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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Sabato 29 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e VIII,

   premesso che:

    lo tsunami che ha colpito le isole di Giava e Sumatra il 23 dicembre 2018 ha causato fino ad ora 426 morti, 7 mila feriti e 40 mila sfollati: al momento risultano ancora disperse 24 persone;

    l'agenzia indonesiana dei disastri ha innalzato il livello di allarme e pericolo per l'attività del vulcano Anak Krakatau, la cui eruzione ha scatenato lo tsunami lo scorso fine settimana;

    vi sono state polemiche e accuse sulla reale efficacia del sistema di early warning di cui l'Indonesia è dotata e sul sito https://www.tsunami-alarm-system.com/en/content/index è apparso un comunicato che motiva il mancato allarme con l'incapacità del sistema di allerta di prevedere tale tsunami, innescato da una slavina subacquea successiva ad un'eruzione del vulcano Anak Krakatau;

    l'Indonesia fa parte, con l'Italia ed altri Paesi, di un programma dell'Unesco, denominato «Tsunami Programme of IOC-UNESCO» che, tramite il coordinamento di riunioni a livello regionale, attività di capacity building e sostegno a progetti regionali e nazionali, costituisce un attore fondamentale per la riduzione del «rischio tsunami» a livello globale;

    ne fanno parte quattro gruppi di coordinamento intergovernativo (ICGs) corrispondenti all'Oceano Pacifico, al Mar dei Caraibi, all'Oceano Pacifico, all'Oceano Atlantico Nordorientale & Mar Mediterraneo;

    inoltre, al fine di consigliare la Commissione oceanografica intergovernativa (IOC) sullo sviluppo coordinato di sistemi di allarme e contenimento dei danni degli tsunami e dei rischi collegati al livello del mare, di interesse comune, la 24a Assemblea IOC del 2013, tramite la risoluzione XXIV-14, ha istituito un gruppo di lavoro permanente (TOWS-WG);

    il TOWS-WG fornisce un coordinamento a livello globale per assicurare il servizio di informazioni alle regioni costiere più vulnerabili degli Stati membri partecipanti, assicurando un elevato livello di interoperabilità;

    il 21 e 22 febbraio 2019 si terrà il 12° meeting del TOWS-WG a Parigi, presso la sede dell'Unesco e vi parteciperà un funzionario della protezione civile italiana,

impegnano il Governo

a rafforzare la presenza italiana in quelle sedi internazionali in cui il nostro Paese può fare la differenza, al fine di contribuire in modo determinante e qualificato ad uno sviluppo coordinato di un sistema di allerta precoce di terremoti e tsunami, considerato che questi fenomeni affliggono in modo devastante anche il nostro territorio.
(7-00144) «Zoffili, Benvenuto, Formentini, Lucchini, Grimoldi, Comencini, Ribolla, Caffaratto, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Billi, Coin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALDI e ILARIA FONTANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   gli eventi sismici verificatisi nel 2016 e nel 2017 hanno comportato, unitamente alla crisi economica, la perdita di posti di lavoro per gli abitanti dei territori interessati e si ritiene quindi indispensabile che gli enti locali chiamati a decidere su questioni che coinvolgono i lavoratori, si attengano strettamente alle indicazioni normative, giacché in mancanza, si rischia di mettere in atto situazioni di ingiusto vantaggio verso alcune aziende, penalizzandone altre;

   la regione Marche, con proprio decreto n. 1636/2018 ha deliberato l'anticipata risoluzione del contratto di concessione del servizio stipulato con la società «Piceno Ambiente Spa» in data 4 marzo 2017;

   con ulteriore e successivo decreto n. 1639/2018, la stessa regione ha affidato il predetto servizio di gestione macerie alla società «Cosmari srl», allo scopo di assicurare la continuità del servizio oggetto di concessione;

   la società «Cosmari srl» risulta non operante nei territori della provincia di Ascoli Piceno e di Fermo, interessati dalle attività oggetto di concessione;

   il decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 229 del 2016, dispone, all'articolo 28, comma 6, che i materiali di che trattasi vanno classificati come rifiuti urbani non pericolosi;

   il trasporto dei suddetti materiali ed il loro conferimento a centri autorizzati sono effettuati da aziende abilitate al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nei territori interessati ovvero comuni territorialmente competenti o amministrazioni comunque interessate e tale attività viene esercitata mediante esecuzione diretta ovvero mediante affidamento a impresa abilitata all'uopo incaricata;

   con nota prot. n. 0994841/2018, la regione Marche indirizzava all'Anac l'atto dirigenziale del Sas sisma 2016, con cui la concessione servizio gestione macerie veniva affidata a «Cosmari srl», in sostituzione di «Piceno Ambiente Spa»;

   nella nota di risposta prot. n. 007724/2018, l'Anac prendeva atto di quanto rappresentato in merito alla necessità di estendere la vigente concessione del servizio di gestione macerie a «Cosmari srl» anche nel territorio della provincia di Ascoli Piceno e Fermo, a quanto consta agli interroganti, senza nulla argomentare in merito alla legittimità dell'atto del servizio regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se e come il Governo intenda adoperarsi, per il tramite del Commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici del 2016, in relazione a quanto esposto, alla luce della dubbia legittimità delle procedure sopra richiamate;

   se ritenga che le modalità di affidamento di cui sopra siano in linea con il dettato di cui all'articolo 28, comma 6, del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 229 del 2016;

   se risulti che sia stata operata una preventiva azione di indagine e ricognizione, finalizzata all'individuazione di possibili soggetti/aziende abilitate al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nei territori interessati ovvero comuni territorialmente competenti o amministrazioni comunque potenzialmente interessate;

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per chiarire se la società pubblica «Cosmari srl», operante in regime di «housing providing», si trovi nella condizione di assumere legittimamente il servizio oggetto di concessione in base alla propria natura statutaria e se tale attività sia legittimamente esercitabile nell'ambito territoriale dei comuni ricompresi nel cratere delle province di Ascoli Piceno e di Fermo.
(5-01156)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SGARBI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   tutta la critica ha respinto l'attribuzione della cosiddetta Tavola Doria a Leonardo o al suo ambito, e nonostante ciò è stata fatta una quantomeno azzardata proposta espositiva al Quirinale, ad avviso dell'interrogante inopportunamente coinvolto;

   ci si chiede come sia possibile che un'opera senza storia e senza nome, con la finzione di una attribuzione priva di reale fondamento a Francesco Morandini detto il Poppi, nato 25 anni dopo la morte di Leonardo, sia fatta esporre, con il pieno coinvolgimento di autorità dello Stato, oltre che dell'amministrazione comunale, al Castello di Poppi in Casentino, con una spesa sproporzionata rispetto al valore dell'opera e al suo, a giudizio dell'interrogante inesistente, interesse culturale. La mostra è costata circa 65 mila euro, ricevendo anche il sostegno del Parco nazionale che, per l'esposizione, ha dato un contributo di ben 25 mila euro. Il valore di mercato dell'opera, sostanzialmente anonima, è di poche migliaia di euro;

   non appare chiaro in base a quale criterio, in considerazione anche del disinteresse che si è manifestato, sia possibile impegnare il Castello di Poppi con una iniziativa ad avviso dell'interrogante insensata, prorogandola, con ulteriori spese, fino al prossimo giugno 2019;

   in realtà secondo l'interrogante l'iniziativa, culturalmente inconsistente, pare configurarsi come un tentativo di legittimazione del grave errore del Ministero, della magistratura, del comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, nel laborioso recupero di quella che appare all'interrogante una colossale «cantonata» –:

   di quali elementi disponga in ordine agli oneri effettivi dell'iniziativa in questione e della prosecuzione della stessa fino al giugno 2019, anche in relazione all'effettivo interesse culturale.
(4-01925)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   i commi 422-433 dell'articolo 1 della manovra economica per l'anno 2019 prevedono l'adozione di un piano di cessione di immobili pubblici tale da determinare entrate non inferiori a 950 milioni di euro per l'anno 2019 e a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, al netto delle quote non destinate al Fondo per ammortamento dei titoli di Stato o alla riduzione del debito degli enti;

   il piano di dismissione riguarda gli immobili di proprietà dello Stato, non utilizzati per finalità istituzionali, gli immobili in uso, diverso dall'abitativo, presso il Ministero della difesa, gli immobili di proprietà dello Stato per i quali sia stata presentata richiesta di attribuzione agli enti territoriali senza che questi abbiano proceduto all'acquisizione e infine gli immobili ad uso diverso da quello abitativo di proprietà di altre pubbliche amministrazioni, diverse dagli enti territoriali;

   nella memoria presentata dall'Agenzia del demanio nel luglio 2018, si dà conto dei risultati delle entrate derivanti da dismissioni di immobili negli anni 2014-2017: queste sono stati pari a 1.241 milioni di euro nel 2014, 958 milioni nel 2015, 945 milioni nel 2016 e 649 milioni nel 2017. Lo scorporo di queste cifre tuttavia dimostra come la gran parte delle dismissioni sia stata effettuata dagli enti previdenziali e dalle amministrazioni locali. Le dismissioni delle amministrazioni centrali cifrano circa 175 milioni di euro nel 2014 e poche decine di milioni di euro in ciascuno dei tre anni successivi;

   il Documento di economia e finanza 2017 dichiara che, nel periodo 2011-2015, le vendite di immobili di proprietà pubblica sono ammontate a circa 6,2 miliardi di euro, di cui 625 milioni complessivi per immobili delle amministrazioni centrali e 5,6 miliardi per le vendite effettuate dagli enti territoriali e previdenziali;

   sono note le difficoltà di attuazione dei programmi di dismissione immobiliare. A titolo di esempio, i commi 374-377 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 hanno previsto un programma di dismissione di immobili del Ministero della difesa, ivi compresi quelli più appetibili, cioè quelli ad uso abitativo. Erano appostate entrate non inferiori a 220 milioni di euro nell'anno 2015 e a 300 milioni di euro nel 2016 e a 100 milioni di euro nel 2017. I risultati reali sono stati sopra illustrati;

   anche al di là delle procedure, è di tutta evidenza che si metteranno sul mercato gli stessi immobili che si cifrano da anni, senza che si sia mai riusciti a venderli. Inoltre, se si riuscisse a realizzare quasi un miliardo di dismissioni immobiliari in un anno, il mercato immobiliare verrebbe investito da una offerta supplementare di immobili pubblici, con effetti depressivi complessivi sul mercato immobiliare, anche privato (società immobiliari, società di gestione del risparmio (Sgr) che intermediano investimenti immobiliari, e altro) e con conseguenze negative sulla valorizzazione complessiva dei relativi dati patrimoniali. Di qui ricadute negative in termini fiscali: minori utili, minori imposte sui redditi, minore Irap, meno Iva e altro;

   verrebbero inoltre frenate le procedure di valorizzazione e dismissione di immobili delle autonomie territoriali: data la ordinaria capacità di reazione del mercato, un incremento di offerta di immobili statali deve compensarsi attraverso una riduzione della capacità di assorbimento di offerta di immobili di regioni ed enti locali;

   la relazione tecnica al maxi emendamento presentato al Senato che introduce i commi in titolo non contabilizza questi effetti riflessi, sia sul mercato immobiliare privato sia per quel che riguarda le conseguenze finanziarie in danno delle autonomie territoriali, che disporranno improvvisamente di meno capacità di finanziamento per spese di investimento. Si limita a riferire in merito all'irrilevanza, in termini di impatto sulla finanza pubblica, dei contributi in favore degli enti locali che valorizzino gli immobili statali, alla cui valorizzazione i predetti enti abbiano contribuito;

   infine, la relazione tecnica non dà conto delle modalità con le quali è stata individuata la cifra appostata nel 2019. Più realistiche, anche se comunque di difficile realizzazione, appaiono le cifre previste per gli anni successivi. L'impressione è quindi quella che la somma di 950 milioni di euro di maggiori entrate per il 2019 sia semplicemente una posta contabile volta ad assiemare la copertura alla manovra, che si risolverà in un aumento del debito pubblico nel 2020 –:

   con quali metodologie sia stata individuata una possibile entrata di 950 milioni nel 2019 derivante dalle dismissioni di immobili pubblici realizzate ai sensi dei commi 422-433 dell'articolo 1 della manovra economica per l'anno 2019;

   se il Governo non ritenga opportuno valutare gli effetti, economici diretti e indotti, sul mercato immobiliare e sulle autonomie territoriali delle suddette disposizioni, fornendo chiarimenti al riguardo;

   quali entrate siano state previste per le dismissioni immobiliari dal 2011 al 2017 e quali siano state effettivamente realizzate.
(2-00216) «Brunetta».

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i commi da 493 a 507 dell'articolo 1 della manovra economica per il 2019 prevedono il rimborso diretto nel limite di 100.000 euro ciascuno, per tutti i risparmiatori, gli azionisti e gli obbligazionisti che avevano investito nella banca popolare di Vicenza, in Veneto Banca, in Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, finite in liquidazione, sia che abbiano comprato all'emissione dei titoli che sul mercato. Sono esclusi dai rimborsi amministratori, parenti, società di capitali e operatori specializzati, mentre sono incluse le organizzazioni del Terzo settore e le micro imprese;

   secondo taluni la soluzione adottata è la migliore per chiudere i disastri delle sei banche citate: tutti avranno un indennizzo e non dovranno fare l'arbitrato. La nuova procedura è gestita interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, che vaglierà le richieste di indennizzo tramite una specifica commissione tecnica, erogando gli indennizzi con risorse provenienti in gran parte dai «conti dormienti»;

   la motivazione per giustificare l'eliminazione degli arbitrati è basata sui precedenti: finora il 97 per cento dei ricorsi sulle banche venete è stata accolta, mentre per le altre quattro banche la percentuale è al 93 per cento. Inoltre, in tutti i casi ci sono le sanzioni di Consob e Banca d'Italia agli esponenti aziendali per la vendita dei titoli e per i bilanci, mentre i procedimenti penali sono attualmente in corso e, pur senza condanne definitive, una serie di responsabilità sono ben delineate. Secondo la maggioranza di Governo questo dovrebbe bastare alla Commissione europea per vagliare le disposizioni sotto il profilo della «truffa di sistema», che deriverebbe «dalle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria...»;

   la nuova norma prevede rimborsi fino al 95 per cento per le obbligazioni e del 30 per cento per le azioni, fino a una soglia di 100 mila euro. La base di calcolo sarà il prezzo di acquisto dei titoli e non, come richiesto da alcune associazioni, l'ultimo prezzo. Secondo alcune stime, per soddisfare l'intera platea serviranno 580 milioni di euro per Vicenza, 430 per Veneto Banca, 350 per le quattro banche. Più altri 100 milioni di euro per risarcire gli obbligazionisti precedentemente esclusi, come quelli che avevano comprato sul secondario o da altre banche. Se le previsioni sono corrette, del miliardo e mezzo per tre anni di dotazione resteranno qualche centinaio di milioni, che potranno essere utilizzati per aumentare i rimborsi agli azionisti;

   tuttavia la norma, in particolare per quel che riguarda il ristoro ad alcune categorie di danneggiati, offre il fianco al rischio di una procedura per aiuti di Stato da parte dell'Unione europea. È proprio questo il punto delicato di tutta la costruzione governativa sui rimborsi: anche da notizie di stampa emerge che c'è chi avanza dubbi su presunte «manine» che abbiano preparato un testo con la «bocciatura» incorporata e conseguente congelamento dei fondi, mezzo che consente la riduzione automatica del deficit;

   il direttore generale del tesoro responsabile del dipartimento banche del Ministero dell'economia e delle finanze Alessandro Rivera, avrebbe più volte segnalato che si tratta di una disposizione che potrebbe esporsi a rilievi in sede comunitaria: si tratta di un esperto autorevole, competente e conoscitore dei meccanismi europei, al punto da essere pienamente coinvolto nella trattativa con l'Unione europea, tenutasi a Bruxelles a metà dicembre 2018, per trovare un accordo sul bilancio 2019 –:

   se non ritenga opportuno approfondire i rischi di avvio di una procedura per aiuti di Stato in sede di Unione europea, in relazione alle norme esposte in premessa;

   se non ritenga opportuno richiedere, in sede di applicazione delle norme medesime, la preventiva autorizzazione della Commissione europea secondo le procedure previste dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(3-00409)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il riparto di attribuzioni dei compiti dell'autorità di sistema portuale e dell'autorità marittima in materia di disciplina e controllo delle operazioni portuali è definito dagli articoli 6, comma 4, lettera a) e 14, comma 1, della legge n. 84 del 1994;

   l'articolo 6, comma 4, stabilisce che spettano alla sola autorità portuale i compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo delle operazioni e dei servizi portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie di cui agli articoli 16 e 18», mentre l'articolo 14 attribuisce all'autorità marittima le funzioni di «polizia e sicurezza portuale previsti dal codice della navigazione e le rimanenti funzioni amministrative», ferme restando «le competenze attribuite dalla presente legge alle Autorità di Sistema Portuale»;

   nel porto di Livorno si registra a giudizio degli interpellanti una ingerenza del comandante del porto in ambiti di competenza propria dell'Adsp il cui presidente abdicando di fatto, sempre secondo gli interpellanti, alle proprie funzioni e prerogative consente che scelte di regolamentazione, promozione e controllo delle operazioni e dei servizi portuali siano condizionate da un esercizio inappropriato dei poteri di polizia marittima;

   esemplari i casi di diniego di accosto alla banchina pubblica del molo Italia decisi dal comandante del Porto registratisi il 15 e 16 dicembre 2018 per la M/n Hoegh Singapore, Grimaldi Euromed, richiesto per sbarcarvi circa 1000 autovetture, che il terminal contrattista non avrebbe potuto collocare nei propri piazzali perché occupati da autoveicoli in attesa di ritiro; e ancora il 27 dicembre per la M/n MSC Cristiana;

   a seguito dell'accoglimento dell'autorità portuale della istanza effettuata dal terminal, autorizzata con e-mail del 15 dicembre 2018, ferme restando le competenze dell'Autorità Marittima in materia di sicurezza della navigazione, il comandante ha negato l'accosto, motivandolo con ragioni a giudizio degli interpellanti estranee alle sue competenze in materia di polizia marittima e di sicurezza e ricordando di aver già concesso alcune settimane prima l'utilizzo dell'accosto pubblico per altra nave dello stesso armatore, sostenendo infine che una nuova autorizzazione, motivata dai limiti di recettività del terminal, non avrebbe più potuto giustificarsi con «il carattere dell'eccezionalità»;

   a quanto consta agli interpellanti la Hoegh Singapore è rimasta in rada dalla prima mattina del 16 dicembre sino al pomeriggio del 18 dicembre in attesa di ormeggio finché, dopo la convocazione di un incontro richiesto dal presidente dell'autorità di sistema, nel quale il comandante ha formalizzato che l'accosto in questione non può assumere la connotazione di accosto aggiuntivo e che la sua richiesta deve avere carattere di eccezionalità, fattispecie che di norma non comprende l'indisponibilità di aree retroportuali per accogliere gli autoveicoli sbarcati, è stato quindi autorizzato l'ormeggio alla banchina pubblica, nonostante in quei tre giorni la stessa e le aree del molo Italia sono rimaste inutilizzate, con un ritardo che ha prodotto un grave danno economico all'armatore e con conseguente danno all'immagine del porto di Livorno;

   nonostante l'ordinanza «congiunta» n. 114/2018 CP, 21/2018 dell'AdSP del 13 luglio 2018 recante le disposizioni per la regolamentazione degli accosti pubblici riporti il «fine di permettere comunque la massima operatività delle banchine del porto di Livorno, nonché di mantenere e sviluppare i traffici commerciali nell'interesse generale del porto», tale finalità veniva presto contraddetta, a giudizio degli interpellanti, dalla condotta del comandante e dalle severe e improprie limitazioni introdotte all'uso degli accosti pubblici del porto da parte di navi lavorate da imprese concessionarie di banchine demaniali portuali, stabilendo, a quanto consta agli interpellanti, che tale uso può essere autorizzato soltanto in casi eccezionali motivati dalla impossibilità di operare nel proprio terminal e comunque non in via continuativa e comunque previa intesa – ciascuna competenza per quanto di rispettiva competenza – tra l'Autorità di sistema portuale e la capitaneria di porto;

   si è così introdotta, nel porto di Livorno, una procedura d'intesa che attribuisce al comandante del porto funzioni a giudizio degli interpellanti improprie, che si sovrappongono a quelle proprie del presidente dell'Adsp, ponendosi così in contrasto con le disposizioni di cui alla legge n. 84 del 1994 che manifestatasi il 15 dicembre 2018 si è ripetuta nelle medesime modalità il 27 dicembre 2018;

   a Livorno si è così assoggettato il governo delle operazioni portuali ad una procedura di «intesa, per quanto di rispettiva competenza» da raggiungersi fra un'amministrazione competente ed altra incompetente: con la sola conseguenza di introdurre per gli interpellanti regole farraginose che ostacolano la necessaria snellezza delle decisioni per la proficua utilizzazione delle banchine e degli spazi portuali, giungendo a determinare – come nel caso della nave Hoegh Singapore e della nave MCS Cristiana – situazioni di stallo decisionale, in spregio ai principi di economicità ed efficienza che debbono connotare la gestione di un Porto –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;

