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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 25 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni XI e XII,

   premesso che:

    sono circa 2 mila gli operatori del Centro unico prenotazioni (Cup) che lavorano presso le Asl distribuite nella regione Lazio, addetti sia al servizio front office che back office;

   in particolare, parte di tale personale presta servizio nella Asl Roma/3, ma formalmente risulta/alle dipendenze della Nta-Camus Srl; molti di tali lavoratori hanno quasi vent'anni di servizio, durante i quali hanno acquisito professionalità e competenze;

   periodicamente, si sono susseguite una serie di gare d'appalto bandite dalle Asl e aggiudicate alla ATI Nta-Camus, per quanto concerne il personale che presta servizio nella Asl Roma/3). Di contro, l'ultima gara, finalizzata all'acquisizione del servizio Cup occorrente alle Asl della regione Lazio, è stata bandita dalla regione nell'anno 2015, in base al criterio del minor prezzo ed è stata aggiudicata a Gpi e altre imprese. Il cambio di appalto ha allarmato le organizzazioni sindacali, che, già dall'emanazione del bando regionale al ribasso, hanno denunciato le possibili conseguenze negative di tale gara sui livelli occupazionali e le condizioni di contratto dei lavoratori;

   pertanto, le organizzazioni sindacali hanno sollecitato un intervento della regione per garantire la tutela di ogni diritto dei lavoratori da parte delle società appaltatrici. Al riguardo, sono stati siglati degli accordi tra regione e sindacati, a cui, tuttavia, non è stato dato alcun seguito, poiché i lavoratori in questione sono stati convocati improvvisamente (il 22 agosto 2018), presso i locali della Asl di Casal Bernocchi, per un incontro con le aziende aggiudicatarie della nuova gara e, in tale occasione sarebbero stati loro presentati contratti di lavoro che risulterebbero di dubbia legittimità. Il nuovo regolamento contrattuale ha previsto: declassamento di contratto da terziario a multiservizi; declassamento di livello, da IV a III; mancato riconoscimento degli scatti d'anzianità, vincoli ed ulteriori clausole restrittive da considerarsi vessatorie;

   i lavoratori, con il timore di perdere il posto di lavoro, hanno sottoscritto le nuove condizioni contrattuali, rinunciando altresì ad oltre 200 euro di stipendio;

   inoltre, molti altri lavoratori, compresi tutti quelli con disabilità, sono stati collocati in 2 cooperative, anche loro con notevoli privazioni in termini di diritti e di retribuzione, rispetto alle precedenti condizioni contrattuali;

   ebbene, il trattamento che è stato riservato dalle imprese aggiudicatarie ai lavoratori in questione sarebbe, secondo i presentatori del presente atto di indirizzo, di dubbia legittimità e non conforme alle disposizioni in materia, compreso il protocollo di azione sottoscritto con Anac dalla regione Lazio, in data 12 febbraio 2015, per lo svolgimento dell'attività di vigilanza collaborativa, finalizzata a verificare la conformità degli atti di gara alla normativa di settore;

   la giurisprudenza ha più volte condannato l'erronea prassi diffusa nelle gare d'appalto di commissionare «servizi» anziché di reclutare «personale in somministrazione» (sentenza n. 3178 del 2017 della Corte di cassazione); inoltre, si evidenzia che, negli appalti ad alta intensità di manodopera, deve essere applicato il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, escludendo in ogni caso l'applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo più basso (Consiglio di Stato, sezione III, 2 maggio 2017, n. 2014);

   e ancora, la legge regionale n. 16 del 18 settembre 2007 introduce l'obbligo per la regione e per le società controllate di prevedere, nelle gare d'appalto, l'obbligo di salvaguardare i livelli occupazionali e salariali e i diritti acquisiti dai lavoratori, prevedendo espressamente che la regione, gli enti pubblici dipendenti, le società e gli altri enti privati a totale partecipazione regionale, siano tenuti, nelle gare di appalto di lavori, servizi e forniture da essi bandite, ad inserire nel contratto, clausole di salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali, uniformità dei trattamenti contrattuali e la tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori. In caso di inosservanza di tali obblighi, è espressamente prevista la risoluzione del contratto mediante apposita clausola, tra stazione appaltante ed appaltatore;

   ad ulteriore conferma di quella che appare ai presentatori del presente atto di indirizzo come un'inaccettabile discriminazione applicata dalla regione e dalle ditte appaltatrici subentranti, si fa presente che l'Asl Roma3 per garantire, ad almeno una parte dei lavoratori coinvolti, adeguate tutele e livelli di retribuzione, ha specificato con delibera: il tipo di Contratto collettivo nazionale di lavoro (Terziario), il livello, gli scatti di servizio e la retribuzione da applicare ai lavoratori da assorbire;

   sicché, agendo secondo i presentatori del presente atto in contrasto con il decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 in materia di rapporti di lavoro e pari opportunità, si è verificata anche una disparità di trattamento tra lavoratori, poiché alcuni hanno subito il peggioramento delle condizioni contrattuali di lavoro, mentre ad altri è stato garantito il rispetto del preesistente regolamento contrattuale;

   pertanto, nel rispetto delle prescrizioni normative, è necessario intervenire per garantire un trattamento paritario tra i lavoratori e mantenere inalterati i livelli occupazionali e salariali, anche annullando d'ufficio il provvedimento amministrativo adottato che, per i firmatari del presente atto si porrebbe in contrasto con la legge. In alternativa, è d'obbligo intervenire con le aziende vincitrici dell'appalto per riparare al mancato rispetto della normativa in materia al fine di tutelare i lavoratori,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, per assicurare, nelle procedure per l'affidamento del servizio Centro unico prenotazioni (Cup) occorrente alle Asl della regione Lazio, il pieno rispetto della normativa vigente a tutela dei lavoratori;

   ad adottare iniziative normative volte a prevedere una disciplina che tuteli il personale dipendente in situazioni come quelle sopra richiamate, in cui si registra un cambio dell'affidatario di servizi pubblici rilevanti come quello di un Centro unico prenotazioni in ambito sanitario.
(7-00083) «Rizzetto, Bellucci, Rampelli, Bucalo».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la legge 11 dicembre 2016, n. 232 ha introdotto nuovi criteri sulla contribuzione degli studenti ai fini dell'iscrizione all'università. In particolare, ha introdotto un criterio di proporzionalità della contribuzione a carico di ciascuno studente, sulla base dell'Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) del nucleo familiare di appartenenza;

    in particolare l'articolo 1, comma 255, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 stabilisce che sono esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale gli studenti con un Isee inferiore ai 13 mila euro;

    queste nuove norme si aggiungono al decreto del Presidente della Repubblica del 25 luglio del 1997, n. 306 che regolamentavano la disciplina in materia di contributi universitari. Una delle disposizioni più significative di questo regolamento prevede che la contribuzione studentesca non può eccedere del 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato a favore delle università; infatti, tale limite del 20 per cento era stato pensato per introdurre un paletto con la funzione di contrappeso alla autonomia delle università, proprio per evitare che queste potessero stabilire importi della contribuzione troppo elevati;

