Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    è dovere delle istituzioni del nostro Paese assicurare protezione efficace, duratura e tempestiva a tutti coloro che subiscono violenze nei contesti familiari, extrafamiliari o istituzionali;

    l'Italia è vincolata al rispetto delle Convenzioni europee e internazionali, sottoscritte e ratificate, che impegnano il nostro Paese nella lotta contro ogni tipo di violenza ai danni di persona adulta o minorenne e a dare tutela, protezione e cura a coloro che subiscono tali violenze, si vedano la Convenzione sui diritti del fanciullo, la Convenzione di Lanzarote e altre;

    nel nostro Paese oltre 30.000 bambini e adolescenti sono stati allontanati dalla famiglia di origine e vivono in comunità residenziale o in famiglia affidataria, quindi è alto il dovere di vigilanza a carico dei servizi territoriali e delle istituzioni;

    tale protezione non fu garantita ai bambini e agli adulti che, a partire dal 1977 fino ai giorni nostri, furono inseriti dai servizi territoriali e dal tribunale per i minorenni di Firenze nella comunità «Il Forteto» dove, come provato dalla sentenza 19 giugno 2015, per decenni subirono ogni forma di violenza sessuale, psicologica, fisica, emotiva, nonché sfruttamento del lavoro minorile su istigazione del capo della comunità, nonché setta, ovverosia Rodolfo Fiesoli, che tra l'altro insieme al cofondatore Luigi Goffredi, si avvalevano di falsi titoli di studio come quello in psicologia;

    con la sentenza del dicembre 2017 la Corte di Cassazione ha sancito, in via definitiva, che il Forteto era un luogo non di accoglienza ma di sevizie e violenze, fisiche e psicologiche – una vera e propria setta, articolata formalmente in un'associazione, una fondazione e, appunto, una cooperativa agricola – e che al Forteto le violenze si sono veramente verificate, confermando la responsabilità accertata dalla Corte d'appello che aveva inflitto al fondatore della comunità, Rodolfo Fiesoli, «il profeta», una pena di 15 anni e 10 mesi di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti ai danni di numerosi ragazzi affidati alla comunità, molti dei quali hanno rivissuto i drammi subiti testimoniando davanti alla Corte le innumerevoli sevizie;

    la Corte di Cassazione aveva rinviato alla stessa corte d'appello la ridefinizione giuridica di un reato (la violenza sessuale di gruppo su un minore invece della violenza sessuale tout court) e una conseguente diversa quantificazione della pena;

    su tale punto, gli avvocati di Rodolfo Fiesoli hanno sostenuto che, essendo la pena ancora da quantificare in modo completo, il verdetto di condanna da parte della Corte di Cassazione non potesse ritenersi definito e quindi l'imputato doveva essere scarcerato: la corte di appello di Firenze, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta proposta nell'interesse di Rodolfo Fiesoli di annullamento dell'ordine di esecuzione emesso dalla locale procura generale e ha rideterminato la pena in concreto eseguibile allo stato in quella di sei anni e due mesi di reclusione;

    la Corte di Cassazione ha invece accolto il ricorso degli avvocati di Fiesoli poiché «la pena posta in esecuzione non è stata ancora determinata con pronuncia sul punto irrevocabile» specificando altresì che «il fatto che il risultato finale non potrà consistere in una pena inferiore a quella ora posta in esecuzione non significa che la pena sia stata già definita»;

    accogliendo il ricorso proposto dai difensori di Rodolfo Fiesoli, fondatore della comunità, contro l'ordine di carcerazione emesso avverso quest'ultimo dalla procura generale di Firenze il 22 dicembre 2017, si è permesso al Fiesoli di uscire dal carcere e così lasciare andare in frantumi i due anni di processo e le oltre novanta udienze sulla vicenda della comunità «Il Forteto», quando il 5 luglio 2018 la prima sezione della Corte di Cassazione ha nuovamente disposto la scarcerazione di Fiesoli;

    ferma restando la valutazione giudiziale in merito alle decisioni concernenti la scarcerazione di Fiesoli, considerato tuttavia che lo stesso è sottoposto ad una condanna definitiva, si ritiene necessario verificare ogni aspetto in ordine al computo e alla esecuzione delle misure restrittive della libertà personale, ribadendo la posizione in merito alle garanzie costituzionali, ma in un ragionevole equilibrio rispetto alla considerazione della gravità dei reati per i quali il predetto è stato condannato;

    «il Forteto» è sempre stato considerato da Legacoop, dalle istituzioni e dalla sinistra toscana una best practice dal punto di vista non solo produttivo ma anche educativo, al punto da essere associato alla scuola di Don Milani. Si è invece scoperto essere un luogo non di accoglienza ma di sevizie e violenze, fisiche e psicologiche;

    sono più di 100 le persone adulte e minorenni vittime dirette e indirette del sistema violento e perverso rappresentato dalla comunità de «il Forteto» all'interno della quale da sempre la vita è organizzata secondo alcune teorie manipolative e violente tese ad annullare l'identità dei singoli e ad asservirli ad un sistema chiuso e istituzionalizzante nonché a forme di relazione funzionali al mantenimento del controllo da parte del Fiesoli e del gruppo a lui vicino; alcuni esempi: la famiglia naturale doveva essere abbattuta e sostituita con una «famiglia funzionale», cioè una finta coppia composta da un uomo e una donna non realmente uniti da alcun vincolo cui il Fiesoli faceva affidare bambini dai servizi e dal tribunale per i minorenni di Firenze; uomini e donne – anche se ufficialmente sposati – dovevano vivere separatamente, e l'unica forma consentita di rapporto affettivo e sessuale era quello tra soggetti dello stesso sesso; istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici;

    in quella comunità – come fu detto dal pubblico ministero, dottoressa Galeotti, nel corso della requisitoria – si verificò per anni una sospensione delle leggi dello Stato, attraverso un programma criminale in cui il Fiesoli «rapinava il sesso» ai ragazzini, con la complicità di altre persone imputate nei processi;

    Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi nel 1985 furono processati e condannati ad una pena di reclusione per maltrattamenti aggravati ed atti di libidine nei confronti degli ospiti della comunità;

    nonostante questi gravissimi capi di imputazione nel 1997 Fiesoli risultava ancora a capo della comunità e, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, fatto ancora più grave, il tribunale avrebbe continuato ad affidare minori alla struttura, di cui se ne contano almeno 86 fino al 2009;

    il 30 novembre 1978 Rodolfo Fiesoli viene arrestato su richiesta del giudice Carlo Casini che aveva aperto un procedimento per abusi sessuali ne «il Forteto»;

    il 1° giugno 1979 Fiesoli, dopo l'uscita dal carcere nel febbraio dello stesso anno torna alla comune «il Forteto» dove, pochi mesi dopo, affidato dal tribunale dei minori, giunge il primo bambino down in quanto il presidente del tribunale, Giampaolo Meucci, grande amico di don Milani, afferma di non credere nell'indagine del giudice Casini e di ritenere «il Forteto» una comunità accogliente e idonea;

    nel 1985 viene emessa la sentenza di condanna per Luigi Goffredi e Rodolfo Fiesoli. Il primo viene condannato a 10 mesi di reclusione per il reato di maltrattamenti, mentre Fiesoli viene condannato a due anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti di una ragazza disabile, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne avendo masturbato due minorati psichici davanti ad un minore;

    dalla sentenza emerge «istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici»;

    nel 1982 la cooperativa acquista una proprietà di circa cinquecento ettari nel comune di Dicomano (Firenze) e vi si trasferisce. L'azienda continuerà a prosperare per diventare oggi un'azienda con un fatturato da 18-20 milioni di euro all'anno, con circa 130 occupati;

    nel 1998 la Corte europea dei diritti dell'uomo riceve la richiesta di ricorso contro l'Italia e, in particolare, contro l'operato del tribunale dei minori di Firenze, da parte di una madre con doppia cittadinanza, italiana e belga e di una nonna alle quali era stato imposto di interrompere ogni relazione con i rispettivi figli e nipoti, collocati presso la comunità «il Forteto». Le donne, inoltre, denunciarono trattamenti violenti e inumani nei confronti dei minori, con una scolarizzazione pressoché inesistente;

    il 13 luglio 2000 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia, in quanto erano stati, di fatto, impediti gli incontri tra la madre e i suoi due figli affidati imprudentemente alla comunità del Forteto i cui principali capi Fiesoli e Goffredi erano stati condannati, seppure molti anni prima, per gravi reati commessi nei confronti di minori, a pagare 200 milioni di lire in favore dei ricorrenti come risarcimento dei danni morali subiti;

    nonostante i precedenti giudiziari e la condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo, la regione Toscana, così come numerose altre istituzioni locali e nazionali, hanno continuato ad elargire fondi e riconoscimenti a «il Forteto», elogiandone, tra l'altro, i metodi educativi e frequentando e visitando spesso la comunità;

    il 1° giugno 2012 la regione Toscana ha istituito una Commissione d'inchiesta sul Forteto, presieduta dal primo firmatario del presente atto di indirizzo, per fare chiarezza in merito all'attività di affidamento dei minori a comunità e centri alla luce della vicenda «Il Forteto» e conoscere la congruità della stessa rispetto agli obiettivi perseguiti dalla legislazione regionale in materia di tutela dei minori;

    nel mese di aprile 2013, su richiesta del consiglio regionale toscano, il Ministero dello sviluppo economico ha inviato suoi ispettori a «il Forteto». Nella loro relazione, in cui si chiedeva il commissariamento della cooperativa, si rilevava la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare avere «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell'organo amministrativo», tra questi il fatto che molti dei soci avessero inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari;

    nel mese di dicembre 2013 il Ministero dello sviluppo economico sospendeva la procedura di commissariamento chiedendo un supplemento di indagini che, comunque, portava gli ispettori a concludere che «la situazione non appare al momento sostanzialmente mutata». Ciononostante, a luglio 2014, il Governo pro tempore ha deciso di non procedere con il commissariamento, così come negli anni successivi, mentre non soltanto il centrodestra toscano ha continuato ad invocare in tutte le opportune sedi istituzionali la necessità del commissariamento, ma anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si è espresso nello stesso senso, innovando la posizione del Partito Democratico toscano sulla vicenda;

    il 19 giugno 2015 il tribunale di Firenze ha inflitto pesanti pene a carico dei vertici, ispiratori e fondatori de «il Forteto». In particolare, il tribunale ha comminato al fondatore della comunità una pena di 17 anni e mezzo per violenza sessuale e maltrattamenti ai danni di numerosi ragazzi affidati alla comunità. Al suo braccio destro, l’«ideologo» del gruppo, Luigi Goffredi, è stata comminata una pena di 8 anni e con loro sono state condannate altre 14 persone, con pene che variano da 1 a 8 anni, sulle 23 che erano state mandate a processo. Appare dunque chiaro come sia l'intero «sistema Forteto» ad essere stato sanzionato dai giudici;

    nella requisitoria, il pubblico ministero Ornella Galeotti ha sostenuto che «per alcuni decenni in Toscana si è verificato un fenomeno rispetto al quale le leggi dello Stato hanno subito una sospensione»;

    alla luce della sentenza del tribunale di Firenze, il gruppo Forza Italia alla Camera dei deputati, il 7 luglio 2015, ha presentato una mozione volta a impegnare il Governo pro tempore ad accertare e definire le responsabilità e le manchevolezze politiche ed istituzionali che negli anni hanno portato alla prosecuzione degli affidi di minori nonché al commissariamento della cooperativa agricola, ma, in questa occasione, il Governo pro tempore ha espresso parere contrario alla mozione assumendo, dunque, una scelta davvero sconcertante senza logica, sensibilità e ancor di più senza alcun senso politico;

    con delibera del consiglio regionale della Toscana n. 48 del 28 luglio 2015 è stata istituita una Commissione d'inchiesta sulle vicende del Forteto per indagare sulle «eventuali responsabilità politiche e istituzionali». La commissione, il 22 giugno 2016, ha approvato all'unanimità la relazione finale formulando un «invito al Parlamento e al Governo a rivalutare l'ipotesi di commissariare la cooperativa agricola» nonché «di riconsiderare la possibilità di istituire una commissione di inchiesta parlamentare su quanto avvenuto nella comunità». La relazione ha suggerito al Ministro della giustizia di inviare ispettori al tribunale dei minori di Firenze al fine di verificare l'operato nei casi legati al Forteto, anche alla luce delle incongruenze rilevate dalla sentenza Cedu rispetto alla prassi giuridica relativamente al caso de quo, e alla regione Toscana di togliere il patrocinio alla Fondazione omonima;

    quella del Forteto è una storia che, ancora oggi, sembra non volersi concludere: dopo due processi di primo grado e di appello in cui sono state raccolte prove di abusi e maltrattamenti e due sentenze di condanna in cui si afferma che non è mai venuto meno il rispetto del diritto di difesa degli imputati, la Corte di Cassazione ha rinviato prima la sua decisione finale il 23 ottobre, poi il 20 novembre; finalmente il 22 dicembre 2017 quando i cinque supremi giudici si sono pronunciati pensando di mettere la parola fine a uno scandalo giudiziario che si trascinava fin dagli anni ’70 e che il 5 luglio 2018 sembra essersi riaperto;

