Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 15 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la rilevanza della tratta dell'alta velocità ferroviaria Torino-Lione è consolidata non solo in numerosi voti del Parlamento italiano, ma anche nel comune sentire delle popolazioni locali che, già in occasione delle elezioni politiche del 2018, ma anche recentissimamente, con manifestazioni cui hanno partecipato decine di migliaia di cittadini e centinaia di amministratori locali dell'area interessata dai lavori o dalle ricadute dell'opera, hanno chiaramente mostrato di appoggiarne la realizzazione;

    per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione (Nltl), l'Italia ha sottoscritto il 30 gennaio 2012 un accordo con la Francia, ratificato da entrambi i Paesi (per l'Italia con la legge 23 aprile 2014, n. 71). Per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un altro accordo, ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1;

    il progetto definitivo italiano è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19; con decisione ministeriale del 2 giugno 2015, anche la Francia ha approvato il proprio «progetto di riferimento»;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Connecting Europe Facility (CEF), lo strumento finanziario dell'Ue diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il costo del tunnel transfrontaliero, i cui lavori dovrebbero entrare a pieno regime a inizio 2019, è di 8,6 miliardi di euro (costo certificato da un ente terzo), di cui il 40 per cento, come detto, a carico della Unione europea, il 35 per cento a carico dell'Italia (circa 3 miliardi di euro), il 25 per cento della Francia. Il costo totale della Torino-Lione a carico dell'Italia, quantificato dalla delibera del Cipe 28 febbraio 2018 è di circa 6 miliardi di euro, di cui circa 3 già disponibili. Entro il 2019 è prevista l'assegnazione degli appalti per 81 bandi di gara (43 in Italia) per un totale di 5,5 miliardi di euro. Questo procedimento è al momento bloccato in quanto la Società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera) che avrebbe dovuto pubblicare il bando di gara internazionale per 2,3 miliardi di euro entro l'estate 2018, ha deciso di non farlo, in attesa della analisi costi-benefici prevista dal Governo che avrebbe dovuto essere pronta già a novembre 2018, due mesi dopo la dead line fissata nel planning dei lavori concordato con l'Unione europea per la concessione dei finanziamenti, con rischio di perdita, in tutto o in parte degli stessi. Talune fonti stimano in 3,4 miliardi il costo per lo Stato del blocco definitivo della Tav considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali;

    gli enti territoriali del Piemonte e le comunità locali della Valle di Susa e del Torinese, interessati dal passaggio della Nltl, hanno da tempo sviluppato proposte programmatiche, nell'obiettivo di assicurare il miglior raccordo tra la nuova opera ed il sistema socioeconomico locale; in particolare, nel progetto Smart Susa Valley (SSV), approvato nell'ottobre del 2013, sono raccolte le proposte di valorizzazione e sviluppo del territorio interessato dalla Nltl. Le ipotesi di lavoro connesse al documento sono state condivise nelle linee iniziali con tutti sindaci del territorio, compresi quelli contrari al progetto, in una riunione plenaria svoltasi in regione il 18 giugno 2012, alla presenza dei presidenti di regione e provincia;

    la regione Piemonte, la Società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della Sezione Transfrontaliera) ed il commissario di Governo, hanno proposto nel maggio 2017 un protocollo d'intesa chiamato patto del territorio, dando attuazione alla Legge Regionale n. 4 del 2011, denominata «cantieri, sviluppo, territorio», per la gestione delle misure compensative connesse all'opera in favore della Val di Susa. Tale patto prevede:

     a) la realizzazione di opere di mitigazione previste e prescritte nel progetto a carico della Telt, destinate tra l'altro a ridurre gli impatti territoriali, ivi compreso l'interramento degli elettrodotti e la rinaturalizzazione delle aree asfaltate;

     b) gli interventi di accompagnamento al cantiere, a carico della regione ai sensi della legge regionale n. 4 del 2011, destinati a intercettare in sede locale le opportunità di lavoro e sviluppo prodotte dai cantieri in particolare in relazione alla qualificazione e all'impiego dei lavoratori locali e all'utilizzo di imprese locali. Questa parte del progetto prevede anche il miglioramento della ricettività locale per gli operai dei cantieri, mediante ripristino del edilizio patrimonio locale;

     c) gli interventi definiti di «compensazione ambientale, territoriale e sociale» posti in essere dalla Regione, anche per il tramite della Società di Committenza della Regione Piemonte (SCR) o di Finpiemonte, e quantificati nelle deliberazioni del CIPE, che hanno come obiettivo lo sviluppo sostenibile e durevole del territorio;

    nel documento condiviso del dicembre 2017, redatto dall'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione, sono raccolti e sintetizzati gli interventi di valorizzazione territoriale e di mitigazione dell'area della Val Di Susa, previsti sulla base delle risorse disponibili a quella data. Con la delibera n. 67 del 7 agosto 2017, il Cipe ha stanziato ulteriori 57,26 milioni di euro per le opere compensative per i territori interessati dai lavori, portando così a 100 milioni di euro le risorse complessive per le misure di accompagnamento alla Nltl. A tale cifra fa riferimento il documento condiviso redatto dall'Osservatorio nel dicembre 2017;

    Telt prevede il coinvolgimento di 20 mila imprese, tra appalti e subappalti, e di 8.000 lavoratori (diretti e indotto). In tale ambito il patto per il territorio, prevede particolare attenzione alle imprese e alle maestranze locali:

     a) per quanto riguarda le imprese, il Patto, in attuazione della citata legge regionale n. 4 del 2011, prevede di favorire le aggregazioni di impresa per aumentare la loro competitività in termini di capacità e qualificazione ad aggiudicarsi gli appalti anche riuniti in consorzio o in associazione temporanea di imprese (ATI). Pur non potendo inserire premialità esplicite nei capitolati, il patto prevede accorgimenti a vantaggio delle aziende del territorio. Ad esempio nelle offerte sarà valutato positivamente tutto ciò che «saprà riqualificare oltre che costruire»; inoltre le spese per vitto e alloggio dovranno essere conteggiate dall'impresa all'interno dell'offerta economica;

     b) per quanto riguarda l'occupazione locale, il Patto prevede che si dovranno formare, e in parte sono già formati, operai e tecnici in grado di rispondere ai profili richiesti, per creare, tramite la regione, un albo ufficiale di lavoratori dotati di specifiche qualificazioni al quale anche le aziende esterne al territorio potranno attingere, con priorità di coloro che, residenti nell'area interessata dall'opera, hanno perso la propria occupazione o sono in cerca di prima occupazione. A tal fine si è costituito, già dai primi mesi del 2016, un tavolo di confronto con le associazioni datoriali in merito al sistema della formazione professionale e alle opportunità di occupazione derivanti dalla realizzazione dell'opera;

    giova affermare, condividendo quanto accertato da innumerevoli analisi e confermato dall'Osservatorio, che le compensazioni di carattere ambientale, territoriale e sociale connesse alla realizzazione della Torino-Lione non costituiscono il risarcimento di un danno ambientale, la cui insussistenza viene garantita dal progetto approvato e dal controllo operato sulla sua esecuzione. La natura di tali compensazioni ha invece a che fare con l'impegno del territorio, con i disagi connessi alla presenza pluriennale dei cantieri;

    l'irrilevanza e la strumentalità della questione ambientale posta dagli oppositori della Torino-Lione è evidenziata da diversi elementi:

     a) dal 1997 ad oggi la quota di traffico merci su Tir che utilizza le autostrade tra Italia e Francia è passata dal 77 per cento al 93 per cento, con un forte impatto sull'ambiente lungo questa parte dell'arco alpino. I dati sono contenuti nel rapporto «Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia», redatto dall'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione. Nel 2016 l'arco alpino occidentale è stato attraversato da 42,5 milioni di tonnellate di merci con quasi 2 milioni e 800 mila Tir. I valichi svizzeri sono attraversati da 40,4 milioni di tonnellate di merci, ma i Tir sono meno di un milione, perché il 70 per cento delle merci viaggia su treno. Dopo il calo dei volumi di traffico tra il 2007 ed il 2013, dal 2014 gli scambi sono di nuovo in crescita (+6,6 per cento in tre anni). Il dato annuo complessivo del 2017 registra al Tunnel autostradale del Frejus un +4,83 per cento di traffico pesante rispetto al 2016, pari a 344.141 mezzi in direzione Italia, 396.453 in direzione Francia, per un totale di 740.594 mezzi/anno. Con tutte le conseguenze ambientali che ne derivano! Nel solo mese di gennaio 2018 al Frejus sono transitati 29.421 mezzi pesanti in direzione Italia, 35.439 in direzione Francia, per un totale di 64.860 Tir, pari a circa 2.092/mezzi giorno con un +12,14 per cento rispetto al mese di gennaio 2017. (Fonte Sitaf spa). Secondo i dati relativi al 2017 pubblicati dal Governo francese, il totale degli scambi solo fra Francia-Italia (Import + Export) nel 2017 ha raggiunto il livello record di 76,6 miliardi di euro, in aumento dell'8,3 per cento rispetto al 2016. Il deficit bilaterale Italia-Francia risulta essere in favore del nostro Paese per 6,3 miliardi di euro (+4,1 per cento rispetto al 2016);

     b) il traffico sulla attuale linea ferroviaria continua a diminuire e questo per gli oppositori della Tav è argomento sufficiente per dimostrare l'inutilità della Nltl. La verità è che la linea attuale ha caratteristiche infrastrutturali tali da non consentire di reggere la concorrenza della strada e delle linee più moderne come quelle svizzere: in particolare, ha forti pendenze che richiedono di usare due o addirittura tre locomotrici per trasportare treni con capacità di carico minore di quelli che passano dalla Svizzera. Per essere competitivo il mercato ferroviario oggi richiede: sagome maggiori dei vagoni (P/C80), treni lunghi (750 metri) e pesanti (1600-2000 tonnellate). Perciò sono necessari tracciati meno tortuosi e pendenze ridotte: lo standard europeo per linee promiscue di treni viaggiatori e treni merci è al 12,5 per mille, il sistema promiscuo di alta velocità italiano accetta pendenze fino al 21 per mille, ma non supera il 18 per mille;

     c) i lavori durati 8 anni (2003-2011) per adeguare il vecchio tunnel alla sagoma P/C45 sono costati 380 milioni di euro (200 all'Italia e 180 alla Francia), ma non sono riusciti a rendere la linea adeguata agli standard (e ai costi) richiesti dal mercato. La galleria del Frejus inoltre non risponde agli standard di sicurezza contemporanei, previsti dalle normative europee. A causa di ciò la capacità effettiva della galleria risulta di 94 treni al giorno, di cui 60 destinabili alle merci (circa 6 milioni di tonnellate annue), contro i 200 treni (di cui 150 per le merci) previsti già nel 2007. Per fronteggiare questa grave carenza si dovrebbe progettare l'adeguamento della vecchia tratta di valico. I costi dell'adeguamento della sola galleria sono stimati nell'ordine dei 1,4-1,7 miliardi di euro e tempi previsti sono lunghi. Tuttavia non potendosi modificare l'acclività e i raggi di curvatura della vecchia linea, rimarrebbe la sua intrinseca non competitività. Che oggi costa circa 10 milioni l'anno a Francia e Italia in sussidi agli operatori che scelgono di utilizzare comunque la linea storica. Tali sussidi si dimostrano insufficienti ad evitare la continua emorragia di traffico e comunque dovrebbero rimanere nei prossimi anni;

     d) quando sarà operativa la Tav sarà nettamente più competitiva del trasporto su gomma, generando come effetto una rilevantissima riduzione dei carichi inquinanti e del traffico stradale. La sezione transfrontaliera si estende per circa 66 chilometri tra Saint-Jean-de-Maurienne in Savoia e Susa/Bussoleno in Val Susa (Piemonte). L'elemento fondamentale della sezione è la galleria a doppia canna di 57,5 chilometri (45 chilometri in Francia e 12,5 chilometri in Italia circa). Questa galleria ha una pendenza massima del 12,5 per mille, trasformando la linea esistente di montagna (linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lione), in una linea di pianura. Vengono così superati i dislivelli che oggi comportano un costo energetico di attraversamento per i treni merci del 40 per cento in più;

     e) un documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla territorializzazione dell'opera (gennaio 2013), redatto quindi prima della revisione in riduzione dell'opera, effettuata dal Governo nel 2016, esplicita l'evidenza che il consumo totale di suolo previsto per l'intera Sezione Transfrontaliera della Torino-Lione (lato in Italia) è meno di un decimo del consumo medio di suolo dei comuni della valle;

    da quanto sopra esposto appare evidente che la Nltl è un'opera di elevatissima valenza, in quanto riesce a coniugare sviluppo economico, ammodernamento delle reti di collegamento nazionali e continentali e, contestuale, rilevantissima riduzione degli impatti ambientali di solito connessi a queste attività. Senza considerare il deciso incremento della sicurezza generale;

    il quadrilatero produttivo italo-francese che si colloca grosso modo a sud e ad ovest delle Alpi, pesa in Europa di più che il potente meridione della Germania, il doppio della grande Londra, 1,7 volte i Paesi Bassi e più di due Svezie o di due Polonie. I numeri parlano chiaro: il Nord ovest Italia ha un prodotto interno lordo di 549 miliardi di euro, il Nord est Italia di 387 miliardi, il Rodano-Alpi di 217 miliardi e l'Alvernia di 39 miliardi. L'area economica che va da Trieste a Lione, passando per Treviso, Padova, Verona, Bologna, Milano, Novara, Torino e Grenoble, nel 2016 ha generato un prodotto interno lordo di 1.191 miliardi di euro, più grande di quello della Spagna (1.118 miliardi) e della somma di due colossi come il Baden-Württenberg e la Baviera (1.049 miliardi insieme). La macroregione subalpina del Nord Italia e del Centro-Est della Francia è uno snodo cruciale dell'economia continentale e come tale necessita di tutte le opere infrastrutturali, Tav in primis che possano rendere quest'area più competitiva, rilanciando l'economia di quei territori in ritardo di sviluppo o in declino, che da queste opere sono interessati;

    va quindi colta come irripetibile l'occasione di rilancio economico che si presenta alla Val di Susa e più in generale, a tutta questa parte del Piemonte, Torino compresa. Va altresì colta come irripetibile l'occasione di sviluppo che si offre all'intero Paese e alle sue imprese in termini di generazione di Pil incrementale, di lavoro, di miglioramento della dotazione infrastrutturale, di ingresso a pieno titolo nelle grandi reti di collegamento europeo, nel caso in questione, quella che va Lisbona a Kiev e che si collega, idealmente e materialmente, con la «Via della Seta», fino al cuore della Cina;

    nel corso di questi mesi lo scontro sociale e tra le forze politiche, anche interne alla stessa maggioranza di Governo, sulla Nltl si è ulteriormente acuito, anche a causa del sistematico utilizzo di prassi dilatorie poste in essere con l'intento di procrastinare le decisioni, che si risolvono tuttavia, in danno dello sviluppo economico delle aree interessate e generale, delle imprese e della credibilità internazionale del Paese. La stessa ipotesi referendaria tra le popolazioni interessate, sia pure benvenuta in termini di chiarezza, comporta ulteriori impegni temporali,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per consentire lo sblocco delle gare per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della Nuova linea ferroviaria Torino-Lione ottemperando agli impegni internazionali assunti dall'Italia con gli accordi con la Francia del 30 gennaio 2012, ratificato con la legge 23 aprile 2014, n. 71, e del 24 febbraio 2015 ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1, nonché con il relativo protocollo addizionale, con allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016;

2) ad adottare iniziative per rafforzare l'intervento in favore delle aree e delle popolazioni interessate dalla realizzazione dell'opera, valutando la possibilità di incrementare sino a 150 milioni di euro l'impegno a carico dello Stato per le opere compensative destinate ai territori interessati dalla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione, vincolando una parte non inferiore ad un terzo di tale quota incrementale allo sviluppo delle attività economiche e della occupazione della Valle di Susa sulla base delle ulteriori proposte di intervento presentate dalle amministrazioni locali, nonché dalle associazioni datoriali e di categoria;

3) ad adottare iniziative per prevedere ulteriori incentivi e defiscalizzazioni, quale ulteriore forma di compensazione territoriale, dando corso alle progettualità esposte in premessa e valutando altresì la possibilità di istituire una zona franca nell'area geografica interessata dalle opere compensative per la Nltl, col fine di favorire l'insediamento di nuove imprese e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale già presente sul territorio.
(1-00103) «Porchietto, Ruffino, Napoli, Rosso, Giacometto, Pella, Sozzani, Zangrillo, Occhiuto».


   La Camera,

   premesso che:

    in data 30 gennaio 2012, l'Italia ha firmato un accordo con la Francia, ratificato dai due Paesi, l'Italia, con legge 23 aprile 2014, n. 71, per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione;

    suddetto accordo ha previsto che la ripartizione dei costi dell'opera è fissata nella misura del 57,9 per cento a carico dell'Italia e del 42,1 per cento a carico della Francia, detratto il contributo europeo e la parte finanziata dai pedaggi versati dalle imprese ferroviarie, fino al valore del costo certificato a valore gennaio 2012;

    il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un altro accordo «per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino Lione»;

    il 2 marzo 2016 la Commissione intergovernativa ha licenziato il testo di tale protocollo addizionale. La firma del protocollo addizionale, avvenuta l'8 marzo 2016 in occasione del vertice bilaterale italo-francese di Venezia, e la successiva validazione del regolamento dei contratti, avvenuta il 7 giugno 2016 da parte della Commissione intergovernativa, hanno completato l’iter procedurale;

    suddetto accordo risulta ratificato con la legge n. 1 del 5 gennaio 2017 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2017 ed è in vigore dal 1° marzo 2017;

    la sezione transfrontaliera si estende per circa 66 chilometri tra Saint-Jean-de-Maurienne in Savoia e Susa/Bussoleno in Val Susa (Piemonte). L'elemento fondamentale della sezione è la galleria a doppia canna di 57,5 chilometri (45 chilometri in Francia e 12,5 chilometri in Italia circa) che, con una pendenza massima del 12,5 per mille, trasforma la linea esistente di montagna (linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lione), in una linea di pianura superando le limitazioni che oggi penalizzano fortemente la linea storica che comporta un costo energetico di attraversamento per i treni merci del 40 per cento in più rispetto a una linea senza dislivelli;

    con riferimento alla sezione transfrontaliera nel 2015 si sono conclusi gli iter autorizzativi nei due Paesi:

     a) in Italia il progetto definitivo è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 2015);

     b) in Francia il «progetto di riferimento» è stato approvato con decisione ministeriale del 2 giugno 2015;

    la sezione transfrontaliera costituisce la prima fase di realizzazione del collegamento tra Torino e Lione, che si pone l'obiettivo di migliorare e potenziare la capacità tecnica e funzionale del collegamento tra Francia e Italia per le persone e per le merci, realizzando una componente fondamentale del corridoio mediterraneo;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Cef 2014/20, attraverso la sottoscrizione il 1° dicembre 2015 del Grant Agreement con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il protocollo addizionale firmato l'8 marzo 2016 ha per oggetto la validazione del costo certificato del progetto e la definizione dei criteri di attualizzazione monetaria e di evoluzione dei costi dei fattori di produzione dei lavori, in attuazione dell'articolo 18 dell'accordo del 2012, richiamato nell'articolo 3 dell'accordo del 2015;

    il costo certificato del progetto, inclusivo delle alee e degli imprevisti, è stato definito a valuta gennaio 2012 e nel protocollo sono altresì definiti i criteri di presa in conto dell'attualizzazione monetaria per tutti gli anni fino alla fine dei lavori; tali elementi sono contenuti nell'articolo 2 del protocollo medesimo;

    il richiamato protocollo prevede, altresì, la lotta comune di Italia e Francia contro ogni pratica mafiosa nella realizzazione della sezione transfrontaliera in attuazione del principio generale affermato all'articolo 2 dell'accordo del 2015, dove si afferma la volontà degli Stati per «attuare delle disposizioni esigenti nel quadro della stipula degli appalti pubblici e della loro esecuzione». Tale volontà trova attuazione nell'articolo 3 del protocollo addizionale;

    la Francia ha sottoscritto il finanziamento del programma di appalti 2018 per la realizzazione della sezione transfrontaliera della Torino-Lione, in particolare l'accordo è del Consiglio di amministrazione dell'Afitf, del Ministère de la Transition écologique et solidaire e di TELT;

    sul versante italiano, nel marzo 2018 il Cipe ha approvato la variante per la cantierizzazione del futuro scavo del tunnel di base, l'ultimo passaggio formale nell’iter del progetto per la tratta internazionale dell'opera;

    suddetta variante è stata predisposta dal Governo pro tempore proprio per una razionalizzazione dei costi e del percorso, anche raccogliendo una serie di indicazioni provenienti dal territorio;

    le dinamiche sull'opera innescatesi al seguito delle elezioni del 4 marzo 2018 e dell'insediamento del Governo attualmente in carica hanno provocato gravi incertezze sul futuro dell'opera in questione, sollevando la preoccupazione di soggetti istituzionali, economici e sociali e in un ampio movimento di opinione favorevole alla realizzazione dell'opera che ha visto due manifestazioni, di cui l'ultima sabato 12 gennaio 2019, partecipatissime dal punto di vista popolare;

    le confuse dichiarazioni relative all'analisi costi/benefici, la cui commissione appare già in partenza fortemente orientata in una direzione ostile all'avanzamento dell'opera, hanno ulteriormente accresciuto le richiamate preoccupazioni;

    in attesa della definizione della volontà politica sul futuro dell'opera, la società Telt è stata costretta a bloccare la pubblicazione del bando per la realizzazione del tunnel della Torino-Lione;

    la fase di stallo rischia di avere costi economici e sociali elevatissimi per l'Italia e per la mobilità di persone e merci per l'intero continente europeo, finendo per privilegiare irrazionalmente il trasporto su gomma,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare Telt alla pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base sotto il Moncenisio.
(1-00104) «Delrio, Lupi, Paita, Bruno Bossio, Cantini, Gariglio, Giacomelli, Nobili, Pizzetti, Andrea Romano».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 16 novembre 2017 la Corte suprema decretava lo scioglimento del principale partito di opposizione in Cambogia, il Cambodia National Rescue Party (CNRP), il quale non ha potuto presentarsi alle elezioni legislative del 29 luglio 2018;

    in forza di questa decisione il Cambodian People's Party (CPP) ha ottenuto alle elezioni la totalità dei 125 seggi dell'Assemblea nazionale, rendendo di fatto la Cambogia un regime a partito unico;

    le Nazioni Unite, l'Unione europea e numerosi Stati, tra i quali gli Stati Uniti, il Giappone, l'Australia, la Nuova Zelanda, hanno scelto di non inviare osservatori alle elezioni ritenendo non sussistere le condizioni minime per considerare come legittima, secondo gli standard internazionali, quella consultazione elettorale;

    il presidente del CNRP, Kem Sokha, è ancora agli arresti domiciliari e in attesa di essere giudicato;

    si è prodotto nel Paese un attacco pesante alla libertà d'informazione con la chiusura di quotidiani e di emittenti radiotelevisive;

    il 19 dicembre 2017 la Commissione esteri della Camera dei deputati adottava una risoluzione sulla situazione politica in Cambogia in cui si esprimeva aperta condanna nei confronti della repressione politica in atto in quel Paese;

    il 13 settembre 2018, il Parlamento europeo approvava una risoluzione in cui invitava la Commissione europea a «valutare eventuali conseguenze nell'ambito delle preferenze commerciali di cui gode la Cambogia, tra cui l'avvio di un'indagine nel quadro dei meccanismi previsti dall'EBA» (Everything ButArms – Tutto Tranne Armi) e «il SEAE e la Commissione a redigere un elenco degli individui responsabili dello scioglimento dell'opposizione e di altre gravi violazioni dei diritti umani in Cambogia, nell'ottica di imporre loro eventuali restrizioni in materia di visti e congelamento di beni»;

    la Commissione europea ha avviato un'indagine ufficiale che dovrebbe determinare la sospensione dell'accordo EBA entro pochi mesi;

    il relatore speciale dell'Onu, professore Rhona Smith, il 26 settembre 2018, ha confermato le gravi violazioni perpetrate nel corso dell'ultimo anno dal CPP e dal Governo di Hun Sen;

    Sam Rainsy è stato audito presso la Commissione affari esteri della Camera il 25 ottobre 2018;

    in occasione di suddetta audizione, Sam Rainsy ha ricordato che l'articolo 31 degli accordi di pace di Parigi del 1991, recita: «il presente accordo resterà aperto all'adesione di tutti gli Stati. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso i governi della Repubblica francese e della Repubblica di Indonesia. Per ogni Stato aderente all'accordo esso entrerà in vigore alla data del deposito dei suoi strumenti di adesione. Gli Stati aderenti sono soggetti agli stessi obblighi dei Firmatari»,

impegna il Governo:

   a condannare in tutte le sedi opportune la repressione politica in Cambogia e le misure restrittive nei confronti di partiti, esponenti politici, organizzazioni per i diritti umani, giornali e stazioni radiotelevisive e per l'arresto e la detenzione del leader del CNRP, Kem Sokha;

   a sostenere il processo di sospensione dell'accordo commerciale EBA sul tariffario preferenziale tra Unione europea e Cambogia;

   a valutare se sussistano i presupposti per aderire agli accordi di pace di Parigi del 1991, adottando ogni iniziativa di competenza affinché si creino le condizioni per la ripresa del processo di democratizzazione in Cambogia, e per l'indizione di nuove elezioni che siano libere e giuste per il popolo cambogiano.
(7-00152) «Boldrini».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    il 18 dicembre 2017 è stato stipulato tra la regione Sardegna e il Ministero della difesa un protocollo d'intesa per il coordinamento delle attività militari presenti nel territorio della regione. Tale intesa è il frutto di un dialogo avviato già nel 2014 al fine di individuare le possibili e necessarie misure di riduzione delle limitazioni derivanti dall'utilizzo del territorio regionale per le finalità addestrative della difesa;

    è ampiamente riconosciuta la particolare situazione dell'isola che presenta sul proprio territorio la più alta percentuale di servitù militari rispetto all'intero territorio nazionale ed è evidente la necessità di procedere ad un riequilibrio e alla riorganizzazione delle servitù e delle attività militari;

    rispettando il principio costituzionale di tutela della salute e dell'ambiente, è stata riconosciuta la necessità del superamento delle criticità di carattere ambientale e sanitarie nelle aree interessate da intense attività militari;

    l'accordo Stato-regione ha previsto, tra i principali obiettivi, l'istituzione di osservatori ambientali indipendenti, afferenti al sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa), situati presso poligoni basi militari e aree addestrative, per monitorare, dal punto di vista ambientale e sanitario, le attività che in essi si svolgono;

    secondo le recenti modifiche alla normativa in materia ambientale, il comandante del poligono militare ha l'obbligo di trasmettere all'osservatorio ambientale, al termine del periodo esercitativo, le risultanze del piano di monitoraggio ossia l'indagine sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono, predisponendo inoltre, per ciascuna tipologia di esercitazione o sperimentazione da eseguire nell'area del poligono, un documento indicante le attività previste, le modalità operative di tempo e di luogo e gli altri elementi rilevanti ai fini della tutela dell'ambiente e della salute;

    è previsto inoltre che le esercitazioni militari effettuate nei poligoni debbano essere sottoposte a registrazioni che saranno conservate nel tempo per garantire i controlli preventivi e successivi sui sistemi testati e sulle procedure utilizzate;

    l'impatto di talune attività esercitate nelle strutture militari in passato ha avuto in certe circostanze effetti negativi sulla salute, non solo dei lavoratori ivi impiegati, ma anche per i cittadini residenti nelle zone limitrofe;

    sono infatti significativi i dati, emersi dalle indagini effettuate in questi ultimi anni sui poligoni siti in Sardegna, relativi alla salute dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti dal momento che sono state rilevate in certe aree interessate da esercitazioni a fuoco, sostanze radioattive e metalli pesanti ricaduti nel terreno oltre alle munizioni utilizzate e mai recuperate;

    l'accordo Stato-regione rappresenta un passo avanti nel controllo dell'impatto ambientale dei poligoni, rispetto ad una presunta aumentata attenzione sulle conseguenze ambientali e sanitarie, accertate dalle analisi svolte in questi anni, che si ripercuotono sulla qualità della vita dei cittadini sardi e sull'ambiente circostante;

    vista la persistente inerzia della politica locale e regionale,

impegna il Governo:

   ad adottare concrete iniziative dirette all'adempimento degli obblighi di tracciabilità dei dati relativi alle attività addestrative svolte nei poligoni e basi militari situati sul territorio sardo e all'istituzione di osservatori ambientali;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire la tutela del diritto alla salute dei militari e dei cittadini residenti in prossimità dei poligoni;

   ad adottare iniziative a garanzia del tempestivo e sistematico adempimento dell'obbligo di recupero dei residuati del munizionamento impiegato nel corso delle esercitazioni, grazie anche all'impiego di risorse messe a disposizione dalla difesa.
(7-00150) «Corda, Rizzo, Aresta, Chiazzese, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Gubitosa, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi».


