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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 24 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni si è assistito a un'inversione di tendenza rispetto alla delocalizzazione delle attività produttive e delle attività nelle catene globali del valore, testimoniata dalla crescita, sia in Italia che nei principali Paesi industrializzati a livello europeo ed internazionale, del fenomeno del (back) reshoring, ossia il ritorno delle imprese che avevano precedentemente delocalizzato i propri asset organizzativi ed industriali, attraverso la rilocalizzazione domestica (parziale o totale) di attività svolte all'estero (direttamente o presso fornitori);

    secondo l’Annual report 2017 dell'Osservatorio sulla ristrutturazione in Europa – European Reshoring Monitor (ERM) – il progetto pilota affidato dalla Commissione europea all'agenzia dell'Unione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro – Eurofound, che raccoglie in un database on line informazioni sui singoli casi di reshoring al fine di analizzarne l'impatto sull'occupazione in Europa – sia il numero dei casi di delocalizzazione che quello delle perdite di posti di lavoro a essi associate si sono sensibilmente ridotti nell'ultimo decennio e continuano a diminuire;

    secondo le analisi del gruppo di ricerca inter-ateneo Uni-Club MoRe Reshoring che raggruppa le Università dell'Aquila, Catania, Udine, Bologna e Reggio Emilia, nel periodo dal 2000 al 2015 l'Italia è risultata il primo Paese europeo e il secondo al mondo per decisioni di rientro di aziende nel territorio nazionale, con 121 casi su oltre 700 casi osservati;

    alla base dell'incremento del fenomeno della rilocalizzazione delle attività produttive precedentemente delocalizzate vi è una pluralità di fattori, che vanno dalle necessità del time-to-market alla logica del made in e al rapporto di «prossimità al cliente», ma che tuttavia pesano in maniera differente nelle varie aree geografiche;

    in particolare, spingono al reshoring le incertezze globali e le preoccupazioni legate alle interruzioni della catena di approvvigionamento (supply chain) che possono ancora rallentare gli investimenti per la delocalizzazione, l'aumento del costo della manodopera anche nei Paesi in via di sviluppo, i costi di trasporto e i tempi di consegna, la sempre maggiore digitalizzazione delle attività stesse, la possibilità di garantire qualità, ricerca, innovazione, controllo, autenticità e vicinanza al cliente, grazie a filiere e distretti che concentrano competenze e flessibilità che non si possono assicurare demandando i processi a stabilimenti lontani;

    per quanto riguarda l'Italia, secondo le analisi più recenti, tra i fattori alla base del reshoring della produzione dai Paesi in via di sviluppo, quelli più frequentemente riportati sono i vantaggi derivanti dalla possibilità di inserire il marchio «made in Italy» sui prodotti, seguiti dalla bassa qualità della produzione nei Paesi interessati, dalla necessità di prestare maggiore attenzione alle esigenze dei clienti, e poi da altri fattori quali la pressione sociale a produrre e fornire lavoro in Italia, il livello di competenze più elevato dei lavoratori italiani rispetto a quelli dei Paesi in via di sviluppo, la disponibilità di capacità produttiva non utilizzata a livello nazionale a seguito della crisi economica, la riduzione della differenza di costo del lavoro tra produzione nazionale ed estera e infine l'aumento dei costi di trasporto;

    non da ultimo nell'attrarre i più consistenti flussi di rilocalizzazione produttiva rileva il peso della digitalizzazione e della capacità di offrire maggior vantaggi sotto il profilo delle competenze, della vicinanza ai centri di ricerca, ai servizi e alla consulenza relativi alle tecnologie 4.0;

    per quanto riguarda i settori maggiormente interessati dal reshoring, il manifatturiero è quello più coinvolto;

    in particolare, in Italia, secondo i dati raccolti, i casi di ritorno in patria, totale o parziale, di produzioni che negli anni passati erano state esternalizzate, si concentrano nei settori economici riconducibili alla filiera del fashion, per lo più in ragione della crescente necessità per le aziende di produrre prodotti su misura, di alta qualità e, al contempo, consegnabili in tempi molto brevi;

    sul piano degli effetti, la rilocalizzazione si traduce direttamente nella creazione di nuovi posti di lavoro soprattutto nei casi di costruzione di nuovi impianti produttivi, ma comporta anche un aumento dell'occupazione creata con l'indotto, nei settori a monte (ad esempio, materiali e sostanze chimiche, nuove macchine per le lavorazioni ed altro) e nei settori a valle (ad esempio, legale, contabile e marketing);

    dai dati e dalle analisi effettuate emerge con chiarezza che il fulcro di qualunque azione volta ad attrarre consistenti flussi di rilocalizzazione produttiva e favorire lo sviluppo industriale del Paese e la creazione di posti di lavoro, è rappresentato dalle tecnologie 4.0 e dalle competenze e dai servizi ad esse collegati, che incrementano la qualità dei processi produttivi e il valore dei prodotti;

    nel quinquennio 2013-2018 i Governi a guida del Partito Democratico hanno adottato numerose misure volte a creare un ambiente favorevole allo sviluppo della produttività e del sistema imprenditoriale in Italia, sia nel quadro delle politiche per la ripresa e l'incentivazione degli investimenti, l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione delle imprese italiane, sia nel quadro delle politiche per la promozione del made in Italy e dell'attrazione degli investimenti in Italia;

    in particolare con il «Piano nazionale Impresa 4.0» (originariamente «Industria 4.0»), presentato nel 2016 e avviato nel 2017, sono state adottate misure per promuovere lo sviluppo tecnologico, l'innovazione e la digitalizzazione delle imprese italiane, la modernizzazione dei processi produttivi, nonché la formazione tecnologica e il rafforzamento delle competenze digitali, principalmente mediante la riduzione del carico fiscale sull'attività d'impresa;

    tale piano è stato ulteriormente rafforzato per il 2018 con uno stanziamento di circa 10 miliardi di euro finalizzato a: la proroga del superammortamento al 140 per cento per i beni strumentali già introdotto nel 2016 (130 per cento dal 1° gennaio 2018); l'iperammortamento al 250 per cento per gli investimenti in beni strumentali nuovi funzionali alla trasformazione in chiave 4.0; un superammortamento al 140 per cento per gli investimenti in software connessi agli investimenti 4.0; il rafforzamento del credito d'imposta per le attività in ricerca e sviluppo, con un'aliquota del 50 per cento e una spesa massima incentivabile di 20 milioni di euro per contribuente; il miglioramento della policy delle startup e delle piccole e medie imprese innovative; la costituzione di Digital innovation hub e competence center per sensibilizzare le imprese e fornire adeguata formazione; l'introduzione del programma «Formazione 4.0», grazie al quale le imprese possono godere di un credito d'imposta del 40 per cento sulle spese di formazione del personale in attività 4.0;

    la legge di bilancio per il 2018, legge n. 205 del 2017, ai commi da 40 a 42, ha disposto inoltre il rifinanziamento della cosiddetta «nuova Sabatini», misura di sostegno volta alla concessione alle micro, piccole e medie imprese di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cosiddetti investimenti «Industria 4.0»;

    il decreto-legge n. 193 del 2016 (decreto cosiddetto «fiscale»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, ha previsto il rifinanziamento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con un focus sulla copertura degli investimenti per il piano Industria 4.0;

    nel quinquennio 2013-2018, sono state adottate anche una serie di misure che stimolano lo sviluppo del sistema produttivo sul territorio nazionale nel quadro delle politiche per la promozione del made in Italy e dell'attrazione degli investimenti in Italia: in particolare, il piano straordinario, adottato nel 2015 per il triennio successivo e da ultimo prorogato e rifinanziato con la legge di bilancio per il 2018 per il periodo 2018-2020, ha definito azioni specifiche per la valorizzazione delle produzioni di eccellenza, dei marchi e delle certificazioni di qualità e origine delle imprese e dei prodotti, nonché per la promozione delle opportunità di investimento e l'assistenza degli investitori esteri in Italia;

    nell'ambito del piano operativo «Imprese e competitività» del fondo di sviluppo e coesione 2014-2020, il Cipe ha recentemente destinato 200 milioni di euro alla costituzione di un fondo di investimento mobiliare di tipo chiuso riservato, da parte dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa s.p.a. – Invitalia, avente la finalità di prevenire fenomeni di cessazione delle attività e di delocalizzazione produttiva, attraverso interventi di sostegno agli investimenti e all'occupazione che favoriscano la transizione di grandi imprese e complessi industriali di rilevante dimensione caratterizzati da gravi crisi finanziarie e produttive;

    a livello europeo, coerentemente con «Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», che è il quadro di riferimento per il decennio in corso per le attività a livello dell'Unione europea, nazionale e regionale, e che ha posto l'accento sulla necessità di un'economia europea non solo più competitiva, ma anche in grado di assicurare alti livelli di occupazione e coesione sociale e territoriale, sono state adottate politiche finalizzate alla reindustrializzazione dell'Unione europea e, in particolare, del settore manifatturiero, come da ultimo ribadito nella nuova «Strategia di politica industriale dell'Unione europea (COM(2017)479)», attraverso un'azione multilivello e l'utilizzo sia a livello nazionale che regionale dei fondi strutturali e di investimento europei e di altri programmi di finanziamento (come «Horizon 2020», il programma quadro dell'Unione europea per la ricerca e l'innovazione relativo al periodo 2014-2020),

impegna il Governo:

1) a favorire la rilocalizzazione delle imprese attraverso politiche di sistema che operino per creare un sistema-Paese sempre più favorevole alla nascita e allo sviluppo di impresa, innovativa e di qualità, e al ritorno di quella delocalizzata, in maniera da consentire all'Italia di continuare ad essere un elemento forte e importante nel quadro mondiale delle economie di produzione;

2) a proseguire e rafforzare il percorso già tracciato con il piano «Impresa 4.0», in particolare assumendo iniziative per rifinanziare l'iperammortamento e il superammortamento, la «nuova Sabatini», il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per non bloccare gli investimenti e per rendere permanente il credito per la formazione 4.0, con il piano made in Italy e con il fondo per la reindustrializzazione, anziché limitarsi a contrastare le delocalizzazioni tout court attraverso strumenti che rischiano di rivelarsi inefficaci e anacronistici;

3) a promuovere, nel solco delle strategie e dei programmi europei per la reindustrializzazione, iniziative a livello europeo volte a favorire la rilocalizzazione delle imprese, per assicurare una crescita inclusiva;

4) ad adottare, nel quadro delle politiche di coesione, azioni finalizzate alla crescita del tessuto produttivo e delle opportunità occupazionali in tutto il territorio nazionale;

5) a proseguire nell'azione di rafforzamento del tessuto imprenditoriale operante sul territorio italiano delineata dal piano straordinario per la promozione del made in Italy e dell'attrazione degli investimenti in Italia;

6) ad adottare iniziative per implementare la digitalizzazione e la semplificazione della pubblica amministrazione, riducendo gli adempimenti a carico delle imprese e dei cittadini e accelerando le procedure burocratiche.
(1-00025) «Moretto, De Luca, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini, Berlinghieri».


   La Camera,

   premesso che:

    la questione della presenza di detenuti stranieri nelle carceri è uno dei temi attualmente più condizionanti il sistema penitenziario italiano, data l'incidenza sull'annoso problema del sovraffollamento. Il fenomeno è poi strettamente connesso al considerevole aumento dei flussi migratori e delle inevitabili ripercussioni sul fronte della criminalità;

    il principale strumento per attuare il trasferimento delle persone condannate è la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata dall'Italia con legge n. 565 del 1988, che prevede una procedura di trasferimento applicabile da tutti gli Stati, anche se non aderenti al Consiglio d'Europa, per l'esecuzione della sentenza nel Paese d'origine della persona condannata. La Convenzione ha dunque lo scopo di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo a uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo Paese dove ha i propri interessi affettivi e lavorativi e in cui possono meglio essere perseguiti la finalità rieducativa e il processo di reinserimento nel contesto sociale di appartenenza;

    il trasferimento può essere richiesto sia dallo Stato nel quale la condanna è stata pronunciata, sia dallo Stato di cittadinanza del condannato, sia dal condannato stesso; per ciò che attiene alla procedura di esecuzione della condanna dopo il trasferimento, rileva il fatto che una sanzione privativa della libertà non possa mai essere convertita in una sanzione pecuniaria;

    il trasferimento delle persone condannate in un altro Paese, generalmente quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena opera su un piano diverso rispetto all'estradizione e agli altri strumenti di cooperazione giudiziaria: ha finalità prevalentemente di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate nel loro Paese d'origine, in modo tale da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano umano, sociale e culturale, oltreché per l'assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall'esecuzione della pena in un paese straniero;

    la Convenzione richiede alcune condizioni ai fini del trasferimento: che la persona condannata sia cittadino dello Stato di esecuzione; che la sentenza sia definitiva; che la durata della pena ancora da scontare sia di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento; che la pena sia inflitta per fatti che costituiscono reato sia nello Stato di emissione che in quello di esecuzione (principio della doppia incriminabilità); che lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione debbano essere d'accordo sul trasferimento; che vi sia il necessario consenso al trasferimento da parte della persona condannata o del suo rappresentante legale;

    in tale prospettiva, risulta comprensibile la necessità del consenso della persona interessata, diversamente da quanto avviene generalmente nelle procedure estradizionali o di consegna, che prescindono dal consenso dell'interessato, come nel caso dell'applicazione della decisione quadro 2008/909/GAI (sul mutuo riconoscimento delle sentenze che irrogano pene detentive e altre misure limitative della libertà personale), che ha un ambito applicativo limitato ai soli Paesi europei, ma che non richiede il consenso;

    l'ambito applicativo della Convenzione di Strasburgo è esteso ai 66 Paesi che, dalla data di apertura alla firma, hanno proceduto ad oggi alla ratifica; oltre a tutti i Paesi membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco, l'hanno ratificata i seguenti Paesi non membri del Consiglio d'Europa: Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, India, Israele, Mauritius, Messico, Mongolia, Panama, Stati-Uniti d'America, Tonga, Trinidad e Tobago, Venezuela;

    le strutture carcerarie italiane sono caratterizzate da sovraffollamento cronico, carenza di organico degli agenti penitenziari e insufficiente presenza di psicologi e operatori per l'assistenza e il recupero sociale dei detenuti;

    la condizione carceraria appare troppo spesso distante dal dettato costituzionale e dagli impegni internazionali dell'Italia sulla funzione rieducativa della pena e sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone;

    lo stesso rapporto esplicativo della Convenzione, redatto sulla base delle discussioni del Comitato di esperti governativi che hanno redatto il trattato, e sottoposto alla lettura Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa, sottolinea come la finalità dell'Accordo sia quella di «stabilire una procedura semplice, veloce e flessibile» per il trasferimento dei condannati stranieri, tenuto conto del fatto che l'accresciuta mobilità delle persone e la semplificazione delle comunicazioni hanno favorito l'internazionalizzazione del crimine. Che i condannati scontino la pena nel loro Paese di origine, argomentavano gli esperti già all'inizio degli anni Ottanta, è utile alla loro riabilitazione, che sicuramente non può svolgersi appieno in un Paese di cui non conoscano bene la lingua e di cui non condividano gli usi. Allo stesso modo, le differenze linguistiche rendono difficile anche per gli operatori carcerari la comprensione dei detenuti e, quindi, la prevenzione di fenomeni di delinquenza in carcere e finanche, si deve aggiungere oggi, di radicalizzazione terroristica;

    l'Italia è stata più volte condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) per le condizioni inumane in cui vivono i detenuti nelle proprie carceri, mentre i sindacati degli agenti penitenziari non cessano di sottolineare le difficili condizioni in cui lavorano gli operatori in carcere;

    dalle ultime statistiche del Ministero della giustizia, alla data del 30 giugno, risulta un totale di 58.759 detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani, di cui 19.868 stranieri, con un'incidenza di presenza straniera di circa il 33 per cento, mentre nel 2015 in Italia si era registrato un numero di detenuti di circa 54.000 unità, di cui 17.500 stranieri. È utile segnalare anche la differente area di provenienza: sul totale dei 19.868 di detenuti stranieri, la componente maggiore è quella proveniente all'area geografica dell'Africa (Tunisia, Marocco, Algeria, Nigeria ed altri Paesi), con un totale di 10.273 detenuti, a seguire quella dall'Europa (Romania, Bulgaria, ex Jugoslavia, Albania ed altri) con un totale di 7.191 detenuti, poi quella dall'Asia (Medio oriente ed altri paesi) con un totale di 1.335 detenuti e in fondo alla classifica quella dall'America (Nord, Centro e Sud) con un totale di 1.046;

    sempre secondo i dati del Ministero della giustizia, le nazionalità straniere maggiormente presenti nelle carceri italiane, con percentuali maggiori o uguali al 10 per cento del totale, sono quella marocchina (16 per cento), rumena (15 per cento), albanese (14 per cento) e tunisina (10 per cento);

    stando ai dati recenti dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione pubblicato dall'associazione Antigone, il budget preventivo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per il 2018 è di 2.881.004.859 euro per un costo giornaliero per detenuto di circa 137,02 euro, in lieve diminuzione rispetto al 2017 (budget preventivo di 2.853.346.330 euro e il costo giornaliero per detenuto di 137,34 euro);

    rilevano anche i dati forniti, durante la scorsa nella legislatura da Santi Consolo, capo del dipartimento della amministrazione penitenziaria (Dap) al Copasir, relativi al rischio del proselitismo e della radicalizzazione jihadista nelle carceri: le persone coinvolte in un percorso di radicalizzazione, con diverse gradazione di adesione, sono circa 360. Si tratta di un fenomeno che coinvolge un numero di persone comunque non trascurabile, che interessa anche il circuito minorile, e che risulta, in ogni caso, allarmante;

    il trasferimento dei detenuti stranieri condannati in Italia nel proprio Paese di origine, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può, dunque, contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e dell'esecuzione della pena, facilitando anche la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche di matrice terroristica;

    il trasferimento dei condannati verso alcuni dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione è già oggi possibile; tra questi rilevano l'Albania e la Romania (quest'ultimo ha registrato il maggior numero di consegne, passando da 70 unità del 2014 alle 110 censite nel 2015); per quanto riguarda gli altri Paesi, essi possono essere invitati a ratificare la stessa Convenzione, ovvero si possono firmare accordi bilaterali con gli stessi finalizzati ad ottenere lo stesso risultato;

    in tale direzione contribuiscono anche i trattati bilaterali sottoscritti fino ad oggi per il trasferimento dei condannati con i seguenti Paesi: Albania, Romania, Bulgaria, Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana, Egitto, Marocco e Brasile;

    in aderenza a quanto previsto dalla Convenzione e nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato italiano, anche la stipula di accordi bilaterali sul trasferimento delle persone condannate non può prescindere dal consenso di queste ultime, per evitare di esporre il soggetto da trasferire a condizioni detentive crudeli, disumane o degradanti, in violazione dei diritti fondamentali della persona;

    tuttavia, nonostante gli avanzamenti per l'estensione ad altri Paesi di questo importante strumento giuridico, non sembra che fino ad oggi sia stato incentivato l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine; il numero di trasferimenti di detenuti stranieri, infatti, è talmente irrilevante che questi non vengono neppure conteggiati nelle statistiche ufficiali dell'Istat e del Ministero della giustizia;

    durante la scorsa legislatura il precedente Governo aveva accolto gli impegni e le linee di indirizzo contenute nelle numerose mozioni presentate da tutti i gruppi parlamentari (tra cui la mozione n.1-01249 a prima firma Bergamini) volte a implementare la Convenzione di Strasburgo e a favorire la stipula di nuovi accordi bilaterali per il trasferimento dei detenuti stranieri nei Paesi d'origine (seduta dell'Assemblea del 23 febbraio 2017;

    il Ministro della giustizia Bonafede, in risposta all'interrogazione 3-00090 (nella seduta del 18 luglio 2018) sulla problematica del sovraffollamento carcerario ha annunciato l'impegno «all'incremento e all'accelerazione dell'entrata in vigore degli accordi bilaterali volti a consentire il trasferimento dei detenuti condannati stranieri nei Paesi di origine, anche senza il consenso del detenuto stessi “dando indicazione” alle competenti articolazioni ministeriali di assumere iniziative affinché i trattati e gli accordi già in vigore, tra i quali particolare attenzione va riservata, dato il numero di detenuti presenti nei nostri istituti, a quelli conclusi con Albania e Romania, possano esplicare nel modo più ampio possibile la loro portata applicativa, sinora non ancora soddisfacente sul piano statistico»;

    la possibilità di procedere al trasferimento senza il consenso della persona condannata è contemplata solo in alcuni trattati bilaterali, in determinati casi e nel rispetto di condizioni espressamente previste, laddove i rapporti tra gli Stati membri siano fondati su una particolare fiducia reciproca nei rispettivi ordinamenti giuridici, consentendo allo Stato di esecuzione di riconoscere le decisioni delle autorità dello Stato di emissione, ferma restando la necessità di offrire garanzie adeguate alla persona condannata che deve essere obbligatoriamente sentita,

impegna il Governo:

  1) a promuovere accordi bilaterali volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti provenienti dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia, e, più in generale, con quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane e ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;

  2) ad adoperarsi, presso le competenti sedi internazionali, per invitare i Paesi non firmatari ad aderire alla Convenzione di Strasburgo;

  3) a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, anche attraverso la promozione della conoscenza dello strumento del trasferimento e del confronto con gli organi giudiziari competenti nazionali e dei Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari, come l'Albania e la Romania;

  4) ad informare annualmente il Parlamento in merito ai dati relativi all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché in riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo;

  5) a valutare l'opportunità di monitorare l'implementazione della Convenzione di Strasburgo, anche mediante un'indagine ministeriale al fine di verificare le ragioni dello scarso utilizzo dello strumento relativo alla procedura di trasferimento nei Paesi d'origine, anche al fine di accelerare le procedure di trasferimento senza consenso solo laddove taluni accordi bilaterali lo consentano, nel rispetto dei principi dei trattati internazionali a tutela dei diritti fondamentali della persona.
(1-00026) «Bergamini, Ravetto, Brunetta, Gregorio Fontana, Bagnasco, Anna Lisa Baroni, Bartolozzi, Biancofiore, Casino, Cassinelli, D'Attis, Fatuzzo, Ferraioli, Fiorini, Gagliardi, Labriola, Marrocco, Mazzetti, Mulè, Nevi, Fitzgerald Nissoli, Novelli, Palmieri, Pettarin, Pittalis, Ripani, Rosso, Ruffino, Saccani Jotti, Elvira Savino, Sandra Savino, Scoma, Silli, Maria Tripodi, Vietina, Zanella».