   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare per garantire il rispetto delle competenze stabilite dalla legge, per evitare quelli che a giudizio degli interpellanti risultano dannosi personalismi nell'esercizio delle pubbliche funzioni e per assicurare ai porti italiani effettiva competitività e sviluppo dei traffici.
(2-00217) «Mulè, Bergamini, Mugnai, Carrara, D'Ettore, Mazzetti, Ripani, Silli, Germanà, Pentangelo, Rosso, Zanella, Cannatelli, Cannizzaro, Cappellacci, Casciello, Casino, Cortelazzo, Baratto, Bond, Fatuzzo, Fiorini, Gagliardi, Marin, Marrocco, Napoli, Novelli, Pella, Porchietto, Ravetto, Ruffino, Squeri, Versace, Vietina, Zanettin, Zangrillo».

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   a Vicenza la polizia postale sta scomparendo;

   a fronte di una criminalità che viaggia sempre più sulla rete, nella città capoluogo la sezione specializzata della questura si è ridotta all'osso; oggi conta solamente su due poliziotti, anche se la prospettiva della chiusura, secondo una riforma ministeriale che risale ancora al 2014, è stata sempre posticipata;

   i sindacati di polizia lamentano, tuttavia che due soli agenti possono fare ben poco, sia per i cittadini, che per la magistratura;

   l'allerta viene lanciata dalle pagine del Giornale di Vicenza dalla segreteria provinciale del Siap con Sebastiano Baccio, che chiede di incrementare il personale per consentire lo svolgimento delle specifiche attività di istituto. Come sottolineato dal procuratore della Repubblica dottor Cappelleri, il servizio svolto dalla polizia postale a fianco della magistratura è assai prezioso, soprattutto per la professionalità e la competenza nel trattare casi complessi di frode informatiche o per individuare gli autori di captazioni di contatti in particolare di minorenni –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire alla questura di Vicenza personale adeguato da destinare all'ufficio della polizia postale.
(2-00215) «Zanettin».

Interrogazione a risposta scritta:


   MORANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un agguato di stampo evidentemente mafioso è morto mentre tornava a casa, nel centro storico di Pesaro, Marcello Bruzzese, 51 anni, padre di due figli, fratello del pentito di ’ndrangheta Girolamo; secondo le prime ricostruzioni, attorno alle 18.30, i killer, con i volti coperti, lo hanno atteso nei pressi di casa sua, hanno aspettato che la sua auto rallentasse per entrare in garage, poi gli hanno sparato decine di colpi con una o due pistole automatiche calibro 9; Bruzzese è morto nell'abitacolo dell'auto, mentre gli assassini si sono dileguati a piedi lungo le strette vie del centro storico di Pesaro, città non scelta dalla vittima ma dove viveva con la sua famiglia da 3 anni perché sottoposto al programma di protezione dei testimoni di giustizia, sotto il diretto controllo del Ministero dell'interno;

   il collaboratore di giustizia è colui che, dopo aver fatto parte di un'organizzazione, decide di dissociarsene, fornendo ai giudici informazioni sulla struttura dell'organizzazione criminale e sui reati commessi dai suoi affiliati; i giudici Falcone, Imposimato e Scopelliti furono i primi ad intuire l'importanza del fenomeno del «pentitismo» nella lotta contro la criminalità organizzata, e a loro si deve il varo di numerosi provvedimenti che incoraggiavano l'utilizzo dei cosiddetti «pentiti» nelle indagini, tra i quali il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 ricordato come una delle prime leggi emanate per disciplinare il fenomeno nell'ambito della repressione della mafia in Italia, che introduce per la prima volta in Italia la figura del «collaboratore di giustizia»;

   della sicurezza dei collaboratori di giustizia si occupano speciali nuclei di protezione delle forze dell'ordine che dipendono dal Servizio centrale di protezione del Ministero dell'interno, struttura del dipartimento della pubblica sicurezza - direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno italiano: a seconda del livello di tutela assegnato possono anche essere cambiate le generalità a tutti i familiari, compresi i figli, affinché dalla loro frequenza nelle scuole non si possa risalire ai genitori;

   il sistema di protezione italiano è stato, fin ad oggi, uno dei più efficaci a livello internazionale;

   nel meccanismo che avrebbe dovuto proteggere Marcello Bruzzese dalla ’ndrangheta qualcosa potrebbe non aver funzionato, come ipotizza il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho, che, in un'intervista al Fatto Quotidiano a due giorni dall'agguato, ha sottolineato che «Le modalità dell'omicidio fanno pensare a una vera e propria esecuzione di stampo mafioso, programmata e portata a segno da un gruppo di killer. I familiari dei collaboratori sono trasferiti in località lontane per impedire che siano colpiti. Qui l'informazione sul luogo di residenza è giunta ai killer che hanno avuto tempo e modo di programmare l'omicidio. Qualcosa potrebbe non aver funzionato»;

   non appare infatti ancora chiaro come sia stato possibile che i sicari siano venuti a conoscenza del luogo di residenza di Marcello Bruzzese, che dalla Calabria si era trasferito nella città marchigiana –:

   se non ritenga necessario intervenire con urgenza, per quanto di competenza, per fare luce su quali siano state le eventuali «falle» nel sistema di protezione di Bruzzese; quanti siano stati i casi di omicidio verificatisi nell'ambito del sistema di protezione dei collaboratori di giustizia dall'entrata in vigore della normativa che li riguarda fino ad oggi; quale sia con esattezza l'orario in cui il Ministro interrogato è stato informato dell'omicidio di Pesaro, con quale modalità tale informazione gli sia stata data ed esattamente da chi, nonché quale sia stato l'orario in cui ha invece ricevuto l'informazione scritta.
(4-01923)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la miniera di bauxite di Olmedo è ubicata nella Nurra, a nord-est rispetto al paese di Olmedo, il quale dista 68 chilometri da Sassari e 25 chilometri da Alghero;

   il giacimento bauxitico fu scoperto nel 1991 e venne coltivato per l'estrazione dell'allumina (funzionale allora alla fabbrica dell'Eurallumina di Portovesme) che sta alla base della lavorazione dell'alluminio;

   la concessione mineraria di bauxite, bentonite, caolino, denominata Olmedo venne rilasciata alla società sarda Bauxite s.p.a. dall'assessorato regionale dell'industria nel 1992, estesa su una superficie di circa 3.500 ettari di cui 50 coltivati in sottosuolo;

   la struttura di superficie della miniera è costituita da una serie di piazzali (per una superficie complessiva di circa 2,5 ettari), dove il minerale estratto dal sottosuolo subisce un primo trattamento di frantumazione, vagliatura e quindi stoccaggio;

   quella di Olmedo risulta un'ottima bauxite monoidrata con alto tenore di ossidi alluminio e basso tenore in ferro;

   dal 2015 ad oggi si sono susseguite rinunce dei concessionari, bandi di concessione andati a vuoto e disimpegni vari di aziende straniere che non hanno mai creduto sino in fondo alle potenzialità del sito produttivo e hanno scaricato sulle maestranze locali questi disimpegni, a giudizio dell'interrogante, vergognosi;

   gli operai hanno reiteratamente occupato la miniera di bauxite contro la decisione unilaterale di chiusura annunciata e l'avvio delle procedure di mobilità per i dipendenti;

   negli ultimi giorni sono stati comunicati agli operai la fine delle misure di assistenza sociale in atto per alcuni e il mancato rinnovo del contratto da parte della società Igea Spa (soggetto giuridico operante nell'attività di messa in sicurezza, ripristino ambientale e bonifica di aree minerarie dismesse e/o in via di dismissione, agendo nell'ambito dei piani e delle linee di indirizzo provenienti dal suo unico azionista la regione autonoma della Sardegna - assessorato dell'industria);

   in totale sono 26 gli operatori che al 31 dicembre 2018 si troveranno senza lavoro e senza alcun ammortizzatore sociale;

   l'assessorato regionale dell'industria ha annunciato un altro bando per la concessione della miniera;

   il sito minerario, come denunciato dal sindacato Ugl, non ha recinzione ed è accessibile a non addetti ai lavori con un serio rischio per l'incolumità pubblica –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per valorizzare e rilanciare l'attività estrattiva in un sito minerario di eccellenza e valorizzare un settore strategico per l'economia e la sovranità nazionale e se non ritenga urgente promuovere un tavolo istituzionale con le sigle sindacali e la regione Autonoma Sardegna per l'urgente risoluzione della vertenza della miniera di Olmedo.
(4-01924)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Deidda n. 4-01217 del 27 settembre 2018.

ERRATA CORRIGE.

  Testo riformulato della risoluzione in Commissione Cadeddu e altri n. 7-00069 pubblicato nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 104 del 28 dicembre 2018.

  Alla pagina 3771, seconda colonna, dalla riga diciassettesima alla riga quarantatreesima deve leggersi:

   «1) a decorrere dal 1° luglio 2019, estendere l'obbligo di cui all'articolo 6, comma 3, primo periodo del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 7 aprile 2015:

    a) ai quantitativi di latte crudo delle specie ovina e caprina acquistati dai primi acquirenti direttamente dai produttori nel mese di calendario precedente;

    b) ai quantitativi di latte crudo di qualsiasi specie e dei prodotti di cui al numero 04-06 della tariffa doganale elettronica Tares, provenienti da Stati membri dell'Unione europea e, da Paesi appartenenti all'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e allo Spazio economico europeo (See) acquistati direttamente dai produttori nel mese di calendario precedente con l'indicazione del Paese di provenienza;

    c) ai quantitativi di latte crudo di qualsiasi specie provenienti da Stati membri dell'Unione europea, da Paesi appartenenti all'Associazione europea di libero scambio (Efta) e allo Spazio economico europeo (See) acquistati da soggetti non produttori di latte nel mese di calendario precedente con l'indicazione del Paese di provenienza;» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BENIGNI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte San Michele noto anche come ponte di Calusco o di Paderno è un ponte di ferro a traffico misto ferroviario-stradale, che collega Paderno e Calusco d'Adda. Si tratta di uno snodo fondamentale per l'attraversamento del fiume Adda, verso Bergamo, da un lato, e verso Monza e Milano, dall'altro;

   Rete ferroviaria italiana (Rfi società partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato), con una decisione d'urgenza, lo ha chiuso venerdì 14 settembre 2018, denunciando «aumenti enormi delle dilatazioni e delle vibrazioni del ponte» e preannunciando a prefettura e comuni interessati un fermo di ben due anni per rifare la soletta stradale e la gabbia metallica nella quale corrono i treni. Rfi ha tuttavia prospettato la possibilità di anticipare la riapertura della strada;

   i comuni su entrambe le sponde, in particolare Calusco d'Adda stanno vivendo una situazione drammatica, in quanto moltissimi cittadini hanno attività legate al ponte (lavoro, scuola, commercio), che era attraversato da 30.000 veicoli e da 24.000 pendolari ogni giorno. Chi sceglierà il treno dovrà usare dei bus navetta, attivati da Rfi per collegare le due estremità del ponte, impiegando 45 minuti in più;

   inevitabile un esponenziale aumento del traffico sui pochi ponti rimasti (Trezzo, Capriate) per scavalcare l'Adda e andare dalla Bergamasca a Milano o a Lecco. Peraltro, i sindaci si stanno attrezzando e sono possibili richieste alle prefetture per vietare il traffico per i mezzi pesanti;

   la decisione di chiudere la struttura da parte di Rfi ha colto di sorpresa le amministrazioni coinvolte: in una riunione del 28 luglio 2017, Rfi aveva loro preannunziato lavori di ristrutturazione per ottobre 2018, senza però fare alcun riferimento alla chiusura. Gli amministratori e la popolazione si domandano se la decisione di Rfi non sia dovuta ad un eccesso di prudenza, dopo i fatti di Ponte Morandi a Genova, anche in considerazione del fatto che il peso dei convogli ferroviari (ai quali sono imputabili le vibrazioni del ponte) è ben diverso da quello del traffico veicolare leggero –:

   se non ritenga di assumere iniziative di competenza nei confronti di Rfi affinché sia valutata la possibilità, nell'ambito dei più ampi margini di sicurezza possibile, di consentire il traffico veicolare leggero sul ponte di Paderno o, in caso contrario, di procedere con la massima sollecitudine all'avvio delle opere di consolidamento del ponte, con particolare riferimento alla rimessa in esercizio del piano stradale.
(4-01384)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, già 3-00176, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, il ponte San Michele, costruito nel triennio 1887-1889 dalla società nazionale delle officine di Savigliano, ha una circolazione promiscua: stradale, con le strade provinciali 54 e 166, e ferroviaria, dedicata esclusivamente al traffico pendolare.
  Nel corso degli anni, il ponte ha subito diversi interventi manutentivi e, a partire dal 2014, è stata attivata una campagna di indagine e caratterizzazione dello stato di conservazione dell'opera che ha costituito la base per lo sviluppo della progettazione definitiva degli interventi di manutenzione straordinaria.
  In particolare, per quanto riferisce Rete ferroviaria italiana, il progetto definitivo di manutenzione straordinaria dei componenti strutturali del ponte San Michele ha ricevuto autorizzazione e parere favorevole (ai sensi degli articoli 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) dalle competenti Soprintendenze e dal Segretariato regionale per la Lombardia del Ministero per i beni e le attività culturali; detto provvedimento autorizzativo è vincolato alla valutazione del progetto esecutivo.
  Acquisite l'autorizzazione da parte delle province di Bergamo e Lecco e la certificazione della conformità urbanistica da parte dei comuni di Paderno e Calusco d'Adda, il 5 novembre 2018 sono stati avviati i lavori di manutenzione della piattaforma stradale del ponte; il programma lavori prevede la riapertura al traffico ciclopedonale del ponte entro la prossima primavera. Entro fine anno sarà inoltre bandita la gara per l'affidamento dei lavori specialistici sulle parti strutturali del ponte.
  Per quanto riguarda l'ipotesi di realizzazione di un ponte provvisorio, nel corso dell'ultimo incontro in prefettura di Bergamo il rappresentante del genio pontieri di Piacenza ha rappresentato la mancata convenienza tecnico-economica della realizzazione di un ponte galleggiante costruito da personale militare, in quanto presenterebbe condizioni di esercibilità molto critiche (passaggio di soli mezzi militari e necessità di costante presidio).
  L'importo previsto dei lavori di manutenzione della piattaforma stradale e di intervento alle parti strutturali del ponte è di circa 21,6 milioni di euro, di cui 1,6 milioni finanziati da regione Lombardia.
  Da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si assicura il monitoraggio del prosieguo dell’
iter affinché i necessari interventi possano concludersi nei tempi più celeri possibili.
  Si segnala da ultimo che proprio per contenere i tempi di realizzazione di tale opera, in sede di conversione del decreto-legge Genova (legge n. 130 del 2018) è stato introdotto l'articolo 16-
bis che ha modificato il comma 9 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014; pertanto le misure straordinarie di cui ai commi da 1 a 8-bis del citato articolo 1 per lo sblocco e la celere realizzazione degli interventi sugli assi ferroviari ivi indicati si applicano anche alla manutenzione straordinaria del ponte ferroviario e stradale San Michele sull'Adda. Inoltre, si evidenzia che il comma 1 del predetto articolo 1 nomina quale commissario alla realizzazione delle opere l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   BILLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Europa, la crisi economica ha aumentato significativamente il numero delle persone in stato di povertà che hanno bisogno di sussidi;

   in alcuni Stati federali tedeschi è stato comunicato ai connazionali italiani residenti da meno di cinque anni nei loro territori che, in quanto disoccupati e non iscritti nelle liste di collocamento, sarà loro vietato l'accesso a sussidi sociali e ad una copertura sanitaria che vada oltre le emergenze, e sono stati inoltre invitati a rimpatriare –:

   se il Governo sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e se intenda assumere iniziative volte ad applicare il principio di reciprocità per i cittadini tedeschi che sul suolo italiano si trovano nella stessa condizione.
(4-01234)

  Risposta. — La normativa comunitaria relativa al diritto dei cittadini dell'Unione europea, e dei loro familiari, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – direttiva 2004/38/CE – prevede in linea generale la possibilità di revocare il permesso di soggiorno ai cittadini di un altro Stato membro che diventino un onere eccessivo per lo Stato membro ospitante. Essa dispone tuttavia un articolato sistema di garanzie, che tiene conto, tra l'altro, dei seguenti elementi; la durata del soggiorno; la minore età; la circostanza che il cittadino interessato abbia un lavoro o disponga comunque di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria.
  Inoltre, il cittadino comunitario che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva il diritto di soggiorno se si trova in uno stato di disoccupazione involontaria dopo aver esercitato un'attività per oltre un anno, e si è registrato presso l'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro; nel caso di disoccupazione volontaria al termine di un'attività di lavoro di durata inferiore a un anno conserva tale diritto per un periodo di almeno sei mesi, ugualmente registrandosi presso l'ufficio di collocamento competente.
  In aggiunta la direttiva prevede che il ricorso da parte di un cittadino dell'Unione europea o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospite non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento, che può essere adottato per ragioni di pubblica sicurezza, ordine pubblico o sanità pubblica, fatte salve le previste garanzie procedurali e giudiziali.
  La normativa tedesca di trasposizione della direttiva 2004/38/CE (
Freizügigkeitsgesetz, da ultimo novellata nel 2017) prevede requisiti di soggiorno per i cittadini comunitari in linea con la richiamata normativa, riconoscendo il diritto a soggiornare anche per coloro che sono in cerca di lavoro, fino ad un massimo di sei mesi o per un tempo più lungo nel caso possano dimostrare di aver continuato a cercare lavoro e di avere fondate prospettive di assunzione. Si prevede inoltre che, in mancanza di tale requisito, abbia diritto a risiedere in Germania il cittadino comunitario che disponga di risorse sufficienti al proprio mantenimento e di un'assicurazione sanitaria.
  Anche la normativa di recepimento italiana (decreto legislativo n. 30 del 2007) lega il diritto al soggiorno allo svolgimento di un'attività lavorativa o alla disponibilità di risorse economiche sufficienti al sostentamento. Analogamente è prevista la conservazione del diritto al soggiorno in caso di disoccupazione involontaria, se il cittadino comunitario si iscrive a un centro per l'impiego e sottoscrive una dichiarazione di disponibilità immediata allo svolgimento di un'attività lavorativa.
  
