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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 28 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    le lezioni dei corsi di italiano gestite dal Coasscit (Comitato di assistenza scuole italiane) nella circoscrizione di Friburgo contano circa 1.500 studenti;

    il consolato d'Italia a Friburgo ha comunicato alle famiglie della circoscrizione consolare che saranno sospesi i corsi di lingua e cultura italiana per la chiusura entro il 31 dicembre 2018 delle attività del locale ente gestore Coasscit e il licenziamento di oltre 15 docenti;

    in ragione dell'importanza della promozione della lingua e cultura italiana nel contesto locale, nonché a tutela dei docenti impiegati nei corsi, degli studenti e delle loro famiglie, appare necessario disporre di rassicurazioni in merito alla tempistica per la riapertura dei corsi,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa di competenza atta a garantire la continuità delle attività didattiche nella circoscrizione di Friburgo già a partire dall'anno solare 2019.
(7-00141) «Billi».


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    il 50 per cento della produzione italiana dello stampaggio a caldo di acciaio ha origine in Alto Canavese, che con 680 mila tonnellate annue spedite rappresenta il 10 per cento della produzione europea e il 3 per cento di quella mondiale;

    il sistema viario che funge da collegamento tra l'eporediese e l'Alto Canavese presenta alcune criticità strutturali che creano da decenni una grossa difficoltà, soprattutto al traffico pesante, nel transito tra i due importanti poli industriali e manifatturieri;

    le criticità più forti sono chiaramente identificabili sulla strada provinciale n. 565, di prossimo passaggio ad Anas chiamata «Pedemontana», che collega Ivrea a Salassa e costituisce il collegamento tra l'eporediese e il Canavese occidentale, ancora oggi incompleta, nonostante diversi lavori di adeguamento nel corso degli anni, a causa della strettoia del così detto «Ponte dei Preti» in località Baldissero;

    il «Ponte dei Preti», sul quale transitano giornalmente migliaia di automezzi, molti dei quali sono appunto autoarticolati che dal Canavese occidentale viaggiano verso Ivrea dove si trova il raccordo autostradale e viceversa, appartiene ancora alla vecchia strada che risale addirittura al 1920; attualmente, tale ponte si trova a sopportare un livello di traffico non più compatibile con una struttura del 1920 concepita per un movimento stradale di gran lunga inferiore;

    il «Ponte dei Preti» è da anni sotto osservazione da parte dei tecnici della città metropolitana di Torino, e seppur non manifesti gravi problemi strutturali relativi alla sua stabilità, rappresenta un grosso problema per la sicurezza degli autoveicoli, testimoniato dalle relazioni dei tecnici dell'allora provincia di Torino da almeno 20 anni a questa parte, relazioni culminate in un progetto preliminare di rifacimento datato 2007, ma mai realizzato per carenza di fondi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza per inserire il rifacimento del «Ponte dei Preti» all'interno delle prime linee di finanziamento disponibili relative alla manutenzione straordinaria per le nuove acquisizioni di strade provinciali da parte di Anas.
(7-00142) «Braga, Bonomo».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    in Italia si consumano ogni anno oltre 13 miliardi di uova di gallina circa 216 pro capite, delle quali 140 direttamente mentre le restanti sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari. L'Italia è pressoché autosufficiente per la produzione di uova, tuttavia il comparto soffre la concorrenza di Paesi terzi dell'Unione europea ed extra Unione europea, che usufruiscono di minori costi aziendali e dispongono di regole di allevamento e di controllo sanitario meno rigide rispetto a quelle praticate in Italia;

    a tutela dei consumatori, le uova di gallina hanno un sistema di etichettatura obbligatorio a livello europeo, stampigliato sul guscio, che consente di distinguere provenienza, metodo di allevamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), lo Stato in cui è stato deposto (esempio IT), codice Istat del comune, sigla della provincia e codice distintivo dell'allevatore. A queste informazioni si aggiungono quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare livello qualitativo, freschezza e peso;

    il decreto ministeriale 11 dicembre 2009 contiene le modalità per l'applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei regolamenti (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e n. 589/2008 e n. 598/2008 della Commissione, nonché del decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267;

    tale decreto prevede una serie di obblighi e di deroghe;

    in particolare:

     si esonerano gli operatori dagli obblighi di stampigliature qualora le uova siano consegnate dal sito di produzione direttamente alla sgusciatura;

     si esonerano dall'obbligo di stampigliare le uova per uso industriale (categoria B) qualora queste siano commercializzate esclusivamente sul territorio dello Stato membro;

     si esonerano dall'obbligo di timbratura e classificazione le uova vendute direttamente al consumatore finale nel luogo di produzione o vendute in un mercato pubblico locale. In tale ambito si esonerano i produttori aventi fino a 50 galline ovaiole dall'apporre anche il codice del produttore;

     non possono essere movimentate fra uno Stato membro e l'altro uova da consumo che non rechino il codice del produttore stampigliato sul guscio;

     gli ovoprodotti provenienti dall'estero, al momento vengono dichiarati prodotti nella Unione europea oppure extra Unione europea;

    il citato decreto 11 dicembre 2009 prevede il «vincolo sanitario»: il complesso delle misure disposte degli organi sanitari competenti al fine di impedire che la merce subisca destinazioni o utilizzazioni diverse da quelle imposte dagli stessi;

    ai sensi dell'allegato XIV, sezione A. III 3, del regolamento (CE) n. 1234/2007, le uova della categoria A o «uova fresche» sono marchiate con il codice del produttore, le uova della categoria B commercializzate sul territorio italiano sono esonerate dall'obbligo di marchiatura come previsto dall'allegato XIV, sezione III, punto 1) del medesimo regolamento. Qualora le uova siano consegnate direttamente dal sito di produzione all'industria alimentare, gli operatori sono esentati dagli obblighi di marchiatura delle uova previsti dall'allegato XIV, parte A, sezione III, punto 1) e dall'allegato XIV, parte A, sezione IV, punto 3) del regolamento (CE) n. 1234/2007;

    nel caso di imprese che, nello stesso luogo, dispongono di centro di imballaggio e di centro di sgusciatura, le uova di cui al presente articolo sono stoccate e lavorate in linee di produzione fisicamente separate da quelle destinate al confezionamento per il consumo diretto. I centri d'imballaggio che intendono lavorare in esclusiva per l'industria alimentare e non alimentare possono derogare dall'obbligo del possesso delle attrezzature necessarie per la classificazione delle uova in categorie di peso e per la marchiatura delle stesse;

    gli imballaggi delle uova della categoria A e della categoria B devono presentare sulla superficie esterna, ai sensi dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 589/2009, il codice identificativo del centro d'imballaggio;

    le uova industriali, inadatte al consumo umano, debbono essere commercializzate in imballaggi contraddistinti da una fascetta o etichetta di colore rosso che reca i riferimenti di cui all'articolo 18 del regolamento (CE) n. 589/2008, riportata in allegato II;

    quanto al codice distintivo del produttore, il citato decreto 11 dicembre 2009 all'articolo 11, comma 7, prevede che la timbratura delle uova con il codice del produttore deve essere effettuata presso l'azienda di produzione ovvero presso il primo centro d'imballaggio che riceve le uova. Ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 589/2008, qualora le uova siano consegnate da un produttore ad un centro d'imballaggio, o ad una industria non alimentare situata in un altro Stato membro o ad un raccoglitore che intenda consegnarle in un altro Stato membro, sono contrassegnate col numero distintivo del produttore prima di lasciare il luogo di produzione. I raccoglitori, i centri d'imballaggio o le industrie non alimentari localizzati in Italia possono ricevere da un sito di produzione, da un raccoglitore o da un centro d'imballaggio situato in un altro Stato membro, esclusivamente uova marchiate nel Paese d'origine con il codice del produttore;

    sulle uova e sugli imballaggi è possibile apporre direttamente, da parte dei soggetti interessati, diciture e/o simboli relativi all'origine delle uova purché tale origine sia rilevabile dal codice distintivo del produttore; in tal caso, i produttori ed i centri d'imballaggio interessati sono tenuti a darne comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo tramite l'ufficio dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) competente per territorio. L'Icqrf effettua i controlli a sondaggio e sulla base di un'analisi del rischio, in conformità ai principi ed ai criteri stabili dal regolamento (CE) n. 589/2008 e dal regolamento (CE) n. 882/2004;

    l'Italia e al vertice dei Paesi europei per la produzione di uova, con oltre 1.800 aziende iscritte nel Registro nazionale degli stabilimenti produttori di uova da cova e pulcini, concentrate soprattutto in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, con 750 centri di imballaggio autorizzati, migliaia di occupati e un volume d'affari annuo di 1,3 miliardi di euro;

    al fine di tutelare la produzione avicola nazionale e di migliorare la qualità delle informazioni al consumatore, le associazioni agricole richiedono di scrivere chiaramente, anche sulle confezioni e sui cartoni, il luogo di produzione, in particolare se questo è in Italia e ogni altra possibile informazione. Inoltre, richiedono l'obbligo di marchiatura di tutte le uova presso il sito di produzione, anche di quelle destinate alla trasformazione alimentare e maggiori controlli sanitari, in particolare sul prodotto extra Unione europea,

impegna il Governo:

   in ottemperanza alla relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 20 maggio 2015 (COM(2015) 204 final) sull'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza degli alimenti non trasformati, ad assumere iniziative per prevedere che sulle confezioni e sui cartoni delle uova sia indicato il luogo di produzione, il Paese di origine e ogni altra possibile informazione;

   ad assumere iniziative volte a garantire il rispetto del comma 7 dell'articolo 11 del decreto ministeriale 11 dicembre 2009 in modo da escludere l'ingresso in Italia dei Paesi dell'Unione europea ed extra Unione europea;

   ad assumere iniziative per assicurare la facoltà per i produttori italiani di timbrare le uova in allevamento, anche a loro maggior tutela, valutando la possibilità di introdurre sgravi fiscali o contributi per l'acquisto di macchinari adibiti alla timbratura, almeno per alcune tipologie di allevatori con aziende di piccola e media dimensione;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire la piena applicazione dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 589/2008, con particolare riguardo agli accertamenti per il mantenimento dell'autorizzazione dei centri d'imballaggio.
(7-00143) «Nevi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   LEGNAIOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locali di Pisa del 27 dicembre 2018 riportano la notizia secondo la quale, a seguito di un pronunciamento del Tar, un profugo, pur dopo essere stato fermato dalle forze dell'ordine per traffico di stupefacenti, avrebbe riottenuto il diritto a presentarsi nuovamente presso il centro di accoglienza dove soggiornava;

   la vicenda ha destato molto scalpore sia tra la cittadinanza che nell'intera comunità di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, dove ha sede il centro di accoglienza;

   la decisione assunta dal Tribunale amministrativo nei riguardi del profugo trovato in possesso di marijuana, a parere dell'interrogante, non rende merito al quotidiano lavoro delle forze dell'ordine, impegnate a contrastare i fenomeni di spaccio;

   peraltro, a quanto si apprende dalla stampa, sarà lo Stato a pagare le spese legali –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare, anche sul piano normativo, in relazione alla vicenda sopra richiamata.
(3-00407)


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 2007 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale serie generale n. 39 del 15 febbraio 2008 avente per oggetto «Disciplina del regime per i doni di cortesia ricevuti dai componenti del Governo» stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, gli altri membri del Governo e i loro congiunti che ricevono doni, in ragione dell'ufficio che ricoprono pro-tempore, in occasione di visite ufficiali o di incontri, da parte di autorità o di delegazioni italiane o straniere e che, secondo gli usi di cerimoniale, abbiano carattere protocollare d'uso e di cortesia possano trattenere personalmente dal 1° gennaio 2008 solo i doni di rappresentanza il cui valore espresso in denaro non sia superiore a 300 euro. I doni di rappresentanza il cui valore espresso in denaro sia superiore ai 300 euro e che, in relazione alla loro tipologia e specificità, possono essere destinati alle sedi ufficiali o di rappresentanza, restano nella disponibilità dell'amministrazione, mentre i restanti doni, di valore superiore a 300 euro, sono destinati dal Presidente del Consiglio e dai ministri per iniziative aventi finalità umanitarie, caritatevoli, di assistenza e beneficenza; alla istanza di accesso civico generalizzato ex articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 presentata dall'interrogante in data 11 settembre 2018 è stata data risposta con la nota del 20 settembre 2018 della Presidenza del Consiglio dei ministri DSS 0007272 P-23-2 in cui si invia l'elenco dei doni ricevuti e consegnati. La mattina del 24 dicembre il quotidiano La Verità ha pubblicato un servizio di inchiesta intitolato «Babbo Renzi si trasforma in babbo Natale e dona i regali di Stato del figlio ad amici e collaboratori» in cui si elencano numerosi doni che sarebbero stati ricevuti dal Presidente del Consiglio pro tempore Matteo Renzi dal valore superiore ai 300 euro, che non sono presenti nell'elenco consegnato all'interrogante dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e, secondo La Verità, «riciclati» da vari esponenti della famiglia Renzi per amici, dipendenti, collaboratori e amici di dipendenti e collaboratori. Secondo la ricostruzione del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro alcuni di questi doni sarebbero usati per arredare l'appartamento di Matilde Renzi, sorella dell'ex premier, e di suo marito Conticini (indagato a Firenze per riciclaggio nella cosiddetta inchiesta sui fondi Unicef) e alcuni doni sarebbero addirittura finiti nella casa di un pensionato dove lavora come collaboratrice domestica la moglie di Carlo Ravasio, «già dipendente della Eventi6 e consigliere delegato della cooperativa Marmodiv», «perquisito nella scorsa primavera nell'inchiesta che vede indagati Tiziano Renzi e Laura Bovoli per bancarotta fraudolenta». Il 18 giugno 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze ha deliberato di rifondare la finanziaria Toscana Fidi di 236.803,23 euro e ha liquidato la somma il 30 ottobre successivo attraverso il Fondo centrale di garanzia per ripagare i debiti contratti dall'azienda di famiglia Renzi e mai rimborsati, Il Governo ha accolto in sede di esame della manovra di bilancio un ordine del giorno presentato dall'interrogante per la vicenda che riguarda i tre fratelli Conticini a vario titolo finiti in un'indagine per la presunta sottrazione di almeno 6,6 milioni di euro di Unicef e altre organizzazioni benefiche destinati al sostegno dei bambini in Africa –:

   quale controllo venga svolto per assicurare che gli esponenti di Governo che ricevono doni di rappresentanza rispettino quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 2007;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo per recuperare eventuali doni di Stato che, secondo quanto riportato da fonti di stampa, sarebbero stati ingiustamente trattenuti dall'ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi e distribuiti poi ad amici e compaesani di Rignano.
(3-00408)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PERCONTI, COSTANZO, SEGNERI e GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 21 marzo 2017 moriva sul posto di lavoro Salvatore Scannella, dipendente dell'Anas s.p.a. di Palermo, svolgendo – così come si legge nella denuncia presentata dal figlio presso la Guardia di finanza il 10 settembre avverso l'Anas spa – riprese video del tratto stradale strada statale 640 nei pressi di Contrada «San Benedetto» a bordo di un velivolo ultraleggero;

   allo stato attuale è aperto un procedimento penale presso la procura della Repubblica di Agrigento per accertare le responsabilità sulla morte di Scannella, il quale – come riportato da Repubblica il 17 ottobre 2018 – nonostante fosse stato assunto in Anas come impiegato amministrativo, veniva autorizzato dalla stessa società a realizzare riprese fotografiche per l'ufficio stampa;

   secondo quanto riportato a mezzo stampa, nella denuncia dell'incidente sul lavoro presso l'Inail, l'Anas, paradossalmente, avrebbe dichiarato che il dipendente era assente ingiustificato dal lavoro, in quanto era uscito senza alcuna autorizzazione;

   nel 2017, l'Inail nella sua relazione annuale ha rilevato soltanto 617 morti accertate sul posto di lavoro, di cui 58 per cento fuori dall'azienda a fronte delle 1.112 denunce arrivate;

   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, recentemente proprio in occasione della presentazione del rapporto annuale dell'Inail, ha posto l'accento sulla gravità delle morti sul lavoro, parlando di «eccidio senza fine» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere per far luce sulla questione esposta;

   quali iniziative intenda intraprendere per far fronte al problema delle morti sul lavoro.
(5-01153)


   FIANO, MIGLIORE, CECCANTI, MARCO DI MAIO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI, POLLASTRINI, ENRICO BORGHI, SENSI, ROTTA, FASSINO, MORANI, SCALFAROTTO, PAITA, SCHIRÒ, MORETTO, VAZIO, ROSSI, PEZZOPANE, BRUNO BOSSIO, PINI, GRIBAUDO, DEL BARBA, CARNEVALI, DE MICHELI, DI GIORGI e CARLA CANTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   domenica scorsa ha rapidamente fatto il giro del web, e successivamente dei giornali, una foto che ritrae il Ministro dell'interno sorridente mentre si abbraccia calorosamente e parla con Luca Lucci, detto il Toro, capo della curva sud del Milan, già condannato a 4 anni per la grave aggressione ad un tifoso dell'Inter nel 2009 – poi suicidatosi nel 2012 anche a causa della grave depressione conseguente alla perdita dell'occhio sinistro avvenuta per mano di Lucci – e che solo settembre 2018 ha patteggiato una pena di 18 mesi a seguito dell'arresto per traffico di droga, dopo aver già collezionato in precedenza almeno 3 Daspo a decorrere dal 2004;

   da notizie a mezzo stampa si è poi appreso che Luca Lucci, noto per le sue violenze e frequentazioni malavitose, sarebbe anche il luogotenente di Giancarlo «Sandokan» Lombardi, già condannato per rapina, lesioni, estorsione, tentato omicidio, e sarebbe altresì il proprietario della Renault Clio nera a bordo della quale un killer della ’ndrangheta, Luigi Cicalese, uccise con sette colpi di mitraglietta nel 2009 l'avvocato Maria Spinella;

   quanto accaduto appare di una gravità inaudita alla luce del fatto che non solo il Ministro responsabile dell'ordine pubblico e della sicurezza italiana si è pubblicamente abbracciato e ha calorosamente salutato personaggi già condannati e fortemente legati ad ambienti malavitosi e i cui traffici sono stati, con fatica e a rischio della propria incolumità, scoperchiati proprio da quegli uomini di cui il Ministro dell'interno dovrebbe essere la massima autorità di riferimento, ma anche per l'affermazione successiva di essere «un indagato tra gli indagati», quasi a ridurre e sminuire la gravità dei reati di cui i soggetti in questione sono stati indagati e condannati;

   non hanno destato pertanto stupore neppure le dichiarazioni rilasciate in merito dal sindacato di polizia del Silp, il quale il giorno successivo ha stigmatizzato l'accaduto ricordando che «se un poliziotto “comune”», di quelli che ogni giorno «rischiano la vita in strada per difenderci», avesse salutato e stretto la mano a un capo ultrà che ha patteggiato un anno e mezzo per droga «sarebbe già stato sanzionato disciplinarmente»;

   quanto riportato secondo gli interroganti getta di fatto una luce inquietante sull'intero Governo, in forza della perdita di credibilità delle istituzioni in generale, e delle forze di polizia in particolare, che questi comportamenti – ostentati proprio da quella che dovrebbe essere l'autorità nazionale di pubblica sicurezza – rischiano di generare, avallando tra l'altro la pubblica convinzione che i reati commessi non siano poi così gravi o meritevoli di pubblica riprovazione, oltre che di sanzione –:

   qualora i fatti urgenti riportati in premessa non corrispondano ad una linea politica condivisa dall'intero Governo, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per stigmatizzare quanto avvenuto, a fronte di comportamenti tenuti dal Ministro dell'interno, anche al fine di salvaguardare la credibilità delle nostre istituzioni e di chi quotidianamente mette a rischio la propria vita per difendere la collettività.
(5-01155)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GABRIELE LORENZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   le notizie a mezzo stampa continuano a riportare di danni consistenti alle Sae (soluzioni abitative di emergenza) approntate per i sismi che hanno colpito in successione il 24 agosto e il 30 ottobre 2016 i territori di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, e che stanno generando preoccupazione e tensione nella popolazione già provata dai pesanti eventi calamitosi;

   nell'ambito della fornitura esistono tre tipologie di abitazioni, le quali sono gestite dai consorzi Cns e Arcale, aggiudicatari della gara indetta da Consip per conto del dipartimento della protezione civile per la conclusione di un accordo quadro;

   il principio ispiratore di questo modello di intervento si è rivelato inadeguato per i seguenti motivi:

   per i costi: 18 mila moduli per 1 miliardo e 188 mila euro, al netto dei costi dei lavori di urbanizzazione, con un costo medio di 2.770 euro al metroquadro, contro i 1.600 euro al metroquadro per la costruzione di abitazioni di edilizia residenziale pubblica;

   per il ritardo con il quale sono state fornite e installate le Sae;

   per errori di progettazione che non hanno tenuto conto di esigenze territoriali e climatiche, come gli scambiatori di calore posti all'esterno delle abitazioni costruite in zone che, notoriamente, in inverno subiscono cali di temperatura considerevoli, così come i tetti piani in zone di montagna, a rischio di crollo in caso di nevicate prolungate;

   per errori di esecuzione, che hanno causato muffe e deterioramento di pavimento o tramezzi, a seconda della tipologia della Sae, che hanno anche costretto alcune famiglie ad abbandonare l'alloggio assegnato;

   gli errori di progettazione hanno spinto alcuni comuni, come quello di Accumoli (Rieti) e di Visso (Macerata), di concerto con la protezione civile, a deliberare l'autorizzazione per interventi di miglioria sui prefabbricati modulari, come la chiusura totale o parziale dei porticati antistanti le Sae a causa del freddo e del vento montano, interventi che rimangono principalmente a carico degli inquilini stessi;

   le recenti nevicate hanno causato diversi black-out lasciando senza riscaldamento le persone che vivono nelle Sae che non sono dotate di gruppi elettrogeni di emergenza;

   questi disservizi generano nella cittadinanza, già duramente colpita negli affetti e nei beni, apprensione, indignazione e rassegnazione, peggiorando la condizione già esistente di spopolamento di quei territori; in un articolo del Fatto Quotidiano del 23 dicembre 2018, l'ex amminisitratore delegato di Consip Casalino riporta che la vita utile delle Sae è di 6 anni;

   l'insediamento delle Sae è stato operato spesso in zone non adatte, generando costi di opere di urbanizzazione ingenti che hanno prodotto danni ambientali difficilmente quantificabili; a titolo di esempio, le aree Sae di Grisciano (comune di Accumoli) sorgono sulle sponde del fiume Tronto in deroga ai vincoli urbanistici e ambientali, mentre a Bolognola i costi di urbanizzazione hanno sfiorato i 5.000 euro al metroquadro a causa di opere di sbancamento molto impattanti;

   non è pensabile di poter ospitare per lungo tempo nuclei familiari in alberghi a scapito della qualità della vita delle vittime degli eventi catastrofici e delle risorse dell'erario –:

   se la Protezione civile preveda iniziative per assicurare il benessere delle popolazione residente nelle Sae, anche in relazione all'onere delle opere di miglioria autorizzate sulle stesse, al loro adattamento rispetto alle esigenze territoriali, al loro deterioramento legato alla breve vita utile e al ritardo della ricostruzione;

   se e come il Governo abbia intenzione di procedere in merito alla riprogettazione del metodo di gestione delle emergenze abitative, in revisione dell'accordo quadro sul bando di gara indetto da Consip per conto del Dipartimento della protezione civile, e all'assistenza alla popolazione in caso di calamità, al fine di non ripetere gli errori del passato.
(4-01921)


   CATALDI e LATINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la crisi economica che ha colpito il Paese ha mostrato particolare ferocia nelle aree di crisi industriale complessa. Tra queste, ve ne sono alcune che sono state letteralmente messe in ginocchio dagli eventi sismici del 2016: i territori della provincia di Ascoli Piceno;

   a distanza di due anni dal sisma si vive ancora in una fase di emergenza e la ricostruzione fatica ancora a partire;

   i dati sulla disoccupazione parlano oggi di circa 25/30 mila disoccupati nella sola provincia di Ascoli, con una consistente fetta di persone di età compresa tra i 50 e i 60 anni di età che, come tali, risultano difficilmente ricollocabili nel mondo del lavoro;

   occorrerebbe dunque un intervento temporaneo e di natura straordinaria, dedicato a questa parte di territorio e mirato ad affrontare con strumenti urgenti di welfare una vera e propria situazione di allarme sociale ed economico;

   detti interventi andrebbero articolati in due fasi:

    interventi a breve termine per il sostegno al reddito;

    interventi a medio termine per il rilancio, anche attraverso incentivi, dello sviluppo economico e dell'occupazione nelle aree in questione;

   tali misure si rendono indispensabili anche in attesa che il piano di rilancio economico delle aree di crisi industriale complessa, che è anche oggetto della proposta di legge (Atto Camera n. 897) presentata dall'interrogante il 10 luglio 2018, possa trovare attuazione –:

   se il Governo reputi opportuno promuovere immediati interventi di welfare per il territorio della provincia di Ascoli Piceno al fine di affrontare la grave crisi occupazionale;

   se ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a permettere l'abbassamento della soglia di età per l'accesso all'anticipazione pensionistica in favore dei disoccupati residenti nell'area di crisi industriale complessa della provincia di Ascoli Piceno;

   se intenda assumere iniziative per l'introduzione di un ammortizzatore «sostegno-sisma» per i disoccupati residenti nell'area di crisi industriale complessa della provincia di Ascoli Piceno che abbiano compiuto almeno 55 anni di età e non abbiano avuto accesso alla anticipazione pensionistica.
(4-01922)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DE MENECH. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, sono contenute misure riguardanti in particolare la circolazione in Italia di veicoli stranieri immatricolati in un Paese dell'Unione europea, dello spazio economico europeo, ovvero extra Unione europea;

   la normativa introdotta dal citato decreto-legge prevede che: «Se l'auto è guidata da persona residente in Italia da più di 60 giorni, non può circolare e deve essere immediatamente reimmatricolata oppure condotta fuori del territorio dello Stato con procedure particolari»;

   in base a quanto richiamato in precedenza i veicoli con targa tedesca, o comunque targa non italiana, guidati da persona residente in Italia debbono essere reimmatricolati con targa italiana;

   in provincia di Belluno molti residenti sono impegnati in attività lavorative nella vicina Germania e comunque in molti Paesi dell'Unione europea e anche extra Unione europea;

   questi lavoratori spesso hanno autovetture immatricolate nei Paesi in cui esercitano l'attività lavorativa;

   si ha notizia che già da diversi giorni sul territorio della provincia di Belluno sono scattate diverse multe avente per oggetto proprio tale fattispecie;

   numerosi veicoli per ovvie ragioni considerata la geolocalizzazione della provincia di Belluno transitano in territorio italiano e questo costituisce un'evidente criticità non affrontata dalla normativa introdotta mediante decretazione d'urgenza –:

   quali iniziative di competenza il Governo italiano intenda assumere per affrontare con la Germania e gli altri Paesi dell'Unione europea l'evidente vulnus giuridico presente nella nuova disciplina sulla circolazione dei veicoli con targa straniera sul territorio nazionale e tenere nella dovuta considerazione la specificità della provincia di Belluno e dei cittadini residenti, onde evitare disagi e complicazioni burocratiche.
(3-00403)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI, COSIMO SIBILIA, CAPPELLACCI, CANNATELLI, SACCANI JOTTI, FERRAIOLI, CASINO e FASANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», la cosiddetta spending review, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, aveva previsto la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare senza compromettere i servizi offerti ai cittadini;

   questo ha portato alla chiusura del consolato italiano di Newark, una realtà storica dell'emigrazione italiana in Usa, dove è presente una popolazione anziana che ha difficoltà a muoversi e che ha subito disagi derivanti da questa chiusura, anche se si è cercato di rimediare con l'apertura di un consolato onorario, istituito anche grazie al mio impegno sul piano istituzionale;

   lo Stato del New Jersey (Usa), dove si trova Newark, presenta una considerevole attrattiva nel settore della ricerca e Newark è in una posizione geostrategica rilevante, tra New York e Washington, snodo centrale di importanti reti ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali che sono di vitale importanze per le aziende italiane presenti in quell'area degli Usa;

   negli ultimi tempi si assiste a una ripresa dell'emigrazione italiana verso gli Usa e soprattutto verso quelle aree che possono offrire un futuro migliore ai giovani italiani ad alto know-how, tanto che, dalla chiusura del consolato di Newark ad oggi, gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti dell'estero risultano aumentati di più del 10 per cento e il consolato generale di New York, competente per l'area, vedrà pian piano aumentare il sovraccarico di lavoro sul personale già di per sé insufficiente;

   il consolato è per tradizione l'ufficio preposto alla tutela e all'assistenza dei connazionali all'estero nell'ambito di due diverse sfere di azione: la promozione e l'assistenza –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover procedere alla riapertura del consolato italiano di Newark nell'interesse delle vecchie e nuove emigrazioni italiane in quell'area.
(4-01908)


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal comunicato UIL Scuola Rua Germania si apprende che dal 1° gennaio 2019 saranno sospesi 150 corsi di lingua e cultura italiana, con il conseguente licenziamento di oltre 15 docenti, a causa dell'imminente chiusura dell'ente gestore Co.As.Sc.It;

   tali corsi rappresentano uno strumento particolarmente utile per la diffusione della lingua e della cultura italiana, nonché un punto di aggregazione per i nostri connazionali;

   risultano, infatti, iscritti ai suddetti corsi circa 1500 studenti che subirebbero delle gravose conseguenze a causa della improvvisa sospensione degli stessi corsi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative, di competenza, intenda assumere affinché venga evitato il blocco del servizio scolastico per i nostri connazionali.
(4-01915)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la prescrizione numero 15, contenuta nella delibera del Cipe n. 42 del 2017 relativa alla linea ferroviaria AV/AC Milano-Verona, prevede che il soggetto aggiudicatore ovvero il soggetto realizzatore dell'opera dovrà: «effettuare gli sviluppi progettuali dei previsti interventi di mitigazione ambientale e ripristino attraverso un costante confronto con le Istituzioni locali e la cittadinanza interessata, attraverso l'Osservatorio ambientale, al fine di conseguire la massima condivisione sulle scelte da attuare in ordine a:

    fruibilità visiva dei beni storico/architettonici;

    realizzazione di opere a verde volte alla valorizzazione paesaggistica del tracciato, e dei manufatti accessori, al consolidamento dei pendii e al contenimento dell'inquinamento acustico;

    studi sulle possibili interferenze sulle falde e interventi per il contenimento degli impatti;

    opere per garantire la continuità dei percorsi ciclopedonali e per incrementarne l'estensione;

    studi specifici su ambiti particolari»;

   alla prescrizione numero 4, si specifica altresì che dovrà sostenere, a valere sul costo a vita intera dell'opera, gli oneri di funzionamento dell'Osservatorio ambientale (e del relativo supporto tecnico) che sarà istituito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dallo stesso presieduto, con la partecipazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della regione Lombardia, della regione Veneto e di un organismo di supporto tecnico costituito da Arpa Lombardia e Arpa Veneto. L'Osservatorio avrà anche sede operativa presso il territorio ed opererà ai fini della condivisione dei contenuti del piano di monitoraggio ambientale e della verifica dei risultati;

   nell'ambito del monitoraggio ambientale l'Osservatorio dovrà, in coerenza con quanto previsto dai piani di azione a breve termine di cui all'articolo 24 della direttiva 2008/50/CE, intervenire efficacemente per limitare le attività che contribuiscono al rischio che i rispettivi valori limite e soglie d'allarme, di cui agli allegati VII XI e XIV della direttiva 2008/50/CE, siano superati. Dovrà altresì stabilire gli interventi e le azioni da attuare per ridurre le emissioni inquinanti qualora il sistema di monitoraggio rilevi il superamento dei valori limite di cui all'allegato XI della direttiva 2008/50/CE o la soglia di allarme per l'ozono di cui all'allegato XII;

   le attività di controllo e verifica dei dati provenienti dal sistema di rilevamento saranno gestite da Arpal e Arpav che informerà dei superamenti e avvierà le procedure, sulla base di quanto stabilito dall'Osservatorio, per l'attivazione degli interventi di riduzione delle emissioni;

   le attività di verifica e controllo delle Arpa competenti dovranno comprendere quelle previste dall'articolo 8, parte B, del decreto ministeriale n. 161 del 2012 nell'ambito del piano di utilizzo e dei risultati delle caratterizzazioni in corso d'opera –:

   se il Governo intenda fornire chiarimenti circa l'attuazione di quanto previsto dalla prescrizione numero 15, se cioè sia stato istituito e sia operativo l'Osservatorio ambientale di cui in premessa, anche in considerazione del fatto che consta all'interrogante che il general contractor è in fase di messa a punta del progetto esecutivo e sta acquisendo numerose aree interessate del progetto e quindi dovrebbe essersi confrontato «con le istituzioni locali e la cittadinanza»;

   nel caso l'Osservatorio non sia stato attivato, tenuto conto che senza il medesimo Osservatorio non è possibile soddisfare la prescrizione numero 15, se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per bloccare l’iter del progetto visto che «gli sviluppi progettuali dei previsti interventi di mitigazione ambientale e ripristino attraverso un costante confronto con le istituzioni locali e la cittadinanza interessata» devono avvenire attraverso questo organo.
(5-01154)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che la procura di Catania ha aperto un'inchiesta concernente lo scarico illegale di rifiuti, molto pericolosi e a rischio infettivo, da parte delle navi di organizzazioni non governative in undici porti italiani: Trapani, Pozzallo, Augusta, Catania, Messina in Sicilia, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Corigliano Calabro in Calabria, Napoli e Salerno in Campania;

   più nel dettaglio, dalle indagini emergerebbe che durante le attività di salvataggio in mare da parte di Medici senza Frontiere sarebbero stati smaltiti illecitamente ventiquattromila chilogrammi di rifiuti in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti. Gli appartenenti alle organizzazioni non governative e gli agenti marittimi si sarebbero messi d'accordo per conferire in modo indifferenziato i rifiuti accumulati durante le attività di salvataggio in mare, provenienti dalla nave Aquarius e dalla nave Vos Prudence. Si tratterebbe, secondo quanto riportato dalla procura, di indumenti indossati da parte degli extracomunitari, scarti alimentari e rifiuti sanitari infettivi;

   a parere dell'interrogante, la situazione appena prospettata, nel caso in cui dovesse essere accertata da parte della magistratura catanese, sarebbe estremamente preoccupante per la salute dei cittadini di tutta Italia e ovviamente della Campania e di Salerno e provincia e andrebbe a suscitare un grande allarmismo nazionale per le modalità con cui tale situazione sarebbe stata creata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per contribuire a chiarire in che modo i rifiuti sarebbero stati smaltiti nonché le modalità attraverso le quali Salerno e la sua provincia sarebbero state coinvolte nello scarico dei rifiuti infetti e pericolosi.
(4-01911)


   ORFINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel piano di insediamento produttivo di via S. Antonio Abate nel comune di Scafati è sito un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti, le cui varie strutture logistiche – e successive ristrutturazioni ed adeguamenti – sono state nel tempo autorizzate dall'amministrazione comunale rispettivamente alle società «C.L.A.R. s.r.l.», «Immobiliare F.D. s.r.l.», «L'Igiene Urbana s.r.l.», «Helios s.r.l»;

   le autorizzazioni rilasciate dalla regione Campania alle società «L'Igiene urbana s.r.l.» e «Helios s.r.l.» contengono prescrizioni per le tipologie e le quantità dei rifiuti trattabili;

   nel giugno 2014 il personale dell'ufficio ambiente del locale comando di polizia municipale ha effettuato diversi sopralluoghi accertando esalazioni moleste, relazionando all'ufficio competente del comune che ha provveduto all'emissione di diffida a provvedere;

   il 9 novembre 2015 l'ufficio ambiente del locale comando di polizia municipale con il responsabile settore ambiente del comune di Scafati, del Corpo forestale dello Stato – comando di Sarno e i tecnici dell'A.r.p.a.c. hanno effettuato un sopralluogo presso i siti di stoccaggio della «Helios s.r.l.», riscontrando anomalie nelle autorizzazioni e, conseguentemente, i tecnici dell'A.r.p.a.c. e il responsabile settore ambiente dell'amministrazione comunale hanno impartito le necessarie prescrizioni, mentre il suddetto comando del Corpo forestale emetteva comunicazione notizia di reato presso la procura della Repubblica di Nocera Inferiore;

   nel sopralluogo effettuato dai medesimi uffici il 13 aprile 2016 è risultata un'ottemperanza parziale delle prescrizioni;

   il 13 ottobre 2016 con notizia di reato n. 3498.16.21 il sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Cioncada disponeva il sequestro preventivo del sito, indagando il legale rappresentate della «Helios s.r.l.» perché teneva in esercizio un impianto di trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non, senza osservare le prescrizioni imposte nei provvedimenti autorizzativi di cui al decreto n. 279 del 23 dicembre 2015 e decreto n. 94 del 27 aprile 2015 della giunta regionale della Campania. Tra le altre violazioni: non adottavano tutte le cautele per impedire la formazione degli odori e la dispersione di aerosol e trattavano i rifiuti causando inconvenienti da odori; utilizzavano per il deposito di rifiuti speciali pericolosi aree non autorizzate; venivano stoccate quantità di rifiuti pericolosi e non, oltre i limiti massimi giornalieri stabiliti; veniva altresì rilevata l'assenza del prescritto certificato di prevenzione incendi;

   la parziale ottemperanza riscontrata il 13 aprile 2016 risulta confermata dal sopralluogo effettuato dall'A.r.p.a.c. il 20 luglio 2016 su richiesta della regione Campania, in seguito al quale sono stati fatti ulteriori rilievi di violazioni;

   a seguito dei sopralluoghi effettuati presso lo stabilimento della «Helios s.r.l.», su richiesta del comune di Scafati con nota 37651 del 10 luglio 2018, l'A.r.p.a.c. ha rilevato con due distinte relazioni irregolarità ricorrenti per i diversi generi di rifiuti trattati riguardanti – tra le altre cose – il superamento dei limiti dei medesimi, il riempimento dei cassoni adibiti allo stoccaggio oltre la capacità contenitiva e la mancanza di copertura determinante emissioni polverulente ed esalazioni maleodoranti, nonché violazioni relative alle modalità di stoccaggio che esporrebbero l'impianto a rischi di incendio e difformità tra lo stato dei luoghi e il lay-out autorizzato;

   il 17 ottobre 2018 l'A.r.p.a.c. ha effettuato un ulteriore sopralluogo su richiesta del Comando dei carabinieri NOE di Salerno (prot. N. 2/84-1) confermando i rilievi di cui sopra;

   le autorizzazioni dei siti di stoccaggio nelle aree delineate dal piano di insediamenti produttivi sono regolate dal decreto-legge n. 152 del 2006 e dalle norme regionali relative a rifiuti e autorizzazioni ambientali –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per prevenire e contrastare il danno ambientale, garantendo la sicurezza dei cittadini e la tutela dell'ambiente in relazione al sito di stoccaggio situato nel territorio del comune di Scafati.
(4-01917)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:

   il quotidiano La Repubblica, nell'edizione del 24 dicembre 2018, parla della collezione Rosazza Cavalli di soldatini d'epoca di stagno e latta, della guerra di Crimea, castelli di carta, treni, circa 5000 pezzi, attualmente ospitati in una delle sale ipogee di Palazzo Chiericati, di Vicenza;

   è una collezione di giocattoli tra più importanti d'Europa, insieme a quelle di Londra e Parigi;

   grazie al professor Giovanni Carlo Federico Villa, torinese di origine, a fine 2017, la collezione è stata consegnata al Museo civico di Vicenza sotto forma di comodato d'uso gratuito, con la clausola del vincolo di esposizione, come condizione necessaria perché diventi collezione;

   ora però la Soprintendenza ne impone lo sfratto con una lettera inviata al comune: «i locali vanno liberati perché sono un sito archeologico e non uno spazio espositivo»;

   così il tesoro dei balocchi rischia di finire a Mosca, che l'ha richiesto per una mostra; Vicenza rischia di perdere questo piccolo tesoro –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire che la collezione Rosazza Covelli di cui in premessa possa rimanere esposta a Vicenza, nel rispetto della volontà dei suoi creatori.
(2-00213) «Zanettin».

