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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Enpaf, Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i farmacisti, è un ente pensionistico integrativo per i farmacisti dipendenti che già per legge pagano l'Inps, mentre per i titolari che non pagano l'Inps è l'unica fonte di pensione;

    l'ente ha quindi lo scopo di provvedere al trattamento pensionistico integrativo dei farmacisti ad esso iscritti;

   tutti i farmacisti per poter svolgere la professione, siano essi occupati o disoccupati, devono essere obbligatoriamente iscritti all'Ordine e quindi pagare obbligatoriamente la tassa di iscrizione all'Ordine medesimo, oltre ai contributi Enpaf;

   in caso di occupazione o inoccupazione del farmacista, lo stesso può versare il dovuto in forma ridotta dell'85 per cento per i laureati prima del 2004, circa 700 euro, mentre i laureati dopo il 2004 hanno facoltà di pagare il cosiddetto contributo di solidarietà se stanno lavorando;

    tale contributo non dà diritti a livello pensionistico;

    in caso di disoccupazione involontaria per più di 5 anni nell'arco dei 30 anni obbligatori di versamenti, il contributo da versare arriva al 50 per cento, cioè 2.500 euro l'anno, per tutti i laureati prima e dopo il 2004;

    la quota dovuta dai farmacisti all'Enpaf, siano essi titolari o collaboratori di farmacia o parafarmacia, siano essi occupati o inoccupati, è decisamente alta e di difficile ottemperanza;

    l'iscritto che non provveda al versamento dei contributi obbligatori entro i termini stabiliti dall'ente, ovvero vi provveda in misura inferiore a quella dovuta, è tenuto a versare all'Ente il contributo evaso aumentato di una somma aggiuntiva determinata, applicando, in ragione d'anno, il tasso d'interesse di differimento e di dilazione di cui all'articolo 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni, ulteriormente maggiorato di tre punti, ai sensi dell'articolo 1, comma 217 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

    per poter usufruire della riduzione, si deve lavorare nell'arco dell'anno almeno 6 mesi e un giorno, altrimenti si è costretti a pagare almeno la quota al 50 per cento, motivo per cui un contratto lavorativo sotto i sei mesi non può essere accettato dai laureati prima del 2004, altrimenti lavorerebbero solamente per poter pagare l'Enpaf;

    in caso di evasione connessa alla denuncia obbligatoria, oltre alla somma aggiuntiva, l'iscritto è tenuto anche al pagamento di una sanzione «una tantum», graduata secondo criteri fissati con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro del 18 marzo 1997;

    i contributi obbligatori debbono essere corrisposti per tutta la durata dell'iscrizione a norma dell'articolo 3 dello statuto dell'Ente;

    per essere titolati a ricevere la pensione bisogna pagare minimo 30 anni di contributi avendo almeno 20 anni attività; la pensione poi sarà del 15 per cento del totale dei contributi versati e tutto ciò non prima dei 68 anni di età e, nel caso uno volesse indietro i versamenti fatti negli anni, essi non verrebbero restituiti prima del 68° anno di età e si dovrebbe presentare la domanda al compimento e non oltre il 67° anno di età, pena il mancato rimborso dei contributi versati nell'arco dei 30 anni,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per rivedere in diminuzione la somma dovuta all'Enpaf per tutti i farmacisti occupati;

2) ad assumere iniziative per sollevare dal versamento della stessa tutti gli inoccupati, restituendo anche le quote sinora percepite dall'anno 2008, anno di stima di inizio della crisi economica, all'anno 2014;

3) ad assumere le iniziative di competenza, anche normative, per rendere l'Enpaf un ente a contribuzione volontaria e non obbligatoria.
(1-00122) «Dall'Osso, Pettarin, Gelmini, Cortelazzo».


   La Camera,

   premesso che:

    la scelta di realizzare l'asse ferroviario Torino-Lione veniva consolidata e assunta al vertice italo-francese di Torino del 29 gennaio 2001, perfezionata poi con l'accordo supplementare del 5 maggio 2004, che decideva, sulla base di studi preliminari precedenti, condotti tra il 1995 ed il 2001 da Alpetunnel – Geie, la sostenibilità del progetto;

    il 30 gennaio 2012 è stato sottoscritto a Roma il nuovo accordo tra Francia e Italia per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino Lione ed autorizzato alla ratifica con legge 23 aprile 2014, n. 71; l'accordo recava la disciplina della costruzione e futura gestione della sezione transfrontaliera della parte comune italo-francese dell'opera infrastrutturale, nonché la disciplina della costituzione e del funzionamento del promotore pubblico, che di tale sezione sarebbe stato il futuro gestore. L'accordo costituiva a sua volta un protocollo addizionale all'accordo tra Italia e Francia stipulato a Torino il 29 gennaio 2001, ratificato dal Parlamento italiano con la legge 27 settembre 2002, n. 228;

    il progetto definitivo della Torino-Lione è stato approvato dal Cipe con delibera del 20 febbraio 2015 ed il 23 gennaio 2015 è avvenuta la costituzione del nuovo soggetto promotore pubblico, Telt Sas, società Tunnel Euralpin Lyon Turin, responsabile dei lavori di realizzazione e della gestione della futura infrastruttura;

    il 24 febbraio 2015 è stato firmato a Parigi l'accordo tra Italia e Francia per avviare la realizzazione dei lavori della linea Torino-Lione, ratificato in Italia con la legge 5 gennaio 2017, n. 1, «Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del protocollo addizionale, con allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016», che prevede la realizzazione dell'opera, per successivi lotti costruttivi non funzionali;

    il progetto prevede una parte comune italo-francese che comprende un tunnel di base di 57 chilometri, da Saint Jean de Maurienne a Susa/Bussoleno, con due gallerie indipendenti a singolo binario con rami di comunicazione ed una sezione all'aperto di circa 3 chilometri nella piana di Susa;

    la tratta in territorio italiano della sezione transfrontaliera è pari a circa 17 chilometri, di cui 12,5 in galleria, dalla frontiera fino a Bussoleno (Susa), e include il tunnel di base, il nodo di Susa, il tunnel dell'interconnessione alla linea storica Torino-Modane di 2,1 chilometri e l'interconnessione all'entrata della stazione di Bussoleno. A ciò si aggiunge la realizzazione della galleria geognostica e di servizio de La Maddalena a Chiomonte di 7,5 chilometri;

    la progettazione e realizzazione della linea Torino-Lione, collocata nel «corridoio Mediterraneo» della Rete transeuropea dei trasporti Ten-T, come definita nel regolamento (UE) n. 1315/2013 è stata oggetto negli anni di diversi interventi di modifica rispetto al progetto iniziale;

    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato mandato alla ricostituita struttura tecnica di missione di predisporre una nuova valutazione dell'adeguamento dell'asse ferroviario Torino-Lione mediante l'uso dell'analisi costi/benefici;

    scopo dell'analisi costi/benefici è consentire un'allocazione delle risorse più efficiente per supportare il procedimento decisionale, con cognizione di causa, in modo da definire se attuare o meno una proposta di investimento o se optare per eventuali alternative;

    al contempo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'omologa francese Elisabeth Borne hanno firmato congiuntamente una lettera indirizzata al soggetto attuatore Telt per posticipare i bandi di gara relativi al tunnel di base;

    tale iter, secondo quanto espresso dal Ministro, persegue dunque l'obiettivo di avere un rapporto di collaborazione e condivisione con la Francia e, contestualmente, con la Commissione europea;

    del resto, secondo la Corte dei conti europea, l'analisi costi/benefici è per definizione lo strumento analitico utilizzato per valutare una decisione di investimento, confrontando i relativi costi previsti e i benefici attesi,

impegna il Governo

1) a ridiscutere integralmente il progetto della linea Torino-Lione, nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia.
(1-00123) «D'Uva, Molinari».


   La Camera,

   premesso che:

    i fitofarmaci sono intesi dagli agricoltori e dai tecnici come rimedi per difendere le piante dai loro nemici e pertanto da utilizzare nelle giuste dosi, solo quando necessari e rispettando i tempi di carenza e, cioè, il periodo intercorrente fra il trattamento e l'uso alimentare delle piante trattate. Vengono utilizzati sia nell'agricoltura integrata, che in quella biologica. Nell'agricoltura biologica si ricorre a fitofarmaci prevalentemente di origine naturale. I limiti di legge sui residui di fitofarmaci presenti negli alimenti sono oggi fissati in modo molto prudenziale;

    l'evoluzione legislativa dell'Unione europea per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari utilizzabili per difendere le colture agricole da attacchi di parassiti, funghi e insetti ha introdotto, riconoscendone l'impatto negativo sull'ambiente e sulla salute umana, criteri sempre più restrittivi di valutazione, determinando una riduzione delle sostanze attive autorizzate, che sono passate da circa un migliaio a poco meno della metà;

    il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci, quindi, è il più stringente al mondo e questo comporta che se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;

    a livello europeo il riconoscimento dell'impatto negativo dei fitofarmaci sull'ambiente e sulla salute ha determinato l'emanazione della direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito un quadro per l'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari con l'obiettivo di ridurne progressivamente l'uso ed i rischi associati all'impiego di tali prodotti;

    in Europa l'obiettivo prioritario della riduzione del rischio legato all'impiego dei fitosanitari è stato recentemente ribadito con l'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019, che individua le priorità del principio di trasparenza, di tutela dell'ambiente e della salute puntando alla revisione della procedura di autorizzazione dei fitosanitari nell'Unione europea. Tali priorità sono rese necessarie dal fatto che le decisioni di «autorizzazione sulle sostanze attive recentemente sviluppate e sui prodotti fitosanitari sono invariabilmente adottate in un contesto di incertezza per quanto riguarda l'impatto reale» e che «manca un monitoraggio post autorizzazione» e «dati sui quantitativi esatti di ciascun prodotto fitosanitario applicato, sull'attuazione e sull'efficacia delle misure di mitigazione e sui potenziali effetti nocivi per la salute umana e animale e per l'ambiente»;

    i controlli effettuati a livello comunitario su 48.000 campioni e valutati da Efsa (Autorità europea per la sicurezza agroalimentare) indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e pertanto sono da ritenersi sicuri per il consumatore;

    i limiti sui residui di fitosanitari negli alimenti e i relativi controlli a livello europeo e nazionale, come previsto dalle norme vigenti, prendono in esame solo il singolo principio attivo senza tener in considerazione l'aspetto del multiresiduo e la valutazione degli effetti sinergici derivanti dalla contemporanea presenza di più principi attivi in uno stesso alimento, anche se ognuna in concentrazioni entro i limiti di legge;

    l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;

    relativamente ai controlli ufficiali sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, opera anche il dipartimento dell'ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari. L'ispettorato, infatti, effettua sistematicamente verifiche finalizzate alla corretta commercializzazione dei mezzi tecnici utilizzati in agricoltura (fertilizzanti, sementi e fitofarmaci), attraverso controlli ispettivi, l'esame dei dispositivi di etichettatura e dei relativi sistemi di tracciabilità, nonché mediante il prelievo di campioni che vengono sottoposti alle analisi chimico-fisiche per la verifica della rispondenza merceologica dei prodotti agli standard di legge;

    il piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, adottato con decreto ministeriale del 22 gennaio 2014 in attuazione del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, che recepisce la direttiva 2009/128/CE, evidenzia significative criticità in ordine alla necessità di una più attenta individuazione degli obiettivi quantitativi, dei tempi per la riduzione dei rischi e dell'impatto dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente. Particolare rilevanza all'interno del piano riveste l'azione di monitoraggio volta a verificare i progressi compiuti e ad evidenziare le criticità, anche per consentire alle amministrazioni coinvolte di effettuare, nell'ambito delle proprie competenze, la revisione delle misure adottate;

    la scarsa efficacia dell'impianto sanzionatorio e l'insufficiente ricorso a misure di contrasto biologiche agli organismi nocivi suggeriscono una rivisitazione generale dell'impostazione stessa del piano e una migliore definizione degli strumenti e delle risorse necessari a limitare l'uso dei fitofarmaci;

    le regioni e le province autonome, al fine di rilevare la presenza e gli eventuali effetti derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari nell'ambiente acquatico, effettuano i monitoraggi dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque, tenendo conto anche degli indirizzi specifici che sono stati forniti dall'Ispra;

    la presenza di pesticidi nelle acque italiane, sia superficiali che sotterranee, è fonte di allarme da parte degli stessi istituti di ricerca; Ispra, nell'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque, evidenzia: «Nel complesso, salgono a quasi 400 le sostanze ricercate in Italia. La situazione è differente tra regione e regione ed è indispensabile incrementare il monitoraggio riguardo a nuove sostanze indicate dalle linee guida dell'Ispra. In generale, sono 35.353 i campioni di acque superficiali e sotterranee analizzate in Italia nel biennio 2015-2016, per un totale di quasi 2 milioni di misure analitiche e 259 sostanze rilevate (erano 224 nel 2014). Nel 2016, in particolare, sono stati trovati pesticidi nel 67 per cento dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5 per cento dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli standard di qualità ambientale per le acque (sqa) nel 23,9 per cento delle acque superficiali e nel 8,3 per cento delle acque sotterranee. Gli erbicidi, in particolare, rimangono le sostanze riscontrate con maggiore frequenza principalmente per le modalità ed il periodo di utilizzo che ne facilita la migrazione nei corpi idrici, ma aumenta significativamente anche la presenza di fungicidi e insetticidi»;

    la copertura del territorio nazionale, tuttavia, è ancora incompleta, soprattutto nelle regioni centro-meridionali, in quanto o non sono stati inviati i dati o ne sono arrivati pochissimi e, in generale, la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta forti ritardi;

    in particolare, in merito alle sanzioni disciplinate dall'articolo 24 del citato decreto legislativo, la maggior parte delle penalità trascura le materie relative all'articolo 11, comma 2, su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze e, soprattutto, all'articolo 19 relativamente all'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria;

    ad oggi mancano ancora importanti misure applicative, quali in particolare: le norme sulla trasmissione, alle regioni, delle informazioni rilevanti sulla tossicità, sull'eco-tossicità, sul destino ambientale e sugli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti in commercio mediante l'utilizzo di apposite banche dati (punti A 5.2, A 5.8.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); le norme volte a vietare la vendita dei prodotti fitosanitari attraverso i canali alternativi, come la vendita on-line (articolo 10, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012); la definizione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi e sui potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana (punto A 2.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); la rete di collegamento tra le iniziative di ricerca in essere e l'attivazione di nuovi progetti e le misure da adottare nelle aree di influenza delle acque di balneazione (punto D del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); l'adozione dell'atto integrativo relativo all'agricoltura biologica (punto A.7.4. del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) con la quantificazione degli obiettivi e che individui gli strumenti idonei per l'incremento delle superfici condotte con il metodo dell'agricoltura biologica; l'individuazione di adeguati sistemi di monitoraggio e controllo sugli aspetti relativi alla deriva per garantire la tutela della popolazione, dei corpi idrici e delle produzioni biologiche a rischio di declassamento in caso di contaminazione; l'accoglimento delle richieste di amministrazioni e cittadini in caso di trattamenti con fitofarmaci di adeguate distanze dai confini privati e dalle abitazioni di privati oltre all'obbligo di avviso;

    sono noti i casi in cui il reiterarsi quasi automatico delle emergenze, per le quali si è autorizzata l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario in base all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009, trasforma queste deroghe in prassi ordinaria generando un utilizzo pressoché costante di alcuni principi attivi su colture o avversità diverse da quelle su cui erano normalmente autorizzati, spesso approvati ma non presenti in prodotti fitosanitari autorizzati in Italia, ovvero in corso di approvazione (nuove sostanze), oppure non ancora approvati ai sensi del citato regolamento;

    i cambiamenti climatici in atto stanno determinando effetti dirompenti sulle produzioni, alternando periodi di siccità ed alluvioni. Tale situazione è, inoltre, aggravata dalla presenza di nuovi parassiti, come ad esempio la Drosophila suzukii e la cimice asiatica, che stanno distruggendo molte produzioni nel nostro Paese;

    le eventuali introduzioni di antagonisti naturali, indispensabili per la lotta biologica e l'agricoltura integrata, debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents for research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agents;

    lo stesso articolo 22 della direttiva 92/43/CEE, detta anche «direttiva habitat», indica chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale, né alla fauna e alla flora selvatiche locali e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;

    il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non ha tuttavia previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzatorio, bloccando di fatto ogni intervento di lotta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali;

