Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 1 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    come emerge dal «The Future of Jobs Report 2018», che ha coinvolto gli strateghi esecutivi, nonché i responsabili delle risorse umane di un campione di aziende riconducibili a 12 settori industriali e 20 economie (che valgono il 70 per cento del prodotto interno lordo mondiale e 15 milioni di lavoratori impiegati), presentato al World Economic Forum del 2019, entro il 2022 le aziende 4.0 adotteranno tecnologia cloud, intelligenza artificiale, analisi big data, connessioni mobili ad alta velocità, realtà aumentata, impiego di droni, distribuzione online, e successivamente al 2022, anche robot umanoidi;

    tutto ciò porterà entro il 2022 a cessare di esistere per 75 milioni di posti di lavoro che potranno essere affidati a macchine, mentre allo stesso tempo, altri 133 milioni verranno creati in ruoli più adatti alla divisione del lavoro tra umani, macchine e algoritmi, con un aumento netto di 58 milioni di nuove opportunità lavorative;

    in pochi anni ci sarà anche in Italia una crescente domanda di lavori in cui vi è un alto impiego di tecnologie: analisti di dati, sviluppatori di software e applicazioni, esperti di social ed e-commerce, esperti di automazione, ingegneri robotici e tanti nuovi ruoli in qualità di specialisti in machine learning e intelligenza artificiale;

    secondo il rapporto Ocse sul futuro dell'occupazione «Job creation and local economic development 2018», che analizza l'impatto del progresso tecnologico sui mercati del lavoro regionali e locali, il 14 per cento dei posti di lavoro all'interno dell'area è ad alto rischio automazione e, nel periodo 2011-2016, circa l'80 per cento delle regioni dell'area Ocse ha subìto riduzione di posti di lavoro ad alto rischio automazione anche se, a fronte di questa riduzione, sono stati creati nuovi posti di lavoro;

    secondo il rapporto Ocse su citato nei Paesi Ocse il 31,6 per cento dei lavori è a elevato rischio di cambiamento e il 14 per cento è a elevato rischio di automazione; in questo quadro generale l'Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di skill mismatch e presenta un indice di fattore di rischio superiore alla media, pari al 35,5 per cento dei lavori che presentano elevato rischio di cambiamento, mentre il 15,2 per cento è a elevato rischio di automazione;

    per colmare il gap di competenze determinato dall'adozione di nuove tecnologie, le aziende punteranno, tra le strategie future prevalenti, sull'assunzione di interi nuovi staff di lavoratori in possesso delle competenze per l'utilizzo delle nuove tecnologie;

    le trasformazioni della quarta evoluzione industriale (intelligenza artificiale, robotica e biotecnologia), se governate da scelte pubbliche, oltre che private, tempestive ed innovative, possono favorire una nuova era del lavoro, migliorare, anziché sostituire, le condizioni e le opportunità del lavoro, migliorare i prodotti e il modo in cui un'azienda sta nel mercato, aggiungere valore per i clienti, migliorando la qualità della vita. Viceversa, se ignorate, queste trasformazioni allargheranno le lacune di competenze e, creeranno nuove e maggiori disuguaglianze e polarizzazioni;

    le 10 skills, sempre secondo il Rapporto «The Future of Jobs Report 2018», che saranno indispensabili già a partire dal 2020 per gestire, coordinare o lavorare, rimandano a capacità di problem solving in situazioni complesse, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, coordinarsi con gli altri (team working skills), intelligenza emotiva, capacità di giudizio e prendere decisioni, orientamento al servizio, negoziazione, flessibilità;

    queste competenze dovranno essere affrontate, insegnate e soprattutto allenate nei percorsi di istruzione scolastica e accademica per non avere degli «analfabeti di ritorno», al termine degli studi superiori e per non farne dei disoccupati da formare nuovamente con nuovi costi per la collettività;

    la scuola italiana, da quest'anno, è frequentata da «centennials», la generazione che non ha conosciuto il mondo senza Internet;

    gli alunni che frequentano il primo anno della scuola dell'infanzia concluderanno gli studi superiori nel 2034 e quelli che frequentano la prima classe della scuola primaria nel 2031;

    il «coding», e cioè la programmazione informatica, è diventata negli ultimi anni una nuova «lingua» che permette di dialogare con il computer per assegnare allo stesso i compiti o comandi in modo semplice e permette agli studenti, giocando a programmare, di imparare ad usare la logica, a risolvere i problemi e sviluppare il pensiero computazionale;

    il «coding» è una materia fondamentale per le nuove generazioni di studenti per alfabetizzarli ai linguaggi delle tecnologie e dominarle e rappresenta la quarta abilità di base della scuola, in continuità e non in contrapposizione con le abilità tradizionali del leggere, scrivere e far di conto;

    dal 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato sperimentazioni nelle scuole dell'infanzia e primarie del nostro Paese;

    la Gran Bretagna, la Finlandia, l'Estonia e altri Paesi europei hanno inserito la materia del «coding» tra quelle obbligatorie, a partire dalla scuola primaria, come pure nei Paesi più avanzati sul piano tecnologico ed economico (USA, Cina e India);

    l'Unesco ha più volte cercato di attirare l'attenzione sulla necessità di favorire l'accesso delle bambine agli studi matematici e scientifici sin dai primi anni di scuola, al fine del superamento degli stereotipi che le vogliono meno adatte allo studio di tali materie anche se le ricerche dimostrano che il livello delle performance dipende dall'esperienza, dall'allenamento, dall'abilità esercitata dal cervello di creare nuove connessioni. Appare quindi evidente che ciò non si può lasciare all'iniziativa di singoli soggetti ma che è nel sistema nazionale di istruzione, con conseguente distribuzione su tutto il territorio del Paese e sin dai primi anni del percorso formativo, senza differenze derivanti dal titolo di studio dei genitori o dalle condizioni socio-economiche delle famiglie, che va sviluppata l'alfabetizzazione alle nuove tecnologie anche e soprattutto delle bambine affinché possano accedere alle professioni del nuovo millennio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per introdurre entro il 2022 l'obbligatorietà dello studio del coding nelle scuole dell'infanzia e nella scuola primaria;

2) a considerare lo studio del coding e la dotazione nelle classi degli strumenti tecnologici a tal fine necessari come nuovi aspetti degli ambienti per l'apprendimento in sostituzione degli arredi tradizionali, quali le lavagne di ardesia e la tradizionale organizzazione degli spazi con banchi e sedie non modulabili;

3) a valutare, di conseguenza, la dotazione di arredi in nuovi spazi non più rigidi e la fornitura di strumenti hardware avanzati quali componente essenziale e obbligatoria dell'aula del Terzo millennio;

4) ad adottare iniziative per impegnare, a tal fine, quota delle risorse finanziarie attualmente destinate a interventi di edilizia scolastica al fine di avviare su tutto il territorio nazionale e in tutte le scuole dell'infanzia e primarie, dall'anno scolastico 2022-2023, lo studio obbligatorio del coding;

5) ad adottare iniziative per prevedere, a partire già dall'anno scolastico in corso, percorsi di formazione tecnologica per il personale educativo e docente delle scuole dell'infanzia e primaria, al fine di sensibilizzarlo alle nuove metodologie didattiche digitali attraverso cui veicolare gli apprendimenti e raggiungere gli obiettivi delle indicazioni nazionali;

6) a promuovere e favorire iniziative volte all'alfabetizzazione e allo sviluppo dell'apprendimento del coding nelle scuole secondarie di primo e secondo grado quali l'iniziativa «Programma il Futuro», che è attiva nelle scuole italiane dall'anno scolastico 2014-2015.
(1-00117) «Aprea, Gelmini, Palmieri, Casciello, Marin, Marrocco, Saccani Jotti».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nel sistema scolastico italiano è parte costitutiva del diritto all'istruzione l'attivazione delle necessarie procedure di inclusione scolastica che deve essere garantita per tutte le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti;

    a tal fine sono previsti interventi volti a rispondere ai differenti bisogni educativi derivanti da specifiche esigenze di singoli individui e a realizzare strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all'autodeterminazione, nella prospettiva della migliore qualità di vita;

    le norme prevedono che l'inclusione «si realizza nell'identità culturale, educativa, progettuale, nell'organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio», nonché mediante l'impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell'ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti;

    le studentesse e gli studenti con plusdotazione (PD) o con alto potenziale cognitivo (APC) sono soggetti che mostrano capacità in ambito scolastico al di sopra della media. Sono considerati soggetti con alto potenziale cognitivo coloro che possiedono un indice di quoziente intellettivo tra 120 e 129, mentre chi supera i 130 è considerato plusdotato. Un primo riconoscimento di queste caratteristiche risale alla metà del 1800 quando il mondo scientifico iniziò ad interessarsi agli individui APC o PD e diede inizio alla ricerca di una metodologia adatta alla loro individuazione e alla individuazione di percorsi specifici di apprendimento loro destinati;

    gli studi e le ricerche sulle persone plusdotate – cosiddette gifted – o ad alto potenziale cognitivo sono stati e sono molteplici; fino ad oggi non si è mai giunti ad una definizione unica e condivisa della plusdotazione (giftedness), ma tutte le teorie in merito sono comunque giunte a medesime conclusioni per quanto riguarda la rilevanza che ambiente familiare, culturale, scolastico, periodo storico e altre variabili connesse con l'ambito relazionale e sociale, hanno sullo sviluppo di questo potenziale cognitivo, e sulla eventualità che questo sviluppo avvenga in modo sereno e non sofferto;

    nel riconoscimento della specificità degli studenti con APC o PD si è giunti anche alla consapevolezza che l'unicità che li caratterizza li potrebbe rendere anche vulnerabili prima di tutto dal punto di vista emotivo, e richiede di conseguenza, un cambiamento di approccio sia nell'ambito familiare che in quello scolastico al fine di uno sviluppo armonico e sereno dello studente;

