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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 14 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni I e XI,

   premesso che:

    la guardia particolare giurata, nell'espletamento del proprio servizio, assume il ruolo d'incaricato di pubblico servizio secondo quanto statuito dall'articolo 358 del codice penale, che afferma che «agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale»;

    la categoria delle guardie particolari giurate consta in Italia di circa 76 mila addetti dipendenti di 1.326 istituti di vigilanza. La funzione svolta da queste migliaia di lavoratori è connotata da un elevato interesse sociale, posto che la guardia giurata è addetta alla vigilanza sui beni privati e pubblici;

    le principali norme sugli istituti di vigilanza privata e le guardie particolari giurate sono contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e nel relativo regolamento di esecuzione di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Da tempo è avvertita la necessità di una nuova disciplina per aggiornare il quadro di riferimento dell'attività del comparto delle guardie giurate. Questa attività, infatti, risulta ancorata a fonti normative obsolete che non tengono conto dello sviluppo sociale, nonché culturale e tecnologico che coinvolge la categoria;

    il mancato riconoscimento nell'attuale ordinamento normativo nazionale della qualifica di pubblico ufficiale o di agente ausiliare di pubblica sicurezza rappresenta per le guardie giurate un ostacolo di non poco conto nell'espletamento delle loro funzioni;

    le guardie particolari giurate vedrebbero riconosciute da tale attribuzione di qualifica una serie di garanzie maggiori, utili anche a scongiurare episodi di violenza e di aggressioni verbali;

    a Palermo, in data 9 settembre 2018, una guardia giurata è stata aggredita al volto nell'espletamento delle sue funzioni secondo quanto riportato dal sito Palermo Today, mentre due guardie giurate sono state aggredite, con riferimento all'istituto di vigilanza Aquila, nell'ospedale di Pescara, in data 14 ottobre 2018, come riportato dal quotidiano on-lineilpescara.it;

    con riferimento ai siti aeroportuali, dove le guardie giurate sono incaricate di svolgere le mansioni precedentemente proprie delle forze dell'ordine e poi delegate secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n. 85 del 1999, come denunciato dal sindacato S.a.t.i.l. vigilanza, le guardie giurate sono spesso impossibilitate ad adempiere correttamente ai loro obblighi di sorveglianza nei siti aeroportuali dal momento che, dovendo verificare che chi accede all'interno della cosiddetta area sterile dell'aeroporto sia munito di titolo di viaggio idoneo, non possono verificare l'identità del soggetto oggetto di controllo;

    già nell'anno 2008 nella proposta di legge presentata il 30 aprile 2008 dai deputati Polledri, Rivolta, Grimoldi, Ranieri, Rondini e Corazzi si era avanzata la proposta di riconoscere alle guardie particolari giurate lo status giuridico di pubblico ufficiale;

    la disciplina dell'orario di lavoro nel settore della Vigilanza Privata è derogatoria rispetto alla normativa europea vigente in materia;

    l'attuale formulazione dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 66 del 2003 esclude il settore della vigilanza privata dal campo di applicazione dello stesso decreto e pertanto l'organizzazione dell'orario degli addetti alla vigilanza privata, sia per ciò che concerne i riposi che per le pause dal lavoro, trova la propria disciplina esclusivamente nelle fonti contrattuali di cui sopra;

    ai lavoratori operanti nel settore non sono garantite le 11 ore consecutive di riposo giornaliero, potendo queste essere derogate e rimanendo la fattispecie disciplinata dalla contrattazione collettiva;

    il Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore assegna alla guardia particolare giurata undici ore di riposo giornaliero, pur ammettendo che al ricorrere di straordinarie esigenze di servizio le stesse possano essere ridotte a nove ore. La medesima contrattazione collettiva non prevede poi nulla sul piano sanzionatorio, laddove nemmeno il limite predetto rimanga inosservato;

    lo studio statistico del settore permette di evincere come in materia di riposo giornaliero nessuno dei limiti imposti dalla contrattazione collettiva sia di fatto rispettato dagli istituti di vigilanza;

    come denunciato dal sindacato S.a.t.i.l. Vigilanza, la prassi ha anche dimostrato che sovente il limite delle 9 ore viene inosservato dagli istituti di vigilanza concedendo di conseguenza al lavoratore riposi ulteriormente inferiori;

    il medesimo meccanismo, derogatorio rispetto alle previsioni normative di cui al decreto legislativo n. 66 del 2003, investe poi la pausa giornaliera di 10 minuti prevista dalla normativa europea, al decorrere di 6 ore consecutive di prestazione lavorativa. La contrattazione collettiva ammette, infatti, la possibilità che la guardia non fruisca dei dieci minuti prevedendone la conversione in permessi che, tuttavia, mai vengono recuperati, né generalmente monetizzati. In un settore in cui l'orario medio giornaliero raggiunge le 13 o le 14 ore di lavoro al giorno, la prestazione lavorativa risulta dunque ininterrotta con conseguente aggravio per il lavoratore;

    la disciplina riguardante l'orario di lavoro è infine derogata avuto riguardo al limite massimo lavorabile settimanalmente e fissato in 48 ore;

    come evidenziato dal sindacato S.a.t.i.l. Vigilanza, la guardia giurata deve essere in possesso dei titoli di polizia, quali il porto d'armi ed il decreto di nomina a guardia particolare giurata, i quali sono soggetti ad una scadenza rispettivamente di sei e tre anni. Tuttavia, le contrattazioni collettive ed integrative pro tempore applicate disciplinano una particolare fattispecie, ovverosia l'ipotesi in cui i predetti titoli non vengano rinnovati anzitempo a causa di un ritardo imputabile all'Autorità competente. La contrattazione collettiva prevede che nelle ipotesi in cui i datori di lavoro siano legittimati a sospendere dal servizio la guardia giurata vengano meno gli obblighi retributivi. Così, la guardia giurata che si è adoperata per tempo affinché tutta la documentazione necessaria pervenisse all'azienda in tempo utile, sottoponendosi a visite mediche, anticipando il costo delle stesse, sostenendo i dovuti costi di marche da bollo, si ritrova ad essere sospesa dal servizio, ma soprattutto dalla retribuzione a causa di un mero ritardo imputabile esclusivamente alla prefettura;

    tali criticità sono state oggetto di rivendicazioni nelle ultime settimane, e in data 9 gennaio 2019 i maggiori organi di stampa hanno reso noto il possibile sciopero delle guardie giurate, paventato dal presidente dell'A.n.g.g.i., Fabio Padovani;

    Padovani è entrato nel merito e, insieme a Andrea Cacciotti, a capo di Security National, ha denunciato su Repubblica.it in data 9 gennaio 2019 i problemi della categoria e il bisogno di tutele ancora non riconosciute, dichiarando: «Ci stanno ammazzando con turni massacranti, ci stanno togliendo il diritto alla famiglia perché con turni di 12/14/16 ore non possiamo vivere le nostre famiglie, ci stanno portando alla depressione con effetti devastanti. Ci sono stati suicidi causati dalle conseguenze di stipendi minimi e incidenti mortali dovuti a 10 ore di servizio di notte percorrendo anche 300 km a turno»;

    considerando le specifiche caratteristiche del settore, che vede il susseguirsi di continui cambi di appalto o trasferimenti d'azienda o affitti di rami d'azienda e/o fallimenti, l'istituzione di un registro degli addetti alla vigilanza privata sopperirebbe all'esigenza di una maggiore stabilità dei posti di lavoro, nonché di una mobilità di personale già qualificato, e aiuterebbe a frenare l'ingente dispiego di risorse pubbliche per la tutela di chi rimane privo di occupazione e per il continuo rilascio e controllo dei titoli di polizia (porto d'armi e decreto di nomina a guardia giurata), causato dalla continua esigenza di formare nuovo personale assunto,

impegna il Governo:

   a porre in essere le opportune iniziative normative volte a riconoscere alle guardie particolari giurate lo status giuridico di pubblici ufficiali o di agenti ausiliari di pubblica sicurezza, in modo da garantire l'ottimale svolgimento delle mansioni e delle funzioni a cui sono preposte;

   a convocare un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali e datoriali per promuovere la ridiscussione e la ridefinizione dei contratti collettivi di categoria, nella direzione di ridefinire la disciplina dell'orario di lavoro delle guardie giurate, che attualmente risulta già derogatoria rispetto alla legislazione comunitaria, puntualmente disattesa in direzione peggiorativa per i lavoratori del settore;

   ad assumere le necessarie iniziative volte a istituire, presso il Ministero dell'interno, un registro degli addetti alla vigilanza privata.
(7-00181) «Costanzo, Maurizio Cattoi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   PITTALIS, NEVI, SPENA, PAOLO RUSSO, ANNA LISA BARONI, BRUNETTA, CAON, FASANO e SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   i numeri del comparto ovicaprino in Sardegna registrano oltre 15 mila aziende nel solo settore zootecnico, con una occupazione tra diretta e indotto superiore ai 40 mila addetti, un patrimonio di circa 3 milioni di capi e una produzione di circa 380 mila quintali di prodotti caseari, la gran parte utilizzati per la produzione pecorino romano Dop;

   la Sardegna esporta una quantità elevata di prodotti lattiero-caseari a base di latte ovino verso Paesi sia europei sia extra europei; gli allevatori, le aziende di trasformazione, il Consorzio di tutela del pecorino romano d.o.p. e l'intera filiera del comparto ovicaprino sardo sono rigorosamente impegnati, affinché i prodotti non subiscano alterazioni e mantengano le loro proprietà organolettiche sino al consumatore finale;

   l'importazione sul mercato europeo di latte ovino a basso costo proveniente da Paesi europei, quali Romania, Bulgaria, Polonia ed altri, implica una variazione di mercato non concorrenziale, sottoponendo il prodotto sardo a eccessivo ribasso del prezzo di vendita, assolutamente non remunerativo rispetto ai costi sostenuti;

   dal recentissimo report di attività dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Icqrf, risulta che i controlli nel 2018 i controlli nel settore lattiero caseario sono stati 5.102, ma solo 1.846 analitici, con l'8,4 per cento di prodotti irregolari;

   quanto agli ingressi di prodotti comunitari di qualità inferiore, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sollecitato dal Gruppo Forza Italia, sia pure con riferimento ad altre produzioni agricole nazionali a rischio, aveva dichiarato che «dal luglio 2018, con un'attività articolata e congiunta di vari organi ispettivi si sta operando nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera... al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa qualità»;

   nel settembre 2018 il Centro studi agricoli della Sardegna aveva lanciato l'allarme sovraproduzione, affermando che se non gestita la situazione «...rischia di travolgere in modo irreversibile sia il settore produttivo del latte (allevatori) sia il mondo della trasformazione (caseifici, industriali e Cooperative), toccando questa volta anche il settore del credito..»;

   la situazione attuale e le manifestazioni avvenute in questi ultimi giorni sul territorio che hanno visto i pastori sardi riversare il latte prodotto in strada, frutto della esasperazione e della mancata risposta alle loro legittime istanze, dimostrano una mancanza di azione, di progettualità e di capacità di ascolto delle istituzioni preposte –:

   quali iniziative intendano assumere per ristorare gli allevatori sardi dei gravissimi danni subiti, prevedendo un piano straordinario di almeno 100 milioni di euro per l'anno 2019 unicamente finalizzato al sostegno del settore;

   quali iniziative urgenti intendano intraprendere per sostenere il settore ovicaprino e proteggere il mercato lattiero-caseario dalla illegittima concorrenza di produttori stranieri, salvaguardando i produttori sardi;

   se non ritengano opportuno, con riferimento ai prodotti lattiero caseari, rafforzare sia i controlli posti in essere dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, sia i controlli sui punti di ingresso nello Stato, come peraltro già dichiarato dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   se non si intenda avviare una campagna di ritiro e distribuzione nelle mense scolastiche o aziendali delle eccedenze di produzione e dei prodotti lattiero-caseari sardi rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato, avviando anche azioni coordinate con la grande distribuzione organizzata per superare la crisi del settore e sostenere il mercato, sulla base di esperienze già più volte sperimentate dai precedenti Governi.
(3-00524)