    è difficile scacciare il dubbio che la difficoltà di decidere sia dipesa in parte dal fatto che la storia del Forteto è anche la storia di un «corto circuito istituzionale» di cui la comunità del Forteto ha beneficiato per decine di anni con quello che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano l'avallo del tribunale dei minori di Firenze, della regione Toscana e dei Governi di centrosinistra. Non è un caso se una vicenda come quella del Forteto si è verificata in Toscana e non altrove: l'egemonia prima culturale che politica che vi è stata ha provocato inevitabili atteggiamenti di conformismo a ogni livello;

    motivo per cui, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo sembra opportuno ritenere che anche in anni recenti il Partito democratico si sia opposto a lungo alla istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta;

    la vicenda de «il Forteto» solo per poco tempo ha trovato una sua definizione nelle aule di tribunale e ancora deve scriversi la sua pagina nera circa le responsabilità politiche e istituzionali di enti locali, giudici, servizi sociali, mondo cooperativo, ceti intellettuali e ovviamente di tutti quegli esponenti politici e amministratori pubblici che nel corso degli anni hanno ignorato o sottovalutato le denunce;

    alla luce delle vicende sopra riportate, appare quanto mai necessaria l'istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di affidamento di minori a comunità e istituti, su cui si auspica la più ampia convergenza delle forze politiche, che si faccia carico di raccogliere e tesorizzare le vicende accadute presso la struttura di accoglienza «il Forteto» di Firenze, affinché, anche alla luce di quanto riportato dalla commissione regionale d'inchiesta istituita sui medesimi fatti, si possano colmare le lacune e le smagliature legislative a livello nazionale e si possa avviare un'indagine su tutto il territorio nazionale circa la bontà delle attività di altre strutture, comunità e istituti d'accoglienza dei minori e definire misure compensative del danno subito dalle vittime all'interno di contesti che avrebbero dovuto proteggerle a causa di inefficienze di vigilanza e controllo da parte delle istituzioni pubbliche;

    è importante che alla Commissione di inchiesta siano assegnati compiti di verifica sull'efficacia delle norme e delle procedure esistenti in materia di allontanamento e collocamento di bambini e adolescenti, sulle modalità della loro applicazione da parte delle autorità e degli organi competenti, sul rispetto dei principi di tutela e di promozione dei diritti dei minori, nonché compiti di proposta di misure di riforma delle norme e di meccanismi compensativi di aiuto alle vittime e di individuazione di misure sanzionatorie efficaci in relazione alle responsabilità individuali e istituzionali. La Commissione dovrà altresì promuovere una maggiore attività di controllo e verifica delle comunità presenti sul territorio nazionale e, ove emergano responsabilità e negligenze delle strutture, sarà necessario applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori;

    sarà inoltre fondamentale attribuire alla succitata Commissione anche il compito di condurre in via preliminare un'adeguata indagine sulla vicenda de «Il Forteto» per porre in essere nel contesto di tale Commissione e degli strumenti a disposizione, ogni opportuna iniziativa di propria competenza volta ad accertare e definire le responsabilità e le gravi inadempienze istituzionali e politiche che hanno permesso che negli anni proseguissero gli affidi di minori al Forteto, nonostante gli arresti e le condanne inflitte ai due fondatori negli anni Ottanta per reati analoghi (maltrattamenti e atti di libidine con i minori ospiti) e nonostante la sanzione inflitta all'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo;

    parimenti, nell'ambito dell'attività parlamentare, sarà necessario porre all'ordine del giorno della Commissione giustizia l'introduzione della fattispecie di reato ascrivibile a forme di maltrattamento istituzionale commesso in contesti e da persone facenti parte della pubblica amministrazione in tutte le sue declinazioni, nonché porre all'ordine del giorno della Commissione affari sociali l'elaborazione, di concerto con la Commissione parlamentare di inchiesta succitata, di uno schema integrato di misure compensative fruibili da soggetti minorenni o adulti riconosciuti vittime di maltrattamenti istituzionali commessi in contesti di protezione, cura e tutela;

    in questo quadro, sarà importante il coinvolgimento dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, affinché anche questa sia promotrice di iniziative di sensibilizzazione sul tema della violenza istituzionale, prevedendo percorsi di ascolto specifici a vantaggio di bambini e ragazzi allontanati dalla famiglia di origine e ospiti in strutture di accoglienza o affidamento familiare,

impegna il Governo:

  1) a porre in essere ogni opportuna iniziativa di competenza volta ad accertare e definire le responsabilità e le manchevolezze politiche ed istituzionali che negli anni hanno portato alla prosecuzione degli affidi di minori, nonostante gli arresti e le condanne inflitte, ai due fondatori negli anni ottanta per reati analoghi (maltrattamenti e atti di libidine con i minori ospiti) e nonostante la sanzione inflitta all'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo per quanto avveniva nella comunità, anche in raccordo con tutte le iniziative intraprese in tal senso e richiamate in premessa;

  2) a procedere alle verifiche di competenza in merito alla responsabilità della pubblica amministrazione, in particolare all'incapacità del sistema dei servizi e in senso lato della giustizia minorile di svolgere davvero la funzione di indirizzo e controllo, e a chiedere scusa alle vittime per il fallimento nel proteggere adeguatamente i diritti fondamentali dei bambini e degli adulti che furono inseriti nella comunità;

  3) ad adottare opportune iniziative volte a garantire la stabilizzazione di un sistema di sostegno per coloro che hanno subito gravi violenze e danni diretti e indiretti dal sistema de Il Forteto;

  4) a verificare con urgenza la sussistenza dei presupposti per la nomina di un commissario che gestisca la cooperativa agricola in modo tale da dissociarla completamente dalla precedente gestione e dall'associazione e dalla fondazione «Il Forteto», di cui sono tuttora parte tutti i condannati e in generale il gruppo dei fondatori, metta in vendita alcuni degli asset rappresentati da alcune abitazioni dove vivono i membri della comunità ritenuti responsabili, non pertinenti all'industria casearia che ne rappresenta invece il cuore economico importante per il territorio, come per esempio le case dove vivono i membri della «setta», al fine anche di sanare quella parte di diritti negati, in particolare salari e Tfr non dati a tutti coloro che nel corso degli anni scappavano singolarmente per «salvare la pelle», e per fare in modo che Rodolfo Fiesoli, essendo tornato in piena libertà, non possa in alcun modo influenzare l'attività della cooperativa agricola;

  5) ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza per promuovere una maggiore attività di controllo e verifica delle comunità presenti sul territorio nazionale e, ove siano emerse responsabilità e negligenze delle strutture, anche personali e professionali, applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori;

  6) ad assumere le iniziative di competenza per rafforzare il meccanismo introdotto dal Terzo protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificato con la legge n. 199 del 16 novembre 2015, che permette ai bambini e agli adolescenti (individualmente o in gruppo) di presentare al Comitato ONU per i diritti del fanciullo dei reclami relativi alle violazioni dei propri diritti sanciti dalla Convenzione stessa;

  7) ad assumere le iniziative di competenza per rendere accessibili ed efficaci, di concerto con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, i meccanismi di segnalazione e denuncia previsti dal Terzo protocollo opzionale alla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo;

  8) a rilevare, in occasione della presentazione del prossimo rapporto alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e della adolescenza in Italia, la violazione dei quattro principi cardini della Convenzione (non discriminazione, superiore interesse, diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo e ascolto delle opinioni del minore) circa la vicenda de «Il Forteto», nonché a indicare le azioni specifiche di contrasto volte ad evitare la violazione di tali principi;

  9) a promuovere un adeguato approfondimento in seno alla Conferenza unificata volto a: effettuare una verifica sull'efficacia della normativa e dei regolamenti in materia di tutela e protezione dei minorenni allontanati dalla famiglia e collocati in comunità residenziale o affidamento familiare; proporre misure di adeguamento uniforme della normativa fra le regioni; individuare meccanismi di controllo rafforzati sull'adeguatezza delle procedure e delle strutture di accoglienza;

  10) ad assumere iniziative per dare avvio al sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e delle loro famiglie (SINBA) per realizzare finalmente una raccolta sistematica dei dati attraverso una cartella sociale univoca dei bambini segnalati e presi in carico dai servizi sociali, attraverso la quale registrare in modo uniforme e certo su tutto il territorio nazionale anche i casi di minorenni allontanati e collocati in accoglienza presso strutture residenziali o famiglie affidatarie, al fine di controllare e vigilare efficacemente sulle loro condizioni e rendere possibile il costante e periodico aggiornamento semestrale dell'autorità giudiziaria minorile previsto dalla legge n. 184 del 1983 così come novellata dalla legge n. 149 del 2001;

  11) ad assumere le iniziative di competenza per dotare le procure della Repubblica per i minorenni delle risorse necessarie al fine di rendere effettivo il monitoraggio costante circa la situazione dei minorenni in comunità, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2 e 9, commi 2 e 3, della legge n. 184 del 1983 e dall'articolo 25 della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

  12) impegna se stessa e i propri organi, ciascuno per le proprie competenze, a deliberare in ordine all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di affidamento di minori a comunità e istituti, alla luce di quanto rappresentato in premessa.
(1-00027) «Mugnai, Gelmini, Occhiuto, Mulè, Carrara, D'Ettore, Ripani, Mazzetti, Silli, Bergamini, Calabria, Marin, Fiorini, Bignami, Vietina».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA e GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da anni le associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo promuovono un'iniziativa coraggiosa e di grande valore democratico perché sia fatta piena luce su quanto accaduto nel nostro Paese negli anni delle stragi e della strategia della tensione;

   è compito delle istituzioni democratiche fare pienamente la loro parte perché non restino zone d'ombra sugli eventi che hanno profondamente colpito l'Italia e la sua stessa sovranità nazionale, si pensi ad esempio alla necessità che siano individuati i mandanti della strage del 2 agosto 1980 e che sia fatta chiarezza su quanto accaduto nei cieli di Ustica;

   il Governo Renzi aveva emesso una importante direttiva sulla desecretazione di atti e documenti in materia e istituito un comitato consultivo su tali temi, coinvolgendo le associazioni dei familiari delle vittime –:

   se il Governo intenda assumere iniziative in relazione a quanto esposto in premessa, proseguendo così l'impegno dei precedenti Governi, in sintonia con le associazioni dei familiari delle vittime di stragi e terrorismo;

   se il Governo intenda provvedere alla convocazione del comitato consultivo sopra richiamato, volto a monitorare l'applicazione della direttiva per la declassifica e per il versamento straordinario di documenti all'Archivio centrale dello Stato del 22 aprile 2014.
(3-00109)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa si apprende che il 24 luglio 2018, l'associazione vittime del decreto «salva-banche» è stata ricevuta al Ministero dell'economia e delle finanze, insieme alle altre associazioni a tutela dei risparmiatori veneti;

   «più che suggerire modalità di ristoro domani andremo ad ascoltare quali sono le ipotesi, ma soprattutto quali risorse sono state individuate a favore dei risparmiatori», si legge in una nota dell'associazione;

   con la legge di bilancio 2018 è stato istituito un fondo di ristoro finanziario destinato a risarcire i risparmiatori rimasti vittime di «danno ingiusto» per la violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal Testo unico della finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) in relazione alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche, con sede legale in Italia e sottoposte ad azione di risoluzione o comunque in liquidazione coatta amministrativa;

   secondo quanto stabilito, potranno accedervi i risparmiatori – senza distinzione tra obbligazionisti e azionisti – delle ex-banche popolari venete (Veneto Banca e Popolare Vicenza) e delle quattro banche poste in liquidazione (CariChieti, Banca Etruria, CariFerrara e Banca Marche) che sono stati vittime di un danno «ingiusto»;

   in particolare, il comma 1106 della sopra citata legge stabilisce: «Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo di ristoro finanziario con una dotazione finanziaria di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019, 2020 e 2021 per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 210 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima della data di entrata in vigore della presente legge. Il Fondo opera entro i limiti della dotazione finanziaria e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione dell'istanza corredata di idonea documentazione. Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta una relazione alle Camere sullo stato di attuazione del presente comma»;

   con il comma 1107 si stabilisce che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 10 giorni della data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti requisiti, modalità e condizioni necessarie all'attuazione di quanto disposto dai commi da 1106 a 1109. Dall'ammontare della misura di ristoro sono in ogni caso dedotte le eventuali diverse forme di risarcimento, indennizzo o ristoro di cui i risparmiatori abbiano già beneficiato –:

   come mai non si sia ancora proceduto all'adozione del citato decreto attuativo del fondo di ristoro per le vittime di reati finanziari di cui alla legge di bilancio 2018 necessario per definire i criteri di accesso ai ristori, le modalità di erogazione e l'entità dei rimborsi e in quali tempi si intenda provvedere al riguardo.
(5-00241)


   FRAGOMELI, ASCANI, VISCOMI, PAITA, CARLA CANTONE, PEZZOPANE, ENRICO BORGHI, MORETTO e ZARDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 marzo 2018 è stato adottato il decreto del segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al progetto «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», con il quale è stata disposta la documentazione che gli enti attuatori dei primi 271 interventi relativi al progetto, avrebbero dovuto presentare per poter accedere alla successiva fase di stipula della convenzione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, concernente le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica sull'esecuzione delle opere –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per prorogare il termine del 12 giugno 2018 per la presentazione della documentazione di cui in premessa e, in caso affermativo, se e come gli enti attuatori dei primi 271 interventi relativi al progetto sopra richiamato, ai quali non è stata data comunicazione dei termini, possano rientrare negli interventi di finanziamento;

   quando verranno assegnati i finanziamenti stanziati per la realizzazione del progetto.
(5-00248)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), ha previsto l'allargamento della platea dei comuni beneficiari dell'ampliamento delle facoltà assunzionali fino al 100 per cento della spesa dei cessati dell'anno precedente. In particolare, l'estensione riguarda i Comuni fino a 5 mila abitanti e la facoltà assunzionale al 100 per cento (turn over pieno) si applica nel caso in cui le spese di personale dell'anno precedente siano inferiori al 24 per cento della media delle entrate correnti dell'ultimo triennio (articolo 863 della legge di bilancio 2018). Nel caso in cui la media sia superiore al 24 per cento le facoltà assunzionali rischiano di essere notevolmente ridotte;

   per quanto attiene alla polizia locale, la legge di bilancio 2018 prevede che le assunzioni possano essere, per il 2018, del 100 per cento rispetto alle cessazioni dell'anno precedente, mentre, per i comuni al di sotto dei 1.000 abitanti, il turn over viene calcolato per «teste» prevedendo l'assunzione nel limite dei cessati dell'anno precedente;

