XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 8 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione 2018/2869 (RSP) sull'aumento della violenza neofascista in Europa con la quale ha preso atto che la mancanza di un'azione seria nei confronti dei gruppi neofascisti e neonazisti ha acconsentito al verificarsi dell'attuale impennata xenofoba in tutta Europa;

    il Parlamento europeo ha manifestato dunque la sua preoccupazione per la «crescente normalizzazione del fascismo, del razzismo, della xenofobia e di altre forme di intolleranza nell'Unione Europea» ed il suo turbamento a seguito di «notizie di collusione di leader politici, partiti politici e forze dell'ordine con neofascisti e neonazisti in alcuni Stati membri»;

    nella risoluzione viene infatti messo in luce come a fronte della crescente minaccia dell'estremismo violento di destra nessun Paese europeo sia rimasto immune dal fenomeno, e in particolare ha ricordato l'orrendo massacro dei giovani laburisti avvenuto nel 2011 in Norvegia, l'assassino della deputata Joe Cox in Gran Bretagna per motivi inerenti all'odio politico e all'intolleranza e i numerosissimi attacchi ai centri per l'asilo e alle moschee di tutta Europa;

    i parlamentari europei, dopo aver ricordato che i gruppi e partiti politici apertamente neofascisti, neonazisti, razzisti e xenofobi incitano all'odio e alla violenza nella società, e che la diffusione della retorica dell'odio online conduce spesso ad un aumento della violenza, soprattutto da parte di gruppi neofascisti, hanno «condannato e deplorato vivamente gli attacchi terroristici, gli assassinii, la violenza psicologica, le aggressioni fisiche violente e le marce delle organizzazioni neofasciste e neonaziste che hanno avuto luogo in vari Stati membri dell'UE»;

    la risoluzione del Parlamento europeo, dunque, prende atto di un fenomeno in costante crescita in tutta Europa, che, colpisce la società nel suo insieme e la cui violenza finisce per essere rivolta in particolar modo contro tutte le minoranze come quelle dei neri europei, persone di origine africana, ebrei, musulmani, rom, cittadini di Paesi terzi, persone LGBTI e disabili e chiede agli Stati membri di indagare e perseguire i reati generati dall'odio e di condividere le migliori pratiche per individuare e indagare tali reati, compresi quelli motivati specificamente dalle varie forme di xenofobia, nonché di prevedere e fornire un sostegno adeguato per le vittime di reati di stampo razzista o xenofobo e dei reati di odio e la protezione di tutti testimoni contro i responsabili di tali reati;

    del resto il problema è così sentito anche in Italia che proprio recentemente è stata presentata la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, presentata dalla senatrice a vita Liliana Segre, vittima a sua volta dell'odio dell'Italia fascista, che ha evidenziato come proprio in Italia stia «ricrescendo una marea di razzismo e di intolleranza che va fermata in ogni modo» e che occorre lavorare «contro la fascistizzazione del senso comune che sta appena un gradino sopra l'indifferenza che 80 anni fa ha coperto di vergogna l'Italia fascista»;

    anche in Italia infatti vi è una costante preoccupazione non solo per l'intensificarsi degli episodi di aggressione e violenza da parte di organizzazioni e movimenti neofascisti o di estrema destra, ma anche semplicemente per le sempre più frequenti manifestazioni a viso aperto poste in essere da organizzazioni che o esplicitamente si richiamano al fascismo o al nazismo e ai suoi valori, come in questi giorni è avvenuto nell'ennesima manifestazione a Predappio, dove si sono viste sfilare ingiuriose magliette che inneggiavano apertamente, e senza nessun timore da parte degli autori di essere giuridicamente perseguiti, ad Auschwitz come ad un novello parco divertimenti;

    occorre infatti rilevare che nonostante le numerose disposizioni presenti nell'ordinamento italiano volte a prevenire o a sanzionare i crimini dell'odio, come nel caso della cosiddetta legge Mancino o del delitto di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazioni razziali, etniche e religiose, ora ricondotto all'interno del codice penale, e nonostante le numerose disposizioni volte a diffondere una cultura della tolleranza e del reciproco rispetto, negli ultimi anni si è assistito a una crescente spirale dei fenomeni di odio, intolleranza, razzismo, antisemitismo e neofascismo che pervadono la scena pubblica;

   come ricordato dalla senatrice Segre, «parole, atti, gesti e comportamenti offensivi e di disprezzo di persone o di gruppi che assumono la forma di un sistematico incitamento all'odio, in particolare verso le minoranze»,

impegna il Governo:

1) coerentemente con quanto previsto dalla risoluzione approvata dal Parlamento europeo, ad adottare le iniziative di competenza per contrastare, tutte le organizzazioni che incitano all'odio e alla violenza negli spazi pubblici e online, e vietare i gruppi neofascisti e neonazisti e qualsiasi altra fondazione o associazione o movimento che esalti o promuova il fascismo o il nazismo;

2) ad adottare ogni iniziativa volta a prevenire e contrastare la diffusione della propaganda ideologica basata sull'odio, sul razzismo e sull'intolleranza, con particolare riguardo alla sua diffusione attraverso il web, anche predisponendo sistematiche campagne informative ed educative in ambito scolastico e sui media;

3) a contrastare ogni forma di violenza e di intolleranza, nei confronti di qualunque minoranza, riconducibile alla ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto partito fascista o con altre formazioni politiche analoghe;

4) ad adottare apposite iniziative normative volte a sanzionare anche il mero utilizzo della simbologia della gestualità fascista anche laddove non sia strettamente riconducibile alla ricostituzione del partito fascista.
(1-00072) «Fiano, Migliore, Bazoli, Morani, Ceccanti, Marco Di Maio, Giorgis, Martina, Orfini, Pollastrini, Annibali, Bordo, Ferri, Miceli, Vazio, Verini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VII e XI,

   premesso che:

    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2018, n. 96, recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», interviene sulla vertenza dei diplomati magistrale ante 2001/2002, destinatari della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2018, ai quali è stato definitivamente negato l'accesso e/o la permanenza nelle graduatorie ad esaurimento (gae), dalle quali si attinge per il ruolo. Pertanto, al fine di garantire il corretto avvio dell'anno scolastico, la legge stabilisce una sospensione dell'applicazione della sentenza di 120 giorni dalla notifica;

    tale scelta è apparsa doverosa rispetto all'iniziale differimento di 120 giorni nell'esecuzione delle sentenze che avrebbe gettato la scuola nel caos;

    l'articolo 4, comma 1-bis della medesima legge, dispone che «Al fine di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni per tutta la durata dell'anno scolastico 2018/2019, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede, nell'ambito e nei limiti dei posti vacanti e disponibili, a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali di cui al comma 1», ossia:

     a) trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati con i docenti di cui al comma 1 in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale fissato al 30 giugno 2019;

     b) stipulando con i docenti di cui al comma 1, in luogo della supplenza annuale in precedenza conferita, un contratto a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019;

    il medesimo articolo 4, ai commi 1-quater e 1-quinquies prevede inoltre che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca bandisca per i ruoli dell'infanzia e della primaria due concorsi, uno ordinario e uno straordinario:

     a) il concorso straordinario sarà riservato ai diplomati magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 ed ai laureati in scienze della formazione primaria (Sfp) che abbiano svolto almeno due anni (180 giorni anche non consecutivi) di servizio presso le scuole statali nell'ultimo ottennio (le due annualità possono anche non essere consecutive);

     b) il concorso ordinario (bandito, ai sensi dell'articolo 400 del decreto legislativo n. 297 del 1994 e successive modificazioni e dell'articolo 1, comma 109, lettera b), e 110, della legge n. 107 del 2015, con cadenza biennale), per titoli ed esami, sarà invece rivolto a tutti gli abilitati, quindi ai diplomati magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 ed ai laureati in scienze della formazione primaria, senza il requisito delle due annualità;

    asse portante della nuova disciplina è dunque il collegamento tra la necessità di dare seguito alla sentenza del Consiglio di Stato e quella di dare risposta ai diplomati magistrali e ai laureati in Scienze della formazione primaria attraverso il bando di nuovi concorsi;

    la disposizione prevista dall'articolo 4, comma 1-bis lettera a), del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, è esecutiva anche nei confronti di docenti diplomati magistrale appartenenti alle categorie protette, individuati ed assunti a tempo indeterminato in ottemperanza al computo delle riserve, previsto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;

    l'articolo 7, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, nell'individuare le modalità di attuazione delle assunzioni obbligatorie, statuisce che per le assunzioni di cui all'articolo 36, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 29 del 1993 (sostituito dall'articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 165 del 2001) gli appartenenti alle categorie protette – iscritti nell'elenco di cui all'articolo 8, comma 2 della predetta legge in cui possono essere inseriti esclusivamente quelli che risultano disoccupati – hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso;

    riguardo al requisito della iscrizione nel precitato elenco l'articolo 8, comma 1 della legge n. 68 del 1999 (su cui si sono espressi il Consiglio di Stato, III sezione, del 30 maggio 2017, con sentenza n. 2562, e il T.A.R. Campania, V sezione del 3 agosto 2016, n. 4004, che a sua volta richiama la sentenza del Consiglio di Stato, VI sezione, del 14 dicembre 2016, n. 7395) «stabilisce per tabulas» che soltanto i soggetti iscritti nell'elenco di cui al comma 2 del medesimo articolo, in quanto disoccupati, hanno titolo alla riserva dei posti (iscrizione, e dunque possesso dello stato di disoccupazione come condicio sine qua non, legittimante l'operatività di una norma speciale recante deroga ai principi generali);

    la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 7395/2016, ribadisce infatti che «i lavoratori disabili devono essere iscritti negli elenchi menzionati all'articolo 8, comma 2, per poter beneficiare della "riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso", sicché appare evidente che “lo status di disoccupato debba essere posseduto necessariamente, se non altro ai fini di poter beneficiare dell'aliquota di posti a concorso”». Tale condizione deve permanere sino al momento dell'assunzione, secondo l'opzione scrutinata dal Tar Campania;

