Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il Presidente del Consiglio austriaco Sebastian Kurz, in data 18 dicembre 2017, ha annunciato che l'Austria sta valutando la possibilità di concedere il doppio passaporto alle sole popolazioni di lingua tedesca e ladina della provincia autonoma di Bolzano – provincia della Repubblica italiana – alla luce della richiesta avanzata al Governo di Vienna da 19 consiglieri provinciali altoatesini;

    il Primo Ministro austriaco, in data 18 aprile 2018, nel palese tentativo di influenzare la campagna per le elezioni provinciali/regionali previste in Alto Adige per ottobre 2018, si è permesso di annunciare che «L'Austria apre i consolati all'estero agli altoatesini: “Siamo i loro tutori”», equiparando di fatto gli altoatesini alle vittime del nazismo;

    il 21 luglio 2018 il quotidiano tirolese Tiroler Tageszeitung (TT) riportava che per il 7 settembre sarebbe stata messa a punto la bozza del disegno di legge contenente le modalità con le quali i cittadini italiani dell'Alto Adige esclusivamente di etnia tedesca e ladina, potranno presentare la domanda per ottenere anche la cittadinanza austriaca;

    in questi giorni si è generata una vera e propria confusione in merito alla già di per sé aberrante decisione del Governo austriaco, poiché sono circolate notizie contrapposte tanto che la versione della Tiroler Tageszeitung, secondo la quale era pronto il parere della commissione di esperti sul disegno di legge, è stata successivamente smentita dalla Fpoe che ha confermato la presentazione dello stesso entro l'anno;

    nel gruppo di lavoro istituito dal Governo guidato dal cancelliere conservatore Sebastian Kurz, si è dunque giunti alla «svolta» cinque mesi dopo l'insediamento degli esperti: un team composto da funzionari e tecnici dei Ministeri degli esteri e dell'interno che era stato costituito all'inizio di febbraio, circa due mesi dopo l'insediamento del nuovo Esecutivo;

    la cerchia di coloro che possono richiedere la cittadinanza austriaca è già stata definita: in relazione alla funzione protettiva dell'Austria, riguarda soltanto i cittadini italiani residenti in Alto Adige con lingua madre tedesca (62 per cento) o ladina (4 per cento): criterio fuori luogo, considerato che vi sono molte famiglie multilingue la cui identità non sono attribuite a una lingua o una cultura, e aberrante nei confronti della popolazione italiana che si vuole costringere evidentemente a optare;

    resta comunque fermo il fatto che sul piano giuridico non è del tutto chiaro il criterio per ottenere la doppia cittadinanza, e sarebbe fortemente discriminatorio prevedere che l'unico parametro possa essere la dichiarazione di appartenenza linguistica che in provincia di Bolzano è, ancora, indispensabile per l'accesso al pubblico impiego e a molte prestazioni sociali, come l'edilizia agevolata, ma che si può rendere scegliendo a piacimento il gruppo linguistico; si tratta di regole anacronistiche – sconosciute al resto del Paese – che pongono lo statuto di autonomia del Trentino Alto Adige varato nel 1972 in contrapposizione con i principi fondanti dell'Unione europea e con la stessa Costituzione italiana, impedendo la reale uguaglianza e parità di diritti fra cittadini italiani residenti nella provincia autonoma di Bolzano, di lingua italiana, tedesca e ladina;

    come riportato dai maggiori organi di stampa, entro il 7 settembre si sarebbero apportati i chiarimenti testuali al disegno di legge in fase di stesura. Il giornale Tiroler Tageszeitung ha specificato che per rispettare lo spirito europeo ci dovrebbero essere in analogia con quanto previsto per gli altoatesini, anche maggiori diritti per i cittadini dell'Unione europea con doppia cittadinanza rispetto a prima. L'Austria vorrebbe rispettare i requisiti europei;

    da parte dei vertici di Vienna sembra ci sia molta confusione considerato che il 23 luglio 2018 lo staff dell'ufficio del portavoce del Governo di Vienna, Peter Launsky-Tieffenthal, ha affermato che «i requisiti legali per la concessione della cittadinanza austriaca agli altoatesini ci saranno non prima del 2019/2020»;

    sul tema sarà cruciale l'accordo con il Governo italiano, tanto che nelle riunioni del gruppo di lavoro è stato affermato che «la legge sull'acquisizione della cittadinanza austriaca da parte degli altoatesini non sarà decisa contro la volontà di Roma; ma solo in accordo». La funzione di protezione dell'Austria per l'Alto Adige, che è ancorata al diritto internazionale, «non dovrebbe essere messa in pericolo»;

    come riportato in una dichiarazione del 24 luglio 2018 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano avrebbe chiesto all'ambasciatore italiano a Vienna, Sergio Barbanti, di informarsi con il Governo a Vienna sulle ultime intenzioni sul doppio passaporto per gli altoatesini definendo la questione come un atto «curioso» e aggiungendo che «con tutti i problemi che in questo momento ci sono in Europa, la questione della doppia cittadinanza ci sembrava l'ultimo che bisognasse sollevare»;

    il 7 settembre 2018 a Cernobbio, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano ha ribadito la curiosità della questione specificando che «abbiamo avuto interlocuzioni come Farnesina con l'ambasciatore austriaco e, con l'ambasciata di Vienna, con il governo austriaco, per far presente come oggettivamente ci sembra l'ultima delle questioni che varrebbe la pena di aprire»;

    l'azione intrapresa dal Governo di Vienna mostra la volontà di una concessione che ha rinfocolato i propositi di indipendenza dall'Italia di alcuni partiti sudtirolesi, palesando il rischio di un possibile «caso Catalogna» anche per l'Alto Adige-Südtirol;

    Vienna si accinge dunque, ad avviso delle firmatarie del presente atto di indirizzo, a dar seguito con inspiegabile leggerezza a una provocazione delle frange politiche estremiste e secessioniste di partiti di lingua tedesca a Bolzano proprio in concomitanza delle elezioni provinciali che si svolgeranno il prossimo ottobre;

    come se non bastasse il presidente della provincia altoatesina, Arno Kompatscher, durante un incontro con l'ex cancelliere austriaco e attuale deputato Christian Kern, ha riferito sugli esiti positivi delle trattative in materia finanziaria facendo addirittura riferimento ad una funzione «di potenza tutrice» da parte dell'Austria;

    sul tema della doppia cittadinanza, il presidente della provincia ha appoggiato la scelta di Vienna, anche in considerazione del fatto che «la funzione tutrice dell'Austria non subirebbe comunque modifiche»;

    il presidente della provincia autonoma, Kompatscher e il Ministro austriaco, Kern, parlano ancora con palese intento provocatorio di funzione «tutrice» da parte dell'Austria sull'Alto Adige trascurando totalmente il trattato sulla «quietanza liberatoria» sottoscritto da entrambi gli Stati nel 1992 che ha posto fine ad ogni rivendicazione dell'Austria su una porzione di Stato italiano, Stato membro dell'Unione europea della quale l'Austria detiene in questo momento la presidenza;

    in data 22 aprile 1992 fu presentata all'ambasciata della Repubblica d'Austria da parte del Governo italiano la dichiarazione di chiusura della vertenza, al cospetto dell'Onu, con l'accettazione dell'esistenza dell'autonomia altoatesina. Lo scopo era proprio quello di tutelare la minoranza, riferendosi, inoltre, all'accordo di Parigi del 1946 per esaudire la richiesta espressa da parte dell'SVP di un ancoraggio internazionale per la rivendicazione dei propri diritti davanti ad istanze internazionali;

    in data 1° giugno 1992 il Governo tirolese ha emanato una dichiarazione di approvazione dell'attuazione del «pacchetto» risolutivo per la questione dell'Alto Adige; successivamente il Parlamento tirolese ha preso atto di questa dichiarazione ed il Parlamento austriaco ha approvato a grande maggioranza (125 voti a favore espressi dalla SPÖ, ÖVP e dai verdi, 30 voti contrari della FPÖ) la chiusura della vertenza nei confronti dell'Italia davanti all'Onu;

    la scelta di concedere la cittadinanza su base etnica andrà a minare non solo la convivenza nei Paesi dell'Unione europea, caratterizzati dalla presenza di cittadini di molteplici culture, ma anche la tenuta del tessuto sociale dell'Alto Adige-Südtirol, poiché porterà inevitabilmente a una forte spaccatura della popolazione sudtirolese tra coloro che desidereranno e potranno ottenere la doppia cittadinanza e coloro ai quali non sarà concesso tale «privilegio» ritornando, di fatto, ai tempi dolorosissimi delle «opzioni» del 1939, quando solo i sudtirolesi che scelsero il Terzo Reich vennero considerati da molti i «veri» patrioti;

    l'azione intrapresa dal Governo di Vienna si pone in totale contrasto non solo con la Costituzione italiana, e nello specifico con l'articolo 3 che sancisce l'eguaglianza dei cittadini, ma anche con la normativa europea (direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000 recepita in Italia con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215) per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente della razza e dall'origine etnica, nonché con il principio di non discriminazione sancito dall'articolo 14 della Convenzione dei diritti dell'uomo (CEDU) e riaffermato dall'articolo 21 della Carta di Nizza,

impegna il Governo:

1) a manifestare in tutte le sedi competenti la contrarietà del Governo italiano alle decisioni unilaterali adottate dal Governo austriaco e a quelle che appaiono alle firmatarie del presente atto di indirizzo gravi ingerenze in questioni interne dello Stato italiano, nel pieno rispetto dell'autonomia della provincia autonoma di Bolzano e del suo statuto, ribadendo in quelle stesse sedi il principio di «unità nazionale» del nostro Paese e la sovranità dello stesso;

2) a chiarire quale sia la posizione del Governo e se vi sia l'intenzione di intraprendere le opportune iniziative di competenza in caso di mancato rispetto da parte dell'Austria della «quietanza liberatoria» del 1992, dello statuto e della Costituzione italiana;

3) ad adottare le opportune iniziative al fine di contenere quelle che le firmatarie del presente atto di indirizzo giudicano intromissioni del Governo austriaco a fini propagandistici su una porzione dello Stato italiano, quale è l'Alto Adige, come nel caso riportato in premessa, volte, sempre ad avviso delle firmatarie del presente atto di indirizzo, ad una chiara azione rivendicatrice del territorio appartenente al regno austro-ungarico prima dei trattati di pace conseguenti la prima guerra mondiale, della quale questo anno ricorre il centenario;

4) a tutela del diritto e nel rispetto delle leggi, a porre in essere iniziative volte a tutelare la minoranza italiana sul territorio della provincia autonoma di Bolzano.
(1-00030) «Biancofiore, Gelmini».


   La Camera,

   premesso che:

    il fenomeno dell'assenteismo e dei cosiddetti «furbetti del cartellino» è sempre molto diffuso all'interno della pubblica amministrazione;

    i casi di dipendenti pubblici che timbrano a ripetizione per colleghi assenteisti è balzato agli onori della cronaca molto spesso, come ad esempio nei giorni scorsi con l'arresto di ben 26 dipendenti della provincia e del genio civile di Massa Carrara;

    comportamenti di questo genere, oltre a creare un danno patrimoniale alla pubblica amministrazione, provocano un pesante danno di immagine verso i dipendenti pubblici onesti che vengono così demotivati nelle loro attività quotidiane;

    i tradizionali strumenti elettronici atti a rilevare le presenze dei dipendenti attraverso la strisciata del badge, come si è potuto vedere, sono facilmente aggirabili da personale in malafede;

    sul mercato sono stati introdotti marcatempo elettronici con impronta digitale per rilevazione presenze sul lavoro adottati da diverse aziende private;

    il Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento n. 357 del 15 settembre 2016 ha autorizzato il primo ente pubblico, nel caso specifico l'azienda ospedaliero-universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno, all'installazione di «un sistema di lettura di dati biometrici mediante parziale identificazione dell'impronta digitale», con la finalità di «garantire la sicurezza degli accessi e [la] prevenzione dall'uso fraudolento dei tesserini magnetici» e «allo scopo di contrastare il fenomeno dell'assenteismo»;

    tale provvedimento ha lo scopo non solo di «riscontrare con certezza la prestazione lavorativa del dipendente, ma soprattutto, di dare certezza di cura al paziente», tutelando «la salute pubblica come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», ma anche di prevenire una condotta «per cui il dipendente infedele va a marcare al posto di un insieme di colleghi collusi, in realtà assenti sul lavoro»;

    l'installazione di questo sistema si colloca in un più ampio quadro di iniziative quali, in particolare, l'irrogazione di sanzioni disciplinari (il licenziamento senza preavviso sarebbe già stato disposto nei confronti dei dipendenti interessati da misure cautelari) e l'adozione di uno specifico regolamento per la disciplina dell'orario di lavoro (deliberazione del direttore generale n. 1030 del 27 novembre 2014) «recante disposizioni, tra l'altro, in materia di utilizzo del badge marcatempo; responsabilità del Direttore di struttura nella vigilanza e regime sanzionatorio delle inosservanze»;

    in molti casi le specifiche responsabilità poste in capo al direttore di struttura non sono da considerarsi sufficienti quando questo «essendo impegnato per gran parte del tempo lavorativo nella proprie pratiche operative, risulta spesso, nell'oggettiva difficoltà di verificare puntualmente e sistematicamente l'effettiva presenza di tutti i dipendenti»;

    il rilevatore ad impronte «non memorizza in alcun modo il dato biometrico, residente sul badge e letto solo al momento della timbratura»;

    il sistema prevede che il dipendente appoggi sia il badge che il dito sul marcatempo che confronta le informazioni lette trasmettendo al sistema centrale, in caso positivo, le sole informazioni di timbratura (matricola, data e ora, causale);

    è garantita la «volatilità del dato», quindi non c'è memorizzazione del dato biometrico in alcun database, né sotto forma di codifica numerica né, tantomeno, sotto forma di immagine;

    non vi è nemmeno la trasmissione in rete del dato biometrico che verrebbe ad essere residente in forma numerica crittografata sul badge in possesso e ad uso esclusivo del dipendente: il sistema è in grado di rilevare il cosiddetto «dito vivo» e di evitare comportamenti fraudolenti (copia dell'impronta in silicone e altro) ma non prevede l'associazione dei dati biometrici con ulteriori informazioni riferite al dipendente;

    il marcatore di dati biometrici rientra nell'ambito di applicazione della disciplina posta in materia di protezione dei dati personali, nella misura in cui l'azienda intende acquisire nella fase di enrollment le informazioni desumibili dall'impronta dei dipendenti – memorizzandole sul badge affidato nella disponibilità di questi ultimi – per utilizzarle quindi in procedure di identificazione. Quelli biometrici, infatti, sono dati personali «direttamente, univocamente e in modo tendenzialmente stabile nel tempo, collegati all'individuo e denotano la profonda relazione tra corpo, comportamento e identità della persona» e il loro impiego per la specifica finalità di rilevazione delle presenze in servizio, che l'azienda intende perseguire e per la quale correttamente è stata presentata al Garante apposita istanza ai sensi dell'articolo 17 del codice, non è contemplato tra le ipotesi di trattamento «esonerato» dalla presentazione di istanza di verifica preliminare (cfr. provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria n. 513 del 2014 cit., punto 4);

    il trattamento dei dati personali relativi alla rilevazione delle presenze e dell'orario di lavoro è riconducibile alle finalità perseguite dai soggetti pubblici quali datori di lavoro all'interno di un preciso quadro normativo che prevede specifici obblighi di controllo e conseguenti responsabilità in capo alle competenti funzioni delle pubbliche amministrazioni nell'ambito delle finalità e dei compiti istituzionali ad essi normativamente assegnate tra cui anche, nei casi in cui ne ricorrano i presupposti, la promozione delle conseguenti azioni disciplinari, salve le eventuali responsabilità sul piano penale e contabile (cfr. articoli 55 e successivi, del decreto-legge n. 165 del 2001 e, in particolare, articolo 54-quater nel testo introdotto dal decreto-legge 20 giugno 2016, n. 116; e articoli 18, 19, comma 1, del codice; sul punto, seppure con riferimento al caso, in parte diverso, di trattamento di dati a scopo di verifica sulle assenze, provvedimento 5 giugno 2014, n. 281, doc. web n. 3275942),

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per la progressiva sostituzione negli uffici pubblici dei tradizionali «timbracartellino» con badge con marcatempo elettronici che abbinino al tesserino magnetico la rilevazione dell'impronta digitale.
(1-00031) «Belotti, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lo Monte, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Marchetti, Maturi, Morelli, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Saltamartini, Sasso, Segnana, Stefani, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Zanotelli, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    la perdurante crisi dell'area del Mediterraneo, aggravata dal collasso dello Stato libico, ha determinato la crescita esponenziale del flusso migratorio che, proprio attraverso la Libia, raggiunge via mare l'Italia nell'intento di proseguire poi verso altri Stati dell'Unione europea;

    il flusso migratorio è stato ed è alimentato da trafficanti di esseri umani che hanno costituito una vera e propria rete criminale volta allo sfruttamento della disperazione di uomini, donne e minori;

    la ricerca della massimizzazione del profitto da parte dei trafficanti di esseri umani ha indotto e induce gli stessi ad impiegare e sovraccaricare barconi fatiscenti con la fatale conseguenza di determinare numerosi naufragi, con esiti mortali;

    nel 2015, e segnatamente il 18 maggio 2015, il Consiglio europeo ha definito un quadro generale di operazione di gestione militare della crisi volta ad adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani, pur nel pieno rispetto del diritto internazionale;

    l'operazione militare di cui sopra, denominata Eunavfor Med, avrebbe dovuto essere composta da tre fasi: nel corso della prima fase l'operazione era incentrata sulla sorveglianza e la valutazione delle reti di contrabbando e traffico di esseri umani nel Mediterraneo; nella seconda fase l'operazione prevede la ricerca e, se necessario, la diversione di navi sospette; la terza fase avrebbe dovuto consentire lo smaltimento delle navi e delle relative attrezzature, preferibilmente prima dell'uso, e di fermare i trafficanti e contrabbandieri;

    il 25 luglio 2017 il Consiglio europeo ha rinnovato l'operazione fino al 31 dicembre 2018;

    attualmente l'operazione è fortemente contestata dal Governo italiano che ne chiede espressamente la modifica delle regole, al fine di evitare l'attracco in Italia delle navi che soccorrono i migranti in mare;

    in ogni caso, pur nell'auspicato cambiamento delle regole della missione, è opportuno, al fine di affrontare radicalmente il traffico di esseri umani nel Mediterraneo e di tutelare maggiormente i confini italiani, che il Governo insista per l'attuazione della terza fase dell'operazione che prevede di neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra;

    il passaggio alla terza fase necessita di una apposita risoluzione delle Nazioni unite e del consenso e della cooperazione da parte del corrispondente Stato costiero,

impegna il Governo:

   ad attivarsi al fine di ottenere il consenso e la cooperazione del Governo libico alla attuazione delle terza fase dell'operazione Eunavfor Med, e segnatamente alla neutralizzazione delle imbarcazioni e delle strutture logistiche usate dai contrabbandieri e dai trafficanti sia in mare che a terra;

   ad attivarsi presso l'Onu per avviare il percorso volto all'assunzione della necessaria risoluzione per la realizzazione della terza fase dell'operazione Eunavfor Med;

   a subordinare qualsivoglia accordo bilaterale con il Governo di Tripoli per il contrasto dell'immigrazione irregolare e della tratta degli esseri umani nel Mediterraneo all'ottenimento del consenso e della cooperazione dello Stato libico all'attuazione della terza fase dell'operazione Eunavfor Med.
(7-00047) «Delmastro Delle Vedove».


   La III Commissione,

   premesso che:

    nelle case circondariali d'Italia sono detenute e/o ristrette 58.745 persone, secondo i dati forniti dal Ministro di grazia e giustizia;

    la popolazione carceraria straniera è costituita da circa 19.860 persone, secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

    nel nostro sistema carcerario si contano, infatti, detenuti provenienti da più di cento Paesi;

    i Paesi più rappresentati sono, in ordine decrescente, il Marocco (18,6 per cento dei detenuti stranieri), la Romania (13,7 per cento), l'Albania (12,8 per cento), la Tunisia (10,5 per cento), la Nigeria (5,6 per cento) e l'Egitto (3,4 per cento);

    il costo medio giornaliero per ogni detenuto è indicato dallo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in 137,02 euro;

    il costo annuale per i detenuti stranieri sopportato dallo Stato italiano è dunque superiore a novecento milioni di euro;

    lo Stato italiano ha sottoscritto un accordo con la Romania in data 13 settembre 2003 che prevede il trasferimento di detenuti condannati anche senza il loro consenso;

    appare dunque opportuno intraprendere percorsi volti a sottoscrivere trattati bilaterali con Paesi dell'Unione europea ed extraeuropei per consentire il trasferimento dei detenuti per la esecuzione in Patria delle sentenze penali italiane, anche senza il preventivo consenso del detenuto stesso,

impegna il Governo:

   ad avviare percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria per il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, anche in mancanza del consenso dell'interessato;

   ad avviare nei loro Paesi di origine percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con altri Stati per il trasferimento dei detenuti nei loro Paesi di origine al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, anche in mancanza del consenso dell'interessato.
(7-00048) «Delmastro Delle Vedove».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    diverse sentenze amministrative hanno concesso l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento (Gae) di alcuni diplomati magistrali che ritenevano che il loro titolo abilitante desse anche la possibilità di accedere alle graduatorie che danno diritto al ruolo e non solo alle supplenze;

    per dirimere la questione è intervenuto il Consiglio di Stato, il cui massimo organo è costituito dall'adunanza plenaria che, con sentenza n. 11 del 2017, nel dicembre 2018, ha dichiarato che il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) del personale docente;

    il Pd all'inizio della legislatura ha depositato – in entrambe le Camere – una proposta di legge recante Disposizioni in materia di contrasto alla povertà educativa e di reclutamento per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria (AC 578 Ascani e A.S. 285);

    l'articolo 4, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 concede al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 120 giorni di tempo per dare esecuzione ad ogni provvedimento giurisdizionale che comporti la decadenza di contratti di lavoro stipulati con docenti in possesso di diploma magistrale, conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, inseriti con riserva nella graduatoria ad esaurimento;

   in particolare, la suddetta disposizione prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca possa procedere, entro 120 giorni dalla comunicazione, a trasformare i contratti in essere in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019. Inoltre, introduce una procedura di «concorso non selettivo» per titoli e prova orale, bandito in ciascuna regione e riservato agli stessi soggetti, nonché a laureati in scienze della formazione primaria, che siano in possesso di requisiti minimi di servizio presso le scuole statali, per la copertura di parte dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria;

   inoltre, l'articolo 4-bis del citato decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, elimina il termine massimo complessivo di durata previsto per i contratti a tempo determinato del personale della scuola, per la copertura di posti vacanti e disponibili. A tal fine, abroga l'articolo 1, comma 131, della legge n. 107 del 2015, che aveva stabilito, a decorrere dal 1° settembre 2016, per i contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), per la copertura di posti vacanti e disponibili presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il divieto di superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi;

   gli emendamenti presentati dal gruppo Pd, in fase di discussione del disegno di legge di conversione del cosiddetto «decreto-legge dignità» proponevano, invece, la previsione di un piano strutturale di interventi a sostegno del settore, ritenendo limitata la scelta del Governo di considerare come urgente la sola questione dei diplomati magistrali;

   tra le misure finalizzate a garantire la continuità didattica non possono considerarsi marginali, infatti, gli interventi proposti dal gruppo Pd, finalizzati ad incrementare l'organico dell'autonomia, coprire tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico di diritto del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), a prevedere la possibilità di permanenza in servizio per i dirigenti scolastici e l'esonero dall'insegnamento del docente che collabora con il dirigente scolastico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative recanti un piano strutturale di interventi finalizzato a garantire la continuità didattica, incrementando l'organico dell'autonomia, almeno di 18 mila unità in tre anni, da destinare all'istituzione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia, prioritariamente nelle regioni del Sud;

   a bandire entro la data del 31 ottobre 2018, come clausola di salvaguardia rispetto all'abrogazione del termine massimo complessivo di durata previsto per i contratti al tempo determinato del personale della scuola, per la copertura di posti vacanti e disponibili di cui all'articolo 1, comma 131, della legge n. 107 del 2015, i concorsi previsti dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59;

   in fase di predisposizione del bando – finalizzato all'accesso al concorso di cui all'articolo 4, comma 1-quinquies del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 – a non applicare ai laureati in scienze della formazione primaria, con all'attivo un corso di laurea magistrale e 600 ore di tirocini certificati, il criterio dei 24 mesi di servizio.
(7-00046) «Ascani, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Prestipino, De Maria, Anzaldi, Rossi».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    è stato concluso l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee guida nazionali per gli interventi con gli animali (IAA)»;

    la pet therapy in Italia è stata riconosciuta come cura ufficiale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003, che ha sancito per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo che un animale può avere nella vita affettiva di una persona, nonché la valenza terapeutica degli animali da compagnia;

    il termine «interventi assistiti con gli animali» è un termine generale che include in sé sia le terapie assistite dagli animali (TAA), che le attività assistite dagli animali (AAA);

    le attività assistite dagli animali sono degli interventi di tipo ricreativo che hanno l'obiettivo di migliorare la qualità della vita di coloro che ne usufruiscono senza perseguire un obbiettivo terapeutico. Le terapie assistite dagli animali sono interventi che hanno degli obiettivi terapeutici specifici e in cui un animale, che risponde a determinati requisiti, è parte integrante del setting, cui relazione viene «somministrata» al fine di coadiuvare il raggiungimento dell'obbiettivo terapeutico. Le terapie assistite, inoltre, rispetto alle attività, presentano una maggiore complessità se non altro procedurale e, come tutti i trattamenti terapeutici, si basano su una diagnosi e su di un obbiettivo prescritto da un terapeuta;

    per le terapie assistite dagli animali si rende necessario che, nell'ambito delle terapie assistite dagli animali (taa) e in particolare nelle terapie ad alta complessità così come definite dalle linee guida sulle attività riabilitative della regione Campania (delibera della giunta regionale 482 del 23 marzo 2001) ed in corso di psicoterapie, la conduzione dell'animale sia effettuata esclusivamente dal medico veterinario, considerando che, come stabiliscono le linee guida, «La Terapia Assistita dagli Animali è un intervento finalizzato alla cura dei disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale, rivolto a soggetti affetti da patologie fisiche, psichiche, sensoriali o plurime, di qualunque origine. L'intervento è personalizzato sul paziente e richiede apposita prescrizione medica». La presenza dell'animale ne definisce la sua specificità;

    le terapie assistite dagli animali, per la complessità delle patologie verso le quali comunemente è orientata la pet therapy e per la complessità stessa del setting, richiedono professionisti che siano abilitati alla funzione sanitaria e terapeutica;

    nella «Linee guida nazionali per gli interventi con gli animali (IAA)» non c'è una reale differenza sul metodo di lavoro, o sulla scelta dei componenti dell’équipe, così come sulla formazione che è necessaria per gli operatori coinvolti nelle terapie. Gli unici parametri necessari che vengono presi in considerazione sono la non aggressività e i segnali di stress da infezione. A questo proposito va sottolineata l'assenza di protocolli sanitari standardizzati e differenziati in base alle specie e soprattutto alla pericolosità del setting pensando che la pet therapy spesso è rivolta a persone ammalate come tossicodipendenti o bambini, i primi immunodepressi e i secondi con un sistema immunitario non ancora completo. Con le linee guida nazionali per gli interventi con gli animali (IAA) rischia di passare un modello tecnico, per il quale fare la terapia con l'animale sarà lavorare in maniera superficiale e riduttiva, aspetto a cui si è oramai abituati sia nei modelli formativi che sanitari;

    recentemente, secondo quanto formulato dall'organizzazione mondiale della sanità (Oms), si è passati da un concetto di salute basato solo sull'assenza di malattia a un'idea più completa di salute quale stato di benessere fisico, psichico e sociale e, quindi, non solo assenza di malattia. Il nuovo concetto di salute, quindi, favorisce lo sviluppo di una medicina diretta a promuovere lo stato di salute indipendentemente dalla malattia ed è qui che si inseriscono le terapie assistite dagli animali (TAA);

    il modello riabilitativo del sistema sanitario (Oms) viene definito bio-psico-sociale inquadrando la malattia dell'individuo in una dimensione più complessa; all'interno di questo modello, nel settore che corrisponde agli interventi riabilitativi, la pet therapy troverebbe il suo inserimento avendo tutti i requisiti di un intervento riabilitativo organico, psichico e sociale (ICF International classification of functioning, disability and health 2001 – linee guida per l'attività di riabilitazione 2008);

    la formazione universitaria del medico veterinario è tale da formare un professionista in grado di operare del settore della salute. Inoltre, il medico veterinario ha chiari i concetti di salute e malattia, la sua formazione gli conferisce quella «forma mentis» che gli consente di procedere allo screening e alla diagnosi differenziale, capacità che appartiene alle sole categorie che si sono formate in tale senso. Il veterinario è un professionista in possesso di laurea sanitaria professionalizzante in grado di effettuare monitoraggi sanitari e diagnosi differenziali sullo stato di salute dell'animale in corso di terapia. È l'unica figura professionale in grado di tutelare la salute e il benessere animale (legge 20 luglio 2004, n. 189, che modifica il codice penale) e l'unica figura professionale abilitata a tutelare la salute dell'uomo dai rischi di qualsiasi attività dell'animale (articolo 1 del codice deontologico del medico veterinario), nonché un professionista che risponde a un ordine professionale. Le terapie assistite dagli animali rientrano nelle competenze della sanità pubblica veterinaria («OMS Ginevra 1974 La SPV) e di quella parte dell'attività di sanità pubblica che ha come scopo l'applicazione delle capacità, conoscenze e risorse professionali della veterinaria ai fini della protezione e del miglioramento della salute umana». Il Comitato nazionale di bioetica definisce il veterinario l'unico garante della relazione uomo/animale;

   le terapie con animali devono essere considerate alla stregua delle altre terapie per cui devono essere eseguite esclusivamente da figure professionali sanitarie (come citano le linee guida sulla disabilità) e opportunamente formate, che possono cioè eseguire una terapia. Le terapie con animali sono, inoltre, terapie di relazione e quindi sono processi che prevedono la partecipazione dell'animale che è un essere vivente complesso, diverso, altro dall'uomo, per cui deve necessariamente essere guidato nella relazione terapeutica solo da un veterinario opportunamente formato e non dal coadiutore, come invece prevedono le linee guida;

    la formazione dell’équipe che dovrà servire a formare le figure professionali destinate a lavorare nelle terapie assistite dagli animali, deve essere di tipo interdisciplinare, orientata, quindi, alla formazione delle rispettive figure professionali operanti all'interno di un setting terapeutico zoo antropologico: per il medico veterinario, sarà tesa alla formazione della coppia uomo/animale per consentire l'interpretazione delle finalità coterapeutiche indicate dagli esperti della relazione umana e avere la capacità di condurre un setting zooterapeutico operando in sinergia. Poiché il setting zooterapeutico è interspecifico, tutti gli operatori devono essere in grado di lavorare in équipe, di interagire e di integrare le loro competenze al fine di costruire la terapia con uno sguardo sistemico. Il lavoro con un animale se eseguito da personale qualificato esprime tutte le sue potenzialità che sono enormi non essendo solo un'attività che ha una valenza facilitativa nei confronti di altre terapie. Questa terapia, infatti, è in grado di attivare l'affettività e altre dimensioni della capacità di relazione dell'individuo per cui il suo svolgimento e la modalità con cui si compie è estremamente complesso e richiede competenza e formazione. Lo zooterapeuta veterinario, oltre ad interfacciarsi direttamente anche con il paziente, dovrà sapersi relazionare anche con le persone a lui vicine (madre-familiari-insegnanti e altri soggetti coinvolti), oltre che con il clinico umano, del quale deve comprenderne e condividerne il linguaggio sanitario. Dovrà cogliere, in ogni singola seduta, gli elementi su cui poter lavorare e i giusti canali che, in quel momento, possono enfatizzare la relazione con l'animale. Inoltre, qualora nascessero spunti di dialogo deve saperli cogliere cercando di coinvolgere il paziente o il resto del gruppo;

    le terapie assistite dagli animali, rappresentano l'espressione di quel mutamento epistemologico del quale si sente da più parti l'esigenza e che viene rappresentato dall'affacciarsi di figure professionali con competenze multidisciplinari che approccino al lavoro e alla conoscenza con una visione sistemica. Le terapie assistite dagli animali, infatti, vedono l'obbligatorietà della presenza dell’équipe multidisciplinare, poiché l'obbiettivo terapeutico è fornito dal clinico umano, che sia il geriatra, il neuropsichiatra infantile o lo psicoterapeuta o altri, e viene interpretato dal veterinario zooterapeuta con l'animale. Il processo terapeutico inoltre deve essere documentato, valutato e modificato in base alle risposte che si ricevono. Le linee guida, nel paragrafo dedicato all’équipe multidisciplinare, individuano le figure professionali e gli operatori coinvolti per le terapie assistite dagli animali nel responsabile di progetto, che coordina l’équipe, e nel referente d'intervento, che prende in carico la persona durante la seduta, individuata fra le figure professionali dell'area sanitaria di cui al decreto-legge 19 febbraio 2009 o appartenente alle professioni sanitarie (ex legge n. 43 del 2006 e decreto ministeriale 29 marzo 2001) e di «documentata esperienza e competenza». Espressione, quest'ultima, quanto mai generica e superficiale. Chiunque operi nell'ambito della formazione sa che l'intuizione, la creatività, la capacità d'intervento, come l'interpretazione di una situazione sono abilità professionali che maturano con il metodo e la formazione adeguata e non sono solo espressione del talento individuale;

    ci sono però altre figure professionali strettamente correlate al lavoro di pet therapy anche se non presenti nel setting terapeutico, quelle dell'istruttore cinofilo e degli equidi e del veterinario comportamentalista. La scelta dell'animale che va coinvolto nelle attività di cura, infatti, è un momento importantissimo, richiede la collaborazione di queste due figure professionali basilari che dovrebbero lavorare in tandem. L'istruttore, ad avviso dei firmatari del presente atto, è la figura professionale che meglio può valutare l'idoneità degli animali in base all'osservazione delle loro dinamiche relazionali, che forma gli allevatori circa le modalità di approccio e di allevamento e forma l'animale per ottenere una relazione equilibrata e soddisfacente per lo stesso, mentre il veterinario comportamentalista è il professionista che si affianca all'educatore nella scelta del singolo animale per verificarne l'assenza di patologie comportamentali; se queste fossero eventualmente presenti ne diagnostica la gravità, decide se accettare o meno il suo coinvolgimento nelle relazioni di cura; dovrebbe inoltre essere colui che, a cadenza mensile, sovraintende a una seduta di pet therapy per verificare durante il suo svolgimento l'assenza di atteggiamenti che indicano problematiche comportamentali o di sofferenza dell'animale;

    la definizione di sanità pubblica veterinaria secondo l'Oms (Ginevra 1974) è la seguente: «La SPV è quella parte dell'attività di sanità pubblica che ha come scopo l'applicazione delle capacità, conoscenze e risorse professionali della veterinaria ai fini della protezione e del miglioramento della salute umana»,

impegna il Governo:

