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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Istat ha documentato come in Italia si siano aggravate le diseguaglianze sociali. Infatti, nel nostro Paese (statistiche relative al 2016) soltanto il 19 per cento del reddito complessivo disponibile è a vantaggio del 40 per cento della popolazione, dato che pone l'Italia al di sotto della media dei Paesi europei;

    nei dieci anni che decorrono dalla grave crisi finanziaria ed economica del 2008 si è determinato un forte aumento della povertà. In particolare, negli anni dal 2008 al 2016 si sono registrati gravi problemi per le imprese e forti ripercussioni negative sull'occupazione soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia con le inevitabili conseguenze sulle famiglie e sulla marginalità sociale. Nel 2017, in crescita sul 2016, si stimano in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie, in cui vivono 5 milioni e 58 mila individui; rispetto al 2016 la povertà assoluta cresce in termini sia di famiglie sia di individui;

    anche la povertà relativa è cresciuta rispetto al 2016. Nel 2017 riguarda 3 milioni 171 mila famiglie e 9 milioni e 368 mila individui. L'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai;

    nel 2016 è stato varato il reddito di inclusione (Rei) come misura di contrasto della povertà. Il reddito di inclusione consiste in un beneficio economico erogato mensilmente tramite una carta di pagamento elettronica e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativo per superare la condizione di povertà e di marginalità sociale;

    si ritiene necessario, visto l'incremento delle condizioni di povertà riscontrate dall'Istat, implementare le risorse del reddito di inclusione compatibilmente con le risorse economiche disponibili. Introdurre altri strumenti normativi senza un'adeguata copertura dei costi, provocherebbe, se non in linea con il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, gravi ricadute negative sul bilancio dello Stato;

    pare opportuno, inoltre, considerato il ruolo fondamentale che la famiglia ha avuto come principale ammortizzatore sociale, una riforma fiscale che la sostenga e che comporti un più favorevole trattamento fiscale per quelle con figli a carico e quelle che accudiscono persone anziane o disabili, apportando le necessarie modifiche al sistema normativo vigente e privilegiando i nuclei più numerosi e con reddito complessivo più basso, in modo da garantire a questi ultimi il superamento delle condizioni di marginalità sociale e di povertà;

    appare inoltre indispensabile creare le condizioni per attivare una politica che possa conciliare in modo pieno lavoro e vita familiare;

    è necessario sostenere le giovani coppie con bassi livelli di reddito al fine di facilitare loro l'accesso all'abitazione (proprietà o locazione),

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per incrementare, compatibilmente con le risorse economiche disponibili, il reddito di inclusione;

2) ad assumere iniziative per attivare un sistema fiscale che introduca misure più favorevoli per le famiglie con più figli a carico e che si trovano in stato di marginalità sociale in modo da coniugare l'incremento del reddito di inclusione e una riforma fiscale che abbia al centro la famiglia;

3) ad assumere le iniziative di competenza per riformare i servizi per l'impiego nella prospettiva di una rete integrata pubblico-privato volta ad assicurare una efficiente ed efficace azione su tutto il territorio nazionale.
(1-00020) «Lupi, Schullian».


   La Camera,

   premesso che:

    a seguito dei gravi incidenti verificatisi nel giugno 2017 in occasione della proiezione in piazza San Carlo a Torino della finale di Champions League, il capo della polizia adottava la circolare n. 555/OP/0001991/2017/1 del 7 giugno 2017, meglio conosciuta come «circolare Gabrielli», con la quale si fornivano indicazioni in merito ai dispositivi e alle misure da porre in essere in occasione di manifestazioni pubbliche;

    si delineava così un nuovo modello organizzativo in termini di sicurezza, fondato su una stretta integrazione tra garanzie di safety e di security, considerate quali «requisiti imprescindibili di sicurezza senza i quali le manifestazioni non potranno avere luogo» e veniva prevista, tra le altre cose, la necessità di effettuare «preventivi e mirati sopralluoghi nelle località di svolgimento delle iniziative programmate per una scrupolosa verifica della sussistenza dei previsti dispositivi di safety» nonché la «pianificazione di adeguati servizi – security – a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica»;

    tra le misure di safety, in particolare, veniva richiesto l'accertamento della capienza delle aree di svolgimento dell'evento, per la valutazione del massimo affollamento sostenibile, specie per iniziative programmate in aree pubbliche, con l'obbligo per gli organizzatori di regolare e monitorare gli accessi, anche mediante sistemi di rilevazione numerica, oppure l'obbligo di prevedere percorsi separati di accesso e deflusso, o ancora l'obbligo di predisporre piani di emergenza e di evacuazione; mentre tra le condizioni di security veniva stabilita la necessità di prevedere «attenti servizi di vigilanza ed osservazione, anche a largo raggio, (...) al fine di cogliere o circoscrivere per tempo ogni possibile segnale di pericolo o minaccia» oppure «un'adeguata protezione delle aree interessate dall'evento mediante attenti controlli con frequenti e accurate ispezioni e bonifiche»;

    pochi giorni dopo il capo del dipartimento dei vigili del fuoco, presso il Ministero dell'interno, adottava una direttiva con la quale forniva alcuni chiarimenti in merito agli aspetti relativi alla safety, e in particolare chiariva che la cosiddetta circolare Gabrielli trovava applicazione rispetto «a manifestazioni di qualunque natura o finalità», «indipendentemente dalla loro tipologia e dall'affollamento», e che le misure di safety non possono essere esclusivamente connesse al numero delle persone presenti, anche alla luce dei pericoli derivanti dalla minaccia terroristica;

    pur comprendendo le delicatissime ragioni che hanno condotto all'adozione degli atti sopracitati – a seguito non solo degli incidenti di Torino, ma anche dall'accresciuta minaccia terroristica – è evidente che le misure adottate, essendo applicabili a qualunque manifestazione pubblica a prescindere dal numero dei partecipanti, hanno finito per porre di fatto quasi sullo stesso piano, sotto il profilo delle garanzie richieste di safety e security, la trasmissione o la partecipazione ad un grande evento sportivo con la piccola sagra locale o la cena in piazza in un qualunque piccolo comune italiano, determinando un aumento di responsabilità, oneri burocratici ed economici a carico delle amministrazioni locali o dei privati, e un allungamento dei tempi per le verifiche e le concessioni necessarie, tali da risultare spesso insostenibili e da determinare nell'ultimo anno la cancellazione di numerose manifestazioni sul nostro territorio;

    l'Italia, infatti, è un Paese per storia e per cultura particolarmente ricco delle più varie manifestazioni, feste o sagre locali, espressione di tradizioni storiche, agricole, agroalimentari e culturali, che rappresentano un patrimonio ricco e prezioso, manifestazioni che, da un lato, costituiscono un importante strumento di coesione sociale, permettendo l'aggregazione delle comunità e la diffusione di usi e costumi tipici del nostro territorio e, dall'altro lato, rappresentano un insostituibile volano per i flussi turistici in Italia; si tratta di un patrimonio del quale in nessun modo si vuole e si può fare a meno,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza che, pur nel rispetto delle necessarie misure atte a garantire la sicurezza e la pubblica incolumità, salvaguardi comunque la possibilità di svolgimento delle manifestazioni storiche, artistiche, culturali e agro-alimentari, così importanti per il nostro Paese, anche prevedendo una semplificazione della normativa vigente e delle procedure burocratiche previste, tenendo nella giusta considerazione la dimensione degli eventi e le stime sul numero di partecipanti e differenziando in maniera netta i grandi eventi dalle piccole iniziative locali;

2) ad individuare quanto prima le risorse economiche adeguate a sostenere gli enti locali e i privati, nello sforzo economico necessario a coprire i costi connessi alle esigenze di safety e di security, nella considerazione che tali manifestazioni costituiscono un valore aggiunto, anche in termini turistici, per l'intero territorio nazionale, e non solo per i singoli territori in cui si svolgono, prevedendo risorse aggiuntive per finanziare forme di assicurazione per i tantissimi volontari che organizzano le manifestazioni locali e che costituiscono il vero motore delle comunità;

3) ad individuare, anche sul piano normativo e con l'adeguato coinvolgimento delle regioni e degli enti locali e di tutti soggetti interessati sotto il profilo della sicurezza, tutte le soluzioni atte a garantire la massima sinergia tra le diverse istituzioni interessate, sia statali che locali e territoriali, nella convinzione che il massimo livello di sicurezza e incolumità pubblica possa e debba essere garantito nei luoghi pubblici o aperti al pubblico solo attraverso il massimo livello di cooperazione tra i diversi livelli istituzionali.
(1-00021) «De Menech, Rotta, Moretto, Delrio, Zan, Pellicani, Dal Moro, Marco Di Maio, Vazio, Fragomeli, Fregolent, Piccoli Nardelli, Lacarra, Bruno Bossio, Ciampi, Enrico Borghi, Bonomo, Pagani, Pezzopane, Morgoni, Paita, Cantini, Serracchiani, Rossi, Viscomi, Rizzo Nervo, De Filippo, D'Alessandro, Schirò, Benamati, Berlinghieri, Prestipino, Mancini, Gariglio, Carnevali, Pini».


   La Camera,

   premesso che:

    nel mese di gennaio 2018 è stato pubblicato il primo rapporto del «Global Antimicrobical Surveillance system (GLASS)», la sorveglianza dell'antibiotico-resistenza coordinata dall'organizzazione mondiale della sanità (Oms), che si propone di contribuire alla lotta all'antibiotico-resistenza sostenendo la sorveglianza a livello globale con un approccio standardizzato alla raccolta e all'analisi dei dati;

    da una prima analisi, relativa ai dati provenienti da 22 Paesi, risulta confermata la presenza di alti livelli di resistenza verso infezioni batteriche, sia in Paesi ad alto che a basso reddito;

    secondo tale rapporto, infatti, sono computabili in almeno mezzo milione i casi di persone colpite da infezioni resistenti agli antibiotici;

    in particolare, dai dati pubblicati nel rapporto, è emerso che i batteri più resistenti sono Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, con ampie differenze nella percentuale di resistenza tra i vari Stati;

    si tratta, peraltro, di una stima inferiore ai dati reali, in quanto i numeri disponibili sono relativi soltanto a 22 Paesi e nel computo non sono inclusi i dati sulla resistenza del batterio che causa la tubercolosi (Tbc), considerato che, al riguardo, l'Oms fornisce aggiornamenti annuali in un rapporto specifico e che, secondo quest'ultimo, nel 2016 sono stati almeno 490.000 i casi di Tbc multiresistente;

    il 5 maggio di ogni anno viene celebrato, in tutto il mondo, il World Hand Hygiene Day, un'iniziativa con cui l'Oms punta a focalizzare l'attenzione degli operatori sanitari sull'importanza del lavaggio corretto delle mani per prevenire le infezioni correlate all'assistenza e, conseguentemente, per prevenire fenomeni di resistenza agli antibiotici;

    dal 18 al 25 novembre 2018 si svolgerà la settimana mondiale sull'uso prudente degli antibiotici, un'iniziativa europea di sanità pubblica che, unitamente alla giornata sull'uso prudente degli antibiotici (il 18 novembre), ha come obiettivo la sensibilizzazione sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi;

    l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha avviato una consultazione pubblica, alla quale è possibile partecipare entro il 13 settembre 2018, su un concept paper per la revisione delle linee guida sulla valutazione dei medicinali per le infezioni batteriche;

    l'obiettivo della suddetta revisione è quello di sviluppare un unico documento che unisca i due attualmente vigenti, le linee guida sulla valutazione dei medicinali indicati per il trattamento delle infezioni batteriche (CPMP / EWP / 558/95 Rev. 2), adottate nel 2011 e in vigore dal 2012, e l’addendum (EMA / CHMP / 351889/2013), adottato nel 2013 e in vigore dal 2014;

    successivamente all'adozione di questi due documenti, sono stati approvati diversi nuovi agenti antibatterici e molti altri sono stati oggetto del parere scientifico del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema;

    il problema dell'antibioticoresistenza riguarda anche l'Italia che presto dovrebbe aderire al sistema Glass, al fine di monitorare la situazione e far fronte all'emergenza crescente;

    il nostro Paese è, infatti, ai primi posti in Europa per consumo di antibiotici negli animali e al secondo posto per consumo umano, oltre a essere tra i Paesi con la prevalenza maggiore di ceppi resistenti (E. coli, Klebsiella pneumoniae, S. aureus), che si è attestata tra il 25 per cento e il 50 per cento nel 2015 secondo i recenti dati dell'Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control);

    secondo quanto denunciato dall'associazione Dossetti, inoltre, ogni anno circa 7000 persone muoiono per infezioni batteriche contratte negli ospedali italiani, un fenomeno strettamente collegato all'antibioticoresistenza, visto il largo uso di questi farmaci a scopo profilattico o terapeutico;

    sebbene in Italia, a partire dai primi anni Ottanta, siano stati condotti numerosi studi per valutare la frequenza di infezioni ospedaliere, non esiste, tuttavia, un sistema di sorveglianza nazionale, perché nel nostro Paese non ci sono ancora sistemi di rilevazione attiva dei dati con personale dedicato (si vedano le Infection Control Nurses dei Paesi anglosassoni);

    tra i numerosi casi di infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi) riscontrati ogni anno si stima che circa il 30 per cento siano potenzialmente prevenibili (135-210 mila) e che siano direttamente causa del decesso nell'1 per cento dei casi (1350-2100 decessi prevenibili in un anno);

    per far fronte all'aumento di antibiotico-resistenza, nel nostro Paese è stato adottato un piano nazionale, il piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza (Pncar), valido per il quadriennio 2017-2020;

    il documento, in linea con le indicazioni fornite dall'Oms, ha l'obiettivo di fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per contrastare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza (Amr) a livello nazionale, regionale e locale, attraverso l'integrazione di tutti i settori interessati: umano, veterinario, sicurezza degli alimenti, agricolo e ambientale;

    in tale impostazione, per raggiungere livelli sempre più elevati di appropriatezza clinica ed organizzativa, è peraltro fondamentale il ruolo dei professionisti (medici, farmacisti, veterinari, altri operatori sanitari e società scientifiche) che operano sul campo;

