Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 19 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il 12 settembre 2018 il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha approvato, sulla base della relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Judith Sargentini) una risoluzione su una proposta recante l'invito al Consiglio a constatare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea, l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori su cui si fonda l'Unione;

    la risoluzione del Parlamento europeo è stata approvata con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti con 693 votanti;

    nella suddetta risoluzione si afferma: «considerando che l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, quali enunciati all'articolo 2 del trattato sull'Unione europea (TUE) e ripresi dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e che tali valori, comuni agli Stati membri e approvati liberamente da tutti gli Stati membri, costituiscono il fondamento dei diritti di cui godono quanti vivono nell'Unione»;

    considerando che un eventuale rischio evidente di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all'articolo 2 TUE non riguarda soltanto il singolo Stato membro in cui si manifesta il rischio, ma ha un impatto sugli altri Stati membri, sulla fiducia reciproca tra questi e sulla natura stessa dell'Unione, nonché sui diritti fondamentali dei suoi cittadini in base al diritto dell'Unione;

    considerando che come indicato dalla comunicazione della Commissione europea del 2003 sull'articolo 7 del trattato sull'Unione europea, l'ambito di applicazione dell'articolo 7 TUE non si limita agli obblighi derivanti dai trattati, come accade per l'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e che l'Unione può valutare l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dei valori comuni in settori che rientrano nelle competenze degli Stati membri;

    considerando che l'articolo 7, paragrafo 1, TUE costituisce una fase preventiva, riconoscendo all'Unione la capacità di intervenire in caso di evidente rischio di violazione grave dei valori comuni; che tale azione preventiva prevede un dialogo con lo Stato membro interessato e mira a evitare eventuali sanzioni;

    considerando che le autorità ungheresi sono sempre state disposte a discutere la legalità di qualsiasi misura specifica, la situazione non è stata affrontata e permangono molte preoccupazioni, che hanno un impatto negativo sull'immagine dell'Unione, nonché sulla sua efficacia e credibilità nella difesa dei diritti fondamentali, dei diritti umani e della democrazia a livello mondiale, e rivelano la necessità di affrontarle mediante un'azione concertata dell'Unione;

    afferma che le preoccupazioni si riferiscono alle seguenti questioni:

     il funzionamento del sistema costituzionale e del sistema elettorale;

     l'indipendenza della magistratura e di altre istituzioni e i diritti dei giudici;

     la corruzione e i conflitti di interesse;

     la tutela della vita privata e la protezione dei dati;

     la libertà di espressione;

     la libertà accademica;

     la libertà di religione;

     la libertà di associazione;

     il diritto alla parità di trattamento;

     i diritti delle persone appartenenti a minoranze, compresi i rom e gli ebrei, e la protezione dalle dichiarazioni di odio contro tali minoranze;

     i diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

     i diritti economici e sociali;

    ritiene che i fatti e le tendenze menzionati nell'allegato della presente risoluzione P8_TA-PROV(2018)0340 - rappresentino, nel complesso, una minaccia sistemica per i valori di cui all'articolo 2 TUE e un evidente rischio di violazione grave dei suddetti valori;

    prende atto dell'esito delle elezioni parlamentari in Ungheria, che hanno avuto luogo l'8 aprile 2018; sottolinea il fatto che qualsiasi governo ungherese è responsabile dell'eliminazione del rischio di grave violazione dei valori di cui all'articolo 2 TUE, anche se tale rischio è una conseguenza duratura delle decisioni politiche suggerite o approvate dai governi precedenti;

    trasmette, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, Tue, la proposta motivata in allegato al Consiglio, invitandolo a stabilire se esista un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori di cui all'articolo 2 Tue e a rivolgere all'Ungheria raccomandazioni adeguate al riguardo,

impegna il Governo

1) a sostenere, in seno al Consiglio dell'Unione europea, il voto espresso dal Parlamento europeo.
(1-00036) «Delrio, Quartapelle Procopio, De Luca, Fassino, Berlinghieri, Ceccanti, Franceschini, Guerini, La Marca, Minniti, Scalfarotto, Giachetti, Mauri, Raciti, Rotta, Sensi, Annibali, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Boccia, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Carnevali, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Di Giorgi, Marco Di Maio, Ermini, Ferri, Fiano, Fragomeli, Fregolent, Gadda, Gariglio, Giacomelli, Giorgis, Gribaudo, Incerti, Lacarra, Lepri, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Melilli, Miceli, Migliore, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Romina Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Schirò, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    nonostante il grado di malnutrizione esistente sul pianeta, l'Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato l'allarme, specie tra i bambini contro il sovrappeso e l'obesità, poiché questa rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo. Siamo, infatti, di fronte a una vera e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi e che può causare, in assenza di un'azione immediata, problemi sanitari molto gravi nei prossimi anni;

    l'eccesso ponderale è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, in genere a causa di un'alimentazione scorretta e di una vita sedentaria. Alimentazione e attività fisica sono comportamenti fortemente influenzati dalle condizioni sociali, economiche e culturali e le fasce di popolazione più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico tendono a consumare più carne, grassi e carboidrati, piuttosto che frutta e verdura, e a curare meno la propria immagine e il benessere fisico;

    secondo i dati forniti dall'Oms nel 2016 oltre 1,9 miliardi di adulti, circa il 13 per cento della popolazione adulta nel mondo (l'11 per cento degli uomini e il 15 per cento delle donne) e 124 milioni di bambini erano obesi, di cui circa 41 milioni di età inferiore ai 5 anni erano in sovrappeso o obesi;

    il sovrappeso e l'obesità sono attualmente in aumento anche nei Paesi a basso e medio reddito, in particolare in contesti urbani. In Africa, il numero di bambini in sovrappeso sotto i 5 anni è aumentato di quasi il 50 per cento dal 2000. Quasi la metà dei bambini sotto i 5 anni in sovrappeso o obesi nel 2016 viveva in Asia;

    sempre secondo i dati dell'Oms, oltre 340 milioni di bambini e adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni erano in sovrappeso o obesi nel 2016 e la prevalenza di sovrappeso e obesità tra i bambini e gli adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni è aumentata drammaticamente dal 4 per cento nel 1975 a poco più del 18 per cento nel 2016;

    tale aumento si è verificato in modo simile tra maschi e femmine: nel 2016 il 18 per cento delle ragazze e il 19 per cento di ragazzi erano sovrappeso;

    per quanto attiene in particolare all'obesità, se nel 1975 degli obesi erano poco meno dell'1 per cento dei bambini e adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni, più di 124 milioni di bambini e adolescenti, pari al 6 per cento di ragazze e all'8 per cento di ragazzi, erano obesi nel 2016;

    per quanto riguarda l'Italia, come riportato sul portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica a cura del Centro nazionale per la prevenzione e la promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità, secondo il rapporto Osservasalute 2016, che fa riferimento ai risultati dell'indagine multiscopo dell'Istat «Aspetti della vita quotidiana» emerge che, in Italia, nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta (35,3 per cento) è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8 per cento);

    complessivamente, il 45,1 per cento dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale. Come negli anni precedenti, le differenze sul territorio confermano un gap nord-sud in cui le regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone maggiorenni obese (Molise 14,1 per cento, Abruzzo 12,7 per cento e Puglia 12,3 per cento) e in sovrappeso (Basilicata 39,9 per cento, Campania 39,3 per cento e Sicilia 38,7 per cento) rispetto a quelle settentrionali (obese: provincia autonoma di Bolzano 7,8 per cento e Lombardia 8,7 per cento; sovrappeso: provincia autonoma di Trento 27,1 per cento Valle d'Aosta 30,4 per cento);

    la percentuale di popolazione in eccesso ponderale cresce all'aumentare dell'età e, in particolare, il sovrappeso passa dal 14 per cento della fascia di età 18-24 anni al 46 per cento tra i 65-74 anni, mentre l'obesità passa, dal 2,3 per cento al 15,3 per cento per le stesse fasce di età. Inoltre, la condizione di eccesso ponderale è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (sovrappeso: 44 per cento versus 27,3 per cento; obesità: 10,8 per cento versus 9 per cento);

    per comprendere meglio la diffusione di quei comportamenti e stili di vita in età giovanile che possono influire sullo sviluppo delle malattie cronico-degenerative, nel 2007 il Centro nazionale di prevenzione e controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute ha promosso e finanziato il sistema di sorveglianza OKkio alla Salute che fornisce dati misurati dello stato ponderale dei bambini delle terze primarie (8-9 anni), delle abitudini alimentari, dell'abitudine all'esercizio fisico, nonché delle iniziative scolastiche favorenti la promozione del movimento e della corretta alimentazione. Avviato per la prima volta nel 2008, OKkio alla Salute oggi ha alle spalle cinque raccolte dati (2008-2009; 2010; 2012; 2014; 2016), e fa parte anche dell'iniziativa dell'Oms Europa «Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi)»;

    l'obesità, infatti, è un chiaro esempio delle disuguaglianze di salute tanto nella popolazione adulta, che nei bambini e Okkio alla salute lo ha sempre dimostrato fin dalla prima indagine del 2008, sia a livello nazionale e ancor di più nelle regioni del sud. L'eccesso ponderale in età infantile, inoltre, espone a maggior rischio di mantenere il sovrappeso e l'obesità anche in età adulta;

    con l'obesità aumenta il rischio per le malattie non trasmissibili come: malattie cardiovascolari (principalmente malattie cardiache e ictus), che sono state la principale causa di morte nel 2012; diabete; disturbi muscoloscheletrici (in particolare l'artrosi – una malattia degenerativa altamente invalidante delle articolazioni); alcuni tipi di cancro (inclusi endometrio, seno, ovaio, prostata, fegato, cistifellea, rene e colon); un aspetto particolarmente preoccupante dal punto di vista della salute pubblica è dovuto al fatto che bambini e adolescenti affetti da obesità possono manifestare, già in età evolutiva, difficoltà respiratorie, problemi articolari, mobilità ridotta, ma anche disturbi dell'apparato digerente e di carattere psicologico;

    la promozione di politiche finalizzate a promuovere azioni di contrasto all'obesità attraverso la riduzione della sedentarietà e l'aumento dell'attività fisica dei bambini e delle famiglie, è un tassello fondamentale per il contrasto all'obesità;

    l'Oms ha stimato che, nel mondo, il 25 per cento degli adulti non è sufficientemente attivo e l'80 per cento degli adolescenti non raggiunge i livelli raccomandati di attività fisica. In particolare, in Europa, oltre un terzo della popolazione adulta e due terzi degli adolescenti non svolgono abbastanza attività fisica;

   nei Paesi della regione Europea dell'Oms che hanno partecipato allo studio Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) nel 2014, la quota di ragazzi tra gli 11 e i 15 anni che svolgono regolarmente attività fisica secondo i livelli raccomandati, diminuisce in modo significativo, in entrambi i sessi, con il progredire dell'età: a 11 anni il 17 per cento dei ragazzi e l'8 per cento delle ragazze praticano i livelli raccomandati di attività fisica, a 13 anni la percentuale cala al 14 per cento tra i ragazzi e al 6 per cento tra le ragazze, a 15 anni si arriva all'11 per cento tra i ragazzi e al 5 per cento tra le ragazze. L'85 per cento delle quindicenni è risultato fisicamente inattivo. Inoltre, anche la quota di ragazzi/e sedentari che guarda la Tv per 2 o più ore al giorno aumenta con l'età ed è più frequente nei maschi;

    il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) nel 2012 ha ribadito, nel «Libro Bianco dello Sport Italiano – Sport-Italia 2020», realizzato in collaborazione con Prometeia, l'università Bocconi di Milano e l'università La Sapienza di Roma, l'importanza di garantire lo sport per tutti e di puntare sul valore sociale dello sport, mettendo nello stesso tempo in evidenza l'opportunità di dedicare specifiche risorse pubbliche per nuove strategie di allargamento della pratica dell'attività fisica e dell'attività sportiva. Un dato che suscita particolare preoccupazione è quello relativo al numero esiguo di ore dedicate all'attività fisica nelle scuole pubbliche italiane, soprattutto in quelle dell'infanzia e nella scuola primaria. Anche i progetti promossi dal Coni nelle scuole insieme a Ministeri ed enti locali, allo scopo di educare al movimento e allo sport, hanno coinvolto un numero abbastanza ridotto di ragazzi, dal 10 al 25 per cento del totale degli alunni;

    secondo quanto indicato nel Libro bianco del Coni, nel programma curriculare, le ore di educazione fisica settimanali sono previste come segue:

     nella scuola dell'infanzia 0 ore;

     nella scuola primaria 2 ore suggerite di cui 1 garantita (senza docenti con titolo specifico);

     nella scuola secondaria di 1° grado 2 ore con docenti con titolo specifico;

     nella scuola secondaria di 2° grado 2 ore con docenti con titolo specifico

    dal confronto con gli altri Paesi europei, l'Italia è tra i pochi Paesi ad avere l'educazione fisica come materia obbligatoria, ma con orario flessibile nella scuola primaria, e anche nella scuola secondaria la percentuale di ore dedicate all'attività fisica non è tra le più elevate;

    a sua volta, già nel 2004, l'Assemblea mondiale della sanità aveva adottato la «Strategia globale dell'Oms su dieta, attività fisica e salute» descrivendo le azioni necessarie per sostenere diete sane e attività fisica regolare, invitando tutte le parti interessate ad agire a livello globale, regionale e locale per migliorare le diete e i modelli di attività fisica a livello di popolazione;

    l'Oms ha anche sviluppato il «Piano d'azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili 2013-2020» che mira a raggiungere gli impegni della Dichiarazione politica delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili (NCD), approvata dai Capi di Stato e di Governo nel settembre 2011. Il «Piano d'azione globale» contribuirà al progresso su 9 obiettivi globali della NCD da raggiungere entro il 2025, compresa una riduzione relativa del 25 per cento della mortalità prematura da NCD entro il 2025 e un arresto dell'innalzamento dell'obesità globale per adeguarsi ai tassi del 2010;

    l'Assemblea mondiale della sanità ha accolto con favore la relazione della Commissione sulla fine dell'obesità infantile (2016) e le sue 6 raccomandazioni per affrontare l'ambiente obesogenico e i periodi critici nel corso della vita per affrontare l'obesità infantile. Il piano di attuazione per guidare i Paesi ad agire per attuare le raccomandazioni della Commissione è stato accolto con favore dall'Assemblea mondiale della sanità nel 2017;

    oltre a politiche volte ad incentivare l'attività fisica per combattere il problema dell'obesità, è importante anche considerare l'effetto sociale e familiare, in altre parole il contesto in cui si opera. Ad esempio, la prevalenza d'obesità tra i figli di madri laureate al nord Italia è inferiore rispetto alla prevalenza d'obesità dei figli delle madri con lo stesso titolo di studio ma residenti al sud. Quando si dice effetto del contesto, si intende quella serie di situazioni che non dipendono dalla istruzione delle famiglie ma dalla difficoltà di optare per scelte salutari nella quotidianità. Non è un caso che il sottotitolo del programma europeo «Gaining Health», promossa dall'Oms nell'autunno del 2006, in Italia Guadagnare salute, è «Rendere facili le scelte salutari»... proprio attraverso la promozione di contesti che facilitino lo sviluppo di comportamenti salutari, corretta alimentazione, riduzione della sedentarietà, promozione dell'attività fisica;

    combattere, quindi, l'eccesso ponderale in tutte le fasce d'età è recepito, ormai, come un'azione prioritaria di sanità pubblica sia a livello nazionale, che internazionale e con l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020, pubblicato a febbraio 2014; i Paesi membri dell'Unione europea, tra cui anche l'Italia, hanno voluto rispondere all'esigenza di contribuire ad arrestare l'aumento di sovrappeso e obesità nei bambini e ragazzi (0-18 anni) entro il 2020. Il Piano d'azione, rivolto ai diversi Paesi europei, fornisce una base su cui lavorare per implementare delle politiche nazionali di contrasto all'obesità basate su otto aree prioritarie di intervento:

     sostenere un sano inizio della vita;

     promuovere ambienti sani (in particolare nelle scuole e gli asili);

     rendere l'opzione sana la scelta più semplice;

     limitare la commercializzazione e la pubblicità rivolta ai bambini;

     informare e responsabilizzare le famiglie;

     incoraggiare l'attività fisica;

     monitorare e valutare il fenomeno;

     potenziare la ricerca;

    l’Action Plan individua tre principali tipologie di stakeholder che giocheranno un ruolo importante nel raggiungere gli obiettivi: i 28 Stati membri dell'Unione europea, la Commissione europea e le organizzazioni internazionali, quali l'Oms e la società civile, le organizzazioni non governative (ong), l'industria e gli istituti di ricerca;