    il disposto di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica si limita, infatti, a vietare la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, specificando i termini di «introduzione» e «di non autoctona»;

    la rete nazionale di monitoraggio degli alveari segnala gravi fenomeni di apicidio a seguito di approvvigionamento da parte delle api di acqua utilizzata per fertirrigazione contenente insetticidi impiegati sulla coltura di pomodoro, per trattamenti di colture intensive di agrumeti in presenza di forte essudazione di melata che, in ambienti con scarsa disponibilità di piante nettarifere, è utilizzata dalle api per la produzione del miele;

    l'Unaapi afferma, sebbene non ci sia certezza sulle molecole che hanno provocato tali conseguenze, che, oltre ai neonicotinoidi, è assai probabile che si sia accentuato un uso pervasivo e irresponsabile di altre molecole neurotossiche, come il piretroide deltametrina o l'insetticida clorpirifos, o il fungicida tebuconazolo, che esplica effetti nocivi sulle popolazioni di api, non previsti e non valutati, o che vengano comunque utilizzati illegalmente neonicotinoidi;

    gli agricoltori sono sempre più professionali nell'uso dei fitofarmaci e lo si deduce dalla graduale diminuzione nei quantitativi totali utilizzati (-1,8 per cento l'anno in Italia dal 2003 al 2016), diminuzione che in parte si deve alla disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse (decine di grammi per ettaro contro i chilogrammi per ettaro di cui si parla per composti del rame), sempre più utilizzate in maniera sostenibile in agricoltura integrata;

    un'agricoltura sostenibile è un'agricoltura che mira non solo a garantire la sicurezza alimentare attraverso una maggiore produzione, ma aiuta gli agricoltori a soddisfare le loro aspirazioni socio-economiche e culturali e a proteggere e preservare le risorse naturali per soddisfare le generazioni future. Il settore agricolo ed agroalimentare italiano diventerà tanto più competitivo, quanto più sarà in grado di essere sostenibile;

    la riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue anche con l'incremento delle superfici ad agricoltura biologica e attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale;

    l'agricoltura con metodo biologico e l'agricoltura integrata possono rappresentare modelli ai quali l'agricoltura del futuro potrà guardare e dove il rispetto dell'ambiente potrà essere l'obiettivo primario;

    potrebbe essere utile incentivare la ricerca attraverso iniziative a sostegno degli studi che portino alla realizzazione di preparati che, non solo abbiano un ridotto impatto ambientale, ma che siano in grado di contrastare efficacemente le malattie, mantenendo il benessere delle piante e la rigenerazione dei terreni;

    in virtù della nuova normativa gli agricoltori dovranno utilizzare con maggiore attenzione i fitofarmaci, con l'obiettivo di ridurre significativamente l'uso di agenti chimici in agricoltura, incrementando proporzionalmente l'adozione di sistemi alternativi di difesa delle colture (mezzi agronomici, genetici, igienici, impiego di organismi utili, utilizzo di agrofarmaci selettivi e a minor rischio possibile, dosi ridotte e ridotto numero di trattamenti e altro),

impegna il Governo:

1) a potenziare il sistema dei controlli sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, incrementando anche i controlli sui prodotti agroalimentari importati dai Paesi terzi per i quali è possibile dimostrare che siano stati trattati con il glifosato oltre la soglia permessa in ambito europeo, al fine di tutelare la filiera produttiva italiana e garantire alti standard di qualità;

2) a vigilare, per quanto di competenza, affinché il monitoraggio del livello di contaminazione da pesticidi nelle acque sia omogeneo su tutto il territorio nazionale e che tutte le regioni si dotino di un piano per la tutela delle acque, al fine di assicurare un alto livello di protezione della salute umana, animale e dell'ambiente;

3) a prevedere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci perché l'agricoltura è un settore importantissimo dell'economia italiana ed è importante che possa svilupparsi e continuare a farlo in un'ottica di qualità e di salvaguardia della salute, sia dei consumatori che degli operatori;

4) a porre in essere iniziative volte a sostenere l'utilizzo di buone pratiche agricole che possano essere sempre più sostenibili, in un quadro complesso anche in termini ambientali, allo scopo di raggiungere l'obiettivo di ridurre sempre più nel tempo l'uso dei fitofarmaci, contribuendo a realizzare la maggior protezione possibile di tutte le acque dall'inquinamento;

5) a prevedere, nell'ambito della nuova politica agricola comune, con particolare riferimento alle condizioni di accesso ai «regimi ecologici» da inserire nei piani strategici nazionali, criteri e iniziative volte a favorire pratiche agricole che determinano effetti positivi per la tutela dell'ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, prevedendo anche adeguati strumenti per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura biologica e per la riduzione della presenza di sostanze chimiche di sintesi negli ecosistemi, e in tal modo rispondere anche alla domanda di cibo sano che viene espressa in misura sempre maggiore dai cittadini;

6) ad intraprendere ogni utile iniziativa volta a rivedere e migliorare il piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso un processo trasparente, favorendo il coinvolgimento, oltre che delle istituzioni pubbliche e del mondo scientifico, delle associazioni agricole, ambientaliste, dell'agricoltura biologica e dei consumatori e la definizione degli obiettivi quantitativi, delle risorse finanziarie, delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, prescritti dalla direttiva europea n. 2009/128/CE, all'articolo 4, paragrafo 1, valutando l'impatto del piano sui sistemi di agricoltura con metodo biologico e agricoltura integrata, in modo da rendere sempre più competitiva e di qualità la produzione agroalimentare italiana;

7) ad assumere iniziative normative nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, affinché siano stabilite le distanze minime di sicurezza dalle abitazioni, dai confini privati e dalle coltivazioni biologiche con l'obbligo di avvisare i residenti prima di ogni trattamento;

8) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca su sistemi produttivi agroalimentari sempre più sostenibili e che prescindano dall'utilizzo di fitofarmaci dannosi per la salute umana e per l'ambiente, nonché di programmi che consentano di avere i dati sperimentali affinché le società produttrici di prodotti fitosanitari siano stimolate a registrare nuove molecole a basso impatto ambientale e per la salute umana, anche di origine naturale;

9) a prevedere misure di sostegno alla ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria nell'ambito dei prodotti fitosanitari di origine naturale, in considerazione della necessità di sviluppare una filiera di principi attivi compatibili con la produzione integrata e l'agricoltura biologica;

10) ad assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati, né alla fauna, né alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali;

11) ad assumere iniziative in relazione ai trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari tossici per le api, al fine di salvaguardarne l'azione pronuba, non solo durante il periodo di fioritura, ma anche in quello di melata, nonché a promuovere, in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, una capillare azione di controllo e vigilanza per la repressione dell'uso, durante i trattamenti chimici in agricoltura, di fitofarmaci e princìpi attivi vietati o non autorizzati a livello nazionale ed europeo, perché pericolosi per i pronubi;

12) a porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei controlli di qualità a cui sono sottoposti i prodotti italiani, quale modello di riferimento nel confronto con le altre filiere agroalimentari europee, nel quadro di una promozione del settore agroalimentare italiano e del sistema del made in Italy che contempli efficaci controlli sull'uso dei prodotti fitosanitari, anche nell'ottica di una maggiore tutela del consumatore finale;

13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, per lo sviluppo dell'agricoltura integrata, come definita dalla legge 3 febbraio 2011, n. 4, anche alla luce delle esperienze già maturate in ambito regionale con particolare riferimento allo sviluppo del sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), promuovendo normative per favorirne lo sviluppo e la competitività;

14) a valutare l'opportunità di:

   a) assumere iniziative per rendere più efficace il quadro sanzionatorio, come previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, introducendo misure conseguenti all'inosservanza di tutte le prescrizioni e delle indicazioni previste dalle norme sull'uso sostenibile dei pesticidi;

   b) limitare il più possibile il ricorso alle autorizzazioni in deroga, consentite dall'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009 e rilasciate dal Ministero della salute, ai soli casi realmente necessari al fine garantire che tale possibilità sia utilizzata esclusivamente nella sua più classica accezione di prassi straordinaria e limitata nel tempo;

   c) rafforzare gli strumenti di controllo finalizzati alla verifica delle modalità di vendita dei prodotti fitosanitari, compresa quella che avviene on line, al fine di contrastare fenomeni di elusione delle norme sulla distribuzione e sulla vendita di tali prodotti;

   d) intervenire, presso le competenti sedi unionali, al fine di introdurre a livello europeo un divieto definitivo, e non solo parziale e temporaneo, dei neonicotinoidi e di altri insetticidi sistemici dannosi per i pronubi;

   e) assumere, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari non ancora adottati, per i quali risultino scaduti i termini o per i quali non sia stata stabilita alcuna scadenza;

   f) prevedere nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai fini della riduzione dell'uso dei fitofarmaci, specifici obiettivi d'incremento della superficie agricola utilizzata coltivata con il metodo dell'agricoltura biologica, a partire dalle aree protette e dai siti Natura 2000, e l'ulteriore diffusione di tecniche sostenibili in agricoltura, anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie di precisione funzionali allo sviluppo dell'agricoltura integrata;

   g) promuovere un coordinamento tra le strutture competenti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, al fine di approfondire la relazione tra l'utilizzo dei fitofarmaci e l'impatto su ambiente e salute, nonché per garantire la trasparenza e l'accessibilità a indagini e risultati;

   h) richiedere, nelle opportune sedi europee, una maggiore trasparenza nelle procedure di autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari tramite una revisione del regolamento (CE) 1107/2009, anche mediante l'adozione di un registro pubblico che, fatta salva la protezione dei dati strettamente inerenti al procedimento di produzione della sostanza attiva e del relativo formulato, renda accessibili gli studi inerenti all'impatto ambientale e sulla salute umana del prodotto oggetto di registrazione.
(1-00124) «Molinari, D'Uva, Gadda, Nevi, Luca De Carlo, Muroni, Viviani, Parentela, Liuni, Cadeddu, Golinelli, Cassese, Lolini, Cillis, Bubisutti, Cimino, Coin, Del Sesto, Gastaldi, Gagnarli, Lo Monte, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone, Zolezzi, Panizzut, D'Arrando, Bologna, Menga, Sarli, Fornaro, Cenni, Rostan, Cunial».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII e X Commissione,

   premesso che:

    l'Italia vanta una posizione di leadership a livello mondiale nel settore aerospaziale, rappresentando la quarta potenza in Europa il terzo contributore in Esa e la settima a livello mondiale;

    il comparto aerospaziale rappresenta in Italia il maggiore comparto manifatturiero nel segmento dei sistemi integrati ad alta tecnologia;

    tra i Paesi dell'Ocse, l'aerospazio è il primo settore per incidenza della ricerca e sviluppo sul totale del valore aggiunto dall'economia (18,2 per cento). L'Italia è quinta nell'area Ocse per spesa in ricerca e sviluppo sul totale del valore aggiunto (21,9 per cento) e si classifica, a livello globale, in sesta posizione per numero di pubblicazioni e in quinta posizione per numero di citazioni nelle aree di ricerca su spazio e scienze planetarie nel periodo 1996-2017;

    nella ricerca ed esplorazione spaziale, l'Italia ha raggiunto importanti traguardi industriali e scientifici: è stato il terzo Paese al mondo ad aver inviato autonomamente un satellite nello spazio (dopo Stati Uniti d'America e Urss), ha avuto un ruolo di primo piano nella costruzione della stazione spaziale internazionale (circa il 50 per cento del volume pressurizzato del segmento internazionale è stato realizzato dall'industria italiana) e ha contribuito in misura significativa allo sviluppo e realizzazione dei lanciatori Ariane e, in particolare, Vega;

    l'intero comparto aerospaziale occupa in Italia oltre 50.000 addetti con ricavi annuali di circa quattordici miliardi di euro;

    l'industria aerospaziale italiani è un'area strategica, supportata da programmi nazionali e regionali e caratterizzata la forte collaborazione internazionale. Gli attori chiave sono il gruppo Leonardo Finmeccanica, azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza il cui maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, che possiede una quota di circa il 30 per cento, Thales Alenia Space Italia, Avio, un'ampia rete di piccole e medie imprese, l'Agenzia spaziale italiana (Asi) oltre a centri di ricerca e università; in Italia vi sono sette regioni con un distretto/cluster aerospaziale, formalizzato o meno (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Umbria). Inoltre, si registra anche la presenza di player aerospaziali (Come alcune sedi di grandi gruppi, piccole e medie imprese, organizzazioni di ricerca) in altre regioni, soprattutto in Toscana, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia;

    i distretti aerospaziali italiani coinvolgono circa un migliaio di membri, tra aziende grandi e piccole e medie imprese, università e centri di ricerca;

    nel settembre 2009 è nato il «Cluster tecnologico nazionale aerospazio» (CTNA), che è un'associazione fondata da DAC distretto aerospaziale della Campania, Distretto tecnologico aerospaziale del Lazio, Distretto aerospaziale lombardo, Comitato promotore distretto aerospaziale Piemonte, Distretto aerospaziale Pugliese, Agenzia spaziale italiana (Asi), distretto aerospaziale, Avio Aero, Finmeccanica a cui in seguito si sono uniti Federazione aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza e il Consiglio nazionale delle ricerche;

    il principale soggetto istituzionale attivo nel settore è l'Agenzia spaziale italiana (ASI), un ente di ricerca vigilato dal Ministero dell'istruzione dell'università della ricerca, ai sensi dal decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, che opera in collaborazione con diversi altri Ministeri;

    già a partire dagli anni ’80, molti Governi, soprattutto quelli europei, hanno consolidato vere e proprie partnership finanziarie con le maggiori aziende del settore, sollevandole quindi, in tutto o in parte, dal rischio e dall'onere finanziario. In questa logica, nel 1985, l'Italia ha istituito, con la legge 24 dicembre 1985, n. 808, una misura di promozione pubblica dello svolgimento tecnologico del settore aerospaziale e dell'elettronica connessa alla difesa;

    la legge n. 808 del 1985 è stata lo strumento fondamentale di politica industriale per il settore che ha consentito all'industria italiana di mantenersi in linea con la concorrenza europea ed ha contribuito significativamente a consolidare e sviluppare un patrimonio tecnologico nazionale di eccellenza, competitivo a livello internazionale;

    con la legge 23 luglio 2009, n. 99, sono state previste numerose disposizioni relative alla ricerca, tra cui agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione. In particolare, sono state destinate risorse agli interventi individuati dal Ministero dello sviluppo economico in determinati ambiti, tra cui tecnologia dell'informazione e della comunicazione, industria aerospaziale, osservazione della terra e all'ambiente;

    la legge di stabilità per il 2015 ha disposto un contributo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017 all'Asi per il finanziamento di programmi spaziali strategici nazionali in corso di svolgimento e una autorizzazione di spesa di 60 milioni di euro per l'anno 2016 e di 170 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 per la partecipazione italiana ai programmi dell'Agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica, con l'obiettivo di accompagnare e favorire il mutamento della politica industriale del settore consistente nel passaggio dal settore spaziale tradizionale all'insieme della «space economy»;

    il piano strategico space economy, nato dal lavoro svolto dai Governi a guida Pd attraverso il Ministero dello sviluppo economico e la cabina di regia spazio (iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, per la definizione della politica nazionale nel settore spaziale), ha definito le linee strategiche d'intervento in grado di consentire all'Italia di trasformare il settore spaziale nazionale in uno dei motori propulsori della nuova crescita del Paese, attraverso l'integrazione delle politiche di sviluppo dei territori con la politica spaziale, in linea con la richiesta della Commissione europea di programmare i fondi strutturali sulla base di una strategia nazionale di specializzazione intelligente, basata su una catena del valore unica integrata, dalla ricerca alla produzione;

    il piano, approvato dalla cabina di regia spazio a seguito della riunione del 23 novembre 2015 (protocollo N. UCM -0000867), è parzialmente confluito, come «piano a stralcio space economy», nel piano imprese e competitività Fsc, proposto dal Ministero dello sviluppo economico ed approvato con delibera del Cipe n. 52 del 2016 del 1° dicembre 2016, che le ha assegnato una dotazione di risorse pari 360 milioni di euro, a valere sul fondo sviluppo coesione;

    l'articolo 1, comma 372, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha autorizzato, per lo sviluppo dell'industria italiana nel settore dei piccoli satelliti ad alta tecnologia, la spesa di 19 milioni di euro per l'anno 2016, di 50 milioni di euro per l'anno 2017 e di 30 milioni di euro per l'anno 2018. Il medesimo comma 372 aveva altresì previsto che le misure di aiuto concesse a valere sulle predette risorse fossero erogate nel rispetto delle procedure previste;

