Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    i fitofarmaci detti anche «pesticidi» sono intesi dagli agricoltori e dai tecnici come rimedi per difendere le piante dai loro nemici e pertanto da utilizzare nelle giuste dosi, solo quando necessari e rispettando i tempi di carenza e cioè il periodo intercorrente fra il trattamento e l'uso alimentare delle piante trattate. Vengono utilizzati sia nell'agricoltura tradizionale, che in quella biologica. I limiti di legge sui residui di fitofarmaci presenti negli alimenti sono oggi fissati in modo molto prudenziale;

    secondo una recente indagine condotta da Vsafe, spin off dell'Università Cattolica del sacro Cuore sulle filiere di melo, pomodoro da industria, uva da tavola e da vino, olivo, frumento, riso e insalate di IV gamma, la completa eliminazione degli fitofarmaci da tali filiere porterebbe alle seguenti conseguenze: (a) la produzione annua scenderebbe da 8,9 a 2,6 miliardi di euro (-71 per cento), (b) anche surrogando con prodotti di origine estera, l'industria agro-alimentare vedrebbe il proprio fatturato scendere da 34,8 a 7,8 miliardi di euro (-78 per cento) e (c) le esportazioni si ridurrebbero di 6,8 miliardi di euro, mentre le importazioni aumenterebbero di 3 miliardi di euro;

    il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo e questo comporta che, se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea, vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;

    i controlli effettuati da Efsa (Autorità europea per la sicurezza agroalimentare) a livello comunitario su 48.000 campioni indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e, pertanto, sono da ritenersi sicuri per il consumatore;

    l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;

    relativamente ai controlli ufficiali sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, opera anche il dipartimento dell'ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf). L'ispettorato, infatti, effettua sistematicamente verifiche finalizzate alla corretta commercializzazione dei mezzi tecnici utilizzati in agricoltura (fertilizzanti, sementi e fitofarmaci), attraverso controlli ispettivi e l'esame dei dispositivi di etichettatura e dei relativi sistemi di tracciabilità, nonché mediante il prelievo di campioni che vengono sottoposti alle analisi chimico-fisiche per la verifica della rispondenza merceologica dei prodotti agli standard di legge;

    il piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan), adottato con decreto ministeriale 22 gennaio 2014 in attuazione del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150 che recepisce la direttiva 2009/128/CE, evidenzia significative criticità in ordine alla necessità di una più attenta individuazione degli obiettivi quantitativi, dei tempi per la riduzione dei rischi e dell'impatto dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente;

    la scarsa efficacia dell'impianto sanzionatorio, l'inadeguatezza delle misure di contrasto biologiche agli organismi nocivi, unitamente alle criticità di cui sopra, suggeriscono una rivisitazione generale dell'impostazione stessa del piano e una migliore definizione degli interventi di lotta integrata obbligatoria, necessari a limitare l'uso dei fitofarmaci;

    le regioni e le province autonome, al fine di rilevare la presenza e gli eventuali effetti derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari nell'ambiente acquatico, effettuano i monitoraggi dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque, tenendo conto anche degli indirizzi specifici che sono stati forniti dall'Ispra;

    la presenza di pesticidi nelle acque italiane, sia superficiali che sotterranee, è fonte di allarme da parte degli stessi istituti di ricerca; Ispra, nell'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque evidenzia: «Nel complesso, salgono a quasi 400 le sostanze ricercate in Italia. La situazione è differente tra regione e regione ed è indispensabile incrementare il monitoraggio riguardo a nuove sostanze indicate dalle linee guida dell'Ispra. In generale, sono 35.353 i campioni di acque superficiali e sotterranee analizzate in Italia nel biennio 2015-2016, per un totale di quasi 2 milioni di misure analitiche e 259 sostanze rilevate (erano 224 nel 2014). Nel 2016, in particolare, sono stati trovati pesticidi nel 67 per cento dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5 per cento dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli SQA nel 23,9 per cento delle acque superficiali e nell'8,3 per cento delle acque sotterranee. Gli erbicidi, in particolare, rimangono le sostanze riscontrate con maggiore frequenza principalmente per le modalità ed il periodo di utilizzo che ne facilita la migrazione nei corpi idrici, ma aumenta significativamente anche la presenza di fungicidi e insetticidi»;

    la copertura del territorio nazionale, tuttavia, è ancora incompleta, soprattutto nelle regioni centromeridionali, in quanto o non sono stati inviati i dati o ne sono arrivati pochissimi e, in generale, la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta forti ritardi;

    in particolare, in merito alle sanzioni disciplinate dall'articolo 24 del citato decreto legislativo, la maggior parte delle penalità interessa la materia della distribuzione e della formazione professionale e trascura quelle relative all'articolo 11 su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 14 sulla tutela dell'ambiente acquatico e delle acque potabili, all'articolo 15 sulla tutela delle aree specifiche, all'articolo 17 sulla manipolazione e sullo stoccaggio dei prodotti fitosanitari e sul trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, e soprattutto all'articolo 19 relativamente all'applicazione dei princìpi generali della difesa integrata obbligatoria;

    ad oggi mancano ancora importanti misure applicative quali in particolare: le norme sulla trasmissione, da parte delle regioni, delle informazioni rilevanti sulla tossicità, l'eco-tossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti in commercio mediante l'utilizzo di apposite banche dati (punti A 5.2, A 5.8.1 del Pan); le norme volte a disciplinare la vendita dei prodotti fitosanitari attraverso i canali alternativi, come la vendita on-line (articolo 10, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012); la definizione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi e sui potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana (punto A 2.1 del Pan); la rete di collegamento tra le iniziative di ricerca in essere e l'attivazione di nuovi progetti e le misure da adottare nelle aree di influenza delle acque di balneazione (Punto D del Pan);

    sono noti i casi in cui il reiterarsi quasi automatico delle emergenze per le quali si è autorizzata l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario in base all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009, trasforma queste deroghe in prassi ordinaria generando un utilizzo pressoché costante di alcuni principi attivi su colture o avversità diverse da quelle su cui erano normalmente autorizzati, spesso approvati ma non presenti in prodotti fitosanitari autorizzati in Italia, ovvero in corso di approvazione (nuove sostanze), oppure non ancora approvati ai sensi del citato regolamento;

    le eventuali introduzioni di antagonisti naturali, indispensabili per la lotta biologica, debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents for research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agents;

    lo stesso articolo 22 della direttiva 92/43/CEE detta anche «direttiva habitat» indica chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale né alla fauna e alla flora selvatiche locali, e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;

    il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non ha tuttavia previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzatorio, bloccando di fatto ogni intervento di lotta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali;

    il disposto di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica si limita, infatti, a vietare la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, specificando i termini di «introduzione» e «di non autoctona»;

    la rete nazionale di monitoraggio degli alveari segnala gravi fenomeni di apicidio a seguito di approvvigionamento da parte delle api di acqua utilizzata per fertirrigazione contenente insetticidi impiegati sulla coltura di pomodoro, per trattamenti di colture intensive di agrumeti in presenza di forte essudazione di melata che, in ambienti con scarsa disponibilità di piante nettarifere, è utilizzata dalle api per la produzione del miele;

    l'Unaapi afferma, sebbene non ci sia certezza sulle molecole che hanno provocato tali conseguenze che, oltre ai neonicotinoidi, è assai probabile che si sia accentuato un uso pervasivo e irresponsabile di altre molecole neurotossiche, come il piretroide deltametrina o il famigerato insetticida clorpirifos, o il fungicida tebuconazolo, che esplica effetti nocivi sulle popolazioni di api, non previsti e non valutati, o che vengano comunque utilizzati illegalmente neonicotinoidi;

    gli agricoltori sono sempre più professionali nell'uso dei fitofarmaci e lo si deduce dalla graduale diminuzione nei quantitativi totali utilizzati (-1,8 per cento l'anno in Italia dal 2003 al 2016), diminuzione che in parte si deve alla disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse (decine di grammi per ettaro contro i chilogrammi per ettaro di cui si parla per composti del rame);

    un'agricoltura sostenibile è un'agricoltura che mira non solo a garantire la sicurezza alimentare attraverso una maggiore produzione, ma aiuta gli agricoltori a soddisfare le loro aspirazioni socio-economiche e culturali e a proteggere e preservare le risorse naturali per soddisfare le generazioni future. Il settore agricolo ed agroalimentare italiano diventerà tanto più competitivo quanto più sarà in grado di essere sostenibile;

    la riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica e lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale;

    in virtù della nuova normativa gli agricoltori dovranno utilizzare con maggiore attenzione i fitofarmaci, con l'obiettivo di ridurre significativamente l'uso di agenti chimici in agricoltura, incrementando proporzionalmente l'adozione di sistemi alternativi di difesa delle colture (mezzi agronomici, genetici, igienici, impiego di organismi utili, utilizzo di agrofarmaci selettivi e a minor rischio possibile, dosi ridotte e ridotto numero di trattamenti e altro),

impegna il Governo:

1) a potenziare il sistema dei controlli sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, in particolare rivolto ai prodotti agroalimentari importati dai Paesi terzi per i quali è possibile dimostrare che siano stati trattati con il glifosato oltre la soglia permessa in ambito europeo;

2) a vigilare, per quanto di competenza, affinché il monitoraggio del livello di contaminazione da pesticidi nelle acque sia omogeneo su tutto il territorio nazionale e affinché tutte le regioni si dotino di un piano per la tutela delle acque, al fine di assicurare un alto livello di protezione della salute umana, animale e dell'ambiente;

3) a prevedere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci perché l'agricoltura è un settore importantissimo dell'economia ed è importante che possa svilupparsi e continuare a farlo in un'ottica di qualità e di salvaguardia della salute, sia dei consumatori che degli operatori;

4) a porre in essere iniziative volte a sostenere l'utilizzo di buone pratiche agricole che possano essere sempre più sostenibili, in un quadro complesso anche in termini ambientali, allo scopo di raggiungere l'obiettivo di ridurre sempre più nel tempo l'uso dei fitofarmaci, contribuendo a realizzare la maggior protezione possibile di tutte le acque dall'inquinamento;

5) ad intraprendere ogni utile iniziativa volta a rivedere e migliorare il piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan), attraverso la ridefinizione degli obiettivi quantitativi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, prescritti dalla direttiva europea n. 2009/128/CE, all'articolo 4, paragrafo 1;

6) ad emanare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal Pan non ancora adottati, per i quali risultino scaduti i termini o per i quali non sia stata stabilita alcuna scadenza;

7) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca su sistemi produttivi agroalimentari sempre più sostenibili e che prescindano dall'utilizzo di fitofarmaci dannosi per la salute umana;

8) ad assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati né alla fauna né alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali;

9) ad assumere iniziative in relazione ai trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api, al fine di salvaguardarne l'azione pronuba, non solo durante il periodo di fioritura, ma anche in quello di melata, nonché a promuovere, in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, una capillare azione di controllo e vigilanza per la repressione dell'uso, durante i trattamenti chimici in agricoltura, di fitofarmaci e principi attivi vietati o non autorizzati a livello nazionale ed europeo, perché pericolosi per i pronubi;

10) a valutare l'opportunità di:

   a) assumere iniziative per rendere più efficace il quadro sanzionatorio, come previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, introducendo misure conseguenti all'inosservanza di tutte le prescrizioni e delle indicazioni previste dalle norme sull'uso sostenibile dei pesticidi;

   b) limitare il più possibile il ricorso alle autorizzazioni in deroga consentite dall'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009 e rilasciate dal Ministero della salute, ai soli casi realmente necessari al fine di garantire che tale possibilità sia utilizzata esclusivamente nella sua più classica accezione di prassi straordinaria e limitata nel tempo;

   c) attivare, mediante la definizione di un protocollo in collaborazione con la Guardia di finanza, controlli finalizzati alla verifica delle modalità di vendita dei prodotti fitosanitari, compresa quella che avviene online, al fine di contrastare fenomeni di elusione delle norme sulla distribuzione e vendita di tali prodotti;

   d) intervenire, presso le competenti sedi unionali, al fine di introdurre a livello europeo un divieto definitivo, e non solo parziale e temporaneo, dei neonicotinoidi e di altri insetticidi sistemici dannosi per i pronubi.
(1-00110) «Molinari, D'Uva, Viviani, Parentela, Bubisutti, Cadeddu, Coin, Cassese, Gastaldi, Cillis, Golinelli, Cimino, Liuni, Del Sesto, Lolini, Gagnarli, Lo Monte, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone, Zolezzi, Panizzut, D'Arrando, Bologna, Menga».


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo del 14 agosto 2012, n. 150, ha istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari-agrofarmaci o fitofarmaci, definiti impropriamente «pesticidi»; in applicazione dell'articolo 6 del predetto decreto legislativo è stato predisposto il piano di azione nazionale (Pan) per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il piano è stato adottato in data 22 gennaio 2014 a seguito dell'emanazione del decreto interministeriale Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, n. 35 del 2014; il Pan si propone di ridurre i rischi associati all'uso dei prodotti fitosanitari, promuovendo un processo di cambiamento delle tecniche di utilizzo dei prodotti verso forme più compatibili e sostenibili in termini ambientali e sanitari;

    la legge n. 132 del 2016, «Istituzione del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)», mette a sistema la rete informativa nazionale ambientale, dando vita alla rete nazionale dei laboratori accreditati e istituisce i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (Lepta);

    l'Ispra, sulla base delle rilevazioni regionali, ha il compito di realizzare il rapporto nazionale pesticidi nelle acque, nel rispetto del Pan. Nonostante si registri una crescente attenzione sull'utilizzo e i controlli dei prodotti fitosanitari dal «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, edizione 2018» curato dall'Ispra si evince che residui di agro farmaci in Italia sono presenti nel 67 per cento delle acque superficiali e nel 33 per cento delle acque sotterranee e superano i limiti, rispettivamente, nel 23,9 per cento e nell'8,3 per cento dei casi, con un preoccupante aumento rispetto alle precedenti indagini nazionali. Nelle falde, anche a causa del lento ciclo delle acque sotterranee, permangono anche sostanze chimiche ormai bandite da decenni. Negli oltre 35.000 campioni analizzati dalle agenzie regionali attraverso quasi 2 milioni di analisi realizzate nel biennio 2015-2016 sono state trovate 259 sostanze in gran parte erbicidi;

    il rapporto dell'Ispra evidenzia due ulteriori elementi che destano preoccupazione:

     che non vi è omogeneità dei campionamenti: nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50 per cento dei monitoraggi, mentre dal Meridione, ad esempio dalla Calabria, non è arrivato nessun dato; pochissimi dati sono pervenuti dalla Puglia. Esiste un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta essere in forte ritardo, con alcune eccezioni, quali Ragusa e il Lazio. Un monitoraggio efficace dei pesticidi nelle acque richiede un impegno in termini di pianificazione, di strumentazione, di risorse umane, difficile da sostenere senza risorse aggiuntive;