   è stato previsto, inoltre, che gli enti possano utilizzare le capacità assunzionali non totalmente utilizzate del triennio precedente secondo il criterio dei resti;

   con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stato infine precisato che i comuni possano cedere all'Unione di cui fanno parte la propria capacità assunzionale. Le Unioni, invece, hanno facoltà di procedere autonomamente alle assunzioni nel limite del 100 per cento dei cessati dell'anno precedente;

   nonostante l'apertura e il segnale dato in riferimento alle capacità assunzionali per i piccoli comuni, resta grande la criticità, a parere dell'interrogante, rispetto alla percentuale del 24 per cento sopra citata che non consente ancora una piena autonomia decisionale per piccoli comuni che hanno già una dotazione organica particolarmente ridotta e frutto delle limitazioni imposte negli anni precedenti;

   la ratio delle norme qui citate, infatti, sembra essere prettamente ed esclusivamente numerica e non legata al servizio (eccezion fatta per la polizia locale) suscettibile di venir meno a seguito del pensionamento. Tra l'altro, non si tiene conto, in alcun modo, del fatto che il pensionamento potrebbe avvenire nei primi mesi dell'anno con conseguente impossibilità per il comune di assumere fino all'anno successivo –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per potenziare e ampliare la capacità assunzionale dei piccoli comuni fino a 5000 abitanti e per collegare le assunzioni ai servizi erogati, svincolandole da criteri prettamente numerici.
(4-00799)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella Camera di consiglio del 18 novembre 2004, il tribunale amministrativo regionale del Lazio – sezione III-ter – si esprimeva sul ricorso n. 8487/1992 contro il Ministero della difesa costituitosi in giudizio a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, l'ex Enpas (Ente nazionale previdenza e assistenza dipendenti statali), oggi Inpdap, non costituitosi in giudizio e il Ministero delle finanze costituitosi in giudizio;

   i ricorrenti, ex Carabinieri ed ex militari cessati dal servizio nel periodo compreso tra il 16 novembre 1987 e il 12 agosto 1990, chiedevano, nello specifico, l'accertamento del diritto all'attribuzione dei sei scatti stipendiali ai fini pensionistici e dell'indennità di buonuscita calcolati sul complesso dei miglioramenti attribuiti dalla legge 14 novembre 1987 n. 468, di conversione del decreto-legge 16 settembre 1987 n. 379;

   al riguardo, il Tar concludeva che il beneficio dei sei scatti di stipendio a favore dei sottufficiali delle forze armate, introdotto dall'articolo 1 comma 15-bis, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito dalla legge 14 novembre 1987 n. 468, si applica a tutti i destinatari dei benefici stipendiali introdotti da tale legge che erano cessati nel periodo preso a riferimento dalla legge stessa (triennio 1986-1988);

   il Tar ribadiva inoltre che ai predetti sottufficiali va dunque liquidata la indennità di buonuscita, computando i sei scatti, previsti dall'articolo 1, comma 15-bis del decreto-legge 16 settembre 1987, convertito dalla legge 14 novembre 1987 n. 468, calcolati (così come espressamente previsto dall'articolo 1, comma 15-bis come modificato dalla legge 8 agosto 1990, n. 231) sull'ultimo stipendio, sulla retribuzione individuale di anzianità, sugli scatti maturati e tenendo conto dei benefici di cui alla legge n. 468 del 1987. Né, nel presente caso, l'Inpdap ha per contro eccepito alcunché in contrario. Il ricorso deve dunque essere accolto e per l'effetto deve essere dichiarato diritto dei ricorrenti alla riliquidazione della buonuscita nei sensi di cui in motivazione;

   oltre ai ricorrenti in questione, sono numerose le figure professionali che si sono trovate nelle medesime condizioni e che non hanno beneficiato di quanto stabilito dalla sentenza di cui sopra –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   in che modo si sia conclusa la vicenda di cui in premessa e se le somme dovute siano state liquidate ai ricorrenti di cui in premessa, in caso negativo quali siano le motivazioni del ritardo e quali siano le tempistiche per la liquidazione delle predette somme;

   quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere, anche normative, per estendere i benefici della sentenza richiamata in premessa a tutte le figure professionali che ne hanno diritto.
(4-00812)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   PAITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle analisi condotte da Arpal è stata segnalata la presenza di alghe tossiche lungo i litorali compresi tra Arenzano e Savona;

   le analisi segnalano la presenza di 68 mila cellule per litro d'acqua con relativa assegnazione di un codice giallo rispetto alla pericolosità;

   ad essere interessati sono i comuni di Arenzano, Cogoleo, Varazze, Celle, Albissola fino a Savona;

   non è stato disposto nessun divieto di balneazione ma è stata segnalata la necessità di fare attenzione ad immergersi in acque con poco ricambio;

   è comunque del tutto evidente che si tratta di una situazione di criticità che rischia di avere ripercussioni anche sulla stagione turistica –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di contrastare il suddetto fenomeno e di tutelare gli operatori turistici da possibili ripercussioni negative in termini di presenze lungo i litorali interessati.
(3-00110)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 75 del 2018 non prevede alcuna disposizione in merito all'utilizzo di fertilizzanti e correttivi in base all'acidità o alcalinità dei suoli; in particolare, i correttivi di acidità potrebbero essere apparentemente sparsi su terreni basici;

   la delibera di Giunta regionale della Lombardia n. 2031 del 2014, nella tabella 6, fissa un limite all'eccessiva acidità, cioè raccomanda che i suoli non scendano sotto PH 5,5, ma non fissa alcun limite in senso opposto, cioè nel caso di una eccessiva alcalinità;

   la relazione sullo stato del suolo dell'Emilia-Romagna fra le altre cose, analizza il pH dei suoli comune per comune: i suoli regionali, più precisamente i loro orizzonti superficiali, presentano in prevalenza un pH compreso tra 7,3 e 8,4, sono quindi tendenzialmente alcalini;

   dal geoportale regionale della Lombardia (dati Ersaf) è possibile ricavare una mappa relativa ai livelli di acidità o di alcalinità dei suoli coltivati: a quanto risulta tutta la zona sud della Lombardia presenta suoli eccessivamente basici;

   in particolare, le zone più vicine ai grandi fiumi (Po, Mincio, Adige) sembrano avere il pH più alto, e più precisamente la zona a sud del Po della provincia di Pavia, la zona sud della provincia di Cremona, la maggior parte della provincia di Mantova e la parte sud est della provincia di Brescia;

   la letteratura scientifica è concorde nell'affermare che un'eccessiva basicità dei suoli possa influire negativamente sulla disponibilità dei nutrienti e, dunque, sulla sua capacità produttiva. A titolo esemplificativo, in uno studio dell'Istituto agrario di Sassari si afferma che in un terreno dal pH 8,5 ci possono essere gravi problemi nutrizionali, come: fitotossicità da sodio e da ione bicarbonato; squilibri nutrizionali per antagonismo del sodio con le altre basi; stress idrico e ridotta attività fotosintetica; carenze di fosforo e di microelementi (ferro, zinco, rame, manganese, boro);

   in più possono esserci problemi di struttura del suolo conseguente alla dispersione dei colloidi;

   l'applicazione di correttivi agricoli quali, ad esempio, i «gessi di defecazione» può risultare utile nel caso di terreni eccessivamente acidi, ma può aggravare la basicità di suoli con PH elevato, come quelli che si trovano in pianura Padana, e dunque ridurne la fertilità, causando un grave danno all'economia nazionale, dal momento che le principali aziende nazionali del settore agroalimentare ricavano le loro materie prime da tale area, le disposizioni del decreto legislativo n. 75 del 2010 consentono la trasformazione dei fanghi di depurazione in correttivi (fra cui «gessi di defecazione») con l'uscita dal ciclo dei rifiuti e le ovvie conseguenze di perdita di tracciabilità e riduzione del costo di gestione, tanto che oggi si può stimare che metà dei fanghi di depurazione vengano trasformati in correttivi senza alcuna tutela dei suoli –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per stabilire dei limiti normativi all'utilizzo dei correttivi agricoli di acidità, in particolare per quanto concerne il loro utilizzo su suoli basici e se intendano promuovere la redazione di linee guida per lo spandimento dei correttivi agricoli, in particolare per regolamentarne l'uso in terreni basici;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano promuovere la mappatura del PH di tutti i terreni agricoli nazionali e la diffusione delle relative informazioni.
(4-00798)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ASCANI e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, nel dicembre 2017, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la proposta emendativa presentata dall'interrogante riguardante le imprese culturali e creative; in tal modo è stato introdotto nella legge di bilancio 2018 il credito d'imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi;

   il credito d'imposta è stato previsto nel limite di spesa di 500.000 euro per l'anno 2018 e di un milione di euro per il 2019 e il 2020 e rappresenta un incentivo fondamentale per la crescita del settore;

   l'articolo 1, comma 57, della manovra spiega cosa si intende per imprese culturali e creative affermando che: «Sono imprese culturali e creative le imprese o i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati»;

   la manovra specifica, inoltre, che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte dirette e dell'irap e non rileva ai fini della determinazione: della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell'articolo 61 del testo unico delle imposte sui redditi; della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell'articolo 109, comma 5, del medesimo testo unico;

   con riferimento all'individuazione dei costi oggetto d'interesse, dei parametri da rispettare, dei tempi da seguire e soprattutto dei requisiti in termini di tipologia di attività da condurre al fine del riconoscimento dell'agevolazione, è necessario attendere la pubblicazione di un decreto attuativo da emanarsi a cura del Ministero per i beni e le attività culturali in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze; le risorse già assegnate per l'anno 2018 (500.000 euro) e per gli anni 2019 e 2020 (un milione di euro per ciascun anno) sono infatti ancora bloccate –:

   se e come il Ministro interrogato intenda intervenire sul punto.
(5-00239)

Interrogazione a risposta scritta:


   OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il sistema teatrale è finanziato con contributi erogati a valere sul Fondo unico per lo spettacolo: la normativa in materia prevede che al contributo possono accedere i teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale, imprese di produzione anche giovanili, imprese di produzione di teatro di innovazione sperimentazione e infanzia e gioventù, imprese di produzione di teatro di figura e di immagine, soggetti che svolgono teatro di strada, centri di produzione teatrale, circuiti regionali, organismi di programmazione, festival, soggetti pubblici e privati che realizzino progetti di promozione finalizzati: a) al ricambio generazionale; b) alla coesione e inclusione sociale; c) al perfezionamento professionale; d) alla formazione del pubblico;

   la Cooperativa Teatrale Centro R.A.T./Teatro dell'Acquario nasce a Cosenza nel 1976 e da allora svolge la sua attività attraverso la produzione teatrale, la programmazione di spazi ed eventi teatrali e la formazione (ideazione, promozione e gestione del C.I.F.A. Centro internazionale formazione delle arti);

   il centro ha prodotto fino ad oggi circa ottanta spettacoli che sono stati rappresentati nei teatri italiani ed internazionali e ha ottenuto numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti per la qualità degli spettacoli proposti, il che ha permesso al teatro di proseguire per tanti anni la sua attività;

   il Centro R.A.T./Teatro dell'Acquario di Cosenza è stato, in questi anni, destinatario dei contributi pubblici a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, ma per il 2018, non avendo raggiunto per pochi decimali di punto la soglia minima di valutazione necessaria, non potrà accedere a finanziamenti pubblici;

   il Teatro dell'Acquario negli ultimi anni è stato finanziato come «impresa di produzione di teatro di innovazione nell'ambito della sperimentazione, infanzia, gioventù», ha sempre ricevuto valutazioni positive e per il 2018 ha definito e sviluppato un progetto complessivo di potenziamento dell'attività;

   in tal senso, ha colto di sorpresa che una valutazione estremamente positiva dell'attività e delle proposte del Centro Rat da parte della commissione ministeriale di valutazione, che nel 2017 è arrivata fino al 75 per cento, sia crollata lasciando senza alcun contributo il Teatro dell'Acquario che ha già operato per i primi 7 mesi del 2018 –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare, anche alla luce dei recenti contributi straordinari erogati a favore di teatri di rilevante interesse culturale a valere sul fondo unico per lo spettacolo, al fine di permettere al Centro Rat – Teatro dell'Acquario di Cosenza, struttura di eccellenza a livello nazionale che ha svolto anche una importante attività di recupero di strutture e di formazione di giovani attori, di poter proseguire la propria attività di programmazione teatrale e di sviluppo culturale di un territorio che non ha certo bisogno di ulteriori tagli alla cultura.
(4-00800)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i consorzi di bonifica, i cui ambiti territoriali sono definiti con riferimento ai bacini idrografici, dovrebbero garantire una efficace funzione di presidio e di tutela territoriale;

   essi sono enti economici di diritto pubblico, amministrati dagli stessi consorziati, che coordinano interventi pubblici e privati nel settore delle opere idrauliche e dell'irrigazione;

   l'attività di bonifica del territorio e di manutenzione dello stesso è disciplinata dal regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, recante «Nuove norme per la bonifica integrale», il quale stabilisce che sono tenuti alla contribuzione delle opere di competenza che non siano a totale carico dello Stato i proprietari degli immobili siti nel comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica;

   la materia rientra nella competenza della legislazione regionale (articolo 117 della Costituzione), ma la riscossione dei contributi era prevista dal secondo comma dell'articolo 21 del succitato regio decreto, che prevedeva che essa avvenisse «con le norme che regolano l'esazione delle imposte dirette» cioè a mezzo di ruolo e cartella di pagamento e con eventuali concessionari;

   al punto 385 dell'Allegato 1 del decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 179, recante «Disposizioni legislative statali anteriori al 1 gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005 n. 246», l'articolo 21 non compare tra quelli del regio decreto n. 215 del 1933 di cui il legislatore ha voluto mantenere la vigenza, decretandone così, inequivocabilmente, la sua abrogazione, con conseguente cessazione, a far data dal 2009, del potere dei consorzi di riscuotere i contributi a mezzo ruoli, cartelle di pagamento e concessionari;

