Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 20 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la discriminazione di genere nello sport è un problema ad oggi ancora troppo presente, nonostante la pratica dell'educazione fisica e dello sport sia riconosciuto come diritto acquisito per tutti e nonostante il principio di uguaglianza sancito all'articolo 3 della Costituzione;

    la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw), adottata a New York il 18 dicembre 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985 n. 132, prevede, in particolare agli articoli 10 e 13, che il diritto allo sport sia per tutti, senza distinzioni di genere;

    l'Unione europea è intervenuta più volte per denunciare la disparità di genere nell'accesso e nello svolgimento dell'attività sportiva; nel 2003 ha adottato la risoluzione donne e sport (2002/2280 (INI)) nella quale lo sport femminile è definito come espressione del diritto alla parità e alla libertà di tutte le donne;

    in particolare, il Parlamento europeo con la risoluzione 5 giugno 2003 su «donne e sport» chiedeva agli Stati membri e all'Unione europea di assicurare alle donne e agli uomini pari condizioni di accesso alla pratica sportiva, e alla Commissione di sostenere la promozione dello sport femminile nei programmi e nelle azioni comunitarie, proponendo di inserire nella strategia quadro comunitaria in materia di parità fra donne e uomini 2006-2010 un obiettivo operativo dedicato alla partecipazione delle donne alla pratica sportiva;

    la risoluzione sollecitava, inoltre, gli Stati membri a sopprimere la distinzione fra pratiche maschili e femminili nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello e di condizionare la propria autorizzazione e il sovvenzionamento delle associazioni sportive a disposizioni statutarie che garantissero una rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini a tutti i livelli e per tutte le cariche decisionali, mentre alle federazioni nazionali chiedeva di garantire gli stessi diritti in termini di reddito, di condizioni di supporto e di allenamento, di accesso alle competizioni, di protezione sociale e di formazione professionale, nonché di reinserimento sociale attivo al termine delle carriere sportive;

    successivamente con la conferenza dell'Unione europea sulla parità di genere nello sport, svoltasi nel 2013, è stata approvata una proposta riguardante le azioni strategiche da porre in atto nel periodo 2014-2020 per promuovere la parità di genere nello sport; riconoscendo che c'è ancora molto da fare, le azioni e le raccomandazioni contenute nella proposta incoraggiano gli organi di governo dello sport e le organizzazioni non governative a elaborare e attuare strategie d'azione nazionali e internazionali per la parità di genere nello sport, con il supporto di misure coerenti e concrete a livello dell'Unione europea;

    sebbene la partecipazione femminile allo sport stia gradualmente aumentando, le donne rimangono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, sia a livello locale e nazionale, sia a livello europeo e mondiale;

    nel nostro Paese persiste una carenza normativa che stride non solo con i principi costituzionali ma anche con le norme di respiro europeo ed internazionale in materia di pari opportunità tra donne e uomini;

    indipendentemente dal loro livello agonistico, dai risultati raggiunti, dalle vittorie e dai record conquistati, le donne sono definite dal nostro ordinamento semplicemente «dilettanti» e non professioniste in base alla legge n. 91 del 1981 recante «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti» che considera la maggior parte delle discipline femminili appunto dilettantistiche;

    il ruolo sociale dello sport nelle politiche europee e nell'ordinamento sportivo italiano deve garantire il diritto alla parità di genere, partendo dagli sport oggi considerati professionistici solo se praticati da uomini. In Italia sono riconosciuti solo sei sport professionistici su sessanta discipline (calcio, golf, pallacanestro, pugilato, motociclismo e ciclismo);

    la prima conseguenza dell'assenza del riconoscimento del professionismo sportivo nelle donne è la mancanza di un contratto di lavoro. In vista di una regolare contrattualizzazione le sportive «professioniste di fatto» non possono essere considerate neppure lavoratrici di tipo subordinato o autonome. Le disparità di fatto tra uomini e donne nello sport creano un serie di conseguenze da non sottovalutare. Le atlete donne, infatti, non percepiscono né il trattamento di fine rapporto, né gli indennizzi per i casi di maternità e sono escluse dalla maggior parte delle forme di tutela presenti nel mondo del lavoro;

    in assenza di un contratto e in presenza di questa condizione che spesso raggiunge la stregua di un lavoro in nero, il 70 per cento delle donne che vivono di sport non raggiunge l'indipendenza economica ed è costretto a chiedere a lungo un sostegno alla famiglia;

    tutto ciò si traduce in una evidente disparità, non solo a livello di trattamento economico fra uomini e donne, ma anche in termini di assenza di tutele sanitarie, assicurative, previdenziali a parità di attività svolta;

    a questo va aggiunto che la presenza delle donne nei ruoli apicali delle federazioni sportive è bassissima: tra le 45 federazioni sportive nazionali, le 19 discipline sportive associate ed i 15 enti di promozione sportiva, non vi è a capo una donna, la presenza nei consigli federali è minima e ad oggi non è mai stata eletta una presidente donna al Comitato olimpico nazionale italiano;

    l'articolo 1, comma 369, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha istituito presso l'ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri il fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, con una dotazione pari a euro 12 milioni per il 2018, euro 7 milioni per il 2019, euro 8,2 milioni per il 2020 ed euro 10,5 milioni a decorrere dal 2021. Le risorse sono destinate, tra le altre cose, alla realizzazione di eventi sportivi femminili e alla maternità delle atlete non professioniste. Uno strumento in più per le atlete italiane che, una volta emanati i decreti attuativi che definiranno le modalità di accesso, potranno contare su un'indennità che copra i mancati introiti dell'attività sportiva;

    spetta allo Stato la tutela delle pari opportunità nella pratica sportiva, il riconoscimento della parità di valore allo sport praticato dai due sessi e la promozione di azioni finalizzate al superamento delle diversità e delle difficoltà presenti nello sport femminile,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa di competenza in collaborazione con il Coni e le federazioni sportive, affinché la qualificazione del professionismo sportivo includa sempre più discipline sportive femminili;

2) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire a donne e uomini le medesime opportunità di partecipazione ai processi decisionali a tutti i livelli (nazionali ed internazionali) e nell'intero sistema sportivo nonché un'equa rappresentanza nei diversi organismi dirigenziali e nelle posizioni apicali delle organizzazioni sportive e nelle amministrazioni correlate allo sport;

3) a promuovere iniziative e/o campagne di sensibilizzazione rivolte all'opinione pubblica per favorire la diffusione e la conoscenza del valore sociale, economico e culturale dello sport praticato dalle donne;

4) a promuovere la modifica e il superamento della legge 23 marzo 1981, n. 91, in materia di promozione della parità tra i sessi nello sport professionistico.
(1-00024) «Carnevali, Ubaldo Pagano, Rossi, De Filippo, Ascani, Ciampi, Schirò, Pezzopane, Annibali, Cardinale, De Menech, Zardini, Cenni, Ungaro, Scalfarotto, Rizzo Nervo, Enrico Borghi».

Risoluzione in Commissione:


   La Commissione VIII e X,

   premesso che:

    la città di Taranto è chiamata «la città dei due mari», bagnata dal Mar Grande e dai due bacini interni del Mar Piccolo. La posizione strategica al vertice della baia storica del Golfo di Taranto l'ha resa protagonista di importanti vicende storiche sin dalla sua fondazione. La storia di Taranto ha inizio nell'VIII secolo a.C. con la fondazione nel 706 a.C. di Taras, unica colonia degli Spartani e importante città della Magna Grecia, spesso simboleggiata, ancora oggi, dal delfino;

    la presenza sul territorio di un'imponente attività industriali e di cantieristica navale, tra cui si annoverano il siderurgico Ilva, la raffineria Eni, il cementificio Cementir, l'arsenale militare e un gran numero di siti di smaltimento di rifiuti, ha provocato una grave crisi ambientale tanto che il 30 novembre 1990 la deliberazione del Consiglio dei ministri definì il territorio della provincia di Taranto (comprendente i comuni di Taranto, Crispiano, Massafra, Montemesola) «area ad elevato rischio di crisi ambientale». Dichiarazione reiterata poi con la deliberazione dell'11 giugno 1997;

   un'azione strategica di riqualificazione, diversificazione economica e risanamento ambientale induce a proteggere e valorizzare, proprio in virtù delle sue peculiarità, l'area delle isole Cheradi e del Mar Piccolo;

   le isole Cheradi costituiscono un arcipelago che chiude a sud-ovest la darsena del Mar Grande di Taranto, parte del demanio militare, aperto alla balneazione e raggiungibile attraverso il servizio di battelli a cura del comune di Taranto. All'interno delle isole è presente una vegetazione tipicamente mediterranea con un'estesa pineta, alberi di leccio, querce, platani e palme. Vi risiedono, inoltre, diverse specie di uccelli come i barbagianni, gabbiani, martin pescatore, tortore e cormorani. La parte marina è caratterizzata da fondali sabbiosi, detritico e roccia nuda, coralligeno e vaste praterie di zostera, cymodocea e posidonia. Si segnala una massiccia presenza di alghe, Pinne Nobilis, banchi di avannotti, molluschi e spugne, celenterati, vermi, tunicati, ricci, stelle marine, pesci di svariate specie e tartarughe caretta caretta. È stata notata la presenza di mammiferi quali il delfino, la stenella striata che nel Golfo di Taranto risulta di presenza regolare e soventi sono stati gli avvistamenti di cetacei come il grampo, le balenottere e il capodoglio;

   l'area all'esterno della rada è compresa nel sito di interesse comunitario marino «IT9130008 – Posidonieto Isola di San Pietro – Torre Canneto», che presenta macchioni di Posidonia oceanica. Lungo il limite inferiore della prateria è presente una biocenosi coralligena ricca e diversificata dal punto di vista biologico;

   già il decreto del Presidente della Repubblica del 23 aprile 1998, recante l'approvazione del piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto, disponeva, con l'obiettivo di protezione e valorizzazione di aree ad elevato pregio ambientale, l'istituzione di «una riserva naturale dell'area delle Isole Cheradi comprendente le isole (riserva naturale) ed i fondali prospicienti (riserva marina)»;

   il citato disposto, tuttavia, è rimasto a tutt'oggi disatteso e nessuna misura di protezione né di valorizzazione è mai stata realizzata;

   anche il Mar Piccolo presenta un patrimonio sommerso di grandissimo valore naturalistico ed ecologico. Si tratta di una laguna costiera di media dimensione, suddivisa in due seni di forma ellittica. Una delle numerose caratteristiche del Mar Piccolo è la presenza dei «citri», sorgenti di acqua dolce che sboccano dal fondale. Nella parte settentrionale di entrambi i seni del Mar Piccolo di Taranto, sono localizzate rispettivamente venti e quattordici sorgenti sottomarine che apportano acqua dolce mescolata a quella salmastra con una particolare combinazione salina, ragione della particolare sapidità delle cozze tarantine considerate nei decenni passati, uniche al mondo;

   rigogliose aree boscose circondano le sponde in corrispondenza del fiume Galeso nel primo seno e in corrispondenza della palude La Vela nel secondo seno. La foce del fiume Galeso rappresenta un ambiente umido di grande pregio naturalistico, rifugio per numerosi uccelli acquatici, molti dei quali tutelati dalla legislazione vigente;