Non sono stati fino ad oggi segnalati agli uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in Germania casi di discriminazione in evidente contrasto con la normativa europea nei confronti dei cittadini italiani da parte delle competenti Autorità tedesche, per quel che concerne il tema della libertà di circolazione. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni connazionali si sono rivolti ai Consolati di riferimento segnalando di aver ricevuto da parte delle Ausländerbehörde (Uffici per gli stranieri) dei rispettivi comuni di residenza una lettera con la quale venivano loro richieste informazioni volte ad accertare il possesso dei requisiti necessari per poter godere dei diritti derivanti dalla direttiva 2004/38/Ce. Peraltro, negli specifici casi in questione, le autorità tedesche si limitavano in realtà ad applicare la richiamata normativa tedesca. In tutti i casi finora segnalati alla rete consolare, i connazionali che hanno ricevuto le comunicazioni in parola dalle Ausländerbehörde si erano precedentemente rivolti alle competenti autorità tedesche (Jobcenter) per ottenere un sussidio per il proprio sostentamento; si è quindi accertato che è stato lo stesso Jobcenter a segnalare i casi agli uffici comunali, perché verificassero il possesso da parte del connazionale coinvolto di uno dei sopra citati requisiti. Il Jobcenter sospettava infatti che il connazionale, avendo richiesto il sussidio, non fosse in possesso di risorse economiche sufficienti. Si nota che tali verifiche, pur essendo previste dalla direttiva 2004/38/CE (articolo 14, paragrafo 2), non possono tuttavia assumere carattere sistematico.
  
A tal proposito, pur non avendo riscontrato episodi di discriminazione in contrasto con la normativa europea nei confronti di cittadini italiani, la nostra Ambasciata ha avuto modo di segnalare la questione al Ministero federale dell'interno già nel 2017, ricevendo assicurazioni circa la massima attenzione del governo tedesco sulla necessità di evitare abusi o applicazioni eccessivamente restrittive della normativa locale, che possano arrecare detrimento di cittadini italiani. Il dicastero ha anche offerto assistenza per risolvere eventuali criticità che si dovessero registrare a livello locale, nei rapporti con le Autorità comunali.
  Al di là degli aspetti tecnici della vicenda, il fenomeno del cosiddetto «
Welfare tourism» è questione di particolare sensibilità nei Paesi che ne sono maggiormente toccati, come dimostra il caso del Regno Unito, dove esso ha fortemente influenzato l'esito del referendum sull'uscita dall'Unione europea. Anche se in tale contesto resta il dato di fatto che in Germania, che pure è tra i Paesi europei più esposti, i casi di accertamento dei requisiti di soggiorno nei confronti di cittadini italiani sono stati finora relativamente poco frequenti, né risultano casi di esecuzione di rimpatri dei nostri cittadini.
  Tuttavia non si può escludere che quanto segnalato dall'interrogante costituisca un comportamento scorretto di qualche amministrazione locale che esercita pressioni indebite sui nostri connazionali disoccupati di lunga durata spingendoli a rientrare in Italia. Tale comportamento violerebbe palesemente la normativa comunitaria che limita il diritto di espulsione a casi estremi. Qualora il cittadino dovesse subire tali intimazioni potrà denunciare il comportamento direttamente alla Commissione europea, al Parlamento europeo o anche alle autorità diplomatiche e consolari italiane che potranno intervenire presso le autorità tedesche. Nel caso di persistenza di tali comportamenti la Commissione europea potrà sollevare innanzi alla Corte di giustizia il caso per una decisione giudiziaria.
  Si ritiene utile citare al riguardo la giurisprudenza della Corte di giustizia che nell'affermare che le deroghe al principio di libera circolazione delle persone debbano essere generalmente interpretate in senso restrittivo, ha più volte avuto modo di chiarire che eventuali provvedimenti di allontanamento debbano essere comunque adottati nel rispetto del principio di personalità, del principio di attualità e gravità del pericolo, nonché del principio di proporzionalità tra l'intensità del pregiudizio che può discendere dalla permanenza della persona nello Stato membro ospitante e il livello di integrazione della medesima persona nello Stato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, recante «Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017» prevede, all'articolo 19-bis che, «per ciascuno degli anni 2017 e 2018, nel limite massimo del 50 per cento delle facoltà di assunzione previste dalla normativa vigente per ciascuno dei predetti anni», il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia autorizzato «ad assumere, a tempo indeterminato, personale da destinare alle unità cinofile mediante avvio di procedure speciali di reclutamento riservate al personale volontario utilizzato nella Sezione cinofila del predetto Corpo che risulti iscritto da almeno tre anni negli appositi elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio»;

   nel maggio 2018 è stato consegnato ai sindacati, e pubblicato anche sul sito Uilpa vigili del fuoco, uno schema di decreto per le previste assunzioni straordinarie, che riguarderebbero una trentina di volontari cinofili finora non stabilizzati. Il testo, rimasto allo stato di schema, fissa i requisiti per l'accesso, le modalità di espletamento della procedura selettiva, la formazione e pubblicazione delle graduatoria;

   tuttavia, nonostante le aspettative alimentate dal decreto 9 febbraio 2017 n. 8, il concorso per stabilizzare i volontari cinofili non è stato ancora indetto;

   questi volontari partecipano da anni alle operazioni di soccorso, esattamente come i colleghi stabilizzati, attraverso un sistema di «richiami» per un mese, fino ad otto volte l'anno, con indennizzi orari ad integrazione dello stipendio mensile. Ora il cosiddetto «decreto sicurezza», cioè il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», stanzia a tale scopo 5,9 milioni di euro per l'anno 2019 e 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 –:

   se e quando sarà indetto il concorso per l'assunzione del personale volontario con le caratteristiche previste dall'articolo 19-bis del decreto-legge n. 8 del 2017 già impiegato nella sezione cinofila del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-01324)

  Risposta. — In merito alla richiesta di indire con sollecitudine il concorso per la stabilizzazione dei volontari cinofili del corpo nazionale dei vigili del fuoco, si fa presente che questa amministrazione ha da sempre avvertito l'esigenza di non disperdere le professionalità acquisite dal personale volontario «discontinuo» e, pertanto, la tematica della loro «stabilizzazione» è stata oggetto, negli ultimi anni, di particolare attenzione da parte del legislatore.
  In tale quadro, si ricorda la previsione di cui all'articolo 1, commi 287 e 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) che ha previsto assunzioni straordinarie per il corpo nazionale dei vigili del fuoco riservate, nel limite massimo del 30 per cento dei contingenti annuali, al personale volontario «discontinuo», disposizioni che consentiranno, nell'arco di un quinquennio, di «stabilizzare» 480 volontari in possesso dei prescritti requisiti.
  Nello stesso alveo si inscrive anche la norma contenuta nell'articolo 19-
bis del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, citata dalla s.v., la quale consente l'assunzione di tale tipologia di personale volontario dei vigili del fuoco (ulteriori 28 unità) utilizzato nei nuclei cinofili del corpo medesimo.
  Con riferimento alle predette disposizioni, si informa che il decreto ministeriale, previsto dal citato comma 295 della legge di bilancio 2018, finalizzato ad individuare le modalità abbreviate del corso di formazione e i criteri di verifica dell'idoneità operativa del personale volontario «discontinuo» interessato dalla procedura straordinaria di «stabilizzazione», è stato sottoscritto dal Ministro dell'interno lo scorso 26 ottobre ed è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'8 novembre scorso.
  In merito alla tempistica dell'indizione delle procedure di concorso, si fa presente che l'adozione di tale provvedimento, che disciplina unitariamente le diverse ipotesi di assunzione sopra richiamate e contiene anche norme sulle modalità di espletamento delle procedure selettive ai fini della formazione delle graduatorie di merito, consentirà, a breve, di dare inizio alle procedure volte al reclutamento del citato personale volontario «discontinuo».

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il territorio di Licola, in provincia di Napoli, è interessato dalla presenza di numerosi extracomunitari e la zona rappresenta un'importante località marittima che attira numerosi bagnanti nei mesi estivi;

   nel corso degli anni la presenza delle forze dell'ordine è stata fondamentale, non solo per il mantenimento dell'ordine pubblico, ma anche per il controllo del territorio e la repressione delle piccole illegalità, e non solo visto che nel mese di maggio dell'anno 2018 è stato arrestato presso l'Hotel Circe (Licola) un pericoloso terrorista extracomunitario;

   dal mese di settembre 2017 la locale stazione dei carabinieri è stata chiusa;

   la cittadinanza è più volte intervenuta con petizioni e richieste di riapertura immediata del presidio dell'Arma, coinvolgendo anche il Parroco della Chiesa di San Marco e Santa Maria Goretti;

   nell'ultimo periodo si sono verificati diversi episodi di micro-criminalità, in particolare si è intensificato in zona il fenomeno dello spaccio di droga al quale spesso seguono episodi di violenza;

   dopo la chiusura della stazione dei carabinieri di Licola, il presidio di sicurezza più vicino è la stazione di carabinieri di Varcaturo, già impegnata per il controllo di un territorio molto vasto –:

   quali iniziative abbiano assunto o intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire la riapertura della stazione dei carabinieri Licola in tempi celeri, evitando di lasciare sguarnito un territorio particolarmente delicato sul fronte della legalità, come quello in questione.
(4-00643)

  Risposta. — L'arma dei carabinieri rappresenta una delle istituzioni più vicine ai cittadini, nei confronti dei quali svolge la sua costante azione di prevenzione quale espressione significativa della presenza dello Stato sul territorio, grazie alla capillare distribuzione dei suoi presidi, con una loro mirata collocazione, privilegiando le aree maggiormente interessate da problematiche di sicurezza con una loro mirata ricollocazione, in piena sintonia con le altre Forze di polizia e d'intesa con gli orientamenti dei prefetti.
  La componente territoriale dell'arma dei carabinieri è costantemente sottoposta a sistematici adeguamenti della distribuzione dei presidi sul territorio, attraverso un'analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale/logistico e alla mobilità.
  In tale ottica, la stazione carabinieri di Licola – ospitata dal 1965 in un edificio del demanio civile – a causa delle gravi criticità infrastrutturali della struttura, accertate all'esito di un sopralluogo del provveditorato interregionale per le opere pubbliche, nonché in assenza di immobili di proprietà comunale da adibire a sede temporanea, lo scorso 12 agosto è stata provvisoriamente ripiegata sulla confinante stazione carabinieri di Monteruscello, distante appena 4 chilometri.
  Il trasferimento non ha comportato alcuna flessione dei servizi di vigilanza e controllo che la stazione di Licola continua a garantire nell'area territoriale di propria competenza, anche con l'impiego di un presidio mobile denominato «stazione mobile», disposto proprio per implementare le condizioni di sicurezza.

  Nel merito di questo momentaneo cambiamento di sede, il comando generale dell'arma dei carabinieri ha comunicato che la stazione di Licola:

   ha competenza su parte del comune di Pozzuoli (10 chilometri quadrati per 8.275 abitanti), dove, oltre all'omonima stazione carabinieri, operano quella di Monteruscello – che per dimensioni consente di ospitare uffici, mezzi e personale accasermato del reparto – nonché gli organi investigativi e di pronto intervento della compagnia carabinieri di Pozzuoli;

   è ospitata in un edificio (comprensivo di un solo alloggio di servizio) che, nell'aprile del 2018, è stato dichiarato dal citato provveditorato «altamente vulnerabile sismicamente» e per il quale si rendono necessari lavori di straordinaria manutenzione (costi stimati 1,1 milioni di euro).

  Al fine di risolvere le problematiche segnalate, l'arma dei carabinieri ha richiesto l'inserimento dell'immobile in questione tra le caserme beneficiarie dei fondi del «Piano di ricostruzione al fine di ridurre il rischio sismico», nell'ambito del protocollo da siglare tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'agenzia del demanio e il comando generale.
  Nello stesso tempo, in attesa della definizione del citato Protocollo, l'intervento di rifunzionalizzazione della stazione carabinieri di Licola è stato segnalato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti anche nell'ambito del «Piano casa».
  Riguardo all'analisi dell'andamento della delittuosità, lo stesso comando generale ha segnalato che nell'ultimo biennio, nel territorio in esame è stata registrata una complessiva contrazione dei delitti commessi, soprattutto dei furti e delle rapine.
  Ciò nondimeno, al fine di corrispondere più efficacemente alle avvertite esigenze di una maggior percezione di sicurezza da parte della popolazione, è stato interessato il comando legione competente, affinché siano ulteriormente intensificate le attività di prevenzione, accrescendone altresì la relativa visibilità.
  Sono stati incrementati, in particolare, i servizi esterni con frequenti pattuglie, in considerazione del potenziamento organico del comando ripiegato (Licola), aumentato di una unità.
  Quanto, infine, all'arresto richiamato dall'interrogante, preciso che l'evento ha avuto luogo all'interno della struttura di accoglienza richiedenti asilo situata presso l'hotel «Circe» di Licola.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 54 del Testo unico n. 1092 del 1973 rubricato «Misura del trattamento normale», al comma 1, prevede quanto segue: «La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile»;

   la legge n. 335 del 1995 cosiddetta «riforma Dini» ha introdotto per il calcolo dell'assegno pensionistico il sistema contributivo per i militari che alla data del 31 dicembre 1985 avessero maturato un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni;

   l'Inps emette il decreto di pensione sulla base del modello PA04 redatto dalle relative amministrazioni militari, modello nel quale sono riportate tutte le spettanze del dipendente;

   l'articolo 54 del Testo unico n. 1092 del 1973 è entrato in vigore prima della legge n. 335 del 1995 (cosiddetta riforma Dini), in vigenza di calcolo pensionistico con sistema retributivo, senza che né il predetto intervento normativo, né le successive, modifiche ed integrazioni abbiano mai inciso sul contenuto del citato articolo 54 del Testo unico n. 1092 del 1973 che, quindi, risulta tuttora in vigore;

   allo stato, ai militari vengono attribuite le aliquote pensionabili previste dall'articolo 44 del Testo unico n. 1092 del 1973 per il personale civile, anziché quelle di cui all'articolo 54, comma 1, del Testo unico n. 1092 del 1973, previste per il personale militare;

   la scelta suindicata ha visto la proposizione di numerosi ricorsi dinanzi ai competenti organi giurisdizionali (Corte dei conti e Tar) i quali si sono pronunziati a favore dei militari ricorrenti, con l'ulteriore condanna alle spese di lite delle Amministrazioni soccombenti –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza della questione e quali iniziative intenda adottare nei confronti delle Amministrazioni militari affinché le stesse, nella redazione del modello PA04, si attengano ai dettami dell'articolo 54 del Testo unico n. 1092 del 1973, attribuendo ai militari aventi diritto la percentuale del 44 per cento per gli anni di servizio da contabilizzarsi fino al 31 dicembre 1995.
(4-00712)