    a tal fine, è prevista la realizzazione di una campagna nazionale annuale a connotazione intersettoriale sul problema dell'Amr e sull'uso consapevole di antibiotici mediante il coinvolgimento di operatori sanitari, pazienti e società scientifiche e di categoria;

    il piano stabilisce, inoltre, che, con riferimento alle azioni previste per assicurare la sorveglianza dei consumi degli antibiotici nel settore umano, si instauri entro il 2018 un canale di dialogo con le farmacie per la prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici, volto a favorire la corretta informazione della popolazione sull'uso responsabile di antibiotici e su controindicazioni e interazioni tra i farmaci;

    peraltro, nell'ambito della strategia nazionale di contrasto della resistenza agli antimicrobici, tra le azioni chiave vi è il rafforzamento della formazione adeguata e dell'aggiornamento continuo degli operatori sanitari su tutti gli aspetti inerenti alla resistenza agli antimicrobici, quali la conoscenza del fenomeno, delle possibili soluzioni e del ruolo che ciascun operatore sanitario può avere nel suo contesto, sia esso umano che veterinario;

    anche le regioni dovranno contribuire entro lo stesso termine a coinvolgere farmacie e farmacisti nel monitoraggio della dispensazione inappropriata e nella prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici;

    in particolare, allo scopo di monitorare il raggiungimento degli obiettivi fissati, il piano prevede la definizione, entro il 2018, di un nuovo accordo servizio sanitario nazionale - farmacie per la prevenzione della salute pubblica per lo sviluppo di campagne di prevenzione dell'uso scorretto degli antibiotici; la pubblicazione di un rapporto annuale sull'utilizzo di antibiotici entro il 2018; lo sviluppo del processo di raccolta dei dati di appropriatezza prescrittiva e di dispensazione secondo le indicazioni di Aifa; l'implementazione del rapporto annuale con i dati del monitoraggio regionale relativi all'appropriatezza prescrittiva e all'appropriata dispensazione ed infine la pubblicazione sul sito del Ministero della salute di un rapporto annuale integrato sull'utilizzo di antibiotici in ambito umano e veterinario, correlati ai dati di antibiotico-resistenza;

    anche con riferimento al settore veterinario, il piano si pone come obiettivo centrale la riduzione del fenomeno dell'Amr tramite la corretta gestione del farmaco, realizzabile con l'adozione di un sistema informatizzato per tracciare il percorso produttivo e distributivo dei medicinali veterinari con le finalità di: migliorare gli strumenti di analisi, controllo della filiera e sorveglianza a disposizione delle autorità competenti; monitorare e studiare l'Amr; favorire l'integrazione con i sistemi per la dematerializzazione della ricetta veterinaria, al fine di snellire le procedure operative attualmente sostenute dagli operatori;

    come evidenziato nel piano, l'entrata in vigore del regolamento (UE) n. 2016/429 relativo alle malattie animali trasmissibili, prevista per il 21 aprile 2021, rafforzerà ulteriormente la base normativa per la sorveglianza e il monitoraggio della resistenza agli antibiotici;

    fino a quando non sia previsto lo stanziamento delle risorse necessarie alla realizzazione dei suddetti interventi, c'è il rischio che il Pncar resti un mero piano di intenti anziché costituire un effettivo piano di azione;

    attualmente presso il Ministero della salute è operativo un gruppo tecnico per il coordinamento della strategia nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza (Gtc), coerente con le raccomandazioni dell'Oms nel suo piano globale e al cui interno è stato individuato un gruppo di lavoro sul tema della «formazione»,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse finanziarie alle strutture pubbliche di ricerca e ai concorsi pubblici, finalizzati allo studio di nuove molecole ad attività antibatterica o di associazioni di molecole già note o di strategie terapeutiche innovative mirate al superamento dell'antibiotico-resistenza dei ceppi batterici, causa di infezioni;

2) tenuto conto della scarsa redditività della ricerca in antibioticoterapia, ad assumere iniziative per prevedere forme di sostegno per la ricerca in questo settore;

3) nel campo della sicurezza alimentare, a potenziare, con il sostegno di Efsa, le iniziative volte a proteggere il consumatore dai rischi derivanti dall'utilizzo degli antibiotici nella filiera alimentare, attuando le migliori misure di controllo per ridurre i rischi di insorgenza della resistenza agli antimicrobici nella stessa catena alimentare;

4) ad adottare iniziative per migliorare le condizioni igieniche in tutti gli ambiti, promuovere le buone pratiche per il controllo delle infezioni ospedaliere e sottolineare presso il pubblico l'importanza delle misure di igiene personale, a cominciare dal lavarsi le mani, che sono la base per evitare il diffondersi delle infezioni, nei Paesi dell'Occidente industrializzato, come in quelli in via di sviluppo;

5) tenuto conto del fatto che l'uso inappropriato degli antibiotici ed il loro eccessivo consumo è alla base del diffondersi dell'antibiotico resistenza, a promuovere la ricerca nel settore dei test rapidi che permettano di individuare la natura e l'origine delle infezioni, così da impiegare gli antibiotici solo quando effettivamente necessari e nel modo più mirato possibile;

6) a promuovere, per quanto di competenza, la realizzazione di specifici percorsi formativi per i medici, i farmacisti e gli altri professionisti sanitari coinvolti, incentrati sulle strategie di prevenzione delle resistenze, affinché acquisiscano le modalità più efficaci per sensibilizzare, anche attraverso campagne di educazione sanitaria, i pazienti sull'uso sicuro degli antibiotici, con particolare riguardo all'assunzione corretta, al rispetto di dosi e orari e alla pericolosità della conservazione di eventuali rimanenze del farmaco;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere l'istituzione di osservatori a livello territoriale con riferimento alle resistenze dei batteri responsabili di infezioni extra-ospedaliere con il coinvolgimento dei laboratori di microbiologia accreditati sul territorio;

8) ad adottare iniziative per prevedere negli allevamenti controlli da parte delle autorità competenti finalizzati a scoraggiare il ricorso agli antibiotici come additivi promotori della crescita animale.
(1-00022) «Mandelli, Pedrazzini, Bagnasco, Mugnai, Novelli, Versace, Occhiuto».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Istat nel suo rapporto pubblicato nel giugno 2018, sulla povertà in Italia relativo all'anno 2017, riporta dati drammatici: le persone che vivono in povertà assoluta hanno superato quota 5 milioni. È il valore più alto registrato dall'istituto dall'inizio delle serie storiche, nel 2005. Di questi, i minori italiani in povertà assoluta sono 1 milione e 208 mila, con un'incidenza del 12,1 per cento;

    il rischio di povertà cresce all'aumentare dei figli minori presenti in famiglia: l'incidenza si attesta al 10,5 per cento tra le famiglie con almeno un figlio e raggiunge il 20,9 per cento tra quelle con tre o più figli. Tra gli individui più a rischio anche le donne, stimate in 2 milioni 472 mila. I giovani tra i 18 e i 34 anni sarebbero, invece, un milione e 112 mila (il 10,4 per cento, è il valore più elevato dal 2005);

    a soffrire maggiormente è il Mezzogiorno dove l'incidenza della povertà assoluta aumenta sia per le famiglie, sia per gli individui, ma la povertà aumenta anche nelle aree metropolitane del Nord – sia nei centri che nelle periferie;

    vale la pena rammentare che la povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della suddetta soglia e quindi non in grado di acquistare quel minimo di beni e servizi considerati necessari;

    in Italia, più che in altri Paesi, le disuguaglianze continuano ad aumentare, e se prima erano gli anziani ad essere quelli più a rischio povertà, in questi ultimi anni sono sempre di più gli adulti e gli stessi giovani;

    un recente studio di Unimpresa ha contato in circa 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a rischio povertà: è sempre più estesa l'area di disagio sociale che non accenna a restringersi. Dal 2016 al 2017 altre 128 mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 293 mila soggetti in difficoltà;

    si è di fronte a numeri drammatici, e mostrano come la crisi economica iniziata dieci anni fa non sia ancora superata, e questo anche a conferma di come le misure varate dai Governi di questi ultimi anni non siano state minimamente in grado di contrastare realmente l'impoverimento delle famiglie e sostenere i redditi e il potere d'acquisto dei cittadini;

    riguardo alle misure e alle iniziative volte al contrasto della povertà, il «contratto di Governo» sottoscritto per la campagna elettorale dall'attuale maggioranza, prevede l'istituzione di un «reddito di cittadinanza», quale strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno. L'ammontare è fissato in 780 euro mensili per persona singola. Una misura che – qualora attuata dal Governo – avrà un costo di 17 miliardi di euro (come quantificato dal M5S) o 38 miliardi di euro (fonte Inps) e che, a detta dei proponenti, dovrebbe essere finanziato in buona parte con il fondo sociale europeo (Fse);

    il presidente del Parlamento europeo, Tajani, ha fin dal primo momento informato dell'impossibilità di finanziarie il reddito di cittadinanza con i fondi europei;

    il Ministro per gli affari europei, Paolo Savona, rispondendo l'11 luglio 2018 all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-00068 a prima firma D'Attis, ha dovuto correggere il tiro precisando che il Governo, sta «lavorando ad un intervento volto a strutturare un modello di reddito di cittadinanza rispetto al quale talune risorse del Fondo strutturale europeo potranno essere utilizzate». E questo ad ulteriore conferma che se non sono utilizzabili i fondi europei, o lo sono solamente in minima e trascurabile parte, è praticamente impossibile finanziare il «reddito di cittadinanza» con i fondi nazionali, vista la pesante situazione del bilancio dello Stato, e che quindi detto strumento non vedrà mai la luce;

    attualmente nel nostro Paese, con la legge delega n. 33 del 2017, e quindi con il decreto legislativo n. 147 del 2017, è stata approvata una misura finalizzata al contrasto alla povertà denominata reddito di inclusione (Rei). Una misura che si articola in un beneficio economico in una componente di servizi alla persona;

    per il primo anno di applicazione della misura, l'importo carta REI 2018, va da un minimo di 190 euro, ad un importo fino a 530 euro mensili per le famiglie con 5 o più componenti;

    peraltro dal 1° luglio 2018, dopo una prima fase transitoria, sono stati aboliti alcuni dei requisiti che inizialmente doveva avere il nucleo familiare per beneficiare del Rei: quello di avere al proprio interno un figlio minore, o una donna in gravidanza, o un figlio con disabilità, o un ultra 55enne disoccupato. Da detta data i requisiti per beneficiare della Carta REI 2018, sono solo requisiti economici, di reddito e patrimoniali, sulla base dell'Isee e dell'Isre;

    tra gennaio e maggio, primi cinque mesi di operatività, sono circa 380 mila i nuclei familiari che hanno fatto domanda di accesso alla misura nazionale di reddito minimo, ma quasi la metà delle richieste è stata respinta dall'Inps, perché priva dei requisiti di legge, in particolare, quello relativo al limite reddituale;

    i circa 2 miliardi di euro di risorse complessivamente assegnate al Rei, si confermano insufficienti e rappresentano solo una parte di quelle che sarebbero necessarie per far uscire le tante famiglie italiane dalla situazione di estrema povertà in cui purtroppo versano;

    con queste cifre si riesce forse a far uscire dalla situazione di povertà assoluta meno della metà della platea effettiva. Si stima infatti che il Rei raggiungerà a regime 1,8-2 milioni di persone in povertà assoluta sui circa 5 milioni stimati;

    l'Alleanza contro la povertà, ossia il soggetto che raccoglie 35 organizzazioni attive nel favorire la costruzione di politiche pubbliche contro la povertà assoluta, ha quantificato in 7 miliardi di euro strutturali le risorse a regime che effettivamente servirebbero per far uscire dalla povertà assoluta chi oggi si trova in questa situazione;

    una delle condizioni necessarie per avere e mantenere il reddito di inclusione sociale, è la sottoscrizione obbligatoria da parte dei beneficiari Rei, di un progetto personalizzato che dovrebbe essere volto al superamento della condizione di povertà;

    detto progetto di inclusione personalizzato per i nuclei familiari, così come gli interventi e servizi di contrasto alla povertà, è condiviso con i servizi territoriali (servizi sociali, centri per l'impiego, agenzie formative e altro), ed assegna un ruolo centrale agli enti locali. Questo comporta che debbano essere destinatari di ulteriori e maggiori risorse, al fine di rendere realmente efficienti ed efficaci detti servizi, a cominciare dai centri per l'impiego, prevedendo a tal fine anche una riqualificazione e un incremento del personale impiegato ben oltre a quello previsto dalla normativa vigente;

    dai recenti dati dell'Istat suesposti, colpisce fortemente, e più di ogni altro, quel 12,1 per cento di minori in condizione di povertà assoluta;

    questi bambini sono in gran parte figli di genitori disoccupati (+8,5 per cento il tasso di povertà assoluta nelle famiglie senza occupati), oppure monoreddito, o ancora bambini i cui genitori hanno un livello d'istruzione basso. Famiglie che non sono in grado di spendere ogni mese quello che serve ad acquistare i beni e i servizi essenziali per mantenere uno standard di vita accettabile. I loro bambini sono esposti a forme gravi di privazioni materiali. Questa condizione mette a repentaglio il loro futuro, che è anche quello del nostro Paese. Oltre la metà di loro non legge un libro, quasi uno su tre non usa Internet e più del 40 per cento non pratica sport;

    in termini di deprivazione economica e di povertà, i minori sono sicuramente quelli che stanno pagando il prezzo più alto di questa lunga crisi, laddove invece hanno il diritto di ottenere dalla collettività cura, protezione sociale;