    il decreto del Presidente della repubblica del 25 luglio del 1997 n. 306 è rimasto nella sua versione originaria fino alle modifiche apportate dalla normativa sulla spending review (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), che ha disposto (con l'articolo 7, comma 42) l'introduzione dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, stabilendo che il limite del 20 per cento dell'ammontare della contribuzione studentesca totale non fosse più calcolato sull'intera platea di tutti gli studenti iscritti, ma solo su quelli in corso, scorporando di fatto le somme pagate da almeno il 40 per cento degli studenti iscritti all'università;

    fino ad allora almeno un terzo delle università italiane sforava il limite del 20 per cento, tant'è che alcuni atenei risultavano soccombenti di fronte ai ricorsi di componenti delle associazioni studentesche e proprio alcune di queste sentenze avrebbero potuto generare una lunga sequenza di ricorsi;

    il 27 settembre 2018 il Consiglio di Stato ha respinto per intero Appello dell'università di Chieti Pescara contro la sentenza del Tar Abruzzo del marzo 2011, con cui veniva accolto il ricorso di alcuni componenti di un'associazione studentesca proprio sullo sforamento del limite del 20 per cento dell'ammontare della contribuzione a carico degli studenti rispetto al Fondo di finanziamento ordinario. Il Consiglio di Stato, di fatto, ha stabilito che gli studenti avevano ragione e che l'università aveva determinato una contribuzione studentesca violando le norme che le limitavano;

    a partire dalle normative introdotte dal Governo Monti, la contribuzione studentesca a carico dei cosiddetti fuoricorso è lievitata fino a cifre spropositate che superano i 2 mila euro l'anno, nonostante tali studenti usufruiscano in maniera ridotta dei servizi delle università. Si ricorda, infatti, che proprio le norme sulla contribuzione studentesca stabiliscono che gli studenti iscritti ai corsi di studio delle università statali contribuiscono alla copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi attraverso la contribuzione studentesca,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative per prevedere un limite all'introito totale che ogni università può incassare dal contributo onnicomprensivo annuale a carico degli studenti, includendo tutta la platea degli iscritti;

   ad assumere iniziative normative volte a stabilire una contribuzione ridotta a carico degli studenti «fuori corso», in quanto usufruiscono solo saltuariamente dei servizi e delle strutture universitarie;

   ad assumere iniziative normative volte a stabilire una contribuzione ridotta a carico degli studenti con disabilità di qualunque natura che necessitano di tempi più lunghi rispetto a quelli utilizzati dai colleghi di corso.
(7-00084) «Torto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la giurisprudenza tributaria (si vedano, al riguardo, anche le decisioni della commissione tributaria provinciale di Piacenza n. 131 e n. 154 del 2017) costantemente ritiene che, per effetto della tacita abrogazione del regio decreto n. 215 del 1933, in ragione di quanto disposto dal decreto legislativo n. 179 del 2009, non è più in capo ai consorzi di bonifica il potere di riscuotere, con ruoli esecutivi, i contributi coatti dovuti dai contribuenti;

   i consorzi di bonifica — pretestuosamente ignorando sia l'avvenuta soppressione normativa, sia il formato e consolidato orientamento giurisprudenziale al riguardo — emettono a tutt'oggi cartelle esecutive a carico dei contribuenti consorziati che si trovano, quindi, costretti a ricorrere davanti la commissione tributaria competente per territorio per vedere riconosciute le proprie ragioni, con conseguenti negativi effetti per la funzionalità della stessa, la qual cosa sarebbe evitata solo che si rispettasse la legislazione vigente –:

   se il Governo sia a conoscenza della attività di riscossione che i consorzi di bonifica svolgono a danno dei contribuenti, attesa la pacifica abrogazione della normativa in premessa evocata;

   se il Governo intenda, in via definitiva, adottare le iniziative di competenza per chiarire — eventualmente impartendo le opportune disposizioni per l'emanazione di una circolare esplicativa al riguardo — che i consorzi di bonifica non sono legittimati ad avvalersi della riscossione a mezzo ruolo e, conseguentemente, quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare che la reiterazione della predetta attività di riscossione da parte dei consorzi stessi arrechi grave pregiudizio ai contribuenti e alla funzionalità della giustizia tributaria.
(3-00272)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAZZETTI, NEVI, CORTELAZZO, BERGAMINI, D'ETTORE, MUGNAI, RIPANI, SILLI, CASINO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, LABRIOLA e RUFFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 settembre 2018 si è sviluppato un incendio di grandissime proporzioni sul Monte Serra la montagna più alta che divide le province di Pisa e di Lucca e che, secondo le stime locali, ha prodotto la distruzione di una superficie pari a 1.388 ettari di territorio oltre a un danno economico di oltre 11 milioni di euro almeno per l'agricoltura e i privati, come recentemente comunicato dal sindaco di Calci (Pi);

   l'incendio ha mandato in fumo oltre mille ettari tra bosco e ulivi, settecento sfollati nella prima fase, danni per milioni di euro al patrimonio ambientale e paesaggistico, almeno dieci case devastate dal fuoco a Montemagno;

   la Coldiretti ha stimato «il danno per oltre 1.000 ettari di vegetazione», e ha sottolineato: «Le fiamme hanno distrutto 10.000 piante di ulivo, anche secolari. Ulivi che dovranno essere ripiantati e ci vorranno almeno cinque anni prima che si torni a produrre». Il fuoco, inoltre, «ha colpito anche vigneti e castagneti. Per il settore agricolo la stima dei danni è salita a 6 milioni di euro». L'incendio avrà «pesanti effetti anche sul piano ambientale, per via della perdita di biodiversità, tra animali morti e la distruzione di ampie aree di bosco»;

   sempre secondo la Coldiretti, saranno inoltre impedite per anni tutte le attività umane tradizionali, come la raccolta della legna, delle castagne e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come la cerca dei funghi;

   superata l'emergenza occorrerà intervenire rapidamente per far ripartire le attività produttive, anche con interventi straordinari per il reimpianto delle coltivazioni. Sempre la Coldiretti ha sottolineato che «occorrerà inoltre aver presente che oltre ai costi necessari per ripristinare la produzione, andranno aggiunti i danni per le mancate produzioni»; in sostanza «bisognerà tener conto della sopravvivenza delle aziende di questi territori, che vivono di agricoltura»;

   sono stati definiti circa 800 ettari di monte a corona della parte andata distrutta, dove la caccia sarà vietata totalmente sino al 31 gennaio 2019, esclusa quella dedita agli ungulati, soprattutto cinghiali;

   l'assessore all'ambiente del comune di Cascina (Pi), Luciano Del Seppia, ha comunicato che è in corso la stima dei danni e del costo di una prima bonifica, partendo dal fatto che per ogni ettaro occorrono 5.000 euro, emerge con chiarezza l'altissimo costo che ne deriverà;

   saranno inoltre da valutare le modalità di intervento per la messa in sicurezza del monte in vista dell'inverno e delle prime piogge posto che con un terreno cotto, privo di vegetazione, con massi in bilico, c'è il rischio di nuove emergenze per le aree sottostanti pedemontane –:

   quali siano gli intendimenti del Governo al riguardo, per quanto di competenza, e quale il piano strategico di sviluppo immediato per il ripristino degli oltre 1.300 ettari di terreno andati distrutti;

   quali siano i fondi destinati alla riqualificazione della suddetta area montana e da dove essi provengano, considerata la necessità di reperire risorse con assoluta certezza e rapidità per ricostruire la zona devastata dal rogo, viste le stime che ammontano a 40 milioni di euro;

   se il Governo non ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per adottare iniziative volte a nominare un commissario straordinario che segua costantemente la ricostruzione, tenendo informati tutti i livelli istituzionali e operando di concerto con le comunità locali e la regione Toscana;

   se, nell'ambito dell'attivazione di tutte le procedure necessarie per la tutela ambientale, idrogeologica e forestale, non sia opportuno e urgente adottare le iniziative di competenza per dichiarare lo stato di emergenza nazionale, come proposto dal presidente della regione Enrico Rossi;

   se non si ritenga di adottare le iniziative di competenza per sospendere tutti i pagamenti di tributi e utenze per coloro che sono stati colpiti, siano persone fisiche o aziende.
(5-00832)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'area (di circa 300.000 metri quadrati) del cantiere del centro commerciale «Parma Urban District», ubicata nei pressi dell'aeroporto «Giuseppe Verdi» di Parma, risulta essere stata destinataria di un provvedimento di sequestro preventivo ordinato dal giudice per le indagini preliminari (gip) ed eseguito dalla Guardia di finanza, nell'ambito di un'indagine in cui si ipotizza il reato di abuso di ufficio;

   le indagini della procura della Repubblica di Parma hanno preso avvio da un esposto nel quale venivano ipotizzate criticità nell’iter amministrativo di rilascio dei permessi di costruzione;

   risultano, altresì, notificati avvisi di garanzia a tre esponenti del comune di Parma per il reato di abuso d'ufficio in concorso, tra i quali l'assessore all'urbanistica e ai lavori pubblici;

   sarebbe emerso, nel corso delle indagini delegate al nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Parma, che il centro commerciale in costruzione risulti ubicato su di un'area che, in ragione di quanto disposto dal codice della navigazione e dal regolamento dell'Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile), risulterebbe sottoposta a vincolo aeroportuale. Nei fatti, proprio per la sua posizione a ridosso dell'aeroporto Verdi e per ridurre al minimo i possibili rischi per la collettività in caso di incidenti aerei, nell'area che qui interessa non sarebbe possibile realizzare strutture e/o edifici (ad esempio: scuole, centri commerciali) con un elevato «carico antropico» –:

   se il Governo intenda appurare se il piano di rischio aeroportuale, come previsto dall'ultima versione del regolamento che l'Enac ha emanato nel 2011, effettivamente risulti preclusivo rispetto a permessi di costruzione per la realizzazione del centro commerciale che qui interessa;

   in caso di risposta affermativa al sopra esposto quesito, se risulti che Enac abbia notiziato del divieto in questione l'amministrazione comunale di Parma ed eventualmente quando;

   se, a fronte delle acclarate limitazioni, siano state assunte dal predetto ente iniziative nei confronti del comune di Parma, successivamente al rilascio dei permessi di costruzione;

   se i fatti siano noti al Governo, quali ne siano gli orientamenti e quali eventuali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per garantire il rispetto del principio di legalità nella pubblica amministrazione.
(5-00835)

Interrogazione a risposta scritta:


   PENTANGELO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in Campania ci sono stati numerosi casi di incendi di rifiuti inquinanti, che hanno provocato gravi conseguenze a livello ambientale e sanitario, contribuendo a frenare il complesso ciclo di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti;

   nell'ultimo biennio, gli incidenti più gravi sono avvenuti a Napoli, Angri, Battipaglia, Marcianise, Castel San Giorgio, Gricignano, Caserta, Aversa, Mugnano di Napoli, Giugliano, Taverna del re, Casalduni, San Vitaliano, Afragola, Acerra, e Caivano. Quest'ultimo, in particolare, è stato preoccupante, perché un operaio è rimasto intossicato;

   nella zona industriale di Caivano, infatti, il 25 luglio 2018 una piattaforma di riciclo e trattamento ecologico di rifiuti, è stata incendiata, causando gravi pericoli di inquinamento ambientale;

   le forze dell'ordine, la polizia municipale, i vigili del fuoco, altro personale della protezione civile, Usi e Arpac, recatisi sul posto, hanno accertato lo stato di pericolosità per inquinamento. L'amministrazione di Caivano ha quindi emanato, il giorno stesso dell'evento, una ordinanza che ha individuato una zona di sicurezza dove sono stati vietati la sosta all'aperto, l'organizzazione di eventi o manifestazioni all'aperto e altre misure di sicurezza e tutela della salute;

   il giorno successivo, un gruppo di cittadini organizzati per la tutela della salute e dell'ambiente, riuniti nel coordinamento locale di Forza Italia, hanno indirizzato una lettera al commissario prefettizio e al responsabile della tutela ambientale di Caivano, chiedendo misure idonee per tutelare al meglio la salute dei residenti, lo svolgimento preventivo di controlli sui dispositivi di sicurezza per evitare il ripetersi di incendi e il controllo dei piani di sicurezza aziendale di tutti gli opifici presenti sul territorio;

   il 31 luglio 2018 l'amministrazione ha revocato le misure cautelative precedentemente adottate, motivate con il venir meno dei presupposti;

   ciò ha causato grande preoccupazione tra i cittadini, poiché il giorno precedente l'Arpac aveva diffuso i dati del monitoraggio delle diossine presenti nell'aria del territorio. Le centraline hanno rilevato alle ore 17 del 26 luglio, a fiamme quasi domate, una concentrazione pari allo 0.3539 pg/Nm3 I-TEQ, a fronte del valore normale sulle concentrazioni di tossicità dello 0,1 pg/Nm3 I-TEQ stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità nelle linee guide del Duemila: dato triplo a quello consentito –:

   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero;

   in caso affermativo, quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare il fenomeno, a partire dalle misure indicate dalla cittadinanza di Caivano citate in premessa, per prevenite ulteriori incendi a Caivano, in Campania e nel resto d'Italia;

   se intendano promuovere una verifica da parte del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente e dei vigili del fuoco per acquisire un quadro aggiornato della situazione con particolare riguardo alla natura e alla misura dei materiali stoccati per verificare se rientrino nella tipologia di rifiuti per i quali il gestore è in possesso di autorizzazioni riguardo le specifiche caratteristiche qualitative che quantitative, al rispetto delle prescrizioni delle autorizzazioni ambientali e al rispetto della normativa antincendio e prevenzionistica;

   se intendano adottare iniziative per istituire un'anagrafe pubblica nazionale relativa alla raccolta, al recupero, allo smaltimento e agli impianti dei rifiuti solidi urbani;

   se intendano indicare alle prefetture l'adozione di ulteriori misure necessarie a prevenire il fenomeno, aumentando personale e risorse disponibili allo scopo;

   se intendano adottare iniziative anche normative, finalizzate a ridurre la produzione di rifiuti, a diminuire le tariffe di smaltimento, a rendere obbligatoria l'assicurazione antincendio, a incentivare l'installazione di termocamere per attivare i soccorsi in caso di roghi;

   in base a quali dati la commissione straordinaria del comune di Caivano, negli stessi giorni in cui venivano pubblicati i dati che accertavano un pericoloso inquinamento della zona, ha revocato le misure cautelative descritte in premessa.
(4-01474)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la normativa in materia di rifiuti è stata più volte modificata attraverso una serie di disposizioni che hanno inciso su diversi profili della materia e su specifiche tipologie di rifiuti, anche al fine di adeguare la disciplina nazionale a quella europea;

   in attuazione della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE), il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 7 ottobre 2013 ha approvato il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (Pnpr) che fissa come obiettivi di prevenzione al 2020 rispetto ai valori del 2010, la riduzione del 5 per cento della produzione di rifiuti urbani per unità di Pil, la riduzione del 10 per cento della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di Pil e la riduzione del 5 per cento della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di Pil;

   è stato emanato il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 4 che ha trasferito all'interno del cosiddetto codice ambientale le norme sull'incenerimento di rifiuti, che in precedenza erano collocate in un atto normativo separato (decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133);

   altre norme che incidono sulla disciplina dei rifiuti sono contenute nella legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» (cosiddetto collegato ambientale);

   l'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, detto «sblocca Italia» contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati in grado di garantire l'autosufficienza a livello nazionale, di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, nonché di limitare il conferimento di rifiuti in discarica;

   per tali finalità è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016, che individua, a livello nazionale, la capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati in esercizio, la capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati autorizzati, ma non ancora in esercizio, il fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati e che ha previsto, in ragione di tale fabbisogno, la realizzazione di 8 nuovi impianti di incenerimento sul territorio nazionale, collocati nelle seguenti regioni: Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e Sicilia (in cui sono previsti 2 impianti) e il potenziamento degli impianti esistenti in Puglia e Sardegna;

   la legge di bilancio 2018 ha disposto l'attribuzione all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi) le funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti, già svolte dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La denominazione dell'Aeegsi era quindi conseguentemente modificata in «Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera)»;

   il pacchetto europeo di misure sull'economia circolare, che modifica le direttive sui rifiuti, approvato il 22 maggio 2018, deve ancora essere recepito nell'ordinamento nazionale e prevede il riciclaggio, entro il 2025, per almeno il 55 per cento dei rifiuti urbani, la riduzione dello smaltimento in discarica, che dovrà scendere al 10 per cento entro il 2035, il riciclaggio del 65 per cento degli imballaggi entro il 2025 e il 70 per cento entro il 2030 e la raccolta separata dei rifiuti domestici pericolosi (entro il 2022), dei rifiuti organici (entro il 2023) e dei rifiuti tessili (entro il 2025) –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle politiche di raccolta e smaltimento dei rifiuti e quale sia lo stato di attuazione a livello nazionale delle misure definite con il decreto-legge «sblocca Italia».
(5-00831)


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 190 del 27 luglio 2018 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono state designate 35 zone speciali di conservazione (Zsc) della regione biogeografica alpina e 61 Zsc della regione biogeografica continentale insistenti nel territorio della regione Veneto e, ferme restando le misure di conservazione individuate con il suddetto decreto, tali misure entro sei mesi potranno all'occorrenza essere ulteriormente integrate con altri piani di sviluppo e specifiche misure regolamentari, amministrative o contrattuali;

   la regione Veneto, entro sei mesi dalla data del decreto, deve comunicare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il soggetto affidatario della gestione di ciascuna Zsc;

   la prevista realizzazione della linea alta velocità/alta capacità Torino-Venezia, tratta Milano-Verona, lotto funzionale Brescia-Verona, come evidenziato nell'interrogazione n. 5-00387 presentata dalla sottoscritta, potrebbe incidere negativamente nell'ambito delle varie Zsc individuate, la cui tutela rappresenta una priorità, considerato anche che l'Italia è stata oggetto di procedura di infrazione da parte dell'Unione europea per il ritardo nell'individuazione delle stesse –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di verificare la compatibilità tra la realizzazione dell'opera alta velocità/alta capacità Torino-Venezia, tratta Milano-Verona, lotto funzionale Brescia-Verona e la tutela delle zone speciali di conservazione, preziose risorse naturalistiche la cui salvaguardia rappresenta una priorità per il nostro Paese, in linea con le direttive europee.
(5-00834)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Sarno è un fiume della Campania che nasce dalle pendici dei monti Picentini e sfocia nel Golfo di Napoli. Il fiume interessa un bacino idrografico che si estende per circa 500 chilometri quadrati;

   il Sarno è comunemente conosciuto come «il fiume più inquinato d'Europa» e uno tra i venti fiumi più inquinati del mondo;

   il suo inquinamento nasce soprattutto a causa degli scarichi industriali provenienti dalle aziende conciarie e agroalimentari e dagli scarichi urbani non depurati, immessi nel corso del fiume da due torrenti, Solofrana e Cavaiola. Questa situazione ha comportato il dissesto ambientale e idrogeologico di tutta la zona circostante; difatti, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha rilevato che nelle sue acque e in quelle degli affluenti vi sono elementi chimici come il cadmio, il piombo, l'arsenico e vari pesticidi. La presenza di tali sostanze ha provocato un aumento di diverse malattie cardiorespiratorie e tumorali tra gli abitanti interessati dal corso del fiume: si registra, infatti, un eccesso di mortalità per tali cause. Ad essere colpiti sono soprattutto i bambini, in quanto l'inquinamento ambientale può produrre delle modificazioni cellulari o molecolari che in età adulta potrebbero incrementare malattie neuro-vegetative;

   negli anni, si sono susseguiti molti interventi a livello locale e nazionale per cercare di risolvere il problema come, ad esempio, nel 2003, la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta («Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause di inquinamento del fiume Sarno») che aveva sottolineato la necessità di effettuare «un'indagine epidemiologica per analizzare possibili relazioni causa-effetto tra inquinamento del fiume ed eventuali patologie specifiche». Ciononostante, tuttora, nessun risultato concreto ha realmente migliorato la situazione;

   nel 2014, il giornale internazionale «Journal of Environmental Sciences» ha pubblicato un articolo in cui si dice che gli sforzi per cambiare sarebbero ostacolati anche dalla burocrazia inefficiente;

   ad oggi, lo stato di inquinamento, e quindi di pericolosità per la salute dei cittadini, si protrarrebbe in tutta la sua gravità, come dimostrerebbero diversi studi (Osservatorio regionale sulle neoplasie del bacino del Sarno);

   a parere dell'interrogante sarebbe opportuno non far passare altro tempo per intervenire su una questione che da troppi anni verrebbe sempre rimandata. Sarebbe necessario, quindi, attuare un vero e proprio piano di bonifica che possa risolvere la drammatica situazione con cui i cittadini dei comuni attraversati dal corso d'acqua conviverebbero oramai da tempo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, ritengano opportuno adottare per fronteggiare il dissesto ambientale e idrogeologico che l'inquinamento del fiume Sarno avrebbe provocato e per ripristinare le condizioni minime di sicurezza ambientale e sanitaria.
(4-01470)