    infine, il marketing e la pubblicità alimentare influenzano le scelte alimentari, in particolare quelle dei bambini e la stessa Organizzazione mondiale della sanità esaminando il settore del marketing degli alimenti e delle bevande non alcoliche rivolto ai bambini ha concluso che la promozione commerciale di alimenti e bevande ad alta densità energetica e scarso contenuto in micronutrienti, può influire negativamente sullo stato nutrizionale del bambino. Un marketing intensivo di cibi ad alta densità energetica e scarso contenuto in nutrienti può compromettere le scelte di stili di vita salutari;

    se le attuali politiche si focalizzano sul marketing dedicato ai bambini, non vanno trascurati neanche gli adulti, poiché la loro capacità di adottare scelte sane o di resistere ai richiami di un marketing alimentare non salutare può non proteggerli completamente dai danni alla salute che tali strategie commerciali possono infliggere;

    numerose indagini hanno osservato che la maggior parte delle pubblicità alimentari, soprattutto quelle mostrate durante i programmi televisivi destinati ai bambini, incoraggia il consumo di cibi e bevande ad alta densità energetica. Una rassegna sistematica dell'evidenza scientifica, condotta nel 2003 dalla Food Standards Agency del Regno Unito ha concluso che vi è una evidenza sufficiente per affermare che la pubblicità aumenta il consumo di certe categorie di alimenti, così come le scelte tra un marchio e l'altro. Una rassegna del 2006 dello United States Institute of Medicine ha dimostrato una forte evidenza di come la pubblicità abbia effetti a breve termine sulla dieta dei bambini di 2-11 anni e una moderata evidenza di effetti a lungo termine sui bambini di 6-11 anni. Lo stesso studio ha inoltre osservato una forte associazione statisticamente significativa tra una maggiore esposizione alla pubblicità televisiva e la presenza di obesità tra i bambini di 2-11 anni e gli adolescenti di 12-18 anni. L'esposizione dei bambini alla pubblicità televisiva di alimenti ad alta densità energetica è associata a una maggiore prevalenza di sovrappeso, mentre l'esposizione alla pubblicità di cibi più salutari è debolmente collegata a una ridotta prevalenza di sovrappeso;

    vengono utilizzate sempre di più nuove forme di pubblicità che sfuggono al controllo dei genitori raggiungendo direttamente i bambini. Queste includono la promozione su internet (usando giochi interattivi, file scaricabili gratuitamente, blog e aree per chattare), l'invio di Sms (servizio messaggi brevi) ai cellulari dei bambini, la pubblicità dei prodotti nelle scuole e negli asili nido, e le pubblicità nei materiali didattici. Nuove forme di pubblicità stanno invadendo le aree pubbliche, ad esempio le inserzioni su video nei trasporti pubblici e i cartelli pubblicitari elettronici interattivi;

    secondo l'Oms, nonostante in molti Paesi membri della stessa Oms, siano già in vigore alcune norme applicate al marketing alimentare rivolto ai bambini, un miglioramento della salute pubblica e il contrasto all'obesità infantile, si potrebbero avere con l'applicazione di una normativa più stringente in tema di marketing alimentare, specialmente per i prodotti rivolti ai bambini e lo sviluppo di una prassi che dovrebbe vedere impegnati la sanità pubblica e la stessa industria alimentare, la quale può svolgere un ruolo significativo nella promozione di diete sane, riducendo il contenuto di grassi, zucchero e sale degli alimenti trasformati, assicurando che le scelte salutari e nutrienti siano disponibili e accessibili a tutti i consumatori, limitando la commercializzazione di alimenti ricchi di zuccheri, sale e grassi, specialmente quelli destinati a bambini e adolescenti,

impegna il Governo:

   a promuovere l'adozione di un piano nazionale per la prevenzione e la cura dell'obesità;

   a sostenere e potenziare i sistemi di sorveglianza sulla prevalenza di fattori di rischio nella popolazione generale previsti a livello nazionale, al fine di seguire i fenomeni nel tempo, raffrontare le diverse realtà e valutare l'efficacia degli interventi;

   a predisporre linee guida volte a una migliore gestione della vendita di merendine e dei distributori di alimenti accessibili ai minori in modo tale da diminuire l'offerta di «cibo spazzatura» a favore di alimenti salutari;

   ad assumere iniziative per introdurre limitazioni alla pubblicità, talvolta particolarmente aggressiva, relativa al cosiddetto «cibo spazzatura»;

   a incrementare il numero dei programmi volti ad identificare i soggetti in condizioni di rischio o con condizione clinica patologica in atto, da indirizzare verso un'adeguata presa in carico sistemica, in grado di potenziare le risorse personali per l'adozione consapevole degli stili di vita corretti, o, quando necessario, verso idonei programmi di comunità (come ad esempio gruppi di cammino, offerta proattiva di attività motorie) o percorsi terapeutico-assistenziali multidisciplinari;

   ad attuare, nel più breve tempo possibile, in tutte le sue parti, l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020 e le sue otto aree prioritarie di intervento.
(7-00052) «Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   in Calabria è stato messo in piedi quello che appare all'interpellante un sistema del tutto anomalo e preoccupante legato al mondo dell'informazione, al centro del quale si trova il sito webwww.iacchite.com che viene utilizzato per screditare tutte le istituzioni locali e le articolazioni territoriali dello Stato;

   l'attività del sito webwww.iacchite.com risulterebbe spesso fondata su articoli basati su notizie false o addirittura veicolo essi stessi di falsità, che, oltre a creare un evidente danno alla reputazione delle proprie vittime, a parere dell'interpellante delegittimano tutte le istituzioni, generando movimenti di opinione basati su convinzioni errate. Tale attività appare peraltro svolta in sostanziale violazione del principio deontologico secondo cui i giornalisti hanno «il dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori»;

   bersaglio privilegiato del sito webwww.iacchite.com sono in modo particolare il Comune di Cosenza e il suo Sindaco che ha già ottenuto l'emissione di sentenze di condanna per diffamazione nei confronti del responsabile di www.iacchite.com nonché i magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica e la Sezione Penale del Tribunale di Cosenza;

   nei giorni in cui si stava formando il Governo attualmente in carica, articoli pubblicati da www.iacchite.com ipotizzavano possibili conseguenze negative per il Sindaco di Cosenza, se l'onorevole Alfonso Bonafede fosse diventato, come poi è stato, Ministro della Giustizia, e il senatore Nicola Morra avesse assunto la carica di Sottosegretario allo stesso dicastero;

   nei mesi scorsi, diversi articoli pubblicati dal sito web www.iacchite.com hanno annunciato imminenti inchieste sugli uffici giudiziari calabresi; su tali questioni, per quanto risulta all'interpellante, sono anche state presentate interrogazioni parlamentari;

   allo stesso modo, dopo che www.iacchite.com in alcune occasioni ha evidenziato criticità in relazione a opere da realizzarsi nel territorio di Cosenza, lo stesso sito ha fatto riferimento a voci circa la messa in campo di attività del Ministero per i beni e le attività culturali tramite dirigenti del medesimo dicastero;

   il complesso di queste attività portate avanti da www.iacchite.com oltre a ledere l'onorabilità dei soggetti coinvolti, ad avviso dell'interpellante produce l'esercizio di pressioni improprie sulle istituzioni, ed in particolare sul comune di Cosenza e sulla magistratura cosentina;

   addirittura, il predetto sito web avrebbe dato grande risonanza alla frequente presenza presso gli uffici della Procura della Repubblica di Cosenza del signor Giuseppe Ciro, soggetto già denunciato per gravi irregolarità in danno del Comune di Cosenza e del Sindaco di quella città, sulla cui attendibilità, ad avviso dell'interpellante, appare lecito nutrire dubbi;

   il sito web www.iacchite.com, nato nel settembre del 2015 come supporto telematico del giornale cartaceo Cosenza Sport, col quale di fatto non ha nulla a che fare, è gestito dal giornalista Gabriele Carchidi e da Michele Santagata, che nel corso del tempo hanno accumulato diverse denunce e condanne, finanche per stalking digitale, ed il primo ha subito anche la sospensione dall'ordine dei giornalisti della Lombardia, per gravissime mancanze deontologiche;

   il rischio, alla luce di quanto detto sopra, è che www.iacchite.com possa configurarsi come uno strumento che opera al di fuori di ogni regola, con lo scopo di screditare le istituzioni elette dal popolo sovrano e la magistratura –:

   se siano a conoscenza dei fatti riportati e se, in caso contrario, ritengano di dover assumere, per quanto di competenza, iniziative per fare chiarezza sulla vicenda;

   quali iniziative intendano adottare per tutelare il lavoro dei magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica ed il Tribunale Penale di Cosenza;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano mettere in campo per evitare che le istituzioni di una intera regione vengano sistematicamente vilipese;

   se sia conforme a quanto previsto dalla vigente normativa sulla stampa che un sito web che si occupa di cronaca e di politica, in modo particolare, sia collegato a una testata sportiva con cui non ha poi nulla a che fare.
(2-00107) «Pella».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   MARROCCO, CASCIELLO e APREA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in dichiarazioni alla stampa e in una precedente audizione in commissione cultura il Sottosegretario Vito Crimi ha affermato che tra gli obiettivi del Governo c'è l'introduzione dei tetti alla pubblicità in televisione in difformità da ogni logica di libero mercato;

   si intendono sopprimere i fondi pubblici all'editoria, non chiarendo come si intenda preservare il fondo per il pluralismo;

   il continuo riferimento a «tre, quattro testate», che secondo il Sottosegretario Crimi percepirebbero il 30 per cento dei fondi, è un evidente tentativo dello stesso e del suo partito di colpire quotidiani considerati ostili al MoVimento 5 stelle;

   si punta alla soppressione dell'ordine dei giornalisti, ritenendo che tale ruolo e funzione debbano essere svolti dai social-manager, come dichiarato in precedente audizione dal Sottosegretario Vito Crimi, dimostrando assoluta inconsapevolezza e conoscenza della figura e dell'accesso alla professione giornalistica, fondamentale argine ad una maggior deriva culturale e sociale;

   tali propositi non solo violano il diritto costituzionale alla libertà di espressione, ma mettono a rischio migliaia di posti di lavoro di giornalisti e poligrafici, nonché di addetti alla distribuzione –:

   con quali interventi programmatici e finanziari s'intenda sostenere un settore fondamentale della cultura di questo Paese, ancor di più in un momento in cui il fenomeno delle fake news e dell'incontrastato flusso d'informazione derivante dal web, senza alcuna garanzia di correttezza e attendibilità, che solo la figura professionale del giornalista può assicurare, non soltanto per formazione, ma per i vincoli giuridici cui la stessa è sottoposta, mina il diritto dei cittadini alla corretta e qualificata informazione.
(5-00484)


   DI GIORGI, ASCANI, PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, DE MARIA, ANZALDI, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi su Facebook il Ministro Di Maio dichiara «L'operazione di discredito verso questo Governo continua senza sosta. Gli editori dei giornali hanno le mani in pasta ovunque nelle concessioni di Stato. Questo non è più giornalismo libero, bisogna fare una legge per garantire che gli editori siano puri e i giornalisti liberi di fare inchieste su tutte le magagne dei prenditori»;

   il Sottosegretario con delega all'editoria — in una lettera spedita a Datamediahub — dichiara «auspico entro la fine dell'anno il perimetro dei contributi pubblici nei prossimi anni fino alla completa abolizione, in modo da dar tempo al settore di “prepararsi al distacco totale dalla contribuzione statale, che sia diretta o indiretta”. Una delle prime iniziative che intendo promuovere è lo spostamento di una parte dei contributi dall'offerta alla domanda»;

   il dibattito che si è sviluppato negli ultimi giorni ha sollevato molte voci di dissenso di autorevoli giornalisti, pronti a difendere i valori racchiusi nell'articolo 21 della Costituzione da bavagli e censure;

   il precedente Governo ha messo al primo posto la tutela dell'informazione, varando diverse e significative norme: è intervenuto con il Fondo per il pluralismo dell'informazione che garantisce la salvaguardia di più voci; ha introdotto l'obbligo di assumere a tempo indeterminato un giornalista ogni tre prepensionamenti; ha messo in sicurezza l'informazione primaria delle agenzie di stampa attraverso un bando, in accordo con Anac, e con un finanziamento di 50 milioni di euro annui –:

   come si intenda tutelare la libertà di stampa e di informazione a difesa dei valori racchiusi nell'articolo 21 della Costituzione.
(5-00485)


   LATTANZIO e CARBONARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 12 settembre 2018 è stata approvata dal Parlamento di Strasburgo la proposta di Direttiva europea sul Copyright, ribaltando il risultato del 5 luglio 2018, quando il testo era stato rimandato indietro dai parlamentari europei per una ulteriore discussione;

   si è trattato di una votazione profondamente dibattuta, accompagnata da un acceso confronto politico che ha visto la definizione di due posizioni completamente contrapposte. Da un lato i sostenitori della riforma, che l'hanno definita come un passo importante per la difesa della cultura e del diritto d'autore, soprattutto contro lo strapotere dei colossi di internet — i cosiddetti OTT, Over The Top; sul fronte opposto, invece – in cui rientrano anche esponenti del Movimento 5 Stelle – coloro i quali hanno considerato la riforma come un potente limite ad una rete libera ed indipendente;

   il voto del Parlamento rappresenta il primo step del dialogo tecnico che Parlamento, Consiglio e Commissione europea devono intraprendere per arrivare alla norma effettiva, lasciando dunque ancora spazio per un ulteriore bilanciamento tra le parti, prima di arrivare alla direttiva definitiva;

   è palese che la regolamentazione del diritto d'autore ha ricadute dirette sul comparto cultura, che in Italia rappresenta la terza industria per importanza e nella quale sono impiegati circa 1,5 milioni di persone –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla direttiva citata in premessa e quali iniziative intenda assumere a tutela degli autori, con particolare attenzione a quelli più giovani e a quelli impiegati nei repertori meno commerciali, al fine di salvaguardare la specifica identità culturale italiana.
(5-00486)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LIUNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 220 del 2003 convertito dalla legge n. 280 del 2003 regolamenta i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale, stabilendo, all'articolo 3 che, esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Coni o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia sportiva, ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

   l'articolo 12, comma 1, dello statuto del Coni dispone che «sono istituiti presso il CONI, in piena autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport»;

   trattasi degli organi di giustizia sportiva apicali, i cui compiti sono definiti dallo Statuto del Coni: il collegio di garanzia è organo di ultimo grado della giustizia sportiva e la procura generale è istituita per coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali;

   detti organi devono essere composti e operare secondo autonomia, terzietà e indipendenza;

   l'articolo 12-ter dello statuto stabilisce che i procuratori nazionali che compongono la procura generale, siano nominati dal presidente del Coni su indicazione del Procuratore generale dello sport;

   i procuratori nazionali dello sport sono stati nominati con delibere del presidente Coni dal settembre 2014, ma non risultano i criteri di selezione;

   risulta che taluni procuratori nazionali (che, come il procuratore generale sono remunerati con somme a carico del bilancio dell'ente), hanno contemporaneamente svolto per il Coni attività professionale di consulenza e assistenza in giudizio;

   l'articolo 13-ter, comma 3, lettera b), dello statuto del Coni stabilisce che sia la Commissione di garanzia del Coni a indicare alla giunta nazionale la lista di nominativi per individuare i componenti degli organi di giustizia presso il Coni;

   con deliberazione del Consiglio nazionale del Coni n. 1516 dell'11 giugno 2014, sono stati nominati il presidente del collegio di garanzia dello sport, i presidenti ed i componenti delle relative sezioni;

   dall'allegato verbale della commissione di garanzia non risultano tra i curricula esaminati quelli del presidente del collegio di garanzia e dei presidenti di sezione;

   le sezioni unite del collegio di garanzia che sono composte dai presidenti delle singole sezioni, nel 2014, ebbero, come primo atto a decidere della sanzione inflitta al presidente Malagò dai giudici dalla FIN, e la annullarono con decisione assunta con l'astensione di due componenti che comunque non sono stati sostituiti durante l'udienza;

   tale decisione venne impugnata dalla FIN – in persona del presidente federale on. Paolo Barelli – dinanzi al TAR-Lazio, ai sensi della citata legge n. 280 del 2003, ma Barelli, per tale ragione, subì un procedimento dinanzi al garante del codice di comportamento sportivo del Coni, all'esito del quale fu costretto a dimettersi da componente della giunta nazionale;

   il collegio di garanzia dello sport a sezioni unite si è pronunciato l'11 settembre 2018 sul format del campionato di calcio di serie B, con una decisione a maggioranza con l'espresso dissenso del presidente Franco Frattini e di altro componente;

   in data 13 settembre 2018 la Gazzetta dello Sport ha pubblicato un articolo circa le attese dimissioni del presidente Frattini, a seguito di tale scelta;

   tali fatti generano fondati dubbi circa la terzietà e l'indipendenza degli organi di giustizia sportiva del Coni rispetto agli organi politici, derivanti, a parere dell'interrogante, proprio dal procedimento di nomina –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative per rendere gli organi della giustizia sportiva del Coni effettivamente rispondenti ai princìpi di autonomia, terzietà, imparzialità e indipendenza rispetto all'Ente nel quale operano.
(4-01144)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 aprile 1997 è stata firmata a Oviedo la «Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e della medicina». Il provvedimento è entrato in vigore il 1° dicembre 1999 e l'Italia ha approvato la legge di ratifica del 28 marzo 2001, n. 145. La stessa legge, all'articolo 3, comma 1, prevede che: «Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti ulteriori disposizioni occorrenti per l'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano ai principi e alle norme della Convenzione e del Protocollo»;

   nonostante la legge n. 145 del 2001 abbia autorizzato la ratifica della Convenzione, lo strumento di ratifica non è ancora depositato presso il Segretariato generale del Consiglio d'Europa, non essendo stati emanati i decreti legislativi previsti dalla legge per l'adattamento dell'ordinamento italiano ai princìpi e alle norme della Costituzione;

   da 11 anni il nostro Paese aspetta che l'accordo entri in vigore; l'Italia è uno dei pochi Paesi europei che non ha ancora depositato il protocollo di ratifica della Convenzione al Consiglio d'Europa, rendendo in tal modo l’iter di applicazione incompleto. Il comitato nazionale per la bioetica, nella seduta plenaria del 24 febbraio 2012, ha approvato una mozione per il completamento dell’iter concernente la convenzione, con cui ha rinnovato la disponibilità a esaminare sotto il profilo bioetico tutte le problematiche relative al completamento dell’iter;

