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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 28 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,

   premesso che:

    il 14 agosto 2018 è crollata una campata del viadotto Polcevera sulla Autostrada A10 Genova-Ventimiglia, conosciuto come «Ponte Morandi»; il crollo ha interessato il pilone centrale del viadotto e circa 260 metri di carreggiata, danneggiando anche le aree sottostanti;

    il crollo ha coinvolto circa 40 veicoli in transito ed ha provocato il bilancio gravissimo di 43 vittime; le attività di soccorso sono state tempestive e hanno visto la grande ed encomiabile mobilitazione del sistema di Protezione civile, di vigili del fuoco, forze dell'ordine, personale del 118, volontari che si sono immediatamente attivati per prestare soccorso e salvare quante più vite umane; importante e significativa è stata anche la risposta delle strutture sanitarie coinvolte nel soccorso ai feriti;

    a causa del crollo e dei rischi derivanti dai monconi, sono stati immediatamente evacuati i palazzi all'interno della individuata «zona rossa», con circa 600 persone interessate dalle operazioni di sgombero; diverse attività economiche e produttive presenti nei pressi del ponte crollato hanno dovuto sospendere la propria attività per il pericolo di ulteriori crolli della struttura ormai compromessa;

    in data 16 agosto 2018, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è stato dichiarato lo stato d'emergenza nazionale della durata di 12 mesi; con successivi provvedimenti del Consiglio dei ministri sono state stanziate ad oggi risorse pari a 33 milioni di euro a valere sul fondo per le emergenze nazionali per far fronte alle prime esigenze di intervento legate al crollo del ponte;

    a seguito del crollo del «Ponte Morandi» la procura di Genova ha avviato un'indagine; sono attualmente in corso gli accertamenti necessari di tipo strutturale e ingegneristico, cantieristico e amministrativistico e sullo stato dell'arte dei piani di manutenzione;

    il crollo del ponte Morandi a Genova taglia di fatto la Valpolcevera lungo l'asse nord-sud. La parte sul mare, dove si trovano industrie e centri commerciali, è ora irraggiungibile da nord e restano collegati al resto della città soltanto attraverso la A7, tramite il casello di Genova Bolzaneto, ma costringendo chi la percorre ad affrontare un percorso più lungo; gravi disagi si registrano per i collegamenti autostradali tra le due riviere liguri e vi sono ripercussioni economiche negative per le industrie, per il terminale portuale, per le merci e i passeggeri, nonché per le condizioni minime della viabilità in città;

    il porto di Genova è, infatti, il principale porto di movimentazione merci d'Italia ed uno dei principali in Europa; nel mese di maggio 2018 il porto di Genova ha movimentato 4,87 milioni di tonnellate di merci, con una progressione del +5,1 per cento rispetto all'anno precedente: il solo traffico containerizzato ha fatto registrare, in questi primi mesi del nuovo anno, il nuovo record storico trainato dalla crescita dei volumi movimentati al Voltri Terminal Europa (VTE);

    i precedenti Governi hanno investito in un progetto strategico per la Liguria, prevedendo la realizzazione di importanti infrastrutture di collegamento, quali ad esempio la Gronda ed il Terzo valico, per consentire a questo territorio il superamento di elementi di criticità e di isolamento;

    l'immane tragedia che ha colpito Genova ha purtroppo reso particolarmente evidenti i ritardi infrastrutturali legati alla mancata realizzazione della Gronda, una nuova infrastruttura di 72 chilometri di nuovi tracciati autostradali che si allaccia agli svincoli che delimitano l'area cittadina (Genova Est, Genova Ovest, Bolzaneto) e si connette con la direttrice dell'A26 a Voltri, ricongiungendosi con l'A10 in località Vesima;

    il progetto della Gronda di Genova si pone l'obiettivo di alleggerire il tratto di A10 più interconnesso con la città di Genova, cioè quello dal casello di Genova Ovest (porto di Genova) sino all'abitato di Voltri, trasferendo il traffico passante sulla nuova infrastruttura; grazie al lavoro svolto negli ultimi anni, nel settembre 2017 è stato adottato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che sancisce l'approvazione del progetto definitivo e dichiara la pubblica utilità della Gronda;

    suddetta opera ha continuato a subire una forte opposizione, anche da parte di forze politiche che oggi sono al Governo del Paese, determinando di fatto un rallentamento nell'ammodernamento della rete infrastrutturale al servizio della città; lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato in diverse occasioni istituzionali e non che la Gronda rientra nelle grandi opere sulle quali effettuare una analisi costi/benefici, non escludendo l'abbandono dell'opera;

    rimane imprescindibile garantire, nel più breve tempo possibile, la ricostruzione del ponte Polcevera, concertando le modalità di intervento con le rappresentanze istituzionali locali, a partire dal Commissario per l'emergenza, e dal presidente della regione Liguria e dal sindaco della città di Genova;

    ogni giorno sono circa 180.000 le persone che necessiterebbero di muoversi da e verso il quartiere Valpolcevera per ragioni di studio e lavoro; l'impossibilità di utilizzare il ponte Morandi impatta quindi su tutte le attività commerciali, industriali e terziarie della città;

    nel 2017 il tasso di occupazione della regione Liguria è stato del 62,4 per cento, più basso di circa tre punti percentuali rispetto alla media del centro-nord; nel I semestre 2018 sono cresciute sia l'occupazione (+1,5 per cento, con particolare riferimento agli occupati dell'industria) sia la disoccupazione (+5,6 per cento, in particolare giovani donne). Il tasso di disoccupazione ligure complessivo è dell'11 per cento, di soli 0,6 punti percentuali inferiore a quello italiano, ma quello femminile sale al 13,1 per cento di 0,2 punti percentuali superiore al dato nazionale;

    appare indispensabile l'adozione di specifici ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione, per tutta la durata dell'emergenza per le attività economiche che non potranno rimanere attive, onde evitare la loro chiusura con la perdita di aziende e di posti di lavoro; nonché di sussidi specificatamente rivolti ai lavoratori autonomi che mostrano, già a partire dai primi mesi dal crollo del ponte, una perdita di reddito significativa e indipendente dalla loro volontà, a tal fine riprendendo le finalità previste dall'apposita delega legislativa contenuta nella legge 22 maggio 2017, n. 81 volte a consentire alle casse professionali di erogare specifici sussidi;

    particolare attenzione deve essere riservata a coloro il cui reddito dipendeva da attività economiche situate nella zona rossa, non più accessibile, i quali devono essere oggetto di specifiche politiche attive del lavoro, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti e di specifici contributi a fondo perduto, per quanto riguarda i lavoratori autonomi e gli imprenditori;

    è necessario supportare e rafforzare immediatamente il trasporto pubblico, onde facilitare gli spostamenti collettivi nei percorsi casa-lavoro o casa-scuola/università, disincentivando l'utilizzo del mezzo privato il quale rischia di congestionare in maniera irreparabile la viabilità, contribuendo così al rallentamento delle attività economiche;

    occorrono deroghe e contributi alle pubbliche amministrazioni per le attività di vigilanza urbana, sicurezza, soccorso, assistenza sociale e sanitaria, uffici giuridici, con assunzioni straordinarie a tempo determinato e indeterminato; l'emergenza ha messo in forte evidenza il sottodimensionamento degli organici dei servizi pubblici nel territorio genovese quali vigili del fuoco, forze dell'ordine, polizia locale e personale sanitario che sono intervenuti, fin dalle prime ore della tragedia, ma anche nei servizi sociali e nei servizi tecnici; in Liguria, l'organico dei vigili del fuoco è sottodimensionato per 100 unità, il comparto sanitario per circa 800 unità;

    particolare attenzione occorre riservare a figure quali assistenti sociali e psicologi, i quali hanno avuto e avranno, per tutta la durata dell'emergenza, un ruolo fondamentale nell'ascoltare e supportare le persone colpite dalla tragedia, in particolare parenti, conoscenti delle vittime e sfollati;

    la priorità assoluta è sostenere Genova e il suo territorio nello sforzo di reagire al grave momento di difficoltà determinato dal crollo del ponte Morandi e dall'impatto che questo ha avuto sulla città; l'attenzione del Parlamento e di tutte le istituzioni non può che essere rivolta a sollecitare e supportare in modo responsabile ogni azione a favore delle famiglie delle vittime, delle persone costrette ad abbandonare la propria casa, dei lavoratori e delle imprese danneggiate, ricostruendo nel più breve tempo possibile le condizioni di ripresa e di ritorno alla normalità; un obiettivo prioritario, che richiede unità e responsabilità da parte delle istituzioni e di tutte le forze politiche,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per il supporto alle attività economiche e produttive danneggiate in via diretta ed indiretta dal crollo del ponte Morandi, promuovendo l'adozione di misure di carattere risarcitorio, strumenti di integrazione salariale e l'attivazione di ammortizzatori sociali;

   ad assumere iniziative per assicurare la continuità d'esercizio delle imprese industriali, artigianali, commerciali e di servizio, anche mediante l'attivazione di linee di finanziamento finalizzate al rilancio delle attività produttive e l'accesso al fondo centrale di garanzia, secondo esperienze già maturate in altri eventi calamitosi;

   ad assicurare la piena tutela dei lavoratori delle aziende coinvolte dall'emergenza che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari o che li hanno esauriti, disponendo altresì che i periodi di concessione degli ammortizzatori sociali riconosciuti in conseguenza di eventi calamitosi non vengano computati ai fini della determinazione del periodo temporale massimo di utilizzo degli strumenti di sostegno del reddito dei lavoratori impiegati nelle imprese collocate nei territori interessati da tali eventi, favorendo il rafforzamento delle misure di sostegno e lo stanziamento di risorse adeguate;

   ad adottare iniziative per utilizzare ammortizzatori sociali, anche a carattere innovativo, per sostenere il reddito dei lavoratori dipendenti, di artigiani e commercianti e di tutti i lavoratori autonomi le cui attività economiche saranno parzialmente o completamente bloccate per tutta la durata dell'emergenza nazionale, e fino alla sostituzione del viadotto Polcevera;

   ad assumere iniziative per destinare contributi a fondo perduto per le attività economiche presenti nella zona rossa, per consentire altrove la loro ripresa e in ogni caso all'interno del comune di Genova;

   ad individuare una zona limitrofa a quella rossa, nel cui ambito vengano garantiti immediato sostegno economico e ammortizzatori sociali;

   anche al fine di attenuare gli effetti occupazionali derivanti dal crollo del ponte Polcevera, ad assumere iniziative volte ad istituire, per l'area portuale di Genova, una Zes (Zona economica speciale), sul modello di quelle istituite con il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, per la crescita economica nel Mezzogiorno, che preveda misure economiche e semplificazioni di carattere amministrativo e burocratico per le imprese insediate stanziando nel contempo le relative risorse economiche.
(7-00058) «Gribaudo, Moretto, Paita, Vazio, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    a distanza di anni dall'approvazione della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», che ha, tra l'altro, disposto la concessione di un beneficio previdenziale a determinate categorie di lavoratori che durante l'attività lavorativa sono state esposte all'amianto, questo è ancora molto diffuso in Italia e tanti siti contaminati attendono di essere bonificati. Secondo il rapporto di Legambiente, solo 13 regioni hanno approvato un piano regionale per la bonifica, mentre secondo l'Istituto superiore per la prevenzione (Ispesl), ogni anno si registrerebbero almeno quattromila decessi, dovuti all'esposizione professionale, ambientale e domestica alla fibra «killer»;

    successivamente alla citata legge n. 257 del 1992 l'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha esteso la rivalutazione del periodo di esposizione all'amianto ai fini pensionistici anche ai lavoratori non coperti dall'assicurazione obbligatoria gestita dall'Inail;