    l'articolo 25, comma 9-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge n. 114 del 2014, ha modificato il secondo comma dell'articolo 16 della legge n. 68 del 1999 (che al comma 2 prevedeva che i disabili risultati idonei nei concorsi pubblici potessero essere assunti, ai fini dell'adempimento dell'obbligo, anche se non «versavano in stato di disoccupazione» e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso) abolendo l'inciso relativo alla disoccupazione;

    il decreto legislativo n. 150 del 2015, emanato in attuazione della legge n. 183 del 2014 («Jobs Act»), prevede che, per le persone con disabilità già iscritte alle liste del collocamento mirato, l'istituto della conservazione continua ad operare (legge n. 68 del 1999) e che tali persone potranno mantenere l'iscrizione se svolgono un'attività lavorativa che comporta, nel corso dell'anno solare, un reddito lordo non superiore a 8.000 euro per lavoro dipendente (anche a chiamata o intermittente o a progetto) e non superiore a 4.800 euro lordi per lavoro autonomo od occasionale;

    alla luce di quanto esposto, pur nella consapevolezza che la ratio dell'articolo 8 della legge n. 68 del 1999 è quella di favorire l'inserimento lavorativo del soggetto svantaggiato che versi nello stato di disoccupazione; venendo meno la disoccupazione (e dunque l'iscrizione nelle liste), non vi è più tutela da accordare secundum legem a chi non rientri più negli elenchi del citato articolo, nel caso di specie appare tuttavia paradossale che i docenti diplomati magistrale in parola, appartenenti alle categorie protette, a causa della trasformazione dei rispettivi contratti di lavoro da tempo indeterminato a tempo determinato, entro il 30 giugno 2019, siano impossibilitati ad iscriversi negli elenchi di cui all'articolo 8 della legge n. 68 del 1999 quindi, in concreto, corrano il rischio di non poter far valere il proprio diritto di disabile,

impegnano il Governo:

   a valutare di assumere iniziative per l'introduzione di una speciale tutela per i diplomati magistrale ante 2001/2002 con disabilità che, in applicazione della legge n. 68 del 1999, hanno diritto alla riserva di posti ma che non possono produrre il certificato di disoccupazione rilasciato dai centri per l'impiego, poiché occupati con contratto a tempo determinato alla data di scadenza del bando del concorso straordinario, inserendo la possibilità di indicare la data e la procedura in cui hanno presentato in precedenza la certificazione richiesta;

   a valutare l'assunzione di iniziative per l'introduzione di modifiche normative che facciano valere data e procedura della situazione precedente, sia per i docenti a tempo determinato che per quelli a tempo indeterminato, il cui contratto è stato trasformato a tempo determinato fino al 30 giugno.
(7-00103) «Vizzini, Carbonaro».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    il 29 ottobre 2018 il maltempo ha investito molte regioni d'Italia, a La Spezia in Liguria si è verificata una forte mareggiata che ha provocato molti danni al Porto, alle strade, alle ferrovie, ai commercianti e ai cittadini;

    a La Spezia hanno sede molte attività della Marina militare ed in particolare nella zona di Marola dove si trova l'arsenale militare della Marina con numerosi capannoni caratterizzati dalla presenza di numerose coperture in eternit;

    il comitato cittadini di Marola da tempo segnala la presenza di eternit sui capannoni dell'arsenale, tant'è che è stata cura del primo firmatario del presente atto richiedere alla stessa Marina militare (MARICOMMI) informazioni sullo stato di conservazione dell'amianto sui capannoni;

    dopo la tromba d'aria del 29 ottobre 2018, gli stessi cittadini del comitato di Marola segnalano la «frantumazione» di diverse parti delle coperture con presunta dispersione di fibre di amianto,

impegna il Governo

a mettere in atto, immediatamente, tutte le iniziative volte a promuovere la verifica dello stato dei capannoni citati e, in particolare, per far sì che il comando militare della Marina, insediata a La Spezia, proceda agli accertamenti del caso ed alla eventuale bonifica delle coperture in eternit.
(7-00104) «Traversi».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    da un articolo di stampa pubblicato dal quotidiano on-line Il Mattino il 24 agosto 2018, si è appreso che un bambino di due anni, mentre era a casa a Leporano, in provincia di Taranto, ha perso la vita a causa di un acino d'uva andato di traverso e finito nelle vie aeree. Inutili i tentativi dei soccorsi giunti dopo appena sei minuti dalla chiamata;

    già in precedenza, lo stesso quotidiano aveva pubblicato un altro articolo che riportava la notizia dell'avvenuta morte di una bambina di meno di due anni sulla spiaggia di Lizzano, provincia di Taranto, per lo stesso motivo;

    nonostante un medico presente sulla spiaggia avesse estratto quel chicco che faceva da tappo in gola alla bambina, la corsa al vicino presidio sanitario e al supporto di un'ambulanza che avrebbe trasportato la piccola all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto, la bambina non si è salvata;

    le stime ci dicono che ogni anno, in Europa, sono almeno 500 i bambini che muoiono soffocati. Da un boccone troppo grosso o finito di traverso. Da qualcosa raccolto impunemente da terra. È questa, dunque, una delle principali cause di decesso nei bambini di età inferiore ai 3 anni;

    nel nostro Paese, le stime indicano in circa 50 i bambini, di cui 30 sotto i 4 anni, che ogni anno muoiono per soffocamento;

    secondo il direttore del sistema 118 di Taranto, e presidente della società italiana dei sistemi 118 (SIS118), Mario Balzanelli, si tratterebbe di «morti potenzialmente evitabili», e che occorrerebbe «chiamare immediatamente, senza alcuna perdita di tempo il 118 ed eseguire le istruzioni che vengono impartite in tempo reale dagli operatori su come effettuare le manovre di disostruzione». Inoltre secondo il dirigente «tutte le mamme e i papà d'Italia devono conoscere le manovre di disostruzione delle vie aeree e saperle mettere in pratica quando occorre, poiché hanno elevate probabilità di consentire il ripristino della ossigenazione e della ventilazione»;

    infatti, se non si effettuano immediatamente le manovre di disostruzione, in media entro 3-4 minuti, l'ostruzione delle vie aeree ad opera di un corpo estraneo porta inevitabilmente alla morte in quanto l'asfissia, devasta la corteccia celebrale in tempi molto rapidi;

    sempre dall'articolo del 24 agosto 2018 si apprende che la SIS118 avrebbe reso noto a breve il calendario delle iniziative che si terranno su tutto il territorio nazionale per insegnare alla popolazione alcune manovre di primo soccorso fondamentali;

    oggi, nella scuola italiana, è previsto l'insegnamento del primo soccorso che, a detta degli esperti, dovrebbe assicurare che, tra 20 anni, gli italiani saranno in grado, in questi casi, di soccorrere subito con efficacia e di evitare tragedie come queste;

    tuttavia il lasso di tempo di 20 anni sembra molto lungo rispetto alla percentuale di possibilità di soffocamento che tutti i giorni possono presentarsi, pertanto sarebbe opportuna una politica di prevenzione immediata ed efficace da subito, come ad esempio prevedere che si abbiano accanto ai corsi preparto per i neo genitori, anche un corso abbinato di primo soccorso di poche ore presso i presidi ospedalieri preposti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per promuovere, al fine di garantire supporto ai neo genitori, l'istituzione di corsi di primo soccorso sia nei corsi di preparazione al parto, che presso le strutture ospedaliere ove sono presenti i reparti di ginecologia ed ostetricia;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per prevedere il coinvolgimento del SIS118 per insegnare alla popolazione alcune delle manovre di primo soccorso fondamentali.
(7-00101) «Novelli, Labriola».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'Istituto superiore di sanità (Iss) definisce condizioni quali l'autismo e la sindrome di Asperger come disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da difficoltà nell'interazione e nella comunicazione sociale, da interessi e attività limitati e da comportamenti ripetitivi;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione ad elevato costo sanitario e impatto sociale, in riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di disturbi dello spettro autistico, in considerazione della maggiore formazione dei medici, delle modifiche dei criteri diagnostici, dell'aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale connessa altresì al contesto socio-economico:

    secondo i dati diffusi dagli esperti dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico, con una frequenza 4 volte più alta fra i maschi, e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al comma 1 dell'articolo 60 così recita: «Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio Sanitario Nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza Unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale»;

    alla luce di tale disposizione, il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano e enti locali ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto di intesa della Conferenza unificata, tuttavia, ha squalificato, di fatto, secondo i presentatori del presente atto la legge n. 134 del 18 agosto 2015 e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali (Asl) solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendo di fatto difficile la piena attuazione e a garanzia degli stessi;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015 relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo e/o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi onori per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di 1 bambino/adolescente su 4 necessitanti di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, infatti, negli ultimi 10 anni, il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    il suddetto rapporto, altresì, dichiara che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicate e con ampie disuguaglianze inter-regionali. Lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle Asl e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Npia) di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi regioni in cui mancano gli stessi servizi territoriali e/o il personale è gravemente insufficiente e/o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe, previste dal documento di aggiornamento citato, per quanto riferito all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, poiché già mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, a tal uopo, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene la spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi/servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un atto di indirizzo;

    nonostante con la legge n. 112 del 2016, così detta sul «Dopo di Noi», siano stati previsti alcuni interventi per le persone con grave disabilità prive del sostegno familiare, tra cui l'istituzione di un Fondo ad hoc, le risorse economiche assegnate sono state del tutto insufficienti e progressivamente diminuite nel triennio 2016-2018, fino ad arrivare ad una dotazione economica di 51 milioni di euro nella legge di bilancio 2018;

    la famiglia, pertanto, continua ad essere la vera ed unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso materiale e psicologico della difficile fragilità che si trova a dover affrontare;

    peraltro, con il reddito e le pensioni di cittadinanza, si assisterebbe all'ennesima discriminazione, in quanto gli «assegni di invalidità civile» continuerebbero ad essere di 280 euro mensili, a fronte della destinazione di 780 euro a disoccupati e pensionati;

