Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 3 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    ottant'anni fa il regime fascista promulgò le leggi razziali, instaurando un regime di discriminazione razziale nei confronti dei cittadini di religione ebraica e portando l'Italia a diventare complice dell'Olocausto. Una pagina nera della storia italiana, che si aggiunse alle diverse forme di repressione e limitazione delle libertà operate dal regime fascista;

    in questi anni si assiste al preoccupante riemergere di gruppi e formazioni politiche che si rifanno esplicitamente al regime fascista e alla sua ideologia, propagandando l'odio, il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo attraverso diversi media;

    nell'ambito dell'antisemitismo stanno emergendo pericolose e false interpretazioni storiche, che tendono a negare e sminuire la reale portata e drammaticità della tragedia dell'Olocausto e le complicità del regime fascista;

    l'Unione europea, con la decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, impone agli Stati membri di garantire la punibilità dei discorsi di incitamento all'odio e alla discriminazione, diretti verso un gruppo di persone in riferimento alla razza, al colore, alla religione o all'etnia;

    in Italia, con la cosiddetta legge Mancino del 25 giugno 1993, viene punito l'incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi;

    la legge 16 giugno 2016, n. 115, per il contrasto del reato di negazionismo sanziona chi nega la realtà storica dell'Olocausto;

    nella XVII legislatura è stata istituita dalla Camera dei deputati una Commissione sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo, intitolata alla parlamentare laburista del Regno Unito Jo Cox, composta da parlamentari e non parlamentari, al fine di mantenere sempre alta l'attenzione sui fenomeni di razzismo, xenofobia e antisemitismo,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative utili nella lotta contro l'antisemitismo e comunque contro ogni forma di razzismo, odio, intolleranza e xenofobia, contrastando ogni violenza, intolleranza e incitamento all'odio rivolti verso le minoranze religiose ed etniche provenienti, in particolare, da organizzazioni che si richiamano a ideologie ed esperienze storiche legate al fascismo e al nazismo;

2) a favorire la preservazione del ricordo della Shoah e delle responsabilità di coloro che attuarono politiche repressive e di sterminio nei confronti della comunità ebraica;

3) a favorire i progetti di carattere culturale ed educativo volti a contrastare il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo e a promuovere la cultura della conoscenza, il dialogo e l'integrazione.
(1-00055) «Fornaro, Boldrini, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    Comdata group, azienda fondata a Torino nel 1987, è oggi una multinazionale che offre servizi di assistenza clienti, back office e gestione del credito, specializzata in Italia nel settore della telefonia fissa e mobile; opera in 26 Paesi nel mondo, con oltre 42.000 dipendenti, 7200 dei quali in dieci sedi italiane;

    nel 2007, l'azienda acquisisce la struttura assistenza clienti Vodafone, con la clausola di mantenere per dieci anni la commessa di servizio e di assicurare la permanenza dei lavoratori ex Vodafone, con lo stesso contratto e nelle medesime sedi;

    a marzo 2018 Comdata destina 363 lavoratori della sede di Ivrea al Fondo di integrazione salariale, a zero ore, per 13 settimane, adducendo come causa un calo delle commesse da parte del gruppo Tim;

    ad aprile 2018 l'azienda acquisisce la francese Cca International, con l'obiettivo di raggiungere nell'anno la soglia di 1 miliardo di euro di fatturato a livello globale, dimostrando la salute del gruppo e le possibilità di investimento; il bilancio positivo di Comdata non motiva decisioni di taglio del costo del lavoro;

    nel 2018 Comdata ha fatto inoltre il suo ingresso nel mercato albanese, attraverso l'acquisizione di Intercom Data Service (IDS), We Web e CC Tirana, con la prospettiva di assumere 3000 nuovi dipendenti nei prossimi anni, con potenziale arrivo a 10.000 unità;

    a maggio 2018 l'azienda annuncia la chiusura delle sedi di Padova e Pozzuoli, con l'apertura delle procedure di licenziamento per 264 lavoratori, affermando in particolare per la sede campana l'impossibilità di equilibrio economico a causa del costo del lavoro; la decisione arriva alla scadenza dei dieci anni di garanzie legate alla cessione della struttura Vodafone;

    il 30 luglio 2018 è stato firmato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo che prevede il ritiro dei licenziamenti, attraverso il ricorso al fondo di integrazione sociale (Fis) che è stato immediatamente attivato, a partire dal 2 agosto, per il sito di Padova con una riduzione massima dell'orario di lavoro del 50 per cento, mentre per il sito di Pozzuoli l'inizio è previsto per il 1° ottobre 2018 con durata di 26 settimane a zero ore per tutti i 64 lavoratori; l'impegno preso dall'azienda era quello di mantenere il perimetro occupazionale dei due stabilimenti una volta terminato il periodo di Fis;

    il 24 settembre 2018, al ritorno dal fine settimana, i lavoratori di Pozzuoli hanno trovato la sede dell'azienda svuotata delle postazioni di lavoro, smontate e portate via in loro assenza;

   con lo smantellamento anticipato della sede campana appare grave da parte di Comdata il comportamento nei confronti dei lavoratori, che, a giudizio dei firmatari del presente atto, prefigura un mancato rispetto dell'accordo firmato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché la volontà di disattendere totalmente l'impegno a ricercare una nuova sede nell'area per portarvi nuove commesse al termine del periodo di Fis;

   le rappresentanze sindacali dei lavoratori campani hanno più volte richiesto all'azienda negli ultimi anni di destinare maggiori commesse e di investire risorse su Pozzuoli, ma a detta delle rappresentanze sindacali unitarie l'azienda ha sempre risposto che i committenti preferivano altre sedi; contemporaneamente Comdata ha organizzato festeggiamenti in altre sedi italiane, arrivando a contrattualizzare circa 2.000 lavoratori in somministrazione per far fronte alle commesse crescenti;

   nei primi mesi del 2018, dopo il caso Embraco, il Ministro dello sviluppo economico pro tempore Carlo Calenda aveva posto ai tavoli europei il problema della concorrenza sleale fra Paesi basata sul costo del lavoro, proponendo la creazione di appositi fondi nazionali di equilibrio; l'8 maggio 2018 il Ministro aveva poi firmato il decreto per l'istituzione di un fondo, con dotazione iniziale di 200 milioni di euro, per il contrasto e la prevenzione delle delocalizzazioni aziendali dall'Italia a Paesi esteri, che mettono a rischio l'occupazione e il tessuto produttivo del nostro Paese,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile volta a garantire il pieno rispetto dell'accordo siglato il 30 luglio 2018 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali da parte di Comdata, con il prioritario obiettivo della salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti Comdata in Italia, con particolare attenzione per la sede di Pozzuoli, situata in un'area di forte crisi occupazionale;

   ad agire, in coordinamento con le istituzioni europee e gli altri Paesi membri, per contrastare il dumping salariale e contrattuale, che rappresenta oggi un motivo di concorrenza industriale sleale fra Paesi membri.
(7-00063) «Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan, Migliore».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il decreto n. 91 del 2017 reca «Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno» e, nello specifico, in merito alle zone economiche speciali (Zes) prevede la possibilità di costituire zone economiche speciali nelle regioni del Sud;

   parrebbe utile e auspicabile che tale normativa possa esser territorialmente estesa, ad interessare tutte le zone del territorio nazionale nelle quali si siano verificati eventi calamitosi (di origine naturale o dovuti a fattori umani) di particolare rilevanza, capaci di arrecare danno gravissimo alla popolazione, agli immobili, alle attività produttive e alla infrastrutturazione complessiva dello specifico territorio, come nel caso del crollo del «ponte Morandi» a Genova;

   in base alla normativa la Zes può essere istituita all'interno dei confini statali, in una zona geografica chiaramente delimitata e identificata, e può essere composta anche da aree territoriali non direttamente adiacenti, purché abbiano nesso economico funzionale e comprendano un'area portuale, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Per l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali, le aziende insediate nella zona possono usufruire di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa. Per quanto concerne le aree ammissibili, la norma primaria prevede che possono essere individuate nelle regioni meno sviluppate e in transizione, così come individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   tutto questo nella considerazione del presupposto che misure eccezionali di tal fatta appaiono opportune e legittime, poiché le stesse sono misure di risposta puntuale e territorialmente determinata ad ambiti assolutamente ristretti e, come tali, non confliggenti con i princìpi comunitari di tutela della libertà di concorrenza e di contenimento degli aiuti di Stato ad attività di carattere direttamente od indirettamente produttive –:

   se il Governo intenda adottare opportune iniziative normative per applicare alle aree portuali danneggiate in Liguria e a quelle via via interessate da eventi consimili la normativa in materia di Zes richiamata in premessa per tutte le categorie produttive, anche mediante finanziamenti utili a ricostruire, per quanto riguarda la Liguria, il «ponte Morandi» di Genova, nonché, con una gradazione rispetto al danno subito, le puntuali aree limitrofe che, a seguito del crollo del mese di agosto 2018, hanno subìto ingenti danni economici e alla vita di relazione.
(2-00128) «Rossello».

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE e BUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore dell'emittenza locale, che il 2 ottobre 2018 ha protestato davanti al Ministero dello sviluppo economico, è in forte agitazione, a causa dei requisiti stringenti richiesti dal nuovo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017) in attuazione delle disposizioni contenute nella legge di stabilità che ha disciplinato i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione assegnate al Ministero per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti televisive e radiofoniche locali;

   i contributi destinati all'emittenza locale (tv titolari di autorizzazioni, radio operanti in tecnica analogica e titolari di autorizzazioni per la fornitura di servizi radiofonici non operanti in tecnica analogica, emittenti a carattere comunitario) avrebbero dovuto essere concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all'occupazione, dell'innovazione tecnologia e della qualità dei programmi e dell'informazione, anche sulla base dei dati di ascolto;

   tuttavia, dall'applicazione del regolamento potrebbe derivarne il rischio chiusura di 1.200 emittenti. Il presidente di Radiotelevisioni europee associate (Rea), Antonio Diomede, ha dichiarato che «Quattrocento televisioni locali e ottocento radio rischiano di chiudere nelle prossime settimane; 2.520 dipendenti rischiano di andare a casa; nove Regioni su venti rischiano di restare senza una sola televisione locale. La libertà di stampa rischia di essere compromessa drasticamente grazie alla legge Ammazza emittenti»;

   si è al cospetto di criteri che, a parere degli interroganti, hanno penalizzato le regioni meno popolose; inoltre, sono in gioco milioni di euro destinati al sostegno all'editoria radiotelevisiva, che a causa di una serie di obblighi insostenibili per le piccole e medie radio e televisioni, ridurrebbero l'accesso alle agevolazioni più cospicue per le prime cento emittenti televisive lasciando fuori le altre emittenti, costrette a licenziare per non fallire –:

   quali iniziative urgenti intendano adottare per impedire che l'emittenza locale, settore fondamentale per la pluralità dell'informazione, scompaia nella maggior parte delle regioni italiane;

   se il Governo non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per modificare il regolamento citato in premessa e quale sia, nel dettaglio, la quota parte percentuale prevista sul canone Rai a favore delle tv locali.
(3-00214)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FREGOLENT, FRAGOMELI, COLANINNO, DEL BARBA, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, è stata istituita la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), con personalità giuridica di diritto pubblico e piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge;

   la Commissione è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso;

   mentre in precedenza i componenti della Consob duravano in carica cinque anni e potevano essere confermati una sola volta, con il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, il mandato è stato prolungato a sette anni senza possibilità di riconferma, al fine di svincolarne l'orizzonte temporale dalle vicende politiche;

   l'ultimo presidente della Commissione, Mario Nava, nominato il 9 aprile 2018, si è dimesso dall'incarico il 13 settembre 2018, a seguito delle richieste fatte in tal senso dai quattro presidenti dei gruppi parlamentari di maggioranza, motivando la sua decisione in ragione del fatto che «il non gradimento politico limita l'azione della Consob in quanto la isola e non permette il raggiungimento degli obiettivi»;

   ad oggi, non solo non è stato nominato un successore, ma il Governo sembra non avvertire la necessità di procedere a tale nomina, resa estremamente urgente anche in ragione degli effetti delle attuali turbolenze finanziarie di questi giorni, largamente causate, a giudizio degli interroganti, dagli intendimenti governativi in materia di finanza pubblica e, più in generale, dall'instabilità che sta caratterizzando il mercato finanziario nazionale fin dall'insediamento dell'attuale esecutivo;

   la Consob e, più in generale, le istituzioni indipendenti sono essenziali per governare i mercati nell'interesse dei cittadini, il cui risparmio è messo a rischio dagli accadimenti di questi giorni e che va, invece, tutelato come da dettato costituzionale –:

   quando intenda il Governo avanzare la proposta del nuovo presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa e come ritenga di assicurare le caratteristiche di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza richieste dalla legge.
(5-00622)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso delle ultime legislature, le misure introdotte dai Governi in tema di danni alle infrastrutture e relativa riqualificazione sono state improntate al superamento della logica della gestione delle emergenze, assumendo quale linea guida principale quella della prevenzione. In quest'ottica rientra anche il settore dell'edilizia scolastica;

   purtroppo, una serie di recenti monitoraggi configurano una condizione di allarmante criticità delle infrastrutture scolastiche e denotano tutt'altro che il perseguimento delle linee guida della prevenzione;

   a determinare questo stato di fatto concorrono non solo difficoltà nelle politiche di programmazione e di controllo ma anche problemi di spesa delle risorse a disposizione causate da normativa in tema di appalti poco efficiente, dall'incapacità di amministrare i processi da parte delle stazioni appaltanti e dalla difficoltà ad ottenere le autorizzazioni e a gestire eventuali contenziosi;

   l'Ance, evidenzia che, nonostante tra il 2015 e il 2018 lo Stato abbia aumentato le risorse annuali per infrastrutture da 12,4 a 21,5 miliardi di euro, con un aumento in valori reali del 72 per cento gli investimenti fissi lordi pubblici sono in costante calo negli ultimi dieci anni, -36 per cento dal 2007, passando dal 2,9 per cento del prodotto interno lordo al 2,0 per cento;

   per quanto riguarda i dati relativi all'edilizia scolastica, Ance evidenzia che sul totale di 6,2 miliardi di euro stanziati dal 2015 al 2018, nel 2017 sono stati spesi soltanto 604 milioni;

   il report realizzato dalla onlus Cittadinanzattiva evidenzia una serie di criticità afferenti a ben il 70 per cento delle 42.435 strutture scolastiche, soprattutto del Sud Italia, e in particolar modo alla vetustà (68 per cento costruite prima del 1975), alla mancanza di adeguamento alle disposizioni antisismiche (legge 2 febbraio 1974, n. 64), alla necessità di riqualificazione di soffitti e solai (solo il 26 per cento ha effettuato un'indagine diagnostica), alla mancata rimozione delle barriere architettoniche, ai collaudi statici (il 50 per cento costruite prima che diventasse obbligatorio nel 1971) ai certificati di prevenzione incendi (il 59 per cento non lo possiede), ai certificati di agibilità (l'ha prodotto solo il 39 per cento) e ai piani di emergenza;