    nella passata legislatura vi sono stati una serie di interventi in relazione ai benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto al fine di estendere la platea dei soggetti beneficiari e di riconoscere maggiori facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata. Nello specifico l'articolo 1, commi 115 e 117, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha esteso la platea dei lavoratori esposti all'amianto. Sono state riconosciute le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo per le vittime dell'amianto ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare ai lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto, ovvero per comprovata esposizione ambientale. In seguito, l'articolo 1, commi da 274 a 279, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha, tra l'altro, esteso la platea a cui si applicano le disposizioni richiamate, comprendendovi anche i lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell'Inps e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016. Inoltre, il beneficio previdenziale di cui dall'articolo 13, comma 8, della citata legge n. 257 del 1992 è stato esteso ai lavoratori del settore della produzione di materia rotabile ferroviario che hanno svolto operazioni di bonifica dall'amianto senza essere dotati degli adeguati equipaggiamenti di protezione. Infine, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il fondo per le vittime dell'amianto, in favore degli eredi dei soggetti deceduti in seguito a patologie asbesto correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali attuate per realizzare la cessazione dell'impiego dell'amianto, che concorre al pagamento di quanto spettante ai superstiti a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non. Successivamente, l'articolo 1, comma 250, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha attribuito, a decorrere dal 2017, entro limiti finanziari (20 milioni di euro per il 2017 e 30 milioni annui a decorrere dal 2018), il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da determinate malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto anche per i casi in cui manchi il presupposto dell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Infine, l'articolo 13-ter del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 (cosiddetto decreto per il Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha previsto benefìci pensionistici o sussidi di accompagnamento alla quiescenza per lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata, provvedendo alla copertura finanziaria dei relativi oneri finanziari;

    sempre nella precedente legislatura, è stata istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; nel corso della sua attività la Commissione ha approfondito anche il delicato tema dell'amianto in Italia, ponendo ad esempio l'attenzione al caso dello stabilimento Isochimica di Avellino. Occorre poi ricordare il caso di Casale Monferrato i cui abitanti, dopo aver visto morire i lavoratori dell'amianto per asbestosi, corrono il rischio di aver contratto in massa il mesotelioma (il tumore ai polmoni che si rivela anche dopo 30 anni), inalando i filamenti cristallini per contatto indiretto. Infine, vi è il tema del controllo diretto o indiretto da parte della criminalità organizzata del sistema dello smaltimento irregolare dei rifiuti contenenti anche amianto, già nel passato monitorato dalle autorità competenti,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per tutelare i lavoratori che, considerando lo specifico luogo in cui operano, risultano maggiormente esposti all'amianto, con rischi e danni gravi alla salute, nonché al fine di verificare l'efficacia della normativa vigente in materia, con specifico riguardo ai benefìci previdenziali in favore di suddetti lavoratori.
(7-00057) «Epifani».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    le malattie non trasmissibili come cancro, diabete, disturbi cardiovascolari, respiratori o mentali, sono diventate la principale causa di morte nel mondo e in particolare nei Paesi industrializzati, coprendo addirittura il 70 per cento dei decessi secondo gli ultimi dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

    le malattie non trasmissibili costituiscono anche una voce di spesa in crescita esponenziale per i sistemi sanitari nazionali, anche in relazione all'allungamento medio della vita. In prospettiva, senza un'inversione del trend attualmente in corso, la cura delle malattie non trasmissibili potrebbe avere serie conseguenze per l'intero apparato sanitario e previdenziale di tutto il mondo sviluppato, incluso il nostro Paese;

    gli studi scientifici concordano sul fatto che l'obesità sia uno dei principali fattori di rischio per tali malattie;

    secondo l'Oms, il tasso di obesità nel mondo è triplicato dal 1975. Nel 2016 più di 1,9 miliardi di adulti erano sovrappeso (con un indice di massa corporea superiore a 25), di cui 650 milioni obesi (con un indice di massa corporea superiore a 30). In sostanza, il 39 per cento della popolazione mondiale è sovrappeso e il 13 per cento è obeso;

    come nel resto dell'Occidente, anche in Italia le statistiche sono preoccupanti: il 35,5 per cento degli adulti è sovrappeso e il 10,4 per cento è obeso (dati Istat 2016);

    ancora più preoccupante è il trend relativo all'obesità infantile: secondo uno studio condotto dall'Imperial College di Londra e dall'Oms, i cui risultati sono stati pubblicati su The Lancet nell'ottobre 2017, negli ultimi 40 anni, nel mondo, il numero di bambini e adolescenti e obesi tra i 5 e i 19 anni è aumentato di circa dieci volte, e in Italia la percentuale di bambini e adolescenti obesi è aumentata di quasi tre volte nel 2016 rispetto al 1975;

    i dati Istat del 2016 mostrano che il 24,7 per cento della popolazione italiana tra i 6 e i 17 anni è sovrappeso od obeso, pari a 1,7 milioni di bambini e adolescenti;

    le cause dell'obesità sono di molteplice natura. A incidere sono soprattutto fattori legati al metabolismo, alla genetica, alle condizioni socio-economiche, allo stile di vita, allo stress;

    in particolare, numerosi studi evidenziano una correlazione diretta tra sviluppo dell'obesità e condizioni economiche disagiate;

    in nove dei ventotto Paesi dell'Unione europea, la percentuale di bambini di 11 anni in forte sovrappeso od obesa è superiore al 30 per cento;

    l'obesità infantile, e quella in età pediatrica in particolare, non dovrebbero mai essere sottovalutate dai genitori (i dati dicono che circa il 40 per cento delle madri di bambini in sovrappeso o obesi ritiene che il peso del proprio figlio sia nella norma), in quanto rappresentano un importante fattore di rischio di malattie croniche e, se presente in età pediatrica, l'obesità si associa ad una più precoce insorgenza di patologie tipiche dell'età adulta come ipertensione, cardiopatie e diabete di tipo 2. A breve termine, l'obesità può avere ripercussioni sul sistema respiratorio, gastrointestinale, muscolo-scheletrico, cardiovascolare ed endocrino-metabolico dei bambini;

    l'educazione delle nuove generazioni a un regime alimentare sano e a uno stile di vita corretto è, di conseguenza, fondamentale per prevenire una ulteriore diffusione dell'obesità e delle malattie non trasmissibili ad essa collegate;

    l'educazione e la prevenzione sono quindi aspetti fondamentali per contrastare la diffusione del fenomeno. Resta molto da fare, soprattutto nella promozione della consapevolezza sui corretti stili di vita;

    complessivamente, comunque, negli ultimi anni il dato italiano è in lieve miglioramento, anche se il quadro rimane negativo e la prevalenza di sovrappeso e di obesità tra i bambini di 6-9 anni del nostro Paese resta tra le più alte in Europa;

    se da un lato, quindi, la suddetta diminuzione indica una tendenza positiva, dall'altro va considerato il fatto che la diminuzione ha riguardato principalmente le famiglie a reddito più elevato e non quelle con maggiori difficoltà economica;

    un importante aspetto che non può essere sottovalutato, è infatti quello che lega l'alimentazione al disagio economico e sociale. Nel corso della legislatura precedente, nel dicembre 2014, la commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, approvava il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile, dove veniva evidenziata la diffusione di due fattori di rischio molto significativi per la salute dei minori: l'obesità e il sovrappeso, e come questi fattori di rischio risultassero strettamente correlati al concetto di povertà come assenza o carenza di opportunità. Ciò comporta che il divario sociale si traduce, tra l'altro, in un divario di salute;

    il medesimo documento conclusivo sottolineava come le regioni del Sud hanno una quota più alta di cittadini e bambini obesi o in sovrappeso, quindi a rischio di ammalarsi di diabete, e che «nelle regioni del Sud tende ad affermarsi un modello nutrizionale sempre più simile a quello esistente nei Paesi del Sud del mondo, in cui si abbandona la tradizione alimentare nazionale a favore di un consumo eccessivo del cosiddetto junk food, il cibo ipercalorico a scarso valore nutrizionale, che però vanta un costo basso»;

    si assiste, invece, soprattutto da parte dei più giovani, ad un eccessivo consumo di snack e di cibo consumato nei fast food, che si caratterizzano per un eccessivo contenuto calorico; vi è necessità di agire efficacemente su più fronti, partendo dall'educazione alimentare e dalla corretta informazione sulle conseguenze di comportamenti alimentari scorretti; è necessario, quindi, un approccio finalizzato all'adozione di comportamenti alimentari corretti e, sotto questo aspetto, le buone abitudini, familiari in primis, devono contribuire al formarsi di un'adeguata coscienza alimentare. Un ruolo decisivo deve essere svolto anche dalla scuola. Nell'ambito del suo ruolo istituzionale, la scuola deve assumere anche il compito di sensibilizzare verso le tematiche della sana alimentazione, della salute, della riduzione degli sprechi, della valorizzazione del cibo di qualità e delle tradizioni culinarie del nostro Paese;

    la necessità di intervenire in maniera più efficace, per migliorare il quadro di salute soprattutto delle nuove generazioni, attraverso una serie di linee guida in materia di educazione alimentare nelle scuole, risulta a tal fine non più rinviabile, se si valuta il preoccupante aumento della diffusione di sovrappeso e obesità e le future implicazioni socio-sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati;

    è quindi necessario un approccio che consenta la formazione di un'adeguata coscienza alimentare, per la quale la scuola dovrebbe svolgere un ruolo prioritario;

    a questo proposito esiste già un accordo sottoscritto nel 2003 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con l'associazione dei produttori Federalimentare, che impegna le parti ad attivare percorsi formativi per la diffusione di una corretta educazione alimentare, in grado di indirizzare i giovani verso comportamenti consapevoli ed equilibrati;

    l'ulteriore sviluppo di intese tra il mondo dell'istruzione e le associazioni dei produttori può favorire questo processo virtuoso, attraverso l'accesso dei giovani a prodotti di qualità e il potenziamento dell'attività fisica nelle scuole;

    la Carta di Milano, firmata il 28 ottobre 2015 in occasione dell'Expo di Milano tra i Ministeri della salute italiano e di un gran numero di altri Paesi, fornisce un manifesto concreto e attuabile, mirato a combattere la malnutrizione e gli sprechi, promuovendo nel contempo un equo accesso alle risorse naturali e una gestione sostenibile dei processi produttivi;

   la dieta mediterranea, che costituisce il riferimento più tipico nell'alimentazione delle famiglie italiane, nel 2010 è stata proclamata patrimonio immateriale dell'umanità dall'Unesco, che ne ha auspicato la protezione e la promozione nel mondo sia per le sue proprietà salutistiche evidenziate dalla ricerca scientifica, sia per il suo valore di millenario riferimento culturale per tutti i popoli della regione mediterranea,

impegna il Governo:

   a promuovere campagne di rilevazione e di prevenzione del rischio di obesità infantile, mediante l'avvio di procedure di screening, rivolte prioritariamente ai bambini dai 0 ai 3 anni, nonché indagini volte a verificare le abitudini alimentari delle donne in stato di gravidanza e dei bambini in età prescolare, al fine di favorire un consumo alimentare sano e consapevole;

   a predisporre apposite linee guida in materia di alimentazione di qualità e per favorire una corretta educazione alimentare in particolare nelle scuole;

   ad avviare efficaci campagne di educazione alimentare e di sensibilizzazione sull'importanza dei comportamenti alimentari corretti;

   a favorire, di concerto con gli enti locali, lo sviluppo di progetti che rispondano ai principi della «Urban health», nonché a favorire la predisposizione di spazi pubblici in cui promuovere l'attività fisica;

   ad implementare l'utilizzo di prodotti agroalimentari facenti parte della dieta mediterranea, in quanto alimenti di qualità e riconosciuti tali anche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, nonché quale componente importante di identità culturale e sviluppo economico sostenibile;

   ad avviare efficaci iniziative per la lotta alla deprivazione alimentare, e per una alimentazione sana ed equilibrata, anche al fine di garantire l'accesso ad un'alimentazione sana e di qualità, d'intesa con gli enti locali, con particolare riferimento ai bambini e le famiglie in condizioni di povertà accertata;

   a prendere le opportune iniziative volte a migliorare l'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari affinché siano riportate scritte che evidenzino il rischio di obesità legato al consumo di alcune sostanze anche al fine di facilitare l'interpretazione delle etichette;

   ad assumere iniziative per incentivare il consumo di prodotti derivanti da attività agricole e agroalimentari di buon livello a partire da quelle di qualità certificata e biologiche e degli alimenti provenienti da filiera corta, le cui caratteristiche di qualità nutrizionale, di sicurezza, di eticità e di ecocompatibilità, possono determinare effetti positivi e virtuosi, all'interno del quadro di salute delle giovani generazioni;