   La X Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, ha stabilito che, con uno o più provvedimenti e con riferimento ai clienti domestici, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adegui le componenti della tariffa elettrica da essa stessa definite, con l'obiettivo di superare la struttura progressiva rispetto ai consumi e adeguare le predette componenti ai costi del relativo servizio, secondo criteri di gradualità e modalità atte a stimolare comportamenti virtuosi da parte dei cittadini, e favorire il conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica, senza determinare impatti sulle categorie di utenti con struttura tariffaria non progressiva;

    a chiusura di un lungo e articolato procedimento di analisi di impatto della regolazione, con la deliberazione 2 dicembre 2015, 582/2015/R/eel, l'Autorità ha disposto l'avvio formale della riforma tariffaria a decorrere dal 1° gennaio 2016, con una gradualità che avrebbe la sua conclusione solo al 1° gennaio 2018, prevedendo due anni di regime transitorio ed ottemperando in tal modo al requisito di gradualità espressamente formulato dal decreto legislativo n. 102 del 2014;

    con la risoluzione conclusiva n. 8-00281 approvata il 13 dicembre 2017 la X Commissione ha impegnato il precedente Governo ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a individuare gli obiettivi da privilegiare nell'attuazione dell'ultima fase della riforma tariffaria e a rinviare di un anno il completamento della riforma inerente le componenti a copertura degli oneri generali di sistema per i clienti domestici, in modo da assicurare gradualità nell'applicazione e omogeneità nella distribuzione delle variazioni tariffarie;

    con la delibera 5 dicembre 2018 626/2018/R/eel l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha deciso l'ulteriore differimento del completamento della riforma delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema per i clienti domestici di energia elettrica, di cui alla deliberazione dell'autorità 582/2015/R/eel, mantenendo, fino al 31 dicembre 2019, le strutture tariffarie attualmente vigenti per le componenti a copertura degli oneri generali di sistema,

impegna il Governo

ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a completare la terza fase della riforma degli oneri elettrici in modo da identificare un rapporto equilibrato fra clienti industriali e domestici e, in quest'ultimo caso, fra utenze residenti e non residenti e alto e basso consumanti.
(7-00151) «Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   nella serata di lunedì 24 settembre 2018 si è sviluppato un incendio protrattosi nei giorni successivi, di grandissime proporzioni, sul Monte Serra, la montagna più alta che divide le province di Pisa e di Lucca, che ha prodotto la distruzione di una superficie di circa 1.400 ettari di territorio tra bosco e coltivazioni, nonché centinaia di ettari di oliveti, oltre a un danno economico di oltre 11 milioni di euro almeno per l'agricoltura e i privati;

   quattro sono i comuni coinvolti, con conseguenze pesantissime per Calci (832 ettari ricadono nel suo territorio) e per Vicopisano. Negli stessi giorni un secondo rogo, distinto ma più limitato, ha interessato i vicini comuni di Vecchiano e San Giuliano Terme;

   il 25 settembre 2018, con decreto del presidente della giunta regionale, è stato dichiarato lo stato di emergenza regionale, prevedendo lo stanziamento di 850 mila euro per i primi interventi;

   l'incendio, oltre a distruggere ettari di bosco, vigneti e castagneti, nonché ulivi, anche secolari, ha prodotto settecento sfollati nella prima fase e danni per milioni di euro al patrimonio ambientale e paesaggistico;

   dodici case sono andate distrutte, per tre milioni e 100 mila euro di danni complessivi. Da qui la necessità di sostenere fin da subito le spese di soccorso e prima somma urgenza e a ristoro dei danni agli immobili privati, dando così risposta a coloro che nell'incendio hanno perso l'abitazione;

   l'incendio ha avuto pesanti effetti anche sul piano ambientale, per via della perdita di biodiversità, tra animali morti e la distruzione di vastissime aree di bosco e di vegetazione;

   inoltre, con questo incendio saranno impedite per anni tutte le attività umane tradizionali, come la raccolta della legna, delle castagne e dei piccoli frutti;

   superata l'emergenza occorrerà intervenire rapidamente per far ripartire le attività produttive, anche con interventi straordinari per il reimpianto delle coltivazioni. La Coldiretti ha, altresì, sottolineato che «occorrerà inoltre aver presente che, oltre ai costi necessari per ripristinare la produzione, andranno aggiunti i danni per le mancate produzioni»; in sostanza «bisognerà tener conto della sopravvivenza delle aziende di questi territori, che vivono di agricoltura»;

   sono stati definiti circa 800 ettari di monte a corona della parte andata distrutta, dove la caccia sarà vietata totalmente sino al 31 gennaio 2019, esclusa quella dedita agli ungulati, soprattutto cinghiali;

   con specifico riferimento ai danni subìti dal comparto agricolo, il 29 novembre 2018 la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione conclusiva (n. 8-00008), sottoscritta dai rappresentanti di tutti i Gruppi, con la quale si impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative di competenza per il sostegno finanziario alle imprese agricole danneggiate; per garantire la corretta progettazione e gestione del reimpianto delle colture perse nell'incendio; per tutelare e incentivare la secolare e tradizionale produzione agricola e olivicola dei Monti Pisani, nonché risorsa naturale e rurale qualitativamente elevata del territorio toscano;

   da una stima dei danni e del costo di una prima bonifica, si valuta che per ogni ettaro occorrano 5.000 euro;

   nonostante che il 10 ottobre 2018 il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, abbia ufficialmente avanzato al Governo la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per l'incendio sul Monte Pisano, l'Esecutivo non ha ritenuto di riconoscere alcunché;

   è indispensabile un efficace intervento per la messa in sicurezza del Monte, soprattutto con l'inverno e l'aumento delle piogge, posto che con un terreno cotto, privo di vegetazione, con massi in bilico, c'è il rischio di nuove emergenze per le aree sottostanti pedemontane;

   è necessario avviare e finanziare interventi per contenere rischi idrogeologici, soprattutto a valle delle aree percorse dal fuoco, per limitare la possibilità di eventuali frane, nonché per il reticolo idraulico e la piena bonifica e ricostruzione sui Monti pisani –:

   se non intendano adottare iniziative al fine di sostenere fin da subito le spese di soccorso e di ristoro dei danni agli immobili privati, per quanto di competenza del Governo, dando così un'indispensabile positiva risposta prioritariamente a chi nell'incendio ha perso l'immobile;

   se non si ritenga di adottare le iniziative di competenza per sospendere tutti i pagamenti di tributi, contributi e utenze per quei soggetti che sono stati colpiti, siano essi persone fisiche o aziende;

   quali iniziative si intendano avviare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di consentire l'avvio del necessari indispensabili interventi di difesa del suolo e di contenimento dei rischi idrogeologici, soprattutto a valle delle aree percorse dal fuoco, per limitare la possibilità di eventuali frane, nonché per consentire la piena bonifica e ricostruzione sui monti colpiti;

   quali e quante siano le risorse che si intendono destinare alla riqualificazione e al recupero della suddetta area montana e dei territori di cui in premessa, quale contributo per ricostruire le zone devastate dall'incendio.
(2-00221) «Mazzetti, Cortelazzo, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Ruffino, Casino, Bergamini, D'Ettore, Mugnai, Ripani, Silli, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Occhiuto, Carrara».
(Presentata l'11 gennaio 2019)

Interrogazioni a risposta orale:


   MAZZETTI, NEVI, CORTELAZZO, BERGAMINI, D'ETTORE, MUGNAI, RIPANI, SILLI, CASINO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, LABRIOLA, RUFFINO, ANNA LISA BARONI, BRUNETTA, CAON, FASANO, SANDRA SAVINO e SPENA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 settembre 2018 si è sviluppato un incendio di grandissime proporzioni sul Monte Serra la montagna più alta che divide le province di Pisa e di Lucca e che, secondo le stime locali, ha prodotto la distruzione di una superficie pari a 1.388 ettari di territorio oltre a un danno economico di oltre 11 milioni di euro almeno per l'agricoltura e i privati, come recentemente comunicato dal sindaco di Calci (Pi);

   l'incendio ha mandato in fumo oltre mille ettari tra bosco e ulivi, settecento sfollati nella prima fase, danni per milioni di euro al patrimonio ambientale e paesaggistico, almeno dieci case devastate dal fuoco a Montemagno;

   la Coldiretti ha stimato «il danno per oltre 1.000 ettari di vegetazione», e ha sottolineato: «Le fiamme hanno distrutto 10.000 piante di ulivo, anche secolari. Ulivi che dovranno essere ripiantati e ci vorranno almeno cinque anni prima che si torni a produrre». Il fuoco, inoltre, «ha colpito anche vigneti e castagneti. Per il settore agricolo la stima dei danni è salita a 6 milioni di euro». L'incendio avrà «pesanti effetti anche sul piano ambientale, per via della perdita di biodiversità, tra animali morti e la distruzione di ampie aree di bosco»;

   sempre secondo la Coldiretti, saranno inoltre impedite per anni tutte le attività umane tradizionali, come la raccolta della legna, delle castagne e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come la cerca dei funghi;

   superata l'emergenza occorrerà intervenire rapidamente per far ripartire le attività produttive, anche con interventi straordinari per il reimpianto delle coltivazioni. Sempre la Coldiretti ha sottolineato che «occorrerà inoltre aver presente che oltre ai costi necessari per ripristinare la produzione, andranno aggiunti i danni per le mancate produzioni»; in sostanza «bisognerà tener conto della sopravvivenza delle aziende di questi territori, che vivono di agricoltura»;

   sono stati definiti circa 800 ettari di monte a corona della parte andata distrutta, dove la caccia sarà vietata totalmente sino al 31 gennaio 2019, esclusa quella dedita agli ungulati, soprattutto cinghiali;

   l'assessore all'ambiente del comune di Cascina (Pi), Luciano Del Seppia, ha comunicato che è in corso la stima dei danni e del costo di una prima bonifica, partendo dal fatto che per ogni ettaro occorrono 5.000 euro, emerge con chiarezza l'altissimo costo che ne deriverà;

   saranno inoltre da valutare le modalità di intervento per la messa in sicurezza del monte in vista dell'inverno e delle prime piogge posto che con un terreno cotto, privo di vegetazione, con massi in bilico, c'è il rischio di nuove emergenze per le aree sottostanti pedemontane –:

   quali siano gli intendimenti del Governo al riguardo, per quanto di competenza, e quale il piano strategico di sviluppo immediato per il ripristino degli oltre 1.300 ettari di terreno andati distrutti;

   quali siano i fondi destinati alla riqualificazione della suddetta area montana e da dove essi provengano, considerata la necessità di reperire risorse con assoluta certezza e rapidità per ricostruire la zona devastata dal rogo, viste le stime che ammontano a 40 milioni di euro;

   se il Governo non ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per adottare iniziative volte a nominare un commissario straordinario che segua costantemente la ricostruzione, tenendo informati tutti i livelli istituzionali e operando di concerto con le comunità locali e la regione Toscana;

   se, nell'ambito dell'attivazione di tutte le procedure necessarie per la tutela ambientale, idrogeologica e forestale, non sia opportuno e urgente adottare le iniziative di competenza per dichiarare lo stato di emergenza nazionale, come proposto dal presidente della regione Enrico Rossi;

   se non si ritenga di adottare le iniziative di competenza per sospendere tutti i pagamenti di tributi e utenze per coloro che sono stati colpiti, siano persone fisiche o aziende.
(3-00423)


   CIAMPI, CECCANTI e CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da lunedì 24 settembre 2018 un terribile incendio sta devastando un ampio territorio nei comuni di Vecchiano, Buti, Calci e Vicopisano (provincia di Pisa). Ad oggi, mercoledì 26 settembre 2018, gli ettari devastati sarebbero alcune centinaia;

   l'incendio ha causato feriti lievi e danneggiato alcuni edifici, provocando l'evacuazione di circa 700 persone dalle loro abitazioni e la chiusura temporanea dell'aeroporto di Pisa;

   soltanto l'intervento tempestivo di numerose unità di vigili del fuoco provenienti dalla Toscana e dall'Emilia Romagna, con il supporto della Protezione civile, di numerosi volontari e l'utilizzo di Canadair ed elicotteri antincendio ha impedito conseguenze ancora più tragiche;

   l'incendio ha colpito particolarmente il Monte Serra, luogo di particolare pregio paesaggistico e naturale, la cui cima ospita alcune delle postazioni radio-televisive più importanti d'Italia: infatti il segnale dei ripetitori copre gran parte della Toscana, parte della Liguria ed alcuni comuni dell'Umbria e Piemonte;

   è in corso il censimento dei danni ai privati ed alle aziende. Le fiamme hanno distrutto centinaia di ettari di oliveti e produzioni di pregio dal punto di vista agricolo e paesaggistico, con ripercussioni inevitabili per ambiente, economia, lavoro e turismo;

   il Monte Serra e le zone limitrofe sono spesso interessate da incendi; nella stessa area era divampato un rogo solo pochi giorni prima;

   dalle prime indiscrezioni stampa trapela che l'incendio potrebbe essere di natura dolosa;

   il presidente della regione Toscana Enrico Rossi ha il firmato il decreto che attiva lo stato di emergenza regionale. Con il provvedimento sono stati anche stanziati 200 mila euro per coprire le spese di soccorso e assistenza;

   lo stesso Enrico Rossi ha ribadito l'urgenza di programmare urgenti interventi di bonifica: «spento l'incendio – ha dichiarato – bisogna togliere tutti gli alberi bruciati, togliere gli accumuli di cenere e soprattutto ricostruire un quadro idrogeologico che impedisca che alle prime piogge la montagna dilavi sui paesi e poi verso la piana con una velocità dell'acqua che potrebbe essere potenzialmente anche distruttiva» –:

   se il Governo intenda deliberare al più presto lo stato di emergenza per i territori interessati dall'incendio;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative per stanziare risorse apposite anche a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, anche al fine di contrastare il dissesto idrogeologico;

   se il Governo non intenda promuovere un maggiore e più efficace controllo del territorio del Monte Serra, colpito da numero incendi nel corso degli anni, al fine di prevenire altri atti di natura dolosa.
(3-00424)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   TRANO, APRILE, CABRAS, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GIULIODORI, GRIMALDI, MANIERO, MARTINCIGLIO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUGGIERO, ZANICHELLI, ZENNARO e ANGIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dal maggio 2018 ad oggi i mercati finanziari nazionali hanno perso circa 40 miliardi di euro di capitalizzazione, lo spread BTP/Bund ha superato i 320 punti base nel mese di dicembre 2018 assestandosi a 260 punti base nel gennaio 2019. Il comparto bancario ha subito le maggiori perdite anche a causa della stretta correlazione tra spread, regole contabili e quotazione di mercato;

   le nuove regole contabili (IFRS) e la nuova modalità di gestione degli NPL's – secondo gli analisti e le previsioni delle autorità di vigilanza internazionali – comporteranno ulteriori «svalutazioni» e conseguentemente necessità di risorse per coprire lo stock di crediti deteriorati. La stima delle svalutazioni per il solo Monte Paschi di Siena è pari a 8,7 miliardi di euro. Le autorità di vigilanza europee riscontrano – per la medesima banca – un forte impatto, in termini patrimoniali, della dinamica spread BTP/Bund a causa della eccessiva esposizione di MPS al debito sovrano italiano;

   la prima banca in difficoltà finanziaria del 2019 è Banca Carige. Per la stessa sono state predisposte misure volte a tutelare il risparmio dei cittadini evitando il rischio di applicazione del «bail in»;

   la Corte dei conti europea ha chiesto al Parlamento europeo ed al Consiglio di disporre di pieni poteri di controllo sulle attività di vigilanza della BCE, dati i notevoli rischi che i fallimenti bancari comportano per le finanze pubbliche degli Stati membri;

   l'analisi congiunta delle suddette dinamiche denota una cronica instabilità dei mercati finanziari nazionali e non si esclude un ulteriore peggioramento. D'altro canto, l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari è priva di presidente dal settembre 2018;

   in data odierna Ubi Banca registra -9,4 per cento e Banco Bpm -8 per cento che sono state anche sospese per eccesso di volatilità. Vendite consistenti anche per Bper banca (-5,85 per cento), Unicredit (-2,77 per cento, Intesa Sanpaolo (-1,65 per cento) e Mediobanca (-0,8 per cento);

   al fine di tutelare la stabilità dei mercati finanziari, il risparmio dei cittadini, gli investimenti esteri nell'economia italiana, la stabilità dei conti della Repubblica si reputa necessario e senza ulteriori attese l'immediata nomina del presidente della Consob. Si precisa altresì che la mancata nomina rappresenterebbe un grave atto censurabile sul piano politico ed istituzionale e, per tal motivo, sarà necessario individuare le dovute responsabilità –:

   se intenda predisporre tutte le opportune iniziative volte ad approvare nel prossimo Consiglio dei ministri di giovedì 17 gennaio 2019 la delibera di nomina del presidente della Consob.
(5-01213)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe stanziato dei fondi per il miglioramento della viabilità del territorio dell'agro Nocerino-Sarnese;

   più nel dettaglio, per il «Programma d'intervento per il servizio di tipo metropolitano nell'agro Nocerino-Sarnese» – che interesserebbe esclusivamente i Comuni di Scafati, Sarno, Siano, San Valentino Torio, San Marzano sul Sarno, Sant'Egidio del Monte Albino, Roccapiemonte, Pagani, Cava dei Tirreni, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Corbara, Castel San Giorgio, Bracigliano, Angri, nonché Striano e Poggiomarino – sarebbero stati stanziati cento milioni di euro. I progetti indicati dai comuni e valutati da una commissione nominata ad hoc avrebbero dovuto essere finanziati, infatti, fino alla concorrenza della somma prevista dal programma;

   da fonti di stampa si deduce che, però, solamente all'incirca cinquanta milioni di euro sarebbero stati realmente destinati al finanziamento di progetti che riguardano il territorio dell'agro Nocerino-Sarnese;

   ciò avrebbe comportato la mancanza di adeguate risorse finanziarie per il sussidio di importanti progetti che sarebbero serviti per far progredire il territorio dei comuni interessati dal programma;

   a parere dell'interrogante, se quanto appena descritto fosse veritiero, la giunta regionale dovrebbe fornire delle spiegazioni, facendo trasparenza sulle ragioni che avrebbero spinto a tale ripartizione dei fondi, nonché fornendo chiarimenti sulle norme che l'avrebbero legittimata –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, verificata l'inattendibilità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare nel caso in cui si accertasse che i fondi non siano stati pienamente utilizzati per le finalità originariamente stabilite.
(4-01959)


   RIZZO, ARESTA, CHIAZZESE, CORDA, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'anno appena concluso consegna alla cronaca diversi casi di suicidio tra gli appartenenti alle Forze dell'ordine e alle Forze armate;

   di fronte a tale allarmante fenomeno si rende necessario intervenire sottoponendo i militari a protocolli di accertamento delle capacità psico-fisiche, in grado di garantire l'immediata esclusione da servizi armati ovvero l'eliminazione della dotazione dell'arma di ordinanza, al fine di prevenire ogni possibile e malsano utilizzo della stessa per fini autolesionistici, senza che ciò possa precludere la possibilità di continuare a prestare servizio all'interno della propria Forza armata o Forza dell'ordine;

   nelle more di conoscere quali iniziative il Governo provvederà ad avviare nel corso del nuovo anno si rende necessario conoscere le dimensioni di tale fenomeno ai vari livelli, considerando che negli ultimi anni una mancanza di dati e di attenzione da parte dei Governi precedenti non ha permesso a professionisti, studiosi e addetti ai lavori in genere di cogliere realmente l'importanza di poterne avere contezza;

   patologie quali il Dpts, ovvero «disturbo da stress post traumatico», rappresentano i precursori di quelle azioni autolesionistiche che devastano psicologicamente le famiglie dei soggetti colpiti e che andrebbero assolutamente monitorate nel tempo al fine di poter avviare percorsi di recupero come avviene, per altro, in altri Paesi Nato –:

   quanti siano stati i suicidi tra gli appartenenti alle Forze dell'ordine e alle Forze armate, includendo quindi polizia penitenziaria e Guardia di finanza negli anni 2016, 2017 e 2018, suddivisi per singolo Forza armata o Corpo;

   quanti siano stati i casi di Dpts accertati tra il personale delle Forze armate e delle Forze dell'ordine negli anni 2016, 2017 e 2018 suddivisi per singola Forza armata o corpo;

   quali iniziative siano in corso di definizione da parte del Governo per contrastare questi fenomeni;

   come si collochino in tale ambito le attività del centro veterani predisposto dal Ministero della difesa nel 2018.
(4-01976)


   ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 19 gennaio 2019 si terrà a Verona, con il patrocinio della provincia e del Serit (società pubblica che si occupa di rifiuti), un concerto nazi-rock per celebrare Jan Palach, il giovane che il 16 gennaio del 1969 si diede fuoco in piazza San Venceslato, nella capitale cecoslovacca, per protestare contro la repressione della Primavera di Praga;

   Palach è stato espressione dei movimenti studenteschi e giovanili degli anni ’60 che coltivavano ideali di libertà, cambiamento e democrazia. Un giovane che con il suo sacrificio ha contribuito alla costruzione dell'Europa unita, che va difesa, e lontanissimo dai reazionari movimenti fascisti, nemici dell'Europa;

   tale iniziativa ha, pertanto, destato sconcerto nella capitale ceca e, in tal senso, intellettuali e studenti universitari hanno avviato una petizione che ha raccolto già migliaia di firme, per chiedere che: la provincia di Verona ritiri il patrocinio al concerto; il comune di Verona si dissoci dal concerto; venga cancellato qualsiasi nesso tra il concerto e Jan Palach;

   in particolare, i ragazzi del consiglio degli studenti della facoltà di lettere e filosofia hanno scritto di aver appreso con indignazione la notizia, ripresa anche dai media cechi, relativa a tale iniziativa, dichiarando che: «In quanto membri del Consiglio degli studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'università Carlo IV di Praga, dunque dell'organizzazione che ogni anno commemora il gesto di Palach, ci opponiamo nettamente a tale concerto. Riteniamo inoltre del tutto riprovevole il patrocinio di tale concerto da parte delle autorità, in questo caso della provincia di Verona. L'eredità morale di Palach è oggi ancora viva, da qui la necessità, in questo contesto, di ricordarne l'elemento essenziale, un elemento dal significato più che univoco. Il gesto radicale di Jan Palach, studente della Facoltà di Lettere e Filosofia, è stato motivato da un desiderio di democratizzazione e umanità. I movimenti identitari e gli altri gruppi dell'estrema destra interpretano erroneamente, con la loro stessa esistenza, l'eredità morale di Palach. È pertanto inconcepibile e del tutto deprecabile che Palach venga celebrato da tali movimenti. La storia italiana è segnata dall'epoca del fascismo, tuttavia l'Italia di oggi si regge sui valori della democrazia, della libertà e dell'uguaglianza, dunque su valor totalmente inconciliabili con il movimento fascista»;

   come si apprende da notizie apparse sulla stampa, a tale concerto – infatti – parteciperanno gruppi musicali appartenenti all'estrema destra come i «Topi neri» che si richiamano alla X° Mas, la «Compagnia dell'Anello» che intona la «Ballata del Nero», gli «Hobbit» che si definiscono «band identitaria nazionalista» e infine Gabriele Marconi, già militante di terza Posizione, scrittore e vicedirettore della rivista Area;

   tale evento è stato organizzato dall'associazione Nomos Terra e Identità, vicina al consigliere comunale Andrea Bacciga, che si è recentemente distinto per aver fatto il saluto romano in aula e a presiederla è Michele Marai, già candidato alle elezioni politiche del 2008 con Forza Nuova;

   appare molto discutibile che eventi drammatici come l'alluvione e figure storiche come Jan Palach siano strumentalizzati per veicolare ideologie e messaggi antidemocratici di stampo nazista e fascista che non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nella città medaglia d'oro della Resistenza;

   Serit non è l'unica azienda comunale ad aver supportato le iniziative dei neofascisti, c'è anche Agsm che lo scorso 20 dicembre 2018, alla presentazione del libro «Eroi della Grande Guerra» in Biblioteca civica, ha donato 500 euro a Nomos, organizzatrice del concerto che si terrà il 19 gennaio –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e se ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a contrastare la diffusione e il radicamento di associazioni e movimenti di stampo neofascista e neonazista che divulgano valori incompatibili con quelli costituzionali, anche promuovendo una disciplina più stringente in relazione al patrocinio di eventi e manifestazioni da parte di enti pubblici o società da questi partecipate.
(4-01977)


   MULÈ, BERGAMINI, MARTINO, BARATTO e PELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri del 7 gennaio 2019 ha varato un decreto-legge per sostenere Banca Carige, istituto che versa in difficoltà economiche, con un piano di intervento che si articola in due parti: garanzie statali sulle obbligazioni, per un massimo di 3 miliardi di euro, attivabili fino al 30 giugno 2019, e un fondo pubblico da 1,3 miliardi di euro per coprire gli oneri dei bond e della eventuale sottoscrizione di azioni della banca per un massimo di un miliardo in caso di ricapitalizzazione precauzionale. L'8 gennaio 2019 il provvedimento in questione è stato firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il disegno di legge di conversione del decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 1, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.P.A. – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia è stato quindi presentato alla Camera dei deputati e assegnato alla Commissione VI (Finanze);

   in buona sostanza, con una riunione notturna durata appena dieci minuti il Governo ha approvato in fretta e furia un provvedimento a spese degli italiani per salvare o in estrema ratio nazionalizzare un istituto di credito, fotocopiando e incollando il testo del decreto-legge n. 237 del 2016 varato dal Governo Gentiloni nella scorsa legislatura per il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena. Il testo del decreto-legge contiene infatti le stesse regole per l'eventuale nazionalizzazione, compreso il burden sharing (ovvero il sistema di condivisione degli oneri che avviene nel contesto di una crisi finanziaria tra azionisti e obbligazionisti subordinati), e le stesse regole che stabiliscono quali sono le garanzie statali. Nella bozza che circolava poco prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si rileva, inoltre, un altro dettaglio interessante: il testo delle «Misure urgenti a sostegno di Banca Carige S.p.a – Cassa di risparmio di Genova e Imperia» è datato come Decreto-legge [*] novembre 2018, a dimostrazione che l'ipotesi di un intervento statale era già allo studio negli ultimi due mesi;

   inoltre, con riferimento all'adozione di questo provvedimento particolare perplessità suscita il fatto che, come rilevato dalla stampa nazionale, vi sarebbero stati dei contatti, intercorsi tra il Governo e la famiglia Malacalza nei giorni roventi di dicembre 2018, che mettono in discussione la terzietà del ruolo giocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, nella gestione del dossier Carige. Si tratta, in particolare, di chiamate arrivate nei momenti cruciali, a ridosso dell'ultima assemblea dei soci (quella che farà saltare il banco) e alla vigilia del commissariamento della Bce. In particolare il Presidente Conte avrebbe chiamato, o meglio, sarebbe intervenuto personalmente almeno tre volte sulla famiglia Malacalza, azionista di riferimento di Carige; avrebbe parlato e incontrato i figli Davide e Mattia e si sarebbe servito di una sua conoscenza, il professor Guido Alpa, ex consigliere di Carige e titolare di uno studio nel quale il Presidente del Consiglio sarebbe stato «coinquilino», per fare pressioni sulla famiglia affinché sottoscrivesse l'aumento di capitale. Tutto ciò sarebbe avvenuto tra il 15 e il 31 dicembre 2018, giorni in cui il Presidente del Consiglio avrebbe incontrato il presidente di Banca Carige, per parlare del dossier Carige;

   se quanto precede fosse confermato getterebbe una luce oscura sulla genesi del provvedimento in questione, in quanto non appaiono chiari i motivi per i quali il Presidente del Consiglio sia intervenuto in prima persona, nei confronti di soggetti di una banca privata, travalicando ogni tipo di competenza –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga quanto mai urgente e indispensabile chiarire i contorni della vicenda descritta in premessa dai quali sembra emergere la possibilità di un evidente conflitto di interessi.
(4-01981)


   GAVINO MANCA, MURA, MORETTO, BENAMATI, BONOMO, MOR, NARDI, NOJA e ZARDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Sardegna ha sposato da subito la strategia di decarbonizzazione della Strategia energetica nazionale (Sen) 2017 e ha rilanciato sugli obiettivi di riduzione delle emissioni dannose;

   negli obiettivi della Sen 2017 si prevedevano, per la Sardegna, interventi aggiuntivi rispetto a quanto già necessario per sostenere lo scenario con fonti rinnovabili al 55 per cento: realizzare una nuova interconnessione elettrica Sardegna-continente o Sardegna-Sicilia – continente, avere una capacità di generazione a gas, alimentata da impianti di rigassificazione e depositi di Gnl, arrivare a una capacità di accumulo per 400 megawatt;

   nel mese di novembre 2018 con la determina DVA/2018/430 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad avviso degli interroganti senza un adeguato confronto politico e tecnico, ha disposto l'accelerazione della dismissione delle centrali elettriche a carbone;

   nell'isola ci sono importantissimi impianti come Sarroch, Portovesme e Porto Torres, con importanti progetti di investimento supportati dalla regione e dal Ministero dello sviluppo economico;

   come già evidenziato in atti precedenti dal primo firmatario del presente atto, la Sardegna continua ad essere ad oggi l'unica regione sprovvista di metanizzazione, ma grazie al Patto per lo sviluppo della regione Sardegna «Attuazione degli interventi prioritari e individuazione delle aree di intervento strategiche per il territorio» firmato il 29 luglio 2016 dal Presidente del Consiglio Renzi e dal Governatore Pigliaru, si è aperta la strada per realizzare questo progetto;

   l'ulteriore suggello è stato posto con l'inserimento, da parte del Governo Gentiloni, nella Sen 2017 dell'allegato II (metanizzazione della Sardegna);

   la mancanza del gas e della sua rete di distribuzione determina per la Sardegna una situazione di diversità infrastrutturale rispetto alle altre regioni d'Italia;

   la necessaria realizzazione della metanizzazione della Sardegna è stata messa in discussione nel mese di luglio 2018 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in un'intervista dove ne ha parlato come di un progetto «obsoleto e impattante» sull'ambiente, prefigurando un utilizzo differente dei 700 milioni di euro stanziati;

   tale posizione è stata peraltro ribadita anche da esponenti della principale forza di Governo in altre interviste;

   il Ministro Toninelli, a seguito dell'incontro con il governatore Pigliaru il 4 luglio 2018, ha dichiarato che tutti i dossier infrastrutturali sarebbero stati presi in esame senza pregiudiziali e in base a una valutazione costi-benefici;

   inoltre, l'accelerazione impressa alla chiusura delle centrali termoelettriche a carbone, senza realizzare contestualmente gli interventi aggiuntivi previsti dalla Sen, metterebbe in ginocchio il già delicato sistema economico dell'isola, in quanto si eliminerebbe il carbone senza chiarire con cosa e come questo verrà sostituito, da qui al 2025 –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per identificare una chiara tabella di marcia per la chiusura delle centrali a carbone ancora attive all'interno di una strategia nazionale al 2050 in linea con quella europea;

   se il Governo sia a conoscenza dei piani industriali, che prevedono il riavvio di importanti filiere, come quelle dell'alluminio a Portovesme o della chimica verde a Porto Torres, che sarebbero stravolti in assenza di un'alternativa adeguata all'energia termoelettrica;

   se il Governo sia a conoscenza dell’iter avanzato del progetto di metanizzazione della Sardegna;

   se la posizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sia personale o se risponda a una nuova linea dell'attuale Governo, rispetto al passato, e in tal caso, quale essa sarebbe;

   se il Governo intenda attivarsi affinché l'impegno di fornire al mercato sardo il Gnl ad un prezzo in linea con quello del gas italiano possa essere reso concreto nel più breve termine possibile;

   se sia intenzione del Governo convocare un incontro urgente con tutte le parti interessate per chiarire come il Governo intenda procedere nel phase-out dal carbone al 2025, evitando di generare distorsioni sul mercato.
(4-01988)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, SCALFAROTTO, DE MARIA, LA MARCA, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, FIANO e GUERINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi siriana continua ormai da otto anni ed ha causato oltre 300 mila vittime secondo le stime delle Nazioni Unite, circa 500 mila secondo i conteggi di altre organizzazioni umanitarie;

   dall'inizio del conflitto 11,5 milioni di persone, quasi metà della popolazione prima dell'inizio della guerra, sono state costrette ad abbandonare le proprie case: 5,6 milioni di persone hanno trovato rifugio fuori dalla Siria, mentre 6,5 milioni di persone sono sfollati interni e le persone che in totale necessitano di assistenza sanitaria e protezione risultano essere più di 13 milioni;

   dall'inizio del conflitto la perdita economica in Siria è stimata in 255 miliardi di dollari e oggi 4 siriani su 5 vivono in condizioni di estrema povertà;

   secondo Save the children sono 5,8 milioni i bambini che vivono sotto i bombardamenti e necessitano di aiuti immediati e almeno 3 milioni i bambini che hanno fino a sei anni e non hanno mai conosciuto altro che la guerra;

   ciononostante, la Siria sta entrando in una nuova fase: il Presidente Bashar al Assad ha vinto la guerra civile, assicurandosi il controllo del centro delle città e poi attaccando militarmente le periferie controllate dai ribelli, e, sebbene, gran parte del Paese rimanga al di fuori del controllo del Governo di Damasco e la violenza continui a imperversare, l'attenzione nazionale e internazionale è sempre più rivolta alla fase post bellica;

   gli Stati Uniti hanno dato il via al ritiro delle proprie truppe dalla Siria. Lo ha annunciato un portavoce della Casa Bianca, senza specificare, per motivi di sicurezza, i dettagli dell'operazione;

   nonostante il determinante contributo che le forze curdo-siriane (Ypg) hanno dato sul campo alla battaglia contro il califfato, con il ritiro degli Usa la questione curda in Siria si complica ulteriormente, con la Turchia che continuerà a combattere le forze curde in Siria;

   il Ministro interrogato ha dichiarato recentemente che «stiamo lavorando per valutare se e in che tempi sia necessario» riaprire l'ambasciata in Siria, anche se l'ambasciata non è mai stata tecnicamente chiusa, ma nel 2012 era stato richiamato l'ambasciatore in seguito ai primi rapporti sui massacri di civili. Un passo compiuto insieme ai principali partner dell'Unione europea –:

   quale sia la valutazione del Governo in merito alla situazione in Siria, anche alla luce del ritiro delle truppe americane e della ripresa delle attività di diplomazia in loco con la riapertura dell'ambasciata italiana a Damasco.
(3-00432)