   tale interpretazione sistematica dell'evoluzione normativa, benché inequivoca, è stata ribadita anche dalla giurisprudenza tributaria (ad esempio commissione provinciale di Piacenza n.131/2017 e 154/2017);

   ciononostante, praticamente in tutte le regioni d'Italia detti consorzi continuano a riscuotere i contributi attraverso le iscrizioni nei ruoli esattoriali, spesso affidati a concessionari, e con la notifica di cartelle di pagamento;

   la natura stessa della riscossione esattoriale prevede che, dopo la notifica della cartella, ove questa rimanga senza pagamento o opposizione, la stessa diventa titolo esecutivo legittimante qualunque procedura esecutiva mobiliare, immobiliare, di fermo amministrativo di mezzi, di pignoramento di stipendio e/o pensione e così via;

   tale situazione è di grave nocumento per i possibili contribuenti, giacché provoca un'inversione nell'esercizio dei loro diritti di difesa, essendo costretti quest'ultimi a impugnare le cartelle allorquando la richiesta dei contributi è priva dei presupposti, spesso anticipando spese di gran lunga superiori al contributo reclamato, laddove, invece, nel regime ordinario, sarebbe il consorzio obbligato a sottoporre, prima, all'autorità giudiziaria tutti gli elementi a fondamento della propria pretesa, per vedersela riconosciuta anche in fase coercitiva –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative per chiarire definitivamente l'assetto normativo vigente e, ove risulti confermata l'interpretazione di cui in premessa, quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per impedire il protrarsi di quella che appare all'interrogante una vessazione di dubbia legittimità operata da parte dei consorzi attraverso il ricorso a una procedura abrogata da quasi dieci anni.
(4-00797)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia ha indetto un avviso utile a ricercare in locazione attraverso le modalità i parametri posti dall'articolo 2, comma 222 e 222-bis della legge n. 191 del 2009 e dall'articolo 1, comma 387, punto 2), della legge n. 147 del 2013, uno o più immobili da destinare a sede del tribunale di Bari e della procura della Repubblica presso lo stesso;

   nella seduta del 12 luglio 2018 alla Camera dei deputati, il Ministro interpellato ha richiamato l'operatività dell'articolo 17 del codice dei contratti pubblici secondo il quale le disposizioni non si applicherebbero «agli appalti e alle concessioni di servizi aventi ad oggetto l'acquisto o la locazione (...) quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni»;

   il Consiglio di Stato con sentenza n. 4476 del 26 ottobre 2016 ha precisato che solo la detenzione provvisoria di un immobile considerato nella sua consistenza fisica e funzionale può essere qualificata come semplice e pura locazione, mentre un contratto avente ad oggetto la locazione di locali appositamente e inscindibilmente attrezzati di servizi, deve essere qualificato come un contratto misto e che in tal caso si rende necessario esperire una procedura di gara;

   l'avviso precisa come, tra gli altri criteri individuati, costituisca elemento di valutazione preferenziale per la selezione dell'immobile richiesto «l'efficienza degli impianti», prevedendo che «gli spazi locati dovranno essere dotati di impianti certificati in conformità alla normativa vigente ed interamente cablati» (cd cablaggio strutturato). In assenza di tale requisito «si chiede la disponibilità ad operare ogni attività di cablaggio che dovesse rendersi necessaria a rendere l'immobile idoneo alla specifica destinazione d'uso»;

   la previsione nell'oggetto del contratto di esigenze di cablaggio e prestazione d'efficienza degli impianti di cui all'avviso amplia in maniera sostanziale l'oggetto stesso del contratto che non può ritenersi di «semplice e pura locazione», qualificandolo piuttosto, come un contratto misto per il quale non opera la previsione di esclusione specifica di cui all'articolo 17 del codice, ad avviso dell'interpellante erroneamente richiamato dal Ministro;

   facendo riferimento alla procedura effettivamente espletata, si comprende come non si sia svolta alcuna procedura di gara;

   ove non si fosse ritenuto di applicare il codice in ossequio ad una malintesa interpretazione dell'articolo 17, si concretizzerebbe, secondo l'interpellante, una violazione delle previsioni di legge;

   qualora si ritenga di dover riaffermare l'esclusione specifica di cui all'articolo 17 del codice ci si troverebbe nell'ambito affrontato dal Consiglio di Stato con parere del 10 maggio 2018, n. 1241, sulla disciplina dei contratti di acquisto o locazione di immobili ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 50 del 2016 letto in combinato disposto con l'articolo 17, lettera a), dello stesso codice, ai sensi del quale in riferimento ai contratti di acquisto o locazione di «terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni» vanno rispettati i principi previsti dall'articolo 4 per tutti i contratti pubblici esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del codice; conseguentemente, la vigilanza e il controllo sui detti contratti pubblici sono attribuiti all'Anac (articolo 213 del codice);

   qualora non si ritenga di qualificare il contratto in questione come ad oggetto misto, rendendo obbligatoria l'attivazione di una procedura di gara, ritenendolo contratto di locazione semplice e puro, residuerebbe comunque il controllo dell'Anac;

   le notizie riportate sul quotidiano «la Repubblica» in ordine alle circostanze evidenziate circa i presunti ed eventuali rapporti sussistenti tra il soggetto offerente con organizzazioni criminali, rendono opportuno un approfondimento difficilmente conciliabile coi tempi assai ristretti imposti dal decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73 –:

   se si qualifichi il contratto in esame come di locazione semplice e pura e pertanto si ritenga la scelta del contraente sottratta a procedura di gara disciplinate dal codice degli appalti;

   come si interpreti il requisito preferenziale di cosiddetto cablaggio stabile previsto dall'avviso che, in ossequio alla sentenza resa dal Consiglio di Stato, suggerisce di qualificare il contratto come misto, rendendo necessario lo svolgimento di una procedura di gara;

   se si sia comunque svolto, in che forme e con che esito il controllo da parte dell'Anac previsto dall'articolo 213 del codice degli appalti non escluso, ma anzi rafforzato dall'esclusione di cui all'articolo 17 del codice medesimo, come precisato dal parere n. 1241 del 10 maggio 2018 reso dal Consiglio di Stato;

   se sussistano le condizioni e i requisiti per agire in autotutela al fine della sospensione e/o della revoca dell'affidamento, stante altresì, in base ai chiarimenti dati dal Ministero sulla procedura in questione, la mancanza di ogni diritto o aspettativa in capo all'offerente in conseguenza della partecipazione alla selezione di cui all'avviso predetto.
(2-00059) «Sisto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 16 luglio 2018 è stato pubblicato sul quotidiano La Repubblica l'articolo «Patto tra Salvini e la lobby delle armi, protestano le opposizioni: “Far West che favorisce i delitti”» riguardante la firma, da parte del Ministro dell'interno Matteo Salvini, del documento «Assunzione pubblica di impegno a tutela dei detentori legali di armi, dei tiratori sportivi, dei cacciatori e dei collezionisti di armi» presso la fiera «Hit Show» tenutasi a Vicenza nel febbraio 2018;

   il documento sopracitato, al primo punto, vincola il Ministro a «coinvolgere e consultare il Comitato Direttiva 477 e le altre Associazioni di comparto ogni qual volta siano in discussione provvedimenti che possano influire sul diritto di praticare l'attività sportiva con armi e/o venatoria, o su quello più generale a detenere e utilizzare legittimamente a qualsiasi titolo armi, richiedendone la convocazione presso gli organi legislativi o amministrativi in ogni caso si renda opportuno udirne direttamente il parere» e all'ottavo punto «ad affrontare con serietà e decisione l'inevitabile e necessaria revisione dell'istituto della legittima difesa, tutelando prioritariamente il diritto dei cittadini che sono vittime di reati a non essere perseguiti ed ulteriormente danneggiati (anche economicamente) dallo Stato e dai loro stessi aggressori»;

   il 24 luglio è stato pubblicato su Famiglia Cristiana un articolo dal titolo «Cari cittadini, sulla riforma della legittima difesa vi ingannano» nel quale viene citato il comunicato emesso dall'Associazione italiana dei professori di diritto penale dove viene sottolineato come «una legge che possa evitare un'indagine davanti a un ferito o un morto ammazzato è una bufala. L'indagine ci sarà sempre perché si tratterà di verificare se sia stato necessario difendersi o se è accaduto qualcosa di diverso»;

   inoltre, secondo lo studio «The Relationship Between Gun Ownership and Firearm Homicide Rates in the United States», pubblicato su American Journal of Public Health, negli Stati con un più elevato tasso di possesso di armi si registra un maggiore tasso di omicidi per arma da fuoco. Lo stesso studio ha messo in luce come, negli ultimi trent'anni, ad ogni aumento di un punto percentuale del tasso di possesso di armi da fuoco in uno Stato consegua un aumento di circa un punto percentuale del tasso di omicidi causati da arma da fuoco;

   infine, diversi studi hanno dimostrato come in realtà possedere un'arma da fuoco non comporti necessariamente maggiore sicurezza. Il saggio «Seeing Is Believing: What Do Boys Do When They Find a Real Gun?». pubblicato su Pediatrics – Official Journal of the American Academy of Pediatrie, dimostra che un terzo dei bambini tra gli 8 e i 12 anni che trova un'arma da fuoco ne preme il grilletto e lo studio «When men murder women: an analysis of 2013 homicide data», redatto dall'organizzazione The Violence Policy Center, rivela che nel 2013 il 53 per cento delle donne uccise dai propri mariti o compagni sia stato assassinato con un'arma da fuoco –:

   se sia effettivamente nelle intenzioni dei Ministri interrogati assumere iniziative per la presentazione di un disegno di legge per modificare l'attuale legge sulla legittima difesa, al fine di «azzerare» il reato di eccesso di legittima difesa e la proporzionalità tra l'offesa e la difesa;

   alla luce dell'accordo sottoscritto con il Comitato direttiva 447 e della maggiore protezione dei diritti dei possessori di armi che ne consegue, se il Governo intenda assumere iniziative per modificare in particolare le disposizioni sull'acquisizione del porto d'armi, sulla falsa riga del modello statunitense, giungendo alla liberalizzazione della vendita delle armi;

   se, alla luce dei dati riferiti dagli studi riportati in premessa, il Governo non intenda rivedere le proprie posizioni in merito all'uso delle armi in Italia.
(4-00813)


   MELICCHIO, D'IPPOLITO, MISITI, ORRICO, TUCCI e SAPIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   numerosi articoli di stampa descrivono un ambiente conflittuale all'interno della procura del tribunale di Cosenza a causa di inchieste boicottate e fughe di notizie;

   le informazioni diffuse, in realtà, trovano riscontro su alcuni dati oggettivi, come una fotografia pubblicata che ritrae il PM Cozzolino a cena con l'indagato Carmine Potestio, ex capo gabinetto del sindaco di Cosenza;

   tali notizie generano, presso l'opinione pubblica, dubbi e perplessità sull'operato della procura del tribunale di Cosenza;

   negli articoli, si afferma che nell'inchiesta per corruzione e abuso d'ufficio riguardante Carmine Potestio, nonché l'ingegnere Pecoraro – dirigente comunale – e l'architetto Cucunato, nonostante l'ingegnere Potestio venisse indicato dalla dottoressa Manzini quale il deus ex machina dell'organizzazione criminale dedita alla truffa attraverso la concessione agli amici degli amici dei famigerati appalti spezzatino è stato tenuto fuori da ogni inchiesta dal PM Cozzolino, il quale avrebbe esercitato pressioni ricattatorie nei confronti degli altri magistrati;

   successivamente, forse anche a seguito della pubblicazione della fotografia che ritrae il PM Cozzolino a cena con Potestio (indagato) e al presidente del consiglio comunale di Cosenza Pierluigi Caputo, il PM Cozzolino è stato allontanato da tutte le inchieste che riguardano la pubblica amministrazione;

   altra vicenda, altre anomalie. Nel comune di San Giovanni in Fiore (CS), il Dr. Martino Emilio Dante viene assunto quale responsabile finanziario del comune, nonostante questo posto fosse già occupato. Il bando per l'assunzione del 2017 fu pubblicato solo sul sito del comune, non sulla Gazzetta Ufficiale, con tempi di pubblicazione ristrettissimi (una settimana circa), il colloquio sarebbe avvenuto alla sola presenza del sindaco, mentre dal verbale risulta presente tutta la commissione;

   tali episodi sono stati denunciati dalla Guardia di finanzia per falso in atto pubblico;

   peraltro, la convocazione del colloquio avrebbe dovuto avvenire mediante pubblicazione, mentre avrebbe avuto luogo tramite un contatto diretto;

   il procedimento sarebbe stato oggetto di richiesta di archiviazione;

   altro caso. Nel 2016 l'ATI di Lamezia Terme vince un appalto per servizio navetta per pazienti, farmaci, emoderivati e cartelle cliniche all'A.O. di Cosenza. A quanto consta agli interroganti, in proposito sarebbero emerse diverse criticità sulle quali sarebbero state avviate indagini; non si conosce tuttavia quale esito esse abbiano avuto;

   parimenti, sarebbero state rilevate criticità, per quanto risulta agli interroganti, anche nella gara d'appalto per la raccolta dei rifiuti nel comune di San Giovanni in Fiore. Anche in questo caso, le segnalazioni non avrebbero prodotto alcun esito;

   queste notizie, oramai di dominio pubblico, gettano discredito nel funzionamento della procura del tribunale di Cosenza che, per la sua autonomia e dovere di riservatezza, non può né deve replicare a «voci» sull'adeguatezza del suo operato –:

   ferma restando la piena autonomia della magistratura, se il Ministro interrogato, alla luce delle anomalie riscontrate, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive presso il tribunale di Cosenza, e ciò anche al fine di fugare tutti i dubbi che emergono anche dalla stampa sulle attività giudiziarie sopra indicate, a tutela dell'immagine stessa della procura del tribunale di Cosenza.
(4-00815)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BUTTI e TRANCASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il lago di Como è uno dei più belli al mondo, ma da alcuni anni il problema dell'oscillazione dei livelli del Lario causa danni ingenti alle sponde del lago, al turismo da diporto, alla navigazione del lago di Como, alla flora e alla fauna;