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRAGA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 1897 viene costituito un comitato, presieduto dagli illustri milanesi Amato Amati, Giacinto Bruzzesi e Giuseppe Candiani (detti l'A B C di Turate), con il concorso della Cassa di risparmio delle province lombarde, per raccogliere fondi allo scopo di acquistare, dagli eredi Zerbi di Saronno, la settecentesca villa Ala Ponzone, sita in Turate (Como), successivamente trasformata in una casa di riposo per i reduci di tutte le battaglie e le guerre combattute in nome dell'Italia. Nell'arco degli oltre cent'anni di vita della Casa, vi furono ospitati circa 3.500 veterani, provenienti da tutta la Penisola;

   l'Ente «Casa Militare Umberto I» è retto da un consiglio d'amministrazione presieduto da un presidente, nominato dal Ministero della difesa e da cinque consiglieri, nominati rispettivamente dal comune di Milano, dalla provincia di Milano, dalla fondazione Cariplo, dalla prefettura di Como, dal distretto militare di Como. La Casa militare termina la sua attività di accoglienza nel 2004, quando vi erano ospitati solo una decina di veterani;

   attualmente la Casa militare Umberto I per veterani e reduci delle guerre nazionali è una fondazione sotto la giurisdizione del Ministero della difesa;

   negli ultimi l'amministrazione comunale di Turate ha portato avanti con la citata fondazione un progetto della Casa militare con il coinvolgimento degli istituti scolastici, ha risolto i contenziosi in essere nell'ottica di una proficua collaborazione tra enti nello stesso territorio comunale e ha avviato un percorso di integrazione dell'offerta culturale di Turate;

   risulta altresì all'interrogante che il Ministero della difesa non abbia ancora provveduto al rinnovo del consiglio di amministrazione dell'Ente «Casa Militare Umberto I» –:

   se il Governo non intenda, da statuto, adottare le iniziative di competenza per rinnovare il consiglio di amministrazione dell'Ente «Casa Militare Umberto I» e valutare, per quanto sopraddetto in termine di legittimo interesse e di proficua collaborazione, l'opportunità di modificare lo statuto della Fondazione consentendo al comune di Turate di annoverarsi tra i membri effettivi della fondazione medesima.
(5-01150)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 del decreto-legge n. 119 del 2018 recita testualmente: «01. All'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Sono altresì esonerati dalle predette disposizioni i soggetti passivi che hanno esercitato l'opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000; tali soggetti, se nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a euro 65.000, assicurano che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta”. 02. Gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità in capo a soggetti di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, sono adempiuti dai cessionari»;

   il regime forfetario di cui alla legge n. 398 del 1991 prevede il versamento parziale dell'imposta sul valore aggiunto, per dare efficacia alla detrazione forfetaria –:

   quale sarà il meccanismo applicativo del comma 02 del citato articolo 10 che, per i contratti di sponsorizzazione e pubblicità, pone in capo al committente gli obblighi di fatturazione e registrazione, senza incidere sull'applicazione dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;

   se l'onere del versamento dell'imposta rimarrà in capo al prestatore, mentre sul committente ricadranno solo gli obblighi formali di fatturazione e registrazione;

   se la disposizione di cui al comma 02 determini di fatto un vero e proprio obbligo in capo al committente oppure dia luogo a una semplice facoltà, dal momento che la norma rischia di non fornire una specificazione sul punto;

   se intenda chiarire, con riguardo al comma 01, quali saranno i proventi che concorreranno alla formazione della soglia di 65.000 euro.
(5-01151)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'IVIE, ossia imposta sul valore degli immobili detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti in Italia, è stata istituita dal decreto-legge n. 201 del 2011; già prevista per il medesimo anno 2011 con la legge di stabilità del 2013, è stata posticipata al 2012, prevedendo che i versamenti già effettuati per il 2011 venissero considerati come acconti per l'Ivie 2012; il prelievo è applicato nella misura dello 0,76 per cento (7,6 per mille) del valore degli immobili e come chiarito dalla circolare 28/E del 2 luglio 2012 dell'Agenzia delle entrate, esso è applicato in proporzione alla quota di proprietà o di altro diritto reale e ai mesi dell'anno nei quali si è protratto tale diritto; assoggettati alla tassa sono quindi coloro che per la maggior parte del periodo d'imposta – 183 giorni all'anno e 184 negli anni bisestili – risultano iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato italiano il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile; la base imponibile dell'Ivie è il valore dell'immobile, ossia il costo risultante dall'atto di acquisto e, qualora il dato non fosse disponibile, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui si trova l'immobile. In deroga a questo principio generale, per gli immobili situati nei Paesi appartenenti all'Unione europea e allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, la base imponibile da considerare è il valore catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l'immobile è situato ai fini dell'assolvimento di imposte di natura patrimoniale o reddituale oppure, in mancanza di quest'ultimo, il costo d'acquisto o il valore di mercato allo scadere del periodo d'imposta; l'imposta non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ad eccezione delle unità immobiliari che in Italia risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (immobili «di lusso») alle quali si applica l'aliquota nella misura ridotta dello 0,4 per cento e la detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, di euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; l'Ivie non è dovuta se l'importo complessivo dell'imposta, a prescindere dalla quota o dal periodo di possesso, è pari o inferiore alla cifra di euro 200; l'Ivie è sorta sul modello francese, che presenta parametri di calcolo della base imponibile diversi da quelli italiani; il prelievo può risultare sproporzionato e provocare, di conseguenza, disomogeneità e parzialità nel prelievo di tale imposta –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire i più recenti dati disponibili in tema di Ivie indicando in particolare, quanti immobili siano stati oggetto di prelievo nell'ultima annualità disponibile e il relativo gettito d'imposta, distribuiti per Paese (Unione europea ed extra Unione europea); quali siano i parametri effettivi adottati per il calcolo del valore degli immobili nei Paesi dell'Unione europea; quali siano le stime di gettito, aggiornate agli attuali valori di mercato se si applicasse il solo criterio del valore di mercato, a prescindere dal Paese di ubicazione dell'immobile.
(4-01916)


   RIBOLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la città di San Giuliano Milanese ha organizzato in passato una serie di servizi pubblici di rilevanza locale per mezzo di un'azienda speciale che, nell'anno 2001, è stata trasformata in società di capitali interamente partecipata dall'ente locale, con la denominazione di Genia s.p.a.;

   negli anni 2006-2008 l'amministrazione ha conferito una serie di immobili alla società medesima, a titolo di aumento di capitale. Più precisamente si tratta di immobili a destinazione scolastica, residenziale pubblica, sportiva, collettiva e sociale;

   negli anni successivi, tuttavia, la grave crisi finanziaria e l'insostenibilità del progetto imprenditoriale hanno determinato una situazione di insolvenza della Genia s.p.a.;

   su tale situazione di insolvenza è dovuto intervenire tribunale fallimentare di Lodi che, con sentenza n. 22 del 2015, ha dichiarato il fallimento di Genia s.p.a.;

   al fine di recuperare la proprietà e la piena disponibilità del suddetto patrimonio immobiliare, il quale è risultato attratto nella massa fallimentare e si trova attualmente nelle disponibilità del curatore, la città di San Giuliano Milanese ha formulato un'istanza di concordato fallimentare;

   la suddetta proposta di concordato fallimentare prevede il versamento alla curatela di una somma a tacitazione del ceto creditorio con l'impegno di retribuire anche i professionisti coinvolti nella procedura concorsuale;

   per effetto della chiusura della procedura concorsuale, la società Genia s.p.a. tornerebbe in bonis mantenendo la titolarità del patrimonio immobiliare e la città di San Giuliano Milanese riacquisterebbe tutte le prerogative e le facoltà riconosciute dalle leggi vigenti al socio unico;

   l'amministrazione, dovendo impegnare un'ingente quota di risorse pubbliche accantonate in bilancio per finanziare il concordato fallimentare, ha interesse a chiarire con sufficiente certezza quali oneri andrà ad affrontare in sede di trasferimento degli immobili dalla società tornata in bonis e poi messa in liquidazione in seguito alla razionalizzazione periodica delle partecipazioni sociali;

   l'articolo 1, comma 568-bis, lettera a) della legge n. 147 del 27 dicembre 2013, afferma che: «Le pubbliche amministrazioni locali indicate nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e le società da esse controllate direttamente o indirettamente possono procedere allo scioglimento della società (...). Se lo scioglimento è in corso ovvero è deliberato non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, gli atti e le operazioni posti in essere in favore di pubbliche amministrazioni, in seguito allo scioglimento della società, consorzio o azienda speciale, sono esenti da imposizione fiscale, incluse le imposte sui redditi e l'imposta regionale sulle attività produttive, ad eccezione dell'imposta sul valore aggiunto. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa»;

   ad oggi, la proposta di concordato fallimentare risulta presentata in sede giudiziaria, ma su di essa i creditori e gli altri organi del fallimento non si sono ancora pronunciati –:

   se il Ministro interrogato, sulla base di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per prevedere l'esenzione dall'imposta di registro degli atti di trasferimento immobiliare da una società di capitali interamente in mano pubblica, allorquando rimanga inalterata la destinazione del compendio immobiliare al servizio pubblico in favore della collettività.
(4-01919)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   nel carcere di Trento il 22 dicembre si è registrato un grave episodio di violenza e devastazioni, dopo il suicidio di un detenuto 32 enne di cittadinanza tunisina;

   circa 300 detenuti hanno dato fuoco ad alcuni cassonetti e materassi, creando una lunga scia di fumo vista da chilometri di distanza e hanno occupato un padiglione del carcere;

   sono state gravemente danneggiate celle e spazi adibiti ai detenuti, oltre a letti, telecamere di sorveglianza, porte a vetri, caloriferi;

   solo l'abnegazione e la professionalità del personale penitenziario hanno evitato conseguenze più drammatiche;

   la condizione delle carceri italiane è divenuta pressoché insostenibile;

   la situazione del personale è al collasso;

   la procedura per la nomina dei dirigenti di istituto e dei dirigenti penitenziari è ferma da mesi;

   il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato che la popolazione carceraria il 30 novembre 2018 ha superato le 60.000 unità, a fronte di una capienza regolamentare degli istituti penitenziari di circa 50.000 posti, di cui solo 45.000 sono effettivamente agibili;

   i detenuti sono spesso ristretti in condizioni inumane;

   dall'inizio dell'anno il numero dei suicidi è salito a 63;

   un numero così alto non si registrava dal 2011;

   in tale contesto la politica del Governo in carica pare orientata a una concezione carcerocentrica della pena;

   tutta la più recente normativa votata dal Parlamento tende, infatti, ad aumentare i massimi edittali delle pene detentive dei reati e a continue restrizioni nella concessione dei benefìci della «legge Gozzini» e della sospensione condizionale della pena –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far fronte alla drammatica situazione del sistema carcerario italiano.
(2-00212) «Zanettin».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 gennaio 2012, l'Italia ha firmato un accordo con la Francia, ratificato dai due Paesi (l'Italia, con legge 23 aprile 2014, n. 71), per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione;

   suddetto accordo ha previsto che la ripartizione dei costi dell'opera è fissata nella misura del 57,9 per cento a carico dell'Italia e del 42,1 per cento a carico della Francia, detratti il contributo europeo e la parte finanziata dai pedaggi versati dalle imprese ferroviarie, fino al valore del costo certificato a valore gennaio 2012;

   il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un altro accordo «per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino Lione»;

   il 2 marzo 2016 la Commissione intergovernativa ha licenziato il testo di tale protocollo addizionale. La firma del protocollo addizionale avvenuta l'8 marzo 2016 in occasione del Vertice bilaterale italo-francese di Venezia, e la successiva validazione del regolamento dei contratti, avvenuta il 7 giugno 2016 da parte della Commissione intergovernativa, hanno completato l’iter procedurale;

   suddetto accordo risulta ratificato con legge n. 1 del 5 gennaio 2017 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2017;

   da anni la realizzazione di questa opera infrastrutturale è oggetto di un rilevante conflitto politico istituzionale tra chi è favorevole alla sua realizzazione e chi si oppone;

   nel corso di una risposta alla interrogazione n. 3-00024, sull'argomento Tav, il Ministro interrogato affermò nel giugno 2018 che: «I miei uffici sono già al lavoro sui singoli dossier, per un'attenta analisi dei costi-benefici, per la valutazione della sostenibilità effettiva dal punto di vista economico, ambientale e sociale.»;

   da allora sono trascorsi 6 mesi e molte ombre emergono sulle personalità coinvolte nella richiamata analisi costi-benefici;

   emergerebbe che il professor Marco Ponti responsabile della commissione costi-benefici grandi opere noto da sempre per le sue posizioni anti Tav abbia scelto ben quattro tecnici tra soci e consulenti della Trasporti e Territorio srl società che fa capo proprio al professor Ponti;

   ove confermato, si tratterebbe, a giudizio dell'interrogante, di un elemento di inaudita gravità palesando non solo un grave pregiudizio ideologico ma un ancora più inquietante conflitto di interessi in merito ad un pronunciamento atteso dal Paese –:

   se davvero il Ministro abbia consentito che un «network» privato in assenza di qualsiasi procedura concorsuale o di evidenza pubblica assumesse un ruolo così rilevante, a giudizio dell'interrogante in palese conflitto di interessi, su una opera strategica per il futuro infrastrutturale del Paese e se non ritenga che ciò comporti un grave e preoccupante pregiudizio sugli esiti del lavoro della Commissione costi-benefici, venendo meno il principio di autorevolezza e imparzialità, tale da comportare la necessità di una totale revisione del processo di analisi finora posto in essere.
(3-00401)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il presidente della provincia di Pesaro e Urbino Giuseppe Paolini in riferimento alla prolungata chiusura del valico di Bocca Trabaria ha sollecitato rapide risposte da parte di Anas e del Governo affinché si ripristinino condizioni di viabilità per il comprensorio interessato che tutelino il diritto alla mobilità delle persone e facciano uscire dall'isolamento quest'area;

   la strada statale n. 73 bis «di Bocca Trabaria» è chiusa dal mese di marzo 2018 in prossimità del confine umbro-marchigiano, e a causa di un rilevante movimento franoso ha subito notevoli danni alla carreggiata, aggravando ulteriormente i disagi economici e di percorrenza per comunità e mondo produttivo;

   il collasso di questa arteria evidenzia ancora di più la necessità di procedere rapidamente al completamento della strada «dei due mari» la E78 «Fano-Grosseto» con gli attesi interventi per quel che concerne la galleria della «Guinza» su cui si è pronunciato, pochi giorni fa, il Consiglio superiore dei lavori pubblici;

   gli enti locali, nella recente riunione con la provincia, hanno valutato una serie di iniziative da assumere per chiedere anche compensazioni nei confronti di Anas in favore delle comunità dell'Alta Val Metauro penalizzate dall'attuale condizione infrastrutturale –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare, in tempi rapidi, un tavolo istituzionale con Anas e gli enti locali interessati, per affrontare e risolvere le criticità infrastrutturali che attanagliano il comprensorio della Alta Val Metauro e assicurare un effettivo cronoprogramma per la riapertura della strada statale di Bocca Trabaria e il completamento della Fano-Grosseto, in relazione alla questione della galleria della Guinza, assumendo iniziative per assicurare le risorse necessarie, nonché il riconoscimento delle attuali condizioni di disagio provvedendo al ristoro delle suddette comunità.
(5-01148)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   numerosi organi di stampa locale e gli stessi utenti che usufruiscono del servizio ferroviario riportano da anni gli innumerevoli disservizi che si manifestano sui treni intercity della linea ferroviaria che collega Taranto alla città di Roma;

   in particolare, i quotidiani casi di ritardo e di mancato rispetto degli orari di arrivo e partenza del servizio di trasporto pubblico che parte dal versante jonico per raggiungere la Capitale hanno ormai carattere di cronicità;

   da alcuni mesi, inoltre, il servizio ferroviario è spesso rimpiazzato da autobus sostitutivi a causa di episodi frequenti di avaria dei treni;

   la città di Taranto, già indegnamente danneggiata sul piano ambientale dalle note questioni relative al massiccio inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali siti nel quartiere Tamburi, è ulteriormente lesa da una condizione di perenne subordinazione anche sul piano infrastrutturale;

   un'area, quale è quella tarantina, così gravata da serie problematiche ambientali non beneficia di alcun supporto pubblico per lo sviluppo di servizi di trasporto sostenibili, che possano restituire alla città, seppure in minima parte, una prospettiva di maggiore attenzione e cura sotto il profilo ambientale e della salubrità dell'aria della zona –:

   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati alla luce di quanto esposto quotidianamente dagli organi di stampa locali in merito alle questioni attinenti alla tratta ferroviaria Taranto - Roma;

   se non ritengano di dover intraprendere serie iniziative per dotare la città di Taranto di un piano ambientale straordinario che contempli lo sviluppo e la dotazione di infrastrutture e mezzi di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale;

   se intendano adottare iniziative al fine di trasferire maggiori risorse per realizzare opere di riqualificazione di aree interessate da preoccupanti livelli di inquinamento ambientale che continuano a causare danni inestimabili all'economia della zona e alla salute dei suoi abitanti.
(5-01149)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale procedimento per il conseguimento della patente A1, A2 e A è disciplinato dal decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'8 gennaio 2013. Per meglio assimilare le direttive comunitarie (direttiva 2006/126/CE), è stato emanato il decreto del 26 settembre 2018 «Nuova disciplina delle prove di valutazione delle capacità e dei comportamenti per il conseguimento delle patenti di guida delle categorie A1, A2 e A», che entrerà in vigore a partire dal 2 gennaio 2019;

   a parere dell'interrogante la nuova disciplina contenuta sul suddetto decreto presenterebbe delle incongruenze che dovrebbero essere attenzionate;

   in particolare, si vuole sottolineare in primis che la previsione contenuta all'interno dell'articolo 2-bis, secondo la quale, con riferimento all'area destinata all'effettuazione dei percorsi di prova, è fatto divieto di sovrapporre le aree di uno o più circuiti, apparirebbe una restrizione immotivata a causa della manifestata difficoltà di reperire aree idonee su tutto il territorio nazionale;

   in secundis, la lettera f), punto 2.3, dell'allegato 2 del decreto, prevede che il candidato, pena l'esito negativo delle prove, non potrebbe impiegare un tempo superiore a 25 secondi per completare il percorso. Tale disposizione, però, mal si concilierebbe con la direttiva dell'Unione europea che, al contrario, riterrebbe prioritaria, ai fini della valutazione dell'idoneità, la capacità del candidato di effettuare le singole manovre piuttosto che il tempo totale impiegato; inoltre, il punto 2.1, allegato 2, del decreto, attraverso il quale viene disciplinata la preparazione alla prova, fa riferimento all'utilizzo di delimitatori che vengono chiamati «cinesini» e che, quindi, dovrebbero servire a formare il percorso per il candidato. Essendo questi ultimi dei delimitatori di ridottissima altezza ed essendo essi previsti anche per la manovra di slalom a 50 km/h, la visibilità degli stessi per il candidato sarebbe fortemente limitata. Per di più, lo spazio a disposizione per impostare la traiettoria corretta è ridotto a 10 metri, condizione che risulterebbe molto rischiosa per il candidato, trattandosi pur sempre di un principiante. Per giunta, tali indicazioni apparirebbero generiche ed imprecise;

   ciò considerato, sarebbe inoltre auspicabile la previsione di una norma che disponga l'obbligatorietà dello svolgimento delle guide obbligatorie sui nuovi percorsi che risultano essere particolarmente impegnativi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la rilevanza della questione, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per fornire eventuali chiarimenti sulle criticità riscontrate;

   se non ritenga di assumere iniziative per apportare delle correzioni al decreto di cui in premessa.
(4-01914)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Marcello Bruzzese, fratello cinquantunenne di un pentito di ’ndrangheta e per questo da 15 anni sotto protezione da parte dello Stato, ma con nome e cognome sulla buca delle lettere, è stato scovato e ucciso a Pesaro da due killer il giorno di Natale;

   il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho oggi, dalle pagine del Fatto Quotidiano, ipotizza che il grado di protezione messo in atto non fosse adeguato oppure che l'interessato non abbia rispettato le regole del contratto di protezione e quindi si sia esposto da solo –:

   per quali motivi Marcello Bruzzese fosse sottoposto a un programma di protezione attenuato, nonostante anni fa fosse già stato vittima di un agguato.
(3-00404)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Vincenzo Conticelo, ex titolare della Focacceria San Francesco di Palermo che anni fa denunciò i suoi estortori riconoscendoli anche in aula, ha annunciato che il 14 dicembre scorso il comandante del nucleo scorte di Roma gli ha comunicato verbalmente il cessato pericolo per la sua vita e la conseguente revoca della scorta, sia a Roma che a Palermo (dove sarebbe già avvenuta nell'agosto scorso);

   l'imprenditore andò via da Palermo nel 2009 e ha ceduto i suoi punti vendita alla Feltrinelli. È stato protagonista della vicenda che culminò con la denuncia è l'arresto dei suoi estortori ed è stato inserito nel programma di protezione dei testimoni di giustizia;

   a seguito della revoca della scorta Conticello ha annunciato in modo provocatorio di voler organizzare una festa per celebrare la «sconfitta della mafia», invitando la cittadinanza tutta per il 27 dicembre in piazza San Francesco a Palermo e in altre piazze italiane;

   la fine della mafia purtroppo resta solo una speranza, un auspicio, un obiettivo che va perseguito con fermezza e perseveranza, ma è ancora lontana dall'essere una realtà concreta, per cui la revoca delle misure di protezione e delle scorte adonesti imprenditori come Conticello che trovano il coraggio di denunciare i propri aguzzini è una scelta che deve essere ben ponderata, non solo perché è dovere dello Stato proteggere la vita di chi denuncia i mafiosi, ma perché attraverso quella protezione lo Stato fa sentire la propria presenza e infonde coraggio a intere generazioni di italiani onesti tenuti da troppi anni sotto scacco dalle mafie e che altrimenti tornerebbero a rinchiudersi nella paura;

   le misure di protezione e delle scorte sono uno strumento irrinunciabile nella lotta alle mafie, servono a creare un meccanismo virtuoso che può spingere altri cittadini e cittadine a ribellarsi dal giogo mafioso e a denunciare, con la consapevolezza che le istituzioni sono in grado di fornire protezione e garantire una vita tranquilla e sicura; si sottolinea inoltre, come fino al settembre del 2017 la focacceria San Francesco sia stata oggetto di oggetto di intimidazione, subendo il furto di 16 tavoli e 60 sedie e che tre su cinque dei mafiosi accusati da Conticello sono stati scarcerati. Tutti elementi che portano a pensare come Conticello non sia affatto al sicuro e fuori da ogni pericolo; Conticello su Repubblica ha testualmente affermato: «Denuncerei ancora se fosse necessario ma con una consapevolezza diversa: quella di essere solo. Anche agli imprenditori che in questi giorni hanno trovato il coraggio di riprendere e registrare i loro aguzzini dico di non aspettarsi alcun supporto dalle istituzioni. Io ho perso tutto per testimoniare. Ero un produttore di Pil, adesso sono un impiegato. Avevo messo la mia vita nelle mani delle istituzioni e loro mi avevano detto che mi avrebbero protetto»;

   l'amarezza che emerge da queste affermazioni rappresenta una sconfitta per lo Stato e denota una comprensibile perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni che non possono rinunciare alla protezione di chi ha messo in pericolo la propria vita per aver scelto di stare dalla parte della legalità;

   peraltro, la revoca è avvenuta telefonicamente, senza nessuna notifica di un documento scritto che attesti l'effettivo cessato pericolo;

   a parere dell'interrogante revocare la scorta a Vincenzo Conticello è una scelta errata. È stato uno degli imprenditori simbolo della lotta al racket e togliergli la scorta significa mandare un segnale sbagliato e pericoloso –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire quali siano state le valutazioni che hanno portato alla revoca della scorta all'imprenditore palermitano Vincenzo Conticello e se intenda attivarsi per rivedere tale decisione ripristinando i livelli di tutela antecedenti la revoca.
(4-01910)


   SANTELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto denunciato da Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni nel libro-inchiesta «Nella setta» (Fandango Libri), sarebbero circa quattro milioni gli italiani a vario titolo membri o comunque interessati dall'attività di un'organizzazione settaria;

   nel libro si raccontano in maniera approfondita e documentata casi di abusi sessuali, economici e lavorativi perpetrati all'interno delle varie organizzazioni, impuniti per mancanza di reato specifico;

   nel 1981 venne abolito il reato di plagio dalla Corte costituzionale, sentenza n. 96 dell'8 giugno 1981, che rilevò un contrasto tra l'articolo 603 del codice penale e gli articoli 21 e 25 della Costituzione;

   dal 1981 ad oggi si è creato un vuoto legislativo nel quale proliferano organizzazioni, comunità, leader carismatici capaci di sfruttare tutti i meccanismi persuasivi per scardinare ogni forma di difesa da parte di persone attirate in una trappola di suggestioni e promesse;

   l'ultima relazione del Ministero dell'interno – dipartimento di pubblica sicurezza – direzione generale di polizia di prevenzione, sul monitoraggio delle sette religiose, dal titolo «Sette Religiose e nuovi movimenti magici in Italia» del febbraio 1998 indica la presenza sul suolo nazionale di 76 nuovi movimenti religiosi per un totale di circa 78.500 affiliati e 61 nuovi movimenti magici per un totale di 4.600 affiliati;

   secondo quanto stimato dal Cesap (Centro studi abusi psicologici), tali organizzazioni sarebbero più di 500;

   nel libro-inchiesta succitato, già diventato un caso giornalistico e di cui si è ampiamente discusso sui principali giornali e canali televisivi, si parla di realtà sconosciute prima d'ora, come l'archeosofia, su cui oggi è in corso, sulla scia di quanto denunciato dai due giornalisti, un'inchiesta a Firenze;

   preme sottolineare all'interrogante che, come si ricorda nel libro, il Consiglio d'Europa, data l'inquietante diffusione a livello europeo del fenomeno delle cosiddette «sette», ha approvato in un ventennio, molteplici risoluzioni e raccomandazioni finalizzate, tra l'altro, alla promozione di mirate politiche educative e preventive, in particolare a tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e dei minori, nella fattispecie, degli stessi «figli di membri di gruppi religiosi, esoterici o spirituali, in caso di maltrattamenti, stupri, negligenza, indottrinamento attraverso lavaggio del cervello e mancata iscrizione scolastica»;

   con raccomandazione 1412 (1999), il Consiglio d'Europa sollecitava l'istituzione di centri nazionali e regionali d'informazione e di organizzazioni non governative di aiuto per le vittime e le loro famiglie e la creazione di un Osservatorio europeo con lo scopo di facilitare lo scambio tra detti centri nazionali;

   ad oggi, in Italia nulla è stato fatto, poca attenzione è stata riservata al problema, considerando anche la mole di atti di sindacato ispettivo presentati nel corso delle precedenti legislature, cui non è stata riservata alcuna risposta nel corso degli anni: interrogazione dell'onorevole Fitzgerald Nissoli, atto n. 4-11122, presentata alla Camera il 13 novembre 2015, interrogazione dell'onorevole Arlotti e altri, atto n. 4-04316, presentata alla Camera il 2 aprile 2014, interrogazione del senatore Casellati e altri, atto n. 4-01758, del 26 febbraio 2014, interrogazione del senatore Casellati e altri, atto n. 4-00374, del 19 giugno 2013, interrogazione dei senatori Allegrini e Gallone, atto n. 4-08890, del 18 dicembre 2012, interrogazione del senatore Casellati e altri, atto n. 4-08835, del 6 dicembre 2012;

   si rileva inoltre che sul tema è stata presentata alla Camera, nel corso della XVII legislatura, la mozione n. 1-00565 dall'onorevole Arlotti ed altri –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti suesposti;

   se disponga di dati in merito al succitato fenomeno;

   sulla scia di quanto accade in altri Paesi e secondo quanto chiesto dal Consiglio d'Europa, se non si ritenga opportuno istituire un osservatorio interministeriale che monitori il fenomeno settario;

   quali iniziative si intendano assumere per contrastare tale fenomeno, dare supporto alle vittime del fenomeno settario e tutelare le associazioni che si occupano di loro, spesso vittime di minacce e intimidazioni.
(4-01913)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ilGiornale di Vicenza oggi in edicola denuncia che, a distanza di oltre un anno dalla conclusione del concorso ordinario riservato agli aspiranti insegnanti di ruolo, non risultano ancora versati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i compensi spettanti ai commissari, che hanno corretto gli elaborati e interrogato i candidati;

   nelle tasche della maggior parte dei docenti, circa 700 a livello veneto, che hanno dedicato tempo ed energie allo svolgimento del concorso, non è arrivato neppure un centesimo, nemmeno i rimborsi delle spese di trasporto sostenute;

   per un presidente di commissione sono previsti 500 euro lordi e per i commissari 400 euro, somme alle quali si deve aggiungere un euro per ciascun candidato esaminato –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire ai commissari, nel tempo più ravvicinato possibile, il pagamento dei compensi loro spettanti.
(3-00402)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   come riportato da La Stampa, sarebbe in atto in Italia, specialmente nel Settentrione, un sistema di truffa ai danni dei lavoratori e dello Stato, che consiste nella promessa, fatta da alcune cooperative, di licenziare e riassumere tutti i dipendenti di medie aziende a costi ridotti, garantendo risparmi fino al 40 per cento, a imprenditori ignari o compiacenti;

   questi dipendenti vengono inizialmente licenziati e poi riassunti dalle cooperative, spesso senza essere interpellati, mentre le cooperative ottengono ingenti guadagni omettendo il pagamento di tasse e contributi, ovvero sfruttando fiscalità e previdenza agevolate, con grave danno per le finanze pubbliche;

   gli ispettori del lavoro in questi mesi hanno già elevato decine di milioni di euro di sanzioni e fatto scattare oltre 8 mila denunce: la violazione principale contestata è quella di interposizione illecita a cui spesso si aggiungono anche truffa e caporalato;

   questo fenomeno nei primi 10 mesi del 2018 ha coinvolto circa 10 mila lavoratori;

   la relazione del luglio 2018 dell'ispettorato territoriale del lavoro di Bologna registrava che «delle 249 cooperative ispezionate in Emilia-Romagna nel 2017,188 sono fuori norma (75 per cento), se si considerano quelle non associate alle maggiori realtà di categoria, il dato raggiunge addirittura l'85 per cento (su 163 coop controllate, le irregolari sono 140) e tocca il 90 per cento nei primi mesi di quest'anno»;

   si tratta di un sistema attraverso il quale il committente, oltre a disporre di manodopera illecitamente somministrata da false cooperative o società di comodo, abbatte il costo del lavoro e gode del rimborso d'Iva sul pagamento delle prestazioni dell'appalto (a volte anche con fatture gonfiate), mentre le imprese appaltatrici, dopo alcuni anni, falliscono senza versare contributi e tasse;

   in questo sistema i lavoratori sono sottoposti a sfruttamento: sottopagati, ricattati per il mantenimento del posto di lavoro e coinvolti in continui cambi di appalto in cui perdono diritti, contribuzione, trattamento di fine rapporto e anche il lavoro stesso;

   così facendo, si genera concorrenza sleale tra imprese, mettendo in difficoltà aziende che rispettano i contratti di lavoro e le norme e favorendo potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata;

   come denunciato da Flai-Cgil Emilia Romagna, a incentivare il ricorso a cooperative false, c'è un impianto legislativo favorevole, oltre a un sistema sanzionatorio inefficace: la «legge Biagi» ha depenalizzato il reato di intermediazione illecita di manodopera, mentre la legge 142 del 2001 prevede espressamente la possibilità di deregolamentare i contratti nazionali, andando anche sotto i minimi contrattuali laddove si dimostri lo stato di crisi;

   solo per il comparto della lavorazione delle carni, che ha il suo baricentro in provincia di Modena, e che vale 3 miliardi di euro, si stima che il 30 per cento dei 5 mila occupati siano soci di false cooperative: è emblematico il caso della Castelfrigo, azienda leader nella trasformazione delle carni con sede Castelnuovo Rangone, la quale decise di assegnare in appalto parte della lavorazione carni al Consorzio Job Service, che a sua volta ha subappaltato ad altre cooperative; il costo medio orario dei lavoratori esternalizzati nelle cooperative varia tra 13,5 e 15,5 euro, mentre per gli addetti di Castelfrigo ammonta a 27 euro all'ora;

   caso simile è quello di Italpizza, colosso delle pizze surgelate: su circa 700 lavoratori impiegati, circa 600 sono soci cooperatori, suddivisi tra due cooperative multiservizi, che dunque con il settore alimentare nulla hanno a che fare; il divario in termini di tutele e paga oraria è simile: 13 euro l'ora per il personale delle cooperative e 30 euro per gli assunti diretti dall'impresa, senza contare festività e straordinari;

   nel mese di luglio 2018 la guardia di finanza ha eseguito 21 ordinanze di custodia cautelare, oltre 50 indagati a piede libero e numerose perquisizioni: secondo gli investigatori, gli indagati avrebbero creato un sistema delinquenziale nella fornitura di manodopera in cui un consorzio riceveva in appalto dalle società i servizi di lavorazione delle carni che dava in subappalto alle consorziate, le quali mettevano a disposizione i lavoratori; queste avrebbero esposto crediti Iva inesistenti con cui avrebbero compensato i debiti tributari e in alcuni casi anche quelli previdenziali; la frode ai danni dell'Erario ammonterebbe a 300 milioni di euro;

   come denunciato dall'Associazione nazionale consulenti del lavoro il fenomeno è presente da alcuni anni anche nel turismo dove sono coinvolti oltre 40.000 lavoratori: gli appalti illeciti hanno per oggetto servizi che in realtà servirebbero esclusivamente per garantire fornitura di manodopera in maniera illecita; questo sistema consente di abbassare il costo del personale attraverso sistemi di elusione della contribuzione, applicazione di contratti collettivi firmati da associazioni di comodo, uso illecito di crediti acquistati da procedure concorsuali;

   questo sistema illecito sta causando gravi ripercussioni a livello sociale ed economico, con particolare incidenza in Emilia-Romagna –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare, anche di tipo normativo al fine di contrastare e prevenire il suddetto fenomeno.
(2-00214) «Ascari, Davide Aiello, Amitrano, Bilotti, Ciprini, Costanzo, Cubeddu, De Lorenzo, Giannone, Invidia, Pallini, Perconti, Segneri, Siragusa, Tripiedi, Tucci, Vizzini».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, BILOTTI, CIPRINI, COSTANZO, CUBEDDU, DE LORENZO, GIANNONE, INVIDIA, PALLINI, PERCONTI, SEGNERI, SIRAGUSA, TRIPIEDI, TUCCI e VIZZINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Italpizza s.p.a è una società con sede a San Donnino (Modena), specializzata nella produzione e commercializzazione di pizze surgelate sia in Italia che all'estero, con interessi in oltre 50 Paesi;

   in nove anni ha incrementato il fatturato da 33,4 milioni di euro a quasi 120 milioni, con un aumento del 248 per cento, mentre l'utile netto, nello stesso periodo, è passato da 2,2 milioni a poco più di 8 milioni con un incremento del 262 per cento; dall'altra parte, invece, il numero degli occupati diretti della società nel medesimo lasso temporale è diminuito passando da 110 a 94;

   secondo quanto denunciato dal sindacato Si.Cobas, l'azienda starebbe attualmente impiegando la quasi totalità dei dipendenti tramite cooperative: infatti, solo un centinaio di dipendenti amministrativi e dirigenti sarebbe direttamente assunto dalla società, mentre i restanti, circa 600, lavorerebbero tramite due cooperative, che secondo i sindacati sarebbero «spurie»;

   la differenza nei contratti sarebbe ampia: il costo orario lordo sarebbe nettamente inferiore, circa 13 euro l'ora lordi per il personale assunto nelle cooperative contro i circa 30 per gli assunti diretti dall'impresa; vi sarebbero minori tutele dei diritti, turni di lavoro stremanti, lavoro straordinario e festivo non retribuito;

   come descritto in un articolo del 10 agosto 2018 de Il Manifesto, in queste cooperative avverrebbe una «compressione delle condizioni delle condizioni di lavoro [...] turni massacranti che sarebbero la causa di innumerevoli incidenti sul lavoro», di cui l'ultimo avvenuto pochi giorni prima ai danni di una giovane lavoratrice investita da un muletto;

   secondo altri articoli, infatti, i dipendenti di queste cooperative lavorerebbero anche fino a 200 ore al mese, inclusi festivi e turni notturni, per paghe che non arrivano a 1.100 euro mensili;

   i sindacati denunciano minacce, ricatti continui e contratti irregolari;

   i dipendenti verrebbero pagati per circa 171 ore mensili ordinarie più del limite massimo disposto dal contratto;

   mentre gli straordinari non sarebbero retribuiti;

   alcuni di questi lavoratori negli anni sono passati alle dipendenze di varie cooperative, della stessa Italpizza o a lavoro somministrato di altre società, pur continuando a lavorare all'interno degli stabilimenti di Italpizza;

   sarebbero state attuate politiche antisindacali, con lavoratori iscritti al sindacato Si.Cobas spostati arbitrariamente e senza giustificazione ad altre mansioni: ciò è infatti possibile grazie al fatto che le cooperative a cui si appoggia Italpizza sarebbero classificate come multiservizi, che nulla hanno a che vedere con la produzione alimentare, consentendo di spostare un lavoratore dalla produzione di pizze alla pulizia di vetri o di scarichi;

   l'impiego di lavoratori tramite cooperative garantirebbe a Italpizza ingenti risparmi sul costo del lavoro, mentre le agevolazioni fiscali e contributive garantite alle cooperative assicurerebbero guadagni alle cooperative stesse, in danno dei lavoratori: ciò potrebbe generare concorrenza sleale nel mercato verso aziende che invece inquadrano i lavoratori direttamente nella propria azienda; molti di questi lavoratori sarebbero immigrati e per questo secondo gli interroganti facilmente ricattabili, essendo il permesso di soggiorno legato all'avere un contratto di lavoro;

   l'ispettorato del lavoro di Modena ha recentemente diramato una comunicazione in cui annuncia «Accertate violazioni, addebitati contributi omessi, irrogate sanzioni amministrative» a seguito di un accertamento partito da una segnalazione della Flai/Cgil nel 2016 e finito nel 2018 su «Evologica Soc. Coop.» e «Logica.Mente Soc. Coop.» (quest'ultima sostituita nel frattempo dalla «Cofamo») operanti in appalto nell'Italpizza di Modena –:

   quali sanzioni siano state comminate in relazione a quanto esposto in premessa;

   quali ulteriori iniziative intenda intraprendere il Governo nei confronti di Italpizza e delle cooperative di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare, anche di tipo normativo, al fine di contrastare e prevenire il suddetto fenomeno.
(3-00405)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   uno stato di agitazione è stato proclamato nei negozi di Coop Alleanza 3.0, una delle più gradi cooperative della distribuzione organizzata in Italia;

   le organizzazioni sindacali del terziario di Piacenza ritengono l'azienda assolutamente responsabile del depauperamento delle risorse umane e del patrimonio aziendale, con la sottrazione di valore ai soci consumatori;

   i sindacati criticano fortemente l'operato dell'azienda circa l'utilizzo del personale somministrato o con contratti a termine non trasformati in rapporti a tempo indeterminato «in funzione delle reali esigente delle maestranze nei vari punti vendita» e il loro conseguente spostamento senza concrete motivazioni e senza rispetto per i lavoratori e le lavoratrici stessi;

   è palese come oggigiorno il sistema delle cooperative sia entrato in un circolo vizioso che contrasta con il dettame costituzionale di cui all'articolo 45, primo comma della Costituzione e lo spirito che dovrebbe contraddistinguerle, ovvero «la funzione sociale a carattere di mutualità senza fini di speculazione privata»;

   invero, a giudizio degli interroganti, un contorno di illegalità e malaffare caratterizza sempre più spesso il mondo delle cooperative, le quali agiscono a danno dei diritti e della dignità dei lavoratori al solo scopo di lucrare;

   il proliferare delle cooperative, molte delle quali si configurano poi come cooperative fittizie, le cosiddette «false coop», è correlato alle agevolazioni riservate a tali tipologie di società, che, godendo di sgravi fiscali e aliquote contributive ridotte, erogano ai propri dipendenti paghe più basse in deroga ai contratti collettivi di categoria, alimentando fenomeni di dumping salariale e creando di fatto concorrenza sleale tra gli operatori economici –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con riguardo al caso specifico di Coop Alleanza 3.0;

   se il Governo non convenga sull'opportunità di adottare iniziative per un allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di aziende dello stesso settore, al fine di tutelare i diritti dei primi e contrastare le distorsioni di mercato prodotte dalle cooperative «spurie»;

   se il Governo, in generale, non ritenga non più rinviabile adottare iniziative per una riforma della vigente disciplina sul funzionamento delle cooperative, al fine di preservare l'azione delle vere cooperative che, rispondendo allo spirito mutualistico originario, operano concretamente e fattivamente per il bene comune e, al contempo, osteggiare la nascita e l'operatività delle «false» cooperative, anche attraverso la revisione dei vantaggi fiscali e contributivi che ne causano il proliferare.
(5-01152)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROTTA, DAL MORO e ZARDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei mesi scorsi si è svolto un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1, su tutto il territorio nazionale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 novembre 2017, n. 90);

   in seguito allo svolgimento di tale procedura concorsuale sono state assunte 258 unità;

   da notizie informali risulterebbe che il criterio utilizzato per l'assegnazione di tali posti sia stato basato sulle giacenze, ovvero sull'assegnazione prioritaria alle sedi che avrebbero accumulato pratiche inevase e non sulla pianta organica e sui pensionamenti;

   tale criterio, ove applicato, non sembrerebbe garantire l'efficienza e penalizzerebbe le sedi che in questi anni hanno saputo – nonostante il blocco delle assunzioni – fare fronte all'accumulo di pratiche giacenti;

   in particolare, sembrerebbe che nella sede di Verona risultino pensionate dal 2014 ad oggi ben 60 unità di personale che non sono state ancora sostituite e nessuna unità è stata assegnata con il concorso di cui sopra nella sede del capoluogo Veneto che risulterebbe, dunque, penalizzato da tale distribuzione organica;

   attualmente, si stanno svolgendo le prove del concorso pubblico, per titoli ed esami, a 967 posti di consulente protezione sociale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1, su tutto il territorio nazionale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2018, n. 34) –:

   quali criteri siano stati utilizzati dall'Ente nella collocazione dei neoassunti del concorso pubblico a 365 posti di analista bandito nella Gazzetta Ufficiale del 24 novembre 2017, n. 90;

   quali criteri verranno utilizzati per la distribuzione del personale assunto in seguito all'espletamento del concorso pubblico a 967 posti bandito nella Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2018, n. 34, al fine di garantire un buon funzionamento del servizio a livello territoriale, anche con riferimento alle sedi che hanno mostrato negli anni efficienza e cura del servizio in condizioni precarie.
(4-01909)


   BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tesserino di ingresso aeroportuale (T.i.a.), è un documento, rilasciato da Enac, di cui devono essere obbligatoriamente muniti tutti gli operatori pubblici e privati, per accedere nelle aree delle aerostazioni e loro pertinenze aperte al pubblico e va esposto in modo visibile per tutto il periodo in cui questi si trovino in tutte le aree dell'aeroporto;

   con riferimento al personale impiegato in aeroporto, vi sono stati nel corso degli anni, diversi episodi in cui a fronte di segnalazioni da parte del personale di vigilanza aeroportuale per asserite violazioni da parte dei dipendenti, agli stessi è stato sospeso il T.i.a.;

   nelle more dell'accertamento dei fatti in via giudiziaria, i lavoratori sono stati impossibilitati, anche per lunghi periodi, a rendere la prestazione lavorativa per cui sono stati assunti;

   conseguentemente, agli stessi è stato irrogato da parte del rispettivo datore di lavoro il licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione;

   nella quasi totalità degli episodi, all'esito dei procedimenti giudiziari i lavoratori coinvolti sono stati assolti con formula piena;

   a seguito dell'assoluzione, i lavoratori hanno chiesto la reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 18 statuto dei lavoratori;

   in particolare, il quarto comma dell'articolo sopra citato prevede che, in caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, nel caso in cui venga accertata l'insussistenza del fatto contestato, il giudice annulli il licenziamento e condanni il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione;

   nelle varie sentenze seguite alle richieste di reintegrazione è emerso che il licenziamento è da considerarsi legittimo in quanto: «Non si tratta, di un licenziamento disciplinare ma di un recesso intimato in conseguenza dell'accertata impossibilità sopravvenuta allo svolgimento della prestazione convenuta contrattualmente, in virtù di un provvedimento non emesso dal datore di lavoro ed estraneo alla sua sfera di influenza, come il rilascio del tesserino di accesso nell'area aeroportuale» (Corte di cassazione 4 luglio 2017, n. 16388);

   è però oggettivo che:

    a) molti lavoratori hanno perduto il proprio posto di lavoro e subìto un grave danno pur non avendo commesso il fatto causalmente collegato al ritiro del titolo abilitativo;

    b) il Contratto collettivo nazionale di lavoro del trasporto aereo e delle attività aeroportuali per il personale di terra nulla dispone in merito alla sospensione cautelare e sull'assenza di retribuzione in tale periodo;

   sul tema in questione è stata presentata, nella XVII legislatura, in data 16 maggio 2016, seduta n. 625, dall'onorevole Massimiliano Bernini, l'interrogazione n. 5-08689, rimasta priva di risposta, nonché, in data 16 luglio 2013, seduta 068, la petizione n. 325 con titolo breve «Tutela dei dipendenti di società aeroportuali sospettati di reati lavoro e poi assolti», a firma Moreno Cristofori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative il Governo intenda adottare nell'immediato, per quanto di competenza, a tutela dei lavoratori aeroportuali di cui in premessa;

   quali iniziative intenda assumere il Governo, anche sul piano normativo, affinché siano evitati episodi simili in futuro.
(4-01912)