   PARENTELA e D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione n. 156 del 19 dicembre 2016 il consiglio regionale della Calabria ha approvato il piano regionale di gestione dei rifiuti (Prgr) e il piano regionale amianto per la Calabria (Prac);

   dall'insediamento del presidente della giunta regionale Mario Oliverio sono state emanate, fino ad oggi, undici ordinanze contingibili e urgenti, ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per il conferimento dei rifiuti solidi urbani della regione Calabria;

   il Prgr evidenzia la «necessità di incidere significativamente sull'adeguamento dell'attuale sistema impiantistico regionale in maniera tale che lo stesso sia orientato a quelle necessarie attività di supporto alla raccolta differenziata e, attraverso l'impiego di tecnologie di recupero spinto, possa ulteriormente incidere sul recupero di quelle materie riciclabili ancora contenute nei rifiuti urbani indifferenziati a valle della raccolta differenziata», nell'ottica di ridurre drasticamente la dipendenza del sistema regionale dalle discariche o dalla combustione;

   la regione Calabria, per affrontare una situazione diventata oggi estremamente critica, conseguentemente a una gestione dei rifiuti non in linea con i dettami della normativa comunitaria e nazionale, e che ha determinato l'avvio di procedure d'infrazione a suo carico, nelle more della costituzione delle comunità d'ambito, si è attivata in loro sostituzione per affidare i progetti per la ristrutturazione degli impianti di trattamento previsti nel nuovo assetto e per dare inizio alle relative procedure di istruttoria e di valutazione, a valle delle quali si potrà procedere con l'affidamento delle attività di realizzazione degli stessi;

   le ordinanze contingibili e urgenti, ai sensi del già richiamato articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in base, al comma 1, possono essere emesse — qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità — per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nelle direttive dell'Unione europea e hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi;

   il potere di ordinanza presenta numerose problematicità legate soprattutto all'adozione di provvedimenti che, a giudizio dell'interrogante, si pongono in contrasto con il principio di legalità in senso sostanziale. In tale ambito il diritto ambientale è intriso di norme — nella forma di regole ovvero di principi — di origine comunitaria, la cui derogabilità da parte di un atto amministrativo è difficilmente ammissibile, e anzi dovrebbe essere esclusa;

   a tal proposito, la norma introduce accanto al presupposto della «eccezionale ed urgente necessità» di tutela della salute e dell'ambiente, la precisazione che ai provvedimenti derogatori è possibile ricorrere solo qualora «non si possa altrimenti provvedere», introducendo un termine massimo di sei mesi all'efficacia dei provvedimenti ed un limite alla possibilità di reiterazione;

   la riformulazione attuata con il decreto-legge n. 80 del 2008, a modifica del comma 4 dell'articolo 191, ha eliminato ogni possibile incertezza interpretativa, perché specifica inequivocabilmente che nessuna forma speciale di gestione dei rifiuti può legittimamente protrarsi per più di 18 mesi –:

   di quali elementi disponga il Governo circa lo stato delle procedure relative all'attivazione degli impianti pubblici del polo tecnologico di Gioia Tauro, di Siderno, Rossano, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria e Catanzaro;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che si possa creare una situazione di emergenza per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti della regione Calabria, alla luce della reiterazione delle ordinanze contingibili e della mancata intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non concessa già in occasione dell'emissione della quarta ordinanza contingibile e urgente.
(4-01472)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 settembre 2018 a Milano, le forze dell'ordine hanno provveduto a far sgomberare una palazzina Alitalia occupata abusivamente con sessanta famiglie, compresi 25 bambini, finiti letteralmente in mezzo ad una strada;

   in data 23 ottobre 2018 gli agenti della Guardia di finanza, su richiesta della Corte dei conti, hanno tentato di entrare in una palazzina a Roma, anche questa occupata abusivamente, per un sopralluogo;

   in questa circostanza gli agenti delle Fiamme gialle non sono riusciti nemmeno a entrare a causa delle minacce di un gruppo di occupanti abusivi che appartengono a Casapound;

   si tratta di un episodio gravissimo anche perché il raffronto con quanto accaduto a Milano è lampante; tra l'altro, la palazzina di Alitalia era stata in qualche modo individuata come soluzione abitativa dai servizi sociali territoriali;

   il principio di legalità sembra quindi applicato in maniera difforme in relazione agli occupanti che, nel caso di specie, paiono all'interrogante avere affinità politiche con il Governo –:

   se il Governo sia a conoscenza dell'episodio verificatosi a Roma del mancato accesso della Guardia di finanza nel palazzo occupato da militanti di Casapound, quali siano le ragioni di questo mancato accesso e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si proceda rapidamente anche in questo caso al ripristino del principio di legalità consentendo alla Guardia di finanza di svolgere l'accertamento previsto.
(3-00270)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a quanto risulta all'interrogante, il 23 agosto 2018, una delegazione di Radicali Italiani, autorizzata dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ai sensi dell'articolo 117, comma 2, del regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, ha fatto ingresso nella casa circondariale di Paola (Cosenza) per una visita rivolta alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti, della conformità del trattamento a umanità, del rispetto della dignità della persona nonché sulla conduzione generale dell'istituto; gli esiti della visita, il 24 agosto 2018, sono stati comunicati ai vertici dell'amministrazione penitenziaria, al magistrato di sorveglianza di Cosenza e al garante nazionale dei diritti dei detenuti;

   da quanto riportato, nell'istituto di Paola, avente una capienza regolamentare di 182 posti, erano presenti 221 detenuti, 119 dei quali stranieri (prevalentemente albanesi), con le seguenti posizioni: 12 imputati, 16 appellanti, 22 ricorrenti e 171 definitivi. Tra questi ultimi, solo 43 sono allocati nel Padiglione a custodia attenuata con regime custodiale aperto. Altri 5 detenuti invece si trovavano in permesso premio ex articolo 30-ter ordinamento penitenziario;