    appare quindi evidente che, nell'ambito scolastico, sia necessario che l'individuazione e il conseguente sostegno agli studenti con PD o APC avvenga in maniera tempestiva ed è quindi di fondamentale importanza che la scuola sia messa in grado di intervenire adeguatamente già nei primi anni mediante una adeguata formazione dei docenti e di tutti gli operatori del settore, nonché mediante la possibilità di flessibilità organizzativa, al fine di tener conto delle esigenze cognitive, emozionali e sociali degli studenti con PD o APC;

    lo sviluppo di questi soggetti si presenta, infatti, a volte, asincrono, così che ad uno sviluppo intellettivo più avanzato può essere associato uno sviluppo emotivo in linea con l'età anagrafica;

    un livello cognitivo superiore, o di molto superiore alla norma, non ha a che fare esclusivamente con una super sviluppata capacità e rapidità di apprendere, non in linea con l'età anagrafica del soggetto, ma ha a che fare con una generalizzata maggiore sensibilità e capacità di analisi e comprensione di ciò che accade intorno a sé;

    in questo senso il contesto scolastico, così come quello familiare e sociale, devono essere in grado di comprendere le peculiarità degli studenti con PD o APC, di individuarne le necessità e di intervenire di conseguenza partendo dal presupposto irrinunciabile che gli studenti PD o APC non devono essere valutati esclusivamente dal punto di vista delle loro performance;

    attualmente, il processo di riconoscimento avviene tramite una valutazione effettuata da neuropsichiatri infantili o psicologi e in Italia esistono solo pochissime strutture pubbliche che garantiscono l'effettuazione di questa valutazione;

    essere persone dotate, o molto dotate, non è una condizione paragonabile a quei disturbi o a quelle patologie sulla base dei quali sono state elaborate ad oggi le strategie per gli alunni con bisogni educativi speciali (BES) come per questi ultimi, infatti, richiede un atteggiamento mirato, ma le strategie di intervento devono tener conto del fatto che la condizione di studente PD o APC non assimila tra loro questi soggetti per i quali il contesto in cui crescono e si sviluppano incide in maniera fondamentale sulla loro personalità;

    non esiste quindi un unico modo per rapportarsi a queste situazioni e, di conseguenza, per quanto gli strumenti di azione debbano essere individuati in una cornice determinata, gli operatori e i professionisti che agiscono nelle istituzioni scolastiche devono essere messi in condizione di includere adeguatamente i soggetti PD o APC e di poterli individuare, mediante una adeguata formazione e l'acquisizione delle necessarie competenze per poter interagire al meglio con loro;

    il sistema di istruzione non prevede la possibilità di adottare percorsi flessibili e di variazione del curricolo formativo che tenga conto della plusdotazione e dell'alto potenziale cognitivo, ma solo di applicare, sulla base della buona volontà dei dirigenti scolastici o dei docenti di riferimento, anche in questo caso le norme in materia di percorsi didattici personalizzati,

impegna il Governo:

   a valutare interventi mirati al riconoscimento e alla tutela delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti ad alto potenziale cognitivo e plusdotati, garantendo loro pari opportunità di formazione e istruzione, l'inclusione scolastica e il dovuto sostegno nello sviluppo delle loro potenzialità mediante l'individuazione e il soddisfacimento dei loro bisogni emozionali e relazionali, valutando anche l'inserimento della condizione tra quelle richiamate nella normativa dei bisogni educativi speciali (BES);

   a prevedere l'adozione, nell'ambito della definizione del Piano triennale dell'offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche, di percorsi didattici adeguati e personalizzati, che tengano conto dei bisogni individuali, degli interessi e delle attitudini del singolo, per tutelarne l'equilibrio psico-fisico, senza che venga compresso e mortificato l'alto potenziale cognitivo o la plusdotazione;

   ad adottare iniziative volte a ridurre il tasso di abbandono scolastico degli studenti con PD o APC e ad avviare la collaborazione dovuta tra scuola, famiglia e, laddove necessario, specialisti;

   a prevedere specifici percorsi di formazione per i docenti e per il personale ATA finalizzati all'acquisizione di conoscenze necessarie per individuare e includere gli studenti con PD o APC e a prevedere, all'interno delle singole istituzioni scolastiche, l'individuazione della figura del referente per la plusdotazione e per l'alto potenziale cognitivo;

   ad adottare iniziative volte a prevedere, ai fini dell'accesso nei ruoli dei docenti, l'obbligatorietà di una specifica formazione in tema di plusdotazione e alto potenziale cognitivo perseguita dai candidati nell'ambito del percorso di studi universitari finalizzati all'insegnamento.
(7-00169) «Aprea, Baldelli, Brunetta, Casciello, Marin, Marrocco, Palmieri, Saccani Jotti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   il 20 dicembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizzava con la risoluzione n. 1386 il dispiegamento di forza militari nella Provincia di Kabul, dando avvio alla missione di tipo «combat», denominata international Security Assistance Force (ISAF) con il compito di assistere le istituzioni politiche provvisorie afgane a mantenere un ambiente sicuro nel quadro degli accordi di Bonn del 5 dicembre 2001;

   la missione ISAF si concludeva ufficialmente il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015 veniva avviata la nuova missione NATO di tipo «no combat» denominata Resolute Support (RS) sull'addestramento, la consulenza e l'assistenza in favore delle Afghan National Security Forces (ANSF) e delle istituzioni nazionali;

   RS opera nella capitale Kabul e nelle aree di Mazar-e Sharif (nord), Herat (ovest), Kandahar (sud) e Laghman (est) sotto la guida del generale statunitense Austin Scott Miller;

   l'attuale contributo nazionale prevede un impiego massimo di 900 militari, 148 mezzi terrestri e 8 aeromobili, suddivisi tra personale con sede a Kabul ed il contingente militare italiano dislocato ad Herat presso il Train Advise Assist Command West (TAAC-W);

   la regione in cui il contingente italiano opera il TAAC-W comprende quattro province occidentali del Paese, Harat, Badghis, Ghor e Farah, operanti nell'ambito della Task Force Arena, del Joint Multimodal Operation Unit (JMOU), l’Infrastructure Management Center (IMC), il Comando sanitario di contingente, della Force Protection Task Group, del Forward Support Base (FSB), del Centro amministrativo d'intendenza, la Joint Air Task Force, della Military Advisory Team-Regional Corps Battle School (MAT\RCBS), dell’Operations Coordination Centre-Regional Advisor Team (OCC-R AT), della Police Advisor Team (PAT) e della Task Group Fenice;

   nella seconda sezione della relazione tecnica sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Ripartizione delle risorse del fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 21 luglio 2016, n. 145, per il finanziamento delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione» per il periodo 1° ottobre - 31 dicembre 2018 sono previste spese di personale per un fabbisogno annuale di 58.681.000 euro e spese di funzionamento per un fabbisogno annuale 108.483.489 euro per un totale di 167.164.527 euro;

   secondo il rapporto MIL€X dell'Osservatorio sulle spese militari, l'Italia ha stanziato per la missione in Afghanistan fino al 2017 un totale di 7,5 miliardi di euro (1,2 milioni di euro al giorno), di cui 6,3 miliardi stanziati direttamente per il contributo nazionale, 360 milioni di euro a sostegno delle ANSF e circa 900 milioni di spese aggiuntive;

   a luglio 2018 Alice Wells, alto funzionario del dipartimento di Stato americano, ed i rappresentanti dei talebani si sono incontrati ufficialmente a Doha, in Qatar, mettendo fine al monopolio del Governo afgano rispetto ai negoziati di pace con i talebani;

   a settembre 2018 Jim Mattis, segretario alla Difesa americano, si è recato in Afghanistan per riavviare il processo di riconciliazione nazionale anche con i talebani, riportando un miglioramento della situazione nel Paese;

   di recente è stato annunciato il progressivo disimpegno statunitense dal Presidente Donald Trump;

   il 28 gennaio 2019 Zalmay Khalilzad, inviato del Dipartimento di Stato americano per i negoziati di pace con i talebani ha confermato che si è arrivati a un «accordo quadro» tra le parti;

   il 29 gennaio 2019 fonti della difesa affermano che «il Ministro Trenta ha dato disposizioni al Comando operativo di Vertice interforze di valutare l'avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan» e che l'orizzonte temporale potrebbe essere quello di 12 mesi –:

   se il Governo intenda esplicitare come intenda ridurre le spese per i contingenti militari annunciata dal Governo da ultimo ad ottobre 2018, considerato che la legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 1 comma 797, prevede che il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 gennaio 2019, ridetermini i programmi di spesa dei settori interessati e le relative consegne, e se confermi l'intenzione di far sì che l'Italia raggiunga il 2 per cento del Pil destinato alle spese militari entro il 2024, passando da 64 a 100 milioni di euro giornalieri;

   se con la prossima deliberazione sulle missioni di cui alla legge n. 145 del 2016, che peraltro avrebbe dovuto già essere stata trasmessa alle Camere alla fine del 2018, sarà confermata la preannunciata riduzione del contingente per la missione in Afghanistan da 900 a 700 unità;

   se il Governo ritenga migliorate le condizioni del Paese e condivida, quindi, la posizione espressa dall'attuale amministrazione americana; se ritenga positivo il dialogo tra gli americani e le forze talebane; se il Governo, che ha il terzo contingente militare in Afghanistan, intenda giocare attivamente un ruolo per la promozione del dialogo con i talebani; se sia a conoscenza di una ipotesi federalista promossa da intellettuali ed attivisti afgani quale condizione per la facilitazione dell'incontro tra Governo afgano e talebani;

   se il Governo intenda assumere iniziative per la rapida conversione degli interventi militari in attività di cooperazione militare e civile (CIMIC).
(2-00253) «Magi».