   ZOFFILI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Bormio srl ha deciso di interrompere la produzione della storica cartiera di via Fiume a Ponte Lambro, ritenendo non possa più avere un futuro;

   tale scelta pone a rischio il futuro occupazionale dei 22 dipendenti, in cassa integrazione a zero ore dal mese di agosto 2018;

   la cartiera — si ricorda — è attiva dagli anni ’50 e di recente si era impegnata per la soluzione delle due principali problematiche: migliorare il processo di depurazione e limitare i problemi di odore, senza tuttavia conseguire i risultati sperati sulla qualità del prodotto; da qui, dunque la scelta aziendale di rinuncia all'investimento e chiusura dello stabilimento;

   fino alla fine del mese di gennaio 2019, i dipendenti avranno comunque gli stipendi pagati sotto forma di permessi retribuiti, poi vi saranno il rischio di licenziamento e l'incognita sul futuro loro e delle loro famiglie;

   trattasi, infatti, di lavoratori impiegati nella cartiera da oltre 30 anni, tutti uomini con un'età media sulla cinquantina, troppo precoci per accedere alla pensione e troppo anziani per trovare con facilità un altro posto di lavoro;

   la richiesta dei sindacati è di ricollocare i lavoratori in altre aziende del gruppo Bormio o, in subordine, garantire l'impiego degli attuali dipendenti nell'eventuale vendita dell'azienda –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda tempestivamente adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, a salvaguardia dei livelli occupazionali dei 22 lavoratori interessati.
(4-01920)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   POTENTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   per il 2018 sono stati stanziati dallo Stato, per gli ippodromi italiani circa 48 milioni di euro, risorse che risultano essere rimaste inutilizzate nelle casse del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo per tutto il 2018, poiché le procedure burocratiche, finalizzate al loro riparto ai beneficiari, si sono svolte con enormi ritardi;

   solo da pochi giorni, infatti, la competente direzione del Ministero sta procedendo a corrispondere agli ippodromi i pagamenti delle somme dovute, con tempi di adempimento talmente lontani da quelli ordinari da avere causato situazioni di gravissima crisi nelle singole realtà imprenditoriali, a danno del settore, degli operatori e delle migliaia di persone che vi lavorano;

   nel corso dell'autunno, le descritte circostanze hanno avuto come conseguenza un pesante malcontento, che si è manifestato con scioperi ed astensioni dall'attività, spesso necessitate dalla mancanza di quelle risorse finanziarie, che l'Amministrazione avrebbe dovuto corrispondere, quantomeno nel corso dell'estate;

   risulta che la ragione di questa incresciosa situazione, pregiudizievole per un settore così importante, sia addebitabile ad una serie di errori, incongruenze, ritardi, nella preparazione e redazione degli atti, tali da generare quantomeno incomprensioni se non correzioni formali da parte degli organi di controllo (Corte dei Conti e Ufficio centrale del bilancio), con la conseguenza di un vero e proprio «rimpallo» di carte ben lontano da quell'intento di semplificazione della burocrazia che anima il programma di Governo;

   risulta altresì che con l'approssimarsi della fine del 2018 e della chiusura degli uffici di tesoreria, ulteriori ritardi nel perfezionamento delle procedure e nella registrazione degli atti possano portare al mancato pagamento delle spettanze per tutto il 2018: circostanza che condurrebbe gli ippodromi coinvolti alla sicura chiusura e certamente alla mancata remunerazione del personale, con l'aggravante dell'incombere delle festività; senza contare le insormontabili difficoltà legate alla gestione dei cavalli ed addirittura al pagamento delle utenze;

   in particolare, risulta all'interrogante che, a causa di errori che sarebbero stati commessi dall'ufficio competente, a tutt'oggi sia in corso uno scambio di corrispondenza tra il suddetto Ministero e la Corte dei Conti che continuerebbe a contestare la correttezza di atti e documenti e allegati e la loro congruenza;

   trattasi segnatamente del caso dell'ippodromo dei Pini di Follonica, che sarebbe rimasto, sempre a quanto risulta all'interrogante, per detti errori, ancora escluso dalle procedure di pagamento già avviate, invero solo in questi ultimi giorni, per quasi tutti gli altri ippodromi;

   risulta dunque l'emergere di una situazione di gravissima iniquità, a danno di una sola realtà imprenditoriale, senza che gli operatori interessati abbiano alcuna responsabilità, ma esclusivamente in conseguenza di inesattezze e carenze dell'agire amministrativo è trascorso un anno senza nella sostanza che i medesimi uffici abbiamo concluso positivamente alcuna procedura di corresponsione di somme dovute;

   risulta che ove nemmeno entro fine anno 2018 il citato ippodromo dovesse ricevere il pagamento delle spettanze, si avvierebbe al sicuro fallimento con conseguente licenziamento di tutto il personale impiegato –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se intenda rassicurare circa la positiva conclusione dell’iter procedimentale di pagamento di tutti gli ippodromi italiani entro il 31 dicembre 2018.
(3-00406)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRASSINETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'anagrafe equina è stata istituita dalla legge n. 200 del 1° agosto 2003 che affida la sua organizzazione e gestione ad A.s.s.i., regolamentata dal decreto del 29 dicembre 2009, emesso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero della salute, e dal decreto ministeriale 29 settembre 2011 che ne definisce le procedure operative;

   l'approvazione della legge n. 189 del 2004 per la tutela degli animali ha costituito un punto di partenza importante ma non ancora sufficiente per il recupero degli equidi maltrattati, in quanto non regolamenta la sostenibilità economica dell'azione di tutela dei privati e delle scuderie disposte a farsi carico degli equini nell'interesse collettivo;

   è in corso un riordino dell'anagrafe degli equidi, che coinvolge per competenza il Ministero della salute;

   non vi è ancora alcun provvedimento per regolamentare con anagrafe gli equidi «già arrivati a confisca definitiva»;

   da anni le associazioni che si occupano di sequestri di cavalli chiedono una regolamentazione che consenta loro di iscrivere in qualità di adottanti gli equidi solo assegnati e già arrivati a confisca definitiva nell'anagrafe degli equidi;

   non è più rinviabile l'adozione da parte del Governo di un piano nazionale di azione che preveda il riconoscimento del ruolo sussidiario dell'accoglienza di privati, selezionati e vigilati dalle associazioni riconosciute tramite decreto per l'affidamento di equini da sequestro e confisca;

   un provvedimento come sopra consentirebbe di colmare un grave vuoto normativo e di dare un futuro più certo agli animali e alle associazioni adottanti –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per colmare questo vuoto normativo e nel contempo procedere all'identificazione di strutture operative territoriali riconosciute per l'affido degli equidi da sequestro, prevedendo un conseguente sostegno economico alle medesime strutture tramite le somme ricavate dalle sanzioni pecuniarie di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 189.
(4-01918)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Industria italiana autobus (lia) è un'azienda nata nel 2015 attraverso il raggruppamento dell'ex Bredamenarini di Bologna e l'Irisbus di Avellino;

   l'azienda, stante la crisi industriale e finanziaria partita nel 2016 che rischia di compromettere il futuro dei lavoratori (154 a Bologna e 290 a Flumeri), ha richiesto l'intervento del Ministero dello sviluppo economico per cercare delle soluzioni che consentano la ristrutturazione degli stabilimenti e la piena ripresa dell'attività produttiva anche alla luce della scadenza, il 31 dicembre 2018, degli ammortizzatori sociali attualmente erogati;

   l'8 ottobre 2018 si è svolto al Ministero dello sviluppo economico l'ultimo tavolo di crisi durante il quale Ferrovie dello Stato italiane ha confermato l'interesse al progetto, Leonardo ha ribadito l'intenzione di incrementare la propria partecipazione societaria nell'azienda, Invitalia ha ribadito la volontà di proseguire nell'operazione di rilancio;

   l'11 dicembre 2018 l'assemblea degli azionisti di lia ha deciso di ricapitalizzare l'azienda che è ora controllata al 70 per cento dall'ormai ex socio turco di minoranza, Karsan, e per il restante 30 per cento da Leonardo: secondo fonti ministeriali, si tratterebbe di una soluzione «tampone» che dovrebbe durare circa un mese e che ha consentito di evitare il fallimento dell'azienda a causa dei debiti, mantenendola in attività, in attesa che torni sotto il controllo pubblico;

   è evidente, invece, come il Governo finora, ad avviso degli interpellanti, non sia stato assolutamente in grado di finalizzare l'annunciato progetto di favorire la creazione di un polo pubblico per la produzione di autobus, e che quanto fatto finora, per evitare la delocalizzazione della produzione, sia stato insufficiente: nell'ultimo anno lia ha vinto numerosi bandi pubblici e la scorsa estate aveva in casa ordini per 1.100 nuovi autobus da costruire, ma, a causa dell'immobilismo del Governo, peraltro già segnalato dagli interpellanti, non si è arrivati a una soluzione che consentisse il rilancio dell'azienda e l'avvio della produzione, dal momento che a Bologna e a Flumeri si continua con la cassa integrazione e con una produzione a singhiozzo, stante il fatto che le commesse sono state in buona parte delocalizzate in Turchia, alla controllata Karsan, che è diventata il nuovo socio di maggioranza –:

   quale sia lo stato della trattativa in corso, che per ora ha contraddetto tutte le indicazioni ufficiali fornite, e quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Governo per assicurare l'erogazione degli stipendi e degli ammortizzatori sociali in favore dei lavoratori e la continuità aziendale e per trovare una soluzione alle problematiche esposte in premessa circa la crisi di Industria italiana autobus.
(2-00210) «Benamati, Carla Cantone, Critelli, De Maria, Rizzo Nervo, Enrico Borghi».

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   Alstom Ferroviaria spa impiega circa 2.600 persone in Italia in 8 siti, 31 depositi su tutto il territorio nazionale e 2 centri di eccellenza: Savigliano, (CN) per i treni Pendolino ad alta velocità, basati sulla tecnologia tilting e i treni regionali e Bologna, per il segnalamento ferroviario e i sistemi di trazione;

   nel febbraio 2017 Alstom, Ministero dello sviluppo economico, regione Piemonte e regione Lombardia hanno siglato un protocollo d'intesa per svolgere attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nei siti di Alstom di Savigliano e Sesto San Giovanni;

   nel mese di settembre 2017 è stato annunciato l'avvio delle procedure per la fusione tra Alstom e Siemens Mobility, andando a creare il secondo gruppo mondiale nel settore; la fusione richiede, però, l'approvazione della Commissione europea e dell'Antitrust;

   a seguito di questa notizia, è avvenuto a Milano un incontro tra sindacati e rappresentanti della multinazionale francese sul rinnovo del premio di produzione e sulle garanzie occupazionali dopo l'annunciata sinergia tra i gruppi Alstom e Siemens;

   nel novembre 2018 la Commissione europea ha bloccato il progetto della fusione tra Alstom e Siemens Mobility, esprimendo una serie di obiezioni all'accordo, ritenuto incompatibile con il mercato continentale per il timore di un duopolio fra i due colossi aziendali, costringendo a congelare l'intesa, in attesa di misure correttive ai segmenti di treni ad alta velocità, sistemi di controllo e network regionali;

   nel dicembre 2018, a seguito delle obiezioni alla proposta da parte della Commissione, le due società hanno assunto l'impegno a presentare una soluzione per arrivare a una riduzione del fatturato con la cessione di attività, tecnologie per i treni ad alta velocità e attività di segnalazione di Alstom in Europa, oltre ad alcuni asset di segnalazione Siemens per rispondere alle preoccupazioni europee in tema di antitrust;

   per quanto riguarda i prodotti di segnalamento si tratta di circa 600 persone coinvolte, di cui 20/30 persone in Italia, sul sito di Bologna;

   per quanto riguarda il materiale rotabile, sono emerse due possibili proposte, la prima riguarda la cessione di tutte le attività riguardanti il «Pendolino», dei contratti di manutenzione Pkp Polonia che coinvolgerebbe circa 80 persone e delle attività sull'Etr 610 Sbb a Savigliano che coinvolgerebbero circa 200 persone, oltre alla manutenzione del pendolino Evo, che vede circa 120 persone coinvolte. Per quanto riguarda il sito di Savigliano, inoltre, verrebbero offerte le aree del reparto fitting, reparto per il collaudo statico con il personale impiegatizio per poter portare a completamento la commessa Ntv, cedendo anche il futuro «Smart Pendolino», oggi ancora in fase di progettazione; la seconda riguarda la cessione del treno Velaro ad alta velocità di Siemens;

   la Commissione europea ora ha tempo fino al 18 febbraio 2019 per approvare le proposte fatte e dare il «via libera» alla costituzione della nuova società;

   i sindacati del gruppo Alstom Italia hanno già manifestato la loro preoccupazione date le recenti comunicazioni delle due società circa la tutela dell'occupazione in Francia e Germania, ponendo il dubbio che a soffrire maggiormente di tale fusione siano gli stabilimenti presenti in tutti gli altri Paesi (Italia compresa);

   le rappresentanze sindacali unitarie, riunite in consiglio di fabbrica, seriamente preoccupate sull'evolversi della situazione occupazionale dei dipendenti e unitamente al Coordinamento nazionale, hanno richiesto con urgenza un incontro con la direzione Alstom Italia per venire a conoscenza degli effetti di tali future scelte aziendali e delle eventuali ricadute occupazionali sui siti italiani sia di produzione sia di manutenzione;

   il consiglio comunale di Savigliano, in data 20 dicembre 2012, ha approvato un ordine del giorno con il quale si attenzionano la regione Piemonte e il Governo affinché tutelino gli interessi e garantiscano il proprio intervento per la sopravvivenza dello stabilimento Alstom di Savigliano e per il proseguimento della produzione del pendolino in loco;

   lo stabilimento di Savigliano (CN) rappresenta su scala nazionale un caso di eccellenza e si è aggiudicato commesse importanti e occupa, ad oggi, circa 830 dipendenti diretti tra operai e impiegati;

   un patto per garantire la protezione dei rispettivi lavoratori nei prossimi 4 anni è parte integrante dell'accordo tra Alstom e Siemens –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della gravità della situazione, essendo il settore ferroviario fortemente strategico per il nostro Paese;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente porre in essere al fine di salvaguardare il futuro di una realtà produttiva di alta specializzazione, come l'Alstom Ferroviaria spa, in particolare nello specifico del sito di Savigliano, esempio di «industria 4.0».
(2-00211) «Dadone».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Marco Di Maio e altri n. 3-00392, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ungaro.

  L'interrogazione a risposta scritta Morani n. 4-01901, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Giorgi, Sensi, Rotta, Del Barba, Nardi, Paita, Gavino Manca, Ungaro, Giacomelli, Fiano, Pezzopane, Rizzo Nervo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Cadeddu n. 7-00069, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 60 del 10 ottobre 2018.

   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la grave crisi in cui versa da tempo la pastorizia, specialmente quella sarda, richiede con urgenza azioni concrete e interventi strutturali per rilanciare un settore che rappresenta una strategica risorsa economica e sociale;

    il comparto ovino nella sola Sardegna è strutturato su circa 15 mila aziende zootecniche con un indotto di oltre 40 mila addetti, aziende che, rappresentano circa 3 milioni di capi, detengono più del 40 per cento del patrimonio ovicaprino nazionale;

    la Sardegna rappresenta l'area di riferimento nazionale per quanto riguarda il mercato del latte e del pecorino romano prodotto leader del comparto: nell'isola si stima una produzione complessiva di 300 mila tonnellate di latte;

    il comparto offre oltre 380 mila quintali di prodotti caseari, la maggioranza dei quali indirizzati alla trasformazione di pecorino romano Dop;

    il suddetto formaggio è, tra i prodotti derivanti dal latte di pecora, il più rilevante in tutta Europa in termini di volumi prodotti e valore generato;

    tra le criticità più rilevanti del settore si segnalano: l'estrema volatilità del prezzo del latte, che subisce forti oscillazioni non solo in senso temporale ma anche geografico e tra diversi fornitori di una stessa azienda di trasformazione e un sistema cooperativo frammentato e sottocapitalizzato con limitate capacità di adattamento al mercato;

    la mancanza di disponibilità di dati produttivi ufficiali omogenei e trasparenti, a partire dai quantitativi di latte munto, impedisce un'azione di programmazione produttiva reale e favorisce invece una opacità produttiva con conseguente deprezzamento dei prodotti oltre che scarse tracciabilità;

    al fine di disporre di dati certi sull'andamento del mercato e di monitorare con frequenza ravvicinata le quantità di latte commercializzate in ambito unionale, anche a seguito della conclusione del regime delle quote, la Commissione europea ha richiesto agli Stati membri di notificare a Bruxelles il quantitativo totale di latte crudo che mensilmente viene consegnato ai primi acquirenti stabiliti nel loro territorio;

    tale previsione, stabilita dall'articolo 151 del regolamento (Ue) n. 1308/2013 successivamente modificato dal regolamento di esecuzione n. 1097/2014 che riserva il suddetto obbligo di notifica ai soli quantitativi di latte vaccino, viene applicata nel nostro ordinamento con le modalità di cui al decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 7 aprile 2015 il quale prevede che entro il giorno 20 di ogni mese, i primi acquirenti registrino nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) tutti i quantitativi di latte vaccino crudo acquistati direttamente da produttori di latte, nel mese di calendario precedente, con l'indicazione del tenore di materia grassa;

    il suddetto adempimento è estremamente importante al fine di seguire l'andamento del mercato nazionale del latte e dei prodotti lattiero caseari in un'ottica di sviluppo sostenibile della produzione che garantisca un giusto tenore di vita ai produttori e conferisca loro adeguato potere contrattuale nei confronti dei trasformatori;

    alla luce di quanto sopra e considerate le criticità del settore lattiero nazionale anche con riferimento ai volumi importati a prezzi molto bassi e al fine di sostenere quotazioni di mercato congrue, è indispensabile poter disporre di dati regolarmente aggiornati riferiti ai quantitativi di latte crudo di qualsiasi specie acquistati da produttori stabiliti nel territorio nazionale ovvero importati da produttori stabiliti in altri Stati membri e nei Paesi appartenenti all'Efta e al See, nonché importati da tali Paesi ma acquistati da soggetti non produttori di latte;

    al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile dell'intera filiera del lattiera-caseario e per tutelare la posizione dei produttori nell'ambito della stessa filiera è altresì indispensabile poter disporre di dati certi relativi ai quantitativi di formaggio presenti nei magazzini di stagionatura, nonché ai quantitativi di alcuni prodotti lattiero-caseari importati da altri Stati membri quali la cagliata;

    una maggior accessibilità dei dati presenti nel Sian anche da parte dei produttori, consentirebbe strategie di sostegno più efficaci e aumenterebbe la capacità dei singoli operatori della filiera di produrre impatti positivi;

    è pertanto indispensabile estendere al comparto del latte ovicaprino il decreto ministeriale 7 aprile 2015 in materia di dichiarazioni obbligatorie,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per estendere al comparto ovicaprino, il decreto ministeriale 7 aprile 2015, sulle modalità di applicazione dell'articolo 151 del regolamento (Ue) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari;

   al fine di disporre di dati di produzione ed importazione ufficiali, omogenei e trasparenti, indispensabili a procedere ad una programmazione produttiva reale e non invece basata su opacità e scarsa tracciabilità con ciò che ne consegue in termini di deprezzamento dei prodotti e della qualità, ad adottare iniziative per:

   a decorrere dal 1° luglio 2019, estendere l'obbligo di cui all'articolo 6, comma 3, primo periodo del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 7 aprile 2015:

   ai quantitativi di latte crudo delle specie ovina e caprina acquistati dai primi acquirenti direttamente dai produttori nel mese di calendario precedente;

   ai quantitativi di latte crudo di qualsiasi specie e dei prodotti di cui al numero 04-06 della tariffa doganale elettronica Tares, provenienti da Stati membri dell'Unione europea e, da Paesi appartenenti all'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e allo Spazio economico europeo (See) acquistati direttamente dai produttori nel mese di calendario precedente con l'indicazione del Paese di provenienza;

   ai quantitativi di latte crudo di qualsiasi specie provenienti da Stati membri dell'Unione europea, da Paesi appartenenti all'Associazione europea di libero scambio (Efta) e allo Spazio economico europeo (See) acquistati da soggetti non produttori di latte nel mese di calendario precedente con l'indicazione del Paese di provenienza;

     2) a decorrere dal 1° luglio 2019, prevedere l'obbligo per i produttori e trasformatori di registrare nella banca dati del Sian i quantitativi di formaggio presenti nei magazzini di stagionatura, stabilendo altresì che tale adempimento sia assolto dal trentesimo al trentacinquesimo giorno dalla data di produzione dei prodotti sottoposti a stagionatura;

     3) prevedere che anche i produttori di latte e le loro associazioni e organizzazioni registrati nel Sian possano consultare i dati ivi presenti relativi ai quantitativi di latte e prodotti lattiero caseari registrati;

     4) procedere con urgenza all'aggiornamento del Sian al fine di adeguarne le funzionalità applicative ai nuovi adempimenti.
(7-00069) «Cadeddu, Gallinella, Gagnarli, Cillis, L'Abbate, Parentela, Marzana, Del Sesto, Cimino, Maglione, Cassese, Alberto Manca, Lombardo, Pignatone».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Macina n. 7-00130 del 12 dicembre 2018.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01117 del 18 dicembre 2018.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Zoffili e De Martini n. 4-01553 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 76 del 5 novembre 2018.

  Alla pagina 2850, seconda colonna, dalla riga sedicesima alla riga diciottesima deve leggersi: «che in tutta la Sardegna e la camera iperbarica dell'ospedale di La Maddalena non gestisce più le emergenze;» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ANZALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di stampa che un orso bruno marsicano è morto nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2018 nel Parco d'Abruzzo durante un'operazione di cattura da parte del personale dell'ente che gestisce la riserva naturale;

   in base a quanto comunicato dall'Ente la cattura rientrava nell'ambito delle «attività programmate e autorizzate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere dell'Ispra, per il controllo degli animali»;

   dal febbraio 2018 è stato predisposto un «sito di cattura» nel comune di Lecce nei Marsi che era controllato quotidianamente con videosorveglianza o direttamente dal personale del parco;

   misure, queste, adottate anche a seguito di segnalazioni di incursioni in pollai e vicino alle abitazioni da parte di orsi e, in particolare, di un esemplare già radiocollarato dalle autorità del parco;

   dopo la segnalazione dell'orso in trappola, la squadra di cattura si è recata immediatamente sul posto e seguendo il «Protocollo di cattura meccanica e anestesiologica di orsi bruni marsicani in natura e in cattività» sono state effettuate le procedure necessarie ad anestetizzare l'animale e a metterlo in sicurezza;

   in base alla ricostruzione, sin da subito l'orso ha manifestato problemi respiratori e, nonostante le tempestive manovre di rianimazione attuabili in campo, si è verificato il decesso nel giro di poco tempo;

   l'animale è un giovane maschio che in precedenza non era mai stato marcato né radiocollarato, trasportato presso il Centro dell'Ente a Pescasseroli in attesa di essere trasferito all'Istituto zooprofilattico per l'accertamento delle cause di morte;

   è la prima volta che all'interno del parco accade una cosa del genere anche se si sono avuti casi di decesso nel corso di procedure simili come, ad esempio è accaduto all'orsa Daniza in Trentino, che si era resa responsabile di un'aggressione ad un escursionista;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa si ipotizza anche una dose eccessiva per la sedazione;

   le associazioni ambientaliste chiedono di fare luce sull'accaduto anche perché il tema riguarda il rischio estinzione degli orsi nel parco –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziati di competenza intenda assumere per verificare quanto accaduto con l'obiettivo di migliorare l'attuale protocolla cercando di limitare ulteriormente i rischi per gli animali, soprattutto rispetto alle conseguenze dell'anestesia, e rafforzando anche i dispositivi per la rianimazione.
(4-00115)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dalla direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal competente ente parco, si rappresenta quanto segue.
  Le operazioni di cattura e sedazione dell'orso marsicano deceduto il 19 aprile 2018 in località Valle Mora nel comune di Lecce dei Marsi, rientravano tra le attività autorizzate dal Ministero in deroga al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, a seguito di parere tecnico positivo di Ispra.
  Il decesso dell'esemplare in questione è stato immediatamente comunicato al Ministero dell'ambiente dall'Ente parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il quale ha trasmesso anche una dettagliata relazione sull'accaduto, evidenziando che le operazioni di cattura sono state attuate seguendo i protocolli autorizzati e avvalendosi del personale specialistico del parco.
  La carcassa dell'orso è stata conferita al Centro di referenza nazionale per la medicina forense veterinaria a Grosseto. La necroscopia ha escluso relazioni dirette tra l'anestesia e la causa di morte dell'orso, confermando la correttezza e la regolarità delle procedure messe in atto dal personale del parco, in particolare di quello veterinario.
  Più nello specifico, l'esame anatomopatologico dell'animale ha evidenziato un quadro complesso e critico a carico dell'apparato respiratorio e dell'apparato digerente. È stato quindi constatato che l'animale era affetto da gravi problemi sanitari, non valutabili dall'esame clinico al momento della cattura, che hanno determinato l'emergenza anestesiologica e di conseguenza il decesso.
  In ogni caso, sono ancora in corso le ulteriori indagini di laboratorio che potranno consentire di ottenere informazioni di maggior dettaglio riguardo lo stato di salute dell'esemplare.
  A ciò si aggiunga che un'approfondita verifica dei protocolli di cattura ed anestesia era stata effettuata da Ispra su richiesta del Ministero nel 2014, successivamente al decesso dell'orsa Daniza in Trentino. La verifica aveva accertato che i protocolli utilizzati per la cattura di orsi, sulle Alpi come nell'Appennino, sono validi e allineati con i migliori standard internazionali.
  L'Ente parco ha fatto presente, inoltre, di aver temporaneamente sospeso le attività di cattura degli orsi, successivamente all'accaduto, fermo restando che i tecnici di settore ne hanno rilevato l'importanza, in quanto tali attività consentono un efficace monitoraggio degli esemplari e contribuiscono a minimizzare conflitti e rischi di incidenti nelle zone interessate.
  Pur non avendo evidenziato criticità particolari, è stato peraltro richiesto ad Ispra di valutare la necessità di una rinnovata verifica dei protocolli di cattura ed anestesia, se del caso, coinvolgendo anche esperti internazionali.
  Alla luce delle informazioni esposte, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a svolgere le proprie attività, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   BALDELLI, GELMINI, CALABRIA, GIACOMONI, MARROCCO, NEVI, POLIDORI, POLVERINI, ROTONDI e SPENA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da giugno 2018 dovrebbero riprendere le fatturazioni, attualmente sospese, per le bollette di acqua, luce e gas nelle zone colpite dal terremoto;

   molte di queste fatturazioni interessano prime e seconde case, che in questi mesi sono state disabitate perché inagibili o distrutte;

   con la ripresa della fatturazione potrebbero giungere agli utenti richieste di pagamento per quote di costi fissi e oneri di sistema per le utenze di gas ed energia, mentre nel settore idrico tali costi dovrebbero essere interamente coperti in modo tale da non ricadere sul consumatore;

   è possibile, inoltre, che, nel quadro dei meccanismi automatici di fatturazione, possano giungere agli utenti delle zone terremotate bollette con consumi stimati e non reali, come già testimoniato di recente da alcuni organi di informazione –:

   se il Governo non intenda mettere in campo iniziative, anche normative, per prevenire situazioni incresciose come l'arrivo di richieste di pagamento relative a quote di costi fissi e di oneri di sistema a titolari di utenze legate ad immobili inagibili o distrutti, o come l'arrivo di bollette riferite a consumi presunti su utenze sospese da mesi.
(4-00273)

  Risposta. — Al fine di rappresentare quali iniziative sono state attuate dal Governo, per fronteggiare le situazioni di criticità relative alle utenze delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 24 agosto 2016 e successivi, si rappresenta che sono state acquisite informazioni dall'autorità di regolazione per energia reti e ambiente (d'ora innanzi autorità).
  Sul tema, va innanzitutto evidenziato che, a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016, il Governo è intervenuto a più riprese per regolare il tema della fatturazione servizi nelle zone colpite dal terremoto. A tal riguardo, è stato adottato il decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2018, n. 89.
  Le disposizioni contenute in quest'ultimo decreto sono state attuate dall'autorità di regolazione per energia, reti e ambiente attraverso la delibera n. 312/2018/R/COM, con cui è stato prorogato alla data del 1° gennaio 2019 il termine di sospensione dei pagamenti delle fatture emesse o da emettere per le forniture di energia elettrica, gas e acqua, a favore dei soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del proprio fabbricato, abitazione, studio professionale o azienda.
  Inoltre, l'autorità ha previsto che anche la fattura unica di conguaglio, ricomprendente gli importi non fatturati fino allo scadere del termine di sospensione dei pagamenti, sia differita non oltre il 31 marzo 2019.
  Per consentire ai clienti di far fronte al pagamento della fattura di conguaglio, è stata così prevista la possibilità di rateizzare gli importi dovuti, senza interessi, per una durata di 36 mesi, prevedendo che le singole rate abbiano periodicità pari a quella di fatturazione.
  Il venditore del mercato libero e i gestori potranno, in ogni caso, offrire condizioni di rateizzazione migliori rispetto a quelle previste.
  Si vuol far presente che, con la ripresa della fatturazione, le agevolazioni disciplinate dalla delibera 18 aprile 2017 n. 252/2017/R/COM, che si applicano alle utenze del servizio idrico integrato ed ai clienti di energia elettrica e gas naturale e gas diversi distribuiti a mezzo di reti canalizzate, saranno comunque vigenti per il periodo già previsto di 36 mesi, calcolato dalla data di ciascun evento sismico. Pertanto, per i settori elettrico e gas, non si applicheranno le componenti tariffarie a copertura dei costi di rete, degli oneri generali, delle ulteriori componenti nonché le prestazioni e i contributi agli esercenti la distribuzione e/o la vendita per nuove connessioni, disattivazioni, riattivazioni e/o volture di utenze.
  Per il settore idrico, le agevolazioni saranno riconosciute in misura pari al 100 per cento dell'importo che sarebbe stato fatturato in assenza delle medesime.
  In tal modo, si avrà l'azzeramento dei corrispettivi per il servizio di acquedotto, fognatura e depurazione (quota fissa e quota variabile); agli utenti beneficiari non verranno, altresì, applicate le ulteriori componenti tariffarie (UI1 e UI2).
  Con riferimento al settore elettrico, per tutta la durata delle agevolazioni, si applicherà la tariffa domestica residente sia all'abitazione di residenza inagibile sia all'eventuale utenza in cui sia stato stabilito il solo domicilio a seguito dell'evento sismico, senza che sia stata trasferita la residenza anagrafica (Articolo 2.7
bis della delibera n. 252/2017/COM).
  Da ultimo, si evidenzia che il venditore, prima di emettere la fattura di conguaglio, deve attendere che il distributore ricostruisca i consumi. Nei casi residuali in cui il distributore non possa fornire al venditore tale ricostruzione, il venditore deve comunque emettere la fattura unica di conguaglio sulla base di consumi stimati entro i termini previsti, tenendo conto di tutte le informazioni disponibili e funzionali a tale scopo.
  Le iniziative messe in campo, pertanto, dovrebbero essere in grado di tenere conto delle particolari condizioni delle utenze nelle aree colpite dal terremoto del 24 agosto 2016.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Davide Crippa.


   BIGNAMI e PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 21 settembre 2001, il Presidente della Repubblica pro tempore conferiva motu proprio al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana della città di Zara la medaglia d'oro al valor militare. Tra la concessione dell'onorificenza e la consegna solenne dell'onorificenza stessa, fissata per il 13 novembre 2001, la cerimonia annunciata venne disdetta per «impegni» del Presidente della Repubblica e mai più programmata;

   inoltre, nel 2001, il Governo croato si oppose alla consegna dell'onorificenza in questione e, da allora, il conferimento non è più avvenuto, malgrado le numerose richieste pervenute da esponenti politici e dalle associazioni giuliano-dalmate;

   la città di Zara, durante il secondo conflitto mondiale, fu oggetto di violenti bombardamenti aerei a tappeto, da parte degli anglo-americani, e venne distrutta più di ogni altro capoluogo di provincia del nostro Paese;

   i bombardamenti alleati, voluti da Tito, uccisero 4000 persone e distrussero l'85 per cento della città. Almeno 900 italiani furono annegati, «infoibati» o sommariamente giustiziati dalla polizia segreta titina, che entrò a Zara nell'ottobre 1944. In seguito all'esodo, rimasero solo 12 famiglie italiane, su oltre 21 mila abitanti;

   facendo seguito a quanto sopracitato, sarebbe opportuno e doveroso appuntare sul gonfalone dell'ultima amministrazione italiana di Zara la medaglia d'oro al valore militare, ricordando i caduti con le prime righe della motivazione scritta dal Presidente della Repubblica pro tempore Ciampi nel decreto ufficiale: «Zara, città italiana per lingua, cultura e storia, ha dato alla Patria nell'ultimo conflitto, tra morti e dispersi militari e civili, un decimo della sua popolazione»;

   il conferimento della medaglia d'oro al valore militare al gonfalone del Comune italiano di Zara, sarebbe per la città medesima un doveroso riconoscimento per le sofferenze della popolazione durante i bombardamenti anglo-americani e per la difesa della propria italianità –:

   se il Governo sia a conoscenza della suesposta situazione;

   se intenda assumere le iniziative di competenza, affinché sia solennemente consegnata la medaglia d'oro al valore militare al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana della città di Zara.
(4-00858)

  Risposta. — L'istituto del conferimento «motu proprio» di decorazioni da parte del Presidente della Repubblica è un procedimento preso di iniziativa, da parte del Capo di Stato, attraverso il quale vengono esercitate peculiari attribuzioni e funzioni stabiliti dalla legge.
  Detta procedura, come tale, esula dallo svolgimento del rituale procedimento amministrativo in materia di concessione di ricompense al valor militare, devoluto alla competenza del Ministero della difesa.
  Nei casi di conferimento «
motu proprio», infatti, il Dicastero interviene, attraverso la direzione generale del personale militare, al solo fine di provvedere all'incisione da apporre sulla decorazione concessa e per la conseguente consegna della stessa al corriere abilitato al ritiro, qualora i competenti uffici della Presidenza della Repubblica espressamente lo richiedano.
  Poiché il quesito riguarda le iniziative di competenza da assumere «
affinché sia solennemente consegnata la medaglia d'oro al valore militare al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana della città di Zara», non è possibile riferire nel merito delle questioni, come richiesto nell'atto, trattandosi di attività non direttamente riferibili alle competenze istituzionali della Difesa.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   BIGNAMI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2018 inizierà, presso il Tribunale internazionale dell'Aja, il processo che deciderà sulla giurisdizione sul caso dei due Marò, Latorre e Girone, vale a dire a chi spetterà il compito di giudicare, tra la giustizia indiana e quella italiana, il loro comportamento per vicende ormai ampiamente note;

   i due Marò, rientrati in Italia, dopo anni di calvario a causa delle lungaggini della giustizia indiana, sono attualmente in servizio a Roma e alla capitaneria di porto di Bari con obbligo di non lasciare l'Italia;

   a parere dell'interrogante, occorre attivare ogni misura utile volta a far valere la giurisdizione italiana in una vicenda che potrebbe costituire un precedente non solo per i militari italiani all'estero, ma anche per tutte le nazioni europee che impegnano i propri militari nella difesa delle navi civili contro la pirateria, fenomeno contro cui l'Europa è impegnata –:

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso o abbia intenzione di intraprendere per tutelare i Marò Latorre e Girone e fare in modo che vengano giudicati secondo la giustizia italiana, facendo dunque valere la giurisdizione italiana su quella indiana.
(4-01309)

  Risposta. — Premetto che la tematica oggetto dell'atto in esame, nonché il quesito posto, non investono profili di diretta competenza della Difesa e, pertanto, riferisco anche a nome del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  In particolare, il 10 settembre 2018 ho ricevuto i nostri due fucilieri di Marina, con i quali ho avuto un colloquio separato, in un clima di estrema cordialità; ho fortemente voluto questo incontro, con l'intento, soprattutto, di esprimere loro «non solo la vicinanza di questo Governo, ma di tutto il Paese, perché in questi casi occorre che tutte le forze politiche e civili, indistintamente, si mostrino unite e compatte intorno ai nostri due fucilieri di Marina».
  Nel merito della vicenda, ricordo che il giorno 22 ottobre 2018 era previsto, davanti ai giudici del Tribunale de L'Aja, l'inizio dell'arbitrato per stabilire chi, tra Italia e India, abbia la giurisdizione a celebrare un successivo accertamento giudiziario sulle eventuali responsabilità per i fatti che hanno coinvolto la nave «Enrica Lexie» nell'incidente del 15 febbraio 2012, su cui si trovavano alcuni fucilieri della Marina, fra cui Latorre e Girone, nell'esercizio di funzioni anti-pirateria, per conto dello Stato italiano.
  A causa di un improvviso problema di salute di un giudice di parte indiana, il Tribunale ha prima disposto il rinvio dell'avvio delle udienze e, successivamente, ha invitato l'India, sulla base delle Regole di procedura, a nominare un nuovo arbitro entro il 12 novembre 2018, o comunque, non più tardi del 10 dicembre 2018.
  L'Agente del Governo ha presentato le memorie e contro-memorie italiane, predisposte dal Collegio della difesa – composto da primari avvocati internazionali, esperti di Ministeri e dell'Avvocatura dello Stato – nel periodo tra il 30 settembre 2016 e il 9 marzo 2018. L'India ha fatto altrettanto.
  L'articolato periodo preparatorio si è svolto secondo un calendario stabilito dal Tribunale arbitrale, con cadenze fissate in base alla prassi internazionale. La sentenza del Tribunale arbitrale è prevista, in base alle Regole di procedura stabilite dallo stesso tribunale, entro sei mesi dalla chiusura delle udienze.
  Il Governo, tramite il Collegio della difesa continua, dunque, ad essere fortemente impegnato ed estremamente determinato, nel promuovere e cercare di far valere, con la massima fermezza, le proprie tesi giuridiche nel corso delle prossime udienze, con l'obiettivo di ottenere il pieno riconoscimento della giurisdizione italiana.
  I dettagli della posizione italiana e delle richieste al Tribunale arbitrale, elaborate sulla base del diritto del mare e del diritto internazionale, diventeranno noti, per evidenti motivi di riservatezza, nel corso delle prossime udienze: ogni ulteriore anticipazione sulla nostra posizione ci potrebbe svantaggiare.
  Il
team diplomatico e legale della difesa italiana è ben consapevole dell'impianto probatorio indiano e ha già sottolineato con forza l'inaccettabilità delle posizioni dell'India. Il Tribunale internazionale, che valuta qualsiasi elemento di prova con imparzialità assoluta, è stato, quindi, opportunamente e pubblicamente informato di tali aspetti.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   BIGNAMI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con D.D. 30 ottobre 2017 è stata indetta la procedura di selezione per il passaggio del personale civile del Ministero della difesa all'interno delle aree per complessive 9.940 unità — con decorrenza dei relativi sviluppi economici dal 1o gennaio 2017 — ed, in particolare, la procedura selettiva per titoli con riferimento alla seconda area funzionale-sviluppo economico dalla fascia retributiva F2 alla fascia retributiva F3 per complessive n. 4.097 unità;

   con decreto del Ministero della difesa, direzione generale per il personale civile, del 31 maggio 2018 è stato stabilito che alle 4.097 unità rientranti nella relativa graduatoria è attribuita la fascia retributiva F3 con decorrenza 1o gennaio 2017 –:

   se ai 4097 candidati di cui in premessa sia stata effettivamente attribuita la fascia retributiva F3 e se siano stati corrisposti i relativi aumenti stipendiali;

   in caso contrario quando si intenda procedere a tale adeguamento e con quali tempistiche si intenda corrispondere gli arretrati stipendiali dovuti.
(4-01311)

  Risposta. — In merito alla procedura di selezione per il passaggio del personale civile del Ministero della difesa all'interno delle aree per complessive n. 9.940 unità, con specifico cedolino del mese di ottobre 2018 si è provveduto ad effettuare il pagamento degli arretrati stipendiali derivanti dalla progressione economica ed alla relativa attribuzione della nuova fascia stipendiale, per tutto il personale interessato, ivi inclusi i soggetti della seconda area funzionale (pari a 4.097 unità).
  Si evidenzia che la procedura di pagamento è stata avviata nel mese di luglio 2018 dopo l'acquisizione della graduatoria definitiva – a seguito delle modifiche apportate alla graduatoria provvisoria – pubblicata il 31 maggio 2018.
  Tale procedura, particolarmente complessa, si è conclusa nella prima decade di ottobre, con un mese di anticipo rispetto alle progressioni economiche relative all'anno 2016 ed ha visto, come di consueto, la partecipazione da parte dei competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze che gestiscono la piattaforma informatica NoipA dedicata al pagamento degli stipendi dei pubblici dipendenti.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dal «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, edizione 2018» curato dall'Ispra e presentato qualche giorno fa i cosiddetti pesticidi in Italia sono presenti nel 67 per cento delle acque superficiali e nel 33 per cento delle acque sotterranee e superano i limiti rispettivamente nel 23,9 per cento e nell'8,3 per cento dei casi, con un preoccupante aumento rispetto alle precedenti indagini nazionali. Nelle falde, anche a causa del lento ciclo delle acque sotterranee, permangono anche sostanze chimiche ormai bandite da decenni;

   come descrive anche un articolo di Marco Angelillo pubblicato su La Stampa dell'11 maggio 2018, nei 35.353 campioni analizzati dalle agenzie regionali attraverso quasi 2 milioni di analisi realizzate nel biennio 2015-2016 sono state trovate 259 sostanze: prevalgono gli erbicidi perché utilizzati in grandi quantità, soprattutto in primavera, quando le piogge più frequenti facilitano la dispersione nell'ambiente;

   nelle acque superficiali il famigerato glifosato, insieme al suo metabolita Ampa, è l'erbicida che presenta il maggior numero di casi di superamento dei limiti degli standard di qualità ambientale (Sqa) nel 24,5 per cento dei siti monitorati, percentuale che sale al 47,8 per cento per il metabolita;

   in molti campioni sono stati riscontrati neonicotinoidi, erbicidi con una grandissima persistenza recentemente vietati dall'Unione europea perché letali per le api. E ancora, a 25 anni dalla revoca, è stata rilevata la presenza di atrazina e suoi metaboliti, assieme a pericolose miscele di sostanze che si formano in modo del tutto casuale nei fiumi e nelle falde e i cui effetti non sono sempre prevedibili;