   nell'ambito della visita sono state riscontrate alcune criticità tra cui: l'isolamento precauzionale di un detenuto, allocato da circa 7/8 mesi all'interno del cosiddetto «repartino isolamento» avendo lo stesso dichiarato al personale di polizia penitenziaria di temere per la propria incolumità personale e di voler essere trasferito in altro istituto. La direzione dell'istituto avrebbe chiesto più volte l'allontanamento del predetto, ma ogni richiesta pare sia stata respinta dai superiori uffici. Inoltre, il detenuto, pare abbia posto in essere anche atti autolesionistici e per tale ragione sia stato sottoposto a «sorveglianza a vista»; è stata rilevata anche la chiusura di numerose camere detentive per inagibilità dovuta a copiose infiltrazioni meteoriche. In particolare, sono state rilevate n. 17 camere inagibili (4 alla I sezione, 4 alla III sezione, 3 alla IV sezione, 5 alla V sezione e 1 alla sezione Infermeria). Inoltre, per gli stessi motivi, altre 2 camere presso la IV sezione, a breve, sarebbero state dichiarate inagibili. Di tale problematica risultavano già essere stati notiziati i superiori uffici; è stata registrata altresì la copiosa infiltrazione di acqua piovana nelle aule scolastiche e in altri locali (teatro, sorveglianza generale, corridoio centrale accesso sezioni). Anche tale problematica, pur essendo stata segnalata ai superiori uffici, non era stata risolta; risulta ancora l'assenza di box office per il personale di polizia penitenziaria addetto alla vigilanza ed osservazione detenuti all'interno delle sezioni: i box office sono assolutamente inadeguati in termini di arredo e strumentazione, non conformi alla normativa vigente in materia, privi di condizionatori d'aria, di riscaldamento e di servizi igienici. In tutte le sezioni, fatta eccezione per il padiglione a custodia attenuata, le postazioni di servizio sono collocate all'ingresso, nel corridoio, senza alcuna protezione, essendo costituite solo da un tavolino e una sedia; è stata rilevata infine la numerosa presenza di detenuti stranieri che vede la casa circondariale di Paola tra gli istituti della Calabria con la più alta percentuale degli stessi (60-70 per cento), con tutte le difficoltà che ne derivano per la gestione penitenziaria di tali persone, spesso prive di alcun collegamento con il territorio. Nell'istituto di Paola non vi sono mediatori culturali e pare che, contrariamente ad altri istituti, non vi siano fondi da elargire agli indigenti o, comunque, non vi siano in misura adeguata e sufficiente;

   la delegazione visitante, per ognuna delle criticità evidenziate, ha formulato articolate raccomandazioni e proposte all'amministrazione penitenziaria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative di competenza siano state assunte o si intendano intraprendere ed entro quali tempi al fine di risolvere le gravi criticità riscontrate e illustrate in premessa.
(4-01469)


   GRIBAUDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con nota prot. n. 13806 del 19 aprile 2017, il comune di Saluzzo faceva richiesta della disponibilità del fabbricato di proprietà comunale, ex sede del soppresso tribunale di Saluzzo, oggi in minima parte utilizzato dagli uffici del giudice di pace delle precedenti sedi di Saluzzo, Savigliano, Racconigi e Venasca, per una superficie utilizzata di soli 1700 metri quadrati a fronte di 6180 metri quadri totali;

   l'amministrazione comunale, nell'interesse pubblico di riduzione della spesa passiva per altri immobili in affitto, avrebbe utilizzato tale spazio per collocarvi vari uffici di pertinenza territoriale, tra i quali, su pressante richiesta della prefettura di Cuneo, la polizia stradale, attualmente in un immobile di proprietà privata con sfratto esecutivo, impedendo così la degradazione degli spazi e il relativo spreco di riscaldamento, comunque indispensabile per la conservazione dell'edificio, ristrutturato con forti investimenti negli scorsi decenni;

   il dipartimento organizzazione giudiziaria, personale e servizi – direzione generale materiali e tecnologie ha negato in via informale, con nota trasmessa al tribunale di Cuneo e mai ricevuta dal comune di Saluzzo, l'autorizzazione a disporre dei locali dell'ex tribunale, motivando il diniego proprio con la sussistenza sull'immobile di due mutui con oneri di ammortamento a carico dello Stato. La ragione del diniego deriverebbe dall'articolo 19 della legge n. 119 del 1981 così come modificata dalla legge di stabilità 2016. Il comune di Saluzzo rispondeva alle motivazioni del diniego, con lettera inviata a tale direzione in data 31 agosto 2017, facendo presente che la disposizione citata non è applicabile ai mutui i cui importi siano stati già efficientemente spesi sugli immobili ad uso giudiziario, ma si riferisce a fattispecie diverse; inoltre, il mutuo più consistente avrebbe avuto scadenza naturale nel 2014, se non fosse stato, a giudizio dell'interrogante, arbitrariamente, rinegoziato dal Ministero, all'insaputa del comune, prolungando quindi la scadenza fino al 2035; infine, rilevava che lasciare vuoto oltre il 70 per cento di un edificio realizzato con fondi pubblici, peraltro di proprietà comunale, fino al 2035, è contrario all'interesse pubblico generale e ai princìpi guida della pubblica amministrazione; alle controdeduzioni del comune e alla richiesta di riesame del diniego, il Ministero, a quanto consta, non ha mai dato risposta;

   alla formazione del Governo era stata considerata la riapertura di alcune sedi giudiziarie soppresse dalla riforma del 2012; tra queste ricade l'ex tribunale di Saluzzo, al qual proposito il sindaco di Saluzzo scriveva con lettera prot. 21487 del 19 giugno 2018 indirizzata al Presidente del Consiglio, al Ministro della giustizia e al presidente del tribunale di Cuneo, affermando la piena disponibilità di riportare il tribunale a Saluzzo; un gruppo di dipendenti dell'ex tribunale indirizzava una raccolta firme al Presidente del Consiglio, al Ministero della giustizia e al sindaco di Saluzzo, auspicando la riapertura del tribunale e della relativa procura della Repubblica;

   una modifica della geografia giudiziaria a vantaggio della «giustizia di prossimità» sortirebbe effetti positivi sia per l'utenza abituale (avvocati, periti, consulenti tecnici di parte, e altro) sia per quella più occasionale (parti, testimoni, e altro), nonché per i dipendenti e la comunità locale nel suo complesso; a Saluzzo è presente la casa di reclusione «Rodolfo Morandi» che vede la presenza di oltre 350 detenuti, la cui vicinanza rispetto al tribunale comporterebbe positivi risparmi per le casse erariali; l'area saluzzese risulta alquanto estesa per la presenza di valli, queste ultime collegate per mezzo di trasporti pubblici nei confronti di Saluzzo, ma non con analoga facile fruibilità verso Cuneo –:

   quali iniziative intenda adottare per permettere il pieno utilizzo dei locali dell'ex tribunale di Saluzzo;

   se intenda promuovere una revisione della soppressione dei tribunali locali avvenuta nel 2012, attraverso la quale valutare la riapertura del tribunale di Saluzzo con conseguente incremento delle dotazioni organiche e finanziarie, apportando un sensibile miglioramento dei servizi giudiziari per le popolazioni del saluzzese.
(4-01473)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Polesine Zibello, in provincia di Parma, è stato arrestato con l'accusa di corruzione, falso, truffa e peculato. La misura cautelare è stata disposta dalla procura della Repubblica di Parma ed eseguita nella giornata del 23 ottobre 2018 dai carabinieri di Parma;

   l'indagine, coordinata come detto dalla procura della Repubblica di Parma, avrebbe permesso di scoprire un «pervicace sistema di gestione della cosa pubblica, assolutamente asservito agli interessi privatistici del sindaco»;

   oggetto di contestazione da parte dell'autorità giudiziaria sarebbero, anche, la falsificazione di numerose delibere della giunta comunale, con violazione quindi anche dei principi di trasparenza e collegialità del predetto organo –:

   se — alla luce dei fatti suesposti, la cui gravità appare acclarata e, in ogni caso, non di certo minimizzabile — il Ministro interrogato non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per adottare le iniziative di competenza ai sensi degli articoli 141 e 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in materia di scioglimento dei consigli comunali e di rimozione e sospensione di amministratori locali.
(4-01475)