    dal regolamento (UE) n. 651/2014 (general block exemption regulation – Gber), il quale esenta dall'obbligo di notifica alla Commissione determinate categorie di aiuti, a date condizioni; la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), ha previsto uno stanziamento pari a 21,7 milioni di euro per il 2018, di 21,9 milioni di euro per il 2019 e di 21,9 milioni di euro per il 2020 (Cap. 1678/MIUR, «Contributo dello Stato per la ricerca scientifica»). Tali somme sono state allocate nella missione «ricerca e innovazione» (17) programma ricerca scientifica e tecnologica di base (17.22);

    inoltre, il sostegno a interventi di ricerca spaziale viene effettuato sia attraverso le azioni cluster di cui al programma «Cooperazione pubblico-privato e ricerca industriale», sia con progettualità specifiche relative all'ambito tematico della Snsi «aerospazio»;

    solo per quanto riguarda il settore della ricerca, è evidente lo sforzo portato avanti nella precedente legislatura, visto che le risorse stanziate nel piano nazionale ricerca per gli anni 2015-2020 nel settore della ricerca spaziale ammontano a 30 milioni di euro aggiuntivi per il 2015, 109 per il 2016, 230 per il 2017, 180 per il 2018 per arrivare ai 290 milioni di euro aggiuntivi stanziati sia per il 2019 che per il 2020;

    infine, nel corso della scorsa legislatura, sempre in un'ottica di valorizzazione e potenziamento del ruolo da protagonista internazionale del settore aerospaziale italiano, è stata approvata la legge n. 7 dell'11 gennaio 2018, recante Misure per il coordinamento della politica spaziale e aerospaziale e disposizioni concernenti l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia spaziale italiana, la quale, allo scopo di assicurare il coordinamento delle politiche spaziali e aerospaziali, nonché di favorire l'efficacia delle iniziative dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.), ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri «l'alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento delle politiche dei Ministeri relative ai programmi spaziali e aerospaziali, nell'interesse dello Stato»;

    alla luce di quanto esposto finora, appare evidente come le politiche legate al settore aerospaziale siano state considerate strategiche e come tali al centro dell'attività dei Governi a guida Pd: il Governo attuale, invece, con la modifica apportata la scorsa estate alla composizione del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale, che stabilisce che il presidente dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.) non ne sia più componente di diritto e possa essere invitato a partecipare alle sue riunioni senza diritto di voto, con funzione esclusivamente di alta consulenza tecnico-scientifica, ha effettuato come prima azione di politica aerospaziale una scelta, a giudizio dei firmatari del presente atto, incomprensibile che va nella direzione di ostacolare il coordinamento e l'organizzazione della politica spaziale e aerospaziale nazionale indebolendo immotivatamente il ruolo dell'A.s.i.;

    anche la successiva scelta del Governo Conte di rimuovere dall'incarico di presidente dell'Agenzia spaziale italiana il professore Roberto Battiston, accademico dal curriculum di altissimo profilo, il cui brillante operato ha consentito all'Agenzia di consolidare il proprio ruolo in Europa e nel mondo dando una nuova spinta al settore aerospaziale, eccellenza italiana riconosciuta nel mondo – rimozione a parere dei firmatari del presente atto frutto dell'applicazione, per la prima volta in Italia, dello spoil system in un ambito dal quale sono stati finora esclusi gli enti pubblici di ricerca, proprio alla luce del particolare status da essi goduto e della terzietà richiesta alle persone responsabili della loro gestione – dà purtroppo un altro segnale negativo e di penalizzazione alle attività in essere ed a quelle future, in quanto per la governance degli enti scientifici e, in particolare, per quelli legati all'innovazione è necessario valutare il merito e la preparazione specifica, assicurandone la continuità operativa: i programmi spaziali richiedono, inoltre, molti anni per essere realizzati e questo significa la necessità di riferimenti costanti e riconosciuti in contesti internazionali,

impegnano il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per accelerare le procedure necessarie per giungere in tempi brevi alla nomina del presidente dell'Agenzia spaziale italiana, rispettando quanto previsto dalla legge vigente che individua nell'elevata qualificazione tecnico scientifica, comprovata da particolari competenze professionali acquisite in ambito internazionale, il criterio prioritario di scelta del profilo;

   a proseguire nel percorso tracciato negli anni al fine di rafforzare ulteriormente il posizionamento del settore aerospaziale del nostro Paese nel contesto internazionale, anche attraverso iniziative per lo stanziamento di adeguate risorse per sostenere il tessuto industriale ed investire sugli enti di ricerca e sulle università coinvolti nel comparto;

   ad adottare iniziative per incentivare fattivamente il processo di applicazione delle tecnologie sviluppate in ambito aerospaziale ad altri ambiti della società e dell'industria, al fine di allargare e massimizzare le ricadute ed i benefici all'intero sistema industriale e produttivo nazionale.
(7-00188) «Moretto, Ascani, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini, Anzaldi, Ciampi, De Maria, Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Prestipino, Rossi».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 200 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, individua quattro tipologie di contributo da versarsi, fatta eccezione per quanti possano beneficiare dell'esonero dal pagamento, obbligatoriamente per il solo ultimo biennio delle scuole secondarie superiori (dopo il compimento del sedicesimo anno di età e il conseguente assolvimento dell'obbligo scolastico):

     a) tassa di iscrizione;

     b) tassa di frequenza;

     c) tassa per esami di idoneità, integrativi, di licenza, di qualifica, di maturità e di abilitazione;

     d) tassa di rilascio dei relativi diplomi;

    l'articolo 34 della Costituzione sancisce i principi di obbligatorietà e gratuità dell'istruzione per almeno otto anni e il comma 622 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha esteso l'obbligatorietà a dieci anni, fermo restando «il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226»;

    la normativa vigente non prevede alcun tipo di contributo obbligatorio o vincolante oltre alle tasse scolastiche erariali di cui al citato articolo 200 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;

    negli ultimi anni, si registra una spiacevole tendenza, da parte degli istituti scolastici, a richiedere, a inizio anno scolastico, «contributi ulteriori», talvolta mediante pratiche poco trasparenti e con formule divenute ormai simili tra le varie scuole, che in certe circostanze danno adito a comportamenti gravemente discriminatori, giungendo finanche a subordinare l'iscrizione all'anno scolastico al versamento di tali «contributi» fissi, le cui cifre, talvolta, superano i 200 euro;

    a causa dell'aumento incontrollato e spesso illecito dell'utilizzo di tale strumento da parte di molti istituti scolastici, denunciato da tante famiglie e che ha interessato sempre più gli organi di informazione, il dipartimento dell'istruzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato due note, prot. n. 312 del 20 marzo 2012 e prot. n. 593 del 7 marzo 2013, a firma del capo dipartimento Lucrezia Stellacci e destinate ai dirigenti scolastici e agli uffici scolastici regionali, in cui si chiarisce in maniera netta come eventuali contributi elargiti dalle famiglie «a favore delle» (e non «richiesti dalle») istituzioni scolastiche siano da considerarsi di natura esclusivamente liberale e volontaria e non possano essere in alcun modo imposti da queste ultime;

    la normativa e le circolari di cui al precedente capoverso ribadiscono, infatti, che «in ragione dei principi di obbligatorietà e di gratuità, non è [...] consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l'espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all'assolvimento dell'obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro) fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad esempio: assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, eccetera)»;

    eventuali contributi per l'arricchimento dell'offerta culturale e formativa degli alunni possono dunque essere versati dalle famiglie solo ed esclusivamente su base volontaria e «qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti, derivante dal rifiuto di versamento del contributo in questione, sia in termini di valutazione che disciplinari, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio dei singoli»;

    le circolari emanate non hanno, però, sortito gli effetti auspicati: numerosissime segnalazioni pervenute dalle famiglie e molte inchieste pubblicate dai mezzi di informazione testimoniano come, ancora oggi, il «contributo volontario» verrebbe imposto dagli istituti scolastici all'atto dell'iscrizione ed utilizzato per motivi diversi da quelli prescritti dalle summenzionate note ministeriali, ovvero per l'arricchimento dell'offerta culturale e formativa, senza tener conto, oltreché della volontarietà che dovrebbe caratterizzare il contributo, dei casi di esonero previsti dalla legge e spesso senza pubblicizzare l'opportunità di detrazione fiscale di cui all'articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40;

    quanto riportato nell'interrogazione a risposta in commissione n. 5-08789 presentata nella XVII legislatura dai deputati Vacca e altri e rivolta al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oppure l'inchiesta svolta dal programma televisivo nazionale Striscia la notizia del 25 febbraio 2016, solo per citare alcuni esempi testimoniano come episodi di impropria richiesta del cosiddetto «contributo volontario» da parte di molti dirigenti scolastici per mezzo di improprie delibere del consiglio d'istituto e di pubbliche comunicazioni spesso ritenute «poco gradevoli» dai destinatari, sono all'ordine del giorno anche durante le iscrizioni all'anno scolastico 2017/2018, a ben quattro anni dall'emanazione delle circolari ove il capo dipartimento per l'istruzione del Ministero ammoniva proprio simili gestioni irregolari e poco trasparenti di versamenti che dovrebbero essere liberali;

    ai sensi al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, la valutazione delle capacità gestionali-amministrative dei dirigenti scolastici è riconosciuta mediante la cosiddetta «retribuzione di risultato», la cui quota percentuale sulla retribuzione complessiva, in funzione della valutazione della performance del dirigente, è attualmente in fase di contrattazione regionale;

    nell'anno scolastico 2012/2013 la Cgil ha quantificato la contribuzione volontaria delle famiglie in 335 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a porre in essere iniziative, anche normative, volte a vincolare l'utilizzo dei contributi volontari al finanziamento di attività extracurriculari, prevedendo l'iscrizione, in apposito capitolo, di un fondo di riserva per le spese da sostenere per lo svolgimento delle citate attività;

   ad adottare iniziative per far sì che i contributi non siano richiesti in un'unica soluzione;

   ad assumere iniziative volte a condizionare l'erogazione della «retribuzione di risultato» dei dirigenti scolastici al corretto ricorso alla contribuzione volontaria, al fine di contrastare le descritte pratiche irregolari;

   ad assumere iniziative per incrementare lo stanziamento sul fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, al fine di assicurare alle istituzioni scolastiche risorse sufficienti al proprio funzionamento.
(7-00189) «Gallo, Menga, Parentela, Testamento».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   BRUNO BOSSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a fronte di una forte ripresa internazionale di merci scambiate e di lavoro nei terminali portuali presso il porto di Gioia Tauro (RC) permane una situazione di palese criticità già sollevata dalla regione Calabria in maniera ufficiale mediante lettera inviata alle competenti autorità istituzionali di Governo nel mese di novembre 2018;

   in questi mesi il quadro generale della situazione del terminal portuale di Gioia Tauro è purtroppo ulteriormente peggiorato;

   da quanto riportato anche dagli organi di stampa la società che gestisce il terminal di Gioia Tauro è in una condizione di stallo a causa delle divergenze strategiche sugli investimenti tra i due soci che detengono il 50 per cento ciascuno;

   il punto critico di questa divergenza riguarda, in particolare, la gestione delle banchine infrastruttura strategica, la cui concessione è governata per mezzo dell'Autorità portuale;

   la rottura dell'integrità dell'Autorità portuale di Gioia Tauro, avvenuta sulla base della legge n. 136 del 17 dicembre 2018, ha comportato gravi conseguenze come denunciato anche dalle istituzioni territoriali che rimangono in attesa di un incontro richiesto e mai avuto con il Governo;

   il blocco di circa 150 milioni di euro relativi a impianti ferroviari, potenziamento di assi stradali e potenziamento delle banchine, rende ancora più critica la situazione di un terminal che necessita di infrastrutture per rafforzare la propria capacità di funzionamento;

   la Calabria è stata la prima regione ad avanzare una proposta definita ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, e solo nel dicembre 2018, ad avviso dell'interrogante, con colpevole ritardo da parte del Governo è stato completato il Comitato con l'ultima nomina governativa;

   si evidenzia come ad oggi nessun incontro risulti essersi ancora svolto da parte del nominato Comitato di indirizzo, rallentando l'impegno forte profuso dalla regione a partire dal Suap unificato per tutta l'area di Gioia Tauro;

   il combinato disposto di tutte queste criticità rischia di pregiudicare l'esistenza di 500 posti di lavoro –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza al fine di convocare un tavolo istituzionale con la regione Calabria e le organizzazioni economiche e sindacali territoriali per affrontare le richiamate criticità che interessano il porto di Gioia Tauro e addivenire a un accordo complessivo di rilancio che riguardi la gestione delle banchine, la ricostituzione dell'integrità dell'Autorità portuale, l'attivazione immediata degli investimenti Pon reti, la piena operatività delle misure relative alla zona economica speciale (Zes), con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali e pianificare un'azione di rilancio di un terminal portuale strategico per il Paese.
(3-00541)


   DALL'OSSO, TRIPIEDI, PETTARIN, GELMINI, BOND, BARATTO e CORTELAZZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Enpaf, Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i farmacisti, è un ente pensionistico integrativo per i farmacisti dipendenti che già per legge pagano l'Inps, mentre per i titolari che non pagano l'Inps è l'unica fonte di pensione;

   l'ente ha quindi lo scopo di provvedere al trattamento pensionistico integrativo dei farmacisti ad esso iscritti;

   tutti i farmacisti per poter svolgere la professione, siano essi occupati o disoccupati, devono essere obbligatoriamente iscritti all'Ordine e quindi pagare obbligatoriamente la tassa di iscrizione all'Ordine medesimo oltre ai contributi Enpaf;

   in caso di occupazione o inoccupazione del farmacista, lo stesso può versare il dovuto in forma ridotta dell'85 per cento per i laureati prima del 2004, circa 700 euro, mentre i laureati dopo il 2004 hanno facoltà di pagare il cosiddetto contributo di solidarietà se stanno lavorando;

   tale contributo non dà diritti a livello pensionistico;

   in caso di disoccupazione involontaria per più di 5 anni nell'arco dei 30 anni obbligatori di versamenti, il contributo da versare arriva al 50 per cento, cioè 2.500 euro l'anno, per tutti i laureati prima e dopo il 2004;

   la quota dovuta dai farmacisti all'Enpaf siano essi titolari o collaboratori di farmacia o parafarmacia, siano essi occupati o inoccupati, è decisamente alta e di difficile ottemperanza;

   l'iscritto che non provveda al versamento dei contributi obbligatori entro i termini stabiliti dall'ente, ovvero vi provveda in misura inferiore a quella dovuta, è tenuto a versare all'Ente il contributo evaso aumentato di una somma aggiuntiva determinata, applicando, in ragione d'anno, il tasso d'interesse di differimento e di dilazione di cui all'articolo 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni, ulteriormente maggiorato di tre punti, ai sensi dell'articolo 1, comma 217 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

   per poter usufruire della riduzione, si deve lavorare nell'arco dell'anno almeno 6 mesi e un giorno, altrimenti si è costretti a pagare almeno la quota al 50 per cento, motivo per cui un contratto lavorativo sotto i sei mesi non può essere accettato dai laureati prima del 2004, altrimenti lavorerebbero solamente per poter pagare l'Enpaf;

   in caso di evasione connessa alla denuncia obbligatoria, oltre alla somma aggiuntiva, l'iscritto è tenuto anche al pagamento di una sanzione «una tantum», graduata secondo i criteri fissati con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro del 18 marzo 1997;

   i contributi obbligatori debbono essere corrisposti per tutta la durata dell'iscrizione a norma dell'articolo 3 dello statuto dell'Ente;

   per essere titolati a ricevere la pensione bisogna pagare minimo 30 anni di contributi avendo almeno 20 anni attività; la pensione poi sarà del 15 per cento del totale dei contributi versati e tutto ciò non prima dei 68 anni di età e nel caso uno volesse indietro i versamenti fatti negli anni, essi non verrebbero restituiti prima del 68° anno di età e si dovrebbe presentare la domanda al compimento e non oltre il 67° anno di età, pena il mancato rimborso dei contributi versati nell'arco dei 30 anni –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza, anche normative, per rivedere in diminuzione la somma dovuta per tutti i farmacisti e per rendere l'Enpaf un ente a contribuzione volontaria e non obbligatoria.
(3-00544)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che il Governo acquisterà, per 100 milioni di euro, un software per la gestione delle offerte di lavoro relative al reddito di cittadinanza, da un demografo della Mississippi State University;

   ci sono aziende in Italia che hanno software migliori e più sofisticati per gestire le offerte di lavoro di quello scelto dal Governo all'estero;

   a quanto risulta all'interrogante non è stato eseguito un bando pubblico e trasparente per scegliere la piattaforma per il reddito di cittadinanza che sembra partirà ufficialmente il 15 aprile 2019;

   esistono piattaforme in Italia che finora hanno unito la domanda di lavoro di migliaia di persone e l'offerta di altrettante imprese, che si sono rese disponibili a mettere a disposizione, anche gratuitamente, il loro software per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   non essendo pervenute smentite del Governo sui fatti in questione, l'interrogante ritiene grave e connotata da profili di dubbia legittimità la scelta arbitraria di acquistare il software in questione, in assenza di una procedura ad evidenza pubblica che garantisca trasparenza nella scelta della piattaforma;

   tanto più, non si comprende per quali motivi gli organi di Governo abbiano deciso di acquistare il software all'estero, pur essendo presenti sul mercato italiano applicazioni più sofisticate e all'avanguardia –:

   se sia vero che il Governo acquisterà o abbia già acquistata all'estero il software per il reddito di cittadinanza come esposto in premessa e, se ciò sia confermato, per quali motivi siano state escluse le piattaforme disponibili in Italia, che risultano essere anche più avanzate e competitive;

   per quali motivi non sia stato indetto un bando pubblico per scegliere la piattaforma.
(5-01522)