   1) nell'ambito delle terapie assistite dagli animali (Taa) ed in particolare delle terapie ad alta complessità ad assumere iniziative per:

    a) distinguere rigorosamente le terapie assistite dagli animali dagli altri interventi con gli animali, in quanto, essendo le prime processi terapeutici di relazione, sono attività complesse che innescano dinamiche articolate che devono pertanto essere riconosciute e opportunamente guidate;

    b) riconoscere che le terapie con gli animali sono vere e proprie prestazioni sanitarie, all'interno del settore che corrisponde agli interventi riabilitativi, perché finalizzate alla salute, utilizzate per integrare obiettivi terapeutici e riconosciute come facenti parte delle prestazioni della sanità pubblica veterinaria (definizione Oms-Ginevra 1974);

    c) prevedere, anche tenuto conto delle linee guida tracciate dalle regioni, che la conduzione dell'animale sia effettuata esclusivamente dalla figura del medico veterinario;

    d) assicurare che la formazione delle figure professionali coinvolte in un setting terapeutico sia di tipo universitario e interdisciplinare tale da consentire di interagire in un setting interspecifico come quello delle terapie con animali;

   2) rispetto ai parametri considerati oggi per valutare l'infettività dell'animale, ad adottare iniziative per stabilire nell'immediato dei protocolli sanitari standardizzati e differenziati in base alle specie e soprattutto alla pericolosità del setting;

   3) ad assumere iniziative affinché figure professionali strettamente correlate al lavoro di pet therapy, non presenti nel setting terapeutico, cioè quelle dell'istruttore cinofilo e degli equidi esperto in pet therapy e del veterinario comportamentalista, abbiano, il primo, una competenza riconosciuta da enti accreditati alla formazione e, il secondo, una formazione di tipo universitario e interdisciplinare.
(7-00045) «Lorefice, D'Arrando, Sarli, Bologna, Sportiello, Chiazzese, Leda Volpi, Lapia, Mammì».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   la «preferenza di genere» consiste nella possibilità per l'elettore di esprimere uno o due voti di preferenza e, nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e una un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza;

   la sua finalità è, unitamente alle «quote di lista», quella di ottenere un riequilibrio nella rappresentanza politica dei due sessi, in linea con l'articolo 3 e 51, primo comma, nel testo modificato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1 (Modifica dell'articolo 51 della Costituzione), con l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, nel testo modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) e con i principi di cui all'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'articolo 2 della Carta europea per l'uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale;

   la Corte costituzionale sul tema è intervenuta più volte: nella sentenza n. 49 del 2003, ha evidenziato come i vincoli alla formazione delle liste non incidono sul diritto fondamentale del cittadino alla libertà del voto, ma solo sulla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano le liste elettorali; nella sentenza 4/2010 ha sancito la costituzionalità della doppia preferenza perché «non è in alcun modo idonea a prefigurare un risultato elettorale o ad alterare artificiosamente la composizione della rappresentanza consiliare»; nella sentenza 81 del 2012 ha riconosciuto la precettività delle norme in materia di parità di genere;

   la legge 2 luglio 2004, n. 165, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, prevede per le regioni che «1) qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l'annullamento delle preferenze successive alla prima»;

   nel 2016 la presenza di donne nei consigli regionali rappresentava circa il 18 per cento del totale e nel 2013 era pari al 13,9 per cento;

   nonostante il quadro normativo, costituzionale e statutario delle regioni sia complessivamente ispirato al principio fondamentale dell'effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, alcune regioni italiane, nello specifico Calabria, Piemonte, Puglia, Marche, Friuli Venezia Giulia e Valle D'Aosta non hanno ancora adeguato la legge elettorale alle disposizioni di cui alla legge 2 luglio 2004, n. 165, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, inserendo gli strumenti di riequilibrio di genere ivi previsti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni, il Governo intenda assumere in ordine al pieno rispetto delle normative vigenti con riguardo alla mancata attuazione delle disposizioni di cui alla legge 2 luglio 2004, n. 165, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20;

   se il Governo non intenda, a tal fine, valutare se sussistano i presupposti per attuare la procedura di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, esercitando i propri poteri sostitutivi e assegnando alle regioni un termine per adottare i provvedimenti dovuti e necessari.
(2-00091) «Viscomi, Annibali».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORINO, FORNARO, BERSANI, BOLDRINI, CONTE, EPIFANI, FASSINA, FRATOIANNI, MURONI, OCCHIONERO, PALAZZOTTO, ROSTAN, SPERANZA e STUMPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda del crollo del ponte Morandi ha portato con sé conseguenze molteplici che vanno affrontate con immediatezza, perché non si può lasciare un'intera città e uno snodo economico importantissimo in balia di azioni dilatorie che sarebbero non solo incomprensibili ma anche inaccettabili;

   grave è la situazione di fermo delle attività delle imprese della zona rossa con gravi conseguenze occupazionali, che stanno subendo danni incalcolabili in conseguenza del blocco della mobilità stradale e ferroviaria, con lo stesso sistema portuale genovese e ligure e la logistica che stanno subendo colpi durissimi;

   ad un mese dal catastrofico evento ancora non si sono avviate quelle azioni strutturali per il sostegno alla popolazione, alle imprese e ai lavoratori direttamente e indirettamente coinvolti;

   il Governo deve varare una normativa speciale con il pieno coinvolgimento delle amministrazioni locali e le forze sociali, senza rinvii, prevedendo forme di coinvolgimento e controllo da parte dei cittadini;

   sulla realizzazione del ponte ad oggi atti effettivi non si sono visti ma questa resta la priorità; ad oggi non si conoscono né il progetto, né chi realizzerà il ponte, i costi e i tempi;

   tenuto conto delle numerose crisi aziendali presenti a Genova e delle attività coinvolte dal crollo del ponte, è indispensabile istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un'unità di crisi al fine di adottare misure di sostegno alle imprese esistenti, incentivi per l'insediamento di nuove attività industriali e misure di sostegno al reddito per i lavoratori;

   occorre definire misure di sostegno al comune di Genova per interventi di carattere urbanistico nelle aree di trasferimento abitativo e industriale e nelle aree di rispetto della nuova infrastruttura, prevedendo interventi in materia di dissesto idrogeologico;

   si deve completare la sistemazione delle famiglie sfollate che ad un mese dal crollo del ponte non risultano essere ancora sistemate;

   è necessario prevedere: finanziamenti per il trasporto pubblico locale e per l'acquisizione di nuovi autobus; risorse finanziarie per la metropolitana, prevedendo il collegamento con la rete ferroviaria per l'integrazione tra rete ferroviaria e metropolitana –:

   quali siano i motivi dei ritardi da parte del Governo nell'assumere le iniziative di competenza e, in tale contesto, quando il Governo intenda adottare un'iniziativa normativa urgente espressamente dedicata a Genova che affronti tutte le criticità, in particolare quelle segnalate in premessa, prevedendo, altresì, la possibilità di assunzioni in deroga di personale dei vigili del fuoco e degli enti locali.
(3-00154)


   D'UVA, BATTELLI, RIZZONE, LEDA VOLPI, TRAVERSI, VIGNAROLI, SCAGLIUSI, DAGA, BARBUTO, DEIANA, LUCIANO CANTONE, D'IPPOLITO, CARINELLI, FEDERICO, DE GIROLAMO, ILARIA FONTANA, DE LORENZIS, LICATINI, FICARA, ALBERTO MANCA, GRIPPA, RICCIARDI, LIUZZI, ROSPI, MARINO, TERZONI, RAFFA, VARRICA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, VIANELLO, SERRITELLA, ZOLEZZI, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dopo la tragedia del 14 agosto 2018, sul tratto autostradale A10 Genova-Ventimiglia, che ha visto coinvolte 43 vittime e 566 sfollati, il Governo si è prontamente attivato, stanziando nello specifico risorse complessive pari a 33.470.000 euro per l'attuazione dei primi interventi, volti ad assegnare ai nuclei familiari gli alloggi pubblici nonché attuare una fase di prima emergenza, tra cui la realizzazione della viabilità alternativa, il potenziamento del sistema dei trasporti e interventi di recupero funzionale edilizio;

   risulta condivisibile la scelta di pubblicare sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le convenzioni autostradali comprensive di tutti gli allegati e del piano finanziario;

   è di evidente importanza ricominciare a programmare gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture del nostro Paese, per evitare che eventi di questo genere si verifichino nuovamente al fine di garantire ai cittadini efficienza nei trasporti;

   risulta dalle comunicazioni in Aula del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'intenzione di istituire sia una banca dati a livello centrale, che possa acquisire informazioni riguardanti lo stato e la manutenzione di tutte le infrastrutture esistenti, sia il potenziamento della struttura di controllo e vigilanza sulle concessioni autostradali, attraverso l'assunzione di giovani ingegneri;

   è stato comunicato in Aula che il Governo sta predisponendo un provvedimento d'urgenza per Genova e per le infrastrutture al fine di soddisfare al meglio le esigenze dei cittadini, attivando in primis interventi volti ad aiutare i cittadini e le imprese attraverso aiuti fiscali e, in secondo luogo, attivando una maggiore sicurezza delle infrastrutture stradali attraverso la nomina di un commissario volto a monitorare i vari passaggi dalla demolizione alla progettazione e realizzazione di una nuova struttura e un'agenzia volta alla sicurezza delle infrastrutture stradali –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché nel nostro Paese si passi finalmente dalla logica dell'emergenza a quella della prevenzione, valutando la possibilità di costituire un soggetto terzo, dotato di adeguate risorse professionali e finanziarie, in grado di garantire controlli più efficaci e costanti sulle infrastrutture della rete viaria su tutto il territorio nazionale, assicurando agli utenti condizioni di accessibilità e sicurezza.
(3-00155)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nei confronti dell'attività del Governo ci sono le aspettative non soltanto del popolo italiano, ma anche di gran parte del popolo europeo: da tempo gli europei hanno capito che è nelle sedi internazionali e in Europa che si decidono le strategie fondamentali per il futuro e da dove partono i problemi e gli errori che oggi ricadono sulla pelle della gente e sulla vita dei singoli Paesi;

   in pochi mesi di lavoro, il Governo, grazie al Ministro dell'interno Salvini, è riuscito a sottoporre all'attenzione dell'opinione pubblica italiana ed europea un problema che era sotto gli occhi di tutti: il problema della gestione dei migranti, che non può essere esclusivamente un problema italiano, ma di tutta l'Europa;

   il 25 maggio 2018 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato la sua posizione su un pacchetto di misure che include due regolamenti e due direttive volti ad attuare riforme concordate a livello internazionale a seguito della crisi finanziaria del 2007-2008;

   l'Italia era in disaccordo e si è astenuta, contrariamente a Germania e Olanda;

   come si legge sul sito ufficiale del Consiglio dell'Unione europea, al fine di rafforzare i requisiti patrimoniali (sensibili al rischio) delle banche che contrattano maggiormente in titoli e derivati, tale pacchetto prevede un «coefficiente vincolante di leva finanziaria che impedisce alle banche di aumentare eccessivamente la leva finanziaria e un coefficiente netto vincolante di finanziamento stabile» e si richiede «da parte degli enti a rilevanza sistemica a livello globale (“G-SII”) una maggiore capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione in caso di risoluzione»;

   in vista del termine del programma di «quantitative easing» della Banca centrale europea e di fronte al rischio di attacchi speculativi nei confronti del debito di un Paese dell'eurozona che possono mettere a rischio la stabilità finanziaria dell'intera area euro, va sottolineato che senza misure europee di tutela del debito sovrano le politiche economiche adottate dai singoli Stati non sono sufficienti –:

   cosa intenda fare il Governo in sede europea, anche in vista della stesura della prossima manovra di bilancio, al fine di dimostrare la propria contrarietà ad un approccio che non tenga in debito conto una maggiore protezione del debito sovrano e dei connessi rischi di sostenibilità del settore bancario.
(3-00156)


   CARFAGNA, GELMINI, OCCHIUTO, D'ATTIS, LABRIOLA, ELVIRA SAVINO, SISTO, CORTELAZZO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, MAZZETTI, RUFFINO, BARELLI, BENDINELLI, CARRARA, DELLA FRERA, FIORINI, POLIDORI, PORCHIETTO e SQUERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della conferenza stampa ufficiale, al termine dell'incontro bilaterale con il Presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump, tenutosi alla Casa Bianca di Washington nel mese di luglio 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri ha avuto modo di definire il Gasdotto trans-adriatico (Tap) come «un'opera strategica per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico del nostro Paese e del Mediterraneo»;

   d'altra parte, il Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha da ultimo sostenuto l'esatto contrario, affermando – nel corso di un intervento alla Fiera del Levante a Bari – che «il MoVimento 5 Stelle era ed è contrario al Tap»;

   va rilevato, altresì, che l'attuale Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, si è spesa senza riserve nella causa «No Tap» e, ancora in questi giorni, ha sostenuto che «il Tap non è un genere di investimento che serve all'Italia e che non porterà significativi vantaggi al popolo italiano»;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha già effettuato alcuni incontri con le istituzioni locali e i tecnici, promettendo di garantire «una verifica presso i Ministeri competenti della procedura sin qui seguita»;

   la mancata realizzazione dell'opera costituirebbe un grave danno per l'Italia, perché bloccherebbe il processo di diversificazione delle fonti energetiche, in un Paese in cui l'attuale livello dei prezzi medi del gas naturale è del 10 per cento più alto dei prezzi del Nord Europa;

   la realizzazione dell'opera aumenterebbe il livello di sicurezza nazionale di un Paese come l'Italia strutturalmente dipendente dalle fonti energetiche estere e consentirebbe un'indubbia riduzione dei costi dell'energia per imprese e famiglie, favorendo la competitività e contenendo l'impatto negativo della produzione di energia sull'ambiente e sulla salute delle persone, in virtù delle ridotte emissioni del gas naturale rispetto alle sue alternative fossili –:

   alla luce delle posizioni contrastanti presenti all'interno della compagine di Governo e degli incontri e delle verifiche sino ad ora effettuate, se intenda chiarire quale sia la linea dell'Esecutivo in merito alla realizzazione del Gasdotto trans-adriatico, quali siano le iniziative che s'intendono adottare al riguardo e se sia consapevole che la mancata realizzazione dell'infrastruttura potrebbe causare un aggravio nei costi delle bollette per le famiglie e costituire un'occasione persa per lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia.
(3-00157)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, DEIDDA, LUCA DE CARLO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono oltre cinque milioni le persone che vivono in condizioni di indigenza e i più recenti dati dell'Istat hanno rilevato che il trend continua ad essere in peggioramento, con una crescita degli indici di povertà assoluta di oltre mezzo punto percentuale in due anni, ma è in aumento anche la povertà relativa, categoria nella quale rientrano coloro che vivono in nuclei familiari con un reddito mensile di cinquecento euro a persona, una condizione che riguarda un italiano su sei;

   la situazione è particolarmente drammatica nelle regioni meridionali, dove un abitante su dieci vive in povertà assoluta e ci sono un milione e duecentomila bambini e ragazzi in condizione di povertà;

   tra i punti qualificanti del «contratto di governo», posto alla base dell'accordo politico tra Lega e Movimento 5 stelle, è previsto lo stanziamento di 17 miliardi di euro annui per l'istituzione del reddito di cittadinanza, che prevede la corresponsione di una cifra variabile fino a 780 euro al mese in favore di ogni cittadino che non ha un reddito o che ce l'ha ma è troppo basso per vivere dignitosamente;

   durante un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea svolta il 27 giugno 2018, tuttavia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico non ha fornito alcuna risposta in merito ai tempi previsti per l'introduzione del reddito di cittadinanza;

   nelle ultime settimane i quotidiani continuano a riportare la notizia che il reddito di cittadinanza sarà introdotto già con la prossima legge di bilancio e la notizia è stata confermata ufficialmente dal Ministro Di Maio, che in un'intervista del 2 settembre 2018 ha ribadito l'introduzione del reddito di cittadinanza dal 2019;

   la Finlandia ha appena deciso di interrompere la corresponsione del «reddito minimo universale», introdotto a gennaio del 2017, perché ha ritenuto che il meccanismo non funziona, e altri Stati europei, pur riconoscendo una misura simile al reddito di cittadinanza pensato per l'Italia, lo vincolano a regole molto rigide e corrispondono importi più bassi –:

   se l'introduzione del reddito di cittadinanza sia prevista nel prossimo disegno di legge di bilancio e come si intenda finanziarlo.
(3-00158)


   ANDREA ROMANO, DELRIO, ROTTA, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, CARNEVALI, DE MARIA, FIANO, LEPRI, MORANI, PEZZOPANE e VISCOMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 ha approvato il disegno di legge «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione»;

   da un articolo pubblicato il 4 settembre 2018 sul quotidiano Il Tirreno, si è appreso dell'archiviazione dell'indagine sulle irregolarità nella gestione dell'azienda pubblica dei rifiuti Aamps di Livorno;

   dalla richiesta di archiviazione emergerebbe che lo studio Lanzalone & partners ha intrattenuto con il comune di Livorno un rapporto di collaborazione sin dalla fine di dicembre 2015 per la vicenda dell'azienda pubblica dei rifiuti Aamps di Livorno;

   la sussistenza di una collaborazione non occasionale tra l'allora avvocato Alfonso Bonafede e l'avvocato Lanzalone risultava anche da una mail datata proprio 7 gennaio 2016, indirizzata tra gli altri al sindaco di Livorno Nogarin, all'assessore Lemmetti, allo stesso Lanzalone e all'avvocato Francesco Costantini;

   il 2 agosto 2018 proprio il Ministro Alfonso Bonafede, rispondendo presso il Senato della Repubblica a un'interrogazione sui suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone, arrestato per corruzione a giugno 2018 nell'ambito della maxi inchiesta sulla costruzione dello stadio della Roma, si era così espresso: «Negli ultimi sei anni non ho avuto alcun rapporto professionale con l'avvocato Luca Lanzalone» –:

   se non ritenga di dover fare urgentemente chiarezza in merito ai rapporti professionali intercorsi tra il Ministro Bonafede e Lanzalone nel 2016, quando era già deputato della Repubblica, nonché se ritenga eventualmente compatibili tali rapporti con la politica anticorruzione che il Governo intende intraprendere.
(3-00159)


   LUPI e COLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 30 luglio 2018, rispondendo a una sollecitazione del Presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump, che ha detto: «Completate la Tap, vorrei vedere il gasdotto finito», a proposito di quel tratto di gasdotto lungo circa otto chilometri che dovrà attraversare un pezzo di territorio pugliese a chiusura dei circa quattromila precedenti, il Presidente del Consiglio dei ministri ha definito la Tap «un'opera strategica per l'approvvigionamento dell'Italia e del Sud Europa». Un Ministro del Governo in carica, la responsabile del dicastero per il Sud, Barbara Lezzi, ancora ieri dichiarava invece la Tap «un'opera non strategica». E il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Luigi Di Maio sempre ieri ribadiva: «Siamo contrari»;

   altrettanto si potrebbe dire di altre grandi opere, dalla Tav al terzo Valico, alla Gronda di Genova, alla ricostruzione del Ponte Morandi, sulle quali si assiste ad analogo «balletto» di dichiarazioni che aumentano solo l'incertezza dei cittadini;

   sempre il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio, presumibilmente anche nel ruolo di Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico, ha avanzato la proposta, «entro l'anno», di una legge per la chiusura degli esercizi commerciali la domenica. Gli imprenditori del settore valutano le vendite nei giorni festivi il 10 per cento del totale e calcolano che questo provvedimento costerà la perdita del posto di lavoro a 40/50.000 persone su 450.000. Dopo gli 8.000 posti l'anno «persi» grazie al «decreto dignità» (tale l'ipotesi delle relazione tecnica ad esso allegata), questi altri 50.000 nuovi disoccupati faranno, ad avviso degli interroganti, di Luigi Di Maio il primo Ministro del «non lavoro e della decrescita economica»;

   il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede sostiene a spada tratta una legge anticorruzione che prevede la figura dell'agente provocatore. Il Ministro dell'interno, nonché anch'egli Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, ritiene che quel provvedimento avrebbe come conseguenza il mettere sotto stato di accusa i 60 milioni di cittadini italiani;

   l'articolo 95 della Costituzione recita: «Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri» –:

   quale sia l'orientamento definitivo del Governo su infrastrutture, apertura degli esercizi commerciali e giustizia.
(3-00160)

Interrogazione a risposta orale:


   D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, CHIAZZESE, DI LAURO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e LEDA VOLPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   come recentemente reso noto dal Governo, è stata annunciata la revisione organica della normativa vigente che riguarda le persone con disabilità;

   con l'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, l'Italia ha riconosciuto, dopo anni, la figura del caregiver familiare, allineandosi ad altri Paesi europei ed extraeuropei;

   allo stato attuale esiste solo la norma sopra citata che delinea gli ambiti del riconoscimento giuridico della figura del caregiver familiare ma non le procedure;

   non è seguita dunque, anche a causa della fine anticipata della XVII legislatura, l'introduzione di una ulteriore disciplina volta a rendere effettivo il riconoscimento sancito per legge e a collocare tale nuova figura nell'ambito del quadro giuridico vigente, garantendo così la sua tutela, non solo sotto il profilo di un differente e graduale riconoscimento dell'attività svolta dal caregiver familiare nei confronti del suo assistito, ma anche sotto il profilo della formazione del complesso di quei diritti soggettivi derivanti dal richiamato riconoscimento, che darebbero, finalmente, un più appropriato valore sociale ed economico all'attività di cura svolta dal caregiver familiare –:

   se il Governo intenda, in attesa dell'annunciato riordino e aggiornamento complessivo del corpo normativo esistente sui temi della disabilità, assumere le opportune iniziative, anche legislative, per formulare una prima disciplina volta a dare risposte concrete alle istanze non più rinviabili dei caregiver familiari come, ad esempio, il soddisfacimento del diritto al lavoro, alla pensione, alla salute e al riposo, a cui troppo spessi questi debbono rinunciare per dedicarsi pienamente all'assistenza del familiare con disabilità.
(3-00152)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NARDI e PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   a Vinca, frazione del comune di Fivizzano in provincia di Massa-Carrara, si è verificato uno dei più gravi e terribili eccidi della Seconda guerra mondiale: dal 24 al 27 agosto 1944, i soldati nazisti e fascisti massacrarono infatti 174 persone in gran parte anziani, donne e bambini;

   in particolare, nella prima casa del centro abitato (segnalata con il numero civico 1), i nazisti violentarono ripetutamente 27 giovani donne prima di ucciderle insieme ai loro figli;

   questo atto vile e spregevole testimonia la ferocia, la malvagità verso l'umanità consumato dalle truppe naziste e dai regimi totalitaristici ed assume una gravità ancora maggiore perché le vittime, umiliate e torturate prima di essere uccise, erano individui indifesi ed inermi come sono le donne e i bambini;

   da qualche tempo è emersa l'opportunità (riportata anche sui mezzi di informazione) da parte di alcuni residenti e di rappresentanti di associazioni locali, di rendere fruibili tali luoghi di sofferenza a testimonianza di un orrore e di una violenza che non debbano più ripetersi. L'idea è quella di trasformare tale edificio in uno spazio di «memoria e racconto»; utilizzandolo quindi per promuovere i valori di libertà, democrazia e rispetto per gli individui;

   tale abitazione risulta essere ad oggi chiusa e abbandonata da anni. L'immobile è di proprietà della Croce rossa italiana che, sempre secondo le fonti stampa, non avrebbe dato alcuna disponibilità a perseguire tale progetto;

   la Croce rossa (si legge nel sito istituzionale) «in campo internazionale e nazionale, si adopera per prevenire e lenire in ogni circostanza le sofferenze degli uomini, per far rispettare la persona umana e proteggerne la vita e la salute; favorisce la comprensione reciproca, l'amicizia, la cooperazione e la pace duratura fra tutti i popoli»;

   la Croce rossa si è contraddistinta anche in progetti e azioni per prevenire e contrastare la violenza contro le donne ed il femminicidio;

   con decreto legislativo n. 178 del 2012 è stata riordinata la Croce rossa italiana, prevedendo un graduale processo di privatizzazione e la trasformazione in associazione di diritto privato ai sensi della legge n. 383 del 2000;

   il 27 gennaio 2013, Francesco Rocca ha assunto la nomina di presidente nazionale, in seguito alle elezioni svolte nell'assemblea nazionale dell'organizzazione, chiudendo la fase di commissariamento;

   pur essendo un'associazione di diritto privato, la Croce rossa italiana riceve (secondo quanto riporta il bilancio di previsione per l'anno 2018) oltre 74 milioni annui di finanziamenti di natura pubblica in virtù di una convenzione con i Ministeri dell'economia e delle finanze, della difesa e della salute, ai sensi dell'articolo 8 del citato decreto legislativo n. 178 del 2012 –:

   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga opportuno intervenire per promuovere l'attuazione del progetto citato in premessa al fine di realizzare una casa della memoria a Vinca e affinché sia reso fruibile l'immobile luogo di tale terribile strage.
(5-00398)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il recente incidente verificatosi lungo la tratta Avezzano Sora (strada statale 690 ex superstrada del Liri), nei pressi dell'uscita di Capistrello, in provincia dell'Aquila, nel quale hanno perso la vita due donne, madre e figlia, e che ha causato il ferimento di altre persone tra le quali una bambina, ha tragicamente ricordato quanto sia necessario intervenire sul percorso stradale, con urgenti lavori per la messa in sicurezza;

   la tratta stradale, classificata come «statale», presa in carico dall'Anas, ha inizio ad Avezzano, in provincia dell'Aquila e si snoda verso il Lazio su un tracciato che dovrebbe essere adeguato alla definizione di «ad alta velocità» ma le cui condizioni di scarsa sicurezza determinano invece una realtà ben diversa: un limite di velocità imposto a 90 km/h sul breve tratto a due corsie per senso di marcia e in buona parte di quello ad una corsia di marcia, ove non diversamente segnalato; sulla strada statale n. 690 il livello di sicurezza appare attualmente carente e critico, come confermato dai molteplici incidenti, causati dall'elevata velocità, ma anche dal maltempo e dalle criticità del percorso; i dati riferiti dal compartimento Anas per la viabilità per l'Abruzzo riferiscono di elevati volumi di traffico, soprattutto di mezzi pesanti;

   da diversi anni si ragiona in merito alla necessità di promuovere interventi di ammodernamento, attraverso il raddoppio dell'arteria e della galleria e di puntuali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria: dall'illuminazione della strada e della galleria detta «del Salviano» alla segnaletica orizzontale e verticale –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di garantire maggiore sicurezza lungo la tratta Avezzano-Sora, scongiurando il ripetersi di tragici incidenti;

   se sia intenzione del Governo destinare all'adeguamento della strada statale 690 le necessarie risorse per interventi mirati a migliorare le condizioni dell'importante infrastruttura viaria.
(5-00401)


   FUSACCHIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 23 dicembre 2015 il Cipe ha approvato il progetto per riqualificare e valorizzare il centro «Nazareno Strampelli» di Rieti dove all'inizio del novecento furono condotte le sperimentazioni genetiche sul grano che hanno cambiato per sempre la storia dell'agricoltura mondiale;

   tale progetto prevede lo sviluppo di un centro per favorire l'innovazione nella filiera olivicola-olearia e punta alla sinergia tra ricerca e impresa, assieme alla tutela del patrimonio legato alla storia e all'eredità culturale di Strampelli, a partire da una preziosa collezione di grani;

   il finanziamento complessivo ammonta a 3 milioni di euro, di cui il 50 per cento di fondi ministeriali e il restante 50 per cento di co-finanziamento da parte del Crea e dell'Università della Tuscia;

   all'interno del finanziamento complessivo sono ricompresi anche i costi legati alla ristrutturazione degli immobili del centro Strampelli, ivi compresa la serra del genetista;

   gli eventi sismici che hanno colpito il centro Italia successivamente all'approvazione del progetto da parte del Cipe avrebbero danneggiato alcuni immobili, rendendoli inagibili e aumentando il costo complessivo necessario per il recupero degli stessi, senza che sia chiara l'entità precisa del danno;

   il sito versa in condizioni di inutilizzo con conseguente ulteriore deterioramento e perdita di valore che si aggrava nel corso del tempo;

   la quota di finanziamento ministeriale non è mai stata trasferita ai promotori del progetto;

   vari tentativi informali di identificare una sede alternativa transitoria per l'avvio del progetto sono stati esperiti senza successo da parte di soggetti coinvolti nel progetto così come da rappresentanti di istituzioni locali e nazionali;

   l'Università della Tuscia ha confermato il suo sostegno allo sviluppo del progetto, considerate anche le potenziali sinergie con le attività didattiche che svolge su Rieti, e la Fondazione Varrone, i cui organi sono stati rinnovati di recente, ha espresso interesse per il progetto Strampelli –:

   se il Governo abbia informazioni relative all'entità del danno causato dagli eventi sismici, se vi sia un rischio concreto di perdita del finanziamento ministeriale dovuto al ritardo nell'avvio del progetto, e se sia disponibile a promuovere una iniziativa con gli attori economici, sociali, politici e civili del territorio al fine di valutare ogni ipotesi per sbloccare lo stallo attuale, ivi compresa l'identificazione urgente di una soluzione transitoria e l'eventuale varo di un nuovo e diverso progetto sempre finalizzato al recupero del centro Strampelli.
(5-00402)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane si sono succedute ripetute dichiarazioni dei massimi vertici del Governo, a partire dal Presidente del Consiglio dei ministri Conte, il vicepremier Di Maio, i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli e della difesa Trenta, sulla volontà dell'Esecutivo di chiudere il contratto di leasing per l'Airbus di Stato, che viene propagandisticamente chiamato «aereo di Renzi» sebbene l'ex Premier non ci sia mai salito e il velivolo faccia parte della flotta di Stato a disposizione di tutte le più alte cariche istituzionali, non soltanto del presidente del Consiglio dei ministri;

   le tante dichiarazioni dei Ministri rilasciate all'opinione pubblica, secondo un copione ormai consolidato del Governo M5S-Lega di utilizzare a giudizio dell'interrogante in maniera spregiudicata la comunicazione anche se dietro non c'è alcuna decisione concreta presa, hanno lasciato intendere che il contratto di leasing stipulato dallo Stato italiano con la compagnia araba Etihad, sarebbe già stato rescisso, per espressa e unilaterale volontà del Governo;

   i Ministri, in particolare il Ministro Toninelli, hanno parlato addirittura di un risparmio di diversi milioni di euro per le casse dello Stato;

   chiunque conosca i rudimenti del diritto sa che nessun risparmio è possibile senza un accordo tra i due contraenti, visto che la decisione del Governo di chiudere il contratto non nasce da contestazioni o denunce di disservizi ma dalla semplice volontà politica di «stoppare» un servizio in essere;

   al momento non risultano dichiarazioni ufficiali della compagnia Etihad che confermino eventuali accordi raggiunti con il Governo per ricontrattare il leasing o per chiuderlo anticipatamente;

   l'eventuale rescissione del leasing, solo da parte del Governo, senza accordi con Etihad, comporterebbe per lo Stato italiano l'obbligo di continuare a pagare a prezzo pieno fino all'ultima rata dell'accordo che scade nel 2024, peraltro senza usufruire del servizio;

   sarebbe un vero e proprio danno erariale continuare a pagare per il velivolo per altri 6 anni, perché così prevede il contratto, senza utilizzarlo, ignorando i tanti servizi che la flotta di Stato garantisce e per i quali il velivolo potrebbe essere utilizzato: non soltanto i voli di Stato di cariche istituzionali e di Governo, ma anche i voli dei vertici di Forze armate e servizi segreti, i voli sanitari di emergenza o a scopo umanitario;

   ci si chiede, qualora dovesse essere ravvisato un danno erariale, chi pagherà per le scelte assunte dal Governo –:

   se ci sia stata o meno una risposta ufficiale di Etihad rispetto alle intenzioni manifestate dal Governo di rivedere le condizioni del leasing dell'Airbus di Stato e, di conseguenza, se il Governo abbia raggiunto o meno un accordo con la compagnia per ricontrattare il leasing, in vigore fino al 2024;

   qualora invece questo accordo non sia stato raggiunto, se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli non valuti che la decisione di rescindere unilateralmente il contratto, dovendo quindi continuare a pagare tutte le rate senza peraltro usufruire di nessun servizio, possa configurare un evidente danno per la collettività.
(5-00404)