   nella sua relazione, la Corte dei conti definisce non soddisfacente lo stato di attuazione del piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici nelle zone a rischio sismico, tenuto conto che dalla programmazione originaria sono ormai passati 13 anni, e che su 2.651 interventi programmati, ben 637, corrispondenti al 24,02 per cento, non risultavano attivi al 31 dicembre 2017;

   la Corte dei Conti evidenzia che alla data del 4 giugno 2018, su 39.847 scuole ben 17.160 (43 per cento) risulta in zona sismica 1 e 2 (cioè dove possono verificarsi terremoti, rispettivamente fortissimi e forti) e oltre il 50 per cento di questi risulta risalire a prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica (1976) e solo il 21 per cento delle scuole presenti in queste aree risulta conforme alla normativa tecnica di costruzione antisismica –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di accelerare la definizione di un quadro completo delle criticità, delle vulnerabilità e dell'adeguamento alle norme antisismiche delle singole scuole, onde assicurare conseguenti misure a garanzia della messa in sicurezza di tutte le strutture;

   se non si intenda valutare l'opportunità di istituire una struttura in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri che possa coordinare i processi riqualificazione e di messa in sicurezza delle strutture scolastiche e che possa offrire adeguato supporto alle amministrazioni locali;

   quali iniziative intenda adottare per migliorare le disposizioni e i processi definiti dal codice degli appalti, per snellire le procedure burocratiche e accelerare la realizzazione delle opere pubbliche più urgenti, come quelle della messa in sicurezza degli edifici scolastici, sbloccando il potenziale di investimento degli enti preposti e aumentando la relativa capacità di spesa delle risorse disponibili.
(5-00608)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2013 un'imbarcazione piena di migranti affondò vicino alle coste di Lampedusa: 368 morti accertati, 20 presunti, 155 superstiti di cui 41 bambini: il naufragio più grave accertato in termini di vite umane;

   nel 2016 fu presa ad emblema proprio questa data per proclamare una giornata internazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, e fu approvata la legge 21 marzo 2016, n. 45;

   in occasione della giornata nazionale, stabilisce l'articolo 2 della medesima legge, come si può leggere anche sul sito del Ministero dell'interno, «sono organizzati su tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri per sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà civile, al rispetto della dignità umana e del valore della vita, all'integrazione e all'accoglienza. Sugli stessi temi le istituzioni, nei propri ambiti di competenza, promuovono iniziative nelle scuole, anche in coordinamento con associazioni e organismi di settore»;

   nei giorni del quinto anniversario del naufragio che il 3 ottobre del 2013 fece 358 vittime si apprende che, senza alcuna presa di posizione ufficiale, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non avrebbe, proprio a Lampedusa, prestato il proprio sostegno all'iniziativa del Comitato 3 ottobre come invece era successo negli anni precedenti;

   nel mese di giugno 2018 il Ministero ha pubblicato il bando per la selezione dei partecipanti al progetto «Porte d'Europa» e alle iniziative concomitanti con la celebrazione del 3 ottobre; i ragazzi delle scuole di secondo grado sono stati chiamati a gemellarsi con un liceo europeo e a preparare elaborati e progetti destinati a essere esposti in questi giorni nella sezione giovani del Museo della fiducia e del dialogo di Lampedusa;

   dopo mesi di lavoro le scuole che avevano aderito all'iniziativa hanno atteso invano che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si pronunciasse sugli elaborati e assegnasse il premio, cioè la partecipazione alle manifestazioni di Lampedusa del 3 ottobre, è arrivata la comunicazione del diniego da parte del Governo del sostegno alle iniziative, peraltro già praticamente concluso e per il quale le scuole si erano autofinanziate;

   all'incontro con i superstiti del naufragio e alle celebrazioni previste nessun rappresentante delle istituzioni ha ritenuto di dover partecipare –:

   se il Governo non ritenga necessario fornire elementi in merito alle reali motivazioni che lo hanno condotto a disapplicare la legge 21 marzo 2016, n. 45, a pubblicare il bando per la selezione dei progetti e a non insediare neanche la commissione, peraltro comunicando alle scuole selezionate a Lampedusa il mancato sostegno, a giudizio dell'interrogante inspiegabile, a progetto già iniziato.
(4-01268)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni del quinto anniversario del naufragio che il 3 ottobre del 2013 fece 358 vittime a Lampedusa, è evidente come sia cambiato il clima delle istituzioni nazionali rispetto a questa triste ricorrenza;

   quest'anno infatti, senza alcuna presa di posizione ufficiale, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha offerto il proprio sostegno all'iniziativa del Comitato 3 ottobre, come invece era successo nei due anni precedenti e cioè da quando il Parlamento italiano ha istituito per legge la giornata della memoria e dell'accoglienza;

   a giugno 2018, così come era stato nei due anni precedenti, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato il bando per la selezione dei partecipanti al progetto «Porte d'Europa» e alle iniziative concomitanti con la celebrazione del 3 ottobre. I ragazzi delle scuole di secondo grado sono stati chiamati a gemellarsi con un liceo europeo e a preparare elaborati e progetti destinati a essere esposti in questi giorni nella sezione giovani del Museo della fiducia e del dialogo di Lampedusa. Progetti – si legge nel bando – che «si propongono di sviluppare la cultura della solidarietà, dell'accoglienza e del dialogo fondata sul rispetto dei diritti umani»;

   evidentemente quelli citati non sono i valori sui quali il Governo vuole investire per la formazione delle future generazioni e dunque, dopo mesi di lavoro, le scuole che avevano aderito all'iniziativa hanno atteso invano che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si pronunciasse sugli elaborati e assegnasse il premio, cioè la partecipazione alle manifestazioni di Lampedusa del 3 ottobre;

   purtroppo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha mai neanche insediato l'apposita commissione e dunque al bando non è stato dato alcun corso. Al Comitato 3 ottobre, pressato da decine di scuole che chiedevano di poter andare a Lampedusa, non è rimasto che chiedere il sostegno delle altre sigle aderenti alle iniziative, dall'Unhcr ad alcune organizzazioni non governative e fondazioni che solo in parte hanno supplito alla mancanza di finanziamenti consentendo a un centinaio di ragazzi di arrivare a Lampedusa, mentre più della metà di quelli che avrebbero dovuto partecipare sono rimasti a casa, per mancanza di fondi e soprattutto perché nessuno ha guardato e valutato gli elaborati ai quali hanno lavorato per tutto l'anno –:

   se il Governo intenda chiarire i motivi per cui ha deciso, dopo aver pubblicato il regolare bando, di non darvi seguito e non fornire il proprio sostegno all'iniziativa del Comitato 3 ottobre e alle celebrazioni in ricordo del naufragio di Lampedusa del 2013 e con quali iniziative abbia deciso di onorare la giornata della memoria e dell'accoglienza, istituita con legge dal Parlamento italiano due anni fa e celebrata ogni 3 ottobre.
(4-01271)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   circa un anno fa, il comune di Monfalcone aveva deciso di depennare i quotidiani L'Avvenire e Il Manifesto dall'elenco degli abbonamenti per la biblioteca comunale con la motivazione che rappresentavano un costo troppo oneroso rispetto al ristretto numero dei lettori;

   che si trattasse di mera provocazione, censura o di bilanciamento delle spese, i lettori dei quotidiani esclusi si sono subito attivati per trovare una soluzione e dopo aver organizzato una colletta popolare hanno sostenuto a loro spese il costo di entrambi gli abbonamenti, così grazie a una cena di autofinanziamento, gli abbonamenti a Il Manifesto e L'Avvenire erano stati rinnovati, in accordo con un'edicola del posto;

   adesso, a quanto si apprende, le copie de Il Manifesto e de L'Avvenire destinate alla biblioteca comunale di Monfalcone, sono state per un periodo misteriosamente dirottate in una casa di riposo;

   a parere dell'interrogante si è di fronte a un palese atto di censura e boicottaggio da parte della sindaca leghista Anna Maria Cisint che di fatto impedisce la fruizione pubblica di questi due giornali che grazie ai 561 euro raccolti dai cittadini erano stati riattivati. Infatti, il ritorno dei giornali in sala lettura si blocca al primo piano della biblioteca e non possono essere messi a disposizione del pubblico e questa volta la giustificazione è che non essendo abbonamenti concordati con l'amministrazione comunale non possono essere esposti dal personale bibliotecario e per questo venivano poi spediti alla casa di riposo di Monfalcone. Adesso si sarebbe interrotto anche questo trasferimento, perché dalla casa di riposo non riuscivano più ad andare a prendere i giornali in biblioteca, e da quel momento giacciono nella biblioteca, interdetti alla fruizione del pubblico –:

   con quali strumenti il Governo intenda garantire, per quanto di competenza, il libero accesso a un'informazione plurale, disincentrando, con ogni utile iniziativa, qualsiasi atteggiamento da parte della pubblica amministrazione volto alla censura e al boicottaggio della stampa in ogni sua forma.
(4-01272)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   secondo uno studio dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) per conto della Commissione europea, pubblicato il 12 settembre 2018, ogni anno nei territori dell'Unione europea si disperdono oltre 30 mila tonnellate di piombo, a causa delle munizioni usate nella caccia e nei poligoni di tiro. Lo studio stima che fino a due milioni di uccelli l'anno muoiono per avvelenamento da piombo, o ingerendo direttamente i granuli o da contaminazione secondaria, come nel caso dei rapaci;

   è sempre pericoloso: non esiste una soglia di tossicità prestabilita, oltre la quale è dannoso; nello studio dell'Echa chiarito come l'accumulo nell'ambiente rappresenti un rischio di contaminazione delle fonti a acqua, oltre che della catena alimentare. Comprovati studi hanno dimostrato che i pallini, nell'attraversare la carne degli animali, perdono piccole schegge di piombo, di dimensioni non percepibili durante le fasi di preparazione e consumo del cibo; la maggior parte del piombo (circa l'80 per cento) è stato osservato in zone del corpo della cacciagione destinate al consumo. La cottura delle carni utilizzando condimenti a basso pH, determina il passaggio da piombo metallico a piombo ionico, favorendo l'assunzione di questo elemento da parte dell'organismo umano;

   gli animali invece possono assumere il piombo di origine venatoria per ingestione diretta o, come accade ai rapaci, per ingestione di prede che presentano elevate concentrazioni di piombo nei tessuti; in alcuni casi uccelli di grandi dimensioni possono ingerire elevati quantitativi di pallini prima di morire. Tali circostanze favoriscono la diffusione, tra svariate specie animali, del saturnismo, un'intossicazione cronica che, oltre a compromettere la salute di singoli animali, può avere importanti ripercussioni sullo stato di conservazione delle specie;

   alla Conferenza di Quito dell'ottobre 2014 cui hanno partecipato i Paesi firmatari della Convenzione di Bonn del 1979 sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica, sottoscritta da 115 Paesi, Italia compresa, sono state adottate linee guida per le Parti che prevedevano entro il 2017 il divieto di usare il piombo nelle cartucce, sostituendolo con leghe non tossiche; tuttavia nel testo delle linee guida si stabilisce che «spetta a ogni Parte di determinare se e come per attuare le azioni raccomandate, considerando la misura e il tipo di rischio avvelenamento, pur tenuto conto dei loro obblighi e impegni internazionali, tra cui quelle della Convenzione»;

   attualmente 24 dei 28 Stati membri dell'Unione europea regolamentano, ciascuno a proprio modo, l'uso delle munizioni di piombo in certe zone. Le direttive Uccelli (2009/147/CE) e habitat (92/43/CEE) prevedono che specie e habitat siano adeguatamente tutelati; il decreto del Ministro dell'ambiente del 17 ottobre 2007 recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)», prevede il divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009. Ne consegue la possibilità di utilizzo di munizioni tradizionali nella maggior parte delle zone umide italiane e in tutti gli ambienti terrestri;

   la legge quadro nazionale n. 157 del 1992 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» stabilisce quali mezzi possono essere utilizzati per l'esercizio della caccia (articolo 13), ma non fornisce indicazioni specifiche sul tipo di materiale che deve essere utilizzato nelle munizioni;

   appare quanto meno contraddittorio che la legge imponga di raccogliere e smaltire mediante riciclaggio le batterie al piombo esauste e poi ammetta la diffusione diretta del piombo nei boschi per opera dei cacciatori. La caccia è attività ludica che non può avere maggior valore rispetto alla salute pubblica ed alla tutela ambientale;

   secondo il rapporto dell'Ispra n. 158 del 2012, sono disponibili valide alternative, e negli Stati Uniti d'America, a tal fine, sono stati approvati 12 tipi di leghe o materiali compositi che prevedono principalmente l'uso di bismuto, ferro, tungsteno, rame, stagno e polimeri. Secondo l'Echa sostituire i pallini di piombo con quelli in acciaio, utilizzabili nella maggior parte dei fucili, avrebbe per i cacciatori, costi contenuti –:

   se i Ministri interrogati, allo scopo di tutelare l'ambiente e il patrimonio faunistica, patrimonio indisponibile dello Stato e dando seguito alle linee guida approvate nella Conferenza di Quito del 2014, non ritengano opportuno adottare iniziative per una estensione del divieto di utilizzo di pallini di piombo a tutte le aree in cui è consentita l'attività venatoria, disponendo la sua sostituzione con altro materiale non tossico, secondo le indicazioni dell'Echa, nelle cartucce di nuova produzione;

   se ritengano opportuno avviare una campagna informativa a tutela della salute umana e della fauna, considerati i pericolosi effetti tossici del piombo sugli esseri viventi.
(2-00127) «Bond».