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    da recenti notizie di stampa locale risulterebbe che tutta la filiera della produzione dei mitili a Taranto sarebbe interessata da attività illecite con l'effetto di produrre un elevato rischio per la salute dei consumatori in quanto verrebbero introdotte nel mercato regolare cozze nocive allevate e pescate in violazione della legge;

    è, purtroppo, notizia dei primi di giugno che i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale e i militari della capitaneria di porto-guardia costiera di Taranto, durante un'operazione investigativa nel primo seno del Mar Piccolo di Taranto, abbiano sequestrato circa una tonnellata di cozze nere e denunciate otto persone per «produzione, detenzione e commercializzazione di cozze nocive illecitamente allevate nel 1° seno del Mar Piccolo»;

    in un comunicato degli stessi carabinieri si legge che l'operazione del 7 giugno 2018 sia stata eseguita «a seguito di una segnalazione pervenuta ai Carabinieri di Taranto inerente all'asserita ed illecita coltivazione e prelievo, dal 1° seno del Mar Piccolo, di cozze adulte pronte per la commercializzazione ed il consumo, anche dopo il 31 marzo, data entro cui, secondo l'apposita ordinanza regionale, debbono essere raccolti i mitili allo stato di “seme” per essere reimpiantati in acque non inquinate»;

    in data 1° dicembre 2017 il commissario straordinario per la bonifica di Taranto, intervenendo nella seduta consiliare monotematica tenutasi a Palazzo di Città, avrebbe comunicato i numeri delle attività abusive che operano nel comparto ittico tarantino dichiarando anche che ci sarebbero piccoli fondi, ma non sufficienti, per intervenire sul risanamento dell'area del Mar Piccolo e per regolarizzare gli operatori abusivi circa 1500 di cui solo 80 di essi avrebbero regolare licenza;

    a Taranto i mitilicoltori e i lavoratori del comparto che rispetterebbero le regole sarebbero penalizzati da un sistema illegale che dal 2011, anno in cui si scoprirono per la prima volta valori elevati di diossine e Pcb nei mitili, fino ad oggi non sarebbe stato ancora eliminato in forza del fatto che rappresenterebbe circa il 50 per cento del fatturato annuo dell'intero comparto ittico;

    oltre ai mitili anche i datteri, i ricci di mare e il novellame vengono pescati illegalmente e le tartarughe sono uccise durante la pesca di frodo;

    da notizie di stampa locale si apprende infatti che nel 2017 siano stati sequestrati dalla guardia costiera di Taranto, a più riprese, molti chili di datteri pescati di frodo. La pesca del dattero, oltre ad essere vietata in quanto specie protetta, è contrastata per i danni che causa all'ecosistema marino. Difatti, per prelevare i datteri è necessario frantumare la roccia in cui il bivalve vive nascosto, provocando incalcolabili danni ambientali ai fondali e alle zone costiere per il cui recupero sono necessari decenni;

    sempre dagli organi di stampa si evince anche che i militari della Guardia costiera della capitaneria di porto di Taranto e dell'ufficio locale marittimo di Maruggio lo scorso anno hanno sequestrato e rigettato in mare circa 7 mila esemplari di ricci di mare pescati abusivamente. I ricci sono una specie a rischio estinzione e sono fondamentali per il mantenimento dell'equilibrio ambientale dell'ecosistema marino, pertanto la legge prevede precisi limiti numerici (50 ricci a pescatore) per la loro pesca e senza uso di bombole o altre attrezzature sofisticate da parte dei pescatori;

    agli inizi del mese di marzo 2018, nell'ambito dell'attività di tutela delle risorse ittiche, gli agenti della guardia costiera di Policoro, impegnati in azioni di contrasto della pesca illegale del bianchetto (sardina allo stadio neonato, al di sotto della taglia minima consentita), avrebbero sorpreso alcuni pescatori intenti a praticare tale pesca mediante l'utilizzo di una particolare rete da pesca, cosiddetta sciabica, dotata di sacco terminale a maglie strettissime che rende impossibile la selettività delle specie ittiche che vi rimangono intrappolate, con conseguenti danni per le risorse biologiche marine;

    ad aprile 2018 una tartaruga Caretta di 25 anni è stata trovata morta sulle spiagge del Mar Piccolo, la quinta dal mese di ottobre 2017. Secondo il Wwf le tartarughe sono le vittime involontarie della pesca di frodo praticata in quelle acque;

    inoltre, con l'operazione «Poseydon», del 2 novembre 2016, organizzata su disposizione del giudice per indagini preliminari del tribunale di Taranto, e coordinata dalla locale procura della Repubblica, a seguito di articolate e complesse indagini, eseguite, a partire dal mese di luglio 2015, dalle Fiamme gialle e dalla capitaneria di porto di Taranto, sono state emanate quattordici ordinanze di custodia cautelare – cinque in carcere e nove ai domiciliari – nei confronti di soggetti, appartenenti a due gruppi criminali specializzati nella pesca di frodo mediante l'impiego di ordigni esplosivi, con l'accusa di aver commesso reati di illecita fabbricazione e detenzione di sostanze ed ordigni esplosivi, finalizzata alla pesca di frodo, nonché i nuovi «ecoreati », quali «inquinamento ambientale» e «disastro ambientale», per aver alterato l'equilibrio di un ecosistema ricco e complesso come il Mar Piccolo di Taranto e della sua biodiversità;

    il mar Piccolo di Taranto storicamente è stata sede di attività importanti per l'economia della città prima dell'insediamento del polo siderurgico dell'Ilva, quali la pesca e la mitilicoltura;

    il Mar Piccolo è una laguna costiera suddivisa in due seni di forma ellittica, in essa sfociano brevi corsi d'acqua, rifugio di numerose specie di uccelli acquatici, ed è alimentata soprattutto da sorgenti sottomarine di acqua dolce, i citri. Tali sorgenti oltre a regolare la temperatura delle acque dell'intero bacino, influenzano anche la salinità, che è di poco inferiore a quella del mare aperto. La peculiarità delle acque rendono il Mar Piccolo un ambiente che da sempre ha favorito lo sviluppo di un habitat privilegiato da flora e fauna, marina e terrestre, quale zona di riproduzione, accrescimento e rifugio di numerose specie animali e vegetali rendendolo particolarmente adatto all'allevamento di mitili, famosi in tutto il territorio nazionale per le loro particolari caratteristiche organolettiche, e di una sottospecie locale di ostriche, l’Ostrea edulis tarantina;

    purtroppo, sempre più spesso balzano agli onori della cronaca notizie di illeciti legati sia alla pesca, all'allevamento sia alla commercializzazione dei frutti di mare in esso riprodotti e o allevati;

    secondo l'ultimo Rapporto ecomafia 2018 di Legambiente, presentato nei giorni scorsi, nel nostro Paese sono stati effettuati nel 2017 tantissimi arresti per crimini contro l'ambiente: si parla infatti di 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali il 139,5 per cento in più rispetto al 2016;

    come emergerebbe dai dati forniti dal Ministero della giustizia sono 158 arresti, per i delitti di inquinamento ambientale, disastro e omessa bonifica, con ben 614 procedimenti penali avviati, contro i 265 dell'anno precedente;

    dal rapporto si evince anche che nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso sarebbe stato verbalizzato il 44 per cento del totale nazionale di infrazioni. La Campania sarebbe la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6 del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684);

    sarebbero, inoltre, più di 6 mila le persone denunciate per reati contro la biodiversità, quasi 17 al giorno, nel 2017 e 7 mila le infrazioni (19 al giorno +18 per cento rispetto al 2016). Le specie più a rischio sarebbero lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada e così via. Le regioni a tradizionale presenza mafiosa totalizzerebbero il 43 per cento dei reati con in testa la Sicilia per numero di illeciti (1.177 pari al 16,8 per cento del totale nazionale), seguita dalla Puglia (946 reati), dal Lazio (727) e dalla Liguria (569), prima della Calabria (496) e della Campania (430);

    a ciò si aggiunga la troppo frequente «cattura» più o meno involontaria di esemplari di fauna anche tutelata o pregiata, che sono loro malgrado vittime della pesca commerciale o di frodo. Peraltro, la mortalità indotta dall'interazione con gli attrezzi da pesca è ritenuta essere la principale minaccia per la sopravvivenza delle popolazioni delle stesse tartarughe marine;

    i dati sono seriamente allarmanti se valutati su scala nazionale ma maggiormente evidenti se riportati alla specifica area costiera tarantina e del Mar Piccolo. È opportuno un attento esame da parte di tutti gli attori coinvolti ed è altrettanto urgente e necessariamente un serrato lavoro sia da parte dell'Ispra e dell'Arpa regionale, ma anche e soprattutto, un raccordo maggiore tra le inchieste e le operazioni a difesa del territorio portate avanti dalle diverse forze dell'ordine per preservare tratti di spiaggia ed ecosistemi così particolari,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per avviare un processo di formazione per tutti gli operatori del settore (magistrati, forze di polizia e capitanerie di porto, ufficiali di polizia giudiziaria e tecnici delle Arpa, polizie municipali e altro) in ordine alle misure di cui alla legge n. 68 del 22 maggio 2015 al fine di migliorare la lotta contro gli illeciti ambientali;

    ad adottare iniziative per istituire, di concerto con gli enti nazionali e territoriali interessati, un tavolo tecnico operativo che coordini una task force, costituita da un pool di agenti appartenenti sia ai comparti di terra che di mare (capitaneria di porto, finanza, carabinieri e polizia municipale), con il supporto dell'Arpa regionale, con il compito di contrastare gli illeciti perpetrati a danno della pesca ed in particolare dei mitili, dei datteri, dei ricci di mare e delle ostriche locali e di controllare e prevenire la pesca abusiva sia nell'area del Mar Piccolo che su tutta la costa marina dell'area di Taranto;

    ad adottare iniziative per prevedere che il tavolo tecnico presenti trimestralmente una relazione ai Ministeri competenti e alle Commissioni parlamentari competenti per materia, circa l'organizzazione delle forze impegnate nelle operazioni di controllo nella suddetta area, e i dati relativi alle operazioni programmate e concluse nella lotta alla pesca illegale, e riguardo ai reati contro la biodiversità e alle altre illegalità;

    ad adottare le opportune iniziative di competenza per il potenziamento degli organici delle forze di pubblica sicurezza impegnate contro la lotta alla pesca il frodo oltre che per fornire, potenziare, integrare e modernizzare mezzi e strumenti necessari allo scopo;

    ad adottare iniziative, in collaborazione con gli enti territoriali interessati, al fine di implementare il controllo del litorale alto ionico della provincia di Taranto e il monitoraggio continuo delle attività di pesca, con particolare attenzione verso la pesca a strascico nelle zone vietate che deturpa il patrimonio biologico, al fine di contrastare le attività illegali e comunque di garantire una efficace salvaguardia della fauna ittica e in particolare quella protetta;

    ad adottare iniziative, di concerto con gli enti territoriali, al fine di prevedere una zona/luogo prospiciente al mare dove creare sinergicamente, con la task force, un centro di soccorso e recupero, anche con finalità didattiche, a tutela della fauna marina, anche attraverso l'utilizzo di un'idonea imbarcazione appositamente predisposta alle suddette finalità.
(7-00030) «Labriola, Sisto, D'Attis».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il servizio civile in Italia rappresenta uno dei pochi strumenti di difesa non armata della Patria atti a promuovere la solidarietà, l'educazione civica, la cittadinanza attiva tra i nostri giovani;

   la nuova disciplina di servizio civile (decreto legislativo n. 40 del 2017), che ha trasformato l'Istituto da nazionale a universale, presenta ancora delle criticità, a partire dalla mancanza dei fondi necessari per permettere l'accesso alle 100 mila posizioni ipotizzate:

   le nuove regole di accreditamento, ad oggi, e in assenza di chiarezza, hanno fatto sì che molti enti non abbiano neppure ancora avviato le procedure necessarie per il passaggio dal servizio civile nazionale al servizio civile universale;

   la necessità di costituire delle reti tra enti, al fine di rispondere al requisito richiesto dalla nuova disciplina in merito all'iscrizione all'albo degli enti di servizio civile universale relativo alle 100 sedi di attuazione, rischia di determinare una perdita delle specificità e della peculiarità di ciascuna organizzazione, non offrendo pari dignità e importanza all'impegno di ciascuno;

   a seguito dei ricorsi presentati dalle regioni Lombardia e Veneto alla Corte costituzionale rispetto alla presunta violazione dell'articolo 117 della Costituzione, sarebbe importante chiarire ulteriormente il ruolo delle regioni nella programmazione delle attività e come questo impatterebbe sulla concreta fattibilità e attuazione degli interventi;

   prevedere l'abbassamento dei mesi di servizio da 12 a 8 influirebbe negativamente sull'impatto che l'esperienza ha sui volontari stessi, poiché considerato il periodo di avvio e quello di formazione per l'attuazione vera e propria delle attività, il conseguente percorso di crescita dei volontari risulterebbe decisamente penalizzato;

   nelle ultime settimane si è discusso in merito alla proposta del Ministro dell'interno di istituire un servizio obbligatorio per tutti, militare nelle forze armate o civile nella protezione civile. Da questa previsione il terzo settore sembrerebbe escluso –:

   se sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di favorire la piena programmazione e attuazione del servizio civile universale, anche alla luce dell'imminente consueta scadenza relativa alla pubblicazione del bando per la progettazione di interventi di servizio civile.
(5-00217)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BAGNASCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il linfedema è una patologia cronica, progressiva, degenerativa e disabilitante la quale, pur affliggendo attualmente (tra forme primarie e secondarie) circa 450.000 persone in Italia, è scarsamente assistita dal sistema sanitario nazionale, tanto da essere considerato un problema estetico e non una malattia;

   in molte regioni, infatti, alla luce delle scarse risorse messe a disposizione dallo stesso servizio sanitario nazionale, la malattia è gestita nei primi stadi evolutivi in strutture ambulatoriali del tutto inadeguate al trattamento della medesima, almeno negli stadi clinici più evoluti;

   più volte, altri parlamentari hanno in passato interpellato il Ministero della salute, senza avere risposta concreta in merito all'approvazione delle linee guida denominate «Atto d'indirizzo sul linfedema e lipedema», in materia di malattie rare. A sottoporre il problema è l'associazione «Sos Linfedema» che supporta e sostiene i malati attraverso il suo presidente Francesco Forestiere ed il presidente del comitato scientifico, professor Sandro Michelini, tra i tecnici chiamati dal Ministero a stilare le stesse linee guida, per l'esperienza sul tema come presidente della Società europea di linfologia dal 2006, vice-presidente della Società italiana di linfangiologia, membro del comitato esecutivo dell’International Society of Lymphology e Membro della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa;

   nel 2006 solo l'ospedale San Giovanni Battista di Roma decise, con l'avallo della competente azienda sanitaria locale, di dedicare parte dei posti letto di day hospital alle patologie vascolari periferiche disabilitanti (non chiedendo nuovi posti letto agli organi istituzionali ma gestendone alcuni di quelli già in dotazione a favore di questi malati, con relativi Drg, peraltro, meno incidenti dal punto di vista economico di quelli relativi alle altre patologie gestite fino a quel momento);

   sin da subito, presso la citata struttura si è potuta registrare la presenza di pazienti provenienti da tutte le regioni d'Italia, ad ulteriore riprova della sistematica inadeguatezza delle strutture sanitarie di appartenenza per la patologia in parola;

   il Ministero della salute, sin dal 2006, ha lavorato alle linee guida sul linfedema ma, nonostante sia stato licenziato un documento finale già nel 2007, dette linee non sono state ancora approvate;

   quanto suesposto denuncia una situazione gravissima, essendo un consistente numero di cittadini escluso da quelle cure intensive adeguate cui hanno diritto per esplicita previsione costituzionale;

   un intervento «coordinato» tra il Governo e le regioni è, dunque, urgente, anche perché i malati di linfedema sono al momento costretti a scegliere tra un trattamento inadeguato e non completamente disciplinato in Italia, o un ricovero presso altre strutture sanitarie in Europa (Germania, Svizzera, Austria) con conseguenti e rilevanti costi per il servizio sanitario nazionale;

   peraltro, si rileva l'assoluta incongruità persistente tra l'autorizzazione che continua a essere concessa al ricovero all'estero (anche alla luce della direttiva europea 2011/24/Ue, il cui recepimento è avvenuto su iniziativa del Governo pro tempore nell'ottobre 2013) a questi malati, e il diniego a essere trattati in strutture nazionali analoghe, idonee a praticare la medesima terapia fisica intensiva;

   si è di fronte all'ennesima, ingiustificata, e inammissibile lesione del diritto alla salute, nonché del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, all'origine delle quali non può non ravvedersi una certa abulia dei competenti organi Statali e governativi –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa e quali siano le ragioni che hanno ostacolato la rapida approvazione delle linee guida «Atto d'indirizzo sul linfedema e lipedema»;

   quali iniziative si intendano assumere per l'immediata adozione di tale documento al fine di dare risposta ai 450 mila malati in Italia.
(4-00787)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito dalla legge n. 472 in data 20 novembre 1987, recante «copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia», disciplina le situazioni di cessazione dal servizio per gli agenti che operano nelle forze di polizia di ordinamento civile;

   l'articolo 6-bis, comma 1, del suddetto decreto recita: «Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento, da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefici stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all'articolo 2, commi 5, 6, 10 e all'articolo 3, commi 3 e 6 del presente decreto»;

   tuttavia, l'articolo 6-bis, al comma 5, recita anche: «al personale della Polizia di Stato, nonché a quello del Corpo forestale dello Stato in possesso delle qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, ai soli fini dell'acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale, si applica l'articolo 52 del testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092». Tali disposizioni negli anni avrebbero fornito elementi di confronto e interpretazioni controverse;

   le controversie interpretative riguarderebbero l'effettiva data di decorrenza e di entrata in vigore delle disposizioni previste dalla normativa e l'ampiezza della platea di coloro che possono effettivamente beneficiare del trattamento pensionistico disciplinato dalla normativa stessa –:

   se si intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte a rendere maggiormente chiara la disciplina di cui in premessa, superando dunque le criticità di carattere interpretativo e, permettendo di individuare con chiarezza i beneficiari del trattamento pensionistico delle disposizioni in questione.
(4-00790)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministro dell'interno, Matteo Salvini, in un'intervista al Washington Post, ha giudicato legittima l'annessione della Crimea da parte della Russia e definito «una falsa rivoluzione» le manifestazioni che nel 2014 portarono in Ucraina al cambiamento ai vertici del potere;

   il Ministro Salvini ha affermato che «ci sono alcune zone storicamente russe, con la cultura e le tradizioni russe che appartengono legittimamente alla Federazione russa», aggiungendo che «c'è stato un referendum e il 90 per cento della popolazione ha votato per il ritorno della Crimea nella Federazione russa. La rivoluzione di Maidan è stata falsa»;

   il Ministro degli esteri ucraino ha convocato l'ambasciatore italiano a Kiev, Davide La Cecilia, al fine di ricevere chiarimenti con riferimento alle dichiarazioni di cui sopra e, allo tempo stesso, per condannare la posizione assunta dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri Salvini, in quanto, a parere del titolare del dicastero ucraino, «non basata su fatti reali e in contraddizione con i principi riconosciuti e le norme della legge internazionale»;

   il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018, verificato lo stato di attuazione degli accordi di Minsk, ha prorogato le sanzioni economiche riguardanti settori specifici dell'economia russa fino al 31 gennaio 2019;

   il Consiglio ha adottato tale decisione mediante procedura scritta e, come di regola per tutte le decisioni di questo tipo, all'unanimità, quindi anche con il consenso del Governo italiano –:

   se il Ministro interrogato condivida le dichiarazioni rese dal Ministro dell'interno al Washington Post e, in caso affermativo, come si concilino tali dichiarazioni con la posizione assunta dal Governo italiano il 28 e 29 giugno 2018 in sede di Consiglio europeo.
(3-00102)

Interrogazione a risposta orale:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo le ultime stime gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) risultano essere 4,9 milioni, ovvero il +3,3 per cento rispetto allo scorso anno. Tra il 2016 e il 2017 gli italiani sono emigrati in 194 destinazioni diverse, la maggior parte di esse collocate in Europa. Il Paese di destinazione preferito risulta essere il Regno Unito;

   sono infatti oltre 340 mila iscritti all'Aire nel Regno Unito e tra i 700-800 mila gli italiani residenti in Gran Bretagna, come confermano le stime del consolato italiano nella capitale londinese;

   il Maeci, a causa delle misure di contenimento della spesa pubblica e del blocco del turn over delle aree funzionali, ha dovuto registrare una drastica riduzione del personale adibito alle funzioni da esse esplicate, passando da 3.996 unità del 2006 alle 2.711 del 2016, con una diminuzione di 1.285 unità in termini assoluti e del 33 per cento in termini percentuali; per il 2020, inoltre, sono previsti ulteriori 400 pensionamenti per limiti di età, destinati ad acuire esigenze note da tempo;

   a fronte di una situazione di obiettiva restrizione di risorse e di personale, nel bilancio del Maeci per il 2018 e per il triennio 2018-2020, si registra una svolta positiva poiché si prevede l'assunzione, in un biennio, di 150 unità delle aree funzionali e un aumento di ulteriori 100 unità del contingente del personale a contratto, ai quali si aggiungono minori unità per operazioni concorsuali da espletare o in via di espletamento;