   MORANI, FIANO, ROTTA, ANDREA ROMANO e MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 4 settembre 2018 sul quotidiano «Il Tirreno» si apprende dell'archiviazione dell'indagine sulle irregolarità nella gestione dell'azienda pubblica dei rifiuti Aamps;

   dalla richiesta di archiviazione emergerebbe che «lo studio Lanzalone & Partners costituisce dalla fine di dicembre 2015 un punto dalla fine di dicembre per il comune di Livorno in particolare in vista della revoca del CDA del gennaio successivo, formalizzando con una mail rinviando ad un secondo momento le modalità del compenso. La sussistenza di una collaborazione non occasionale già in essere viene evidenziata in una mail dell'avvocato Alfonso Bonafede indirizzata anche a Nogarin, Lemmetti, Lanzalone e l'avvocato Francesco Costantini, datata proprio 7 gennaio.»;

   il 2 agosto 2018 proprio il Ministro Alfonso Bonafede, rispondendo in Senato a un'interrogazione sui suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone, arrestato a giugno 2018 nell'ambito della maxi inchiesta sulla costruzione dello stadio della Roma, si era così espresso: «Negli ultimi sei anni non ho avuto alcun rapporto professionale con l'avvocato Luca Lanzalone» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dovere chiarire urgentemente se intratteneva effettivamente rapporti professionali e politici con Lanzalone nel 2016, quando era già deputato della Repubblica e, qualora così fosse, come del resto risulta dagli atti giudiziari, per quali ragioni, rispondendo in Senato ad un'interrogazione, abbia fornito una risposta del tutto difforme.
(5-00406)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Anas spa è una società partecipata del Ministero della economia e delle finanze sulla quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercita una vigilanza tecnica. Nella gestione della rete stradale e autostradale italiana di interesse nazionale Anas esegue servizi di progettazione, costruzione e manutenzione stradale;

   il compartimento Anas di Catanzaro ha in gestione 1.335,860 chilometri di strade calabresi tra cui è ricompreso anche il ponte «Allaro», ubicato al chilometro 122,000 della strada statale 106 «Jonica», nel territorio del comune di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria;

   in data 2 novembre 2015, il ponte è stato interessato da una vasta esondazione del sottostante torrente Allaro che ha provocato danni a parte delle strutture del viadotto, rendendo necessario il monitoraggio strumentale dell'opera, integrato con guardiania con turnazione h24 finalizzata principalmente al pilotaggio del traffico con moderazione della velocità dei mezzi in transito e con la diluizione di eventuali passaggi dei mezzi pesanti per ridurre utilmente le azioni dinamiche sulla struttura. Sin da tale data la circolazione procede a senso unico alternato;

   in data 31 agosto 2018, l'Anas ha disposto il divieto di transito sul ponte «Allaro» ai mezzi pesanti superiori alle 7,5 tonnellate e contestuale limite di velocità pari a 30 chilometri orari in ragione degli abbassamenti delle pile 5 e 6 del ponte, registrati mediante il sistema di monitoraggio topografico e inclinometrico attivato sullo stesso;

   contestualmente al divieto di transito, l'Anas ha indicato l'itinerario alternativo con avvio a Locri, percorrenza delle strade statali 106 Var/B e 682 «Jonio-Tirreno», con immissione in A2 «Autostrada del Mediterraneo» fino allo svincolo di Lamezia Terme e percorrenza delle strade statali n. 280 «Dei Due Mari» e n. 106 Var/A. Il percorso alternativo suggerito da Anas determina un notevole disagio per gli automobilisti in quanto si tratta di un allungamento del tragitto di circa 200 chilometri;

   i trasporti pubblici locali calabresi sono caratterizzati da un massiccio ricorso al trasporto su gomma che garantisce la mobilità a studenti e lavoratori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire il diritto alla libertà di circolazione dei cittadini calabresi;

   quali siano gli interventi urgenti di manutenzione e ripristino disposti da Anas sul ponte «Allaro»;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per garantire la sicurezza della viabilità, anche destinando nuove risorse finanziarie e accelerando la realizzazione degli interventi manutentivi già programmati per la strada statale n. 106 «Jonica»;

   di quali elementi disponga circa le motivazioni che hanno impedito la immediata ricostruzione del ponte sin dall'alluvione del 2015.
(4-01025)


   LOREFICE, BOLOGNA, CHIAZZESE, D'ARRANDO, LAPIA, MAMMÌ, NAPPI, SARLI, SPORTIELLO e LEDA VOLPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 18 agosto 2015, n. 134, in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, all'articolo 3, prevede «l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili»;

   la letteratura scientifica degli ultimi trent'anni ha escluso l'individuazione dell'autismo tra le psicosi. In particolare, l'ultimo DSM 5 (manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali) ha eliminato le sottocategorie diagnostiche dei disturbi pervasivi dello sviluppo e ha unificato tutti i disturbi nella definizione di spettro autistico;

   nel DSM 5, testo redatto da una commissione di esperti nominati dall'associazione americana degli psichiatri che elenca le definizioni dei disturbi mentali che incontrano il consenso degli psichiatri e della comunità scientifica internazionale, il disordine dello spettro autistico viene inquadrato all'interno dei disordini del neurosviluppo con codice 299.00;

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza, l'autismo è invece incluso tra le psicosi; tale classificazione si pone in contrasto, per l'interrogante, con tutta la letteratura scientifica degli ultimi trent'anni, e ha determinato inoltre l'uscita dalla diagnosi di autismo al compimento dei 18 anni;

   nello stesso decreto sono previsti dei pacchetti di interventi per molte singole disabilità, anche intellettive, come ad esempio la sindrome di Down, mancando invece l'intervento cognitivo comportamentale raccomandato dalla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità (il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti), la gran parte degli interventi specifici previsti dalle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, approvate e anche la Scala Vineland, che viene richiesta dall'Inps per determinare la necessità dell'indennità di accompagnamento piuttosto che quella di frequenza;

   nel mese di luglio 2016 il Ministro della salute Lorenzin, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera, non ha, di fatto, spiegato, secondo l'interrogante, la motivazione che ha spinto il Governo a decidere per questa tipologia di classificazione, che anche secondo gli stessi specialisti risulterebbe errata –:

   se il Governo non intenda valutare la possibilità di modificare tale classificazione dell'autismo infantile tra le psicosi (codice 044.299.0), conformandola all'alto parere della comunità scientifica internazionale e quindi di assumere iniziative per includere nella suddetta classificazione l'autismo non infantile, al fine di garantire una miglior tutela dei diritti delle persone affette da tale patologia.
(4-01027)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   di recente la seconda sezione lavoro del tribunale di Roma ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale per il vaglio di legittimità della legge che ritarda il pagamento del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici (ordinanza Tribunale Roma, II Sezione Lavoro del 12 aprile 2018);

   il tribunale di Roma era stato chiamato a pronunciarsi sul caso di una ex dipendente del Ministero della giustizia che lamentava un grave ritardo nell'erogazione del Tfr;

   il tribunale di Roma ha infatti ravvisato gli estremi di incostituzionalità sul tema. Appare infatti inaccettabile che per iniziare a ricevere una prima parte di Tfr si possa arrivare ad attendere due anni e che per vedere l'ultima rata un dipendente pubblico arrivi ad aspettare anche 51 mesi;

   secondo il giudice infatti «una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi e non in via generale, permanente e definitiva, come avvenuto nella normativa in esame»;

   il Tfr è costituito da liquidità accantonata dal dipendente nel corso della propria vita lavorativa: il ritardo nell'erogazione dello stesso costituisce dunque un grave danno per il lavoratore stesso. In tutta Italia sono già scattati ricorsi e cause al fine di stabilire l'equiparazione dei tempi di pagamento del Tfr tra lavoratori pubblici e privati –:

   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, si intendano assumere per risolvere le criticità di cui in premessa evitando dunque tempi di attesa tanto lunghi per l'erogazione del Tfr ai dipendenti pubblici, tempi che evidentemente costituiscono un notevole danno per i lavoratori stessi.
(4-01041)


   PETTARIN, BATTILOCCHIO, D'ATTIS, D'ETTORE, LUCA DE CARLO, FERRAIOLI, GIACOMETTO, MAZZETTI, MUGNAI, MULÈ, NOVELLI, PITTALIS, PORCHIETTO, ROSSELLO, RUFFINO, TONDO, MARIA TRIPODI, RIZZETTO, BAGNASCO, BIGNAMI, CASSINELLI, VIETINA, ROSATO e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 10 luglio 2018 si sono concluse le operazioni di una ricerca storica avviata negli anni Novanta, promossa dalla Società di Studi Fiumani e dalle associazioni degli esuli giuliano-dalmati e delle vittime delle foibe, che ha portato alla luce – nella località di Castua (Kastav), a una decina di chilometri da Fiume (Rijeka) – una fossa comune risalente alla fine del Secondo Conflitto Mondiale;

   la fossa comune era stata localizzata grazie alle testimonianze di alcuni sopravvissuti, e in particolare alla testimonianza diretta di un sacerdote croato;

   gli scavi erano iniziati nel mese di maggio 2018 e hanno visto la collaborazione del Governo croato;

   la notizia è stata riportata dalla stampa nazionale (Corriere.it) a firma del giornalista Claudio Del Frate, che riporta come fonte diretta Onorcaduti, organismo che fa capo al Ministero della difesa italiano che si occupa proprio della ricerca delle vittime di guerra e della loro memoria;

   la città di Fiume, durante il secondo conflitto mondiale e nel periodo immediatamente successivo alla sua conclusione, fu oggetto di atti di violenza da parte delle milizie comandate dal maresciallo Tito, al fine di mettere in pratica una vera e propria pulizia etnica nei confronti dei cittadini italiani;

   fu questo regime del terrore a provocare l'esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro città natie verso il nostro Paese;

   il 4 maggio del 1945 si svolse un'azione portata a segno dalle milizie titine contro i cittadini di nazionalità italiana residenti nella zona di Fiume e contro le autorità italiane operative nel medesimo territorio;

   tra i corpi riportati alla luce dallo scavo terminato il 10 luglio 2018, potrebbero essere presenti, tra i numerosi civili, quelli dell'allora podestà di Fiume e senatore Riccardo Gigante, del giornalista Nicola Marzucco, del maresciallo della Guardia di finanza Vito Butti e del brigadiere dei Carabinieri Alberto Diana;

   le ossa ora si trovano all'istituto di medicina legale di Fiume per approfondite analisi;

   facendo seguito a quanto sopracitato, sarebbe opportuno e doveroso fare piena luce su quanto accaduto a Fiume e nelle altre città dell'Istria e della Dalmazia, oggi in territorio croato, durante il secondo conflitto mondiale e nel periodo immediatamente successivo alla sua conclusione –:

   se sia a conoscenza della suesposta situazione;

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza affinché si possa cogliere il segnale di apertura e positiva collaborazione dimostrato da parte dal Governo di Zagabria rispetto alla suddetta ricerca storica, al fine di fare piena luce – a settant'anni da quegli avvenimenti – su quanto accaduto a Fiume, in Istria e in Dalmazia ai danni dei cittadini di nazionalità italiana e delle autorità del nostro Paese a guerra finita.
(4-01053)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   è del 23 agosto 2018 la notizia della presentazione di un esposto firmato, tra gli altri, dall'avvocato Cathy La Torre, contro il Ministro dell'interno, sul tema della gestione dei 177 migranti arrivati a Catania sulla nave Diciotti;

   l'avvocato La Torre dichiarava a mezzo stampa che, pur non avendo «alcun rapporto contrattuale o incarico politico o fiduciario dalla Presidenza del Consiglio dei ministri», è consulente di Consedin spa «che somministra le mie attività di consulenza presso la presidenza del Consiglio dei ministri»;

   dal sito web di Consedin spa, società che opera nel settore delle politiche del lavoro, della formazione, della gestione dei fondi pubblici a supporto della pubblica amministrazione, si evince che effettivamente la Presidenza del Consiglio è cliente di Consedin;

   la circostanza legata al fatto che un consulente prestante servizio, seppur indirettamente, per la Presidenza del Consiglio, abbia firmato un esposto contro un Ministro del Governo, deve essere, a parere dell'interrogante, quantomeno «attenzionata» –:

   se si abbia conoscenza della situazione esposta;

   se risulti che l'avvocato in questione presti consulenza per la Presidenza del Consiglio dei ministri attraverso la Consedin spa;

   in merito alla vicenda esposta, se si intenda avviare, per quanto di competenza, le verifiche del caso adottando eventuali conseguenti iniziative.
(4-01058)


   MORANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dal sito di informazione politica «Politico Europe», si era appreso che il Presidente del Consiglio in carica, Giuseppe Conte, risultava «nella rosa dei candidati per una prestigiosa cattedra universitaria»;

   il sito, come risultava dall'articolo, avrebbe avuto accesso alla documentazione presentata dal Presidente Conte a febbraio 2018, quindi prima delle ultime elezioni politiche, quando era ancora docente all'Università di Firenze;

   il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto presentarsi per il concorso, lunedì 10 settembre 2018; ma in seguito alla discussione sulla opportunità della sua scelta seguita alla diffusione della notizia, lui stesso aveva detto che considerava più opportuno rinunciare;

   sempre dalla stampa, però si apprende che il Presidente Conte non avrebbe rinunciato ma avrebbe, invece, «semplicemente chiesto lo spostamento dell'esame di inglese, che avrebbe dovuto sostenere oggi, per impegni istituzionali»;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 dell'11 luglio 1980, con l'articolo 13 prevede, al comma 1, punto 2) che a causa di una situazione di «incompatibilità» il professore universitario che viene nominato alla carica di Presidente del Consiglio venga collocato in aspettativa obbligatoria e, inoltre, che «Ai professori collocati in aspettativa è garantita la possibilità di svolgere a domanda, presso l'Università in cui sono titolari, cicli di conferenze, attività seminariali ed attività di ricerca, anche applicativa, con modalità e secondo un calendario da determinare d'intesa tra il professore e il consiglio di facoltà e sentito il consiglio di istituto o di dipartimento, ove istituito.»;

   la commissione esaminatrice, presieduta dal professor Enrico Elio Del Prato, avrebbe dovuto, oggi, ascoltare la relazione orale dei candidati in lingua inglese su uno dei quindici lavori realizzati dagli stessi aspiranti docenti; agli altri candidati la commissione avrebbe chiesto se volevano sostenere l'esame subito o in futuro insieme all'altro candidato che aveva chiesto lo spostamento dell'esame per motivi istituzionali: i candidati avrebbero deciso di rinviare aspettando il Presidente Conte, richiedendo però che fosse messa a verbale la possibilità di una valutazione di legittimità circa il rinvio della prova;

   se veramente è stata, dalla stessa commissione esaminatrice, prospettata agli altri candidati la possibilità di un mero spostamento della prova per «motivi istituzionali», questo confliggerebbe in maniera evidente con le dichiarazioni del Presidente Conte in cui riferiva di avere rinunciato alla selezione –:

   se il Governo non ritenga assolutamente necessario chiarire una vicenda che, se corrispondesse a quanto riportato dalla stampa, a giudizio dell'interrogante esporrebbe il Governo stesso a una situazione che, oltre agli evidenti aspetti di grave mancanza di opportunità, presenta anche profili riconducibili a conflitti di interessi.
(4-01060)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   risulta da alcuni blog e social media di italiani residenti in Germania che cittadini italiani da poco residenti nella Repubblica federale di Germania sia stati invitati a rimpatriare, pur essendo cittadini comunitari, alla loro legittima richiesta di sussidio di disoccupazione Sgbii;

   il primo firmatario del presente atto è in possesso di copia di risposta «tipo» da parte di un «Job Center» tedesco;

   la questione è tuttora oggetto di reportage da parte di Radio Colonia – un'emittente radiofonica italiana in Germania –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e se, per tramite della missione diplomatica italiana in Germania, intenda accertare se essa corrisponda al vero;

   in caso la vicenda trovasse conferma, se non si ritenga opportuno rappresentare al Governo federale tedesco la necessità di rimuovere qualsiasi forma di discriminazione verso cittadini italiani comunitari in forza del diritto dell'Unione europea.
(4-01048)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come puntualmente rilevato dal Ministro interpellato in sede di presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero nei recenti incontri con le Commissioni ambiente di Senato e Camera, le aree protette, «....rappresentano un capitale ambientale su cui investire, sia in termini sociali sia in termini di ricerca sia, per quanto possibile, in termini economici legati alla sostenibilità. Devono rappresentare una risorsa per i giovani e per tutti i cittadini e non devono essere percepiti come un ostacolo scomodo alla propria quotidianità. Al fine di raggiungere lo scopo di attivare un rapporto virtuoso tra uomo e ambiente, gli interventi relativi a questa priorità tematica agiranno su diverse linee d'azione. Innanzitutto, salvaguardare la biodiversità assicurando una migliore e più coordinata gestione delle aree protette, ponendo rimedio alle lacune dell'attuale organizzazione»; tra queste ha menzionato con cognizione di causa: «stabilire piante organiche per gli Enti parco e una nuova governance». Questo il punto dolente delle aree protette nazionali e in particolare della situazione più grave presente nel Paese;

   il parco nazionale dell'Alta Murgia da oltre un decennio vive una situazione ormai insostenibile in termini di precariato a seguito dei tagli al personale, che è passato dalle 20 unità previste in pianta organica per le corrette mansioni istituzionali alle sole 10 unità operative. Negli anni il rilevante carico di responsabilità per affrontare gli ordinari compiti istituzionali (piano del parco, regolamento del parco, nulla osta, gestione Cets, strategia nazionale biodiversità, gestione progetti direttiva Biodiversità e altro) ha motivato l'Ente ad avviare i concorsi per la copertura degli originari posti previsti in pianta organica (n. 20 unità). Nel corso dell'espletamento delle procedure concorsuali, a causa dei drastici tagli di Governo, non è stato più possibile assumere il personale vincitore del concorso, determinando la necessità di coprire almeno alcune posizioni indispensabili per la ordinaria amministrazione con contratti a tempo determinato (n. 4 unità);

   il decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017 aveva aperto una finestra per la stabilizzazione di queste figure, come ribadito nel «parere del Consiglio di Stato nell'adunanza della Commissione speciale dell'11 aprile 2017» (n. affare 00422/2017) in merito al superamento del concetto di dotazione organica, a cui l'Ente si è attenuto nel formulare la sua proposta di stabilizzazioni, redigendo un dettagliato piano dei fabbisogni, che i Ministeri vigilanti hanno ritenuto di non poter assentire;

   la gravissima carenza di organico e un «precariato» ormai in stato di agitazione perenne, nel caso di specie, sono stati puntualmente segnalati al Parlamento dalla Corte dei Conti con determinazione n. 16/2014, in esito alla «Determinazione e relazione della Sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'ENTE PARCO NAZIONALE dell'ALTA MURGIA» per gli esercizi 2011-2012, dove espressamente veniva evidenziate nelle conclusioni che «Non possono non rilevarsi le difficoltà nella gestione dell'Ente imputabili al contingente di personale che ha subito per effetto delle disposizioni di contenimento delle spese una notevole riduzione; in pratica sono presenti 10 unità a tempo indeterminato e 3 a tempo determinato»;

   a causa delle citate difficoltà, aggravatesi nel tempo per nuovi carichi di responsabilità e compiti assegnati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle scelte del Governo e in osservanza delle direttive comunitarie Sic, Zps), gestione misure speciali per le Zsc, Vas e Vinca, Paf, e altro), l'Ente in assenza delle stabilizzazioni richieste non ha più le «minime» e «vitali» risorse umane per ottemperare ai questi compiti –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per le carenze di organico nei parchi nazionali e, in particolare, per la ormai indilazionabile e urgente situazione di impossibilità a operare del parco nazionale dell'Alta Murgia, a seguito dei recenti provvedimenti assunti dai Ministeri vigilanti.
(2-00087) «Angiola».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il laghetto del Frassino, piccolo lago di origine glaciale, situato in provincia di Verona, ai confini con la provincia di Brescia e che si estende nell'entroterra del comune di Peschiera del Garda, è un sito di interesse comunitario Sic/Zps IT 30003, che al suo interno contiene il «sito palafitticolo del Frassino»;

   nelle conclusioni finali del documento «In0500DE2RGG00010031-1», facente parte del SIA sul progetto definitivo della linea alta velocità/alta capacità Torino-Venezia, tratta Milano-Verona Lotto funzionale Brescia-Verona, si legge che:

    il laghetto del Frassino risulta alimentato, relativamente alla componente di acque sotterranee, esclusivamente dalla falda superficiale, mentre non risulta essere in «contatto» con l'acquifero profondo, essendo da esso separato da uno spesso orizzonte pressoché impermeabile;

    le gallerie in progetto, ponendosi lungo le direttrici di alimentazione sotterranea tra la porzione di monte del bacino e il laghetto del Frassino opererebbero un'azione di schermatura, intercettando di fatto una quota parte delle acque che alimentano subsuperficialmente il laghetto stesso;

    le gallerie interferiscono con il sistema di alimentazione del lago fino alla progressiva 122+060 circa; il tratto più orientale delle gallerie intercetta un sistema acquifero sotterraneo che, sulla base dei dati disponibili, non apporta direttamente acqua al laghetto;

    la diminuzione del quantitativo d'acqua in entrata sul laghetto del Frassino, sul restante tratto impattato e nel caso di utilizzo di diaframmi, è stimabile in circa il 15-20 per cento del totale;

   da ciò emerge che nel giro di un decennio, a causa della limitazione dell'afflusso di acqua nel bacino, il laghetto sparirà;

   nella delibera del Cipe 42/2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2018 e, nello specifico, nell'allegato 1, contenente le 309 prescrizioni al progetto esecutivo, al punto 18, lettera a) si legge:

    «18. Prima dell'inizio dei lavori, aggiornare e integrare le valutazioni idrogeologiche (anche per quanto attiene ai livelli di falda oggi presenti nelle aree di interesse), con dettaglio commisurato alla complessità stratigrafica e tettonica, ricostruendo le curve isopiezometriche ed estendendo l'area di studio ad un intorno significativo lungo il tracciato, per descrivere adeguatamente la situazione esistente e definire le soluzioni progettuali delle opere e, con particolare riferimento alle trincee e gallerie, verificare che le stesse non possano ostacolare i deflussi delle falde o favorire fenomeni di depauperamento della risorsa, approfondendo il tema del bilanciamento degli impatti.

  La valutazione dovrà tenere conto delle interferenze locali, anche e soprattutto recenti, dovute all'emungimento degli acquiferi in misura superiore alla capacità di ricarica spontanea delle falde e al conseguente abbassamento o innalzamento dei livelli piezometrici, comprensivi di eventuali fenomeni di subsidenza artificiale locale, dei carichi legati al peso dei terrapieni e della compattazione dei sedimenti.

  Particolare approfondimento sul bilancio idrogeologico è richiesto per la zona del laghetto del Frassino»;

   altre prescrizioni sono rintracciabili anche nei punti 19, 36, 56,173,174,179, 217, 293 del citato allegato;

   quanto sopra esposto evidenzia l'estrema fragilità delle condizioni del lago e il grave rischio che si verifichi un disastro ecologico, legato alla realizzazione della linea alta velocità/alta capacità succitata, opera che, tra l'altro, risulta carente dell'analisi costi/benefici, e che, come dichiarato dalla Corte dei conti europea, in Italia costa tre volte rispetto alla media europea senza tenere in debita considerazione la scelta di rinnovare e migliorare le linee convenzionali –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di verificare la compatibilità tra la realizzazione dell'opera alta velocità/alta capacità Torino-Venezia, tratta Milano-Verona, lotto funzionale Brescia-Verona, e la sopravvivenza e la tutela del laghetto del Frassino, che rappresenta una preziosa risorsa a livello naturalistico e un importante sito di interesse comunitario da salvaguardare.
(5-00387)


   VIANELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Torre Mattoni è una torre antisaracena situata nella periferia occidentale della frazione Marina di Ginosa del comune di Ginosa (in provincia di Taranto), quasi al confine con la Basilicata. La torre è situata ad est dell'oasi naturale del Lago Salinella, all'interno dell'area naturale protetta Stornara e nell'area naturale Pinete dell'Arco Ionico, classificata come sito di interesse comunitario (SIC IT9130006). Si colloca a ridosso dei territori costieri. La torre è stata costruita nel XVI secolo a difesa delle coste ioniche dalle incursioni marine da parte dei Turchi;

   la torre è circondata da proprietà private: in particolare, è presente un villaggio turistico denominato Torreserena Village che ha realizzato edifici ed altre costruzioni anche in cemento (spec. edificio su due piani che dispone di 400 camere che distano mediamente 700 metri dal mare; oltre attrezzature per la spiaggia privata, con ombrelloni assegnati, lettini e sdraio, spogliatoi e docce, bar, punto di assistenza e informazioni). È altresì presente un parcheggio per camper, denominato Amici della natura, che occupa un'area che si estende per circa 30 ettari nella pineta di Pino d'Aleppo;

   a quanto consta all'interrogante sono state poste recinzioni che impediscono l'accesso alla torre: attraverso il bosco, è stato realizzato un vero e proprio corridoio di reti di delimitazione che impedisce il passaggio a persone e animali all'interno del citato sito di interesse comunitario;

   inoltre, l'area di sosta camper si colloca proprio in quella che invece dovrebbe esser l'area di rispetto delle componenti culturali e insediative (siti storico-culturali) della torre, nonché nell'area di rispetto boschiva. Senza considerare, inoltre, che l'intera area è soggetta a vincolo idrogeologico e alla direttiva alluvioni 2007/60/CE (essendo stata completamente travolta dall'alluvione del 2011) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa; se intenda chiarire se trovi conferma la presenza delle riferite recinzioni che impediscono l'accesso alla Torre Mattoni, promuovendo, se del caso, idonee verifiche ispettive anche in collaborazione con le competenti autorità locali;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per porre fine a questa situazione e garantire ai cittadini di accedere liberamente ai luoghi di interesse e fruire della bellezza dei medesimi che rientrano in un sito di interesse comunitario;

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi in merito alla sicurezza dei luoghi, sia quelli pubblici che privati, collocati nella medesima area soggetta alla «direttiva alluvioni» 2007/60/CE.
(5-00391)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel 2016 la Commissione europea ha aperto nei confronti dell'Italia la procedura Eu Pilot 8348/2016/ENVI relativa all'insufficiente identificazione dei siti marini della Rete Natura 2000;

   per giungere alla completa identificazione delle macro aree in cui definire i nuovi siti Natura 2000, nel novembre 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva concordato con le regioni interessate (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) un percorso che prevedeva, in primo luogo, l'integrazione delle analisi dei documenti tecnici prodotti dall'Ispra con elementi a disposizione delle suddette regioni;

   allo stato attuale, risulterebbe avviato un procedimento amministrativo per l'istituzione di un sito di interesse comunitario (Sic) in quasi tutto il mare antistante le regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna entro le 12 miglia (ad eccezione di una parte limitata del golfo di Venezia), con conseguente blocco totale delle attività di pesca, compreso l'utilizzo delle reti da posta;

   le perimetrazioni dei Sic marini definite dall'Ispra non sembrano aver considerato adeguatamente il rapporto tra specie marine da tutelare ed attività economiche strategiche quali quella della pesca esercitate nelle acque di interesse;

   più in particolare, una delimitazione dei siti marini basata esclusivamente sulle acque territoriali, senza alcuna misura di conservazione, e una dettagliata distribuzione delle attività di pesca, del traffico navale e delle azioni di contrasto all'inquinamento diffuso, rischiano di non produrre alcun beneficio e di aggravare i costi economici e sociali;

   con un documento congiunto le regioni Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, quali rappresentanti del distretto di pesca Nord Adriatico, avrebbero già segnalato ai Ministeri competenti che gli interventi di completamento della direttiva «Habitat» e di Rete Natura 2000 potrebbero avere impatti negativi nei confronti dell'intero comparto ittico, settore già fortemente compromesso;

   le tre regioni, il 19 luglio 2018, hanno formalmente chiesto ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali di sospendere l’iter di istituzione dei nuovi prospettati «siti di importanza comunitaria» almeno fino a quando non si avranno ulteriori dati, oltre a quelli forniti da Ispra, in modo tale da disporre di elementi scientifici per attuare politiche integrate che siano in grado di far coesistere le diverse esigenze di tutela ambientale e di salvaguardia del comparto ittico –:

   quali siano le iniziative che i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che la procedura di Eu Pilot 838348/2016/ENVI si chiuda negativamente e venga avviata una procedura di infrazione contro l'Italia e per tutelare gli interessi dell'attività di pesca svolta nelle acque del mare antistante la regione Veneto;

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda farsi protagonista del procedimento, assumendo iniziative, di concerto con le regioni e la Commissione europea, anche attraverso la consultazione delle associazioni di categoria e dei portatori di interesse, al fine di identificare le macroaree di attenzione per la presenza significativa di specie vulnerabili quali tartarughe marine e tursiopi, dalle quali partire per individuare i nuovi Sic marini, anche sulla base di eventuali evidenze scientifiche integrative raccolte a livello locale, tutelando, al contempo, l'attività quotidiana e artigianale dei piccoli pescherecci e degli allevamenti in mare di pesci, molluschi e crostacei.
(4-01030)


   MELONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa hanno recentemente riportato la notizia che il Ministro interrogato avrebbe cambiato idea in merito alla stabilizzazione dei lavoratori della Sogesid, società in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che si occupa di bonifiche, da lui stesso annunciata appena insediato;

   attualmente, i circa quattrocento dipendenti della Sogesid interessati dalla eventuale stabilizzazione forniscono, consulenza tecnica nelle diverse direzioni generali del Ministero;

   nel corso degli anni, intatti, a fronte dell'aumento delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il personale dell'amministrazione si è rivelato insufficiente, ma, stante l'impossibilità di effettuare concorsi per assumere altro personale, le diverse direzioni hanno sopperito alle carenze d'organico facendo contratti di collaborazione a lavoratori forniti da diversi enti e consorzi universitari, fino a quando, nel gennaio 2015, il Ministero ha stipulato una convenzione quadro triennale con la Sogesid;

   in seguito alla stipula della convenzione quattrocento lavoratori della Sogesid sono entrati in servizio presso il Ministero, dopo aver sostenuto selezioni pubbliche davanti ad apposite Commissioni;

   le dichiarazioni del Ministro in ordine alla volontà di cessare la collaborazione con la società Sogesid e di reclutare il personale necessario al Ministero tramite concorsi pubblici, hanno gettato nello sconforto i quattrocento lavoratori, che pensavano, invece, di essere giunti finalmente al termine di una fase di precariato durata quindici anni –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere a tutela dei predetti lavoratori e delle loro famiglie.
(4-01034)


   OCCHIUTO e CAPPELLACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto ministeriale n. 173 del 2016 che reca modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini, definisce e qualifica le operazioni di ripristino degli arenili;

   l'allegato tecnico al decreto, quanto alle operazioni di ripristino degli arenili, qualifica come «piccoli interventi» quelli che comportano un apporto complessivo di sabbia inferiore a 5.000 metri cubi, e che ai fini della compatibilità ambientale è sufficiente seguire per esse un criterio «non peggiorativo» rispetto alla qualità dell'ambiente recettore, escludendo l'applicazione della procedura di assoggettabilità a verifica di impatto ambientale prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006;

   il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (prot. 0017516/P del 27 giugno 2018) ha affermato che per la manutenzione ordinaria degli arenili non sia richiesta l'autorizzazione paesaggistica, in quanto interventi manutentivi che mirano alla conservazione dello stato dei luoghi nel tempo;

   in linea con il predetto parere molte regioni (Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata e altre) e numerosi enti locali non richiedono alcuna autorizzazione paesaggistica, escludendo qualsiasi procedura di verifica di assoggettabilità per gli interventi a carattere manutentivo, per la ricostruzione della spiaggia dopo eventi meteomarini intensi, e qualsivoglia riconducibilità degli interventi di ripristino degli arenili alla procedura di valutazione di impatto ambientale;

   la regione Sardegna, oltre a richiedere l'autorizzazione paesaggistica, sottopone alle procedure di valutazione di impatto ambientale anche i piccoli interventi di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016, ascrivendoli alla «categoria opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare», da cui deriva l'applicazione del sistema sanzionatorio di cui al comma 4 dell'articolo 18 del decreto-legge n. 104 del 2017;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo al quesito del comune di Capoterra (Cagliari) circa l'interpretazione della normativa ha dapprima ricondotto tale materia al campo di applicazione della disciplina di valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 (DVA registro ufficiale 0009416/23-04-2018); successivamente ha optato per una sua esclusione, affermando che «la norma nazionale definisce chiaramente la potestà delle funzioni amministrative e normative delle Regioni, nel rispetto della legislazione europea e nazionale, chiarendo che non si possano introdurre nuove soglie dimensionali e/o esclusioni tipologiche laddove attualmente non previste dal diritto europeo e nazionale (DVA registro ufficiale 0011142/14-05/2018)»;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare parrebbe condividere quanto affermato dal servizio valutazioni ambientali della regione Sardegna (nota prot. 009360/24-04-2018); tuttavia, la risposta fornita al quesito del comune di Capoterra, contrasta con quanto operato da altre regioni, le quali hanno concordato proprio con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circolari e direttive escludenti dalla procedura di valutazione di impatto ambientale i piccoli interventi di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016;

   la disomogenea applicazione delle disposizioni comunitarie e nazionali produce una distorsione del mercato e un diverso trattamento degli operatori economici del settore a discapito degli operatori sardi –:

   se non intenda assumere iniziative per chiarire se i piccoli interventi di carattere manutentivo/stagionale di ripascimento degli arenili, come definiti all'articolo 2, lettera g), del decreto ministeriale n. 173 del 2016, siano ascrivibili alla categoria di «progetti di infrastrutture», e più precisamente di «opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare», e se quindi tali interventi siano sottoposti alla procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale;

   quali iniziative si intendano assumere per garantire la legalità e se sia stato attivato o si intenda attivare, per quanto di competenza, il sistema sanzionatorio di cui al decreto-legge n. 104 del 2017;

   se, in caso contrario, ci sia stata un'interlocuzione con la regione Sardegna sulla corretta applicazione della norma.
(4-01057)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'antenna installata presso il Monte Castellier a S. Barbara Muggia (Trieste), a quanto si apprende anche da articoli di stampa, doveva essere demolita già da anni, poiché costruita in una zona sottoposta a vincolo archeologico;

   al riguardo un Comitato di cittadini di Santa Barbara sta portando avanti una lunga battaglia, iniziata contro il progetto di costruzione e poi proseguita affinché venga eliminato il traliccio, per trasferirlo al di fuori del territorio di Santa Barbara;

   i lavori di costruzione dell'antenna hanno avuto inizio alla fine dell'anno 2013. Al riguardo, l'autorizzazione alla costruzione è stata rilasciata con il solo parere favorevole dell'Ass. e dell'Arpa, mentre, il comune ha rilasciato parere negativo e il Ministero dello sviluppo economico e la regione non si sono espressi;

   successivamente, nel gennaio del 2014, il cantiere viene bloccato dalla Soprintendenza dei beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, poiché, durante i lavori di costruzione del traliccio erano stati rinvenuti dei reperti di interesse archeologico; tuttavia, i lavori, inizialmente bloccati, vengono proseguiti e l'opera viene completata; sul punto, a quanto è dato sapere, è emerso un accordo firmato dalle ditte interessate alla costruzione del traliccio – Monte Barbaria srl e Klasse uno srl – con il comune di Muggia, e con il visto di approvazione della Soprintendenza, in cui si evidenzia la necessità di rimuovere l'antenna entro 18 mesi per delocalizzarla in altro sito;