   è presumibile ritenere che gli adeguamenti normativi al nostro ordinamento siano divenuti pressoché superflui in seguito all'approvazione della legge n. 219 sul testamento biologico del 22 dicembre 2017 per cui le riserve di carattere politico di questi anni sono divenute anacronistiche e non più motivo di mancata conclusione dell’iter;

   la convenzione riconosce a tutti gli esseri umani, indistintamente, diritti inalienabili e come recita l'articolo 5: «Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto un'informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell'intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso»;

   nella convenzione sono disciplinate norme a tutela delle persone e della loro sfera privata in ambito sanitario e vengono specificate nei vari capitoli le disposizioni riguardanti il consenso, la vita privata e il diritto all'informazione, il genoma umano, la ricerca scientifica, il prelievo di organi e di tessuti da donatori viventi a fini di trapianto, il divieto del profitto e utilizzazione di una parte del corpo umano, la violazione delle disposizioni della convenzione, la relazione fra la presente convenzione e altre disposizioni, ed altre specifiche per il corretto adeguamento delle disposizioni contenute nella convenzione;

   il mancato deposito dello strumento di ratifica costituisce un grave limite per l'applicazione nell'ordinamento interno dei principi fissati dalla convenzione e indebolisce la posizione dell'Italia, da tempo impegnata in sede internazionale nella promozione dei diritti umani e, in particolare, della dignità dell'essere umano, che può essere lesa dall'applicazione delle nuove tecnologie in assenza di adeguati presìdi normativi –:

   se il Governo non reputi opportuno e necessario porre in essere tutte le iniziative di competenza affinché si concluda l’iter in seno al Consiglio d'Europa, relativo alla Convenzione di Oviedo, al fine di dare piena e completa efficacia alla convenzione medesima, la quale contiene princìpi fondamentali per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e della medicina.
(4-01152)


   MURONI, FORNARO, BOLDRINI, FRATOIANNI, PALAZZOTTO e SPERANZA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la legge di conversione 9 agosto 2018, n. 98 del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84 recante: «Disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici» stabilisce, all'articolo 1, «Cessione di unità navali alla Libia», che è autorizzata, conformemente a specifiche intese con le competenti autorità dello Stato di Libia, nel rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di sanzioni, la cessione a titolo gratuito al Governo dello Stato di Libia: a) fino a un massimo di n. 10 «unità navali CP», classe 500, in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera; b) fino a un massimo di n. 2 unità navali, da 27 metri, classe Corrubia, in dotazione alla Guardia di finanza;

   dopo parecchie settimane di scontri armati in Libia, la tregua prolungata il 9 settembre 2018 a Zawyia dall'inviato dell'Onu Ghassan Salamé sembra destinata a non tenere, visto che nella notte la 7a Brigata ha ricominciato a sparare all'aeroporto di Mitiga, 8 chilometri da Tripoli. Ad oggi questa guerra ha provocato numerosi morti, tra cui numerosi civili, e centinaia di feriti. Di fatto, in Libia c'è una guerra civile in atto;

   in questo contesto di guerra non deve essere dimenticata la disumana situazione dei migranti che è sempre tragicamente la stessa. Denunciata anche, in un comunicato, dall'Unhr. Il quale dichiarava che ci sono trafficanti «che si travestono da operatori umanitari». Ma, da quanto scrivono gli esperti, la novità più importante riguarda i gruppi coinvolti nei traffici, non solo milizie legate al Governo Serraj, ma anche all'esercito nazionale libico (Enl): l'armata del generale Khalifa Haftar. Il gruppo armato Awliyà al-Damm, affiliato ad Haftar, gestisce un centro di detenzione all'interno dell'ex carcere militare di Abu Hudaymah, nella periferia di Bengasi;

   i comandanti del centro, secondo l'Onu, sarebbero uomini di Mahmud al-Warfalli, uno dei fedelissimi di Haftar. Al-Warfalli, che è sotto processo dal 15 agosto 2017 alla Corte penale internazionale dell'Aja per crimini contro l'umanità. Non è l'unico centro illegale di questo genere secondo i testimoni intervistati dall'Onu, che però non sono stati in grado di localizzare altre strutture;

   a Kufra, lungo il confine tra libico con Egitto, Sudan, Chad e Libia, il battaglione Sabul al Salam dell'Esercito di Haftar starebbe invece gestendo gli ingressi dei migranti lungo le rotte del deserto. Come nel caso della Guardia costiera libica a Zawiya, gli stessi pagati per fermare il traffico di migranti, ne sarebbero i principali promotori;

   il 12 settembre 2018 è stato diffuso l'ultimo report che conferma senza ombra di dubbio la drammatica situazione in Libia redatto da esperti delle Nazioni Unite;

   secondo precedenti informazioni descritte dal report dell'Onu a luglio 2017, gli ingressi dalla sopra citata rotta – all'epoca tra gli 800 e i mille ingressi al giorno – costerebbero 10 mila dinari al giorno, via Pickup. I migranti vengono poi condotti al campo Qarryat, dove si sono registrate torture e violazioni dei diritti umani ad opera della Brigata 432 dell'Eln –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Governo non intenda assumere iniziative normative volte a rivedere le disposizioni concernenti la cessione di 12 unità navali italiane ad un Paese, dove in questo momento ci sono di fatto tre governi in guerra con gravi violazioni dei diritti umani accertate, in modo da evitare che la consegna venga fatta senza garanzie e controllo del rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
(4-01155)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo il regolamento (CE) n. 181/2011 e successive modifiche ed integrazioni, i passeggeri che viaggiano in autobus nei Paesi dell'Unione europea sono portatori di alcuni diritti fondamentali tra i quali, indipendentemente dai chilometri delle tratte percorse, condizioni di trasporto non discriminatorie anche in caso di disabilità. Nel detto regolamento si legge: «I servizi di trasporto di passeggeri effettuati con autobus dovrebbero essere a beneficio di tutti i cittadini. Di conseguenza, le persone con disabilità o a mobilità ridotta dovuta a disabilità, all'età o ad altri fattori dovrebbero avere la possibilità di usufruire dei servizi di trasporto effettuato con autobus a condizioni che siano comparabili a quelle godute dagli altri cittadini. Le persone con disabilità o a mobilità ridotta hanno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini in relazione alla libera circolazione, alla libertà di scelta e alla non discriminazione»;

   il tribunale di Roma, con pronuncia in linea con precedente sentenza del tribunale di Vicenza, ha di recente condannato una nota società di autobus extra-urbani che effettua servizi di trasporto low-cost in tutta Europa per condotta discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità a causa della mancata accessibilità degli autobus. Il giudice adito ha, inoltre, ordinato alla predetta società di mettere a disposizione, entro 60 giorni, mezzi accessibili alle persone disabili e la pubblicazione dell'ordinanza di condanna sulle pagine di un quotidiano nazionale;

   pur nella chiarezza del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, nella realtà dei fatti i cittadini italiani con disabilità hanno a che fare, purtroppo frequentemente, con disservizi e manchevolezze relative all'accessibilità dei trasporti: è ancora oggi, infatti, spropositato il numero di bus privi di pedane o spazio di stazionamento per le carrozzine;

   da ultimo, ma forse solo perché reso noto, è il caso di un minore che, a Cadeo, in provincia di Piacenza, non ha potuto usufruire del servizio di trasporto pubblico affidato alla società Seta Spa, essendo l'autobus extraurbano utilizzato da detta società privo delle pedana indispensabile per consentire al giovane di salire sul mezzo in questione;

   la situazione rappresentata si commenta da sola: è semplicemente vergognoso che, mentre a parole tutti si esprimano a favore di una reale rimozione delle cosiddette barriere architettoniche, nei fatti, vicende quotidiane attestano una situazione censurabile sotto più profili –:

   se il Governo intenda promuovere l'effettuazione di una ricognizione urgente su tutte le linee di trasporto pubblico nazionale e locale, al fine di verificare su quante di esse sia rispettato il diritto di accesso da parte delle persone disabili;

   se, in considerazione anche di quest'ultima vicenda verificatasi in provincia di Piacenza, il Governo intenda assumere urgenti iniziative di carattere normativo affinché, su tutto il territorio nazionale, sia consentito alle persone con disabilità di potere utilizzare i mezzi pubblici, in attuazione dei principi della parità di trattamento, oltre di quelli sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità;

   con specifico riferimento al caso segnalato, se il Governo disponga di elementi circa la dotazione, sui citati autobus Seta di strumenti di salita e discesa al servizio delle persone disabili e se intenda adottare le iniziative di competenza volte a favorire il superamento delle criticità evidenziate in questo come in ogni altro caso analogo.
(4-01156)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   BOLDRINI e PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Yemen è in corso da tempo una guerra devastante che sta distruggendo intere città e uccidendo migliaia di civili;

   Amnesty International denuncia il fatto che diversi Paesi vendono armi alla coalizione saudita, che è una degli attori del conflitto, e che tra questi Paesi ci sarebbe anche l'Italia;

   la legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento vieta la vendita di armamenti a Paesi che sono in guerra in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite e ostacola le cosiddette «triangolazioni». Inoltre, su questi temi il Parlamento italiano è intervenuto nuovamente con la ratifica, avvenuta nella scorsa legislatura con legge 4 ottobre 2013, n. 118, del Trattato di New York del 2013 sul commercio delle armi, adottato a New York dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013;

   nonostante questo, risulta che la vendita di armi, soprattutto di bombe, prodotte dalla Rwm Italia spa, dall'Italia all'Arabia Saudita continua ad essere autorizzata dal Governo –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di fermare questo traffico, considerato che le autorizzazioni concesse finora, ad avviso degli interroganti, sono in contrasto con quanto disposto dalla citata legge n. 185 del 1990.
(5-00487)


   LUPI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   all'interno di più complessi scenari di conflitto in vari quadranti internazionali persistono gravissime forme d'intolleranza religiosa, in particolare nei confronti dei cristiani;

   secondo il rapporto 2018 dell'Ong Portes Ouvertes sono oltre 215 milioni (circa 1 ogni 12, pari all'8,6 per cento) i cristiani che subiscono persecuzioni, 3060 quelli uccisi, 1922 incarcerati e 793 le chiese prese di mira;

   nel suo nuovo «Indice mondiale della persecuzione dei cristiani», Portes ouvertes - rivela che il fenomeno si sta allargando, il numero delle vittime cresce del 154 per cento rispetto al 2017. Se l'estremismo islamico resta la causa principale, l'aumento dei nazionalismi religiosi o ideologici costituisce una seria minaccia in Medio Oriente e nel sud-est asiatico;

   accanto all'Islam, il «primo nazionalismo religioso», esistono altre religioni, quali buddismo, induismo e confucianesimo che sono religioni di Stato. Poi c'è il comunismo, la «religione atea» che gioca un ruolo analogo in Stati come Laos o Corea del Nord;

   sono due i tipi di persecuzione evidenziati: quella «martellante» che consiste nella violenza fisica e materiale, fino alla soppressione fisica, e quella «velata, ma opprimente» costituita da limitazione dei diritti nella vita privata, pubblica e religiosa;

   Pakistan, Centrafrica e India sono i Paesi con il maggior numero di edifici presi di mira: in Pakistan si sono contati 168 attacchi alle chiese, in India un aumento del 50 per cento e in Sudan il Governo ha avviato la demolizione di 27 chiese;

   in Siria i cristiani sono passati da 1,2 milioni a 500 mila in 5 anni, nella città di Aleppo il numero è sceso del 75 per cento. In Iraq la diminuzione è da 275 mila a meno di 200 mila di due anni;

   i fatti accaduti in Siria e in Iraq mostrano come i cristiani siano vittime di un genocidio da parte del Daesh, come definito dalle Nazioni Unite. Lo stesso è accaduto in Nord Nigeria con le violenze di Boko Haram;

   India, Eritrea e Cina vantano il più alto numero di cristiani detenuti ingiustamente, mentre Centrafrica, Congo, Cameroun e Nigeria la cifra più alta di sfollati;

   è notizia di oggi che Padre Pierluigi Maccalli, della Società delle missioni africane, è stato rapito in Niger da presunti jihadisti, come riferisce l'agenzia Fides –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto, nelle sedi internazionali e nell'Unione europea, per contrastare tali inaccettabili e gravissime forme di discriminazione e preservare la presenza cristiana nella regione del Medio Oriente.
(5-00488)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO e SCALFAROTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 marzo 2018, Sergej Skripal, ex agente del servizio segreto militare russo, e sua figlia, sono stati avvelenati a Salisbury, in Inghilterra, il Governo inglese ha da subito denunciato la colpevolezza della Russia per il tentato omicidio, che avrebbe ordinato l'attacco utilizzando un particolare gas nervino di fabbricazione militare russa;

   dopo il caso Skripal la reazione contro Mosca è stata forte e corale da parte della comunità internazionale europea ed occidentale. Stati Uniti, Italia, Francia, Germania e altri Paesi hanno avallato la decisione di Londra di espellere alcuni membri delle ambasciate russe che, secondo il controspionaggio, sfruttavano le coperture legali garantite dal diritto internazionale al corpo diplomatico per compiere attività clandestine di spionaggio. In totale 150 funzionari russi di questo genere sono stati espulsi da più di venti Paesi europei e nordamericani, creando una reazione simmetrica russa;

   successivamente, gli inquirenti britannici avrebbero identificato i presunti responsabili dell'avvelenamento di Skripal e della figlia, che sarebbero dipendenti dei servizi militari russi GRU;