   tale problematica rappresenta una minaccia, come dimostrano i ripetuti crolli di muri spondali, le darsene impraticabili, i cedimenti e gli avvallamenti, le perdite di pescato professionale;

   la regolazione dei livelli viene effettuata, con l'osservanza della concessione accordata nel 1942, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tentando di tenere conto delle esigenze, spesso in conflitto tra loro, degli interessi rivieraschi del lago, dei produttori idroelettrici di monte, dell'ecosistema del fiume Adda e degli utenti del consorzio dell'Adda;

   il controllo della regolazione è effettuato dal provveditore delle opere pubbliche di Milano e dall'Arpa;

   appare indispensabile contemperare le esigenze ambientali e quelle produttive che interessano l'utilizzo dell'acqua del Lario (sia a monte che a valle) al fine di fronteggiare le criticità legate, in particolare, alla oscillazione dei livelli del lago stesso e alle disponibilità idriche di valle ad uso irriguo;

   attualmente i livelli sono pericolosamente ridotti ai limiti storici e, data la stagione estiva, è presumibile ritenere che all'orizzonte non saranno previste piogge significative;

   urge disporre di una serie di dati incontrovertibili e di assoluta rilevanza scientifica che consentano a tutti i «portatori di interesse» di rinunciare ad una visione parziale e faziosa per approcciare un metodo finalmente scientifico, necessario per offrire soluzioni globali e innovative in grado di soddisfare tutti gli interessi in campo: si tratta di dati e informazioni indispensabili per costruire una piattaforma gestionale e di pianificazione regionale, patrimonio comune di tutti, e approntare soluzioni legislative, assicurative e tecnologiche utili alla soluzione del problema;

   lo studio potrebbe essere affidato, sotto l'egida di regione Lombardia e dei competenti Ministeri, al Politecnico di Milano (dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria) –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative, anche di natura economica e organizzativa, ritenga opportuno adottare per trovare una soluzione dirimente della regolazione dei livelli delle acque del lago di Como e della gestione integrata dell'intero bacino del fiume Adda.
(5-00242)


   ROSPI, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 172, la così detta «strada dei trulli» è una arteria molto importante per la regione Puglia, per i comuni interessati quali Martina Franca e Locorotondo e per il collegamento tra le province di Bari e Taranto;

   nel dettaglio i lavori interesseranno circa 13,5 chilometri e prevedono l'allargamento a quattro corsie, due per senso di marcia, del tratto denominato «Orimini Superiore», precisamente dal chilometro 60,5 al chilometro 65, che da Martina Franca va verso Taranto;

   tra gli interventi previsti ci saranno anche quelli per la messa in sicurezza delle strade di penetrazione a Martina Franca, il rifacimento del pacchetto stradale e l'introduzione di alcune rotonde per migliorare lo scorrimento dei veicoli;

   al fine di salvaguardare le prescrizioni ambientali e paesaggistiche saranno effettuati dei lavori che interesseranno anche il risanamento delle opere idrauliche coinvolte, per una migliore efficienza del sistema di drenaggio del corpo stradale, nonché il ripristino completo dei muretti a secco e il rinforzo delle aree verdi nei pressi delle rotatorie;

   il progetto definitivamente approvato prevede un costo complessivo di 25 milioni e 800 mila euro, l'opera rientra inoltre nel piano nazionale per il Sud, approvato e finanziato con la delibera del Cipe n. 62 del 2011, riportato anche nell'accordo di programma con la regione Puglia nel 2013 e che ha avuto un finanziamento pari a 36 milioni di euro;

   in data 2 luglio 2018 hanno preso ufficialmente il via i lavori di ammodernamento della strada statale 172 «Strada dei trulli», per i quali si è stimata una durata lavori pari a 1140 giorni;

   da alcuni organi di stampa locali si apprende che i lavori in atto riguarderebbero solo una parte della strada statale 172, tralasciando per il momento i lotti relativi alla tratta che collega il comune di Casamassima con il comune di Turi e il comune di Turi con quello di Putignano –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere presso l'Anas al fine di ricevere informazioni sullo stato dell'arte relativo alle tratte Casamassima-Turi e Turi-Putignano non incluse nei lavori avviati il 2 luglio 2018 e se e quali finanziamenti siano stanziati per le sopracitate tratte.
(5-00243)


   GIACOMETTO, RUFFINO, CORTELAZZO, PORCHIETTO, SOZZANI, ROSSO, ZANGRILLO, PELLA, CASINO, GAGLIARDI, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   esponenti autorevoli del Governo e lo stesso Ministro interrogato hanno più volte annunciato l'intenzione di rivedere la fattibilità di tutte le principali grandi opere in corso di realizzazione sotto il profilo della sostenibilità soprattutto economica;

   nel contratto di Governo M5S-Lega c'è scritto che rispetto ad una serie di opere pubbliche sarà istituito un comitato di conciliazione il quale «dopo un'attenta analisi e valutazione del rapporto tra costi e benefici, adotterà le opportune decisioni con riferimento alla realizzazione e al completamento delle opere pubbliche di rilievo nazionale (...)»;

   non è assolutamente chiaro che cosa si intenda per «valutazione del rapporto tra costi e benefici» né come si intenda affrontare le conseguenze economiche e di immagine ove si optasse per una sospensione delle stesse. Enormi sarebbero le ricadute negative, in termini sia economici che di immagine, della mancata realizzazione di opere assolutamente strategiche, trattandosi di operazioni che investono la responsabilità del nostro Paese, anche in base ad accordi internazionali;

   nel rispondere ad alcune interrogazioni sul tema al Senato il 12 luglio 2018 il Ministro per i rapporti col Parlamento e la democrazia diretta, Fraccaro ha affermato che «gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compresa la Struttura tecnica di missione, sono al lavoro sui singoli dossier per un'attenta analisi dei costi e dei benefici, per la valutazione della sostenibilità effettiva, dal punto di vista economico, ambientale e sociale»;

   tuttavia, preoccupano le metodologie operative poste in essere dal Ministro interrogato in tale ambito, che lasciano dubitare della obiettività del lavoro in corso. Con riferimento ad esempio alla linea ad alta velocità Torino-Lione, il sindaco della città di Torino, dopo l'uscita dall'Osservatorio sulla Tav ha istituito nell'ottobre 2016, una commissione «imparziale» formata solo da consulenti «No TAV» e il 17 luglio 2018 si è presentata negli uffici del Ministero con numeri, grafici e stime elaborati dalla suddetta «commissione tecnica». Viceversa il commissario straordinario della Torino-Lione, Paolo Foietta da mesi che chiede di poter incontrare il Ministro per spiegargli il lavoro che sta facendo, ma senza risposta –:

   se il Ministro interrogato, in assenza dell'illustrazione delle sue indicazioni programmatiche ad oltre 50 giorni dalla costituzione del Governo, non ritenga opportuno chiarire le modalità con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sta procedendo alla complessiva revisione delle opere pubbliche e come stia assicurando l'imparzialità delle previste analisi «costi-benefici».
(5-00244)


   BRAGA, DEL BASSO DE CARO, MORASSUT, MORGONI, ORLANDO, PELLICANI e PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa del 23 luglio 2018 risulta che il Ministro interrogato ha detto che la fusione tra Ferrovie dello Stato italiane e Anas «è certamente sbagliata perché è stata fatta senza capire perché» e questa presa di posizione si inserisce nel solco di quelle già espresse dai Vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini;

   sulla questione, il sottosegretario Dell'Orco – in risposta all'interrogazione n. 5-00198 per sapere se quanto affermato dai sottosegretari per le infrastrutture e i trasporti Armando Siri ed Edoardo Rixi di voler fare «marcia indietro» sulla fusione tra Ferrovie dello Stato italiane ed Anas corrispondesse alla posizione del Governo – ha ribattuto a tale ipotesi, attribuendo le affermazioni ad «una posizione personale sulla questione»;

   tale risposta appare agli interroganti confutata dalle citate esternazioni del Ministro e dei Vicepremier;

   la fusione di Ferrovie dello Stato italiane e Anas è un importante progetto industriale con un fatturato di 11 miliardi di euro e più di 100 miliardi di euro di investimenti già programmati per i prossimi dieci anni. Si tratta di un grande piano per l'Italia, in particolare per il Mezzogiorno, che il Governo Lega-M5S intende fare fallire a discapito degli interessi nazionali;

   il rimettere in discussione l'unione tra le due aziende, ad avviso degli interroganti, è funzionale al mantenimento dello status quo nella disponibilità di incarichi di rilievo per le presidenze e pertanto si blocca la nascita di un grande polo delle infrastrutture e dell'intermodalità ferro/gomma;

   si tratta di un gruppo di 80 mila dipendenti chiamato a gestire 50 mila chilometri di reti, capace di generare un fatturato di 10,5 miliardi di euro e produrre oltre 8 miliardi di euro di investimenti annui creando lavoro e sviluppando l'indotto –:

   quale sia la posizione ufficiale del Governo in merito al progetto di unificazione tra Anas e Ferrovie dello Stato italiane e in che modo l'annunciata ipotesi di bloccare tale processo risponda agli interessi nazionali di competitività e crescita, piuttosto che a logiche che, ad avviso degli interroganti, nulla hanno a che fare con il cambiamento.
(5-00245)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane si è registrato, purtroppo, come riportano anche gli organi di informazione un numero crescente di incidenti, anche mortali, lungo la A1 nel tratto Roma-Napoli;

   il verificarsi di questi incidenti sembra essere coinciso con la rimozione dei tutor a seguito della lunga e articolata vicenda giudiziaria tra Craft, una piccola azienda toscana, e società Autostrade per l'Italia;

   i nuovi tutor come è stato comunicato dall'Associazione sostenitori Polstrada (Asaps) sarebbero dovuti entrare in funzione il 25 luglio 2018, notizia poi smentita dalla società Autostrade per l'Italia –:

   se, nel periodo di non funzionamento dei tutor lungo il tratto autostradale in questione, si sia registrato un incremento degli incidenti, anche mortali, e quali iniziative si intendano assumere, a seguito del ripristino del controllo elettronico della velocità, per un potenziamento del pattugliamento della polizia stradale lungo la tratta Roma-Napoli al fine di assicurare un maggiore controllo.
(5-00246)


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 luglio 2018 la Corte dei conti ha registrato la delibera Cipe n. 3 del 2018 relativa alla seconda tratta del terzo megalotto della strada statale Jonica;

   la nuova sede della statale 106 «Jonica» sarà tra strada statale 534 di Cammarata e degli Stombi nei pressi di Sibari, e Roseto Capo Spulico;

   il progetto definitivo della prima tratta della strada è stato pubblicato nell'agosto 2017 e sono state intraprese le attività propedeutiche all'avvio del cantiere;

   risultano essere state avviate attività propedeutiche come progettazione esecutiva, attività espropri, il completamento dell’iter approvativo con la previsione dell'inizio lavori entro fine 2018;

   l'intervento del suddetto terzo megalotto riguarda 38 chilometri e si prevedono 1 miliardo e 300 milioni di euro di investimento;

   il tracciato in questione prevede 3 gallerie naturali, 10 gallerie artificiali, 17 viadotti e ponti e 4 svincoli: Sibari Cerchiara, Cerchiara/Francavilla, Trebisacce sud e Roseto;

   si tratta di un'opera molto importante che fa seguito ad un impegno straordinario compiuto nella scorsa legislatura per finanziare un asse viario strategico per il mezzogiorno e l'intero Paese;

   su 491 chilometri complessivi da Reggio Calabria a Taranto, ad oggi, risultano essere stati completati circa 151 chilometri;

   risultano essere in esecuzione, lungo l'intero tracciato, interventi per un importo di 260 milioni di euro;

   nell'ambito della nuova strategia, adottata d'intesa da Anas e regione Calabria, vi è un piano di riqualificazione di altri tratti in territorio calabrese per un importo complessivo di 690 milioni di euro già inseriti nel piano pluriennale 2016-2020;

   l'annuncio della registrazione della Corte dei conti per il terzo megalotto è quindi una importantissima notizia per l'ammodernamento di questa infrastruttura che, purtroppo, per la sua inadeguatezza è fonte di pericolo per chi la percorre e fa registrare numerose vittime;

   si apprende che alcuni esponenti di una forza politica che sostiene l'attuale esecutivo, abbiano manifestato perplessità proprio in merito al terzo megalottto dell'arteria;

   sarebbe gravissimo che proprio adesso si fermi il processo di ammodernamento della strada statale 06 Jonica, compromettendo tutti gli sforzi compiuti nel corso di questi anni per arrivare ad un quadro complessivo e organico di interventi –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito agli investimenti già stanziati, compreso il terzo megalotto, per l'ammodernamento della strada statale 106 Jonica, considerate la strategicità della infrastruttura e le esigenze di sicurezza di sicurezza di chi quotidianamente è chiamato a percorrerla.
(5-00247)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   GARIGLIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dei giorni 20 e 21 luglio 2018 si sono verificati gravi scontri a Chiomonte nell'ambito dell'annuale meeting «No Tav»;

   circa 150 manifestanti impegnati nel tradizionale campeggio di Venaus per protestare contro l'alta velocità Torino-Lione dopo l’«apericena» simbolico contro l'opera in programma davanti alla centrale elettrica, hanno acceso un falò di fronte al varco numero 1 del cantiere, proseguendo poi con lancio di razzi, petardi e fuochi d'artificio contro le forze dell'ordine che presidiavano il sito;

   gli agenti hanno risposto con i lacrimogeni; poi, un forte acquazzone ha costretto i manifestanti a lasciare l'area;

   stesso scenario si è presentato nella serata del 21 luglio 2018 quando i manifestanti No Tav si sono avvicinati al cantiere percorrendo il sentiero da Giaglione e, una volta superati gli sbarramenti jersey, hanno nuovamente lanciato petardi, fuochi artificiali, oggetti contundenti e pietre contro le forze dell'ordine che, per allontanare i manifestanti, hanno risposto con i lacrimogeni;

   la polizia ha già provveduto a individuare alcuni responsabili dei raid, circa 25 a quanto si apprende dagli organi di stampa, e che verranno denunciati all'autorità giudiziaria;

   i controlli della digos hanno coinvolto decine di persone, a bordo di svariate automobili, molte delle quali appartenenti all'area del centro sociale Askatasuna di Torino. Molti attivisti provengono da Modena, Pisa, Bologna e anche Catania;

   si tratta di azioni gravi che destano preoccupazione in tutto il comprensorio;

   c'è preoccupazione anche in vista della terza edizione del festival Alta felicità, in programma a Venaus dal 26 al 29 luglio 2018, un appuntamento al quale si daranno appuntamento i gruppi più oltranzisti anti-Tav;

   l'indeterminatezza del Governo in merito al futuro dell'opera alimenta questo clima di tensione esponendo i lavoratori dei cantieri e le forze dell'ordine agli atti di violenza delle frange più estreme dei movimenti No Tav –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di proteggere adeguatamente i cantieri e i lavoratori impegnati nella realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione e quali iniziative intenda assumere in vista dei nuovi annunciati appuntamenti da parte dei movimenti «No Tav» per rafforzare le misure di sicurezza e scongiurare il ripetersi degli scontri già registrati nel corso dei giorni 20 e 21 luglio 2018.
(3-00111)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della settimana dal 16 al 20 luglio 2018 nel territorio di Pisticci Scalo si sono registrati due diversi incendi che hanno minacciato l'incolumità di cittadini;

