n. 20 del 21 febbraio 2019 la Corte costituzionale ha fatto venire meno l'obbligo di pubblicare on line i dati personali sul reddito e sul patrimonio dei dirigenti pubblici diversi da quelli che ricoprono incarichi apicali;

   con tale sentenza la Corte costituzionale ha pertanto dichiarato illegittima la disposizione che mirava a estendere l'obbligo di pubblicazione a tutti i dirigenti pubblici. Tali dati, secondo le disposizioni vigenti, dovevano essere diffusi attraverso siti istituzionali e trattati secondo modalità che ne consentissero l'indicizzazione e la tracciabilità;

   secondo i giudici costituzionali, il legislatore, nell'estendere tutti questi obblighi di pubblicazione alla totalità dei circa 140 mila dirigenti pubblici (e, se consenzienti, ai loro coniugi e parenti entro il secondo grado), ha «violato il principio di proporzionalità, cardine della tutela dei dati personali e presidiato dall'articolo 3 della Costituzione»;

   pur riconoscendo che gli obblighi in questione sono funzionali all'obiettivo della trasparenza la Corte ha infatti ritenuto che «tra le diverse misure appropriate non è stata prescelta, come richiesto dal principio di proporzionalità, quella che meno sacrifica i diritti a confronto»;

   se l'obbligo di trasparenza «vale certamente per i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica nonché per le spese relative ai viaggi di servizio e alle missioni pagate con fondi pubblici, il cui obbligo di pubblicazione viene preservato, dalla sentenza, per tutti i dirigenti pubblici» non è così «per gli altri dati relativi ai redditi e al patrimonio personali, la cui pubblicazione era imposta, senza alcuna distinzione, per tutti i titolari di incarichi dirigenziali»;

   secondo la Corte tali dati non sono «necessariamente e direttamente collegati all'espletamento dell'incarico affidato» e «la loro pubblicazione non può essere sempre giustificata – come avviene invece per i titolari di incarichi politici – dalla necessità di rendere conto ai cittadini di ogni aspetto della propria condizione economica e sociale allo scopo di mantenere saldo, durante il mandato, il rapporto di fiducia che alimenta il consenso popolare»;

   già con interrogazione a risposta scritta n. 4/00599, il sottoscritto evidenziava come la regione Emilia-Romagna confermasse le indicazioni regionali in merito all'obbligo di deposito, per mezzo del portale informatico regionale denominato «Gru», da parte del personale titolare di incarico dirigenziale, delle informazioni relative alla propria situazione patrimoniale e delle dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'Irpef previste dalla legge –:

   alla luce della recente sentenza di cui in premessa, se e quali iniziative si intendano adottare, dal punto di vista normativo e anche di intesa con le regioni, al fine di dare piena e omogenea attuazione su tutto il territorio nazionale alla sentenza stessa, in ordine agli obblighi di pubblicazione dei dati personali sul reddito e sul patrimonio.
(4-02361)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPORTIELLO, LAPIA e SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Mifegyne, pillola RU486, è un farmaco che assunto nei primi mesi di gravidanza consente l'aborto con metodo farmacologico in alternativa all'interruzione di gravidanza praticata chirurgicamente;

   la delibera dell'Aifa, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 286, supplemento ordinario n. 229 del 9 dicembre 2009, ha permesso al nostro Paese di utilizzare il farmaco per l'interruzione di gravidanza sul tema regolamentando l'uso del farmaco in modo conforme a quanto previsto dalla legislazione nazionale in materia di aborto (legge 22 maggio 1978, n. 194);

   in particolare, la delibera prevede che la somministrazione della pillola debba avvenire entro il 49esimo giorno di amenorrea, invece che entro i 63 giorni previsti negli altri Paesi europei;

   anche le linee guida sull'interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone del Ministero della salute, approvate in data 24 giugno 2010, confermano come criterio di ammissione al trattamento della RU486 la tempistica dei 49 giorni;

   al contrario, il foglietto illustrativo del Mifegyne, nella parte 2 dedicata alle informazioni da conoscere prima dell'assunzione del farmaco e nella parte 3 riguardante le indicazioni terapeutiche, raccomanda l'utilizzo del farmaco «per l'interruzione della gravidanza fino al 63esimo giorno dopo l'ultimo ciclo mestruale»;

   a questa incongruenza va aggiunto il fatto che la direttiva europea 2001/83 introduce il «mutuo riconoscimento delle autorizzazioni» in base al quale dopo l'approvazione di un farmaco da parte di uno Stato membro, gli altri Stati dell'Unione possano riconoscere la relativa autorizzazione uniformandosi anche alle connesse indicazioni terapeutiche;