Interrogazione a risposta orale:


   BOND. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 dicembre 2018 non si hanno più notizie di Luca Tacchetto, 30 anni, scomparso in Burkina Faso assieme alla sua amica canadese Edith Blais. Secondo alcune fonti sarebbe stato visto a 50 chilometri dalla capitale Ouagadougou il 22 dicembre, probabilmente diretto in Togo;

   il Burkina Faso che fino al 2015-2016 era immune da fenomeni terroristici, negli ultimi anni è diventato un Paese a rischio, soprattutto il nord del Paese, dove i movimenti jihadisti hanno cominciato a operare con attentati sanguinosi come quello dell'anno scorso nella capitale. Nel settembre 2018 padre Pierluigi Maccalli, missionario della Società delle missioni africane in Niger, è stato rapito da milizie islamiche con possibile base nel Burkina Faso;

   il Paese, peraltro, è caratterizzato da scontri etnici, che nei primi giorni di quest'anno hanno provocato quasi 50 morti;

   secondo Efrem Tresoldi, direttore di «Nigrizia», il mensile delle Missioni africane, l'ipotesi più plausibile è quella del rapimento da parte di un gruppo di terroristi islamici, che si sostengono appunto grazie a rapimenti, estorsioni e traffico di droga. Tuttavia, desta forte preoccupazione l'assenza di richieste di riscatto o di rivendicazioni;

   nonostante ne fosse prevista l'istituzione quest'anno, l'Italia ancora non ha una propria ambasciata in Burkina, ma solo un consolato a Ouagadougou. Di conseguenza, l'evoluzione dei fatti è seguita dall'ambasciata d'Italia ad Abidjan, in Costa d'Avorio;

   si ha notizia che, sin dal primo momento, la citata ambasciata è intervenuta presso le autorità locali perché fossero attivate le opportune ricerche e che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si mantiene in contatto con i familiari per fornire, in stretto raccordo con l'ambasciata, informazioni aggiornate e ogni possibile assistenza. Anche l'Interpol, su istanza della Farnesina si sta occupando del caso e ha setacciato, senza esito sia gli ospedali che le carceri di quell'area;

   tuttavia, si ha l'impressione che il caso sia sottovalutato nella sua reale dimensione, non solo sulla stampa, ma anche per quel che riguarda le possibili azioni da porre in essere per recuperare incolume il nostro connazionale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare ogni iniziative di competenza in merito alla questione della ricerca e del ritrovamento di Luca Tacchetto ed Edith Blais attivando specifici contatti ai massimi livelli tra Italia e Burkina Faso, affinché si possa giungere a una positiva conclusione della vicenda.
(3-00422)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la promozione della lingua e della cultura italiane riveste un interesse strategico per l'Italia in una realtà multiculturale e multilinguistica come il Canada, nella quale risiede e opera una comunità italiana ben integrata e attiva, che conserva e continua a sviluppare un forte legame con il Paese di origine;

   una delle comunità più importanti e dinamiche non solo del Canada, ma dell'intero Nord America è quella del Québec e, in particolare, dell'area di Montréal, che da circa mezzo secolo ha trovato nell'ente gestore Picai un costante e qualificato riferimento per quanto attiene all'organizzazione dei corsi di lingua e cultura italiane, in particolare di quelli extracurricolari, che hanno accompagnato l'apprendimento dell'italiano di diverse generazioni di immigrati italiani e dei loro discendenti, rispondendo anche alla domanda di arricchimento linguistico di persone di altra origine e cultura;

   nel piano di riparto dei fondi ministeriali ex capitolo 3153 per il 2018, per l'intero Québec, sono stati previsti contributi per soli tre enti gestori, uno operante a Halifax (Icca) e due a Montréal (Picai e Cesda), per un importo complessivo di 170.175 euro;

   alla luce delle verifiche amministrative operate sia in sede consolare che ministeriale, in base alle norme contenute nella circolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale n. 13, in via di revisione, alla fine dell'anno finanziario 2018 il contributo considerato realmente erogabile è diventato di 60.000 euro circa (40.000 euro per l'Icca di Halifax e 20.000 circa per il Cesda di Montréal), mentre è risultato escluso dal sostegno ministeriale proprio il Picai, che come ente di più profondo radicamento e di più lontana origine è quello che ha costantemente reso il servizio più diffuso e partecipato;

   alla luce di questo fatto, i dirigenti del Picai si sono visti costretti a interrompere a inizio 2019 i corsi di italiano avviati da settembre 2018 per l'impossibilità di corrispondere agli impegni verso gli insegnanti, le scuole locali per l'uso delle aule e i fornitori, una decisione che è stata accolta con allarme e preoccupazione dalle famiglie interessate e dall'intera comunità, come dimostra la sottoscrizione, con migliaia di firme in poche ore, di una petizione popolare che chiede l'immediata riapertura dei corsi;

   al di là dei pur necessari controlli amministrativi e contabili, prescritti per altro dalla normativa esistente, vi sono tuttavia questioni aperte da affrontare in relazione all'insieme degli soggetti promotori, riguardanti un'interpretazione restrittiva della normativa, che di fatto riduce l'autonomia e i margini di azione di ciascun ente gestore, e lo stesso profilo degli enti promotori sollecitati, da un lato, a sostenere le attività concorsuali anche con proprie risorse e penalizzati, dall'altro, se l'entità di tali risorse si avvicina al livello dei contributi assegnati –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per fronteggiare in modo urgente e adeguato il vuoto di offerta formativa che si è aperto nel Québec a seguito delle situazioni su esposte e per consentire al Picai di riprendere le sue attività e di completare i corsi interrotti, venendo incontro alla legittima richiesta delle famiglie e dell'intera comunità di Montréal;

   se non intenda adottare iniziative per una modifica della circolare n. 13 citata in premessa, in modo da assicurare agli enti una maggiore autonomia e prevedere con essi un rapporto di collaborazione a progetti, ai quali circoscrivere i controlli amministrativi e contabili da parte dell'amministrazione.
(5-01211)

Interrogazione a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Canada risiede una considerevole comunità italiana di cui circa 40 mila nella circoscrizione consolare di Montréal;

   in questi anni gli enti gestori hanno provveduto, in maniera sussidiaria allo Stato italiano, a organizzare corsi di lingua per gli italiani residenti in tale area e, in particolar modo, per i ragazzi in età scolare figli di italiani;

   il Picai è un ente di particolare rilevanza curando l'organizzazione di tali corsi, da anni, presso diverse scuole di Montréal;

   quest'anno il Picai ha interrotto i corsi a metà anno a causa della mancata erogazione dei fondi da parte del Governo italiano, anche se sono state versate le quote complete di iscrizione annuali;

   questo sta provocando notevole disagio tra la comunità italiana e danni nel percorso educativo dei ragazzi che frequentano i corsi;

   l'apprendimento della lingua di origine è di particolare importanza per lo sviluppo psicofisico dei ragazzi;

   l'erogazione dei corsi di italiano all'estero costituisce uno strumento importantissimo sia di servizio ai connazionali sia di diplomazia culturale;

   l'interruzione dello svolgimento di tali corsi avrà evidenti ripercussioni sull'immagine dell'Italia in Canada –:

   come il Ministro interessato intenda intervenire per risolvere la questione esposta e venire incontro alle esigenze degli studenti e delle famiglie italiane di Montréal.
(4-01982)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MURONI, FASSINA e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la situazione della gestione del ciclo dei rifiuti nella capitale costituisce un tema non solo locale ma nazionale, per la rilevanza delle ricadute generali che si determinano in presenza dei gravi disservizi nella raccolta regolare dei rifiuti e del loro smaltimento, così come denunciato da numerose inchieste della stampa. A tal proposito, si ricorda la denuncia dei presidi che avevano minacciato la chiusura delle scuole, il 7 gennaio 2019, a causa della presenza di ratti provenienti dai sacchetti di spazzatura che si accumulano anche davanti a porte e cancelli degli istituti scolastici;

   dopo l'incendio dell'impianto di trattamento meccanico biologico al Salario, l'Ama tratta in impianti di sua proprietà solo circa 700 delle 3.100 tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotti ogni giorno. Le restanti 2.400 finiscono in altri impianti del Lazio o in altre regioni italiane;

   il sindaco di Roma, che si è sempre dichiarata contraria alle discariche, sembra che ora abbia cambiato idea. Si ricorda che già oggi una parte dei rifiuti di Roma, dopo essere stata trattata negli impianti di Aprilia, finisce nell'invaso di Colleferro, che ha quasi terminato le sue volumetrie. Altra, dopo essere passata dal tmb di Viterbo, finisce a Civitavecchia;

   la localizzazione delle aree idonee per la realizzazione degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti della capitale agita il lavoro della cabina di regia voluta dal Ministro interrogato per far fronte alla difficile situazione romana. Nel corso della riunione al Ministero, la città metropolitana ha consegnato le mappe richieste dalla regione Lazio;

   le aree idonee sono state localizzate tra il territorio di Cerveteri e Ladispoli, tra i comuni di Rignano Flaminio, Morlupo e Magliano Romano e nella zona di Civitavecchia. Nel comune di Roma ci sono aree ricadenti nei municipi XI e IV, più precisamente lungo la Tiburtina poco prima di Guidonia, e in una zona tra i municipi IX e il X, e nell'XI, non molto distante dal territorio di Fiumicino, XIII e XIV;

   sul piede di guerra sono i sindaci dell'area metropolitana di Roma, in primis i sindaci di Cerveteri e Fiumicino –:

   alla luce di una tangibile emergenza rifiuti nella città di Roma, visto anche il «rimpallo» delle responsabilità tra Roma capitale e regione Lazio, quali iniziative, nell'ambito della cabina di regia, d'intesa con i sindaci dell'area metropolitana, intenda intraprendere per scongiurare un'emergenza nella capitale d'Italia.
(3-00434)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sempre più numerose notizie di stampa provenienti dal territorio avanzano critiche sul quadro dell'applicazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle norme in materia di governo degli enti parco nazionali e delle aree marine protette previsto dalla legge quadro n. 394 del 1991;

   lo scenario che emerge è quello di un gravissimo ritardo degli adempimenti previsti per individuare le figure dei presidenti attraverso l'intesa con le regioni competenti territorialmente;

   dalle Cinque Terre all'Aspromonte, passando per le Dolomiti Bellunesi e la Val d'Agri, una linea continua di inefficienza amministrativa e di inerzia politica attraversa l'Italia;

   diversi sono gli episodi curiosi in questa vicenda, tra i quali spiace menzionare quello che, secondo quanto riportato dalla stampa, è avvenuto presso il Parco dei Monti Sibillini con l'annuncio della nomina del presidente, con modalità che appaiono agli interroganti quantomeno irrituali;

   per quanto riguarda il Parco del Gargano, invece, la stampa ha dato notizia di una procedura di selezione nella quale sarebbero stati vagliati ben 15 curricula, procedura peraltro non espressamente prevista dalla disciplina vigente;

   discorso a parte merita la vicenda di recenti commissariamenti di enti parco come la Sila e la Val d'Agri, per i quali si è fatto ricorso a professionalità provenienti dalla stessa amministrazione, pur meritoria, di provenienza del Ministro interrogato –:

   quali azioni e provvedimenti urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per completare al più presto la governance degli enti parco nazionali, attraverso le dovute intese con le presidenze regionali per assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione di coordinamento di questi enti sul territorio.
(3-00435)

Interrogazione a risposta orale:


   LOMBARDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a circa 30 chilometri dalla città di Palermo si trova la piana di Partinico, un'area di grande valore naturalistico e paesaggistico di circa 50 chilometri quadrati attraversata dal fiume Nocella, la cui foce è situata in prossimità della baia di San Cataldo;

   la forte antropizzazione negli anni ha comportato fenomeni di inquinamento, causati dai numerosi scarichi abusivi di sostanze inquinanti nel fiume Nocella e, in particolare, in un suo affluente, il torrente Puddastri, che riceve scarichi provenienti da depuratori mal funzionanti, distillerie, oleifici, cantine e dalle cosiddette fosse imhoff; nel punto in cui il fiume Nocella riceve le acque del torrente Puddastri, il sistema fluviale diventa una vera e propria cloaca a cielo aperto, caratterizzata dai cattivi odori emanati dallo sversamento di reflui urbani e industriali non trattati;

   con la direttiva 2000/60/CE il Parlamento europeo e il Consiglio hanno istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, finalizzato alla protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione e delle acque costiere e sotterranee;

   l'Unione europea ha avviato la procedura di infrazione (UE)2014/2059 a seguito della mancata attuazione in Italia della direttiva 1991/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane: i risultati del trattamento delle acque non risultano conformi a quanto stabilito dalla direttiva e parte del carico raccolto non viene inviato a trattamento. Ad oggi, risulta nominato un commissario straordinario per risolvere la procedura di infrazione; gravi sono i danni causati dalle attività antropiche sull'ecosistema: gli sversamenti incontrollati dei reflui, la realizzazione di porti e dighe, la cementificazione dei litorali e le opere di sbancamento hanno compromesso l'intero bacino idrografico del fiume Nocella, asse portante dell'infrastruttura ecologica locale; si osserva oggi una situazione di particolare degrado: lo scarico abusivo di sostanze inquinanti e la connessa mancanza di sistemi di depurazione delle acque, oltre a causare l'inquinamento di tipo olfattivo, hanno determinato un'insalubrità delle acque, causa del divieto di balneazione presso la spiaggia della baia di San Cataldo;

   il processo di degrado ambientale si ripropone periodicamente a partire dai primi anni ‘80 in relazione all'irragionevole urbanizzazione della fascia costiera, alla mancanza di funzionali sistemi di depurazione delle acque reflue e al notevole impulso dato all'agricoltura, alla coltivazione della vite e all'incremento delle connesse attività industriali; ciò ha provocato un grave danno per l'economia dei paesi limitrofi, alla pesca e al turismo, con punte massime di degrado ecologico in corrispondenza dei comuni di Alcamo Marina e Trappeto;

   un recente campionamento delle acque del fiume Nocella in località San Cataldo, effettuato dalla Guardia portiera di Terrasini per l'A.r.p.a. Sicilia ha evidenziato un miglioramento, estemporaneo e non stabile, della qualità delle acque legato alle forti piogge degli ultimi mesi; l'A.r.p.a. Sicilia ha contestualmente trasmesso un decalogo con il quale raccomanda ai comuni siciliani un impegno diretto finalizzato a verificare l'effettivo e corretto smaltimento dei fanghi di depurazione, attuare la vigilanza sulla gestione degli impianti, mettere in atto le azioni di salvaguardia e tutela dell'integrità ambientale del fiume –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con gli enti territoriali, il Ministro abbia intenzione di portare avanti nell'immediato:

    a) per tutelare la vasta area della piana di Partinico attraversata dal fiume Nocella e contrastare il grave fenomeno /dell'inquinamento causato dai numerosi scarichi abusivi e/o dagli impianti di depurazione mal funzionanti;

    b) per favorire la salvaguardia ambientale del bacino idrografico e il recupero ambientale del tratto di costa presso la baia di San Cataldo, ove il fiume, sfociando, rende la spiaggia non balneabile.
(3-00421)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI, GADDA e PEZZOPANE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   i danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica o inselvatichita hanno assunto dimensioni allarmanti, con gravi ripercussioni che incidono inevitabilmente sulla pubblica sicurezza oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, compromettendo in vaste aree interi raccolti e l'equilibrata e integrata coesistenza sostenibile tra attività umane e specie animali;

   il numero di cinghiali in Italia sembra secondo alcune stime addirittura raddoppiato negli ultimi 10 anni, superando ad oggi il milione di unità, mentre si è notevolmente estesa l'area in cui questi animali arrivano a spingersi in cerca di cibo: dai boschi raggiungono spesso la campagna e persino le zone metropolitane;

   le associazioni agricole di categoria hanno stimato in 300 milioni di euro all'anno i danni provocati ogni anno dalla fauna selvatica (in moltissimi casi rimborsati solo parzialmente), senza contare i casi in cui ci sono state purtroppo vittime: anche recentemente c'è stato un gravissimo incidente stradale sull'autostrada A1, tra Lodi e Casalpusterlengo, dove un gruppo di cinghiali attraversando la carreggiata ha procurato una vittima e dieci feriti;

   la legge n. 157 del 1992 attribuisce alle regioni la competenza in materia di normativa, di programmazione e gestione dell'attività venatoria (nel rispetto dei princìpi generali della legislazione quadro nazionale, delle norme internazionali recepite e delle indicazioni scientifiche);

   questi strumenti normativi non si sono però rilevati sufficientemente efficaci, facendo ricadere spesso i costi relativi alla prevenzione dei danni esclusivamente sulle attività agricole, mentre l'attività venatoria, negli ultimi anni in sensibile diminuzione nel nostro Paese, non ha potuto contrastare (per quanto riguarda le specie cacciabili ed in particolare i cinghiali) l'aumento del numero di animali selvatici e contribuire al ripristino dell'equilibrio dell'ecosistema naturale;

   il Sottosegratario delegato per le politiche agricole alimentari, forestali e del turismo rispondendo alla Camera dei deputati alla interrogazione n. 5-01041, il 4 dicembre 2018, ha ribadito che la «gestione della fauna selvatica sia un tema già da tempo all'attenzione delle Amministrazioni centrali e regionali». Lo stesso Sottosegretario ha inoltre segnalato che il tavolo per il coordinamento degli interventi territoriali in materia di danni da fauna selvatica istituito nel 2017 in sede di Conferenza unificata «ha messo a punto alcune proposte di modifica al quadro legislativo vigente, alle quali, tuttavia, al momento non è ancora stato dato seguito» e che «per quanto riguarda la problematica relativa al risarcimento dei danni al settore agricolo, in data 6 giugno 2018, questo Ministero ha notificato alla Commissione europea uno schema di decreto interministeriale che disciplina le modalità di concessione degli aiuti per le misure preventive e per gli indennizzi»;

   negli anni sono state promosse varie iniziative, nonché depositate proposte di legge di vari gruppi politici, e sul tema sono state svolte indagini conoscitive dalla Commissione agricoltura della Camera;

   sulla necessità di intervenire convengono tutti i soggetti agricoli, gli enti locali, le regioni e buona parte dello stesso mondo ambientalista, considerato che la crescita esponenziale della popolazione selvatica in questione rischia di compromettere la biodiversità di parchi ed aree protette;

   lo stesso Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Centinaio ha ribadito recentemente: «un piano per la gestione della questione cinghiali, e più in generale degli animali carnivori, è necessario e non più rinviabile» –:

   quali iniziative urgenti intenda concretamente assumere il Governo per affrontare l'emergenza relativa alla fauna selvatica, per tutelare il mondo agricolo dai danni e contrastare e prevenire gli incidenti causati dalla fauna selvatica stessa dando piena attuazione alle indicazioni del tavolo istituzionale citato in premessa;

   quali siano i contenuti dello schema di decreto interministeriale che disciplina le modalità di concessione degli aiuti per le misure preventive e per gli indennizzi dei danni provocati da fauna selvatica omeoterma alle produzioni agricole citato in premessa e quando verrà emanato;

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario, di concerto con le regioni, operare un censimento relativo alla effettiva presenza degli animali selvatici nel nostro Paese e varare iniziative di natura straordinaria.
(5-01202)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale (di seguito Ctvia) ha rilasciato di recente parere positivo di valutazione di impatto ambientale all'istanza presentata dalla società Shell spa riguardante il progetto di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «Monte Cavallo» che interessa le regioni Campania e Basilicata;

   la Ctvia ha espresso il suddetto parere nonostante l'acquisizione in atti dei pareri contrari delle regioni di interesse, formulati similmente anche per le ulteriori istanze della società Shell e denominate «La Cerasa» e «Pignola»;

   in particolare, la regione Campania evidenzia che le richieste della Shell andrebbero, tra l'altro, respinte in quanto interessano un'area geografica contigua del parco nazionale del Cilento per la quale, ex lege, è fatto divieto assoluto, di effettuare sondaggi ed estrazioni di idrocarburi, nonché aree di rilievo archeologico;

   la direzione generale archeologica, belle arti e paesaggio – soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio della Basilicata incaricata dalla direzione generale di pronunciarsi sul merito ha espresso parere negativo evidenziando che «le indagini previste in questa prima fase sono preliminari ad una fase successiva di trivellazione che comporterebbe alterazioni all'equilibrio del paesaggio e dell'ambiente [...]. L'eventuale prosieguo delle ricerche, comportando una irreversibile modificazione dello stato dei luoghi, comprometterebbe le attività residenziali ed il benessere della popolazione [...]»;

   molteplici sono state le osservazioni depositate nel corso della procedura da parte di associazioni ambientali e privati cittadini al fine di riuscire ad arrestare le attività del progetto essendo esse del tutto incompatibili con le peculiarità del territorio e ponendo in serio pericolo la biodiversità dello stesso, le acque e, di conseguenza, l'attività agricola;

   di codeste osservazioni nonché delle forti perplessità che la questione ha suscitato a livello nazionale il Ministro interrogato dovrebbe essere a conoscenza atteso che la normativa vigente prevede espressamente che il presidente della commissione Via e Vas informi periodicamente il Ministro e la direzione generale sulle attività istruttorie espletate dalla commissione, predisponga note informative su esplicita richiesta e assicuri la coerenza tra l'attività della commissione e le direttive del Ministro;

   a parere dell'interrogante accogliere la predetta istanza e le altre presentate dalla suindicata società con emanazione del relativo decreto comporterebbe una grave e irreperibile frustrazione del territorio a scapito di una politica di tutela e valorizzazione delle aree di interesse –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di salvaguardare il territorio dai danni ambientali e geologici che potrebbero derivare dall'esito favorevole della procedura di valutazione di impatto ambientale relativa alle istanze della società Shell, se non si intenda procedere a una valutazione accurata e globale degli atti acquisiti nelle suddette procedure che evidenziano, in particolar modo, i pareri negativi delle amministrazioni regionali.
(4-01958)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   di recente il Sole 24 Ore ha pubblicato l'articolo intitolato «Rifiuti, collasso Emilia-Romagna. Altro spazio o si blocca tutto» (edizione del 7 dicembre 2018). Nell'articolo viene citato l'appello che le imprese emiliano-romagnole avevano lanciato a inizio ottobre 2018;

   in particolare, si fa riferimento alla problematica situazione relativa al trattamento dei rifiuti e dei materiali da rigenerare che, a causa di regole che paralizzerebbero sia gli impianti che il mercato, non troverebbero adeguata e tempestiva destinazione. Secondo quanto riportato dal quotidiano, gli impianti sarebbero pieni e occorrerebbe autorizzare l'aumento degli stoccaggi «istantanei» o «temporanei» degli impianti che hanno già superato le quantità autorizzate;

   l'assessore regionale all'ambiente, Paola Gazzolo, ha rilasciato generiche dichiarazioni («abbiamo ben presente il problema e stiamo lavorando per una soluzione») parlando però di «scenario al quale si aggiunge la totale assenza di strategia da parte del Governo»;

   il problema riguarderebbe, in particolare, i rifiuti speciali, quelli cioè prodotti dalle imprese. Le aziende avrebbero ingenti quantità da smaltire a fronte delle limitate quantità di conferimento autorizzate e dei costi crescenti di trattamento per talune tipologie di rifiuti;

   il tema, ovviamente, non riguarda solo l'Emilia-Romagna ma in generale il trattamento dei rifiuti speciali che devono trovare una corretta e adeguata «fine» che sia quanto più possibile vocata al riciclo e al riutilizzo. In tal senso, le cosiddette politiche end-of-waste dovrebbero trovare piena applicazione non solo per i rifiuti urbani ma anche e soprattutto per i rifiuti speciali. Si rileva in questa sede che la regione Emilia-Romagna, autosufficiente sotto il profilo dello smaltimento dei propri rifiuti, ha accolto negli anni ingentissime quantità di rifiuti da tutta Italia, con conseguente saturazione, in tempi relativamente brevi, di discariche anche di notevoli dimensioni. Ad avviso dell'interrogante, dunque, la soluzione non può risiedere nell'attivazione emergenziale di nuovi siti di stoccaggio rifiuti;

   si tenga conto che l'Emilia-Romagna da anni importa rifiuti da tutta Italia, circa 4,3 milioni l'anno (https://www.lanuovaecologia.it);

   le province dell'Emilia Romagna sono anche quelle nelle quali si produce il maggior quantitativo di rifiuti: il dato risente anche di regolamenti comunali per i quali vengono assimilati ai rifiuti urbani anche alcune tipologie di rifiuti speciali che derivano da attività commerciali –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per risolvere le criticità di cui in premessa evitando, nel contempo, che tale soluzione passi dall'attivazione di siti di stoccaggio di rifiuti «istantanei» e «temporanei»;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per ridurre la produzione di rifiuti speciali o per incentivare le aziende a smaltire i rifiuti stessi in modo maggiormente sostenibile;

   per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, se risulti al Ministro interrogato una situazione di tipo emergenziale rispetto alla presenza di rifiuti speciali e in che modo intenda attivarsi, per quanto di competenza, per contribuire a risolvere la problematica stessa.
(4-01967)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   alla Cattedrale vegetale, ideata dal defunto artista lodigiano Giuliano Mauri, veniva data attuazione in due fasi: la prima, costituita da un rinforzo arginale, si esauriva nel 2015; la seconda, riguardante la costruzione dell'architettura (posa di fondazioni in acciaio e montaggio delle parti in legno), si concludeva il 23 aprile 2017 con l'inaugurazione dell'opera, realizzata dal comune di Lodi con il sostegno della regione Lombardia, di grandi nomi dell'arte italiana, di sponsor privati e con il patrocinio de La Triennale di Milano, garante della qualità culturale del progetto;

   la localizzazione della Cattedrale vegetale nel comune di Lodi, nel contesto dell'ambiente perifluviale, in sponda sinistra del fiume Adda, su una porzione dell'area denominata «ex Sicc», comportava alcuni complessi interventi preliminari alla realizzazione dell'opera; in particolare: la bonifica dei terreni e la predisposizione di un terrapieno per la soprelevazione della Cattedrale a un livello di 3 metri oltre il piano dell'argine fluviale;

   il 24 settembre 2018 si verificava il cedimento di alcune delle colonne lignee della «Cattedrale vegetale»: il soffio di un fortissimo vento, cui si assommavano le condizioni già precarie delle strutture, provocava il crollo di 3 delle 108 «gabbie» in legno costituenti l'opera. Molte altre colonne risultavano significativamente inclinate, pur restando in piedi. In seguito al detto cedimento venivano tempestivamente disposte le preliminari attività di messa in sicurezza dell'area e ne veniva inibito l'accesso;

   il 27 settembre 2018 il sindaco di Lodi emanava l'ordinanza contingibile e urgente n. 9 che – tra l'altro – prevedeva l'assoluto divieto di accesso all'opera in questione e all'area pertinenziale ad essa adiacente. Inoltre, atteso anche il pericolo per la pubblica incolumità, il sindaco disponeva che gli uffici competenti provvedessero alla verifica statica di tutte le colonne lignee, finalizzata ad accertare le cause del cedimento delle stesse, le condizioni di sicurezza dell'intera struttura lignea e la sussistenza di ulteriori situazioni di pericolo. Infine, l'ordinanza fissava in giorni 60 dalla data di emanazione l'efficacia della stessa;

   il 21 ottobre 2018 nuove forti raffiche di vento concorrevano ad ulteriormente danneggiare la Cattedrale vegetale. Al riguardo, si evidenzia che, successivamente, veniva prorogato per 90 giorni il termine di scadenza della predetta ordinanza e che entro il 24 dicembre 2018 doveva essere consegnata la perizia del tecnico a cui era stato affidato l'incarico peritale dal comune di Lodi, e ciò al fine di avere contezza dello stato di conservazione e di sicurezza statica della struttura, individuare le cause dei danni subiti dalle colonne della Cattedrale vegetale e valutare la tipologia di interventi da porre in essere –:

   se, alla luce dell'importanza che dalla critica di settore è attribuita alla Cattedrale vegetale, il Governo abbia acquisito informazioni al riguardo, in particolare sulle risultanze della perizia tecnica di cui in premessa, anche al fine di valutare la possibilità da parte del Ministero per i beni e le attività culturali di concorrere al ripristino della Cattedrale vegetale;