   è poi da considerare il fatto che non vi è omogeneità dei campionamenti: nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50 per cento dei monitoraggi, mentre dal Meridione, ad esempio dalla Calabria, non è arrivato nessun dato; pochissimi dati sono pervenuti dalla Puglia. Esiste, come detto, un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta in forte ritardo, con alcune eccezioni, quali Ragusa e il Lazio –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, assumere iniziative urgenti per uniformare le metodiche di analisi delle acque in tutta la Penisola, stante il fatto che nelle acque nazionali, e dunque in tutto l'ambiente e nella catena alimentare, stanno aumentando i residui di sostanze tossiche anche in concentrazioni infinitesimali, e per bandire l'utilizzo di erbicidi quali il glifosato.
(4-01313)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si segnala, innanzitutto, che da anni il Governo, ed in particolare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sta lavorando all'armonizzazione dei programmi di monitoraggio e delle metodiche analitiche relativamente alle acque superficiali e sotterranee. In merito a tali attività, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale fornisce gli indirizzi tecnico-scientifici per la programmazione dei monitoraggi dei pesticidi nelle acque, che vengono eseguiti dalle regioni nell'ambito dei programmi di rilevazione previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006, e poi trasmessi all'Ispra, che li elabora e valuta, svolgendo un'attività di indirizzo, in particolare per fornire criteri ed elenchi di sostanze prioritarie da inserire nel monitoraggio. L'Ispra ha poi il compito di realizzare il rapporto nazionale pesticidi nelle acque, nel rispetto del decreto ministeriale n. 35 del 2014 (Piano di azione nazionale, ai sensi dalla direttiva 2009/128/CE sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi). Questi indirizzi hanno lo scopo di ridurre le disomogeneità dei monitoraggi effettuati dalle regioni e dalle province autonome, per quanto riguarda le frequenze di campionamento, le metodiche analitiche e il numero di sostanze attive ricercate nelle acque sotterranee e superficiali.
  A tal proposito, occorre evidenziare che il monitoraggio dei pesticidi richiede la predisposizione di una rete che copra gran parte del territorio nazionale, il controllo di un grande numero di sostanze e un continuo aggiornamento, reso necessario dall'uso di sostanze nuove. Per il monitoraggio, tuttavia, non è richiesta una rete
ad hoc, ma di utilizzare quella che le regioni hanno ai sensi della normativa per la tutela delle acque. Lo stesso vale per le frequenze di campionamento, che sono le stesse previste dalla normativa acque. Per quanto riguarda le sostanze da considerare nel monitoraggio, la normativa acque indica come criterio generale quello di esplorare tutte le potenziali fonti di contaminazione presenti sul territorio. Nei fatti, però, la normativa esplicita solo un certo numero di pesticidi – quelli appartenenti all'elenco delle sostanze prioritarie definito a livello europeo e nazionale. Monitorare queste sostanze non basta per avere un quadro della possibile contaminazione da pesticidi. Le sostanze presenti attualmente sul mercato sono oltre 400; ci sono poi sostanze revocate che continuano a rappresentare un problema a causa dell'uso massiccio fatto in passato e della elevata persistenza ambientale.
  Come segnalato da Ispra, complessivamente sono migliorate le prestazioni dei laboratori, in alcune regioni in modo significativo, ma è ancora necessario uno sforzo di armonizzazione, date le differenze ancora presenti, con limiti di quantificazione in alcuni casi inadeguati, in particolare per consentire un confronto con gli Sqa (Standard di qualità ambientale), che spesso sono sensibilmente più bassi. La variabilità dei limiti di quantificazione è molto ampia, anche nei laboratori della stessa regione.
  In questo contesto, la nuova legge sull'Snpa ha posto le basi per una più efficace attività di controllo dell'ambiente. In particolare, consentirà un migliore utilizzo delle risorse a disposizione individuando sinergie ed evitando duplicazioni delle attività. La legge istituisce, inoltre, i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (Lepta) e mette a sistema la rete informativa nazionale ambientale, dando vita alla rete nazionale dei laboratori accreditati. Un monitoraggio efficace dei pesticidi nelle acque richiede, tuttavia, un impegno in termini di pianificazione, di strumentazione, di risorse umane, difficile da sostenere senza risorse aggiuntive.
  Il Pan disciplinato dal citato decreto ministeriale n. 35 del 2014 prevede una serie di misure che potranno contribuire sensibilmente ad un uso più sostenibile dei pesticidi. Inoltre, nel processo di revisione del Pan (nuovo piano di azione 2019-2024), attualmente in corso, sarà fondamentale l'individuazione di obiettivi quantitativi, come evidenziato dalla stessa Commissione europea. Sono finora cinque gli Stati membri che hanno definito obiettivi misurabili, in termini di riduzione del rischio e dell'uso dei prodotti fitosanitari.
  Per quanto riguarda l'erbicida glifosato, si segnala che nella votazione svoltasi nel comitato d'appello del 27 novembre 2017, è risultata maggioritaria la posizione sul rinnovo dell'autorizzazione all'uso del glifosato per ulteriori cinque anni. L'Italia non ha condiviso tale decisione che è stata comunque adottata con la maggioranza qualificata degli Stati membri (regolamento UE 2017/2324).
  Si deve, ad ogni modo, evidenziare che le restrizioni previste dal citato regolamento per l'uso del glifosato sono state adottate dal Ministero della salute, autorità nazionale competente per il rilascio delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   19 luglio 2018, a conclusione di indagini condotte dal Noe, il gip del tribunale di Potenza ha disposto il sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento Rendina Ambiente, ex Fenice, di Melfi (Potenza);

   negli ultimi tempi le notizie di inquinamento erano diventate sempre più frequenti: inquinamento non solo dell'aria, ma anche del terreno e delle falde acquifere;

   qualche settimana fa il sindaco di Melfi, Livio Vaivano, aveva dichiarato di aver presentato un esposto in quanto erano state segnalate delle anomalie;

   per gli inquirenti la mancata bonifica del sito inquinato avrebbe provocato «la diffusione di inquinanti all'esterno con la compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica»;

   nelle falde acquifere, sarebbero finiti, secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procura di Potenza e condotte dai carabinieri del Noe elementi pericolosi e cancerogeni tra cui nichel, mercurio, floruri, nitriti, tricloroetilene, e bromodiclorometano;

   per l'amministratore delegato della Rendina Ambiente, Luca Alifano, il gip ha disposto il divieto di dimora in Basilicata;

   il reato contestato è di inquinamento ambientale per non aver provveduto alla bonifica del sito inquinato, in particolare per aver omesso di predisporre un modello di bonifica adeguato;

   come riportato da diversi quotidiani, anche on-line, tutta una serie di verifiche avevano evidenziato che le misure di messa in sicurezza adottate si erano rivelate inefficaci. Vi era stata infatti la diffusione di inquinanti all'esterno del sito di Fenice Ambiente nelle aree circostanti, la contaminazione dell'acqua industriale e dell'acqua destinata al consumo umano, causando la grave compromissione della matrice ambientale delle acque sotterranee nelle aree circostanti il sito di Rendina Ambiente, nonché la compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica –:

   se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta a verificare, quanto prima, il reale stato di contaminazione e di inquinamento delle matrici ambientali;

   se non si ritenga indispensabile informare la popolazione interessata circa il reale stato di inquinamento e di compromissione ambientale a cominciare dalla verifica sulle acque potabili;

   quali iniziative immediate si intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di tutelare la salute pubblica.
(4-00764)

  Risposta. — Con riferimento alle questioni poste, sulla base degli elementi acquisiti, si fa presente, in via preliminare, che nel 2009 l'Arpab ha comunicato alla regione, alla provincia e al comune di Melfi, l'accertamento di una contaminazione delle acque sottostanti il sito del termovalorizzatore «Fenice Ambiente s.r.l.», avviando il procedimento relativo alle conseguenti verifiche. A seguito di tale comunicazione la società responsabile ha avviato l'emungimento delle acque di falda a valle dell'impianto mediante esistenti piezometri di monitoraggio.
  La suddetta barriera è stata successivamente sostituita da pozzi disposti a monte dei suddetti piezometri e di volta in volta integrata ed adeguata alle prescrizioni via via impartite dall'apposita conferenza di servizi. La barriera idraulica è tuttora attiva. Il comune di Melfi con ordinanza del 14 marzo 2009 ha disposto il divieto di utilizzo, a qualsiasi scopo, delle acque di falda emungibili dai pozzi presenti all'interno del perimetro dell'area di pertinenza del termovalorizzatore e da quelli presenti a valle del sito.
  Le sorgenti di contaminazione sono state individuate in vasche/serbatoi, condotte di acque di processo e di reti fognarie. Il soggetto obbligato ha eseguito vari interventi, tra cui il ripristino di alcune vasche di contenimento ed interventi di
relining di alcuni tratti delle reti interrate. Le attività del Ministero dello sviluppo economico proseguono tuttora e sono monitorate al fine di valutarne l'efficacia in attesa degli interventi di bonifica. L'attività di emungimento è passata dalle 9 postazioni piezometriche iniziali ai 46 pozzi costituenti la barriera idraulica, grazie agli ulteriori interventi di ampliamento richiesti dalla regione.
  Tutte le attività di emungimento sono monitorate attraverso l'acquisizione dei principali parametri idraulici e chimico-fisici delle acque sotterranee. Il sistema di monitoraggio registra in continuo ed in tempo reale i parametri necessari ad accertare l'efficienza dello sbarramento idraulico. Il controllo del sistema di monitoraggio è affidato all'Arpab e alla provincia di Potenza che verificano la sua rispondenza alle prescrizioni della conferenza di servizi ed al protocollo Apat/Ispra. Gli ultimi dati di monitoraggio, rispetto ai risultati della caratterizzazione, confermano la regressione del numero dei contaminanti e la diminuzione delle concentrazioni degli stessi.
  Nella conferenza di servizi del 2011 è stato approvato il documento di analisi di rischio e sono stati fissati gli obiettivi di bonifica da conseguire e il termine di sei mesi per la presentazione del relativo progetto. Malgrado i contenziosi ancora pendenti, la regione ha assunto specifiche iniziative nelle conferenze di servizi di luglio e settembre 2013 per ottenere dal soggetto obbligato gli approfondimenti necessari a completare la progettazione degli interventi. Si segnala, inoltre, che il 20 febbraio 2014 è stata sottoscritta una convenzione tra la regione Basilicata ed Ispra.
  Per quanto concerne il progetto di bonifica, lo stesso è stato aggiornato da Fenice Ambiente S.r.l. e approvato dal comune di Melfi con deliberazione del 2015, a seguito della conferenza di servizi decisoria, che ha richiesto specifiche integrazioni. La prima fase si è conclusa con l'approvazione dei risultati della sperimentazione in laboratorio con deliberazione di giunta di aprile 2017. La seconda fase, relativa ai test pilota in campo, ha avuto inizio a giugno 2017 e prevede, oltre all'esecuzione degli interventi, un monitoraggio di 12 mesi. Attualmente i test sono in corso e mensilmente viene trasmesso lo stato di avanzamento delle attività.
  I risultati dei test in corso sono stati esaminati dalla conferenza di servizi tenutasi presso il comune di Melfi il 12 luglio 2018. In tale sede, sono state evidenziate criticità riguardanti la presenza di alcune sostanze inquinanti e sono stati chiesti ulteriori approfondimenti di indagine per accertare la provenienza del
toluene riscontrato in sede di monitoraggio dei test pilota in campo. A tal proposito, l'Arpab ha evidenziato di aver effettuato, nel periodo 2016-2018, complessivamente 506 campionamenti e di essere in attesa di ricevere gli esiti analitici dei campionamenti effettuati nei mesi di marzo, maggio e luglio 2018 per procedere alla trasmissione dei risultati agli enti interessati. L'agenzia ha fatto presente che tutti i dati relativi agli accertamenti effettuati sono pubblicati sul proprio sito istituzionale.
  Per quanto attiene l'aspetto relativo alla compromissione dell'acqua potabile, la regione Basilicata ha fatto presente di aver ricevuto una comunicazione da parte di Acquedotto Lucano S.p.a., attuale gestore del Servizio idrico integrato e della rete di distribuzione dell'acqua potabile nell'area industriale, secondo cui l'acqua distribuita proviene dallo schema idrico dell'Ofanto (acquedotto Pugliese) senza interferenze con sorgenti locali; sono stati inoltre eseguiti campionamenti congiunti tra l'Azienda sanitaria locale di Potenza ed Acquedotto Lucano in data 30 luglio 2018, dai quali si evince che non sussiste alcuna compromissione dell'acqua potabile.
  Occorre, inoltre, segnalare che l'istituto superiore di sanità ha, di recente, firmato un accordo di collaborazione con la regione Basilicata, incentrato sulla valutazione dell'incidenza dei fattori ambientali sullo stato di salute della popolazione residente, con particolare riferimento alle attività estrattive petrolifere ed ha fatto presente che prenderà in considerazione altre criticità ambientali, su indicazione della regione stessa.
  Si precisa, da ultimo, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di acquisire elementi utili per la valutazione del danno ambientale, ha incaricato Ispra di verificare lo stato dei luoghi e di redigere una relazione tecnica di individuazione, descrizione e quantificazione del danno.
  Ferme restando le competenze in ambito sanitario delle regioni e degli altri enti preposti, il Ministero rassicura comunque che manterrà alto il livello di attenzione sulla vicenda.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il mausoleo di Porsenna è un edificio che fu descritto da Marco Terenzio Varrone;

   sarebbe stato costruito per raccogliere il corpo del leggendario lucumone Porsenna, sovrano della città di Chiusi;

   secondo i documenti storiografici, le prime notizie del mausoleo si hanno dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XXXVI.19.91-93), il quale, a sua volta, afferma di aver avuto notizia da un manoscritto di Marco Terenzio Varrone;

   Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia fa una descrizione molto dettagliata del mausoleo nel libro trentaseiesimo; secondo una ipotesi costruttiva, il mausoleo, in base all'espressione riferita da Plinio il Vecchio, potrebbe essere collocato «dinnanzi a Chiusi», ovvero in zone circostanti, quali la zona del parco di Montelungo di Chiusi;

   siccome Plinio il Vecchio e Varrone collocarono il mausoleo al di sotto dell'abitato di Chiusi, un intreccio di cunicoli, recentemente scoperti e attualmente visitabili, simili ai «bottini di Siena», che conducono alle cisterne di raccolta dell'acqua piovana posizionate sotto la città di Chiusi, è stato erroneamente chiamato labirinto di Porsenna, come se fosse stato il labirinto del suo mausoleo;

   dell'esistenza del mausoleo di Porsenna si è occupato anche l'archeologo John Linton Myres («The tomb of Porsenna at Clusium», in «The Annual of the British School at Athens», 1951, XLVI, pagine 117-121);

   il ritrovamento del suddetto manufatto potrebbe rivestire carattere di straordinario interesse archeologico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere — anche tramite una verifica archeologica, con la descrizione dell'area interessata di Chiusi e di quella circostante — al fine di avviare una ricerca, accertare la presenza del mausoleo descritto in premessa, e portare alla luce lo stesso ovvero le sue vestigia, anche per recuperare eventuali testimonianze dell'antica storia italiana e arricchire il numero dei siti archeologi del nostro Paese.
(4-00215)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo sopra indicato, nel quale l'interrogante richiede in particolare al Ministero per i beni e le attività culturali se quest'ultimo sia a conoscenza dell'esistenza del cosiddetto «Mausoleo di Porsenna» e quali iniziative intenda promuovere al fine di portare alla luce lo stesso, con le sue vestigia, recuperando in tal modo un importante sito archeologico.
  Al riguardo si rappresenta che del cosiddetto «Mausoleo di Porsenna», esiste, in effetti, una bibliografia sterminata, in particolare nella sua problematica localizzazione (e anche sulla sua stessa esistenza) a testimonianza, in particolare, degli ultimi sessanta anni di attività di ricerca e tutela che hanno interessato il sito di Chiusi.
  Recenti studi hanno descritto l'intero sistema di cunicoli e cisterne e sintetizzato efficacemente una storia degli scavi; tuttavia non esiste al momento una bibliografia scientifica che abbia identificato queste evidenze come il cosiddetto «Mausoleo di Porsenna» descritto nella tradizione annalistica da Varrone.
  Quanto alle iniziative ad oggi predisposte per la fruizione del sistema di cunicoli e cisterne, si evidenzia che a Chiusi esistono attualmente due percorsi di visita per i sotterranei:

   a) il cosiddetto «labirinto di Porsenna», annesso al museo della Cattedrale e all'Orto Vescovile (che corre al di sotto del duomo e comprende la nota cisterna già menzionata nel 1717, nel 1831 e poi scavata ed edita dal Levi nel 1933);

   b) «la città Sotterranea», cioè il museo civico del comune di Chiusi, che comprende un altro filone di cunicoli al di sotto del palazzo Bonci Casuccini, dove è allestita la sezione epigrafica e si trova il pozzo di Fontebranda (il museo è gestito dalla cooperativa «Clanis»).

  Come già rilevato, ad oggi, la letteratura scientifica non ha confermato con certezza l'esistenza del «Mausoleo di Porsenna» ma, qualora la metodologia d'indagine delle preesistenze effettuata attraverso il metodo stratigrafico dovesse far rinvenire elementi concreti dell'esistenza del sito, sicuramente, attesa la rilevanza e l'importanza archeologica della scoperta, la competente Soprintendenza e il Ministero adotteranno tutte le misure e le opportune iniziative per la sua valorizzazione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   COMENCINI e GRIMOLDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   così come mostrato da testimonianze oculari e fotografiche, in data 5 luglio 2018, presso la residenza demaniale dell'ambasciatore d'Italia a Madrid, Stefano Sannino, è stata esposta accanto al Tricolore e alla bandiera dell'Unione europea la bandiera «arcobaleno», simbolo delle manifestazioni dell'orgoglio omosessuale, in corso in quei giorni nella capitale iberica (28 giugno-2 luglio 2018);

   l'esposizione della bandiera della Repubblica e della bandiera dell'Unione europea negli uffici ed edifici pubblici è disciplinata dalla Costituzione e da altre disposizioni (legge 5 febbraio 1998, n. 22 e decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2000, n. 121) e qualsiasi violazione di tale normativa potrebbe integrare il reato di vilipendio alla bandiera nazionale (articolo 292 del codice penale);

   la condotta di cui sopra appare gravemente lesiva dell'immagine e della dignità della bandiera italiana: ciò tanto più tenuto conto che la vicenda è aggravata dalla circostanza che i fatti si sono svolti in un Paese straniero e sono ascrivibili a un funzionario di altissimo livello;

   sulla questione è stata presentata al Senato l'interrogazione n. 4-00410, cui non risulta al momento che il Ministro abbia risposto;

   non risulta altresì agli interroganti che sia stato adottato alcun provvedimento nei confronti dell'ambasciatore Sannino;

   il 2 ottobre 2018 il quotidiano nazionale La Verità ha pubblicato la notizia, con dovizia di fotografie, che l'ambasciatore Sannino ha ospitato presso la Residenza a Madrid il matrimonio omosessuale di due cittadini spagnoli e ha augurato ai nubendi la nascita di figli maschi (evento possibile solo mediante maternità surrogata, pratica vietata dalla legislazione italiana);

   l'articolo in parola non è stato ripreso dalla rassegna stampa ministeriale della Farnesina (tradizionalmente sempre puntuale nel segnalare tutti gli articoli in cui venga citato il Ministero, il Ministro o membri della diplomazia italiana) e, parimenti, non è stato ripreso nemmeno il pezzo pubblicato dallo stesso quotidiano il giorno successivo, stigmatizzante tale omissione, quasi che il Ministero abbia scelto di non dedicare alla vicenda l'attenzione che invece merita;

   tale uso dell'immobile demaniale, a giudizio degli interroganti improprio e probabilmente oneroso (ai danni dei contribuenti), per eventi che non rivestono carattere ufficiale, né tanto meno perseguono finalità pubbliche, contraddice alle norme di custodia e utilizzo delle pertinenze statali;

   già in precedenza l'ambasciatore Sannino aveva ospitato nella residenza eventi che nulla hanno a che fare con la politica estera (si ricorda in particolare la fastosa cerimonia di benvenuto nei saloni della residenza demaniale offerta ai partecipanti al «gay pride» di Madrid nell'estate del 2017) –:

   se sia stata adottata qualche iniziativa in relazione ai comportamenti sopra esposti che, se confermati, dimostrerebbero una condotta a giudizio degli interroganti disinvolta, impropria e di dubbia legittimità dell'ambasciatore Sannino nello svolgimento delle sue funzioni;

   se l'amministrazione abbia provveduto, per quanto di competenza, alle dovute segnalazioni alle competenti autorità giudiziarie;

   nel caso che non sia stata adottata alcuna sanzione, quale sia il motivo per cui il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continui a mantenere con l'ambasciatore Sannino una tolleranza ingiustificabile, a fronte di quelli che appaiono agli interroganti ripetuti e inqualificabili comportamenti in contrasto con le norme vigenti.
(4-01305)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame l'ambasciatore d'Italia a Madrid ha riferito quanto segue.
  La bandiera arcobaleno è stata temporaneamente esposta in occasione della settimana dell'orgoglio LGBTI, svoltasi nella capitale spagnola nel luglio 2018. Si tratta di una manifestazione molto seguita in Spagna, che coinvolge non solo esponenti della comunità LGBTI ma tutta la cittadinanza. Alla manifestazione partecipano anche numerosi
leader politici spagnoli. Quest'anno due ministri – il Ministro dell'interno, Fernando Grande-Marlaska e l'allora Ministra della sanità, Carmen Montón – e svariati esponenti dei principali partiti del Paese hanno preso parte all'evento di chiusura, che è stato trasmesso in diretta televisiva.
  Il sostegno istituzionale è inoltre assicurato dal comune di Madrid, che ha anch'esso esposto la bandiera arcobaleno e ha creato un
brand per pubblicizzare la manifestazione (MadO – Madrid Orgullo), alla quale è intervenuta anche la Sindaca Manuela Carmena. Anche la Casa reale spagnola ha dato rilievo alla settimana mondiale dell'orgoglio LGBT.
  Sempre secondo l'ambasciatore d'Italia a Madrid, in quel periodo molti edifici della capitale spagnola espongono le bandiere arcobaleno e le istituzioni locali, nonché gli organizzatori, hanno sollecitato anche le sedi diplomatiche a dare visibilità alla manifestazione e a partecipare agli eventi pubblici.
  L'ambasciatore Sannino ha deciso, in maniera autonoma, di aderire per un periodo limitato alla sollecitazione delle istituzioni locali ed ha esposto il vessillo arcobaleno, così come altre rappresentanze diplomatiche europee ed extraeuropee. L'Ambasciata dei Paesi Bassi ha inoltre sponsorizzato alcune importanti iniziative nell'ambito della settimana dell'orgoglio LGBT, mentre quella USA lo aveva fatto nel 2017.
  Con quel gesto l'ambasciatore non intendeva denigrare o sminuire il prestigio del Tricolore. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha in ogni caso richiamato l'Ambasciatore Sannino al dovere di consultare preventivamente, in casi di questo tipo, il Ministero stesso, al quale compete – ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 121 del 7 aprile 2000 – di dare istruzioni in materia di esposizione delle bandiere all'esterno delle rappresentanze diplomatiche.
  Per quanto concerne la notizia apparsa sul quotidiano
La Verità del 2 ottobre 2018 sulla «celebrazione» nella residenza dell'Ambasciatore di un «matrimonio tra due uomini di nazionalità spagnola», il Capo missione ha chiarito che si è trattato piuttosto di un evento conviviale, tenutosi sabato 15 settembre 2018, per festeggiare una coppia di noti imprenditori spagnoli, in vista del matrimonio che gli interessati intendono prossimamente contrarre sulla base della legge spagnola (che dal 2005 ha come noto esteso alle persone dello stesso sesso la possibilità di contrarre matrimonio). In tale occasione, pertanto, nei locali della residenza non è stato celebrato, né l'ambasciatore aveva l'intenzione di celebrare, alcun matrimonio o unione civile. Del resto, ai sensi della vigente normativa e come giustamente rilevato dall'interrogante, non sarebbe stato possibile celebrare in ambasciata o consolato una valida unione civile tra i due interessati dal momento che nessuno dei due suddetti imprenditori è in possesso della cittadinanza italiana.
  Nel caso di specie si è dunque trattato di un ricevimento conviviale, senza alcun profilo o valore di natura legale, e che pertanto non appare aver configurato alcuna violazione della normativa italiana. L'evento non ha comportato costi a carico del bilancio della sede.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   CUNIAL, BUSINAROLO, MANIERO, RADUZZI e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche utilizzate per impermeabilizzazione. Sono composti fluorurati del carbonio bioaccumulabili non biodegradabili; la comunità scientifica sostiene siano composti che hanno effetti principalmente di natura sub letale, interferenti endocrini del metabolismo dei grassi, con azione estrogenica e cancerogena altamente persistenti e quindi trasportabili dall'acqua. La contaminazione da Pfas delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha raggiunto un livello allarmante in Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato Arpav 2015) con la compromissione della seconda falda freatica più grande e importante d'Europa, la falda di Almisano; le province attualmente coinvolte sono quelle di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone;

   l'azienda Miteni di Trissino è già stata individuata nel corso del 2013 dallo studio del Cnr-Irsa e da ArpaV come fonte principale della contaminazione da Pfas e Pfos di questa vasta area;

   in piena emergenza Pfas, Miteni viene autorizzata tra il 2014 ed il 2017 a trattare fino a 100 tonnellate annue di rifiuti chimici pericolosi contenenti il GenX, mediante processo di conversione a resa limitata pari al 20 per cento, che ha portato alla produzione di notevoli quantità di rifiuti in un territorio già gravemente colpito da un inquinamento ambientale tra i più importanti d'Europa;

   Miteni inizia a trattare il GenX (HFPO-DA, acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2(eptafluoropropossi)-propanoico, tensioattivo florurato grazie all'approvazione del decreto regionale n. 59 del 30 luglio 2014 (si veda allegato A del decreto) con cui viene rinnovata per altri 5 anni l'autorizzazione integrata ambientale (Aia) al trattamento di tale rifiuto pericoloso proveniente dall'azienda DuPont (oggi Chemours De Namour) con sede a Dordrecht, in Olanda;

   nel rinnovo dell'Aia concessa a Miteni la nuova sostanza recuperata dal rifiuto pericoloso CER 07 02 01 (GenX) viene definita materia prima secondaria destinata a ritornare al committente nella sua totalità, quindi non soggetta ad alcun limite per lo sversamento di questa sostanza nell'ambiente confermando che i limiti per lo scarico dei reflui nel depuratore consortile sono determinati dal gestore. La presenza dei limiti avrebbe impedito o ridotto al minimo il diffondersi di questa sostanza in acque di falda limitrofe allo stabilimento. Tale negligenza da parte delle autorità regionali rende inefficace l'Aia concessa nel 2014 per escludere questa contaminazione;

   secondo i dati diffusi dal National Institute of Public Health and Environment olandese (Rivm) nel 2016, il GenX è classificato come una sostanza persistente nell'ambiente e potenzialmente cancerogeno e con possibili effetti epatotossici e negativi per l'apparato riproduttivo, cosa che ha costretto la revisione dei limiti di emissione in Olanda e la totale cessazione degli sversamenti nelle acque di superficie in Nord Carolina;

   l'attività dell'azienda va quindi bloccata immediatamente per poter procedere alla corretta bonifica al di sotto degli impianti attualmente in funzione e nella zona a nord dell'impianto, ancora esclusa dai saggi –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di verificare lo stato dei luoghi, anche per il tramite del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, considerato che secondo il recente monitoraggio ambientale le sostanze oggetto della concessione sono già state ritrovate nelle matrici ambientali e che l'alterazione ambientale sarebbe ancora in atto;

   se dal 2016, anno dell'inizio indagini ad oggi, sia mai stata fatta la rogatoria internazionale per sapere chi siano i reali proprietari dell'azienda Miteni di Trissino;

   di quali elementi dispongano circa le intenzioni dell'azienda, visto che il 16 settembre 2018 scadrà il concordato volontario, con il rischio che l'azienda possa sottrarsi alle proprie responsabilità nei confronti della comunità:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per prevenire e fronteggiare il danno ambientale, nonché i rischi per la salute della popolazione, anche promuovendo una indagine epidemiologica.
(4-00791)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si rende noto che nel maggio 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto ad Ispra di formulare proprie valutazioni e proposte, con il coinvolgimento dell'Snpa (N.d.r. Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente), per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei corpi idrici superficiali e sotterranei, così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito delle attività dei piani di gestione dei distretti idrografici.
  L'Ispra al fine di dare seguito a questa richiesta, unitamente all'Snpa, nel luglio 2017, ha costituito un tavolo tecnico formato da proprio personale e dai referenti nominati dai Direttori delle agenzie regionali e provinciali.
  Il tavolo tecnico è stato coordinato dal centro nazionale per la rete nazionale dei laboratori di Ispra e da Arpav.
  Gli obiettivi affidati al tavolo sono stati i seguenti:

   definire i metodi analitici da adottare nelle attività di monitoraggio ed i relativi Loq;

   identificare la rete dei laboratori nazionali interessati dalle attività analitiche;

   definire i criteri per il piano di monitoraggio dei composti Pfas, in particolare sulla base delle fonti di pressioni ritenute significative;

   avviare un monitoraggio sperimentale, con copertura nazionale, da concludersi entro settembre 2018.

  Preliminarmente all'avvio delle attività di monitoraggio da parte dell'SNPA, sono stati dunque elaborati i formati finalizzati a definire i metodi analitici, con i limiti di quantificazione raggiunti (Loq) e la strumentazione tecnica impiegata, e i criteri di individuazione delle stazioni di monitoraggio interessate da pressioni ritenute significative per i composti Pfas, sia per le acque superficiali interne che per le acque sotterranee.
  Il Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane (Sintai) ha inoltre provveduto ad attivare la sezione delle sostanze perfluoroalchiliche, così da consentire alle agenzie di caricare i dati prodotti nel corso del monitoraggio.
  La rete di monitoraggio, definita sulla base degli elementi raccolti, è composta da 277 stazioni, che coprono l'intero territorio nazionale, delle quali 87 per le acque sotterranee e 190 per le acque superficiali.
  Le attività di monitoraggio sono state condotte dall'Snpa nel mese di febbraio-marzo 2018. Sono attualmente in corso di elaborazione i risultati analitici e la redazione della relazione finale.
  Tutto ciò premesso, per quanto concerne più nello specifico la questione Miteni, tenuto conto delle recenti valutazioni da parte dell'Arpav sulla presenza di Hfpo-Da (acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2-(eptafluoropropossi)-propanoico) in alcuni punti di monitoraggio delle acque sotterranee negli immediati dintorni dello stabilimento Miteni di Trissino e, in modeste quantità, in alcuni pozzi situati a pochi chilometri a valle dell'insediamento produttivo, sono in corso collaborazioni con Arpav, con l'Snpa e con gli enti di ricerca già coinvolti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sull'argomento, per la definizione di concentrazioni soglia di tale parametro nelle acque sotterranee, superficiali e nel suolo.
  Sempre riguardo la Miteni S.p.a., secondo quanto riferito dalla prefettura di Vicenza, la provincia di Vicenza ha fatto presente che la Società in questione è titolare di Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla regione Veneto con provvedimento regionale n. 59 del 2014. Successivamente, con legge regionale n. 4 del 2016, è stata delegata alla provincia la competenza al rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali delle imprese chimiche, quale è quella in esame.
  Con la citata autorizzazione, la Miteni S.p.a. stata legittimata a recuperare un rifiuto contenente la sostanza denominata «GenX» (nome commerciale), ossia il sale di ammonio dell'acido dimerico esafluoropropilene ossido (Hfpo-Da). All'esito di alcuni campionamenti effettuati su richiesta della regione, nel mese di maggio 2018, Arpav ha dato comunicazione al comitato tecnico-scientifico, istituito a supporto della commissione ambiente e salute, della presenza della predetta sostanza, per le valutazioni in ordine alle azioni da intraprendere per quanto riguarda gli aspetti ambientali e sanitari.
  La Commissione ambiente e salute, riunitasi, quindi, in data 2 luglio 2018, ha analizzato i dati comunicati da Arpav, chiedendo a quest'ultima che ne continuasse il monitoraggio. Nell'occasione si è preso atto del fatto che non risulta, tuttavia, interessata la rete acquedottistica.
  Ad ogni modo, la regione Veneto, con decreto dirigenziale n. 293 del 5 luglio 2018, ha sospeso l'autorizzazione di Miteni S.p.a. all'importazione di rifiuti (codice CER 070201) e la provincia di Vicenza, con provvedimento del 6 luglio 2018, ha sospeso a titolo precauzionale l'attività di recupero del rifiuto con codice CER 070201 e delle linee produttive usate per tale attività.
  La regione Veneto, in data 10 luglio 2018, ha chiesto all'istituto superiore di sanità la definizione dei limiti di concentrazione per il parametro Hfpo-Da applicabili alle matrici acqua sotterranea, superficiale e suolo.
  Si tenga conto, altresì, che Arpav stessa, per effettuare i controlli, ha dovuto mettere a punto apposite e nuove metodiche analitiche, finora sconosciute, per misurare il composto GenX.
  Fra le azioni messe in atto dalla regione si ricordano anche: l'azione di sollecito ai gestori del servizio idrico integrato perché adottassero un trattamento spinto a carboni attivi a tutela della qualità dell'acqua erogata, l'attuazione di una campagna di biomonitoraggio specifica estesa alla popolazione dell'area contaminata (nonché di altre aree non contaminate per ottenere un chiaro confronto), l'attivazione di una specifica Commissione tecnica regionale interdisciplinare, al fine di coordinare tutte le azioni di salvaguardia e tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, l'avvio di uno scambio di collaborazioni e di richieste al Ministero della salute ed all'istituto superiore di sanità, per un supporto scientifico, nonché con l'Organizzazione mondiale della sanità, la messa in opera di un sistema specifico e stabile di sorveglianza analitica della salute della popolazione con la contestuale attività di monitoraggio e controllo. La regione ha, inoltre, precisato che l'area interessata dall'inquinamento non comprende la provincia di Rovigo.
  In merito alla vicenda giudiziaria che ha interessato la Miteni S.p.a., il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Vicenza di essere informato in caso di eventuale esercizio dell'azione penale nel procedimento 1943/16 Rgnr avviato nei confronti di dirigenti della società medesima.
  Si fa presente, inoltre, che il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, nucleo operativo ecologico di Treviso, in data 23 luglio 2018, ha contestato alla società Miteni S.p.a. l'illecito amministrativo ex articolo 304 comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per l'omessa comunicazione agli Enti preposti, a seguito della ricezione di un rapporto di prova nel quale veniva accertata la presenza di una contaminazione di perfluoroottanoato di ammonio (Apfo) nell'acqua di scarico dell'impianto della Miteni.
  Per quanto concerne il danno ambientale, l'Ispra, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha fornito i primi elementi di valutazione del danno prodotto dalla contaminazione da Pfas derivanti dalla ditta in questione.
  Ad oggi è in corso, a seguito dell'invio di dati aggiornati da parte di Arpav, la quantificazione del danno nelle diverse matrici ambientali. Tale quantificazione, come previsto dalla parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006, interessa esclusivamente i composti Pfas presenti nella vigente normativa in materia di tutela delle acque. Pertanto, non sono in corso valutazioni del danno ambientale su contaminanti quali il GenX o altri Pfas privi di valori soglia di contaminazione. Per tale specifica sostanza, infatti, la normativa italiana non prevede limiti di emissione né limiti di qualità ambientale, se non all'interno dell'ampia famiglia dei «tensioattivi».
  In ordine al ricorso depositato da Miteni S.p.a. per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, posto che con decreto del 19 giugno 2018 il tribunale di Vicenza ha dichiarato ammissibile la procedura preliminare al concordato preventivo, dagli atti in possesso dell'amministrazione regionale risulta che con decreto del 24 settembre 2018 il tribunale di Vicenza, vista l'istanza depositata da Miteni S.p.a. in data 11 settembre 2018, ha assegnato l'ulteriore termine di 60 giorni per il deposito della domanda di concordato preventivo e della relativa documentazione.
  Per completezza di informazione, si segnala che il consiglio di amministrazione della società ha recentemente deliberato il deposito di un'istanza di fallimento.
  Si fa presente inoltre che per quanto riguarda, più in generale, la situazione di inquinamento ambientale da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas-Pfoa) della falda acquifera di una vasta area della regione Veneto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto a Ispra, già nel dicembre 2016 di redigere una «relazione tecnica di individuazione, descrizione e quantificazione del danno ambientale con indicazione delle necessarie misure di riparazione primaria, complementare e compensativa» anche alla luce del procedimento di bonifica/messa in sicurezza della falda sotterranea attivato dalla Miteni S.p.a. presso il comune di Trissino. La relazione non è ancora pervenuta al Ministero.
  Lo stesso Ministero, avendo avuto peraltro notizia che, con Delibera del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2018, è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche della falda idrica nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova, continuerà ad interloquire con gli Enti locali competenti ed a svolgere la propria attività di monitoraggio circa la sussistenza di eventuali ulteriori profili di danno ambientale e sull'efficacia delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica in corso, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CUNIAL, MANIERO, BUSINAROLO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i Pfas sono composti utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti e altro; come conseguenza dell'estensiva produzione e uso dei Pfas questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative nell'ambiente e negli organismi viventi;

   nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti «emergenti» effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal Consiglio nazionale delle ricerche e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili;

   l'analisi sul sistema degli scarichi fognari del territorio interessato ha messo in evidenza che le concentrazioni più alte provenivano dal depuratore di Trissino; tra le principali fonti da cui avevano origine le quantità di Pfas scaricate in fognatura vi era la Miteni s.p.a.;

   sul caso Miteni è stato depositato in procura a Vicenza un documento che riassume l'attività della commissione d'inchiesta del consiglio regionale. A consegnarlo al procuratore capo, Antonino Cappelleri, è stato il presidente della commissione, Manuel Brusco (M5S), insieme al presidente del consiglio, il vicentino Roberto Ciambetti;

   già nel 2006 l'Unione europea ha introdotto restrizioni per gli Stati membri all'uso del Pfos, una delle molecole più diffuse tra i Pfas;

   la Regione del Veneto ha recepito le indicazioni del Ministero della salute sui livelli di performance da raggiungere nelle aree interessate da inquinamento da composti fluorurati;

   per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea;

   il tema dei limiti normativi che non ci sono è fondamentale e sta condizionando anche il lavoro della procura; sebbene la competenza spetti allo Stato, nel tempo si è assistito ad un vero e proprio «rimpallo» di responsabilità fra Ministero e regione. La regione infatti ha chiesto al Governo di definire i tetti di concentrazione per i Pfas, ma la risposta dalla direzione generale del Ministero della salute, sotto il mandato del precedente Governo, ha sostenuto che era la regione stessa che doveva porre quei limiti, visto che il problema era solo locale. Questa risposta ha aperto a vari contenziosi;

   è stata rilevata la mancanza della presenza del codice del cosiddetto Gen-X nella dichiarazione della ditta Miteni allegata al modulo di notifica per la cosiddetta direttiva Seveso (maggio 2016). Essendo questa sostanza considerata pericolosa nel catalogo europeo dei rifiuti, il Cer, la stessa dovrebbe essere riportata nel documento sopra citato;

   in merito alla plasmaferesi, la procedura avviata dalla regione per «ripulire» il sangue in caso di altissime concentrazioni di Pfas, a gennaio l'allora Ministro, Beatrice Lorenzin, la bloccò promettendo indicazioni operative che in realtà non sono mai arrivate;

   l'esito del bio-monitoraggio degli esposti ai Pfas evidenzia come i residenti nei comuni dell'area rossa A presentino concentrazioni sieriche più elevate rispetto a quelli dell'area rossa B. Un riscontro che suggerisce – si legge nel report – che, a parità di contaminazione dell'acqua potabile sull'acquedotto, anche la contaminazione dell'ambiente, maggiore nell'area A rispetto alla B, abbia avuto un ruolo determinante;

   lo screening della regione ha coinvolto anche i 120 operatori e residenti in aziende agricole e zootecniche all'interno della zona rossa, per cui si legge che «le concentrazioni rilevate sono doppie rispetto ai valori degli esposti. In particolare, differenziando per aree si evidenziano differenze legate alle disomogeneità territoriale dell'esposizione. In particolare, si hanno le concentrazioni maggiori tra gli allevatori dell'ex Ulss 5 e le minori nella ex-Ulss 6»;

   i Pfas sono «interferenti endocrini» sostanze in grado di alterare l'equilibrio e la funzione degli ormoni interagendo o interferendo con la normale funzione ormonale e portando effetti negativi sulla salute. Il gruppo di ricerca dell'università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta, professore di endocrinologia dell'università medesima e coordinatore della Rete endocrinologica veneta, ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Human Reproduction, i risultati di uno studio condotto su quasi mille ventenni del Veneto, dimostrando che l'ambiente sta influenzando in modo molto importante le caratteristiche antropometriche dell'uomo. Da questo studio si scopre una riduzione della produzione degli spermatozoi (-18 per cento rispetto ai giovani di 15 anni fa) e una variazione delle strutture corporee, che sono indice di un alterato equilibrio degli ormoni testicolari. Il 36 per cento dei giovani presenta, infatti, un'apertura delle braccia superiore alla media, che è indicativa di un'alterazione nelle proporzioni antropometriche, tipicamente associata al ruolo degli ormoni sessuali nello sviluppo del maschio. I risultati hanno evidenziato inoltre una riduzione delle dimensioni del pene (-0,9 centimetri rispetto ai giovani di 15 anni fa) e dei testicoli: il 23 per cento dei giovani analizzati mostra un volume testicolare inferiore ai 12 cc, considerato come valore soglia di normalità. Per la prima volta è stata misurata la distanza ano-genitale: si tratta di un indicatore clinico che è determinato dalla impregnazione androgenica nel maschio durante lo sviluppo fetale. Pertanto, una riduzione della produzione di ormoni testicolari dell'embrione comporta una riduzione della distanza ano-genitale riscontrata nei giovani analizzati, che si associa ad una riduzione del numero di spermatozoi e delle caratteristiche di mascolinizzazione come l'apertura delle braccia, il volume testicolare e le dimensioni del pene. «Tutti questi segni – ha spiegato il professor Foresta – depongono per una interferenza da parte dei composti chimici ambientali sulla attività degli ormoni testicolari nel maschio. Queste interferenze possono manifestarsi sia durante lo sviluppo della fase embrionale che durante la fase adolescenziale fino all'età adulta, portando quindi a possibili conseguenze negative sul potenziale di fertilità dei giovani uomini»;

   un recente studio delle tossicocinetica dei perfluoroalchilici nell'organismo umano attraverso il dosaggio dei Pfas (Pfoa-Pfas) nel plasma e in matrici non invasive – feci, urine, saliva – attraverso la somministrazione di colestiramina in gruppi di soggetti volontari verifica la possibilità di utilizzare la colestiramina come presidio non invasivo per la riduzione dei Pfas nell'organismo –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per approfondire attraverso studi epidemiologici la correlazione tra determinate tendenze nella diffusione di patologie e i territori coinvolti dal disastro;

   se il Ministro ritenga necessario assumere iniziative per approfondire i dati del bio-monitoraggio;

   quali iniziative intenda assumere in merito alle plasmaferesi e alla sperimentazione con colestiramina;

   se il Ministro intenda assumere iniziative per stabilire i limiti di concentrazione per un'adeguata normativa nazionale.
(4-00961)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si rende noto che nel maggio 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto ad Ispra di formulare proprie valutazioni e proposte, con il coinvolgimento dell'Snpa (N.d.r. Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente), per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei corpi idrici superficiali e sotterranei, così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito delle attività dei Piani di gestione dei distretti idrografici.
  L'Ispra al fine di dare seguito a questa richiesta, unitamente all'Snpa, nel luglio 2017, ha costituito un tavolo tecnico formato da proprio personale e dai referenti nominati dai direttori delle Agenzie regionali e provinciali.
  Il tavolo tecnico è stato coordinato dal Centro nazionale per la rete nazionale dei laboratori di Ispra e da Arpav.
  Gli obiettivi affidati al Tavolo sono stati i seguenti:

   definire i metodi analitici da adottare nelle attività di monitoraggio ed i relativi Loq;

   identificare la rete dei laboratori nazionali interessati dalle attività analitiche;

   definire i criteri per il piano di monitoraggio dei composti Pfas, in particolare sulla base delle fonti di pressioni ritenute significative;

   avviare un monitoraggio sperimentale, con copertura nazionale, da concludersi entro settembre 2018.

  Preliminarmente all'avvio delle attività di monitoraggio da parte dell'Snpa, sono stati dunque elaborati i formati finalizzati a definire i metodi analitici, con i limiti di quantificazione raggiunti (Loq) e la strumentazione tecnica impiegata, e i criteri di individuazione delle stazioni di monitoraggio interessate da pressioni ritenute significative per i composti Pfas, sia per le acque superficiali interne che per le acque sotterranee.
  Il Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane (Sintai) ha inoltre provveduto ad attivare la sezione delle sostanze perfluoroalchiliche, così da consentire alle agenzie di caricare i dati prodotti nel corso del monitoraggio.
  La rete di monitoraggio, definita sulla base degli elementi raccolti, è composta da 277 stazioni, che coprono l'intero territorio nazionale, delle quali 87 per le acque sotterranee e 190 per le acque superficiali.
  Le attività di monitoraggio sono state condotte dall'Snpa nel mese di febbraio — marzo 2018. Sono attualmente in corso di elaborazione i risultati analitici e la redazione della relazione finale.
  Per quanto concerne la fissazione di limiti
«health based» validi su tutto il territorio nazionale e/o la revisione dei limiti di performance già individuati da Iss, si rappresenta che in data 26 giugno 2017 il Ministero della salute ha chiesto all'Istituto superiore sanità un aggiornamento sui limiti predetti. In particolare, è stato chiesto se:

   A. sulla base delle conoscenze acquisite dalla comunità scientifica in questi ultimi anni, nonché sulla base del lavoro svolto da Iss in collaborazione con la regione Veneto, sia oggi possibile definire dei limiti cosiddetti «health-based», da applicare evidentemente a tutto il territorio nazionale;

   B. sulla base dell'esperienza maturata in materia di impianti di trattamento delle acque destinate al consumo umano, si ritenga necessario rivalutare – al ribasso, evidentemente – i limiti di performance già indicati in precedenti pareri;

   C. si ritenga condivisibile la proposta, avanzata dalla regione Veneto, di estendere i limiti di performance di cui al punto B) a tutto il territorio nazionale, anche alla luce dei princìpi comunitari posti alla base dei Wsp (Water safety plan).

