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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 9 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La II Commissione,

   premesso che:

    è stato bandito con provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria-direzione generale del personale e della formazione, del 3 aprile 2008, il concorso interno a titoli di servizio ed esami per n. 643 posti, per la qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria, pubblicato nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 5 giugno 2008;

    il provvedimento del 16 gennaio 2017 del direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che innalza definitivamente a 1.232 (1.009 uomini e 223 donne) i posti disponibili a concorso;

    le prove preliminari preselettive espletate nel marzo 2010, le prove scritte ad aprile 2016, le prove orali concluse a novembre 2017;

    il corso di formazione, iniziato il 10 settembre 2018, è ancora in corso, e presumibilmente si concluderà nel mese di marzo 2019, oltre dieci anni dopo la pubblicazione del bando;

    alla luce di quanto sopra esposto, si rileva un grave pregiudizio nei confronti dei circa 978 vincitori del concorso, che assumeranno, quindi, la qualifica iniziale di «vice ispettore» a 10 anni dall'indizione di procedura concorsuale interna;

    risulta dunque evidente che tale ritardo, del tutto irragionevole e ingiustificato, ha determinato l'impossibilità per i vincitori del concorso di poter raggiungere qualifiche apicali del ruolo, con conseguenze negative in termini economici e di carriera, visto che l'età media del personale interessato va dai 41 ai 59 anni, il 64 per cento proviene dal ruolo agenti/assistenti e il 36 per cento dal ruolo dei sovrintendenti, con la qualifica di «sovrintende capo e coordinatore» con un parametro stipendiale uguale a quello dell'ispettore e funzioni pressoché uguali, condizioni tali che determinano la seria possibilità che molti, dopo il corso di formazione, possono rinunciare alla nuova qualifica in assenza di un qualunque vantaggio economico;

    va peraltro evidenziato come l'articolo 14, comma 7 del citato bando prevede che «il personale nominato vice ispettore del ruolo maschile e femminile del Corpo di Polizia Penitenziaria sarà confermato nella sede di appartenenza compatibilmente alla dotazione organica», quindi circa il 30 per cento dei futuri ispettori, potrebbe essere destinatario di un provvedimento di trasferimento in altre sedi, comportando solo, a peggiorare le loro condizioni economiche e familiari;

    in ultima analisi, a ricevere un danno sarebbe, anche l'amministrazione penitenziaria che, nei prossimi anni, non avrebbe più ispettori superiori e sostituti commissari, qualifiche, quest'ultime, necessarie per le attività istituzionali dell'amministrazione penitenziaria già penalizzate dalla riforma della cosiddetta «legge Madia» che ha attuato un'ampia riduzione della pianta organica,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative urgenti per eliminare gli effetti pregiudizievoli che stanno subendo i suddetti vincitori del concorso, prevedendo il mantenimento, a domanda presso la sede di servizio, anche in posizione soprannumeraria riassorbibile;

   ad assumere iniziative normative per la retrodatazione giuridica della qualifica di vice ispettore della polizia penitenziaria dal 1° gennaio 2010 in linea con la giurisprudenza della Corte di cassazione (Cassazione Civile – Sezione lavoro – n. 14397/2015), che ha stabilito che, consistendo il bando in un vero impegno, di assunzione attestante la relativa esigenza di personale in mansioni superiori, la data di decorrenza della qualifica deve essere quella in cui è sorta l'esigenza o in cui vi è stata la manifestazione di volontà.
(7-00149) «Varchi, Bucalo, Maschio».


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 10 gennaio 2019, il dittatore comunista Nicolas Maduro assumerà il secondo mandato presidenziale in Venezuela per un periodo di 6 anni, sino al 2025;

    la seconda elezione di Maduro è stata ampiamente contestata ed è ritenuta illegittima sia dalla comunità venezuelana che da quella internazionale;

    le contestazioni principali vertono sull'assenza di garanzie democratiche e la presenza di irregolarità nelle operazioni di voto svoltesi il 20 maggio 2018;

    il 20 dicembre 2018 il Gruppo di Lima, organizzazione formata da 14 Nazioni americane (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Santa Lucia), ha reso noto di non voler riconoscere i risultati delle ultime elezioni presidenziali in Venezuela e di non legittimare il nuovo mandato del presidente venezuelano. Tale decisione è stata ufficializzata nella riunione del 4 gennaio 2018, a sei giorni dal nuovo insediamento di Maduro a Caracas;

    l'Unione europea ha mutato il suo orientamento sul Venezuela, dimostrando, ad avviso del firmatario del presente atto, di anteporre gli interessi economici particolari al rispetto dei valori democratici e dei diritti umani;

    la posizione comunitaria inizialmente presa, ossia il non riconoscimento da parte dei ventotto Stati della nuova assemblea costituente poiché finalizzata ad esautorare il Parlamento nazionale, si è appiattita, sempre per il firmatario del presente atto, su quella magistralmente illustrata dal Ministro degli esteri della Spagna, Josep Borrel, ossia che l'Unione riconosce la legittimità del secondo mandato di Nicolas Maduro a partire dal 10 gennaio 2019, sebbene questo nuovo mandato poggi sulla base di elezioni che non si possono riconoscere;

    tale posizione, a giudizio del firmatario del presente atto schizofrenica, è stata confermata nella riunione Consiglio «Affari esteri» dell'Unione europea dell'11 dicembre 2018. I Ministri degli esteri, infatti, hanno ribadito che il voto del 20 maggio 2018 e il suo risultato sono stati carenti di qualsiasi credibilità, poiché il processo elettorale non ha assicurato le necessarie garanzie per elezioni inclusive e democratiche;

    i responsabili della diplomazia comunitaria si sono accordati anche per definire un approccio comune dell'Unione europea in vista dell'inizio del secondo mandato del presidente Maduro,

impegna il Governo:

   dando seguito a quanto unanimemente convenuto in sede di Consiglio europeo e di G7, a non riconoscere l'esito delle elezioni presidenziali svoltesi in Venezuela il 20 maggio 2018 e, dunque, il secondo mandato presidenziale del dittatore comunista Nicolas Maduro;

   a dare precise indicazioni all'ambasciatore d'Italia in Venezuela di non accettare qualsivoglia invito a cerimonie ufficiali che prevedano la presenza del dittatore comunista Nicolas Maduro.
(7-00146) «Delmastro Delle Vedove».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    i lavori socialmente utili (Lsu) sono nati come strumento di politica attiva del lavoro in Italia, per soggetti svantaggiati, basati sulla partecipazione a iniziative di pubblica utilità limitate nel tempo, utilizzati presso i comuni di residenza;

    la normativa di riferimento è:

     la legge 24 giugno 1997, n. 196, «in materia di promozione dell'occupazione»;

     il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, «interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno», specificatamente l'articolo 3, definisce i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità;

     il decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, riesamina la disciplina sui lavori socialmente utili, definendone l'oggetto, l'utilizzo di particolari categorie di soggetti, gli ambiti e le diverse tipologie;

     la legge regionale Sicilia n. 24 del 2000 recante «Disposizioni per l'inserimento lavorativo dei soggetti utilizzati nei lavori socialmente utili e norme urgenti in materia di lavoro» che recepisce le norme statali sui lavori socialmente utili e prevede un programma di fuoriuscita dal bacino di tutti i lavori socialmente utili, da inviare all'assessorato del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione della regione Sicilia da parte degli enti utilizzatori, pena la decadenza da tutti i benefici previsti dalla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili;

     la legge finanziaria 2004 che dà inizio alla prima fase di stabilizzazione dei suddetti lavoratori prevedendo diverse modalità;

     la legge regionale siciliana n. 16 del 14 aprile del 2006, «Misure per la stabilizzazione del personale precario proveniente dal regime transitorio dei lavori socialmente utili» – «Disposizioni varie» che indica le procedure da seguire per la stabilizzazione del personale precario e all'articolo 1, comma 1, lettera b), inserisce tra i beneficiari i lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili così come definito dall'articolo 4 della legge regionale n. 24 del 2000;

     la legge regionale n. 5 del 2014 che prevede che il dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento dei servizi e delle attività formative predisponga un elenco regionale sulla base di criteri prioritari;

     la legge regionale n. 8 del 2017 che all'articolo 11 prevede, oltre la copertura economica per la prosecuzione in Asu dei lavoratori del Fondo sociale occupazione formazione, di cui all'articolo 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, (lavoratori che la regione non ha voluto stabilizzare), le misure di fuoriuscita attraverso la costituzione di una «sezione esuberi» all'interno dell'elenco unico regionale al fine di essere attraverso la regione ricollocati con contratti a tempo indeterminato, in aziende ed enti pubblici dipendenti e/o strumentali dell'amministrazione regionale, in enti locali territoriali o istituzionali, nonché in enti e aziende da questi dipendenti;

    la stessa legge ha imposto agli enti utilizzatori pubblici e privati del personale Asu, di adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore (8 novembre 2017) il programma di fuoriuscita o avviare le procedure per il conseguente aggiornamento, con delibera dell'organo esecutivo, nonché ad avviare, per gli esuberi, le procedure di mobilità ai sensi degli articoli 1 e 5 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 presso enti pubblici o pubblici economici dotati di idonee capacità assunzionale, prevedendo inoltre, che nei casi di inadempimento da parte degli enti utilizzatori, l'assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro individui il nuovo ente utilizzatore ad avvii le procedure consequenziali;

    tuttavia, fino ad oggi, non è stato attuato nulla generando una condizione di precarietà e sfruttamento nei confronti di questi lavoratori, senza nessuna contribuzione e senza i più elementari diritti contingenti,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza per:

    rivedere la normativa nazionale, alla luce di quella regionale e della recente sentenza della Corte di Cassazione – sezioni unite del 16 marzo 2016 n. 5226, al fine di consentire ai lavoratori socialmente utili di percepire l'assegno Lsu/Asu contestualmente alla retribuzione per un rapporto di lavoro a tempo indeterminato part-time, con un importo lordo annuo inferiore a euro 8000,00;

    prevedere la riserva del 30 per cento in tutti i concorsi e/o bandi di selezione per i soggetti che rientrano nell'elenco regionale previsto dall'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125 del 2013 e attuato dalla regione Sicilia con l'articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2014.
(7-00147) «Bucalo, Rizzetto».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), le malattie cardiovascolari (come l'infarto cardiaco) e cerebrovascolari (come l'ictus ischemico) sono tra le principali cause di morte al mondo. Solo nel 2016 hanno causato oltre 15 milioni di decessi a livello globale. In particolare, nel nostro Paese le malattie cardiovascolari (ictus, ipertensione e malattie ischemiche cardiache e periferiche) sono la prima causa di morte, pari a circa il 44 per cento secondo dati Istat;

    tali malattie continuano a rappresentare il tema più rilevante per l'agenda sanitaria nazionale, con altissimi costi economici e sociali per le famiglie e la collettività, stimati in circa 20 miliardi di euro, da quanto riporta la seconda edizione di Meridiano Cardio dell'ottobre 2018. I soli costi diretti, infatti, ammontano a circa 16 miliardi, derivanti in gran parte da ospedalizzazioni e prestazioni diagnostiche o specialistiche. A questi si aggiungono circa 5 miliardi di euro derivanti sia da prestazioni assistenziali e previdenziali connesse alle malattie cardiovascolari sia dalla perdita di produttività delle persone colpite da eventi cardiovascolari;

    il rapporto SDO 2018 sui ricoveri ospedalieri del Ministero della salute ha rilevato che le malattie cardiovascolari rappresentano la causa più frequente di ricovero ospedaliero, pari al 14,6 per cento del totale. In particolare, le ospedalizzazioni per forme acute e sub-acute di ischemia cardiaca sono state pari a 496,8 ogni 100.000 abitanti negli uomini e 188,5 nelle donne;

    dal 2009 al 2015, nella media annua dei beneficiari di prestazioni per l'invalidità previdenziale erogate dall'Inps per gruppi di patologie, le malattie cardiocircolatorie rappresentano circa il 17 per cento. Nelle stesse annualità, il valore medio dei beneficiari affetti da tali patologie risulta pari a 78.000 e si stimano oltre 665 milioni di euro di costi indiretti sostenuti dall'Inps;

    l'ipercolesterolemia è un fattore causale dell'aterosclerosi e delle relative complicanze. Tuttavia, come risulta da una recente ricerca GFK Eurisko, solo il 40 per cento dei pazienti è consapevole del rischio legato all'ipercolesterolemia;

    il 15 per cento dei pazienti che subiscono un infarto del miocardio o un ictus manifestano un secondo evento entro 4 anni e circa il 5 per cento addirittura entro 12 mesi. Secondo uno studio di Meridiano Sanità, il 67 per cento dei pazienti non si sottopone a trattamenti efficaci in grado di ridurre il rischio cardiovascolare. Secondo la sopramenzionata ricerca di GFK Eurisko, oltre il 40 per cento dei pazienti già colpiti da evento cardiovascolare sottovaluta ii rischio legato all'ipercolesterolemia;

    l'obiettivo della riduzione della mortalità prematura causata dalle malattie cardiovascolari e in generale dalle più diffuse malattie croniche non trasmissibili, è stato raccomandato con forza dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel 2012 attraverso la campagna di prevenzione «25by25». L'Oms coinvolge, quindi, i legislatori e i governi al fine di mettere in atto efficaci strategie per ridurre del 25 per cento la mortalità precoce per le malattie cardiovascolari entro il 2025;

    nel 2017 questo importante impegno è stato inglobato negli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite con lo scopo di raggiungere, entro il 2030, la riduzione di un terzo della mortalità prematura da malattie non trasmissibili attraverso la prevenzione e il trattamento;

    questi obiettivi sono stati rilanciati in occasione della Giornata mondiale per il cuore (29 settembre 2018) promossa in Italia dall'Associazione fondazione italiana per il cuore (FIpC) insieme a Conacuore (rete di associazioni di pazienti con patologie cardiovascolari);

    infine, il nuovo rapporto della Commissione indipendente dell'Oms, pubblicato nel 2018, chiede ai governi un'azione urgente ed un impegno politico di alto livello, indicando le sei priorità da mettere in atto immediatamente per ridurre l'incidenza delle malattie croniche del 30 per cento. In particolare, si richiede ai governi di includere la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili nelle proprie politiche sanitarie e avviare appropriate e costruttive collaborazioni con il settore privato, università, società civile e comunità che abbiano come priorità il miglioramento della salute delle persone;

    la configurazione dell'attuale sistema di presa in carico non consente di identificare percorsi ad hoc per pazienti che, in ragione dell'esposizione ad un alto rischio di incorrere ad un successivo evento cardiovascolare, necessitano di percorsi dedicati ed in grado di assicurare l'aderenza terapeutica ed il raggiungimento di livelli target di colesterolo LDL in tempi rapidi al fine di garantire una effettiva riduzione delle recidive cardiovascolari con un impatto significativo in termini di riduzione dei costi sanitari ad esso associati che potrebbero essere re-investiti in altre aree;

    una maggiore attenzione alla prevenzione secondaria del paziente a rischio può dimostrarsi utile anche in termini di una più efficace prevenzione primaria dei componenti dei nucleo famigliare di quest'ultimo,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per definire, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti e degli operatori del settore, spazi adeguati nell'ambito del nuovo Piano nazionale di prevenzione, in discussione presso il Ministero della salute, dedicati alle modalità carrette di presa in carico e gestione dei pazienti a rischio di incorrere in un successivo evento cardiovascolare (prevenzione secondaria in ambito cardiovascolare);

   a valorizzare il coinvolgimento delle associazioni per promuovere una maggiore consapevolezza del paziente post-infartuato rispetto alla patologia ed alle sue cause, nonché la sua responsabilizzazione rispetto all'importanza dell'aderenza terapeutica e alla conduzione di un adeguato stile di vita;

   a sviluppare iniziative per il miglioramento dell'aderenza terapeutica anche attraverso una maggiore diffusione sul territorio nazionale dei centri prescrittori dei nuovi farmaci per le ipercolesterolemie severe, al fine sia di ottimizzare che di sostenere il proseguimento della terapia farmacologica e contrastare l'insorgenza di un eventuale secondo evento cardiovascolare acuto e ridurre sia l'impatto sociale che economico devastante delle recidive cardiovascolari;

   ad assumere iniziative per definire percorsi multidisciplinari di presa in carico e una rete dedicata al paziente cardiologico a rischio, in grado, anche attraverso la diffusione di ambulatori dedicati alla prevenzione secondaria e di un corretto legame dei centri prescrittori con gli specialisti del territorio, di seguire correttamente il paziente, migliorando appropriatezza e sostenibilità;

   ad assumere iniziative per garantire un maggior coinvolgimento dei medici di medicina generale, anche attraverso la promozione delle attività di formazione e informazione a loro rivolte, rispetto alla prevenzione secondaria.
(7-00145) «De Filippo».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il settore dell'allevamento ovi-caprino vive uno stato di grave crisi in ragione: a) dell'estrema volatilità del prezzo del latte – che subisce forti oscillazioni non solo in senso temporale, ma anche geografico; b) dell'eccessiva frammentarietà del sistema cooperativo che ne limita la capacità di adattamento all'andamento del mercato; c) dei bassi livelli di produttività determinati anche dalle condizioni climatiche sfavorevoli;

    tale crisi risulta con tutta evidenza anche dai bilanci economici delle aziende che, in particolare negli ultimi anni, hanno mostrato una forte sofferenza generale, non compensata neppure dalle misure di sostegno; infatti, dal confronto dei prezzi del latte all'origine riscontrati in Lazio, Toscana e Sardegna, nel triennio 2015/2017, elaborato dall'Ismea, si evidenzia un significativo calo del prezzo in tutte le tre aree suindicate;

    il citato crollo del prezzo è stato determinato, in particolare, dalla sovrapproduzione di pecorino romano determinata dal prezzo elevato del medesimo alla vendita: tale ragione, infatti, ha incentivato i caseifici a concentrare le produzioni su tale prodotto, fino a saturare il mercato con conseguente crollo del prezzo che, come è ovvio, è ricaduto sul singolo pastore, anello più debole della filiera, il quale si è visto costretto così a dover subire le scelte commerciali errate dei grandi industriali;

    allo stato, non esiste alcun tipo di controllo diretto o indiretto sul prezzo dei fattori di produzione e quindi sulla remunerazione del latte, il quale, invece, continua ad essere imposto da una parte della filiera che, da un lato, non consente un'adeguata partecipazione del singolo allevatore alle scelte di mercato, dall'altro lato, pretende però di scaricare gli effetti negativi delle proprie scelte sui citati allevatori, spesso abusando della propria, superiore forza contrattuale,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni necessaria iniziativa al fine di attivare un tavolo istituzionale, con la partecipazione di tutti gli operatori interessati, col compito di istituire un organismo terzo ed imparziale per verificare e controllare l'andamento del prezzo del latte e mettere in campo i provvedimenti necessari a contrastare il deprezzamento dello stesso;

   ad approvare i disciplinari sanzionatori previsti per coloro che violino le regole sulla produzione del pecorino romano e di qualunque altro prodotto causando il deprezzamento della materia prima.
(7-00148) «Luca De Carlo, Deidda».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   nella giornata del 4 gennaio 2019 un drammatico incidente si è verificato nel comprensorio sciistico di Corno del Renon, in Alto Adige; una bambina di otto anni originaria di Reggio Emilia è morta e la sua mamma versa in gravissime condizioni all'ospedale di Bolzano dopo che le stesse si sono schiantate contro un albero con il loro slittino, mentre percorrevano una pista nera interdetta all'uso di questi mezzi;

   dai primi rilievi dell'inchiesta in corso sembrerebbe pressoché certo che nella cartellonistica predisposta dalla società che ha in gestione gli impianti del Renon il divieto di percorrere la pista con la slitta fosse descritto esclusivamente in lingua tedesca e con un simbolo grafico assai poco visibile;

   se tutto ciò sarà confermato dalla magistratura – nella quale gli interpellanti ripongono la massima fiducia – risulta evidente che la causa della tragedia sia da rinvenire nell'ennesimo caso di mancato rispetto dell'obbligo del bilinguismo in Alto Adige;

   negli ultimi anni, e anche in tempi più recenti, nella provincia autonoma di Bolzano sono innumerevoli le denunce riguardanti la sostanziale violazione dei criteri sull'uso delle due lingue provinciali nella segnaletica di montagna: ciò avviene per lo più attraverso l'installazione di cartelli turistici recanti toponimi riportati solo in lingua tedesca o contenenti indicazioni in entrambe le lingue ma con caratteri tipografici sproporzionatamente diversi, sempre a scapito della lingua italiana;

   va poi considerato che gli enti e le organizzazioni che si rendono responsabili della cancellazione della lingua italiana dalla toponomastica e nelle comunicazioni con gli utenti sono gli stessi che beneficiano di fondi pubblici per l'allestimento della cartellonistica;

   la perdurante e sistematica violazione delle disposizioni sull'obbligo del bilinguismo contenute nello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige rappresenta una evidente mortificazione per la popolazione di lingua italiana residente in provincia di Bolzano, nonché per gli stessi turisti che ivi si recano da altre regioni, i quali, sempre più spesso, hanno la sensazione di trovarsi come stranieri nella propria Nazione, «buoni» solo per portare risorse economiche al territorio;

   quanto descritto avviene, secondo gli interpellanti, con il silenzioso avallo delle istituzioni della provincia autonoma di Bolzano, le quali, specie dopo l'approvazione della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, hanno di fatto avviato un vero e proprio «ostracismo» nei confronti di parte della toponomastica italiana;

   il Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca, prof. Mario Monti, ha presentato ricorso dinanzi alla Corte costituzionale contro la provincia autonoma di Bolzano per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della citata legge provinciale: il ricorso, dopo vari rinvii dovuti a modifiche della legge in questione, sarà trattato all'udienza pubblica del 2 aprile 2019;

   la stessa Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 210/2018, pubblicata in data 28 novembre 2018, occupandosi di un caso analogo, ha richiamato una precedente pronuncia nella quale si afferma che «Il primato della lingua italiana (...) non solo è costituzionalmente indefettibile [ma è] decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell'identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell'italiano come bene culturale in sé (sentenza n. 42 del 2017)»;

   in un altro decisivo passaggio della sentenza n. 210/2018, i giudici costituzionali sono giunti a questa conclusione: «nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (...) devono essere utilizzati, per un verso, toponimi anche in lingua tedesca nella Provincia autonoma di Bolzano e, per un altro, al fine di rispettarne le tradizioni, toponimi anche in lingua – secondo i casi – ladina, cimbra o mochena, nei territori ove sono presenti le rispettive popolazioni. Prescrivendo la compresenza della lingua italiana e, a volta a volta, delle lingue minoritarie, viene apprestata una tutela alle minoranze linguistiche e al loro patrimonio culturale in tema di toponomastica, senza tuttavia far venire meno, neppure in tale ambito, la primazia della lingua ufficiale della Repubblica, espressamente riconosciuta dall'art. 99 dello statuto speciale» –:

   se non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, affinché in Alto Adige siano garantite alla lingua e alla cultura italiana pari dignità, utilizzo e diffusione e se, tra le iniziative volte a tutelare i cittadini italiani, non intenda considerare l'ipotesi di ricondurre alla competenza legislativa dello Stato la materia della toponomastica.
(2-00220) «Rampelli, Lollobrigida, Luca De Carlo, Varchi, Trancassini, Foti, Mollicone, Bellucci».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 24 ottobre 1977, n. 801, stabilisce la normativa sui servizi inerenti alla sicurezza dello Stato;

   all'inizio dell'anno 1978, parte del personale dell'amministrazione pubblica, previo assenso degli interessati (carabinieri, guardie di pubblica sicurezza, guardia di finanza e altri) veniva impiegato per le finalità della predetta legge, esclusivamente alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   tuttavia, solo con decorrenza dal 21 novembre 1980 il Consiglio dei ministri stabiliva la normativa del personale impiegato per tali finalità istituzionali; di conseguenza, dal 1978 al 20 novembre 1980, circa un centinaio di persone, alle esclusive dipendenze dei Servizi, non hanno maturato anzianità lavorativa nei vari organismi;

   pertanto, per ovvi motivi di equità e uguaglianza dei diritti, al personale in questione che in un momento storico particolare si è impegnato per salvaguardare la sicurezza dello Stato, va riconosciuto il diritto alle prestazioni previdenziali e assistenziali, dall'inizio dell'impiego al 21 novembre 1980 –:

   se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, affinché al personale collocato in soprannumero presso la Presidenza del Consiglio dei ministri prima del 21 novembre 1980, ai sensi dell'articolo 7 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 luglio 1978, sia riconosciuto il trattamento previdenziale e assistenziale stabilito per il personale facente parte della consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei ministri, a decorrere dal 21 novembre 1980.
(5-01171)