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, DEIANA, MARINO e ALBERTO MANCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella notte un violento incendio è scoppiato nella raffineria Saras di Sarroch in provincia di Cagliari. A scatenare le fiamme è stato un violento nubifragio che si è abbattuto nel territorio;

   l'incendio, molto probabilmente, è stato innescato dai fulmini che si sono abbattuti sulla raffineria, in particolare, come afferma la stessa azienda, sulle vasche contenenti un accumulo di acque e idrocarburi;

   tali acque, anche a causa delle violenti piogge che hanno provocato l'allagamento della raffineria, si sono riversate sul tratto di mare antistante provocando un danno ambientale non indifferente con il mare che è diventato un'immensa distesa di oli;

   si sono registrati forti disagi anche per la popolazione con abitazioni e cantine allagate, muri crollati e diverse centinaia di famiglia, anche nei comuni limitrofi, senza corrente elettrica per diverse ore –:

   se il Governo intenda intervenire prontamente, per quanto di competenza, per accertare le cause e gli eventuali danni ambientali provocati dallo sversamento in mare delle acque provenienti dalla raffineria, dal fumo e dalle polveri generate dalle fiamme, così come promuovere una verifica immediata sulle condizioni di salute dei lavoratori e sulla sicurezza dell'impianto.
(4-01273)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'area della cosiddetta «zona archeologica di Paestum» nel comune di Capaccio – provincia di Salerno, è sottoposta a vincolo di tutela e inedificabilità ai sensi della legge n. 220 del 5 marzo 1957 (Costituzione di zona di rispetto interno all'antica città di Paestum e divieto di costruzione entro la cinta muraria) e a vincolo di tutela assoluta in relazione alla perimetrazione dell'antica città di Paestum; è dato apprendere dalla stampa locale e dagli atti amministrativi prodotti a seguito di richiesta di accesso agli atti che il comune di Capaccio Paestum ha autorizzato l'esecuzione di opere edilizie all'interno della cinta muraria dell'antica città di Paestum con acquisizione del parere favorevole della competente soprintendenza di Salerno e Avellino;

   il fabbricato oggetto dell'intervento edilizio ancora in corso è ubicato a pochi metri dalla cinta muraria antica, dal tempio di Nettuno e dalla Basilica, con notevole incongruenza e danni derivanti anche da un ingiustificabile impatto archeologico e paesaggistico, con la realizzazione di nuovi manufatti edilizi in calcestruzzo e laterizi;

   per la realizzazione delle nuove opere edilizie, è manifesta la condizione di incongruenza, essendo stata fatta richiesta di un intervento di «restauro e risanamento conservativo» si ritrova che non contempla assolutamente l'esecuzione di nuove opere edilizie, bensì la conservazione degli elementi caratteristici e di pregio, ancorché da considerare spuri (non autentici), che nulla hanno a che vedere con quanto disposto all'articolo 3, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001;

   in particolare, fra le opere previste e autorizzate dal permesso a costruire come «restauro conservativo» si ritrova la trasformazione di un lastrico solare in terrazzo calpestabile, eventualità che la normativa corrente e tutti gli indirizzi giurisprudenziali annoverano nel campo delle ristrutturazioni edilizie. In particolare, secondo la giurisprudenza, «La sostituzione della preesistente copertura inclinata con un terrazzo calpestabile che forma parte funzionalmente integrante dei locali medesimi, comporta un evidente incremento della superficie dello stabile: tale modifica configura un intervento di ristrutturazione edilizia» (T.A.R. Liguria, Sez. I, 1 dicembre 2016, n. 1177); «La trasformazione di un tetto di copertura in terrazzo calpestabile modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell'organismo preesistente – risolvendosi in ultima analisi in una alterazione di prospetto e sagoma dell'immobile – e, quindi, non rientra nella categoria del restauro e risanamento conservativo, bensì in quella della ristrutturazione edilizia» (T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 870) –:

   se intenda assumere, per quanto di competenza, iniziative volte ad accertare i fatti rappresentati e chiarire le modalità di intervento per la realizzazione delle opere murarie sopra descritte.
(4-01270)


   FASANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il presidente della Siae, Giulio Rapetti, in arte Mogol, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, nella quale denuncia che Sky cerca «di non pagare il diritto d'autore da circa un anno», in quanto ritiene «che il contratto vada ritrattato perché c'è stata la fine del monopolio»;

   le motivazioni avanzate da Sky e riportate nell'intervista dal presidente della Siae, appaiono piuttosto pretestuose e prive di ragioni concrete;

   il colosso dalle pay-tv opera in un ambito che prevede anche autorizzazioni da parte delle istituzioni pubbliche, e quindi è tenuta a rispettare le normative vigenti;

   l'azienda, stando a quanto riportato anche da alcuni organi d'informazione, sarebbe al centro di una trattativa che potrebbe portare al cambio di proprietà –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questa situazione;

   quali iniziative di competenza intendano adottare, nel caso in cui le dichiarazioni del presidente della Siae trovassero riscontro, per fare in modo che Sky regolarizzi la propria posizione con la Siae sul diritto d'autore.
(4-01275)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   OSNATO e BUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli «esportatori abituali» possono acquistare beni e servizi senza dover corrispondere l'Iva nel limite delle operazioni di esportazione effettuate nel periodo precedente o nei dodici mesi precedenti, il cui ammontare costituisce il cosiddetto plafond;

   l'utilizzo del plafond è sottoposto a taluni adempimenti, tra cui la presentazione di un'apposita dichiarazione d'intento da consegnare, ai sensi del decreto legislativo n. 175 del 2014, all'Agenzia delle entrate che rilascia apposita ricevuta da utilizzare per la compilazione della dichiarazione doganale;

   l'articolo 7 del decreto legislativo n. 471 del 1997 punisce con la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'imposta dovuta colui che effettua cessioni o prestazioni imponibili senza addebito d'imposta in mancanza della dichiarazione d'intento, disponendo altresì l'obbligo del pagamento del tributo;

   la legge n. 213 del 2000 prevede che dell'omesso pagamento dell'Iva, a fronte di dichiarazione d'intento, «rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d'intento, e non anche lo spedizioniere doganale che l'ha presentata»;

   l'Ufficio delle dogane di Como ha rilevato un'evasione Iva per dichiarazioni doganali di importazione definitiva presentate da diversi operatori doganali per conto di una stessa ditta importatrice: nel caso di specie, è stata sdoganata merce proveniente dalla Svizzera, utilizzando una dichiarazione d'intento con regolare ricevuta ottenuta dall'Agenzia delle entrate, malgrado la mancanza dei presupposti richiesti dalla normativa;

   una non corretta interpretazione del decreto legislativo n. 175 del 2014 ha, secondo gli interroganti, erroneamente indotto gli operatori doganali a ritenere che l'Agenzia delle entrate, prima di protocollare la dichiarazione di intento, procedesse al controllo circa la sussistenza dei requisiti necessari;

   l'Ente preposto al controllo, invece, non effettua verifiche e non si assume alcuna responsabilità atteso che, in caso di falsa dichiarazione, l'Iva evasa potrà essere riscossa anche dall'operatore doganale, obbligato in solido;

   la conclusione a cui è giunto l'ufficio doganale, come rilevato anche dai giudici tributari di Milano, comporta, secondo gli interroganti, un'illegittima estensione di responsabilità del rappresentante indiretto, costretto a subire le conseguenze dell'uso scorretto della dichiarazione d'intento redatta dall'importatore sotto la sua esclusiva responsabilità;

   tale situazione rischia di pregiudicare la prosecuzione dell'attività lavorativa di numerose aziende, con gravi conseguenze sul piano dell'occupazione –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di garantire che dell'omesso pagamento dell'Iva rispondano soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d'intento e non anche lo spedizioniere doganale che l'ha presentata.
(5-00619)


   BARATTO, GIACOMONI, MARTINO, BIGNAMI, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la tecnica impositiva in uso negli Stati membri dell'Unione europea prevede che, a seguito di una transazione commerciale o comunque dell'esecuzione di una prestazione e della conseguente emissione di una fattura, l'impresa versi allo Stato l'imposta sul valore aggiunto dovuta (Iva), anche qualora non abbia ancora incassato dal debitore fiscale (il destinatario della prestazione) quanto dovuto;

   al verificarsi di precise condizioni, inoltre, la legge riconosce all'impresa il diritto a portare in detrazione l'Iva versata ma non incassata, attraverso l'emissione di una nota di variazione della propria base imponibile;

   a livello comunitario, l'emissione delle note di variazione è disciplinata dalla direttiva 2006/112/CE (articolo 90), mentre, sul piano nazionale, la fattispecie è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (articolo 26);

   fino ad oggi, l'amministrazione finanziaria ed il Ministero dell'economia e delle finanze, con successivi interventi (circolare del Ministero delle finanze n. 77/E/2000; Agenzia delle entrate: risoluzioni nn. 155/E/2001, 161/E/2001, 89/E/2002 e 195/E/2008), nel caso di mancato pagamento, hanno interpretato le suddette norme nel senso di prevedere che la condizione dell'infruttuosità della procedura concorsuale, cui è assoggettato il debitore, costituisce il presupposto per l'emissione, da parte del creditore, della nota di variazione in diminuzione;

   l'effetto di tale interpretazione ha finora comportato che le imprese anticipano allo Stato l'Iva dovuta fino al suo pagamento o, comunque, alla sua definitiva infruttuosa irrecuperabilità; tuttavia, poiché il tempo medio di una procedura concorsuale in Italia supera – di regola – il decennio, le imprese accordano di fatto in tal modo allo Stato un prestito senza interessi per anni;

   in data 23 novembre 2017 la Corte di giustizia dell'Unione europea, sul caso C 246/16 Enzo di Maura c. Agenzia delle entrate direzione ha chiarito come uno Stato non possa subordinare la riduzione della base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto all'infruttuosità di una procedura concorsuale, qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni;

   tale interpretazione contraddice, secondo gli interroganti, quanto finora sostenuto dall'Agenzia delle entrate e impone un conseguente allineamento dei criteri interpretativi adottati da quest'ultima;

   ad avviso degli interroganti, dunque, appare quanto mai necessario addivenire quanto prima a un definitivo chiarimento normativo –:

   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere, alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di consentire in tempi rapidi la piena conformità della normativa italiana alla citata pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea ed evitare che imprese, che già versano in crisi di liquidità, continuino ad accordare allo Stato un prestito senza interessi.
(5-00620)


   CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto spesometro, ovvero la trasmissione delle comunicazioni dati fatture emesse e ricevute, introdotto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 193 del 2016, è un adempimento che nasce con cadenza trimestrale e la sua comunicazione deve essere trasmessa telematicamente dal soggetto Iva entro e non oltre le scadenze previste;

   l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dal decreto-legge n. 193 del 2016, prevede, infatti, l'obbligo di invio dei dati entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo al trimestre, con eccezione del secondo trimestre la cui scadenza era prevista per il 16 settembre 2018;

   con la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, comma 932) il termine del 16 settembre è stato fissato al 30 settembre;

   la recente legge n. 96 del 2018, di conversione del decreto-legge n. 87 del 2018, il cosiddetto «decreto dignità», ha introdotto la facoltà di invio semestrale oltre che trimestrale;

   pertanto, in un'ottica di semplificazione degli adempimenti, al fine di evitare la sovrapposizione dei medesimi, l'articolo 11 del suddetto decreto-legge, entrato in vigore il 14 luglio 2018, ha disposto che il termine dell'invio dei dati relativi alle fatture messe e ricevute del terzo trimestre è slittato dal 30 novembre 2018 al 28 febbraio 2019, accorpato alla scadenza del 4° trimestre 2018;

   ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 2, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, i dati obbligatori delle fatture da indicare nello spesometro sono: partita Iva dei soggetti coinvolti nelle operazioni, o codice fiscale per i soggetti che non agiscono nell'esercizio di imprese, arti e professioni; data e numero della fattura; base imponibile; aliquota applicata; imposta; tipologia dell'operazione ai fini dell'Iva nel caso in cui l'imposta non sia indicata in fattura;

   tuttavia, sembrerebbe ancora vigente l'obbligo di comunicazione di un ulteriore complesso dato relativo all'indicazione della data di registrazione della fattura, per effetto del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 5 febbraio 2018 –:

   se si intenda far chiarezza sulla discordanza di cui in premessa tra la normativa sopra richiamata e la sua applicazione da parte dell'Agenzia delle entrate in vista delle prossime scadenze e se trovi conferma che le medesime scadenze siano le ultime previste alla luce della soppressione definitiva dell'istituto dello spesometro.
(5-00621)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli oltre 600 sfollati dalle case sottostanti il ponte Morandi di Genova, secondo la normativa italiana dovranno continuare pagare il mutuo nonostante siano vittime di un'evacuazione forzata imposta loro per proteggerli dai pericoli che possono derivare da nuovi cedimenti in sede di demolizione completa dell'infrastruttura;

   l'obbligo di restituzione è infatti indipendente rispetto alla perdurante esistenza del bene che si è acquistato, impiegando la somma mutuata. Inoltre, sempre per legge, il mutuatario è tenuto al rimborso del debito anche nell'ipotesi di perimento totale del medesimo bene;

   l'evento costituisce causa di forza maggiore ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1218 del codice civile;

  allo stato attuale, non tutti gli istituti di credito coinvolti hanno manifestato la disponibilità ad una remissione unilaterale dei mutui accesi sugli immobili ricadenti nella cosiddetta «zona rossa» che verranno dichiarati inagibili, ad eccezione di quelli facenti capo al gruppo «Intesa Sanpaolo» che hanno stanziato un plafond di 4,5 milioni di euro;

   lo stesso gruppo bancario ha manifestato la propria solidarietà mettendo a disposizione di tutte le persone che vivono ed operano all'interno della zona colpita un ulteriore plafond di 50 milioni di euro destinati alla ricostruzione ed al ripristino delle strutture danneggiate, oltre ad una polizza destinata a tutti i minori che nell'evento hanno perso uno od entrambi i genitori;

   anche Deutsche Bank, Unicredit e Carige, hanno annunciato una moratoria di 12 mesi (o comunque fino al perdurare dello stato di emergenza), del rimborso delle rate residue dei mutui, oltre alla possibilità di richiedere la disponibilità di una cassetta di sicurezza a titolo gratuito per un anno presso uno degli sportelli di Genova;

   l'Abi ha precisato che tutte le suddette iniziative sono state assunte: «sia in via autonoma da alcune banche, sia in termini più generali attraverso una apposita ordinanza della Protezione civile del 20 agosto, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 agosto»;

   si tratta di iniziative non generalizzate che per l'interrogante generano una odiosa disparità di trattamento tra cittadini già duramente colpiti dal tragico evento –:

   se non si ritenga necessaria l'adozione di un'iniziativa straordinaria che preveda una generalizzata remissione unilaterale da parte dell'intero sistema bancario di tutti i mutui prima casa degli immobili ricadenti nella zona rossa, al fine di garantire per legge parità di trattamento per tutti i clienti mutuatari danneggiati direttamente od indirettamente dal crollo del ponte Morandi.
(5-00623)


