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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 24 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    in base all'articolo 2 del decreto ministeriale 11 dicembre 2009, i produttori aventi fino a cinquanta galline ovaiole sono esonerati dagli obblighi sulle norme di commercializzazione; in particolare, sono esonerate dall'obbligo di marchiatura le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale nel luogo di produzione o nell'ambito della regione di produzione, in un mercato pubblico locale o tramite vendita a domicilio;

    le uova possono non essere marchiate con il codice del produttore, a condizione che il nome e l'indirizzo del produttore siano indicati nel punto vendita o comunicati all'acquirente nel caso di vendita porta a porta;

    deve essere riportata, altresì, la data di produzione delle uova, che non sono classificate per categoria di qualità e peso, e devono essere stoccate in locale di deposito idoneo secondo la normativa vigente, in attesa di esitarle alla vendita;

    per poter operare, i detentori di galline devono ottenere la registrazione dell'allevamento nella Banca dati nazionale (BDN) mediante il codice identificativo alfa numerico detto «codice aziendale», rilasciato dal Servizio veterinario dell'Asl a seguito di domanda di registrazione;

    va considerato che nell'emanare le norme di attuazione del regolamento (CE) 1234/2007, il Ministro per le politiche agricole alimentari, forestali e del turismo ha evitato di adottare, per la definizione di «regione di produzione», quella del livello locale stabilita in sicurezza alimentare con gli accordi Stato-regioni per l'applicazione dei regolamenti 852-853/2004, restringendo il territorio di commercializzazione di uova non marchiate all'interno di un raggio di appena dieci chilometri, al fine di evitare che uova prive di identificazione siano commercializzate nell'intero territorio della provincia o di province contermini;

    va considerato che si tratta esclusivamente di piccoli produttori che operano, comunque, con un'evidente ridotta quantità e nella maggior parte dei casi in maniera tradizionale, puntando sulla qualità del prodotto, e che la proposta di legge appena approvata dalla Camera sulla filiera corta dovrebbe promuovere proprio questo tipo di produzioni,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di iniziative normative, eventualmente apportando una modifica al decreto ministeriale 11 dicembre 2009, volte a estendere l'esenzione dagli obblighi di marchiatura anche in favore dei produttori aventi fino a cento galline ovaiole.
(7-00082) «Caretta, Luca De Carlo, Ciaburro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per il sud, per sapere – premesso che:

   la Ministra per il Sud, Barbara Lezzi, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi sul gasdotto Trans-Adriatico (che collegherà l'Azerbaijan all'Italia con approdo sulla spiaggia salentina di San Foca a Melendugno), che si è tenuto il 15 ottobre 2018, ha dichiarato: «Abbiamo le mani legate» dal «costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese» per fermare l'opera, sottolineando che è un costo che «per senso di responsabilità non possiamo permetterci». E ancora: «Abbiamo fatto un'analisi dei costi dall'interno dei ministeri. Questi costi il Paese non può permetterseli e noi non ce la sentiamo di addossarli sui cittadini»;

   secondo il sindaco di Melendugno si tratterebbe di: «un'opera inutile, dannosa e molto pericolosa per le popolazioni e il territorio. Questo progetto si ferma perché Tap ha commesso delle illegalità e illegittimità: ci sono errori progettuali e falsificazione dei documenti, quindi si ferma non per responsabilità politica ma per responsabilità di Tap stessa»;

   il Governo, che si è formato anche grazie alle posizioni contrarie alla realizzazione del Tap, sta compiendo, ad avviso degli interpellanti, una ritirata non degna degli impegni presi con gli elettori, una retromarcia totale giustificata con argomentazioni che andrebbero meglio esplicitate e rese pubbliche, come quella legata a presunte penali da pagare in caso di «stop» alla realizzazione dell'opera;

   gli interpellanti giudicano grave la decisione del Premier Conte di incontrare i soli parlamentari e consiglieri regionali del M5S pugliesi insieme ai Ministri per il Sud Lezzi e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Costa. Risulta incomprensibile perché non si sia deciso di condividere ed estendere quella riunione, svolta a Palazzo Chigi, sede del Governo di tutti gli italiani e non di una sola forza politica, quantomeno a tutti i parlamentari e consiglieri regionali pugliesi, a prescindere dalle forze politiche di appartenenza, trattandosi di un'opera che riguarda l'interesse generale di tutti i pugliesi prima e degli italiani poi;

   a quanto risulta, il sindaco di Melendugno, presente all'incontro, avrebbe portato nuovo materiale su presunte irregolarità della Tap e presentato un dossier in cui vengono indicate le criticità sul progetto Tap rilevate dal comune e che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad oggi, a quanto consta agli interpellanti, non avrebbe ancora visionato;

   secondo alcuni esponenti del Governo l'Italia non sarebbe in grado di fermare la costruzione del Tap né di cambiarne l'approdo per almeno tre ragioni: esposizione al rischio di rilevanti penali da corrispondere; l'opera è provvista di tutte le autorizzazioni e rientra in impegni internazionali assunti dall'Italia; i procedimenti amministrativi e autorizzativi sinora non hanno evidenziato nulla di irregolare;

   la realizzazione del gasdotto è un accordo internazionale tra Stati, non un'intesa diretta con Tap. In questi casi, qualora l'Italia decidesse di disdire l'accordo, secondo la Carta dell'energia del 1994 (dalla quale però l'Italia è uscita nel 2016), sul caso si esprimerebbe un arbitrato internazionale: negli ultimi 20 anni, questo tipo di cause ha visto vittoriose per il 52 per cento le imprese e per il 48 per cento gli Stati, con risarcimenti massimi di 3 miliardi di euro. Risulta agli interpellanti che la cifra di 20 miliardi di euro sia stata comunicata, nella riunione del 15 ottobre, dal Sottosegretario allo sviluppo economico Andrea Cioffi (senza nessun documento ufficiale alla mano che ne comprovasse la veridicità) e rivelata poi, in un articolo, dal consigliere regionale pugliese del Movimento 5 Stelle Antonio Trevisi;

   l'opera dovrebbe essere bloccata perché le procedure sono state condotte in maniera illegittima più che per calcoli meramente ragionieristici sui costi di abbandono, senza i necessari approfondimenti sulla correttezza delle procedure, l'utilità dell'opera e i vantaggi costi-benefici;

   sembrerebbe che il Governo, in linea con i precedenti, non abbia voluto dedicare i necessari sforzi per bloccare davvero il Tap –:

   se il Governo intenda esaminare e valutare il dossier consegnato dal sindaco di Melendugno durante l'ultimo incontro a Palazzo Chigi nel quale sono elencate le problematiche che la sistemazione della conduttura subacquea comporterebbe all’habitat marino e le presunte criticità ambientali relative all'area del cantiere;

   se il Governo intenda fornire elementi circa le anomalie riscontrate dal comitato «No Tap» sulle procedure adottate per la realizzazione del gasdotto;

   per quali motivi il Governo abbia deciso di incontrare, insieme al sindaco di Melendugno, i soli rappresentati istituzionali nazionali e regionali di un'unica forza politica di maggioranza, nonostante il Tap sia un'opera che interessa in prima battuta tutti i cittadini pugliesi, dimostrando, a giudizio degli interpellanti, una concezione privatistica della politica;

   se il Governo intenda fornire tutti gli elementi e le prove documentali in possesso in base alle quali la rinuncia alla costruzione del Tap o lo spostamento del punto di approdo comporterebbero il pagamento da parte dell'Italia di enormi penali, quantificate anche intorno ai circa 20 miliardi di euro.
(2-00153) «Fratoianni, Muroni».

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 12 giugno 2018 la nave della Marina americana Trenton ha soccorso 41 migranti, aggrappati al loro gommone ormai distrutto, nel Mediterraneo, al largo della Libia;

   altri loro compagni di traversata sono stati meno fortunati; infatti, 76 persone sono morte nel naufragio;

   a distanza di mesi, Repubblica Tv ha incontrato sei dei 41 sopravvissuti che, per la prima volta, hanno raccontato cosa è successo quel giorno. I loro ricordi, riportati nel video pubblicato su repubblica.it il 22 ottobre 2018 sono drammatici: hanno visto morire annegati fratelli, fidanzate, donne incinte, aggrappati a loro o a quel che restava del gommone;

   i sopravvissuti raccontano di aver visto, quella mattina, la nave militare americana molto prima che il gommone si rovesciasse. «Vedevamo quella nave. Non era lontana. Vedevamo la bandiera americana. Se ci avesse visti e soccorsi quando tutti eravamo ancora a bordo, 76 persone non sarebbero morte», denunciano i superstiti; secondo gli stessi testimoni e secondo le conversazioni radio raccolte dall'inchiesta di Repubblica tv, la nave americana avrebbe ignorato due ore prima la richiesta di aiuto del gommone poi colato a picco;

   sulla dinamica dell'avvistamento del gommone, il Comando navale americano ha ribadito ai giornalisti di Repubblica che la nave Trenton avrebbe visto l'imbarcazione solo quando si era già rovesciata e le persone erano in acqua;

   occorre però sottolineare come l'episodio del 12 giugno 2018 non sia l'unico in cui la Trenton si è trovata a poche miglia da un'imbarcazione di migranti, come testimonia anche un colloquio radiofonico avvenuto pochi giorni prima in quelle stesse, acque e riportato nello stesso video;

   a parere dell'interrogante le autorità internazionali, l'Onu e l'Unione europea, innanzitutto, hanno l'obbligo di fare luce sulle eventuali responsabilità della nave americana Trenton in relazione alla dinamica delle operazioni di soccorso in cui è rimasta coinvolta il 12 giugno 2018 perché, se rispondesse a vero quanto testimoniato dai superstiti, la nave Trenton, in quell'occasione, avrebbe potuto salvare secondo l'interrogante, oltre ai 41 superstiti anche molte delle 76 persone annegate;

   anche il nostro Paese può e deve contribuire a far luce su quanto accaduto quel giorno perché non si può continuare ad assistere inerti alla strage infinita che si consuma a due passi dalle nostre coste –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Governo sia nei confronti degli Usa, anche in virtù della comune appartenenza alla Nato, sia nell'ambito dell'Unione europea e dell'Onu innanzitutto, affinché si attivino, nello spirito del diritto internazionale e delle buone relazioni con gli Stati Uniti d'America, per far piena luce circa la dinamica delle operazioni di soccorso effettuate dalla nave americana Trenton il 12 giugno 2018 ed eventuali ritardi nei soccorsi che avrebbero potuto evitare la morte a molte delle 76 persone annegate.
(4-01463)


   ROMANIELLO, COSTANZO, SABRINA DE CARLO, LOMBARDO, MAMMÌ, MENGA e OLGIATI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Alessandro Fiori era un manager di 33 anni originario di Soncino, in provincia di Cremona. Partito da casa il 12 marzo 2018, aveva preso un volo per Istanbul per incontrare una ragazza straniera che aveva conosciuto due giorni prima a una festa. Non aveva avvertito nessuno e i genitori si erano accorti della sua partenza solo il mercoledì successivo;

   il venerdì seguente, non riuscendo a mettersi in contatto con lui, il padre e lo zio erano andati in Turchia a cercarlo e avevano scoperto che il ragazzo era stato derubato di soldi e carte di credito da un tassista, e che forse era stato addirittura rapito. C'era stato anche un appello alla tivù turca. Poi alcune inutili segnalazioni, fino al drammatico ritrovamento del corpo nel Bosforo, davanti a Istanbul, il 28 marzo 2018;

   la polizia inizialmente aveva fatto sapere che la morte era avvenuta per un malore. Ad ogni modo, se così fosse stato, l'autopsia l'avrebbe subito rivelato. Infatti, un infarto, crea seri danni al cuore, mentre l'annegamento provoca la penetrazione di acqua nei polmoni;

   l'autopsia invece, ha chiarito che la morte è stata provocata da un colpo inferto sul retro della testa con grande violenza, il che lascia supporre che Fiori sia stato colpito e poi gettato nello stretto;

   secondo quanto si apprende, i risultati dell'autopsia turca, eseguita il 30 marzo 2018, sarebbero stati correttamente depositati in procura il 30 maggio 2018, cioè nei tempi prescritti. Ciononostante, nessuno degli inquirenti ha fornito i dati, né tantomeno qualcuno si è occupato di aprire un'inchiesta, nonostante il contenuto;

   il giudice che si era occupato del caso, poi trasferito a fine agosto, ha ignorato i risultati dell'autopsia e le prove raccolte, nonostante le evidenze;

   l'ultima segnalazione di Alessandro in vita risalirebbe a lunedì 26 marzo 2018. Sarebbe stato visto nel quartiere di Thopane, situato vicino al Consolato italiano. Secondo una ricostruzione probabile, debilitato e senza riferimenti, stava cercando proprio di raggiungere il nostro Consolato;

   Alessandro avrebbe quindi, in base alle telefonate degli avvistamenti, vagato per dieci giorni senza meta, confuso debilitato prima di essere ucciso, probabilmente lo stesso 26 marzo 2018 –:

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso il Ministro per giungere alla verità dell'assassinio di Alessandro Fiori e se sia a conoscenza di quali siano le motivazioni per le quali non sia stata avviata un'indagine sull'accaduto.
(4-01466)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


   TORTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe 135 del 2012 del 21 dicembre 2012 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale — n. 63 del 15 marzo 2013 ha assegnato l'importo pari a euro 70.500.000,00 per gli interventi di consolidamento e restauro nel settore dei beni culturali;

   la delibera del Cipe 77 del 2015 del 6 agosto 2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale — n. 268 del 17 novembre 2015 ha assegnato risorse pari a euro 25.987.211,00 per l'anno 2015 per la realizzazione di un programma stralcio nel settore dei beni culturali e dell'edilizia pubblica, e, specificatamente 19.750.000,00 al Mibac per la realizzazione del programma stralcio degli interventi sui beni culturali danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009;

   la delibera del Cipe 112 del 2017 del 22 dicembre 2017 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale — n. 125 del 31 maggio 2018 ha assegnato l'importo pari a euro 48.923.619,75 per la ricostruzione del patrimonio culturale pubblico;

   ad oggi è difficile reperire informazioni esaustive riguardo allo stato di attuazione degli interventi previsti dalle delibere del Cipe di cui in premessa –:

   quale sia lo stato di attuazione degli interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale danneggiato dai sismi del 2009, del 2016 e del 2017 e, ove sussistano ritardi, quali siano le motivazioni che li hanno causati e quali siano le iniziative che si intendano promuovere per rendere la fase di ricostruzione e ripristino degli immobili più efficiente.
(3-00269)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANDE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da informazioni apparse sulla stampa, nei primi giorni di ottobre 2018, un uomo che praticava kitesurf sarebbe stato risucchiato e poi sbattuto a terra da un elicottero militare impegnato in un'esercitazione nello spazio aereo antistante una spiaggia di Ladispoli;

   a seguito dell'evento, l'interessato ha riportato diversi traumi e pare non essere in pericolo di vita;

   risulta che anche un'altra persona presente sulla spiaggia, così come riportato dai mezzi di informazione, sia rimasta ferita;

   la presenza dell'elicottero militare sembra connessa ad esercitazioni militari congiunte che si sarebbero svolte anche nei giorni precedenti quello dell'evento –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire spiegazioni sulla dinamica dell'evento e se siano state rispettate le precauzioni di sicurezza nei riguardi della popolazione della zona.
(4-01461)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GIACOMONI, BIGNAMI, BARATTO, MARTINO, BENIGNI e CATTANEO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la prossima manovra di finanza pubblica, per l'anno 2019, prevede solo una proroga parziale delle detrazioni fiscali in materia di eco-bonus;

   il contenuto delle misure citate dal Documento programmatico di bilancio 2019, infatti, riguardano:

    a) la proroga al 31 dicembre 2019 della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia al 50 per cento (da suddividere in 10 quote annuali);

    b) la proroga al 31 dicembre 2019 della detrazione per gli interventi di efficienza energetica (da suddividere in 10 quote annuali), ma in misura inferiore ad alcune fattispecie (50 per cento invece che 65 per cento, sostituzione di infissi, schermature solari, impianti di climatizzazione invernale tramite caldaie a condensazione e a biomassa);

    c) la proroga al 31 dicembre 2019 della detrazione per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe energetica;

    d) la proroga al 31 dicembre 2019 della detrazione del 36 per cento per interventi di cura, ristrutturazione e irrigazione del verde prato;

   ad avviso degli interroganti il succitato punto b) è molto rilevante perché le associazioni Anfit, Cna, Confartigianato Imprese, LegnoLegno, Edilegno Arredo, Pvc, Foru Italia e Unicmi, per quanto risulta, hanno inviato una lettera al Governo per chiedere la proroga nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, delle detrazioni fiscali dedicate alla sostituzione dei serramenti, oltre all'introduzione di criteri in grado di permettere il conseguimento di risultati migliori dal punto di vista energetico;

   parimenti rilevante appare l'opportunità di elevare al 65 per cento la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia;

   non si comprende assolutamente il senso di depotenziare le suddette detrazioni al 50 per cento, nonostante negli anni scorsi queste misure siano state tra le poche a sostenere il comparto dell'edilizia, che versa come noto in una situazione di difficoltà. Dette misure rappresentano un volano per l'occupazione del settore e il nascere di nuove professioni e know how –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di ripristinare pienamente, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, il bonus efficienza energetica, prevedendo la detrazione al 65 per cento piuttosto che al 50 per cento per gli interventi di efficienza energetica relativa alla sostituzione di infissi, schermature solari e impianti di climatizzazione invernale tramite caldaie a condensazione e a biomassa, elevando altresì la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia al 65 per cento e rendendo definitivamente strutturali tali misure.
(5-00803)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con parere n. 1446 del 2018, il Consiglio di Stato ha ritenuto non ammissibile lo schema di regolamento del Ministero dell'economia emanato di concerto con quello dello sviluppo economico che detta un meccanismo sanzionatorio con il quale si cerca di contrastare il diniego all'utilizzo di forme di pagamento elettronico;

   il provvedimento, superando le indicazioni generiche della norma madre, faceva riferimento all'articolo 693 del codice penale, secondo cui: «chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro», una scelta giudicata dai giudici amministrativi troppo «creativa»;

   invero, l'assetto normativo attuale, pur imponendo a chi vende prodotti o presta servizi di possedere strumenti in grado di consentire il pagamento tramite carte, non prevede alcuna sanzione in caso di mancata installazione del Pos o di mancata accettazione del pagamento, una carenza che ha determinato, finora, la mancata applicazione dello specifico obbligo vanificando, di fatto, la previsione legislativa;

   in realtà, la sanzione sarebbe dovuta entrare in vigore già dal 1° febbraio 2016 per effetto del decreto attuativo previsto dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), che, contestualmente, aveva ridotto a 5 euro l'importo da cui accettare i pagamenti tracciabili;

   il Consiglio di Stato nel parere richiesto, pur sottolineando l'importanza dell'obbligo di Pos ai fini della lotta al riciclaggio, all'evasione e all'elusione fiscale, aggiunge che il medesimo obiettivo deve: «necessariamente essere conseguito con l'adozione di provvedimenti rispettosi, sotto l'aspetto formale e sostanziale, dei princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico»;

   la scelta del Governo di riferirsi ad una norma esistente (nella fattispecie l'articolo 693 del codice penale) e di applicarla per analogia ad altri casi, si pone in contrasto per l'interrogante con il principio della «riserva di legge» di cui all'articolo 23 della Costituzione, in base al quale: «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge», principio, peraltro, ulteriormente ribadito dall'articolo 1 della legge n. 689 del 1981, secondo cui: «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» –:

   se non ritenga di assumere iniziative volte a superare i rilievi sollevati dal Consiglio di Stato ed esposti in premessa, tramite una normativa ad hoc che, al fine di promuovere la diffusione e l'uso dei pagamenti elettronici su vasta scala, preveda un efficace sistema sanzionatorio atto a scoraggiarne il diniego.
(5-00804)


   CANCELLERI, MARTINCIGLIO e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in conformità alla determina del direttore generale delle finanze prot. n. 15856 del 13 ottobre 2017, è stato avviato, di concerto con il capo dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi, l'interpello per retribuzione di incarichi non dirigenziali di direttore degli uffici di alcune commissioni tributarie; tra i requisiti per la partecipazione a suddetto interpello, è richiesta l'appartenenza al profilo di area III del ruolo unico del Ministero dell'economia e delle finanze, e di altre pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165;

   l'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 545 del 1992, in merito alle attribuzioni del personale di segreteria delle commissioni tributarie, indica le qualifiche professionali giuridiche da possedere per l'attribuzione dell'incarico di direttore di segreteria (area III – fasce retributive F3, F4, F5) corrispondenti alla vecchia nomenclatura di VIII e IX qualifica funzionale;

   tutti gli interpelli banditi negli anni che decorrono dal 2001 al dicembre 2013, formulati dai vari dirigenti generali pro tempore, sono stati indirizzati sempre a funzionari di area III – F3/F4/F5 tra i quali individuare quello cui assegnare l'incarico di direttore di segreteria di commissione tributaria;

   il contratto nazionale di lavoro dei ministeriali ha inibito ed inibisce l'utilizzo del concetto di flessibilità di area fino a quando non verranno definiti i profili unici di area –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire se sia stato siglato un contratto integrativo presso il Ministero dell'economia e delle finanze finalizzato a definire un «profilo unico di area III».
(5-00805)


   FRAGOMELI, GUERINI, FREGOLENT, ASCANI, COLANINNO, DEL BARBA, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, che ha individuato le nuove modalità di determinazione dell'Isee, per la concessione di prestazioni sociali agevolate limitate a coloro che sono in possesso di particolari requisiti di natura economica, prevede, all'articolo 5, comma 3, che il patrimonio immobiliare all'estero sia pari a quello definito ai fini dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, detratto il valore dei mutui contratti per l'acquisto dell'immobile o la costruzione del fabbricato;

   l'articolo 10, comma 7, lettera m) del medesimo decreto prevede che siano autodichiarate le componenti del patrimonio immobiliare di cui all'articolo 5, comma 3, nonché l'ammontare dell'eventuale debito residuo;

   l'articolo 11, comma 3 del medesimo decreto, inoltre, prevede che, in relazione ai medesimi dati autodichiarati, l'Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individui e renda disponibile all'Inps, omissioni e difformità degli stessi dati rispetto a quelli presenti nel Sistema informativo dell'anagrafe tributaria e, per i dati autodichiarati di cui all'articolo 10, commi 7 e 8, per i quali l'Agenzia delle entrate non dispone di informazioni utili, l'Inps stabilisca, procedure per il controllo automatico;

   sulla base della legislazione vigente, pertanto, l'obbligo dei controlli sulla veridicità delle autocertificazioni spetta all'Inps, all'Agenzia delle entrate e agli enti locali interessati;

   alcuni comuni italiani starebbero richiedendo a cittadini stranieri residenti in Italia, non appartenenti all'Unione europea, documentazione integrativa rispetto all'Isee rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero – corredata di traduzione in italiano – sulle proprietà e la composizione del nucleo familiare nel Paese di origine ai fini della fruizione delle prestazioni sociosanitarie agevolate;

   l'impossibilità di reperire tale documentazione dallo Stato estero comporta una evidente discriminazione di cittadini costretti a pagare la tariffa massima prevista per le fasce di reddito più elevate, pur avendo diritto all'agevolazione;

   la procedura di valutazione patrimoniale non può essere applicata in maniera disomogenea sul territorio nazionale sulla base di regolamenti comunali –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire, per quanto di competenza, che l'unica documentazione da presentare per la valutazione dei requisiti di natura economica e patrimoniale sia l'Isee promuovendo lo sviluppo di accordi internazionali tra le amministrazioni finanziarie che permettano di effettuare i necessari controlli senza penalizzare le fasce di cittadini più deboli.
(5-00806)


   CENTEMERO, BILLI, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, istituita con la legge del 27 ottobre 1988 n. 470, contiene un mero elenco dei cittadini italiani che risiedono all'estero per un periodo superiore ai dodici mesi;

   molti cittadini italiani residenti all'estero possiedono almeno un'abitazione in Italia;

   fino al 2013 era possibile, per il comune, «considerare direttamente adibita ad abitazione principale, l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che l'immobile non risulti locato»;

   nel 2014 è stata eliminata la possibilità di assimilazione ad abitazione principale, in seguito all'entrata in vigore della legge del 23 maggio 2014, n. 80. L'introduzione di questa nuova norma ha fatto sì che, dal 2014, l'immobile venisse considerato come seconda casa;

   la suddetta legge del 2014 prevede che «a partire dall'anno 2015 è considerata abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato ed iscritti all'A.I.R.E., già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso». Su tale unità immobiliare «le imposte comunali TARI e TASI sono applicate, per ciascun anno, in misura ridotta di due terzi»;

   dal 1° gennaio 2015, per gli iscritti all'A.i.r.e., l'immobile in Italia si può considerare come abitazione principale (e di conseguenza esente Imu), solo se si è pensionati nello Stato estero di residenza, con pensione rilasciata dallo stesso Stato estero;

   se si è pensionati in Italia, ma si risiede all'estero, tuttavia, non è possibile considerare l'immobile come abitazione principale e di conseguenza, l'immobile non risulta esente Imu;

   per gli altri soggetti iscritti all'A.i.r.e, qualunque immobile posseduto in Italia (abitativo o non abitativo) è di fatto un normale immobile soggetto ad aliquota ordinaria deliberata dal comune in cui l'immobile è ubicato;

   dal 2016, in applicazione della legge di stabilità, sono stati previsti sgravi e agevolazioni per le imposte (Imu, Tasi, Tari) sulla prima abitazione posseduta da cittadini italiani residenti in Italia –:

   quante siano le prime abitazioni di proprietà di cittadini italiani e, separatamente, di pensionati residenti all'estero e iscritti all'A.i.r.e. e in che misura tali proprietari risultino distribuiti nei diversi continenti.
(5-00807)


