Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 7 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, che ha scelto la data del 25 novembre e che ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le Ong, a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica;

    la violenza basata sul genere, inclusa anche la violenza domestica, come definita nella convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (la cosiddetta «Convenzione di Istanbul»), approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, rappresenta una grave violazione dei diritti umani, che affonda le sue radici in una profonda, e persistente, disparità di potere tra uomini e donne e in una organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia;

    la riproduzione della struttura di genere tradizionale avviene attraverso rappresentazioni collettive fondate sugli stereotipi e il sessismo, che incidono nell'immaginario e nell'agire collettivo, creando le condizioni per una giustificazione e una perpetuazione della violenza maschile sulle donne;

    come ci dimostrano i dati più recenti diffusi dall'Istat con il Rapporto SDGs 2018 «Informazioni statistiche per l'Agenda 2030 in Italia», la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale;

    il rapporto evidenzia come «La violenza fisica e sessuale sulle donne e le ragazze è presente in tutti i paesi e in gran parte dei casi l'autore è il partner. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare alla morte. Nel 2012, quasi la metà di tutte le donne che sono state vittime di omicidio intenzionale in tutto il mondo è stata uccisa da un partner o da un familiare, rispetto al 6 per cento delle vittime di sesso maschile»;

    sempre i dati ci dicono che: «le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici»: nel 62,7 per cento dei casi, gli stupri dichiarati sono stati commessi da partner, nel 3,6 per cento da parenti e nel 9,4 per cento da amici; un'evoluzione confermata anche per quel che riguarda le violenze fisiche come schiaffi, calci, pugni e morsi, mentre gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali. Il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ha subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6 per cento delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2 per cento (855 mila) da partner attuale e il 18,9 per cento (2 milioni 44 mila) dall'ex partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner: il 13,2 per cento da estranei e il 13 per cento per cento da persone conosciute. In particolare, il 6,3 per cento da conoscenti, il 3 per cento da amici, il 2,6 per cento da parenti e il 2,5 per cento da colleghi di lavoro. Tra le donne che hanno subìto violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche;

    l'Istat ci dice anche che le donne sono uccise soprattutto nell'ambito familiare o da conoscenti. Nel 2016, nella metà dei casi l'omicidio di una donna è stato commesso dal partner o dall'ex partner (51 per cento), nel 22,1 per cento dei casi da parte di un parente, nel 6 per cento dei casi da un conoscente. Questi dati confermano ciò che era già ampiamente noto: per le donne l'ambito familiare è il meno sicuro. I recenti fatti di cronaca poi evidenziano una drammatica recrudescenza dei fenomeni delittuosi riconducibili alla violenza di genere;

    i costi sociali ed economici della violenza dimostrano che le risorse stanziate per la prevenzione comportano netti risparmi rispetto a quanto il sistema pubblico è costretto a spendere una volta che la violenza viene realizzata. Il rapporto dell'Eige (European Institute for Gender Equality), presentato l'8 ottobre 2018, stima che ogni anno, nel nostro Paese, la violenza contro le donne costa 26 miliardi di euro, in termini di perdita di produzione economica, del maggiore utilizzo di servizi e dei costi personali, per un costo totale di quasi 226 miliardi di euro nei 28 Paesi dell'Unione europea;

    anche le conseguenze sulla salute delle donne sono pesantissime. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la violenza sulle donne rappresenta «un problema di salute di proporzioni globali enormi»;

    questa fotografia del fenomeno della violenza contro le donne, è stata possibile anche grazie al lavoro, spesso volontario, di tante donne dei centri antiviolenza non istituzionali, che da sempre affiancano le donne maltrattate ascoltandole e accompagnandole nella costruzione di percorsi personali di fuoriuscita dalla esperienza di violenza;

    nella scorsa legislatura è stato portato avanti un lavoro intenso e sistematico dal Parlamento e dai Governi che si sono succeduti. Non a caso, uno dei primi atti del Parlamento è stata la ratifica della convenzione di Istanbul, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La convenzione ha fatto emergere, tra le altre cose, la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza;

    in attuazione dell'articolo 5 della convenzione, con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 ottobre 2013, n. 119, si è proceduto alla definizione di un piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Il piano, di durata biennale, è stato adottato con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri nel luglio 2015;

    partendo dall'esperienza maturata nell'attuazione del citato piano straordinario, e nella convinzione che il raggiungimento della parità de juire e de facto sia un elemento chiave per sradicare la violenza contro le donne, il dipartimento per le pari opportunità, mediante la costituzione di un gruppo di lavoro istituito ad hoc, ha avviato un ampio e articolato processo di dialogo partecipato, finalizzato alla definizione delle linee strategiche e dei contenuti della proposta di un «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» per il triennio 2017-2020;

    il piano nazionale, approvato nel novembre 2017 in Consiglio dei ministri del Governo pro tempore ripropone i tre assi strategici della convenzione di Istanbul (prevenire; proteggere e sostenere; perseguire e punire), oltre ad un asse trasversale di supporto all'attuazione relativo alle politiche integrate;

    sul fronte della prevenzione, le priorità individuate riguardano il rafforzamento del ruolo strategico del sistema di istruzione e formazione, la formazione degli operatori del settore pubblico e del privato sociale, l'attivazione di programmi di intervento per gli uomini autori o potenziali autori di violenza, la sensibilizzazione dei mass media sul ruolo di stereotipi e sessismo. Quanto alla protezione e al sostegno alle vittime, la priorità è la presa in carico; seguono percorsi di empowerment economico finanziario, lavorativo e di autonomia abitativa. Per quel che riguarda la repressione dei reati, le priorità sono: garantire la tutela delle donne vittime di violenza (compreso lo stalking) attraverso una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, gravità, reiterazione e recidivi del reato, con procedure che siano omogenee ed efficienti su tutto il territorio nazionale, oltre che il più possibile condivise tra le varie forze dell'ordine; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari a tutela delle vittime di abusi e violenze e di delitti connessi alla violenza maschile contro le donne;

    nel piano si evidenzia anche la necessità di adottare strategie efficaci per prevenire e contrastare ogni forma di violenza che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro (violenza fisica, psicologica, sessuale) attraverso un percorso condiviso con le parti sociali;

    si dedica altresì una specifica attenzione ad alcune categorie vulnerabili quali: i minori vittime di mutilazioni genitali femminili o minacciati di subire tale pratica; i minori costretti al matrimonio precoce/forzato; le vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo;

    a tal proposito, si ricorda che il 26 febbraio 2016 il Consiglio dei ministri del Governo pro tempore ha adottato il primo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per gli anni 2016-2018;

    in merito alle risorse, il decreto-legge n. 93 del 2013 aveva in principio disposto un incremento del Fondo per le pari opportunità di 10 milioni di euro, per l'anno 2013, vincolati al finanziamento del piano contro la violenza di genere, per gli anni 2014, 2015, e 2016, con la legge di stabilità 2014 era stato aumentato ulteriormente il fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni con vincolo di destinazione al piano antiviolenza; un ulteriore finanziamento di natura permanente era invece stato specificamente destinato, nell'ambito del piano, al potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e case rifugio e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza: a tal fine il fondo per le pari opportunità fu incrementato di 10 milioni di euro per il 2013, di 7 milioni di euro per il 2014 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. Inoltre, nell'esercizio finanziario 2017, il fondo ha subito un significativo incremento dovuto ad un rifinanziamento di circa 49 milioni di euro per il 2017, con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016). Nella legge di bilancio 2018 poi il fondo per le pari opportunità viene rifinanziato per circa 45 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020;

    nel bilancio 2017 della Presidenza del Consiglio dei ministri pro tempore sul capitolo «Somme da destinare al piano contro la violenza alle donne», nel quale sono iscritti sia i fondi destinati al piano straordinario, che quelli per i centri antiviolenza e le case rifugio, risultavano stanziate per il 2017 risorse per 21,7 milioni di euro e per il 2018, sempre al medesimo capitolo, risultavano stanziate risorse pari a 35,4 milioni di euro;

    in attuazione dell'articolo 1, commi 790 e 791, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e per il compimento degli obiettivi posti al paragrafo 5.4 «Soccorso» del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, sono state adottate le linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso, che individuano e delineano un percorso dedicato, con l'obiettivo di garantire alle donne una assistenza adeguata e una «presa in carico» che parte dal triage infermieristico e arriva fino all'accompagnamento e all'orientamento ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento. Le linee guida nazionali sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2018;

    diversi sono stati i protocolli siglati dal Dipartimento per le pari opportunità volti a: creare, in collaborazione con l'Istat, una «Banca dati sulla violenza di genere» finalizzata a fornire informazioni statistiche valide e continuative agli organi di Governo e a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel contrasto alla violenza di genere; adottare, in collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, un linguaggio ed una metodologia condivisa tra i soggetti che, a diverso titolo, operano sul tema della violenza di genere, in un'ottica di miglioramento e di raccordo delle azioni di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne; espletare, in accordo con l'Arma dei Carabinieri, corsi di formazione agli operatori del numero di pubblica utilità 1522 e al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri, diretti a fornire un approfondimento del fenomeno della violenza di genere, analizzandolo sotto i suoi molteplici aspetti; promuovere, in accordo con il Ministero dell'interno, la formazione integrata e multidisciplinare degli operatori ed operatrici delle parti coinvolte e di promuovere l'adozione di protocolli operativi in grado di migliorare gli interventi di prevenzione e protezione delle vittime;

    in un'ottica di prevenzione, è stato garantito il servizio fornito dal numero di pubblica utilità 1522, riconosciuto come strumento fondamentale di orientamento delle vittime di violenza di genere e stalking, che fornisce informazioni puntuali all'utenza, sui servizi pubblici e privati presenti sul territorio nazionale. Per promuovere il numero gratuito, sono state promosse diverse campagne di comunicazione, l'ultima delle quali realizzata nel 2017 #sbloccailcoraggio;

    in occasione dell'undicesima giornata europea contro la tratta degli esseri umani, il 18 ottobre 2017, è stata presentata la nuova campagna istituzionale, in onda sulle reti Rai, per la pubblicizzazione del numero verde antitratta 800 290 290;

    il 24 luglio 2017 è stato emanato dal dipartimento per le pari opportunità, un avviso pubblico finalizzato a promuovere e sostenere una serie di interventi progettuali, anche di carattere innovativo, come ad esempio quelli a supporto e protezione delle donne sottoposte a violenza cosiddetta economica;

    il 15 e il 16 novembre 2017, a Taormina, si è riunito il primo G7 delle pari opportunità: il summit G7 è stata un'importante occasione per discutere di politiche sociali e diritti delle donne e per affrontare i due principali temi: il rafforzamento delle misure contro la violenza sulle donne e l’empowerment femminile, specie sul versante economico;

    inoltre, sin dall'adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1325(2000) i Governi pro tempore, sostenuti dal Partito democratico hanno condotto l'Italia a sostenere con forza l'Agenda Donne, Pace e Sicurezza, in linea anche con i risultati delle conferenze internazionali di settore, a partire dalla innovativa quarta Conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995, varando, uno tra i pochi Paesi, il terzo piano d'azione nazionale italiano (Pan) a conferma dell'impegno delle autorità italiane nell'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in materia di donne, pace e sicurezza;

    sulla scorta delle indicazioni e dei princìpi della convenzione, la legge n. 119 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio, ha definito per la prima volta con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha inoltre introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima e introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale – modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere di comunicazione del giudice rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito, irrevocabilità della querela per le situazioni particolarmente gravi di stalking;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte che è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, e l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze, e si è cercato di intervenire al fine di migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità. Inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking sono stati inseriti tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza, ed è stato esteso il gratuito patrocinio;

    il decreto legislativo n. 212 del 15 dicembre 2015, in vigore dal 20 gennaio 2016, aveva recepito la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituiva norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e istituito il Fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti, che era stato, dal Governo pro tempore, nel 2017, incrementato e alimentato dalle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile;

    negli ultimi giorni della XVII legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da: il coniuge, anche legalmente separato o divorziato; l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata; una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. La medesima legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'articolo 577 del codice penale, infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; l'altra parte dell'unione civile; la persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;

    con l'entrata in vigore poi della legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del codice antimafia, agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione, e, in particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Quando le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il cosiddetto braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità. La riforma del codice consente, inoltre, l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali;

    la prevenzione non può che partire dalla scuola. In tal senso, il 27 ottobre 2017 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha presentato un Piano nazionale per promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione al rispetto, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze. Con il piano sono stati stanziati 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l'educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti. In particolare, 900.000 euro per l'ampliamento dell'offerta formativa, 5 milioni di euro (fondi PON) per il coinvolgimento di 200 scuole nella creazione di una rete permanente di riferimento su questi temi. Altri 3 milioni di euro per la formazione delle e dei docenti. In attuazione del piano sono state emanate le Linee guida nazionali per l'attuazione del comma 16 della legge n. 107 del 2015 per la promozione dall'educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere;

    a sostegno di iniziative educative in ambito scolastico, il dipartimento per le pari opportunità ha indetto un bando pubblico rivolto a tutte le scuole nazionali di ogni ordine e grado, che ha permesso di finanziare 90 istituti scolastici. Le risorse stanziate sono state di 5 milioni di euro;

    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, di attuazione della legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), sui temi di conciliazione lavoro-vita privata, ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere che intraprendono percorsi di protezione. Le lavoratrici dipendenti del pubblico e del privato e anche le lavoratrici autonome che subiscono violenza, per motivi legati allo svolgimento di tali percorsi, hanno diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di tre mesi, anche non continuativo, interamente retribuito. È inoltre prevista la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, nonché l'opportunità di trasformarlo nuovamente, a seconda delle esigenze della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno, nonché la facoltà, per le collaboratrici a progetto, di sospendere il rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento dei suddetti percorsi di protezione;

    questo lungo excursus è parso utile a dimostrare che moltissimo è stato fatto dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, ma che la strada per sconfiggere definitivamente e culturalmente il fenomeno della violenza contro le donne è ancora lunga e attuale;

    dalla relazione finale, approvata all'unanimità, della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere (istituita nel mese di gennaio 2017 e istituita nuovamente il 16 ottobre 2018), emergono tantissime indicazioni e vuoti normativi da colmare. Una delle maggiori incongruenze evidenziate, e alla quale si chiede di porre rimedio, è la totale incomunicabilità tra procedimenti civili e penali, e tra questi ultimi e il tribunale per i minorenni. Così spessissimo accade che un procedimento penale scaturito da una denuncia per violenza domestica proceda completamente staccato dal procedimento civile di separazione e affidamento dei figli. Ne consegue una frequente violazione della convenzione di Istanbul poiché anche quando un giudice ha accertato la violenza domestica, viene disposto l'affido condiviso;

    il 9 maggio 2018, il Consiglio superiore della magistratura ha adottato una risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica con l'obiettivo di fornire agli uffici giudiziari italiani, requirenti e giudicanti, gli indirizzi per meglio organizzare l'attività di indagine e i giudizi sui reati riguardanti la violenza di genere. Nelle linee guida si sottolinea che «La centralità del tema delle vittime di violenza di genere e domestica, ancor più se domestica, ancor più se minorenni, tanto nella veste di vittime che di testimoni, rende ineludibile l'esigenza di rafforzare la cooperazione interna al sistema giudiziario, in particolare quella tra procure ordinarie, tribunale civile e magistratura minorile»;

    il disegno di legge cosiddetto Pillon, in discussione al Senato, che propone una riforma in materia di affido condiviso, sembrano porsi in aperto contrasto con quanto detto sopra. Un testo fortemente criticato, il cui contenuto viola la Costituzione e le Convenzioni internazionali. In particolare, l'obbligo di mediazione viola apertamente il divieto previsto dall'articolo 48 della Convenzione di Istanbul e rischia di mettere in pericolo le donne che fuggono dal partner violento. Così come, occorre sottolineare la pericolosità dell'introduzione del concetto di alienazione parentale, che, presupponendo esservi manipolazione da parte di un genitore in caso di manifesto rifiuto dei figli di vedere l'altro, prevede di invertire il domicilio collocando il figlio proprio presso il genitore che esso rifiuta. Si contrasta così la possibilità per il minore di esprimere il suo rifiuto, avversione o sentimento di disagio verso il genitore che si verifichi essere inadeguato o che lo abbia esposto a situazioni di violenza assistita;

    troppo spesso poi le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria, derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e la formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della convenzione di Istanbul), una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto, è l'estrema durata del procedimento penale;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che possono comportare una errata valutazione del rischio da parte di uno degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con la conseguente mancanza di adozione di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza un femminicidio. Troppo spesso, dalle cronache giudiziarie, emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la situazione di violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va raccolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, chi accoglierà questo affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    per quel che concerne poi la trattazione prioritaria dei processi, fondamentale anche per evitare una vittimizzazione secondaria della parte lesa, le linee guida del Csm, anche in considerazione dell'espresso richiamo all'articolo 132-bis disp. Cpp, operato dalla circolare p. 20458 del 17 novembre 2017, intervengono sul tema indicando che: «ferma restando l'insindacabilità della discrezionalità rimessa ai magistrati giudicanti e requirenti in ordine alle scelte processuali del caso singolo, appare in linea con l'indicazione consiliare ricercare modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e protezione alla vittima anche in ambito processuale, l'ipotesi che le dirigenze degli uffici possano concordare previsioni generali relative ai casi in cui detta modalità di assunzione della prova si renda particolarmente opportuna»;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata poca attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio, che su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «Amore malato», «eccesso di amore», «raptus» richiamano ad una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta. Anche su questo punto la convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di una informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio online. Vox Diritti ha pubblicato di recente una Mappa dell'intolleranza, secondo la quale le donne sono ancora le più odiate in rete. In particolare, si rileva come la rete dell'odio si agita quando la cronaca registra casi di femminicidio e che il social network più attivo nel condividere l'odio verso le donne è Twitter, con oltre 1 miliardo di tweet sessisti rilevati (su un campione di oltre 2 miliardi complessivi);

    sulle politiche di genere e di contrasto alla violenza maschile sulle donne, si sta assistendo, nel nostro Paese, così come in molte parti del mondo, ad un pericoloso arretramento politico oltre che culturale il cui esito può essere molto pericoloso per i diritti delle donne;

    ci si trova di fronte ad un contesto politico in cui, alle contraddizioni e resistenze abituali su come affrontare la dimensione strutturale e secolare della violenza contro le donne, si aggiunge una tendenza sempre più preoccupante a definire la gravità delle forme della violenza maschile in base alle appartenenze razziali e nazionali degli uomini violenti;

    ancora una volta sono i dati che vengono in aiuto. In data 27 settembre 2017, il Presidente di Istat Giorgio Alleva, nel corso di una audizione in commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, in merito agli autori della violenza sottolinea che: «gli stupri subiti dalle donne italiane sono stati commessi da italiani in oltre l'80 per cento dei casi (81,6 per cento), da autori stranieri in circa il 15 per cento dei casi (15,1 per cento)». E ancora che «è interessante sottolineare che il comportamento di denuncia delle italiane risulta cambiare notevolmente se l'autore della violenza sia straniero: la quota di vittime di stupro da un autore straniero che dichiara di aver sporto denuncia è infatti oltre 6 volte più alta rispetto al caso in cui l'autore è italiano. Per il tentato stupro, la differenza è ancora più marcata: la quota di donne che denunciano, nel caso di un autore straniero, è 10 volte più alta rispetto al caso in cui l'autore sia un italiano»;

    in tema di violenza maschile sulle donne, il «Contratto del governo per il cambiamento» sottoscritto dalle forze di maggioranza, si limita a circoscrivere quest'ultima alla sola violenza sessuale. Nessuna riflessione viene fatta sulla violenza fisica, psicologica, economica e sulle molestie sul luogo di lavoro. Un approccio duro e repressivo, quello scelto dall'attuale esecutivo, che, secondo i presentatori del presente atto di indirizzo rivela tutta la sua incapacità nel promuovere e proporre interventi adeguati e integrati che partano dalla prevenzione e arrivino ad elaborare progetti personalizzati di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dette donne dall'esperienza di violenza subita;

    ai proclami securitari al momento non è seguita alcuna azione concreta, né in termini legislativi, né in termini amministrativi, e intanto la strage infinita di donne continua;

    la cabina di regia per dare impulso alle politiche in tema di violenza sulle donne che il Governo Conte ha ereditato, è stata convocata dal Sottosegretario con delega alle pari opportunità solo qualche giorno fa e fino ad ora si sono sentite dal Sottosegretario Spadafora solo tiepide dichiarazioni;

    si sottolinea poi che le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2018 ai centri anti violenza e alle case rifugio, ripartite nel maggio 2018 in Conferenza Stato-regioni, ad oggi non risultano ancora essere state trasferite alle regioni. È invece importante che tali risorse vengano distribuite al più presto e che ciò avvenga in modo coerente e giusto, attraverso meccanismi che stabilizzino il sapere costruito in molti anni di ascolto delle donne delle loro esperienze, dei loro bisogni, desideri e volontà;

    nel disegno di legge di bilancio per il 2019, in merito allo stanziamento di risorse destinate al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, si registra una decurtazione, per il triennio 2019, 2020 e 2021, di circa 500 mila euro l'anno. Stesso identico trattamento viene riservato al Piano nazionale antitratta di cui alla legge di stabilità n. 208 del 2015, che subisce una decurtazione pressoché identica a quella prevista per il Fondo pari opportunità. Anche il Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti e quello per gli orfani di femminicidio subiscono un ritocco al ribasso rispetto a quanto previsto dal Contratto di governo. Si interrompe così una tendenza di crescita nello stanziamento di risorse dedicate al tema, che i Governi a guida Partito Democratico hanno sempre confermato;

    viene definanziata e lasciata «morire» la normativa sul congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotta in via sperimentale dall'articolo 4, comma 24, lettera a) della legge 28 giugno 2012, n. 92: un'importante misura di civiltà e parità, voluta e apprezzata anche dai padri;

    il rischio, dunque, non è solo che si disperda il lavoro importante fatto nella scorsa legislatura da Parlamento e Governo, ma che si possa assistere ad un vero e proprio passo indietro su questo tema,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rendere efficace il complesso sistema di strumenti e di tutele citati in premessa, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative per proseguire nella strada tracciata dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, attuando la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020 e implementando e monitorando le linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso;

3) ad assumere iniziative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e procedimenti presso i tribunali per i minorenni, al fine di garantire una efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica;

4) a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie;

5) a promuovere strumenti e procedure di valutazione del rischio di letalità per la vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dai protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e ai protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine con specifico riferimento a questa materia (ad esempio il protocollo EVA);

6) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere;

7) ad assumere iniziative per favorire modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e protezione alla vittima anche in ambito processuale, così come indicato nelle linee guida del Csm;

8) ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza;

9) ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della convenzione di Istanbul;

10) a invertire la rotta intrapresa dal Governo adottando iniziative per eliminare i tagli e anzi incrementando le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e in generale a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

11) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza, fisica, psicologica e sessuale, che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro;

12) a promuovere, in sede internazionale, l'impegno dell'Italia affinché tutti i Paesi del G7 arrivino ad adottare un piano nazionale contro la violenza di genere;

13) ad adottare iniziative normative ed organizzative necessarie all'attuazione della legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, al fine di renderla finalmente pienamente operativa;

14) in relazione all'istituendo «Tavolo di coordinamento per la creazione di una rete integrata di servizi di assistenza alle vittime di reato», a chiarire la natura (onerosa, gratuita o in regime di convenzione) e il contenuto della prestazione che si prevede di offrire agli utenti degli istituendi «centri di ascolto», all'uopo precisando modalità di selezione e remunerazione del personale che opererà in detti centri.
(1-00070) «Annibali, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Carnevali, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Delrio, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fiano, Fragomeli, Franceschini, Fregolent, Gadda, Gariglio, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giorgis, Gribaudo, Guerini, Incerti, La Marca, Lacarra, Lepri, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».