   GRIMALDI, RUOCCO, TRANO, APRILE, CABRAS, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GIULIODORI, MANIERO, MARTINCIGLIO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUGGIERO, ZANICHELLI e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007 reca disposizioni volte a limitare l'uso del contante. In particolar modo, al comma 5 si prevede che gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a mille euro debbano prevedere la clausola di non trasferibilità. La violazione di tale previsione, ai sensi dell'articolo 63 del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007, implica l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria variabile da 3 mila euro a 50 mila euro;

   la clausola di non trasferibilità è strumentale ad una corretta applicazione della normativa antiriciclaggio. In seguito a diverse segnalazioni pervenute agli interroganti si rileva che molti cittadini, per meri errori formali, abbiano utilizzato assegni per valori superiori o uguali a mille euro per trasferire le proprie disponibilità tra diversi conti correnti a loro intestati ovvero per effettuare operazioni di pagamento nei confronti di uno specifico beneficiario che ha provveduto direttamente all'incasso senza ulteriori girate (in entrambe le circostanze trattasi del cosiddetto beneficiario originario). In entrambi i casi citati si evidenzia che la normativa antiriciclaggio risulti essere pienamente applicata in quanto l'assenza di ulteriori girate rispetto al beneficiario originario consente di individuare in modo preciso sia il debitore effettivo che il creditore (beneficiario) effettivo;

   in relazione alle motivazioni esposte sarebbe opportuno valutare la possibilità di escludere l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 63 del decreto legislativo n. 231 del 2007 nelle ipotesi in cui gli assegni bancari o postali privi della clausola di non trasferibilità siano portati all'incasso dal beneficiario originario in totale assenza di ulteriori girate –:

   se reputi opportuno assumere iniziative di competenza volte ad escludere l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 63 del decreto legislativo n. 231 del 2007 nelle ipotesi in cui gli assegni bancari o postali privi della clausola di non trasferibilità siano portati all'incasso dal beneficiario originario – in entrambe le ipotesi richiamate in premessa – in totale assenza di ulteriori girate e se, conseguentemente, reputi opportuno assumere iniziative di competenza volte a revocare o annullare le sanzioni applicate ai cittadini che abbiano emesso assegni bancari o postali privi della clausola di non trasferibilità e portati all'incasso dal beneficiario originario – in entrambe le ipotesi richiamate in premessa – in totale assenza di ulteriori girate.
(5-00624)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSSO e ZANGRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   di recente in diverse regioni italiane del nord come del sud del Paese, si sono susseguiti scioperi che hanno riguardato i lavoratori dei servizi ferroviari in appalto, che si occupano della pulizia a bordo dei treni, della ristorazione e dell'assistenza ai disabili nelle stazioni e negli uffici;

   le ragioni della protesta riguardano l'imminente scadenza dei contratti di solidarietà a seguito dei quali, a parere non solo dei manifestanti, molto probabilmente saranno avviate le procedure di licenziamento che dovrebbero riguardare circa duemila addetti su un totale di diecimila;

   le organizzazioni sindacali puntano il dito contro i tagli al lavoro e alle retribuzioni, la non applicazione del contratto nazionale delle attività ferroviarie in tutte le aziende del settore e i continui avvicendamenti delle società nei servizi affidati, che nella maggior parte dei casi si tramutano in una contrattazione al ribasso sia in termini di qualità dei servizi sia dei diritti del personale coinvolto;

   nel corso degli scioperi, che hanno assunto per lo più la forma di presidi nelle stazioni, i lavoratori hanno distribuito volantini tra i viaggiatori per informarli delle ragioni della protesta e allo stesso tempo richiamare l'attenzione delle forze politiche sulla preoccupante situazione;

   le proteste si sono svolte in maniera pacifica e senza alcuna ripercussione sulla circolazione dei treni –:

   se e quali iniziative il Governo, alla luce dei fatti descritti, intenda adottare, al fine di garantire ai lavoratori dei servizi ferroviari in appalto, le opportune tutele sociali e occupazionali, anche in caso di cambi di imprese nei servizi affidati;

   se il Governo intenda valutare l'adozione di iniziative per invertire la tendenza alla frammentazione delle attività e ai ribassi di gara, anche nel settore ferroviario, che nella maggior parte dei casi si traducono in perdita occupazionale e salariale, oltre che in una poco efficiente gestione dei servizi stessi.
(5-00605)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il tema dell'emergenza abitativa riguarda milioni di cittadini che nel nostro Paese vivono al limite della soglia di povertà, e necessita di trovare soluzioni quanto più rapide e definitive. Solo per fare un esempio, in base ai dati pubblicati dal Ministero dell'interno lo scorso anno, solo nel 2016, sono stati emessi più di 60 mila provvedimenti esecutivi di sfratto di cui il 90 per cento sono dovuti a morosità incolpevole;

   secondo i dati del dipartimento patrimonio solo nella città di Roma ci sarebbero 20.000 famiglie in graduatoria per ottenere l'assegnazione di una casa popolare, e circa 250.000 immobili sfitti o invenduti, di cui 40.000 di recente costruzione;

   l'ultimo provvedimento emanato dai Governi precedenti, relativo al tema del disagio abitativo, risale al decreto-legge n. 47 del 24 marzo 2014, convertito dalla legge n. 80 del 2014;

   tale provvedimento prevedeva l'istituzione o il finanziamento di diversi fondi:

    all'articolo 1 prevede il finanziamento di due fondi, quello nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, e quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124;

    l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 47 del 2014, nel modificare il decreto-legge n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008), dispone che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approvano con decreto le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560. Il suddetto decreto dovrà tenere conto anche della possibilità di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale. Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente;

    l'articolo 4 prevede, con una tempistica ben chiara, l'approvazione di un decreto attuativo volto a promuovere un programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica e stabilisce che «Il Governo riferisce alle competenti Commissioni parlamentari circa lo stato di attuazione del Programma di recupero di cui al presente articolo decorsi sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 1 e successivamente ogni sei mesi, fino alla completa attuazione del Programma»;

   la conferenza unificata ha da poco approvato il piano di riparto delle somme previste per il programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli istituti autonomi per le case popolari –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per la gestione dell'emergenza abitativa in Italia;

   quale sia lo stato di attuazione della legge n. 80 del 2014 e l'attuale disponibilità dei fondi da essa previsti;

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere specifiche e straordinarie risorse per l'edilizia residenziale pubblica, anche attraverso la riqualificazione del patrimonio esistente.
(4-01264)


   VARRICA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sono in corso di ultimazione i lavori relativi al passante ferroviario di Palermo (1° stralcio); tali lavori, necessari per rendere rapido e funzionale il collegamento della città di Palermo con l'aeroporto Falcone-Borsellino, hanno comportato la chiusura della tratta per diversi anni e causato inevitabili disagi per i cittadini;

   la città di Palermo ha un vitale bisogno di spazi di verde urbano — attrezzato e non —, di percorsi ciclo-pedonali e, in generale, di aree fruibili destinate alla cittadinanza e, in particolare, ai bambini, alle loro famiglie e agli anziani;

   gli interventi hanno previsto l'intervento di diversi passaggi a livello, liberando vaste aree nella piena disponibilità di Rete ferroviaria italiana che attraversano diversi quartieri di Palermo e sulle quali precedentemente vi erano i binari;

   ci sarebbero le condizioni per trasformare gli interventi per il passante ferroviario in un'occasione di rigenerazione urbana della città di Palermo –:

   se sussista la disponibilità di Rete ferroviaria italiana ad avviare un percorso per la progettazione — anche attraverso un concorso di idee o altre forme di partecipazione civica — e la realizzazione di aree di verde urbano destinate alla fruizione da parte della cittadinanza nelle zone in corrispondenza delle tratte ferroviarie ad oggi interrate.
(4-01266)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MELONI, PRISCO e DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante l'esame parlamentare del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», è stato approvato un emendamento a prima firma del gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, relativo all'introduzione di un puntuale obbligo di rendicontazione in capo alle cooperative che gestiscono i servizi di accoglienza dei migranti;

   la dimensione raggiunta dal fenomeno dell'immigrazione irregolare negli scorsi due decenni ha, infatti, dato luogo a una progressiva esternalizzazione dei servizi di accoglienza e assistenza, nell'ambito della quale la parte maggioritaria è affidata a soggetti privati attraverso convenzioni con i soggetti pubblici preposti;

   la disposizione normativa inserita nel decreto-legge n. 451 del 1995, a seguito dell'approvazione in Commissione del citato emendamento presentato dal gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, prevede che, con un decreto da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, siano «individuati gli obblighi per la certificazione delle modalità di utilizzo dei fondi di cui al presente articolo da parte dei soggetti aggiudicatari, attraverso la rendicontazione puntuale della spesa effettivamente sostenuta, mediante la presentazione di fatture quietanzate»; il termine previsto per l'adozione del decreto è scaduto il 24 luglio 2017;

   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-03362, presentata dal Gruppo Fratelli d'Italia la scorsa legislatura, e riguardante i tempi di adozione del decreto ministeriale relativo alla certificazione dell'utilizzo dei fondi pubblici per i servizi di accoglienza dei migranti, l'allora Ministro dell'Interno rispose di aver provveduto a sottoscrivere, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il decreto ministeriale e che il successivo 24 ottobre 2017, il provvedimento era stato trasmesso all'ufficio centrale di bilancio e alla Corte dei conti per gli adempimenti di competenza –:

   quale sia lo stato dell’iter relativo al decreto Ministeriale di cui in premessa e che dovrebbe prevedere un puntuale obbligo di rendicontazione in capo alle cooperative che gestiscono i servizi di accoglienza dei migranti.
(5-00614)


   FIANO, MIGLIORE, MARTINA, ORFINI, CECCANTI, MARCO DI MAIO, GIORGIS e POLLASTRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che, nel corso della notte fra mercoledì 12 e giovedì 13 settembre 2018, alcuni striscioni, scritti con caratteri runici e in cui si accusa il Pd di essere «complice e mandante» di crimini commessi in Italia da minoranze etniche, sono stati affissi sulla facciata della palazzina che ospita il circolo Pd di Ponte Milvio in via della Farnesina 37 a Roma, mentre al cancelletto dal quale si accede alla sede del circolo è stato appeso un fantoccio avvolto nel tricolore, dalle sembianze di un impiccato;

   pur non essendo la prima volta che i circoli del PD sono oggetto di aggressione e di atti vandalistici da parte dell'estrema destra, desta viva preoccupazione l’escalation di atti di aggressione, razzismo e vandalismo che si sono registrati negli ultimi mesi da parte di esponenti od organizzazioni di estrema destra, quasi a testimoniare una nuova presunta legittimazione a compiere tali atti da parte dei loro autori;

   in attesa degli esiti delle indagini in corso da parte della Digos, impegnata a visionare i filmati delle telecamere di sicurezza per risalire agli autori dei fatti denunciati, appare dunque indispensabile agli interroganti una condanna ferma e inequivoca dei fatti denunciati da parte di tutte le forze politiche, anche quelle impegnate a sostenere l'attuale Governo in carica –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la piena sicurezza di tutte le sedi del Pd e dei suoi militanti, anche adottando le iniziative di competenza volte al contrasto dei gruppi neo-fascisti di estrema destra.
(5-00615)


   SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai maggiori organi di stampa, nel territorio del comune di Bari si stanno verificando con sistematicità episodi di violenza che pongono a serio rischio l'incolumità della cittadinanza pugliese, mostrando, dunque, una chiara emergenza sicurezza;

   in una settimana si sono susseguiti ben tre episodi: il 17 settembre 2018, nel quartiere Madonnella a Bari, un giovane di 28 anni è stato colpito con diversi colpi di arma da fuoco nel corso di un agguato; il 24 settembre 2018 si è verificata una sparatoria nelle vicinanze del «tondo di Carbonara», causando la morte e il ferimento di due persone e, come se non bastasse, il 25 settembre c'è stata l'ultima sparatoria nei pressi di un istituto scolastico in cui è rimasto ferito un giovane di trentasei anni;

   gli episodi appena riportati sono ancora più gravi se si considera che sono avvenuti in pieno giorno nei centri abitati con la presenza di molte persone, soprattutto donne e bambini, che per lo spavento sono stati costretti a fuggire nel tentativo di trovare un riparo immediato;

   l'evidente emergenza sicurezza che sta interessando la città di Bari è oltretutto aggravata dalla impossibilità, per la magistratura inquirente, di poter operare con continuità, considerato che gli uffici giudiziari sono in corso di dislocazione in sedi diverse a causa della dichiarazione di inagibilità del palazzo di giustizia –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di affrontare la necessaria richiesta di adeguamento dell'organico di forze dell'ordine nella città di Bari e su tutto il territorio pugliese e garantire il contrasto dei fenomeni criminali e la sicurezza dei cittadini.
(5-00616)


   GEBHARD e MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, prevede all'articolo 16 che – con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'interno – possono essere istituiti uno o più commissari straordinari del Governo, nominati tra i prefetti, al fine di superare situazioni di particolare degrado nelle aree dei comuni di Manfredonia (FG), di San Ferdinando (RC) e di Castel Volturno (CE);

   ai sensi dello stesso articolo, i commissari straordinari adottano, d'intesa con il Ministero e con il prefetto, un piano di interventi per il risanamento delle aree interessate e ne coordinano la realizzazione, curando il raccordo tra gli uffici periferici delle amministrazioni statali, le regioni e gli enti locali interessati, anche al fine di favorire la graduale integrazione dei cittadini stranieri regolarmente presenti nei territori interessati, agevolandone l'accesso ai servizi sociali e sanitari, nonché alle misure di integrazione previste sul territorio, compreso l'inserimento scolastico dei minori. Per la realizzazione di tali interventi, il commissario si raccorda anche con le iniziative promosse dalla cabina di regia della rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, e dalle sezioni territoriali della medesima rete;

   Francesco Antonio Cappetta, Iolanda Rolli e Andrea Polichetti, rispettivamente commissari a Castel Volturno, per l'area del Foggiano e a San Ferdinando, hanno messo in piedi progetti virtuosi i cui risultati positivi sono stati riconosciuti da enti locali, regioni, vescovi e mondo associativo;

   dopo la promozione dei tre commissari, il 6 luglio 2018, gli stessi hanno svolto doppio incarico fino alla scadenza del loro incarico da commissari, il 21 agosto;

   a quel punto il Governo, nella scelta tra la loro conferma nel doppio incarico o la nomina di tre nuovi commissari a servizio pieno, con tre decreti del presidente del Consiglio dei ministri del 9 agosto 2018, ha scelto una terza strada, nominando commissari – sempre solo per un anno – i tre prefetti del territorio; un nuovo incarico per i prefetti che si somma ai compiti già molto gravosi ad essi attribuiti, in territori fortemente condizionati dalla criminalità organizzata;

   forti preoccupazioni in merito a tale scelta sono state espresse dai sindaci dei comuni interessati –:

   con quali strumenti e iniziative il Ministro interrogato intenda combattere illegalità e sfruttamento, considerato che il Governo ha rimosso le uniche figure che stavano lavorando per cambiare finalmente qualcosa in quei territori in mano alla criminalità.
(5-00617)