   ad avviare le opportune iniziative volte a favorire la diffusione di un corretto modello agroalimentare, attraverso la presenza dei prodotti del made in Italy, il cui valore qualitativo e nutrizionale universalmente riconosciuto, è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare soprattutto dei giovani in età scolare e ridurre le patologie legate al sovrappeso e all'obesità;

   a contrastare ogni approccio al problema delle malattie non trasmissibili che non si basi su solide evidenze scientifiche, in particolare se tale approccio implica ricadute economiche pesanti per l'economia;

   ad assumere iniziative, coinvolgendo tutti gli stakeholder pubblici e privati competenti in materia, per l'elaborazione di programmi e protocolli comuni atti a favorire la diffusione dell'educazione e della consapevolezza alimentare, evidenziando gli effetti positivi per la salute di uno stile di vita sano, basato su una dieta equilibrata e un adeguato esercizio fisico.
(7-00056) «Novelli, Pedrazzini, Elvira Savino, Bagnasco, Bond, Brambilla, Minardo, Mugnai, Versace, Mandelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DE GIORGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'aggiornamento dello studio epidemiologico denominato «Sentieri», pubblicato dall'istituto superiore di sanità nel mese di giugno 2018, ha ribadito la gravissima situazione sanitaria che si registra nell'area di Taranto, città ad alta densità industriale comprovata dalla presenza dello stabilimento siderurgico Ilva e della Raffineria Eni a ridosso del centro abitato;

   i dati del rapporto in questione hanno posto in risalto che lo stato di salute della popolazione risulta più compromesso rispetto alla media regionale e che è plausibile stabilire un collegamento di questo andamento sanitario all'inquinamento, sebbene non vi siano evidenze scientifiche;

   per Taranto lo studio di cui si tratta ha confermato le criticità del profilo sanitario della popolazione emerse in precedenti, analoghe indagini e ha rilevato con riguardo alla fascia d'età pediatrica l'incremento di tumori di ogni tipo, l'allarmante eccesso di mortalità per tutte le cause e l'ospedalizzazione a seguito di malattie respiratorie acute;

   i dati dello studio epidemiologico in questione rappresentano una delle numerose fonti di prova nel procedimento penale che, denominato «Ambiente svenduto» ed attualmente in fase di celebrazione dinanzi alla corte d'assise di Taranto, annovera fra gli imputati gli ex vertici e dirigenti dello stabilimento Ilva per rispondere, a vario titolo e a seconda delle singole posizioni, di svariate accuse fra cui quella di «disastro ambientale»;

   lo stabilimento Ilva, il più grande d'Europa per ciò che concerne la produzione di acciaio, non è solo al centro di un caso giudiziario, ma rappresenta anche il fulcro di una vertenza sicuramente fra le più complesse della recente storia industriale italiana che vede contrapposti gli irrinunciabili diritti alla salute ed al lavoro;

   il Ministro Di Maio ha assunto l'iniziativa di far valutare dall'Anac il contratto di vendita dello stabilimento Ilva che un anno fa il precedente Governo ha concluso con il gruppo «ArcelorMittal»;

   la procedura finalizzata all'accertamento della regolarità della gara è successivamente sfociata nel pronunciamento dell'avvocatura generale dello Stato che, pur rilevando profili di illegittimità nel procedimento che ha portato all'accoglimento delle proposte di acquisto formalizzate dal gruppo industriale «ArcelorMittal», ha però evidenziato come l'eventuale annullamento della gara in questione imponga la sussistenza di un interesse pubblico concreto allo stesso;

   alla luce della cessione del complesso industriale Ilva al gruppo «ArcelorMittal», sembra opportuno rivalutare l'eventualità di abrogare la possibilità concessa agli attuali commissari straordinari dell'Ilva e ai futuri acquirenti dello stesso stabilimento di beneficiare dell'immunità penale e amministrativa per le infrazioni delle leggi in materia ambientale e della salute. Una sorta di «salvacondotto» reso operativo dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015 modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2016;

   l'abrogazione della norma in questione è, ad avviso dell'interrogante l'unico atto capace di ripristinare quei principi di legalità in cui, fortunatamente, si è ancora in tanti a credere –:

   quale sia l'orientamento il Governo in relazione all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015 modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2016, norma che se, da un lato, estensivamente autorizza l'attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive, dall'altro a giudizio dell'interrogante calpesta l'assunto secondo cui «la legge è uguale per tutti».
(3-00204)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2016, emanato in forza dell'articolo 60 del cosiddetto collegato ambientale (legge 28 dicembre 2015, n. 221) e successivamente attuato con provvedimenti dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ha previsto l'istituzione del bonus sociale idrico o bonus per la fornitura di acqua, con la finalità di ridurre la spesa per il servizio di acquedotto di una famiglia in condizione di disagio economico e sociale;

   tale misura, che consente di non pagare un quantitativo minimo di acqua a persona per anno, quantitativo fissato in 50 litri giorno a persona (18,25 metri cubi di acqua all'anno), corrispondenti al soddisfacimento dei bisogni essenziali, avrebbe dovuto essere erogato a partire dal 1° luglio 2018;

   gli aventi diritto sono utenti diretti e indiretti del servizio di acquedotto in condizioni di disagio economico sociale, cioè sono parte di nuclei familiari con indicatore Isee non superiore a 8.107,5 euro ovvero con indicatore Isee non superiore a 20.000 euro se con almeno 4 figli a carico;

   il 25 settembre 2018 l'associazione Federconsumatori, tramite comunicato stampa, ha posto all'attenzione il tema di come, a distanza di quasi tre mesi dalla data indicata, sia di fatto negato agli utenti aventi diritto, l'accesso alla misura riportata, a causa di lungaggini burocratiche e della complessità del meccanismo di erogazione previsto;

   sia i comuni che i centri di assistenza fiscale risulterebbero, ad oggi, non adeguatamente attrezzati per recepire le domande e inoltre, la piattaforma – Sgate – che dovrebbe consentire ai gestori di lavorare le richieste, sembrerebbe non essere pienamente operativa;

   si tratta di un ritardo inaccettabile, che si somma altresì all'incomprensibile rinvio dell'introduzione dell'erogazione automatica per i bonus gas ed energia;

   sarebbe invece opportuno prevedere, per tutti i settori, l'erogazione automatica del bonus direttamente in bolletta tramite la cooperazione tra i soggetti deputati alla gestione delle informazioni utili allo scopo – ovvero l'Inps, perché in possesso dei dati utili a identificare i potenziali beneficiari – e il sistema informativo integrato gestito da Acquirente unico, che già dialoga con tutti i fornitori di energia elettrica e gas e che potrebbe interagire anche con i gestori del settore idrico;

   i ritardi e le inefficienze segnalate si sommerebbero, inoltre, alla mancata erogazione, da cinque mesi a questa parte, del Rei situazione che starebbe penalizzando i cittadini che si trovano in una grave situazione di disagio economico, quando invece l'interrogante ritiene che sia fondamentale agire con senso di responsabilità, garantendo quantomeno i diritti acquisiti e le agevolazioni riservate alle famiglie meno abbienti;

   la tutela di tutti i cittadini e in particolare delle fasce più deboli della popolazione è un fattore essenziale per la coesione e il futuro del nostro Paese ed è quindi necessario utilizzare tutti gli strumenti in essere che siano indirizzati a migliorare le condizioni di vita delle fasce più fragili della popolazione, ed è urgente farlo adesso –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per dare piena applicazione a una misura che può incidere positivamente in una fase come quella attuale, in cui la povertà energetica è divenuta un fenomeno sempre più diffuso e allarmante.
(5-00561)


   PELLICANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   è di questi giorni la notizia della sentenza di annullamento per quanto concerne le multe per eccesso di velocità nella laguna di Venezia;

   ancora una volta emerge una drammatica frammentazione amministrativa che rischia di travolgere la città di Venezia in attesa di un riordino complessivo delle competenze;

   da anni viene annunciata la necessitò di riunificare in un unico soggetto le competenze sulle acque lagunari, ma si continua a rinviare in particolare per quanto riguarda la disciplina della navigazione, della manutenzione delle briccole e la gestione degli approdi;

   in assenza di una decisione in materia diventerà impossibile la gestione del traffico lagunare e la riduzione del moto ondoso con rischi per la incolumità delle persone;

   limitatamente a questi aspetti, sarebbe sufficiente procedere nella attuazione di quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 18 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 dell'11 agosto 2014 che trasferisce tali competenze dall’ex magistrato alle acque alla città metropolitana;

   il termine del 31 marzo 2015 previsto dalla citata norma per il trasferimento delle richiamate competenze è stato abbondantemente superato, ma ad oggi non risulta essere stato adottato alcun decreto del Presidente del Consiglio dei ministri determinando una gravissima situazione di impasse amministrativo in una realtà complessa e difficile come quella della città metropolitana di Venezia;

   il provvedimento risultava di imminente adozione ed era stato oggetto anche del patto per lo sviluppo per la città siglato nel novembre 2016;

   il provvedimento si rende ancora più urgente considerate le evidenti difficoltà che sta attraversando la città di Venezia e l'area metropolitana nello svolgimento delle proprie funzioni –:

   se e in che tempi il Governo intenda procedere alla adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3 dell'articolo 18 della legge n. 114 del 2014 al fine di consentire l'effettivo trasferimento delle funzioni in capo all’ex magistrato delle acque alla città metropolitana di Venezia, iniziando proprio dalle competenze sulle acque lagunari per la disciplina della navigazione, la manutenzione delle briccole e la gestione degli approdi, al fine di evitare situazioni di paralisi amministrativa a discapito della città.
(5-00566)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UNGARO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni del Commissario europeo alla «Brexit» Michel Barnier e dalle posizioni del Governo britannico, caratterizzate peraltro anche dall'acuirsi delle frizioni politiche interne, vi è la possibilità che i negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea si concludano senza un preciso accordo tra le due parti, ovvero con il cosiddetto «no deal»;

   tale evenienza è estremamente preoccupante, perché il citato accordo prevedeva la tutela integrale dei diritti acquisiti dei cittadini italiani ed europei residenti nel Regno Unito, mentre con il «no deal» non vi sarebbero più differenze tra cittadini comunitari ed extracomunitari agli occhi delle autorità britanniche: si tratta di uno scenario preoccupante che prelude a probabili difficoltà per i cittadini italiani ed europei che non saranno in grado di ottenere il «settled status»;

   il recente scandalo «Windrush» costituisce un esempio tangibile di cosa potrebbe accadere ai nostri connazionali; migliaia di immigrati – appartenenti alla cosiddetta «generazione Windrush» – arrivati dai Caraibi negli anni Cinquanta e Sessanta in seguito ad una politica di accoglienza operata dopo la seconda guerra mondiale dal Governo britannico nei confronti dei cittadini delle ex-colonie, si sono visti negare il lavoro, le cure mediche e altri servizi fondamentali, oltre ad essere minacciati di deportazione, poiché sprovvisti di adeguata documentazione fino ad allora mai richiesta; si teme che lo stesso trattamento possa essere riservato agli italiani residenti in Regno Unito in seguito ad un'eventuale no-deal «Brexit», connazionali che vivono nel Regno Unito da decenni che però non sono nella posizione di poter documentare gli anni di presenza in Gran Bretagna;

   il sindaco di Londra Sadiq Khan si sta battendo per un nuovo referendum sulla «Brexit» per scongiurare quanto anzidetto e anche il partito dei Labour britannici, alla Conferenza annuale della maggiore forza di opposizione britannica a Liverpool, ha aperto le porte a una possibile seconda consultazione;

   sin dal risultato referendario per la «Brexit», i Governi in carica nella XVII legislatura hanno sempre dimostrato grande attenzione ai negoziati e ai rapporti diplomatici italo-britannici, a tutela dell'unità europea e dell'interesse nazionale dell'Italia che conta circa 600.000 cittadini italiani residenti nel Regno Unito; il 22 settembre 2017, su impulso del Presidente del Consiglio pro tempore Paolo Gentiloni, si è tenuto a Firenze un vertice Italia-Regno Unito che ha condotto la premier Theresa May a spendere parole di ottimismo sulla conclusione dell'accordo con l'Unione europea e a riferirsi agli italiani residenti nel Regno Unito con toni estremamente rassicuranti;

   con riferimento agli obiettivi perseguiti dall'attuale Governo per tutelare i cittadini italiani residenti nel Regno Unito, desta agli interroganti qualche preoccupazione che esso sia sostenuto da forze politiche, Lega e Movimento 5 Stelle, del tutto riconducibili ai gruppi parlamentari più euroscettici nel Parlamento europeo, uno dei quali presieduto proprio dal principale promotore della «Brexit» Nigel Farage –:

   se e come il Governo intenda adoperarsi per difendere le priorità dell'Italia e dell'Unione europea nelle negoziazioni sulla «Brexit», per assicurare, in particolare, la certezza legale e le garanzie necessarie a tutti i cittadini italiani residenti nel Regno Unito, affinché possano continuare a esercitare i diritti derivanti dalle normative dell'Unione europea sulla libera circolazione.
(5-00568)

