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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 13 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    le conseguenze della crisi venezuelana hanno fatto aumentare le richieste di passaporti e di cittadinanza italiana da parte degli aventi diritto;

    con l'interrogazione n. 5-00703 dell'11 ottobre 2018, il sottoscritto, capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione esteri, ha inteso conoscere, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale: quante nuove richieste di cittadinanza italiana e di passaporti italiani siano pervenute alla struttura consolare italiana in Venezuela; se la struttura consolare italiana in Venezuela disponga delle risorse economiche e di organico necessarie a gestire pienamente e in tempi celeri tutte le richieste provenienti dai nostri cittadini e dai loro discendenti; se il Governo intenda assumere iniziative per aumentare le risorse a favore della rete consolare italiana in Venezuela;

    nella risposta data dal Sottosegretario di Stato Manlio Di Stefano in data 24 ottobre 2018 emergono le difficoltà della rete consolare in Venezuela;

    vi è una difficoltà di organico per fare fronte alle attività preposte al rilascio dei passaporti, con 23 unità complessivamente assegnate nel consolato generale a Caracas nel 2018 e una sola persona disponibile per il settore nel consolato a Maracaibo;

    per snellire le procedure, nel vice consolato onorario di Porlamar e nell'agenzia consolare onoraria di Barinas, entrambi dipendenti dal consolato generale a Caracas, sono stati predisposti due dispositivi mobili per la rilevazione delle impronte digitali e l'invio telematico dei dati agli uffici consolari per il rilascio del passaporto;

    con elevato sforzo organizzativo, negli uffici consolari vengono accettate moltissime istanze presentate via e-mail o telefonicamente per casi di comprovata urgenza e vengono predisposte aperture anche il sabato

    spetta ai consolati l'emissione del passaporto;

    per quanto riguarda le richieste di cittadinanza, a Caracas non vi sono al momento arretrati, mentre la situazione è critica presso il consolato a Maracaibo, dove ai compiti di riassorbimento dell'arretrato, trattazione degli affari correnti e copertura del relativo servizio di sportello è attualmente applicata una unità di personale;

    il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stato interessato, nel corso dell'ultimo decennio, da una pesante riduzione del personale di ruolo, che ha in particolar modo riguardato le unità appartenenti alle aree funzionali, ridottesi di oltre il 30 per cento rispetto al 2006. Ciò ha determinato una crescente difficoltà ad assicurare un livello di servizi adeguato alle esigenze dei cittadini e delle imprese all'estero;

    la carenza di personale necessario per il corretto funzionamento delle strutture italiane all'estero, sia sotto il profilo consolare che amministrativo-contabile, è decisamente preoccupante;

    ai servizi consolari in Venezuela è stata assegnata una unità in più per quattro mesi presso il consolato generale Caracas e una unità in più per sei mesi presso il consolato a Maracaibo, oltre alla messa in pubblicità straordinaria di un posto di «copertura prioritaria» per Caracas e di un analogo posto di «copertura prioritaria» per Maracaibo e all'autorizzazione ad assumere quattro unità a contratto presso il consolato generale a Caracas e tre unità a contratto presso il consolato di Maracaibo,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per raddoppiare tempestivamente le unità di personale da assegnare ai consolati di Caracas e Maracaibo, anche avvalendosi del trasferimento temporaneo di personale già operativo presso la rete consolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che abbia conoscenza della lingua spagnola.
(7-00105) «Delmastro Delle Vedove».


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    il fenomeno dei lavori intermediati da piattaforme digitali ha raggiunto in Italia una dimensione più che rilevante, con stime di circa 700 mila addetti;

    con l'espressione «gig economy», nata dalla combinazione delle parole inglesi gig - «lavoretto» ed economy – «economia», s'intende un modello economico basato su lavori occasionali, temporanei e a chiamata;

    all'interno del macro-sistema della gig economy, un ruolo determinante riveste oramai il cosiddetto settore del «delivery food», la consegna a domicilio di piatti pronti che sfrutta applicazioni on-line di intermediazione tra clienti e ristoranti;

    una prima ricognizione sul mondo della gig economy è stata effettuata dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti che ha presentato alcuni risultati al Festival dell'Economia di Trento dal 31 maggio al 3 giugno 2018 e secondo cui l'economia digitale occupa in Italia tra 700 e 1 milione di persone, di cui il 10 per cento impegnato per le piattaforme di delivery food;

    elaborando i dati della Fondazione, l'Inps ha di fatto confermato le stime, affermando che «se si vuole determinare la quota di individui coinvolti in lavori gig, come unico lavoro, secondo lavoro, e come disoccupati o inattivi, occorre sommare le rispettive quote, arrivando ad una stima del 2,03 per cento. Applicando la ponderazione rispetto alla quota degli internauti si scende all'1,59 per cento. In termini assoluti, tale forchetta corrisponde a un intervallo da 589.040 a 753.248 lavoratori»;

    a partire dal 2015 il mercato italiano del delivery food – dominato fino a quel momento da Just Eat – ha cominciato a popolarsi di nuove startup come Glovo, Foodora, Deliveroo e UberEats;

    nel 2017, secondo l'Osservatorio eCommerce b2c del Politecnico di Milano, il mercato degli acquisti di piatti pronti ammontava già a 201 milioni di euro, in aumento del 66 per cento rispetto al 2016;

    con gli acquisti è aumentato anche il numero dei clienti: nei primi mesi del 2018, secondo Coldiretti, oltre 4 milioni di italiani si sono fatti consegnare cibo a domicilio almeno una volta al mese e il trend è costantemente in crescita, tanto che entro il 2022 le piattaforme di food delivery potrebbero generare un giro d'affari da 2 miliardi e mezzo di euro;

    parallelamente alla crescita esponenziale del delivery food, negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più centrale nel dibattito politico e giuridico l'analisi delle condizioni lavorative dei cosiddetti «rider», i ciclo-fattorini che si occupano delle consegne a domicilio dei piatti pronti su biciclette o motorini;

    secondo i dati forniti dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti il numero dei lavoratori occupati dal settore del delivery food in Italia rappresenta il 10 per cento circa dei lavoratori digitali e può dunque essere quantificato in circa 10 mila lavoratori;

    diverse sono le forme contrattuali a cui le aziende del delivery food ricorrono per avvalersi delle prestazioni professionali dei rider. Spesso tali forme offrono tutele inferiori rispetto a quelle previste per i lavoratori subordinati sia in termini retributivi, per l'assenza di una retribuzione minima, che di diritti (ferie, tempi di lavoro, assicurazioni contro gli infortuni, e altro) e sicurezza sul lavoro;

    il sistema di retribuzione dei riders dipende dell'azienda, ma nella maggior parte dei casi, come evidenziato dal reportage sul Corriere della sera del 12 giugno 2018 ad opera di Milena Gabanelli e Rita Querzé, il pagamento avviene a singola consegna. Nello specifico, non sono previste maggiorazioni per lavoro festivo, notturno, pioggia o neve;

    Foodora assume con contratti di collaborazione coordinata e continuativa e paga i propri lavoratori 4 euro lordi a consegna (3,60 netti), mentre Deliveroo ingaggia collaboratori occasionali con una paga di 4 euro netti a consegna;

    secondo il reportage del Corriere della sera, a fine 2018 i pochi contratti che prevedono una paga oraria garantita saranno soppiantati da nuove forme di pagamento a cottimo. Just eat stipula contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ma buona parte dei suoi collaboratori sono occasionali e assunti tramite la società Food Pony, che paga 6,50 euro netti per ora di attività; Glovo ha invece collaboratori occasionali pagati 2 euro netti a consegna a cui si aggiungono 60 centesimi per chilometro percorso e 5 centesimi per ogni minuto di attesa al ristorante o in negozio che supera i primi cinque minuti;

    il confronto tra giuristi si è concentrato sulla qualificazione della natura del rapporto giuridico tra i lavoratori e le piattaforme, tra i sostenitori della subordinazione e i sostenitori della natura autonoma del rapporto di lavoro;

    l'11 aprile 2018 il tribunale del lavoro di Torino ha respinto il ricorso, primo in Italia, dei sei rider di Foodora che avevano intentato una causa civile contro la società tedesca di food delivery, contestando l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni del 2016 per ottenere un giusto trattamento economico e normativo. Il tribunale ha ritenuto che i rider sono collaboratori autonomi non legati da un rapporto di lavoro subordinato con l'azienda e che pertanto il ricorso non sussiste;

    il 5 giugno 2018 a Bologna la prima Assemblea nazionale dei rider italiani ha portato alla sottoscrizione della prima «Carta dei diritti» dei ciclofattorini, un documento che fissa una serie di requisiti minimi, dalla sicurezza al trattamento economico, che le aziende del delivery food devono rispettare per poter operare in città. Questo documento è stato tuttavia sottoscritto solo da due piccole società che operano nel campo delle consegne, Sgnam e Mymenu;

    il 17 maggio 2018 a Milano un ragazzo di 28 anni che stava consegnando pasti a domicilio per Just Eat è finito con il suo scooter sotto un tram e i medici hanno dovuto amputargli una gamba, mentre il 5 giugno 2018 un trentenne rider di Deliveroo che viaggiava su uno scooter si è schiantato contro un altro motorino, che trasportava due uomini;

    a pochi giorni dal suo insediamento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro Luigi Di Maio ha voluto subito incontrare il primo sindacato autonomo costituitosi a Bologna in favore dei ciclofattorini, i Riders Union, per sottolineare la necessità di garantire tutti i diritti, dalle coperture assicurative al salario minimo, necessari a questa particolare categoria impegnata nel campo del delivery food,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché le aziende riconoscano ai lavoratori del settore del delivery food, in mancanza di un contratto collettivo di riferimento, una retribuzione minima oraria fissa, equa e parametrata ai livelli retributivi, a cui vada ad aggiungersi una componente variabile determinata sulla base delle prestazioni svolte, che non superi in ogni caso il 30 per cento della retribuzione complessiva mensile, superando definitivamente il sistema della retribuzione a cottimo;

   a porre in essere iniziative normative affinché le aziende riconoscano, obbligatoriamente e a loro carico, ai lavoratori del comparto del delivery food il diritto all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 1965, n. 1124, il diritto all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti nonché il diritto ad un'assicurazione integrativa a loro carico per la copertura di eventuali danni a terzi che si dovessero verificare nell'ambito delle attività di consegna;

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza affinché le aziende riconoscano l'obbligo a loro carico di fornire ai ciclofattorini una dotazione adeguata di mezzi e strumenti necessari allo svolgimento delle prestazioni lavorative di consegna o un rimborso per le spese di utilizzo e per gli interventi di manutenzione sui beni e sugli strumenti di proprietà del lavoratore utilizzati per lo svolgimento delle attività di consegna;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché sia previsto un limite numerico orario di consegne per ciascun singolo lavoratore, oltre il quale le prestazioni aggiuntive non vengano retribuite;

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza affinché le aziende abbandonino qualunque sistema di rating o analoghi strumenti in grado di produrre classificazioni reputazionali.
(7-00106) «Costanzo».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSELLO e VERSACE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   lo Stato italiano, dopo un grave ritardo di dodici anni, con la finalità di contenere la spesa pubblica, ha introdotto un sistema d'indennizzo per le vittime di reati intenzionali e violenti (omicidi dolosi, lesioni dolose, violenze sessuali) commessi sul territorio italiano con la legge n. 122 del 2016;

   l'articolo 12 della direttiva europea stabilisce infatti che «tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato alle vittime» (par. 2) e l'articolo 18 specifica che «gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1° luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione»;

   la Commissione europea ha promosso nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione tuttora pendente dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea per mancato adempimento alla suddetta direttiva; come detto, l'Italia, con la finalità di contenere la spesa pubblica e dopo un grave ritardo di dodici anni dal 2004, ha introdotto nel proprio ordinamento giuridico un sistema di indennizzo per le vittime di reati;

   il decreto attuativo del 2017 ha recepito finalmente la direttiva europea 2004/80/CE, stabilendo somme che non sono da considerarsi tali da costituire un «equo indennizzo»; infatti, fino all'entrata in vigore della legge n. 122 e successive modifiche, in molte sentenze le somme liquidate erano comprese tra 50.000 euro e 150.000 euro, contro gli attuali 4.800 euro;

   il 31 ottobre 2017 è entrato in vigore in Italia il decreto di attuazione che dà concretezza alla suddetta legge italiana di recepimento della direttiva europea, stabilendo somme che non sono certamente da considerarsi tali da costituire un «equo indennizzo»;

   a ciò si aggiunge anche la considerazione che il Governo italiano, con i tempi dei contenziosi processuali e con l'attuale situazione finanziaria, non riesce a soddisfare tutte le richieste fatte nel tempo e a coprire l'intero indennizzo dovuto, causando spesso ritardi e/o corresponsione di importi ridotti –:

   in che modo il Governo intenda assicurare il soddisfacimento delle richieste di indennizzo se le somme attualmente stanziate per il fondo di anno in anno sono così esigue;

   in che modo il Governo intenda impegnarsi per garantire maggiore sicurezza, così da contribuire alla riduzione dei reati commessi.
(3-00319)

Interrogazione a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da fonti a mezzo stampa, si apprende che un cittadino italiano, Denis Cavatassi, è detenuto in Thailandia, nel carcere di massima sicurezza di Nakkon Si Tammarat, a cinque ore da Phuket;