   nel primo seno del Mar Piccolo sono presenti numerose specie animali protette dalla convenzione di Barcellona e inserite nelle liste di organismi minacciati incluse nel piano d'azione generale per la conservazione dei pesci d'acqua dolce italiani;

   sono altresì presenti siti di importanza comunitaria (Sic) terrestri come quello denominato «Mar piccolo» (IT9130004) caratterizzato da depressioni costiere connotate da ristagno idrico ed elevata alofilia, con un substrato prevalentemente costituito da argille e limi pleistocenici e quello di «Masseria Torre Bianca» (IT9130002) il cui substrato pedologico è caratteristicamente costituito da terre rosse mediterranee della foresta xerofila;

   a sud del secondo seno del mar Piccolo in parziale sovrapposizione con l'oasi del Wwf e il SIC IT9130004 si estende la riserva regionale orientata «Palude La Vela» istituita con la legge regionale 15 maggio 2006, n. 11;

   l'inerzia e la noncuranza verso queste aree, che presentano indubbie peculiarità ecosistemiche, hanno prodotto ingenti danni sia ambientali che alle attività economiche della zona;

   viene in rilievo innanzitutto la grave situazione sofferta dal comparto della mitilicoltura in Puglia che ha subito una importante riduzione della produttività dovuta ad una serie di fattori che hanno influenzato negativamente l'attività. Una delle cause è l'insorgenza di criticità ambientali che hanno interessato e che interessano tuttora la zona di Taranto, dove grossi quantitativi di prodotti coltivati nel primo seno del Mar Piccolo sono stati distrutti per mancanza dei requisiti sanitari richiesti per legge;

   la richiamata emergenza sanitaria, sebbene abbia interessato solo il 1° seno del Mar Piccolo, ha generato un danno d'immagine e quindi un calo delle vendite anche dei mitili allevati nel secondo seno del Mar Piccolo e nel Mar Grande che continuano a rispondere ai valori di legge e di qualità che da sempre gli sono riconosciuti;

   gli addetti del settore sono fortemente in calo dal 2011 a dimostrazione della grande sofferenza che sta vivendo il comparto. Attualmente sono circa 500/600 fra regolari e abusivi (questi ultimi per circa il 40/50 per cento operativi nel secondo seno), mentre fino a qualche anno fa si contavano circa 1.500 addetti. Le 80 licenze concesse sono state rilasciare ad aziende con lavoratori da 3 a 10 unità. Purtroppo, da fonti di stampa si apprende della persistenza di illecite coltivazioni di mitili da parte degli abusivi, pronti per la commercializzazione ed il consumo, oggetto di sequestro, mettendo a serio rischio la salute delle persone, così tuttavia certificando la normalizzazione dell'illegalità;

   nel protocollo d'intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto siglato il 26 luglio 2012 si dà atto della specificità dei bacini (Mar Piccolo e Mar Grande) interessate da aree con notevoli e importanti insediamenti produttivi per l'allevamento e coltivazioni di mitili, «tenendo debitamente conto della necessità e vocazioni del territorio ivi compresa la necessità di garantire la qualità delle acque marine previste dal Decreto Ministeriale 367/2003»;

   il commissario straordinario per la bonifica di Taranto, Vera Corbelli, sta affrontando nel suo insieme e nella sua complessità le molte criticità del Mar Piccolo attraverso una efficace azione sinergica che coinvolge le associazioni e gli operatori del settore con l'obiettivo della valorizzazione ambientale e anche del sistema socio-economico e produttivo;

   il commissario ha altresì avviato un'intesa, coinvolgendo anche gli operatori del settore al fine di istituire un osservatorio, denominato «Galene», per la ricerca e la conoscenza delle biodiversità e la promozione e valorizzazione del Mar Piccolo e delle attività di pesca e della mitilicoltura tarantina. Osservatorio, questo, che tuttavia non ha trovato finora formale istituzione;

   anche gli operatori turistici soffrono all'ombra inquietante dell'imponente polo industriale e, pertanto, nonostante le straordinarie peculiarità paesaggistiche, gastronomiche e storiche del territorio, faticano a farsi spazio nel mercato del turismo;

   indirettamente le mancate visite dei turisti e quindi la possibilità da parte di quest'ultimi di poter acquistare direttamente dagli esercenti del territorio, corrispondono anche a mancate entrate economiche per gli operatori del commercio al dettaglio. La mancanza di un coordinamento consolidato che possa favorire il turismo e le attività commerciali in generale e gli enti locali, crea instabilità e senso di abbandono da parte dei piccoli imprenditori;

   la risorsa «mare» dovrebbe rappresentare il volano per patrocinare e sostenere una visione economica sostenibile per il futuro di Taranto a cominciare dal turismo green legato alla presenza di parchi e aree protette, ovvero a produzioni sempre più sostenibili;

   un'analisi sul turismo nei parchi nazionali italiani, svolta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con Federparchi, Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Unioncamere, evidenzia il prezioso patrimonio naturale e culturale che i parchi nazionali possiedono nella prospettiva di migliorare la promozione dei territori e rafforzare la governance per una più efficace gestione della fruizione turistica. A livello internazionale, un importante richiamo agli obiettivi di sostenibilità per il settore turistico sono riportati nell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. In Italia, nel 2017, i «turisti green» hanno visto una crescita media del 4 per cento, spinto soprattutto dagli arrivi internazionali, ed in particolare sono i parchi e le aree protette ad attrarre di più. Dal 2007 a oggi le presenze nelle strutture ricettive vicine alle aree protette sono aumentate del 7 per cento, con un fatturato in crescita del 21 per cento;

   da uno studio condotto dall'Arpa Puglia volto a monitorare la situazione quali-quantitativa dei rifiuti marini, sia quelli spiaggiati sia quelli presenti in mare sotto forma di microplastiche (<5mm), lungo tutte le coste della regione Puglia, è emerso che il materiale attualmente utilizzato per l'incalzamento dei mitili durante le differenti fasi del ciclo produttivo rappresenta uno dei rifiuti plastici più frequenti sulle spiagge e sui fondali pugliesi. Si sta sperimentando uno strumento automatizzato a corda continua (di tipo neozelandese) per l'incalzamento dei mitili, che utilizza calze di rete in cotone bio-degradabile in sostituzione di quelle in plastica;

   l'introduzione di un sistema di certificazione di sistemi di gestione e processi in ambito di qualità, ambiente, salute e sicurezza con riferimento alla norma ISO 9001:2015, ISO 22005:2008, MSC (princìpi e criteri per una pesca sostenibile) consentirebbe una garanzia e un efficace strumento di lotta alle attività abusive, tendendo ad una sempre maggiore trasparenza e regolarizzazione del settore e del relativo sistema concessorio,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative normative al fine di istituire un parco nazionale nell'area delle Isole Cheradi comprendente le isole (riserva naturale) ed i fondali prospicienti (riserva marina) favorendo, in sinergia con la Marina militare, la fruibilità delle stesse da parte di cittadini e turisti;

   ad assumere le necessarie iniziative, affinché, venga fin d'ora valutato l'inserimento nel parco nazionale delle isole Cheradi della porzione del territorio comprendente le aree che sono Siti di interesse comunitario a terra (riserva naturale) ed i fondali dei due seni del Mar Piccolo (riserva marina), compatibilmente con le attività di mitilicoltura e condizionando le modalità di fruizione agli interventi di bonifica in corso di attuazione;

   ad assumere le iniziative di competenza al fine di garantire la messa in sicurezza e la bonifica dal punto di vista ambientale di tutte le zone di competenza della Marina militare al fine di tutelare la salute e l'integrità dei cittadini;

   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di sostenere e finalizzare l'azione del commissario straordinario per la bonifica di Taranto, in continuità con gli interventi realizzati e ancora necessari, mediante: il rafforzamento della rete territoriale ed intersettoriale tra operatori ed istituzioni, attraverso la pianificazione e il coordinamento fra le attività operate dal commissario e le imprese; la previsione di nuovi accordi strategici che possano valorizzare le attività delle piccole e medie imprese del commercio, del turismo e della mitilicoltura, quale filiera capace di mettere in rete le potenzialità locali, facendo perno sul sistema delle aree naturali protette; l'individuazione delle infrastrutture e dei servizi a terra che prevedano altresì punti di sbarco, bonifica leggera delle fasce litoranee e interventi di riqualificazione;

   ad assumere le iniziative necessarie volte a promuovere l'istituzione di un Osservatorio sulla sostenibilità del Mar Piccolo, denominato «Galene», già in fase di ideazione da parte dal commissario straordinario, in sinergia con gli operatori del settore, quale strumento tecnico ed indipendente, che, in coerenza con gli interventi specifici posti in essere sul bacino di bonifica, ambientalizzazione e rigenerazione, consenta di rafforzare la collaborazione tra autorità istituzionali, autorità militari, e gli operatori del settore per la sostenibilità e la riqualificazione del Mar Piccolo, supportando i processi decisionali e di sviluppo delle tematiche ambientali e produttive, anche attuando buone pratiche, sostenendo e ottimizzando l'attività di certificazione e marchio d'area, di valorizzazione della filiera e di promozione della mitilicoltura tarantina.
(7-00029) «Vianello, Vallascas, Vignaroli, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Nanni, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Zolezzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, ASCANI e POLLASTRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai numerosi organi di stampa, il sindaco del comune di Monfalcone, in provincia di Gorizia, ha siglato un atto che riguarda i due istituti comprensivi «E. Giacich» e «G. Randaccio», per fissare un tetto massimo del 45 per cento alla presenza di alunni stranieri per ogni classe della scuola dell'infanzia;

   la ratio del provvedimento indicata nel protocollo sarebbe di «incentivare le iscrizioni a Monfalcone, in particolare da parte delle famiglie italofone residenti»;

   il protocollo produrrebbe effetto immediato su circa sessanta alunni che si vedrebbero costretti esclusi dalla possibilità di frequentare gli istituti summenzionati;

   l'iniziativa è stata lodata dal Ministro dell'interno, Matteo Salvini, e dal presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, mentre, secondo quanto riportato dai media, il Ministro interrogato si sarebbe attivato per «evitare episodi del genere» e per difendere il principio d'inclusione nelle scuole;

   la Costituzione della Repubblica italiana impone a tutte le istituzioni nazionali e locali di rispettare il principio di non discriminazione e nel nostro Paese la condizione giuridica dello straniero residente è protetta dalla previsione di una riserva rafforzata di legge; il trattamento giuridico a cui viene sottoposto lo straniero non può essere sottoposto all'arbitrio della pubblica amministrazione, ma deve essere stabilito dalla legge, che non può, comunque, essere meno favorevole di quanto previsto dalle norme di diritto internazionale;

   la Flc-Cgil ha presentato presso la procura di Gorizia un esposto, annunciando che lo stesso sarà trasmesso anche al Ministro interrogato e all'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza –:

   quali urgenti iniziative di competenza si intendano assumere per pervenire alla revoca del protocollo di cui in premessa;

   come si intenda assicurare che tutte le istituzioni difendano e promuovano politiche per il diritto allo studio di tutti i bambini, nel rispetto dei principi costituzionali.
(4-00765)


   LABRIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo del 18 luglio 2018, pubblicato dal giornale on line «Taranto Buonasera», si legge che i cittadini del rione Tamburi di Taranto stanno assistendo al lento ma costante deprezzamento delle proprie abitazioni a causa dell'inquinamento derivante dall'adiacente presenza dei parchi minerari del colosso dell'acciaio tarantino;

   i cittadini si sarebbero riuniti nel «Comitato per la tutela della casa» tenendo proprio il 18 luglio una conferenza per chiedere conto delle richieste di risarcimento avallate anche da procedimenti penali vinti davanti ai giudici del tribunale di Taranto;

   secondo il portavoce delle centinaia di famiglie coinvolte, Pellegrino Amato, la situazione si protrae da alcuni anni;

   lo stesso sostiene testualmente che: «Dal 2013, insieme a tanti cittadini abbiamo deciso di citare in giudizio l'Ilva di Taranto, per chiedere il risarcimento relativo al deprezzamento commerciale degli immobili, per via dell'inquinamento causato dallo stabilimento siderurgico. La Cassazione con sentenza del 2005, accertò, definitivamente, che l'Ilva immetteva nelle zone circostanti circa 58 tonnellate al giorno di polvere ferrosa»;

   è ormai un dato di fatto che circa l'80 per cento di tali polveri continuino a cadere sul quartiere Tamburi;

   benché i giudici di merito del tribunale di Taranto abbiano accertato la continuità di tali quantità immesse e il superamento di ogni tollerabilità prevista dalla legge, e, quindi, il diritto dei proprietari degli immobili al risarcimento, sarebbero stati risarciti solo i proprietari che hanno avuto il pronunciamento giudiziale favorevole prima dell'insediamento dell'amministrazione straordinaria, e non invece quelli che lo avrebbero ottenuto dopo;

   ciò rappresenterebbe per il portavoce Amato una beffa autorizzata dalla legge;

   le norme che regolano l'amministrazione straordinaria sarebbero favorevoli all'azienda, ma non ai cittadini che chiedono ragione del pagamento dei danni: «esse prevedono, tra l'altro, che 1) gli aventi diritto non possono rivolgersi al Giudice Ordinario; 2) non possono essere iniziate azioni esecutive, di qualsiasi natura, contro l'Ilva. L'azienda, in forza di questa legge, si sottrae al pagamento di miliardi di debiti e, dunque, si autofinanzia a scapito dei creditori che non possono difendersi processualmente, mentre lo Stato non solo risparmia, ma non corre il rischio di essere sanzionato dalla Comunità Europea perché, com'è noto, è proibito il finanziamento alle imprese in crisi»;

   è parere dell'interrogante che, a fronte di una grandissima crisi economica e dei disagi che i cittadini di Taranto vivono a causa dell'inquinamento dovuto ai parchi minerari dell'Ilva, particolarmente dannosi per chi vive nel rione Tamburi, non sia tollerabile che siano tutelati diversamente i soggetti aventi lo stesso diritto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se disponga nuove ed ulteriori informazioni al riguardo;

   se non si intendano assumere iniziative per tutelare i soggetti danneggiati di cui in premessa e provvedere al risarcimento di quei cittadini che hanno ottenuto un pronunciamento favorevole successivamente all'amministrazione straordinaria, e non sono ancora stati liquidati, garantendo loro in tal modo, pari diritto rispetto ai cittadini che hanno avuto il medesimo pronunciamento favorevole ma sono stati subito risarciti solo in quanto detto pronunciamento è avvenuto prima dell'avvio della medesima amministrazione straordinaria.
(4-00767)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   il Tar del Lazio, con ordinanza n. 3893 (pubblicata il 28 giugno 2018), ha accolto in via cautelare il ricorso della UIL Scuola e di altri docenti avverso sei bandi degli istituti comprensivi statali italiani all'estero (Atene, Madrid, Parigi, Istanbul, Barcellona, Addis Abeba) emanati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ai sensi del decreto direttoriale n. 3615/2501, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 64 del 2017;

   il Tar del Lazio, con la medesima ordinanza, ha disposto il blocco di tutte le procedure di reclutamento del personale docente da assumere con contratto di natura privatistica locale nelle suddette scuole italiane all'estero, rinviando la causa, per la decisione di merito, all'udienza del 16 gennaio 2019;

   la pronuncia del tribunale amministrativo ha dunque richiesto un immediato e urgente ripristino degli istituti contrattuali e delle norme di pubblico impiego all'interno delle istituzioni scolastiche pubbliche presenti nel mondo; secondo la normativa vigente, attualmente sono in servizio all'estero 624 unità di personale di ruolo, di cui il 30 per cento è in scadenza di mandato (oltre 180 tra docenti, dirigenti scolastici e personale amministrativo);

   le attuali graduatorie sono in scadenza il 31 agosto 2018 e, pertanto, non sarebbe possibile procedere alle nomine a partire dal 1° settembre 2018. Questo comporta l'impossibilità di provvedere alla sostituzione del personale scolastico;

   l'abolizione delle supplenze, inoltre, ha determinato una vera e propria paralisi del servizio scolastico delle scuole statali, determinando l'impossibilità di garantire all'utenza gli insegnamenti previsti dagli ordinamenti;

   come conseguenza di quanto riportato sopra, il blocco delle procedure di reclutamento del personale docente e l'assenza di graduatorie valide per la copertura del prossimo anno scolastico rischiano di compromettere seriamente l'avvio dell'attività didattica negli istituti scolastici italiani all'estero, con grave danno per gli studenti nonché per il prestigio delle istituzioni medesime;

   questo è il risultato della cosiddetta «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015) promossa dal precedente Governo Renzi, di cui il succitato decreto legislativo n. 64 del 2017 costituisce attuazione. Il decreto interviene sul rapporto di lavoro della scuola, introducendo nelle scuole italiane all'estero modalità di assunzione di tipo privatistico sulla base della normativa locale e determinando forti disparità di trattamento economico nei confronti del personale di ruolo;

   tale disparità di trattamento colpisce soprattutto i direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) della scuola in servizio all'estero. Questi, infatti, non hanno avuto riconosciuto l'importo dell'indennità di sede rapportato alla qualifica professionale di provenienza. Attraverso l'applicazione del predetto decreto legislativo n. 64 del 2017 il personale della scuola ha avuto l'equiparazione dei coefficienti di sede al personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ma con una illogica decurtazione di circa il 25 per cento pur svolgendo il servizio nella medesima sede estera;

   considerato che le selezioni concorsuali previste ai sensi del decreto legislativo n. 64 del 2017 non sono state ancora svolte, si considera necessaria e urgente la proroga delle vigenti graduatorie di mobilità professionale previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro scuola, relative alla precedente selezione per la destinazione all'estero –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di scongiurare un eventuale blocco dell'anno scolastico nelle suddette strutture educative pubbliche;

   quali altre iniziative il Governo intenda assumere per promuovere una riforma della succitata normativa che ha condotto all'attuale condizione di stallo;

   se i Ministri interrogati non ritengano utile assumere iniziative per la proroga, per l'anno scolastico 2018/19, delle graduatorie di mobilità professionali in scadenza, così da garantire il regolare avvio delle lezioni nelle scuole italiane all'estero;

   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per indire nuove prove di selezione e l'aggiornamento delle graduatorie e permettere alle scuole italiane all'estero di avvalersi di personale in possesso delle professionalità richieste per la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo;

   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per equiparare i coefficienti di sede dell'indennità di servizi all'estero (Ise) del personale della scuola al personale dipendente del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(2-00057) «Emiliozzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   EMILIOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo la XVIII relazione semestrale dell'ufficio del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, i casi di sottrazione di minori che riguardano l'Italia sono 435;

   gli interroganti sono venuti a conoscenza di un nuovo caso di sottrazione di minore che ha per protagonista L.G.M., figlio di L.M. e M.d.M.S.S.;

   il 13 settembre 2016 la madre di L.G.M. ha lasciato l'Italia alla volta del Messico, portando con sé il figlio, che all'epoca aveva tre anni, per una vacanza della durata di un mese concordata con il padre. Il rientro era stato infatti previsto per il 14 ottobre;

   una volta in territorio messicano, però, le comunicazioni della madre sono diventate sempre più sporadiche e sfuggenti, rifiutando al padre, tra l'altro, l'invio di foto o video del figlio;

   in risposta alle sollecitazioni del padre, nei mesi successivi la madre ha ripetutamente rassicurato il coniuge, promettendo che avrebbe fatto immediato ritorno in Italia;

   tuttavia, dopo aver addotto le scuse più disparate per giustificare gli annunci dei continui rinvii del rientro, il 12 dicembre 2016, contattata telefonicamente dal padre, la medesima confessava di non avere alcun biglietto aereo per l'Italia. Di più, informava il coniuge di volersi separare dal marito e di non voler fare rientro in Italia;

   il giudice del tribunale di Pesaro dottoressa Carbini, magistrato titolare della causa di separazione avviata dal signor L.M., a quanto consta all'interrogante, ha concesso in via provvisoria l'affidamento esclusivo del minore al padre;

   il tribunale di Tlanepantla de Baz (Messico) ha emesso una sentenza di appello in data 10 aprile 2018 nella quale ha disposto il rimpatrio immediato del minore presso la residenza abituale in Italia, confermando quanto già stabilito nel luglio 2017 al termine del primo grado di giudizio;

   nonostante la sentenza del tribunale messicano fosse provvisoriamente esecutiva, le ricerche da parte degli organi di polizia messicani non sono state avviate con la dovuta celerità e immediatezza, a giudizio dell'interrogante in palese violazione della Convenzione dell'Aja del 1980 relativa alla sottrazione internazionale di minori, di cui sia l'Italia che il Messico sono firmatari;

   la Convenzione dell'Aja del 1980, infatti, stabilisce espressamente che l'interesse primario del minore è quello di un «immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale», prevedendo, all'articolo 7 una costante e proficua collaborazione tra gli Stati membri soprattutto in relazione all'attività di polizia finalizzata alla localizzazione e del rimpatrio del minore;

   tuttavia, ad oggi, a distanza di quasi tre mesi dalla sentenza di rimpatrio emessa dagli organi giudiziari messicani, le autorità di polizia del Messico incaricate della localizzazione e della riconsegna del minore al proprio Stato di residenza abituale, l'Italia, non hanno ancora provveduto a rintracciare L.G.M. Le medesime autorità di polizia, a quanto consta all'interrogante hanno fornito sporadiche e lacunose informazioni sullo stato delle ricerche, impedendo nei fatti un'attiva collaborazione con l'autorità centrale italiana;

   il risultato di tutto questo è che, a quasi due anni di distanza, L.G.M., che si appresta a compiere 5 anni, non ha ancora fatto rientro in Italia –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per consentire la localizzazione di L.G.M. e favorire il suo rientro in Italia;

   se i Ministri interrogati non intendano attivarsi nelle opportune sedi internazionali per rendere più efficaci le previsioni della Convenzione dell'Aja del 1980, anche attraverso una sua integrazione riguardo ai tempi delle procedure di urgenza e ai mezzi di impugnazione.
(5-00212)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questi ultimi giorni si è purtroppo registrata la presenza di un'alga tossica denominata Ostreopsis Ovata lungo le coste di Bari e precisamente nel tratto compreso tra i quartieri Japigia e San Giorgio;