     si legge dal dossier dell'Ispra che: «... nei campioni sono spesso presenti miscele di sostanze diverse: ne sono state trovate fino a 36 contemporaneamente. L'Uomo, gli altri organismi e l'ambiente sono, pertanto, esposti a un “cocktail” di sostanze chimiche di cui non si conoscono adeguatamente gli effetti, per l'assenza di dati sperimentali...»;

    al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, il Pan definisce obiettivi e strategie da perseguire ai fini di un uso più corretto e sostenibile dei prodotti, attraverso la riduzione del rischio connesso all'utilizzo degli stessi. Gli obiettivi riguardano la formazione degli operatori di filiera, con l'introduzione di «buone pratiche» di manipolazione, i controlli funzionali sulle macchine per la distribuzione, l'adozione di misure specifiche per la tutela delle acque, l'informazione e la sensibilizzazione alla popolazione, nonché misure specifiche per la riduzione dell'uso dei fitofarmaci;

    esistono inoltre le disposizioni sulla sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 e al decreto legislativo n. 106 del 2009, che prevedono anche di evitare danni a persone terze, ad esempio vietando l'ingresso nell'area di un cantiere o di disperdere nell'ambiente sostanze potenzialmente tossiche. Queste procedure possono variare da azienda ad azienda e possono essere sottoposte a verifica da parte degli uffici competenti delle aziende sanitari locali, Asl;

    il regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente i livelli massimi di residui (Lmr), di fitofarmaci nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale o animali e che modifica la direttiva n. 91/414/CEE del Consiglio, applica i nuovi limiti di residui di antiparassitari negli alimenti. Ai sensi della legislazione comunitaria vigente l'utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura deve sottostare a parametri e limitazioni d'uso che escludano, nei limiti delle conoscenze disponibili, la presenza di rischi per la salute del consumatore. In particolare, la direttiva del Consiglio n. 414/91/CEE, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, stabilisce che possono essere usate solo sostanze di cui sono valutati i rischi possibili per i consumatori attraverso un insieme di studi tossicologici a breve-lungo termine;

    la normativa sui prodotti fitosanitari è quindi molto stringente riguardo alla loro immissione in commercio, alle modalità di vendita e di stoccaggio dei prodotti, ai residui negli alimenti, alla previsione di periodi di divieto di trattamenti, mentre appare ancora carente sulle modalità di esecuzione dei trattamenti;

    con decreto interministeriale 10 marzo 2015 sono state approvate le «Linee guida d'indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette». Sono quindi esplicitamente vietati solo i trattamenti in prossimità dei pozzi, mentre per i trattamenti in prossimità di abitazioni e giardini esistono alcuni regolamenti comunali e delibere che valgono naturalmente solo sul territorio del comune che li ha emanati, nonché le disposizioni del codice civile e del codice di procedura penale, in riferimento a danni a persone o cose determinati da modalità operative sconsiderate o comunque da negligenza nell'uso. Tuttavia, non vi è esplicito divieto o una normativa nazionale uguale per tutti i comuni, né una reale campagna di sensibilizzazione, informazione e formazione dell'agricoltore per espletare, idoneamente, i trattamenti e non recare danno alla popolazione immediatamente prossima ai terreni agricoli;

    quanto alle distanze di sicurezza per evitare il rischio di contaminazione, va precisato che qualcosa in merito lo si ritrova solo nel regolamento (CE) n. 889/2008 inerente alla produzione biologica, che fra l'altro, non indica una distanza specifica di sicurezza;

    è in corso la revisione nazionale del Pan (nuovo piano di azione 2019-2024), che sarà fondamentale per l'individuazione di obiettivi quantitativi in termini di riduzione del rischio e dell'uso dei prodotti fitosanitari, richiesti dalla Commissione europea. Sono finora cinque gli Stati membri che hanno definito obiettivi misurabili. Uno dei problemi sul tavolo delle autorità competenti riguarda la disciplina della vendita on-line dei prodotti fitosanitari, secondo modalità che ne garantiscano tracciabilità e controllo delle vendite;

    la procedura di autorizzazione dell'Unione europea per i prodotti fitosanitari è una delle più rigorose al mondo. Ciò nonostante, è costante lo sforzo per accrescere la disponibilità di prodotti fitosanitari a basso rischio e accelerare l'attuazione della difesa integrata negli Stati membri. Nel febbraio del 2018 il Parlamento ha istituito una Commissione speciale per indagare sulle procedure di autorizzazione europee per l'uso di pesticidi. Nel dicembre del 2018 il Parlamento ha votato a favore di un aggiornamento della legislazione alimentare che comprende la sicurezza del cibo in tutti gli stadi della catena alimentare. Il 16 gennaio 2019 il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione (2018/2153(INI)) nella quale si invitano la Commissione europea e gli Stati membri a:

     a) creare un efficace sistema di vigilanza successiva all'immissione sul mercato, per monitorare sistematicamente l'impatto reale dell'uso dei prodotti fitosanitari sulla salute umana e animale e sull'ambiente nel suo complesso;

     b) rafforzare la ricerca sulle alternative ai prodotti fitosanitari, compresi i metodi non chimici, e sui pesticidi a basso rischio, al fine di presentare agli agricoltori nuove soluzioni per l'agricoltura sostenibile;

     c) in merito alle procedure di autorizzazione dei pesticidi, a rendere pubblici gli studi utilizzati, compresi tutti i dati e le informazioni a sostegno delle domande di autorizzazione, attualmente poco trasparente;

     d) riesaminare sistematicamente di tutti gli studi disponibili sulla cancerogenicità del glifosato e delle formulazioni a base di glifosato, al fine di valutare se sia opportuno riesaminare l'approvazione di questo erbicida, peraltro ampiamente usato, nei Paesi dove è possibile, per accelerare la maturazione delle colture cerealicole e di leguminose;

    l'agricoltura italiana è tra le più green d'Europa, non solo grazie al maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop/Igp, ma anche in termini di biodiversità, con 55.600 specie animali pari al 30 per cento delle specie europee e 7.636 specie vegetali; il Paese, può contare su 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei francesi, su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole. Con l'azione di tutela dell'ambiente, l'Italia si è portata al vertice della sicurezza alimentare mondiale, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4 per cento), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4 per cento) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5 per cento);

    ha conquistato anche il primato green, con quasi 50 mila aziende agricole biologiche in Europa ed ha fatto la scelta di vietare le coltivazioni Omg a tutela del patrimonio di biodiversità. Tuttavia, oggi la narrazione del biologico teorizza un ritorno al passato, a «pesticidi zero». Giova osservare che la stessa agricoltura biologica di pesticidi ne fa un uso sistematico, elencandoli in appositi disciplinari. La contrapposizione tra pesticidi (o per meglio dire agrofarmaci) di sintesi e non di sintesi è vincente in termini di marketing, ma, in termini di sostenibilità, non è funzionale a evitare un maggior inquinamento. Il rame, ad esempio, uno dei più antichi, utilizzati e «naturali» pesticidi «bio» della storia, è un metallo pesante che inquina molto di più ed è molto più dannoso per uomini e animali di alcuni prodotti di sintesi con funzioni analoghe. Le evidenze scientifiche, infatti, ne dimostrano tossicità e persistenza nel suolo per tempi indefiniti. Il suo profilo tossicologico è superiore a quello del glifosato;

    la Camera ha approvato nel dicembre 2018 disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico, che, pur essendo apprezzabili in termini di sviluppo della filiera, non affrontano adeguatamente il tema dei controlli, in particolare sulle importazioni, nonostante il fatto che la domanda interna non riesca a soddisfare la domanda nazionale complessiva di prodotti biologici. Carenze sono state evidenziate anche nell'ambito dei controlli diretti sulle aree agricole coltivate a biologico. Non affrontando questi temi, si rischia di fare un danno allo stesso settore biologico. Né è accettabile l'equazione che tutto ciò che non è biologico è contaminato: la produzione italiana è per l'80 per cento convenzionale e questa contrapposizione fa un danno anche all'economia italiana;

    all'agricoltura biologica non può, allo stato, essere considerata la soluzione ai problemi di approvvigionamento alimentare dell'Unione, in quanto ha una resa molto bassa. Per mais, frumento, riso e soia, il biologico produce fino al 50 per cento in meno. Per portare solo prodotti «bio» sulle tavole, ci sarebbe bisogno del doppio della terra da coltivare. Ma questo significa anche moltiplicare le emissioni di gas serra, per effetto dei dissodamenti generalizzati. Ipotizzare una massiccia conversione delle terre a biologico, per aumentare l'attuale 15,4 per cento delle superfici coltivate in Italia, comporterebbe un consumo di suolo enormemente maggiore per avere rese paragonabili alle attuali. Senza contare che circa la metà dei terreni certificati «bio» (e riceventi sussidi come tali), a oggi, è costituita da prati e pascoli nella cui gestione il biologico non si differenzia dal convenzionale;

    l'alternativa c'è ed è già «in campo»: è l'agricoltura integrata, degli imprenditori che innovano, che integra tutti gli strumenti di protezione delle colture (agronomici, fisici, biologici, chimici) secondo uno schema razionale per produrre quanto più possibile con le risorse disponibili, usate nel modo più efficiente possibile. Un'applicazione di tale metodologia, peraltro mutuata dai disciplinari dell'agricoltura biologica, è contenuta nei vincoli imposti con la nuova politica agricola comunitaria (Pac-greening), nell'ambito della quale viene stimolata tramite la rotazione tra colture depauperanti e colture da rinnovo, interrompendo le monocolture, con molteplici benefici ambientali, quali il miglioramento della struttura e della fertilità del terreno e la riduzione dell'impiego di fertilizzanti di sintesi e di prodotti fitosanitari;

    l'alternanza di colture cerealicole e di colture miglioratrici ha assicurato un pagamento supplementare di circa 100 euro/ettaro dal 2010, che nel Sud Italia può trasformarsi in un pagamento accoppiato aggiuntivo di circa 20 euro/ettaro. Nella Pac-greening è prevista la presenza un'area di interesse ecologico (Ecological Focus Area-EFA), che obbliga gli agricoltori con oltre 15 ettari, a destinare una quota del 5 per cento delle superfici dell'azienda a finalità ecologiche: le superfici occupate da colture che fissano l'azoto assolvono tale impegno;

    la produzione integrata è quella che «... utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici». La legge 3 febbraio 2011, n. 4, istituisce (articolo 2) il «Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI)», finalizzato a garantire una qualità del prodotto finale agroalimentare significativamente superiore alle norme commerciali correnti;

    gli ambiti di applicazione dei principi dell'agricoltura integrata sono principalmente quattro: fertilizzazione, lavorazioni del terreno, controllo delle infestanti, difesa dei vegetali. L'obiettivo dell'agricoltura integrata è quello di ottimizzare il compromesso fra le esigenze ambientali e sanitarie e le esigenze economiche. Sussistono in tale ambito alcune esperienze regionali in Emilia, Abruzzo, Marche, Lazio e Veneto; il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, attuativo della direttiva 2009/128/CE, contiene peraltro i principi della difesa integrata delle colture. Oltre che con tale direttiva, i disciplinari di produzione integrata sono funzionali a quanto previsto dai programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020 di cui al Reg. (UE) 1305/13;

    conclusivamente, è necessario osservare che più che di finanziamento dell'Unione europea all'agricoltura tradizionale, contrapposto al finanziamento dell'agricoltura biologica, sarebbe opportuno parlare di finanziamento agli imprenditori agricoli: in particolare, il sostegno comunitario equivale mediamente a circa il 28 per cento del reddito dell'agricoltore italiano,

impegna il Governo:

1) in sede di revisione del piano di azione nazionale (Pan) per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari:

  a) a dare corso, in ambito nazionale, a quanto richiesto dalla risoluzione (2018/2153(INI)) del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019;

  b) ad assumere iniziative urgenti per uniformare le metodiche di analisi delle acque in tutta la Penisola, stante il fatto che è fondamentale tenere sotto controllo i residui di fitofarmaci che si rinvengono nelle acque sia sotterranee che di superficie, e dunque in tutto l'ambiente e nella catena alimentare, incrementando la dotazione di risorse nazionali;

  c) a rafforzare gli strumenti di controllo sulla vendita on-line di prodotti fitosanitari al fine di individuare le corrette procedure da seguire nel rispetto dei criteri di cui al decreto legislativo n. 150 del 2012;

  d) ad adottare iniziative per introdurre precise disposizioni in materia di utilizzo dei prodotti fitosanitari, con particolare riferimento alle fasce di sicurezza per evitare il rischio di esposizione delle popolazioni e di contaminazione chimica delle colture biologiche e di agricoltura integrata;

2) ad adottare iniziative per rafforzare gli strumenti di sostegno dell'agricoltura integrata, come definita dalla legge 3 febbraio 2011, n. 4, tenendo conto delle esperienze già maturate in ambito regionale, con particolare riferimento allo sviluppo del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), promuovendo normative per favorirne lo sviluppo e la competitività;