Interrogazione a risposta orale:


   DE FILIPPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Pomarico in provincia di Matera è interessato da giorni da un vasto movimento franoso che ha interessato una parte rilevante del centro storico;

   suddetto fenomeno come riportato anche dai media nazionali fortunatamente non ha provocato danni alle persone ma ha causato ingentissimi danni alle infrastrutture viarie, ad edifici e ad attività economiche;

   il sindaco ha provveduto tempestivamente a eseguire una serie di ordinanze di sgombero che sono aumentate nel corso dei giorni e dell'avanzamento del fenomeno, interessando numerose abitazioni e attività;

   l'abitato di Pomarico è atavicamente interessato da numerosi movimenti franosi che destano notevole preoccupazione nella popolazione; risultano pertanto necessari e improcrastinabili interventi urgenti per la messa in sicurezza del territorio al fine di scongiurare un aggravamento della situazione e di evitare che il fronte franoso possa estendersi interessando altre aree del centro abitato lucano;

   si vive con apprensione questa condizione, anche in considerazione del fatto che si è nel pieno della stagione invernale con il rischio che i fenomeni atmosferici incidano ulteriormente sul movimento franoso in atto;

   la regione Basilicata ha provveduto a stanziare immediatamente 160 mila euro per i primi interventi, somma che sarà integrata nei prossimi giorni con ulteriori risorse del bilancio regionale;

   è evidente che la richiamata situazione per la gravità e la rilevanza non può essere fronteggiata con mezzi e poteri ordinari e richiede l'intervento del Governo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, per deliberare lo stato di emergenza in favore del comune di Pomarico, attivando la Commissione nazionale grandi rischi, per porre in sicurezza il centro abitato per promuovere interventi di consolidamento del territorio nonché per riconoscere misure di ristoro dei danni per i soggetti interessati.
(3-00494)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SURIANO, ANGIOLA, PARENTELA, FICARA, NESCI, DAVIDE AIELLO, D'ARRANDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dai dati della raccolta differenziata dei rifiuti nel comune di Catania, secondo i dati ufficiali della direzione ecologia e ambiente, nei primi mesi del 2018 la raccolta differenziata superava il 9 per cento, da aprile ad agosto scendeva intorno al 7 per cento, nel mese di settembre si attestava al 5,61 per cento;

   secondo l'ultima classifica, pubblicata dall'ufficio speciale per il monitoraggio e l'attuazione delle azioni previste nelle ordinanze del presidente della regione siciliana n. 5 e n. 6/Rif/2016 per l'incremento della raccolta differenziata presso i comuni della Sicilia, il comune di Catania risulta al 361° posto su 390 comuni;

   con l'ordinanza del 7 giugno 2018, n. 4/2018 il presidente della regione siciliana imponeva ai comuni siciliani, entro il 31 luglio, il raggiungimento almeno del 30 per cento di raccolta differenziata, o, in alternativa, che questi scegliessero una delle quattro imprese selezionate a livello regionale, per portare i rifiuti al di fuori del territorio regionale;

   con l'ordinanza del 10 agosto, 06/rif, all'articolo 1, il presidente della regione siciliana ordina al Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti di valutare le iniziative e la relazione per l'incremento della raccolta differenziata, oltre il 30 per cento, che i Comuni trasmetteranno al Dipartimento entro il 28 agosto unitamente al cronoprogramma delle attività da svolgersi entro 90 giorni dal nulla osta regionale;

   in data 11 dicembre 2018 è stata formalizzata un'interpellanza urgente all'Assemblea regionale siciliana presentata dalla deputata regionale del M5S Angela Foti, per sapere, se il presidente della regione siciliana intenda predisporre un intervento, nel rispetto delle proprie competenze, al fine di risolvere la complessa situazione in cui versa il comune di Catania, anche in sostituzione a esso, nell'ambito del servizio di gestione dei rifiuti;

   il comune di Catania è in stato di dissesto economico-finanziario;

   con delibera del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla situazione di criticità in atto nel territorio della regione siciliana nel settore dei rifiuti urbani e il presidente della regione è stato nominato commissario delegato –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, per il tramite del commissario delegato, per assicurare il superamento delle criticità richiamate e il raggiungimento degli obiettivi relativi alla raccolta differenziata in Sicilia, con particolare riguardo alla situazione di Catania.
(4-02155)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che la Ministra alla salute, in visita per la campagna elettorale a L'Aquila, senza assumere alcun impegno, ha però affermato che ci sono 228 milioni di euro per l'edilizia sanitaria in Abruzzo, omettendo di specificare che sono stati stanziati dai precedenti Governi, di cui 143 milioni già resi disponibili dal Governo Gentiloni e che per essere spesi attendono il parere definitivo del nucleo investimenti del Ministero della salute, non ancora emanato a otto mesi dall'insediamento del Governo;

   tenuto conto di quanto sopra riportato, mentre i Ministri del Governo vanno in Abruzzo a fare «passerelle elettorali», fondi importanti destinati all'edilizia sanitaria abruzzese, già stanziati dai precedenti esecutivi, attendono di essere sbloccati; un'attesa di cui non si comprendono le motivazioni, se non quelle che appare all'interrogante l'assoluta incapacità a rendersi conto delle necessità relative alla salute di cittadine, cittadini e territori –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con urgenza in ragione di quanto esposto perché la salute delle persone non può essere lasciata ai tempi dei proclami di un esecutivo che mostra, a giudizio dell'interrogante, di non avere minimamente a cuore il bene delle cittadine e dei cittadini, e che eccelle, purtroppo per il Paese, soltanto in tali annunci propagandistici.
(4-02156)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale del 25 ottobre 2018 è stato approvato il programma POIn/Fesr relativo agli interventi finanziati con i «Fondi rinvenienti 2007-2013» per oltre 109 milioni di euro da destinarsi a importanti interventi di messa in sicurezza del patrimonio culturale nazionale, come archivi di Stato e biblioteche. Tra gli interventi programmati figura, al numero 81, anche quello per il trasferimento dell'Archivio di Stato di Piacenza da Palazzo Farnese al monastero di Sant'Agostino (ex Caserma Cantore), finanziato per 6 milioni di euro;

   l'intervento risulta particolarmente atteso perché si tratta di salvaguardare un patrimonio culturale inestimabile, secoli di storia testimoniati anche da documenti particolarmente preziosi. È dunque necessario che al decreto ministeriale faccia seguito la pronta erogazione delle risorse per consegnare alla preziosa documentazione dell'Archivio di Stato una collocazione adeguata e dotata di tutti i requisiti di sicurezza, in un immobile demaniale d'interesse storico-artistico qual è il monastero agostiniano;

   il congruo finanziamento anzidetto, che permetterebbe anche l'adeguamento e il restauro di un edificio d'indubbio pregio, come è atteso da tempo dai cittadini di Piacenza, segue un primo finanziamento, erogato con la legge speciale n. 190 del 2014, per la progettazione architettonica, strutturale e impiantistica della nuova sede;

   l'Archivio di Stato ha sede attualmente nel Palazzo Farnese, di proprietà comunale in base all'accordo del 22 dicembre 2014 fra il comune di Piacenza e l'Agenzia del Demanio, perfezionato al tavolo tecnico presso la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna. L'accordo, tra l'altro, oltre a sancire il trasferimento di proprietà al comune di Piacenza a titolo gratuito, prevedeva che i locali, occupati in comodato d'uso dall'Archivio di Stato, fossero liberati completamente nell'arco dei successivi cinque anni e rilasciati in stato di ordinaria manutenzione;

   da recenti fonti stampa, inoltre, si apprende di una presunta situazione di stallo in relazione alla erogazione dei suddetti fondi, con le pratiche che sarebbero «ferme» presso il Ministero per motivi non meglio specificati –:

   quali siano le tempistiche per l'erogazione dei fondi di cui in premessa e quale la programmazione complessiva rispetto alla realizzazione dei lavori in progetto e al trasferimento completo dell'Archivio di Stato di Piacenza dal Palazzo Farnese al Monastero di Sant'Agostino (ex Caserma Cantore);

   se corrisponda al vero che vi sia una situazione di stallo relativamente all'erogazione dei sei milioni di euro per trasferimento dell'Archivio di Stato di Piacenza e, in caso affermativo, quali ne siano le motivazioni.
(4-02148)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto fiscale n. 119 del 2018 collegato alla manovra di bilancio 2019 ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica a partire dal 1° gennaio 2019 per le relazioni commerciali tra i soggetti passivi Iva privati e per i consumatori finali, privando di qualsiasi valore le fatture cartacee e prevedendo sanzioni per chi emetterà fatture «tradizionali». Per l'emissione di fattura elettronica sono stati previsti uno specifico formato digitale e precisi standard, nonché un sistema apposito che gli operatori devono utilizzare (il cosiddetto sistema di interscambio — Sdi). Il soggetto che emette la fattura dovrà caricarla sul sistema Sdi. Quest'ultimo, in seguito alle verifiche, dovrà a sua volta recapitare il documento al soggetto destinatario;

   da organi di stampa si apprende che sono stati condotti dei sondaggi e che, con riferimento al campione di persone preso in considerazione, il 90 per cento degli interessati si dichiarerebbe sfavorevole alla fatturazione elettronica, in ragione delle molteplici criticità che l'attuale disciplina sta sollevando;

   difatti, la nuova disciplina lungi dall'essere un metodo di semplificazione e celerità dei rapporti economici;

   da più parti si denuncerebbero non solo una violazione in termini di privacy, in quanto sarebbero a rischio i dati personali di milioni di italiani, ma altresì gravi ritardi nella gestione telematica della fatturazione elettronica con importanti conseguenze che si ripercuotono sulla vita economica del singolo nonché sull'economia nazionale, secondo una visione globale;

   una possibile lentezza della procedura reca con sé il rischio che la fattura possa non arrivare in tempi brevi al destinatario, comportando inevitabilmente ritardi nell'esecuzione del dovuto pagamento;

   sembrerebbe, quindi, che molti privati si trovino in una situazione di grave difficoltà economica a causa della diminuzione dei flussi di cassa che, inesorabilmente, farebbe ridurre gli acquisti;