   OSNATO e DONZELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il recepimento della direttiva (UE) 2015/849 in materia di antiriciclaggio, avvenuto con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, ha aggravato, a decorrere dal luglio di quell'anno, il sistema sanzionatorio contenuto nel decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;

   in particolare, l'articolo 63, comma 1, prevede, per mancata apposizione della clausola di intrasferibilità sugli assegni di importo superiore a mille euro, una sanzione compresa tra tremila e cinquantamila euro, notevolmente più pesante rispetto a quella precedentemente prevista, determinata in una percentuale compresa tra l'uno e il quaranta per cento dell'importo dell'assegno;

   la direttiva europea (UE) 2015/849 si riferisce espressamente all'intenzionalità dell'azione commessa al fine di determinare un comportamento ascrivibile all'illecito di riciclaggio, criterio non rinvenibile, invece, nel testo novellato del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;

   il nuovo sistema sanzionatorio sta penalizzando gravemente persone che commettono anche solo dei semplici errori materiali nella emissione di assegni mancanti della clausola di non trasferibilità;

   nonostante il Governo abbia annunciato a più riprese di voler correggere il nuovo sistema sanzionatorio, allo stato ancora nulla è stato fatto e sono già quasi duemila le sanzioni comminate a risparmiatori inconsapevoli –:

   se non ritenga di intraprendere le iniziative di competenza volte a una revisione del sistema sanzionatorio descritto in premessa.
(5-00808)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 16 ottobre 2018, intervenendo all'assemblea dell'Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance), il Ministro interrogato ha dichiarato «alcuni piloni dei viadotti della A24 e A25 — le autostrade che collegano rispettivamente Teramo e Pescara a Roma e che vengono chiamate “Autostrada dei Parchi” — che ho potuto visionare con i miei occhi, sono in condizioni così degradate da risultare allarmanti»;

   lo stesso Ministro ha proseguito assicurando l'impiego di strumenti ad alta tecnologia per i monitoraggi, quali sensori e droni, avvalendosi del sostegno di eccellenze nazionali in questi campi;

   il Ministro il 17 ottobre 2018, ha dichiarato che «lo Stato a causa della vecchia politica dei cosiddetti esperti non ha il potere di chiudere alcuna infrastruttura autostradale. Ma abbiamo fatto un'analisi straordinaria — ha continuato il Ministro — una verifica che ho fatto fare io e mai fatta fare prima che ha dato delle risultanze»;

   sui viadotti dell'A24 e A25 risulterebbe, come riportato dagli organi di stampa, «il decadimento manutentivo riscontrato, associato all'incremento dei carichi di esercizio rispetto all'epoca di costruzione, è tale da non poter dimostrare il raggiungimento di adeguato standard di sicurezza con il regolare transito della circolazione»;

   è quanto emergerebbe dagli esiti dei sopralluoghi eseguiti su 87 viadotti sui 339 presenti nelle autostrade A24 e A25, illustrati nel rapporto informativo dall'Ufficio ispettivo territoriale (Uit) di Roma del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al termine della verifica straordinaria sulle condizioni strutturali effettuata a inizio ottobre. Documento inviato per conoscenza alle prefetture dell'Aquila, Teramo, Pescara e Chieti;

   in particolare, risulterebbe che le verifiche di sicurezza strutturali eseguite, sia sulle pile che sui viadotti, hanno restituito risultati molto esigui in termini di coefficiente di sicurezza. Pertanto l'Uit, ferma restando l'esclusiva responsabilità della società concessionaria in termini di sicurezza della circolazione ai sensi dell'articolo 14 del codice della strada e senza che le seguenti indicazioni possano considerarsi esaustive di eventuali ulteriori interventi che potrebbero essere proposti dalla società Strada dei Parchi, ritiene che la società medesima possa attivarsi per gli adempimenti minimali, indicati e già notificati alla società con un verbale del 12 ottobre 2018 –:

   se quanto espresso in premessa corrisponda al vero e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare, a tutela dell'incolumità pubblica delle persone che ogni giorno transitano sulle autostrade A24 e A25.
(5-00809)


   GIACOMETTO, BIGNAMI, CORTELAZZO, CASINO, GAGLIARDI, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei mesi scorsi la regione Emilia-Romagna aveva annunciato, a mezzo stampa, la partenza dei lavori, entro il 2018, del Passante di Mezzo, opera sulla quale il dibattito è ancora aperto sotto il profilo della sostenibilità ambientale;

   il progetto prevede per l'A14 il potenziamento in sede a tre corsie di marcia più emergenza tra la pk 9+100 (interconnessione ramo di Casalecchio) pk 22+231 (stazione di Bologna San Lazzaro) per uno sviluppo complessivo di 13 chilometri circa, mentre per la tangenziale si prevede il potenziamento in sede a tre corsie più emergenza dallo svincolo 3 allo svincolo 6 e dallo svincolo 8 allo svincolo 13 e a quattro corsie più emergenza per il tratto che collega lo svincolo 6 allo svincolo 8;

   tuttavia continuano a permanere dubbi sulla sostenibilità dell'opera: il Passante di Mezzo risulterebbe in realtà un potenziamento di una infrastruttura già esistente, già satura nella sua capacità di assorbimento del traffico veicolare;

   nell'intesa generale quadro del 19 dicembre 2003, tra Ministero e regione, si parlava solo genericamente di Passante autostradale senza ulteriori specifiche: pertanto, non veniva aprioristicamente esclusa nessuna ipotesi e dunque nemmeno quella del Passante sud;

   con la realizzazione del Passante sud si creerebbero due strade alternative sostituibili. Entrambi i percorsi collegherebbero le tratte Milano-Rimini (A1-A14), Firenze-Rimini (A1-A14), Rimini-Padova (A14-A13), Milano-Padova (A1-A13) e Firenze-Padova (A1-A13). Ciò comporterebbe una invarianza dei flussi diretti a Padova A1-A13 nelle due direttive e A14-A13; si potrebbe inoltre ipotizzare il transito del flusso veicolare che interessa la tratta Firenze-Rimini (A1-A 14) dal Passante sud collegando direttamente le due autostrade. Per quanto concerne invece la percorrenza Milano-Rimini (A1-A14), creandosi due alternative identiche, il traffico potrebbe equamente distribuirsi sui due percorsi, ma si potrebbe anche pensare di mantenere la tratta autostradale solo in direzione Padova da tutte le direzioni trasformando l'attuale sede autostradale in una sorta di svincolo di collegamento, trasferendo tutto il traffico della direttrice Milano-Rimini sul Passante sud;

   anche le obiezioni sollevate circa l'impatto ambientale per la realizzazione del Passante sud non sembrerebbero ostacoli insuperabili anche in riferimento a interventi di ricucitura urbana, ambientale, territoriale e idrologica –:

   se si intendano adottare iniziative per finanziare uno studio di fattibilità per la realizzazione del Passante sud al fine di comparare i due progetti e individuare quello maggiormente sostenibile.
(5-00810)


   DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tema dell'emergenza abitativa riguarda milioni di cittadini che nel nostro Paese vivono limite della soglia di povertà, e necessita di soluzioni quanto più rapide e definitive. L'ultimo provvedimento in materia risale al decreto-legge n. 47 del 24 marzo 2014 (legge n. 80 del 2014);

   tale provvedimento prevede, all'articolo 1, il finanziamento di due fondi, quello nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dalla legge n. 431 del 1998, e quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito dall'articolo 6 del decreto-legge n. 102 del 2013 (legge n. 124 del 2013);

   l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 47 del 2014, nel modificare il decreto-legge n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008), dispone che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa della Conferenza unificata, approvano con decreto le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati. Il suddetto decreto dovrà tenere conto anche della possibilità di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica. Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente;

   l'articolo 4 prevede, con una tempistica ben chiara, l'approvazione di un decreto attuativo volto a promuovere un programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica e stabilisce che il Governo riferisca alle competenti Commissioni parlamentari circa lo stato di attuazione del programma di recupero con cadenza semestrale, fino alla completa attuazione del programma;

   la Conferenza unificata ha recentemente approvato il piano di riparto delle somme per il programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli istituti autonomi per le case popolari –:

   se, in riferimento allo stato di attuazione della legge n. 80 del 2014 e all'attuale disponibilità dei fondi da essa previsti, intenda adottare iniziative per prevedere specifiche e straordinarie risorse per l'edilizia residenziale pubblica, anche attraverso la riqualificazione del patrimonio esistente.
(5-00811)


   LUCCHINI e MARCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale situazione delle infrastrutture viarie, realizzate ed in corso d'opera, nella zona dell'alta Umbria è ferma ormai da troppo tempo, penalizzando la mobilità di lavoratori, studenti e turisti che si muovono quotidianamente nel territorio;

   la E78 Grosseto-Fano rappresenta un importante asse trasversale di collegamento tra i due versanti litoranei adriatico e tirrenico, di lunghezza complessiva circa di 248 chilometri, di cui molti tratti presentano ancora caratteristiche di viabilità ordinaria in attesa che si arrivi all'adeguamento del corridoio stradale, con caratteristiche di superstrada, definito dei «Due Mari»;

   nell'ambito di tale corridoio, nel tratto umbro, il progetto della galleria della Guinza (lunga 5.960 metri) a doppia canna, che attraversa l'Appennino come asse portante della nuova superstrada Grosseto-Fano, risale agli anni Ottanta e i lavori per lo scavo del primo tubo, costati circa 500 miliardi di lire, sono iniziati negli anni Novanta e si sono conclusi nel 2004; da allora i cantieri si sono interrotti sia per necessità di conformare il progetto alle sopraggiunte normative di sicurezza europee e nazionali, sia a causa dei finanziamenti mancanti per la costruzione del secondo tubo e le indecisioni riguardo al tracciato di collegamento con la strada europea E45 sul versante Umbro;

   la strada statale 73-bis «di Bocca Trabaria», chiusa nel mese di marzo 2018 in prossimità del confine Umbro-Marchigiano, nel comune di San Giustino ha subito un grave danneggiamento della carreggiata dovuto a un importante movimento franoso che ha causato ulteriori gravi disagi economici e di percorrenza alla mobilità, con difficoltose ricadute sui lavoratori e imprese del territorio –:

   quale sia la politica del Governo riguardo alle infrastrutture viarie del territorio dell'alta Umbria citate in premessa.
(5-00812)


   BUTTI, TRANCASSINI e FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta «Variante della Tremezzina», strada statale Regina-Lago di Como, è in fase di progettazione esecutiva;

   entro il 31 dicembre 2018 è prevista la pubblicazione del bando di gara, pena la perdita dei finanziamenti statali previsti;

   il primo firmatario del presente atto ha rivolto diversi quesiti al Governo in ordine alla realizzazione di questa opera strategica per la mobilità del Lario, ricevendo sempre risposte vaghe e imprecise, come segnalato più volte in fase di replica agli atti di sindacato ispettivo;

   in particolare, le risposte pervenute dal Governo sembravano confermare il rispetto del cronoprogramma previsto, essendo in fase di elaborazione il progetto esecutivo da parte di Anas;

   il 19 ottobre 2018 il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, intervenendo prima ad un incontro istituzionale e poi a una conferenza stampa, ha dichiarato, come riportato dal quotidiano «La Provincia», che Anas ha detto di essere pronta non prima della fine di gennaio;

   tali dichiarazioni confermano, di fatto, quanto ripetuto più volte in sede istituzionale dal primo firmatario del presente atto, e cioè che il finanziamento statale è a rischio e le risposte del Governo sono evasive e superficiali;

   non dubitando gli interroganti di quando riportato dal quotidiano «La Provincia» in data 20 ottobre 2018, tantomeno delle dichiarazioni oculate del presidente Fontana, sorge spontaneo il dubbio che Anas abbia fornito versioni diverse al Governo e a regione Lombardia –:

   quale sia la versione definitiva e ufficiale del Governo, e quindi dell'Anas, in merito al rispetto delle date previste dal cronoprogramma, nonché quale sia il piano alternativo nel caso Anas non sia nelle condizioni di confermare la pubblicazione del bando di gara entro il 31 dicembre 2018.
(5-00813)


   BRAGA e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte di Casalmaggiore sul fiume Po, lungo la strada provinciale «Asolana» è stato realizzato a partire dalla primavera del 1955 ed è di competenza delle province di Cremona e Parma;

   il ponte gestito da Anas fino al 2001 è stato ceduto alle province di Parma e Cremona, territorialmente competenti;

   nel mese di gennaio 2018 è stato approvato in sede di Conferenza unificata il riparto previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Graziano Delrio, dei 35 milioni di euro, previsti dalla legge di bilancio 2018, per realizzare interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali provinciali di connessione sul fiume Po;

   nell'ambito del citato riparto è stata autorizzata la spesa di 6 milioni di euro per le province di Parma e Cremona, per il ponte Colorno;

   tali interventi sulla base delle relazioni tecniche non risolvono la questione dei collegamenti interregionali, in quanto assicurano al manufatto in questione un orizzonte di funzionalità non superiore al decennio;

   per questo occorre che da subito vengano avviate, da parte di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, le azioni necessarie per dare al territorio una risposta definitiva alle esigenze di interconnessione;

   con lettera del 20 agosto 2018, i presidenti delle due province hanno sollecitato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad intervenire con urgenza, segnalando l'assoluta necessità di avviare l’iter progettuale del nuovo ponte sul Po in località Casalmaggiore-Colorno;

   tra le azioni prioritarie, segnalate dai due presidenti, nella richiamata missiva, vi è anche il completamento dell’iter di statalizzazione del percorso previsto per dicembre 2018, con il definitivo ritorno della competenza ad Anas per i citati manufatti infrastrutturali;

   sono stati avviati una serie di incontri istituzionali tra le province e l'Anas per avviare da subito la progettazione della nuova infrastruttura, coinvolgendo anche le due regioni, Lombardia ed Emilia-Romagna, per condividerne la priorità e l'urgenza –:

   quali iniziative di competenza intenda coerentemente assumere il Ministro interrogato al fine di completare gli interventi previsti dalla Conferenza unificata del 24 gennaio 2018 in merito alle infrastrutture di connessione sul Po tra Emilia-Romagna e Lombardia, nonché in merito al processo di riconsegna ad Anas delle competenze e di realizzazione del nuovo ponte di cui in premessa, considerata la rilevanza che tali interventi assumono per le comunità interessate.
(5-00814)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 7 agosto 2016 un operaio di 31 anni dipendente di Trenitalia, Vincenzo Viola, addetto alla manutenzione agli ETR 500 Frecciarossa nell'impianto di Trenitalia a Napoli Gianturco, è morto folgorato all'una di notte, durante il proprio turno di lavoro, mentre riparava il pantografo, lo strumento che collega i vagoni del treno con i cavi dell'alta tensione;

   risulta che la Polfer stia indagando su quanto accaduto per accertare eventuali responsabilità;