   a certificarne la presenza è l'ultimo rapporto dell'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente (Arpa), rapporto che, da giugno a settembre, viene aggiornato ogni due settimane;

   i dati rilevati dal 1° al 15 luglio 2018, hanno fatto scattare la bandiera rossa e il divieto di balneazione sul litorale barese, in località Lido Trullo;

   a Fasano, dopo le ultime rilevazioni dell'Arpa, il sindaco Francesco Zaccaria ha vietato la balneazione fino al 20 luglio. L'ordinanza è valida per le località Torre Canne (in zona faro) e Forcatella, da cui si estende poi per tutto il litorale a sud;

   dopo le mareggiate e il vento di maestrale, ad aver favorito la proliferazione dell'alga sarebbero state proprio le condizioni di mare calmo dell'ultima settimana;

   gli effetti più comuni sulla salute dell'uomo, generalmente transitori, sono riniti, faringiti, laringiti, bronchiti, febbre, dermatiti e congiuntiviti. In ogni caso, le raccomandazioni dell'Arpa sono due: «limitare il consumo di ricci di mare, che brucando sulle alghe potrebbero potenzialmente accumulare la tossina», e poi «evitare lo stazionamento lungo le coste rocciose durante le mareggiate»;

   la presenza di questo problema lungo le coste pugliesi pone una questione di tutela della salute dei cittadini e una questione di contrasto del fenomeno per evitare conseguenze negative dal punto di vista del richiamo turistico;

   la Puglia ha 800 chilometri di costa e il mare è una voce importante dell'economia regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di affrontare suddetta questione e scongiurare rischi per la salute e per il comparto turistico pugliese.
(3-00098)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di gestione dei Raee, istituito dai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche sulla base di quanto stabilito prima dal decreto legislativo n. 151 del 2005 e poi dal decreto legislativo n. 49 del 2014, dal 2008 a oggi ha compiuto significativi miglioramenti, passando da 80.000 a circa 300.000 tonnellate di Raee raccolti e trattati in modo ambientalmente corretto. Nonostante ciò, l'impianto legislativo che disciplina il tema dei Raee è – a oltre quattro anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 49 del 2014 – ancora incompleto;

   in particolare, l'articolo 18, comma 4, del decreto legislativo n. 49 del 2014, prevedeva quanto segue: «Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi del Centro di Coordinamento e dell'ISPRA, determina con decreto i criteri e le modalità tecniche di trattamento ulteriori rispetto a quelli contenuti agli allegati VII e VIII, e le relative modalità di verifica, in conformità alle norme minime di qualità definite dalla Commissione Europea ai sensi di quanto disposto dall'articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 2012/19/UE, entro tre mesi dalla loro adozione». L'adozione di tale decreto attuativo rimaneva pertanto subordinata all'emanazione da parte della Commissione europea delle norme minime di qualità del trattamento. L'articolo 1, comma 122, della legge annuale per il mercato e la concorrenza n. 127 del 2017 è intervenuto a sbloccare la situazione stabilendo che il Ministero adotta il decreto sul trattamento in esame «anche nelle more della definizione delle norme minime di qualità da parte della Commissione Europea»;

   questo decreto dovrebbe introdurre sia l'obbligo di rispettare standard di qualità molto elevati per tutti gli impianti che effettuano il trattamento dei Raee, sia modalità di verifica rigorose e approfondite dei processi di trattamento, in aggiunta ai controlli già previsti per il rilascio e il mantenimento delle autorizzazioni. La sua emanazione è indispensabile per evitare che ingenti quantità di Raee vengano intercettate da soggetti che sono in possesso di una regolare autorizzazione al trattamento dei Raee ma che per ridurre i propri costi utilizzano modalità di riciclo «semplificate», miranti alle materie prime seconde contenute in questa tipologia di rifiuti, ma incuranti della necessità di smaltire in modo ambientalmente corretto le sostanze inquinanti;

   dal 15 agosto 2018, inoltre, entrerà in vigore – come previsto dal decreto legislativo n. 49 del 2014 – il cosiddetto «Open Scope», ossia un'estensione del campo di applicazione della normativa sui Raee. Apparecchiature che sino a tale data non sono soggette alla disciplina sui Raee ne saranno invece impattate, e i produttori di tali apparecchiature dovranno partecipare alla gestione e al finanziamento del sistema Raee. L'introduzione di nuove apparecchiature richiede una revisione del decreto ministeriale 25 settembre 2007, n. 185, che all'Allegato 1 definisce i «raggruppamenti», necessari sia per la suddivisione fisica dei Raee nei centri di raccolta sia per il calcolo delle quote di responsabilità (e quindi degli oneri) di ciascun produttore di apparecchiature elettriche ed elettroniche;

   risulta all'interrogante che, a meno di un mese di distanza dall'entrata in vigore dell’open scope, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ancora provveduto a definire i nuovi raggruppamenti –:

   quale sia lo stato dei lavori per l'emanazione dei due decreti citati, considerando l'importanza di completare il quadro normativo ai fini del corretto smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
(5-00208)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMO ENRICO BARONI, VIGNAROLI, DE TOMA, FRANCESCO SILVESTRI, SALAFIA e TUZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella periferia est di Roma, l'intero territorio del municipio V della capitale, che si estende per 26.976 chilometri quadrati e che interessa una popolazione di numero pari a quella di Verona, è interessato dal gravissimo fenomeno del sistematico abbandono a terra di ingenti quantità di rifiuti illeciti;

   Dario Pulcini, nominato dal 23 febbraio 2017 assessore alle politiche ambientali del municipio V di Roma, ha raccolto nel corso del suo mandato oltre mille segnalazioni fotografiche dei cittadini, da cui risulta che rifiuti di ogni genere vengono sistematicamente abbandonati a terra anche con i cassonetti stradali vuoti;

   l'abbandono di rifiuti domestici, ingombranti, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma anche di eternit, amianto, calcinacci e grandi elettrodomestici risulta aumentata a dismisura non solo nei pressi delle abitazioni ma anche in prossimità dei campi nomadi e dei locali commerciali; solo nel periodo 1-27 giugno 2018 sono stati rilevati da parte di Ama 573 casi di abbandono di ingombranti, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e altri rifiuti speciali, come risulta dal verbale di un incontro tenutosi il 2 luglio 2018 presso l'assessorato alle politiche ambientali del municipio V;

   nei dintorni dei negozi e dei mercatini non solo vengono abbandonate impressionanti quantità di cassette ortofrutta usate, ma i rifiuti vengono gettati nei cassonetti senza opportuna differenziazione o abbandonati a terra;

   come noto, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale», ai sensi dell'articolo 192, vieta l'abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti di qualsiasi genere, sul suolo e sottosuolo, e in caso di accertamento della violazione obbliga l'infrattore a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti presenti ed al ripristino dello stato dei luoghi;

   la società Ama s.p.a. sulla base del contratto di servizio vigente con il comune di Roma, allorquando non venga individuato il soggetto responsabile, deve provvedere alla rimozione e all'avvio del rifiuto abbandonato all'intero ciclo (raccolta, selezione, trattamento, recupero, smaltimento), con conseguente lievitazione dei costi a suo carico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per acquisire un quadro aggiornato della situazione;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo al fine di qualificare e quantificare i danni arrecati all'ambiente dallo sversamento incontrollato dei rifiuti nell'area territoriale del municipio V;

   se i Ministri interrogati intendano assumere le iniziative di competenza per costituire una task force per monitorare il fenomeno dell'abbandono sistematico e della gestione illecita di rifiuti nell'area territoriale di cui in premessa, con particolare riferimento alla prevenzione e al contrasto di eventuali attività della criminalità organizzata nel settore.
(4-00757)


   CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   19 luglio 2018, a conclusione di indagini condotte dal Noe, il gip del tribunale di Potenza ha disposto il sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento Rendina Ambiente, ex Fenice, di Melfi (Potenza);

   negli ultimi tempi le notizie di inquinamento erano diventate sempre più frequenti: inquinamento non solo dell'aria, ma anche del terreno e delle falde acquifere;

   qualche settimana fa il sindaco di Melfi, Livio Vaivano, aveva dichiarato di aver presentato un esposto in quanto erano state segnalate delle anomalie;

   per gli inquirenti la mancata bonifica del sito inquinato avrebbe provocato «la diffusione di inquinanti all'esterno con la compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica»;

   nelle falde acquifere, sarebbero finiti, secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procura di Potenza e condotte dai carabinieri del Noe elementi pericolosi e cancerogeni tra cui nichel, mercurio, floruri, nitriti, tricloroetilene, e bromodiclorometano;

   per l'amministratore delegato della Rendina Ambiente, Luca Alifano, il gip ha disposto il divieto di dimora in Basilicata;

   il reato contestato è di inquinamento ambientale per non aver provveduto alla bonifica del sito inquinato, in particolare per aver omesso di predisporre un modello di bonifica adeguato;

   come riportato da diversi quotidiani, anche on-line, tutta una serie di verifiche avevano evidenziato che le misure di messa in sicurezza adottate si erano rivelate inefficaci. Vi era stata infatti la diffusione di inquinanti all'esterno del sito di Fenice Ambiente nelle aree circostanti, la contaminazione dell'acqua industriale e dell'acqua destinata al consumo umano, causando la grave compromissione della matrice ambientale delle acque sotterranee nelle aree circostanti il sito di Rendina Ambiente, nonché la compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica –:

   se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta a verificare, quanto prima, il reale stato di contaminazione e di inquinamento delle matrici ambientali;

   se non si ritenga indispensabile informare la popolazione interessata circa il reale stato di inquinamento e di compromissione ambientale a cominciare dalla verifica sulle acque potabili;

   quali iniziative immediate si intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di tutelare la salute pubblica.
(4-00764)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il neo assessore alla cultura del comune di Pisa, Andrea Buscemi, insediatosi a seguito delle recenti elezioni amministrative del 24 giugno 2018 tra i primi atti ha espresso pesanti critiche nei confronti del murales «Tuttomondo» dipinto a Pisa nel 1989 dall'artista Keith Haring;

   secondo stampa locale vi sarebbe l'intenzione della nuova giunta di arrivare addirittura ad una rimozione dell'opera;

   il murale in questione rappresenta un patrimonio unico non soltanto per la città di Pisa, si tratta dell'ultimo lascito artistico di Haring prima della sua morte;

   da sempre per la critica e per gli esperti d'arte l'opera «Tuttomondo» risulta avere un valore inestimabile per il messaggio e per la qualità artistica e ha anche un valore economico e comunque rappresenta un'attrazione per i visitatori della città;

   l'eventuale distacco della pittura dalla sua sede originaria, oltre ai rischi connessi ad un'operazione così complessa e senza precedenti, danneggerebbe irrimediabilmente l'opera, causando un danno non solo alla città di Pisa ma all'arte a livello mondiale;

   si tratterebbe di un'azione, a giudizio dell'interrogante, ingiustificata e dettata solo da motivazioni ideologiche –:

   se il Governo sia informato di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, approfondire la questione, avviando una interlocuzione con l'amministrazione comunale di Pisa al fine di scongiurare che il murales possa essere danneggiato, così come l'immagine stessa di una delle città più importanti del Paese per il richiamo di turisti.
(5-00211)