    è indispensabile che il Governo dia una risposta immediata a questa condizione insopportabile nella quale si trovano a vivere nel nostro Paese gli oltre 1 milione e 200 mila minori in povertà assoluta, attraverso un sostegno mirato a chi ne ha veramente bisogno. E questo è ancora più urgente anche alla luce del fatto che, come già detto, dal 1° luglio 2018 è stato abolito uno tra i requisiti obbligatori che – nella prima fase di avvio della legge – doveva avere il nucleo familiare per beneficiare del Rei, ossia quello di avere al proprio interno un figlio minore, oppure un disabile, o un disoccupato ultra 50enne, o una donna in gravidanza;

    a ciò si aggiunga che un reale sostegno al reddito e al potere d'acquisto dei nuclei familiari più in difficoltà e a maggior rischio povertà ed esclusione sociale, non può non prevedere una efficace politica di sostegno alla famiglia quale, per esempio, l'implementazione degli asili nido e delle strutture per l'infanzia, laddove attualmente si conferma troppo spesso insufficiente e con una distribuzione sul territorio nazionale fortemente squilibrata;

    giova peraltro rammentare che in Lombardia già dal 2015 è stata attivata una misura di contrasto alla povertà legata al sistema delle politiche attive del lavoro della Dote unica lavoro. Nello specifico, è stata definita una specifica fascia di intensità di aiuto, la fascia 3 plus a cui accedono le persone in condizione di particolare svantaggio (sono disoccupati da più di 36 mesi; non percepiscono alcuna integrazione al reddito; hanno un Isee non superiore a 18.000 euro) per i quali è possibile attivare un progetto di inserimento lavorativo – (Pil) che prevede dei servizi personalizzati di inserimento lavorativo cui si associa una politica di sostegno al reddito nella forma di indennità di partecipazione alle attività (600 euro al mese per massimo 6 mesi);

    la predetta misura è finanziata dalle risorse comunitarie del Fse assegnate alla regione in quanto perfettamente coerente con i vincoli associati all'utilizzo di tali risorse che, come ricordato dallo stesso Ministro Savona in risposta alla citata interrogazione in Aula n. 3-00068 a prima firma D'Attis, non possono finanziare esclusivamente politiche passive nella forma di sussidi;

    in Lombardia, il successo del reddito di autonomia è garantito dalla presenza di una rete di operatori diffusa sul territorio composta da operatori pubblici e privati accreditati, che erogano servizi finalizzati all'inserimento lavorativo dei disoccupati. Il modello di riferimento internazionale è maggiormente l'Olanda, dove l'agenzia nazionale per il lavoro è un'agenzia snella che coinvolge in modo sussidiario anche gli operatori privati;

    i risultati raggiunti in Lombardia con il citato reddito di autonomia, sono di 11.000 doti con «progetto di inserimento lavorativo» attivate dal 2015, e circa 20 milioni di risorse erogate come sostegno al reddito,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per mettere al primo punto della propria agenda l'attività di contrasto alla povertà, e alla deprivazione dei minori, prevedendo l'erogazione di un assegno universale per tutti i bambini e i minori appartenenti a nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta, a integrazione del reddito di inclusione;

2) a considerare, ai fini del sensibile miglioramento delle politiche di contrasto alla povertà, la positiva esperienza avviata in Lombardia, con il «progetto di inserimento lavorativo» di cui in premessa, valutando in particolare, la possibilità di attivare reti di partenariato miste pubblico-privato per una effettiva presa in carico multidimensionale da parte dei diversi soggetti;

3) a implementare e promuovere opportune politiche fiscali, incentivi mirati alle imprese ed efficaci politiche attive del lavoro che favoriscano realmente l'occupazione, contribuendo conseguentemente a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie e la riduzione del disagio sociale per molti cittadini;

4) ai fini di un'efficace politica di contrasto alla povertà, ad assumere le opportune iniziative affinché ad alcune mirate misure di trasferimento monetario vengano affiancate tutte quelle iniziative che favoriscano l'uscita di una larga fetta della popolazione dal disagio sociale, a tal fine sostenendo i nuclei familiari più esposti e tutelando i loro redditi anche attraverso politiche di welfare, quali l'incremento delle strutture e dei servizi socio-educativi per l'infanzia, anche al fine di superare le attuali forti disomogeneità territoriali nell'offerta di detti servizi;

5) ad attivarsi affinché sia garantito a tutti i possibili beneficiari del Rei di poter usufruire di detta misura, e questo anche attraverso efficaci e capillari campagne informative mirate verso i potenziali percettori, superando quelle criticità che hanno finora limitato il numero degli effettivi potenziali beneficiari e che non hanno consentito di andare oltre il mero contributo economico, con l'attivazione di servizi efficaci per l'uscita dallo stato di bisogno, nell'ottica della realizzazione dell'inclusione sociale e non del solo riconoscimento di un sussidio;

6) ad adottare iniziative per prevedere un incremento delle risorse per il Rei al fine di ampliare notevolmente la platea dei beneficiari consentendo loro di uscire da una condizione di povertà estrema e rafforzando la parte dei servizi destinati alla persona, anche con una regia nazionale di coordinamento degli interventi;

7) ad assumere le iniziative di competenza per incrementare le risorse a favore degli enti locali e dei servizi territoriali, servizi sociali, centri per l'impiego, agenzie formative, prevedendo per detti servizi, una riqualificazione ed un sensibile incremento del personale ivi impiegato.
(1-00023) «Aprea, Carfagna, Pedrazzini, Bagnasco, Bond, Brambilla, Minardo, Mugnai, Novelli, Versace, Siracusano».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni I e IV,

   premesso che:

    ormai da anni si susseguono sbarchi di immigrati irregolari nel sud della Sardegna, perlopiù di soggetti aventi cittadinanza algerina, sbarchi che, solo nelle ultime settimane, hanno visto l'arrivo diretto di quasi 400 soggetti irregolari, a mezzo di piccole imbarcazioni private, spesso non individuate, né individuabili, dalle forze di polizia che pattugliano le coste, le quali, dunque, consentono l'accesso nel territorio nazionale in assenza di qualsivoglia controllo;

    la situazione in Sardegna sta diventando insostenibile, anche sotto il profilo della sicurezza dei residenti: infatti, l'aumento, nei mesi estivi, del numero complessivo degli sbarchi diretti, in termini assoluti sull'anno precedente, in particolare in zone ad elevata affluenza turistica, come Porto Pino e Sant'Antioco, sta causando notevoli danni ad un territorio, già notevolmente segnato dalla crisi economica ed industriale;

    la tratta dall'Algeria alla Sardegna è stata anche fatta oggetto di pubblicizzazione su una pagina del social network «Facebook», a mezzo della quale i soggetti, poi sbarcati in Sardegna, hanno trasmesso informazioni utili avuto riguardo all'attraversata, al fine di incentivare altri soggetti ad intraprendere il medesimo viaggio;

    qualsiasi azione attuata finora non ha consentito l'interruzione della navigazione di tali imbarcazioni su tale tratta e, dunque, non ha reso possibile l'arresto degli sbarchi suindicati che, infatti, sfuggono al controllo delle forze di polizia incaricate del pattugliamento delle acque territoriali;

    in alcuni casi non è stato neppure possibile identificare gli immigrati clandestini i quali si sono dunque introdotti nel territorio nazionale senza essere stati adeguatamente censiti e senza che, allo stato, sia possibile conoscerne né le generalità né la dimora;

    alcuni dei citati soggetti si sono pure resi colpevoli di diversi reati contro la persona e/o il patrimonio, aumentando il senso di insicurezza nella popolazione civile che, infatti, più volte ha espresso, anche per il tramite delle amministrazioni locali, il proprio disappunto per l'assenza di qualsivoglia controllo;

    diversi sindacati di polizia hanno denunciato come gruppi di algerini, fotosegnalati, sono poi diventati irrintracciabili o cosiddetti «fantasmi» diventando un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale;

    in attuazione del piano di riordino delle sedi della polizia di Stato, è stata prevista la soppressione dei seguenti reparti nautici della/Polizia di Stato, allo stato esistenti in Sardegna: squadra nautica di Cagliari; squadra nautica di Oristano; squadra nautica di Porto Torres; squadra nautica di Palau; Squadra nautica di Olbia; nucleo di sommozzatori con sede ad Olbia, le cui funzioni sono state attribuite dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, al Corpo della Guardia di finanza, il quale dovrà assicurare, con i propri mezzi navali, il supporto alla polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri e al Corpo della polizia penitenziaria per le attività connesse con l'assolvimento dei rispettivi compiti istituzionali;

    le citate squadre nautiche svolgono pure importanti servizi di prevenzione e repressione nei settori della sicurezza, con conseguenti gravi ripercussioni anche sul presidio delle acque territoriali, nonostante sia stato ribadito, anche recentemente, dal Copasir il rischio di infiltrazioni di cellule terroristiche tra gli immigrati clandestini, in particolare provenienti dall'Algeria, i quali, frequentemente, attraccano nella costa Sud Occidentale dell'isola;

    la Guardia costiera non possiede i mezzi né numerici né materiali necessari al fine di interrompere tale flusso migratorio;

    la suindicata politica di ridimensionamento dei reparti marini della polizia di Stato, con conseguente, ulteriore aggravamento del carico a danno della struttura della Guardia di finanza, renderà ancora più difficile il pattugliamento ed il controllo delle coste della Sardegna, e quindi del territorio nazionale, col rischio di determinare un ulteriore aumento degli sbarchi di immigrati irregolari provenienti dall'Algeria;

    già in passato, l'Italia ha avuto modo di attivare, con l'adesione degli Stati interessati, l'intervento di un gruppo navale della Marina militare, operante all'interno delle acque territoriali degli Stati interessati, sia entro le tre miglia dalla costa che oltre tale distanza, al fine di impedire la partenza dei relativi flussi migratori;

    in caso di mancato accordo con gli Stati di partenza del flusso, l'unica, ulteriore misura possibile al fine di interrompere tale flusso migratorio illegale, appare essere quella del blocco navale avente, in particolare, ad oggetto la tratta tra l'Algeria e la Sardegna: misura, peraltro, prevista dalla Carta delle Nazioni Unite e dalle altre Convenzioni Internazionali regolanti la materia,

impegnano il Governo:

ad avviare le trattative con gli Stati del nord-Africa ed, in particolare, con l'Algeria al fine di consentire il pattugliamento della Marina militare nelle relative acque territoriali, e, in caso di mancato accordo, a porre in essere ogni necessario adempimento per l'istituzione di un blocco navale al largo della Sardegna, con conseguente comunicazione ai Governi dei Paesi terzi dell'avvenuta istituzione, della estensione e delle modalità di attuazione della medesima misura.
(7-00027) «Deidda, Prisco, Ferro, Donzelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORANI, ANDREA ROMANO e ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'interno, in occasione della finale dei mondiali, a Mosca ha incontrato il suo omologo, il Ministro Vladimir Kolokoltsev ed i rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale della Federazione russa, Yuri Averyanov e Aleksandr Venediktov;

   stando a quanto scritto dallo stesso Salvini sulla sua bacheca Facebook, «tra i tanti temi discussi, collaborazione a tutto campo tra Italia e Russia nella lotta al terrorismo islamico, che usa anche l'immigrazione clandestina come veicolo di infiltrazione: condivisione di buone pratiche, e banche dati, scambio di informazioni e competenze tecniche, fino all'istituzione di pattuglie miste tra Forze dell'ordine italiane e russe»;

   inoltre, nell'incontro si sarebbe trattato anche di «impegno comune di Italia e Russia per la cybersicurezza e la difesa dagli attacchi informatici»;

   va considerato che, se l'amministrazione statunitense aveva escluso Kaspersky, la società fondata a Mosca e con uffici anche a Washington, specializzata nella produzione di software progettati per la sicurezza informatica, giudicata «troppo influenzabile» dal Cremlino, dalla lista di fornitori autorizzati per gli enti pubblici, pare invece che adesso il nostro Paese abbia affidato la «protezione» di istituzioni fra le più sensibili in termini di sicurezza nazionale proprio alla azienda citata; il Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell'interno era accompagnato a questo delicatissimo incontro da Gianluca Savoini, presidente dell'Associazione «Lombardia - Russia»: un'associazione di natura politica che solo formalmente può considerarsi di carattere culturale, perché da anni svolge attività di sostegno politico alla Lega soprattutto per quanto riguarda sia i legami con l'estrema destra europea e russa sia il sostegno e il rilancio della propaganda del regime di Putin relativamente alla discussione internazionale, come ad esempio nel caso del tentato avvelenamento della famiglia Skripal, dove Lombardia Russia si è fatta megafono delle più aggressive teorie del complotto di provenienza moscovita o delle campagne promosse dal Cremlino per la cancellazione delle sanzioni decise dalla comunità internazionale dopo la violazione da parte russa dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Savoini è inoltre, al momento, vicepresidente del Corecom Lombardia, l'ente che interviene nelle controversie fra gli utenti e le aziende di telecomunicazione –:

   quali siano le motivazioni che hanno giustificato la presenza del presidente di un'associazione politica collaterale alla Lega, com'è «Lombardia-Russia», ad una riunione ufficiale tra Ministri dell'interno su un tema, oltretutto, cruciale e riservato quale quello della cybersicurezza e se la suddetta associazione fosse in possesso delle eventuali necessarie autorizzazioni;

   se nel corso dell'incontro vi siano stati riferimenti (e di che tipo), scambi di informazioni (e di quale natura) e obbligazioni derivanti dal patto politico siglato nel marzo 2017 tra la Lega e il partito Russia Unita (a cui fanno riferimento gli esponenti politici incontrati dal Ministro Salvini), un patto siglato grazie anche alla collaborazione dello stesso Savoini e nel quale si faceva riferimento ad un «partenariato paritario e confidenziale», allo «scambio di informazioni tra le parti» allo «scambio ai delegazioni» e a varie altre forme di cooperazione anche di tipo economico tra Lega e Russia Unita;

   se il Governo non ritenga eventualmente di dover rendere conto dei contenuti dell'incontro.
(5-00199)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono molti i blog e gli articoli in rete che descrivono la situazione – purtroppo poco nota all'opinione pubblica nazionale – degli italiani detenuti all'estero spesso in situazioni «degradanti, in termini di diritti umani, igiene, rapporti con altri detenuti e salute, diritto alla difesa», come conferma anche l'associazione onlus «Prigionieri del Silenzio»;

   secondo il dato più aggiornato sono 3.278 i nostri connazionali detenuti all'estero, lontani da casa e dai familiari, a volte richiusi in carceri dove non vengono rispettati i diritti umani, spesso privati di un equo processo. Uno su 5 ha riportato una condanna, tre su 4 sono ancora in attesa di giudizio: l'80 per cento in Europa, il 14 per cento nelle Americhe, il resto sparsi negli altri continenti;

   non è raro che i nostri connazionali detenuti vengano sottoposti a umiliazioni e a condizioni di vita del tutto incompatibili con un percorso di riabilitazione, come è peraltro sancito dalla Costituzione italiana. Ed è praticamente la regola, soprattutto in certe realtà, che si ritrovino a vivere in strutture lontanissime dai grandi centri, senza cure adeguate: c'è chi aspetta anni per una tac e chi si ammala di epatite, scabbia e altre infezioni, soprattutto senza un'assistenza legale degna di questo nome e spesso in una lingua sconosciuta;