   è dunque assurdo che, nonostante sia stata accertata la non conformità dell'installazione dell'antenna in questione alle norme in materia, non solo l'opera è stata portata a termine, ma, ad oggi, dopo ben cinque anni, la stessa non è stata ancora eliminata;

   le lungaggini relative all'individuazione di altra zona in cui installare il traliccio hanno determinato un'inaccettabile situazione di stallo. Tra l'altro, sebbene sino ad oggi siano stati danneggiati i cittadini di Santa Barbara a causa della costruzione illegittima del traliccio, a quanto è dato sapere, sembra che la delocalizzazione verrà progettata nella medesima località –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di competenza, rispetto ai fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intendano adottare affinché venga urgentemente rimossa l'antenna costruita a Santa Barbara e venga ripristinata al di fuori di tale territorio.
(5-00400)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOMASI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il parco regionale del Delta del Po, in Emilia-Romagna, area protetta fin dal 1988, è, con il vicino parco regionale del delta del Po veneto, fra le zone umide più importanti di Italia e di Europa e riveste importanza considerevole anche a livello mondiale; gran parte di detta area protetta, nel comune di Comacchio (FE), è stata riconosciuta come territorio della biosfera del programma MAB – Man and Biosphere, da parte dell'Unesco; in particolare, per le sue tipicità naturali e di manufatti tradizionali, per le attività di pesca e agricoltura, è ormai una risorsa, anche economica, imprescindibile, il cui valore deve essere preservato e migliorato non solo in quanto bene nazionale e internazionale ma anche come fattore competitivo di sviluppo per attività di vallicoltura, venericoltura, attività turistiche ed eco-compatibili;

   in tale delicato contesto di tutele, l'attuale amministrazione comunale di Comacchio e l'ente gestore del parco stanno procedendo, attraverso uno speciale procedimento unico tramite conferenza di servizi, a variare i propri piani urbanistico-territoriali per consentire l'insediamento di una fabbrica di polveri (atomizzate) per l'industria ceramica, con richiesta della ditta Sacmi soc. coop.;

   l'area indicata per l'insediamento industriale è limitrofa all'importante sito Sic-Zps «Valli di Comacchio» e non risulta essere stata effettuata nessuna valutazione di incidenza su habitat e specie presenti in tale zona di protezione speciale;

   la zona di insediamento dell'industria è parte, fin dal 1976, di aree tutelate dalla convenzione internazionale di Ramsar sulle zone umide; parte consistente dei nuovi edifici della prevista fabbrica avrebbe una altezza di ben 35 metri e, in data 2 agosto 2018, la competente commissione per la qualità architettonica e del paesaggio del comune di Comacchio ha espresso parere negativo a detto progetto industriale;

   in maniera del tutto anomala, il sindaco di Comacchio, nonché presidente del parco, anticipava a mezzo stampa che il parere della competente Soprintendenza ministeriale sarebbe stato invece positivo, pur ancora senza l'avvenuta pubblicazione e disponibilità di un parere ufficiale da parte dei preposti uffici ministeriali locali;

   occorrerebbe fare luce sull'operato dell'ente gestore del Parco del Delta del Po – Emilia Romagna, in merito alla capacità o meno di poter efficacemente tutelare un paesaggio e una biodiversità di tale importanza, soprattutto nell'attuale situazione che vede nella posizione di presidente lo stesso sindaco del comune di Comacchio, in una posizione quindi a giudizio dell'interrogante di potenziale conflitto di interessi;

   l'insediamento industriale succitato comporterebbe un notevole aumento del traffico di mezzi pesanti, previsto per tale tipologia di industria in circa 150 camion al giorno, che dovranno transitare lungo strada statale Romea e passare sul vecchio ponte Albani già fortemente in crisi per il grande flusso di traffico al quale è sottoposto, essendo il tratto viario interessato unica via di comunicazione che da Venezia arriva a Ravenna –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano informati di tali fatti e dei procedimenti di variante ai piani urbanistici-territoriali del parco del delta del Po emiliano romagnolo;

   come intendano operare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per tutelare i valori naturalistici, storici e del paesaggio espressi negli innumerevoli studi, convenzioni, riconoscimenti, trattati internazionali, in relazione al parco del delta del Po, alle zone umide della convenzione di Ramsar, al sito Unesco «Ferrara, città del Rinascimento, e il suo Delta del Po», al programma Man and biosphere dell'Unesco, al limitrofo Sic-Zps «Valli di Comacchio»;

   a seguito dei recenti incidenti di crollo improvviso di importanti viadotti che hanno sconvolto l'intera nazione, se il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, al fine di procedere a una verifica della struttura del ponte Albani.
(4-01044)


   GRIPPA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'arcipelago delle isole Tremiti si trova a circa 12 miglia a largo del Gargano nella regione Puglia ed è costituito dalle isole di San Nicola, San Domino, Cretaccio, Caprara e Pianosa. Esse racchiudono in un angolo di rara bellezza naturalistica millenni di storia tanto che appaiono come un grande museo a cielo aperto e per questo sono state definite come le «perle dell'Adriatico»;

   gli isolotti delle Tremiti San Nicola, San Domino, Capraia e il lontano scoglio di Pianosa fanno parte del parco nazionale del Gargano. A causa della lenta burocrazia non sempre è stata chiara la competenza ad intervenire dei diversi enti, comune e parco;

   considerando che sul sito online programmazionestrategica.beniculturali.it si apprende che il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha assegnato 1 miliardo di euro, a carico del fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020, al Ministero dei beni e delle attività culturali per il finanziamento del Piano «turismo e cultura» finalizzato a un'azione di rafforzamento dell'offerta culturale del nostro Paese e di potenziamento della fruizione turistica, con interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e per la messa in rete delle risorse culturali materiali e immateriali, con particolare riguardo al sistema museale italiano;

   tali interventi sono previsti all'interno di un piano stralcio, proposto ai sensi dell'articolo 1, comma 703, lettera d), della legge di stabilità 2015, perché ritenuti un importante tassello della programmazione degli interventi per il periodo 2014-2020 operata dal Ministero dei beni e delle attività culturali;

   un articolo pubblicato il 7 settembre 2017 sulla pagina webrepubblica.it titolato «Tremiti, Mibact: 20 milioni contro degrado. Franceschini: “Intervento strategico”» riporta che: «Il ministero dei Beni Culturali ha affidato al sindaco delle Tremiti, Antonio Fentini, venti milioni di euro di fondi eccezionali previsti dal “Piano Stralcio Cultura e Turismo” per riqualificare l'arcipelago in provincia di Foggia che da anni versa in condizioni critiche»;

   dallo stesso articolo, oltre ad emergere una serie di condizioni di incuria in cui versano numerose aree delle splendide isole, si apprende, riguardo all'isolotto di Capraia, che: «Non si sa come e perché, sul picco di quest'isolotto deserto scelto dalle diomedee per i loro nidi è stata edificata semi abusivamente una casetta color giallino che rappresenta uno sfregio al colpo d'occhio»;

   nella determina gestionale n. 130 del 19 maggio 2018 dei comuni di Isole Tremiti e Rodi Garganico si legge che: «il Comune di Isole Tremiti ha visto assegnato all'interno del macro aggregato 1 “Sistema museale italiano” un finanziamento di 20 milioni di euro per il rilancio e recupero del complesso abbaziale di San Nicola incluso in un progetto più ampio di recupero dell'intera isola di San Nicola» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se questi corrispondano al vero;

   se non si ritenga opportuno accertare lo stato delle procedure per la valorizzazione e la riqualificazione di questo splendido patrimonio naturalistico e museale del nostro Paese e se si intenda richiedere un cronoprogramma dei lavori che si intendano realizzare nelle aree interessate dalla determina gestionale;

   se non si intendano assumere iniziative per fare chiarezza sulle competenze a intervenire in relazione alle predette isole, al fine di evitare il ripetersi di situazioni di incuria e degrado.
(4-01047)


   BRAMBILLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 175 del 2017 ha delegato il Governo ad adottare entro il 27 dicembre 2018 uno o più decreti legislativi in attuazione dei criteri e dei principi diventati norma nel «codice dello spettacolo», anche in riferimento al positivo e innovativo articolo 2, comma 4, lettera h) della stessa legge che prevede il «graduale superamento dell'uso degli animali in attività circensi e spettacoli viaggianti», come dia fatto o si sta facendo in altri quaranta Paesi in tutto il mondo;

   la stessa legge, all'articolo 2, comma 5, prevede che «il decreto o i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Consiglio Superiore dello Spettacolo e di concerto con i Ministeri interessati (...)»;

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso per l'attuazione della legge citata ed entro quale data si intenda presentare il conseguente schema di decreto legislativo;

   se e come siano stati coinvolti i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, interessati per i profili di competenza concernenti gli animali, nonché le associazioni di categoria comprese quelle per la tutela degli animali medesimi.
(4-01054)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   i problemi collegati al rischio idraulico del fiume Lambro preoccupano da anni la regione Lombardia, il comune di Monza e l'Agenzia interregionale per il fiume Po (A.i.p.o.);

   tra il 2014 e il 2016 la regione Lombardia, ha attivato l'A.i.p.o. per la progettazione di una serie di interventi di difesa e di mitigazione del rischio idraulico del fiume Lambro, al fine di garantire la tutela della popolazione monzese e dei beni esposti al rischio;

   una delle progettazioni sviluppate ha previsto la manutenzione straordinaria dell'alveo del fiume Lambro in ambito urbano con pulizia delle sponde, asportazione della vegetazione in alveo, chiusure arginali e rimodellazione di alcune traverse storiche, non più funzionali alle esigenze idrauliche per cui erano realizzate – connesse alla presenza di industrie tessili e mulini – che la regione Lombardia ritiene necessaria per attenuare i rigurgiti e quindi evitare gli allagamenti del centro storico di Monza;

   il parere del 17 novembre 2015 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza archeologia della Lombardia sul progetto definitivo di tali interventi esprime «forti perplessità sulla realizzabilità del progetto che in più punti potrebbe risultare necessario modificare per l'emergere di strutture in interesse archeologico per la conservazione delle quali risulterebbe del tutto alterato l'intervento progettato»;

   a causa delle palesate problematiche connesse con gli interventi proposti sulle traverse presenti lungo il fiume Lambro, e su suggerimento della regione Lombardia, l'A.i.p.o. ha proceduto con la progettazione definitiva ed esecutiva e con la successiva realizzazione di un primo stralcio di manutenzione leggera dell'alveo, dell'importo di 1 milione di euro, sul quale hanno espresso parere favorevole sia la Soprintendenza archeologia che la Soprintendenza belle arti e paesaggio; tale stralcio non ha contemplato gli interventi sulle traverse che dovrebbero essere approfonditi in un quadro più generale con il coinvolgimento più diretto della Soprintendenza competente;

   tuttavia, la rimodellazione delle suddette traverse si rende sempre più necessaria, anche a causa dei cambiamenti climatici in corso, al fine della sicurezza delle popolazioni e dei manufatti circostanti il corso d'acqua, compresi i beni storico-architettonici a rischio, come la Torre Viscontea localizzata nell'alveo del Lambro;

   risulta agli interroganti che l'autorità di bacino distrettuale del fiume Po ha in corso la sottoscrizione di un protocollo d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali per coniugare le diverse esigenze paesaggistiche e di sicurezza idraulica e trovare soluzioni giuste e condivise con il Ministero per la tutela e messa in sicurezza dei corsi d'acqua sempre più pericolosi per l'incolumità pubblica –:

   se sia stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra l'autorità di bacino distrettuale del fiume Po e il Ministero per i beni e le attività culturali relativamente a soluzioni tecniche generali che tengano conto di entrambe le esigenze, paesaggistica e di sicurezza idraulica, ovvero quali siano i tempi attesi per la relativa sottoscrizione;

   se il Ministro interrogato intenda intervenire formalmente per promuovere un ulteriore approfondimento paesaggistico al fine trovare una soluzione tecnica per ridurre l'altezza delle traverse che attualmente ingenerano i rigurgiti che sono causa delle esondazioni, anche al fine di ottenere il duplice risultato della conservazione minimale del manufatto storico e della mitigazione del rischio idraulico, informando delle decisioni assunte l'interrogante e gli enti preposti alla realizzazione degli adeguamenti dei manufatti storici oggi interferenti con il corretto deflusso delle acque.
(4-01061)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 78 riconosce in favore degli ufficiali e ai sottufficiali dell'esercito, della marina e dell'aeronautica in servizio presso unità da sbarco, centri Sar (Search & Rescue) o in possesso del brevetto di aerosoccorritore un'indennità supplementare, per il periodo di svolgimento della specifica missione;

   le cosiddette indennità supplementari hanno la funzione di compensare particolari posizioni e/o condizioni, anche occasionali, in cui versa il personale impiegato in una particolare attività operativa, e tali indennità hanno carattere sussidiario rispetto a quelle cosiddette fondamentali le quali, invece, sono fisse e continuative per l'intero periodo di destinazione ad un determinato corpo e/o reparto;

   in favore degli aerosoccorritori è altresì prevista l'indennità di pronto intervento aereo, diversa e differente da quella testé richiamata, riconosciuta a fronte della sola appartenenza al nucleo in questione;

   la legislazione in ordine alla possibilità di cumulo delle due indennità non è chiara, tanto dall'aver creato tra gli operatori assoluta incertezza al riguardo: prova ne sia che alcuni comandi e alcuni tribunali amministrativi regionali ne hanno riconosciuto la cumulabilità, mentre, altri, hanno rigettato la relativa istanza;

   a tale disparità di trattamento economico, non corrisponde una differenza in ordine alle mansioni svolte;

   la suindicata disparità determina per l'interrogante anche la violazione dell'articolo 3 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di prevedere in modo espresso la cumulabilità delle indennità in questione, superando così la disparità di trattamento attualmente in essere.
(4-01022)


   FIORINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Vignola (Modena) ha una popolazione che supera i 25 mila abitanti, senza considerare almeno un migliaio di persone che per ragioni lavorative legate alle numerose aziende della zona transitano quotidianamente nel territorio;

   Vignola, infatti, è situata allo sbocco della valle del fiume Panaro in una zona popolosa ed è il centro economico e sociale di tutta l'Unione di comuni Terre di Castelli che comprende 86.970 abitanti e un territorio di 313,56 chilometri quadrati, che va dalle montagne confinanti con il comune di Castel d'Aiano (Bologna) alle pianure di Modena. I comuni che gravitano su Vignola e che fanno parte della menzionata Unione sono: Marano sul Panaro, Zocca, Guiglia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Spilamberto e Savignano sul Panaro;

   il comprensorio vignolese è, inoltre, soggetto a un intensissimo traffico, frutto proprio dei movimenti commerciali che interessano la zona e a tutto ciò va aggiunta l'apertura recente del nuovo casello autostradale Valsamoggia e dell'interconnessa pedemontana che a breve sarà ultimata e che, passando in territorio vignolese, unirà Bologna con Sassuolo, senza dimenticare anche la prossima apertura della filiale di Amazon a Spilamberto;

   in tutta l'area gravitante su Vignola, negli ultimi anni si è verificata una recrudescenza di reati da quelli più comuni, come i furti, sino a quelli connessi con le infiltrazioni del crimine organizzato, oltre agli episodi di criminalità e degrado urbano, educativo e sociale;

   a conferma di come il crimine organizzato stia conducendo i propri loschi affari nel territorio vignolese e nelle zone limitrofe si segnala il convegno tenuto nel mese di aprile 2018, proprio a Vignola, dal procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri;

   a Vignola è presente una tenenza dei Carabinieri – che versa in uno stato di carenza di organico, solo 16 operatori contro i 40 di qualche anno fa – e che dipende funzionalmente dalla compagnia di Sassuolo, distante 25,5 chilometri che per l'intenso traffico si percorrono in non meno di 40 minuti;

   nel mese di luglio 2018, le amministrazioni di Vignola e degli altri comuni dell'Unione hanno annunciato la costruzione di un nuovo polo della sicurezza che comprenderà, insieme all'Arma, il Corpo di polizia municipale, ugualmente in carenza di organico, e la Protezione civile;

   la tenenza dei Carabinieri di Vignola risulta, però, essere un edificio di ristrettissime misure, idoneo a costituire la sede di una semplice stazione e non di una struttura più numerosa e complessa quale sarà il nuovo polo della sicurezza –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere per supportare la costruzione a Vignola di una nuova sede per l'Arma dei carabinieri sul territorio dell'Unione di Terre di Castelli con l'istituzione, all'interno di questa nuova struttura, di una apposita compagnia carabinieri, affrancando i servizi di Vignola e del territorio circostante da quella di Sassuolo, distante e non più idonea a sopperire alle esigenze della Valle del Panaro;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per prevenire la criminalità, anche alla luce di quanto illustrato, e se il Governo non ritenga di incrementare, nel più breve tempo possibile, l'organico dell'Arma dei carabinieri e di dotarlo di nuovi e più idonei strumenti, tra cui, un nucleo radiomobile per fronteggiare situazioni di potenziale disagio nell'ottica della sicurezza integrata per come è stata definita nella legge della regione Emilia-Romagna n. 24 del 2003.
(4-01055)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è ormai indiscutibile la mancanza di organico in tutte le unità organizzative venete di E-distribuzione, Enel produzione e Enel green power, del gruppo Enel;

   un esempio è l'organico di e-distribuzione che si è ridotto del 10 per cento dal 2014 ad oggi e, in particolare, sono 132 i lavoratori in meno rispetto ai 1291 di quattro anni fa. Nel 2016 l'organico ha perso 95 risorse (5 quadri, 58 impiegati e 32 operai) e altre 37 (3 quadri, 26 impiegati e 8 operai) nel 2017, fino a novembre. Sono state assunte 59 persone di cui: 40 operai in apprendistato, 12 inserimenti dagli accordi della solidarietà di gruppo e 7 impiegati. Risulta una carenza di organico rispetto al 2014 di 73 persone, in particolare tra operai e impiegati;

   l'azienda negli ultimi anni ha scelto di utilizzare, per lunghi periodi, strumenti come l’interim o l'esternalizzazione dei servizi;

   in questi anni, oltre alla diminuzione drastica delle risorse, è aumentato il carico di lavoro, conseguenza anche delle molte novità messe in campo in questi anni: ner300, partenza della fibra, sostituzione contatori elettronici, verifiche consumi e frodi, controlli in linea ai capi squadra;

   tale aumento del carico di lavoro ha inesorabilmente sovraccaricato l'attività lavorativa aumentando i tempi delle prestazioni;

   si è inoltre proceduto all'esternalizzazione del controllo delle dighe, elemento di forte preoccupazione soprattutto per il bellunese, un territorio con un importante numero di dighe e che è stato interessato dal disastro del Vajont;

   si rischiano così la perdita del presidio del territorio e il peggioramento della qualità del servizio e dell'organizzazione –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere un potenziamento dell'organico di E-distribuzione, Enel produzione e Enel green power in Veneto, al fine di garantire sicurezza e qualità del servizio.
(5-00390)


   ANGIOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 231 del 2007 statuisce, all'articolo 49, comma 5, che «gli assegni... emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro devono recare... la clausola di non trasferibilità»;

   all'indomani della segnalazione della violazione al Ministero dell'economia e delle finanze (ex articolo 51, comma 1) il procedimento sanzionatorio si apre sia a carico del traente che, in modo distinto, a carico del beneficiario. Entrambi vengono informati del fatto che l'infrazione commessa è punibile, ai sensi dell'articolo 63, comma 1, con l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000 euro e che ai sensi dell'articolo 65, comma 9, la parte potrà definire il procedimento sanzionatorio ex articolo 16 della legge n. 689 del 1981, effettuando un versamento pari al doppio del minimo della sanzione edittale e, dunque, di 6.000 euro. Infatti, la somma da pagare in misura ridotta corrisponde, ai sensi del predetto articolo 16, alla cifra più favorevole tra due sistemi di calcolo alternativi: la terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa oppure il doppio del minimo, ove quest'ultimo sia stabilito dalla legge;

   per le violazioni dell'articolo 49, comma 5, relative a mere irregolarità formali su titoli di modestissima entità, infatti, si finisce per concedere agli incolpati la «facoltà» di pagare 6.000 euro a titolo di oblazione, onde definire il relativo procedimento amministrativo ed evitare la prosecuzione del procedimento sanzionatorio che, tuttavia, nella realtà, ben difficilmente porterà all'emissione di una sanzione superiore al minimo edittale di 3.000 euro, cui, per giunta, nella quasi totalità dei casi, potrà essere applicata la riduzione di un terzo ex articolo 68 del decreto legislativo n. 231 del 2007 riducendo così l'importo della sanzione a 2.000 euro;

   lo stesso articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007, al comma 1, nel disciplinare le limitazioni all'uso del contante statuisce che «È vietato il trasferimento di denaro contante (...) quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a 3.000 euro»;

   ne consegue una sproporzione fra gli stessi importi determinanti l'esercizio della «facoltà» di oblare, a seconda che il mezzo di pagamento prescelto per effettuare il suddetto trasferimento sia stato il denaro contante o l'assegno bancario;

   nel caso in cui, infatti, un cittadino effettui un trasferimento in denaro contante, pari, ad esempio, a 2.999,99 euro nessuna contestazione potrà esser elevata e notificata nei suoi confronti dal Ministero dell'economia e delle finanze. Solo in caso di superamento della predetta soglia, infatti, si aprirebbe il procedimento sanzionatorio a carico del trasgressore dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007 con conseguente attribuzione a quest'ultimo della «facoltà» di pagare l'importo di 6.000 a titolo di oblazione;

   nel caso in cui, invece, lo stesso cittadino effettui un pagamento pari o superiore a 1.000 euro (ivi compresa, dunque, la somma di 2.999,99 euro – valore limite all'uso dei contanti) avvalendosi di un assegno bancario, tuttavia sprovvisto di clausola di non trasferibilità o dell'indicazione del beneficiario si troverebbe di fronte all'avvio di un procedimento sanzionatorio nei suoi confronti, stante la violazione dell'articolo 49, comma 5, del decreto legislativo n. 231 del 2007 e all'attribuzione della predetta «facoltà» di pagare, a titolo di oblazione, una somma pari a 6.000 euro che risulta ancor più sproporzionata se si considera che ove lo stesso trasferimento di denaro fosse avvenuto in contante non avrebbe determinato l'avvio di alcun procedimento sanzionatorio –:

   quali iniziative intenda assumere per rimediare a quelle che l'interrogante ritiene illogicità, irragionevolezza e sproporzione dell'articolo n. 65, comma 9, nella parte in cui non prevede la possibilità di graduare l'importo dell'oblazione, rendendolo proporzionale all'importo trasferito, a seguito delle modifiche intervenute al decreto legislativo n. 231 del 2007 dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 90 del 2017.
(5-00392)


   FRAGOMELI e FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo decennio il servizio idrico integrato è stato oggetto di profondi mutamenti normativi relativi alla sua gestione, per effetto sia di interventi legislativi sia del referendum del 2011;

   a seguito della citata pronuncia popolare, che ha sancito che l'acqua è un bene pubblico, è stata abrogata la disciplina vigente nella parte in cui riconosceva nella tariffa del sistema idrico integrato la remunerazione del capitale investito secondo un tasso di rendimento prestabilito e, considerando il venir meno del quadro normativo nazionale, si è tornati alla disciplina comunitaria in tema di «servizi di interesse economico generale», con la facoltà per tutti gli enti locali di utilizzare proprie strutture per la gestione dei servizi pubblici locali, consentendo all'autorità pubblica di decidere di erogare in proprio i servizi, in un'ottica di riduzione dei costi e delle tariffe, oppure di affidarli ad altri soggetti, pubblici o privati;

   l'articolo 49 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, nel disciplinare i casi di esenzione dal pagamento della tassa di occupazione degli spazi ed aree pubbliche (Tosap), ne prevede tra l'altro l'esonero per occupazione da parte del comune e loro consorzi;

   dal 1993 il legislatore è più volte intervenuto sulla disciplina dei consorzi; in particolare, l'articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha imposto agli enti locali la trasformazione di quelli che gestivano servizi pubblici di rilevanza industriale in società di capitali, mentre con l'articolo 2, comma 186, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 si è imposta la soppressione dei consorzi di funzioni tra enti locali, prevedendo la successione dei comuni in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto;

   la giurisprudenza (Corte di Cassazione sez. V, civ. trib. sentenza 30 maggio 2000, n. 7197) ha stabilito che le occupazioni di suolo pubblico fatte da imprese appaltatrici di lavori pubblici sono esenti dalla tassa Tosap senza alcun limite e tale esenzione spetta anche in caso di lavori privati su immobili privati finanziati dallo Stato o da enti pubblici –:

   se non ritenga utile assumere iniziative per esplicitare che l'esenzione dalla Tosap sia applicabile anche per l'occupazione di suolo pubblico da parte di società a capitale interamente pubblico che svolgono servizi pubblici per opere di manutenzione, mantenendo la società in house il carattere pubblicistico come i consorzi già esonerati dall'imposta ai sensi dell'articolo 49 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
(5-00394)


   CANCELLERI, TRANO, APRILE, CABRAS, CASO, CURRÒ, GIULIODORI, GRIMALDI, MANIERO, MARTINCIGLIO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUGGIERO, ZANICHELLI e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1973, n. 602, consente, a partire dal 1° gennaio 2011, che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per somministrazione, forniture e appalti, possano essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previa presentazione di apposita certificazione; l'estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell'esistenza e della validità della certificazione;

   a tal fine, la certificazione prevista dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e le certificazioni richiamate all'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica, sono utilizzate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito;

   per far fronte alle esigenze di liquidità delle imprese, a fronte dei ritardi di pagamento dei crediti da parte della pubblica amministrazione, soprattutto negli anni della crisi economica, le disposizioni in materia di compensazione di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo sono state interpretate con la necessaria flessibilità al fine di accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, fermo restando il pieno rispetto del dettato normativo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di natura normativa, al fine di consentire il pagamento delle somme dovute mediante compensazione con crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, anche qualora l'iscrizione a ruolo delle somme dovute sia effettuata in data successiva a quella prevista per il pagamento ma antecedente all'incasso effettivo del credito.
(5-00395)


   MANDELLI, BIGNAMI, BENIGNI, GIACOMONI, MARTINO, D'ETTORE, ANGELUCCI, BARATTO e CATTANEO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), per gli anni in cui si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il termine del 16 settembre di cui al comma 1 dello stesso articolo 21 è fissato al 30 settembre, al fine di evitare la sovrapposizione di adempimenti;

   la normativa stabilisce con chiarezza che il termine per l'invio delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva del secondo trimestre 2018 scade il 30 settembre, con slittamento al 1° ottobre 2018 in quanto festivo;

   ciò nonostante, l'Agenzia delle entrate, nello scadenzario fiscale relativo al mese di settembre, non tenendo conto degli effetti della legge di bilancio 2018, indica quale scadenza per le comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva del secondo trimestre dell'anno quella originariamente prevista del 16 settembre, con slittamento al giorno 17 poiché festivo, richiamando il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 27 marzo 2017, n. 58793;

   la mancanza di coerenza tra le disposizioni normative e il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate determina un'incertezza interpretativa già sollevata più volte dai professionisti del settore –:

   se il Governo sia consapevole di questa presa di posizione dell'Agenzia delle entrate che contravviene alla precisa volontà del legislatore di semplificare la macchina burocratica, ovvero, laddove si dovesse accertare un mero errore materiale dell'Agenzia delle entrate, se si intenda intervenire con urgenza – e comunque prima del 16 settembre – al fine di dirimere la questione in maniera definitiva.
(5-00396)


   CENTEMERO, ALESSANDRO PAGANO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GUSMEROLI, GERARDI, TARANTINO e PATERNOSTER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni si è molto discusso circa l'effettiva data di scadenza della comunicazione trimestrale delle liquidazioni Iva, relativa al secondo trimestre 2018;

   l'Agenzia delle entrate sul proprio sito internet ha pubblicato lo scadenzario fiscale del mese di settembre comunicando che i soggetti passivi devono presentare la comunicazione relativa al secondo trimestre delle liquidazioni periodiche Iva entro il 16 settembre e che qualora il termine di presentazione della comunicazione scadesse di sabato o in giorni festivi, lo stesso è prorogato al primo giorno feriale successivo;

   poiché il 16 settembre 2018 cade in un giorno festivo, la scadenza è quindi posticipata al 17 settembre 2018;

   tuttavia a scadenza fissata al 16 settembre 2018 risulta essere in contrasto con le novità introdotte dalla legge di bilancio 2018;

   infatti, il comma 932 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), ha modificato la scadenza prevista dagli articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010;

   in particolare, la norma prevede, al fine di evitare la sovrapposizione di adempimenti tributari, che per gli anni in cui si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relativamente alle comunicazioni dei dati delle fatture emesse e ricevute ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, il termine del 16 settembre di cui al comma 1 dello stesso articolo 21 è fissato al 30 settembre e il termine per la presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive dei soggetti indicati nell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, in scadenza al 30 settembre, è fissato al 31 ottobre –:

   se trovi conferma quanto illustrato in premessa e quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di dirimere la confusione che si sta generando tra gli operatori professionali del settore.
(5-00397)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Il Giornale del 25 agosto 2018 riporta la notizia della manipolazione delle scelte sul 5 per mille da parte dei Caf, per destinare i fondi a beneficiari diversi da quelli indicati (o non indicati) dai contribuenti;

   a lanciare l'allarme è la Corte dei conti che, nella delibera 14/2018/G, analizza l'attività di audit condotta dall'amministrazione finanziaria sui comportamenti degli intermediari e segnala casi di interferenza nel processo decisionale dei contribuenti;

   nello specifico, secondo la Corte dei conti, i casi di interferenza consistono nel falsificare numerose scelte dei contribuenti, nella mancata conservazione del 4,6 per cento delle schede delle scelte, come previsto dalla legge per favorire i controlli a campione, e nella potenziale interferenza nel processo decisionale dei contribuenti;

   l'interferenza si sarebbe anche realizzata tramite promozione pubblicitaria per mezzo di volantini e manifesti a favore di determinate associazioni e mediante consigli che invitavano verbalmente i contribuenti a scegliere enti collegati ai Caf;

   in particolare, su 8.502 dichiarazioni controllate, in 485 casi (ossia il 5,7 per cento) sono state rilevate irregolarità, consistenti nella trasmissione di scelte non conformi alla preferenza dei cittadini o nella mancata conservazione delle schede relative alle scelte. In 87 dichiarazioni risulta trasmessa una scelta diversa rispetto a quella espressa con il modello 730/1;

   in passato la magistratura contabile aveva già segnalato le irregolarità con tre diverse relazioni tra il 2013 e il 2015 e, sulla scorta di tali indicazioni, di fatto non sono ancora state irrogate sanzioni –:

   per quali ragioni il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia ritenuto opportuno segnalare ulteriormente il problema riscontrato negli ultimi anni;

   se sia intenzione del Governo intervenire promuovendo una nuova riforma sull'assistenza fiscale ai cittadini;

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per impedire tempestivamente ai Caf sospettati di continuare ad operare e per verificare l'eventualità che la medesima interferenza non sia stata effettuata dagli stessi Caf anche relativamente al 2 per mille, ciò al fine di tutelare la scelta dei contribuenti.
(4-01018)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   le carenze del personale amministrativo negli uffici giudiziari sono forse la causa principale dei ritardi e delle inefficienze del «pianeta giustizia» nel nostro Paese. Il Ministro Bonafede, ed anche altri esponenti del Governo, in diverse pubbliche occasioni hanno manifestato l'intenzione di varare un piano straordinario per l'assunzione di personale amministrativo, attingendo alle graduatorie aperte –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, in occasione del prossimo disegno di legge di bilancio finalizzate all'assunzione di nuovo personale amministrativo destinato agli uffici giudiziari.
(2-00089) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 settembre 2003 la Repubblica italiana ha sottoscritto un accordo «sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine» con la Romania;

   il predetto accordo prevede che «su richiesta dello Stato di condanna, lo Stato di esecuzione, può consentire al trasferimento di una persona condannata senza il consenso di quest'ultima quando la condanna pronunciata nei suoi confronti o un provvedimento amministrativo definitivo preso a seguito di tale condanna comportano una misura di espulsione o di accompagnamento alla frontiera o ad ogni altra misura in applicazione della quale non potrà più soggiornare nel territorio dello Stato di condanna»;

   l'accordo dispone che la richiesta di trasferimento e i documenti allegati debbano essere trasmessi dal Ministero della giustizia dello Stato di condanna al Ministero della giustizia dello Stato di esecuzione;

   nel sistema carcerario italiano la popolazione straniera rappresenta circa il 30 per cento dei detenuti complessivi e tra le nazionalità più presenti vi è proprio quella rumena;

   il costo medio giornaliero per detenuto ammonta a 137 euro –:

   quante richieste di trasferimento di persone condannate siano state avanzante nei confronti della Romania nel corso degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018;

   se sia intenzione del Ministro interrogato intensificare le domande di trasferimento di persone detenute nei confronti della Romania.
(4-01019)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria-direzione generale del personale e della formazione, del 3 aprile 2008, pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 5 giugno 2008, era stato bandito il concorso interno per titoli di servizio ed esami, a complessivi 643 posti (608 uomini e 35 donne), poi elevati, con provvedimento del 16 gennaio 2017 del direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a 1.232 (1.009 uomini e 223 donne), per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria;

   a marzo 2010 si sono tenute le prove preliminari preselettive, le prove scritte sono state eseguite ad aprile 2016, mentre le prove orali sono iniziate a maggio 2017 e si sono concluse nel mese di novembre 2017; il corso di formazione partirà invece il 10 settembre 2018 e si concluderà presumibilmente nel mese di marzo 2019;

   i circa 978 vincitori del concorso, assumeranno, quindi, la qualifica iniziale di «ispettori», oltre dieci anni dopo la pubblicazione del bando e – considerata l'età media di 45-59 anni dei partecipanti, tale ritardo elimina la potenziale aspirazione per quasi tutti i vincitori di poter raggiungere qualifiche apicali del ruolo, con conseguenze negative in termini economici e professionali;

   oltre alla cosiddetta perdita di chance, i futuri ispettori, potrebbero essere destinatari di un provvedimento di trasferimento in altre sedi, lontane dalle loro abitazioni ed affetti, con il rischio di separare circa 900 famiglie di poliziotti penitenziari, come hanno denunciato i sindacati di categoria;

   all'articolo 14, comma 7, del citato bando di concorso era espressamente previsto che «il personale nominato vice ispettore del ruolo maschile e femminile del corpo di polizia penitenziaria sarà confermato nella sede di appartenenza compatibilmente alla dotazione organica»;

   nella precedente legislatura, in attuazione della cosiddetta «legge Madia», vi è stolta una considerevole riduzione della pianta organica del corpo di polizia penitenziaria, fatto che rende inapplicabile il predetto articolo 14;

   con lettera circolare del direttore generale del personale e delle risorse datata 20 luglio 2018, relativa al corso per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria che avrà inizio il 10 settembre 2018, viene ribadito che «dopo aver dato massimo sfogo alla mobilità a domanda del personale già appartenente al ruolo degli ispettori, contemperando le esigenze organiche con le aspirazioni di detto personale per come risulta dalla vigente graduatoria per i trasferimenti a domanda relativa all'interpello per l'anno 2017, determina i posti disponibili per i neo nominati nel ruolo in argomento»;

   la stessa circolare precisa che «la prima assegnazione in una sede diversa da quella di appartenenza non comporta la corresponsione di indennità» con ciò comportando l'inevitabile rinuncia da parte di molti alla nuova qualifica che ne peggiori le condizioni economiche e familiari;

   si evidenzia, inoltre, che il decreto legislativo n. 95 del 2017, prevedendo un concorso interno per titoli, non dispone trasferimenti in altre sedi, mantenendo, su richiesta, la sede di appartenenza –:

   se non si intenda valutare, per i motivi indicati in premessa, se sussistano i presupposti per adottare iniziative, anche di tipo normativo, per una retrodatazione della decorrenza giuridica delle nomine nella qualifica di vice ispettore della polizia penitenziaria;

   quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendano assumere al fine di salvaguardare il mantenimento, a domanda, della sede di servizio dei futuri ispettori, anche in posizione soprannumeraria riassorbibile, così da restituire agli stessi quella serenità professionale e familiare che meritano dopo la perdita di opportunità determinata da un ritardo di oltre dieci anni nell'espletamento delle prove d'esame, ascrivibile interamente all'amministrazione penitenziaria.
(4-01032)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   le autostrade italiane sono gestite per la maggior parte da società concessionarie e sono in maggioranza soggette al pagamento di pedaggio;

   dal 1o ottobre 2012 l'ente concedente è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non più Anas;