   tutto quanto premesso, occorrerebbe – a parere dell'interrogante – valutare in concreto le criticità del nuovo sistema, onde attuare una maggiore celerità e semplificazione della procedura;

   a tal riguardo, i ritardi che sarebbero stati denunciati dagli utenti, deriverebbero dalla fase intermedia di verifica della fattura che il sistema di interscambio Sdi effettua prima di recapitarla al destinatario;

   il Sdi deve verificare che la fattura contenga i dati obbligatori ai fini fiscali nonché l'indirizzo telematico del cliente per recapitare la fattura e controlla la correttezza della partita iva del fornitore e la partita iva o codice fiscale del cliente;

   solo all'esito positivo di tali controlli, per i quali è richiesta una tempistica fino a 5 giorni, il Sdi recapita la fattura al destinatario;

   orbene, ad oggi, sembrerebbe, che molte aziende dopo il corretto invio delle fatture elettroniche siano ancora in attesa dei relativi riscontri, positivi o negativi da parte dell'Agenzia dell'entrate, sebbene la fattura elettronica sia stata correttamente caricata sul sistema, ma non ancora recapitata al destinatario;

   se quanto denunciato da più parti corrispondesse alla realtà, ne deriverebbe, come già sta accadendo, un vero e proprio blocco commerciale e monetario che impedirebbe ai privati di eseguire una corretta contabilità interna e, soprattutto, di poter incassare le fatture regolarmente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per fronteggiare le criticità connesse alla procedura della fatturazione elettronica;

   se non intenda adottare iniziative per prevedere una semplificazione che possa agevolare gli utenti.
(3-00493)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO, SCHIRÒ e CARÈ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali stipulate dall'Italia, generalmente redatte seguendo lo schema dell'Ocse, sono dirette a risolvere i conflitti delle pretese impositive da parte degli Stati firmatari; con riferimento alle diverse fattispecie reddituali, esse creano una sorta di «ripartizione» delle sovranità statali, con l'obiettivo di evitare che vi sia una doppia imposizione sui medesimi redditi da parte di più ordinamenti;

   fanno eccezione alla regola alcune importanti convenzioni (tra queste quelle stipulate con Francia, Canada e Brasile) che paradossalmente contemplano la tassazione concorrente – «doppia tassazione» – ancorché mitigata tramite il meccanismo del credito di imposta, spesso purtroppo non rispettato o messo in atto con grande ritardo dai Paesi contraenti;

   in particolare, la convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con la Francia ha creato e continua a creare gravi disagi ai pensionati Inps italiani che vivono in tale Paese, i quali sono tassati due volte, dall'Inps alla fonte e poi dalla Francia, e sono così costretti a chiedere un credito di imposta;

   infatti, la convenzione ha innescato un lungo contenzioso interpretativo a causa dell'ambigua e contrastante formulazione dell'articolo 18 che, al comma 1, stabilisce la regola comune della tassazione delle pensioni dell'Inps nel Paese di residenza del pensionato, mentre, al comma 2, stabilisce invece l'esatto contrario e, cioè, che le pensioni classificabili come prestazioni di «sicurezza sociale» debbano essere tassate anche dal Paese che le eroga;

   tale illogica formulazione, dovuta evidentemente a un errore dei negoziatori che avrebbero, secondo gli interroganti, all'origine, voluto intendere per pensioni di «sicurezza sociale» solo quelle assistenziali, è stata interpretata dalle autorità competenti italiane (Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps) in maniera punitiva contro i pensionati italiani residenti in Francia e contro i princìpi fondanti degli accordi contro le doppie imposizioni fiscali, includendo nel termine «sicurezza sociale» anche le prestazioni previdenziali;

   nonostante circolari dell'Inps e dell'Agenzia delle entrate, accordi amichevoli tra le parti, sentenze dei vari tribunali (ultima quella della commissione tributaria di Genova, sentenza n. 1233 del 2 novembre 2018) e della Corte di Cassazione, il contenzioso non è mai stato chiarito o risolto positivamente per i connazionali italiani, i quali ancora oggi sono penalizzati dalla tassazione concorrente che è esattamente l'antitesi di ciò che deve contemplare una normale e logica convenzione contro le doppie imposizioni fiscali;

   all'evidente danno fiscale (doppia tassazione sullo stesso reddito) si aggiunge, inoltre, la beffa prevista dall'articolo 24 della convenzione relativo al metodo di eliminazione delle doppie imposizioni che stabilisce che l'imposta italiana non è direttamente deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia e che il credito di imposta al quale i pensionati Inps residenti in Francia hanno diritto non può tuttavia eccedere l'ammontare dell'imposta francese relativa a tali redditi; ciò in pratica significa che i pensionati italiani residenti in Francia e doppiamente tassati, oltre al disagio di dovere chiedere il credito d'imposta, devono pagare complessivamente un'imposta determinata dall'aliquota fiscale italiana che è storicamente più elevata di quella francese –:

   se non si ritenga opportuno e urgente avviare i negoziati con la controparte francese per una modifica della convenzione contro le doppie imposizioni fiscali attualmente in vigore, in modo tale che tale convenzione sia uniformata al modello Ocse adottato dall'Italia per quasi tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali, per tutelare al meglio i diritti fiscali dei connazionali pensionati Inps residenti in Francia e per eliminare così le cause (in particolare, il comma 2 dell'articolo 18) che determinano l'assurdo fenomeno della doppia tassazione.
(4-02149)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Giorgio Pietrostefani, terrorista condannato a 22 anni per concorso morale nell'omicidio del commissario Luigi Calabresi, si trova attualmente a Parigi e dispone di una pensione Inps di 1500 euro mensili;

   Pietrostefani, fondatore di Lotta continua, ha oggi 75 anni, vive da tempo nella capitale francese e percepisce una pensione ex Inpdai. Dopo aver trovato rifugio in Francia nel 2000, grazie alla cosiddetta «dottrina Mitterand», nel 2017 ha chiesto la riunificazione dei contributi presso l'Inps;

   la vicenda fa riemergere, in tutta la sua drammaticità, le contraddizioni insite in una normativa che non ha ancora reso piena giustizia alle vittime di terrorismo, tanto più se si pensa che la vedova del commissario Calabresi percepisce una pensione di reversibilità di 400 euro mensili;

   da articoli di stampa si evince che «il governo intende muoversi per mettere fine a quello che viene considerato come l'ennesimo scandalo della latitanza dorata degli ex terroristi degli anni di piombo»;

   tra gli impegni dichiarati a mezzo stampa da esponenti di Governo vi è quello di revocare la pensione a soggetti condannati per atti di terrorismo, stragi e mafia –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Governo per revocare immediatamente la pensione al condannato Pietrostefani e quali ulteriori iniziative intenda assumere per ottenerne l'estradizione.
(4-02153)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ACQUAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Società Rete ferroviaria italiana spa ha iniziato nella regione Marche un piano di interventi e di contenimento e abbattimento del rumore, ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, al fine di ridurre l'impatto acustico al passaggio dei treni;

   tale piano degli interventi prevede la realizzazione di barriere antirumore, formate da materiale misto tra cemento e metallo, alte fino a 7,5 metri, partendo dal suolo dove giacciono i binari e arrivando fino a 10 metri dal livello stradale;

   tale piano potrebbe generare un impatto negativo, sia dal punto di vista ambientale che del paesaggio, creando disagi anche alle abitazioni in prossimità della ferrovia per il mancato riciclo dell'aria e determinando altresì un accumulo di calore molto forte con rischio per la salute di numerose persone;

   la Società Rete ferroviaria italiana spa, in una nota del 2 agosto 2018 indirizzata ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, chiede un intervento legislativo per stabilire una nuova modalità di determinazione dell'impatto acustico;

   alcuni Paesi dell'Unione europea con estese reti ferroviarie, quali la Francia e la Germania, procedono prevedendo interventi meno impegnativi di quelli derivanti dall'applicazione della normativa italiana in merito alla posa in opera delle barriere antirumore;

   le amministrazioni comunali interessate hanno manifestato forti perplessità su tale piano, presentando osservazioni in merito, ma anche chiedendo di valutare interventi diversi per ridurre l'inquinamento acustico ferroviario;

   in diversi comuni si stanno creando dei comitati spontanei per rappresentare le istanze dei cittadini e utili per informare al meglio la popolazione per capire quali sono le volontà della Società Rete ferroviaria italiana spa –:

   se siano a conoscenza del disagio che si è venuto a creare nella regione Marche in merito all'attuazione del piano degli interventi e di contenimento ed abbattimento del rumore sopra citato;