3) a rafforzare i controlli sull'agricoltura biologica, tenendo conto delle criticità emerse in sede di discussione del provvedimento di riforma del settore citate in premessa, con particolare riferimento all'importazione di prodotti biologici da Paesi terzi.
(1-00111) «Nevi, Spena, Occhiuto».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo i dati elaborati dall'Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) nel 2016, l'Unione europea ha utilizzato 368.588 tonnellate di pesticidi, pari all'11,8 per cento del consumo globale;

    l'evoluzione legislativa dell'Unione europea per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari utilizzabili per difendere le colture agricole da attacchi di parassiti, funghi e insetti ha introdotto, riconoscendone l'impatto negativo sull'ambiente e sulla salute, come evidenziato da recenti ricerche condotte anche dall'Organizzazione mondiale della sanità e da numerosi enti di ricerca e associazioni, criteri sempre più restrittivi di valutazione, determinando una riduzione delle sostanze attive autorizzate che sono passate da circa un migliaio a poco meno della metà;

    la Politica agricola comunitaria nell'incentivare un modello di agricoltura sostenibile ha contribuito a ridurre in modo drastico l'impiego di prodotti fitosanitari, e la nuova Pac attualmente in discussione ha evidenziato la necessità di un impegno ulteriore su questo fronte da parte degli Stati membri attraverso lo strumento del Piano strategico, dando così agli Stati membri la responsabilità di intervenire incentivando il più possibile la transizione verso il biologico e produzioni sostenibili;

    la direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ha istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150 nel recepire la direttiva ha previsto l'Istituzione del Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, con l'obiettivo generale di ridurre i rischi associati all'impiego dei prodotti fitosanitari. Particolare rilevanza all'interno del Piano riveste l'azione di monitoraggio volta a verificare i progressi compiuti e ad evidenziare le criticità, anche per consentire alle Amministrazioni coinvolte di effettuare, nell'ambito delle proprie competenze, la revisione delle misure adottate;

    l'indagine Istat, sull'utilizzo dei prodotti fitosanitari nelle coltivazioni agricole, svolta in conformità alle disposizioni del Regolamento CE n. 1185/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, al fine di poter disporre di dati relativi all'uso di pesticidi, ha rilevato che, nel 2016, in Italia sono stati venduti 125 milioni di chili di prodotti fitosanitari; per acquistarli è stato speso quasi un miliardo di euro (per la precisione 950.812.000 euro). Ancora di più per i fertilizzanti: 1.572.341.000 euro. Cifre decisamente in crescita: nel 2006 la somma impiegata per l'acquisto di pesticidi ammontava a 693.577.000 euro, quella per i fertilizzanti a circa un miliardo di euro;

    in Italia i monitoraggi condotti sulle acque superficiali e profonde evidenziano una contaminazione diffusa e cumulata, soprattutto a causa della persistenza di alcune sostanze. Secondo i dati più recenti forniti da Ispra nel rapporto «Pesticidi nelle acque» (aggiornamento 2018) risultano inquinati da pesticidi più di due terzi dei punti di monitoraggio delle acque superficiali: per 370 di questi punti (quasi un quarto del totale), le concentrazioni sono superiori ai limiti di qualità ambientale; nelle acque sotterranee registrano tale superamento 276 punti su 3.129 (Ispra 2018). È in aumento nelle falde acquifere anche il multiresiduo: in unico campione sono state infatti rilevate anche 55 diverse sostanze (48 nel precedente rapporto);

    la scorsa legislatura ha visto l'approvazione di normative importanti, anticipando in modo virtuoso i contenuti delle direttive comunitarie in materia di impatto sostenibile delle produzioni, responsabilità sociale di impresa e raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Per citare alcuni esempi, la legge sulla biodiveristà, il contrasto ai reati ambientali, la legge sullo spreco alimentare. Nella corrente legislatura, la Camera ha approvato in prima lettura a larga maggioranza la proposta di legge in materia di produzioni con metodo biologico, che coglie e mette a sistema l'esperienza condotta nei territori e valorizza la crescente attenzione dei cittadini e delle amministrazioni comunali e regionali relativamente all'impatto sulla salute, e sull'ambiente delle produzioni. La proposta di legge in materia di agricoltura biologica pone le basi giuridiche per un piano strategico nazionale in grado di incentivare i biodistretti, le aggregazioni di prodotto e produttori, e la definizione di fondi assegnati al settore in modo strutturale, dando così forza a un settore sempre più in crescita e dal forte impatto oltre che economico, anche ambientale e sociale;

    sebbene la normativa vigente abbia determinato un maggior esame delle sostanze attive impiegate nelle formulazioni e controlli più stringenti sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, i piani di controllo dei residui di fitosanitari negli alimenti, predisposti a livello europeo e nazionale, non dedicano la giusta attenzione al fenomeno del multiresiduo, in quanto la definizione del limite massimo di residuo consentito per legge negli alimenti, ossia l'Lmr elaborato dall'Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa), si basa solo sul singolo principio attivo. In tal modo, si esclude la valutazione degli effetti sinergici che potrebbero derivare dalla presenza concomitante di più residui chimici in uno stesso alimento, seppur a basse concentrazioni ed entro i limiti di legge. Numerose ricerche, promosse anche dall'Oms, hanno evidenziato il nesso tra alcune sostanze e patologie umane, determinando rischi per la salute connessi ad una presenza massiccia e continuativa di tali sostanze;

    massima attenzione deve essere rivolta anche alle ricadute che l'impiego di pesticidi determina sull'ambiente, valutando i meccanismi di accumulo nel suolo, le dinamiche di trasferimento e l'impatto a lungo termine nell'ambiente. Studi e pubblicazioni evidenziano, infatti, come vi sia una forte correlazione tra utilizzo della chimica e fertilità dei suoli;

    secondo il citato Rapporto Ispra «Pesticidi nelle acque», sulla base dei dati provenienti dalle Regioni e dalle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, il glifosate, insieme al suo metabolita AMPA, è l'erbicita che presenta il maggior numero di superamenti rispetto ai parametri consentiti. In particolare sono stati trovati pesticidi nel 67 per cento dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5 per cento dei 3.129 punti delle acque sotterranee;

    il cambiamento climatico in atto sta determinando effetti dirompenti sulle produzioni, alternando periodi di siccità ed alluvioni. Tale situazione è inoltre aggravata dalla presenza di nuovi parassiti, come ad esempio la Drosophila suzukii e la cimice asiatica, che stanno distruggendo molte produzioni nel nostro Paese;

    alcuni casi di infestazione parassitaria manifestatasi negli ultimi anni – come per esempio il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), colpevole di aver in parte pregiudicato la produzione italiana di castagne, e la Xylella fastidiosa, il batterio che ha colpito una percentuale consistente degli olivi del Salento e delle zone limitrofe, – hanno dimostrato l'importanza di politiche volte a monitorare e migliorare la qualità del materiale vivaistico, la cura e manutenzione del territorio, la definizione di protocolli che garantiscano la tracciabilità nei diversi passaggi di filiera, nonché di metodi di contrasto alla diffusione dei batteri e dei vettori;

    l'utilizzo di tecniche di produzione sempre più avanzate è fondamentale per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, ridurre l'impatto della chimica nel suolo e contrastare in modo mirato la diffusione di parassiti. Un importante obiettivo perseguito dal precedente Governo è stata la crescita delle percentuali di superficie coltivata mediante l'agricoltura di precisione;

    lo scopo del regolamento (CE) n. 1107/2009, che detta le regole di immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, è di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell'ambiente e di migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l'armonizzazione delle norme relative all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, stimolando nel contempo la produzione agricola;

    la necessità di combattere le avversità sulle produzioni agricole siano esse ortofrutticole o colture estensive, in mancanza di un numero sufficiente di sostanze attive ha comportato la necessità di ricorrere, purtroppo e con frequenza, all'articolo 53 del regolamento CE 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE, e successivi regolamenti di attuazione e/o modifica per compensare la mancanza di mezzi di lotta fitopatologica;

    l'utilizzo e i casi individuati di autorizzazioni di emergenza rilasciate ai sensi dell'articolo 53, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1107/2009 sono in aumento nell'Unione; alcuni Stati membri hanno ricorso all'articolo 53 molto più frequentemente di altri; dalla recente valutazione dell'Efsa sulle autorizzazioni d'emergenza di tre neonicotinoidi è emerso che, mentre in alcuni casi tali autorizzazioni erano conformi alle disposizioni legislative, in altri casi non lo erano. Tale situazione necessita pertanto di un maggiore coordinamento a livello comunitario, al fine di evitare di vanificare gli sforzi condotti dall'unione europea in materia di sviluppo sostenibile e incentivare difformità tra gli Stati membri ed effetti distorsivi sul mercato;

    come rilevato nella risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019 sulla procedura di autorizzazione dei pesticidi nell'Unione (2018/2153(INI)) è necessario proseguire sulla strada della tutela poiché le decisioni di «autorizzazione sulle sostanze attive recentemente sviluppate e sui prodotti fitosanitari sono invariabilmente adottate in un contesto di incertezza per quanto riguarda l'impatto reale» e che «manca un monitoraggio post-autorizzazione, dati sui quantitativi esatti di ciascun prodotto fitosanitario applicato, sull'attuazione e sull'efficacia delle misure di mitigazione e sui potenziali effetti nocivi per la salute umana e animale e per l'ambiente»;

    la «sostenibilità» è indubbiamente la sfida principale per le aziende agricole e uno strumento di valorizzazione e di leva di vantaggio competitivo nel mercato nazionale e internazionale;

    l'agricoltura è probabilmente uno tra i settori dove ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico, giocano un ruolo più rilevante e strategico. Alla già citata agricoltura di precisione, è importante aggiungere la rilevanza connessa all'analisi dei dati ai fini di prevenzione e riduzione dell'utilizzo stesso della chimica nel suolo: l’internet delle cose, i big data & analytics, la sensoristica e i droni, che permettono la raccolta, l'interpretazione, lo scambio e l'analisi di enormi quantitativi di dati provenienti da più fonti e strati informativi a supporto del processo decisionale delle aziende agricole. Grazie all'analisi incrociata di dati ed informazioni di fattori agronomici, ambientali e meteorologici diviene possibile monitorare le diverse attività agricole: a titolo esemplificativo si possono misurare costantemente le proprietà del terreno e quindi stabilire il fabbisogno di fertilizzanti o irriguo di un appezzamento agricolo (o di una parte circoscritta di esso) così come si può osservare lo stato fisiologico delle piante e quindi prevenire le patologie intervenendo in maniera tempestiva al sorgere dei primi «sintomi»;

    la ricerca può quindi fornire un contributo importante per consentire la realizzazione di produzioni agricole sostenibili sempre più affrancate dalla chimica, garantendo al consumatore un'ampia disponibilità di cibo sano e sicuro;

    la catena alimentare italiana è una delle più sicure al mondo e il nostro sistema di monitoraggio e controllo è tra i più evoluti. Misure per la sicurezza alimentare sono state inserite nel corpus della legislazione nazionale. Storicamente, tali misure sono state essenzialmente sviluppate su una base settoriale. Tuttavia, la crescente integrazione dell'economia nazionale con il mercato europeo e mondiale, gli sviluppi dell'agricoltura e della lavorazione degli alimenti e i nuovi sistemi di manipolazione e di distribuzione chiedono sempre nuovi adeguamenti e livelli di attenzione maggiori;

    le imprese agricole nel breve e medio periodo dovranno confrontarsi sempre più con i temi legati alla produttività e sostenibilità, con l'obiettivo di garantire un regolare approvvigionamento di prodotti alimentari, mangimi e biomateriali e nello stesso tempo tutelare le risorse naturali. Non c'è dubbio che non si possa costruire una politica di sostenibilità ambientale senza il contributo attivo degli agricoltori, delle istituzioni locali e dei cittadini. Cibo e paesaggio sono intrinsecamente correlati e le imprese agricole evidenziano il ruolo multifunzionale dell'agricoltura: sociale, ambientale e di sicurezza alimentare. Solo un'agricoltura attiva, competitiva e che produce reddito, sarà in grado di assicurare anche un idoneo presidio del territorio e dell'ambiente;

    è necessario assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell'ambiente e di migliorare il funzionamento e la concorrenza del mercato interno attraverso l'armonizzazione delle norme relative all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari;

    la Comunità europea è il più grande importatore/esportatore di prodotti alimentari al mondo e commercia con Paesi di tutto il mondo una gamma sempre più ampia di prodotti alimentari. Tali numeri evidenziano come la sicurezza alimentare debba essere assunta con carattere prioritario;

    molti prodotti agricoli di Paesi terzi presentano un livello inferiore di protezione della salute umana e animale e dell'ambiente per quanto riguarda l'autorizzazione e l'uso di prodotti fitosanitari, nonché per condizioni di lavoro purtroppo lesive della dignità umana; è pertanto necessario garantire che il livello di protezione dell'Unione europea non sia compromesso dalle importazioni di prodotti agricoli da Paesi terzi e che vi sia una politica comune in grado di coinvolgere anche i Paesi in via di sviluppo verso criteri di maggiore sostenibilità ambientale e sociale;

    considerando che sul territorio dell'Unione europea sono purtroppo immessi e sono utilizzati prodotti fitosanitari importati illegalmente, che rappresentano una potenziale minaccia per la salute pubblica e una concorrenza sleale per i prodotti fitosanitari soggetti a una procedura di approvazione in conformità della legislazione europea vigente;

    nella citata risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 16 gennaio 2019 si legge che «vi è una scarsa disponibilità di prodotti fitosanitari a basso rischio; che, su un totale di quasi 500 sostanze disponibili sul mercato dell'Unione europea, soltanto dieci sono approvate come sostanze attive a basso rischio; che la scarsa disponibilità di prodotti fitosanitari a basso rischio rende più difficili l'attuazione e lo sviluppo della difesa integrata; che tale scarsa disponibilità è causata dal lungo processo di valutazione, autorizzazione e registrazione»;

    considerando che al giorno d'oggi è possibile avvalersi di tecniche avanzate, come l'agricoltura di precisione e la robotica, ai fini di un puntuale monitoraggio e dell'eliminazione di piante infestanti e insetti nocivi in fase iniziale; che tali tecniche avanzate sono ancora poco sviluppate all'interno dell'Unione europea e necessitano del sostegno dell'Unione europea e degli Stati membri;

    il progetto europeo Diverfarming, che coinvolge otto Paesi e di cui il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria è il referente per l'Italia, si è dato l'obiettivo di costruire sistemi colturali diversificati a bassi input chimici, in grado di garantire la resa delle colture, aumentare il reddito netto degli agricoltori, ridurre gli impatti ambientali e migliorare l'organizzazione della catena di valore. I ricercatori hanno il compito di valutare gli effetti della diversificazione colturale e delle differenti strategie conservative utilizzate, sui principali parametri fisico-chimici e biologici del terreno, sulle emissioni gassose in campo, nonché sulla biodiversità microbica e funzionale del suolo, attraverso innovativi approcci di studio basati su analisi di genomica e bioinformatica;

    la sostenibilità dei processi di produzione è sempre più un fattore di competitività per le imprese, specie per quelle che intendono rispondere alla crescente richiesta di responsabilità sociale ed ambientale da parte del consumatore. Per questo, la ricerca di modalità per garantire il rispetto delle risorse ambientali è in forte crescita in tutti i settori. Il tema energetico, i cambiamenti climatici, il consumo di acqua, lo sfruttamento del suolo, l'accesso al cibo, sono solo alcuni esempi dei temi destinati ad incidere profondamente sui processi produttivi e sociali nei prossimi anni. Si tratta di una tendenza che sarà ancora più marcata per il settore agroalimentare, sia per la sua specifica vulnerabilità ad alcuni fattori di rischio (vedi quello climatico), sia per la particolare valenza del rapporto di fiducia tra produttori e consumatori, nell'ambito della qualità e della sicurezza delle produzioni agroalimentari. La produzione di alimenti di qualità ottenuta con processi ambientalmente sostenibili, infatti, oggi, oltre ad essere una esigenza dei consumatori, è importante anche per i produttori agricoli, consapevoli che una maggiore attenzione alle problematiche ambientali può portare a consistenti risparmi energetici, di risorse e di materiali, traducendosi in benefici economici. Ecco che, allora, si comincia a discutere su quali potrebbero essere gli strumenti più appropriati, sia per guidare il percorso, interno alle imprese agricole, di rinnovamento dei processi produttivi orientati al miglioramento delle prestazioni ambientali, sia per la possibilità di attribuire ai prodotti un valore ambientale oggettivo, riconoscibile e spendibile sul mercato. In questo contesto, il ricorso ai cosiddetti marchi ecologici risulta funzionale per dimostrare la responsabilità di una impresa nei confronti dell'utilizzo e della gestione ambientalmente sostenibile delle risorse, oltre che un mezzo per comunicare questo impegno ai cittadini,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per incentivare con misure concrete e premialità le pratiche agricole sostenibili e la ricerca, al fine di favorire il percorso di drastica e rapida riduzione dell'uso dei fitofarmaci e favorire la transizione verso un modello di economia circolare sostenibile;