Interrogazione a risposta scritta:


   TESTAMENTO, CARBONARO, GALLO, ACUNZO, AZZOLINA, BELLA, CASA, FRATE, LATTANZIO, MARIANI, MARZANA, MELICCHIO, NITTI, TORTO, TUZI, VILLANI e FEDERICO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Verlasce di Venafro è un anfiteatro romano risalente al primo secolo A.C. Di forma ellittica, fu originariamente utilizzato come spazio per lo spettacolo dei gladiatori, potendo contare su gradinate capaci di ospitare fino a quindicimila spettatori. Durante il Medioevo l'anfiteatro fu poi abbandonato a se stesso e usato come cava di pietre, ma il suo impianto ellittico costituì l'occasione per una sua trasformazione maggiormente funzionale alla cultura agraria, prima mediante la costruzione — nel XVII secolo — di casette rurali e, successivamente, come rimessa per animali e macchine agricole dei contadini. È opportuno precisare che anche la disposizione delle casette seicentesche ricalca la forma ellittica dell'anfiteatro e da ciò si spiegherebbe l'etimologia del termine Verlasce che deriverebbe da «Perilasium», cioè girare intorno;

   la struttura è stata oggetto in passato di significativi interventi di restauro e manutenzione che hanno permesso di recuperare, almeno parzialmente, alcune aree del sito, dove sono stati ospitati anche eventi a carattere culturale. Tuttavia, le attività di recupero sono ormai ferme da molto tempo e oggi, quando ci si avvicina al Verlasce, nonostante la suggestiva scenografia che lo caratterizza, si hanno di fronte costruzioni per lo più in stato fatiscente, esposte alle intemperie e a deterioramento;

   questo ritardo nell'esecuzione dei lavori è un vero e proprio colpo al cuore per tutti i molisani che amano la propria terra. Il Verlasce merita di essere valorizzato per la gloriosa storia, la peculiare architettura e l'eccezionale bellezza che lo caratterizzano e perché ricopre un ruolo rilevante all'interno dell'ampio scrigno di storia e di cultura che è il Molise. Di questa situazione ne risente, inevitabilmente, anche lo sviluppo turistico della città di Venafro e dell'intera Regione, già fortemente deficitario –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare un confronto con la regione Molise e la competente Soprintendenza archeologica alle belle arti e al paesaggio, per la definizione di un programma di manutenzione, recupero e valorizzazione dell'intera area del Verlasce.
(4-00755)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ERMELLINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie provenienti da articoli di stampa locali e nazionali pubblicati nelle scorse settimane, sembrerebbe che la Marina militare abbia deciso di trasferire, a partire dal mese di settembre 2018, alcuni corsi di formazione dei volontari in ferma prefissata annuale (VFP1) dalla Mariscuola di Taranto a La Maddalena;

   sulla base di un presunto «accordo» sottoscritto tra le due strutture, infatti, secondo alcuni quotidiani sardi i corsi da nocchiere di porto e tecnico di macchine, frequentati da circa 700 giovani, verrebbero dislocati in blocco presso la predetta isola sarda per sopperire ad esigenze di tipo logistico;

   rispetto a tale decisione, ritenuta da alcuni fortemente dannosa per la città di Taranto in quanto potenzialmente causa della riduzione dell'indotto economico che ruota intorno al personale della Marina militare, si sono già succedute diverse iniziative tanto in sede locale, come la mozione presentata dal consigliere regionale della Puglia, Cosimo Borraccino (secondo cui sarebbero addirittura mille i corsisti coinvolti nel trasferimento), quanto a livello nazionale, come un'interpellanza ai Ministri interrogati del 13 luglio 2018;

   secondo il presidente dell'Associazione dei bed and breakfast di Taranto «Terra di Sparta», Angelo Locapo, la «quantificazione» del danno economico per il territorio ammonterebbe a circa un milione di euro, considerando le varie spese che i militari e i loro parenti sostengono durante la loro permanenza in città, tra alloggi, strutture ricettive, servizi di ristorazione, servizi pubblici, shopping e altro;

   analoghe critiche all'operazione sono state mosse da Antonio Ciavarelli, delegato Cocer, secondo cui la dislocazione dei corsi presso l'isola a nord della Sardegna aumenterebbe i costi di permanenza per gli allievi e le proprie famiglie, senza alcun vantaggio di tipo logistico o strutturale;

   intervenuto sull'argomento, il comandante della Scuola sottufficiali di Taranto Rastelli ha cercato di tranquillizzare l'opinione pubblica, affermando che – a fronte dell'effettiva dislocazione dei due corsi VFP1 presso La Maddalena – la sede di Taranto beneficerà di un incremento del reclutamento di volontari Cemm e di marescialli dei ruoli normali a partire dal 2019 per i successivi quattro anni;

   per ragioni storiche, sociali e culturali, oltre che per la stessa conformazione territoriale della città, la sede di Taranto della Marina militare rappresenta un unicum in Italia, in virtù di un legame indissolubile tra cittadini e forza armata, gli uni con l'altra costantemente al reciproco servizio, condizione che non potrebbe tollerare in alcun modo un depotenziamento delle strutture e delle unità di militari ivi presenti –:

   se i fatti esposti corrispondano al vero e quali elementi il Governo intenda fornire al riguardo;

   se non ritenga opportuno, alla luce delle divergenti affermazioni provenienti da organi di stampa, Marina militare e Cocer, fare chiarezza specificando quali siano i numeri reali dell'operazione di dislocazione dei corsi VFP1 da Taranto a La Maddalena;

   quali siano le linee programmatiche del Governo rispetto alla sede della Marina di Taranto e se non si ritenga di potenziare, anche sul piano strutturale, le basi già in attività nell'ottica della realizzazione di un unico polo di eccellenza a livello nazionale per i vari livelli di formazione.
(4-00761)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   è noto che il caso «Qui Group» con la disdetta della convenzione da parte del Ministero per le inadempienze della società ha lasciato i dipendenti pubblici in una condizione di avere buoni pasto non spendibili;

   non vi è esercizio commerciale che non abbia affisso l'avviso di rifiuto dei buoni pasto Qui Group arrecando un danno non indifferente ai lavoratori;

   la convenzione tra Consip e Qui Group è stata attiva da marzo 2016 a giugno 2018, aveva un valore di 500 milioni di euro e di questi 450 milioni di euro sono stati ordinati e ritirati, 25 milioni di euro risultano non più ritirabili, mentre altri sono ancora ordinabili in teoria;

   alcune amministrazioni non hanno risolto il rapporto e quindi continuano a distribuirli;

   in pratica circa un milione di dipendenti pubblici di Piemonte, Lombardia, Liguria, valle d'Aosta e Lazio rischiano di perdere il valore di buoni pasto già ricevuti e non spesi;

   i buoni pasto hanno una incidenza rilevante soprattutto per le retribuzioni più basse nella pubblica amministrazione possono valere da 100 a 140 euro in meno per 20 giorni di lavoro;

   le organizzazioni sindacali sono molto preoccupate e hanno già chiesto un incontro al Governo al fine di affrontare una situazione ormai delicatissima –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare i dipendenti pubblici interessati dalla vicenda nel loro potere d'acquisto, evitando che possano perdere i buoni pasto ricevuti che sono impossibilitati ad utilizzare.
(4-00769)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   recenti notizie di stampa (Corriere del Veneto del 17 e 19 luglio 2018) riportano all'attenzione dell'opinione pubblica la polemica legata ai risultati delle prove scritte dell'esame di Stato all'abilitazione della professione di avvocato che, nel caso del Veneto, in particolare, ha costituito una vera e propria débâcle per gli aspiranti avvocati, con una percentuale del 32,4 per cento di ammessi contro il 45,1 per cento della media a livello nazionale (a Venezia su 1162 candidati, giudicati dalla commissione del distretto della corte di appello di Bologna, soltanto 377 sono stati ammessi alla fase orale), classificandosi penultimi dopo Caltanissetta; in quest'ultima sede soltanto 55 dei 215 praticanti (il 25,6 per cento sono risultati ammessi dalla commissione giudicatrice della corte di appello di Trento;

   da un confronto con le altre sedi di esame si evince una grave disparità, con casi evidenti, se rapportati al 58,1 per cento dei candidati promossi a Catanzaro, il 64,8 per cento a Torino e il 70,8 per cento Firenze;

   le numerose perplessità relative agli esiti delle prove di esame sono legate ai criteri di correzione degli elaborati, che verrebbero restituiti completamente «in bianco», senza segni che indichino errori di forma, concettuali o logici, ma soltanto con il voto della commissione esaminatrice;

   a giudizio dell'interrogante è necessario approfondire alcune questioni per dimostrare se i risultati siano frutto dell'impreparazione dei candidati o se non derivino da errori o addirittura dall'illegittimità delle condotte delle commissioni esaminatrici –:

   per ogni sede di esame per la professione di avvocato quale sia, annualmente, la media degli abilitati;

   quali siano i criteri di correzione, se siano state assicurate, le competenze tecniche dei commissari e se l'attività dei medesimi si sia attenuta esattamente ai citati criteri di correzione, ovvero chiarezza, logicità e metodologia dell'esposizione, con corretto uso di grammatica e sintassi, capacità di soluzione di specifici problemi, dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati e dalla capacità di cogliere profili interdisciplinari;

   se alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interrogato intenda valutare se sussistono i predisposti per procedere, per quanto di competenza, ad un'ispezione ministeriale presso alcune delle sedi di esame coinvolte, ovvero, in relazione allo svolgimento delle prove sostenute presso le città di Venezia e Caltanissetta, dunque presso la corte d'appello di Bologna e di Trento, per chiarire se la correzione degli elaborati abbia presentato elementi riconducibili all'eccesso di potere per erronei presupposti, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà dei giudizio.
(5-00209)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di accesso alla professione di avvocato, disciplinato dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247, prevede una nuova modalità di svolgimento dell'esame di avvocato, con temi da redigere senza l'ausilio dei codici annotati con la giurisprudenza e con un numero maggiore di materie da discutere per l'esame orale;

   l'entrata in vigore della nuova disciplina è stata più volte prorogata;

   ad oggi, i candidati che si apprestano a partecipare agli esami di abilitazione previsti per il prossimo dicembre 2018 dovranno dunque affrontare l'esame secondo le nuove modalità, ciò comportando innumerevoli difficoltà interpretative e oggettive incertezze in ordine alle modalità di svolgimento dell'esame stante le annuali proroghe dell'entrata in vigore della nuova disciplina, nonché serie disparità di trattamento rispetto ai candidati che hanno partecipato agli esami negli anni precedenti;

   si ritiene necessario un ripensamento dell'intero sistema di accesso alla professione forense;

   le associazioni forensi che si occupano della tutela dei praticanti avvocati hanno unanimemente segnalato le difficoltà applicative del nuovo sistema, auspicando, fino a quando non sarà fatta chiarezza, che l'esame si tenga con le modalità ante riforma;