   MACINA, DIENI, BRESCIA, DAVIDE AIELLO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, DADONE, D'AMBROSIO, FORCINITI, PARISSE, ELISA TRIPODI, FRANCESCO SILVESTRI e NESCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese hanno già avuto luogo sperimentazioni della procedura elettorale, che hanno visto l'utilizzo del sistema elettronico sia nell'espressione del voto da parte dell'elettore sia nella modalità di scrutinio delle schede elettorali;

   potrebbe essere giunto il momento per una riflessione più approfondita e un passo ulteriore finalizzato all'introduzione del sistema di voto elettronico tout court, anche in via graduale e progressiva, con il dovuto riguardo a quella fascia di elettori che non hanno, ancora, dimestichezza con internet e a quelle zone in cui la connettività è scarsa;

   il passaggio al sistema di voto elettronico, oltre a procurare, una volta a regime, un risparmio in termini economici di non poco conto, potrebbe essere il motore di una digitalizzazione dell'amministrazione pubblica via via più ampia;

   si riconosce che tale passaggio sia, naturalmente, molto delicato, dovendo garantire l'espressione democratica del voto nella pienezza della libertà e della segretezza e, in particolare, la sicurezza del sistema;

   le esperienze maturate in altri Paesi europei hanno dato risultati positivi, in quanto le soluzioni tecniche adottate sono state in grado di garantire la certezza in ordine all'identità dell'elettore, di bloccare i tentativi di brogli, quali il voto plurimo, e di superare anche gli attacchi informatici subiti in un caso;

   resta ferma la garanzia dei principi di segretezza, uguaglianza, personalità, libertà e territorialità del voto –:

   se non intenda adottare iniziative, anche normative, finalizzate all'introduzione, graduale e progressiva alla luce di quanto esposto in premessa, del sistema di voto elettronico, considerando in primis, a tale scopo, la tecnologia cosiddetta blockchain.
(5-00618)

Interrogazione a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da notizie di stampa, sembrerebbe che a Lecce si registrino continui e sistematici atti di violenza e di microcriminalità, situazioni di disagio sociale e di degrado dei quartieri che configurano una chiara emergenza sicurezza;

   atti di violenza e microcriminalità sarebbero da ascriversi alla presenza di numerosi soggetti non sempre identificabili, di immigrati di nazionalità diverse senza regolari permessi di soggiorno. Queste persone sono la causa quotidiana di spaccio di stupefacenti, di violente risse e di degrado dei quartieri a seguito di continui atti di vandalismo alle strutture presenti, di occupazione di case o di appartamenti vissuti spesso in condizioni di sovraffollamento;

   le zone che risentono di queste problematiche sono quelle del centro storico, della zona prospiciente la stazione ferroviaria e del quartiere di Porta Rudiae. La costante presenza di questi soggetti, le continue risse e gli atti di microcriminalità che si ripetono nel tempo, hanno determinato la trasformazione di questi magnifici quartieri leccesi in scenari urbani completamente degradati e difficilmente controllabili;

   appare evidente che l'economia del turismo di questa splendida città paga danni irreparabili non solo in termini di risorse ma anche di ritorno negativo di immagine;

   l'assenza dello Stato in queste aree e l'impossibilità da parte delle autorità di pubblica sicurezza di contenere e gestire questo fenomeno a causa di organici ridotti e di strumenti, anche normativi, di repressione dei reati consentono a questi soggetti di agire indisturbati e incuranti delle proteste della popolazione;

   già nel dicembre del 2017 i residenti del centro storico presentarono un esposto alla questura di Lecce per denunciare l'ennesima rissa per chiedere maggiori controlli; il 23 aprile 2018 si registrava una violenta rissa presso la villa comunale alla presenza di intere famiglie e bambini; il 25 aprile 2018, veniva segnalato alle forze dell'ordine la presenza di un immigrato intento a compiere atti sessuali in luogo pubblico in pieno giorno; ad aprile e maggio si sono verificate risse sanguinose per il predominio di aree di parcheggio tra abusivi di nazionalità diverse rispettivamente in piazza Filippo Bottazzi e nella zona a ridosso di Porta Napoli; la notte del 1° settembre 2018 si registrava una rissa violenta tra gruppi di soggetti di nazionalità diverse nei pressi di Porta Rudiae alla presenza di famiglie, bambini e turisti; il 17 agosto 2018 si è verificata una ennesima rissa tra immigrati in stato di ebrezza nei pressi della stazione; il 2 settembre 2018 una rissa tra soggetti non meglio identificati che risulta agli onori delle cronache; il 20 settembre 2018, invece, un uomo ha tentato di violentare una donna nei parcheggi del call center di via De Sanctis; è del 25 settembre 2018 l'ultima rissa sanguinosa registrata in zona stazione tra gruppi diversi di immigrati;

   il Ministro dell'interno sarebbe intervenuto a margine dell'arresto di alcuni richiedenti asilo dediti allo spaccio di stupefacenti a Lecce assicurando che avrebbe trovato al più presto una soluzione a queste ed altre criticità affermando testualmente «Sto lavorando per fermare questo schifo, rimandare a casa questi delinquenti e non farne arrivare altri. Io non mi fermo» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché sia possibile affrontare l'emergenza sicurezza evidenziatasi nella città di Lecce, potenziando gli organici delle forze dell'ordine e gli strumenti a loro disposizione, assicurando i presupposti normativi che possano consentire un'azione più efficace di contrasto alla criminalità ed estendendo la rete dei sistemi di sicurezza e di video sorveglianza;

   se non intenda favorire la costituzione di un tavolo tecnico-istituzionale composto da rappresentanti del Governo e delle istituzioni locali e volto alla definizione di un programma che possa garantire la sicurezza per i cittadini di Lecce.
(4-01269)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI e ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto Alberghiero «G. Minuto» di Marina di Massa (comune di Massa) è storicamente uno dei più rinomati e prestigiosi istituti alberghieri d'Italia;

   l'istituto vanta un'esperienza consolidata nel settore ristorativo e turistico e ha raggiunto nel tempo un alto livello nella formazione professionale, in un territorio ad alta vocazione ricettiva;

   tale istituto, realizzato negli anni 30 del secolo scorso, presenta inevitabilmente gravi problemi strutturali legati alla attuale normativa antisismica degli edifici;

   i locali dell'istituto sono oggetto di interventi di messa in sicurezza delle pareti portanti che hanno comportato la chiusura di 5 delle 9 aule presenti e lo svolgimento di lezioni in luoghi alternativi come corridoi o ingressi;

   tale situazione sta inevitabilmente creando gravi problemi alla corretta continuità delle attività didattiche per studenti, professori e personale tecnico-amministrativo. Nello specifico: a causa dei cantieri aperti sia nella sede centrale che nella succursale, le 18 classi del biennio, ospitate già da anni presso la sede Toniolo di via XXVII Aprile a Massa, sono state attualmente trasferite per circa due settimane, presumibilmente fino al 19 ottobre 2018, nella sede del Toniolo di Massa;

   le lezioni sono state sospese in due giornate nella sede centrale per allerta meteo vento forte, come da prescrizione dell'ufficio tecnico, come misura di prevenzione e protezione (in questo momento il cantiere sta completando lavori di puntellamento e incatenamento della facciata);

   i professori ed il personale amministrativo, tecnico e ausiliario stanno effettuando, per motivi di forza maggiore, turni a rotazione delle lezioni per consentirne lo svolgimento sia la mattina che il pomeriggio;

   negli ultimi 4 anni sono stati stanziati 10 miliardi di euro per l'edilizia scolastica di cui oltre 5 già spesi da comuni, province e città metropolitane per interventi di messa in sicurezza e realizzazione delle scuole: una cifra ingente, maggiore di quella stanziata negli ultimi 20 anni. Sono stati edificati oltre 300 nuovi edifici scolastici in tutta Italia e le task force edilizia scolastica hanno monitorato sul campo oltre 2.100 interventi in 15 regioni;

   il Governo non ha però rinnovato il mandato della struttura di missione per la riqualificazione dell'edilizia scolastica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

   nel decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, sull'edilizia scolastica è rimasta solo una norma per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. In particolare, il decreto stabilisce che le somme non spese in precedenti programmi già avviati potranno essere riutilizzate dagli enti locali. Tali risorse saranno «attribuite entro il 31 dicembre 2018 agli enti locali proprietari degli edifici adibiti ad uso scolastico, per essere destinate alla progettazione degli interventi di messa in sicurezza dei predetti edifici». Il provvedimento, però, rimanda ad un futuro decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca le modalità e i criteri di attribuzione delle risorse;

   secondo quanto reso dall'Amministrazione provinciale di Massa Carrara il progetto di riqualificazione dell'istituto Alberghiero «G. Minuto» ammonta a 11 milioni di euro;

   tale progetto non è stato ancora finanziato dal Governo e l'incertezza sulle modalità di erogazione di finanziamenti necessari creerà costanti problematiche alla continuità didattica dell'istituto Alberghiero «G. Minuto», dal momento gli attuali interventi di messa in sicurezza che interessano alcune strutture potrebbero non essere risolutori ma temporanei –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione, descritta in premessa, relativa all'Istituto alberghiero «G. Minuto» e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per risolvere le criticità ivi presenti;

   con quali modalità e con quali tempistica il Governo assicurerà i finanziamenti necessari per la realizzazione dei progetti per la messa in sicurezza antisismica degli edifici scolastici interessati ed in particolare per l'Istituto alberghiero «G. Minuto».
(5-00610)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli Its, Istituti tecnici superiori, sono percorsi di specializzazione tecnica post diploma, riferiti alle aree considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del nostro Paese, realizzati secondo il modello organizzativo della fondazione di partecipazione in collaborazione con imprese, università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali, sistema scolastico e formativo;

   gli Its costituiscono un'opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano in quanto espressione di una nuova strategia che unisce le politiche d'istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali del Paese;

   mission degli Its è: acquisire, dopo il diploma, un'alta specializzazione tecnologica indispensabile per un inserimento qualificato nel mondo del lavoro; formare tecnici superiori in grado di inserirsi nei settori strategici del sistema economico-produttivo del Paese; sviluppare metodi per l'innovazione e il trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese; privilegiare una didattica esperienziale dove l'apprendimento si realizza attraverso l'azione e la sperimentazione di situazioni, compiti, ruoli affrontati in situazioni di incertezza e complessità, simili alla realtà lavorativa di tutti i giorni; orientare i giovani e le loro famiglie verso le professioni tecniche;

   particolare trend positivo ha da sempre accompagnato i 64 Its presenti nel nostro Paese, istituiti con la legge n. 144 del 1999: secondo un monitoraggio 2017 effettuato dall'Indire (Istituto nazionale documentazione innovazione e ricerca educativa) – l'ente che sovraintende e coordina gli Its – il 79,1 per cento delle diplomate e dei diplomati (pari a 1.398 ragazze e ragazzi, su un totale di 2.374, oggi 2.774) ha trovato un lavoro entro un anno dalla fine del percorso, impiego che nell'87,5 per cento dei casi è coerente con il diploma conseguito;

   trattandosi di un percorso di istruzione post diploma, gli Its dipendono dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   dal 21 agosto 2018 si rende disponibile il posto di funzione dirigenziale non generale dell'ufficio V – istruzione tecnica superiore – della direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, presso il dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; tale posto si occupa tra l'altro proprio degli Its;

   tale bando risale al 9 agosto 2018, e ad oggi non risulta ancora terminato;

   il Governo è in carica da oltre 120 giorni –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato rispetto al futuro degli Its, al loro sviluppo e alle richieste in merito a possibili modifiche normative;

   se sia intenzione del Ministro interrogato adottare iniziative per procedere celermente alla nomina del dirigente competente scegliendo il curriculum migliore per sviluppare il sistema degli Its.
(4-01265)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di stampa, vi è stato il via libera del consiglio di sorveglianza di Thyssenkrupp allo split che dividerà in due società autonome il gruppo. Tali società avranno dimensioni simili. Dopo le dimissioni di Heinrich Hiesinger è stato nominato anche il nuovo Ceo Guido Kerkhoff. Le due società che nasceranno dallo spin off sono ThyssenKrupp Industrials e ThyssenKrupp Materials. In quest'ultima società rientra Acciai speciali Terni. In una nota diffusa domenica pomeriggio si legge che il via libera alla nascita di due distinte società è arrivata all'unanimità e ora si inizierà a lavorare alla procedura, che richiederà alcuni mesi, probabilmente tra i 12 e i 18;

   dal punto di vista dimensionale la nuova Thyssenkrupp Materials avrà un giro d'affari di circa 18 miliardi di euro, mentre quello di Thyssenkrupp Industrials si attesterà sui 16 miliardi di euro. Nello specifico a Thyssenkrupp Industrials verranno conferite le attività nel campo degli ascensori, le unità di produzione automobilistica e l'impiantistica, nell'altra confluiranno la divisione Marina, l'unità di servizio materiali, le attività di cuscinetti e forgiati e il 50 per cento di interessi nella prevista joint venture europea in acciaio con Tata Steel Ltd. Al termine dell'articolato processo di separazione societaria, gli azionisti esistenti deterranno azioni di entrambe le società –:

   quali siano le prospettive per i lavoratori con particolare attenzione allo stabilimento di Terni rispetto al piano industriale del gruppo, in un clima di forte incertezza e preoccupazione, e da quali atti ufficiali emergano le citate informazioni, considerato che si ha notizia di ciò soltanto dai siti tedeschi.
(5-00625)


   PALLINI, PERCONTI, DE LORENZO, AMITRANO, GIANNONE, SEGNERI, CUBEDDU, TUCCI, SIRACUSANO, TRIPIEDI, INVIDIA, BILOTTI, COSTANZO, VIZZINI e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, all'articolo 13-ter. (Disposizioni per l'accesso al trattamento pensionistico dei lavoratori occupati in imprese che impiegano amianto) recita: «1. All'articolo 1, comma 117, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: “nel corso degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018” sono sostituite dalle seguenti: “nel corso degli anni 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020”»;

   lavoratori del settore e sindacati di categoria hanno segnalato agli interroganti che ad oggi l'istituto nazionale della previdenza sociale non avrebbe fatto alcuna comunicazione, tramite circolare, alle sedi periferiche per informarle ufficialmente di tale proroga e consentire ai lavoratori interessati per il 2019 e il 2020 di usufruire dei benefici previdenziali previsti dalla legge n. 190 del 2014 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nel caso sia accertata una mancata comunicazione da parte dell'Inps alle sedi periferiche, quali iniziative intenda valutare di porre in essere affinché sia subito ripristinata la possibilità, concessa dalla normativa ai lavoratori interessati, di avvalersi delle previsioni della legge n. 123 del 2017 e usufruire così dei benefici presidenziali previsti dalla legge n. 190 del 2014.
(5-00626)