   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, ogni utile verifica sui profili amministrativo-contabili, anche attivando un intervento dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato della funzione pubblica, con specifico riferimento al fatto che un'opera inaugurata da soli 18 mesi già si trova in una situazione di non fruibilità.
(4-01985)


   ZANICHELLI, PARENTELA, SPADONI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   che con delibera della giunta del comune di Reggio Emilia n. 50 del 29 marzo 2018 è stato approvato il «piano stralcio “cultura e turismo”», con dotazione del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 – Progetto «Ducato Estense» – «Intervento di restauro e valorizzazione della passeggiata settecentesca di collegamento tra il Palazzo e la Reggia, corso Garibaldi (tratto della Piazza Roversi)»;

   tale delibera contiene l'elencazione di tutto quanto costituisce il complesso degli elaborati progettuali e le relazioni costituenti il progetto approvato;

   il progetto è finanziato con fondi erogati dal Ministero per i beni e le attività culturali, nell'ambito di risorse contenute nel fondo sviluppo e coesione 2014-2020 piano stralcio «Ducato Estense» e definito sulla base del decreto n. 180 del 2017 relativo al segretariato generale del Ministero per i beni e le attività culturali per l'Emilia-Romagna;

   quanto agli elaborati che costituiscono parte del progetto approvato, a quanto consta all'interrogante, mancherebbe di fatto, tra gli allegati alla delibera della giunta, la relazione che attesti la conformità del progetto ai contenuti del decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996, n. 503 «Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici»;

   il suddetto decreto del Presidente della Repubblica si applica nel caso dell'intervento edilizio di piazza Roversi a Reggio Emilia, in forza del disposto dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica stesso che prevede «Si applichino altresì agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e la visitabilità, almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso» –:

   il progetto esecutivo approvato dalla giunta del comune di Reggio Emilia n. 50 del 29 marzo 2018 contiene rilevanti interventi che vanno di fatto a limitare l'accessibilità alla piazza Roversi per le persone con disabilità; i lavori di rifacimento e riqualificazione comportano, infatti, la presenza di barriere architettoniche e di problemi di accessibilità nella zona;

   gli interventi di cui si fa sopra menzione comprendono: piani inclinati, bordi a spigolo dei piani inclinati, percorsi non vedenti e ipovedenti, mancanza di attraversamento pedonale al centro della piazza e parcheggi per i disabili e carico e scarico;

   come anticipato, il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, prevede di fatto, all'articolo 20, comma 2, la predisposizione della relazione tecnica che invece manca nel progetto esecutivo approvato il 29 marzo 2018 –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se la documentazione progettuale sia conforme alla legge; in caso contrario, se sia comunque finanziabile il progetto esecutivo del restauro di piazza Roversi con i fondi erogati dal Ministero per i beni e le attività culturali, nonostante non risulti allegata la relazione prevista dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 e quindi non sembri rispettato il requisito di cui alla legge n. 41 del 1986, articolo 32, comma 20.
(4-01989)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:

   negli scorsi decenni più volte è stato impiegato l'esercito in operazioni straordinarie di contrasto alla criminalità organizzata, a partire da quando nel 1992 fu deliberata l'operazione cosiddetta Vespri siciliani, nell'ambito della quale circa 150.000 militari in sei anni hanno concorso all'attività di controllo del territorio ed alla vigilanza di obiettivi di particolare interesse definiti dai prefetti;

   analogamente, nel 2013, l'impiego di personale militare delle Forze armate, posto a disposizione dei prefetti dalle competenti autorità militari, è stato disposto in relazione all'emergenza ambientale della cosiddetta Terra dei fuochi;

   con finalità di supporto nel controllo del territorio è stata poi istituita, nel 2008, la cosiddetta «Operazione strade sicure», che destina un contingente di alcune migliaia di militari al pattugliamento di siti sensibili e che è ancora in atto, considerati i risultati concreti in termini di sicurezza sempre raggiunti attraverso l'impiego delle Forze armate;

   il 19 novembre 2018 il Ministro interrogato è stato tra i firmatari del protocollo d'intesa interministeriale che istituisce in via sperimentale il «Piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti», mettendo a disposizione uomini e mezzi, tra cui droni e satelliti, per contrastare la piaga dei roghi di rifiuti in Campania e prevenire nuove emergenze sanitarie e ambientali;

   nella zona di Castelvolturno è in atto una vera e propria emergenza sicurezza a causa delle attività in quel territorio della mafia nigeriana, che si sospetta sia addirittura strutturata in squadre paramilitari, dedita allo spaccio di droga, alla prostituzione e addirittura al traffico di organi, come accertato anche dalle recenti indagini condotte dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli con l'Fbi americano e la polizia canadese;

   la gravità della situazione in quei territori è dimostrata non solo dall'efferatezza dei crimini, ma anche dal fatto che la massiccia presenza nella zona di immigrati africani irregolari, stimati tra quindicimila e venticinquemila unità, fornisce una manovalanza pressoché infinita ai boss nigeriani;

   a parere degli interroganti è urgente ed indispensabile prevedere l'invio di un contingente delle Forze armate nella zona di Castelvolturno, dimostrando un intervento forte dello Stato a contrasto della mafia nigeriana, che si sta espandendo sempre più sul territorio nazionale e le cui gesta sono caratterizzate da estrema violenza –:

   se sia previsto, e se comunque non ritenga necessario, l'invio di un contingente militare nella zona di Castelvolturno a supporto delle forze di polizia impiegate nella lotta alla mafia nigeriana.
(3-00433)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il combinato disposto degli articoli 9, commi 1 e 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 e del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha determinato il blocco degli incrementi automatici previsti per la progressione stipendiale e di carriera in favore del personale del comparto sicurezza e difesa maturati nell'arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2014;

   il citato decreto-legge n. 78 riconosce gli effetti giuridici delle promozioni e delle progressioni economiche maturate in costanza del blocco, con la sola esclusione degli effetti economici relativamente al medesimo periodo;

   gli effetti del citato blocco per il personale in attività nel comparto sicurezza e difesa sono cessati a decorrere dal 1° gennaio 2015 e, per il personale ancora in attività, le relative amministrazioni hanno provveduto a riconoscere i citati effetti economici;

   dal citato adeguamento sono stati esclusi, invece, tutti coloro i quali sono cessati dal servizio, perché collocati in pensione o riformati, negli anni di vigenza del medesimo blocco, con conseguente definitiva protrazione a tutt'oggi degli effetti del blocco in questione; per ovviare a tale ingiustizia sarebbe bastato che il legislatore nel decreto-legge n. 78 avesse puntualizzato «gli effetti del blocco non operano ai fini previdenziali»;

   la stessa Corte costituzionale, pur ritenendo legittima tale misura, per le note finalità di contenimento della spesa pubblica, ha precisato che la stessa debba comunque rivestire il carattere dell'eccezionalità e che i conseguenti effetti debbono necessariamente essere limitati nel tempo;

   da quel che risulta, anche in ragione del suesposto orientamento della Consulta, alcune sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti avrebbero accolto diversi ricorsi, riconoscendo in favore dei ricorrenti, non più in attività, la rideterminazione del trattamento previdenziale, in ragione degli effetti giuridici pur maturati durante il citato periodo;

   il suindicato riconoscimento è intervenuto, ad opera della stessa amministrazione finanziaria, anche nel 1994, successivamente al superamento di un analogo blocco imposto per l'intero 1993: infatti, in tale occasione, la stessa Ragioneria generale dello Stato aveva previsto la rideterminazione dell'assegno previdenziale, comprendendo eventuali incrementi maturati nelle more del blocco;

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative normative d'indirizzo intendano adottare al fine di riconoscere al personale in questione le promozioni e le progressioni economiche maturate nel periodo di blocco suindicato, superando così qualsivoglia discriminazione tra il personale in servizio e quello non più in attività, anche al fine di evitare un inutile contenzioso, assolutamente gravoso per l'amministrazione statale.
(4-01966)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GIACOMONI, MARTINO, BIGNAMI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   durante la XVII legislatura è stata approvata, con la massima condivisione da parte di tutte le forze politiche, dalla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati, la risoluzione del gruppo di Forza Italia n. 8-00266, On. Giacomoni e altri, finalizzata a rafforzare le misure agevolative in favore di investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (Pir) per ottenere effetti di sostegno nell'economia reale, soprattutto nelle piccole e medie imprese e nelle società che non possono aspirare alla quotazione;

   i dati riportati da Assogestioni, anche nell'ambito del Def 2018, indicano come i risultati registrati nel 2017 siano stati superiori alle aspettative iniziali, mostrando una raccolta netta pari a 11 miliardi di euro che rappresenta l'11 per cento della raccolta netta dell'intera industria italiana del risparmio gestito nell'anno, con un patrimonio promosso di 15,8 miliardi di euro;

   per quanto risulta agli interroganti, la stima non ancora ufficiale della raccolta a fine 2018 dovrebbe corrispondere a 20 miliardi di euro (ovvero all'1,3 di prodotto interno lordo);

   purtroppo il Governo, non tenendo conto di alcune proposte emendative presentate dal primo firmatario del presente atto e da altri parlamentari del Gruppo Forza Italia durante la discussione del disegno di legge di bilancio 2019 che davano attuazione agli impegni contenuti nella risoluzione sopracitata, ha preferito intervenire a giudizio degli interroganti in modo unilaterale e confuso;

   le norme introdotte dalla nuova legge di bilancio 2019 in materia di Pir, infatti, presentano evidenti lacune che, se non appianate per tempo, rischiano di ingessare inesorabilmente il mercato di questi prodotti;

   al momento, infatti, appare impossibile istituire nuovi Pir con i relativi benefici fiscali, visto che la normativa ne subordina la creazione ai chiarimenti contenuti nei decreti di attuazione che dovranno essere varati entro i prossimi quattro mesi;

   intanto, sia Eurizon che Arca hanno deciso di fermare la sottoscrizione di nuovi Pir, perché il rischio è che comprando un nuovo Pir, che non risponde puntualmente ai criteri previsti dalla legge, si perda il conseguente beneficio fiscale –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di rimuovere le gravi criticità descritte in premessa destinate a paralizzare i Pir e quindi l'afflusso del risparmio verso l'economia reale, bloccando la crescita economica di un Paese come il nostro che, purtroppo, si trova già sull'orlo della recessione.
(5-01212)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 prevede disposizioni finalizzate a definire con modalità agevolate i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017;

   l'articolo 4 del medesimo decreto dispone, inoltre, l'annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010;

   i debiti sarebbero relativi in gran parte ai crediti degli enti locali per tarsu, Ici, contravvenzioni stradali, rette scolastiche, oltre a quelli delle regioni per il bollo auto; pertanto, la norma, oltre a ledere il principio di autonomia degli enti locali, rischia di provocare un inatteso deficit in vista dell'approvazione del bilancio di previsione 2019;

   secondo le stime dell'Anci, si tratta di una misura che andrà a gravare sui carichi comunali per quasi 4 miliardi di euro e che avrà «effetti dirompenti sugli equilibri di bilancio che andranno valutati con precisione e di conseguenza compensati»;

   l'agente della riscossione avrebbe cancellato circa 12 milioni di carichi affidati sotto i mille euro riguardanti circa 5 milioni di contribuenti con una riduzione di gettito stimata di circa 524 milioni di euro che andranno a gravare sulla finanza pubblica e quindi anche su coloro che hanno sempre e regolarmente adempiuto alle obbligazioni tributarie;

   in aggiunta, la legge n. 145 del 2018 – legge di bilancio 2019 –, all'articolo 1, commi 184-198, consente di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche che versino in grave e comprovata situazione di difficoltà economica, diversi da quelli già annullati automaticamente, affidati all'agente della riscossione dal 2000 al 2017, derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti da dichiarazioni dei redditi (Irpef e addizionali) ma anche i debiti da attività di accertamento e i contributi previdenziali; detti debiti possono essere definiti mediante pagamento rateale della quota capitale e degli interessi in misura differenziata e graduale dal 16 al 35 per cento del debito iscritto a ruolo secondo la condizione economica del debitore definita dall'Isee comunque non superiore 20.000 euro;

   non è chiaro se anche la definizione agevolata introdotta dalla legge di bilancio 2019 comporti in qualche modo un impatto negativo sulle entrate degli enti locali, dal momento che si tratterebbe anche in questo caso di una sanatoria che permette di abbattere il debito iscritto a ruolo e che riguarderebbe anche le addizionali Irpef di competenza territoriale;

   il rappresentante del Governo in risposta a una interrogazione parlamentare ha riferito che, in relazione alle entrate degli enti territoriali, deve ritenersi che i carichi definibili sono solo ed esclusivamente quelli affidati agli agenti della riscossione, e non anche ai soggetti privati abilitati a effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione delle province e dei comuni; pertanto, la definizione agevolata riguarda le cartelle di pagamento relative ai tributi locali solo nel caso in cui l'ente territoriale abbia affidato l'attività all'Agenzia entrate-riscossione;

   l'applicazione eterogenea sul territorio nazionale della definizione agevolata rischia di penalizzare alcuni contribuenti rispetto ad altri e mina, al contempo, la solidità dei bilanci comunali, tanto che alcuni sindaci stanno valutando l'opportunità di mantenere il rapporto con Agenzia entrate riscossione, che porta come conseguenza l'applicazione della normativa statale –:

   quali iniziative intenda assumere per garantire l'omogenea applicazione delle norme di cui in premessa sull'intero territorio nazionale al fine di non creare disparità di trattamento tra i contribuenti in violazione del dettato costituzionale e, al contempo, garantire i comuni per le mancate entrate derivanti dall'applicazione delle norme riportate in premessa, cui gli enti avevano fatto legittimo affidamento nella predisposizione dei bilanci.
(5-01203)


   GALLINELLA, DEL SESTO, PARENTELA, GOLINELLI e GASTALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) ha previsto la possibilità di incrementare per il 2018, 2019 e 2020 le percentuali di compensazione utilizzabili da parte dei produttori agricoli in regime speciale Iva per le cessioni di bovini e suini misura non superiore, rispettivamente, al 7,7 per cento e all'8 per cento;

   l'articolo 1, comma 908, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto l'innalzamento (entro un determinato limite massimo) delle percentuali di compensazione applicabili dai produttori agricoli in regime Iva speciale ex articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, demandando al Ministero dell'economia e delle finanze l'individuazione di tale incremento;

   per il 2017, l'articolo 1, comma 45, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017), ha previsto che «con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro il 31 gennaio 2017, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina sono innalzate, per l'anno 2017, rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all'8 per cento. L'attuazione delle disposizioni di cui al precedente periodo non può comportare minori entrate superiori a 20 milioni di euro»;

   in attuazione di tale disposizione, con il decreto 27 gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha prorogato per il 2017 la misura dell'incremento delle percentuali di compensazione, già fissata per il 2016, relativamente agli animali vivi di specie bovina e suina;

   l'articolo 1, comma 506, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) ha previsto la possibilità di incrementare per il 2018, 2019 e 2020 le percentuali di compensazione utilizzabili da parte dei produttori agricoli in regime speciale Iva per le cessioni di bovini e suini vivi, in misura non superiore, rispettivamente, al 7,7 per cento e all'8 per cento dispone, in particolare, che «con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro il 31 gennaio di ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina sono innalzate, per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all'8 per cento. L'attuazione delle disposizioni di cui al periodo precedente non può comportare minori entrate superiori a 20 milioni di euro annui»;

   con decreto del 2 febbraio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2018, n. 64, il Ministero dell'economia e delle finanze ha prorogato per il 2018 la misura dell'incremento delle percentuali di compensazione, già fissata per il 2016/2017, relativamente agli animali vivi di specie bovina e suina;

   per l'anno appena iniziato, occorre dunque adottare, entro il 31 gennaio, un nuovo provvedimento che garantisca idonea attuazione alla disposizione di legge del 2018 –:

   se siano conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se intendano fornire rassicurazioni circa l'adozione, entro il 31 gennaio 2019, del decreto ministeriale relativo alla proroga dell'incremento delle percentuali di compensazione.
(5-01207)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il tribunale di Rovereto (Trento) si è concluso il procedimento giudiziario 1/17 – R.G. G.I.P. 17/152 nei confronti di Antonino La Grutta (direttore dell'azienda pubblica di servizi alla persona di Mori), Alessia Bonola (impiegata amministrativa presso l'Asp) e Renzo Colpo (consigliere comunale di Mori) con la sentenza 18/156; il procedimento ha avuto avvio il 6 agosto 2015, all'indomani delle elezioni comunali di Mori del maggio 2015, a seguito di un esposto dei consiglieri del Partito Autonomista Trentino Tirolese, i quali ipotizzavano un'assunzione sospetta collegata agli esiti elettorali e ha originato il procedimento n. 711/2016, presso il tribunale di Rovereto a carico di La Grutta e Bonola. In seguito, il 24 gennaio 2017, il sostituto procuratore generale di Trento Giuseppe Di Benedetto ha ritenuto di avocare a sé il fascicolo, rinominato 1/2017, disponendo ulteriori atti di indagine, inserendo tra gli indagati Colpo e richiedendo il rinvio a giudizio in data 29 novembre 2017;

   la stampa locale ha seguito il procedimento che si è dilungato per più di tre anni riportando accuse e dichiarazioni senza soluzione di continuità (a titolo d'esempio: Ottobre accusa: «Assunzione sospetta» – Trentino 19 giugno 2015; Assunzione diretta in Rsa, tre indagati – L'Adige, 17 ottobre 2017; il consigliere del M5S indagato – Trentoday, 18 ottobre 2017; L'inchiesta su Colpo finisce a puntate sul webL'Adige 31 ottobre 2017; Mori, assunzione sospetta indagini finite per Colpo – Trentino, 31 ottobre 2017; Per l'assunzione in Rsa chiesto il rinvio a giudizio (sottotitolato: Per la procura generale fu abuso d'ufficio: tre gli imputati) – L'Adige, 16 ottobre 2018, pubblicato in piena campagna per le elezioni della provincia autonoma di Trento del 21 ottobre 2018;

   nelle motivazioni della «sentenza di non luogo a procedere a carico di tutti gli imputati» il G.U.P. Riccardo Dies ha evidenziato che:

    «il fatto non sussiste, non emergendo alcun concreto elemento a carico ed anzi sussistendo specifici elementi probatori a discarico, tali da rendere del tutto inutile il vaglio dibattimentale.» (pag. 3, 1° capoverso);

    «Tali essendo le risultanze delle indagini svolte, ritiene questo Giudice che l'esito naturale delle indagini di questo tipo fosse non l'esercizio dell'azione penale ma una richiesta di archiviazione, per essere gli elementi raccolti manifestamente inidonei a sostenere l'accusa in giudizio ed anzi indicativi che il fatto contestato non sussiste.» (pag. 4, 4° capoverso);

    «La realtà è che gli esposti dai quali è nato il presente procedimento costituiscono un comune e banale tentativo di strumentalizzare il processo penale a fini politici e per screditare l'avversario presso l'elettorato e l'opinione pubblica, secondo un diffuso malcostume che pretende di trasferire la lotta politica nelle aule giudiziarie. Tra l'altro anche la tesi di fondo degli esposti non manca di mostrare palesi lacune ed incongruenze, perché lo scambio illecito prospettato, tra assunzione della figlia e sostegno al candidato a sindaco di centro sinistra nel turno di ballottaggio non sta in piedi davvero, se si considera, da un lato, che tra il Comune e la casa di cura non vi è alcun rapporto di dipendenza o anche solo di influenza...» (pag. 5, 6° capoverso) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati e se alla luce di quanto sopra esposto, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(5-01200)


   RIZZETTO, ACQUAROLI, BUCALO, BUTTI, CIABURRO, LUCA DE CARLO, FERRO, FIDANZA, FRASSINETTI, VARCHI, ZUCCONI, BELLUCCI, DEIDDA e ROTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime del disastro dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), avvenuto quasi due anni fa, si è recato sul luogo della tragedia per portare dei fiori dove è morto il figlio;

   per l'atto in questione, l'uomo è stato condannato dal gip del tribunale di Pescara a pagare una multa di 4.550 euro o in alternativa a scontare due mesi di carcere, per avere violato i sigilli giudiziari apposti per circoscrivere l'area nella quale si verificò il drammatico crollo;

   la sentenza di condanna emessa dal giudice Elio Bongrazio; su richiesta del pm Salvatore Campochiaro, trae origine dal fatto che Feniello si sarebbe introdotto sul sito nonostante le diffide rivoltegli dalle forze dell'ordine che vigilano i luoghi;

   Alessio ha contestato la decisione, lamentando la mancanza di giustizia nei confronti delle vittime e dei loro familiari, poiché i responsabili dell'assurda disgrazia non sono stati ancora condannati;

   è chiaro che si tratta di un padre che ha agito per compiere un gesto in ricordo del figlio scomparso, pertanto, senza entrare nel merito della violazione contestata, l'interrogante mette in rilievo la necessità di provvedimenti contro una macchina della giustizia lenta che genera le comprensibili reazioni di chi è vittima di gravi violazioni di legge, che nel caso di specie hanno spezzato la vita a 29 persone –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo e se e quali iniziative normative intenda adottare in considerazione dei fatti esposti in premessa.
(5-01205)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la recente pronuncia operata con la sentenza n. 32781 del 19 dicembre 2018 hanno cristallizzato la regola della ineleggibilità dei consiglieri avvocati che abbiano già svolto 2 mandati consecutivi, ritenendola operativa e applicabile anche nei confronti di coloro i quali hanno svolto il mandato elettivo antecedentemente alla entrata in vigore della legge n. 113 del 2017;

   tale arresto giurisprudenziale appare del tutto in sintonia con le precedenti sentenze della Corte di cassazione riguardanti, ad esempio, la elezione dei sindaci per i quali vi è una causa originaria di ineleggibilità, senza distinzione tra mandati svolti antecedentemente e successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 267 del 2000 a conferma dell'esigenza della tutela della libertà dell'elettorato sia attivo, che passivo;

   la ratio della sentenza è quella di «assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione» o, comunque, di, evitare «fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini, potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l'esercizio della professione, nonché sull'osservanza delle regole deontologiche»;

   il legislatore, secondo l'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, avrebbe voluto evitare il pericolo di una cristallizzazione di posizioni di potere e far sì che il sistema forense sia regolato dai meccanismi di alternanza che dovrebbero garantire il rispetto dei princìpi di più ampia partecipazione e par condicio;

   nelle more di un intervento governativo volto a mettere ordine tra le previsioni legislative e la pronuncia giurisprudenziale menzionata, sono state indette le elezioni per il rinnovo di diversi consigli dell'Ordine e, ad esempio, a Brescia le consultazioni hanno già avuto luogo e sono stati eletti consiglieri avvocati che hanno già svolto due mandati; altri potrebbero essere eletti in altri consigli dell'Ordine –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza al fine di chiarire ogni aspetto relativo all'eventuale regime transitorio della norma e, soprattutto, far sì che si svolgano elezioni per il rinnovo dei vari consigli dell'Ordine senza dover temere un contenzioso elettorale che, per quanto legittimo, finirebbe con l'indebolire le istituzioni forensi, minando l'indipendenza, il decoro professionale e l'immagine stessa dell'Avvocatura italiana.
(4-01961)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   di recente il Ministro interrogato ha diramato la nota prot. m_dg GDAP 7-01-2019 0003444 della D.G.P.R. – Ufficio settimo – sezione quarta gestione alloggi demaniali di servizio;

   la nota parrebbe reintrodurre i pernottamenti a pagamento in caserma per gli agenti della polizia penitenziaria;

   dal mese di febbraio, secondo la nota del Ministero della giustizia, chi usufruirà in maniera esclusiva e continuativa dell'alloggio dovrà tornare a corrispondere una sorta di affitto per la stanza, con tanto di richiesta di arretrati agli agenti, che potrà risalire fino all'ottobre del 2017;

   tale provvedimento sarebbe giustificato da una errata stima delle risorse assegnate dall'ultimo decreto fiscale della precedente legislatura;

   tale operazione andrebbe ad aggravare una situazione già piuttosto precaria per quanto riguarda le condizioni lavorative della polizia penitenziaria, la quale, durante l'attività lavorativa, si trova già ad affrontare problemi enormi, quali il sovraffollamento delle carceri, le condizioni in diversi casi fatiscenti degli alloggi e le carenze inerenti alla formazione lavorativa e all'abbigliamento da utilizzare in servizio;

   a titolo esemplificativo, dei circa 400 impiegati nel carcere della Dozza, circa il 70 per cento è in «trasferta» a centinaia di chilometri dalla propria abitazione, circostanza che impedisce alternative al soggiorno in caserma, anche durante il periodo di riposo (https://www.bolognatoday.it);

   alla luce delle segnalazioni pervenute, presso l'Istituto penitenziario «Dozza» di Bologna non vi sarebbe la presenza di un presidio psicologico per sostenere il personale della polizia penitenziaria quando è sottoposto a situazioni di stress lavorativo –:

   se intenda adottare ogni iniziativa di competenza al fine di fare chiarezza fornendo una corretta interpretazione, dal punto di vista giuridico, in merito a quanto esposto in premessa e di superare le criticità esposte;

   se intenda adottare iniziative per allocare risorse economiche finalizzate a protrarre la possibilità del pernottamento gratuito in caserma per gli agenti della polizia penitenziaria;

   quali iniziative intenda porre in essere per migliorare le condizioni lavorative degli agenti di polizia penitenziaria, fornendo loro anche un adeguato supporto psicologico per superare situazioni di stress lavorativo e dotando ogni istituto penitenziario di un adeguato presidio in tal senso.
(4-01965)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la valanga di Rigopiano, verificatasi il 18 gennaio 2017, ha causato la morte di ventinove persone. Tra queste un ragazzo di ventotto anni, Stefano Feniello;

   da organi di stampa si apprende che il padre del ragazzo sarebbe stato condannato per aver portato dei fiori nel luogo in cui si trovano le macerie dell'hotel Rigopiano. Nel mese di maggio dello scorso anno, infatti, Alessio Feniello, si sarebbe recato assieme alla moglie sul posto della tragedia dove vi erano degli operai che avrebbero immediatamente avvisato i carabinieri. Al Feniello si contestava di aver violato i sigilli dell'area sottoposta a sequestro;

   tale avvenimento avrebbe portato il tribunale di Pescara ad emettere una condanna nei confronti del padre della vittima al pagamento di 4550 euro o, in alternativa, a scontare due mesi di carcere;

   da fonti giornalistiche si apprende che Alessio Feniello avrebbe contestato la condanna soprattutto evidenziando che le vittime non hanno ancora ricevuto giustizia, in quanto i responsabili della tragedia non sono stati ancora condannati, mentre, al contrario, verrebbe punito un padre che per commemorare il proprio figlio si reca nel luogo in cui è scomparso, poggiando solamente dei fiori;

   a parere dell'interrogante si tratta semplicemente del padre di un ragazzo che ha perso brutalmente la vita, che ha compiuto un gesto in ricordo del figlio deceduto recandosi nel posto oramai diventato un parco della memoria;

   anche se Alessio Feniello avesse realmente violato i sigilli, si sarebbe potuta escludere la punibilità per la particolare tenuità del fatto in quanto il comportamento contestato non avrebbe causato alcun danno irreparabile o, comunque, si sarebbe potuta utilizzare la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, comma 1, n. 1 del codice penale ovvero l'aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale: è di particolare valore morale il motivo che, secondo la coscienza etica umana, è meritevole di particolare approvazione e, ai fini dell'applicazione dell'attenuante in parola, è necessario che i motivi di particolare valore morale o sociale godano dell'incondizionata approvazione della società. Non sarebbe, infatti, da mettere in dubbio che il padre del povero Stefano goda della vicinanza di tutta la collettività, dal momento che l'evento di Rigopiano ha suscitato sentimento di sgomento e lacrime in tutta la Nazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere, anche al fine di evitare situazioni quali quella segnalata in premessa.
(4-01992)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi il porto di Livorno vive positivi cenni di ripresa economica, con investimenti di grandi gruppi imprenditoriali italiani e internazionali e con segnali di crescita incoraggianti, ancorché contenuti, di traffici e indici occupazionali;

   ciononostante, la città di Livorno assiste da settimane e con crescente preoccupazione al duplice conflitto esploso, da un lato, tra le istituzioni delegate alla gestione del porto di Livorno – e segnatamente tra la capitaneria di porto e l'autorità portuale – e, dall'altro, tra alcuni dei principali gruppi imprenditoriali – segnatamente il gruppo Onorato e il gruppo Grimaldi – relativamente all'assegnazione degli spazi operativi sulle banchine del porto di Livorno;

   il 10 gennaio 2019 il presidente della regione Enrico Rossi ha proposto la creazione di un gruppo di lavoro informale, composto dalle principali istituzioni pubbliche della provincia di Livorno, con l'obiettivo di superare i nodi del conflitto in corso –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per monitorare e favorire l'implementazione e il buon funzionamento nell'area portuale di Livorno della riforma della portualità e della logistica approvata dal Parlamento nel 2016;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per monitorare e favorire la realizzazione della darsena Europa, opera infrastrutturale di valore strategico e irrinunciabile per il futuro dell'economia portuale livornese;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato per superare il conflitto in corso tra le istituzioni portuali e i suddetti gruppi imprenditoriali attivi nell'area del porto di Livorno.
(5-01209)


   MARINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, per quanto concerne la Sardegna, Italferr ha predisposto il progetto di velocizzazione della tratta San Gavino – Sassari-Olbia volto alla riduzione dei tempi di percorrenza a vantaggio dei viaggiatori. Il finanziamento Fsc Cabina di regia occorre all'integrale copertura finanziaria dei costi di investimento, stimati in circa 223 milioni di euro, parzialmente coperti da risorse del contratto di programma Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Rete ferroviaria italiana (Rfi) e Fsc-Patti Sud. Gli interventi consistono nella realizzazione di due varianti di tracciato nei comuni di Bauladu e Bonorva. In quest'ultimo caso si evidenzia l'avversità manifestata dalle comunità locali interessate alla variante Bonorva – Torralba e, in particolare, dal comune di Giave. Il 28 gennaio 2018 il sindaco di Giave, Maria Antonietta Uras, ha ricevuto l'avviso con il quale Rfi comunicava il progetto definitivo della variante Bonorva-Torralba con conseguente avvio delle espropriazioni. L'amministrazione comunale, anche in rappresentanza degli interessi dei privati coinvolti, ha scritto una lettera al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e alla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Sassari-Nuoro per chiedere la sospensione dell’iter del progetto. Le motivazioni che il sindaco porta a sostegno della propria avversità sono di carattere ambientale, storico ed economico. La variante attraverserà la Valle dei nuraghi e il Planu Roccaforte, dove si trovano i resti dell'antico castello dei Doria, che sarà attraversato da una galleria sotterranea di circa tre chilometri. La stessa variante, inoltre, interesserà le immediate vicinanze del nuraghe Oes: le vibrazioni causate dai treni ad alta velocità potrebbero compromettere lo stato di conservazione del monumento. Gli allevatori colpiti dagli espropri, inoltre, subirebbero gravi danni economici. L'amministrazione comunale di Giave rimarca, infine, la soppressione della stazione storica del paese, risalente al 1878 e riaperta nel 2017 dopo interventi strutturali e di ammodernamento. Il 12 gennaio 2019, durante una manifestazione di protesta, il sindaco di Giave ha rimarcato l'ingiustificata sproporzione del sacrificio richiesto al territorio, a fronte di una spesa prevista di oltre cento milioni di euro in cambio di una riduzione dei tempi di percorrenza di appena cinque minuti, come evidenziato dai dati di stampa Rfi –:

   se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza affinché sia espresso un parere da parte della Soprintendenza di Sassari-Nuoro e sia effettuata una valutazione dei costi e dei benefici.
(5-01210)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUFFINO, ZANGRILLO, SOZZANI, GIACOMETTO, CORTELAZZO, CASINO, GAGLIARDI, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a distanza di nove mesi dalla nascita del Governo, ancora oggi il nostro Paese non sa se deve rinunciare o meno alcuna a un'opera decisiva e strategica per il suo sviluppo, quale la Torino-Lione;

   per mesi il pretesto della mancata decisione è stato quello di attendere le risultanze dell'analisi costi benefici effettuata dalla struttura tecnica di missione del Ministero relativamente alle grandi opere;

   detta analisi costi benefici si sarebbe dovuta concludere entro dicembre 2018, ma anche questo termine è trascorso invano;

   nel frattempo il mandato del commissario governativo per la Tav, Paolo Foietta, scaduto il 31 dicembre, non è stato rinnovato dal Ministro interrogato, che già due mesi fa, il 27 ottobre, scriveva: «Foietta si rassereni e vada tranquillo verso la fine, imminente, del suo mandato»;

   peraltro Paolo Foietta oltre al ruolo ricoperto di commissario straordinario di governo per la Torino-Lione, ricopre quello di presidente dell'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione. E con lui rischia ora di essere smantellato anche l'Osservatorio;

   l'Osservatorio, istituito nel 2006, ha favorito l'intero percorso di definizione, condivisione e realizzazione degli interventi della Tav. Una sorta di «camera di compensazione» e un importante luogo di confronto tra le diverse posizioni;

   nonostante i solleciti e le proteste del mondo imprenditoriale piemontese, e quelli dello stesso Foietta, il Governo sembra intenzionato a non proseguire l'esperienza dell'Osservatorio. In assenza di atti formali da parte del Governo, i lavoratori in distacco stanno già facendo le valigie. Ad oggi, l'Osservatorio non è stato abolito, ma neppure confermato;

   peraltro in tutto questo, il sindaco di Torino, Chiara Appendino, a margine della conferenza stampa di fine anno, ha dichiarato: «la Città di Torino è uscita dall'Osservatorio sulla Tav due anni fa perché lo ritenevamo non utile. Quindi per noi è assolutamente coerente che venga chiuso» –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'Osservatorio per l'opera Torino-Lione, anche alla luce dell'importante ruolo finora svolto dal medesimo Osservatorio.
(4-01953)


   NAPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a gennaio 2018, dopo una serie di atti vandalici e devastazioni compiuti da un gruppo di giovani, le Ferrovie dello Stato italiane hanno deciso di chiudere alle ore 20,00 la sala d'aspetto della stazione ferroviaria del comune di Carmagnola (comune di 30 mila abitanti) e, i bagni addirittura alle 18,00;

   questa decisione ha causato notevoli disagi ai viaggiatori, pendolari e non solo, che nelle ore serali sono costretti, ormai da un anno, ad attendere i treni sulle banchine al freddo, senza aver la possibilità di ripararsi e di usare i servizi igienici;

   l'amministrazione comunale di Carmagnola ha chiesto la riapertura della sala d'aspetto, almeno fino alle 22,00, ma per ora le Ferrovie hanno risposto negativamente, adducendo l'impossibilità di garantire il prolungamento del servizio nelle ore serali per la mancanza di personale addetto;

   il consigliere comunale Pasquale Sicilia, nella sua veste di presidente del comitato civico «Carmagnola città viva», ha dato avvio a una raccolta di firme per presentare una petizione, tanto più che la stazione viene oggi periodicamente controllata dai carabinieri e che non si sono più ripetuti i gravi episodi di vandalismo del mese di gennaio 2018 –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per risolvere tale situazione.
(4-01963)


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i lavori di sistemazione della strada statale 27 tra Etroubles e l'innesto dell'autostrada per il Traforo del Gran San Bernardo sono stati affidati mediante appalto integrato all'ATI Lauro spa/Impresa De Giuliani s.r.l. per l'importo contrattuale e dei successivi atti aggiuntivi di euro 107.123.941,13;

   i lavori furono consegnati in via definitiva il giorno 7 luglio 2011 e, in virtù dei tempi contrattuali delle sospensioni e delle proroghe, dovevano concludersi entro maggio 2016;

   durante l'esecuzione degli scavi in galleria si sono registrati dissesti dovuti alla natura geologica dell'ammasso da attraversare con evidenze riscontrate anche in superficie e che hanno interessato fabbricati presenti sulla verticale della galleria. Per la risoluzione di tali problematiche è stato necessario eseguire ulteriori indagini e studi progettuali che hanno determinato il rallentamento nell'avanzamento dei lavori;

   superate le problematiche di natura tecnica e riavviato a pieno regime il cantiere, è emersa successivamente la sofferenza economica dell'appaltatore sfociata nel procedimento di concordato preventivo, che risulterebbe all'interrogante tuttora pendente presso il tribunale di Vercelli;

   le difficoltà economiche dell'impresa ne hanno limitato l'operatività e hanno determinato l'inadempienza degli obblighi contrattuali nei confronti dell'Anas che è stata costretta a disporre la risoluzione contrattuale;

   la necessità di tale opera risiede nella pericolosità nei due tratti interni del comune di Etroubles e del comune di Saint-Oyen; nel comune di Etroubles il tratto interno è caratterizzato da un tornante posto al termine di una lunga discesa rettilinea con una pendenza del 10 per cento. Il tornante in questione è stato teatro di innumerevoli e gravissimi incidenti alcuni dei quali purtroppo mortali, come quello avvenuto il 21 ottobre 2008, nel quale hanno perso la vita due passeggeri di un pullman in transito verso Torino. Nel comune di Saint-Oyen il tratto interno della strada statale 27 ha una lunghezza minima della carreggiata che rende impossibile il passaggio contemporaneo di due mezzi pesanti e pregiudica la sicurezza dei pedoni nonché l'integrità delle abitazioni;

   le caratteristiche dell'attuale percorso della strada statale 27 comportano un costante pericolo che potrebbe essere scongiurato solo con l'ultimazione dei lavori della variante in questione;

   la situazione di chiusura del cantiere, oltre alla pericolosità dei tratti interni oggetto di variante, comporta un grave pregiudizio all'opera stessa e una situazione paesaggistico-ambientale potenzialmente critica. Le condizioni attuali del cantiere sono in stato di abbandono e di potenziale pericolo a causa di copiose infiltrazioni idriche soggette a periodici drenaggi precauzionali e in costante accumulo all'interno delle opere. Tale accumulo idrico è fonte di preoccupazione in merito alla stabilità del versante a monte degli abitati;

   inoltre, su tali comuni insistono temporanee aree di stoccaggio del materiale di risulta degli scavi di galleria, che, oltre a costituire deturpamento del paesaggio di una piccola comunità montana che si sostiene grazie alla promozione di un turismo paesaggistico, creano pregiudizio al settore zootecnico e al settore ambientale a causa delle polveri provenienti dalle grandi quantità di smarino depositato –:

   se il Ministro intenda prendere in considerazione l'adozione di iniziative volte all'accelerazione dell’iter di individuazione di una nuova ditta appaltatrice e della ripresa dei lavori, così come assicurato dall'Anas nel corso di un incontro con il presidente della regione autonoma Valle d'Aosta e il presidente dell'Anas svoltosi nel mese di aprile 2018, anche valutando l'assunzione di iniziative normative urgenti.
(4-01971)


   CAPITANIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 4 gennaio 2019 una bambina di 8 anni – Emily Formisano – è morta a causa di un impatto accidentale, verificatosi mentre scendeva con lo slittino (in compagnia della madre), contro un albero sito fuori pista nel comprensorio sciistico del Corno del Renon, sulle Alpi serentine in Alto Adige;

   la pista in cui è si è verificato l'incidente è classificata come «nera» per via della sua pericolosità, e in essa è pertanto vietato l'uso dello slittino, come segnalato da un cartello;

   il predetto cartello di divieto è tuttavia scritto soltanto in tedesco, mentre – stando alle prime risultanze d'indagine – l'avviso esplicativo verticale con il simbolo di divieto alle slitte è posto più in basso, a circa cento metri, a discesa già iniziata;

   la procura di Bolzano ha aperto un'inchiesta per stabilire se l'accaduto sia da imputarsi alla mancata indicazione in lingua italiana del divieto e quindi del pericolo, della quale sarebbero eventualmente responsabili i gestori del comprensorio sciistico, oppure se si sia trattato di una mera disgrazia –:

   se il Governo si sia già adoperato al fine di compiere verifiche, per quanto di competenza, circa la conformità alla normativa delle indicazioni riportate sulla pista di cui in premessa.
(4-01974)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'aprile del 2009 l'Italia centrale fu sconquassata da un terrificante terremoto, al cui esito sono da attribuire 309 morti, oltre 1.600 feriti, un numero spropositato di sfollati e danni incalcolabili al patrimonio naturale, artistico e architettonico;

   la zona maggiormente colpita fu l'aquilano, proprio la città di L'Aquila pagò un pesantissimo prezzo in termini di vittime e vide il suo centro storico andato distrutto per larga parte;

   oltre alle abitazioni civili, furono colpiti e distrutti o resi inagibili chiese, scuole, monumenti, palazzi storici e di pregio;

   di quel tragico evento due in particolare furono i simboli: la casa dello studente, con il suo pesante bilancio di vittime, e la scuola elementare «Edmondo De Amicis», in piazza San Bernardino;

   questa scuola, sia per l'ubicazione (in pieno centro) sia per i trascorsi, da sempre è stata considerata una specie di memoria storica della città, e da sempre gli aquilani le attribuiscono un valore che va al di là del mero edificio scolastico;

   a riprova di ciò e dell'interesse diffuso che si è creato attorno alla scuola e alla sua ricostruzione, interesse che ha valicato i confini regionali e che ha coinvolto, in un moto di emotività e solidarietà, l'intera comunità nazionale, basta ricordare il concerto evento «Amiche per l'Abruzzo», organizzato da Laura Pausini e al quale hanno preso parte le maggiori artiste italiane;

   tale evento, tenutosi allo stadio San Siro di Milano a poche settimane dal terremoto, ha raccolto circa un milione e mezzo di euro, e di tale cifra quasi un milione è stato destinato, per volontà delle organizzatrici, alla ricostruzione della scuola «De Amicis»;

   i proventi dell'iniziativa, tra biglietti, vendita di cd, diritti e altro, sono stati consegnati alla città di L'Aquila un anno dopo, nel giugno 2010, e da allora sono disponibili per essere impegnati nelle opere di ricostruzione;

   a questi fondi, ovviamente, si sono aggiunti quelli stanziati dallo Stato per la ricostruzione post sismica, che ha previsto una serie di interventi e stabilito le priorità di intervento;

   nello specifico, il bando per l'affidamento dei lavori di ricostruzione della scuola «De Amicis», indetto dal provveditorato per le opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, è stato emesso nel giugno del 2012, anche con l'intento di dare priorità, rispetto ad altri interventi da porre in essere, al ripristino della scuola;

   come è evidente, la scuola non rappresenta solo un edificio di istruzione, ma un elemento fondante di ogni comunità, e il suo valore sociale travalica il mero ruolo istituzionalmente attribuitole, ed è tanto più sentito quanto più è ristretta la comunità cui fa riferimento;

   ora, a distanza di quasi dieci anni dall'evento sismico, di quasi nove anni dalla prima consegna fondi, di quasi sette anni dall'indizione del bando di gara per la ricostruzione, la scuola «De Amicis» altro non è che un cantiere inoperoso, un immenso reticolato di tubi innocenti, senza che alcun intervento sia stato iniziato per il ripristino delle sue funzioni;

   è evidente che L'Aquila e gli aquilani stiano pagando un prezzo fin troppo elevato per la vicenda, che amplifica quello enorme per le vittime del terremoto –:

   se sia a conoscenza della vicenda della scuola «De Amicis» e del corollario di eventi che si sono succeduti dalla data del sisma che l'ha distrutta;

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per garantire un immediato avvio dei lavori di ricostruzione e un celere svolgimento degli stessi, al fine di riconsegnare a L'Aquila e agli aquilani la loro scuola.
(4-01986)


   CARDINALE e MICELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 dicembre 2018 la società C.M.C. depositava innanzi al tribunale di Ravenna domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell'articolo 161, comma 6, della legge fallimentare;

   con decreto presidenziale del 7 dicembre successivo il tribunale di Ravenna ha disposto la nomina dei commissari giudiziali e dei relativi incombenti assegnando termine di 60 giorni per il deposito della proposta;

   la società cooperativa CMC di Ravenna (quale socio del società affidataria in veste di contraente generale) era impegnata in Sicilia, tra le altre, nella realizzazione di importantissime opere strategiche commissionate da Anas spa quale contraente generale: «Itinerario Palermo – Agrigento: “Lavori di ammodernamento del tratto Palermo – Lercara Friddi, lotto funzionale dal km 14,4 (km 0,0 del lotto 2) compreso il tratto di raccordo della rotatoria Bolognetta, al km 48,0 (km 33,6 del lotto 2 – svincolo Manganaro incluso), compresi i raccordi con le attuali SS n. 189 e SS n. 121”; Itinerario Agrigento – Caltanissetta – A19. S.S. 640 “di Porto Empedocle”. Ammodernamento ed adeguamento alla cat. B del decreto ministeriale 5 novembre 2001. 2° tratto: dal chilometro 44+000 allo svincolo con la A19»;

   lo stato di crisi di CMC ha determinato notevoli problematiche sull'esecuzione dei lavori e, per quel che interessa, in Sicilia, una gravissima condizione finanziaria di oltre cento imprese affidatarie, subaffidatarie e fornitrici del contraente generale e di CMC medesima, mettendo così a rischio circa 2.000 posti di lavoro;

   la normativa applicabile agli appalti in parola prevede che è consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura, le imprese coinvolte nella crisi di CMC molte delle quali ancora con contratti in corso di esecuzione pure in data successiva alla pubblicazione della domanda di concordato con riserva, sono da ritenersi «fornitore strategico» alla realizzazione dei fini di cui alla domanda giudiziale ed alla pendente procedura;

   nel caso di contraente generale, l'articolo 194, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016, già articolo 176, comma 9, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (applicabile agli appalti in parola), prevede che «Il soggetto aggiudicatore verifica, prima di effettuare qualsiasi pagamento a favore del contraente generale, compresa l'emissione di eventuali stati di avanzamento lavori, il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari: ove risulti l'inadempienza del contraente generale, il soggetto aggiudicatore applica una detrazione sui successivi pagamenti e procede al pagamento diretto all'affidatario, nonché applica le eventuali diverse sanzioni previste nel contratto» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intenda assumere nei confronti di Anas spa al fine di garantire la definizione diretta delle pendenze economiche nei confronti dei lavoratori e di tutti gli operatori economici creditori della società cooperativa CMC di Ravenna e del contraente generale, nonché per consentire la prosecuzione e la conclusione delle opere pubbliche sopra citate strategiche ed imprescindibile per il territorio siciliano.
(4-01990)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   alla luce degli innumerevoli danneggiamenti e attentati incendiari che, negli ultimi mesi, stanno dilaniando la città di Gela e mettendo in serio pericolo la sicurezza dei cittadini, la prima firmataria del presente atto il 9 novembre 2018 ha riportato, attraverso l'interpellanza urgente indirizzata al Ministro dell'interno n. 2-00167, scene di guerra con carcasse di auto bruciate e ridotte a cenere, prospetti anneriti, serrande sciolte, balconi danneggiati, situazioni in relazione alle quali risulta necessario e improcrastinabile l'invio sul posto di un adeguato contingente delle forze dell'ordine;

   la situazione allarmante era stata altresì già denunciata, il 22 ottobre 2018, dalla prima firmataria del presente atto, attraverso un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-01445), senza ricevere alcuna risposta da parte del Ministro interrogato;

   il Sottosegretario per l'interno, onorevole Carlo Sibilia, in risposta all'interpellanza urgente appena citata, dopo i gravi fatti criminali che hanno sconvolto la città di Gela e che hanno spinto migliaia di cittadini a scendere in piazza, si è semplicemente limitato ad annunciare numeri e statistiche, ad avviso degli interpellanti rappresentando in qualche modo la città di Gela come «omertosa»;

   lo stesso Sottosegretario ha altresì fatto riferimento al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che si è riunito una sola volta, non considerando che, per far fronte alla situazione di allarme descritta, è necessario un comitato provinciale permanente sul territorio, al fine di fornire misure concrete per la città di Gela;

   ad aggravare la situazione, il Sottosegretario ha altresì sostenuto che «la prefettura, fin dallo scorso maggio, ha sottoscritto con l'amministrazione comunale di Gela un protocollo per la sicurezza urbana che individua come obiettivo prioritario, per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, l'installazione di videosorveglianza (...)»;

   purtroppo, il Sottosegretario non sembra essere a conoscenza del fatto che nella graduatoria dei finanziamenti previsti dal decreto del Ministero dell'interno, pubblicata il 23 ottobre 2018, Gela non è tra i comuni assegnatari: sono stati 428 i comuni d'Italia a beneficiarne sui 2.246 che hanno presentato i progetti e la città di Gela si colloca al 1392° posto, nonostante figuri tra i comuni a elevatissima incidenza di fatti criminali;

   dalla risposta del Sottosegretario, del 9 novembre 2018, sino ad oggi, da parte del Governo, a quanto risulta agli interpellanti, non è stata intrapresa alcuna iniziativa per fronteggiare la grave situazione di pericolo che sta coinvolgendo i cittadini di Gela: il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di fatto non esiste e il contingente delle forze dell'ordine non è ancora adeguato per evitare il reiterarsi dei tragici eventi, di impronta criminale;

   di fronte all'inerzia del Governo, gli episodi incendiari stanno aumentando vertiginosamente, con una media di uno ogni due notti, solo per citarne alcuni: l'11 novembre 2018 in via Risorgimento, rischiava di esplodere un impianto a gas dopo l'attentato ad una macchina; il 23 novembre 2018 si sono verificati due incendi in poche ore in via Monza; il 26 novembre 2018 è stato appiccato un incendio sul corso Salvatore Aldisio danneggiando un furgone Nissan di un commerciante ambulante di bevande; sono stati ripetuti gli incendi nel mese di dicembre 2018 nelle strade ricoperte dai rifiuti; il 22 dicembre 2018 è stato incendiato il portone di un'abitazione in via Watt e l'8 gennaio 2019 è stato appiccato un incendio al bar «Controsenso», contrada Roccazzelle, lungo la strada statale 115 Gela-Licata;

   alla luce di quanto appena riportato è estremamente necessario che il Governo intervenga tempestivamente per porre un argine agli episodi testé riportati, lasciando da parte quelle che appaiono agli interpellanti futili e inutili parole a cui, sino ad oggi, non sono seguiti atti concreti –:

   se, in che modo e con quali tempistiche il Ministro interpellato intenda attivarsi, per quanto di competenza, per potenziare il necessario e imprescindibile presidio delle forze dell'ordine e gli strumenti necessari a rafforzare le attività investigative, di prevenzione e di repressione della criminalità organizzata a Gela;

   se, con quali tempistiche e con quali iniziative di competenza intenda assicurare l'istituzione di un Comitato provinciale permanente nella città di Gela, da presenziare, che sia appositamente dedicato al monitoraggio delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio gelese;

   se non ritenga opportuno intraprendere le iniziative idonee, per quanto di competenza, al fine di procedere tempestivamente alla realizzazione di un sistema efficiente di videosorveglianza per la città di Gela per garantire misure concrete per i cittadini del territorio interessato.
(2-00222) «Bartolozzi, Prestigiacomo, Germanà, Minardo, Scoma, Siracusano, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del 2017 si era conclusa la procedura di aggiudicazione per la fornitura, l'installazione e l'attivazione mensile di 1000 braccialetti elettronici, con connessi servizi di assistenza e manutenzione per un arco temporale di 27 mesi;

   da agosto 2018 si sarebbe dovuto provvedere a mettere a disposizione delle forze dell'ordine i nuovi braccialetti, in aggiunta ai 2000 già in funzione, ma ad oggi ancora nessun braccialetto nuovo è entrato in circolazione;

   numerosi detenuti sono in lista di attesa per uscire dalle strutture penitenziarie, ma sono impossibilitati a farlo a causa della mancata esecuzione delle ordinanze di concessione di misure alternative alla detenzione dovuta alla indisponibilità dei nuovi braccialetti;

   la commissione di collaudo è stata nominata dal Ministero dell'interno solo a fine novembre 2018, ma non si conoscono gli esiti né i tempi di arrivo dei nuovi dispositivi;

   considerando inoltre le attuali criticità in cui versano alcune strutture penitenziarie, il braccialetto elettronico – come previsto nella riforma approvata nel corso dell'ultima legislatura – rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre il sovraffollamento carcerario, in favore di una esecuzione della detenzione domiciliare più razionale, più sicura e meno onerosa per le forze di polizia e che mira a garantire il percorso rieducativo tutelando al tempo stesso la persona offesa –:

   se il Governo sia in grado di fornire chiarimenti e indicazioni precise in merito alle modalità e ai tempi con cui i nuovi braccialetti elettronici saranno messi a disposizione, in modo da consentire l'esecuzione delle misure di detenzione domiciliare già disposte e ridurre il sovraffollamento carcerario.
(5-01198)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 21 dicembre 2018 il Ministero dell'interno, direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, ha deliberato di affidare la fornitura di 20 battelli pneumatici di tipo oceanico da destinare ai libici nell'ambito del progetto denominato «Support to integrated Border and Migration Management in Libya – First Phase» cofinanziato dall'Unione europea nel quadro del «Trust Fund For Africa»;

   le imbarcazioni previste saranno di tipi diversi per lunghezza (quattordici da 12 e sei da 9 metri) e per motorizzazione fuoribordo (da 300 e 250 HP 4 tempi); il valore massimo stimato dell'appalto è di 9.318.000 euro; l'iniziativa del Ministero si colloca nell'ambito di una strategia di dichiarato «contrasto all'immigrazione clandestina» che l'Italia conduce da tempo lungo le rotte africane in tema di «gestione» dei flussi migratori e che consiste principalmente nel supporto operativo alla guardia costiera libica nel fermare le partenze dei migranti;

   come riportato dall'inchiesta di Altraeconomia di gennaio 2019, gli appalti stipulati tra 2017 e 2018 dalla direzione immigrazione e polizia delle frontiere del Ministero dell'interno per commesse a beneficio della Libia hanno sempre visto un solo «fornitore» nonché partner strategico: l'azienda veneta «Cantiere Navale Vittoria»;

   l'ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla Libia del mese di dicembre 2018 denuncia gli «inimmaginabili orrori» subiti da migranti e rifugiati nei centri di detenzione in Libia, governativi e non, e «la complicità degli attori pubblici nel traffico di esseri umani: funzionari locali, miliziani che fanno parte delle istituzioni e del ministero dell'interno e della difesa»;

   lo stesso Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Moavero ha pubblicamente dichiarato che «in senso stretto e giuridico la Libia non può essere considerata porto sicuro», poiché tale nozione «è legata a convenzioni internazionali, che attualmente non sono state tutte sottoscritte dalla Libia» –:

   a quale scopo saranno destinate le imbarcazioni in questione e a chi siano destinate;

   se le 12 unità navali da cedere in base al decreto-legge n. 84 del 2018 siano state consegnate e a quali fini il Governo libico le stia utilizzando;

   se risulti quante persone nel corso del 2018 siano state intercettate dai libici e riportate indietro, in quali centri siano state recluse dove si trovino attualmente.
(5-01206)


   CENNI e CIAMPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Pisa il 30 giugno 2017 ha dichiarato il fallimento di Futura Immobiliare Srl. Secondo quanto riportano fonti stampa la società ha un debito con il comune di Ponsacco (Provincia di Pisa) di circa 1 milione di euro dovuto a risarcimento danni per opere non terminate, crediti tributari (circa 400 mila euro tra Ici ed Imu non versate) e sanzioni per non aver effettuato prove di collaudo;

   la Futura Immobiliare Srl è l'impresa costruttrice e proprietaria di molti locali posti nel complesso immobiliare di via Rospicciano a Ponsacco: un edificio ad uso commerciale e residenziale che ormai dal 2007 è al centro di polemiche (viene definito «ecomostro») e contenziosi giudiziari;

   i contenziosi giudiziari attivati da Futura Immobiliare relativamente alla proprietà di una piazza destina a mercato si sono tutti risolti con sentenze favorevoli all'amministrazione comunale;

   le denunce in sede penale fatte dalla società Futura Immobiliare nei confronti del comune di Ponsacco e la Banca di Pisa e Fornacette, relativi al cambio di destinazione d'uso di alcuni locali dell'immobile in via Rospicciano, hanno portato nel mese di dicembre 2018 alla piena assoluzione dei tecnici del comune, dell'ex sindaco e dei dirigenti dell'istituto di credito, con sentenze che dichiarano l'insussistenza dei fatti;

   attualmente, secondo i media, nel condominio di via Rospicciano sono presenti diversi cittadini di origine straniera; dal 2016 sono presenti anche famiglie macedoni e slovene provenienti da un campo rom sgomberato di Oratoio (Pisa), a cui si è già aggiunto un nucleo familiare proveniente dall'insediamento rom di Navacchio (Cascina) e che potrebbe essere raggiunto anche da altre famiglie sempre in seguito alla demolizione dello stesso campo rom presente nel comune di Cascina;

   il sindaco di Ponsacco Francesca Brogi, che già nel 2016 aveva chiesto l'intervento del prefetto di Pisa sul trasferimento delle famiglie rom affermando «che quello stabile non era idoneo» per ospitare un'alta concentrazione di stranieri e che avrebbe potuto trasformarsi in un ghetto, ha recentemente ribadito la non opportunità di trasferire ulteriori rom nel condominio di via Rospicciano, per evitare possibili tensioni sociali;

   sempre da quanto emerge dalla stampa, in seguito al fallimento della Futura Immobiliare Srl, l'immobile sarebbe gestito da una società denominata Sfh, sulla base di un titolo non conosciuto;