   è particolarmente sentita, soprattutto dai connazionali all'estero, l'urgenza di un nuovo assetto della Rete diplomatico-consolare italiana nel mondo e dei servizi erogati all'estero in favore degli italiani all'estero e di tutto il Sistema Italia;

   innumerevoli sono le segnalazioni di disfunzione dei servizi consolari provenienti dai connazionali all'estero, tra cui i notevoli tempi d'attesa per l'emissione di passaporti, l'impossibilità di editare o compilare direttamente on line i moduli per la richiesta di atti e documenti, l'assenza nella maggior parte dei casi di un «tracking code» che consenta di monitorare costantemente l’iter delle proprie richieste inviate al Consolato in via telematica;

   accanto alla sopraddetta generale problematicità è emblematico il caso di Londra: città che sconta una situazione di forte criticità;

   la proposta, fortemente sostenuta dalle comunità italiane residenti all'estero con cui si chiede il reale sviluppo dei servizi telematici, e al contempo la previsione di misure di tutela dalla contraffazione, e una maggiore e migliore erogazione di servizi, appare volta a realizzare un sistema più efficiente e in grado di garantire maggiori risparmi per il bilancio dello Stato –:

   se il Ministro interrogato non intenda chiarire lo stato complessivo delle risorse di personale ed economiche messe a disposizione per la rete consolare italiana all'estero;

   se non intenda implementare, con la massima rapidità, le procedure di assunzione delle unità di personale sopraccitate per il biennio 2018-2020;

   se intenda valutare l'opportunità di assegnare il personale che sarà immesso in ruolo e destinato alle sedi estere in ragione della proporzione delle comunità italiane fuori dai confini nazionali, dando priorità a quei Paesi in cui i nostri connazionali sono più presenti;

   se intenda chiarire quali siano le previsioni di rinforzo di personale nel consolato generale d'Italia a Londra e dell'ufficio consolare di Manchester.
(3-00100)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   un articolo di Gianna Fragonara, pubblicato sul Corriere della Sera il 19 luglio 2018 e ripreso anche dal sito «Aise.it», segnala l'allarme sul reale rischio di non avere insegnanti assegnati nei licei italiani all'estero, in particolar modo in Europa, alla ripresa dall'anno scolastico a settembre;

   secondo il sito «OrizzonteScuola» sarebbero addirittura 180 le cattedre vacanti e rischiano di esserlo per ancora molti mesi. Almeno fino al 16 gennaio 2019, data in cui il Tar del Lazio ha fissato l'udienza per il ricorso presentato da «Uil-Scuola» contro i nuovi concorsi locali e contratti «in deroga» già pronti da alcune settimane. Contratti che intanto sono stati sospesi proprio per decisione del predetto Tar Lazio;

   nell'ultimo anno sono cambiate, infatti, le regole per i contratti delle cattedre non complete, ovvero quelle con meno di 18 ore. Detti contratti sono ormai vietati dalla sentenza europea del 2016 se eccedono i 36 mesi e per alcuni ricorsi di professori all'estero il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stato anche condannato a pagare arretrati e danni. Così sono state fissate nuove procedure dai decreti attuativi della legge n. 107 del 2015, detta della «Buona scuola»: i presidi possono procedere a concorsi particolari per le materie con cattedre non complete per poi fare contratti a tempo indeterminato secondo le norme del Paese che ospita la scuola. Hanno avviato la procedura ad Atene, Parigi, Madrid, Istanbul, Barcellona e Addis Abeba, ma per il sopraccitato ricorso il Tar Lazio ha congelato tali procedure di assunzione, in attesa di stabilire se esse contrastino con le regole per l'assunzione degli insegnanti nella scuola pubblica;

   per quanto detto a settembre 2018 gli studenti delle scuole italiane di secondo grado all'estero non avranno più i loro «vecchi» professori; i concorsi sono stati nella maggior parte dei casi delle stabilizzazioni di docenti già in servizio presso le scuole per i quali è cambiata la forma contrattuale. Dovranno invece essere nominati nuovi supplenti almeno per qualche mese in attesa della decisione del Tar a gennaio. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal quale dipende il personale delle scuole all'estero, ha fatto un controricorso ma per ora la situazione è bloccata –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se non intendano adoperarsi con la massima urgenza per assicurare la regolare ripresa delle lezioni a settembre 2018 per gli alunni studenti delle scuole italiane di secondo grado all'estero; se non ritengano opportuno redigere, per quanto di competenza, una pianificazione almeno triennale delle docenze al fine di evitare il ripetersi, pressoché annuale, delle predette condizioni di vacanza delle cattedre nelle scuole italiane all'estero.
(5-00218)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIANCOFIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 aprile 1992 fu presentata all'ambasciata della Repubblica d'Austria da una nota accompagnatoria da parte del Governo italiano nell'ambito delle procedure previste per la consegna presso l'Onu della dichiarazione di chiusura della vertenza altoatesina, con il riconoscimento della relativa autonomia. Lo scopo era quello di tutelare la minoranza, riferendosi, inoltre, all'accordo di Parigi del 1946, per esaudire la richiesta espressa dall'Svp di un ancoraggio internazionale per rivendicare i propri diritti davanti ad istituzioni internazionali;

   in data 1° giugno 1992 il Governo tirolese ha emanato una dichiarazione di approvazione del «pacchetto» risolutivo per la questione dell'Alto Adige; successivamente, il Parlamento tirolese ha preso atto di questa dichiarazione e il Parlamento austriaco ha approvato a grande maggioranza (125 voti a favore espressi dalla SPÖ, ÖVP e dai verdi, 30 voti contrari della FPÖ) la chiusura della vertenza nei confronti dell'Italia davanti all'Onu;

   in data 11 giugno 1992 è stato presentato un documento finale (detto «quietanza liberatoria») con il quale il Governo austriaco ha riconosciuto formalmente all'Italia il ruolo di garante dell'autonomia delle popolazioni altoatesine di lingua tedesca e ladina presenti in Alto Adige;

   il nuovo presidente del consiglio austriaco Sebastian Kurz, in data 18 dicembre 2017, ha annunciato che l'Austria era pronta a concedere il doppio passaporto alle sole popolazioni di lingua tedesca e ladina della provincia autonoma di Bolzano, provincia della Repubblica italiana, come da richiesta fatta al Governo di Vienna da 19 consiglieri provinciali altoatesini. Tale volontà di concessione del doppio passaporto ha rinfocolato i propositi di indipendenza dall'Italia di tale provincia da parte di alcuni partiti sudtirolesi, lasciando ipotizzare un possibile «caso Catalogna» anche per l'Alto Adige-Südtirol;

   il Primo ministro austriaco, in data 18 aprile 2018, nel palese tentativo di influenzare la campagna per le elezioni provinciali/regionali previste in Alto Adige per ottobre 2018, si è permesso di annunciare che l'Austria apre i consolati all'estero agli altoatesini: «Siamo i loro tutori», equiparando di fatto gli altoatesini alle vittime del nazismo –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di limitare quelle che appaiono all'interrogante continue intromissioni del Governo austriaco su una porzione dello Stato italiano qual è l'Alto Adige e far sì che l'Austria rispetti i trattati internazionali e la «quietanza liberatoria» del 1992 impedendo un nascente nuovo «caso Catalogna» nel cuore dell'Europa;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere nei confronti del Governo austriaco dopo l'ennesimo tentativo di ingerenza in relazione ai confini territoriali dell'Italia ai residenti nella provincia autonomia di Bolzano e quelle che l'interrogante giudica evidenti prove di forza nei confronti della Repubblica italiana.
(4-00795)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DONZELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 gennaio 2018 è stato presentato il protocollo d'intesa siglato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Toscana per la difesa della costa dall'erosione costiera, in cui si prevedono vari interventi di contrasto all'erosione costiera nel tratto di arenile fra Rosignano e San Vincenzo (Livorno);

   il turismo costituisce la prima industria di San Vincenzo, che è la seconda realtà turistica per presenze in Toscana e il cui valore aggiunto è rappresentato dalla presenza di un arenile con sabbia fine e dorata e acque limpide;

   in data 1° agosto 2018 scadrà il bando con cui l'amministrazione comunale intende appaltare i lavori di protezione della costa, scogliera a sud di San Vincenzo – 1 lotto. Tali lavori consisteranno in un'attività di ripascimento attraverso l'immissione di circa settemila metri cubi di sabbia cava o di fiume o di altro materiale grossolano le cui dimensioni, colore e granulometria sono ben diverse dalla spiaggia odierna, comportando quindi un cambiamento evidente nel panorama della stessa;

   eventuali errori nella realizzazione di queste opere comporteranno tre genere di impatti disastrosi, ambientale, economico cittadino e contabile, considerata la realizzazione mediante fondi pubblici;

   il sito del progetto è soggetto a vincolo paesaggistico in quanto ricadente nelle aree di tutela individuate ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 136 e del decreto ministeriale 16 agosto 1952 (Gazzetta Ufficiale 222 del 1952);

   l'intervento di cui sopra è stato oggetto di una valutazione d'impatto ambientale, il cui iter si è concluso con un decreto dirigenziale di approvazione (n. 15528 del 26 ottobre 2017), ma di cui ad oggi non si conoscerebbero i contenuti non essendo stato pubblicato, a quanto consta all'interrogante, né sul sito della regione Toscana né su quello del comune di San Vincenzo, in contrasto con le norme sulla trasparenza;

   il decreto dirigenziale di cui sopra integra un parere di Arpat, che esprime parere favorevole, ma condizionato all'effettuazione di «un piano di monitoraggio che preveda il controllo del parametro torbidità nelle fasi ante operam, in corso d'opera post operam, allo scopo di poter mitigare, in tempo utile, eventuali impatti derivanti dalla realizzazione del progetto», raccomandando «il monitoraggio della linea di costa [...] allo scopo di verificare la congruità della scelta effettuata relativamente al materiale», di fatto ammettendo candidamente la probabilità di intorbidimento delle acque;

   il comune di San Vincenzo ha frattanto già emanato – onde attuare questo progetto, finanziato con risorse ministeriali già rese disponibili – il bando di gara per l'appalto dei lavori di protezione della costa, scogliere a sud di San Vincenzo – 1° lotto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 5a serie speciale contratti pubblici n. 73 del 25 giugno 2018, per un valore stimato in 876.894,02 euro esclusa Iva e durata dei lavori prevista in novanta giorni;

   le offerte pervenute saranno aperte il 1° agosto 2018, alle ore 9 –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per la tutela e la conservazione dello stato attuale dell'arenile e delle acque interessate dal progetto;

   quali metodologie si intendano attivare per contrastare l'eventuale intorbidimento delle acque;

   se e come sia stata scientificamente supportata la tesi dell'assenza di rischio e di pericolo per i superamenti dei livelli di cromo, arsenico e nichel oltre i limiti legali in conseguenza dei lavori prospettati.
(4-00776)


   MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Toscana, a fine anni ’60 è stato realizzato, con uno sbarramento del fiume Setta, un piccolo lago artificiale, il lago Fiorenzo, completato da spazi pubblici sulle sponde. Attualmente, è uno dei luoghi centrali dell'attrattività turistica dell'alta Valle di Bisenzio e Bacino del Reno, sul crinale appenninico che costituisce la linea di confine fra la Toscana e l'Emilia Romagna;

   va ricordato che, oltre per la sua valenza turistica, il lago Fiorenzo ha un importante effetto di «cassa di laminazione» a monte dell'abitato del paese, per difendere le aree a valle da possibili esondazioni, peraltro frequenti prima della sua realizzazione;

   peraltro, l'importanza dell'invaso si conferma anche per il fatto che negli anni ha svolto ripetutamente una funzione di riserva idrica in caso di incendi boschivi, consentendo rapidi ed efficaci interventi a tutela dei boschi circostanti le frazioni dell'alta valle;

   nel dicembre 2017, in conseguenza di un'ondata di maltempo che ha investito la Toscana nonché l'alta Val Bisenzio e la frazione di Montepiano, si è prodotto il cedimento di una sponda del lago Fiorenzo. L'acqua uscita dal bacino si è riversata nel torrente Setta con un rapido abbassamento e svuotamento dell'invaso;

   da anni era stata denunciata la necessità di un intervento di manutenzione, con svuotatura e pulitura dello stesso, nonché di sistemazione delle sponde laterali della diga ormai vetuste e non più a norma;

   per recuperare il lago alle sue originarie funzioni, deve essere ricostruita la diga in conformità alla disciplina antisismica intervenuta nel frattempo e deve essere svuotato l'invaso dai materiali trasportati dal fiume che ne hanno quasi saturato la capienza;

   vi è quindi la necessità di avviare quanto prima la progettazione e portare a termine il ripristino dell'invaso acquifero, e quindi del lago con relativa diga –:

   se, nell'ambito delle proprie competenze e considerata la valenza ambientale e turistica del lago di cui in premessa, non si ritenga necessario avviare le opportune iniziative, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a consentire il recupero dell'invaso, anche attraverso la destinazione di risorse finanziarie quale contributo statale per il necessario intervento di ripristino risolutivo dell'invaso medesimo.
(4-00781)


   CUNIAL, BUSINAROLO, MANIERO, RADUZZI e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche utilizzate per impermeabilizzazione. Sono composti fluorurati del carbonio bioaccumulabili non biodegradabili; la comunità scientifica sostiene siano composti che hanno effetti principalmente di natura sub letale, interferenti endocrini del metabolismo dei grassi, con azione estrogenica e cancerogena altamente persistenti e quindi trasportabili dall'acqua. La contaminazione da Pfas delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha raggiunto un livello allarmante in Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato Arpav 2015) con la compromissione della seconda falda freatica più grande e importante d'Europa, la falda di Almisano; le province attualmente coinvolte sono quelle di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone;

   l'azienda Miteni di Trissino è già stata individuata nel corso del 2013 dallo studio del Cnr-Irsa e da ArpaV come fonte principale della contaminazione da Pfas e Pfos di questa vasta area;

   in piena emergenza Pfas, Miteni viene autorizzata tra il 2014 ed il 2017 a trattare fino a 100 tonnellate annue di rifiuti chimici pericolosi contenenti il GenX, mediante processo di conversione a resa limitata pari al 20 per cento, che ha portato alla produzione di notevoli quantità di rifiuti in un territorio già gravemente colpito da un inquinamento ambientale tra i più importanti d'Europa;

   Miteni inizia a trattare il GenX (HFPO-DA, acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2(eptafluoropropossi)-propanoico, tensioattivo florurato grazie all'approvazione del decreto regionale n. 59 del 30 luglio 2014 (si veda allegato A del decreto) con cui viene rinnovata per altri 5 anni l'autorizzazione integrata ambientale (Aia) al trattamento di tale rifiuto pericoloso proveniente dall'azienda DuPont (oggi Chemours De Namour) con sede a Dordrecht, in Olanda;

   nel rinnovo dell'Aia concessa a Miteni la nuova sostanza recuperata dal rifiuto pericoloso CER 07 02 01 (GenX) viene definita materia prima secondaria destinata a ritornare al committente nella sua totalità, quindi non soggetta ad alcun limite per lo sversamento di questa sostanza nell'ambiente confermando che i limiti per lo scarico dei reflui nel depuratore consortile sono determinati dal gestore. La presenza dei limiti avrebbe impedito o ridotto al minimo il diffondersi di questa sostanza in acque di falda limitrofe allo stabilimento. Tale negligenza da parte delle autorità regionali rende inefficace l'Aia concessa nel 2014 per escludere questa contaminazione;

   secondo i dati diffusi dal National Institute of Public Health and Environment olandese (Rivm) nel 2016, il GenX è classificato come una sostanza persistente nell'ambiente e potenzialmente cancerogeno e con possibili effetti epatotossici e negativi per l'apparato riproduttivo, cosa che ha costretto la revisione dei limiti di emissione in Olanda e la totale cessazione degli sversamenti nelle acque di superficie in Nord Carolina;

   l'attività dell'azienda va quindi bloccata immediatamente per poter procedere alla corretta bonifica al di sotto degli impianti attualmente in funzione e nella zona a nord dell'impianto, ancora esclusa dai saggi –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di verificare lo stato dei luoghi, anche per il tramite del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, considerato che secondo il recente monitoraggio ambientale le sostanze oggetto della concessione sono già state ritrovate nelle matrici ambientali e che l'alterazione ambientale sarebbe ancora in atto;

   se dal 2016, anno dell'inizio indagini ad oggi, sia mai stata fatta la rogatoria internazionale per sapere chi siano i reali proprietari dell'azienda Miteni di Trissino;

   di quali elementi dispongano circa le intenzioni dell'azienda, visto che il 16 settembre 2018 scadrà il concordato volontario, con il rischio che l'azienda possa sottrarsi alle proprie responsabilità nei confronti della comunità:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per prevenire e fronteggiare il danno ambientale, nonché i rischi per la salute della popolazione, anche promuovendo una indagine epidemiologica.
(4-00791)


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a fine marzo 2018 la capitaneria di porto di Salerno, su disposizione della procura della Repubblica presso il tribunale di Salerno, ha posto sotto sequestro l'impianto di depurazione di Varolato in ambito del comune di Capaccio Paestum, a causa della fuoriuscita da una vasca dell'impianto di un notevolissimo numero di dischetti di plastica che si sono riversati nel Tirreno provocando danni per oltre 500 chilometri di costa;

   i suddetti dischetti sono stati individuati fino a Séte, in Francia, a 200 chilometri dalla costa spagnola, a Milazzo e nell'isola di Ustica;

   Francesca Ferro, direttrice di Legambiente Campania, ha dichiarato di aver depositato, per il tramite dei propri legali, richiesta alla procura della Repubblica di Salerno di accesso agli atti, per avere certezza dell'indagine in corso, auspicando, tra l'altro, che la stessa indagine possa concludersi al più presto con individuazione dei responsabili di questo scempio ambientale e con l'aspettativa che vengano perseguiti per reato di inquinamento ambientale, così come previsto dalla legge n. 68 del 2015;

   dalle analisi effettuate da Goletta Verde ed elaborate da Legambiente, su prelievi svolti tra il 25 e il 29 giugno 2018, nulla risulta cambiato, con rischio sanitario per la popolazione residente e grave danno ambientale, oltre che all'economia turistica –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, perché sia fatta piena luce sull'intera vicenda, anche al fine di poter rivalersi a carico dei responsabili del danno ambientale;

   se, per quanto di competenza, vi siano stati controlli al riguardo e se siano emersi rischi per la salute pubblica e per l'ambiente.
(4-00792)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Codice dei beni culturali, all'articolo 41, prevede per gli organi amministrativi periferici dello Stato l'obbligo di versamento agli archivi di Stato dei documenti relativi agli affari esauriti da oltre 30 anni;

   l'obbligo in questione non viene da molte amministrazioni periferiche rispettato;

   tale inadempimento comporta grave disagio per gli studiosi dell'età contemporanea, impedendo anche la ricostruzione obiettiva di un periodo storico fondamentale per l'Italia –:

   quali iniziative intenda assumere per assicurare l'osservanza della norma di legge in questione, se del caso valutando la sussistenza dei presupposti per attivare lo strumento del procedimento disciplinare a carico dei responsabili dell'omissione.
(5-00221)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   CORDA, ARESTA, D'UVA, DALL'OSSO, DEL MONACO, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, IORIO, IOVINO, MENGA, RIZZO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 94 del 2017 (cosiddetto «riordino dei ruoli») prevede, in deroga all'articolo 682 del codice dell'ordinamento militare, che solo per l'anno 2018 venga bandito un concorso straordinario per titoli ed esami per il reclutamento nei ruoli dei marescialli dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare, riservato al solo personale appartenente ai ruoli di sergenti e volontari in servizio permanente, anche in deroga ai vigenti limiti di età;

   è previsto che, con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sia stabilito il numero di posti a concorso ripartiti per ruoli di provenienza e per Forza armata di appartenenza;

   di tale decreto ministeriale, propedeutico all'emanazione di un bando di concorso straordinario, risulta agli interroganti essere stato avviato l’iter approvativo presso gli uffici del Ministro della difesa, senza che, a tutt'oggi, siano noti i successivi sviluppi, lasciando in sospeso un numero rilevante di militari tra graduati e sergenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e, in caso positivo, sia in grado di fornire indicazioni sui tempi di adozione del decreto suddetto, dal momento che il relativo concorso deve essere tassativamente bandito entro l'anno in corso.
(3-00103)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLLICONE e RIZZETTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