   FREGOLENT, FRAGOMELI, COLANINNO, DEL BARBA, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo Presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), Mario Nava, nominato il 9 aprile 2018, si è dimesso dall'incarico il 13 settembre 2018, a seguito delle richieste fatte in tal senso dai quattro presidenti dei gruppi parlamentari di maggioranza, motivando la sua decisione in ragione del fatto che «il non gradimento politico limita l'azione della Consob in quanto la isola e non permette il raggiungimento degli obiettivi»;

   l'istituzione che garantisce risparmiatori e investitori e che svolge l'attività di vigilanza, è senza la figura del Presidente da oltre 100 giorni e il problema denota anche una assenza di indirizzo strategico per il mercato;

   l'atto di nomina risulta essere estremamente urgente anche in ragione degli effetti delle turbolenze finanziarie, degli ultimi mesi e più in generale, a causa dell'instabilità che, a giudizio degli interroganti, sta caratterizzando i mercati finanziari fin dall'insediamento dell'attuale esecutivo;

   in risposta ad una interrogazione del mese di ottobre 2018 il sottosegretario delegato per l'economia e le finanze aveva assicurato che il Governo a breve avrebbe avviato le procedure per la designazione del nuovo Presidente ma a distanza di tre mesi le procedure non sono state avviate e la posizione risulta ancora vacante;

   la Consob e, più in generale, le istituzioni indipendenti sono essenziali per governare i mercati nell'interesse dei cittadini, il cui risparmio è messo a rischio dall'alta volatilità dell'ultimo periodo –:

   quando intenda il Governo avviare le procedure di competenza previste dalla legge istitutiva per la nomina del nuovo Presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa, assicurando le caratteristiche di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza richieste dalla legge.
(5-01180)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORNELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in relazione all'acquifero del Gran Sasso, che serve un bacino di 700.000 persone, il 30 agosto 2016 la Asl di Teramo ha riscontrato la presenza di diclorometano in un campione prelevato presso un punto di captazione al di sotto dei Laboratori di fisica nucleare, a pochi mesi peraltro dalla stipula di un contratto di consulenza (377 mila euro) con il dottor Roberto Saban per realizzare interventi di sicurezza;

   a seguito del grave incidente dell'agosto 2002, con lo sversamento di trimetilbenzene nel fiume Mavone durante l'esperimento «Borexino», i lavori di messa in sicurezza dei laboratori di fisica nucleare furono affidati al commissario Angelo Balducci, senza che gli 84 milioni di euro spesi abbiano risolto le criticità in questione in quanto gli interventi eseguiti risulterebbero essere incompleti e difformi rispetto ai progetti previsti;

   nel 2016 sono state rilevate anche tracce di cloroformio con valori tre volte superiori ai limiti di legge per le acque sotterranee, sempre dai punti di captazione presenti nell'area dei laboratori;

   nel maggio 2017 veniva riscontrata presenza di toluene negli acquedotti dell'aquilano e del teramano a seguito dell'attività di verniciatura dei tunnel autostradali;

   i Laboratori sono classificati come struttura a rischio di incidente rilevante secondo la direttiva Seveso (decreto legislativo n. 105 del 2015) e la presenza di sostanze tossiche e radioattive (circa 2.300 tonnellate) utilizzate negli esperimenti appare incompatibile con la vicinanza dei punti di captazione delle acque per il consumo umano, con il potenziale coinvolgimento degli interi bacini dei fiumi Aterno-Pescara e Vomano;

   il Gran Sasso è una delle aree a maggior rischio sismico d'Europa, con diverse faglie attive che possono generare eventi sismici di magnitudo di 7-7.5 e gli apparati sperimentali non sarebbero in grado di resistere a fenomeni di dislocazione della faglia passante dentro i Laboratori;

   i laboratori sono in un Parco nazionale, sito di interesse comunitario (direttiva 43/92/CEE) nonché zona di protezione speciale (direttiva 147/2009/CE) e gli ultimi rapporti di sicurezza, composti dai piani di emergenza interno ed esterno, non sono mai stati approvati in via definitiva – anche se una nuova bozza di piano di emergenza esterno risulta essere stata validata dal comitato tecnico regionale ed è in attesa di approvazione. Non risulta mai essere stata avviata neanche la valutazione di incidenza ambientale secondo quanto stabilito dall'articolo 6 del decreto del presidente della Repubblica n. 357 del 1997;

   in data 27 luglio 2018 la procura di Teramo ha ordinato il sequestro preventivo delle opere di captazione delle acque per l'esistenza di un pericolo di inquinamento significativo e misurabile, rilevando una possibile commistione tra acque destinate ad uso idropotabile e acque di falda per mancanza di sistemi adeguati di impermeabilizzazione nelle gallerie autostradali del Traforo e nei Laboratori, con «permanente pericolo di inquinamento ambientale» –:

   se il Governo sia a conoscenza di tali criticità e quali iniziative intenda assumere per accertare per quanto di competenza, eventuali inadempienze e omissioni da parte dei laboratori di fisica nucleare e degli altri soggetti statali responsabili, assicurando le necessarie misure per proteggere la salute pubblica e l'integrità del patrimonio ambientale a rischio, soprattutto in relazione all'esplicito divieto di stoccaggio di materiale pericoloso nei pressi di captazioni idropotabili ribadito dall'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006, fattore che rende inaccettabile il rischio di incidenti rilevanti che possano coinvolgere un acquifero che serve 700.000 persone;

   se vi sia altresì, intenzione di promuovere le dovute verifiche allo scopo di approvare con urgenza un adeguato rapporto di sicurezza sulla base di indifferibili piani di emergenza interni ed esterni, onde quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere il Governo per fronteggiare l'attuale insufficiente livello di sicurezza delle infrastrutture antropiche presenti all'interno del massiccio del Gran Sasso.
(4-01950)


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalla stampa nazionale, locale e dal web sabato 5 gennaio 2019, durante la sua visita a Teramo per un appuntamento di campagna elettorale in Abruzzo, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini sarebbe stato protagonista di un episodio a giudizio dell'interrogante non edificante e poco opportuno per un Ministro della Repubblica nei confronti di un venditore ambulante;

   dopo aver rifiutato di acquistare un oggetto da un venditore ambulante, il Ministro dell'interno lo avrebbe fatto allontanare con l'intervento della sua scorta. «Non compro niente, tu qui non ci puoi stare adesso», avrebbe detto Matteo Salvini – secondo la stampa lì presente – assieme a un'espressione di bassissimo registro colloquiale al venditore ambulante, il quale sarebbe poi stato allontanato dalla sua scorta con modi certamente poco ortodossi;

   le scorte per le pubbliche personalità sono adibite alla sola protezione dell'incolumità personale;

   nelle foto pubblicate risulta altresì che il senatore Salvini, Ministro dell'interno pro tempore, indossi un giaccone con i segni distintivi del Corpo della Polizia di Stato. Non è la prima volta che il responsabile del Viminale indossa divise, ad avviso dell'interrogante illegittimamente, e in occasioni pubbliche, complementi, segni distintivi o giacche di divise di ordinanza della polizia di Stato o del corpo dei vigili del fuoco;

   il codice Penale della Repubblica prevede all'articolo 498 che: «Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 497-ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro» –:

   se intendano dare conto di quanto avvenuto a Teramo il 5 gennaio 2019;

   se vi siano stati abusi da parte del servizio scorte del Ministro dell'interno e se intendano spiegare, nel rispetto dell'autonomia delle eventuali indagini di polizia giudiziaria, l'utilizzo frequente, e ad avviso dell'interrogante illegittimo, da parte del Ministro dell'interno di segni distintivi e delle divise delle forze di polizia.
(4-01952)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 21 febbraio 2008, la Repubblica italiana riconosce la «Repubblica del Kosovo», nome usato dai kosovari per indicare il loro Stato indipendente;

   il riconoscimento da parte italiana è avvenuto con una delibera del Consiglio dei ministri dell'allora Governo Prodi, il 20 febbraio 2008, in cui si autorizzava il Ministro pro tempore degli affari esteri D'Alema a rispondere positivamente alla lettera di riconoscimento inviata da Pristina. Tale procedura si realizzò senza alcun preventivo dibattito parlamentare;

   la regione del Kosovo si separò dalla Serbia nel 2008, ma né il Governo serbo né quello bosniaco hanno mai riconosciuto l'indipendenza. La Serbia considera la regione del Kosovo parte del proprio territorio nazionale;

   anche tra gli Stati dell'Unione europea non c'è una posizione condivisa sull'indipendenza di Pristina: Spagna e Grecia, ad esempio, non la riconoscono;

   il Governo di Pristina ha imposto dazi sulle merci importate dalla Serbia in misura pari al 100 per cento del loro valore, violando i termini dell'Accordo Centroeuropeo di libero scambio (Cefta), di cui è parte insieme ad altri Paesi balcanici e dell'est Europa;

   la mossa sembra avere una natura marcatamente politica. La decisione del Governo di Pristina è stata presa come conseguenza della mancata entrata del Kosovo nell'Interpol. Secondo il Governo di Pristina, la bocciatura della candidatura – la terza su tre tentativi – sarebbe il risultato delle pressioni della Serbia, che si sarebbe opposta all'iniziativa;

   secondo quanto riportato dalla Bbc, il Governo di Pristina avrebbe speso 1,2 milioni di euro per fare attività di lobbying a favore della sua adesione;

   oltre alle tariffe commerciali al 100 per cento per le importazioni, il Ministero del commercio di Pristina ha deciso che tutti i prodotti etichettati «Kosovo i Metohija» (nome ufficiale serbo per il Kosovo) o «Kosovo/UNMIK» (l'amministrazione delle Nazioni Unite) saranno rimossi dal mercato, rendendo commercializzabili solo i prodotti recanti l'etichetta obbligatoria «Repubblica del Kosovo»;

   tale decisione viola anche gli accordi tra le parti, secondo i quali sui documenti per lo scambio delle merci dovrebbe essere usata la denominazione «Kosovo», ma non la parola «Repubblica»;

   i dazi del 100 per cento sono considerati da Belgrado come un vero e proprio bando alle merci serbe. Fino ad ora, Serbia e Bosnia-Erzegovina non hanno adottato misure analoghe nei confronti di Pristina;

   l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Federica Mogherini ha condannato la mossa del Kosovo, definita come una violazione del trattato di libero scambio CEFTA, ma il primo ministro di Pristina Ramush Haradinaj ha annunciato che «i dazi rimarranno fino a quando la Serbia non riconoscerà il Kosovo come stato indipendente»;

   numerosi analisti hanno stimato l'impatto di tali misure restrittive nell'ordine di 440 milioni di euro l'anno per le esportazioni serbe verso il Kosovo. Secondo i dati forniti dall'Unione doganale del Kosovo, invece, le esportazioni in direzione opposta ammonterebbero a soli 60 milioni di euro l'anno. Sempre secondo l'unione doganale del Kosovo, le importazioni dalla Serbia sono diminuite del 50 per cento solo nella prima settimana dopo l'introduzione dei dazi;

   i sindaci dei quattro maggiori comuni a maggioranza serba si sono dimessi in segno di protesta. In un comunicato hanno bollato il comportamento delle autorità albanesi kosovare come «discriminatorio e incivile», poiché esso rischia di lasciare i bambini serbi senza pane, cibo e medicinali;

   per solidarietà, hanno cessato la loro attività anche i giudici e il personale serbo dei tribunali delle municipalità serbe. Praticamente, la comunità serba ha interrotto i contatti con la dirigenza albanese di Pristina –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, anche all'interno dei consessi europei, sulla crisi in atto.
(5-01158)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Kosovo è una regione dei Balcani che ha proclamato unilateralmente, il 17 febbraio 2008, la sua separazione dal resto della Serbia;

   in questi territori la stragrande maggioranza della popolazione è di etnia albanese di fede musulmana, solo il 5 per cento è composto da serbi, soprattutto cristiano-ortodossi;

   a febbraio 2018, l'Esercito italiano ha ricevuto dal Patriarca serbo Ireneo un'alta onorificenza «per l'amore dimostrato alla Chiesa Ortodossa Serba e al popolo serbo con particolare riguardo per l'enorme contributo offerto attraverso la protezione e ricostruzione del monastero dei Santi medici Cosma e Damiano a Zociste, del Monastero di Visoki Decani e altri luoghi sacri nella diocesi di Raska e Prizren nonché la franca testimonianza sulla sofferenza del nostro popolo Kosovo e Metohija»;

   il monastero di Decani, antico simbolo della cultura serba incluso nella lista dei patrimoni Unesco, è stato più volte bersaglio di attentati negli anni scorsi ed è l'unico che continua a essere presidiato dai militari della missione Nato Kfor (Kosovo force). Gli altri siti religiosi della Chiesa serbo ortodossa sono attualmente affidati alla protezione della polizia kosovara – che è maggiormente di etnia albanese – o addirittura non più vigilati da militari, come per il monastero di Gracanica;

   i militari del contingente MNBG-W a guida italiana hanno anche il compito di vigilare e di proteggere il Monastero di Decani in qualità di first responder, ossia primi responsabili della risposta a una situazione di escalation della violenza provocata dall'avvicinamento di una folla ostile in prossimità di un'area particolarmente sensibile;

   il Kosovo è il territorio europeo che ha visto partire il maggior numero di foreign fighter unitisi allo Stato islamico, secondo il Governo di Pristina, più di 300 combattenti sono partiti da lì per arrivare in Siria e Iraq;

   grazie anche al preziosissimo lavoro dei militari della Kfor, le autorità locali hanno definito una serie di leggi di contrasto al fenomeno e, grazie al favorevole esito delle operazioni della coalizione anti-Isis, il flusso di foreign fighter in uscita è stato azzerato;

   il problema attuale è il rischio terroristico derivante da coloro che tornano legalmente in Kosovo, spesso irretiti dalla radicalizzazione legata all'aumento delle scuole coraniche wahhabite e integraliste, fenomeno contrastato da specifici programmi di deradicalizzazione dedicati al reintegro degli ex combattenti;

   permangono i tentativi di radicalizzazione, attraverso offerte di denaro, verso la popolazione musulmana in difficoltà economica che non ha mai aderito a condotte radicali, come imporre il velo o avviare i figli alle scuole coraniche radicalizzate;

   la regione del Kosovo – Metohija – rappresenta il cuore della civiltà serba. In quella regione si svilupparono gli insediamenti primordiali del popolo serbo e ivi sorsero, nei secoli XIII e XIV, numerosi monasteri ortodossi, custodi delle scritture, delle pitture e della memoria storica del popolo serbo;

   tali monasteri sono stati oggetto di atti vandalici e terroristici da parte dell'estremismo schipetaro. Nel 2004 i monasteri cristiano-ortodossi del XII e XIII secolo sono stati bruciati, distrutti, vandalizzati e i cimiteri sono stati profanati, scene che non possono appartenere alla civiltà europea;

   quei monasteri per la cultura serba, per la storia serba e per la Chiesa ortodossa, e per tutti i cristiani europei sono di valore inestimabile;

   l'Italia può giocare un ruolo fondamentale. I soldati italiani hanno già salvato il monastero di Studenica dalla distruzione e alcune istituzioni italiane vorrebbero operare in Serbia per restaurare gli affreschi danneggiati –:

   quale sia la situazione attualmente in essere nella regione del Kosovo, con particolare riferimento alle tensioni religiose e ai rischi per i monasteri ortodossi e alla sicurezza nei luoghi di culto;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle iniziative di collaborazione con le autorità serbe per il recupero del patrimonio storico-artistico oggetto di atti vandalici da parte del radicalismo islamico.
(5-01159)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CONTE e FORNARO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 116 della Costituzione prevede che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (...) possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata»;

   nella seduta del 21 dicembre 2018, il Consiglio dei ministri ha preso atto delle intese concernenti l'autonomia differenziata e ha fissato il relativo percorso di attuazione, come richiesto da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna;

   nella medesima seduta è stato delineato il percorso per il completamento delle intese istruttorie entro il 15 gennaio 2019 e la definizione della proposta entro il 15 febbraio 2019;

   secondo una nota dello Svimez, le richieste di autonomia avanzate dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, «in assenza di riforme costituzionali», potrebbero innescare «un percorso verso un sistema confederale, nel quale alcune regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti», mettendo così a rischio l'unità nazionale;

   l'articolo 117 della Costituzione, alla lettera m), stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire sul territorio nazionale; dal 2001 si è in attesa di fissarli;

   nel Mezzogiorno d'Italia si registra, rispetto al Centro-Nord, una diffusione delle disuguaglianze ai più alti livelli d'Europa;

   il reddito pro capite del Sud ammonta a circa il 56-57 per cento di quello del Nord; rispetto al 2008 al Sud si sono persi 510 mila posti, mentre gli occupati delle regioni del Centro-Nord sono aumentati di 242 mila unità;

   al Sud la percentuale delle persone a rischio povertà è al 33,8 per cento, rispetto al 13,8 del Centro-Nord;

   l'articolo 3, secondo comma, della Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l'eguaglianza dei cittadini –:

   se non sia costituzionalmente doveroso e politicamente equo che il Governo proceda prima alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e alla loro realizzazione su tutto il territorio nazionale (principio di uguaglianza) e poi all'approvazione del progetto di autonomia differenziata (progetto federale), allo scopo di consentire a tutte le regioni, in particolare a quelle del Sud, di concorrere alla pari all'unità nazionale e allo sviluppo della loro autonomia.
(3-00415)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, BUCALO, FERRO, GEMMATO, VARCHI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI e ZUCCONI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il 15 febbraio 2019 è previsto l'incontro tra il Governo e le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna volto a formalizzare l'intesa in merito alla maggiore autonomia da concedere alle stesse regioni, sulla base di un modello di regionalismo differenziato;

   l'incontro si propone il completamento del percorso formalmente avviato in data 28 febbraio 2018 con la firma di tre accordi preliminari all'intesa per la concessione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione;

   in base all'accordo previsto alle tre regioni sarà riconosciuta ampia autonomia in materia di politiche attive del lavoro, di istruzione, di salute, di mobilità, di rispetto alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e nei rapporti internazionali con l'Unione europea;

   l'accordo, inoltre, potrebbe prevedere che tali regioni possano trattenere sui propri territori fino al 90 per cento dei residui fiscali, come richiesto dal Veneto;

   tale ipotesi rischia di risolversi in un grave danno per le regioni economicamente più deboli perché andrebbe a sottrarre risorse al fondo di perequazione, minando il principio solidaristico posto a base dell'unità nazionale;

   la formalizzazione dell'intesa comporterà la formazione di una commissione Stato-regione che determinerà «le modalità per l'attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie»;

   stante il divario già esistente tra le regioni meridionali e quelle settentrionali d'Italia, la formalizzazione delle intese e l'assegnazione delle risorse, in particolar modo di quelle a valere sui fondi finalizzati allo sviluppo infrastrutturale del Paese, rischiano di determinare ulteriori pesanti squilibri a danno del Sud Italia –:

   quali siano i contenuti dell'intesa che sarà sottoposta alle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nell'incontro del 15 febbraio 2019 e quali iniziative intenda assumere per scongiurare il rischio che l'autonomia concessa danneggi le altre regioni e, in particolare, l'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini ivi residenti.
(3-00416)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA, BURATTI, DEL BASSO DE CARO, MORASSUT, MORGONI, ORLANDO, PELLICANI e PEZZOPANE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da agenzie stampa, articoli apparsi sui quotidiani nazionali e nella rete web sarebbero state autorizzate nuove attività di ricerca petrolifera nel Mar Ionio;

   in Italia la legge di stabilità 2016, entrata in vigore il 1° gennaio 2016, ha modificato in misura significativa la normativa in materia di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi (cosiddetta attività upstream), intervenendo in particolare sull'articolo 38 del decreto «Sblocca Italia», ma anche su altre precedenti norme in materia di energia (articolo 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006; articolo 57, comma 3-bis, del decreto-legge n. 5 del 2012; articolo 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 «legge Marzano energia»). In particolare la citata legge ha disposto il divieto di trivellazione nelle aree marine protette e nel raggio delle 12 miglia. Il comma 239 dell'articolo 1, intervenendo sull'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha confermato il divieto di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all'interno del perimetro delle aree marine e costiere protette e nelle zone di mare poste entro 12 miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette e ha eliminato le norme che consentivano una serie di deroghe a tale divieto (queste «deroghe» al divieto «di fare trivellazioni» erano state introdotte nel 2006 dal III Governo Berlusconi);

   il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 145, sull’«Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE», prevede, all'articolo 25, comma 3, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell'Ispra, trasmetta annualmente alle Commissioni parlamentari competenti un rapporto sugli effetti per l'ecosistema nella tecnica dell’airgun;

   ad oggi agli interroganti risulta che tale relazione non sia stata ancora presentata e che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia quindi in ritardo rispetto alle sopracitate previsioni normative –:

   in quali tempi il Ministro interrogato intenda presentare alle Commissioni parlamentari competenti il citato rapporto sugli effetti per l'ecosistema marino della tecnica dell’airgun, essendo trascorsa la citata scadenza normativa.
(4-01940)


   FICARA, LOMBARDO e SCERRA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio di Marina di Melilli (Siracusa) è presente un'area (agglomerato B3) di proprietà della regione siciliana destinata alle piccole e medie industrie con attività connesse alla cantieristica navale, alla costruzione delle piattaforme petrolifere e, in generale, alle attività che necessitano della vicinanza del mare;

   nell'anno 2012, a causa di abbandono di rifiuti (pericolosi e non), l'area de qua è stata sottoposta a sequestro giudiziario e dissequestrata nel 2015 e, ricadendo in zona «SIN» è soggetta agli interventi di caratterizzazione;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato il soggetto titolare dell'area a non concedere alcun tipo di autorizzazione all'utilizzo della stessa senza che ne sia stata preventivamente accertata la conformità ai limiti fissati dalla normativa in materia di bonifiche;

   la cessazione della produzione di mezzi per la produzione di energia alternativa da parte dell'azienda metalmeccanica Si.Te.Co che operava a Marina di Melilli ha avuto effetti devastanti sui livelli occupazionali;

   diverse aziende hanno manifestato la propria disponibilità a prendere in gestione l'area, nonché a riassorbire i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità e a bonificare l'area; tuttavia, l'assegnazione della stessa è appunto subordinata agli interventi di cui sopra;

   l'Arpa, struttura territoriale di Siracusa, si è presa carico di redigere e trasmettere il piano di caratterizzazione al Ministero competente; quindi, a livello regionale è stata predisposta una mozione per impegnare il Governo regionale a reperire le risorse necessarie per il completamento del piano e, successivamente, per la realizzazione degli interventi previsti per la bonifica dell'area, senza tuttavia ricevere alcun riscontro;

   con nota del 23 ottobre 2018 a firma congiunta dell'interrogante e del deputato regionale del M5S Stefano Zito, veniva sottoposta la questione alla segreteria del Ministro –:

   attesa l'importanza dell'assegnazione in concessione dell'area, che per la sua posizione riveste una valenza strategica per lo sviluppo delle attività produttive e dell'occupazione del territorio, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di permettere la bonifica e quindi l'assegnazione dell'area in questione.
(4-01946)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   PICCOLI NARDELLI, ASCANI, ANZALDI, CIAMPI, DI GIORGI, FRANCESCHINI, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero per i beni e le attività culturali ha pubblicato il 23 novembre 2018 due bandi di selezione pubblica internazionale: uno per tre incarichi di livello dirigenziale generale di direttore, rispettivamente, della Galleria dell'Accademia di Venezia, della Reggia di Caserta, del parco archeologico di Pompei; l'altro, per tre incarichi di livello dirigenziale non generale di direttore, rispettivamente, del parco archeologico dell'Appia antica, del parco archeologico dei Campi Flegrei e del Palazzo Reale di Genova;

   i bandi prevedono che la procedura debba concludersi entro marzo 2019 per incarichi dirigenziali di direttore che avranno la durata di tre anni, a differenza del precedente bando del gennaio 2015 che invece assegnava l'incarico per 4 anni, una tempistica troppo ristretta che certamente scoraggerà le candidature di aspiranti direttori provenienti dall'estero;

   le candidature dei partecipanti al bando, da presentarsi in lingua italiana e in inglese, verranno valutate da una commissione di esperti, nominata entro il 31 dicembre 2018; di conseguenza, saranno verosimilmente nominate due commissioni, una per gli incarichi di livello dirigenziale generale, che sottoporrà una terna di candidati al Ministro, e l'altra per gli incarichi di livello dirigenziale non generale, che sottoporrà una terna di candidati al direttore generale musei;

   entrambi i bandi presentano pertanto difformità, anche di dubbia legittimità, rispetto alle tre procedure di selezione pubblica internazionale già svolte con successo dal suddetto Ministero tra il 2016 e il 2017;

   la scelta di introdurre tali differenze genererà nuovo contenzioso, con riguardo, per esempio: a possibili disparità di trattamento per candidati che dovessero partecipare a entrambi i bandi; al fatto che il direttore generale musei si troverà a scegliere da una terna proposta da una commissione nominata dal vertice politico, con evidente lesione del principio di distinzione tra politica e amministrazione; al requisito della cittadinanza dell'Unione europea previsto dai bandi, che escluderebbe, secondo l'interrogante illegittimamente, le ipotesi di cittadini non appartenenti all'Unione europea equiparati a quelli Unione europea in base alla disciplina sul pubblico impiego –:

   come il Ministro interrogato intenda evitare che gli errori e le anomalie presenti nei due bandi possano mettere a rischio il corretto funzionamento di una delle iniziative di maggior successo dell'Italia nel settore della cultura realizzate negli ultimi anni.
(5-01166)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   CASCIELLO e APREA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Castello del parco Fienga rappresenta un importante simbolo storico e culturale della città di Nocera Inferiore e dell'intera provincia di Salerno;

   risale ai 984 d.C., al codice diplomatico Cavese, il primo cenno storico del castello che fu roccaforte prima dei longobardi poi dei normanni, fu abitato dai Filangieri, poi dagli Angioini che, con Carlo I d'Angiò, diedero alla fortezza un carattere residenziale adatto ad ospitare sovrani come Carlo Martello e San Ludovico d'Angiò;

   nel corso dei secoli il castello perse l'importanza assunta e andò decadendo finché nell'800 fu acquistato dai baroni de Guidobaldi e, successivamente dai Fienga, che realizzarono l'attuale palazzo;

   il comune di Nocera Inferiore acquietò il bene nel 1971 e, dopo anni di oblio in cui il complesso fu oggetto di razzie ed abbandono, nel 1993 la provincia di Salerno avviò il recupero del palazzo, ristrutturando l'ala relativa alla prima corte, i ruderi medievali esistenti e la cappella gentilizia;

   nel 1999 la società patto territoriale dell'Agra Nocerino Sarnese avviò il processo di rinascita del complesso, stipulando una convenzione con la stessa provincia;

   nel corso degli anni sono stati stanziati fondi per il rifacimento del palazzo e del parco circostante ed un'ala è stata destinata a museo provinciale;

   nell'agosto del 2003 sono stati resi fruibili gli ambienti e gli spazi di palazzo Fienga e resa possibile la conservazione dei resti archeologici e l'illuminazione artistica del complesso monumentale;

   oggi le antiche strutture del maniero versano in uno stato di profondo abbandono e pericolo: le murature presentano numerose spaccature e cedimenti dovuti alla fitta vegetazione che ne compromette la tenuta nel breve periodo; alcune zone hanno subito una serie di crolli che rischiano di compromettere la sicurezza dell'intero complesso; gravemente compromessa risulta anche l'area della cosiddetta «Cavallerizza Reale», ormai del tutto inaccessibile a causa dei numerosi cedimenti murari;

   il Ministro interrogato ha più volte espresso la necessità e l'intenzione di adoperarsi con il massimo impegno per intervenire a valorizzare e rendere più fruibile l'immenso patrimonio culturale e artistico del Paese;

   questo deve valere ancor di più per un territorio quale quello Nocerino-sarnese che presenta alte punte di disoccupazione, disagio civile e sociale –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di adottare politiche di valorizzazione del patrimonio artistico, favorendo gli interventi indifferibili ed urgenti di pulizia e consolidamento dei ruderi di epoca angioina.
(5-01167)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   BELOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nella notte di sabato 8 dicembre 2018 tutto il Paese è stato sconvolto dalla tragedia accaduta alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, in provincia di Ancona, dove hanno perso la vita cinque ragazzi e una mamma che assistevano a un concerto;

   tra le cause della tragedia ci sarebbe l'uso scriteriato di una bomboletta di spray al peperoncino all'interno del locale che ha provocato un fuggi fuggi verso le uscite;

   dalle notizia apprese dalla stampa risulta che gli spettatori presenti all'interno della discoteca sarebbero stati di gran lunga superiori alla capienza consentita;

   l'inosservanza del numero massimo di ingressi nei locali e nei concerti è una prassi purtroppo molto frequente in Italia, che mette a serio rischio il livello di sicurezza degli spettatori;

   a seguito della tragedia di Corinaldo, il presidente della Siae, Mogol, ha proposto di adottare «un sistema digitale che permette di prevedere il numero di biglietti che un locale può vendere in base alla sua capacità» in modo da arginare la pratica di diversi gestori di locali ed organizzatori di concerti che «moltiplicano» i biglietti cartacei superando il limite di spettatori consentito dalle agibilità;

   il biglietto digitale, visibile sullo smartphone, consente di avere un quadro preciso delle presenze in ogni istante dell'evento, blocca la «moltiplicazione» dei tagliandi oltre la capienza, garantendo quindi maggiore sicurezza e consente più facili controlli da parte delle autorità della Siae –:

   se non ritenga utile adottare iniziative volte a promuovere il sistema del biglietto digitale che potrebbe servire anche a verificare il rispetto dei limiti di capienza stabiliti dalle autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni a spettacoli, in locali aperti al pubblico come i concerti dal vivo.
(5-01168)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   Eike Schmidt, dal novembre 2015 è alla guida del prestigioso museo degli Uffizi di Firenze; uno dei pochi poli museali in grado di competere con i grandi musei internazionali;

   una guida solida, all'insegna della modernità, della qualità, dell'innovazione, premiata dal pubblico, dalla critica e dai premi internazionali; sponsorizzato addirittura dall'ex Ministro dei beni culturali e già direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, che, in una intervista rilasciata a Repubblica, auspica che lo stesso possa restare agli Uffizi, continuando con la sua professionalità l'opera già iniziata;

   secondo la testata internazionale specializzata nel settore artistico, BlouinArtinfo, il tedesco Schmidt è stato indicato tra i dieci migliori direttori di musei del mondo; e le Gallerie degli Uffizi sono l'unica istituzione italiana presente in questa classifica speciale;

   «Schmidt – si legge nelle motivazioni – è uno dei sette direttori non italiani che negli ultimi anni sono stati nominati per portare uno stile di gestione più moderno nei musei italiani ossificati e pesantemente burocratizzati»;

   nei tre anni trascorsi dalla sua nomina, si legge ancora, «ha migliorato enormemente le strutture per i visitatori, inaugurato nuove e splendide sale dedicate a Leonardo e Michelangelo, e ha aumentato gli ingressi aprendo il museo a concerti, proiezioni di film ed eventi»;

   eppure Schmidt, ormai da mesi, ha già scritto il suo futuro da top manager della cultura; pronto a sbarcare a Vienna alla guida Kunsthistorisches Museum, non appena scadrà il suo mandato nel capoluogo fiorentino;

   lo stesso Schmidt ne ha parlato intervenendo a «Si Può Fare» su Radio 24. «Di sicuro rimango fino all'anno prossimo», quanto al restare oltre «beh, dovrei parlarne con gli austriaci. Ma finora in Italia non si sa ancora niente». Alla domanda sul perché ha deciso di andare a dirigere il Kunsthistorisches Museum di Vienna, Schmidt ha risposto che «il museo austriaco ha una delle più grandi collezioni di arte al mondo insieme ai Vaticani e al Louvre. E poi sappiamo solo da pochi mesi che in Italia è legale avere dei direttori stranieri per i musei italiani. Questo è stato deciso a giugno dal consiglio di Stato. La politica però non ha ancora fatto passi avanti. Nessuno dei direttori nominati nel 2015 sa ancora se sarà rinnovato il concorso» –:

   ove il direttore Schmidt vada a Vienna, come ipotizzato da diversi organi di stampa, come si intenda procedere in merito alla nomina del nuovo direttore della Galleria degli Uffizi.
(5-01169)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   CARBONARO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, con la sentenza del 25 ottobre 2017, n. 4938, si è pronunciato sui ricorsi proposti per l'annullamento del decreto ministeriale del Ministero per i beni e le attività culturali del 30 dicembre 2009 e del suo allegato tecnico, sulla determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (cosiddetto «equo compenso per copia privata»);

   la Siae definisce il compenso per copia privata un corrispettivo che si applica sui supporti vergini, apparecchi di registrazione e memorie, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d'autore;

   qualunque soggetto privato può, così, eseguire una copia del prodotto originale su un proprio supporto, con un notevole risparmio di tempo e di costi, concedendo una tutela nei confronti del titolare del diritto d'autore;

   dovranno versare alla Siae l'equo compenso, solo i produttori e distributori di apparecchi e supporti idonei alla riproduzione;

   la Siae può esentare dal versamento gli utilizzatori di apparecchi o supporti che riproducano fonogrammi e videogrammi per usi estranei dall'utilizzo privato;

   la Corte di giustizia europea ha riconosciuto che la disciplina italiana su esenzioni «ex ante» e rimborsi del prelievo per copia privata, nei casi di uso esclusivamente professionale, contrasta con il diritto euro unitario («osta») e che, dunque, la normativa nazionale deve necessariamente essere caducata, mediante l'annullamento dell'articolo 4 dell'allegato tecnico al decreto ministeriale 30 dicembre 2009 per contrasto con la direttiva 2001/29/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia del 22 settembre 2016, C-110/15;

   il Consiglio di Stato ha pertanto deciso per l'annullamento dell'articolo 4 dell'allegato tecnico del decreto ministeriali 30 dicembre 2009, essendo chiaro che la normativa nazionale viola il principio di parità di trattamento tra produttori e importatori assoggettati al prelievo per copia privata poiché la normativa nazionale si limita a imporre alla Siae, l'obbligo di «promuovere», la conclusione di protocolli esentativi, violando così anche il principio di certezza del diritto, peraltro non garantendo una efficace procedura di rimborso effettiva per i soggetti produttori importatori e distributori di apparecchi e supporti destinati a uso professionale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per l'individuazione dei casi e dei modi di esenzione «ex ante» dalla «copia privata» per usi esclusivamente professionali, e di rimborso della «copia privata» anche a favore del produttore e dell'importatore, secondo criteri oggettivi e trasparenti, introducendo un nuovo sistema di esenzione ed una nuova modalità di rimborso, conforme anche ai principi della Costituzione e del diritto comunitario.
(5-01170)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal quotidiano La Tribuna di Treviso del 7 gennaio 2019 si apprende che, anche per ragioni di squilibrio di bilancio, è intenzione di Fondazione Cassamarca, promuovere e rifinanziare un vasto progetto di sviluppo dell'area metropolitana dei comuni di Casier e Preganziol (TV), comprendente la villa, il parco «Albrizzi-Franchetti» e le aree ad esso adiacenti;

   si tratta di un megaprogetto di 543 mila metri cubi di edilizia a carattere residenziale e direzionale che ricalca un tentativo già promosso molti anni fa e poi naufragato;

   una precedente intesa sottoscritta tra il comune di Preganziol e la Fondazione Cassamarca, il 7 gennaio 2002, privilegiava un utilizzo dell'area per funzioni pubbliche, come un complesso universitario, rispetto a destinazioni industriali o ad edificazioni di tipo commerciale o residenziale;

   Villa Albrizzi-Franchetti è una villa veneta del XVII secolo di altissimo pregio, artistico e architettonico situata a San Trovaso nel comune di Preganziol: consta di un edificio centrale caratterizzato dalle forme tipiche dei palazzi signorili veneti, due barchesse arretrate rispetto al corpo centrale e un grandioso parco di 11 ettari;

   Villa Albrizzi-Franchetti è una villa sottoposta a vincolo conservativo, già ai sensi della legge n. 1089 del 1939, e risulta censita nell'elenco di salvaguardia dell'istituto regionale Ville Venete;

   la villa e l'annesso parco Albrizzi-Franchetti, pari a circa 411.000 metri quadrati, sono inseriti in un'area di alto pregio paesaggistico e agricolo, come l'asse delle ville venete tra Treviso e Venezia e il territorio, per entrambi i comuni coinvolti, compreso nel «Consorzio per la tutela del radicchio rosso di Treviso»;

   è opportuno ricordare che la Corte costituzionale, nella sentenza del 16 dicembre 2009, n. 340, dichiarò illegittima la prassi seguita dai comuni di cambiare destinazione d'uso agli edifici cittadini senza passare per la variante urbanistica;

   in merito all’«accordo di programma Villa Albrizzi-Franchetti» la regione del Veneto ha espresso in una nota della direzione urbanistica del 15 settembre 2009, prot. n. 503540, il seguente parere: «la Regione osserva che, mentre l'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, nonché l'urgenza dei lavori e la variazione degli strumenti urbanistici, l'Accordo di Programma prevede la sola variazione degli strumenti urbanistici. Sarebbe stato invece auspicabile una maggior definizione progettuale dell'intervento per risolvere la relazione tra i nuovi volumi e il rispetto dei corridoi ecologici, del contesto figurativo di villa e parco storico»;

   nella risposta all'interrogazione 4-06501 del 10 gennaio 2012 l'allora Ministro per i beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi, sentita la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, oltre a riportare un elenco puntuale di precise prescrizioni sia per l'edificio che per il relativo parco, affermava che: «L'autorizzazione all'alienazione è stata rilasciata tenuto conto della destinazione d'uso preposta a centro internazionale universitario e sede di corsi master, nel pieno rispetto degli edifici (villa e barchesse), del parco e dei suoi padiglioni. Successivamente è stata rilasciata, in data 7 febbraio 2007, con nota protocollo n. 1459 dal Soprintendente regionale pro tempore, l'autorizzazione per il cambio d'uso del compendio architettonico purché avente finalità culturali. [....] Si sottolinea che, per effetto del provvedimento di notifica del 14 giugno 1965, ogni intervento atto a modificare il bene o la sua destinazione dovrà essere sottoposto a preventiva autorizzazione della Soprintendenza territorialmente competente»;

   è in corso una civile protesta promossa da un numeroso comitato di cittadini per ottenere una radicale revisione del progetto volto a una riqualificazione architettonicamente compatibile e a uniche finalità scientifiche e di pubblica utilità –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo per il tramite degli uffici territoriali competenti, al fine valutare l'impatto paesaggistico e architettonico del nuovo sopraccitato progetto di Fondazione Cassamarca in un'area così preziosa dal punto di vista paesaggistico e storico-artistico.
(4-01941)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   BIGNAMI, GIACOMONI, GELMINI, OCCHIUTO, MARTINO, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO, ANGELUCCI, SPENA e BOND. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2019 è entrato in vigore l'obbligo della fatturazione elettronica tra privati e, come da tempo denunciato da Forza Italia e oggi ribadito dalla stampa nazionale, l'esordio di tale misura si è rivelato un disastro;

   voci critiche si sono levate da molteplici categorie professionali. Il presidente dell'Associazione dei commercialisti ha evidenziato numerose segnalazioni di utenti che, collegandosi al portale dell'Agenzia delle entrate, hanno visualizzato il messaggio «Il sistema non è al momento disponibile, ci scusiamo per l'inconveniente e si prega di riprovare più tardi». Anche il Codacons ha stigmatizzato il caos fiscale dovuto all'avvio della fatturazione elettronica, annunciando un esposto per interruzione di pubblico servizio;

   del resto non può considerarsi ammissibile che migliaia di persone non riescano a caricare le fatture, perché ciò significa che se bisogna mandare le fatture queste non arrivano a destinazione, chi deve pagare non paga perché, semplicemente, non gli arriva la fattura E se c'è chi non paga evidentemente c'è anche chi non incassa e a sua volta questo non può pagare i fornitori: un fatto di eccezionale gravità rispetto al quale il Governo deve dare delle risposte immediate;

   nei giorni scorsi l'Agenzia delle entrate, con un proprio comunicato, ha di fatto negato l'accaduto, nonostante il malfunzionamento che ha colpito la piattaforma web dedicata alla fatturazione elettronica sia sotto gli occhi di tutti e non vi sia stata alcuna tutela minima degli utenti;

   sono mesi che Forza Italia ha lanciato l'allarme per i disagi che questa innovazione avrebbe potuto determinare per migliaia di operatori Iva, imprenditori, artigiani, professionisti, coltivatori. La fatturazione elettronica, peraltro, oltre a creare un'ulteriore complicazione burocratica e un aumento dei costi per chi lavora (si calcola che ogni fattura elettronica avrà un costo di mercato minimo di 40 centesimi, con un aggravio complessivo per le imprese e i professionisti tra i 400 e i 600 milioni di euro), rischia di diventare una sorta di «grande fratello», una telecamera accesa 24 ore su 24 sulla vita professionale e privata di imprese e professionisti, senza sortire alcun effetto positivo ai fini dell'emersione del nero –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per rimediare immediatamente ai problemi creati dall'entrata in vigore del suddetto obbligo, ponendo in essere ogni atto di competenza finalizzato alla rimozione del generale della Guardia di finanza, Antonio Maggiore, dall'incarico di direttore dell'Agenzia delle entrate.
(3-00413)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   LUPI, COLUCCI, TONDO e SANGREGORIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come si legge ne Il Corriere della Sera dell'8 gennaio 2019, «con un decreto-legge approvato ieri sera in un Consiglio dei ministri straordinario convocato d'urgenza (...) Il Ministero dell'economia e delle finanze garantirà le nuove emissioni obbligazionarie di Carige ma anche finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alla banca ligure (...) il decreto-legge appronta gli strumenti per consentire di accedere alla ricapitalizzazione precauzionale ovvero al salvataggio da parte dello Stato come è avvenuto col Monte dei Paschi di Siena»;

   il 27 ottobre 2018 il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio diceva: «Siamo vicini alle banche ma non ci metto un euro degli italiani. Ce ne abbiamo già messi troppi in questi anni» –:

   quale sia la posizione reale del Governo in materia di intervento pubblico nel salvataggio delle banche, prevedendo nelle ipotesi di salvataggio pubblico anche interventi di nazionalizzazione delle banche.
(3-00414)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIAMPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i compiti della Guardia di finanza sono sanciti dalla legge di ordinamento del 23 aprile 1959, n. 189 e consistono nella prevenzione, ricerca e denunzia delle evasioni e delle violazioni finanziarie, nella vigilanza sull'osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico e nella sorveglianza in mare per fini di polizia finanziaria;

   la Guardia di finanza concorre, inoltre, al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e alla difesa politico-militare delle frontiere;

   l'articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali ha autorizzato l'assunzione straordinaria di personale nella polizia di Stato (1.050 unità), nell'Arma dei carabinieri (1.050 unità), nella Guardia di finanza (400 unità), per ciascuno degli anni 2015 e 2016;

   per tali assunzioni si è attinto in via prioritaria alle graduatorie dei vincitori dei concorsi approvate non prima del 1° gennaio 2011, concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata quadriennale (articolo 2199, comma 4, lettera b) del decreto legislativo 66 del 2010) ovvero ai volontari delle Forze armate raffermati o in congedo, indetti in caso di disponibilità di ulteriori posti rispetto a quelle programmati (articolo 2201, comma 1, del decreto legislativo 2010). Per i posti residui, è stato previsto lo scorrimento delle graduatorie (per i medesimi concorsi) degli idonei non vincitori;

   tale norma ha di fatto escluso anche per quanto riguarda la Guardia di finanza, numerosi idonei inseriti nelle graduatorie antecedenti all'anno 2011, creando una notevole disparità di trattamento rispetto alle qualifiche acquisite;

   in particolare, sono stati esclusi i militari in congedo interforze delle forze armate (Vfb) nonostante abbiano espletato un periodo di ferma obbligatoria di 3 anni, siano stati idonei ma non vincitori dai concorsi allievi finanzieri indetti precedentemente all'anno 2011 e la graduatoria all'epoca (quando è stata approvata la legge 6 agosto 2015, n. 125) fosse ancora attiva ed efficace in quanto era stata prorogata dalla legge n. 125 del 2013 fino al 31 dicembre 2016;

   i volontari congedati hanno il beneficio di riserva dei posti perché il legislatore attribuisce al loro operato una importante utilità sociale. Infatti, coloro che offrono e hanno offerto il proprio servizio nell'ambito militare in favore dello Stato e della collettività vengono in qualche misura premiati mediante l'istituto della riserva –:

   se i ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative, relativamente alla vicenda di cui in premessa, atte ad assicurare l'esaurimento delle graduatorie dei concorsi banditi dalla Guardia di finanza prima dell'anno 2011 che riguardano militari in congedo interforze attualmente idonei, anche al fine di eliminare la grave disparità di trattamento rispetto ad altre graduatorie di stabilizzazione più recenti ma già esaurite.
(5-01161)


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   gli operatori del mercato dell'arte italiano hanno appreso con preoccupazione le nuove proposte di tassare il ricavato della vendita di opere d'arte effettuata da privati;

   analizzando il risultato aggregato – composto della somma delle opere d'arte moderna e contemporanea vendute dalle case d'asta in Italia – appare evidente che gli scambi siano diminuiti rispetto agli anni precedenti almeno per valore, se non per numero assoluto di opere;

   le difficoltà del segmento medio sono evidenti a tutti – gallerie che chiudono, case d'asta che «ristrutturano» – e l'operazione di spostare la compravendita dei più quotati artisti di arte moderna e contemporanea sui mercati internazionali ha di fatto impoverito il mercato nazionale consegnando l'arte italiana e di proprietà italiana alle case d'asta internazionali e indebolendo il mercato medesimo con un grave danno anche per l'erario pubblico;

   è sceso negli ultimi anni il valore medio dei «top lot» venduti in Italia: sempre più raramente, cioè, le transazioni in asta superano il mezzo milione di euro causando un grave danno per l'economia;

   da tutti gli operatori del mercato d'arte italiano emerge l'insostenibilità di affrontare nuove tasse, ove, a fronte di queste, non vengano individuate contromisure in termini di aumento di transazioni che le sostengano –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per la sospensione degli aumenti previsti e l'apertura immediata di un tavolo di lavoro dove vengano trattati i temi urgenti del settore e dove, nel rispetto delle competenze dei soggetti coinvolti, si individuino le vie da percorrere al fine di tutelare un importante settore economico del Paese che sta già vivendo una profonda crisi e rischia, in mancanza di seri correttivi, il collasso.
(5-01162)


   NARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara è un soggetto giuridico privato senza fine di lucro, dotato di piena autonomia statutaria e gestionale;

   in virtù della normativa vigente la Fondazione è soggetta al controllo della preposta Autorità di vigilanza presso il Ministero dell'economia e delle finanze;

   lo statuto della Fondazione prevede in molteplici passaggi la necessità di assicurare, in tutti gli organismi collettivi (collegio dei revisori, comitato di indirizzo e consiglio di amministrazione), la «presenza del genere meno rappresentato, rinviando al regolamento le procedure con cui raggiungere tale obiettivo»;

   il regolamento della Fondazione per la procedura e per la composizione degli organi statutari, approvato dal comitato di indirizzo il 20 luglio 2018, prevede che venga assicurata «l'adeguata rappresentatività negli stessi dei due generi, nella misura minima del 30 per cento per ciascuno»;

   sempre il regolamento ribadisce, all'articolo 3, comma 1, che sia il comitato di indirizzo, sia il consiglio di amministrazione, debbano assicurare l'adeguata rappresentatività dei generi nella misura minima del 30 per cento per ciascun organo;

   il regolamento prevede, all'articolo 5, comma 5, che «il comitato di indirizzo, nella sua prima riunione convocata dal Presidente in carica, previa verifica della esistenza dei requisiti, provvede alla convalida delle nomine dei propri componenti, verificando che sia stata rispettata la previsione» dello statuto e disciplinata dal regolamento, concernente la rappresentatività di genere;

   durante alcune sedute del comitato di indirizzo è stata sollevata la necessità di mettere in atto tutte le azioni utili per raggiungere l'effettiva rappresentatività di genere disposta da statuto e regolamento sia proponendo di richiedere ad alcuni enti designanti una nuova proposta (in quanto avevano segnalato terne di rappresentati di uno stesso genere), sia invitando il comitato stesso a scegliere fra le auto-proposte pervenute;

   in data 10 ottobre 2018 si è svolta la riunione del comitato di indirizzo della Fondazione con all'ordine del giorno la nomina del nuovo Comitato;

   nel corso di tale riunione il comitato ha voluto procedere nonostante quanto espresso in premessa, alla votazione dei nuovi componenti. Tale votazione ha portato all'elezione di 11 membri di cui soltanto 3 donne: un risultato che non rispetta palesemente la «misura minima del 30 per cento per ciascun genere»;

   in data 28 dicembre 2018 Elena Emma Cordoni ha inviato, sulla vicenda, un esposto all'Ufficio vigilanza delle Fondazioni bancarie del Ministero dell'economia e delle finanze –:

   se il risultato della votazione del 10 dicembre 2018 relativa al nuovo comitato di indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara sia conforme a quanto disposto e disciplinato dallo statuto e dal regolamento dell'ente stesso e quali iniziative urgenti di competenza intenda conseguentemente assumere qualora venissero evidenziate irregolarità.
(5-01177)


   TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate – riscossione, nel sito istituzionale precisa che, trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella, se il debitore non ha pagato, oppure non ha ottenuto la rateizzazione o un provvedimento di sospensione o annullamento della pretesa, si attivano le procedure cautelari ed esecutive di legge; solo per i debiti che non superano mille euro, almeno centoventi giorni prima dell'esercizio di tali azioni deve essere inviata al contribuente una comunicazione a mezzo posta con il dettaglio del debito;

   anche il cosiddetto «fermo amministrativo» dei veicoli, noto come «ganasce fiscali» è una procedura cautelare prevista dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 mediante la quale l'agente della riscossione vieta la circolazione del veicolo del debitore iscrivendone il blocco nel pubblico registro automobilistico; fino alla rimozione del blocco il veicolo, in custodia del proprietario, non può circolare, pena il sequestro e pesanti sanzioni, né può essere cancellato dal pubblico registro automobilistico; se il debitore non paga e il veicolo viene venduto si trasferisce sull'acquirente il rischio delle successive fasi esecutive;

   prima del fermo, l'agente della riscossione è obbligato a notificare al debitore un preavviso di fermo; trascorsi 30 giorni dal preavviso, l'agente può iscrivere il fermo nel pubblico registro automobilistico; in tale lasso di tempo, per evitare il fermo si può pagare la cartella o richiedere la rateizzazione ovvero la sospensione se il veicolo è indispensabile per l'attività lavorativa o per il trasporto di disabile;

   trascorsi inutilmente i termini, l'agente della riscossione procede al fermo senza ulteriori comunicazioni;

   nei casi di omessa notifica del preavviso di fermo, i cittadini vengono a conoscenza della procedura cautelare solo con i controlli stradali, a cui seguono sanzioni sproporzionate rispetto all'entità della cartella; senza dire dei problemi di sicurezza stradale per i terzi coinvolti in eventuali sinistri con veicoli sottoposti a fermo; il divieto di circolazione per fermo lascia libera l'assicurazione di non risarcire il terzo danneggiato; nei contratti di assicurazione figurano sovente clausole per escludere la responsabilità dell'assicurazione in simili circostanze;

   questo rende necessario monitorare costantemente eventuali provvedimenti di fermo nel pubblico registro automobilistico; la visura, anche telematica nel sito dell'Aci, ha un costo non trascurabile: è opportuno che diventi agevole e poco onerosa come la verifica punti patente –:

   se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per prevedere l'obbligo da parte dell'agente della riscossione della notifica al debitore del fermo amministrativo del veicolo.
(5-01178)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio per il 2019 è stato modificato, in tema di regime forfetario, il comma 57 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sostituendo la lettera d-bis) –:

   se la esatta interpretazione sia quella di considerare incluse nel regime agevolato le partite IVA aperte a seguito di nuove iscrizioni ad un Ordine o Collegio professionale.
(5-01179)


   GIACOMONI, GELMINI, OCCHIUTO, MARTINO, BIGNAMI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 introduce disposizioni in materia di agevolazioni fiscali per gli enti che svolgono attività di volontariato, nel senso di prevedere l'abrogazione dell'aliquota agevolata dell'Ires;

   in particolare, dette disposizioni stabiliscono che l'aliquota utilizzata per il calcolo dell'Ires per alcune associazioni che operano nel terzo settore non sarà più del 12 per cento, ma salirà al 24 per cento per gli enti non commerciali: enti di assistenza e beneficenza, enti ospedalieri, istituti di studio e istruzione senza fini di lucro, accademie, corpi scientifici, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche nonché istituti autonomi per le case popolari e loro consorzi ed enti con le stesse finalità sociali;

   l'universo delle associazioni di volontariato coinvolge enti di natura diversa attivi in svariati ambiti che rappresentano una ricchezza indiscussa e una risorsa straordinaria per il Paese;

   in sede di discussione del disegno di legge di bilancio 2019 è stato accolto l'ordine del giorno 9/01334-B/214 presentato dal Capogruppo di Forza Italia On. Gelmini finalizzato a reintrodurre la previgente normativa in materia di aliquote fiscali agevolate per gli enti che svolgono attività di volontariato;

   sono da evitare «tasse sulla bontà» e le associazioni no profit meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, perché sovente suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto ai più deboli, agli emarginati, agli anziani soli, a famiglie in difficoltà, ai senzatetto;

   su questo punto sono inutili ulteriori incontri o disquisizioni e, visto che il Vicepresidente Di Maio ha riconosciuto che su l'Ires no profit il Governo si è sbagliato, senza imputare il fatto all'ennesima «manina» come invece accaduto in altre circostanze, sarebbe opportuno che il Governo si adoperi per favorire, per quanto di competenza, un rapido iter della proposta di legge – già presentata il 29 dicembre 2018 da Forza Italia e sottoscritta da tutti i capigruppo di opposizione sulla riduzione dell'imposta sul reddito delle società per gli enti senza scopo di lucro e gli istituti autonomi per le case popolari (C. 1482);

   sulla reintroduzione della aliquota agevolata non si può perdere tempo perché le misure varate rischiano di penalizzare il sentimento di solidarietà nazionale che nel nostro Paese non deve essere mai messo in discussione –:

   quali iniziative e in quali tempi il Governo intenda assumere per ripristinare l'aliquota agevolata Ires per le associazioni che operano nel terzo settore.
(5-01190)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 2 gennaio 2019 è stato abolito il pagamento in contanti negli uffici del comune di Roma; anche i servizi resi dagli uffici anagrafici municipali dovranno essere pagati esclusivamente con carte di credito, bancomat e prepagate tramite lettore pos oppure con PagoPa;

   la decisione, dell'amministrazione capitolina, avrà effetto su tutti i municipi romani;

   l'erogazione dei servizi demografici potrà avvenire esclusivamente con pagamento in moneta elettronica tramite i Pos installati negli uffici per tutte le spese di istruttoria, dei diritti di segreteria e dei contributi dovuti a vario titolo per l'ottenimento di un certificato, per fare un cambio di residenza, per chiedere una carta d'identità, per avere uno stato di famiglia;

   il pagamento non sarà esente da commissioni che saranno fisse basate sull'importo della singola transazione;

   in alternativa, potrà pagare anche con bonifico bancario, precisando nella causale la motivazione del pagamento e indicando, se possibile, anche il numero di protocollo della pratica di riferimento;

   il pagamento potrà essere effettuato direttamente online sul portale web del comune di Roma selezionando la voce «servizi di pagamento»: in tal caso, potrà essere usata una qualsiasi carta di credito, indipendentemente dall'istituto che l'ha emessa, oppure accettando l'addebito in conto selezionando il proprio istituto bancario;

   anche con questa soluzione saranno applicate, però le commissioni;

   un'autocertificazione del valore di 26 centesimi sarà gravata dal peso della commissione lottomatica che è di due euro;

   con ciò si penalizzano anche gli anziani, gli indigenti e chiunque non abbia un bancomat o una carta di credito, impedendogli la richiesta di un certificato che, oltre che un diritto, in alcuni casi è anche un obbligo di legge –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche sul piano normativo, per impedire che le persone più bisognose, vale a dire gli anziani, gli indigenti e chiunque non abbia un bancomat o una carta di credito a disposizione, possano vedersi negato il diritto di richiedere un certificato a causa della disciplina attualmente in vigore
(4-01935)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa di reclusione di Alba è stata chiusa nel mese di gennaio 2016 a causa di un'epidemia di legionella che ha comportato il trasferimento di 122 detenuti in altre strutture;

   nel giugno del 2017, dopo alcuni lavori di bonifica e messa in sicurezza, ha riaperto una sezione della stessa casa di reclusione adatta ad ospitare 35 persone;

   nello stesso anno l'allora Ministro Orlando annunciava un cronoprogramma che prevedeva l'ingresso di tutti i detenuti entro la metà del 2019 con oltre a 4 milioni di euro di investimento;

   nel settembre 2018 tale progetto è stato ultimato e inviato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) al provveditorato opere pubbliche competente per il Piemonte che lo ha però respinto per un vizio di forma (mancanza di firme originali);

   secondo una ricostruzione giornalistica, durante un convegno svoltosi ad Alba nel mese di novembre del 2018, il Garante regionale per i diritti dei detenuti e il sindaco di Alba esponevano la questione al Ministro Bonafede;

   quest'ultimo provvedeva nell'immediato, sempre come riportato dalle testate giornalistiche, a telefonare al direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il quale a sua volta si impegnava a sbloccare immediatamente l’iter burocratico;

  ad oltre un mese dalla presenza del Ministro interrogato presso la provincia di Cuneo, sui giornali compariva un nuovo appello, lanciato dai garanti comunale e regionale dei detenuti, intitolato «Sul futuro del carcere di Alba c'è un'incertezza imbarazzante». Nell'articolo in questione i garanti ricostruiscono le pregresse situazioni concernenti la struttura, lamentando una sorta di paralisi delle istituzioni;

   la casa circondariale di Alba risulta attualmente la più sovraffollata del Piemonte con una presenza di 45-50 detenuti su una capienza massima di 35; tale problematica ovviamente si riverbera sulla funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione, vista anche la carenza di spazi per svolgere attività socializzanti nonché di mediatori culturali per i detenuti stranieri –:

   se sia a conoscenza delle ragioni per le quali l’iter dei lavori della casa di reclusione di Ala non sia ancora ripartito e, qualora non vi fossero idonei motivi per il citato rallentamento dell’iter, cosa intenda fare al fine di permettere l'avvio dei lavori.
(5-01160)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI, CASSINELLI, PITTALIS, MULÈ, CRISTINA, ROSSELLO e FERRAIOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la formulazione della disciplina per il rinnovo degli organismi di rappresentanza istituzionale dell'Avvocatura, discendente anche dal combinato disposto di cui all'articolo 28 della legge n. 247 del 2012 (Ordinamento forense) e dall'articolo 3 della legge n. 113 del 2017, pone gravi dubbi interpretativi in merito all'individuazione del periodo temporale rilevante ai fini dell'applicazione del limite del doppio mandato;

   tali dubbi sono stati recentemente affrontati anche nella sentenza n. 32781 della Corte di Cassazione resa a Sezioni Unite e pubblicata il 19 dicembre 2018;

   con tale sentenza, la Corte di Cassazione, nel ripercorrerne le ragioni enunciando anche l'andamento «ondivago» dei lavori parlamentari dai quali ha dichiarato non potersi trarre «specifici e soprattutto univoci elementi», ha sancito un principio di diritto che, attribuendo rilevanza a tali fini anche ai mandati svolti prima dell'entrata in vigore della riforma dell'Ordinamento forense (legge n. 247 del 2012), interviene quando i procedimenti elettorali per il rinnovo di tali organismi sono già stati avviati e in molti casi le candidature sono già state presentate;

   tale situazione rischia di interferire gravemente con le elezioni in corso, innescando contenziosi in relazione a divergenti interpretazioni, protraendo i tempi di definizione dell'assetto della governance e generando conflitti nelle varie realtà territoriali e in genere nell'assetto ordinamentale di riferimento dell'Avvocatura;

   peraltro, i contrasti interpretativi non possono considerarsi definitivamente risolti nemmeno con la recente pronuncia, restando per di più non vagliati diversi profili sistematici della disciplina di riferimento, in particolare in merito al quadro funzionale dei Coa, totalmente rinnovato con la riforma dell'Ordinamento forense di cui alla legge n. 247 del 2012, il che lascia presumere che, nel persistere dell'attuale situazione, il consolidamento dei risultati delle elezioni in corso non si compirebbe per un lungo lasso di tempo, come già avvenuto per le precedenti elezioni;

   l'Avvocatura italiana, per il ruolo che svolge, ha bisogno di certezze circa l'assetto della propria governance per poter serenamente assolvere alla funzione di garante dei diritti a servizio della collettività;

   il sereno e corretto funzionamento degli organi di governo istituzionale dell'Avvocatura risponde anche a ragioni di interesse generale, attese le funzioni di vigilanza sulla corretta applicazione delle norme dell'ordinamento giudiziario (articolo 29, lettera t), della legge n. 247 del 2012) e di sostegno alla collettività nell'accesso alla giurisdizione e agli organi giudiziari nel suo concreto esercizio, assolte quotidianamente dai Coa;

   nuoce altresì all'Avvocatura intera e alla sua funzione di garante delle tutele giurisdizionali il clamore che la vicenda sta assumendo;

   la situazione di attuale disagio può esser risolta solo con un urgentissimo intervento normativo, dalla chiara e inequivoca formulazione, che dia certezze in ordine alla disciplina vigente, così da garantire il sereno svolgimento delle elezioni in corso;

   è interesse generale che sia assicurata la stabilità dell'assetto degli organi di rappresentanza istituzionale forense e che sia immediatamente risolta ogni incertezza che, costituendo fattore di potenziale grave conflittualità, può minare la unitarietà della stessa Avvocatura, valore primario oggetto delle funzioni statutarie dell'Avvocatura medesima –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e se intenda adottare iniziative normative per risolvere tempestivamente e definitivamente le incertezze interpretative riguardo al periodo intertemporale di riferimento del limite di doppio mandato, assicurando immediata certezza giuridica alle elezioni in corso e al corretto e adeguato funzionamento delle istituzioni forensi, anche disponendo una breve proroga delle elezioni già indette, così da permettere che la formulazione delle candidature e lo svolgimento delle relative operazioni elettorali avvengano in conformità alla disciplina normativa richiesta.
(4-01929)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il gratuito patrocinio è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 che, all'articolo 91, disciplina i casi di esclusione dal patrocinio stesso;

   in particolare, l'ammissione al patrocinio è esclusa per l'indagato, imputato o condannato di reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e se il richiedente è assistito da più di un difensore;

   a parere dell'interrogante andrebbe aperta una seria riflessione sull'opportunità, oggi prevista, di concedere il gratuito patrocinio per gli stranieri indagati, imputati o condannati che siano già gravati da provvedimento di espulsione o la cui presenza sul territorio sia irregolare. Ciò in considerazione del fatto che la presenza irregolare sul territorio pone già lo straniero in una condizione di consapevolezza rispetto a una serie di prerogative e diritti propri di chi invece risiede legalmente sul territorio nazionale;

   a tal proposito, occorrerebbe dunque indagare preventivamente la spesa per i gratuiti patrocini concessi a stranieri e conoscere, nello specifico, a quanti stranieri irregolari viene concesso il gratuito patrocinio –:

   di quali dati disponga, con riferimento all'ultimo decennio, relativamente alla spesa affrontata per concedere a cittadini stranieri il gratuito patrocinio e, in particolare, quanti stranieri fruiscano del patrocinio a oggi e per quale importo complessivo;

   a quanti stranieri irregolari o gravati da provvedimento di espulsione sia stato concesso il gratuito patrocinio negli ultimi dieci anni e quanto sia costato complessivamente allo Stato italiano tale servizio;

   se le spese di cui sopra siano in aumento;

   se intenda valutare l'adozione di iniziative per una modifica, dal punto di vista normativo, volta a escludere il gratuito patrocinio per lo straniero indagato, imputato o condannato che sia già gravato da provvedimento di espulsione o la cui presenza sia comunque irregolare sul territorio.
(4-01934)


   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si apprende della condizione di estrema precarietà delle condizioni di lavoro degli agenti penitenziari che si trovano nella struttura di ciò che rimane del vecchi istituto per i minorenni con sede all'Aquila;

   fino al sisma del 2009, infatti, il vecchio carcere ospitava un istituto penale per i minorenni, edificio che contava 16 stanze per giovani detenuti e copriva il fabbisogno di Marche, Abruzzo e Molise;

   successivamente, chiuso tale istituto con eccessiva facilità, con il pretesto dei danni provocati dal sisma, vi è rimasto fino ad oggi solo un centro di prima accoglienza dove i minori vengono temporaneamente collocati, nelle fasi successive all'udienza di convalida, in attesa di essere trasferiti presso altri istituti di pena;

   è venuto così meno un importante presidio che, in una realtà devastata dal terremoto, avrebbe tra l'altro creato indotto e occupazione;

   dopo il terremoto del 2016 anche la palazzina ex centro di giustizia minorile è stata dichiarata inagibile, costringendo il pochissimo personale di polizia penitenziaria ivi rimasto – e lasciato abbandonato a sé stesso – a trasferire i propri uffici nell'edificio del centro di prima accoglienza;

   i cinque agenti ivi rimasti vivono oggi drammaticamente la loro condizione professionale: la maggior parte ha alle spalle quasi trenta anni di servizio, vive nel timore di non poter neppure usufruire dei congedi ordinari, fermi dalla fine del 2016, e si sente sotto pressione a causa della forzata promiscuità con i soggetti arrestati, per la permanenza in spazi inadeguati e tali da renderli oggetto di continue minacce e insulti durante le 76 ore previste per l'accoglienza degli ospiti nel centro, e definitivamente privati di una caserma, di un numero di agenti adeguato, di uno spaccio, di una mensa e degli spogliatoi;

   per non bloccare l'attività amministrativa del centro, tra l'altro, questi agenti, in più di un'occasione, hanno dovuto prendere servizio in precarie condizioni di salute, oppure hanno effettuato turni di 12 ore, con ore di straordinario che solo in parte vengono retribuite;

   tale condizione è senz'altro inimmaginabile per un Paese civile, mentre appare sempre più urgente e necessario che i competenti uffici assumano i provvedimenti necessari a porre rimedio a questa problematica gravissima e inaccettabile, cominciando dall'adeguamento dell'organico e dalla rivisitazione delle strutture del centro –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per porre rimedio quanto prima alle gravi condizioni lavorative sopra denunciate.
(4-01938)


   BARTOLOZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo della polizia penitenziaria è composto da 35 mila uomini e donne (31 mila i primi, circa 4 mila le seconde) i quali vengono oberati di lavoro, a fronte della evidente carenza di personale, e sono, molto spesso, costretti a svolgere il loro incarico in un clima incandescente;

   la popolazione carceraria aumenta ma di contro non cresce il numero degli agenti della polizia penitenziaria, tanto che in taluni istituti è previsto un agente per ogni 3,8 detenuti;

   nonostante le avversità nelle quali conducono il proprio lavoro, i poliziotti penitenziari nel primo semestre del 2018 hanno sventato 585 tentativi di suicidio da parte dei detenuti e sono intervenuti per bloccare 5.157 atti di autolesionismo;

   i dati riportati dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria delineano un quadro allarmante: a fronte di una capienza regolamentare di 50.581 reclusi, al 31 dicembre 2018 gli istituti di pena ospitano 59.655 detenuti, di cui 20.255 stranieri;

   il malessere vissuto dai carcerati, anche a causa del limitato spazio vitale, condizione che acuisce le tensioni, si riflette sugli agenti, che condividono con i condannati la quotidianità tra le sbarre e persino la scelta di togliersi la vita: se nel 2018 si sono suicidati 65 detenuti, negli ultimi tre anni si è registrato il suicidio di 55 poliziotti e dal 2000 ad oggi i suicidi sono stati oltre 110;

   i numeri appena riportati consegnano la fotografia di un sistema penitenziario che non funziona come dovrebbe, in quanto le carceri dovrebbero essere ambienti in cui si sceglie di rinascere, intraprendendo un nuovo percorso esistenziale, alternativo alla devianza e non luoghi in cui la violenza, soprattutto contro gli agenti, è protagonista assoluta;

   a ciò si aggiunge che i provvedimenti adottati dal Governo hanno in parte dimenticato tutti gli uomini e le donne che con grande spirito di servizio servono quotidianamente il nostro Paese e vigilano sulla sicurezza dei cittadini: le somme irrisorie stanziate nella legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) non fanno altro che acuire le evidenti problematiche già presenti da tempo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative intenda assumere per garantire adeguati standard di sicurezza nelle strutture afferenti alla gestione del Ministero della giustizia;

   quali iniziative intenda intraprendere per prevenire aggressioni a danno del personale carcerario e se, anche alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga di adottare iniziative per adeguare, nel più breve tempo possibile, gli organici della polizia penitenziaria negli istituti penitenziari;

   quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire, da un lato, maggiore sicurezza e condizioni dignitose di lavoro per il personale penitenziario e, dall'altro, un trattamento civilmente accettabile per i detenuti;

   se non intenda promuovere, più in generale, una profonda e urgente riforma con riferimento all'intero sistema penitenziario italiano e all'effettività del principio di rieducazione della pena.
(4-01945)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il pedaggio autostradale è l'importo che l'utente paga per l'utilizzo dell'autostrada ed è commisurato alla lunghezza del percorso compiuto. Le disposizioni vigenti prevedono variabili standardizzate per la determinazione del pedaggio, al fine di escludere autonomia o discrezionalità nella quantificazione della tariffa di partenza di ciascun periodo regolatorio e negli aggiornamenti annuali;

   l'aggiornamento annuale delle tariffe autostradali, che è sempre avvenuto dal 1° gennaio di ogni anno, è eseguito in osservanza dei regimi tariffari stabiliti dalla normativa, nonché dagli atti convenzionali firmati tra lo Stato e i concessionari;

   è in atto una vera e propria rivoluzione in tema di rapporti tra lo Stato e le società concessionarie autostradali, iniziato con la XVIII legislatura, declinato dapprima nel decreto-legge recante «Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze», in particolare sotto il profilo della vigilanza sui concessionari e i nuovi poteri dell'Autorità di regolazione dei trasporti;

   le importanti modifiche in corso nei rapporti tra lo Stato e i concessionari autostradali vedono, da ultimo, una novità proprio sul fronte degli aumenti annuali delle tariffe autostradali attraverso i decreti interministeriali firmati il 31 dicembre 2018;

   con l'emanazione dei decreti interministeriali del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 dicembre 2018 sono stati sterilizzati gli aumenti sui 2.860 chilometri della rete gestita da Autostrade per l'Italia, nonché sull'Autobrennero, sulla Brescia-Padova, sulle Autovie venete, sulla Torino-Milano, sulla Torino-Piacenza e sulla Torino-Ivrea, sull'Asti-Cuneo, sulle Autostrade siciliane e quelle meridionali: si tratterebbe, dunque, di un blocco agli aumenti annuali sul 90 per cento della rete autostradale corrispondente a 5.208 chilometri sui 5.868 chilometri complessivi di rete –:

   quali iniziative intenda assumere nel prossimo futuro nell'ambito dei rapporti tra soggetto concedente pubblico e società concessionarie per garantire il riequilibrio tra le attività di gestione della rete autostradale e la tutela degli utenti.
(3-00417)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazioni a risposta orale:


   PINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 22 dicembre 2018 la nave Sea Watch 3 ha salvato in mare 32 persone, tra cui donne, tre minori non accompagnati, due bambini piccoli (6 e 7 anni) e un neonato (1 anno);

   il 29 dicembre 2018 la nave Prof Albrecht Penck ha salvato 17 persone in mare;

   tutti e due i salvataggi sono avvenuti in area di competenza italiana e il porto sicuro più vicino era quello di Lampedusa;

   per dei respingimenti navali fatti dal Governo Berlusconi nel 2009 l'Italia è stata condannata nel 2012 dalla Corte europea per i diritti umani, per una «grave violazione» del principio di non respingimento e del divieto delle espulsioni di massa degli stranieri;

   l'Italia rischia di violare la convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare, la convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare, la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, gli articoli 2, 3 e l'articolo 4 del quarto protocollo della convenzione europea dei diritti dell'uomo;

   l'ingiustificata omissione di soccorso ai naufraghi costituisce reato ai sensi degli articoli 1113 e 1158 del codice della navigazione;

   una nave che batte una bandiera straniera può essere respinta solo se si sospetta che ci sia stata una violazione delle leggi italiane e che l'arrivo della nave arrechi «pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello stato costiero», in base alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, ratificata dall'Italia nel 1994;

   la convenzione di Ginevra del 1951 sancisce che uno Stato che respinge una nave di migranti irregolari che ha fatto ingresso nelle proprie acque territoriali senza controllare se a bordo vi siano dei richiedenti asilo e senza esaminare se essi possiedano i requisiti minimi per il riconoscimento dello status di rifugiato, commette una violazione del principio di non respingimento sancito dall'articolo 33;

   il Ministro dell'interno Matteo Salvini il 3 gennaio 2019 durante una intervista ha ribadito che «La competenza del porto di sbarco è del Ministro dell'interno»;