   DALL'OSSO e MARIA TRIPODI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato il 16 febbraio 2019 sul sito dell'associazione Laran e da fonti di stampa, in Libia il Libyan National Army (Lna) e altre milizie fedeli al generale Khalifa Haftar si apprestano a occupare il sito petrolifero di El Feel gestito dall'Eni;

   il 12 febbraio il Lna ha occupato il vicino sito di Sharara, cacciando le forze del Governo di accordo nazionale (Gan) riconosciuto dall'Onu; il sito di Sharara fornisce l'energia elettrica a quello di El Feel, quindi controllando il primo è possibile bloccare l'attività del secondo;

   un portavoce dell'Lna ha affermato che le operazioni non si fermeranno, finché non saranno occupati tutti i campi petroliferi;

   questa offensiva del Lna nel Fezzan è stata lanciata a gennaio 2019 e ha portato alla conquista anche del capoluogo Sheba; a farne le spese sono state le tribù Tebu sostenitrici del Gan che si sono scontrate con l'Lna e le milizie alleatesi con Haftar;

   l'Lna sta impiegando mercenari sudanesi e milizie di tribù Tuareg e di tribù storicamente nemiche dei Tebu, come la Awlad Suleiman e la Zwai; secondo alcuni report, sarebbe in corso una vera e propria pulizia etnica, tanto che al-Serraj il 14 febbraio ha denunciato l'Lna all'Onu per crimini di guerra;

   dal 7 febbraio l'Lna ha imposto illegalmente una no-fly zone nel sud della Libia, cosa che rende impossibile l'evacuazione dei feriti verso gli ospedali di Tripoli e Misurata;

   le forze del Governo di accordo nazionale, dopo essersi ritirate da Sheba e poi da Sharara, sono attestate a El Feel; fino a oggi hanno evitato di ingaggiare scontri diretti con l'Lna perché troppo inferiori militarmente;

   contestualmente all'offensiva dell'Lna, aerei francesi hanno effettuato attacchi in Ciad, nei pressi del confine libico;

   nonostante l'embargo dell'Onu, l'Lna ha ottenuto ingenti quantitativi di armi; il generale Haftar, inoltre, ha sempre goduto di un forte supporto, anche dal punto di vista militare, della Francia;

   il rapido rafforzamento dell'Lna non è stato controbilanciato da un potenziamento delle forze del Gan, le cui milizie non hanno avuto accesso a nuovi armamenti, nonostante le ripetute richieste dei legittimo Governo di Tripoli di un allentamento dell'embargo –:

   se il Governo intenda difendere gli interessi nazionali italiani in Libia sostenendo, anche militarmente, il Governo di accordo nazionale allo scopo di impedire che le milizie Lna si impossessino dei siti dell'Eni e occupino l'intero Fezzan e la Tripolitania.
(5-01528)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2019 il dittatore Nicolas Maduro ha assunto il secondo mandato a seguito di elezioni a cui non hanno potuto partecipare tutti i partiti dell'opposizione;

   il 23 gennaio 2019, nel rispetto della Costituzione venezuelana, Juan Guaidò è stato riconosciuto dall'Assemblea Nazionale quale presidente ad interim al fine di indire velocemente libere elezioni con democratiche garanzie di partecipazione;

   molti Stati europei hanno già riconosciuto Juan Guaidò Presidente ad interim del Venezuela al fine di indire libere elezioni;

   l'Italia, con il suo veto, ha impedito che l'Unione europea riconoscesse Juan Guaidò come Presidente del Venezuela;

   la posizione dell'Italia, ribadita dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale alla Camera dei deputati in data 12 febbraio 2019, è la contestazione della legittimità delle elezioni di Maduro e la richiesta di convocazione immediata delle elezioni;

   l'ambivalente posizione italiana, a giudizio degli interroganti non chiarisce chi, entro quanto tempo e con quali garanzie dovrebbe indire le elezioni;

   le elezioni possono, infatti, essere indette da Maduro o da Juan Guaidò, se non si vuole «tracimare» anche dal quadro della almeno formale legalità venezuelana;

   Maduro ha già espresso e più volte ribadito la indisponibilità ad indire nuove elezioni;

   evidentemente se l'Italia ritenesse prioritaria l'indizione delle elezioni libere per scongiurare la guerra civile e porre fine alla crisi umanitaria del Venezuela dovrebbe arrendersi al fatto che Maduro ha già manifestato con fermezza l'indisponibilità ad intraprendere il sopra indicato percorso –:

   se il Governo non ritenga, re melius perpensa ed alla luce della espressa convinzione della necessità di immediate elezioni, di riconoscere Juan Guaidò Presidente ad interim, con il precipuo compito di indire immediatamente libere elezioni, dovendo diversamente chiarire chi possa, in un quadro di legalità, indire le elezioni e se vi abbia già interloquito.
(5-01530)


   ORSINI e VALENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il vicepresidente del Consiglio dei ministri Luigi Di Maio, nelle scorse settimane ha incontrato l'esponente dei gilet gialli francesi, Christophe Chalençon, il quale, da quanto rivelato da un «fuorionda» registrato e trasmesso durante la trasmissione Piazzapulita sul canale La7 ha affermato testualmente quanto segue: «Abbiamo dei paramilitari pronti a intervenire perché anche loro vogliono far cadere il Governo. Oggi è tutto calmo ma siamo sull'orlo della guerra civile»;

   dalla stessa fonte risulta anche la conferma da parte di Christophe Chalençon dei rapporti con il M5S, laddove lo stesso precisa che «l'alleanza c'è assolutamente»;

   proprio sulla base del suddetto incontro, la Francia ha deciso di richiamare il proprio Ambasciatore in Italia, Christian Masset, e solo dopo l'intervento del Quirinale lo stesso è rientrato in Italia;

   tuttavia, non risulta, a tutt'oggi, alcuna presa di posizione da parte del vicepresidente Di Maio e del Presidente del Consiglio Conte rispetto alla gravità di tale incontro, che assume connotati ancora più gravi alla luce di un recente episodio avvenuto a Parigi nei giorni scorsi, dove i gilet gialli hanno aggredito in strada, con esplicite ingiurie antisemite, il filosofo Alain Finkielkraut, figlio di ebrei polacchi scampati ad Auschwitz;

   nonostante talune prese di distanza da parte di alcuni dirigenti del M5S nei confronti delle fasce violente ed eversive presenti all'interno dei gilet gialli francesi, non è stata sconfessata l'interlocuzione politica fra M5S e gilet gialli, in vista delle prossime elezioni europee, che ha coinvolto il Governo ai massimi livelli, esponendo l'Italia a un gravissimo danno di credibilità internazionale e di rapporto con gli altri Paesi europei –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, in seguito ai fatti citati che destano particolare preoccupazione, al fine di ricondurre su un piano di correttezza, parità e amicizia le relazioni diplomatiche dell'Italia con la Francia, anche in considerazione degli intensi scambi commerciali di interesse strategico per il nostro Paese.
(5-01531)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, UNGARO, SCALFAROTTO, MINNITI, LA MARCA, DE MARIA, FASSINO e GUERINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'approssimarsi della scadenza del 29 marzo 2019 per la Brexit, in una situazione di caos politico nel c Regno Unito, fa crescere le preoccupazioni per un esito senza accordo, il cosiddetto no-deal;

   nel Regno Unito risiedono attualmente circa 700.000 italiani e il «made in Italy» vale ben 23 miliardi di euro all'anno, mentre il nostro export vale più del doppio dell’import: con questi numeri l'Italia non può permettersi di stare a guardare e deve tenersi pronta in caso di mancato accordo e di vero e proprio caos politico ed economico;

   altri Paesi europei come la Germania, il Belgio e la Francia si sono da tempo dotati di una legislazione di emergenza per affrontare i rapporti con il Regno Unito in caso di uscita senza accordo con l'Unione europea;

   il Parlamento francese ha già approvato nel mese di gennaio 2019 una legge che consente al Governo di imporre misure di emergenza, con un decreto se necessario, per far fronte alle conseguenze di una Brexit senza accordo, comprese le misure per stabilizzare i diritti di viaggio, residenza, lavoro e benessere per i cittadini britannici in Francia, che avrebbero 12 mesi per richiedere il permesso di soggiorno;

   il Parlamento tedesco ha approvato una legge che permette di regolare la fase di transizione dell'uscita della Gran Bretagna fino alla fine del 2020, nel caso il Regno Unito decida di proseguire sulla strada tracciata insieme all'Unione europea di un'uscita regolata;

   l'Italia è l'unico tra i maggiori Paesi europei a non essersi ancora dotato di un piano organico normativo di emergenza in caso di uscita senza accordo della Gran Bretagna dall'Unione europea, nonostante manchino solo 40 giorni al 29 marzo, minimamente sufficienti a voler adottare ormai la sola decretazione di urgenza –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda mettere in campo per promuovere l'adozione di una normativa italiana specifica per il caso di uscita dall'Unione europea del Regno Unito senza un accordo o con uscita regolata dall'Unione europea, anche in vista delle prossime elezioni europee, nonché per la tutela dei rapporti economici e politici del nostro Paese, degli italiani nel Regno Unito e dei britannici in Italia.
(5-01532)


   SABRINA DE CARLO, EHM, CARELLI, OLGIATI e SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Antonio Consalvo è detenuto da circa 10 mesi nel carcere di Negombo, in Sri Lanka;

   Consalvo si trova in carcere poiché tornando dalla Thailandia, durante lo scalo nell'aeroporto della città di Colombo, fu trovato in possesso di una modica quantità di marijuana;

   secondo quanto si apprende da fonti locali, Consalvo dovrebbe essere scarcerato a breve a patto che il suo avvocato compia dei non meglio specificati «passi necessari»;

   al momento però, il suo avvocato, come comunicato dalla famiglia e dal personale diplomatico dell'Ambasciata italiana a Colombo, sarebbe irreperibile;

   Antonio Consalvo sarebbe assistito da alcuni suoi amici che regolarmente provvedono a recapitargli in carcere generi di prima necessità e risulta all'interrogante che la famiglia sia riuscita a spedire un pacco con alcuni generi alimentari che sarebbe stato consegnato nelle mani del direttore del carcere di Negombo;

   secondo quanto a conoscenza della madre di Consalvo, Antonio sarebbe detenuto «in condizioni disumane», costretto a condividere con altri detenuti a turni lo spazio a terra dove poter dormire, dove avrebbe contratto delle infezioni a causa delle scarse condizioni igieniche;

   il personale dell'Ambasciata italiana a Colombo avrebbe di recente fatto una visita ad Antonio in carcere e lo avrebbe trovato in «buone condizioni fisiche» –:

   quali iniziative abbia intrapreso il Governo affinché l'ulteriore permanenza di Antonio Consalvo in carcere in Sri Lanka avvenga in condizioni di rispetto dei diritti umani e comunque non degradanti in vista di iniziative necessarie a riportare in Italia Antonio Consalvo.
(5-01533)


   LUPI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro della difesa ha annunciato l'avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan entro un anno;

   i nostri militari, 800 effettivi, sono attualmente impegnanti in attività di addestramento delle Forze di sicurezza afghane;

   gli attacchi dei talebani sono quotidiani e hanno inflitto perdite a poliziotti e soldati afghani per un totale di 45.000 uomini, secondo quanto dichiarato dal Presidente Ashraf Ghani;

   il Generale Noorullah Qadiri, Comandante militare afghano del settore occidentale (dove operano i militari italiani), ha dichiarato: «In meno di dieci mesi abbiamo avuto 800 morti e 1100 feriti (...) Ringrazio di cuore la comunità internazionale che ci aiuta e soprattutto gli italiani. Però non siamo ancora autosufficienti. Se fossimo lasciati soli rischieremmo di essere sopraffatti»;

   testimonianze raccolte tra la popolazione e riportate oggi da organi di stampa italiani dicono: «Occorre che gli italiani restino, sono una garanzia per l'ordine interno e la crescita»;

   per la Nato il ritiro del contingente italiano è «prematuro». «Siamo in Afghanistan per creare le condizioni di una soluzione pacifica negoziata – ha detto il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg – non lasceremo prima di avere una situazione che ci permetterà di ridurre il numero di truppe, il nostro obiettivo è quello di impedire che il Paese torni a essere un paradiso sicuro per il terrorismo internazionale»;

   quando il Ministro della difesa diede l'annuncio del ritiro a il Ministro interrogati si trovava a Gerusalemme, e ai giornalisti che lo interpellarono sulla questione, dichiarò: «Ritiro Italiano? Lo apprendo da voi. Ne parlerò con Roma» –:

   se, siano avvenuti i chiarimenti interni al Governo in merito, siano state assunte le conseguenti determinazioni da parte del Ministro interrogato, in quanto responsabile della politica estera del nostro Paese, sul disimpegno italiano da un fronte così delicato, che ha visto l'impegno e il sacrificio di tanti nostri militari, impegno e sacrificio che potrebbero essere vanificati.
(5-01534)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO e OCCHIONERO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   la popolazione della Repubblica Democratica del Congo continua da tempo a vivere una profonda crisi umanitaria;

   il Premio Nobel e Premio Sacharov, Dottor Denis Mukwege, ha riportato l'attenzione sulla spirale di violenze continua nella Repubblica Democratica del Congo, invitando la comunità internazionale ad agire con urgenza;

   nel rapporto dell'Ohchr sulla Repubblica Democratica del Congo viene denunciato un rischio di genocidio e molteplici crimini di guerra, crimini contro l'umanità;

   le organizzazioni umanitarie denunciano numerosi casi di stupri, violenze, torture e massacri;

   nel gennaio 2018 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla Repubblica Democratica del Congo, ribadendo la sua profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione umanitaria, politica e della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo;

   l'epidemia di ebola continua a mietere vittime, 461 decessi al momento, soprattutto nelle province di Kivu Nord e Ituri;

   numerose fonti giornalistiche denunciano il perpetrarsi di violenze di vario genere, come nel caso di alcune donne alle quali sono stati chiesti favori sessuali in cambio di vaccini per l'ebola –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti esposti in premessa e la grave e costante violazione dei diritti umani perpetrata nella Repubblica Democratica del Congo;

   quali iniziative intenda mettere in campo il Governo, anche in seno all'Unione europea, al fine di giungere alla cessazione di tali violenze.
(4-02308)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOMBARDO, PARENTELA, DAVIDE AIELLO e MARAIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2016, è stata prevista l'istituzione del Parco nazionale dell'Ente parco nazionale «Isola di Pantelleria»;

   l'Ente parco, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ricomprende il territorio della ex R.N.O. «Isola di Pantelleria» e due siti di importanza comunitaria: il Sic ITA010020 Isola di Pantelleria – Area costiera, falesie e Bagno dell'Acqua e il Sic ITA010019 Isola di Pantelleria – Montagna grande e Monte Gibele, nonché la parte terrestre della Zps ITA 010030 Isola di Pantelleria e area marina circostante;

   con il decreto ministeriale n. 149 del 13 giugno 2017 si provvedeva alla nomina del dottor R. Grimaldi, quale commissario straordinario dell'Ente parco e di 2 sub-commissari, la dottoressa Maria Pia Bottino e dottor Silvio Vetrano;

   il comma 11 dell'articolo 9 della legge n. 394 del 1991 stabilisce che «il direttore del parco viene nominato dal Ministro dell'Ambiente, previo concorso pubblico – per titoli ed esami – per dirigente superiore del ruolo speciale di “Direttore di parco”, istituito presso il Ministero dell'Ambiente [...], ovvero con contratto di diritto privato stipulato per non più di cinque anni con soggetti iscritti in un elenco di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco. In sede di prima applicazione, e comunque per non oltre due anni, il detto contratto può essere stipulato con soggetti particolarmente esperti in materia naturalistico-ambientale, anche se non iscritti nell'elenco»;

   l'attuale presidente dell'Ente parco nazionale, dottor S.G. Gabriele, con deliberazione presidenziale n. 1 del 29 giugno 2018, provvedeva al conferimento dell'incarico di direttore f.f. al dottor A.G. Parrinello, dirigente regionale delegato a partecipare al tavolo istituzionale per l'istituzione del parco nelle more dell'approvazione dello statuto e della pianta organica;

   la nomina avveniva – previa richiesta alla regione siciliana dell'assegnazione temporanea, a tempo pieno e per la durata di 12 mesi – ai sensi dell'articolo 39 della legge regionale n. 6 del 2009 e dell'articolo 47 del Contratto collettivo regionale di lavoro dei dirigenti 2002-2005, per un impegno di spesa pari a euro 110.000,00; la citata deliberazione presidenziale riporta: «la richiesta di assegnazione temporanea del dr. A.G. Parrinello è espressamente motivata dalla necessità di attribuire allo stesso l'incarico di direttore facente funzioni, fino ad avvenuto espletamento delle procedure disposte dall'articolo 9, comma 11 della legge n. 394 del 1991, finalizzate alla nomina, con decreto del Ministro dell'Ambiente, del direttore del parco»;