   Francia, Germania, Stati Uniti e Canada, in una dichiarazione congiunta arrivata dopo che i rispetti leader si sono incontrati alle Nazioni Unite per discutere della questione e del presunto coinvolgimento di Mosca, hanno appoggiato le conclusioni di Londra sui sospetti del «caso Skripal» e hanno concordato con il Regno Unito che sia «altamente probabile» che l'avvelenamento sia stato autorizzato a livello governativo;

   dal fronte compatto del gruppo dei Paesi del G7, mancano, dunque, il Giappone e l'Italia che, però, all'epoca dei fatti aveva invece sostenuto l'Inghilterra, anche con il richiamo dell'ambasciatore italiano da Mosca –:

   quali siano le ragioni per cui l'Italia non abbia aderito alla dichiarazione congiunta degli altri Paesi del G7 in merito alla vicenda Skripal.
(5-00489)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 settembre 2018 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione della deputata olandese Judith Sargentini con la quale veniva richiesto l'avvio della procedura sanzionatoria di cui all'articolo 7 del Trattato di Lisbona in caso di violazione dei diritti fondamentali nei confronti dell'Ungheria;

   la procedura sanzionatoria, significativamente definita «opzione nucleare», costituisce un precedente pericolosissimo e può giungere, nella scala delle sanzioni, sino alla sospensione del diritto di voto di Budapest nel Consiglio dell'Unione europea;

   il carattere di aggressione politica, mascherata da motivazioni giuridiche, a giudizio degli interroganti traspare chiaramente da alcune affermazioni dei leader europei, tra i quali Guy Verhofstadt, capogruppo dei Liberaldemocratici, che ha affermato testualmente «affronteremo chiunque voglia distruggere il progetto europeo, questo è il messaggio»;

   la procedura sanzionatoria di cui all'articolo 7 del Trattato di Lisbona prevede che i competenti organi dell'Unione europea dovranno procedere a eventuali tre votazioni; il consiglio dell'Unione europea dovrà decidere, con una maggioranza di quattro quinti, in ordine alla sussistenza del «rischio manifesto» di una grave violazione dei diritti da parte dello Stato membro; se si raggiunge tale maggioranza, il Consiglio europeo è poi chiamato a votare all'unanimità l’«esistenza di una grave e persistente violazione» da parte del medesimo Stato, e, infine, il Consiglio vota a maggioranza qualificata per indicate le sanzioni da assumere;

   il Consiglio europeo è composto dai leader degli Stati membri e, nel caso dell'Italia, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   la posizione dell'Italia, e segnatamente il voto che sarà espresso dal Presidente del Consiglio, sarà quindi determinante;

   evidentemente il voto del Presidente del Consiglio assume un valore politico straordinario e sarà espressione non di convincimenti di natura personale, ma della posizione ufficiale dello Stato italiano;

   in occasione dell'esame della risoluzione dell'onorevole Sargentini i deputati europei del Movimento 5 Stelle, in dissenso rispetto al proprio gruppo politico di appartenenza al Parlamento europeo - «Europa della Libertà e della Democrazia Diretta», hanno votato a favore delle sanzioni, mentre il gruppo parlamentare europeo della Lega ha votato contro le sanzioni al Governo di Budapest –:

   quale sia la posizione che il Governo intende esprimere nelle competenti sedi dell'Unione europea in ordine alla effettiva sussistenza del rischio di violazione dei diritti fondamentali da parte del Governo di Budapest.
(5-00490)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la diffusione dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (Rf-Emf) sta aumentando e gli effetti sulla salute sono ancora sotto esame;

   l'Rf-Emf promuove lo stress ossidativo, una condizione implicata nell'insorgenza del cancro, in diverse malattie acute e croniche e nell'omeostasi vascolare;

   sebbene alcune evidenze siano ancora controverse, l'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato Rf-Emf come «possibile cancerogeno per l'uomo» e studi più recenti hanno suggerito effetti riproduttivi, metabolici e neurologici di Rf-Emf, che sono anche in grado di alterare la resistenza agli antibiotici batterici;

   uno degli studi più ampi, a cura del programma nazionale di tossicologia degli Usa (National Toxicology Program), ha dimostrato un aumento significativo dell'incidenza del cancro cerebrale e di tumore al cuore negli animali esposti a campi elettromagnetici anche a livelli inferiori a quelle di cui alle attuali linee guida della Commissione internazionale sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Icnirp);

   anche recenti studi dell'istituto Ramazzini evidenziano un aumentato rischio sia per i tumori alla testa sia per gli schwannomi, il più pericoloso dei quali è il tumore cardiaco. Tali risultati, basati sulla sperimentazione animale, insieme agli ultimi studi epidemiologici sugli utilizzatori di cellulari dell'oncologo Lennart Hardell, fanno concludere agli studiosi che è tempo di aggiornare la classificazione Iarg. Al momento, infatti la Iarg classifica la radiofrequenza come «possibile cancerogeno per l'uomo», perché si basa solo su risultati epidemiologici ma non su studi in vivo, che oggi fanno propendere per la classificazione «probabile cancerogeno» di classe 1A o, come suggerito da Hardell, «cancerogeno certo» di classe 1;

   in questo scenario in evoluzione, anche se gli effetti biologici dei sistemi di comunicazione 5G sono scarsamente studiati, è iniziato un piano di azione internazionale per lo sviluppo di reti 5G;

   osservazioni preliminari hanno mostrato che il Mmw aumenta la temperatura della pelle, altera l'espressione genica, promuove la proliferazione cellulare e la sintesi di proteine legate allo stress ossidativo, nonché processi infiammatori e metabolici, può generare danni oculari e influenzare le dinamiche neuromuscolari (Di Ciaula, Int. J. Hyg. Environ. Health, Epub 2018);

   secondo diversi scienziati sono necessari ulteriori studi per esplorare in modo migliore e indipendente gli effetti sulla salute di Rf-Emf in generale e di Mmw in particolare. Tuttavia, i risultati disponibili sembrano sufficienti per dimostrare l'esistenza di effetti biomedici, per invocare il principio di precauzione, per definire i soggetti esposti come potenzialmente vulnerabili e per rivedere i limiti esistenti (Di Ciaula, Epub 2018);

   oltre 170 scienziati di tutto il mondo hanno rivolto un appello alle istituzioni dell'Unione europea per chiedere il blocco della tecnologia 5G a causa delle crescenti preoccupazioni per l'aumento delle radiazioni da radiofrequenza e dei relativi rischi per la salute a cui sono sottoposti i cittadini europei;

   ai sensi dell'articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la responsabilità primaria di proteggere la popolazione dai potenziali effetti nocivi dei campi elettromagnetici appartiene agli Stati membri, inclusa la scelta delle misure da adottare in base a età e stato di salute;

   la tutela e la salvaguardia della salute umana e la tutela ambientale sono valori di rilievo costituzionale, nonché beni inalienabili (articolo 9, secondo comma e articolo 32, primo comma) –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che l'esposizione superi i nuovi standard di esposizione massima totale dell'Unione europea su tutti i campi elettromagnetici per proteggere i cittadini, in particolare i neonati, i bambini e le donne in gravidanza;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per definire standard di esposizione massima totale sicuri per la salute dei cittadini.
(4-01151)


   COMAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la società Sovea di Codogno ha chiesto l'autorizzazione a costruire su prato verde un impianto di compostaggio per produrre cippato e compost, trattando rifiuti verdi e agricoli, nel territorio di Crotta d'Adda (Cr), in una zona agricola caratterizzata dalla presenza di altri corsi d'acqua minori e da una consistente rete di canali irrigui che ne contrassegnano profondamente il paesaggio;

   il centro abitato di Crotta d'Adda si trova ad una distanza di soli 700 metri a sud dell'area di progetto, e il centro abitato di Acquanegra Cremonese a 1,65 chilometri verso Est;

   l'intero lotto sarà interessato da nuove edificazioni; si prevede lo stoccaggio in cumulo dei rifiuti in ingresso e le emissioni generate dall'attività sono principalmente di tipo diffuso, e non convogliabili, dovute alla movimentazione dei materiali, alle fasi cosiddette di «pretrattamento» come la sfibratura, macinazione, vagliatura e altro e al transito dei mezzi in arrivo e in uscita dall'impianto;

   la carenza normativa sulla definizione univoca dell'impatto olfattivo ha permesso, secondo l'interrogante, un calcolo delle emissioni odorigene nell'area massima calcolabile, ivi comprese le strade di collegamento, che non ha potuto fare a meno di dichiarare una capacità di emissione di odori comunque superiore alla soglia consigliata dalla regione Lombardia, sia a Ca’ de’ Tocchi, frazione di Acquanegra, sia a Fornace, frazione di Crotta d'Adda, che nel centro abitato di Crotta;

   secondo la sentenza della Corte di Cassazione numero 12.019 del 23 marzo 2015, che stabilisce che gli odori molesti sono illeciti anche se provengono da impianti autorizzati e che il limite da non superare è quello della «stretta tollerabilità», si configura il reato, in caso di molestie olfattive gravi, equiparato al lancio di oggetti pericolosi, qualora l'odore rechi effettivamente disturbi rilevanti per i cittadini;

   i cittadini locali sono preoccupati, non condividendo lo studio ambientale preliminare che evidenzia emissioni di polveri esclusivamente di tipo diffuso, equiparabili a quelle di una attività agricola e provenienti da operazioni di triturazione, vaglio, sfibratura, macinazione;

   analisi effettuate per un impianto simile, di portata molto inferiore, nel comune di Ghedi, evidenzia, invece, dati analitici per le polveri diffuse tra i 191 e 79 microgrammi al metro cubo (polveri totali) e tra 81 e 46 microgrammi al metro cubo per il PM10, ossia valori superiori del limite annuo della qualità dell'aria fissato in 50 microgrammi per metro cubo per le aree abitate e in 40 microgrammi per metro cubo per le aree verdi e protette;

   il tragitto dei camion, in entrata e in uscita dalla sede del progetto, attraverserebbe la località residenziale e artigianale di Fornace, con una frequenza di 106 camion al giorno che inquieta i residenti, passando peraltro per ponti che richiedono verifiche strutturali e manutenzione;

   con riferimento alla viabilità di accesso all'area, la comunicazione inoltrata da regione Lombardia ad Agenzia interregionale per il fiume Po sollecita l'AIPO, stante l'opportunità di verificare il buono stato di manutenzione e l'idoneità dei ponti in questione a sostenere il transito veicolare, a prendere contatti con gli enti gestori delle strade al fine di concordare le verifiche tecniche del caso. Risulta all'interrogante che tali verifiche non sarebbero ad oggi state eseguite –:

   se il Governo alla luce del caso evidenziato in premessa, intenda assumere iniziative normative per modificare le disposizioni sia di carattere procedurale, sia in ordine alle emissioni odorigene che attualmente sono consentite nella realizzazione delle centrali di compostaggio, affinché sia garantita la qualità dell'aria e l'incolumità dei cittadini.
(4-01158)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» ha avviato la sua attività nell'agosto 2016, grazie a un finanziamento della regione Puglia per il rilancio complessivo della produzione e distribuzione della musica classica in ambito regionale, con l'obiettivo di salvaguardare, potenziare e modernizzare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica dell'Orchestra leccese (già orchestra sinfonica della provincia di Lecce e orchestra sinfonica «Tito Schipa»);

   l'orchestra sinfonica della provincia di Lecce e l'orchestra sinfonica «Tito Schipa», in liquidazione, era in possesso della qualifica di istituzione concertistico orchestrale, riconosciuta ai sensi dell'articolo 28, comma 4, della legge 14 agosto 1967 n. 800;

   nel corso del 2015, con provvedimento del direttore generale dello spettacolo dal vivo pro tempore, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha bloccato il contributo triennale proveniente del Fondo unico per lo spettacolo (ex articolo 20 del decreto ministeriale 1° luglio 2014, n. 71) al complesso concertistico orchestrale Tito Schipa di Lecce, gestito, fino all'anno 2015, dall'omonima fondazione, pur avendo la competente commissione ministeriale già attribuito il riconoscimento come istituzione concertistica orchestrale (I.C.O.);

   la cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» si pone in continuità con le attività dell'ex Fondazione Ico Tito Schipa di Lecce e nasce con l'obiettivo di non disperdere un importante patrimonio musicale, costruito in oltre quarant'anni di attività concertistica dell'orchestra leccese;

   la cooperativa «OLES» ha, tra le sue finalità, la promozione e la diffusione della cultura musicale in Italia e all'estero attraverso la realizzazione di stagioni sinfoniche e liriche;

   la cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» ha dato particolare impulso alle attività concertistiche svolte nelle scuole e in numerose località della Puglia normalmente escluse dai circuiti concertistici di qualità, occupa circa sessanta lavoratori e offre l'opportunità a tanti giovani musicisti di trovare uno sbocco occupazionale adeguato al loro livello di preparazione;

   appare indispensabile che il riconoscimento ministeriale per il triennio 2018/2020 tenga in debita considerazione la sostanziale continuità dell'attività dell'orchestra, oggi costituita nella cooperativa «Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento – OLES», e un tempo gestita dalla omonima fondazione «Tito Schipa di Lecce», al di là della diversa soggettività giuridica –:

   quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, per il rilancio dell'attività della cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES» nel territorio di Lecce e della Puglia;

   se il Ministro interrogato, sentita la Commissione Consultiva per la Musica, intenda riconoscere con proprio decreto la qualifica di «Istituzione concertistica orchestrale» alla cooperativa «Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento – OLES».
(4-01153)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BIGNAMI, MARTINO, GIACOMONI, CATTANEO, BARATTO, ANGELUCCI e BENIGNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso degli ultimi anni, il costo del carburante utilizzato per il trasporto privato ha subito notevoli variazioni ed aumenti;

   in particolare, l'aumento maggiore si è registrato per i due carburanti più utilizzati nel nostro Paese ovvero il gasolio e la benzina;

   l'Italia risulta essere al secondo posto, in un ordine decrescente, per entrambi i prodotti, preceduta solo dall'Olanda per la benzina e dall'Inghilterra per il gasolio;

   tuttavia, nonostante il costo del petrolio a livello mondiale negli ultimi 5 anni sia rimasto essenzialmente stabile, a ciò non è corrisposto un altrettanto stabile adeguamento del prezzo alla pompa dei due carburanti;

   tutto questo è dovuto, in particolare, ad un aumento costante delle accise sul carburante che influiscono, insieme all'imposta sul valore aggiunto per circa il 63 per cento del totale del costo;

   in concomitanza con il recepimento nell'ordinamento italiano delle direttive in materia di accise a decorrere dal 1° gennaio 1993, le preesistenti imposte di fabbricazione che gravavano sui carburanti sono venute a cessare e sono state sostituite dalle accise, le cui aliquote sono state stabilite dal legislatore nazionale nel rispetto, naturalmente, dei livelli minimi comunitari;

   negli ultimi 15 anni, molte di queste accise sono servite ai vari Governi sia per finanziare situazioni di emergenza come terremoti e alluvioni, che per esigenze di bilancio meno «nobili»;

   sebbene la riforma attuata sotto il governo Dini attraverso il decreto legislativo n. 504 del 1995, abbia inquadrato all'interno di un testo unico l'elenco di tutti i prodotti energetici assoggettati a imposizione secondo le aliquote di accisa vigenti nel momento di entrata in vigore del testo, non è chiaro se le accise introdotte in particolar modo nella prima metà del secolo scorso, siano ancora in vigore e catalogate secondo le voci «originarie» o più semplicemente ricomprese all'interno della fiscalità generale;

   inoltre, non appare chiaro quali siano attualmente le componenti dell'aliquota delle accise, quali siano quelle riferite a situazioni straordinarie ora cessate e se sia sempre stata rispettata l'originaria finalizzazione delle risorse –:

   quali elementi il Governo intenda fornire alla luce di quanto descritto in premessa e con quali tempistiche intenda adottare iniziative per procedere alla riduzione del costo fiscale della benzina, come determinato dall'introduzione delle accise.
(5-00480)


   FREGOLENT, MARCO DI MAIO e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante la legge di bilancio per il 2018, all'articolo 1, comma 728, ha sancito, con norma interpretativa autentica, che con riferimento ai manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all'esercizio dell'attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto, aventi una propria autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientra nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione la sola porzione destinata ad uso abitativo e di servizi civili;

   dalla norma citata si desume quindi che si considerano assoggettabili a imposizione anche i manufatti situati nelle acque territoriali;

   come riportato da alcuni organi di informazione, la commissione tributaria provinciale di Forlì avrebbe accolto il ricorso dell'Eni avverso al pagamento dell'imu per le piattaforme ubicate al largo delle coste di Cesenatico, procurando un mancato introito per le casse comunali di circa tre milioni e 800 mila euro per gli anni 2014-2015;

   la motivazione è che un impianto situato in acque costiere non risulta accatastabile e, conseguentemente, assoggettabile a tributi comunali, ciò nonostante la pronuncia della Corte di cassazione dell'ottobre 2017 che ribadiva i principi della precedente sentenza, n. 3618/2016, con la quale aveva definito chiaramente l'imponibilità di tutti i fabbricati siti nel territorio dello Stato comprese le costruzioni sospese o galleggianti stabilmente assicurate al suolo (articolo 4 del regio decreto-legge n. 652 del 1939);

   sorprende quindi la decisione della commissione tributaria, anche in riferimento ad alcune pronunce emesse in sede giurisdizionale;

   risulta ad avviso degli interroganti sorprendentemente anomalo anche il comportamento di Eni che, in altre realtà come Termoli e Vasto, pagherebbe regolarmente l'imu, in assenza di contenzioso con le commissioni tributarie locali;

   si tratta di una evidente anomalia che però rischia di pesare in maniera rilevante a danno degli enti locali interessati e dei propri cittadini, con particolare riferimento al comune di Cesenatico –:

   se il Governo non ritenga di assumere le necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire la piena applicazione del citato articolo 1, comma 728, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ponendo termine a un contenzioso tributario avviato da numerosi anni tra concessionari di impianti in acque territoriali e comuni costieri ed evitando ingiustificate penalizzazioni a danno degli enti locali interessati.
(5-00481)