    consapevoli della complessità del fenomeno, dell'impatto sulla qualità di vita delle persone, sulla tenuta del contesto familiare e delle ricadute di ordine sociale, è fondamentale garantire, a coloro che abbiano bisogni speciali, di svolgere una vita in maniera autodeterminata, dove ciò sia possibile, affinché si possa riuscire a superare il progressivo processo che li conduce in frequenti e quasi obbligati percorsi di esclusione sociale, da cui conseguono l'isolamento e la segregazione, troppo spesso sfocianti nelle differenti forme dell'istituzionalizzazione,

impegna il Governo:

   a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neurosviluppo, e a favorire la conoscenza delle caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico oltre che dei sintomi precoci;

   a garantire la piena attuazione della legge nazionale n. 134 del 18 agosto 2015 in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie;

   ad assumere iniziative volte ad implementare il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito presso il Ministero della salute e a garantire i livelli essenziali di assistenza per come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, anche mediante la destinazione delle risorse economiche necessarie;

   ad assumere iniziative per implementare il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, istituito con la legge 22 giugno 2016, n. 112;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire un potenziamento in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi ed un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare che la possibilità, nelle regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi e le cure nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal servizio sanitario nazionale, che la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate secondo le linee guida nazionali;

   a favorire la sperimentazione di progetti di vita indipendente, così da dare piena attuazione articolo 14 della legge n. 328 del 2000;

   a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita indipendenti, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria mediante, a titolo esemplificativo, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

   a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, al fine di poterne valorizzare le capacità;

   a promuovere l'adozione di ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad incrementare l'assegno di invalidità civile, fermo a 280,00 euro, per portarlo a 560,00 euro;

   ad elaborare le linee di indirizzo sui disturbi dello spettro autistico per l'età adulta, così da definire gli essenziali servizi alla persona e gli adeguati strumenti di supporto al progetto di vita e all'autonomia della persona.
(7-00102) «Bellucci, Meloni, Lollobrigida, Gemmato, Rampelli».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Germania, divenuta nella seconda metà del secolo scorso il Paese con il maggior insediamento di italiani (nel 2018 gli iscritti all'Anagrafe italiana residenti all'estero (Aire) sono 719.000), dopo l'Argentina, è diventata attualmente, con la crisi della Brexit, la meta preferenziale del flusso di nuova emigrazione (128.200) in uscita dal nostro Paese;

   gli espatri riguardano ormai anche interi nuclei familiari, come dimostra il numero dei minori (24.570, il 19 per cento del totale, di cui il 16,6 per cento ha meno di 14 anni e l'11,5 per cento meno di 10 anni);

   le difficoltà di inserimento scolastico dei figli di italiani, nel rigido e selettivo sistema tedesco, già evidenziate e attentamente studiate negli ultimi tre decenni dello scorso secolo, pur attenuandosi e differenziandosi con lo sviluppo dei processi di integrazione nella società di insediamento, si sono comunque protratte nel tempo e tendono a manifestarsi diffusamente con l'arrivo delle nuove famiglie immigrate;

   i condizionamenti formativi di cui si parla, secondo le analisi più accreditate, dipendono dalla condizione sociale delle famiglie, dai limiti del «capitale culturale» di cui sono dotate e dalla persistente pratica linguistica dialettale nelle famiglie, situazioni che rendono spesso severo l'inserimento nel sistema scolastico tedesco e costituiscono remore non secondarie rispetto agli sbarramenti e ai filtri previsti in tale ordinamento di studi;

   le statistiche relative alla presenza nei diversi tipi di scuola degli studenti stranieri provenienti da famiglie italiane segnalano, infatti, che essi, non a caso, con l'eccezione di quelli presenti a Berlino, hanno il tasso più alto di presenze nelle Förderschulen (scuole differenziali) e nelle Hauptschulen, cioè nel ramo residuo delle scuole dell'obbligo, che non danno la possibilità di accedere ai due rami superiori, con esiti restrittivi anche sulle prospettive di posizionamento nel mercato del lavoro;

   negli ultimi decenni, la situazione ha avuto un'evoluzione positiva, nel senso che è diminuita la presenza nelle scuole residuali di grado più basso ed aumentata quella nel Gymnasium, tuttavia i problemi di inserimento e progressione verso i titoli superiori e accademici sono ancora presenti e diffusi;

   nei programmi di promozione della formazione in italiano in Germania, adottati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale utilizzando i fondi derivanti dal capitolo 3153 del proprio bilancio, si è tradizionalmente fatto ricorso ai «corsi di sostegno», realizzati dagli enti gestori operanti a stretto contatto con le scuole tedesche, in misura tuttavia decrescente per ragioni di limitazione di ordine finanziario e per l'idea, rivelatasi poco realistica, che i flussi di emigrazione in Germania tendessero ad attenuarsi;

   l'impetuosa ripresa degli espatri verso la Germania, unita alle persistenti esigenze di molte famiglie già insediate da tempo, che continuano ad essere alle prese con le difficoltà di scolarizzazione dei figli, restituiscono invece piena attualità a tale forma di intervento, rendendolo urgente e necessario –:

   se non ritenga di ricostruire il quadro evolutivo della realizzazione dei corsi di sostegno di cui in premessa nella realtà tedesca, di cui l'interrogante avanza richiesta, e di indicare le linee di intervento, per l'oggi e per il prossimo futuro, partendo dal «Piano Paese» per la Germania, in un settore di così diretto interesse per i nostri connazionali di vecchia e nuova residenza in tale Paese;

   se non ritenga di dovere prevedere, nell'ambito del piano di ripartizione dei fondi, derivanti dal capitolo 3153 del bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un'adeguata riserva di risorse da destinare ai corsi di sostegno per i figli di italiani residenti in Germania, unico Paese nel quale tale esigenza si manifesta, o quantomeno tenere in adeguata considerazione le istanze degli enti promotori che ne facciano richiesta.
(4-01595)


   GERMANÀ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 12 e il 13 novembre 2018 la città di Palermo ospiterà la conferenza internazionale per la Libia, promossa dall'Italia. L'iniziativa non vede però il coinvolgimento degli esponenti del (Mabda, movimento guidato dal dottor Mohammed Al Falit e dal professore Abdussalam Mohamed Eshehumi;

   questo Movimento, come è stato da più fonti dichiarato, è nato, nonostante il clima di violenza e di scontro che vive la Libia, da un lavoro di programmazione per una riforma complessiva della Libia sui temi dell'economia, della società, della politica e della religione, lavoro svolto da oltre 40 accademici a cui si sono unite 14 associazioni a larga base popolare tra cui anche quella molto importante che riunisce i libici residenti all'estero. I risultati di questa operazione importante di mobilitazione della società libica rappresentano un vero progetto politico per l'edificazione di uno Stato moderno dove il cittadino potrà ricevere tutele per la sua vita e per le sue attività e si potrà raggiungere una giustizia sociale generalizzata con il superamento dell'emarginazione e delle sacche di povertà, obiettivi indispensabili per il raggiungimento della pace e dell'unità del Paese;

   l'instabilità della Libia, a parere di molti osservatori internazionali dipende anche dalla impostazione della conferenza tenuta nel 2015 in Marocco dalla quale ha preso vita l'attuale Governo di Fayez Al Sarraj dove i protagonisti sono stati solamente i rappresentanti delle fazioni politiche mentre sono rimasti esclusi i rappresentanti della società libica che poi sono quelli che meglio rappresentano le popolazioni, gli unici che possono costruire una reale pacificazione del Paese;

   considerato che l'interesse dell'Italia e di tutta l'Europa è fortemente legato all'obiettivo di una normalizzazione del vicino Paese, normalizzazione che attualmente appare improbabile per la forte tensione esistente tra le fazioni che si avvalgono di milizie armate incontrollabili, ad avviso dell'interrogante ripetere lo stesso errore a Palermo sarebbe imperdonabile;

   viceversa, sembrerebbe ragionevole e foriero di probabile successo intraprendere la strada di un riconoscimento del ruolo di mediazione che la società civile libica può svolgere attraverso i vertici delle città, delle università e delle principali strutture economiche e sociali del Paese, tutte componenti che aspirano naturalmente alla pace ed ad una società nella quale lo Stato di diritto riprenda a funzionare a difesa dei cittadini che, così, non avranno bisogno di armarsi per difendere la propria libertà e la vita;

   la conferenza di Palermo, ad avviso dell'interrogante, potrebbe avere questo ruolo, iniziando una inversione di tendenza alla quale, è auspicabile, tutte le diplomazie si uniformeranno –:

   se, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative per coinvolgere il movimento Mabda, invitando i suoi rappresentanti all'incontro palermitano.
(4-01600)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ORFINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel 1976, il comune di Piano di Sorrento, nell'ambito del piano territoriale, ha autorizzato la Società «La Fattoria s.n.c.» alla realizzazione di fabbricati per l'allevamento bovino. Tale licenza edilizia, tuttavia, veniva rilasciata dal comune, a fronte della previsione di specifici vincoli sia riguardo alla preservazione della superficie verde, sia riguardo alla destinazione esclusivamente agricola dei manufatti da edificare;

   nel 1985, i proprietari della suddetta area presentavano alcune domande di condono edilizio relative alla necessità di sanare ulteriori interventi avvenuti tra il 1981 e il 1983 e riguardanti nuove realizzazioni, ampliamenti e cambi destinazione d'uso degli edifici per i quali, evidentemente, non vi era stata alcuna autorizzazione prima rilasciata dall'amministrazione comunale competente;

   nel gennaio 2008, la società Masto srl, che nel frattempo aveva acquistato i manufatti dai precedenti proprietari, richiedeva il loro ripristino all'originaria consistenza, rinunciando alla domanda di condono per gli abusi riguardanti l'area esterna;

   nel novembre 2013, la società Masto srl presentava un nuovo progetto per la demolizione e la ricostruzione del fabbricato prevedendo, oltre alla destinazione interamente residenziale dello stesso, anche un ampliamento del volume in misura non superiore al 20 per cento. Previo parere favorevole della commissione comunale per il paesaggio e della soprintendenza dei Beni culturali di Napoli, il progetto otteneva l'autorizzazione paesaggistica n. 45 in data 14 luglio 2014;

   nel gennaio del 2015 il funzionario responsabile del V settore dell'amministrazione comunale rilevava invece una serie di vizi tali da non consentire il rilascio del permesso a costruire richiesto dalla Masto srl, come descritto al punto precedente;