   è stato particolarmente vasto il primo che ha interessato diverse centinaia di metri di pineta con fiamme giunte a distanza di qualche metro da alcune abitazioni del quartiere residenziale;

   il secondo si è invece sviluppato sempre nelle vicinanze del già richiamato incendio e ha coinvolto la vecchia stazione delle Ferrovie Appulo Lucane;

   il pronto intervento dei vigili del fuoco ha evitato che si propagassero e creassero problemi alla popolazione;

   già in altre circostanze si erano sviluppati incendi nelle aree adiacenti il quartiere residenziale destando preoccupazione tra gli abitanti;

   si fa presente che a poche centinaia di metri dal centro vi è un sito industriale che è sottoposto alla normativa «Seveso» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e se non ritenga opportuno, d'intesa con le altre amministrazioni competenti, rafforzare l'attività di vigilanza antincendio nell'ambito del quartiere di Pisticci Scalo considerata l'importante presenza di verde e la prossimità ad un impianto industriale.
(5-00237)


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Orosei è un comune di 7 049 abitanti della provincia di Nuoro, in Sardegna;

   il suo territorio comprende un'estensione costiera di oltre 20 chilometri lungo i quali si alternano spiagge (Marina di Orosei, Su Barone, Osala, Cala Ginepro, Sas Linnas Siccas, Bidderosa, Sa Curcurica) e strapiombi a picco sul mare del Golfo di Orosei. Ad Orosei appartengano anche le frazioni marittime di Sos Alinos e Cala Liberotto distanti circa 12 chilometri dal centro. Il territorio è ampio 91 chilometri quadrati, il ventitreesimo a livello provinciale e l'ottantasettesimo a livello regionale;

   oltre ad essere un centro turistico di prestigio, è anche sede di importanti attività economiche, quali quelle legate dal distretto del marmo;

   è sede di un distaccamento della polizia stradale di Nuoro, sito in un edificio di proprietà del comune, di nuova costruzione, e ha a disposizione 1 alloggio di servizio per il comandante e 7 camere, di cui due doppie, per un totale di nove posti letto;

   l'attuale organico è di 5 agenti più due funzionari burocrati, ma risultano ancora sospese diverse richieste di trasferimento presso la sede di Orosei;

   nel 2017 l'organico arrivava a contare 17 unità;

   è dall'anno 2014 che ricorrono voci di progressivo ridimensionamento sino alla chiusura definitiva, convinzione che si va rinforzando grazie ai mancati trasferimenti per il completamento dell'organico in servizio;

   la polizia stradale non comprende solo l'area del comune di Orosei, ma interviene in diverse aree e comuni della Baronia;

   va sottolineata l'importanza di non ridimensionare questo servizio di pubblica sicurezza, ma al contrario di rinforzarlo con uomini e mezzi, tanto da garantire una capillare presenza nel territorio –:

   quali iniziative intenda adottare merito al distaccamento della polizia stradale di Orosei, se sussistano richieste concernenti trasferimenti a tale presidio e per quali motivi da anni non avvengano i doverosi trasferimenti per il completamento dell'organico in un centro importante quale è lo stesso Orosei.
(5-00238)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOND. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Sindacato autonomo di polizia (SAP) ha fatto presente che il piano di distribuzione dei potenziamenti di personale delle specialità, previsti per il mese di ottobre 2018 reso noto il 23 luglio 2017 dal Ministero dell'interno, non prevede rinforzi per la provincia di Belluno;

   il sindacato individua una serie di elementi preoccupanti, che dimostrano secondo l'interrogante come a livello centrale l'attenzione per questa provincia appaia praticamente nulla;

   dal giugno 2010 ad oggi la polizia stradale bellunese ha perso 12 unità (7 la Sezione di Belluno, 4 il distaccamento di Feltre e 1 il distaccamento di Valle di Cadore) e il saldo negativo entro fine anno è destinato ad aumentare; con ulteriori tre pensionamenti si arriverà a meno 15 unità;

   la sezione Polstrada di Belluno con l'attuale organico riesce a garantire il servizio solo su due turni anziché cinque. Con questi numeri non si riesce più a garantire una continua ed efficace presenza sul territorio. Si aggiunga a questo la riduzione del servizio radiomobile dei carabinieri;

   l'età media dei pattuglianti è sempre più elevata: 51 anni a Feltre, 50 a Belluno;

   nonostante le promesse di potenziamento del precedente, e soprattutto dell'attuale Governo, gli organici della polizia di Stato sono oramai veramente all'osso. Il Sap quantifica che a livello nazionale nella sola polizia di Stato mancano 20.000 uomini, che diventano 50.000 se si considerano tutte le forze dell'ordine. L'addestramento e carente e non sempre adeguato, così come carenti sono mezzi ed equipaggiamenti –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare la presenza delle forze dell'ordine sul territorio della provincia di Belluno e, più in generale, per potenziare gli organici della polizia di Stato, dando corso agli impegni presi in campagna elettorale.
(4-00802)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi la stampa locale e nazionale ha reso noto il terribile episodio di violenza verificatosi a Piacenza dove una donna è stata sequestra e violentata per ore all'interno del suo bar nella notte tra il 18 e il 19 luglio 2018;

   le forze dell'ordine, in merito a tali gravissimi fatti, hanno fermato e arrestato un cittadino romeno di 34 anni, nato in Ucraina, con numerosi precedenti e con provvedimenti di espulsione a suo carico. È accusato di violenza sessuale, sequestro di persona, tentata rapina, lesioni. Sempre a mezzo stampa si apprende che aveva tentato di recente di rubare un'auto ed era stato posto in prova ai servizi sociali. Reati che, insieme, avevano portato a un cumulo di pena con conseguente obbligo di dimora: la persona, invece, sembrava uscire spesso visto che più e più volte lo si vedeva in zona intento a giocare ai videopoker;

   non si tratta, purtroppo di un caso isolato. Anche a Reggio Emilia, di recente, la polizia di Stato ha sottoposto a fermo il presunto autore di una violenza sessuale: si tratta di un ucraino, senza fissa dimora. Ancora a Bologna, nei giorni scorsi, un tunisino di 30 anni è stato arrestato con l'accusa di aver aggredito una ragazza di 23 anni. A suo carico, come riporta la stampa, una serie di precedenti per spaccio, rapina e ricettazione;

   tali gravissime vicende, ancora una volta, mettono in luce, a parere dell'interrogante, una criticità oggettiva in relazione alle procedura di espulsione degli irregolari, nonché dei cittadini stranieri che sono dediti ad attività criminose;

   appare necessario capire e indagare, dunque, le motivazioni per le quali si registrino tali criticità quando si tratta di portare a compimento un provvedimento di espulsione o quando occorre assumere provvedimenti di immediato accompagnamento alla frontiera non solo di stranieri irregolari, ma anche di cittadini stranieri che continuano, reiteratamente, a vivere di espedienti e di attività illecite e che sono socialmente pericolosi;

   il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», disciplina, all'articolo 13, l'espulsione amministrativa per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa il procedimento di espulsione a carico delle persone accusate dei fatti di cui in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda chiarire se siano stati emessi provvedimenti di espulsione a carico delle persone fermate per i fatti di cui sopra;

   se intenda chiarire per quale motivo, in particolare per il caso di Piacenza, la persona stessa si trovasse ancora in Italia;

   se si intenda avviare, per quanto di competenza, una verifica in merito alle criticità e alle difficoltà che si registrano in tutto il Paese per eseguire un provvedimento di espulsione;

   quali iniziative urgenti si intendano assumere per superare tali criticità e rendere più agevole e tempestiva l'esecuzione dei provvedimenti di espulsione;

   quali iniziative urgenti a carattere normativo si intendano assumere per inasprire le pene e per espellere con tempestività i cittadini stranieri che risultino abitualmente dediti a traffici delittuosi o che siano ritenuti socialmente pericolosi.
(4-00804)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   risulta da notizie diffuse dai media (www.ilpiacenza.it) che un richiedente asilo di 24 anni del Mali sia stato associato al carcere delle Novate di Piacenza, su disposizione del giudice delle indagini preliminari che ha spiccato un'ordinanza di custodia cautelare, in ragione di una violenza sessuale aggravata commessa su di una minore (9 anni);

   a tanto avrebbe portato l'indagine degli agenti della squadra mobile di Piacenza che avrebbero appurato che il giovane avrebbe poco tempo fa — in una struttura di accoglienza della città, con la scusa di offrire patatine, merendine e altri doni — avvicinato e palpeggiato una minore del Niger, pure ospitata presso la detta struttura con la madre;

   essendo stato rifiutato, al predetto presunto autore del fatto, lo stato di rifugiato politico, appare ragionevole attendere la sua immediata espulsione dall'Italia, risultando per di più il fatto di inaudita gravità –:

   se i fatti sopra riportati trovino conferma, quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, se nella struttura in cui è accaduto il fatto fossero attivi i dovuti meccanismi di controllo sul comportamento degli ospiti e, nel caso in cui non lo fossero, per quali ragioni.
(4-00808)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del consiglio comunale n. 18 del 15 maggio 2017 avente ad oggetto «Distaccamento Stabile dei Vigili del Fuoco presso il Comune di Ricadi – Richiesta al Ministero dell'interno» il comune di Ricadi deliberava all'unanimità di trasmettere una proposta di apertura di un nuovo distaccamento permanente dei vigili del fuoco;

   il comune di Ricadi individuava altresì come sede del nuovo distaccamento un edificio di sua proprietà da circa 10 anni utilizzato per il presidio stagionale, il quale verrebbe concesso in uso gratuito ed esclusivo al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, facendosi carico inoltre di tutti i lavori necessari per l'adeguamento strutturale dell'edificio;

   con propria nota protocollo n. 2996 del 15 maggio 2017, il comandante provinciale di Vibo Valentia esprimeva parere favorevole all'apertura del distaccamento, rilevando come «Fin dall'inizio del mio mandato in qualità di Comandante Provinciale ho sempre ritenuto che il territorio della Provincia di Vibo Valentia non fosse adeguatamente coperto dal dispositivo di soccorso tecnico, soprattutto nella parte Sud della Provincia, alla quale fa parte non solo il Comune di Ricadi, ma anche quello di Tropea, Limbadi, Nicotera, Spilinga, tutti centri abitati che rivestono una particolare importanza (come per es. Tropea, Capo Vaticano, etc.), sia dal punto di vista produttivo che turistico, soprattutto nel periodo estivo, durante il quale il carico antropico aumenta notevolmente. Per quest'ultimo criticità, unita a quella connessa con i tempi di percorrenza, di gran lunga superiori ai 30-40 minuti, per via della pervietà delle infrastrutture statali, mi corre l'obbligo, in qualità di responsabile del dispositivo di soccorso nella Provincia di Vibo Valentia, di ritenere fondamentale e necessaria l'apertura di un nuovo presidio VF a servizio di questa parte di territorio. Va inoltre aggiunto che, da una ricerca statistica, ho potuto rilevare che la media degli interventi di soccorso effettuati in un lasso temporale rappresentativo (2010-2016) nel territorio che sarà di competenza del futuro Distaccamento di Ricadi, è di circa 450, numero quest'ultimo destinato sicuramente ad aumentare»;

   nel documento di valutazione sulla accettabilità del distaccamento permanente dei vigili del fuoco nella provincia di Vibo Valentia si rilevava inoltre che: «lo studio sembra aver confermato, sia in termini di percorrenza che per numero di interventi, la necessità di istituire una nuova sede VF [...]. La nuova sede garantirebbe un sicuro miglioramento del servizio di soccorso pubblico, che attualmente in quella zona risulta carente»;

   a ciò si aggiungeva altresì il parere favorevole del direttore regionale vigili del fuoco per la Calabria, espresso con nota n. 7844 del 25 maggio 2017;

   nonostante ciò, ad oggi la nuova sede dei vigili del fuoco presso il comune di Ricadi non è stata istituita e non sono chiari i motivi di tale ritardo che, date le premesse, appare del tutto ingiustificato –:

   quali siano le ragioni della mancata istituzione del distaccamento stabile dei vigili del fuoco presso il comune di Ricadi e quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per dare corso alla richiesta del consiglio comunale di attivazione del presidio permanete di soccorso pubblico.
(4-00811)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto interministeriale 402 del 13 giugno 2017 ha introdotto nuove regole per l'attivazione delle scuole di specializzazione di area medica, rendendo condizione necessaria uno specifico accreditamento secondo requisiti e standard minimi organizzativi e strutturali, di performance correlata alla docenza e alle prestazioni assistenziali;