2) a procedere rapidamente alla redazione del nuovo Piano di azione nazionale, con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera produttiva e agroalimentare, stabilendo una definizione quantitativa delle soglie di riduzione per gli agrofarmaci con particolare riferimento a quelli sistemici, la regolamentazione delle macchine irroratrici, e incrementando la superficie agricola utilizzata (Sau) a produzione biologica a partire dalle aree protette e siti Natura2000 deve si potrebbe giungere all'obiettivo di 50 per cento di Sau biologica, considerato che si ritiene fondamentale anche l'accoglimento delle richieste di amministrazioni e cittadini, manifestate anche con imponenti petizioni on line di inserimento nel punto A.5.6 del PAN, in caso di trattamenti con fitofarmaci di adeguate distanze dai confini privati e dalle abitazioni di privati oltre all'obbligo di avviso con relative sanzioni in caso di inadempienza;

3) nell'ambito della nuova Pac, e con particolare riferimento ai piani strategici nazionali, ad assumere iniziative volte ad inserire misure incentivanti e una maggiore corresponsione a sostegno di produzioni maggiormente sostenibili;

4) poiché nella futura Pac il ruolo degli Stati membri sarà importante nella definizione delle condizioni di accesso ai «regimi ecologici» da inserire nei Piani strategici nazionali ad assumere iniziative volte a favorire pratiche agricole che hanno effetti positivi per la tutela dell'ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, correggendo alcune distorsioni dell'attuale sistema dei titoli storici, prevedendo adeguati strumenti per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura biologica, per la riduzione della presenza di sostanze chimiche di sintesi negli ecosistemi, rispondendo così anche alla richiesta dei cittadini consumatori di cibo sano e di qualità;

5) a predisporre una indagine sul fenomeno del multiresiduo per valutare come sostanze chimiche diverse, presenti negli alimenti, possano interagire tra di loro e nell'organismo e a mettere in atto quanto di propria competenza affinché l'Autorità per la sicurezza alimentare (EFSA), individui una risoluzione del problema applicabile nel territorio dell'Unione europea;

6) a promuovere un coordinamento tra le strutture competenti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, al fine di approfondire la relazione tra l'utilizzo dei fitofarmaci, e l'impatto su ambiente e salute, nonché per garantire la trasparenza e l'accessibilità su indagini e risultati;

7) ad intervenire presso le opportune sedi affinché, per la legislazione comunitaria in materia di prodotti fitosanitari e nel rispetto dei livelli minimi di regolazione previsti dalle norme comunitarie vigenti, inizi un percorso di armonizzazione legislativa, tutelando nel mentre, con tutti gli strumenti disponibili e con accordi specifici, le produzioni nazionali dalla concorrenza dei Paesi terzi in cui la minor tutela sanitaria ed ambientale consente un uso più ampio dei fitosanitari;

8) ad assumere iniziative per prevedere nell'ambito del nuovo Piano di azione nazionale che nelle aree agricole e urbane, adiacenti alle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, quali abitazioni private, orti privati, parchi e giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili e aree verdi all'interno di plessi scolastici, parchi gioco per bambini e superfici in prossimità di strutture sanitarie, sia vietato l'utilizzo, a distanze inferiori di 30 metri dai confini di proprietà, di pesticidi e diserbanti e che, qualora l'utilizzo di fitosanitari avvenga su strade interpoderali che consentono l'accesso ad abitazioni o a terreni privati, sia obbligatorio per gli operatori di tali prodotti comunicare, almeno 24 ore prima, l'avvio del trattamento e di predisporre adeguate barriere contenitive;

9) ad assumere iniziative per finanziare la ricerca del Crea nell'ambito dei prodotti fitosanitari di origine naturale (cosiddetti bio based products) in considerazione della necessità di sviluppare una filiera di principi attivi compatibili con la produzione integrata e l'agricoltura biologica;

10) a rafforzare il ruolo degli esperti del Crea nella ricerca a supporto delle decisioni della sezione consultiva dei prodotti fitosanitari, istituita nell'ambito del Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 44, concernente «Regolamento recante il riordino degli organi collegiali ed altri organismi operanti presso il Ministero della salute» e del DM 30 marzo 2016;

11) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per la verifica del livello di concentrazione delle imprese produttrici di prodotti fitosanitari a seguito dei processi di fusione in atto sul mercato europeo che rischia di ridurre la concorrenza con effetti negativi in termini di prezzi e diffusione di tali prodotti;

12) a garantire risorse adeguate affinché il monitoraggio compiuto dall'Ispra sullo stato di contaminazione delle acque da prodotti fitosanitari coinvolga i servizi fitosanitari regionali e copra l'intero territorio nazionale con riferimento anche ai prodotti fitosanitari per uso non professionale;

13) a riconoscere l'impegno ed i traguardi raggiunti dall'agricoltura italiana nell'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, supportando adeguatamente gli investimenti delle imprese a favore di una agricoltura rispettosa dell'ambiente e della salute umana;

14) a proseguire il lavoro già positivamente svolto nella precedente legislatura sull'impatto dell'uso dei neonecotinoidi sulle api, verificando ad ampio spettro le conseguenze sugli insetti derivanti dall'uso massivo di fitofarmaci e diserbanti;

15) a dare piena attuazione alla risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019 sulla procedura di autorizzazione dei pesticidi nell'Unione (2018/2153(INI)).
(1-00112) «Gadda, Cenni, Braga, Cardinale, D'Alessandro, Dal Moro, Critelli, Incerti, Portas, Buratti, Del Basso De Caro, Carla Cantone, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   DE GIORGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 24 gennaio la Corte europea dei diritti umani si è espressa sul ricorso presentato da 180 cittadini di Taranto (procedimenti riuniti nn. 54414/13 e 54264/15), i quali hanno lamentato gli effetti nocivi sulla salute delle emissioni tossiche dello stabilimento siderurgico di Taranto già denominato Ilva ed attualmente gestito dal colosso industriale franco-indiano «Arcelor-Mittal»;

   la citata sentenza della Corte europea dei diritti umani ha stabilito all'unanimità che vi è stata violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti a seguito della mancata adozione, da parte delle autorità italiane, di tutte le misure necessarie per salvaguardare efficacemente il diritto in questione;

   sempre secondo i giudici della Corte europea dei diritti umani, il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell'Ilva ha messo in pericolo la salute dell'intera popolazione che vive in un'area considerata a rischio;

   la decisione della Corte europea dei diritti umani ha fatto leva anche e soprattutto sulle risultanze dello studio epidemiologico denominato «Sentieri», un cui aggiornamento è stato pubblicato dall'Istituto superiore della sanità nel giugno dell'anno 2018. Lo studio citato ha ribadito la gravissima situazione sanitaria che si registra nell'area di Taranto, città ad alta densità industriale comprovata dalla presenza dello stabilimento siderurgico Ilva e della raffineria Eni a ridosso del centro abitato;

   i dati del rapporto in questione hanno confermato le criticità sanitarie per la popolazione che erano emerse in precedenti, analoghe indagini e rilevato, con riguardo alla fascia d'età pediatrica, l'incremento di tumori di ogni tipo, l'allarmante eccesso di mortalità per tutte le cause e l'ospedalizzazione a seguito di malattie respiratorie acute;

   nonostante il comprovato inquinamento ambientale che ha portato a clamorose azioni della magistratura, i Governi precedenti all'attuale hanno adottato una serie di provvedimenti legislativi tesi a favorire la prosecuzione industriale dell'Ilva a discapito della tutela della salute dei cittadini di Taranto e dei comuni limitrofi interessati dalle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico;

   fra le misure governative che hanno destato forti perplessità dal punto di vista della legittimità costituzionale spicca la possibilità concessa ai commissari straordinari dell'Ilva e agli acquirenti dello stesso stabilimento di beneficiare dell'immunità penale ed amministrativa per le infrazioni delle leggi in materia ambientale e della salute. Una sorta di «salvacondotto» reso operativo dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015 modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2016;

   nei mesi scorsi lo stabilimento siderurgico è stato ceduto al gruppo industriale franco-indiano «Arcelor-Mittal» che, attraverso i suoi rappresentanti, ha dichiarato che «sicurezza, salute e ambiente sono dei pilastri che vanno di pari passo con le performance della produzione»;

   alla luce di tali dichiarazioni e dei buoni propositi illustrati dagli attuali gestori dell'acciaieria di Taranto, non appare chiaro perché far restare in vigore l'immunità penale ed amministrativa concessa per le violazioni delle leggi in materia ambientale e della salute –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare proprio in relazione all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015 modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2016, norma che estensivamente «autorizza l'attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive».
(3-00463)


   LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle abbondantissime precipitazioni di questi giorni presso il comune di Pomarico si è registrato un rilevante movimento franoso che ha coinvolto un'area del centro abitato;

   il fronte della frana risulta avere una larghezza di cento metri e una profondità di trenta e si estende per centinaia di metri sino al canale «Pezzillo»;

   lo scivolamento del terreno ha provocato gravi ed estese lesioni alle infrastrutture urbane, come strade, marciapiedi, muretti di protezione, e anche alle murature portanti di alcune abitazioni e locali ubicati a ridosso della strada;

   il sindaco ha emanato una serie di ordinanze di sgombero che hanno coinvolto abitazioni e alcune attività commerciali;

   purtroppo, l'abitato di Pomarico è attanagliato da numerosi movimenti franosi e sono necessari interventi urgenti per la messa in sicurezza del territorio per scongiurare di comprometterne ulteriormente l'assetto ed evitare il verificarsi di situazioni di emergenza e pericolo per la incolumità stessa degli abitanti –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza e con la massima urgenza, al fine di assicurare tempestive misure in favore del comune di Pomarico, affrontando la contingente urgenza e programmando interventi, nel breve periodo, che possano mettere in sicurezza il centro abitato.
(3-00465)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'annosa questione riguardante le condizioni di precarietà del personale di ricerca sanitaria ha trovato finalmente una soluzione con la legge di bilancio 2018;

   difatti, la legge 27 dicembre 2017, n. 205, dal comma 422 al 434 dell'articolo 1, ha delineato un percorso (definito «piramide dei ricercatori») volto sia alla stabilizzazione che al nuovo reclutamento di personale ricercatore e di supporto alla ricerca degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e Istituti zooprofilattici sperimentali pubblici;

   la legge permette ai suddetti istituti di assumere personale di ricerca con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato della durata di 5 anni, rinnovabile per altri 5 anni in caso di valutazione positiva dell'attività svolta (commi 426-427), con eventuale passaggio a tempo indeterminato (comma 428) al termine dei 10 anni complessivi;

   contestualmente, la legge prevedeva (al comma 432) la possibilità per gli istituti di stabilizzare il personale collaboratore e ha stanziato ulteriori risorse in favore degli istituti per le assunzioni (comma 424): 19 milioni di euro per il 2018, 50 milioni per il 2019, 70 milioni per il 2020 e 90 milioni per 2021;

   al comma 425, la legge demandava la determinazione dei requisiti, dei titoli e l'individuazione delle procedure per l'assunzione dei ricercatori a un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, da emanare entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

   in data 27 dicembre 2018, l'Aran e alcune organizzazioni e confederazioni sindacali hanno sottoscritto l'ipotesi di contratto collettivo nazionale del lavoro per il personale ricercatore e di supporto alla ricerca;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrebbe stabilire requisiti, titoli e procedure ai fini delle assunzioni, decorsi oltre 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 205 del 2017, non è stato ancora emanato;

   il suddetto grave ritardo, oltre ad aver già causato l'esodo di oltre 500 ricercatori dagli istituti di ricerca sanitaria pubblica verso aziende e istituti privati, mette a rischio le risorse già stanziate per il 2019 (50 milioni di euro) per l'assunzione dei ricercatori precari –:

   se e in quali tempi il Governo intenda dare attuazione a quanto stabilito dal comma 425 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, al fine di permettere l'avvio del procedimento sia di stabilizzazione che di nuovo reclutamento di personale di ricerca e di supporto, considerato che le procedure concorsuali per l'assunzione del personale non possono dispiegarsi senza la preventiva emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri richiamato dalla stessa norma.
(5-01315)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai quotidiani nazionali, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso la sua sentenza nei confronti dello Stato italiano a seguito di due ricorsi presentati nel 2013 e 2015 da 180 persone che vivono o sono vissute a Taranto o nelle zone vicine, lamentando gli effetti tossici delle emissioni per l'ambiente e per la salute e l'inefficacia dei rimedi italiani. Si è consentito, con i numerosi decreti «salva-Ilva», allo stabilimento di inquinare la città di Taranto, senza adottare tutte le misure necessarie per garantire l'effettiva tutela del diritto delle persone interessate al rispetto della loro vita privata, nonché per tutelare il diritto a vivere in un ambiente salubre;

   la Corte di Strasburgo ha sottolineato che il «persistente inquinamento causato dalle emissioni dell'Ilva ha messo in pericolo la salute dell'intera popolazione, che vive nell'area a rischio», e che le misure per assicurare la protezione della salute e dell'ambiente devono essere messe in atto il più rapidamente possibile;

   la sentenza sottolinea che la bonifica della fabbrica e dell'area colpite dall'inquinamento ambientale è essenziale e urgente, e conclude che il piano ambientale approvato dalle autorità nazionali – che stabilisce le misure e le azioni necessarie per garantire la protezione dell'ambiente e della salute della popolazione – dovrebbe essere attuato il più rapidamente possibile;

   in questi anni davvero ben poco si è fatto per le opere di ambientalizzazione e di risanamento del territorio, così come per le misure di sorveglianza e tutela sanitaria. Nessun risultato importante è stato ottenuto sotto l'aspetto della riduzione dell'esposizione a inquinanti di origine industriale e dell'abbattimento dell'inquinamento;

   si ricorda altresì che la Commissione europea ha più volte invitato l'Italia a risolvere la grave situazione di inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, che interessa il sito dell'Ilva, la città di Taranto e tutto il territorio limitrofo allo stabilimento siderurgico, il più grande d'Europa. Dal 1990, l'area di Taranto è stata dichiarata «ad elevato rischio di crisi ambientale» e successivamente inserita tra i siti di bonifica di interesse nazionale (Sin);

   a ciò si aggiunge che l'attuale normativa prevede una inaccettabile immunità sia amministrativa che penale per gli acquirenti dell'Ilva con riferimento alle condotte poste in essere dai medesimi acquirenti in attuazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria –:

   quali iniziative urgenti e immediate si intendano adottare, anche alla luce della suddetta sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, a favore di una popolazione e di un territorio profondamente colpiti da un non più sostenibile livello di inquinamento, e che da anni subiscono una crisi ambientale e sanitaria gravissima;

   se non si ritenga indispensabile prevedere un'iniziativa normativa volta ad abrogare la norma vigente che prevede l'esclusione dalla responsabilità penale e amministrativa per l'acquirente dell'Ilva, nonché per i soggetti da questi delegati alle condotte attuative del piano ambientale.
(4-02098)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la discarica ubicata in località Canaletto nel comune di Finale Emilia, in provincia di Modena, è attualmente in fase di gestione post-operativa ed è oggetto di un progetto che consiste nella realizzazione di una operazione di landfill mining e di ampliamento della stessa per ottenere una volumetria aggiuntiva di 1.860.000 metri cubi, in cui smaltire circa 1.488.000 tonnellate di rifiuti;