   secondo i testimoni, l'uomo, riconosciuto dai colleghi di lavoro come una persona consapevole e scrupolosa, abituata a rispettare tutte le procedure, sarebbe entrato in contatto con i cavi dell'alta tensione, rimanendo folgorato dalla corrente elettrica, alla tensione di 3.000 volt;

   i colleghi presenti nell'officina al momento dell'incidente avrebbero usato cinque estintori per spegnere le fiamme; gli impianti di manutenzione ETR di Napoli e Milano rientrano nella medesima unità produttiva «esercizio Frecciarossa» di Trenitalia;

   essendo uguali, sia nell'Imc ETR di Napoli sia nell'Imc ETR di Milano, anche le attività di manutenzione che si svolgono ai pantografi e sul tetto dei convogli ETR 500 Frecciarossa, al fine di conoscere la dinamica e le cause dell'infortunio mortale accaduto il 7 agosto 2018 a Napoli, con lettere del 22 agosto e del 24 settembre 2016, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell'impianto di manutenzione ETR di Milano, ha chiesto alla società Trenitalia di partecipare, a titolo gratuito, alla commissione interna istituita per il citato infortunio mortale;

   le operazioni di manutenzione dei convogli ETR, alimentati ad alta tensione, presentano un altissimo grado di rischio folgorazione e le procedure specificatamente pensate per salvaguardare l'incolumità dei lavoratori, anche in caso di errori o distrazioni, si rivelano molto spesso insufficienti –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto accaduto e di quali ulteriori informazioni disponga;

   se il Governo sia a conoscenza delle motivazioni per le quali Trenitalia non ha di fatto consentito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di Milano, dell'unità produttiva «esercizio Frecciarossa» di partecipare alla commissione interna d'indagine sul citato infortunio, nonché delle motivazioni per le quali la stessa Trenitalia ha ritenuto di non fornire al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza le informazioni richieste, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 81 del 2008, relative alla dinamica ed alle cause del citato infortunio mortale, in modo che lo stesso potesse proporre, ai sensi, dell'articolo 50, comma 1, lettere h) ed m) del decreto legislativo n. 81 del 2008, adeguate misure preventive e di sicurezza necessarie per evitare il ripetersi, a Milano, dell'infortunio mortale accaduto a Napoli il 7 agosto 2016;

   se alla luce di quanto esposto, non si ritenga opportuno assumere iniziative normative per rafforzare le misure di sicurezza nel settore della manutenzione dei rotabili, in particolare rivedendo le procedure che vengono attivate durante lo svolgimento di attività manutentive agli apparati elettrici ad alta tensione in relazione alle quali l'incolumità del lavoratore è certamente più a rischio.
(4-01456)


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 12 ottobre 2018 l'ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif), quale ufficio competente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha imposto all'Arst (Azienda regionale sarda trasporti) la sospensione della tratta ferroviaria Sassari-Alghero per la mancata revisione delle tre travate metalliche, oltre che per il mancato adeguamento sui sistemi di sicurezza sul controllo centralizzato del traffico ferroviario;

   l'Ustif ha disposto la sospensione del collegamento alla luce dei reiterati ritardi nell'effettuazione dei controlli e dell'adeguamento dei tre ponti su cui transitano le 32 corse quotidiane del treno che collega Sassari e Alghero;

   per la realizzazione dei lavori alle travate metalliche, il Governo ha già stanziato circa 26 milioni di euro, che però non risultano ancora nella disponibilità dell'Arst, che ha programmato tali lavori per maggio 2019;

   va considerato inoltre che la tratta Sassari-Alghero costituisce un collegamento ferroviario di primaria importanza per il trasporto sardo, che interessa quotidianamente più di 2000 cittadini pendolari, oggi costretti ad utilizzare le corse sostitutive effettuate dagli autobus dell'Arst, con gravi disagi per la circolazione stradale e per la mobilità degli utenti –:

   come intenda adoperarsi il Ministro interrogato, per quanto di competenza, affinché sia ripristinato il regolare collegamento ferroviario tra Sassari e Alghero, anche in forza del trasferimento dei fondi già stanziati per i lavori di revisione che interessano l'infrastruttura.
(4-01458)


   ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 19 ottobre 2018 la compagnia di volo Ryanair ha ufficializzato l'intenzione che, fra dieci giorni circa, cesserà di operare su Alghero, lasciando definitivamente la base dell'aeroporto internazionale «Riviera del corallo»;

   35 lavoratori con relative famiglie saranno costretti a lasciare Alghero – e la Sardegna – per una destinazione ignota;

   di fatto, è stato smantellato un sistema operativo, con tutto ciò che ne consegue in termini economici e occupazionali, distrutto il cosiddetto «modello Alghero», che aveva fatto del trasporto low cost un vero e proprio modello di sviluppo economico-sociale, ed è stata irreparabilmente compromessa la continuità territoriale sulle isole minori;

   il sindaco di Nuoro aveva dichiarato la sussistenza di trattative in corso tra Ryanair e Sogeaal, per il rilancio del vettore nello scalo di Alghero, ma la realtà dei fatti registra ad avviso dell'interrogante un disinteresse del sindaco e della giunta, che ha ignorato la richiesta della minoranza, attraverso un ordine del giorno, di convocare un tavolo con l'assessore ai trasporti della regione, il management Sogeaal, le parti sociali, per conoscere strategie di sviluppo dello scalo e il vero stato di salute dello stesso, nonché il futuro dei collegamenti –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda urgentemente adottare in merito a quanto esposto in premessa, al fine di attenuare le drammatiche conseguenze in termini di collegamenti aerei ed i rilevanti danni economici derivanti per tutto il nord ovest della Sardegna ed evitare il progressivo smantellamento di un importante modello economico di sviluppo.
(4-01460)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOBILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dal 2003 in via Napoleone III (Roma, quartiere Esquilino) la sede di CasaPound è un immobile occupato abusivamente;

   la Corte dei conti ha aperto un fascicolo per verificare a quanto ammonti il danno erariale per le casse pubbliche, procurato da più di un decennio di mancati provvedimenti da parte dell'amministrazione comunale;

   la tesi del pubblico ministero contabile Massimiliano Minerva è che sia una palazzina di sei piani dove vivono famiglie sotto sfratto ma dove avrebbero alloggiato anche amici e parenti di alcuni leader dell'organizzazione. Oggi gli appartamenti e locali ospiterebbero anche cooperative e onlus legate al movimento;

   è stata disposta una stima dello stabile, alla quale è seguita una delega alla Guardia di finanza per accertare e fotografare lo stato dei luoghi;

   per evitare disordini il «blitz» sarebbe stato concordato con i leader del movimento nel corso di una riunione informale avvenuta il 15 ottobre 2018. Tuttavia, nonostante le cautele, Casapound il giorno 22 Ottobre 2018 ha impedito l'accesso alla palazzina. I militari avrebbero ricevuto insulti e minacce da parte dei militanti: «Se non ve ne andate finisce nel sangue»;

   il pubblico ministero Minerva ha deciso di proseguire l'inchiesta e ricostruire eventuali responsabilità dei pubblici ufficiali che non avrebbero inviato alla prefettura richieste di sgombero, tollerando la situazione di abusivismo;

   invero, alla situazione di illegalità si aggiunge uno spreco evidente, trattandosi di un edificio demaniale affidato in gestione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, anni fa, aveva anche sporto una denuncia in prefettura –:

   se quanto avvenuto corrisponda al vero e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a tale delicata vicenda.
(4-01464)


   BRESCIA, MACINA, DIENI, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, DADONE, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con circolare n. 3 del 2017, protocollo n. DCRISLOG 0011950 del 20 aprile 2017, la direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali del dipartimento dei vigili del fuoco del Soccorso pubblico e della difesa civile ha precisato le modalità di erogazione della mensa obbligatoria di servizio prevedendo, per le sedi con presenze medie a pranzo inferiori a 15 unità, un servizio sostitutivo di mensa attraverso la fruizione del buono pasto;

   a seguito della risoluzione della convenzione Consip Buoni pasto 7, lotto 3, buoni pasto Qui! Group, a partire dal mese di maggio 2018, i buoni pasto non sono stati erogati. La direzione regionale Puglia, con nota 12446 dell'11 luglio 2018,, ha rappresentato alla direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali – Area II – gestione dei servizi ausiliari e funzionamento, l'urgenza di provvedere all'approvvigionamento di buoni pasto per il personale vigili del fuoco della Puglia; con nota 21341 del 16 luglio 2018 la suddetta direzione centrale ha autorizzato la direzione regionale Puglia ad avviare una procedura di gara per l'acquisto dei buoni pasto che si è conclusa il 22 ottobre 2018. Non possono, tuttavia, escludersi ulteriori ritardi dovuti agli adempimenti di legge connessi con il procedimento di gara;

   ai vigili del fuoco di numerose sedi di servizio della Puglia non è stata erogata la mensa di servizio che, oltre ad essere un diritto del lavoratore, ne rappresenta un obbligo. Alquanto singolare risulta quanto accaduto in alcune sedi di servizio del Comando vigili del fuoco di Bari al cui personale, su disposizione del comandante provinciale sono stati fatti recapitare, in contenitori e con mezzi che, a quanto consta agli interroganti, non risulterebbero idonei al trasporto di alimenti, alcuni panini che avrebbero dovuto rappresentare la fornitura di un «pranzo a sacco» ma che, sempre a quanto consta agli interroganti, sembrerebbe siano stati confezionati senza tenere adeguatamente conto dei parametri nutrizionali espressamente previsti dalle vigenti disposizioni dell'ufficio sanitario dei vigili del fuoco e rinvenibili nel contratto in essere con la ditta incaricata, che, tra l'altro, prevede tale tipologia di confezionamento esclusivamente nel caso di particolari esigenze di servizio per il personale comandato in servizio isolato o collettivo fuori dall'ordinaria sede di servizio –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di ovviare a questo immeritato trattamento riservato ai vigili del fuoco;

   per quali ragioni, nelle more dello svolgimento della gara d'appalto appena richiamata, non sia stata autorizzata la trattativa diretta dal Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MePA) così come richiesto dalle organizzazioni sindacali regionali della Puglia Uil Pa Vigili del Fuoco e Fns-Csil e come già accaduto in passato, consentendo dunque di assicurare ai vigili del fuoco di poter usufruire della mensa obbligatoria di servizio.
(4-01467)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PETTARIN, APREA, PELLA e NOVELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Firenze, con il sostegno dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, sta proseguendo la raccolta di firme e adesioni a una proposta di legge popolare volta all'introduzione della «Educazione alla cittadinanza» tra le materie scolastiche curricolari delle scuole italiane;

   nelle ultime settimane la medesima iniziativa è stata veicolata attraverso la pubblicazione di pagine pubblicitarie sui principali quotidiani nazionali e locali;

   a tre mesi dall'avvio della raccolta firme, sono già numerosi i sindaci, gli amministratori locali e i cittadini che hanno manifestato apprezzamento per tale proposta di legge, evidenziando una diffusa esigenza di trasmettere alle giovani generazioni il senso di appartenenza alla comunità nazionale e la condivisione di regole di civile convivenza;

   all'iniziativa si è affiancata la campagna di comunicazione interattiva e multimediale #ascuoladieroi, divenuto anche il nome della rete di associazioni, con l'obiettivo di creare un movimento d'opinione trasversale e apartitico che rimetta al centro e promuova principi e valori civili fondamentali come la partecipazione, la corresponsabilità, la legalità, la democrazia e il bene comune dei comuni;

   si ritiene opportuno e doveroso offrire la massima pubblicità e divulgazione all'iniziativa dell'Anci, anche attraverso gli strumenti e le possibilità di informazione capillare proprie del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in particolare all'interno delle scuole italiane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della suesposta raccolta firme e quale sia il suo orientamento in merito alle finalità che si propone;

   se intenda assumere le iniziative di competenza affinché il reintegro dell'insegnamento dell'educazione civica tra le materie curricolari delle scuole primarie e secondarie d'Italia venga sostenuto e patrocinato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   se, compatibilmente con il risultato che otterrà l'iniziativa dell'Anci, il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative per introdurre «l'educazione alla cittadinanza» tra le materie scolastiche curriculari a partire dall'anno scolastico 2019/2020.
(5-00802)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   PALLINI, CASO, GIANNONE, AMITRANO, BILOTTI, DAVIDE AIELLO, SEGNERI, PERCONTI, SIRAGUSA, VIZZINI, COSTANZO, INVIDIA, CUBEDDU, DE LORENZO, TUCCI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 giugno 2018 Poste Italiane ha sottoscritto un «accordo per le politiche attive» con il quale si è impegnata ad assumere a tempo indeterminato, in due distinte fasi, circa tremila lavoratori che hanno prestato servizio con contratti a tempo determinato;

   in particolare, l'accordo prevede: una prima fase (A) nella quale possono essere assunti esclusivamente i lavoratori che abbiano prestato servizio con contratto a tempo determinato nelle provincie indicate da Poste Italiane e che abbiano ancora attivo il diritto di precedenza ex articolo 24 del decreto legislativo n. 81 del 2005; una seconda fase (B) decorrente dal 13 giugno 2019, nella quale possono aspirare all'assunzione tutti coloro che abbiano prestato servizio a tempo determinato per almeno dodici mesi a decorrere dal 1° gennaio 2018;

   la prima fase (A) è stata sino ad ora caratterizzata da continui rinvii e da una gestione complessivamente poco chiara anche nell'indicazione delle province in cui devono essere effettuate le assunzioni, con l'effetto di aver fatto scadere il diritto di precedenza che molti lavoratori avevano attivo sino al mese di settembre 2018 e di escludere molti candidati che non hanno prestato servizio nelle sedi indicate;

   apparentemente un primo blocco di assunzioni dovrebbe essere effettuato entro il mese di novembre 2018 –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza, se ne sussistano i presupposti convocando i vertici di Poste Italiane s.p.a., per fare chiarezza sull'applicazione dell'accordo e verificare la possibilità di estendere le assunzioni della fase A anche ai lavoratori di altre province il cui diritto di prelazione era attivo alla data di sottoscrizione dell'accordo.
(5-00819)