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati in merito a questa situazione venutasi a creare con la Società Rete ferroviaria italiana spa;

   se siano a conoscenza del progetto e delle modalità attuative con cui la Società Reti ferroviarie italiane spa sta realizzando gli interventi di contenimento acustico lungo la tratta ferroviaria Adriatica e, in particolare, nei centri abitati costieri.
(5-01378)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni il giornalista de La Repubblica Paolo Berizzi, autore del libro NazItalia e di importanti indagini sull'area dell'estremismo nero, è stato nuovamente destinatario di pesanti minacce da parte di militanti neofascisti e neonazisti e ultrà di estrema destra (dopo quelle subite nell'ultimo periodo da diversi gruppi, in particolare Forza Nuova, Do.Ra., Mab);

   in particolare, gli ultimi episodi sono di sabato 26 gennaio 2019 dopo la sua partecipazione, per motivi di lavoro, al funerale dell'ultrà varesino Daniele Belardinelli rimasto ucciso negli scontri tra tifosi a margine della partita Inter-Napoli (già al termine di tale funerale Berizzi veniva puntato e avvicinato minacciosamente da militanti neonazisti del gruppo Do.Ra.; solo grazie alla presenza di personale Digos e funzionari della questura si sono evitate conseguenze peggiori);

   il coraggioso inviato de La Repubblica ha ricevuto sui social numerose minacce di morte, estese anche alla sua famiglia, persino l'augurio di «documentare presto il funerale della madre», di avere una morte con «molto dolore e pena», di «essere portato in un box...» e di vedersi «strappare la lingua»;

   nei mesi scorsi si sono moltiplicati a Bergamo, città in cui vive il giornalista Berizzi, episodi di minacce gravi che dopo il danneggiamento della sua auto (con l'incisione sulla carrozzeria di svastiche, simbolo SS e un crocefisso) hanno addirittura riguardato blitz neofascisti contro la casa di Berizzi, imbrattata con scritte ingiuriose, minacce, svastiche; altro episodio ha investito la testata online Bergamonews con attacchinaggio notturno di volantini nei quali Berizzi veniva definito «vergogna di Bergamo»;

   durante le varie iniziative sul territorio nazionale di presentazione del libro NazItalia, nel quale si documenta la fitta rete dell'estremismo nero, Berizzi ha subìto blitz di squadracce neofasciste che lo hanno pesantemente contestato con striscioni infamanti; in occasione di quest'ultima presentazione, militanti di Forza Nuova sono entrati addirittura in sala a scopo intimidatorio e hanno scattato delle fotografie al giornalista;

   per proteggere il giornalista Paolo Berizzi è stata disposta la vigilanza generica (Vgr) da parte delle forze dell'ordine. Tale dispositivo garantisce il passaggio più volte al giorno di mezzi di polizia nel luogo di dimora della persona sottoposta a tutela, un servizio reso con grande perizia dagli agenti, che però lascia scoperte la gran parte delle ore del giorno, nelle quali per altro il giornalista — inviato — si trova in giro per lavoro e per svolgere le sue inchieste;

   i gruppi neofascisti hanno dimostrato più volte di avere accesso ai luoghi di lavoro e addirittura all'abitazione di Berizzi, facendo temere per la sua incolumità fisica –:

   se il dispositivo di vigilanza succitato sia adeguato a proteggere Paolo Berizzi da queste pesanti minacce o se serva un ulteriore apparato di scorta;

   quali altre iniziative intenda intraprendere per proteggere l'incolumità di una voce libera che esercita con coraggio il giornalismo di inchiesta.
(2-00254) «Carnevali, Pizzetti, Bordo, Librandi, Viscomi, Morani, Pezzopane, Rotta, Fiano, Martina, Siani, Schirò, Bazoli, Andrea Romano, Enrico Borghi, Sensi, Fassino, Bruno Bossio, Rizzo Nervo, Ciampi, Del Basso De Caro, Braga, Scalfarotto, Gariglio, Fregolent, Di Giorgi, Carla Cantone, Ungaro, Moretto, Gribaudo, Mauri».

Interrogazioni a risposta orale:


   PEZZOPANE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che il piano di riorganizzazione territoriale del Ministero dell'interno prevederebbe un netto declassamento della questura dell'Aquila, che precipiterebbe in III fascia, un gravissimo ulteriore depotenziamento della presenza dello Stato su tale territorio. Ciò rappresenta, se confermato, un fatto assolutamente inaccettabile: L'Aquila, città capoluogo di regione, la sua ricostruzione, il contrasto alle infiltrazioni mafiose meritano un'attenzione semmai ancora maggiore, non il contrario;

   va sottolineato che si tratta di una scelta incomprensibile e gravissima –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato e quali risposte intenda fornire con urgenza in relazione a quanto esposto, perché la sicurezza dei territori non può essere lasciata in balia di scelte inconcepibili e inadeguate.
(3-00492)


   MURONI, FORNARO, OCCHIONERO, ROSTAN, SPERANZA, EPIFANI e BOLDRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Cara di Castelnuovo di Porto, nel giro di pochi giorni, sarà chiuso e tutti i migranti saranno trasferiti in altre regioni d'Italia e distribuiti in non si sa quali strutture. Qualche decina di persone titolari di protezione umanitaria, non avendo più diritto all'accoglienza per effetto della legge n. 132 del 2018, verrà lasciata per strada;

   le prime 30 sono state portate via in autobus il 22 gennaio 2019; altre 75 sono state trasferite il 23 gennaio 2019. La chiusura della struttura non è stata comunicata con il dovuto preavviso e dovrà essere completata entro il 31 gennaio;

   la prima firmataria del presente atto ha partecipato alla manifestazione per chiedere indicazioni precise del luogo dove i migranti sarebbero stati portati;

   si ricorda che nel marzo 2016 papa Francesco scelse il Cara di Castelnuovo di Porto per la celebrazione della lavanda dei piedi del giovedì santo, inchinandosi per il rito davanti a 12 profughi;

   è un dato di fatto che l'esperienza dei Cara è oramai superata e si dovrebbe puntare verso un'accoglienza diffusa, che ha nel sistema Sprar il modello di riferimento che favorisce concreti percorsi di integrazione, a differenza della politica migratoria dell'attuale Governo;

   secondo il Ministro interrogato nel 2018 ci sono stati meno morti in mare; lo stesso utilizza a sostegno di queste sue parole dati elaborati dall'Unhcr che parlano di 23.370 sbarchi contro i 119.369 dell'anno precedente;

   una volta contestualizzati e interpretati, questi dati assumono un significato diverso da quello suggerito dal Ministro interrogato;

   è del tutto evidente che per valutare l'efficacia delle politiche migratorie del Governo, come vorrebbe fare il Ministro interrogato, non ha molto senso, a giudizio degli interroganti, prendere come riferimento i dati di tutto il 2018, perché nei primi mesi di quell'anno il Governo era di centrosinistra. Il calo degli sbarchi era già iniziato, infatti, con il Governo Gentiloni, quindi per interpretare al meglio i dati diffusi dal Ministro interrogato sarebbe più corretto confrontare il numero degli sbarchi in tre diversi periodi: 16 luglio 2016-15 luglio 2017; 16 luglio 2017-maggio 2018 e giugno 2018-gennaio 2019;

   nel primo periodo gli sbarchi erano 532 al giorno, nel secondo 117 e nel terzo 43: come si vede dai numeri, il crollo degli sbarchi decisamente più significativo si è verificato nel secondo periodo registrando un -78 per cento; con l'attuale Governo il trend negativo è proseguito, ma in maniera minore;

   sui migranti morti nel Mediterraneo centrale, il Ministro interrogato non da numeri, ma si limita a dire che «ci sono stati meno morti». È un'affermazione secondo gli interroganti molto discutibile, perché la rotta del Mediterraneo centrale è diventata più pericolosa. Nel mese di giugno 2018 si era registrato un morto per ogni 7 persone che tentavano la traversata; nei primi sei mesi del 2018 i morti erano stati invece uno per ogni 19, il doppio che nel 2017 –:

   quali siano le motivazioni, e chi abbia stabilito le modalità e i tempi, della chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto;

   in quale struttura e località siano stati trasferiti i migranti presenti nel Cara;

   se corrisponda al vero il fatto che a nessuna delle persone sia stato notificato il provvedimento con le motivate ragioni del trasferimento e l'indirizzo della struttura di destinazione;

   come si intenda affrontare la questione relativa alle persone che hanno i procedimenti relativi alla richiesta di protezione incardinati a Roma, tra cui un numero rilevante di persone cui era già stata fissata la data dell'audizione in commissione territoriale, e alle altre persone che aspettano la notifica di atti fondamentali per la loro domanda di protezione.
(3-00495)


   MORASSUT, BRUNO BOSSIO, CARNEVALI, CIAMPI, DI GIORGI, MARCO DI MAIO, FRAGOMELI, LA MARCA, MIGLIORE, NAVARRA, NOJA, UBALDO PAGANO, PEZZOPANE, RIZZO NERVO, SCALFAROTTO, SCHIRÒ, VERINI e ZAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 2003, individui e famiglie legate al partito politico di ispirazione neofascista Casa Pound hanno abusivamente occupato l'immobile sito in Roma, via Napoleone III n. 8, di proprietà demaniale e attribuito alla gestione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   a partire da tale data, tale immobile è stato adibito a finalità abitative, ma anche ad attività politiche riconducibili al medesimo partito – ivi comprese ronde e azioni ostili nei confronti della popolazione straniera residente nel quartiere Esquilino – come testimonia l'apposizione sulla facciata del medesimo edificio di vistosa insegna recante il nome del suddetto partito;

   nonostante l'evidente situazione di abuso, conclamata e addirittura rivendicata dagli esponenti del partito e dagli occupanti, non è stata assicurata – nel caso di specie – l'applicazione della legge, in relazione tanto all'interruzione della somministrazione dei servizi di erogazione dell'acqua e dell'energia elettrica (come prescritto dall'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge 23 maggio 2014, n. 80), quanto allo sgombero dell'immobile;

   di recente, nel mese di ottobre 2018, è stato impedito alla Guardia di finanza e alla Corte dei conti di effettuare un sopralluogo nell'immobile, a fini di verifica dell'entità del danno erariale derivante dall'abusiva occupazione dell'immobile medesimo;

   da qualche mese sono in corso, nella città di Roma, azioni di sgombero degli immobili abusivamente occupati, condotte d'intesa dal comune e dal Ministero dell'interno;

   in data 29 gennaio 2019, l'Assemblea capitolina ha approvato a larga maggioranza una mozione che impegna la sindaca di Roma a intervenire presso la prefettura e il Ministero al fine di assicurare che le predette azioni di sgombero riguardino anche l'immobile sito in via Napoleone III, n. 8;

   l'emergenza abitativa che attanaglia la città di Roma dovrebbe essere oggetto di politiche ben più articolate, volte alla garanzia effettiva del diritto all'abitare per le persone e le famiglie in condizioni di particolare vulnerabilità sociale;

   tuttavia, le azioni di sgombero in corso, una volta intraprese, non possono avvenire selettivamente, ma devono riguardare tutti gli immobili oggetto di occupazione abusiva, indipendentemente dalla contiguità degli occupanti a questa o quella forza politica;