  2 dicembre 2016 il maresciallo dei carabinieri Prisciano è stato congedato dal comando generale dell'Arma dei carabinieri per procedimenti penali pendenti, procedimenti disciplinari di consegna di rigore e valutazione caratteristica degli ultimi 2 anni inferiore alla media;

  il Tar del Lazio 1a sezione-bis in data 1o marzo 2017 ha accolto la domanda di sospensiva cautelare del provvedimento di congedo del maresciallo Prisciano, obbligando l'Arma dei carabinieri a rivalutare, ex novo l'intera vicenda «senza tener conto della parte penale e tenendo conto della particolare situazione del Maresciallo»;

  la «particolare situazione» era relativa ad accuse infamanti di maltrattamenti sporte dalla ex moglie, per le quali il maresciallo è stato assolto dalla autorità giudiziaria con formula piena perché il fatto non sussiste;

  l'Amministrazione della difesa, a quanto consta agli interroganti, invece di far ripartire ex novo tutto l’iter, utile a soddisfare le richieste del Tar del Lazio e, quindi, reintegrare il maresciallo, non solo non impugna l'ordinanza facendola così passare in giudicato, ma emette un nuovo atto ove dichiara di aver tenuto conto delle indicazioni del Tar, e considerata la documentazione caratteristica e le gravissime sanzioni disciplinari, ridispone il congedo;

  anche tale atto è stato impugnato dal maresciallo dinanzi al Tar laziale che, con ordinanza del 3 maggio 2017, ha annullato anche questo nuovo documento, condannando il Ministero ad una sanzione pecuniaria. Dopo tale condanna, il Ministero ha impugnato la decisione dinanzi al Consiglio di Stato che ha annullato la sanzione per elusione di giudicato all'Amministrazione della difesa e l'intera seconda ordinanza del Tar laziale, quella del 3 maggio 2017;

  il maresciallo Prisciano sarebbe stato congedato per refrattarietà alla disciplina militare e documentazione caratteristica inferiore alle media negli ultimi 2 anni;

  le gravissime sanzioni disciplinari che hanno portato alla dichiarazione di refrattarietà alla disciplina militare consistono in 3 consegne di rigore, per un totale di ben 23 giorni di consegna di rigore. Tutte e tre avrebbero in comune la sanzione di idee politiche; e già solo questo basterebbe per annullarle;

  dette sanzioni gli sarebbero state inflitte per condotte «commesse» libero dal servizio; successivamente viene trasferito a 800 chilometri dalla propria figlia, che non riesce a vedere per quasi 2 anni a causa dell'ex moglie;

  secondo quanto riferito agli interroganti dopo oltre 5 mesi di attesa per il trasferimento temporaneo urgente per stare accanto alla figlia che non vede da quasi due anni a causa dell'ex moglie, compila una lettera per sapere a che punto fosse la pratica per il suo trasferimento e, contestualmente, chiede l'annullamento in autotutela dei summenzionati procedimenti disciplinari. Per questo viene denunciato e viene a conoscenza di ciò quando il Comando generale avvia un nuovo procedimento disciplinare, cui seguono altri 8 giorni di consegna di rigore;

  il Tar del Lazio aveva ordinato di rimuovere gli aspetti penali; si rileva come l'ultima sanzione che fa riferimento ad un procedimento penale — tra l'altro, archiviato — invece sia rimasta «conteggiata» dall'Amministrazione della difesa, eludendo così le disposizioni del Tar;

  le sanzioni cui è stato sottoposto il maresciallo fanno riferimento a provvedimenti, disciplinari che appaiono di carattere politico; la stessa Arma dei carabinieri non comprenderebbe il perché delle punizioni: il maresciallo in Toscana ed in Sardegna viene sanzionato duramente per le idee contenute nel suo libro e nei suoi articoli, mentre il comando provinciale di Udine decide di non avviare nemmeno il procedimento disciplinare in quanto condotte democratiche fatte libere dal servizio («non indicato status militare» e «grado Arma») –:

  quali siano le ragioni che hanno portato al congedo del maresciallo Prisciano, quali siano i motivi per cui l'Amministrazione della difesa non abbia ottemperato a quanto disposto dal Tar di Roma e se non si ritenga opportuno reintegrare in servizio il maresciallo.
(4-00772)


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   presso la scuola dell'Aeronautica di Firenze, il 20 giugno 2018, si è tenuto un convegno sulla formazione alla leadership, al quale hanno partecipato, tra i tanti, molti professori universitari, amministratori delegati di aziende e vertici militari;

   il convegno ha visto la partecipazione anche del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare, il generale S.A. Enzo Vecciarelli, che ha pronunciato un discorso accademico e autoreferenziale;

   prima dell'intervento, il generale, mentre si accomodava alla propria postazione, ha pronunciato le seguenti parole, lasciando sconcertata la platea: «io per esempio non posso licenziare, se potessi saremmo molti in meno in questa stanza (...)».

   le parole sono state ascoltate da tutti i partecipanti al convegno e quindi da tutta la dirigenza dell'Aeronautica militare, alla quale il generale dedicava espressamente quelle parole;

   da organi di stampa si apprende che sul canale YouTube dell'Aeronautica militare è stato pubblicato il video con l'intervento del generale, scomparso però dopo pochi giorni, nonostante, già inizialmente, fosse stato pubblicato privo proprio della parte in cui si affermava quanto sopra riportato;

   a parere dell'interrogante, l'episodio è estremamente grave poiché offende gli appartenenti alla Forza armata e lascia intendere che all'interno della stessa vi sarebbero molti uomini che meriterebbero il licenziamento a causa del loro poco valore. Per di più, lo stesso generale dimostra, secondo l'interrogante, uno scarsissimo senso della disciplina e dei doveri di un militare oltre che di un superiore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per verificare quanto accaduto e promuovere, se necessario, un accertamento in merito a eventuali responsabilità disciplinari del generale.
(4-00784)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   Leonardo, già Finmeccanica, anche dopo il suo ridimensionamento, costituisce la principale azienda nazionale nel settore dell'industria aerospaziale e dell'elettronica e una delle poche grandi imprese rimaste nell'alta tecnologia; da qualche anno vive una fase riflessiva, ascrivibile solo in parte all'andamento dell'economia e della finanza mondiale, che ha inciso negativamente sul suo posizionamento nel contesto internazionale;

   negli ultimi mesi del 2017 la comunità finanziaria internazionale, a fronte di risultati inferiori alle aspettative, aveva espresso valutazioni non favorevoli, innescando in borsa un crollo del valore del titolo, che aveva provocato una prima sospensione della sua quotazione;

   il 30 gennaio 2018 l'amministratore delegato Alessandro Profumo ha presentato il piano industriale 2018-2022, affermando essere questo finalizzato a «una crescita sostenibile», presupposto per una reale svolta;

   un'analisi attenta della presentazione di questo piano fa tuttavia emergere perplessità e riserve;

   gli obiettivi commerciali ed economico-finanziari sono ambiziosi: crescita delle vendite con tassi annui superiori al 6 per cento, di redditività dal 2020 a due cifre; tuttavia, su contenuti e costi delle iniziative le indicazioni risultano troppo generiche;

   dei tre settori dell'azienda (elicotteri, aeronautica ed elettronica sicurezza difesa) la presentazione considera solo gli elicotteri. Anche se sono stati proprio i risultati degli elicotteri a determinare una forte flessione del titolo, è da escludere che il settore elicotteri sia quello maggiormente critico: l'andamento degli altri due risulta più preoccupante;

   per tale motivo è singolare il silenzio sugli altri due settori, come se fossero estranei all'interesse futuro dell'azienda;

   neppure un accenno viene fatto all'aeronautica civile, il che sembra dar forza ai rumors relativi all'intenzione di dar corso a cessioni di stabilimenti meridionali, in primo luogo quello storico di Pomigliano;

   c'è silenzio anche sulle strategie per tutelare l'elettronica italiana a fronte dei giganti francesi nella cantieristica navale, civile ma soprattutto militare. In questa situazione, è alto il rischio che il settore venga sopraffatto dall'industria francese; il silenzio sul dossier navi appare preoccupante;

   un ulteriore motivo di perplessità è il sostanziale silenzio sulle linee di lungo periodo e, sulle intenzioni di realizzazione di prodotti futuri;

   i comparti in cui opera Leonardo sono caratterizzati da tempi lunghi per lo sviluppo di nuovi prodotti (fino a otto-dieci anni): è nel quinquennio considerato dal piano che si pongono le basi per il portafoglio prodotti che l'azienda avrà fino al 2030;

   gli scarni accenni del piano riguardano sviluppi in corso da anni (il convertiplano AW 609, avviato quindici anni fa, la versione armata del T346 e l'addestratore basico T345 dal 2014). Nulla si dice circa il lancio di un nuovo velivolo che raccolga l'eredità degli Atr e possa rappresentare il rilancio degli stabilimenti in Campania;

   nulla, inoltre, si precisa circa l'avvio di nuovi sistemi elettronici per Atci Atm sia civili che militari. E tutto ciò mentre i concorrenti esteri sono molto attivi: i francesi e i tedeschi hanno in fase avanzata una nuova generazione di elicotteri con tecnologie innovative;

   tutto questo potrebbe essere indizio della volontà di ridurre l'azienda attraverso la cessione di alcuni rami oppure la loro diluizione in «alleanze» internazionali, in cui Leonardo difficilmente potrebbe avere una posizione di controllo;

   nel caso non ci fosse tale intenzione, allora si tratterebbe, secondo l'interpellante, di una carenza di visione strategica, che fa sperare poco sul futuro della principale industria ad alta tecnologia dell'Italia;

   tali carenze hanno determinato una reazione negativa del mercato finanziario, con un ribasso del titolo e la decisione delle Autorità di vigilanza di sospenderne nuovamente la quotazione;

   risulta all'interpellante che il piano industriale sia stato elaborato da consulenti esterni con un coinvolgimento aziendale limitato alla fornitura di dati;

   non coinvolgere la dirigenza nelle scelte fondamentali implica una valutazione non positiva di quest'ultima, come se fosse estranea ai risultati anche significativi conseguiti in passato;

   il mancato utilizzo delle strutture aziendali e l'affidamento di tali attività a società di consulenza determina duplicazioni di costi. Ciò dovrebbe in teoria attirare l'attenzione del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e dell'organismo di vigilanza;

   nello scorso anno il Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore ha proposto all'assemblea l'attuale vertice di Leonardo, peraltro dopo avere cancellato tra i criteri per la nomina la «clausola di onorabilità» della direttiva del governo Monti –:

   se il Ministro dell'economia e delle finanze, nella sua qualità di azionista di riferimento di Leonardo, ritenga di promuovere un attento esame del piano industriale per verificare se e in quale misura quelle che all'interpellante appaiono reticenze e carenze di questo inficino la sua validità e la sua idoneità per una «crescita sostenibile» dell'azienda, con conseguente valutazione sulla direzione dell'azienda;

   se il Ministro dello sviluppo economico, quale responsabile della politica industriale nelle aree strategiche a tecnologia avanzata, intenda valutare quale contributo Leonardo, qualora non rivedesse il suo piano industriale, potrebbe mai dare alla tutela dei settori ad alta tecnologia del Paese.
(2-00058) «Lo Monte».

Interrogazioni a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MELONI, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'introduzione della flat tax in Italia è un obiettivo scritto nel «contratto di governo» sottoscritto dai due partiti di maggioranza, MoVimento 5 Stelle e Lega;

   a quasi tre mesi dall'inizio del percorso del nuovo Esecutivo, tuttavia, il Governo sembra assumere una posizione contraddittoria in merito alla concreta realizzazione di tale punto del programma;

   da un lato, il Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'interno Matteo Salvini continua ad individuarla come prioritaria, dall'altro il Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio fissa la priorità in materia economica nell'introduzione del reddito di cittadinanza;

   da un altro lato ancora, il Ministro interrogato ha annunciato l'avvio dei tavoli di lavoro sull'argomento, ma ha ribadito la necessità di attenersi ai vincoli di bilancio –:

   se esista un reale cronoprogramma per l'introduzione della flat tax e se sia realistica una sua normazione già a partire dal disegno di legge di bilancio per il 2019.
(3-00104)


   GERARDI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte dei conti nei giorni scorsi ha espresso serie preoccupazioni per il mancato versamento degli importi legati alla «rottamazione delle cartelle», pari a 9,6 miliardi di euro;

   nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato, si rileva che «a fronte di un ammontare lordo complessivo di crediti rottamati di 31,3 miliardi, l'introito atteso ammonta a 17,8 miliardi. Di tale importo sono stati riscossi nei termini solo 6,5 miliardi, comprensivi degli interessi per pagamento rateale. A tale somma deve aggiungersi la parte rateizzata ancora da riscuotere pari a 1,7 miliardi comprensivi di interesse. Pertanto dei 17,8 miliardi previsti in base alle istanze di definizione pervenute, 9,6 miliardi non sono stati ancora riscossi e costituiscono omessi versamenti»;

   la cosiddetta «rottamazione delle cartelle» operata dal precedente Governo sembra, dunque, non aver risolto il problema del contenzioso: circa la metà dei contribuenti che avevano rottamato cartelle per oltre 100 mila euro, una volta aderito, non ha potuto pagare;

   assume particolare rilevanza il rispetto delle scadenze della «rottamazione»: in caso di mancato o tardivo pagamento anche di una sola delle rate, si decade dai benefici della definizione agevolata e prendono il via le ordinarie procedure di riscossione;

   si ritiene opportuno, pertanto, instaurare una pace fiscale con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l'estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell'importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica;

   la finalità non è affatto quella di un condono tout court, bensì una sorta di «maxi rottamazione» delle cartelle ex Equitalia per i contribuenti falliti che non hanno potuto pagare talune imposte;

   il cosiddetto contratto di governo prevede, infatti, tra i vari obiettivi che si pone, un miglioramento delle procedure di riscossione con conseguente smaltimento della mole di debiti iscritti a ruolo, datati e difficilmente riscuotibili per insolvenza dei contribuenti;

   il provvedimento, pertanto, dovrà essere efficace solo per coloro che, a causa della pesante recessione economica, non hanno potuto pagare in tutto o in parte le imposte fino ad un determinato tetto, escludendo quindi i grandi contribuenti –:

   se il provvedimento sulla cosiddetta «pace fiscale» sia concretamente «in cantiere» e se includa anche l'attuale «rottamazione delle cartelle», ovvero quali siano le ipotesi di intervento allo studio del Governo per lo stralcio delle cartelle ex Equitalia.
(3-00105)


   MARATTIN, PADOAN, BOSCHI, MADIA, BOCCIA, NAVARRA, MELILLI, DE MICHELI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'economia italiana sta vivendo una situazione di estrema incertezza e di possibile rallentamento congiunturale, il cui dato più indicativo resta l'andamento dello spread, che sembra essersi stabilizzato ad un livello superiore di ben 100 punti base rispetto ai valori segnati fino ad aprile 2018, che comporterebbe un significativo aggravio – e crescente nel triennio – dei conti pubblici italiani fin dal prossimo esercizio economico-finanziario;

   nei giorni scorsi l'Ufficio parlamentare di bilancio ha rivisto al ribasso la stima di crescita del prodotto interno lordo per il 2018 all'1,3 per cento, contro l'1,5 per cento contenuto nell'ultimo Documento di economia e finanza (DEF) e validato ad aprile 2018 dal medesimo organismo indipendente;

   in questo scenario è fondamentale che l'azione di Governo non deteriori il livello di fiducia dei mercati e di credibilità internazionale, faticosamente ricostruiti negli ultimi anni;

   nel corso dell'audizione parlamentare sulle linee programmatiche del suo Dicastero, il Ministro interrogato ha definito prioritario il perseguimento della crescita all'interno di una politica di bilancio caratterizzata dalla riduzione del rapporto debito/prodotto interno lordo, non peggiorando i saldi di finanza pubblica fissati nel Documento di economia e finanza e mantenendo invariata la spesa nominale primaria corrente, senza peraltro specificare su quali settori intenda specificamente operare l'azione di contenimento della spesa;

   con la prudenza di tale impostazione contrastano, tuttavia, le dichiarazioni dei Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, che si sono detti pronti ad approvare, nel disegno di legge di bilancio per il 2019, sia la cosiddetta flat tax, sia il reddito di cittadinanza, anche mediante uno sforamento del vincolo europeo del 3 per cento –:

   in vista della predisposizione del disegno di legge di bilancio per il 2019, quale sia la posizione ufficiale del Governo in merito al rispetto del limite del 3 per cento del rapporto tra indebitamento netto e prodotto interno lordo contenuto nel Patto di stabilità e crescita.
(3-00106)


   BRUNETTA, GELMINI, OCCHIUTO, MANDELLI, PRESTIGIACOMO, CANNIZZARO, D'ATTIS, D'ETTORE, PELLA, PAOLO RUSSO, MARTINO, GIACOMONI, ANGELUCCI, BARATTO, BENIGNI, BIGNAMI e CATTANEO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni il Ministro interrogato ha più volte dichiarato di voler mantenere il programma di governo entro i limiti di bilancio necessari per conservare la fiducia dei mercati finanziari e, quindi, evitare l'instabilità finanziaria che potrebbe danneggiare la crescita e rendere oneroso il costo del debito italiano, che recentemente ha toccato un nuovo record;

   sempre nei giorni scorsi, i leader di Lega e MoVimento 5 Stelle hanno lasciato capire che, al contrario, intendono, se necessario, non rispettare i limiti di bilancio concordati con l'Unione europea, in particolare quello del rapporto deficit/prodotto interno lordo, per finanziare le misure espansive contenute nel programma;

   il percorso di rientro dal debito eccessivo e il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale concordato con l'Unione europea richiede un intervento correttivo pari allo 0,3 per cento del prodotto interno lordo (circa 5,2 miliardi di euro) per il 2018 e allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo (circa 10,4 miliardi) per il 2019;

   tutte le principali istituzioni economiche nazionali e internazionali hanno recentemente rivisto al ribasso le stime di crescita del prodotto interno lordo italiano, sia per il 2018 che per il 2019, per una riduzione complessiva pari a quasi cinque decimali di punto nei prossimi due anni; tale revisione provoca automaticamente il peggioramento dei rapporti deficit/prodotto interno lordo e debito/prodotto interno lordo, richiedendo al Governo ulteriori sforzi correttivi per mantenere gli obiettivi concordati con Bruxelles;

   la spesa per interessi sul debito aumenterà ulteriormente per via della cessazione del programma di quantitative easing della Banca centrale europea a partire da gennaio 2019, aumentando ulteriormente il deficit;

   il Governo si è impegnato ad impedire in qualsiasi modo l'aumento delle aliquote Iva previste dalle cosiddette «clausole di salvaguardia», un intervento di sterilizzazione che richiede risorse pari a 12,4 miliardi di euro –:

   alla luce degli interventi necessari richiamati in premessa, quali e quante altre risorse finanziarie, all'interno del deteriorato quadro macroeconomico e di finanza pubblica, rimangano a disposizione del Governo per finanziare le misure economiche contenute nel programma presentato al Parlamento, in particolare il reddito di cittadinanza, l'abolizione della «riforma Fornero» e l'introduzione della flat tax, e, nel caso la Commissione europea conceda ulteriori spazi di flessibilità al Governo, se intenda il Ministro adottare iniziative volte a utilizzare tali maggiori risorse per finanziare gli investimenti infrastrutturali, chiedendo all'Unione europea di scomputarli dal calcolo del deficit secondo il principio della «golden rule», oppure per finanziare le costose politiche economiche e sociali di parte corrente richieste da Lega e MoVimento 5 Stelle.
(3-00107)


   LUPI e COLUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel dossier sulle tendenze demografiche del Paese sono riportati i drammatici dati sul calo delle nascite che nel 2017 hanno nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia: soltanto 458 mila nuovi nati a fronte di un numero di decessi pari a 649 mila. Dal 2008, anno di inizio della più grave crisi economica che abbia mai colpito il Paese dal dopoguerra, le nascite sono diminuite di circa 120 mila unità con un crollo del 20 per cento;

   il tasso di natalità è sceso all'1,34 figli per coppia fertile e sarebbe all'1,22 se non ci fosse l'apporto positivo degli stranieri; dei poco più di 458 mila bimbi nati in Italia nel 2017, quasi uno su quattro è nato da genitori stranieri o da almeno un genitore straniero. Per la precisione: sono 68 mila quelli nati da entrambi genitori stranieri – comunque in calo rispetto al 2016 – e poco più di 30 mila da almeno un genitore straniero. E non è un caso che la popolazione straniera sia l'unica a registrare un saldo positivo (+ 61 mila);

   i rischi sociali ed economici di queste tendenze non sono ancora adeguatamente valutati dalle stesse istituzioni politiche che hanno, finora, dedicato a questo tema un'attenzione molto parziale e limitata ai giorni in cui vengono periodicamente resi noti i dati dell'Istat ed iniziative sporadiche;

   la famiglia in tutti questi anni di crisi si è dimostrato il primo ammortizzatore sociale e di fatto fattore di coesione;

   ciò che è essenziale, nel breve periodo, è incrementare immediatamente un insieme di misure di sostegno economico alla famiglia e alla natalità. Infatti indagini socioeconomiche accurate dimostrano che uno dei freni principali allo sviluppo del nucleo familiare è costituito dalla mancanza di risorse economiche –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo dirette a rivedere il sistema fiscale del nostro Paese privilegiando le famiglie più numerose (con più figli a carico, persone disabili e anziani) e a incrementare le risorse economiche già previste nella legge di bilancio per il 2018 (ad esempio, favorire l'accesso al credito per i nuclei familiari più numerosi, agevolazioni per il pagamento delle rette degli asili nido ed altro) in modo da tutelare in modo pieno le famiglie più numerose.
(3-00108)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARNEVALI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'esito negativo per Qui! Group delle verifiche ispettive, il 13 luglio 2018 Consip s.p.a. ha annunciato la risoluzione contrattuale del lotto 1 (Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, Lombardia) e lotto 3 (Lazio) della convenzione «Buoni pasto ed. 7» per reiterato, grave e rilevante inadempimento delle obbligazioni contrattuali;

   nei mesi precedenti, infatti, erano pervenute a Consip numerose segnalazioni di disservizi sia da parte dei dipendenti dalle amministrazioni utilizzatrici per la impossibilità di spendere i buoni emessi da Qui!Group sia da parte delle imprese della ristorazione convenzionate con Qui!Group per il mancato pagamento delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici;

   in conseguenza della risoluzione, ogni amministrazione può decidere se e come risolvere il contratto di fornitura, ferma restando la spendibilità dei buoni precedentemente accumulati;

   Consip ha annunciato di aver predisposto un piano di azione straordinario per rendere disponibili quanto prima gli strumenti per acquisire una nuova fornitura di buoni pasto: tuttavia, la convenzione non sarà avviata prima del dicembre 2018;

   i dipendenti delle amministrazioni coinvolte dalla risoluzione della convenzione si trovano, pertanto, nell'impossibilità di utilizzare i buoni pasto già ricevuti e nell'incertezza di percepire ancora ticket non spendibili;

   secondo i dati a disposizione della Cgil questa situazione potrebbe coinvolgere oltre 100 mila dipendenti pubblici –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di assicurare ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni interessate dai fatti esposti in premessa la piena fruibilità dei buoni pasto Qui!Group precedentemente accumulati e la garanzia di percepire queste prestazioni fino al rinnovo della convenzione Consip.
(5-00213)


   FERRAIOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   accade, di frequente, (e, prevalentemente, in danno di piccoli imprenditori) che istituti di credito, eroghino, il prestito concordato, attraverso «dazioni frazionate»: la somma pattuita in sede di «accesso al credito» non viene corrisposta in un'unica soluzione, «imponendosi» (troppe volte) al cliente la stipula di plurimi contratti di mutuo e di apertura di credito;

   un meccanismo «apparentemente lineare ed innocuo», ma che, di fatto, persegue il solo fine di «maggiorare gli interessi passivi» che il debitore avrebbe pagato se la erogazione fosse stata riferita ad un unico «atto di finanziamento»;

   ci si trova, dunque, di fronte ad una «prassi artificiosa», che moltiplica, nel tempo, l'ammontare degli interessi complessivamente dovuti. E non è difficile immaginare l'incalzare della necessità del debitore di assicurare all'ente creditore garanzie ulteriori e non preventivate all'atto della richiesta di finanziamento;

   si tratta di un meccanismo perverso, che ingenera tassi di interesse ben più onerosi di quelli che il debitore avrebbe pagato se la somma pattuita non fosse stata frazionata in separate e distinte dazioni;

   si è dinanzi a una «usura» che emerge e si evidenzia solo quando ci si avvede del «mutamento del debito in ragione della maggiorata consistenza degli oneri debitori»;

   è la somma di tutti i rapporti, insomma, che «arricchisce le tasche» del creditore, in ragione di interessi superiori al tasso di soglia che, giammai, il creditore avrebbe potuto richiedere –:

   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo e tutela di cittadini e utenti.
(5-00222)

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tutte le associazioni di categoria hanno, a lungo e a più riprese, sollecitato il Governo affinché venisse emanata quanto prima da parte della Agenzia delle entrate, la circolare che consente di definire le deduzioni forfettarie per le spese non documentate dalle imprese di autotrasporto, concesse per i redditi d'impresa dell'anno 2017;

   14 giorni dopo la scadenza del termine di pagamento dell'Irpef a saldo per il 2017, fissato al 2 luglio 2018, sono stati definiti gli importi delle deduzioni forfettarie giornaliere per gli autotrasportatori di merci per conto terzi, in contabilità semplificata o in ordinaria per opzione;

   in particolare, per i viaggi effettuati personalmente dall'imprenditore fuori dal comune sede dell'impresa, nel 2017 la deduzione giornaliera, per le spese non documentate, è stata ridotta da 51 euro (previsti per il periodo d'imposta 2016) a 38 euro. Se il viaggio viene effettuato all'interno del comune, invece, la riduzione è da 17,85 a 13,30 euro;

   un taglio del 25 per cento delle agevolazioni fiscali destinate alle imprese artigiane, come quello previsto nelle comunicazioni dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero dell'economia e delle finanze del 16 luglio 2018, ha fortemente scosso le associazioni di rappresentanza del mondo artigiano: sia Confartigianato Trasporti, sia CNA Fita condannano duramente quanto accaduto; secondo la Cgia le imprese di autotrasporto rischiano di pagare fino a 1.400 euro in più di tasse, cui si sommano la riduzione prevista per i fondi destinati ai pedaggi autostradali, il caro gasolio, i costi di esercizio, la fortissima concorrenza sleale praticata dai vettori stranieri;

   CNA Fita ha invitato il Governo a fare «la voce grossa con l'Europa non solo per il problema degli sbarchi degli immigrati, ma anche per armonizzare le condizioni di lavoro delle imprese europee» e per «portare le imposte sul gasolio sotto il 50 per cento del costo complessivo alla pompa»;

   nel corso della recente audizione delle associazioni degli autotrasportatori in commissione lavori pubblici e trasporti del Senato, è stata avanzata la proposta, senatore Nencini, vice Ministro pro tempore ai trasporti di riportare l'importo della deduzione forfettaria a 51 euro, respinta dalla maggioranza;

   il sottosegretario Michele Dell'Orco, il 20 luglio 2018, ha confermato «l'intendimento del Ministro ad aprire un tavolo di lavoro e di confronto programmatico con la categoria dell'autotrasporto che, nell'ottica della sostenibilità, avvii un percorso virtuoso di certezza delle misure e di contemperamento degli interessi» –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per tutelare l'autotrasporto che rappresenta una categoria essenziale per l'economia italiana da trattare con il rispetto dovuto a chi sostiene, pur in condizioni di svantaggio competitivo, il prodotto interno lordo e l'occupazione nazionale;

   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per reperire le risorse necessarie a ripristinare l'importo di 51 euro per la deduzione forfettaria giornaliera e se si intenda sostenere una categoria che per la gran parte rientra nella definizione di «piccola e media impresa», cioè l'area di riferimento privilegiata verso cui dichiaratamente vorrebbe rivolgersi il Governo.
(4-00788)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARTOLOZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è nota la grave situazione in cui versa il tribunale civile di Palermo, denunciata anche da una forte presa di posizione dei magistrati e del foro locale;

   gli spazi a disposizione del palazzo di giustizia non sono più adeguati al carico dei ruoli: si è giunti al punto che le udienze vengono svolte negli open space, negli archivi, nelle sale ristoro, davanti alla macchinetta del caffè, negli spazi antistanti i bagni, nei punti di passaggio. Molte parti dell'edificio, peraltro, sono state adibite nel tempo alla funzione di archivio, o meglio di deposito, risultando così non più utilizzabili ad altro scopo; un'operazione di riordino, razionalizzazione e svuotamento di questi spazi è ormai indifferibile;

   si assiste a scene da inferno dantesco, con capannelli di persone più o meno accalorate che si stringono attorno ai giudici, per celebrare processi «open air», quando va bene divisi l'uno dall'altro da separè di fortuna, in ambienti assolutamente inadeguati, privi di termosifoni, sedie e delle altre attrezzature necessarie;

   in questa situazione di emergenza, nessuno dei principi costituzionali che reggono il processo (il pieno diritto di agire e resistere in giudizio, il contraddittorio, la parità delle «armi», la terzietà e imparzialità del giudice, la dignità di tutti i soggetti pubblici e privati che intervengono nel processo, la riservatezza che tutela alcune delicate situazioni coinvolte) trova piena ed effettiva attuazione;

   dunque, è della massima urgenza che il Ministro adotti tempestivamente tutte le misure necessarie e opportune per ripristinare la piena e dignitosa funzionalità del tribunale di Palermo. Ci si augura, rispetto alla politica di gestione degli uffici giudiziari, che il Governo non pensi di poter adagiare sullo scandaloso precedente del «caso Bari», rinviando alle proverbiali calende greche ogni iniziativa e aspettando il crollo (letterale e non metaforico) del tribunale per intervenire con decreto-legge, magari addirittura promuovendo la sospensione dei termini processuali e di quelli di prescrizione, con danni che richiederebbero almeno 5 anni per essere recuperati –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, per risolvere tempestivamente i problemi organizzativi e gestionali del tribunale di Palermo esposti in premessa.
(5-00219)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da tempo il tribunale di Massa si trova a operare in una costante situazione di carenza di magistrati;

   attualmente la situazione si è ulteriormente aggravata e non pare destinata a migliorare in considerazione dei prossimi trasferimenti ad altra sede di due giudici del settore penale;

   la gravità della situazione è stata denunciata al Csm dall'Anm giunta distrettuale ligure, che ha evidenziato come il tribunale di Massa sia senza un presidente in carica e vi sia una scopertura dei ruoli di magistrato nella misura di quattro unità, destinate a diventare cinque, con ben tre scoperture nel settore penale;

   tale stato di cose creerà inevitabilmente gravi disfunzioni organizzative e il presumibile blocco di delicati processi;

   le disfunzioni riguarderanno soprattutto l'ufficio del giudice per le indagini preliminari e del giudice per le udienze preliminari, nonché la formazione dei collegi penali;

   nonostante ciò, ad oggi, la corte d'appello di Genova non ha preso provvedimenti –:

   se il Ministro interrogato sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito, al fine di garantire la piena funzionalità del tribunale di Massa.
(4-00773)


   COVOLO e PRETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la «Berica Impianti s.p.a» di Arzignano (Vicenza) opera, sin dal 1989, nel campo della «cogenerazione» e/o «trigenerazione» e del «risparmio energetico»;

   da notizie di stampa si apprende che detta società, da più di un anno, non può far fronte ai suoi impegni finanziari, anche perché vanta enormi crediti con lo Stato che non paga i lavori eseguiti, tanto da dover chiedere e ottenere l'ammissione al concordato preventivo;

   l'esposizione debitoria complessiva, risulta ammontare a circa 12,5 milioni di euro per un passivo di 14,5 milioni di euro, e lo squilibrio finanziario è di circa 5 milioni di euro;

   detta situazione debitoria risulta consequenziale alla crisi di liquidità derivante dallo sbilancio determinato dal mancato incasso dei crediti statali per lavori eseguiti e non pagati;

   detta società ha installato moderni impianti di cogenerazione in ben 14 carceri e la crisi economica che la attanaglia risulta anche provocata dal mancato pagamento degli impianti di cogenerazioni di otto carceri del Piemonte, tre dell'Emilia Romagna e tre della Toscana, dove la Berica ha incardinato le cause civili davanti ai tribunali di Torino, Bologna e Firenze;

   inoltre, Berica Impianti è creditrice anche nei confronti di altre aziende pubbliche, per lavori svolti ma non pagati;

  con ogni probabilità la situazione finanziaria della società è dipesa da più cause, tra cui indubbiamente la crisi del mercato di questi ultimi tempi che ha colpito il settore, ma, leggendo l'articolato piano presentato in tribunale dai legali, emerge in maniera evidente che il mancato riconoscimento dei crediti da parte del Ministero della giustizia abbia influito in maniera determinante sull'insolvenza, in quanto «Berica Impianti» non ha potuto onorare i debiti con i fornitori;

   è ormai di tutta evidenza che il sistema dei pagamenti e del credito che interessa le imprese italiane merita la massima attenzione e si ritiene opportuno che venga in ogni modo sottolineato e rispettato il concetto che prima di appaltare nuove opere pubbliche si abbia la certezza non solo della copertura finanziaria, ma anche della concreta disponibilità ad erogare le somme –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato;

   quale sia l'effettivo ammontare del credito della ditta e quali siano le ragioni del mancato adempimento da parte del Ministero della giustizia.
(4-00777)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   durante la mattinata del 30 giugno 2018, un marocchino, detenuto nel carcere Villa Andreino a La Spezia e sottoposto a decreto di espulsione, ha dato fuoco alla sua cella al fine di evitare l'allontanamento dall'Italia;

   questo grave episodio ha messo in pericolo i suoi tre compagni di cella nonché il personale intervenuto che, per spegnere l'incendio e mettere in salvo i detenuti, è stato portato in ospedale a causa della grande quantità di fumi tossici respirati;

   il personale era già intervenuto durante la sera precedente per un altro episodio pericoloso: tre detenuti stranieri hanno fatto scoppiare una rissa coinvolgendo un altro detenuto;

   il problema, a monte dei numerosi episodi che si verificano, risiede nella presenza di molti detenuti stranieri nelle carceri italiane;

   la Convenzione di Strasburgo del 1983 prevede una procedura in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un Paese viene trasferito in un altro Paese, generalmente quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena. L'Italia ha ratificato la Convenzione nel 1989 e l'ha allargata man mano attraverso accordi bilaterali con alcuni Paesi;

   ciononostante, nel 2017, erano 19.432 i detenuti stranieri nelle carceri italiane, in aumento rispetto agli anni 2016 e 2015 (rispettivamente 18.166 e 17.207), e mancano gli accordi con numerosi Paesi di provenienza degli stranieri presenti nelle carceri;

   malgrado il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, abbia sottolineato che, attualmente, la mancata collaborazione con molti di questi Paesi contribuisce seriamente al sovraffollamento delle carceri, il Governo non sembra essersi mobilitato per risolvere la situazione;

   da organi di stampa si apprende che il costo del mancato rimpatrio degli stranieri arriva all'incirca ad un milione e mezzo di euro al giorno, risorse finanziarie che potrebbero essere decisive per migliorare le condizioni delle carceri italiane e, quindi, per ristrutturare le strutture esistenti o costruirne delle altre;

   a parere dell'interrogante, la situazione illustrata è oltremodo pericolosa per l'Italia: bisognerebbe dare attuazione alla Convenzione, attraverso un intervento più concreto da parte del Governo e la collaborazione degli altri Paesi che spesso usufruiscono ad altro titolo di finanziamenti da parte dell'Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, per attivare le procedure finalizzate a stipulare accordi con altri Stati affinché i detenuti stranieri scontino nei loro Paesi la pena senza gravare sulle carceri italiane.
(4-00779)


   GELMINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del direttore generale (P.d.G.) del Ministero della giustizia del 3 aprile 2008, pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 5 giugno 2008 era stato bandito il concorso interno per la qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria;

   all'articolo 14, comma 7, del citato bando era espressamente stabilito che «il personale nominato vice ispettore del ruolo maschile e femminile del Corpo di Polizia Penitenziaria sarà confermato nella sede di appartenenza compatibilmente alla dotazione organica»;

   nel corso della XVII legislatura in attuazione della riforma della pubblica amministrazione (la cosiddetta «legge Madia») si è assistito ad un'ampia riduzione della pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria, che ha investito l'intero territorio nazionale e che mette a serio rischio la sicurezza interna di diversi istituti. Tale riduzione, inoltre, rende del tutto inapplicabile il menzionato articolo 14;

   a 10 anni dall'indizione di un concorso a procedura concorsuale interna, il personale coinvolto ha visto sfumare la possibilità di raggiungere legittimi risultati in termini economici e di carriera;

   come riportato dallo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel suo progetto formativo, risulta che i vincitori del concorso hanno un'età anagrafica che va dai 41 ai 59 anni, il 64 per cento proviene dal ruolo agenti/assistenti (molti sono assistenti capo coordinatori) e il 36 per cento dal ruolo dei sovrintendenti con la qualifica di sovrintende capo e coordinatore e, relativamente alla collocazione geografica delle sedi di appartenenza, si registra la netta prevalenza delle regioni del Centro-Sud Italia;

   con lettera del direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – direzione generale del personale e delle risorse del 20 luglio 2018, relativa al corso per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria che avrà inizio il prossimo settembre, viene ribadito che l'ufficio scrivente «dopo aver dato massimo sfogo alla mobilità a domanda del personale già appartenente al Ruolo degli Ispettori, contemperando le esigenze organiche con le aspirazioni di detto personale per come risulta dalla vigente graduatoria per i trasferimenti a domanda relativa all'interpello per l'anno 2017, determina i posti disponibili per i neo nominati nel ruolo in argomento». La stessa lettera specifica che «la prima assegnazione in una sede diversa da quella di appartenenza non comporta la corresponsione di indennità»;

   vi è pertanto l'elevata possibilità che molti rinuncino alla nuova qualifica dopo il corso di formazione, perché, salvo casi eccezionali, nessuno, dopo dieci anni di sacrifici, sarà disposto a rinunciare ai propri affetti e a un mondo che ormai gli appartiene in assenza di un qualunque vantaggio economico;

   va peraltro evidenziato come il decreto legislativo n. 95 del 2017, prevedendo un concorso interno per titoli, non dispone trasferimenti in altre sedi, mantenendo, su richiesta, la sede di appartenenza;

   a rinunciare non sarebbero solo i sovrintendenti ma anche molti assistenti capo coordinatori e comunque tutti quelli che sarebbero destinatari di un trasferimento che, dopo oltre 30 anni di servizio e in prossimità della pensione, contribuisce solo a peggiorare le condizioni economiche e quelle familiari;

   a ricevere un danno sarebbe, in ultima analisi, solamente l'amministrazione penitenziaria –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda porre in essere al fine di restituire ai futuri ispettori quella serenità professionale e familiare che meritano dopo la perdita di opportunità determinata da un ritardo di dieci anni ascrivibile interamente all'amministrazione.
(4-00785)


   GELMINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Capo IV del decreto legislativo n. 95 del 2017 – entrato in vigore il 7 luglio 2017 – è intervenuto sui ruoli del personale del corpo di polizia penitenziaria, introducendo importanti modifiche alle previgenti disposizioni;

   il 6 luglio 2018 il Consiglio dei ministri ha adottato, in attuazione dell'articolo 8, commi 1, lettera a), 5 e 6, della legge n. 124 del 2015, uno schema di decreto legislativo, recante disposizioni integrative e correttive al citato decreto legislativo, trasmettendolo alle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato per la formulazione dei prescritti pareri;

   a legislazione vigente non è prevista analoga facoltà per il decreto legislativo n. 94 del 2017 che ha riordinato i ruoli e le carriere del personale delle Forze armate;

   tutte le amministrazioni interessate, unitamente ai vertici delle Forze armate, hanno convenuto che gli eventuali correttivi decreto legislativo n. 95 del 2017, non debbano produrre disallineamenti negli ordinamenti esistenti, fin quando non sia approvata un'analoga norma che possa permettere di apportare modifiche al decreto legislativo n. 95 del 2017, in quanto contrari ai princìpi di equiordinazione e omogeneizzazione delle carriere. Pertanto, ad un primo provvedimento contenente disposizioni tali da non modificare l'assetto ordinamentale vigente – evitando quindi disallineamenti tra il personale delle Forze di polizia e Forze annate – ne seguirà un secondo di più ampio respiro;

   in tale secondo provvedimento andrebbe definitivamente risolto il problema della decorrenza giuridica della nomina dei 643 ispettori di polizia penitenziaria – poi saliti a 1.232 – vincitori del concordo interno per titoli di servizio ed esame, bandito nel 2008 (provvedimento del direttore generale del Ministero della giustizia 3 aprile 2008);

   dopo dieci anni dall'indizione di un concorso che – prevedendo una procedura concorsuale interna «semplificata» – non avrebbe dovuto comportare un tale ritardo, solo di recente gli ultimi vincitori sono stati avviati al previsto corso di formazione per conseguire la nomina a vice ispettore del Corpo di polizia penitenziaria;

   si tratta di personale che ha subito non solo un danno economico causato dal ritardo nel procedimento concorsuale, ma anche la perdita di chance legate alla mancata progressione nella carriera professionale: considerando, infatti, che la partecipazione al concorso interno presupponeva un'anzianità minima di servizio di 7 anni, ai quali vanno aggiunti i 10 della durata del concorso, ne consegue che saranno avviati alla qualifica di vice ispettore persone con un età di servizio di non meno di 20 anni. Praticamente nessuno di loro riuscirà a raggiungere la posizione apicale nel ruolo degli ispettori, stante il fatto che, mediamente, dopo circa 35 anni di servizio si matura il diritto al pensionamento;

   come emerge dal contenuto del progetto didattico del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, quasi il 50 per cento degli allora partecipanti al concorso ha un'età compresa tra i 46 e i 50 anni, circa il 35 per cento ha tra i 42 e i 45 anni e circa il 15 per cento ha oltre i 50 anni di età;

   tale situazione rischia a breve, con il pensionamento degli attuali ispettori che ricoprono posizioni di vertice, di impedire il necessario ricambio nelle posizioni apicali del corpo;

   analoghe problematiche relative alla decorrenza giuridica della nomina per vincitori di concorso si riscontrano anche per i 271 vincitori del concorso per ispettori di polizia penitenziaria bandito nel 2003 e conclusosi ormai quasi cinque anni fa –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di affrontare finalmente e in modo definitivo la paradossale situazione dei vincitori dei citati bandi del 2003 e del 2008, modificando la decorrenza giuridica della nomina attraverso una specifica iniziativa, normativa anche prevedendo, nell'eventualità della predisposizione di un nuovo disegno di legge di delega legislativa, specifici princìpi e criteri direttivi al riguardo.
(4-00786)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso la procura di Trieste, più di sei anni fa, è stato instaurato un procedimento, a carico di alcuni agenti e dirigenti della polizia, con l'accusa di sequestro di persona per aver, gli stessi, trattenuto dei migranti;

   l'inchiesta, che ha coinvolto ben sette poliziotti, è nata a seguito di un suicidio di una ragazza ucraina, avvenuto nel 2012, in una cella di sicurezza nella caserma di Villa Opicina;

   la procura, impiegando una grande quantità di tempo, ha impegnato, nel corso degli anni, ingenti risorse umane e logistiche e ha acquisito una grande mole di documenti cartacei ed informatici per sostenere l'accusa, tant'è che lo stesso giudice dell'udienza preliminare, nella sentenza poi emanata, parla di dimensioni incommensurabili;

   il pubblico ministero incaricato per le indagini, Massimo De Bortoli, aveva chiesto per gli imputati delle condanne per complessivi venti anni e nove mesi di reclusione;

   il giudice dell'udienza preliminare, Giorgio Nicoli, il 4 giugno 2018, ha emesso sentenza di assoluzione nei confronti dei poliziotti e ha accusato il pubblico ministero di aver sostenuto una tesi «peregrina e velleitaria», «surreale», paragonabile a «chiacchiere da bar Sport»;

   il pubblico ministero aveva affermato – senza peraltro esplicitare su cosa fosse fondata la tesi – la «illiceità totale del trattenimento presso Uffici di Polizia di qualsiasi straniero da allontanare dal TN – in virtù di qualsiasi titolo amministrativo o giudiziario», dichiarazione che aveva portato gli agenti, in primis a Trieste, a non trattenere più gli stranieri da espellere, ma piuttosto come sostenuto dallo stesso giudice dell'udienza preliminare – ad invitarli con un bigliettino a sottoporsi in modo volontario alle procedure di espulsione;