   MURELLI, CAPARVI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2018 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la parte del Jobs Act riguardante il calcolo delle indennità in caso di licenziamento ingiustificato;

   la norma prevedeva che l'indennizzo fosse calcolato in base all'anzianità del lavoratore: due mensilità di indennizzo per ogni anno lavorativo effettuato;

   il cosiddetto «decreto dignità» ha introdotto alcune modifiche, stabilendo che l'indennizzo deve essere pari a un minimo di sei mensilità fino ad un massimo di 36 mensilità;

   per la Corte, prevedere un'indennità crescente in base alla sola anzianità di servizio del lavoratore è «contrario ai princìpi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro» sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione;

   in altri termini la Corte ha «bocciato» il principio del ristoro monetario quale forma sostitutiva della tutela reale nei casi di recesso illegittimo, il che significa un ritorno al passato, con un potere discrezionale in capo ai giudici del lavoro per decidere caso per caso;

   l'innalzamento dell'indennizzo a 36 mesi di anzianità, per quanto valevole nell'ottica di tutelare la dignità del lavoratore illegittimamente licenziato, in combinato alla citata sentenza della Corte costituzionale ed alle conseguenze da essa derivanti, rischia di intimorire la categoria datoriale, con la conseguenza di frenare il ricorso ai contratti a tempo indeterminato e, quindi, di fatto, la crescita occupazionale stabile –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda urgentemente adottare per superare le criticità derivanti dalla pronuncia di cui in premessa e garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati con il «decreto dignità».
(5-00820)


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dal 1o marzo 2016 la Euroweld Asti è entrata a far parte del gruppo Blutec Spa — Strada Cascina Cauda — Asti. L'azienda, appartenente al settore automotive, si occupa di fabbricazione di sistemi di illuminazione e segnalazione per autoveicoli, occupando circa 130 addetti alla produzione di fanaleria posteriore e anteriore, fendinebbia e proiettori;

   nonostante il nuovo assetto societario, nel corso del 2016 vi è stato un progressivo calo dei volumi a causa di vari fattori, tra i quali le commesse in esaurimento, alcune decisioni del cliente, nonché ritardi sugli approvvigionamenti; nell'ultimo trimestre del 2016 al fine di sostenere i livelli occupazionali sono state fatte rientrare alcune produzioni a basso valore aggiunto prima affidate a terzi; a metà 2017 è cessata un'importante commessa per i volumi dello stabilimento, quella del retromarcia/retronebbia «ellezero»;

   a causa dell'incerto quadro finanziario, si apprende da fonte sindacale che sono state registrate omissioni contributive al fondo previdenziale complementare Cometa, nonché al fondo per la sanità integrativa Metàsalute; le segreterie provinciali Fim, Fiom e Uilm assieme alle rappresentanze sindacali unitarie aziendali hanno quindi chiesto l'apertura di un tavolo istituzionale per avere chiarimenti in merito ai mancati versamenti, nonché per accertare la situazione e la prospettiva dello stabilimento Blutec artigiano;

   il gruppo Fca è il principale committente per lo stabilimento Blutec di Asti;

   l'azienda Blutec è, inoltre, in trattativa con il Ministero dello sviluppo economico per la reindustrializzazione del sito ex Fiat di Termini Imerese, il quale in un primo momento sembrava essere destinato alla ripartizione di modelli elettrici a marchio Fiat; al momento è attesa l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico per la restituzione ad Invitalia del finanziamento iniziale di 21 milioni e 322 mila euro, propedeutica alla presentazione di un nuovo piano industriale –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia assicurato il normale pagamento di tutti gli emolumenti dovuti ai 130 lavoratori dello stabilimento Blutec di Asti, nonché per chiarire le prospettive occupazionali dello stabilimento astigiano.
(5-00821)


   POLVERINI, ZANGRILLO, CANNATELLI, FATUZZO, MUSELLA, ROTONDI e SCOMA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'aggiornamento dei dati dell'Istat sul tasso di disoccupazione ha rilevato ad agosto il dato del 9,7 per cento, considerato il migliore dal gennaio 2012;

   è evidente che tale dato non può essere considerato in alcun modo connesso con le disposizioni contenute del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, impropriamente definito, secondo gli interroganti, come «decreto dignità»;

   vale invece la pena sottolineare come nello stesso dato si sconti l'aumento dei cosiddetti inattivi, compresi tra i 15 e i 64 anni (+46.000);

   i soggetti inattivi ricondotti all'acronimo inglese N.e.e.t. cioè not (engaged) in education, employment or training sono quindi soggetti che non cercano lavoro e non sono impegnati in alcun tipo di formazione o educazione. Rappresentano di fatto la vera sconfitta per le istituzioni e i mercati, poiché tale condizione affonda le proprie radici in un approccio e in un atteggiamento culturali di evidente disillusione, che disegnano i contorni di una società senza più aspettative, tanto da non provarci nemmeno;

   nel corso degli ultimi anni il legislatore nazionale e comunitario ha più volte provato a intervenire, tentando in particolar modo di incentivare la ricerca di occupazione e l'assunzione agevolata, specialmente di soggetti con età inferiori ai 30 e ai 35 anni, in considerazione del fatto che in questa fascia si annidano in percentuale maggiori i richiamati N.e.e.t.;

   nel corso dell'esame del decreto-legge n. 87 del 2018 è stata introdotta, con l'articolo 1-bis, una misura di esonero contributivo per le assunzioni di under 35 per gli anni 2019 e 2020, sicuramente condivisibile, per quanto non originale e meramente integrativo di disposizioni precedentemente approvate. L'attuazione di tale misura è subordinata, dal comma 3 del medesimo articolo, all'adozione di un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento, cioè entro il 10 ottobre 2018;

   attualmente, non risulta agli interroganti che il richiamato decreto sia stato emanato con conseguente forte preoccupazione dei datori di lavoro e dei giovani in cerca di lavoro che temono, anche in previsione delle prossime scadenze finanziarie e del complessivo quadro di incertezza, di non poter accedere all'esonero contributivo –:

   in quali tempi il Ministro interrogato intenda adottare il decreto ministeriale richiamato in premessa.
(5-00822)


   EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Teuco di Montelupone, leader nel settore di produzione di vasche da bagno, docce e vasche idromassaggio, aveva subito una crisi e, alla fine, la produzione si era fermata nel luglio del 2017;

   in seguito a una lunga battaglia sindacale era stata presentata l'istanza di fallimento a dicembre 2017 ed erano stati nominati curatori fallimentari Luca Mira e l'avvocato Paola Milici;

   da quanto si apprende da organi di stampa locali (cronache maceratesi) con una pec il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato non solo che la cassa integrazione non sarà prorogata al 30 giugno per i 116 lavoratori della Teuco, dichiarata fallita il 20 aprile 2018 da parte del tribunale di Macerata, ma che è stata persino revocata con data retroattiva, partire dal 20 aprile;

   i sindacati avevano già chiesto da tempo un incontro al Ministero e speravano nel perfezionamento della pratica di licenziamento collettivo che avrebbe fatto scattare la «Naspi» (Nuova assicurazione sociale per l'impiego) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e se non intenda convocare un immediato tavolo di confronto in sede ministeriale al fine di tutelare i lavoratori dell'azienda Teuco.
(5-00823)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è condizione sistemica l'abuso dello strumento delle partite Iva al fine di mascherare rapporti di lavoro subordinato;

   in Italia, infatti, sono, in particolare, gli studi professionali, di piccole e grandi dimensioni e dei più svariati settori, nonché le multinazionali della consulenza, che procedono regolarmente all'ingaggio di giovani laureati e di professionisti esperti tramite l'apertura di partita Iva, ma, di fatto, tali lavoratori diventano dei veri e propri dipendenti sottoposti alle direttive del datore, a un orario e sede di lavoro: condizioni che inquadrano il rapporto di lavoro subordinato;

   in tal modo, le strutture sopracitate, procedono a un finto ingaggio di consulenti a partita Iva che in realtà sono sottoposti ad attività di lavoro subordinata, ma in assenza delle tutele previste dalla legge in materia;

   tra l'altro, molto spesso, la finta assunzione riguarda giovani volenterosi di iniziare l'attività professionale, poiché vengono pagati meno di un professionista esperto, ma la problematica riguarda anche consulenti di alto profilo, che diventano lavoratori subordinati, sottopagati rispetto alle loro competenze;

   in definitiva, dunque, un lavoratore a partita Iva, operante nei luoghi citati, non è niente altro che un dipendente, sottoposto a doveri e responsabilità inverosimili, che illegittimamente non gode dei diritti riconosciuti dalla normativa che regola il rapporto di lavoro subordinato;

   l'assurdità di tale situazione è ancora più evidente quando si valutano i contratti della stessa multinazionale o studio professionale in contesti europei differenti, poiché il medesimo soggetto-datore, in sostanza, inquadra diversamente due lavoratori che svolgono le medesime mansioni. Sicché, mentre in Italia si richiede al lavoratore la partita Iva, all'estero viene stipulato un regolare contratto di lavoro dipendente, con l'evidente discriminazione che ne consegue per il lavoratore italiano;

   tale vergognoso costume delle cosiddette false partite Iva costituisce chiaramente un comportamento illegittimo, poiché viola la normativa in materia di lavoro, ma non è stato mai idoneamente contrastato. Ciò permette a società e studi professionali di servirsi del lavoro di valide risorse, in dispregio dei loro diritti di lavoratori;

   negli ultimi anni, nonostante le proteste da parte degli organismi rappresentativi degli albi professionali, che hanno denunciato questa situazione, nulla è mutato –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare urgentemente per impedire definitivamente l'illegittima prassi di reclutare lavoratori attraverso lo strumento delle partite Iva, mascherando rapporti di lavoro subordinato.
(5-00824)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione n. 52 del 16 maggio 2018, il presidente dell'Inps ha adottato il regolamento di attuazione del decentramento territoriale, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento di organizzazione;

   con tale atto, confermato dalla successiva circolare n. 96 del direttore generale dell'Inps, si sono fissati, all'articolo 2, i parametri per le agenzie territoriali;

   i parametri sono tre: popolazione residente superiore a 60 mila abitanti, personale assegnato superiore a dieci unità, tasso di ipercopertura (rapporto percentuale tra popolazione residente nel bacino che raggiunge dal proprio comune più di una struttura, con mezzi propri, in un tempo inferiore a 30 minuti e il totale della popolazione residente) inferiore al 60 per cento;

   l'articolo 3 del sopra menzionato regolamento stabilisce che, per le agenzie sul territorio già istituite e funzionanti che presentino almeno due parametri difformi, potrebbe essere disposta la rivisitazione dei rispettivi bacini di utenza o la loro trasformazione in punti Inps o la chiusura;

   l'Agenzia Inps della Costiera amalfitana (con sede in Minori) non risponde a due su tre dei parametri impostati (popolazione residente inferiore a 60.000 abitanti; personale assegnato inferiore a 10 unità) e, quindi, potrebbe rientrare tra quelle a rischio chiusura;

   contro tale prospettiva hanno preso posizione il Comitato provinciale Inps di Salerno e il Comitato regionale Inps per la Campania, approvando ordini del giorno con cui si chiede il mantenimento dell'agenzia Inps di Minori, considerata indispensabile e strategica per il territorio;

   la richiesta arriva in regione delle caratteristiche specifiche dell'agenzia della Costiera amalfitana, che serve una zona ad altissima densità turistica, attraversata da una sola strada statale (la n. 163), stretta, piena di curve, molto affollata soprattutto d'estate, quindi con grande difficoltà di percorrenza; problematico e carente è anche il sistema di trasporto pubblico locale che renderebbe particolarmente disagevole raggiungere la sede Inps di Salerno;

   la sede Inps di Minori è un ufficio con alta efficienza e funzionalità, con grossi carichi di lavoro, grazie alla straordinaria quantità di lavoratori nel comparto turismo, molti dei quali stagionali –:

   se non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, di adottare iniziative per assicurare il mantenimento sul territorio della costiera amalfitana dell'agenzia Inps con sede in Minori.
(4-01455)


   RUFFINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Hag è l'acronimo di Handels Aktien Gesellschaft, azienda di Brema, in Germania, dove il chimico Ludwig Roselius, mette in atto il primo procedimento industriale di estrazione della caffeina dal caffè che entra a regime nel 1907. Dal giugno 2015 il marchio Hag è di proprietà della Jacobs Douwe Egberts (Jde). L'esclusiva del caffè decaffeinato detenuta da Hag risaliva al 1905;

   come riportato dal Sole 24 Ore del 26 settembre 2018, il Gruppo Jde ha annunciato la chiusura del sito produttivo di Andezeno (Torino) per trasferita produzione nelle altre fabbriche europee;