   si riscontrano pertanto gravi contraddittorietà sulla tempistica di somministrazione della RU486 sia nel confronto tra la normativa italiana e quella europea che nell'ambito della discordanza tra quanto previsto dalla delibera del 9 dicembre 2009 e quanto invece risulta dal foglietto illustrativo scaricabile dalla banca dati ufficiale della stessa Aifa;

   la mancata armonizzazione con quanto previsto dagli altri Paesi europei potrebbe determinare conseguenze negative sia per le donne che per i medici. Le donne in Italia, dopo il 49esimo giorno di amenorrea, sono private della possibilità di ricorrere alla RU486, opzione terapeutica che invece viene riconosciuta alle donne in altri Stati europei fino al 63esimo giorno. Dall'altra parte, il medico rischierebbe di non sapere cosa fare fra il 50esimo e il 63esimo giorno di gravidanza potendo decidere di utilizzare il farmaco come previsto dalla normativa europea e come riportato sul foglietto illustrativo del Mifegyne, ovvero di attenersi alla restrizione dei 49 giorni riportati nella delibera dell'Aifa –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali nuove e ulteriori informazioni intenda fornire al riguardo;

   quali iniziative intenda assumere per garantire l'armonizzazione della normativa italiana con quella degli altri Paesi europei in riferimento alla tempistica di somministrazione della RU486, al fine di assicurare il diritto delle donne di ricorrere anche in Italia all'aborto farmacologico fino al 63esimo giorno di amenorrea;

   se intenda adottare le iniziative di competenza, affinché sia eliminata la discrepanza tra quanto disposto nella delibera dell'Aifa n. 286 del 2009 e quanto riportato nelle indicazioni terapeutiche del foglietto illustrativo del Mifegyne, allineando, in virtù del principio del mutuo riconoscimento, le disposizioni a quelle degli altri Paesi europei e, di conseguenza, aggiornando le note riportate nel bugiardino del farmaco.
(5-01576)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, il decreto del Ministero della salute 16 dicembre 2010, il decreto del Ministero della salute 8 luglio 2011 è stata data la possibilità alle farmacie di erogare alcuni servizi come: prenotazione Cup, pagamento e ritiro dei referti di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale; prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo; organizzazione giornate di screening e prestazioni professionali di infermieri e fisioterapisti;

   con l'obiettivo di definire un modello di riferimento a livello nazionale, attraverso il quale consentire una visione completa e pienamente integrata della rete di offerta dei servizi sanitaria predisposto, in collaborazione con le regioni, sono state emanate apposite Linee guida nazionali, finalizzate all'armonizzazione dei sistemi Cup;

   le linee guida nazionali ministeriali del Cup prevedono di garantire il più elevato livello possibile di fruibilità per il cittadino e ciò si realizza mediante l'implementazione delle seguenti modalità di fruizione:

    1. sportello presidiato (sportello sito presso una struttura erogatrice con operatore dedicato);

    2. telefono (numero dedicato a cui si può rivolgere l'utente per parlare con un operatore di call center ed effettuare la prenotazione);

    3. prenotazioni effettuate direttamente da operatori sanitari allo scopo di semplificare il percorso assistenziale dell'utente;

    4. prenotazioni effettuate presso le farmacie territoriali, tramite postazioni di lavoro presidiate integrate con il sistema Cup;

    5. prenotazioni a uno sportello Cup sito in strutture convenzionate (associazioni mediche, istituti accreditati, associazioni di volontariato, comuni);

    6. prenotazioni online effettuate direttamente dall'utente;

   l'articolo 47-bis del citato decreto-legge n. 5 del 2012, stabilisce, nell'ottica della semplificazione in materia di sanità digitale, che «nei piani di sanità nazionali e regionali si privilegia la gestione elettronica delle pratiche cliniche, attraverso l'utilizzo della cartella clinica elettronica, così come i sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture da parte dei cittadini con la finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e contenimento dei costi»;

   esistono anche «linee guida regionali Cup», per cui in alcune realtà (il 50 per cento delle regioni/province autonome) è stata offerta anche la possibilità di prenotare mediante altri canali (fax, portale internet, e-mail e/o totem posti all'interno dei comuni o dei supermercati nonché, in aggiunte alle farmacie, anche presso parafarmacie);

   secondo stime dell'Osservatorio Netics, il costo complessivo dei servizi di centro unico di prenotazione (Cup) in sanità pubblica (esclusi, quindi, ospedali e altre strutture private) ammonta a oltre 750 milioni di euro all'anno; circa il 50 per cento di questa cifra viene speso in servizi di call center, affidati di norma ad outsourcer privati in seguito a gare aggiudicate sulla base di offerte economiche «tarate» sulla quantità di operatori telefonici messi a disposizione per garantire il servizio;