Interrogazione a risposta scritta:


   BILLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Europa, la crisi economica ha aumentato significativamente il numero delle persone in stato di povertà che hanno bisogno di sussidi;

   in alcuni Stati federali tedeschi è stato comunicato ai connazionali italiani residenti da meno di cinque anni nei loro territori che, in quanto disoccupati e non iscritti nelle liste di collocamento, sarà loro vietato l'accesso a sussidi sociali e ad una copertura sanitaria che vada oltre le emergenze, e sono stati inoltre invitati a rimpatriare –:

   se il Governo sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e se intenda assumere iniziative volte ad applicare il principio di reciprocità per i cittadini tedeschi che sul suolo italiano si trovano nella stessa condizione.
(4-01234)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   DE GIORGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 18 luglio 2018 emissioni odorigene provenienti dalla Raffineria Eni di Taranto hanno reso l'aria irrespirabile in numerosi quartieri cittadini, provocando problemi respiratori soprattutto a soggetti sensibili;

   in quella circostanza, i fenomeni in questione furono definiti dai vertici della stessa azienda come «episodici», aggiungendo che la causa era da ricercarsi in non meglio specificati inconvenienti tecnici e che avrebbero provveduto a fare in modo che una simile situazione non si sarebbe più verificata;

   il 21 agosto 2018, quindi, a poco più di mese dall'evento appena descritto, in gran parte del centro abitato di Taranto, si è registrata nuovamente una fortissima puzza di gas capace di creare diffusi disagi alla cittadinanza;

   a seguito di questo ennesimo inconveniente, poche ore dopo l'azienda Eni ha provveduto a minimizzare l'accaduto (nonostante si sia parlato anche di uno sversamento di idrocarburi in mare), evidenziando che quanto successo era da addebitarsi ad un blocco degli impianti della Raffineria (con relativo avvio del sistema di sicurezza) provocato dai fulmini e dai violenti temporali che, in quella giornata, si erano abbattuti sull'intera provincia di Taranto;

   trascorse altre 24 ore, alla luce di analisi dell'aria che hanno comunque rilevato un incremento dei principali parametri (ma sempre, a detta dell'azienda, al di sotto dei limiti di legge), l'Eni ha ritenuto di inviare agli organi di stampa un'ulteriore comunicazione con cui ha inteso smentire che quanto verificatosi il giorno 21 agosto 2018 fosse da addebitare all'attività degli impianti, così come ha voluto escludere che dagli stessi vi sia stata una perdita di prodotto con conseguente sversamento in mare. Ma non basta. L'azienda ha pure sostenuto che tale sversamento si è registrato a causa della gran quantità di pioggia caduta, che ha contribuito a far «defluire direttamente nello scarico a mare gli parte delle acque di dilavamento delle strade asfaltate»;

   l'interrogante ha accolto con incredulità e sconcerto le giustificazioni addotte dall'azienda Eni –:

   se il Governo intenda rendere noto se ritiene di assumere iniziative di competenza per procedere ad una serie di verifiche, in particolare per accertare: cosa sia realmente accaduto il 21 agosto 2018, se vi siano state responsabilità da parte dell'Eni per quanto registratosi, quale sia il livello di sicurezza degli impianti della Raffineria Eni di Taranto; se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per chiarire il grado di pericolosità dei fenomeni odorigeni avvertiti dalla cittadinanza, se intenda adottare iniziative di competenza finalizzate ad evitare che in futuro episodi simili di possano ripetere.
(3-00205)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENNI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, istituito nel 1986, ha sempre sofferto di una grave carenza di personale. L'attuale dotazione organica (come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 142 del 2014 che ammonta a 558 unità tra impiegati, funzionari e dirigenti) risulta inferiore di un terzo rispetto all'organico del Dicastero di anni precedenti, nel 2009 ad esempio erano presente nel Ministero 826 unità;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per far fronte al crescente aumento delle proprie competenze, ha da sempre ricorso a personale laureato non di ruolo dotato di elevata specializzazione tecnico-scientifica;

   la Sogesid spa è stata costituita con decreto 27 gennaio 1994, con capitale sociale interamente detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   ai sensi dell'articolo 1, comma 503, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la Sogesid è stata resa strumentale alle esigenze e finalità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e lo stesso Ministero esercita sulla Sogesid un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

   la sezione amministrazione trasparente del portale della società presenta dati aggiornati al 31 dicembre 2017, riferiti al personale dipendente, per un totale di 530 unità, di cui 464 a tempo indeterminato e 66 a tempo determinato;

   il 70 per cento del valore di produzione della Sogesid è attualmente dipendente dalle commesse del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dove sono impiegati 372 dei 530 dipendenti totali;

   riconoscendo che l'utilizzo di personale non di ruolo rappresenta un mezzo improprio per sopperire alle carenze della pianta organica, ma privo fino a questo momento di reali alternative, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa aveva lasciato intendere, come riportato dalla stampa nazionale, al momento del suo insediamento, che uno de suoi obiettivi prioritari sarebbe stata proprio la stabilizzazione dei dipendenti della Sogesid dentro le strutture del Ministero, prospettando finanche la valorizzazione del personale oggi operante presso Sogesid con contratti di consulenza;

   successivamente, lo stesso Ministro ha però annunciato, in una audizione in Parlamento, una probabile forte riduzione delle attività che Sogesid da anni presta per il Dicastero. Tali affermazioni sono state successivamente seguite dalla pubblicazione del decreto ministeriale n. 266 dell'8 agosto 2018 (atto d'indirizzo per il triennio 2019-2021); nell'atto di indirizzo, il Ministro interrogato ha annunciato che l'attuale pianta organica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sarà estesa a circa 1000 unità (rispetto all'attuale dotazione organica di 558 unità) e che si realizzerà un concorso pubblico; nel decreto però non è prevista alcuna internalizzazione o selezione dedicata al personale storico, in gran parte molto qualificato, impiegato dalla Sogesid, e anzi è stato delineato un quadro di ulteriore ridimensionamento del campo di attività complessivo della società, che dovrà occuparsi pressoché esclusivamente di bonifiche e dissesto idrogeologico;

   «I lavoratori Sogesid – ha dichiarato Vannia Gava, sottosegretario di Stato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – hanno un'elevata professionalità e un'esperienza che vanno valorizzate e non demoralizzate con annunci poco chiari sul loro futuro. Chiedo al ministro di valutare con grande attenzione i prossimi passaggi e di ragionare con tutti i soggetti preposti sul futuro di questa azienda e del ministero stesso, per gestire emergenze antiche come il dissesto idrogeologico e nuove come la terra dei fuochi»;

   a causa di questi intendimenti, che mettono a rischio oltre 500 posti di lavoro, i sindacati territoriali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale e, secondo gli interroganti, il Ministero dello sviluppo economico potrebbe quindi dover affrontare una nuova preoccupante vertenza, tanto più che le associazioni sindacali non hanno, ad oggi, avuto alcuna risposta dai vertici aziendali di Sogesid e dagli uffici ministeriali circa la continuità dei livelli occupazionali e la valorizzazione delle competenze e delle attività istituzionali svolte dai lavoratori presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   se il Ministro interrogato abbia cambiato la sua posizione rispetto alla stabilizzazione del personale Sogesid occupato presso il suo Dicastero e, in caso affermativo, per quali ragioni, quali iniziative urgenti intenda assumere per mantenere e tutelare gli attuali livelli occupazionali e salvaguardare le professionalità presenti nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(5-00572)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 16 settembre 2018, Legambiente Emilia Romagna, con un comunicato stampa, ha lanciato l'allarme circa la realizzazione di un insediamento industriale pesante che minaccia il cuore del Parco regionale del Delta Emilia-Romagna. Un insediamento per la realizzazione di materiali inerti che il sindaco ed il consiglio comunale di maggioranza del comune di Comacchio intendono approvare, grazie alla cancellazione di norme di tutela del Parco regionale approvate solo sei anni fa;

   l'area interessata – sede della ex Cercom fabbrica di piastrelle – si trova lungo la strada che collega il centro storico di Comacchio alle stazioni turistiche dei Lidi. Dopo il fallimento dei proprietari, la Coop costruttori di Argenta, è stata abbandonata e lasciata a lungo nel degrado. Oggi, la nuova proprietà, la società Sacmi di Imola, intende ristrutturare e realizzare un «fabbrica di polveri» funzionali all'industria ceramica, per poi, eventualmente, cederla alla multinazionale spagnola Arcilla Blanca. La fabbrica riceverebbe la materia prima dal porto di Ravenna, aumentando il traffico sulla già satura strada statale Romea, con la previsione di 170 automezzi al giorno;

   secondo l'associazione ambientalista sono numerose le incongruenze urbanistiche e territoriali della scelta. Nello stesso comune di Comacchio, inoltre, esistono aree industriali apposite per ospitare insediamenti produttivi (l'area Sipro);

   tra queste si ricorda che l'area si trova nel centro del Parco regionale del Delta del Po Emilia Romagna in un'area oggi a vocazione turistica e a due passi da un sito protetto di interesse comunitario. Lo stesso piano del parco attualmente in vigore prevede la delocalizzazione delle attività produttive residue;

   il Parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna copre aree considerate tra le più produttive e ricche in biodiversità. Il parco possiede la più vasta estensione di zone umide protette d'Italia, aree d'eccezionale valore ecologico, ed è ricco di ambienti naturali che ospitano centinaia di specie floristiche e faunistiche. Elementi di rilievo del paesaggio del Delta sono le Valli e le Zone umide. Inoltre, insiste nell'area, una delle ultime zone umide di acqua dolce: le Valli di Argenta e Marmorta, scampate alle bonifiche grazie alla fondamentale funzione idraulica come «casse di espansione»;

   è bene ricordare che l'area prescelta per la realizzazione di questa infrastruttura industriale non è servita da viabilità idonea, né da rete ferroviaria. Al contrario, i materiali inerti arriverebbero dal porto di Ravenna, vicino al quale esiste un'area industriale che potrebbe tranquillamente ospitare tale insediamento, riducendo quasi a zero il trasporto su gomma;

   su questa area, oggi sede di un vecchio insediamento, il nuovo impianto raddoppierebbe i volumi e sarebbero realizzati edifici alti fino a 34 metri ed 8 camini, visibili dunque da grande distanza, tant'è che, ad oggi, la commissione paesaggio regionale ha dato pareri negativi;

   anche sulla procedura ci sono dei dubbi: secondo l'interpretazione dell'Ente parco l'intervento sarebbe stato presentato come un intervento su un'attività esistente, mentre la produzione è ormai assente dal 2009. Incongruenza evidenziata in modo ufficiale anche dagli uffici regionali con lettere a firma del responsabile delle aree protette e del responsabile del servizio giuridico del territorio;