Interrogazione a risposta scritta:


   PENTANGELO, SOZZANI, BERGAMINI, GERMANÀ, MULÈ e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che il commissario per la Torino-Lione ha commentato negativamente lo studio per la valutazione dei costi benefici della Tav, studio non ancora portato alla conoscenza del Parlamento;

   il commissario ha sostenuto che si tratta di «numeri voluti dal padrone, poiché ci sarebbe una enorme sottovalutazione dei benefici ambientali e sociali derivanti dalla realizzazione della Tav. Mi riservo di vedere nel dettaglio i numeri, ma dalle prime indicazioni mi sembra che dalla farsa si è passati alla truffa». Il commissario ritiene infatti «che per l'Italia i costi siano sovradimensionati di almeno 2,5 miliardi, il che vuol dire il 50 per cento in più. È chiaro che se gonfio i costi è difficile produrre poi dei benefici. E alcune cose sostenute in questo studio sono assolutamente delle opinioni tra l'altro neppure condivise dal mondo scientifico, come quando si sostiene che l'Italia si risana aumentando le accise e togliendo i treni in modo che ci siano più incassi, un modo di procedere opposto a quello in cui sta andando il mondo». Ad avviso del commissario, lo studio non sarebbe condiviso da tutti, prova ne sia il fatto che «Coppola alla fine non lo ha firmato e se alla fine lo studio è fatto a immagine somiglianza del principe»;

   il commissario ritiene ci sia «una grave sottovalutazione dei traffici, sui quali l'analisi prende una cantonata colossale. C'è poi la questione delle accise e del mancato introito per lo spostamento dei traffici dalla gomma alla rotaia: è contro ogni logica e buon senso calcolare tutto questo come una negatività, va contro qualunque linea guida sulle analisi costi-benefici». Prosegue sostenendo che «Se questo è stato fatto per sbaglio o per colpa lo valuteremo. È chiaro, e di questo non possiamo che prenderne atto, che questo risponde all'esigenza del committente, ovvero costruire una relazione tecnica che dicesse che la Torino-Lione non s'ha da fare»;

   il commissario Foietta, nel giorno di san Valentino, concluderà il suo mandato, scaduto a fine anno e prorogato per legge di 45 giorni, poiché non si è provveduto a una nuova nomina;

   i numeri «veri», secondo Foietta, sono quelli dei Quaderni dell'Osservatorio, dodici in tutto, «già pubblicati e messi a disposizione del Governo». Aggiunge poi che lo studio è «Complessivamente è un oggetto facilmente smontabile e facilmente sarà smontato. Si presterà non ad essere la verità, ma a creare moltissime polemiche»;

   Corrado Alberto, invece, presidente dell'Api Torino, ha commentato l'analisi costi-benefici sulla Tav in relazione anche alla situazione di Imprese Torino. A suo avviso i numeri sarebbero il risultato di un lancio di dadi, un gioco d'azzardo, non di un serio studio «per dare una risposta ideologica ad una promessa elettorale che una parte del Governo sta cercando di mantenere. Siamo di fronte a una foglia di fico a uso e consumo del M5S». Ha poi osservato che «È inutile parlare di competitività di un Paese e di un territorio se non si ha il coraggio di effettuare investimenti che devono andare ben al di là di un opinabile calcolo economico» –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere;

   se l'opera verrà realizzata o meno ed entro quanto tempo verrà assunta la formale decisione.
(4-02265)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO, PINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, POLLASTRINI e MIGLIORE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il Ministero per i beni e le attività culturali avrebbe sospeso i lavori di riqualificazione già autorizzati dal comune di Milano, con il parere positivo della soprintendenza, al Giardino dei Giusti, luogo simbolico destinato a celebrare i giusti di tutto il mondo;

   tali lavori, infatti, autorizzati dalla soprintendenza a dicembre 2018; erano iniziati nel mese di gennaio 2019 e, secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione riguardavano un progetto approvato tre volte dalla giunta di Milano e tre volte dalla Commissione servizi del consiglio comunale della stessa città, la cui validità era stata confermata anche dall'esito di un ricorso presentato al Tar;

   la decisione di sospendere i lavori, in particolare, solleva dubbi di legittimità, in quanto finisce per rimettere in discussione retroattivamente un parere positivo, sul piano tecnico, già concesso dalla soprintendenza nel mese di dicembre 2018;

   ciò che ha destato maggior preoccupazione è che secondo quanto riportato da alcuni articoli di stampa il blocco dei lavori sarebbe derivato dall'apposizione del vincolo di tutela sul Monte Stella e sul progetto di Bottoni, mentre appare evidente che bloccare i lavori a tre settimane della Giornata dei Giusti vuol dire semplicemente impedire la possibilità di svolgere una così importante iniziativa;

   come rilevato anche dal fondatore del Giardino dei Giusti, Gabriele Nissim, è un brutto segno che un Ministro come quello per i beni e le attività culturali consideri un giardino dei giusti dell'umanità un luogo che deturpa l'ambiente; l'insensibilità verso un sito che ricorda gli uomini migliori dell'umanità è un segno di una deriva morale; l'educazione al dialogo e alla responsabilità può per alcuni diventare fastidiosa; chi teme il bene non ama la bellezza. E un vero Ministro per i beni e le attività culturali dovrebbe essere il primo a capirle;

   quanto riportato costituisce senza dubbio un atto politico di enorme gravità, che segnala peraltro una rilevante ingerenza da parte dell'amministrazione centrale dello Stato sulle decisioni autonomamente prese dagli organi esecutivi e dalle commissioni consiliari del comune di Milano, con il parere positivo della Soprintendenza –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di ripristinare quanto prima, o per lo meno in tempo utile al fine di celebrare dignitosamente la Giornata dei giusti, lo svolgimento dei lavori di riqualificazione, già autorizzati, presso il Giardino dei Giusti di Milano.
(5-01496)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'articolo 25-undecies del decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018 (convertito dalla legge n. 136 del 17 dicembre 2018) ha riformato le «Disposizioni in materia di determinazione del prezzo massimo di cessione» contenute nell'articolo 31 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, prevedendo che l'attuazione delle nuove norme sia preceduta da un decreto ministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze;

   infatti, il comma 1 del suddetto articolo 25-undecies recita: «La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministero per l'economia e le finanze, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il decreto di cui al periodo precedente individua altresì i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo»;

   il comma 3 (comma 49-quater dell'articolo 31 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, riformato) dispone l'emanazione del suddetto decreto entro 30 giorni dalla conversione in legge del decreto-legge n. 119 del 2018;

   tale riforma normativa ha inteso risolvere una situazione di conflitto tra «venditori» e «acquirenti» di alloggi comunque realizzati con contributo pubblico, determinata da una interpretazione dei tempi di estinzione del vincolo del prezzo massimo di cessione, giudicata non corretta dalla sentenza della Corte di cassazione n. 18135 del 16 settembre del 2015; conflitti che hanno generato numerosi contenziosi civili con richieste di risarcimento delle differenze tra prezzo reale di vendita e prezzo massimo di cessione;

   nella città di Roma, la città maggiormente colpita dal fenomeno, i giudici della X sezione del tribunale di Roma stanno dichiarando improcedibili le cause degli acquirenti in forza della nuova normativa;

   nello stesso tempo, sulla base delle disposizioni della nuova normativa, è stabilito che di fronte alla sola istanza di affrancazione presentata dai venditori ma senza il pagamento dell'affrancazione, non sia possibile procedere alla rimozione del vincolo;

   i 30 giorni per l'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che dovrebbe offrire i criteri e i parametri per stabilire i calcoli sono trascorsi senza che il Ministero abbia predisposto nemmeno la bozza del decreto e l'abbia successivamente sottoposta alla Conferenza unificata;

   in conseguenza di tutto ciò, molte famiglie si trovano in una condizione drammatica con mutui (accesi per prezzi giudicati eccessivi) che corrono regolarmente portando le economie familiari a rischio, mentre l'applicazione della legge che dovrebbe colmare il vuoto normativo ritarda i suoi effetti per le inerzie del Ministero –:

   con quali tempi e modi il Ministero dell'economia e delle finanze intenda procedere all'emanazione del decreto attuativo finalizzato a consentire l'applicazione della nuova normativa stabilita dal decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018 in materia di determinazione del prezzo massimo di cessione.
(2-00276) «Morassut, Fiano».

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 90 della legge n. 289 del 2002 e le successive modifiche introdotte dal decreto-legge n. 72 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2004, hanno riformato la disciplina del regime fiscale delle associazioni sportive dilettantistiche di cui all'articolo 148, comma 3 del Testo unico sulle imposte sui redditi (Tuir) e all'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, introducendo il nuovo soggetto giuridico della società sportiva dilettantistica di capitali, parificato a tutti gli effetti tributari con l'associazione sportiva dilettantistica;

   la parificazione ha comportato un deciso ampliamento della platea dei soggetti beneficiari, non senza aspetti controversi soprattutto in ordine alla diffusione accertata di comportamenti elusivi e fraudolenti la cui adesione alla normativa di settore è stata motivata principalmente dalla volontà di beneficiare delle relative agevolazioni fiscali, come l'assenza di tassazione ai fini di Iva e imposte dirette, il trattamento agevolato dei compensi sportivi (articoli 67, comma 1, lettera m), e 69 del Tuir, il regime agevolato ex lege n. 398 del 1991 per la liquidazione forfettaria delle imposte dirette ed indirette, fino all'esenzione delle tasse locali sulla pubblicità e sui rifiuti e la riduzione delle accise sul gas metano;

   sono diverse, infatti, le operazioni della Guardia di finanza che, negli ultimi anni, hanno portato alla luce presunte elusioni fiscali di società che avrebbero approfittato, senza averne diritto, delle sopra dette agevolazioni fiscali. A titolo di esempio, si ricordano il «progetto Ercole» della Guardia di finanza effettuato fino a gennaio 2016, e la maxi frode fiscale accertata dalla Guardia di finanza di Forlì nei confronti di quattro società che operavano nel settore delle sponsorizzazioni e che, secondo i militari, avrebbero procurato un'evasione per oltre 36 milioni di euro;

   si ritiene che nell'impianto normativo posto a tutela del fenomeno sportivo dilettantistico sia mancata una precisa ed esaustiva declaratoria delle finalità ultime che devono governare gli attori del sistema, ossia il perseguimento di scopi di interesse collettivo che – unitamente al divieto di distribuzione diretta ed indiretta degli utili – distinguano lo sport al servizio dei cittadini, nei luoghi e nei tempi in cui si svolge la vita collettiva delle persone, dallo sport al servizio individuale dei consumatori, senz'altro legittimo ma sicuramente non bisognoso di un sistema di detassazione così pervasivo;