   TRANO, LIUZZI e RUGGIERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 1/DF del 20 novembre 2017 concerne l'applicazione della quota variabile della Tari sulle pertinenze delle abitazioni catastalmente distinte;

   il Ministero chiarisce che, con riferimento alle pertinenze dell'abitazione, appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell'utenza domestica;

   pertanto, laddove il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, si prevede che lo stesso possa chiedere il rimborso del relativo importo a partire dall'annualità 2014;

   per quanto riguarda, in particolare, l'istanza di rimborso in parola, il documento di prassi fa presente che la stessa deve essere proposta entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento;

   ciò premesso e considerato, l'interpretazione fornita ha messo in difficoltà comuni che avevano applicato diversamente la disposizione legislativa, ritenendo corretto esigere la quota variabile familiare anche sulle pertinenze;

   posta la doverosa copertura integrale dei costi del servizio, l'applicazione retroattiva dei nuovi criteri fa sorgere un credito per indebito pagamento a favore dell'utenza domestica con pertinenza e contestualmente, vista l'invarianza dei costi per l'amministrazione e la volontà di non gravare sulla fiscalità generale, una posizione debitoria a carico degli altri contribuenti;

   una soluzione idonea a garantire il ripristino del corretto riparto dei costi del servizio potrebbe consistere nel ricalcolo delle tariffe per gli anni 2014-2015-2016-2017 secondo il nuovo criterio applicativo, con conseguente richiesta della differenza a conguaglio ovvero rimborso dell'eccedenza versata per singola utenza;

   in tal modo, garantendo comunque la copertura integrale dei costi del servizio e la neutralità dell'operazione per l'ente, le somme rimborsate troverebbero piena compensazione con le maggiori entrate incassate dai soggetti che hanno indebitamente fruito di una tassazione inferiore;

   alcuni comuni, tra l'altro, ritengono di poter procedere ai rimborsi d'ufficio, senza necessità di un'apposita istanza, atteso che si tratta spesso di privati cittadini ignari del diritto di credito vantato –:

   se reputi corretto l'operato dei comuni indicato in premessa, ovvero quali altre soluzioni possano legittimamente adottare con riguardo alla problematica segnalata.
(5-00482)


   CENTEMERO, ALESSANDRO PAGANO, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sono più di due milioni le imprese minori che rischiano di fallire, per colpa della norma, introdotta nel 2017, che esclude il riporto delle perdite per le imprese in regime di contabilità semplificata (articolo 18, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600), di cui circa 439 mila società di persone, tra società in nome collettivo e società in accomandita semplice, e un milione e 760 mila imprenditori individuali;

   dal 2017, le imprese minori in regime di contabilità semplificata possono determinare il reddito con il cosiddetto criterio di cassa, cioè il criterio tipico applicato dagli esercenti arti o professioni; il criterio di cassa vale anche per i versamenti fatti e per i corrispettivi ricevuti a titolo di acconto; è possibile però optare per la determinazione del reddito sulla base delle registrazioni fatte nel libro degli acquisti e nel registro delle fatture e dei corrispettivi, cosiddetto «criterio delle registrazioni»;

   in base a tale normativa, le perdite delle imprese in contabilità semplificata sono compensabili con i redditi di altra natura dichiarati nello stesso anno, ma non possono essere riportate negli anni successivi; il regime di contabilità semplificata prevede la deduzione integrale delle rimanenze finali nel primo anno in cui si applica il criterio di cassa;

   il «passaggio» dal criterio di competenza a quello di cassa prevede perciò la rilevanza, come componente negativo, dell'importo delle rimanenze finali che, nella stragrande maggioranza delle imprese commerciali, determinerebbe una chiusura in perdita che, per legge, non potrà essere riportata negli anni successivi;

   la mancata previsione del «riporto» delle perdite in anni successivi, oltre ad essere un obbrobrio contabile, può comportare gravi conseguenze per le imprese con rimanenze finali di ammontare elevato;

   è evidente che, senza il riporto delle perdite, derivante dalla deduzione delle rimanenze finali nel primo anno di «passaggio» al criterio di cassa (lo stesso problema riguarda le imprese che optano per il «criterio delle registrazioni»), il regime di contabilità semplificata rischia di far fallire le imprese –:

   quali iniziative intenda adottare per scongiurare il rischio di fallimento di oltre due milioni di imprese eventualmente introducendo una norma correttiva, che, in caso di perdite, consenta il riporto delle stesse negli anni successivi, senza limitazione alcuna.
(5-00483)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del consiglio comunale n. 1 del 14 gennaio 2016 il comune di Castellaneta (Taranto) ha avviato la procedura di riequilibrio finanziario ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 e con delibera del consiglio comunale n. 20 del 2016 ha approvato il piano di riequilibrio finanziario;

   il 9 maggio 2016 alcuni consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti di Bari e al Ministero dell'interno osservazioni critiche al piano di riequilibrio;

   il 19 maggio 2016 il Ministero ha trasmesso al comune richieste di chiarimenti sul contenuto del piano che l'ente, il 18 giugno 2016, ha controdedotto;

   con delibera del consiglio comunale n. 38 del 2016 il comune ha rimodulato il piano di riequilibrio, in quanto erano stati acquisiti i seguenti finanziamenti:

    1) 2.000.000 euro dal fondo di rotazione regionale istituito con legge regionale n. 15 del 2016;

    2) 4.550.000 euro a fondo perduto dal Governo (legge n. 160 del 2016);

   nel mese di luglio e il 25 ottobre 2016 i consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti e al Ministero ulteriori osservazioni, evidenziando:

    a) la violazione dei princìpi di rappresentazione veritiera dei dati contabili di partenza, di quantificazione attendibile della situazione debitoria e dell'equilibrio del bilancio;

    b) l'obliterazione reiterata dei debiti fuori bilancio, la situazione deficitaria strutturale e l'elusione del patto di stabilità;

    c) l'incapacità di riscossione delle entrate riscontrata dai mancati versamenti al comune del riscosso dalla ditta concessionaria;

   con variazione di bilancio le somme previste per l'ultima rata del risarcimento delle 34 vittime del palazzo crollato nel 1985 sono state utilizzate per la ripavimentazione di strade cittadine e la costruzione di una tensostruttura per alcuni milioni di euro;

   nel rendiconto di gestione 2016, approvato con delibera del consiglio comunale n. 27 del 2017, appare all'interrogante non correttamente ricostruita l'esposizione debitoria del comune;

   inoltre, l'istituzione di fondo di rotazione regionale per 2 milioni di euro, di cui alla legge regionale n. 15 del 2016, utilizzato per pagare un debito fuori bilancio non riconosciuto dal consiglio, è stato censurato dalla Corte dei conti definito «anticipazione di liquidità»; esso non può rappresentare una risorsa aggiuntiva per copertura di spese o disavanzi, bensì è un istituto di natura finanziaria per fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati (Corte costituzionale, sentenza n. 181 del 2015);

   il piano di riequilibrio appare altresì inattendibile, in quanto, ad avviso dell'interrogante, sovradimensiona ipotetiche entrate che risulterebbero di difficile realizzazione –:

   se la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali abbia effettuato la prescritta istruttoria e compiuto una valutazione del piano presentato dal comune di Castellaneta e, in caso contrario, quali ne siano le ragioni;

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per una rapida conclusione dei lavori della citata Commissione, con la redazione della relazione di cui all'articolo 243-quater del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, sì da evitare che il comune permanga nell'attuale situazione di incertezza contabile.
(4-01143)


   FRUSONE, TRANO, SEGNERI, ILARIA FONTANA e DAGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella provincia di Frosinone la gestione del servizio idrico integrato è gestito dalla società Acea Ato 5, controllata quasi per la sua interezza dalla holding Acea spa;

   tale gestione ha creato innumerevoli disagi ai cittadini e in molti sono ora in stato di contestazione con il gestore, senza considerare i diversi ricorsi che pendono davanti ai tribunali;

   con decreto del 22 febbraio 2016 pubblicato il 10 marzo 2016 (16A01974), il Ministro pro tempore Padoan ha disposto che «ravvisata la rilevanza pubblica dei crediti vantati dalla società Acea Ato 5 spa, in quanto relativi ad un servizio pubblico essenziale e nella considerazione che l'equilibrio economico-finanziario del gestore del servizio idrico integrato consenta di assicurare nel tempo la sostenibilità e la qualità delle risorse idriche; (...) è autorizzata la riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati dalla Società Acea Ato 5 spa – Gruppo Acea spa nei confronti degli utenti del servizio idrico integrato nell'ambito territoriale ottimale n. 5 Lazio meridionale – Frosinone»;

   l'autorizzazione è stata concessa ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 46 del 1999;

   la richiamata disposizione, prevede che può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate di alcuni enti pubblici, nonché quella della tariffa di cui all'articolo 156 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Inoltre, il comma 3-bis attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la possibilità di autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazione pubblica, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti adempiendo alla procedura di cui al comma 3-ter;

   l'interpretazione resa incidentalmente dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 335 del 2008, attribuisce alla tariffa la natura di corrispettivo contrattuale «... si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel contratto di utenza» ed ha ritenuto inapplicabili «quelle modalità di riscossione mediante ruolo, che sono tipiche (anche se non esclusive) dei prelievi tributari»; quasi a voler escludere, o in ogni a caso a limitare, la riscossione mediante ruolo di corrispettivi di natura privatistica. Dunque, la riscossione mediante ruolo dovrebbe, considerarsi riservata ai soli enti pubblici in senso soggettivo, e non può estendersi, per il rilevato divieto di analogia, alle società private, quantunque integralmente possedute da enti pubblici;

   inoltre, il comma 3-ter dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 46 del 1999 prevede che, in caso di emanazione dell'autorizzazione alla riscossione a mezzo ruolo, la società interessata procede all'iscrizione a ruolo «dopo aver emesso, vidimato e reso esecutiva un'ingiunzione conforme all'articolo 2, primo comma, del testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639», ponendo come condizione alla riscossione a mezzo ruolo la preventiva costituzione di un valido titolo esecutivo (rappresentato nella specie dall'ingiunzione fiscale);

   tale procedura sta colpendo sia morosi conclamati sia soggetti che hanno aperto una procedura conciliativa con il gestore e che ricevono comunque l'ingiunzione fiscale, avendo quindi come unica difesa il ricorso al giudice ribaltando le parti –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per revocare l'autorizzazione concessa con decreto ministeriale 22 febbraio 2016 per i motivi esposti in premessa e in considerazione delle conciliazioni e dei ricorsi in atto;

   se intenda assumere un'immediata iniziativa normativa che limiti la possibilità per i soggetti privati, anche a partecipazione pubblica, di far uso delle procedure di riscossione descritte in premessa a tutela dei consumatori e degli utenti, considerando anche l'attuale uso dello strumento dell'ingiunzione fiscale.
(4-01145)


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane s.p.a., maggior operatore in Italia del servizio postale, è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze (29,26 per cento) e partecipata da Cassa depositi e prestiti (35 per cento) dall'ottobre 2017 è quotata alla borsa di Milano;

   fino al 2030 il servizio universale è affidato a Poste in base al contratto di programma che ne regola i rapporti con lo Stato, perché sia garantita la fornitura dei servizi a cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Sulla base di tale contratto l'azienda riceve un contributo importante, dalle casse pubbliche, i cui servizi come già segnalato nel corso della XVII legislatura appaiono progressivamente meno adeguati alle esigenze dei cittadini;

   proprio nel corso della passata legislatura (2013-2018) è stato possibile rilevare da parte dell'azienda l'adozione di un piano di razionalizzazione dei servizi, in termini di economicità ed efficienza, che sta avendo gravi e preoccupanti ripercussioni sul diritto dei cittadini e delle imprese ad un servizio postale universale;

   sulla scorta di questo preoccupante percorso di razionalizzazione, Poste Italiane s.p.a. ha lanciato nel mese di febbraio 2018, il piano quinquennale «deliver 2022» attraverso cui l'azienda stessa si dice orientata «sullo sviluppo digitale, sull'automazione e sulla riorganizzazione del modello di servizio nei confronti della clientela retail, Business e Pubblica Amministrazione»;

   nel piano si interviene su tutti i servizi con un evidente rafforzamento e sviluppo di quelli più remunerativi quali quelli finanziari e assicurativi, a sostanziale sfavore di quelli di corrispondenza e di recapito come l'interrogante sta avendo modo di rilevare su tutto il territorio nazionale;

   il personale addetto alla consegna della posta nei comuni di Massa, Viareggio, Pietrasanta e Massarosa e, a partire dal mese di settembre 2018, di tutta la provincia di Pisa, stanno subendo già le prime difficoltà di questa nuova organizzazione del servizio postale che si traducono in turnazioni più disagevoli, a giorni alterni, e raddoppiamento delle aree territoriali da coprire (http://m.iltirreno.gelocal.it);

   nello specifico la nuova riorganizzazione postale prevede un taglio di circa il 50 per cento delle zone di recapito e di conseguenza del numero di addetti alle consegne. L'azienda esclude licenziamenti – anche se, come denunciano dai lavoratori con contratto di lavoro a termine, sarebbero circa otto mila i posti a rischio dopo l'approvazione del cosiddetto decreto dignità (https://www.2anews.it) – e gli esuberi sarebbero ricollocati in varie modalità. Chi resta, invece, come addetto alle consegne svolgerà la propria attività a giorni e a zone alterne; di fatto il servizio di recapito nelle zone interessate verrà ridotto della metà;

   le condizioni lavorative del personale di Poste Italiane appaiono in progressivo peggioramento come risulta ad esempio dalla segnalazione sindacale unitaria di Cgil, Cisl e Uil inviata all'azienda il 18 luglio 2018 avente per oggetto controlli effettuati nella città di Roma in modo a dir poco inappropriato e irrituale con atteggiamenti intimidatori e senza alcuna identificazione;

   a tale condizione esasperante per gli operatori si aggiunge quella altrettanto critica per i cittadini, soprattutto quelli di alcune aree del Paese, che ricevono un servizio inadeguato e dalle scarse performance, quali oltre a quelli già indicati in Toscana, anche quelli del mantovano, come pubblicato dalla gazzetta di Mantova il 22 luglio 2018 e in vari comuni della città metropolitana di Roma come segnalato dal sito di informazione Roma Today –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto illustrato e della grave e preoccupante riorganizzazione che sta interessando il servizio postale in Italia e se non ritengano di intervenire affinché Poste Italiane s.p.a. rispetti e garantisca un servizio postale adeguato alle esigenze dei cittadini e accettabile non solo sul piano meramente finanziario.
(4-01154)


   DADONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 agosto 2018 il crollo del ponte Morandi di Genova ha sollevato l'attenzione sulla società Atlantia Spa concessionaria dell'autostrada A10;

   in data 18 agosto 2018 il quotidiano «La Stampa» – edizione della provincia di Cuneo – ha riportato un'intervista a Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo nella quale si evince 1) che la stessa Fondazione, nel corso del 2017, ha acquistato circa 50 milioni di euro della società Atlantia S.P.A., cifra che rappresenta circa il 3 per cento del patrimonio della fondazione e lo 0,27 per cento della società acquistata. 2) Dopo l'acquisto di tali azioni il dottor Genta, ad aprile 2018, è divenuto presidente del collegio sindacale della Società autostrade S.p.a.;

   dal momento del disastro, le azioni Atlantia hanno perso circa il 20 per cento del valore azionario e la fondazione Cassa di risparmio di Cuneo circa 10 milioni di euro;

   la nomina del dottor Genta come presidente del collegio sindacale della società Autostrade S.p.a. appare collegata, almeno nei tempi, all'acquisto di azioni Atlantia;

   da quanto riportato dal giornale «Lo Spiffero» il dottor Genta, prima di assumere la carica di presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, è stato anche consigliere della Fondazione Cassa di risparmio di Torino che, a sua volta possiede il 5.06 per cento delle azioni Atlantia e che ha perso circa 260 milioni di euro;

   in altri termini, un ex consigliere della Fondazione Cassa di risparmio, che possiede il 5,06 per cento delle azioni Atlantia, è stato nominato presidente della Fondazione Cassa di risparmio in data 18 aprile 2016; la stessa Fondazione, dopo la nomina e nel corso del 2017, ha acquistato 50 milioni di euro di azioni Atlantia e il suo presidente è stato nominato presidente del collegio sindacale di una società controllata da Atlantia;

   i due incarichi del dottor Genta potrebbero far sorgere il dubbio circa la sussistenza di un eventuale conflitto d'interesse visto che il presidente del collegio sindacale (organo che deve essere esterno alla società) è anche presidente di una Fondazione azionista della società medesima –:

   se il Ministro interrogato, visto quanto riportato in premessa e in forza dei poteri vigilanza previsti dalla legge in materia di fondazioni bancarie, non ritenga opportuno effettuare le verifiche di competenza al fine ai dissipare qualsiasi dubbio in merito alla compatibilità dall'incarico di presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con gli altri incarichi ricoperti dal dottor Genta;

   in che data la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino abbia acquistato le azioni Atlantia e quale ne sia la quantità;

   se le azioni siano state comprate sul libero mercato o da altra Fondazione;

   quale sia stato il loro valore di acquisto.
(4-01157)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il provveditore alle opere pubbliche interregionale per il Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (ex magistrato delle acque), dottor Roberto Linetti, nel corso della sua recente audizione presso la VIII Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera dei deputati in merito alle opere relative al completamento del Mose ha rilasciato una serie di dichiarazioni che meritano un adeguato chiarimento da parte del Ministro interrogato;

   per quanto concerne la localizzazione dei cantieri finalizzati alla manutenzione della citata opera infrastrutturale ha confermato, quanto già emerso anche dagli organi di informazione, cioè di aver rinviato la competente conferenza di servizi circa l'area dell'Arsenale;

   il provveditore ha infatti sostenuto di voler valutare costi-benefici circa l'area individuata per riconsiderare l'ipotesi di localizzarli presso l'area «Pagnan», lungo il canale industriale sud di Porto Marghera;

   nel nostro ordinamento vige il decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228, concernente l'attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche;

   occorre un chiarimento necessario finalizzato a verificare quale procedure intende attivare per la cosiddetta valutazione del criterio costi-benefici rispetto alle opere da realizzare;

   suddetto chiarimento è importante anche in relazione ai tempi di completamento di tutti gli interventi correlati alla importante opera strategica –:

   se il provveditore abbia già provveduto a nominare una commissione di verifica «costi-benefici» circa il sito da individuare come area di manutenzione delle opere del Mose e sulla base di quali criteri sia stata o verrà scelta;

   se in questo ambito verrà valutato anche l'impatto sul traffico mercantile lungo i canali portuali e se sia già stato fissato un limite temporale entro il quale la suddetta commissione sarà in grado di fornire ufficialmente una imparziale relazione tecnica a supporto della decisione da assumere.
(5-00492)


   PRISCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 1o agosto 2018 gli abbonamenti dei pendolari che si muovono sulla tratta ferroviaria Terni-Roma hanno subìto un aumento del 7 per cento;

   a fronte di tali aumenti si rileva che le condizioni igieniche dei convogli sono rimaste quantomeno critiche e gli stessi convogli risultano in pessime condizioni, vecchi e obsoleti;

   inoltre, resta irrisolta l'annosa questione dei disservizi da ritardo quotidianamente offerti da Trenitalia ai pendolari che ogni giorno sono costretti, per questioni di studio e soprattutto di lavoro, a spostarsi dalle stazioni ferroviarie della provincia di Temi verso la Capitale;

   il disagio dei pendolari risulta pienamente comprensibile, come anche il risentimento espresso a fronte del rincaro che è stato loro comunicato direttamente allo sportello in fase di rinnovo dell'abbonamento;

   a fronte dell'incremento del prezzo degli abbonamenti, Trenitalia avrebbe dovuto provvedere a sostituire gli attuali convogli, facendo corrispondere all'innalzamento dei costi a carico degli utenti una congrua riqualificazione del «servizio» offerto;

   l'odissea dei pendolari ternani si protrae da anni, fra carrozze vecchie, impianti di aria condizionata non funzionanti, bagni fuori uso, porte bloccate, prese per la corrente inutilizzabili, vagoni sovraffollati, utilizzo obbligato delle vecchia linea ferroviaria in caso di problemi –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire che siano adottate concrete misure volte ad alleviare i disagi di tutti coloro che quotidianamente sono costretti a viaggiare in condizioni incompatibili con gli standard di un Paese che aspiri a definirsi civile.
(5-00493)

Interrogazione a risposta scritta:


   ORLANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i lavori di realizzazione del terzo lotto della variante Aurelia Spezia, interamente finanziati e dal valore di circa 120 milioni di euro, sono fermi; il cantiere è oggi uno scheletrone che deturpa il paesaggio e crea enormi disagi alla città, attualmente realizzato per circa il 40 per cento;

   centinaia di lavoratori hanno perso il lavoro e le ditte dell'indotto sono in enorme difficoltà finanziaria e sociale;

   La Spezia vede bloccata un'opera che garantirebbe sollievo dal traffico urbano in un'area di enorme rilevanza strategica per l'economia, logistica e turistica; il Porto della Spezia è in sofferenza perché una via d'accesso fondamentale per il traffico merci è rimasta incompiuta;

   da quando la Toto Costruzioni è subentrata nell'appalto, si è aperta una polemica feroce tra la stessa Toto e l'Anas riguardante varianti al progetto che sarebbero necessarie, tra l'altro, per mettere in sicurezza idrogeologica l'abitato di Carozzo, interessato dallo scavo di una galleria;

   la trattativa tra le parti circa gli interventi necessari e il loro costo si è trascinata per un anno e ha portato alla rottura del contratto da parte della Toto, con conseguente abbandono del cantiere e apertura del contenzioso;

   inoltre, la Toto sostiene che sia bloccata dal 2016 la definizione di un protocollo tra Anas e Rfi relativo alla galleria Fornaci 1 e che ciò paralizzi il prosieguo dei lavori, causa di disagi e traffico aggiuntivo ai quartieri della Pieve e del Favaro, che si sommano a quelli delle zone di Buonviaggio e Melara;

   nel dicembre 2017 il capo dipartimento dell'Anas Liguria dichiarò che i lavori sarebbero ripartiti a strettissimo giro poiché era stata concordata una soluzione tra Anas e Toto;

   nella legge di bilancio per il 2018 l'interrogante si è impegnato per reperire 20 milioni di euro per il 2019 e per il 2020 per l'ulteriore raccordo dell'opera con gli accessi al porto e alla rete autostradale;

   l'annuncio della volontà di rescindere il contratto da parte di Toto costruzioni nel giugno 2018 ha portato alla totale paralisi del cantiere;

   a seguito di tale decisione l'Anas ha proceduto alla risoluzione del contratto per grave inadempimento, oltre a richiedere i danni e avviare le procedure per il riappalto dei lavori per stralci funzionali, al fine di rendere fruibili i tratti di volta in volta completati –:

   se sia previsto un potenziamento temporaneo sino al termine dei lavori della struttura di Anas compartimento Liguria, notevolmente oberata di lavoro dopo il dramma che ha colpito Genova a seguito del crollo del «fonte Morandi» e che non appare in grado di seguire, con le forze a disposizione, tutte le opere in Liguria;

   se si stia procedendo al riappalto dell'opera per stralci funzionali e quali siano i tempi previsti per la procedura di appalto di ciascun lotto e per il termine dei lavori;

   se siano stati previsti interventi per la messa in sicurezza del cantiere, delle strutture e delle attrezzature presenti nell'area, per proteggerle da intrusioni e dalle intemperie, in attesa che i lavori riprendano; quali ditte e con quali risorse provvederanno a questi necessari interventi;

   quali interventi straordinari si stiano predisponendo, nelle more della realizzazione dell'opera per sostenere la viabilità cittadina, in particolare se siano stati previsti un potenziamento dei servizi ferroviari merci del porto e un ribasso delle tariffe da parte di Rete ferroviaria italiana, al fine di decongestionare la città dal traffico merci;

   quali misure straordinarie di sostegno agli oltre 80 lavoratori attualmente in «Naspi» siano state predisposte e se siano idonee a garantire che non rimangano senza tutele, sino alla piena ripresa dei lavori, favorendo un completo assorbimento con un'apposita clausola sociale in ciascuno dei lotti funzionali previsti.
(4-01142)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   con circolare n. 5064 del 19 settembre 2017 l'Autorità di Gestione ha comunicato agli ambiti beneficiari delle risorse di cui al Piano di azione coesione (Pac) che «il termine di conclusione delle attività del Programma è stato fissato al 30/06/2019, con un ulteriore semestre per il completamento delle attività di rendicontazione e controllo di primo livello delle operazioni compiute dai Beneficiari (31 dicembre 2019) e una successiva fase per le operazioni di chiusura definitiva del Programma (30 giugno 2020)»;

   con circolare n. 2406 del 4 aprile 2018 e circolare n. 3894 del 31 maggio 2018 l'Autorità di gestione ha comunicato agli ambiti territoriali il termine per la presentazione delle richieste di riprogrammazione e differimento del piano, finalizzate a garantire il pieno utilizzo delle risorse entro il termine di chiusura delle attività del programma, fissato al 30 giugno 2019;

   nella regione Puglia, le risorse Piano di azione coesione, sono in parte destinate alle famiglie più bisognose per garantire l'accesso ai servizi per la prima infanzia, come gli asili nido, e che molti ambiti territoriali hanno inteso finanziare il sistema dei voucher regionali, denominato «Buoni Servizio», proprio con le risorse Piano di azione coesione, per garantire alle famiglie pugliesi l'abbattimento della retta, per la frequenza di asili nido privati e convenzionati, nell'anno educativo 2018-2019;

   i due avvisi pubblici regionali, approvati con A.D. n. 865 del 15 settembre 2017, rivolti ai nuclei familiari per la presentazione della domanda di accesso agli asili nido, tramite l'utilizzo di buoni servizio, prevedono il riconoscimento del contributo dal 1° settembre al 31 luglio, di ciascun anno educativo;

   in queste ore gli ambiti territoriali sono impegnati nell'elaborazione delle graduatorie dei buoni servizio e dovranno procedere con la convalida delle singole domande, indicando le risorse finanziarie che garantiranno il contributo pubblico;

   alcuni ambiti territoriali hanno richiesto all'Autorità di gestione la spendibilità delle risorse Piano di azione coesione anche per tutto il mese di luglio 2019 garantendo, pertanto, il riconoscimento del beneficio per tutto l'anno educativo 2018/2019, realizzando anche l'obiettivo dell'utilizzo delle risorse del Piano di azione coesione;

   l'Autorità di gestione con specifiche comunicazioni di riscontro agli ambiti territoriali, negli scorsi giorni, ha ribadito che i servizi programmati e approvati, atteso che la conclusione dei servizi finanziati dal programma è fissata al 30 giugno 2019, non potranno essere ammessi a rendicontazione se erogati oltre il suddetto termine. Evidenziando inoltre che «le risorse PAC sono, per definizione programmatica, di natura aggiuntiva rispetto a quelle regionali e nazionali e non possono assumere carattere sostitutivo rispetto a queste ultime»;

   una circostanza questa, che imporrà agli ambiti territoriali esclusivo utilizzo delle risorse del Fondo sociale europeo/regionali per garantire il riconoscimento del beneficio alle famiglie pugliesi, per tutto l'anno educativo 2018/2019 (settembre 2018-luglio 2019), a fronte di domande già presentate e di preventivi di spesa già sottoscritti tra le strutture e le famiglie –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per riconoscere le spese sostenute nel mese di luglio 2019 concedendo un solo mese di proroga per gli interventi finanziati dal Programma nazionale per i servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti (Pnscia), per garantire un maggiore utilizzo delle risorsa di cui al Piano di azione coesione e una più larga platea di famiglie pugliesi beneficiarie dell'abbattimento dei costi per la frequenza degli asili nido durante tutto l'anno educativo 2018/2019, dandone comunicazione agli ambiti territoriali entro il 23 ottobre 2018, termine ultimo per l'approvazione delle graduatorie.
(5-00491)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 settembre 2018 dal centro governativo di prima accoglienza di via Regina Teodolindi, in città di Como, attivo dal settembre del 2016, sono stati trasferiti improvvisamente 70 cittadini migranti, ospiti del campo in attesa della definizione del percorso di riconoscimento del loro status giuridico; da quel che è stato possibile apprendere dagli organi di stampa le persone trasferite, tra cui quattro donne incinte, sono state trasportate negli hub di Torino e di Bologna, per poi essere ricollocati in altri centri di accoglienza straordinari, senza che sia stata fornita loro preventivamente alcuna spiegazione o indicazione della destinazione;

   il giorno successivo, in data 12 settembre 2018, si è appreso a mezzo di una nota ufficiale diffusa dal sottosegretario on. Nicola Molteni della decisione di chiudere definitivamente il campo di via Regina entro fine anno, non rinnovando pertanto la convenzione con la Croce rossa italiana, attiva fino al 31 dicembre 2018; tale decisione è stata comunicata a seguito di un incontro svoltosi a Roma presso il Viminale e presieduta dal sottosegretario Molteni a cui hanno partecipato il prefetto di Como Ignazio Coccia, il sindaco di Como Mario Landriscina, la vice sindaco di Como Alessandra Locatelli e il capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione Gerarda Pantaleone;

   tali decisioni sono state assunte e attuate, a quanto consta all'interrogante, senza nessun coinvolgimento né preventiva comunicazione alla Caritas diocesana che in questi anni ha collaborato attivamente, insieme a diverse altre realtà associative e di volontariato, alla gestione del campo di via Regina;

   il sindaco di Como Mario Landriscina ha dichiarato che «...neanche l'amministrazione aveva ricevuto alcuna notizia. Il trasferimento è stato gestito a livello governativo, che ha competenza in materia»;

   in città e sul territorio si sono registrate molte voci critiche, espressione di associazioni da sempre impegnate sul fronte della solidarietà e dell'accoglienza – dalle associazioni cattoliche comasche alla rete «Como senza frontiere» – nei confronti dell'operato delle istituzioni centrali e locali che hanno agito in modo unilaterale, senza nessun confronto o dialogo con quella parte di società comasca che in questi anni ha messo in campo in modo costruttivo e generoso disponibilità e risorse proprie per gestire al meglio l'accoglienza, anche nei momenti di maggiore criticità;

   le uniche motivazione addotte dai rappresentanti istituzionali che hanno assunto la decisione della chiusura immediata del campo sono le seguenti: «non sussistono più le esigenze d'interesse pubblico al mantenimento della struttura essendo fortemente diminuiti gli sbarchi e ridotto sensibilmente il numero dei respingimenti dalla Svizzera» –:

   se e quali valutazioni siano state compiute dalle istituzioni competenti in merito alla gestione delle presenze di migranti richiedenti asilo e ad altre necessità di accoglienza connesse alle fragilità presenti specificatamente nella città di Como, posto che il centro di accoglienza di via Regina può rappresentare una risposta immediata a esigenze di carattere sociale riconosciute e strutturali;

   se corrisponda, al vero che all'amministrazione comunale di Como non sia stata fornita dal Ministero dell'interno alcuna notizia in merito al trasferimento di persone dal campo di via Regina in data 11 settembre 2018;

   quale sia stato il luogo di destinazione dei 70 cittadini migranti trasferiti in data 11 settembre 2018 dal campo di via Regina;

   quale sarà la destinazione prevista per le altre persone attualmente ancora ospitate nel campo di via Regina e con quali tempi si intenda procedere al loro eventuale trasferimento;

   quale destinazione avranno l'area e le strutture del campo di via Regina per cui è stata decisa la chiusura a fine anno.
(4-01147)