   è giusto pagare per il reato commesso, ma nessuno può privare una persona dei propri diritti o nessuno deve espiare la pena in condizioni inumane –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se, per affrontarla, non intendano assumere iniziative per istituire, presso i rispettivi dicasteri e per quanto di competenza, uffici di collegamento interministeriali a supporto delle missioni diplomatiche italiane all'estero affinché sia data piena applicazione, a tutela dei connazionali all'estero, alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e già ratificata dal nostro Paese.
(4-00730)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   D'IPPOLITO, PARENTELA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare — Per sapere – premesso che:

   il parco nazionale della Sila ha adottato, con deliberazione 14/2017, la proposta di piano integrato delle misure di conservazione di cui alla delibera di giunta regionale 243/2014, del piano pluriennale economico e sociale, del rapporto ambientale e della sintesi non tecnica;

   l'avviso di consultazione pubblica di valutazioni ambientali di valutazione ambientale strategica è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Calabria 66/2017;

   in seguito a quanto segnalato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardo al mancato coinvolgimento della propria direzione generale per le valutazioni ambientali nella procedura in argomento, l'Ente parco ha formalmente richiesto la partecipazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle consultazioni di valutazione ambientale strategica;

   la legge n. 394 del 1991 assegna al piano del parco il compito di attuare la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata al parco;

   tali finalità vanno perseguite con tutti gli strumenti di gestione del parco, in particolare il piano del parco, il regolamento del parco e il piano pluriennale economico e sociale;

   gli obiettivi di gestione che il piano è tenuto a individuare, articolati con specifico riferimento alle diverse aree territoriali interessate dal parco, devono essere orientati al perseguimento delle finalità stabilite, in via generale, dalla legge quadro n. 394 del 1991;

   tra le osservazioni formalizzate dal Ministero con nota del 21 novembre 2017, si legge che «sia l'impianto strategico del Ppn, ma soprattutto quello del Ppes, sia le valutazioni riportate nel Rapporto ambientale, non fanno riferimento diretto all'implementazione di modelli di gestione e cooperazione di area vasta» e che, considerato che la durata dei due piani proposti è diversa, «sarebbe opportuno che anche gli scenari temporali fossero sviluppati separatamente, così come l'analisi delle alternative»;

   ancora, nella richiamata nota è indicata l'opportunità di approfondimenti sulle aree adiacenti il parco;

   nella precisata nota vengono segnalate discrasie documentali ed è segnalata l'opportunità di «integrare e modificare i contenuti da riportare nel RA per le verifiche di coerenza»;

   numerose importanti osservazioni di carattere metodologico sono inoltre articolate nella nota in questione, come pure con riferimento all'aria, all'acqua, al suolo, alla biodiversità e al monitoraggio e per quanto concerne la valutazione di incidenza;

   ad oggi non si ha notizia, dalla regione Calabria, del completamento della procedura valutazione ambientale strategica per il piano del parco, ancora commissariato e diretto da un facente funzioni –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per agevolare il completamento della predetta procedura e assicurare la gestione ordinaria del parco della Sila e il raggiungimento degli obiettivi dell'ente.
(5-00185)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia Ansa, il 10 luglio 2018, alle ore 10,31 rendeva note alcune dichiarazioni rilasciate dal Ministro interrogato, nel corso della trasmissione «Agorà estate» di Rai 3 in relazione al gasdotto che dovrebbe approdare in Puglia sulla spiaggia di Melendugno; in particolare, il Ministro interrogato ha reso le seguenti dichiarazioni: «Non è questione di essere inutile o no. La questione è ambientale. Limitatamente alla mia competenza stiamo semplicemente verificando se la valutazione di impatto ambientale è adatta a quel ramo di mare sul quale il Tap interviene. Verifichiamolo fino in fondo». «C'è una questione collegata con delle sottospecie di posidonia è semplicemente un fatto tecnico». «Sicuramente non riguarda solamente il Ministero dell'ambiente – osserva il Ministro interrogato – riguarda il Governo. Io non posso parlare a nome del Governo, non sarebbe corretto. Ma a nome dell'Ambiente stiamo verificando l'aspetto della tutela ambientale della Tap, tutto il resto riguarda il governo nel suo intero»;

   va ricordato che sulla questione della Tap (Trans Adriatic Pipeline) e in particolare sulla questione dell'autorizzazione unica al progetto del gasdotto Tap l'interrogante ha già presentato un'interrogazione con la quale si denunciava che il decreto di compatibilità presupponeva una limitata presenza di vegetazione marina all’exit point del micro tunnel, mentre è stato riconosciuto che le praterie di cymodocea nodosa e di posidonia sono estese per oltre 300 mila metri quadri. Nel corso dei lavori sono inoltre sono state riscontrate dagli enti competenti diverse violazioni alle prescrizioni del decreto ministeriale n. 223 del 2014: la violazione della prescrizione di estrarre gli olivi dal suolo con una congrua quantità di terreno e non a radice nuda; la protezione del suolo ante operam per impedire qualunque infiltrazione. Così come sembrerebbe violata anche la prescrizione sulle procedure da seguire durante i lavori per evitare di inquinare la zona interessata;

   dopo le dichiarazioni del Ministro interrogato sulla ricaduta ambientale della Tap è del tutto evidente che questa opera, a giudizio dell'interrogante, risulta essere non solo sbagliata ma soprattutto dannosa per l'ambiente e la biodiversità e al tempo stesso compromette lo sviluppo sostenibile della Puglia –:

   se il Governo non intenda valutare urgentemente l'assunzione delle iniziative di competenza per la sospensione della realizzazione del progetto Tap fino a quando non si conosceranno le effettive ricadute ambientali sul territorio interessato dall'opera.
(5-00186)


   FOTI, BUTTI e TRANCASSINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con nota n. 10045 del 1° luglio 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare confermava alle regioni la facoltà di definire, in assenza di regolamenti comunitari o ministeriali, criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in sede di rilancio delle autorizzazioni;

   con sentenza n. 1229/2018, la sezione quarta del Consiglio di Stato ha, invece, negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto potere alcuno di «declassificazione» del rifiuto in sede di autorizzazione;

   ad avviso dell'interrogante, la decisione del Consiglio di Stato influisce negativamente sullo sviluppo dell'economia circolare: negando che i criteri per l'end of waste possano essere definiti in autorizzazione, paralizza – di fatto – qualsiasi attività di recupero in procedura ordinaria che non rientri in quelle già oggetto di disciplina europea o nazionale, tant'è che, allo scadere delle autorizzazioni uniche per il trattamento dei rifiuti e delle autorizzazioni integrate ambientali, gli impianti esistenti non potranno più trasformare i rifiuti in prodotti o in materie prime;

   la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella seduta del 19 aprile 2018, ha approvato, al riguardo, un ordine del giorno in cui si chiede esplicitamente al Governo di proporre la seguente modifica dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006: «6. Per ciascuna tipologia di rifiuto, fino alla data di entrata in vigore del relativo decreto di cui al comma 2, i criteri specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano per il singolo caso [...]. Restano ferme le autorizzazioni già rilasciate, alla data di entrata in vigore della presente disposizione [...]»;

   secondo l'Unione delle imprese di settore l'impossibilità per gli impianti di riciclo di trasformare i flussi di rifiuti non ancora regolamentati in «end of waste» limiterà drasticamente gli sbocchi di mercato per quanto riciclato. Centinaia di impianti che oggi riciclano rifiuti grazie ai criteri «EoW» stabiliti nei provvedimenti autorizzativi dalle autorità locali – che ora potrebbero non rinnovarli o addirittura revocarli in autotutela – rischiano di subire il blocco delle attività svolte: un vero e proprio macigno sulla strada del reale sviluppo dell'economia circolare italiana –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere al riguardo il Ministro interrogato e, in particolare, se ritenga di procedere – attraverso opportuna iniziativa normativa – in conformità alla richiamata richiesta della Conferenza Stato-regioni, ciò anche al fine di evitare situazioni di vero e proprio blocco dell'attività che qui interessa.
(5-00187)


   PEZZOPANE e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa si apprende che nel mese di aprile 2018 si è svolto il confronto conclusivo sull’iter relativo all'istanza di autorizzazione alla costruzione ed esercizio del metanodotto Sulmona-Foligno, un tubo di un metro e venti di diametro che taglierebbe l'Appennino per 168 chilometri, in una zona sismica a massimo rischio interessata dai terremoti più distruttivi degli ultimi anni: l'aquilano – con lo stesso capoluogo d'Abruzzo e la sua frazione a est, Paganica, attraversata da una faglia sismica attiva – passando per le aree contigue all'amatriciano, colpite dal terremoto del 24 agosto 2016, e fino alla Valnerina (Norcia) e ai Monti Sibillini (Visso e Ussita), terre dell'epicentro del sisma del 26 ottobre 2017;

   all'esito di tale riunione sembrerebbe che ci sia la volontà di concludere il processo di autorizzazione superando le forti resistenze del territorio trovando percorsi alternativi per non intaccare i beni non riproducibili del territorio abruzzese. Il metanodotto, infatti, taglierebbe 3 parchi nazionali, un parco regionale e più di 20 siti di rilevanza comunitaria, oltre a insistere, come già detto, su una zona a forte rischio sismico;

   le istituzioni locali a tutti i livelli si sono espresse dall'inizio contro il progetto ed, in particolare, la regione Abruzzo con la delibera n. 132 del 20 febbraio 2015, ha espresso il diniego all'intesa;

   la Costituzione attribuisce alla regione un parere decisorio sul consenso alla realizzazione di un'opera di questo genere e la regione Abruzzo lo ha negato in tutte e due le conferenze di servizi. Il decreto-legge n. 133 del 2014 consente alla Presidenza del Consiglio di assumere competenza esclusiva sulla realizzazione di opere di interesse nazionale che rivestono carattere d'urgenza anche con parere negativo della Conferenza di servizi;

   grande è la preoccupazione tra gli abitanti dei territori interessati, per l'elevatissimo rischio sismico che caratterizza le aree del metanodotto e l'opera, fortemente osteggiata dalle popolazioni e da tutte le istituzioni locali e regionali, necessita di un percorso alternativo lontano dalle faglie sismiche attive;

   non è dato sapere quali sono gli atti ufficiali adottati dal Governo in riferimento alla sospensione della procedura di autorizzazione e alle disposizioni conseguenti –:

   se ad oggi risultino essere stati adottati dal Governo provvedimenti riguardanti la sospensione della procedura di autorizzazione dell'infrastruttura in commento e se non ritenga che tale decisione, nell'ottica di un'adeguata tutela dell'ambiente, sia fondamentale per trovare soluzioni condivise che portino alla modifica del tracciato.
(5-00188)


   CORTELAZZO, NAPOLI e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le competenze in materia di localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti sono stabilite dal decreto legislativo n. 152 del 2006 che attribuisce alle province l'individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;

   in aderenza a tali disposizioni la regione Lazio, nel piano regionale di gestione dei rifiuti approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 14 del 18 gennaio 2012, ha definito i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di rifiuti;

   l'individuazione, a Roma, del sito di via di Valleranello 273 per la localizzazione dell'impianto di rifiuti, non appare coerente con il piano regionale di gestione dei rifiuti, poiché il sito, infatti, presenta nelle vicinanze, a circa 200 metri, edifici residenziali, edifici sensibili quali scuole, impianti sportivi (fattore escludente);

   peraltro è molto grave che il sito è individuato dal piano di gestione del rischio alluvioni come area di pericolosità P2 per rischio di esondazione (fattore escludente);

   il sito è inserito in un'area di interesse archeologico tutelata ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 42 del 2004 (fattore escludente);

   nel provvedimento (determinazione n. G12022 del 18 ottobre 2016) non è chiara la valutazione di impatto ambientale effettuata dall'ARPA Lazio;

   per inciso, sempre in merito alla localizzazione dell'impianto dei rifiuti, dovrebbe esprimersi (ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 9, comma 2) la città metropolitana di Roma Capitale, cosa mai avvenuta;

   il comune di Roma ha espresso parere contrario alla localizzazione dell'impianto di rifiuti in via Valleranello 273, comunicando espressamente, in conferenza dei servizi, che «la proposta di insediamento dell'attività di gestione dei rifiuti nel sito indicato non è allo stato conforme alle NTA del PRG» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e, per quanto di competenza, quali iniziative si intendano adottare, anche per il tramite della autorità di bacino, per verificare la compatibilità della localizzazione dell'impianto di rifiuti di cui in premessa, con il fatto che il sito è individuato dal piano di gestione del rischio alluvioni come area di pericolosità P2.
(5-00189)


   LUCCHINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Oltrepo Pavese è caratterizzato da un elevato numero di fenomeni franosi che coprono il 17 per cento dell'area e, addirittura, il 40 per cento del solo settore orientale di Val Versa e Val Scuropasso; le tipologie più frequenti sono rappresentate da scivolamenti roto-traslazionali nella zona di testata che evolvono in colamenti;

   spesso si tratta di fenomeni profondi che coinvolgono arenarie con intercalazioni argillose, marne, marne calcaree e argille scagliose e marne calcaree con intercalazioni di argille;

   ultimamente, la situazione è aggravata con i cambiamenti climatici che provocano, sempre con maggior frequenza, fenomeni di dissesto ascrivibili a frane superficiali, a causa della quantità e dell'intensità delle precipitazioni e si caratterizzano per l'elevata velocità, l'assenza di segni premonitori e l'elevata densità;

   tale tipologia di frane è stata la causa di innumerevoli danni ad edifici e infrastrutture nell'Oltrepo Pavese nel corso degli eventi franosi di aprile 2009 e giugno 2011; solo nel corso dell'evento di aprile 2009 si sono innescate più di 1.600 frane superficiali;

   l'inventario dei fenomeni franosi italiani condotto nell'Oltrepo Pavese dal dipartimento di scienze della terra e dell'ambiente dell'università di Pavia ha evidenziato la presenza di circa 7.700 fenomeni franosi, molti dei quali si presentano ancora attivi, in quanto caratterizzati da movimenti lenti ma continui;

   sono importantissime le attività di prevenzione ai fini della salvaguardia della vita delle persone, dei beni e infrastrutture, dell'ambiente naturale e delle attività antropiche; risulta dunque crescente l'esigenza di valutare:

    i meccanismi di innesco dei fenomeni franosi;

    la probabilità di accadimento di eventi franosi, in stretta correlazione con le precipitazioni previste o misurate, per scopi di protezione civile;

    i possibili scenari di rischio ai fini della pianificazione territoriale;

   l'università di Pavia ha condotto una serie di attività sul fenomeno delle frane nell'Oltrepo Pavese, come:

    l'identificazione e caratterizzazione delle tipologie di dissesto idrogeologico e dei fattori di innesco dei fenomeni franosi superficiali;

    la zonazione a scala provinciale dell'area nord-orientale dell'Oltrepo Pavese in relazione alla pericolosità da frana superficiale;

    un monitoraggio idrologico e geotecnico di un pendio ai fini dell'identificazione dei meccanismi di innesco –:

   se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per inserire, nei prossimi provvedimenti programmatici per la prevenzione del rischio idrogeologico e la difesa del suolo, anche la zona dell'Oltrepo Pavese, caratterizzata da un elevato numero di fenomeni franosi che mettono in continuo pericolo la vita delle persone e i loro beni.
(5-00190)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROMINA MURA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Ligestradue srl, controllata da Fintecna Spa, gruppo Cassa depositi e prestiti controllato dallo Stato, gestisce la messa in sicurezza permanente e la bonifica dell'area industriale ex Alumix, appartenente al liquidato gruppo Efim, presso l'area industriale di Portovesme a Portoscuso in Sardegna;

   l'intervento è in corso ormai da tanti anni e la conclusione dei lavori è stata prorogata diverse volte;

   l'ultima scadenza era stata fissata al 31 gennaio 2018 e, come le altre fissate precedentemente, è stata disattesa. Rispetto alle previsioni di costi si è passati dagli iniziali 35 milioni di euro agli oltre 52 milioni di euro;

   oltre che per ragioni di sostenibilità economica, la conclusione degli interventi di bonifica è rilevante ai fini della messa a disposizione dell'area in questione per nuovi insediamenti produttivi –:

   quali ragioni del sistematico differimento del termine dei lavori;

   quali siano il dettaglio dei costi sostenuti e le ragioni del notevole incremento e se tutte le spese trovino giustificazioni;

   quale sia il programma di conclusione dei lavori e quali le previsioni di spesa aggiornate;

   quale sia il quantitativo di rifiuti raccolti nel sito di confinamento e quali siano i quantitativi smaltiti all'esterno classificati per destinazione;

   come Ligestradue intenda, una volta concluso l'intervento di messa in sicurezza permanente dell'area, fare fronte alla gestione del deposito confinato, che non è altro che una discarica diversamente denominata.
(5-00175)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 10 luglio 2018 un incendio è divampato all'interno dello stabilimento ex Stir di Battipaglia, in provincia di Salerno;

   la struttura è attualmente adibita al trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati;

   le fiamme, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbero levate dal capannone dove viene stoccata la frazione organica stabilizzata; i vigili del fuoco hanno domato rapidamente l'incendio e la situazione è tornata alla normalità;

   permane la gravità del fatto, su cui gli inquirenti dovranno fare luce: modalità, cause, eventuali moventi e ragioni di contesto;

   si tratta del secondo rogo in un impianto di trattamento dei rifiuti sul territorio tra Eboli e Battipaglia, dopo quello avvenuto nella serata del 24 giugno 2018, nei locali dell'azienda Nappi sud, già oggetto di una interrogazione del sottoscritto presentata in data 27 giugno 2018, recante il n. 4-00567;

   nell'atto di sindacato ispettivo sopra menzionato si dava conto di una serie di altri episodi significativi (giugno 2017, incendio presso l'azienda Sele Ambiente, anch'essa impegnata nel trattamento dei rifiuti; giugno 2018, sequestro di un impianto di trattamento di rifiuti speciali per gravi violazioni di legge);

   si segnalava inoltre che in un tratto di meno di 7 chilometri, tra Eboli e Battipaglia, si è strutturata un'area industriale per il trattamento dei rifiuti composta da 20 impianti privati, capaci di trattare 2,5 milioni di tonnellate l'anno, e due impianti pubblici (Stir Battipaglia e Stir Eboli), che trattano 114 mila tonnellate l'anno di frazione organica;

   gli incendi e vari eventi gettano ombre e sollevano interrogativi, rispetto a un'area dove sono già molte le preoccupazioni per una situazione ambientale di allarme sociale;

   l'ulteriore incendio all'impianto di Battipaglia aumenta l'inquietudine, rafforza la preoccupazione e rende ancora più indispensabile un'azione decisa;

   va ribadito che per quell'area si rende indispensabile un piano di monitoraggio ambientale, epidemiologico e di impatto territoriale, oltre che una verifica su possibili infiltrazioni malavitose –:

   se, a maggior ragione dopo l'incendio nell'impianto di Battipaglia, il Ministro interrogato non ritenga di assumere rapidamente iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, sui temi posti in premessa.
(4-00733)


   RACCHELLA, ANDREUZZA, BADOLE, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, PATERNOSTER, PRETTO, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel Veneto si sono registrati 163 eventi predatori da parte dei lupi nel 2017, con 357 capi di vittime (115 bovini, 219 ovi-caprini, 21 asini, 2 altre specie); nel 2018, alla data del 30 giugno sono già 43 gli eventi predatori denunciati dagli allevatori veneti: 17 in provincia di Belluno, 4 in Treviso, 9 in Vicenza e 13 in Verona;

   le misure di contenimento e di prevenzione fino a oggi adottate non hanno risolto il problema della presenza di lupi e orsi: servono azioni dirette, decise e determinate;

   i cittadini sono preoccupati per il comportamento aggressivo dei lupi che si spingono in prossimità delle abitazioni nelle ore serali, rendendo evidente la rottura della convivenza equilibrata tra uomo e lupo e la necessità di una regolamentazione da parte della regione e dello Stato;

   la regione Veneto ha sottolineato il forte disagio fra gli allevatori e ha messo in atto alcune azioni, a partire dal «Tavolo regionale di partecipazione ed informazione per la gestione del lupo e dei grandi carnivori»; altre azioni riguardano il supporto alle aziende danneggiate e il riconoscimento alle stesse di un indennizzo pari al 100 per cento del danno subito, attivando una linea veloce di erogazione dei rispettivi contributi;

   nell'ambito del progetto Wolfalps, ormai concluso, sono stati consegnati 10 cani pastori maremmani abruzzesi, in grado di affrontare predatori come il lupo, sono stati acquistati 200 recinti elettrificati, è stata richiesta la modifica del programma di sviluppo rurale per introdurre una misura finalizzata alla prevenzione dei danni da fauna selvatica, da effettuarsi nel 2019 e 2020, ed è stato aperto uno sportello presso la Reggenza dei sette comuni, che è il comprensorio di malghe più importante d'Europa, per assistere gli allevatori nell'affrontare le problematiche che emergono a seguito dell'arrivo del lupo; analoga iniziativa è in previsione anche per le altre zone di predazione;

   il monitoraggio sulla distribuzione del lupo ha finora rilevato branchi in Lessinia, sull'Altopiano di Asiago, sul Massiccio del Grappa, in Valbelluna e in Col di Lana e Val di Fassa;

   a livello europeo, nell'ambito del percorso di revisione intermedia della strategia dell'Unione europea sulla biodiversità e del «piano d'azione per la natura, i cittadini e l'economia», è stata recentemente approvata dal Parlamento europeo la risoluzione P8TA(2016)0034, che sottolinea che le «direttive sulla tutela della natura prevedono un'ampia flessibilità onde agevolarne l'attuazione tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali secondo quanto sancito dalla direttiva Habitat»; la risoluzione esorta la Commissione «a chiarire gli orientamenti sull'interpretazione e attuazione di tali direttive onde evitare o risolvere i punti problematici»; la stessa risoluzione riconosce la necessità di «valutare accuratamente il ruolo dei grandi predatori e l'eventuale introduzione di misure di adattamento, in modo da salvaguardare la biodiversità, il paesaggio agricolo e l'allevamento del bestiame nelle regioni di montagna, praticato da secoli»; tali passaggi della risoluzione evidenziano pertanto esplicitamente la necessità di apportare modifiche al livello di protezione di determinate specie, in conformità alle esigenze economiche e agricole locali;

   la situazione in Veneto è grave ed è lampante la necessità di arrivare quanto prima a soluzioni di emergenza a difesa sia degli allevatori, sia del territorio, che rischia di essere ulteriormente abbandonato senza la presenza degli allevamenti;

   i rappresentanti del settore lattiero-caseario hanno sottolineato lo stato emotivo e di preoccupazione con cui gli operatori vivono la presenza del lupo, che costituisce una minaccia crescente –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, a difesa sia degli allevatori, sia del territorio del Veneto, nel rispetto della sicurezza dei cittadini e delle esigenze economiche e agricole locali.
(4-00738)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il circolo di Legambiente del Vercellese ha segnalato alla Legambiente nazionale un probabile interramento di rifiuti radioattivi che sarebbe avvenuto nell'anno 2007 in occasione dei lavori di costruzione di un edificio industriale nel sito della azienda allora denominata «Sorin Site Management srl» attualmente denominata «Livanova Site Management srl»;

   l'interramento sarebbe avvenuto alle coordinate 45°12'57.7"N 8°01'50.8"E ovvero 45.216034, 8.030780. Tali rifiuti radioattivi potrebbero essere tuttora sepolti ad una minima profondità, ricoperti dalla pavimentazione in cemento, e potrebbero verosimilmente derivare dalla attività di gestione di un reattore nucleare sperimentale che Sorin ha utilizzato negli anni ’60-’70 e che successivamente è stato smantellato per fare posto al deposito nucleare «Avogadro»;

   tali rifiuti radioattivi potrebbero causare un probabile danno sotto il profilo sanitario o ambientale, disperdendo la radioattività nel terreno e mettendo in pericolo anche l'importante falda acquifera sottostante che, tra l'altro, alimenta i pozzi del più esteso acquedotto del Piemonte, l'acquedotto del Monferrato, i cui pozzi sono collocati a circa mille metri a valle, nel senso di scorrimento della falda, rispetto al luogo del presunto interramento dei rifiuti radioattivi;

   a tal proposito, si evidenzia che la Legambiente, a firma dell'interrogante, allora presidente nazionale, ha inviato, in data 28 novembre 2017 una segnalazione dettagliata su questa vicenda al comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, se non reputi urgente adottare le iniziative necessarie, per quanto di competenza, per l'eliminazione della probabile minaccia imminente per la salute e per l'ambiente della zona, nonché per attivare, se del caso, le necessarie procedure di messa in sicurezza dell'area interessata.
(4-00742)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE e D'ALESSANDRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 29 dicembre 2017, n. 266, ha dichiarato il 2017 — nel quale sono ricorsi i duemila anni dalla morte di Ovidio, «anno ovidiano» e a tal fine, ha autorizzato una spesa di 350.000 euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 finalizzata al sostegno di interventi volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita e delle opere di Ovidio;

   la legge, all'articolo 3, ha disposto l'istituzione di un Comitato promotore delle celebrazioni ovidiane, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, composto dal Ministro per i beni e le attività culturali e dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal presidente della regione Abruzzo, dal sindaco del comune di Sulmona, dal presidente del consiglio di amministrazione della Dmc (Destination Management Company) Terre d'amore in Abruzzo, e da tre personalità di chiara fama della cultura e letteratura latina, esperti della vita e delle opere di Ovidio, nominati entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   la legge ha previsto inoltre, la costituzione di un Comitato scientifico, composto da non più di dieci personalità di chiara fama della cultura e letteratura latina, esperti della vita e delle opere di Ovidio, responsabile delle iniziative da realizzare ai fini delle celebrazioni;

   l'approvazione della legge è coincisa con la fine naturale della precedente legislatura;

   il Comitato promotore, come disposto dalla legge, dura in carica fino al 31 dicembre 2018 –:

   se il Governo intenda dare piena attuazione alla legge 29 dicembre 2017, n. 266, al fine di sostenere gli interventi volti a promuovere la conoscenza della vita e delle opere di Ovidio.
(5-00172)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLLICONE, FRASSINETTI, MARROCCO, PALMIERI, CASCIELLO, SACCANI JOTTI, APREA, MARIN, SGARBI e PATELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   sono in pubblicazione le graduatorie per l'assegnazione delle risorse del fondo unico per lo spettacolo 2018/2020 ripartite in base al decreto ministeriale 28 febbraio 2018;

   le suddette graduatorie sono state stilate da commissioni nominate a fine legislatura dal Ministro uscente Franceschini;

   i verbali pubblicati sul sito del Ministero per i beni e le attività culturali evidenziano, a giudizio degli interroganti, che i tempi di esame da parte dei commissari sono stati di poche ore a fronte di centinaia di istanze sviluppando quello che appare un tempo medio di analisi per proposta triennale, umanamente impossibile, di pochi secondi a commissario;

   l'esito di queste commissioni azzera più di 140 imprese storiche e di riconosciuto valore storico, come dimostrato dalle graduatorie del passato triennio, creando un danno occupazionale di oltre 2000 persone fra artisti e tecnici, oltre che un irreparabile danno di immagine –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare per chiarire i criteri di assegnazione del fondo unico per lo spettacolo e se non ritenga, in attesa delle opportune verifiche, di assumere iniziative per sospendere l'attuale riparto nominando una commissione terza interna al fine di riesaminare la posizione degli esclusi dalle attuali graduatorie in autotutela per evitare contenziosi o, in subordine, aumentare i fondi per estendere il numero degli assegnatari andando a recuperare almeno parte degli attuali esclusi;

   in che modo il Ministro interrogato intenda garantire nuovi e più trasparenti criteri per l'assegnazione del fondo unico per lo spettacolo e maggiori risorse, nonché l'applicazione della normativa in tema di spoil system per il cambio dei dirigenti apicali in forza agli uffici ministeriali al fine di garantire quella discontinuità gestionale annunciata nel contratto di Governo.
(4-00735)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, regolamento di attuazione del comma 345 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, definisce «dormienti», i seguenti rapporti contrattuali:

    a) deposito di somme di denaro, effettuato presso l'intermediario con l'obbligo di rimborso;

    b) deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione;

    c) contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata, in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l'intermediario non specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari di cui all'articolo 2, comma 1;

   si prevede altresì per l'intermediario l'obbligo di comunicazione di conti correnti bancari/polizze dormienti verso il titolare/sottoscrittore, limitatamente all'invio di una raccomandata all'ultimo indirizzo conosciuto;