   su tale progetto si sono espresse negativamente le amministrazioni locali, le associazioni e gli abitanti delle aree su cui ricadrebbero gli effetti di questo ampliamento;

   la pianura Padana e, in particolare, la pianura modenese sono state colpite da un elevato numero di esondazioni dei fiumi e dei canali che hanno provocato gravi danni e vittime; in particolare, l'area in cui sorge la discarica ha vissuto 2 gravi inondazioni nel 1958 e nel 1982;

   nel corso della seduta della conferenza di servizi del 17 gennaio 2019, il sindaco di Finale Emilia ha presentato uno studio pubblicato a ottobre 2018 e realizzato dall'università di Parma e dalla protezione civile nel quale si evidenzia il rischio idraulico per l'area della discarica, esprimendo quindi dissenso motivato al progetto (http://www.tvqui.it);

   la società Feronia srl che gestisce la discarica è controllata al 70 per cento da Herambiente e per il restante 30 per cento da Sorgea srl;

   in data 13 dicembre 2018 la Feronia srl ha acquistato dei terreni adiacenti alla discarica;

   risultano in corso di svolgimento varie inchieste condotte dai carabinieri in merito all'ampliamento e alla gestione della discarica (https://www.sulpanaro.net);

   il progetto presentato quantifica le sostanze da stoccare nella discarica in circa 25 mila tonnellate annue di rifiuti urbani in circa 125 mila tonnellate annue di rifiuti speciali; pertanto – viste le quantità – si collega l'attività della discarica al mercato dello smaltimento dei rifiuti speciali e non a quello dei rifiuti dei cittadini e delle aziende del territorio finalese;

   la riapertura della discarica porterebbe a un notevole aumento del traffico di mezzi pesanti con relativo aumento dei livelli di inquinamento dell'aria;

   tra i vari fattori di pericolosità rientra anche quello relativo allo sforamento degli inquinanti nelle acque (acque meteoriche di dilavamento superficiale e acque superficiali, con interferenze col percolato e la sua rete di raccolta e gestione) in una zona già sottoposta a vigilanza tramite una rete di piezometri che è stata più volte rimodulata ed ampliata nel corso degli anni;

   il piano regionale di gestione dei rifiuti (Prgr) attualmente in vigore pone, tra i propri obiettivi, la progressiva riduzione del fabbisogno di impianti di trattamento e smaltimento quali impianti di trattamento meccanico-biologico, termovalorizzatori e discariche grazie all'attuazione di politiche di riduzione della produzione e di incremento della raccolta differenziata –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per monitorare lo stato dei luoghi e il livello di inquinamento dell'area, considerati i fattori di rischio sopra evidenziati;

   se si intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine epidemiologica nell'area richiamata in premessa.
(4-02104)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   Tonino Dal Re è stato un pittore imolese di grande levatura artistica: nel corso della sua vita ha realizzato numerosissimi dipinti e ha continuato a dipingere fino a un mese prima della morte, avvenuta nel 2010, a 85 anni;

   dagli affreschi agli acquerelli, dalle incisioni ai disegni, arrivando a realizzare interi cicli di dipinti raffiguranti soggetti specifici come «i ciclisti», questo pittore ha lasciato indubbiamente un segno indelebile nel panorama artistico non solo imolese ma anche italiano, tanto da essere ricordato e citato anche in volumi di prestigiosi critici d'arte;

   l'originalità, l'ingegno e il genio di Tonino Dal Re sono testimoniati anche da numerose recensioni a opera di critici d'arte;

   dopo anni di intensa attività nello studio di Bologna, in via Belfiore 4, nel 1978 Dal Re trasferisce lo studio a Imola proseguendo la sua attività che, in quegli anni, si caratterizza per le diverse fasi del Surrealismo e per il fantastico visionario (alcuni video che testimoniano la particolarità dello studio dell'artista sono su www.youtube.com);

   la storia di Tonino Dal Re è racchiusa nei libri «Sulle orme di mio padre» scritto dal figlio dell'artista Franco Dal Re e «Pennelli Corsari» a cura di L. Cavallari, L. Barbato, E. Margonari, A. Bassani;

   il codice dei beni culturali e del paesaggio, all'articolo 51 «Studi d'artista» prevede che sia vietato «modificare la destinazione d'uso degli studi d'artista nonché rimuoverne il contenuto, costituito da opere, documenti, cimeli e simili, qualora esso, considerato nel suo insieme ed in relazione al contesto in cui è inserito, sia dichiarato di interesse particolarmente importante per il suo valore storico, ai sensi dell'articolo 13»;

   l'articolo 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio «Dichiarazione dell'interesse culturale» recita: «La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse richiesto dall'articolo 10, comma 3»;

   l'articolo 14 del suddetto codice «Procedimento di dichiarazione» prevede che «Il soprintendente avvia il procedimento per la dichiarazione di interesse culturale, anche su richiesta della regione o di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto» –:

   se, alla luce di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio, si intendano effettuare le opportune verifiche al fine di valutare la possibilità di avviare la procedura per la dichiarazione di interesse culturale per lo studio dell'artista Tonino Dal Re.
(4-02105)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRACUSANO, MARIA TRIPODI, VITO, FASCINA, GREGORIO FONTANA, DALL'OSSO, PEREGO DI CREMNAGO e RIPANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 70° stormo dell'Aeronautica militare, con sede sull'aeroporto di Latina Scalo da metà degli anni 70, svolge il compito di selezionare e fornire l'addestramento iniziale al volo non solo agli allievi piloti dell'Aeronautica militare, ma anche delle altre Forze armate, dei corpi armati dello Stato e, da qualche anno anche di forze armate straniere;

   sembrerebbe sia in discussione lo spostamento della Scuola di volo sul sedime dell'aeroporto militare di Grazzanise (provincia di Caserta), attualmente sede del 9° stormo, prevedendone una realizzazione entro l'anno 2019;

   tale ipotesi si era già paventata in passato, ma lo sfavorevole rapporto di costo-efficacia dell'operazione frenò l'iniziativa e, dunque, riaprire un progetto fallito nel recente passato, con le implicazioni che questo ha in termini di impiego di risorse, sembra essere il sintomo di una mancanza di attenzione, soprattutto in riferimento al personale;

   sebbene siano stati tenuti incontri sull'argomento, che hanno avuto come oggetto aspetti tecnici di dettaglio e di spesa per l'adeguamento delle strutture logistiche dell'aeroporto di Grazzanise, non è stata fatta alcuna comunicazione del progetto in corso e l'assenza di informazioni chiare e ufficiali sui piani in atto sta rappresentando una fonte di malessere e disorientamento per il personale;

   tra l'altro, i lavori di ristrutturazione dell'aeroporto militare di Grazzanise non sono ancora terminati e, qualora il progetto di spostare la Scuola di volo in tale sede si concretizzasse, le ingenti spese affrontate per la costruzione di nuovi locali risulterebbero perdute;

   a ciò si aggiunge che le condizioni meteorologiche durante l'anno nell'area di Grazzanise sono spesso limitanti per la condotta di missioni di volo basiche con l'allievo, mentre l'Agro Pontino, di contro, si è sempre dimostrato un ambiente ideale dal punto di vista climatico per l'attività della Scuola, permettendo di avere un bassissimo tasso di missioni di volo cancellate per condizioni meteorologiche avverse;

   parallelamente all'aspetto climatico, le dimensioni della pista di volo, la particolare conformazione del territorio e la vicinanza di Latina a Roma rendono la sede dell'Aeroporto di Latina Scalo un'eccellenza e un'eventuale spostamento a Grazzanise comporterebbe un costo in termini di risorse nonché un dispendio di tempo che determinerebbero inevitabili ritardi sulle attività pianificate –:

   se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interrogato ne sia a conoscenza;

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, alla luce delle evidenti problematiche riportate in premessa, al fine di scongiurare lo spostamento del 70° storno dell'Aeronautica militare, con sede sull'aeroporto di Latina Scalo sul sedime dell'aeroporto militare di Grazzanise (provincia di Caserta).
(4-02099)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da atti del comune di Piacenza risulta che, alla fine degli anni ’80, venne redatto il progetto di massima relativo alla variante della strada statale n. 9 via Emilia, con secondo ponte sul Po, recepito nel protocollo di intesa sottoscritto il 7 giugno 1988 dalle regioni Emilia Romagna e Lombardia, unitamente alle province di Milano e Piacenza e i comuni di Piacenza, San Rocco al Porto e Guardamiglio. Detta variante risultava recepita nei principali strumenti di pianificazione e di programmazione degli enti competenti, in primis l'Anas;

   nella seduta della Camera del 19 dicembre 2001, il Governo pro tempore accoglieva come raccomandazione l'ordine del giorno 9/1984/121 che impegnava il Governo stesso «in sede di individuazione delle priorità del piano triennale Anas, a tenere in particolare considerazione, sulla base del confronto con le Regioni interessate, la realizzazione del secondo ponte sul Po a Piacenza»;

   il 3 settembre 2003 veniva sottoscritta la convenzione tra Anas, regione Emilia-Romagna, regione Lombardia, provincia e comune di Piacenza per la redazione del progetto definitivo della variante che qui interessa. Detta convenzione, all'articolo 7, fissava in anni 5 il periodo di validità della stessa e prevedeva che, a un anno dalla stipula, Anas spa dovesse ultimare le procedure necessarie per l'affidamento dell'incarico di progettazione, mentre il progetto relativo all'opera avrebbe dovuto essere ultimato entro il termine di 18 mesi dalla data di aggiudicazione (al netto delle necessarie sospensioni dei termini di legge per il rilascio delle autorizzazioni di legge);

   la progettazione preliminare veniva approvata da Anas con delibera del 1° marzo 2005 per un importo pari a 147,772 milioni di euro, con la prescrizione che il ponte avrebbe dovuto essere di particolare pregio architettonico;

   rispondendo il 29 settembre 2005 all'interrogazione n. 5-04771, il rappresentante del Governo pro tempore affermava che «...La procedura di gara per l'affidamento della progettazione definitiva è già avviata ed è stata conclusa la fase di prequalifica. Al momento è in corso la predisposizione della lettera di invito. L'ANAS presume che il completamento delle procedure concorsuali possa avvenire entro il corrente anno, mentre per quanto riguarda i tempi di realizzazione il bando di gara prevede un periodo di 120 giorni per lo sviluppo del progetto definitivo». Successivamente, il rappresentante del Governo pro tempore, rispondendo l'8 febbraio 2006 all'interrogazione n. 5-05175 informava che Anas avrebbe avviato a breve «la predisposizione del progetto preliminare tramite i propri uffici interni, anziché mediante l'affidamento a progettisti esterni, a seguito di una scelta gestionale mirata a contenere i costi ed i tempi di elaborazione», precisando, altresì, che la gara per l'affidamento della progettazione definitiva era stata annullata;

   dal 2003 al 2008 intercorreva un'intensa corrispondenza tra l'Anas e gli enti interessati, volta alla definizione dei progetti per la realizzazione del nuovo ponte sul Po. Detti enti, pur avendo tempestivamente assunto gli obblighi finanziari di cui all'evocata convenzione, li facevano decadere a causa degli inadempimenti di Anas;

   la ricostruzione del ponte sul Po che collega le provincie di Piacenza e Lodi, seguita al crollo di un'arcata avvenuta il 30 aprile 2009, non può essere ritenuta sostitutiva della realizzazione del nuovo ponte –:

   quali siano gli orientamenti del Governo al riguardo e se la realizzazione della infrastruttura di cui in premessa rientri ancora nei piani di Anas, tenuto conto che la stessa dovrà essere finanziata con fondi statali.
(5-01318)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANICHELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017, all'articolo 15-quater, ha autorizzato la spesa fino a 35 milioni di euro per l'anno 2017 per la realizzazione di interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e provinciali di connessione insistenti sul fiume Po;

   la Conferenza unificata del 24 gennaio 2018 ha sancito, con l'atto n. 3 del 24 gennaio 2018, l'intesa in merito al riparto di cui al decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017, convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, sullo schema di decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti concernente gli interventi di emergenza per infrastrutture stradali che interessano diversi ponti sul Po;

   il successivo decreto ministeriale del 1° febbraio 2018 ha poi provveduto ad assegnare in maniera dettagliata, in conto competenza 2017, le risorse predisposte che ammontano a un totale di 35 milioni di euro; di questi fondi, 6 milioni, sono destinati al finanziamento del fabbisogno stimato dell'intervento per il Ponte Verdi (in favore della provincia di Parma), poiché si tratta di infrastruttura versante in una condizione emergenziale;

   il Ponte Verdi, a senso unico alternato, è attualmente oberato da un traffico aggiuntivo, poiché non solo sopperisce alla chiusura del vicino ponte che collega Colorno con Casalmaggiore, ma consente il passaggio di supporti eccezionali e di camion collegati ad attività industriali, agricole e altro; le sue condizioni «precarie» in termini soprattutto di manutenzione arrecano un gravissimo disagio per i cittadini, i lavoratori della zona e per tutto l'indotto, mettendo a rischio l'economia di tutta la zona; i finanziamenti previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (6 milioni di euro) per il Ponte Verdi si sommano a quelli stanziati, per altro intervento attualmente in corso, dalla provincia di Parma e dalla regione Emilia-Romagna che ammontano a circa 2,1 milioni di euro;

   dopo aver bandito una gara pubblica per l'assegnazione dei fondi provinciali/regionali in merito all'attuazione dei lavori relativi al Ponte Verdi sul Po e aver assegnato tali lavori alla ditta Engeco srl di Milano, risale al 19 ottobre 2018 la notizia che la provincia di Parma «stia attivando le procedure per l'intervento che vede utilizzare i 6 milioni di euro stanziati a gennaio dallo Stato per completare i lavori e consolidare l'intero ponte»; allo stato attuale, nonostante le diverse sollecitazioni, non è giunta notizia all'interrogante che la provincia di Parma abbia predisposto alcun bando di gara per l'utilizzo dei 6 milioni di euro ministeriali, con il rischio che tali fondi possano andare persi, se non appositamente utilizzati nel breve periodo, senza completare la ristrutturazione del Ponte Verdi;

   quanto affermato trova riscontro sulla base dell'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 1° febbraio 2018, pubblicato il 28 aprile 2018, in cui viene chiarito che i soggetti attuatori «sono tenuti ad approvare le progettazioni esecutive degli interventi e ad effettuare l'aggiudicazione degli stessi entro e non oltre dodici mesi dalla data di registrazione del presente decreto da parte degli organi di controllo», quindi, entro aprile 2019 –:

   se sia a conoscenza dei fatti;

   se risulti, ovvero il Ministro intenda verificare, che la provincia di Parma si sia attivata (in autonomia o con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) per la redazione e la pubblicazione del bando di gara per utilizzare effettivamente i 6 milioni di euro ministeriali che, stando a quanto disposto nel decreto ministeriale 1° febbraio 2018, sono prossimi alla scadenza.
(4-02100)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2019 si è verificato un furto presso la farmacia dell'ospedale distrettuale «A. Lo Dico» di Tinchi in territorio di Pisticci;

   i ladri risultano essersi introdotti presso la struttura, situata al piano terra, portando via i farmaci;

   la razzia desta preoccupazione e sconcerto e l'episodio non va assolutamente sottovalutato –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché il Comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico affronti il tema della sicurezza della citata struttura sanitaria, rafforzando le misure di controllo, con l'obiettivo di scongiurare il ripetersi di simili episodi.
(5-01316)