  Per quanto riguarda il punto A, l'Iss ha confermato che i valori di riferimento «health based» per i PFAS sono caratterizzati da un elevato livello di incertezza, come dimostrano le valutazioni di alcune agenzie internazionali, che hanno derivato valori diversi di Adi e Tdi; l'incertezza intrinseca inerente l'estrapolazione dei dati ottenuti è amplificata, nel caso in questione, dalle spiccate differenze di specie nel comportamento tossico-cinetico dei Pfas.
  Per quanto riguarda il punto B, sempre il Ministero della salute ha fatto presente di aver indicato i princìpi fondamentali concernenti la fissazione di valori per parametri aggiuntivi rispetto a quelli elencati nell'allegato I del decreto legislativo n. 31 del 2001: in sintesi, in ossequio al principio di massima precauzione e considerata l'origine antropica dei composti in argomento, è stato raccomandato di attuare azioni finalizzate alla «virtuale assenza» di Pfas nelle acque destinate al consumo umano, dove con «virtuale assenza» si è inteso riferirsi alla più bassa concentrazione ottenibile attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie di trattamento disponibili. Nel gennaio 2014 l'Iss, sulla base delle conoscenze disponibili e tenuto anche conto dei livelli di contaminazione ambientale e della possibilità tecnica di applicare le migliori tecniche di trattamento, ha dunque quantificato i cosiddetti limiti di
performance per Pfos, Pfoa e «somma di altri Pfas», pari rispettivamente a 0,03, 0,5 e 0,5 μg/L. L'Istituto superiore di sanità, nella nota dell'11 settembre 2017, ha comunicato altresì che oggi «le prestazioni dei trattamenti raggiungono un'efficacia di abbattimento tale da ottenere nelle acque distribuite livelli di concentrazione di PFOA e PFOS di circa un ordine di grandezza inferiore rispetto ai valori massimi indicati da questo Istituto nel parere di gennaio 2014». Conseguentemente, veniva posta all'attenzione della regione del Veneto, l'assunzione di un valore «obiettivo di trattamento» di circa 10 volte inferiore rispetto ai valori raccomandati dalle istituzioni sanitarie centrali nel gennaio 2014, da associare a misure di gestione di non conformità ed azioni di rientro rigorosamente in linea con il processo in corso di sostanziale riduzione dell'esposizione a Pfas della popolazione interessata. Su tali basi la regione del Veneto (dgr n. 1590 del 30 ottobre 2017) ha definito azioni adeguate agli indirizzi da parte del Ministero della salute, sulla base delle valutazioni dell'Iss, riducendo a livello locale i valori obiettivo di trattamento – rispecchiando valori attualmente raggiungibili, o già raggiunti, con i trattamenti in essere.
  Lo stesso Iss, collaborando nell'ambito dello specifico gruppo tecnico avviato assieme al Ministero dell'ambiente e in sinergia con Cnr-Irsa e Ispra, ha contribuito alla definizione degli
standard di qualità ambientale per acque superficiali e sotterranee, per Pfoa e altri composti Pfas. È opportuno sottolineare che proprio grazie a tale attività, l'Italia è stato il primo Paese europeo a definire standard di qualità ambientale per PFAS, che costituiscono il presupposto tecnico-scientifico e normativo per acquisire informazioni relative sia a eventuali fonti di pericolo per l'ambiente di captazione idro-potabile, che per ottenere altri dati di monitoraggio ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006; la sorveglianza sui Pfas rispetto a valori soglia e standard di qualità ambientale potrà consentire, tra l'altro, la rivalutazione di una eventuale adozione di valori di parametro per Pfas nelle acque destinate al consumo umano, a livello nazionale.
  Inoltre, a fronte di specifiche richieste della regione Veneto per la fissazione di limiti per lo scarico industriale di acque reflue contenenti Pfas, l'Istituto ha raccomandato che, per quanto riguarda i composti Pfos e Pfoa, i limiti allo scarico coincidano con i limiti di
performance riguardanti le acque destinate al consumo umano e individuati con il parere del 2014 e anche per quanto riguarda i composti Pfba, Pfbs e «altri Pfas», sostanze autorizzate ai sensi del Reach, viene stabilito un valore limite dello stesso ordine di grandezza adottato per le acque potabili.
  L'Istituto ha evidenziato, comunque, che continuerà a mantenere elevata l'attenzione ad ogni eventuale aggiornamento delle conoscenze scientifiche e/o delle raccomandazioni emanate a livello internazionale che possa presiedere ad una ridefinizione delle misure di valutazione e gestione del rischio in relazione alla potenziale presenza di Pfas nelle matrici idriche e ambientali rilevanti per l'esposizione umana.
  Per quanto concerne la catena alimentare, che costituisce una via importante di esposizione umana, sempre secondo quanto riferito dall'Iss, i primi dati prodotti dal Dipartimento di sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria (2017) di valutazione della potenziale contaminazione della catena alimentare hanno evidenziato per gli alimenti di uso comune una situazione meno preoccupante rispetto a quanto si poteva paventare e una prima stima dell'esposizione alimentare è in corso di svolgimento. Una valutazione più accurata dell'esposizione alimentare in Veneto, in rapporto alla esposizione complessiva attraverso l'ambiente di vita e all'esposizione generale di
background, va approfondita concentrandosi sulle produzioni locali e utilizzando strumenti metodologici quali gli Studi di dieta totale, messi a punto in Italia dall'Iss.
  A tale proposito l'Iss ricorda che nel 2008 l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha definito dei limiti tollerabili di assunzione giornaliera (
Tolerable daily intake) per Pfos e Pfoa: le Tdi sono state definite esaminando le evidenze di tossicità cronica, con particolare riguardo agli effetti endocrini, metabolici e riproduttivi, la capacità di persistenza e bioaccumulo e le numerose lacune conoscitive esistenti all'epoca della pubblicazione del parere. Pertanto le Tdi definite da Efsa vanno considerate come parametri di riferimento per valutare l'entità di eventuali rischi per la salute in seguito ad una esposizione alimentare. Efsa sta rivalutando le nuove evidenze scientifiche su Pfos e Pfoa nonché su altri Pfas. Il nuovo parere, quando disponibile, potrà permettere una ulteriore valutazione aggiornata.
  Con riferimento alla plasmaferesi, l'Iss ha evidenziato che si tratta di uno strumento non selettivo di rimozione dal plasma di diverse sostanze e che non si è allo stato in possesso di esaustivi dettagli scientifici relativi al progetto di plasmaferesi terapeutica adottato dai centri competenti. Lo stesso Istituto fa presente che le più recenti linee guida sull'impiego dell'aferesi terapeutica nella pratica clinica (Schwartz J. et al.
Guidelines on the Use of Therapeutic Apheresis in Clinical Practice-evidence-Based Approach from the Writing Committee of the American Society for Apheresis: The Seventh Special Issue. J. Clin Apher. 2016 Jun 31(3):149-62) non includono specificamente la rimozione dei suddetti contaminanti, o simili, tra le indicazioni basate su (consolidate) evidenze scientifiche. Le predette linee guida attribuiscono un livello debole di raccomandazione all'impiego della plasmaferesi terapeutica per il trattamento degli avvelenamenti o per la rimozione delle sostanze tossiche dal plasma. Il suddetto trattamento, data anche la rarità della tipologia di inquinamento ambientale in questione, appare pertanto riconducibile ad un percorso sperimentale che l'Iss reputa, ove non già attivato, di rilevante importanza, avendo a particolare riferimento la popolazione pediatrica; questo anche in considerazione del fatto che la plasmaferesi terapeutica è, comunque, una tecnica invasiva.
  Alla luce delle informazioni esposte, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avendo avuto peraltro notizia che, con delibera del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2018, è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche della falda idrica nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova, rassicura che sta ponendo in essere le attività necessarie per la tutela delle matrici ambientali con il coinvolgimento di tutti i soggetti tecnici competenti e continuerà ad interloquire con gli enti locali e a svolgere la propria attività di monitoraggio circa la sussistenza di tutti i profili di danno ambientale e sull'efficacia delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica in corso, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   D'ATTIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si segnala la situazione inerente al concorso pubblico per l'accesso al ruolo iniziale di vigile del fuoco per 814 posti bandito con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, con emanazione della graduatoria finale nel luglio 2010, composta da 7.599 candidati idonei (comprendenti civili, volontari e discontinui precari vigili del fuoco), che hanno superato nr. 3 prove molto selettive durate 30 mesi su un bacino di ben 123.000 candidati (1 preselettiva – 4 motorio attitudinali – 1 orale); lo scorrimento della graduatoria ha subìto troppe battute d'arresto dovute ai tagli dei Governi precedenti, al «blocco totale delle assunzioni per l'anno 2012» e al «blocco del turn over», ripristinato al 100 per cento soltanto nel 2017;

   inoltre, poiché la «legge Fornero» ha impedito a numerosi vigili del fuoco di andare in pensione, si è avuto, come conseguenza, lo stallo di ricambio generazionale che gli «idonei» avrebbero garantito;

   entrando nello specifico è utile puntualizzare i riferimenti normativi degli ultimi anni in merito alle assunzioni nel corpo extra turn over e dunque in aggiunta alle facoltà assunzionali previste per legge:

    1.000 nuove assunzioni di cui al decreto-legge 31 agosto 2013 (copertura attinta dal fondo dei richiami del personale discontinuo dal Governo Letta);

    1.030 nuove assunzioni di cui al decreto-legge n. 90 del 2014 (copertura attinta dal fondo dei richiami del personale discontinuo dal Governo Renzi);

    250 nuove assunzioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 ottobre 2016;

    593 nuove assunzioni (193 anticipo turn over) di cui al decreto-legge enti locali (decreto-legge n. 113 del 2016);

    400 nuove funzioni di cui alla legge 11 dicembre 2016 n. 232, articolo 1, comma 365, lettera b), (legge di bilancio 2017);

    350 nuove assunzioni di cui al comma 289 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017 n. 205 (legge bilancio 2018) –:

   se i Ministri interrogati intendano predisporre le iniziative necessarie al fine di:

    a) dare seguito al percorso intrapreso per esaurire la succitata graduatoria destinando ulteriori 600/700 assunzioni extra unicamente alla graduatoria 814, tenendo conto che il costo unitario di un vigile del fuoco è pari a 40.000 euro circa e quello complessivo a circa 28 milioni di euro e che con questo sforzo economico, utile alla collettività e al soccorso pubblico, si abbasserebbe l'età media del Corpo che al momento è di 49 anni circa;

    b) prevedere una proroga e, conseguentemente, autorizzare l'assunzione degli idonei e poi quella dei così detti «discontinui», al fine di sopperire alla grave carenza di organico (4.000 unità) che affligge il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dimostrando che non si risparmia sulla sicurezza e sul soccorso pubblico.
(4-00984)

  Risposta. — In via preliminare, nel sottolineare che le problematiche concernenti il potenziamento di uomini e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono da tempo all'attenzione di questo Ministero, si evidenzia che, al momento, a fronte di una previsione organica di 37.781 dipendenti, il Corpo soffre una carenza di poco più di 3.000 unità. Al riguardo, sono in corso di attuazione alcune misure volte a mitigare l'incidenza di tale deficit.
  Si richiamano, in particolare: l'autorizzazione a bandire una nuova procedura selettiva per l'immissione di 250 giovani nella qualifica di vigile del fuoco (la relativa procedura concorsuale avrà termine entro la fine dell'anno corrente); l'assunzione straordinaria di 1.300 unità, con una programmazione quinquennale, a decorrere dal 1° ottobre di ogni anno: per il 2018 sono previste 50 assunzioni (legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 1, comma 287).
  È previsto, inoltre, un incremento della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco di 300 unità con decorrenza ottobre 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 289).
  Occorre anche evidenziare che il Corpo è stato chiamato a fronteggiare maggiori oneri funzionali in virtù di recenti interventi normativi come, ad esempio, la lotta attiva agli incendi boschivi dopo l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato o l'assunzione di un ruolo di coordinamento tecnico-operativo negli interventi di soccorso pubblico più complessi, sancito anche nel nuovo codice della Protezione civile, nonché i più onerosi impegni che scaturiscono dalle nuove direttive sulla sicurezza integrata in occasione di manifestazioni pubbliche. Tali circostanze determinano, effettivamente, la necessità di prevedere l'immissione di ulteriori unità di personale per assolvere adeguatamente alle nuove missioni.
  In tale contesto, il Governo è fermamente deciso a potenziare la capacità operativa del Corpo nazionale dei vigili del fuoco attraverso un consistente rafforzamento degli organici. Infatti, nel disegno di legge di bilancio per il 2019, è stata prevista, nell'ambito di un più ampio piano straordinario, l'assunzione di 1.500 vigili del fuoco secondo la seguente tempistica: 650 unità dal 10 maggio 2019, 200 unità dal 1° settembre 2019 e 650 unità dal 1° aprile 2020.
  Quale bacino da cui attingere per effettuare le 1.500 nuove assunzioni, viene individuata, prioritariamente, la graduatoria, fino ad esaurimento della stessa, relativa al concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco indetto nel novembre del 2008. Poiché la validità di tale graduatoria cessa al 31 dicembre 2018, la citata proposta normativa ne proroga l'efficacia fino al 31 dicembre 2019.
  Queste misure rappresentano quindi i primi concreti risultati di un'azione che il Governo intende sostenere e ampliare con assoluta determinazione a beneficio di un comparto da sempre a servizio dell'incolumità e della sicurezza dei cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 78 riconosce in favore degli ufficiali e ai sottufficiali dell'esercito, della marina e dell'aeronautica in servizio presso unità da sbarco, centri Sar (Search & Rescue) o in possesso del brevetto di aerosoccorritore un'indennità supplementare, per il periodo di svolgimento della specifica missione;

   le cosiddette indennità supplementari hanno la funzione di compensare particolari posizioni e/o condizioni, anche occasionali, in cui versa il personale impiegato in una particolare attività operativa, e tali indennità hanno carattere sussidiario rispetto a quelle cosiddette fondamentali le quali, invece, sono fisse e continuative per l'intero periodo di destinazione ad un determinato corpo e/o reparto;

   in favore degli aerosoccorritori è altresì prevista l'indennità di pronto intervento aereo, diversa e differente da quella testé richiamata, riconosciuta a fronte della sola appartenenza al nucleo in questione;

   la legislazione in ordine alla possibilità di cumulo delle due indennità non è chiara, tanto dall'aver creato tra gli operatori assoluta incertezza al riguardo: prova ne sia che alcuni comandi e alcuni tribunali amministrativi regionali ne hanno riconosciuto la cumulabilità, mentre, altri, hanno rigettato la relativa istanza;

   a tale disparità di trattamento economico, non corrisponde una differenza in ordine alle mansioni svolte;

   la suindicata disparità determina per l'interrogante anche la violazione dell'articolo 3 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di prevedere in modo espresso la cumulabilità delle indennità in questione, superando così la disparità di trattamento attualmente in essere.
(4-01022)

  Risposta. — Con riferimento alle indennità operative fondamentali, oggetto di specifico quesito, l'articolo 17, comma 1, della legge n. 78 del 1983 prevede, in modo chiaro, che le stesse non siano cumulabili tra loro, «salvo il diritto di opzione per il trattamento più favorevole e le eccezioni stabilite dalla presente legge».
  Con riferimento alle indennità operative supplementari, il divieto di cumulo si evince, in maniera espressa, dall'articolo 13, comma 6, della citata legge n. 78 del 1983.
  È la stessa normativa di riferimento, quindi, ad escludere la possibilità di cumulare l'indennità supplementare per il personale aerosoccorritore e l'indennità supplementare di pronto intervento aereo per gli equipaggi fissi di volo.
  Quanto auspicato nell'atto in merito alle cumulabilità delle due indennità costituirebbe una significativa deroga al generale divieto di cumulo, snaturando, oltremodo, l'intero impianto logico-normativo del sistema di attribuzione delle indennità operative.
  Tengo a precisare, tuttavia, che le questioni evidenziate sono degne della massima considerazione pur osservando come la tematica stessa potrebbe essere inquadrata all'interno di una revisione generale della materia che riveda profondamente i princìpi fondamentali ispiratori del trattamento economico del personale militare.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DEL MONACO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 10 settembre 2018 è stata la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, un fenomeno complesso ed eterogeneo sempre più diffuso; infatti, può esistere una tipologia di dolore psichico particolarmente accentuato ed estenuante, capace di fare la differenza tra la scelta di vivere o di porre fine alla propria dolorosa esistenza, in quanto l'essere umano, pur avendo paura della morte, quando il dolore e la sofferenza diventano insopportabili, può decidere di togliersi la vita. Questo triste fenomeno, purtroppo, è in crescita anche tra i militari. Le Forze armate costituiscono una parte della popolazione generale che ha facile accesso alle armi da fuoco; si tratta di una popolazione a rischio di suicidio, a causa della letalità dello strumento di cui dispone;

   riguardo alla psicologia militare applicata, già la formazione dei comandanti è realizzata in diversi momenti della loro carriera professionale. In particolare, prima della partenza per le missioni fuori area, durante la missione (con la presenza di uno psicologo) e al loro rientro dalla missione, con dei debriefing. Prima e dopo le operazioni, infatti, si svolgono specifici interventi sulla gestione dello stress a favore di tutto il personale, con appositi moduli per potenziare nella linea di comando le capacità di riconoscere e gestire i segnali di stress, anche per intervenire nella soluzione della problematica;

   inoltre, anche durante i corsi di formazione avanzata per ufficiali (corso di Stato Maggiore) e sottufficiali (corso di branca) e nell'ambito dei corsi a premessa di particolari incarichi di comando (corso comandanti di compagnia, corso comandanti di reggimento, corso comandanti di brigata) sono previste lezioni a cura di ufficiali psicologi sui temi delle devianze, del mobbing e, più in generale, su materie attinenti alla promozione del benessere organizzativo;

   anche negli istituti di formazione Rav sono previste attività di stress management per imparare a riconoscere e gestire i segnali di stress personali e dei militari con cui si lavora;

   il suicidio di un militare del reparto ha un impatto negativo su tutto il personale della caserma. In questi casi, vengono realizzati interventi di psicologia dell'emergenza per tutto il contingente del reparto, finalizzati non solo ad abbattere il rischio di emulazione (effetto Werther) ma anche per sostenere l'azione di comando nella gestione psicologica dell'evento e delle reazioni del personale;

   presso tutte le brigate di manovra è presente un ufficiale psicologo che lavora a favore della salute psicologica del personale dei reparti dipendenti; inoltre, in caso di necessità, i reggimenti possono richiedere il concorso degli ufficiali psicologi coordinatori presenti presso gli alti comandi/vertici di area ovvero presso l'ufficio di psicologia e psichiatria Militare dello Sme. I colloqui individuali si svolgono in fase di reclutamento, nell'ambito delle attività di selezione, e, successivamente, su richiesta del militare interessato che si rivolge autonomamente al professionista o alla struttura sanitaria di riferimento. I colloqui partono sempre da una domanda dell'interessato e risulta complicato condurre un colloquio psicologico con un militare che ha ricevuto l'ordine di recarsi dal professionista;

   sono realizzate numerose attività di formazione sulla leadership, con l'obiettivo di promuovere nei comandanti la consapevolezza del proprio stile di comando e per ampliare il bagaglio di comportamenti in grado di sostenere l'impegno del personale collaboratore. L'attenzione al personale collaboratore e al contesto risulta strategica per l'adozione di una leadership flessibile, in grado di adattarsi a tutte le situazioni in cui opera un comandante delle forze armate –:

   se, al fine di implementare tale lavoro di prevenzione primaria, non ritenga opportuno adottare iniziative per aumentare gli psicologi nelle brigate, fino ad arrivare a livello reggimento e reparti equiparati.
(4-01187)

  Risposta. — In relazione alla delicata e complessa tematica rappresentata dall'interrogante, la Difesa sta attuando una specifica attività di prevenzione mirata ai possibili fenomeni di suicidio, così da individuare e analizzare eventuali situazioni ambientali e personali che possano costituire potenziali concause o fattori di rischio, la cui conoscenza può contribuire a ridurre la probabilità dell'atto suicidano.
  Proprio per soddisfare tale esigenza, già nelle prime fasi dell'incorporazione vengono svolte attività di supporto psicologico, evidenziando il ruolo educativo dell'istituzione militare nei confronti dei giovani militari e dando il giusto valore a principi come la solidarietà, la lealtà, l'affidabilità, la correttezza, che da sempre attengono allo
status militare.
  Parallelamente, le Forze armate attuano nei confronti dei comandanti ai vari livelli una costante azione di sensibilizzazione, affinché prestino particolare attenzione a tutte le possibili situazioni di difficoltà vissute dai militari che potrebbero, anche in via ipotetica, degenerare in atti di autolesionismo.
  Consapevole della difficoltà nel prevedere quale condotta una persona metterà in atto di fronte ad un disagio psicologico o ad una sofferenza emotiva, la Difesa predispone ogni attenzione alle modalità volte a ridurre la determinazione del gesto auto-distruttivo, attraverso pratiche come l'ascolto, la presenza e il supporto medico-assistenziale.
  La tutela della salute del proprio personale, militare e civile, è – e deve continuare ad essere – una priorità assoluta per le Forze armate e con questa consapevolezza è stata determinata la costituzione, il 24 settembre 2018, di uno specifico tavolo tecnico interforze.

  Il tavolo ha il compito di valorizzare gli assetti e le professionalità già presenti in ambito Difesa, senza escludere la possibilità, se necessario, di ricorrere a strutture/figure esterne, valutando ogni possibile attività di informazione e di formazione, in modo da definire tutte le possibili azioni da attuare nel breve e nel medio-lungo periodo per prevenire e contenere il fenomeno.
  Nulla verrà trascurato, compresa l'attivazione di ulteriori iniziative: occorre lavorare intensamente senza risparmio per mantenersi quanto mai vicini ai nostri militari e alle loro famiglie.
  È importante offrire a chi vive un disagio il supporto di cui necessita; un aiuto qualificato e professionale, come quello che gli psicologici e psichiatri militari sono in grado di offrire.
  Ho già avuto modo, in altre occasioni, di manifestare la mia preoccupazione per i recenti tragici eventi e l'intendimento di avviare un piano per incrementare ulteriormente il supporto psicologico al personale militare.
  Ritengo doveroso, tuttavia, sottolineare come l'andamento del fenomeno estremo per tali sofferenze ovvero Fatto suicidario, nel contesto militare risulti essere contenuto da un punto di vista numerico rispetto a quanto si riscontra nella popolazione civile.
  I dati statistici raccolti dall'osservatorio epidemiologico della Difesa – che dal 2006 segue il fenomeno – rilevano che i suicidi in seno alle Forze armate risultano sostanzialmente in linea, se non addirittura inferiori in determinati anni, ai dati statistici del fenomeno osservato su scala nazionale nell'arco temporale 2008-2017.
  Con riferimento, infine, all'opportunità auspicata dall'interrogante di «adottare iniziative per ampliare gli psicologi nelle brigate, fino ad arrivare a livelli di Reggimento e reparti equiparati», tale possibilità è già oggetto di attento esame e approfondimento nell'ambito dei lavori – che si concluderanno il prossimo 17 dicembre 2018 – del richiamato tavolo tecnico, nella consapevolezza che un militare, in patria o all'estero, non debba essere lasciato solo di fronte ai propri problemi: ed è questo, in definitiva, l'obiettivo che si vuole perseguire con il potenziamento della cultura psicologica in ambito militare.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DONZELLI, FERRO e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la sentenza della 4a sezione del Consiglio di Stato del 12 dicembre 2017, n. 5845, ha definitivamente stabilito e indicato quale consolidato orientamento giurisprudenziale che i militari possono liberamente iscriversi ad un partito politico;

   la stessa sentenza stabilisce che la mera iscrizione di un appartenente alle Forze armate a un partito politico costituisce «ab imis» lecito, che in nessun caso può essere stigmatizzato dall'Amministrazione militare;

   la stessa sentenza richiama l'articolo 1465 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, che, al primo comma, statuisce espressamente che «Ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini», dunque anche quello di associazione a fini politici;

   l'articolo 9 del regolamento del Parlamento europeo n. 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), al comma 1, stabilisce il divieto di «trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona»;

   alcuna norma di legge impone limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici e oltretutto tale diritto costituzionale è garantito dall'articolo 49 in combinato disposto con l'articolo 98, comma terzo, della Costituzione della Repubblica;

   risulta agli interroganti che in alcune caserme e comandi militari d'Italia alcuni singoli comandanti, ad avviso degli interroganti in completa violazione di quanto sopra riportato, abbiano imposto ad alcuni militari alle proprie dipendenze di dichiarare e rivelare per iscritto se erano iscritti a partiti politici;

   risulta, inoltre, che in alcuni casi siano stati addirittura aperti procedimenti disciplinari dai quali è scaturita l'inflizione di sanzioni disciplinari di Corpo che limitano la libertà personale, quale la «consegna» in casi di opposizione al censimento e alla «schedatura» politica –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, sul piano normativo, affinché sia impedita tale violazione dei diritti politici, costituzionalmente garantiti, nei confronti dei cittadini in divisa.
(4-01222)

  Risposta. — Igiudici del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5845 del 12 dicembre 2017, citata nell'interrogazione parlamentare, hanno avuto modo di fissare, con molta chiarezza, i canoni interpretativi cui deve ispirarsi l'amministrazione per applicare in maniera corretta i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di iscrizione a partiti politici da parte dei militari.
  A tal riguardo, è utile riportare testualmente quanto evidenziato in quella sede, laddove viene chiarito che «......il singolo militare può si iscriversi ad un partito e, anche in tale qualità, esercitare il proprio diritto di elettorato passivo, ma non può mai assumere, nell'ambito di una formazione partitica, alcuna carica statutaria neppure di carattere onorario, a tutela indiretta ma necessaria del principio di neutralità “politica” delle forze armate: tale principio, infatti, sarebbe inevitabilmente leso ove un militare, lungi dal limitarsi ad aderire, mediante la propria iscrizione, alle coordinate valoriali di una formazione politica o dal rappresentare in prima persona i cittadini in assemblee elettive, contribuisse personalmente, direttamente e, per così dire, istituzionalmente, in forza di una formale qualifica statutaria, a plasmare ab interno la linea politica di formazioni di massa ed intrinsecamente di parte quali sono gli odierni partiti politici».
  Posso assicurare gli interroganti sul fatto che tali principi costituiscono cardini imprescindibili a cui intendo conformare l'azione del dicastero che ho la responsabilità di guidare.
  A tal riguardo, evidenzio che la citata sentenza del Consiglio di Stato, nell'accogliere parzialmente il ricorso proposto da un maresciallo dell'arma dei carabinieri, avverso la consegna di rigore di 5 giorni per aver aderito a un partito politico assumendo una carica interna, ha, in estrema sintesi:

   chiarito che il principio di estraneità alle competizioni politiche (sancito dall'articolo 1483, comma 1, del codice dell'ordinamento militare) si rivolge solo all'Istituzione e non ai suoi appartenenti, ammettendo la possibilità per i militari della mera iscrizione ai partiti politici (in quanto adesione ideale a un insieme di scelte politiche-ideologiche);

   individuato, quale elemento determinante ai fini della rilevanza disciplinare del comportamento, l'assunzione da parte del militare di cariche interne al partito o, più in generale, di condotte «politicamente» dinamiche che accentuino l'esposizione sociale e mediatica dell'interessato.

  Un ulteriore caso, segnalato dal comando generale dell'arma dei carabinieri, riguarda un militare appartenente al 6° Battaglione Toscana al quale, nell'aprile 2018, sono stati inflitti 5 giorni di consegna.
  Nel caso specifico, la sanzione disciplinare si riferiva a varie condotte poste in essere dall'interessato, tra cui quella di non aver voluto comunicare l'iscrizione ad un partito politico al proprio comandante, nonostante richiesta avanzata da quest'ultimo sulla scorta di evidenze pubbliche (il coinvolgimento del militare in un partito politico emergeva da fonti aperte, nelle quali, peraltro, lo stesso dichiarava di ricoprire l'incarico di dirigente in un partito politico).
  Il provvedimento, successivamente, è stato annullato dalla superiore linea gerarchica in accoglimento di ricorso gerarchico del militare.
  Per quanto riguarda, invece, l'esercito, la Marina, l'aeronautica e il comando generale della guardia di finanza, non risultano eventi simili a quelli citati dall'interrogante.
  In conclusione, come ampiamente evidenziato nella premessa, resta confermato che la mera iscrizione di un appartenente alle forze armate ad un partito politico non può, in alcun modo, assumere rilevanza ai fini dell'irrogazione di eventuali sanzioni disciplinari e che la stessa costituisce, allo stato attuale della legislazione, un comportamento lecito che in nessun caso può essere stigmatizzato dall'amministrazione militare.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   FIDANZA e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a sud della città di Milano, in particolare nei quartieri di Rogoredo e Porto di Mare del municipio 4, sono presenti due vaste aree verdi tristemente note come i «Boschetti della droga», facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici e a due passi dalla stazione ferroviaria di Milano Rogoredo, importante snodo per il traffico locale;

   negli ultimi cinque anni le attività di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti a cielo aperto si sono aggravate, facendo di Rogoredo e Porto di Mare le piazze di spaccio di droga più grandi del Nord Italia;

   sono centinaia ogni giorno i consumatori di droga che frequentano queste aree, la maggior parte dei quali sotto i trent'anni;

   la droga più venduta è l'eroina ed è a basso costo (una dose può costare anche 2,50 euro);

   gran parte degli spacciatori di sostanze stupefacenti sono cittadini nordafricani e diversi di loro vivono nelle due aree verdi in baracche improvvisate, autovetture abbandonate e tende;

   il degrado e l'illegalità provocati dallo spaccio e consumo di droga dilagano nei centri abitati dei quartieri di Rogoredo, Santa Giulia, Porto di Mare e Corvetto: si registrano furti, aggressioni a scopo di scippo e rapina, danni alle auto in sosta, siringhe per la dose abbandonate sui marciapiedi, nei giardini e nelle aree di gioco per bimbi;

   le vaste aree verdi dette «Boschetti della droga» sono abbandonate da oltre dieci anni ed in attesa di riqualificazione;

   il comune di Milano ha affidato all'associazione «Italia Nostra» la gestione e la pulizia dell'area verde di Porto di Mare (accesso da via Fabio Massimo e via Sant'Arialdo), con lo scopo di rimuovere i rifiuti;

   i residenti dei quartieri di Rogoredo, Santa Giulia e Porto di Mare hanno manifestato più volte nell'ultimo anno contro illegalità, degrado e spaccio di droga, e tra loro continuano a crescere l'esasperazione e la percezione d'insicurezza;

   ad oggi mancano seri e massicci interventi contro lo spaccio di sostanze stupefacenti nelle due aree –:

   quali interventi di ordine pubblico intenda promuovere per riportare la legalità e il decoro nelle aree degradate dei «Boschetti della droga» di Rogoredo e Porto di Mare, contrastando lo spaccio di droga e l'immigrazione clandestina che lo alimenta;

   se non ritenga opportuno promuovere, per tramite della prefettura di Milano, la costituzione di una task force operativa con il comune di Milano e la società Rete ferroviaria italiana al fine di mettere in sicurezza l'area, rendendola inaccessibile agli spacciatori e consentendo così gli interventi di riqualificazione necessari per restituire alla cittadinanza queste importanti zone verdi.
(4-00283)

  Risposta. — La problematica segnalata nell'interrogazione in esame, relativa al degrado dell'area conosciuta anche come «boschetto di Rogoredo», ritrovo e dimora di tossicodipendenti e di spacciatori di sostanze stupefacenti, è ben nota alle autorità di pubblica sicurezza.
  Sin dall'anno 2015, la prefettura di Milano ha coordinato con diversi enti lo sviluppo di una strategia di intervento che prevede, da un lato, ripetuti servizi di contrasto dei fenomeni criminali, dall'altro la realizzazione di opere strutturali mirate ad una complessiva riqualificazione della zona.
  In particolare, la Società Rfi ha programmato interventi, di carattere strutturale, con lavori che avranno termine entro il mese di ottobre 2018, riguardanti la tamponatura degli accessi, la realizzazione di barriere anti-attraversamento in prossimità dei binari, la costruzione di un muro lungo seicento metri, l'implementazione del sistema di videosorveglianza, con l'installazione di altre 60 telecamere.
  Per quanto riguarda il versante del contrasto allo spaccio di stupefacenti nell'area in questione nel periodo 10 gennaio-31 agosto 2018, la questura di Milano ha controllato 787 persone e 4.223 veicoli. Sanzionate amministrativamente 38 persone per il consumo di stupefacenti, arrestate 33 persone con il sequestro di circa 500 grammi di sostanza stupefacente. In esito a tali attività di controllo sono stati, inoltre, adottati dal questore di Milano 113 rimpatri con il foglio di via.
  A sua volta, l'Arma del carabinieri, dall'inizio dell'anno, ha deferito, all'autorità giudiziaria 25 persone (di cui 5 in stato di arresto) avanzando, inoltre, al questore 46 proposte per remissione del foglio di via obbligatorio nei confronti di assuntori non residenti.
  La problematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo è stata, da ultimo, esaminata nella seduta del 28 settembre 2018 del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza del Ministro dell'interno che, nell'assicurare il sostegno a specifiche progettualità del comune di Milano, ha confermato l'impegno per una più incisiva attività di prevenzione e di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle aree del parco, allo scopo di addivenire ad una risoluzione definitiva della problematica.
  Si fa presente, inoltre, che importanti provvedimenti sono stati assunti anche per quello che riguarda il posto di polizia ferroviaria nella stazione di Milano Rogoredo, che è stato chiuso nel mese di agosto 2004, in ragione dei volumi di traffico ferroviario di quel periodo.
  Tale scelta, nel previsto processo di riorganizzazione degli uffici e delle specialità della polizia di Stato, è stata rivalutata in relazione alle crescenti esigenze di sicurezza e alle prospettive di sviluppo dello scalo.
  In tale quadro, il dipartimento della pubblica sicurezza ha deciso, quindi, di ripristinare il posto di polizia ferroviaria presso lo scalo di Rogoredo, che sarà dotato di un organico di 18 dipendenti. In tal senso sono già state intraprese le iniziative necessarie con le competenti articolazioni del gruppo ferrovie dello Stato Italiane per l'individuazione dei locali che ospiteranno il nuovo presidio.
  Nelle more della istituzione del nuovo reparto, l'organico della Polfer di Milano Lambrate, che dal 2004 ha assorbito la competenza territoriale sullo scalo di Rogoredo, sarà potenziato nei prossimi giorni con l'assegnazione di 2 unità che si aggiungeranno all'organico effettivo, pari a 33 unità, con ciò consentendo un aumento dei controlli con riferimento all'area ferroviaria oggetto della presente interrogazione.
  Si assicura, infine, che la linea di intervento che il Governo intende portare avanti con assoluta determinazione è volta ad incrementare il numero del personale delle forze dell'ordine attraverso un piano di assunzioni, a partire dalla prossima legge di bilancio, che permetterà di potenziare i presidi esistenti e bloccare la sforbiciata alle «specialità» delle forze di polizia portata avanti dal Governo precedente.
  Infatti, nessun arretramento, nessun passo indietro è possibile sul piano del diritto alla sicurezza dei cittadini; l'obiettivo primario che il Governo intende tenacemente perseguire è quello di garantire in maniera sempre più adeguata, in tutto il paese, la capacità operatività delle forze di polizia nelle sue diverse componenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   FOGLIANI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 è stato chiuso il consolato onorario dell'ambasciata d'Italia di Graz, seconda città per grandezza in Austria;

   tale consolato, presente sul territorio ininterrottamente da cinquanta anni, serviva tutta la comunità italiana residente nella regione della Stiria, che conta circa tremila iscritti all'Aire, per qualsiasi attività amministrativa, a cominciare dal rinnovo del passaporto;

   la sede più vicina è la cancelleria consolare di Vienna, distante 200 chilometri e oberata da una mole di lavoro che implica tempi di attesa di mesi per l'ottenimento della documentazione richiesta dai cittadini italiani residenti in Austria –:

   se sia in previsione la riapertura di una sede consolare a Graz, al fine di permettere ai cittadini italiani residenti in Stiria di rapportarsi in modo efficiente con le autorità del proprio Paese.
(4-01478)

  Risposta. — Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale è consapevole dell'importanza della presenza italiana a Graz e più in generale in Stiria, dove opera una collettività numerosa e dinamica che contribuisce a rendere i rapporti con il Land particolarmente intensi e fruttuosi, sia sul piano economico che su quello culturale.
  L'ambasciata d'Italia a Vienna si era dunque subito attivata nella ricerca di un nuovo titolare dell'ufficio onorario quando, nel febbraio 2016, il precedente console onorario aveva presentato le dimissioni.
  Dopo una serie di contatti con vari interlocutori locali, l'ambasciata aveva quindi nominato il signor Alexander Haider il quale aveva potuto assumere le funzioni solo nel luglio scorso, una volta ottenuto il necessario «exequatur» dalle autorità austriache.
  Purtroppo successivi imprevedibili problemi di carattere personale hanno impedito al signor Haider di esercitare pienamente le sue funzioni. Anche a seguito dei solleciti da parte dell'ambasciata affinché l'ufficio fosse reso operativo, il predetto, non essendo in grado di assicurare in tempi certi l'avvio delle attività consolari, ha deciso di presentare le dimissioni dall'incarico il 15 novembre 2018.
  L'ambasciata si è già attivata per poter individuare nei tempi più brevi possibili un nuovo candidato che sia idoneo a ricoprire il ruolo di console onorario a Graz.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FOTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   negli anni passati le autorità militari avevano espresso l'intenzione di utilizzare solo poche aree nella città di Piacenza per i fini d'istituto e, comunque, di supporto all'attività e alle necessità della Forza armata;

   in particolare, le aree oggetto d'utilizzazione risultavano le seguenti: ex arsenale, scalo Pontieri, Artale e Macra Staveco;

   proprio all'interno dell'area Artale doveva essere trasferita la gran parte dell'attività svolta, come ancora oggi è, alla caserma Filippo Nicolai e, a tal fine, venivano realizzate, nell'area compresa tra le vie Emilia Pavese, Cassina e Anguissola, due stecche di palazzine (da anni lasciate al rustico) nelle quali ospitare il personale militare in servizio presso la predetta caserma ed, eventualmente, altro che potesse risultare collocato altrove;

   da anni, come detto, le due stecche di palazzine costruite sono abbandonate al rustico, la qual cosa appare particolarmente grave sia per l'evidente pericolo che le stesse subiscano gravissimi ammaloramenti, sia perché la mancata fruibilità delle stesse impedisce il trasferimento all'area Artale delle attività oggi svolte alla caserma Nicolai e del personale presso quest'ultima in servizio –:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere la Ministra interrogata per l'ultimazione dei lavori necessari a rendere agibili le dette palazzine, quali siano i tempi ipotizzati per la detta attività, le ragioni per le quali i lavori di costruzione in questione non siano stati ultimati per tempo e l'indicazione dei costi ad oggi sostenuti e di quelli necessari per potere utilizzare le dette palazzine.
(4-00612)

  Risposta. — A premessa della risposta all'interrogazione in esame, in tema di personale militare e problematiche abitative desidero precisare che obiettivo del dicastero è quello di attualizzare il programma pluriennale concernente il patrimonio alloggiativo della Difesa, proseguendo con l'attività di alienazione degli alloggi già individuati, generando adeguati flussi di cassa e promuovendo la realizzazione di nuovi alloggi nelle aree a maggior densità ed impatto abitativo, anche mediante un programma per la realizzazione di alloggi a riscatto.
  Tanto premesso, nel merito dei quesiti posti, rendo noto che la costruzione di 2 palazzine alloggiative, per complessivi 384 posti letto, presso la caserma «Artale» di Piacenza, anche denominata «Ex Piazza d'Armi», ha avuto avvio nel 2007 attraverso l'esperimento di una gara di appalto centralizzata da parte dell'allora direzione generale dei lavori e del demanio che prevedeva, tra l'altro, la realizzazione di una ulteriore palazzina da 272 posti letto presso la caserma «Col. Di Lana» di Cremona.
  L'esigenza di realizzare tali palazzine scaturiva dalla necessità di implementare la capacità alloggiativa dei 2 reggimenti genio areali siti a Piacenza e a Cremona.
  Nel 2014, a seguito di gravi e reiterate inadempienze da parte della ditta appaltatrice, la competente direzione tecnica ha decretato la rescissione del relativo contratto.
  Dopo tale rescissione, ha avuto inizio una lunga fase di stallo nel corso della quale è stato nominato anche un procuratore fallimentare per la liquidazione dei debiti contratti dalla ditta, nei confronti dei vari fornitori.
  La direzione dei lavori e del demanio ha, quindi, disposto l'avvio alle previste attività tecnico-amministrative per il successivo riappalto delle opere incompiute che, nell'attualità, sono in corso di progettazione e afferiscono essenzialmente al completamento delle partizioni interne e degli impianti tecnologici.
  Si evidenzia, infine, che per quanto attiene agli oneri da sostenere per il completamento di tali strutture, l'importo potrà essere noto solo al termine delle attività di progettazione delle opere di completamento da parte dei competenti organi tecnici.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   FRATOIANNI e FASSINA. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 21 maggio 2018, un operaio interinale di 37 anni è rimasto coinvolto in un incidente avvenuto alla Polveriera di Noceto (Parma), lo stabilimento del Ministero della difesa che si occupa del ripristino e della demilitarizzazione di munizionamento di artiglieria. Un ordigno sarebbe esploso in fase di disinnesco e l'uomo è rimasto ferito in modo grave;

   nella nota diramata successivamente dalle organizzazioni sindacali di categoria, Cgil, Cisl, Uil e Confsal parlano testualmente di eventi che «non sono né una novità né una eccezione all'interno dello stabilimento di Noceto. Quella di oggi è stata, purtroppo, una tragedia annunciata»; le citate organizzazioni sindacali chiedono l'immediata sospensione delle lavorazioni fino a quando non siano state compiute tutte le operazioni di messa in sicurezza dello stabilimento e dei lavoratori coinvolti attraverso il completo adeguamento dei processi lavorativi alla normativa che disciplina la sicurezza nei luoghi di lavoro, dando corso a tutti gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008;

   i rappresentanti dei lavoratori, infatti, da tempo e in modo sistematico hanno denunciato alla direzione la scarsa sicurezza di impianti e strutture in cui operano i lavoratori, nonché l'inadeguatezza e la carenza di trasparenza delle modalità operative adottate per svolgere lavorazioni di per sé rischiose, in quanto svolte in costante contatto con armi ed esplosivi;

   le organizzazioni sindacali, di fronte alla completa inerzia dell'amministrazione, hanno, anche di recente, coinvolto gli organi di controllo nazionali ai quali, a nome di tutti i lavoratori, il 27 marzo 2018, hanno richiesto uno specifico intervento ispettivo per valutare gli standard di sicurezza presenti nello stabilimento;

   la maggioranza dei lavoratori in servizio nella sede di Noceto è costituita da personale precario, i cui contratti durano per brevi periodi e vengono rinnovati di volta in volta. Questo incidente, a parere degli interroganti, pone ancora con più urgenza, l'ulteriore questione della ormai non più rinviabile loro stabilizzazione;

   la mancata garanzia della sicurezza sui luoghi di lavoro da parte al datore è sempre intollerabile e lo è ancora di più se il datore di lavoro è lo Stato, come nel caso dello stabilimento Aid di Noceto, Stato che dovrebbe essere il massimo garante del rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro –:

   se il Governo intenda dare seguito a un intervento ispettivo specifico per valutare gli standard di sicurezza presenti nello stabilimento, come richiesto dalle organizzazioni sindacali il 27 marzo 2018, e adoperarsi, per quanto di competenza, affinché venga da subito pienamente assicurato il necessario livello di sicurezza alla Aid di Noceto;

   se il Governo non intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per accertare immediatamente se nell'incidente descritto in premessa vi sia stato il pieno rispetto di ogni procedura legata alla sicurezza e quali siano state le cause e la dinamica dell'incidente;

   se il Governo non intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di diffondere in tutti i luoghi di lavoro la cultura della prevenzione, permettere ed estendere i controlli, incentivare le imprese a investire in materia di sicurezza sul lavoro e aumentare gli ispettori del lavoro che a parere degli interroganti sono oggi in numero assolutamente insufficiente a coprire l'intero territorio nazionale.
(4-00325)

  Risposta. — Il 21 maggio 2018 all'interno dello stabilimento di Noceto di Parma, nel corso delle operazioni di taglio dell'involucro esterno di un artifizio da esercitazione, si è verificata un'esplosione che ha coinvolto direttamente un assistente tecnico artificiere. Sull'evento è attualmente in corso un'indagine giudiziaria che ne determini cause ed eventuali responsabilità.
  Sul luogo è immediatamente intervenuto il servizio prevenzione dell'Azienda sanitaria locale (Asl) di Fidenza al quale è subentrato, per competenza, l'ufficio coordinamento servizi di vigilanza d'area (UCoSeVA – ente della Difesa che svolge attività di vigilanza in materia di sicurezza e salute sul lavoro) che, su delega dell'autorità giudiziaria, ha effettuato tre accessi ispettivi.
  Anche l'Inail ha comunicato di aver inviato sul posto, per i profili d'interesse, un ispettore, che non ha riscontrato violazioni delle norme antinfortunistiche.
  La vigilanza sull'applicazione delle norme in materia di antinfortunistica, all'interno della Difesa, viene effettuata dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso lo stesso dicastero. Nello specifico, è svolta dal menzionato ufficio coordinamento servizi vigilanza d'area (UCoSeVA), sia con riferimento alla programmazione annuale, che all'attività ispettiva in seguito a un infortunio, mediante l'attivazione di una procedura tesa alla verifica della corretta applicazione della normativa vigente, nella considerazione che la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali costituisce per l'amministrazione un obiettivo strategico prioritario.
  A seguito di quanto accaduto, l'ente sovraordinato – agenzia industrie difesa (AID) – ha adottato per Noceto una serie di ulteriori azioni per individuare possibili interventi migliorativi per la tutela della salute dei lavoratori, in aggiunta alle misure preventive già in essere presso tutte le unità produttive affidate in gestione.
  Nell'immediato, oltre alla sospensione delle attività di demilitarizzazione di alcuni specifici manufatti militari, l'AID ha:

   incaricato una ditta fornitrice specializzata di valutare una modalità di più ampia remotizzazione/automazione di alcune fasi del processo;

   avviato un riesame dei processi consolidati in atto per identificare le azioni di possibile ottimizzazione, sia intervenendo sui cicli di lavoro che ipotizzando l'acquisizione di nuove specifiche attrezzature per incrementare il grado di automazione dei processi stessi;

   concentrato le risorse su processi di demilitarizzazione massivi (materiali della stessa tipologia) da realizzarsi per quanto possibile con attrezzature specifiche, remotizzabili e automatizzabili, nonché considerato l'esternalizzazione delle attività riferite ai manufatti in piccola entità o estremamente particolari.