   «Non c'è alcuna ordinanza che ha chiuso il porto di Napoli». «Salvini e Toninelli dicono una cosa non vera affermando che i porti sono chiusi», ha detto Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, il 4 gennaio 2019 –:

   perché il Governo abbia deciso di lasciare alla deriva da 14 giorni 49 persone tra cui donne e bambini;

   se la competenza sulla chiusura dei porti sia in capo al Ministero dell'interno o a quello delle infrastrutture e dei trasporti;

   se esista un atto formale, quale un decreto, che attesti la reale chiusura dei porti.
(3-00418)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni di dicembre 2018 si sono rincorse voci, più o meno fondate, ma in ogni caso di stampa nazionale in ordine ad un cosiddetto «rimpasto di Governo»;

   fra i Ministri che potrebbero cadere sotto la «spietata mannaia» del rimpasto, dovendo lasciare l'incarico è stato indicato da più parti proprio il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli;

   intervistato sul punto da il quotidiano «La Stampa» del 30 dicembre 2018, il Ministro Toninelli ha testualmente affermato: «Se fosse così, ne sarei orgoglioso, evidentemente stiamo dando fastidio a chi ha impoverito l'Italia»;

   le esternazioni del Ministro interrogato che alludono a presunte interferenze sul «Governo del cambiamento» e sulla loro probabile incidenza sono talmente gravi politicamente da aver giustificato il seguente titolo: «rischio la poltrona perché do fastidio»;

   al di là della vicenda personale del Ministro Danilo Toninelli, appare evidente la rilevanza politica delle esternazioni laddove un autorevole esponente dell'Esecutivo lascia intendere che presunti poteri forti possono incidere sulle scelte politiche del Governo;

   qualora non si fosse in presenza di uno sfogo umanamente comprensibile si sarebbe, ad avviso degli interroganti, dinnanzi ad una neanche troppo velata denuncia di «infiltrazioni» e di «pressioni» di presunti poteri forti;

   la propalazione di cui sopra, provenendo da autorevole esponente del Governo, è non solo di evidente gravità ma è anche, qualora confermata, idonea a gettare una luce sinistra su tutto l'Esecutivo che risponderebbe alle pressioni di poteri forti che hanno impoverito l'Italia –:

   se il Ministro interrogato sappia esattamente quali poteri forti abbiano tale e tanta capacità di pressione presso il Governo;

   se il Ministro interrogato sappia esattamente verso quale o quali personalità del Governo si sarebbero concentrate le pressioni dei cosiddetti poteri forti e con quali modalità, tempistiche ed argomentazioni.
(3-00420)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   TRANCASSINI, FOTI e BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 4 ottobre 1964 veniva ufficialmente aperto al traffico l'ultimo tratto dell'A1 la cui costruzione era iniziata nel 1956. Al riguardo si evidenzia che l'8 dicembre 1958 veniva inaugurata la tratta Milano-Piacenza nord ed il 15 giugno 1959 la tratta Piacenza nord-Piacenza sud;

   alla denominazione del casello «Piacenza nord» – ubicato in allora in provincia di Milano, ora in provincia di Lodi – non è mai seguita opposizione alcuna, tenuto conto che detta uscita autostradale era – ed è – prossima al centro storico della città di Piacenza;

   nel 2011, alcuni sindaci dei comuni del «basso lodigiano» avrebbero presentato richiesta – non è dato di sapere se e con quali modalità – affinché il detto casello assumesse la denominazione «Basso Lodigiano»;

   è dei giorni scorsi l'annuncio, ripreso dai media locali (si veda, ad esempio: https://www.ilpiacenza.it) dell'imminente cambio di denominazione del casello sull'autostrada A1 Milano-Bologna da «Piacenza nord» in «Basso Lodigiano», come da decisione del sottocomitato per la toponomastica autostradale;

   l'eliminazione della denominazione «Piacenza nord» della stazione autostradale A1 non è mai stata oggetto di preventivo confronto con i rappresentanti delle istituzioni locali della provincia di Piacenza (sindaco del comune capoluogo, – presidente dell'amministrazione provinciale), né la decisione assunta è stata ad oggi oggetto di comunicazione ufficiale;

   la questione ha suscitato prevedibile opposizione – a tacere d'altro – nel piacentino. Del resto, coloro che percorreranno la A1 si troveranno privi della denominazione di un casello autostradale – «Piacenza nord» – che per oltre 60 anni ha consentito di individuare chiaramente l'uscita principale e più veloce per raggiungere la città di Piacenza e, quindi, usufruire di tutti i servizi e degli uffici pubblici che la stessa offre, con conseguenti danni economici diretti e indiretti e una ricaduta di immagine non indifferente per la detta città, da sempre porta dell'Emilia sulla Lombardia;

   la denominazione del casello dell'A1 «Piacenza nord», al fine di soddisfare la predetta richiesta dei sindaci, potrebbe più opportunamente essere integrata con la dicitura «Basso Lodigiano» –:

   se il Ministro interrogato intenda sottoporre al sottocomitato per la toponomastica autostradale – e conseguentemente ad Autostrade per l'Italia spa – l'opportunità di rivedere la decisione assunta, nel senso di disporre che il casello autostradale in questione assuma la denominazione «Piacenza nord-Basso Lodigiano».
(5-01181)


   ORLANDO e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato, il 31 dicembre 2018 sul suo profilo Facebook, di avere bloccato gli aumenti dei pedaggi autostradali chiesti dai gestori per il «90 per cento della rete»;

   dai media si è appreso che «ad oggi sono percorribili senza rincari 5.208 chilometri. Cioè l'88,75 per cento della lunghezza complessiva della rete autostradale nazionale a pedaggio (5.868 chilometri)». Nei restanti 660 chilometri i pedaggi sono aumentati per undici delle ventisei concessionarie autostradali. Secondo i dati dell'Onlit invece risultano in realtà sottoposti ai rincari ben 854,6 chilometri di autostrade, quasi il 15 per cento del totale;

   tra le tratte autostradali che hanno subito un aumento del pedaggio ci sono quelle di maggior interesse per la Liguria, terra che già soffre una situazione di isolamento a causa del crollo del Ponte Morandi. In particolare sono aumentati i pedaggi per l'Autostrada della Cisa, la Torino-Savona, la Savona-Ventimiglia e la Milano-Serravalle, collegamento importante tra Genova e Milano;

   la Milano-Serravalle ha invece sospeso l'aumento fino al 31 gennaio, ma dal 1° febbraio aumenterà i pedaggi del 2,62 per cento. Salt (tronco Autocisa) li aumenterà dell'1,86 per cento, Autostrada dei Fiori (tronco A10) dello 0,71 per cento, Autostrada dei Fiori (tronco A6 Torino-Savona) del 2,22 per cento;

   per quale motivo il Governo abbia scelto di discriminare, non sterilizzando gli aumenti come fatto con il resto delle tratte autostradali, una regione come la Liguria che è in piena emergenza isolamento dopo il crollo del «ponte Morandi» e che vive una cronica carenza di collegamenti col resto del Paese e d'Europa non essendo ancora stati realizzati importanti interventi infrastrutturali che consentirebbero di spostare i traffici su rotaia, come il Terzo Valico, il raddoppio della linea ferroviaria di Ponente, la Pontremolese.
(5-01182)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   un gravissimo incidente stradale - un morto, decine di feriti - si è verificato alle ore 4 del 3 gennaio 2019 sulla autostrada A1 in carreggiata sud, tra Lodi e Casalpusterlengo, a causa dell'attraversamento della stessa da parte di un branco di cinghiali (almeno 3);

   secondo i primi rilievi effettuati, i cinghiali avrebbero raggiunto la carreggiata dopo avere scavato un cunicolo sotto alla rete di recinzione che isola la sede stradale dalla campagna circostante, tant'è che la rete stessa non risulterebbe danneggiata;

   a distanza di poche ore, episodio simile, fortunatamente senza conseguenze così gravi, ancora lungo l'Autostrada del Sole si è verificato alle ore 20 del 3 gennaio 2019, nel tratto compreso tra Fiorenzuola d'Arda e Fidenza, ove – sempre per via dell'attraversamento di uno o più cinghiali della carreggiata – due auto sono entrate in collisione: in questo caso non si sono registrati feriti, mentre la sola circolazione ha subito gravi rallentamenti, con la formazione di lunghe code;

   in entrambi gli incidenti sopra rappresentati, alcuni degli animali coinvolti sarebbero stati travolti e uccisi;

   l'esponenziale aumento dei danni, delle aggressioni e degli incidenti – che, come visto, causano purtroppo anche vittime – è frutto dell'incontrollata proliferazione degli animali selvatici. In particolare, il numero dei cinghiali presenti in Italia ha superato da tempo il milione, con una diffusione che ormai si estende dalle campagne alle città: la presenza degli stessi nei centri abitati e sulle strade rappresenta ormai ben più di un rischio concreto per la sicurezza dei cittadini;

   appare improcrastinabile un intervento al riguardo, essendo raddoppiato – come anche denunciato da Coldiretti – negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia. La sicurezza nelle aree rurali e urbane è, dunque, fortemente messo a rischio dalla proliferazione di detti animali selvatici che distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali, provocano danni stimati in quasi 100 milioni di euro all'anno –:

   se il Governo – alla luce dei fatti esposti, peraltro ultimi di una serie di analoghi ed altrettanto gravi – intenda promuovere un incontro con le regioni al fine di verificare quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo e per gli ambiti di rispettiva competenza, si possano assumere per contrastare prevenire una situazione di grave pericolo quale quella evidenziata in premessa, situazione che potrebbe trovare una soluzione definitiva avviando – come servirebbe – un piano di abbattimento straordinario degli animali selvatici senza intralci amministrativi di sorta.
(5-01163)


   PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019) all'articolo 1, comma 103, prevede una modifica dell'articolo 7 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con l'inserimento di un comma aggiuntivo;

   suddetto comma stabilisce testualmente che: «Nel delimitare le zone di cui al comma 9, i comuni consentono, in ogni caso, l'accesso libero a tali zone ai veicoli a propulsione elettrica o ibrida»;

   la richiamata previsione sta suscitando perplessità e preoccupazioni soprattutto da parte delle amministrazioni locali;

   i sindaci, tramite l'Anci, con una lettera indirizzata al Ministro dei trasporti e delle infrastrutture, hanno manifestato la loro preoccupazione in merito a tale decisione;

   i comuni in questi anni si sono mossi sulla base della necessità di ridurre le emissioni inquinanti e rafforzare la mobilità pubblica e ciclopedonale rispetto a quella automobilistica;

   negli anni scorsi sono stati compiuti enormi sforzi anche finanziari per la sostituzione dei mezzi pubblici inquinanti, per investimenti in nuove infrastrutture di trasporto pubblico veloce, nonché per l'incentivazione della mobilità dolce;

   la regolamentazione del traffico nei centri abitati è una prerogativa indiscussa dei comuni, che con proprie deliberazioni provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato;

   è stato formalmente chiesto un incontro al Ministro interrogato per approfondire la problematica –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, con la massima urgenza al fine di garantire l'autonomia regolamentare delle amministrazioni locali in tema di aree pedonali e zone a traffico limitato, ribadendo il divieto di accesso nelle aree pedonali ai veicoli a motore non operanti per ragioni di servizio.
(5-01191)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FICARA, LOMBARDO, SURIANO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le attività di pulizia dei treni, siano essi regionali o nazionali, nonché delle infrastrutture, sono affidate, da Trenitalia, a ditte esterne specializzate in pulizie e sanificazione;

   per quanto riguarda la Sicilia nel corso degli ultimi anni si è assistito a un preoccupante aumento delle vertenze nel comparto ferroviario e, in particolare, nel settore degli addetti alle pulizie dei vagoni e preparazione della cuccette;

   è dell'agosto 2018 la notizia del licenziamento collettivo, tempestivamente impugnato dalle organizzazioni sindacali, per riduzione del personale di 50 addetti ai servizi aggiuntivi degli appalti ferroviari da parte della Mondus srl (azienda che si occupa dei servizi dei treni per conto di Trenitalia);

   per evitare conseguenze traumatiche per 42 unità lavorative e mantenere i livelli professionali ed occupazionali, in data 27 settembre 2018 il Consorzio CEM (aggiudicatario dell'appalto Trenitalia Regione Sicilia lotti 33-34-36-39) e le principali organizzazioni sindacali hanno prorogato l'istituto del contratto di solidarietà ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21, comma 1, lettera «c», e comma 5 del decreto legislativo n. 148 del 2015 per il periodo dal 1° ottobre 2018 al 30 settembre 2019;

   da ultimo in data 26 ottobre 2018 i lavoratori del comparto ferroviario, gli addetti alle pulizie dei treni e lavoratori complementari al servizio ferroviario hanno proclamato uno sciopero per l'intero turno di lavoro per protestare contro le politiche di internalizzazione delle attività poste in essere da Trenitalia Sicilia, come il servizio di partenariato, i ritardi nei pagamenti delle imprese, le richieste di ore in «solidarietà»;

   circa 400 sono stati i lavoratori dell'indotto che si sono fermati in occasione del suddetto sciopero indetto dalle segreterie provinciali della Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti per ribadire la contrarietà alla pratica dell'affidamento al massimo ribasso degli appalti per i servizi di pulizia dei vagoni, ai cambi delle imprese a cui vengono affidati i servizi e alla mancata applicazione delle clausole sociali in favore degli addetti dell'indotto in caso di cambio di appalto, ribadendo inoltre la richiesta di riavvio delle procedure per gli ammortizzatori sociali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle problematiche che riguardano i lavoratori delle ditte appaltatrici o assegnatarie dei lavori di pulizia dei treni e delle infrastrutture di Trenitalia, e che concernono non solo il caso riportato in premessa ma tante altre aree d'Italia;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, anche con il coinvolgimento delle parti interessate, al fine di trovare una soluzione immediata e definitiva alle suddette criticità e tutelare i diritti dei lavoratori, nonché garantire la qualità del servizio indispensabile per il decoro e l'efficienza dei treni.
(4-01931)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la strada provinciale Futa (SP65) è una importante arteria di collegamento tra l'Emilia-Romagna e la Toscana: è transitata da migliaia di veicoli e, a causa dell'alta velocità, è molto frequentemente oggetto di incidenti stradali, anche mortali;

   in particolare, in prossimità di via Andrea Costa 142 e 144 in località Pianoro (BO), nel corso degli anni si sono verificati numerosi sinistri, a causa della completa assenza di qualsiasi elemento utile a favorire un rallentamento della velocità in prossimità di tale tratto;

   in realtà, l'intera SP65 risulta essere caratterizzata da criticità sotto il profilo della incidentalità. Stanti i dati dell'Osservatorio metropolitano sulla incidentalità stradale, nel tratto di proprietà del comune di Pianoro, tra il 2007 e il 2016 si sono verificati 160 incidenti con 202 feriti e 6 persone decedute. Nel medesimo periodo, nel tratto di competenza della città metropolitana, si sono verificati 98 incidenti con 114 feriti e 8 persone decedute;

   pur volendo prendere atto del fatto che i recenti incidenti siano riconducibili a comportamenti scorretti degli utenti, ciò non esime le istituzioni dall'agire in stretta sinergia e collaborazione assumendo doverose e urgenti iniziative sul fronte della prevenzione;

   la strada, pur essendo classificata come provinciale nel tratto emiliano-romagnolo e come regionale nel tratto toscano, assume rilevanza ben più ampia, poiché mette in collegamento due regioni. La sua messa in sicurezza dovrebbe, a parere dell'interrogante, essere oggetto di attenzione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, considerata la strategicità dell'arteria in questione –:

   se vi siano finanziamenti ministeriali preposti ad affrontare la problematica della incidentalità stradale e se il comune di Pianoro e la città metropolitana ne abbiano fatto richiesta;

   se, in considerazione delle significative criticità che emergono in relazione alla strada di cui in premessa, il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza per destinare maggiori risorse agli enti territoriali per la manutenzione della rete stradale, con particolare riferimento alle tratte che costituiscono uno snodo nevralgico per i trasporti come nel caso sopra richiamato.
(4-01939)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   BARTOLOZZI, PRESTIGIACOMO, GERMANÀ, MINARDO, SCOMA e SIRACUSANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   le province siciliane sono sottoposte al prelievo forzoso annuo, da parte dello Stato, che ha superato i 270 milioni di euro;

   in data 22 dicembre 2018 è stato sottoscritto un accordo tra Stato e regione siciliana sulla finanza pubblica, fermo restando che la competenza in materia di finanza locale, nella regione siciliana, è ancora di pertinenza statale, sicché è agli organi governativi che spetta la copertura delle spese correnti delle ex province (oggi aree metropolitane e liberi consorzi);

   in Sicilia la ex provincia di Siracusa ha già dichiarato il dissesto e almeno altre quattro (Catania, Enna, Messina, Trapani) ex province si apprestano a dichiararlo nel corso del 2019;

   nella seconda decade di dicembre 2018 è stata comunicata a 20 dirigenti di istituti scolastici di secondo grado, da parte del Libero Consorzio Comunale di Caltanissetta, la disdetta delle utenze (luce, gas e telefono) evidenziandosi che «le eventuali forniture eseguite dopo la data del 31 dicembre 2018 non potranno in alcun modo essere addebitate a questo Libero Consorzio»;

   le disdette in questione sono state motivate nei termini letterali che seguono: «tenuto conto dell'impossibilità tecnico-contabile di assumere impegni di spesa a decorrere dal 1° gennaio 2019, a causa di una gravissima situazione finanziaria dell'ente, determinata unicamente dal prelievo forzoso operato dallo Stato a decorrere dal 2015, che ha interamente eroso gli avanzi di amministrazione disponibili»;

   tempestivamente i dirigenti scolastici hanno intimato, tramite diffide, il libero consorzio di Caltanissetta alla revoca dei provvedimenti di dismissione delle forniture;

   peraltro va considerata la tardività delle comunicazioni inoltrate dal libero consorzio ai dirigenti scolastici trattandosi di spesa corrente e dunque spesa preventivabile e va tenuto conto che l'interruzione dei servizi in parola determinerà di fatto la paralisi delle attività degli istituti scolastici nonché l'interruzione di un servizio pubblico a decorrere dal 7 gennaio 2019;

   il suesposto problema è stato, con misura temporanea, risolto dal tavolo prefettizio del 4 gennaio 2019, avendo il Libero consorzio provvisoriamente ritirato in autotutela la determina di revoca dei contatti di fornitura;

   nei liberi consorzi e nelle città metropolitane siciliane il disavanzo sopraccennato, a causa del prelievo forzoso, ha determinato anche l'interruzione dei servizi di assistenza disabili nelle scuole secondarie, con ripercussioni nell'assistenza igienico-sanitaria, nel trasporto, nell'assistenza alla comunicazione e negli altri servizi agli alunni;

   anche lo sport e le attività didattiche ed educative a Caltanissetta risultano colpite dalla crisi economica che attanaglia il Libero consorzio nisseno, che ha comunicato al Palacarelli Kalat C5 che dal 1° gennaio è nella impossibilità di consentire la fruizione degli spazi regolarmente concessi sino al 31 dicembre 2018 per mancanza di fondi per il pagamento delle utenze con disdetta immediata da parte dell'Ente, il che ha determinato lo «stop» nella partecipazione ai campionati federali come programmati –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare con immediatezza a sostegno dei liberi consorzi siciliani, al fine di scongiurare ipotesi di dissesto finanziario;

   se intendano adottare iniziative per anticipare nell'anno 2019 le misure previste nell'accordo del 22 dicembre 2018 a favore degli enti di area di vasta della regione siciliana.
(3-00410)


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 gennaio 2019 sulla strada statale 96, nei pressi di Mellitto in provincia di Bari un commando, composto da banditi armati e mascherati, è entrato in azione intorno alle 7,30, bloccando un furgone trasporto valori dell'Ivri, che stava percorrendo la strada;

   i banditi hanno agito con tecniche paramilitari e per ostacolare l'intervento delle forze dell'ordine, hanno posizionato lungo la carreggiata due mezzi pesanti dati alle fiamme procedendo all'utilizzo addirittura di un escavatore per aprire il portavalori;

   il furgone era partito dalla sede Ivri di Bari ed era diretto a Matera per rifornire gli uffici postali del denaro necessario a pagare le pensioni e secondo le stime il bottino ammonterebbe a 2,3 milioni di euro;

   sono in corso indagini da parte dell'Arma dei carabinieri per risalire ai responsabili dell'azione;

   purtroppo, non è la prima volta che si registrano casi simili e solo poche settimane fa in territorio pugliese altre rapine con stesse modalità di assalto avevano interessato l'area del foggiano;

   la situazione desta molta preoccupazione sotto il profilo della sicurezza –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare con la massima urgenza il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e approfondire la questione al fine di rafforzare i controlli e aumentare i dispositivi di sicurezza in materia di trasporto valori.
(3-00419)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MIGLIORE, FIANO, CECCANTI, DI MAIO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI e POLLASTRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel pomeriggio del 7 gennaio 2019 il giornalista dell’Espresso Federico Marconi e il fotografo Paolo Marchetti sono stati violentemente aggrediti con calci e pugni da alcuni aderenti a Forza Nuova e Avanguardia nazionale durante una commemorazione delle vittime della strage di Acca Larentia, in corso presso il cimitero del Verano; sempre da notizie a mezzo stampa, risulta che tra gli assalitori ci sarebbe stato anche il capo romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino, nonostante si tratti di persona sottoposta al regime di sorveglianza speciale, e che avrebbe pertanto infranto il divieto conseguente a questa misura di prevenzione;

   l'aggressione contro due giornalisti de L'Espresso da parte di alcuni esponenti di movimenti neofascisti rappresenta un fatto molto grave e, sommandosi al moltiplicarsi di aggressioni da parte di esponenti di estrema destra negli ultimi mesi, non fa che confermare la pericolosità del momento che sta vivendo il nostro Paese, e che non può più essere tollerato;

   va altresì ricordato che Avanguardia nazionale è un'organizzazione di estrema destra già sciolta negli anni Settanta perché ritenuta eversiva, e i cui militanti furono coinvolti in un tentato golpe ai danni dello Stato;

   ancor più grave ed incomprensibile è la circostanza che uno dei protagonisti dell'azione violenta fosse persona sottoposta «a regime speciale»; inoltre risulta agli interroganti del tutto inaccettabile il fatto che tale aggressione sia stata posta in essere da aderenti a Forza Nuova e Avanguardia nazionale, due organizzazioni di estrema destra che si richiamano esplicitamente al ventennio, nonostante il divieto vigente nel nostro ordinamento di ricostituzione del partito fascista –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per impedire il ripetersi di fatti analoghi, garantendo a pieno quella libertà di stampa consacrata dall'articolo 21 della Costituzione e per quale motivo non sia stata impedita la partecipazione a tale manifestazione da parte di un soggetto sottoposto a regime di sorveglianza speciale.
(5-01164)
(Presentata l'8 gennaio 2019)


   MELONI, DONZELLI e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i quotidiani degli scorsi giorni hanno riportato la notizia di un'indagine congiunta tra il Servizio centrale operativo della polizia italiana, l'Fbi statunitense e la polizia canadese nella zona di Castelvolturno, sulle attività criminali della mafia nigeriana sul nostro territorio nazionale;

   l'inchiesta sarebbe partita da qualche anno «e sta seguendo i vari gruppi nigeriani che dal litorale Domitio fanno arrivare “carne umana” in cambio di ingenti quantità di denaro che finisce sui conti di insospettabili immigrati nigeriani regolari. Un flusso di denaro che passa per le carte PayPal, nel money transfer ma anche per i canali di underground banking, i servizi finanziari del deep web. Gli organi sarebbero sottratti a ragazzi e ragazze minorenni che dopo un periodo di prostituzione e varie attività illegali diventano merce umana vera e propria»;

   nella zona di Castelvolturno oltre settecento case disposte lungo il litorale ospitano più di ventimila immigrati e rappresentano la base per tutti i traffici criminali, dallo smercio della cocaina arrivata attraverso i trasportatori di ovuli, che ingoiano anche un chilo di cocaina a viaggio in cambio di diecimila euro, allo smistamento delle ragazze – sempre più giovani – da costringere alla prostituzione e alla gestione di quelle che rimangono nella zona (mentre altre vengono trasferite al Nord) fino al traffico di organi che da lì partono diretti verso alcuni ospedali degli Stati Uniti;

   le attività criminali della mafia nigeriana – attiva in Italia secondo alcuni articoli di stampa già da venticinque anni – sono caratterizzate da particolare efferatezza e dal vero e proprio esercito di immigrati, per la gran parte irregolari, sui quali possono contare come manovalanza: «da Destra Volturno a Pescopagano, e lungo la Domitiana, l'esercito di immigrati che una stima approssimativa calcola in quindicimila, è ostaggio della mafia nigeriana. Che spaccia, minaccia, fa traffico di organi e ha praticamente potere di vita e di morte sugli altri connazionali, sui ghanesi e sugli ivoriani»;