   peraltro, il protrarsi di tale situazione di illegalità trasmette alla cittadinanza l'immagine dell'impunità di una forza politica dichiaratamente neofascista che, come tale, dovrebbe essere oggetto di un attento controllo da parte della pubblica autorità, con ciò aumentando la sensazione di insicurezza degli abitanti del quartiere Esquilino –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di ripristinare la legalità e assicurare il definitivo e sollecito sgombero dell'immobile demaniale abusivamente occupato.
(3-00497)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 26 maggio 2017, sulla Gazzetta Ufficiale, è stato pubblicato il bando per l'assunzione di 1.148 allievi agenti della polizia di Stato che prevedeva: a) 893 posti per i cittadini italiani in possesso dei requisiti richiesti; b) 179 posti per coloro che erano in servizio come volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) o in rafferma annuale; c) 76 posti per i volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) in congedo e ai volontari in ferma quadriennale (VFP4);

   a seguito dello svolgimento delle prove scritte, tenutesi nei giorni tra il 7 agosto e il 4 settembre 2017, il direttore generale della pubblica sicurezza, con decreto del 23 ottobre 2017, ha ampliato il numero dei posti per tutte e tre le categorie indicate dal bando. Nei giorni successivi i candidati sono stati convocati per lo svolgimento della prova di efficienza fisica e degli accertamenti psicofisici ed attitudinali;

   dopo la pubblicazione delle graduatorie dei vincitori delle tre categorie, con decreto del 29 ottobre 2018, è stato disposto lo scorrimento della graduatoria per gli idonei non vincitori del concorso, con esclusivo riferimento alla categoria a) indicata dal bando e, quindi, solo per i civili, per i quali l'8 novembre è stato avviato il corso di formazione;

   questo provvedimento avrebbe, pertanto, escluso la categoria degli idonei non vincitori militari che non sono stati accorpati al predetto corso, nonostante abbiano sostenuto le medesime prove concorsuali e, fino allo scorso concorso, siano state considerate entrambe le categorie per gli scorrimenti della graduatoria;

   a parere dell'interrogante la situazione prospettata rappresenterebbe una discriminazione e un'ingiustizia nei confronti di soggetti che hanno maturato e che stanno maturando ad oggi un'esperienza lavorativa significativa nelle Forze armate hanno pertanto acquisito conoscenze e preziose competenze, utili e allo stesso tempo necessarie per ricoprire il ruolo richiesto. Inoltre, il mancato accorpamento dei militari contrasta con la necessità di garantire maggiore stabilità nei comparti dei Corpi di polizia, anche al fine di preservare la sicurezza del territorio, e con l'esigenza di stabilizzazione del personale precario delle Forze armate. Ad oggi, infatti, secondo i dati consultabili sul sito ufficiale del Ministero dell'economia e delle finanze, si registrano circa 39.000 dipendenti precari tra Forze armate e Corpi di polizia. Dunque, non si comprenderebbe come i militari appartenenti alle categorie predette (VFP1 e VFP4), che hanno già in passato svolto delle prove e quindi delle selezioni per entrare a far parte delle Forze armate e che ogni giorno svolgono la principale funzione di difesa in favore dello Stato e della comunità, possano essere esclusi da tale graduatoria, con il rischio di andare incontro a disoccupazione e di non poter più partecipare al concorso a causa dell'anzianità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per rimediare alla situazione prospettata;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative affinché venga definita un'ulteriore graduatoria finalizzata all'inserimento degli idonei non vincitori militari.
(4-02150)


   BALDELLI, GELMINI, MORELLI, FIDANZA, DELLA FRERA, PEREGO DI CREMNAGO, SACCANI JOTTI e ZANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, con l'adozione di strumenti di rilevamento automatico, le multe comminate per violazioni del codice stradale sono andate via via aumentando in maniera esponenziale;

   in attesa dei dati definitivi basti pensare che nel 2017 gli introiti sono stati di 1,7 miliardi di euro annui (+18 per cento rispetto al 2016); il comune di Milano si attesta ai vertici della classifica nazionale per multe comminate;

   lo stesso capoluogo lombardo, in forza di un singolare accordo di protocollo con il comune di Segrate, che non risulta più rinnovato dal 2013, aveva installato telecamere per monitorare corsie di bus e taxi, realizzando una grande quantità di contravvenzioni, sempre più spesso contestate in ragione della inadeguatezza della segnaletica in relazione alla modifica della viabilità sul tratto interessato della zona aeroportuale di Linate;

   sullo specifico caso, gli interroganti presentarono un atto di sindacato ispettivo (n. 3-02781 del 9 febbraio 2017) relativamente alla competenza territoriale di Milano nell'area di Segrate, senza ricevere alcuna risposta. La questione è ancora oggi al centro di una controversia che, nel settembre 2018, ha visto il comune di Milano perdere il secondo grado di giudizio;

   altresì, nei verbali delle infrazioni recapitati agli automobilisti durante il primo periodo di attivazione dei dispositivi di controllo automatico, il comune avrebbe indicato Milano quale luogo di rilevazione delle violazioni, malgrado l'aeroporto di Linate sorga sul territorio del comune di Segrate;

   le multe irrogate a Linate attraverso le rilevazioni effettuate dal 2013 in avanti, infatti, secondo il giudice sono tutte viziate, a causa del mancato rinnovo del richiamato accordo prefettizio, scaduto appunto nel 2013, poiché gli agenti e i dispositivi di rilevazione automatica del comune di Milano non avrebbero avuto più alcuna competenza sul territorio di Segrate;

   la sentenza ha in tal modo invalidato anche l'integrazione al protocollo effettuata con ordinanza n. 7 del 2015 del direttore dell'Ente nazionale aviazione civile (Enac) successivamente alla scadenza;

   da notizie di stampa si apprende che il comune di Milano avrebbe addirittura proposto ricorso in Cassazione, nonostante lo stesso vicesindaco del capoluogo lombardo, Anna Scavuzzo, nel corso di una riunione con il sindaco di Segrate e il prefetto di Milano, svoltasi il 31 maggio 2018, abbia ammesso gli errori commessi, spiegando, come riporta il sito web www.automoto.it e il Giornale, che «Un agente della polizia locale di Milano, in assenza di una convenzione che sia pienamente in vigore, non avrebbe il potere di elevare sanzioni per una violazione commessa nel territorio di competenza di Segrate, con conseguente invalidità/annullabilità della medesima», confermando quindi che «il Comune sospenderà le notifiche dei verbali emessi nel periodo antecedente ad oggi»;

   vale la pena ricordare che tale ricorso, come quello in appello, comporterà ulteriori oneri finanziari a carico delle casse pubbliche e quindi dei cittadini;

   risulta che, oltre al ricorso in Cassazione, l'amministrazione milanese abbia disatteso l'impegno assunto nel corso dell'incontro del maggio 2018, continuando a perseguire i soggetti multati nel 2016 che non abbiano ancora regolarizzato il pagamento, dando quindi seguito alla procedura sanzionatoria invece di sospenderla, come previsto;

   il disattendere gli impegni da parte del comune di Milano potrebbe, infine, condurre all'ipotesi di danno erariale per aver sottratto gli introiti da multe comminate, illegittimamente, sul territorio del comune di Segrate o per aver impiegato risorse umane e strumentali in attività sanzionatorie della cui nullità la stessa amministrazione è consapevole –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;

   se e quali iniziative intenda assumere al riguardo, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-02154)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI, ASCANI, DE FILIPPO, CARNEVALI, DI GIORGI, SIANI, ANZALDI, CIAMPI, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, in seguito alla pubblicazione di comunicati stampa, apparsi sui siti on line di associazioni studentesche – segnatamente Link – Coordinamento universitario e Udu – Unione degli universitari – si è appreso che il 25 gennaio 2019, il rettore Zauli dell'università di Ferrara e il Viceministro Fioramonti hanno partecipato ad una tavola rotonda a porte chiuse per avviare una sperimentazione che preveda una nuova procedura di accesso al corso di studi di medicina e chirurgia dell'università di Ferrara. La notizia è, inoltre, stata riportata in un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica del 29 gennaio e ripresa, la mattina dello stesso giorno, dal notiziario di Radio Capital;

   la VII Commissione, in data 15 novembre 2018, ha iniziato l'esame delle proposte di legge che intendono modificare la «materia di accesso ai corsi universitari» e ha avviato numerose audizioni informali con tutti i soggetti coinvolti su questo tema;

   le informazioni di stampa affermano che già dal prossimo anno accademico 2019/2020 saranno introdotte sostanziali modifiche alle procedure di accesso al corso di studi di medicina e chirurgia dell'università di Ferrara, rispetto a quanto indicato dalla vigente normativa nazionale, prevista dalla legge 2 agosto 1999, n. 264;

   in particolare, la nuova procedura che dovrebbe essere adottata a Ferrara disporrebbe un «doppio canale» di accesso: a quello tradizionale, che prevede il superamento di un test di ingresso per selezionare, ai sensi della normativa vigente, circa 185 studenti, affiancherebbe la possibilità, per 600 ulteriori studenti (in possesso di una certificazione di lingua inglese, probabilmente il First Certificate, e un test psico-attitudinale, attualmente previsto solo per l'accesso alle (Forze armate) di immatricolarsi al primo anno del corso di studi di medicina e chirurgia a conclusione del primo semestre, durante il quale devono aver conseguito 32 crediti formativi universitari con una media di voto pari o superiore a 27;

   coloro i quali non assolveranno ai due requisiti di merito continueranno gli studi solo ed esclusivamente presso il corso di laurea di biotecnologie mediche;

   gli studenti e le studentesse potranno scegliere una sola delle due modalità del «doppio canale» per tentare l'accesso alla facoltà di medicina e chirurgia nell'ateneo di Ferrara;