   la relazione istruttoria, presentata nel 2018 dagli uffici tecnici del comune, afferma la regolarità dell'edificio e della sua prevalente destinazione residenziale, in aperto contrasto con quanto rilevato con istruttoria del 2015 e con le conclusioni del tecnico redattore del piano regolatore generale che avevano accertato una prevalente destinazione produttiva dell'edificio;

   dopo una lunga querelle riguardante la conformità dell'immobile alle norme sulla tutela paesaggistica, nonché sulla regolarità delle cubature e della destinazione d'uso, il 18 giugno 2018 l'amministrazione comunale di Piano di Sorrento autorizzava l'intervento di recupero e riqualificazione del fabbricato alla Via San Pietro, attraverso la ristrutturazione, mediante demolizione e ricostruzione, di un edificio a destinazione prevalentemente residenziale;

   il P.U.T. – piano urbanistico territoriale ex legge regionale 27 giugno 1987 n. 35 – in applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, in particolare all'articolo 143 _ impone vincoli stringenti per l'area interessata al progetto qualificandola di tutela ambientale di 2° grado, rispetto al quale l'intervento autorizzato di sostituzione edilizia si pone a giudizio dell'interrogante in aperto contrasto perché non consentito dall'articolo 17 del piano urbanistico territoriale»;

   la legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, articolo 1, comma 73, lettera g), intervenendo sulla legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19, specifica che «Non sono ammessi interventi in deroga rispetto ai vincoli di inedificabilità assoluti previsti nella legge regionale 27 giugno 1987, n. 35 (Piano Urbanistico Territoriale dell'area sorrentino-amalfitana)»;

   la nuova edificazione sopra citata comporterebbe nuova edilizia residenziale non consentita in zona 1/b del P.u.t. con evidente aumento del carico urbanistico –:

   quali iniziative intendano mettere in atto, per quanto di competenza, per assicurare la corretta applicazione delle norme di tutela paesaggistica e ambientale nell'area sorrentino-amalfitana sottoposta a vincoli.
(4-01597)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre 2016 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa fra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Anas, inteso a costituire una «newco» interamente pubblica che, secondo le prescrizioni in materia di concessioni, abbia le caratteristiche essenziali per ottenere l'affidamento in house della concessione delle tratte autostradali oggi gestite da Autovie;

   è stato anche firmato un accordo tra Governo e Autobrennero per il rinnovo della concessione autostradale per i prossimi 30 anni della A22, con l'intesa che Autobrennero venga trasformata in una società interamente pubblica in modo da poter assegnare la concessione «in house», liquidando i soci privati;

   Il vice-presidente del Veneto, Gianluca Forcolin, aveva sottolineato che «la nuova società si colloca all'interno del quadro normativo nazionale ed europeo. Nasce nella consapevolezza che le politiche infrastrutturali rappresentano uno dei settori di intervento pubblico di maggior rilevanza»;

   il Governo, a quanto si apprende, vorrebbe inserire una norma all'interno del rilascio del rinnovo trentennale della concessione agli enti locali, assicurando la supremazia non già delle amministrazioni locali, ma del governo nel consiglio di sorveglianza delle società che gestiranno l'autostrada del Brennero (A22) e di Autovie Venete (A4);

   la scelta è di inserire ferrei paletti sulla gestione dei ricavi delle autostrade consegnando allo Stato l'ultima parola nel consiglio di sorveglianza della società pubblica BrennerCorridor che otterrà la concessione in house di A22 e lo stesso accadrà per Società autostrade Alto Adriatico che subentrerà ad Autovie venete;

   per quanto riguarda la gestione dei nuovi concessionari, lo Stato ha imposto un consiglio di sorveglianza di sei componenti, tre scelti dallo Stato stesso e tre dagli azionisti territoriali, che avranno importanti funzioni di controllo;

   sempre a quanto si apprende, il Governo pretenderebbe anche una clausola per fare in modo che il voto del presidente, di nomina statale, valga doppio in caso di parità, una sorta di diritto di veto sull'approvazione dei bilanci, sulle nomine, e sul piano di investimenti –:

   se trovi conferma la decisione del Governo di intervenire in relazione alle concessioni autostradali, togliendo alle regioni e alle province autonome il controllo su tali concessioni;

   se vi siano, al riguardo, precise e documentate richieste della Commissione europea o se, viceversa, ciò risponda a una intenzione del Governo di reimpostare in senso centralista e dirigista i rapporti tra lo Stato e le autonomie regionali e locali, segnatamente le province autonome e le regioni ad autonomia speciale.
(5-00917)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASCIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada A2 «del Mediterraneo», nella tratta compresa tra Mercato San Severino e Fratte (raccordo Salerno-Avellino) riveste un'importanza fondamentale per la viabilità Nord Sud del Paese e, in particolare, per le province di Napoli, Salerno ed Avellino, collegando le autostrade A30 Caserta ed A3 Salerno-Reggio Calabria;

   questa arteria nevralgica è interessata da un enorme volume di traffico e, sovente, si trasforma in un vero incubo per gli automobilisti, imbottigliati in ingorghi con code chilometriche di veicoli che paralizzano per ore la circolazione;

   il potenziamento e l'adeguamento di tale infrastruttura sono assolutamente necessari per alleggerire e rendere scorrevoli il traffico e le comunicazioni verso il Sud e dal Sud, attraverso il collegamento fra le autostrade A30 e A3;

   la priorità è quella di garantire la sicurezza;

   l'insufficienza di due sole corsie per ogni senso di marcia, in un tratto ad alta affluenza e nel quale manca anche una corsia d'emergenza, determina gravi pericoli per la circolazione, comportando un elevatissimo tasso di incidenti che contribuiscono ancor di più a creare caos e disagi, compromettendo ulteriormente la viabilità;

   da anni si discute delle soluzioni progettuali più idonee e si sottolinea la necessità di una immediata riqualificazione, messa in sicurezza e ampliamento di tale fondamentale arteria;

   numerose sono state le iniziative delle amministrazioni comunali e le interrogazioni parlamentari volte a sollecitare la risoluzione definitiva della incresciosa problematica;

   il 21 marzo 2018 il Cipe ha approvato il progetto preliminare e lo stanziamento dei primi 123 milioni di euro (tratto Fratte-Baronissi), per la terza corsia e la messa in sicurezza del lotto Salerno-Fratte-Mercato San Severino, primo dei due lotti in cui è stato suddiviso il progetto relativo al raccordo autostradale Salerno-Avellino;

   dopo l'autorizzazione del Cipe ai finanziamenti, risalente, come detto, a marzo 2018, non vi è stato alcun progresso e non si è più parlato della questione;

   sul territorio è forte la preoccupazione delle popolazioni interessate e delle istituzioni che possano essere persi i finanziamenti destinati alla realizzazione della terza corsia e cresce il timore che anche questi fondi possano essere dirottati altrove;

   occorre procedere con massima sollecitudine alla realizzazione definitiva dell'opera –:

   quali iniziative urgenti si intendano avviare al fine di utilizzare le risorse già disponibili e garantire il rapido completamento dell'opera di cui in premessa.
(4-01591)


   BENEDETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sulla base dell'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Eea) l'atmosfera della Pianura Padana risulta la più inquinata d'Europa;

   secondo l'Agenzia «l'inquinamento atmosferico provoca 461 mila decessi prematuri l'anno solo in Europa, 20 volte di più delle vittime per incidenti stradali»;

   nel contratto di Governo tra il Movimento 5 Stelle e la Lega si afferma, nel capitolo 4 intitolato «Ambiente, Green Economy e Rifiuti Zero», che «il nostro compito è quello di sostenere la “green-economy”, la ricerca, l'innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico e per la rinascita della competitività del nostro sistema industriale, con l'obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza e promuovendo l'economia circolare»;

   a pagina 13 dello stesso contratto si afferma che «azioni prioritarie contro cambiamenti climatici ed inquinamento andranno avviate con piani specifici per le aree più colpite del nostro Paese»; successivamente si aggiunge che «Anche al fine di prevenire misure sanzionatorie da parte dell'Unione Europea prevediamo misure volte all'adeguamento degli standard di contrasto all'inquinamento atmosferico secondo le norme in vigore»;

   secondo quanto riportato da La Nuova Venezia il 21 ottobre 2018 a pagina 17, da circa due anni sarebbe pronto il prototipo di vaporetto alimentato ad idrogeno e quindi ad emissioni zero, denominato «Hepic»;

   nel 2014, infatti, in prospettiva della vetrina internazionale di Expo 2015, che prevedeva a Venezia una sezione speciale sul tema dell'acqua, la regione Veneto si è impegnata a sfruttare le competenze del distretto di Porto Marghera nel settore della ricerca e sviluppo sulle tecnologie dell'idrogeno, competenze sviluppate grazie all'accordo di programma per l'idrogeno, siglato tra regione Veneto e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 25 marzo 2005, e successivo Addendum all'accordo del 2009, che prevedevano, tra l'altro, «azioni intraprese per la riconversione di Porto Marghera, la realizzazione di ricerche e di sperimentazioni sulle tecnologie per l'utilizzo dell'idrogeno»;

   con deliberazione della giunta regionale n. 2774 del 29 dicembre 2014 tale impegno si è concretizzato nell'erogazione di un contributo della regione, pari a 960.520,00 euro, per supportare il progetto «Hepic» – Hydrogen Electric Passenger VenICe Boat – del costo complessivo di euro 1.559.800,00. La regione Veneto ha contestualmente deliberato di stipulare una convenzione con Alilaguna spa, società di trasporto acqueo impegnata nella costruzione di «Hepic»;

   ad oggi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha ancora autorizzato l'entrata in servizio di «Hepic» –:

   quali siano i motivi del ritardo nell'esame del progetto «Hepic» e quali siano i tempi previsti dal Ministro interrogato per l'autorizzazione all'entrata in servizio del vaporetto alimentato a idrogeno.
(4-01592)


   FIORINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al drammatico disastro del crollo del ponte Morandi a Genova del 14 agosto 2018, il Cnr – come riportato da organi di stampa – ha diramato una nota in cui si evidenzia che i ponti a rischio in Italia sarebbero circa 10 mila;

   nella sola Emilia Romagna, in particolare, ne sono presenti diverse centinaia delle più svariate tipologie e tra questi suscitano particolare preoccupazione i ponti sul fiume Secchia, Cerredolo e Saltino sulla strada provinciale 486 R, ex statale di Montefiorino, arteria fondamentale che collega l'Appennino reggiano e modenese al distretto ceramico e, di conseguenza, ai capoluoghi delle due province;

   scendendo dalla montagna, il primo ponte che si incontra è il Cerredolo, lungo 652 metri e successivamente il Saltino, che si distende per 1,7 chilometri, quindi, complessivamente sono circa tre chilometri di viadotto tra i comuni reggiani di Toano e Baiso;

   osservando i pilastri, lo scenario non è dei migliori per entrambe le strutture. Il ponte di Cerredolo, nello specifico, presenta crepe, spaccature e vistosi segni di infiltrazioni, oltre agli scheletri arrugginiti dei ferri che fuoriescono dal cemento consumato e mangiato dalle intemperie con alcuni parti addirittura penzolanti;

   a tutto ciò si aggiunge anche l'incuria della vegetazione, con la crescita di alberi e arbusti che arrivano praticamente a toccare il viadotto ed edere rampicanti che crescono proprio nelle fessure della struttura –:

   se il Governo interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative abbiano assunto e intenda assumere per garantire con urgenza la messa in sicurezza delle due strutture sopra richiamate;

   quali iniziative si intendano mettere in campo, soprattutto in previsione della stagione invernale, per evitare che con il regime del fiume molto più alto, non si rischino piene a causa di questi alberi che spingendo contro i ponti potrebbero causare ingenti danni a persone e a cose.
(4-01594)


   FIORINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il crollo del ponte Morandi a Genova, il 4 agosto 2018, ha riportato l'attenzione verso la necessaria e urgente manutenzione di ponti e viadotti nella consapevolezza dell'importanza della sicurezza dei cittadini che ogni giorno percorrono le strade italiane;

   nella sola Emilia-Romagna, in particolare, ne sono presenti diverse centinaia delle più svariate tipologie;

   uno di questi è il viadotto di Calcinara, nel comune di Castelnovo né Monti, in corrispondenza dello svincolo Gatta/Villa-Minozzo sulla strada statale 63 del Valico del Cerreto, costruito nel 1985;

   si tratta di un'infrastruttura fondamentale per la viabilità reggiana e nazionale, sita in uno snodo particolarmente trafficato, un'opera importante per la montagna;

   già nel 2011, da quanto risulta all'interrogante, era stato segnalato ad Anas, competente per la strada statale 63, la necessità di intervenire per ripristinare i calcestruzzi sgretolati e le armature logorate per la scarsa manutenzione dell'infrastruttura, considerando che tutti gli immobili hanno bisogno di una manutenzione periodica;

   la segnalazione, da quanto risulta all'interrogante, non ha avuto risposte e per le strutture del ponte è continuato l'inesorabile degrado per la mancanza, appunto, di lavori di manutenzione sia ordinaria che straordinaria, aumentando così, inevitabilmente, il rischio di incolumità dei cittadini;

   la situazione attuale della struttura è allarmante perché lo sgretolamento di parte del cemento armato – non eterno – che ricopre il ferro potrebbe compromettere la staticità dell'opera. Infatti, dopo sette anni dalla segnalazione, sono evidenti le crepe nella parte laterale dei pulvini sulle pile portanti la struttura. L'aumento del traffico, l'incuria, il sale per la neve, la carbonatazione, le gronde malfunzionanti hanno fatto esplodere parti di armatura, sgretolando pezzi di calcestruzzo –:

   se il Governo interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative di competenza abbia assunto e intenda assumere per garantire con urgenza le opere di ripristino e di messa in sicurezza del viadotto, in particolar modo dei calcestruzzi a sostegno delle travate del viadotto;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per prevenire il ripetersi di ulteriori disgrazie.
(4-01601)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 5 novembre 2018 sul sito online del quotidiano Avvenire, si apprende che a Lampedusa, sul Molo Favaloro, dove sbarcano i migranti superstiti delle traversate, dopo la permanenza in Libia e giorni in mare tra la Tunisia e Lampedusa, i bagni, da un anno a questa parte ci sono, ma non possono venire utilizzati per colpa di uno scaricabarile di tipo tutto burocratico;

   quei bagni sull'isola vengono chiamati «i bagni di Bartolo», perché dopo anni di lotte il dottor Pietro Bartolo, il medico del film Fuocammare, che visita ogni profugo – vivo o morto – che transiti sull'isola è riuscito ad ottenerli;

   al termine di questa battaglia portata avanti dal dottor Bartolo, vennero costruiti tre bagni: uomini, donne, disabili. Funzionano alla perfezione, sono confortevoli, l'impianto di illuminazione è attivo, l'aerazione è conforme alla legge, però non sono mai stati aperti nonostante il collaudo del luglio del 2017;

   la ragione è legata all'assenza dell'appalto per la loro pulizia e, nonostante a Lampedusa ci sarebbero stati volontari a disposizione per questo servizio, serve un affidamento formale, con una gara, e così la cooperativa di Palermo che gestisce il centro per migranti – ad alcuni chilometri dal molo – si è vista assegnare le chiavi, ma senza affidamento della manutenzione non può metterli a disposizione di chi sbarca;

   lo stesso dottor Bartolo commenta quest'ennesimo spreco italiano lamentandosi di come, troppe volte, abbia visitato migranti che dopo la lunga traversata in condizioni disastrose presentano spesso, soprattutto le donne, i sintomi del «globo vescicale». Una patologia che colpisce chi trattiene troppo a lungo i bisogni fisiologici e che può essere particolarmente seria. Con l'utilizzo dei bagni si potrebbe dare loro un luogo dignitoso;

   da agosto del 2018 l’hotspot è gestito dalla Facilities Service di Palermo, a cui sono state consegnate le chiavi della piccola struttura che dovrebbe funzionare esclusivamente in occasione degli sbarchi e per tempi ristretti, ma nessuno avrebbe indicato ai gestori cosa e come fare, a maggior ragione adesso che i flussi dei migranti si sono ridotti, ma gli sbarchi continuano con frequenza più che settimanale. Con il risultato che una volta sulla terraferma i migranti maschi vengono accompagnati dalle forze dell'ordine tra gli scogli, mentre le donne, quando proprio non ce la fanno più, sono costrette a nascondersi proprio dietro ai bagni in muratura;

   permettere il regolare funzionamento di quei bagni avrebbe il senso di un ritorno alla civiltà per quei migranti appena sbarcati dopo lunghe traversate e a parere dell'interrogante è inaccettabile che dal collaudo del luglio 2017 quei bagni siano ancora inutilizzabili per colpa di pastoie burocratiche –:

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda intervenire per permettere che si giunga quanto prima a una soluzione che consenta finalmente il pieno utilizzo dei bagni realizzati sul Molo Favaloro di Lampedusa, luogo di sbarco dei migranti che giungono sull'isola, sia perché fornire un servizio così minimo ed essenziale rappresenterebbe un atto di civiltà e di rispetto dell'essere umano sia per evitare l'ennesimo spreco di risorse per un'opera realizzata e mai entrata pienamente in funzione.
(4-01586)


   BIANCOFIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Moena dista 85 chilometri da Trento, 20 chilometri da Cavalese e 17 da Canazei ed è sita geograficamente al centro della Valle di Fiemme che conta 20.078 abitanti e della Valle di Fassa che ne conta 10.076;

   nella stagione invernale 2016/17 sono state registrate 2.035.603 presenze, segnando un 10 per cento di aumento per l'inverno 2017/18;

   la stagione estiva 2017, secondo i dati pubblicati sul sito della provincia di Trento, ha fatto segnare 2.035.594 presenze in costante aumento negli ultimi anni;

   la provincia di Bolzano conta 5 presidi della polizia di Stato di cui 4 commissariati (Bressanone, Merano, S. Candido e Brennero), e il posto di polizia a Malles Venosta; al contrario, la provincia di Trento conta solamente 2 commissariati (Rovereto e Riva del Garda che nella stagione estiva 2017 ha fatto segnare 2.059.576 di presenze pari alle valli di Fiemme e Fassa), mentre la zona a nord della provincia risulta priva di presidi della polizia di Stato;

   è sempre più avvertita dai cittadini residenti nel territorio, la necessità di prevedere la presenza di un ufficio fisso di polizia che possa trattare materie riguardanti l'immigrazione, la gestione dei passaporti, la gestione delle licenze ed il controllo del porto d'armi, le denunce, la comunicazione alle autorità locali di pubblica sicurezza della cessione di fabbricati, nonché attraverso l'uso di una volante, la prevenzione ed il controllo del territorio;

   il centro addestramento alpino di Moena, unico ufficio di polizia oltre al distaccamento della polizia stradale di Predazzo, non può, allo stato attuale, svolgere questa funzione in quanto scuola di formazione e centro operativo delle Fiamme Oro per il settore degli sport invernali ed alpini;

   il centro è da tutti gli addetti ai lavori degli sport alpini riconosciuto come un'eccellenza nel settore per l'alta professionalità del personale, frutto di anni di attività nei settori alpinistici e di servizio di sicurezza e soccorso in montagna;

   questa struttura, da anni, non ospita più corsi per allievi agenti, salvo un corso semestrale di base riservato alle Fiamme Oro in fase sperimentale; in pratica il centro non viene utilizzato al massimo delle sue potenzialità, e si lascia una struttura di tali dimensioni poco sfruttata;

   la costituzione di un posto di polizia, inserito all'interno della struttura del centro addestramento alpino potrebbe avvenire in tempi brevi e con costi bassissimi, vista la disponibilità di spazi e personale nella struttura, con pochissimo impiego di mezzi e risorse; ciò permetterebbe di garantire al centro stesso di continuare l'attività preziosa di formazione specifica nelle attività alpine del personale della polizia di Stato, di svolgere il servizio di sicurezza e soccorso in montagna (soccorso sulle piste da sci) ed al settore Fiamme Oro di seguire gli atleti impegnati nelle competizioni internazionali del settore alpino, condividendo l'onere della gestione e manutenzione della struttura, dei mezzi e della vigilanza d'istituto;