  Risposta. — Nell'atto in esame viene affrontata la questione relativa al calcolo della pensione spettante al personale militare destinatario del sistema misto (retributivo-contributivo) – cioè che al 31 dicembre 1995 abbia maturato almeno 15 anni di servizio ma non più di 20 anni – evidenziando come nei confronti di detto personale non venga applicata l'aliquota di rendimento del 44 per cento prevista dall'articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/73, recante il «Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato».
  Nei confronti del personale militare l'istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) ritiene applicabile la meno favorevole disposizione di cui all'articolo 44 del medesimo decreto presidenziale per il quale «la pensione spettante al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile... aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento», basando tale interpretazione sul presupposto che l'articolo 54 sarebbe riferibile alla sola fattispecie di cessazione dal servizio con anzianità ricompresa tra i 15 anni e i 20 anni, non anche nell'ipotesi di prosecuzione del servizio.
  Proprio con riferimento a tale interpretazione restrittiva del citato articolo 54 operata dall'Inps giova evidenziare come in alcune pronunce di organi giurisdizionali amministrativi viene sottolineato che «l'applicazione della norma è maggiormente aderente al dato letterale, limitando il coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, dal momento che la disposizione trova la sua
ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un'anzianità superiore.
  Inoltre, va considerato che la norma di cui trattasi è stata introdotta allorché vigeva il sistema retributivo puro, con funzione perequativa per quei militari che, per motivi indipendenti dalla propria volontà, fossero costretti ad abbandonare il servizio non avendo raggiunto i vent'anni di servizio.
  Infine, se si aderisse alla diversa interpretazione, si porrebbe il problema del riparto della aliquota di rendimento tra i periodi maturati al 31 dicembre 1992 (per i quali si applica alla base pensionabile pari all'ultima retribuzione), e quelli maturati successivamente e fino al 31 dicembre 1995 (per i quali si applica alla base pensionabile pari alla media degli ultimi dieci anni)...».
  In altri termini, una diversa interpretazione della norma comporterebbe una «somma figurativa», ai fini della maggiorazione dell'aliquota di rendimento del 44 per cento, di cui all'articolo 54, secondo la regola speciale del 15 vale 20 prevista per il personale militare destinatario del sistema retributivo e non misto, degli anni di servizio non maturati prima del 31 dicembre 1995 ma successivamente a tale data e già valorizzati, secondo il regime contributivo di cui alla legge n. 335 del 1995, contravvenendo al divieto del «
ne bis in idem», di cui all'articolo 6 del più volte citato decreto presidenziale n. 1092/73.
  Con riferimento, infine, alle sentenze della Corte dei conti richiamate nell'atto parlamentare, si evidenzia che i giudizi sono ancora pendenti e, pertanto, il Governo, nel rispetto dei tempi della magistratura contabile, valuterà eventuali azioni da intraprendere all'esito della definizione delle cause.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DEIDDA, CIABURRO e DONZELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9, della legge 23 marzo 1983, n. 78, riconosce in favore degli ufficiali e dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in possesso di brevetto militare di incursore o operatore subacqueo un'indennità supplementare, per il periodo di assegnazione ai rispettivi nuclei;

   le cosiddetta indennità supplementari hanno la funzione di compensare particolari posizioni e/o condizioni, anche occasionali, in cui versa il personale impiegato in una particolare attività operativa, e tali indennità hanno carattere sussidiario rispetto a quelle cosiddette fondamentali, le quali, invece, sono fisse e continuative per l'intero periodo di destinazione ad un determinato corpo e/o reparto;

   avuto riguardo alle sole indennità fondamentali è previsto il meccanismo del cosiddetto trascinamento, il quale attribuisce al personale – in caso di cambio di destinazione per la quale sia prevista un'indennità fondamentale inferiore a quella precedentemente percepita – il diritto a mantenere la precedente indennità, al fine di contemperare il predetto decremento economico;

   l'indennità prevista per i subacquei, qualificata come supplementare dal citato articolo 9, in realtà, possiede tutte le caratteristiche delle indennità fondamentali: infatti, per un verso, è volta a compensare la stressante attività svolta dal personale subacqueo; per un altro verso, a differenza delle indennità supplementari, ha natura tutt'altro che episodica, essendo riconosciuta indipendentemente dalla singola attività eventualmente prestata;

   la suindicata indennità, peraltro, ha una misura economica decisamente superiore a tutte le altre indennità supplementari e, in alcuni casi, è risultato finanche superiore ad altre indennità fondamentali, con la conseguenza che la mancata previsione della possibilità di trascinamento, comporta per il personale trasferito un notevole decremento patrimoniale;

   a prescindere dalla suindicata qualificazione, al personale impiegato nel pronto intervento aereo, per i piloti collaudatori, sperimentatori, istruttori di volo, come espressamente prevede l'articolo 13, commi 1, 2, 3, 4 e 5 della citata legge n. 79 del 1983, il meccanismo perequativo suindicato è previsto anche con riferimento alle indennità speciali loro riconosciute;

   la mancata estensione del medesimo trattamento perequativo anche al personale subacqueo, in particolare a quello in possesso del brevetto di incursore o operatore subacqueo, con riferimento all'indennità supplementare di cui al citato articolo 9, determina, secondo l'interrogante, una evidente disparità di trattamento, con conseguente violazione dell'articolo 3 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di prevedere anche in favore del personale suindicato il diritto al cosiddetto trascinamento della medesima indennità.
(4-00983)

  Risposta. — La disciplina delle indennità di impiego operativo, di cui alla legge n. 78 del 1983, volte a riconoscere un peculiare trattamento economico in ragione dei rischio, dei disagi e delle responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego del personale militare opera un distinguo tra:

   a) operative fondamentali che sono strettamente connesse allo status di militare;

   b) operative supplementari che sono attribuite in relazione all'effettivo svolgimento di specifiche attività o a particolari condizioni di impiego operativo (indennità di comando, indennità di pronto intervento aereo, indennità per truppe da sbarco, incursori, sommozzatori, indennità di disagiata residenza, indennità di marcia, indennità di fuori sede).

  L'istituto del cosiddetto «trascinamento», di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394, prevede che al personale non più impiegato in tali particolari attività ed assegnato ad altri enti comandi vengano riconosciute, in luogo delle specifiche indennità operative, maggiorazioni percentuali dell'indennità di impiego operativo di base in relazione agli anni di servizio prestati nei reparti operativi e addestrativi con percezione delle predette specifiche indennità.
  In linea generale, l'istituto del trascinamento opera per le indennità operative fondamentali; tuttavia, per le sole indennità supplementari connesse al volo, previste dall'articolo 13 della legge n. 78 del 1983, è stabilita una specifica deroga al principio generale del divieto di trascinamento delle indennità operative supplementari, dall'articolo 5, comma 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002, laddove viene stabilito che i periodi di servizio prestati dal personale interessato diano «luogo alla maggiorazione dell'indennità di impiego operativo di base per ogni anno di servizio effettivamente prestato con percezione delle relative indennità...».

  In ragione di tali evidenze, l'estensione del sistema del «trascinamento» dell'indennità supplementare per operatori subacquei – oggetto dell'interrogazione in argomento – costituirebbe un'ulteriore deroga al generale divieto di trascinamento delle indennità operative supplementari snaturando, oltremodo, l'intero impianto logico-normativo del sistema di attribuzione delle indennità operative.
  In conclusione, si ritiene che la tematica possa e debba essere inquadrata all'interno di una revisione generale della materia che riveda profondamente i princìpi fondamentali ispiratori del trattamento economico del personale militare, al fine di valutare la possibilità concreta di introdurre l'estensione di tale ulteriore beneficio economico anche al personale evidenziato nell'atto.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DONZELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'ipogeo del Belvedere di Terricciola (PI) rappresenta l'apice di un esteso e complesso sistema sotterraneo capace di raccontare gli aspetti più antichi e reconditi di un'intera comunità e, in larga parte, di un'intera vallata: la Valdera, da sempre terra di mezzo fra Pisa e Volterra, area di importante patrimonio archeologico, agricolo e gastronomico;

   la probabile origine etrusca dell'ipogeo si interseca con un'altra grande risorsa di questa terra: il vino;

   sedici anni fa l'allora Gruppo archeologico Tectiana, associazione culturale senza scopo di lucro, facente parte dei gruppi archeologici d'Italia, nella persona di Lorenzo Bacci, concretizzò un progetto sinergico tra questa associazione, il comune di Terricciola e la Soprintendenza archeologica della Toscana, nella persona dell'ispettore per il territorio, dottor Giulio Ciampoltrini;

   venne concordato lo scavo e la musealizzazione del sito, acquistato dall'amministrazione comunale di Terricciola;

   l'anno successivo, il 10 maggio del 2003, l'ipogeo del Belvedere venne ufficialmente inaugurato;

   in dodici anni di gestione il sito ha visto l'ingresso di circa 23.000 persone;

   il gruppo archeologico di Tectiana ha chiesto che venisse formalizzata una convenzione per l'affidamento e la gestione dell'ipogeo;

   nel 2005 nasce l'idea di conservare, all'interno dell'ipogeo, la preziosa raccolta dei cippi funerari etruschi, di proprietà statale, rinvenuti sul territorio della stessa Terricciola. Una rarissima tipologia di segnacolo funerario tipica della cultura materiale dell'estrema Etruria Settentrionale, tutti rinvenuti dallo studioso Lorenzo Bacci;

   l'effettiva collocazione della collezione di cippi etruschi avviene nel 2007 –:

   a chi sia stata affidata, ad oggi, la gestione, la cura e la manutenzione dell'ipogeo;

   quali garanzie ci siano sullo stato di conservazione e manutenzione dei cippi funerari etruschi;

   cosa intenda fare per garantire la massima tutela e custodia del sito di cui in premessa.
(4-00889)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere a chi sia affidata la gestione, la cura e la manutenzione dell'ipogeo indicato in oggetto.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, si rappresenta quanto segue.
  I cippi funerari etruschi, oggetto dell'interrogazione, rientrano nel tipo dei cippi a clava, ben noti e ampiamente attestati in territorio etrusco con oltre cento esemplari.
  Nelle sue diverse caratterizzazioni (a clava, a bulbo, emisferico), il cippo è diffuso in un ambito geografico assai vasto che oltrepassa anche i limiti geografici dell'odierna Toscana.
  L'ipogeo del belvedere rappresenta un esempio di recupero del complesso archeologico di Terricciola di proprietà comunale.
  È, pertanto, il comune che ha la gestione, la cura e la manutenzione del medesimo.
  Lo stato di conservazione dei cinque cippi funerari in questione è ottimo, non si riscontrano anomalie o danni di alcun genere e i reperti non richiedono alcun tipo di manutenzione.
  Il 7 giugno 2018, nell'ambito del progetto volto alla valorizzazione dell'ipogeo del belvedere e dei materiali archeologici in esso contenuti, al fine di avviare i lavori all'interno dell'ipogeo stesso, i cinque cippi etruschi sono stati spostati dal personale del comune di Terricciola, sotto la supervisione di personale della soprintendenza.
  In questa occasione i cippi sono stati misurati, fotografati, schedati e i dati raccolti sono confluiti all'interno delle schede inventariali (MINP 1) predisposte dal Ministero per i beni e le attività culturali e compilate per ciascun reperto (n. inv.SABAP-PI 18.S121-1.614; 18.S121-1.615; 18.S121-1.616; 18.S121-1.617; 18.S121-1.618).
  Nessun danno è stato causato in occasione dello spostamento.
  Ad oggi, i cippi sono conservati in ambienti messi a disposizione dalla locale stazione dei carabinieri, dove verranno custoditi fino al completamento dei lavori all'interno dell'ipogeo.
  La ricollocazione nell'ipogeo avverrà sotto la supervisione del personale della soprintendenza.
  N
ell'ambito del «programma integrato di area per la valorizzazione, la riscoperta e la promozione dei borghi: dagli ipogei alle evidenze storiche tra fonti e percorsi» (strategia integrata di sviluppo locale 2014-2020 del GAL Etruria – Regione Toscana), è in corso un progetto specifico finalizzato alla valorizzazione dell'ipogeo del Belvedere e dei reperti archeologici di proprietà statale in esso conservati (step di progettazione nn. 1-4), finanziato dall'amministrazione comunale di Terricciola e dalla regione Toscana, sotto la direzione scientifica del personale della soprintendenza e in collaborazione con l'università di Pisa.
  Nello specifico, con riguardo agli aspetti di tutela e custodia, il progetto prevede la sostituzione del cancello d'ingresso con un nuovo portone metallico e la realizzazione dei sistemi di sicurezza anti-incendio e anti-intrusione, con l'utilizzo di telecamere a circuito chiuso.
  L'amministrazione comunale, a lavori ultimati, si è impegnata a garantire la conservazione e la valorizzazione dell'ipogeo e dei reperti archeologici che saranno richiesti in deposito al fine di promuoverne la conoscenza e assicurarne la fruizione pubblica potenziando al tempo stesso lo sviluppo di programmi di ricerca e didattica.
  

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   FASSINA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in base a quanto emergeva già da organi di stampa (La Repubblica) il direttore- manager tedesco Eike Schmidt della Galleria degli Uffizi di Firenze stava lavorando per dedicare un percorso autonomo all'interno del museo, più rapido, alternativo a quello completo, dislocato su due piani. Si tratta di un progetto la cui realizzazione avrebbe implicato una serie di traslochi a effetto domino in alcuni degli ambienti più iconici del museo, determinando più che un semplice riallestimento, un cambio radicale di prospettiva;

   a differenza di quanto deciso in passato da parte del precedente direttore Antonio Natali il quale aveva scelto di affiancare al Tondo Doni di Michelangelo la monumentale scultura antica dell'Arianna addormentata, in un allestimento di particolare suggestione, ora il relativo allestimento risulta essere a giudizio dell'interrogante discutibile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i suoi orientamenti in merito, considerato che la trasformazione è avvenuta per venire incontro al turismo di massa;

   se intenda assicurare, per quanto di competenza, iniziative volte a quantificare il costo di questa operazione.
(4-00708)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al nuovo allestimento delle sale della galleria degli Uffizi.
  Sulla base degli elementi forniti dal predetto Istituto si rappresenta quanto segue.
  I nuovi allestimenti si sono resi necessari per ripristinare un percorso narrativo logico che era stato stravolto nel corso dei decenni passati, in parte a causa di lavori di restauro e adeguamento delle varie sale.
  Per mostrare i dipinti di Leonardo è stato dunque necessario eleggere la sala nell'ala degli Uffizi (3° corridoio della galleria) opposta a quella in cui si trovano Botticelli e la Tribuna, creando un giusto contrappeso alla pressione del pubblico.
  Due grandi sale – fra le più ampie degli Uffizi – ben si prestavano allo scopo, la 35 e la 41.
  Nel rispetto della cronologia, Leonardo è dovuto necessariamente andare nella prima delle due sale, la n. 35, dove nel 2012 era stato trasferito Michelangelo.
  Precise ed evidenti ragioni museografiche imponevano, comunque, la realizzazione di una nuova sala di Michelangelo.
  Nell'ultima redazione (Natali 2012), l'allestimento del Tondo Doni del Buonarroti e delle opere ad esso affiancate presentava varie lacune ed errori.
  Uno dei problemi più gravi era costituito dall'aver collocato al centro della sala la monumentale scultura di epoca ellenistica raffigurante Arianna: si tratta infatti di una scultura da giardino concepita per una nicchia e quindi per una visione esclusivamente frontale e non centrale né circolare.
  Essa negli anni scorsi ha costituito un impedimento non trascurabile per i visitatori che si addensavano al cospetto del celebre Tondo di Michelangelo, e inoltre (dato l'affollamento) era assai complicato impedire che le persone inciampassero sulla scultura, con conseguenze per l'incolumità dei visitatori e dell'opera stessa.
  Per la sua posizione eccessivamente prominente l'Arianna, inoltre, veniva spesso erroneamente ritenuta opera di Michelangelo stesso.
  Un altro problema era costituito dal colore rosso delle pareti che si presentava piatto e sordo, dato che era di composizione sintetica e produzione industriale e, per quanto riguarda un'oggettiva valutazione ottica, esercitava sulla squillante pittura manierista un'interferenza fuorviante.
  Invece i colori neutri – grigio, bianco calce – attualmente scelti per le sale, di origine naturale e applicati a spatola con tecniche tradizionali, visti dal vivo non interferiscono in alcuna maniera con quelli dei dipinti.
  Per privilegiare la teoria dell'influenza di Michelangelo sugli artisti della scuola di San Marco, l'allestimento precedente aveva reso necessario spostare le opere di Raffaello in un altro ambiente, assolutamente incongruo nella sequenza cronologica delle opere: i dipinti di Raffaello erano stati infatti collocati in un corridoio dopo quelli della fine del Cinquecento, malgrado essi siano tutti da datare al periodo in cui l'artista era a Firenze, contemporaneamente a Leonardo e a Michelangelo, ovvero tra il 1504 e il 1508.
  Riportando i dipinti di Raffaello nella sala dove si trova il Tondo Doni di Michelangelo, si è provveduto dunque a ripristinare la sequenza cronologica corretta, inspiegabilmente stravolta dal direttore precedente, Antonio Natali.
  Le teche entro cui i dipinti sono stati inseriti hanno una precisa funzione che tiene conto dell'aumento di pubblico degli ultimi decenni: entro queste teche infatti sono stati collocati impianti con sensori che registrano umidità e temperature, e i dipinti sono protetti da vetri antisfondamento che hanno oltretutto la funzione di ridurre al minimo le variazioni microclimatiche e annullano ogni interferenza esterna, nello stesso tempo senza creare rifrazione.
  L'allestimento ha dunque un compito prevalente di tutela nei confronti di capolavori esposti, ogni anno, a oltre due milioni di visitatori.
  Come è stato giustamente evidenziato dai responsabili dell'opificio delle pietre dure di Firenze – uno dei più importanti e avanzati istituti di restauro – queste teche garantiscono un livello di sicurezza e di protezione delle opere assolutamente all'avanguardia rispetto a tutti gli altri musei del mondo.
  Dal punto di vista della fruizione da parte dei visitatori, i lavori murari di riapertura e restauro, a cura dello Stato, di antiche porte che ripristinano il flusso dei visitatori tra la sala di Leonardo e quella di Michelangelo, hanno oggi portato ad una migliorata accessibilità, permettendo un cammino di visita assai più fluido ed eliminando percorsi incrociati e inciampi.
  Per questi lavori murari e di restauro e per la revisione tecnico impiantistica – ad ogni modo prodromici a qualunque tipo di allestimento – sono stati spesi euro 100.000,00 dalla bigliettazione delle gallerie degli Uffizi.
  L'allestimento della nuova sala di Michelangelo e Raffaello è stato invece realizzato esclusivamente grazie all'elargizione liberale delle associazioni senza fine di lucro amici degli Uffizi e
friends of the Uffizi, che già nel 2012 avevano pagato in esclusiva il riallestimento della sala.
  Complessivamente gli amici degli Uffizi e i
friends of the Uffizi hanno speso euro 175.000,00 per realizzare la nuova sala di Michelangelo e di Raffaello.
  Nel 2012 invece le stesse associazioni avevano speso l'equivalente di circa euro 100.000,00 per l'allestimento dell'allora sala di Michelangelo.
  