   VISCOMI, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, «Testo unico sulle società a partecipazione pubblica», fino «al 30 giugno 2018 le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 1, agli elenchi di cui ai commi 2 e 3»;

   in sostanza, la citata disposizione, disponendo il blocco delle assunzioni nelle società a controllo pubblico, si prefigge l'obiettivo di favorire la ricollocazione di tutti quei lavoratori coinvolti nei processi di riorganizzazione delle società a partecipazione da parte delle pubbliche amministrazioni;

   con comunicato del 6 aprile 2018, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) ha fatto sapere che, alla data del 31 marzo, gli esuberi relativi alle società a partecipazione pubblica presenti nell'elenco dell'Anpal ammontavano a 563 unità. Con riferimento alla distribuzione territoriale di questi esuberi, le eccedenze di personale risultavano maggiori nelle regioni Lazio (234), Abruzzo (87), Sardegna (46), Veneto (42), Umbria (36) e Toscana (28);

   ad oggi, non sono disponibili i dati aggiornati allo scadere del richiamato termine del 30 giugno, relativi al personale delle società riconducibili all'Anpal –:

   quali siano le regioni della mancata di dati aggiornati al 30 giugno 2018 all'interno dell'elenco Anpal e quali iniziative si intendano assumere per assicurare la ricollocazione dei suddetti lavoratori, all'uopo riproponendo una norma che porti alla loro assunzione prioritaria, nell'ambito di tutte le società a partecipazione pubblica.
(5-00627)


   MURELLI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il superamento della nefasta «legge Fornero» sulle pensioni (articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «decreto salva-Italia») con l'introduzione della cosiddetta «quota 100» quale ulteriore canale di accesso al diritto pensionistico è un punto programmatico del contratto di Governo e un preciso impegno assunto dalla Lega Salvini premier con gli italiani;

   in cima alle priorità della Lega è che la «quota 100» sia operativa già dal 1o gennaio 2019 anche come misura per far aumentare l'occupazione liberando posti di lavoro;

   stanti le notizie a mezzo stampa, all'indomani dell'accordo sul documento di economia e finanza, la cosiddetta «quota 100» sembra trovare consistenza – come auspicato – già nella prossima manovra di bilancio;

   l'ipotesi più accreditata sembra essere la combinazione di minimo 62 anni di età anagrafica e 38 anni di versamenti contributivi, che interesserebbe una platea di circa 400 mila persone –:

   se quanto riferito a mezzo stampa trovi conferma nelle ipotesi al vaglio del Governo ovvero quali siano le misure allo studio in materia pensionistica.
(5-00628)


   RIZZETTO, ROTELLI e BUCALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società Unopiù è un'azienda leader nel settore dell'arredamento per esterni, con sede a Soriano nel Cimino (Viterbo), che impiega più di 140 lavoratori senza contare l'indotto generato;

   da un decennio, l'azienda vive nell'incertezza per il futuro dei lavoratori e della società. Ciò dopo anni caratterizzati da incontri istituzionali tra le parti sociali e dal ricorso agli ammortizzatori sociali, che dovevano servire a una ripresa aziendale che, di fatto, non si è verificata. Inoltre, con grande sacrificio del personale dipendente coinvolto, 40 lavoratori sono stati messi in mobilità;

   nel mese di settembre 2018 sono terminati gli ammortizzatori sociali previsti dal contratto di solidarietà e 36 lavoratori rischiano di essere licenziati entro la fine dell'anno 2018, se non prima. Al riguardo, la proprietà aziendale ha dichiarato di avere un piano industriale che non prevede più la presenza di questi dipendenti. Tuttavia, detto piano di ristrutturazione non è stato reso noto;

   dopo tavoli di concertazione tra istituzioni, sindacati e proprietà aziendale, ancora non sono stati individuati gli strumenti necessari per salvaguardare i posti di lavoro e la presenza sul territorio di un'impresa storica che opera da 40 anni;

   ad oggi, l'unica soluzione sembra essere l'adozione di iniziative normative per l'introduzione di ammortizzatori sociali in deroga. Sul punto, si evidenzia che il Governo ha più volte annunciato che avrebbe adottato provvedimenti in tal senso, per fronteggiare molte situazioni di crisi aziendali che stanno mettendo a rischio i posti di lavoro di tanti dipendenti sul territorio nazionale. Ma, a tutt'oggi, nessun atto normativo utile è stato posto in essere;

   è dunque urgente individuare una soluzione definitiva che salvaguardi i lavoratori con l'adozione di ammortizzatori sociali, anche in deroga ai limiti temporali previsti dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 148 del 2015 –:

   se il Ministro interrogato intenda procedere all'urgente istituzione di un tavolo di concertazione ministeriale per definire la vertenza che coinvolge il personale della Unopiù, al fine di scongiurare licenziamenti che porterebbero un ulteriore depressione in una zona già ampiamente colpita dalla crisi.
(5-00629)


   POLVERINI e ZANGRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi degli articoli 18 e 22 del decreto legislativo n. 75 del 2017, di attuazione della legge delega n. 124 del 2015 («riforma Madia»), è stato istituito il polo unico per le visite fiscali;

   con decreto ministeriale 2 agosto 2017 è stato approvato l'atto di indirizzo per la stipula delle convenzioni tra Inps e organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale per lo svolgimento degli accertamenti medico-legali sui lavoratori dipendenti pubblici e privati assenti per malattia;

   il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha dichiarato che nel solo 2016 i controlli fiscali sono stati circa 600 mila grazie a 900 medici effettivi. Nel privato con oltre 321 mila visite sono stati scoperti quasi 35 mila assenti ingiustificati per un risparmio complessivo pari a 21,6 milioni di euro, a dimostrazione tangibile utilità di questi professionisti;

   l'attività dei medici fiscali rappresenta quindi per il datore privato un evidente strumento per prevenire e contrastare indebite assenze, e al tempo stesso rappresenta per l'Inps il mezzo per evitare pagamenti ingiustificati che pesano inevitabilmente sulla collettività;

   nel pubblico le visite fiscali permettono di aggredire le sacche di sprechi e inefficienze della pubblica amministrazione per meglio gestirne le risorse e valorizzare chi, nel personale, svolge adeguatamente e senza furbizie la propria attività;

   la fondamentale attività dei medici fiscali è soggetta a condizioni disagevoli: obbligo di sottostare all'assegnazione delle visite da effettuarsi per fascia di reperibilità; reperibilità, anche telefonica, gratuita; divieto di effettuare più di trenta giorni di assenze ingiustificate (non retribuite) nell'anno solare, pena la revoca dell'incarico; obbligo di giustificare gli ulteriori giorni di assenza fino ad un massimo di 150 (non retribuiti) pena la revoca dell'incarico; ferie, malattie e infortuni sul lavoro non retribuiti e non risulta alcuna forma previdenziale a carico dell'Ente;

   negli ultimi quattro mesi del 2017 l'Inps ha effettuato quasi 150 mila controlli a dimostrazione del fatto che anche in assenza della prevista convinzione i medici impiegati continuano a svolgere la propria attività con rigore e professionalità;

   dall'adozione dell'atto di indirizzo richiamato è stato aperto un tavolo di trattativa tra Inps e organizzazioni sindacali per la definizione della convenzione di cui allo stesso decreto ministeriale, senza che l'ente abbia mostrato la volontà di riconoscere alcuna tutela ai medici fiscali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato e se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, perché questi professionisti vedano riconosciuti e tutelati i propri diritti nei confronti dell'Inps.
(5-00630)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PALLINI, PERCONTI, DE LORENZO, GIANNONE, TRIPIEDI, TUCCI, INVIDIA, BILOTTI, COSTANZO, VIZZINI, AMITRANO, VILLANI, SIRAGUSA, SEGNERI, CUBEDDU e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 2008 lo stabilimento di assemblaggio motori di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) di Pratola Serra (Avellino) sta attraversando una grave crisi produttiva che restituisce i seguenti dati allarmanti: 1.400 giornate tra Cassa integrazione guadagni ordinaria, Cassa integrazione guadagni straordinaria e Contratti di solidarietà per ogni lavoratore, con una perdita salariale che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 50.000 euro di media pro capite; ad oggi, tra addetti alle aziende terziarizzate e Fca si contano circa 400 posti di lavoro in meno; gli impianti continuano a essere sottoutilizzati;

   quella della Fca (ex Fma) rientra nella generale crisi di mercato che sta riguardando il motore diesel, motore che rappresenta il 99,5 per cento di produzione dello stabilimento di Pratola Serra e che, a partire dal gennaio 2022, non sarà più prodotto senza, al momento, sapere da cosa sarà sostituito;

   a parere degli interroganti e in virtù delle preoccupazioni espresse dalle maestranze e dai sindacati di categoria, è necessario avviare una profonda e seria riflessione tra tutti gli attori coinvolti, al fine di costruire un progetto industriale lungimirante di riconversione produttiva verso i sistemi di propulsione alternativi, in grado di valorizzare le competenze e le economie di sistema per il rilancio della produzione, la garanzia dell'occupazione e la tutela delle condizioni lavorative dello stabilimento Fca, presso cui la forza lavoro è giovane – media di 43 anni – con una prospettiva media di vita lavorativa di altri 20-25 anni, con una professionalità tale da garantire adattabilità a produzioni di qualità e ai livelli di produttività finora assicurati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda valutare di porre in essere al fine di garantire un futuro produttivo, attraverso un solido piano di riconversione industriale, allo stabilimento di Pratola Serra e la tutela dei livelli occupazionali.
(5-00606)


   TRIPIEDI, OLGIATI, PALLINI, COSTANZO e MAMMÌ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Amsa Spa, dal 2008 detenuta al 100 per cento dal gruppo A2A Spa, gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani della città di Milano e di dodici comuni dell'area metropolitana milanese. L'organico dei dipendenti Amsa nel 2015 (dato comprendente il personale assunto per l'evento Expo 2015) era di 3390 unità; nel 2016, 3204 unità; nel 2017 3202 unità. Il rapporto tra i lavoratori assunti e quelli licenziati nel 2015 era del 33,38 per cento; nel 2016 del 21,50 per cento; nel 2017 del 28,98 per cento. La media dell'ultimo triennio risulta essere del 27.95 per cento;

   Milano Ristorazione spa, società del comune di Milano, con 815 dipendenti, produce e distribuisce ogni giorno circa 85.000 pasti nel capoluogo lombardo. In data 2 maggio 2018, l'assemblea di Milano Ristorazione ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2017 con un fatturato di euro 90.319.663 contro gli euro 89.903.062 del 2016 (+0,5 per cento) e un utile di euro 1.104.449,00 (+48,0 per centro rispetto all'anno precedente). La situazione patrimoniale della società è caratterizzata da una notevole disponibilità liquida che le consentirà di finanziare i programmi di investimento triennali 2018-2020 che si aggirano sui 9 milioni di euro. Nel sito online di Milano Ristorazione si apprende che l'azienda prosegue nella ricerca, per diverse figure da inserire nelle strutture produttive della città di Milano, di personale da assumere a tempo indeterminato;

   Airport Handling spa, partecipata del comune di Milano, fornisce servizi di terra per i clienti negli scali di Milano Malpensa e Linate. Nel 2017 ha chiuso il fatturato a euro 113.983.244 (+2.986.317 rispetto al 2016). I dipendenti a fine 2017 erano 1668 (+18 per cento rispetto al 2016);

   da diversi organi di stampa si è appreso che le aziende sopraindicate sarebbero intenzionate, conseguentemente all'approvazione del decreto-legge dignità, a licenziare complessivamente circa 680 lavoratori, 280 divisi tra Amsa e Milano Ristorazione e 400 di Airport Handling, con contratto a tempo determinato;

   desta particolare curiosità il ripetuto elevato turnover, precedente al decreto-legge «dignità», che Amsa attua nei confronti dei suoi lavoratori, azienda che per le caratteristiche di lavoro fornito, esclusa la parentesi di Expo 2015, più delle altre aziende citate necessita di lavoratori stabili e non stagionali. Singolare risulta che solo ora balzi all'attenzione dell'opinione pubblica il fatto che Amsa rientri nel novero delle aziende intenzionate a licenziare in funzione del decreto-legge «dignità» quando nell'ultimo triennio, in un quasi sistematico silenzio politico e mediatico, ha sempre applicato forti turnover;

   a giudizio degli interroganti risulta, nel caso si effettuassero i sopraindicati licenziamenti, la scarsa serietà delle aziende nell'interpretare un decreto le cui direttive sono quelle di stabilizzazione e piena occupazione dei lavoratori, in funzione anche del fatto che le stesse aziende godono tutte di ottimi bilanci –:

   se il Governo sia a conoscenza delle sopraindicate segnalazioni riguardanti gli avvisi di licenziamento in funzione dell'emanazione del decreto-legge «dignità» e quali spiegazioni abbiano fornito in merito i dirigenti delle società;

   qualora le segnalazioni risultassero vere, quali siano gli orientamenti per quanto di competenza, circa la condotta delle sopraindicate aziende che, in funzione del fatto di essere partecipate del comune di Milano in settori di elevata importanza per la collettività, dovrebbero ancor più assicurare il perseguimento dell'interesse pubblico rinvenibile anche nella tutela del diritto all'occupazione stabile dei lavoratori, non ponendosi in netta opposizione rispetto alle direttive contenute nel decreto-legge «dignità»;

   sempre se le segnalazioni sopraindicate fossero vere, se il Governo intenda adottare iniziative nei confronti delle aziende per far sì che le stesse si adeguino al rispetto del dettato normativo volto a tutelare i lavoratori mediante la loro stabilizzazione e alla loro piena occupazione.
(5-00611)