   Cavatassi gestiva in Thailandia un ristorante sull'isola di Phi Phi. Nel 2011 il suo socio in affari, Luciano Butti, anche lui ristoratore di 60 anni originario della provincia di Arezzo, viene trovato morto. Cavatassi è accusato di aver commissionato l'omicidio dietro il pagamento di 150 mila baht, circa 3.500 euro, e viene arrestato insieme ad altri tre thailandesi;

   la sorella di Cavatassi, ha dichiarato che, inizialmente rilasciato su cauzione, Denis decise di non rientrare in Italia, convinto che sarebbe stato assolto perché innocente, ma invece è stato dichiarato colpevole da due gradi di giudizio, condannato a morte ed è tuttora in carcere;

   secondo la famiglia e i loro legali, le prove raccolte contro di lui dimostrano l'infondatezza dell'accusa: parrebbe, infatti, che l'imputato vantasse un credito di 200 mila euro da Butti, e che in quei giorni avesse fatto un bonifico di 3.500 euro al cameriere arrestato quale presunto compenso per il delitto, ma nella realtà dei fatti supportati dalla documentazione raccolta è stato accertato che non c'era nessun credito, e che al cameriere erano stati accreditati con due bonifici solo il suo salario e un piccolo anticipo chiesto per un problema familiare, in tutto 700 euro; e per questo, la famiglia, attraverso i legali, ha depositato un ricorso alla Corte Suprema;

   le condizioni di detenzione del nostro concittadino sono di estrema durezza, dato il terribile sovraffollamento in cui versano le strutture penitenziarie thailandesi –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il pieno sostegno alla fase di ricorso avviata dalla famiglia Cavatassi.
(4-01632)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'azienda Miteni di Trissino (Vicenza) è da anni al centro di polemiche per il rischio di danno ambientale legato alla produzione di Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche utilizzate principalmente per impermeabilizzare carte e stoffe) rilevate, anche attraverso un monitoraggio indicato dall'Unione europea, nelle acque distribuite dalle reti idriche pubbliche e nelle falde, nei fiumi e nei canali;

   la Miteni e la Solvay di Spinetta Marengo costituiscono le uniche due aziende italiane produttrici di Pfas; la Miteni ha continuato a produrre Pfos e Pfoa almeno fino al 2011, anche se, secondo quanto dichiarato dai vertici aziendali, risulterebbe che la Miteni, già nel 2008, abbia presentato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati sulla produzione di Pfas e che su ciò si sia confrontata con l'Istituto superiore di sanità, arrivando poi negli anni successivi a condividere una valutazione dei rischi;

   le Pfas sono riconosciute come «interferenti endocrini» e possono essere all'origine di importanti patologie che colpiscono la tiroide, il fegato, i polmoni, il cervello e i reni;

   da recenti notizie di stampa (www.vicenzatoday.it del 9 e 11 novembre 2018) si apprende della dichiarazione di fallimento, decretata il 9 novembre 2018 dal tribunale di Vicenza nei confronti della Miteni;

   dalle stesse fonti giornalistiche risulterebbe, come dichiarato dai vertici aziendali, che sarebbe pronta una nuova cordata di imprenditori per l'acquisizione dell'azienda, in sostituzione del vecchio socio germanico-lussemburghese Icig;

   emergono alcuni dubbi sull'operazione, anche in considerazione di alcuni elementi evidenziatisi nell'istanza di proroga di concordato, presentata l'11 settembre 2018 dai legali della Miteni, in cui venivano menzionate alcune aziende che sarebbero state interessate ad un'eventuale ipotesi di acquisizione della Miteni, come la Aarti Industries, azienda indiana con circa 400 milioni di dollari di fatturato operante nel settore chimico-farmaceutico e di K capital Investment Ltd, con un fatturato, come riportato sul portale dedicato, di 100 milioni di fatturato, sul cui dominus, Matteo Pinciroli, sussistono numerosi dubbi legati alla grave posizione debitoria dello stesso, da tempo portata all'attenzione dell'opinione pubblica;

   occorre altresì sottolineare le lungaggini processuali e la posizione della procura della Repubblica di Vicenza, la quale, nonostante i diversi solleciti e la richiesta di avocazione delle indagini da trasferire alla procura della Repubblica di Vicenza, la quale, nonostante i diversi solleciti e la richiesta di avocazione delle indagini da trasferire alla procura della Repubblica di Venezia, avanzata dall'interrogante il 26 ottobre 2018 e diretta ad un intervento tempestivo ed incisivo sulla vicenda che ha come protagonista l'azienda Miteni, ad oggi non ha ancora promosso le opportune misure cautelari, nonostante le prove sulla continuità della fonte di inquinamento –:

   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, quali iniziative di competenza intenda adottare, in primis al fine di intervenire tempestivamente sulla vicenda sopra riportata, con l'obiettivo di tutelare la salute pubblica, ovvero quella delle popolazioni residenti nei territori limitrofi agli stabilimenti della Miteni, seriamente minacciata dalla presenza di Pfas, che da oltre 30 anni potrebbero aver infettato il sangue di circa 300 mila veneti, e, in secondo luogo, se non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere un aumento delle risorse economico-finanziarie finalizzate a sopperire alla cronica carenza di organico e di fondi lamentata dalla maggior parte delle sedi giudiziarie.
(2-00178) «Businarolo, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Dori, Di Stasio, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Deiana, Del Grosso, Del Monaco, Di Lauro, D'Incà, D'Ippolito, Donno, D'Uva, Ehm, Emiliozzi, Ermellino, Faro, Federico, Ficara, Flati, Ilaria Fontana, Frate, Frusone, Galantino».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi si sono verificati una serie di incendi che hanno interessato i siti di stoccaggio dei rifiuti della provincia di Caserta;

   il 1° luglio di quest'anno un incendio era scoppiato nel cortile dell'Ecologia Bruscino di San Vitaliano;

   il 25 luglio un incendio si è sviluppato alla Di Gennaro di Caivano;

   il 23 agosto scorso un incendio ha interessato lo Stir di Casalduni;

   a fine settembre un altro incendio si era sviluppato nella zona industriale di Pignataro;

   il 26 ottobre scorso era andata in fumo anche un'azienda di Marcianise che tratta rifiuti, la Lea srl;

   l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della regione Campania (Arpac) ha rilevato, nel giorno dell'incendio che si è sviluppato alla Lea srl di Marcianise, una concentrazione di diossina 160 volte superiore ai limiti di riferimento;

   nella serata del 1° novembre 2018, è scoppiato un incendio di grandi dimensioni, all'interno del Cdr di Santa Maria Capua Vetere, impianto di tritovagliatura e imballaggio dei rifiuti;

   il rogo ha coinvolto un capannone contenente tonnellate di rifiuti pronti per essere trasferiti al termovalorizzatore di Acerra;

   il fumo ha invaso tutta la zona circostante, coinvolgendo soprattutto le prime case dell'abitato di Santa Maria Capua Vetere e parte del comune di Marcianise;

   stando ad una prima ricostruzione dei vigili del fuoco, il rogo sarebbe di natura dolosa;

   il 2 novembre 2018 un incendio ha distrutto i capannoni della Ex Matese, a Santa Maria a Vico, ora deposito di rifiuti;

   il fenomeno in crescita negli ultimi mesi, sembra essere la prova di un'attività criminale dotata di notevoli capacità operative ed organizzative;

   la lunga serie di incendi sembrerebbe essere l'ennesimo atto che attesta la presenza della criminalità organizzata in un settore delicato ed importante;

   di questo passo non è difficile prevedere che gli incendi non finiranno –:

   se, alla luce della gravissima situazione che interessa i suddetti ambiti territoriali, non si intendano adottare iniziative straordinarie, per quanto di competenza, al fine di rendere più sicuri la gestione ed il controlla dei siti di stoccaggio dei rifiuti.
(2-00180) «Buompane, Maraia, Del Monaco, Grimaldi, Iorio, Del Sesto, Giovanni Russo, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Masi, Melicchio, Migliorino, Misiti, Nitti, Olgiati, Orrico, Pallini, Papiro, Paxia, Penna, Perconti, Raduzzi, Rizzo, Romaniello, Roberto Rossini, Ruggiero, Ruocco, Scanu, Scerra, Segneri».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la salute delle persone e la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema sono valori assoluti;

   il fiume Sarno è forse il fiume più inquinato d'Italia (se non addirittura d'Europa) e l'alto allarme sociale ad esso connesso deriva anche dal fatto che detto fiume, lungo di per sé soltanto 24 chilometri, considerando i torrenti collegati Solofrana e Cavaiola, interessa tre province campane e ben trentanove comuni, per cui la relativa ed oramai perenne emergenza ambientale, sanitaria ed economica coinvolge una popolazione di circa 800 mila abitanti;

   ad oggi sono stati spesi per la bonifica di detto fiume ingenti capitali pubblici (più di 700 milioni di euro) senza che alcun intervento abbia operato in modo risolutivo sui problemi esistenti;

   numerose analisi dell'Arpac (Agenzia regionale protezione ambientale della Campania), delle Asl e numerose documentazioni scientifiche dimostrano il pericolo per la salute umana correlato alla situazione dell'area del bacino idrografico del Sarno, potendo, l'acqua inquinata da residui tossici e nocivi, entrare nella catena alimentare provocando un grave disastro ambientale;

   tale situazione di inquinamento del bacino idrografico del fiume Sarno assume giorno dopo giorno dimensioni sempre più consistenti a causa della ininterrotta contaminazione delle acque, della flora e della fauna, con portata distruttiva per l'ambiente, per le persone e per un numero indefinito di specie animali e vegetali, tanto da farne l'emblema del degrado delle acque di superficie;

   nei giorni scorsi, a seguito della grave ondata di maltempo che ha interessato l'intera Penisola, in prossimità della foce del Sarno diverse tonnellate di rifiuti e di materiale plastico (bottiglie e contenitori di polistirolo) hanno attraversato impetuosamente il letto del fiume, depositandosi in prossimità di un tronco di albero caduto tra le due sponde del fiume all'incrocio tra via Fondo d'Orto e via Ripuaria;

   l'arbusto di imponenti dimensioni – oltre a causare problemi al regolare deflusso delle acque, che esondando hanno costretto tre famiglie per diverse ore a restare rinchiuse nelle loro case – ha, provvidenzialmente è il caso di dire, intercettato e frenato la notevole quantità di materiale plastico, dunque chimico, che, seguendo la direzione della corrente, si sarebbe riversato in mare, con enormi danni al contesto ambientale, nonché all'ecosistema marino;

   detto materiale inquinante proveniva evidentemente dalla parte alta del letto del fiume, lungo il quale scorreva, ed appariva costituire l'esito di possibile deposito ed accumulo illecito lungo il greto del letto del fiume, nonché di abusivo sversamento nel medesimo;

   ad aggravare ulteriormente la situazione già di per sé drammatica appena descritta, si aggiunge in questi ultimi giorni il «braccio di ferro» a cui i cittadini sono costretti ad assistere sulla gestione della griglia per macroinquinanti posizionata nei pressi della foce del Sarno. Una struttura, fatta installare nel 2007 da generale Roberto Jucci, all'epoca commissario straordinario per il risanamento del Sarno allo scopo di trattenere in estate gli scarti della lavorazione dei pomodori ed evitare che finissero in mare, rovinando la stagione balneare, affidandone la gestione alla provincia di Napoli, oggi città metropolitana e al genio civile di Salerno. Un'opera ben presto finita nel dimenticatoio, nonostante i primi milioni di euro spesi, tanto che, ad appena due armi dal suo posizionamento già smise di funzionare, dando inizio ad un «balletto» di responsabilità in merito alla sua gestione tra la città metropolitana di Napoli, il genio civile di Salerno, ma anche e soprattutto la regione che avrebbe dovuto fare la sua parte in qualità di responsabile dei corsi d'acqua in Campania;

   come se non bastasse, nelle ultime ore, tale griglia si è staccata dai supporti ed è parzialmente sprofondata nel fiume, finendo a contatto con il greto sottostante. Un cedimento strutturale che, data la dinamica, potrebbe essere stato causato da un atto di vandalismo compiuto per complicare le attività di tutela ambientale messe in atto nei giorni successivi alla grave ondata di maltempo;

   nel territorio interessato sono compresi i poli industriali agroalimentare, conciario e ceramico, oltre ad altre industrie di piccolissime, medie e grandi dimensioni (come la Novartis), che se, da un lato, hanno rappresentato le industrie traino per l'economia delle aree in questione, dall'altro invece si sono rivelate negli ultimi 40 anni la più ingente fonte di inquinamento ambientale di una zona caratterizzata dall'eccezionale fertilità del suolo, prevalentemente vulcanico, e ricca di bellezze naturali e paesaggistiche (il parco nazionale del Vesuvio, il parco regionale del fiume Sarno, i monti di Sarno e i monti Lattari) nonché di un patrimonio storico ed archeologico unico al mondo;

   oltre all'inquinamento industriale il Sarno riceve un massiccio carico di origine civile derivante dalla mancata o non efficace depurazione delle acque reflue di aree densamente popolate, oltre alla presenza di numerosi scarichi abusivi in alveo sia di natura civile che industriale;