   è noto che per procedere all'espulsione di un clandestino, allorquando v'è un atto amministrativo o giudiziario e secondo quanto disposto dalla legge n. 129 del 2011, è necessario il trattenimento del soggetto da parte delle forze dell'ordine, senza che da ciò possano ravvisarsi gli estremi del sequestro di persona: se così non fosse, nessun extracomunitario, che permane illegalmente all'interno dei confini italiani, potrebbe essere accompagnato per l'espulsione;

   la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 205 del 2001) ha evidenziato che «il trattenimento costituisce la modalità organizzativa prescelta dal legislatore per rendere possibile, nei casi tassativamente previsti che lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, sia accompagnato alla frontiera ed allontanato dal territorio nazionale»;

   a parere dell'interrogante, è inaccettabile che un pubblico ministero abbia indagato per ben 6 anni sette poliziotti che, nell'esercizio delle proprie funzioni, hanno rispettato la legge in maniera palese e incontrovertibile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere al riguardo e, in particolare, se non ritenga di avviare iniziative ispettive presso la procura di Trieste.
(4-00794)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAVINO MANCA, ROMINA MURA e GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il presente atto di sindacato ispettivo si sottopone all'attenzione del Governo la questione relativa all'intenzione da parte della compagnia aerea «Air Italy» di trasferire circa 50 impiegati dalla sede di Olbia a quella di Malpensa;

   come più volte affermato nell'ambito di incontri istituzionali, la stessa compagnia, attraverso il proprio management aveva negato l'intenzione di procedere al suddetto trasferimento Air Italy presso il terminal di Olbia ha sempre avuto il suo centro operativo per le proprie attività;

   è presente l'Occ, Operations Control Center, l'ente preposto alla gestione operativa del programma commerciale, il crewing, che si occupa di impiegare e gestire tutto il personale navigante, in tutto il mondo, il Gos (Ground Operations Supervision) che coordina l'assistenza commerciale ai passeggeri, le attività di scalo durante i transiti, la gestione dei passeggeri e la loro assistenza in caso di irregolarità in tutti gli scali del network, in tutto il mondo, il Flight Dispatch, che prepara i piani di volo per tutto il network, garantendo la sicurezza del volo, il rispetto delle regole del volo medesimo, i permessi di sorvolo delle varie nazioni e garantisce agli equipaggi in servizio, tutti, ovunque siano nel mondo, l'assistenza in tempo reale grazie ai sistemi in dotazione, nonché il Mcc Maintenance Operations Control che coordina tutte le attività di manutenzione degli aeromobili impiegati nello svolgimento dell'attività giornaliera e non, ovunque nel mondo;

   si tratta di settori altamente specializzati e il terminal di Olbia prevede le strutture sopra descritte;

   il personale oggetto della ipotesi di trasferimento, ricopre proprio questi ruoli e mansioni;

   si fa presente che altri trentuno tecnici dell'ex Meridiana di base a Olbia sono stati trasferiti a Malpensa senza tenere in alcun modo in considerazione che proprio ad Olbia la suddetta compagnia ha sempre avuto il suo cuore decisionale nonché gli uffici operativi e amministrativi, la manutenzione e il call center:

   in ragione di tali considerazioni risulta davvero di difficile comprensione la strategia aziendale visto che, a Malpensa, Air Italy di fatto parte da zero, in quanto è priva di infrastrutture di proprietà a differenza dello scalo di Olbia;

   destano quindi perplessità le strategie aziendali, anche in termini di costi-benefici, per lo spostamento della sede operativa dall'aeroporto Costa Smeralda a Malpensa –:

   quali iniziative il Governo, anche alla luce degli elementi riportati in premessa, intenda promuovere, per quanto di competenza, al fine di convocare urgentemente un tavolo di confronto con la compagnia Air Italy per scongiurare ogni disimpegno dallo scalo di Olbia e garantire che siano mantenuti gli impegni già assunti con l'accordo raggiunto nel 2016 presso il Ministero dello sviluppo economico.
(5-00215)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 407 Basentana è una superstrada di particolare rilevanza per l'intero sistema viario meridionale, in particolare nel collegamento tra Tirreno (A2 Mediterraneo) e Jonio (strada statale 106);

   purtroppo, è anche una strada molto pericolosa che fa registrare un elevato numero di vittime;

   il tratto compreso tra Calciano e Metaponto è privo di spartitraffico centrale e questo ne accentua la pericolosità;

   l'Anas, come risulta anche tramite risposte fornite dal Governo pro tempore in sede parlamentare, nella scorsa legislatura, ad atti di sindacato ispettivo aveva annunciato la messa in sicurezza dell'arteria, in particolare per il tratto in questione;

   entro il luglio 2018 avrebbe dovuto essere pubblicato il bando per il primo lotto relativo alla realizzazione dello spartitraffico centrale per un importo di circa 6,8 milioni di euro;

   le amministrazioni locali di Ferrandina, Salandra, Pisticci, come riporta la stampa locale hanno chiesto un intervento del prefetto di Matera per velocizzare le procedure relativa alle misure previste per la Basentana, minacciando anche eclatanti forme di protesta –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché l'Anas velocizzi gli interventi di messa in sicurezza e di realizzazione dello spartitraffico centrale lungo il tratto Calciano-Metaponto della strada statale 407 Basentana.
(5-00220)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 31 maggio 2017 il dirigente alle opere e ai lavori pubblici del comune di Salerno, nel corso della commissione trasparenza, ha dichiarato la necessità di una verifica strutturale urgente del viadotto Gatto, la strada che collega il porto di Salerno agli snodi autostradali, e che, data la complessità e la specificità nonché la mancanza di professionalità e mezzi, essa dovrà essere esternalizzata;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, questo tipo d'intervento non è stato mai fatto e sarebbe invece necessario data la vetustà dell'opera; gli ultimi lavori di verifica della struttura, che risalgono al 2005 (e che non riguardavano tutta l'infrastruttura), non furono mai completati, in quanto il contratto con l'Ires venne rescisso per inadempienza; da allora sono stati effettuati solo interventi ordinari;

   si tratta di una strada che da quarant'anni è attraversata da camion carichi di merce e sottoposta quotidianamente a forti sollecitazioni, assorbendo volumi di traffico enormi;

   tutti i viadotti cittadini sarebbero, in realtà, sotto osservazione, perché la loro stabilità potrebbe essere gravemente compromessa;

   a destare preoccupazione è anche il viadotto Olivieri, per le vibrazioni che potrebbero essere causate dal traforo di Porta ovest –:

   se il Ministro interrogato, considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche in raccordo con il comune di Salerno, per verificare la stabilità e la sicurezza dei viadotti in questione, con particolare riferimento ai viadotti Gatto e Olivieri, alla luce della necessità di preservare la pubblica incolumità.
(4-00778)


   MINARDO, MULÈ, SCOMA e SIRACUSANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la questione della continuità territoriale della regione Sicilia è da tre anni al centro di una vicenda che ricade negativamente sui fruitori di un servizio che appare essenziale come quello dei collegamenti aerei da e per il territorio dell'isola;

   la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 28 dicembre 2015) contiene una disposizione (all'articolo 1, comma 486) che prevede, al fine di ridurre i disagi derivanti dalla condizione di insularità della stessa isola, lo stanziamento di 20 milioni di euro. Tale disposizione è stata introdotta nel corso dell'esame a Montecitorio con l'approvazione dell'emendamento 27-ter.3 presentato dal primo firmatario del presente atto;

   la norma citata, infatti, favorisce il diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti, costituisce un elemento fondamentale per sviluppare il sistema del trasporto aereo per la Sicilia e ha, inoltre, importanti ricadute positive dal punto di vista economico-sociale per l'intera regione;

   la scarsa attenzione del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rivolta alla questione è stata oggetto di ben 3 atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante (n. 4/15271, n. 4/13124, n. 4/13426), tutti volti a sollecitare il ripristino delle risorse economiche previste dalla legge di stabilità già dal 2016 esclusivamente, si ribadisce, per la continuità territoriale. Ad avviso degli interroganti, i fondi disponibili, non sono mai stati utilizzati in modo congruo e corretto dalla regione siciliana;

   al danno dell'errato utilizzo di risorse economiche fondamentali, in un periodo in cui sono notevoli i rincari dei biglietti aerei, si aggiunge la beffa della risposta fatta pervenire dal Governo precedente e dal Ministro pro tempore alle interrogazioni in merito;

   con riferimento alla conferenza di servizi (del 17 maggio 2017), il Ministro, pro tempore scrive che «per la possibilità di estendere la continuità territoriale agli aeroporti di Comiso e Trapani si conviene sulla necessità di rinnovare il bando per le tratte di Lampedusa e Pantelleria e di trattare le istanze di Comiso e Trapani in successivi tavoli tecnici», una risposta, a giudizio degli interroganti, inadeguata ed irrispettosa;

   sono trascorsi quasi tre anni da quando un emendamento dal primo firmatario del presente atto alla legge di stabilità 2016 stabiliva che i 20 milioni di euro fossero destinati solo ed esclusivamente alla continuità territoriale siciliana;

   a subire le conseguenze di una situazione inaccettabile sono ancora i cittadini, costretti a comprare, per esempio, un volo da Comiso a Milano o da Trapani a Roma a centinaia di euro o obbligati a pagare un volo dalla Sicilia per la Lombardia più di un volo da Fiumicino per New York –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per fare chiarezza sul corretto e concreto utilizzo delle risorse economiche destinate esclusivamente alla continuità territoriale della regione Sicilia;

   se non intenda assumere, con la massima, urgenza le opportune iniziative di competenza per garantire l'effettiva disponibilità di tutti i fondi destinati a tale scopo, senza attendere ulteriori tavoli tecnici e senza che gli stessi fondi siano utilizzati per fini diversi rispetto a quelli stabiliti;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere ogni ulteriore iniziativa, anche di concerto con la regione, per porre rimedio ad una situazione che rischia di gravare ancora per troppo tempo sulla situazione socio-economica della Sicilia.
(4-00793)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Briosco, comune della Brianza di 6.035 abitanti, è stato predisposto dai residenti in data 16 luglio 2018 un picchetto per la notizia dell'arrivo di 14 presunti profughi che la prefettura di Monza manderà nei prossimi giorni dal centro di smistamento di Correzzana in una palazzina di Briosco, in via Verdi 19;

   le ventidue famiglie residenti, tutte con minori a carico, hanno avuto notizie contraddittorie dall'Amministrazione comunale e hanno avviato un picchetto preventivo per evitare l'insediamento;

   la casa è di quattro piani e i richiedenti asilo sarebbero collocati in tre alloggi del secondo piano di proprietà di un seregnese;

   in una intervista rilasciata a un settimanale locale il sindaco di Briosco, Anna Casati, ha dichiarato: «Possiamo semplicemente dire che il legale rappresentante della Cooperativa Sociosfera-Onlus di Seregno, da anni gestore dei CAS-Centri di Accoglienza Straordinaria, ci ha comunicato che è prevista a Briosco l'apertura di 3 appartamenti destinati ad accogliere 14 richiedenti protezione internazionale provenienti da Correzzana dove risiedono da due anni. Gli appartamenti sono stati resi disponibili dalla proprietà. Quanto sto precisando fa seguito i soli contatti tra la Cooperativa e la Prefettura di Monza, in esecuzione dell'accordo sottoscritto dal Ministero dell'interno, ANCI e Alleanza Cooperative Italiane. Precisiamo inoltre, che il Comune di Briosco non ha alcuna competenza in merito, né ha mai dato alcuna disponibilità – ha precisato la sindaca –. Abbiamo chiesto alla Prefettura di Monza di individuare un contesto più idoneo e meno penalizzante per i comproprietari del condominio interessato»;

   la «palazzina» a quanto risulta all'interrogante non è strutturata per ospitare un così ampio numero di profughi, in quanto non c'è sistema di videosorveglianza, mancano scala antincendio, uscite di sicurezza, maniglioni antipanico, strutture per disabili e altro ancora;

   in questi ultimi giorni si è tenuto un incontro tra la Cooperativa Sociosfera-Onlus di Seregno che ha in gestione gli appartamenti, l'amministrazione comunale e il prefetto per discutere la situazione –:

   se non ritenga di promuovere una verifica per accertare l'idoneità della struttura individuata dal prefetto e, in caso di non idoneità, di assumere iniziative per sospendere il trasferimento dei migranti nel piccolo comune di Briosco.
(3-00101)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MIGLIORE, CARNEVALI e MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 27 agosto 2016 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro dell'interno 10 agosto 2016 sulle «Modalità di accesso da parte degli enti locali ai finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, per la predisposizione dei servizi di accoglienza per i richiedenti e i beneficiari di protezione internazionale e per i titolari del permesso umanitario, nonché approvazione delle linee guida per il funzionamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)»;

   il provvedimento è particolarmente significativo avendo l'obiettivo dichiarato di conferire maggiore stabilità ai servizi di accoglienza già avviati e semplificare il procedimento di accesso al finanziamento da parte di nuovi enti locali, e ha previsto linee guida dettagliate circa le modalità di accesso ai contributi da parte degli enti locali;

   l'articolo 4, comma 3, delle linee guida, in particolare, stabilisce che le domande pervenute entro il 30 settembre di ciascun anno possono essere esaminate ai fini della pubblicazione delle graduatorie per l'ammissione al finanziamento con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo; le domande pervenute entro il 31 marzo di ciascun anno possono essere esaminate ai fini della pubblicazione delle graduatorie per l'ammissione al finanziamento con decorrenza dal 1° luglio successivo;

   tuttavia, a differenza di quanto avvenuto in precedenza, ad oggi nessuna graduatoria è stata pubblicata sul sito del Ministero dell'interno, né si hanno notizie certe sui tempi e sugli esiti di questa graduatoria, e dunque sui progetti finanziati, con grave pregiudizio degli enti locali interessati che hanno presentato domanda;

   tale circostanza desta preoccupazione soprattutto alla luce del fatto che le norme citate hanno l'obiettivo di rendere strutturale il sistema di accoglienza diffusa, attraverso l'incentivazione dei centri Sprar a cui i comuni accedono volontariamente, anche al fine di superare il sistema del Cas, ossia i centri di accoglienza straordinari, di norma di grandi dimensioni e di difficile sostenibilità per i territori sui quali si realizzano –:

   quali siano le ragioni che hanno determinato questo grave ritardo nella pubblicazione della graduatoria e quando il Ministro interrogato intenda provvedere in tal senso.
(5-00223)


   SISTO, SILLI e MAZZETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Prato sono sempre più frequenti episodi di criminalità e microcriminalità, tanto che, come riportato dal Sole 24 Ore nel rapporto annuale sui reati, la provincia di Prato è balzata dall'ottavo al quinto posto in Italia per numero di denunce penali nel 2016 in base ai residenti;

   il dato che ha fatto maggior scalpore è quello relativo al numero degli scippi: si tratta di una città che «produce» ufficialmente due scippi ogni tre giorni senza contare quelli che non vengono denunciati;

   la situazione è ormai insostenibile, considerato che oltre agli scippi, lo scontro tra bande rivali con annesse sparatorie è all'ordine del giorno; da ultimo, come riportato dai maggiori organi di stampa, la procura di Prato ha avviato un'inchiesta sulla sparatoria e sul violento scontro tra bande di cinesi avvenuto il 4 luglio 2018, nel parcheggio delle Cascine di Tavola;

   alla luce di tali episodi, il Ministro interrogato si è impegnato a promuovere la questura di Prato dalla fascia C alla fascia B e questo vuol dire ottenere più poliziotti sul territorio e la possibilità di potenziare i controlli per contrastare sia la microcriminalità sia le illegalità del distretto parallelo;

   l'impegno dichiarato dal Ministro interrogato si ritiene necessario, nonostante gli sforzi e la costante applicazione delle forze dell'ordine e della questura, per combattere gli innumerevoli episodi di illegalità che provocano molto spavento e timore tra i cittadini;

   il 4 luglio 2018 è stato firmato dal Ministro interrogato il decreto che dà il via alla sperimentazione del Taser, la pistola elettrica che sarà data in dotazione alle forze dell'ordine e che, secondo quanto riportato dai principali organi di stampa, sarà utilizzata inizialmente in 11 città, escludendo Prato;

   ad avviso degli interroganti l'utilizzo del Taser, arma di dissuasione non letale, può essere uno strumento efficace per fronteggiare gli innumerevoli episodi di criminalità e microcriminalità nonché per ridurre i rischi per l'incolumità personale degli agenti delle forze dell'ordine –:

   con quali tempistiche il Ministro interrogato intenda promuovere la questura di Prato dalla fascia C alla fascia B, al fine di frenare l’escalation di atti di violenza e garantire maggiore sicurezza a tutti i cittadini della città di Prato e se, alla luce di quanto richiamato in premessa, non intenda prevedere la sperimentazione del Taser anche nella città di Prato.
(5-00224)


   PRISCO e DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha dato il via libera alla sperimentazione del Taser, la pistola elettrica in dotazione alle forze dell'ordine; stando a quanto reso noto dal Ministero dell'interno, attualmente è utilizzata da polizia, carabinieri e guardia di finanza, in 11 città: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e a Brindisi;

   è di tutta evidenza come l'uso della pistola elettrica garantisca, in primis, l'incolumità degli agenti più esposti a contesti particolarmente violenti, consentendo loro di difendersi anche da azioni perpetrate ai loro danni;

   in Italia, purtroppo, vi sono territori particolarmente vessati dall'emergenza sicurezza: ne rappresentano un tragico esempio alcune città toscane e umbre;

   secondo uno studio del Sole 24 Ore su dati del Ministero dell'interno la città di Prato è al primo posto in Italia per gli scippi, al nono posto nazionale per i furti totali, al settimo posto per le rapine;

   anche in alcune città umbre si registrano gravissimi episodi di violenza, sia contro le forze dell'ordine — come la recente aggressione avvenuta nei giorni scorsi a Città di Castello — sia contro gli agenti di polizia penitenziaria in servizio presso gli Istituti di detenzione di Perugia, Spoleto e Terni –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per inserire al più presto nella fase di sperimentazione del Taser i territori maggiormente colpiti dall'emergenza sicurezza, come quelli di Prato e dei due capoluoghi umbri di Perugia e Terni, anche tenendo conto della relativa grandezza delle regioni in cui sono situati, che permetterebbe di valutare in modo più efficace la sperimentazione stessa.
(5-00225)


   MAGI e GEBHARD. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'interno, con circolare del 4 luglio 2018 alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, ha sollecitato e fornito indicazioni sia per ridurre i tempi amministrativi di definizione delle domande di protezione internazionale, sia per contenere il numero di riconoscimenti della protezione cosiddetta «umanitaria», in base a motivazioni esplicitamente economiche, nonostante le risposte delle commissioni territoriali debbano essere indipendenti da indicazioni politiche ed esclusivamente legate alle previsioni di legge e alle storie personali dei richiedenti;

   nella circolare, inoltre, Ministro dell'interno collega, senza riferimento alcuno a dati e numeri, la concessione di un titolo di soggiorno per motivi umanitari a «consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza»;

   alla circolare ha fatto seguito, il 16 luglio 2018, una nota informale in cui la Presidente della Commissione nazionale per il diritto d'asilo Sandra Sarti ha invitato i presidenti delle commissioni territoriali a intervenire per diminuire la concessione di protezioni umanitarie poiché, essendo «ferme ancora al 28 per cento emerge che la direttiva del Ministro non ha ancora trovato attuazione e che anzi il dato numerico è addirittura aumentato», chiedendo che il trend, di tali dati subisca «la necessaria, improrogabile e doverosa modifica»;

   entrambi gli atti contraddicono i principi costituzionali (tra cui gli articoli 2, 3, 10 e 117), oltre che norme di legge nazionali (in primis l'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 286 del 1998) e sovranazionali (tra cui la Convenzione europea dei diritti umani) su cui si fonda la protezione internazionale;

   l'autonomia formale delle Commissioni prevista dall'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008 risulta gravemente compromessa attraverso l'invito esplicito, impartito da un prefetto, di eludere la legge nazionale che impone l'obbligo per le commissioni territoriali di procedere a un esame delle domande di protezione internazionale «sulla base individuale» –:

   alla luce di quali dati il Ministro dell'interno abbia collegato, nella circolare del 4 luglio 2018, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari a problematiche sociali e di sicurezza e quali iniziative di conseguenza, intenda intraprendere per garantire, nel rispetto della Costituzione e delle norme citate del diritto nazionale e internazionale, l'autonomia e l'indipendenza di giudizio degli organi decisionali amministrativi competenti in materia di protezione umanitaria.
(5-00226)


   MACINA, D'AMBROSIO e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio pugliese si registra una recrudescenza di fatti criminosi – da ultimo, i numerosi episodi di criminalità organizzata riportati dalla stampa locale, che allarmano fortemente i cittadini;

   si segnala, altresì, che recentemente, alcuni rappresentanti sindacali delle forze di polizia hanno avvertito l'esigenza di rivolgere una lettera aperta al prefetto e al questore di Brindisi per segnalare l’escalation degli episodi diffusi di criminalità, che hanno portato i cittadini ad avvertire la sensazione dell'assenza di presidi sufficienti a garantirne l'incolumità –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga opportuno verificare l'adeguatezza dei presidi in un territorio quale quello pugliese, che vede una forte presenza della criminalità organizzata, al fine di adottare le misure necessarie a garantire la sicurezza del territorio indicato e ad allentare la tensione dei cittadini.
(5-00227)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 5 febbraio 1992, n. 91, come modificata dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, regola le possibilità per lo straniero di acquistare la cittadinanza italiana per residenza ininterrotta sul territorio nazionale per almeno dieci anni ovvero per matrimonio decorsi tre anni dalla celebrazione, sulla base di un procedimento amministrativo gestito dall'ufficio territoriale di governo della provincia di residenza dell'interessato che si conclude con un provvedimento motivato di accoglimento ovvero di rigetto, il tutto senza tuttavia però prevedere requisito alcuno in ordine alla conoscenza della lingua ufficiale del Paese e relativo esame di verifica;

   la quasi integralità dei Paesi dell'Unione europea prevede, al contrario, la concessione della cittadinanza previo esame di conoscenza della lingua ufficiale, oltre ai classici requisiti di residenza e onorabilità;

   la conoscenza della lingua ufficiale del Paese concedente la cittadinanza deve ritenersi requisito imprescindibile per l'acquisto della cittadinanza talché appare tanto irragionevole quanto incoerente che la normativa italiana in materia non preveda il requisito linguistico, al punto che sono contemplati casi paradossali di soggetti stranieri che aspirano ad acquisire la cittadinanza italiana incapaci di dare lettura della formula di giuramento –:

   quali concrete iniziative intenda porre in essere al fine di pervenire alla sollecita modifica normativa tesa a subordinare, in ogni caso, l'acquisto della cittadinanza italiana all'esame di conoscenza della lingua italiana.
(4-00771)