   è previsto inoltre che decorso il termine di 180 giorni dalla comunicazione, il rapporto verrà estinto e le somme e i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo istituito dal comma 345 della legge n. 266 del 2005 per indennizzare i risparmiatori che sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto. Il fondo è alimentato con tali risorse previo versamento al bilancio dello Stato;

   se in Italia gli esiti dell'invio di una comunicazione, la cosiddetta raccomandata, sono spesso infruttuosi ancor più lo sono per i connazionali residenti all'estero. Sarebbe in effetti molto utile obbligare l'intermediario alla verifica periodica dell'esistenza in vita e della variazione di residenza dei titolari dei rapporti dormienti, anche attraverso l'autorizzazione l'accesso informatico dell'intermediario all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE);

   l'Ivass nel report di agosto 2017, peraltro lo stesso dato è confermato anche nella recente relazione 2018 sull'attività dell'Istituto, ha evidenziato, per le polizze vita, circa 4 milioni di posizioni potenzialmente dormienti, per una somma assicurata pari a 190 miliardi di euro –:

   di quali elementi disponga il Governo circa il rispetto integrale dell'obbligo degli intermediari di versamento allo Stato degli importi riferiti ai rapporti dormienti;

   quali siano l'ammontare ed il dettaglio delle posizioni finanziarie-assicurative dormienti ex ante ed ex post al 30 giugno 2018 rimaste in carico agli intermediari;

   se il Governo intenda assumere iniziative per concedere agli intermediari l'accesso informatico alle banche dati anagrafiche per consentire un rapido accertamento dello stato in vita e della residenza dei titolari dei rapporti di cui sopra;

   se si intendano assumere iniziative per definire obblighi più restrittivi per gli intermediari per rendere più efficace la comunicazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, verso il titolare del rapporto ed eventuali eredi, in particolar modo conforme di effettività pubblicità presso le missioni diplomatico-consolari italiane.
(4-00728)


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Guardia di finanza è stata presente nel comune di Santa Teresa Gallura (Olbia-Tempio) per circa 100 anni, inizialmente attiva per gli scambi commerciali che avvenivano tra la Sardegna e la Corsica, tra Italia e Francia attraverso il porto, e ha continuato tali controlli fino alla soppressione avvenuta il 30 settembre 2016;

   dal 2005 copriva una circoscrizione abbastanza vasta, comprendendo i comuni di Santa Teresa Gallura, Aglientu, Trinità D'Agultu e Badesi;

   oggi, con la sua soppressione, i comuni, anche se passati sotto la circoscrizione di altri reparti, sono rimasti totalmente scoperti da eventuali controlli sia in materia fiscale, sia in materia di ordine pubblico;

   la Guardia di finanza nel territorio di Santa Teresa Gallura, specialmente nel periodo estivo, eseguiva controlli lungo le spiagge ed in paese sul commercio abusivo e, in particolar modo, sulla contraffazione dei marchi e la pirateria audiovisiva;

   lo stabile in cui era presente la caserma è un bene demaniale oggi totalmente abbandonato;

   dalla data di soppressione della caserma la presenza in questi territori di agenti della Guardia di finanza è divenuta sporadica, con inevitabile rischio per la sicurezza pubblica;

   la Guardia di finanza di Santa Teresa Gallura, negli ultimi 10 anni, ha effettuato il più alto numero di sequestri penali nell'ambito di marchi contraffatti e arresti legati all'immigrazione clandestina;

   il numero elevato di immigrati presso una struttura alberghiera ubicata nella frazione di Porto Pozzo ed il ridotto contingente da parte delle forze dell'ordine non permettono inoltre, una vigilanza continua dell'intero territorio;

   è irragionevole, ad avviso degli interroganti, aver disposto la chiusura di una caserma che, con i suoi uomini, opera in un territorio come quello di Santa Teresa Gallura, zona di confine con la Corsica e meta di migliaia di turisti nei mesi estivi;

   l'attuale amministrazione comunale non ha mai preso posizione in merito alla questione –:

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere iniziative per reintegrare tempestivamente la fondamentale presenza della Guardia di finanza sul territorio con la riapertura della caserma, evitando anche il trasferimento di militari stabilmente residenti in paese con la propria famiglia e la loro destinazione ad altra sede e ovviando al disagio professionale ed umano che ne deriverebbero.
(4-00736)


   NOVELLI, MULÈ, PETTARIN, BERGAMINI, MARIN, CRISTINA, CATTANEO, SCOMA, NEVI, CAPPELLACCI, PAOLO RUSSO, VIETINA, PITTALIS, LABRIOLA, D'ATTIS, GERMANÀ, BARTOLOZZI, BARATTO e BOND. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il bollo auto storiche e moto d'epoca è stato profondamente modificato con l'entrata in vigore della legge di stabilità 2015 che ne ha previsto l'esenzione solo per quelle con età pari o superiore a 30 anni, mentre i veicoli storici ventennali, ossia, quelli con età tra 20 e 29 anni sono soggetti alla normale tassa automobilistica regionale di possesso;

   in particolare, l'articolo 1, comma 666, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 dispone l'eliminazione dell'esenzione dal bollo per gli autoveicoli e per i motoveicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico;

   la legge n. 190 del 23 dicembre 2014 non è stata recepita da tutte le regioni allo stesso modo e questo ha comportato l'insorgere innanzi alla Corte costituzionale di diversi conflitti di attribuzione;

   ciascuna regione infatti, possiede margini di manovra che consentono di intervenire con legge regionale; in particolare, l'articolo 24 del decreto legislativo n. 504 del 1992 dà facoltà a ciascuna regione di approvare, entro il 10 novembre di ciascun anno, variazioni tariffarie (in più o in meno) nel limite del 10 per cento rispetto agli importi vigenti nell'anno precedente;

   si è creata così una disparità di trattamento tra i collezionisti delle varie regioni, in quanto tale esenzione è stata fatta salva solo per le regioni che avevano già legiferato in tal senso;

   nelle seguenti regioni i veicoli tra 20 e 29 anni pagano interamente il bollo auto: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto;

   le regioni con esenzione consentono ai veicoli tra 20 e 29 anni di età (non adibiti ad uso professionale) esenzioni o agevolazioni importanti;

   in Emilia-Romagna i veicoli ultraventennali iscritti ai registri Asi, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo e Fmi pagano solo una tassa di circolazione, pari a 25,82 euro per le auto e 10,33 per le moto;

   in Lombardia non pagano alcuna tassa di proprietà né tassa di circolazione i veicoli ultraventennali iscritti ai registri Asi, Storico Lancia, Italiano Fiat e Italiano Alfa Romeo, Fmi;

   nella provincia autonoma di Bolzano l'agevolazione è del 50 per cento per tutti i veicoli ultraventennali;

   nel Lazio e in Toscana l'agevolazione è del 10 per cento per tutti i veicoli ultraventennali;

   nella provincia autonoma di Trento i veicoli iscritti ai registri Asi, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo, Fmi, Registro storico Aci, pagano solo una tassa di circolazione di 25,82 euro per le auto e di 10,33 per le moto –:

   se non si ritenga assolutamente necessario ed urgente assumere iniziative normative per sanare questa disparità di trattamento fiscale per i collezionisti di autoveicoli e motoveicoli di interesse storico residenti nelle diverse regioni, anche per evitare distorsioni della concorrenza nel commercio delle auto storiche e per non danneggiare il notevole indotto economico prodotto dalla manutenzione e dalla riparazione di questa specifica categoria di automobili.
(4-00739)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel Lazio dal 2016 al 2017 l'aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità;

   il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità è diventata una questione di sicurezza;

   il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+176); Cassino (+121); Frosinone (+76); Civitavecchia (+62); Rebibbia (+53 per la sezione femminile); Rebibbia (+250); Regina Coeli (+318); Velletri (+139), Latina (+51) Rieti( +69);

   le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, oltre al sovraffollamento, sono da ricercarsi principalmente nell'inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;

   a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;

   i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre agli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e a rischio per l'incolumità personale;

   nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all'apertura di un nuovo padiglione appena completato;

   è recentissima l'ennesima aggressione nel carcere di Velletri da parte di un detenuto di nazionalità algerina a scapito di tre agenti entrambi refertati con 10 giorni di prognosi. A dare la notizia questa volta è stato direttamente il segretario Ospp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) che ribadisce che senza interventi dalla parte politica al fine di ripristinare l'ordine e la sicurezza negli istituti penitenziari si corre il rischio di trascorrere una estate di fuoco;

   la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico e svolge attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza, anche al di fuori dell'ambiente penitenziario;

   il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi; addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo le poche unità alla sicurezza delle carceri –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno del personale della polizia penitenziaria di Velletri;

   quali iniziative abbia adottato o ritenga di adottare al fine di garantire negli istituti penitenziari italiani un'adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità nelle carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;

   in che modo intenda intervenire per tamponare, nell'immediato, il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici.
(3-00093)


   BOND. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 26 gennaio 2018 è entrata in vigore la riforma della disciplina delle intercettazioni attuata con il decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216;

   la nuova disciplina prevede il deposito delle conversazioni e delle comunicazioni, oltre che dei relativi atti, presso l'archivio riservato che dovrà presentare particolari garanzie di sicurezza (si parla addirittura di grate alle finestre e cristalli antisfondamento), in quanto l'archivio sarà gestito sotto la direzione e la sorveglianza del procuratore della Repubblica, con modalità tali da assicurare la tutela del segreto;

   si dovranno prevedere anche sale di ascolto che garantiscano il massimo della riservatezza;

   ovviamente tutto questo ha un costo che molti tribunali non possono sostenere;

   secondo il procuratore Paolo Luca, a Belluno sarebbero necessari 52 mila euro per adeguare il palazzo di giustizia e ci sarebbe tempo fino al 26 luglio per indire una regolare gara d'appalto e realizzare i lavori necessari, in particolare sono necessarie opere edilizie e anche interventi all'impianto elettrico, in maniera che non ci siano ripercussioni su quello già esistente e un tecnico;

   inoltre, si fa presente che sebbene le competenze siano passate al Ministero, la struttura rimane di proprietà del comune di Belluno, pertanto un confronto sarà necessario anche con il sindaco e l'amministrazione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per venire incontro alle oggettive difficoltà che sta incontrando il tribunale di Belluno e se non sia, quindi, il caso di assumere iniziative per prevedere una proroga volta a consentire di reperire le risorse necessarie ed aver il tempo per indire la gara per la realizzazione delle opere indispensabili ad adeguare le strutture dell'immobile.
(3-00094)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 14 settembre 2011, n. 14, il Parlamento ha conferito delega al Governo al fine di riorganizzare la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, specificando anche i criteri ai quali ispirarsi;

   la delega è stata successivamente attuata con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, che, anziché provvedere ad una riorganizzazione, ha, come è ben noto, portato alla eliminazione di tutte le sezioni distaccate, con accorpamento presso il tribunale circondariale;

   la revisione della geografia giudiziaria derivante dal provvedimento succitato ha portato, tra le altre, alla soppressione della sede della sezione distaccata del tribunale di Scalea, intervenuta per mera scelta legata a quel programma di riordino. Da quel momento, ogni competenza afferente il territorio di Scalea è passata al Tribunale di Paola;

   il cosiddetto «contratto di Governo» alla base del patto politico tra la Lega e il M5S si impegna a «una rivisitazione della geografia giudiziaria — modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni — con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese»;

   l'amministrazione della giustizia è una delle istanze più sentite non solo dei cittadini del comprensorio del comune di Scalea, nel passato sciolto per mafia, ma di tutti i cittadini calabresi –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per la immediata riapertura della sezione distaccata di Scalea del tribunale di Paola.
(4-00741)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   TASSO e TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la manutenzione ciclica delle carrozze di Trenitalia, destinata al servizio ferroviario sulla media distanza e la manutenzione dei treni regionali Trenitalia Toscani, viene effettuata nel polo tecnologico di Osmannoro, Sesto Fiorentino (Firenze);

   l'officina attualmente occupa 430 ferrovieri e circa 50 addetti di ditte esterne;

   le carrozze in manutenzione sono circa 2000; hanno un'età media tra 40 e 50 anni e non sono dotate di sistema antincendio. Il decreto ministeriale sulla sicurezza nelle gallerie ferroviarie obbliga, entro l'8 aprile 2021, tutte le imprese ferroviarie di dotare il materiale rotabile per il trasporto passeggeri di impianto antincendio. L'adeguamento delle vecchie carrozze richiede un investimento consistente. Trenitalia ha ritenuto conveniente l'acquisto di nuovo materiale rotabile: ciò potrebbe determinare una consistente riduzione delle commesse dell'officina e di conseguenza dell'occupazione, salvo affidare all'officina lavorazioni su altre carrozze o sui treni di nuova generazione;

   l'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 tra Ministero dei trasporti, Ferrovie dello Stato, regione Toscana, comune e provincia di Firenze, e il successivo protocollo del 2005 prevedevano lo sviluppo del polo manutentivo e il trasferimento delle attività e manutenzione «ciclica» dalle officine di Porta a Prato;

   le officine sono costruite secondo i migliori criteri tecnologici; collocate in un contesto ottimale, ad adeguata distanza dai centri urbani, opportunamente collegate alla rete ferroviaria, stradale e non distanti dalla direzione tecnica di Trenitalia di Firenze dedicata all'ingegneria della manutenzione e del materiale rotabile nuovo, con circa 200 addetti altamente qualificati;

   a Pistoia, la società Hitaci, che ha costruito il treno AV1000 e altri con tecnologie all'avanguardia, potrebbe collaborare con l'officina di Osmannoro;

   la manutenzione dei treni toscani, attualmente effettuata in capannoni che possono accogliere 1 o 2 carrozze/locomotive, con un investimento di circa 50 milioni di euro potrebbe raddoppiare la sua capacità, ospitando anche i nuovi convogli, che richiedono interventi di manutenzione a treno completo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per valorizzare gli investimenti effettuati, le competenze, l'esperienza e la professionalità delle maestranze, e per salvaguardare l'occupazione, promuovendo l'affidamento ad Osmannoro, già dotata di torneria ruote, anche della manutenzione ciclica dei nuovi treni regionali e dei rotabili che circolano sulla rete nazionale, non solo di Trenitalia, ma anche di altre aziende ferroviarie.
(5-00193)