   Castelvolturno è il comune con la più elevata concentrazione di africani, con cinquemila immigrati regolari su una popolazione totale di venticinquemila, e un numero imprecisato di immigrati irregolari (stimati tra quindicimila e venticinquemila) ed è ostaggio della criminalità e del degrado –:

   se non ritenga di disporre un censimento degli immigrati presenti nella zona e di adottare iniziative urgenti volte al contrasto della mafia nigeriana, anche attraverso promozione di una legge speciale e la previsione dell'impiego dell'Esercito.
(5-01165)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO e DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 novembre 2018, in occasione dell'incontro calcistico tra il Catania e il Catanzaro, l'autorità di pubblica sicurezza catanese ha disposto il trasferimento della tifoseria ospite, mediante mezzi pubblici, dal casello autostradale di San Gregorio allo Stadio «Angelo Massimino» di Catania;

   secondo quanto si apprende da organi di stampa, alcuni tifosi catanzaresi presenti sul mezzo avrebbero scandito cori contro la città di Catania e contro la tifoseria etnea e avrebbero colpito, con calci e pugni, le strutture dell'autobus, mandando in frantumi un vetro divisorio;

   a seguito di tale episodio, il questore di Catania ha emesso provvedimenti di divieto ad accedere a manifestazioni sportive (Daspo) per tutte le 37 persone presenti sull'autobus;

   l'adozione del Daspo nei confronti di tutti i tifosi presenti sul mezzo di trasporto, ancorché non resisi personalmente e direttamente protagonisti di uno specifico atto di violenza, denota, ad avviso degli interroganti, un comportamento quantomeno eccessivo e ingiusto, in quanto colpisce, indiscriminatamente, anche tranquilli tifosi che non hanno posto in essere alcun tipo di comportamento violento o di atteggiamento minaccioso;

   da quanto si apprende dagli atti posti in essere, il questore di Catania non ha accertato puntualmente la responsabilità individuale bensì solo la responsabilità di un gruppo, peraltro non costituitosi motu proprio in ragione della condivisione di intenti violenti, il cui unico comune denominatore è rinvenibile nell'aver utilizzato un medesimo mezzo di trasporto, peraltro su ordine dell'autorità di pubblica sicurezza;

   l'orientamento della Corte di Cassazione è nel ritenere necessaria «la prova di una partecipazione attiva individuale...., non potendo, in tal senso, rilevare una “responsabilità” collettiva»;

   non si vuole mettere in alcun modo in discussione lo strumento del Daspo in quanto strumento caratterizzante la disciplina diretta a prevenire violenze in occasione di manifestazioni sportive e idoneo a prevenire ogni possibile forma di violenza negli stadi –:

   come si concili con la previsione legislativa e con i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione il comportamento di dubbia legittimità posto in essere dal questore di Catania;

   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, il Ministro interrogato per accertare la posizione dei singoli tifosi presenti sull'autobus, individuando, in tal modo, gli eventuali responsabili dei fatti contestati.
(5-01173)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente il comune di Parma ha siglato una convenzione per dare in concessione, gratuitamente, alla comunità islamica, un'area del cimitero di Valera da destinarsi alla sepoltura secondo il rito islamico;

   numerosi sindaci in tutta Italia stanno siglando accordi di questo tipo con enti o associazioni di carattere «culturale»;

   tali convenzioni destano, a parere dell'interrogante, numerose perplessità di carattere normativo. In primo luogo, la religione islamica non risulta essere annoverata tra quelle confessioni regolate da una intesa con lo Stato italiano ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione; inoltre, tali convenzioni vengono, sempre più spesso, siglate tra comune e associazioni che svolgono anche funzioni religiose, mancando, però, di fatto referenti religiosi certi per queste comunità;

   negli anni scorsi, tra l'altro, era stato posto il problema della formazione degli Imam, che dovrebbe essere improntata prioritariamente al rispetto dei princìpi della Costituzione e dei diritti umani. Sul tema il dibattito è tuttora aperto. Non esistono elenchi o albi per Imam e i riti religiosi islamici possono essere celebrati da Imam diversi, spesso provenienti anche dall'estero, senza la possibilità di effettuare alcun tipo di controllo sui contenuti della predicazione e sui messaggi trasmessi attraverso la predicazione stessa –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano adottare iniziative normative per subordinare il riconoscimento dei diritti di cui in premessa alla stipula di un'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
(4-01932)


   DI LAURO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a Sant'Agnello, città metropolitana di Napoli, è in corso un intervento di housing sociale, per la realizzazione di 52 appartamenti;

   come segnalato dalle associazioni Italia Nostra e WWF Terre del Tirreno, l'intervento appariva non conforme al Piano urbanistico territoriale, tanto da essere stato rilevato anche dall'amministrazione provinciale di Napoli che invitava il comune a chiedere al proprio legale un parere, il quale, il 15 febbraio 2015, asseriva che seppure dovesse ritenersi l'intervento di housing sociale possibile per effetto dell'articolo 12-bis della legge regionale Campania n. 19 del 2009 in deroga ai vincoli imposti dalla legge regionale Campania n. 35 del 1987, sarebbe stato opportuno attendere gli esiti del procedimento pendente innanzi alla Corte Costituzionale relativo all'accertamento di costituzionalità della legge regionale n. 15 del 2001: anche se la Corte Costituzionale non giudicava la costituzionalità del suddetto articolo 12-bis, avrebbe chiarito se una legge regionale successiva potesse derogare o meno al piano urbanistico territoriale (Put);

   nonostante quanto sopra il 15 aprile 2015 il tecnico comunale affermava, erroneamente, nella relazione che il legale comunale «si era espresso favorevolmente all'intervento ritenendo “che con l'introduzione del comma 4 all'articolo 12-bis della legge regionale n. 19/2009 era stato formalmente superato il problema della mancata previsione, nella suddetta legge, di una deroga espressa al P.U.T. [...] la deroga appare quindi ormai chiara”»; e la giunta comunale deliberava conformante alla proposta del tecnico;

   la sentenza n. 11 del 2016 della Corte costituzionale ha escluso che la legislazione urbanistica regionale potesse deroghe al piano urbanistico territoriale, ciononostante il tecnico comunale ha rilasciato il 23 febbraio 2016 l'autorizzazione paesaggistica e il 13 dicembre 2016 il permesso a costruire;

   anche la giustizia amministrativa è intervenuta sulla questione, in particolare la sentenza TAR Campania 3318/2015, che sanciva che la legge regionale n. 19 del 2009 non potesse derogare ai vincoli del PUT;

   il 5 dicembre 2018 è stato arrestato Adolfo Greco nell'ambito dell'inchiesta «Olimpo», in quanto imprenditore contiguo alla Camorra; Greco in passato era stato raggiunto da un provvedimento di cattura perché affiliato alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, poi condannato per favoreggiamento per l'intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano, infine riabilitato;

   l'imprenditore era attivo anche nel settore edile: sembrerebbe che il progettista del progetto di housing sociale delle imprese di Greco a Castellammare di Stabia sia il medesimo del progetto di housing sociale a Sant'Agnello, nonché di Sorrento e Piano di Sorrento;

   nel comune di Sorrento, è stato annullato intervento di housing sociale dal TAR Campania con sentenza 6699/2018 in quanto nelle aree destinate dal PUT a soddisfare le esigenze abitative ai sensi dell'articolo 9 della legge regionale n. 35 del 1987, non sono compatibili interventi di housing sociale, peraltro non compatibili neppure ai sensi della legge regionale n. 19 del 2009 perché non attuati su aree urbane degradate e ivi possibili proprio al fine di consentirne il recupero urbano –:

   se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato anche al fine di verificare, per quanto di competenza la regolarità amministrativo-contabile dell'operato del comune di Sant'Agnello;

   se le società operanti nella progettazione ed esecuzione dei progetti di housing sociale richiamati in premessa siano regolarmente iscritte nelle white list antimafia;

   se risultino avviate indagini in relazione alle vicende descritte in premessa.
(4-01948)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIAMPI, ASCANI, DI GIORGI e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tema dell'edilizia scolastica, ed in particolare della sicurezza e della accessibilità delle scuole che ospitano ogni giorno milioni di persone tra alunni e personale, rappresenta un tema strategico sul quale Governo e Parlamento sono chiamati a continuare a porre la massima attenzione;

   l'articolo 4 della legge 9 agosto 2018, n. 97 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità) reca alcune modifiche ai commi 487-489 dell'articolo 1, della legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016), al fine di attribuire al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la competenza sulle procedure in corso relative all'utilizzo degli spazi finanziari da parte degli enti locali per interventi di edilizia scolastica, sia per l'annualità 2018 sia per l'annualità 2019, nell'ambito della disciplina sui cosiddetti patti di solidarietà nazionale, competenza che la legge di bilancio 2017 aveva attribuito alla struttura di missione per il coordinamento e impulso nell'attuazione di interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica;

   con il decreto ministeriale n. 615 del 12 settembre 2018 sono stati ripartiti i volumi di investimento derivanti dall'utilizzo dei contributi pluriennali di cui alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, come rimodulati dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, e sono state individuate le quote di contributo annuo assegnato ad ogni regione, tenendo conto dei parametri di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 3 gennaio 2018, così come definiti nell'accordo del 6 settembre 2018, stipulato in conferenza unificata;

   si tratta di una cifra complessiva di 1,7 miliardi di euro, ripartiti in quote annuali (dal 2018 al 2027) di 170.000.000 euro;

   ai sensi del decreto interministeriale (Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) 3 gennaio 2018, n. 47, entro i 90 giorni successivi, doveva essere emanato l'apposito decreto interministeriale di autorizzazione all'utilizzo delle risorse ripartite con il decreto ministeriale n. 615 del 12 settembre 2018 e quindi entro il 12 dicembre 2018;

   ad oggi tale decreto non è stato ancora emanato, nonostante le citate modifiche di semplificazione apportate alla procedura per l'adozione del piano edilizia scolastica 2018-2020 dalla legge 9 agosto 2018, n. 97 e l'accordo per rendere più rapida l'assegnazione delle risorse sancito in conferenza unificata il 6 settembre 2018; tale ritardo sta quindi impedendo la realizzazione di circa mille interventi in tutta Italia di notevole importanza (l'importo medio è infatti di 1,9 milioni di euro rischiando di mettere a repentaglio la sicurezza di alunni e personale e la fruizione dei locali e la continuità didattica –:

   quando verrà emanato il decreto interministeriale di cui in premessa relativo alla autorizzazione dell'utilizzo delle risorse ripartite con il decreto ministeriale n. 615 del 12 settembre 2018, e per quali giustificati motivi non siano stati rispettati i tempi per la sua pubblicazione (prevista entro il 12 dicembre 2018) nonostante le modifiche di semplificazione apportate alla procedura dalla legge 9 agosto 2018, n. 97.
(5-01176)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Brianza Plastica spa con sede legale in Carate Brianza ha un impianto presso l'area industriale della val Basento in territorio di Ferrandina in provincia di Matera che occupa 37 addetti;

   l'impianto si occupa di produzione di sistemi di coibentazione e isolamento per edilizia industriale e residenziale, un settore che purtroppo è afflitto da una grave e perdurante crisi congiunturale che ne ha contratto il volume di domanda;

   per affrontare gli esuberi, che nell'impianto in questione sarebbero ben 21 su 37, le parti mediante intesa hanno proceduto, per scongiurare il ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria e mantenere operativo l'impianto, a prorogare lo strumento del contratto di solidarietà «difensivo», ai sensi del combinato disposto dell'articolo 1 del decreto-legge n. 726 del 1984 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 1984 e dell'articolo 5, commi 1-4, del decreto-legge n. 148 del 1993 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993, nonché ai sensi del decreto ministeriale 10 luglio 2009 n. 46448 e successive modificazioni;

   in base a tale intesa l'orario di lavoro è stato ridotto del 60 per cento su base mensile;

   il suddetto contratto di solidarietà ha avuto inizio dal 17 ottobre 2018 e avrà durata fino al mese di marzo 2019;

   le organizzazioni sindacali hanno più volte sollecitato l'apertura di un tavolo ministeriale, senza ricevere risposta, per affrontare il futuro dell'impianto;

   va scongiurato un ulteriore ridimensionamento del tessuto industriale nell'area della Valbasento –:

   se il Governo intenda convocare rapidamente un tavolo di confronto con azienda, sindacati e regione Basilicata per scongiurare gli esuberi e assicurare la continuità produttiva dell'impianto, salvaguardando gli attuali livelli occupazionali.
(5-01174)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FICARA, CATALDI, LICATINI, LOMBARDO e SCERRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia le morti per patologie legate all'amianto nel 2017 hanno raggiunto la cifra totale di 6.000 casi (3.600 per tumore polmonare, 1.800 per mesotelioma e 600 per asbestosi) e il trend sarebbe in aumento dalla fine degli anni ’80 con un picco previsto negli anni 2025-2030 (fonte: «Il libro bianco delle morti di amianto in Italia» di Ezio Bonanni);

   per i lavoratori che sono stati esposti all'amianto il legislatore ha previsto il diritto ad anticipare il pensionamento e l'aumento dei ratei pensionistici;

   in particolare, l'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, prevede che «per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,4»;

   ad oggi, l'Inail parrebbe negare il rilascio della certificazione di esposizione all'amianto dei dipendenti del Petrolchimico di Siracusa e dell'indotto, con conseguente rigetto da parte dell'Inps delle domande amministrative presentate da lavoratori esposti e vittime che si vedono obbligate ad adire le vie giudiziarie per ottenere il riconoscimento dei diritti di cui alla legge n. 257 del 1992;

   i lavoratori del polo petrolchimico di Siracusa e dell'indotto, per la tipologia, per le lavorazioni svolte, per le problematiche manutentive e di esercizio hanno senza dubbio diritto al riconoscimento dell'esposizione qualificata al rischio amianto, già ottenuto da molti lavoratori in via giudiziaria;

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in passato, per dare piena applicazione alle norme di cui all'articolo 3, comma 8, della legge n. 257 del 1992, ha emesso degli atti di indirizzo con i quali ha dettato all'Inail le linee guida generali per formulare dei giudizi e definire le numerose domande dei lavoratori che si assumevano titolari del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione ad amianto –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di trovare una soluzione immediata e definitiva ai fini del rilascio della certificazione di esposizione all'amianto, a tutela dei diritti dei lavoratori del Petrolchimico di Siracusa e dell'indotto.
(4-01930)


   SANTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il geometra Italo Turchitto è stato dipendente del comune di Canna (CS) dal 1970 al 2005. Inizialmente la sua attività lavorativa con delibera della giunta municipale venne inquadrata nel VII livello con l'attribuzione della categoria D1 e successivamente nella categoria D2;

   ottenne nel 1996 la nomina di responsabile di alcuni servizi, tra cui la gestione dei rifiuti urbani e del servizio ICI; in seguito, con decreto del sindaco, venne nominato responsabile del servizio tecnico ed urbanistico;

   con atto deliberativo del sindaco n. 385 del 14 febbraio 2001, suddetto incarico, per ragioni di carattere economico e prima della scadenza, veniva revocato e contestualmente il sindaco nominava il segretario comunale quale responsabile dello stesso servizio;

   il signor Turchitto, leso nei suoi diritti, decideva di ricorrere in giudizio dinanzi al tribunale di Castrovillari (CS). La corte d'appello di Catanzaro stabiliva successivamente che la dequalificazione era illegittima;

   a seguito di ciò il sindaco decideva di impugnare il provvedimento presso la Corte di cassazione, che, nel rigettare il ricorso per l'illegittimità della revoca in quanto non giustificabile né in merito ad esigenze organizzative né in merito ad altre esigenze dell'ente, confermava la sentenza della corte d'appello con condanna al comune con provvedimento passato in giudicato;

   con delibera di giunta comunale n. 5 del 17 febbraio 2005 il comune di Canna disponeva arbitrariamente il collocamento in pensione del signor Turchitto;

   il signor Turchitto, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992, decideva di comunicare al sindaco la sua volontà a voler permanere in servizio per un altro biennio. Suddetta richiesta veniva accolta con delibera n. 11 del 17 marzo 2005. Successivamente con delibera di giunta n. 12 del 18 aprile 2005, venne deliberato il collocamento in pensione del Geometra Turchitto a decorrere dal 1° ottobre 2005;

   in data 4 maggio 2005 con la delibera n. 56, il direttore generale adottava il provvedimento di pensione coatta del geometra Turchitto e il 22 giugno 2005 veniva emesso il decreto di pensionamento;

   l'Inpdap nel valutare la domanda del Signor Turchitto chiedeva al comune documentazione attestante la posizione del servizio negli anni 1963 e 1964;

   il 2 settembre 2016 il pubblico ministero del tribunale di Castrovillari notificava al geometra Turchitto l'atto di archiviazione (per prescrizione del reato) a cui l'interessato si opponeva –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere al fine di:

    a) acquisire i documenti presso gli enti previdenziali, per fare chiarezza su una vicenda che si protrae da ormai 15 anni;

    b) accertare eventuali responsabilità degli enti previdenziali interessati;

    c) promuovere una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica e dei Servizi ispettivi di finanza pubblica presso il comune di Canna.
(4-01947)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   MOLINARI, VIVIANI, ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN.— Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'incidente mortale avvenuto nella notte del 3 gennaio 2019 sull'autostrada A1, causato da un gruppo di cinghiali che ha attraversato la carreggiata, ha portato nuovamente al centro del dibattito politico la problematica relativa alla gestione e al contenimento della fauna selvatica;

   come sottolineato dal gruppo parlamentare della Lega, in un precedente atto di sindacato ispettivo, i cinghiali sono anche una delle cause della peste suina africana, che sta sempre più dilagando in Europa e che rischia di accrescere il pericolo di un arrivo in Italia dell'infezione in qualsiasi momento;

   il numero dei cinghiali presenti in Italia ha ormai superato abbondantemente il milione di esemplari, con una diffusione che ormai si estende dalle campagne alle città. I cinghiali rappresentano un grave pericolo e l'aumento dei danni, delle aggressioni e degli incidenti sono il risultato di un'incontrollata proliferazione di questa specie. Gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali, per un totale di danni stimato in quasi 100 milioni di euro all'anno;

   eventuali abbattimenti programmati della specie potrebbero rappresentare un contenimento più efficace del cinghiale e un'ulteriore prevenzione contro la peste suina africana;

   la legge n. 157 del 1992 non è più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato a causa di un ampio incremento soprattutto di determinati ungulati come il cinghiale;

   in accordo con le regioni, si potrebbero valutare possibili modifiche alla legge n. 157 del 1992, prevedendo la figura dell'operatore volontario, ossia un cacciatore formato a seguito di appositi corsi di formazione, che a titolo volontario fornisca supporto nell'effettuazione del contenimento numerico della fauna selvatica, oggi in capo solo agli agenti dipendenti da province e città metropolitane;

   è necessario garantire la sicurezza alle persone, nelle campagne e nei centri abitati, oltre ovviamente ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di migliaia di agricoltori –:

   se non ravvisi la necessità di adottare le iniziative di competenza volte a modificare la vetusta legge n. 157 del 1992 per ampliare le possibilità delle regioni di attuare forme e piani di contenimento e di caccia efficaci, prevedendo l'ausilio di figure volontarie opportunamente formate ed abilitate allo scopo di facilitare il contenimento delle specie per le quali si rendono necessarie operazioni di controllo numerico.
(3-00412)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   NEVI, SPENA, ANNA LISA BARONI, SANDRA SAVINO e CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   quindici anni fa l'Italia era il primo produttore di olio al mondo. Oggi il Belpaese arranca dietro la Spagna, ha il saldo della bilancia commerciale in negativo e assiste, anno dopo anno, alla perdita di quote di mercato. La produzione spagnola stimata quest'anno in 1,6 miliardi di chilogrammi è superiore di oltre sei volte a quella nazionale, che potrebbe essere addirittura sorpassata da quella della Grecia e del Marocco;

   secondo un rapporto Ismea (su dati Istat e Agea) la produzione dell'olio made in Italy è passata dalle 600 mila tonnellate del 2008, alle 506 mila del 2012, per poi crollare a 222 mila nel 2014 e 182 mila nel 2016. Alle 400 mila tonnellate registrate nel 2017, si contrappongono le 200 mila tonnellate del 2018;

   con il crollo dei raccolti 2018 le importazioni di olio di oliva dall'estero sono destinate a superare abbondantemente il mezzo miliardo di chilogrammi con il risultato che sul mercato nazionale più di due bottiglie di olio di oliva su tre conterranno prodotto straniero. Coldiretti denuncia il mancato rispetto del regolamento (CE) n. 182/2009 della Commissione, del 6 marzo 2009, attuato con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo 10 novembre 2009 in materia di etichettatura d'origine degli olii in commercio;

   sul piano strutturale, vanno affrontate le molteplici criticità, dalla inarrestabile strage provocata dalla Xylella (1,2 miliardi di danni già stimati), al sostegno alle aziende in crisi, alle contraffazioni, dall'invasione di olio straniero a dazio zero, al falso made in Italy, per salvare un settore strategico per l'economia, l'occupazione e la sicurezza dei consumatori. Senza sostegni consistenti migliaia di aziende e di frantoi rischiano di chiudere con conseguenze disastrose;

   il settore olivicolo conta oltre 400mila aziende agricole specializzate in Italia e può contare sul maggior numero di olii extravergine a denominazione in Europa (43 DOP e 4 IGP) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo;

   negli ultimi 15 anni la Spagna ha fatto quattro piani olivicoli straordinari che hanno permesso la sostituzione delle piante vecchie e poco produttive con piante nuove con i risultati sopra evidenziati –:

   al di là dell'annunciato decreto sulla Xylella, quali iniziative intenda adottare in merito alle problematiche esposte in premessa, in particolare per quel che riguarda la predisposizione di un nuovo piano olivicolo nazionale straordinario sul modello spagnolo, volto a rilanciare il settore con una strategia nazionale e investimenti adeguati.
(5-01186)


   L'ABBATE, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GAGNARLI, GALLINELLA, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARAIA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   le avversità atmosferiche che hanno colpito vasti territori della regione Puglia tra il 26 febbraio e il 1° marzo 2018 hanno irrimediabilmente danneggiato moltissime aziende agricole;

   gli eventi calamitosi hanno compromesso interi raccolti e di fatto interrotto il lavoro di centinaia di braccianti esclusi quindi dalle tutele previdenziali e assistenziali per l'impossibilità di accumulare le necessarie giornate di lavoro;

   l'eccezionalità delle gelate verificatesi in Puglia si è manifestata nella intensità distruttiva di eventi meteorici a fronte dei quali nessuna ragionevole previsione poteva risultare efficace; al fine di sostenere la ripresa delle migliaia di aziende colpite, anche agevolando il ripristino del potenziale produttivo distrutto, è indispensabile consentire anche alle aziende che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, di accedere agli interventi compensativi ivi previsti;

   come noto, l'accesso, ancorché in deroga, al fondo di solidarietà nazionale, consentirebbe inoltre ai molti braccianti agricoli alle dipendenze delle aziende danneggiate di conseguire il numero di giornate necessarie, in aggiunta a quelle prestate, per il riconoscimento dei benefici ai fini previdenziali e assistenziali –:

   se non ritenga di dover adottare iniziative per estendere l'accesso agli interventi compensativi previsti per favorire la ripresa delle attività produttive di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, anche alle aziende agricole ubicate nei territori della regione Puglia che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi dal 26 febbraio al 1° marzo 2018 e che non hanno sottoscritto polizze, in deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b), del medesimo decreto.
(5-01187)


   GADDA, CENNI, CARDINALE, CRITELLI, DAL MORO, D'ALESSANDRO, INCERTI e PORTAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 141 del 2015 ha introdotto nell'ordinamento la definizione giuridica, il ruolo e le pratiche dell'agricoltura sociale e ha individuato nell'attività agricola una efficace misura di inclusione, di recupero sociale verso le diverse forme di disagio nonché di educazione per le nuove generazioni;

   l'agricoltura sociale ha dimostrato di essere un grande laboratorio per un welfare di comunità capace di favorire l'inclusione socio-lavorativa delle fasce più fragili della popolazione ed è un esempio virtuoso del ruolo multifunzionale dell'impresa agricola, chiamata a fornire servizi socio-sanitari nelle aree rurali, dando in tal modo applicazione all'articolo 117 della Costituzione che garantisce su tutto il territorio nazionale livelli essenziali di prestazioni concernenti diritti civili e sociali;

   tuttavia, la legge in commento necessita, per una sua piena esecuzione, del decreto ministeriale attuativo concernente i requisiti minimi e le modalità relativi alle attività di agricoltura sociale, previsto all'articolo 2, comma 2, della citata legge la cui definizione è frutto di un intenso confronto all'interno dell'Osservatorio nazionale dell'agricoltura sociale istituito presso il Ministero per le politiche agricole alimentari, forestali e del turismo nel gennaio 2017, secondo quanto disposto dalla stessa legge n. 141, all'articolo 7;

   in relazione al suddetto decreto ministeriale è stata acquisita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, più di un anno fa, il 21 dicembre 2017 e il parere favorevole con osservazioni delle Commissioni competenti di Camera e Senato, rispettivamente il 26 settembre 2018 ed il 2 ottobre 2018;

   ad oggi, dopo più di tre mesi dall'espressione del parere favorevole delle Commissioni parlamentari, dopo affermazioni ufficiali in risposta ad atti di sindacato ispettivo sulla imminenza della firma del decreto da parte del Ministro e dopo oltre un anno dal parere favorevole della Conferenza permanente, il decreto non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;

   tale «impasse» crea difficoltà al settore primario che attende di poter svolgere appieno il proprio ruolo multifunzionale e che non può farlo in assenza dei criteri individuati nel decreto in questione –:

   quali siano i motivi che continuano ad impedire l'adozione del decreto ministeriale concernente i requisiti minimi e le modalità relativi alle attività di agricoltura sociale e se, considerata la rilevanza di tali misure per il comparto agricolo e per le comunità locali, il Ministro interrogato intenda procedere con urgenza all'adozione del suddetto decreto.
(5-01188)