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 7 settembre 2018 viene data notizia di identificazione e arresto di due ladri d'appartamento a Brescia grazie all'utilizzo di un sistema di riconoscimento facciale in dotazione alla polizia dello Stato, il S.a.r.i. (Sistema automatico di un riconoscimento immagini);

   il S.a.r.i. consente di effettuare ricerche nella banca dati A.f.i.s. (Automated Fingerprint Identification System) «attraverso l'inserimento di un'immagine fotografica di un soggetto ignoto che, elaborata da due algoritmi di riconoscimento facciale, fornisce un elenco di immagini ordinato secondo un grado di similarità.»;

   il S.a.r.i., prevede due funzionalità: 1) ricercare l'identità di un volto presente in un'immagine, «all'interno di una banca dati di grandi dimensioni (dell'ordine di milioni di immagini) di soggetti foto segnalati o di altre banche dati»; 2) effettuare analisi, «in tempo reale», dei volti dei soggetti ripresi da telecamere di sorveglianza, «confrontandoli con una banca dati ristretta e predefinita (“watch-list”) la cui grandezza è dell'ordine delle centinaia di migliaia di soggetti», anche «a supporto di operazioni di controllo del territorio in occasione di eventi e/o manifestazioni»;

   il sistema può disporre di un database contenente «circa 16 milioni di profili»;

   il sistema nasce «nell'ottica di garantire adeguati strumenti finalizzati all'attività di contrasto del terrorismo» –:

   quali siano gli «altri database», oltre all'A.f.i.s., a cui il sistema S.a.r.i. attinge per il confronto delle immagini e dei live-feed ottenuti, e in particolare se, tra questi, figuri l'Eurodac (European Dactyloscopy System);

   se il sistema sia stato utilizzato all'interno dell'ipotizzato Sistema di gestione dell'accoglienza (Sga) del Ministero dell'interno per identificare migranti;

   quanti cittadini siano inclusi nell'insieme dei database analizzati dal sistema S.a.r.i. (soggetti foto-segnalati, «altri database» e «watch-list»);

   quali test siano stati sottoposti al sistema in merito all'effettiva capacità di riconoscimento dei volti analizzati;

   quale sia la curva Roc del sistema, quali siano i tassi di falsi positivi, di falsi negativi, quale la capacità di discernimento del segnale e quale la capacità di reiezione del rumore;

   quale sia la soglia minima di probabilità di corrispondenza di un immagine a un soggetto che è necessaria per far scattare la funzione di alert;

   come sia stata effettuata la validazione del sistema (dimensione del campione di test, funzione di sampling, procedura di test per misurare l'accuratezza di predizione di volti);

   se siano stati effettuati test con riprese video di telecamere di videosorveglianza, di eventi, o di manifestazioni pubbliche;

   se il sistema consenta di tracciare il volto di un soggetto in movimento e ricostruire i suoi spostamenti; se vengano utilizzate informazioni geolocalizzate, e, in caso affermativo, per quanto tempo vengano conservate;

   quale tipo di controllo degli accessi al sistema di riconoscimento sia svolto, se esista un registro delle operazioni effettuate, come e per quanto venga conservato, e se esista un sistema di autenticazione a due fattori degli operatori;

   quali test di sicurezza informatica siano stati condotti sulla soluzione realizzata, con quali risultati ed eventuali criticità;

   quali considerazioni e criticità siano emerse dagli otto mesi di «formazione» per l'utilizzo del sistema;

   la valutazione dei profili di tutela della riservatezza e della proprietà dei dati trattati, nonché con riguardo al rispetto della normativa italiana ed europea in materia di privacy, particolare riferimento alla compatibilità con il Gdpr (General Data Protection Regulation) e con il decreto legislativo n. 51 del 2018 sul trattamento dei dati personali dato che il sistema S.a.r.i. è stato concepito in ottica anti-terrorismo; se intenda fornire esempi di utilizzo a tale fine, con relativo esito.
(4-01149)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIN e APREA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 205 del 27 dicembre 2017, all'articolo 1, commi da 652 a 655, interviene in materia di personale docente delle istituzioni Afam con la finalità di superare il precariato storico;

   in tal senso la legge n. 205 del 2017 ha previsto:

    novità in materia di stanziamento delle risorse destinate al reclutamento dei docenti;

    la trasformazione a decorrere dal 2018, delle graduatorie nazionali di cui all'articolo 19, comma 2, della legge n. 128 del 2013 costituite ai fini dell'attribuzione di incarichi a tempo determinato, in graduatorie a esaurimento alle quali attingere anche per l'assegnazione degli incarichi a tempo indeterminato in subordine alle graduatorie di cui al comma 1 dello stesso articolo 19;

    l'istituzione di nuove graduatorie nazionali per il personale docente che ha superato un concorso selettivo finalizzato all'inserimento nelle graduatorie di istituto, in possesso di almeno tre anni accademici di insegnamento, anche non continuativi, maturati negli 8 anni precedenti, finalizzati all'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato e determinato in subordine alle graduatorie nazionali a esaurimento di cui al sopra citato articolo 19, commi 1 e 2;

    una nuova disciplina in materia di turn over del personale Afam che, a decorrere dall'anno accademico 2018-2019, è pari al 100 per cento dei risparmi derivanti dalle cessazioni del servizio dell'anno accademico precedente al quale si aggiunge un ulteriore 10 per cento della spesa sostenuta nell'anno accademico 2016/2017 per l'attribuzione di contratti a tempo determinato sui posti vacanti;

   ad oggi l'intervento del Governo sembra essersi limitato alla mera costituzione delle nuove graduatorie nazionali lasciando le istituzioni Afam statali in una condizione di incertezza in merito alla formazione dell'organico docente, con conseguente ricaduta sulla possibilità di predisporre un piano dell'offerta formativa stabile per l'anno accademico 2018/2019, e gli istituti musicali pareggiati in situazione di forte sofferenza e prossimi alla chiusura per mancanza di fondi –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per avviare le necessarie e urgenti procedure di assunzione del personale incluso nelle graduatorie nazionale ad esaurimento ex lege n. 128 del 2013, al fine di consentire il regolare e stabile avvio dell'anno accademico 2018/2019 per gli istituti Afam statali;

   se intenda adottare iniziative al fine di dare applicazione alla normativa in materia di statizzazione degli istituti musicali pareggiati, ai sensi dell'articolo 22-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, e dell'articolo 1, comma 652, della legge n. 205 del 2017;

   se intenda tempestivamente adottare iniziative per un piano assunzionale negli istituti musicali pareggiati rendendo disponibili i posti vacanti, considerato che questi istituti sono potenzialmente, per legge, già statali e ogni anno mettono a disposizione tali posti per lo scorrimento delle graduatorie nazionali ai fini degli incarichi a tempo determinato.
(5-00479)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la situazione dell'edilizia scolastica nel comune di Casamicciola Terme (Isola d'Ischia) è drammatica;

   il 21 agosto 2017, la zona è stata colpita da un terremoto con epicentro nei quartieri Majo-La Rita-Purgatorio, ed estensione a tutto l'abitato e al vicino comune di Lacco Ameno, causando due morti, 42 feriti, danni a oltre mille edifici, di cui almeno la metà inagibili, e un bilancio di 3 mila sfollati circa e 30 attività economiche chiuse;

   il sisma ha reso inagibili i 5 plessi scolastici (Manzoni, Ibsen, Lembo, Perrone, Sanseverino) dell'istituto comprensivo «Enrico Ibsen»: una popolazione di 800 alunni (ridotti a circa 500 per trasferimenti in altre scuole isolane) è stata costretta, con enorme disagio, a effettuare lezioni con doppi turni pomeridiani in edifici scolastici del comune di Ischia (a 10 chilometri), con uso di autobus noleggiati dal comune;

   ad oggi, nessun edificio risulta completamente agibile per l'imminente apertura del nuovo anno scolastico;

   il comune di Casamicciola ha reso parzialmente agibile il plesso Perrone, mentre ha preso in fitto un ex albergo per allocarvi provvisoriamente parte dei bambini delle elementari; la scuola media non ha nemmeno una sede provvisoria;

   il sindaco di Casamicciola, Giovan Battista Castagna, ha diffuso un avviso il 23 agosto 2018 con il quale ha invitato i proprietari di locali idonei ad essere utilizzati a un uso scolastico, a manifestare, per iscritto, la propria disponibilità a concederli in fitto entro il 27 agosto 2018, il tutto a poche settimane dall'avvio delle lezioni, con evidente ritardo;

   il 12 settembre 2017 l'allora Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca Valeria Fedeli, dava notizia che lo stanziamento di 6 milioni di euro per la realizzazione di strutture scolastiche provvisorie e misure per andare incontro alle esigenze del personale residente nei comuni danneggiati dal sisma erano le azioni messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in risposta al terremoto;

   in quella occasione, la Ministra Fedeli sottolineava che «a seguito dell'ordinanza di Protezione Civile dello scorso 8 settembre che ha indicato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca come “soggetto attuatore” degli interventi di edilizia scolastica la task force ministeriale già attivata per il terremoto del Centro Italia sarà presente sul territorio»;

   a un anno dal sisma non risulta alla interrogante che il «soggetto attuatore» abbia realizzato le strutture provvisorie né che sia intervenuto sugli edifici pubblici colpiti; al tempo stesso non risulta alla interrogante che sull'isola d'Ischia sia arrivata alcuna taskforce ministeriale;

   il Ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, in visita a Casamicciola per l'anniversario del terremoto il 21 agosto 2018 ha annunciato un «decreto» per Ischia, senza precisarne i contenuti;

   l'intera isola d'Ischia non ha un piano regolatore generale in vigore e nessuno dei sei comuni ha adottato il piano urbanistico comunale (Puc) come da legge regionale, i cui termini per l'adozione scadono il 31 dicembre 2018, per cui appare difficile immaginare una ricostruzione senza pianificazione territoriale e un rilancio dell'economia dell'isola senza strumenti di programmazione –:

   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda mettere in atto per garantire il diritto allo studio, anche in ragione del suo ruolo di soggetto attuatore di un intervento, annunciato e non realizzato, di oltre 6 milioni di euro;

   se il Governo non ritenga necessaria la costituzione di una «cabina di regia istituzionale» per il rilancio economico di Casamicciola e dell'isola d'Ischia, in modo da coordinare con gli altri enti strategici, un'azione di sinergia istituzionale per la rapida realizzazione di interventi mirati.
(4-01146)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da recenti studi è emerso che, su 41,5 miliardi di euro di fondi europei destinati all'Italia, all'agricoltura biologica vanno appena 963 milioni di euro – il 2,3 per cento delle risorse – nonostante sia ormai praticata l'agricoltura biologica nel 14,5 per cento della superficie agricola utilizzabile. Tutto il resto, oltre il 97 per cento va a chi sparge oltre 130 mila tonnellate di pesticidi ogni anno sui nostri suoli, contaminando le falde e gli alimenti che ogni giorno si mettono in tavola (rapporto di Cambia La Terra, 2018). E questo sebbene l'Italia sia tra le nazioni in Europa dove l'agricoltura biologica pesa maggiormente sull'intero comparto. Nel 2016 erano infatti quasi 1 milione e 800 mila gli ettari destinati a questo tipo di coltivazioni. Dal 2012 al 2017 il nostro Paese ha visto aumentare del 53 per cento il territorio destinato al biologico. La quota bio dell’export agroalimentare italiano è pari a 2 miliardi di euro e il mercato interno, nel 2016, è cresciuto del 3,5 per cento (Nomisma, 2018);

   migliaia di agricoltori biologici in diverse regioni d'Italia stanno ancora soffrendo per i ritardi dei pagamenti dei premi della politica agricola comune (PAC) per il bio non solo dell'annualità 2017, ma anche 2016 e 2015;

   dal 1945, la produzione globale di pesticidi è passata da 0,1 a 2,7 milioni di tonnellate. Secondo le stime della Fao, il giro d'affari mondiale legato al commercio e alla vendita di pesticidi è di 500 miliardi di dollari all'anno. A cui si dovrebbero aggiungere i costi «esternalizzati», ovvero dei costi per la salute e l'ambiente che ricadono su tutti i cittadini;

   recentemente, la Fao ha riconosciuto il fallimento dell'agricoltura industriale: 800 milioni di persone sono tutt'oggi sotto alimentate, e, nel contempo, 2 miliardi di persone soffrono di obesità o sovrappeso; 1/3 del cibo prodotto viene sprecato; in soli 100 anni si è perso il 75 per cento della diversità genetica vegetale e la fertilità dei suoli si è drasticamente ridotta; sebbene il sistema alimentare industriale domini ormai oltre il 75 per cento del suolo coltivabile sono ancora i piccoli agricoltori che, a livello mondiale, forniscono il 70 per cento del cibo, pur avendo a disposizione solo il 25 per cento della terra arabile;

   l'esposizione a pesticidi aumenta i rischi sanitari non solo per chi li usa (agricoltori), ma anche per i loro figli (a causa della trasmissione transgenerazionale del rischio), per chi vive in prossimità di campi trattati e per chi li assume con l'alimentazione (soprattutto i bambini). Le principali conseguenze sanitarie sono alterazione di vari sistemi ormonali, malattie metaboliche (compresi obesità e diabete), riduzione della fertilità, malattie respiratorie, malattie croniche neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer), alterazioni dello sviluppo neurocognitivo dei bambini e cancro (soprattutto leucemia infantile) (Di Ciaula, Isde);

   da una ampia letteratura emerge che i pesticidi rivestono un ruolo centrale anche per l'insorgenza delle malattie non trasmissibili (neurodegenerative, tumorali, metaboliche e altro), cresciute a dismisura ed il cui costo si stima supererà, entro il 2030, i 30 trilioni di dollari, pari al 48 per cento del Pil mondiale (Patrizia Gentilini, Il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2018);

   l'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque (Ispra), delinea un quadro allarmante, evidenziando tassi di contaminazione superiori ai limiti in quasi un quarto dei punti di monitoraggio di superficie. L'Ispra sostiene che «la contaminazione è sottostimata, per il fatto che in vaste aree del centro-sud, il monitoraggio non è ancora adeguato... Un fattore finora non sufficientemente considerato, inoltre, è la reale persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende l'inquinamento ambientale difficilmente reversibile»;

   ad oggi, i limiti di legge non appaiono adeguati a tutelare efficacemente la salute umana principalmente perché non considerano gli effetti cumulativi dei pesticidi, delle interazioni dei pesticidi con altri inquinanti e della diversa suscettibilità individuale legata all'esistenza di particolari polimorfismi genici, all'età, a particolari condizioni fisiologiche o patologiche. Infine, i limiti di legge sono continuamente rivisti al ribasso, in seguito all'evoluzione della ricerca scientifica. Questo comporta che il ritardo tra la pubblicazione delle evidenze scientifiche e il momento in cui queste sono recepite dalla normativa causi periodi molto prolungati (a volte decenni) di inaccettabile rischio e danno sanitario a carico degli esposti (Di Ciaula, Isde, 2018);

   la direttiva 2009/128/CE impone che «gli utilizzatori professionali di pesticidi adottino le pratiche o i prodotti che presentano il minor rischio per la salute umana e l'ambiente tra tutti quelli disponibili per lo stesso scopo» –:

   quali iniziative, in applicazione del principio di precauzione, i Ministri interrogati intendano intraprendere per disincentivare l'impiego dei prodotti chimici di sintesi, dannosi per la salute dei cittadini e dell'ambiente;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per garantire quella transizione agro-ecologica, tale da garantire la biodiversità, l'efficienza dei processi biologici e la diversificazione dei sistemi di produzione;

   se i Ministri interrogati intendano promuovere, in ogni modo possibile, anche erogando le risorse finanziarie necessarie, tecniche agronomiche biologiche e radicalmente alternative alle convenzionali;

   come i Ministri interrogati intendano promuovere un'agricoltura conservativa/biologica tale da riportare fertilità e vita ai suoli e produrre cibi sani, nel rispetto dell'ambiente e delle persone;

   se i Ministri interroganti intendano assumere iniziative per l'adozione di una regolamentazione più severa dei prodotti chimici di sintesi e il totale disincentivo al loro utilizzo;

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per garantire al settore strumenti idonei alla regolazione e al riequilibrio dei mercati, strumenti che garantiscano prezzi equi per produttrici e produttori e strumenti di redistribuzione delle sovvenzioni della PAC alle piccole e medie imprese, attraverso l'imposizione di tetti massimi per i contributi.
(4-01150)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIZZETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla base di una prescrizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, in Italia vanno chiusi i punti nascita che non raggiungono i volumi di attività previsti dai parametri di sicurezza per la tutela delle puerpere e dei neonati;

   la sicurezza delle cure per la gestante è garantita dal buon funzionamento della struttura che la ospita e dalla disponibilità dei servizi (rianimazione, laboratorio, neonatologia) qualificanti la prestazione sanitaria;

   l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 e il decreto ministeriale 11 novembre 2015, all'articolo 1, disciplinano anche il percorso per eventuali deroghe alla norma, sulla base del protocollo metodologico, per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori al 500 parti annui;

   per il punto nascita dell'ospedale Oglio-Po (Cremona), pur non totalizzando la soglia minima dei 500 parti all'anno, è stato attivato il progetto di sicurezza e di standard operativi e tecnologici proposti e garantiti dall'Asst (Azienda socio-sanitaria territoriale) di Cremona;

   il punto nascita dell'ospedale Oglio-Po (Cremona) rappresenta un servizio importante per i cittadini che vivono in una zona periferica rispetto ai capoluoghi e in zona di confine con altra regione –:

   se il Ministro interrogato abbia ricevuto dalla regione Lombardia la richiesta di deroga per la salvaguardia del punto nascite presso l'ospedale Oglio-Po, se abbia eventualmente assunto una decisione in merito e con quali motivazioni a sopporto.
(5-00478)