   la presenza di un posto di polizia, oltre a facilitare il rientro in sede degli operatori di polizia, in attesa di trasferimento nelle graduatorie ordinarie da più di vent'anni, consentirebbe di dare una risposta concreta al cittadino delle valli e al turista sui temi della prossimità e della sicurezza, data dalla presenza di un controllo maggiore del territorio, consentendo di velocizzare pratiche per le quali oggi trascorrono anche alcune settimane prima di vederle risolte e soprattutto obbligando la cittadinanza a spostarsi a Trento –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative volte a potenziare il controllo del territorio di Moena attraverso l'istituzione di un posto di polizia, usufruendo della presenza logistica del centro di addestramento alpino.
(4-01588)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista del 3 novembre 2018 sul Corriere della Sera Saif ul-Malook, l'avvocato a capo del collegio difensivo di Asia Bibi che è riuscito per la prima volta nella storia a far annullare una condanna a morte per blasfemia, ha affermato: «non metterò più piede in Italia, a Roma mi sono sentito accolto come un terrorista, è stato avvilente per uno che ha messo a repentaglio la sua vita per combattere contro i fondamentalisti. E fa ancora più male che mi abbiano trattato così nel Paese del Papa, dopo che sono stato costretto a lasciare la mia casa in Pakistan per difendere una donna cattolica»;

   da quanto riportato nell'articolo, l'avvocato Saif ul-Malook, atterrato a Fiumicino il 2 novembre, al controllo passaporti sarebbe stato portato in una sala attigua dagli agenti dell'antiterrorismo per ulteriori controlli e trattenuto per mezz'ora, nonostante fosse dotato di un visto regolare e non avesse con sé nessun bagaglio, se non una bottiglietta d'acqua e un sacchetto con dentro alcuni indumenti per la notte;

   a tal proposito lo stesso Saif ul-Malook afferma: «mi hanno fatto il terzo grado, dubitavano dei miei documenti»;

   a quanto si apprende, gli agenti lo hanno poi scortato a prendere un biglietto per la destinazione successiva, Amsterdam, dove l'avvocato doveva recarsi per una conferenza, per poi recarsi a Parigi per qualche giorno e infine a Londra dove intende stabilirsi –:

   se i fatti riportati in premessa rispondano al vero;

   per quali ragioni all'avvocato di Asia Bibi Saif ul-Malook sia stato riservato tale trattamento, con un danno anche d'immagine per il nostro Paese;

   cosa prevedano nel dettaglio le procedure di controllo in aeroporto per i cittadini extracomunitari muniti di regolare visto, e se esse abbiano subito modifiche negli ultimi mesi.
(4-01590)


   ASCANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ha avuto avvio nei giorni scorsi il tavolo tecnico istituito per esaminare il progetto di una «Riorganizzazione delle articolazioni periferiche dell'amministrazione della pubblica sicurezza» che il Ministro interrogato si accinge a presentare alle organizzazioni sindacali di categoria in vista dell'approvazione finale;

   la città di Perugia lascerebbe la prima fascia sulla base di parametri legati in grande percentuale alla sicurezza (numero e tipologia di reati evidenziati dalle statistiche) e in misura decisamente minore al contesto (collocazione geografica e dotazione di enti e infrastrutture;

   questo potrebbe portare a una situazione di peggioramento delle condizioni per il capoluogo umbro: minore possibilità di accrescimento quantitativo e qualitativo di personale e la potenziale esclusione da piani nazionali più complessivi legati alla sicurezza e all'ordine pubblico;

   si segnala che l'amministrazione perugina da sempre chiede rinforzi in termini di sicurezza e di recente, al cospetto dei gravi episodi avvenuti nel difficilissimo quartiere di Fontevegge, tramite il sindaco Romizi, ha fatto pressing per l'istituzione in loco di un presidio fisso di polizia;

   è difficile avanzare ipotesi sul piano dell'effettività del progetto di riorganizzazione, tuttavia la notizia di queste ore semina inevitabile preoccupazione in un territorio in cui l'ambito della sicurezza, reale e percepita, è da sempre un tasto dolente della coscienza collettiva perugina;

   nella nuova classificazione delle questure al vaglio del Ministero dell'interno anche Terni scende di fascia passando dalla seconda alla terza –:

   cosa implichi nel dettaglio il processo di riorganizzazione delle articolazioni della pubblica sicurezza nel territorio umbro e se questo comporterà un declassamento della questura di Perugia con conseguente aggravamento dello stato di degrado e criminalità in cui, come noto, versa il capoluogo umbro.
(4-01598)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 28 ottobre 2018 il liceo romano Virgilio è stato occupato da un gruppo di studenti, aderendo alla piattaforma cittadina degli studenti che ha organizzato una vera e propria occupazione «a staffetta» nei vari istituti della Capitale. Occupazione che si è sviluppata nei giorni di chiusura delle scuole di Roma a causa del maltempo e durante il «ponte» festivo di Ognissanti, e che si è conclusa il mattino di domenica 4 novembre 2018 con lo sgombero forzato da parte delle forze dell'ordine;

   nei giorni precedenti, il 31 ottobre 2018, sul quotidiano «Il Messaggero» è apparsa un'intervista al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Lazio, dottor Gildo De Angelis dal titolo «Al Virgilio serve fermezza. Chi occupa va identificato». Nell'intervista si legge anche «Soprattutto vorrei capire perché la polizia non li identifica (...) Se non usiamo la forza non faremo mai assolutamente nulla (...) a Roma si occupa perché penso che le forze dell'ordine abbiano ricevuto l'ordine di non intervenire mai e di non entrare nelle scuole. Non si tratta di bastonarli, ma di identificarli. (...) Mi auguro che le mamme non vadano lì a portare lasagne e bottiglie di champagne come avvenuto in passato (...) Se solo ci fosse un piccolo intervento della polizia...»;

   lo stesso giorno con un comunicato ufficiale della questura di Roma veniva tra l'altro affermato «i suggerimenti, le perplessità e i dubbi manifestati dal Direttore dell'Usr Lazio richiederebbero un'adeguata verifica che consentirebbe di non generare inutile confusione o pericolosi allarmismi»;

   e sempre la questura di Roma, in data 4 novembre 2018, al termine dello sgombero forzoso in un altro comunicato ufficiale scrive «... alla luce di quanto sopra (modalità ed esito dello sgombero senza criticità) appare confermata la infondatezza delle considerazioni e degli allarmi diffusi nei giorni scorsi»;

   già durante il precedente anno scolastico 2017/18 lo stesso dottor De Angelis e sempre con un'intervista su il Messaggero affermava «Virgilio da chiudere. Perché la polizia non è intervenuta? Sono ragazzi furbi, protetti da famiglie influenti». Anche allora ci fu una reazione della questura di Roma e pure l'allora Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca parlò di linguaggio sbagliato «Non si può dire che la scuola va chiusa, va tenuta aperta per la sua funzione»;

   il dottor De Angelis dirige da anni l'ufficio scolastico regionale per il Lazio, e all'interrogante non pare proprio che i risultati finora conseguiti, lo stato di degrado e di difficoltà delle scuole di ogni ordine e grado, gli intoppi burocratici e le gaffe che hanno contraddistinto questi anni i vertici del sistema formativo pubblico nel Lazio depongano a suo favore;

   invitare a chiudere una scuola o evocare interventi delle forze dell'ordine all'interno delle scuole – mai auspicabili – non dovrebbero essere atteggiamenti di chi ha un incarico educativo di tale rilievo e dovrebbe invece essere attivo protagonista di forme di dialogo e di confronto, per evitare di esacerbare gli animi e rendere ulteriormente complicate le situazioni –:

   se il Governo abbia dato indicazioni precise e di questo genere al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale del Lazio in relazione alle sue varie esternazioni pubbliche;

   se nell'anno scolastico 2017/18 siano stati assunti provvedimenti disciplinari nei confronti del dottor De Angelis e di quale genere, dopo quelle che l'interrogante giudica le sue sgradevoli parole ai media;

   se il Ministro non ritenga di adottare, al più presto, le iniziative di competenza per la rimozione dell'attuale direttore dell'Usr del Lazio, alla luce dei risultati, ad avviso degli interroganti mediocri, avuti finora, delle conseguenze delle sue interviste, di quanto afferma la polizia di Stato in comunicati ufficiali che smentiscono in modo plateale quanto da lui affermato pubblicamente.
(4-01599)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO, SERRACCHIANI, FERRI e BURATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   fino al giugno 2017, i dipendenti dello stabilimento siderurgico ex Aferpi di Piombino hanno usufruito del contratto di solidarietà quando la quota di lavoratori attivi è diminuita al punto da non poter più utilizzare questo regime di ammortizzatore, e successivamente modificando la causale in trattamento di integrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 42, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148;

   il successivo decreto interministeriale n. 99553 del 23 maggio 2017 varato dal Governo Gentiloni ha permesso di mantenere i livelli retributivi garantiti dal contratto di solidarietà, introducendo una integrazione economica al trattamento di cigs;

   l'articolo 25 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, promosso dal Governo in carica e presentato come la soluzione per Piombino, di fatto non garantisce la continuità dei livelli reddituali garantiti dal citato decreto interministeriale, comportando una decurtazione degli stipendi per tutto il 2019 pari a circa il 30 per cento;

   peraltro, rispetto al complesso delle risorse previste dal decreto interministeriale n. 99553, risulterebbero ancora disponibili per l'anno 2018 oltre 8 milioni di euro;