   il Ministro interrogato, rispondendo in Commissione giustizia alla interrogazione n. 5-00169, ha tenuto a fornire rassicurazioni in merito sottolineando l'intenzione del suo dicastero «di mettere in discussione ed eventualmente rivedere nel suo complesso l'impianto normativo in esame nonché valutare favorevolmente una proroga della sua entrata in vigore che non sia limitata ad un mero spostamento temporale fine a se stesso ma che sia finalizzata ad una rivalutazione complessiva della normativa in oggetto» –:

   quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare al fine di dare seguito agli intendimenti sopra esposti, possibilmente a partire dal prossimo provvedimento utile.
(4-00760)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 10 gennaio 2013, n. 20, disciplina, ai fini dell'omologazione, le procedure per l'approvazione nazionale nonché le procedure di installazione di sistemi ruota su veicoli delle categorie internazionali M1 e M1G, quali elementi di sostituzione dei corrispondenti componenti originali o loro ricambi;

   la norma, nei fatti, si traduce in una sequenza di passaggi, che generano difficoltà nell'applicazione e producono complicazioni nella presentazione pratica dei documenti alle motorizzazioni, e non segue una procedura univoca su tutto il territorio nazionale e quindi crea confusione fra i lavoratori e gli utenti;

   in primo luogo, il produttore dei cerchi, in fase di vendita, fornisce al professionista il documento di omologazione approvato dal Ministero (Nad) con allegate le specifiche tecniche (allegato A);

   in secondo luogo, il proprietario del veicolo o il professionista delegato deve portare questi due documenti in motorizzazione per fare domanda di omologazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, e due relative ricevute di pagamento;

   in terzo luogo, il professionista, con firma depositata in motorizzazione, installa ruote e pneumatici rispettando il cosiddetto «corretto montaggio» dell'allegato E, ai sensi dell'articolo 6, comma 1;

   l'ultimo passaggio prevede che l'auto sia portata in motorizzazione alla data prefissata con omologazione Nad, Allegato A (caratteristiche tecniche) e Allegato E (corretto montaggio), dopodiché le modifiche vengono trascritte a libretto;

   il tragitto dell'auto dall'officina alla motorizzazione avviene solitamente con le ruote maggiorate ovviamente non ancora omologate e questo fa insorgere il rischio di contravvenzione e sequestro del veicolo, come previsto dall'articolo 78 del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 e ribadito nel decreto n. 20 del 2013 secondo cui «chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o di approvazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato e che non risulti abbia sostenuto, con esito favorevole, le prescritte visita e prova [...] è soggetto alla sanzione amministrativa» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per specificare, ove ne sussistano i presupposti anche attraverso una circolare esplicativa, che il conducente di un'auto che stia provvedendo all'omologazione di cui in premessa, se già in possesso di una prenotazione presso la motorizzazione per completare l’iter, può circolare con l'auto fino alla data prefissata senza incorrere nelle sanzioni previste dal codice della strada;

   se il Ministro interrogato non ritenga utile assumere iniziative per chiarire inequivocabilmente quali siano i documenti necessari che l'utente è tenuto a presentare all'atto della prenotazione presso la Motorizzazione e contestualmente alla fase finale per completare l'omologazione.
(4-00756)


   FRATOIANNI, FORNARO e STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'organizzazione non governativa spagnola Proactiva Open Arms il 17 luglio 2018 ha denunciato che la Libia avrebbe abbandonato due donne e un bambino che erano a bordo di un'imbarcazione in difficoltà, pubblicando su twitter le foto dei due corpi in mare, tra i resti di una barca;

   il fondatore della organizzazione non governativa Oscar Campus sui social network ha scritto: «La Guardia Costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria ma non hanno detto che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e hanno fatto affondare la barca perché non volevano salire sulle motovedette». «Quando siamo arrivati, abbiamo trovato una delle donne ancora in vita». «Non abbiamo potuto fare nulla per recuperare l'altra donna e il bambino, che a quanto pare è morto poche ore prima che li trovassimo»;

   a queste accuse il Ministro dell'interno Matteo Salvini ha risposto affermando che si trattava di bugie e insulti di qualche organizzazione non governativa straniera e fonti del Viminale hanno definito la versione della Open Arms una fake news, annunciando che nelle ore successive sarebbe stata resa pubblica la versione di osservatori terzi che avrebbero smentito la notizia così come rappresentata da Open Arms;

   a bordo di una motovedetta libica c'era infatti la giornalista tedesca Nadja Kriewald, che, al quotidiano il Messaggero, in data 18 luglio 2018, ha confermato che al termine dell'operazione alla quale ha assistito in acqua non sarebbe rimasto più nessuno, mentre all'Ansa, a distanza di poche ore, ha rivelato che il capitano libico dell'imbarcazione le avrebbe riferito che un paio d'ore prima, nella stessa area, c'era stata un'altra missione da parte di un'altra imbarcazione della guardia costiera libica, non escludendo quindi che il salvataggio filmato dalla tv tedesca e quello in cui, secondo le accuse di Open Arms, sono state lasciate morire una donna e un bambino, siano lo stesso;

   a bordo della nave di Open Arms che ha effettuato il recupero in mare di Josefa, la donna sopravvissuta, e dei corpi senza vita di una seconda donna e di un bambino, era presente anche il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, che ha sostenuto come mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un'altra lasciava in mezzo al mare due donne ed un bambino. Si tratterebbe quindi davvero di due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti a Khoms e l'altro davanti a Tripoli;

   visto che i soccorsi a cui la reporter ha assistito potrebbero non essere quelli messi sotto accusa da Open Arms, si resta ancora in attesa delle annunciate prove del Ministero dell'interno italiano che smentirebbero la ricostruzione della Open Arms e dell'onorevole Palazzotto, presente ai fatti;

   la Marina libica non ha chiarito perché al termine di quella che la stessa definisce un «operazione condotta con grande professionalità» due donne e un bambino siano rimasti sul relitto ormai distrutto senza che nessuno se ne sia accorto –:

   se il Governo, avendo tutti gli strumenti per accertare cosa sia realmente successo in quel tratto di mare nella notte tra il 16 ed il 17 luglio 2018, intenda rendere pubblici o comunque fornire elementi circa i tracciati delle motovedette libiche e di tutte le imbarcazioni presenti quella notte nel tratto di mare corrispondente alle coordinate N 34'13,4 E 313'55,2 e i tabulati delle comunicazioni tra IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) e la guardia costiera libica.
(4-00770)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH, ZARDINI e ROTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la prefettura di Verona ha formalmente avviato, in data 31 maggio 2018, le procedure di escomio (revoca dell'assegnazione) di alcuni degli alloggi di edilizia sovvenzionata assegnati dall'istituto autonomo case popolari ai dipendenti del comparto sicurezza-difesa e del Corpo dei vigili del fuoco sulla base della legge 12 luglio 1991, n. 203 (cosiddetta Gozzini);

   tale normativa prevedeva l'attuazione di un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio;

   tale beneficio viene meno in caso di pensionamento, decesso o inidoneità alla prosecuzione del servizio, anche a causa di conflitti a fuoco o di incidenti di servizio, ed è assegnato alle prefetture (decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 10 maggio 2002, protocollo n. 215, punto 4, articolo 7) il compito di verificare la sussistenza della titolarità ed agire per l'eventuale rilascio dell'immobile;

   sarebbero state sfrattate 20 famiglie poiché l'ente proprietario dell'immobile non avrebbe intenzione di venderlo; invece in altre regioni si starebbe procedendo alla dismissione del patrimonio abitativo;

   tra l'altro, parrebbe non sussistere neppure una emergenza abitativa, poiché, nel complesso di 200 alloggi, 20 risultano sfitti ed eventualmente pronti ad essere assegnati ad eventuali richiedenti;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, in merito alla vicenda riportata in premessa al fine di individuare, con il concorso di tutti i soggetti interessati, le soluzioni più appropriate previste dall'ordinamento.
(5-00206)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOZZANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Trecate (Novara), dal 2013 è presente un centro culturale islamico che svolge anche attività di preghiera e di culto. La sua sede attuale è in un capannone alla periferia della città, in corso Roma, ma la struttura risulta essere la casa del custode di un annesso capannone;

   di recente il presidente dell'associazione che gestisce il centro islamico, Adeel Abouzeid, ha confermato che il centro ha acquistato da un privato cittadino uno spazio tre volte maggiore all'angolo tra via Verra e Corso Italia che, secondo le dichiarazioni del promotore, servirà per potersi meglio integrare. Tra le loro intenzioni c'è anche quella di aprire una scuola, oltre quello di approfondire i rapporti con altri centri della zona;

   è noto che tali centri culturali, oltre ad essere sede di attività religiosa, diventano anche centri della vita sociale e politica della comunità musulmana e la loro diffusione negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale. Nel giro di poco tempo sono sorte in tutta Italia: moschee di dimensioni enormi, centri culturali e religiosi, scuole coraniche gestite direttamente dalle comunità musulmane;

   spesso ci si trova dinnanzi, da un lato, il manifesto rifiuto da parte delle comunità musulmane di rispettare le normative vigenti e di adeguarsi alle regole comportamentali e culturali del nostro Paese e, dall'altro lato, l'atteggiamento superficiale delle istituzioni che, non comprendendone i rischi, adottano semplicistiche soluzioni, mettendo conseguentemente in pericolo la sicurezza dei cittadini;

   fonti giornalistiche molto spesso hanno più volte documentato che, in occasione di funzioni religiose o di semplici incontri associativi, gli imam predicherebbero odio nei confronti della cultura occidentale e sentenzierebbero condanne contro tutti coloro che non si comportano secondo i dettami coranici;

   nel 2015 e nel 2017 il Ministero dell'interno ha espulso due cittadini stranieri residenti o operanti a Trecate per sospetti collegamenti con il terrorismo di matrice islamica;

   è necessario, a giudizio dell'interrogante, intervenire in tempi rapidi per stabilire il rispetto delle regole urbanistiche e di viabilità e accertare se siano stati presentati il progetto edilizio e il piano finanziario –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per avviare appositi controlli volti ad accertare il rispetto delle norme, con particolare riguardo a quelle in tema di ordine e sicurezza pubblica, da parte dell'associazione islamica presente a Trecate e, qualora ne riscontrasse la necessità, procedere all'immediata chiusura del centro islamico;

   se sia già in programma o da programmare un'attività di controllo e verifica su centri in cui sono commiste attività culturali e associative e che tipi di iniziative si intendano adottare per meglio normare tali tipi di strutture.
(4-00759)


   CARDINALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce una delle più importanti realtà per la sicurezza del Paese;

   si stima che la carenza di personale si aggiri sulle 4000 unità e comunque il personale in servizio con abnegazione e spirito di servizio non fa mai mancare il proprio impegno quotidiano nell'espletamento delle mansioni a cui è chiamato;

   rimane in sospeso l'annosa questione concernente il concorso pubblico per titoli ed esami per l'accesso al ruolo iniziale di vigile del fuoco per 814 posti, bandito con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, con emanazione della graduatoria definitiva nell'ottobre 2010;

   lo scorrimento della suddetta graduatoria ha subito diversi «stop» per una serie di decisioni assunte nel corso del tempo, compreso il blocco totale delle assunzioni e la permanenza del blocco del turn over venuto meno solo nel 2017 per preciso impegno del Governo di centrosinistra;

   il combinato disposto di queste decisioni con le disposizioni in materia di restrizione degli accessi al pensionamento ha determinato una situazione di mancato ricambio generazionale ed un innalzamento dell'età media del Corpo accrescendo una serie di criticità, come evidenziato anche dalle organizzazioni sindacali –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei del citato concorso per 814 vigili del fuoco al fine di procedere al potenziamento degli organici del Corpo dei vigili del fuoco.
(4-00766)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, stabilisce che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico nonché la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre nelle scuole le regioni interessate possono essere autorizzate dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a stipulare appositi mutui trentennali, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e con la società Cassa depositi e prestiti;