   sarebbe dunque utile fornire una definizione univoca e non interpretabile di «sport sociale», con ciò intendendo lo sport che persegue obiettivi di lotta alla sedentarietà, all'obesità e ai cattivi stili di vita che causano malattia, dolore e spese a carico della sanità pubblica, come avamposto della lotta alle marginalità, al degrado sociale delle periferie, all'abbandono delle aree rurali e montane;

   l'Italia dispone di un ordinamento sportivo, retto dal Coni e amministrato da un sistema di federazioni, discipline associate ed enti di promozione riconosciuti che gestiscono il sistema del riconoscimento sportivo delle associazioni e società sportive dilettantistiche attraverso i meccanismi dell'affiliazione e della iscrizione nel registro Coni. Sarebbe dunque auspicabile che tale sistema venisse investito di adeguati compiti di verifica del conseguimento delle finalità istituzionali;

   il decreto legislativo n. 460 del 1997 già impone una serie stringente di requisiti statutari per le associazioni (e società) sportive dilettantistiche che intendono beneficiare delle agevolazioni fiscali, ma per fronteggiare i fenomeni elusivi ed evasivi servirebbe un controllo più capillare –:

   quali iniziative siano in atto o in programma per fronteggiare il fenomeno descritto in premessa che sottrae risorse al settore terziario no profit, arrecando, al contempo, il danno della concorrenza sleale alle sane attività commerciali.
(4-02266)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 14 settembre 2011, n. 148, il Parlamento ha conferito delega al Governo al fine di riorganizzare la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, specificando anche i criteri ai quali ispirarsi; la delega è stata successivamente attuata con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, che, anziché provvedere ad una riorganizzazione, ha, come è ben noto, portato alla soppressione di alcuni uffici del giudice di pace;

   la revisione della geografia giudiziaria derivante dal provvedimento succitato ha portato, tra l'altro, alla soppressione degli uffici del giudice di pace sede di Serra San Bruno (VV), intervenuta per mera scelta legata a quel programma di riordino;

   l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, ha tuttavia previsto che «entro sessanta giorni dalla pubblicazione di cui al comma 1 gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possono richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace, con competenza sui rispettivi territori, di cui è proposta la soppressione, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi»;

   a fronte di una previsione normativa di tal fatta, il cui termine è stato successivamente prorogato al 30 luglio 2015, il comune di Serra San Bruno ha avanzato la propria istanza per il mantenimento degli uffici del giudice di pace, dapprima valutata positivamente dal Ministero della giustizia e, successivamente, così come poi acclarato dal decreto ministeriale del 27 maggio 2016, esclusa in ragione del mancato effettivo avvio della fase formativa da parte del comune di Serra San Bruno;

   il cosiddetto «contratto di Governo» alla base del patto politico tra la Lega e il M5s si impegna a «...una rivisitazione della geografia giudiziaria — modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni — con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese...»;

   l'amministrazione della giustizia è una delle istanze più sentite non solo dai cittadini del comprensorio del comune di Serra San Bruno, ma da tutti i cittadini calabresi che da anni cercano giustizia ma che proprio per la grossa mole di procedimenti giudiziari che intasano gli uffici giudiziari più grandi sono costretti ad attese eterne –:

   quali iniziative normative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per ottenere l'immediata riapertura degli uffici del giudice di pace di Serra San Bruno.
(5-01494)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, ha introdotto l'articolo 149-bis del codice procedura civile che ha previsto le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata da parte degli ufficiali giudiziari;

   il comma 4 dello stesso articolo, stabilisce che «L'ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all'articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». Invero, tale decreto ministeriale che dovrebbe individuare i citati strumenti informatici non sarebbe stato ancora emanato, rendendo tale forma di notificazione di difficile realizzazione;

   la norma de qua deve essere letta alla luce delle disposizioni introdotte con il decreto ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44 e successive modificazioni, «Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e penale delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione», con il quale si sarebbe ultimato il passaggio dalla Cpecpt (casella di posta elettronica certificata processo telematico) alla Pec (posta elettronica certificata);

   siffatto regolamento non pare dettare delle regole tecniche circa le modalità operative attraverso le quali dovrebbe realizzarsi, concretamente, siffatta attività di notificazione da parte degli ufficiali giudiziari;

   in merito, persistono numerose lacune operative; ad esempio andrebbe chiarito: a) se l'atto da consegnare all'ufficiale giudiziario debba essere anche firmato digitalmente dall'avvocato che ne attesta la conformità all'originale cartaceo, oppure se nel caso di documenti nativi informatici vada solo firmato digitalmente; b) nel caso di un atto di pignoramento presso terzi, se ed in che modo tale atto debba recare le firme digitali di entrambi i soggetti preposti alla redazione dell'atto di pignoramento; c) nel caso dei procedimenti di finita locazione, se l'atto notificato alla casella di posta certificata vada considerato come consegnato a mani proprie;

   il processo e la notificazione telematica sono stati introdotti con il fine di rendere più celere ed efficiente lo svolgimento dei processi;

   persistono numerosi problemi di natura tecnica, frutto, anche, della lacunosità delle norme, oltre che della mancanza di un'adeguata infrastruttura tecnologica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per implementare l'attuale normativa operativa sulla notificazione a mezzo posta elettronica certificata da parte degli ufficiali giudiziari.
(4-02264)


   D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le spettanze dei custodi giudiziari, quali ausiliari del giudice dell'esecuzione nell'ambito delle procedure esecutive immobiliari e/o mobiliari, sono oggetto di specifica disciplina contenuta agli articoli 58 e 59 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, distinta da quella generale, prevista per gli ausiliari del giudice ai sensi dell'articolo 50 del citato decreto;

   in particolare, all'articolo 58 si prescrive che l'indennità per la custodia e la conservazione dei beni oggetto di procedura esecutiva dovuta ai custodi giudiziari è determinata sulla base delle tariffe contenute in tabelle da approvarsi con decreto ministeriale ai sensi del successivo articolo 59, o in via residuale, secondo gli usi locali;

   l'articolo 276 dello stesso decreto, sino all'emanazione del regolamento previsto dall'articolo 59, reca una disciplina transitoria per cui l'indennità è determinata sulla base delle tariffe esistenti presso la prefettura, ridotte secondo equità, e, in via residuale, secondo gli usi locali;

   in attuazione del combinato disposto degli articoli 58 e 59 citati è stato emanato il decreto ministeriale n. 265 del 2 settembre 2006 recante il regolamento relativo alla determinazione dell'indennità spettante al custode dei soli veicoli a motore e dei natanti, stabilendo che per le altre categorie di beni si applichino, in via residuale, gli usi locali;

   successivamente, è stato emanato il decreto ministeriale n. 80 del 15 maggio 2009 relativo ai compensi per le sole attività ordinarie e straordinarie di custodia dei beni immobili, per l'attività di custodia dei beni mobili e per l'attività di custodia presso i locali del debitore;

   il custode giudiziario è una longa manus del giudice, in quanto, sostituendosi al titolare dei beni che gli sono affidati, ha l'obbligo di conservare e amministrare il bene pignorato, oltre che preservarne il valore economico, con la diligenza del buon padre di famiglia secondo le direttive impartitegli dal giudice, essendo responsabile sia civilmente che penalmente e rispondendo dei danni cagionati alle parti;

   in tale ambito, pare mancare una normativa organica dalla quale ricavare dei criteri certi da seguire per la determinazione del compenso spettante ai custodi giudiziari. Infatti, in mancanza tra l'altro di usi locali, la liquidazione del compenso al titolare dell'ufficio del custode verrebbe effettuata dal giudice che lo ha nominato, secondo il proprio prudente apprezzamento, ovvero secondo equità, oppure adottando i criteri per le prestazioni di assistenza stragiudiziale di cui al decreto ministeriale n. 55 del 2014. Quest'ultimi criteri, tra l'altro, sembrano essere non molto attinenti per valutare la complessa attività di gestione dei patrimoni immobiliari e mobiliari svolta dai custodi giudiziari;

   analoghe lacune normative si registrano, inoltre, per la determinazione dei compensi dovuti alla figura del curatore dell'eredità giacente ex articolo 528 del codice civile, nonché al curatore dell'eredità rilasciata ai creditori ex articolo 508 del codice civile ove anche, in questi casi, ci si rimette alla discrezionalità del giudice;

   pare necessario, oltre che utile, stabilire dei criteri certi cui ancorare la determinazione dei compensi, ancorché entro determinati margini di discrezionalità riconosciuta al giudice –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per definire un riordino della materia, al fine di rendere più chiari e certi i criteri per la determinazione dei compensi di tali ausiliari del giudice, colmando, così, le lacune normative sopra esposte.
(4-02268)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BOND. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo articoli di stampa il gruppo dirigente di Anas disporrebbe di un accordo siglato nel 2017 con il Governo Renzi e avente natura contrattuale (un testo di 8 pagine e 22 articoli) che assicurerebbe agli uscenti una ricchissima elargizione, oltre al trattamento di fine rapporto;

   l'articolo 22 di tale accordo, rubricato «risoluzione consensuale» stabilirebbe (comma 1) che al dirigente che lascia l'azienda sia erogata una «somma aggiuntiva sostitutiva del preavviso maturato», in aggiunta al trattamento di fine rapporto. I commi 2 e 5 prevedono che «in aggiunta al comma di cui sopra» venga versata «un'ulteriore somma» calcolata sui mesi di stipendio che mancano al dirigente per andare in pensione. Si va da un minimo di 5 mensilità se la pensione è prevista nei 12 mesi a un massimo di 22 quando la pensione è lontana più di 4 anni;

   il comma 3 prevede che «in aggiunta» a quanto previsto dai commi precedenti l'Anas deve corrispondere pure una somma «pari alla media mensile dell'importo dei contributi Inps totali versati (...) moltiplicato per il numero dei mesi mancanti» alla pensione. Il comma 4 permette ai dirigenti di «continuare a fruire dell'assistenza integrativa sanitaria» fino alla pensione. Il comma 6 stabilisce che, oltre a tutto questo, l'Anas sborsi «anche una somma a titolo transattivo» in relazione a specifiche situazioni;

   dei benefici di tale accordo avrebbe usufruito Gianni Armani, che ha lasciato la doppia poltrona di amministratore delegato e direttore dell'Anas (l'articolo reca nell'occhiello: «l'AD Armani, consulta l'AD Armani», sulla buonuscita dell'AD Armani), ma ne usufruirebbero anche altri dirigenti appena usciti da Anas o dati per uscenti: il capo del personale, il responsabile delle società partecipate Anas, il direttore delle relazioni pubbliche, il capo dell'ufficio legale e l'assistente personale di Armani;

   sempre secondo la stampa «(...) alcuni di questi erano entrati all'Anas con un contratto a tempo determinato e in quella veste mai avrebbero potuto usufruire dei benefit previsti dall'accordo dei dirigenti Anas. Senonché(...) lo stesso giorno in cui il Governo gialloverde giurava al Quirinale e, quindi, le prospettive per Armani e la sua cerchia volgevano decisamente al peggio, da tempo determinato quei contratti sono stati tramutati a tempo indeterminato(...)» –:

   se le notizie riportate dalla stampa siano veritiere e, in caso affermativo, quali siano le somme versate;

   se sussistano appigli legali per bloccare gli effetti dell'accordo citato in premessa, ove si consideri che l'Anas è integralmente finanziata con denaro pubblico;

   se sussistano i presupposti per segnalare la vicenda alla magistratura contabile in relazione alla sottoscrizione di un accordo di siffatta natura nel 2017.
(3-00523)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIDANZA e ROTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 30 dicembre 2018 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» prevede, all'articolo 1:

    a) al comma 1118, l'accantonamento e l'indisponibilità per la gestione di alcune dotazioni del bilancio dello Stato, in termini di competenza e cassa, tra cui anche 300 milioni di euro di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a valere sulla Missione «Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto» sul programma «Sviluppo e sicurezza della mobilità locale»;

    b) ai commi 1119 e 1120, la disponibilità di tali accantonamenti solo a seguito dell'esito positivo del monitoraggio sugli andamenti della finanza pubblica previsto per il mese di luglio con il documento di economia e finanza;

   tale previsione normativa comporta una grande incertezza, sia per la gestione di competenza che per quella di cassa, in merito alla dotazione del fondo nazionale trasporti per il 2019; infatti, solo a valle del monitoraggio previsto per il mese di luglio sarà stabilito se rendere le somme disponibili o meno;

   l'aleatorietà in merito alla quantificazione del fondo nazionale trasporti contraddice lo spirito dall'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, che stabilizzava l'importo del fondo a decorrere dall'anno 2018 dopo i pesanti tagli dei trasferimenti subìti dal 2011;

   tale incertezza economica e finanziaria determina fin da subito una riduzione delle disponibilità in capo alle regioni, con immediate ripercussioni sulle erogazioni a favore delle aziende che operano nel settore del trasporto pubblico regionale e locale;

   il sistema del trasporto pubblico regionale e locale, di cui fanno parte regioni, enti di governo, aziende, fornitori, lavoratori e utenti non può sostenere un taglio di 300 milioni di euro, poiché tale riduzione non può certamente trovare compensazione attraverso stanziamenti regionali ulteriori rispetto a quelli già previsti;

   la riduzione delle risorse destinate ai servizi di trasporto pubblico regionale e locale comporta quali conseguenze inevitabili il taglio dei servizi effettuati con tutte le modalità e l'aumento delle tariffe a carico degli utenti, al fine di consentire il mantenimento dell'equilibrio economico dei contratti stipulati tra gli enti di governo e le aziende; ulteriori gravi ripercussioni si ravvisano in merito alla gestione aziendale, soprattutto riguardo al rispetto dei tempi di pagamento verso i fornitori –:

   quali iniziative intendano adottare affinché venga effettuata, con le modalità previste dalla legge, una rimodulazione dei previsti accantonamenti di spesa su altre risorse, al fine di salvaguardare il settore del trasporto pubblico regionale e locale, che eroga un servizio essenziale per i cittadini, soprattutto per le fasce più deboli, e si basa sulla continuità della spesa corrente e dei livelli di servizio.
(5-01490)


   DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nella conferenza di servizi convocata presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 29 gennaio 2019 per l'approvazione del piano di sviluppo aeroportuale di Firenze è stato disposto un nuovo rinvio al 6 febbraio 2019 per consentire la formulazione del parere di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali, che pure era a conoscenza della situazione da oltre un mese;

   la conferenza era stata aggiornata dal 7 dicembre 2018 al 29 gennaio 2019 al fine di consentire l'espressione del parere alla luce delle integrazioni richieste alla società Toscana Aeroporti in relazione alle interferenze tra il nuovo lago ubicato in località Piano Manetti del comune di Signa, richiesto come opera di compensazione ambientale, e la cosiddetta «bretella» stradale che a quella data si prevedeva passare nelle vicinanze;

   durante lo svolgimento della seduta del 29 gennaio 2019 tutti i documenti necessari erano depositati;

   nonostante ciò, il rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali ha ugualmente chiesto un rinvio al fine di poter formulare il parere di sua competenza asserendo di voler ricevere l'accordo definitivo sottoscritto dalla regione Toscana e dai comuni interessati al riguardo, nonostante non avesse motivi ostativi in merito alla bozza di tale accordo –:

   se il rinvio che è stato disposto sia corretto e conforme alla normativa vigente, in particolare a quanto disposto dall'articolo 3 comma 3, della legge n. 383 del 1994 e dal decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, essendo la prima riunione della conferenza dei servizi avvenuta il 7 settembre del 2018, ed essendo stata conclusa l'istruttoria.
(5-01491)


   BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto definitivo dell'intervento «Collegamento autostradale tra Dalmine, Como, Varese, Valico del Gaggiolo ed opere connesse» approvato con delibera del Cipe del 6 novembre 2009, n. 97, prevede la realizzazione dell'opera connessa TRCO11 (variante alla strada provinciale 31/SP133 da Bregnano a Ceriano Laghetto);

   la realizzazione della TRCO11 asse A1 ricadente nei comuni di Bregnano e Cermenate ha comportato la totale interruzione della viabilità ordinaria per un prolungato periodo di tempo; i ritardi nel completamento dei lavori in carico ad Autostrada Pedemontana Lombarda continuano a comportare forti disagi alla viabilità locale e sovracomunale, solo parzialmente alleggeriti ma non risolti dall'apertura a inizio 2018 di un bypass stradale provvisorio, avvenuto solo a seguito di ripetute richieste e solleciti da parte dalle amministrazioni comunali di Bregnano e Cermenate;

   la tempistica di realizzazione dell'opera connessa TRCO11 asse A1 nei territori di Bregnano e Cermenate, comunicata dall'assessorato alle infrastrutture di Regione Lombardia in risposta all'interrogazione n. 2044/2018, prevedeva l'approvazione del progetto esecutivo per fine luglio 2018, l'espletamento delle procedure di gara d'appalto e l'affidamento dei lavori per dicembre 2018, l'avvio della esecuzione delle opere previsto per febbraio 2019 e la fine lavori per settembre 2019, articolando quindi l'esecuzione delle opere su un arco temporale di circa 7 mesi;

   a seguito della richiesta formulata dalle amministrazioni di Bregnano e Cermenate ai soggetti competenti sullo stato delle procedure amministrative necessarie al completamento dell'opera e, in particolare, sulla data di inizio lavori, Autostrada Pedemontana Lombarda ha reso noto che il progetto esecutivo delle opere relative all'asse A1 è stato approvato dalla concedente Concessioni Autostrade Lombarde in data 10 agosto 2018 e che sono attualmente in corso i lavori della commissione ministeriale, che si prevede possano terminare nel mese di febbraio 2019. Conseguentemente, su indicazione di Autostrada Pedemontana Lombarda, l'affidamento dei lavori e il loro inizio possono essere previsti entro il mese di marzo 2019 e il termine di fine lavori si può prevedere per il mese di marzo 2020;

   le informazioni comunicate da Autostrada Pedemontana Lombarda contraddicono significativamente le indicazioni precedentemente fornite riguardo ai tempi di realizzazione dell'opera, facendo slittare di oltre 6 mesi il termine di completamento e la messa in funzione di un'infrastruttura attesa da tempo e fondamentale per rispondere alle esigenze della viabilità territoriale;

   Autostrada Pedemontana Lombarda, nella nota prot. 1432/19 dell'08 febbraio 2019, fa riferimento ai lavori della commissione ministeriale, di cui però non viene specificata natura, composizione e finalità –:

   quale sia la commissione ministeriale richiamata nella nota prot. 1432/19 dell'8 febbraio 2019 da Autostrada Pedemontana Lombarda, quale composizione abbia tale commissione e da chi sia stata nominata, nonché quali lavori stia svolgendo in merito al progetto di realizzazione della TRCO11 asse A1 ricadente nei comuni di Bregnano e Cermenate;

   se siano note al Ministro interrogato le ragioni che hanno determinato un ulteriore allungamento dei tempi di completamento della TRCO11 asse A1 ricadente nei comuni di Bregnano e Cermenate.
(5-01495)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 febbraio 2019 a seguito dell'apertura di una voragine sul vecchio tracciato della strada provinciale Pisticci centro – Pozzitello è stata disposta la chiusura dell'intero tratto;

   l'amministrazione provinciale di Matera, ha provveduto a emettere con urgenza, regolare ordinanza di sbarramento del tratto interessato, attraverso la posa in opera di blocchetti di calcestruzzo per impedire il transito;

   purtroppo, suddetta strada provinciale, a partire dal 2002, anno di apertura della galleria «San Rocco», non è mai stata oggetto di interventi di messa in sicurezza;

   la questione era stata già sollevata con altri atti di sindacato ispettivo anche nella precedente legislatura a seguito di chiusure temporanee, e per fortuna per breve periodo, della citata «Galleria San Rocco» che hanno evidenziato una enorme criticità in termini di collegamento e l'elevato rischio isolamento del centro abitato di Pisticci;

   si ritiene che, considerata la rilevanza dei due tracciati, uno di competenza provinciale e l'altro, la galleria, addirittura di competenza comunale, si renda necessaria l'attivazione di una procedura per affidare l'intera competenza su entrambi i tracciati all'Anas;

   la «galleria san Rocco» necessita anch'essa di interventi manutentivi che non possono reggersi solo sulle risorse del comune di Pisticci;

   il collegamento in questione è strategico non solo per il comune di Pisticci ma per l'intero comprensorio;

   l'apertura della voragine sul vecchio tracciato certifica pertanto, ulteriormente, qualora ve ne fosse stato bisogno, una condizione di emergenza a livello infrastrutturale che non può essere sottovalutata –:

   se il Ministro interrogato, una volta verificato quanto riportato in premessa, intenda attivarsi al fine di convocare con tempestività un tavolo interistituzionale con la presenza dell'Anas, al fine di avviare un processo di trasferimento alla competenza statale dei citati segmenti di viabilità, considerata la rilevanza strategica sia della galleria che del vecchio tracciato, superando l'attuale criticità, assicurando gli interventi di manutenzione e garantendo alla popolazione collegamenti in sicurezza.
(5-01497)