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra sabato 26 e domenica 27 gennaio 2019 poco dopo le 3 si è verificato un grave episodio di cronaca con un'auto che ha deliberatamente investito due addetti alla sicurezza davanti all'ingresso della discoteca Qube di Roma ubicata in via di Portonaccio;

   il video dell'episodio ripreso dalle telecamere di sorveglianza del locale è stato riportato dai media locali e nazionali;

   si nota come l'auto si allontani a folle velocità per non essere fermata e nella fuga danneggia anche alcune vetture in sosta;

   i due addetti sono stati trasportati in codice giallo presso gli ospedali Vannini e San Camillo, avendo riportato ferite;

   purtroppo non è la prima volta che suddetto locale risulta essere teatro di episodi di violenza;

   i residenti nel quartiere di Casalbertone sono esasperati per il ripetersi di questi episodi e per gli effetti collaterali che sistematicamente ogni week end comporta la presenza del locale con gente ubriaca, schiamazzi, disturbo alla quiete pubblica, atti di vandalismo;

   si pone un problema di sicurezza che non può essere derubricato e che gli abitanti del quartiere chiedono di risolvere alle istituzioni competenti –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di rafforzare l'attività di controllo del territorio nell'ambito del quartiere di Casalbertone e di ridurre i disagi ai residenti in relazione alla presenza di suddetto locale.
(5-01319)


   VERINI e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da numerosi organi di stampa, nei giorni tra il 29 dicembre 2018 ed il 9 gennaio 2019 nel comune di Cassano Allo Ionio (CS) si sono verificati tre gravi episodi di intimidazione mafiosa ai danni dell'imprenditore turistico Luigi Sauve, datore di lavoro di 500 persone nell'area della Sibaritide:

   il primo incendio, verificatosi il 29 dicembre 2018 nel Minerva Resort Club sito a Marina di Sibari, nel comune di Cassano Allo Ionio (CS) — poco prima di una cerimonia che si sarebbe dovuta tenere nel medesimo complesso alberghiero — ha provocato danni per un ammontare superiore ai 200 mila euro;

   il 5 gennaio 2019, è stata data alle fiamme l'auto di uno stretto collaboratore dell'imprenditore;

   il 9 gennaio 2019, un incendio di origine dolosa ha distrutto la lavanderia del Minerva Resort Club, anch'esso sito nel comune di Cassano Allo Ionio (CS), arrecando danni per un ammontare di 150 mila euro;

   l'inedita escalation di violenza, sfociata in tali atti intimidatori — come affermato dal sindaco di Trebisacce (CS) in un articolo apparso sulla versione online de Il Fatto Quotidiano 20 gennaio 2019 sembrerebbe avere una matrice mafiosa –:

   quale sia la situazione relativa all'ordine pubblico nella Sibaritide e se non sia necessario adottare, con immediatezza le iniziative di competenza necessarie per intervenire con decisione da parte delle istituzioni al fine di assicurare l'incolumità di cittadini che si sentono minacciati e impotenti di fronte a tali atti ignobili e per garantire la legalità nel territorio.
(5-01320)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 4 ottobre 2018, il cosiddetto «decreto sicurezza – Salvini», stabilisce che, per ottenere la cittadinanza italiana, nell'ambito di una coppia con la presenza di un connazionale, non basterà più essere coniuge di un italiano o risiedere in Italia da almeno 10 anni. Se lo straniero vuole diventare cittadino italiano, deve superare un test di conoscenza della lingua italiana. Gli enti certificatori riconosciuti dallo Stato sono la Società Dante Alighieri, l'Università per Stranieri di Siena, l'Università degli Studi Roma Tre e l'Università per Stranieri di Perugia;

   come poi riportato dal Corriere della Sera e dal portale Tiscali.it il citato decreto ha allungato da due a quattro anni i tempi per avere una risposta alla domanda di cittadinanza. Ad oggi la procedura intera può richiedere fino a 5 anni, dopo il decreto si rischia di dover aspettare dieci anni prima di ottenere un passaporto italiano;

   risulta poi all'interrogante di uno spiacevole inconveniente informatico e informativo riferito al portale del consolato generale d'Italia a Londra. Ai tanti che nel Regno Unito, dall'entrata in vigore della citata nuova modifica legislativa, hanno presentato domanda di naturalizzazione per matrimonio non sarebbe stata data l'informazione corretta della nuova obbligatorietà della conoscenza della lingua italiana. L'aggiornamento del sito del consolato è stato fatto solamente nella seconda metà di gennaio 2019. Ragion per cui un certo numero di nostre e nostri connazionali si trovano ora nella situazione di aver inviato una richiesta di naturalizzazione – con i relativi costi per diritti di segreteria – che molto probabilmente sarà rigettata, mancando la sopraddetta documentazione che attesti il conoscimento della lingua italiana;

   mentre il sito internet del Ministero dell'interno, alla sezione cittadinanza non è ancora aggiornato in merito alla prova di conoscenza della lingua italiana, il sito internet della Farnesina è stato aggiornato solo il 15 gennaio 2019 come si evince dalla «navigazione» online e la modulistica online pre-aggiornamento non contemplava la voce conoscenza linguistica dell'italiano;

   altri disservizi si registrano in altri portali di sedi consolari italiane all'estero;

   da ultimo l'aggiornamento della norma per il rilascio dei passaporti per tutti gli aventi diritto in Patria e all'estero prevede lo stesso costo, pari a 116 euro, di rilascio sia per gli adulti che per i minori, a fronte però di una durata ridotta, rispettivamente per i più piccoli: tre anni per i minori da zero a tre anni di età, cinque anni da tre a diciotto anni di età. Un peso gravoso per le famiglie per un documento così importante –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione descritta e se intendano appurare le circostanze per cui detto aggiornamento sul sito del consolato generale d'Italia a Londra non sia avvenuto tempestivamente, a seguito degli interventi normativi sopra citati; se si intendano adottare iniziative per concedere a quanti hanno presentato la domanda nei giorni del disservizio un periodo di «grazia», ovvero l'esenzione dalla presentazione della certificazione di conoscenza della lingua italiana, considerando così la domanda presentata come valida; se non si ritenga opportuno adottare iniziative per ridurre i diritti di rilascio del passaporto ai minori, come accade, ad esempio, in altri Paesi europei, al fine di rendere meno oneroso il costo di un documento importante che grava sul bilancio delle famiglie di qualsiasi reddito.
(4-02102)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è del 15 gennaio 2019 la notizia della registrazione di una coppia di gemelle quali figlie di due madri, senza il pronunciamento di un tribunale;

   è accaduto a Ferrara. Il quotidiano che ha riportato la notizia ha affermato che si tratta del primo caso nazionale in tal senso. La trascrizione è stata concessa diverse settimane fa dal sindaco Tiziano Tagliani, ma il fatto è stato reso noto solo di recente (https://www.ilrestodelcarlino);

   la coppia, a seguito di matrimonio civile celebrato in Spagna, ha concepito due gemelle in Spagna, attraverso la fecondazione assistita eterologa. Le gemelle, invece, sono nate a Ferrara. A mezzo stampa il sindaco ha ribadito di essersi appellato al diritto internazionale per la trascrizione e che non sarebbe il primo caso;

   il tema della registrazione di figli di coppie omogenitoriali veniva portato all'attenzione del Ministro, da parte dell'interrogante, già con l'atto di sindacato ispettivo n. 4/00354;

   il Sottosegretario di Stato per l'interno specificava che sul tema il Ministero aveva richiesto un parere all'avvocatura dello Stato, ribadendo tuttavia che esistono alcuni punti fermi e cioè «secondo il vigente ordinamento di stato civile gli atti di nascita si formano e si iscrivono nei relativi registri indicando, quali genitori, la madre partoriente ed il padre biologico. Tale principio viene anche riaffermato con riferimento all'annotazione nell'atto di nascita del riconoscimento di filiazione che richiede, sempre, la preventiva verifica in capo al soggetto dichiarante della condizione di paternità o di maternità» –:

   se il Ministro interrogato risulti che il caso di Ferrara di cui in premessa sia il primo caso di registrazione di figli di coppia omogenitoriale avvenuto in assenza di sentenza del tribunale;

   se, alla luce di quanto avvenuto, non si ritenga di dover adottare iniziative al fine di ottenere in tempi rapidi un parere dell'Avvocatura dello Stato su casi che si stanno moltiplicando e che appaiono in contrasto con il vigente ordinamento di stato civile;

   se, nel caso di specie, non si ritenga di dover adottare iniziative, attraverso la competente prefettura per acquisire chiarimenti dal comune di Ferrara per la registrazione delle due bambine avvenuta, tra l'altro, senza il pronunciamento di un tribunale.
(4-02103)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   alcuni dipendenti del Corpo guardie giurate s.p.a. in provincia di Mantova, dopo aver espletato un turno regolare notturno di ore sette, devono con una breve pausa di tre ore, rientrare in servizio per ulteriori cinque ore. Il responsabile dell'organico è costretto a richiedere questi servizi che recano disagio ai dipendenti per mancanza di personale. Questi dati sono emersi nel corso degli incontri sindacali (Cobas lavoro privato). A un dipendente che aveva rifiutato di rientrare in servizio dopo il turno notturno, nonostante avesse comunicato per tempo di non riuscire a sopperire tale richiesta, è stata applicata la sospensione non retribuita. Tali turnazioni appaiono in conflitto con il decreto legislativo 26 novembre 1999, n. 532 e successive circolari, emanate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che disciplinano il lavoro notturno, sia dal punto di vista dell'orario consentito che della durata; orari di lavoro che vanno dalle 4/5 ore prima o dopo il turno notturno di 7/8 ore con una pausa di 2/3 ore, possono essere rischiosi per il lavoratore e non dovrebbero esserci ore in eccesso alle 8 ore su 24 ore. Il lavoro della guardia giurata con incarico di pubblico servizio è molto delicato, in quanto fornisce servizi di sicurezza sia al pubblico che al privato cittadino, ma per garantire un'efficiente servizio i dipendenti devono godere di un ottimale riposo psicofisico per prestare attenzione in modo minuzioso. Le troppe ore di lavoro ledono e riducono la lucidità alla guardia, che non avendo riposato correttamente, diventa un pericolo, in primis per sé stesso e successivamente per gli altri utenti della strada, con un aumento della possibilità di provocare sinistri. Inoltre, è da considerare che gli orari sopracitati non sono dovuti a un'emergenza, ma sono parte integrante dell'ordinario. Situazioni analoghe risultano all'interpellante presenti in altre parti d'Italia –:

   se i Ministri interpellati siano al corrente di questa situazione e se ritengano di adottare iniziative al riguardo e/o promuovere modifiche normative per precisare la disciplina in materia e per tutelare la qualità di vita e la sicurezza dei lavoratori e del pubblico;

   se intendano promuovere una riforma atta al riconoscimento di uno status giuridico adeguato che garantisca l'ottimale svolgimento delle mansioni e delle funzioni alle quali oggi le guardie particolari giurate sono chiamate, istituendo un registro provinciale delle guardie particolari giurate.
(2-00245) «Zolezzi, Costanzo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è necessario fare luce su quale sia il reale valore del patrimonio immobiliare di Inpgi interessata già da tempo da un grave deficit di gestione;

   per legge la consistenza del patrimonio degli enti di previdenza, comprese le proprietà immobiliari, dovrebbe essere almeno 5 volte quanto erogato in un anno per le pensioni;

   a quanto è dato sapere, dal 2013 è cominciato il trasferimento delle proprietà immobiliari dell'istituto al fondo «Giovanni Amendola» di cui l'Inpgi detiene il 100 per cento delle quote; tuttavia, l'attivo iscritto si è andato sempre più riducendo;

   la cospicua rivalutazione, fatta al momento del trasferimento al fondo immobiliare è stata costantemente confermata da un valutatore «indipendente» nel corso di questi anni, da quando il fondo Amendola ha affidato la gestione finanziaria degli immobili, affitti e vendite, alla società InvestiRe Sgr –:

   quale sia nel dettaglio la consistenza della proprietà immobiliare di Inpgi e se gli immobili rappresentino per l'istituto una cosiddetta «riserva tecnica».
(5-01317)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge n. 124 del 2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza), ai commi 125-129 ha introdotto obblighi di trasparenza anche a carico di soggetti che ricevono erogazioni pubbliche;

   in particolare, il comma 125 ha previsto che a decorrere dall'anno 2018, i soggetti di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, i soggetti di cui all'articolo 137 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché le associazioni, le onlus e le fondazioni che intrattengono rapporti economici con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti di cui all'articolo 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, nonché con società controllate di diritto o di fatto direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le società da loro partecipate, e con società in partecipazione pubblica, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le società da loro partecipate, pubblicano entro il 28 febbraio di ogni anno, nei propri siti o portali digitali, le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni e dai medesimi soggetti nell'anno precedente;

   le cooperative sociali sono altresì tenute, qualora svolgano attività a favore degli stranieri di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, a pubblicare trimestralmente nei propri siti internet o portali digitali l'elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale;

   le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti sopra citati sono tenute a pubblicare tali importi nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell'eventuale bilancio consolidato e l'inosservanza di tale obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti eroganti entro tre mesi;

   qualora i soggetti eroganti appartengano alle amministrazioni centrali dello Stato ed abbiano adempiuto agli obblighi di pubblicazione previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni originariamente competenti per materia;

   nel caso in cui i soggetti eroganti non abbiano adempiuto ai prescritti obblighi di pubblicazione di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme di cui al terzo periodo sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, di cui all'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per chiarire se per «incarichi» retribuiti si intendano tutti gli incarichi di cui agli articoli 14, 15, 15-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013 (già oggetto di pubblicazione da parte delle amministrazioni eroganti), e dunque comprendano anche gli incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e gli incarichi dirigenziali (articolo 14), quelli di collaborazione o consulenza (articolo 15), quelli di collaborazione, di consulenza o professionali, inclusi quelli arbitrali (15-bis);

   se gli obblighi valgano solo per operatori rientranti fra quelli sopra citati (associazioni, fondazioni, onlus, cooperative) e per le imprese tenute al bilancio di esercizio, esclusi soggetti non espressamente contemplati quali, ad esempio, professionisti singoli o associazioni professionali che ricevano incarichi da amministrazioni pubbliche o soggetti assimilati.
(4-02097)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende della battaglia che i coniugi Bruno e Bruna Carboni, residenti nel comune di Valsamoggia (Bologna), stanno conducendo contro la burocrazia, per vedersi riconoscere quanto non dovuto per l'assistenza del figlio disabile. Si tratta di una battaglia di giustizia che è anche la battaglia di tante famiglie nelle medesime condizioni;