   5.821,5 chilometri di autostrade sono gestiti da venticinque concessionarie, tra le quali la società Strada dei Parchi s.p.a., che in data 18 novembre 2009 ha sottoscritto con Anas lo schema di convenzione unica, soggetto alle norme di cui alla legge n. 191 del 2009, mentre il 29 novembre 2010 è stato sottoscritto l'atto di recepimento della delibera del Cipe n. 20 del 13 maggio 2010, di approvazione della predetta convenzione;

   tale convenzione ha sostituito ad ogni effetto quella precedentemente sottoscritta nel 2001;

   la concessione per la gestione e la costruzione in argomento risulta aggiudicata a seguito di gara europea del 1o ottobre 2001;

   da quanto si legge nella relazione attività 2016 stesa dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali risulta che la società Strada dei parchi s.p.a. è partecipata per una quota pari al 2 per cento da Autostrade per l'Italia s.p.a., per una quota pari al 95 per cento da Toto Holding spa e per la restante quota del 5 per cento da Toto Spa Costruzioni Generali;

   con la convenzione in questione sono state affidate in gestione a Strada dei Parchi spa, in qualità di concessionario, le seguenti tratte: A24 Roma-Teramo (159,3 chilometri in esercizio), A24 Diramazione grande raccordo anulare tangenziale est di Roma (7,2 chilometri in esercizio), A25 Torano-Pescara (114,9 chilometro in esercizio);

   le due autostrade A24 e A25, che rappresentano non solo un servizio di pubblica utilità ma un collegamento strategico tra la dorsale tirrenica e quella adriatica della penisola, attraversano territori altamente sismici, tali dichiarati dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;

   l'articolo 1, comma 183, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013), dichiara le autostrade A24 e A25 «opere strategiche per la finalità di protezione civile» e come tali impone l'adeguamento delle stesse alla normativa antisismica e di messa in sicurezza dei viadotti, di impatto ambientale e per lavori di manutenzione straordinaria, e alla normativa che disciplina la realizzazione di tutte le opere necessarie in conseguenza del sisma del 2009;

   ove per la realizzazione dei citati interventi si generino maggiori oneri, il Governo, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, rinegozia con la società concessionaria le condizioni della concessione;

   a seguito degli interventi di manutenzione previsti dalle leggi vigenti la società Strada dei Parchi s.p.a. richiede l'aggiornamento del piano economico finanziario (PEF), che forma parte integrante della convenzione;

   tale piano, depositato in data 11 ottobre 2013 in accordo con le regioni Lazio e Abruzzo, risulta ancora fermo all'esame del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   in data 1° gennaio 2016 la società Strada dei Parchi s.p.a. ha disposto l'aumento delle tariffe, sui tratti di competenza, del 3,45 per cento mentre a fare data dal 1o gennaio 2018, con decreto interministeriale n. 000615 del 29 dicembre 2017, il concessionario è stato autorizzato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad aumentare le tariffe mediamente di quasi il 13 per cento;

   complessivamente, quindi, nell'arco temporale 2009-2017 l'aumento delle tariffe sulle tratte autostradali in questione è stato di oltre il 50 per cento;

   da gennaio 2018 più di ottanta sindaci di comuni del Lazio e dell'Abruzzo si battono contro quelli che ritengono e appaiono come inaccettabili ed ingiustificati aumenti delle tariffe, un salasso insostenibile per le tasche dei cittadini ed incompatibile con il fragile tessuto sociale e produttivo che caratterizza le zone più interne e periferiche di questa parte dell'Italia centrale;

   ad oggi risultano inspiegabilmente inevase le richieste di accesso agli atti dei predetti sindaci volte ad estrarre copia, tra gli altri documenti, della convenzione originaria tra Strada dei Parchi spa e Anas;

   i predetti sindaci hanno chiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti chiarimenti in merito: all'adozione di idonei provvedimenti volti a prevedere la sospensione degli aumenti delle tariffe autostradali relativi alla A24 e A25 in vigore dal 1° gennaio 2018; all'istituzione di un tavolo istituzionale che possa ridefinire i criteri di concessione autostradale con Strada dei Parchi al fine di garantire ai pendolari e ai cittadini una tariffa adeguata ad un'area interna svantaggiata; alla declassificazione del tratto urbano della A24 da che va dalla barriera di Roma est fino all'intersezione con la tangenziale est –:

   quale sia la posizione del Governo rispetto alle predette richieste formulate dai sindaci e se intenda impartire opportune disposizioni affinché esse siano quanto prima evase;

   se intenda rendere noto lo stato dei lavori istruttori relativo al piano economico finanziario della società Strada dei Parchi s.p.a., entro quali termini sarà approvato e, se sussistano, gli ostacoli e gli impedimenti che ad oggi non hanno ancora permesso l'aggiornamento dello stesso;

   quali siano i presupposti che permettono alla società Strada dei Parchi s.p.a. di ottenere aumenti di tariffa superiori rispetto a quelli accordati alle altre concessionarie autostradali;

   per quali motivi risultino inevase le richieste di accesso agli atti formulate dai predetti sindaci per estrarre copia, tra gli altri documenti, della convenzione originaria tra Strada dei Parchi spa e Anas;

   se intenda fornire delucidazioni in merito alla convenzione relativa società in questione che trasferisce le risorse finanziarie all'Anas anziché al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   quali iniziative intenda assumere per garantire la più totale trasparenza nei rapporti tra lo Stato e le società concessionarie di tratte autostradali e la tutela dei cittadini.
(2-00090) «Lollobrigida, Foti, Butti, Trancassini».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   all'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) è assegnato, tra gli altri compiti, quello di garantire il diritto alla mobilità aerea anche attraverso la tutela della continuità territoriale, intesa quale possibilità per tutti i cittadini di spostarsi nel territorio nazionale e comunitario con le medesime opportunità, grazie a interventi volti a garantire servizi dalle condizioni qualitative ed economiche uniformi;

   al fine di garantire tale continuità territoriale, e in particolar modo per determinati collegamenti il cui mantenimento potrebbe scontrarsi con gli interessi economici delle compagnie aeree, con il rischio che queste ultime abbandonino le rotte meno remunerative o le prevedano solo in alcuni periodi dell'anno, il legislatore è intervenuto introducendo nell'ordinamento nazionale una serie di disposizioni volte ad assicurare la continuità territoriale aerea tra i principali aeroporti nazionali e le isole maggiori, alcune isole minori e alcuni territori svantaggiati per dislocazione o tipologia della domanda;

   a livello comunitario il regolamento (CEE) n. 2408/1992 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sulla base del quale furono adottate le disposizioni di cui all'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, (a garanzia della continuità territoriale della sola regione Sardegna e delle isole minori della Sicilia in cui siano presenti scali aeroportuali) è stato successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, tuttora in vigore;

   il citato regolamento comunitario, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (rifusione), ha aperto definitivamente le rotte comunitarie a tutti i vettori europei titolari di licenza rilasciata da uno degli Stati membri dell'Unione europea e in tal senso con l'articolo 16 del regolamento (CE) n. 1008/2008 il legislatore comunitario, in deroga ai princìpi comunitari di divieto di aiuti di Stato, ha previsto la possibilità per ciascuno Stato di emanare interventi finanziari nei confronti delle compagnie che intendano accedere al mercato interno offrendo rotte di prevalente rilevanza sociale, alle condizioni indicate dagli stessi Stati, affinché anche in territori geograficamente svantaggiati sia garantito il servizio di trasporto aereo;

   i servizi di cui al richiamato articolo 16 del regolamento comunitario sono quindi ricompresi nella previsione di oneri di servizio pubblico che rendono obbligatorio lo svolgimento di un servizio aereo secondo «determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione cui i vettori non si atterrebbero se tenessero unicamente conto del proprio interesse commerciale»;

   il viadotto autostradale Polcevera nella città di Genova, tristemente noto ormai a livello internazionale anche come ponte Morandi, fa parte del tracciato dell'autostrada A10 rappresentando il principale asse stradale fra il centro-levante di Genova, il porto container di Voltri-Prà, l'aeroporto Cristoforo Colombo e le aree industriali della zona genovese, a causa del crollo del 14 agosto 2018 è chiuso e di fatto la viabilità cittadina è spezzata in due, mentre quella regionale sta subendo disagi nella lunga percorrenza che si protrarranno per almeno i prossimi dodici mesi, in particolar modo per il congiungimento dell'area di ponente con quella di levante;

   in occasione dell'audizione informale del presidente dell'Enac, svolta presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati in data 11 settembre 2018, a domanda dell'interrogante sull'opportunità di garantire la continuità territoriale ligure attraverso il ricorso all'aeroporto di Aeroporto di Villanova d'Albenga (Riviera Airport), in provincia di Savona, il presidente dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, Vito Riggio, ha dichiarato che lo scalo è stato declassato ad aeroporto di «aviazione generale» per cui sarebbe possibile impiegare solo aerei di misure ridotte (40-70 passeggeri). Lo stesso Riggio ha inoltre segnalato che è compito del Governo, nel caso, chiedere alla Commissione europea una deroga, seppur transitoria, per utilizzare l'aeroporto in continuità territoriale –:

   se il Ministro interpellato non ritenga di richiedere, nelle sedi competenti dell'Unione europea, una deroga per l'utilizzo dell'aeroporto Riviera di Albenga quale scalo provvisorio, per garantire rotte di rilevanza sociale nelle more dell'avvio e del completamento dei lavori di ricostruzione del viadotto e della complessiva restaurazione della viabilità genovese e ligure.
(2-00092) «Mulè, Gelmini, Bagnasco, Cassinelli, Gagliardi, Pastorino, Paita, Vazio, Fidanza».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel marzo 2018 Alitalia aveva autonomamente deciso di interrompere i voli da e per l'aeroporto di Reggio Calabria senza nessuna motivazione relativa ad un presunto calo della utenza, né alcuna giustificazione legata a strategie industriali;

   l'interruzione dei servizi è durata pochi giorni, ma ha comportato un drastico ridimensionamento dei voli operati da Alitalia;

   oggi, Alitalia effettua un solo collegamento giornaliero con Roma e uno solo con Milano Linate in una fascia oraria penalizzante per gli utenti, soprattutto per coloro che devono proseguire per altre destinazioni;

   nel 2017 su 27 aeroporti italiani, quello di Reggio Calabria si è posizionato al 5° posto in termini di cabin factor (80,9 per cento e al 13° come totale passeggeri in partenza trasportati (204.864);

   nell'anno 2018, nel solo mese di aprile, i dati del cabin factor si sono attestati al 73,8 per cento nonostante i voli siano stati ripristinati tardivamente e messi in vendita alla fine di marzo e con tariffe molto elevate;

   molti passeggeri, non trovando più offerta di voli su Reggio Calabria, sono tuttora costretti a spostarsi su altri proporti e non sempre hanno scelto Alitalia, poiché hanno trovato soluzioni alternative con altre compagnie, soprattutto low cost, presenti in maniera massiccia su scali come Lamezia e Catania;

   l'intero sistema turistico calabrese risulta penalizzato da questa immotivata presa di posizione di Alitalia che, riducendo drasticamente i voli, ha messo in ginocchio molte attività turistiche le quali invece, grazie all'indotto aeroportuale, si sostenevano facendo ruotare positivamente tutta l'economia sia di Reggio Calabria che della sua provincia, nonché della parte orientale della Sicilia –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e del fatto che i lavoratori dello scalo di Reggio Calabria siano tuttora in cassa integrazione a rotazione;

   al fine di preservare da possibili licenziamenti il personale di Alitalia dello scalo di Reggio Calabria, se non intendano convocare un tavolo di contrattazione con Alitalia, alla presenza delle organizzazioni sindacali dei dipendenti di Alitalia dell'aeroporto di Reggio Calabria.
(4-01021)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nonostante i lavori in urgenza già effettuati nel maggio 2014 sul ponte di Brivio sul fiume Adda sulla ex strada statale 342 Briantea, di competenza delle province di Lecco e Bergamo, e dopo il seguente collaudo dei lavori effettuato il 2 settembre 2014 e a seguito delle prove di carico effettuate dal Politecnico di Milano, la provincia di Lecco, nel febbraio 2017, ha emesso un'ordinanza di «istituzione del divieto al transito ai veicoli aventi massa a pieno carico superiore a 56 tonnellate. L'istituzione del distanziamento minimo obbligatorio di 50 metri tra veicoli aventi massa a pieno carico superiore a 30 tonnellate»;

   tale ordinanza lascia perplessi i cittadini e l'amministrazione comunale in merito alla sicurezza della rete viaria;

   anche il ponte ferroviario del «Viadotto» tra Cisano Bergamasco e Pontida desta preoccupazione per la sicurezza di cittadini e pendolari; a seguito della segnalazione ricevuta dai tecnici delle ferrovie relativa alla caduta di un masso del peso stimabile di circa 5 quintali) nel sottostante torrente Sonna in corrispondenza della strada provinciale 171 in data 14 marzo 2017, il sindaco e l'amministrazione di Cisano Bergamasco come testimoniato da note dello stesso sindaco inviate ai parlamentari, ha effettuato diversi solleciti a Rete ferroviaria italiana che è intervenuta il 3 maggio mettendo in sicurezza le parti di cordolo che si staccavano dal ponte in evidente stato di degrado;

   in seguito a tali lavori Rete ferroviaria italiana ha inoltre comunicato l'imminente programmazione di lavori di rimozione dell'edera infestante che invadeva gran parte del manufatto le cui radici aggravano lo stato avanzato di ammaloramento della struttura portante nel suo complesso; non risultano tuttavia sulla stampa collaudi statici ufficiali sulle strutture del ponte costruito ben 155 anni fa, nonostante le rassicurazioni di Rete ferroviaria italiana che si limitano a segnalare la mancanza di criticità di natura statica dell'opera;

   si evidenzia la necessità di un intervento risolutivo al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza necessarie per il transito delle persone e dei mezzi, poiché la stabilità della struttura del ponte crea interrogativi e preoccupazione sia nella popolazione che nell'amministrazione comunale, e la caduta di sassi e calcinacci il 14 marzo, ripetutasi il 26 aprile, ne conferma l'apprensione;

   si sollevano dubbi sull'idoneità dell'intervento programmato da Rete ferroviaria italiana spa ai fini della garanzia della sicurezza, visto che tale intervento si prospetta limitato ai cordoli del viadotto e non a lavori di consolidamento strutturale vero e proprio –:

   a seguito dei recenti incidenti di crollo improvviso di importanti viadotti che hanno sconvolto l'intera nazione, se il Ministro intenda adoperarsi, per quanto di competenza, in relazione all'effettiva messa in sicurezza del ponte di Brivio sul fiume Adda e sulla necessità di un collaudo statico del ponte ferroviario del «Viadotto» tra Cisano Bergamasco e Pontida, al fine di permettere una risoluzione concreta delle problematiche succitate e garantire l'incolumità della cittadinanza interessata.
(4-01028)


   MOLLICONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal tragico crollo del ponte Morandi di Genova è scaturito l'allarme infrastrutture in tutta Italia. Nello specifico, molta preoccupazione destano il grado di usura di alcune strutture estremamente trafficate della capitale. Tra le altre, il ponte sospeso (ponte Morandi) a tracciato curvilineo che costeggia il Tevere all'altezza del quartiere Magliana Vecchia, a Roma percorso ogni giorno da tutti coloro che provengono o viaggiano in direzione Fiumicino;

   non meno degno di nota è lo stato di ammaloramento del viadotto della Magliana. Si tratta di un lungo cavalcavia sospeso sopra un'ansa del fiume Tevere, che collega il quartiere degli Arvali con l'Eur e la Cristoforo Colombo, molto utilizzata dai veicoli che percorrono la Roma Fiumicino. L'opera, è stata oggetto di un convegno svoltosi lo scorso inverno nella facoltà di ingegneria dell'università La Sapienza di Roma; anche su quest'opera è stata evidenziata l'urgenza di intervenire con un significativo restauro o con l'abbattimento;

   il viadotto della Magliana è stato progettato negli anni ’30 da Romolo Raffaelli, ma già investito dalla piena del Tevere nel 1937, quando ancora i lavori erano in corso, venne ricostruito nel 1948 sulla base di un progetto di Ignazio Guidi, Cesare Valle e Carlo Cestelli Guidi. Si tratta del ponte sospeso più antico di Roma che, anche se di dimensioni inferiori a quello ligure, è molto simile per ideazione e uso di materiali;

   da mesi i residenti e i consiglieri municipali di Fratelli d'Italia denunciano quanto recentemente confermato anche dall'ingegner Calzona, docente di tecnica delle costruzioni all'università La Sapienza di Roma e allievo di Morandi, che ha definito il viadotto della Magliana come una struttura a «fine vita», visto che fu costruito negli anni ’50 e su di esso risulterebbe non esserci stato nemmeno il collaudo;

   risulta ancora più inquietante la notizia di un recente sopralluogo dei vigili urbani sul Ponte della Magliana, a Roma, a fronte del quale è stato dichiarato che (report dei vigili del fuoco di febbraio 2018) deve essere intrapresa, con «ogni possibile urgenza», ... «un'attività di verifica e monitoraggio dell'intera infrastruttura» –:

   quali siano gli interventi urgenti previsti e quali le iniziative puntuali da attuare conseguenti alle verifiche sulla struttura e sulla sicurezza della viabilità sia in relazione al ponte progettato da Morandi sulla Roma Fiumicino, sia al ponte Raffaelli, il viadotto di Roma.
(4-01029)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il crollo del ponte Morandi ha interrotto la comunicazione essenziale tra la Toscana e la costa ligure;

   attualmente, chi intenda raggiungere dalla costa ligure quella toscana o viceversa è costretto ad una deviazione che comporta una percorrenza di 105 chilometri ulteriori, con aggravio di tempo e di costi;

   Autostrade per l'Italia ha liberalizzato, seppur tardivamente, la rete autostradale di Genova rendendo gratuita la sua percorrenza;

   segnatamente, il transito in autostrada diventa gratuito per chi viaggia sulle tratte Genova Ovest-Genova Bolzaneto, Genova Prà-Genova Aeroporto, Genova Prà-Genova Pegli, Genova Pegli-Genova Aeroporto;

   la liberalizzazione del solo tratto genovese appare una misura assolutamente inadeguata a fronteggiare i disagi per lo spostamento delle persone e delle merci fra Toscana e Liguria e viceversa, determinati dal crollo del Ponte Morandi –:

   se il Governo intenda assumere iniziative affinché Autostrade per l'Italia renda immediatamente gratuita la tratta per chi si sposta da e verso la costa ligure, percorrendo la bretella obbligatoria costituita dalle tratte A26 e A7, gestite dalla medesima società.
(4-01031)


   PRISCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 1o agosto 2018 gli abbonamenti dei pendolari che si muovono sulla tratta ferroviaria Terni-Roma hanno subìto un aumento del 7 per cento;

   a fronte di tali aumenti si rileva che le condizioni igieniche dei convogli sono rimaste quantomeno critiche e gli stessi convogli risultano in pessime condizioni, vecchi e obsoleti;

   inoltre, resta irrisolta l'annosa questione dei disservizi da ritardo quotidianamente offerti da Trenitalia ai pendolari che ogni giorno sono costretti, per questioni di studio e soprattutto di lavoro, a spostarsi dalle stazioni ferroviarie della provincia di Temi verso la Capitale;

   il disagio dei pendolari risulta pienamente comprensibile, come anche il risentimento espresso a fronte del rincaro che è stato loro comunicato direttamente allo sportello in fase di rinnovo dell'abbonamento;

   a fronte dell'incremento del prezzo degli abbonamenti, Trenitalia avrebbe dovuto provvedere a sostituire gli attuali convogli, facendo corrispondere all'innalzamento dei costi a carico degli utenti una congrua riqualificazione del «servizio» offerto;

   l'odissea dei pendolari ternani si protrae da anni, fra carrozze vecchie, impianti di aria condizionata non funzionanti, bagni fuori uso, porte bloccate, prese per la corrente inutilizzabili, vagoni sovraffollati, utilizzo obbligato delle vecchia linea ferroviaria in caso di problemi –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire che siano adottate concrete misure volte ad alleviare i disagi di tutti coloro che quotidianamente sono costretti a viaggiare in condizioni incompatibili con gli standard di un Paese che aspiri a definirsi civile.
(4-01037)


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la Calabria è sempre più isolata dal resto del Paese per il carente sistema dei trasporti aggravato dal notevole incremento del costo dei biglietti aerei soprattutto nei periodi festivi e durante la stagione estiva;

   i collegamenti aerei sono indispensabili e indifferibili non solo dal punto di vista turistico ed economico, ma anche per la qualità di vita degli abitanti;

   la Calabria, tra l'altro, è particolarmente svantaggiata, rispetto al resto del Paese, per un divario notevole in termini di infrastrutture e di servizi che comporta un sostanziale isolamento e un notevole aggravio per la mobilità dei suoi cittadini in evidente contrasto con l'articolo 16 della Costituzione;

   la S.a.cal. s.p.a. – Società aeroportuale calabrese s.p.a. – gestisce tutti e tre gli scali aeroportuali calabresi e, quindi, potrebbe contribuire, in maniera sostanziale ed efficace, ad un miglioramento complessivo dei trasporti in un quadro unitario;

   è necessario assicurare condizioni favorevoli per gli abitanti della Calabria che non possono subire un'ingiustificata discriminazione che li mette in condizione di emarginazione non solo rispetto agli scali nazionali, ma anche rispetto all'Europa;

   è necessario favorire, proprio in virtù della situazione di marginalità socio-economica della Calabria, interventi diretti alla realizzazione di un servizio con tariffe sostenibili per i cittadini calabresi, anche per quanto riguarda la tratta tra l'aeroporto di Lamezia Terme e quello di Roma;

   l'articolo 82 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha esteso l'applicazione della disciplina sulla continuità territoriale di cui all'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, ai collegamenti con le città calabresi di Crotone e Reggio di Calabria –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per sviluppare gli aeroporti calabresi in modo tale da ripristinare la fruizione di diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini calabresi;

   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per sviluppare un servizio aereo con tariffe sostenibili per i cittadini calabresi, anche con riferimento alla tratta tra l'aeroporto di Lamezia Terme e quello di Roma;

   quale sia lo stato di attuazione della continuità territoriale aerea da e per Crotone e Reggio di Calabria e quale sia l'ammontare delle risorse destinate a tale scopo;

   se il Governo non intenda assumere iniziative per estendere la continuità territoriale aerea anche allo scalo di Lamezia Terme, considerato l'isolamento dovuto allo stato delle infrastrutture stradali, all'insufficienza dei collegamenti ferroviari e alle difficoltà che attualmente interessano gli altri due scali calabresi;

   quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro per le politiche agricole alimentari, forestali e del turismo per incentivare i flussi turistici verso gli scali calabresi, considerato che altre destinazioni, nazionali ed estere, sono raggiungibili a tariffe di gran lunga inferiori.
(4-01038)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte sul Reno, nel comune di Casalecchio di Reno (Bo), situato in via Porrettana nei pressi del parco Talon, rappresenta una via di collegamento diretta tra il centro città e l'ex municipio, immobile che il comune, tra l'altro, vorrebbe destinare alla caserma dei carabinieri;

   il ponte, lungo circa 200 metri e largo 19, è particolarmente datato: il suo ultimo ripristino in toto parrebbe risalire al secondo dopoguerra, a seguito dei numerosi bombardamenti di cui il ponte stesso fu oggetto nel 1947;

   i volumi di traffico per il ponte appaiono particolarmente importanti. Di fatto non esiste nessuna limitazione e vi passano mezzi di ogni tipo: vetture, autobus, corriere, mezzi pesanti per un traffico stimato di circa 25.000 veicoli al giorno. L'infrastruttura è addirittura preferita, in molti casi, allo stesso asse attrezzato, poiché collega in modo diretto le due zone del centro di Casalecchio. Un'attività commerciale si sviluppa direttamente sul ponte e un'altra al di sotto dello stesso;

   nei primi mesi del 2004 fu installata, a cura dell'amministrazione comunale, una passerella ciclo-pedonale coperta, in ferro e legno, dal peso ingente: in occasione della messa in opera di tale copertura, e a causa dell'ingente peso della struttura in ferro, furono realizzati alcuni lavori di consolidamento del ponte, tra i quali il rifacimento della balaustra, ma solo dal lato coperto, e il riasfaltamento della superficie stradale;

   nel novembre 2013, a seguito di cedimenti delle colonnine della balaustra del lato non coperto e di cedimenti del cemento furono allertati, da alcuni cittadini, i vigili del fuoco che, a seguito di accurato sopralluogo, valutarono come pericoloso il transito pedonale su tutto il marciapiede del lato scoperto, poiché la balaustra non risultava stabile e poiché alcuni crolli nella sede calpestabile del marciapiede permettevano di vedere l'acqua del fiume sottostante, rendendo oggettivamente pericoloso il transito;

   furono pertanto apposti dei new jersey e, in seguito, a cura del comune, delle fioriere che impedissero il transito pedonale. Il transito, tuttavia, non appare del tutto interdetto, in quanto i cittadini continuano a transitare sul ponte evitando le fioriere e invadendo quindi la sede stradale;

   a seguito dell'ispezione dei vigili del fuoco fu redatto un verbale nel quale pareva essere richiesta la perizia di stabilità all'ufficio tecnico del comune; ad oggi, in ogni caso, non risulterebbero interventi di consolidamento sul ponte;

   intanto, lo sgretolamento della parte esterna del ponte parrebbe proseguire. Il cemento armato apparirebbe compromesso e in alcuni tratti presenta uno spanciamento verso l'esterno, ossia verso il fiume;

   l'infrastruttura è di proprietà comunale e per la sua ristrutturazione il costo stimato sarebbe pari a circa 1,5 milioni;

   a seguito della tragedia del ponte di Genova, tra l'altro, è stata recapitata il 20 agosto 2018, a tutti i comuni, una nota da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la quale si chiedeva di rappresentare, entro e non oltre il 1° settembre, i principali interventi, stradali, ferroviari e idraulici ritenuti necessari, classificati in ordine di priorità e sulla base di una valutazione di rischio, corredati da una scheda tecnica nella quale, si evidenzino sia gli elementi tecnici che le presumibili provviste economiche necessarie –:

   di quali notizie disponga in relazione allo stato del ponte di cui in premessa;

   se il comune abbia provveduto a inviare entro il 1° settembre la documentazione richiesta in relazione allo stato delle infrastrutture del territorio e se, tra i documenti, figurino anche quelli relativi al ponte di cui in premessa;

   se per il ponte in questione siano eventualmente previsti finanziamenti da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(4-01039)


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Anas spa, quanto al crollo del ponte sul fiume Po – di collegamento della città di Piacenza con la provincia di Lodi (segnatamente con San Rocco al Porto) – verificatosi il 30 aprile 2009, ha all'evidenza fatto ben poco tesoro. Eppure, non si sarebbe dovuto attendere il crollo del ponte a Genova, ancorché la competenza ad intervenire per tempo fosse in questo caso in capo ad Autostrade per l'Italia, per registrare una presa di coscienza (si auspica non d'occasione) da parte delle istituzioni competenti sullo stato di precaria conservazione delle più importanti infrastrutture del Paese;

   appare chiaro che confidare nella fortuna, facendo conto che sia quest'ultima a mantenere in piedi le opere pubbliche, rappresenta – ad avviso dell'interrogante – una grave manifestazione di irresponsabilità;

   è doveroso al riguardo, per l'interrogante, rappresentare la situazione in cui versa ponte San Martino, in comune di Bobbio (provincia di Piacenza) le cui più che preoccupanti condizioni sono state denunciate in più occasioni (le prime risalgono addirittura al 2000), senza per altro addivenire a una qualche concreta soluzione e/o intervento da parte di Anas. Ma non è certo con l'indifferenza che si attua il cambiamento. Le tristi esperienze del passato insegnano che all'indifferenza, quando disgraziatamente si verifica qualche disastro, segue sempre la corsa allo «scaricabarile», specialità in cui in Italia sono in troppi ad eccellere;

   proprio per evitare in futuro, un non auspicabile ricorso al citato scaricabarile, giova qui ricordare che la situazione della strada statale n. 45 di Val Trebbia è da decenni nota alle autorità politiche e tecniche competenti, se non altro per esserne state notiziate – nel corso degli anni – da reiterati atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante. Del resto, un recente servizio pubblicato dal quotidiano locale di Piacenza (Libertà – lunedì 27 agosto 2018 pagine 10-11) mostra chiaramente la situazione in cui versano, sotto l'acqua del fiume Trebbia, i piloni che, in località San Martino, sostengono il ponte percorso, soprattutto nel fine settimana, da migliaia e migliaia di cittadini;

   non solo, ma non meno preoccupante, lungo il tratto piacentino della predetta strada statale n. 45 di Val Trebbia, appare la situazione di altri ponti, ad esempio: quello – sempre in comune di Bobbio – prima della galleria di Barberino, provenendo da Piacenza, al bivio per Centomerli e quello in località Marsaglia di Cortebrugnatella, progettato dall'ingegnere Riccardo Morandi e costruito tra il 1958 e il 1959 dalla Spaer di Roma;

   non è un caso che alcuni sindaci del territorio della Val Trebbia stiano pensando di presentare esposti alla magistratura non essendo più tollerabile, né tanto meno accettabile, questa situazione –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere immediate e risolutive iniziative nei confronti di Anas spa per richiedere la realizzazione, quando già vi sia la progettazione, o la progettazione e la realizzazione, di tutti quegli interventi, anche con l'assunzione di provvedimenti straordinari, indispensabili per la tutela dell'incolumità di tutti coloro che transitano sulla strada statale n. 45 di Val Trebbia;

   se il Ministro intenda assumere iniziative affinché Anas spa chiarisca, con l'urgenza che il caso conclama, le ragioni della propria inattività rispetto alle infrastrutture oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, e nel caso in cui le predette giustificazioni non apparissero plausibili, promuovere ogni idoneo provvedimento di competenza nei confronti dei responsabili.
(4-01056)


   PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Techno Sky è la società di logistica e manutenzione che, partecipata al cento per cento da Enav (Ente nazionale per l'assistenza al volo), è responsabile di gestione, assistenza e manutenzione degli impianti e dei sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo nazionale agendo per la piena efficienza operativa con la disponibilità degli impianti, dei sistemi e dei software utilizzati per il controllo del traffico aereo in Italia;

   Enav ha ricevuto licenza di Ansp (Air navigation service provider) da Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile), pertanto ha diretta responsabilità della sicurezza operativa del traffico aereo inclusa la piena responsabilità dei servizi tecnici dell'assistenza al volo forniti integralmente dalla controllata Techno Sky per la quale assume tutte le procedure e le decisioni atte a garantirne la gestione interna e di servizio;

   il 19 luglio 2018 il sindacato Usb (Unione sindacale di base) ha proclamato uno sciopero nazionale per il 15 agosto 2018, in piena franchigia stabilita dalla legge sull'esercizio dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, poi svoltosi con la partecipazione dei dipendenti che hanno abbandonato il servizio per l'intera giornata almeno nei centri strategici del controllo del traffico aereo del nord Italia, sito a Milano, ed in quello dell'aeroporto di Malpensa;

   la forte conflittualità interna di Techno Sky ha prodotto negli ultimi decenni, da parte di differenti sindacati e coordinamenti sindacali, decine di scioperi che hanno visto il personale tecnico dell'assistenza al volo abbandonare gli impianti in tutta Italia, anche per 24 ore, senza che venisse assunto alcun provvedimento di limitazione del traffico a salvaguardia della sicurezza degli utenti, pur inoltrando l'azienda Techno Sky richiesta sistematica di sanzionamento degli organismi sindacali per la sua presunta violazione;

   anche per questo sciopero, come in tutti i casi precedenti, Enav, opportunamente avvertita da Techno Sky, ha ritenuto di non dover assumere limitazioni al traffico aereo a garanzia della sicurezza degli utenti, escludendo di fatto alcun impatto su di essa;

   a seguito dello sciopero, la società Techno Sky ha chiesto, come sempre avvenuto nelle numerose precedenti occasioni, alla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali di intervenire quale autorità garante per sanzionare il sindacato e i dipendenti che hanno aderito allo sciopero ritenendo siano stati violati i diritti costituzionali degli utenti previsti dalla legge «alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, se ritenga quanto mai urgente l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a verificare se, durante le iniziative di sciopero del personale tecnico dell'assistenza al volo operante in Techno Sky, siano realmente salvaguardati i diritti alla vita e alla libertà delle persone o se non vi siano gravissime negligenze finalizzate a vanificare l'azione di sciopero con una sovrapposizione inopportuna di attribuzioni delle società Enav;

   se durante gli scioperi del personale tecnico Techno Sky si rendano necessari provvedimenti di limitazione del traffico a salvaguardia della sicurezza dei passeggeri e, in tal caso, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere;

   quali siano le informazioni e gli orientamenti in ordine ai fatti descritti in premessa e, più ampiamente, in relazione alla posizione di ENAV nell'ambito di tale vicenda;

   se e quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di assicurare che l'attività di Enav rispetti senza alcuna ombra le direttive di sicurezza operativa Eurocontrol in materia di servizi tecnici dell'assistenza al volo, nel rispetto della normativa nazionale.
(4-01062)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le Palazzine denominate «Ex Moi» di Torino, realizzate nel 2006, sono al centro da anni ad una situazione di grave disagio urbano, di degrado, caratterizzata da numerosi episodi di violenza, vandalismo e microcriminalità che hanno portato anche a numerosi interventi delle forze dei polizia ed arresti;

   gli edifici, gestiti da alcuni centri sociali, sono stati occupati inizialmente da profughi con lo status riconosciuto di «rifugiati» provenienti dal Nord d'Africa e successivamente da numerose altre etnie di immigrati. Secondo alcune stime sarebbero circa 1.000 le persone presenti attualmente in tali edifici;

   l'eterogenea composizione sociale ed etnico-religiosa degli occupanti ha generato conseguentemente episodi di violenza e tensione, nonostante gli sforzi operati da enti e associazioni assistenziali, aggravando la complessità di un contesto abitativo e sociale già oggettivamente problematico, non solo per motivi di sovraffollamento, ma anche per le attività micro-criminali che si svolgono nell'area, quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e la ricettazione;

   la società proprietaria del plesso residenziale ha sollecitato a più riprese lo sgombero delle palazzine, assoggettate peraltro a sequestro penale preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari di Torino su richiesta della procura della Repubblica;

   il sindaco di Torino Chiara Appendino ha annunciato pubblicamente nel mese di agosto 2016 che dal mese di settembre dello stesso anno sarebbe stato effettuato «il censimento delle palazzine che verranno successivamente sgomberate»;

   il censimento e l'evacuazione delle palazzine Ex Moi ha subito gravi ritardi. Dopo lo sgombero temporaneo di alcune cantine, nel mese di novembre 2017 e nel mese di marzo 2018, sono riprese le occupazioni abusive dello stabile e gli immigrati sono tornati ad occupare gli scantinati già chiusi dalle forze dell'ordine;

   il 6 agosto 2018 è stata evacuata una delle palazzine, quella in cui risiedono prevalentemente nuclei familiari. I soggetti impiegati nell'operazione sono stati circa 600, tra personale della questura e altre forze di polizia;

   il Ministro dell'interno Matteo Salvini ed il sindaco di Torino Chiara Appendino hanno commentato con soddisfazione l'evacuazione della struttura;

   si apprende da fonti stampa che, pochi giorni dopo, alcuni locali della palazzina sgomberata sarebbero stati nuovamente occupati illegalmente da alcuni profughi;

   emerge con chiarezza come l'evacuazione del 6 agosto 2018 rischia di essere controproducente: nuclei familiari tranquilli, pacifici e già censiti (che avevano comunque da tempo intrapreso un confronto con le istituzioni per essere trasferiti in altra abitazione) vengono sostituiti da nuovi individui di cui non si conoscono le generalità. Tutto questo in un contesto ancora problematico che vede la stabile occupazione delle altre tre palazzine dove sono stati registrati, peraltro, la maggior parte degli episodi di violenza, vandalismo e microcriminalità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della nuova occupazione della palazzina Ex Moi sgomberata il 6 agosto 2018;

   se il Ministro interrogato, oltre a promuovere evacuazioni improvvisate (di concerto con l'amministrazione comunale di Torino), abbia previsto un progetto efficace per prevenire nuove occupazioni nei locali;

   quando verranno evacuate le altre palazzine Ex Moi occupate ancora da centinaia di cittadini immigrati e dove sono stati registrati peraltro la maggior parte degli episodi di violenza, vandalismo e microcriminalità.
(5-00399)