   Jde è per il 55 per cento della Acorn Holdings, a sua volta parte della Jab Holding Company che registra profitti e utili ben al di là delle ipotesi di crisi denunciate dalla Jde;

   il caso Hag-Splendid, ad avviso dell'interrogante, non rappresenta solo un caso di delocalizzazione ma soprattutto un caso di «cannibalizzazione» delle imprese nazionali;

   la società, presente sul mercato italiano con i marchi storici di Splendid e Hag, ha aperto la procedura di licenziamento collettivo e la cessazione di tutte le attività dal 1° gennaio 2019, coinvolgendo tutti i 57 dipendenti;

   le organizzazioni sindacali, che hanno proclamato due giornate di sciopero per fine settembre, hanno definito la improvvisa decisione della Jde «scellerata perché in quello stabilimento si producono due prodotti storici per il mercato italiano, il caffè Splendid e l'Hag, si licenziano tutti i dipendenti e si spostano le produzioni negli altri stabilimenti europei. Si aprirà un grosso problema per i 57 dipendenti e per un territorio che già ha gravi problemi occupazionali»;

   anche l'arcivescovo di Torino, monsignor Nosiglia, ha espresso il suo sostegno e la sua vicinanza ai lavoratori dello stabilimento di Andezeno impegnandosi a scrivere alla proprietà proprio per dimostrare «che c'è la solidarietà da parte di tutta la comunità cristiana e civile del territorio»;

   le organizzazioni sindacali hanno subito richiesto l'immediato ritiro della procedura di licenziamento collettivo, chiedendo di riaprire un tavolo sindacale per trovare soluzioni e risposte che prevedano il mantenimento dell'occupazione nell'unico stabilimento Splendid e Hag in Italia;

   secondo Jde la scelta di chiudere lo stabilimento torinese dipende dal calo progressivo e continuo della domanda di caffè tostato e macinato in tutta Europa. Secondo la stessa proprietà vi sarebbe stata già «un'attenta valutazione di tutte le alternative»; la stessa si è dichiarata pronta a lavorare con le istituzioni e le sigle sindacali per trovare soluzioni valide. Ciononostante al tavolo istituzionale in presenza dei sindacati convocato in data 2 ottobre 2018 dalla regione Piemonte l'azienda non si è presentata; anzi, anzi ha confermato ufficialmente l'intenzione di chiudere lo stabilimento italiano attivando la procedura di licenziamento collettivo e cessazione di tutte le attività a partire dal 1° gennaio 2019;

   d'altro canto gli stessi sindacati denunciano che l'azienda non ha voluto accettare di discutere alcuna delle proposte presentate per salvare i lavoratori e le famiglie coinvolte;

   il 22 ottobre 2018 le rappresentanze dei lavoratori hanno indetto una manifestazione a Roma presso il Ministero competente per richiedere un intervento del Governo –:

   se il Governo abbia quantomeno contattato la proprietà al fine di verificare la disponibilità a individuare soluzioni alternative alla chiusura e al licenziamento;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per salvaguardare i livelli occupazionali dello stabilimento e tutelare il futuro delle 57 famiglie direttamente coinvolte, oltre che l'intera comunità di Andezeno.
(4-01462)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   MASI e VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 31 maggio 2014 n. 83, convertito dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, ha trasformato l'Ente nazionale per il turismo in ente pubblico economico;

   con tali modifiche normative il rapporto di lavoro del personale ha assunto natura privatistica e ora l'attività dell'Ente si svolge sulla base di una convenzione triennale con cui il Ministero vigilante definisce, con gli altri attori pubblici, gli obiettivi ed i risultati attesi secondo determinate scadenze temporali ed il relativo budget finanziario;

   tale convenzione è stata rinnovata nel gennaio 2018 per il triennio 2018-2020 col Ministero per i beni e le attività culturali;

   la relazione della Corte dei conti relativa al bilancio Enit 2016 sottolineava come vi fosse «esiguità delle somme impegnate per lo svolgimento dell'attività caratteristica a fronte delle spese obbligatorie e di funzionamento» e sollevava altre criticità legate alla governance dell'ente e all'eccessivo ricorso a fondi statali;

   nei documenti ufficiali dell'ente collegati al bilancio 2017 si nota che le problematiche sollevate dalla Corte hanno trovato soluzione insufficiente e i bilanci previsionali tendevano a un rialzo di spesa da parte del Ministero;

   il comma 479 della legge di bilancio 2016 ha previsto che l'Enit esclusa dal rispetto delle norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'istituto nazionale di statistica delle amministrazioni pubbliche;

   tale scelta appare in contrasto con i dettami del nuovo statuto dell'Ente che, nel disegnare il nuovo modello organizzativo, pone in primo piano l'esigenza «di assicurare risparmi alla spesa pubblica»;

   si ricorda l'assorbimento senza concorso di 16 unità provenienti da «Promuovi Italia s.p.a.», una società totalmente partecipata da Enit che è stata posta in liquidazione a seguito del fallimento;

   dall'8 ottobre 2015, data di nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, finiva la stagione del commissario prefettizio e si avviava una travagliata fase di trasformazione che ha visto in questi 3 anni l'esodo in massa del personale, lunghe selezioni per il nuovo personale appena conclusasi, cambio del responsabile dell'area marketing e poco altro, come evidenziato dall'articolo del Fatto Quotidiano del 28 gennaio 2018 in cui si sottolineava che poche sono state le novità introdotte dalla nuova gestione;

   in data 8 ottobre 2018 sono scaduti i mandati dei componenti del consiglio di amministrazione dell'Enit –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per la riorganizzazione dell'Enit, la cui gestione fino ad oggi non è stata efficace.
(5-00815)


   BARELLI e CARRARA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   dagli ultimi dati evidenziati sul sito della regione, nel 2016 sono arrivati in Toscana quasi 13 milioni di turisti (+10 per cento); il saldo 2016 della cosiddetta «bilancia turistica» in Toscana è positivo per 3,06 miliardi di euro. Firenze e Siena sono le aree di maggiore attrazione, rispettivamente con il 64,5 per cento e l'8 per cento della spesa turistica straniera in Toscana;

   rispetto agli anni precedenti, cresce del 17 per cento la presenza turistica nei borghi: si tratta delle nuove forme di turismo, tra le quali quello enogastronomico e quello «esperienziale» (il turista vive la vita dei luoghi, in particolare i borghi interni, che visita);

   tuttavia, venticinque anni fa l'aeroporto di Firenze era più grande sia di quello di Venezia che di quello di Bologna, sui quali oggi transitano rispettivamente 6 e 10 milioni di passeggeri. L'inadeguatezza del Firenze-Peretola e l'eccessiva distanza da Pisa, hanno fatto perdere milioni di passeggeri l'anno, una perdita plurimiliardaria per il turismo e l'economia della città e della Toscana, un'area dove vive il 27 per cento della popolazione regionale e si produce il 30 per cento del prodotto interno lordo della Toscana, regione ove operano circa 450 mila imprese, un quarto delle quali attive nel settore turistico –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per valorizzare e rilanciare un turismo moderno, consapevole e diffuso sul territorio di Firenze e nell'area Firenze-Prato-Pistoia.
(5-00816)


   SILVESTRONI e ZUCCONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il tema del turismo legato alla cultura dei prodotti del territorio è per la nostra Nazione un eccezionale punto di forza in termini economici e identitari e, nell'ambito della provincia di Roma, segnatamente per l'area dei Castelli romani e il litorale sud;

   l'accessibilità in questi luoghi rappresenta un requisito essenziale per attrarre imprese, investimenti, merci, turisti in coerenza con gli obiettivi del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   per essere competitivi a livello turistico e ancor più in quello enogastronomico è necessario che le attività produttive nel settore turistico ed enogastronomico, siano messe nelle condizioni almeno di parità con le aziende europee, aggiungendo qualità e sostenibilità –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere per valorizzare, sviluppare il settore turistico ed enogastronomico nella provincia di Roma, con particolare riferimento all'area dei Castelli romani e del litorale sud.
(5-00817)


   MORETTO, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NARDI, NOJA e ZARDINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con oltre 5 mila chilometri di costa balneabile, il turismo balneare rappresenta un settore fondamentale dell'economia italiana, contando 30.000 imprese (l'85 per cento a conduzione familiare) e oltre 300.000 lavoratori, compreso l'indotto, e registrando oltre 90 milioni di presenze;

   nel 2008 la Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione relativamente alla preferenza per il concessionario uscente e al rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, incompatibili con l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE (direttiva «Bolkestein»);

   con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2020 del termine di durata delle concessioni demaniali in essere, nuovamente censurata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;

   vista l'importanza e l'urgenza della questione, il Governo Gentiloni aveva presentato un disegno di legge delega per la revisione e il riordino della normativa di settore, conciliando sviluppo e innovazione, rispetto della concorrenza, salvaguardia del bene pubblico, tutela degli investimenti e dell'occupazione, approvato alla Camera, ma non divenuto legge per l'esaurirsi della legislatura;

   nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche, il Ministro interrogato ha affermato l'intenzione di individuare una soluzione europea, anche con l'attivazione di un tavolo interministeriale, volta a escludere le concessioni demaniali marittime dall'applicazione di procedure competitive in quanto «beni e non servizi»;

   da fonti di stampa si apprende che all'esito della prima riunione del citato tavolo, il Ministro avrebbe dichiarato che il Governo porterà entro dicembre 2018 un documento in Europa per escludere dalla «direttiva Bolkestein» le concessioni balneari, che in ogni caso tale esclusione sarebbe inclusa in un futuro progetto di legge e che, come «piano B» nel caso di insuccesso con l'Europa, sarebbe intenzionato a prorogare di trent'anni le concessioni in essere;

   nonostante gli annunci, sembra ancora lontana l'effettiva soluzione del problema, da troppo tempo attesa dagli operatori del settore, che rimane il primo prodotto per la domanda turistica italiana e il secondo prodotto – dopo le città d'arte – per quella dei turisti stranieri –:

   quali siano precisamente i contenuti delle proposte e i tempi con cui il Ministro interrogato intenda presentarle al Parlamento, al fine di dare certezza al settore del turismo balneare, strategico per l'economia italiana, che necessita di una regolamentazione chiara, trasparente e in armonia con l'ordinamento comunitario, al di là delle dichiarazioni politiche che, a giudizio degli interroganti, prefigurano tre soluzioni tra loro molto differenti.
(5-00818)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'INCÀ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nelle campagne venete si sta assistendo ad una vera e propria invasione di cimici che sta producendo centinaia di milioni di danni alle aziende agricole, in particolare per quelle che producono soia e frutta (per queste ultime si parla di danni pari ad almeno il 30 per cento dei raccolti);

   gli scienziati puntano il dito sulla cimice cinese (Halyomorpha Halyscimice) quella che comunemente è chiamata «cimice marrone», che già ha prodotto danni ingenti alle piantagioni di pesche e mele negli Usa e che fu segnalata la prima volta nel 2012 quando fu riscontrata in Emilia-Romagna; da allora, ha infestato le coltivazioni del settentrione, con il Veneto costretto a pagarne il prezzo maggiore (secondo Confagricoltura, i danni a volta raggiungono addirittura il 100 per cento delle piantagioni);

   a differenza della cimice verde, infatti, che si moltiplicò moltissimo con la diffusione delle colture di soia, questa attacca molte altre tipologie di piante;

   l'insetto è altresì devastante se entra in casa, anche se non punge gli umani, ma in questi giorni si sta assistendo a una vera e propria invasione ambientale, superiore di gran lunga a quelle registrate negli anni passati con altri tipi di cimici;

   per debellare la cimice si deve confidare quasi totalmente sulle temperature e al clima, il troppo caldo e il freddo sono letali (e questo spiega perché si ritrova in casa), in quanto nel nostro Paese non esistono antagonisti naturali (ad eccezione dell’«Ooencyrtus telenomicida», un piccolissimo imenottero che si sviluppa, come parassita, all'interno, distruggendole completamente, ma con risultati modesti, al momento);

   in agricoltura l'unico metodo efficace per andare a contrastarle è rappresentato dalle barriere fisiche come per esempio delle reti, ma sarebbe importante considerare l'opportunità di introdurre, con tutte le cautele del caso per evitare ulteriori problemi, gli antagonisti naturali provenienti dal territorio d'origine del parassita –:

   se non ritenga di adottare iniziative per procedere a una sperimentazione di antagonisti naturali efficaci e senza impatti ambientali negli agrosistemi italiani al fine di far fronte a questa nuova insidia che sta producendo ingenti danni alle aziende agricole venete, danni che, senza un drastico intervento, l'anno prossimo saranno ancora più disastrosi a causa della diffusione esponenziale dell'insetto che comprometterà le semine di soia e di molte orticole;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere all'interno del disegno di legge di bilancio per l'anno 2019 delle misure urgenti, anche attraverso la creazione di un fondo apposito, al fine di indennizzare gli agricoltori dai mancati guadagni provocati dalla presenza del parassita, così come fatto in passato per analoghe emergenza che hanno colpito il settore agricolo.
(5-00801)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2018 la stampa di settore dava improvvisa notizia dello stato avanzato dei lavori inerenti al decreto ministeriale sulla «Determinazione degli standard di sicurezza ed impiego per le apparecchiature a risonanza magnetica», poi ufficializzato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 ottobre 2018;

   il decreto ministeriale scaturiva dalla necessità di aggiornare e ordinare il quadro normativo anche specificando il contenuto del regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medici con modifica della direttiva 2001/83, dei regolamenti (CEE) 178/2002 e 123/2009 e abrogazione delle direttive 90/385 e 93/42 del Consiglio;

   sin dalla stesura della bozza era evidente uno scostamento significativo dalla normativa europea che prevede il coinvolgimento di tutti gli attori sanitari coinvolti, ovvero il medico specialista, il fisico sanitario e il tecnico sanitario di radiologia medica (Tsrm), tutti preposti ad assicurare, in forza e nell'ambito delle rispettive competenze, un controllo di garanzia e qualità e ogni aspetto che riguardi la sicurezza degli operatori e del paziente, senza che le professioni coinvolte possano esimersi dalle correlate responsabilità;

   appare evidente che l'attuale versione del decreto ministeriale genera un vuoto formale di responsabilità, in contrasto con la realtà vissuta all'interno dei siti di risonanza magnetica, di fatto paralizzando l'operatività dell'attuale servizio sanitario nazionale e impedendo ai Tsrm di continuare a operare, se non a rischio di gravi conseguenze giuridiche inerenti alla responsabilità professionale;

   il decreto ministeriale sottrarrà circa 1.500-2.000 medici radiologi dalla refertazione per destinarli alla compilazione dei questionari preliminari agli esami che non costituisce un atto medico, bensì sanitario, pertanto ascrivibile a qualsiasi professione sanitaria coinvolta nel processo, Tsrm compresi –:

   considerate tutte le criticità segnalate e considerato che, malgrado le molteplici richieste inviate non si è ritenuto opportuno rinviare la firma del decreto, quali iniziative urgenti il Ministro intenda porre in essere per evitare quella che l'interrogante giudica la paralisi certa dei siti di risonanza magnetica del Servizio sanitario nazionale, visto che, contrariamente ai più autorevoli indirizzi nazionali e internazionali, per rispettare la normativa emanata i Tsrm non potranno più essere parte attiva del processo riguardante la sicurezza, come fino a oggi è sempre accaduto, senza alcun detrimento della stessa.
(5-00825)