   BERGAMINI, SOZZANI, MULÈ, GERMANÀ, ROSSO, ZANELLA, BALDELLI e PENTANGELO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autotrasporto è uno dei settori che ha subito maggiormente gli effetti negativi della crisi economica: nel decennio 2006-2015 il trasporto merci su strada sarebbe calato del 38 per cento, passando dalle 25 tonnellate/abitante trasportate nel 2006 a circa 15 tonnellate nel 2015 (ricerca Continental Autocarro);

   nonostante i timidi segnali di crescita economica, per le imprese di autotrasporto permangono forti difficoltà che solo in minima parte trovano risposta in misure di agevolazione fiscale come la deducibilità forfettaria per le trasferte, in relazione ai trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore, di cui all'articolo 66, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

   per accedere alle deduzioni forfettarie, nella misura massima di 70 milioni di euro ai sensi della legge di bilancio 2018, è stato adottato il decreto direttoriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 5 luglio 2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 luglio, in ritardo rispetto alla prima scadenza fiscale del 30 giugno; vale ricordare che anche nel 2017, con riguardo alle deduzioni relative all'anno 2016, la comunicazione giunse solo il 5 luglio;

   il ritardo comporta la maggiorazione dello 0,40 per cento sulle imposte da versare, con un aggravio stimato tra i 3.000 e gli 8.000 euro che interesserebbe circa il 70 per cento delle imprese di autotrasporto;

   il richiamato decreto fissa in 13,3 euro la deduzione riconosciuta entro il comune in cui ha sede l'impresa e in 38 euro quella fuori dallo stesso, da intendersi non cumulabili. Nel 2017 le deduzioni furono rispettivamente di 17,85 e di 51 euro, con una riduzione pari circa al 30 per cento;

   per CNA Fita, l'atteggiamento del Ministro è «sconcertante», interviene praticamente su tutto, ma non si cura minimamente di avviare il dialogo con la categoria e di ascoltare i problemi che affliggono quotidianamente le imprese e frenano il rilancio dell'economia;

   le associazioni di categoria hanno ripetutamente sollecitato il Governo, nei mesi precedenti, senza alcun riscontro fino alla pubblicazione del richiamato decreto direttoriale;

   in assenza di risposte dal Governo, il raggruppamento unitario delle organizzazioni dell'autotrasporto Unatras (Cna Fita, Sna Casartigiani, Unitai, Fiap, Assotir, Fai Conftrasporto, Confartigianato Trasporti), ha disposto il fermo dei servizi dal 6 al 9 agosto 2018 –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a definire misure migliorative per il settore rispetto a quelle del richiamato decreto, convocando un tavolo permanenti di confronto con tutti i rappresentanti dell'autotrasporto, per affrontare le numerose problematiche.
(5-00194)


   STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere — premesso che:

   il 20 giugno 2018 il Ministro interrogato rispondendo alla interrogazione a risposta immediata n. 3-00023, in relazione alla vicenda della nave Aquarius ha dichiarato: «Dopo avere tratto in salvo i 629 migranti, la Guardia costiera italiana, (...) ha richiesto un porto di sbarco a La Valletta (..). Nel frattempo, analoga richiesta è stata effettuata anche per un porto di sbarco italiano (...) si evidenzia che l'articolo 83 del Codice della navigazione affida al Ministro interrogato il potere di limitare o vietare il transito o la sosta di navi mercantili nel mare territoriale per motivi di ordine pubblico. In mancanza dell'assenso del Ministro dell'interno, competente in materia di ordine pubblico, non sarebbe stato possibile per la Guardia costiera dirigersi verso alcun porto italiano», concludendo che, dalla sua ricostruzione dei fatti: «emerge chiaramente come non vi è stato alcun atto formale di chiusura dei porti italiani»;

   il Ministro interrogato nella risposta ha, quindi, affermato che il mancato assenso da parte del Ministro dell'interno, di fatto, anche in assenza di un atto di blocco dei porti da parte del Ministro competente avrebbe portato alla impossibilità alle navi, per motivi di ordine pubblico, di dirigersi verso un porto italiano;

   ad oggi all'interrogante non è dato sapere sulla base di quale atto e ai quali dettagliate motivazioni di ordine pubblico, che limita o vieta il transito e la sosta, si presume di alcune navi, si sia sostanziato il mancato assenso del Ministro dell'interno, sulla base del quale, stando alle dichiarazioni rese in Aula in risposta alla interrogazione, non sarebbe stato possibile, anche per la Guardia costiera, dirigersi verso alcun porto italiano –:

   con quale atto formale e per quali dettagliati motivi di ordine pubblico, ai sensi dell'articolo 83 del codice della navigazione, sia stato deciso di limitare o vietare il transito o la sosta presso i porti italiani, chiarendo se questa misura riguardava alcune navi in particolare e quali.
(5-00195)


   LIUZZI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, TERMINI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, FICARA, GRIPPA, MARINO, ANDREA MURA, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la città di Matera in Basilicata resta l'unico capoluogo di provincia italiana isolato dal resto della rete ferroviaria nazionale a scartamento ordinario, raggiungibile su ferrovia solo tramite la linea a scartamento ridotto interregionale a binario unico delle Ferrovie Appulo Lucane s.r.l., che la collega a Bari-Altamura-Matera. La linea fu costruita nella prima metà del secolo;

   i lavori di realizzazione della tratta ferroviaria Ferrandina-Matera, iniziati nel 1986, ad oggi restano ancora incompiuti, essendo stata realizzata solo la costruzione della stazione ferroviaria a Matera, edificio incompleto e pericolante;

   il collegamento ferroviario della città di Matera alla rete ferroviaria dello Stato è da anni al centro di numerosi dibattiti, interventi e iniziative parlamentari. Ad avviso degli interroganti, la città di Matera, capitale europea della cultura 2019, deve risolvere definitivamente i ritardi dei collegamenti viari e ferroviari che le permettano di allacciarsi sulle direttrici veloci adriatica e tirrenica per eliminare lo storico isolamento e rilanciare le attività produttive, economiche e sociali;

   nel contratto di programma Rfi 2012-2016 stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Rete ferroviaria italiana spa, figura «la Nuova linea Ferrandina-Matera». La stessa è presente anche nell'aggiornamento del 20 aprile 2016, parte investimenti. In particolare, nella tabella A-Portafoglio investimenti in corso e programmatici, il costo dell'opera risulta essere di 265 milioni di euro (100 milioni di euro in più rispetto al contratto di programma iniziale) e, fermi restando i 45 milioni di euro già stanziati, il fabbisogno complessivo per il completamento dell'infrastruttura è di 220 milioni di euro, con la specifica che l'intervento è «sospeso in quanto i finanziamenti residui – al netto delle opere già eseguite – non sono sufficienti per la realizzazione di fasi funzionali dell'investimento»;

   la legge di bilancio 2017, legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha previsto un finanziamento pari a 210 milioni per la nuova linea ferroviaria Ferrandina-Matera –:

   quale sia lo stato dell'arte dei lavori per il completamento della linea ferroviaria Ferrandina-Matera e se contestualmente abbia valutato la possibilità di realizzare un collegamento ferroviario che colleghi la città di Matera anche al versante pugliese, dopo aver valutato i costi/benefici delle possibili alternative.
(5-00196)


   FIDANZA e ROTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione nazionale degli Autotrasportatori (Unatras), che raggruppa le 7 più importanti associazioni di categoria del settore, comprensiva di 93 mila autotrasportatori italiani, a fronte del mancato riscontro da parte del Governo, delle numerose richieste di incontro, per dare risposte urgenti alle attese di artigiani e piccole imprese del settore, hanno ufficializzato la decisione di attuare il fermo nazionale dei servizi di autotrasporto merci per conto di terzi da lunedì 6 alla mezzanotte di giovedì 9 agosto 2018;

   il fermo è stato annunciato a causa della mancata risposta alle attese di artigiani e piccole imprese del settore che attendono risposte urgenti soprattutto sul mancato pronunciamento dell'Agenzia delle entrate, per fruire delle deduzioni forfettarie delle spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore;

   tutto ciò sta producendo gravi effetti alle imprese del settore, che oltre a essere costrette a rimandare il pagamento delle tasse, stanno subendo danni incalcolabili;

   le richieste della categoria sono quelle che vengano mantenuti e confermati gli importi delle deduzioni in 51 euro per i viaggi fuori comune e 17,85 all'interno del comune, così come atteso da tutta la categoria, poiché altrimenti significherebbe mettere in grave difficoltà decine di migliaia di imprese che per i redditi dello scorso anno hanno già fatto affidamento su queste misure;

   nello specifico, tra i nodi da sciogliere vengono elencati dalla categoria: la certezza delle risorse strutturali; il contingentamento imposto dall'Austria, in determinate giornate, al traffico dei camion in uscita dal nostro Paese; il ripristino della piena funzionalità del sistema delle revisioni dei mezzi presso le Motorizzazioni, a garanzia della sicurezza della circolazione; la ripubblicazione dei «costi minimi della sicurezza» e il rispetto dei tempi di pagamento; l'estensione del rinvio della fatturazione elettronica anche agli acquisti di carburante in extrarete –:

   se non ritenga urgente adottare ogni utile iniziativa di competenza al fine di rispondere in modo concreto alle richieste elencate in premessa e quali siano le misure previste per far fronte al mancato pronunciamento dell'Agenzia delle entrate per fruire delle deduzioni forfettarie delle spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore.
(5-00197)


   PIZZETTI, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO, GIACOMELLI, NOBILI, PAITA e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con due diverse interviste pubblicate sul Corriere della Sera e su La Stampa in data 18 luglio 2018 i sottosegretari per le infrastrutture e i trasporti Armando Siri ed Edoardo Rixi hanno manifestato la volontà di voler fare «marcia indietro» sulla fusione tra Ferrovie dello Stato italiane ed Anas;

   l'annuncio avviene a pochi giorni dalla convocazione dell'assemblea di Ferrovie dello Stato italiane che dovrebbe procedere al rinnovo del consiglio di amministrazione e della governance dell'azienda;

   per i due esponenti di Governo le due società devono restare divise perché hanno ruoli e compiti differenti;

   con il via libera all'unione Ferrovie dello Stato italiane-Anas è stata data grande competitività a due aziende pubbliche, sono state create le condizioni per importanti sinergie soprattutto sul fronte degli investimenti e sul piano industriale;

   si tratta di un gruppo di 80 mila dipendenti chiamato a gestire 50 mila chilometri di reti, capace di generare un fatturato di 10,5 miliardi di euro e produrre oltre 8 miliardi di euro di investimenti annui, creando lavoro e sviluppando l'indotto;

   il rimettere in discussione l'unione tra le due aziende rischia di pregiudicare la competitività del sistema Paese e di produrre effetti negativi anche in termini di investimenti nel settore delle infrastrutture –:

   se quanto affermato dai due sottosegretari corrisponda effettivamente alle intenzioni del Governo e se questa volontà di fermare la fusione tra Anas e Ferrovie dello Stato italiane risulti essere davvero un'opzione condivisa dall'intero Esecutivo.
(5-00198)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CECCANTI, CENNI e CIAMPI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i lavori in corso relativi al ponte di Pontasserchio tra i comuni di San Giuliano Terme e Vecchiano (Pisa), che si protrarranno per alcuni mesi, comportano gravi problemi per i cittadini e per le imprese della zona, debitamente segnalati anche dagli enti locali;

   in casi analoghi, in località limitrofe, si è proceduto con sollecitudine alla riduzione dei pedaggi autostradali nella zona interessata (caso del 2016 relativo ai lavori sull'Aurelia presso Tombolo);

   la viabilità della zona è peraltro compromessa anche dalla circolazione a senso unico alternato sul ponte di Ripafratta, poiché parzialmente inagibile e oggetto di inchiesta giudiziaria con una pericolosa commistione con il relativo passaggio a livello a raso;

   il vecchio ponte dell'autostrada di Ripafratta, chiuso al traffico da molti anni dopo l'adeguamento del tracciato dell'autostrada A11, ancora di proprietà dell'Anas potrebbe essere ristrutturato e reso agibile risolvendo definitivamente i problemi di traffico ed infrastrutturali di questo nodo –:

   se si intendano assumere iniziative per stabilire tempestivamente la gratuità del pedaggio per le residue settimane di lavori, nonché procedere, in tempi ragionevoli, alla riapertura anche del ponte dell'autostrada di Ripafratta, previ necessari lavori di adeguamento.
(4-00731)


   D'ATTIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è noto ormai da troppo tempo come l'azione delle mareggiate lungo la costa del litorale nord del territorio comunale di Brindisi abbia, di fatto, cancellato aree demaniali marittime per lunghi tratti di esso;

   a causa di tale fenomeno la dividente demaniale vigente, in alcuni di detti tratti, si trova addirittura in mare;

   a causa di tanto viene ad essere negata la libera fruizione pubblica del mare garantita dalle leggi dello Stato oltre che ad essere vietata qualsiasi possibilità di intervento pubblico finalizzato alla riqualificazione costiera in termini di suo maggiore godimento, per il fatto che le aree antistanti il mare sono ora di proprietà privata;

   spesso i proprietari delle aree private interessate, per preservare le proprie attività commerciali legate alla fruizione del mare, si spingono fino ad impedire l'accesso pubblico ai lidi e alle spiagge, beni demaniali marittimi per definizione ai sensi dell'articolo 822 del codice civile e dell'articolo 28 del codice della navigazione;