   VIETINA e BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del progetto Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione), il Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione emette avvisi pubblici volti al perseguimento di obiettivi specifici legati all'integrazione. In particolare, l'obiettivo specifico 3 (OS 3) è volto a realizzare interventi di Rva (rimpatrio volontario assistito) comprensivi di misure di reintegrazione per favorire il processo di reinserimento dei rimpatriati nel Paese di origine;

   sul sito web istituzionale del Ministero dell'interno si legge che la dotazione finanziaria comunitaria originaria prevista per il Fami è pari a 387.698.100 euro: successivamente, tali risorse sono stante incrementate di 37.398.000 euro per finanziare operazioni di reinsediamento e ricollocazione e di ulteriori 33.734.323 euro per interventi a supporto dell'integrazione dei cittadini di Paesi terzi e di rimpatrio;

   il Fami è cofinanziato per lo stesso importo comunitario dallo Stato, per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze;

   nel programma nazionale Fami 2017 si legge che «il rimpatrio volontario assistito è diventato nel corso degli anni un importante ed efficace dispositivo di rientro nel Paese di origine per numerosi migranti presenti nel territorio italiano come attestano i risultati conseguiti nell'ambito dei progetti di RVA finanziati dal Fondo Europeo per i Rimpatri (FR) 2008-2013. In particolare dal giugno 2009 a giugno 2014 sono stati realizzati complessivamente oltre 3.200 RVA»;

   dai dati riportati emerge, tuttavia, come i rimpatri volontari assistiti siano una misura marginale rispetto invece all'accoglienza dei migranti sul territorio italiano, un'accoglienza diventata, ad avviso degli interroganti, ormai insostenibile sia economicamente che socialmente;

   pur manifestando perplessità rispetto a un sistema di accoglienza che sta creando un enorme dispendio di denaro pubblico, è indubbio che, stanti le risorse destinate ai progetti di rimpatrio, apparirebbe maggiormente sostenibile dal punto di vista economico procedere al rimpatrio di persone che, nella stragrande maggioranza dei casi, non ottengono alcun tipo di protezione internazionale. Uno degli ultimi avvisi emessi nel 2017, ad esempio, prevedeva lo stanziamento di 12.800.000 euro per il rimpatrio di 3.200 persone. La sostenibilità di tale operazione la si ravvisa mettendo, a titolo esemplificativo, a confronto la spesa preventivata dalla sola città metropolitana di Bologna, per un anno e mezzo di accoglienza per poco più di 1.000 persone e pari a 50.000.000 di euro;

   pur essendo disponibili bandi per il Rva, risulterebbe che diverse regioni non hanno mai nemmeno partecipato a tali bandi per l'intercettazione delle risorse stesse, preferendo di gran lunga i bandi che stanziano risorse per l'accoglienza sul territorio dei migranti che vengono così ospitati anche diversi anni –:

   se sia a conoscenza della situazione;

   a quanto ammontino, sul totale complessivo, le risorse complessive stanziate dal 2014 a oggi nell'ambito del Fondo asilo migrazione e integrazione per progetti specifici di rimpatrio volontario assistito;

   se si intenda valutare l'opportunità di potenziare le politiche di Rva, assumendo iniziative per favorire la partecipazione delle regioni ai suddetti bandi volti a rimpatriare obbligatoriamente una quota minima annua di migranti;

   quali altri iniziative urgenti si intendano assumere per favorire i rimpatri dei migranti nei loro Paesi di origine.
(4-00775)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città» non ha inciso, in modo significativo, sulle condizioni di vivibilità nelle città e del loro decoro, atteso che si registrano ripetuti fatti di violenza o di molestia nei confronti di persone e sistematico danneggiamento del patrimonio pubblico e privato che lasciano sconcertati –:

   se siano stati erogati, ai fini dell'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni, i fondi statali (7 milioni di euro per l'anno 2017) stanziati nel predetto decreto-legge;

   se il Governo intenda verificare, per quanto di competenza, se e quali comuni si sono avvalsi della norma di cui all'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito dalla legge n. 48 del 2017 che consente – per gli anni 2017 e 2018 – agli stessi (purché nell'anno precedente abbiano rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio) di assumere a tempo indeterminato personale di polizia locale, pur nell'ambito dei limiti di spesa all'uopo previsti, e ciò ai fini del rafforzamento delle attività connesse al controllo del territorio;

   quali risultati siano derivati, sul territorio nazionale, dall'applicazione dell'articolo 50, comma 5, del testo unico n. 267 del 2000 e successive modifiche ed integrazioni che consente ai sindaci, quali rappresentanti della comunità locale, di adottare ordinanze volte superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche;

   quali iniziative di competenza – dirette a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardanti fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti, siano state adottate dai sindaci (ex articolo 54, comma 4-bis, del testo unico n. 267 del 2000 e successive modificazioni e integrazioni) e quali ne siano gli effetti conseguenti;

   quale concreta applicazione abbiano avuto l'articolo 9 del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48 (che reca specificatamente disposizioni a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano) e l'articolo 10 del medesimo decreto (che disciplina le modalità per l'applicazione del divieto d'accesso ad una o più aree urbane), con specifico riferimento anche ai provvedimenti assunti, nel territorio di competenza, dal questore, così come previsto dai commi 2 e 3 di quest'ultimo articolo;

   quale concreta applicazione abbia, altresì, avuto l'articolo 10, comma 6-quater, del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito dalla legge n. 48 del 2017 che consente il cosiddetto arresto differito (entro 48 ore dal fatto) nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale, ma non è possibile procedervi immediatamente per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica;

   se risulti quante sanzioni amministrative pecuniarie siano state comminate, sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito dalla legge n. 48 del 2017, a coloro che esercitano abusivamente – anche avvalendosi di altre persone, ovvero determinano altri ad esercitare abusivamente – l'attività di parcheggiatore o guardiamacchine e quali somme, da quest'ultimi percepite, risultino complessivamente confiscate;

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine alla efficacia della legge n. 48 del 2017 e se intenda assumere iniziative normative per modificare la stessa.
(4-00796)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in Emilia-Romagna, regione in cui la sinistra ha politicamente dominato per svariati lustri e il sistema cooperativo si è imposto per lungo tempo (sistematicamente aggiudicandosi gran parte degli appalti pubblici), si assiste oggi ad una duplice sviluppo di quel sistema: da una parte, alcune cooperative (da sempre amministrate da personaggi che hanno – prima o poi – trovato collocazione, come amministratori, nelle file della sinistra) sono state poste in liquidazione coatta amministrativa o hanno fatto richiesta di concordato preventivo, a tacere del prestito sociale elargito alle stesse dai soci, che se ne è andato letteralmente «in fumo»; dall'altra si assiste alla proliferazione di cooperative cosiddette spurie che, sottoposte al controllo dell'Ispettorato del lavoro, sono risultate irregolari (delle 249 ispezionate nel 2017, ben 188 – pari al 75 per cento – sono risultate fuori norma e la stessa percentuale risulta confermata nel primo semestre del 2018. Se si considerano poi le cooperative non associate alle maggiori realtà di categoria (quali: Legacoop, Confcooperative e Agci), il dato raggiunge addirittura l'85 per cento, atteso che a fronte di 163 cooperative controllate le irregolari sono 140 e il fenomeno tocca il 90 per cento delle cooperative nei primi mesi di quest'anno);

   detti dati sono stati rappresentati, nei giorni scorsi dall'Ispettorato regionale di Bologna alla commissione speciale di ricerca e studio sulle cooperative spurie o fittizie, istituita dall'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna, dopo che – in precedenza – quest'ultima aveva respinto la richiesta, formulata dall'interrogante, di istituire sul tema una commissione d'inchiesta. Al riguardo, il presidente di Confcooperative Emilia-Romagna, Francesco Milza, ha chiesto di «cambiare passo e reagire con forza a questa situazione. Serve denunciare con ancora più insistenza agli organi competenti quelle false cooperative che sfruttano i lavoratori, falsano la concorrenza e infangano il nostro sistema». E proprio Confcooperative sollecita ancora di segnalare le «situazioni irregolari agli ispettori»;

   appare significativo ricordare che l'individuazione delle cooperative spurie si basa su vari indicatori: tuttavia, la costante è il dumping sulle imprese sane, cioè l'abbattimento dei prezzi a determinati livelli in ragione dei quali è impossibile garantire il rispetto dei contratti e la sicurezza sul lavoro. Fermo restando che altri significativi indicatori risultano essere: la scarsa conoscenza e condivisione dei valori mutualistici tra i lavoratori, l'irrilevante partecipazione alle assemblee, i livelli di indebitamento molto forte, la vita breve della cooperativa e i livelli retributivi molto bassi, anche oltre il 30 per cento in meno rispetto a quelle regolari. Non vi è dubbio, dunque, che le cooperative spurie rappresentano un elemento di fortissima turbativa del mercato, in ragione di una praticata concorrenza sleale nei confronti delle imprese regolari: nei fatti, è provato, che l'alterata concorrenza si basa su prezzi al massimo ribasso e costo della manodopera compatibile solo con lo sfruttamento dei soci lavoratori;

   ridare dignità al lavoro non può ridursi ad un mero slogan e/o ad una dichiarazione di principio a cui non seguano fatti concreti –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere – anche di carattere normativo – per efficacemente contrastare la proliferazione di cooperative «spurie», la cui illecita attività finisce per creare condizioni di sfruttamento per i prestatori d'opera dalle stesse, utilizzati e conseguenti rivendicazioni di ordine sindacale che, spesso e volentieri, determinano preoccupanti situazioni sotto il profilo dell'ordine pubblico.
(5-00234)


   NARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le Cave di Marmo delle Alpi Apuane continuano ad essere luoghi di incidenti sul lavoro: a fronte di una diminuzione degli infortuni (dai 174 del 2006 ai 61 del 2016), quelli mortali sono invece purtroppo aumentati. Dal 2006 al 2016 nella cave si sono registrati 9 infortuni mortali: uno nel 2006, uno nel 2007, uno nel 2010, uno nel 2012, due nel 2015 e tre nel 2016. Nel 2017 non si sono registrati infortuni mortali in cava, mentre, dall'inizio del 2018 sono già due gli uomini deceduti;

   l'ultimo in ordine di tempo è un lavoratore di 37 anni (con un contratto di 6 giorni) che ha perso la vita in un incidente l'11 luglio 2018;

   alcune associazioni sindacali hanno denunciato, a mezzo stampa, che tali tragici episodi sarebbero spesso causati dallo sfruttamento dei lavoratori: aziende ricorrerebbero infatti al lavoro a cottimo facendo dipendere le retribuzioni dal numero di lastre di marmo stoccate;

   sempre secondo i sindacati, a fianco dei lavoratori regolari, vi sarebbero numerosi operai non specializzati e non correttamente formati, assunti temporaneamente, e quindi non in grado di utilizzare correttamente i macchinari tecnologici presenti nelle cave. Ogni piccolo errore, trattandosi di lastre di marmo del peso di alcune tonnellate, potrebbe quindi causare incidenti gravissimi;

   le associazioni sindacali hanno inoltre annunciato l'istituzione di un numero verde che consenta di denunciare situazioni anomale, sia in materia di contratto che di sicurezza, garantendo a coloro che denunciano di essere protetti dall'anonimato e che è possibile sporgere denuncia per sfruttamento dei lavoratori in base alle norme vigenti contro il caporalato ed il lavoro nero;

   gli incidenti sul lavoro nelle cave continuano a verificarsi, nonostante l'apposita task force della regione Toscana. Dal 1° giugno 2016 al 31 dicembre 2017 sono stati fatti 1.309 i controlli in 170 cave (che dunque sono state controllate più volte) e 540 controlli nei laboratori per la lavorazione del marmo dell'area apuana e versiliese. L'assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi ha parlato di «interventi concreti» messi in campo ma ha ammesso che «evidentemente tutto questo non è ancora sufficiente». «Per migliorare la sicurezza nelle cave e nel settore del marmo – ha aggiunto – è necessaria una stretta collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro, una vera alleanza tra tutte le figure dell'impresa. E i controlli devono essere assidui e costanti»;

   la legge 29 ottobre 2016, numero 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», ha introdotto norme per garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto, con significative modifiche al quadro vigente, prevedendo la repressione penale del caporalato, la tutela delle vittime e dei lavoratori –:

   se i Ministri interrogati dispongano di ulteriori elementi relativamente ai recenti incidenti sul lavoro che si sono verificati nelle cave di marmo delle Alpi Apuane; se siano a conoscenza della presenza di fenomeni riconducibili al caporalato ed al lavoro nero e quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza, per tutelare i diritti e promuovere la sicurezza dei lavoratori.
(5-00235)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ATTIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per il sud, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'asilo nido comunale Coccinelle di Pulsano, un servizio istituito nel 2009 a causa delle scarse risorse dell'ente comunale, oggi rischia di chiudere;

   dal 2015 al 2018 con i fondi Pac (piani di azione e coesione) è stato gestito il nido comunale a costo zero per l'amministrazione;

   l'obiettivo del programma nazionale servizi di cura era rivolto alla prima infanzia, ossia ai bambini fino a 3 anni. I fondi previsti dal Pac erano destinati ai progetti presentati dai comuni capofila degli ambiti/distretti socio-sanitari e socio-assistenziali nei piani di riparto e per i progetti selezionati nell'ambito delle azioni a titolarità diretta per il periodo 2013-2019;

   l'ambito territoriale di Grottaglie aveva presentato due progetti: uno per l'asilo nido comunale di Grottaglie e l'altro per l'Asilo nido comunale di Pulsano;

   per il comune di Pulsano l'importo annuale finanziato era di euro 279.409,86;

   il presente progetto è finalizzato allo sviluppo anche culturale della popolazione e all'incardinamento, nel sistema sociale, dei servizi rivolti alla prima infanzia a carattere educativo e di supporto alla famiglia;

   attualmente, su 11 comuni appartenenti all'ambito, il servizio di asilo nido pubblico insiste solo su due comuni, Grottaglie e Pulsano, la cui posizione logistica nei punti opposti dell'intero territorio si pone come facilitatore per servire le risorse esistenti (disponibilità di posti autorizzati non occupati in entrambi i comuni per un totale di 80 posti/utente: 20 disponibili su Grottaglie e 60 disponibili su Pulsano) anche a tutti gli altri comuni d'ambito sprovvisti del servizio;

   le peculiarità esaminate per la redazione del Pac hanno riguardato il bisogno di omogeneizzare l'offerta del servizio su tutti i comuni dell'ambito, nonché le modalità di accesso e quelle tariffarie;

   appare necessaria l'estensione del servizio anche durante il periodo estivo, luglio e agosto, in quanto periodi lavorativi per i genitori sia dipendenti che autonomi e inoccupati negli altri periodi dell'anno. In particolare, si evidenzia che essendo gli 11 comuni territori turistici durante l'estate si presentano maggiori possibilità di lavoro per l'affluenza massiccia di turisti e per l'apertura di iniziative commerciali e di servizi stagionali che richiedono un orario lavorativo prolungato e continuativo;

   per le stesse ragioni i tempi di erogazione del servizio giornaliero, quale giornata tipo, sono stati considerati di 8 ore con flessibilità di accesso dalle ore 4,00 alle ore 20,00 per 6 giorni a settimana, dal lunedì al sabato;

   tale fascia oraria è finalizzata a sostenere le famiglie dove i genitori sono impegnati in lavori agricoli dove si inizia a lavorare alle prime luci dell'alba;

   in particolare, per Pulsano si registra una disponibilità di 60 posti autorizzati presso la struttura comunale Coccinelle, di recente ristrutturazione e adeguamento agli standard strutturali e funzionali fissati dall'articolo 53 del r.r. n. 4 del 2007, iscritta al registro regionale delle strutture sociali per minori;

   il contratto con la ditta che ha gestito il servizio è scaduto il 30 giugno 2018 e per il mese di luglio la nuova amministrazione ha avviato una proroga del servizio, riducendo i fruitori del nido da 60 a 25, le ore del servizio e, dunque, anche il personale;

   la mancata prosecuzione dell'attività dell'asilo nido sarebbe un arretramento socio-culturale contrario a qualsiasi scelta politico-amministrativa, senza contare che risulterebbe svilente mandare a casa 60 bambini, mettere in crisi 60 famiglie che lavorano, licenziare il personale costituito da 15 educatrici, una coordinatrice e 4 ausiliarie –:

   in considerazione dell'attuale situazione di incertezza sul futuro finanziamento dei fondi Pac, quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in relazione all'esigenza di garantire il funzionamento degli asili nido non solo di Pulsano, ma anche di tutte le altre realtà svantaggiate del Sud Italia.
(4-00774)


   NOVELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   L'Enasarco è l'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio; l'Ente nasce nel 1938 e nel 1996 è stato privatizzato divenendo una fondazione;

   agenti e rappresentanti di commercio rappresentano un caso unico nel nostro Paese; essi sono infatti tenuti all'iscrizione all'Inps ma anche obbligati ad iscriversi all'Enasarco, che di fatto è una cassa previdenziale privata ed integrativa;

   fino agli anni ’80, per i rappresentanti di commercio erano sufficienti 10 anni di contributi per maturare la pensione minima Enasarco (pensione da percepire, ovviamente, solo al raggiungimento del 65esimo anno di età);

   attorno al 1990 l'ente ha deciso di portare a quindici gli anni di lavoro, e quindi dei relativi contributi, necessari per garantirsi la pensione minima stessa;

   chi all'epoca lavorava ancora ha potuto prolungare la propria attività fino a raggiungere i famigerati 15 anni di contributi richiesti per la pensione minima;

   a chi cessava il lavoro in quel periodo con anzianità sufficiente veniva detto, dagli uffici competenti, che la domanda di pensione doveva essere presentata non allora, ma solo pochi mesi prima del raggiungimento del 65° anno; stessa prassi era seguita anche per altri settori;

   quando, dopo vari anni, i lavoratori Enasarco si sono avvicinati al compimento del fatidico 65° anno, dagli uffici competenti si sono sentiti dire invece che nel frattempo gli anni di lavoro, quindi i contributi necessari per la pensione minima erano stati portati a venti; pertanto, chi aveva smesso di lavorare e pagare contributi dopo 15 anni di attività, pur avendo adempiuto ai requisiti vigenti nel periodo, aveva perduto ogni diritto acquisito;

   di conseguenza, tutti i contributi versati da coloro che in 15 anni di lavoro avevano acquisito il diritto alla pensione minima, sono stati ingiustamente incamerati dall'istituto;

   come ulteriore beffa, a tutti questi lavoratori non è stato neppure concesso di versare volontariamente a posteriori contributi integrativi;

   ad oggi, un agente di commercio che cessa la sua attività prima di aver raggiunto i 20 anni di versamenti all'Enasarco, per non perdere i contributi versati obbligatoriamente, non ha altra scelta che proseguire con i versamenti volontari, ma se non ha i requisiti per accedere alla contribuzione volontaria (il regolamento Enasarco 2012 conferma la contribuzione volontaria che può essere versata da chi ha già cessato l'attività di agenzia, ma non ha ancora maturato il diritto alla pensione; i requisiti per accedervi sono stati modificati in senso più favorevole all'iscritto; dal 2012 occorreranno infatti 5 anni e non più 7 di anzianità contributiva, di cui almeno 3 maturati nel quinquennio precedente la cessazione dell'attività lavorativa, o non ha la convenienza perché in età avanzata, perderà tutte le somme versate all'Enasarco –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire la pensione minima ai lavoratori che hanno maturato 15 anni di contributi secondo quanto stabilito all'epoca, o quanto meno per concedere la facoltà di versare i contributi mancanti anche a chi ha cessato la propria attività da più di 3 anni ad oggi e, quindi, per modificare il regolamento 2012 riguardo alla contribuzione volontaria per le persone interessate;

   se ritenga opportuno assumere iniziative per garantire la restituzione di tutti i fondi versati dai soggetti di cui in premessa in questi 15 anni di lavoro, che ad ora sono ingiustamente incamerati dall'istituto.
(4-00782)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   FORNARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sul controllo della fauna selvatica prevede, al comma 2, che: «Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio»;

   dai quanto è emerso da alcune audizioni informali sulla situazione e sui problemi del settore agroalimentare, svolte dalla Commissione agricoltura, risulta esserci un problema aperto con l'Unione europea in merito al regime giuridico scelto per risarcire i danni, in considerazione del fatto che non si ritiene compatibile la notifica ai sensi degli orientamenti per gli aiuti di Stato;

   i danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle strutture produttive rappresentano una delle cause dell'abbandono dell'agricoltura in molte aree marginali del nostro Paese con danni presenti e futuri, anche in relazione alla mancata sorveglianza ambientale e dell'assetto idrogeologico –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, per quanto di competenza, assicurare, con urgenza, iniziative maggiormente efficaci in materia di gestione dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole, anche in coordinamento con altri Ministeri, con un adeguato programma di interventi per la relativa prevenzione e per il controllo della presenza sul territorio, al fine di sostenere l'operato delle regioni, anche nell'adempimento di quanto previsto dalle norme di cui all'articolo 19 della citata legge n. 157 del 1992, nel rispetto della fauna selvatica e nel contempo per la salvaguardia delle imprese agricole.
(5-00228)