   BERGAMINI, ZANELLA, SOZZANI, MULÈ e BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 10 febbraio 2019 il Sole 24 Ore pubblicava i dati tratti dal portale informativo circolazione di Rete ferroviaria italiana, che denunciano come Trenitalia e Italo abbiano registrato circa 18 mila ore di ritardo nel corso dell'anno 2018;

   i ritardi dei treni ad alta velocità in Italia nel 2018 sono stati il doppio rispetto al 2017 e due volte e mezzo quelli 2014, con un effetto domino sul trasporto ferroviario regionale che ha così registrato ulteriori dilatazioni dei tempi di percorrenza;

   la disfunzione nel trasporto ferroviario ha impattato sia sugli utenti dei servizi a mercato, come quelli ad alta velocità, sia su quelli del trasporto pubblico regionale;

   la normativa nazionale, ai sensi del regolamento (CE) n. 1371/2007 relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario prevede specifiche misure a tutela dei viaggiatori e a ristoro dei disservizi e disagi ad essi arrecati;

   il decreto legislativo n. 70 del 2014, individua nell'Autorità di regolazione dei trasporti l'organismo nazionale responsabile dell'applicazione del richiamato regolamento europeo;

   il presidente dell'Art, Andrea Camanzi, sulle pagine del quotidiano, ha dichiarato che Rfi «ha la responsabilità [...] di trovare queste soluzioni, ma deve essere indipendente dalle imprese ferroviarie, consapevole che la rete è una infrastruttura essenziale per i servizi ferroviari a prescindere da chi li offre. [...] Ora ci vuole più coraggio e trasparenza»;

   appare altresì necessario, nell'ipotesi di ripartire il traffico in ingresso e transitorio nelle grandi città su più stazioni, come sta accadendo per Roma Termini e Milano Centrale, che tale soluzione, per quanto auspicabile, non crei ulteriori disagi, come avvenuto ad esempio nel caso del Frecciarossa Genova-Roma il cui arrivo spostato da Termini a Tiburtina ha rappresentato un chiaro disagio per i viaggiatori a causa della scarsa intermodalità della stazione di Tiburtina –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di approfondire gli aspetti di indipendenza e trasparenza che Rfi deve garantire nel gestire le richieste da parte delle imprese ferroviarie;

   quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda assumere per superare le criticità riportate in premessa, lesive dei passeggeri del settore ferroviario, e se non ritenga opportuno che la ripartizione del traffico nelle grandi città sia oggetto di maggiori attenzioni e approfondimenti da parte di Rfi, al fine di prevenire ulteriori disagi agli utenti.
(5-01498)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13 del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (decreto-legge sicurezza), ha modificato l'articolo 4 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, stabilendo che per i richiedenti asilo, il permesso di soggiorno non costituisce più titolo per l'iscrizione anagrafica;

   da organi di stampa si apprende che nei giorni scorsi il sindaco di Mugnano (Na) ha ordinato la sospensione dell'applicazione del suddetto articolo 13, contrastando le politiche migratorie del nostro Paese. Così facendo, i richiedenti asilo potrebbero usufruire di un servizio anagrafico temporaneo che permette loro di accedere ai servizi quali l'iscrizione al servizio sanitario nazionale ed ai centri dell'impiego;

   nonostante sia noto che, ai sensi dell'articolo 54, comma 4, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, il sindaco possa adottare con atto motivato provvedimenti anche contingibili e urgenti, è altresì pacifico – sia in dottrina che in giurisprudenza – che tali provvedimenti possono essere adottati contra legem solo in casi di particolare necessità, eccezionalità ed urgenza (come ad esempio emergenze sanitarie, incolumità pubblica, sicurezza urbana e altro). Tra l'altro, il comma 3 dello stesso articolo 54 prevede che «il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione [...]». Ciò comporta che, in questa specifica materia, il sindaco avrebbe il solo compito di vigilare che tutto venga svolto in modo regolare e secondo le norme di legge. Non potrebbe, pertanto, operare contra legem;

   da fonti giornalistiche si apprende che, in merito a quanto accaduto, esperti costituzionalisti, affermano che «l'amministrazione comunale è sempre chiamata ad applicare la legge, anche quando ipoteticamente potrebbe presentare dei profili di illegittimità costituzionale. Non può disapplicarla, tranne quando si tratti di una legge palesemente liberticida, cioè che provoca la rottura dell'ordinamento democratico»;

   a parere dell'interrogante, dunque, l'applicazione del decreto-legge «sicurezza» dovrebbe rappresentare un obbligo per ogni primo cittadino che non solo potrebbe mettere in pericolo l'incolumità e la sicurezza dei cittadini nel caso specifico, ma altresì rispondere del reato di abuso in atti d'ufficio;

   per di più, il sindaco di Mugnano non sarebbe stato il primo a dichiarare la «disapplicazione» del decreto-legge sicurezza. Nella lista dei «disobbedienti» vi rientrerebbero anche il sindaco di Palermo, il sindaco di Napoli e quelli di Firenze, di Pescara e di Reggio Calabria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per far sì che sia rispettata la legge in tutti i comuni italiani, scongiurando che possano verificarsi altri episodi simili, e se non intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 142 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che prevede la rimozione del sindacato in caso di gravi e persistenti violazioni di legge.
(4-02262)


   FARO, PALLINI, LOVECCHIO, MENGA, NESCI, GIULIANO e TROIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per il sud, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i commi 889 e 890 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) disciplinano l'attribuzione alle province delle regioni a statuto ordinario di un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivamente 3,750 miliardi di euro) per il finanziamento pluriennale di piani di sicurezza per la manutenzione di strade e scuole, a valere sulle risorse del fondo investimenti enti territoriali di cui al comma 122 dell'articolo 1 della medesima legge;

   il contributo è ripartito, con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro il 20 gennaio 2019, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che infatti è stata espressa nei giorni scorsi, secondo i seguenti criteri: per il 50 per cento, da ripartire tra le province che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e scuole nell'anno 2017, rispetto alla spesa media riferita al triennio 2010-2012, da assegnare in proporzione alla suddetta diminuzione;

   per il 50 per cento, da ripartire tra le province in proporzione all'incidenza determinata, al 31 dicembre 2018, dalla manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell'imposta sull'assicurazione per la responsabilità civile auto, dell'imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio;

   a garanzia del pieno utilizzo delle somme nell'anno di erogazione, si prevede che le spese finanziate con le risorse assegnate per ogni annualità debbano essere liquidate o liquidabili per le finalità indicate entro il 31 dicembre di ogni anno;

   per garantire la corretta elaborazione dei piani di sicurezza, ai sensi del citato comma 889, è data facoltà alle province di procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato tra figure ad alto contenuto tecnico-professionale come ingegneri, architetti, geometri, tecnici della sicurezza ed esperti in contrattualistica pubblica e codice appalti;

   in base alla tabella di riparto del contributo di 250 milioni di euro annui, allegata al decreto ministeriale del 28 gennaio 2019, alla regione Puglia sono stati attribuiti complessivamente circa 16 milioni di euro, di cui solo 1.249.737,84 per la provincia di Foggia;

   secondo l'interrogante, la distribuzione dei finanziamenti per i piani di sicurezza per la manutenzione delle strade e delle scuole, che rappresentano una importante misura di sostegno in favore degli enti locali in particolare per le province, potrebbe sembrare inadeguata, a causa dei criteri di riparto adottati, sia per la provincia di Foggia sia per altre province, tra cui Vibo Valentia, Avellino e Benevento –:

   quali siano i motivi e le modalità della scelta dei criteri di riparto dei suddetti contributi e se i Ministri interroganti non ritengano opportuno adottare le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per rivedere tali criteri, al fine di eliminare quelle distorsioni che potrebbero svantaggiare alcune province rispetto ad altre;

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per rivedere in aumento l'importo delle risorse da ripartire per le funzioni poste in capo alle province sulla base delle oggettive condizioni e difficoltà territoriali e dell'incidenza locale della criminalità organizzata.
(4-02271)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si segnalano da mesi notevoli disagi presso la sede Inps di Verona per la cronica carenza di personale: negli ultimi cinque anni il numero dei dipendenti è diminuito circa del 20 per cento e anche le ultime assunzioni previste a livello nazionale non hanno portato a Verona neanche un nuovo operatore tra i 365 assunti con l'ultimo concorso bandito dall'ente;

   la situazione è sempre più difficile, poiché gli operatori hanno sempre maggiori carichi di lavoro da smaltire e le pratiche si accumulano, producendo inevitabili disagi presso l'utenza;

   presso l'inps è attualmente vigente una graduatoria del concorso per la posizione «C1» i cui iscritti sono collocati in area «B» che, dopo il reclutamento dei vincitori e successivamente di alcuni idonei, è composta attualmente da 86 unità;

   la suddetta graduatoria sarebbe immediatamente disponibile e, grazie al suo scorrimento, consentirebbe di assumere operatori per migliorare la qualità del servizio. In attesa di espletare i concorsi in atto o di bandirne altri, e considerata la particolare fase di transizione che coinvolge l'istituto, attingere da questa graduatoria potrebbe risultare utile per far fronte alla situazione di disagio da più parti lamentata;

   si tratta di unità di personale rigidamente selezionate e immediatamente disponibili che potrebbero essere utilizzate per far fronte alle gravi carenze di organico –:

   se non si ritenga opportuno procedere allo scorrimento della suddetta graduatoria e all'assunzione di personale collocato in area «B» amministrativa, consentendo all'istituto di far fronte alla crescente domanda di servizi e offrendo ai lavoratori l'incarico per cui sono stati duramente selezionati.
(4-02261)


   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che nel mese di dicembre 2018 il delegato Rsu Filctem della Piave Maitex di Feltre (BL) è stato licenziato per uso improprio dei permessi sindacali;

   il suddetto delegato è già stato oggetto, nello scorso anno, di un provvedimento di formale ammonizione emesso dall'azienda in ragione di dichiarazioni ritenute lesive rilasciate nel corso di una intervista. Il dipendente ha spiegato la propria posizione e ha chiesto di stralciare il provvedimento in quanto insussistente, ma il 5 febbraio 2018 l'azienda ha inviato, tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, un'ammonizione scritta nei confronti del lavoratore, uscito poi vittorioso dall'esito del conseguente giudizio;

   il licenziamento del delegato sindacale discenderebbe, invece, dalla contestazione datoriale circa un ipotetico uso improprio dei permessi sindacali. L'azienda è pervenuta all'acquisizione dei fatti tramite un investigatore privato, ingaggiato per pedinare il dipendente. Il fatto scatenante il licenziamento, per quanto si apprende da fonti di stampa e da dichiarazioni della segretaria Filctem di Belluno, sarebbe la fruizione di una pausa caffè in un bar durante un direttivo sindacale. In un ordine del giorno approvato al congresso nazionale della Cgil si legge che il licenziamento in questione è frutto dell'interpretazione unilaterale dell'imprenditore su come si svolgono le riunioni dei direttivi, su come si vivono le relazioni sociali di ogni delegato con i lavoratori e con il tessuto politico-amministrativo del proprio territorio;

   la scelta da parte di un'azienda di controllare un proprio dipendente desta preoccupazione non solo per la contingenza specifica, ma anche per la garanzia dei diritti dei lavoratori all'interno della predetta azienda e al di fuori di essa, dato che può costituire un precedente –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di pervenire, nel caso di specie, alla tutela delle libertà sindacali e alla garanzia dei diritti dei lavoratori della Piave Maitex, più in generale, per evitare che si ripetano come quello sopra richiamato.
(4-02263)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il comma 342 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali a coprire, nel 2019, i posti vacanti nei profili professionali delle aree II e III assumendo, nel limite del 50 per cento delle proprie facoltà assunzionali, i candidati idonei presenti nelle graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 a seguito di procedure selettive interne per il passaggio, rispettivamente, alla II e alla III area;

   le assunzioni avvengono in ordine di graduatoria e nel limite dei posti previsti in ciascun bando;

   nel 2007 il Ministero per i beni e le attività culturali ha emanato bandi riferiti a diversi profili professionali per il passaggio fra aree ex articolo 15 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998/2001;

   le premesse dei bandi evidenziavano che, con nota 45261 del 22 dicembre 2005, l'amministrazione aveva richiesto l'autorizzazione ad avviare procedure per il passaggio dall'area B alla posizione economica C1 per complessivi 920 posti;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2007, il Ministero per i beni e le attività culturali veniva autorizzato, però, ad avviare procedure per 460 posti;

   le procedure di selezione sono state avviate per la copertura di 920 posti; gli stessi bandi specificavano, tuttavia, che l'inquadramento in ruolo sarebbe potuto avvenire – nelle more del rilascio dell'ulteriore autorizzazione – solo per complessive 460 unità e che le restanti unità di personale sarebbero state immesse in ruolo dopo la concessione al Ministero per i beni e le attività culturali dell'autorizzazione;

   dunque, destinatari dell'assunzione (o meglio passaggi d'area) sono 460 unità di personale –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla tempistica e all'attuazione delle procedure per l'assunzione dei 460 candidati di cui in premessa.
(4-02267)