   TRIPIEDI, ZANICHELLI, DAVIDE AIELLO, PERCONTI e COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Sogin s.p.a. è stata costituita per lo svolgimento delle attività di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse (Caorso, Garigliano, Latina e Trino), di chiusura del ciclo del combustibile e delle attività connesse e conseguenti;

   dal 2010 alla Sogin è stato conferito il compito istituzionale della localizzazione, della realizzazione e della gestione del parco tecnologico e del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;

   dal 1° gennaio 2018 è stata trasferita alla Sogin la titolarità degli atti autorizzativi del reattore Ispra1, sito presso il CCR di Ispra-Varese, per lo svolgimento delle attività indicate nell'accordo transattivo tra il Governo italiano e la Comunità europea dell'energia atomica, stipulato il 27 novembre 2009, prevedendo la copertura finanziaria a valere sulla componente A2 della tariffa elettrica;

   l'intero capitale sociale della Sogin è di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze; essa si attiene agli indirizzi formulati dal Ministro dello sviluppo economico;

   l'autorità per l'energia, il gas e il sistema idrico, con la delibera 381/2017/R/EEL del 25 maggio 2017 di approvazione del programma quadriennale 2017-2020 di decommissioning, ha sottolineato i pesanti ritardi del programma presentato dalla Società;

   la società ha presentato un nuovo programma quadriennale 2018-2021 di decommissioning predisposto dal medesimo consiglio di amministrazione e dal medesimo amministratore delegato non pubblicato sulla sezione amministrazione trasparente del Sito Sogin, dal quale potrebbero emergere maggiori ritardi nel programma di decommissioning;

   il bilancio d'esercizio 2017 della società e quello consolidato del gruppo Sogin hanno entrambi registrato un risultato economico positivo e crescente negli anni;

   dal 2013 la società ha inserito personale di alta competenza professionale dotato di laurea e di diploma, successivamente e progressivamente formato e specializzato nelle varie aree aziendali, inserito a pieno titolo nei processi operativi aziendali;

   tali inserimenti sono avvenuti prevalentemente con contratti di somministrazione lavoro a tempo determinato, per provare il personale nell'organizzazione;

   tali contratti di somministrazione hanno registrato oltre 15 fra proroghe e rinnovi, pervenendo a una durata complessiva comunque superiore a 36 mesi, con punte di 66 mesi;

   tale personale ha una notevole produttività nella società ed è apprezzato da tutto il middle management che ogni 7/8 mesi ha formalizzato la richiesta di proroga predisponendone una scheda di valutazione dalle quali emergono gli alti livelli di profitto di detto personale somministrato;

   l'amministratore delegato della società ha comunicato alle organizzazioni sindacali nazionali di categoria che avrebbe «stabilizzato» tali lavoratori precari, in numero di 100 unità, poi ridotte a 80 unità;

   ma, a quanto consta agli interroganti, non risultano esser state ancora adottate le iniziative volte a «stabilizzare» tali lavoratori –:

   se le circostanze di cui in premessa trovino conferma;

   se il Governo ritenga di adottare iniziative per accertare che tutte le lavoratrici e i lavoratori con contratto di somministrazione di cui in premessa abbiano superato una prova di selezione condotta anche con l'ausilio di una società esterna prima di essere inseriti in somministrazione e che, in conseguenza di ciò, potrebbero essere direttamente inseriti nella società;

   se intenda attivarsi per garantire che la Sogin rispetti lo spirito del «decreto dignità», finalizzato al superamento del precariato, utilizzando lo strumento dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
(5-00612)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il pacchetto di riforma della politica agricola comune presentato dalla Commissione europea nel mese di giugno 2018 vale 365 miliardi di euro e si struttura su tre proposte di regolamento: una proposta di regolamento volta a strutturare i piani strategici della politica agricola comune; una proposta di regolamento riguardante il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della politica agricola comune; una proposta di regolamento relativa all'organizzazione comune di mercato dei prodotti agricoli, organizzazione comune di mercato;

   nella riunione del Consiglio Agrifish, svolta il 18 giugno 2018 a Lussemburgo, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, in qualità di rappresentante dell'Italia, ha espresso una valutazione complessivamente negativa in merito alle proposte legislative della Commissione relative alla riforma della politica agricola comune post 2020;

   l'Italia, infatti, si è dichiarata non soddisfatta delle proposte presentate dalla Commissione, in quanto non risultano all'altezza della tutela degli agricoltori sia a causa dei tagli al budget destinato alla politica agricola comune secondo le proposte riguardanti il quadro finanziario pluriennale (QFP) post 2020, sia a causa della mancata tutela da parte delle recenti proposte legislative della Commissione dei settori dell'agricoltura più esposti alla volatilità dei prezzi;

   in particolare, i tagli alla politica agricola comune previsti dal nuovo budget europeo vanno a colpire direttamente il sostegno al reddito previsto per gli agricoltori: il 28 per cento del reddito degli agricoltori italiani dipende dal diretto sostegno dell'Unione europea e questa media si alza al 38 per cento nell'Unione europea;

   il taglio alla politica agricola comune che viene proposto, inoltre, se si tiene conto dell'inflazione ammonta a circa il 15 per cento in media (- 11 per cento nel primo pilastro e -25 per cento nel secondo), e non al 4-5 per cento come sostiene il Commissario Hogan;

   a questo poi si aggiunge il fatto che la proposta di bilancio della Commissione dovrà passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio europeo dove difficilmente la previsione di taglio non sarà aumentata. Perché per quadrare i conti la Commissione ha proposto che le entrate siano accresciute fino a rappresentare l'1,114 per cento del reddito nazionale lordo degli Stati dell'Unione. Un aumento consistente rispetto al presente. Bisogna poi tenere anche conto che, per compensare i minori fondi allo sviluppo rurale e alla politica di coesione, si è proposto di chiedere agli Stati membri un aumento del cofinanziamento nazionale e regionale. Si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un modo indiretto di chiedere fondi per finanziare le politiche comunitarie;

   sarebbe sufficiente ricordare, poi, che nel 2013 il bilancio settennale fu tagliato, non aumentato. E da questo punto di vista non sembrano esserci le condizioni oggi per una inversione di rotta. Così appare concreto il rischio che sulla politica agricola comune si effettuino ulteriori tagli;

   di fronte alla necessità di far quadrare i conti, infine, tutte le politiche saranno ulteriormente passate al vaglio del cosiddetto «valore aggiunto europeo», cioè dell'efficienza e dell'efficacia della spesa. Ed è noto che la politica agricola, che si propone è ancora più centrata sui pagamenti diretti attirando, non senza buone ragioni, pesanti critiche –:

   quali iniziative, in ambito europeo, il Ministro interrogato intenda adottare per difendere, rafforzare e migliorare la dotazione finanziaria, il funzionamento e l'efficacia per il sistema agroalimentare italiano della politica agricola comune post-2020.
(5-00609)

Interrogazione a risposta scritta:


   GERMANÀ, PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI, MINARDO, SCOMA e SIRACUSANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che i presidenti di Confagricoltura Catania, della Cia Sicilia orientale, di Confcooperative Sicilia e del distretto produttivo agrumi di Sicilia, hanno inviato una lettera al Ministro interrogato, al presidente della regione siciliana e all'assessore regionale all'agricoltura, per esprimere la propria preoccupazione derivante dalla richiesta sui mercati agricoli di grandi quantità di arance bionde spagnole effettuata da parte di commercianti italiani;

   nella missiva si afferma che in Sicilia la campagna agrumicola che sta per avere inizio presenta due caratteristiche: calo della produzione, dovuto al clima siccitoso dell'estate appena trascorsa a cui consegue un aumento dei prezzi d'acquisto del prodotto locale. Il calo della produzione, stimato intorno al 35 per cento, ha già messo in moto il rialzo dei prezzi degli agrumi, che in alcune zone a particolare vocazione sono particolarmente alti;

   il clima influisce sui costi di mercato, ma esso, per essere efficiente e premiare il merito, ha necessità di una vigilanza stringente da parte degli organi preposti ai controlli per evitare che lo stesso subisca delle distorsioni tali da alterare lo svolgimento delle contrattazioni e la commercializzazione di prodotti europei ed extraeuropei, falsamente fatti passare come provenienti dalla Sicilia;

   dai mercati spagnoli giunge la notizia che, in vista dell'apertura della campagna di raccolta del Navel, nel Paese iberico sono giunte numerose prenotazioni dall'Italia di agrumi. La richiesta maggiore arriva da Lazio, Sicilia, Campania e Calabria, ma anche dalle regioni del Nord vi sono numerose prenotazioni di arance estere;

   i produttori di agrumi siciliani temono che a questa massiccia e anomala richiesta possa seguire poi una falsificazione della provenienza, effettuata etichettando e vendendo gli agrumi iberici come se fosse un prodotto italiano;

   purtroppo in passato il fenomeno della vendita fraudolenta di agrumi esteri spacciati per siciliani è già stato numerose volte segnalato dalle organizzazioni citate e si teme che il fenomeno possa ripetersi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti intenda assumere, a partire dalla predisposizione di controlli e indagini capillari per evitare frodi, falsificazioni e imbrogli che danneggerebbero i produttori siciliani a tutto vantaggio di commercianti che operano in Italia e di produttori stranieri i quali già godono di un vantaggio competitivo notevole derivante dal fatto che il costo del lavoro è notevolmente inferiore a quello sostenuto dagli imprenditori agricoli italiani;

   se intenda adoperarsi perché nelle sedi opportune dell'Unione europea si definiscano norme giuridiche in grado di garantire l'uniformità del costo del lavoro in tutti i Paesi membri in modo tale che siano assicurate condizioni di partenza uguali per tutti gli imprenditori.
(4-01267)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   LOREFICE, CHIAZZESE, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, D'ARRANDO, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il diritto alla libera circolazione dei prodotti originari degli Stati membri e dei prodotti provenienti da Paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri è uno dei principi fondamentali del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 28 del Tfue);

   in una fase iniziale, la libera circolazione delle merci era stata concepita nel quadro di un'unione doganale tra gli Stati membri con l'abolizione dei dazi doganali, delle restrizioni quantitative agli scambi e di tutte le altre misure di effetto equivalente, e con la fissazione di una tariffa doganale comune nei rapporti della Comunità con i Paesi terzi;

   in seguito è stato posto l'accento sull'eliminazione di tutti gli ostacoli restanti alla libera circolazione delle merci, in modo da realizzare il mercato interno, definito come uno spazio senza frontiere interne ove le merci circolano liberamente come all'interno di un mercato nazionale;

   il principio della libera circolazione delle merci si estende anche ai farmaci e dunque la loro libera vendita all'interno del mercato unico dell'Unione europea non soffre di alcun ostacolo;

   l'articolo 100 della legge n. 219 del 2006, rubricato «Autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso dei medicinali statuisce, al comma 1: “La distribuzione all'ingrosso di medicinali è subordinata al possesso di un'autorizzazione rilasciata dalla regione o dalla provincia autonoma ovvero dalle altre autorità competenti, individuate dalla legislazione delle regioni o delle province autonome”»; la disposizione è stata modificata dall'articolo 1, comma 17, del decreto legislativo n. 17 del 2014 che ha testualmente aggiunto: «Tale autorizzazione precisa per quali locali, stabiliti sul loro territorio, è valida»;

   la previsione dell'anzidetto articolo 100 in combinato disposto con l'articolo 28 del TFUE consente al rivenditore di vendere in blocco determinati farmaci nei mercati degli Stati che garantiscano un maggior vantaggio economico;

   nella maggior parte dei casi si tratta di farmaci per i quali è assente nel commercio farmaceutico il «farmaco equivalente»;

   le appena descritte modalità di vendita generano un grande vulnus a determinate categorie di pazienti-utenti che non hanno, per motivi che riguardano esclusivamente l'economia del grossista, la possibilità di reperire quel determinato farmaco che è stato venduto in blocco nello Stato dell'Unione europea che garantisce maggiori introiti economici –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire a tutti i cittadini la possibilità di reperire il farmaco idoneo alla propria cura.
(5-00631)


   RIZZO NERVO, DE FILIPPO, UBALDO PAGANO, SIANI, CARNEVALI, SCHIRÒ e PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di maggio 2018 è stato firmato, dopo otto anni di blocco, il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl) dei dipendenti del comparto del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2016 -2018;

   il ccnl in questione incide su un numero rilevante di professionisti sanitari quali i tecnici sanitari di area radiologica, riabilitativa, della prevenzione, le ostetriche e gli infermieri. Al di là delle valutazioni sulla parte economica e sulle norme del ccnl incidenti gli aspetti di quotidianità di vita lavorativa, alta è l'aspettativa per quanto attiene i disposti dell'articolo 12 titolato «Commissione paritetica per la revisione del sistema di classificazione professionale» che definirà anche come ridefinire i profili, gli spazi, e i perimetri operativi dei professionisti sanitari con competenze «esperte» e «specialistiche»;

   l'articolo 12 del contratto indica che l'attivazione della commissione paritetica deve avvenire entro 30 giorni dalla firma del ccnl, avvenuta il 21 maggio 2018, ed entro la fine di luglio 2018 la commissione paritetica avrebbe dovuto completare il proprio mandato;

   le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale hanno formalmente sollecitato la parte datoriale ad avviare nei tempi previsti i lavori della Commissione;

   ad oggi non si ha alcuna notizia sull'attivazione di tale commissione e conseguentemente, nulla è stato predisposto rispetto a:

    individuazione di linee di evoluzione e sviluppo dell'attuale classificazione del personale;

    effettuazione di un'analisi delle declaratorie, delle specificità professionali e delle competenze avanzate e specialistiche ai fini della loro valorizzazione;

    effettuazione di un'analisi degli strumenti per sostenere lo sviluppo delle competenze professionali e per riconoscere su base selettiva il loro effettivo accrescimento;

    rivisitazione dei criteri di progressione economica del personale all'interno delle categorie in correlazione con la valutazione delle competenze professionali acquisite e dell'esperienza professionale maturata –:

   quali orientamenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda esprimere, a quattro mesi dalla firma del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti del «comparto» del servizio sanitario nazionale e a fronte della mancata attivazione della commissione paritetica di cui all'articolo 12 del sopra richiamato contratto, con riferimento alle questioni richiamate in premessa, che attengono ai professionisti sanitari con competenze «esperte» e «specialistiche».
(5-00632)


   NOVELLI, PEDRAZZINI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MINARDO, MUGNAI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come anche segnalato dal coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato, Tonino Aceti, in un suo articolo su quotidianosanità.it, dal monitoraggio Aifa della spesa farmaceutica nazionale e regionale gennaio-novembre 2017, relativamente alla spesa farmaceutica gennaio-novembre 2017 per i farmaci innovativi non oncologici e oncologici che accedono ai fondi per i farmaci innovativi previsti dalla legge n. 232 del 2016) sembrerebbero non essere stati spesi nel 2017 circa 264 milioni di euro del fondo farmaci innovativi non oncologici e oltre 85 milioni dei fondo farmaci innovativi oncologici, per un totale di risorse non utilizzate pari a circa 350 milioni e con profonde difformità regionali;

   si ricorda che il decreto-legge n. 50 del 2017, ha stabilito che le risorse dei suddetti fondi non impiegate per le finalità ivi indicate, confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario. Ciò significa che se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, dette risorse – ora vincolate all'acquisto di farmaci innovativi – tornano svincolate nel fondo indistinto, pronte per essere ripartite tra le regioni e utilizzate per altri capitoli di spesa sanitaria;

   se da una parte l'assegnazione di risorse al fondo indistinto, si traduce in una maggiore autonomia delle regioni nell'utilizzo delle medesime risorse, dall'altra questa norma risulta disincentivante e non compatibile con un piano di eliminazione dell'epatite C;

   è indispensabile un momento di confronto tra i soggetti coinvolti (Ministero, Aifa, regioni, Istituto superiore di sanità, professionisti, Associazioni di cittadini e pazienti) per individuare punti di debolezza, opportunità e proposte di miglioramento dell'attuale sistema dei fondi per i farmaci innovativi –:

   se non ritenga urgente acquisire informazioni dall'Aifa e dalle regioni in merito alle cause del non pieno utilizzo dei fondi per i farmaci innovativi 2017 adottare iniziative per una modifica al comma 402-bis dell'articolo 1 della legge 232 del 2016, al fine di prevedere che le risorse dei fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi non impiegate per le finalità previste non confluiscano nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario ma siano invece vincolate per attività finalizzate alla eliminazione dell'epatite C e al rafforzamento dei servizi e del personale sanitario per le altre patologie per le quali oggi sono già approvati dall'Aifa trattamenti qualificati come «innovativi».
(5-00633)