   NEVI, ANNA LISA BARONI, BRUNETTA, CAON, FASANO, SANDRA SAVINO e SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il sistema nazionale di gestione del rischio rappresenta in Italia un fondamentale strumento di politica agraria a tutela degli agricoltori attuato attraverso l'assicurazione agevolata quale strumento di prevenzione;

   nell'ambito dell'approvazione del programma di sviluppo rurale nazionale 2014-2020, alla sottomisura 17.1 gestione del rischio – assicurazione del raccolto, degli animali e delle piante, è stato assegnato un contributo pari a euro 628.560.000,00 a carico del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, cui si aggiunge la quota statale di euro 768.240.000,00;

   la sottomisura 17.1 si propone di incrementare il ricorso da parte degli agricoltori a contratti assicurativi agevolati, a fronte di rischi di perdite economiche derivanti da avverse condizioni climatiche o da emergenze ambientali, mediante un sostegno pari al 65 per cento delle spese sostenute per i premi assicurativi;

   le risorse comunitarie – 1,7 miliardi di euro all'Italia per la gestione del rischio 2014- 2020 sono state stanziate nell'ambito della Pac 2014-2020 e il mancato pagamento dei contributi entro il 31 dicembre 2018 produrrà il loro disimpegno automatico;

   i CAA denunciano un'impostazione normativa, procedurale e operativa per l'accesso ai contributi eccessivamente complessa e burocratica, cui si aggiungono le problematiche finanziarie dei consorzi di difesa che, per arginare le reiterate inefficienze della pubblica amministrazione e sostenere le imprese agricole, anticipano alle stesse i relativi contributi con un'esposizione economico-finanziaria non più sostenibile;

   le funzioni connesse al trattamento, alla gestione e all'istruttoria delle domande di sostegno presentate nell'ambito della misura 17.1 sono state delegate all'Agea che, in qualità di organismo pagatore, cura anche l'erogazione degli aiuti;

   una considerevole parte degli adempimenti a carico dei Centri di assistenza agricola nei confronti degli organismi pagatori avviene mediante supporti informatici che non dialogano tra loro con conseguenti continue anomalie informatiche, a fronte di più di un milione di documenti che i Centri di assistenza agricola devono gestire a livello nazionale;

   il ricorso allo strumento assicurativo ha mostrato un trend in crescita dal 2003 al 2014, mentre dal 2015 presenta la tendenza a ridursi, a dimostrazione di una diffusa sfiducia e di una crescente disaffezione verso questo strumento da parte degli agricoltori –:

   nelle more che siano apportate modifiche legislative volte alla semplificazione e alla sburocratizzazione delle procedure di erogazione dei contributi comunitari e nazionali, quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire in tempo breve il pagamento dei contributi pregressi, anche al fine di evitare la remissione dei fondi dell'Unione europea.
(5-00229)


   VIVIANI, ZANOTELLI, COIN, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LO MONTE e VALLOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa si apprende che l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Onu, al fine di ridurre di un terzo entro il 2030 i casi di morte per diabete, cancro e malattie cardiovascolari, avrebbero dichiarato che nelle diete dovrebbero essere ridotti i grassi saturi, sale, zuccheri e alcol che, se consumati oltre misura, potrebbero essere nocivi per la salute;

   l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Onu vorrebbero disincentivare l'uso dei suddetti prodotti, da un lato, adottando una tassazione simile a quella su alcol e tabacco e su altre sostanze non sane e, dall'altro, apponendo sulle confezioni «avvisi di pericolo»;

   recentemente i prodotti agroalimentari italiani hanno dovuto fare i conti con la cosiddetta etichettatura «a semaforo», potenzialmente ingannevole e fuorviante, adottata dalla Gran Bretagna e dalla Francia, che ha condizionato fortemente le vendite di prodotti italiani colpiti dal bollino rosso;

   se questa indicazione dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) risultasse fondata i prodotti italiani di alta qualità del made in Italy, come il vino, l'olio extravergine, il parmigiano reggiano e il prosciutto di Parma, ricchi di elementi fondamentali per una dieta equilibrata e pilastri della dieta mediterranea riconosciuta da sempre come la più salutare, potrebbero rientrare tra quelli definiti «non salutari», perché potrebbero essere considerati ad alto contenuto di sodio, zucchero e grassi saturi;

   se il documento dell'Onu dovesse confermare questa indicazione, anche se non esiste alcun obbligo di recepimento da parte dei governi sovrani, questa rimarrebbe un'importante fonte di indirizzo e andrebbe di fatto a raccomandare l'uso dell'etichettatura «a semaforo» che condizionerebbe pesantemente le scelte operate dagli Stati sui prodotti agroalimentari;

   proprio l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha riconosciuto la dieta mediterranea come una dieta «allunga-vita» che ha reso l'Italia uno dei Paesi con la popolazione più longeva al mondo e che ha conquistato il riconoscimento di patrimonio immateriale dell'Umanità dall'Unesco;

   i prodotti che fanno grande il nostro Paese a livello internazionale e che sono una colonna portante della economia interna e dell’export italiano, vanno tutelati, oltre che dai tentativi di imitazione, ora anche dalle notizie che arrivano addirittura dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall'Onu. È necessario, quindi, porre in essere misure destinate alla valorizzazione del made in Italy –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per tutelare e difendere il made in Italy dall'ennesimo accanimento ai danni delle eccellenze italiane e a salvaguardia non solo dei consumatori ma anche degli agricoltori, degli allevatori e dei trasformatori.
(5-00230)


   D'ALESSANDRO e GADDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in un report del mese di giugno 2018, «Time To Deliver», l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha presentato una serie di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l'impatto negativo sulla salute di alcuni prodotti alimentari; secondo un'inchiesta del Sole 24 Ore, pubblicata in data 17 luglio 2018, l'Organizzazione mondiale della sanità, nel dichiarare guerra a malattie non trasmissibili come il cancro, il diabete e le patologie cardiovascolari, si starebbe accingendo a segnalare come «nocivi per la salute», alcuni prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano come il vino, l'olio di oliva, il prosciutto, il parmigiano reggiano, la pizza;

   si tratta di alimenti cardine della «dieta mediterranea» che, oltre ad essere stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell'umanità, è anche riconosciuta come dieta salubre;

   la sola ipotesi di apporre degli «allarmi» modello sigarette «nuoce gravemente alla salute» o imporre degli aggravi fiscali a suddetti prodotti determinerebbe un danno irreparabile alla filiera agroalimentare italiana che vale circa 41 miliardi di euro in termini di export;

   il Governo italiano, nella scorsa legislatura, si è battuto, in tutte le sedi, a tutela delle peculiarità del made in Italy nel settore agroalimentare, come ad esempio nell'azione di contrasto alla cosiddetta «etichetta nutrizionale a semaforo», che penalizzerebbe i prodotti italiani a vantaggio di altri di cui non si conosce neppure l'origine;

   il Parlamento europeo ha già espresso la sua contrarietà a questi sistemi di etichettatura, chiedendo a grande maggioranza uno schema europeo di indicazione dell'origine dei prodotti alimentari, come già sperimentato in Italia grazie all'azione dei Governi Renzi e Gentiloni;

   il 27 settembre 2018 si terrà un incontro a New York presso la sede delle Nazioni Unite che affronterà la questione relativa alle malattie non trasmissibili, e alle misure di contrasto, compresi stili di vita e abitudini alimentari;

   in vista di quell'appuntamento l'Italia deve farsi trovare pronta a difesa delle proprie eccellenze agroalimentari –:

   se il Ministro interrogato, tenendo anche conto dal lavoro svolto dal precedente Governo, non ritenga necessario farsi promotore di adeguate iniziative finalizzate a difendere, in tutte le sedi istituzionali, comprese quelle comunitarie ed internazionali, le eccellenze italiane nel settore agroalimentare.
(5-00231)


   PARENTELA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, CUNIAL, DEL SESTO, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARAIA, MARZANA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la valenza multifunzionale delle attività agricole è sempre più evidente ed è un bene non solo per il cittadino ma anche per l'agricoltore, in quanto consente al medesimo di diversificare il reddito e di poter contare su fonti alternative di entrate;

   l'agricoltura sociale, in particolare, fornendo servizi secondari oltre a quelli relativi alla produzione di beni alimentari, assolve a una importante funzione di utilità nella misura in cui essa offre fattorie didattiche, energie alternative, agri asilo e molte altre opportunità di grande rilievo specie nei contesti rurali;

   i dati di una recente indagine conoscitiva del Crea, realizzata con la Rete rurale sull'agricoltura sociale, confermano la crescita del settore dell'agricoltura sociale con investimenti per oltre 21 milioni di euro e attività di inserimento socio-lavorativo finalizzati nel 71 per cento dei casi a sostenere le fasce deboli della popolazione, dai disabili ai disoccupati con disagio e dai detenuti agli immigrati;

   nel 2015 il Parlamento italiano ha approvato la legge quadro n. 141 recante disposizioni in materia di agricoltura sociale, che tuttavia è ad oggi in parte inapplicata per la mancata predisposizione delle norme di dettaglio relative alla definizione dei requisiti richiesti agli imprenditori agricoli per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale e delle conseguenti modalità di svolgimento delle suddette attività;

   anche alla luce delle importanti e numerose esperienze già realizzate in moltissimi territori, anche grazie al lavoro di coordinamento e di sinergia svolto dall'Osservatorio nazionale istituito dalla legge in parola, è urgente l'emanazione delle norme di cui sopra –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato rispetto a quanto esposto in premessa relativamente all'importanza delle attività di agricoltura sociale e se non ritenga urgente procedere all'adozione del decreto di cui all'articolo 2 della legge 8 agosto 2015, n. 141, al fine di consentire sia al mondo agricolo che al terzo settore di svolgere, in base a precisi requisiti di legge, le numerose attività inclusive per la collettività e indispensabili per assicurare la protezione e il presidio dei territori.
(5-00232)


   BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nella precedente legislatura è stato adottato il decreto ministeriale 22 gennaio 2014 relativo al piano d'azione nazionale (Pan) per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari; tale decreto si aggiunge al decreto legislativo n. 150 del 2012 nel recepimento della direttiva n. 2009/128/CE;

   veniva, inoltre, approvata la mozione n. 1/00720, a prima firma dell'interrogante, in cui si rilevavano alcune criticità, tra cui la mancanza di alcuni decreti attuativi;

   nonostante a seguito dell'approvazione della mozione fosse stato assunto l'impegno «ad adottare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale non emanati, per i quali risultino già scaduti i termini» risulta che manchino ancora diversi provvedimenti;

   ad esempio, al paragrafo A5 del Pan si stabilisce che entro 12 mesi dall'entrata in vigore del piano siano predisposte linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche, prevedendo l'utilizzo di banche dati per la trasmissione delle informazioni necessarie (A 5.2);

   oltre a quanto innanzi citato, altre misure e decreti attuativi dovranno far seguito al piano di azione nazionale; per questi tuttavia non è stato definito un termine temporale, come per la disciplina della vendita di prodotti fitosanitari on line;

   nella suddetta mozione si citava inoltre la problematica dei controlli effettuati sulle macchine di distribuzione dei fitofarmaci ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 150 del 2012 secondo il quale: «tutte le attrezzature impiegate per uso professionale, vanno sottoposte almeno una volta al controllo funzionale entro il 26 novembre 2016»;

   a tal proposito, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno istituito e organizzato, secondo i propri ordinamenti, sistemi di controllo e di verifica con differenze nell'attuazione della misura che ha visto anche non rispettata la scadenza del 26 novembre 2016 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare urgentemente iniziative volte a individuare, per quanto di competenza, idonee soluzioni alle problematiche esposte in premessa.
(5-00233)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   è noto a tutti che il settore ippico soffre una crisi dovuta alle fallimentari gestioni pubbliche degli ultimi vent'anni aspettando una riforma che non arriva mai; proprietari, allevatori, allenatori, guidatori, fantini e tutti gli addetti diretti ed indiretti sono arrivati alla disperazione per quella che l'interrogante giudica l'incapacità del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di effettuare i pagamenti; molti dei 42 ippodromi rischiano la chiusura a causa di clausole vessatorie senza senso imposte da un decreto, a parere dell'interrogante assurdo, che li ha penalizzati oltre misura;

   la morsa della malavita sta soggiogando il settore ogni giorno sempre di più; l'ippodromo di Palermo è da mesi chiuso per infiltrazioni mafiose;

   la gestione attuale, ad avviso dell'interrogante, non garantisce alcuna trasparenza né le più elementari regole morali richieste ad un settore così complesso; il sistema di giustizia sportiva e di controllo delle sostanze proibite costa 15 milioni di euro all'anno e non produce alcun effetto; la maggioranza delle corse sono irregolari; l'allevamento, in passato fiore all'occhiello per qualità e per risultati nel mondo, è in forte crisi e ha visto la chiusura degli impianti storici più importanti e il crollo degli investimenti; per l'incapacità e l'immobilismo del gestore, le scommesse perdono il 20 per cento ogni anno; la gestione da parte del Ministero ha portato alla riduzione di tutti i valori economici: meno spettatori, meno mercato, meno trasparenza, meno cavalli, meno proprietari, meno scommesse e soprattutto meno legalità;

   il Ministro, a quanto risulta all'interrogante, non ha mai incontrato direttamente le rappresentanze del settore;

   sono trascorsi 12 mesi dal varo del «collegato agricolo» e il Governo non ha ancora esercitato la delega; se si considera anche la delega fiscale che si ispirava agli stessi princìpi del collegato, sono più di mille i giorni avuti a disposizione per approvare i necessari decreti; tutta l'ippica che lavora e che investe chiede la riforma; solo una associazione, l'Anact, a cui per legge spetta un prelievo forzoso del 5 per cento dai premi degli allevatori, sembra all'interrogante battersi per mantenere lo status quo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per far uscire il settore ippico dalla grave crisi in cui versa, ridando al comparto una dignità, un'autonomia e nuove prospettive di sviluppo; come mai ad oggi non si sia ancora provveduto all'esercizio della delega di cui in premessa.
(4-00780)


   NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in attuazione dell'articolo 15 della legge 28 luglio 2016, n. 154, con decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 23 giugno 2018, si è proceduto al riordino dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) e alla soppressione di Agecontrol spa;

   l'articolo 3 del decreto legislativo (funzioni dell'organismo di controllo) non consente di realizzare un efficace ed efficiente modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale in quanto ad Agea non vengono affidati compiti di indirizzo per assicurare una uniformità dei tempi delle procedure istruttorie e di controllo degli organismi pagatori;

   l'articolo 5 del decreto legislativo, con riferimento agli organismi pagatori riconosciuti, non chiarisce, in modo adeguato, il livello di autonomia relativo alla loro operatività;

   non vengono precisati, inoltre, i criteri per assicurare l'uniformità dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali né quelli volti a favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del sistema dei pagamenti;

   le disposizioni transitorie e finali (articolo 20) indicano tempi che, tenuto conto della complessità delle procedure conseguenti alla soppressione di Agecontrol e all'assorbimento da parte di Agea del relativo personale, non consentono di segnare l'atteso cambio di passo nella funzionalità dell'Agenzia –:

   se si ritenga di assumere nuovamente iniziative sulla materia al fine di ottimizzare l'accesso alle informazioni da parte degli utenti e delle pubbliche amministrazioni, garantendo la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena comunicazione fra articolazioni regionali e struttura centrale;

   se si ritenga di assumere le iniziative di competenza per procedere ad un commissariamento dell'Agea al fine di efficientarne l'organizzazione e migliorare gli aspetti gestionali anche attraverso lo strumento della mobilità del personale pubblico qualificato verso la stessa agenzia.
(4-00783)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIAZZESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il diritto alla libera circolazione dei prodotti originari degli Stati membri e dei prodotti provenienti da Paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri è uno dei principi fondamentali del trattato (articolo 28 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea);

   in una fase iniziale, la libera circolazione delle merci era stata concepita nel quadro di un'unione doganale tra gli Stati membri con l'abolizione dei dazi doganali, delle restrizioni quantitative agli scambi e di tutte le altre misure di effetto equivalente, e con la fissazione di una tariffa doganale comune nei rapporti dell'Unione con i Paesi terzi;

   in seguito è stato posto l'accento sull'eliminazione di tutti gli ostacoli restanti alla libera circolazione delle merci, in modo da realizzare il mercato interno, definito come uno spazio senza frontiere interne ove le merci circolano liberamente come all'interno di un mercato nazionale;

   il principio della libera circolazione delle merci si estende anche ai farmaci e dunque la loro libera vendita all'interno del mercato unico dell'Unione europea non può soffrire di alcun ostacolo;

   l'articolo 100 della legge n. 219 del 2006 rubricato «Autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso dei medicinali» statuisce, al comma 1: «La distribuzione all'ingrosso di medicinali è subordinata al possesso di un'autorizzazione rilasciata dalla regione o dalla provincia autonoma ovvero dalle altre autorità competenti, individuate dalla legislazione delle regioni o delle province autonome». Tale articolo è stato modificato dall'articolo 1, comma 17, del decreto legislativo n. 17 del 2014 che ha testualmente aggiunto: «Tale autorizzazione precisa per quali locali, stabiliti sul loro territorio, è valida.»;

   la previsione dell'anzidetto articolo 100 in combinato disposto con l'articolo 28 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea consente al rivenditore di vendere in blocco determinati farmaci nei mercati degli Stati che garantiscano un maggior vantaggio economico;

   nella maggior parte dei casi si tratta di farmaci per i quali è assente nel commercio farmaceutico il «farmaco equivalente»;

   le appena descritte modalità di vendita generano un grande vulnus a determinate categorie di pazienti-utenti che non hanno, per motivi che riguardano esclusivamente l'economia del grossista, la possibilità di reperire quel determinato farmaco che è stato venduto in blocco nello Stato dell'Unione europea che garantisce maggiori introiti economici –:

   quali iniziative intenda porre in essere per garantire a tutti i cittadini la possibilità di reperire il farmaco idoneo alla propria cura.
(5-00214)


   PAITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso delle ultime settimane il quotidiano Il Secolo XIX ha pubblicato una interessantissima inchiesta sul sistema sanitario della Liguria evidenziandone una serie di criticità per quanto concerne strutture e servizi erogati ai cittadini;

   particolare sorpresa nella opinione pubblica ha destato il fenomeno crescente della emigrazione sanitaria;

   in base alle stime riportate anche a mezzo stampa il fenomeno della migrazione sanitaria nel solo 2016 è costato 60 milioni di euro, una cifra che si teme sia cresciuta nel corso del 2017;

   rispetto alla data di ingresso della giunta regionale di centrodestra a guida del presidente Toti nell'anno 2015 oggi il disavanzo sanitario risulta essere cresciuto e avere superato il tetto dei 100 milioni di euro;

   una esposizione debitoria non arginata né dall'aumento dell'irpef a carico dei cittadini, né dall'aumento delle risorse destinate alla Liguria nell'ambito del riparto del fondo sanitario nazionale che rischia di pregiudicare una serie di servizi per i cittadini;

   carenze di personale medico e non, ridimensionamento dei servizi, criticità delle strutture, allungamento delle liste di attesa, aumento della spesa privata e verso il privato, sono solo alcune delle voci del malessere della sanità pubblica ligure che preoccupa i cittadini e che smentisce quelli che l'interrogante giudica i proclami della giunta Toti che parlava di sanità a chilometro zero –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare lo stato di accessibilità dei cittadini al servizio sanitario pubblico in Liguria e la qualità dei livelli essenziali di assistenza;

   quali misure intenda promuovere per frenare la migrazione sanitaria e ridurre le liste di attesa.
(5-00216)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il tema della carenza di medici nei prossimi anni, sia di medicina generale che specialisti, è stato messo in evidenza con preoccupazione da mesi, sia da parte delle organizzazioni sindacali, che dalla stampa a tutti i livelli;

   il trend che sembra delinearsi per i prossimi anni potrebbe essere davvero drammatico. L'allarme, tra gli altri, è stato lanciato anche dalla Federazione medici di medicina generale (Fimmg) che ha parlato di una «emorragia di 45 mila medici in cinque anni». Sui 10 anni invece, la previsione risulterebbe addirittura peggiore, con oltre 33 mila medici di base in pensione e oltre 47 mila medici ospedalieri per un totale di oltre 80 mila medici;

   il dato più preoccupante, hanno rilevato le organizzazioni sindacali, è il fatto che le uscite stimate per pensionamento non saranno bilanciate dalle nuove assunzioni. Per i medici di base, infatti, le borse per il corso di formazione in medicina generale sono circa 1100 l'anno, mentre per i medici del Servizio sanitario nazionale il calcolo appare difficoltoso perché non è dato sapere quando saranno banditi i concorsi dalle regioni e con quali numeri, senza contare che risulta ancora in atto il blocco del turn-over totale o parziale;

   sempre stando alle stime del sindacato, l'anno più problematico dovrebbe essere il 2022 nel quale è previsto il pensionamento di 3.902 medici di base;

   il tema, tra l'altro, va affrontato, ad avviso dell'interrogante, anche secondo un'altra prospettiva: in Italia, infatti, non risulterebbe una carenza di medici, ma, vi sarebbero limitate possibilità di accesso, per i laureati in medicina, alla formazione post laurea;

   la conseguenza è che, a fronte delle migliaia di neolaureati e abilitati ogni anno, troppi non riescono a entrare nella scuola di specializzazione, non perché bocciati, ma per carenza di posti;

   recenti stime parlerebbero di una probabilità su due per i laureati in medicina di riuscire a entrare nella scuola specialistica e di 20-25 mila giovani medici a oggi non attivi e 8 mila precari: un «esercito di professionisti» a cui va garantita la possibilità di crescere professionalmente e restare a lavorare nel proprio Paese –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   di quali dati disponga in relazione alle problematiche evidenziate in premessa;

   quali iniziative urgenti si intendano mettere in campo per dare risposte e affrontare i temi di cui in premessa;

   se i Ministri interrogati intendano avviare un confronto con le parti coinvolte per ricercare soluzioni condivise e tempestive;

   se risulti una effettiva difficoltà da parte dei laureati in medicina nell'accedere alla specializzazione e se si ritenga opportuno rivedere complessivamente la programmazione legata alla formazione post laurea;

   se sia in corso un'interlocuzione con tutte le regioni d'Italia per affrontare le criticità di cui in premessa e, in caso affermativo, con quali modalità e con quali prospettive.
(4-00789)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Gelmini e altri n. 1-00010, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Versace.

  La mozione Carnevali e altri n. 1-00024, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Serracchiani.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Carnevali n. 5-00148 del 12 luglio 2018;

   interrogazione a risposta scritta Silli n. 4-00719 del 16 luglio 2018.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Ungaro n. 4-00090 del 7 maggio 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00100.