   Roma Capitale ha partecipato al bando per l'edilizia scolastica promosso in seguito alle suddette disposizioni, richiedendo il finanziamento di l.200.000 euro finalizzati ad un intervento di manutenzione straordinaria presso la scuola Alberto Sordi di via Taggia;

   i lavori di ristrutturazione, il cui termine era previsto inizialmente per il 19 ottobre 2017, slittato successivamente al 29 gennaio 2018, non risultano ancora conclusi;

   anche in seguito a numerose lamentele da parte dei genitori, gli studenti ed il personale scolastico sono stati costretti a vivere in un ambiente poco sano e igienico;

   le famiglie coinvolte in questa vicenda si sono fatte carico di molti disagi anche economici;

   sul sito CantieriScuole.it della Presidenza del Consiglio dei ministri i lavori risultano invece terminati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto avvenuto e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere in relazione ai fatti esposti in premessa, al fine di garantire alle famiglie, agli studenti e al personale scolastico un ambiente sano e adeguato a svolgere l'attività didattica.
(4-00762)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   CRITELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 febbraio 2018 la Fiom/Cgil territoriale e la rappresentanza sindacale unitaria di GEA Refrigeration Italy s.p.a. comunicano alle proprie lavoratrici e lavoratori di aver chiesto delucidazioni all'azienda a seguito di voci riguardanti la vendita del ramo Oil and Gas;

   il vice-presidente di Oil and Gas, in data 23 febbraio 2018, comunica alle organizzazioni sindacali che non è in atto alcuna trattativa per la vendita della divisione Oil and Gas della GEA Refrigeration Italy di Bologna;

   il 1° marzo 2018 la Fiom-Cgil territoriale unitamente alla rappresentanza sindacale unitaria sono a richiedere un incontro urgente per discutere del futuro dell'azienda in quanto il precedente comunicato dell'azienda non aveva dissipato i timori delle organizzazioni sindacali;

   il 13 marzo 2018, la rappresentanza sindacale unitaria, la Fiom-Cgil ed i lavoratori di Gea inviano un comunicato alla direzione nel quale si esprimono contrariati per la risposta ricevuta in data 26 febbraio 2018 in quanto molto ambigua;

   il 22 marzo 2018, vista l'assenza da parte dell'azienda di una risposta in merito all'ipotesi di vendita, le organizzazioni sindacali aziendali, comunicano un pacchetto di otto ore di sciopero;

   questa situazione porta ad un cambio degli interlocutori aziendali i quali saranno il responsabile della business unit «Utilities» Mr. Ulrich Walk ed il country manager Italy Mr. Stefano Mele;

   l'azienda durante l'incontro del 6 aprile 2018 dichiara che è in corso un processo di analisi e valutazione delle attività del sito di Castel Maggiore e delle relative fasi e tempistiche legate al settore Oil and Gas;

   il 18 maggio 2018 avviene un nuovo incontro tra il vertice tedesco e italiano dell'azienda e la Fiom-CGIL territoriale e la rappresentanza sindacale unitaria le quali si dichiarano contrarie a qualunque ipotesi di vendita del settore Oil and Gas adducendo ragioni e motivazioni di carattere industriale ed economico;

   in data 25 maggio 2018 l'azienda comunica ai dipendenti di Castel Maggiore che il processo di valutazione per definire il futuro delle attività in questo settore non è ancora concluso e potrebbe prendere in considerazione l'eventuale vendita del settore Oil and Gas;

   il 4 maggio 2018 si svolge una seduta straordinaria del consiglio comunale di Castel Maggiore con all'ordine del giorno un incontro con i lavoratori dell'azienda GEA Refrigeration Italy s.p.a. e le rappresentanze sindacali;

   il consiglio comunale esprime solidarietà alla lotta dei lavoratori condividendo le preoccupazioni per il futuro dell'azienda invitando la proprietà a condividere con chiarezza e trasparenza con i lavoratori e le istituzioni i piani industriali e finanziari e di impegnarsi per la salvaguardia dei posti di lavoro e per il mantenimento della stessa a Castel Maggiore;

   in occasione del consiglio metropolitano di Bologna svoltosi il 13 giugno 2018 viene approvato all'unanimità un ordine del giorno urgente sulla situazione dell'azienda GEA – Tecnofrigo di Castel Maggiore che ricalca quello espresso dal consiglio comunale di Castel Maggiore;

   il 17 luglio 2018 si è concluso con un nulla di fatto l'incontro tra le organizzazioni sindacali e la direzione di GEA, la quale, pur esprimendo generiche rassicurazioni, non si è resa disponibile a condividere con le organizzazioni sindacali un testo complessivo che raccogliesse le intenzioni già manifestate presso lo stesso tavolo di salvaguardia del 10 luglio; inoltre, mancano le garanzie per il mantenimento del sito produttivo di Castel Maggiore, così come la disponibilità ad attivarsi formalmente verso un eventuale acquirente per salvaguardare la piena occupazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione;

   cosa intenda fare per salvaguardare i posti di lavori dello stabilimento.
(3-00099)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA, CARETTA, LUCA DE CARLO e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da un articolo de IlSole24Ore del 3 luglio 2018 secondo l'associazione Coldiretti da inizio anno risulta quadruplicata l'importazione in Italia di olio d'oliva proveniente dalla Tunisia;

   per cercare di sostenere la difficile situazione socio-economica del Paese nel 2016 la Commissione europea ha concesso alla Tunisia due contingenti temporanei a dazio zero per le esportazioni di olio dirette verso l'Unione europea, in particolare 35 mila tonnellate all'anno per il 2016 e il 2017;

   sempre secondo il citato articolo la Tunisia avrebbe chiesto all'Unione europea di rinnovare la concessione di nuove quote di export a dazio zero verso la stessa Unione, dato che l'agricoltura tunisina si è riorganizzata, tanto che per il 2018 è previsto un raddoppio della produzione di olio d'oliva;

   stando all'articolo sembrerebbe che solo nel primo trimestre del 2018 la Tunisia abbia già esportato verso l'Italia ben ventimila tonnellate di olio d'oliva;

   se alla Tunisia si concedesse sia di sfruttare le quote non utilizzate per gli anni passati, pari a poco meno di settantamila tonnellate, più altre settantamila tonnellate di quote per il 2018 e il 2019, l'Unione europea si troverebbe di fronte a un'invasione di olio tunisino e la produzione italiana ne uscirebbe gravemente penalizzata;

   in particolare, nel 2017 la produzione dell'Italia, che è il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, è stata di 429 mila tonnellate;

   il costo di produzione dell'olio in Tunisia risulta pari a circa due euro al litro, contro il corrispondente costo di produzione italiano pari a circa sette euro al litro (fonte Coldiretti);

   l'Italia, per decenni, è stata leader indiscussa di mercato nel settore dell'extra vergine di oliva e punto di riferimento per il settore olivicolo-oleario a livello mondiale;

   il tracollo del settore è quantificabile in una contrazione del 31 per cento negli ultimi sei anni. Tra le ragioni che hanno fatto diminuire la produzione ci sono l'abbandono della coltivazione, la frammentazione della struttura produttiva e il mancato ammodernamento del settore;

   l'Ismea evidenzia, inoltre, una crescita delle importazioni di olio d'oliva dalla Spagna, salite a 319 mila tonnellate (+25 per cento) da gennaio a settembre, ma a crescere vertiginosamente sono state quelle dalla Turchia, schizzate a oltre il 5 mila per cento –:

   di quali informazioni i Ministri interrogati dispongano in merito alla situazione riportata in premessa e se la stessa trovi conferma;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per invertire la tendenza e rilanciare un settore fondamentale, per la nostra Patria, a partire dal rinnovo generazionale, l'innovazione tecnologica e il potenziamento della commercializzazione.
(4-00754)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2018, sul quotidiano La Stampa, è apparso un articolo a firma di Nicola Lillo e Gianluca Paolucci concernente il tema dei buoni pasto per i dipendenti pubblici, con particolare riferimento però al caso ticket restaurant di Qui!Group S.p.A.;

   Qui!Group, gruppo italiano attivo — tra gli altri — nel settore dei titoli di servizio e del welfare aziendale, in passato si è aggiudicato l'appalto Consip che gli ha permesso nel marzo 2016 di stipulare la convenzione «Buoni Pasto ed. 7» relativamente al lotto 1 (Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, Lombardia) e lotto 3 (Lazio), avente ad oggetto principalmente la fornitura dei cosiddetti «ticket restaurant» che le pubbliche amministrazioni aderenti avrebbero distribuito tra i propri dipendenti;

   a partire da gennaio 2018, tuttavia, sono state trasmesse a Consip dalle amministrazioni utilizzatrici molteplici segnalazioni di disservizi per la mancata spendibilità dei buoni emessi da Qui!Group. Numerose imprese esercenti la ristorazione nella rete convenzionata con Qui!Group hanno infatti segnalato il mancato pagamento da parte della stessa società delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici, ed hanno per l'effetto iniziato a rifiutare i relativi ticket appositamente esibiti;

   alla luce dell'esito negativo delle verifiche ispettive, e sulla scorta del contestuale esito negativo della formale diffida ad adempiere, Consip ha annunciato di essersi vista costretta a procedere con la risoluzione della convenzione «Buoni Pasto ed. 7» — relativamente al lotto 1 e lotto 3, stipulati con Qui!Group S.p.A. — per reiterato, grave e rilevante inadempimento delle obbligazioni contrattuali;

   l'interruzione dei rapporti con Qui!Group ha determinato problemi e preoccupazioni per il milione e oltre di dipendenti pubblici potenzialmente coinvolti ed interessati dalla vicenda, non rinvenendo gli stessi alcuna soluzione alternativa all'orizzonte tesa alla fornitura di nuovi buoni pasto;

   quanto occorso evidenzia la farraginosità e la irragionevolezza che si cela dietro quello che è senza dubbio un mezzo alternativo di pagamento. Tale inadeguatezza si appalesa sotto molteplici punti di vista, si vedano il numero limitato di esercenti di volta in volta convenzionati con i gestori e i costi che l'amministrazione affronta per la loro gestione, per non tacere delle contraddizioni insite al sistema del cosiddetto «doppio regime» laddove il datore, oltre ai buoni pasti, eroghi anche il servizio mensa –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative straordinarie, finalizzate a rendere disponibili strumenti per acquisire nuove forniture di buoni pasto, intenda intraprendere ed in che tempi;