   CECCONI e TOCCAFONDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in più occasioni pubbliche il Ministro interrogato ha dichiarato di voler abolire il «superticket», abbattere le liste d'attesa, concludere il rinnovo dei contratti del personale del servizio sanitario nazionale, rimodulare la spesa farmaceutica, sbloccare il turnover, aggiornare i livelli essenziali di assistenza;

   nel 2018 il fondo sanitario nazionale è stato pari a 113,4 miliardi di euro, con il Governo Gentiloni che aveva già stanziato 1 miliardo in più per il 2019, quindi aumentando il fondo effettivo a 114,4 miliardi; il Ministro ha assicurato che per il 2019 il fondo sarà rifinanziato con un ulteriore miliardo di euro, portandolo quindi a 115 miliardi di euro, come previsto dalla legge di bilancio 2018;

   si stima che l'abolizione del «superticket» costerebbe 470 milioni di euro e il rinnovo del contratto del personale 800 milioni di euro, mentre le regioni reclamano 2,5 miliardi di euro in più per l'assunzione di nuovo personale necessario a coprire la carenza di medici e infermieri;

   dalle dichiarazioni giornalistiche si evince che la manovra sarà di 40 miliardi di euro così ripartiti: 12,5 miliardi di euro per l'iva, 10 miliardi di euro per il reddito di cittadinanza, 7 miliardi di euro per quota 100 per le pensioni, 1,5 miliardi di euro per la Flat tax agli autonomi, 1 miliardo di euro per l'IRES, 3,6 miliardi di euro per le spese indifferibili, 4 miliardi di euro per finanziare l'interessi sul debito;

   quindi dalle indiscrezioni trapelate, il documento di economia e finanza non sembrerebbe destinare al fondo sanitario nazionale le risorse necessarie all'attuazione delle riforme annunciate dal Ministro, anzi si paventano rimodulazioni e tagli alla spesa sanitaria e tagli alla dotazione del Ministero;

   è opportuno provvedere a nuove assunzioni per gli ispettori del Ministero ed ampliare la dotazione degli Usmaf –:

   quale sia l'ammontare effettivo delle risorse disponibili del fondo sanitario nazionale per l'anno 2019, al fine di effettuare la ripartizione del medesimo fondo tenendo presente la richiesta delle regioni del Sud di calcolare in modo diverso il peso della popolazione anziana, favorendo il concetto di deprivazione per i giovani del Sud.
(5-00634)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidio ospedaliero «Costa d'Amalfi» di Castiglione di Ravello è plesso dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno. La struttura è stata identificata con decreto del commissario ad acta n. 8/2018 pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Campania n. 12 del 12 febbraio 2018 come ospedale di «zona disagiata» ai sensi del decreto ministeriale n. 70/2015. Tale decreto del commissario ad acta è stato anche recepito nell'Atto aziendale dell'azienda ospedaliera universitaria Ruggi ove vengono conteggiati i posti letto previsti;

   in tale qualifica sono previsti infatti 20 posti letto di medicina con annessa funzione di Day Surgery e One Day surgery, nonché la funzione di Ps-Obi con i servizi indispensabili di laboratorio analisi e radiologia ed il personale di supporto (rianimatore, cardiologo);

   da organi di stampa si apprende che, ad oggi, risulta essere attivo il solo pronto soccorso, con il laboratorio analisi e radiologia e le figure di supporto. Manca, invece, l'Obi e soprattutto nessuna iniziativa è stata intrapresa per la realizzazione dei 20 posti di medicina, nonché per la riattivazione della sala operatoria, esistente e disattivata da 3 anni. Anzi, è stato disattivato l'ambulatorio di chirurgia, sebbene vi sarebbero 6 chirurghi di pronto soccorso disponibili a svolgerlo in orario ordinario. Inoltre, è stata soppressa anche la reperibilità del rianimatore per i trasferimenti di rianimazione, situazione ancora più grave e pericolosa, considerando che il presidio spesso rimane oltre 3 ore senza rianimatore, a giudizio dell'interrogante un vero attentato alla sicurezza di pazienti ed operatori;

   pertanto, non essendo stato fatto nulla in concreto, secondo quanto deliberato all'interno del decreto del commissario ad acta n. 8, sembrerebbe all'interrogante che la regione non voglia mettere in pratica quanto previsto per soddisfare le legittime aspettative dei cittadini della Costiera amalfitana, creando disagio, disservizio e grave pericolo per la salute della popolazione che usufruisce delle cure del presidio ospedaliero –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per far sì che il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari concretizzi quanto precedentemente previsto nel decreto del commissario ad acta n. 8 e se non ritenga opportuno accertare e verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità per i ritardi nella realizzazione di quanto previsto.
(4-01274)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'azione di razionalizzazione de|personale da parte di Poste Italiane si registrano gravi disagi nel funzionamento del servizio sia del recapito che di sportello in molte realtà della Sicilia;

   anche il piano di assunzioni annunciato per il prossimo triennio rischia di vedere paradossalmente il territorio siciliano penalizzato in termini di nuovi ingressi del tutto insufficienti a colmare le attuali lacune di organico;

   particolarmente critica risulta attualmente la situazione concernente il funzionamento dell'ufficio postale di Militello in Val di Catania per via della mancanza di personale;

   quotidianamente vengono a formarsi code e disagi per l'utenza che si accentuano nei giorni di pagamenti e scadenze –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di verificare quanto riportato in premessa e di richiamare Poste Italiane, in qualità di azionista, al rispetto del contratto di programma procedendo a un potenziamento del personale in servizio presso l'ufficio postale di Militello in Val di Catania e assicurando al personale migliori condizioni di lavoro e all'utenza un servizio dignitoso senza un aggravio in termini di attese e disagi.
(5-00607)


   BARZOTTI, TRIPIEDI e COSTANZO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ABB s.p.a. è una società con sede italiana a Milano, facente parte del gruppo ABB, multinazionale del settore dell'elettrotecnica operante in oltre 100 Paesi;

   a metà settembre 2018, la società italiana ha annunciato la volontà di chiudere, entro il primo trimestre del 2019, il sito produttivo della frazione Ca’ De Bolli di San Martino in Strada (Lodi), e spostare tutte le lavorazioni in quello di Dalmine (Bergamo) con contestuale trasferimento dei 76 dipendenti;

   la società ha confermato, tramite nota stampa, che «a seguito del consolidamento dei prodotti di media tensione e dei quadri di distribuzione di bassa tensione nella Business Unit Distribution Solutions, ABB riorganizzerà le attività produttive italiane in un unico sito industriale. Le attività produttive legate ai quadri di bassa tensione Mns (Modular Normal System), attualmente basate in San Martino in Strada, saranno trasferite nello stabilimento di Dalmine»;

   la scelta dell'azienda, oltre a creare enormi disagi al personale costretto a spostarsi a oltre 60 chilometri per andare a lavoro, potrebbe avere enormi ricadute negative sull'indotto nel territorio lodigiano;

   sono almeno 70 i lavoratori di piccole imprese artigiane e di servizio che lavorano direttamente e indirettamente con ABB che potrebbero subire le conseguenze della chiusura. Nello specifico, le aziende che collaborano con la sede di ABB di San Martino sono due (sino a poco tempo fa erano tre) e altre sette le piccole imprese artigiane di servizio;

   in data 20 settembre 2018, i rappresentanti di Fiom-Cgil e Fim-Cisl sono stati accolti in prefettura, in contemporanea a un presidio esterno di protesta dei lavoratori, evidenziando le enormi preoccupazioni per il futuro del sito lodigiano. Dipendenti e sindacati hanno anche deciso di organizzare diversi momenti di sciopero in azienda;

   i sindacati hanno sottolineato che negli anni il polo industriale di San Martino è riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi di fatturato e di aver proposto che il trasferimento collettivo confluisse nel più vicino stabilimento ABB di Lodi senza però aver ricevuto segnali di apertura da parte dell'azienda;

   in data 27 settembre 2018, promosso dal prefetto, si sarebbe dovuto svolgere un incontro nella sede di Assolombarda a Lodi tra i sindacati e l'azienda. L'incontro era stato richiesto nel tentativo di risolvere positivamente la difficile situazione. Al momento di entrare nella sede prevista, però, i rappresentanti di ABB hanno contestato la presenza del sindaco di San Martino in Strada, che aveva chiesto di poter essere ammesso solo come uditore ma che, da regolamento, non avrebbe potuto partecipare. Al rifiuto della multinazionale, i sindacati hanno dichiarato la loro indisponibilità a proseguire l'incontro;

   l'azienda, ad oggi, non ha ancora reso nota quale sia la destinazione d'uso dello stabilimento di San Martino né quale sia il destino dei lavoratori che non intenderanno trasferirsi nella sede di Dalmine;

   le prime lettere di trasferimento per i dipendenti da San Martino al sito di Dalmine, sarebbero previste per il 15 ottobre 2018, data dei primi presunti spostamenti;

   a giudizio degli interroganti, il trasferimento collettivo risulta essere provvedimento rilevante in termini di riorganizzazione aziendale e meriterebbe, in adempimento delle norme contrattuali collettive, una verifica preventiva con le rappresentanze aziendali –:

   se il Ministro interrogato non intenda promuovere, qualora non l'abbia già previsto, un tavolo nazionale di confronto con i proprietari della sopraindicata azienda ABB s.p.a, le rappresentanze sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) interessate, al fine di poter garantire la continuità aziendale e produttiva, il mantenimento dei livelli occupazionali nonché la tutela della dignità di tutti i lavoratori interessati dal trasferimento, proteggendo l'insieme di relazioni interpersonali che li legano allo specifico complesso produttivo.
(5-00613)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Maurizio Cattoi e altri n. 2-00124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ermellino.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Sapia e altri n. 4-01194, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli n. 4-01210, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta Pignatone n. 4-01231, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Fiano e altri n. 3-00208, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lacarra.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Carbonaro n. 1-00052, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 53 del 1° ottobre 2018.

   La Camera,

   premesso che:

    è sempre più preoccupante la recrudescenza di atteggiamenti di odio ed intolleranza che la cronaca riporta giornalmente, anche veicolata dai social network che diffondono velocemente messaggi e linguaggi che incitano al pregiudizio e alla paura verso la diversa etnia, orientamento sessuale o religioso, disabilità, appartenenza culturale, sociale o economica;

    oggetto di particolare attenzione è il fenomeno, sempre più crescente, dell'antisemitismo, che preoccupa le istituzioni, anche per i risvolti a cui il recente passato ha fatto tristemente assistere, nonché per i recenti episodi che risultano significativamente aumentati;

    contrastare i fenomeni di antisemitismo è responsabilità e dovere dell'intera società nel suo complesso, ma anche di ogni suo singolo membro, poiché vengono minacciati i pilastri fondanti dei valori su cui si basa la civiltà della nazione e della Costituzione;

    il Parlamento europeo ha votato il 1° giugno 2017 una risoluzione con la quale non solo si invitano tutti gli Stati membri, le istituzioni e le agenzie dell'Unione ad adottare e ad applicare la definizione operativa di antisemitismo utilizzata dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), ma si incoraggiano anche i medesimi Stati membri a promuovere l'insegnamento sull'Olocausto (la Shoah) nelle scuole e a garantire che gli insegnanti siano adeguatamente formati a tale compito e dispongano degli strumenti per affrontare in classe la questione della diversità. Gli Stati membri vengono, inoltre, incoraggiati a prendere in considerazione una revisione dei libri di testo per far sì che la storia ebraica e la vita ebraica contemporanea siano presentate in modo esaustivo ed equilibrato, evitando qualsiasi forma di antisemitismo;

    l'Italia ha già da tempo attivato molteplici azioni per conservare e tramandare la memoria dell'Olocausto ed infatti con la legge 20 luglio del 2000, n. 211, il Parlamento italiano ha individuato nel 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, il «Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti», specificando, all'articolo 2, che in occasione di tale giorno «sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere»;

    nel 2018 cade l'ottantesimo anniversario dell'emanazione, in Italia, delle «leggi razziali» del 1938. Con quelle leggi è iniziato, di fatto, un processo che dalla discriminazione e negazione dei diritti ha portato alla deportazione e allo sterminio;

    pertanto, lo studio della Shoah è occasione, nel contesto educativo delle istituzioni scolastiche, di riflessione comune e confronto su tematiche importanti, quali quelle del pregiudizio che spinge all'offesa gratuita e insensata. Il pregiudizio deve essere combattuto attivando proficui scambi culturali affinché si possa conoscere l'altro ed intessere così positive relazioni interpersonali che sensibilizzino alla «diversità», non come fonte di separatezza, ma come arricchimento del proprio bagaglio esperienziale, storico e culturale;

    è spesso proprio il linguaggio lo strumento utilizzato per esprimere odio ed intolleranza ed il fenomeno è così radicato da essere stato categorizzato come «incitamento all'odio» (hate speech). Il linguaggio in questo caso si estrinseca in deprecabili modalità di manifestazione del pensiero spesso diffuse e reiterate attraverso internet, che producono l'effetto di alimentare i pregiudizi, consolidare gli stereotipi e rafforzare l'ostilità nei confronti delle minoranze;

    l'Unione europea è intervenuta svariate volte sul tema, disciplinandolo nel 2016 attraverso un codice di condotta rivolto prioritariamente alle grandi multinazionali del web (Facebook, Twitter, YouTube e Microsoft); queste aziende sono riuscite a rimuovere in media il 70 per cento dei messaggi illegali di incitamento all'odio che sono stati notificati loro, ma il percorso è ancora ben lontano dall'essere concluso in quanto permangono difficoltà di armonizzazione delle legislazioni nazionali essendo diversificato il concetto stesso di «linguaggio d'odio»,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative utili, con particolare riferimento al contesto educativo, ad accrescere la conoscenza della storia dell'Olocausto tra le nuove generazioni, soprattutto attraverso lo scambio e la diffusione del racconto storico e culturale;

2) a promuovere ogni tipo di attività educativa e culturale che abbia come perno di riferimento il principio riconosciuto del contrasto ad ogni forma di diffusione – soprattutto attraverso le parole ed il linguaggio – dell'odio razziale, in linea con quanto si fa già in ambito europeo;

3) a incoraggiare e sostenere percorsi comunitari di contrasto ad ogni forma di linguaggio d'odio, con particolare riferimento all'antisemitismo.
(1-00052) (Nuova formulazione) «Carbonaro, Belotti, Gallo, Latini, Acunzo, Patelli, Azzolina, Bella, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Marzana, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani».

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fiano n. 5-00434 del 13 settembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-00604 del 2 ottobre 2018.

Ritiro di firma da un'interpellanza.

  Interpellanza urgente Fragomeli e altri n. 2-00125, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2018: è stata ritirata la firma del deputato Bruno Bossio.