   La Camera,

   premesso che:

    il calvario di Asia Bibi, contadina di Ittanwali nel Punjab, inizia nel 2009. Durante una giornata passata a lavorare nei campi, due vicine si rifiutano di bere alla fontana dove ha bevuto lei. È cristiana, quindi è impura. Secondo alcune versioni lei avrebbe offerto dell'acqua, secondo altre le vicine avrebbero rifiutato un bicchiere, perché reso impuro dal contatto con le sue dita. Ma le versioni sono divergenti, ed è questo che oggi le ha salvato la vita: nessuna è stata giudicata attendibile. Di certo c'è che si scatena un litigio. Asia Bibi si è rifiutata di convertirsi all'islam, spiegando quanto fosse grande tutto quello che Dio aveva fatto per lei nella vita. Di conseguenza, le donne l'hanno accusata di blasfemia per insulti al profeta Maometto;

    le vicine si rivolgono all'imam del paese, che non ha assistito alla scena ma che fa proprie le accuse di blasfemia lanciate contro Asia. Il suo principale accusatore è quindi un imam, Qari Muhammad Sallam, che l'ha denunciata cinque giorni dopo i fatti ammettendo di non aver sentito di persona gli insulti «a Maometto e al Corano». Asia rischia l'immediato linciaggio, e poi viene arrestata. Passerà in prigionia quasi dieci anni;

    l'11 novembre del 2010 il tribunale del distretto di Nankana la condanna a morte. I legali difensori di Asia presentano ricorso all'Alta corte del Punjab, ma dopo tre anni l'Alto tribunale conferma la condanna. La difesa presenta il ricorso alla Corte Suprema, mentre inizia a prendere forza un movimento d'opinione a livello internazionale. Nel 2015 papa Francesco incontra il marito di Asia Bibi: «Prego per lei e per tutti i cristiani perseguitati». Il 24 febbraio 2018 incontra la famiglia in udienza privata in Vaticano: «Vogliamo pregare con il Santo Padre», annunciano il marito e la figlia della donna cristiana condannata a morte. In questa occasione papa Francesco dona alla famiglia di Asia un rosario che la donna riceve nel carcere di Multan nel mese di marzo 2018;

    il caso viene esaminato diversi anni dopo: Asia rimane in carcere per tutto questo tempo, sottoposta a condizioni di detenzione molto dure;

    l'esecuzione della pena – si tratta della prima vittoria processuale – viene sospesa, ma per la piena revisione del caso ricominciano i rinvii. Intanto, nel 2017, uno dei suoi principali avvocati, il cristiano Sardar Mushtaq Gill, è costretto ad abbandonare la professione dopo una raffica di intimidazioni e il sequestro della famiglia. Le resta un legale musulmano, molto combattivo, che si chiama Saiful Malook e che continua a impostare la battaglia processuale sull'inconsistenza delle testimonianze a carico;

    all'inizio di ottobre 2018 c'è un nuovo rinvio: la Corte suprema ascolta l'appello della difesa contro l'esecuzione, ma prende tempo per decidere, senza annunciare una data per la sentenza. Gli islamisti pakistani minacciano «pericolose conseguenze» se la donna sarà assolta: «Se non sarà fatta giustizia e la condanna di Asia sarà trattata con indulgenza o con leggerezza o cercherà di fuggire in un altro Paese, ci saranno conseguenze pericolose» si legge in una nota del partito politico radicale pachistano Tehreek-e-Labbaik (Tlp) che nelle ultime elezioni ha difeso con forza l'applicazione della legge sulla blasfemia. Il Tlp esorta il governo a non cedere alla pressione delle Ong, «nemiche del Paese» o dell'Unione europea e quindi a confermare la condanna alla pena di morte;

    il 31 ottobre 2018 arriva l'assoluzione che dà piena ragione alla difesa. Il processo, si legge nella sentenza, si è basato sulla testimonianza poco chiara e molto contraddittoria dell'imam del villaggio. «La pena di morte viene annullata. Asia Bibi è assolta da tutte le accuse» ha detto il giudice Saqib Nisar leggendo il verdetto della Corte. Nisar nella sentenza ha citato il Corano, scrivendo: «La tolleranza è il principio fondamentale dell'Islam». In base a questa sentenza Asia Bibi può tornare libera;

    delle tre persone che hanno reso possibile ad Asia Bibi di non morire sulla forca due sono stati uccisi, il terzo è un «dead man walking»;

    il governatore musulmano e liberale Salman Taseer è stato ucciso da una delle sue guardie del corpo con nove colpi alla testa perché difendeva Asia e i cristiani perseguitati;

    il Ministro cattolico del Pakistan Shahbaz Bhatti per aver difeso Asia è stato ammazzato con trenta colpi di arma da fuoco dopo aver fatto visita alla madre;

    l'avvocato di Asia, Saif-ul-Mulook, in fuga dal Pakistan, ha detto: «Questo è il giorno più bello e più felice della mia vita. Ma non ho alcuna sicurezza. Nessuna sicurezza e io sono l'obiettivo più facile [...] chiunque può uccidermi. Se conduci questi casi, devi essere pronto alle conseguenze. Penso che sia meglio morire da uomo coraggioso e forte che morire come un topo»;

    la condanna di Asia Bibi è stata pronunciata in base alla cosiddetta «legge nera» sulla blasfemia, introdotta nel codice penale pakistano nel 1986. Non c'è peggiore disgrazia per un cristiano che essere accusato di blasfemia, infatti le pene per chi insulta l'Islam, Allah o Maometto, includono l'ergastolo e la condanna a morte. L'accusato può salvarsi convertendosi all'Islam;

    in Pakistan la legge sulla blasfemia è stata applicata in 1.300 casi e ha provocato 40 condanne a morte. Ci sono state, inoltre, 60 esecuzioni extragiudiziali o assassini eccellenti. Lo scorso anno è stato avviato l’iter per la sua revisione, bloccato però dal «no» dei partiti integralisti;

    in Pakistan, dopo la sentenza favorevole ad Asia Bibi, gli islamisti sono scesi in piazza al grido di: «Morte ai giudici». La sommossa ha bloccato la liberazione di Asia. In cambio della fine delle manifestazioni il Governo ha vietato ad Asia Bibi di lasciare il Paese, nonostante negli ultimi giorni diversi Paesi occidentali si fossero offerti di accettare una sua eventuale richiesta di asilo. Il Governo si è inoltre impegnato a non opporsi a un eventuale appello contro la decisione della Corte suprema e ha stabilito la scarcerazione di tutti i manifestanti che a causa delle violenze degli ultimi giorni erano stati fermati dalla polizia;

    la famiglia di Asia Bibi vive da giorni nella paura di essere uccisa; il marito, prima ha fatto un appello alla comunità internazionale, poi tramite un video rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che soffre si è appellato direttamente all'Italia, perché aiuti la sua famiglia a lasciare il Pakistan,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative necessarie presso il Governo pakistano perché sia risolta in modo favorevole, come da sentenza di proscioglimento, la vicenda di Asia Bibi, assolta in base alla legge e al Corano dal reato di blasfemia;

2) a promuovere iniziative presso le organizzazioni internazionali e presso l'Unione europea al fine di sostenere la questione della libertà religiosa come diritto fondamentale dell'individuo, iniziative dirette a far sì che il rispetto della libertà religiosa diventi un principio fondamentale da affermare e garantire nei rapporti tra Stati;

3) ad adottare le iniziative necessarie perché lo Stato italiano, per primo, ponga il rispetto della libertà religiosa alla base del suo rapporto con gli altri Stati, specialmente quelli in cui questo diritto non è pienamente assicurato, posto che il rispetto della libertà religiosa è condizione minima della democrazia;

4) ad adottare iniziative per assicurare protezione ai perseguitati per motivi religiosi, anche attraverso gli enti che a livello internazionale si occupano del rispetto dei diritti umani;

5) ad accogliere l'appello del marito di Asia Bibi perché a lei e alla sua famiglia venga concesso il diritto di asilo in Italia e ad adoperarsi con il Governo pakistano per l'immediata liberazione della donna cristiana e la concessione della possibilità di espatrio, chiedendo, nelle more, al Governo pakistano un formale impegno che garantisca la sicurezza della famiglia di Asia Bibi.
(1-00071) «Lupi, Toccafondi, Lorenzin, Schullian».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 19 giugno 2009, la cattolica pachistana Asia Bibi veniva presa in custodia dalla polizia, nel suo villaggio del Punjab, con l'accusa di aver offeso il profeta Maometto. Da allora, la donna ha vissuto in carcere, spesso in isolamento anche per tutelarne l'incolumità;

    l'11 novembre 2010, Asia Bibi è stata condannata a morte per blasfemia. La sentenza è diventata definitiva nell'ottobre 2014, ma è stata sospesa a seguito di una petizione dei suoi legali alla Corte Suprema;

    l'8 ottobre 2018, dopo un'udienza durata oltre 3 ore e mezza, la Corte Suprema ha deciso di rinviare la decisione finale senza annunciare una data. Alla base di questo rinvio vi sarebbero le discrepanze registrate nella testimonianza della donna che la fece arrestare. Se la condanna venisse confermata, però, Asia Bibi verrebbe condotta al patibolo;

    secondo la tesi della difesa, le prove a carico della donna sarebbero insufficienti: il caso sarebbe montato su una accusa mossa da un imam locale che non ha assistito al diverbio tra Asia e le sue colleghe musulmane durante il quale la donna cristiana avrebbe commesso il reato di blasfemia. Inoltre, il capo della polizia di Ittanwali non avrebbe profuso sufficienti sforzi per verificare la fondatezza delle accuse;

    Asia Bibi è moglie e madre di 5 figli. A supporto della sua causa si è sviluppato un movimento globale che ne richiede la liberazione: Asia Bibi è diventata, suo malgrado, l'icona di un movimento che chiede la cancellazione del reato di blasfemia in Pakistan e il simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo. Per questi motivi, Asia ha attirato su di sé l'ira dei fondamentalisti islamici che ne vorrebbero la morte;

    il partito islamista pachistano Tehreek-e-Labbaik (Tlp) ha fatto sapere che «se non sarà fatta giustizia e la condanna di Asia sarà trattata con indulgenza o con leggerezza o cercherà di fuggire in un altro Paese, ci saranno conseguenze pericolose», tornando in piazza per chiedere l'impiccagione della donna;

    il partito ha minacciato anche i giudici della Corte suprema chiamati a decidere sul suo caso, prospettando per loro una «fine orribile» qualora la donna venisse prosciolta;

    il Tlp ha innalzato a «martire» ed «eroe» Mumtaz Qadri, l'uomo che nel 2011 uccise l'ex governatore musulmano della provincia del Punjab, Salman Tasir, ritenuto colpevole proprio di aver difeso Asia Bibi;

    secondo Thair Khalil Sindhu, già ministro per i diritti umani e per gli affari delle minoranze della provincia pachistana del Punjab e membro del collegio difensivo di Asia, vi sarebbe «un'alta probabilità che la Corte suprema abbia posticipato l'emissione del verdetto perché ha intenzione di prosciogliere Asia». Secondo fonti di stampa, il Governo pachistano starebbe preparando un piano di evacuazione della donna verso un luogo sicuro, probabilmente fuori dai confini nazionali,

impegna il Governo

ad offrire immediatamente la sua disponibilità per individuare, in coordinamento con la comunità internazionale, le modalità per facilitare il trasferimento di Asia Bibi e della sua famiglia in luogo sicuro.
(7-00098) «Delmastro Delle Vedove».


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 19 giugno 2009, la cittadina pachistana di religione cattolica Aasiyah Naurīn Bibi è stata presa in custodia dalla polizia, nel suo villaggio del Punjab, con l'accusa di aver offeso il profeta Maometto. Da quel momento, la donna ha vissuto in carcere, spesso in isolamento;

    l'11 novembre 2010, Asia Bibi è stata condannata a morte per blasfemia. La sentenza è stata confermata in appello dall'Alta Corte di Lahore nell'ottobre 2014, ma l'esecuzione della sentenza è stata sospesa;

    l'8 ottobre 2018, dopo un'udienza durata oltre tre ore e mezza, la Corte Suprema ha deciso di rinviare la decisione finale senza annunciare una data. La scelta del rinvio sarebbe stata dettata dalla necessità di verificare le clausole di diritto;

    l'assoluzione della donna cristiana Asia Bibi da parte della Corte Suprema è avvenuta il 31 ottobre scagionandola dall'accusa di blasfemia per la quale era stata condannata a morte. Il rilascio della donna non è peraltro ancora avvenuto e sembra essere stato ritardato proprio a causa delle reiterate proteste dei manifestanti. Le scuole e le università sono rimaste chiuse per tre giorni, dopo che Khadim Hussain Rizvi, leader del partito radicale islamico Tehreek-e-Labbaik, aveva esortato i suoi seguaci a continuare proteste e sit-in;

    l'assoluzione di Asia Bibi è arrivata dopo quasi 10 anni e un calvario giudiziario che ha mobilitato mezzo mondo;

    Asia Bibi è moglie e madre di 5 figli. A supporto della sua causa si è sviluppato un movimento globale che ha dato battaglia per la sua liberazione: Asia Bibi è diventata, suo malgrado, l'icona di un movimento che chiede la cancellazione del reato di blasfemia in Pakistan e il simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo. Per questi motivi, Asia ha attirato su di sé l'ira dei fondamentalisti islamici che ne vorrebbero la morte;

    il partito islamista pakistano Tehreek-e-Labbaik (TLP) ha fatto sapere che in caso di assoluzione e quindi mancata condanna, avrebbe considerato di ritornare in piazza per chiedere l'impiccagione della donna;

    il partito ha minacciato anche i giudici della Corte Suprema chiamati a decidere sul suo caso, prospettando per loro una «fine orribile» in caso di assoluzione;

    il TLP ha innalzato a «martire» ed «eroe» Mumtaz Qadri, l'uomo che nel 2011 uccise l'ex governatore musulmano della provincia del Punjab, Salman Tasir, ritenuto colpevole proprio di aver difeso Asia Bibi;

    secondo fonti di stampa, il Governo pachistano starebbe preparando un piano di evacuazione della donna verso un luogo sicuro, probabilmente fuori dai confini nazionali,

impegna il Governo

a favorire la protezione di Asia Bibi e della sua famiglia a seguito dell'assoluzione dall'accusa a lei imputata, mantenendosi in costante coordinamento con tutti gli Stati interessati anche per eventualmente facilitarne il trasferimento in luogo sicuro.
(7-00100) «Grande, Sabrina De Carlo, Lupi, Valentini, Formentini, Boldrini, Quartapelle Procopio».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nel comparto scolastici alcune leggi hanno consentito, negli anni, la stipula disinvolta di contratti a termine. Questo sistema ha creato gravi e pesanti storture, a danno degli insegnanti;

    nel 2013 la Corte costituzionale, chiamata a giudicare la legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge n. 124 del 1999, ha inoltrato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea al fine di ottenere una pronuncia circa la compatibilità di tale disciplina – relativa al contratto a tempo determinato – con la direttiva 1999/70/CE, in applicazione sia al lavoro pubblico che a quello privato;

    la Corte di giustizia europea, con la nota sentenza Mascolo (C. Giust. 28 novembre 2014, cause riunite nn. 22/2013, 61/2013, 418/2013), ha dichiarato l'illegittimità della normativa nazionale;

    il Governo pro tempore è intervenuto con la legge n. 107 del 2015 – cosiddetta «buona scuola» –, prevedendo un piano di assunzioni straordinario finalizzato alla stabilizzazione dei precari mediante graduatorie o concorsi riservati;

    dei vari effetti negativi della legge n. 107 del 2015 in questa sede è utile rendere noto che da tale piano di stabilizzazione sono rimasti esclusi, senza alcuna motivazione, gli insegnanti di religione cattolica. Una situazione grave ed incresciosa se si pensa che, su un totale di circa 25 mila docenti, oltre 15 mila sono assunti all'inizio di ogni anno scolastico con un contratto a tempo determinato. Si tratta di diverse migliaia di docenti: una parte di essi (con il triste primato di oltre 25 anni di servizio precario), pur avendo superato il concorso del 2004, non è stata immessa in ruolo; gli altri, anch'essi con più di 36 mesi di servizio, hanno svolto per la maggior parte un incarico a tempo determinato da oltre 15 anni;

    dunque, doppiamente discriminati: perché soggetti a contratti a termine e perché esclusi dal piano di stabilizzazione;

    in tutti questi anni non si è mai addivenuti a una soluzione. Un dramma, umano e professionale, senza fine; docenti che, al termine dell'anno scolastico, vivono nell'incertezza della riconferma dell'incarico;

    sarebbe auspicabile intervenire decisamente e quanto prima, mettendo fine ad un precariato storico, perpetrato nel tempo a danno di migliaia di lavoratori e avendo ben presente che una possibile soluzione non può, in alcun modo, prescindere dall'anzianità di servizio e dai titoli che gli stessi, negli anni, hanno conseguito,

impegna il Governo

a valutare la possibilità e la fattibilità di un piano straordinario di assunzione esclusivamente per titoli e per servizio, al pari di quello predisposto dalle province autonome di Trento (concorso straordinario ex articolo 22, comma 4, della legge provinciale n. 18 del 2017) e Bolzano (delibera di giunta provinciale n. 1421 del 19 dicembre 2017), stante altresì la speciale abilitazione di cui gli insegnanti di religione sono in possesso in forza di quanto previsto ex articolo 36 del Concordato tra Stato italiano e Santa Sede (alla luce del parere del Consiglio di Stato 4 marzo 1958).
(7-00099) «Frate».