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte San Michele, noto anche come ponte di Calusco-Paderno, è una delle infrastrutture principali per l'attraversamento dell'Adda e collegamento fondamentale tra la Bergamasca e il Lecchese. È inoltre un elemento viario di importanza strategica per raggiungere la provincia di Milano e il capoluogo lombardo;

   nella serata del 14 settembre 2018, a seguito di una indagine strutturale, Rete ferroviaria italiana ha ritenuto opportuno interdire il passaggio sul ponte sia per i treni che per le macchine, fino a quando non saranno assicurate le necessarie condizioni di sicurezza, valutando in due anni i tempi di risanamento e rimessa in pristino;

   l'amministrazione di Trenord ha messo a disposizione dei bus navetta per i pendolari e ha rinforzato i treni di collegamento, nel tentativo di tamponare i disagi causati dalla chiusura del ponte. Tuttavia, sono numerose le difficoltà che la chiusura sta causando sia alla viabilità, sempre più ingolfata, sia al trasporto di merci su rotaie;

   il ponte rappresenta peraltro un vero capolavoro di archeologia industriale del Paese ed è candidato per essere inserito nella lista Unesco dei patrimoni dell'umanità e meta di continue visite turistiche –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al riguardo, se del caso inserendo il suddetto cavalcaferrovia nel piano nazionale di interventi economici previsti per le arterie stradali del Paese, rappresentando esso una strategica struttura di collegamento.
(4-01160)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, il ponte San Michele, costruito nel triennio 1887-1889 dalla società nazionale delle officine di Savigliano, ha una circolazione promiscua: stradale, con le strade provinciali 54 e 166, e ferroviaria, dedicata esclusivamente al traffico pendolare.
  Nel corso degli anni, il ponte ha subito diversi interventi manutentivi e, a partire dal 2014, è stata attivata una campagna di indagine e caratterizzazione dello stato di conservazione dell'opera che ha costituito la base per lo sviluppo della progettazione definitiva degli interventi di manutenzione straordinaria.
  In particolare, per quanto riferisce Rete ferroviaria italiana, il progetto definitivo di manutenzione straordinaria dei componenti strutturali del ponte San Michele ha ricevuto autorizzazione e parere favorevole (ai sensi degli articoli 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) dalle competenti Soprintendenze e dal Segretariato regionale per la Lombardia del Ministero per
i beni e le atti vita culturali; detto provvedimento autorizzativo è vincolato alla valutazione del progetto esecutivo.
  Acquisite l'autorizzazione da parte delle province di Bergamo e Lecco e la certificazione della conformità urbanistica da parte dei comuni di Paderno e Calusco d'Adda, il 5 novembre 2018 sono stati avviati i lavori di manutenzione della piattaforma stradale del ponte; il programma lavori prevede la riapertura al traffico ciclopedonale del ponte entro la prossima primavera. Entro fine anno sarà inoltre bandita la gara per l'affidamento dei lavori specialistici sulle parti strutturali del ponte.
  Per quanto riguarda l'ipotesi di realizzazione di un ponte provvisorio, nel corso dell'ultimo incontro in prefettura di Bergamo il rappresentante del genio pontieri di Piacenza ha rappresentato la mancata convenienza tecnico-economica della realizzazione di un ponte galleggiante costruito da personale militare, in quanto presenterebbe condizioni di esercibilità molto critiche (passaggio di soli mezzi militari e necessità di costante presidio).
  L'importo previsto dei lavori di manutenzione della piattaforma stradale e di intervento alle parti strutturali del ponte è di circa 21,6 milioni di euro, di cui 1,6 milioni finanziati da regione Lombardia.
  Da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si assicura il monitoraggio del prosieguo dell’
iter affinché i necessari interventi possano concludersi nei tempi più celeri possibili.
  Si segnala da ultimo che proprio per contenere i tempi di realizzazione di tale opera, in sede di conversione del decreto-legge Genova (legge n. 130 del 2018) è stato introdotto l'articolo 16-
bis che ha modificato il comma 9 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014; pertanto le misure straordinarie di cui ai commi da 1 a 8-bis del citato articolo 1 per lo sblocco e la celere realizzazione degli interventi sugli assi ferroviari ivi indicati si applicano anche alla manutenzione straordinaria del ponte ferroviario e stradale San Michele sull'Adda. Inoltre, si evidenzia che il comma 1 del predetto articolo 1 nomina quale commissario alla realizzazione delle opere l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse notti, un gruppo di facinorosi con evidenti simpatie per l'estrema sinistra, ha affisso alcuni striscioni su pubbliche proprietà, prendendo di mira alcuni esponenti dell'amministrazione comunale di Piacenza, e segnatamente: gli assessori Sgorbati e Polledri e il consigliere comunale Domeneghetti;

   appare oltremodo chiaro, dalla lettura dei predetti striscioni, il tentativo di intimidire alcuni amministratori pubblici, colpevoli unicamente di avere avviato percorsi trasparenti per quanto riguarda l'erogazione di alcuni servizi comunali, per di più con evidente e significativo risparmio per le casse comunali;

   addirittura, sullo striscione riguardante il cosiddetto centro sociale Spazio 4, risultano chiare le espressioni di minaccia di morte nei confronti del consigliere Domeneghetti –:

   se risultino avviate indagini per assicurare alla giustizia gli autori dei fatti su indicati e quali iniziative si intendano assumere per evitare che gli stessi possano ripetersi.
(4-00056)

  Risposta. — Nella notte tra il 31 marzo ed il 1° aprile 2018 ignoti hanno abusivamente affisso sulle cancellate esterne del comune di Piacenza tre striscioni con scritte offensive rivolte nei confronti dei due assessori e del consigliere comunale, citati nell'atto di sindacato ispettivo, per contestare le scelte dell'amministrazione comunale circa l'uso degli spazi pubblici a fini culturali.
  Gli striscioni, di contenuto intimidatorio, sono stati comunque prontamente rimossi dalle forze dell'ordine e dalla polizia locale e sull'accaduto la procura della Repubblica di
Piacenza, a seguito di un esposto trasmesso dalla locale Questura, ha aperto un procedimento penale a carico di ignoti.
  Il predetto ufficio requirente ha riferito che dalle informazioni acquisite non si è potuto risalire agli autori del gesto, anche per l'assenza sul posto di un sistema di videosorveglianza, e che, allo stato, non appare esperibile ulteriore attività di indagine.
  Su un piano generale, va segnalato che il Ministero dell'interno ha da tempo potenziato i livelli di attenzione intorno al fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, in quanto potenzialmente in grado di condizionare l'esercizio democratico delle funzioni elettive e di governo delle istituzioni locali.
  A tal riguardo, presso il Viminale è stato costituito, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 105 del 2017, uno specifico osservatorio con il compito di:

   favorire e potenziare lo scambio di informazioni e il raccordo tra Stato e gli enti locali;

   individuare strumenti di contrasto e indicare strategie di prevenzione del fenomeno in questione;

   promuovere iniziative di formazione rivolte agli amministratori locali, con particolare riferimento alle giovani generazioni.

  L'organismo è composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e dell'Unione province d'Italia (Upi), e si avvale di un organismo tecnico di supporto che opera presso il dipartimento della pubblica sicurezza.
  L'osservatorio ha anche la funzione di individuare iniziative di supporto agli amministratori vittime di episodi intimidatori, tenendo conto delle caratteristiche delle realtà nelle quali svolgono il loro mandato. A questo scopo è prevista la creazione presso le prefetture capoluogo di regione, di Osservatori regionali ed, eventualmente, di sezioni provinciali in quelle realtà territoriali maggiormente interessate al fenomeno.
  Si informa, infine, che i dati relativi al 1° semestre del 2018 evidenziano una flessione del numero degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali su base nazionale, con 309 episodi rispetto ai 342 allo stesso periodo dell'anno scorso (-9,6 per cento).

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FRASSINETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   pur non potendo far parte dell'organizzazione della Nazioni Unite, il Governo di Taipei ha deciso di portare avanti le campagne promosse dalle Nazioni Unite con l'iniziativa «Taiwan, un Partner Globale Vitale nell'Implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)» che si richiama al tema della 73a Assemblea generale di quest'anno «Rendere le Nazioni Unite rilevanti per tutti: leadership globale e responsabilità condivise per società pacifiche, eque e sostenibili»;

   Taiwan da sempre si appella, con il suo concreto impegno, alla intera comunità internazionale affinché riconosca la sua determinazione a contribuire alla soluzione dei problemi regionali e globali;

   alcuni governi si sono rivolti al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, affinché consideri l'esigenza di risolvere la questione dell'esclusione dei 23 milioni di taiwanesi dal sistema dell'Onu, in armonia e coerenza con lo spirito fondativo della Carta delle Nazioni Unite, e sostenendo principi di giustizia, eguaglianza e correttezza, in quanto il popolo di Taiwan dovrebbe essere trattato allo stesso modo di quelli di tutte le altre nazioni del mondo;

   gli obbiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu riguardano il benessere e l'avvenire di tutta l'umanità, ed è ingiusto e assurdo che Taiwan continui ad essere lasciata indietro;

   il Parlamento europeo, nella sua risoluzione approvata il 12 settembre 2018, al paragrafo 65 «ribadisce il suo costante sostegno a una partecipazione significativa di Taiwan a organizzazioni internazionali come l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l'organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO), in quanto la continua esclusione del Paese non è in linea con gli interessi dell'Unione europea» –:

   quali passi intenda compiere il Governo per concorrere, insieme all'Unione europea, a una appropriata soluzione che ponga fine alla emarginazione dei 23 milioni di cittadini taiwanesi e dei suoi legittimi rappresentanti democraticamente eletti dalle organizzazioni e agenzie internazionali delle Nazioni Unite.
(4-01280)

  Risposta. — L'Italia aderisce, al pari degli altri Paesi membri dell'Unione europea, alla politica «una sola Cina». A livello bilaterale, la presenza di un ufficio di rappresentanza di Taipei a Roma e di una delegazione speciale italiana a Taipei garantiscono comunque il mantenimento di una cooperazione sia in materia economico-commerciale che in campo culturale con Taipei.
  Sul piano multilaterale, l'Italia guarda con favore ad una partecipazione significativa di Taiwan ai fori multilaterali, a condizione che quest'ultima risulti compatibile con l'adesione del nostro Paese alla politica «una sola Cina». Vi è consapevolezza, infatti, che da un punto di vista giuridico il coinvolgimento di Taiwan nei fori internazionali dipende esclusivamente da specifici meccanismi d'intesa con la Repubblica popolare cinese, unica entità statuale cinese riconosciuta come tale dalle Nazioni Unite. Purtroppo, la situazione tra le due sponde dello Stretto ha fatto sì che a partire dal 2017, il meccanismo non sia stato più messo in opera da parte della Repubblica popolare cinese. Di fatto, in assenza dell'attivazione del meccanismo d'intesa sopra menzionato, né il segretariato dell'organizzazione né gli Stati membri dispongono di margini per assicurare la partecipazione di Taiwan all'AMS (Assemblea mondiale sanità).
  Da parte italiana si continuerà a mantenere l'attenzione sulla questione e ad auspicare con gli altri Paesi dell'Unione europea l'individuazione di soluzioni pragmatiche alla partecipazione di Taiwan nei contesti internazionali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   FREGOLENT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il teatro regio di Torino, costruito nel 1740, è da secoli un punto di riferimento a livello mondiale per l'opera lirica;

   il teatro regio (si legge nel sito istituzionale) è «una realtà che emerge nel panorama internazionale per l'altissimo prestigio artistico, come dimostrano i riconoscimenti raccolti nelle tournée che lo hanno visto protagonista in tutto il mondo, il numero sempre più elevato di cd e dvd di successo e le coproduzioni con i più celebri teatri italiani ed europei. Oltre al prestigio artistico, il Teatro Regio si distingue per un'attentissima gestione delle risorse che gli ha assicurato un equilibrio economico-finanziario anche in presenza dei consistenti tagli ai finanziamenti»;

   l'ente autonomo teatro Regio di Torino è amministrato, secondo quanto disposto dalla legge, da una apposita Fondazione. Secondo lo statuto di tale Fondazione, l'unico organo di gestione è rappresentato dal sovrintendente che viene nominato (articolo 10.1 lettera a)) dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta del consiglio d'indirizzo;

   il consiglio d'indirizzo è composto da sette componenti. Ne fa parte il presidente della Fondazione che lo presiede. Un componente è nominato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, uno dalla regione Piemonte e uno dalla città di Torino. Ciascuno dei restanti tre componenti può essere nominato di diritto dai soggetti privati che, come singoli o cumulativamente, assicurino, per i tre anni successivi al loro ingresso nella Fondazione, un apporto annuo non inferiore al cinque per cento del totale dei finanziamenti statali;

   l'articolo 10.2 dello statuto dispone che il sovrintendente debba «essere scelto tra persone dotate di specifica e comprovata esperienza nel settore dell'organizzazione musicale e della gestione di enti consimili». Tra i compiti del sovrintendente vi sono la direzione artistica ma anche la predisposizione del bilancio di esercizio;

   recentemente, dopo 19 anni, il consiglio d'indirizzo ha proposto di nominare un nuovo sovrintendente nella figura di William Graziosi. La votazione ha portato numerosi contrasti all'interno di tale organismo: uno dei sette componenti non ha partecipato all'assemblea, mentre due si sono addirittura dimessi in contrasto con tale scelta; il rappresentante del Ministero ha però votato a favore di tale nominativo anche se, riportano indiscrezioni sulla stampa, «nel caso di decisioni prese dagli enti locali (comune di Torino e regione Piemonte) la “moral suasion” avviene prima del voto»;

   i contrasti sono emersi a causa dei dubbi, riportati anche dai mezzi di informazione, relativi alle capacità professionali e manageriali di William Graziosi che si era dovuto dimettere nel mese di dicembre 2017 da amministratore delegato della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi a causa di un disavanzo di bilancio che i media quantificano in 600 mila euro;

   altre criticità sulla figura di William Graziosi riguarderebbero i titoli accademici: questi risulterebbe infatti titolare di una laurea in economia aziendale conseguita in una università della Svizzera –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, in virtù della rilevanza nazionale ed internazionale del teatro regio di Torino ed in relazione alle modalità di scelta del suo nuovo Sovrintendente, sospendere il procedimento di nomina per dare l'opportunità al consiglio d'indirizzo di approfondire la questione dell'idoneità all'incarico di William Graziosi e valutare ulteriori nominativi per questo prestigioso incarico.
(4-00146)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di sapere se si ritiene necessario, in virtù della rilevanza nazionale ed internazionale del teatro regio di Torino ed in relazione alle modalità di scelta del suo nuovo sovrintendente, sospendere il procedimento di nomina di William Graziosi per dare l'opportunità al consiglio d'indirizzo di approfondire la questione dell'idoneità all'incarico e valutare ulteriori nominativi per questo prestigioso incarico.
  Riguardo alle criticità lamentate in ordine alla scelta del nuovo sovrintendente William Graziosi, si comunicano, sulla base delle precisazioni fornite dalla Direzione generale dello spettacolo, i seguenti elementi.
  Ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 112 del 2013 e successive modificazioni nonché ai sensi degli articoli 8 e 10 dello Statuto del teatro Regio di Torino, il consiglio di indirizzo propone all'autorità statale competente in materia di spettacolo il nominativo per la carica di sovrintendente.
  La delibera in questione deve avere il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio di indirizzo.
  L'articolo 13 del decreto legislativo n. 367 del 1996 e successive modificazioni, prevede, inoltre, che il sovrintendente sia scelto tra persone dotate di specifica e comprovata esperienza nel settore dell'organizzazione musicale e della gestione di enti consimili.
  In tal senso, con nota del 24 aprile 2018, il segretario del consiglio di indirizzo della fondazione teatro regio di Torino ha trasmesso – a seguito delle dimissioni dalla carica di sovrintendente rassegnate dal dottor Vergnano – la delibera approvata in data 24 aprile 2018 dal consiglio di indirizzo, contenente – ai sensi della normativa succitata – la proposta di nomina di William Graziosi quale sovrintendente del teatro di Torino.
  La delibera in questione è stata assunta con il voto della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio di indirizzo: su sei componenti presenti al momento della deliberazione – su un numero complessivo di 7 componenti – n. 4 componenti hanno votato a favore di tale proposta mentre due componenti hanno manifestato il proprio voto contrario.
  Ciò stante, con decreto ministeriale 2 maggio 2018, rep. n. 217, – tenuto conto di quanto sopra esposto nonché del
curriculum vitae di William Graziosi, da cui emerge una specifica e comprovata esperienza nel settore dell'organizzazione musicale e della gestione di enti consimili – si è provveduto alla nomina di William Graziosi quale sovrintendente della fondazione teatro Regio di Torino.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte San Michele (o di Paderno), che collega Paderno e Calusco d'Adda, è stato costruito nel 1887 su progetto di Julius Rothlisberger dalla società nazionale delle officine di Savigliano ed è usato per la circolazione sia stradale, sia ferroviaria (strada provinciale n. 54, strada provinciale n. 166). Ha una lunghezza di 267 metri e nel corso degli anni è stato oggetto di diversi interventi, già dalla fine della seconda guerra mondiale. Dal 2014, il ponte è stato posto sotto monitoraggio continuo, con prove di resistenza della struttura e analisi dello stato dei materiali, attraverso prove magnetoscopiche e indagini endoscopiche;

   nel mese di novembre 2015, si è conclusa la campagna d'indagine strutturale e di caratterizzazione dello stato di degrado del ponte di Paderno e, in considerazione dei risultati positivi ottenuti da tale campagna di analisi, Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha dato avvio alla progettazione definitiva di un intervento di manutenzione straordinaria che consentirà di adeguare la struttura al passaggio dei treni viaggiatori e merci, di eliminare limitazioni di velocità dei convogli ferroviari, di consentire la contemporaneità del traffico stradale con quello ferroviario, e di riaprire i camminamenti laterali alla sede stradale;

   in data 14 settembre 2018 Rfi ha disposto la chiusura d'urgenza del ponte per improcrastinabili interventi di manutenzione straordinaria, decisi a seguito dei continui e costanti controlli che hanno evidenziato una riduzione dei margini di sicurezza del ponte; tale chiusura ha interrotto la comunicazione sia stradale che ferroviaria tra due province importantissime per i rapporti commerciali e le attività di impresa, come Bergamo e Lecco;

   il 13 settembre 2018, un giorno prima della chiusura, la provincia di Lecco aveva ricevuto una comunicazione da Rfi, che evidenziava la chiusura del ponte San Michele, dal 15 ottobre al 15 novembre 2018, per lavori importanti alla sede stradale, ai parapetti, ai camminamenti. La motivazione notava che «marcate irregolarità del piano viabile, unitamente al dissesto dei giunti, inducono vibrazioni nelle strutture del ponte, che alla lunga rischiano di incidere negativamente sulle sue capacità portanti»;

   i lavori avrebbero dovuto iniziare ad ottobre 2018 e durare circa 2 anni, ma nessuna autorità competente aveva mai ipotizzato la chiusura completa del ponte;