   PRISCO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il contratto di medici, veterinari e dirigenti sanitari del sistema sanitario nazionale è l'unico del comparto sanità ancora bloccato da oltre nove anni, un ritardo imperdonabile che colpisce chi ha ruoli di responsabilità diretta nella diagnosi e nella cura dei pazienti e nella protezione della salute, assicurando, in modo insostituibile, un diritto costituzionale fondamentale;

   la problematica alla base del mancato rinnovo è duplice: da una parte la tempistica del riconoscimento degli aumenti legati al rinnovo, dall'altra l'esclusione dell'indennità di esclusività dalla massa salariale utile alla quantificazione del rinnovo medesimo;

   in merito al secondo aspetto, l'8 marzo 2018 il presidente del Comitato di settore regioni-sanità ha dichiarato: «Il 7 marzo nel comitato di settore abbiamo affrontato il tema dei contratti su cui restano ancora due questioni aperte. Per quanto riguarda la dirigenza medica i sindacati chiedono se l'indennità di “esclusività” è compresa nella massa salariale. A noi andrebbe benissimo, sappiamo che il Governo non è di questa idea quindi, per dirimere definitivamente la questione, abbiamo mandato una nota in cui chiediamo di aprire un tavolo e in quella sede il Governo deve chiarire. Se il Governo dice che è fuori ne prenderemo atto, ma almeno poi – ha aggiunto – sulla base di quello può iniziare la trattativa vera e propria avendo la tabella con i dati certi»;

   il 19 marzo 2018 la ragioneria generale dello Stato, con nota n. 40363, si è espressa sulla proposta elaborata dal citato Comitato, ritenendo che le risorse per il rinnovo del contratto fossero state correttamente quantificate dalle regioni in 458,10 milioni di euro;

   con la medesima nota la ragioneria ha però obiettato sulla possibilità di computare nell'ambito della massa salariale l'indennità di esclusività di rapporto dei medici, veterinari e dirigenti sanitari del servizio sanitario nazionale ai fini del rinnovo del contratto di lavoro;

   secondo il conto annuale 2016 il valore dell'indennità di esclusività per quell'anno è di circa 1,28 miliardi di euro e un aumento del 3,48 per cento su questo importo (se fosse nel monte salari e quindi soggetto agli aumenti del contratto) varrebbe quindi circa ulteriori 45 milioni di euro;

   l'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro firmato il 6 maggio 2010 e relativo al biennio economico 2008-2009 del le ex aree III e IV prevedeva (per effetto della disapplicazione dell'articolo 5, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998-2001, parte economica 2000-2001) che l'indennità di esclusività del personale dirigente sanitario del servizio sanitario nazionale fosse calcolata al fine della determinazione del monte salari su cui fanno riferimento gli incrementi contrattuali;

   la negazione di tale principio, escludendo l'indennità di esclusività dalla massa salariale, equivarrebbe ad una evidente discriminazione di trattamento dei circa 120.000 dirigenti cui principalmente è affidato il ruolo di tutelare la salute pubblica;

   la motivazione tecnica addotta dalla ragioneria generale dello Stato, ossia l'alterazione del quadro finanziario di riferimento per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro e quindi la «non disponibilità» delle risorse necessarie, a parere dell'interrogante dovrebbe avere la sola funzione di sollevare un problema da superare mediante la destinazione delle somme necessarie e non può essere utilizzata dal Governo come presupposto per negare alla categoria in questione il diritto di beneficiare dell'incremento previsto dal rinnovo contrattuale in pari misura rispetto al resto del pubblico impiego –:

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto alla problematica sollevata dalla ragioneria generale dello Stato circa il finanziamento necessario perché sia riconosciuta l'inclusione dell'indennità di esclusività nella massa salariale complessiva dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del servizio sanitario nazionale e alla necessità di consentire in tempi brevi il rinnovo contrattuale, atteso dai medesimi da oltre nove anni.
(5-00495)

Interrogazione a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada), prevede al fine di agevolare la mobilità delle persone invalide che: «Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione impedita, o sensibilmente ridotta; il comune rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento sanitario»;

   l'interpretazione delle parole: «con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» deve intendersi nella sua accezione più espansiva, come più volte sottolineato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (nel parere n. 2242 del 14 maggio 2015; nella nota del dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, n. 1567 del 11 marzo 2016); sull'argomento è anche intervenuta il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, con la risposta all'interrogazione n. 4-18261, in cui ha affermato: «il contrassegno potrebbe essere rilasciato a persone, come il disabile psichico, autistico, che teoricamente non presentano problemi di deambulazione, ma che proprio a causa della loro specifica patologia, non possono essere considerate autonome nel rapporto con la mobilità»;

   all'interrogante risulta che, nonostante questa costante linea interpretativa, l'applicazione della norma – in particolare da parte delle aziende sanitarie competenti a certificare il diritto all'autorizzazione – non sia omogenea sul territorio nazionale e conforme a tale interpretazione. In diverse occasioni, infatti, ne sarebbe stata preferita una più restrittiva dell'articolo 381 con particolare riferimento a cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, anche gravi;

   al fine di garantire che a queste persone venga riconosciuto il diritto al contrassegno speciale e al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e/giudizio da parte delle aziende sanitarie competenti, a parere dell'interrogante, si rende necessario l'intervento del Governo;

   inoltre, con particolare riferimento a cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, anche gravi (come riportato da un appello apparso pochi giorni fa su alcune testate giornalistiche), potrebbe alleviare la vita dei malati e dei loro accompagnatori munirli di un'autorizzazione, o misura equivalente, per evitare lunghe attese in coda ed alleviare il conseguente grave disagio;

   questa autorizzazione, o altra misura equivalente, potrebbe essere adottata in primo luogo con riferimento agli enti pubblici e para-pubblici ed essere consigliata/raccomandata per le attività private –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche eventualmente emanando una circolare o una specifica nota interpretativa, al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e di giudizio sull'intero territorio nazionale in relazione a quanto esposto in premessa e di garantire che alle persone con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico sia riconosciuto il diritto al contrassegno speciale di cui all'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche eventualmente emanando una circolare o una specifica nota interpretativa, al fine di poter prevedere il rilascio di un'autorizzazione, o misura equivalente, per i cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, come evidenziato in premessa.
(4-01148)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRISCO e NEVI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo ex Novelli è una delle più importanti realtà del settore agroalimentare in Italia e nel mondo che occupa circa 500 dipendenti di cui circa 350 in Umbria e prevalentemente a Terni con un fatturato che in passato era pari a circa 120 milioni di euro;

   nel 2012, a fronte di una crisi che rischiava di aprire le porte al fallimento, la regione Umbria e il Ministero dello sviluppo economico hanno aperto un tavolo di confronto per scongiurare la chiusura dell'azienda;

   nel dicembre 2016 la holding IGreco ha presentato una proposta unitaria e, al prezzo di un euro, ha acquisito tutti gli asset del gruppo Novelli, al termine di un'operazione avallata dal Ministero dello sviluppo economico e dalle istituzioni locali, ma non dai soci storici, che al tavolo di Roma avevano invano insistito per avere maggiori garanzie sul futuro dell'industria alimentare;

   il gruppo IGreco, con l'offerta di acquisizione ad un euro, si era impegnato a investire 15-20 milioni di euro nel gruppo Novelli per assicurarne la continuità produttiva, dichiarando di voler salvaguardare i livelli occupazionali, salvo poi procedere all'attivazione di ammortizzatori sociali e licenziamenti;

   il 7 febbraio 2017, 21 giorni prima che fosse depositata la domanda di concordato preventivo e appena un mese e mezzo dopo l'acquisizione degli asset a 1 euro - Alimentitaliani (società creata ad hoc dal gruppo IGreco per l'acquisizione) ha proceduto allo scorporo di Fattorie, Bioagricola e Cantine Novelli, trasferendole ad altra società sempre in capo al gruppo IGreco;

   la procedura di concordato preventivo è stata giudicata non ammissibile dal tribunale di Castrovillari, che nel mese di dicembre 2017 ha dichiarato il fallimento di Alimenti Italiani srl e concesso l'esercizio provvisorio delle aziende per un anno;

   il giudice per le indagini preliminari di Castrovillari ha ritenuto che la citata operazione di scorporo lasciasse i creditori di Alimentitaliani privi di garanzie, perché con il trasferimento Alimentitaliani restava completamente priva di beni e, ipotizzando a carico di IGreco la bancarotta fraudolenta, ha disposto il sequestro delle società agricole scorporate;

   dalle notizie apparse sulla stampa locale umbra nei giorni scorsi si apprende che:

    i militari delle fiamme gialle, avrebbero effettuato una corposa acquisizione di documenti negli uffici del Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito dell'indagine avviata dal procuratore di Castrovillari relative alla cessione degli asset del dicembre 2016, operazione caldeggiata dal Ministero e dalla regione Umbria;

    da alcuni documenti emergerebbe che delle trentanove manifestazioni di interesse (sembrerebbe anche milionarie) soltanto otto sarebbero state ritenute meritevoli di valutazione e soltanto una avrebbe infine avuto i requisiti di maggior garanzia per l'azienda, quella presentata da IGreco;

   questi eventi hanno coinvolto direttamente i lavoratori degli stabilimenti ex Novelli di Spoleto, Amelia e Terni, il cui futuro lavorativo appare ad oggi quanto mai incerto –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per accertare, per quanto di competenza, come si siano svolti effettivamente i fatti illustrati in premessa, chiarendo in primis gli aspetti che riguardano le scelte operate dal Ministero dello sviluppo economico;

   quante manifestazioni di interesse siano pervenute per l'acquisizione e il salvataggio del gruppo Novelli e quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero a scegliere la proposta presentata dalla neocostituita Alimentitaliani;

   quali iniziative di competenza intendano adottare affinché la data del 22 dicembre 2018, termine della procedura fallimentare della Alimentitaliana, non segni la fine di una realtà produttiva che conta oggi circa 500 dipendenti e che danneggerebbe ulteriormente il territorio umbro, investito dal sisma, e quello ternano in particolare, già riconosciuto area di crisi complessa;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per offrire garanzie ai lavoratori di questa realtà rispetto allo scenario che si aprirà loro di qui ai prossimi mesi, posto che il termine della procedura fallimentare è fissato per il citato 22 dicembre 2018.
(5-00494)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Baldelli n. 2-00099, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zanella, Mulè, Bergamini, Pentangelo, Germanà, Sozzani, Rosso.

  L'interpellanza urgente Di Sarno e altri n. 2-00104, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giordano, Giovanni Russo, Iovino.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Foti n. 5-00047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zucconi.

  L'interrogazione a risposta in commissione Fragomeli e Fregolent n. 5-00394, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Del Barba.

  L'interrogazione a risposta orale Rossello n. 3-00171, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cassinelli, Pettarin.

  L'interrogazione a risposta scritta Amitrano n. 4-01116, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Frate, De Lorenzo, Vizzini, Villani, Sportiello, Sarli.

  L'interrogazione a risposta scritta Cecchetti e Boniardi n. 4-01132, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Andrea Crippa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Marin n. 2-00082, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 40 del 7 agosto 2018.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la Società italiana di Virologia (Siv-Isv) e la Società europea di virologia (Esv), presiedute dal professor Giorgio Palù, Ordinario dell'Università di Padova, si sono più volte espresse, con comunicati stampa diramati dai media nazionali o con prese di posizione in ambito di seminari scientifici internazionali (European Seminars in Virology) su: I) l'utilità dei vaccini e delle vaccinazioni; II) l'efficacia della legge sull'obbligo vaccinale; III) l'importanza assunta dalla scienza vaccinologica in ambito biomedico e di sanità pubblica;

   gli argomenti scientifici rilevanti sempre sostenuti nelle diverse circostanze, sono stati i seguenti:

    a) i vaccini sono i farmaci in assoluto più sicuri che maggiormente hanno contribuito alla salute ed allo sviluppo del genere umano. Si deve principalmente all'introduzione dei vaccini se la spettanza di vita dell’Homo sapiens si è allungata di 35 anni dall'inizio del 900 (la spettanza media di vita era di circa 30 anni dal momento della comparsa della specie umana sul pianeta fino al 1700);

    b) i vaccini, quando estesamente introdotti, hanno eradicato malattie infettive contagiose, quali il vaiolo, o debellate altre (riduzione di oltre il 95 per cento) quali poliomielite, tetano, difterite, morbillo, rosolia, tetano, rabbia, meningite che nel loro insieme erano responsabili, fino agli inizi del secolo scorso, di oltre il 50 per cento del tasso di mortalità tra la popolazione degli US e dei paesi europei;

    c) le malattie infettive restano ancora la principale causa di mortalità nei paesi meno evoluti del pianeta che la globalizzazione e l'immigrazione rendono però contigui ai nostri;

    d) sarebbe altamente auspicabile che si potesse disporre di vaccini in grado di prevenire piaghe infettive quali l'AIDS (2 milioni di morti l'anno, oltre 30 milioni di soggetti infetti), la tubercolosi (1 milione di morti l'anno, circa 1/3 della popolazione mondiale affetto da tb in forma latente) o la malaria (500.000 morti l'anno);

    e) tre milioni di soggetti sono vaccinati ogni giorno e circa due milioni e mezzo di persone ogni anno sono salvate dai vaccini. Quelli attualmente in uso (obbligatori e raccomandati) contengono poco più di 100 antigeni diversi, un numero ben al di sotto delle capacità di risposta immunitaria anche di un neonato (questi può rispondere a 10.000 antigeni diversi; una puntura di zanzara sollecita maggiormente il sistema immunitario);

    f) i vaccini sono tra i farmaci meno costosi e con minor effetti collaterali come stabilito da studi clinici e dati osservazionali su un enorme strato della popolazione globale;

    g) la scienza ha dimostrato che non esiste alcuna associazione tra vaccinazioni e patologie quali autismo, sclerosi multipla o Alzheimer;

    h) i vaccini sono in grado di prevenire non soltanto malattie infettive acute ma anche loro conseguenze a distanza come il cancro che vede tra le sue cause (circa il 20 per cento dei tumori umani) i virus oncogeni. Oggi si dispone di due vaccini efficaci e sicuri in grado di prevenire il carcinoma epatico e il cancro della cervice uterina, tumori con elevato tasso di mortalità (vaccino anti-virus dell'epatite B e anti-papillomavirus) ma non si hanno ancora vaccini per altri tumori virus-indotti quali leucemie, linfomi, sarcomi;

    l) le coperture vaccinali in Italia si sono notevolmente abbassate negli ultimi anni, ben al di sotto dei tassi di sicurezza (copertura del 95 per cento della popolazione), tanto che si è vissuta lo scorso anno un'epidemia di morbillo (circa 6.000 casi, secondi solo alla Romania) e l'Italia è stata richiamata dall'organizzazione mondiale della sanità il 17 maggio 2017 (World Health, Statistics) a prendere provvedimenti in considerazione di coperture inferiori a quelli del Nord-Africa;

    m) l'introduzione della legge sull'obbligo è stata a tale proposito benefica avendo fatto incrementare le coperture vaccinali di oltre il 5 per cento, ma si è ancora sotto la soglia protettiva (immunità di gregge) del 95 per cento;

    n) l'esplosione delle irresponsabili campagne a sostegno della pericolosità delle vaccinazioni («no vax»), amplificate da mezzi senza sostegno scientifico quali Facebook, dove ognuno vive il suo momento di gloria dando libero sfogo alle proprie pulsioni/frustrazioni, andrebbe combattuta con adeguato rigore, divulgando un'adeguata informazione scientifica sulla pericolosità e sugli effetti ormai dimenticati delle malattie infettive/contagiose. Tale approccio è dimostrato essere l'unico capace di far cambiare idea a coloro che esitano o sono riluttanti nei confronti dei vaccini (i refrattari non cambieranno comunque idea, ma l'obbligo ha sicuramente convinto gli esitanti e i riluttanti);

    o) di fronte a due diritti sanciti dalla Costituzione (salute ed educazione), nella gerarchia dei valori primum est vivere; quindi relativamente al quesito se ammettere o meno a scuola i non vaccinati va ribadito il concetto che vaccinarsi è anche un dovere specie nei confronti di quei soggetti che per patologia (bambini immunodepressi per trapianto, leucemia, autoimmunità che non possono sottostare a vaccinazioni con virus attenuati: polio, morbillo, parotite, rosolia e altro) sono estremamente fragili ed esposti a gravi conseguenze nel caso contraessero malattie infettive. Quindi vanno protetti i più deboli con coperture che garantiscano impedire la trasmissione del contagio;

    p) da ultimo, esistono anche dei principi di natura bioetica che sanciscono la necessità delle vaccinazioni e segnatamente: I) il principio di beneficenza (è dimostrato che i vaccini sono utili); II) il principio di autonomia/responsabilità (la libertà di non vaccinarsi o non far vaccinare i propri figli è seconda alla responsabilità di evitare di causare conseguenze; III) il principio di giustizia (vanno protetti i più deboli) –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali in materia sanitaria, per fare chiarezza su quella che è la linea politica del Governo in materia vaccinale, anche in relazione all'avvio dell'anno scolastico 2018/2019, e alla recente approvazione della disposizione che proroga (al 10 marzo 2019) la possibilità di presentare presso le scuole la dichiarazione sostitutiva della documentazione in grado di dimostrare l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie per i minori, e assicurare la piena tutela della salute ai cittadini su tutto il territorio nazionale, alla luce della presa di posizione della comunità scientifica richiamata in premessa, che ha ribadito l'utilità dei vaccini e delle vaccinazioni, l'efficacia della legge sull'obbligo vaccinale, nonché l'importanza assunta dalla scienza vaccinologica in ambito bio-medico e di sanità pubblica.
(2-00082) «Marin, Gelmini, Occhiuto, Mulè, Brunetta, Bagnasco, Baratto, Bendinelli, Bond, Caon, Cortelazzo, Milanato, Mugnai, Novelli, Pedrazzini, Versace».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in commissione Miceli n. 5-00109 del 9 luglio 2018.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Prisco n. 4-00249 del 5 giugno 2018 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-00495;

   interrogazione a risposta scritta Prisco e Nevi n. 4-00667 del 10 luglio 2018 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-00494;

   interrogazione a risposta scritta Prisco n. 4-01037 dell'11 settembre 2018 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-00493.