   si stima che il numero complessivo di operatori impiegati nei call center adibiti a servizi Cup sia intorno alle 9.600 unità; ciascuno di questi operatori gestisce mediamente un centinaio di chiamate al giorno;

   la domanda di servizi Cup da parte dei cittadini è sensibilmente superiore all'offerta (espressa in termini di disponibilità del servizio): il tasso medio di abbandono di chiamata da parte di un assistito lasciato in attesa si attesta – a livello nazionale – intorno al 40 per cento, con picchi superiori al 50 per cento in almeno 5-6 regioni italiane –:

   se intenda assumere iniziative, nell'ambito delle sue competenze, per modificare i decreti citati in premessa, al fine di includere anche le parafarmacie tra i soggetti che possono erogare i servizi sopra richiamati.
(5-01577)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il «delisting» farmaceutico è una procedura attraverso la quale si individua una lista di farmaci che possono transitare dalla cosiddetta fascia C alla libera vendita nelle parafarmacie;

   il cosiddetto decreto Monti, in origine, aveva previsto la vendita di tutti i farmaci di fascia C nelle parafarmacie, ma, successivamente, con modifica apportate dal decreto-legge n. 214 del 22 dicembre 2011, si è dato mandato al Ministero della salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco, di individuare un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita se non nelle farmacie;

   nel 2012 è stato firmato il primo delisting di 220 farmaci da far transitare da fascia C a libera vendita, mentre nel 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 60 del 13 marzo 2014 il decreto del Ministero della salute 21 febbraio 2014 con il delisting di altri 521 farmaci;

   diverse incongruenze sono state individuate nei delisting di cui sopra: libera vendita per gli stessi principi attivi dei farmaci rimasti ancora in fascia C, ma con minore numero di unità (compresse o bustine o altro) o con minor dosaggio, con una curiosa e incomprensibile discriminazione per le parafarmacie che ogni giorno sono destinate a lavorare in modo anomalo;

   alcune di queste anomalie sono: si può vendere in parafarmacia una confezione di Acetilcisteina (Fluimucil) da 10 bustine ma non quella da 30 o 60; o l'Aspirina da 500 milligrammi, ma non l'Aspirinetta da 100 milligrammi; o Reactine da 6 compresse e non quella da 14 o, infine, la nota vicenda del paracetamolo (tachipirina) vendibile in parafarmacia nella composizione da 500 milligrammi e non da 1000 milligrammi;

   secondo dati Icom (pubblicati sulla rivista Clinico Economics di farmaco economia Anno 2017), e uno studio della Cergas Sda Bocconi (pubblicato sulla rivista Frontiers il 17 ottobre 2018), il delisting farmaceutico potrebbe garantire un risparmio di circa 4 miliardi di euro l'anno sulla spesa farmaceutica privata, e 774 milioni di euro annui sulla spesa pubblica;

   il ricorso all'automedicazione pone la necessità di maggiore consapevolezza e informazione, ma esso è utile, in taluni casi, per la buona governance della spesa farmaceutica: porta benefici sulla spesa pubblica e apporta vantaggi competitivi sulla spesa privata del cittadino;

   un maggior impiego del farmaco di automedicazione si associa a un minor ricorso al medico di medicina generale, in quanto circa un terzo delle visite mediche riguarda patologie non gravi e un ulteriore 30 per cento di queste corrisponde a situazioni di malessere che potrebbero essere curate in autonomia dal paziente;

   l'automedicazione, se supportata da un capillare lavoro di informazione e conoscenza, è in grado di apportare benefici estendibili anche oltre il sistema sanitario;

   rispondendo a un'altra interrogazione a prima firma della sottoscritta, in data 30 gennaio 2019, seduta della XII Commissione n. 117, il sottosegretario Bartolazzi, faceva presente che: «il Ministro proprio in questi giorni ha ritenuto opportuno chiedere ad AIFA di avviare una ricognizione che le consenta di avere contezza dei medicinali che, per categorie terapeutiche omogenee, non sono allo stato a carico del SSN – nel senso che sono classificati come fascia C –, al fine di poter avviare approfondimenti e valutazioni, funzionali a nuove strategie politiche per la materia dei farmaci» –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere un'iniziativa, nell'ambito delle sue competenze, per avviare una nuova procedura di delisting farmaceutico, dal momento che questo non avviene da ben cinque anni, e se non ritenga al contempo di adottare iniziative in relazione alle procedure già avviate per limitare alcune incongruenze e discriminazioni come quelle citate in premessa.
(5-01578)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOND. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si registra da tempo, nel servizio sanitario nazionale, una grave carenza di medici, marcata nelle aree territoriali interne e periferiche (zone montuose, costiere, e nei piccoli centri urbani), sia con riferimento alle strutture ospedaliere che con riferimento all'assistenza territoriale da parte dei medici di medicina generale;