   la legge n. 68 del 2015 che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, riempiendo una lacuna giuridica e rafforzando gli strumenti per combattere illeciti e illegalità, è stato il primo anello, di importanza epocale, di una catena più lunga che va costruita con l'obiettivo di innalzare i controlli ambientali e di tutelare l'ambiente, la salute e le imprese sane –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere il Governo, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in merito agli elementi di criticità sopra esposti, per impedire l'aggravamento della situazione ambientale dell'area;

   se, considerata la gravità dei fatti esposti, non si intendano assumere iniziative, anche normative, per fronteggiare il dissesto ambientale che l'inquinamento del fiume Sarno sta provocando, anche prevedendo la reintroduzione del bacino idrografico del fiume Sarno tra i siti da bonificare di interesse nazionale, da cui tale bacino è stato escluso con il decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013.
(2-00181) «Vitiello, Schullian».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   gli eventi atmosferici della scorsa settimana hanno messo in mostra tutte le criticità del territorio campano;

   nell'agro nocerino sarnese scorre il Sarno, il fiume più inquinato d'Europa, che nei giorni scorsi è stato caricato oltre che dei volumi enormi di acqua dovuti alle precipitazioni, anche di un'enorme quantità di inquinanti sotto forma di una considerevole quantità di rifiuti di plastica che di fatto hanno intasato la foce costringendo le autorità locali a riaprire l'unica griglia posizionata a proteggere il versamento di rifiuti solidi in mare;

   la griglia in questione non riesce a bloccare l'enorme quantità di rifiuti determinando una situazione di inquinamento e di degrado constatato in questi ultimi giorni in maniera eclatante;

   la vicenda delle plastiche è solo uno dei tanti problemi legati all'inquinamento del fiume;

   in merito al progetto della doppia foce del Sarno della regione Campania, esso, tra l'altro, non prevede percorsi di naturalizzazione con ingegneria ecologica per favorire un recupero verde di aree oggi degradate e di fatto, quindi, non disponibili ai cittadini sotto forma di un parco fluviale pubblico, rischiando, a parere dell'interrogante, che il progetto sia solamente un'ulteriore colata di cemento, utile solo a spendere risorse pubbliche e degradare ulteriormente un territorio già ferito;

   occorrerebbe procedere prioritariamente al dragaggio del fiume dai fanghi tossici accumulatisi negli anni sul fondo –:

   se e con quali strumenti il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza e in sinergia con la regione, sulle criticità esposte in premessa e che sono alla base della pesante situazione di inquinamento del Sarno, che rappresenta la principale causa di inquinamento del golfo di Napoli;

   se e con quali strumenti intenda intervenire, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, per risolvere l'inquinamento da metalli pesanti che proviene da Solofra tramite il torrente Solofrana, dal momento che in quell'area insistono sversamenti abusivi da parte della maggioranza delle concerie della zona che in questo modo evitano di usare il depuratore e quindi di contribuire ai costi di gestione, col risultato che infatti oggi è fallito;

   se e quali iniziative intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per fare chiudere tutti gli sversamenti abusivi, sia fognari che industriali e di allevamenti di bestiame, che contribuiscono pesantemente all'inquinamento lungo tutto il corso del Sarno;

   se sia a conoscenza che la maggioranza delle città dell'agro sarnese non ha i collettori fognari collegati ai depuratori e se tale intervento prioritario sia tra le opere che il Governo intende finanziare per quanto di competenza;

   se sia a conoscenza che, oltre al problema dell'inquinamento, esiste l'annosa vicenda delle piene che in questi giorni ha arrecato non pochi danni ai cittadini che abitano nei pressi della foce.
(4-01628)


   BERTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la presenza dell'industria siderurgica nell'area piombinese ha comportato grandi trasformazioni della morfologia territoriale e un progressivo inquinamento dei suoli, della falda acquifera sottostante e dell'area marina antistante;

   nel 2000 venne istituito il sito di interesse nazionale (Sin) di Piombino, ai sensi della legge n. 426 del 1988, il quale si estende su una superficie terrestre di circa 930 ettari, di cui 580 appartengono al demanio statale, 321 sono di proprietà privata e 29 di proprietà del comune di Piombino;

   del Sin fanno parte anche i circa 2000 ettari dello specchio di mare antistante le industrie e il bacino portuale, anch'essi contaminati dalle attività industriali;

   con l'istituzione del (Sin) si sarebbe dovuto procedere alla caratterizzazione delle sostanze inquinanti nel suolo, nella falda e nelle acque marine, alle valutazioni dei rischi ambientali e alla predisposizione di progetti organici di bonifica per consentire l'utilizzo di questo territorio in condizioni di sicurezza ambientale e sanitaria;

   sebbene il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo «Stato delle procedure per la bonifica» abbia fornito alcuni dati eloquenti, a distanza di diciotto anni dall'istituzione del sito di interesse nazionale non è stata completata neppure la caratterizzazione dello stesso;

   poiché non è stata completata neanche la caratterizzazione delle discariche industriali abusive dello stabilimento ex Lucchini, individuate dalla guardia di finanza e sequestrate dalla procedura della Repubblica di Livorno nel 2007, circa 500.000 metri cubi restano confinati da decenni sui terreni demaniali in prossimità del mare ad est della Chiusa di Pontedoro;

   ad oggi ancora non si conoscono i costi di un'operazione di bonifica complessa, in quanto non sono stati presentati progetti per il recupero e il riuso delle aree costiere in questione e secondo i dati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le aree bonificate nel Sin sono pari a zero ettari –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere un nuovo approccio in relazione alle esigenze di bonifica del Sin e dunque l'attuazione di un piano industriale per le zone in questione, aprendo a una strategia di interazione tra livelli di governo locali, regionali e nazionali;

   se verranno predisposti progetti per la realizzazione di infrastrutture per rendere accessibili le zone del Sin, con un approccio coordinato tra bonifiche, infrastrutture e riusi per rendere disponibili territori risanati e utilizzabili per nuove attività.
(4-01631)


   BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'oasi di Casale (Vicenza), un tempo cava di argilla, già negli anni ’80, è stato denunciato un possibile inquinamento del terreno causato da diverse sostanze tossiche;

   durante gli scavi effettuati nel 1988 vennero ritrovati alcuni sacchetti contenenti bicromato di sodio, una sostanza cancerogena e mutagena;

   nel novembre 2017, dopo quasi trent'anni, su sollecitazione del Comitato locale, i carabinieri del Noe hanno effettuato alcune indagini con l'utilizzo di un magnetometro, col quale hanno rilevato «nel sottosuolo anomalie con un'intensità del gradiente magnetico molto forte, forse dovuto a materiale derivante dall'attività dell'uomo» e hanno dichiarato essere necessari nuovi scavi;

   nell'agosto 2018, l'assessore al territorio del comune di Vicenza Lucio Zoppello ha reso nota la disponibilità dell'amministrazione di concorrere a far chiarezza sul presunto inquinamento del sottosuolo dell'oasi;

   in data 17 ottobre 2018 è stato effettuato un nuovo scavo a una profondità di 3 metri, durante il quale sono stati rinvenuti mattoni, calcinacci, blocchi di pietra e calcestruzzo, nonché sacchetti plastica ed un bidone;

   il materiale rinvenuto deve essere ancora analizzato da Arpav per comprenderne la natura e appurare la possibile presenza di cromo esavalente, materiale altamente cancerogeno;

   secondo Giuseppe Romio, appartenente al Comitato locale e presente anche agli scavi del 1988, gli scavi sarebbero dovuti andare più a fondo, almeno fino a 6 metri, come indicato dai risultati ottenuti dagli scavi del 1988 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per acquisire un quadro completo della situazione relativa agli scavi e ai materiali effettivamente sepolti.
(4-01634)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con regio decreto n. 2544 del 17 novembre 1932, è stata per la prima volta introdotta nell'ambito del personale dell'Esercito la figura dell'aiutante di sanità, il quale coadiuva il sottufficiale infermiere e l'ufficiale medico nelle attività medico-sanitarie e tale figura, successivamente, con decreto ministeriale del 12 dicembre 1990, è stata equiparata all'ulteriore figura dell'infermiere generico;

   la suindicata figura professionale svolge, in particolare, le seguenti attività: rilevazione di parametri vitali, compilazione di documenti a carattere clinico, supporto all'infermiere nelle attività addestrative e cliniche basiche, trasporto di materiale biologico, cura dei degenti, sterilizzazione della strumentazione medica, redazione dello scadenzario farmaci, verifica delle scadenze relative alle idoneità periodiche e alle profilassi vaccinali;

   con circolare n. 6003, pubblicata il 14 settembre 2018, recante «Specializzazioni, incarichi principali e posizioni organiche dei graduati e dei militari di truppa (ex Circ. O/Grd/Tr)» lo Stato Maggiore dell'Esercito ha abrogato tale figura professionale, facendola confluire in quella diversa ed ulteriore di operatore informatico, senza, tra l'altro, prevedere alcun adeguato regime transitorio;

   l'operatore informatico, evidentemente, nulla ha a che vedere con le mansioni svolte dall'aiutante di sanità e tale decisione potrebbe comportare l'esposizione dell'amministrazione a un consistente contenzioso, in quanto, per sopperire alle esigenze della medesima amministrazione, il personale risulta comunque impiegato nelle precedenti mansioni;

   lo svolgimento di attività sanitaria ad opera del suddetto personale, nel nuovo inquadramento professionale, sembra all'interrogante pure comportare l'inosservanza dell'articolo 12, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, con conseguente violazione dell'articolo 348 del codice penale il quale prevede espressamente che chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire la reintroduzione della figura dell'ausiliare di sanità e/o comunque tutelare il personale dalle eventuali conseguenze, anche di carattere penale, che potrebbero derivare dall'esercizio delle vecchie mansioni.
(4-01626)


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la legge 18 agosto 1978, n. 497, ha: a) autorizzato il Ministero della difesa alla spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare; b) disciplinato la gestione e la riorganizzazione del relativo patrimonio abitativo; c) disposto l'emanazione di un regolamento recante la classificazione e la ripartizione degli alloggi, le modalità e i criteri di assegnazione degli alloggi, il calcolo del canone e degli altri oneri conseguenti all'assegnazione; tale regolamento è stato approvato dapprima con decreto ministeriale 16 gennaio 1997, n. 253, e successivamente con decreto ministeriale 23 gennaio 2004, n. 8;

   pur essendo l'alloggio di servizio un diritto del dipendente delle forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri), la carenza di strutture e l'inagibilità di parte di quelle esistenti non consentono di soddisfare appieno il relativo fabbisogno, di modo che gli aventi diritto si vedono costretti a dover ricercare soluzioni abitative differenti, con aggravio di costi a loro carico;

   per quanto è dato sapere, in diverse regioni del nord e in particolare nella regione del Trentino Alto-Adige, attualmente, diversi alloggi di servizio disponibili risultano inagibili e/o comunque inutilizzabili, con grave pregiudizio per il personale militare impiegato in quelle aree, il quale, dunque, oltre a vedersi costretto a corrispondere canoni di locazione finanche pari a 800,00 euro mensili, deve anche far fronte alle ulteriori, ingenti spese conseguenti alla lontananza dal luogo di residenza della propria famiglia e, in caso di separazione, al versamento di un assegno per il mantenimento del coniuge e dei figli;

   appare urgente intervenire per il recupero degli alloggi esistenti, al fine di migliorare le condizioni di vita del personale militare, garantendo così un'adeguata soluzione abitativa e, conseguentemente, un'idonea remunerazione, comunque sufficiente a far fronte alle normali esigenze della vita quotidiana –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di definire un piano straordinario di recupero del patrimonio abitativo di tutte le Forze armate, garantendo così, al personale in possesso dei relativi requisiti, l'assegnazione di un alloggio nella sede di lavoro.
(4-01627)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   BAZOLI, MORANI, VERINI, VAZIO, FERRI, ANNIBALI, MICELI, BORDO, ENRICO BORGHI, FIANO, GRIBAUDO e ANDREA ROMANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è al 46mo posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere, decisamente staccata dai maggiori Stati membri dell'Unione europea;

   molti giornalisti italiani sono ancora sotto protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti;

   in questo clima non aiutano di certo le preoccupanti dichiarazioni del Ministro interrogato, il quale è anche responsabile della vigilanza sull'Ordine dei giornalisti, di sostanziale condivisione e giustificazione rispetto ai pesantissimi insulti rivolti ai giornalisti da parte del Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio e di altri suoi colleghi di partito;

   gli insulti si riferiscono fondamentalmente all'atteggiamento che i giornalisti avrebbero riservato ai politici del MoVimento 5 Stelle, in particolare a Virginia Raggi, sindaco di Roma; peraltro, il Ministro interrogato deve ancora chiarire i suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone, arrestato per corruzione, resi pubblici da un articolo pubblicato il 4 settembre 2018 sul quotidiano Il Tirreno, dal quale si apprendeva che – dalla richiesta di archiviazione dell'indagine sulle irregolarità nella gestione dell'azienda pubblica dei rifiuti Aamps di Livorno – lo Studio Lanzalone & partners aveva intrattenuto sin dalla fine di dicembre 2015, per il comune di Livorno, un rapporto di collaborazione non occasionale tra l'allora avvocato Alfonso Bonafede e l'avvocato Lanzalone;