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per rivedere il meccanismo e l'istituto dei buoni pasto, avviando a tal fine anche tavoli di discussione con tutte le parti interessate e competenti per programmare e definire strumenti e modalità alternativi agli stessi;

   se non sia più opportuno, agevole ed economico accreditare direttamente in busta paga un importo di egual valore a quello dei buoni pasto distribuiti, garantendo soltanto a quest'ulteriore somma un simmetrico ed agevolato trattamento fiscale, ideando accorgimenti normativi alla stregua di quanto avviene, ad esempio, con l'istituto del cosiddetto rimborso spese.
(4-00763)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PINI, GRIBAUDO, DE FILIPPO, CARNEVALI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ e SIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Papilloma virus (HPV – Human Papilloma Virus) infetta pelle e mucose e in modo specifico vulva, cervice, vagina, ano, gola e bocca ed è causa del 90 per cento dei tumori della cervice uterina, nonché di carcinoma dell'ano, orofingei e del pene;

   sono stati fino ad oggi individuati 150 tipologie differenti di Hpv di cui 30 sono sessualmente trasmissibili e circa 12 come possibili fattori scatenanti di tumori;

   l'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto la neoplasia alla cervice uterina come riconducibile all'Hpv. In Italia sono all'incirca 3.500 i nuovi casi di questo tumore, che causa fa morte di oltre 1500 donne;

   l'Oms, proprio per la gravità dell'infezione, ha dichiarato il 4 marzo giornata internazionale contro il Papilloma virus (Hpv Awareness Day);

   l'Oms ha consigliato l'uso del vaccino per le ragazze tra 9 e 14 anni e il passaggio del vaccino dal 4-valente al 9-valente sembra avere portato l'efficacia dal 70 per cento al 90 per cento, e secondo la maggior parte delle revisioni di costo-efficacia pubblicate è conveniente vaccinare i ragazzi e le ragazze;

   il vaccino (9-valente) nel nostro Paese è gratuito per gli adolescenti fino a 12 anni, in base ai nuovi livelli essenziali di assistenza;

   la Fondazione Gimbe – con un documento pubblicato sulla rivista Evidence – ha sottolineato che sono ancora pochi i pediatri a consigliare il vaccino e che, come ha ricordato il presidente Gimb, Nino Caartbellott «La vaccinazione anti-Hpv rappresenta un clamoroso esempio di sotto-utilizzo di una prestazione dal valore elevato»;

   una ricerca dell'università della Campania Luigi Vanvitelli e condotta su un campione casuale di 640 pediatri di libera scelta ha dimostrato che solo il 18,4 per cento raccomanda sempre la vaccinazione ai ragazzi di 11-12 anni, rispetto al 77,4 per cento delle ragazze di pari età;

   secondo i dati del Ministero della salute, solo il 53 per cento delle ragazze in media in Italia nate nel 2004, ha effettuato un ciclo completo di vaccinazione con differenze elevate tra le regioni: una percentuale in calo di 19 punti in 5 anni se confrontata al 72 per cento delle ragazze nate nel 2000. Mentre per i ragazzi i dati sono così esigui da non essere neanche resi pubblici;

   poiché l'efficacia del vaccino cala col crescere dell'età dei soggetti vaccinati, sull'efficacia della vaccinazione estesa a donne e uomini non c'è grosso sostegno;

   il costo del vaccino per chi è in età adulta varia da ragione a regione;

   l'infezione da Hpv è asintomatica e l'unico modo per accertarla è tramite l'Hpv-Test e il Pap-Test;

   l'obbligo vaccinale va superato con una scelta condivisa e dovrebbe lasciar posto all’empowerment o secondo la teoria di Nuggent alla «spinta gentile»;

   per far questo è necessario formare gli operatori alla comunicazione-relazione –:

   se alla luce di quanto esposto, non si ritenga necessario assumere iniziative per rendere obbligatorie le vaccinazioni sia per le donne sia per gli uomini, visto che questi ultimi sono il principale vettore di trasmissione della malattia, in modo da raggiungere gli obbiettivi di copertura fissati dal piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 ancora molto lontani;

   quali iniziative abbia intenzione di mettere in campo la Ministra interrogata visto che in Italia c'è sempre un minor numero di vaccinati, nonostante gli allarmi sulla pericolosità dell'Hpv lanciati dai medici dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(5-00207)


   BOLOGNA, MASSIMO ENRICO BARONI, LOREFICE, CHIAZZESE, D'ARRANDO, LAPIA, LEDA VOLPI, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO, DI LAURO, IANARO e TUZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Repubblica italiana, come recita l'articolo 1 della Carta costituzionale, è fondata sul lavoro e lo Stato ha il dovere di assicurare tutte le misure necessarie al fine di tutelare l'esercizio sicuro e salubre di ogni professione;

   da tempo dilaga il fenomeno della violenza, tanto più odiosa se si esercita verso categorie professionali come il personale sanitario, negli ambulatori di guardia medica, nei nosocomi, nonché in occasione degli interventi del personale sanitario tramite il 118; in ogni luogo dove sia doveroso far intervenire personale sanitario, medico ed infermieristico, dipendente del sistema sanitario nazionale, regionale e di quello convenzionato, sono in crescita fenomeni di aggressione verbale e fisica, con una escalation della violenza ingiustificata e sproporzionata; spesso solo il pronto intervento delle forze dell'ordine ha scongiurato l'aggravarsi delle conseguenze della commissione di fattispecie criminose;

   viene messo in crisi il sistema di tutela di beni giuridici garantiti costituzionalmente con pari dignità: il diritto al lavoro, il diritto all'integrità fisica nell'esercizio del lavoro, il diritto ad ottenere cure proporzionate allo stato di bisogno; non si può lasciare impunito l'esercizio della giustizia personale tramite violenza privata; l'insoddisfazione non può certo giustificare lo scagliarsi contro il personale sanitario, verbalmente o fisicamente, per motivi futili violando le regole sociali e comportamentali;

   il fenomeno è grave e serviranno anche attività in sinergia con varie agenzie territoriali al fine di ragionare adeguatamente sulle diverse misure da attuare per prevenire il dilagare del fenomeno; già da tempo i sindacati di categoria delle professioni sanitarie stanno richiedendo misure idonee per tutelare i lavoratori con specifici strumenti;

   tra le idee avanzate, ci sono la revisione delle raccomandazioni ministeriali sulla sicurezza degli operatori sanitari, l'emanazione di disposizioni in tema di buone pratiche per i direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale, l'istituzione di una Commissione parlamentare sulla violenza contro gli operatori sanitari, iniziative normative per rendere tale reato perseguibile d'ufficio e non su querela di parte, una comunicazione efficace verso la popolazione, tramite forme di pubblicità progresso, per far comprendere che «chi aggredisce un medico aggredisce se stesso»;

   secondo quanto si evince dalla raccomandazione n. 8, del novembre 2007 del Ministero della salute, finalizzata a prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari, i citati atti di violenza costituiscono eventi sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di protezione e prevenzione –:

   quali iniziative, anche in sinergia con gli altri Ministri competenti, intenda porre in essere per garantire l'incolumità e la serenità lavorativa dei professionisti del mondo sanitario, anche in attuazione della raccomandazione del Ministero della salute indicata in premessa.
(5-00210)

Interrogazione a risposta scritta:


   OCCHIONERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un uomo di 47 anni di Larino è morto a seguito di una emorragia cerebrale; si tratta di un fatto grave sul quale è giusto accertare quanto accaduto e le eventuali responsabilità, in quanto non è ammissibile che accadano episodi del genere e che esistano regioni con strutture, mezzi e risorse di serie A e regioni di serie B;

   l'uomo colpito da emorragia cerebrale, era stato trasportato dal 118 all'ospedale San Timoteo di Termoli, dove però l'unica tac in dotazione risultava in manutenzione programmata;

   successivamente, l'uomo è stato trasportato all'ospedale di San Giovanni Rotondo con ambulanza e non con elisoccorso come sarebbe stato necessario data la gravità e la natura del malore che aveva colpito l'uomo di 47 anni; qui nel corso dell'intervento chirurgico è avvenuta la morte;

   i lunghi tempi di trasferimento e la mancanza di velocità nel trasferimento da un ospedale all'altro hanno probabilmente inciso sulle possibilità di salvare l'uomo;

   con il «decreto Balduzzi» si è proceduto per esempio alla chiusura del reparto di neurochirurgia di Campobasso che in questa occasione sarebbe stato utilissimo. In Molise si è, quindi, assistito anche alla chiusura dei punti di primo intervento a Venafro e Larino e non è stato potenziato né il 118 né il servizio di trasporto rapido, ed in questo modo non si ottempera a quanto disposto dall'articolo 32 della Costituzione;

   appare grave che nella regione Molise, nell'ospedale di Termoli, si possa morire perché non è utilizzabile l'unica Tac perché in manutenzione e non possa essere presente un reparto di cardiochirurgia e neurochirurgia che come dimostrato purtroppo in occasione della morte dell'uomo di 47 anni è indispensabile –:

   se il Ministro interrogato abbia assunto iniziative, per quanto di competenza al fine di chiarire i motivi e le dinamiche della morte cerebrale dell'uomo di 47 anni di Larino;

   se, tenuto conto di quanto accaduto, non ritenga necessario assumere iniziative per una modifica del «decreto Balduzzi» che non consente alla regione Molise di avere un reparto di cardiochirurgia e di neurochirurgia, perché non vi sono i 600.000 abitanti, con tutte le conseguenze in materia di tutela della salute che questo comporta;

   quali iniziative di competenza intenda avviare, di concerto con la regione Molise, al fine del potenziamento del 118 e del servizio di elisoccorso.
(4-00758)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BINELLI, VANESSA CATTOI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'annuncio dell'imminente chiusura di due stabilimenti tedeschi di proprietà dell'Isaf ha messo in stato di forte agitazione i dipendenti dello stabilimento italiano di Storo nel basso Chiese, che insieme agli altri due rappresenta un polo strategico europeo nella produzione di fili per saldatura;

   le sigle sindacali hanno appreso dall'azienda l'intenzione di far confluire proprio nello stabilimento di Storo e in quello di Arezzo la produzione dei due stabilimenti tedeschi, ma ad oggi tale orientamento non risulta confermato, anche con riferimento ad un eventuale piano industriale;

   la fabbrica, che negli anni è cresciuta tanto da diventare uno dei leader europei nella produzione di fili speciali per saldatura, dopo diversi passaggi di proprietà, è stata acquistata dall'azienda americana Licoln;

   la poca chiarezza nelle strategie perseguite dall'azienda rischia di acuire una situazione di crisi che già da tempo attraversa il territorio; sono diversi i casi di multinazionali, come Lowara, Storoproductions di Storo e Jado Italia di Baitoni, che dopo aver rilevato le proprietà dei siti italiani, hanno adottato politiche di depauperamento del territorio, privandolo di ricchezza e di occupazione;

   per i 70 dipendenti, attualmente in cassa integrazione, e le loro famiglie, potrebbe prospettarsi un futuro lavorativo molto incerto –:

   se il Governo intenda favorire una concertazione tra tutti i soggetti interessati, al fine di fare chiarezza sulle strategie perseguite dall'azienda per lo stabilimento di Storo e di mantenere inalterata la sua leadership nell'ambito della produzione dei fili speciali per saldatura, a salvaguardia della produzione e dell'occupazione.
(4-00768)

Ritiro di un documento
del Sindacato Ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Lattanzio n. 5-00105 del 9 luglio 2018.