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    sul finire della scorsa legislatura, è stata approvata la legge n. 158 del 2017 recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni»;

    tale legge pone le condizioni necessarie per ridurre le principali disuguaglianze territoriali, prestando finalmente la dovuta attenzione – tra le altre – alle aree interne, alle aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico, alle aree soggette a spopolamento, alle periferie e alle ultraperiferie;

    con una lettera aperta, le associazioni Legambiente, Borghi Autentici d'Italia e Uncem, insieme a centinaia di piccoli comuni hanno inviato un appello al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti per chiedere che vengano licenziati al più presto i due decreti attuativi mancanti per la piena applicazione della suddetta legge pertinenti le rispettive competenze dei rispettivi Dicasteri;

    le associazioni sopracitate chiedono con urgenza che il Ministero dell'interno stili l'elenco dei comuni beneficiari in tempi rapidi e che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stili il Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, che definirà le modalità di presentazione e selezione dei progetti finanziabili dalle risorse previste;

    le associazioni chiedono anche che le risorse già previste dalla legge siano aumentate a 100 milioni di euro all'anno;

    di fronte alla straordinaria ondata di maltempo, si capisce come non sia più possibile procrastinare le iniziative normative necessarie alla messa in sicurezza dei territori, prerequisito fondamentale per la valorizzazione e lo sviluppo degli stessi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per emanare nel più breve tempo possibile i decreti attuativi mancanti per dare piena esecutività alle disposizioni contenute nella legge per la salvaguardia dei piccoli comuni, concernenti in particolare materie di competenza dei Ministeri dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti.
(7-00097) «Trancassini, Delmastro Delle Vedove, Donzelli».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la salute dei cittadini non è garantita in maniera uguale in tutto il territorio nazionale. Esiste un'evidente sperequazione territoriale che origina da un'evoluzione complessa del sistema regionale italiano e sconta l'incoerenza delle riforme costituzionali che, se da un lato hanno introdotto misure di tipo federalista, dall'altro hanno invece inserito vincoli finanziari di matrice europea che mal si conciliano con una strutturazione di tipo federalista;

    in questo quadro, le crisi economiche hanno cronicizzato tale sperequazione e le misure introdotte dai diversi Governi volte a «correggere» tale sperequazione si sono dimostrate fallimentari, poiché orientate esclusivamente a «pareggiare i conti» tramite penalizzanti piani di rientro o commissariamenti «politicizzati», senza tener conto delle condizioni di partenza delle regioni e delle variabili determinate dalle carenze infrastrutturali presenti in alcune aree territoriali, atte ad incidere sui costi delle prestazioni. Tali variabili andrebbero individuate sulla base di specifici indicatori socio-economici, ambientali, culturali, di deprivazione e di morbilità;

    anche le disposizioni vigenti sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera non fanno altro che cronicizzare la sperequazione esistente tra le regioni, prevedendo che le stesse provvedano alla riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri e accreditati, facendo riferimento, alla popolazione residente e al computo del costo standard per il macro-livello di assistenza ospedaliera e, ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale, il numero di posti letto è incrementato o decrementato in relazione alla mobilità tra regioni;

    l'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo vede l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e il meccanismo indicato dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 penalizza, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che risultano avere un saldo negativo di mobilità e che di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose anche attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;

    la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del cosiddetto «decreto Balduzzi», era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità;

    in realtà alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presìdi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del patto della salute 2014-2016;

    il contesto descritto è stato accompagnato da un progressivo definanziamento del Servizio sanitario nazionale come diffusamente rilevato dagli osservatori della sanità e dagli organi d'informazione e come documentato, a più riprese, tanto dalla Ragioneria generale dello Stato quanto dalla Corte dei conti;

    più precisamente, a decorrere dall'anno 2012, anche al fine di dare concreta attuazione a quanto annunciato nel 2012 dal Ministro della salute pro tempore Balduzzi circa il programmato definanziamento della sanità pubblica di circa 25 miliardi di euro per gli anni 2012-2015, i diversi Governi succedutisi hanno progressivamente ridotto il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, prevedendo anche una progressiva riduzione dell'incidenza della spesa sanitaria sul Pil fino ad una soglia del 6,3 per cento prevista per il 2020, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita;

    la «Relazione sulla gestione Finanziaria delle Regioni, esercizio 2015» della Corte dei Conti quantifica che, nel periodo 2015-2018, l'attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione cumulativa del finanziamento del SSN di euro 10,51 miliardi, rispetto ai livelli programmati. Riduzione che si aggiunge a quella già operata negli anni antecedenti e a quella corrispondente al contributo alla finanza pubblica da parte delle Regioni;

    la determinazione del livello di finanziamento del Ssn avviene nella legge di bilancio che fissa il finanziamento del Ssn e a tale determinazione consegue, da parte del Ministero della salute, la proposta di riparto che stabilisce la quota indistinta del Fondo sanitario nazionale, le risorse da destinare a specifici obiettivi e altri finanziamenti specifici; sulla base di quanto proposto dal Ministero della Salute le Regioni raggiungono un accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, mediante intesa; a tale accordo consegue la delibera del CIPE che da operatività ai finanziamenti e consente i trasferimenti alle regioni;

    il riparto regionale del finanziamento del settore sanitario pubblico, fino all'anno 2012, avveniva sulla base della spesa storica, ossia il livello complessivo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale era ripartito tra le regioni sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;

    la procedura di riparto regionale è stata modificata, a decorrere dal 2013, con il decreto legislativo n. 68 del 2011, prevedendo la determinazione dei fabbisogni standard regionali, che indicano la quota di risorse attribuite a ciascuna regione per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza ed appropriatezza;

    la procedura di definizione dei fabbisogni standard prevede:

     innanzitutto la definizione, per ciascun anno, del fabbisogno sanitario nazionale standard, nel contesto macroeconomico dato e tenendo conto degli impegni assunti dall'Italia in sede comunitaria;

     l'indicazione e/o la conferma delle percentuali ottimali che le regioni devono rispettare nell'allocazione delle risorse per i diversi tipi di assistenza (5 per cento per l'assistenza collettiva; 51 per cento per l'assistenza territoriale; 44 per l'assistenza ospedaliera);

     sono individuate le 5 regioni più virtuose, ovvero le regioni che, nel secondo anno precedente, abbiano erogato i livelli essenziali di assistenza in equilibrio economico, in condizione di efficienza ed appropriatezza (ossia con le risorse ordinarie), che abbiano superato le verifiche del tavolo di verifica degli adempimenti regionali e che presentino criteri di qualità, definiti con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base degli indicatori già condivisi in sede di intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009; qualora un numero inferiore a 5 regioni si trovi in condizione di equilibrio, si individuano anche le regioni con il minor disavanzo;

     tra le cinque regioni «più virtuose» la Conferenza Stato-Regioni, garantendo la presenza di una regione della rappresentatività geografica e della necessità di assicurare la presenza di una regione con piccole dimensioni, individua le 3 di riferimento (benchmark) tra le quali è obbligatoriamente inclusa la prima delle 5;

     il valore di costo standard, per ciascuno dei tre macrolivelli, è dato dalla media pro capite, pesata del costo registrato dalle regioni, ed è moltiplicato in ogni regione per la popolazione pesata e l'incidenza percentuale di tale costo, è applicata al fabbisogno standard nazionale dell'anno di riferimento e determina il fabbisogno standard regionale; i costi standard sono calcolati, per ogni regione, a livello aggregato, e per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza, al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva e sono depurati della quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie rispetto a quelle considerate in sede di riparto; sono depurati altresì delle quote di ammortamento che trovano copertura ulteriore rispetto al finanziamento ordinario del servizio sanitario nazionale e della quota che finanzia livelli assistenziali superiori ai livelli essenziali;

    per determinare i parametri di riparto del fondo sanitario 2018 e al fine di individuare le tre regioni benchmark il Ministero della salute, in data 29 maggio 2018, ha trasmesso alle regioni una nota metodologica recante l'elencazione degli indicatori in base ai quali calcolare la qualità ed efficienza, (IQE) come approvata nel Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2012 e come desunti dall'intesa Stato-regioni del 3 dicembre 2009 ovvero in attuazione del Patto per la salute 2010-2012;

    tra i diversi indicatori presenti nella nota metodologica del Ministero della salute si rilevano: punteggio della «Griglia Lea» 2015; incidenza percentuale avanzo/disavanzo sul finanziamento ordinario; degenza media pre-operatoria; percentuale interventi per frattura di femore operati entro due giorni; percentuale dimessi da reparti chirurgici con «diagnosis relater group» (Drg) medici; percentuale di ricoveri con Drg chirurgico sul totale ricoveri; percentuale di ricoveri ordinari del Drg all'alto rischio di inappropiatezza; percentuale di ricoveri diurni di tipo diagnostico sul totale dei ricoveri diurni con Drg medico; percentuale di casi medici con degenza oltre soglia per pazienti con età >=65 anni sul totale dei ricoveri medici con età >=65 anni; scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza collettiva sul totale della spesa (5 per cento); scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza distrettuale sul totale della spesa (51 per cento); scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza ospedaliera sul totale della spesa (44 per cento); spesa pro capite per assistenza sanitaria di base; spesa farmaceutica pro capite; costo medio dei ricoveri per acuti in degenza ordinaria; costo medio per ricovero post acuto; spesa per prestazione per assistenza specialistica – attività clinica; spesa per prestazione per assistenza specialistica – laboratorio; spesa per prestazione per assistenza specialistica – diagnostica strumentale;

    appare al presentatore del presente atto irrazionale che, per il riparto 2018, siano utilizzati indicatori di qualità riferibili all'anno 2015 (ben tre anni prima) o comunque non armonizzati con il successivo Patto per la salute 2014-2016 che prevede anche la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità e con successivo decreto ministeriale n. 70 del 2015 che, come è noto, ha ridefinito esclusivamente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;

    appare opportuno ripensare il meccanismo del fabbisogno regionale standard, correlando il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute, sulla base della prevalenza di patologie insistenti su determinati territori, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico di morbilità regionale, e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione;

   appare altresì opportuno differenziare il fabbisogno anche in base alle carenze infrastrutturali, alle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché alle condizioni di deprivazione e di povertà sociale, condizioni che inevitabilmente determinano vacazioni anche sui costi delle prestazioni,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per intervenire sul fabbisogno regionale sanitario standard, assicurando che gli indicatori di qualità siano opportunamente armonizzati con il Patto per la salute 2014-2016, che prevede anche la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità, e con il decreto ministeriale n. 70 del 2015 che, come è noto, ha ridefinito esclusivamente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;

   ad assumere iniziative per intervenire, sul criterio di riparto del risorse, ripensando il meccanismo del fabbisogno regionale standard, attualmente basato sul parametro capitario in rapporto alla popolazione pesata, correlando invece il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute sulla base della prevalenza di patologie insistenti su determinati territori, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico di morbilità regionale, e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione;

   ad assumere iniziative per differenziare il fabbisogno regionale standard anche in base alle carenze infrastrutturali, alle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché alle condizioni di deprivazione e di povertà sociale, condizioni, che inevitabilmente determinano variazioni anche sui costi delle prestazioni.
(7-00096) «Nesci, Bologna, D'Arrando, Provenza, Sportiello, Leda Volpi, Sarli, Lapia, Sapia, Trizzino, Menga, Massimo Enrico Baroni, Troiano».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il 24 settembre 2018, in Toscana, nella zona dei Monti Pisani, in particolare nell'area dei comuni di Buti, Calci e Vicopisano (tutti nella provincia di Pisa), si è verificato un disastroso evento incendiario che ha coinvolto vaste zone boschive e aree a destinazione agricola, agglomerati urbani, abitazioni private, con conseguenze dannose pesantissime;

    tale evento ha colpito un territorio, tradizionalmente votato alla coltivazione dell'olivo, rinomato per la qualità, per le molte caratteristiche organolettiche uniche, per la sua produzione olivicola fatta di terrazzamenti che sin dal medioevo caratterizzano il paesaggio del versante marino dei Monti Pisani, contribuendo, grazie alla presenza dei muretti a secco, alla tutela e alla stabilità dei versanti, anche molto scoscesi, di questa area rispetto al rischio del dissesto idrogeologico;

    i danni hanno interessato prevalentemente superfici coltivate ad oliveto, nei comuni di Calci e Vicopisano: sono state coinvolte dall'evento 148 ettari di oliveti, sui quali insistono 50.000 piante di olivo su Calci e 12.000 su Vicopisano; sono inoltre stati coinvolti dall'incendio circa 1.000 ettari di superfici boschive;

    molti olivicoltori, hobbisti e abitanti della zona hanno già quantificato i danni alle colture, sia immediati che futuri, con particolare riguardo alla riduzione della produzione ed alle perdite che possono quantificarsi, dall'esame dei dati a disposizione, in circa 900,00 quintali di olio extravergine di oliva ed in un pregiudizio alle colture per i prossimi sei anni. Tale danno è quantificabile, tenendo conto del valore paesaggistico degli oliveti, in circa 50.000 euro ad ettaro, per un totale di circa 7 milioni e mezzo di euro (soltanto per gli oliveti);

    oltre agli interventi di urgenza, sui quali la regione Toscana ha già predisposto, con propri provvedimenti, diverse azioni necessarie, saranno indispensabili anche interventi volti al ripristino del potenziale produttivo olivicolo, al fine di evitare il verificarsi di un pregiudizio economico dal quale le popolazioni locali non si solleverebbero per gli anni a venire;

    il Ministero ha già avviato un rapporto con la regione Toscana al fine di consentire l'attivazione in via eccezionale degli interventi compensativi a ristoro della produzione perduta, come peraltro affermato in risposta all'interrogazione n. 5-00597, del 3 ottobre 2018,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le opportune iniziative di competenza, anche in coordinamento con quelle regionali assunte e in corso di adozione, per rendere immediatamente disponibili le risorse destinate al ripristino del potenziale produttivo definitivamente compromesso a causa dell'incendio;

   a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine del reintegro e della ricostituzione delle aree e delle colture pregiudicate, la collaborazione tra enti di ricerca, università, associazioni di categoria e agricoltori per una corretta progettazione e gestione del reimpianto delle colture perse nell'incendio;

   ad adottare iniziative per tutelare e incentivare, nel suo sviluppo, la secolare e tradizionale produzione agricola dei Monti Pisani, nonché risorsa naturale e rurale qualitativamente elevata del territorio toscano e fiore all'occhiello della produzione olivicola italiana.
(7-00095) «Gagnarli, Viviani, Cillis, Maglione, Cadeddu, Del Sesto, Parentela, Cassese, Cimino, Pignatone, Gallinella, L'Abbate, Alberto Manca, Cunial, Lombardo, Vallotto, Lolini, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Coin, Legnaioli, Zanotelli, Ziello».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, CARNEVALI, BOSCHI, MARCO DI MAIO e FIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 25 novembre è la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne la cui istituzione è avvenuta per la prima volta il 17 dicembre 1999 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite;

   da allora, rappresenta il momento più importante dell'anno per parlare, informare e sensibilizzare su questo grave problema che riguarda tutti i Paesi del mondo;

   in Italia, a partire dal 2014, grazie alla legge n. 119 del 2013 sul cosiddetto «femminicidio», il precedente Governo ha sostenuto l'apertura di nuovi centri antiviolenza e case rifugio, nonché ha potenziato quelli esistenti, trasferendo finanziamenti alle regioni e alle province autonome con cadenza biennale o annuale;

   nel dicembre 2017 è stato emanato il piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020;

   il nuovo piano si fonda su quattro linee di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, repressione dei reati, assistenza e promozione;

   quanto alla prevenzione, le priorità sono il rafforzamento del ruolo strategico del sistema di istruzione e formazione, la formazione degli operatori del settore pubblico e del privato sociale, l'attivazione di programmi di intervento per gli uomini autori o potenziali autori di violenza, la sensibilizzazione dei mass media sul ruolo di stereotipi e sessismo. Sul versante della protezione e del sostegno alle vittime, la priorità è la presa in carico. Quanto alla repressione dei reati, le priorità sono: garantire la tutela delle donne vittime di violenza (compreso lo stalking) attraverso una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, gravità, reiterazione e recidiva; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari a tutela delle vittime di abusi e violenze e di delitti connessi alla violenza maschile contro le donne;

   nel bilancio 2018 della Presidenza del Consiglio dei ministri – sul cap. 496 (somme da destinare al piano contro la violenza alle donne), nel quale sono iscritti sia i fondi destinati al piano straordinario (articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013) che quelli per i centri antiviolenza e le case rifugio (articolo 5-bis del decreto-legge 2013) – risultavano stanziate per il 2018 risorse per 35,4 milioni di euro:

   il 10 maggio 2018 è stata raggiunta l'intesa nell'ambito della Conferenza Stato-regioni sul riparto delle risorse per l'anno 2018 e alle regioni sono destinati 20 milioni di euro da investire ai centri antiviolenza e alle case rifugio;

   di questi il 33 per cento 6,6 milioni di euro sono destini all'istituzione di nuovi centri antiviolenza e di nuove case-rifugio, mentre i rimanenti 13,4 milioni sono rispettivamente suddivisi nella misura del 45 per cento per il finanziamento dei centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti in ogni regione, nella misura del 45 per cento per il finanziamento delle case-rifugio pubbliche e private già esistenti in ogni regione e nella misura del 10 per cento per il finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi volti ad attuare azioni di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli;

   a tutt'oggi, però, manca in Gazzetta ufficiale la pubblicazione del decreto e quindi l'effettivo trasferimento alle regioni delle risorse finanziarie necessarie a portare aventi i progetti già deliberati –:

   quale sia allo stato attuale l’iter di riparto del decreto sopramenzionato su cui la Conferenza Stato-regioni ha già espresso il suo parere positivo e quali siano stati gli elementi ostativi che, ad oggi, né hanno impedito la pubblicazione ad oltre 5 mesi dal raggiungimento dell'accordo;

   se il Governo intenda adottare iniziative per investire ulteriori risorse nell'anno 2019 sul cap. 496 «Somme da destinare al piano contro la violenza alle donne» rispetto agli oltre 30 milioni di euro già stanziati dal precedente Governo Gentiloni.
(5-00898)


   MANDELLI e ROSSELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza meteorologica che sta flagellando l'Italia ha seriamente colpito almeno sei regioni e, in maniera più grave, Lazio, Veneto e Sicilia, cagionando ingenti danni alle persone, al territorio, alle imprese, all'agricoltura;

   la stima dei danni prospettata dal Vice Premier e Ministro dell'interno, Salvini, pari a 40 miliardi di euro, pare decisamente esagerata, atteso che con tale somma si potrebbe affrontare nel suo complesso l'intera questione del dissesto idrogeologico del nostro Paese;

   a tale proposito, a tutto voler concedere, per far fronte alla grave situazione in cui versa gran parte del territorio italiano e, quindi, per soccorrere cittadini, imprese ed agricoltori è operante un sistema europeo di sostegno – in attuazione degli articolo 175, paragrafi 3 e 212, 213 e 214, del Tfue;

   alla politica di coesione per il periodo 2014-2020 è destinato un terzo delle risorse previste nel bilancio complessivo dell'Unione europea, pari ad un investimento di 351,8 miliardi di euro, cui si aggiungono i contributi nazionali e gli altri investimenti privati, per un impatto quantificabile in circa 450 miliardi di euro;

   detta «Politica di Coesione» si articola in:

    un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali e di investimento, detti Fondi Esi (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo di coesione, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) che tradurrà gli obiettivi di Europa 2020 in priorità di investimento;

   accordi di partenariato che, basandosi sul quadro strategico comune, stabiliscono per ogni Stato membro le priorità di investimento, l'allocazione delle risorse nazionali e dell'Unione europea tra i settori e i programmi prioritari, e il coordinamento tra i fondi a livello nazionale;

   programmi operativi nazionali (Pon) e regionali (Por), che traducono i documenti strategici in concrete priorità d'investimento corredate da obiettivi chiari e misurabili: per quanto concerne l'Italia e il ciclo di programmazione 2014-2020, l'Accordo di partenariato, in cui si definisce la strategia per un uso ottimale dei Fondi europei, prevede l'investimento di 32,2 miliardi di euro cui si aggiungono 10,4 miliardi di euro per lo sviluppo rurale e 537 milioni di euro per il settore marittimo e della pesca;

   inoltre, il gruppo Banca europea per gli investimenti (Bei e Fei) e Cassa depositi e prestiti (Cdp) hanno firmato tre intese finalizzate allo stanziamento di nuove risorse, destinate, tra l'altro, nella misura di 530 milioni di euro a famiglie ed imprese per i danni da eventi calamitosi:

    Bei e Cdp hanno già stanziato una prima tranche di circa 230 milioni di euro per sostenere la ricostruzione dei danni subiti da famiglie e imprese a seguito di 40 eventi calamitosi (alluvioni, frane, e altro) verificatisi negli ultimi quattro anni in 16 regioni italiane;

   il meccanismo di finanziamento è il seguente: la Bei concede prestiti a tassi agevolati al Tesoro (per le ristrutturazioni pubbliche) ed alla Cdp (per la ricostruzione privata) che – tramite gli istituti di credito – finanziano famiglie ed imprese, ottenendo dal Ministero dell'economia e delle finanze un credito d'imposta pari agli importi erogati –:

   se il Governo abbia attivato le procedure per l'accesso ai fondi strutturali ed agli altri meccanismi di solidarietà europei per gli eventi calamitosi e, in caso positivo, quali abbia attivato, con particolare riferimento al Fesr ed ai finanziamenti Bei e, in caso negativo, per quali ragioni non vi abbia provveduto.
(5-00901)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARTOLOZZI, PRESTIGIACOMO, GERMANÀ, MINARDO, SCOMA e SIRACUSANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   avverse condizioni meteorologiche, tra cui insistenti nubifragi di violenta intensità si sono abbattuti in questi giorni su tutta l'Italia, determinando gravi danni e drammatiche conseguenze in particolar modo nel territorio della regione siciliana, provocando la morte di 12 persone, tra cui donne e bambini;

   secondo dati Ispra, il 90 per cento dei comuni siciliani è attualmente in pericolo poiché tali comuni sono connotati dalla presenza di aree a rischio idrogeologico: circa 120 mila siciliani abitano nelle aree con pericolosità da frana e 20 mila in quelle a pericolosità idraulica;

   nelle giornate del 2 e 3 novembre 2018 si sono registrate nella città di Palma di Montechiaro (Agrigento) molteplici criticità, tra cui almeno 10 abitazioni con tetti scoperchiati, alcune decine di alberi sradicati in diverse zone del centro urbano che hanno interrotto la viabilità, detriti su alcune strade comunali e provinciali con pericolo per la viabilità, molte abitazioni allagate, immobili danneggiati tra i quali alcuni a rischio crollo, manto stradale stravolto in moltissimi quartieri, presenza di amianto dovuto al danneggiamento degli immobili, nonché aggravamento del dissesto idrogeologico nel quartiere Monti;

   a fronte degli ingenti danni provocati dal maltempo che hanno devastato l'intera città, la giunta del comune di Palma di Montechiaro, su proposta del sindaco, ha deliberato la dichiarazione dello stato di calamità naturale e la richiesta dello stato di emergenza per eccezionale evento meteorico avverso che ha interessato il territorio;

   l'amministrazione comunale ha fatto fronte alla devastante ondata di maltempo, con mezzi di proprietà comunale e grazie al lavoro dei dipendenti comunali, della Protezione civile comunale e di tutti i volontari, senza ricorrere alle somme urgenze;

   la somma dei danni, dovuti al maltempo, ammonterebbero a circa 20 milioni di euro, considerato che solo per il Molo, per il rione Monti e per contrada Ciotta, i danni sono stati stimati in circa 10,12 milioni di euro, non contando che serve la messa in sicurezza delle acque bianche, come il ripristino del manto stradale non praticabile;

   nella zona di Agrigento, la situazione si è notevolmente aggravata negli ultimi giorni, considerato che a Ribera il fiume Verdura è esondato, allagando tutti i terreni circostanti, con gravi danni agli agrumeti e anche a Sciacca il fango ha invaso le strade, soprattutto nella zona compresa tra l'ex stazione ferroviaria e il porto, provocando l'isolamento di molte famiglie impossibilitate a raggiungere il centro urbano;

   per quanto riguarda la Sicilia, è stato recentemente previsto lo stanziamento di circa 44 milioni di euro per la riduzione del rischio idrogeologico e l'erosione costiera, nell'ambito di un aggiornamento dell'accordo di programma tra la regione siciliana e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con interventi ritenuti urgenti e prioritari per la salvaguardia della vita umana e per la sicurezza delle infrastrutture ed il patrimonio ambientale e culturale, ma tale stanziamento appare del tutto insufficiente soprattutto alla luce della evidente gravità dei danni provocati dal maltempo;

   seppur il Governo regionale siciliano stia fornendo il proprio sostegno alle zone interessate dal maltempo, appare necessario che il Governo si assuma le proprie responsabilità con un Piano straordinario di interventi, dedito all'adozione di misure immediate a difesa dei centri abitati e per il risanamento del territorio e delle infrastrutture –:

   se, alla luce degli ingenti danni provocati dal maltempo, il Governo non intenda accogliere urgentemente la richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza della città di Palma di Montechiaro (Agrigento);

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare riguardo ai gravi danni ambientali ed infrastrutturali provocati in Sicilia.
(4-01578)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con atto n. 35 del 16 luglio 2016, il consiglio comunale di Salsomaggiore Terme (in provincia di Parma) istituiva una commissione d'indagine interna, a termini dell'articolo 32 dello statuto comunale, al fine di verificare la correttezza degli iter procedurali, amministrativi e contabili seguiti nell'affidamento di alcuni servizi – e dei relativi contratti – per:

    a) la gestione dell'attività golfistica, da svolgersi nel compendio della struttura sportiva in località Pontegrosso;

    b) la gestione del palazzo dei Congressi e del Palazzetto dello Sport;

    c) lo sfruttamento delle concessioni minerarie denominate Tabiano I e Tabiano II;

   la richiamata deliberazione consigliare prescriveva alla istituenda commissione «di provvedere alla conclusione dei lavori e, quindi, al deposito presso l'Ufficio del Presidente del consiglio comunale, tramite il protocollo, entro il giorno 20 ottobre 2016». Con successive deliberazione del consiglio comunale di Salsomaggiore Terme (n. 51 del 27 ottobre 2016 e del 26 novembre 2018) il termine per il deposito della relazione finale veniva fissato entro e non oltre il 15 dicembre 2016;

   nel corso dei lavori della commissione che qui interessa, su istanza della stessa, venivano rese dal segretario generale del comune di Salsomaggiore Terme tre relazioni e segnatamente: il 24 ottobre 2016 (relativamente alla gestione del palazzo dei Congressi); il 23 novembre 2016 (relativamente alla gestione del campo da golf); del 5 dicembre 2016 (relativamente allo sfruttamento delle fonti termali da parte della società TST). Tutte le predette relazioni evidenziano situazioni che difficilmente l'interrogante ritiene possano essere in linea con il buon andamento della pubblica amministrazione;

   con esposti del 16 dicembre 2016 diretti alla procura della Repubblica di Parma e alla Procura regionale della Corte dei conti, ed inviati per conoscenza al responsabile dell'ufficio territoriale del Governo prefettura di Parma, quattro dei componenti la predetta commissione chiedevano che in ordine all'affidamento dei servizi sopra citati venissero svolti gli opportuni accertamenti, affinché – per quanto di competenza – venisse valutata la sussistenza di eventuali profili di rilevanza penale e/o contabile degli specifici fatti dedotti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra evidenziati, quale ne sia l'orientamento al riguardo (in relazione ai principi di trasparenza ed efficacia dell'agire della pubblica amministrazione, come disposto dall'articolo 97 della Costituzione) e se intenda promuovere ogni utile ed immediata verifica, nell'ambito delle proprie competenze, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'Ispettorato per la funzione pubblica, con specifico riferimento all'affidamento dei servizi in premessa richiamati, tenuto conto anche delle relazioni rese al riguardo dal segretario generale del comune di Salsomaggiore Terme.
(4-01579)


   PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 il Governo pro tempore ha avviato il progetto «Integr-Azione» all'interno del servizio civile nazionale;

   il progetto «Integr-Azione» prevedeva la partecipazione di ragazzi tra i 18 e i 28 anni di età in uscita dagli Sprar ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico o di protezione umanitaria o sussidiaria;

   il progetto «Integr-Azione» era stato totalmente finanziato con i fondi europei del programma «Fondo asilo, migrazione e integrazione» (Fami) per un totale di 18 milioni di euro;

   con il bando del 2017 sono stati presentati i primi progetti per la partecipazione al servizio civile di 192 ragazzi in 120 progetti nazionali e 72 progetti regionali;

   con i fondi rimanenti dello scorso anno si prevedeva la partecipazione di ulteriori 2880 ragazzi rifugiati politici all'esperienza del servizio civile, per un totale di 3000 che si aggiungevano agli oltre 53 mila ragazzi italiani;

   il 2 ottobre 2018 alla riunione della Consulta degli enti di servizio civile – con la presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la delega al servizio civile Vincenzo Spadafora – è stato annunciato che i fondi «Fami» rimasti, che sono nella disponibilità del Ministero dell'interno, non sarebbero stati riutilizzati per la presentazione di progetti relativi a «Integr-Azione» –:

   per quali motivi il Governo abbia deciso di togliere dalla disponibilità del servizio civile nazionale i fondi «Fami» che venivano usati per il progetto «Integr-Azione»;

   come il Governo intenda utilizzare quei fondi non spesi;

   come il Governo intenda avviare nuovi percorsi di integrazione con gli immigrati regolari e i rifugiai politici, posto che con questa scelta il Governo ad avviso dell'interrogante rende più costosa e difficile l'integrazione in Italia.
(4-01581)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, GENTILONI SILVERI, FASSINO, MINNITI, GUERINI, LA MARCA, DE MARIA, SCALFAROTTO, MARTINA, GRIBAUDO, BRUNO BOSSIO, FIANO, CRITELLI, CARNEVALI, UNGARO, BONOMO, GIACHETTI, CIAMPI, ROSATO, PAITA, PEZZOPANE, NOJA, BURATTI, MARCO DI MAIO, SERRACCHIANI e NOBILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Asia Bibi, una cittadina pakistana di fede cattolica è stata arrestata nel giugno 2009 nel suo villaggio del Punjab, con l'accusa di blasfemia, reato punibile con la morte. Da allora, la donna ha vissuto in carcere, spesso in isolamento ed è stata condannata a morte nei primi due gradi di giudizio nel 2010 e nel 2014;

   l'8 ottobre 2018, durante l'ultima istanza davanti la Corte Suprema, la giuria ha messo in discussione i due precedenti verdetti annullando le sentenze di condanna e prosciogliendo la donna da tutte le accuse;

   in questi otto anni di prigionia, a supporto della liberazione di Asia Bibi si sono mobilitate moltissime associazioni a tutela dei diritti umani, istituzioni della comunità internazionale e anche Papa Benedetto XVI nel 2010 e Papa Francesco, che nel 2015 ha incontrato una delle figlie della donna;

   Asia Bibi è diventata una icona di un movimento che chiede la cancellazione del reato di blasfemia in Pakistan – dove secondo una relazione del 2018 della Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale ci sono circa 40 persone condannate a morte per blasfemia – e il simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo;

   in Pakistan, la vicenda ha scatenato diversi episodi di violenza, la stessa Asia Bibi ha ricevuto negli anni continue minacce, tanto che dopo l'uccisione di Osama bin Laden la sicurezza intorno alla sua cella era stata rafforzata;

   dopo la sentenza di proscioglimento sono esplose manifestazioni di protesta in tutto il Pakistan; il partito islamista pakistano Tehreek-e-Labbaik (Tlp) ha promosso le proteste dichiarando che «se non sarà fatta giustizia e la condanna di Asia sarà trattata con indulgenza o con leggerezza o cercherà di fuggire in un altro Paese, ci saranno conseguenze pericolose»;

   Saif ul-Malook, l'avvocato musulmano di Asia Bibi, ha dichiarato che «già dalla precedente udienza gli estremisti avevano inscenato manifestazioni e campagne social contro l'assoluzione di Asia, chiamandola “maledetta”, invocando l'impiccagione e minacciando di morte i giudici e chiunque l'avesse difesa»;

   la preoccupazione è reale, tanto che le autorità pachistane hanno intensificato la sicurezza del Paese, soprattutto nelle aeree a maggioranza cristiana per scongiurare il pericolo di «massacri anticristiani» come quelli avvenuti a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony nel 2013 –:

   quali iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo per favorire la sollecita partenza di Asia Bibi, della sua famiglia e del suo avvocato dal Pakistan verso l'Italia, come richiesto dalla sua famiglia.
(5-00903)


   LUPI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Pakistan dopo la sentenza favorevole ad Asia Bibi sono scesi in piazza gli islamisti e hanno bloccato la liberazione di Asia;

   la famiglia di Asia Bibi vive da giorni nella paura di essere uccisa; il marito ha prima fatto un appello alla comunità internazionale, poi, tramite un video rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che soffre, si è appellato direttamente all'Italia perché aiuti la sua famiglia a lasciare il Pakistan –:

   quali iniziative intenda adottare Governo perché sia risolta in modo favorevole, come da sentenza di proscioglimento la vicenda di Asia Bibi, assolta in base alla legge e al Corano dal reato di blasfemia.
(5-00904)


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2015 fu firmato l'Accordo sul nucleare iraniano (Joint Comprehensive Plan of Action, JCpoa), raggiunto dai Paesi P5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania), con l'attivo intervento dell'Unione europea;

   il Presidente Trump ha posto recentemente sanzioni pesanti in settori quali quello petrolchimico e bancario;

   in seguito a tale decisione, forti critiche sono pervenute da parte dell'Unione europea e di diversi Paesi come Germania, Francia, Russia, Cina;

   l'Italia verrebbe esentata insieme alla Grecia, Cina, India, Corea del Sud, Turchia, Giappone e Taiwan. Si segnala che oggi l'Italia è il primo partner europeo dell'Iran per le importazioni (3,4 miliardi di euro), quasi totalmente nel settore petrolifero;

   l'esenzione sembra avere due obiettivi: uno dichiarato, quello di evitare un'impennata improvvisa del prezzo del petrolio, l'altro politico, di indebolire la posizione dell'Unione europea;

   da quanto emerge da organi di stampa l'Italia sarebbe comunque sottoposta a un «periodo di prova» di sei mesi nel quale si dovrebbero ridurre le importazioni e le imprese italiane risulterebbero in ogni caso danneggiate dal divieto di avere relazioni con banche iraniane, come emerge dalle dichiarazioni della vicepresidente di Confindustria per l'internazionalizzazione;

   sempre da organi di stampa si apprende che la contropartita che Trump otterrebbe dalla esenzione dell'Italia sarebbe l'acquisto degli F35, la preservazione del Muos, sistema satellitare installato in Sicilia, fondamentale per le comunicazioni militari Usa nel Mediterraneo, e il gasdotto Tap, che svincolerebbe l'Italia dalla dipendenza dal gas russo;

   l'Accordo del 2015 era finalizzato al superamento del programma nucleare iraniano e a creare un clima di distensione in un'area segnata da persistenti conflitti;

   la decisione dell'Amministrazione americana, come altre che l'hanno preceduta quali la scelta della sede dell'ambasciata a Gerusalemme e il taglio dei fondi all'Unrwa, sembra rispondere invece ad una strategia volta a moltiplicare i conflitti e le tensioni in tutto il Medio Oriente –:

   quale sia l'orientamento del Governo italiano in merito alla decisione del Presidente degli Stati Uniti.
(5-00905)


   SABRINA DE CARLO, CABRAS, CAPPELLANI, CARELLI, COLLETTI, DEL GROSSO, DI STASIO, EHM, EMILIOZZI, GRANDE, OLGIATI, PERCONTI, ROMANIELLO, SIRAGUSA e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto diffuso dall'Agenzia Fides, in data 25 ottobre 2018 nello Stato del Delta, nel sud-est della Nigeria un commando di uomini armati ha rapito cinque suore delle Missionarie di Marta e Maria, un ordine religioso della diocesi di Issele-Uku;

   come riportato all'Agenzia, i banditi avrebbero intercettato le religiose che stavano tornando da una cerimonia funebre nei pressi di Agbor, 25 miglia ad ovest di Issele-Uku, e hanno sparato alcuni colpi d'arma da fuoco per fermare la vettura delle suore e almeno due religiose sono state raggiunte alle gambe da alcuni proiettili, mentre altre cinque venivano rapite;

   il rapimento delle religiose è solo l'ultimo di una serie di episodi analoghi che da tempo si verificano nello Stato del Delta e in altre zone del sud-est della Nigeria. Un sacerdote della stessa diocesi delle suore rapite, quella di Issele-Uku, è stato persino rapito due volte. Padre Andrew Anah, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Obomkpa, era stato infatti rapito per la seconda volta il 5 giugno per poi essere rilasciato ai primi di luglio. Padre Anah era stato rapito una prima volta nel 2017, ed era stato liberato dopo alcuni giorni;

   il 19 settembre 2018, sempre nello stato del Delta un sacerdote cattolico nigeriano è morto pochi giorni dopo essere riuscito a fuggire dalle mani dei suoi rapitori. Diversi sacerdoti cattolici sono Stati rapiti nello Stato del Delta e nel solo 2018 non meno di cinque sacerdoti sono stati sequestrati a scopo d'estorsione in questo Stato del sud della Nigeria;

   desta particolare preoccupazione il crescente clima di diffusa insicurezza che si diffonde sempre più nel Paese, alimentato quotidianamente da aggressioni, omicidi, sequestri a scopo di riscatto perpetrati da mandriani Fulani, banditi e terroristi armati nei villaggi e comunità dei cristiani;

   secondo l'Ong «Intersociety», un totale di 2.000 agricoltori cristiani sono stati uccisi ira Nigeria nel 2018, sia dai mandriani Fulani, sia dai radicalisti di Boko Haram, mentre sarebbero circa 6 mila le persone, soprattutto donne, bambini e anziani, di famiglie di agricoltori cristiani, brutalmente mutilate e uccise in incursioni notturne ad opera di mandriani armati Fulani, a partire dal gennaio 2018 –:

   quali iniziative intenda con urgenza intraprendere il Governo, anche in ambito multilaterale, per la liberazione delle religiose e dei religiosi e per interrompere la spirale di violenza in atto in Nigeria e in particolare negli Stati del Delta e del Platau.
(5-00906)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANICHELLI, AMITRANO, ANGIOLA, LOMBARDO, PARENTELA, SPADONI e ZENNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 26 febbraio 2016 è stato siglato a Verona l'accordo interregionale sul prelievo legnoso in ambito boschivo e sulla filiera legno, che include tra i firmatari la regione dell'Emilia-Romagna;

   le autorizzazioni all'abbattimento nell'Unione montana dell'Appennino reggiano sono circa un migliaio all'anno, per complessivi 500 ettari; l'accordo ha definito, tra gli altri, l'obiettivo di un raddoppio di tali quantità; in regione Emilia-Romagna si dovrebbe passare quindi da poco meno di 500 mila metri cubi di prelievo annuo a 900 mila, pari a circa 640 mila tonnellate;

   sia il Tg di Reggio che diversi altri giornali locali (tra cui Reggionline e Reggio Report) hanno più volte sollevato casi di maxi-interventi di disboscamento massivo come quelli avvenuti a Monte Ledo a Succiso, e a Monte Segalari a Montemiscoso e in Alta Val d'Enza, poiché le conseguenze di queste azioni andrebbero a inficiare negativamente sul livello di salute dei cittadini della regione;

   i disboscamenti sono stati approvati dall'Unione dei comuni sulla base di due relazioni del giugno 2017 (Monte Ledo) e del luglio 2017 (Monte Segalari), che risultano in ampie parti identiche, pur trattandosi di zone del territorio ben distanti l'una dall'altra;

   le predette relazioni, a quanto consta all'interrogante, sono a firma di un agronomo/forestale e non di un geologo, quando, invece, si tratta di aree che sono soggette a vincolo idrogeologico e per ottenere lo svincolo, gli interventi rientrano tra quelli per i quali sarebbe stata obbligatoria la relazione geologico-tecnica a firma di un geologo e non di un agronomo (regolamento forestale della regione Emilia-Romagna del 1° agosto 2018, n. 3);

   le opere di disboscamento vanno avanti ormai da un anno, da luglio 2017 per quanto attiene a Monte Ledo, e i tagli, sono avvenuti con modalità che lasciano discutere anche dal punto di vista di impatto paesaggistico;

   la quantità di tagli, inoltre, rispetto alla piantumazione è davvero rilevante non solo perché, contrasta con gli obiettivi del piano forestale regionale del 2014-2020 (https://bit.ly/2Ni1mHQ), ma soprattutto perché avviene in un territorio, come l'Emilia-Romagna, che risulta essere l'area più inquinata d'Europa;

   sulla base della normativa vigente, i tagli, ad avviso dell'interrogante, sono avvenuti in periodi non idonei secondo quanto disposto dalla legge della regione Emilia-Romagna 17 febbraio 2005, n. 5, articolo 8, comma 2, e con inosservanza delle normative inserite nella direttiva CEE 30/1172009 n. 147 («direttiva uccelli»), la quale all'articolo 5, non solo stabilisce che gli Stati membri debbano adottare le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli, ma impone anche il divieto di distruggere o danneggiare i nidi e le uova, nonché di disturbarli durante il periodo di riproduzione e di nidificazione –:

   di quali elementi disponga il Governo circa le azioni di disboscamento e se risulti siano state fatte con modalità poco invasive, che abbiano tenuto conto della salvaguardia dell'ambiente, della biodiversità e del paesaggio, e delle norme nazionali comunitarie in materia di tutela dell'avifauna;

   se non sia opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, per promuovere una strategia di abbattimento dei boschi che mira a favorire l'ampliamento dei boschi in Pianura padana (data la copertura forestale molto bassa) e a realizzare, innanzitutto nella pianura e soprattutto nelle aree periurbane, una vera e propria infrastruttura verde capace di favorire la rigenerazione ambientale delle parti più antropizzate della regione con lo scopo di migliorare la qualità della vita della popolazione ivi insediata;

   se non sia opportuno adottare ogni iniziativa di competenza per la ricostruzione del «paesaggio agrario» che può diventare un eccezionale valore aggiunto per le stesse produzioni agro alimentari, con particolare riguardo alla regione emiliana.
(4-01583)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROBERTO ROSSINI, CORDA, ARESTA, CHIAZZESE, DALL'OSSO, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, IORIO, IOVINO, RIZZO, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ex caserma di fanteria «Giuseppe Paolini» di Fano (PU), dismessa nel 2000 in seguito alla soppressione del 121° Reggimento «Macerata», è un immobile di proprietà dell'Agenzia del demanio;

   la sede che attualmente ospita la compagnia dei Carabinieri di Fano è allocata in uno stabile di proprietà privata sito in via Carlo Pisacane, dato in locazione per un canone che ammonta a quasi 290.000 euro annui, ove sono occupati una cinquantina di militari;