   rispondendo in Senato a un'interrogazione sui suoi rapporti con il citato avvocato il Ministro interrogato, infatti, aveva sostenuto: «Negli ultimi sei anni non ho avuto alcun rapporto professionale con l'avvocato Luca Lanzalone»;

   ad oggi non abbiamo ancora una risposta dal Ministro interrogato che faccia definitivamente chiarezza sulle discrepanze emerse in merito alla vicenda esposta;

   il gruppo del Partito democratico, sin dall'inizio della XVIII legislatura, ha depositato una proposta di legge sulla diffamazione anche a tutela dei giornalisti dalle querele temerarie –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di agevolare ogni iniziativa, anche normativa, atta a difendere a libertà di stampa e la sicurezza e la libertà dei giornalisti, nel rispetto del dettato costituzionale, e se non ritenga, inoltre, di dover fare urgentemente chiarezza in merito agli effettivi rapporti professionali intercorsi con l'avvocato Lanzalone nel 2016, quando era già deputato della Repubblica.
(3-00325)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   nel 2012 l'allora direttore risorse umane di Ferrovie dello Stato, Domenico Braccialarghe, in merito alla vertenza ex servirail, si era impegnato, testualmente, a «fare riferimento al bacino degli ex lavoratori di cui trattasi, ad oggi non ancora occupati, per le future esigenze di assunzioni delle società del Gruppo» e prometteva: «Tutti coloro che – ancorché nel frattempo occupati negli appalti – risulteranno in possesso del titolo di studio previsto ed avranno carichi pendenti e casellario negativi, saranno destinatari di una selezione prioritaria e riservata, finalizzata all'assunzione presso le società del Gruppo, per le esigenze che si renderanno necessarie sull'intero territorio nazionale»;

   delle originarie 800 unità della vertenza degli ex cuccettisti solo un numero esiguo di lavoratori siciliani, 22 unità, sono ancora in attesa di essere riassorbiti;

   nello scorso mese di agosto, a quanto consta agli interpellanti Rete ferroviaria italiana avrebbe manifestato il proposito di emanare a breve un bando per l'assunzione di personale, circa 50 risorse in Sicilia, da dedicare ai lavori di manovra treni e alla manutenzione dei Mezzi d'opera, precisando che il bando sarebbe stato aperto anche a professionalità con esperienze pregresse nell'ambito dell'indotto ferroviario;

   visto che si tratta di una vertenza che va avanti dal 2010-2011 tale disponibilità sarà solo lettera morta se nel bando non sarà previsto per questi lavoratori, che oramai hanno raggiunto una certa anzianità anagrafica, una deroga ai limiti di età solitamente previsti dai bandi per le assunzioni del gruppo Ferrovie dello Stato;

   trattandosi di lavoratori di mezza età, in una selezione per titoli difficilmente riusciranno a primeggiare rispetto a chi si è formato in anni recenti, questo non certo a causa di una minore preparazione, ma per effetto dei cambiamenti in questi anni avvenuti nel mondo dell'istruzione e della formazione;

   per rendere quindi concrete le promesse fatte al tempo dal gruppo Ferrovie dello Stato sarebbe dunque necessario riservare una quota di posti a questa categoria di lavoratori ex cuccettisti, ex servirail;

   in realtà, in riferimento alle 700 assunzioni che Rete ferroviaria italiana effettuerà nel biennio 2019-2020, ben 80 unità saranno assunte in Sicilia, come da nota inoltrata dalla direzione risorse umane alle organizzazioni sindacali il 28 settembre 2018 –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intenda, per quanto di competenza, intervenire presso il gruppo Ferrovie dello Stato affinché si impegni ad una assunzione prioritaria dei lavoratori «ex servirail», anche in deroga ai limiti di età che Ferrovie dello Stato prevede per la selezione di queste unità, riservando loro una percentuale di posti nell'ambito delle risorse umane da assumere.
(2-00179) «Raffa, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Galizia, Gallo, Giannone, Giarrizzo, Giordano, Giuliodori, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Ianaro, Invidia, Iorio, Iovino, Lattanzio, Licatini, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Maniero, Manzo, Mariani, Martinciglio».

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIGLIORE, FIANO, MARCO DI MAIO, MICELI, MORANI, PAITA, ROSATO e ROTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nella giornata di sabato una trentina di pullman, diretti a Roma per partecipare a una manifestazione indetta contro il razzismo e contro le disposizioni del «decreto sicurezza» sarebbero stati bloccati alle porte di Roma, prima dell'ingresso in città, e le persone che viaggiavano su questi pullman sarebbero state perquisite e controllate;

   sempre da notizie a mezzo stampa sembrerebbe che i partecipanti a questa manifestazione, indetta tra l'altro da diverse organizzazioni sindacali, sarebbero stati fermati dalle forze dell'ordine e identificati, mentre gli zaini e i testi degli striscioni venivano controllati e verificati uno ad uno, così determinando forti rallentamenti e ritardi nell'ingresso nella Capitale;

   sempre da notizie a mezzo stampa sembrerebbe che alcuni manifestanti, tra i quali anche alcuni migranti, identificati e filmati, si sarebbero sentiti intimiditi –:

   se le modalità con le quali sono stati fermati e perquisiti i manifestanti diretti a Roma siano state rispettose delle norme di legge, quali siano state le motivazioni di controlli così vasti e sistematici, e quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato riguardo a tali fermi e perquisizioni che, per gli interroganti, hanno determinato l'effetto di intimidire alcuni pacifici manifestanti diretti nella capitale.
(5-00930)


   FIANO, MIGLIORE, CECCANTI, MARCO DI MAIO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI, POLLASTRINI, ROTTA, ASCANI, ZAN, QUARTAPELLE PROCOPIO, GIACOMELLI, SERRACCHIANI, ENRICO BORGHI, PEZZOPANE, SENSI, NAVARRA, CARLA CANTONE, RIZZO NERVO, D'ALESSANDRO, MADIA, PELLICANI, SCALFAROTTO, LACARRA, FRAGOMELI, MORASSUT, SCHIRÒ, MOR, BRUNO BOSSIO, DE MARIA, CENNI, BONOMO, UBALDO PAGANO, FREGOLENT, GRIBAUDO, VERINI, GAVINO MANCA, NOJA e MORANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 12 novembre 2018, in occasione di una visita del Ministro interrogato presso la sede dell'università Lumsa a Roma, una casalinga 59enne residente a Borgo Pio, ha contestato con fischi e l'espressione «buffone» il Ministro che si accingeva ad entrare nella sala congressi;

   dalla visione di un video pubblicato su internet, infatti, si vede che, a seguito del primo fischio della signora, che si trovava peraltro sul lato opposto della strada, alcuni agenti in borghese si sono immediatamente avvicinati, intimandole di smettere subito di fischiare, e nel tentativo con le braccia di allontanarla, la signora è finita in terra;

   successivamente, la signora veniva condotta in questura, ufficialmente perché aveva rifiutato di farsi identificare e, da notizie a mezzo stampa, si apprende che, giunta in questura e fattasi identificare, meditava di sporgere denuncia in relazione alle azioni subite dagli agenti in borghese;

   tuttavia, il giorno successivo, dopo che, secondo le cronache di stampa, le era stato ricordato che esistono anche le denunce per calunnia, tornata in commissariato, avrebbe chiesto di stralciare la denuncia, probabilmente intimidita dall'evolversi della situazione, mentre sembrerebbe che la stessa sia stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità, reati per i quali rischia almeno 6 mesi di carcere;

   come dichiarato da un testimone che ha assistito agli eventi riportati, quanto accaduto «è un fatto grave, che testimonia il brutto clima che si respira nel Paese; è nelle cose che un politico possa essere applaudito o fischiato a seconda del gradimento dei cittadini, ma se ciò viene impedito, come è accaduto venerdì, allora è in pericolo la nostra democrazia» –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sui fatti riportati in premessa e se non ritenga del tutto sproporzionata e immotivata la reazione degli agenti in borghese, visibile dal video pubblicato via internet, a fronte dell'età della signora e della circostanza che si trovava dall'altra parte della strada e alla luce del fatto che era in atto una contestazione chiaramente pacifica.
(5-00932)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ORLANDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 novembre 2018 si sono avute notizie da tutta Italia di pullman fermati dalle forze dell'ordine mentre erano diretti a Roma da ogni città del Paese; i pullman fermati diretti alla manifestazione antirazzista convocata per il pomeriggio del 10 novembre da una pluralità di sigle associative e politiche, contro il «decreto Salvini»;

   secondo quanto riportato dai fermati, le forze dell'ordine avrebbero fatto scendere i passeggeri dai pullman e proceduto all'identificazione di ognuno, per poi permettere ai mezzi di ripartire dopo attese che in alcuni casi hanno superato abbondantemente l'ora;

   poiché tali procedure sono state adottate dalla polizia in diverse aree del Paese, appare impensabile che ciò sia avvenuto in assenza un'univoca indicazione dal centro;

   l'identificazione indiscriminata e a tappeto di persone che stanno raggiungendo una manifestazione politica è un atto, a giudizio dell'interrogante, lesivo delle libertà politiche dei cittadini. Una simile restrizione ai diritti di circolazione e di manifestazione della libera opinione politica può avvenire solo in caso di pericoli concreti e fortemente motivati per la pubblica incolumità, circostanza che in questa vicenda non appare trovare alcun riscontro –:

   per quale motivo e con quali finalità le forze di polizia abbiano bloccato i pullman e proceduto all'identificazione dei passeggeri;

   quali siano stati gli esiti di detti controlli e come siano stati utilizzati dalle forze di polizia;

   se ci sia stato un'ordine su tutto il territorio nazionale di procedere con questi controlli a tappetto e, in tal caso, se ciò sia dipeso da un'informativa di sicurezza o da un'indicazione politica.
(4-01623)


   CARDINALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, prevede disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

   ad un anno dalla emanazione si registrano gravi ritardi nell'applicazione della suddetta normativa che rischiano di incidere negativamente sulla organizzazione delle forze di polizia;

   il capo della polizia, in base a quanto stabilito dalla nuova normativa, avrebbe dovuto già procedere alla definizione dei posti di funzione dei commissari di PS;

   risultano non essere stati aggiornati i tesserini di riconoscimento né sono stati aggiornati i relativi ruoli di appartenenza;

   a questo va aggiunta l'assenza dei nuovi distintivi di qualifica –:

   quali siano le ragioni della mancata applicazione delle disposizioni richiamate in premessa di cui al decreto legislativo n. 95 del 29 maggio 2017 e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, affinché si proceda celermente alla declinazione operativa delle citate previsioni normative per un migliore funzionamento delle forze di polizia.
(4-01624)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 novembre 2018 si è tenuta a Roma una grande e partecipata manifestazione antirazzista, colorata, piena di bambini, migranti, uomini e donne di tutte le età. Al corteo, di matrice dichiaratamente pacifica, solidale, accogliente e plurale, hanno aderito circa 480 organizzazioni (tra sigle sindacali, movimenti per il diritto ad abitare, centri sociali, associazioni di volontariato e studentesche) e tanti liberi cittadini mossi dall'esigenza di esprimere il loro disaccordo nei confronti delle politiche migratorie e sociali che l'attuale Governo sta mettendo in atto;

   circa cento pullman, provenienti da 58 città italiane, hanno portato nella Capitale molti dei manifestanti. Tuttavia, come denunciato da tanti, un gran numero di questi mezzi è stato bloccato alle porte di Roma da un imponente schieramento di forze dell'ordine, con tanto di furgoni e blindati, che ha perquisito i passeggeri, sia fisicamente sia controllando i bagagli, le bandiere e gli striscioni che portavano con sé. Inoltre, gli stessi manifestanti fermati sono stati identificati, filmati e fotografati;

   in diversi casi dopo che i passeggeri sono stati schedati, operazione che ha richiesto parecchio tempo, i pullman hanno dovuto attendere inspiegabilmente altri 40 minuti prima di essere scortati dalle stesse forze dell'ordine fino al centro di Roma. Ciò ha chiaramente prodotto un ritardo nella partecipazione alla manifestazione;

   si è assistito a quello che appare all'interrogante un palese tentativo di scoraggiare la partecipazione al corteo determinandosi, di fatto, l'effetto di intimidire i manifestanti da parte delle forze dell'ordine, che, a detta di molti dei fermati, hanno trasmesso, seppur non espressamente, un cristallino e inquietante messaggio: «sappiamo che stai protestando». Un atto, a giudizio dell'interrogante, di grave, ingiustificata e inaccettabile violazione delle libertà democratiche e costituzionali, del diritto di espressione e del diritto di manifestare compiuto ad opera dello Stato e che niente ha a che vedere con la sicurezza, ma fa piuttosto pensare a una preoccupante volontà di inasprire il clima e il sentimento nel Paese –:

   se il Ministro interrogato sia stato messo previamente a conoscenza delle procedure di controllo, perquisizione e identificazione messe in atto dalle forze dell'ordine e descritte in premessa;

   se, nell'ambito delle sue competenze, intenda spiegare quali siano state le ragioni che hanno portato allo svolgimento di dette operazioni e se sia intenzione del Ministero dell'interno procedere in egual modo in occasione di tutte le future manifestazioni di cittadini che si svolgeranno sul territorio nazionale;