   MORANI, MIGLIORE, FIANO e GRIBAUDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che le fiamme gialle, inviate nel pomeriggio del 22 ottobre 2018 dalla procura della Corte dei conti per un sopralluogo nell'ambito di un'indagine per danno erariale, hanno provato ad accedere ai locali di proprietà del demanio all'interno di un palazzo assegnato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca occupati da anni abusivamente dall'organizzazione neofascista Casa Pound, con l'obiettivo di determinare i danni causati al pubblico erario;

   sempre a quanto risulta dai giornali pare che l'ingresso della Guardia di finanza, peraltro concordato da tempo con Casa Pound, sia stato respinto e che i più noti esponenti romani dell'organizzazione neofascista abbiano minacciato i finanzieri con frasi come «Se entrate sarà un bagno di sangue», e che questi abbiano deciso di rinunciare momentaneamente alla perquisizione per evitare tensioni e rischi per l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini e degli abitanti dello stabile –:

   se il Governo non ritenga di dovere immediatamente acquisire elementi sulla gravissima vicenda esposta ed adottare urgentemente le iniziative di competenza necessarie a ripristinare la legalità e fornire il necessario supporto di uomini e mezzi per assicurare il regolare svolgimento delle indagini della procura della Corte dei conti.
(4-01477)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   risulta alla interrogante che sarebbe intervenuta, a cura del Ministero dello sviluppo economico e con parere favorevole dell'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, la proroga fino al 31 dicembre 2029, della durata dei diritti d'uso delle frequenze in banda 3.4-3.6 GHz, a favore, fra le altre, di Aria s.p.a. (soggetta al controllo da parte della società Tiscali s.p.a.);

   si apprende dalla stampa locale che a seguito dell'ottenuta proroga Aria-Tiscali avrebbe approvato il piano industriale 2018-2021 e portato a termine l'attività di ristrutturazione del proprio perimetro aziendale, portando il numero degli addetti full time dalle 948 unità di dicembre 2016 alle 642 unità di dicembre 2017 attraverso la cessione del ramo d'azienda business a Fastweb, l'esternalizzazione delle attività «It» a Engineering e la razionalizzazione delle attività over the top;

   Aria spa (Tiscali) avrebbe poi ceduto sempre a Fastweb 40 MHz delle frequenze prorogate dietro pagamento di 150 milioni di euro –:

   se il Governo sia informato delle suddette dinamiche aziendali;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, affinché le stesse dinamiche aziendali, particolarmente legate alla intervenuta proroga dei diritti d'uso delle frequenze, si sviluppino senza mettere a rischio l'attuale perimetro occupazionale di Tiscali-Aria spa.
(5-00833)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MURA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione autonoma della Sardegna ha messo in atto un piano di eradicazione della peste suina africana (Psa), che, come dimostrano i dati, ha quasi totalmente debellato l'infezione endemica, che ha causato danni e restrizioni al settore suinicolo sardo;

   dal triennio 2012-2014 al 2015-2017 il numero dei focolai nei maiali domestici è passato da 109 a 6 (5 nel 2018). È crollata anche la sieropositività fra i cinghiali, dal 10 per cento a poco più del 3 per cento;

   nell'area rossa racchiusa dal Gennargentu al Supramonte fino al Nord dell'Ogliastra, circa 10 mila chilometri quadrati, dai 233 focolai nel 2012-2014 si è passati ai 3 da agosto 2016 a marzo 2017;

   il Commissario europeo per la salute e sicurezza alimentare già da tempo ha assunto l'impegno, verificata la mutata e decisamente migliorata situazione epidemiologica, di rivedere e allentare le restrizioni alla commercializzazione dei suini sardi e dei derivati di cui alla decisione 709/2014/UE;

   è necessario che le restrizioni di cui alla decisione europea di cui sopra siano applicate proporzionalmente all'attuale quadro epidemiologico per consentire al settore suinicolo sardo di tornare competitivo. Si fa presente che a partire dal 2010 la produzione regionale di carni suine e derivati è crollata del 60 per cento;

   il settore suinicolo è particolarmente importante per l'economia sarda, in particolare quella delle zone interne dell'Isola: 14 mila aziende, 187 mila capi, un giro di affari di 500 milioni all'anno –:

   se e come intenda adoperarsi affinché la Commissione europea riveda le misure di cui alla decisione 709/2014/UE fortemente restrittive e penalizzanti per la commercializzazione delle carni suine sarde e dei suoi derivati;

   se non ritenga di adottare iniziative affinché la Commissione europea organizzi una specifica missione ispettiva in Sardegna per verificare nuovamente la situazione epidemiologica;

   quali siano i suoi orientamenti circa le misure restrittive di cui alla decisione 709/2014/UE posto che all'interrogante appare evidente il mancato rispetto dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento fra Stati membri, considerato il nuovo quadro epidemiologico sardo.
(3-00271)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 4-01105, l'interrogante sottoponeva al Governo pro tempore il caso del bando emesso dal comune di Salsomaggiore Terme (Parma) n. 0030046/2018 del 6 agosto 2018, relativo all'assunzione a tempo indeterminato di un dirigente, per mobilità tra enti;

   documentazione similare (e di poco precedente), inerente alla procedura di mobilità volontaria per la copertura di un posto di dirigente amministrativo a tempo pieno e indeterminato, con mobilità fra enti, risulta emessa dal comune di Fidenza (Parma) in data 27 ottobre 2017, giusta determinazione dirigenziale n. 631 del 22 agosto 2017;

   il dirigente unico che ha emanato il bando di cui al capo precedente risulta la stessa persona che ha emesso quello richiamato nell'interrogazione di cui sopra, essendo l'ufficio del personale comune per Salsomaggiore Terme e Fidenza (Parma);

   il predetto bando del comune d Fidenza e atti successivi e consequenziali sono stati impugnati davanti al Tar, sezione di Parma che, con sentenza n. 00160/2018 (N. 00319/2017 REG.RIC.), ha condannato l'ente per «ravvisata illegittimità procedurale», con conseguente annullamento del bando de quo e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, con soccombenza alle spese di lite –:

   attesi i predetti profili di «illegittimità procedurale» riscontrati dal Tar di Parma a seguito di impugnativa, se il Ministro interrogato ritenga di dovere tempestivamente promuovere, a tutela dei princìpi di trasparenza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione e degli elementari princìpi sanciti dall'ordinamento e, nella fattispecie, della lettera e delle prescrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica e dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso gli enti locali di cui in premessa.
(4-01476)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, DE FILIPPO, SIANI, UBALDO PAGANO, RIZZO NERVO, CAMPANA, SCHIRÒ e PINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, ha sostituito integralmente, dopo ben 16 anni, il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 con cui erano stati definiti i livelli essenziali di assistenza (Lea) che il servizio sanitario nazionale fornisce a tutti cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con risorse raccolte attraverso la fiscalità generale;