   è del tutto evidente, secondo Legambiente Emilia-Romagna, che questo intervento, promosso da sindaco e da privati, è completamente incongruente perché ci sono aree industriali preposte e i posti di lavoro connessi potrebbero essere tranquillamente salvaguardati, realizzando la fabbrica in un'area più idonea –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione al progetto di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per tutelare aree di notevole pregio ambientale e paesaggistico in un territorio, quello delle Valli di Comacchio, che costituisce sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale.
(5-00574)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di informazione che dieci agenti della polizia penitenziaria sarebbero rimasti contusi per ristabilire l'ordine all'interno della casa circondariale di Busto Arsizio a seguito di una violenta protesta posta in essere da alcuni detenuti;

   secondo la ricostruzione degli eventi riportata dalle agenzie di stampa, quando gli agenti sono intervenuti per bloccare una violenta lite tra due detenuti, circa una quindicina di altri detenuti avrebbe lanciato dalle celle, e all'indirizzo degli agenti, diverse bombolette di gas adibite al riscaldamento delle vivande;

   gli agenti colpiti hanno dovuto fare ricorso alle cure sanitarie, per avere accusato contusioni e sintomi di intossicazione;

   come sottolineato dalla interrogante anche in precedenti atti di sindacato ispettivo, la casa circondariale di Busto Arsizio vive una grave situazione di sovraffollamento, avendo i detenuti ormai raggiunto il numero di 450, ben al di sopra dei 238 posti regolamentari e dei circa 300 tollerabili secondo normativa;

   la professionalità del personale di polizia penitenziaria ha consentito di evitare un epilogo ben più drammatico della situazione. Si è trattato di un episodio grave e purtroppo non isolato, essendo stata la casa circondariale teatro di situazioni analoghe negli ultimi mesi;

   il garante dei detenuti per il comune di Busto Arsizio, così come le organizzazioni sindacali in rappresentanza del personale di polizia penitenziaria, nel commentare l'accaduto hanno posto l'accento sul grave sovraffollamento di detenuti e sulle carenze di personale, con particolare riferimento all'area trattamentale, ma anche alla polizia penitenziaria, agli educatori e al personale sanitario, e sulla necessità di interventi immediati da parte della amministrazione penitenziaria per scongiurare il ripetersi di simili episodi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza al fine di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e di rafforzare il personale in servizio presso la casa circondariale di Busto Arsizio, considerate le difficili condizioni in cui gli agenti si trovano quotidianamente a lavorare;

   se intenda promuovere misure al riguardo e sostenere con adeguate risorse progetti di sostegno, recupero e reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti.
(5-00570)

Interrogazione a risposta scritta:


   VARCHI, CIRIELLI, BELLUCCI, LUCASELLI, LUCA DE CARLO, RIZZETTO, BUCALO, OSNATO, DEIDDA, MASCHIO, FIDANZA, ROTELLI, BUTTI, FERRO, FRASSINETTI, MONTARULI, SILVESTRONI, RAMPELLI, TRANCASSINI, ZUCCONI, CIABURRO e GEMMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 18 settembre 2018, presso l'istituto penitenziario «Rebibbia» di Roma, la detenuta Alice Sebesta ha ucciso i suoi due figli scaraventandoli dalle scale del nido della sezione femminile;

   tale tragedia è solo l'ultima di una lunga serie di azioni omicidiarie di genitori in danno di figli registratesi negli ultimi anni, ma si è verificata all'interno del nido di un istituto di pena e non all'interno di una qualsivoglia privata dimora;

   la Sebesta si trovava in regime di custodia cautelare in carcere e non in misura alternativa, come disposto dall'autorità giudiziaria e confermato dal Gip in sede di riesame per l'accertamento della sussistenza di gravi esigenze cautelari;

   secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, nonostante la segnalazione come detenuta psichiatrica e, in ragione di ciò, la richiesta di accertamenti circa le condizioni psicofisiche, i due minori rimanevano in carcere con la madre;

   in Italia vige un'anacronistica norma che prevede la possibilità per i minori di anni sei di restare presso le strutture carcerarie unitamente alla madre, ove la stessa si trovi sottoposta a misura cautelare di custodia in carcere;

   in tema di esecuzione della pena, l'articolo 146 c.p. prevede che, a seguito di condanna definitiva, l'esecuzione della pena sia rinviata quando la donna condannata sia madre di infante minore di un anno ma tale norma non è estesa anche alle madri sottoposte a misura cautelare;

   secondo quanto riportato dagli organi di informazione, il Ministro interrogato avrebbe deciso per l'applicazione della sanzione della sospensione al direttore, al vicedirettore ed al comandante della polizia penitenziaria di fatto senza alcuna attività istruttoria al riguardo, con ciò, ad avviso degli interroganti, calpestando quell'elementare principio della presunzione di innocenza, peraltro costituzionalmente garantito, applicando sanzioni contestualmente all'invio degli ispettori senza, dunque, attendere l'esito dell'istruttoria;

   l'avveduta chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), la difficile e complessa apertura delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), il trasferimento ai Servizi sanitari regionali di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della Giustizia minorile del Ministero della Giustizia, unitamente al mancato trasferimento delle adeguate risorse economiche necessarie per il potenziamento del servizio sanitario nazionale e, in particolare, dei Dsm, hanno causato delle difficoltà oggettive a tutti gli operatori penitenziari ed alla gestione delle strutture non ancora attrezzate per la gestione di internati con problemi psichiatrici –:

   se non si intendano revocare i provvedimenti adottati dal capo del dipartimento su iniziative del Ministro della giustizia e consentire il reintegro immediato in servizio del direttore, del vicedirettore e del vice comandante di reparto della casa circondariale femminile di Rebibbia;

   se intenda adottare iniziative normative affinché, nei casi gravi di pericolosità e/o esigenze cautelari, la detenzione delle donne madri venga effettuata senza la collocazione del minore presso le strutture penitenziarie, garantendo l'affidamento provvisorio degli stessi presso altri componenti della famiglia, qualora sussistano, ovvero presso strutture protette per minori;

   se non ritenga necessario adottare iniziative idonee ad accertare le eventuali responsabilità, per quanto di competenza, delle amministrazioni coinvolte e «congelare» i provvedimenti di sospensione in attesa dell'esito delle indagini.
(4-01237)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Como e quella di Lecco sono geograficamente adiacenti e malamente collegate dalle strade provinciali 639 a 342 che attraversano diversi centri abitati, rallentando il traffico con un tracciato spesso interrotto da passaggi pedonali, semafori, rotatorie;

   la Pedemontana Lombarda, pur essendo un'opera fondamentale, non riduce questo tipo di traffico definito «locale»;

   la ipotizzata «autostrada» Varese, Como, Lecco potrebbe, invece, accelerare i collegamenti, salvaguardare i centri abitati e garantire un elevato livello di sicurezza;

   l'opera è inserita nel programma regionale della mobilità e dei trasporti, ma in fase di stallo –:

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine alla realizzazione della citata infrastruttura.
(5-00560)


   FRAGOMELI e CARNEVALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il ponte ferroviario e stradale San Michele è posto a superamento di una gola del fiume Adda e unisce i Comuni di Paderno d'Adda (Provincia di Lecco) e Calusco d'Adda (Provincia di Bergamo) per mezzo di una strada provinciale, posta nella parte superiore dello stesso, che vede il transito giornaliero di circa 20 mila veicoli. L'impalcato mediano della struttura è, invece, sede della linea ferroviaria Milano - Bergamo (via Carnate), tratta di notevole importanza – in termini di utilizzazione pendolaristica, sia studentesca che lavorativa – che corre a sud della provincia di Lecco;

   il ponte, bene monumentale che rappresenta un pregiato esempio di archeologia industriale, è vincolato con specifico decreto della Soprintendenza 14 luglio 1980 e, nel 2017, è stato candidato a essere inserito nella lista Unesco del patrimonio dell'umanità;

   nel 1992 è stato eseguito un intervento di manutenzione straordinaria allo scopo di alleggerirne la struttura, con istituzione del divieto di transito agli automezzi di portata superiore alle 3,5 tonnellate. Successivamente a tale intervento, non sono più state eseguite opere di manutenzione o conservazione della struttura;

   dall'anno 2012, l'amministrazione comunale di Paderno d'Adda ha più volte inoltrato a Rfi - Rete ferroviaria italiana, alle province di Lecco e di Bergamo, alla soprintendenza e a regione Lombardia molteplici richieste allo scopo di sollecitare interventi di manutenzione e di conservazione della struttura del ponte, ormai pesantemente compromessa, che non hanno avuto esito positivo;

   dal 2015, alcuni deputati del Partito Democratico e i rappresentanti degli enti locali interessati, si sono impegnati nel ricercare un accordo, con il Ministro competente e con Rfi, per il finanziamento di una serie di interventi manutentivi, ormai non più rinviabili, sulla struttura del ponte San Michele. Tale accordo è stato finalmente raggiunto nel 2016 e ha portato alla progettazione di una serie di opere finalizzate ad un restauro conservativo dell'intera struttura che prevede, tra l'altro, la sostituzione delle parti metalliche, sia strutturali, sia complementari ormai compromesse; l'investimento complessivo richiesto è di circa 20 milioni di euro finanziati da Rfi a cui si aggiungono 1,6 milioni di euro della regione Lombardia;

   a seguito del completamento delle analisi sullo stato del ponte, volto al monitoraggio delle vibrazioni e dei sondaggi e rilievi sui terreni di imposta, il 15 settembre 2018 è stata decretata la chiusura del ponte al traffico automobilistico e ferroviario;

   nonostante tale chiusura fosse stata prevista con ampio anticipo, essa sta comunque causando enormi disagi a migliaia di persone che utilizzavano il ponte quotidianamente –:

   se il Governo non ritenga necessario intervenire per accelerare lo svolgimento della prevista conferenza di servizi, in modo tale da giungere quanto prima alla validazione definitiva del progetto di restauro, alla successiva attività negoziale per l'affidamento dei lavori e quindi all'avvio dei lavori di consolidamento della struttura del ponte, allo scopo di avere il minor disallineamento tra tempi di chiusura al traffico e durata dei lavori;

   come il Governo intenda monitorare lo stato di avanzamento dei lavori di ripristino del manto stradale in maniera tale da velocizzarne la tempistica e consentire, almeno per la primavera 2019, la riapertura del ponte al traffico leggero;

   se il Governo non ritenga opportuno operare, in sinergia con i soggetti gestori Trenord e regione Lombardia, per mantenere inalterata la frequenza e gli orari dei treni, definendo al contempo le tratte dei pullman sostitutivi verso la provincia di Bergamo, suddividendoli tra quelli per studenti e quelli verso la stazione di Calusco d'Adda;

   se non si ritenga opportuno fornire informazioni aggiornate sullo stato di avanzamento dei lavori ai comuni coinvolti, affinché gli stessi possano comunicare la situazione delle opere ai cittadini interessati.
(5-00562)


   GIACOMETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio del comune di Quincinetto (Torino), si trova un ponte di 260 metri che collega l'autostrada Torino-Aosta con la strada statale 26 della Val d'Aosta e il comune di Quincinetto stesso;

   il ponte in questione, di proprietà del comune di Quincinetto e in concessione alla società Ativa s.p.a. per la manutenzione ordinaria e straordinaria, è da anni sotto osservazione per le precarie condizioni in particolare dei suoi pilastri;

   nel 2012 il ponte è stato rilevato come non a norma secondo le nuove normative anti-sismiche, e il concessionario Ativa s.p.a. ha progettato un intervento di recupero per un importo di 2 milioni di euro. Intervento che non è però mai stato realizzato, lasciando il ponte al suo continuo deterioramento e portando oggi a 7 milioni di euro il costo dell'intervento;

   nel 2016 un consulente interpellato da Ativa parlava di «mancato intervento tempestivo che ha comportato un continuo e irreparabile degrado delle strutture» e nello stesso periodo la questione era oggetto di un'interrogazione presso il Senato della Repubblica;

   pochi giorni fa Ativa s.p.a. ha scritto d'urgenza Ministro delle infrastrutture e dei trasporti informandolo rispetto alla necessità di abbassare il limite di peso consentito per il transito da 19 tonnellate a 3,5 tonnellate, limitandone di fatto la possibilità di utilizzo alle sole automobili ed evidenziando un pericoloso aggravarsi delle condizioni del ponte;

   sono numerose le segnalazioni di privati cittadini, che non hanno alternativa al percorrimento quotidiano del ponte, spaventati dal crescente rischio causato da questo ritardo nell'avvio dei lavori di messa in sicurezza –:

   se sia al corrente di questa situazione, come ritenga di relazionarsi con il concessionario Ativa s.p.a. dal momento che la concessione è scaduta dal 2016, e si trova ora in stato di proroga, il che vincola il concessionario per l'ordinaria manutenzione ma non per nuovi progetti, e quale sia la posizione del Governo, per quanto di competenza, rispetto alla concessione stessa, dato che Ativa s.p.a. ne chiede il rinnovo, che risulta però essere stato negato sia dal Tar che dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(5-00565)