   D'ATTIS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 181 del 2018 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 4 settembre 2018 è stato bandito «Concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di centoquarantotto allievi al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale [...]» riservato a «soggetti muniti di laurea specialistica o magistrale [...] nonché di dottorato di ricerca, o di master di secondo livello, o di diploma di specializzazione [...]» ovvero «i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni [...] che hanno compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea»;

   come previsto dall'articolo 5, comma 1, del bando, poiché il numero di domande di partecipazione è stato «pari o superiore a tre volte il numero dei posti messi a concorso» si è svolta una prova preselettiva per determinare l'ammissione dei candidati alle prove scritte consistita in un «test composto da 60 quesiti a risposta multipla, di cui 24 quesiti di ragionamento logico e 36 quesiti diretti a verificare il possesso di conoscenze nelle seguenti materie [...]»;

   la prova si è svolta, come previsto dal predetto diario, presso la Nuova Fiera di Roma, il 22, 23 e 24 gennaio 2019 per 6 differenti sessioni, mattina e pomeriggio, con candidati suddivisi in base alla iniziale del cognome;

   a quanto consta all'interrogante, sono stati ammessi alle prove scritte 446 candidati, in questo modo:

    22 gennaio mattina: 1196 partecipanti, 81 ammessi (6,77 per cento del totale);

    22 pomeriggio: 1266, 141 (11,14 per cento);

    23 mattina: 1286,66 (5,13 per cento);

    23 pomeriggio: 1261,96 (7,61 per cento);

    24 mattina: 1371, 32 (2,33 per cento);

    24 pomeriggio: 1302, 30 (2,30 per cento);

   si è determinata, a giudizio dell'interrogante, una evidente disparità di trattamento tra i candidati in quanto le prove (quiz e test) sostenute nelle sei diverse sessioni sono state diverse;

   la diversità dei quiz poteva determinare difficoltà diverse delle prove preselettive, come di fatto è avvenuto, e come dimostrato inequivocabilmente dal numero degli ammessi per singola prova;

   è statisticamente impossibile che quiz di analoga difficoltà siano superati nella sessione del 22 gennaio pomeriggio da 141 concorrenti e il 24 gennaio pomeriggio da appena 30 (con 100 partecipanti in più), un rapporto percentuale sul totale pari a oltre 5 a 1;

   è assolutamente implausibile che tutti i candidati aventi cognome con le lettere da M ad R siano 5 volte più preparati del totale dei candidati che hanno il cognome con le lettere da D ad H;

   i predetti esempi possono essere estesi a tutte le sessioni di prova e hanno ingenerato nei candidati non ammessi la sensazione di aver subito una notevole ingiustizia;

   i candidati lamentano la violazione del rispetto del principio di anonimato da parte della commissione, in quanto sono stati identificati fin dall'inizio delle prove e obbligati a lasciare la carta d'identità aperta sul banco accanto alle schede anagrafiche che riportavano il nome e cognome del candidato prestampato;

   inoltre, l'etichetta col codice a barre che ha la funzione di associare la scheda risposte al nominativo del candidato non è stata apposta sulla scheda risposte dal candidato bensì dal personale d'aula in un momento successivo alla consegna, ingenerando moltissimi dubbi sulla trasparenza delle operazioni di correzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative intenda assumere per determinare una nuova selezione con modalità che consentano ai candidati di concorrere tutti alle stesse condizioni e, quindi, sostenere la medesima prova preselettiva contemporaneamente, anche in considerazione dell'importanza del corso-concorso, rivolto a selezionare la classe dirigente della pubblica amministrazione.
(4-02272)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in poco più di una settimana presso gli Spedali Civili di Brescia sono morti quattro neonati;

   tre dei quattro decessi, avvenuti tutti nel reparto di terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia, sarebbero stati causati da una infezione in quanto, a detta di Brescia Today, i tre piccoli avrebbero sofferto uno shock settico, cioè una sindrome da shock dovuta a una infezione, mentre l'ultimo neonato sarebbe morto per una malformazione congenita alla trachea incompatibile con la vita;

   il Ministero della salute ha opportunamente avviato una ispezione e inviato ispettori e attivato i carabinieri del Nas, che nella mattina del 7 gennaio si sono recati agli Spedali civili per prendere visione delle cartelle cliniche dei piccoli allo scopo di fare piena luce sui decessi di neonati;

   nel mese di agosto 2018, sempre nella terapia intensiva neonatale degli Spedali Civili di Brescia, si era verificata la morte di un neonato a causa di un batterio ed altri nove bambini erano stati contagiati;

   è indispensabile chiarire definitivamente se vi siano nessi tra i tre episodi ultimi e quelli avvenuti ad agosto 2018, e se siano state adottate tutte le misure necessarie per impedire nuovi eventi drammatici;

   per quanto riguarda in particolare le infezioni ospedaliere è importante verificare se siano state messe in atto tutte le procedure necessarie a garantire la disinfezione e la decontaminazione degli ambienti del nosocomio bresciano, in particolare quelli che ospitano i neonati prematuri per i quali la soglia di attenzione su questi aspetti dovrebbe essere altissima vista la loro condizione di particolare vulnerabilità;

   il fenomeno delle infezioni ospedaliere è ancora troppo sottovalutato in Italia nonostante sia la causa di oltre settemila decessi l'anno. Le procedure di disinfezione e decontaminazione raramente prevedono l'impiego di tecnologie moderne: è quindi necessario recuperare il gap che si sconta rispetto a quanto avviene nelle strutture sanitarie di tutta Europa in termini di tutela e prevenzione delle infezioni che colpiscono con troppa frequenza i pazienti e i loro familiari –:

   se le ispezioni inviate abbiano avuto esito e, in ogni caso, in tale contesto, visto il ripetersi di casi di bambini che sarebbero morti o contagiati a causa di infezioni presso il reparto di terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia, quali iniziative siano state assunte al fine di una efficace disinfezione e decontaminazione del reparto interessato.
(5-01492)


   NOVELLI, MUGNAI, PEDRAZZINI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come ricordato da diversi quotidiani, il 2019 sarà l'ultimo anno nel quale i farmaci antivirali contro per l'epatite C conserveranno l'etichetta di farmaci «innovativi», e questo comporterà l'uscita dei farmaci anti epatite C dal fondo speciale. Scadono, infatti, dal prossimo 2020, i trentasei mesi per cui un farmaco è considerato innovativo e può essere inserito nel suddetto fondo;

   uscendo dalla lista dei farmaci innovativi, i farmaci anti-HCV procureranno seri problemi di spesa per varie regioni, andando questi antivirali a gravare sulla spesa dei farmaci ordinari. Un costo che andrebbe tutto a carico della spesa diretta per i farmaci (sottoposta a payback) che già oggi sfora il tetto per quasi 2 miliardi di euro l'anno;

   fino ad oggi sono stati trattati finora oltre 170 mila italiani, un terzo del totale, come ha ricordato la Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva (Sige). E infatti, secondo una recente valutazione di Epac sarebbero tra i 270 e i 330 mila i pazienti ancora da trattare extra fondo per un totale variabile tra gli 855 milioni e 1,1 miliardi in 3 anni. Si ricorda che al momento il costo medio dei farmaci è valutabile intorno ai 4.500 euro a trattamento;

   si ricorda altresì che il piano di eliminazione dell'epatite C che ha l'obiettivo di curare 80.000 pazienti/anno;

   il presidente dell'Associazione Epac Onlus, Ivan Gardini, ha denunciato come l'uscita dal fondo speciale dei farmaci contro l'epatite C può rappresentare l'ennesima riprova che «c'è un disimpegno del Governo sull'eliminazione veloce dell'epatite C anche perché in questi mesi non ci sembra ci sia stata la volontà di prendere in carico la questione». E ancora: «l'uscita dei farmaci anti epatite C dal Fondo speciale comporta anche dei rischi notevoli. Si rischia di far morire le persone. E soprattutto a pagarne lo scotto saranno le categorie più deboli come i carcerati, i tossicodipendenti e gli anziani che bisogna intercettare»;

   la cosa è ancora più grave, se si considera il 4 ottobre 2018, rispondendo all'interrogazione n. 5-00633 sui fondi per i farmaci innovativi, presentata dal primo firmatario del presente atto, il sottosegretario delegato dichiarava: «Lo scopo dei Fondi è, dunque, quello di garantire l'accesso alle cure ai pazienti affetti da così gravi patologie, permettendo loro di beneficiare dell'apporto di farmaci efficaci, anche se molto costosi, finalmente soggetti a rimborso grazie alle risorse finanziarie aggiuntive messe a disposizione delle Regioni (...). In futuro potranno essere intraprese ulteriori iniziative a favore dei pazienti affetti da Epatite C» –:

   quali iniziative si intendano adottare per garantire che centinaia di migliaia di persone possano essere trattate con i farmaci anti-HCV, stante la loro uscita a fine anno dalla lista dei farmaci innovativi;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per evitare che i suddetti farmaci antivirali, indispensabili per la cura dell'epatite C, vadano a gravare sulla spesa dei farmaci ordinari e, quindi, sulla spesa delle regioni.
(5-01493)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato sul sito onlinewww.madonielive.com il 13 febbraio 2019, Lillo Puleo, vicesindaco di Blufi, comune delle Madonie, in provincia di Palermo, racconta che la mattina del 12 febbraio 2019 recandosi al pronto soccorso di Petralia Sottana ha trovato di fronte a sé una situazione allarmante;

   il vicesindaco ha denunciato come il pronto soccorso fosse stracolmo di pazienti con diverse persone che, pur necessitando di un ricovero, si trovavano in attesa nei locali del pronto soccorso, perché i reparti erano strapieni;

   ciò che ha potuto riscontrare il vicesindaco Puleo al pronto soccorso di Petralia Sottana purtroppo non è un'eccezione negli ospedali siciliani, ma la normalità: personale, spazi e letti sono altamente insufficienti a soddisfare il bacino di utenza;

   il diritto alla salute e all'accesso alle cure dovrebbe essere esercitato in condizioni di normalità e serenità e non, come troppo spesso avviene, in situazioni sempre emergenziali;

   l'instancabile personale ospedaliero, i medici, gli infermieri, gli inservienti, nonostante le mille difficoltà quotidianamente cercano di far fronte alle emergenze come possono, senza il dovuto sostegno da parte di chi ha il dovere di garantire il buon funzionamento degli ospedali;

   questa testimonianza diretta dimostra ancora una volta come i presidi ospedalieri, specialmente quelli delle zone interne e periferiche, debbano essere potenziati al fine di migliorare i servizi offerti ai cittadini e non, come ormai da anni accade, subordinare la presenza di ospedali, reparti e strutture alle esigenze di bilancio e ai ritorni economici –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, viste le condizioni particolari delle aree interne della Sicilia, al fine di monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza favorendo il potenziamento delle strutture ospedaliere presenti sul territorio ed evitando situazioni di emergenza e disagio come quella descritta in premessa.
(4-02270)