   quali siano stati i costi sostenuti per l'operazione che ha visto i mezzi delle forze dell'ordine accompagnare fino al centro di Roma i pullman che ospitavano i manifestanti.
(4-01629)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 novembre 2018 si è svolta una manifestazione nazionale contro i fenomeni sempre più diffusi nel nostro Paese di razzismo e di violenza xenofoba, promossa da un ampio cartello di associazioni, organizzazioni politiche e di volontariato, a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone provenienti da tutte le regioni italiane;

   la gran parte dei pullman che hanno trasportato a Roma i manifestanti sono stati bloccati o durante il percorso o all'ingresso della Capitale per permettere minuziosi controlli da parte delle forze dell'ordine;

   i controlli operati dalle forze dell'ordine hanno bloccato per molto tempo i manifestanti, che sono stati identificati e videoregistrati. Inoltre, vi è stato un minuzioso controllo dei bagagli personali e di quanto scritto sugli striscioni utilizzati poi al corteo;

   non si può che esprimere sorpresa e preoccupazione per quanto avvenuto. Il livello di controlli indiscriminati è stato a giudizio dell'interrogante assolutamente sproporzionato, e al limite del rispetto dei diritti costituzionali. Il controllo preventivo degli striscioni, ad esempio, è un precedente gravissimo, nel caso poi di manifestazioni politiche o sociali è, secondo l'interrogante, una violazione palese della Costituzione della Repubblica –:

   se il Governo sia a conoscenza di quali siano le motivazioni che hanno portato le forze dell'ordine ad operare un indiscriminato controllo a tappeto nei confronti dei partecipanti a una manifestazione nazionale contro il razzismo e la violenza xenofoba che peraltro non ha avuto alcun tipo di problema di ordine pubblico;

   se intenda verificare chi abbia ordinato tale tipo di controlli, se ciò sia avvenuto a livello della questura di Roma o a livello nazionale da parte del dipartimento di pubblica sicurezza e, in base a quali motivazioni o urgenti motivi di pubblica sicurezza;

   quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Ministro interrogato nei confronti dei responsabili dell'operazione di indiscriminato controllo dei partecipanti alla manifestazione del 10 novembre e se intenda dare indicazioni finalizzate al rispetto delle norme costituzionali per le prossime mobilitazioni di protesta, affinché non si ripetano episodi di questo genere.
(4-01630)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUCALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 18 ottobre 2018 è stata sostenuta la prova scritta del concorso per dirigenti scolastici, a cui non hanno partecipato tutti gli 8.736 aventi diritto (coloro i quali hanno superato prova preselettiva del 23 luglio), dato che per motivi meteorologici l'ufficio scolastico regionale della Sardegna ordinava la chiusura delle scuole e il conseguente rinvio della prova scritta, a data da destinarsi;

   il comma 2 dell'articolo 8 del bando del corso-concorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 novembre 2017 dispone: «la prova scritta è unica su tutto il territorio nazionale e si svolge in una unica data»;

   il comma 12 dell'articolo 8 stabilisce che: «Qualora, per cause di forza maggiore sopravvenute, non sia possibile l'espletamento della prova scritta nella giornata programmata, ne viene stabilito il rinvio con comunicazione, anche in forma orale, ai candidati presenti»;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato, il 30 ottobre 2018, un avviso relativo alla succitata prova: «A seguito del rinvio dell'espletamento, nella regione Sardegna, della prova scritta del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici, disposto a seguito dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Cagliari n. 62 del 17/10/2018, si comunica che il giorno e l'ora di svolgimento della suddetta prova, limitatamente ai candidati precedentemente assegnati alle sedi di esame della regione Sardegna, sarà reso noto con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 4a Serie speciale, Concorsi ed esami, del 9 novembre 2018»;

   con avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 4a Serie speciale, Concorsi ed esami, del 9 novembre 2018 si comunica che la prova scritta del corso-concorso nazionale per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali si svolgerà, limitatamente ai candidati precedentemente assegnati alle sedi di esame della regione Sardegna, in data 13 dicembre 2018, alle ore 10,00 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno, alla luce del rinvio della prova disposto unicamente per i concorrenti della Sardegna, a giudizio dell'interrogante violando quindi il principio di equità che avrebbe dovuto assicurare pari opportunità per tutti i concorrenti, intervenire affinché vengano garantiti il rispetto della contemporaneità della prova e uguali diritti per i partecipanti.
(5-00933)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   per il 13 novembre 2018 risulta in programma, presso il liceo classico statale «Marco Minghetti» di Bologna, un laboratorio dal titolo «Oltre le frontiere — Laboratorio con i migranti», previsto per le ore 14,45 (allegato);

   il laboratorio, come si legge dall'invito del dirigente scolastico, è rivolto agli studenti di tutte le classi. Il programma prevede un incontro sul «Decreto Salvini — pacchetto sicurezza» con l'avvocato Antonella Cozza, esperta di diritto dell'immigrazione e con il dott. Massimiliano Ferraro, esperto sui temi dell'immigrazione;

   il documento è tra l'altro reperibile sul sito web dell'istituto e il progetto «Oltre le frontiere» appare essere inserito nel piano dell'offerta formativa tra le attività e i progetti;

   pur con il «beneficio del dubbio», l'incontro in questione, almeno dal titolo, parrebbe all'interrogante avere una forte connotazione politica e, in particolare, di contrapposizione alle attuali politiche governative in fatto di immigrazione, essendo stato l'evento incentrato sul «decreto Salvini» ed essendo i relatori presentati come esperti dei temi dell'immigrazione;

   la verosimile politicizzazione dell'evento, accompagnata alla probabile assenza di un contraddittorio sul tema, appare pertanto inopportuna ad avviso dell'interrogante, poiché il fenomeno migratorio verrebbe presentato in modo unilaterale e senza dunque la possibilità, per gli studenti, di elaborare una visione personale, critica e obiettiva scevra da caratterizzazioni ideologiche –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se, alla luce di quanto esposto e per quanto di competenza, intenda avviare una verifica sui contenuti delle attività extracurricolari proposte dal liceo di cui in premessa;

   se, alla luce di quanto accaduto, intenda adottare iniziative, anche di carattere normativo, o mediante la redazione di linee guida, al fine di prevedere il necessario rispetto del principio del contraddittorio nel corso di incontri extracurricolari rivolti agli studenti.
(4-01625)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   LORENZIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nelle previsioni economiche di autunno 2018 pubblicate la scorsa settimana, la Commissione europea, da un lato, evidenzia che il mercato del lavoro ha recuperato i livelli precedenti la crisi; dall'altro, che la crescita economica non si accompagna ad una crescita dei salari, un fenomeno questo nuovo e che merita di essere attentamente valutato;

   gli indicatori macroeconomici in Europa mostrano che i salari non stanno seguendo i guadagni di produttività, ma questi ultimi sono cresciuti molto di più e che la quota dei salari sul prodotto interno lordo si è ridotta progressivamente negli ultimi 15 anni, mentre si è accresciuto il fenomeno dei cosiddetti working poor;

   in Italia questi fenomeni sono ancora più accentuati – nonostante qualche debole segnale di ripresa in alcuni comparti – con una stagnazione salariale che rischia di penalizzare soprattutto i giovani e le donne;

   questo Governo ha inteso affrontare il tema salariale limitandosi al settore dei cosiddetti rider, senza però conseguire nessun risultato tangibile e senza volere affrontare la questione salariale nel suo ambito più generale, continuando lo sviluppo di un percorso di analisi e proposte sulle trasformazioni del mercato del lavoro e sulle conseguenti politiche di accompagnamento promosso dal precedente Governo;

   le stesse organizzazioni delle parti sociali hanno più volte richiesto misure che fossero finalizzate ad accompagnare il processo di riforma delle relazioni industriali verso il nuovo modello da loro negoziato, che ha l'obiettivo di rafforzare il decentramento della contrattazione collettiva, accompagnare i processi di trasformazione del lavoro in atto, collegare retribuzioni a produttività;

   nulla di ciò né sul piano della formazione, né sul piano fiscale, né sul piano delle politiche attive appare prioritario nella manovra di bilancio, dove a parere dell'interrogante vi è solo una discutibile azione di redistribuzione del reddito fatta a debito del Paese e delle prossime generazioni –:

   quali siano le iniziative che il Governo intende promuovere per accrescere i consumi e sostenere la crescita, non avendo rafforzato sia la detassazione dei premi di produttività, che avrebbe aumentato il salario dei lavoratori e delle lavoratrici, sia ridotto il costo del lavoro per le imprese.
(3-00323)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   le aziende specializzate nell'allevamento di ovini per la produzione di latte in Italia sono per lo più localizzate in Sardegna, che è la prima regione italiana per consistenza del patrimonio con una concentrazione di oltre il 45 per cento dei capi nazionali (fonte Istat, 2017), e la quasi totalità degli oltre 12.000 allevamenti ovini esistenti in Sardegna è destinato alla produzione di latte;

   i bilanci economici delle aziende sarde di produzione di latte ovino hanno mostrato, soprattutto negli ultimi anni, una forte sofferenza generale, non compensata neppure dal sostegno Pac (incluso il premio accoppiato) che ha rappresentato circa un terzo dei ricavi complessivi. La produzione lorda vendibile aziendale si è attestata su valori esigui a causa di prezzi del latte molto bassi e di livelli contenuti di produttività per effetto delle condizioni climatiche sfavorevoli, le quali hanno, inoltre, impattato negativamente sui costi di produzione facendo lievitare in modo eccezionale i costi per l'acquisto di foraggi conservati e alimenti concentrati;

   la scheda del settore ovicaprino elaborata da Ismea nel dicembre dell'anno scorso, che ha messo a confronto i prezzi all'origine del latte di Lazio, Toscana e Sardegna nel corso degli anni 2015-2016-2017, ha evidenziato un significativo calo del prezzo del latte in tutte le tre aree italiane, ma, in particolare, ha messo in risalto il drastico e singolare calo del prezzo in Sardegna: dai 100,00 euro circa per 100 litri di latte del 2015 ai 60,00 euro circa per 100 litri di latte dell'agosto 2017, anno in cui il prezzo del latte ha toccato i minimi storici;

   la caduta verticale del prezzo del latte è stata causata dalla sovrapproduzione di pecorino romano: i trasformatori, visti i prezzi elevati della dop, hanno concentrato le produzioni su questo prodotto, saturando il mercato e portando il prezzo del romano dai quasi 10 euro al chilogrammo dell'estate 2015 ai 4,20 euro al chilogrammo del 2017 con una perdita di oltre 150 milioni di euro. Perdite fatte ricadere tutte sull'anello più debole della filiera, il pastore, che ha così pagato le inefficienze e la mancanza di programmazione dei trasformatori;

   ci si trova di fronte ad una vera e propria crisi del prezzo del latte dovuta ad un'eccessiva volatilità dei prezzi e ad una mancanza di trasparenza nella filiera di produzione e trasformazione. Oggi non esiste nessun tipo di controllo diretto o indiretto sul prezzo dei fattori di produzione e quindi sulla remunerazione del latte e sul prezzo del lavoro dei pastori sardi. Il prezzo del latte continua ad essere dettato da una parte della filiera e non dal mercato e i pastori non sono messi in condizione di poter conoscere i dati e avere gli stessi strumenti della controparte per poter sedersi ad un tavolo e contrattare il prezzo più adeguato. Non esiste programmazione e c'è una parte della filiera che specula e si concede ancora oggi il lusso (si veda la scorsa annata) di socializzare i debiti e le sue incapacità;

   i piccoli interventi emergenziali, anche se necessari, fino ad oggi si sono dimostrati soltanto dei palliativi destinati a esaurire i loro effetti nel corso delle singole annualità –:

   quali iniziative intenda intraprendere, anche attraverso l'attivazione di un tavolo istituzionale per l'avvio di un efficace monitoraggio delle produzioni del latte e una programmazione del comparto che possa portare alla definizione di elementi di governabilità, in un sistema senza regole chiare, al fine di garantire un reddito più adeguato ai pastori sardi e di controllare il prezzo del latte.
(2-00177) «Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Maraia, Marzana, Parentela, Pignatone, Cataldi, Chiazzese, Ciprini, Colletti, Corda, Costanzo, Cubeddu, Currò, Daga, Dall'Osso, Sabrina De Carlo, De Giorgi, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Cesena ha aderito alla richiesta che il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aveva rivolto ai territori con decreto ministeriale n. 14771 del 18 dicembre 2017, riguardante l'iscrizione all'elenco delle mense scolastiche biologiche, anche alla luce del successivo decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo del 22 febbraio 2018 che stabiliva genericamente le modalità di ripartizione di un fondo nazionale dedicato alla refezione scolastica biologica;

   dal 1986 il comune di Cesena ha introdotto il «biologico» e la dieta mediterranea nelle mense scolastiche, in largo anticipo rispetto alle linee guida previste, poi, dalle leggi nazionali e regionali, producendo 624.000 pasti all'anno consumati in 55 mense scolastiche;

   il comune di Cesena, a quanto consta all'interrogante, è venuto a conoscenza, tramite un rappresentante di Anci nazionale, del riconoscimento all'ente di un finanziamento per il servizio di refezione scolastica da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo utilizzabile in parte per l'abbattimento del costo-pasto a carico delle famiglie;