   ogni giorno transitavano sul ponte 50 treni e, secondo la provincia di Lecco, 15.000/20.000 veicoli; si tratta per lo più di pendolari che si spostano per motivi di studio e di lavoro; molto di questo traffico si è ora spostato sul ponte di Brivio (che anche necessita di lavori di manutenzione straordinaria), che registra lunghe code, creando un fortissimo disagio ai pendolari, già penalizzati dalla chiusura del ponte San Michele, con aumento dei tempi di percorrenza, spese e inquinamento ambientale conseguente al consistente traffico stradale –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza, anche adottando procedure straordinarie, ai fini della celere realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria del ponte di Paderno, allo scopo di ripristinare il collegamento stradale e ferroviario, in sicurezza, tra le due province di Bergamo e Lecco.
(4-01221)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, il ponte San Michele, costruito nel triennio 1887-1889 dalla società nazionale delle officine di Savigliano, ha una circolazione promiscua: stradale, con le strade provinciali 54 e 166, e ferroviaria, dedicata esclusivamente al traffico pendolare.
  Nel corso degli anni, il ponte ha subito diversi interventi manutentivi e, a partire dal 2014, è stata attivata una campagna di indagine e caratterizzazione dello stato di conservazione dell'opera che ha costituito la base per lo sviluppo della progettazione definitiva degli interventi di manutenzione straordinaria.
  In particolare, per quanto riferisce Rete ferroviaria italiana, il progetto definitivo di manutenzione straordinaria dei componenti strutturali del ponte San Michele ha ricevuto autorizzazione e parere favorevole (ai sensi degli articoli 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) dalle competenti Soprintendenze e dal Segretariato regionale per la Lombardia del Ministero per i beni e le attività culturali; detto provvedimento autorizzativo è vincolato alla valutazione del progetto esecutivo.
  Acquisite l'autorizzazione da parte delle province di Bergamo e Lecco e la certificazione della conformità urbanistica da parte dei comuni di Paderno e Calusco d'Adda, il 5 novembre 2018 sono stati avviati i lavori di manutenzione della piattaforma stradale del ponte; il programma lavori prevede la riapertura al traffico ciclopedonale del ponte entro la prossima primavera. Entro fine anno sarà inoltre bandita la gara per l'affidamento dei lavori specialistici sulle parti strutturali del ponte.
  Per quanto riguarda l'ipotesi di realizzazione di un ponte provvisorio, nel corso dell'ultimo incontro in prefettura di Bergamo il rappresentante del genio pontieri di Piacenza ha rappresentato la mancata convenienza tecnico-economica della realizzazione di un ponte galleggiante costruito da personale militare, in quanto presenterebbe condizioni di esercibilità molto critiche (passaggio di soli mezzi militari e necessità di costante presidio).
  L'importo previsto dei lavori di manutenzione della piattaforma stradale e di intervento alle parti strutturali del ponte è di circa 21,6 milioni di euro, di cui 1,6 milioni finanziati da regione Lombardia.
  Da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si assicura il monitoraggio del prosieguo dell’
iter affinché i necessari interventi possano concludersi nei tempi più celeri possibili.
  Si segnala da ultimo che proprio per contenere i tempi di realizzazione di tale opera, in sede di conversione del decreto-legge Genova (legge n. 130 del 2018) è stato introdotto l'articolo 16-
bis che ha modificato il comma 9 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014; pertanto le misure straordinarie di cui ai commi da 1 a 8-bis del citato articolo 1 per lo sblocco e la celere realizzazione degli interventi sugli assi ferroviari ivi indicati si applicano anche alla manutenzione straordinaria del ponte ferroviario e stradale San Michele sull'Adda. Inoltre, si evidenzia che il comma 1 del predetto articolo 1 nomina quale commissario alla realizzazione delle opere l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   LATTANZIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   in queste ultime settimane è apparso sulle reti televisive italiane e circolato su internet lo spot pubblicitario per Matera 2019, in cui due turisti si aggirano in una Matera «provinciale e dimenticata», popolata da anziani seduti in panchina, bambini che giocano a nascondino e musicisti popolari;

   lo spot pone innegabilmente in primo piano la bellezza paesaggistica e selvaggia della città di Matera, ma non risponde all'esigenza di trasmettere una immagine della città come culturalmente attiva e in fermento, in grado di stimolare la curiosità e il desiderio di partecipazione di un più ampio pubblico di respiro europeo;

   a seguito di diversi incontri tenuti da componenti della Commissione cultura in relazione allo stato dell'avanzamento dei lavori di programmazione di Matera 2019, si palesa sempre più concretamente il timore di constatare che il provincialismo della finzione scenografica dello spot possa caratterizzare tutto il cartellone e il programma culturale di Matera 2019;

   in una intervista pubblicata il 31 luglio 2018 sul quotidiano «Il Mattino», il Ministro interrogato affermava che la cultura per il Sud è la nuova rivoluzione industriale. In merito a Matera 2019 il Ministro affermava che la città della cultura dovrà essere un banco di prova per il Paese in modo da «far vedere chi siamo»;

   lo stato attuale dei lavori su Matera 2019, sia dal punto di vista culturale e programmatico che da quello infrastrutturale, rischia però di compromettere concretamente l'opportunità di mostrare all'Europa ed al mondo la capacità del Sud e del nostro Paese di gestire una occasione così importante come quella offerta dal titolo di Capitale europea della cultura;

   il 30 luglio 2018, la visita del Ministro per il Sud a Matera ha messo in luce lo stato di arretratezza dei lavori in città. In particolare, si è evidenziato il gravissimo ritardo sulla riqualificazione di piazza della Visitazione, considerata come uno dei primi punti di approdo dei turisti in città, proprio per la prossimità con la stazione centrale;

   nonostante le rassicurazioni della vicepresidente della regione Basilicata, Flavia Franconi, consapevole che si sta «per mettere la Basilicata e il Mezzogiorno sul palcoscenico d'Europa e del mondo», è evidente la mancanza di tutto un assetto infrastrutturale che comprende parcheggi, certellonistica di informazione, come pure i luoghi deputati ad ospitare gli eventi previsti durante la stagione invernale, si pensi al richiamo delle scorse settimane di Riccardo Muti sulle regioni italiane che sono ancora senza teatro; a tali ritardi si associa l'assenza di un'analisi prospettica dei flussi turistici attesi per il 2019, aspetto questo che complica ancora di più la definizione di parametri chiari per l'organizzazione di una efficace gestione della viabilità, dell'accoglienza le della ricezione turistica;

   ancor più grave risulta essere l'assenza di un cartellone di eventi capace di far comprendere fino a che punto siano state messe in atto dalla Fondazione Matera 2019 — che gestisce il comparto culturale dell'evento — tutte le strategie programmatiche necessarie a garantire eventi ed attività all'altezza della situazione e capaci di cogliere questa grande opportunità. Risulta chiara l'assenza di un coinvolgimento pieno ed effettivo di tutte le istituzioni culturali presenti sul territorio che potrebbero invece fornire un supporto più che valido grazie alla consapevolezza del potenziale che la città può offrire –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, iniziative in relazione alla richiesta di una maggiore trasparenza in merito alle attività della Fondazione Matera e degli attori coinvolti nella programmazione culturale e infrastrutturale, politica e di un massimo potenziamento del progetto culturale in modo da garantire a Matera 2019 un reale respiro europeo ed internazionale.
(4-00907)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha manifestato preoccupazione per i notevoli ritardi dei cantieri ancora aperti che rischiano di compromettere il regolare svolgimento della manifestazione relativa a Matera 2019 – capitale europea della cultura.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Le apprensioni riportate nell'interrogazione parlamentare sono già state individuate e condivise dal Ministro nei primi giorni di luglio, a seguito della visita a Matera effettuata insieme alla collega titolare del dicastero del sud, Barbara Lezzi.
  Il Ministro, già in quell'occasione si è immediatamente attivato confrontandosi con tutti i soggetti istituzionali impegnati a livello organizzativo e operativo (comune di Matera, regione Basilicata, provincia di Matera, fondazione Matera Basilicata 2019, Invitalia, Anas, Ferrovie Appulo Lucane).
  Successivamente a tale incontro, in data 18 luglio 2018, ha incontrato il presidente e il Direttore della fondazione di partecipazione Matera-Basilicata 2019, Salvatore Adduce e Paolo Verri, per un ulteriore aggiornamento sullo stato di avanzamento del programma culturale in vista della visita a Plovdiv e delle iniziative da avviare congiuntamente tra le due capitali europee della cultura 2019.
  Nella riunione sono state illustrate al Ministro le principali attività che si terranno nel corso del 2019 e la loro articolazione e scansione nell'arco dell'anno.
  Il Ministro ha chiesto ai vertici della Fondazione un nuovo aggiornamento nel corso di un'ulteriore visita a Matera che si è tenuta in data 8 agosto 2018.
  Il Ministro, inoltre, ha convocato in data 4 settembre un incontro con la fondazione Matera Basilicata 2019 e i rappresentanti degli operatori turistici sul tema di Matera 2019 al fine di favorire il coordinamento tra i soggetti coinvolti e un allineamento del calendario.
  Da quanto sopra risulta evidente l'impegno del Ministro e del Ministero, riguardo al programma culturale, finalizzato ad evitare ogni possibile forma di disguido e garantire il buon esito della manifestazione.

  Si è ben consapevoli dell'importanza che rappresenta Matera 2019 per i cittadini di Matera, per la Basilicata e per tutto il Mezzogiorno.
  È l'occasione per aumentare l'autostima del Mezzogiorno: si può realizzare nei fatti qualcosa di eccezionale, a livello internazionale, in una realtà non semplice.
  L'impegno dell'amministrazione è focalizzato ottimisticamente nel realizzare questo obiettivo.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto segnalato dal «Fatto Quotidiano» in data 13 giugno 2018, tantissimi artisti e operatori culturali hanno perso il lavoro. Sono stati azzerati i loro contributi dopo anni di attività svolta e dopo aver creato centinaia di spettacoli e offerto opportunità di lavoro a centinaia di artisti, in virtù di un decreto «FUS» del 2015, che sancisce la possibilità di essere sovvenzionati solo ai soggetti che hanno superato uno sbarramento «artistico», stabilito con giudizio insindacabile da commissari esterni;

   tutto ciò, denuncia il Fatto Quotidiano, è avvenuto in prossimità della fine della passata legislatura, nel momento in cui sono state «tempestivamente» nominate le commissioni ministeriali di durata triennale, che hanno operato una dubbia selezione dei progetti assegnatari del Fondo unico per lo spettacolo;

   la tempestiva nomina dei commissari, che hanno avuto la «discrezionalità» nella scelta dei progetti assegnatari del Fondo unico per lo spettacolo, ha decretato la fine di tante realtà culturali. I «Direttori artistici della cultura italiana», si legge nell'articolo del Fatto Quotidiano, hanno deciso in fretta e furia. Mai commissioni furono chiamate a esprimersi con tale celerità nella storia del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, cancellando tante realtà culturali. Si è dato luogo a vere e proprie «epurazioni ingiustificate, immotivate e insindacabili» di progetti di oggettivo valore culturale –:

   quali urgenti iniziative intenda attuare per chiarire i criteri di assegnazione del Fondo unico per lo spettacolo e se non ritenga, in attesa delle opportune verifiche, di sospendere l'attuale riparto;

   in che modo il Ministro interrogato intenda impedire che artisti e operatori culturali di comprovato valore tecnico e artistico, che operano da anni nel mondo dello spettacolo e che hanno contribuito a rendere l'Italia prestigiosa nel mondo, perdano le loro opportunità lavorative e se non ritenga necessario valutare nuovi e più trasparenti criteri per l'assegnazione del Fondo unico per lo spettacolo.
(4-00488)


   MOLLICONE, FRASSINETTI, MARROCCO, PALMIERI, CASCIELLO, SACCANI JOTTI, APREA, MARIN, SGARBI e PATELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   sono in pubblicazione le graduatorie per l'assegnazione delle risorse del fondo unico per lo spettacolo 2018/2020 ripartite in base al decreto ministeriale 28 febbraio 2018;

   le suddette graduatorie sono state stilate da commissioni nominate a fine legislatura dal Ministro uscente Franceschini;

   i verbali pubblicati sul sito del Ministero per i beni e le attività culturali evidenziano, a giudizio degli interroganti, che i tempi di esame da parte dei commissari sono stati di poche ore a fronte di centinaia di istanze sviluppando quello che appare un tempo medio di analisi per proposta triennale, umanamente impossibile, di pochi secondi a commissario;

   l'esito di queste commissioni azzera più di 140 imprese storiche e di riconosciuto valore storico, come dimostrato dalle graduatorie del passato triennio, creando un danno occupazionale di oltre 2000 persone fra artisti e tecnici, oltre che un irreparabile danno di immagine –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare per chiarire i criteri di assegnazione del fondo unico per lo spettacolo e se non ritenga, in attesa delle opportune verifiche, di assumere iniziative per sospendere l'attuale riparto nominando una commissione terza interna al fine di riesaminare la posizione degli esclusi dalle attuali graduatorie in autotutela per evitare contenziosi o, in subordine, aumentare i fondi per estendere il numero degli assegnatari andando a recuperare almeno parte degli attuali esclusi;

   in che modo il Ministro interrogato intenda garantire nuovi e più trasparenti criteri per l'assegnazione del fondo unico per lo spettacolo e maggiori risorse, nonché l'applicazione della normativa in tema di spoil system per il cambio dei dirigenti apicali in forza agli uffici ministeriali al fine di garantire quella discontinuità gestionale annunciata nel contratto di Governo.
(4-00735)

  Risposta. — Si riscontrano gli atti di sindacato ispettivo in esame, con i quali l'interrogante ha chiesto di conoscere i criteri di riparto del Fus e se questa amministrazione, effettuate le opportune verifiche, ritiene opportuno sospendere l'attuale situazione di riparto ed individuare nuovi e più trasparenti criteri di assegnazione del Fus.
  Sulla base delle precisazioni fornite dalla direzione generale dello spettacolo, si rappresenta quanto segue.
  Il finanziamento pubblico nazionale allo spettacolo prevede la concessione di contributi triennali, da erogare annualmente, a soggetti pubblici e privati che svolgono professionalmente attività di produzione, programmazione, promozione di musica, teatro, danza, circo, secondo le specifiche condizioni e i requisiti minimi richiesti per le diverse tipologie dal decreto ministeriale 27 luglio 2017 recante «Criteri e modalità per l'erogazione, l'anticipazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163».
  Per progetto si intende l'insieme delle attività che rispondono agli obiettivi generali di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 27 luglio 2017, ovvero agli «obiettivi strategici del sostegno allo spettacolo dal vivo» che sono:

   a) concorrere allo sviluppo del sistema dello spettacolo dal vivo, favorendo la qualità dell'offerta, anche a carattere multidisciplinare, e la pluralità delle espressioni artistiche, i progetti e i processi di lavoro a carattere innovativo, la qualificazione delle competenze artistiche, l'interazione tra lo spettacolo dal vivo e l'intera filiera culturale, educativa e del turismo;

   b) promuovere l'accesso, sostenendo progetti di rilevanza nazionale che mirino alla crescita di una offerta e di una domanda qualificate, ampie e differenziate, e prestando attenzione alle fasce di pubblico con minori opportunità;

   c) favorire il ricambio generazionale, valorizzando il potenziale creativo dei nuovi talenti;

   d) creare i presupposti per un riequilibrio territoriale dell'offerta e della domanda;

   e) sostenere la diffusione dello spettacolo italiano all'estero e i processi di internazionalizzazione, in particolare in ambito europeo, attraverso iniziative di co-produzione artistica, collaborazione e scambio, favorendo la mobilità e la circolazione delle opere, lo sviluppo di reti di offerta artistico culturale di qualificato livello internazionale;

   f) valorizzare la capacità dei soggetti di reperire autonomamente ed incrementare risorse diverse e ulteriori rispetto al contributo statale, di elaborare strategie di comunicazione innovative e capaci di raggiungere pubblici nuovi e diversificati, nonché di ottenere riconoscimenti dalla critica nazionale e internazionale;

   g) sostenere la capacità di operare in rete tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale.

  Il primo comma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 27 luglio 2017 definisce il sistema di valutazione delle domande, stabilendo quanto segue: «nel primo anno del triennio di riferimento una volta effettuata la verifica documentale del progetto triennale e del programma annuale (...) da parte dell'amministrazione, le commissioni consultive competenti per materia valutano, secondo i parametri di cui all'Allegato B al decreto e previa suddivisione delle domande nei sottoinsiemi ai sensi del comma 3 del presente articolo, il raggiungimento della soglia minima di ammissibilità qualitativa, pari a dieci punti. Qualora il punteggio conseguito dalla singola domanda sia inferiore a dieci punti, la domanda stessa è respinta per carenza di qualità artistica».
  In analogia con quanto già disposto con la precedente disciplina (il decreto ministeriale 1° luglio 2014), il decreto di cui sopra, in attuazione dell'articolo 9 della legge n. 112 del 2013 individua infatti «i criteri per l'erogazione e le modalità per la liquidazione e l'anticipazione dei contributi allo spettacolo dal vivo. I criteri di assegnazione tengono conto dell'importanza culturale della produzione svolta, dei livelli quantitativi di affluenza del pubblico, della regolarità gestionale degli organismi».
  Da ciò consegue la centralità di una valutazione attribuita sulla base di parametri che afferiscono alla qualità artistica e progettuale, posta come preliminare condizione di ammissibilità per ottenere il contributo finanziario dello Stato, inteso appunto non come intervento a «sostegno» di una impresa in quanto tale, ma come «intervento di investimento», destinato a premiare e a potenziare i migliori progetti candidati, contribuendo, così, alla crescita, allo sviluppo e alla qualificazione dell'offerta e della domanda del sistema dello spettacolo nel suo complesso, per la sua specifica ed identitaria funzione nella società, a partire dalle professionalità che gli sono proprie.
  Sulla base degli obiettivi strategici sopra ricordati, quindi, l'intervento pubblico a favore dello spettacolo è finalizzato ai progetti proposti da quelle imprese più coerenti nel perseguimento e nella valorizzazione degli obiettivi stessi, declinati in obiettivi operativi, come indicato nelle griglie di qualità artistica allegate al decreto ministeriale 27 luglio 2017 e nella realizzazione di quei fenomeni ad essi associati, che il decreto predetermina e pertanto noti
ex ante a tutti i candidati.
  Ogni nuovo triennio apre, dunque, la possibilità che nuovi soggetti possano candidare i rispettivi progetti, accanto agli organismi già assegnatari in passato di contributi, con una competizione che a partire dal precedente triennio, ovvero dal 2015, si rinnova all'inizio di ogni triennalità.
  Il decreto ministeriale 27 luglio 2017, in continuità con il precedente decreto ministeriale 1° luglio 2014, non si basa, infatti, sul principio della storicità di un organismo come valore in sé o della continuità della contribuzione, quanto piuttosto sulla capacità di aderire agli obiettivi strategici richiesti, declinati in obiettivi operativi e questi in fenomeni individuati per ogni tipologia di attività e a cui corrispondono i punteggi attraverso i quali le Commissioni competenti esercitano la propria funzione.
  Il fatto, in sostanza, di aver svolto anni di attività non costituisce di per sé una condizione o un parametro di ammissibilità, né una garanzia del contributo.
  Tra le novità della disciplina di cui il decreto ministeriale 27 luglio 2017 rappresenta un aggiornamento, va ricordata l'apertura di canali dedicati alle
start up intese come «prime istanze» o finalizzate a compagini «under 35».
  Per quanto riguarda infine la nomina delle Commissioni si precisa che le commissioni consultive per lo spettacolo vengono nominate sulla base di quanto previsto dalle relative norme, ovvero:

   il decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 89 «Regolamento per il riordino degli organismi presso il Ministero per i beni e le attività culturali», il cui articolo 2 precisa «la funzione consultiva» di tali commissioni, «in ordine alla valutazione degli aspetti qualitativi dei progetti e delle iniziative afferenti alle richieste di contributo nei settori di rispettiva competenza»;

   il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, articolo 13, comma 1 (razionalizzazione degli organismi collegiali operanti presso il Ministero per i beni e le attività culturali);

   il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 10 febbraio 2014, articolo 2 (nomina dei componenti delle commissioni consultive per lo spettacolo).