   nel 2017, il provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Toscana, le Marche e l'Umbria ha aggiudicato l'appalto del servizio di verifica tecnica dei livelli di sicurezza sismica e del servizio di progettazione definitiva ed esecutiva finalizzato alla ristrutturazione dell'ex caserma «Paolini», da adibire a nuova sede del comando della compagnia dei Carabinieri di Fano;

   gli edifici dell'ex caserma interessati dagli interventi di ristrutturazione sono le palazzine denominate «Palazzi» (ex blocco servizi) e «Verrotti», poste sul retro del complesso, di cui costituiscono la parte meno pregiata;

   tale soluzione risulta, a giudizio degli interroganti, lesiva del decoro dell'Arma e inadeguata alle esigenze dei militari, a causa dell'inidoneità degli spazi, che si sviluppano in orizzontale al piano terra; inoltre, sarebbe difficoltoso svolgere la dovuta attività di vigilanza e garantire un facile accesso ai mezzi dei Carabinieri e ai cittadini che dovessero recarsi presso la caserma;

   la mancanza di recinzioni, l'affaccio sulla pubblica via e la vicinanza di edifici più alti non concorrono a garantire le ordinarie condizioni di sicurezza e riservatezza in cui dovrebbe operare una caserma dell'Arma;

   non si comprende per quale motivo non siano stati individuati, nell'ambito del complesso dell'ex caserma «Paolini», edifici più dignitosi e idonei ad ospitare la nuova sede del comando dei Carabinieri, come la palazzina posta sul fronte anteriore e le casermette laterali, una delle quali sembrerebbe destinata ad accogliere la sezione dell'Archivio di Stato di Fano;

   un'ipotesi di speculazione edilizia adombrata in passato prevedeva la cessione a privati delle aree più prestigiose dell'ex caserma «Paolini» e la loro riconversione in appartamenti e locali commerciali dall'elevato valore di mercato, dovuto alla presenza del Comando dell'Arma nello stesso complesso;

   nel processo decisionale relativo alla futura collocazione della Compagnia dei Carabinieri, è mancato, a parere degli interroganti, un serio coinvolgimento delle istituzioni locali e della cittadinanza, che avrebbero potuto evidenziare come, in ogni caso, gli spazi dell'ex caserma «Paolini» non rappresentano la sistemazione ideale per i militari;

   gli interventi di ristrutturazione, il trasloco e il conseguente insediamento presso una nuova sede comportano comunque costi non trascurabili –:

   se i Ministri interrogati intendano effettuare una valutazione costi-benefici che metta a confronto l'ipotesi di trasferimento del comando dei Carabinieri di Fano e quella di acquisto della caserma attualmente utilizzata, sita in Via Carlo Pisacane e quali iniziative intendano assumere affinché il domando di cui in premessa sia eventualmente trasferito in una struttura diversa da quella già individuata, che risponda a requisiti di decoro, sicurezza e riservatezza adeguati alle esigenze dell'Arma.
(5-00900)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 668, della legge n. 147 del 27 dicembre 2013 dispone che «i comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 446 del 1997, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI»;

   la sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2009, le sentenze della Corte di Cassazione (n. 3756/2012, 4132/2015, 4723/2015 e 5078/2016), nonché l'Agenzia delle entrate, in risposta all'interpello 954-537/16, hanno confermato la non assoggettabilità ad Iva delle somme corrisposte a titolo di Tari, stante la natura «tributaria» e non «corrispettiva», della medesima;

   la Savno srl è una «azienda che gestisce il servizio integrato dei rifiuti solidi urbani per n. 44 comuni della provincia di Treviso e si occupa del servizio di raccolta delle principali frazioni merceologiche dei rifiuti, del loro trattamento e/o smaltimento, oltre che del servizio di fatturazione della tariffa rifiuti ai cittadini/utenti» (dal sito web);

   le fatture emesse dalla Savno risulterebbero all'interrogante irregolari in quanto sarebbe indicata in maniera chiara e leggibile «TARI – Tariffa rifiuti solidi urbani. Fattura ex art. 21 DPR 633/72 e DM 24/10/2000 n. 370 Iva a esigibilità immediata», mentre, come detto, è una tassa per natura e non è assoggettabile ad Iva;

   la società giustifica tale procedura proprio con l'applicazione del citato comma 668, sopra richiamato, classificando di conseguenza la «TARI tariffa corrispettiva», pur non essendo presente nel nostro ordinamento tale tipologia di tributo;

   ovviamente non basta l'apposizione della dicitura «tariffa corrispettiva» per assoggettare ad Iva il servizio di raccolta rifiuti solidi urbani quando vi è prova documentata di un'obbligazione tariffaria a monte sulla quale viene calcolato l'importo fatto pagare ai contribuenti, indipendentemente da quanto sia elevato il loro spirito civico e rispetto per l'ambiente. Una tale gestione disincentiva nei fatti e nella pratica chiunque a produrre meno rifiuti applicando dei conferimenti minimi a prescindere da quanto effettivamente prodotto e questo, a giudizio dell'interpellante, sia in aperta violazione dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013, che si ricorda disciplina un servizio puntualmente reso e non una tassa, che dell'articolo 14 della direttiva 2008/98/CE. Si tratterebbe pertanto, a giudizio dell'interpellante, di un meccanismo che vanifica le pronunce degli organi giurisdizionali sopra richiamati;

   le conseguenze di questa errata interpretazione normativa si rifletterebbero anche sull'incarico affidato alla società Sorit spa per il recupero degli importi insoluti; la società nella causale riporta la richiesta di pagamento avanzata come «Tari art. 1, comma 668, tributo provinciale» quando il comma citato dice ben altro;

   rispetto a detta società si rileva anche che, pur essendo essa una normalissima società di capitale soggetta al diritto comune che opera liberamente sul mercato seppur controllata dal Consorzio per i servizi di igiene del territorio TV1, e che non può in alcun modo essere classificata come ente pubblico, applica la riscossione tramite l'ingiunzione fiscale con una procedura, quindi, contraria alla normativa vigente;

   una copiosa giurisprudenza, infatti, afferma che l'emissione dell'ingiunzione fiscale deve considerarsi riservata ai soli enti pubblici in senso soggettivo e non può estendersi, per il divieto di analogia delle norme eccezionali (quale è lo strumento impositivo dell'ingiunzione fiscale), alle società private, quantunque integralmente possedute da enti pubblici;

   poiché, quindi, l'ingiunzione fiscale è un rimedio recuperatorio utilizzabile solo dagli enti pubblici in senso proprio ne consegue che l'emissione di tali atti da parte della Savno srl è secondo l'interpellante illegittima (si cita in merito la sentenza del giudice di pace di Gragnano (13 novembre 2010) che ha dichiarato illegittima la richiesta di pagamento del servizio idrico tramite ingiunzione fiscale);

   si fa presente che in merito a tale vicenda è stato presentato in data 31 ottobre 2018 un esposto denuncia presso la tenenza della guardia di finanza di Conegliano da parte di due consiglieri comunali, rispettivamente di Oderzo e Conegliano, comuni che rientrano tra i 44 serviti dalla Savno srl;

   alla luce di quanto esposto, l'amministrazione statale dovrebbe intervenire per salvaguardare i principi che regolano la vita quotidiana di qualsiasi cittadino dettando regole ma soprattutto osservando e facendo osservare quanto sia la Corte costituzionale che la Corte di cassazione hanno stabilito con chiarezza circa il divieto di assoggettare ad Iva la Tari e di vietare l'uso improprio dell'ingiunzione fiscale da chi non ne è legittimato –:

   se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza, per verificare quanto su esposto e chiarire definitivamente l'inapplicabilità dell'Iva sulla Tari e l'illegittimità della richiesta di pagamento della Tari tramite ingiunzione fiscale;

   se non ritenga, conseguentemente, di adottare ogni iniziativa di competenza affinché siano recuperate l'Iva erroneamente addebitata e le eventuali spese relative alle ingiunzioni fiscali notificate ai cittadini, e richiesto contestualmente il rimborso di quanto dichiarato dalla Savno srl.
(2-00172) «D'Incà».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BIGNAMI, GIACOMONI, BARATTO, MARTINO, BENIGNI, CATTANEO, ANGELUCCI, MANDELLI, CARRARA, FIORINI, DELLA FRERA, SQUERI e POLIDORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 1° gennaio 2019 entrerà in vigore il nuovo sistema di fatturazione elettronica per tutti i titolari di partita Iva;

   la fattura elettronica dovrà essere strutturata in formato XML e verrà trasmessa e ricevuta solo in formato elettronico mediante il «SdI» (Sistema di Interscambio), struttura che fa capo all'Agenzia delle entrate;

   il 19 ottobre scorso l'Associazione Nazionale Commercialisti ha diramato un comunicato stampa annunciando di aver scritto all'Assosoftware, all'Autorità Garante per la concorrenza e il mercato e all'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, al fine di segnalare talune criticità in materia di fatturazione elettronica, con riferimento, tra l'altro, al rischio di violazione della privacy: i dati contenuti nelle fatture trasmesse all'Agenzia delle entrate, che riportano anche informazioni di carattere personale o relative a transazioni commerciali, potrebbero essere oggetto di interesse da parte di terzi, volti a conoscere le scelte degli operatori economici e a profilarne le caratteristiche;

   ciò anche in considerazione del possibile coinvolgimento, nella predisposizione del software di compilazione delle fatture medesime, di alcuni soggetti fornitori di sistemi contabili e gestionali in uso presso gli studi professionali;

   analoghe preoccupazioni erano già state evidenziate, alcuni mesi fa, dalla Claai (Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane), sottolineando il rischio di possibili problemi di violazione di segreti industriali e commerciali nonché di violazioni della privacy dei consumatore –:

   quali iniziative di competenza – di carattere tecnico o normativo – intenda assumere il Governo al fine di evitare che i dati e le informazioni sensibili contenute nelle fatture elettroniche trasmesse all'Agenzia delle entrate possano essere oggetto di cessione integrale o parziale a soggetti terzi.
(5-00911)


   OSNATO e CIABURRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 31 gennaio 1994, n. 97, (cosiddetta legge Carlotto) ha istituito una fiscalità agevolata per le attività economiche nei comuni delle aree montane;

   in questi ultimi anni si sta assistendo ad un continuo spopolamento delle terre alte e una drammatica riduzione delle attività agricole, artigianali, commerciali e turistiche in tali territori;

   il maggior calo lo si è avuto nei territori delle «Terre Alte», che non sono solo terre di montagna ma anche terre interne o di collina, luoghi nei quali non vi è più la presenza di alcun tipo di esercizio commerciale;

   ad oggi in oltre duecento comuni italiani non viene più alzata alcuna serranda di locali commerciali;

   molti giovani vorrebbero tornare a vivere nei luoghi dai quali le loro famiglie sono partite anni fa, e sovente avrebbero l'intenzione di avviare una attività commerciale, un ristorante, un emporio o tornare a piccole produzioni agricole o artigianali, ma le regole attuali non hanno voluto distinguere un negozio posto in un'area marginale della nostra Patria da una attività commerciale posta nel cuore di una delle grandi città;

   la legge n. 97 del 1994, adottata oltre venti anni fa, quando cominciavano a mostrarsi i primi segnali della crisi delle aree montane, era volta a favorire il mantenimento delle attività commerciali presenti sui territori, e a favorirne l'avvio di nuove, prevedendo che gli esercizi commerciali di prossimità, posti nei comuni montani con meno di mille abitanti e per i centri abitati con meno di cinquecento abitanti, potessero fruire di regimi fiscali agevolativi;

   l'articolo 16 della legge dispone, infatti, che per tali comuni «la determinazione del reddito d'impresa per attività commerciali e per i pubblici esercizi con giro di affari assoggettato all'imposta sul valore aggiunto (IVA), nell'anno precedente, inferiore a lire 60.000.000 può avvenire, per gli anni di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici dell'amministrazione finanziaria. In tal caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale»;

   tale articolo, tuttavia, non ha mai trovato applicazione, a causa della mancata emanazione dei necessari provvedimenti di attuazione –:

   per quali motivi non abbiano trovato applicazione sinora le richiamate disposizioni fiscali di cui alla legge n. 97 del 1994 e se non ritenga di adottare con urgenza le iniziative necessarie, al fine di evitare il definitivo isolamento e spopolamento dei territori montani.
(5-00912)


   CURRÒ e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate ha istituito, diversi anni orsono, Civis, un canale telematico dedicato agli intermediari che consente di svolgere, via Entratel, le stesse operazioni effettuabili presso lo sportello fisico;

   finalità dello strumento era, ed è tuttora, quella di abbattere i tempi di attesa per lo svolgimento delle pratiche presso gli uffici locali e l'assistenza telefonica. Migliorando, attraverso l'utilizzo della relazione telematica, la soddisfazione dell'utenza ed il lavoro degli operatori. In un'ottica che privilegi il ricorso allo sportello principalmente a vantaggio dei contribuenti che non si avvalgono del supporto degli intermediari;

   il canale Civis consente, tra le altre cose, di chiedere chiarimenti sulle comunicazioni di irregolarità e sugli avvisi telematici emessi a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) nonché di segnalare le eventuali ragioni per cui non è dovuto il pagamento ed ottenerne, ove le ragioni fossero fondate, il conseguente sgravio;

   tuttavia, proprio con riferimento alle suindicate funzionalità, si rileva che l'interfaccia di Civis non consente di allegare atti e documenti a comprova delle ragioni del contribuente. Né fornisce spazio adeguato per scrivere le relative memorie. Limiti, questi ultimi, che ne riducono drasticamente l'utilità anche per operazioni di routine come il mancato abbinamento dei modelli F24 con le dichiarazioni, da cui scaturiscono sovente molte anomalie;

   inoltre Civis non consente di trattare le comunicazioni oltre il termine dei trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, il che, ne tradisce in parte le aspettative. Deve tenersi conto, infatti, che, ai sensi del regolamento sull'autotutela, dell'11 febbraio 1997, n. 37, e della lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998, il contribuente ha diritto di richiedere la correzione di una pretesa infondata senza limiti di tempo. Invero, non sembra ragionevole restringere l'uso dello strumento entro il termine previsto per il beneficio delle sanzioni ridotte al 10 per cento in quanto la finalità dello stesso è appunto quella di ridurre le code agli uffici e di aumentare il grado di collaborazione tra amministrazione finanziaria e contribuenti;

   ultima, non per importanza, è la considerazione per cui è opportuno ampliare le possibilità offerte dalla digitalizzazione, non solo per evitare l'affollamento degli uffici, ma anche per ridurre le esigenze di spostamento, i relativi rischi e il conseguente inquinamento –:

   se il Ministro interrogato reputi opportuno assumere iniziative volte ad ampliare le possibilità di utilizzo del canale telematico Civis, onde consentirne l'utilizzo senza limiti temporali, per ragioni di autotutela, del contribuente, ovvero istituire altro canale telematico all'uopo destinato.
(5-00913)


   CENTEMERO, COVOLO, CAVANDOLI, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale maltempo nelle ultime settimane sta flagellando l'intero Paese, mietendo vittime e feriti, come accaduto in Sicilia e a Terracina, devastando interi boschi, come accaduto in Veneto, interrompendo importanti collegamenti stradali, come accaduto in Friuli Venezia Giulia e mettendo in ginocchio intere regioni;

   il Veneto è letteralmente annichilito: 160.000 utenze senza energia elettrica, acquedotti in tilt, intere comunità isolate anche telefonicamente; il capo della Protezione civile nazionale, Angelo Borrelli, al termine del sopralluogo sulle zone colpite, ha parlato di «situazione apocalittica»;

   la situazione derivante dai danni causati dal maltempo risulta essere una situazione drammatica, alla quale occorre pertanto dare delle risposte tanto adeguate, quanto concrete per favorire un ritorno alla normalità nel più breve tempo possibile;

   tra gli scenari più impressionanti della regione Veneto vi è certamente quello della diga di Comelico, invasa da detriti e fusti di alberi sradicati dal vento che, in queste zone, ha raggiunto i 180 chilometri orari, devastando il paesaggio;

   è quanto mai urgente un provvedimento del Governo che possa sostenere le zone colpite e contribuire, al contempo, ad un ritorno alla normalità nel più breve tempo possibile;

   il milione di euro già stanziato dal Governo per il recupero dei boschi devastati dell'Altopiano di Asiago/Sette Comuni, teatro di tragici eventi e rappresentante un luogo simbolico della memoria del nostro Paese, va in questa direzione, dimostrando tutta l'attenzione e la sensibilità del Governo per quanto avvenuto;

   necessita tuttavia anche un provvedimento ad hoc a sostegno degli enti locali, del tessuto produttivo e dei cittadini colpiti, che contempli la sospensione delle rate di mutuo, di tributi, tasse, imposte ed adempimenti fiscali di ogni genere, concernenti la fornitura di energia elettrica e contributi previdenziali ed assicurativi;

   all'uopo si ricorda che l'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, cosiddetto «Statuto del contribuente» prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, possa sospendere o differire il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali e imprevedibili;

   peraltro, il 31 ottobre 2018 era pure una data di scadenza fiscale che molti, proprio a causa del maltempo, non sono riusciti a rispettare –:

   se e quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare in merito a quanto richiamato in premessa, ivi inclusa l'adozione del citato decreto ministeriale, al fine di rispondere adeguatamente alle richieste di aiuto delle popolazioni colpite dall'eccezionale maltempo.
(5-00914)


   UNGARO, FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a decorrere dal 30 giugno 2014, ai sensi dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le imprese ed i professionisti che effettuano vendita di prodotti e prestazione di servizi sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati con carte di debito e di credito;

   il decreto ministeriale del 24 gennaio 2014 ha previsto l'obbligo di accettare pagamenti con carte di debito per acquisiti superiori a 30 euro;

   per diffondere i pagamenti tracciabili, nel corso della precedente legislatura, sono stati previste disposizioni agevolative, volte a contenere le commissioni interbancarie in conformità alla normativa europea;

   il regolamento (UE)2015/751, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, prevede, da un lato, un tetto alle commissioni interbancarie dello 0,2 per cento sulle operazioni effettuate con carte di debito e dello 0,3 per cento sulle operazioni con carte di credito, dall'altro una serie di disposizioni in materia di regole commerciali che si applicano a tutte le categorie di operazioni tramite carta e di operazioni di pagamento basate su carta;

   il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 218, ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni del citato regolamento (UE) n. 751/2015, fissando i limiti alle commissioni interbancarie da applicarsi alle operazioni di pagamento nazionali con carte di debito, recando una disciplina transitoria opzionale applicabile fino al 9 dicembre 2020 nonché la disciplina a regime;

   con il parere n. 1446 del 1° giugno 2018, il Consiglio di Stato si è pronunciato sullo schema di decreto, sul quale il Ministero dell'economia e delle finanze ha espresso il formale concerto, recante il regolamento per la definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie, ritenendo che la sanzione per mancanza di installazione del Pos non ha la copertura costituzionale perché la norma primaria non ne fissa i criteri;

   l'adozione del provvedimento assume particolare rilievo nella misura in cui la previsione di specifiche sanzioni comminate in caso di mancata accettazione di pagamenti elettronici consente di rendere effettivo ed efficace tale obbligo;

   la tracciabilità dei pagamenti e la fatturazione elettronica messi in campo dal precedente Governo, hanno il merito di semplificare le procedure amministrative e disincentivare i comportamenti illeciti ai fini del contrasto all'evasione –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in campo al fine di rendere effettivo ed efficace l'obbligo di accettazione dei pagamenti attraverso strumenti tracciabili.
(5-00915)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA e VAZIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'esclusivo monopolio della tratta aerea Roma-Genova da parte di Alitalia ha un costo esorbitante per i cittadini che devono muoversi da e per la Liguria;

   un biglietto di andata e ritorno prenotato con un congruo anticipo arriva a costare quasi 500 euro e se malauguratamente dovesse servire acquistare un volo a ridosso della data della partenza il costo può lievitare fino ad 800 euro;

   la presunta flessibilità costo/orario risulta essere condizionata ad orari poco vantaggiosi sia per lavoro che per turismo;

   questa politica dei prezzi praticata da Alitalia aggrava soprattutto in questa fase a seguito del crollo del Ponte Morandi l'isolamento infrastrutturale di Genova e della Liguria;

   nel corso degli anni alcune compagnie low cost come Ryanair, Blue Panorama e Vueling hanno provato a rompere questo monopolio ma senza successo;

   a queste obiezioni poste anche sui tavoli istituzionali fino ad ora Alitalia ha replicato sostenendo che la politica dei prezzi adottata dall'azienda sia in linea con quanto praticato da tutte le compagnie aeree;

   il prezzo medio del biglietto risulta essere in linea con le medie;

   neppure il treno risulta essere un'alternativa competitiva in termini di orari e tempi di percorrenza per raggiungere la capitale;

   il rischio è che il possibile ingresso di Ferrovie dello Stato italiane in Alitalia possa consolidare ulteriormente questo monopolio a discapito del territorio ligure;

   questa condizione pregiudica di fatto il diritto alla mobilità per i cittadini della Liguria e penalizza fortemente l'economia territoriale;

   una delle richieste più urgenti che viene posta ad Alitalia è l'inserimento di un «cap», cioè di un tetto oltre il quale la tariffa non può andare proprio per limitare il lievitamento del prezzo per l'utente –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda adottare iniziative, anche in relazione al nuovo assetto societario della compagnia aerea in fase di definizione, al fine di verificare la possibilità che Alitalia pratichi una politica dei prezzi meno penalizzante per l'utenza lungo la tratta Genova-Roma, evitando di limitare il diritto alla mobilità delle persone e penalizzare un territorio già provato da un isolamento aggravatosi a seguito del crollo del Ponte Morandi.
(5-00902)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OCCHIONERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il comitato «Liscione sicuro» è un comitato nato per sollecitare sia gli organismi regionali che i Ministeri competenti a mantenere gli impegni previsti dal Patto per il Molise del 2016 in materia di tutele del territorio;

   tra gli interventi prioritari indicati nel Patto per il Molise figura il ripristino della sicurezza del territorio attraverso il collaudo e messa in sicurezza dell'invaso del Liscione;

   a preoccupare il comitato «Liscione sicuro» è lo stato della diga del Liscione e quello del viadotto che attraversa il lago della Guardialferia, un'opera che risale agli anni ’70 fondamentale per il collegamento tra il centro della regione Molise e la costa adriatica, tenuto conto di una insufficiente rete ferroviaria e la tortuosità delle strade che potrebbero essere utilizzate come alternative;

   va tenuto conto della tragedia del crollo del ponte di Genova e del fenomeno tellurico che ha interessato anche recentemente la regione Molise, acuendo le preoccupazioni dei molisani in merito allo stato del viadotto, che nel caso di un evento grave potrebbe provocare la chiusura del viadotto con gravi ripercussioni sulla mobilità locale;

   il viadotto che attraversa il lago della Guardialferia le cui condizioni non sembrano essere ottimali ha portato alla imposizione del limite di velocità a 50 km/h dettato secondo quanto dichiarato dall'assessore regionale Vincenzo Niro, da un «elemento di prudenza» –:

   se non ritenga, per quanto di competenza, assumere iniziative atte alle necessarie verifiche e alla effettuazione di controlli accurati sullo stato di conservazione dei materiali del viadotto, nonché sulle basi sommerse dei piloni;

   se non ritenga utile promuovere, per quanto di competenza, un tavolo di confronto con Anas e regione Molise e altri soggetti interessati al fine di verificare la possibilità di realizzare una strada collocata sul versante di Guardalfiera che colleghi il bivio di Lupara con l'area dell'ex zuccherificio del Molise come proposto dal Comitato «Liscione sicuro».
(4-01572)