   DE FILIPPO, PIZZETTI e CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla base di una prescrizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, in Italia vanno chiusi i punti nascita che non raggiungono i volumi di attività previsti dai parametri di sicurezza per la tutela delle puerpere e dei neonati;

   la sicurezza delle cure per la gestante è garantita dal buon funzionamento della struttura che la ospita e dalla disponibilità dei servizi (rianimazione, laboratorio, neonatologia) qualificanti la prestazione sanitaria;

   l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 e il decreto ministeriale 11 novembre 2015, all'articolo 1, disciplinano anche il percorso per eventuali deroghe alla norma, sulla base del protocollo metodologico, per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori al 500 parti annui;

   per il punto nascita dell'ospedale Oglio-Po (Cremona), pur non totalizzando la soglia minima dei 500 parti all'anno, è stato attivato il progetto di sicurezza e di standard operativi e tecnologici proposti e garantiti dall'Asst (Azienda socio-sanitaria territoriale) di Cremona;

   il punto nascita dell'ospedale Oglio-Po (Cremona) rappresenta un servizio importante per i cittadini che vivono in una zona periferica rispetto ai capoluoghi e in zona di confine con altra regione –:

   se il Ministro interrogato abbia ricevuto dalla regione Lombardia la richiesta di deroga per la salvaguardia del punto nascite presso l'ospedale Oglio-Po e se abbia eventualmente assunto una decisione motivata in merito.
(5-00826)


   MAMMÌ, LEDA VOLPI, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, D'ARRANDO, LAPIA, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO e TROIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza» sono incluse per la prima volta le diverse tecniche di fecondazione assistita, omologa ed eterologa, nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale;

   il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'articolo 49, relativamente alla donazioni dei gameti, prevede che «le coppie che si sottopongono alle procedure di procreazione medico assistita eterologa contribuiscano ai costi delle attività, nella misura fissata dalle regioni e dalle province autonome»;

   demandare alle regioni la determinazione dei costi connessi alla procreazione medicalmente assistita (Pma) eterologa può non garantire a tutti i cittadini questa procedura, dato che le strutture pubbliche che la garantiscono sono pochissime, con lunghe liste di attesa e, in taluni casi, anche con costi imposti dalle regioni, sono inaccessibili; si rischia di reiterare un distinguo implicito tra procreazione omologa ed eterologa, già censurato dalla Consulta;

   il 6 novembre 2017 è stata inoltrata alle regioni e province autonome, la circolare del Ministero della salute riguardante «Prime indicazioni per l'applicazione del DPCM 2017» da cui evince che «l'erogazione delle prestazioni di PMA incluse nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale è subordinata all'approvazione del decreto di fissazione delle relative tariffe. Fino a quella data, dunque, restano in vigore le disposizioni approvate dalle singole Regioni»;

   questo ha creato una diversificazione delle tariffe tra le regioni e tra Nord e Sud. In Sicilia, la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina prevede una tariffa di 555 euro, la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro 1296 euro, mentre la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice 1481 euro; in Lombardia, invece, le tariffe variano da 1500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina, a 3500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro, 4000 euro per la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice. Ogni tariffa lombarda include anche 500 euro di farmaci;

   per le tecniche di Pma eterologa, la Conferenza delle regioni e delle province autonome nel 2014, al fine di rendere omogeneo a livello nazionale l'accesso alle procedure, ha concordato indirizzi operativi, che dovevano essere recepiti con delibera di giunta regionale o con specifico provvedimento regionale. Ad oggi risultano diverse regioni non in linea con quanto richiesto –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo e quali siano tempi per la realizzazione della tariffazione nazionale per le diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita.
(5-00827)


   VERSACE, PEDRAZZINI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MINARDO, MUGNAI e NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, si è provveduto all'aggiornamento e alla definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea);

   l'aggiornamento dei Lea ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo nuove prestazioni ed eliminando quelle più obsolete; ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica e altro;

   la legge di bilancio 2018 ha fissato, per il 28 febbraio 2018, la data entro la quale il Governo doveva adottare decreti ministeriali di fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica e dell'assistenza specialistica ambulatoriale;

   a distanza di quasi due anni dall'emanazione dei nuovi Lea e di quasi otto mesi dal termine del 28 febbraio 2018 fissato dalla legge di bilancio 2018 per l'adozione dei decreti, questi non sono stati ancora emanati;

   la conseguenza è che in assenza dei citati decreti che fissano le tariffe massime e, quindi, in assenza della pubblicazione dei nomenclatori tariffari, gli aggiornamenti dei Lea non possono diventare operativi. Si tratta di un ritardo a giudizio degli interroganti inaccettabile;

   per fare solo un esempio: i pazienti con malattie croniche non possono usufruire di diverse prestazioni specialistiche in regime di esenzione ticket, in quanto il nuovo elenco delle malattie croniche (allegato 8) prevede l'esenzione per numerose prestazioni specialistiche incluse nel nuovo nomenclatore, ma al momento non erogabili. Per tale ragione un elenco transitorio (allegato 8-bis) individua per queste nuove patologie croniche solo le prestazioni già presenti nel vecchio nomenclatore tariffario;

   l'introduzione di protesi all'avanguardia al posto di quelle obsolete o di importanti prestazioni sanitaria, è bloccata di fatto per una mancanza di fondi –:

   se non ritenga ormai improcrastinabile l'emanazione dei decreti indicati in premessa, il cui termine fissato per il 28 febbraio 2018, al fine di rendere finalmente operativi gli aggiornamenti dei Lea, e se non intenda adottare iniziative per aumentare le risorse per il servizio sanitario nazionale, per consentire la piena attuazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza.
(5-00828)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è tra i Paesi a sviluppo avanzato con uno dei più bassi ricorsi all'interruzione volontaria di gravidanza;

   solo l'accesso a una maternità e a una sessualità consapevoli e informate garantisce un minore ricorso all'interruzione di gravidanza;

   sono in corso da anni campagne pubbliche di informazione sulla fertilità: esse hanno un senso se si basano sul fondamento comune della procreazione responsabile;

   la contraccezione maschile e femminile, con tutti gli strumenti disponibili, è metodo necessario e indispensabile per assicurare il diritto alla procreazione responsabile, con ricadute importanti non solo sulla genitorialità consapevole ma anche sulla salute, vista la diffusione ancora importante dell'HIV e considerato che una patologia come l'infezione batterica della Clamidia resta una delle principali cause di infertilità;

   oggi in Italia il costo della contraccezione risulta troppo oneroso, soprattutto per ceti popolari e per i giovani;

   il difficile accesso alla contraccezione, o la scelta, per ragioni economiche, di contraccettivi non sempre adatti, scarica sulle persone, sulla loro salute, una serie di problematiche;

   in alcuni Paesi europei come la Francia, il Belgio e la Germania, i contraccettivi sono gratuiti o rimborsati;

   in Italia, invece, salvo rare iniziative locali, l'accesso a metodi e strumenti contraccettivi, sia per i maschi sia per le femmine, è completamente a carico dei cittadini;

   i nuovi livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 prevedono l'erogazione gratuita da parte della Asl al cittadino, dietro prescrizione medica, di alcuni «ausili per la cura e la protezione personale», tra cui, per esempio, gli assorbenti igienici per l'incontinenza. La lista non comprende alcun mezzo contraccettivo;

   il «Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole» dal 6 dicembre 2017 ha attivato una petizione pubblica per garantire la contraccezione gratuita a intero carico del servizio sanitario nazionale che ha raccolto 65.000 firme;

   l'Organizzazione mondiale della sanità inserisce i contraccettivi negli «essential medicines», ovvero nella lista delle medicine che devono essere garantite in ogni Paese;

   le farmacie devono avere tra i farmaci di emergenza anche la contraccezione di emergenza che invece ora non è obbligatorio avere –:

   se non ritenga di assumere una iniziativa, per quanto di competenza, per garantire l'accesso gratuito e universale alla contraccezione, come già previsto dalla legge n. 194 del 1978, includendo i contraccettivi tra gli ausili per la cura e la protezione personale erogabili gratuitamente e prevedendone la distribuzione nei consultori come previsto dalla legge n. 405 del 1975.
(5-00829)


   TIRAMANI e PANIZZUT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dell'esame del rendiconto dell'esercizio 2016 della Asl di Vercelli è stato accertato il mancato rispetto dei termini di adozione del bilancio preventivo e delle prescrizioni di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 118 del 2011 e dell'articolo 20 della legge regionale n. 8 del 1995;

   è stata altresì evidenziata la necessità di adeguarsi ai princìpi in materia di contenimento della spesa di personale di cui all'articolo 9, comma 28 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010;

   le richiamate disposizioni costituiscono princìpi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali gli enti destinatari devono adeguarsi;

   sono stati oggetti di accertamento il fatto che l'azienda non abbia rinegoziato i contratti in essere per l'acquisto di beni e servizi al fine di conseguirne una riduzione del valore complessivo, nonché il continuo ricorso all'anticipazione di tesoreria imputabile in larga parte a crisi di liquidità dovuta ai ritardi nelle erogazioni da parte della regione;

   l'esame dell'indicatore di tempestività dei pagamenti, risultato non in linea con le prescrizioni normative vigenti, evidenzia la mancata risoluzione delle difficoltà finanziarie già rilevate nei precedenti esercizi ed il conseguente mancato rispetto delle prescrizioni di cui al decreto legislativo n. 231 del 2002 in tema di pagamento ai fornitori;

   i commi 4 e 5 dell'articolo 2 del decreto legislativo del 4 agosto 2016, n. 171, prevedono in caso di mancato conseguimento dei risultati aziendali e mancato raggiungimento degli obiettivi, o se la gestione presenta una situazione di grave disavanzo, in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti, nonché di violazione degli obblighi in materia di trasparenza, la decadenza immediata e la rimozione dall'incarico con la risoluzione del contratto, dei direttori generali –:

   se il Ministro non intenda assumere iniziative di carattere normativo per rivedere le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, al fine di prevedere una soluzione per i casi in cui la regione non adempia ai suoi compiti in materia di decadenza immediata e rimozione dall'incarico con risoluzione del contratto dei direttori generali, eventualmente ricorrendo all'esercizio dei poteri sostitutivi.
(5-00830)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà», consente alle madri detenute di tenere con sé i figli fino all'età di tre anni;

   la predetta legge prevede l'inserimento di specialisti (ostetriche, ginecologi e pediatri) nelle carceri, allo scopo di tutelare la salute psico-fisica dei bambini e delle loro madri, e l'istituzione di appositi asili-nido presso le strutture penitenziarie;

   con l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, che prevedeva il trasferimento della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, veniva incorporata anche la figura della puericultrice nell'istituto penitenziario, nel reparto detentivo denominato nido, dove vivono le madri detenute insieme ai bambini da 0-3 anni, come previsto dalla legge n. 354 del 1975;

   nella casa circondariale femminile di Rebibbia, sono presenti nove puericultrici deputate a sostenere le mamme nell'accudimento dei loro figli, a favorire il migliore sviluppo psico-fisico dei bambini dall'ingresso fino all'uscita dall'istituto penitenziario, instaurando rapporti di fiducia, facendosi carico delle molteplici problematiche e accompagnando madri e piccoli in un percorso non facile;

   le sopra citate nove puericultrici sono state impiegate, a seguito di una domanda presentata dalle stesse al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, ciascuna in tempi diversi e con una storia professionale che, per alcune di loro, supera i trenta anni di attività;

   le predette puericultrici hanno richiesto, costantemente nel tempo, al Ministero della giustizia il giusto riconoscimento della loro figura professionale, anche dal punto di vista giuslavoristico, avendo le stesse un rapporto di lavoro di fatto subordinato, ancorché nella forma scritta del rapporto siano contemplate come «libere professioniste»;

   nel merito, la loro ultima convenzione, stipulata con il Ministero della giustizia, ha dettato le condizioni lavorative permettendo alle puericultrici la prosecuzione del rapporto di lavoro che altrimenti sarebbe decaduto;

   lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, infatti, prevedeva il trasferimento al sistema sanitario nazionale delle risorse strumentali, economiche e umane con le stesse caratteristiche, compresi i rapporti professionali in essere, in attesa della stabilizzazione delle puericultrici che sarebbe dovuta avvenire nell'arco di tre anni;

   nonostante siano trascorsi 10 anni dal suddetto passaggio, la Asl Roma 2 formula ogni sei mesi proroghe per la prosecuzione del rapporto lavorativo delle nove puericultrici, creando, pertanto, una situazione lavorativa precaria;

   vanno considerate l'estrema importanza e la delicatezza del lavoro svolto dalle puericultrici nella sezione nido del carcere di Rebibbia, unitamente a tutte le criticità segnalate –:

   quali iniziative urgenti, anche normative, intenda porre in essere il Governo per assicurare la stabilizzazione lavorativa delle puericultrici, rendendo così effettivo quanto stabilito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008.
(4-01459)