  Questo mentre è già in atto la fase iniziale di un progetto per la realizzazione di un ambiente di lavoro innovativo che consenta di eseguire, in remoto e in totale sicurezza per gli operatori, attività – anche complesse – di manipolazione e integrazione/scomposizione di manufatti esplosivi (sistema Worksafe).
  Sono anche in itinere azioni per estendere a tutte le unità produttive dell'agenzia la certificazione integrata qualità-ambiente, già in atto per la direzione generale e per Noceto, Baiano e Fontana Liri (completamento previsto entro il triennio 2018-2020).
  Nell'ambito del costante, costruttivo e trasparente confronto con le rappresentanze sindacali, in data 5 luglio 2018, si è tenuto un primo incontro presso la direzione generale dell'agenzia, durante il quale sono stati forniti alle organizzazioni sindacali (Oo.ss) nazionali tutti gli elementi informativi, successivamente trasmessi alle stesse Oo.ss con lettera del 6 luglio 2018.
  Altrettanto puntuale risposta, in data 3 ottobre 2018, è stata fornita dal dicastero al sindaco di Noceto che, in una lettera rivolta alla Sig.ra Ministro della difesa, pone l'attenzione su alcune problematiche riguardanti la sicurezza del territorio, ambientale e del personale impiegato presso lo stabilimento di Noceto: aspetti sui quali è stata data al Primo cittadino ampia rassicurazione sul massimo livello di attenzione che l'amministrazione pone su tali tematiche.
  Per quanto attiene all'organico degli ispettori, nei mesi scorsi è stata avviata una procedura di selezione per l'individuazione di personale, civile e militare, idoneo alla frequentazione di un corso di formazione per ufficiali di polizia giudiziaria. Corso che, coerentemente con la programmazione del percorso formativo finalizzato alla nomina di nuovi ispettori, che viene stilato annualmente, d'intesa con gli Stati maggiori delle forze armate, è iniziato il 5 novembre 2018.
  Infine, preme segnalare che nel quadro delle iniziative in grado di incidere concretamente sui livelli di salute e sicurezza ed in linea con i princìpi di una fattiva e costruttiva collaborazione, l'Inail la Difesa hanno siglato nel 2016 un accordo, recentemente rinnovato, per la gestione delle attività di verifica e controllo di attrezzature/impianti in uso presso la Difesa, che definisce modalità tecnico-amministrative omogenee sull'intero territorio nazionale.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   GERMANÀ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni diverse province siciliane, in special modo quelle di Catania, Messina, Palermo, Agrigento e Trapani sono state caratterizzate dalla gestione di grossi incendi che hanno impegnano numerose squadre di vigili del fuoco provenienti da diverse province siciliane ed anche sezioni operative provenienti dalla Calabria e Campania;

   tali incendi hanno tenuto impegnati gli uomini e messo a dura prova la macchina dei soccorsi che è caratterizzata dalla gestione di situazioni di normale emergenza;

   purtroppo, i mezzi in dotazione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per far fronte alle emergenze sono vetusti e le risorse insufficienti per la riparazione dei numerosi mezzi parcheggiati nelle officine non consentono di avere mezzi sufficienti a garantire lo sforzo messo in campo;

   il Governo dovrebbe avere contezza della peculiarità dell'isola e dei problemi che la caratterizzano e quindi comprendere meglio i timori e le difficoltà che quotidianamente i vigili del fuoco siciliani sono costretti ad affrontare e trovare soluzioni adeguate;

   i vigili del fuoco siciliani, come del resto tutti i vigili del fuoco, hanno saputo dimostrare e mettere in campo la propria professionalità in diverse situazioni emergenziali, ma se non verranno supportati da mezzi e attrezzature idonee a salvaguardare la propria incolumità e quella della cittadinanza, tutto ciò renderà difficoltoso il servizio istituzionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di provvedere, in tempi brevi, all'assegnazione temporanea di mezzi APS (autopompa serbatoio) e ABP (autobotte pompa) nonché all'ammodernamento dei mezzi medesimi e delle attrezzature utilizzati dai vigili del fuoco della regione Sicilia, al fine di tutelare l'incolumità degli operatori e della cittadinanza.
(4-00885)

  Risposta. — Si premette che la legislazione di settore – in particolare, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – affida la competenza primaria nella materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni, riservando allo Stato il solo concorso nell'attività di spegnimento. Tale assetto generale è stato confermato dalla legge quadro sugli incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353 che, tra l'altro, ha attribuito alle regioni il compito di definire e programmare, mediante appositi piani regionali, le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.
  Tale suddivisione di competenze tra lo Stato e le regioni, in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi, non risulta in alcun modo mutata anche a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante la razionalizzazione delle funzioni di polizia e l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato. Infatti, allo Stato continua a spettare in via sussidiaria il concorso alla lotta attiva agli incendi boschivi attraverso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e l'Arma dei Carabinieri per le connesse attività di prevenzione e repressione dei reati.
  A tal ultimo riguardo, si segnala che, nella consapevolezza che il fenomeno degli incendi boschivi rappresenta una delle emergenze ambientali più critiche per il nostro Paese, il 5 aprile 2017 è stato firmato un apposito protocollo d'intesa tra l'Arma dei carabinieri e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di definire ogni utile sinergia operativa e di migliorare ulteriormente l'efficacia degli interventi. In particolare, tale protocollo individua gli ambiti di rispettivo intervento e definisce le attività di collaborazione in materia.
  A tale iniziativa, ha fatto seguito un ulteriore protocollo, stipulato il 9 luglio 2018 tra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Arma dei carabinieri, con cui si è inteso affrontare, in modo organico e condiviso, i diversi aspetti attinenti alle attività antincendio boschivo a tutela delle aree protette statali, dei parchi nazionali e delle riserve naturali, al fine di salvaguardare il prezioso capitale naturale e l'elevata biodiversità in essi conservata.
  Inoltre, va ricordato come, al fine di sollecitare il ricorso ad accordi tra le regioni e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco – l'unico Corpo dello Stato che può, su richiesta delle regioni, concorrere nelle attività di lotta attiva contro gli incendi boschivi – il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno si sia fatto promotore della sottoscrizione di un apposito accordo quadro tra il Governo e le regioni, sancito il 4 maggio 2017 nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
  Attraverso tale strumento sono stati individuati i criteri generali, i principi direttivi e le modalità della collaborazione tra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le regioni, nell'esercizio dei rispettivi compiti in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di concorso del Corpo stesso alle predette attività.
  Anche grazie a tale iniziativa, nel corrente anno sono state autorizzate 17 convenzioni con le regioni, di cui 14 già sottoscritte e 3 in attesa della definizione delle procedure di sottoscrizione.
  Tra le convenzioni attivate figura anche quella con la regione Sicilia, territorio indicato dall'interrogante come caratterizzato da una situazione particolarmente critica per la frequenza di grossi incendi che hanno messo sotto pressione il dispositivo approntato.
  In effetti, nel corso degli ultimi anni, sia a causa delle forti ondate di calore che hanno investito la regione sia a causa degli incendi dolosi appiccati in concomitanza di condizioni meteo favorevoli al loro rapido sviluppo, la Sicilia ha avuto un notevole incremento degli interventi di spegnimento.
  Già nel 2017, quindi, furono inviati in quella regione uomini e mezzi per la lotta attiva contro gli incendi; in particolare, i mezzi rimasero in regione sino al completamento della campagna antincendi boschivi (AIB) 2017, consentendo la sostituzione di quelli in manutenzione.
  Proprio in considerazione delle criticità prospettate dall'interrogante, e in funzione della campagna AIB del 2018, si evidenzia che nei corso del corrente anno sono state assegnate ai comandi siciliani 9 autopompe serbatoio (APS) e 10 campagnole
pick-up(CA/UP) con modulo antincendio boschivo. Inoltre è stato rimodulato il dispositivo di soccorso potenziando la flotta aerea nei seguenti termini: tre Canadair presso l'aeroporto di Trapani, un elicottero S64 a Comiso e uno a Reggio Calabria (con competenza territoriale anche per la Sicilia) nonché altri due elicotteri, uno a Catania e uno a Palermo.
  La situazione degli automezzi a disposizione dei comandi della Sicilia non si discosta particolarmente dalla media nazionale attuale e il numero di automezzi di soccorso presenti nella regione è addirittura superiore a quello medio.
  In particolare, gli autocarri per l'antincendio boschivo in dotazione alle sedi siciliane costituiscono il 20 per cento circa del totale nazionale dei mezzi di questo tipo e la loro età media è di solo due anni superiore a quella complessiva.
  La dotazione dei fuoristrada leggeri, impiegata per l'antincendio boschivo, è pari all'8 per cento circa della dotazione nazionale; l'età media è in linea con il dato nazionale.
  Da ultimo, occorre comunque tener presente che il dipartimento dei vigili del fuoco di questo Ministero monitora costantemente e in tempo reale l'andamento di tutti gli interventi di soccorso aperti sul territorio nazionale, al fine di fornire tempestivamente il necessario potenziamento del dispositivo di soccorso, in termini di uomini e mezzi, in funzione delle specifiche e contingenti esigenze che di volta in volta si prospettano.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   GERMANÀ, PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI, LABRIOLA, MINARDO, SIRACUSANO, SISTO e PORCHIETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce una delle più importanti realtà per la sicurezza della collettività che risponde quotidianamente con impegno straordinario alle attese dei cittadini, in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente ai quali esso è preposto, rivelandosi spesso decisivo per la salvezza di numerose vite umane;

   nonostante la grave carenza strutturale di personale in cui versa il Corpo nazionale dei vigili del fuoco stimata in circa 4.000 unità rispetto a quella che dovrebbe essere la dotazione della pianta organica, esso negli ultimi anni ha realizzato uno sforzo enorme per garantire un servizio efficiente alla popolazione. Tale carenza, inevitabilmente, è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni, a causa dell'elevato numero dei pensionamenti del personale operativo e soprattutto a seguito delle nuove competenze Aib (anti incendio boschivo) attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016, il quale ha disposto la soppressione del Corpo forestale dello Stato;

   con riferimento al concorso pubblico per titoli ed esami per l'accesso al ruolo iniziale di vigile del fuoco per 814 posti bandito con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, è stata emanata la graduatoria definitiva nell'ottobre 2010; essa è composta da 7.599 candidati idonei comprendenti civili (10 per cento), volontari in ferma breve o in ferma prefissata delle tre forze armate (45 per cento), personale discontinuo (25 per cento), coloro che avevano prestato servizio civile presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (20 per cento) e che hanno superato n. 3 prove molto selettive durate 30 mesi su un bacino di ben 123.000 candidati (1 preselettiva – 4 motorio-attitudinali – 1 orale);

   lo scorrimento della graduatoria ha subìto troppe battute d'arresto dovute ai tagli del Governo Monti, al «blocco totale delle assunzioni per l'anno 2012» e al «blocco del turn over»;

   la «legge Fornero» ha impedito a numerosi vigili del fuoco di andare in pensione (il cosiddetto turn over) con conseguente stallo di ricambio generazionale che gli idonei in questione avrebbero invece potuto garantire;

   la divisione delle assunzioni al 50 per cento con una vecchia procedura di stabilizzazione di personale, dal 2013 al 2016, ha impedito di fatto l'esaurimento della graduatoria del suddetto concorso;

   l'esaurimento della graduatoria citata permetterebbe, da un lato, di abbassare l'età media del personale del Corpo dei vigili del fuoco, attualmente di 49 anni, in quanto la graduatoria degli idonei in questione ha una età media di 33 anni e, dall'altro, di evitare la grave disparità di trattamento con riguardo all'ultima graduatoria di stabilizzazione esaurita appunto nel 2016 –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le opportune iniziative al fine di procedere all'esaurimento della graduatoria degli idonei del concorso 814 vigili del fuoco;

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le opportune iniziative al fine di reperire in tempi rapidi i fondi necessari per ulteriori assunzioni, attingendo esclusivamente dalla sopracitata graduatoria, quantificate in almeno 600 unità, al fine di incrementare il già previsto corso di dicembre di sole 96 unità (saldo turnover).
(4-01094)

  Risposta. — In via preliminare, nel sottolineare che le problematiche concernenti il potenziamento di uomini e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono da tempo all'attenzione di questo Ministero, si evidenzia che, al momento, a fronte di una previsione organica di 37.781 dipendenti, il Corpo soffre una carenza di poco più di 3.000 unità. Al riguardo, sono in corso di attuazione alcune misure volte a mitigare l'incidenza di tale deficit.
  Si richiamano, in particolare: l'autorizzazione a bandire una nuova procedura selettiva per l'immissione di 250 giovani nella qualifica di vigile del fuoco (la relativa procedura concorsuale avrà termine entro la fine dell'anno corrente); l'assunzione straordinaria di 1.300 unità, con una programmazione quinquennale, a decorrere dal 1° ottobre di ogni anno: per il 2018 sono previste 50 assunzioni (legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 1, comma 287).
  È previsto, inoltre, un incremento della dotazione organica della qualifica, di vigile del fuoco di 300 unità con decorrenza ottobre 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 289).
  Occorre anche evidenziare che il Corpo è stato chiamato a fronteggiare maggiori oneri funzionali in virtù di recenti interventi normativi come, ad esempio, la lotta attiva agli incendi boschivi dopo l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato o l'assunzione di un ruolo di coordinamento tecnico-operativo negli interventi di soccorso pubblico più complessi, sancito anche nel nuovo codice della Protezione civile, nonché i più onerosi impegni che scaturiscono dalle nuove direttive sulla sicurezza integrata in occasione di manifestazioni pubbliche, Tali circostanze determinano, effettivamente, la necessità di prevedere l'immissione di ulteriori unità di personale per assolvere adeguatamente alle nuove missioni.
  In tale contesto, il Governo è fermamente deciso a potenziare la capacità operativa del Corpo nazionale dei vigili del fuoco attraverso un consistente rafforzamento degli organici. Infatti, nel disegno di legge di bilancio per il 2019, è stata prevista, nell'ambito di un più ampio piano straordinario, l'assunzione di 1.500 vigili del fuoco secondo la seguente tempistica: 650 unità dal 10 maggio 2019, 200 unità dal 1° settembre 2019 e 650 unità dal 1° aprile 2020.
  Quale bacino da cui attingere per effettuare le 1.500 nuove assunzioni, viene individuata, prioritariamente, la graduatoria, fino ad esaurimento della stessa, relativa al concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco indetto nel novembre del 2008. Poiché la validità di tale graduatoria cessa al 31 dicembre 2018, la citata proposta normativa ne proroga l'efficacia fino al 31 dicembre 2019.
  Queste misure rappresentano quindi i primi concreti risultati di un'azione che il Governo intende sostenere e ampliare con assoluta determinazione a beneficio di un comparto da sempre a servizio dell'incolumità e della sicurezza dei cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   GIACHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in relazione alla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo avvenuta in Beirut il 2 settembre 1980, il 9 settembre 2017 la rivista on line «Italia Star» pubblica un articolo a cura del giornalista Massimo Numa dal titolo «i killer dell’intelligence palestinese eliminarono i due giornalisti italiani», contenente un'intervista a un anonimo «ex dirigente dei servizi segreti italiani»;

   quest'ultimo, nel confermare quanto già appurato dall'autorità giudiziaria sul depistaggio effettuato dai servizi riguardo alla matrice Olp del rapimento, afferma letteralmente «sapevamo tutti i particolari della morte dei due giornalisti, chi li aveva rapiti, poi detenuti in una base palestinese, infine torturati e uccisi. I corpi furono sepolti sotto un cumulo di detriti, in un quartiere non distante da Tiro, vicino al mare, all'interno di un cantiere non lontano da uno svincolo autostradale»;

   il 27 novembre 2017 il quotidiano nazionale «La Stampa» pubblica un nuovo articolo (a cura dello stesso giornalista Massimo Numa) che richiama la circostanziata testimonianza dell'ex dirigente dei servizi: i due giornalisti «furono trasferiti in un fabbricato che faceva da base alle frange militarizzate ed estremiste palestinesi, probabilmente interrogati e quindi uccisi. I loro corpi infine sepolti (...) in uno dei tanti cantieri edili che sorgevano a decine ogni giorno in quella città» (Beirut);

   il sopracitato articolo de «La Stampa» contiene poi un appello dei familiari di Graziella De Palo all'ex dirigente dell'Olp Bassam Abu Sharif – interrogato recentemente in Italia dalla «Commissione Moro» e all'epoca dei fatti inserito ad alto livello nell’intelligence palestinese – per ottenere un aiuto volto all'individuazione del luogo dove furono sepolti i due giornalisti essendo ormai l'unica speranza della famiglia quella di «trovare i resti di Graziella De Palo, trasferirli in Italia, portare un fiore sulla sua tomba e recitarle una preghiera» –:

   se siano a conoscenza delle notizie riportate in premessa;

   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per individuare il luogo di sepoltura e consentire almeno il rimpatrio delle salme dei due giornalisti.
(4-01408)

  Risposta. — Agli atti custoditi presso l'ambasciata d'Italia in Beirut constano numerosi articoli di giornale, in gran parte relativi al periodo intorno al 1983, in occasione di una visita dei familiari di Graziella De Palo e della Federazione nazionale della stampa. Sempre in quel periodo fu richiesta una commissione rogatoria del giudice istruttore che stava indagando su quanto avvenuto. L'ambasciata avviò le opportune procedure e intraprese specifici passi al fine di dare esecuzione alla rogatoria.
  Tuttavia, non sono stati rinvenuti documenti che confermino in modo ufficiale i gravi fatti denunciati dalla stampa e riportati nel testo dell'interrogazione, o che possano far risalire al luogo di scomparsa dei due connazionali.
  All'epoca dei fatti il Libano era attraversato da una guerra civile (1975-1990) e in molte aree del Paese lo Stato non esercitava alcuna autorità. Era in corso l'occupazione siriana e le milizie palestinesi non lasciarono il Paese che nel 1982, mentre nel sud l'occupazione israeliana è proseguita fino al 2000, dopo anni di conflitto con formazioni libanesi (Hezbollah). Tali circostanze hanno determinato una situazione tutt'altro che favorevole alle ricerche e ne hanno nel tempo reso ulteriormente difficoltoso lo svolgimento.
  Continueremo in ogni caso a seguire la vicenda in stretto raccordo con la nostra ambasciata a Beirut e a vagliare con la massima attenzione eventuali nuovi elementi documentali utili a fare piena luce sulla vicenda.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, gli oneri generali di sistema hanno rappresentato una quota crescente e sempre più significativa della spesa totale annua di energia elettrica degli utenti finali;

   gli oneri di sistema sono addebitati a tutti i clienti e sono calcolati in base alle indicazioni dell'Autorità, che ne stabilisce periodicamente il valore ma non può modificarne il prezzo;

   si tratta quindi a tutti gli effetti di un'ulteriore «tassa» da pagare oltre alle imposte, accise e Iva;

   nella bolletta elettrica infatti sono rappresentati in un unico importo che ingloba una serie di costi di natura diversa, più simili a imposte vere e proprie, in quanto destinati al finanziamento di attività che non sono collegate direttamente al servizio fornito al cliente, ma riconducibili ad esigenze generali;

   l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente in attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 102 del 2014, ha avviato la riforma delle tariffe elettriche, modificando la struttura delle bollette energetiche; la riforma prevede tre gradini progressivi, l'ultimo dei quali, su segnalazione della stessa Autorità, è stato prorogato nella sua attuazione per evitare maggiori esborsi ai clienti finali;

   l'articolo 78, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE prevede che la base imponibile su cui calcolare l'Iva debba includere le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa Iva, in riferimento al corrispettivo di una prestazione;

   la giurisprudenza si è più volte pronunciata in favore della restituzione ai cittadini di quella parte dell'Iva che, essendo applicata sulla parte di accisa a carico dei distributori, viene illegittimamente trasferita agli utenti finali del servizio;

   la sentenza emessa dalla Corte di cassazione Sezioni Unite n. 3671/97, il decreto ingiuntivo del 7 luglio 2015 emesso dal giudice di pace di Venezia ed un successivo decreto, emesso sempre dal giudice di pace di Venezia nel maggio del 2016, hanno tutti intimato la restituzione dell'Iva calcolata a suo tempo sulle accise pagate con la bolletta dell'energia elettrica e del gas;

   in particolare, secondo la sentenza della Corte di cassazione, salvo deroga esplicita, un'imposta non costituisce mai base imponibile per un'altra, e pertanto calcolare l'iva delle bollette sul totale comprensivo di accise e di addizionali è illegittimo;

   a supporto di tale orientamento giurisprudenziale vi è la considerazione del fatto che molte compagnie fornitrici non sono produttori di energia, ma si limitano ad acquistare il prodotto e a rivenderlo agli utenti; in tal senso, e nel rispetto della stessa normativa di origine comunitaria, l'iva va pagata sul corrispettivo della prestazione e non sull'accisa che sarebbe di competenza del distributore, e come tale, non dovrebbe essere trasferita all'utente finale;

   secondo una stima di Federconsumatori, per una famiglia media, se l'iva non fosse calcolata anche sulle imposte, si avrebbe un minor costo, da 50 a 75 euro annui, sulla bolletta energetica. I cittadini infatti sono sempre più vessati da tasse e balzelli ingiustificati, che mettono a dura prova la capacità delle famiglie di condurre una vita dignitosa –:

   quali elementi intenda fornire il Ministro interrogato in ordine allo stato della riforma delle tariffe elettriche, con particolare riferimento al superamento della progressività delle componenti tariffarie per la riduzione degli oneri e all'impatto che avrà per gli utenti finali;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per una soluzione normativa volta a sancire quanto stabilito in via interpretativa dal giudice in merito all'illegittimità del calcolo dell'Iva sulla quota delle accise e addizionali nei corrispettivi delle utenze elettriche.
(4-00446)

  Risposta. — Si risponde ai quesiti oggetto dell'atto in esame anche sulla base della documentazione fornita a riguardo dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  In merito al primo quesito posto dall'interrogante si evidenzia, come noto, che la tariffa elettrica per i consumatori domestici è stata oggetto di una riforma in attuazione del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, in relazione sia ai costi di rete, sia ai cosiddetti oneri di sistema, ovvero quei costi della bolletta connessi all'attuazione delle politiche pubbliche.
  Detta riforma, mossa dall'obiettivo di superare la progressività della tariffa rispetto ai consumi, introduce una nuova struttura tariffaria che ha l'effetto di favorire il processo di crescente elettrificazione dei consumi domestici (riducendo la tariffa per gli utenti ad alti consumi) e superare le tariffe «sotto costo» per alcune categorie di consumatori (chiamati adesso a sostenere maggiori costi).
  La riforma tariffaria non determina costi aggiuntivi per il sistema elettrico, ma comporta senza dubbio una diversa distribuzione degli stessi tra le varie classi di consumatori, essendo state ridotte le differenze tra clienti basso consumanti e clienti non residenti o alto consumanti.
  Infatti, questi ultimi sono oggi più avvantaggiati rispetto alla situazione pre-riforma, mentre i clienti basso consumanti, che vedevano riconosciuta prima una tariffa «sottocosto», hanno costi più elevati.
  Il passaggio a regime alla nuova tariffa è stato articolato dall'autorità nell'arco di tre anni, con progressivi aggiustamenti dal 2016 al 2018, l'ultimo dei quali riguarda proprio gli oneri di sistema.
  I dati forniti dall'autorità competente con riferimento all'impatto della riforma della tariffa domestica, di cui alla delibera 2 dicembre 2015 n. 582, riportano una stima di impatto dei primi due
step della riforma tariffaria sulla spesa annua netta per la fornitura elettrica pari a:

   un incremento di circa 10 euro/anno per l'utente domestico tipo;

   un incremento di circa 63 euro/anno per gli utenti cd. basso consumanti (1.500 kWh/anno);

   una riduzione dell'ordine dei 210 euro/anno per gli utenti domestici cd. alto consumanti (3.200 kWh/anno).

  Nella segnalazione dell'autorità al Governo e al Parlamento n. 733/2017/I/EEL del 2 novembre 2017, il terzo step della riforma è previsto abbia un impatto, al netto degli effetti della misura a favore delle imprese energivore:

   sostanzialmente nullo (ossia di circa -0,42 euro/anno) per il cliente tipo;

   con una riduzione di circa 20 euro/anno per l'utente cd. basso consumante (1.500 kW/h/anno);

   con una riduzione di circa 21 euro/anno per gli utenti alto consumanti.

  A seguito del dibattito parlamentare che ne è derivato e dell'approvazione di alcune risoluzioni parlamentari nel corso del 2017, il Ministro dello sviluppo economico ha emanato indirizzi all'autorità competente per il rinvio di un anno del terzo step della riforma (secondo un'ipotesi avanzata peraltro dalla stessa autorità), al fine di effettuare la maggior raccolta tariffaria connessa alla nuova disciplina energivori, in via prevalente sui consumi dei clienti domestici eccedenti i 1.800 kWh/anno.
  Pertanto, Arera ha differito al 1° gennaio 2019 l'ultima fase della riforma e ha mantenuto le aliquote dei corrispettivi a copertura degli oneri generali, differenziate tra due scaglioni di consumo (rispettivamente fino a 1.800 kWh/anno e oltre tale soglia).
  Tale iniziativa ha consentito di contenere gli aumenti di spesa, che sarebbero derivati dalla contestualità dell'ultimo
step di detta riforma con le agevolazioni agli energivori, per un numero considerevole di clienti con bassi consumi, dando modo al Parlamento di esprimere i propri indirizzi.
  Nel frattempo, il Governo può portare avanti la riforma del bonus elettrico, in modo tale da rafforzare la tutela per i clienti economicamente svantaggiati che effettuano bassi consumi.
  Con il secondo quesito, l'interrogante ha posto l'attenzione sul fatto che le società erogatrici di gas ed energia applicano l'IVA nella fatturazione delle rispettive bollette prendendo come base imponibile anche le accise e le addizionali.
  Nel considerare tale argomento prioritariamente di natura fiscale, si è ritenuto essenziale acquisire, al riguardo, il parere del Ministero dell'economia e delle finanze che ha informato per quel che segue.
  L'imposta sul valore aggiunto (IVA) è un'imposta generale sul consumo che si ispira ad un modello impositivo europeo, comune agli Stati membri dell'Unione europea.
  Ciò, comporta che l'intera struttura impositiva nazionale dell'IVA, delineata dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è riconducibile al modello tracciato dalla normativa dell'Unione europea di cui alla direttiva del 28 novembre 2006, n. 2006/112 Comunità europea.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto utile evidenziare che, in merito alla determinazione della base imponibile, ai fini dell'applicazione dell'IVA, la direttiva 2006/112 Comunità europea stabilisce all'articolo 73 il principio secondo cui la base imponibile all'interno del Paese è rappresentata, per le cessioni di beni e la prestazione di servizi, da «tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo...».
  I successivi articoli della citata direttiva indicano taluni elementi che devono essere inclusi nella base imponibile, ed alcuni che devono essere esclusi dalla stessa. In particolare, l'articolo 78, lettera
a) della medesima direttiva stabilisce che nella base imponibile devono essere compresi i seguenti elementi «le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa IVA».
  Dal sopra menzionato articolo 78 della direttiva 2006/112 Comunità europea sembra doversi rilevare, pertanto, il principio di onnicomprensività della base imponibile, secondo cui devono essere compresi nella base imponibile anche le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ed altri oneri.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze, ha affermato, tra l'altro, che tale criterio, del resto, è stato più volte confermato dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui l'imponibile di una cessione è costituito da tutto ciò che è ricevuto a titolo di corrispettivo, sempre che vi sia un nesso diretto fra il bene ovvero del servizio fornito e il controvalore ricevuto (Corte di giustizia sentenze: 23 novembre 1988, C-230/87, Naturally yours cosmetics; 2 giugno 1994, C-33/ 93, Empire stores; 5 dicembre 2013, causa C-618/11, TVI - Televisao independente SA).
  Più precisamente, ad avviso dei giudici comunitari, «imposte, dazi, tasse e prelievi» rientrano nel valore del bene fornito (corrispettivo su cui calcolare la base imponibile ai fini dell'IVA) quando siano direttamente connessi alla fornitura del bene ovvero siano state previamente anticipate dal fornitore dello stesso bene (Corte di giustizia, sentenze: 28 luglio 2011, C-106/10, Lidl & Companhia).
  Coerentemente alla sopra richiamata normativa europea, sotto il profilo nazionale, l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 stabilisce che «la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri...».
  Orbene, tale disposizione nazionale deve essere interpretata alla luce dei princìpi affermati dalla Corte di giustizia.
  Pertanto, in considerazione del quadro normativo sopra descritto e dei princìpi dettati dalla Corte di giustizia, si è delineato l'avviso che le accise possano confluire nella determinazione della base imponibile dell'IVA.
  Tuttavia, considerati anche i recenti orientamenti giurisprudenziali nazionali con cui si sono spesso accolti i ricorsi presentati dai singoli utenti, si ritiene opportuno fare maggiore chiarezza sul tema in argomento, anche al fine di poter offrire una maggiore tutela dei diritti dei consumatori di energia elettrica.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Davide Crippa.


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale amministrazione comunale di Cascina ha fissato, tra le sue priorità, il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale cittadino;

   il comune di Cascina è proprietario di un immobile posto in viale Comaschi denominato teatro Bellotti-Bon, costruito dall'omonima famiglia di imprenditori nel 1874;

   questo teatro diurno e aperto poteva sfruttarsi nei mesi primaverili ed estivi, sulla scia di soluzioni analoghe già adottate nella città di Pisa; lo studio dell'arena fu affidato al noto architetto pontederese Luigi Bellincioni, particolarmente attivo nella progettazione di campanili e nella costruzione di cinema e teatri;

   la struttura si presenta a pianta di ferro di cavallo, con sedici palchi suddivisi in due ordini laterali, una galleria al centro del secondo ordine ed un loggione al di sopra dei due ordini, mentre la sala è ricca di decorazioni a stucco e pitture in stile neoclassico, con un palcoscenico in legno profondo 9 metri e largo 9,5 metri;

   il teatro beneficiò del forte sviluppo dell'artigianato ligneo registratosi in quel periodo, che gli permise di ospitare non solo rappresentazioni di filodrammatiche locali e concerti bandistici, ma anche compagnie di professionisti e opere liriche; nel 1945 venne acquistato dal tenore Fausto Cavallini; si susseguì, nella proprietà del teatro, la famiglia Rossi-Gamba e dal 2003 il comune di Cascina;

   il Teatro Bellotti Bon rientra appieno tra i beni di maggior pregio storico della comunità cascinese, e pertanto è di prioritario interesse per l'ente comunale, compatibilmente con le disponibilità finanziarie e i vincoli di finanza pubblica, attivarsi al fine di giungere ad una sua riqualificazione finalizzata a sostenere il rilancio culturale della città;

   nel 2009 il comune di Cascina aveva approvato, con deliberazione di giunta comunale, un protocollo di intesa finalizzato alla realizzazione di un piano attuativo di iniziativa pubblica-privata per la ristrutturazione/recupero dell'ex cinema Apollo e del teatro Bellotti Bon, ma questo, tuttavia, non ha avuto una continuazione, tanto che l'edificio venne successivamente inserito all'interno dei beni alienabili;

   l'attuale amministrazione comunale ha provveduto nel 2017, con deliberazione di consiglio comunale n. 44 del 28 marzo 2018 ad inserire il citato teatro Bellotti-Bon all'interno di un percorso di valorizzazione volto al recupero e alla conservazione, alla luce dello stato di abbandono in cui esso attualmente versa;

   attualmente, infatti, le condizioni del teatro, sia nella parte strutturale di copertura del tetto, che nei ricchi affreschi, sono estremamente gravi, e si rende urgente provvedere quanto prima ad interventi strutturali di impermeabilizzazioni, rasature, controsoffittature, pavimentazioni, predisposizione di ascensori, arredi, reti di scarico –:

   se, alla luce della valenza storica, architettonica ed artistica del teatro Bellotti-Bon, non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, d'intesa con l'ente locale, per preservare il bene ed effettuare i primi e più urgenti interventi strutturali.
(4-00053)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di sapere se alla luce della valenza storica, architettonica ed artistica del teatro Bellotti Bon questo Ministero ritiene opportuno assumere ogni iniziativa per preservare il bene ed effettuare i primi e più urgenti interventi strutturali.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno e della corrispondente direzione generale, si rappresenta quanto segue.
  La predetta Soprintendenza, pur non essendo, ad oggi, in possesso di alcun progetto relativo al restauro e manutenzione del predetto bene, ha manifestato il proprio interesse ed ha garantito la massima collaborazione per quanto concerne la semplificazione (in termini di tempestività) dell’
iter procedurale finalizzato al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri che si renderanno necessari.
  Al fine, comunque, di reperire le risorse finanziarie necessarie, l'Ente comunale – proprietario del bene – potrebbe inoltre attivare il meccanismo del cosiddetto Art Bonus introdotto con la legge n. 106 del 29 luglio 2014 e successive modificazioni e integrazioni.

  Si assicura comunque la massima collaborazione con l'Ente locale per preservare il teatro Bellotti Bon e restituirlo alla sua funzione culturale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   MINARDO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'odissea vissuta da un gruppo di 30 ragazzi italiani bloccati per 48 ore all'aeroporto Stansted di Londra è grave e irresponsabile;

   il gruppo dei 30 ragazzi italiani, tutti 14enni, insieme ai loro tutor, di rientro da una vacanza studio, hanno vissuto, quello che doveva essere un tranquillo rientro in Italia giovedì sera, un vero e proprio incubo. La sera del 26 luglio 2018 dopo il check-in, sono saliti sull'aereo (volo Ryanair) per poi restare bloccati sul velivolo per circa quattro ore;

   il personale ha, successivamente, comunicato che il volo era stato cancellato (causa sciopero del personale) per cui i ragazzi, a notte fonda, sono rientrati in albergo tra disagi e confusione. Il pomeriggio seguente i taxi li hanno riportati in aeroporto perché Ryanair aveva messo a disposizione un volo apposito. Risultato: hanno rifatto tutta la trafila, si sono imbarcati ancora, ma quando finalmente erano sull'aereo lo staff li ha fatti scendere nuovamente per trascorrere tutta la notte in aeroporto. Dopo tanto peregrinare si è deciso il rientro in autobus a Milano dopo 20 ore di strada;

   peraltro le famiglie degli studenti hanno provveduto a far rientrare i propri figli in Italia a spese loro, sborsando una considerevole cifra;

   quanto accaduto è molto grave per la mancata assistenza da parte del nostro Governo e dall'ambasciata italiana a Londra; risulterebbe all'interrogante che ci siano state difficoltà a ottenere supporto da parte della suddetta ambasciata interessata della questione dai docenti accompagnatori. I ragazzi, tutti minorenni, hanno anche trascorso una notte all'aeroporto e sono stati lasciati soli con i loro accompagnatori, questi ultimi con un carico di responsabilità non indifferente. L'altro fatto grave è la mancanza di informazioni da parte della compagnia di Ryanair che, peraltro, ha annunciato che non concederà alcuna compensazione pecuniaria ai passeggeri danneggiati, violando, secondo l'interrogante, in modo palese i regolamenti comunitari e le sentenze della giustizia europea e, in tal senso, ponendosi in contrasto con la legge. Il regolamento (CE) 261 del 2004 stabilisce, infatti, risarcimenti da 250 a 600 euro a passeggero in caso di ritardi superiori alle 3 ore o cancellazioni dei voli, un diritto che la Corte di giustizia europea ha stabilito si applichi anche in caso di sciopero del personale, non rientrando le agitazioni sindacali nelle circostanze «eccezionali» per cui una compagnia aerea è esonerata dai risarcimenti –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per far luce sul grave episodio e verificare le modalità con cui l'ambasciata italiana a Londra ha prestato assistenza in relazione alla brutta avventura dei 30 minorenni e dei loro accompagnatori;

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare nei confronti della compagnia Ryanair che ha annunciato che non concederà alcuna compensazione pecuniaria ai passeggeri danneggiati a giudizio dell'interrogante in contrasto con i regolamenti comunitari e le sentenze della giustizia europea.
(4-00894)