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Lecco operano e producono, nonostante le difficoltà congiunturali, imprese di straordinario spessore che consentono al territorio lecchese di arginare percentuali molto contenute il fenomeno della disoccupazione;

   quel territorio, così fortemente industrializzato, è scarsamente connesso, sotto il profilo infrastrutturale, con il resto della Lombardia. Insieme alla provincia di Sondrio, ad esempio, è l'unica provincia lombarda sprovvista di collegamento autostradale;

   una recente indagine, fonte Unioncamere, colloca l'indice della rete stradale della provincia di Lecco, fatto 100 il riferimento nazionale, al 29,6;

   la nuova strada provinciale Lecco-Bergamo, che prevede tre lotti dei quali il primo ultimato, il secondo in lenta fase realizzativa (che eviterà i centri di Vercurago e parzialmente Calolziocorte) e il terzo non finanziato, ha conosciuto una dilatazione di tempi e costi preoccupante;

   la viabilità Lecco-Bergamo è inadeguata alla reale potenzialità industriale e produttiva del territorio lecchese –:

   considerati anche i rilevanti finanziamenti statali, di quali elementi disponga circa lo stato dell'arte della realizzazione del secondo lotto di cui in premessa e i motivi che hanno portato a una lievitazione dei costi e alla dilatazione dei tempi di costruzione dello stesso;

   quale sia l'intenzione del Governo in ordine al finanziamento del terzo ed ultimo lotto (Calolzio-Monte Marenzo-Levata).
(5-00571)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tema della manutenzione di cavalcavia e sovrappassi è, ovviamente, di grande attualità;

   molti di questi manufatti, esistenti sul territorio della provincia di Lecco, sono interessati da limiti alla circolazione dei mezzi pesanti di trasporto delle merci;

   ovviamente queste limitazioni creano disagi pesantissimi al mondo produttivo lecchese che movimenta quotidianamente rilevanti quantità di merci;

   le merci «cercano», quindi, percorsi alternativi che soffocano per il traffico e non rappresentano una soluzione al problema;

   a parte il cavalcavia di Annone Brianza, che è crollato, tutti gli altri presenti nella rete viaria lecchese hanno limiti a 44 tonnellate oppure, sono inibiti al transito, come quello chiamato «Isella»; –:

   quale sia il livello di attenzione del Governo, per quanto di competenza, rispetto alla situazione viaria del territorio lecchese e agli effetti disastrosi che l'inadeguatezza della rete infrastrutturale stessa causa all'economia locale;

   quali siano le iniziative di competenza già previste, programmate e ipotizzate dal Governo per alleviare la situazione illustrata in premessa;

   se siano previsti, per quanto di competenza, programmi di manutenzione straordinaria dei sovrappassi tali da consentire il transito ai mezzi pesanti almeno in un prossimo futuro, evitando così il supplizio dell'intasamento del traffico locale;

   se siano previste iniziative fiscali agevolative per le aziende così pesantemente colpite sotto il profilo logistico.
(4-01232)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NESCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo di Alessia Candito apparso il 19 settembre 2018 sulla testata online «Corriere della Calabria» si racconta che «una croce di sigarette, della marca e del tipo che Mario Congiusta ha fumato per tutta la vita» è stata lasciata da ignoti «sul pianerottolo di fronte alla porta di casa in cui ancora abitano la moglie e le due figlie»; nell'articolo in questione Candito rammenta un'altra recente «lugubre intimidazione», cioè «una manciata di terra sistemata a mo’ di tumulo cimiteriale», cui ha fatto seguito, a breve distanza temporale, «un nuovo messaggio di morte» destinato «ai familiari di Mario Congiusta, figura simbolo dell'antimafia della Locride, spentosi meno di un mese fa dopo oltre 13 anni battaglia civica e giudiziaria per dare un nome all'assassino del figlio Gianluca»; nel predetto articolo, la giornalista descrive Gianluca Congiusta come «giovane imprenditore di Siderno», che «per i magistrati è stato ucciso perché “reo” di aver scoperto il tentativo di riorganizzazione del clan Costa in paese»;

   «per il suo omicidio più e più volte è stato condannato il boss Tommaso Costa, ma un annullamento senza rinvio in Cassazione – ha rammentato Candito – qualche mese fa ha spazzato via quasi un decennio di pronunce»;

   «Mario Congiusta – prosegue l'articolo – non si è mai rassegnato, fino all'ultimo ha continuato a puntare il dito contro i Costa, a testimoniare cosa significhi l'oppressione dei clan. E questo la ’ndrangheta sembra non volerglielo perdonare neanche da morto, ma soprattutto qualcuno sembra interessato a far sì che nessuno raccolga il testimone di quella battaglia»;

   nelle ultime settimane, riassume Candito, «la moglie e le figlie di Congiusta sono state costrette a denunciare una serie infinita di intimidazioni e minacce, ma solo ieri la notizia ha iniziato a circolare, suscitando indignazione» tra movimenti antimafia, sindaci e cittadini;

   l'interrogante ritiene che la famiglia di Mario e Gianluca Congiusta debba vivere in serenità e sicurezza e che lo Stato debba essere, a riguardo, vigile e presente –:

   di quali informazioni disponga il Governo su quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire l'incolumità della famiglia Congiusta.
(5-00563)


   FIANO e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 21 settembre 2018, un gruppo di cinque persone inermi e assolutamente disarmate, che tornava a casa intorno alle 22,00 dopo aver partecipato alla manifestazione «Mai con Salvini», è stato brutalmente aggredito con cinghie e tirapugni, da un gruppo di appartenenti alla vicina sede di Casapound;

   le vittime dell'aggressione, che si sono limitate a cercare di evitare i colpi e che sono state inseguite e picchiate tra passeggini e bambini hanno presentato immediata denuncia alla questura di Bari;

   sempre da notizie a mezzo stampa si è appreso che dopo le prime indagini una trentina di militanti di CasaPound, che la sera dell'aggressione erano davanti alla loro sede in via Eritrea, sarebbero stati identificati in questura, e almeno cinque di loro, armati con mazze e cinghie, avrebbero preso parte attiva all'aggressione;

   tale aggressione di matrice squadrista è avvenuta peraltro in un quartiere popolare di Bari, il quartiere Libertà, che proprio recentemente ha avuto la visita del Ministro interrogato e dove è stata avviata una raccolta firma per «cacciare gli immigrati che hanno invaso il quartiere», raccolta sostenuta anche dagli esponenti locali del Carroccio;

   desta viva preoccupazione l’escalation di atti di aggressione, razzismo e vandalismo che si è registrata negli ultimi mesi da parte di esponenti od organizzazioni di estrema destra, quasi a testimoniare una nuova presunta legittimazione a compiere tali atti da parte dei loro autori –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di impedire il ripetersi di fatti analoghi e per assicurare la piena tutela dei cittadini italiani e del loro diritto a manifestare, nonché per contrastare con fermezza le aggressioni ad opera di gruppi neo-fascisti di estrema destra.
(5-00573)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni mesi, muri della città di Ravenna apparivano imbrattati con svastiche e simboli nazisti; il fatto è stato segnalato senza che, tuttavia, siano seguiti immediati provvedimenti da parte delle autorità competenti. Alcuni cittadini, stanchi di vedere slogan fascisti campeggiare impunemente nelle strade della città, decorata Medaglia d'oro al valor militare per il contributo dato alla Resistenza e alla Liberazione dal nazifascismo, hanno scelto di reagire in modo non violento e simbolico coprendole e disegnandovi sopra fiori, caramelle e cuori;

   un messaggio semplice, un'opposizione garbata a un dilagante sentimento di odio estremista che ha coinvolto Ravenna e che sta pericolosamente imperversando su tutto il territorio nazionale in un’escalation di atti più e meno gravi, senza che vi sia una risposta chiara di rifiuto della politica e della ideologia fasciste. Questo, nonostante l'antifascismo sia un valore che permea in ogni sua parte il dettato costituzionale che, peraltro, vieta la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista;

   inoltre, la città dell'Emilia-Romagna è protagonista di ronde ad opera dei membri di Forza Nuova, partito fondato da Roberto Fiore, condannato per banda armata e associazione sovversiva come capo di Terza posizione, organizzazione della destra eversiva, nonché denunciato per violenza ben 240 volte negli ultimi cinque anni. Questi gruppi vestiti di nero si aggirano in modo intimidatorio per le strade di Ravenna dicendo di voler pattugliare i quartieri e pensando di potersi sostituire alle forze dell'ordine preposte a questo compito, fatto molto grave poiché lascia trapelare un messaggio errato che porta con sé pericolosi risvolti e, non ponendovi un freno, tale atteggiamento risulta essere tacitamente accettato;

   tuttavia, la vicenda che vede protagonisti i muri della città di Ravenna sta avendo un epilogo paradossale. I cittadini, appartenenti alla Rete antifascista, che hanno scelto di porre rimedio agli obbrobri nazisti che deturpavano le strade sono stati denunciati, segnalati con una celerità che non ha certamente contraddistinto la reazione nei confronti di coloro che, imbrattando i muri, hanno inneggiato al nazismo;

   svastiche e fiori sono stati posti sullo stesso piano, denotando un inquietante strabismo giuridico. Il fatto impone riflessioni su quanto sta avvenendo nel nostro Paese e sulla evidente incapacità di agire con buon senso da parte delle istituzioni tutte, da cui ci si aspetta, in virtù dei valori costituzionali sopra citati, una trasparente opposizione agli atteggiamenti neo fascisti che i cittadini italiani sono quotidianamente costretti a subire –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di ristabilire i valori costituzionali e l'importante ruolo delle forze dell'ordine per porre rimedio alla deriva cui sta andando incontro l'Italia.
(4-01233)


   TIRAMANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi un immigrato è fuggito da una struttura di Albisola Superiore, in provincia di Savona, ed è giunto presso il comune di Borgosesia, in provincia di Vercelli;

   gli abitanti di Borgosesia hanno conseguentemente notato la presenza del migrante, il quale pernottava stabilmente in alcuni luoghi pubblici della città, in condizioni di disagio psico-fisico e arrecando diversi problemi alla comunità locale;

   l'interrogante, nella qualità di sindaco di Borgosesia, ha prontamente individuato il centro che ha l'obbligo di supervisionare il ragazzo e ha chiesto alla cooperativa interessata di occuparsene in tempi brevi;

   la cooperativa competente non soltanto non ha preso in carico il problema, ma, a quanto consta all'interrogante, ha addirittura chiesto aiuto a un'altra struttura che non è stata in condizione di gestire la cosa;

   l'immigrato è fuggito nuovamente ed è stato fermato dalle forze dell'ordine mentre si dirigeva verso l'alta Valsesia;

   ricoverato in ospedale, l'immigrato è riuscito a scappare e, dopo un'ulteriore ricerca, è stato trovato in condizioni psichiche precarie, bisognoso di cure farmacologiche quotidiane, ed è pertanto stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio;

   l'interrogante, sempre nella veste di sindaco di Borgosesia, ha informato per iscritto il prefetto di Savona e il sindaco di Albisola Superiore, per renderli edotti della situazione verificatasi e per chiedere che vengano presi provvedimenti nei confronti della struttura ligure che dovrebbe ospitare gli immigrati –:

   se il Ministro interrogato sia informato di tali fatti;

   se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda e alle attività della cooperativa in questione.
(4-01236)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, noto in sigla come Ingv, è l'ente italiano di ricerca sui fenomeni geofisici e vulcanologici che gestisce le reti nazionali di monitoraggio per i fenomeni sismici e vulcanici. Tale ente è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e svolge funzioni di estrema importanza in quanto: promuove ed effettua, anche nell'ambito di programmi dell'Unione europea e di organismi internazionali, attività di ricerca nel campo delle discipline geofisiche, della vulcanologia e delle loro applicazioni, ivi compresi lo studio dei fenomeni fisici e chimici precursori dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche, dei metodi di valutazione del rischio sismico e vulcanico, della pericolosità sismica e vulcanica del territorio anche in collaborazione con le università e con altri soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali; inoltre, progetta e coordina programmi nazionali ed internazionali di ricerca finalizzati al rilevamento sistematico dei fenomeni geofisici, vulcanici e geochimici, anche a mezzo di osservatori geofisici, sismici e vulcanici; e ancora, svolge funzioni di sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale e di coordinamento delle reti sismiche regionali e locali, ivi comprese le funzioni di sorveglianza sismica e vulcanica della Sicilia orientale (progetto Poseidon) di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito dalla legge 3 luglio 1991, n. 195; provvede alla organizzazione e gestione della rete sismica nazionale integrata; è sede e fornisce supporto all'attività del gruppo nazionale per la difesa dai terremoti e al gruppo nazionale per la vulcanologia, istituiti ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, con le condizioni di autonomia previste dalla predetta disposizione; rende disponibili per tutta la comunità scientifica i dati raccolti dalle proprie reti di monitoraggio, nazionale e locali; e infine, è componente del servizio nazionale della protezione civile;