   è istituito presso il Ministero dell'ambiente dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco come previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale 10 agosto 1999;

   la nomina del direttore dell'Ente parco nazionale è di esclusiva competenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la nomina del presidente, avvenuta con decreto ministeriale n. 27 del 2 febbraio 2018, è stata fatta in un periodo in cui le Camere erano sciolte: veniva designato il sindaco all'epoca in carica presso il comune di Pantelleria al quale la nomina avrebbe garantito la continuità di un incarico pubblico, a giudizio degli interroganti in palese conflitto d'interesse per gli atti firmati e gli impegni assunti nel periodo-concomitante alla doppia carica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e intenda adottare le iniziative di competenza, ai sensi del comma 11 dell'articolo 9 della legge n. 394 del 1991, per procedere alla nomina del nuovo direttore del parco, attingendo dall'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco come previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale 10 agosto 1999.
(4-02311)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MENGA, GRIPPA e LATTANZIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il territorio di Ordona, piccolo comune della provincia di Foggia, è noto per l'abbondante materiale di scavo proveniente dalle sue necropoli;

   la partecipazione al bando pubblico della regione Puglia – area IV Po-Fesr 2007/2013 «Riqualificazione e valorizzazione del sistema Museale» è valsa l'aggiudicazione del finanziamento di euro 750.200 per la realizzazione del Museo civico di Ordona denominato «Herdonia Museo Archeologico»;

   malgrado l'ingente somma finanziata, non sono stati previsti né il progetto scientifico di allestimento né la spesa per il restauro e la musealizzazione dei reperti;

   per tale motivo al momento dell'inaugurazione e a tutt'oggi il museo civico di Ordona si presenta spoglio, nonostante le campagne di scavo iniziate nel 1962 abbiano riportato alla luce numerosi reperti archeologici, quali il «Tesoretto di Ordona», che consta di ben 147 monete d'oro attualmente in deposito presso il Museo di Taranto e in attesa di valorizzazione museale, e i «Ricami del guerriero», frammenti di tessuti decorati, i più antichi rinvenuti in Italia, risalenti ai primi decenni del IV secolo a.C., custoditi a Roma presso l'istituto superiore del restauro ma destinati al rientro in Puglia;

   nonostante le richieste ufficiali di concessione da parte del comune di Ordona, non v'è certezza che tali reperti saranno restituiti alla loro terra d'origine, perché la fase istruttoria per i depositi di beni archeologici di proprietà statale spetta alla Soprintendenza competente per territorio, che dovrà valutare i progetti presentati e il loro conseguente accoglimento;

   l'amministrazione comunale di Ordona ha, pertanto, commissionato all'archeologa Julia Angelika Maria Ruckl il progetto scientifico per l'allestimento del museo, con l'intenzione di annoverare tra i reperti da esporre i due succitati, essendo questi i ritrovamenti di maggior importanza riportati alla luce nell'area archeologica che insiste all'interno dello stesso comune. La realizzazione di tale progetto ha subìto, tuttavia, una battuta di arresto a seguito della pubblicazione del bando per l'affidamento dell'allestimento del museo di Manfredonia, in cui è comparso un riferimento a una teca destinata a contenere i «Ricami del Guerriero». Non è chiaro, dunque, se la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia sia ancora impegnata con il vaglio dei progetti presentati per l'aggiudicazione dei suddetti «Ricami», nonché con il vaglio delle richieste relative alla concessione del «Tesoretto di Ordona», conservato nel deposito del Museo archeologico di Taranto, e di tutti i numerosi reperti archeologici provenienti da Ordona catalogati ed esposti nelle sale del Museo civico di Foggia, oppure se ne abbia già determinato la destinazione finale;

   la struttura museale di Ordona è nata per raccontare la storia della popolazione dauna, dell'antica città romana di Herdonia e delle campagne archeologiche; per tali ragioni sarebbe il contenitore naturale nel quale i suddetti reperti potrebbero essere valorizzati ed esposti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario verificare lo stato dei procedimenti relativi alle richieste presentate alla Soprintendenza per l'aggiudicazione del «Tesoretto di Ordona» e dei «Ricami del Guerriero»; qualora le sedi di assegnazione fossero già state individuate, quali siano i musei di destinazione di tali reperti nonché i criteri di valutazione sottesi alle scelte operate dalla Soprintendenza, ciò al fine di fornire informazioni utili al completamento del progetto scientifico di allestimento riguardante il Museo Civico di Ordona.
(5-01523)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la normativa tributaria italiana mostra particolare attenzione per le persone con disabilità e per i loro familiari, riservando loro numerose agevolazioni fiscali;

   il quadro normativo delle diverse situazioni cui sono riconosciuti benefici fiscali in favore di contribuenti portatori di disabilità è estremamente complesso, poiché frutto della stratificazione di numerosi atti legislativi e amministrativi che, nel corso degli anni, sono intervenuti in materia, regolandone l'ambito soggettivo, le modalità e le procedure relative all'accesso ai benefici fiscali;

   tale complessità ostacola la conoscibilità e la piena consapevolezza per i cittadini potenzialmente beneficiari delle agevolazioni fiscali esistenti nel nostro ordinamento;

   per ovviare a tali inconvenienti, l'Agenzia delle entrate provvede alla redazione di una guida informativa ufficiale per facilitare l'accesso dei cittadini a tali informazioni;

   tale guida informativa necessiterebbe, in ragione dei continui sviluppi in materia, di un continuo aggiornamento che permetta di recepire le modifiche apportate alla normativa;

   l'ultimo aggiornamento della guida informativa ufficiale alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilità, pubblicata a cura dell'Agenzia dell'entrate (sezione pubblicazioni on line dell'ufficio comunicazione) sul proprio sito ufficiale, risale al mese di gennaio 2017;

   tale guida rappresenta uno strumento informativo di grande importanza sia, in via diretta, per i soggetti beneficiari delle suddette agevolazioni, sia per gli enti di prossimità, i quali svolgono fondamentali attività di diffusione delle informazioni in favore dei beneficiari –:

   se il Governo ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché l'Agenzia delle entrate provveda a un aggiornamento annuale della guida informativa in modo tale da rendere più agevole la diffusione delle informazioni inerenti alle agevolazioni fiscali per persone con disabilità, anche per il tramite degli enti di prossimità.
(4-02304)


   COLLETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate-riscossione (Ader) ha pubblicato un nuovo regolamento per la costituzione e la gestione dell'elenco avvocati per l'affidamento di incarichi di rappresentanza e difesa in giudizio;

   al punto 5 (Requisiti di iscrizione) del suddetto regolamento si legge che i candidati, ai fini dell'iscrizione e della permanenza nell'elenco: «dal 1° gennaio 2015 alla data di pubblicazione dell'Avviso sulla GURI, [sono tenuti ad] aver realizzato un fatturato specifico in attività analoghe a quelle oggetto della specifica Sezione per la quale si chiede l'iscrizione pari ad almeno a 50.000 euro, IVA e CPA escluse, o in alternativa, aver svolto nel medesimo periodo almeno 50 incarichi in attività analoghe»;

   l'articolo 83, comma 5, del codice degli appalti prevede, in effetti, la possibilità dell'inserimento, per un appalto di servizi e forniture, di un valore di «fatturato minimo», a garanzia che le imprese appaltate abbiano i requisiti necessari per portare a compimento l'appalto;

   il comma 2 dello stesso articolo però prevede che «I requisiti e le capacità [...] sono attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto»;

   trattandosi nel caso specifico di singoli liberi professionisti che non richiedono un'organizzazione economica capillare per l'espletamento di singoli affari giuridici, l'applicazione del «fatturato minimo» di 50.000 euro sembrerebbe quindi infondata, ben potendosi applicare, eventualmente, un requisito di esperienza minima esclusivamente per contenziosi di valore particolarmente importante;

   considerato anche il fatto che gli onorari previsti dal bando stesso sembrano essere alquanto bassi, il rischio potrebbe essere che i grandi studi possano comunque appaltare la difesa dell'Ente, anche a causa dei grandi volumi di contenzioso, ad avvocati esterni ovvero a praticanti di studio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del contenuto del bando e quali iniziative intenda intraprendere al fine di permettere anche ai giovani avvocati l'iscrizione a tale elenco.
(4-02310)

FAMIGLIA E DISABILITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI, VINCI, MURELLI, TOMBOLATO, PIASTRA, TONELLI, RAFFAELLI, CESTARI, TOMASI e GOLINELLI. — Al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   secondo recenti dati diffusi dall'Istat, nel nostro Paese vivono circa 4 milioni e 360 mila persone con disabilità, delle quali 2 milioni e 600 mila hanno una età superiore a 65 anni e vivono nelle regioni del Mezzogiorno;

   un terzo di esse vive solo, percentuale che sale addirittura al 42,4 per cento se si considera la popolazione con età superiore ai 65 anni;

   quasi un quarto delle persone con disabilità ha gravi problemi di mobilità, non riesce a camminare o a salire le scale, il 5 per cento ha problemi di udito, il 6 per cento ha problemi di vista, l'8,5 per cento soffre di gravi disturbi depressivi;

   per loro, nel 2016, lo Stato ha speso circa 28 miliardi di euro, quasi interamente destinati al pagamento di trattamenti pensionistici;

   nonostante ciò, l'aiuto che lo Stato offre a tali persone non è sufficiente e sono molti gli italiani direttamente interessati che lamentano scarso supporto da parte delle istituzioni pubbliche;

   sono pochi i fondi che vengono erogati e non sempre questi sono sufficienti a consentire al cittadino di coprire tutte le spese, soprattutto nel caso in cui si necessiti di un'assistenza;

   qualche anno fa, in particolare, un cittadino italiano, completamente paralizzato a seguito di un incidente stradale accaduto quando era poco più che diciottenne e divenuto progressivamente cieco a causa di problemi alla retina, ha deciso di recarsi in Svizzera per togliersi la vita, in quanto non riusciva a sostenere tutte le spese derivanti dalle cure di cui aveva assoluto bisogno;

   i dati sono ancora più allarmanti se si considerano i fondi stanziati per i migranti;

   ad esempio, per il 2017 il Governo ha stanziato 450 milioni di euro in favore del Fondo nazionale per la non autosufficienza, istituito dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, mentre nello stesso anno le spese per il soccorso e l'accoglienza dei migranti sono ammontate a ben 4,6 miliardi di euro;

   in particolare, presso alcune realtà regionali come quella dell'Emilia-Romagna i fondi pubblici per istituire tirocini di orientamento e formazione o inserimento e reinserimento sono destinati non soltanto a persone con disabilità ma anche a richiedenti asilo e protezione internazionale o umanitaria;

   nella regione citata, nel 2018, su 3631 tirocini attivati ben 1758 sono stati rivolti a richiedenti asilo o protezione internazionale, per un importo complessivo di oltre il 48 per cento delle risorse stanziate –:

   se non ritenga di adottare iniziative per aumentare i fondi stanziati per le persone con disabilità che paiono eccessivamente ridotti, soprattutto se paragonati alla spesa che lo Stato sostiene annualmente per i migranti;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per permettere alle persone con disabilità, e soprattutto a quelle non autosufficienti, di sostenere le cure necessarie ad avere una vita dignitosa.
(4-02309)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato in questi giorni dal sindacato di categoria Uspp-Ugl (https://www.ilpiacenza.it) anche al personale di polizia penitenziaria che utilizza la caserma ed è in servizio alla casa circondariale di Piacenza, così come a quello degli altri istituti di pena ubicati sul territorio nazionale, è pervenuta la richiesta di pagamento per l'utilizzo della stessa, oltre agli arretrati;

   gli effetti di detta richiesta erano stati in precedenza sospesi in ragione del fatto che il personale che abita all'interno della struttura penitenziaria non è mai completamente libero dal servizio, atteso che, in caso di necessità o di emergenza, ha l'obbligo di riprendere il servizio anche se è a riposo;

   il costo medio richiesto per l'utilizzo dell'alloggio all'interno della struttura carceraria è quantificato in 50/100 euro mensili, mentre il costo medio degli arretrati riferito a un anno di alloggio si aggira sui 750 euro;

   nella maggiore parte dei casi le strutture utilizzate dal personale della polizia penitenziaria sono fatiscenti, rese agibili soltanto in ragione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria i cui costi sono stati sostenuti dal personale stesso;

   la sopra rappresentata vicenda appare del tutto paradossale, a fronte dell'evidente situazione in cui versano le caserme, dello stato degli organici della polizia penitenziaria, dei ritardi nell'approvvigionamento del vestiario e nella liquidazione dei rimborsi di missioni e straordinari. Non solo, le spese per l'acquisto di mostrine, anfibi e divise è a carico di quel personale che intende dare un certo decoro alla divisa di ordinanza, e ciò in ragione del fatto che non viene garantito il regolare approvvigionamento dei magazzini adibiti al vestiario –:

   se i fatti siano noti al Ministro interrogato, quali siano i suoi orientamenti al riguardo e quali urgenti iniziative intenda assumere per porre fine a una situazione, quale quella rappresentata in premessa, non più ulteriormente tollerabile.
(4-02302)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BERGAMINI, MUGNAI, RIPANI, SOZZANI, MULÈ e ROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la conferenza di servizi per l'approvazione del piano di sviluppo aeroportuale di Firenze svoltasi il 29 gennaio 2019, già aggiornatasi dopo la riunione del dicembre 2018, ha rinviato, a giudizio degli interroganti immotivatamente e illegittimamente, al mese di febbraio 2019 la formulazione del parere di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali, che pure era a conoscenza della situazione da oltre un mese;

   finalmente, dopo 30 anni, la conferenza di servizi del 6 febbraio 2019 ha deliberato il «via libera» urbanistico al potenziamento dell'aeroporto di Firenze, prevedendo la costruzione di una nuova pista di volo (lunghezza 2.400 metri) in sostituzione dell'attuale al fine di garantire migliori prestazioni e maggiore sicurezza, e l'ampliamento dell'aeroporto, per un importo pari circa a 350 milioni di euro;

   con riguardo alle risorse, la società Toscana Aeroporti, quotata in borsa e controllata al 62 per cento dalla società America Italia della famiglia Eurnekian, avrebbe fatto affidamento finora a un importo di 150 milioni di euro, 100 dei quali previsti dal bilancio di Enac e 50 appostati dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (cosiddetto Sblocca Italia);