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha mai partecipato alle decine di tavoli convocati dalla regione Toscana e dalle istituzioni locali, con la presenza dei sindacati, dal giugno 2018 ad oggi, né ha ancora ricevuto una rappresentanza dei lavoratori che si sono presentati davanti alla sede ministeriale a Roma nei giorni scorsi –:

   se il Governo abbia valutato le pesanti conseguenze sociali che il passaggio non gestito dagli ammortizzatori previsti dal decreto interministeriale n. 99553 a quelli di cui al decreto-legge 119 comporterà per gli operai dell'ex Aferpi;

   quali siano gli orientamenti del Governo circa la questione legata alla continuità dei livelli reddituali preesistenti;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per restituire centralità al secondo polo siderurgico italiano rappresentato dagli impianti di Piombino.
(5-00920)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, CASSESE, MAGLIONE, CILLIS, LOMBARDO, PARENTELA, PIGNATONE, GAGNARLI, L'ABBATE, DEL SESTO e CIMINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 15, paragrafo 1.ter, del Regolamento (CE) 1967/06 (cosiddetto Regolamento «Mediterraneo»), come modificato dal Regolamento (UE) 812/2015, prevede che gli Stati membri mettano in atto misure volte a facilitare l'immagazzinamento delle catture di esemplari sotto taglia sbarcati a terra o a trovare loro delle opportunità di smercio, come ad esempio il sostegno agli investimenti per la costruzione e l'adattamento dei luoghi di sbarco e dei ripari di pesca, o il sostegno agli investimenti per la valorizzazione dei prodotti della pesca;

   tale norma è idonea a venire incontro alle reali esigenze dei pescatori, quando, loro malgrado, si ritrovano tra il pescato catture indesiderate, in particolare esemplari sotto taglia delle specie di cui all'allegato III del regolamento Mediterraneo, da destinarsi esclusivamente ad uso non umano;

   il Feamp (Regolamento (UE) 508/2014), dal canto suo, all'articolo 43.2, prevede la possibilità di finanziare investimenti nei porti, nelle sale per la vendita all'asta, nei luoghi di sbarco e nei ripari di pesca, proprio al fine di facilitare l'osservanza dell'obbligo di sbarcare tutte le catture ai sensi dell'articolo 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 nonché di consentire la valorizzazione della parte sottoutilizzata del pesce catturato;

   tuttavia, nonostante quanto previsto dalle citate norme unionali, l'amministrazione italiana non ha, fino ad oggi, ritenuto di dover attribuire fondi al capitolo relativo al citato articolo 43.2 del Feamp, con conseguente pregiudizio per tutte le imprese di pesca che dal 1° gennaio 2019 si troveranno a dover applicare l'obbligo di sbarco/divieto di rigetto di tutte le catture di sotto taglia;

   non sono infatti programmate e stanziate risorse che permettano un'attuazione della disposizione regolamentare in coerenza con le proprie finalità, che sono insieme economiche e di sostenibilità: si potrebbe pensare infatti all'utilizzo degli esemplari sotto taglia per la cosmesi, la farmaceutica, il pet food;

   poter contare a terra di strutture atte alla raccolta autorizzata, per il successivo utilizzo con le predette finalità, diverse dal consumo alimentare umano, di catture sotto taglia o comunque indesiderate (per le quali è vigente l'obbligo di sbarco) sarebbe estremamente importante per le imprese di pesca che, in mancanza, non potranno far altro che reperire a proprie spese la corretta via di smaltimento o di utilizzo con i relativi e conseguenti costi;

   un progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel 2015 ha tentato di valutare la possibilità di uso dei sotto taglia sbarcati (in tale caso di piccoli pelagici nel Nord Adriatico) per la trasformazione in farine di pesce; ne è emerso che sia i bassi quantitativi sia le difficoltà logistiche rendono difficile questa strada;

   un approfondimento urgente di questo tema in sede ministeriale, con il diretto coinvolgimento dell'autorità di gestione del Feamp, è quanto mai opportuno, anche in vista dell'approssimarsi del 1° gennaio 2019, data di avvio dell'obbligo di sbarco per tutte le specie di cui al citato allegato del regolamento Mediterraneo –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda approntare iniziative che consentano, al 1° gennaio 2019, alle imprese di pesca, di adeguarsi all'obbligo comunitario, senza dovere fare fronte, a proprie esclusive cura e spese, al reperimento di idonee e corrette modalità di utilizzo e di smaltimento delle catture sotto taglia, anche in coerenza con gli obiettivi di sostenibilità economica ed ambientale che la normativa regolamentare sottende.
(5-00918)


   LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 25 maggio il decreto legislativo dell'11 maggio 2018, n. 52, relativo alla disciplina della riproduzione animale, in attuazione dell'articolo 15 della legge 28 luglio 2016, n. 154. Il decreto entrerà in vigore il 9 giugno 2018 ed individua i principi fondamentali della disciplina relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche applicabili alla riproduzione animale per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla politica agricola comune, in modo da perseguire, omogeneamente sul territorio nazionale, la corretta gestione del patrimonio genetico delle razze di interesse zootecnico nei settori della riproduzione, selezione, ricostituzione, creazione di nuove razze e conservazione della biodiversità zootecnica;

   l'associazione italiana allevatori (Aia), con nota dell'11 ottobre 2018, ha reso noto alle associazioni nazionali allevatori (Ana) che, il 26 settembre 2018, a seguito della delibera di scissione approvata dall'assemblea straordinaria dell'Aia stessa il 22 maggio 2018, era stato perfezionato l'atto di scissione dell'Aia;

   tale atto, si legge nella nota, è stato dettato dal mutato contesto normativo e regolamentare a seguito dell'adozione del decreto di cui sopra e a quanto riportato negli avvisi pubblici relativi alle sottomisure 10.2 e 16.2 del PSRN i quali impongono la cessazione di ogni rapporto tra le Aia e le Ana e tra queste ultime e le Ara-Apa;

   a seguito dell'atto di scissione è venuto meno anche il rapporto associativo intercorrente tra l'Aia e le associazioni nazionali allevatori così come prevede il decreto legislativo n. 52 del 2018; ma, la nota Aia, di cui sopra, a quanto consta all'interrogante, istituisce motu proprio, senza alcun riferimento normativo e senza alcuna interlocuzione con il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, la Federazione delle associazioni nazionali di razza e specie cui, sempre secondo Aia, dovranno aderire obbligatoriamente le Ana;

   presumibilmente entro la fine di novembre le associazioni nazionali allevatori dovranno convocare le assemblee per il rinnovo degli organi sociali e per l'adozione del nuovo statuto. Ne deriva che i nuovi organi sociali saranno espressione della nuova base sociale in quanto frutto della trasformazione di tali enti in enti di primo grado i cui soci sono gli allevatori stessi e non più le associazioni regionali allevatori legate ad Aia;

   ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 52 del 2018 entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, le Associazioni nazionali allevatori adegueranno i loro requisiti tecnici e organizzativi ai parametri richiesti dall'articolo 3, comma 2;

   allo stato attuale non è dato sapere esattamente quale è la compagine sociale che andrà a determinare la nuova governance. Ciò sembra essersi già verificato, come si legge dall'articolo 6, comma 2, del nuovo statuto adottato dall'Associazione nazionale bovini di razza piemontese 6 settembre 2018: «gli allevatori precedentemente iscritti al libro genealogico nazionale della razza piemontese (...) salvo espressa volontà di recesso (...) risultano di fatto soci dell'associazione». Inoltre, a conferma di quanto affermato sopra, si legge ancora all'articolo 2 che l'associazione aderisce alla Federazione delle associazioni nazionali di razza e di specie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle iniziative intraprese dall'Associazione italiana allevatori e se la riorganizzazione che sta attuando sia in linea con i dettami del decreto legislativo n. 52 del 2018;

   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere, per quanto di competenza, affinché le operazioni che porteranno alla formazione dei nuovi organi sociali delle associazioni in parola siano effettuate in modo trasparente e nel rispetto del diritto di rappresentanza dei nuovi associati.
(5-00919)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIGNATONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 10 agosto 2000, n. 251, ha previsto l'apertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea infermieristica, rafforzandone il concetto di professione intellettuale;

   la legge 1° febbraio 2006 n. 43 ha creato, così come per le altre professioni intellettuali, la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche – Fnopi);

   l'infermiere, quale professione intellettuale, è tenuto a una formazione costante;

   l'accordo della Conferenza Stato-regioni del 22 febbraio 2001 ha delineato, quale professione deputata allo svolgimento delle mansioni igienico-alberghiere, la figura dell'operatore socio-sanitario (Oss);

   al fine di rafforzare la figura dell'Oss l'accordo Stato-regioni del 2003, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2003 n. 51, ha previsto la figura dell'Oss con formazione integrativa, aumentandone le mansioni e competenze;

   risulta dunque chiara la volontà di individuare due distinte figure professionali che si occupano di offrire un differente tipo di assistenza all'utenza ospedaliera;

   si riscontra come in alcuni presidi ospedalieri, a causa di una erronea interpretazione normativa, gli infermieri si trovano a dover svolgere le mansioni igienico-alberghiere;

   tale situazione comporta notevoli difficoltà in termini di adeguata assistenza al paziente, ed inoltre gli infermieri svolgono compiti non propri, con la conseguenza di essere demansionati. A ciò si aggiunge il fatto che, al fine di chiarire i compiti tipici della propria attività lavorativa, molti infermieri stanno avviando delle azioni giudiziali che comportano delle condanne delle aziende sanitarie con aggravio di spese per lo Stato;

   una maggiore chiarezza normativa in ordine ai diversi compiti e ruoli sia dell'infermiere, sia dell'Oss renderebbe più agevole la composizione delle piante organiche, creando un sistema sanitario maggiormente flessibile ed efficiente –:

   se il Ministro interrogato, in relazione a quanto espresso in premessa, non ritenga opportuno adottare iniziative per un chiarimento formale circa la corretta interpretazione del quadro normativo relativo ai compiti lavorativi spettanti all'infermiere ed all'operatore socio-sanitario.
(4-01587)