  Le commissioni consultive per materia sono composte ciascuna da 5 membri di cui tre sono individuati dal Ministro e due sono designati dalla conferenza unificata.
  È importante tener presente che l'attività delle commissioni è inserita all'interno di un complesso
iter procedurale che necessita di un arco temporale ampio e non comprimibile, che deve essere avviato tempestivamente all'inizio di ciascun anno, per assicurare lo svolgimento di tutti gli adempimenti connessi sia alla liquidazione dei saldi dei contributi assegnati nell'anno precedente, sia all'assegnazione del contributo per l'anno in corso.
  Poiché le precedenti commissioni consultive per lo spettacolo avevano completato il loro mandato il 31 dicembre 2017, al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa ed il regolare espletamento delle procedure previste dalla norma per la ripartizione dei fondi Fus tra i diversi settori dello spettacolo con l'acquisizione del parere delle commissioni consultive competenti per materia e successivamente quello della conferenza unificata, il Ministero ha pubblicato in tempo utile per la gestione del Fus 2018, ovvero il 6 novembre 2017, gli avvisi aventi ad oggetto la manifestazione di interesse alla nomina a componente delle commissioni consultive per lo spettacolo (musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante), ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale del 10 febbraio 2014.
  Alla scadenza del 28 novembre sono pervenute 82 candidature: 31 candidature a componente della commissione consultiva per la musica; 33 candidature a componente della commissione consultiva per il teatro; 7 candidature a componente della commissione consultiva per la danza; 11 candidature a componente della commissione consultiva per i circhi e lo spettacolo viaggiante.
  Per quanto concerne le designazioni della conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 28, queste sono state acquisite nella seduta del 21 dicembre 2017.
  Ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto ministeriale 10 febbraio 2014, i componenti delle commissioni devono essere scelti tra esperti altamente qualificati nelle materie di competenza o tra docenti universitari o critici delle medesime materie.
  I componenti delle commissioni sono tenuti a dichiarare, all'atto del loro insediamento, di non versare in situazioni di incompatibilità con la carica ricoperta con particolare riferimento all'insussistenza di rapporti economici di dipendenza o di collaborazione di tipo continuativo con enti o soggetti rientranti nel settore di competenza delle commissioni.
  Il decreto ministeriale prevede per ciascun settore, in tutte le sue specifiche articolazioni, quali siano i parametri e i corrispondenti indicatori per la valutazione della qualità artistica cui le commissioni devono attenersi nell'attribuzione del punteggio di qualità.
  I progetti che ricevono un punteggio qualitativo di almeno dieci punti vengono ammessi al contributo per il triennio attraverso l'attribuzione di un punteggio numerico, fino ad un massimo di punti cento, articolato secondo le seguenti categorie e relative quote:

   a) qualità artistica, fino ad un massimo di punti trentacinque, attribuiti dalle Commissioni consultive competenti per materia, secondo i parametri previsti per ogni settore;

   b) qualità indicizzata, fino ad un massimo di punti venticinque, attribuiti dall'amministrazione in maniera automatica secondo parametri e la formula di calcolo previsti per ogni settore;

   c) dimensione quantitativa, fino ad un massimo di punti quaranta, attribuiti dall'amministrazione in maniera automatica secondo parametri e la formula di calcolo previsti per ogni settore.

  Dall'atto del loro insediamento le commissioni hanno svolto quanto loro richiesto dalle procedure in vigore, esaminando i progetti triennali ed i programmi pervenuti sulla base della modulistica Fusonline compilata dai candidati.
  La procedura si è svolta nell'arco di diversi mesi a partire dalla data di scadenza delle domande (31 gennaio 2018, prorogata per coloro che avevano già effettuato accesso al Fusonline al 6 febbraio 2018), secondo un intenso calendario di lavori i cui verbali sono consultabili sul sito della direzione generale dello spettacolo.
  In merito alla su descritta situazione – che riflette l'attuazione del decreto ministeriale 27 luglio 2017 – il Ministro, fin dal suo insediamento, aveva manifestato che una delle priorità del suo mandato sarebbe stata quella di apportare le necessarie modifiche normative.
  I risultati su descritti hanno indubbiamente prodotto un fenomeno di malcontento allargato a tutto il settore.
  Per superare questo «
gap» di credibilità nei prossimi mesi si lavorerà per pervenire ad un risultato dove comunque ci saranno regole, meccanismi, al limite anche algoritmi, per regolare la distribuzione delle risorse pubbliche a favore dello spettacolo dal vivo.
  Nel frattempo l'amministrazione si è attivata per verificare se ci fossero risorse disponibili all'interno di altri capitoli di spesa del Ministero per finalizzarle al rafforzamento del Fus che nel 2018 risultava gravato da una serie di provvedimenti che riducevano di fatto la quota ripartibile fra tutti i beneficiari già individuati.
  Attività concretizzatasi nella riunione della Consulta per lo spettacolo del 23 ottobre 2018 – presieduta dal Ministro – in cui il fondo unico dello spettacolo è stato integrato di ulteriori 10 milioni di euro, portando lo stanziamento complessivo del medesimo fondo per il 2018 ad euro 343.941.798,00.
  L'ulteriore disponibilità finanziaria verrà allocata nei diversi settori dello spettacolo come segue:

   fondazioni lirico sinfoniche euro 3.420.000,00;

   attività musicali euro 1.950.000,00;

   attività teatrali euro 1.970.000,00;

   attività di danza euro 110.000,00;

   progetti multidisciplinari, progetti speciali, azioni di sistema euro 2.480.000,00;

   attività circensi e spettacolo viaggiante euro 70.000,00.

  È stato rispettato l'obiettivo di accrescere i fondi per la cultura.
  Lo spettacolo dal vivo è il settore più a rischio di omologazione ed è pertanto necessario investire per mantenere viva, ricca e diversificata l'offerta culturale.
  È un'attività di prossimità a cui va assicurata la massima protezione e la massima importanza per garantire la democrazia nel nostro Paese.
  Bisogna essere sicuri che non ci sia un'egemonia culturale e che non vadano avanti e vengano proposti solamente quegli spettacoli che hanno un mercato o un pubblico sicuro.
  L'offerta culturale deve essere la più ampia possibile.
  In definitiva, grande importanza riveste, per il Ministro, l'attenzione verso le nuove generazioni, che dovranno essere «guidate», attraverso un lavoro comune tra Governo ed operatori, ad una maggiore fruizione di un settore importante come quello della cultura e dello spettacolo.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   NITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» ha avviato la sua attività nell'agosto 2016, grazie a un finanziamento della regione Puglia per il rilancio complessivo della produzione e distribuzione della musica classica in ambito regionale, con l'obiettivo di salvaguardare, potenziare e modernizzare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica dell'Orchestra leccese (già orchestra sinfonica della provincia di Lecce e orchestra sinfonica «Tito Schipa»);

   l'orchestra sinfonica della provincia di Lecce e l'orchestra sinfonica «Tito Schipa», in liquidazione, era in possesso della qualifica di istituzione concertistico orchestrale, riconosciuta ai sensi dell'articolo 28, comma 4, della legge 14 agosto 1967 n. 800;

   nel corso del 2015, con provvedimento del direttore generale dello spettacolo dal vivo pro tempore, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha bloccato il contributo triennale proveniente del Fondo unico per lo spettacolo (ex articolo 20 del decreto ministeriale 1° luglio 2014, n. 71) al complesso concertistico orchestrale Tito Schipa di Lecce, gestito, fino all'anno 2015, dall'omonima fondazione, pur avendo la competente commissione ministeriale già attribuito il riconoscimento come istituzione concertistica orchestrale (I.C.O.);

   la cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» si pone in continuità con le attività dell'ex Fondazione Ico Tito Schipa di Lecce e nasce con l'obiettivo di non disperdere un importante patrimonio musicale, costruito in oltre quarant'anni di attività concertistica dell'orchestra leccese;

   la cooperativa «OLES» ha, tra le sue finalità, la promozione e la diffusione della cultura musicale in Italia e all'estero attraverso la realizzazione di stagioni sinfoniche e liriche;

   la cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» ha dato particolare impulso alle attività concertistiche svolte nelle scuole e in numerose località della Puglia normalmente escluse dai circuiti concertistici di qualità, occupa circa sessanta lavoratori e offre l'opportunità a tanti giovani musicisti di trovare uno sbocco occupazionale adeguato al loro livello di preparazione;

   appare indispensabile che il riconoscimento ministeriale per il triennio 2018/2020 tenga in debita considerazione la sostanziale continuità dell'attività dell'orchestra, oggi costituita nella cooperativa «Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento – OLES», e un tempo gestita dalla omonima fondazione «Tito Schipa di Lecce», al di là della diversa soggettività giuridica –:

   quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, per il rilancio dell'attività della cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» nel territorio di Lecce e della Puglia;

   se il Ministro interrogato, sentita la Commissione Consultiva per la Musica, intenda riconoscere con proprio decreto la qualifica di «Istituzione concertistica orchestrale» alla cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES».
(4-01153)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questa amministrazione, sentita la commissione consultiva per la musica, intende riconoscere la qualifica di «istituzione concertistica orchestrale» alla Cooperativa sinfonica Oles di Lecce e quali iniziative intende porre in essere per il rilancio della stessa.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione generale dello spettacolo si rappresenta quanto segue.
  La richiesta presentata in data 22 gennaio 2018 dall'orchestra sinfonica di Lecce e del Salento Oles, tesa ad ottenere il riconoscimento quale istituzione concertistica, è stata inoltrata in data 29 gennaio 2018 alla competente commissione consultiva per la musica la quale ha ritenuto di rinviare l'esame di tutte le istanze di riconoscimento pervenute alla fine del triennio 2018-2020.
  Nel frattempo, considerato che la cooperativa in esame entro il 31 gennaio 2018 aveva presentato, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del decreto ministeriale 27 luglio 2017 (complessi strumentali – prima istanza), anche istanza di contributo FUS, con decreto della direzione generale del 26 luglio 2018, rep. n. 1198, è stato assegnato per l'attività 2018 un contributo di 95.061,00 euro.
  Il Ministero, quindi, ha tenuto in debita considerazione le richieste formulate dalla cooperativa Oles e intende salvaguardare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica della ex orchestra sinfonica «Tito Schipa» costituita da una produzione artistica ed una tradizione culturale di indiscussa qualità.
  Si è consapevoli della presenza di una realtà viva e concretamente utile alla crescita culturale del territorio.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   ALESSANDRO PAGANO, POLVERINI, COMAROLI, FIDANZA, GRIMOLDI, BRAGA, FRASSINETTI e MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza aerea trascende i confini nazionali e, per conseguire un ordinato sviluppo globale dell'aviazione civile e operare verso una maggiore inclusione delle parti interessate, l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao) ha frequentemente invitato Paesi non contraenti, organizzazioni non governative e imprese private a partecipare a propri meeting;

   l'Amministrazione dell'aeronautica civile (Caa) di Taiwan è stata invitata a prendere parte alla 38a Assemblea dell'Icao nel 2013, e tale apprezzata partecipazione ha rappresentato un importante precedente;

   alla fine del 2017, 88 linee aeree avevano offerto servizi da e per Taiwan, operando voli passeggeri e commerciali su 296 rotte e collegando 141 città in tutto il mondo. Inoltre, la principale porta della Taipei FIR, l'aeroporto internazionale di Taoyuan a nord della capitale Taipei, ha servito più di 44,8 milioni di passeggeri internazionali;

   sarebbe auspicabile che la Caa di Taiwan, responsabile della gestione degli ampi volumi di traffico nella Taipei FIR – parte inseparabile del network globale delle FIR – abbia accesso diretto all'Icao, partecipando alle sue sessioni assembleari, ai meeting regionali e tecnici, ai seminari, in modo da ottenere informazioni correlate attraverso i canali appropriati e al fine di fornire servizi aerei che ne incontrino gli standard per garantire un sicuro trasporto di passeggeri e merci;

   per mitigare le minacce del terrorismo, il 1° luglio 2017, l'Icao ha annunciato nuovi requisiti di sicurezza per il controllo dei bagagli con apparecchiature elettroniche portatili (Ped). Se i bagagli hanno al loro interno Ped con batterie agli ioni di litio, i Ped dovranno essere spenti e adeguatamente protetti prima del controllo. Siccome Taiwan, attualmente, non può né partecipare ai meeting sui requisiti di sicurezza né ottenere informazioni ad essi collegate in modo tempestivo, ha potuto solamente apprendere questi nuovi requisiti attraverso i media poco prima della loro applicazione. A causa dei limiti di tempo, la sola cosa che Taiwan ha potuto fare è stata chiedere alle proprie compagnie aeree di ricordare ai passeggeri di rispettare questi requisiti;

   Taiwan ha compiuto tutti gli sforzi possibili per rivedere prontamente le norme e i regolamenti in linea con gli sviluppi internazionali, in modo da rafforzare la sicurezza aerea e i servizi nella Taipei FIR. Con informazioni incomplete e premature, Taiwan deve dedicare notevoli risorse umane e tempo per comprendere e applicare correttamente i nuovi regolamenti. L'esempio menzionato sopra non è infatti un'eccezione;

   Taiwan è stato il primo Paese dell'Asia-Pacifico a stabilire un sistema Cns/Atm in accordo con le direttive del Comitato speciale dell'Icao sui futuri sistemi di navigazione aerea, auspicando lo sviluppo di un piano complessivo di gestione manageriale dei voli, per accrescere la cooperazione regionale e interna;

   la partecipazione di Taiwan all'Icao è essenziale per evidenti ragioni tecniche, indispensabili a garantire i più alti standard di sicurezza aerea;

   il 27 giugno 2017, il Senato ha approvato la mozione n. 1-00705 che impegnava il Governo pro tempore «a continuare a considerare attivamente, insieme ai partner della UE, modalità compatibili con la “One China Policy” per consentire la partecipazione come Osservatore di Taiwan nei contesti multilaterali (ICAO, UNFCC, Interpol e WHA) in cui la sua presenza corrisponda all'interesse della popolazione taiwanese e del comunità internazionale» –:

   quali passi il Governo abbia compiuto e intenda compiere, in tutte le sedi competenti, per far sì che l'Amministrazione dell'aeronautica civile (Caa) di Taiwan, nell'interesse preminente della sicurezza aerea internazionale, e quindi della sicurezza e della vita di milioni di passeggeri, possa partecipare a tutti i livelli delle riunioni, di area regionale e mondiale, dell'Icao.
(4-00906)

  Risposta. — Il Segretariato dell'organizzazione internazionale per l'aviazione civile (ICAO) non è in condizione di procedere autonomamente ad un invito nei confronti di Taiwan alle riunioni di area regionale e mondiale della suddetta organizzazione. La partecipazione di Taiwan alla 38a assemblea dell'Icao nel 2013 è stata resa possibile da un meccanismo di intesa con la Repubblica popolare cinese. Tale meccanismo poggia sul principio della cosiddetta «One-China Policy» e sulla risoluzione n. 2758 dell'assemblea generale delle Nazioni unite.
  La situazione tra le due sponde dello stretto ha fatto sì che a partire dal 2016, il meccanismo non sia stato più messo in opera da parte della repubblica popolare cinese. Di fatto, in assenza dell'attivazione del meccanismo d'intesa sopra menzionato, né il segretariato dell'organizzazione né gli Stati membri dispongono di margini per assicurare la partecipazione di Taiwan alle attività istituzionali dell'Icao.
  L'Italia continuerà a considerare attivamente insieme ai
partner dell'Unione europea il perseguimento di soluzioni pragmatiche e compatibili con la «One-China Policy» che possano consentire la partecipazione taiwanese ai lavori e ai programmi dell'Icao.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   RAMPELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel centro di Roma si trova il parco del Foro Italico, un'area verde a vocazione sportiva di grande pregio naturalistico e architettonico che è di fatto la vera e propria «Città dello sport» della Capitale, comprendente un'area di cinquanta ettari che costituisce un unicum in Italia e nel mondo sia per il paesaggio naturalistico che per il contesto architettonico e monumentale nel quale è sita;

   attualmente il complesso del Foro Italico dispone di tre piste olimpiche di atletica, tre stadi, sette piscine, di cui due coperte e cinque scoperte, undici campi da tennis, un campo di calcio, un maneggio, numerose palestre e attrezzature varie;

   nella fase di progettazione del parco furono scartate tre posizioni logistiche potenzialmente disponibili: quella dell'attuale città universitaria, la zona di Casal Palocco e l'area in cui fu costruito negli anni ’60 il Villaggio olimpico e la scelta definitiva si concentrò su un'area soggetta alle piene del Tevere, che da pantano fu presto bonificata e resa adatta ad accogliere il progetto;

   la Sopraintendenza alle belle arti, fece poi apporre il vincolo di non edificabilità alle circostanti colline di Monte Mario, promuovendo la nascita di quella che ancora oggi rappresenta una cornice verde per il Foro e un'area altrettanto verde per tutta la città di Roma;

   gli architetti Costantini e Pintonello furono chiamati per la progettazione e la costruzione delle Terme e delle Piscine (delle quali una pensile) e dell'Obelisco, mentre il progetto del piazzale dell'impero fu affidato all'architetto Moretti, e la Fontana della Sfera agli architetti Pediconi e Paniconi;

   l'ingresso principale del Foro è a sud-est, in asse con il ponte Duca d'Aosta dove – su un ampio viale, interamente mosaicato a tessere bianche e nere – sorge un enorme obelisco di marmo di Carrara dell'altezza di 17,5 metri base esclusa, il cui impianto è decorato da statue, dono delle varie province d'Italia e perciò di autori diversi, che rappresentano le diverse attività sportive;

   nelle vicinanze dello Stadio olimpico si trova il palazzo della Farnesina, dal 1959 sede del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, opera degli architetti Enrico del Debbio, Arnaldo Foschini, Vittorio Ballio Morpurgo;

   nell'ambito di questo vero e proprio patrimonio dell'umanità il 27 aprile 2010 è stato inaugurato lo stadio del tennis di Roma (progettato e realizzato da soggetti rimasti coinvolti in numerose inchieste giudiziarie) con una capienza di oltre diecimila posti a sedere;

   tale realizzazione è, secondo l'interrogante, del tutto incongrua rispetto al contesto naturalistico e architettonico del Foro Italico per altezza, caratteristiche realizzative e posizionamento, tanto da apparire un vero e proprio corpo estraneo nell'armonia del Parco;

   organi di formazione riportano la notizia circa l'intenzione di innalzare ulteriormente la struttura dello stadio del tennis, munendolo addirittura di una copertura, definita da alcuni quotidiani «un cupolone al Foro Italico»;

   tale progetto, giustificato da inesistenti esigenze sportive, appare all'interrogante motivato solo da interessi commerciali e televisivi –:

   di quali informazioni disponga in merito alle notizie di cui in premessa e se non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte a tutelare l'equilibrio naturalistico e l'omogeneità architettonica del Parco del Foro Italico.
(4-00660)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al progetto di copertura dello stadio centrale del tennis al Foro italico e se questo Ministero ritiene opportuno assumere iniziative per tutelare l'equilibrio naturalistico e l'omogeneità architettonica del parco del Foro italico.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio di Roma, si rappresenta quanto segue.
  Il complesso del Foro italico, di proprietà del demanio dello Stato è sottoposto alla tutela monumentale con il decreto ministeriale 30 gennaio 1979: attualmente il gestore dell'area è la società Coni servizi Spa, ente strumentale del Coni e società controllata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  
Nel 2010, ad opera del commissario straordinario ai mondiali di nuoto svoltisi a Roma nel 2009 con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3489/2005, in deroga agli articoli 26, 146, 147 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni ed integrazioni, veniva realizzata la nuova struttura sportiva denominata «Centrale del Tennis».
  Il protocollo d'intesa prevedeva che «...Il progetto, di alta qualità architettonica, dovrà inserirsi armonicamente nel contesto paesistico e ambientale del Foro Italico previa verifica dell'effettivo equilibrio economico dell'iniziativa.».