   l'aggiornamento dei Lea ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed, eliminando quelle ormai obsolete, ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica, revisionato l'elenco delle malattie rare e quello delle malattie croniche e introdotto nuovi vaccini e nuovi accertamenti per patologie neonatali;

   la legge di bilancio 2016 (legge n. 208 del 2015), al comma 553 dell'articolo 1, aveva previsto uno stanziamento in misura non superiore a 800 milioni di euro annui per l'aggiornamento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», nel rispetto degli equilibri programmati della finanza;

   tali aggiornamenti non sono divenuti operativi, in quanto non è stato ancora emanato il decreto, che doveva essere adottato di intesa tra il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, che fissa le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni. La legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 420, della legge n. 205 del 2017) aveva posto il 28 febbraio 2018 come termine ultimo per l'emanazione di tale decreto;

   tale termine non risulta ancora soddisfatto poiché, come ha affermato la stessa Ministra interrogata, mancano le risorse necessarie a coprire le nuove prestazioni –:

   anche in vista dell'imminente presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio 2019, a quanto ammontino le risorse necessarie per dare finalmente il «via libera» all'adozione del «decreto tariffe» e quindi successivamente ai nuovi Lea, a due anni, ormai, dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riforma degli stessi.
(5-00836)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il mercato della capacità (capacity market) rappresenta una misura per accompagnare in condizioni di sicurezza il processo di de-carbonizzazione e di crescita delle fonti energetiche rinnovabili (Fer), in grado di fornire segnali di prezzo anche sul lungo termine, e di risolvere i problemi attuali di sicurezza del sistema, connessi alla riduzione della potenza convenzionale;

   negli ultimi anni infatti si è registrata in Italia una consistente diminuzione della capacità di generazione termoelettrica (-15 GW dal 2012 ad oggi), tuttora essenziale come backup della generazione intermittente;

   il 7 febbraio 2018 la Commissione europea ha approvato i meccanismi di regolazione della capacità di energia elettrica (capacity market) in Italia, Belgio, Francia, Germania, Grecia e Polonia;

   secondo la valutazione della Commissione tali meccanismi sono compatibili con il mercato interno e sono rispettosi dei criteri previsti dalla disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020;

   l'approvazione dei meccanismi di regolazione della capacità arriva dopo un lungo e complesso lavoro, durato quattro anni, finalizzato a garantire al sistema elettrico nazionale sicurezza e adeguatezza. Per l'Italia, infatti, la Commissione ha autorizzato meccanismi di capacità relativi all'intero mercato, che possono rivelarsi necessari quando i mercati dell'energia elettrica si trovano ad affrontare problemi strutturali di sicurezza dell'approvvigionamento;

   il capacity market italiano prevede la possibilità di garantire una disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica nel lungo periodo, attraverso un corrispettivo da riconoscere ai produttori, mantenendo così un adeguato backup al sistema elettrico da parte degli impianti termoelettrici a gas (il nostro Paese ha già identificato, da ultimo nella legge di bilancio 2017, i requisiti degli impianti che devono essere considerati nell'ambito del capacity market);

   il meccanismo, una volta avviato, sarà in grado di dare indicazioni sul prezzo di medio/lungo periodo, indirizzerà le scelte degli operatori e permetterà il raggiungimento del 55 per cento di energie rinnovabili sui consumi elettrici finali al 2030 e del phase out degli impianti a carbone al 2025 come programmato nella Strategia energetica nazionale (Sen);

   il meccanismo individuato è peraltro aperto a tutte le fonti produttive, anche a quelle rinnovabili prevedendo anche per esse la possibilità di usufruire di un premio per il contributo offerto all'adeguatezza del sistema;

   il 13 settembre 2018 si è appreso che il Governo, nell'ambito delle negoziazioni inter-istituzionali tra il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo, relative al «regolamento sul mercato interno dell'energia elettrica», ha deciso di ritirare la propria firma dal working paper 10008/2018, concedendosi però più tempo per approfondire e, ove necessario, rimodulare le proprie posizioni;

   per l'attivazione del capacity market, prevista per il 2019, è necessaria l'organizzazione periodica di aste competitive per l'assegnazione dei contratti di capacità, aste che per rispettare la tempistica prevista avrebbero dovuto tenersi entro l'anno in corso;

   il processo di attuazione del capacity market risulta invece ancora fermo, stante il fatto che, ad oggi, non sono stati ancora stati approvati né il decreto del Ministero dello sviluppo economico né le delibere attuative dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, senza i quali non è possibile completare il quadro regolatorio, e quindi dotare il sistema elettrico nazionale di un meccanismo essenziale per la sicurezza energetica –:

   quale sia ad oggi lo stato della situazione e come intenda procedere il Governo, per quanto di competenza, per dare attuazione al capacity market e dotare il sistema elettrico nazionale di un meccanismo essenziale per la sicurezza energetica.
(2-00154) «Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Noja, Zardini».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che a Calvanico, piccolo paese montano in provincia di Salerno, vi sono problemi nella consegna della posta;

   tale situazione ha spinto addirittura un consigliere comunale a denunciare quanto sta accadendo, evidenziando i disagi che gli abitanti stanno subendo;

   difatti, la mancata consegna della corrispondenza postale genera non pochi danni, soprattutto di natura economica: a causa della mancata ricezione di multe, rate di mutui, bollette, tagliandi assicurativi e notifiche varie, i cittadini rischiano di ritrovarsi con procedimenti penali pendenti a loro carico per il recupero di somma non pagate, senza neppure esserne a conoscenza;

   il servizio risulterebbe essere inefficiente anche a causa del continuo turn over del personale addetto a tale mansione. Il «portalettere», infatti, dovrebbe avere piena conoscenza di luoghi o persone, ma, a Calvanico, quando ciò starebbe per accadere, vi sarebbe, per quanto consta all'interrogante, un ricambio del personale che si troverebbe in difficoltà nella consegna della posta, che solitamente verrebbe riportata al sito di smistamento;

   a parere dell'interrogante, tale situazione è insostenibile e sarebbe opportuno agire nell'immediatezza, in quanto la mancata consegna della posta e soprattutto della corrispondenza sensibile, fa sì che la popolazione divenga vittima di sanzioni e sequestri e addirittura potrebbe vedersi bloccare i servizi fondamentali, come l'energia elettrica, il gas o l'acqua –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per risolvere tale disservizio in questa piccola comunità, chiarendo quali ne siano le cause.
(4-01471)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Cancelleri e altri n. 7-00080, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Grimaldi.

  La risoluzione in Commissione Cassese e altri n. 7-00064, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cimino, Pignatone.

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Maggioni n. 4-01431, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Romaniello.

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Ciprini n. 4-00820 del 30 luglio 2018.