   VIVIANI, BUBISUTTI, COIN, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LO MONTE e LOLINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il «Bianchetto» è il nome commerciale attribuito al novellame del pesce azzurro pescato nel Mar Mediterraneo. Col termine generico di «novellame» si intendono gli stadi giovanili di molte specie ittiche. Tale tipo di pesce viene pescato mediante l'utilizzo di una particolare rete da pesca, cosiddetta sciabica;

   le norme europee stabiliscono il divieto di pesca del «novellame» di sarda e alice ovvero di esemplari in fase giovanile, in quanto al di sotto della taglia minima consentita;

   le pesche speciali del novellame sono vietate anche dall'ordinamento nazionale in coerenza con l'impegno, assunto a livello europeo e internazionale, ad adottare strategie precauzionali e cioè misure di protezione e conservazione degli ecosistemi marini, contenendo l'attività di prelievo delle risorse ittiche nei limiti di uno sfruttamento sostenibile e, quindi, compatibile con la naturale capacità di riproduzione delle risorse stesse;

   la cornice giuridica internazionale ed europea attualmente in vigore consente di autorizzare la pesca di particolari specie ittiche di piccole dimensioni anche in età adulta, come il rossetto ed il cicerello, nonché del novellame di sarda - bianchetto in tutti i mari italiani tranne l'Adriatico;

   per «pesca artigianale» o «piccola pesca», ci si riferisce a quei pescatori che «pescano in modo sostenibile» e hanno tre principali caratteristiche in comune: usano attrezzi a basso impatto ambientale, che riducono al minimo gli scarti, sono i proprietari delle imbarcazioni su cui lavorano e pescano quanto necessario per sostenere le loro famiglie;

   la pesca del bianchetto è un tipo di attività di piccola pesca artigianale che rappresenta una realtà territoriale e tradizionale. Autorizzare la pesca del bianchetto vuol dire promuovere la crescita economica e difendere il ruolo sociale della «piccola pesca costiera artigianale», nel rispetto dei principi di sostenibilità ecologica;

   questa tipologia di pesca rispetta i limiti naturali del mare e segue criteri di gestione sostenibile ed è legata alle tradizioni e consuetudini del mestiere ed è più affine a quei criteri di «artigianalità» che, per la loro sostenibilità intrinseca, fanno della piccola pesca una grande opportunità per il comparto –:

   se intenda intraprendere ogni utile iniziativa, nelle sedi competenti, al fine di valorizzare l'attività tradizionale tipica delle marinerie italiane, nonché per rilanciare la piccola pesca artigianale di intere zone del territorio italiano in quanto essa rappresenta una grande opportunità non solo di tipo economico e commerciale, ma anche per una gestione unitaria e sostenibile delle risorse ittiche, della politica ambientale e della ricerca.
(5-01189)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato e, in molte aree del Paese, la presenza di ungulati ha raggiunto numeri incalcolabili;

   a parere dell'interrogante i cinghiali sono animali non necessari, dannosi e pericolosi e la loro presenza sul territorio italiano, ed in particolare in Calabria, è diventata oramai incontrollabile;

   nelle province di Vibo Valentia e Catanzaro si registrano situazioni di pericolo legate ad invasioni di cinghiali che, oltre a creare danni alle imprese agricole, agrituristiche e zootecniche, mettono in pericolo i cittadini, invadendo strade trafficate e centri abitati;

   i cinghiali sono animali pericolosi per le persone e rappresentano un grosso problema per agricoltori e imprese, infatti sono molteplici e ingenti i danni causati alle colture e agli animali da questi ungulati, che gli agricoltori e le imprese non possono più sopportare –:

   quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di individuare specifici strumenti per contrastare il fenomeno crescente dello sviluppo incontrollato dei cinghiali e se intendano assumere iniziative per prevedere nuove risorse finanziarie per risarcire gli imprenditori e gli agricoltori dai danni ingenti arrecati dagli ungulati.
(4-01936)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MADIA e RIZZO NERVO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Governo in carica si è fin qui distinto per le tante contraddizioni che hanno caratterizzato il suo operato rispetto alle enunciazioni programmatiche avvenute durante la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018;

   emblematico a tale proposito è l'atteggiamento assunto nei confronti del personale della pubblica amministrazione e, più in particolare, del ricambio generazionale e dello sblocco totale del turn over, che i Governi a guida PD hanno avviato e strutturato, prevedendo, tra l'altro, l'assunzione di 50 mila dipendenti precari;

   la Ministra interrogata aveva a più riprese affermato che tale virtuoso processo di rinnovamento sarebbe stato mantenuto, se non rafforzato, e che le assunzioni del prossimo triennio sarebbero state anticipate al 2019;

   una norma inserita, in fase di discussione parlamentare, nella legge di bilancio 2019, smentisce, purtroppo, i predetti buoni propositi: per mere esigenze di carattere finanziario, derivanti dall'esito del confronto con la Commissione europea e dalla conseguente necessità di reperire risorse al fine di dare copertura economica ad alcune controverse misure, il provvedimento stabilisce il divieto per la Presidenza del Consiglio dei ministri, i ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali, di effettuare, in riferimento alle ordinarie facoltà assunzionali per l'anno 2019, assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019;

   tale disposizione arreca un gravissimo danno alle migliaia di precari storici della pubblica amministrazione, che, in base ai requisiti previsti dalla riforma della scorsa legislatura, avevano acquisito il diritto di essere assunti immediatamente, e pregiudica il futuro umano e professionale dei tanti giovani che dopo anni di sacrifici e di studio hanno vinto un concorso pubblico ed erano in graduatoria pronti a essere assunti a tempo indeterminato;

   lo stato di incertezza riguarda anche i giovani ricercatori precari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) che hanno recentemente sostenuto e vinto il concorso finalizzato alla assunzione e che si trovano in attesa della chiamata per il piano di assunzione;

   la situazione assume aspetti paradossali se si considera che le assunzioni dei primi classificati sono state avviate nel mese di dicembre 2018 e che a essere penalizzati sarebbero i soggetti che nella medesima graduatoria si sono classificati nelle posizioni immediatamente successive –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di attenuare gli effetti più deleteri delle disposizioni legislative di cui in premessa che, con particolare riferimento agli enti di ricerca, rischiano di comprometterne l'ordinata operatività;

   se non intenda adottare le opportune iniziative, eventualmente anche di carattere interpretativo, volte a escludere il suddetto blocco nei confronti di quegli enti, come il Cnr, che hanno perfezionato le procedure selettive prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni e che hanno già provveduto alle relative assunzioni.
(5-01172)

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:


   ROTTA, DELRIO, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, CARNEVALI, DE MARIA, FIANO, LEPRI, MORANI, PEZZOPANE, VISCOMI, MARTINA, SENSI, PAITA, FREGOLENT, MORGONI, SCHIRÒ, UNGARO, RIZZO NERVO, MADIA, SIANI, BERLINGHIERI, QUARTAPELLE PROCOPIO, CANTINI, BRAGA, SCALFAROTTO, SERRACCHIANI, PINI, MORETTO, PICCOLI NARDELLI, ZARDINI, DAL MORO, GADDA, BRUNO BOSSIO, BENAMATI, ROSSI, GAVINO MANCA, MIGLIORE, MARCO DI MAIO, ANNIBALI, NAVARRA e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sugli organi di stampa, sembrerebbe che il prematuro allontanamento dei trenta membri del Consiglio superiore di sanità, organismo di primo livello scientifico che annovera scienziati di chiara fama come il farmacologo Silvio Garattini, il genetista Bruno Dallapiccola, l'endocrinologo Andrea Lenzi, sia stato preceduto da un’«inchiesta» ordinata dalla Ministra interrogata sui precedenti politici dei suoi componenti;

   tale istruttoria non sarebbe stata realizzata per valutare le qualità professionali dei componenti dell'organismo, ma gli eventuali trascorsi politici dei nominati e financo dei loro parenti e sarebbe stata determinante per definire le sorti professionali dei membri che sono stati rimossi dall'incarico per fare spazio ad «altre personalità meritevoli»;

   il documento raccoglierebbe un’«inchiesta» sui membri del Consiglio superiore di sanità: in particolare, sarebbero stati segnalati il vicepresidente del Consiglio superiore, Adelfio Elio Cardinale, professore di radiologia all'Università di Palermo, «colpevole» perché sposato «con Magistrato Palma» e cioè Anna Maria Palma, già procuratore a Palermo e Caltanissetta; il professor Francesco Bove, docente di anatomia umana a La Sapienza di Roma, «colpevole» di essere iscritto all'ordine dei giornalisti; il professor Placido Bramanti, ordinario di scienze mediche applicate all'Università di Messina, «colpevole» di essere stato candidato alle amministrative in Sicilia; il professor Antonio Colombo, luminare della cardiologia che ha lavorato negli ospedali di Stamford e della Columbia University, «colpevole» di essere uno dei medici che ha operato Berlusconi; la professoressa Gabriella Fabbrocini, dipartimento di medicina clinica e chirurgica della Federico II di Napoli, «colpevole» di essere stata candidata alle ultime politiche, e il dottor Giuseppe Segreto, medicina generale, «colpevole» di essere stato deputato per la Regione siciliana del Psi dal 2001 al 2006;

   l’«inchiesta» sarebbe stata selettiva e l'epurazione avrebbe dovuto riguardare solo i sei membri indicati; tuttavia, il regolamento non lo avrebbe consentito e si è preferito revocare tutti i componenti. In tal senso, la Ministra interrogata ha dichiarato: «Sono sicura che alcuni componenti potranno essere nuovamente nominati, di certo non i vertici»;

   la Ministra interrogata ha spiegato che ha solo chiesto qualche informazione sugli ex membri del Consiglio: «ho chiesto una verifica sulle precedenti nomine. Serve nuova linfa, coinvolgere personalità rimaste ai margini» –:

   se il fine dell'indagine fosse quello di valutare gli orientamenti politici e non le qualità professionali dei componenti del Consiglio superiore di sanità e se i suoi esiti abbiano influenzato la scelta di revocare i componenti dell'organismo due anni prima della scadenza.
(3-00411)
(Presentata l'8 gennaio 2019)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   TIRAMANI e PANIZZUT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   all'ospedale Sant'Andrea di Vercelli i malati oncologici, qualora abbiano necessità di un ricovero, sono gestiti nel reparto di medicina interna, dal momento che nel reparto di oncologia non vi sono più i letti di degenza: ciò avviene a causa della riforma degli ospedali voluta dall'assessore regionale alla sanità Antonio Saitta, che ha ridisegnato l'intera rete ospedaliera del territorio, generando altresì disparità tra gli stessi ospedali della regione Piemonte;

   la carenza di posti letto nel reparto di oncologia dell'ospedale Sant'Andrea di Vercelli comporta che un malato oncologico, ricoverato nel reparto di medicina interna, potrebbe non vedere mai lo specialista oncologo, o comunque solo dopo molto tempo, in quanto non esiste più nell'ospedale Sant'Andrea il sistema di presa in carico globale del paziente oncologico;

   è evidente il venir meno dell'assetto organizzativo della Asl che oramai è supportata solo dal suo personale medico, paramedico e del comparto;

   è assurdo pensare che un malato oncologico possa non avere bisogno di un ricovero ospedaliero e di personale specializzato: la carenza di posti letto nel reparto di oncologia genera una situazione lesiva nei confronti dei diritti del malato –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative di competenza, volte ad assicurare ai malati oncologici il livello essenziale di assistenza e il diritto all'erogazione di cure appropriate in relazione ai fatti illustrati in premessa.
(5-01192)


   NOVELLI, PEDRAZZINI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MINARDO, MUGNAI, POLVERINI, SPENA e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 dicembre 2018 il Ministro interrogato ha revocato la nomina dei 30 componenti non di diritto del Consiglio superiore di sanità, organo tecnico-consultivo del Ministero della salute;

   i componenti, il cui mandato sarebbe scaduto nel dicembre 2020, sono medici, scienziati e ricercatori di fama internazionale, dall’«indiscutibile valore tecnico-scientifico», come affermato dallo stesso Ministro in un comunicato stampa del 3 dicembre 2018;

   se nel passato è sempre stata prassi la sostituzione di qualche membro del Consiglio superiore di sanità mai era avvenuto che il Consiglio nella sua interezza fosse azzerato;

   la presidente uscente del Consiglio superiore di sanità Roberta Siliquini ha dichiarato che in sei mesi i consiglieri non sono stati mai ricevuti dal Ministro della salute nonostante numerose richieste;

   per sua stessa ammissione, dopo lo scioglimento, il Ministro ha chiesto ai colleghi parlamentari informazioni di rilievo pubblico sui componenti del Consiglio superiore di sanità;

   le informazioni raccolte hanno di fatto creato una sorta di dossier contenente dati relativi ai componenti medesimi o ai loro familiari – militanza e simpatie politiche, attività svolte dai coniugi, frequentazioni, peraltro in taluni casi prive di fondamento – che niente hanno a che fare con le competenze scientifiche richieste per l'incarico;

   secondo notizie di stampa questa richiesta di informazioni sarebbe stata fatta dal Ministro direttamente alla capogruppo della Commissione affari sociali della Camera Celeste D'Arrando;

   alla pubblicazione dell'approfondimento il Ministro non ha di fatto smentito la ricostruzione, limitandosi a precisare che «quel testo non è un dossier», ma ammettendo di averlo richiesto «in chat ai miei colleghi parlamentari [...] Mi interessava semplicemente capire in vista di nuove nomine qualche nota di rilievo pubblica di cui non ero a conoscenza»;

   il metodo adottato – peraltro applicato su autorevoli ricercatori e scienziati – non rientra nei canoni formali cui deve attenersi un Ministro, tanto da sollevare molte perplessità sulla stessa compatibilità del Ministro interrogato il suo ruolo di guida amministrativa e politica di un settore così delicato e complesso come quello della sanità pubblica –:

   se non ritenga che per la finalità di nominare i nuovi componenti del Consiglio superiore di sanità fosse sufficiente analizzare i curricula e le competenze scientifiche dei consiglieri uscenti, così come di quelli aspiranti, e se il sopracitato documento richiesto dal Ministro non costituisca un metodo inappropriato di raccolta di informazioni, oltre che un precedente gravissimo.
(5-01193)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in poco più di una settimana presso gli Spedali Civili di Brescia sono morti quattro neonati;

   tre dei quattro decessi, avvenuti tutti nel reparto di terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia, sarebbero stati causati da una infezione in quanto, a detta di Brescia Today, i tre piccoli avrebbero sofferto uno shock settico, cioè una sindrome da shock dovuta a una infezione, mentre l'ultimo neonato sarebbe morto per una malformazione congenita alla trachea incompatibile con la vita;

   il Ministero della salute ha opportunamente avviato una ispezione e inviato ispettori e attivato i carabinieri del Nas, che nella mattina del 7 gennaio si sono recati agli Spedali civili per prendere visione delle cartelle cliniche dei piccoli allo scopo di fare piena luce sui decessi di neonati;

   nel mese di agosto 2018, sempre nella terapia intensiva neonatale degli Spedali Civili di Brescia, si era verificata la morte di un neonato a causa di un batterio ed altri nove bambini erano stati contagiati;

   è indispensabile chiarire definitivamente se vi siano nessi tra i tre episodi ultimi e quelli avvenuti ad agosto 2018, e se siano state adottate tutte le misure necessarie per impedire nuovi eventi drammatici;

   per quanto riguarda in particolare le infezioni ospedaliere è importante verificare se siano state messe in atto tutte le procedure necessarie a garantire la disinfezione e la decontaminazione degli ambienti del nosocomio bresciano, in particolare quelli che ospitano i neonati prematuri per i quali la soglia di attenzione su questi aspetti dovrebbe essere altissima vista la loro condizione di particolare vulnerabilità;

   il fenomeno delle infezioni ospedaliere è ancora troppo sottovalutato in Italia nonostante sia la causa di oltre settemila decessi l'anno. Le procedure di disinfezione e decontaminazione raramente prevedono l'impiego di tecnologie moderne: è quindi necessario recuperare il gap che si sconta rispetto a quanto avviene nelle strutture sanitarie di tutta Europa in termini di tutela e prevenzione delle infezioni che colpiscono con troppa frequenza i pazienti e i loro familiari –:

   se le ispezioni inviate abbiano avuto esito e, in ogni caso, in tale contesto, visto il ripetersi di casi di bambini che sarebbero morti o contagiati a causa di infezioni presso il reparto di terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia, quali iniziative siano state assunte al fine di una efficace disinfezione e decontaminazione del reparto interessato.
(5-01194)


   DE FILIPPO, CARNEVALI, UBALDO PAGANO, RIZZO NERVO, SCHIRÒ e SIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 dicembre 2018 il Ministro interrogato ha revocato tutti e 30 i membri non di diritto del Consiglio superiore di sanità, organo di consulenza tecnico scientifica del Ministro senza che dal suo insediamento avesse mai, nonostante le numerose richieste sollecitate dal Presidente del Consiglio dei ministri, ricevuto i rappresentanti;

   lo stesso Ministro interrogato ha spiegato tale decisione affermando che: «Il Consiglio superiore di sanità è organo di consulenza tecnico-scientifica del ministro e, dunque, ho deciso di dare un segnale di discontinuità rispetto al passato rinnovando la composizione dei 30 membri di nomina fiduciaria. Siamo il governo del cambiamento e, come ho già fatto per le nomine di mia competenza nei vari organi e comitati del Ministero, ho scelto di aprire le porte ad altre personalità meritevoli. Sono sicura che alcuni componenti del Css possano essere nuovamente nominati, di certo non i vertici, che devono avere la fiducia e la piena sintonia con il ministro in carica»;

   in data 7 gennaio 2019 si apprende da organi di stampa nazionale che lo «spoil system» è stato preceduto, su richiesta dello stesso Ministro interrogato da una verifica non sulle qualità professionali, ma sul passato politico dei membri del Consiglio superiore e sui loro parenti;

   in particolare quotidiano «La Repubblica» riferisce che il dossier sui membri del Consiglio, superiore di sanità è stato diffuso, a scioglimento avvenuto, in una chat riservata dei membri 5 Stelle delle commissioni affari sociali e sanità e sotto osservazione sono finiti sei membri su trenta (vicepresidente Adelfio Elio Cardinale, professore di radiologia all'università di Palermo, professor Francesco Bove, docente di anatomia umana a «La Sapienza» di Roma, il professor Placido Bramanti, ordinario di Scienze mediche applicate all'università di Messina, lai professoressa Gabriella Fabbrocini, il dottor Giuseppe Segreto e il professor Antonio Colombo), e che il Ministro avrebbe voluto allontanare solo questi sei membri, ma che il regolamento glielo avrebbe impedito e che dunque abbia proceduto alla revoca di tutti e trenta i membri –:

   se e quanto riportato dal quotidiano «La Repubblica» corrisponda al vero e cioè se la decisione della revoca dei membri non di diritto del Consiglio superiore di sanità sia avvenuta non in considerazione delle qualità professionali ma di trascorsi di partito dei nominati e dei loro parenti e se non ritenga doveroso che la nomina dei futuri membri non di diritto del Consiglio avvenga sulla base delle competenze professionali a tutela della salute di tutti i cittadini.
(5-01195)


   D'ARRANDO, CHIAZZESE, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il ticket è il contributo che il cittadino dà alla spesa sanitaria pagando una quota specifica per alcune prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza;

   attualmente i ticket riguardano: prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali e analisi di laboratorio), prestazioni di pronto soccorso, cure termali e farmaci;

   in merito al ticket sui farmaci è bene sottolineare che quest'ultimo include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca rispetto all'equivalente, rinunciando così, de facto, ad una tutela pubblica garantita;

   i cittadini Italiani, nella maggior parte dei casi, infatti, optano volontariamente per il farmaco brand per via della prescrizione del medico di famiglia, che in ricetta ha la facoltà di non indicare esclusivamente il principio attivo ma anche, per l'appunto, il farmaco brand;

   nel periodo 2013-2017, a fronte di una riduzione della quota fissa da euro 558 milioni a euro 498 milioni (-11 per cento, la quota differenziale per acquistare il farmaco di marca è aumentata da euro 878 milioni a euro 1.050 milioni (+20 per cento); di euro 1.549 milioni sborsati dai cittadini per il ticket sui farmaci, meno di un terzo sono relativi alla quota fissa per ricetta (euro 498,4 milioni pari a euro 8,2 pro-capite), mentre i rimanenti euro 1.049,6 milioni (euro 17,3 pro-capite) sono imputabili alla scarsa diffusione in Italia dei farmaci equivalenti come documentato dall'Ocse che colloca il nostro Paese al penultimo posto su 27 Paesi sia per valore, sia per volume del consumo degli equivalenti;

   appare dunque opportuno valutare l'introduzione di misure finalizzate a contenere l'eccessivo esborso da parte dei cittadini, come ad esempio l'obbligo di indicare in ricetta esclusivamente il principio attivo oppure un'adeguata motivazione in caso di non sostituibilità –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere in relazione alle questioni evidenziate in premessa.
(5-01196)


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   all'interno del policlinico Umberto I di Roma opera il centro di alcologia, istituito nel 1997 come centro di riferimento alcologico della regione Lazio (Crarl);

   al centro, unico nel Lazio per le ampie capacità operative in materia di disturbo da uso di alcol (sec. DSM-5), sono riconosciute funzioni di natura assistenziale e nel campo della formazione universitaria, della produzione scientifica e delle collaborazioni nazionali e internazionali;

   nel 2017, solo per citare l'ultimo anno a livello di assistenza prestata, sono state registrate 4315 visite specialistiche;

   nel policlinico Umberto I è stata attivata una collaborazione tra ginecologi, ostetriche, neonatologi, dismorfologi, radiologi e operatori del Crarl, che è il primo centro in Italia in grado di fare diagnosi di sindrome feto alcolica, e per tale attività sono stati firmati accordi di collaborazione con i relativi ordini professionali, con il Comitato nazionale delle professioni sanitarie e altre organizzazioni utili ai fini della prevenzione primaria, secondaria e terziaria;

   da informazioni assunte dall'interrogante risulta che gran parte del lavoro presso il Crarl viene svolto da precari (Co.Co.Co.) che hanno sviluppato competenze importanti con contratti prima a progetto, poi inseriti nel bilancio aziendale e pagati con fondi messi a disposizione del Centro con delibera del commissario ad acta n. 391 del 2016 e n. 334 del 2017, a valere anche per il 2018;

   questi contratti, scaduti il 31 dicembre 2018, sono stati prorogati solo fino al 30 giugno 2019 e senza prevedere alcuna possibilità di stabilizzazione per il personale interessato;

   occorre tenere presente che i contratti servono per ottemperare alle funzioni previste dalla regione che, nelle more di contratti a tempo indeterminato, ha autorizzato (con nota dell'allora direttore regionale salute e politiche sociali Vincenzo Panella, attuale direttore generale del Policlinico Umberto I) bandi di concorso il cui termine per la presentazione delle domande scadeva il 20 marzo 2018, ma a tutt'oggi non sono ancora stati espletati, e non sono state neanche nominate le commissioni –:

   se il Governo non ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, iniziative urgenti, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, volte a consentire la permanenza in vita del centro di riferimento alcologico della regione Lazio presso il policlinico Umberto I di Roma, al fine di garantire l'accesso alle cure per migliaia di pazienti affetti da disturbo da uso di alcol, salvaguardando il diritto costituzionale alla salute.
(5-01197)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE FILIPPO, VAZIO, MARCO DI MAIO, MORETTO, ROSSI, SERRACCHIANI, MOR e DE MENECH. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alcune patologie si verificano con una rarità tale da non consentire, in assenza di specifici incentivi alle aziende produttrici, il recupero dei costi legati allo sviluppo e alla commercializzazione dei medicinali destinati alla loro cura; per questo motivo tali farmaci vengono definiti «orfani»;

   i farmaci orfani, per essere definiti tali, devono integrare i requisiti stabiliti dal regolamento (CE) 141/2000, ossia: 1. essere indicati per una patologia che mette in pericolo la vita o debilitante in modo cronico; 2. essere indicati per una condizione clinica rara, definita da una prevalenza di non più di 5 soggetti ogni 10 mila individui, calcolata a livello dell'Unione europea; 3. non devono essere disponibili trattamenti validi o, se sono già disponibili dei trattamenti, il nuovo farmaco deve rappresentare un beneficio clinico significativo:

   in Italia, al 31 dicembre 2017, sono commercializzati 92 farmaci orfani con una spesa per lo stesso anno pari a 1,6 miliardi di euro, corrispondente al 7,2 per cento della spesa farmaceutica a carico del servizio sanitario nazionale;