   Francesca Brogi ha inoltre risollecitato l'intervento del prefetto di Pisa affermando la necessità, qualora vengano previsti sgomberi di accampamenti rom abusivi, di istituire una cabina di regia che coinvolga tutte le istituzioni territoriali interessate; il sindaco di Ponsacco ha dichiarato: «Prima di sgomberare un campo rom bisogna pensare alla ricollocazione e al futuro di queste persone, perché altrimenti il rischio è soltanto quello di spostare un ghetto da un territorio a un altro, per giunta con l'utilizzo di soldi pubblici, che verrebbero investiti in una soluzione irresponsabile e non risolutiva»;

   una cabina di regia appare ancora più evidente se si tiene conto che il sindaco di Cascina che ha deciso unilateralmente lo sgombero del campo rom di Navacchio (incentivando peraltro l'esodo destinando 500 euro di fondi pubblici ad ognuna delle 38 persone trasferite) riveste da mesi anche il ruolo di consigliere per il programma di Governo e le attività parlamentari del Ministro interrogato –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle criticità dell'immobile di via Rospicciano a Ponsacco che potrebbero essere aggravate dall'arrivo di ulteriori nuclei familiari rom provenienti da sgomberi effettuati dai comuni limitrofi senza una preventiva programmazione che coinvolga le altre istituzioni territoriali interessate e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere, per quanto di competenza, per evitare che tale immobile possa essere causa di tensioni sociali.
(5-01208)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Gradisca d'Isonzo, Gorizia, sono stati insediati nel 2006 un Centro di identificazione ed espulsione (Cie), e nel 2009 un Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara). Il Cie è stato chiuso nel 2013 e le relative strutture sono state riutilizzate all'accoglienza dei richiedenti asilo, con una capienza dell'intero polo di 700 persone;

   la regione Friuli Venezia Giulia ha indicato il suddetto polo quale sito per la realizzazione del Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr), vincolando tale disponibilità alla contestuale chiusura del Cara;

   a tal fine hanno preso avvio – e sono in corso di ultimazione – i lavori del Cpr per ospitare 200 persone ed è perciò imminente la chiusura del Cara che però attualmente accoglie un numero superiore di ospiti rispetto alle capacità del futuro Cpr;

   nel 2019, inoltre, termineranno e non saranno rinnovati numerosi progetti di accoglienza diffusa nei comuni della regione, con la conseguenza che il numero delle persone da dover ospitare nel Cpr sarà di molto superiore ai posti disponibili;

   al tavolo attivato presso la prefettura di Gorizia, le istituzioni hanno anche previsto un aumento degli arrivi nei prossimi mesi ed è emersa, perciò, la necessità di aumentare i posti per i richiedenti asilo nel territorio regionale, paventando l'ipotesi di mantenere il Cara anche dopo l'apertura del nuovo Cpr –:

   quali siano le misure che il Governo intende adottare con riferimento al Cara di Gradisca di Isonzo;

   quali siano le risposte che si intende fornire al Friuli Venezia Giulia rispetto al futuro del sistema di accoglienza, anche al fine di garantire il mantenimento di un adeguato livello di sicurezza.
(4-01954)


   SIRACUSANO, MARIA TRIPODI, FASCINA, DALL'OSSO, GREGORIO FONTANA, PEREGO DI CREMNAGO, RIPANI e VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il numero di furti, rapine e atti delittuosi commessi nel nostro Paese, in considerazione dei numerosi fatti di cronaca che ledono la tranquillità della collettività, sta conoscendo un aumento vertiginoso;

   stando alle rilevazioni dell'Istat, il 33,9 per cento dei cittadini ritiene di vivere in una zona a rischio di criminalità, dato decisamente in aumento rispetto alle rilevazioni passate;

   al basso livello di sicurezza percepito dagli italiani si aggiunge la conclamata condizione di sofferenza degli organici delle forze di polizia operanti sul territorio nazionale, spesso sottodimensionati rispetto alle reali necessità;

   nell'agosto 2008, per volontà del Governo Berlusconi è stata avviata l'operazione «Strade sicure» con l'obiettivo di ridurre la microcriminalità, attraverso una presenza capillare delle forze dell'ordine integrate con l'Esercito italiano;

   attraverso l'operazione «Strade sicure» si sono registrati 15.500 arresti in 9 anni, sono state sequestrate 2,2 tonnellate di sostanze stupefacenti e circa 3 milioni di individui sono stati controllati dai militari sia durante il pattugliamento sia nei presidi;

   i successivi Governi hanno, invece, ridimensionato l'operazione citata, abolendo il pattugliamento e lasciando ai militari il solo compito di presidio degli obiettivi sensibili; infatti, i militari non partecipano più alle pattuglie miste a piedi per il controllo del territorio insieme a poliziotti e carabinieri, limitandosi ad assicurare la vigilanza a presidi fissi come ambasciate, consolati, aeroporti, stazioni, centri per immigrati;

   dal 1° gennaio 2015 una circolare del Ministro dell'interno ha ridotto gli uomini delle forze armate da 4.250 a 3.000: una decisione che ha comportato il ritiro da 8 delle 30 città assegnate;

   l'attuale Esecutivo, oltre a quelli che appaiono agli interroganti evanescenti annunci, sembra interessarsi solo in parte al comparto sicurezza nonché alla tutela della sicurezza dei cittadini, tanto che, nella legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) le risorse stanziate a favore di tale comparto, strategico per il Paese, risultano irrisorie;

   assodato il valore assoluto che la grande esperienza acquisita dai militari in missioni internazionali potrebbe avere nell'intero Paese, qualora il knowhow e l'esperienza di questi fosse a disposizione di operazioni di pubblica utilità, ad avviso degli interroganti appare opportuno riattivare quanto prima l'operazione di sicurezza «Strade sicure»;

   in riferimento a quanto occorso nei giorni scorsi a Messina, ove si è verificato l'ennesimo atto criminoso ai danni di un esercente del centro città, il consiglio della circoscrizione territoriale competente ha chiesto un maggiore controllo al prefetto e al questore, chiedendo se vi siano le condizioni per riattivare l'operazione di sicurezza «Strade sicure», interrotta bruscamente dal precedente Governo;

   come già specificato dalla presidenza della III circoscrizione del comune di Messina, il territorio messinese si contraddistingue per la condizione di disagio e profonda fragilità in cui le forze dell'ordine oggi in servizio non riescono a coprire il monitoraggio costante di un'area vasta 52 chilometri, profondamente complessa ed eterogenea e dove sono assenti i supporti per la videosorveglianza –:

   se, alla luce di quanto riportato in premessa, non ritenga che vi siano le condizioni per ripristinare un servizio capillare e costante di controllo e gestione del territorio ad opera di unità interforze, sulla scorta della positiva esperienza tracciata del Governo Berlusconi, allorquando era previsto, oltre al pattugliamento delle strade, un presidio statico e costante delle forze dell'ordine sull'intero territorio nazionale.
(4-01956)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende dei disagi che stanno subendo numerosi frontalieri di San Marino a seguito delle modifiche al codice della strada introdotte dal maxi emendamento al «decreto sicurezza»;

   la Repubblica di San Marino infatti non fa parte dell'Unione europea e, pertanto, non vigono le deroghe in fatto di noleggio e comodato;

   il «decreto sicurezza», infatti, ha imposto nuovi limiti per le vetture con targa estera, indubbiamente con l'obiettivo di stanare i cosiddetti «furbetti»: tuttavia, le nuove disposizioni stanno creando problemi a chi è domiciliato o lavora a San Marino, in possesso di autovettura con targa sammarinese, pur essendo residente in Italia;

   stando a quanto segnalato a mezzo stampa, sarebbero già diversi i casi di multe e confisca delle vetture con targa sammarinese;

   la normativa di recente introduzione ha modificato gli articoli 93 e 132 del codice della strada. In particolare, l'articolo 93 codice della strada modificato prevede che «è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, circolare con un veicolo immatricolato all'estero»;

   la norma prevede deroghe per i Paesi dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, ma la Repubblica di San Marino non ne fa parte –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere per porre rimedio alle criticità di cui in premessa.
(4-01964)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il prossimo 12 gennaio 2018, Casapound ha organizzato a Gorizia una conferenza con l'associazione Decima Mas, così come pubblicizzato da una locandina che recita la seguente scritta: «X° Flottiglia Mas per l'onore d'Italia». La conferenza anticipa di pochi giorni l'evento che il 19 gennaio vedrà la rappresentanza della Decima Mas ricevuta all'interno del comune di Gorizia dai rappresentanti istituzionali: una manifestazione che si ripete di anno in anno, che, nella scorsa edizione, è arrivata al punto da vedere i saluti fascisti all'ingresso della delegazione nella casa comune dei cittadini e sentire poi intonato, in una sala interna, l'inno di guerra della formazione;

   l'Anpi, intenzionato come nel passato a manifestare il 19 gennaio 2018, insieme alle forze democratiche cittadine e dell'intero Friuli Venezia Giulia, davanti al palazzo municipale, si è visto relegare in una piazza ben distante dal comune, trattamento peraltro riservato anche a CasaPound, che ha ottenuto il permesso di manifestare in un'ulteriore e diversa piazza di Gorizia: decisione che realizza una sorta di par condicio impossibile visto che gli aderenti a CasaPound si definiscono fascisti del terzo millennio, e disposta dalle istituzioni competenti (prefettura e questura) che sono antifasciste per definizione e per Costituzione;

   a parere dell'interrogante le iniziative in programma a Gorizia, che tra l'altro si terranno due settimane prima della celebrazione della Giornata della memoria, ledono i principi previsti dalla Costituzione repubblicana e in particolare della specifica norma che al primo comma della XII disposizione transitoria e finale esclude che in Italia si possa ricostituire il partito fascista, oltre che delle leggi Scelba e Mancino che costituiscono la barriera costruita dal nostro Paese contro qualsiasi velleità di riportare indietro l'orologio della Storia;

   nel settembre del 1943 Gorizia, insieme a Trieste, Udine, Pola e Fiume divennero, oltre a Lubiana, al Trentino e al Bellunese, territorio controllato militarmente e civilmente dai nazisti, e l'acronimo OZAK (Operationszone Adriatisches Küstenland) ancora oggi conserva il suo temibile e lugubre impatto nella memoria collettiva di questi luoghi;

   per dare un'idea del contesto, basta ricordare che allora, la Gazzetta ufficiale del Regno italiano venne sostituita da un bollettino emanato dal commissario tedesco che aveva pieni poteri sulle terre e sui cittadini e rispondeva del suo operato, violento, intimidatorio e crudele, soltanto a Hitler. La Resistenza partigiana ebbe un ruolo incontrovertibile nell'azione di liberazione del confine orientale, dalla Resistenza è nata la nostra Costituzione repubblicana ispirata ai valori della democrazia e dell'antifascismo;

   la città di Gorizia è medaglia d'oro per la resistenza nella guerra di liberazione;

   a parere dell'interrogante è opportuno che, a Gorizia, viste le iniziative di Casapound e dell'associazione Decima Mas, la cui triste storia alle dipendenze dei nazisti è ben nota, siano esplicitamente arginate le crescenti espressioni neofasciste e riaffermati i principi che sono i capisaldi della nostra Costituzione, nata quale reazione dell'intero Paese devastato dalla guerra e dalla dittatura e fermo ripudio del fascismo, strumenti di garanzia della libertà del nostro popolo e dell'intera Europa –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza e anche attraverso la prefettura di Gorizia, effettuare le opportune verifiche e prendere le conseguenti iniziative, alla luce dei possibili risvolti di ordine pubblico, in merito allo svolgimento dell'iniziativa di Casapound di cui in premessa e della presenza anche all'interno delle istituzioni dell'associazione Decima Mas nel comune di Gorizia che, a giudizio dell'interrogante, si pone in contrasto con il dettato costituzionale, rassicurando i cittadini sul pieno esplicarsi delle garanzie antifasciste che sono i capisaldi della Costituzione e che assicurano le libertà e la democrazia delle cittadine e dei cittadini italiani.
(4-01970)


   ZANICHELLI, DEL MONACO e SPADONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 gennaio 2019, si apprende dai giornali locali che all'interno dei capannoni dismessi e abbandonati delle Ex Reggiane di Reggio Emilia, vi è stata un'aggressione tra alcuni stranieri che trovano rifugio occasionale in quella zona della città;

   secondo le testimonianze dei presenti a provocare la lite (Gazzetta di Reggio 8 gennaio 2019, pagina 17 – Il Resto del Carlino edizione Reggio Emilia 8 gennaio 2019, pagina 47) sarebbe stato un nigeriano di età compresa tra i 30 e i 35 anni, che dopo aver colpito l'altra persona sarebbe tornato all'interno del capannone abbandonato per dare fuoco al suo giaciglio e darsi alla fuga; anche la vittima dell'aggressione avrebbe fatto perdere le sue tracce;

   a seguito di ciò la polizia locale si è attivata per la ricerca degli stranieri coinvolti rilevando che la vittima dell'aggressione era Bright Ofori, 29enne ghanese, noto alle forze dell'ordine per la sua corposa fedina penale, nonché autore della violenza sessuale avvenuta nel sottopasso della stazione di Reggio Emilia nel 2007 e definito dagli inquirenti stupratore seriale e soggetto pericoloso (Gazzetta di Reggio 9 gennaio 2019, pagina 11 – Il Resto del Carlino edizione Reggio Emilia 9 gennaio 2019, pagine 1 e 35);

   il soggetto in questione era latitante e ricercato, poiché su di lui gravava una condanna per violenza sessuale diventata poi definitiva;

   la zona delle Ex Reggiane, limitrofa al centro della città, è da tempo dismessa e abbandonata, nonché frequentata e abitata in modo illegale e soggetta a episodi frequenti di criminalità e violenza;

   tale area necessita urgentemente di una riqualificazione per la quale, tra l'altro, sono stati investiti milioni di euro nel bando «periferie» –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se intenda intensificare i controlli e procedere con interventi mirati nell'area e quali ulteriori iniziative intenda adottare, per quanto di competenza.
(4-01979)


   MULÈ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la caserma dei vigili del fuoco di Albenga versa, ormai da anni, in condizioni di assoluta precarietà e necessita di interventi urgenti di adeguamento strutturale e impiantistico;

   crepe nei muri, infiltrazioni, impianto elettrico guasto e scarsa sicurezza sono solo alcuni dei disagi che i vigili del fuoco della caserma citata sono costretti a vivere quotidianamente, tanto che, in situazioni di avverse condizioni metereologiche, i vigili del fuoco devono fronteggiare gli allagamenti della sede, oltre a quelli di strade, abitazioni ed esercizi commerciali;

   i vigili del fuoco di Albenga hanno più volte denunciato lo stato di precarietà della struttura, invocando l'aiuto e il sostegno di tutte le autorità e sensibilizzando anche le autorità locali, i sindaci dei territori interessati;

   in riferimento all'immobile citato – per una parte di proprietà provinciale e per una parte dello Stato – la provincia di Savona, con determinazione n. 4320 del 14 dicembre 2018, ha aggiudicato a una ditta i lavori relativi al rifacimento dell'impermeabilizzazione della copertura e dei cornicioni per la parte di caserma di competenza della provincia di Savona;

   nello specifico gli interventi (per un importo inclusivo di Iva pari ad euro 39 mila euro circa) verranno eseguiti, come da accordi presi durante i sopralluoghi effettuati, a seguito del completamento dei lavori realizzati direttamente dal Ministero competente, per la parte di copertura riguardante l'edificio di proprietà statale e, soltanto a seguito di tale intervento, verrà realizzato, compatibilmente con le risorse di bilancio 2019, il risanamento dei locali interni di competenza della provincia;

   preso atto della assoluta e indiscussa rilevanza del distaccamento provinciale di Albenga, che rappresenta un riferimento indiscusso per la sicurezza di tutta la collettività del ponente savonese, i consiglieri comunali di Albenga di Forza Italia attraverso un ordine del giorno, indirizzato al sindaco, al presidente del consiglio comunale e al segretario comunale, hanno rivolto un appello affinché il Ministro interrogato intervenga con assoluta sollecitudine per l'effettuazione dei necessari lavori di adeguamento strutturale della caserma citata –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché siano eseguiti tempestivamente i lavori necessari di adeguamento strutturale della caserma dei vigili del fuoco di Albenga.
(4-01983)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 della legge 20 luglio 2000, n. 211, prevede che in occasione del «Giorno della memoria» — istituito in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti — siano organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto accadde al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere;

   l'articolo 1, comma 2, della legge 30 marzo 2004, n. 92, prevede che in occasione del «Giorno del ricordo» — istituito in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e della concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati — siano previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende;

   l'articolo 1, comma 2, della legge 15 aprile 2005, n. 61, prevede che in occasione del «Giorno della libertà» — istituito per il 9 novembre in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino — vengano annualmente organizzati cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà, evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti;

   con nota (protocollo n. 0001151 del 10 gennaio 2019) del gabinetto della prefettura di Piacenza — ufficio territoriale del Governo risulta indetta per il 16 gennaio 2019 una riunione finalizzata a organizzare cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione, per la celebrazione di due ricorrenze («Giorno della memoria», «Giorno del ricordo») più sopra richiamate;

   in precedenza (probabilmente perché nessuna disposizione ministeriale è stata al riguardo impartita), nessuna riunione è stata indetta — né dalla prefettura di Piacenza né (a quanto risulta all'interrogante) in tutta Italia — finalizzata a organizzare iniziative volte a celebrare il «Giorno della libertà», anch'esso istituito — come sopra detto — per legge;

   quanto al dovere da parte delle autorità competenti di sollecitare l'organizzazione di iniziative volte a condannare tutti i totalitarismi (che di efferati delitti e violenze si sono resi protagonisti) e rendere omaggio e giustizia alle vittime degli stessi (così come tutte e tre le sopra evocate leggi prevedono), l'interrogante condivide del tutto l'articolo pubblicato su Il Giornale del 14 dicembre 2018 a firma del giornalista Corrado Sforza Fogliani –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere adeguate iniziative volte a fare sì che i prefetti convochino, per tempo, riunioni finalizzate a organizzare cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione, per la celebrazione di tutte e tre le ricorrenze («Giorno della memoria», «Giorno del ricordo», «Giorno della libertà») in premessa richiamate, nel pieno rispetto della normativa vigente ed evitando di incorrere — quindi — in parziali applicazioni di quest'ultima.
(4-01984)


   FIDANZA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio del 2016 Stefan Cernetic, autoproclamatosi «principe di Montenegro e Macedonia», ha effettuato viaggi nei territori di Polignano, Monopoli, Avellino e Fasano, incontrando autorità civili e religiose e spostandosi con un'auto munita di bandiere del Montenegro, da lui stesso definita «our diplomatic car», che poteva essere scambiata per una vettura in dotazione a personale diplomatico del Montenegro;

   Cernetic avrebbe fruito di un servizio di scorte da parte dell'Arma dei carabinieri, servizio che viene definito «official Carabinieri police escort», «scorta d'onore dei bravissimi Comandante e Maresciallo Compagnia Carabinieri di Monopoli»;

   il Cernetic continua a vantare, dalla propria pagina facebook, di fruire di scorte di polizia;

   la legge n. 35/11-1/15 EPA 569 XXIV, approvata in Podgorica il 12 luglio 2011 dal Parlamento del Montenegro, riconosce come unico principe ereditario del Montenegro, Nikola Petrovic Njegos;

   il 21 ottobre 2016 l'ambasciatore del Montenegro presso l'Italia, con prot. 683/16, inviò una nota al Ministero degli affari esteri italiano, chiarendo che il Cernetic non è cittadino montenegrino e non riveste alcun ruolo istituzionale o diplomatico in nome e per conto di quello Stato. Questa nota fu trasmessa «per opportuna informazione» a tutti i comandi dell'Arma dei carabinieri sul territorio nazionale dal Comando dei carabinieri del Ministero degli affari esteri (Nr. 3049/10-1 di prot. «P», Roma 26/X/2016) e dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri (N. 1040/663-4-1992 di prot., Roma 15/II/2017);

   fu avviata dalla procura presso la Repubblica di Brindisi una inchiesta, che si risolse in una citazione diretta a giudizio del Cernetic da parte del pubblico ministero per quanto previsto e punito dall'articolo 495 CP «falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri», di cui non si conosce l'esito;

   in queste settimane il Cernetic viene ospitato nella trasmissione di Rai1 «Storie Italiane» consentendogli di anticipare informazioni in merito al processo a suo carico e alle sue pretese e a propalare tesi complottistiche, che chiamano in causa l'attuale Governo montenegrino, con il quale l'Italia intrattiene rapporti amichevoli; nel corso della trasmissione, il Cernetic ha dichiarato di essere un diplomatico, di avere ricevuto il passaporto diplomatico dalla Serbia nel 2017 (11 dicembre 2018) e ha mostrato questo passaporto (14 dicembre 2018) il tutto attraverso il servizio pubblico di Rai1;

   dalle sue pagine facebook, il Cernetic afferma esplicitamente di poter far ottenere passaporti diplomatici e/o laissez passer –:

   per quale ragione non si sia appurato chi abbia richiesto e chi abbia concesso le anzidette scorte di carabinieri e/o polizia;

   cosa abbia motivato la concessione e perché non si sia consultato preventivamente l'ambasciatore del Montenegro allo scopo di appurare il ruolo rivestito dal Cernetic rispetto alle istituzioni montenegrine;

   quale risposta abbia offerto a suo tempo il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a fronte della vicenda e quali siano stati gli orientamenti riguardo ai fatti, anche e soprattutto in rapporto alle relazioni bilaterali tra Montenegro e Italia;

   quali iniziative si intendano assumere, riguardo ai fatti esposti, rammentando che soggetti dell'Arma dei carabinieri in divisa avrebbero scortato soggetti privi di ruoli istituzionali e difficilmente inquadrabili nei parametri fissati per la concessione di scorte di polizia;

   se il Cernetic sia in possesso dello status di diplomatico e per tale vada trattato in territorio italiano;

   quale sia l'autorità che ha emesso il passaporto da lui mostrato durante la trasmissione di Rai1 e se sussista in capo al Cernetic stesso una qualche autorizzazione a mediare per l'ottenimento di siffatti passaporti e/o laissez passer a vantaggio di terzi.
(4-01987)


   MELONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 10 e l'11 gennaio 2019 è stato dato fuoco al portone d'ingresso della Chiesa di San Rocco a Rovereto, in Trentino, all'interno della quale nel periodo natalizio era stato allestito un presepe con un esplicito messaggio anti-abortista dal testo «il re Erode non è mai morto? La strage degli innocenti continua...»;

   il collegamento tra l'attentato alla Chiesa e il presepe appare evidente posto che sui muri della Chiesa è stata trovata la scritta «I veri martiri sono in mare», vergata con una bomboletta spray;

   le indagini sull'incendio sono state dirottate per competenza al tribunale di Trento che ipotizza il reato di incendio aggravato con fini terroristici;

   stando alle notizie riportate dalla stampa «La pista più probabile sembra quella anarchica, anche se in questa prima fase delle indagini nessuna ipotesi può essere esclusa» –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di contrastare simili episodi di violenza, lesivi dei principi di uno Stato democratico.
(4-01991)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   come risulta da quanto pubblicato dai media on line (https://www.fanpage.it) a San Felice sul Panaro, comune nella provincia di Modena, duecento bambini di età compresa tra i sei e i quattordici anni, le cui famiglie provengono da Paesi nordafricani e arabi, a partire da domenica 13 gennaio 2019 andranno a lezione di arabo e di Islam nei locali della scuola elementare;

   detta iniziativa, realizzata dall'associazione «La Pace», costituita da immigrati del Nordafrica, risulta essere stata approvata dal consiglio d'istituto della scuola interessata;

   a fronte delle rimostranze di alcuni genitori, risulta che un portavoce dell'associazione avrebbe spiegato che le lezioni verteranno sui principi dell'Islam come religione di pace e saranno inoltre aperte a tutti, anche ai bambini le cui famiglie non sono originarie di Paesi islamici;

   appare all'interrogante del tutto improprio, quando non illegittimo, l'utilizzo di locali pubblici, destinati a diventare luoghi di indottrinamento religioso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti, quali siano i suoi orientamenti al riguardo e quali eventuali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere al riguardo.
(4-01962)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi di stampa è emersa la notizia relativa al fatto che presso l'unico istituto scolastico elementare di San Felice sul Panaro (Modena), a partire da domenica 13 gennaio 2019, l'associazione «La pace» tiene corsi di arabo ed Islam per 200 ragazzini musulmani nati in Italia;

   l'istituto scolastico in questione ha concesso a titolo gratuito all'associazione «La pace» le aule scolastiche per tenere i corsi di arabo e di precetti dell'Islam;

   la decisione di concedere gratuitamente gli spazi scolastici è stata assunta, a maggioranza, dal consiglio di istituto;

   la scuola, a parere dell'interrogante, dovrebbe porre in essere percorsi reali di integrazione, per bambini musulmani nati in Italia, caratterizzati da corsi speciali per l'apprendimento della lingua italiana, di educazione civica, della cultura occidentale, di studio della Costituzione e della storia della nostra Nazione;

   tale situazione potrebbe creare preoccupanti precedenti. Le aule scolastiche di fatto verrebbero utilizzate anche per fini di proselitismo religioso e questo contrasterebbe con il principio di laicità delle istituzioni;

   aprendo la scuola alle lezioni di arabo si rischia, inoltre, di favorire un processo di ghettizzazione e non di integrazione –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda adottare per evitare che si tengano lezioni di arabo e di precetti dell'Islam come quelle richiamate in premessa;

   se intenda avviare le verifiche di competenza per valutare la regolarità, a norma di legge, dell'operazione di cui in premessa, anche attraverso l'invio di ispettori ministeriali.
(4-01968)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale «Concorsi ed Esami» n. 49 del 22 giugno 2018, con scadenza del bando fissata al 23 luglio 2018 è stata pubblicata la procedura concorsuale dell'Alma Mater Studiorum università di Bologna per due posti cat. «EP – Elevata Professionalità», con funzione di responsabile gestionale di distretto presso «ASB – Area Servizi Bologna», di cui al bando rep. n. 3204, Protocollo 78708 del 7 giugno 2018;

   si trattava di una selezione aperta alla generalità dei soggetti in possesso dei requisiti, ma che per peculiarità del profilo ha visto la pressoché totale partecipazione di personale interno all'ateneo di Bologna interessato alla progressione di carriera verso la categoria EP – elevata professionalità (la più alta posizione funzionaria attualmente prevista dal contratto collettivo nazionale del lavoro del comparto);

   successivamente alla scadenza del termine per l'invio delle candidature, la commissione di valutazione è stata nominata con disposizione del dirigente dell'area personale n. 4750 del 30 agosto 2018;

   i componenti designati della commissione sono stati (riferimento: https://www.unibo.it/it/ateneo/concorsi-e-selezioni/bandi-e-avvisi-ta/2018/bando-ta-rif-3204):

    presidente, Antonella Mattioli: dirigente responsabile dell'Area ASB – Area Servizi Bologna;

    componente, Enrico Lodolo: dirigente del Cesia – Area Sistemi e servizi informatici dell'ateneo;

    componente, Massimiliano Pagni: funzionario categoria EP, responsabile dell'ufficio tecnico dell'università degli Studi di Siena;

    segretario, Fabrizio Borsari: funzionario categoria EP università di Bologna, presso area del personale;

    componente supplente: Enrico Benagli;

    esperto attitudinale: Marco Giovanni Mariani;

   dagli atti risulta che vincitrici della selezione sono state R.M. e I.P.;

   si rileva che la signora R.M. risulta prestare servizio, nella categoria D presso il CeSIA, unità professionale coordinamento progetti con ruolo di responsabile come si evince anche dal sito web dell'ateneo (https://www.unibo.it);

   al concorso, in ogni caso, risultano aver partecipato diversi altri candidati che prestano servizio presso il CeSIA. Tra i componenti della commissione risulta il dottor Lodolo, dirigente CeSIA che, dunque, è diretto superiore di numerosi candidati che hanno preso parte al concorso. Tale circostanza appare, a parere dell'interrogante, inopportuna se non addirittura di dubbia legittimità nella prospettiva di imparzialità e serenità di giudizio che deve contraddistinguere chi è chiamato a valutare le prove concorsuali;

   considerate le circostanze sopra richiamate sarebbe stato opportuno, secondo l'interrogante, che il dottor Lodoli si astenesse dal partecipare alla suddetta commissione di concorso –:

   se, alla luce di quanto esposto intenda adottare iniziative normative per prevedere nei casi analoghi a quello di cui in premessa un obbligo di astensione per i membri della commissione di concorso.
(4-01969)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   VISCOMI, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la passata legislatura si è caratterizzata per una serie di importanti iniziative legislative finalizzate a rendere più equo, inclusivo e competitivo il mercato del lavoro italiano e culminata con l'introduzione del cosiddetto «Jobs Act»;

   tra le misure più innovative adottate negli anni scorsi, rientra senza dubbio quella, introdotta in via sperimentale dalla legge di stabilità 2015 – articolo 1, comma 26, della legge n. 190 del 2014 – e avente efficacia dal marzo 2015 al giugno 2018, riguardante la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato, con un rapporto di lavoro in essere da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro, di scegliere di ricevere mensilmente la quota di Tfr maturata, unitamente alla retribuzione in busta paga;

   la facoltà di ricorrere a questa opzione è stata attribuita anche ai lavoratori che stessero già versando il Tfr in un fondo di previdenza complementare;

   la somma percepita dal dipendente non è assoggettata a tassazione separata, come avviene normalmente per il Tfr, ma è soggetta a tassazione ordinaria Irpef; al contempo, tale somma non è imponibile ai fini previdenziali e non va calcolata ai fini della determinazione dell'aliquota per la tassazione separata del Tfr; inoltre, l'importo ricevuto non concorre alla formazione del limite di reddito complessivo da considerare per il riconoscimento del «bonus 80 euro»;

   a distanza di quasi sei mesi dal termine dell'efficacia della disposizione si ritiene opportuno conoscere i dati relativi all'effettivo ricorso alla misura da parte dei lavoratori, al fine di valutarne gli aspetti positivi e le eventuali criticità e, nel caso, disporne la proroga –:

   quale sia il numero di lavoratori dipendenti che abbiano fatto ricorso alla misura di cui alla disposizione richiamata per ogni singolo anno dal 2015 al 2018, con specifico riferimento alle singole regioni, ai settori lavorativi e alle qualifiche professionali di appartenenza dei lavoratori richiedenti, anche al fine di verificarne l'eventuale riproposizione.
(5-01214)


   MURELLI, CECCHETTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è iniziato nel peggiore dei modi il nuovo anno per i lavoratori della Italtel di Settimo Milanese;

   l'azienda ha annunciato la disdetta di tutti gli accordi sindacali, siglati dal 1974 al 2018, ed azzerato tutti i trattamenti migliorativi di trasferta, reperibilità ed alcune quote salariali come il terzo elemento, la quota accantonata fissa e i premi mensili;

   tale decisione significa per i lavoratori, un taglio delle proprie buste paga dai 2.000 ai 2.500 euro annui;

   la motivazione è che «la società ha ritenuto responsabile agire con la disdetta dei trattamenti retributivi derivanti dalla contrattazione di secondo livello che consente una riduzione del costo del lavoro in linea con gli obiettivi citati dal nuovo piano industriale»;

   la risposta sindacale è stata quella di organizzare le assemblee dei lavoratori per definire le forme di protesta: dall'8 gennaio 2019 sciopero della reperibilità, degli interventi notturni programmati e degli straordinari; per tutta la settimana anche uscite anticipate alle 15,45 e il giorno 11 sciopero dalle 14 alle 15,45 con corteo interno –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda urgentemente adottare con riguardo alla vicenda richiamata in premessa.
(5-01215)