   come rilevano i media locali e nazionali, la deliberazione in senso favorevole non era da darsi per scontata in considerazione delle esternazioni, più volte replicate, da parte del Ministro interrogato in merito al futuro dell'opera. Lo stesso, infatti, come confermato nelle ultime settimane dai consiglieri toscani del Movimento 5 Stelle, considererebbe i 150 milioni di euro impiegabili esclusivamente ai fini della riqualificazione dell'aeroporto Peretola di Firenze come city airport (50 milioni) e per il potenziamento dell'aeroporto Galilei di Pisa (100 milioni);

   il «via libera» urbanistico e ambientale deliberato dalla conferenza di servizi rappresenta sicuramente un passaggio importante e molto atteso che, però, non assicura ancora la definitiva realizzazione dei lavori, che appaiono ancora più incerti alla luce delle dichiarazioni degli esponenti del Governo e della maggioranza –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza per permettere la realizzazione dei lavori di costruzione della nuova pista di volo e l'ampliamento dell'aerostazione di Firenze di cui in premessa.
(3-00545)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Torino, la notte tra il 12 e il 13 febbraio 2019, dei militanti di Forza Nuova hanno appeso uno striscione, contenente un chiaro messaggio intimidatorio, davanti l'ingresso dei locali dove era prevista un'iniziativa di autofinanziamento della onlus «il Pulmino verde»;

   l'azione è stata rivendicata anche sul profilo Facebook del movimento neofascista;

   la scritta contiene l'ormai consueto «la pacchia è finita» e una chiara minaccia «Pulmino verde occhio a non sbandare»;

   questo clima di gratuita intolleranza nei confronti di associazioni, movimenti, uomini e donne che si occupano di immigrazione e accoglienza sta diventando veramente preoccupante;

   l'associazione «il Pulmino verde» è nata quasi tre anni fa per svolgere un'attività di sensibilizzazione in materia di migrazione, fornendo alla cittadinanza un'informazione corretta sull'argomento, fuori da ogni luogo comune e stereotipo;

   tra le attività svolte dall'associazione ci sono anche lezioni di italiano e di educazione civica ai ragazzi ospitati nei centri d'accoglienza e momenti di formazione sul fenomeno migratorio;

   non è la prima volta che Forza Nuova attacca questa associazione, già nel mese di giugno 2018 alcuni striscioni con scritte analoghe erano stati affissi dove alla sera Il Pulmino verde avrebbe tenuto un incontro;

   il Pulmino verde è una delle tante associazioni impegnate nel rendere l'Italia un posto migliore per tutti, occupandosi di accoglienza e cooperazione ed è compito delle istituzioni fornire alla stessa protezione ed impedire che venga minacciata attraverso questi ignobili gesti;

   occorre arrestare immediatamente la retorica della paura che alcune organizzazioni xenofobe continuano a fomentare nel nostro Paese, organizzazioni che, ispirandosi apertamente e dichiaratamente al fascismo, a parere dell'interrogante andrebbero sciolte proprio perché si pongono al di fuori e in contrasto con i valori sanciti dalla Costituzione;

   non ci può essere alcuno spazio né tolleranza nei confronti dei gruppi neofascisti che minacciano chi aiuta i più deboli ed esercita quotidianamente la solidarietà attraverso gesti concreti –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per garantire maggior tutela e «agibilità» a tutte quelle associazioni che si occupano di immigrazione, accoglienza e cooperazione per consentire loro di operare senza dover subire alcuna forma di pressione, minaccia, intimidazione o insulto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente iniziative come quelle esposte in premessa, essendo solo l'ultima di una serie di episodi di aggressione o intimidazione nei confronti di associazioni, movimenti, uomini e donne che si occupano di accoglienza e del fenomeno migratorio;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo a seguito dell'iniziativa e della conseguente rivendicazione richiamata in premessa, considerato che all'interrogante la stessa appare di fatto tale da determinare un effetto intimidatorio da parte di un movimento neofascista nei confronti della onlus il Pulmino verde, non essendo, tra l'altro, neanche la prima volta che la stessa associazione è vittima di tali attacchi da parte del medesimo movimento neofascista Forza Nuova.
(4-02303)


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni i lavoratori del Corpo valdostano dei vigili del fuoco manifestano i loro notevoli disagi che riguardano soprattutto l'aspetto retributivo e quello previdenziale;

   i vigili del fuoco valdostani non godono, infatti, degli stessi diritti di accesso alla pensione degli altri loro colleghi in ambito nazionale e hanno un sistema di calcolo penalizzante;

   per tali motivi il 12 e 13 febbraio 2019 è stato indetto un referendum consultivo, per l'esercizio di un loro diritto sancito dall'articolo 21 dello statuto dei lavoratori;

   la quasi totalità del personale del Corpo valdostano dei vigili del fuoco, ben il 96 per cento, ha espresso, con tale strumento, la volontà di ritransitare alle dipendenze del Ministero dell'interno;

   si ricorda che l'articolo 2 dello statuto speciale della Valle D'Aosta approvato con legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 4, nell'elencare le materie nelle quali la regione ha potestà legislativa, alla lettera Z) indica i servizi antincendio –:

   se il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, d'intesa con la regione, per individuare soluzioni alla questione esposta, in particolare in ordine alle differenze penalizzanti in ambito previdenziale.
(4-02307)


   FIDANZA, LUCA DE CARLO, ACQUAROLI e ROTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 26 dicembre 2018 Daniele Belardinelli, detto Dede, è stato ucciso nel corso dei fatti violenti occorsi in occasione della partita di campionato Inter-Napoli;

   a seguito delle determinazioni degli organi competenti, la società FC Internazionale ha disputato due gare (Inter-Benevento di Coppa Italia del 13 gennaio e Inter-Sassuolo di campionato del 19 gennaio) a porte chiuse nonché una ulteriore gara (Inter-Bologna di campionato del 3 febbraio) con il settore secondo anello verde (curva nord) chiuso;

   la morte di Daniele Belardinelli ha profondamente colpito e addolorato la tifoseria organizzata dell'Inter;

   le espressioni di cordoglio si sono moltiplicate anche da parte di tifoserie storicamente rivali di quella interista, le cui delegazioni hanno preso parte alle esequie di Daniele Belardinelli in un clima di lutto e reciproco rispetto;

   tale dolore è aggravato dalla circostanza che, a distanza di molte settimane dalla tragica morte, non è stato ancora possibile individuarne i responsabili;

   nelle successive partite la tifoseria organizzata interista ha ritenuto di ricordare il tifoso scomparso con inoffensivi striscioni riportanti il viso di Belardinelli con la scritta «Ciao Dede», in segno di saluto all'amico morto;

   in ripetute occasioni (Torino-Inter del 27 gennaio, Parma-Inter del 9 febbraio) su disposizioni delle autorità preposte, è stato impedito l'accesso allo stadio del suddetto striscione;

   tale decisione è stata accolta con sconcerto da parte dei tifosi interisti, ai quali si sta impedendo di ricordare con un innocuo striscione il proprio amico morto;

   tale condotta appare, a giudizio degli interroganti, irragionevole e sproporzionata nonché foriera di possibili ulteriori tensioni che invece andrebbero in ogni modo evitate –:

   se sia a conoscenza di tali fatti e se intenda intervenire presso le autorità di pubblica sicurezza per evitare decisioni, a giudizio degli interroganti, arbitrarie consentendo così ai tifosi interisti di onorare, in modo del tutto legittimo e non ostile, la memoria di Daniele Belardinelli.
(4-02312)


   FIDANZA, CIABURRO, CARETTA, LUCA DE CARLO, MONTARULI e LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi, su tutto il territorio nazionale, si sono ripetuti episodi intimidatori da parte di gruppi animalisti estremisti nei confronti di liberi cittadini impegnati in attività venatorie;

   tali episodi, documentati dalla stampa cartacea e sul web, si sono fatti via via più insistenti;

   a margine della manifestazione «Hit Show», dedicata al mondo della caccia svoltasi a Vicenza nel fine settimana 8-10 febbraio 2019, in particolare nella giornata di sabato 9 febbraio, all'esterno della fiera di Vicenza si è tenuto un presidio organizzato da varie sigle del mondo estremista animalista (tra cui si è distinto il gruppo «Cento per cento animalisti» che ha rivendicato pubblicamente l'azione), durante il quale gli avventori alla fiera che passavano nei pressi sono stati pesantemente insultati e minacciati, in alcuni casi con tentativi di aggressione da parte dei manifestanti;

   in tale occasione soltanto l'intervento delle forze dell'ordine ha impedito che l'aggressione di cui sopra degenerasse;

   l'attività venatoria si svolge in forma legale secondo i dettami della legge vigente e, pertanto, ogni turbativa alla stessa rappresenta una turbativa all'ordine pubblico e come tale deve essere contrastata –:

   quali iniziative intenda assumere per impedire il ripetersi di manifestazioni violente ad opera degli estremisti animalisti e «no-caccia», volte a minare la serenità dell'attività venatoria.
(4-02313)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli Its, istituti tecnici superiori, sono percorsi di specializzazione tecnica post diploma, riferiti alle aree considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del nostro Paese;

   mission degli Its è acquisire, dopo il diploma, un'alta specializzazione tecnologica indispensabile per un inserimento qualificato nel mondo del lavoro;

   nel 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con apposito decreto, istituì le nuove lauree triennali professionalizzanti pensate per armonizzare l'uscita dagli istituti tecnici superiori Its e l'entrata all'università, orientando però il corso di studi verso il contesto lavorativo. I percorsi prevedono due anni di studio tradizionale e uno di pratica presso studi professionali o aziende;

   le università che ad ottobre 2018 dichiaravano l'avvio di un percorso sperimentale erano 14 e per ogni laurea professionalizzante al massimo erano previsti 50 iscritti;

   particolare trend positivo ha da sempre accompagnato i 64 Its presenti nel nostro Paese, istituiti con legge n. 144 del 1999: secondo un monitoraggio 2017 effettuato dall'Indire – l'ente che sovraintende e coordina gli Its – il 79,1 per cento delle diplomate e dei diplomati (pari a 1.398 ragazze e ragazzi, su un totale di 2.374, oggi 2774) ha trovato un lavoro entro un anno dalla fine del percorso, impiego che nell'87,5 per cento dei casi è coerente con il diploma conseguito. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha definito un programma di sviluppo a livello nazionale finalizzato a incrementare l'offerta formativa e, conseguentemente, i soggetti in possesso di competenze abilitanti;

   a tale scopo, il fondo dedicato agli Its è stato incrementato di 10 milioni di euro nell'anno 2018, 20 milioni di euro nell'anno 2019 e 35 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020;

   per il 2018 le risorse del fondo Its sono passate da euro 13.142.956,00 a euro 23.142.956,00; per il 2019, le risorse del fondo Its passano da euro 13.355.436,00 a euro 33.355.436,00; per il 2020, le risorse del fondo Its passano da euro 13.355.436,00 a euro 48.355.436,00;

   con il decreto ministeriale n. 394 del 16 maggio 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fornito le disposizioni attuative sui piani di sviluppo, ribadendo la necessità che queste risorse fossero desinate a incrementare i corsisti;

   i 10 milioni di euro stanziati per il 2018 devono consentire la realizzazione di percorsi aggiuntivi di specializzazione tecnica superiore. La mancata attivazione, da parte dell'Its, dei percorsi aggiuntivi comportava il recupero delle risorse assegnati nell'ambito dei piani di sviluppo e la riduzione delle risorse assegnate a titolo di finanziamento ordinario;

   sempre nel 2018 ha preso avvio il percorso delle «lauree professionalizzanti» post diploma della durata triennale che come nel caso degli Its prevede ingenti periodi di stage aziendale –:

   quale sia l'esito del monitoraggio dei percorsi aggiuntivi alla luce delle risorse supplementari destinate al sistema Its, nonché l'esito dell'avvio dei percorsi delle lauree professionalizzanti.
(5-01524)


   VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i licei a indirizzo musicale sono stati istituti tramite il regolamento recante «Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», assicurando la continuità dei percorsi formativi per gli studenti provenienti dai corsi ad indirizzo musicale di scuola secondaria di I grado. In prima battuta, nel decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, furono individuate le stesse classi di concorso strumentali normate nella scuola secondaria di I grado con codice generico A-55. In seconda battuta, dopo il decreto ministeriale n. 374 del 2017, sono state istituite sottoclassi con l'inclusione di nuove classi di concorso strumentali e di canto. Nel decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, come requisiti di accesso all'abilitazione per la classe di concorso generica A-55, sono considerati titoli validi anche il diploma di Jazz del previgente ordinamento e il diploma accademico di II livello in musica Jazz; per ambedue è necessario il possesso del diploma accademico relativo allo specifico strumento;

   nei conservatori, il corso di diploma in musica Jazz fu istituito con il decreto ministeriale 13 aprile 1992. In seguito furono attivati i diplomi accademici di I e II livello in via sperimentale, tra cui anche quello generico di musica Jazz, tramite la legge n. 508 del 1998. I diplomi accademici di I livello furono messi in ordinamento tramite il decreto ministeriale n. 124 del 2009, con la trasformazione del triennio «generico» di musica Jazz in diversi specifici percorsi per strumenti e canto jazz. Con il decreto ministeriale n. 14 del 2018 furono messi in ordinamento anche i vecchi corsi biennali sperimentale, tra cui quello generico di musica e canto jazz;

   molti conservatori si sono dotati di corsi propedeutici triennali, in preparazione dell'esame di ammissione al triennio di musica Jazz. Con la diminuzione di iscritti al previgente ordinamento ormai ad esaurimento, molti conservatori hanno deciso di istituire corsi pre-accademici per tutti i corsi non solo quelli ad indirizzo jazz. Dopo la messa in ordinamento dei trienni, decreto ministeriale n. 124 del 2009, molti istituti hanno attivato corsi pre-accademici in strumento e canto jazz;

   con l'approvazione del decreto n. 382 del 2018 è approvata l’«Armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico-musicale» in cui è previsto un periodo propedeutico cui si accede attraverso precisi requisiti da accertare in sede di esame di ammissione e individuati anche per tutte le classi strumentali/vocali a indirizzo jazz che fanno specifico riferimento ai settori artistico disciplinari;

   allo stato attuale il concetto di «armonizzazione» decade proprio per il settore musica Jazz, antica e/o elettronica essendo completamente assenti dalle sotto classi di concorso le relative materie (codice Sidi decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016);

   la necessità di questa organizzazione didattica è dettata dalla specificità del percorso ad indirizzo jazz rispetto a quello di indirizzo classico, poiché un indirizzo jazz non è una semplice specializzazione di un percorso comune a quello classico, ma ha specifiche peculiarità che partono già da un livello di studio di base. A maggior conferma di ciò, il decreto ministeriale n. 14 del 2018 mette in ordinamento anche il vecchio corso biennale sperimentale di musica Jazz, a sua volta ampliato per gli stessi corsi strumentali di jazz previsti nei diplomi accademici triennali –:

   se, vista la situazione attuale dove nei conservatori il percorso formativo di strumenti e canto a indirizzo jazz non differisce, nelle sue specificità, da un corso di strumenti e canto a indirizzo classico, il Ministro stia valutando la possibilità di adottare iniziative per inserire nella classe di concorso A55 i codici specifici per ogni strumento e canto jazz come da «nota a» della tabella A, codice A-55 del decreto del Presidente della Repubblica n. 259 del 2017, affinché chi possiede i requisiti richiesti possa essere inserito in specifiche graduatorie.
(5-01526)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Teleperformance, multinazionale francese attiva da oltre 25 anni nei servizi di call center è presente in ben 62 Paesi del mondo, tra cui l'Italia. Attualmente conta 260 sedi e oltre di 750 clienti;