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 giugno 2018 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Siracusa;

   l'esito elettorale ha portato al successo il candidato del centrosinistra con il 53 per cento contro il 47 per cento del candidato del centrodestra;

   lo scrutinio elettorale per quanto riguarda le liste è stato molto lento, tant'è che la proclamazione dei consiglieri comunali è stata effettuata a distanza di ben 40 giorni dal voto a causa di verbali incompleti, errori di trascrizione e altre criticità emerse;

   tutto ciò non ha reso facile il lavoro dell'ufficio centrale presieduto dal presidente del Tribunale di Siracusa e non ha consentito alla fine del lavoro svolto, di avere dei dati elettorali certi per tutte le liste e i candidati questo anche per l'opposizione, in particolare dei rappresentanti di lista del centrodestra, che non hanno consentito l'apertura delle buste contenenti almeno le tabelle di scrutinio, operazione fattibile se ci fosse stato il consenso unanime del seggio;

   a seguito delle elezioni, la maggioranza consiliare risulta essere ad appannaggio del centrodestra per solo 100 voti e quindi si è in presenza della cosiddetta «anatra zoppa»;

   risultano preannunciati ricorsi al TAR unico organo abilitato a prevedere la riapertura delle schede elettorali;

   pochi giorni prima del voto, il candidato sindaco delle liste «diventerà bellissima» e «Oltre», Fabio Granata, nel corso di un incontro avuto con il Prefetto di Siracusa e reso pubblico dalla stampa, ha denunciato la presenza di candidati in alcune liste in violazione del codice etico redatto dalla commissione parlamentare antimafia;

   il 26 agosto 2018, in una intervista rilasciata ad un quotidiano locale, il candidato del centrodestra fa delle affermazioni gravissime: «è legittimo il sospetto che sia stato attivato in alcune sezioni il meccanismo della scheda ballerina, che vi siano stati brogli elettorali e che il risultato finale è macchiato da illegalità» –:

   se il Governo risulti essere a conoscenza di quanto riportato in premessa e se, attraverso gli organi periferici del Ministero fossero stati rilevati i rischi di inquinamento della competizione elettorale evidenziati in premessa e se intenda assumere iniziative normative per evitare le criticità sopradescritte e per garantire la piena attuazione del codice etico della Commissione antimafia.
(5-00403)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BAZZARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 7 aprile 2018, un gruppo di circa sessanta persone, proveniente dall'ambiente dei centri sociali veneziani, ha fatto irruzione, forzando una recinzione, presso il sito di Leonardo (ex Finmeccanica) di Tessera, in provincia di Venezia;

   a seguito dell'irruzione, le persone hanno dato avvio ad un'azione di protesta che ha portato al danneggiamento di diversi immobili, imbrattati con slogan contro l'azienda, accusata di essere: «una fabbrica di morte», e contro il presidente Erdogan, come «terrorista»;

   il sito in questione ospita tre realtà industriali che operano nel settore dei prodotti militari italiani e della Nato, di importanza sia al livello nazionale che internazionale; inoltre una di queste realtà collabora con la società Superjet International russa nel settore civile;

   con riferimento alle tre aziende, la società Leonardo – Divisione Velivoli, ha funzioni di manutenzione e revisione di C130 dell'Aeronautica militare italiana, Awacs della Nato si occupa di manutenzione, revisione e ammodernamento avionico; la società Leonardo – Elicotteri Agusta Westland, svolge attività di costruzione e assemblaggio dell'elicottero NH90 per il consorzio internazionale, composto da Europtre – Germania, Francia, Agusta Westland: Fokker – Olanda; dal 2012 Francia e Germania si sono fuse sotto Aerbus; Superjet International, si occupa di allestimento e assistenza del Superjet100 costruito in Russia;

   la società Sicuritalia è addetta alla sicurezza del sito di Leonardo, in base ad un contratto in essere, stipulato con la stessa azienda;

   il sito di Tessera, nei prossimi anni, verrà coinvolto da un elevato carico di lavoro e pertanto sarebbe opportuno comprendere quali siano gli investimenti previsti dall'azienda Leonardo in termini di prevenzione salvaguardia del perimetro in cui si trova ubicato il sito –:

   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e di quali elementi disponga circa le motivazioni che hanno spinto i manifestanti a concentrare la protesta nel sito Hangar di Agusta Westland;

   se e quali iniziative siano state adottate dalla società Leonardo rispetto ai fatti accaduti e quali siano le misure cautelari messe in atto dagli enti preposti al controllo dei siti protetti;

   se la società SecurItalia riguardo ai fatti accaduti abbia rispettato gli impegni del contratto stipulato con l'azienda Leonardo;

   se il Governo intenda fornire chiarimenti in merito a eventuali investimenti da parte della società Leonardo per la prevenzione e la salvaguardia dell'area in cui è ubicato il sito di Tessera.
(4-01012)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione . — Per sapere – premesso che:

   nel 2015, il servizio mensa delle caserme di polizia di Trieste, era stato affidato ad una società poi coinvolta nell'inchiesta denominata «Mafia Capitale»;

   a seguito di tale coinvolgimento, è poi subentrata la società «Elior Ristorazione» Spa di Milano, del gruppo Gemeaz Elior;

   secondo le organizzazioni sindacali di categoria, nonostante numerose segnalazioni da parte degli utenti, la qualità e la quantità del cibo è progressivamente peggiorata e, ultimamente, il cibo viene garantito saltuariamente a causa della mancata corresponsione degli straordinari ai lavoratori della società appaltante, così come non sempre è garantita la fornitura delle derrate alimentari necessarie alla preparazione dei pasti creando non pochi disagi all'utenza;

   infatti, il 27 agosto 2018, la mensa di San Sabba è rimasta chiusa per «mancanza di alimenti»;

   la suddetta ditta «Elior Ristorazione», a quanto risulta all'interrogante, lavora in proroga ad un appalto per tutto il nord est (lotto 2) che inizialmente avrebbe dovuto terminare nel mese di aprile 2018;

   la mensa di San Sabba serve mediamente dalle 50 alle 80 persone, mentre alla Scuola allievi i coperti sono circa 300;

   le organizzazioni sindacali di categoria denunciano inoltre una situazione di inadempienza multipla rispetto ai servizi di pulizia dei locali e il mescolamento delle funzioni, con possibile contaminazione di cibo;

   recentemente si è verificato anche un caso di intossicazione alimentare che ha coinvolto un giovane interinale della ditta che ha in gestione il servizio, il quale è finito al pronto soccorso –:

   se il Governo sia a conoscenza dei disservizi riportati in premessa, quali siano stati i criteri attraverso i quali è avvenuto l'affidamento del servizio mensa alla società Elior Ristorazione e se non si intenda valutare l'opportunità, nell'ambito delle proprie competenze, di verificare il rispetto dei vigenti contratti di appalto e le ragioni della mancata indizione di apposite gare per la fornitura dei servizi di mensa e pulizia per le caserme di polizia di Trieste, compresa la questura.
(4-01014)


   SPORTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i Cas, Centri di accoglienza straordinaria, hanno la finalità di supplire all'eventuale mancanza di posti nelle strutture ordinarie o secondarie di accoglienza in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti protezione internazionale. La permanenza presso tali strutture dovrebbe essere limitata al tempo necessario per poter predisporre il successivo trasferimento dei richiedenti protezione internazionale nelle strutture secondarie di accoglienza, Sprar;

   tuttavia, nonostante la natura emergenziale e straordinaria di queste strutture, si deroga spesso al principio che la stessa permanenza nei Cas sia limitata a quanto strettamente necessario; tali centri finiscono, così, per costituire una realtà di gestione ordinaria e permanente dell'accoglienza;

   in relazione alla città di Napoli, come si evidenzia dal «documento della Prefettura Napoli Area IV Immigrazione presenze richiedenti asilo nei centri straordinari di accoglienza aggiornato al 20 giugno 2018», la distribuzione territoriale dei Cas appare disomogenea;

   confrontando le varie municipalità, si rileva che in alcune zone vi è una completa assenza di Cas; in altre, alcune strutture esistenti accolgono un numero minimo di richiedenti protezione internazionale rispetto alla superficie ed alla densità abitativa; al contrario, in altre municipalità tendono ad essere raggruppati numerosissimi Cas in cui sono presenti gran parte dei richiedenti protezione internazionale che risiedono a Napoli;

   la mancanza di criteri di distribuzione omogenea dei Cas sul territorio concentra, dunque, solo in alcune zone la maggior parte dei migranti spesso accolti in strutture di grandi dimensioni in cui l'elevato numero di ospiti inficia la possibilità di creare progetti individualizzati o, comunque, di seguire e dare un supporto funzionale alle esigenze di ogni richiedente. Inoltre, l'alta concentrazione di Cas in una stessa area comporta una sorta di «ghettizzazione» che mal si concilia con l'intento di realizzare integrazione. In particolare, la IV municipalità del comune di Napoli (Poggioreale, San Lorenzo, Vicaria e zona industriale) è la zona più sovraffollata, tenendo conto che, su un numero totale di 23 Cas presenti a Napoli, ben 13 sono situati in questa zona, vale a dire che, su 1390 richiedenti protezione internazionale accolti nelle suddette strutture, ben 965 sono ospitati nella IV municipalità;

   questa vicinanza tra più strutture di accoglienza e il conseguente sovraffollamento di alcune, aree della città, spesso in assenza di servizi di inclusione o di una progettazione più ampia, possono generare, così come dimostrano anche le cronache locali, situazioni di conflitto con gli altri residenti. In queste condizioni diventa, quindi, sempre più complesso realizzare una politica di integrazione sociale volta a costruire una comunità consapevole ed inclusiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se e con quali modalità intenda garantire che i Cas possano rappresentare, effettivamente, una realtà temporanea e straordinaria di accoglienza, prevedendo modalità atte a regolamentare un più rapido passaggio dei richiedenti presso gli Sprar;

   se abbia intenzione di stabilire dei criteri volti a prevedere una distribuzione territoriale omogenea dei centri di accoglienza straordinaria;

   se ritenga di adottare opportune iniziative volte a limitare la capienza massima del numero di persone accolte in ogni struttura in modo da garantire l'assoluto rispetto della dignità umana e incentivare misure di integrazione sociale in coerenza con quanto previsto dall'articolo 42 del testo unico in materia di immigrazione.
(4-01024)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l’hotspot della città di Taranto è stato attivato il 16 marzo 2016 per fronteggiare «l'emergenza sbarchi», allo specifico fine di effettuare operazioni di identificazione, sgravando altri centri di prima accoglienza, in un periodo di particolare criticità, dell'onere di tali operazioni;

   fonti ufficiali del Ministero dell'interno e diversi organi di stampa hanno reso pubbliche informazioni inerenti il trasferimento di migranti presso la struttura di Taranto in seguito ad operazioni di rastrellamento di stranieri sul territorio nazionale (in particolare nelle zone frontaliere, Ventimiglia, Como, Milano);

   i trasferimenti di migranti da Ventimiglia, Milano e Como verso l’hotspot di Taranto sono avvenuti in condizioni degradanti, di rischio per la sicurezza individuale e collettiva dei soggetti interessanti e di minaccia per la salute pubblica;

   da gennaio 2018, il numero di sbarchi è sensibilmente calato (-86,97 per cento rispetto al 2017), in misura tale da rendere ingiustificata, secondo gli interroganti, la continuazione delle attività svolte dall’hotspot di Taranto –:

   quali ragioni sottenda la prassi di effettuare trasferimenti di tale portata, sfiancanti per i soggetti coinvolti e con costi estremamente esosi per lo Stato;

   quali motivi ostacolino la decisione a giudizio degli interroganti più opportuna dal punto di vista economico e più dignitosa sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, di effettuare le operazioni di riconoscimento/identificazione in centri più prossimi alle zone di rastrellamento degli stranieri;

   alla luce dell'attenuarsi della situazione emergenziale, quali ragioni giustifichino la scelta di mantenere attivo l’hotspot di Taranto.
(4-01033)


   GEMMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 28 novembre 2017 il territorio di Brindisi, con la decadenza dalla carica di sindaco del presidente Maurizio Bruno, si è venuta a trovare nella vacanza del seggio di presidente della provincia;

   dal 29 novembre 2017, nel rispetto della legge n. 56 del 2014, il consigliere-vicepresidente Tanzarella avrebbe subito dovuto indire e consentire si svolgessero le elezioni del presidente entro 90 giorni;

   si succedevano una serie di diffide del consigliere provinciale capogruppo di Fratelli d'Italia Continelli al vicepresidente e al prefetto di Brindisi e, nonostante i pareri del segretario generale della provincia circa la grave situazione di illegittimità di atti venutasi a creare, le elezioni del presidente non venivano indette;

   il 4 luglio 2018 il Tar Puglia-Sez.LE con sentenza n. 1159/2018, disponeva la indizione delle elezioni nel termine di 30 giorni e nominava commissario ad acta il prefetto di Brindisi in caso di inadempimento del consigliere-vicepresidente;

   anche il Consiglio di Stato, su ricorso personale del Tanzarella, con provvedimento 3732/2018 rigettava la domanda di decreto cautelare e confermava il disposto del Tar-Puglia;

   risulterebbe che il consigliere-vicepresidente avrebbe prima demansionato e poi sostituito i pareri di non conformità in atti del segretario generale della provincia, con quelli di piena legittimità di una dirigente vicesegretario, con ciò compromettendo la legittimità della intera azione amministrativa;

   la stessa Autorità nazionale anticorruzione è intervenuta, con diverse deliberazioni del luglio 2018, giudicando il comportamento della amministrazione provinciale discriminatorio nei confronti del responsabile anticorruzione interno all'ente e sanzionando personalmente il consigliere-vicepresidente Tanzarella per non aver adottato il piano anticorruzione;

   di tutto quanto sopra, a mezzo Pec istituzionale, è stato opportunamente notiziato il competente Ministero dell'interno – capo dipartimento affari interni e territoriali;

   è evidente la situazione di abuso che perdura presso la provincia di Brindisi, dove, vacante il seggio dell'organo presidente da oltre 8 mesi, il soggetto che avrebbe dovuto indire le elezioni non lo ha fatto, così continuando a svolgere di fatto, in spregio della legge e dei disposti delle magistrature amministrative, le funzioni presidenziali –:

   quali siano state le iniziative poste in essere, per quanto di competenza, dal Ministero dell'interno in relazione al caso per un positivo sviluppo della questione, atteso che la popolazione della provincia di Brindisi, per il tramite degli elettori consiglieri e sindaci del territorio, attende da diversi mesi di eleggere democraticamente, in osservanza dell'articolo 1 della Costituzione italiana, il presidente della provincia di Brindisi.
(4-01043)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Lamezia Terme (Catanzaro), in località «Scordovillo», esiste da 40 anni un campo rom tra i più grandi del meridione, il più invasivo della provincia di Catanzaro;

   il campo rom «Scordovillo» è utilizzato, tra l'altro, come teatro di reati ambientali, quali l'abbandono e lo smaltimento di rifiuti, realizzati anche sotto forma di incendio, costanti e sistematici nel tempo;

   un decreto di sgombero del campo rom datato 18 marzo 2011, emesso a seguito delle indagini delegate dall'allora procuratore capo di Lamezia Terme ai Carabinieri, attesta che «l'autorità giudiziaria ha motivato il provvedimento del sequestro basandosi sul fatto che la situazione emersa dalle indagini rappresenta oramai un'autentica emergenza umanitaria ed ambientale al contempo, da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell'area interessata dal campo Rom»;

   nel mese di giugno 2018 la procura di Lamezia Terme è dovuta nuovamente intervenire sul campo rom disponendo 5 arresti e 34 divieti di dimora nel comune di Lamezia Terme, oltre che il sequestro di una società specializzata nel trasporto di rifiuti, la «Beda Ecologia Srl», nell'ambito di una attività investigativa che ha portato a contestare, a vario titolo, i reati di furto aggravato, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, discarica non autorizzata, inquinamento ambientale e violazione di sigilli;

   l'attività investigativa ha accertato, infatti, che, in assoluta violazione delle norme ambientali, all'interno del campo rom venivano lavorati rifiuti i cui scarti successivamente sversati lungo la via d'accesso all'accampamento dove periodicamente, date le considerevoli dimensioni che raggiungeva la discarica abusiva, venivano dati alle fiamme;

   la combustione dei rifiuti ha causato, stando a quanto riferito dall'ARPA della Calabria, un importante inquinamento del suolo, con possibile interessamento della falda acquifera, nonché pericoli per la salute pubblica stante la notevole quantità di diossina sprigionata;

   lo studio delle condizioni di salute dei residenti nella provincia di Catanzaro, in relazione all'inquinamento ambientale, rivela dati preoccupanti. Si registrano, infatti, elevati tassi di mortalità, incidenza oncologica e ricoveri ospedalieri, e una maggiore incidenza, nell'area di Lamezia Terme, rispetto alla media regionale, di tumori alla prostata e di leucemia mieloide cronica –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa; quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro dell'interno per disporre il progressivo sgombero del sito, attese le questioni di ordine pubblico derivanti dalla presenza del campo rom a ridosso dell'ospedale e della linea ferroviaria;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, per far fronte al danno ambientale nell'area di cui in premessa, dove si trova il campo rom, nonché per compiere ulteriori verifiche circa l'inquinamento delle matrici ambientali;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro della salute per monitorare lo stato di salute dei cittadini lametini e quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere per garantire, anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dei disavanzi sanitari della regione Calabria, risorse umane e strumentali necessarie per affrontare la grave situazione sanitaria che interessa il comprensorio;

   a quanto ammontino le risorse finanziarie destinate, a vario titolo, allo sgombero del campo e di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa il reinserimento della comunità in strutture idonee e in quale stato sia l'attuazione di tali misure.
(4-01046)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi, risulta non ancora pubblicata la graduatoria dei nuovi progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugio), presentati secondo quanto previsto dal decreto ministeriale 10 agosto 2016 e che, ai sensi dell'articolo 4 dello stesso, si sarebbe dovuta pubblicare entro il 1° luglio 2018;

   a quanto si apprende, la Commissione di valutazione dei progetti ha terminato il proprio lavoro da tempo e ha quindi definito la lista dei progetti ammissibili dopo seria e puntuale verifica dei requisiti oggettivi e qualitativi, con la consueta collaborazione del Ministero dell'interno;

   a tal proposito l'Anci ha scritto in data 11 luglio 2018 una lettera al prefetto Matteo Piantedosi, capo di gabinetto del Ministro dell'interno, e al prefetto Gerarda Pantalone, capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, ricordando che, qualora sussista un problema di copertura, il sopracitato decreto ministeriale prevede alcune disposizioni che permettono di affrontare tale situazione;

   in particolare l'articolo 16, comma 4, prevede che «nel caso in cui le risorse del Fondo subiscano una riduzione finanziaria o mutano le esigenze in termini di accoglienza, il contributo viene ridotto, da parte della Commissione, tramite la riduzione dei posti, in misura proporzionale a tutti i progetti»: inoltre, l'articolo 13, comma 2, prevede che «gli enti locali (...) sono finanziati progressivamente in base alla disponibilità finanziaria, a scorrimento secondo l'ordine di graduatoria; laddove vi siano enti locali ammessi ma non finanziati per indisponibilità di risorse del Fondo si tiene conto della maggiore anzianità di pubblicazione della graduatoria». È possibile pertanto, come peraltro già accaduto in passato, pubblicare la lista di progetti ammessi, che potranno essere resi operativi in un secondo momento, al rendersi disponibili le risorse;

   peraltro, come segnalato dall'Anci, l'asserita mancanza di risorse appare all'interrogante poco coerente, da un lato con la progressiva riduzione delle presenze, dall'altro con la presenza ancora ampiamente maggioritaria di richiedenti asilo e rifugiati nel circuito dei Cas (Centri di accoglienza straordinaria), che, invece, necessiterebbero di un pronto inserimento in un percorso di seconda accoglienza che solo la rete Sprar può garantire. Ciò consentirebbe al sistema di accoglienza di disporre, di una «riserva» di posti disponibile per un progressivo e definitivo svuotamento dei Cas;

   è importante ricordare che l'adesione alla rete Sprar avviene da parte dei comuni su base volontaria e che gli stessi hanno affrontato complessi percorsi tecnici e istituzionali, oltreché impiego di risorse proprie, per giungere alla presentazione di domande di contributo che spesso rappresentano il perno di una strategia di sviluppo territoriale più complessivo, in stretta condivisione con i prefetti competenti per territorio. Si fa riferimento, ad esempio, alla problematica dei minori stranieri non accompagnati, che ricade nella competenza diretta dei comuni, o al tema del disagio mentale, il cui impatto sui servizi territoriali è complesso ed oneroso e che i progetti Sprar permettono di affrontare;

   l'Anci ha sollecitato nuovamente il Ministero dell'interno con una lettera inviata il 10 agosto 2018, cui però non ha fatto seguito l'attesa pubblicazione delle graduatorie;

   il sistema Sprar, che si basa su una governance multilivello che coinvolge gli enti locali, il governo e le realtà del terzo settore, si è dimostrato un modello virtuoso e incisivo in termini di integrazione nei territori –:

   quando sarà pubblicata la graduatoria dei nuovi progetti Sprar, quali siano le motivazioni del ritardo rispetto ai termini di legge e quale sia la politica che il Governo intende perseguire in materia di accoglienza di richiedenti asilo e di rifugiati.
(4-01052)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio italiano l'emergenza abitativa è in costante crescita e si manifesta sotto forma di svariati fenomeni, quali l'aumento del numero degli sfratti per morosità, la crescita di disagio sociale diffuso, l'acuirsi di processi di indebitamento e di impoverimento delle famiglie, cui si somma la restrittività dei parametri di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

   da notizia mezzo stampa risulta che in data 1o settembre 2018 il Ministro interrogato ha adottato la circolare N. 11001/123/111(1), che afferma la necessità di assicurare la massima tempestività nell’iter istruttorio preordinato all'esecuzione degli sgomberi, disponendo un censimento dei soggetti occupanti a carico dei comuni e demandando ai servizi sociali dei comuni funzioni e responsabilità che esorbitano dalle competenze loro attribuite;

   essa appare incompatibile con il codice deontologico dell'assistente sociale che conferma che l'assistente sociale deve impegnarsi contestualmente nei confronti della persona-cittadino e dello sviluppo di politiche sociali integrate (articolo 36), all'interno delle macrofunzioni che caratterizzano il ruolo professionale: informazione, orientamento e consulenza all'utente; accompagnamento; sostegno e tutela dei soggetti deboli; promozione e organizzazione di servizi, di risorse istituzionali e comunitarie da connettere sinergicamente; rilevazione e studio dei problemi e delle risorse del territorio ed elaborazioni di piani di intervento; interazione con le autorità giudiziarie civili e penali, volta a fornire elementi conoscitivi, valutativi e progettuali che concorrano alla formazione delle decisioni della magistratura, con interventi di sostegno e controllo che si contemperano nel processo di aiuto;

   le indicazioni esplicitate dalla circolare in questione, riconoscendo la priorità assoluta all'esecuzione dei provvedimenti di sfratto rispetto alle operazioni di identificazione dei soggetti occupanti, secondo l'interrogante non operano un adeguato bilanciamento tra la necessità di garantire il diritto di proprietà e di iniziativa economica e l'esigenza di tutelare soggetti in situazione di grave fragilità sociale o di deprivazione economica;

   appare all'interrogante non opportuno gravare i servizi sociali dei comuni di oneri estranei alle funzioni normalmente esercitate –:

   se intenda confermare la linea dettata dalla circolare N. 11001/123/111(1), in merito alla priorità conferita all'esecuzione dei provvedimenti di sfratto rispetto alle operazioni di identificazione dei soggetti occupanti e di accertamento di eventuali situazioni di assoluta indigenza, meritevoli di trattamenti differenziati;

   se e quali risorse umane e finanziarie si intendano fornire agli enti locali per rispondere alle esigenze abitative conseguenti alle operazioni di sfratto dei soggetti in gravi condizioni di povertà;

   se si intenda, nell'immediato futuro, promuovere piani di sviluppo di politiche abitative comprendenti la definizione di strumenti normativi e fiscali in favore di soggetti in condizioni di disagio economico e/o sociale;

   se si intenda promuovere un piano di contrasto dell'esclusione sociale e di potenziamento del sostegno alle famiglie in condizioni di difficoltà economica e di prevenzione degli sfratti per morosità;

   se si intendano promuovere, per quanto di competenza, nuovi interventi di riqualificazione urbana o assumere iniziative per prevedere nuove offerte di edilizia residenziale pubblica per le fasce sociali più deboli.
(4-01059)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI, PETTARIN, SANDRA SAVINO e NOVELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Giorno del ricordo è stato istituito con la legge 30 marzo 2004 n. 92 per ricordare le vittime delle foibe e l'esodo dei tanti italiani costretti a fuggire dalle terre d'Istria, Dalmazia e Friuli Venezia Giulia al termine della seconda guerra mondiale;

   l'articolo 1 della legge istitutiva del Giorno del ricordo recita: «1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. 2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero»;

   in questi anni vi è indubbiamente stato uno sforzo da parte di istituzioni e mondo della scuola volto a promuovere la conoscenza di quei tragici eventi e l'approfondimento storico. A tal proposito si ricorda, tra l'altro, l'istituzione, su invito del tavolo di Governo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un gruppo di lavoro del quale fanno parte i rappresentanti delle associazioni degli esuli e delle diverse direzioni generali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tra le iniziative organizzate vi è, in particolare, il concorso nazionale «10 febbraio» volto all'approfondimento delle storie e delle vicende del confine orientale e pensato per gli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado e della scuola secondaria di secondo grado;

   l'impegno a tramandare alle giovani generazioni questa pagina di storia, a lungo dimenticata e che ancora non sembra trovare adeguato spazio nei testi scolastici, deve essere indubbiamente continuo, costante e puntuale. La redazione di linee guida nazionali per una didattica del Giorno del ricordo potrebbe pertanto contribuire a tale scopo, al fine di indirizzare le scelte didattiche e pedagogiche, favorire momenti di riflessione durante gli orari di lezione, sollecitare la formazione dei docenti, promuovere iniziative specifiche favorendo la partecipazione a quelle già in essere, incentivare l'approfondimento storico-culturale su quei tragici eventi, anche attraverso la ricerca di fonti documentarie e in collaborazione con le Associazioni degli Esuli –:

   se il Ministro interrogato intenda attivare ogni iniziativa utile volta alla redazione di specifiche linee guida nazionali per una didattica del Giorno del ricordo, a scuola, da inviare a tutti gli istituti di ogni ordine e grado, sollecitandone nel contempo l'applicazione in occasione della ricorrenza.
(4-01017)


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è noto come uno dei temi più caldi nel dibattito sulla scuola e le politiche dell'istruzione in Italia sia quello della mobilità dei docenti;

   all'inizio di ogni nuovo anno scolastico, infatti, molte classi non ritrovano in cattedra alcuni insegnanti dell'anno precedente per effetto dei trasferimenti che riguardano tanto i docenti di ruolo quanto quelli a tempo determinato: un fenomeno diffuso nelle scuole di ogni ordine e grado, che spezza la continuità didattica con effetti negativi sulla qualità dell'apprendimento;

   come hanno sottolineato numerose ricerche, infatti, sul piano statistico c'è una correlazione inversa tra la mobilità degli insegnanti e i risultati degli studenti: al crescere della mobilità di un dato istituto, peggiora l'apprendimento;

   uno dei tratti distintivi della didattica riguarda il rapporto educativo tra docente e allievo: l'educatore dovrebbe accompagnare l'alunno in un processo che avviene in uno spazio e in un tempo, ed è chiaro che il processo di mobilità influisce negativamente sia sulla pratica didattica che il professionista opera, sia sui benefici per l'utenza. Nel 2017 oltre 250 mila insegnanti hanno cambiato cattedra, si tratta di circa 1 docente su 3, numeri che influiscono anche sulla dispersione scolastica;

   le indicazioni nazionali del 2012 introducono la certificazione delle competenze precisando che «solo a seguito di una regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione». La competenza richiede tempo per maturare e per essere osservata, la stessa predisposizione di verifiche di competenza è operazione laboriosa; pertanto, il docente di «passaggio» avrà molte più difficoltà ad effettuare questo tipo di valutazione e di conseguenza potrebbe risultare lacunosa la rilevazione sull'alunno;

   il gruppo classe è una realtà variegata, delicata e complessa. È possibile e fruttuoso personalizzare un piano di studio, che è un diritto per lo studente, solo conoscendo nel profondo il background emotivo e sociale dell'alunno. La formazione dei docenti come sviluppo ed esercizio della professionalità in ingresso e in itinere è cosa preziosa e richiede che le condizioni per poter mettere in campo le proprie competenze siano garantite –:

   quali informazioni intenda fornire circa la mobilità appena conclusa, con particolare riferimento ai dati relativi alle domande di trasferimento da parte dei docenti da Nord a Sud, da un istituto all'altro e da una provincia all'altra all'interno della stessa regione, con relativa percentuale di accoglimento delle richieste, nell'ottica di una buona informazione e nel rispetto del diritto di cronaca, per l'approfondimento e l'effettiva risoluzione di un tema particolarmente rilevante come quello della mobilità;

   se e come il Ministro interrogato intenda intervenire sul punto.
(4-01020)


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 5 settembre 2018 il Sottosegretario di Stato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca Lorenzo Fioramonti, ha presentato, tramite uno dei suoi profili social, uno dei suoi collaboratori: il signor Dino Giarrusso, ex inviato del programma «Le Iene», sottolineando che lo stesso «dirigerà un “osservatorio” sui concorsi nell'università e negli enti di ricerca» e aggiungendo che, «in attesa che si riesca ad attivare presso il MIUR un vero e proprio ufficio che svolga questa attività in modo regolare ed istituzionale, Dino ed il suo team saranno il punto di riferimento privilegiato per tutti coloro che volessero aiutarci a difendere e diffondere una cultura di trasparenza e meritocrazia nel mondo accademico italiano»;

   si deduce, pertanto, che il ruolo attribuito al signor Giarrusso non risulterebbe formalizzato in termini istituzionali né ufficiali, dalle parole del sottosegretario; non si comprende, infatti, sotto quali vesti l'interessato svolgerà l'attività di osservazione e controllo di università ed enti di ricerca, organi autonomi;

   la legge n. 168 del 1989 ha infatti sancito l'autonomia delle università italiane, grazie alla quale ogni singola università è divenuta un ente pubblico indipendente dotato di propria personalità giuridica;

   i fondamenti dell'autonomia universitaria si ritrovano inoltre nella Costituzione: l'articolo n. 33, al comma 1, fissa il principio secondo cui «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento», stabilendo, all'ultimo comma, che «Le istituzioni di alta cultura, università e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato»;

   l'autonomia universitaria è di tipo normativo, finanziario, didattico e di ricerca; ogni università è dotata infatti di un proprio statuto e di propri regolamenti e l'attività che descrive il Sottosegretario andrebbe, secondo l'interrogante, ad inficiare questi principi;

   la partecipazione come inviato alla trasmissione «Le Iene», inoltre, non costituisce, per l'interrogante, titolo sufficiente a ricoprire un ruolo del genere nella pubblica amministrazione, ammesso e non concesso che tale ruolo posso essere istituito –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati, e, in caso affermativo, quali competenze avrebbe Dino Giarrusso per monitorare la trasparenza delle università italiane, quali funzioni svolgerà nello specifico e con quale inquadramento contrattuale.
(4-01049)


   MELICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   anche quest'anno l'Ufficio scolastico regionale della Calabria, ufficio V ambito territoriale di Cosenza non ha rispettato la data del 31 agosto come termine ultimo per operazioni relative alle assegnazioni del personale;

   giovedì 30 agosto 2018 l'ambito territoriale di Cosenza rendeva noto come i ritardi siano da collegarsi alla mancanza di personale. Il dirigente Greco, secondo l'interrogante, ignorando le note del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 16300 del 30 ottobre 2017 e n. 5378 del 23 marzo 2018, riportanti che «... la normativa vigente non consente di utilizzare personale di altro comparto presso gli uffici centrali e territoriali del Ministero, al di fuori di casi tassativamente previsti e nel rispetto di condizioni ben precise», avrebbe utilizzato un certo numero di personale della scuola nel ruolo di responsabile dei servizi, assegnando loro ruoli di grande responsabilità, pur essendo personale estraneo all'amministrazione specifica;

   il personale suddetto, docente e con la qualifica di direttore dei servizi generali amministrativi, oltre ad essere estraneo all'amministrazione ed essere stato elevato di fatto a ruolo di funzionario, a quanto consta all'interrogante avrebbe accesso al SIDI (sistema informativo dell'istruzione) che contiene i dati di tutto il personale della scuola presente nella provincia di Cosenza. Tramite il portale si possono svolgere operazioni che riguardano: organici scolastici, trasferimenti, assegnazioni provvisorie, nomine di commissari per gli esami di maturità e consultare tutti i dati, del personale scolastico e di quello amministrativo-ministeriale, ponendosi secondo l'interrogante in aperto conflitto d'interessi. Si sarebbero inoltre verificate utilizzazioni anomale di alcuni docenti provenienti da altre province, che non hanno avuto assegnazione provvisoria a Cosenza e che vengono utilizzati nella stessa ambito territoriale; numerosi sono infatti i ricorsi operati da docenti e che hanno visto la pubblica amministrazione di fatto soccombere;

   lunedì 3 settembre 2018 l'ambito territoriale di Cosenza informava i docenti che le pratiche avrebbero subìto ulteriori rallentamenti a causa della scadenza dei distacchi (avvenuta il 31 agosto). Ma l'ambito territoriale di Cosenza avrebbe dovuto rispettare la data del 31 agosto come termine ultimo per le assegnazioni, così come stabilito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in quanto fino a quella data non c'era una carenza di organico, grazie ai distacchi. Porre adesso il problema della carenza di organico come causa del ritardo ingenera alcuni interrogativi. Secondo l'interrogante il ritardo nel disbrigo delle pratiche potrebbe aver determinato le condizioni per prorogare i distacchi –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative ispettive per verificare il funzionamento dell'Ufficio scolastico regionale della Calabria, ufficio V ambito territoriale di Cosenza;

   se le iniziative assunte dal suddetto ufficio siano conformi alle disposizioni vigenti in materia di determinazione degli organici e di regolare avvio delle attività didattiche, trattandosi di iniziative da assumere in via urgente, anche utilizzando personale dell'Ufficio scolastico regionale per poter completare nel più breve tempo possibile tutte le assegnazioni dell'anno 2018/2019, e in caso negativo, quali iniziative intenda assumere in merito;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, affinché sia verificata la correttezza delle varie utilizzazioni di docenti e direttore dei servizi generali amministrativi, e al fine di accertare la liceità della determinazione per cui personale docente estraneo all'amministrazione possa avere competenze di funzionario amministrativo ed accesso al sistema informativo della pubblica istruzione (SIDI);

   se non ritenga, in considerazione del fatto che le suddette utilizzazioni di carattere annuale sono giunte al termine (scadenza il 31 agosto 2018) e al fine di evitare che, ad essere utilizzati all'ambito territoriale di Cosenza, siano sempre gli stessi docenti e direttore dei servizi generali amministrativi, di assumere iniziative affinché siano resi pubblici, attraverso un bando trasparente, la disponibilità di posti di tali utilizzazioni, i titoli e i requisiti di chi può aspirare a tali posti annuali, affinché sia garantita a tutti l'opportunità di essere utilizzati per un anno scolastico presso l'ambito territoriale della propria provincia di residenza.
(4-01063)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BORDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sogiper s.r.l., esercente l'attività commerciale con il marchio Conad in tre ipermercati di Abruzzo e Puglia, ha comunicato, il 5 luglio 2018, l'avvio della procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991;

   tale scelta, motivata dal perdurare della crisi dei consumi e dall'aumento dell'incidenza dei costi di struttura e di funzionamento, comporterà il licenziamento di 69 unità nelle strutture di Monte Sant'Angelo e San Severo su un totale di 170 addetti, pari ad oltre il 40 per cento della forza lavoro impiegata;

   la stessa Sogiper s.r.l. ha beneficiato di ammortizzatori sociali, nelle forme del contratto di solidarietà, a partire dal marzo 2013 e fino al 30 settembre 2018, data di scadenza della terza e ultima proroga di tale istituto;

   complessivamente, nelle strutture a marchio Conad pugliesi, molisane e abruzzesi, si annuncia il licenziamento di 230 lavoratori, il cui ricollocamento risulterebbe assai difficile;

   le rappresentanze sindacali aziendali sostengono sia stata avanzata, a livello ministeriale, la richiesta di un incontro a cui la società si sarebbe opposta, intendendo procedere ai licenziamenti senza più altro confronto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto indicato in premessa;

   se risulti sia stata avanzata una richiesta di incontro dalle organizzazioni sindacali e, in caso positivo, quali esiti abbia avuto tale richiesta;

   se e come il Governo intenda agire per scongiurare i licenziamenti dei lavoratori Conad e tutelare i livelli occupazionali in aree geografiche già particolarmente segnate dalla disoccupazione.
(5-00386)


   RIZZETTO e DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori di Bekaert della sede di Figline Valdarno (Firenze) stanno vivendo, già da tempo, una grave situazione di incertezza che li ha indotti a scioperare con lunghi presidi di protesta, poiché la multinazionale ha comunicato che sarebbero stati licenziati ben 318 dipendenti in conseguenza della chiusura del sito di Figline, dedicato alla produzione di rinforzi in acciaio per pneumatici;

   le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno chiesto la convocazione di un tavolo di concertazione al Ministero dello sviluppo economico, necessaria per proseguire la discussione, al fine di adottare ogni iniziativa idonea a tutela dei lavoratori;

   a quanto è dato sapere, in occasione di un incontro con i lavoratori, il Ministro Luigi Di Maio si era impegnato per conto del Governo a reintrodurre la cassa integrazione per cessazione di attività; pertanto, i dipendenti di Bekaert attendono concrete iniziative, affinché siano quanto meno tutelati con un ammortizzatore sociale –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative abbia posto in essere, ad oggi, a tutela dei lavoratori Bekaert;

   se il Governo intenda adottare iniziative, anche normative per salvaguardare i lavoratori con un ammortizzatore sociale; in particolare, se intenda assumere iniziative per reintrodurre la cassa integrazione per cessazione di attività.
(5-00389)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato vieta esplicitamente la possibilità di ottenere l'anticipo del Trattamento di fine servizio stabilendo al riguardo che non è possibile corrispondere acconti;

   pertanto, attualmente, per i dipendenti pubblici non è prevista alcuna possibilità di richiedere un anticipo sulla liquidazione, sia che si tratti di Tfs, trattamento di fine servizio, sia di Tfr, trattamento di fine rapporto;

   conseguentemente per il personale del pubblico impiego, destinatario di Tfr, e non di Tfs, non è ugualmente possibile richiedere alcun anticipo della liquidazione, in quanto è espressamente previsto che il Tfr è accantonato figurativamente e viene liquidato solo al momento della cessazione dal servizio;

   in merito alla possibilità per i dipendenti pubblici di ottenere l'anticipo del Tfs o del Tfr, non sarebbe stato ancora emanato nessun decreto ministeriale che stabilisca le modalità di concessione, di erogazione ed i requisiti per accedere a tali trattamenti;

   pertanto, attualmente, solamente ai dipendenti in ambito privato è possibile ottenere l'anticipazione del Tfr in determinati e specifici casi;

   nonostante i dipendenti pubblici non possano richiedere un anticipo sul Tfs o sul Tfr, possono, però, per determinati eventi (tra i quali rientra anche l'acquisto della prima casa per i figli che intendono costituire un autonomo nucleo familiare), ottenere un prestito decennale dall’ex Inpdap (oggi Inps);

   tuttavia, il prestito erogato dall'Inps avrebbe un tasso di interesse nominale annuo del 3,5 per cento ed una aliquota della spesa di amministrazione dello 0,5 per cento e non giungerebbe prima di 24 mesi da quando è stata effettuata la richiesta;

   recentemente, è stata emanata dal giudice del lavoro di Firenze una sentenza che ha riconosciuto il diritto all'anticipazione del Tfr a due dipendenti pubblici, per poter acquistare la prima casa, motivata sulla base del fatto che l'anticipo non può essere negato per il solo fatto che la riserva di accantonamento sia prevista solo figurativamente;

   tale sentenza potrebbe aprire la strada all'estensione al pubblico impiego privatizzato della disciplina relativa al Tfr già in vigore per i dipendenti privati;

   sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali emanasse un decreto ministeriale, volto a disciplinare, dal punto di vista normativo ed amministrativo, la modalità di erogazione anticipata per i dipendenti pubblici del Tfs o del Tfr;

   tale decreto diverrebbe di notevole importanza, specialmente per situazioni sociali ove sono presenti dipendenti pubblici in precarie e gravi condizioni di salute, oppure con contesti familiari piuttosto complessi e difficili, i quali necessiterebbero, ai fini di un supporto economico, di una anticipazione del Tfr –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione suesposta;

   se ed entro quali termini intenda assumere iniziative volte a disciplinare, dal punto di vista normativo ed amministrativo la modalità di erogazione anticipata per i dipendenti pubblici del Trattamento di fine servizio o del Trattamento di fine rapporto;

   se si intendano assumere iniziative normative per introdurre, come criteri per l'erogazione anticipata per i dipendenti pubblici del Trattamento di fine servizio o del Trattamento di fine rapporto, quelli stabiliti dal giudice del lavoro di Firenze di cui in premessa, oltre, naturalmente, a quelli riferiti alle gravi condizioni di salute del richiedente e le situazioni di indigenza familiare.
(4-01013)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la circolare congiunta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali — direzione generale delle politiche dell'immigrazione e delle politiche di integrazione e dell'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro relativa a «cittadini non comunitari richiedenti e titolari di protezione internazionale. Chiarimenti e riferimenti normativi in merito all'accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro erogati dai Centri per l'impiego» del 27 agosto 2018 ha chiarito la questione dell'accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro da parte dei cittadini stranieri richiedenti e titolari di protezione internazionale;

   nella circolare si legge che «la previsione del requisito della residenza ... ha fatto sorgere problemi applicativi con riferimento all'ipotesi in cui la richiesta di accesso al servizi e alle misure di politica attiva del lavoro viene formulata da un richiedente protezione internazionale, generalmente ospitato in un centro di accoglienza...» e che sul tema «è intervenuta la comunicazione di ANPAL n. 6202 del 23 maggio 2018, con la quale è stato rilevato che, in considerazione del carattere di lex specialis che il decreto legislativo n. 142 del 2015 assume con riferimento a questa specifica categoria di soggetti vulnerabili, il requisito della residenza anagrafica per l'accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro erogati dai Centri per l'impiego... per i richiedenti/titolari protezione internazionale è soddisfatto dal luogo di dimora abituale»;

   è noto tuttavia, come nel nostro Paese solo una minima percentuale di richiedenti asilo ottenga, a conclusione dell’iter burocratico (che può durare anche due anni, durante i quali il migrante viene ospitato nelle nostre strutture), una forma di protezione internazionale e che circa il 60 per cento delle domande venga completamente respinto;

   stanti inoltre i lunghi tempi nell'evadere le richieste di asilo e la difficoltà nel rimpatriare coloro che, al termine dell’iter, non ottengono alcuna protezione, divenendo di fatto irregolari, appare evidente, a parere dell'interrogante, che la possibilità di iscrivere ai centri per l'impiego i richiedenti asilo che giungono in Italia potrebbe creare criticità di varia natura. Tra queste, ad esempio, il fatto che il migrante potrebbe restare iscritto al centro per l'impiego, dopo aver dichiarato quale residenza il suo centro di accoglienza, anche dopo aver esaurito, l’iter burocratico relativo alla richiesta di asilo senza aver ottenuto forme di protezione internazionale. Ciò verosimilmente perché non sembrano esistere collegamenti tra le prefetture e i centri per l'impiego in grado di garantire controlli incrociati in tal senso;

   altro aspetto appare quello dell'insostenibilità dell'operazione dal punto di vista sia sociale, considerato l'alto tasso di disoccupazione giovanile del nostro Paese, che economico, tenuto conto del fatto che, qualora il migrante trovasse impiego, parrebbe di conseguenza aver diritto anche alla indennità di disoccupazione;

   nella circolare si legge inoltre che ai richiedenti asilo è consentito accedere anche ad altre misure di politica attiva del lavoro, quali per esempio i tirocini formativi;

   fermi restando i diritti di coloro che sono realmente rifugiati di guerra, occorre, ad avviso dell'interrogante, individuare adeguati correttivi che partano, innanzitutto, dalla velocizzazione dei tempi di evasione della pratica legata alla richiesta di asilo e dal potenziamento dei rimpatri per chi è irregolare –:

   se si abbiano dati, anche statistici, relativi alle iscrizioni di richiedenti asilo ai centri per l'impiego dal 2014 a oggi, ai lavori svolti dagli stessi, ai tirocini formativi ai quali hanno avuto accesso e alle eventuali indennità di disoccupazione agli stessi corrisposte;

   quali iniziative di competenza si intendano eventualmente assumere per risolvere le criticità segnalate in premessa e per apportare i dovuti correttivi stante l'elevata percentuale di richieste di asilo (anche più del 60 per cento) che annualmente vengono completamente respinte senza dare luogo ad alcuna forma di protezione internazionale.
(4-01042)


   PRISCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Tagina, fondata nei primi anni ’70, si è affermata da subito come un'azienda all'avanguardia nel processo produttivo industriale di pavimenti e rivestimenti in ceramica, fino a occupare i mercati internazionali della piastrella, con un ruolo di primo piano e fatturati che hanno toccato i 48 milioni di euro;

   il sito produttivo dell'azienda ha sede a Gualdo Tadino e occupa circa 160 dipendenti;

   a partire dal 2010 l'azienda ha pesantemente risentito della crisi che ha colpito i principali mercati di riferimento, in primis Italia e Russia;

   il rinnovamento avviato nel 2015, sul piano industriale e commerciale, non è stato sufficiente a superare le sopravvenute difficoltà;

   sul finire del 2016 la proprietà ha avviato un percorso utile alla ricerca di partner industriali in grado di assicurare il completamento del rilancio industriale dell'azienda, garantendo in questo contesto la continuità produttiva attraverso successive ricapitalizzazioni ed immissioni di liquidità;

   all'inizio del 2018 è stato raggiunto l'accordo con la proprietà di Saxa Gress, già protagonista dei turn-around di Ideal Standard e Marazzi, e definita la cessione delle azioni, intervenuta nel mese di aprile;

   Saxa Gress ha presentato al Ministero dello sviluppo economico il piano industriale e successivamente la richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria ex comma 133 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 per sei mesi al fine di avviare il piano industriale;

   in data 9 luglio 2018 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che non avrebbe dato seguito alla convocazione delle parti interessate, azienda e sindacati, rispetto all'istanza di cassa integrazione straordinaria avanzata in data 7 giugno 2018;

   la mancata convocazione, avverso la quale è stato presentato immediatamente ricorso, ha segnato un inaspettato e del tutto insensato «stop» nel programma avviato dopo il passaggio della società dai soci gualdesi alla Saxa Gres;

   a giugno 2018 erano riprese le prime attività lavorative, ma per tornare a produrre a pieno ritmo, per i nuovi investimenti e la relativa formazione dei lavoratori, sono indispensabili gli ammortizzatori sociali;

   senza ammortizzatori l'azienda dovrà mettere mano ai licenziamenti, un dramma per un territorio già colpito da crisi come quella della ex Merloni, o della Faber e di tutto il settore delle costruzioni, quasi scomparso dopo l'ottimo lavoro della ricostruzione post sisma del 1997;

   la regione Umbria ha già assicurato l'attivazione delle politiche attive del lavoro previste per l'attuazione degli accordi di cui all'articolo 1, comma 133, della legge n. 205 del 2017, mentre manca l'atto formale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che garantirebbe gli ammortizzatori sociali in attesa di far lavorare la fabbrica a pieno regime (nei progetti a ottobre c'è la messa in funzione del secondo forno);

   il prefetto di Perugia ha scritto al Governo chiedendo di individuare soluzioni analoghe a quelle adottate per altre imprese del territorio umbro, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, segnalando che la rilevanza della problematica potrebbe avere ripercussioni a livello sociale e di ordine pubblico;

   il 3 agosto 2018, vista la scadenza della cassa integrazione ordinaria, per evitare il licenziamento in massa della maggioranza delle maestranze, i sindacati hanno sottoscritto un accordo con l'azienda prevedendo la copertura del mese di agosto con ferie e permessi per «Riduzione dell'orario di lavoro» (Rol) fino a capienza e, per i giorni restanti, con permessi giustificati ma non retribuiti;

   i lavoratori della Tagina stanno dimostrando grande dignità nell'affrontare sacrifici impensabili e che dovrebbero essere considerati inaccettabili da un Governo che ha fatto della dignità dei lavoratori il suo slogan principale –:

   cosa osti alla concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria alle maestranze della Tagina SpA al fine di scongiurare il licenziamento di 160 lavoratori che metterebbe in ginocchio 160 famiglie e un territorio il cui tessuto produttivo è stato smantellato dalla crisi economica.
(4-01050)


   PATERNOSTER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a Verona, quartiere Chievo, sorge una villa, capolavoro palladiano del ’600 con annesso immenso fondo agricolo di oltre 115.000 metri quadrati, completamente recintato, di proprietà dell'Istituto nazionale di previdenza sociale;

   trattasi di un immobile di dimensioni piuttosto grandi, molto conosciuto dalla comunità veronese che, per anni, ha rappresentato il fiore all'occhiello della città utilizzata per molteplici attività, anche sanitarie;

   la zona ove è ubicato l'immobile è centrale, ed è uno dei più bei quartieri della città;

   da diversi anni l'immobile è in completo stato di abbandono, parte dei terreni agricoli limitrofi sono inselvatichiti; la villa è chiusa con finestre e porte sbarrate, il tutto nella più completa incuria;

   di recente l'Inps aveva avviato lavori di restauro, con uno stanziamento — risulta all'interrogante — di circa 1.000.000 di euro; lavori che sembrava dovessero portare nel giro di due anni al recupero, sia pure parziale, della struttura ma, ad oggi nulla di fatto;

   la villa, dunque, è ancora oggi abbandonata in uno stato di forte degrado ed incuria, col rischio di trasformarsi in un covo di sbandati e malintenzionati –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere, attraverso un intervento sull'ente vigilato, per il recupero della storica e importante struttura di cui in premessa.
(4-01051)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il geometra Italo Turchitto è stato dipendente del comune di Canna (Cosenza) dal 1970 e la sua attività lavorativa con delibera della giunta municipale è stata inquadrata nel VII livello con l'attribuzione della categoria D1 ed infine della categoria D2;

   nel 1996 fu nominato responsabile di alcuni servizi quali la gestione dei rifiuti urbani e del servizio I.C.I.; in seguito, con decreto del sindaco, venne nominato responsabile del servizio tecnico ed urbanistico;

   questo incarico, con atto deliberativo del sindaco n. 385 del 14 febbraio 2001, veniva revocato prima della scadenza adducendo motivazioni economiche. Il sindaco nominava il segretario comunale quale responsabile dello stesso servizio;

   a seguito di tale situazione, il signor Turchitto decideva di ricorrere in giudizio dinanzi al tribunale di Castrovillari (Cosenza). La corte d'appello di Catanzaro stabiliva che la dequalificazione era illegittima;

   il sindaco impugnava il provvedimento dinnanzi la Corte di cassazione, ma i giudei rigettavano il ricorso asserendo l'illegittimità della revoca, confermando la sentenza della Corte d'appello. Per tali ragioni, il comune veniva condannato con sentenza passata in giudicato;

   la giunta municipale di Canna, con delibera n. 5 del 17 febbraio 2005 disponeva arbitrariamente il collocamento in pensione di Turchitto dal giorno successivo al suo 65° compleanno;

   ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992, Turchitto comunicava al sindaco di voler permanere in servizio per un altro biennio e la giunta accoglieva la richiesta con delibera n. 11 del 17 marzo 2005;

   con la delibera n. 12 del 18 aprile 2005, la giunta municipale deliberava il collocamento in pensione di Turchitto a decorrere dal 1° ottobre 2005 previo riconoscimento del periodo compreso tra il 1° febbraio 1963 ed il 30 settembre 1964;

   in data 4 maggio 2005 con la delibera n. 56, il direttore generale, segretario comunale adottava il provvedimento di pensione coatta del geometra Turchitto;

   il 22 giugno 2005 veniva emesso il decreto di pensionamento;

   il 2 settembre 2016 il pubblico ministero del tribunale di Castrovillari notificava al geometra Turchitto l'atto di archiviazione (per prescrizione) a cui l'interessato si opponeva;

   la vicenda era già stata rappresentata con l'interrogazione a risposta scritta del deputato Fabio Rampelli n. 4-05213 del 19 giugno 2014. Del caso si parla anche su alcune fonti internet –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche acquisendo la relativa documentazione presso gli enti previdenziali, al fine di chiarire una vicenda che si protrae da oltre 15 anni;

   per quali motivazioni, anche a seguito della precedente interrogazione di cui in premessa, non si sia provveduto a svolgere e a dare seguito, per quanto di competenza, ai controlli e/o ispezioni del caso.
(4-01065)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, MAGLIONE, CIMINO, PIGNATONE, LOMBARDO, DEL SESTO, GAGNARLI, CILLIS e CADEDDU. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 2 agosto 2018 la direzione competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con nota prot. n. 56944, ha informato tutti gli organismi di controllo dei prodotti Dop e Igp che le diciture «Certificato da Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaf» e «Certificato da Autorità pubblica designata dal Mipaaf» da riportarsi obbligatoriamente sulle etichette dovranno essere sostituite dalle diciture «Certificato da Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaft» o da «Certificato da Autorità pubblica designata dal Mipaaft»;

   il 9 agosto 2018 la medesima direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e certificazione e tutela del consumatore, con nota prot. n. 12297, ha informato tutti i 16 organismi di controllo del settore biologico che la dicitura da riportare obbligatoriamente in etichetta «Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaf» in vigore dal 2009 dovrà essere sostituita da «Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaft»;

   le note citate precisano che è consentito l'impiego delle etichette già realizzate fino al loro esaurimento ma nonostante a tale puntualizzazione, la reazione di produttori e associazioni a tale iniziativa è stata fortemente negativa: è stato evidenziato l'elevatissimo numero di aziende coinvolte (circa 300.000) e il numero di etichette da modificare (circa 2 milioni); i costi (quantificati in alcune centinaia di milioni) conseguenti all'aggiunta di una «t» per modificare (rivolgendosi a studi grafici) gli esecutivi di questi milioni di etichette;

   le aziende interessate da questo «nuovo obbligo» lo hanno stigmatizzato come una «tassa speciale» che colpisce migliaia di aziende agricole, imprese di trasformazione e distribuzione, tutte le eccellenze italiane dell'agroalimentare che, anziché vedersi agevolate dall'Amministrazione, incappano nella ennesima, inutile e per di più costosa complicazione burocratica. La disposizione penalizza infatti proprio quelle aziende delle filiere italiane di cui lo stesso Ministero decanta l'eccellenza, valorizzando il fatto che le «Indicazioni Geografiche dell'Ue favoriscono il sistema produttivo e l'economia del territorio; tutelano l'ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità; sostiene la coesione sociale dell'intera comunità»;

   il primo punto del programma presentato alle Camere dal Ministro interrogato, recante «Semplificazione e organizzazione», recita che la prima istanza è «ridurre drasticamente i costi della burocrazia che gravano sul mondo della agricoltura»;

   non è ravvisabile prima facie alcuna utilità della modifica per il consumatore, nei cui confronti – in termini di trasparenza e di comprensibilità della etichetta – nulla potrà cambiare tra la scritta MiPAAF e la scritta MiPAAFT;

   l'autorizzazione agli organismi di controllo è stata a suo tempo rilasciata con decreti intestata dal MiPAAF. Sotto un profilo strettamente giuridico e formale, desta perplessità la richiesta del Ministero: il MiPAAFT «esiste» con questa denominazione e con le relative competenze solo dal 13 luglio 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 86 del 2018, e da allora non ha ancora autorizzato un solo organismo di controllo;

   nessun regolamento europeo prescrive indicazioni quali «Certificato da Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaft»;

   per garantire il funzionamento del mercato unico, la facoltà dello Stato membro di prevedere proprie disposizioni aggravanti gli obblighi delle imprese e degli operatori è strettamente limitata a ragioni specifiche in situazioni di particolari gravità, non ravvisabili nel caso di specie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, per quanto di competenza, ritenga percorribili iniziative di indirizzo agli uffici competenti perché rivalutino la determinazione assunta e già formalizzata, che per le ragioni esposte, secondo l'interrogante, oltre a non avere un fondamento giuridico ed una stretta giustificazione in termini di interesse pubblico, è gravemente dannosa per l'economia e la vita delle imprese coinvolte.
(5-00405)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con la liquidazione dell'Iri, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno agevolato per tutte le società operanti sul territorio nazionale il passaggio del personali in altri enti pubblici, siglando per tali finalità protocolli d'intesa tra le parti sociali;

   il personale della «Italter», già gruppo Iri, operante in Sicilia, in base alla legge regionale della regione Siciliana 1° settembre 1993, n. 25, articolo 76, è transitato – a differenza delle altre ex società del gruppo –, senza soluzione di continuità, nell'amministrazione regionale siciliana con contratto a tempo determinato di durata biennale, regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro edile, compensando i debiti che la regione aveva maturato con la società;

   la regione Siciliana, così come, disposto dalla sopracitata legge regionale, ha utilizzato costantemente il personale ex Iri;

   nel 2001, la regione Siciliana e lo Stato intervenivano con due provvedimenti legislativi finalizzati ad una completa normalizzazione del rapporto di lavoro;

   la regione Siciliana, con legge regionale 10 dicembre 2001, n. 21, articolo 48, rendeva omogeneo il trattamento economico con quello dei dipendenti regionali, sottolineando ai fini della «ratio legis», che il calcolo dell'anzianità di servizio del personale in questione dovesse essere effettuato sommando l'anzianità posseduta nell'amministrazione regionale nei periodi di effettivo servizio a quella già conseguita nella società di provenienza in quanto società a capitale interamente pubblico;

   lo Stato, con legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 20, ha posto le condizioni per stabilizzare il personale precario siciliano, facendo gravare gli oneri sui fondi della legge 31 dicembre 1991, n. 433, che la regione siciliana ha rimodulato più volte, escludendo proprio la stabilizzazione del personale e disattendendo altresì le disposizioni legislative dalla stessa emanate – legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, articolo 115;

   lo Stato, riconosciuta la disparità di trattamento intervenuta tra colleghi dipendenti di società ex Iri – tutti transitati in enti pubblici ad esclusione dei soli siciliani – con legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 553, ha autorizzato la regione Siciliana a trasformare in contratti a tempo indeterminato i vigenti contratti stipulati per il personale individuato dalla legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, articolo 76;

   ad oggi, però, la regione Siciliana non ha ancora provveduto a trasformare in contratti a tempo indeterminato i contratti del personale di cui sopra –:

   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, nuove iniziative, anche di natura normativa, al fine di favorire una stabilizzazione del personale di cui in premessa.
(4-01026)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   nonostante nell'ultimo decennio i bambini obesi e sovrappeso nel nostro Paese siano diminuiti, l'Italia resta il Paese «più grasso» d'Europa; si tratta di risultati preoccupanti, che svelano l'adozione reiterata e diffusa sul nostro territorio di pessime abitudini alimentari da parte degli adulti e di conseguenza dei minori e persino di uno scarso interesse per la salute, poiché essere magri non è una questione meramente estetica, bensì di benessere;

   secondo l'organizzazione mondiale della sanità, obesità e sovrappeso rappresentano una delle emergenze più rilevanti della sanità mondiale, poiché associate a morte prematura e universalmente riconosciute come fattori di rischio per numerose patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, ictus, diabete tipo 2, nonché alcuni tipi di tumore, come le neoplasie colon rettali, renali, della colecisti, endometriali;

   per arginare questo fenomeno, uno Stato ha il dovere di agire su più fronti, partendo dall'educazione alimentare e dalla corretta informazione sulle conseguenze di comportamenti alimentari scorretti, fino all'introduzione di un efficace sistema di etichettatura dei prodotti alimentari, passando per una necessaria regolamentazione della pubblicità degli alimenti, in particolare quella rivolta ai bambini;

   contemporaneamente, appare importante la creazione di una collaborazione tra industria alimentare ed esperti di nutrizione e salute, al fine di modificare i prodotti immessi sul mercato, calibrando i contenuti di sale, zuccheri e grassi;

   il ruolo educativo della scuola, nell'ambito dell'educazione alimentare, rappresenta un elemento fondamentale del processo di sviluppo delle giovani generazioni, nella consapevolezza che i corretti comportamenti alimentari, costituiscono fonte di salute e benessere per uno stile di vita ispirato ad una sana alimentazione mediterranea;

   a tal fine, le recenti iniziative in ambito comunitario, hanno previsto l'introduzione di programmi destinati a migliorare l'accesso ai prodotti alimentari, con riferimento ai bambini che frequentano scuole materne, istituti d'istruzione primaria o secondaria amministrati o riconosciuti dalle autorità competenti di uno Stato membro;

   si rileva il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, che istituisce un'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, nell'ambito delle misure di applicazione;

   interventi normativi supplementari, di modifica al suesposto regolamento (UE) n. 1308 del 2013, hanno stabilito inoltre, nuove misure intese a riunire in un quadro comune, due distinti programmi per le scuole: «Frutta nelle scuole» e «Latte nelle scuole», con l'obiettivo di affrontare con maggiore decisione, il problema della cattiva alimentazione, rafforzare la dimensione educativa dei programmi e contribuire alla lotta contro l'obesità;

   il programma di educazione sperimentale nelle scuole, annunciato nel marzo 2017 dal Governo pro tempore Renzi, (che avrebbe dovuto coinvolgere tutte le scuole d'Italia a partire dall'anno scolastico in corso, ma che in realtà non ha conseguito particolare successo), se da un lato ha rappresentato un'iniziativa di sensibilizzazione condivisibile sul tema del cibo sano e sostenibile per i giovani, dall'altro non è stato adeguatamente sostenuto anche attraverso interventi finanziari per favorire l'iniziativa, non avendo determinato alcun effetto positivo in termini di conoscenza e divulgazione per una corretta educazione alimentare nelle scuole;

   la necessità d'intervenire in maniera più efficace, per migliorare il quadro di salute delle giovani generazioni, attraverso una serie di linee guida in materia di educazione alimentare nelle scuole, risulta a tal fine non più rinviabile, se si valuta il preoccupante aumento della diffusione di sovrappeso e obesità e le future implicazioni socio-sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati –:

   se, in base a quanto esposto in premessa, il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per prevedere o valutare, anche attraverso un tavolo di confronto interministeriale, coinvolgendo esperti di nutrizione e industria alimentare, un possibile intervento per migliorare il quadro di salute delle giovani generazioni, promuovendo una serie di linee guida in materia di educazione alimentare nelle scuole;

   se si ritenga opportuno assumere iniziative per aumentare la gamma dei prodotti agroalimentari ammissibili, all'interno delle scuole, riconoscendo una particolare attenzione a quelli facenti parte della dieta mediterranea, che rappresenta un patrimonio culturale condiviso dell'umanità, ed una componente importante di identità culturale d'innovazione e sviluppo economico sostenibile ed elemento riconosciuto di prevenzione delle malattie cardiovascolari;

   se si intendano assumere iniziative per concedere una specifica valenza qualitativa e distintiva alle produzioni agricole e agroalimentari a partire da quelle di qualità certificata e biologiche e dagli alimenti a «chilometro zero» provenienti da filiera corta, le cui caratteristiche di qualità nutrizionali, di sicurezza, di eticità e di ecocompatibilità degli alimenti, possono determinare effetti positivi e virtuosi, all'interno del quadro di salute delle giovani generazioni;

   se si intendano assumere iniziative per aumentare la diffusione di un corretto modello agroalimentare, attraverso la presenza dei prodotti del made in Italy, il cui valore qualitativo e nutrizionale universalmente riconosciuto, è fondamentale per assicurare la sicurezza alimentare all'interno delle scuole e ridurre le patologie legate al sovrappeso e all'obesità.
(2-00088) «Novelli».