  Risposta. — Al fine di un suo corretto inquadramento si richiama l'attenzione sul fatto che l'evento cui si fa riferimento era accaduto in un periodo critico per il trasporto aereo nell'area londinese, e in tutto il Regno Unito, a causa di avverse condizioni atmosferiche e soprattutto dei numerosi scioperi a singhiozzo proclamati dai dipendenti della compagnia aerea Ryanair, cui si erano aggiunte astensioni dal lavoro in altri aeroporti europei ed in particolare la protesta dei controllori di volo francesi.
  Una situazione del genere aveva causato la sostanziale paralisi di tutti gli aeroporti londinesi, ed in particolare dello scalo di Stansted, dal quale i trenta studenti italiani dovevano fare rientro in Italia. Lo sciopero di Ryanair ha inevitabilmente prodotto gravi disagi per moltissime persone in partenza da Londra nei giorni interessati dalla protesta, tra i quali centinaia di connazionali e numerose scolaresche.
  In un simile contesto, il consolato generale a Londra, dopo aver appurato la complessità della situazione ed in stretto raccordo con la Farnesina, si era prontamente attivato per monitorare le condizioni di tutti i connazionali coinvolti e intervenire ove necessario.
  Nel caso specifico assidui erano stati i contatti intrattenuti tra la nostra Rappresentanza e gli accompagnatori – nonché molti genitori dall'Italia – del gruppo di giovani studenti bloccati a Stansted per ogni utile indicazione e suggerimento su come meglio gestire il momento di difficoltà. Ciò a fronte di una totale mancanza di informazioni o di assistenza di cui si era reso responsabile il vettore aereo Ryanair.
  Nel corso del monitoraggio effettuato dalla nostra autorità consolare
in loco non erano state rilevate situazioni di particolare criticità, soprattutto dal punto di vista medico-sanitario, tali da rendere necessario un intervento attivo, che comunque, in caso contrario, non sarebbe mancato. I contatti tra il consolato generale e il gruppo menzionato dall'On. interrogante erano continuati finché non si giunse ad individuare una soluzione che consentiva il rientro di tutti gli studenti in Italia.
  Quanto ai profili di carattere giuridico, si rileva che ai sensi del regolamento (Ce) n. 261/2004 che «istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato», la competenza è dell'organismo responsabile (National Enforcement Body) dello Stato in cui si verifica il disservizio, e in questo caso il Paese competente era l'Autorità dell'aviazione civile inglese (CAA).
  In relazione alla fattispecie del disservizio il suddetto regolamento prevede l'obbligo di informazione al passeggero in merito ai propri diritti, l'obbligo di assistenza ai passeggeri, la restituzione dell'importo del biglietto non utilizzato, la riprotezione sul primo volo disponibile della stessa compagnia aerea o su un volo alternativo e la compensazione pecuniaria (da 250 a 600 euro a seconda della distanza ortodromica della tratta).
  Le autorità competenti degli Stati membri e in particolare gli organismi responsabili della corretta applicazione del regolamento 261/2004 di norma non possono adottare decisioni vincolanti in merito alle compagnie aeree per quanto attiene ai reclami individuali.
  Il passeggero è infatti tenuto ad inoltrare il proprio reclamo direttamente alla compagnia aerea responsabile del disservizio, la quale ha sei settimane di tempo per rispondere. Qualora il passeggero non fosse soddisfatto della risposta fornita, dovrà adire le vie legali o avvalersi di una risoluzione alternativa delle controversie (
Alternative dispute resolution -ADR).
  Quindi nel caso dell'Italia l'attività dell'Enac quale organismo responsabile della corretta applicazione del regolamento 261/2004 non è rivolta a soddisfare le richieste risarcitorie del passeggero, né a fornire assistenza legale e servizi di consulenza. Il reclamo del passeggero attiva invece le verifiche dell'Ente per l'accertamento di possibili violazioni dei diritti dei passeggeri ai soli fini sanzionatori dei soggetti inadempienti e contribuisce al monitoraggio della qualità dei servizi offerti all'utenza. In caso di accertata violazione, l'Enac comunica al passeggero, ai fini della trasparenza, l'avvio del procedimento sanzionatorio.
  Per eventuali richieste risarcitorie nei confronti della compagnia aerea, per reclamare i propri diritti il passeggero può in ogni caso utilizzare – come già specificato in precedenza – metodi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) o le ordinarie vie legali dinanzi all'autorità giudiziaria competente.
  Premesso quanto sopra si fa presente che l'Enac, nell'esercizio dei propri compiti istituzionali, aveva convocato i rappresentanti di Ryanair lo scorso 2 maggio al fine di affrontare una serie di tematiche quali le informazioni da fornire ai passeggeri in caso di cancellazioni e ritardi dei voli o l'assistenza da assicurare ai passeggeri disabili e a ridotta mobilità, la previsione sul sito web di un link al quale poter accedere agevolmente per inoltrare il reclamo e le richieste di rimborso e compensazione pecuniaria. Tema di fondamentale importanza, si era affrontato anche l'aspetto relativo alla programmazione dei voli per la stagione estiva e le garanzie del piano di
back up (disponibilità di aeromobili sostitutivi) e crew stand by (equipaggi in reperibilità) per far fronte ad eventuali eventi imprevisti e cancellazioni di voli dovuti a scioperi.
  Il 26 luglio scorso il presidente e il direttore generale di Enac avevano convocato i rappresentanti sia delle società di gestione aeroportuale sia degli operatori aerei coinvolti (vedi comunicato stampa Enac n. 31/2018). In tale sede è stato loro raccomandato di potenziare le azioni di vigilanza e controllo in materia di sicurezza del volo, di tutela della qualità dei servizi e di rispetto dei diritti dei passeggeri in tutti gli aeroporti nazionali al fine di evitare eventuali disservizi o circostanze impreviste che creino situazioni di criticità nel settore. L'Enac ha inteso quindi sensibilizzare gli operatori, a seconda delle rispettive competenze, a porre particolare attenzione nella programmazione di operativi adeguati alla flotta, non forzando eccessivamente la rotazione degli aeromobili. Gli operatori sono stati inoltre invitati ad assicurare tempestiva e corretta informativa ai passeggeri nei casi di ritardi o cancellazioni, a fornire assistenza a livello corrispondente a quanto previsto dai regolamenti comunitari di riferimento – invitando ad un migliore coordinamento tra i gestori e gli
handler (società di servizi di assistenza a terra) – e ad incrementare il personale per le attività di informazione e assistenza ai passeggeri e a coloro che necessitano, a causa di condizioni di mobilità ridotta, di forme di assistenze speciali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   MOLLICONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   alla Fondazione Teatro dell'Opera di Roma sono state applicate le norme di cui al decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, relative al risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che versano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale;

   in particolare, l'articolo 11 del decreto-legge disciplina il procedimento per ristrutturare il debito delle medesime fondazioni;

   i bilanci consuntivi 2014-2015-2016 del Teatro dell'Opera sono stati chiusi in pareggio di esercizio, ma con un aumento del debito della Fondazione di rispettivamente 44, 54 e 53 milioni di euro, in violazione della norma di cui al comma 1-d) dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 che vieta il ricorso a un nuovo indebitamento;

   come evidenziato dalla «Relazione del Commissario straordinario del Governo sul monitoraggio semestrale dello stato di attuazione dei piani di risanamento delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche» la Fondazione dell'Opera di Roma ha usufruito di un prestito di 25 milioni di euro per il risanamento del proprio debito;

   la medesima relazione mostra una gestione non in linea con gli obiettivi di risanamento, evidenziando che dall'analisi effettuata risulta che «gli elevati costi di produzione (6,48 Mln) conducono ad un margine di produzione negativo (-1,68 Mln di euro)», che «anche il margine per posto disponibile, di conseguenza, è negativo per 3,4 euro», e che «rimane critico il livello dello stock debitorio»;

   all'atto dell'insediamento dell'attuale gestione del Teatro dell'Opera di Roma, sullo stesso gravava un'esposizione debitoria pari a 33 milioni di euro che, a fronte dei 25 milioni di euro ricevuti per il risanamento, avrebbe dovuto diminuire a circa otto milioni di euro;

   nei «Richiami conclusivi e implicazioni per le azioni di risanamento», il Commissario di Governo afferma che «è pure improcrastinabile intervenire per attenuare l'eccessiva rigidità che vede, ad esempio, i costi del personale stabili o addirittura in aumento», laddove, invece, la Fondazione Teatro dell'Opera di Roma ha elargito promozioni ed aumenti di stipendio;

   sempre nel medesimo capitolo della Relazione il Commissario afferma che «sono quindi della massima urgenza interventi su tale terreno che producano risultati già evidenti nel corso del primo semestre 2018»;

   ad oggi, vale a dire alla fine del primo semestre 2018, a quanto consta all'interrogante, la Fondazione Teatro dell'Opera di Roma non ha attuato alcuna delle indicazioni fornite dal Commissario di Governo;

   risulta all'interrogante che il Teatro dell'Opera di Roma non abbia ricevuto l'approvazione dell'estensione del piano di risanamento, fatto che impedisce all'ente di continuare a rientrare tra le fondazioni al cui risanamento si applicano le norme della cosiddetta legge Bray;

   dal bilancio a consuntivo dell'anno 2016 risulta, inoltre, che i debiti tributari dello stesso ente siano saliti a 12,1 milioni di euro, con un aumento di 8,5 milioni di euro in un solo anno per il mancato versamento dell'Irpef –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza allo stesso spettanti, di assumere iniziative di competenza per verificare la reale situazione debitoria della fondazione di cui in premessa e accertare le responsabilità della governance dell'ente;

   a cosa siano state destinate le somme citate in premessa risultanti dal mancato versamento dell'Irpef e se l'eventuale rateizzazione del corrispondente debito della fondazione, che comporterà costi più elevati, non possa comportare un danno economico.
(4-00486)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo alla situazione debitoria del Teatro dell'Opera di Roma e se il Ministero per i beni e le attività culturali intende assumere iniziative per accertare la responsabilità della governance della fondazione.
  Al riguardo, sulla base degli elementi forniti dalla Direzione generale dello spettacolo, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante esprime alcune criticità relative alla situazione debitoria della Fondazione Teatro dell'Opera di Roma in relazione agli obiettivi contenuti nel piano di risanamento a cui è sottoposta la Fondazione di Roma, presentato nel luglio 2014 e approvato con decreto interministeriale del 16 settembre 2014.
  Il piano, che si riferisce al triennio 2014-2016, prevedeva l'erogazione di un finanziamento statale pari a 25 milioni di euro a tasso agevolato con piano di rientro triennale.
  Il finanziamento è stato interamente liquidato: nel 2014 è stata erogata un'anticipazione di 5 milioni di euro, mentre i rimanenti 20 milioni di euro sono stati erogati nel 2015 in tre diverse
tranche.
  Come prescritto dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), articolo 1, comma 355, le fondazioni lirico-sinfoniche che hanno presentato il piano di risanamento ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 112 del 2013 sono tenute al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale sia economico-finanziario non più entro l'esercizio finanziario 2016, ma entro l'esercizio finanziario 2018.
  Anche la Fondazione Teatro dell'Opera di Roma ha presentato l'integrazione del piano per il biennio 2017-2018.
  Considerato quanto indicato dall'interrogante circa i risultati di gestione della Fondazione di Roma per gli anni 2014-2015-2016-2017, relativi agli elevati costi di produzione e all'aumento del livello dello
stock debitorio, è utile osservare che ai fini di una corretta valutazione è importante confrontare certamente i costi della produzione con il valore della produzione ed il risultato finale di gestione, come di seguito rappresentato:

  Valore della produzione

  Costi della produzione

  Risultato d'esercizio

  euro 56.440.745 (2017)

  euro 55.842.887 (2017)

  euro 59.067 (2017)

  euro 57.612.513 (2016)

  euro 56.899.610 (2016)

  euro 34.218 (2016)

  euro 55.360.458 (2015)

  euro 54.548.119 (2015)

  euro 13.193 (2015)

  euro 51.12.567 (2014)

  euro 51.187.398 (2014)

  euro 4.760 (2014)

  Dai dati emerge che l'incremento complessivo del valore di produzione determina inevitabilmente i costi della produzione. In particolare, il costo del personale, che rappresenta la posta più rilevante tra i costi di produzione, assorbe una elevata percentuale dei contributi pubblici.
  Si è consapevoli che l'esposizione debitoria del Teatro dell'Opera continua a rimanere elevata e preoccupante anche se va registrato il miglioramento del risultato di esercizio e del valore della produzione (che significa un ricco calendario e un'intensa attività artistica) ed una situazione creditizia importante nonché una certa disponibilità liquida.
  Si precisa che il controllo sull'attuazione del piano di risanamento della Fondazione Teatro di Roma, come per le altre fondazioni sottoposte al medesimo procedimento, spetta al commissario di governo per le fondazioni lirico-sinfoniche il quale, attraverso puntuali verifiche di monitoraggio accerta la conformità della gestione con le previsioni del piano, autorizzando l'erogazione delle varie
tranche di finanziamento sottoposte a vincoli di condizionalità.
  La più recente relazione del commissario di governo può essere reperita sul sito della Direzione generale Spettacolo al
link http://www.spettacolodalvivo.beniculturali.it/index.php/fondazioni-liriche/830-anno-2018-prima-relazione-semestrale-sul-monitoraggio-dei-piani-di-risanamento-anno-2018.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati ufficiali recentemente diffusi da ARPAV1, è emerso che nelle acque del vicentino vi è la presenza di un nuovo contaminante, appartenente al gruppo dei Pfas) (sostanze perfluoroalchiliche), noto come GenX: Hfpo-da. Si tratta di un tensioattivo fluorurato la cui presenza è stata individuata in acque sotterranee situate in un raggio di 500 metri dall'azienda chimica Miteni di Trissino;

   Miteni tratta presso il proprio sito produttivo i rifiuti pericolosi classificati come «soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri». L’iter autorizzativo concesso a Miteni inizia con il decreto del dirigente della direzione tutela ambiente n. 129 del 18 giugno 2013 in cui, prendendo atto del parere espresso dalla commissione regionale Via dell'8 maggio 2013, si autorizza Miteni a convertire parte delle dotazioni impiantistiche in un sistema in grado di trattare e recuperare rifiuti pericolosi, escludendo tale procedura dalla valutazione di impatto ambientale. Le uniche prescrizioni incluse nel decreto n. 129 del 2013 riguardano il rispetto dei limiti indicati nell'autorizzazione integrata ambientale e dei limiti imposti dal gestore della rete fognaria (Avs) per gli scarichi liquidi convogliati nella fognatura consortile. In pratica, con i suddetti decreti regionali ad avviso dell'interrogante è riconosciuto a Miteni di poter trattare rifiuti chimici pericolosi;

   nel rinnovo dell'Aia concessa a Miteni (decreto n. 59 del 2014) la nuova sostanza recuperata dal rifiuto pericoloso CER070201 (GenX) viene definita materia prima secondaria destinata a ritornare nella sua totalità dal committente. Pertanto, Miteni non chiede e non le viene imposto alcun limite allo sversamento di questa sostanza nell'ambiente, confermando unicamente che i limiti per lo scarico dei reflui nel depuratore consortile per le sostanze già note sono determinati dal gestore del depuratore stesso;

   come già emerso a mezzo stampa i rifiuti arrivano dall'Olanda e, in base alla documentazione in possesso di Greenpeace, provengono dall'azienda DuPont (oggi Chemours De Namour con sede a Dordrecht). L'azienda chimica olandese, che fa capo a una delle più grandi multinazionali della chimica a livello mondiale, utilizza il GenX in sostituzione del Pfoa (acido perfluoroottanoico), nella produzione di fluoropolimeri (plastiche fluorurate). La sostituzione del Pfoa col GenX è iniziata a partire dal 2005 (negli stabilimenti americani) e si è completata nel 2012 nello stabilimento olandese;

   secondo i dati ufficiali diffusi dal National Institute of Public Health and the Environment olandese (Rivm) nel 2016 le sostanze implicate nel processo chimico del GenX sono: il precursore FRD-903 (l'acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2-(eptafluoropropossi) propanoico), la sostanza chimica utilizzata nel processo stesso FRD-902 (il sale ammonico dell'acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2-(eptafluoropropossi) propanoico) e il prodotto di trasformazione E1 (eptafluoropropil 1,2,2,2-tetrafluoroetil etere). A questo punto è più che legittimo chiedere perché uno dei più grandi stabilimenti chimici europei invia a Miteni rifiuti chimici pericolosi per recuperarne una parte;

   secondo i documenti in possesso di Greenpeace, dal 2014 al 2017 Miteni ha ricevuto ogni anno quantitativi accertati fino a 100 tonnellate annue di rifiuti chimici pericolosi contenenti il GenX (con un limite massimo di 5,4 tonnellate trattabili ogni giorno). Una volta recuperato il GenX dal rifiuto, la sostanza è stata poi inviata al cliente olandese –:

   se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e se il Governo non ritenga urgentemente di promuovere a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, per quanto di competenza e anche di concerto con la regione interessata, un programma di monitoraggio relativo alla presenza di GenX nelle acque.
(4-00717)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si fa presente che, secondo quanto riferito dalla provincia di Vicenza la Miteni S.p.a. è titolare di autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla regione Veneto con provvedimento regionale n. 59 del 2014. Successivamente, con legge regionale n. 4 del 2016, è stata delegata alla provincia la competenza al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali delle imprese chimiche, quale è quella in esame.
  Con la citata autorizzazione, la Miteni S.p.a. è stata legittimata a recuperare un rifiuto contenente la sostanza denominata «GenX» (nome commerciale), ossia il sale di ammonio dell'acido dimerico esafluoropropilene ossido (HFPO-DA). All'esito di alcuni campionamenti effettuati su richiesta della regione, nel mese di maggio 2018, Arpav ha dato comunicazione al comitato tecnico-scientifico, istituito a supporto della commissione ambiente e salute, della presenza della predetta sostanza, per le valutazioni in ordine alle azioni da intraprendere per quanto riguarda gli aspetti ambientali e sanitari.
  La commissione ambiente e salute, riunitasi, quindi, in data 2 luglio 2018, ha analizzato i dati comunicati da Arpav, chiedendo a quest'ultima che ne continuasse il monitoraggio. Nell'occasione si è preso atto del fatto che non risulta, tuttavia, interessata la rete acquedottistica.
  Ad ogni modo, la regione Veneto, con decreto dirigenziale n. 293 del 5 luglio 2018, ha sospeso l'autorizzazione di Miteni S.p.a. all'importazione di rifiuti (codice CER 070201) e la provincia di Vicenza, con provvedimento del 6 luglio 2018, ha sospeso a titolo precauzionale l'attività di recupero del rifiuto con codice CER 070201 e delle linee produttive usate per tale attività.
  La regione Veneto, in data 10 luglio 2018, ha chiesto all'istituto superiore di sanità la definizione dei limiti di concentrazione per il parametro HFPO-DA applicabili alle matrici acqua sotterranea, superficiale e suolo.
  Si tenga conto, altresì, che Arpav stessa, per effettuare i controlli, ha dovuto mettere a punto apposite e nuove metodiche analitiche, finora sconosciute, per misurare il composto GenX.
  Fra le azioni messe in atto dalla regione si ricordano anche: l'azione di sollecito ai gestori del servizio idrico integrato perché adottassero un trattamento spinto a carboni attivi a tutela della qualità dell'acqua erogata, l'attuazione di una campagna di biomonitoraggio specifica estesa alla popolazione dell'area contaminata (nonché di altre aree non contaminate per ottenere un chiaro confronto), l'attivazione di una specifica commissione tecnica regionale interdisciplinare, al fine di coordinare tutte le azioni di salvaguardia e tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, l'avvio di uno scambio di collaborazioni e di richieste al Ministero della salute ed all'istituto superiore di sanità, per un supporto scientifico, nonché con l'Organizzazione mondiale della sanità, la messa in opera di un sistema specifico e stabile di sorveglianza analitica della salute della popolazione con la contestuale attività di monitoraggio e controllo. La regione ha, inoltre, precisato che l'area interessata dall'inquinamento non comprende la provincia di Rovigo.
  In merito alla vicenda giudiziaria che ha interessato la Miteni S.p.A., il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Vicenza di essere informato in caso di eventuale esercizio dell'azione penale nel procedimento 1943/16 RGNR avviato nei confronti di dirigenti della società medesima.
  Si fa presente, inoltre, che il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, nucleo operativo ecologico di Treviso, in data 23 luglio 2018, ha contestato alla società Miteni S.p.a. l'illecito amministrativo
ex articolo 304 comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per l'omessa comunicazione agli Enti preposti, a seguito della ricezione di un rapporto di prova nel quale veniva accertata la presenza di una contaminazione di perfluoroottanoato di ammonio (Apfo) nell'acqua di scarico dell'impianto della Miteni.
  Per quanto concerne il danno ambientale, l'Ispra, su richiesta del Ministero dell'ambiente, ha fornito i primi elementi di valutazione del danno prodotto dalla contaminazione da Pfas derivanti dalla ditta in questione.
  Ad oggi è in corso, a seguito dell'invio di dati aggiornati da parte di Arpav, la quantificazione del danno nelle diverse matrici ambientali. Tale quantificazione, come previsto dalla parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006, interessa esclusivamente i composti Pfas presenti nella vigente normativa in materia di tutela delle acque. Pertanto, non sono in corso valutazioni del danno ambientale su contaminanti quali il GenX o altri Pfas privi di valori soglia di contaminazione. Per tale specifica sostanza, infatti, la normativa italiana non prevede limiti di emissione né limiti di qualità ambientale, se non all'interno dell'ampia famiglia dei «tensioattivi».
  In ordine al ricorso depositato da Miteni S.p.a. per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, posto che con decreto del 19 giugno 2018 il tribunale di Vicenza ha dichiarato ammissibile la procedura preliminare al concordato preventivo, dagli atti in possesso dell'amministrazione regionale risulta che con decreto del 24 settembre 2018 il tribunale di Vicenza, vista l'istanza depositata da Miteni S.p.a. in data 11 settembre 2018, ha assegnato l'ulteriore termine di 60 giorni per il deposito della domanda di concordato preventivo e della relativa documentazione.
  Per completezza di informazione, si segnala che il consiglio di amministrazione della società ha recentemente deliberato il deposito di un'istanza di fallimento.
  Si fa presente inoltre che per quanto riguarda, più in generale, la situazione di inquinamento ambientale da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas-Pfoa) della falda acquifera di una vasta area della regione Veneto, il Ministero dell'ambiente ha chiesto a Ispra, già nel dicembre 2016 di redigere una «relazione tecnica di individuazione, descrizione e quantificazione del danno ambientale con indicazione delle necessarie misure di riparazione primaria, complementare e compensativa» anche, alla luce del procedimento di bonifica/messa in sicurezza della falda sotterranea attivato dalla Miteni S.p.a. presso il comune di Trissino. La relazione non è ancora pervenuta al Ministero.
  Lo stesso Ministero, avendo avuto peraltro notizia che, con delibera del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2018, è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche della falda idrica nei territori delle provincie di Vicenza, Verona e Padova, continuerà ad interloquire con gli enti locali competenti ed a svolgere la propria attività di monitoraggio circa la sussistenza di eventuali ulteriori profili di danno ambientale e sull'efficacia delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica in corso, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   OSNATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le recenti notizie di cronaca confermano il prepotente ritorno della droga (eroina e non solo) in tutta Italia;

   i dati confermano infatti che nel nostro Paese i consumatori abituali di sostanze stupefacenti sono otto milioni, alimentando il 70 per cento delle attività illegali complessive;

   la nuova strategia dei narcotrafficanti mira a diffondere l'eroina a basso costo, venduta a due/tre euro a dose, sì da renderla fruibile anche dai giovanissimi e dunque allargando la platea fino a ricomprendere addirittura gli studenti delle medie superiori;

   il fatto che in questo scenario la provincia di Milano sia una piazza importante si vede dai dati sulla repressione del fenomeno diffusi dal comando provinciale dei carabinieri: in un solo mese ci sono stati 75 arresti, 3,5 quintali di sostanze e 206.000 euro sequestrati, per un giro di affari stimato in cinque milioni di euro;

   il più noto tra i punti di smercio è il cosiddetto «Boschetto della droga» di Rogoredo: 65 ettari di terreno boschivo alla periferia sud di Milano, capolinea meridionale del passante ferroviario, ove transita anche la linea 3 della metropolitana, a dieci minuti dal Duomo, dove si vendono trentamila euro di stupefacenti al giorno spesso consumati sul posto dalle centinaia di tossici, nascosti tra gli alberi, che raggiungono facilmente tale luogo con la metropolitana o con il passante ferroviario;

   i numerosi blitz effettuati dalle, forze dell'ordine, nonché i servizi realizzati dalle principali testate giornalistiche e dalle emittenti radiotelevisive nazionali, descrivono uno scenario tristemente squallido: siringhe disseminate qua e là, giovani che, in preda all'effetto dell'ultima dose, si aggirano per il bosco come automi, altri riversi per terra, altri ancora intenti a preparare le siringhe, ragazzine seminude e schiavizzate dagli spacciatori, accampamenti di fortuna;

   tali soggetti in cui è facile imbattersi anche di giorno sono in cerca di elemosina sulle banchine della metropolitana, sui binari del passante, sugli stessi convogli, ma anche lungo le vie del quartiere, davanti ai semafori o al supermercato, negli spazi verdi allestiti con i giochi dedicati ai bambini, e persino davanti alle scuole;

   la ricerca disperata di denaro per procurarsi la dose li porta spesso a rendersi protagonisti di furti negli appartamenti, scippi a danno degli anziani, atti vandalici contro le automobili e rapine negli esercizi commerciali;

   a nulla servono sporadici blitz, poiché, come confermato dai dati di pubblica sicurezza, esauritosi l'intervento delle forze dell'ordine, tutto torna come prima, e in assenza di presidi fissi, con carenza di uomini e mezzi, Rogoredo rimane una piazza di spaccio frequentata da centinaia di malintenzionati al giorno che agiscono, indisturbati, nell'illegalità;

   le istituzioni hanno il dovere di garantire ai cittadini delle periferie, al pari di quelli che risiedono in centro, il diritto alla sicurezza; diritto oggi fortemente compromesso soprattutto nella zona periferica di Milano Rogoredo –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di contrastare il fenomeno estesosi consistentemente negli ultimi mesi e anni a Rogoredo;

   se non ritenga di intervenire, da un lato incrementando la presenza delle forze dell'ordine e stanziando uomini e mezzi per realizzare presidi militari fissi nella zona di Rogoredo e, dall'altro, promuovendo, in sinergia con le amministrazioni locali, ogni altra misura ritenuta idonea al fine di contrastare e prevenire il dilagare del fenomeno dello spaccio, della tossicodipendenza e dei connessi episodi di criminalità.
(4-00300)

  Risposta. — La problematica segnalata nell'interrogazione in esame, relativa al degrado dell'area conosciuta anche come «boschetto di Rogoredo», ritrovo e dimora di tossicodipendenti e di spacciatori di sostanze stupefacenti, è ben nota alle autorità di pubblica sicurezza.
  Sin dall'anno 2015, la prefettura di Milano ha coordinato con diversi enti lo sviluppo di una strategia di intervento che prevede, da un lato, ripetuti servizi di contrasto del fenomeni criminali, dall'altro la realizzazione di opere strutturali mirate ad una complessiva riqualificazione della zona.
  In particolare, la società RFI ha programmato interventi di carattere strutturale, con lavori che avranno termine entro il corrente mese di ottobre, riguardanti la tamponatura degli accessi, la realizzazione di barriere anti-attraversamento in prossimità dei binari, la costruzione di un muro lungo seicento metri, l'implementazione del sistema di videosorveglianza, con l'installazione di altre 60 telecamere.
  Per quanto riguarda il versante del contrasto allo spaccio di stupefacenti, nell'area in questione nel periodo 10 gennaio-31 agosto 2018, la questura di Milano ha controllato 787 persone e 4.223 veicoli. Sanzionate amministrativamente 38 persone per il consumo di stupefacenti, arrestate 33 persone con il sequestro di circa 500 grammi di sostanza stupefacente. In esito a tali attività di controllo sono stati, inoltre, adottati dal questore di Milano 113 rimpatri con il foglio di via.
  A sua volta, l'Arma del carabinieri, dall'inizio dell'anno, ha deferito, all'autorità giudiziaria 25 persone (di cui 5 in stato di arresto) avanzando, inoltre, al questore 46 proposte per remissione del foglio di via obbligatorio nei confronti di assuntori non residenti.
  La problematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo è stata, da ultimo, esaminata nella seduta del 28 settembre 2018 del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza del Ministro dell'interno che, nell'assicurare il sostegno a specifiche progettualità del comune di Milano, ha confermato l'impegno per una più incisiva attività di prevenzione e di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle aree del parco, allo scopo di addivenire ad una risoluzione definitiva della problematica.
  Si fa presente, inoltre, che importanti provvedimenti sono stati assunti anche per quello che riguarda il posto di polizia ferroviaria nella stazione di Milano Rogoredo, che è stato chiuso nel mese di agosto 2004, in ragione dei volumi di traffico ferroviario di quel periodo.
  Tale scelta, nel previsto processo di riorganizzazione degli uffici e delle specialità della Polizia di Stato, è stata rivalutata in relazione alle crescenti esigenze di sicurezza e alle prospettive di sviluppo dello scalo.
  In tale quadro, il dipartimento della pubblica sicurezza ha deciso, quindi, di ripristinare il posto di polizia ferroviaria presso lo scalo di Rogoredo, che sarà dotato di un organico di 18 dipendenti. In tal senso sono già state intraprese le Iniziative necessarie con le competenti articolazioni del gruppo FS italiane per l'individuazione dei locali che ospiteranno il nuovo presidio.
  Nelle more della Istituzione del nuovo reparto, l'organico della polfer di Milano Lambrate, che dal 2004 ha assorbito la competenza territoriale sullo scalo di Rogoredo, sarà potenziato nei prossimi giorni con l'assegnazione di 2 unità che si aggiungeranno all'organico effettivo, pari a 33 unità, con ciò consentendo un aumento dei controlli con riferimento all'area ferroviaria oggetto della presente interrogazione.
  Si assicura, infine, che la linea di intervento che il Governo intende portare avanti con assoluta determinazione è volta ad incrementare il numero del personale delle Forze dell'ordine attraverso un piano di assunzioni, a partire dalla prossima legge di bilancio, che permetterà di potenziare i presìdi esistenti e bloccare la sforbiciata alle «specialità» delle forze di polizia portata avanti dal Governo precedente.
  Infatti, nessun arretramento, nessun passo indietro è possibile sul piano del diritto alla sicurezza dei cittadini; l'obiettivo primario che il Governo intende tenacemente perseguire è quello di garantire in maniera sempre più adeguata, in tutto il Paese, la capacità operatività delle forze di polizia nelle sue diverse componenti.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   PASTORINO e FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo dei vigili del fuoco ha sempre svolto un ruolo di primaria importanza nelle operazioni di soccorso in occasione delle catastrofi, naturali e non, che purtroppo hanno colpito il territorio nazionale; la tragedia che il 14 agosto 2018 ha sconvolto la città di Genova ne è la riprova;

   a seguito del crollo del ponte Morandi, i vigili del fuoco hanno ancora una volta fornito sul campo una dimostrazione di straordinaria capacità di reazione sia dal punto di vista operativo sia da quello della vicinanza e della comprensione dei disagi e dei bisogni della popolazione colpita dal disastro;

   tuttavia, il dramma genovese ha anche portato agli occhi di tutti i problemi che i vigili affrontano quotidianamente e che da anni lamentano: in Italia c'è un vigile ogni 16 mila abitanti, in Europa uno ogni mille. Nel caso specifico, il distaccamento di Genova ha una carenza di organico di 130 unità, ovvero di oltre il 12 per cento contro la media nazionale che si attesta sul 7 per cento;

   l'emergenza ha lasciato sguarniti ben 16 comandi liguri e ha evidenziato la criticità relativa all'età avanzata di molti operatori; infatti, l'età media del personale in servizio è di 46-47 anni e non sempre l'esperienza può sopperire alle carenze fisiche, tanto che si assiste a un continuo aumento delle esposizioni agli infortuni;

   con l'occasione sono stati, inoltre, sottolineate le problematiche legate alle possibili patologie che si presentano durante il corso dell'attività lavorativa dei vigili del fuoco e la necessità di far seguire all'operato di soccorritore anche un percorso di controllo riguardante lo stress da lavoro correlato;

   altro problema centrale emerso riguarda i mezzi di soccorso che nell'emergenza sono stati dislocati a Genova ma che di fatto non avendo scorte, hanno lasciato sprovvisti moltissimi territori della regione. Infatti, i vigili del fuoco liguri presentano carenza di mezzi e di strutture e di particolare gravità è il fatto che la sede di La Spezia sia attualmente sprovvista dell'autoscala, dunque impossibilitata a intervenire in caso di emergenze;

   i vigili del fuoco stanno impegnando nella vicenda del «ponte Morandi» un enorme dispendio di energie psico-fisiche in una situazione di grave difficoltà, in quanto si stima che ogni lavoratore impegnato abbia già accumulato, dal giorno del disastro, centinaia di ore di straordinario. Inoltre bisogna tener conto delle diverse condizioni organizzative a cui oggi si devono attenere i vigili del fuoco considerate la complicata mobilità della città di Genova e la necessità di essere sempre presenti, quando viene richiesto il loro tempestivo intervento –:

   considerato lo stato di emergenza in cui versa la città di Genova e che, stante la persistente gravità della situazione, è destinato a durare ancora a lungo, quali iniziative urgenti, nell'ambito delle sue competenze, il Governo intenda adottare per colmare la carenza di personale descritta in premessa e tristemente messa in risalto dal crollo del Ponte Morandi e se, al fine di permettere una pronta, necessaria, efficace e lucida gestione della crisi in corso, ritenga opportuno valutare sia nuove assunzioni sia il rientro presso la sede del capoluogo ligure di lavoratori in dotazione organica a Genova ma attualmente in servizio presso altre sedi;

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto all'evidente necessità di incremento dei mezzi e delle risorse destinate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tenendo conto delle gravi carenze, evidenziatesi da ultimo a seguito della tragedia di Genova, cui il Corpo deve quotidianamente far fronte per portare a compimento il prezioso lavoro di salvaguardia dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità dei beni.
(4-01117)

  Risposta. — Il tragico episodio del crollo dei ponte Morandi di Genova ha testimoniato ancora una volta lo straordinario impegno e l'eccezionale contributo di professionalità che i vigili del fuoco hanno sempre assicurato e continuano ad assicurare per salvare vite nel nostro Paese.
  Per quanto riguarda in particolare la situazione del personale operativo del comando di Genova, si rappresenta che, attualmente, sono in servizio 473 unità rispetto alle 506 previste, con una carenza del 6,5 per cento.
  Per assicurare il superamento della predetta criticità e delle più generali carenze di organico a tutti i livelli del Corpo nazionale, questo Governo ha messo già in campo diversi provvedimenti ed articolate iniziative.
  Già entro il prossimo mese di dicembre verranno, infatti, assegnati al Corpo 401 vigili del fuoco – che stanno attualmente frequentando il corso di formazione – e, in numero adeguato, una parte di loro verrà proprio assegnata al comando di Genova.
  Peraltro, nel disegno di legge di bilancio per il 2019 è stata prevista, nell'ambito di un più ampio piano straordinario, l'assunzione di 1.500 vigili del fuoco secondo la seguente tempistica: 650 unità dal 10 maggio 2019, 200 unità dal 1° settembre 2019 e 650 unità dal 1° aprile 2020.
  Queste misure testimoniano, quindi, i primi concreti risultati di un'azione che il Governo intende sostenere e ampliare con assoluta determinazione a beneficio di un comparto da sempre a servizio dell'incolumità e della sicurezza dei cittadini.
  Con specifico riferimento, infine, alla richiamata esigenza di un incremento del parco mezzi a disposizione, si informa che è stato già avviato da questo Ministero un piano finanziario pluriennale di rinnovo dei mezzi operativi del Corpo nazionale che consentirà di provvedere, in tempi brevi, alla sostituzione di quelli più vetusti e all'implementazione del loro numero complessivo, con l'obiettivo che parte di questi mezzi possa essere destinato alle sedi della Liguria già entro la fine del mese di dicembre 2019.
  In tale quadro, non è meno importante, infine, che il decreto-legge sicurezza-immigrazione n. 113 del 2018, convertito dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, preveda stanziamenti significativi volti a favorire i richiami del personale volontario, finalizzati ad un incremento per la retribuzione del personale volontario dei vigili del fuoco di 6 milioni di euro per il 2019 e di 5 milioni di euro a partire dal 2020.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   PETTARIN e NOVELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca recente di Grado (Gorizia) ha riportato la notizia della morte di due persone, una donna e suo figlio, a causa di un incendio che ha distrutto la loro abitazione;

   la tragica vicenda ha messo drammaticamente in luce la mancanza di un presidio fisso antincendio sull'isola;

   è inaccettabile, infatti, nonostante i numerosi allarmi e le fondamentali esigenze di sicurezza dei cittadini, che l'isola di Grado sia tuttora sprovvista di un presidio antincendio per l'intera durata della stagione balneare, ma soltanto per le tre settimane più affollate;

   è quindi necessario un intervento deciso del Governo, nella direzione di un piano di assunzioni adeguato e per l'assegnazione delle risorse, a maggior ragione se si considera che l'estate è ormai alle porte, e che alcuni nodi critici che riguardano in particolare i presidi di Lignano e di Grado, mete turistiche di grande affluenza durante la stagione calda, sono ancora irrisolti;

   Grado, nei mesi estivi, arriva a contare una popolazione di quasi 80 mila persone, e come tale va considerata per la tutela della sicurezza dei cittadini;

   purtroppo i vigili del fuoco sono previsti a Grado solo grazie a un finanziamento della regione e del comune, che, per il 2018, consentirà di avere un servizio h24 per soli 22 giorni in alta stagione, ma è evidente come questa non possa essere una misura sufficiente per la sicurezza dell'isola; è di quasi mezz'ora, infatti, il tempo che, in condizioni di normale traffico, i vigili del fuoco di Monfalcone impiegano per raggiungere la zona di Grado. Si tratta di tempi incompatibili con un salvataggio;

   a ciò si affianca il tema della strutturale carenza di organico del corpo dei vigili del fuoco: in particolare in Friuli Venezia Giulia, a mancare all'appello non sono poche unità, ma addirittura 150 operatori, 61 dei quali tra Trieste e Gorizia; agli operatori mancanti all'appello nelle province, vanno poi sommati i pensionamenti che saranno effettuati entro la fine dell'anno –:

   anche alla luce dei tragico evento riportato in premessa, se il Governo non ritenga di assumere ogni opportuna iniziativa di competenza affinché siano assicurate risorse adeguate per potenziare l'organico dei vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, in modo da sanare le gravi carenze di personale e garantire, così, l'apertura del distaccamento regionale a Grado per l'intera stagione balneare, assicurando il servizio h24.
(4-00304)

  Risposta. — Le cause dell'incendio sviluppatosi nella notte tra il 12 e il 13 maggio 2018 all'interno di un appartamento del comune di Grado sono attualmente in corso di accertamento. Il pronto intervento delle squadre dei Vigili del fuoco provenienti da Gorizia e Monfalcone ha consentito di spegnere le fiamme ed evitare che le stesse si propagassero nelle abitazioni confinanti, ma non ha potuto salvare la vita dei due occupanti.
  Dalle relazioni dei tecnici non sembra tuttavia emergere con certezza che la presenza di un presidio con sede in Grado avrebbe consentito di sottrarre alla morte le persone perite nell'incendio, attesa la rilevante oggettiva tempestività dell'intervento dei mezzi di soccorso.
  Il suddetto episodio ha, tuttavia, suscitato polemiche incentrate sull'esigenza dell'apertura di un presidio fisso dei vigili del fuoco nel comune di Grado.
  In via preliminare, nel sottolineare che le problematiche concernenti il potenziamento di uomini e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono da tempo all'attenzione di questo Ministero, si evidenzia che, al momento, a fronte di una previsione organica di 37.781 dipendenti, il Corpo soffre una carenza di poco più di 3.000 unità.
  Al riguardo, sono in corso di attuazione alcune misure volte a mitigare l'incidenza di tale
deficit. Si richiamano, in particolare: l'autorizzazione a bandire una nuova procedura selettiva per l'immissione di 250 giovani nella qualifica di vigile del fuoco (la relativa procedura concorsuale avrà termine entro la fine dell'anno corrente); l'assunzione straordinaria di 1.300 unità, con una programmazione quinquennale, a decorrere dal 1° ottobre di ogni anno: per il 2018 sono previste 50 assunzioni; l'assunzione di 400 unità nei ruoli iniziali del Corpo nazionale, già avvenuta in data 7 maggio 2018, a valere sulle facoltà assunzionali del 2018 relative al cento per cento delle cessazioni avvenute nel 2017: gli allievi vigili hanno già iniziato l'ottantatreesimo corso di formazione che avrà termine entro la fine dell'anno; un incremento della dotazione organica della qualifica di Vigile del fuoco di 300 unità con decorrenza 1° ottobre 2018.
  Occorre, inoltre, evidenziare che il Corpo è stato chiamato a fronteggiare maggiori oneri funzionali in virtù di recenti interventi normativi come, ad esempio, la lotta attiva agli incendi boschivi dopo l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato o l'assunzione di un ruolo di coordinamento tecnico-ispettivo negli interventi di soccorso pubblico più complessi, sancito anche nel nuovo codice della Protezione civile, nonché i più onerosi impegni che scaturiscono dalle nuove direttive sulla sicurezza integrata in occasione delle manifestazioni pubbliche. Tali circostanze determinano, effettivamente, la necessità di prevedere l'immissione di ulteriori unità di personale per assolvere adeguatamente anche alle nuove missioni prima delineate.
  Per quanto concerne, in particolare, la dotazione organica del personale operativo dei vigili del fuoco della regione Friuli Venezia Giulia, a fronte di una dotazione teorica pari a 853 unità (capi reparto, capi squadra e vigili), si registra una presenza effettiva pari a 782 unità con una carenza del 8,32 per cento) superiore a quella nazionale che, nelle predette qualifiche, è pari complessivamente al 4,8 per cento.
  Per quel che attiene al Comando dei vigili del fuoco di Gorizia, a fronte di una dotazione organica teorica, pari a 206 unità, di cui 20 capi reparto, 50 capi squadra e 136 vigili del fuoco, le effettive presenze del citato personale operativo corrispondono a 17 capi reparto, 48 capi squadra e 123 vigili, con una carenza in organico di n. 18 unità di personale operativo non specialista (capi reparto, capi squadra e vigili).
  Si evidenzia, dunque, una carenza nel profilo dei capi reparto del inferiore rispetto alla media nazionale che è del 26,87 per cento mentre nel profilo dei capi squadra la carenza si attesta al risultando inferiore rispetto alla media nazionale del 10 per cento. Per il profilo di vigile del fuoco si riscontra una carenza del 9,56 per cento, mentre a livello nazionale si registra una carenza pari allo 0,3 per cento.
  A fronte, della citata carenza di organico, si è provveduto – in occasione delle assegnazioni avvenute al termine dell'81° corso di formazione – a destinare al comando di Gorizia n. 2 vigili del fuoco, al comando di Pordenone n. 3 vigili del fuoco e al comando di Udine n. 4 vigili del fuoco, che hanno preso servizio con decorrenza 7 maggio 2018.
  Sempre al fine di ridurre le carenze a livello territoriale, questo Ministero, già dal 6 agosto 2018 ha provveduto ad assegnare nella regione Friuli-Venezia Giulia alcune unità di vigili provenienti dall'82° corso di formazione, di cui 10 a Gorizia, 23 a Pordenone e 7 a Udine, mentre nello scorso mese di settembre sono state avviate le procedure per la ricognizione e la successiva assegnazione dei vigili provenienti dai corsi 83° e 84°.
  Per quanto attiene al ruolo dei capi squadra e capi reparto, si rappresenta che è stata definita la procedura di promozione alla qualifica di capo squadra con decorrenza 2016,che riguarda 608 unità.
  Sono state, inoltre, avviate le procedure per dare corso alle riqualificazioni a capo squadra con decorrenza 2017 e, dalla fine di luglio è stato assegnato ai domandi il personale promosso alla qualifica di capo reparto con decorrenza 2017.
  Con riguardo all'apertura estiva del distaccamento di Grado, citato nell'interrogazione, considerate la consistenza organica reale e la carenza di disponibilità economiche per il richiamo di personale discontinuo, il comando dei vigili del fuoco di Gorizia si è effettivamente trovato nella difficoltà di garantire, con un presidio dedicato, la copertura della cittadina lagunare di Grado per l'intera stagione balneare.
  Per sopperire alle citate difficoltà, si è provveduto, da parte di questo Ministero, alla stipula di apposita convenzione con il comune di Grado, ai sensi dell'articolo 1, comma 439, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), norma che – per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di soccorso tecnico urgente – consente allo stesso Ministero e, per sua delega, ai prefetti, di stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali ai fini della contribuzione logistica, strumentale o finanziaria delle regioni stesse e degli enti locali.
  In virtù della predetta convenzione ed al fine di consentire il potenziamento del servizio di soccorso tecnico urgente nel territorio gradese, il predetto comune ha messo a disposizione la somma di euro 46.000,00, di cui euro 36.000,00 provenienti da stanziamenti regionali.
  Si aggiunge, peraltro, che il 22 maggio 2018 il Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a seguito di specifica richiesta del comandante provinciale, ha autorizzato il ricorso a 2.400 ore di lavoro straordinario, specificamente per l'apertura del distaccamento di Grado.
  In relazione, quindi, alla richiesta circa l'apertura di un presidio stagionale di vigili del fuoco a Grado per l'intera stagione balneare, si fa presente che – con le risorse economiche complessive disponibili e grazie al supporto del personale dei comandi dell'intera regione Friuli Venezia Giulia – il predetto distaccamento è stato attivato con un servizio h24, dalle ore 8.00 del 12 luglio 2018 alle ore 8.00 del 27 agosto 2018.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   PEZZOPANE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da fonti a mezzo stampa, si apprende che un cittadino italiano, Denis Cavatassi, è detenuto in Thailandia, nel carcere di massima sicurezza di Nakkon Si Tammarat, a cinque ore da Phuket;

   Cavatassi gestiva in Thailandia un ristorante sull'isola di Phi Phi. Nel 2011 il suo socio in affari, Luciano Butti, anche lui ristoratore di 60 anni originario della provincia di Arezzo, viene trovato morto. Cavatassi è accusato di aver commissionato l'omicidio dietro il pagamento di 150 mila baht, circa 3.500 euro, e viene arrestato insieme ad altri tre thailandesi;

   la sorella di Cavatassi, ha dichiarato che, inizialmente rilasciato su cauzione, Denis decise di non rientrare in Italia, convinto che sarebbe stato assolto perché innocente, ma invece è stato dichiarato colpevole da due gradi di giudizio, condannato a morte ed è tuttora in carcere;

   secondo la famiglia e i loro legali, le prove raccolte contro di lui dimostrano l'infondatezza dell'accusa: parrebbe, infatti, che l'imputato vantasse un credito di 200 mila euro da Butti, e che in quei giorni avesse fatto un bonifico di 3.500 euro al cameriere arrestato quale presunto compenso per il delitto, ma nella realtà dei fatti supportati dalla documentazione raccolta è stato accertato che non c'era nessun credito, e che al cameriere erano stati accreditati con due bonifici solo il suo salario e un piccolo anticipo chiesto per un problema familiare, in tutto 700 euro; e per questo, la famiglia, attraverso i legali, ha depositato un ricorso alla Corte Suprema;

   le condizioni di detenzione del nostro concittadino sono di estrema durezza, dato il terribile sovraffollamento in cui versano le strutture penitenziarie thailandesi –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il pieno sostegno alla fase di ricorso avviata dalla famiglia Cavatassi.
(4-01632)