   POLVERINI, GIACOMONI, FATUZZO e ZANGRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, recante norme in materia di leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica, è stata prevista la dispensa dal servizio di leva in occasione della chiamata alle armi di ogni classe di leva, qualora si prevedessero eccedenze rispetto al fabbisogno quantitativo e qualitativo del personale da incorporare;

   la disposizione abrogata successivamente solo in occasione della riforma del servizio di leva militare con l'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 504, ha comunque interessato numerosi giovani in particolar modo nelle classi di età tra il ’50 e il ’60 che, pur essendo giudicati abili al servizio militare obbligatorio, dopo più di un anno dalla data presunta per la chiamata, sono stati congedati proprio ai sensi del richiamato articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica n. 237 del 1964;

   in tal modo, sono stai costretti a rimanere a disposizione dello Stato, e delle sue Forze armate, per almeno 12 mesi, poiché in sovrannumero con la conseguenza di una impossibilità sostanziale di accedere regolarmente al mondo del lavoro, in considerazione del fatto che nel periodo di attesa non risultavano né esentati dal servizio di leva né congedati;

   quei giovani di allora, oggi ormai prossimi alla pensione, in virtù del peggioramento dei requisiti pensionistici di cui alla cosiddetta legge Fornero, e in assenza di interventi migliorativi da parte dell'attuale Governo, si trovano attualmente con un «buco» contributivo di almeno dodici mesi contro la propria volontà e privati della possibilità di versarli volontariamente, come segnalato dalla stessa Inps ai diretti interessati;

   si tratta di fatto di un ulteriore caso di ingiustizia sociale che colpisce chi ha lavorato e costantemente versato i necessari contributi per la pensione e che invece si trova ostaggio del lavoro, nonostante l'età anagrafica avanzata;

   la legge recante il bilancio di previsione per l'anno 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, n. 145 del 2018, reca disposizioni volte a istituire il fondo per gli interventi in materia pensionistica;

   alla luce delle affermazioni rilasciate dai suoi stessi esponenti, il Governo sarebbe in procinto di adottare un decreto-legge recante le disposizioni in materia previdenziale a valere sulle risorse del richiamato fondo –:

   quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda assumere per tutelare il diritto alla pensione dei soggetti di cui in premessa, riconoscendo loro i periodi contributivi non riconosciuti in attesa di essere chiamati alla leva obbligatoria.
(5-01216)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa (Corriere del Veneto del 18 marzo 2018) che ormai da diverso tempo le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie di Verona hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica e delle autorità competenti la grave situazione di disagio dei lavoratori della sede Inps di Verona e delle relative agenzie, legata principalmente alla carenza di organico, che si è aggravata sempre più fino ad arrivare in cinque anni a un valore del -20 per cento (a dicembre 2017 n. 247 unità), rendendo impossibile la regolare gestione della mole di domande che pervengono all'Istituto, considerando anche l'elevato numero di «Naspi» per tutti i lavoratori stagionali delle strutture alberghiere e di intrattenimento presenti sul lago di Garda, con un peggioramento dei servizi erogati, la difficoltà del rispetto dei tempi soglia, il mancato raggiungimento, per la prima volta, dell'indice di qualità nell'erogazione delle pensioni di anzianità/vecchiaia degli aventi diritto, e un ritardo di 4/5 mesi dalla data di decorrenza del pensionamento;

   gli operatori Inps veronesi, già oberati da carichi di lavoro insostenibili e procedure inadeguate che necessitano di continui aggiornamenti e di collegamenti informatici che funzionano a singhiozzo e di flussi telematici talmente importanti da non riuscire ad essere supportati, sono penalizzati anche dalla mancanza di strumenti di lavoro, come toner e stampanti, necessari allo svolgimento dell'attività lavorativa quotidiana;

   in diversi casi si sono verificati anche gravi episodi di violenze verbali e fisiche nei confronti dei dipendenti dell'Istituto, da parte di cittadini esasperati, che attendono legittimamente da troppi mesi la liquidazione di una prestazione, per cui spesso è stato necessario l'intervento delle forze dell'ordine;

   tale situazione, a cui deve aggiungersi anche il fatto che in molti casi i dipendenti di area B si ritrovano a dover svolgere il medesimo lavoro dei colleghi inquadrati in area C con notevoli differenze stipendiali, mette seriamente a rischio i servizi all'utenza;

   la grave carenza di personale della sede Inps veronese, la più problematica sul territorio veneto, legata principalmente ai pensionamenti e all'assenza di turnover, non sarà risolta neanche dagli esiti del recente concorso pubblico per n. 365 posti di analista di processo-consulente area C, poiché, consta all'interrogante, che alla sede veneta non verrà assegnata alcuna unità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza, intenda assumere per assicurare un organico adeguato alle funzioni assegnate all'Istituto, anche attraverso l'indizione di appositi concorsi pubblici, al fine di consentire il corretto svolgimento dell'attività lavorativa degli operatori Inps della sede di Verona e delle relative agenzie, nonché la regolare erogazione dei servizi connessi alle richieste presentate dai cittadini.
(5-01204)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella precedente legislatura con il decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136, è stata data, attuazione alla direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 concernente il distacco transnazionale di lavoratori;

   il suddetto decreto legislativo si occupa anche della manodopera operante nel settore dell'autotrasporto intervenendo a disciplinare le remunerazioni degli addetti impiegati dalle aziende estere sul territorio nazionale;

   l'ispettorato nazionale del lavoro è intervenuto con due diverse circolari, la n. 1 del 2017 e la n. 8 del 2018, che raccolgono le indicazioni del legislatore;

   purtroppo, si verifica che numerose aziende di settore continuano a servirsi di società di lavoro interinale della Romania, della Bulgaria e anche della Turchia, usando criteri di pagamento riferiti a quei Paesi e non alle tabelle di cui al contratto collettivo nazionale del lavoro di settore previsto in Italia;

   questo determina una condizione di vera e propria concorrenza sleale con una elusione di contributi mediante la somministrazione transnazionale;

   anche i controlli da parte delle autorità preposte sono resi più difficili per l'aggiramento delle norme di cui sopra –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di contrastare la concorrenza sleale che deriva dalla somministrazione transnazionale di lavoro interinale nel settore dell'autotrasporto e per assicurare sulle strade il pieno rispetto del contratto collettivo di lavoro nazionale.
(4-01955)


   VARCHI, CIABURRO, LUCA DE CARLO e DEIDDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sempre maggiore è anche in Italia, l'espansione della cosiddetta gig economy, letteralmente «l'economia dei lavoretti», cui corrispondono nuove forme di organizzazione dell'economia digitale e del lavoro, certamente anche a causa dell'incedere della crisi che costringe sempre più persone a scegliere lavori tendenzialmente precari e con garanzie pressoché inesistenti;

   larghissima diffusione, infatti, ha avuto in Italia il ricorso a un lavoro sempre maggiormente parcellizzato, affidato a freelance ma gestito da piattaforme digitali con strutture organizzative che in realtà ricalcano quelle del lavoro subordinato come, ad esempio, nel campo delle imprese che offrono la consegna di cibo a domicilio, avvalendosi di fattorini che si muovono su biciclette o motocicli e perciò comunemente definiti «ciclofattorini»;

   i fattorini che adoperano esclusivamente le biciclette o i motocicli, oltre ai rischi derivanti dalla continua permanenza sulle strade, devono inevitabilmente affrontare anche l'aggravarsi di tali rischi in coincidenza con il peggioramento delle condizioni climatiche;

   in questo settore, purtroppo, la legittima ambizione delle imprese ivi operanti di massimizzare i profitti diminuendo i costi scontra con i diritti dei lavoratori che, a fronte di condizioni oggettivamente difficili, non ricevono adeguate e proporzionate garanzie;

   i lavoratori in questione, noti come ciclofattorini, spesso sono costretti a sfidare il pericolo innegabilmente connaturato alla continua percorrenza delle strade per rispettare i tempi di consegna e, purtroppo, cominciano a contarsi moltissimi incidenti, molti dei quali gravi, alcuni perfino mortali;

   il Ministro interrogato, poche settimane dopo l'insediamento presso il proprio dicastero, ebbe a definire i ciclofattorini «il simbolo di una generazione abbandonata» dallo Stato impegnandosi a porre in essere tutti gli interventi normativi necessari per garantire loro adeguata tutela e costituendo, altresì, un tavolo tecnico;

   secondo quanto riportato dalle note diffuse anche sul sito del Ministero, nonostante le articolate proposte avanzate dai vari rappresentanti presenti al tavolo, non vi è ancora alcuna traccia di un intervento normativo e, in sede di stesura del decreto-legge n. 87 del 2018 poi convertito dalla legge n. 96 del 2018 (cosiddetto «decreto dignità») una prima, embrionale, forma di tutela per i ciclofattorini che era stata introdotta, è poi stata espunta;

   sul portale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 7 novembre 2018, è stato pubblicato un comunicato nel quale il Ministro interrogato si impegnava a formulare una proposta di sintesi tra quelle avanzate dai vari portatori di interessi convocati al tavolo tecnico;

   con la sentenza n. 26 del 2019 del 10 gennaio 2019, la sezione lavoro della corte di appello di Torino, accogliendo l'impugnazione di alcuni ciclofattorini ne ha riconosciuto il diritto, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all'attività lavorativa effettivamente prestata in favore della piattaforma «Foodora», da loro citata in giudizio, sulla base della retribuzione, diretta, indiretta e differita, stabilita per i dipendenti del V livello del contratto collettivo nazionale di lavoro «logistica trasporto merci», sancendo, così, il diritto alla retribuzione da lavoratori dipendenti pur senza l'attribuzione di tale qualità;

   con la sopracitata pronuncia di merito, la giurisprudenza cristallizza alcuni profili di incompletezza dell'ordinamento giuslavoristico italiano rispetto a nuove forme organizzative dell'attività di impresa e, conseguentemente, del lavoro –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce del recente arresto giurisprudenziale citato in premessa, onde evitare legittime azioni giudiziarie di massa che, esponendo la parte datoriale a esborsi non previsti e riconoscendo i diritti propri di tali lavoratori, potrebbero arrecare danni irreversibili alle aziende che fanno ricorso ai ciclofattorini per l'esercizio della propria attività d'impresa, intenda adottare immediate iniziative normative volte a disciplinare gli aspetti relativi al rapporto di lavoro tra le aziende che gestiscono le piattaforme digitali per la consegna di cibo a domicilio e i ciclofattorini/lavoratori.
(4-01975)


   ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sia l'articolo 1 della legge n. 295 del 1990 che le disposizioni di coordinamento del decreto ministeriale 5 agosto 1991, n. 387, prevedono che le commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle domande di invalidità civile, sordità civile, disabilità e handicap siano composte da un medico specialista in medicina legale, che assume le funzioni di presidente, e da due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro;

   tutti i casi di deficit della visione diversi dalla cecità assoluta o parziale vengono valutati dalle commissioni dell'Inps per l'accertamento della invalidità civile. La legge n. 138 del 3 aprile 2001, definisce «le varie forme di minorazioni visive meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell'ipovisione (...) Tale classificazione, di natura tecnico-scientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale»;

   la Unione italiana ciechi e ipovedenti è stata fondata a Genova il 26 ottobre del 1920, è stata dichiarata ente morale con regio decreto 29 luglio 1923, n. 1789, è organizzazione non lucrativa di utilità sociale (Onlus), ha personalità giuridica di diritto privato per effetto del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 ed è posta scatto la vigilanza del Ministero dell'interno;

   la legge n. 295 del 1990 non solo non vieta la presenza di medici rappresentanti di Anmic, Uici, Ens e Anfass nelle commissioni di invalidità, ma sottolinea espressamente come gli stessi debbano alternarsi in seno a tale commissione in modo da pronunciarsi su invalidi civili appartenenti alle rispettive categorie;

   la legge n. 295 del 1990 prevede quindi il diritto per Anmic, Uici, Ens e Anfass di designare, in loro rappresentanza, medici da inserire nelle commissioni mediche per l'accertamento della invalidità civile senza richiedere una specifica specializzazione;

   l'articolo 10 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, che prevede la partecipazione alle predette commissioni di medici nominati in rappresentanza delle suddette associazioni di categoria, nulla dice in ordine alle specializzazioni richieste;

   si evidenzia, dicendo ciò, che l'Inps, nel fornire le indicazioni operative di attuazione della citata determinazione, demanda alle associazioni destinatarie la discrezionalità di designare personale medico di loro fiducia, sulla base di criteri e parametri valutativi dalle medesime associazioni predeterminati, per fare parte delle commissioni per l'accertamento della invalidità civile;

   ad oggi l'Inps, a quanto risulta all'interrogante, non consente la partecipazione e l'inserimento dei medici di categoria individuati dalla unione italiana ciechi e ipovedenti onlus in seno alle commissioni per l'accertamento della invalidità civile, neppure quando si tratti di esaminare casi di ipovisione, indubitabilmente di loro competenza –:

   quali siano le ragioni della prassi evidenziata in premessa e della mancata partecipazione dei medici individuati dalla Unione italiana ciechi alle commissioni per l'accertamento dell'invalidità civile;

   per quali ragioni l'Inps acconsente a che i casi di ipovisione lieve, media, medio-grave e grave, tutti sempre esaminati nelle commissioni per l'accertamento della invalidità civile, vengano valutati da medici di categoria diversi da quelli indicato dalla Unione italiana ciechi e ipovedenti;

   per quali ragioni l'Inps «confina» i medici di categoria della Unione italiana ciechi e ipovedenti esclusivamente nelle «commissioni ciechi», ingenerando così un senso di smarrimento e di mancata tutela in tutti quei pazienti i quali, nonostante abbiano patologie della visione diverse dalla cecità assoluta o parziale, si vedono negato il diritto di farsi assistere, nelle pratiche di richiesta o di conferma della invalidità civile nell'ambito della commissione per l'accertamento della invalidità civile, da medici di categoria individuati e rappresentanti della Unione italiana ciechi e ipovedenti;

   quali iniziative intenda adottare il Ministro per garantire immediatamente, alle sezioni territoriali della Unione italiana ciechi onlus che ne facciano richiesta, la partecipazione dei medici di categoria della stessa Unione italiana ciechi e ipovedenti nelle commissioni per l'accertamento della invalidità civile e non solo nelle «commissioni ciechi».
(4-01978)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta orale:


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il pacchetto di riforma della politica agricola comune presentato dalla Commissione europea nel mese di giugno 2018 vale 365 miliardi di euro e si struttura su tre proposte di regolamento: una proposta di regolamento volta a strutturare i piani strategici della politica agricola comune; una proposta di regolamento riguardante il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della politica agricola comune; una proposta di regolamento relativa all'organizzazione comune di mercato dei prodotti agricoli, organizzazione comune di mercato;

   nella riunione del Consiglio Agrifish, svolta il 18 giugno 2018 a Lussemburgo, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, in qualità di rappresentante dell'Italia, ha espresso una valutazione complessivamente negativa in merito alle proposte legislative della Commissione relative alla riforma della politica agricola comune post 2020;

   l'Italia, infatti, si è dichiarata non soddisfatta delle proposte presentate dalla Commissione, in quanto non risultano all'altezza della tutela degli agricoltori sia a causa dei tagli al budget destinato alla politica agricola comune secondo le proposte riguardanti il quadro finanziario pluriennale (QFP) post 2020, sia a causa della mancata tutela da parte delle recenti proposte legislative della Commissione dei settori dell'agricoltura più esposti alla volatilità dei prezzi;

   in particolare, i tagli alla politica agricola comune previsti dal nuovo budget europeo vanno a colpire direttamente il sostegno al reddito previsto per gli agricoltori: il 28 per cento del reddito degli agricoltori italiani dipende dal diretto sostegno dell'Unione europea e questa media si alza al 38 per cento nell'Unione europea;

   il taglio alla politica agricola comune che viene proposto, inoltre, se si tiene conto dell'inflazione ammonta a circa il 15 per cento in media (-11 per cento nel primo pilastro e -25 per cento nel secondo), e non al 4-5 per cento come sostiene il Commissario Hogan;

   a questo poi si aggiunge il fatto che la proposta di bilancio della Commissione dovrà passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio europeo dove difficilmente la previsione di taglio non sarà aumentata. Perché per quadrare i conti la Commissione ha proposto che le entrate siano accresciute fino a rappresentare l'1,114 per cento del reddito nazionale lordo degli Stati dell'Unione. Un aumento consistente rispetto al presente. Bisogna poi tenere anche conto che, per compensare i minori fondi allo sviluppo rurale e alla politica di coesione, si è proposto di chiedere agli Stati membri un aumento del cofinanziamento nazionale e regionale. Si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un modo indiretto di chiedere fondi per finanziare le politiche comunitarie;

   sarebbe sufficiente ricordare, poi, che nel 2013 il bilancio settennale fu tagliato, non aumentato. E da questo punto di vista non sembrano esserci le condizioni oggi per una inversione di rotta. Così appare concreto il rischio che sulla politica agricola comune si effettuino ulteriori tagli;

   di fronte alla necessità di far quadrare i conti, infine, tutte le politiche saranno ulteriormente passate al vaglio del cosiddetto «valore aggiunto europeo», cioè dell'efficienza e dell'efficacia della spesa. Ed è noto che la politica agricola, che si propone è ancora più centrata sui pagamenti diretti attirando, non senza buone ragioni, pesanti critiche –:

   quali iniziative, in ambito europeo, il Ministro interrogato intenda adottare per difendere, rafforzare e migliorare la dotazione finanziaria, il funzionamento e l'efficacia per il sistema agroalimentare italiano della politica agricola comune post-2020.
(3-00426)


   GALLINELLA, CASSESE, MAGLIONE, CILLIS, LOMBARDO, PARENTELA, PIGNATONE, GAGNARLI, L'ABBATE, DEL SESTO e CIMINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 15, paragrafo 1.ter, del Regolamento (CE) 1967/06 (cosiddetto Regolamento «Mediterraneo»), come modificato dal Regolamento (UE) 812/2015, prevede che gli Stati membri mettano in atto misure volte a facilitare l'immagazzinamento delle catture di esemplari sotto taglia sbarcati a terra o a trovare loro delle opportunità di smercio, come ad esempio il sostegno agli investimenti per la costruzione e l'adattamento dei luoghi di sbarco e dei ripari di pesca, o il sostegno agli investimenti per la valorizzazione dei prodotti della pesca;

   tale norma è idonea a venire incontro alle reali esigenze dei pescatori, quando, loro malgrado, si ritrovano tra il pescato catture indesiderate, in particolare esemplari sotto taglia delle specie di cui all'allegato III del regolamento Mediterraneo, da destinarsi esclusivamente ad uso non umano;

   il Feamp (Regolamento (UE) 508/2014), dal canto suo, all'articolo 43.2, prevede la possibilità di finanziare investimenti nei porti, nelle sale per la vendita all'asta, nei luoghi di sbarco e nei ripari di pesca, proprio al fine di facilitare l'osservanza dell'obbligo di sbarcare tutte le catture ai sensi dell'articolo 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 nonché di consentire la valorizzazione della parte sottoutilizzata del pesce catturato;

   tuttavia, nonostante quanto previsto dalle citate norme unionali, l'amministrazione italiana non ha, fino ad oggi, ritenuto di dover attribuire fondi al capitolo relativo al citato articolo 43.2 del Feamp, con conseguente pregiudizio per tutte le imprese di pesca che dal 1° gennaio 2019 si troveranno a dover applicare l'obbligo di sbarco/divieto di rigetto di tutte le catture di sotto taglia;

   non sono infatti programmate e stanziate risorse che permettano un'attuazione della disposizione regolamentare in coerenza con le proprie finalità, che sono insieme economiche e di sostenibilità: si potrebbe pensare infatti all'utilizzo degli esemplari sotto taglia per la cosmesi, la farmaceutica, il pet food;

   poter contare a terra di strutture atte alla raccolta autorizzata, per il successivo utilizzo con le predette finalità, diverse dal consumo alimentare umano, di catture sotto taglia o comunque indesiderate (per le quali è vigente l'obbligo di sbarco) sarebbe estremamente importante per le imprese di pesca che, in mancanza, non potranno far altro che reperire a proprie spese la corretta via di smaltimento o di utilizzo con i relativi e conseguenti costi;

   un progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel 2015 ha tentato di valutare la possibilità di uso dei sotto taglia sbarcati (in tale caso di piccoli pelagici nel Nord Adriatico) per la trasformazione in farine di pesce; ne è emerso che sia i bassi quantitativi sia le difficoltà logistiche rendono difficile questa strada;

   un approfondimento urgente di questo tema in sede ministeriale, con il diretto coinvolgimento dell'autorità di gestione del Feamp, è quanto mai opportuno, anche in vista dell'approssimarsi del 1° gennaio 2019, data di avvio dell'obbligo di sbarco per tutte le specie di cui al citato allegato del regolamento Mediterraneo –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda approntare iniziative che consentano, al 1° gennaio 2019, alle imprese di pesca, di adeguarsi all'obbligo comunitario, senza dovere fare fronte, a proprie esclusive cura e spese, al reperimento di idonee e corrette modalità di utilizzo e di smaltimento delle catture sotto taglia, anche in coerenza con gli obiettivi di sostenibilità economica ed ambientale che la normativa regolamentare sottende.
(3-00427)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO E DEMOCRAZIA DIRETTA

Interrogazione a risposta immediata:


   POLIDORI, BALDELLI, NEVI, SPENA, POLVERINI, BARELLI, BATTILOCCHIO, MARROCCO, OCCHIUTO e CORTELAZZO. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. — Per sapere – premesso che:

   a due anni e mezzo dal primo evento sismico del 24 agosto 2016, che ha colpito duramente le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, i centri storici e gli immobili del cratere delle quattro regioni colpite sono in molti luoghi ancora un cumulo di macerie e la ricostruzione deve praticamente ancora cominciare;

   sono troppo pochi i cantieri avviati. Risorse insufficienti per la gestione dell'emergenza appena prorogata e della ricostruzione pubblica, ma soprattutto troppe difficoltà burocratiche, organizzative e interpretative caratterizzano questa lunga fase post sisma;

   sono gli stessi territori a denunciare la necessità di una semplificazione dei processi di ricostruzione, dello snellimento delle procedure di progettazione e gara delle opere pubbliche, dell'adeguamento della dotazione organica degli uffici speciali per la ricostruzione, della predisposizione di una serie di misure tramite ordinanze commissariali per la semplificazione e l'accelerazione della ricostruzione privata. Sotto quest'ultimo aspetto sarebbe utile semplificare le procedure di determinazione dei contributi, ponendo in carico ai professionisti le responsabilità degli atti presentati, lasciando in capo agli uffici amministrativi la sola verifica della coerenza del contenuto degli elaborati;

   molte aziende e imprese dei comuni dell'area del cratere hanno coraggiosamente deciso di scommettere sul loro futuro e restare nei territori colpiti dal sisma, consentendo alle comunità di «resistere», ma c'è bisogno di un quadro di strumenti di riferimento certo;

   per il raggiungimento degli obiettivi di rilancio del tessuto economico e sociale, è necessario portare sul tavolo di confronto con l'Unione europea l'inserimento dei comuni del cratere delle quattro regioni fra quelle che possono accedere ai benefici delle aree depresse, per poter essere ammessi agli interventi dei fondi strutturali (ex obiettivo convergenza);

   accanto a questo va segnalata la necessità ineludibile che il nostro Paese si doti finalmente di un testo unico che individui le procedure per la gestione delle emergenze, attraverso il quale fare tesoro del compendio di norme oggi disponibili e con l'obiettivo di restituire al sistema di protezione civile compiti e poteri coerenti con le necessità di dare risposte quanto più possibili immediate –:

   quali iniziative si intendano avviare per consentire un'accelerazione della ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 2016, anche dando soluzione alle criticità esposte in premessa, e se non intenda avviare un confronto con l'Unione europea per l'inserimento delle aree del cratere fra quelle che possono accedere ai benefici delle aree depresse e agli interventi dei fondi strutturali (ex obiettivo convergenza).
(3-00429)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il 13 dicembre 2017, la Ministra della salute pro tempore ha risposto all'interrogazione n. 3-03430 in cui si chiedeva se esistessero specifiche linee guida circa l'efficacia della plasmaferesi sulla rimozione delle sostanze Pfas, nonché se vi fosse un protocollo scientifico clinicamente validato e un'autorizzazione di un comitato etico per l'adozione della plasmaferesi su larga scala con il coinvolgimento anche di minori di anni 14, così come avviene nella regione Veneto;

   la popolazione di tre province del Veneto (Vicenza, Verona e Padova) da alcuni anni convive con la preoccupazione di abitare in un territorio inquinato dalle sostanze perfluoroalchiliche, conosciute come Pfas;

   nel mese di giugno del 2017 la regione Veneto aveva dato avvio a una procedura su larga scala, appunto la plasmaferesi, con l'obiettivo di abbattere la quantità di Pfas riscontrata nel sangue della popolazione a seguito di un piano di biomonitoraggio avviato sempre dalla stessa regione;

   la Ministra pro tempore, rispondendo all'interrogazione, ha precisato che il dicastero della salute e l'istituto superiore di sanità non sono stati mai formalmente interessati dalla regione Veneto circa l'utilizzo di questa terapia e ha chiarito che non risultano evidenze scientifiche in ordine alla possibilità di rimuovere gli Pfas o gli Pfoa attraverso l'uso della plasmaferesi;

   la Ministra ha specificato ulteriormente che «le più recenti linee guida non includono detti contaminanti tra gli agenti inquinanti che possono essere rimossi con tale tecnica. Il ricorso alla plasmaferesi è fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni particolari e rare (ed è questo il caso dell'inquinamento da Pfas e Pfoa, presente nella sola regione Veneto) in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale»;

   per tali ragioni, e in considerazione anche del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere a una preventiva sperimentazione;

   la Ministra pro tempore ha concluso rassicurando di aver già chiesto alla regione Veneto maggiori e più dettagliate informazioni in merito, al fine di poter valutare l'adozione di un'iniziativa volta a tutelare la salute dei cittadini veneti;

   sebbene sia importante cercare soluzioni al problema Pfas nel sangue, è tuttavia doveroso farlo nel rispetto della scienza e a garanzia della salute. Non è di certo responsabile proporre un trattamento senza aver verificato se è utile, quali effetti produce e se davvero valga la pena di investire milioni di euro senza dati chiari e precisi;

   la regione Veneto sta continuando le operazioni di screening, ma, una volta consegnati i referti e in presenza di elevati valori di plasmaferesi, non offre alcuna soluzione concreta: a quanto consta agli interpellanti in alcune lettere inviate dall'azienda ospedaliera di Padova (Unità operativa immunotrasfusionale) si indicherebbe semplicemente un recapito telefonico da contattare dell'azienda ospedaliera e una nota informativa che descrive in cosa consiste la procedura;

   tuttavia, secondo quanto riferito agli interpellanti, contattando il numero di telefono indicato per fissare un appuntamento per eseguire i trattamenti, l'operatore dichiarerebbe che essi sono sospesi in seguito al blocco stabilito dal Ministero della salute;

   è del tutto evidente che fare lo screening, senza offrire soluzioni concrete ai cittadini, stia producendo tra la popolazione uno stato di grande agitazione;

   la regione Veneto ha ricevuto dal Ministero della salute una circolare recante «applicazione delle procedure di plasmocentesi» in cui si ribadisce la disponibilità del centro nazionale sangue e dell'istituto superiore di sanità a ogni forma di collaborazione tecnico-scientifica sul tema dell'impegno della plasmocentesi terapeutica in questa specifica situazione clinica per la quale è necessario procedere solide evidenze scientifiche –:

   quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei cittadini veneti che devono rimuovere le sostanze Pfas dal loro sangue.
(2-00223) «Rotta, Zardini».