Interrogazione a risposta orale:


   CARNEVALI, BAZOLI e BERLINGHIERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da giorni i mezzi di informazione hanno acceso i riflettori in merito ai numerosissimi casi di polmonite che si stanno registrando nell'area della bassa bresciana orientale in particolare nei comuni di Carpenedolo, Montichiari, Calvisano, Visano, Acquafredda e Remedello diventata una «zona rossa»;

   si parla di circa 150 persone contagiate e si registra un aumento di persone ricoverate presso le locali strutture sanitarie;

   molte persone si stanno curando a casa, ma in numerosi casi, soprattutto quelli relativi a persone non più giovani, si è dovuto ricorrere al ricovero negli ospedali di Montichiari, Manerbio, Desenzano, Gavardo, Asola e Castiglione delle Stiviere e Mantova;

   i contagi risaltano essersi verificati nel giro di pochi giorni, in particolare nel periodo tra il 2 e il 7 settembre 2018 e ancora non è stata identificata la fonte dell'epidemia su cui stanno effettuando approfondimenti il personale dell'Agenzia di tutela della salute di Brescia con il supporto dell'Istituto superiore di sanità;

   la procura di Brescia avrebbe, sulla base di quanto riportano i media, aperto un'inchiesta per il reato di epidemia colposa sui casi di polmonite con i carabinieri del Nas chiamati a raccogliere i dati relativi ai contagi;

   il personale del dipartimento di veterinaria della competente azienda sanitaria ha proceduto a prelevare le carcasse di 25 anatre presso la Fossa Magna di Carpenedolo, uno dei paesi epicentro dell'ondata anomala di infezioni alle vie respiratorie, a seguito della moria di volatili registrate nei giorni scorsi per verificare un eventuale nesso;

   ha stupito e preoccupato, sino ad ora, il silenzio assordante da parte del Governo in merito a una epidemia che oggettivamente allarma l'opinione pubblica e che con l'apertura delle scuole pone una serie di ulteriori problemi per quanto riguarda prevenzione e la tutela della salute –:

   quali siano state le iniziative sino ad ora poste in essere dal Ministro in merito a suddetti casi di infezione e se non ritenga di promuovere, con la massima urgenza, un'azione più incisiva di coordinamento delle autorità competenti al fine di individuare al più presto le cause di suddetta infezione e assicurare la massima tutela della salute delle popolazioni interessate, anche con una capillare attività di informazione.
(3-00153)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'ultima edizione (XII) della Farmacopea ufficiale della Repubblica italiana, approvata con decreto del Ministero della salute il 3 dicembre 2008, era stata aggiornata dal Ministero della salute nel febbraio 2010. Molte sono state le sollecitazioni che nel corso degli anni sono arrivate dalla Federazione degli Ordini dei farmacisti che ne richiedeva una revisione che adeguasse la Farmacopea ufficiale in relazione sia all'evoluzione delle conoscenze scientifiche, sia agli importanti cambiamenti intervenuti in questi anni nella normativa;

   per redigere l'aggiornamento della Farmacopea è stato convocato, nel novembre 2017, un tavolo di lavoro tecnico istituito dalla Ministra della salute pro tempore Lorenzin, al quale hanno partecipato, accanto all'Aifa e all'Istituto superiore di sanità, rappresentanti di Fori, Federfarma, Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (Sifo), Società italiana farmacisti preparatori (Sifap), e rappresentanti dell'industria del farmaco. I lavori hanno portato ad un primo aggiornamento della farmacopea nel maggio 2018;

   il nuovo testo, il cui decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 129 del 6 giugno 2018, supplemento ordinario 27, è intervenuto sulle disposizioni tecnico/scientifiche e amministrative a cui i farmacisti devono obbligatoriamente attenersi, ma nella parte del documento relativa alle tabelle, ed in particolare alla tabella 2 contenuta nell'allegato 5 al decreto e dedicata alle «sostanze medicinali di cui le farmacie devono essere provviste obbligatoriamente», sono inclusi i contraccettivi sistemici ormonali senza però discriminare tra contraccettivi ordinari e d'emergenza. Alla luce di tali disposizioni, quindi, le farmacie possono dotarsi dei contraccettivi ordinari piuttosto che di quelli d'emergenza e di fatto le donne che hanno necessità di ricorrere alla contraccezione d'emergenza sono costrette ad andare alla ricerca di una farmacia che sia dotata del farmaco adeguato, ovvero, nel caso in cui non lo trovassero, a ricorrere all'aborto;

   così come ha sottolineato anche il presidente Emilio Arisi della Società medica italiana per la contraccezione (Smic), la contraccezione di emergenza è uno strumento farmacologico di pronto soccorso, utilizzabile allo scopo di evitare gravidanze non desiderate oppure nei casi in cui il ricorso a un metodo contraccettivo tradizionale fallisca o venga dimenticato, oppure quando la donna subisca un rapporto sessuale non voluto. Pertanto, la sua efficacia è tanto più elevata quanto più la somministrazione avvenga tempestivamente in seguito ad un rapporto sessuale a rischio. La Smic, contestualmente all'apertura dei lavori del tavolo, aveva sottolineato l'esigenza di operare, tra i farmaci di cui le farmacie devono dotarsi obbligatoriamente, la necessaria distinzione tre contraccettivi ordinari e d'emergenza dando rilievo, inoltre, al bisogno di inserire tra i contraccettivi d'emergenza anche la cosiddetta «pillola dei cinque giorni dopo» non contemplata nelle passate edizioni della Farmacopea ufficiale. A sostegno di quanto dichiarato, è utile riportare che anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha inserito i contraccettivi d'emergenza (levonorgestrel 1.5 mg per os e ulipristal acetato 30 mg per os), nella 20esima edizione 2017 della «Lista dei farmaci essenziali» e nei «Criteri medici di esigibilità per l'uso dei contraccettivi» del 2015. Infatti, così come dimostrano le due relazioni della Ministra pro tempore Lorenzin sulla interruzione di gravidanza, pubblicate rispettivamente a dicembre 2016 e a dicembre 2017, la contraccezione, d'emergenza, in particolare nella sua forma più efficace costituita dall'Ulipistral acetato (Upa), ricopre un ruolo fondamentale nella riduzione all'aborto volontario nel nostro Paese –:

   quali iniziative la Ministra interrogata intenda assumere per garantire alle donne una facile reperibilità dei contraccettivi d'emergenza e se ci sia la volontà di intervenire, per quanto di competenza, affinché sia fatta distinzione, nella dotazione di contraccettivi sistemici ormonali obbligatori nelle farmacie, tra contraccettivi ordinari e d'emergenza.
(5-00385)


   RIZZETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Friuli Venezia Giulia, la politica di accorpamento delle aziende sanitarie e le decisioni applicative della riforma regionale sanitaria, stanno incidendo negativamente sull'organizzazione della rete e degli ambiti operativi dei medici di base, determinandone una presenza non sufficiente su tutti i territori della montagna in danno ai cittadini;

   il problema è aggravato in conseguenza del pensionamento di alcuni medici di base, che rende ancor più insufficiente la loro presenza;

   a titolo di esempio, a Tarvisio (Ud), con l'ampliamento degli ambiti territoriali operativi dei medici di base, si stima che, nel breve, gli stessi vedranno un raddoppiamento del numero dei propri assistiti, poiché verrà ampliato il loro ambito operativo fino a distanze di oltre 70 chilometri;

   pertanto, ai cittadini dei territori montani, vasti e poco popolati, a parere dell'interrogante, non sarà garantita un'adeguata assistenza sanitaria;

   si ricorda, al riguardo, che tali dinamiche organizzative degli ambiti operativi, determinarono in Valcanale addirittura la scomparsa del servizio pediatrico;

   si ritiene, quindi, urgente l'adozione di iniziative da parte dell'amministrazione centrale per escludere che i territori di montagna del Friuli Venezia Giulia siano penalizzati a causa della scarsa presenza di medici di base –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza e comunque in concertazione con l'istituzione regionale competente, affinché sia assicurata un'adeguata presenza dei medici di base ai cittadini, in particolare, nei territori di montagna, troppo spesso pregiudicati da un'inadeguata distribuzione della rete dei medici.
(5-00388)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 sostituisce integralmente, a distanza di 16 anni, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 con cui erano stati definiti per la prima volta le attività e i servizi e le prestazioni che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con risorse raccolte attraverso la fiscalità generale;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 introduce nuovi livelli essenziali di assistenza, che, come previsto dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, verranno aggiornati annualmente;

   nel momento in cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale una parte è divenuta subito operativa, mentre una parte necessita dell'emanazione di decreti attuativi;

   in base all'articolo 64 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri bisogna attendere l'emanazione del «decreto tariffe» che stabilisce i costi e le tariffe delle prestazioni ambulatoriali. Il «decreto tariffe» deve essere redatto di intesa tra il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze. Ad oggi non è stato redatto nessun «decreto tariffe»;

   anche nella legge di bilancio n. 205 del 2017, al comma 420 dell'articolo 1, è previsto che le vecchie tariffe continueranno ad applicarsi fino all'adozione dei decreti ministeriali di cui all'articolo 64 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017; era specificato che essi avrebbero dovuto essere emanati entro il 28 febbraio 2018; ciò non è avvenuto;

   fino a quando i Ministeri competenti non emaneranno gli opportuni decreti, rimarranno in vigore i nomenclatori e i tariffari precedenti, così come le calzature ortopediche predisposte;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha cancellato dalla lista dei dispositivi che fornisce gratuitamente ai pazienti, determinate calzature ortopediche (nomenclatore tariffario – codice classificazione ISO 06.33.03), mantenendo solo i plantari e le calzature su misura –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano opportuno assumere tempestivamente iniziative affinché vengano emanati i rimanenti decreti attuativi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e definite le conseguenti tariffe;

   se il Ministro della salute non ritenga opportuno, nell'ambito dell'aggiornamento annuale dei livelli essenziali di assistenza operato dalla Commissione nazionale, così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, assumere iniziative per reinserire nei medesimi livelli essenziali di assistenza le specifiche calzature ortopediche che sono state eliminate.
(4-01016)


   NOVELLI, BAGNASCO e PETTARIN. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il virus del Nilo occidentale (noto anche con la denominazione inglese West Nile Virus, WNV) è un flaviviridae del genere Flavivirus (di cui fanno parte anche il virus della febbre gialla, il virus dell'encefalite di Saint-Louis, il virus dell'encefalite di Murray Valley e il virus dell'encefalite giapponese). Il suo nome viene dal distretto di West Nile in Uganda, dove è stato isolato per la prima volta nel 1937 in una donna che soffriva di una febbre particolarmente alta. In seguito è stato trovato negli uomini, negli uccelli e nei moscerini in Egitto negli anni cinquanta, diffondendosi infine anche in altri Paesi. La malattia ha un andamento endemico-epidemico ed inizialmente risultava diffusa soprattutto in Africa (specie in Egitto), Medio Oriente, India. Ad oggi il virus del Nilo occidentale deve essere ormai considerato un patogeno endemico in Africa, Asia, Australia, Medio Oriente, Europa e negli Stati Uniti;

   il periodo d'incubazione è tipicamente compreso tra 2 e 15 giorni. Nel caso, invece, si verifichi una sintomatologia, questa è generalmente dominata dalla febbre, e da qui il nome di febbre del Nilo occidentale. Raramente, oltre alla febbre, possono comparire alcune gravi complicazioni neurologiche, quali meningite e encefalite;

   nel 2018 la trasmissione del virus West Nile in Italia e nel Sud-Est Europa è iniziata prima rispetto agli anni precedenti, tra il 17 e il 23 agosto 2018; gli Stati membri dell'Unione europea hanno segnalato 136 casi umani di febbre del Nilo occidentale: Italia (59), Grecia (31), Romania (25), Ungheria (19) e Francia (2). I Paesi confinanti con l'Unione europea hanno riportato 82 casi: Israele (49) e Serbia (33);

   casi umani sono stati segnalati per la prima volta da due aree della Romania e da un'area in Grecia. Tutti gli altri casi umani sono stati segnalati in aree che sono state colpite durante le precedenti stagioni di trasmissione;

   in Italia (il 16 giugno 2018 si è verificato il primo caso umano di infezione confermata nel nostro Paese e, stando all'ultimo bollettino dell'Istituto superiore di sanità, che riporta i dati aggiornati al 22 agosto, da giugno sono stati segnalati 255 casi umani di infezione da West Nile Virus (WNV), e, di questi, 103 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (34 in Veneto, di cui 1 segnalato dalla regione Friuli Venezia Giulia, trattandosi un residente ricoverato a Trieste ma che ha soggiornato in provincia di Venezia, 62 in Emilia-Romagna, 2 in Lombardia, 3 in Piemonte, 2 in Sardegna); 40 sono invece i contagiati identificati in donatori di sangue (21 in Emilia-Romagna, 9 in Veneto, 5 in Piemonte, 3 in Lombardia, 2 in Friuli Venezia Giulia);

   attualmente, i morti sono stati 10: 3 in Veneto e 7 in Emilia-Romagna, mentre 112 sono i casi di febbre confermata (35 in Emilia-Romagna, 73 in Veneto, 2 Lombardia, 2 Veneto);

   attualmente, le province in cui si sono registrati casi anche nell'uomo sono Alessandria, Asti, Bergamo, Bologna, Cremona, Cuneo, Ferrara, Forlì-Cesena, Mantova, Milano, Modena, Novara, Oristano, Padova, Pordenone, Ravenna, Reggio Emilia, Rovigo, Torino, Treviso, Udine, Venezia, Vercelli, Verona e Vicenza. Le province di Biella, Brescia, Gorizia, Lodi, Pavia, Piacenza, Rimini, Sassari e Varese hanno invece registrato la presenza del virus fra gli animali –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per arginare la diffusione del virus;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano adoperarsi, in raccordo con gli enti territoriali competenti, per contrastare il più efficacemente possibile, specie nelle aree limitrofe al Po e in tutte le regioni sopra citate la presenza di elementi inquinanti che possono favorire tale diffusione.
(4-01023)


   RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da venticinque anni, la Fondazione Santa Lucia di Roma è un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Ircss): è un luogo, cioè, ad alta specialità, che unisce il percorso della guarigione a quello della ricerca, occupandosi, in particolare, di lesioni spinali, post-coma, ictus, malattie degenerative come la sclerosi multipla, cerebro-lesioni infantili;

   per essere un Ircss, il Santa Lucia risponde a regole molto rigide, fissate dal decreto del Ministro della salute 29 gennaio 1992: dal numero di metri quadrati delle stanze di degenza per singolo letto (in tutto 325) a quello delle palestre, dalle tecnologie al personale specializzato con oltre ottocento lavoratori tra medici, infermieri, psicologi, terapisti, personale amministrativo e quasi duecento ricercatori anche di fama internazionale;

   la legge 4 dicembre 2017, n. 172, ha riconosciuto la Fondazione Santa Lucia quale struttura «di rilievo nazionale per il settore delle neuroscienze, eroganti programmi di alta specialità neuro-riabilitativa, di assistenza a elevato grado di personalizzazione delle prestazioni e di attività di ricerca scientifica traslazionale per i deficit di carattere cognitivo e neurologico»;

   ogni anno, duemila pazienti da tutta Italia si rivolgono all'istituto, accreditato presso il servizio sanitario nazionale, al fine di poter mettere a disposizione di tutti una struttura di eccellenza;

   dopo un contenzioso amministrativo durato circa dieci anni che ha portato all'accreditamento definitivo di 325 posti letto di alta specialità neuroriabilitativa, la regione Lazio con decreto n. 377 del 2016 ha proposto di organizzare l'istituto, per il biennio 2017-2018, con soltanto 116 posti letto per neuroriabilitazione ad alta specialità (per 470 euro al giorno), 42 per mielolesi (sempre 470 euro), 138 posti letto ordinari e 24 in day hospital per riabilitazione ordinaria (272,20 e 218,16 euro al giorno);

   così facendo si è chiesto alla Fondazione di dimezzare lo spazio per i pazienti trattati finora e di accogliere anche coloro che troverebbero cure adeguate in altre strutture: un declassamento, che, nell'ottica della regione, si spiegherebbe soltanto con il tentativo di ridurre i rimborsi;

   la base normativa assunta a giustificazione del citato decreto del Ministro della salute n. 70 del 2015 che il TAR Lazio, con sentenza n. 7006/2017, ha annullato;

   la direzione dell'Ircss ha provato ad avanzare una controproposta, ma qualsiasi tentativo di mediazione finora esperito avrebbe dato esito negativo;

   ridurre le risorse al Santa Lucia, che nel settore della neuroriabilitazione e delle neuroscienze rappresenta da sessant'anni un punto di riferimento indiscusso nella rete sanitaria del Lazio e non solo, significa destinarlo alla chiusura; declassarlo significa equipararlo alle tante altre strutture private e convenzionate di riabilitazione ordinaria;

   come sempre accade, a rimetterci sarebbero soltanto i pazienti –:

   se sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi, intenda adottare al fine di scongiurare il declassamento e il rischio di chiusura dell'istituto Santa Lucia, a garanzia del principio di universalità di accesso alle cure e, quindi, del diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto.
(4-01035)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il rinnovo del contratto della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria è una problematica che da almeno nove anni attende di essere portata a compimento con soluzioni condivise e che diano il giusto riconoscimento ai lavoratori del settore. L'intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria ha chiesto, di recente, di poter affrontate una serie di argomenti con i Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute, a partire dalla garanzia, anche per la dirigenza medica e sanitaria, del beneficio del 3,48 per cento riconosciuto a tutto il pubblico impiego del mondo sanitario, dallo sblocco della Ria (Retribuzione individuale di anzianità) e dal computo dell'indennità di esclusività nella massa salariale sulla quale applicare gli incrementi;

   medici, veterinari e dirigenti sanitari dipendenti del servizio sanitario nazionale, dopo nove anni di blocco dei contratti, chiedono di vedersi riconoscere almeno quanto concesso per altri settori del pubblico impiego del mondo sanitario. La questione attiene alla dignità professionale ed economica di lavoratori che operano in un campo delicatissimo quale quello del diritto alla salute riconosciuto e sancito dalla nostra Costituzione;

   i punti critici su cui la trattativa si è arenata sono stati ribaditi in una lettera scritta dall'intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria e indirizzata, tra gli altri, al viceministro dell'economia e delle finanze. Tra questi:

    la non assicurazione del finanziamento del beneficio a regime del 3,48 per cento previsto a partire dal 2018 per tutto il pubblico impiego e che invece decorrerebbe solo dal 2019 con un riconoscimento per il 2018 di un beneficio solo del 2 per cento;

    l'esclusione, per il 2018, della retribuzione individuale di anzianità dalla massa salariale disponibile per incrementare i fondi del salario accessorio;

    il mancato computo dell'indennità di esclusività di rapporto del personale medico veterinario e sanitario nella massa salariale sulla quale vengono applicati gli incrementi contrattuali previsti per il rinnovo;

   tutti aspetti, quelli sopra citati, che appaiono evidentemente penalizzanti e che potrebbero ostacolare e rendere ulteriormente complicata la trattativa oltre che comportare una serie di numerose azioni legali –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per sbloccare la trattativa di cui in premessa legata al rinnovo del contratto nazionale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria e per assicurare la completa disponibilità delle risorse indispensabili al rinnovo del contratto stesso.
(4-01040)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il virus West Nile ha un andamento endemico-epidemico e inizialmente risultava diffuso soprattutto in Africa, specie in Egitto, Medio Oriente, India. A oggi il virus del Nilo occidentale deve essere ormai considerato un patogeno endemico in Africa, Asia, Australia, Medio Oriente, Europa e negli Stati Uniti; circa l'80 per cento delle infezioni da West Nile Virus nell'essere umano non causano sintomi evidenti;

   il virus è diffuso tramite la zanzara del genere Culex, da sempre molto diffusa nel territorio del Delta del Po ed è particolarmente favorito dal clima subtropicale degli ultimi anni, specie nelle zone di campagna;

   purtroppo si riscontra una diffusione massiccia del virus soprattutto in regioni come l'Emilia-Romagna;

   quest'anno proprio l'Emilia-Romagna è diventata la prima regione per numero di decessi e per numero di casi. Stando ai dati forniti dal portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica dell'Istituto superiore di sanità, vi sarebbero stati in Emilia-Romagna 12 morti, 81 infezioni nella forma più grave, quella neuroinvasiva, 58 casi di febbre causati dal virus, 27 donatori contagiati;

   è evidente pertanto che occorra intervenire sul potenziamento della profilassi che deve essere adeguata al contenimento della diffusione della zanzara portatrice del virus;

   la regione Emilia-Romagna parrebbe aver diramato una direttiva, dal contenuto apparentemente riservato, con la quale sollecitava i comuni a porre in essere opere di bonifica per contrastare la diffusione della zanzara portatrice del virus, solamente il 16 agosto 2018;

   l'assessore regionale alla sanità ha di recente rilasciato dichiarazioni a mezzo stampa (Resto del Carlino – 5 settembre 2018) in cui ammetteva: «bisogna che sensibilizziamo ulteriormente i Comuni per combattere le larve quando è ora di farlo». Dall'articolo di stampa si evince inoltre che la regione non avrebbe avviato alcun controllo sui comuni negligenti, a differenza invece di quanto fatto dalla regione Veneto –:

   se sia a conoscenza della situazione suesposta;

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda promuovere, per quanto di competenza, adeguati approfondimenti in merito a quanto è stato effettuato nel territorio della regione medesima per contrastare la diffusione del virus West Nile.
(4-01064)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da tempo il prezzo dei carburanti praticato sulla fascia di confine con la Svizzera, da tutte le compagnie petrolifere, risulta sensibilmente superiore rispetto ai prezzi praticati nel resto della nazione;

   in particolare, gli automobilisti residenti (o transitanti) in provincia di Como pagano il carburante cifre che lasciano presagire un accordo, che potrebbe configurare un cartello, tra le compagnie che in questo modo aumentano i propri guadagni grazie allo sconto praticato ai comaschi residenti attraverso il meccanismo, ormai a tutti noto, della «carta sconto»;

   anche il quotidiano locale «La Provincia» ha promosso una inchiesta nella speranza di sollecitare una silente e per questo preoccupante «Antitrust»;

   basta allontanarsi dalla fascia di confine con la Svizzera per verificare quanto le stesse compagnie, «ingorde» a ridosso della Confederazione elvetica, pratichino prezzi più accessibili;

   la vicenda è vergognosa oltre che paradossale –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo in ordine a quanto esposto in premessa;

   quali siano gli orientamenti del Governo circa la politica commerciale adottata dalle compagnie, che secondo l'interrogante rivelano un atteggiamento scorretto e di dubbia legittimità, tale per cui sarebbe opportuno assumere iniziative, anche coinvolgendo, per quanto di competenza, le associazioni di categorie interessate.
(5-00393)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento FCA di Pratole Serra, in provincia di Avellino, occupa direttamente circa 1800 dipendenti e indirettamente circa 200 nell'indotto sul territorio; la fabbrica produce al 99 per cento motori diesel per i modelli automobilistici a marchio FIAT;

   il piano industriale presentato da FCA il 1° giugno 2018 prevede il superamento della produzione di motori diesel entro il 2022, per effettuare il passaggio alle tecnologie ibrida ed elettrica;

   negli ultimi dieci anni la produzione presso lo stabilimento irpino è rallentata, comportando perdite di posti di lavoro nella misura di circa duecento unità a seguito della disdetta dei contratti e conseguenti licenziamenti dei lavoratori delle aziende interinali e dell'indotto; da diversi anni si sta facendo ricorso agli ammortizzatori sociali;

   si avvicina a scadenza il CCSL – contratto collettivo specifico di lavoro –, in vigore negli stabilimenti del gruppo FCA, che in Italia riguarda circa 80.000 lavoratori;

   recentemente, è avvenuto l'avvicendamento alla guida di FCA fra Sergio Marchionne e Mike Manley, il quale non ha ancora rilasciato dichiarazioni a proposito degli investimenti previsti in Italia dal precedente piano industriale in Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative intenda adottare per assicurare un futuro produttivo allo stabilimento di Pratola Serra e per la tutela dei livelli occupazionali, promuovendo l'avvio di progetti di riconversione degli impianti di produzione e un adeguato piano di formazione per i dipendenti, al fine di valorizzarne l'alta professionalità conseguita e confermare la loro centralità nei processi produttivi che riguarderanno l'ibrido e l'elettrico.
(4-01015)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella località di Piano D'Accio, in provincia di Teramo, opera il punto vendita Iper Simply Sma passato nell'arco di più di 20 anni da una diversa rete commerciale all'altra e che ad oggi impiega 53 dipendenti;

   in data 5 settembre 2018 l'azienda, in un'assemblea convocata senza un chiaro ordine del giorno, ha comunicato la chiusura del punto vendita per il 30 settembre 2018 alimentando immediatamente la mobilitazione delle organizzazioni sindacali, delle lavoratrici e dei lavoratori;

   sempre in data 5 settembre 2018, le organizzazioni sindacali Filcams, Fisacat e Uiltucs hanno incontrato l'azienda a livello nazionale e, oltre alla comunicazione circa il punto vendita a Teramo, hanno potuto riscontrare la volontà di disdire il contratto integrativo aziendale per il 30 settembre 2018;

   le uniche proposte giunte dall'azienda per quanto riguarda i 53 dipendenti sarebbero i trasferimenti, in molti casi insostenibili per le famiglie, e che in ogni caso avrebbero, come unico effetto, quello di impoverire i lavoratori;

   a parere dell'interrogante, l'azienda non può «scaricare» in questo modo i lavoratori e le lavoratrici che hanno contribuito a costruire l'Iper Simply di Teramo, sacrificando tempo, domeniche e festività per portare avanti il punto vendita, spesso sopperendo ai mancati investimenti da parte della proprietà –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione complessiva della Sma Simply e dell'annuncio di chiusura del punto vendita di Piano D'Accio (TE);

   se intenda adoperarsi, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di confronto a livello nazionale con l'azienda e le parti sociali, per favorire una soluzione che tuteli fino in fondo l'occupazione e scongiuri i 53 licenziamenti annunciati.
(4-01036)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   ogni giorno si registrano dichiarazioni contraddittorie rilasciate da esponenti del Governo in ordine alla volontà di portare a compimento la realizzazione del Trans-Adriatic Pipeline (TAP) il gasdotto in costruzione che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia nella zona di Lecce;

   in particolare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha recentemente sostenuto la necessità di effettuare l'ennesimo calcolo fra costi e benefici, la Ministra per il Sud ha espresso la propria assoluta contrarietà, mentre il Presidente del Consiglio ha definito il progetto TAP come «strategico» –:

   quale sia la posizione ufficiale del Governo in merito al completamento dell'opera;

   per la denegata ipotesi che ancora non sia maturato un orientamento in ordine alla opportunità di realizzare il gasdotto TAP, in quali tempi si intenda sciogliere tale riserva.
(4-01045)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Deidda ed altri n. 7-00043, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta 4 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rampelli, Gemmato, Maschio, Trancassini, Caretta, Bucalo, Varchi, Osnato, Rotelli, Bellucci, Fidanza, Ferro, Meloni, Lollobrigida, Montaruli, Lucaselli.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Mammì n. 4-00974, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Baroni, Bologna, Chiazzese, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Sarli, Sportiello, Trizzino, Leda Volpi.

Ripubblicazione di testi.

  Si pubblica di seguito il testo di cinque interrogazioni a risposta immediata in Commissione, già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 6 settembre 2018 in allegato al resoconto sommario della seduta della Commissione VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici:

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il treno che da tre mesi stazionava a Villa Spada, Roma, con 700 tonnellate di rifiuti ed era destinato ad arrivare in Germania con il suo carico di rifiuti indifferenziati ha effettuato un viaggio molto più breve, visto che la stazione d'arrivo è stata il contestato impianto di trattamento meccanico biologico di Salario;

   la decisione di trasferire nel TMB il carico di rifiuti, era trapelata nella giornata di sabato 11 agosto. Legambiente, a seguito di questa decisione, ha dichiarato: «Spostare quei rifiuti di cinquanta metri non vuol dire risolvere il problema, ma aumentarne un altro con ulteriore conferma che a Roma un ciclo dei rifiuti non c'è»;

   il presidente del Municipio III ha commentato questa decisione così: «Nel 2016 al Salario si lavoravano in media circa 300 t/giorno, nel 2017 si è passati a oltre 520 t/g, un incremento insostenibile e colpevole, perché avviene a fronte di un calo della quantità di rifiuto indifferenziato (-26.300 t)». «RomaToday» il 12 agosto 2018;

   si evidenzia che i rifiuti, oramai tutti trasferiti nel TMB, sono di una tale entità da mettere in crisi la capienza dell'impianto. Come testimoniato da un video diffuso da Fp Cgil Roma e Lazio, i mezzi dell'Ama conferiscono i rifiuti nel piazzale, non all'interno del TMB. «ROMATODAY» il 12 agosto 2018;

   del tutto inefficaci le misure per l'abbattimento degli odori che AMA sta adottando nell'impianto: quel quadrante del Municipio III soffoca nel fetore forte e incessante, sprigionato a poche centinaia di metri da case, uffici e scuole, che dal 2011 rende la vita dei residenti davvero difficile. I quartieri più colpiti sono quelli di Fidene, Settebagni, Villa Spada, Serpentara, Casale Nei, Porta di Roma e Colle Salario;

   i residenti di questi quartieri lamentano problemi agli occhi e alla vie respiratorie, queste problematiche che potrebbero colpire drammaticamente anche i bambini che frequentano l'asilo nido di via Cortona, situata a poca distanza dall'impianto TMB –:

   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, se non intenda avviare urgentemente, nell'ambito delle proprie competenze, un'azione di monitoraggio per verificare se nell'area insistano eventuali pericoli per la salute dei cittadini e l'ambiente adottando ogni possibile iniziative al riguardo.
(5-00380)

   D'IPPOLITO, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, ROSPI, RICCIARDI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con l'ordinanza n. 4574/2018, su ricorso di numerosi comitati e associazioni, il TAR Lazio ha rimesso due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con riferimento all'articolo 35 del cosiddetto «Decreto Sblocca Italia», decreto-legge n. 133 del 2014, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 sulla termovalorizzazione dei rifiuti, esprimendo dubbi sulla conformità della predetta disposizione alla normativa comunitaria, senza sospenderne l'efficacia;

   il TAR richiama la Comunicazione COM(2017)/34 della Commissione Europea sulla termovalorizzazione ove è riportato che «tassi così elevati di incenerimento non sono coerenti con obiettivi di riciclaggio più ambiziosi» e che sia indicato nell'ambito delle misure nazionali consentite a ciascuno Stato membro, di «abolire gradualmente i regimi di sostegno per l'incenerimento dei rifiuti e, se del caso, reindirizzare gli aiuti verso processi che occupano posti più alti nella gerarchia dei rifiuti» ovvero «introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti»;

   il Tar ha, altresì, rilevato che dalla relazione difensiva dell'amministrazione emerge una generica posizione a difesa della conformità del dettato normativo alla competenza statale e alla direttiva 2008/98/CE per quanto riguarda l'ottimizzazione e il potenziamento delle infrastrutture di incenerimento con recupero energetico, ritenuto genericamente rispettoso del principio della «gerarchia dei rifiuti»;

   il TAR Lazio rileva, inoltre, come tutte le norme rinviate appaiono contrastare con la gerarchia d'intervento comunitario in materia di rifiuti che vede riduzione, recupero di materia e riciclo come interventi prioritari rispetto all'incenerimento di rifiuti e che l'ordinanza di rimessione crea una situazione d'incertezza legislativa e potrebbe produrre l'anomalo e indesiderato effetto di accelerare le richieste di autorizzazione per la realizzazione/completamento di nuovi inceneritori, sfruttando il periodo, presumibilmente non breve, entro il quale dovrà pronunciarsi la Corte del Lussemburgo –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative urgenti per l'abrogazione dell'articolo 35 della legge n. 164 del 2014, al fine di evitare che il nostro Paese incorra in un'ennesima condanna da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, emanando in subordine un provvedimento urgente di moratoria della vigenza dell'articolo 35 della legge n. 164 del 2014 e, in ogni caso, disponendo l'abrogazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
(5-00381)

   TRANCASSINI, BUTTI e FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   presso la Commissione Ambiente del Senato della Repubblica, nella seduta del 10 luglio 2018, il Ministro interrogato affermava che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016 attuativo del comma 1, dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, disciplina un segmento del ciclo dei rifiuti che, insieme al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2016, attuativo invece del comma 2 del medesimo articolo, ed a diversi altri provvedimenti normativi già emanati o di futura emanazione, concorrono a definire la complessiva strategia dello Stato italiano;

   «tale strategia è rivolta a ridurre la dipendenza delle pianificazioni del sistema di gestione dei rifiuti dalla logica delle discariche (...) primo luogo attraverso la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio, ed il recupero di materia (...), ed in secondo luogo anche attraverso il recupero energetico laddove le prime azioni non siano economicamente e tecnicamente sostenibili» in particolare proprio sui rifiuti di scarto che residuano dalle operazioni di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati;

   nei giorni scorsi, il predetto Ministro ha testualmente affermato: «È necessario modificare l'articolo 35 dello Sblocca Italia sugli inceneritori proprio per riaffermare il principio di prossimità di gestione dei rifiuti, per renderlo virtuoso». Ed ancora: «Se modifichiamo l'articolo 35 indichiamo un percorso virtuoso sulla gestione dei rifiuti, spingendo sulla differenziata e sul riciclo dei rifiuti» –:

   quali modifiche intenda proporre il Ministro interrogato all'articolo 35 della legge 11 novembre 2014, n. 164, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133 (detto anche «Sblocca Italia»), e – in particolare – se le stesse riguardino la modifica del comma 6, con l'introduzione del divieto di trattamento dei rifiuti urbani negli impianti di incenerimento ubicati al di fuori dei confini regionali in cui detti rifiuti sono prodotti, oppure se si siano state impartite disposizioni ai competenti uffici per predisporre una modifica legislativa volta all'abrogazione del predetto articolo, la qualcosa risulterebbe contraddittoria rispetto alle summenzionate dichiarazioni rese dal Ministro interrogato.
(5-00382)

   LABRIOLA e CORTELAZZO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministro interrogato ha dichiarato di aver consegnato al Ministero dello sviluppo economico la sua relazione sull'Ilva e sul piano ambientale presentato da ArcelorMittal;

   lo stesso Ministro ha dichiarato che la relazione è completa «al 95 per cento», e che ha chiesto ed ottenuto dal Ministero dello sviluppo economico ulteriore documentazione per i dovuti approfondimenti –:

   quali siano i contenuti della relazione depositata al Ministero dello sviluppo economico e quali gli ulteriori elementi di approfondimento richiesti.
(5-00383)

   BRAGA, DEL BASSO DE CARO, MORASSUT, MORGONI, ORLANDO, PELLICANI e PEZZOPANE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 agosto 2018 10 persone sono morte travolte da una ondata di piena improvvisa e devastante del torrente «Raganello» nel territorio di Civita in Provincia di Cosenza all'interno del Parco nazionale del Pollino;

   l'area in cui si è verificata la tragedia rappresenta uno dei luoghi di maggiore bellezza all'interno del Parco del Pollino e sulla cui attrattività quelle comunità hanno costruito una parte importante della loro economia;

   le vittime erano impegnate in una escursione e per ore si è temuto che il numero delle vittime potesse essere superiore;

   una parte degli escursionisti sorpresi dalla piena del torrente è riuscita a mettersi in salvo su alcuni massi ed è stata recuperata dalla macchina dei soccorsi che si è immediatamente messa in moto, dalla Protezione Civile, al Soccorso Alpino, dai Vigili del Fuoco ai Carabinieri Forestali e Gdf;

   la procura di Castrovillari ha aperto una indagine su quanto accaduto;

   per il Capo della Protezione Civile vi sarebbe stata una allerta meteo classificata come «gialla», classificazione che prevede anche esondazioni improvvise;

   il Ministro interrogato, recatosi sul luogo della tragedia, ha testualmente affermato: «C'è bisogno, al di là dell'indagine penale, di capire chi doveva fare cosa. È una ricerca della trasparenza, non solo della responsabilità. Il Paese si è stancato di piangere morti. Se poi queste morti sono figlie di negligenza, sciatteria, incapacità, poca professionalità, sono morti che reclamano, che urlano. E noi non possiamo e non vogliamo permettercele»;

   si tratta di affermazioni rilevanti pronunciate da un Ministro della Repubblica –:

   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intrapreso a seguito della tragedia e quali misure abbia assunto o intenda assumere per rafforzare i controlli all'interno dell'Ente Parco, per affrontare, senza indugio, la questione dell'abusivismo nell'ambito del servizio guide e per una più funzionale ed efficiente catena di comando in materia di vigilanza e rispetto degli «alert» meteo.
(5-00384)

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Foti n. 5-00078 pubblicata nell'allegato B della seduta n. 21 del 4 luglio 2018. Alla pagina 722, seconda colonna, dalla riga sedicesima alla riga diciassettesima, deve leggersi: «FOTI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere» e non come stampato.