   non si conoscono, tuttavia, l'importo esatto del suddetto finanziamento, né le modalità con cui esso potrà essere utilizzato sul territorio –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno comunicare l'ammontare di tale finanziamento nella parte attribuita al comune di Cesena;

   se si intenda altresì comunicare la percentuale di esso che potrà essere riconosciuta alle famiglie per l'abbattimento del costo-pasto, attualmente pari a 4,50 euro.
(5-00935)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   ALAIMO, MACINA, DIENI, BALDINO, BERTI, BILOTTI, BRESCIA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, DADONE, FORCINITI, PARISSE, ELISA TRIPODI e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative in cui si articola e ai singoli dipendenti;

   nei Paesi più evoluti, la valutazione della performance della pubblica amministrazione, sia nel pubblico che nel privato, assume un ruolo chiave per il conseguimento del benessere economico e sociale;

   allo scopo di valutare la qualità del lavoro della pubblica amministrazione e dei suoi dirigenti, il decreto legislativo n. 150 del 2009 ha istituito l'organismo indipendente di valutazione nominato in ogni amministrazione pubblica dall'organo di indirizzo politico-amministrativo;

   l'organismo indipendente di valutazione monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni; garantisce la correttezza dei processi di misurazione e valutazione; propone, all'organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi;

   di recente, in base a quanto previsto dalla «riforma Madia», il Dipartimento della funzione pubblica ha istituito, con il decreto ministeriale del 2 dicembre 2016, l'elenco nazionale dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione della performance, la cui iscrizione è condizione necessaria per poter partecipare alle procure comparative con le quali si perviene alle nomine degli organismi indipendenti di valutazione;

   l'iscrizione all'elenco è subordinata al possesso di requisiti generali (cittadinanza italiana, comunitaria, godimento dei diritti civili e politici, non aver riportato condanne penali) e di professionalità (essere in possesso di laurea specialistica, magistrale, di comprovata esperienza professionale di almeno cinque anni, maturata presso pubbliche amministrazioni o aziende private, nella misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale);

   nonostante l'intervento della «riforma Madia», ad avviso degli interroganti non si è riuscita ad eliminare la forte discrezionalità che sussiste nella scelta dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione, in quanto sono stati fissati dei requisiti molto deboli, i quali non sono in grado di assicurare la professionalità dei componenti;

   la composizione di tali organismi, infatti, non appare esaudire i principi fondamentali di trasparenza, indipendenza ed imparzialità a cui essi sarebbero chiamati, soprattutto in ordine ai criteri di provenienza e selezione –:

   se, a fronte della contraddittoria posizione dell'organismo di vigilanza per non pochi aspetti coincidente con l'organismo sottoposto alla sua valutazione, il Ministro interrogato ritenga adeguata la vigente disciplina in ordine agli organismi indipendenti di valutazione e se i risultati conseguiti possano considerarsi soddisfacenti a fronte dei principi ispiratori.
(3-00326)


   MELONI, LOLLOBRIGIDA, RIZZETTO, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   è necessario tutelare, con opportuni e chiari provvedimenti normativi, gli idonei inseriti ancora nelle graduatorie vigenti di concorsi pubblici;

   l'efficacia delle graduatorie e delle assunzioni va urgentemente prorogata al 31 dicembre 2019, ferma restando la vigenza delle stesse fino alla completa assunzione dei vincitori e, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

   si tratta delle graduatorie presso tutte le amministrazioni pubbliche, soggette a limitazioni delle assunzioni, ivi comprese quelle vigenti presso i Corpi di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di allinearle a quelle formatesi a seguito delle procedure concorsuali di cui all'articolo 67-ter, commi 5 e 6, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (concorso Ripam per la ricostruzione), già prorogate al 31 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 1, comma 716, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   per quanto riguarda i forestali, si è ancora in attesa di una riforma organica del Corpo forestale dello Stato; anche per questo Corpo sarebbe opportuno prorogare l'efficacia della graduatoria del concorso pubblico, per esami, per la nomina di 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale – serie concorsi n. 94 del 29 novembre 2011 –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative volte a disporre la proroga delle graduatorie in questione a tutela degli idonei.
(3-00327)

Interrogazione a risposta scritta:


   NOVELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in queste settimane nelle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale stanno entrando nel vivo le trattative per i rinnovi dei contratti integrativi che dovranno adeguarsi al nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato il 21 maggio 2018;

   si sta assistendo ad una molteplicità di richieste di chiarimenti interpretativi all'Autorità nazionale anticorruzione (Aran), poiché, per la sua cattiva qualità, la normativa contrattuale non solo si presta a molteplici letture, ma presenta lacune e contraddizioni palesi che ne rendono fortemente problematica una corretta applicazione, ponendo gli operatori in gravi difficoltà ed esponendoli al rischio di causare danno patrimoniale agli enti;

   le regioni, con un'iniziativa senza precedenti, si sono sostanzialmente appropriate della funzione di interpretazione del contratto collettivo nazionale di lavoro: con lettera del 22 giugno 2018, il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, ha comunicato ai suoi colleghi e agli assessori al personale che «è stato deciso che le richieste di parere da parte delle amministrazioni regionali, degli enti strumentali regionali e delle singole aziende sanitarie, nel caso in cui riguardino questioni e temi di carattere generale, dovranno essere inoltrate al Comitato di settore Regioni-Sanità, ai fini di un preventivo esame congiunto con Aran»;

   tale decisione è stata assunta in condivisione con il presidente dell'Aran, dottor Sergio Gasparrini, che ha confermato la disponibilità ad accompagnare le regioni in questa fase;

   questa iniziativa rappresenta, a giudizio dell'interrogante, una palese violazione dell'equilibrio tra le competenze dei comitati di settore e quelle dell'Aran poiché secondo l'articolo 46, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 «l'Aran esercita a livello nazionale... ogni attività relativa... alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi»;

   si tratta all'evidenza, secondo l'interrogante, di una funzione chiaramente attribuita dalla legge alla competenza piena ed esclusiva dell'Aran, non condivisibile con altri soggetti istituzionali quantomeno nei termini della citata lettera del presidente Bonaccini;

   l'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 afferma che «i comitati di settore possono stipulare con l'Aran specifici accordi per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per specifiche attività in comune», ma naturalmente l'ambito di tali convenzioni non potrebbe collocarsi al di fuori del rispetto della cornice delle competenze attribuite a ciascun soggetto dalla legge, come sembra essere avvenuto nel caso specifico;

   peraltro, è la stessa ricordata lettera ad evidenziare palesemente lo «sconfinamento» laddove in un successivo passaggio dice che «Si provvederà anche a calendarizzare specifici incontri e seminari, anche di livello tecnico, congiuntamente con Aran»;

   queste attività ben potrebbero essere ricondotte a una corretta applicazione delle disposizioni dell'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma sono evidentemente distinte da quelle precedentemente indicate dove, ad avviso dell'interrogante, si tratta chiaramente di una ingerenza nella competenza interpretativa dell'Aran;

   non è poi dato comprendere il senso delle parole «anche di livello tecnico», atteso che l'interpretazione delle norme contrattuali è una attività che non può che essere esercitata in base alle regole dell'ermeneutica giuridica, che costituisce una «tecnica» con parametri certi e codificati dalla legge –:

   quale sia l'esatto stato della situazione sopra descritta;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo, posto che l'iniziativa delle regioni appare all'interrogante un tentativo di sostanziale appropriazione delle competenze in tema di interpretazione del contratto collettivo nazionale, resa necessaria dalle lacune e contraddizioni dell'accordo ispirato dalle regioni stesse e sottoscritto dai sindacati partecipanti;

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per ripristinare un corretto esercizio dell'attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi da parte dell'Aran.
(4-01633)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO E DEMOCRAZIA DIRETTA

Interrogazione a risposta immediata:


   RUGGIERI, GELMINI, OCCHIUTO e MULÈ. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. – Per sapere – premesso che:

   in questi giorni è apparso sul web un filmato che ritrae il portavoce del Presidente del Consiglio dei ministri, Rocco Casalino, discutere con una classe di giovani ed esprimere pensieri di totale disprezzo nei confronti degli anziani e delle persone affette da sindrome di Down;

   il portavoce del Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato quanto testualmente riportato: «da bambino, da sempre, i vecchi mi fanno schifo. E tutti i ragazzi down (...) mi danno fastidio». E ancora: «Non ho nessuna voglia di relazionarmi a loro, nessuna voglia di aiutarli, poveretti che gli è capitata ’sta cosa ma non voglio occuparmene»; fino al paragone agghiacciante: «è come se fa schifo il ragno (...) io provo fastidio (...) è imbarazzo, non so come spiegarlo, non voglio perderci tempo»;

   il portavoce ha commentato il filmato, rilanciato dai media, lamentando la mancata verifica del contenuto e del contesto in cui è stato girato e specificando che, intervenendo ad un corso di giornalismo, fece quella che definisce una «recita» poiché gli era stato «esplicitamente chiesto di provocare gli studenti»;

   tra le dichiarazioni rilasciate da Casalino si annovera una vecchia intervista rilasciata al programma Le Iene, in cui vi è un chiaro riferimento xenofobo e, in tempi più recenti, un messaggio audio trapelato quest'estate in cui dichiara di aver «saltato» il Ferragosto in considerazione del crollo del Ponte Morandi di Genova, per non parlare degli attacchi rivolti ai funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze, che alcuni mezzi di informazione hanno definito «di stampo mafioso» e che non rientrano certamente nei compiti di un portavoce;

   quanto appena riportato desta forti preoccupazioni circa l'effettiva adeguatezza di un soggetto che si lascia andare a dichiarazioni piuttosto gravi e sconcertanti e che riveste un ruolo fondamentale circa la credibilità dell'attuale Governo –:

   se il Governo, alla luce di quanto richiamato in premessa, non ritenga deplorevoli le dichiarazioni rilasciate in più occasioni dalla persona che attualmente ricopre un ruolo istituzionalmente rilevante, quale quello del portavoce, quali iniziative si intendano intraprendere e se non si ritenga opportuno che Casalino presenti le proprie dimissioni.
(3-00324)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il contratto di lavoro di medici, veterinari e dirigenti sanitari del sistema sanitario nazionale non viene rinnovato dal 2010 e il tavolo tecnico aperto all'Aran da molti mesi non ha prodotto risultati. Soprattutto perché le regioni, secondo uno dei più rappresentativi sindacati dei medici ospedalieri, non avrebbero accantonato i fondi per i rinnovi contrattuali. Per i 110 mila medici dipendenti del servizio sanitario le regioni nello stesso periodo sembrerebbe abbiano accantonato solo 12,9 milioni di euro (per il 95 per cento dalla Lombardia ed Emilia-Romagna), pur avendo ricevuto fondi incrementali dallo Stato ed essendo obbligati all'accantonamento da precise disposizioni di legge;

   il contratto di medici, veterinari e dirigenti sanitari del sistema sanitario nazionale è l'unico del comparto sanità ancora bloccato e si sta accumulando un ritardo imperdonabile che colpisce e irrita chi ha ruoli di responsabilità diretta nella diagnosi e nella cura dei pazienti e nella protezione della salute, assicurando, in modo insostituibile, un diritto costituzionale fondamentale;

   questa situazione, unita al progressivo aumento del carico di lavoro legato alle riduzioni degli organici e ai tagli talvolta indiscriminati fatti dalle regioni, sta portando a una progressiva demotivazione con una vera e propria fuga dagli ospedali a solo vantaggio delle strutture private con un progressivo impoverimento del servizio sanitario nazionale;

   i soli pensionamenti porteranno via dalle corsie 7.500 medici nei prossimi tre-quattro anni e l'offerta di medici specialisti, che sono le sole figure che possono accedere ai concorsi pubblici ospedalieri, non sono già oggi sufficienti a soddisfare il fabbisogno degli organici. Tant'è che è cosa nota che molti concorsi indetti dalle aziende sanitarie, anche del Sud Italia, sono andati deserti negli ultimi mesi;

   il rinnovo del contratto della dirigenza medica sarebbe sicuramente un segnale di attenzione verso gli oltre 110 mila professionisti che ogni giorno dimostrano il loro impegno garantendo la salute agli italiani con un elevato standard di qualità, pur lavorando in strutture spesso carenti e con carichi di lavoro sempre crescenti, che vanno spesso ben oltre l'orario contrattualmente previsto;

   il rinnovo contrattuale attraverso risorse economiche adeguate è uno degli elementi su cui basare una nuova offerta per i professionisti che rappresentano il vero patrimonio del nostro servizio sanitario nazionale;

   la questione attiene alla dignità professionale di professionisti che operano in un campo delicatissimo quale quello del diritto alla salute riconosciuto e sancito dalla nostra Costituzione;

   l'intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria rivendica la garanzia del beneficio del 3,48 per cento riconosciuto a tutto il pubblico impiego del mondo sanitario, dallo sblocco della Ria (retribuzione individuale di anzianità) e dal computo dell'indennità di esclusività nella massa salariale sulla quale applicare gli incrementi –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare la completa disponibilità delle risorse indispensabili al rinnovo del contratto;

   se il Governo, alla luce di quanto esposto, non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza affinché si preveda un finanziamento adeguato, insieme alla quota di pertinenza regionale, per procedere con la massima tempestività al rinnovo del contratto nazionale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria scaduto nel 2010 per evitare il progressivo depauperamento e declino del sistema ospedaliero italiano.
(2-00176) «Deidda, Gemmato, Zucconi, Trancassini, Ferro, Maschio, Fidanza, Bellucci, Prisco».