  Risposta. — Il signor Denis Cavatassi venne arrestato a Phuket nel marzo del 2011 con l'accusa di essere il mandante dell'omicidio di un altro cittadino italiano, il signor Luciano Butti, suo socio in affari, ucciso nella medesima città il 15 marzo 2011 mentre si trovava alla guida di una motocicletta. A seguito delle indagini svolte dalla polizia tailandese, erano stati arrestati quattro sospetti, tra cui, oltre al signor Cavatassi, tre cittadini locali legati da un rapporto di lavoro con i due connazionali.
  A fine 2016 il signor Cavatassi è stato condannato a morte in primo grado per omicidio premeditato e la decisione è stata poi confermata in secondo grado nel gennaio del 2017. La sentenza avrebbe potuto essere commutata formalmente in ergastolo se il connazionale si fosse dichiarato colpevole nel procedimento di appello.
  Il signor Cavatassi, che si trova detenuto in un penitenziario di massima sicurezza nei pressi di Phuket, ha presentato un ricorso in terzo ed ultimo grado presso la Corte suprema della Tailandia. L'esame dell'istanza risulta tuttora in corso e una decisione dovrebbe essere presa entro la fine dell'anno. Nell'ipotesi in cui fosse confermata la condanna alla pena capitale il connazionale avrebbe ancora la possibilità di presentare una richiesta di grazia, che sarebbe prontamente appoggiata dalle autorità italiane.
  Sul piano consolare l'Ambasciata, in stretto raccordo con la Farnesina, ha seguito sin dal suo insorgere con la massima attenzione la vicenda del signor Cavatassi, prestando ogni possibile assistenza al connazionale e ai suoi familiari. I congiunti dell'interessato sono stati ricevuti più volte anche presso questo Ministero, da ultimo il 22 maggio 2018. Numerose sono state le visite consolari effettuate dal 2011 ad oggi per accertare le condizioni detentive e di salute dell'interessato. Da ultimo il signor Cavatassi è stato visitato in carcere dall'Ambasciatore a Bangkok il 18 ottobre 2018 (all'incontro era presente la sorella del connazionale, signora Romina Cavatassi).
  Inoltre l'Ambasciata a Bangkok è intervenuta a più riprese presso le competenti autorità thailandesi, incluso il Ministro della giustizia, al fine di ottenere formali garanzie sulla conferma della moratoria sulle condanne alla pena capitale e quindi sulla non esecuzione della pena comminata al connazionale. La nostra rappresentanza continua a seguire da vicino gli sviluppi giudiziari del caso, mantenendosi in stretto contatto con l'avvocato del connazionale e con la famiglia, ed esperendo in ogni occasione utile un'azione di sensibilizzazione sulle autorità locali.
  Si segnala infine che il 6 novembre 2018 i familiari del connazionale e il loro avvocato sono stati ricevuti dal Presidente della Camera dei deputati, onorevole Roberto Fico. Era presente all'incontro anche il Direttore generale per gli italiani all'estero di questo Ministero Luigi Maria Vignali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2018 è stato approvato il decreto legislativo recante «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, modificativo del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»;

   nella ratio del decreto vi è anche la valorizzazione del personale specialista dei vigili del fuoco, dotato di particolari capacità tecniche altamente professionali (aeronaviganti, nautici e sommozzatori), attraverso l'inquadramento in appositi ruoli con specifiche dotazioni organiche e uno sviluppo di carriera più articolato;

   in questi giorni è stato inviato dal dipartimento dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile alle organizzazioni sindacali il testo definitivo del decreto, e si evidenzia in esso la totale assenza di alcun riferimento atto alla valorizzazione del personale operativo del servizio telecomunicazioni (TLC) del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, istituito con decreto ministeriale 5 gennaio 1974, n. 4015;

   inoltre, a quanto risulta all'interrogante è emerso che non è stato dato seguito all'osservazione della I commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, espressa il 27 settembre 2018, secondo la quale «appare necessario riconoscere al personale operativo appartenente al settore delle telecomunicazioni e radioriparatori dei vigili del fuoco la specialità riconosciuta anche altri settori specialisti del Corpo, quali elicotteristi e piloti di aereo, sommozzatori e nautici»;

   il nuovo decreto ha assegnato parzialmente la funzione di radioriparatore alla nuova componente tecnica, la cui istituzione è prevista dall'articolo 70 del medesimo decreto, a giudizio dell'interrogante, in contrasto con la normativa sulla sicurezza e salute dei luoghi di lavoro, in quanto per l'installazione e la manutenzione di attrezzature, apparecchiature e impianti radio e telecomunicazioni servono in diverse occasioni specifiche professionalità, come lavoratori esperti in lavori in quota e lavoratori addetti ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi, non presenti al momento nel Corpo, se non nel solo settore operativo-emergenziale –:

   quali siano le motivazioni per le quali il personale specialista radioriparatore delle telecomunicazioni non sia stato inserito nell'ambito del provvedimento di riforma dell'ordinamento dei vigili del fuoco, e quali iniziative intendano mettere in atto per non penalizzare questo settore nevralgico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   quali siano le motivazioni per le quali non sia stata recepita l'osservazione di cui al citato parere parlamentare, nelle parti in cui si chiedeva di riconoscere al personale operativo appartenente al settore delle telecomunicazioni e radioriparatori dei vigili del fuoco la specialità riconosciuta anche altri settori specialisti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché un'indennità di specializzazione.
(4-01548)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in esame l'interrogante lamenta il mancato riconoscimento della specialità del personale radioriparatore delle telecomunicazioni nell'ambito delle disposizioni dettate dal decreto legislativo 6 ottobre 2018, n. 127, di riforma dell'ordinamento dei vigili del fuoco.
  Al riguardo, si osserva che il citato decreto legislativo prevede l'istituzione di appositi ruoli per alcune componenti specialistiche (aeronaviganti, sommozzatori e nautici), corrispondenti a settori operativi strategici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, oltre a connotarsi per le peculiari modalità di svolgimento dell'attività di soccorso, richiedono: lo svolgimento di percorsi formativi di accesso molto articolati, il possesso di particolari requisiti psico-fisici, l'osservanza di specifiche normative di settore nazionali ed europee.
  I «radioriparatori» svolgono compiti di fondamentale importanza per garantire le telecomunicazioni, sia nelle ordinarie attività di istituto del Corpo nazionale che negli scenari operativi in occasione di eventi calamitosi, non connotati, tuttavia, dai medesimi requisiti di immediatezza del soccorso e dall'esposizione al rischio che caratterizzano le altre specialità. Inoltre, per tale componente sono previsti percorsi formativi meno complessi rispetto all'altro personale specialista e il possesso dei medesimi requisiti psico-fisici del restante personale operativo.
  Ciò premesso, si precisa che la mancata istituzione di un apposito ruolo specialista per gli addetti alle telecomunicazioni, non significa che la specifica professionalità di tale personale, appartenente sia ai ruoli operativi che ai ruoli tecnico professionali del Corpo nazionale, non possa essere adeguatamente considerata. Del resto, il citato decreto legislativo n. 127 del 2018, nel declinare le funzioni espletate dai diversi ruoli, precisa che vigili del fuoco, capi squadra e capi reparto «svolgono, anche nel settore radio e telecomunicazioni attività che richiedono il possesso di specifiche abilitazioni».
  Tale personale, pertanto, continuerà ad avere una propria pianta organica articolata in nuclei territoriali e uffici centrali, progressioni di carriera in base alle carenze individuate nel settore e procedure di mobilità distinte rispetto al personale non specialista.
  Resta ferma, infine, la possibilità di attribuire al personale radioriparatore apposite indennità, per remunerare la specificità del loro lavoro, individuate nell'ambito delle risorse del fondo di amministrazione mediante le previste procedure di partecipazione sindacale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   SCANU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno 2004, è stato istituito, nell'ambito del progetto «Soccorso Italia in 20 minuti» il distaccamento di vigili del fuoco di Cuglieri;

   l'operatività della sede distaccata in un primo periodo è stata garantita dai volontari, in seguito, a partire dall'agosto del 2013, con decreto n. 695/89935, il Ministero dell'interno ha qualificato la sede come «mista»;

   nel 2014 per un asserito errore materiale nella trascrizione dei dati numerici relativi agli interventi effettuati inviati al Ministero dell'interno, al tempo denunciato dai responsabili locali del Corpo e dalle sigle sindacali, il programma di ridimensionamento delle caserme a livello nazionale aveva conteggiato 27 interventi all'anno per la caserma Cuglieritana in luogo dei circa 300 effettuati;

   nel 2015 la qualificazione della sede passa da «mista» a «permanente», restando ancora però sprovvista di organico;

   per via dell'asserito errore di trascrizione di cui sopra, nel 2016 il distaccamento dei vigili del fuoco di Cuglieri era stato riqualificato in Sdr (sede priva di organico);

   attualmente la sede distaccata di Cuglieri è attiva per circa un mese nel periodo estivo, reggendosi sui soli finanziamenti erogati dalla regione Sardegna per la campagna anti-incendi;

   il territorio di competenza del distaccamento comprende i comuni di Cuglieri, Scano di Montiferro, Sennariolo, Tresnuraghes e le loro rispettive borgate marine, le quali da sole raggiungono nel periodo estivo una popolazione di circa 15.000 persone, senza considerare i territori ora competenza di altri distaccamenti che potrebbero a questo attribuirsi operando un'equa distribuzione di competenza territoriale, che alleggerirebbe i già eccessivamente impegnati distaccamenti che attualmente si dividono la zona come area d'intervento, valorizzando la posizione baricentrica del distaccamento di Cuglieri, le cui squadre avrebbero di gran lunga anche i minori tempi d'intervento;

   gli interventi in partenza dalla sede Cuglieritana godono di una viabilità migliore rispetto a quelli che giungono dalla sede distaccata di Macomer; arrivando da quest'ultima si deve superare la catena montuosa del Montiferru, il cui attraversamento risulta essere particolarmente difficoltoso per i mezzi dei vigili del fuoco; gli interventi provenienti da sud devono invece obbligatoriamente percorrere la strada statale 292, strada a due corsie e doppio senso di circolazione particolarmente congestionata soprattutto durante il triodo estivo, il cui eventuale blocco renderebbe la zona irraggiungibile per i mezzi di soccorso;

   il distaccamento di Cuglieri presidia un territorio impervio nel quale si registrano tempi di percorrenza oltre la media, difatti i tempi di arrivo dai più vicini distaccamenti/comandi non sono inferiori ai 30/35 minuti, arrivando in alcuni casi a 40 minuti;

   occorre intervenire per tutto quanto sopra esposto, e anche in virtù di quanto affermato dal capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal sottosegretario per l'interno Stefano Candiani, in occasione della recente visita di questi ultimi al distaccamento dei vigili del fuoco di Abbasanta, relativamente al piano di assunzioni previsto per il 2019 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   se intenda attivarsi, di concerto con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con lo stesso comando provinciale di Oristano, affinché si correggano gli esistenti errori di trascrizione, se commessi, in ogni caso prendendo atto delle necessità espresse in premessa;

   se si intenda procedere all'istituzione di un distaccamento «permanente» nel territorio di Cuglieri, come già previsto dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», essendo lo stesso situato in una posizione geograficamente baricentrica tra Oristano, Macomer, Abbasanta e Bosa, considerati anche i rischi naturali e antropici a cui la zona è esposta.
(4-01438)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede l'istituzione di un distaccamento «permanente» nel territorio di Cuglieri (Oristano), così come previsto dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», in considerazione anche del fatto che l'intera zona del Montiferru è esposta a molteplici rischi naturali ed antropici.
  Al riguardo si fa presente che l'attuale configurazione, del dispositivo di soccorso del comando di Oristano consiste, oltre che della sede centrale, di due distaccamenti permanenti, le cui piante organiche sono state oggetto, in tempi recenti, di progressivo potenziamento per effetto, prima, del decreto ministeriale 31 luglio 2015 e, successivamente, del decreto ministeriale 11 aprile 2017, che hanno consentito la riclassificazione dei suddetti distaccamenti, determinata con atto del capo del corpo del 21 aprile 2017.
  Attualmente, dal comando di Oristano dipende una sede distaccata di tipo «SD3» – Ghilarza/Abbasanta – avente una pianta organica di 34 unità ed una sede «SD2» – Ales – con una pianta organica di 30 unità. Si sottolinea che, dal 2008 ad oggi, la dotazione organica teorica del personale operativo del comando di Oristano è stata incrementata del 25 per cento, a fronte di un aumento medio per comando pari all'11,45 per cento.
  L'attenzione rivolta da questa amministrazione alle esigenze di ulteriore potenziamento del dispositivo di soccorso a copertura dei territorio del Montiferru, è attestata dall'avvenuta decretazione di un terzo distaccamento permanente da ubicare a Cuglieri, attualmente sede di un distaccamento volontario e di un presidio stagionale.
  L'attivazione del predetto distaccamento è contemplata tra gli obiettivi di potenziamento e troverà definizione sulla base dei prossimi incrementi delle dotazioni organiche complessive del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  È noto, al riguardo, che in tale direzione il Governo ha previsto, nel disegno di legge di bilancio per il 2019, l'assunzione di 1.500 vigili del fuoco secondo la seguente tempistica: 650 unità dal 10 maggio 2019, 200 unità dal 1° settembre 2019 e 650 unità dal 1° aprile 2020.
  Si sottolinea, infine, che gli interventi effettuati dalle squadre dei vigili del fuoco sono attualmente registrati e geolocalizzati in tempo reale mediante sistemi informatici in uso alle sale operative dei comandi e che, pertanto, l'accesso a tali dati, utili per la pianificazione dello sviluppo dell'assetto operativo territoriale, non richiede comunicazioni e «trascrizioni», eliminando così la possibilità di errori materiali cui si fa cenno nell'interrogazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe del 6 agosto 2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 268 del 17 novembre 2015 ha assegnato risorse pari a euro 25.987.211,00 per l'anno 2015 per la realizzazione di un programma stralcio nel settore dei beni culturali e dell'edilizia pubblica e, specificatamente, 19.750.000 euro al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la realizzazione del programma stralcio degli interventi sui beni culturali danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009;

   la somma pari a euro 14.150.00,00 è destinata a interventi nei territori dei comuni situati fuori dal cratere;

   in particolare, come riportato dall'allegato:

    euro 2.000.000 sono destinati a interventi sulla chiesa di S. Urbano di Bucchianico;

    euro 2.000.000 sono destinati a interventi sulla chiesa San Francesco di Chieti;

   ad oggi è difficile reperire informazioni esaustive riguardo allo stato di attuazione del programma stralcio di interventi prioritari sugli immobili colpiti dal sisma del 6 aprile del 2009 nella regione Abruzzo e riportati nella tabella 1 dell'allegato della delibera del Cipe del 6 agosto 2015 –:

   quale sia lo stato di attuazione degli interventi per ogni immobile riportato nella tabella 1 dell'allegato della delibera del Cipe del 6 agosto 2015;

   ove sussistano situazioni di inerzia, ovvero di ritardo riguardo all'avvio degli interventi, quali siano le motivazioni che le hanno causate.
(4-00207)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo sopra indicato, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere lo stato di attuazione degli interventi per ogni immobile riportato nella tabella 1 dell'allegato della delibera Cipe del 6 agosto 2015.
  Sulla base delle notizie fornite dal segretariato regionale per l'Abruzzo si rappresenta quanto segue.
  A far data dal 1° aprile 2012, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4013 del 23 marzo 2012, l'allora direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo subentrava al commissario delegato per la ricostruzione
post sisma 2009.
  Dei principali interventi attivati dal vice commissario e acquisiti dall'allora direzione regionale, si annoverano quelli finanziati con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3820 del 2009 e quelli finanziati con delibera Cipe 43 (decreto 24 poi 71):

  FINANZIA-
  MENTO

  TIPOLOGIA INTER-
  VENTO

  IMPORTO
  FINAN-
  ZIATO

  INTERVENTI
  PROGRAMMATI

  STATO DI AVANZAMENTO

  CRATERE

  FUORI
  CRATERE

  AV-
  VIATI

  IN
  CORSO

  CON-
  CLUSI

  O.P.C.M.
  3820/2009
  Chiesa
  per Natale

  RIPRISTINO AGIBILITÀ

  14.125.792,21

  72

  50

  122

  0

  122

  122

  FINANZIA-
  MENTO

  TIPOLOGIA INTER-
  VENTO

  IMPORTO
  FINAN-
  ZIATO

  INTERVENTI
  PROGRAMMATI

  STATO DI AVANZAMENTO

  CRATERE

  FUORI
  CRATERE

  AV-
  VIATI

  IN
  CORSO

  CON-
  CLUSI

  CIPE
  n. 43/2012

  CONSOLIDAMENTO E RESTAURO

  41.279.353,51

  47

  1

  48

  5

  43

  48

  Con Delibera Cipe n. 135 del 2012, su proposta dell'allora direzione regionale per l'Abruzzo, è stato finanziato il programma «Annualità 2013», parte integrante del programma pluriennale 2013-2021.
  Il programma «Annualità 2013» ha previsto un totale di 47 interventi (comprese le rimodulazioni) per un importo di 70.500.000,00 euro.
  Di questi 47 interventi, il n. 21 (L'Aquila oratorio De Nardi) e il n. 23 (L'Aquila S. Marco) sono stati annullati e le somme previste per i lavori sono state rimodulate; il n. 2 (L'Aquila SS. Giorgio e Massimo) e l'intervento n. 3 (L'Aquila Chiesa di S. Maria Paganica) sono stati rimodulati e sono in fase di acquisizione progettuale.
  In sostanza, dei 47 interventi (comprese le rimodulazioni) sono stati attivati 43 interventi.
  Con delibera Cipe n. 77 del 2015, su proposta dell'allora direzione regionale per l'Abruzzo, è stato finanziato il programma «Annualità 2015» parte integrante del Programma pluriennale 2013-2021.
  Si precisa che l'annualità 2014 del programma pluriennale 2013-2021 non è stata presentata e gli interventi in essa previsti sono stati in parte riassorbiti nell’«Annualità 2015».
  Il programma «Annualità 2015» ha previsto n. 55 interventi, per un totale di 56.950.000.00 euro, tutti in fase di avvio dei lavori.
  

  FINANZIA-
  MENTO

  TIPOLOGIA INTER-
  VENTO

  IMPORTO
  TOTALE
  FINAN-
  ZIATO

  INTERVENTI
  PROGRAMMATI

  STATO DI AVANZAMENTO

  Cratere

  Fuori
  Cratere

  Av-
  viati

  In Corso

  Con-
  clusi

  O.P.C.M.
  3820/2009
  Chiesa
  per Natale

  RIPRISTINO AGIBILITÀ

  14.598.631,00

  72

  50

  122

  -

  122

  122

  CIPE
  n. 43/2012

  CONSOLIDAMENTO E RESTAURO

  41.279.353,51

  47

  1

  48

  5

  43

  48

  Delibera
  CIPE
  135/2012

  CONSOLIDAMENTO E RESTAURO

  70.500.000,00

  27

  16

  43

  28

  15

  43

  CIPE
  77/2015

  CONSOLIDAMENTO E RESTAURO

  56.950.000,00

  36

  19

  6

  4

  2

  55

  TOTALI

  183.327.984,51

  182

  86

  219

  37

  182

  268

  Dal 1° aprile 2012 sono stati programmati interventi su 268 monumenti.
  Se si esclude la programmazione del Cipe n. 77 del 2015 (per la quale sono stati avviati solo 6 interventi), sono stati attivati 219 interventi (81,71 per cento dei previsti) di cui 182 conclusi (83,10 per cento).

  FINANZIAMENTO

  IMPORTO
  FINANZIATO

  IMPORTO
  ACCREDITATO

  SOMME
  LIQUIDATE

  CASSA

  O.P.C.M. 3820/2009

  14.598.631,00

  14.598.631,00

  13.636.500,00

  962.131,00

  CIPE n. 43/2012

  41.279.353,51

  41.279.353,51

  39.740.631,86

  1.538.721,65

  Delibera CIPE 135/2012

  70.500.000,00

  34.000.000,00

  33.290.705,14

  709.294,86

  CIPE 77/2015

  56.950.000,00

  7.772.000,00

  1.703.994,92

  6.068.005,08

  TOTALE

  183.327.984,51

  97.649.984,51

  88.371.831,92

  9.278.152,59

  L'importo complessivo dei finanziamenti concessi assomma a 183.327.984,51 euro.
  Sono stati effettivamente accreditati 97.649.984.51 euro (53,27 per cento del finanziato) e sono state liquidate somme per 88.371.831.92 euro (48,20 per cento del finanziato e 90,50 per cento della somma accreditata).
  Risulta evidente che il livello di attuazione degli interventi finanziati dal Cipe fino alla programmazione della 135/2012 aveva raggiunto esiti prossimi al 100 per cento delle previsioni.
  Il successivo rallentamento nel dare esecutività agli interventi finanziati dalla delibera Cipe n. 77 del 2015 è da attribuire alle seguenti motivazioni:

   i dubbi interpretativi sulla legge 125 del 2015, articolo 11, comma 11-bis, in particolare in relazione alla possibilità di acquisire i progetti già redatti e commissionati da altri soggetti (curie, consorzi di ricostruzione, parroci) che, fino alla data del 15 agosto 2015, potevano legittimamente definirsi soggetti attuatori degli interventi anche sugli edifici culturali destinati alle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222. Le modalità ed i limiti per l'acquisizione dei progetti sopra indicati sono stati definiti dal parere espresso nella Nota n. 5072 dell'Avvocatura distrettuale dello Stato de L'Aquila del 19 febbraio 2016;

   le modifiche introdotte dal nuovo codice degli appalti, emanato il 18 aprile 2016 con il decreto legislativo n. 50, che, imponendo il livello progettuale esecutivo anche agli interventi sui beni culturali per poter procedere all'appalto ed all'esecuzione dell'opera, ha obbligato le stazioni appaltanti ad adeguare i progetti definitivi (fino ad allora sufficienti per l'appaltabilità dei lavori) in esecutivi, con un inevitabile allungamento dei tempi;

   in sostituzione del «semplice» deposito dei progetti di consolidamento strutturale presso gli uffici del genio civile o, come nel caso del segretariato regionale, nell'archivio dedicato dello stesso ufficio, con la legge n. 28 dell'11 agosto 2011 (modificata dalla legge regionale 8 del 4 marzo 2016 e successive modificazioni e integrazioni) la regione Abruzzo ha stabilito le regole in materia di riduzione del rischio sismico e le modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone ad alto e medio rischio di terremoti (zone 1 e 2 della mappa del rischio sismico regionale). In virtù di tale legge, gli interventi sul patrimonio edilizio esistente non possono essere realizzati in assenza di autorizzazione sismica, che viene rilasciata dagli uffici regionali competenti;

   il progressivo impoverimento dell'organico del segretariato che conta, al momento, 18 dipendenti a fronte delle 35 unità previste, con carenze di funzionari sia tecnici, sia amministrativi;

   infine, alcuni degli immobili inseriti nel programma sono stati colpiti anche dallo sciame sismico del 2016, riportando danni la cui misurazione tecnica e la conseguente quantificazione economica, hanno comportato un'inevitabile revisione delle progettazioni.

  Come richiesto, sentiti i rispettivi Responsabili unici del procedimento, si forniscono inoltre i seguenti elementi informativi in merito ai due interventi oggetto di specifica attenzione da parte dell'interrogazione parlamentare.

Chiesa di S. Francesco a Chieti

  L'intervento programmato sulla chiesa di San Francesco a Chieti fa seguito ad un primo finanziamento ottenuto dalla prefettura di Chieti (l'edificio sacro è di proprietà del FEC). Il Fondo edifici di culto è stato incrementato da stanziamenti dell'Arcidiocesi di Chieti-Vasto, della Fondazione Carichieti e della comunità dei frati francescani. L'importo del finanziamento ammontava a 529.468,00 euro. Nel giugno 2011, la prefettura di Chieti comunicava l'intento di affidare l'attuazione dell'intervento sulla chiesa all'allora direzione regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  I funzionari del Ministero avviavano le necessarie verifiche sullo stato di dissesto del monumento e sugli interventi da porre in essere.
  Risultò evidente che la somma necessaria per risolvere le criticità strutturali subite dalla chiesa era notevolmente superiore a quanto lodevolmente raccolto dalla prefettura di Chieti.
  Il progetto definitivo, consegnato nel maggio 2013, quantificò in 2.331.206,13 euro il costo dell'intervento.
  Al fine di ottimizzare i risultati dell'intervento e acquisire la copertura finanziaria dell'intera opera, la direzione regionale avanzò richiesta di finanziamento al Cipe per un importo di 2.000.000,00 euro per l'annualità 2014.
  Il finanziamento Cipe 77 fu deliberato solo nell'agosto 2015 e registrato dalla Corte dei conti nel novembre 2015.
  Nel mentre, a seguito di incontri e sopralluoghi effettuati congiuntamente a funzionari della prefettura di Chieti e a funzionari del Ministero dell'interno, il funzionario di zona della soprintendenza riscontrò un aggravamento delle condizioni strutturali della chiesa con un pericolo di ribaltamento della facciata.
  Il 30 gennaio 2015, fu disposto un intervento di somma urgenza volto a scongiurare danni al monumento, utilizzando i fondi messi a disposizione dalla prefettura di Chieti.
  Le scosse sismiche dell'ottobre 2016 e gennaio 2017 hanno determinato ulteriori danni al monumento per cui, con successivi adeguamenti progettuali di opere complementari, sono stati effettuati interventi di messa in sicurezza dell'apparato decorativo della navata centrale.
  La presenza di ponteggi all'interno ed all'esterno dell'edificio ha consentito di avere cognizioni più precise sul reale stato fessurativo e sulle criticità strutturali da risolvere.
  Fu avviata una sostanziale revisione del progetto che poteva disporre di dati conoscitivi aggiornati.
  È da rilevare che, nel mentre, era intervenuta la nuova normativa sui contratti pubblici con il decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50.
  Come già evidenziato, per l'appaltabilità delle opere, il nuovo codice imponeva la redazione, anche nel settore degli interventi sui beni monumentali, del progetto esecutivo, laddove nella normativa del decreto legislativo n. 163 del 2006 era possibile avvalersi del progetto definitivo.
  Inoltre, come detto nella disamina relativa allo stato d'attuazione degli interventi finanziati dalla delibera Cipe 77, è stata modificata anche la normativa relativa alla «Autorizzazione Sismica».
  Allo stato attuale il segretariato dispone di un progetto che, per rispondere integralmente alle nuove disposizioni normative, deve essere integrato con:

   rilievo laser scanner di ambienti interrati di cui non si aveva alcuna documentazione;

   prove sperimentali di laboratorio certificato e relazione tecnica da parte di un geologo;

   relazione tecnica di vulnerabilità sismica dell'edificio, relazione di calcolo sugli esiti delle analisi da modello matematico;

   schede tecniche sulle proposte progettuali sul miglioramento o adeguamento sismico.

  Sono state avviate le procedure di affidamento degli incarichi per l'acquisizione delle prestazioni specialistiche sopra elencate.
  Considerato lo stato avanzato della progettazione e i tempi necessari per l'acquisizione delle relazioni specialistiche finalizzate alla definizione dettagliata del progetto di consolidamento strutturale, è ipotizzabile che entro il prossimo autunno si possa disporre del progetto Esecutivo completo in ogni sua parte ed entro l'anno avviare la procedura di affidamento dei lavori di consolidamento e restauro della chiesa di San Francesco di Chieti.

Chiesa di Sant'Urbano a Bucchianico (CH)

  La delibera Cipe n. 77 del 2015 assegna per la chiesa di Sant'Urbano a Bucchianico (Chieti), fuori cratere, l'importo di 2.000.000,00 euro.
  Si è già provveduto alla nomina del Responsabile unico del procedimento e del direttore dei lavori.
  Il Responsabile unico del procedimento sta predisponendo tutta la documentazione necessaria per la gara per l'affidamento della progettazione esecutiva per l'intero intervento, premessa indispensabile per poter procedere, previa verifica e validazione del progetto medesimo, al successivo affidamento dei lavori.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.


   UNGARO, SCHIRÒ e CARÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le elezioni europee del 2019 avranno luogo nei 27 Stati membri dell'Unione europea tra il 23 e il 26 maggio 2019, come deciso unanimemente dal Consiglio dell'Unione europea nel gennaio 2018: esse rappresenteranno la nona tornata elettorale per il Parlamento europeo, tenendosi ininterrottamente dal 1979;

   per la prima volta al voto continentale non parteciperà il Regno Unito a causa dell'esito del referendum del 2016 sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione europea, conclusosi con un voto favorevole all'uscita dalla Unione europea, la cosiddetta Brexit, con il 51,9 per cento, contro il 48,1 per cento che ha votato per rimanere nell'Unione europea;

   la legge n. 459 del 2001 sull'esercizio del diritto di voto all'estero non si applica alle elezioni europee, che sono regolate dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni. Alle elezioni europee non si applica, pertanto, il sistema del voto per corrispondenza: gli elettori italiani aventi diritto e stabilmente residenti nei Paesi dell'Unione europea, possono infatti recarsi presso le apposite sezioni elettorali istituite in loco dalla rete diplomatico-consolare italiana;

   si stima attualmente che siano più di 700 mila i connazionali che vivono nel Regno Unito. Se a questi si aggiungono i circa 300 mila italiani in Svizzera, sono più di un milione gli aventi diritto al voto italiani che risiedono nello spazio geografico europeo che non potranno votare il prossimo anno a meno di non intraprendere uno «scoraggiante» – in termini di propensione alla partecipazione al voto – viaggio nella Penisola per esercitare questa importantissima prerogativa –:

   se i Ministri interrogati, anche a fronte del grande impatto socio-politico della «Brexit» e di una recente disaffezione dei cittadini verso le istituzioni comunitarie che va combattuta anche con l'esercizio dei diritti fondamentali, non intendano adottare iniziative per prevedere forme transitorie di allestimento dei seggi elettori nei citati Paesi per permettere e favorirsi la partecipazione al voto degli italiani residenti in Gran Bretagna e nella Conferenza elvetica presso le locali sedi consolari.
(4-01255)

  Risposta. — Premetto innanzitutto che le modalità per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono disciplinate attualmente dalla legge n. 18 del 1979 e successive modifiche, dal decreto-legge n. 408 del 1994 che ha dato attuazione alla direttiva 93/109/EC del Consiglio, nonché dalla legge 27 marzo 2004, n. 78, recante disposizioni concernenti i membri del Parlamento europeo eletti in Italia, in attuazione della decisione 2002/772/CE del Consiglio.
  Ai sensi della decisione 2018/937 del Consiglio europeo del 28 giugno 2018 che prevede una riduzione del numero dei parlamentari europei dagli attuali 751 a 705 e una ridistribuzione di 27 dei 73 seggi britannici, una volta che il recesso del Regno unito dall'Unione europea sarà divenuto giuridicamente efficace, il numero dei rappresentanti italiani da eleggere al Parlamento europeo passerà dagli attuali 73 a 76.
  Gli elettori italiani residenti negli altri Paesi membri dell'Unione europea possono esercitare il diritto di voto nello Stato membro di residenza, secondo le norme e per i rappresentati al Parlamento dell'Unione europea di quest'ultimo Stato; votare per i rappresentanti dell'Italia al Parlamento dell'Unione europea presso sezioni elettorali appositamente istituite presso i consolati, gli istituti italiani di cultura, le scuole italiane e altri locali messi a disposizione dagli Stati membri. Quest'ultima possibilità, previa comunicazione al consolato competente, è prevista anche per gli elettori non residenti che si trovino nel territorio dei Paesi membri dell'Unione europea per motivi di lavoro o di studio, nonché per gli elettori familiari con essi conviventi.
  Invece gli elettori italiani residenti nei Paesi extra Unione europea possono attualmente votare esclusivamente in Italia. Non sono previste, in base alla normativa vigente, iniziative per adottare forme transitorie di allestimento di seggi elettorali per i residenti in Paesi non Unione europea, quali la Svizzera e, a breve, la Gran Bretagna. La Farnesina è ovviamente a disposizione per implementare eventuali modifiche normative alla legge in vigore, in base alle decisioni che vorranno essere assunte in sede parlamentare.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è ormai in fase operativa avanzata la sostituzione della tradizionale carta di identità in formato cartaceo con quella elettronica, che, oltre a rafforzare gli standard di sicurezza, consente in pari tempo di assolvere alle funzioni di identificazione personale, di documento per l'espatrio in Paesi che ne riconoscano la validità, di richiesta di un'identità digitale Spid e di accesso ai servizi in rete erogati dalla pubblica amministrazione;

   per quanto riguarda i cittadini italiani residenti all'estero e iscritti all'Aire, non è prevista l'emissione della carta di identità elettronica, mentre nel corso del 2017 sono state emesse 67.493 carte di identità cartacee nei Paesi comunitari, in Svizzera, Norvegia, Principato di Monaco, San Marino e Città del Vaticano, nei quali il titolo è riconosciuto;

   la mancanza di una tale possibilità è in evidente contraddizione con l'intento, ribadito negli ultimi anni a livello sia di Governo che di amministrazione, di estendere gradualmente anche all'estero il sistema Spid, per il cui accesso la carta di identità elettronica sarebbe una chiave fondamentale;

   la Commissione europea ha preso di recente ufficialmente posizione insistendo sulla necessità di «categorie di sicurezza comuni» in tema di documenti di identità: «Se gli Stati membri già producono strumenti elettronici di identità, non ci sono problemi, ma se gli Stati membri hanno invece documenti meno sicuri, come quelli cartacei, dovranno cambiarli entro due anni» ha affermato il commissario europeo agli affari interni Dimitris Avramopoulos. L'Italia ha quindi a disposizione solo 24 mesi per sostituire i vecchi documenti cartacei, soggetti all'usura, senza impronte digitali, più facilmente falsificabili e non leggibili dai terminali elettronici ormai ampiamente diffusi in tutta Europa, con versioni più moderne –:

   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per l'estensione entro il 2020 della carta di identità elettronica anche ai cittadini italiani residenti all'estero e iscritti all'Aire e predisporre un piano operativo che consenta di realizzare tale obiettivo in tempi rapidi e certi, a partire dai Paesi nei quali la presenza dei cittadini italiani è più consistente.
(4-01425)

  Risposta. — Com'è noto, il decreto-legge n. 78 del 2015 convertito in legge n. 125 del 2015, ha introdotto la nuova carta d'identità elettronica (CIE), caratterizzata dalla centralizzazione della produzione presso l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (IPZS), dal rispetto delle norme in materia di carte valori e documenti di sicurezza della Repubblica, da più elevati standard di sicurezza di livello europeo, rilevanti soprattutto per il contrasto alle contraffazioni e ai furti d'identità.
  In attuazione di tale previsione, il decreto del Ministro dell'interno del 23 dicembre 2015 ha regolato il processo di produzione centralizzato, con l'installazione presso i comuni di postazioni di lavoro dedicate alla ricezione e registrazione delle richieste di carta d'identità elettronica dei cittadini e al conseguente inoltro dei dati registrati al sito centrale dell'Ipzs per la produzione e l'emissione dei documenti elettronici.
  La complessità del progetto ha richiesto di procedere per due fasi successive: una prima fase di rilascio della carta d'identità – sul territorio nazionale – da parte dei soli comuni e una seconda fase, da attivare solo a completamento della prima, per l'estensione dell'emissione della carta d'identità elettronica all'estero.
  Per quanto riguarda il territorio nazionale, su 7957 comuni, alla data odierna 7810 sono già dotati di postazioni per il rilascio della carta d'identità elettronica per una copertura pari al 98,15 per cento del totale.
  Per quanto riguarda invece l'emissione della carta d'identità elettronica per gli italiani residenti all'estero, l'Istituto poligrafico ha predisposto un documento tecnico, oggetto di confronto con questo Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, contenente le linee programmatiche di intervento per lo sviluppo della relativa progettualità.
  Nella seduta del 18 ottobre scorso della Commissione interministeriale permanente che supporta il Ministero dell'interno nella definizione del piano di graduale avvio del rilascio della carta d'identità elettronica presso comuni e consolati, cui hanno partecipato anche rappresentanti di Sogei, sono state nuovamente precisate le modalità di attribuzione e convalida del codice fiscale dei richiedenti mediante l'utilizzo dei servizi Anpr, integrati nella carta d'identità elettronica
online, mentre restano ancora da definire gli aspetti concernenti le modalità di verifica di eventuali cause ostative al rilascio del documento elettronico con validità per l'espatrio, nonché le modalità di gestione dei corrispettivi percepiti dai consolati a seguito del rilascio della carta d'identità elettronica, come previsto dal decreto ministeriale 26 maggio 2016.
  Una volta definiti tali aspetti saranno formalizzate le intese con questo Ministero degli esteri previste dall'art. 17 – comma 2 del decreto ministeriale 23 dicembre 2015, con la prospettiva di avviare entro l'anno 2019 una sperimentazione finalizzata a verificare il regolare funzionamento del circuito di emissione della carta d'identità elettronica all'estero.
  Le principali criticità, sulla cui risoluzione sono attualmente concentrati gli sforzi, riguardano le modalità di collegamento della rete consolare ai sistemi «Ina Saia» (Indice nazionale delle anagrafi e sistema di accesso ed interscambio anagrafico) e successivamente all'Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente), le modalità per l'identificazione univoca del richiedente delle carte d'identità elettroniche (assegnazione codice fiscale e allineamento dato anagrafico), nonché le modalità di verifica delle cause ostative al rilascio nulla osta da parte del comune di riferimento.
  In definitiva il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale riafferma il proprio prioritario impegno per l'estensione della carta d'identità elettronica all'estero in tempi brevi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   ZANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella periferia sud-est di Milano, ai confini con le campagne di San Donato e Poasco, un terreno comunale di 65 ettari, tristemente noto come «Boschetto della droga» di Rogoredo, è divenuto una dimora di trafficanti, spacciatori e tossici, dove almeno 1.000 persone al giorno comprano e consumano droga;

   si tratta della prima piazza di spaccio italiana, tra le più grandi europee, un vero e proprio porto franco della droga, che sfrutta i canali dell'alta velocità per il transito diabolicamente efficiente di persone e merci;

   negli ultimi anni, soprattutto a partire dal 2014-2015, la situazione è progressivamente peggiorata. I risvolti non sono solo quelli, drammatici, sul piano sanitario e della criminalità, ma anche quelli altrettanto importanti quotidianamente patiti dai residenti, che non solo non si sentono più al sicuro, ma vedono crollare i prezzi delle case, in un contesto segnato ormai dal degrado;

   la «location», purtroppo, ben si presta a questa spirale di degrado: non sorvegliata, non recintata, non presidiata, molto estesa. Si sviluppa dalla stazione ferroviaria di Rogoredo, a via Orwell, e da via Fabio Massimo sino a via Sant'Arialdo. Tutti accessi liberi per tossici e spacciatori che, ad ogni ora del giorno e della notte, «invadono» gli accessi per entrare nel bosco, acquistare o comprare la droga, accamparsi;

   ormai da tempo, Forza Italia, sia sul territorio che a livello nazionale, conduce una battaglia per sanare il degrado dell'area, anche tramite una efficace e continuativa presenza delle forze dell'ordine;

   attualmente, la polizia locale effettua un servizio diurno, a turni, con una pattuglia che ruota attorno ai soli giardini pubblici di via Rogoredo; di notte il quartiere è scoperto. Ma soprattutto è assente un presidio costante della Polfer nella stazione ad alta velocità di Rogoredo, che fungerebbe da forte deterrente a quella che è diventata de facto la prima centrale di spaccio. Da anni, infatti, detto presidio è stato smantellato, e, nonostante numerose e reiterate istanze, non è mai stato ripristinato;

   l'interrogante ha accolto con entusiasmo, sulla base delle più recenti linee espresse dal Governo, l'impegno a congelare il progetto del precedente Esecutivo di chiudere uffici di polizia e anzi a potenziare numerosi reparti d'eccellenza, come la polizia postale, la polizia stradale, la Polfer, in un piano di complessivo rafforzamento di personale e di dotazioni delle forze dell'ordine;

   se quanto testé riportato corrispondesse al vero, fatto che ci si auspica, trattandosi di uno dei punti fondamentali del programma di centro-destra sulla base del quale ci si è presentati agli elettori, l'interrogante non nutre dubbi circa il fatto che la situazione verrà tempestivamente affrontata e risolta –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per ripristinare, in via indifferibile e urgente, il presidio Polfer all'interno della stazione di Rogoredo, quale primo passo per contrastare la spirale del degrado, ormai intollerabile per i cittadini, e che desta gravissimo allarme sia sul territorio, che a livello nazionale.
(4-01364)

  Risposta. — La problematica segnalata nell'interrogazione in esame, relativa al degrado dell'area conosciuta anche come «boschetto di Rogoredo», ritrovo e dimora di tossicodipendenti e di spacciatori di sostanze stupefacenti, è ben nota alle autorità di pubblica sicurezza.
  Sin dall'anno 2015, la prefettura di Milano ha coordinato con diversi enti lo sviluppo di una strategia di intervento che prevede, da un lato, ripetuti servizi di contrasto dei fenomeni criminali, dall'altro la realizzazione di opere strutturali mirate ad una complessiva riqualificazione della zona.
  In particolare, la società RFI ha programmato interventi di carattere strutturale, con lavori che avranno termine entro il corrente mese di ottobre, riguardanti la tamponatura degli accessi, la realizzazione di barriere anti-attraversamento in prossimità dei binari, la costruzione di un muro lungo seicento metri, l'implementazione del sistema di videosorveglianza, con l'installazione di altre 60 telecamere.
  Per quanto riguarda il versante del contrasto allo spaccio di stupefacenti, nell'area in questione nei periodo 10 gennaio-31 agosto 2018, la questura di Milano ha controllato 787 persone e 4.223 veicoli. Sanzionate amministrativamente 38 persone per il consumo di stupefacenti, arrestate 33 persone con il sequestro di circa 500 grammi di sostanza stupefacente. In esito a tali attività di controllo sono stati, inoltre, adottati dal questore di Milano 113 rimpatri con il foglio di via.
  A sua volta, l'Arma dei carabinieri, dall'inizio dell'anno, ha deferito, all'autorità giudiziaria 25 persone (di cui 5 in stato di arresto) avanzando, inoltre, al questore 46 proposte per remissione del foglio di via obbligatorio nei confronti di assuntori non residenti.
  La problematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo è stata, da ultimo, esaminata nella seduta del 28 settembre 2018 del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza del Ministro dell'interno che, nell'assicurare il sostegno a specifiche progettualità del comune di Milano, ha confermato l'impegno per una più incisiva attività di prevenzione e di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle aree del parco, allo scopo di addivenire ad una risoluzione definitiva della problematica.
  Si fa presente, inoltre, che importanti provvedimenti sono stati assunti anche per quello che riguarda il posto di polizia ferroviaria nella stazione di Milano Rogoredo, che è stato chiuso nei mese di agosto 2004, in ragione dei volumi di traffico ferroviario di quel periodo.
  Tale scelta, nel previsto processo di riorganizzazione degli uffici e delle specialità della Polizia di Stato, è stata rivalutata in relazione alle crescenti esigenze di sicurezza e alle prospettive di sviluppo dello scalo.
  In tale quadro, il dipartimento della pubblica sicurezza ha deciso, quindi, di ripristinare il posto di polizia ferroviaria presso lo scalo di Rogoredo, che sarà dotato di un organico di 18 dipendenti. In tal senso sono già state intraprese le iniziative necessarie con le competenti articolazioni dei Gruppo FS Italiane per l'individuazione dei locali che ospiteranno il nuovo presidio.
  Nelle more della istituzione del nuovo reparto, l'organico della Polfer di Milano Lambrate, che dal 2004 ha assorbito la competenza territoriale sullo scalo di Rogoredo, sarà potenziato nei prossimi giorni con l'assegnazione di 2 unità che si aggiungeranno all'organico effettivo, pari a 33 unità, con ciò consentendo un aumento dei controlli con riferimento all'area ferroviaria oggetto della presente interrogazione.
  Si assicura, infine, che la linea di intervento che il Governo intende portare avanti con assoluta determinazione è volta ad incrementare il numero del personale delle Forze dell'ordine attraverso un piano di assunzioni, a partire dalla prossima legge di bilancio, che permetterà di potenziare i presidi esistenti e bloccare la sforbiciata alle «specialità» delle forze di polizia portata avanti dal Governo precedente.
  Infatti, nessun arretramento, nessun passo indietro è possibile sul piano del diritto alla sicurezza dei cittadini; l'obiettivo primario che il Governo intende tenacemente perseguire è quello di garantire in maniera sempre più adeguata, in tutto il Paese, la capacità operatività delle forze di polizia nelle sue diverse componenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.