   nel 2017 la scuola di specializzazione in cardiochirurgia dell'università «Magna Graecia» di Catanzaro ha ottenuto regolare accreditamento tramite decreto direttoriale Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2593 del 29 settembre 2017 con conseguente assegnazione di un posto, finanziato dal Ministero medesimo, ed un posto finanziato dalla regione Calabria;

   anche per l'anno 2018, la sopracitata università Magna Graecia di Catanzaro ha seguito la medesima procedura, conclusasi positivamente con l'accreditamento sia della scuola di specializzazione in cardiochirurgia dell'università «Magna Graecia» che della rete formativa ad essa connessa e costituita dalle tre cardiochirurgie calabresi: la stessa università Magna Graecia di Catanzaro, l'ospedaliera di Reggio Calabria e la privata accreditata a Catanzaro, come comprova il decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 20461 del 9 luglio 2018;

   la regione Calabria stessa aveva tempestivamente comunicato di avere previsto anche il finanziamento di un posto aggiuntivo riservato a laureati con residenza da almeno due anni nella regione, in ossequio alla determinazione assunta dal presidente della regione assieme all'università Magna Graecia di Catanzaro per l'accreditamento, con l'assegnazione di contratti aggiuntivi per gli anni 2017 e 2018, azienda ospedialiero-uiversitaria «Mater Domini» di Catanzaro per la creazione di una rete formativa cardiochirurgica regionale;

   suddetto impegno aveva determinato l'attivazione della Scuola di cardiochirurgia di Umg di Catanzaro;

   inaspettatamente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha inteso non attribuire i posti di sua competenza per l'anno accademico 2017/18 per la suddetta scuola, facendo decadere conseguentemente anche il finanziamento dei posti di spettanza regionale;

   le motivazioni diffuse a mezzo stampa dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tramite comunicato risultano essere state vaghe e non sufficientemente chiarificatrici del metodo utilizzato che ha comportato suddetta decisione negativa;

   come conseguenza la scuola di cardiochirurgia di Umg di Catanzaro rimane attiva e svolge regolarmente le sue funzioni sia didattiche che di formazione specialistica per i laureati medici iscritti in precedenza, ma, naturalmente, è fortemente penalizzata dalla mancanza di borse di studio finanziate che ne depotenzia l'attrattività –:

   quali siano state le motivazioni e le valutazioni che hanno indotto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a non assegnare, per quest'anno, alcun posto statale ad una scuola accreditata in modo congiunto sia dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che dalla regione Calabria, anche in relazione al fatto che tutte le borse delle altre scuole di specializzazione precedentemente accreditate, come quella in questione, risultino essere state regolarmente finanziate; quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di riconsiderare tale scelta per scongiurare una gravissima penalizzazione per la Calabria.
(5-00236)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa locali (Il Piccolo) del deposito in procura a Gorizia di un esposto promosso da Flc-Cgil contro la decisione del sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint che fissa un tetto del 45 per cento alla presenza di bambini stranieri nelle scuole, asili compresi;

   risultano essere 79, per la maggior parte stranieri, i bambini rimasti fuori dalle scuole dell'infanzia; i sindacati hanno richiesto alla prima cittadina leghista un confronto sulla vicenda, domandando in primo luogo l'immediato ritiro dell'atto e ricevendo come risposta un fermo diniego;

   il segretario regionale Flc-Cgil, Adriano Zonta, ha anticipato che l'esposto verrà inviato anche al Garante dei minori e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   il sindaco Cisint ha dichiarato che chiederà al tavolo con l'assessore regionale Alessia Rosolen e il direttore dell'ufficio scolastico regionale, Igor Giacomini, «classi più piccole e classi-ponte», ossia «spazi in cui i bimbi stranieri possano apprendere esaustivamente la lingua italiana così quando saranno pronti potranno essere inseriti in aula con gli altri»;

   a giudizio dell'interrogante, le misure adottate nei confronti degli alunni succitati sono discriminatorie, incostituzionali e contrarie ad ogni principio educativo –:

   quali iniziative, anche di natura normativa, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei principi costituzionali e di ovviare alla situazione che si è determinata a Monfalcone.
(4-00806)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2018 sul Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo in cui si ripercorre la storia di Paolo Cozza un addetto di un'azienda di vigilanza privata, la Sicuritalia, di Torino che, malato di cancro, si era licenziato il 31 luglio 2017;

   purtroppo, a fine agosto del 2017, dopo un autentico calvario il signor Paolo Cozza è morto per un tumore fulminante al polmone;

   come si apprende dall'articolo i circa 300 colleghi di lavoro avevano deciso di aiutare la vedova devolvendo una parte dello stipendio;

   risultano essere stati raccolti, sulla base di questa iniziativa di solidarietà, quasi 3 mila euro, un bel gesto che però non si è ancora materializzato;

   dopo 12 mesi, infatti, nonostante le lettere dell'avvocato e i reclami, l'azienda non avrebbe ancora proceduto a sbloccare il piccolo fondo di solidarietà promosso dai 300 colleghi;

   si apprende inoltre per dichiarazione dell'avvocato della vedova che non sarebbe stato ancora liquidato trattamento di fine rapporto maturato dal signor Cozza per gli anni di servizio –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza per verificare le ragioni per cui a distanza di un anno non è avvenuta la erogazione del trattamento di fine rapporto maturato dal signor Paolo Cozza considerato anche che i suoi familiari non hanno ancora ricevuto i fondi legati all'iniziativa di solidarietà sopracitata
(5-00240)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CECCONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nell'atto di indirizzo predisposto per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2016-2018 relativo all'area delle funzioni centrali vi è un paragrafo relativo alle «modalità di conferimento degli incarichi» in cui è incentivato il ricorso a procedure che «limitino l’outsourcing» e l'utilizzo di metodologie di selezione trasparenti e meritocratiche;

   l'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, così come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009, sottrae alla contrattazione collettiva «la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali»;

   le indicazioni di cui sopra, laddove richiedono una regolazione contrattuale delle modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali, sono pertanto in contrasto con la normativa vigente;

   le clausole contrattuali che deriverebbero dalle indicazioni dell'atto di indirizzo risulterebbero contra legem;

   tale atto d'indirizzo va nel senso di dare attuazione alla riforma cosiddetta Madia, dal nome del Ministro del Governo Renzi che la promosse, riforma cassata per illegittimità costituzionale, unitamente alla legge delega che la legittimava;

   la suddetta riforma ruotava sul «ruolo unico», con il rischio di depotenziare l'autonomia organizzativa e gestionale delle singole amministrazioni;

   questo perché la «riforma Madia» mirava ad estendere all'intera area dirigenziale la platea dei possibili concorrenti per ogni incarico da assegnare, limitandone l'accesso dall'esterno (outsourcing, appunto);

   ricorrendo a tali meccanismi di nomina così stringente, si rischia di vanificare il ricorso al tempo determinato dirigenziale, facendo venir meno la possibilità di disporre di figure professionali funzionali all'attuazione dei programmi politici, caratteristica fondante l'area funzioni centrali;

   sul punto, esiste compiuta disciplina normativa, ivi incluso lo stesso decreto legislativo n. 165 del 2001, articolo 19, comma 6;

   ancor più surreale è la circostanza per cui, per la prima volta nella storia della contrattazione collettiva del lavoro pubblico, alcuni dei soggetti al vertice dell'Aran, parte della suddetta contrattazione, siano dirigenti pubblici, ossia destinatari diretti del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area dirigenziale della funzioni centrali;

   lo stesso dicasi per i responsabili tecnici che hanno redatto l'atto d'indirizzo sopra citato –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative per rivalutare il contenuto dell'atto di indirizzo al fine di impartire ad Aran delle direttive negoziali coerenti alla normativa vigente, ripristinando, così, le condizioni di legittimità in cui vanno svolte le contrattazioni;

   se il Ministro interrogato, alla scadenza del mandato in corso, abbia intenzione di evitare una situazione di potenziale conflitto di interessi, assumendo le iniziative di competenza per pervenire a una presidenza e un collegio di indirizzo e controllo di Aran non composti da dirigenti pubblici contrattualizzati.
(4-00810)


   BUTTI e FOTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in sede di esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, la conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 3 marzo 2016, nell'esprimere parere favorevole al predetto, formulava un'ipotesi emendativa volta ad integrare l'articolo 12, comma 3, con il comma 3-bis del decreto legislativo n. 177 del 2016 così da prevedere che le regioni a statuto speciale e le province autonome potessero partecipare alla ricollocazione del personale presso i rispettivi corpi forestali, con oneri a carico dell'amministrazione statale, previa intesa con la singola regione o provincia autonoma;

   la sopra ipotizzata modifica legislativa avrebbe consentito di dare piena e completa applicazione al principio di cui al comma 3, dell'articolo 12, del decreto legislativo n. 177 del 2016 che – correttamente – prevede che nell'individuazione delle amministrazioni statali, presso le quali è consentito il transito del personale, si tenga preferibilmente conto delle professionalità di quest'ultimo;

   l'omesso recepimento della norma suggerita dalla conferenza delle regioni e delle province autonome determina oggi situazioni assurde. È il caso di A.L.G. che, a quanto risulta agli interroganti, non essendo voluto transitare nel personale dei vigili del fuoco, o della guardia di finanza o della polizia di Stato, avrebbe optato per la mobilità nella pubblica amministrazione, senza che, per altro, la destinazione allo stesso assegnata risulti in linea sia con la lettera della disposizione di legge sopra richiamata (articolo 12, comma 3, del decreto legislativo n. 177 del 2016) sia con quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, lettera a) della legge n. 124 del 2015 (che prevede che le amministrazioni statali presso cui ricollocare il personale siano individuata tra quelle che «svolgono funzioni attinenti alla professionalità del personale da ricollocare»). Il risultato, è che il predetto, a quanto consta agli interroganti, sarebbe stato assegnato al Ministero della giustizia, segnatamente all'ufficio di esecuzione penale di Varese, ove si occuperebbe di contabilità, pur essendo laureato in scienze agrarie e avendo svolto a lungo l'attività di tecnico-forestale –:

   se il Governo disponga di elementi riguardo alla situazione sopra rappresentata, che, certamente, per gli interroganti non è l'unica e appare del tutto irragionevole e, quindi, se non ritenga utile assumere iniziative normative per recepire nell'ordinamento la proposta di modifica formulata dalla predetta Conferenza più sopra richiamata.
(4-00814)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la legge regionale di bilancio del Lazio, n. 14 dell'11 agosto 2008 ha disposto la dismissione del San Giacomo, ex struttura sanitaria pubblica nel centro di Roma;

   con la legge regionale n. 16 del 2001, la regione Lazio si è impegnata a corrispondere alla società San.Im, per conto delle aziende sanitarie locatarie, i canoni derivanti dai contratti di locazione per immettere liquidità nel sistema delle aziende sanitarie regionali e contribuire alla copertura dei disavanzi accumulati fino al 2001;

   la San.Im nel 2002, ha avviato le procedure per acquisire beni facenti parte del patrimonio indisponibile delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere regionali (tra cui il San Giacomo) ad un prezzo pari a circa due miliardi di euro, stipulando contestualmente, con le aziende venditrici contratti di affitto trentennali degli immobili, rispettandone la destinazione d'uso vincolata dal decreto legislativo n. 502 del 1992;

   la San.Im. ha ceduto i propri crediti derivanti dai contratti di locazione ad una società «veicolo» (Cartesio S.r.l.), che ha provveduto alla cartolarizzazione mediante emissione di titoli sul mercato, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale n. 16 del 2001;

   la compravendita era a condizione risolutiva: gli immobili per i quali entro il 31 dicembre 2003 la società San.Im, non avesse pagato il prezzo di acquisto, sarebbero rientrati nella proprietà delle Asl;

   nel 2003, 7 ospedali sono rientrati nella proprietà delle Asl e il valore dell'operazione, al netto dei cespiti retrocessi, è sceso a 1,3 miliardi di euro;

   la regione Lazio si è impegnata a pagare i canoni d'affitto fino al 2033 con un costo di 85 milioni di euro all'anno;

   la regione Lazio, con un valore medio dei canoni annui di circa 85 milioni di euro, in 30 anni avrà pagato oltre 2,5 miliardi di euro di canoni;

   la Corte dei Conti, nella Relazione 2009 sulla «Gestione delle risorse statali destinate alla riduzione strutturale del disavanzo del SSN» sulla San.Im, ha affermato «l'insostenibilità finanziaria di una simile operazione “appare” evidente» e che «può essere assunta ad archetipo di evento produttivo di squilibri strutturali di bilancio dal momento che (...) essa non presentava la creazione di alcun valore attivo, in grado di bilanciare la grave diminuzione patrimoniale conseguente alla vendita di tutti gli ospedali del Lazio»;

   la Corte dei Conti evidenziava che tale irragionevole operazione veniva perseguita al fine di coprire deficit pregressi con una evidente ed intrinseca connotazione patrimoniale negativa; la nuova liquidità era andata a coprire non meglio quantificati oneri pregressi al 2001, senza alcun effetto sulle singole aziende, riaccumulando, in breve periodo, il dissesto cui si voleva porre rimedio;

   fino al 2033 la regione Lazio dovrà ancora pagare 2 milioni di euro/anno per l'ospedale San Giacomo, chiuso dal 2008, dopo 670 anni di attività;

   la regione ha eseguito lavori di ristrutturazione del San Giacomo spendendo circa 20 milioni di euro per lavori programmati fino al 2013; dal 2013 l'ospedale è in stato di abbandono, senza manutenzione, con vigilanza privata;

   sul complesso gravano importanti vincoli posti dalla Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma; inoltre, per volere della famiglia del cardinale Salviati nel 1562 fu disposta la cessione dell'immobile a Roma, a patto che rimanesse ospedale, con la clausola della restituzione agli eredi se la struttura avesse cessato di essere luogo di cura;