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21 della Maddalena, che collega il sud del Piemonte con il sud francese, attraverso il Colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con il comune di Gap (Hautes-Alpes, PACA), è un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati) in parte per il trasporto merci tra Italia e Francia e in parte per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle; la sua gestione è affidata ad Anas S.p.a;

   il manto stradale della strada statale 21 appare in condizioni critiche, con asfalto molto risalente negli anni e lavori di manutenzione ordinaria che hanno costellato il percorso di toppe e aggiustamenti vari;

   le condizioni del manto stradale sono rese tali anche a causa degli agenti atmosferici che, ad alta quota, influiscono pesantemente con il suo mantenimento; occorre considerare inoltre che ormai, ogni inverno, la strada rimane chiusa per giorni o settimane a causa delle valanghe che ostruiscono il passaggio e mettono a rischio l'incolumità di automobilisti e camionisti, causando oltretutto il blocco delle vie di comunicazione del Piemonte sud-occidentale con la Francia;

   per risolvere il problema, negli ultimi anni, è stato adottato da Anas e dalle istituzioni locali il Pidav, Piano di intervento per il distacco artificiale delle valanghe, allo scopo di monitorare e manipolare le masse nevose per una regolazione e messa in sicurezza della circolazione. Tale soluzione non ha però impedito nuove chiusure della strada;

   all'interno della convenzione Pidav era stato inserito l'impegno di Anas a realizzare uno studio di fattibilità per la progettazione e realizzazione delle strutture paravalanghe, considerate la migliore soluzione per garantire una normale circolazione e il miglior mantenimento della strada statale 21;

   tale progettazione è prerequisito affinché Anas possa inserire l'intervento nei futuri contratti di programma;

   recentemente, i collegamenti stradali con la Francia sono stati resi maggiormente difficoltosi a causa delle necessarie misure cautelative e di rinforzo rispetto ai lavori eseguiti nei pressi del tunnel del Tenda, il cui cantiere è attualmente fermo, nonché dal crollo del Ponte Morandi di Genova;

   alle prime esigue nevicate del 2018, la strada statale 21 è rimasta chiusa per ben 4 giorni, dal 1° novembre 2018 alla mattina del 5 novembre, causando notevoli danni, oltre che per gli autotrasportatori, per il turismo della Valle Stura –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per il miglioramento dei collegamenti transalpini nella provincia di Cuneo, con particolare attenzione per la strada statale 21;

   quale sia lo stato della progettazione dei paravalanghe per la strada statale 21 del Colle della Maddalena da parte di Anas s.p.a.;

   quali iniziative intenda adottare per la manutenzione ordinaria e straordinaria della strada statale 21 del Colle della Maddalena, vista anche la sua permanente centralità nei collegamenti transalpini causata dalla chiusura dei cantieri per il raddoppio del tunnel del Tenda e dal crollo del Ponte Morandi a Genova.
(4-01574)


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tunnel del Colle di Tenda in Piemonte, ultimato nel 1898 è uno dei più vecchi in esercizio; l'accordo di Parigi del 12 marzo 2007 ha previsto la realizzazione di un nuovo tunnel, i cui lavori sono stati aggiudicati nel 2012 da Grandi Lavori Fincosit e sono iniziati il 21 novembre 2013, con previsione di ultimazione entro febbraio 2020; il cantiere è uno dei più importanti del nord Italia, comportando un investimento di 176 milioni di euro (al 58 per cento pagati dall'Italia, al 42 per cento dalla Francia); tuttavia Anas il 23 gennaio 2018 ha comunicato l'avvio della procedura di risoluzione contrattuale, iniziando il 30 aprile le operazioni per la definizione dello stato di consistenza;

   nell'estate del 2017, i sindaci francesi della valle Roya hanno scelto di vietare il transito ai tir superiori alle 19 tonnellate, causando grave danno economico alle imprese e agli autotrasportatori italiani che operano nel dipartimento delle Alpi Marittime; per assurdo, i tir provenienti da altri Paesi europei, non essendo a conoscenza del divieto, continuano a utilizzare il tunnel di Tenda per raggiungere la valle Roya, provocando anche incidenti come l'incastro dei mezzi pesanti nella galleria e bloccando il traffico;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispondendo in data 5 ottobre all'interrogazione n. 4-00247 del primo firmatario del presente atto, affermava che le operazioni per la definizione dello stato di consistenza sono terminate il 3 luglio 2018, ma che tale percorso non è tuttavia concluso;

   il Ministro affermava altresì che fossero in corso la verifica dei requisiti e della documentazione di imprese classificatesi al secondo posto nella graduatoria della gara originaria, per accertare la possibilità di affidargli l'incarico, con l'obiettivo di poter riavviare i lavori «per il prossimo autunno»;

   il crollo del Ponte Morandi a Genova, avvenuto nell'agosto del 2018, limitando i collegamenti con la Francia ha impattato direttamente sui collegamenti alpini piemontesi, fra i quali il Colle di Tenda e la strada statale 21 della Maddalena, che si trovano oggi sottoposte ad un forte aggravio di traffico –:

   considerato che la risposta del Ministro interrogato all'interrogazione di cui in premessa era stata fornita nel momento in cui l'autunno 2018 era iniziato da due settimane, se il Ministro interrogato ritenga di far ripartire i lavori sopra citati nell'autunno del 2019 o se, viceversa, non ritenga indispensabile per i lavoratori, gli autotrasportatori e le imprese cuneesi e italiane attivarsi affinché i lavori per il raddoppio del tunnel di Tenda siano ripresi nel più breve tempo possibile;

   quali iniziative intenda adottare per garantire la ripresa dei lavori in tempi brevi e certi per la costruzione del tunnel Tenda bis, collegamento infrastrutturale indispensabile per i lavoratori e le imprese della provincia di Cuneo verso le valli Roya e Vermenagna, nonché per tutto il Nord ovest del Paese, anche al fine di tutelare lavoratori finora occupati all'interno del cantiere e per garantire la salvaguardia del traforo originale.
(4-01575)


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada A33 Asti-Cuneo rappresenta un'infrastruttura fondamentale per il collegamento e lo sviluppo dei due capoluoghi piemontesi; essa è gestita dall'Autostrada Asti-Cuneo spa, controllata dal gruppo Gavio, costituita il 23 marzo 2006, in qualità di concessionaria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   il primo finanziamento per la costruzione dell'opera risale a 17 anni fa per il tramite della legge n. 295 del 1998;

   la costruzione dell'Asti-Cuneo è ferma da anni nel tratto Roddi-Cherasco e nell'area di Verduno a causa della mancanza di accordo sul progetto definitivo, per il quale sono state previste negli anni tre soluzioni alternative con costi molto diversi fra loro; è stata infine individuata come maggiormente plausibile, visti i minori costi, la soluzione esterna alla collina di Verduno;

   su tale soluzione, il Ministro pro tempore Delrio ha raggiunto un accordo di cross-financing in sede europea per finanziare la realizzazione di infrastrutture strategiche per lo sviluppo del Paese; tale accordo è stato recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, prevedendo 398 milioni di euro destinati alla Satap per il periodo dal 1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2030, allo scopo di realizzare il tratto mancante dell'A33 Asti-Cuneo. La dotazione annuale è di 33,16 milioni di euro;

   il 26 settembre 2018 i sindaci del territorio cuneese, assieme ai rappresentanti delle categorie economiche e ad alcuni parlamentari della provincia, hanno incontrato il Ministro interrogato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, onde verificare la volontà del Governo di completare l'autostrada; in tale sede il Ministro ha confermato questa volontà, ma ha affermato di star conducendo una trattativa con il concessionario; il Ministro, pur sollecitato da alcuni dei presenti, non è tuttavia voluto scendere nel dettaglio del contendere, non precisando se si tratti su opere compensatorie o su una vera e propria revisione dei rapporti concessori a livello nazionale, che più volte ha dichiarato di voler portare avanti; né ha indicato tempi precisi per la conclusione di questa trattativa, della quale non è riportata notizia alcuna dai canali d'informazione del Ministero;

   il 25 ottobre 2018 si è riunito, per la prima volta dall'insediamento di questo Governo, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, senza porre all'ordine del giorno l'autostrada Asti-Cuneo;

   i cittadini, i lavoratori e le imprese delle province di Asti e di Cuneo attendono da oltre 20 anni il completamento della A33; ogni ulteriore messa in discussione del progetto o dell'accordo di cross-financing raggiunto in sede europea comporta il rischio di perdita dei fondi e l'ennesimo rinvio della cantierabilità dell'opera –:

   quale sia l'oggetto della trattativa fra il Ministro interrogato e il concessionario della A33 Asti-Cuneo in merito al completamento della stessa autostrada e all'utilizzo dei fondi di cui all'accordo di cross-financing;

   quali iniziative intenda adottare per garantire che siano il più rapidamente possibile messi in appalto e aperti i cantieri per il completamento dell'A33 Asti-Cuneo.
(4-01576)


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 aprile 2017 si è verificato il crollo della campata dell'asta di svincolo per Marene al chilometro 61,300 della tangenziale di Fossano, strada statale 231 «di Santa Vittoria», la quale è stata chiusa in entrambe le direzioni tra i chilometri 59 e 66;

   la costruzione di questo tratto di tangenziale risale all'inizio degli anni ’90, ad opera della società Itinera, appartenente al gruppo Gavio;

   nel giugno 2010 nella zona del cedimento si erano registrati problemi di dissesto del manto stradale e di spostamento del guard-rail, tali da portare al restringimento della carreggiata per un lungo periodo;

   nel crollo è stata schiacciata e distrutta un'auto dei carabinieri, i quali fortunatamente non si trovavano all'interno del veicolo, né al di sotto del ponte, e sono rimasti illesi; allo stesso tempo, alcun veicolo stava transitando sul viadotto, evitando così il verificarsi di incidenti peggiori che potevano coinvolgere un maggior numero di auto e persone;

   l'Anas, nel corso del pomeriggio dello stesso giorno, con una nota sul proprio sito ha dichiarato che l'infrastruttura era sottoposta a monitoraggio, ed era stata ispezionata la mattina stessa da parte del sorvegliante e del capo nucleo senza che fosse «risultata visibile alcuna criticità»;

   a giugno 2017 sono stati rimossi i blocchi generati dalla rottura, posizionati in un vicino piazzale e ad oggi devono ancora essere smaltiti;

   nei primi mesi del 2018 sono stati approvati dall'Anas alcuni interventi sulle travi dei viadotti della strada statale 231, ma non sono tuttora emerse indicazioni definitive sull’iter di messa in sicurezza e sulle tempistiche precise per la ricostruzione del tratto crollato;

   i cittadini e le attività economiche sono penalizzate dall'impossibilità di utilizzare questa infrastruttura fondamentale per la viabilità di quest'area della provincia di Cuneo –:

   se gli strumenti e le modalità ispettive impiegate da Anas, e in particolare da Anas Piemonte, siano aggiornate e adeguate a rilevare danni di criticità tale da portare al crollo improvviso di un'infrastruttura poche ore dopo un'ispezione dall'esito positivo;

   quali siano le motivazioni e le cause del crollo in base alle indagini fin qui condotte da parte di Anas e dei tecnici del Ministero;

   quali siano i finanziamenti previsti per la manutenzione ordinaria e straordinaria di questo genere di opere e quale sia stato il percorso manutentivo ricevuto dall'infrastruttura in questione negli ultimi venticinque anni;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la rapida ricostruzione del ponte crollato, al fine di assicurare il ritorno alla normalità per la viabilità della città di Fossano e della provincia di Cuneo.
(4-01580)


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21, che collega il sud del Piemonte con il sud della Francia attraverso il colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con Gap (Hautes-Alpes, PACA), attraversa i comuni di Demonte ed Aisone ove la strada passa all'interno dei centri abitati con strettoie pericolose sia per la transitabilità ordinaria, sia per la sicurezza statica degli edifici prospicienti;

   detta strada statale è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati) in parte per il trasporto merci tra Italia e Francia e in parte per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle;

   il consiglio di amministrazione dell'Anas approvava, già nel 2008, un progetto preliminare per una variante alla strada statale 21 «Colle della Maddalena» in provincia di Cuneo, che prevedeva una spesa complessiva dell'opera di circa 252 milioni di euro da realizzarsi in tre lotti, di cui il primo (variante di Demonte) era inserito già nel contratto di programma Anas 2007-2011, con previsione d'appaltabilità nel 2009;

   il primo lotto ha visto la progettazione di due varianti, la prima quasi completamente in sotterraneo, con un costo complessivo di investimento pari a circa 100 milioni di euro; la seconda con un tracciato più breve a valle dell'abitato, con una sola galleria, di circa 500 metri di lunghezza, e un viadotto, di pari lunghezza (per la quale è stato elaborato nel 2011 uno studio di fattibilità condiviso dagli enti locali), con un investimento complessivo di circa 51 milioni di euro;

   la seconda soluzione è stata inserita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella programmazione 2016-2020;

   il sindaco di Demonte, dal giugno 2016, ha dovuto ridurre la circolazione dei mezzi pesanti all'interno del centro abitato per consentire la realizzazione di opere di ristrutturazione di edifici del 1600 di grande pregio storico e artistico, che presentano lesioni strutturali a causa del traffico pesante, con la deviazione del senso di marcia direzione Francia sulla strada provinciale 337 fino a dicembre 2016 per i mezzi pesanti;

   il progetto definitivo relativo all'intervento «SS 21 della Maddalena Variante di Demonte e Vinadio (Airone) Lotto I-variante di Demonte», inserito nel contratto di programma 2016-2020, è stato sottoposto, ai sensi dell'articolo 215, commi 3 e 5 del 9.1, 1p, 50/2016, all'esame del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che si è espresso – parere n. 39 del 21 giugno 2018 – favorevole con osservazioni;

   con avviso pubblico del 30 maggio 2018, protocollato dal comune di Demonte il 5 giugno 2018, Anas ha avviato la procedura di valutazione d'impatto ambientale; in virtù di ciò è atteso il parere dei Ministeri competenti per poter disporre la gara d'appalto dell'opera in questione –:

   visti i danni strutturali che il traffico pesante sta causando ai centri abitati e la necessità di salvaguardare nel futuro le ristrutturazioni messe in opera dal comune di Demonte, se si ritenga di emanare i pareri in questione per la messa a gara dell'opera entro la fine del 2018;

   se, nel caso in cui tale variante riscontrasse criticità dovute al passaggio in zone di protezione speciale, siano reperibili e disponibili i fondi per la realizzazione della prima variante, dal costo di 100 milioni di euro.
(4-01582)


   DI SARNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la sentenza del Consiglio di Stato n. 5045/2018 è intervenuta sulla vicenda riguardante l'emergenza abitativa nel comune di Pollena Trocchia che, con deliberazione consiliare n. 130/1975, individuava le aree per insediamenti residenziali relativi all'edilizia economica e popolare, assegnando in concessione il diritto di superficie ad alcune società, tra cui la cooperativa edilizia regione Campania n. 349, con cui stipulava le convenzioni n. 45/1978 e n. 108/79, che prevedevano, esplicitamente, il divieto di cessione del diritto di superficie a terzi estranei alla cooperativa, sanzionando tale ipotesi con la decadenza dal diritto e l'acquisizione al patrimonio del comune delle opere eventualmente eseguite;

   il 23 novembre 1999 la cooperativa suddetta veniva posta in liquidazione coatta amministrativa e, successivamente, il commissario liquidatore nominato procedeva alla vendita a terzi degli alloggi rientranti nel patrimonio della stessa, per cui, a quanto risulta all'interrogante, gli originari soci della cooperativa, che avevano versato cifre consistenti e beneficiato del contributo della regione Campania di lire 24.500.000 pro capite, venivano allontanati dalle abitazioni loro spettanti in cui avevano vissuto e per cui avevano versato 100 milioni di lire;

   successivamente, i soggetti allontanati dalle proprie abitazioni presentavano una serie di diffide e ricorsi in sede amministrativa, incentrati sul divieto di vendere a terzi, in violazione dell'articolo 19 della convenzione stipulata tra il comune di Pollena Trocchia e cooperativa regione Campania n. 349 che prevedeva: «...è vietata la cessione a terzi del diritto di superficie»;

   il Tar Campania, con sentenza n. 9564/2006, passata in giudicato, ha ordinato al comune di Pollena Trocchia di provvedere in ordine alla diffida notificata in data 3 aprile 2006 nella quale si chiedeva di revocare la convenzione di costruzione in diritto di superficie salvaguardando in tal modo i diritti dei soci espropriati dai loro appartamenti e quelli del comune nel cui territorio si stavano verificando tali scempi;

   in assenza di qualsivoglia attività da parte dell'amministrazione, venne chiesta la nomina di un commissario ad acta, nomina concessa con sentenza Tar Campania n. 3786/2007;

   il 6 novembre 2007 veniva notificata al comune di Pollena Trocchia una ulteriore diffida per l'inottemperanza a dichiarare la decadenza della convenzione;

   con sentenza n. 3041/2008 il Tar Campania ha ordinato all'amministrazione di provvedere anche su tale ulteriore diffida;

   con sentenza n. 9333/2008 il Tar Campania nominava commissario il prefetto di Napoli per l'esecuzione di tale sentenza;

   il 6 novembre 2008 il commissario ad acta ha emanato il provvedimento con cui dichiarava decaduta la convenzione n. 45 del 4 luglio 1978 tra il comune di Pollena Trocchia e la cooperativa succitata;

   con sentenza n. 327 del 2017 il Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza del commissario, invitando l'amministrazione comunale a «non conservare necessariamente la convenzione a suo tempo stipulata, ma a valutare ponderatamente, con l'ausilio della partecipazione procedimentale dei soggetti interessati e contro interessati in primis in profili dell'imputabilità del comportamento inadempitivo ed in secundis le conseguenze e la sostenibilità della caducazione contrattuale, nell'ambito di un bilanciamento di interessi che è rimesso all'amministrazione o al Commissario ad acta in sua sostituzione»;

   a seguito di tale sentenza veniva proposto giudizio di ottemperanza e con sentenza n. 5045/2018 veniva disposta la nomina di un commissario ad acta per porre in essere tutta una serie di attività dirette a garantire ai soci della Cooperativa succitata la possibilità di tornare in possesso delle abitazioni ove avevano vissuto –:

   alla luce delle criticità che emergono dalla vicenda sopra descritta, se non intenda adottare iniziative normative volte a disciplinare in modo più stringente e puntuale le procedure relative all'assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare, con particolare riguardo all'alienazione a prezzo di mercato a terzi delle abitazioni spettanti alle famiglie socie delle cooperative come nel caso in esame, allo scopo di evitare il ripetersi di casi analoghi.
(4-01585)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la polizia di Stato ha implementato negli ultimi anni il protocollo E.v.a. (esame violenze agite), una procedura che codifica le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia e consente di inserire nella banca dati delle forze di polizia (Sdi) — indipendentemente dalla proposizione di una denuncia o querela — una serie di informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare;