   Teleperformance Italia (In&Out s.p.a. a socio unico) nasce nel 2003 e ha registrato nel corso degli anni una crescita costante, raggiungendo nel 2010 ricavi pari a 72 milioni di euro. Nel nostro Paese Teleperformance Italia ha la sua unità maggiore con circa 1.600 lavoratori;

   già nel corso del 2017 la Teleperformance Italia annunciava che per contenere i costi e arginare le perdite (pari circa a 7 milioni di euro l'anno) avrebbe spostato parte del personale dell'amministrazione e dei servizi (circa 200 unità) presso le aree operative e di produzione. Una scelta che toccava in maniera rilevante la sede tarantina, dove sarebbero stati trasferiti circa novanta dipendenti per l'area operativa;

   il richiamato riassetto è stato aspramente criticato dalle rappresentanze sindacali, a causa dei rischi e delle preoccupanti notizie sul futuro del personale;

   nonostante sia passato oltre un anno, la Teleperformance Italia al termine della riunione del 14 febbraio 2019 presso la sede di Confindustria confermava i circa 300 esuberi tra le sedi di Taranto e di Roma, e quindi l'avvio delle procedure di crisi aziendale;

   nella medesima sede i rappresentanti dei lavoratori della Teleperformance Italia hanno proposto il ricorso al fondo d'integrazione salariale (Fis), al fine di garantire ai dipendenti un primo sostegno economico;

   la trattativa finalizzata al ricorso al Fis è fissata a partire dalla riunione del 28 febbraio 2019 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa, quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di tutelare i livelli occupazionali e salvaguardare le competenze e il valore professionale dei lavoratori coinvolti;

   se il Governo intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, volte al reimpiego dei lavoratori di Teleperformance Italia su commesse in cui non si registrano al momento eccedenze di personale, al fine di ridurre il numero di esuberi annunciato dalla Teleperformance Italia.
(3-00542)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la situazione dei lavoratori di Capitale Lavoro, società in house unipersonale della città metropolitana di Roma Capitale, è l'emblema del problema del precariato nella pubblica amministrazione, in particolare, nell'ambito dei centri per l'impiego;

   su 328 dipendenti di Capitale Lavoro, dal 1° febbraio 2019, 167 sono stati affittati a Laziocrea, società in house unipersonale della regione Lazio. I dipendenti «affittati», lavorano nei centri per l'impiego della ex area della provincia di Roma e, nonostante svolgano le stesse mansioni dei propri colleghi di ruolo da quasi 16 anni, vengono considerati risorse a supporto e sono privi di un riconoscimento. Inoltre, tale affitto scade il 31 dicembre 2020 da contratto, in alcuni casi anche prima di detta data, senza che sia prevista una soluzione per questi lavoratori, lasciando, tra l'altro, scoperti i servizi loro attribuiti per l'utenza. Pertanto, a giudizio dell'interrogante è seriamente compromesso il buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, che richiederebbe una volta per tutte la stabilizzazione di questi lavoratori;

   considerando la carenza di personale dei centri per l'impiego, soprattutto in vista dell'attuazione del reddito di cittadinanza, tale personale potrebbe essere inserito stabilmente presso gli stessi. La situazione di tale ambito è critica ed estesa, poiché coinvolge oltre 550 centri per l'impiego d'Italia, dove vi sono meno di seimila dipendenti di ruolo e migliaia di precari, paradossalmente in un servizio pubblico finalizzato a contrastare la disoccupazione. Diversa è la situazione negli altri Paesi europei: nei servizi per il lavoro, la Germania conta 98.739 addetti, il Regno Unito 74.080, 54 mila, la Francia, 8.945;

   ebbene, tra le ipotesi di intervento, la regione Lazio, alla luce della finanziaria, potrebbe già programmare l'indizione di un concorso, coinvolgendo i lavoratori di Capitale Lavoro e procedere a una regolare stabilizzazione;

   recentemente, il sindacato Usb è intervenuto sui lavoratori di Capitale Lavoro chiedendone la stabilizzazione immediata, attraverso la loro internalizzazione. Al riguardo, sarebbe opportuna una decretazione d'urgenza per l'internalizzazione di detto personale precario nei centri per l'impiego, vista la professionalità maturata che non può essere dispersa, nonché i titoli professionali detenuti, poiché, per la maggior parte, si tratta di laureati. Ciò consentirebbe, in tempi rapidi, di far fronte al fabbisogno di personale stabile e qualificato nei centri per l'impiego e di ripristinare il buon andamento della pubblica amministrazione che appare violato;

   non è accettabile che una pubblica amministrazione per anni sfrutti il lavoro di persone, facendo svolgere alle stesse le mansioni di personale in ruolo, in assenza di iniziative che consentano loro di progredire e ottenere un lavoro stabile con tutte le tutele che gli sono proprie –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti di cui in premessa e se e quali iniziative di competenza, anche normative e in raccordo con gli enti territoriali interessati, intenda assumere per tutelare questi lavoratori, consentendo ai medesimi di essere stabilizzati, dopo anni di sfruttamento da precari, anche per colmare la nota carenza di personale nei centri per l'impiego.
(5-01525)


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il presente atto di sindacato ispettivo fa seguito a una precedente interrogazione già depositata a cui non è pervenuta ancora risposta da parte del Governo;

   la società Brianza Plastica spa con sede legale in Carate Brianza ha un impianto presso l'area industriale della val Basento in territorio di Ferrandina in provincia di Matera che occupa 37 addetti;

   per la sede di Ferrandina che si occupa di produzione di sistemi di coibentazione e isolamento per edilizia industriale e residenziale, un settore afflitto da una grave e perdurante crisi congiunturale che ne ha contratto il volume di domanda, sono state avviate procedure per il licenziamento di 9 unità;

   nonostante le formule contrattuali e la riduzione dell'orario di lavoro che fino ad oggi hanno evitato l'esubero di personale, l'azienda non sembra intenzionata a recedere dal ridimensionamento delle unità di lavoro presso la sede di Ferrandina;

   le organizzazioni sindacali hanno più volte sollecitato l'apertura di un tavolo ministeriale senza ricevere ancora risposta per affrontare il futuro dell'impianto e scongiurare un ulteriore indebolimento produttivo del sito della Valbasento –:

   se e quando il Governo intenda convocare il richiesto tavolo di confronto con azienda, sindacati e regione Basilicata per scongiurare gli esuberi e assicurare la continuità produttiva dell'impianto di Ferrandina.
(5-01527)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   BERGAMINI e CARFAGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi due infermiere e una operatrice socio-sanitaria sono state aggredite e violentemente picchiate nel reparto di psichiatria del Nuovo ospedale delle Apuane (Massa), finendo al pronto soccorso per le gravi contusioni riportate;

   di recente, alcune decine di persone hanno assaltato il reparto di medicina d'urgenza dell'ospedale Sant'Anna e Santissima Maria della Neve di Boscotrecase, in provincia di Napoli, picchiando alcuni medici e infermieri presenti e danneggiando suppellettili e macchinari. L'impeto di violenza ha avuto luogo a seguito della morte di una 55enne originaria di Torre Annunziata, dopo un calvario durato quattro giorni, nel corso dei quali è stata ricoverata tra i reparti di cardiologia e medicina, mentre i medici tentavano invano di rianimarla;

   si tratta solo degli ultimi (di una innumerevole serie) casi di aggressione ai dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche; come sottolineano le persone coinvolte e diverse associazioni sindacali, tali episodi di violenza sono infatti all'ordine del giorno e spesso gli utenti scaricano l'aggressività sugli operatori sanitari per inefficienze organizzative che non sono imputabili al personale;

   pertanto, per contrastare un fenomeno ormai dilagante, è improcrastinabile porre l'attenzione su organizzazione, adeguamento degli organici, sicurezza dei luoghi di lavoro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere per non depotenziare ulteriormente la funzionalità degli ospedali richiamati in premessa e se, al fine di evitare il ripetersi di episodi analoghi, intenda adottare iniziative, anche normative, in sinergia con le regioni coinvolte, per assicurare che l'organizzazione interna delle strutture ospedaliere tenga in adeguata considerazione le effettive esigenze di personale e degenti.
(3-00543)


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   all'interno dell'azienda ospedaliero-universitaria policlinico Umberto I di Roma dal 1979 opera il Centro di alcologia;

   al Crarl sono riconosciute funzioni di natura assistenziale, di formazione universitaria e territoriale, di produzione scientifica e collaborazioni nazionali e internazionali;

   il Crarl è parte attiva nell'azienda in ambito trapiantologico nella Liver Trasplant Unit, con attività mediche e psicologiche;

   il Centro coopera con associazioni e comunità del terzo settore, offrendo assistenza medica in ambiti sociali fragili;

   da informazioni assunte dall'interrogante risulta che il personale precario abbia avuto una proroga dei propri contratti al 30 giugno 2019 da parte della direzione strategica aziendale con deliberazione del direttore generale n. 0001166 del 31 dicembre 2018, con l'indicazione «periodo congruo per il trasferimento del Crarl all'ASL Roma 1», senza chiarire come avverrà tale trasferimento, riguardo alle funzioni del Centro e alla presa in carico del personale in servizio;

   l'interrogante, prendendo atto dell'indicazione di trasferimento delle funzioni del Centro al di fuori del policlinico Umberto I verso l'Asl Roma 1, tesi avvalorata dalla mancanza del Crarl nell'atto aziendale presentato in regione, evidenzia come da circa un anno siano stati ultimati dei lavori nel dipartimento di medicina interna e malattie infettive, al piano primo seminterrato, per accogliere i pazienti che afferirebbero con le proprie famiglie a un ambiente consono alle esigenze di soggetti fragili, ma tali locali non sono stati consegnati, pur avendo l'azienda sostenuto dei costi. Nello stesso dipartimento sono presenti gli attuali ed insufficienti locali del Crarl, con problematiche di affollamento, di mantenimento degli standard della privacy e della dignità umana;

   appare contraddittorio l'atteggiamento dell'azienda che sposta il Centro presso altra sede, ma effettua lavori di rifacimento di locali per assegnarli al Crarl, lasciandoli per oltre un anno chiusi, con inevitabile ammaloramento dei materiali, ma con servizi funzionanti (luci e riscaldamento accesi anche di giorno), a giudizio dell'interrogante con sperpero di denaro pubblico per lavori eseguiti, manutenzione e lavori necessari nel momento in cui si decide di destinare i locali inutilizzati ad altri fini;

   a giudizio dell'interrogante si configura un danno a carico della collettività, dei pazienti e delle loro famiglie, che sono privati di strutture adeguate per accogliere popolazione fragile con patologia complessa –:

   quali iniziative si intendano assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per arginare lo spreco di risorse e consentire l'utilizzo dei locali del Crarl presso il Policlinico Umberto I, e, nell'eventualità di un suo trasferimento presso l'Asl Roma 1, quali siano state le motivazioni di un investimento di denaro pubblico per ristrutturare locali poi inutilizzati e inutilizzabili.
(3-00546)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   CECCONI e BENEDETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il radon è un gas nobile ed è «considerato il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi»;

   gli studi epidemiologici compiuti negli ultimi decenni hanno dimostrato che l'esposizione a concentrazioni elevate di radon aumenta il rischio di tumori polmonari e ne costituisce la seconda causa di questa malattia dopo il fumo di sigaretta;

   la direttiva 2013/59 EU, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, all'articolo 54, comma 1, fissa il livello di riferimento per la media annua della concentrazione di attività aerea del radon nei luoghi di lavoro, decretando che non deve essere superiore a 300 Bq/m3, «a meno che un livello superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale»;

   la stessa direttiva, all'articolo 106, stabilisce che «gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 febbraio 2018»;

   tale direttiva non è ancora stata recepita dall'ordinamento italiano, che vede attualmente in vigore il decreto legislativo n. 241 del 2000, titolato «Attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti», che prevede che, con una concentrazione di radon media annua in un ambiente inferiore a 400 Bq/m3 non vi sia alcun obbligo per il datore di lavoro, mentre con una concentrazione media annua superiore a 500 Bq/m3 il datore di lavoro debba provvedere al risanamento degli ambienti;

   il mancato recepimento cui si intende rimediare con il disegno di legge S. 944, articolo 19, ha comportato l'avvio, da parte della Commissione europea, della procedura d'infrazione n. 2018/2044 in data 17 maggio 2018. Lo stesso articolo reca i principi ed i criteri direttivi di delega per il recepimento della direttiva 2013/59/EURATOM –:

   quali siano stati finora gli impedimenti al recepimento della nuova direttiva 2013/59 EU che fissa nuovi limiti derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti e, conseguentemente, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato per quanto di competenza, intenda adottare sia per evitare la procedura d'infrazione di cui in premessa sia per garantire la tutela della salute pubblica.
(5-01535)


   ROSTAN, OCCHIONERO e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da più parti sono state segnalate agli interroganti le problematiche relative alla gestione delle richieste di prodotti prescritti nell'ambito dell'assistenza farmaceutica a pazienti affetti da malattie rare o da fibrosi cistica;

   la questione riguarda, in particolare, l'erogazione di prodotti extra livelli essenziali di assistenza a pazienti affetti da patologie invalidanti quali ad esempio le malattie rare e fibrosi cistica;

   l'attuale quadro normativo di riferimento è composto da: a) decreto ministeriale n. 279 del 2001; b) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017; c) legge n. 548 del 1993, nonché i vigenti accordi Stato-regioni in materia di malattie rare che lasciano spazi interpretativi per l'erogazione dei prodotti che producono disomogeneità sul territorio nazionale;

   recentemente, il Ministero della salute, nel rispondere ad un quesito posto dalla regione Puglia, con nota prot. 0040772 del 20 dicembre 2018 - DGPROGS-MDS-P, ha affermato che, nel ribadire che non è possibile per la regione erogare prestazioni extra livelli essenziali di assistenza nel contesto della razionalizzazione della spesa conferma, livelli ulteriori di assistenza possono essere erogati gratuitamente ai propri residenti solo dalle regioni che, trovandosi in equilibrio economico e finanziario, non hanno sottoscritto un piano di rientro ai sensi delle norme in vigore;

   per quanto riferito nella citata nota del Ministero della salute a pazienti affetti da malattie rare o fibrosi cistica non possono essere erogati gratuitamente trattamenti farmacologici off-label che abbiano valenza terapeutica nonché quei prodotti, ad esempio gli integratori, per la cura di patologie rare, caratterizzate da difetti di vario tipo di metabolismo;

   si segnala quindi un vulnus del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione per pazienti affetti da malattie rare che, a seconda della regione di residenza e se questa è in equilibrio economico, possono vedersi erogare prestazioni extra livelli essenziali di assistenza gratuitamente, mentre, in caso contrario, tali prestazioni sono a loro carico –:

   se non ritenga necessario assumere una iniziativa al fine di rivedere la decisione di consentire, per le sole regioni in equilibrio finanziario, la possibilità di erogare prestazioni extra livelli essenziali di assistenza come quelle citate in premessa, estendendo tale possibilità anche alle regioni in piano di rientro e garantendo uniformemente sull'intero territorio nazionale la facoltà di accedere gratuitamente a prestazioni extra livelli essenziali di assistenza necessarie a pazienti affetti da malattie rare o da fibrosi cistica.
(5-01536)


   PEDRAZZINI, SPENA, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI, NOVELLI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, individua e istituisce le professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico;

   il comma 2 del citato articolo prescrive che, con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge n. 3 del 2018, ovvero entro lo scorso 15 maggio 2018, vengano stabiliti «l'ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell'osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti»;

   il medesimo comma 2 prevede, inoltre, che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della suddetta legge n. 3 del 2018, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, siano definiti l'ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi;

   i termini temporali per l'attuazione dei dispositivi citati sono dunque trascorsi: il primo da più di sei mesi, il secondo il 15 agosto 2018;

   la situazione attuale è quindi che gli osteopati e i chiropratici italiani ancora attendono l'istituzione della propria figura professionale nonché la definizione dei relativi ordinamenti didattici della formazione universitaria;

   migliaia di questi professionisti attendono un riconoscimento che dia dignità e tutela al proprio lavoro, e centinaia di giovani neo-diplomati in queste specialità vivono la futura professione nell'incertezza di una legge formalmente in vigore dal 15 febbraio 2018, ma, come evidenziato, ancora inattuata;

   sono milioni i cittadini che, anche su consiglio del proprio medico, si rivolgono alle cure di osteopati e chiropratici in Italia, e il riconoscimento ufficiale delle professioni sanitarie di osteopata e chiropratico, con la definizione del loro ambito di attività e delle loro funzioni caratterizzanti, della formazione ed esperienza che dovranno dimostrare secondo legge, tutelerebbe soprattutto la qualità dei trattamenti, la sicurezza e la salute dei tantissimi cittadini che si rivolgono alle loro cure –:

   se non si ritenga di adottare le iniziative di competenza per provvedere, al più presto e senza ulteriori ritardi, alla piena attuazione dell'articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, ai fini dell'individuazione e dell'istituzione delle professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico.
(5-01537)