   tale istituto, per quanto risulta agli interroganti, ha segnalato in questi mesi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in qualità di Ministero vigilante, una problematica molto delicata che riguarda direttamente la sopravvivenza dell'istituto stesso;

   tale istituto, infatti, è stato condannato con sentenza n. 7690/2018 a corrispondere nei confronti di Sviluppo Pisa srl una somma pari a euro 2.700.000,00 + Iva (euro 3.294.000,00), cui si aggiungono le spese di giudizio liquidate in complessivi euro 27.852,00 in favore di ciascuna delle controparti (Sviluppo Pisa srl e Banca di Pisa e Fornacette Credito Cooperativo s.c.p.s);

   gli importi della sentenza di condanna sopra citata vanno quindi pagati a una società in house del comune di Pisa che pare avere urgenza di incamerare almeno una parte delle somme dovute, salvo ogni eventuale accordo tra le parti con riguardo alla leale collaborazione tra enti e parti pubbliche;

   la suddetta sentenza – che per la prima volta si è espressa sul merito di un'annosa controversia – potrebbe comportare delle conseguenze estremamente gravi per il bilancio dell'istituto, considerato l'impegno per 9.000.000 di euro complessivi;

   per quanto risulta agli interroganti, nell'ambito della legge di assestamento 2018, recentemente approvata da entrambi i rami del Parlamento, considerata l'importanza fondamentale delle funzioni svolte dall'Ingv, si sarebbe dovuta riscontrare una variazione in aumento pari alla somma di euro 2.700.000,00 + Iva (euro 3.294.000,00) in favore del suddetto istituto;

   purtuttavia di tale incremento di risorse non si ravvisa alcuna traccia –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di garantire la sopravvivenza dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e se quali iniziative saranno adottate per sostenere la piena funzionalità dell'istituto nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio 2019;

   se non si ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza al fine di garantire al comune di Pisa di ottenere quanto dovuto a favore di una società pubblica che necessita di riscuotere quanto di sua spettanza, salvo ogni accordo di merito tra le parti pubbliche.
(2-00122) «D'Ettore, Mugnai».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO, LEPRI e MURA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, ha rappresentato uno storico allargamento di diritti del lavoro a una platea di circa due milioni di persone, prevedendo novità in materia di pagamento dei compensi, di tutele in caso di maternità, malattia e infortunio, di incentivo alla formazione continua, di ammortizzatori sociali per i collaboratori continuati e continuativi, per i dottorandi e gli assegnisti di ricerca;

   nel suddetto provvedimento erano contenute due importanti deleghe legislative: una in materia di sicurezza e protezione sociale dei professionisti iscritti a ordini o collegi e di ampliamento delle prestazioni di maternità e di malattia riconosciute ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata (articolo 6); l'altra finalizzata alla semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali (articolo 11). Il periodo per l'esercizio di dette deleghe si è esaurito;

   l'articolo 17, al fine di coordinare e di monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo, ha previsto l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un «tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo», composto da rappresentanti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e dalle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, con il compito di formulare proposte e indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro, autonomo con particolare riferimento a modelli previdenziali, modelli di welfare, formazione professionale;

   ad oggi non risulta essere mai stato convocato il tavolo di cui all'articolo 17, che nelle intenzioni del legislatore voleva essere strumento di confronto utile per l'esercizio delle suddette deleghe legislative –:

   se e quando intenda convocare il tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, per poter avviare il dialogo e il confronto necessari ad affrontare l'adeguamento e l'innovazione nei modelli previdenziali, nei modelli di welfare e nella formazione professionale del lavoro autonomo;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare le appropriate iniziative normative volte a riaprire i termini per l'esercizio delle citate deleghe legislative di cui agli articoli 6 e 11 della legge 22 maggio 2017, n. 81, perfezionandone l'impianto riformatore, al fine di ampliare la protezione sociale offerta dalle casse professionali nonché le prestazioni in caso di malattia e maternità degli iscritti alla gestione separata, e di semplificare la normativa in materia di sicurezza e salute degli studi professionali.
(5-00564)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIGNATONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge del 31 marzo 1979, n. 92, come modificata dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, agli effetti delle norme di previdenza e assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, considera lavoratori agricoli gli operai assunti da imprese atte all'attività di raccolta di prodotti agricoli, nonché ad attività di cernita, di pulitura e di imballaggio dei prodotti ortofrutticoli, purché connessa a quella di raccolta;

   come noto, le organizzazioni di produttori (Op), riconosciute anche dal regolamento (UE) 1308/13, sono definite agricole anche se non effettuano direttamente la raccolta dei prodotti dei propri associati, divenendo di conferimento dei prodotti dei propri soci – con qualifica di imprenditori agricoli – occupandosi le organizzazioni di produttori, tra l'altro, delle successive operazioni di cernita, calibratura, confezionamento;

   sono molti i casi in cui l'Inps non riconosce la qualifica agricola degli operai dipendenti organizzazioni di produttori, che invece, viene accertata a seguito di procedimenti giudiziari –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritengano opportuno un chiarimento formale circa la corretta interpretazione del quadro normativo relativo sia alla qualifica di operaio agricolo riconosciuta ai dipendenti di organizzazioni di produttori, in qualsiasi forma giuridica costituite, che pur non effettuando direttamente la raccolta dei prodotti dei propri associati, divengono sede di conferimento dei prodotti dei propri soci, con qualifica di imprenditori agricoli, occupandosi delle successive operazioni di cernita, calibratura ed imballaggio, sia della qualifica agricola della organizzazione dei produttori operanti secondo tali modalità.
(4-01231)


   ASCANI, GUERINI e FRAGOMELI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la giunta del comune di Lodi, guidata dalla sindaca Sara Casanova, ha approvato, nel mese di ottobre 2017, alcune modifiche al regolamento comunale per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate, tra cui rientrano anche le riduzioni tariffarie di servizi in ambito scolastico quali mensa e scuolabus, che vengono riconosciute ai richiedenti in base alla situazione reddituale e patrimoniale;

   tali modifiche stabiliscono che, per accedere alle prestazioni, i nuclei familiari che hanno al loro interno anche solo un cittadino straniero, devono presentare oltre all'Isee – unico strumento individuato a tal fine dalla legge nazionale – anche una dichiarazione sulla loro situazione patrimoniale nel Paese di provenienza, prodotta anche in lingua italiana, mediante traduzione legalizzata dall'autorità consolare italiana che ne attesti la conformità, pena il pagamento della tariffa massima;

   l'amministrazione comunale di Lodi, pertanto, chiede solamente ai cittadini stranieri documenti e certificazioni non previsti dalla legge, agendo, a giudizio degli interroganti, in contrasto con il principio del divieto di discriminazione, sancito dall'articolo 3 della Costituzione per il quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, lingua, religione;

   i dati da certificare con tali modalità discriminatorie, inoltre, riguardano anche la costituzione della famiglia nel Paese d'origine, benché la normativa indichi chiaramente che, ai fini del calcolo dell'Isee, la composizione del nucleo familiare sia quella risultante all'iscrizione anagrafica nel comune italiano di residenza, concetto ulteriormente ribadito nella Dichiarazione sostitutiva unica, la quale sottolinea che, ai fini del calcolo dell'Isee, non rientrano nella composizione del nucleo familiare i soggetti residenti all'estero, salvo si tratti del coniuge iscritto all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), mentre diversamente anche i coniugi sono esclusi dal nucleo familiare del coniuge residente in Italia;

   il nuovo regolamento comunale demanda alla giunta l'approvazione di un elenco di Paesi in cui è «oggettivamente impossibile» per i cittadini acquisire le certificazioni: a tale proposito, la giunta ha elaborato una lista limitata ad Afghanistan, Libia, Siria e Yemen, basandosi esclusivamente sulla lista della società privata «Ihs Markit», che fornisce analisi socio-politico-economiche alle imprese allo scopo di valutare il rischio di investimento in determinare aree del mondo, strumento che si rivela per gli interroganti inappropriato agli scopi che la lista comunale dovrebbe invece prefiggersi;

   contro il nuovo regolamento comunale, l'Associazione degli studi giuridici sull'immigrazione e l'Associazione volontaria di assistenza socio-sanitaria per i diritti degli stranieri «Naga» hanno presentato un ricorso al tribunale di Milano, sostenendo il carattere «discriminatorio ai sensi del diritto nazionale e del diritto Ue»;

   in base ai dati ufficiali forniti dai competenti uffici del comune di Lodi, su un totale di 259 domande di accesso alle agevolazioni tariffarie, ben 254 sono state, respinte quale effetto diretto delle nuove, restrittive e discriminatorie modalità di certificazione imposte dal regolamento comunale;

   nella giornata del 12 settembre 2018, in cui si è avuta l'apertura del nuovo anno scolastico, oltre 100 famiglie straniere di Lodi hanno deciso di ricorrere a una forte forma di protesta, non portando i figli a scuola;

   a seguito dell'ampio dibattito sviluppatosi sulla questione anche a livello nazionale, l'amministrazione comunale di Lodi ha annunciato un supplemento di istruttoria sulle domande di accesso che erano state respinte, senza tuttavia chiarire quali criteri adotterà concretamente per risolvere il problema;

   nel frattempo, alcune forze politiche e liste civiche rappresentate nel consiglio comunale di Lodi hanno presentato una proposta di delibera di iniziativa consiliare per la revoca delle contestate modifiche del regolamento comunale, che sarà all'esame del consiglio comunale il prossimo 4 ottobre 2018 –:

   se il Governo sia a conoscenza del grave caso esposto, quale sia il suo orientamento in merito e quali iniziative di competenza, anche in sinergia con gli enti locali, intenda intraprendere al fine di chiarire e meglio definire criteri e modalità per accedere a prestazioni sociali agevolate come quelle di cui in premessa che riguardano oltretutto minori.
(4-01235)