   si tratta di un protocollo nato grazie dalla collaborazione tra la polizia di Stato e il dipartimento di psicologia dell'università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e adottato in via sperimentale nel 2014 dalla questura di Milano, mentre dal gennaio del 2017 il protocollo (Eva) è stato diffuso su tutto il territorio nazionale;

   grazie a questo protocollo, le forze di polizia, in caso di pronto intervento, prima di giungere in loco, sono già in grado di conoscere quanti altri interventi dello stesso genere ci siano stati, se qualcuno detiene armi o ha precedenti di polizia;

   in tal modo, gli operatori possiedono molti più elementi per gestire situazioni fortemente conflittuali e adottare tutti i provvedimenti necessari;

   notizie, dati, dettagli vengono inseriti ed esaminati grazie alla compilazione di check-list che consentono di ricostruire i fatti in modo completo e accurato;

   tuttavia, all'interrogante risulta che il protocollo in questione non sia impiegato tramite sistemi informatizzati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, con possibili ripercussioni sull'uniformità della gestione dei casi tra questure diverse –:

   se quanto esposto in premessa, in relazione all'informatizzazione delle procedure legate al protocollo (E.v.a.) della polizia di Stato, corrisponda al vero e, in tal caso, se e quali iniziative intenda intraprendere al fine rendere omogenei e informatizzati i relativi procedimenti su tutto il territorio nazionale.
(3-00304)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   era convocato con regolare richiesta da parte del «Comitato N0194» ed omonima associazione (no 94) un Corteo a tema «No alla legge 194», in data sabato 13 ottobre 2018 a Milano, presso piazza Cadorna alle ore 15,30;

   con provvedimento notificato alle ore 13,40 dello stesso giorno presso il presidente dell'associazione, solo 80 minuti prima dell'inizio dell'evento, il permesso per il corteo è stato revocato e convertito in presidio;

   la motivazione del diniego al Corteo è che «in rete detta manifestazione è pubblicizzata come iniziativa promossa dal partito politico Forza Nuova, alla presenza del segretario nazionale Roberto Fiore» e che tale pubblicità attribuirebbe all'evento medesimo «una connotazione differente da quella oggetto del preavviso formale»;

   tale asserzione pare all'interrogante del tutto erronea in quanto nel volantino ufficiale della manifestazione campeggia esclusivamente il logo del «Comitato N0194» e l'immagine di un feto con i pugnetti alzati;

   la manifestazione, giunta alla terza edizione, aveva già ospitato esponenti politici come relatori, in applicazione dell'articolo 21 della Costituzione –:

   quali elementi intenda fornire circa la fondatezza delle motivazioni di fatto alla base del provvedimento assunto dal questore, anche a tutela dell'associazione, che riafferma, come da suo statuto, il carattere apartitico.
(4-01569)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Bergamo soffre da alcuni anni di un pesante deficit di organico delle forze dell'ordine. Ormai troppo spesso i sindacati di polizia denunciano tale carenza e, recentemente, anche il procuratore della Repubblica di Bergamo ha lanciato un appello raccolto dalla stampa locale sulla necessità di incrementare l'organico delle forze dell'ordine;

   l'appello si riferisce in particolare alla necessità di affiancare altri uomini, e mezzi adeguati, ai circa 800 carabinieri effettivi, impiegati giornalmente su tutto il vasto territorio dell'intera provincia bergamasca;

   come l'interrogante ha più volte sottolineato in altri atti di sindacato ispettivo, l'organico delle forze dell'ordine per la provincia di Bergamo è fermo dal 1989. Questa situazione arriva al paradosso che costringe la regione Lombardia e alcuni comuni della provincia di Bergamo a stipulare contratti con istituti di vigilanza privati, pur di assicurare ai cittadini servizi di tutela della loro sicurezza, servizi che i cittadini finiscono per pagare due volte –:

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'incremento dei carabinieri in provincia di Bergamo e quali tempistiche occorra ancora attendere prima che tale rinforzo giunga a una piena operatività sul territorio.
(4-01577)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la conoscenza della storia è elemento essenziale nella formazione dell'uomo e del cittadino e concorre in maniera primaria alla formazione delle idee permettendo di comparare i diversi accadimenti che hanno caratterizzato nei secoli gli eventi politici anche della propria nazione;

   l'Italia è la culla dell'arte, dell'architettura, della musica e della storia d'Europa;

   per dirla con Cicerone, «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell'antichità» (De Oratore II, 9, Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis);

   ogni città italiana è ricca di monumenti che richiamano nel nostro Paese milioni di turisti, ognuno dei quali forma parte integrante della storia dell'Occidente;

   secondo i dati rilevati da Alma Laurea i laureati in storia nell'anno 2018 sono i più flessibili e capaci di adattamento nell'ingresso al mondo del lavoro, e appare quindi quanto mai necessaria la valorizzazione dello studio della materia;

   come detto dal Coordinamento della giunta centrale per gli studi storici e delle Società degli storici, «la scomparsa della tradizionale traccia di Storia dalle tipologie previste per l'esame di maturità sembra seguire un percorso di marginalizzazione della storia nel curriculum scolastico e aggiunge: Svilire in questo modo la specificità del sapere storico nella formazione scolastica significa inoltre accelerare, forse senza rendersene conto, un processo già in atto di riduzione del significato dell'esperienza del passato come patrimonio di conoscenze per la costruzione del futuro»;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la circolare del 4 ottobre 2018, n. 3050, e il documento conclusivo del gruppo di lavoro nominato con decreto ministeriale n. 499 del 10 luglio 2017, incaricato di «elaborare proposte per migliorare le competenze, conoscenze e abilità nella lingua italiana degli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado», ha eliminato il tema storico dalle tracce della maturità, in quanto l'ambito storico si troverà solo nel testo di tipo argomentativo;

   questa scelta è stata fatta senza che nessuno abbia mai consultato gli storici, gli insegnanti e gli studenti, nelle scuole e nel mondo accademico –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare il tema storico all'interno dell'esame di maturità.
(2-00171) «Frassinetti, Lollobrigida».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LORENZIN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 9 maggio 2018, n. 58, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (regolamento recante gli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo) modifica in modo sostanziale le modalità di accesso all'esame di Stato;

   tale decreto ministeriale, all'articolo 3, sottolinea come il tirocinio pratico-valutativo, parte integrante dell'esame di Stato, ha una durata complessiva di tre mesi ed è espletato durante i corsi di studio di cui all'articolo 1, comma 1, non prima del quinto anno di corso e purché siano stati sostenuti positivamente tutti gli esami fondamentali relativi ai primi quattro anni di corso previsti dall'ordinamento della sede dell'università. Inoltre, il tirocinio è organizzato secondo quanto stabilito dagli ordinamenti e dai regolamenti didattici di ciascun corso di studi;

   all'articolo 7, comma 2, viene definita come data di prima applicazione del nuovo regolamento la sessione di esame del mese di luglio 2019, coinvolgendo quindi gli studenti iscritti dal 1° ottobre 2018 al VI anno del corso di studi;

   gli studenti attualmente iscritti al VI anno non potrebbero usufruire del tempo utile allo svolgimento dei tirocini come previsto dall'articolo 3 (che prevede che possano essere espletati dal V anno di corso);

   la parità di trattamento e di opportunità rientra negli obblighi di solidarietà propri di uno Stato civile;

   tali studenti, anche qualora riuscissero in modo meritorio a sostenere l'esame di Stato nella sessione del luglio 2019, vedrebbero vanificati i propri sforzi. Infatti, si avrebbe un numero maggiore di studenti che competono per le scuole di specializzazione e per le scuole di medicina generale rispetto ai contratti effettivamente disponibili;

   la mozione della Conferenza permanente dei presidenti del corso di laurea in medicina e chirurgia, sull'applicazione del suddetto decreto ministeriale, è stata inviata al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e ha rilevato le anomalie esistenti a cui deve essere data una tempestiva risposta –:

   se non ritenga necessario adoperarsi, nell'ambito delle sue competenze, affinché la prima sessione degli esami di Stato secondo il nuovo regolamento sia posticipata a luglio 2020.
(4-01564)


   FRASSINETTI, BUCALO e DONZELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la borsa di studio denominata «lo studio voucher 2017-2018» destinata agli studenti con un Isee inferiore a 10.632,90 euro e di cui è stata stilata una graduatoria in ogni regione risulta mai erogata;

   il sito relativo a questo bando, riguardante la regione Campania dava in data 2 maggio 2018 l'accreditamento come imminente in poche settimane;

   questo elenco è stato poi però bloccato e ripresentato dopo il depennamento di alcune situazioni irregolari di studenti non iscritti o iscritti in altre regioni e ripubblicato l'8 agosto 2018;

   sul sito gestito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e pubblicata questa citazione: «Per consentire a tutti gli studenti individuati dalle Regioni come beneficiari della borsa di studio di potere accedere al servizio, sono in corso le operazioni di completamento delle rispettive graduatorie e di caricamento degli elenchi all'interno del sistema»; e ancora «Al termine delle operazioni sopra descritte, sarà possibile fornire ulteriori dettagli relativi alle tempistiche e alle modalità di erogazione delle borse di studio»;

   fino al 28 ottobre 2018 agli studenti campani non è stato possibile accedere ai voucher tramite il sito, né tanto meno ricevere l'accredito sulla carta all'uopo abilitata;

   questo poteva essere un modo per fornire agli studenti in difficoltà i fondi per l'acquisto del materiale in modo rapido;

   in regioni come la Campania gli studenti non possono avvalersi del comodato d'uso per i libri, dei buoni scuola e anche i «buoni libro» sono spesso erogati in ritardo –:

   quali siano i motivi che impediscono a migliaia di studenti di usufruire di un supporto concreto al loro percorso di studio.
(4-01573)


   FRASSINETTI, BUCALO e DONZELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in relazione al vincolo delle due annualità per partecipazione al concorso straordinario per docenti, la normativa di riferimento, decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» («decreto dignità»), convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, in particolare dall'articolo 4, comma 1-quinquies, lettere a) e b) riserva la possibilità di accesso al concorso straordinario esclusivamente a coloro i quali, in possesso del titolo abilitante, «(...) abbiano svolto, nel corso degli ultimi otto anni scolastici, almeno due annualità di servizio (...) valutabili come tali ai sensi dell'articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124»;

   gli insegnanti che hanno conseguito il titolo di specializzazione sul sostegno in occasione dell'ultimo percorso formativo avviato (anno accademico 2016/2017) conclusosi il 30 giugno 2018 hanno dovuto obbligatoriamente frequentare nel periodo tra settembre 2017 e giugno 2018 e a causa del relativo tirocinio formativo previsto dalla norma ben difficilmente avranno potuto accettare supplenze a causa della incompatibilità oggettiva tra la frequenza obbligatoria del percorso di specializzazione e l'orario di lavoro proposto dalle scuole;

   gli insegnanti che hanno partecipato al percorso di specializzazione sul sostegno non hanno potuto maturare l'annualità prevista dall'articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124. Il Consiglio di Stato (sez. VI, con ordinanza n. 5134/18 depositata il 3 settembre) ha rinviato alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 2, lettera b), e comma 3 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, che ha disposto – in via transitoria e in deroga al principio per il quale al concorso per l'insegnamento possono accedere tutti i laureati che hanno conseguito un certo numero di crediti qualificanti – un concorso straordinario riservato ai soli «abilitati» (cioè a chi e in possesso, oltre che della laurea, anche del titolo necessario nel sistema previgente);

   nell'ordinanza, il Consiglio di Stato osserva che nel periodo dal 1990 al 2017, aver conseguito l'abilitazione è «dipeso da un complesso di circostanze casuali, non dipendenti dalla diligenza o dal merito dell'interessato..., cosicché, il mantenere la riserva agli abilitati costituirebbe un'irragionevole disparità di trattamento» –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per modificare la normativa di cui all'articolo 4, comma 1-sexies, del decreto-legge n. 87 del 2018 specificando che ai soli fini della partecipazione alla procedura concorsuale relativa ai soli posti di sostegno, la frequenza, con esito positivo, ai percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità equivale al possesso di due annualità di servizio ai sensi dell'articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124.
(4-01584)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MANDELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   una delle principali novità introdotte dalla legge n. 96 del 2018 di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018 n. 87 (cosiddetto decreto dignità) è rappresentata dalla modifica dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, il quale prevede che la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato senza causale possa avvenire solo ed esclusivamente per un periodo di durata non superiore ai 12 mesi e riduce la durata massima del contratto a tempo determinato a 24 mesi;

   dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali diffusa il 31 ottobre 2018 in extremis, la causale è necessaria anche se il superamento dei 12 mesi avviene in seguito alla proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi. Quanto alla durata massima, valida sia per il tempo determinato che per la somministrazione a termine (da quanto si evince dalla circolare), dopo i 24 mesi è ancora possibile rinnovare il contratto per altri 12 mesi, ma con l'obbligo di causale;

   già ad agosto 2018 un'indagine commissionata da ManagerItalia ad AstraRicerche segnalava che il «decreto dignità» avrebbe portato ad una diminuzione dell'occupazione complessiva; infatti, solo un manager su dieci (9,2 per cento, 5,7 per cento del totale) pensava ci potesse essere un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato e la maggioranza degli intervistati sosteneva che, nella propria azienda, le assunzioni con contratto a termine sarebbero state disincentivate;

   gli ultimi dati forniti dall'Istat il 31 ottobre 2018 evidenziano un ulteriore calo dell'occupazione nel mese di settembre 2018 di -0,1 per cento su base mensile, pari a -34 mila unità, con conseguente calo del tasso di occupazione che scende al 58,8 per cento (-0,1 punti percentuali). La diminuzione degli occupati nel mese di settembre si concentra tra i dipendenti permanenti (-0,5 per cento, pari a -77 mila), mentre quelli a termine registrano una tendenza positiva (+0,8 per cento, +27 mila);

   dal 1° novembre 2018 è terminato il regime transitorio previsto dal decreto e la stessa normativa sui contratti a termine si applica anche ai rinnovi e alle proroghe contrattuali e già si registrano le prime ripercussioni in termini di occupazione; infatti, si susseguono le notizie di lavoratori che non vedranno rinnovato il contratto di lavoro;

   è quello che è accaduto a Lecce, dove 200 lavoratori in somministrazione del call center Comdata hanno ricevuto comunicazione del mancato rinnovo del contratto in somministrazione scaduto il 31 ottobre 2018. Nell'azienda salentina, accanto a 1.200 impiegati con contratto a tempo indeterminato, sono impiegate altre 800 persone tra lavoratori con contratto di somministrazione e collaboratori. I primi mancati rinnovi si sono già registrati nei mesi precedenti, e nei giorni scorsi sono arrivate le comunicazioni per altre duecento persone. Stessa situazione a Taranto, dove 60 lavoratori in somministrazione del call center Teleperformance resteranno senza lavoro;

   secondo le stime della città metropolitana di Milano, finora i contratti a termine già tagliati sono stati circa 6 mila. Solo tra le partecipate del comune di Milano, i lavoratori a rischio sarebbero 700;

   il calcolo della Cisl Lombardia è che solo il 10 per cento otterrà il posto fisso per effetto del «decreto dignità», mentre il 70 per cento cadrà nelle lame del turnover. E a finire nel riciclo continuo di lavoro, saranno soprattutto gli occupati poco qualificati, facilmente sostituibili;

   secondo i calcoli del Sole240re, entro fine anno, i contratti a tempo determinato in scadenza sono 521 mila, di cui la metà nel Nord Italia –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato sugli sviluppi del mercato del lavoro a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 87 del 12 luglio 2018, convertito dalla legge n. 96 del 9 agosto 2018;

   quali iniziative intenda mettere in campo per incentivare l'occupazione in Italia.
(3-00306)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   EPIFANI e ROSTAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Inps predispone annualmente ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 150 del 2009 il piano della performance adottando obiettivi strategici e operativi in ragione del ciclo di programmazione finanziaria e di bilancio;

   il piano definisce – così come descritto dall'Inps – «gli indicatori utili per la misurazione, la valutazione e la rendicontazione della performance, nell'ottica del miglioramento della qualità dei servizi offerti e della valorizzazione del merito personale»;

   il piano della performance 2018-2020 dell'Inps è stato adottato con determinazione n. 24 del 13 marzo 2018;

   all'interno del piano sopra menzionato ci sono, tra le altre cose, incentivi sotto forma di integrazioni del salario ai medici Inps che «tagliano» le prestazioni dell'istituto;

   nello specifico, a pagina 61 dell'allegato tecnico alla sopra menzionata determinazione, al paragrafo «Obiettivi produttivi ed economico finanziari dei professionisti e medici», al comma 3.1.1., si indicano tra gli obiettivi per il cui raggiungimento professionisti legali e medici svolgono un ruolo decisivo, le Vmc (visite mediche di controllo), l'annullamento di prestazioni dirette malattia e le revoche di prestazioni per invalidità civile;

   in sostanza, negare prestazioni per malattie e revocare prestazioni per invalidità sono considerati tra i criteri di valutazione utili alla retribuzione di risultato dei medici;

   da questa attività, secondo le tabelle dell'Inps, si otterranno minori prestazioni per 10 milioni di euro;

   la determinazione in questione ha sollevato polemiche, critiche e preoccupazioni;

   l'Anmi (Associazione nazionale medici Inps), con un comunicato del 18 settembre 2018, ha contestato gli obiettivi, ritenendo «che alcuni siano incompatibili con le norme deontologiche (revoca di prestazioni di invalidità civile)»;

   anche l'Ordine nazionale dei medici ha contestato il provvedimento: «Questo incentivo - ha dichiarato il presidente Filippo Anelli -, se confermato, è un'aberrazione per la professione medica e segna il tradimento di princìpi costituzionali. Chiunque debba valutare, sappia che siamo contrari»;

   contro la determinazione sono insorti nei giorni scorsi anche i sindacati; con un documento a firma congiunta, le tre sigle confederali Fp Cgil, Cisl Fp e Uilpa, hanno definito l'erogazione di simili premi di risultato ai medici come «lesiva dei princìpi di libertà e di indipendenza della professione medica» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, al fine di impedire alla procedura di cui in premessa di confliggere con i princìpi della deontologia della professione medica.
(5-00907)


   SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'avvio della gestione di ArcelorMittal dell'impianto Ilva di Taranto rappresenta senz'altro un importante punto di svolta per il più grande impianto di produzione di acciaio d'Europa, un risultato che ha visto il fattivo ruolo delle organizzazioni sindacali e il sostegno della stragrande maggioranza dei lavoratori espresso, nel settembre 2018, in occasione del referendum sull'accordo per il rilancio dell'impresa;

   tuttavia, proprio nei giorni scorsi le sigle sindacali più rappresentative (Firn, Fiom, Uilm e Usb di Taranto) hanno denunciato pubblicamente e con una lettera inviata all'amministratore delegato di Am InvestCo Italia, Jehl Matthieu, e, per conoscenza, al Ministro dello sviluppo economico gravissime anomalie rispetto all'applicazione dei criteri di legge in ambito selettivo del personale;

   si lamenta che l'individuazione dei lavoratori che dal 1° novembre sono passati alle dipendenze di ArcelorMittal – 10.700 in tutti gli stabilimenti del gruppo, di cui 8200 a Taranto – e dei 2.586 esuberi, che restano in capo all'amministrazione straordinaria e verranno collocati in cassa integrazione straordinaria a zero ore, denota molteplici e palesi incongruenze circa i criteri utilizzati;

   una situazione che, come è di tutta evidenza, sta generando molteplici e sembra fondate preoccupazioni nei lavoratori non riassorbiti dal nuovo gruppo, con il sospetto che dietro tale scelta possano celarsi ragioni in qualche modo ritorsive nei confronti di quei lavoratori che, nel corso degli ultimi anni, si sono più spesi per la tutela della salute e dell'ambiente;

   a conferma di tali preoccupazioni si segnala che, dopo la firma dell'accordo del 6 settembre 2018, non sia stato tenuto alcun confronto con le rappresentanze sindacali unitarie aziendali sui criteri di selezione –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare che si sia proceduto, nel massimo rispetto delle previsioni normative, con riferimento ai criteri di individuazione del personale da riassumere nella nuova società di gestione degli impianti Ilva.
(5-00908)


   FATUZZO, ZANGRILLO e POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pensione di inabilità è una prestazione economica, erogata a domanda dall'Inps, in favore dei lavoratori per i quali viene accertata l'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;

   la predetta prestazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda qualora risultino soddisfatti i requisiti richiesti in termini sanitari e amministrativi;

   i pensionati di inabilità, che si trovano nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o che non sono in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, possono presentare domanda per ottenere l'assegno per l'assistenza personale e continuativa;

   agli interroganti risulterebbe, secondo denunce ricevute direttamente da soggetti interessati, che vi sono casi di mancato recepimento da parte di persone inabili, come accertato dalle competenti commissioni;

   in particolare, è giunto agli interroganti il caso del pensionato A. D., nato il 6 agosto 1938 a Piove di Sacco e residente a Lentate sul Seveso il cui status di inabilità è stato accertato pari al 100 per cento dalla competente commissione della ASL Milano 3 in data 4 aprile 2003. Il soggetto percepirebbe poco più di 600 euro di reddito mensile, ciononostante non risulta abbia mai percepito da Inps, nell'arco degli ultimi quindici anni, l'assegno mensile spettante, pari a circa 450 euro –:

   se il Ministro, con particolare riguardo al caso specifico illustrato in premessa, conosca le cause della mancata erogazione della prestazione e quali iniziative intenda adottare al fine di tutelare il diritto alle prestazioni assistenziali di cui in premessa.
(5-00909)