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta molta preoccupazione quanto si sta verificando in Puglia in merito al contagio di persone non vaccinate dal virus del morbillo;

   si tratta ad oggi di otto casi di cui cinque minori e tre adulti;

   è in corso una indagine per verificare se tutto sia partito da una bimba di 10 anni, figlia di genitori che non hanno proceduto alla vaccinazione e che a metà ottobre 2018 è stata ricoverata presso il reparto di malattie infettive dell'ospedale pediatrico Giovanni XXIII;

   sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro della salute affermando che «sul morbillo non possiamo abbassare la guardia» e che «Il nuovo focolaio segnalato a Bari, su cui sono ancora in corso accertamenti, evidenzia come il nostro Paese abbia ancora molto da fare per eliminare questa patologia»;

   si tratta di parole che stridono con le misure finora adottate dal Governo che di fatto indeboliscono il quadro di tutela definito con la previsione di obbligatorietà dei vaccini, stabilita mediante decreto-legge la scorsa legislatura dal Governo Gentiloni;

   la mancata vaccinazione e la mancanza di stringenti controlli per chi vuole eludere la legge hanno come conseguenza quella di colpire i soggetti più fragili, mettendone seriamente a rischio la salute;

   è indispensabile rafforzare la campagna di vaccinazione dei bambini per evitare che la tutela della salute possa essere condizionata da scelte ideologiche –:

   quali iniziative intenda conseguentemente adottare al riguardo e se sia prevista una campagna di informazione capillare, a partire dalle scuole, d'intesa con la regione Puglia, per rafforzare la copertura vaccinale e scongiurare il ripetersi di episodi come quello di cui in premessa.
(3-00318)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo turco Toksoz, dopo aver acquisito l'azienda dolciaria Pernigotti nel 2013 ed essersi impegnato a mantenere la produzione in loco, intende attuare un piano di completa chiusura dello stabilimento sito nel comune di Novi Ligure (Alessandria), come formalmente comunicato alle organizzazioni sindacali;

   tale azienda, simbolo del made in Italy nel settore dolciario, dal 1860 produce i noti gianduiotti;

   è stata fissata per questa settimana la riunione plenaria sulla Pernigotti presso il Ministero dello sviluppo economico –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare l'azienda e i lavoratori e le lavoratrici dello stabilimento di Novi Ligure (Alessandria), con riferimento inoltre alla tutela del made in Italy rispetto a iniziative di delocalizzazione parziale o totale della produzione, con riduzione dell'italianità del prodotto al solo brand, come nel caso della Pernigotti.
(3-00321)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale maltempo che nelle ultime settimane ha colpito il Paese dal Trentino all'alto Piemonte, dalla Liguria al Veneto, fino al Sud Italia, ha provocato danni al sistema produttivo italiano per centinaia di milioni di euro;

   si pensi, per fare qualche esempio, al fermo di Luxottica negli stabilimenti di Agordo, Cencenighe, Pederobba e Sedico; all'acqua alta eccezionale a quota 156 centimetri a Venezia, che ha determinato danni agli esercizi pubblici stimati in circa 20 milioni di euro; ai danni in Friuli Venezia Giulia, che, con riferimento alle sole infrastrutture pubbliche, sono stati quantificati attorno ai 500 milioni di euro; ad aziende del nuorese, cui il vento ha scoperchiato capannoni e locali agricoli, provocando la morte di diversi capi bestiame; al basso Lazio, dove le immagini di Terracina e delle aziende di Fondi e Sperlonga dopo l'ondata di maltempo hanno suscitato grande attenzione mediatica per l'entità dei danni provocati; in Sicilia, dove 94 giorni di pioggia intensa in nove mesi hanno messo in ginocchio l'intero settore agricolo; al cedimento della parte superiore della diga del porto a Rapallo; ai negozi, ai ristoranti, alle strutture balneari completamente distrutte sul lungomare ligure; ai macchinari rovinati, alla merce deteriorata, alle pulizie straordinarie e alla chiusura forzata delle attività –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda promuovere per aiutare il settore produttivo delle regioni più colpite dal maltempo.
(3-00322)

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la cooperativa Cft, colosso della logistica con sede al mercato ortofrutticolo di Novoli a Firenze, ha un fatturato da circa 300 milioni di euro l'anno: oggi ha un bilancio da 16 milioni di euro di rosso e 108 milioni di debiti accumulati. Secondo un articolo pubblicato dalla cronaca fiorentina del quotidiano «La Repubblica» in data 11 ottobre 2018 vive una pesante crisi finanziaria. Secondo il bilancio 2017, inoltre, Cft ha un debito con l'erario di 14 milioni di euro per Iva non pagata. Il colosso avrebbe concordato, secondo quanto riferisce il quotidiano, un piano di rientro pluriennale dal debito. Alla cooperativa lavorano circa 5.500 dipendenti, messi a rischio dalla situazione critica che vive il colosso –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se il Governo, nell'esercizio dei poteri di vigilanza sulle cooperative, non ritenga di avviare, per quanto di competenza, un'ispezione presso la Cft per verificare la situazione a tutela della legalità e delle migliaia di dipendenti che ci lavorano;

   se esista un piano di rientro pluriennale con l'Erario e cosa prevede nel dettaglio.
(3-00320)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSSO, PELLA, SOZZANI e ZANGRILLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Pernigotti spa è un'azienda dolciaria piemontese, nata a Novi Ligure, in provincia di Alessandria nel 1860, i cui prodotti sono noti in tutto il mondo, tanto da essere considerata un marchio storico e di eccellenza non solo a livello nazionale, ma anche internazionale;

   nel 2013 l'azienda, di proprietà della famiglia Averna, è stata ceduta al gruppo turco Sanset, di proprietà della famiglia Toksoz, attivo anch'esso nel settore dolciario, oltre che farmaceutico ed energetico, con la promessa di un rilancio dell'attività, anche attraverso nuove produzioni;

   secondo quanto riportato in questi giorni da diverse testate giornalistiche la famiglia Toksoz sarebbe intenzionata a chiudere lo stabilimento di Novi Ligure per trasferirne la produzione in Turchia;

   il 6 novembre 2018 si è tenuto un incontro tra i vertici dell'azienda e i sindacati provinciali di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil, nel corso del quale le parti sociali hanno chiesto un piano di rilancio aziendale che prevedesse, a fronte del trasferimento di diverse produzioni in Turchia, anche una progettualità per lo storico stabilimento di Novi Ligure, mentre l'azienda ha comunicato l'intenzione di chiudere lo stabilimento, annunciando il licenziamento di circa 100 persone;

   la decisione aziendale sarebbe definitiva e considererebbe la solo possibilità di un anno di cassa integrazione straordinaria;

   attualmente lo stabilimento di Novi Ligure conta circa 200 dipendenti tra produzione, amministrazione e vendita;

   secondo fonti sindacali, diversamente dal rilancio annunciato in sede di acquisizione dell'azienda, le perdite accumulate dalla gestione turca negli ultimi cinque anni sarebbero pari a 13 milioni di euro, ridotti ad 8 milioni nel 2017 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali iniziative intenda intraprendere per evitare la chiusura dello storico stabilimento di Novi Ligure e salvaguardare le sorti dei lavoratori e delle famiglie da esso dipendenti.
(5-00931)


   UBALDO PAGANO.— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del 19 febbraio 2015 il Ministro dello sviluppo economico ha designato, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 270 del 1999, quali componenti del comitato di sorveglianza nell'ambito dell'amministrazione straordinaria dell'ILVA, in rappresentanza del ceto creditorio chirografario, Eni spa e Banca Intesa Sanpaolo spa;

   entrambi tali soggetti, a quanto consta all'interrogante, né in fase di designazione né successivamente alla dichiarazione di esecutorietà dello stato passivo rivestivano la qualità di creditori chirografari;

   in capo ad entrambi i soggetti sono inoltre venute ad integrarsi gravi ipotesi di conflitto di interessi;

   da ultimo Banca Intesa Sanpaolo spa è divenuta socia di AM InvestCO Italy Srl, che si è aggiudicato il contratto di affitto di azienda;

   per il contributo all'esodo dei lavoratori dell'ILVA, il Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato la disponibilità dell'amministrazione straordinaria al versamento di 250 milioni di euro, a giudizio dell'interrogante in deroga a qualsiasi principio applicabile alle procedure concorsuali, poiché tali crediti vengono liquidati con fondi della procedura, in «prededuzione» e con preferenza rispetto a qualsiasi altro credito;

   un'ulteriore anomalia, secondo l'interrogante, è data dal fatto che, nel caso che un lavoratore accetti il contributo all'esodo, esso verrebbe liquidato attingendo dal fondo della procedura, mentre qualora il lavoratore decida di non accettare, restando in cassa integrazione, sarebbe lo Stato a farsi carico della spesa;

   la somma di 250 milioni di euro stornati dalle quote di affitto di ILVA da ArcelorMittal all'amministrazione straordinaria per espletare le procedure di esodo è sottratta alla soddisfazione dei creditori e tanto contribuirà, secondo l'interrogante, alla quasi certa impossibilità per i creditori chirografari e per i creditori privilegiati di recuperare i loro crediti;

   tra i creditori chirografari vi sono anche gli abitanti dei quartieri prospicienti l'impianto, i quali hanno subito evidenti ed incontestabili danni ai propri immobili anche connessi al loro ridotto godimento, nonché gli eventuali danneggiati per patologie connesse all'inquinamento proveniente dallo stabilimento;

   i costi dei consulenti della procedura di amministrazione straordinaria saranno anch'essi sottratti ai creditori –:

   se il Ministro interrogato intenda operare una nuova valutazione, alla luce del conflitto d'interessi emerso, riguardo ai componenti del comitato di sorveglianza per l'amministrazione straordinaria di ILVA;

   se il Ministro intenda intraprendere iniziative a favore dei creditori chirografari, tra cui gli abitanti del quartiere Tamburi di Taranto, al fine di garantire loro un degno risarcimento per i danni subiti;

   se il Ministro intenda chiarire l'entità dei costi per la consulenza dell'amministrazione straordinaria di ILVA.
(5-00934)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Carfagna e altri n. 1-00075, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bergamini, Calabria, Fiorini, Ruffino, Saccani Jotti, Spena, D'Attis, Tartaglione, Fasano, Maria Tripodi, Napoli, Vietina, Fatuzzo, Germanà, Pella, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Sarro, Casciello, Palmieri, Elvira Savino, Santelli e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Carfagna, Gelmini, Versace, Zanella, Marrocco, Bartolozzi, Siracusano, Aprea, Bergamini, Calabria, Fascina, Fiorini, Gagliardi, Labriola, Mazzetti, Milanato, Polidori, Porchietto, Ravetto, Ripani, Rossello, Ruffino, Saccani Jotti, Santelli, Elvira Savino, Spena, Tartaglione, Maria Tripodi, Vietina, Occhiuto, Mulè, Bagnasco, Battilocchio, Cappellacci, Casciello, D'Attis, Fasano, Fatuzzo, Germanà, Giacometto, Marin, Napoli, Novelli, Palmieri, Pella, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Sarro, Silli».

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Vizzini e Carbonaro n. 7-00103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Amitrano, Villani, Giannone, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri, Tripiedi, Perconti, Davide Aiello, Costanzo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Butti n. 3-00316, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delmastro Delle Vedove.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione D'Arrando n. 1-00074, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 81 del 12 novembre 2018.