   BELLA, MELICCHIO, TESTAMENTO, TUZI, GALLO, VIZZINI, VILLANI, D'UVA, TRIZZINO, CUBEDDU, DE LORENZO, SIRAGUSA, TUCCI, INVIDIA, CARBONARO, NITTI, CASA, AZZOLINA, BOLOGNA, VOLPI, NAPPI, PROVENZA, D'ARRANDO, MENGA, MARIANI, PIERA AIELLO, PALMISANO, DORI, FRANCESCO SILVESTRI, CATALDI e ASCARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 23 dicembre 2018 il quotidiano «Il Tempo», a pagina 3, ha pubblicato un'intervista al presidente dell'Ordine nazionale dei biologi, Vincenzo D'Anna, dal titolo «State attenti a quei vaccini. C'è tutto, non quello che serve», nella quale egli spiegherebbe i risultati emersi dalle analisi di laboratorio su alcuni lotti vaccinali;

   in tale intervista, con riferimento ad alcune vaccinazioni, sono riportati alcuni dati analitici, anche di natura tecnico-scientifica, e vengono menzionati – tra gli altri — diserbanti ed erbicidi;

   da altra intervista rilasciata dal presidente D'Anna su «Il Giornale dei biologi», novembre/dicembre 2018, risulta che il Consiglio dell'ordine dei biologi abbia donato 10 mila euro all'associazione Corvelva (il coordinamento regionale Veneto per la libertà delle vaccinazioni, che pone come suo principio la libera scelta delle vaccinazioni). Tale donazione — da ciò che dichiara presidente D'Anna — è volta a completare le analisi sui vaccini, sia dal punto di vista biologico, sia dal punto di vista chimico. Tuttavia tale analisi, sempre stando alle dichiarazioni di D'Anna, risultavano già pubblicate su di una rivista scientifica;

   da altro articolo su Il Tempo del 26 dicembre 2018, dal titolo «La farmacologa contro l'Alfa: L'indagine sui vaccini corretta», risulta che la dottoressa Bolgan sia attuale consulente scientifico dell'Ordine nazionale dei biologi e Corvelva e abbia affermato di avere testato alcuni lotti vaccinali;

   la dottoressa Bolgan sul giornale dei biologi è presentata come «Dottore in chimica e tecnologie farmaceutiche, con dottorato in scienze farmaceutiche ad Harvard medical school Boston». Tuttavia, dal suo profilo Linkedin risulterebbe aver conseguito il dottorato di ricerca presso l'università degli studi di Padova;

   il codice deontologico degli iscritti all'ordine nazionale biologi prevede all'articolo 3, che il biologo, tanto nei rapporti pubblici che in quelli privati, si astenga dall'esaltare e dall'enfatizzare la propria competenza o i risultati ottenuti e che nelle dichiarazioni pubbliche il biologo adotti comportamenti misurati e proporzionati alle esigenze del caso, evitando ogni forma di esagerazione, di sensazionalismo o di superficialità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenze delle questioni di cui in premessa e se sia in possesso di informazioni tali da confermare o smentire i dati sostenuti nelle interviste summenzionate;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del finanziamento da parte dell'Ordine dei biologi all'associazione Corvelva e quali siano i suoi orientamenti al riguardo, con particolare riferimento alla compatibilità dello stesso con i princìpi di ragionevolezza e di economicità e al rispetto delle pratiche riconoscitive dalla comunità internazionale.
(4-02273)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARLA CANTONE, GRIBAUDO e GIACOMELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Rai utilizza servizi di manovalanza e trasporto all'interno dei propri studi televisivi per esigenze funzionali alla produzione televisiva per importi di alcuni milioni di euro l'anno;

   tali servizi vengono affidati a seguito di svolgimento di gare pubbliche ai sensi del codice degli appalti;

   per quanto concerne i servizi di manovalanza e trasporto per il centro produzione Tv di Roma a luglio del 2015 il consiglio di amministrazione della Rai ha approvato l'aggiudicazione definitiva della gara europea per l'affidamento dei servizi sopra menzionati per un valore complessivo di 19 milioni di euro suddiviso in 6 lotti;

   i contratti sono stati formalizzati a febbraio del 2016 ed essendo di durata pari a tre anni scadranno il 12 febbraio del 2019;

   ad oggi non risulta la pubblicazione del nuovo bando di gara sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e non si ha alcuna notizia relativa alla nuova gara;

   gli attuali fornitori di tale servizio sono stati fatti oggetto di intervento ispettivo dell'Ispettorato territoriale del lavoro di Roma, perché il contratto che applicano ai lavoratori non risulta essere quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali di settore comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con pesanti ricadute economiche sui lavoratori e sui loro diritti;

   a seguito di tali ispezioni è atteso, nella riformulazione del bando di gara, l'inserimento della corretta dicitura per l'applicazione da parte dei concorrenti del contratto della logistica maggiormente rappresentativo del settore, al fine di migliorare il trattamento economico e sociale di lavoratori che da molti anni lavorano presso la Rai;

   nella corrispondenza fra i rappresentanti a vario titolo dei lavoratori interessati e Rai, l'azienda ha confermato nei mesi scorsi l'intenzione di scrivere nel prossimo bando di gara la necessità che il fornitore aggiudicatario applichi al personale impiegato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

   in quanto azienda a capitale interamente pubblico, i comportamenti adottati in Rai rappresentano un benchmark per molte aziende del settore privato; la mancata applicazione presso la Rai del contratto maggiormente rappresentativo della logistica ha fatto sì che in questi anni anche numerose aziende private si sentissero libere di applicare contratti minori e dalla dubbia rappresentatività, generando una reazione a catena che ha fortemente indebolito le tutele e i trattamenti economici dei lavoratori di settore;

   il contratto stipulato dopo l'ultima gara europea per i servizi della logistica in Rai risulta essere scaduto il 12 febbraio 2019; non è al momento stato pubblicato il nuovo bando di gara per l'assegnazione dei servizi di manovalanza e trasporto all'interno della sede di Roma –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di rafforzare le tutele e il trattamento economico dei lavoratori impiegati nelle sedi dell'emittente televisiva pubblica, tenuto conto che andrebbe promosso un bando di gara che privilegi i concorrenti che applicano il contratto della logistica stipulato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, anche in considerazione del fenomeno delineato in premessa.
(5-01489)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il disturbo da gioco d'azzardo (Dga) è una patologia assimilabile alle dipendenze da sostanze stupefacenti in quanto rende, contemporaneamente, incapaci di resistere all'impulso di giocare d'azzardo e dipendenti dalla dinamica del gioco fino a inquinare pesantemente le relazioni sociali e lo stato di salute;

   il disturbo da gioco d'azzardo può assumere la connotazione di un vero e proprio disturbo psichiatrico, tanto che nel 1994, il gioco d'azzardo patologico (Gap) è stato classificato nel Dsm-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come disturbo del controllo degli impulsi;

   la prevalenza tra la popolazione adulta del disturbo da gioco d'azzardo, secondo il Dsm-IV, varia dall'1 al 3 per cento della popolazione con una maggiore diffusione tra familiari e parenti di giocatori;

   lo studio Ipsad (Ifc-Cnr Pisa), condotto nel 2013-2014, attesta che circa 17 milioni di persone (42,9 per cento della popolazione) hanno giocato almeno una volta somme di denaro: meno del 15 per cento ha un comportamento definibile «a basso rischio», il 4 per cento «a rischio moderato» e l'1,6 per cento «problematico»; in questo ultimo segmento si collocano oltre 800 mila persone;

   secondo la relazione annuale al Parlamento (dipartimento politiche antidroga) 2015, il totale di pazienti in carico ai servizi per Gap ammonta ad oltre 12.300 persone;

   l'impegno sui temi del disturbo da gioco d'azzardo è stato ripetutamente assunto in fase programmatica dal Governo senza, però, che si sia mai tradotto in atti concreti;

   nell'ultima legge di bilancio non vi sono stanziamenti né per servizi né per campagne di promozione né per altri interventi sul tema della lotta al gioco d'azzardo;

   da tempo diverse associazioni di categoria, in particolare quelle dei gestori e dei costruttori di apparecchi da intrattenimento, lanciano l'allarme sulla pericolosità delle videolottery esistenti in tutte le sale capaci di far perdere somme fino a 5.000 euro l'ora, oltre a essere usate come riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite;

   l'associazione Agcai ha lanciato un appello pubblico al Governo per «fermare in questi giorni dell'invasione di 320 mila apparecchi (265.000 slot e più di 55.000 vlt) con payout più basso, che nuocciono gravemente alla salute»;

   secondo l'associazione, che ha chiesto ripetutamente, senza esito, di essere ricevuta dal Ministro Di Maio, i Monopoli «stanno velocizzando l'immissione sul mercato di 265 mila slot e più di 55 mila già pericolosissime videolottery»;

   secondo tre importanti sigle associative che rappresentano i gestori (Sapar, Agcai e Cni) la scelta del Governo di riduzione del payout rovinerebbe i giocatori più deboli, i quali nella speranza di rifarsi dalle perdite rischiano di entrare ancora di più nella morsa dell'azzardo di Stato; un payout più alto, invece insieme all'inserimento di altri elementi di abilità e intrattenimento diminuirebbe la perdita oraria, andando così a tutela del giocatore –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se corrisponda al vero che si sta preparando l'ingresso sul mercato italiano di 320 mila nuovi apparecchi, tra slot e videolottery, e per quale ragione il Governo non abbia ritenuto di ricevere e ascoltare le rappresentanze dei gestori e dei costruttori di apparecchi da intrattenimento, che vogliono lanciare una campagna comune contro il gioco d'azzardo e a favore del gioco come intrattenimento.
(4-02269)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Deidda e altri n. 1-00113, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Meloni.

Apposizione di una firma
ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Zennaro e altri n. 7-00138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Grippa.

Apposizione di firme
ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente D'Ippolito e altri n. 2-00268, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Acquaroli, Nesci.

Apposizione di firme
ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Donzelli n. 5-01464, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Foti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Giacometto e Zangrillo n. 5-01459, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sozzani.

Pubblicazione di un testo riformulato e cambio di presentatore.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Deidda n. 1-00113, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 117 del 30 gennaio 2019, che deve intendersi presentata dal deputato Lollobrigida, già firmatario della stessa.