   non è possibile lasciare che tale immobile dipenda dai vincoli finanziari di San.Im per altri dodici anni e continuare a destinare denaro, per l'ospedale, senza che vi sia un beneficio per l'utenza;

   la regione Lazio sta valutando la possibilità di promuovere un accordo, nell'ambito dell'assemblea degli obbligazionisti che detengono i titoli collocati, per un accordo che consenta lo svincolo del bene dall'insieme di garanzie collaterali dell'operazione;

   la chiusura dell'ospedale San Giacomo ha depotenziato il servizio sanitario pubblico per la città di Roma, causando un peggioramento delle condizioni per i lavoratori e una situazione emergenziale per i cittadini costretti a rivolgersi all'ospedale S. Spirito, o a strutture sanitarie convenzionate tenuto conto che il San Giacomo, contava 20.000 accessi annui al pronto soccorso –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per favorire l'apertura di un tavolo di confronto con la regione Lazio e le altre autorità competenti volto a valutare le procedure da attivare affinché l'Ospedale San Giacomo in Augusta possa riaprire al fine di ricostituire un presidio sanitario nel centro storico di Roma;

   se il Governo non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza per agevolare l'avvio di un percorso partecipato insieme alla cittadinanza, al comune di Roma Capitale, alla regione, alle associazioni e comitati impegnati nella salvaguardia del San Giacomo, in modo da definire un progetto per il recupero e il rilancio della struttura ex ospedaliera, con finalità di natura sanitaria.
(2-00060) «Fassina».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAZZARINI, BAZZARO, VALLOTTO, ZORDAN, BADOLE, COVOLO, RACCHELLA e COLMELLERE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che, nei prossimi cinque anni, in Italia mancheranno 11.800 camici bianchi, per effetto dei pensionamenti o di passaggi al privato: i primi a rischio di estinzione, a breve, sono gli anestesisti, seguiti dai chirurghi, igienisti, ginecologi e psichiatri;

   a lanciare l'allerta è la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche (Fiaso), che descrive un quadro allarmante arricchito però, come denunciano gli ordini dei medici, anche da un paradosso: se da un lato mancano i medici, dall'altro sono oltre 15 mila i laureati in medicina ad oggi inoccupati;

   attualmente, spiega la Fiaso, in Italia ci sono ancora più medici degli altri Paesi dell'Unione europea, con sistemi sanitari simili, ma da qui al 2023 tra uscite dal lavoro e numero contingentato di nuovi specialisti mancheranno 11.800 dottori, anche se si andasse ad un totale sblocco del turn over. Questo anche a causa del fatto che il 35 per cento lascia il lavoro prima dei limiti di età, perché si prepensiona o per andare nel privato. Un problema è anche rappresentato dal fatto che, in entrata, uno specializzando su quattro non opta per il servizio pubblico;

   le carenze sono allarmanti: nei prossimi 8 anni, i medici dei servizi sanitari di base «scompariranno», mentre gli igienisti si ridurranno del 93 per cento e i patologi clinici dell'81 per cento. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro si avrà tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025. Altro dato a saltare all'occhio, sottolinea la Fiaso, è poi il primato italiano di anzianità dei medici, che nel 51,5 per cento dei casi hanno superato i 55 anni di età, contro il 10 per cento del Regno Unito e il 20 per cento di Olanda e Spagna. Da qui al 2025, complessivamente 40.253 medici compiranno i 65 anni, mediamente buoni per il pensionamento, ma le cessazioni saranno molte di più: 54.380;

   eppure, secondo la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) al 2017, si contano oltre 15 mila laureati in medicina che, a seguito del numero chiuso, non sono riusciti ad ottenere né l'accesso ad una borsa per la specializzazione, né al corso di medicina di famiglia. Non possono dunque entrare a pieno titolo nel Servizio sanitario nazionale e lavorare, ma solo attendere. Vanno poi considerate le migliaia di laureati che hanno fatto ricorso al Tar per il mancato accesso alle borse: a seguito di ciò è del tutto verosimile che un gran numero di laureati chiederà di accedere alle specializzazioni;

   l'articolo 22, comma 4, lettera c), del patto della salute 2014-2016, prevede, espressamente, la disciplina della formazione di base e specialistica per il personale dipendente e convenzionato della formazione di base specialistica, da attuare con la definizione di un apposito disegno di legge delega; ad oggi ciò non è ancora avvenuto –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per trovare la soluzione più idonea al problema esposto in premessa.
(4-00801)


   DEIDDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Isola di La Maddalena conta circa 12.000 abitanti che, nel periodo estivo, diventano 50-60.000;

   La Maddalena è un’«isola nell'isola», che necessita una filosofia d'approccio differente rispetto a quella di qualsivoglia situazione apparentemente simile;

   per effetto di tale situazione l'isola di La Maddalena ha potuto storicamente contare su un presidio ospedaliero, il «Paolo Merlo», che ha soddisfatto lungamente le esigenze sanitarie della comunità maddalenina e dei turisti ospitati, consentendo di coprire le principali necessità sanitarie e di sopperire alle difficoltà nei trasporti anche per finalità assistenziali, via mare e via aerea, legate agli agenti atmosferici;

   una delle due camere iperbariche operative in Sardegna è sempre stata localizzata presso il presidio ospedaliero Merlo;

   tale localizzazione appare ancora oggi razionale, in quanto larga parte dell'attività subacquea diportistica e professionale è concentrata in Gallura;

   in particolare, circa la metà degli 85 centri diving sardi è ubicato nel territorio costiero della Gallura, per un computo totale stimato di oltre 50.000 immersioni/anno;

   ogni estate la camera iperbarica dell'ospedale Merlo di La Maddalena è chiusa o ha una funzionalità limitata per la mancanza del personale medico necessario, causando notevoli proteste da parte dell'amministrazione comunale, della cittadinanza e di gruppi di turisti;

   le urgenze vengono trasferite in elicottero nell'altra sede in cui sono presenti le camere iperbariche ossia Cagliari;

   è dell'anno scorso il caso di un turista che necessitava delle cure nella camera iperbarica e ha dovuto percorrere in ambulanza il tragitto da La Maddalena a Cagliari a causa del forte vento rischiando quindi la vita o comunque di riportare seri danni;

   il Centro iperbarica, che peraltro esegue solo ossigenoterapia e non urgenze legate a embolie e malattia da decompressione, anche quest'anno, chiude dal 14 luglio al 3 settembre per mancanza di medici anestesisti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, la Ministra interrogata intenda adottare per garantire i livelli essenziali di assistenza nell'area di cui in premessa in relazione ai quali è fondamentale la piena funzionalità del presidio ospedaliero Merlo di La Maddalena, in particolare relativamente al pieno funzionamento della camera iperbarica, tenendo conto delle peculiarità di isolamento geografico legato all'insularità e del notevole incremento di popolazione residente che si verifica nell'isola di La Maddalena durante i mesi estivi.
(4-00805)


   ILARIA FONTANA e SEGNERI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il territorio della Valle del fiume Sacco, ricadente in massima parte nella provincia di Frosinone, è stato inserito nell'elenco dei siti di interesse nazionale (Sin) per l'emergenza causata dall'inquinamento ambientale accertato;

   numerosi studi epidemiologici, tra i quali lo studio Sentieri dell'Istituto superiore di sanità, hanno evidenziato drammatiche correlazioni tra l'inquinamento ambientale nella Valle del Sacco e la morbilità relativa a patologie tumorali e non;

   nella seconda parte dello studio, nella quale vengono analizzati i tassi di mortalità nei territori inclusi nei suddetti Sin in cui sono attivi i registri tumori, non è menzionata l'area della Valle del Sacco, in quanto il registro è presente ma non attivo nella provincia di Frosinone;

   nel 2017 sono stati presentati i risultati del monitoraggio effettuato dal dipartimento epidemiologico «Dep Lazio», basato su un campione di 600 pazienti residenti nei territori limitrofi al fiume Sacco esaminati dal 2012 al 2016, nei quali è stata accertata la presenza della molecola inquinante betaesaclorocicloesano nel sangue;

   il piano strategico aziendale 2014-2016 della Asl Frosinone prevede una riorganizzazione delle attività e dei servizi nonché un centro per la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica;

   all'interno dell'area Sin, nel territorio del comune di Anagni, insistono diverse aziende classificate a rischio di incidente rilevante dalla cosiddetta direttiva Seveso (82/501/CEE, recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modificazioni);

   l'area del comune di Anagni, ricadente in area Sin per la Valle del Sacco e con aziende a rischio di incidente rilevante nel suo territorio, era dotata di un presidio ospedaliero con relativo pronto soccorso chiuso nel 2012 con un bacino di utenza di circa 80.000 persone;

   il decreto-legge n. 105 del 2015 relativo alla direttiva «Seveso III», individua i piani di emergenza esterna (Pee) in caso di incidente rilevante che devono essere portati a conoscenza degli operatori e della popolazione attraverso i siti internet istituzionali dei comuni e delle prefetture;

   detti piani di emergenza esterni per tre aziende a rischio di incidente rilevante, come riportato sul sito della prefettura di Frosinone, prevedono come punto di raccordo delle attività di emergenza proprio l'ospedale di Anagni ormai chiuso nel 2012 –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per verificare se esistano le condizioni per un pronto ripristino della struttura ospedaliera di Anagni, considerando il fatto che l'immobile è ancora utilizzato per attività sanitarie territoriali e quindi potrebbe tornare ad essere operativo per le finalità di cui sopra;

   come si intenda assicurare l'efficace gestione delle emergenze sanitarie della zona dovute all'inquinamento, alla luce delle indicazioni presenti nell'atto aziendale e nella legge n. 7 del 2015 della regione Lazio;

   se si intenda verificare l'effettiva idoneità dei piani di emergenza esterna redatti dalla prefettura di Frosinone per le aziende a rischio di incidente rilevante.
(4-00807)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il CoaguChek XS è uno strumento per la determinazione quantitativa dei valori della coagulazione (denominati tempo di protrombina, PT, tempo di Quick) con le strisce reattive CoaguChek XS PT;

   sono pervenute segnalazioni relative al fatto che alcune famiglie, aventi un componente soggetto a terapia di assunzione di farmaci anticoagulanti, hanno acquistato lo strumento sopracitato per la determinazione dei valori della coagulazione sanguigna;

   tale strumento, stante le segnalazioni pervenute, avrebbe un costo tra gli 800 e i 930 euro e, per numerose famiglie, non sarebbe facilmente sostenibile, trattandosi di una spesa piuttosto ingente;

   altra spesa che può risultare di difficile sostenibilità, che può spaziare dai 100 ai 189 euro, per coloro che utilizzano lo strumento medico in questione, è quella per le fascette reattive per la misurazione dell’Internationale Normalized Ratio (INR) da applicare nel CoaguChek XS.

   lo strumento del CoaguChek XS PT per molte persone soggette a terapie anticoagulanti è uno strumento di controllo medico essenziale ed indispensabile, visto che, dalle rilevazioni delle unità di coagulazioni tradizionali (INR, per cento Quick, secondi) dipendono le dosi di Coumadin o altro anticoagulante da assumere;

   il Ministero della salute, ad avviso dell'interrogante, dovrebbe porre in essere un tavolo con le regioni, competenti in materia di politiche per la salute, per valutare la possibilità di porre a carico del servizio sanitario nazionale il costo dello strumento medico in questione e delle fascette reattive per la misurazione dell'INR da applicare nel CoaguChek XS. Visto che, per molte famiglie, sovente, tale spesa è difficilmente affrontabile, a maggior ragione con il periodo di difficoltà economiche che si sta vivendo;

   se il Ministero della salute istituisse un fondo compartecipato con risorse nazionali e regionali, per coloro che acclarano la necessità di usufruire dello strumento medesimo, si potrebbe configurare un notevole alleggerimento della pressione dei pazienti nelle singole strutture ambulatoriali delle Ausl;

   infatti, i pazienti si recano negli ambulatori medesimi per misurare il livello degli INR nel sangue oppure per le iniezioni di Coumadin nel caso in cui il paziente non possa assumerlo per via di somministrazione orale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;

   se intenda assumere iniziative, di concerto con le regioni, al fine di porre in essere un tavolo tecnico per valutare la possibilità di prevedere che lo strumento medico CoaguChek XS sanitario e le fascette reattive per la misurazione dell'INR da applicare nello strumento medesimo, fondamentale ed indispensabile per molte famiglie, siano a carico del Servizio sanitario nazionale;

   se intenda istituire un fondo costituito da risorse a carattere regionale e nazionale per sostenere le famiglie che attestano la necessità di utilizzare lo strumento sopracitato, considerato che, per l'interrogante, tale iniziativa può arrecare un alleggerimento della pressione nelle strutture ambulatoriali delle singole Ausl dei pazienti che sono soggetti a terapie anticoagulanti;

   per quale motivo non sia stata anzitempo valutata la possibilità di disporre che lo strumento medico CoaguChek XS sia posto a carico del Servizio sanitario nazionale, dato che per numerose famiglie, la spesa è piuttosto ingente e non facilmente affrontabile;

   se intenda valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative, di concerto con le regioni, per stabilire il rimborso della spesa per coloro che hanno già acquistato lo strumento medico CoaguChek XS.
(4-00809)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   ANZALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da settimane si registra un crescente disagio per i cittadini residenti presso il quartiere residenziale di Pisticci Scalo relativamente alle utenze elettriche e telefoniche;

   sospensione della erogazione di corrente, sbalzi, utenze telefoniche fuori uso accadono sempre più di frequente;

   risultano essere stati eseguiti e ancora in corso una serie di lavori da parte di Enel e che i disagi di cui in premessa sarebbero dovuti a questi lavori;

   il perdurare di queste condizioni sta creando problemi ai cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché Enel fornisca una maggiore informazione ai cittadini di Pisticci scalo sui disagi registrati, assicurando un miglioramento del servizio erogato.
(4-00803)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Bergamini e altri n. 1-00026, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Versace.

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Vianello n. 5-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cassese.