   il figlio dei coniugi Carboni era disabile gravissimo, morto 41enne poco più di un anno fa. Nel 2000 la famiglia comincia una battaglia, non ancora finita, prima con il comune di Castello di Serravalle (preesistente alla fusione che ha dato origine al comune di Valsamoggia) e poi con la nuova azienda consortile dei servizi sociali (Asc Insieme). Fin dall'inizio, infatti, il comune chiede la quota per le spese di vitto del figlio che trascorreva alcune ore nei centri diurni per disabili. La famiglia ricorre una prima volta al difensore civico che da ragione alla stessa, con conseguente restituzione di quanto non dovuto. Dal 2011 però comincia la richiesta di retta per il pasto consumato al centro Domino di Crespellano (nel frattempo, infatti, la gestione dei servizi sociali era stata trasferita dai comuni ad Asc);

   da quel momento la famiglia comincia a ricevere nuovamente le richieste di pagamento attraverso bollettini mensili, nonostante quanto già dimostrato. Il loro figlio aveva Isee zero e riceveva pensione di invalidità e indennità di accompagnamento che, a norma di legge, non sono considerati reddito;

   nel corso degli anni sono state numerose le pronunce e le sentenze a supporto di quanto sostenuto e ribadito dalla famiglia Carboni che sta conducendo una battaglia non solo per se stessa ma anche per sancire un diritto fondamentale delle persone disabili;

   il Consiglio di Stato, con ordinanza 2825 del 12 maggio 2010, ha respinto il ricorso del comune di Bollate concernente la questione dell'integrazione della retta alberghiera di ricovero di un soggetto con handicap grave; nella sentenza 1607/2011 del 15 febbraio 2011, il Consiglio di Stato ha inoltre stabilito che l'evidenziazione della situazione economica del solo assistito «costituisce uno dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme nell'intero territorio nazionale»;

   anche tre recenti sentenze del Consiglio di Stato, depositate il 29 febbraio 2016, hanno stabilito che l'indennità di accompagnamento non può essere considerata fonte di reddito e pertanto va esclusa dal calcolo dell'Isee;

   pertanto, i regolamenti comunali che prevedano una sorta di divieto di «cumulo di beneficio» e quindi il non diritto per i disabili a percepire servizi gratuiti in presenza di un assegno e di una pensione di invalidità appaiono non coerenti con la vigente normativa e comunque in contrasto con i contenuti del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni apportate dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130 –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se e quali iniziative si intendano adottare, sul piano normativo, per sancire il fondamentale diritto all'assistenza delle persone disabili che, in alcun modo, devono essere tenute a pagare per i servizi in presenza di Isee zero o comunque Isee particolarmente basso;

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere al fine di sancire che l'Isee da considerare ai fini della situazione economica del disabile è quello relativo al solo assistito e di meglio chiarire che l'indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità non devono essere conteggiati nel reddito e dunque non costituiscono causa di cumulo di beneficio.
(4-02106)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'uso dei prodotti fitosanitari è stato oggetto di una revisione normativa in seguito alla direttiva 2009/128/CE, recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 150 del 14 agosto 2012 che ha previsto l'adozione di un piano d'azione nazionale (Pan) successivamente attuato con il decreto 22 gennaio 2014;

   il piano di azione ha quindi l'obiettivo di promuovere pratiche di utilizzo dei prodotti fitosanitari maggiormente sostenibili e di fornire indicazioni per ridurre l'impatto dei prodotti fitosanitari nelle aree agricole, nelle aree extra agricole (ad esempio, aree verdi urbane, strade o ferrovie) e nelle aree naturali protette;

   sono ormai moltissimi gli studi che provano come diserbanti e pesticidi di sintesi chimica siano dannosi per i suoli agricoli, per l'ambiente e per la salute umana e da anni il glifosato è al centro di un dibattito in Europa e in Italia in relazione al suo uso;

   il 18 febbraio 2018 il Parlamento europeo, dopo aver approvato l'autorizzazione all'uso di glifosato fino al 2021, ha avviato i lavori di una commissione speciale per studiare gli effetti del glifosato e le procedure per autorizzare l'uso dei pesticidi;

   con il decreto 9 agosto 2016 è stato vietato in Italia l'uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da «gruppi vulnerabili», quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche in campagna in pre-raccolta «al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura»;

   l'Italia già adotta disciplinari produttivi che limitano l'uso del glifosato a soglie inferiori del 25 per cento rispetto a quelle definite in Europa, al fine di portare il nostro Paese all’«utilizzo zero» entro il 2020. Alcuni enti territoriali hanno già emanato o hanno espresso la volontà di emanare provvedimenti specifici per limitarne l'utilizzo: la regione Calabria lo ha proibito nei disciplinari di produzione integrata delle infestanti e delle pratiche agronomiche a partire dal 2016, mentre la regione Toscana ha annunciato una norma per escludere dai premi del piano di sviluppo rurale le aziende che ne fanno uso;

   è stata presentata nel dicembre 2018 presso la Camera dei deputati, la petizione online lanciata dal gruppo «NO PESTICIDI» finalizzata a stimolare interventi normativi che tutelino le persone maggiormente esposte alle patologie collegate all'uso di pesticidi e diserbanti, ovvero coloro che vivono in zone rurali, i bambini e le donne in gravidanza;

   la petizione chiede, inoltre, che vengano adottate misure di sicurezza per evitare le coltivazioni biologiche dalla contaminazione accidentale;

   emerge dalla stampa che verrà proposta alla consultazione pubblica la revisione del Pan per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari;

   in occasione della revisione del Pan appare quindi evidente la necessità di prevedere concrete azioni a tutela della popolazione rurale esposta ai prodotti fitosanitari, inserendo la possibilità di prevedere apposite «distanze dai confini private» e «dalle abitazioni private», oltre che un «obbligo di avviso» con le relative sanzioni per inadempienza;

   la popolazione rurale, dopo anni di ignara esposizione ai prodotti fitosanitari, ha bisogno di poter contare su una normativa chiara e inderogabile di tutela che preveda, al contempo, le necessarie sanzioni in caso di violazione degli obblighi previsti;

   i residenti sono esposti maggiormente agli effetti nocivi prodotti fitosanitari, rispetto agli agricoltori che utilizzano attrezzature di sicurezza durante le irrogazioni nelle piantagioni –:

   se, quando e con quali modalità verranno adottate le iniziative volte a introdurre modifiche al piano d'azione nazionale citato in premessa e se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative normative per tutelare la salute e la qualità della vita delle popolazioni che vivono in zone rurali e per salvaguardare le coltivazioni biologiche dalla contaminazione accidentale.
(5-01314)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO, CANCELLERI e PERCONTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella regione siciliana l'attuale assessore regionale alla salute sta procedendo alla chiusura e alla riconversione di strutture complesse in strutture semplici e/o semplici dipartimentali in ambito ospedaliero, difformemente a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»;

   il predetto assessore ha indicato il presidio ospedaliero Abele Ajello di Mazara del Vallo quale Dea di I livello ai sensi del decreto ministeriale n. 70;

   l'allegato 1, punto 2.3. del decreto ministeriale n. 70 del 2015 stabilisce che «I presìdi ospedalieri di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti, sono strutture sede di Dipartimento di Emergenza Accettazione (DEA) di I livello, dotate delle seguenti specialità: Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ortopedia e Traumatologia, Ostetricia e Ginecologia (se prevista per numero di parti/anno), Pediatria, Cardiologia con Unità di Terapia intensiva Cardiologica (U.T.I.C.), Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete h. 24 i Servizi di Radiologia almeno con Tomografia assiale computerizzata (T.A.C.) ed Ecografia, Laboratorio, Servizio Immunotrasfusionale. Per le patologie complesse (quali i traumi, quelle cardiovascolari, lo stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i Centri di II livello. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “Osservazione Breve Intensiva” e di letti per la Terapia Subintensiva (anche a carattere multidisciplinare»;

   nonostante il presidio ospedaliero in esame sia stato classificato Dea di I livello, recentemente sono stati declassati a «semplici» le unità operative complesse di chirurgia e cardiologia ed è stata disposta la chiusura del punto nascita dell'ospedale di Mazara a decorrere dal 26 novembre 2018;

   dall'analisi della nuova rete ospedaliera siciliana emerge che tutti i presìdi ospedalieri «etichettati» Dea di I livello sono dotati di una unità operativa complessa di chirurgia generale e cardiologia ad eccezione dell'ospedale Ajello di Mazara o, unico Dea di I livello ad avere una struttura semplice di chirurgia generale e di cardiologia;

   le prestazioni erogate dall'unità operativa complessa di chirurgia generale del presidio ospedaliero Ajello hanno consentito di eseguire nell'ultimo anno oltre 1.000 interventi chirurgici, di cui gran parte di chirurgia oncologica a media ed elevata complessità che rendono il reparto un'eccellenza nel panorama della sanità siciliana;

   l'ospedale Ajello di Mazara del Vallo è una delle strutture ospedaliere più moderne ed efficienti dell'intero panorama sanitario siciliano, grazie a un investimento negli ultimi anni di oltre 30 milioni di euro spesi prima della sua riapertura al pubblico;

   con il D.a. n. 629 del 31 marzo 2017 e successive modificazioni e integrazioni, emanato dal precedente assessore alla sanità dottor Baldassare Gucciardi era stato approvato il documento di riordino, comprensivo di documento metodologico, relative tabelle di sintesi e cronoprogramma per gli interventi per la riconduzione delle strutture complesse entro i parametri e gli standards stabiliti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015;

   il cronoprogramma per la riorganizzazione della rete ospedaliera della regione siciliana prevede la rifunzionalizzazione delle direzioni sanitarie di presidio del presidio ospedaliero di Mazara al momento dell'approvazione definitiva della rete ospedaliera;

   la nota prot. n. 9441 del 1° agosto 2018 avente oggetto il «rispetto del cronoprogramma per la riorganizzazione della rete ospedaliera della regione siciliana, inviato dall'assessorato della salute – dipartimento regionale per la pianificazione strategica – servizio 4 programmazione ospedaliera», ha invitato «a riconvertire le strutture complesse indicate nell'allegato alla stessa nota, in Strutture Semplici e/o Semplici dipartimentali e/o da chiudere entro e non oltre il 15.08.2018», contrariamente a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 70;

   tutto ciò premesso, non si comprende la ratio sottesa alla decisione di «impoverire» tale realtà, invece di potenziarne i reparti che ne rappresentano un'eccellenza che inorgoglisce l'intera regione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, per assicurare l'effettiva e corretta osservanza del decreto ministeriale n. 70, allegato 2.3, e garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
(3-00466)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 gennaio 2019, alcuni organi di stampa hanno riportato la vicenda di M. R. B., un dirigente medico, chirurgo generale assegnato all'ospedale San Paolo di Bari, che a settembre 2017, dopo una risonanza magnetica, riceveva la diagnosi di «algodistrofia delle anche con necrosi asettica delle teste femorali»;

   l'algodistrofia è considerata una malattia rara, estremamente dolorosa e a eziologia sconosciuta, cui si associa anche la «necrosi asettica delle teste femorali», cioè la circostanza che ad entrambi i femori non arrivi sufficiente sangue da permettere la vitalità del tessuto osseo che progressivamente muore;

   M. R. B. ha innanzitutto seguito una terapia consistente nell'infusione endovenosa di bifosfonati e l'assunzione di vitamina D;

   non avendo risultati positivi, M. R. B. avrebbe dovuto sottoporsi a 60 sedute di ossigeno terapia iperbarica (secondo protocollo (Sismi);

   all'ospedale San Paolo, istituto presso cui lavora, è presente l'unità operativa di ossigeno terapia iperbarica, centro di riferimento per tutto il meridione;

   all'interessata, però, è stato impedito di eseguire la suddetta terapia a Bari perché la cura di quella patologia non rientra tra le prestazioni erogate secondo i livelli essenziali di assistenza della Puglia;

   per questa ragione essa ha dovuto rivolgersi ad un centro iperbarico privato di Lecce, convenzionato con la regione Puglia, dove è riuscita, viaggiando tutti i giorni, a completare il suo primo ciclo di terapia pagando semplicemente un ticket di 46 euro ogni 8 sedute;

   trascorsi 4 mesi dalla fine delle sedute, effettuando una nuova risonanza magnetica, l'interessata ha potuto riscontrare un netto miglioramento «dell'edema intraspongioso della testa e del collo femorale d'ambo i lati con riduzione del versamento articolare maggiormente a destra», ma un netto peggioramento di tutte le ernie discali, probabilmente a causa delle troppe ore trascorse seduta in auto per raggiungere Lecce;

   avvertendo ancora forti dolori, ad M. R. B. sono state prescritte altre 30 sedute di ossigenoterapia iperbarica;

   ancora una volta, rivolgendosi all'ospedale San Paolo, si è vista rigettare la richiesta di eseguire lì la terapia in quanto «l'ossigenazione iperbarica, non essendo ancora tariffata con apposito decreto del Ministero della Salute, si configura per la Regione Puglia, in quanto in Piano Operativo di Riordino, come prestazione extra-LEA e quindi non erogabile con oneri a carico del SSN» precisando che «pur essendo già presente nel nomenclatore tariffario vigente decreto ministeriale del 18 ottobre 2012 [...] risulta comunque non erogabile con oneri a carico del SSN in quanto l'algoneurodistrofia cronica dell'anca non rientra tra le patologie per le quali l'OTI può essere erogata con oneri a carico del SSN, configurandosi sempre come prestazione extra-LEA»;

   M. R. B., quindi, pur disponendo la sua città di un'identica unità operativa, è costretta a rivolgersi ancora al centro privato di Lecce, sostenendo autonomamente le spese del viaggio;

   è opportuno specificare, infine, che M. R. B., è, a causa della patologia, impossibilitata a prestare servizio da circa 13 mesi e, dunque, a rischio di licenziamento –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei valori che ispirano il servizio sanitario nazionale, intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di evitare che la sottoposizione al piano di rientro dei servizi sanitari regionali comporti una compressione grave e ingiustificata del diritto alla salute dei cittadini;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire analoghi livelli di assistenza su tutto il territorio nazionale;