   la procedura sperimentale, in parte mutuata dal cosiddetto modello francese, obbligherebbe gli studenti a scegliere un'unica opzione tra le due proposte per l'accesso al corso di medicina, ma potrebbe provocare una saturazione del corso di laurea di biotecnologie mediche e non garantire nessuno sbocco lavorativo, oppure, nell'ipotesi in cui tutti i 600 studenti conseguissero i 32 crediti formativi universitari previsti da questo nuovo sistema, di fatto si andrebbe a superare il riparto della quota nazionale stabilito dalla legge n. 264 del 1999 per l'accesso ai corsi universitari di medicina;

   sarebbe comunque opportuno un coinvolgimento del Ministro della salute –:

   sulla base di quali presupposti normativi e di quale iter procedurale sia stata elaborata questa ipotesi di sperimentazione e se non si ritenga di avviare una concertazione tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero della salute.
(5-01380)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si apprende dell'iniziativa di una sessantina di insegnanti del liceo Copernico di Bologna i quali, nella prima settimana di febbraio 2019, hanno intenzione di tenere alcune ore di lezione sul tema dei migranti e della situazione nel Mediterraneo (http://www.bolognatoday.it);

   l'iniziativa è stata giustificata con le seguenti parole: «per spiegare a studentesse e studenti cosa sta succedendo nel Paese sul tema dell'accoglienza»;

   gli insegnanti, che hanno rivolto l'appello anche a docenti di altri Istituti, hanno aggiunto inoltre: «in queste settimane assistiamo a episodi che ci sconcertano, chiamando direttamente in causa il senso e il modo in cui stiamo svolgendo il nostro compito di insegnanti ed educatori»;

   nell'appello sottoscritto da alcuni docenti dell'istituto in questione, si farebbe riferimento anche ai rapporti tra la magistratura e la politica;

   ormai da troppo tempo in Emilia-Romagna, e non solo, si assiste al costante tentativo di utilizzare le aule scolastiche come strumento e mezzo per veicolare messaggi politici e, comunque, di carattere ideologico, tra l'altro, senza garantire nessuna forma di contraddittorio;

   a parere dell'interrogante, il Ministero dovrebbe quantomeno monitorare la vicenda, per quanto di competenza, onde evitare che le lezioni subiscano interruzioni e che la scuola diventi un luogo per trattare argomenti di natura politica se non addirittura propagandistica;

   i principi che animano la scuola pubblica presuppongono libertà d'insegnamento ma anche imparzialità e ripudio dell'indottrinamento politico e ideologico –:

   di quali informazioni il Ministro interrogato disponga in merito a quanto esposto in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza, anche di carattere normativo, o valutare la sussistenza dei presupposti per la redazione di una circolare specifica, al fine di evitare che la scuola diventi luogo di propaganda politica;

   nel caso specifico, se intenda valutare l'eventuale invio di ispettori per chiarire le finalità dell'iniziativa posta in essere dai docenti.
(4-02152)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MURONI, OCCHIONERO, ROSTAN, PASTORINO, EPIFANI e BOLDRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Cara di Castelnuovo di Porto è stato chiuso. Una decisione che riguarda uno dei più grandi centri d'accoglienza per richiedenti asilo d'Italia;

   se, da un lato, c'è il dramma dei 535 migranti, di quelli che hanno chiesto la protezione internazionale e di quelli che finiranno in strada, dall'altro c'è un'altra questione fondamentale: quella di 120 persone che perdono il posto di lavoro;

   si tratta di un elemento per dare una visione a 360° del problema. Perché i destini degli stranieri e degli italiani si uniscono in maniera interdipendente in una sorta di crisi collettiva, che coinvolge un'intera comunità. Sono 120 i lavoratori della cooperativa Auxilium che perderanno il lavoro. Dall'oggi al domani, senza aver dato il tempo a chi gestisce questi lavoratori — in gran parte professionisti — di organizzarsi in maniera diversa;

   secondo i dati della cooperativa che gestisce il Cara di Castelnuovo di Porto, l'85-90 per cento dei lavoratori impiegati sono italiani in larga parte legati al territorio: 43 persone sono residenti a Castelnuovo di Porto, un comune di 8.500 abitanti. Si tratta di una percentuale significativa per i tassi occupazionali di quello che è poco più di un paese. Addirittura, in alcuni casi, al Cara di Castelnuovo di Porto erano impiegate delle coppie: due entrate in una sola famiglia che, al momento, non vengono più assicurate. Si parla di persone che si vedono catapultate in un futuro decisamente incerto;

   i 120 lavoratori di Castelnuovo di Porto sono giovani. La loro età media è di 30-32 anni. Si tratta di figure professionali dai profili molto alti: operatori addetti all'ospitalità e alla gestione della struttura, come richiesto dal capitolato d'appalto della prefettura per la gestione del centro, ma anche professionisti dedicati ai percorsi educativi e di integrazione, mediatori culturali e insegnanti di lingua. I più «anziani», che hanno superato la soglia dei 40 anni, faranno fatica a reinserirsi nel tessuto occupazionale;

   il coordinatore del Cara di Castelnuovo di Porto, uno dei 120 dipendenti della cooperativa Auxilium che gestisce la struttura di accoglienza in via di chiusura Umberto Di Noi ha dichiarato: «neanche il reddito di cittadinanza possiamo avere, perché percepiremo lo stipendio di gennaio. Si parla tanto di lavoro che non c'è, e poi a noi che ce l'abbiamo non si danno rassicurazioni né indicazioni di sorta» –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché venga assicurata la salvaguardia degli attuali 120 posti di lavoro;

   quali iniziative si intendano adottare affinché venga assicurato, ai 120 dipendenti della cooperativa Auxilium che gestisce la struttura di accoglienza in via di chiusura, un sostegno economico attraverso l'accesso alle misure di sostegno al reddito per coloro che si trovano involontariamente in una situazione di disoccupazione.
(3-00496)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, DE FILIPPO, SIANI, PINI, RIZZO NERVO e SCHIRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 418 e 419) ha previsto l'istituzione di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento (Dat), presso il Ministero della salute;

   per l'attuazione della banca dati, la legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 418 e 419, della legge n. 205 del 2017) ha autorizzato, per il 2018, la spesa di 2 milioni di euro, demandando a un decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio 2018, le modalità di registrazione delle Dat. Il decreto non è stato ancora emanato, in quanto il Ministero della salute ha preventivamente richiesto un parere al Consiglio di Stato, che si è espresso sulla materia il 31 luglio 2018;

   in ultimo, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 573, della legge n. 145 del 2018) ha autorizzato, a decorrere dal 2019, la spesa di 400 mila euro annui per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario;

   più precisamente, per la realizzazione della banca dati, il Ministero ha istituito con decreto direttoriale del 22 marzo 2018 un gruppo di lavoro, a cui partecipano rappresentanti del Ministero della salute, delle regioni e dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali;

   il Ministero della salute, con richiesta del 22 giugno 2018, ha posto al Consiglio di Stato alcuni quesiti riguardo all'istituzione della banca dati nazionale;

   il Consiglio si è espresso con il parere del 31 luglio 2018, secondo il quale «la banca dati nazionale deve, su richiesta dell'interessato, poter contenere copia delle DAT stesse, compresa l'indicazione del fiduciario e l'eventuale revoca»; inoltre «è da escludere la possibilità di prevedere una vera e propria standardizzazione delle DAT a fini di conservazione elettronica» e «appare necessario che vi sia certezza in ordine alla adeguatezza delle informazioni mediche acquisite dall'interessato e riguardanti le conseguenze delle scelte effettuate». Infine il Consiglio ha rilevato che i principi costituzionali vanno nella direzione di imporre una lettura estensiva, aprendo il registro nazionale anche a tutti coloro che non sono iscritti al servizio sanitario nazionale. La tutela costituzionale garantita a questo diritto, infatti, non permette di subordinare il riconoscimento alla suddetta iscrizione;

   nella sezione dedicata del sito istituzionale del Ministero della salute, viene riportato che il Ministero provvederà con proprio decreto, a seguito di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, a stabilire le modalità di registrazione delle Dat nella banca dati;

   con l'interrogazione n. 5-00048, ancora senza risposta, l'interrogante chiedeva conto al Governo dell’iter nonché dei tempi di realizzazione della banca dati suddetta;

   il 30 gennaio 2019 è iniziato l’iter, nelle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera, della proposta di legge C. 2 d'iniziativa popolare recante «Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia» –:

   se non ritenga doveroso, anche alla luce di quanto esposto in premessa, assumere le iniziative di competenza per dare operatività immediata alla banca dati succitata.
(5-01379)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI, MORETTO, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NOJA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la famiglia Besnier, proprietaria del gruppo Lactalis, nel 2011 ha acquisito il gruppo Parmalat che è oggi tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di latte, dei suoi derivati e di bevande a base di frutta;

   nel 2017 il gruppo Parmalat ha generato ricavi per oltre 6,6 miliardi di euro, di cui quasi il 60 per cento nelle Americhe;

   nel dicembre 2018 Lactalis, già proprietario dell'89,63 per cento delle azioni della società Parmalat quotata alla borsa di Milano, ha annunciato di aver proceduto all'acquisto di un blocco di 114.546.237 azioni Parmalat, portando così la propria partecipazione al 95.81 per cento del capitale e, attraverso la propria controllata Sofil, ha comunicato alle autorità di borsa italiane la propria volontà di procedere al delisting della società Parmalat;

   il 9 gennaio 2018, il management dell'azienda ha comunicato ai dipendenti del gruppo italiano che, in vista dell'imminente delisting di Parmalat, Lactalis sta mettendo in atto una riorganizzazione mondiale;

   dopo più di 7 anni, con questa operazione, il gruppo Lactalis intraprende dunque una fase di riorganizzazione con la quale prende in mano il controllo totale del gruppo Parmalat che perderà così la sua formale indipendenza;

   la riorganizzazione che prevede la nascita di 9 divisioni, di cui tre di prodotto, cinque geografiche e una dedicata all’export tutte gestite da manager francesi, trasferisce la funzione strategica di supervisione, quindi il cervello del gruppo Parmalat, da Collecchio a Laval, cancellando così la funzione corporate del quartier generale di Collecchio, mentre le società operative dei singoli Paesi confluiscono in aree geografiche sotto le dipendenze dirette della casa madre;