   FORNARO e FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Teknoservice è una azienda che si occupa della gestione dei rifiuti nel Canavese e nel marzo del 2017 ha provveduto a licenziare un dipendente, F. M. di 60 anni, in quanto giudicato inabile al lavoro, perché ammalato del morbo di Parkinson;

   il dipendente ha presentato ricorso al tribunale del lavoro di Ivrea che ha condannato, con sentenza del 9 luglio 2018, la Teknoservice al reintegro del dipendente e al pagamento degli stipendi arretrati nonché al risarcimento dovuto per l'illegittimità del licenziamento;

   il tribunale di Ivrea ha giudicato illegittimo il licenziamento, in quanto l'azienda ha l'obbligo di adottare «accomodamenti ragionevoli» per rimuovere gli ostacoli che impediscono la libera esplicazione della personalità del signor F.M. in ambito professionale e la valutazione circa la legittimità del licenziamento intimato dall'azienda passa necessariamente attraverso la verifica della possibilità di salvaguardare il suo posto di lavoro;

   il giudice di Ivrea, inoltre, ha intimato alla Teknoservice «di modificare l'organizzazione per assicurare il diritto al lavoro dei dipendenti portatori di handicap». Si tratta di un provvedimento immediatamente esecutivo;

   la Teknoservice, ad oltre due mesi dalla sentenza, a quanto consta agli interroganti, non ha reintegrato l'operaio, non ha pagato le retribuzioni che gli spetterebbero dalla data dell'ordinanza e non ha provveduto neanche alla liquidazione del risarcimento stabilito dal giudice per l'illegittimità del licenziamento;

   il capogruppo di Leu nel consiglio regionale del Piemonte, Marco Grimaldi, ha denunciato pubblicamente il caso e ha chiesto che sia fatta giustizia e che si provveda immediatamente al reintegro e alla corresponsione di quanto dovuto secondo quanto stabilito dalla sentenza nonché per esercitare un diritto costituzionalmente garantito, quello al lavoro;

   il consiglio regionale del Piemonte, inoltre, ha approvato all'unanimità un ordine del giorno del capogruppo di Leu, Marco Grimaldi, sottoscritto da tutti i gruppi, con il quale si chiede che l'azienda rispetti la sentenza del tribunale del lavoro di Ivrea;

   non si tratta del primo caso e, purtroppo, non sarà l'ultimo; appare quindi necessario, a giudizio degli interroganti, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intervenga garantendo nel caso del dipendente della Teknoservice e più in generale in tutti i casi che riguardino mancati reintegri a seguito di sentenze del tribunale che a queste sia dato seguito e attuazione in tempi rapidi –:

   se ritenga di valutare se sussistono i presupposti per adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a individuare o favorire una positiva soluzione della vicenda in questione;

   se non intenda affrontare, e con quali iniziative, la questione relativa alle aziende che non attuano in tempi brevi o addirittura rifiutano di attuare le sentenze dei giudici, relative a reintegri sul posto di lavoro a seguito di licenziamenti dichiarati illegittimi nonché al pagamento del dovuto in materia di arretrati di stipendi e di risarcimenti, dato che quanto illustrato in premessa non è un caso raro.
(4-01238)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NESCI, SPORTIELLO, SAPIA, LOREFICE, D'ARRANDO, LEDA VOLPI, BOLOGNA, MAMMÌ, TRIZZINO, TROIANO, LAPIA, PROVENZA, NAPPI, MENGA e IANARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla testata online 21righe.it è apparso, il 7 gennaio 2017, un dispaccio dell'Ansa relativo alla vicenda della morte della trentasettenne Tiziana Lombardo, avvenuta a Vibo Valentia il 5 gennaio dello stesso anno dopo aver dato alla luce la propria figlia G;

   nel dispaccio in predicato si fa riferimento alla notificazione di 10 avvisi di garanzia da parte della squadra mobile della polizia di Stato di Vibo Valentia ad «altrettanti medici dell'ospedale cittadino nell'ambito delle indagini sulla morte della» donna;

   ivi si legge che i «provvedimenti, emessi dal pm Claudia Colucci, riguardano sanitari in servizio nel reparto di Ginecologia dell'ospedale Jazzolino che hanno avuto in cura la donna», con la correlata «possibilità di nominare i propri periti in vista dell'esame autoptico» dell’«anatomopatologa Katiuscia Bisogni», con la partecipazione dei «consulenti nominati dall'Azienda sanitaria provinciale»;

   nello specifico l'ipotesi di reato è per tutti i coinvolti di omicidio colposo;

   il suddetto dispaccio di agenzia nomina i destinatari dei riferiti provvedimenti, cioè «il primario Oscar Cervadoro» e i «medici Salvatore Falcone, Vincenzo Mangialavori, Rocco Fiasché, Marianna Carnovale, Pasquale De Bartolis, Gianfranco Marataro, Daniela Fusca, Tommaso Sirgiovanni e Antonella D'Alessandro»;

   «la causa del decesso — prosegue l'inteso resoconto di Ansa — sarebbe dovuta ad una copiosa emorragia»;

   «il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin — ivi aggiunto — ha nominato, una task force per verificare le procedure di quanto accaduto nell'ospedale vibonese»;

   nell'interrogazione a, risposta in Commissione n. 5-05490 del 30 aprile 2015, l'interrogante aveva già posto, ricordando la carenza di personale nel punto nascita dell'ospedale di Vibo Valentia e preoccupanti episodi di cronaca, la questione del reale livello di sicurezza di tutte le strutture in cui si può partorire in Calabria, chiedendone la verifica per il tramite del commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Calabria;

   in seguito l'interrogante ha formalmente chiesto, nell'autunno del 2017, al direttore generale facente funzioni del dipartimento della regione Calabria Tutela della salute di attivare la commissione aziendale di controllo e all'ispettorato del lavoro di Vibo Valentia di verificare se in quel reparto fosse rispettata la normativa sui turni e i riposi obbligatori, indirizzandone una copia al procuratore della Repubblica, al Presidente della regione della Calabria e al commissario governativo alla sanità;

   oltretutto, in ordine ai requisiti del punto nascita dell'ospedale di Vibo Valentia, ad oggi senza primario effettivo per causa di valutazioni errate nella relativa procedura concorsuale, l'interrogante — che peraltro ha reso note le intese anomalie intraprocedimentali, infine riconosciute dall'Asp di Vibo Valentia — sul finire del 2017 ha compiuto una visita nell'unità operativa in predicato, accertando diverse criticità e poi partitamente esponendole –:

   di quali precise informazioni disponga in relazione agli esiti degli accertamenti disposti a seguito del decesso della signora Lombardo, se li reputi esaustivi e se non ritenga di doverne disporre di ulteriori, anche per accertare le attuali condizioni di sicurezza del punto nascita di Vibo Valentia.
(5-00567)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   SPENA, BARELLI, BATTILOCCHIO e GIACOMONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   UnicoopTirreno Società Cooperativa a.r.l. è una delle grandi cooperative di consumatori del sistema Coop, con sede legale a Livorno. Conta numerosi punti vendita in Toscana, Lazio, Campania;

   in crisi dal 2015, la società ha messo in atto processi di riorganizzazione aziendale, interessando tutti i punti vendita della rete;

   si è trattato di: cessioni di ramo d'azienda, che hanno interessato i punti vendita in Campania; cessioni di affitto, che hanno interessato impunti vendita di Frosinone e Fiuggi (Frosinone), successivamente riacquisiti in UnicoopTirreno; la chiusura definitiva, come quella subita dal punto vendita di Terracina (Latina), con il collocamento di 34 lavoratori presso altri punti vendita, e il licenziamento di altri; processi di fusione e cessione verso altre cooperative a livello nazionale, come con l'accordo stipulato nel marzo 2016 con Coop Allenza 3.0 per la cessione di alcuni punti vendita in Umbria, Lazio, Campania;

   ad aprile 2016, viene costituita la Dlu S.r.l. (Distribuzione Lazio Umbria) controllata al 100 per cento da UnicoopTirreno che raggruppa tutti i punti vendita del Lazio. Tale scelta appare poco comprensibile in considerazione del regime agevolato di maggior favore di cui godono le società cooperative rispetto alle altre, come quelle a responsabilità limitata;

   ancora nel 2016 il consiglio di amministrazione dà mandato al presidente Marco Lami per individuare una figura esterna al mondo cooperativo per risanare il bilancio. Viene così nominato Piero Canova a direttore generale di UnicoopTirreno, che decide di sostituire e modificare l’asset di governance societario;

   a maggio 2017 azienda e organizzazioni sindacali siglano un piano industriale articolato nel triennio 2017-2019 che punta al pareggio di bilancio nel 2019 e a una chiusura in utile nel 2020;

   il piano industriale, con efficacia fino al 30 giugno 2020, prevede: esuberi in quantità prevalente in sede; ricorso alla cassa integrazione; ricorso ai contratti di solidarietà; incentivi all'esodo. Gli interroganti segnalano che, a differenza di quanto previsto dal piano richiamato, nei vari punti vendita l'azienda ha impiegato lavoratori in somministrazione;

   a giugno 2018 la società comunica che le condizioni dei punti vendita del basso Lazio non presentavano grandi criticità ed erano da considerarsi in linea con l'andamento degli altri punti vendita della regione;

   nel settembre successivo il consiglio di amministrazione dà mandato a direttore generale e presidente per la cessione di otto punti vendita del basso Lazio: Fiuggi, Frosinone, Colleferro, Genzano, Velletri, Aprilia, e due punti vendita a Pomezia, per un numero complessivo di 270 lavoratori diretti e circa 40 dell'indotto;

   tale decisione, estranea al piano industriale, non viene comunicata ai lavoratori che, a quanto risulta, ancora oggi ricevono notizie ufficiose e ombrose sul proprio futuro;

   il 26 settembre 2018 si è svolto un tavolo sulle condizioni di lavoratori e azienda presso il Ministero dello sviluppo economico che ha visto anche la partecipazione di ben 1.500 lavoratrici e lavoratori allo sciopero e alla manifestazione svolta di fronte al Ministero;

   l'incontro si è concluso con l'impegno delle istituzioni a «intimare all'azienda il blocco di un piano industriale senza alcun senso logico e l'imminente cessione dei punti vendita interessati» nonché l'invito a ricercare una soluzione condivisa e volta a tutelare i lavoratori e le lavoratrici dei punti vendita e dell'indotto;

   le stesse organizzazioni sindacali hanno annunciato che «è solo l'inizio» nell'attesa che l'azienda faccia luce sulle scelte che intende effettivamente assumere –:

   se e quali iniziative urgenti, anche sul piano normativo il Governo intenda assumere al fine di salvaguardare livelli occupazionali e far sì che l'azienda garantisca il concreto e pieno rispetto della dignità dei lavoratori.
(3-00203)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2018 il gruppo multinazionale Jde ha annunciato l'apertura della procedura di licenziamento collettivo e la cessazione di tutte le attività dal 1° gennaio 2019 dello stabilimento di Andezeno (comune della città metropolitana di Torino);

   lo stabilimento, dove sono impiegate 57 persone, è l'unico sito produttivo nazionale dove vengono prodotti marchi storici del mercato italiano come il caffè Splendid e Hag;

   Jde, che ha acquistato lo stabilimento nel 2015, sposterà la attuale produzione negli altri Paesi europei;

   secondo quanto comunicato da Jde «negli ultimi anni, la domanda di caffè tostato e macinato ha continuato a calare in tutta Europa, a causa dello spostamento delle preferenze di tanti consumatori verso i nuovi e più pratici formati a capsule e cialde. Questo elemento ha creato problemi di sovraccapacità all'interno del network produttivo europeo relativo al caffè tostato e macinato. La società è consapevole dell'impatto che questa decisione avrà sui dipendenti locali, le loro famiglie e la comunità di Andezeno ed è impegnata a lavorare a stretto contatto con i rappresentanti sindacali per identificare, minimizzare e risolvere le implicazioni sociali legate alla chiusura del sito»;

   le associazioni sindacali hanno richiesto «l'immediato ritiro dell'apertura della procedura di licenziamento collettivo», l'apertura di «un tavolo sindacale per trovare soluzioni e risposte che prevedano il mantenimento dell'occupazione nello stabilimento» e «l'attivazione dei tavoli istituzionali a partire dalla Regione Piemonte»;

   i sindacati hanno indetto lo sciopero di tutto il gruppo per l'intera giornata del 28 settembre 2018;

   la regione Piemonte ha convocato per il 3 ottobre 2018 un tavolo istituzionale alla presenza di azienda e sindacati;

   la stessa azienda ha comunque segnalato che «Jde considera importante e unico il mercato del caffè italiano e continuerà ad attribuirgli un ruolo chiave all'interno dei futuri piani di crescita della società». Quest'ultima considerazione non si concilia però con la volontà di delocalizzare all'estero da parte di una azienda che ha investito sull'automazione dello stabilimento di Andezeno e dove la produzione è a pieno regime attestandosi sulle 16 mila tonnellate di caffè all'anno;

   sarebbe quindi auspicabile una riconversione produttiva almeno parziale dello stabilimento (ad esempio da caffè confezionato a quello in cialde e capsule) per perseguire una soluzione efficace che sia in linea con le politiche commerciali di Jde e che consenta al tempo stesso la tutela dei livelli occupazionali dello stabilimento e la salvaguardia di marchi storici del mercato italiano –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per evitare la chiusura dello stabilimento di Andezeno ed il licenziamento collettivo citato in premessa, al fine di salvaguardare tutti gli attuali livelli occupazionali e scongiurare la delocalizzazione della produzione di un alimento principe del mercato nazionale.
(5-00569)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Fratoianni n. 4-01193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stumpo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ciampi e Ceccanti n. 5-00534, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

  L'interrogazione a risposta scritta Fratoianni n. 4-01226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Muroni.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Nesci e altri n. 4-01104 del 13 settembre 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00567.