Interrogazione a risposta orale:


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidio ospedaliero «Costa d'Amalfi» di Castiglione di Ravello è plesso dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno. La struttura è stata identificata con decreto del commissario ad acta n. 8/2018 pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Campania n. 12 del 12 febbraio 2018 come ospedale di «zona disagiata» ai sensi del decreto ministeriale n. 70/2015. Tale decreto del commissario ad acta è stato anche recepito nell'Atto aziendale dell'azienda ospedaliera universitaria Ruggi ove vengono conteggiati i posti letto previsti;

   in tale qualifica sono previsti infatti 20 posti letto di medicina con annessa funzione di Day Surgery e One Day surgery, nonché la funzione di Ps-Obi con i servizi indispensabili di laboratorio analisi e radiologia ed il personale di supporto (rianimatore, cardiologo);

   da organi di stampa si apprende che, ad oggi, risulta essere attivo il solo pronto soccorso, con il laboratorio analisi e radiologia e le figure di supporto. Manca, invece, l'Obi e soprattutto nessuna iniziativa è stata intrapresa per la realizzazione dei 20 posti di medicina, nonché per la riattivazione della sala operatoria, esistente e disattivata da 3 anni. Anzi, è stato disattivato l'ambulatorio di chirurgia, sebbene vi sarebbero 6 chirurghi di pronto soccorso disponibili a svolgerlo in orario ordinario. Inoltre, è stata soppressa anche la reperibilità del rianimatore per i trasferimenti di rianimazione, situazione ancora più grave e pericolosa, considerando che il presidio spesso rimane oltre 3 ore senza rianimatore, a giudizio dell'interrogante un vero attentato alla sicurezza di pazienti ed operatori;

   pertanto, non essendo stato fatto nulla in concreto, secondo quanto deliberato all'interno del decreto del commissario ad acta n. 8, sembrerebbe all'interrogante che la regione non voglia mettere in pratica quanto previsto per soddisfare le legittime aspettative dei cittadini della Costiera amalfitana, creando disagio, disservizio e grave pericolo per la salute della popolazione che usufruisce delle cure del presidio ospedaliero –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per far sì che il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari concretizzi quanto precedentemente previsto nel decreto del commissario ad acta n. 8 e se non ritenga opportuno accertare e verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità per i ritardi nella realizzazione di quanto previsto.
(3-00425)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOVELLI, PEDRAZZINI, BAGNASCO, MUGNAI e VERSACE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati di uno studio del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao Assomed entro il 2025 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 52.000 camici bianchi. Gli effetti dell'esodo, sommati agli ingressi insufficienti e alla scelta del privato per il 25 per cento dei nuovi specialisti, porterebbe a una riduzione di personale tra medici di emergenza, pediatri, internisti, ortopedici, psichiatri, pari a 16.500 specialisti;

   Anaao parla di «vera emergenza nazionale, a cui vanno posti correttivi rapidi per evitare il collasso del sistema stesso» perché «la fuoriuscita legata al pensionamento di personale medico si prospetta in netto peggioramento nei prossimi anni per il superamento dello scalone previdenziale introdotto dalla riforma Fornero e rischia un'ulteriore accelerazione per la quota 100»;

   al problema dei pensionamenti si aggiunge quello della scarsità dei contratti di formazione post-laurea; a fronte di circa 10.000 nuovi medici laureati ogni anno il numero di detti contratti nel 2018 è arrivato a solo 7.000 unità;

   da tempo e da più parti si segnala come il numero di contratti di formazione sia insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati;

   le attuali condizioni – secondo Anaao – determinano un «imbuto» formativo che nel tempo ha ingabbiato in un limbo circa 10.000 giovani medici, che aumenteranno nei prossimi 5 anni fino ad oltre 20.000 in assenza di un forte incremento dei contratti di formazione;

   l'incremento previsto del numero dei contratti di formazione, circa 900 a partire dal 2019, sarebbe largamente insufficiente per ridurre il deficit di specialisti;

   dal citato studio emerge che attualmente nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali, dall'organico mancano 10 mila camici bianchi, non solo per il mancato turnover, ma anche per le gravidanze e le malattie prolungate mai sostituite;

   per Anaao, per quanto riguarda la formazione post-laurea, oltre a incrementare ad almeno 9500-10.000 i contratti post-laurea annuali, sarebbe necessario giungere a una riforma globale passando a un contratto di formazione-lavoro da svolgere fin dal primo anno in una rete di ospedali –:

   se le stime contenute nello studio di Anaao trovino conferma;

   se il Governo condivida la preoccupazione espressa per la carenza di personale medico;

   quali siano gli intendimenti del Governo per fronteggiare la carenza di personale medico e se nelle iniziative previste rientri lo sblocco del turnover;

   se il Governo intenda valutare la possibilità di adottare iniziative per una riforma complessiva della formazione post-laurea, assicurando un'armonizzazione tra posti nei corsi di laurea e posti nei corsi di specializzazione.
(4-01957)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende della richiesta di «puntualizzazioni» da parte del Ministero della salute in merito al progetto della regione Emilia-Romagna di istituire un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) in «Attività medico-chirurgiche e tecniche interventistiche multi-specialistiche di alta complessità», accorpando un ospedale generale quale il Maggiore di Bologna con il Sant'Orsola, policlinico a vocazione scientifica e di ricerca;

   tale progetto, a parere dell'interrogante, appare viziato fin dalla sua presentazione, perché mirerebbe ad accorpare in un unico Irccs un ospedale quale il Maggiore che non ha alcuna vocazione di ricerca scientifica ma quella, non certo meno meritevole, di ospedale generale territoriale;

   tale progetto potrebbe essere indice di una tendenza che mira indubbiamente alla valorizzazione economica di strutture che però non hanno vocazione scientifica: il tutto potrebbe potenzialmente stravolgere il concetto stesso di Irccs, creando strutture assai diverse dagli Irccs originali concepiti dal sistema sanitario nazionale;

   apparirebbe evidente che la innaturale trasformazione in Irccs di quelli che sono grandi ospedali generali abbia un fine meramente economico che non può, a parere dell'interrogante, rappresentare il presupposto per il «via libera» alla creazione di un nuovo Irccs –:

   quali siano stati i rilievi del Ministro interrogato rispetto al progetto di cui in premessa presentato dalla regione Emilia-Romagna;

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per preservare, la vocazione scientifica del Sant'Orsola evitando che si raggiunga indirettamente un obiettivo di carattere meramente economico connesso alla creazione di un nuovo Ircss dall'accorpamento del Maggiore con il Sant'Orsola.
(4-01972)


   NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   presso il Ministero della salute è in via di definizione un nuovo documento sui criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera;

   allo stato, non risulta che, nella fase di discussione iniziale e nella seconda fase di preparazione del documento, siano state coinvolte le associazioni di pazienti;

   oltre 50 associazioni, tramite Fondazione The Bridge, hanno sollevato delle perplessità e delle preoccupazioni sull'impianto del documento chiedendo un incontro al direttore generale della direzione generale della prevenzione sanitaria e al Ministro interrogato i quali hanno però, a quanto consta all'interrogante, per motivi di agenda, declinato l'invito;

   il nuovo decreto sulle regole di appropriatezza in riabilitazione stabilirà quali pazienti avranno diritto a una assistenza riabilitativa ospedaliera e quali non lo avranno non per inappropriatezza della loro cura ma, a quanto pare comprendere, semplicemente in base a un algoritmo o in base al momento dell'anno in cui avviene il ricovero;

   il rischio è che restino esclusi dalla assistenza riabilitativa ospedaliera i pazienti di ortopedia e riabilitazione fisioterapica o logopedica-cognitive e soprattutto i pazienti con patologie croniche neurologiche quali Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla cronica;

   la direzione generale della programmazione sanitaria avrebbe richiesto ai soggetti coinvolti, società scientifiche e privato accreditato, suggerimenti in merito alle modifiche da apportare al nuovo documento entro il mese di dicembre 2018;

   è difficile comprendere perché non si sia ritenuto opportuno ascoltare anche la voce di chi avrà ricadute dirette dall'attuazione del provvedimento –:

   se il Ministro interrogato non intenda ascoltare le associazioni rappresentative dei pazienti prima di procedere all'approvazione del nuovo documento sui criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera.
(4-01973)


   SPORTIELLO, LAPIA, MAMMÌ, SARLI, TROIANO e D'ARRANDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Mifegyne, meglio conosciuto come pillola RU486, è un farmaco che assunto nei primi mesi di gravidanza consente l'aborto con metodo farmacologico in alternativa all'interruzione di gravidanza praticata chirurgicamente. Solo con la delibera dell'AIFA del 9 dicembre 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 286, supplemento ordinario n. 229, l'Italia è intervenuta sul tema regolamentando l'uso del farmaco in modo conforme a quanto previsto dalla legislazione nazionale in materia di aborto (legge 22 maggio 1978 n. 194);

   in particolare, la delibera prevede che la somministrazione della pillola debba avvenire entro il 49esimo giorno di amenorrea, invece che entro i 63 giorni previsti negli altri Paesi europei;

   anche le linee guida sull'interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone del Ministero della salute, approvate in data 24 giugno 2010, confermano come criterio di ammissione al trattamento della RU486 la tempistica dei 49 giorni;

   al contrario, il foglietto illustrativo del Mifegyne, nella parte 2 dedicata alle informazioni da conoscere prima dell'assunzione del farmaco e nella parte 3 riguardante le indicazioni terapeutiche, raccomanda l'utilizzo del farmaco «per l'interruzione della gravidanza fino al 63esimo giorno dopo l'ultimo ciclo mestruale»;

   a questa incongruenza va aggiunto il fatto che la direttiva europea 2001/83 introduce il «principio del mutuo riconoscimento» in base al quale dopo l'approvazione di un farmaco da parte di uno Stato membro, gli altri Stati dell'Unione possano riconoscere la relativa autorizzazione uniformandosi anche alle connesse indicazioni terapeutiche;

   si riscontrano pertanto gravi contraddittorietà sulla tempistica di somministrazione della RU486 sia nel confronto tra la normativa italiana e quella europea che nell'ambito della discordanza tra quanto previsto dalla delibera del 9 dicembre 2009 e quanto invece risulta dal foglietto illustrativo scaricabile dalla banca dati ufficiale della stessa Aifa;

   la mancata armonizzazione con quanto previsto dagli altri Paesi europei potrebbe determinare conseguenze negative sia per le donne che per i medici. Le donne in Italia, dopo il 49esimo giorno di amenorrea, sono private della possibilità di ricorrere alla RU486, opzione terapeutica che invece viene riconosciuta alle donne in altri Stati europei fino al 63esimo giorno. Dall'altra parte, il medico rischia di non sapere cosa fare fra il 50esimo e il 63esimo giorno di gravidanza potendo decidere di utilizzare il farmaco come previsto dalla normativa europea e come riportato sul foglietto illustrativo del Mifegyne, ovvero di attenersi alla restrizione dei 49 giorni riportati nella delibera dell'Aifa –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se disponga di nuove e ulteriori informazioni al riguardo;

   quali iniziative la Ministra interrogata intenda assumere per garantire una maggiore armonizzazione della normativa italiana con quella degli altri Paesi europei in riferimento alla tempistica di somministrazione della RU486, al fine di assicurare il diritto delle donne di poter ricorrere anche in Italia all'aborto farmacologico fino al 63esimo giorno di amenorrea al pari delle altre donne europee;

   se intenda adottare le iniziative di competenza affinché sia eliminata la contraddizione esistente tra quanto disposto nella delibera dell'Aifa n. 286 del 2009 e quanto riportato nelle indicazioni terapeutiche del foglietto illustrativo del Mifegyne, allineando, in virtù del principio del mutuo riconoscimento, le disposizioni alle indicazioni riportate nel bugiardino del farmaco e corrispondenti a quelle degli altri Paesi europei.
(4-01980)

SUD

Interrogazione a risposta immediata:


   PENNA, SCERRA, BRUNO, SABRINA DE CARLO, DE GIORGI, DI LAURO, GALIZIA, GIORDANO, IANARO, OLGIATI, PAPIRO, SPADONI, TORTO e VILLANI. — Al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   le zone economiche speciali sono definite dal decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, come aree geograficamente delimitate e chiaramente identificate, situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e comprendenti almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (Ten-T);

   lo scopo delle zone economiche speciali è quello di creare condizioni favorevoli in termini di benefici economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti nella zona economica speciale, sia destinandovi nuove risorse – in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa – sia incentivando l'utilizzo di strumenti imprenditoriali già esistenti, attraendo anche investimenti esteri;

   l'istituzione delle zone economiche speciali, strumento già diffuso all'estero, rappresenta un'occasione di crescita e di sviluppo per aumentare la capacità competitiva e il potenziale attrattivo del Mezzogiorno, tale da assicurare crescita e sviluppo economico, con positive ricadute anche in termini occupazionali e di innovazione sui territori interessati;

   per rendere immediatamente operativo il riconoscimento di tali benefici a favore delle zone economiche speciali già definite, nonché per l'individuazione e la pianificazione di quelle non ancora attivate, appare necessario procedere con le necessarie misure di semplificazione e la rimozione di eventuali ostacoli alla loro effettiva attivazione –:

   quali iniziative – anche normative – la Ministra interrogata intenda intraprendere al fine di rendere pienamente operative le zone economiche speciali, ciascuna secondo le caratteristiche dei propri territori e del proprio tessuto economico, anche con riferimento ad una semplificazione dei criteri per la loro individuazione e di quelli relativi alle rispettive autorità di gestione, nonché ad un'eventuale ricorso all'accorpamento delle stesse zone economiche speciali nelle regioni del Mezzogiorno.
(3-00431)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI, COLUCCI, TONDO e SANGREGORIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in riferimento a quanto sta accadendo con il caso Fincantieri e l'operazione di acquisizione di Stx France, che è stata avviata nel lontano ottobre 2016 nell'ambito della procedura concorsuale del gruppo Stx in cui iniziava la procedura di vendita della società, dopo ripetute interlocuzioni di questi anni con il Governo francese finalizzate ad assicurarsi che Fincantieri, orgoglio italiano ed europeo nel mondo, fosse un socio gradito, è stata presentata un'offerta vincolante e la società è stata designata come acquirente esclusivo;

   nel corso del lungo processo (più di due anni) per l'acquisizione, Fincantieri ha effettuato tutte le verifiche preventive necessarie a determinare se l'operazione fosse soggetta ad obbligo di notifica Antitrust. Tali verifiche, effettuate in costante coordinamento con la Francia, avevano escluso la necessità di notificare l'operazione a livello comunitario. Già a metà del 2017, sulla base di commenti e notizie stampa, Fincantieri ha avviato un'interlocuzione con l’Antitrust europeo, che ha portato la società a presentare nell'ottobre 2017 una memoria in cui si dava evidenza della non sussistenza dell'obbligo di notifica alla Commissione europea, tesi poi confermata dalla stessa Commissione;

   Fincantieri ha pre-notificato l'operazione in Francia a fine settembre 2018 e in Germania ad ottobre 2018, Paese in cui è presente il principale competitor di Fincantieri. Pertanto, la Francia ha poi più recentemente depositato una richiesta di rinvio per verificare il caso, a cui si è associata anche la Germania, provocando rallentamenti, disagi e dubbi sull'operazione;

   un simile approccio «tecnico» è stato adottato con «neutralità» anche da parte della Commissione europea nel caso Alstom-Siemens, importante operazione di fusione franco-tedesca destinata a creare un colosso nel mondo ferroviario in Europa;

   le regole vigenti in materia di concorrenza sono divenute con il tempo anacronistiche poiché nate in un contesto competitivo profondamente diverso da quello attuale; la sfida di oggi è garantire che l'Europa sia unita realmente e in grado di competere a livello mondiale con i grandi colossi di Stati Uniti e Cina. Ciò può avvenire soltanto promuovendo aggregazioni tra le aziende del continente finalizzate alla creazione di campioni europei che abbiano le dimensioni adeguate per confrontarsi con i grandi player mondiali –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché la vicenda sopra esposta possa avere una conclusione breve e positiva, anche al fine di salvaguardare e sviluppare l'industria italiana e l'occupazione.
(3-00430)

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i cittadini lamentano dei gravi disservizi relativi alla copertura della telefonia mobile nel territorio della Sardegna, con alcune aree del tutto incapaci di percepire il segnale (come, ad esempio, il comune di Mara, in provincia di Sassari, sul quale è stata presentata l'interrogazione a risposta scritta n. 4-01338);

   le numerose segnalazioni fino ad oggi indirizzate agli operatori di telefonia mobile non hanno sortito alcun effetto, né alcuna soluzione è stata trovata –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, anche alla luce delle conseguenze potenzialmente pericolose che la mancanza di copertura può implicare in termini di accesso ai numeri di emergenza (113, 118) da parte dei cittadini sardi, peraltro impossibilitati ad accedere al numero unico emergenza europeo 112, perché ancora inattivo in Sardegna;

   se intendano fornire un report completo e aggiornato sulla copertura della telefonia mobile su tutto il territorio della Sardegna, nonché un quadro relativo all'accessibilità – da parte dei cittadini sardi – ai numeri telefonici di emergenza.
(3-00428)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 ha introdotto un'imposta sui servizi digitali del 3 per cento sui ricavi per soggetti con un totale dei ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali;

   i ricavi da servizi digitali, cui si applica l'imposta, sono quelli derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi:

    a) veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;

    b) messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;

    c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale;

   la norma affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Autorità garante per la protezione dei dati personali e l'Agenzia per l'Italia digitale, da emanare entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ossia il 1° maggio 2019, il compito di stabilire le disposizioni di attuazione dell'imposta sui servizi digitali;

   per quanto riguarda il settore elettrico, l'applicazione dell'imposta sui ricavi inerenti alla messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale come previsto dalla lettera b) del comma 37 dell'articolo 1 della citata legge potrebbe comportare una criticità insita nella formulazione stessa, poiché potrebbe avere l'effetto di far rientrare nella tassazione prevista tutte le transazioni operate sulla piattaforma della borsa elettrica gestita dal Gme che sarebbero ipoteticamente assoggettate alla nuova imposta determinando così un aggravio sui costi dell'energia elettrica scambiata;

   appare quindi evidente la necessità di chiarire, al più presto possibile, l'ambito applicativo della norma in riferimento al settore elettrico per evitare, relativamente al mercato dell'energia, un ulteriore appesantimento di tassazione derivante dai maggiori costi per le movimentazioni sulle piattaforme digitali incluse quelle utilizzate da Gse e Gme –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in relazione all'ambito di applicazione della norma citata in premessa e se la stima di gettito prevista sia stata effettuata tenendo conto dell'applicazione dell'imposta al mercato elettrico secondo l'interpretazione illustrata in premessa.
(5-01199)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il settore agrumicolo, che in Puglia vale tra i 60 e gli 80 milioni annui e si avvale di diverse migliaia di giornate dei lavoratori agricoli, risulta a forte rischio;

   l'analisi dei dati inerenti al mercato degli agrumi nella provincia di Taranto desta grande preoccupazione a causa dell'evidente crisi delle vendite e della conseguente drastica diminuzione dei prezzi;

   alcuni organi di stampa, nonché Confagricoltura-Taranto, riportano una situazione di grave difficoltà per le quasi duemila aziende produttrici del territorio tarantino: alcuni calcoli stimano che tra il 40 e 50 per cento degli agrumi, a fronte di una produzione abbondante, rischia di non essere raccolta, con preoccupanti ripercussioni sul versante occupazionale;

   inoltre, l'andamento del prezzo medio di vendita testimonia la crisi del mercato: a novembre 2018, è stato registrato un decremento del 18 per cento sul prezzo delle clementine 0,44 euro al chilogrammo rispetto al mese precedente e un incremento di soli 1,6 punti percentuali sul prezzo delle arance nello stesso periodo di riferimento;

   nel mese di gennaio, come affermato dal presidente di Confagricoltura-Taranto Luca Lazzàro, i prezzi hanno subìto un ulteriore crollo: le clementine sono vendute a un prezzo medio che oscilla tra i 23 e i 28 centesimi al chilogrammo e le arance tra i 28 e i 33 centesimi al chilogrammo;

   il crollo del mercato degli agrumi rappresenta l'ennesimo colpo per gli agricoltori pugliesi, già messi a dura prova dal problema delle gelate invernali e dall'annosa questione della Xylella;

   come afferma lo stesso presidente Lazzàro, l'emergenza del prezzo non redditizio è solo la conseguenza di ben più gravi problemi strutturali: «la mancata attuazione del catasto agrumario, l'inadeguatezza degli apparati commerciali, la mancanza di una pianificata e ponderata politica di miglioramento delle varietà, la vulnerabilità delle piante rispetto alle virosi sempre più aggressive, la rigidità della burocrazia che impedisce o ritarda, rendendola inefficace, ogni forma di sostegno al reddito o aiuto finanziario per l'ammodernamento del parco macchine e attrezzi delle aziende agricole, ormai obsoleto» –:

   se i Ministri interrogati intendano intraprendere iniziative in favore delle aziende agricole del tarantino, fortemente provate da un periodo di preoccupante crisi, mettendo in campo politiche di sostegno al reddito, di riduzione degli oneri contributivi e delle imposte a carico delle aziende agricole, moratorie dei mutui e ogni forma di finanziamento alle imprese agricole;

   se ritengano di studiare e applicare una strategia di lungo periodo, anche mediante un più efficace dispiegamento degli investimenti previsti dal Piano di sviluppo rurale, che sostenga la competitività delle aziende agricole, soprattutto in merito alla capacità di strutturare l'offerta dei prodotti;

   se intendano avanzare proposte di modifica delle attuali politiche commerciali dell'Unione europea in materia agricola, che attualmente favoriscono l'importazione (sia interna all'Unione europea che esterna ad essa) in Italia di tali prodotti, penalizzando fortemente i produttori nazionali.
(5-01201)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore sugheriero ha rappresentato in passato per il territorio sardo un indotto produttivo fondamentale con 150 aziende artigiane di trasformazione e oltre 5.000 persone occupate direttamente o impiegate in attività terziarie. Purtroppo, il mercato del sughero ormai da alcuni anni è colpito da una gravissima crisi e le piccole-medie imprese si ritrovano a fare i conti con problematiche legate al costo della materia prima, alle difficoltà di accesso al credito, alla perdita di clienti produttori vinicoli, prima sicuri e oggi tentati da prodotti più scadenti ma decisamente più economici: attualmente le realtà produttive ancora attive nel comparto sughero in Sardegna sono poco più di 20 e contano circa 700 addetti;

   con una lettera aperta dei primi di gennaio, indirizzata a tutte le istituzioni, gli artigiani sugherieri hanno presentato un documento di denuncia sulla situazione diventata insostenibile per le poche aziende rimaste sul territorio, puntando ancora una volta il dito contro la passività della giunta regionale sarda che non ha fatto nulla per salvaguardare quello che era il settore trainante dell'economia locale soprattutto in alcuni centri come Calangianus e Tempio di Pausania. In particolare, si evidenzia nella lettera come il prepotente ingresso dei competitor portoghesi abbia messo in ginocchio l'intero comparto attraverso una strategia di massiccio acquisto ed esportazione di sughero dalla Sardegna: oggi infatti circa il 70 per cento del sughero prodotto in territorio sardo è venduto all'estero e il dato è destinato a salire se non si interviene immediatamente. Tutto ciò ha comportato un'impennata del costo della materia prima per gli artigiani locali e sempre meno lavoro, a causa del conseguente aumento dei prezzi del prodotto finito;

   in uno scenario europeo, in cui i numeri di produzione sono i più bassi ma la tassazione è più alta e maggiori sono i costi di produzione rispetto al Portogallo è necessario adottare politiche di tutela e valorizzazione di questa preziosa risorsa che potrebbe rappresentare un'eccellenza artigianale del nostro Paese. Per far questo, come proposto dagli stessi artigiani sugherieri, sarebbero necessari nuovi investimenti nel settore della ricerca per realizzare prodotti di qualità superiore rispetto agli standard esistenti, promuovere l'importanza della chiusura in sughero naturale potenziare l'ex Stazione sperimentale del sughero per rilanciare l'immagine della materia prima e dei relativi prodotti anche in chiave di salvaguardia ambientale: si calcola che un tappo in sughero naturale inquini oltre 20 volte meno in termini di CO2 rispetto a quello chiamato "screwcap" o tappo a vite e 10 volte meno rispetto ad un tappo sintetico –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per rilanciare l'economia del sughero e supportare le aziende sarde e gli artigiani sugherieri, fortemente colpiti dalla crisi del settore, affinché possano realizzare in loco prodotti il cui standard qualitativo sia concorrenziale a livello europeo.
(4-01960)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Luca De Carlo e Deidda n. 7-00148, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Caretta, Ciaburro.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni e altri n. 4-01880, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Rachele Silvestri.

  L'interrogazione a risposta scritta Cataldi e Latini n. 4-01922, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Rachele Silvestri.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cataldi e Ilaria Fontana n. 5-01156, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Rachele Silvestri.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ciampi e altri n. 5-01176, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Nardi.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pizzetti n. 5-01191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Paita.

  L'interrogazione a risposta scritta Cardinale n. 4-01990, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Miceli, Navarra.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Mulè n. 2-00217, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 105 del 29 dicembre 2018.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il riparto di attribuzioni dei compiti dell'autorità di sistema portuale e dell'autorità marittima in materia di disciplina e controllo delle operazioni portuali è definito dagli articoli 6, comma 4, lettera a) e 14, comma 1, della legge n. 84 del 1994;

   l'articolo 6, comma 4, stabilisce che spettano alla sola autorità portuale i compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo delle operazioni e dei servizi portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie di cui agli articoli 16 e 18», mentre l'articolo 14 attribuisce all'autorità marittima le funzioni di «polizia e sicurezza portuale previsti dal codice della navigazione e le rimanenti funzioni amministrative», ferme restando «le competenze attribuite dalla presente legge alle Autorità di Sistema Portuale»;

   nel porto di Livorno si registra a giudizio degli interpellanti una ingerenza del comandante del porto in ambiti di competenza propria dell'Adsp il cui presidente abdicando di fatto, sempre secondo gli interpellanti, alle proprie funzioni e prerogative consente che scelte di regolamentazione, promozione e controllo delle operazioni e dei servizi portuali siano condizionate da un esercizio inappropriato dei poteri di polizia marittima;

   esemplari i casi di diniego di accosto alla banchina pubblica del molo Italia decisi dal comandante del Porto registratisi il 15 e 16 dicembre 2018 per la M/n Hoegh Singapore, Grimaldi Euromed, richiesto per sbarcarvi circa 1000 autovetture, che il terminal contrattista non avrebbe potuto collocare nei propri piazzali perché occupati da autoveicoli in attesa di ritiro; e ancora il 27 dicembre per la M/n MSC Cristiana;

   a seguito dell'accoglimento dell'autorità portuale della istanza effettuata dal terminal, autorizzata con e-mail del 15 dicembre 2018, ferme restando le competenze dell'Autorità Marittima in materia di sicurezza della navigazione, il comandante ha negato l'accosto, motivandolo con ragioni a giudizio degli interpellanti estranee alle sue competenze in materia di polizia marittima e di sicurezza e ricordando di aver già concesso alcune settimane prima l'utilizzo dell'accosto pubblico per altra nave dello stesso armatore, sostenendo infine che una nuova autorizzazione, motivata dai limiti di ricettività del terminal, non avrebbe più potuto giustificarsi con «il carattere dell'eccezionalità»;

   a quanto consta agli interpellanti la Hoegh Singapore è rimasta in rada dalla prima mattina del 16 dicembre sino al pomeriggio del 18 dicembre in attesa di ormeggio finché, dopo la convocazione di un incontro richiesto dal presidente dell'autorità di sistema, nel quale il comandante ha formalizzato che l'accosto in questione non può assumere la connotazione di accosto aggiuntivo e che la sua richiesta deve avere carattere di eccezionalità, fattispecie che di norma non comprende l'indisponibilità di aree retroportuali per accogliere gli autoveicoli sbarcati, è stato quindi autorizzato l'ormeggio alla banchina pubblica, nonostante in quei tre giorni la stessa e le aree del molo Italia sono rimaste inutilizzate, con un ritardo che ha prodotto un grave danno economico all'armatore e con conseguente danno all'immagine del porto di Livorno;

   nonostante l'ordinanza «congiunta» n. 114/2018 CP, 21/2018 dell'AdSP del 13 luglio 2018 recante le disposizioni per la regolamentazione degli accosti pubblici riporti il «fine di permettere comunque la massima operatività delle banchine del porto di Livorno, nonché di mantenere e sviluppare i traffici commerciali nell'interesse generale del porto», tale finalità veniva presto contraddetta, a giudizio degli interpellanti, dalla condotta del comandante e dalle severe e improprie limitazioni introdotte all'uso degli accosti pubblici del porto da parte di navi lavorate da imprese concessionarie di banchine demaniali portuali, stabilendo, a quanto consta agli interpellanti, che tale uso può essere autorizzato soltanto in casi eccezionali motivati dalla impossibilità di operare nel proprio terminal e comunque non in via continuativa e comunque previa intesa – ciascuna competenza per quanto di rispettiva competenza – tra l'Autorità di sistema portuale e la capitaneria di porto;

   si è così introdotta, nel porto di Livorno, una procedura d'intesa che attribuisce al comandante del porto funzioni a giudizio degli interpellanti improprie, che si sovrappongono a quelle proprie del presidente dell'Adsp, ponendosi così in contrasto con le disposizioni di cui alla legge n. 84 del 1994 che manifestatasi il 15 dicembre 2018 si è ripetuta nelle medesime modalità il 27 dicembre 2018;

   a Livorno si è così assoggettato il governo delle operazioni portuali ad una procedura di «intesa, per quanto di rispettiva competenza» da raggiungersi fra un'amministrazione competente ed altra incompetente: con la sola conseguenza di introdurre per gli interpellanti regole farraginose che ostacolano la necessaria snellezza delle decisioni per la proficua utilizzazione delle banchine e degli spazi portuali, giungendo a determinare – come nel caso della nave Hoegh Singapore e della nave MCS Cristiana – situazioni di stallo decisionale, in spregio ai principi di economicità ed efficienza che debbono connotare la gestione di un Porto;

   sulle politiche adottate dal comandate del porto di Livorno si rilevano i dubbi di imparzialità e indipendenza sollevati dal sito web Affari italiani (http:\\www.affaritaliani.it). Il sito di informazione infatti, in data 13 gennaio 2019, segnala che tra i beneficiari delle scelte dell'Ammiraglio Tarzia vi sarebbe anche il gruppo Lorenzini, importante realtà terminalista nel porto di Livorno, che gestisce la sponda est della Darsena, ed è partecipato al 50 per cento dalla MSC di Luigi Aponte. Lo stesso organo di stampa richiama come nel 2017 Francesco Lorenzini, figlio del patron dell'omonimo gruppo avrebbe venduto allo stesso Tarzia un appartamento in Via Natale Betti, 11, per 340 mila euro il cui prezzo potrebbe risultare non in linea con il mercato di riferimento e che dimostrerebbe un rapporto diretto tra l'Ammiraglio e la Famiglia Lorenzini –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;

   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare per garantire il rispetto delle competenze stabilite dalla legge, per evitare quelli che a giudizio degli interpellanti risultano dannosi personalismi nell'esercizio delle pubbliche funzioni e per assicurare ai porti italiani effettiva competitività e sviluppo dei traffici.
(2-00217) «Mulè, Bergamini, Mugnai, Carrara, D'Ettore, Mazzetti, Ripani, Silli, Germanà, Pentangelo, Rosso, Zanella, Cannatelli, Cannizzaro, Cappellacci, Casciello, Casino, Cortelazzo, Baratto, Bond, Fatuzzo, Fiorini, Gagliardi, Marin, Marrocco, Napoli, Novelli, Pella, Porchietto, Ravetto, Ruffino, Squeri, Versace, Vietina, Zanettin, Zangrillo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza urgente Mazzetti n. 2-00197 del 5 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Rotta n. 4-01820 del 7 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Viscomi n. 5-01142 del 19 dicembre 2018.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ciampi e altri n. 5-00534 del 26 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00424;

   interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-01274 del 3 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00425;

   interrogazione a risposta in Commissione Incerti n. 5-00609 del 3 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00426;

   interrogazione a risposta in Commissione Mazzetti e altri n. 5-00832 del 25 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00423;

   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella e altri n. 5-00918 dell'8 novembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00427.