   La Camera,

   premesso che:

    il 28 gennaio 2019 la Squadra mobile di Catania ha arrestato sedici persone accusate di far parte di una banda di spacciatori di droga che aveva una propria «cellula» a Catania e base operativa nel CARA di Mineo;

    le persone fermate appartengono tutte alla mafia nigeriana, attiva in tutta Italia e sulla quale è attualmente in corso un'indagine congiunta tra il Servizio centrale operativo della Polizia italiana, l'FBI statunitense e la polizia canadese nella zona di Castelvolturno, e sono accusate di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e violenza sessuale aggravata;

    l'inchiesta di Castelvolturno sta confermando l'estrema efferatezza dei crimini commessi da tale organizzazione criminale, attiva in Italia da ormai oltre vent'anni, che dispone di un vero e proprio esercito di immigrati, per la gran parte irregolari, su cui contare come manovalanza: «da Destra Volturno a Pescopagano, e lungo la Domitiana, l'esercito di immigrati che una stima approssimativa calcola in quindicimila, è ostaggio della mafia nigeriana. Che spaccia, minaccia, fa traffico di organi e ha praticamente potere di vita e di morte sugli altri connazionali, sui ghanesi e sugli ivoriani»;

    secondo alcune stime gli affiliati alla mafia nigeriana in Italia sarebbero centomila e costituiscono «un gruppo ramificato e potente, che rappresenta una seria minaccia all'ordine pubblico e al vivere civile»;

    la distribuzione sul territorio è stata confermata dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia dell'aprile 2017: «I gruppi criminali nigeriani, difatti, operano su buona parte del territorio nazionale, comprese le regioni ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come nel caso della Campania e della Sicilia. Da sempre attivi in Piemonte, Veneto e Campania, hanno progressivamente esteso la loro presenza criminale anche in altre aree del territorio nazionale, quali le regioni adriatiche (in particolare Marche ed Abruzzo), la Capitale, le due isole maggiori e, più recentemente, in Puglia»;

    ancora in merito alla mafia nigeriana, nella relazione della DNA si legge: «Quanto ai sodalizi nigeriani, si tratta di gruppi fortemente caratterizzati dalla comune provenienza etnico-tribale dei suoi membri. Tali elementi garantiscono a ciascun sodalizio un'elevata compattezza interna che ne consente un'efficace operatività nonostante la ricorrente suddivisione in cellule, attive in diverse aree territoriali nonché il riconoscimento dei caratteri dell'associazione mafiosa in diversi procedimenti penali. Le numerose attività repressive condotte nei confronti di nigeriani, operativi prevalentemente nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti e nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, consentono di delineare alcuni fattori che ne hanno favorito la specializzazione soprattutto con riferimento al narcotraffico»;

    gli arresti effettuati nel Cara di Mineo non solo confermano il legame tra Centri di accoglienza e criminalità organizzata straniera, ma dimostrano le attività di tali gruppi criminali nella gestione dell'immigrazione illegale, posto che alcuni dei fermati avrebbero anche collaborato con i trafficanti di esseri umani in Libia;

    secondo la Dna «i migranti di etnia nigeriana rappresentano la nazionalità prevalentemente dichiarata al momento degli sbarchi; appare dunque evidente come l'incremento dei flussi migratori illegali (...) rappresenti un florido bacino che va ad alimentare i gruppi criminali della relativa matrice etnica, perlopiù attivi nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e nei reati a questa correlati»;

    non va sottovalutato, inoltre, che in Nigeria si sta diffondendo un forte integralismo islamico, fatto che, attraverso la massiccia immigrazione di nigeriani, potrebbe aumentare la minaccia terroristica per la nostra Nazione;

    nonostante il fatto che già nel gennaio del 2005 i nostri servizi di intelligence e il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno avevano allertato le squadre mobili di ben ventisei questure e i comandi generali dei carabinieri e della guardia di finanza sulla «evoluzione dei sodalizi malavitosi di quell'etnia attivi in Italia», grazie a una scellerata politica migratoria che ha aperto le porte della nostra Nazione senza alcun controllo a centinaia di migliaia di persone, e grazie a una disattenzione verso il fenomeno, la mafia nigeriana ha assunto una dimensione, una pericolosità e una distribuzione sul territorio che impongono di adottare provvedimenti urgenti e concreti per il suo contrasto;

    la politica di chiusura dei porti sta dando efficaci risultati sotto l'aspetto della riduzione del numero di immigrati che arrivano in Italia ma sta esponendo la nostra Nazione a continue ed estenuanti trattative con gli altri Stati dell'Unione europea che dovrebbero farsi carico dei migranti secondo il principio della redistribuzione;

    la totale assenza, nell'Unione, di un approccio burden sharing in merito all'ondata migratoria si è riversata per anni sulla nostra Nazione lasciata sola ad accogliere e soprattutto ad ospitare in seguito le migliaia di migranti in arrivo attraverso il Mediterraneo;

    il caso della nave «Diciotti» dimostra chiaramente come la soluzione ai tentativi di immigrazione irregolare non sia tanto chiudere i porti quanto impedire ai barconi di partire, perché solo questo potrà porre l'Italia al riparo dalla polemica con gli altri Stati dell'Unione europea per l'accoglienza dei migranti;

    in occasione del vertice di Malta svoltosi nel febbraio del 2017 tra le ipotesi dibattute per contrastare l'immigrazione irregolare vi era stata quella di creare una line of protection, di fatto un blocco navale, da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione con duecento milioni di euro a valere sul fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa, volto a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione Sophia, con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;

    nel marzo 1997 l'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi stipulò un accordo con il Premier albanese per la realizzazione di un blocco navale della Marina militare per il respingimento dei migranti diretti in Italia, in cambio di aiuti come cibo e medicinali e l'impegno per la ricostruzione delle strutture statali albanesi;

    oltre alla questione dei cosiddetti barconi necessita di urgente regolamentazione l'attività nel Mediterraneo delle navi di proprietà di alcune organizzazioni non governative che operano al confine con le acque territoriali libiche, troppo spesso al centro di operazioni poco chiare per aver preso a bordo migranti nel tentativo di trasportarli in Italia quando ancora non erano giunti in acque internazionali, e sulle quali in Italia stanno indagando due procure;

    la presenza di queste navi, infatti, può essere un incentivo per i trafficanti a caricare i migranti su imbarcazioni inadatte a tenere il mare contando sul fatto che saranno «salvati» proprio dalle organizzazioni non governative;

    inoltre, con riferimento al tema dell'emergenza migranti, il Def 2018 ha evidenziato come il calo degli sbarchi registrato nel 2017 e nel 2018 rispetto agli anni precedenti non sia stato accompagnato dalla diminuzione delle presenze nelle strutture di accoglienza, le quali hanno continuato a registrare un andamento crescente;

    la spesa per operazioni di soccorso, assistenza sanitaria, accoglienza e istruzione è stimata in 4,3 miliardi nel 2017 al netto dei contributi dell'Unione europea e prevista ancora in crescita fino ad una cifra compresa tra 4,6 e 5 miliardi di euro nel 2018, continuando a gravare sul nostro prodotto interno lordo per circa lo 0,3 per cento l'anno;

    sul piano internazionale è stato recentemente al centro del dibattito in tema di politiche migratorie il Global compact, ovvero il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», sottoscritto in sede Onu il 5 agosto 2016, e presentato come la più ampia iniziativa strategica di revisione dei flussi migratori e della loro gestione;

    il Global compact crea obblighi crescenti verso gli Stati in ordine ai servizi da fornire agli immigrati, anche a prescindere dal loro status di rifugiato, sottraendo agli stessi la gestione delle politiche migratorie sul proprio territorio nazionale;

    appare evidente come il Global compact non sia altro che l'ennesimo tassello di un progetto volto ad annientare confini, culture ed in particolare le sovranità nazionali in tema di immigrazione, un approccio contro il quale si sono già espresse numerose Nazioni, dichiarando ufficialmente di non aderire al Trattato;

    la sottoscrizione del complesso reticolato di impegni del Global compact, anche laddove genericamente formulati, è tale da comportare un'inaccettabile cessione di sovranità sul tema migratorio verso organismi sovranazionali senza alcun controllo democratico da parte dei cittadini dei singoli Stati;

    il Patto è finanziato da contributi volontari dei Governi al Global Compact trust fund;

    l'11 dicembre 2018 a Marrakech 164 nazioni hanno sottoscritto il Global Compact for safe, orderly and regular migration, mentre un gruppo di 13 Nazioni non hanno sottoscritto e non sottoscriveranno il Patto sul presupposto che il documento non stabilisce una netta differenza tra migrazione legale ed illegale;

    l'Italia ha disertato l'incontro di Marrakech e non ha ancora assunto una posizione chiara e ufficiale in merito alla propria intenzione di sottoscrivere o meno il Global compact;

    il flusso incontrollato di immigrati che tenta di arrivare in Europa lasciando gli Stati dell'Africa non potrà mai essere arrestato se non si interviene anche a sostegno dello sviluppo sociale e produttivo delle popolazioni in loco;

    come denunciato dalle organizzazioni panafricane, la presenza della Francia in alcuni Stati africani si configura come una vera e propria ingerenza e forma di neocolonialismo che ostacola la crescita e lo sviluppo di tali Nazioni, e il franco Cfa, ancora in gran parte controllato dallo Stato francese, garantisce a quest'ultimo uno strumento di controllo sulle economie locali ed europee,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative urgenti di competenza, anche normative, per potenziare le attività di indagine a contrasto della mafia nigeriana, anche attraverso l'istituzione di sezioni specializzate presso le procure antimafia, dedicate al contrasto alle mafie straniere attive sul territorio nazionale;

2) in questo quadro, ad adottare iniziative per disporre l'invio di un contingente militare nella zona di Castelvolturno a supporto delle forze di polizia impiegate nella lotta alla mafia nigeriana;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per la creazione di un blocco navale davanti alle coste libiche che possa impedire il passaggio delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari, con la partecipazione degli Stati membri della Unione europea, e in accordo e collaborazione con entrambe le autorità di governo presenti sul territorio libico, qualificandole come interlocutori dell'Unione e fornendo alle stesse sostegno economico e operativo per il controllo del proprio territorio e della rotta attraverso il deserto sfruttata dai trafficanti;

4) ad adottare iniziative per garantire la immediata creazione di centri hot spot nei Paesi del Nord Africa, per l'esame delle domande di asilo;

5) ad attivare immediatamente i centri sorvegliati nei quali trattenere chi entra illegalmente in Italia nelle more del vaglio della domanda di protezione e al fine di eseguire tutti gli opportuni accertamenti di sicurezza, rispettando il principio che, per chi entra illegalmente in uno Stato europeo, non possa essere sufficiente dichiararsi richiedente asilo per non essere sottoposto ad alcuna forma effettiva di controllo o restrizione;

6) a promuovere la creazione di un fondo europeo, alimentato con risorse dell'Unione, con una dotazione di tre miliardi di euro per la realizzazione di accordi di riammissione con i Paesi di origine dei migranti e il potenziamento delle operazioni di rimpatrio;

7) ad adottare iniziative per una maggiore regolamentazione delle Ong, prevedendo che gli enti di promozione sociale iscritti nel registro unico nazionale abbiano l'obbligo di istituire una gestione separata per ciascuna iniziativa di raccolta fondi che attivano, e il divieto di trasferire i fondi da un'iniziativa ad altra;

8) a porre all'attenzione delle istituzioni europee il tema di quello che appare ai firmatari del presente atto un approccio neocoloniale francese nei confronti dell'Africa e del franco CFA;

9) a non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration e a non contribuire in alcun modo al finanziamento del relativo trust fund.
(1-00113)  (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti».

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Rostan n. 5-01194 del 9 gennaio 2019.

ERRATA CORRIGE

  Apposizione di firme a risoluzione in Commissione Piastra e altri n. 7-00154 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 125 del 13 gennaio 2019. Alla pagina 4635, seconda colonna, dalla riga tredicesima alla riga ventesima, deve leggersi: «La risoluzione in Commissione Piastra e altri n. 7-00154, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Gallo, Lattanzio, Mariani, Marzana, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani.», e non come stampato.