   il sistema sanitario italiano si trova nel pieno di una grave crisi delle proprie risorse professionali mediche che si accentuerà nei prossimi anni;

   la mancanza di medici specialisti all'interno del servizio sanitario nazionale e l'accelerazione del loro pensionamento sono realtà che hanno rapidamente assunto i contorni di una vera emergenza nazionale e che rischiano di provocare il collasso del sistema stesso;

   è indispensabile una programmazione del fabbisogno del personale medico con un piano quinquennale, flessibile in base alle esigenze;

   la carenza di medici in tali aree territoriali così caratterizzate rende difficoltoso garantire i livelli essenziali di assistenza, aumentando i rischi per la salute della popolazione ivi residente;

   per poter accedere presso le strutture ospedaliere e territoriali del servizio sanitario nazionale, il medico deve essere in possesso del diploma di specializzazione universitario o del titolo di formazione specifica in medicina generale per poter esercitare in qualità di medico convenzionato, mentre, fino a vent'anni fa, era sufficiente l'abilitazione all'esercizio professionale;

   negli ultimi tempi si assiste a uno squilibrio nel mercato del lavoro tra la domanda di specialisti e l'offerta di formati, atteso che solo sei neolaureati in medicina e chirurgia su dieci riescono ad accedere a una scuola di specializzazione;

   la questione che oramai si palesa urgente da risolvere non può trovare una idonea soluzione unicamente nell'aumento dei posti presso le scuole di specializzazione, considerato che comunque i primi risultati si avrebbero tra non meno di un quinquennio (la durata del ciclo di studi va da 4 a 5 anni) e che tale intervento risulterebbe oltremodo oneroso per la finanza pubblica;

   è positiva, anche se parziale e insufficiente a risolvere il problema suesposto, la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 135 del 2018, in virtù della quale fino al 31 dicembre 2021, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, gli iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, potranno partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali –:

   se il Governo non intenda valutare un'iniziativa normativa volta a consentire ai medici laureati e abilitati all'esercizio professionale, anche senza specializzazione, di accedere al servizio sanitario nazionale in qualità di dipendenti;

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per prevedere, per gli stessi, la possibilità di conseguire, contemporaneamente allo svolgimento dell'attività lavorativa, il diploma di specializzazione necessario agli sviluppi professionali e di carriera, mediante modalità alternative alle attuali che vedono il percorso formativo essere in capo unicamente all'università, e impiegare il personale medico così specializzato anche per i servizi attivati nell'ambito delle cure primarie.
(4-02356)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva comunitaria 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, conosciuta come direttiva Bolkestein e in particolare l'articolo 12 della medesima direttiva, reca disposizioni in materia di selezione tra diversi candidati, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato, con riferimento anche alle attività di commercio su area pubblica;

   con la deliberazione del consiglio comunale di Bologna dell'11 maggio 2015, ordine del giorno n. 189 – P.G. n. 67307/2015, è stato approvato l'aggiornamento del piano delle aree e del commercio dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ai sensi del decreto legislativo n. 114 del 1998 e della legge regionale n. 12 del 1999;

   con deliberazione della giunta della regione Emilia-Romagna del 26 settembre 2016 n. 1552, la regione medesima ha recepito il documento unitario approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome del 3 agosto 2016 prot. N. 16/94CR08/C11, concernente «Linee applicative dell'intesa della Conferenza Unificata del 5 luglio 2012 in materia di procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche»;

   la delibera di giunta regionale n. 1552/2016, al punto 2, lettera d), prevedeva che il termine per la pubblicazione dei bandi fosse dal 1° al 31 dicembre 2016 e la presentazione delle domande dal 2 al 31 gennaio 2017;

   la legge n. 205 del 27 dicembre 2017 relativa al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, supplemento ordinario n. 62, ha rinviato al 2020 l'applicazione della «direttiva Bolkestein»;

   la legge n. 145 del 2018 relativa al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 ha escluso dalla «direttiva Bolkestein» l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche (articolo 1, comma 686);