  La struttura realizzata è risultata deficitaria sia sotto il profilo architettonico che sotto il profilo funzionale in assenza della copertura mobile prevista nelle prime fasi progettuali e mai realizzata.
  Attualmente è in corso un tavolo tecnico tra l'amministrazione comunale, il Coni e la predetta soprintendenza per predisporre un protocollo d'intesa volto alla riqualificazione estetico-funzionale dell'impianto sportivo in oggetto che dovrebbe portare alla emanazione di un bando di concorso internazionale definito da apposito disciplinare per l'individuazione di tale proposta progetto.
  I lavori del tavolo tecnico sono ancora in una fase preliminare.
  Sarà, comunque, cura di questo Ministero, tramite le proprie articolazioni periferiche, verificare l'esatta esecuzione del progetto.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   SIRACUSANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Teatro di Messina ha avviato numerose collaborazioni anche fuori regione, al fine di intraprendere azioni specifiche di formazione di giovani attori e professionisti delle arti e dello spettacolo dal vivo e di partecipare a nuove produzioni;

   l'Ente autonomo regionale – Teatro di Messina ha firmato, nel febbraio del 2018, un protocollo di intesa con la città metropolitana di Messina finalizzato a concordare la convocazione di teatri pubblici e privati e di Fondazioni culturali del territorio della stessa città metropolitana, al fine di coordinare la programmazione dei teatri aderenti all'intesa e di rafforzare la competitività del comparto della cultura e dello spettacolo, interagendo con le filiere parallele, quali turismo, fruizione dei beni culturali, attività culturali ad ampio raggio e anche formazione, per lo sviluppo integrato del territorio;

   la costituzione di una rete contribuisce a promuovere un modello di governance del territorio che non trascura l'aspetto economico dell'attività, ma contemporaneamente sostiene lo sviluppo e la diffusione culturale dell'attività anche dei piccoli teatri del territorio, considerati minori in qualità della loro dislocazione in località più piccole ma non per questo meno rilevanti da un punto di vista culturale;

   il sostegno e lo sviluppo delle attività teatrali ricoprono un ruolo fondamentale nell'ambito dell'educazione alla cittadinanza attiva e alla convivenza civile;

   il sistema teatrale è finanziato con contributi erogati a valere sul fondo unico per lo spettacolo: la normativa in materia prevede che al contributo possono accedere i teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale, imprese di produzione anche giovanili, imprese di produzione di teatro di innovazione sperimentazione e infanzia e gioventù, imprese di produzione di teatro di figura e di immagine, soggetti che svolgono teatro di strada, centri di produzione teatrale, circuiti regionali, organismi di programmazione, festival, soggetti pubblici e privati che realizzino progetti di promozione finalizzati: a) al ricambio generazionale; b) alla coesione e inclusione sociale; c) al perfezionamento professionale; d) alla formazione del pubblico;

   i finanziamenti erogati all'Ente autonomo regionale – Teatro di Messina risultano non adeguati a far fronte ai numerosi impegni che il Teatro di Messina dovrà affrontare per manutenzione ordinaria e straordinaria della struttura, e anche nei confronti di alcune categorie di lavoratori;

   Teatro Vittorio Emanuele di Messina ha recentemente concluso dei lavori di ristrutturazione e messa a norma degli impianti per un totale di 998 posti a sedere, in merito ai quali è stato espresso un parere favorevole dalla competente commissione comunale di vigilanza locali pubblico spettacolo –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche alla luce dei recenti contributi erogati a livello nazionale a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, a favore di teatri di rilevante interesse culturale, così da permettere al Teatro di Messina, struttura di eccellenza a livello nazionale, all'interno della quale lavorano diverse categorie di lavoratori, di completare l'opera di ristrutturazione e di programmazione iniziata e allo stato attuale incompleta a causa della carenza di fondi.
(4-00543)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di sapere quali iniziative, di competenza, questo Ministero intende adottare per completare l'opera di ristrutturazione del teatro di Messina, avviata ma non completata per carenza di fondi.
  Sulla base delle precisazioni fornite dalla direzione generale dello spettacolo, si rappresenta quanto segue.
  L'ente autonomo regionale-Teatro di Messina è un organismo che è stato finanziato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – direzione generale spettacolo a valere sui Fondi FUS dal 2008 al 2013 per il settore della lirica.
  Nel 2014 detto ente ha rinunciato al finanziamento ottenuto a tale titolo.
  Nel triennio 2015/2017 l'ente ha fatto domanda di contributo per il settore «Organismi di programmazione» nelle città al di sotto dei cinquecentomila abitanti (articolo 17, comma 1, lettera
b), del decreto ministeriale 1° luglio 2014) ricevendo i seguenti contributi:

   anno 2015 euro 39.404,00;

   anno 2016 euro 40.506,00;

   anno 2017 euro 43.341,00.

  L'entità di tali contributi annuali si è attestata sulla media di quanto ottenuto da altri organismi nel medesimo settore.
  Nel triennio 2018/2020, l'ente, per la prima volta, ha fatto domanda come «Centro di produzione Teatrale» non raggiungendo, però, la soglia minima di qualità artistica, pari a dieci punti.
  La domanda è stata pertanto respinta.
  Avvalendosi della disposizione prevista dall'articolo 5, comma 2, del decreto ministeriale 27 luglio 2017, in base al quale «Nel primo anno del triennio di riferimento, qualora il progetto triennale non raggiunga la soglia minima di ammissibilità qualitativa di cui al comma 1, l'Amministrazione, sentita la Commissione consultiva competente per materia, può valutare la possibilità di ammettere a contributo il predetto progetto a titolo diverso da quello richiesto, qualora le caratteristiche soggettive dell'organismo richiedente o l'oggetto del progetto possano essere diversamente classificate nell'ambito delle attività considerate dal presente decreto», l'amministrazione ha invitato l'ente autonomo regionale-teatro di Messina a riformulare la domanda ad altro titolo, ovvero nel settore degli «Organismi di programmazione» tipologia per la quale l'organismo era stato già finanziato nel triennio 2015/2017, come sopra ricordato.
  Il decreto ministeriale 27 luglio 2017 prevede che ogni soggetto istante possa candidarsi ad uno o all'altro dei settori previsti dalla disciplina sulla base del possesso dei requisiti minimi di accesso previsti per ogni tipologia o settore individuato dal decreto stesso.
  Tale condizione preliminare di ammissibilità viene accertata dall'amministrazione in fase di istruttoria.

  Successivamente la domanda viene ammessa alla valutazione qualitativa, funzione esercitata dalle commissioni consultive competenti per ogni ambito: teatro, danza, musica, circo e multidisciplinare.
  
Il raggiungimento di una valutazione qualitativa del progetto artistico presentato, pari almeno a dieci punti su trentacinque, è determinante per l'ammissibilità ai contributi, la cui entità annuale è successivamente determinata, su base comparativa ed automatica, dai punteggi totalizzati rispettivamente nella qualità indicizzata e nella dimensione quantitativa che si sommano a quelli della qualità artistica.
  L'ammissibilità per la sola presenza di requisiti minimi richiesti nel settore a cui l'organismo fa domanda di contributo triennale, non produce quindi, di per sé, un'automatica assegnazione di risorse.
  Si ricorda, inoltre, che l'entità degli stanziamenti riservati ad uno o all'altro settore è oggetto della procedura definita all'articolo 4 «Ripartizione delle risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo» che stabilisce che il Direttore generale, con proprio decreto, tenuto conto di quanto previsto dalle leggi di stabilità e di bilancio e del decreto ministeriale di
ripartizione del Fondo, ferme restando le previsioni di cui agli articoli 45, 46 e 47 del presente decreto, sentite le Commissioni consultive competenti ed acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla richiesta da parte del Direttore medesimo, trascorsi i quali il decreto può comunque essere adottato, stabilisce, in armonia con l'entità numerica, i deficit e i costi dei programmi relativi alle domande complessivamente presentate, la quota delle risorse da assegnare a ciascuno dei settori di cui all'articolo 3, comma 5, lettere da a) a f).
  Negli ultimi anni il settore nel quale l'ente autonomo regionale-teatro Messina è stato finanziato per il triennio 2015/2018 ha avuto i seguenti stanziamenti:

   2015: euro 647.677,00;

   2016: euro 659.997,56;

   2017: euro 663.303,00.

  L'ente autonomo regionale-teatro di Messina è stato ammesso ai contributi Fus per il triennio 2018/2020 con un punteggio pari a 11,50 relativo al progetto triennale presentato a preventivo, corredato dal programma di attività per la prima annualità.
  Evidenziato quanto sopra, non può non rilevarsi che il decreto ministeriale 27 luglio 2017 e successive modificazioni non prevede sostegni o finanziamenti per opere di ristrutturazione, giacché i contributi Fus ivi disciplinati, sono destinati al sostegno delle attività progettuali di produzione, programmazione, promozione nei diversi ambiti dello spettacolo al vivo.
  I finanziamenti finalizzati alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria a cui l'interrogazione fa riferimento, si collocano, infatti, non nel quadro di quanto disposto dal decreto ministeriale 27 luglio 2017, discendendo, invece, da disposizioni legislative primarie che per natura, finalità e modalità di attuazione esulano dalle erogazioni a valere sui fondi Fus, prevedendo specifiche e circoscritte destinazioni in relazione ai beneficiari e agli obiettivi del sostegno stesso.
  Al fine, comunque, di reperire le risorse finanziarie necessarie, si ritiene utile che l'ente regionale autonomo-teatro di Messina – proprietario del bene – attivi il meccanismo del cosiddetto
Art Bonus introdotto con legge n. 106 del 29 luglio 2014 e successive modificazioni e integrazioni.
  Il predetto meccanismo, quale sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio culturale, consente a chi effettua erogazioni liberali in denaro per il sostegno della cultura di godere di importanti benefici fiscali sotto forma di credito imposta.
  Occorre, infatti, al fine di reperire risorse, favorire la massima collaborazione tra pubblico e privato per la cultura.
  Oltre ai benefici fiscali, il coinvolgimento dei privati (siano essi cittadini, imprese...) rappresenta un plusvalore: la scelta dell'opera da restaurare ha infatti un valore partecipativo e soprattutto pedagogico.
  Si assicura comunque la massima collaborazione con l'ente regionale per consentire al teatro di Messina il rilancio delle attività produttive e valorizzare il teatro come luogo di accoglienza per spettatori,
fruitori e attori e restituirlo in pieno alla sua funzione culturale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   UNGARO e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   risulta da alcuni blog e social media di italiani residenti in Germania che cittadini italiani da poco residenti nella Repubblica federale di Germania sia stati invitati a rimpatriare, pur essendo cittadini comunitari, alla loro legittima richiesta di sussidio di disoccupazione Sgbii;

   il primo firmatario del presente atto è in possesso di copia di risposta «tipo» da parte di un «Job Center» tedesco;

   la questione è tuttora oggetto di reportage da parte di Radio Colonia – un'emittente radiofonica italiana in Germania –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e se, per tramite della missione diplomatica italiana in Germania, intenda accertare se essa corrisponda al vero;

   in caso la vicenda trovasse conferma, se non si ritenga opportuno rappresentare al Governo federale tedesco la necessità di rimuovere qualsiasi forma di discriminazione verso cittadini italiani comunitari in forza del diritto dell'Unione europea.
(4-01048)

  Risposta. — La normativa comunitaria relativa al diritto dei cittadini dell'Unione, e dei loro familiari, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – direttiva 2004/38/CE – prevede in linea generale la possibilità di revocare il permesso di soggiorno ai cittadini di un altro Stato membro che diventino un onere eccessivo per lo Stato membro ospitante. Essa dispone tuttavia un articolato sistema di garanzie, che tiene conto, tra l'altro, dei seguenti elementi: la durata del soggiorno; la minore età; la circostanza che il cittadino interessato abbia un lavoro o disponga comunque di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria.
  Inoltre, il cittadino comunitario che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva il diritto di soggiorno se si trova in uno stato di disoccupazione involontaria dopo aver esercitato un'attività per oltre un anno, e si è registrato presso l'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro; nel caso di disoccupazione volontaria al termine di un'attività di lavoro di durata inferiore a un anno conserva tale diritto per un periodo di almeno sei mesi, ugualmente registrandosi presso l'ufficio di collocamento competente.
  In aggiunta, la direttiva prevede che il ricorso da parte di un cittadino dell'Unione o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospite non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento, che può essere adottato per ragioni di pubblica sicurezza, ordine pubblico o sanità pubblica, fatte salve le previste garanzie procedurali e giudiziali.
  La normativa tedesca di trasposizione della direttiva 2004/38/CE
(Freizügigkeitsgesetz, da ultimo novellata nel 2017) prevede requisiti di soggiorno per i cittadini comunitari in linea con la richiamata normativa, riconoscendo il diritto a soggiornare anche per coloro che sono in cerca di lavoro, fino ad un massimo di sei mesi o per un tempo più lungo nel caso possano dimostrare di aver continuato a cercare lavoro e di avere fondate prospettive di assunzione. Si prevede inoltre che, in mancanza di tale requisito, abbia diritto a risiedere in Germania il cittadino comunitario che disponga di risorse sufficienti al proprio mantenimento e di un'assicurazione sanitaria.
  Anche la normativa di recepimento italiana (decreto legislativo n. 30 del 2007) lega il diritto al soggiorno allo svolgimento di un'attività lavorativa o alla disponibilità di risorse economiche sufficienti al sostentamento. Analogamente è prevista la conservazione del diritto al soggiorno in caso di disoccupazione involontaria, se il cittadino comunitario si iscrive a un centro per l'impiego e sottoscrive una dichiarazione di disponibilità immediata allo svolgimento di un'attività lavorativa.
  Non sono stati fino ad oggi segnalati agli uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in Germania casi di discriminazione in evidente contrasto con la normativa europea nei confronti dei cittadini italiani da parte delle competenti autorità tedesche, per quel che concerne il tema della libertà di circolazione. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni connazionali si sono rivolti ai consolati di riferimento segnalando di aver ricevuto da parte delle
Ausländerbehörde (uffici per gli stranieri) dei rispettivi comuni di residenza una lettera con la quale venivano loro richieste informazioni volte ad accertare il possesso dei requisiti necessari per poter godere dei diritti derivanti dalla direttiva 2004/38/CE. Peraltro, negli specifici casi in questione, le autorità tedesche si limitavano in realtà ad applicare la richiamata normativa tedesca. In tutti i casi finora segnalati alla rete consolare, i connazionali che hanno ricevuto le comunicazioni in parola dalle Ausländerbehörde si erano precedentemente rivolti alle competenti autorità tedesche (Jobcenter) per ottenere un sussidio per il proprio sostentamento; si è quindi accertato che è stato lo stesso Jobcenter a segnalare i casi agli uffici comunali, perché verificassero il possesso da parte del connazionale coinvolto di uno dei sopra citati requisiti. Il Jobcenter sospettava infatti che il connazionale, avendo richiesto il sussidio, non fosse in possesso di risorse economiche sufficienti. Si nota che tali verifiche, pur essendo previste dalla direttiva 2004/38/CE (articolo 14, paragrafo 2), non possono tuttavia assumere carattere sistematico.
  A tal proposito, pur non avendo riscontrato episodi di discriminazione in contrasto con la normativa europea nei confronti di cittadini italiani, la nostra Ambasciata; ha avuto modo di segnalare la questione al Ministero federale dell'interno; già nel 2017, ricevendo assicurazioni circa la massima attenzione del Governo tedesco sulla necessità di evitare abusi o applicazioni eccessivamente restrittive della normativa locale, che possano arrecare detrimento di cittadini italiani. Il dicastero ha anche offerto assistenza per risolvere eventuali criticità che si dovessero registrare a livello locale, nei rapporti con le autorità comunali.
  Al di là degli aspetti tecnici della vicenda, il fenomeno del cosiddetto «
Welfare tourism» è questione di particolare sensibilità nei Paesi che ne sono maggiormente toccati, come dimostra il caso del Regno Unito, dove esso ha fortemente influenzato l'esito del referendum sull'uscita dall'Unione europea. Anche se in tale contesto resta il dato di fatto che in Germania, che pure è tra i Paesi europei più esposti, i casi di accertamento dei requisiti di soggiorno nei confronti di cittadini italiani sono stati finora relativamente poco frequenti, né risultano casi di esecuzione di rimpatri dei nostri cittadini.
  Tuttavia non si può escludere che quanto segnalato dall'interrogante costituisca un comportamento scorretto di qualche amministrazione locale che esercita pressioni indebite sui nostri connazionali disoccupati di lunga durata spingendoli a rientrare in Italia. Tale comportamento violerebbe palesemente la normativa comunitaria che limita il diritto di espulsione a casi estremi. Qualora il cittadino dovesse subire tali intimazioni potrà denunciare il comportamento direttamente alla Commissione europea, al Parlamento europeo o anche alle Autorità diplomatiche e consolari italiane che potranno intervenire presso le Autorità tedesche. Nel caso di persistenza di tali comportamenti la commissione europea potrà sollevare innanzi alla Corte di giustizia il caso per una decisione giudiziaria.
  Si ritiene utile citare al riguardo la giurisprudenza della Corte di giustizia che nell'affermare che le deroghe al principio di libera circolazione delle persone debbano essere generalmente interpretate in senso restrittivo, ha più volte avuto modo di chiarire che eventuali provvedimenti di allontanamento debbano essere comunque adottati nel rispetto del principio di personalità, del principio di attualità e gravità del pericolo, nonché del principio di proporzionalità tra l'intensità del pregiudizio che può discendere dalla permanenza della persona nello Stato membro ospitante e il livello di integrazione della medesima persona nello Stato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.