   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a escludere che, per esigenze di bilancio, si possa privare un libero cittadino delle cure di cui ha bisogno, soprattutto in virtù della patologia rara di cui soffre.
(5-01321)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   CIAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il settore che, più di ogni altro, dà impulso e sostiene lo sviluppo di un paese: le reti di nuova generazione a banda ultra larga contribuiscono infatti fattivamente, alla crescita economica, sociale ed occupazionale dei territori;

   l'infrastruttura di nuova generazione rappresenta quindi una priorità di investimento perché contribuisce a sviluppare quell’«ecosistema digitale» necessario per recuperare produttività, attrarre investimenti, rivitalizzare l'attività e la competitività delle imprese e creare nuova occupazione qualificata;

   il Ministero dello sviluppo economico cura l'attuazione del piano nazionale strategico per la banda ultralarga (Bul), il quale punta a raggiungere l'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari e superiori a 100 Mbps e garantire accesso ad almeno 30 Mbps al 100 per cento dei cittadini;

   per raggiungere questo obiettivo, il Governo e gli operatori di telecomunicazioni hanno avviato in questi anni ingenti piani infrastrutturali (con un finanziamento complessivo di 5,3 miliardi di euro) che prevedono una diffusione capillare delle reti in fibra ottica;

   il 3 giugno 2016 è stato pubblicato il primo bando di gara per lo sviluppo della nuova rete pubblica per la diffusione della banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato di 6 regioni italiane (Abruzzo, Molise, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto);

   rispetto alla base di asta di circa 1,4 miliardi di euro, Open Fiber si è aggiudicata la gara offrendo, a titolo di prezzo della concessione, un totale di circa 675 milioni di euro;

   la diffusione della banda ultralarga sta registrando notevoli ritardi, soprattutto in alcune zone della Toscana ed in particolare nei comuni medio piccoli. Ad oggi, la copertura ha infatti raggiunto circa il 51,8 per cento della superficie totale e le previsioni per raggiungere il 100 per cento vanno oltre l'anno 2021;

   per sopperire a questi ritardi che, oltre ad ostacolare lo sviluppo sociale ed economico dei territori interessati e la crescita della qualità della vita dei cittadini residenti, compromettono anche la regolare attività delle imprese, alcune amministrazioni comunali della Toscana (tra cui il comune di Calcinaia in provincia di Pisa) hanno espresso la volontà di confrontarsi con altre aziende private con la volontà di anticipare Open Fiber e garantire all'utenza la possibilità di accedere alla fibra ottica in tempi rapidi e certi;

   nel caso del comune di Calcinaia va registrato come l'azienda privata Tim, interessata a tale intervento, non abbia potuto portare a termine i lavori per la banda larga a causa di un contenzioso con il Governo;

   appare evidente che la mancanza di informazioni certe sulla copertura della banda larga stiano creando gravissime difficoltà non solo ai cittadini interessati, una soprattutto alle aziende che sono nell'impossibilità di programmare attività ed investimenti. Appare altrettanto evidente che il cronoprogramma di Open Fiber debba essere attentamente monitorato e che vengano previste, in caso di perdurate e gravi inadempienze, altre opzioni per ottenere una copertura della banda ultralarga in tempi certi –:

   quale sia ad oggi lo stato di avanzamento del piano per la banda ultralarga citato in premessa in Toscana e, in particolar modo, nei comuni medio-piccoli e se il Governo non ritenga necessario, qualora vengano appurati gravi ritardi attribuibili al soggetto titolare della gara d'appalto, promuovere apposite iniziative al fine di velocizzare la realizzazione della copertura telematica nelle aree interessate.
(3-00464)

Interrogazione a risposta scritta:


   CONTE e FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Oma sud è una società a capitale interamente privato fondata nel 1988 con l'obiettivo di produrre componenti per aeromobili e ha la propria sede principale a Capua (Caserta) su un'area totale di 20.000 metri quadrati e occupa circa 100 dipendenti;

   l'azienda ha ottenuto rilevanti finanziamenti dal Ministero dello sviluppo economico, previsti dalla legge n. 808 del 1985 per la realizzazione dei programmi Skycar, Redbird, Skycar-Xmp, Skycar-Surveyor, dichiarati dal Ministero di «interesse strategico militare»;

   la società Oma Sud vive da anni una grave crisi industriale e di liquidità e ha onorato solo parzialmente alle retribuzioni, ai contributi alle tasse spettanti alle maestranze, poste in condizioni di estrema difficoltà;

   la dirigenza della società sostiene che lo stato di difficoltà ha origine in crediti che vanterebbe dal Ministero dello sviluppo economico;

   negli anni sono stati utilizzati tutti gli strumenti previsti dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria. L'ultima cassa integrazione è stata concessa il 22 giugno 2018 ed è terminata l'8 dicembre 2018;

   all'inizio del mese di gennaio 2019 l'azienda, senza più ammortizzatori di sostegno al reddito, ha collocato tutti i dipendenti in ferie e permessi fino al 31 gennaio 2019, interrompendo ogni forma di attività;

   Oma Sud sembra non avere un progetto industriale chiaro e sostenibile e senza l'ausilio di fondi pubblici non sembrerebbe in grado di proseguire le attività;

   Oma Sud costituisce un patrimonio di infrastrutture e di competenze, ormai in larga parte finanziate da fondi pubblici, di rilevante importanza per un territorio che vanta numerose realtà produttive ed eccellenze nello stesso comparto –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di promuovere soluzioni industriali in grado di scongiurare la perdita di competenze e capacità per il settore e una crisi occupazionale rilevante per un territorio già segnato da una profonda crisi industriale negli ultimi anni.
(4-02101)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in commissione Nardi e Fregolent n. 5-01229, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Orlando.

Cambio di presentatore di mozione.

  Mozione n. 1-00109, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2019, è da intendersi presentata dall'On. Luca De Carlo, già cofirmatario della stessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Emiliozzi n. 7-00159, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 111 del 22 gennaio 2019.

   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    con un referendum svoltosi sotto l'egida dell'Onu, nel 1993, l'Eritrea si è resa indipendente sotto la presidenza di Isaias Afewerki dopo una lunga fase di conflitti armati con l'Etiopia;

    il 9 luglio 2018 l'Eritrea ha siglato con l'Etiopia un nuovo accordo di pace e amicizia basato su cinque «pilastri»: la fine dello stato di guerra fra i due Paesi; la ripresa della cooperazione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza; la ripresa delle relazioni commerciali, economiche e diplomatiche; l'attuazione dell'accordo di Algeri sui confini; il reciproco impegno a lavorare per la pace regionale;

    l'accordo di pace è stato accolto con entusiasmo dall'Onu, dall'Unione europea, dagli Stati Uniti e dall'Unione Africana;

    all'accordo hanno fatto seguito alcuni importanti e storici avvenimenti: la riapertura dell'ambasciata dell'Eritrea ad Addis Abeba, avvenuta il 16 luglio 2018, a cui ha partecipato il Presidente eritreo Isaias Afewerki e il Primo ministro etiope Abiy Ahmed; le truppe etiopi ed eritree hanno iniziato a ritirarsi dal valico di confine di Bure, in concomitanza con la riapertura del collegamento stradale Serha-Zalambesa; il 18 luglio le compagnie di bandiera Eritrean Airlines, insieme all'Ethiopian Airlines, hanno ufficialmente riavviato i voli di linea verso le rispettive capitali;

    sempre a luglio, poi, il portavoce del Ministero degli esteri etiope, Meles Alem, ha fatto sapere che sono in corso lavori per consentire la riapertura dei collegamenti stradali fra l'Etiopia e il porto di Assab, sulla costa eritrea del Mar Rosso, dopo che il portavoce del governo Ahmed Shide aveva annunciato che Addis Abeba intende riaprire le due strade che collegano il paese alle città portuali di Assab e di Massaua;

    inoltre, ad agosto, i governi di Etiopia ed Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto un accordo per la costruzione di un oleodotto che collegherà la città eritrea di Assab con la capitale etiope Addis Abeba;

    il 5 settembre 2018 una nave cargo etiope ha attraccato nel porto eritreo di Massaua per la prima volta dopo venti anni, con l'obiettivo di caricare e trasportare 11 mila tonnellate di zinco estratto in Eritrea e destinato alla Cina;

    questa nuova fase si è aperta il 6 giugno 2018, quando il Primo ministro Abiy Ahmed ha recepito l'accordo di Algeri, stipulato nel 2000. Tale accordo prevedeva che Eritrea ed Etiopia, dopo la guerra del 1998-2000, avrebbero accettato le conclusioni della Commissione internazionale creata appositamente per definire la spartizione dei territori lungo il confine dei due Paesi;

    il regime sanzionatorio a cui l'Eritrea era stata sottoposta dal 2009 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in ragione del presunto sostegno di Asmara a gruppi armati e terroristici della regione per via dell'occupazione di alcune aree contese con Gibuti, più volte rinnovato, sebbene non siano mai emerse evidenze circa un effettivo sostegno del governo di Asmara ad attività terroristiche, è finalmente stato rimosso lo scorso novembre;

    la rimozione delle sanzioni era stata preceduta dal rapporto S/2017/925 redatto in sede Onu dal «Monitoring Group on Somalia and Eritrea», nel quale si leggeva che «il Gruppo, per il suo quarto mandato consecutivo, non ha riscontrato prove conclusive del supporto ad al-Shabaab da parte dell'Eritrea»;

    allo storico accordo di pace del 9 luglio ha fatto seguito un altrettanto storico accordo trilaterale tra Eritrea, Etiopia e Somalia, stipulato nel mese di settembre 2018 ad Asmara. Tale accordo mira alla realizzazione di un partenariato regionale, attraverso investimenti in progetti congiunti e con l'ambizioso obiettivo dell'apertura delle frontiere alla libera circolazione di beni e persone;

    questa nuova stagione nelle relazioni tra i Paesi del Corno d'Africa apre la strada a nuove prospettive di cooperazione con l'Italia, anche nel settore della cultura;

    l'11-12 settembre 2018 il Presidente del Consiglio dei ministri Conte è stato il primo leader occidentale a recarsi in visita ufficiale in Eritrea, oltre che in Etiopia;

    il ruolo dell'Italia nella regione è stato oggetto dell'incontro avvenuto il 24 ottobre 2018 a Roma tra il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano e gli omologhi di Eritrea ed Etiopia, mentre il 21 gennaio 2019, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo l'incontro a Palazzo Chigi con il primo ministro della Repubblica federale democratica di Etiopia, Abiy Ahmed, aveva affermato che: «Finanzieremo uno studio di fattibilità per finanziare le più importanti infrastrutture di cui l'Etiopia necessita e ci faremo latori del coinvolgimento delle più importanti istituzioni finanziarie internazionali, perché ricevano il sostegno economico che meritano»;

    dal 3 al 10 dicembre 2018 la viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, ha compiuto una importante missione nel Corno d'Africa, nello specifico in Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia, incontrando i leader dei rispettivi Paesi al fine di esplorare concrete piste di lavoro per il rafforzamento della collaborazione;

    il 22 gennaio 2019, su impulso della viceministra Emanuela Del Re, è nata la rete delle università italiane per il Corno d'Africa, una piattaforma accademica (aperta anche ad altre università che vorranno aderirvi) il cui obiettivo è rafforzare la ricerca, la formazione e la cooperazione inter-universitaria in quell'area del mondo; il 23 gennaio 2019, nel corso di un intervento in Commissione III, la viceministra Emanuela Del Re ha ribadito l'importanza e il ruolo dell'Italia nel processo di pace in corso: «Il nostro Paese, co-chair dell'IGAD Partners Forum (Inter-Governmental Authority on Development), che riunisce i principali donatori dell'organizzazione regionale del Corno d'Africa, è consapevole che solo un approccio integrato e inclusivo può rivelarsi efficace per affrontare sfide comuni – traffici illeciti, terrorismo, cambiamenti climatici, movimenti migratori – con un evidente carattere transnazionale. D'altro canto, una progressiva integrazione economica della regione potrebbe avere ripercussioni positive sui tassi di crescita di questi Paesi, contribuendo per questa via a ridurre la pressione migratoria»;

    con particolare riferimento all'Eritrea, da un lato persistono forti preoccupazioni per la situazione dei diritti umani, in particolare per la mancanza di progressi sostanziali su questioni come arresti e detenzioni arbitrari, libertà di espressione, associazione e riunione, libertà di religione o credo, obbligo del servizio militare permanente per tutti gli uomini e le donne dai 18 anni ai 50 anni, con conseguente difficoltà a ottenere un passaporto per le persone comprese in tale fascia di età;

    dall'altro va dato atto di alcuni positivi sviluppi, riconosciuti nel Joint Statement dell'Unione europea pronunciato nel giugno 2018 in Consiglio diritti umani in occasione del dialogo interattivo con la Relatrice speciale sull'Eritrea, in particolare, l'accettazione del Governo di Asmara di ricevere nel Paese le visite ufficiali da parte dell'ufficio dell'Alto Commissario dell'Onu per i diritti umani (OHCHR), nonché la volontà espressa dall'Eritrea di impegnarsi in un dialogo sui diritti umani con Paesi terzi,

impegnano il Governo:

   a supportare attivamente il processo di riconciliazione nel Corno d'Africa;

   a sostenere, a livello bilaterale e multilaterale, la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché la necessità dell'attuazione di riforme da parte dell'Eritrea, nel pieno rispetto dei principi di non ingerenza e di sovranità nazionale, in particolare adottando iniziative per:

    a) raccomandare l'attuazione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

    b) rappresentare all'Eritrea la necessità di modificare la legge sulla coscrizione obbligatoria;

    c) consentire l'accesso nel Paese del Relatore speciale del Consiglio diritti umani, stabilendo con lo stesso una proficua collaborazione;

    d) adottare misure per garantire il diritto di proprietà conformemente agli standard internazionali in materia;

   ad assumere iniziative per accompagnarne la crescita economica e lo sviluppo sostenibile della regione;

   ad assumere iniziative per rafforzare le relazioni commerciali con Eritrea, Etiopia e Somalia, anche in un'ottica di promozione di un futuro spazio di libero scambio e d'integrazione regionale nel Corno d'Africa;

   ad assumere iniziative per concentrare l'azione politica verso lo sviluppo di una dinamica di cooperazione «win-win» con l'Eritrea, sia nel settore industriale che in quello degli investimenti, anche attraverso progetti infrastrutturali per favorire la modernizzazione dei collegamenti nei Paesi del Corno d'Africa, la realizzazione di installazioni per la produzione di energia, con particolare riguardo alle fonti rinnovabili, nonché il rilancio di azioni concrete che promuovano dinamiche di sviluppo sostenibili e inclusive;

   ad assumere iniziative per sviluppare una collaborazione nel campo della cultura al fine di favorire una migliore conoscenza reciproca della vivacità creativa passata e presente dei popoli dei Paesi della regione, con particolare attenzione ai settori dell'istruzione e della formazione professionale, quali opportunità per le giovani generazioni;

   a garantire il riconoscimento della protezione internazionale a chi ne abbia i requisiti secondo la normativa nazionale in vigore e a seguito di esame da parte della commissione territoriale competente, attivandosi contestualmente in ogni sede affinché, anche mediante processi di cooperazione internazionale e in un'ottica di responsabilità condivisa, vengano intensificati i rapporti e gli accordi con i Paesi di origine e transito dei migranti e, nello specifico, esaminate e rimosse le cause che portano i cittadini eritrei ad abbandonare il proprio Paese, ad essere vittime dei trafficanti di esseri umani ed avanzare richiesta di asilo.
(7-00159) «Emiliozzi, Macina, Formentini, Sabrina De Carlo, Comencini».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in commissione Ciampi n. 5-00296 del 1° agosto 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00464.