   D'ARRANDO, DI LAURO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 180 del 1978, nota anche come «legge Basaglia», è un caposaldo della legislazione nazionale in tema di disabilità mentale che ha avuto il merito di porre fine ad un trattamento inumano delle persone con disabilità mentale, disponendo la chiusura degli ospedali psichiatrici cosiddetti manicomi: passando da una logica di esclusione sociale e di emarginazione ad una di responsabilità verso il malato, di trattamento umano, di garanzia dei diritti umani ed inclusione all'interno della società;

   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità tale legge è «uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale»;

   attualmente il sistema dei dipartimenti di sanità mentale svolge il ruolo di interfaccia primaria con i malati psichiatrici, anche se con carenza di risorse e personale adeguato e con strutture mancanti o inidonee;

   negli ultimi anni sono emersi nuovi disturbi mentali, tra cui i disturbi legati alla depressione e i disturbi dell'ansia, i disturbi alimentari, i disturbi dell'attenzione, i già vasti problemi legati all'autismo, il gioco d'azzardo patologico;

   l'assistenza psicologica all'interno delle scuole può essere uno strumento efficace per la prevenzione e la diagnosi precoce, utili a contrastare l'insorgere e lo sviluppo di malattie psichiche;

   è pressoché assente uno strumento di gestione emergenziale della salute mentale, che possa trattare quei casi che necessitano un intervento urgente e che invece vengono trattati con personale sanitario non formato in maniera specifica;

   investire in azioni atte a prevenire il disturbo mentale, comporterebbe, se non nell'immediato, quanto meno nel medio e nel lungo periodo, ingenti risparmi nella spesa pubblica, dovuti a minori spese sanitarie ed assistenziali;

   sono trascorsi circa 18 anni da quando la Consulta nazionale per la salute mentale, creata presso il Ministero della salute, ha terminato i propri lavori; essa diede grande impulso ad una discussione molto fertile sul tema della disabilità mentale, dando inizio ad una serie di rinnovamenti e aggiornamenti importanti;

   oggi si rende necessario e improrogabile ricreare nuovamente tale organo, con la partecipazione di dirigenti esperti del Ministero della salute e del Ministero della giustizia, di esponenti delle società scientifiche più rappresentative a livello nazionale di psichiatria, dell'università e della ricerca, e di associazioni di pazienti e di familiari, di referenti delle regioni e degli ordini professionali –:

   se intenda adottare iniziative per ricostituire la Consulta nazionale per la salute mentale al fine di affrontare le tematiche esposte in premessa.
(5-01538)


   CARNEVALI e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, ha sostituito integralmente, dopo ben 16 anni, il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 con cui erano stati definiti a sua volta i livelli essenziali di assistenza (Lea) che il servizio sanitario nazionale fornisce a tutti cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con risorse raccolte attraverso la fiscalità generale;

   tali aggiornamenti, nonostante siano sostanziali ed innovativi, a due anni di distanza non sono ancora divenuti operativo, in quanto manca il «decreto tariffe» che ne fissa il costo massimo e la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 420, della legge n. 205 del 2017) aveva posto come termine ultimo per la sua emanazione il 28 febbraio 2018;

   tale ritardo, dall'attuale Ministro della salute, è sempre stato imputato alla mancanza di risorse economiche adeguate a coprire le nuove prestazioni introdotte;

   a questo ritardo si aggiunge anche il complicato iter relativo alla stipula entro il 31 marzo 2019 di una nuova intesa Stato-regioni per un nuovo Patto per la salute 2019-2021 così come indicato dall'articolo 1, commi 514-516, dell'ultima legge di bilancio (legge n. 145 del 2018) affinché il fondo sanitario possa essere incrementato di 2 miliardi per il 2019 e di ulteriori 1,5 miliardi per il 2021;

   rispetto a questo punto le regioni hanno elaborato e pubblicato una sorta di «piattaforma» dei temi principali che dovrebbero caratterizzare il futuro patto per la salute 2019-21, mentre da parte del Governo non si hanno informazioni circa le sue posizioni, nonostante manchi poco più di un mese alla conclusione dell'intesa –:

   alla luce della stipula del nuovo Patto per la salute, quale sia la posizione del Governo rispetto alla pre-intesa con le regioni e, in particolare, a quanto ammontino le risorse necessarie per dare finalmente il «via libera» all'adozione del «decreto tariffe» e, quindi, dare attuazione ai nuovi livelli essenziali di assistenza a due anni, ormai, dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riforma degli stessi.
(5-01539)


   GEMMATO, LOLLOBRIGIDA e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è attualmente in fase di elaborazione presso il Ministero della salute lo schema di decreto recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera»;

   il comma 8 dell'articolo 2 dello schema definisce come «pazienti affetti da “grave cerebrolesione acquisita” i pazienti intesi come persone affette da danno cerebrale, di origine traumatica o di altra natura, tale da determinare una condizione di coma con punteggio GCS inferiore o uguale a 8 e protratto per almeno 24 ore, ed associate menomazioni sensomotorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave che presentano tra le diagnosi, principali o secondarie, uno o più codici ICD9-CM»;

   tale disposizione appare in contrasto con quanto stabilito nelle linee guida per le attività di riabilitazione del 1998, che chiarisce che: «L'Unità per le Gravi Cerebrolesioni acquisite e i Gravi Traumi Cranio-encefalici è finalizzata alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione acquisita (di origine traumatica o di altra natura) E/O caratterizzata nella evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto (GCS inferiore a 8) e dal coesistere di gravi menomazioni comportamentali, che determinano disabilità multiple e complesse, e che necessitano di interventi valutativi e terapeutici non realizzabili presso altre strutture che erogano interventi di riabilitazione intensiva»;

   inoltre, il comma 2 dell'articolo 3 stabilisce che «I ricoveri di riabilitazione, conseguenti ad evento acuto, effettuati in regime ordinario e diurno (DH) da Unità operative afferenti alla disciplina "Neuroriabilitazione", sono da considerare appropriati se sono attribuibili alla MDC1 e se tra le diagnosi principale o secondarie del ricovero in acuzie sia indicata la "grave cerebrolesione acquisita"»;

   le norme riportate, se approvate in questa formulazione, impediranno alle strutture, soprattutto quelle ad elevata specialità per la neuroriabilitazione, di fornire cure adeguate non solo a casistiche complesse quali quelle rappresentate da circa un terzo dei duecentomila casi di ictus che ogni anno si verificano in Italia, ma anche alle migliaia di pazienti affetti da malattie neurodegenerative, quali la malattia di Parkinson, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, che sono, nelle fasi più avanzate di malattia, caratterizzate da gravi compromissioni cognitivo-motorie –:

   se non ritenga opportuno modificare il testo delle disposizioni citate in premessa, al fine di garantire la più completa assistenza non solo ai pazienti post-coma ma a tutti quelli che ne abbiano necessità a causa di patologie con gravi compromissioni neurocerebrali.
(5-01540)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   consta all'interrogante, sulla base di quanto lamentato dalle associazioni di categoria del personale medico ed infermieristico e da quanto riportato da notizie di cronaca recenti (www.brindisireport.it del 21 e 22 gennaio 2019), che vige un clima di grande preoccupazione per il futuro dell'ospedale di Ostuni, all'indomani della decisione della direzione generale della Asl di Brindisi che avrebbe deciso di cancellarne i quattro posti di osservazione breve cardiologica, nonché la reperibilità del medico cardiologo durante la notte e nei giorni festivi, motivando tale scelta con una carenza di specialisti sul territorio;

   la vicenda, portata all'attenzione più volte, anche dal coordinamento sanità Cisl per Brindisi e Taranto, evidenzia una situazione di grave emergenza, con quattro medici, di cui uno di distretto, che ogni giorno sono costretti a gestire, nei vari turni, visite ambulatoriali, consulenze in tutti i reparti, tra cui il pronto soccorso, e i quattro posti di osservazione breve, mentre per la reperibilità notturna vi sono soltanto due unità mediche;

   a giudizio dell'interrogante la motivazione addotta dalla asl di Brindisi relativa alla mancanza di specialisti appare del tutto pretestuosa, poiché in realtà, all'origine dei disservizi del presidio ospedaliero di Ostuni, sussistono problematiche legate alla insufficienza del numero di posti per i corsi di specializzazione in cardiologia e al ricambio del personale, che ha portato alla situazione attuale, in cui soltanto tre specialisti cardiologi operano, con grande professionalità, all'interno della struttura sanitaria di Ostuni, con turni prolungati e senza usufruire dei riposi dovuti, dei congedi e delle ferie, pur di assicurare un servizio adeguato agli utenti;

   si ritiene, inoltre, inconcepibile che in una città come Ostuni, a vocazione turistica, si possa sospendere la copertura della reperibilità del medico cardiologo in una struttura ospedaliera che comunque presenta circa 90 posti letto, un valido reparto di medicina e pneumologia, un'unità di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza come il pronto soccorso, che conta circa 23 mila accessi all'anno, ma in cui non è previsto un reparto di cardiologia; occorre, altresì, sottolineare che la tempestività nelle cure relative ai pazienti affetti da patologie cardiache riveste un'importanza fondamentale, poiché in questi casi specifici un intervento immediato può significare salvare la vita dell'ammalato;

   sarebbe opportuno, altresì, che l'Asl competente individuasse soluzioni alternative, anche al fine di garantire una corretta erogazione dei servizi sanitari ai cittadini che, in caso di chiusura del presidio ospedaliero di Ostuni, sarebbero sospetti ad affrontare lunghi viaggi, anche fuori provincia, per sottoporsi alle cure adeguate –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di sopperire alla carenza cronica di specialisti cardiologi e al fine di prevedere un aumento dei posti nei corsi di specializzazione in cardiologia, in modo da garantire un regolare servizio ai cittadini ed evitare ripercussioni negative sulle attività delle altre specialità;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza per garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) e la salute dei cittadini, diritto costituzionalmente tutelato.
(4-02305)


   PRESTIGIACOMO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'8 febbraio 2019, sulla Gazzetta Ufficiale della regione siciliana è stato pubblicato il decreto di adozione del piano regionale di «riorganizzazione del sistema di rete dell'emergenza-urgenza», al fine di adeguare la rete ospedaliera siciliana al decreto ministeriale «Balduzzi» (n. 70 del 2015) e che recepisce le ultime indicazioni provenienti dal Ministero della salute;

   la rete ospedaliera regionale è rimodulata in quattro bacini territoriali. Ogni bacino territoriale interprovinciale, inteso come «area comprensiva di quella popolazione/territorio», prevede una classificazione dei presidi ospedalieri «per crescenti e specialistiche risposte» che vanno, oltre a presidi sanitari in zona disagiata, dai presidi di base ai dea (dipartimento di emergenza-urgenza e accettazione) di I livello e dea di II livello, quest'ultimo al più elevato livello assistenziale;

   il bacino territoriale di Siracusa-Ragusa-Catania prevede tre ospedali di II livello, che però sono attualmente ubicati solo a Catania in un raggio di tre chilometri, e quindi lontani dalla maggioranza degli utenti del medesimo bacino;

   la mobilità passiva dei cittadini siracusani, che si trovano spesso costretti ad andare a curarsi altrove, ha prodotto nel 2018 uno spostamento di risorse pari a circa 45 milioni di euro, di cui circa 33 milioni solo verso Catania;

   si ricorda che la provincia di Catania ha 1.116.168 abitanti e, secondo il decreto n. 70 del 2015, avrebbe diritto a 2 ospedali di II livello. In realtà, può beneficiare della presenza di tutti e tre gli ospedali previsti per il bacino Siracusa-Ragusa-Catania, mentre a Siracusa e Ragusa, che assieme hanno i numeri per un nosocomio di 2° livello, rimane di fatto la sanità «minore». Per i cittadini siracusani e ragusani la riorganizzazione prevista dalla regione costringe, quindi, alla pendolarità per qualsivoglia terapia complessa;

   è di alcuni giorni fa, la presa di posizione delle associazioni sindacali dei medici che denunciano che Siracusa ha il più basso numero di posti letto per abitante della Sicilia (2,9 a fronte dei 3,7 previsti dal «decreto Balduzzi») e le minori risorse finanziarie di spesa per il personale, oltre al più basso numero di strutture sanitarie complesse e semplici in rapporto agli abitanti –:

   come mai dal Ministero della salute non sia stata rilevata, per quanto di competenza, alcuna anomalia nella concentrazione nella sola città di Catania di tre ospedali di II livello, ossia quanti ne spettano a tutto il bacino territoriale di Siracusa-Ragusa-Catania;

   se, alla luce delle evidenti forti criticità di cui in premessa e per garantire il necessario riequilibrio dell'offerta sanitaria del bacino sud-orientale siciliano, non si ritenga di adottare le iniziative di competenza per favorire una soluzione che assicuri pienamente i livelli essenziali di assistenza, prevedendo che l'ospedale da realizzare a Siracusa sia di II livello.
(4-02306)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCALFAROTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, da articoli di stampa si è appreso che non sarebbe stato rinnovato il contratto, scaduto il 1o febbraio 2019, al dottor Giuseppe Castano che, negli ultimi 11 anni, è stato a capo dell'unità di gestione delle vertenze della struttura per le crisi d'impresa operante al Ministero dello sviluppo economico;

   dai dati presenti sul sito del Ministero dello sviluppo economico, e relativi agli anni 2015, 2016 e 2017-18, si evince come il lavoro finora portato avanti dalla struttura per le crisi d'impresa ha consentito, a singole imprese, o a intere aree o settori produttivi, di uscire dallo stato di crisi, riuscendo a ridurre di 10 punti percentuali il peso delle crisi in corso sul totale, che è sceso al 46 per cento;

   inoltre, solo nel periodo 2014-2017, l'unità di gestione delle vertenze avrebbe gestito più di 160 casi con 600.000 lavoratori coinvolti che nel 2018 sono stati 190.000, con circa 24.000 lavoratori ricollocati: in particolare, negli ultimi sei anni, ben 38 tavoli di crisi si sono risolti attraverso percorsi di reindustrializzazione che hanno consentito il ricollocamento di 11.000 addetti su 18.330 coinvolti;

   negli ultimi 10 anni, i sette Ministri dei vari Governi che si sono succeduti hanno sempre riconfermato l'incarico al dottor Castano, assicurando così la necessaria competenza e continuità alla guida della task force di gestione delle crisi aziendali che ha un ruolo fondamentale e insostituibile per il tessuto produttivo e occupazionale italiano: Thissen, Whirlpool, Electrolux, Ilva sono solo alcune delle imprese sulle quali, grazie ad una strategia innovativa e inclusiva nella trattazione dei tavoli di crisi, è stato possibile trovare delle soluzioni, mettendo a disposizione tutti gli strumenti disponibili;

   ulteriori timori per l'efficienza nel trovare soluzioni adatte a problematiche e crisi spesso molto differenti per numeri e contesti e per dare il giusto indirizzo politico a un Ministero che racchiude in sé settori e materie eterogenee e complesse sono stati purtroppo alimentati dall'annuncio, l'8 febbraio 2019, del Ministro interrogato, relativo alla decisione della rotazione dei dirigenti di dieci direzioni generali del Ministero dello sviluppo economico su quindici, rotazioni che, effettuate in nome di un cambiamento radicale nella gestione amministrativa e nell'azione del Ministero, rischiano di provocare una paralisi di tutta la struttura amministrativa e di disperdere competenze e saperi che dovrebbero invece essere valorizzati e messi in condizione di operare e dare risposte certe in tempi brevi –:

   quali motivazioni e quali criteri siano alla base della rotazione dei dirigenti delle direzioni generali del Ministero e come tali criteri permettano di assicurare il buon andamento dei lavori del Ministero;

   come si intenda assicurare la necessaria continuità operativa dell'unità di gestione delle vertenze della struttura per le crisi d'impresa, alla luce dei fatti esposti in premessa.
(5-01529)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Cadeddu e altri n. 7-00069, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cabras.

  La risoluzione in Commissione Costa n. 7-00166, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vitiello.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Muroni n. 1-00100 del 18 dicembre 2018;

   mozione Luca De Carlo n. 1-00109 del 25 gennaio 2019;

   mozione Molinari n. 1-00110 del 28 gennaio 2019;

   mozione Nevi n. 1-00111 del 28 gennaio 2019;

   mozione Gadda n. 1-00112 del 28 gennaio 2019.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Mancini n. 3-00506 dell'11 febbraio 2019.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Delmastro Delle Vedove n. 7-00161 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 113 del 24 gennaio 2019.

  Alla pagina 4131, seconda colonna, dalla riga ventiquattresima alla riga venticinquesima deve leggersi: «di non riconoscere l'esito delle elezioni presidenziali;» e non come stampato.