   con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, è stato introdotto il pagamento di un «pay-back» per lo sforamento del tetto della spesa ospedaliera, a carico delle aziende farmaceutiche, secondo il quale tutte le aziende farmaceutiche sono tenute a partecipare al ripiano dello sforamento del tetto, in proporzione al superamento del budget loro assegnato dall'Aifa. Nello specifico, l'esclusione dei farmaci orfani dal pay-back non incide sul bilancio dello Stato, poiché si tratta di un contributo di solidarietà da parte delle multinazionali farmaceutiche per favorire le piccole e medie aziende «biotech» impegnate nella ricerca nel settore;

   al fine di incentivare la ricerca e la produzione di questo tipo di farmaci la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) ha stabilito l'esenzione totale dall'applicazione del pay-back sulla spesa ospedaliera per tutti i farmaci orfani – compresi quelli la cui esclusività di mercato sia venuta meno – e gli «orphan like» (ovvero quei farmaci con caratteristiche di farmaco orfano ma approvati prima del regolamento (CE) n. 141/2000);

   la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), ai commi 574 e seguenti dell'articolo 1, prevede nuove disposizioni in materia di politica farmaceutica sopprimendo l'incentivo fino ad ora previsto per tutti i medicinali orfani la cui esclusività di mercato sia venuta meno ma che continuano pienamente a soddisfare i criteri previsti dal regolamento europeo, e per gli «orphan like» comportando una penalizzazione per le aziende che operano in questo settore. Infatti, le aziende che sviluppano farmaci orfani sono per lo più di dimensioni ridotte come lo è il numero dei pazienti, al contrario dei tempi di sviluppo che sono più lunghi con un rischio di fallimento maggiore;

   non si comprende per quali motivi si sia deciso di eliminare tale incentivo per tutti i medicinali orfani la cui esclusività di mercato sia venuta meno ma che continuano pienamente a soddisfare i criteri previsti dal regolamento europeo, e per gli «orphan like», favorendo così le grandi aziende multinazionali, alle quali, prima della modifica, veniva richiesto di farsi carico di un contributo, per loro irrisorio in quanto inferiore all'1 per cento del fatturato, riversando questo onere, per un totale stimabile in circa 200 milioni di euro ogni anno, su piccole e medie aziende che investono nella ricerca e sviluppo dei farmaci orfani, inficiando in maniera significativa sulle loro risorse, fino ad una riduzione del 15 per cento del fatturato e comportando potenzialmente anche il ritiro di prodotti dal mercato che rappresentano l'unica speranza di cura per molti pazienti con malattie rare –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per reintrodurre i meccanismi incentivanti per i farmaci di cui in premessa.
(5-01175)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2018 veniva pubblicato su Quotidiano sanità l'articolo dal titolo «Veterinaria. Borrello (Min. Salute): “Obbligo ricetta elettronica non è un capriccio, lo impone la Ue”»;

   nell'articolo Silvio Borrello, direttore generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della salute, replica all'appello del gruppo «No alla ricetta veterinaria» sostenendo che l'obbligo della ricetta elettronica veterinaria deriva dalla legge europea 2017;

   a tale articolo replicava il gruppo di veterinari (definito «anonimo» da Borrello), con l'articolo intitolato «Siamo noi i veterinari “anonimi” contro la ricetta elettronica per i piccoli animali domestici» al quale venivano apposte 230 firme con nome, cognome, provincia, numero di iscrizione all'Ordine;

   l'appello di tanti veterinari non può passare inosservato e restare inascoltato nei punti maggiormente critici di applicazione della ricetta elettronica;

   i veterinari hanno criticato il sistema, perché «messi di fronte al fatto compiuto» senza possibilità di dibattito e soprattutto nella parte in cui si vorrebbe applicare tale sistema, in via esclusiva, anche ai piccoli animali domestici;

   sulla tracciabilità del farmaco veterinario nel settore degli animali domestici, la proposta dei veterinari «No ricetta elettronica» prevedeva l'uso della piattaforma del sistema TS e ciò anche se le prescrizioni in triplice copia, bolle, fatture, registri di carico e scarico, invio delle ricette per farmaci in deroga alle Ausl, assolvono già al compito di rispondere alla circolazione illegale di farmaci –:

   se si intenda aprire un confronto con il gruppo «No alla ricetta veterinaria» per superare le criticità di cui in premessa in relazione al settore dei piccoli animali domestici, per i quali si chiede che la ricetta elettronica non sia utilizzata in via esclusiva ma siano previste delle alternative;

   se si intenda valutare la proposta del gruppo di veterinari di cui in premessa relativamente all'uso della piattaforma del sistema TS per la tracciabilità del farmaco veterinario nel settore degli animali domestici.
(4-01933)


   MINARDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il nostro sistema sanitario si trova nel pieno di una grave crisi delle proprie risorse professionali mediche che rischia di accentuarsi nei prossimi anni. Il pericolo è stato segnalato dall'Anaao Assomed fin dal 2011. Il depauperamento degli organici è certamente conseguente alla crisi economica e all'imposizione del vincolo nazionale della spesa per il personale sanitario, perpetrato nel tempo e fissato con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) al dato del 2004 ridotto dell'1,4 per cento, che ha avuto come inevitabile esito il mancato adeguamento delle dotazioni organiche. Tuttavia, la mancanza di medici specialisti all'interno del Servizio sanitario nazionale e l'accelerazione del loro pensionamento sono realtà che stanno rapidamente assumendo i contorni di una vera emergenza nazionale, cui vanno posti correttivi rapidi ed adeguati per evitare il collasso del sistema stesso. Una problematica molto sentita in Sicilia dove le condizioni di lavoro nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali stanno rapidamente degradando. Il blocco del turn over ha determinato, ad oggi, una carenza nelle dotazioni organiche di un numero considerevole di medici ed anche personale infermieristico. I piani di lavoro, i turni di guardia, di reperibilità e le ferie vengono coperti con crescenti difficoltà. Gravidanze, aspettative dal lavoro e il personale in malattia prolungata non è mai stato sostituito. Una situazione che mette seriamente a repentaglio la salute dei cittadini che non hanno così garantito il loro diritto ad essere curati. Se da una parte il mancato turn over di medici ed infermieri ha fatto risparmiare le aziende ospedaliere, dall'altro, ha drammaticamente impoverito il sistema sanitario che fatica enormemente ad offrire servizi efficaci ed efficienti –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, per sbloccare il turn over ed incrementare nel contempo anche il finanziamento per le assunzioni ospedaliere in modo da assicurare i livelli essenziali di assistenza per i cittadini e automaticamente la tutela del loro diritto alla salute.
(4-01937)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la talidomide è un farmaco, utilizzato come sedativo e antinausea, rivolto in particolar modo alle donne in gravidanza, in commercio negli ’50 e ’60 e ritirato definitivamente nel 1961 a causa dei gravi effetti collaterali che produceva;

   la sua somministrazione, infatti, causava gravi alterazioni congenite dello sviluppo degli arti dei neonati, nelle forme dell'amelia, di vari gradi di focomelia o della micromelia;

   in Italia sono state migliaia le donne trattate con tale farmaco e, di conseguenza, migliaia sono le persone che, a causa di esso, sono tuttora affette dalla sindrome di talidomide;

   nel 2007, l'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riconosceva ai soggetti affetti da tale sindrome il diritto di ricevere un indennizzo;

   con decreto n. 272 del 21 novembre 2017 si è provveduto, inoltre, a dare attuazione all'articolo 21-ter del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, al fine di integrare la normativa in materia di indennizzo a favore delle persone affette da talidomide;

   alcuni soggetti che soddisfano pienamente i requisiti per beneficiare di tale indennizzo non riescono ancora, dopo diverso tempo intercorso dall'avvio della procedura di riconoscimento, a vedersi riconosciuto tale indennizzo;

   tra questi soggetti vi è il signor V. S., che ha presentato la domanda corredata della documentazione sanitaria richiesta per ottenere il risarcimento ai sensi del decreto del Ministero della salute 17 ottobre 2017, n. 166, («Regolamento concernente l'indennizzo a soggetti affetti da sindrome da talidomide, in attuazione dell'articolo 21-ter del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160») e che a tutt'oggi, nonostante sia stata protocollata in data 9 maggio 2017 risulta bloccata da oltre un anno a causa della mancata prosecuzione delle attività istruttorie;

   la situazione di inadempienza delle pubbliche amministrazioni preposte a verificare i requisiti e autorizzare la liquidazione di tale indennizzo reca grave danno al signor V. S. e a molte altre persone in circostanze analoghe, dal momento che, seppur tutelati dalla legge e beneficiari di un risarcimento per le menomazioni fisiche subite, non riescono a vedersi riconosciuto quanto dovuto;

   in data 24 ottobre 2018 si è proceduto a contattare la direzione generale della vigilanza sugli enti e della sicurezza delle cure al fine di chiedere delucidazioni in merito ai suddetti casi;

   tale richiesta resta ad oggi senza alcuna risposta –:

   se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative aventi carattere d'urgenza in favore delle persone affette dalla sindrome da talidomide non ancora risarcite;

   se intenda verificare le modalità con cui gli uffici pubblici preposti adempiono alle attività loro spettanti in ordine alla verifica dei requisiti e all'autorizzazione della liquidazione dell'indennizzo;

   come intenda evitare che, in aggiunta alle gravissime e permanenti disabilità causate dal farmaco, le persone affette dalla sindrome da talidomide debbano essere ulteriormente penalizzate dagli annosi problemi della burocrazia.
(4-01943)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni 26, 27 e 28 dicembre 2018, su diverse reti televisive nazionali, tra le quali anche la Rai, è apparso lo spot pubblicitario di «Obiettivo Risarcimento», una società commerciale a responsabilità limitata attiva nel settore del risarcimento del danno in ambito sanitario;

   la trasmissione dello spot in questione è stata sospesa dalla Rai in data 28 dicembre 2018 ma continuerebbe ad apparire su altre reti televisive di portata nazionale;

   il messaggio promosso dalla suddetta società è evidentemente mirato a provocare azioni di rivalsa contro il servizio sanitario nazionale da parte dei pazienti che ritengano, a torto o a ragione, di non essere soddisfatti delle prestazioni ricevute;

   secondo la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), «l'effetto perverso del messaggio non è solo quello di “procurare” clienti alla società, ma anche quello di incentivare il ricorso alla medicina difensiva come meccanismo di tutela nell'esercizio della professione da parte dei medici, (...) determinando nella classe medica la perdita della serenità indispensabile per effettuare le scelte terapeutiche in favore dei pazienti»;

   secondo l'interrogante, inoltre, lo spot getta un indebito discredito sulla classe medica che ogni anno per assicurare il funzionamento del servizio sanitario nazionale, a causa delle gravissime carenze strutturali e di personale, è costretta a effettuare 15 milioni di ore di straordinario non pagato (fonte Anaao) –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza a tutela dei medici e del Servizio sanitario nazionale.
(4-01944)


   CORNELI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 dicembre 2018 si è appresa da diverse fonti giornalistiche la notizia del decesso di un'anziana donna di 96 anni dopo essere stata per due giorni confinata su una barella nel pronto soccorso dell'ospedale di Avezzano per mancanza di posti letto in reparto;

   la donna, colpita da un'occlusione intestinale, avrebbe avuto necessità di un trasferimento per essere operata in un'altra struttura, ma i parenti, considerando l'età avanzata, non hanno acconsentito. Naturalmente, al netto del diniego appena riportato, rimane il dato di fatto di un decesso avvenuto in condizioni inaccettabili;

   a quanto si apprende dalle medesime fonti, anche un altro paziente sarebbe rimasto tre giorni su una barella per la mancanza di posti letto, ed è solo l'ultimo di una serie di casi reiterati, senza che al problema sia stata sinora data adeguata risoluzione, con attese interminabili e ricoveri in pronto soccorso che si protraggono per ore o addirittura giorni;

   le siffatte contingenze costituiscono un vulnus non soltanto per l'effettivo godimento del diritto alla salute, così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, ma anche per quanto dovrebbe essere garantito dai livelli essenziali di assistenza determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravità dei fatti ivi riportati e di quali elementi disponga circa la cronica carenza di posti letto ospedalieri nella Marsica, a fronte di una domanda crescente di degenti sempre più spesso costretti a sopportare condizioni limite;

   se intenda altresì attivare un'indagine da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza al fine di accertare in che misura questi ultimi siano erogati in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse.
(4-01949)


   CORNELI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidente del consiglio regionale dell'Abruzzo Luciano D'Alfonso, con decreto n. 65 del 13 ottobre 2015 designava la dottoressa Manola Di Pasquale come componente del Consiglio di amministrazione dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise «Giuseppe Caporale», con sede a Teramo, proponendola successivamente come presidente del Consiglio di amministrazione stesso con una decisione che è apparsa in contrasto con le leggi regionali e statali;

   la legge regionale Abruzzo del 21 novembre 2014 n. 41, recante disposizioni per il riordino dell'istituto suddetto, al comma 1 dell'articolo 8, specifica che il consiglio di amministrazione è composto da tre membri, muniti di diploma di laurea magistrale o equivalente e aventi comprovata professionalità ed esperienza in materia di sanità pubblica veterinaria e sicurezza degli alimenti;

   la dottoressa Manola Di Pasquale, avvocato del foro di Teramo e noto politico del PD locale, nonché candidato sindaco di Teramo nel 2014, parrebbe sprovvista dei titoli previsti dalla legge regionale n. 41 testé menzionata, requisiti che fungono da criterio discriminante per l'attribuzione di cariche gestionali di livello dirigenziale nella rete nazionale degli istituti zooprofilattici;

   la dottoressa Di Pasquale era, all'atto della nomina a membro del Consiglio di amministrazione (13 ottobre 2015), consigliere comunale nella città di Teramo, città che ha una popolazione di 54.000 abitanti, dato che rileva ai fini della disposizione normativa contenuta nell'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 39 del 2013 (legge Severino) che vieta esplicitamente il conferimento di incarichi di amministratore di ente pubblico a livello regionale a coloro che, nell'anno precedente, siano stati componenti del consiglio di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti della medesima regione che conferisce l'incarico;

   sia la legge regionale n. 41 del 2014 di riordino dell'ente, che il decreto legislativo n. 39 del 2013 non risulterebbero essere state rispettate nel conferimento della carica dalla dottoressa Di Pasquale, alla quale sarebbero state erogate retribuzioni in assenza dei requisiti di legge richiesti. La spesa sostenuta sarebbe pertanto da considerare come danno erariale;

   sul caso, la Federazione sindacati indipendenti (FSI) ha presentato un esposto in data 26 ottobre 2015 all'Anac, alla procura della Repubblica, alla Corte dei conti, al Ministero della salute e alle regioni Abruzzo e Molise, ma tutti i soggetti interpellati non hanno inoltrato alcuna risposta e la dottoressa Di Pasquale risulta essere ancora al suo posto;

   sulla stessa nomina a direttore generale dell'istituto del professore Mauro Mattioli, avvenuta con decreto n. 1 del 9 gennaio 2016, grava un forte dubbio di legittimità, in quanto la nomina sarebbe stata effettuata dal governatore pro tempore Luciano D'Alfonso prima del decorso del termine di venti giorni (ex articolo 16 legge 241 del 1990) entro il quale il Ministero della salute avrebbe dovuto esprimere il proprio parere –:

   se il Ministro abbia contezza delle irregolarità segnalate in premessa e se abbia intenzione di porre in essere iniziative, per quanto di competenza, al fine di chiarire in modo inoppugnabile la legittimità e la regolarità delle procedure di nomina in questione;

   quali iniziative di competenza intenda altresì assumere per garantire l'attività di un ente il cui prestigio e la cui operatività rischiano di essere gravemente compromessi nel caso dovesse essere decretata la nullità di tutti gli atti sinora adottati.
(4-01951)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la distribuzione locale del gas è definita dalla direttiva 30/98/UE (norme comuni per il mercato interno del gas naturale);

   il cosiddetto «decreto Letta» decreto legislativo n. 164 del 2000, emanato in attuazione di questa direttiva, ha effettuato la scelta della gara pubblica, bandita anche in forma aggregata fra gli enti locali concedenti, come unica forma di assegnazione del servizio di distribuzione del gas;

   da allora si sono succeduti sino al 2014 numerosissimi provvedimenti per disciplinare tutti gli aspetti giuridici e contrattuali relativi alle gare;

   il Ministero dello sviluppo economico ha rilevato che le centinaia di gare che hanno avuto luogo nel trascorso decennio, per scadenza naturale delle concessioni più antiche, sono state prevalentemente basate, in assenza di criteri prestabiliti, sul massimo canone offerto e hanno comportato numerosi contenziosi, in particolare per quanto riguarda il valore di rimborso della rete da corrispondere al gestore uscente;

   lo schema di contratto di servizio tipo relativo all'attività di distribuzione di gas naturale è stato approvato con decreto del Ministero dello sviluppo economico 5 febbraio 2013 e successive modificazioni, ma ad oggi le gare gas non sono partite né sono stati esercitati i poteri sostitutivi né da parte delle regioni né da parte del Ministero dello sviluppo economico;

   gli importanti interessi collettivi e individuali in gioco, e l'interesse prioritario allo sviluppo del sistema economico italiano, rendono essenziale l'attuazione delle norme di gara per la messa a bando in regime di concorrenza;

   l'immobilismo di questi anni, in cui non sono state avviate le gare né esercitati i posteri sostitutivi, non trova alcuna giustificazione sostanziale ed esprime piuttosto una carenza di programmazione strategica;

   il danno economico prodotto dal protrarsi di questa situazione risulta ingente soprattutto per le attività produttive –:

   quali iniziative di competenza anche normative intenda assumere per assicurare la messa a bando in regime di concorrenza e per ripristinare una situazione di legalità per lo sviluppo economico della Nazione e la garanzia di maggiore efficienza del servizio pubblico.
(5-01183)


   BARELLI, SILLI, CARRARA, POLIDORI e SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la geotermia è internazionalmente riconosciuta tra le fonti energetiche rinnovabili carbon free, come confermato dalle linee guida dell'IPCC, l'Organo tecnico delle Nazioni Unite che predispone gli indirizzi in tema di politica ambientale a seguito degli accordi di Kyoto. La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) non censisce le emissioni di CO2 degli impianti geotermici;

   la geotermia assicura una produzione costante (tecnicamente si parla di 8000 ore l'anno): si tratta di un'energia rinnovabile con la stessa stabilità di produzione di energia elettrica del petrolio e del gas metano;

   in Toscana la geotermia conta 34 centrali per una potenza installata di 761 megawatt. La produzione annua è di circa 5,9 miliardi di chilowattora che, complessivamente soddisfa quasi il 30 per cento del fabbisogno energetico della regione e permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila TEP e 4,1 Mt di emissioni CO2 evitate;

   nella sola Toscana la geotermia garantisce 650 occupati diretti e circa 2000 nell'indotto. L'intera filiera geotermica, dalla ricerca, alle perforazioni, alla realizzazione dei macchinari è coperta integralmente dall'industria nazionale;

   grazie al calore geotermico sono fiorite in Toscana piccole e medie imprese vivaistiche, alimentari, di servizi, di meccanica di precisione e di elettromeccanica. Il territorio ha visto nascere nuove competenze e professioni. Non ultimo, la geotermia ha costituito il motore per lo sviluppo turistico di tipo termale e tecnologico;

   tuttavia, la bozza del decreto di incentivazione delle rinnovabili (FER 2) non prevede l'incentivazione degli impianti geotermici;

   nella seduta della Conferenza unificata del 20 dicembre la bozza di decreto FER2 ha ricevuto un parere contrario unanime di tutte le regioni. Tra le motivazioni del «NO» vi è la mancata incentivazione della geotermia. L'Anci ha appoggiato questa proposta, presentata dalla regione Toscana, ribadendo l'importanza della geotermia per i territori toscani e in generale per la politica energetica del Paese;

   il Titolo V della parte II della Costituzione attribuisce alle regioni, come materia concorrente, produzione, distribuzione e consumo di energia; al di là delle specifiche competenze, il rapporto tra Esecutivo nazionale e regioni deve improntarsi ad un'ottica di fattiva collaborazione –:

   quali iniziative intenda adottare in merito all'incentivazione della geotermia ed, in particolare, se non ritenga opportuno costituire un tavolo nazionale tra Governo e Regioni, volto a dirimere in una sede tecnica appropriata le divergenze verificatesi in sede di Conferenza unificata, in attuazione dell'impegno di cui all'Ordine del giorno 9/1334-B/227 accolto come raccomandazione il 30 dicembre 2018.
(5-01184)


   MORETTO e GAVINO MANCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati pubblicati da vari organi di stampa il 3 gennaio 2019, nel corso del 2018 la produzione di automobili delle fabbriche italiane della FCA ha subito una flessione del 10,4 rispetto al 2017;

   il dato, che certifica il primo rallentamento dal 2014, mostra inequivocabilmente una inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell'automotive, rallentamento riscontrato in tutti e quattro i trimestri del 2018;

   gli analisti indicano che la flessione possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative sulle emissioni con l'obbligo di immatricolare esclusivamente vetture dotate di un propulsore Euro 6C e 6D, al calo di fiducia dei consumatori, e al rallentamento della crescita interna che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo dopo un periodo di espansione protrattosi per 14 trimestri consecutivi;

   le misure adottate con la legge di bilancio 2019 che prevedono il meccanismo «bonus malus» per l'acquisto attraverso la tassazione progressiva delle autovetture a combustione, a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/km, e l'erogazione di incentivi per autovetture elettriche o ibride, sono state affrettatamente introdotte in un settore dove è evidente il rischio, per la filiera nazionale dell'automotive, di subire una ulteriore contrazione della produzione a favore di industrie estere già pronte alla produzione di autovetture prive, o quasi, di alimentazione a combustibili fossili;

   associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi stimano per il 2019 la potenziale perdita di circa 100 mila immatricolazioni con un impatto negativo anche sull'ecologia e sull'economia, visto che invece di favorire il rinnovo di un parco circolante fortemente invecchiato, l'ecotassa sugli acquisti di auto nuove spingerà al contrario una quota considerevole di automobilisti a rimandare ulteriormente la sostituzione della propria vettura, o ad acquistare una vettura usata;

   a questo si aggiunge il pericolo di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre 2018 da FCA, sia per i modelli, sia per i 5 miliardi di euro di investimenti previsti, stante il fatto che la nuova misura riguarderà molti modelli prodotti negli stabilimenti italiani e, come diretta conseguenza, avrà inoltre un impatto negativo sull'occupazione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per sostenere la filiera nazionale dell'automotive e consentire al settore il necessario passaggio a produzioni di autovetture sempre più ecologiche.
(5-01185)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato anche dal quotidiano «La Repubblica» del 7 gennaio 2018, nell'ultimo Buig (il Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse) sono state pubblicate le autorizzazioni per una concessione di coltivazione di idrocarburi a Bagnocavallo, in provincia di Ravenna, e tre permessi di ricerca nel mare Ionio, esternamente al golfo di Taranto;

   i tre permessi di ricerca autorizzati nello Ionio, di cui uno sotto Santa Maria di Leuca e l'altro sotto Crotone, sono procedimenti avviati dai precedenti Governi, ma è questo Governo che li ha autorizzati. In pratica dette autorizzazioni sono state rilasciate dall'attuale Ministro dello sviluppo economico, a cui spetta l'ultima parola, e sono conseguenti e in linea con i pareri favorevoli rilasciati dal precedente Governo;

   il Ministro interrogato ha parlato di atto dovuto, precisando riguardo a dette autorizzazioni che non era più possibile bloccarle. In realtà, le firme, relative alle autorizzazioni, secondo l'interrogante, non erano affatto un atto dovuto, e il diniego ai permessi e alla concessione non avrebbe comportato alcun rischio di attivazione di un contenzioso. Sarebbe stato sufficiente un'iniziativa legislativa urgente per bloccarle;

   come sottolineato dallo stesso costituzionalista Enzo Di Salvatore, colui che scrisse i quesiti referendari sottoposti al voto degli elettori nella primavera del 2016, sulla durata delle concessioni per l'estrazione degli idrocarburi in zone di mare entro le 12 miglia, il Ministro interrogato «poteva bloccare anche con un decreto-legge o con una legge i nuovi permessi di ricerca nello Ionio. Erano procedimenti, cioè richieste di trivellazione, avviati con i passati Governi, certo. Ma questo non significa che il Governo attuale non potesse intervenire» –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare quanto da lui sostenuto fin dall'inizio, ossia che ha autorizzato la concessione di coltivazione di idrocarburi, nonché i permessi di ricerca nel mare Ionio, in quanto non vi era possibilità alcuna di bloccare i procedimenti avviati con i precedenti Governi;

   se non intenda adottare iniziative per fermare la ricerca di idrocarburi nel mar Ionio.
(4-01942)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Zennaro n. 7-00138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Angiola.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione D'Incà n. 5-01109, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Raduzzi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-01021 del 28 novembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Piccoli Nardelli n. 5-01054 del 5 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta orale Bellucci n. 3-00390 del 18 dicembre 2018.

Ritiro di una firma da un'interpellanza.

  Interpellanza urgente Mulè e altri n. 2-00217, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 dicembre 2018: è stata ritirata la firma del deputato Cappellacci.