   La Camera,

   premesso che:

    la violenza sulle donne è un fenomeno sociale drammatico, difficile da quantificare; i dati disponibili ne evidenziano le enormi proporzioni: quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita, come violenze domestiche, stalking, stupro, insulto verbale e violazioni della propria sfera intima e personale, che rappresentano spesso tentativi di cancellarne l'identità, di minarne l'indipendenza e la libertà di scelta;

    i numeri del femminicidio, forma estrema del fenomeno, sono inquietanti: negli ultimi 5 anni se ne registrano 774, una media di circa 150 all'anno; in Italia, ogni due giorni circa, viene uccisa una donna: nel 2016 ci sono stati 120 casi di femminicidio e anche nel 2017 la media è stata di una vittima ogni tre giorni; negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia;

    particolarmente allarmante, come anche attestato da più recenti fatti di cronaca, risulta in Italia l'aumento del numero e della ferocia dei reati di natura sessuale contro le donne, spesso minorenni e quindi più vulnerabili, da parte di stranieri irregolari, in quanto evidente conseguenza di una pregressa e carente gestione del fenomeno migratorio, ed altresì degli atti di violenza, di diversa natura, nei confronti delle donne finalizzati ad impedire alle stesse l'esercizio in Italia dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla nostra Costituzione, la cui condivisione deve essere, invece, considerata fondamentale per un reale processo di integrazione;

    l'Italia ha firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011: si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la XVII legislatura si è caratterizzata per la ratifica della citata Convenzione di Istanbul, con la legge n. 77 del 2013, per l'introduzione di modifiche al codice penale e di procedura penale per inasprire le pene di alcuni reati, più spesso commessi nei confronti di donne, per l'emanazione del «Piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017» e per l'adeguamento di stanziamenti per il supporto delle vittime;

    l'articolo 3 della legge n. 77 del 2013 precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 è stato adottato il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e sulle donne, previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, con l'obiettivo di disegnare un sistema di politiche pubbliche che integri dal punto di vista degli interventi le previsioni di carattere penale contenuti nella legge;

    per tali finalità il decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, ha stanziato risorse per finanziare progetti territoriali e formazione al fine di dare attuazione agli interventi per la valorizzazione dei progetti territoriali, per la formazione degli operatori impegnati negli interventi, per il sostegno all'emancipazione delle donne maltrattate e alle iniziative di prevenzione culturale della violenza sessuale e sulle donne, soprattutto sul fronte dell'educazione e del recupero;

    nel dicembre 2017 è stato emanato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020. Il Piano si fonda su quattro linee di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, repressione dei reati, assistenza e promozione;

    tra le finalità del piano nazionale emerge quella di creare e mettere in esercizio una banca dati nazionale e informatizzata, come strumento determinante e completo per lo studio del fenomeno della violenza contro le donne e per la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento attraverso il miglioramento della conoscenza di dettaglio, tanto per la tutela delle vittime quanto per la prevenzione e la repressione dei fenomeni stessi, nonché per il monitoraggio dell'incidenza dei suddetti interventi;

    ai sensi della Convenzione, è stato istituito un gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of experts on action against violence against women and domestic violence – Grevio), incaricato di monitorare l'attuazione della stessa da parte degli Stati aderenti; il Grevio è tenuto a pubblicare i report valutativi degli strumenti adottati dalle parti per attribuire efficacia alle previsioni contenute nella Convenzione;

    il 29 ottobre 2018 è stato trasmesso al Gruppo esperte sulla violenza del Consiglio d'Europa (Grevio) presso il Consiglio d'Europa, il rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, che analizza la situazione italiana in materia di contrasto alla violenza sulle donne. Due i nodi principali all'interno di un contesto culturale italiano fortemente permeato da pregiudizi e stereotipi sessisti: la distanza tra le norme adottate e declamate e la loro applicazione in concreto, l'applicazione disomogenea nel territorio nazionale delle norme e dei finanziamenti per azioni/servizi in contrasto alla violenza contro le donne, con conseguente mancanza di tutela dei diritti delle vittime di violenza;

    nel marzo 2016 è stata approvata all'unanimità dal Consiglio d'Europa la risoluzione Systematic collection of data on violence against women, della prima firmataria del presente atto di indirizzo, sulla necessità di creare una banca dati sistematica secondo metodologie omogenee fra Paesi; basti pensare che allo stato attuale, nelle banche dati esistenti, non è stato ancora inserito il dato riguardante la relazione fra autore e vittima;

    la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata a livello internazionale nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 3 settembre 1981, ha istituito un comitato (Committee on the elimination of discrimination against women – Cedaw) con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione e che è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 Paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli Stati firmatari della Convenzione;

    l'Italia ha ratificato la Cedaw il 10 giugno 1985 e aderito al Protocollo opzionale il 29 ottobre 2002;

    ogni Stato che ratifica la Convenzione, o vi aderisce, ha l'obbligo di presentare al Cedaw dei rapporti periodici in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo Stato in questione per dare applicazione alle norme contenute nella suddetta Convenzione. Il primo rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente, i rapporti vanno presentati ogni quattro anni;

    a seguito dell'analisi del rapporto, a carattere quadriennale, presentato a Ginevra dal Governo italiano il 4 luglio 2017, il Cedaw ha pubblicato il «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», datato 21 luglio 2017, nel quale sulla base di diffuse criticità, ha esplicitato le proprie perplessità e indicato le lacune alle quali il Governo italiano dovrà provvedere e rispondere con un nuovo rapporto fra due anni;

    in particolare, il Comitato evidenzia che per l'Italia è necessario rafforzare la consapevolezza delle donne circa i loro diritti ai sensi della Convenzione e i rimedi a loro disposizione per denunciare le violazioni di tali diritti. Allo stesso tempo, si afferma anche che il Governo italiano dovrà impegnarsi a rendere fruibili le informazioni sulla Convenzione, sul protocollo facoltativo e sulle raccomandazioni generali del Comitato a tutte le donne, nessuna esclusa. Dal rapporto si evince che in Italia manca il coordinamento tra le varie componenti regionali e locali e una chiara definizione dei mandati e delle responsabilità. Il Comitato suggerisce di aumentare le risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità e di istituire un Ministero ad hoc necessario per avviare, coordinare e attuare le politiche di uguaglianza tra uomini e donne;

    per una più incisiva prevenzione appare fondamentale intervenire nelle scuole, avviando con gli studenti un'attività interdisciplinare che conduca a riflettere sulle situazioni attuali e combatterle e a mostrare le continue e distorte costruzioni dei ruoli maschili e femminili. Solo instaurando un dialogo attivo su queste tematiche sarà possibile combattere e superare quei presupposti culturali che alimentano e incentivano la discriminazione tra i sessi e che, se non contrastati, continueranno a crescere;

    pertanto, sarebbe oltremodo auspicabile che sia garantita pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando diseguaglianze e barriere, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie;

    il triste fenomeno di violenza sulle donne si radica soprattutto nel contesto familiare, portando con sé, oltre alle drammatiche conseguenze che ormai sono sempre più frequentemente oggetto di cronaca, anche tutta una serie di situazioni paradossali che vedono il reo autore di violenza, anziché essere considerato indegno, in caso di morte della vittima, mantenere una serie di benefici economici successori legati allo status di coniuge, anche spesso a discapito dei figli;

    il Parlamento ha approvato la legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici;

    quando si parla di violenza contro le donne, più spesso ci si riferisce alla violenza fisica, sessuale, psicologica, ma si parla poco di una violenza altrettanto diffusa e lesiva quale la violenza economica, che rappresenta una forma di violenza difficilmente riconoscibile e poco denunciata e che, ancora prima di radicarsi nell'ambito familiare, comincia nella nostra cultura, dove la donna viene ancora oggi penalizzata da molti punti di vista, compreso il mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica, con tutte le devastanti conseguenze che ne derivano;

    nella seduta del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2017, previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata del medesimo giorno, è stato approvato il «Piano strategico nazionale contro la violenza maschile sulle donne (2017-2020)» che definisce la strategia complessiva per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, attraverso un percorso condiviso tra tutti gli attori istituzionali e non coinvolti nella tematica, secondo una logica di partenariato e di definizione di politiche integrate;

    il predetto piano è articolato secondo tre assi di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire congiuntamente a un asse trasversale di supporto all'attuazione (assistenza e promozione) nel cui ambito è prevista la costruzione di un sistema integrato di raccolta dati e una azione continua e puntuale di monitoraggio e valutazione;

    il 26 settembre 2018, si è svolta la prima riunione della cabina di regia politico-programmatica prevista dal Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, convocata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità, al fine di dare concreta attuazione al Piano strategico attraverso la stesura di un Piano operativo;

    parallelamente è stato istituito un comitato tecnico composto da delegati degli stessi Ministeri, regioni ed enti locali componenti della cabina di regia, integrato dalle principali associazioni ed organizzazioni di settore, che si è riunito il 29 ottobre 2018;

    nel 2017 è stato sottoscritto l'accordo tra il Dipartimento per le pari opportunità e il Consiglio nazionale delle ricerche per la realizzazione di un'indagine quali-quantitativa sull'offerta dei servizi di supporto alle donne vittime di violenza esistenti a livello nazionale, nonché di un'analisi valutativa dei processi attuativi del «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» (2015-2017) e di quelli del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017-2020)»;

    complementare al citato accordo è quello sottoscritto nel 2016 tra il Dipartimento per le pari opportunità e l'Istat per elaborare una banca dati nazionale sul fenomeno della violenza e sulla conduzione di indagini sul tema;

    il 25 ottobre 2018, nel corso di una conferenza stampa tenuta presso il Ministero della giustizia, è stato presentato il disegno di legge per la tutela delle vittime di violenza domestica e sulle donne, cosiddetto «Codice Rosso», che sarà portato a breve in Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che i finanziamenti stanziati annualmente siano erogati regolarmente senza ritardi e vincolati all'assunzione di impegni precisi, all'individuazione delle priorità e alla valutazione dei risultati ottenuti;

2) ad assumere iniziative, anche di tipo normativo, per compensare nel breve periodo le gravi lacune del sistema italiano evidenziate dal rapporto «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», secondo quanto segnalato in premessa;

3) a prevedere indicatori per la valutazione, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, dell'impatto degli stanziamenti per informare circa le future strategie di intervento, tramite la consultazione delle organizzazioni della società civile e dei centri antiviolenza;

4) a predisporre una sezione all'interno del sito del Dipartimento per le pari opportunità volta a rendere accessibile, in tempi rapidi, la rendicontazione completa delle attività finanziate con i fondi del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, nella quale le amministrazioni regionali e locali possano caricare direttamente e in autonomia la documentazione rilevante (delibere, risultati bandi, reportistica delle attività svolte da parte dei beneficiari dei fondi e altro), facendo sì che tali informazioni siano disponibili in formato «aperto» (open data), nonché uno strumento efficace e incisivo di segnalazione di materiale sessista che non si limiti esclusivamente all'ambito pubblicitario;

5) ad aggiornare la mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità, secondo la reportistica ricevuta da regioni e province autonome, anche al fine di stimare il fabbisogno reale dei centri antiviolenza per la loro sopravvivenza e il loro adeguato funzionamento, informando di conseguenza circa lo stanziamento necessario per assicurare servizi adeguati su tutto il territorio;

6) ad implementare tutti gli strumenti necessari per perseguire le priorità contenute nel «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017/2020)», nonché a valutare di assumere iniziative in relazione all'ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma di carattere sistematico;

7) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass-media, nel rispetto della loro indipendenza e della libertà di espressione, a partecipare all'elaborazione e all'attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne e vietando forme di comunicazione che possano indurre una fuorviante percezione dell'immagine femminile;

8) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, anche contemplando il potenziamento dell'offerta formativa, percorsi e progetti mirati a garantire pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, con il coinvolgimento delle famiglie, al fine di superare ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, in tal modo educando le nuove generazioni alla parità tra uomo e donna e all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi dell'educazione alla legalità, del diritto all'integrità dell'identità personale e del contrasto alla violenza sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate a rendere obbligatoria una formazione specifica di tutti/e gli/le operatori/operatrici di giustizia (giudici, pubblici ministeri, appartenenti alle forze dell'ordine, operatori/operatrici dei servizi sociali, polizia penitenziaria, personale addetto alle case di accoglienza o case rifugio o comunità) per meglio affrontare e contrastare il dilagante fenomeno della violenza sulle donne e dello sfruttamento della prostituzione;

10) ad assumere iniziative normative finalizzate ad introdurre (in caso di condanna per omicidio di una donna) come pena accessoria la «indegnità» del reo rispetto agli eredi, affinché il giudice penale dichiari il condannato decaduto da ogni diritto ereditario in quanto «indegno a succedere», senza necessità di un'azione civile da parte degli eredi, nonché iniziative normative volte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, i delitti che implichino violenza nei confronti delle donne e ad inasprire le pene per la violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena per i soggetti più vulnerabili;

11) ad adottare iniziative normative finanziarie o ogni altra utile iniziativa di competenza, nel rispetto dell'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, per sostenere programmi di trattamento per la prevenzione della recidiva degli autori di violenza, in particolare per i reati di natura sessuale, anche tramite centri di ascolto coordinati a livello nazionale;

12) ad assumere iniziative normative o regolamentari, volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla disciplina concernente l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

13) ad assumere iniziative volte a verificare l'attività del comitato tecnico composto da delegati dei diversi Ministeri competenti di cui in premessa, delle regioni e degli enti locali, componenti della cabina di regia;

14) ad adottare le iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, possano essere inserite in percorsi sociali al fine di rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

15) ad assumere ogni più opportuna iniziativa, anche a scopo preventivo, avverso qualsiasi atto di violenza nei confronti delle donne volto ad impedire in Italia alle stesse l'esercizio dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla Costituzione e per garantire che l'effettiva condivisione dei valori in essa sanciti sia un requisito fondamentale per un reale processo di integrazione.
(1-00074) (Nuova formulazione) «D'Arrando, Panizzut, Spadoni, Dadone, Ascari, Sportiello, Salafia, Piera Aiello, Barbuto, Businarolo, Cataldi, Di Sarno, Di Stasio, Dori, D'Orso, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Sarti, Scutellà, Cantalamessa, Bisa, Boniardi, Di Muro, Marchetti, Paolini, Potenti, Tateo, Turri, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sarli, Trizzino, Leda Volpi, Boldi, Locatelli, Lazzarini, De Martini, Foscolo, Segnana, Tiramani, Ziello, Iovino, Carbonaro, Tuzi, Lattanzio, Testamento, Casa, Suriano, Di Lauro, Galizia, Bruno, Giordano, Giovanni Russo, Bilotti, Manzo».

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gribaudo n. 5-00747 del 17 ottobre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Deidda n. 4-01593 dell'8 novembre 2018.