   BUCALO e VARCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo tra il Governo, le regioni e gli enti locali del 16 dicembre 2010 riferito alle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del parto cesareo» contiene un'analisi approfondita sui punti nascita;

   nell'ambito delle 10 linee di indirizzo contenute nell'accordo, in specifico nelle misure di politica sanitaria e di accreditamento, per quanto riguarda la riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita si fissa il numero di almeno 1000 nascite all'anno quale parametro standard a cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nascita;

   sulla base di motivate valutazioni, l'accordo prevede la possibilità di standard minori, ma comunque non inferiori a 500 parti l'anno;

   a quanto risulta agli interroganti, nelle aree di montagna, nei distretti delle zone rurali non sono praticamente mai raggiungibili numeri di parti annui di tale dimensione, pur in presenza di presidi ospedalieri attrezzati e professionalmente adeguati;

   l'assunzione di tale numero di riferimento porterebbe nel nostro Paese alla chiusura pressoché totale dei punti nascita dei distretti montani e delle zone rurali in una regione orograficamente complessa come la Sicilia;

   il limite minimo di cinquecento nascite annue non può essere un prerequisito essenziale in considerazione del calo demografico che riguarda non solo la Sicilia ma più in generale il territorio italiano e dato questo rifarsi a vecchie stime significherebbe chiudere tutti i punti nascita;

   la risoluzione della VI Commissione dell'Assemblea regionale siciliana presentata in data 17 ottobre 2018 chiede il mantenimento del punto nascita della Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare sulla base di quali criteri sia stato stabilito lo standard minimo di 500 parti, come limite di sicurezza;

   per quale ragione non sia possibile valutare l'accreditamento del punto nascita a partire dai requisiti dei livelli professionali, strutturali e tecnologici anche con moduli organizzativi derivanti da integrazioni ospedaliere e non avere come discrimine essenziale il riferimento numerico dei parti annui;

   quali iniziative specifiche, a tutela della donna partoriente e del nascituro, si ritenga di adottare in presenza di tempi lunghi di percorrenza dovuti alle peculiarità orografiche dei territori siciliani, per l'accesso all'assistenza non programmata in presenza di criticità impreviste;

   se non si ritenga di assumere iniziative per evitare che il discrimine dello standard numerico porti ad un processo di concentrazione su grandi presidi ospedalieri e prefiguri una riduzione eccessiva dei servizi nelle zone rurali, anche di carattere primario per le comunità, come l'assistenza qualificata nel momento della nascita.
(4-01465)


   SILLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai maggiori organi di stampa, dal 22 al 23 settembre 2018, si è svolta, per il quarto anno consecutivo, a Bruxelles, nel cuore dell'Unione europea, una fiera dedicata alle coppie che hanno intenzione di avere un figlio ricorrendo all'utero in affitto;

   coloro che si sono recati alla fiera, in un lussuoso hotel, hanno avuto la possibilità di sfogliare le offerte «soddisfatti o rimborsati» per procurarsi bambini su misura a prezzi variabili, a seconda della qualità da un minimo di 95 mila dollari ad un massimo di 160 mila;

   è stata offerta la possibilità di acquistare un pacchetto completo con specifici servizi, tra i quali l'accompagnamento psicologico, l'assistenza legale, la fornitura di ovuli e anche sperma (ove necessario), la madre surrogata nonché voli e hotel nei Paesi individuati dove far nascere il bambino;

   quanto appena riportato, ad avviso dell'interrogante, è da considerarsi una vera e propria, compravendita di bambini che alimenta un mercato nero sulla pelle delle donne e dei bambini «in barba» alle leggi e alle convenzioni europee;

   gli eventi come quello appena citato mettono in luce la caratteristica più aberrante della pratica dell'utero in affitto, poiché, in questo modo la possibilità di avere un bambino è legata esclusivamente alla disponibilità economica di una coppia;

   il 17 dicembre 2015, il Parlamento europeo ha discusso e approvato la risoluzione per la relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia; al paragrafo 115 della risoluzione approvata, il Parlamento europeo condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce;

   dopo che il Parlamento europeo ha condannato la pratica della maternità surrogata, anche il Consiglio d'Europa (l'organismo di Strasburgo preposto alla tutela dei diritti dell'uomo nei 47 Paesi che ne fanno parte) l'11 ottobre 2016 ha bocciato il rapporto «Human rights and ethical issues related to surrogacy» o più comunemente chiamato «Rapporto de Sutter» che intendeva aprire il varco alla legalizzazione della maternità surrogata nei Paesi membri;

   in Italia la legge n. 40 del 2004 prevede espressamente il divieto di pratiche riconducibili al cosiddetto utero in affitto. Recita, infatti, l'articolo 12, comma 6, della citata legge: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro»;

   tale disposizione va letta in combinato disposto con il comma 8 della medesima legge ai sensi del quale «non sono punibili l'uomo e la donna cui sono applicate le tecniche di fecondazione assistita»: la legge italiana intende, dunque, impedire qualsiasi attività di lucro sulla capacità di una donna di dare la vita, e intorno all'essere che nasce –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente se intende assumere iniziative per quanto di competenza per avviare una campagna informativa circa la pericolosità della pratica dell'utero in affitto, considerato anche che in Italia questa è un reato penalmente perseguibile.
(4-01468)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI e SCAGLIUSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (Sinfi) è stato realizzato a seguito del recepimento della direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 operato con il decreto legislativo n. 33 del 2016;

   il decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 maggio 2016 ha stabilito le modalità tecniche per la definizione del contenuto del Sinfi;

   in particolare, il decreto ministeriale, in attuazione dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 33 del 2016, ha specificato la tempistica con la quale le amministrazioni pubbliche e gli operatori di rete dovessero adempiere all'obbligo di comunicazione al Sinfi delle informazioni in loro possesso previsto dalla legge;

   il 22 ottobre 2018 si è insediato, presso il Ministero dello sviluppo economico, il Comitato del catasto delle infrastrutture (Sinfi) nella sua nuova composizione per discutere proprio sullo stato di attuazione del progetto delle reti esistenti che tramite il Sinfi si vuole realizzare;

   come riportato dalla nota ufficiale del Ministero dello sviluppo economico, pubblicata sul sito istituzionale del medesimo dicastero, ad oggi lo stato di realizzazione del Sinfi è in stato di preoccupante arretratezza, poiché per quanto riguarda le amministrazioni locali solo i comuni della regione Lombardia e altri sette comuni nel resto d'Italia hanno comunicato i dati in loro possesso. Anche per quanto riguarda la categoria degli operatori il livello di inadempienza registrato è inaccettabilmente alto con 430 operatori inadempienti, tra i quali figurano gestori di importanti infrastrutture pubbliche –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di fare in modo che i soggetti obbligati per legge al conferimento delle informazioni adempiano celermente al loro obbligo consentendo la piena realizzazione di un progetto indispensabile per lo sviluppo tecnologico del Paese come il Sinfi.
(5-00800)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Nilfisk è una multinazionale danese, quotata alla borsa di Copenaghen, attiva nel settore delle macchine pulitrici, con circa 6.000 dipendenti, impiegati presso 17 stabilimenti attivi in 10 Paesi;

   in Italia la società possiede le fabbriche di Guardamiglio (Lodi) e Zocca (Modena);

   lo stabilimento di Guardamiglio impiega 138 dipendenti e nel 2017 è stato coinvolto in un piano di riassetto della divisione «specialty professional», che prevedeva di spostare in Ungheria le produzioni di macchine industriali sino a quel punto concentrate sul sito della provincia lodigiana; tra Guardamiglio e la città danese di Lemwig, sarebbero state riunite le produzioni del settore «outdoor» (macchine per pulizia stradale);

   da quanto risulta all'interrogante, la realizzazione del predetto piano industriale era confermata nel report inserito all'interno del bilancio 2017 del gruppo Nilfisk, presentato il 28 febbraio 2018, e la sua conclusione prevista per il secondo trimestre dello stesso anno;

   nel report riportante i risultati del primo trimestre 2018, pubblicato il 16 maggio 2018, il piano di ristrutturazione del settore «outdoor» veniva definito «in attuazione secondo i programmi» e nel report relativo ai risultati del secondo trimestre 2018, pubblicato il 14 agosto, se ne annunciava la conclusione entro settembre;

   tali comunicazioni erano confortate dalla pubblicazione dei dati relativi ai profitti annuali del settore «outdoor», che risultano all'interrogante ammontare a 35 milioni di euro annui;

   nonostante quanto riportato finora, l'11 ottobre 2018, il Gruppo Nilfisk ha annunciato a sorpresa che «nell'ambito della strategia di semplificazione finalizzata ad un aumento della redditività di lungo termine» è stato deciso di dismettere integralmente le attività nel settore «outdoor», mediante la cessione entro la fine dell'anno dello stabilimento danese di Lemvig e la chiusura di quello italiano di Guardamiglio, con procedure da avviare immediatamente e da completare entro il primo trimestre 2019;

   il 15 ottobre 2018, a quanto si apprende dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, è stata avviata la procedura di licenziamento collettivo riguardante 97 lavoratori del sito di Guardamiglio, mentre per i restanti 41 addetti dell'ufficio commerciale è stato disposto il trasferimento ad Assago;

   la notizia ha ovviamente generato sconcerto e preoccupazione nella comunità di Guardamiglio e tra i 97 lavoratori coinvolti nella procedura di licenziamento e nelle loro famiglie; si tratta di personale altamente specializzato, con una età media di 40 anni e un'anzianità di servizio di 15 anni; di questi solo tre persone possiedono i requisiti anagrafici e contributivi utili per l'accesso al prepensionamento;

   la chiusura dello stabilimento della provincia lodigiana provocherebbe, inoltre, gravi ripercussioni su alcune decine di lavoratori dell'indotto, dipendenti di una ditta esterna che fornisce alla fabbrica i servizi di mensa, portineria e pulizie;

   il primo incontro tra azienda e organizzazioni sindacali è stato programmato per il 23 ottobre 2018 presso la sede dell'Associazione industriali del Lodigiano;

   stanti la criticità della situazione, l'interrogante reputa necessario trasferire il tavolo di confronto in sede di Ministero dello sviluppo economico, così come già richiesto dai rappresentanti sindacali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se il Governo non intenda adoperarsi immediatamente per convocare un tavolo di confronto con i rappresentanti della multinazionale Nilfisk, delle organizzazioni sindacali e degli enti locali interessati, finalizzato all'individuazione di tutti gli strumenti utili alla prosecuzione dell'attività del sito produttivo di Guardamiglio e alla salvaguardia del posto di lavoro dei 97 lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento collettivo.
(4-01454)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Farmigea srl, braccio commerciale di Farmigea spa, leader nei prodotti oftalmici con sede a Ospedaletto, una frazione di Pisa, ha annunciato e ufficializzato una procedura di licenziamento collettivo per 61 lavoratori e lavoratrici. Si tratta di informatori scientifici del farmaco presenti su tutto il territorio nazionale, 11 dei quali con sede a Pisa;

   tali licenziamenti sarebbero dovuti al fatto che Farmigea abbia deciso di lasciare la distribuzione diretta dei suoi prodotti in Italia, affidando tutto il commerciale sul mercato nazionale alla società romana Polifarma della famiglia Angelini;

   un'azienda che si priva dal suo settore commerciale commette, ad avviso dell'interrogante, una scelta sciagurata a maggior ragione se dai bilanci non si evidenziano motivi economici tali da giustificare la cessazione di un'attività cruciale per le sorti di un'azienda che vende sia in Italia che all'estero. Secondo i dati forniti dalla Cgil, i debiti sono diminuiti e la rendita è aumentata circa del 6 per cento;

   non si può escludere inoltre che tale scelta possa avere delle ripercussioni anche su Farmigea spa perché dare in cessione la vendita del farmaco alla Polifarma significa farsi terra bruciata intorno con l'eventualità, a giudizio dell'interrogante, di diventare assolutamente e irrimediabilmente dipendenti dall'azienda che vende i prodotti, ammesso e non concesso che continui a venderli e alla fine non si limiti solo a copiarli;

   non si è neanche in presenza di una cessione di ramo d'azienda perché si tratta di un licenziamento per cessazione dell'attività in Italia; su 63 dipendenti ne resterebbero due, quelli che si occupano dell'estero;

   oltre al danno, per i lavoratori e le lavoratrici di Farmigea srl è arrivata anche la beffa nel sentirsi invitare dalla propria azienda ad inviare il curriculum a Polifarma al fine di essere contattati per un colloquio;

   a parere dell'interrogante si è di fronte a una scelta incomprensibile e non giustificata né dai numeri né dalla strategia aziendale –:

   se il Governo intenda convocare i vertici aziendali di Farmigea spa e Farmigea srl, le organizzazioni sindacali e tutti i soggetti interessati affinché si pervenga all'immediato ritiro della procedura di licenziamento collettivo e all'apertura di un tavolo di trattative che individui ogni soluzione possibile alternativa ai licenziamenti e che punti alla salvaguardia occupazionale dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti in questa delicata vertenza.
(4-01457)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione De Carlo Sabrina e Formentini n. 7-00078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Billi, Comencini.

  La risoluzione in Commissione Cancelleri e altri n. 7-00080, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Martinciglio.

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-00789, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terzoni.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Epifani n. 5-00057 del 26 giugno 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Pizzetti n. 5-00478 del 19 settembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Caso n. 5-00785 del 22 ottobre 2018.