   DEIDDA. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il contratto di lavoro della dirigenza medica non viene rinnovato dal 2010 e il tavolo tecnico aperto all'Aran da molti mesi non ha prodotto risultati. Soprattutto perché le regioni, secondo uno dei più rappresentativi sindacati dei medici ospedalieri, non avrebbero accantonato i fondi per i rinnovi contrattuali, nonostante, le stesse, per i 64 mila medici della medicina convenzionata, abbiano accantonato 356 milioni di euro, permettendo così l'accordo collettivo con una spesa di 300 milioni di euro. Al contrario, per i 110 mila medici dipendenti del servizio sanitario le regioni nello stesso periodo sembrerebbe abbiano accantonato solo 12,9 milioni di euro (per il 95 per cento dalla Lombardia ed Emilia-Romagna), pur avendo ricevuto fondi incrementali dallo Stato ed essendo obbligati all'accantonamento da precise disposizioni di legge;

   questa situazione, unita al progressivo aumento del carico di lavoro legato alle riduzioni degli organici e ai tagli talvolta indiscriminati fatti dalle regioni, sta portando a una progressiva demotivazione con una vera e propria fuga dagli ospedali a solo vantaggio delle strutture private, con un progressivo impoverimento del servizio sanitario nazionale;

   i soli pensionamenti porteranno via dalle corsie 7.500 medici nei prossimi tre-quattro anni e l'offerta di medici specialisti, che sono le sole figure che possono accedere ai concorsi pubblici ospedalieri, non sono già oggi sufficienti a soddisfare il fabbisogno degli organici, tant'è che è cosa nota che molti concorsi indetti dalle aziende sanitarie, anche del Sud Italia, sono andati deserti negli ultimi mesi;

   il rinnovo del contratto della dirigenza medica sarebbe sicuramente un segnale di attenzione verso gli oltre 110 mila professionisti che ogni giorno dimostrano il loro impegno, garantendo la salute agli italiani con un elevato standard di qualità, pur lavorando in strutture spesso carenti e con carichi di lavoro sempre crescenti, che vanno spesso ben oltre l'orario contrattualmente previsto;

   la dirigenza medica rivendica l'aumento degli stipendi del 3,48 per cento chiedendo di ricomprendere nel computo della massa salariale l'indennità di esclusività;

   si rende improcrastinabile un intervento, di concerto tra il Ministro della salute, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell'economia e delle finanze, per prevedere un finanziamento adeguato, insieme alla quota di pertinenza regionale, a procedere con la massima tempestività al rinnovo del contratto della dirigenza medica per evitare il progressivo depauperamento e declino del sistema ospedaliero italiano –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative di competenza intenda assumere per rinnovare con le adeguate risorse il contratto della dirigenza medica ospedaliera scaduto dal 2010.
(4-01593)


   VERINI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 22 giugno 2017 è entrato in vigore il decreto di riforma del lavoro pubblico, decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2017), che nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge n. 124 del 2015) punta all'obiettivo dichiarato di ridurre il precariato nella pubblica amministrazione;

   successivamente, la circolare n. 3 del 2017 del Ministro della semplificazione e della pubblica amministrazione chiarisce che per il personale medico, tecnico-professionale e infermieristico del servizio sanitario nazionale, dirigenziale e non, in quanto personale direttamente adibito allo svolgimento delle attività che rispondono all'esigenza, prescritta dalla norma, di assicurare la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari, è consentito il ricorso anche alle procedure di cui all'articolo 20;

   la stessa circolare sottolinea che per queste categorie del Servizio sanitario nazionale, si continuano ad applicare anche le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 543, della legge n. 208 del 2015, la cui efficacia è prorogata al 31 dicembre 2018 per indire le procedure concorsuali straordinarie, al 31 dicembre 2019 per la loro conclusione, e al 31 ottobre 2018 per la stipula di nuovi contratti di lavoro flessibile per quanto riguarda il fabbisogno di personale e le sue modalità organizzative per garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea sull'orario di lavoro «attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili»;

   successivamente, il documento delle regioni sull'applicazione dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 e delle circolari n. 3 del 2017 e n. 1 del 2018 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione in materia di superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni (18/21/CR5/C1-C7 del 15 febbraio 2018) chiarisce che, per quanto riguarda il Servizio sanitario nazionale, «Sono quindi destinatari delle procedure straordinarie di reclutamento di cui ai commi 1 e 2, oltre al personale del comparto, il personale medico e il personale dirigenziale “tecnico professionale”. In merito all'individuazione del personale tecnico-professionale (compreso quello dirigenziale), la circolare precisa, come sopra riportato, che tale è quello “direttamente adibito allo svolgimento delle attività che rispondono all'esigenza, prescritta dalla norma, di assicurare la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari”. Ne consegue che, al di là dell'espressione atecnica utilizzata dal legislatore, il personale dirigenziale destinatario delle procedure di stabilizzazione e il personale del comparto la cui anzianità di servizio può essere conteggiata, ai sensi del comma 11 del decreto, anche se maturata presso diverse amministrazioni del servizio sanitario nazionale, è il personale del ruolo sanitario»;

   nonostante tali atti e il fatto che alcune regioni come la Sicilia, la Lombardia e l'Emilia-Romagna abbiano adottato procedure di stabilizzazione mediante passaggio diretto a tempo indeterminato, nella regione Umbria, l'azienda ospedaliera di Perugia ha dichiarato non risolutive le previsioni di cui all'articolo 1, comma 813, della legge n. 205 del 2017 per la dirigenza sanitaria, per cui non sarebbe legale procedere senza indicazioni da parte della regione mentre la stessa regione ha risposto (prot. n. 0171027 del 6 agosto 2018): «Con riferimento a quanto richiesto con la nota trasmessa per e-mail in data 3 luglio 2018, di pari oggetto (come sopra), si comunica che la problematica evidenziata nella medesima nota è di stretta competenza dell'azienda ospedaliera di Perugia»;

   tale vicenda non permette la stabilizzazione di figure professionali quali biologi, farmacisti, chimici fisici e psicologi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione relativa alla regione Umbria e non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla normativa nazionale e permettere anche alla dirigenza sanitaria precaria di questa regione di poter essere regolarmente assunta a tempo indeterminato.
(4-01596)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASSESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   gli impianti che producono energia rinnovabile vivono una situazione di irregolarità causata, principalmente dallo stato di incertezza regolatoria che ha caratterizzato il settore negli anni e che ha costretto gli operatori a destreggiarsi tra una normativa autorizzatoria regionale spesso discordante da quella nazionale, un rapido avvicendarsi di discipline incentivanti e regole applicative del Gestore dei servizi energetici (Gse) poco chiare;

   ciò ha legittimato l'adozione di provvedimenti di decadenza da parte dello stesso Gse che, non in grado di sottoporre ab origine a verifica gli impianti, ha disposto ex post la decadenza dalla graduatoria con rigetto dell'istanza di ammissione agli incentivi concessi, anche a distanza di anni, per chi aveva, in sede di registrazione dell'impianto, erroneamente indicato la data del titolo autorizzativo;

   l'articolo 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo n. 28 del 2011 (introdotto dal decreto-legge n. 50 del 2017 convertito dalla legge n. 96 del 2017) ha stabilito che: «Al fine di salvaguardare la produzione di energia elettrica derivante da impianti eolici, tutti gli impianti eolici già iscritti in posizione utile nel registro EOLN-RG2012, ai quali è stato negato l'accesso agli incentivi di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 59 del 10 luglio 2012, a causa della errata indicazione della data del titolo autorizzativo in sede di registrazione dell'impianto al registro EOLN-RG2012, sono riammessi agli incentivi previsti dalla normativa per tale registro. La riammissione avviene a condizione che l'errata indicazione della data del titolo autorizzativo non abbia effettivamente portato all'impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria»;

   nel caso de quo, pertanto, non si capisce come gli impianti eolici precedentemente esclusi per via della «errata indicazione del titolo autorizzatorio» non siano stati riammessi in graduatoria e agli incentivi previsti dal decreto ministeriale 6 luglio 2012, visto che un fatto escludente e/o impediente è divenuto, per effetto di una normativa sopravvenuta con efficacia retroattiva, un fatto costitutivo del diritto a essere riammessi;

   a parere dell'interrogante, ove a coloro che fossero rimasti soccombenti con sentenza passata in giudicato in un giudizio amministrativo relativo alla loro esclusione per «errata indicazione della data del titolo autorizzatorio» nella domanda, fosse preclusa la loro riammissione ai sensi dell'articolo 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo n. 28 del 2011, si consumerebbe un'evidente e ingiusta sperequazione;

   il Gse, nelle sue giuste attività ispettive sugli impianti, è stato spesso oggetto di critiche per eccessivo formalismo che, sovente, non ha tenuto conto degli errori involontari/secondari dovuti alla complessità normativa, escludendo dagli incentivi anche chi è incorso, senza dolo, in inesattezze nel fornire la documentazione richiesta, con gravi ricadute per le aziende anche sul piano economico e occupazionale –:

   se l'operato del Gse in merito ai dinieghi espressi per la riammissione degli impianti eolici agli incentivi per quei soggetti rimasti soccombenti con sentente del giudice amministrativo passate in giudicato relative alla loro esclusione dalla graduatoria per l’«errata indicazione della data del titolo autorizzatorio», sia in linea con la normativa vigente e con le competenze ad esso assegnate;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare iniziative normative e/o amministrative volte alla riammissione agli incentivi di tutti i soggetti titolari di impianti eolici, originariamente esclusi, che rispondano ai requisiti di cui all'articolo 42, comma 4 sexies, del decreto legislativo n. 28 del 2011, ivi compresi quelli rimasti soccombenti con sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato e concernenti la loro esclusione dalla graduatoria per «errata indicazione della data del titolo autorizzatorio».
(5-00916)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo turco Toksoz, dopo aver acquisito l'azienda dolciaria Pernigotti nel 2013 ed essersi impegnato a mantenere la produzione in loco, intende attuare un piano di completa chiusura dello stabilimento sito nel comune di Novi Ligure (Alessandria), come formalmente comunicato alle organizzazioni sindacali;

   tale azienda, simbolo del made in Italy nel settore dolciario, dal 1860 produce i noti gianduiotti –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di salvare la Pernigotti con i suoi 200 lavoratori;

   quali iniziative di competenza intenda adottare ai fini dell'apertura di un tavolo di crisi affinché innanzitutto l'azienda si assuma la sua responsabilità sociale, verificando anche la possibilità di una cessione a imprenditori interessati a sviluppare in Italia il marchio e i prodotti Pernigotti.
(4-01589)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Aprea n. 5-00865, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marin.