   MURELLI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI e RAFFAELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'annosa questione dei lavoratori stagionali stranieri che «furbescamente» percepiscono il trattamento di disoccupazione sembra rappresentare ancora una piaga nonostante i diversi interventi del legislatore e le modifiche nei sistemi di controllo;

   il riferimento è a quei lavoratori stranieri che, al termine della stagione lavorativa, rientrano nel proprio Paese ove svolgono un'altra attività pur continuando a percepire la disoccupazione (ora «NASpi») erogata dall'Inps, dichiarando domicilio fittizio presso hotel chiusi per fine stagione e talvolta con la compiacenza di Caf e patronati non proprio ligi al proprio dovere;

   per accedere al trattamento, infatti, la domanda di indennità di disoccupazione stagionale va richiesta telematicamente all'Inps entrando nella propria area riservata, oppure tramite patronato o ancora telefonicamente tramite contact center – numero verde;

   riguardo alle verifiche, invece, rispetto al passato quando i controlli dell'Inps erano effettuati a campione, con l'entrata in vigore della nuova «Naspi» è stata data indicazione alle sedi Inps di esaminare tutte le domande di disoccupazione attraverso un controllo incrociato con i centri per l'impiego che dovrebbero avere la mappa aggiornata dei lavoratori disoccupati o che hanno comunicato la cessazione del rapporto professionale;

   se, dunque, un lavoratore stagionale non ha fornito una documentazione adeguata, o non ha fatto il dovuto passaggio con il Centro per l'impiego per la comunicazione del proprio status di disoccupato prima o dopo la presentazione della domanda per la «Naspi», è previsto che scatti l'accertamento;

   tali misure «anti-furbetti», tuttavia, sembrano comunque essere inadeguate o comunque insufficienti per il lavoratore cittadino comunitario che, rientrando nel proprio Paese, trovano un'altra occupazione;

   a parere degli interroganti, una misura di contrasto potrebbe essere la previsione dello svolgimento saltuario, nell'arco del periodo temporale complessivo di percezione dell'assegno di disoccupazione, di lavori di pubblica utilità presso il comune ove il percettore risulti domiciliato, quale condicio sine qua non per continuare a beneficiare dell'assegno –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo come sopra ipotizzato, il Ministro interrogato intenda adottare in merito al fenomeno esposto in premessa.
(5-00910)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCHIRÒ e UNGARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2017 ha previsto che i requisiti per il pensionamento anticipato pari a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne, siano ridotti a 41 anni in favore dei lavoratori precoci i quali abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età;

   tale beneficio spetta ai lavoratori dipendenti ed autonomi iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (Ago) e alle sue forme sostitutive ed esclusive, con almeno un anno di contribuzione per periodi di lavoro effettivo svolti prima del compimento del 19° anno di età a determinate condizioni tra le quali: stato di disoccupazione, svolgimento di assistenza a coniuge o parente con handicap grave, riduzione della capacità lavorativa per invalidità civile, svolgimento di attività usuranti, svolgimento continuativo di attività gravose;

   il beneficio non è subordinato alla residenza in Italia ma alla titolarità di una prestazione, come previsto d'altronde per tutte le prestazioni che rientrano nel campo di applicazione delle convenzioni multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale;

   nella sua audizione presso il comitato degli italiani nel mondo nell'agosto 2017 il presidente dell'Inps Tito Boeri ha affermato che in relazione al requisito contributivo dei 41 anni sono utili i periodi di lavoro all'estero riscattati, con riferimento al lavoro svolto in Paesi non convenzionati, e i periodi di lavoro effettivo svolto in Paesi dell'Unione europea, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l'Italia –:

   in considerazione del fatto che anche i lavoratori italiani residenti all'estero possono perfezionare il requisito contributivo ridotto dei 41 anni per poter accedere alla pensione anticipata tramite la totalizzazione dei contributi accreditati all'estero in Paesi convenzionati e che sono numerose e variegate le altre condizioni da perfezionare necessarie per essere definito lavoratore «precoce»;

   quali istruzioni e indicazioni il Ministro interrogato abbia già impartito o intenda impartire, per quanto di competenza, ai soggetti istituzionali competenti, come l'Inps che deve provvedere al monitoraggio del beneficio pensionistico, per definire in maniera chiara e inequivocabile modalità e procedure atte a verificare la sussistenza dei requisiti, anche se perfezionati all'estero, ai fini del riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio.
(4-01566)


   NOJA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, reca «Razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183»;

   il capo I del predetto decreto fissa rilevanti misure di «Razionalizzazione e semplificazione in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità» in parte intervenendo sulla previgente legge 12 marzo 1999, n. 68, norma fondamentale per l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità;

   l'articolo 1 fissa quale presupposto per la concreta applicazione di tali norme la definizione di «linee guida» in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità;

   tali indicazioni rappresentano un riferimento concettuale e operativo essenziale per i servizi per l'impiego, per le regioni e per le stesse persone con disabilità;

   al momento tali «linee guida» non sono state ancora emanate –:

   se il Ministero del lavoro e delle politiche sociali stia elaborando tale importante documento;

   se, nella sua elaborazione, siano state coinvolte, giusta la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ratificata con la legge n. 18 del 2009, le organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità;

   se ed entro quali tempi il Ministero del lavoro e delle politiche sociali intenda definire tale provvedimento previsto da una norma da oltre tre anni.
(4-01567)


   NOJA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, reca «Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183»;

   il capo I del predetto decreto fissa rilevanti misure di «Razionalizzazione e semplificazione in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità» in parte intervenendo sulla legge 12 marzo 1999, n. 68, norma fondamentale per l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità;

   l'articolo 8, modificando l'articolo 9 della legge 12 marzo 1999, n. 68, interviene nello strategico aspetto della conoscenza e della raccolta dei dati in materia di inclusione lavorativa indispensabili alla formulazione di congruenti politiche attivi e servizi;

   l'articolo 8 prevede in tal senso: «Al fine di razionalizzare la raccolta sistematica dei dati disponibili sul collocamento mirato, di semplificare gli adempimenti, di rafforzare i controlli, nonché di migliorare il monitoraggio e la valutazione degli interventi di cui alla presente legge, nella Banca dati politiche attive e passive di cui all'articolo 8 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una specifica sezione denominata “Banca dati del collocamento mirato” che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro pubblici e privati obbligati e i lavoratori interessati»;

   al momento non risulta attivato alcun processo relativo alla costituzione di tale «Banca dati del collocamento mirato» –:

   quale sia lo stato dell'arte e quali le azioni e le iniziative mirate alla realizzazione della «banca dati del collocamento mirato»;

   quali siano i tempi prevedibili per la piena disponibilità dei dati e dei correlati strumenti di analisi.
(4-01568)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito la Liguria ha determinato ingentissimi danni anche alla mitilicoltura spezzina;

   risulta difficile persino una conta dettagliata dei danni, poiché a causa delle perduranti critiche condizioni meteo;

   una prima stima parla di circa 7.000/8.000 quintali di prodotto che sarebbero stati pronti per la nuova stagione andati completamente perduti;

   in molte punti si è rotta anche la diga che protegge le aree marine destinate agli allevamenti di Santa Teresa di Lerici;

   si registra pertanto molta preoccupazione da parte degli operatori, poiché il rischio è che ulteriori ondate di maltempo possano aggravare la situazione portando al collasso una delle voci più importanti della filiera economica territoriale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo al fine di assicurare adeguate misure di sostegno al settore della mitilicoltura spezzina a seguito dei danni provocati dalla ondata di maltempo.
(5-00896)


   GALLINELLA, CADEDDU, CILLIS, DEL SESTO, GAGNARLI, MARZANA e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, di riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, prevede che, a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di inquadramento del personale di Agecontrol, positivamente valutato nella selezione di cui all'articolo 17 del medesimo decreto, la società è soppressa;

   il momento estintivo di questo soggetto giuridico, anche come datore di lavoro del proprio personale, è dunque fissato chiaramente dalla legge, in corrispondenza dell'adozione di un atto formale a seguito del quale il personale Agecontrol diviene, in tutto o in parte, a seconda degli esiti della selezione, dipendente di Agea;

   quest'ultima, fino a quel momento, continua a provvedere, come sinora è avvenuto, ai trasferimenti finanziari alla società in house, al fine di consentirne il funzionamento, anche con riguardo al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti;

   risulta che i sindacati e Rsu di Agecontrol abbiano indetto uno stato di agitazione per le criticità conseguenti alla mancata erogazione dei finanziamenti da parte di Agea;

   in particolare, secondo quanto si legge nel comunicato sindacale del 30 ottobre 2018, tale mancata erogazione comporta il blocco delle attività di controllo che la società svolge, nonché di tutte le azioni che la legge le attribuisce, con conseguenze potenzialmente pregiudievoli per il mercato ortofrutticolo, per le aziende esportatrici ed i consumatori; tale situazione impedisce inoltre o svolgimento dei controlli in merito agli enti caritativi ed al programma frutta nelle scuole –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se la mancata erogazione dei finanziamenti per il funzionamento di Agecontrol sia causata da un ritardo burocratico;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per porre fine alla situazione denunciata da tutte le sigle sindacali e assicurare che il personale in agitazione riprenda a svolgere i controlli previsti dalla legge.
(5-00897)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con riguardo alla vicenda già affrontata nell'interrogazione a risposta scritta (n. 4-00556) riguardante l'Uncem Toscana e il sindaco di Pescia Oreste Giurlani, secondo quanto riportano gli organi di stampa, il suddetto è stato rinviato a giudizio in data 24 ottobre 2018 per il reato di peculato –:

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative normative per inasprire il sistema sanzionatorio per fattispecie come quelle descritte in premessa ed evitare il ripetersi di casi di gestione delle attività istituzionali in contrasto con i principi di legalità, trasparenza e buona amministrazione;

   se il Governo non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato, in sinergia con l'ispettorato della funzione pubblica, in relazione alle criticità descritte in premessa e alla gestione amministrativa e finanziaria degli enti locali interessati.
(3-00305)


   DONZELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° ottobre 2018 ha preso avvio il nuovo censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Per la prima volta l'Istat effettua la rilevazione censuaria con cadenza annuale e non più decennale. Ogni anno le famiglie chiamate a partecipare a campione a questa indagine statistica saranno circa un milione e quattrocentomila. Tra le novità più importanti del nuovo disegno censuario c'è l'abbandono dei questionari cartacei. La rilevazione viene infatti effettuata in parte sul web e in parte da un rilevatore porta a porta, munito di tablet;

   dopo un mese dall'inizio di questo nuovo schema operativo si segnalano però non poche criticità;

   il non corretto funzionamento del sistema informatico ha costretto molti rilevatori a stampare dei questionari cartacei e poi a riportare i dati on line, con conseguente aggravio di tempi;

   gli stessi cittadini conseguentemente hanno visto dilatarsi il lasso di tempo da dedicare alla compilazione del questionario –:

   se corrisponda al vero che alcuni rilevatori avrebbero abbandonato l'incarico per le difficili condizioni di lavoro e, in caso affermativo, di quanti si tratta;

   in caso affermativo, quanti e quali comuni abbiano dichiarato la sospensione dell'attività;

   quali iniziative di competenza abbia intenzione di fare per superare malfunzionamenti e permettere il censimento permanente.
(3-00307)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 21-ter del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, è diretto, in primo luogo, a estendere le categorie dei soggetti beneficiari di indennizzo per i danni da sindrome da talidomide, riconoscendolo — a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto — ai soggetti affetti da tale sindrome nella forma dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati nella fascia temporale compresa tra il 1958 e il 1966, invece che tra il 1959 e il 1965, come previsto dalla precedente normativa;

   l'accertamento del nesso causale per i nati dal 1959 al 1965 viene effettuato ai sensi del decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n. 163, della circolare 13 novembre 2009, n. 31, e delle linee guida emanate il 24 settembre 2010;

   lo stesso articolo 21-ter, al comma 2, prevede, sempre a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, che l'indennizzo venga riconosciuto anche ai soggetti che, ancorché nati fuori dal periodo sopra indicato (1958-1966), presentino malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide;

   il successivo comma 4 prevede che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione, il Ministro della salute apporti con proprio regolamento le necessarie modifiche al decreto ministeriale n. 163 del 2009, facendo salvi gli indennizzi già erogati e le procedure in corso e provvedendo altresì a definire i criteri di inclusione ed esclusione delle malformazioni ai fini dell'accertamento del diritto all'indennizzo dei soggetti nati al di fuori del periodo 1958-1966, determinando una netta separazione dei percorsi;

   in attuazione delle disposizioni richiamate, il Ministro della salute ha emanato il decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, entrato in vigore il 6 dicembre 2017, il cui l'articolo 5 — recante norme transitorie e finali — prevede che «le disposizioni del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163, anteriori alle modifiche apportate con il presente decreto continuano ad applicarsi agli indennizzi erogati e alle procedure relative ai nati dall'anno 1958 all'anno 1966 in corso alla data di entrata in vigore del presente regolamento»;

   nonostante le norme di legge e regolamentari stabiliscano due percorsi differenti per il riconoscimento del nesso causale tra i soggetti nati dal 1958 al 1966 e i soggetti nati al di fuori di questo periodo, il Ministero della salute sta applicando anche ai primi i criteri di inclusione ed esclusione previsti dal decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, causando enormi difficoltà a soggetti gravemente disabili –:

   quali iniziative intenda assumere per assicurare che ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nati negli anni 1958 e 1966, che hanno presentato istanza al Ministero della salute per ottenere l'indennizzo previsto prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, vengano integralmente applicate le stesse norme e disposizioni già applicate ai soggetti nati dal 1959 al 1965 al fine di stabilire il nesso causale.
(4-01570)


   TRIZZINO, BOLOGNA, CHIAZZESE e D'ARRANDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 166 del 19 agosto 2016 denominata «antisprechi alimentari», all'articolo 15, prevede la regolamentazione per la conservazione e il riutilizzo di determinati farmaci;

   tra le finalità della suddetta norma, nell'alveo della lotta agli sprechi medicinali, vi è quella della donazione ad onlus del settore sanitario di tali medicinali ben conservati;

   questa legge prevede però l'esclusione dal riutilizzo, oltre che dei farmaci da frigo e di quelli dispensabili dalle sole strutture ospedaliere, anche di quelli contenenti sostanze stupefacenti e psicotrope;

   in tal senso è bene precisare che la normativa de qua risulta in contrasto con una precedente norma ed in particolare la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (finanziaria 2008) che, all'articolo 2 comma 350-351-352, prevede recupero e riutilizzazione dei farmaci con la sola esclusione dei farmaci da frigo. Inoltre, la legge 27 dicembre 2017 (finanziaria 2018), all'articolo 1, comma 208, lettera G-bis, non prevede l'esclusione dei medicinali contenenti sostanze psicotrope e stupefacenti;

   il recupero e la riutilizzazione di tali farmaci da parte delle onlus beneficiarie, con particolare attenzione per quelle che esercitano terapia del dolore e cure palliative, è in buona parte effettuato con farmaci contenenti oppiacei;

   tali farmaci hanno subito modifiche normative radicali passando dalla sezione A a quella D della tabella II dei medicinali stupefacenti e risultano ormai prescrivibili su semplice ricettario del medico, senza ricettario speciale e senza bisogno di registrazione né presso gli ospedali né presso le farmacie;

   questa esclusione, da parte della norma in esame, sembra in contrasto con l'esigenza di combattere gli sprechi nel campo dei medicinali e arreca inoltre un forte vulnus a tutte le onlus che potrebbero utilizzare questi medicinali generando una migliore economia per gli stessi –:

   se il Ministro sia a conoscenza di questa problematica e quali iniziative intenda attuare al riguardo.
(4-01571)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSSO, PENTANGELO, SOZZANI, ZANGRILLO, PELLA e GIACOMETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Antitrust ha multato Apple e Samsung per aver rilasciato alcuni aggiornamenti del sistema operativo dei loro smartphone che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli apparecchi;

   le sanzioni da 5 milioni di euro a Samsung e 10 milioni di euro ad Apple sono state comminate per pratiche commerciali scorrette ed in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 24 del codice del consumo ed è la prima volta che viene legalmente sanzionata la cosiddetta «obsolescenza programmata»;

   in particolare, in una nota, l'Antitrust ha spiegato che ad esito di due complesse istruttorie l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha accertato che le società del gruppo Apple e del gruppo Samsung hanno indotto i consumatori, mediante l'insistente richiesta di effettuare il download, ad installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente, senza fornire loro adeguate informazioni né alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti stessi e di fatto i consumatori si sono ritrovati con aggiornamenti del sistema operativo che i loro apparecchi non potevano supportare: da qui funzionalità ridotte, lentezza, blocchi improvvisi dei dispositivi;

   più nello specifico Samsung è stata giudicata colpevole di aver «insistentemente proposto, dal maggio 2016, ai consumatori che avevano acquistato un “Note 4”, (immesso sul mercato nel settembre 2014), di procedere ad installare il nuovo firmware di Android denominato Marshmallow, predisposto per il nuovo modello di telefono “Note 7”, senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware e richiedendo, per le riparazioni fuori garanzia connesse a tali malfunzionamenti, un elevato costo di riparazione», mentre Apple ha «insistentemente proposto, dal settembre 2016, ai possessori di vari modelli di iPhone 6 (6/6Plus e 6s/6sPlus, rispettivamente immessi sul mercato nell'autunno 2014 e 2015), di installare il nuovo sistema operativo iOS 10, sviluppato per il nuovo iPhone7, senza fornire informazioni circa le maggiori richieste di energia del nuovo sistema operativo e i possibili inconvenienti – quali spegnimenti improvvisi – che tale installazione avrebbe potuto comportare. Per limitare tali problematiche Apple ha poi rilasciato, nel febbraio 2017, un nuovo aggiornamento (iOS 10.2.1), senza tuttavia avvertire che la sua installazione avrebbe potuto ridurre la velocità di risposta e la funzionalità dei dispositivi». Inoltre, Apple non solo non ha predisposto alcuna misura di assistenza per gli iPhone che avevano sperimentato problemi di funzionamento non coperti da garanzia legale, ma solo nel dicembre 2017 ha previsto la possibilità di sostituire le batterie ad un prezzo scontato, introducendo altresì un sistema di monitoraggio della salute della batteria;

   colossi quali Apple e Samsung possono contare su un fatturato rispettivamente di circa 229 e 174 miliardi di dollari l'anno;

   data l'evidente disparità fra i fatturati delle due società e le sanzioni comminate alle stesse, queste ultime, a parere degli interroganti non avranno alcuna ripercussione sui bilanci delle due multinazionali e quindi, pur meritevoli di attenzione, in quanto sicuramente costituiranno un precedente, potrebbero di fatto non essere sufficienti a scongiurare eventuali, future reiterazioni delle condotte illecite contestate –:

   se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative normative, nell'ambito delle proprie competenze e alla luce dei fatti sopra esposti, al fine non solo di evitare che fatti come quelli accertati dell'Antitrust si verifichino in futuro, ma anche di garantire il rispetto dei diritti dei consumatori e più adeguate tutele contro tali condotte illecite.
(5-00899)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Legacoop, Lega nazionale delle cooperative e mutue, ha chiesto, a inizio 2018, che la società «Futura cooperativa di servizi e società sportiva dilettantistica — Società cooperativa in liquidazione», con sede in Civita Castellana (VT), fosse ammessa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, a seguito delle risultanze della revisione che ne avevano rilevato lo stato d'insolvenza;

   in data 12 marzo 2018, l'Associazione nazionale di rappresentanza segnalava l'urgenza dell'adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, anche a tutela dei lavoratori impegnati nella società, ai quali non erano state corrisposte diverse mensilità stipendiali e parte del trattamento di fine rapporto nonché versate quote dei contributivi previdenziali;

   con decreto del 4 maggio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 dell'8 giugno 2018, il Ministero dello sviluppo economico in liquidazione coatta amministrativa la suddetta società nominando allo stesso tempo il liquidatore; quest'ultimo, tuttavia, provvedeva a formalizzare la propria rinuncia all'incarico;

   dal mese di giugno 2018, a quanto risulta all'interrogante, si è in attesa della nomina di un nuovo commissario liquidatore da parte del Ministero dello sviluppo economico; la mancata adozione di tale atto sta comportando gravissimi problemi economici e sociali ai lavoratori impegnati nella cooperativa, profondamente prostrati da tale condizione di incertezza;

   appare indispensabile l'immediata adozione dell'atto di nomina del commissario liquidatore della cooperativa in questione –:

   se non intenda adottare con la massima urgenza le iniziative di competenza per la nomina del commissario liquidatore della «Futura cooperativa di servizi e società sportiva dilettantistica — Società cooperativa in liquidazione».
(4-01565)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-00388, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gemmato.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Gadda e altri n. 5-00891, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Menech.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Rostan n. 4-01423 del 18 ottobre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Ferro n. 4-01556 del 6 novembre 2018.