   Parmalat aveva finora sempre goduto di indipendenza e autonomia, mentre da adesso tutta la supervisione, le strategie, il raccordo tra i vari Paesi di Parmalat e gli audit faranno capo al management francese. Inoltre, al contraccolpo per quanto riguarda il sistema Paese, si somma il forte timore relativo alle possibili conseguenze negative sull'occupazione in quanto solo la funzione «corporate» oggi conta circa un'ottantina di manager con relativi staff il cui futuro, diventa incerto;

   la Parmalat Italia viene dunque accorpata a Lactalis Italia, la società dei francesi che ad oggi gestisce gli altri asset del gruppo nel Paese, in primis Galbani, la storica azienda lombarda di latticini. Parmalat e Galbani sono due aziende che in Italia contano circa 5 mila addetti, di cui il 50 per cento operai e il restante 50 per cento impiegati e commerciali;

   per la nuova Parmalat si profilerebbe dunque un futuro da semplice azienda manifatturiera con impianti produttivi, ma senza funzioni di gestione e strategia autonome. Secondo le organizzazioni sindacali tale prospettiva potrebbe creare rischi per la tenuta occupazionale della stessa Parmalat, ma anche di Galbani, mettendo in discussione anche lo stesso sistema produttivo delle due aziende in quanto il profilo industriale prospettato non sarebbe compatibile con il mercato italiano, dove i brand locali, legati al territorio, e la filiera corta, hanno un forte valore commerciale –:

   se il Governo sia a conoscenza del piano industriale del gruppo Lactalis per quanto attiene al futuro della Parmalat Spa; quali siano gli intendimenti del Governo, nell'ambito della proprie competenze, per evitare che la riorganizzazione in atto possa mettere a rischio un perno fondamentale dell'intera filiera agro-alimentare italiana e se intenda convocare al più presto un tavolo di confronto con l'azienda al quale siano presenti anche le parti sociali per capire bene gli scenari che si stanno aprendo a Collecchio e per garantire le capacità produttive del gruppo, il suo sviluppo complessivo e i livelli occupazionali.
(5-01377)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   risale al mese di aprile 2018 la notizia dell'indagine aperta in relazione alla vicenda Italcarni di Modena, per l'ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta. Nel registro degli indagati vi sarebbero anche ex amministratori del macello di Carpi;

   stando a quanto si apprende sempre a mezzo stampa, l'indagine sarebbe partita dall'esposto di un gruppo di allevatori che vanta, nei confronti di Italcarni, fallita nel 2016 (e dalla fine del 2014 gestita dalla cooperativa Opas) un credito di circa un milione e 600 mila euro. I crediti più corposi riguardano allevamenti del nord Italia, soprattutto Emilia-Romagna e Lombardia;

   i legali che assistono alcuni creditori hanno ipotizzato il reato di bancarotta preferenziale rientrante nella bancarotta fraudolenta. Si ipotizza, in buona sostanza, che siano stati pagati in modo arbitrario alcuni crediti a scapito di altri, senza rispettare dunque la par condicio creditorum;

   dagli articoli di stampa si evince inoltre che le criticità erano state segnalate «per anni» anche al Ministero dello sviluppo economico (https://www.ilrestodelcarlino.it);

   in un recente articolo del mese di gennaio 2019 si legge, inoltre, che l'ipotesi di reato era contenuta anche nella relazione riservata che il commissario liquidatore ha trasmesso alla procura e al Ministero dello sviluppo economico (https://www.ilrestodelcarlino.it);

   risulta inoltre che il commissario liquidatore di Italcarni sia stato incaricato dallo stesso Ministero della liquidazione di diverse cooperative e che abbia diversi e numerosi incarichi, a oggi cinquantuno, che potrebbero essere in potenziale conflitto tra loro e quindi incompatibili;

   da segnalazioni giunte all'interrogante, risulterebbe che l'attuale liquidatore avrebbe presentato con notevole ritardo lo stato passivo di Italcarni –:

   se il Ministero dello sviluppo economico abbia effettivamente ricevuto negli anni segnalazioni in relazione alle criticità legate al credito vantato da numerosi allevatori nei confronti di Italcarni e quali iniziative di competenza abbia assunto per monitorare la situazione;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato alla luce della situazione odierna, per tutelare gli allevatori che ancora vantano crediti nei confronti di Italcarni;

   se risulti al Ministro interrogato che l'attuale liquidatore di Italcarni abbia presentato con ampio ritardo lo stato passivo (da normativa andrebbe presentato entro 30 giorni), se a tal riguardo esistano segnalazioni e quali eventuali conseguenti iniziative abbia adottato il Ministro interrogato;

   se, alla luce dei numerosi incarichi ricoperti dall'attuale liquidatore di Italcarni, intenda avviare le verifiche di competenza volte ad accertare l'effettiva compatibilità dei predetti incarichi, adottando, in relazione a tali situazioni, anche iniziative dal punto di vista normativo per evitare un eccessivo cumulo di cariche.
(4-02151)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-01783, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 94 del 5 dicembre 2018.

   GABRIELE LORENZONI, CATALDI, DEL MONACO, PARENTELA, RACHELE SILVESTRI, DE TOMA, SUT, ILARIA FONTANA, VARRICA, FRANCESCO SILVESTRI, TERZONI, TRANO, DE LORENZIS e SCAGLIUSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 4 Salaria è l'unica arteria stradale che collega la Capitale con il capoluogo della provincia di Rieti, per proseguire verso Ascoli Piceno attraversando l'area del cratere sismico venutasi a creare nel 2016; la stessa consolare a due corsie, una per senso di marcia, risulta essere sottodimensionata per il flusso di traffico in costante aumento soprattutto di natura pendolare, né esiste un collegamento ferroviario diretto tra l'entroterra reatino e ascolano con la Capitale che possa alleggerirlo;

   la strada statale 4, ed in particolare l'adeguamento a 4 corsie della tratta tra Passo Corese e Rieti, rientra negli interventi strategici individuati nella cosiddetta «Legge Obiettivo» n. 443 del 2001;

   sono frequenti gli incidenti stradali, anche mortali, come riportato ultimamente dalle cronache locali, che hanno causato 7 vittime nell'ultimo mese nel tratto compreso nella provincia di Rieti, una serie di eventi luttuosi che hanno lasciato un segno di sconforto nella comunità e hanno portato il vescovo della diocesi di Rieti a chiedere interventi urgenti alle istituzioni, tanto da definire la strada «Malaria»;

   la stessa strada necessita, quindi, di interventi di messa in sicurezza e potenziamento non più rinviabili soprattutto nei tratti più critici, in particolare tra il chilometro 48 ed il chilometro 60;

   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Delrio, il presidente della regione Lazio Zingaretti e quello della regione Marche Ceriscioli, insieme all'ex amministratore delegato di Anas Armani, presentarono il 17 ottobre 2017, nel corso di una conferenza stampa presso la sala del consiglio della provincia di Rieti, il «Piano di potenziamento della S.S. 4 Salaria», con l'obiettivo di «agevolare la ripresa socio-economica nelle aree interessate dal sisma» per un fabbisogno complessivo di 854 milioni di euro;

   ad oggi gli unici interventi di potenziamento di prossimo avvio nel tratto da Roma a Rieti, finanziati anche con fondi regionali, sono la variante all'abitato di Monterotondo Scalo per la quota parte della Salaria all'interno della città metropolitana di Roma, fuori dal cratere sismico ed estraneo al flusso di traffico pendolare dalle aree del cratere; risultano altresì finanziate le opere infrastrutturali per il potenziamento e il miglioramento funzionale degli svincoli di Rieti con fondi non regionali;

   risultano programmati nel CdP (contratto di programma) 2016-2020 l'adeguamento della piattaforma stradale e la messa in sicurezza dal chilometro 56 al chilometro 64, attraverso la realizzazione di una strada a quattro corsie, due per senso di marcia, per un importo dell'investimento pari a 68,38 milioni di euro finanziato solo con 14,24 milioni (14 milioni di euro da regione Lazio e 240.000 euro da CdP 2014) e con proposta di completamento del finanziamento per 54,14 milioni di euro a valere sul fondo infrastrutture;

   risulta non programmato nel CdP 2016-2020 ma previsto dal «piano di potenziamento della S.S. 4 Salaria» l'adeguamento della piattaforma stradale dal chilometro 64 al chilometro 70 (Ornaro-San Giovanni Reatino);

   la regione Lazio assegnò all'itinerario Passo Corese-Rieti un importo di circa 60 milioni di euro (prot. 1530/SP/07 del 16 ottobre 2007 - CDG-0125694 del 22 ottobre 2007), come confermato dall'ex assessore con delega alle infrastrutture della regione Lazio, e attuale consigliere regionale e presidente della «VI Commissione – Lavori pubblici, infrastrutture, mobilità, trasporti», Fabio Refrigeri in un'intervista al Messaggero (edizione di Rieti) del 4 novembre 2018: sarebbero ancora utilizzabili per finanziare il «tratto più pericoloso, [...] in particolare dal km 54,2 al km 64,6 [...] la regione aveva da metterci 70 milioni di euro» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per assicurare i finanziamenti già stanziati e la programmazione dell'adeguamento a 4 corsie nel tratto da Passo Corese a Rieti, come previsto dalla legge obiettivo;

   quali iniziative intenda assumere per programmare l'intervento dal chilometro 64 al chilometro 70 e, in generale, per garantire il prima possibile il finanziamento e l'avvio delle opere di potenziamento e di adeguamento per la messa in sicurezza dell'intera strada statale Salaria.
(4-01783)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Carnevali n. 3-00485 del 31 gennaio 2019.