   con determinazione dirigenziale P.G. n. 399483 del 30 novembre 2016 il comune di Bologna pubblicava il bando per l'assegnazione di posteggi su area pubblica per attività di commercio, artigianato, somministrazione e vendita di quotidiani e periodici nel comune di Bologna ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2016 e con delibera n. 57 del 2017 la giunta della regione Emilia-Romagna prorogava alla data del 31 marzo 2017 il termine ultimo per la presentazione delle domande;

   già a seguito di quanto disposto dalla legge n. 205 del 2017 era stato chiesto al comune di Bologna l'avvio del procedimento di autotutela finalizzato all'annullamento ex officio degli effetti della determinazione dirigenziale P.G. n. 399483 del 30 novembre 2016;

   sul tema era già stata interessata la regione Emilia-Romagna con specifica interrogazione del sottoscritto; nella relativa risposta si precisava che il Ministero dello sviluppo economico era intervenuto con un chiarimento ministeriale (risoluzione n. 87935 del 7 marzo 2018);

   si prende atto che, essendo intervenute anche le disposizioni della legge di bilancio 2019, il comune di Bologna sta applicando una graduatoria sulla base di norme vigenti prima del 1° gennaio 2018 e che tale graduatoria non è dato sapere quanto resterà in vigore –:

   di quali elementi conoscitivi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se vi siano casi analoghi che presentino le medesime criticità;

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, eventualmente anche con una circolare interpretativa, per superare le criticità di cui in premessa e al fine di chiarire sei i comuni siano tenuti a indire nuove procedure selettive alla luce dell'entrata in vigore delle disposizioni della legge di bilancio 2019 che, di fatto, escludono l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche dall'applicazione della «direttiva Bolkestein».
(4-02358)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Paita n. 5-00179, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carnevali.

  L'interrogazione a risposta scritta Novelli e altri n. 4-02345, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pentangelo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bond n. 5-01563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Novelli, Mugnai.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lollobrigida n. 1-00113, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 117 del 30 gennaio 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    considerando grave il fenomeno della immigrazione clandestina e fondamentale affrontare la problematica della Mafia Nigeriana,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative urgenti di competenza, anche normative per potenziare attività d'indagine a contrasto della mafia nigeriana, anche attraverso l'istituzione di sezioni specializzate presso le Procure antimafia, dedicate al contrasto alle mafie straniere attive sul nostro territorio nazionale;

2) in questo quadro, ad adottare iniziative per disporre l'invio di un contingente militare nella zona di Castelvolturno a supporto delle forze di polizia impiegate nella lotta alla mafia nigeriana;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per la creazione di un blocco navale davanti alle coste libiche che possa impedire il passaggio delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari, con la partecipazione degli Stati membri della UE, e in accordo e collaborazione con entrambe le autorità di governo presenti sul territorio libico, qualificandole come interlocutori dell'Unione e fornendo alle stesse sostegno economico e operativo per il controllo del proprio territorio e della rotta attraverso il deserto sfruttata dai trafficanti;

4) ad adottare iniziative per garantire la immediata creazione di centri hot spot nei Paesi del Nord Africa, per l'esame delle domande di asilo;

5) ad attivare immediatamente i centri sorvegliati nei quali trattenere chi entra illegalmente in Italia nelle more del vaglio della domanda di protezione e al fine di eseguire tutti gli opportuni accertamenti di sicurezza, rispettando il principio che, per chi entra illegalmente in uno stato europeo, non possa essere sufficiente dichiararsi richiedente asilo per non essere sottoposto ad alcuna forma effettiva di controllo o restrizione;

6) a promuovere la creazione di un fondo europeo, alimentato con risorse dell'Unione, con una dotazione di tre miliardi di euro per la realizzazione di accordi di riammissione con i Paesi di origine dei migranti e il potenziamento delle operazioni di rimpatrio;

7) ad adottare iniziative nel senso di una maggiore regolamentazione delle ONG, prevedendo che gli enti di promozione sociale iscritte nel Registro unico nazionale abbiano l'obbligo di istituire una gestione separata per ciascuna iniziativa di raccolta fondi che attivano, e prevedendo altresì il divieto di trasferire i fondi da un'iniziativa ad altra;

8) a porre il tema di quello che appare ai firmatari del presente atto un approccio neocoloniale francese nei confronti dell'Africa e del franco CFA all'attenzione delle istituzioni europee;

9) a non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration e a non contribuire in alcun modo al finanziamento del relativo trust fund.
(1-00113) (Ulteriore nuova formulazione) «Lollobrigida, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Meloni, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mollicone, Rotelli, Maschio, Osnato, Trancassini, Prisco, Varchi, Rizzetto, Zucconi».