   è il capo del compartimento marittimo a disporre, ai sensi dell'articolo 32 del codice della navigazione e dell'articolo 58 del regolamento al codice della navigazione, la delimitazione di zone del demanio marittimo;

   risulta necessario, ai sensi delle leggi vigenti, provvedere alla demanializzazione delle aree interessate al fenomeno e ora appartenenti a privati;

   è doveroso conoscere quali e quanti provvedimenti abbia promosso in tal senso il locale comando della capitaneria di porto, atteso che, ad una richiesta pubblica di informazioni formulata nel 2015 dal gruppo consiliare di Forza Italia di Brindisi, non è stata data adeguata risposta;

   la mancata attivazione del procedimento di delimitazione in parola ostacola il pieno ed incondizionato godimento di beni destinati ai sensi di legge ad uso pubblico e, altresì, rende parziale o, in molti casi, impossibile l'attuazione del piano regionale delle coste ai sensi della legge regionale n. 17 del 23 giugno 2006 –:

   se sia a conoscenza della singolare situazione giuridica della maggior parte delle aree del tratto di costa appartenente al comune di Brindisi a nord del suo centro abitato;

   se intenda fornire una dettagliata illustrazione sulla natura dei provvedimenti promossi dal locale comando della capitaneria di porto in termini di delimitazione e, dunque, demanializzazione delle aree suddette;

   se il Ministro, in caso di assenza di detti provvedimenti, ritenga di dover assumere iniziative affinché il suddetto comando provveda all'attivazione del procedimento ex articolo 32 del codice della navigazione o se il Ministro stesso non ritenga di ricorrere direttamente ove ne esistano le condizioni, alla dichiarazione di pubblico interesse per l'espropriazione delle aree ai sensi di quanto disposto dall'articolo 33 del codice della navigazione.
(4-00737)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcune notizie di stampa (L'Arena del 27 dicembre 2017) riportano il caso delle dimissioni di tre consiglieri di minoranza, Nereo Parolin, Ugo Vecchini e Vanni Stoppato, esponenti della lista civica «Gazzo nel cuore», del comune di Gazzo Veronese, in segno di protesta contro il silenzio delle istituzioni, nello specifico il Ministero dell'interno e la prefettura di Verona, a cui si erano rivolti con un esposto in cui segnalavano l'ipotesi di una eventuale incompatibilità della carica di sindaco con la comunicazione di messa in mora (per una somma di 450 mila euro) ricevuta dal primo cittadino di Gazzo Veronese, Stefano Negrini, dalla Corte dei conti e dal comune, per fatti risalenti al 2008, quando gli furono concessi gli arresti domiciliari per alcuni casi di abusivismo edilizio verificatisi nel paese;

   sulla vicenda di recente si è espressa la prefettura di Verona che ha indicato il Ministero dell'interno come competente a decidere sulla presunta incompatibilità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra descritto e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(5-00173)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   quattro proiettili calibro 9x21 e una lettera di minacce sono state recapitate nel pomeriggio del 2 luglio 2018 presso la sua abitazione di Orta di Atella (provincia di Caserta) al giornalista professionista Mario De Michele, direttore del sito web Campanianotizie.com;

   la missiva di poche righe, stampata con caratteri tipografici, a lettere maiuscole, su un foglio di formato A4, faceva riferimento esplicito al lavoro svolto dal cronista proprio sul territorio comunale di Orta di Atella;

   «Per colpa tua abbiamo gli occhi di tutti puntati addosso — si legge nel messaggio che accompagnava i quattro proiettili — Adesso basta: non scrivere neanche più una parola su Orta di Atella. Per te Orta è morta»;

   si tratta con tutta evidenza di una minaccia di morte, che ha allarmato immediatamente l'Ordine dei giornalisti della Campania e la Federazione nazionale della Stampa, con il Sindacato unitario dei giornalisti della Campania, che si sono stretti intorno a De Michele, sostenendolo nel suo lavoro e chiedendo alle autorità di proteggerlo, proteggendo con lui la libertà di espressione e di informazione;

   Mario De Michele fu già aggredito, sempre a Orta di Atella, il 31 maggio 2018, insieme al cameramen Luigi Viglione, mentre realizzava interviste video con alcuni candidati alle elezioni amministrative, da due persone successivamente identificate e denunciate; De Michele fu refertato in ospedale dove su poi dimesso con una prognosi di due giorni;

   nel 2017 allo stesso giornalista De Michele fu recapitato un altro messaggio di minacce con proiettili in busta chiusa;

   l'impegno giornalistico di De Michele verte principalmente sulle cronache politiche e giudiziarie che riguardano il comune di Orta di Atella, con approfondimenti condotti su vicende che attengono alla speculazione edilizia, al rapporto tra clan e imprese, alle possibili infiltrazioni nella politica –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e come intenda attivarsi, nell'ambito delle sue competenze, per garantire al giornalista De Michele un'adeguata protezione, a tutela della sua persona e della funzione di libera informazione che svolge sul territorio.
(4-00734)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   LATTANZIO e CARBONARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i fatti di cronaca degli scorsi mesi hanno frequentemente riportato episodi di violenza, sia verbale che fisica, nei confronti di docenti da parte di studenti o delle loro famiglie;

   dall'inizio del 2018, sono numerosi i casi di aggressione, di cui molti avvenuti in concomitanza con la fine dell'anno scolastico e la pubblicazione dei risultati scolastici degli studenti;

   non ultimo l'episodio avvenuto il 15 giugno 2018 a Gorgonzola, in provincia di Milano, dove il padre di uno studente dell'I.T. ha telefonicamente minacciato di morte una docente del figlio ritenuta responsabile, secondo lui, della non ammissione alla classe successiva. Lo stesso giorno, nella scuola media di Pogliano Milanese il padre di un alunno dell'istituto ha spintonato, minacciato ed insultato un'insegnante dopo essere venuto a conoscenza, anche in questo caso, della mancata ammissione alla classe successiva del figlio;

   quanto esposto si somma a quello ben più grave avvenuto ai danni di un giovane professore dell'I.T. di Vittorio-Lattanzio di Roma, che ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere per un trauma cranico ed un principio di soffocamento dai genitori di uno studente bocciato;

   l'accordo quadro sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro del 26 aprile 2007, firmato dalle parti sociali europee a livello intersettoriale, ricorda che la violenza riguarda qualsiasi posto di lavoro e lavoratore, può essere di natura fisica, psicologica e/o sessuale e può andare da manifestazioni lievi di mancanza di rispetto ad altri atti più gravi, ad esempio reati che richiedono l'intervento delle autorità pubbliche. In ogni caso, si tratta sempre della lesione della dignità di un lavoratore;

   recentemente il Corriere della Sera ha pubblicato un'intervista al Ministro interrogato, in cui si condannavano gli episodi di violenza ai docenti ribadendo la necessità di nuove tutele e della necessità di una sensibilizzazione culturale e sociale sul tema –:

   quali siano le strategie e gli strumenti che intenda attivare al fine di garantire una tutela effettiva al personale docente rispetto alle diverse manifestazioni di violenza, anche al fine di strutturare una forte azione di prevenzione e contrasto alla violenza in tutte le sue forme, alla luce dell'emergenza riportata dai fatti di cronaca citati.
(5-00180)


   TOCCAFONDI e FUSACCHIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la scuola deve partire dai ragazzi e, per non essere mediocre, deve indirizzare le sue azioni alla ricerca dei migliori insegnanti rispetto alle caratteristiche degli alunni;

   la legge n. 107 del 2015 ha introdotto la «chiamata diretta». Il comma 79 dell'articolo 1 ha previsto che, per la copertura dei posti, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all'ambito territoriale di riferimento. Il comma 80 prevede la valorizzazione dei curricula, delle esperienze e delle competenze professionali e prevede colloqui;

   a dicembre 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilì che le chiamate dirette venissero decise all'interno del collegio dei docenti;

   va precisato che la scelta non riguardava docenti da assumere, bensì insegnanti già di ruolo, i quali, se anche non «chiamati», non avrebbero perso il lavoro;

   era consentito scegliere, tra i docenti a tempo indeterminato che chiedevano di trasferirsi, quelli in possesso di curricula coerente con l'offerta formativa della scuola prescelta. Nella comparazione – stessa laurea, stesso insegnamento – poteva emergere chi possedeva una certificazione di conoscenza dell'inglese. Una scuola con tale insegnamento avrebbe avuto interesse a chiamarlo, così come per un docente con titoli specifici in presenza di ragazzi con disturbi dell'apprendimento;

   da oggi si torna al passato, alle graduatorie: all'anzianità di servizio. Si tratta di criterio apparentemente semplice e imparziale, ma non rispondente ad una logica equa, non valorizzando le qualità specifiche di ciascuno ma partendo dal presupposto che tutti siano uguali, salvo per l'anzianità. Così si produce un appiattimento depressivo e un egualitarismo frustrante, che penalizza solo i migliori docenti;

   la prima azione del nuovo Governo è stata quella dell’«abolizione» della «chiamata diretta». Il 5 luglio 2018 il Ministro, intervistato, affermava: «la chiamata diretta è stata concepita e applicata male. Da più parti se ne chiedeva la cancellazione». Successivamente il 9 luglio ha dichiarato: «abbiamo eliminato la chiamata diretta, come prevedeva il contratto di Governo (...). Di per sé era anche una innovazione interessante, ma non è stata seguita nell'attuazione (...) ora procederemo con criteri trasparenti»;

   tra superare e modificare, cancellare e aggiornare, abolire e procedere con altri criteri, c'è un abisso giuridico. La norma di legge dovrebbe essere abolita con norma di pari grado e non con accordo sindacale –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per abrogare i commi 79 e 80 della legge n. 107 del 2015 sulla «chiamata diretta» o procedere a modifiche degli stessi, in che modo e con quali tempistiche.
(5-00181)


   BELOTTI, SASSO, BASINI, COLMELLERE, FOGLIANI, FURGIUELE, LATINI e RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dall'ultimo rapporto Eurydice in materia di attività sportive praticate nella scuola, l'Italia risulta agli ultimi posti in quanto tali attività sono assenti nella scuola dell'infanzia e inadeguate nella scuola primaria, dove l'educazione fisica è gestita da personale che non ha quelle dovute competenze che invece ha un docente laureato in scienze motorie;

   socializzazione, prevenzione del disagio giovanile e del bullismo, tutela della salute: questi sono alcuni degli obiettivi che potrebbero essere raggiunti grazie ad una sana pratica dello sport nella scuola dell'infanzia e primaria;

   in tal modo, potrebbero esserci vantaggi concreti al processo evolutivo e al benessere psicofisico dell'alunno, partendo da una adeguata valutazione psico-motoria e dalla trasmissione dei benefìci della psicomotricità ai propri allievi;

   per quanto riguarda inoltre gli educatori, categoria quasi sconosciuta, ma elemento fondamentale nella formazione degli alunni in età evolutiva, si parla di personale, con particolari competenze di tipo psicopedagogico, che completa ed arricchisce l'opera didattica e l'offerta formativa nelle scuole inserite nei convitti nazionali, collegi statali, storiche istituzioni educative;

   queste scuole ospitano alunni semiconvittori e alunni convittori, fornendo un grande servizio alle famiglie, spesso lontane, che vedono nella figura dell'educatore un punto di riferimento fondamentale. Questa categoria, inserita in graduatorie ad esaurimento, è stata esclusa dal piano d'immissioni straordinario della «Buonascuola». Attualmente risultano 349 posti vacanti in tutta Italia;

   se è reale la previsione, tra docenti e Ata, di oltre 60.000 assunzioni, non dovrebbe costituire un problema stabilizzare 349 educatori su posto vacante; in tal modo, si renderebbe giustizia ad una categoria professionale della scuola pubblica, gli educatori, che aspettano da troppo tempo di uscire da una situazione di precariato;

   senza contare che in tal modo si preserva anche la storia, la tradizione, la cultura espresse in oltre 150 anni di storia dei convitti nazionali, come ad esempio il «Cicognini» di Prato, il «Cirillo» di Bari, il «Maria Luigia» di Parma, il «Bonghi» di Lucera, il «V. Emanuele» di Roma e tanti altri da Nord a Sud –:

   se intenda assumere iniziative per l'inserimento in organico di un insegnante di educazione motoria nella scuola primaria, nonché per prevedere le assunzioni in ruolo degli educatori, bloccate dal 2011.
(5-00182)


   APREA e PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 62 del 2000 sancisce che il sistema nazionale di istruzione è un sistema integrato di cui fanno parte le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali all'interno del quale tutti i soggetti coinvolti svolgono un servizio pubblico e contribuiscono alla realizzazione delle finalità di istruzione che la Costituzione attribuisce allo stesso sistema scolastico;

   negli anni scorsi le scuole paritarie hanno subito una disparità di trattamento in merito all'attuazione del piano nazionale per la scuola digitale (Pnsd) di cui alla legge n. 107 del 2015, in quanto le risorse provenienti da fondi europei e distribuite sulla base dei principi sanciti nell'accordo di partenariato 2014-2020, erano destinate esclusivamente alle istituzioni scolastiche statali;

   conseguentemente, le scuole paritarie hanno potuto prendere parte ai progetti del Pnsd esclusivamente in rete con le istituzioni statali, in quanto non potevano assumere il ruolo di scuola capofila di un progetto;

   il Pnsd rappresenta un passaggio fondamentale per fornire agli studenti e agli insegnanti competenze necessarie per studiare e lavorare nell'era digitale e per acquisire conoscenze e competenze relative all'educazione alla cittadinanza digitale per un utilizzo consapevole delle risorse tecnologiche;

   con decisione della Commissione C(2018)598 è stato modificato l'accordo di partenariato 2014-2020, nel senso di prevedere che le linee di intervento del Fse e del Fesr «in linea con i deficit e i bisogni identificati nella mappatura delle esigenze», sulle quali innestare le operazioni durante l'arco della programmazione, sono indirizzate alla qualificazione del sistema nazionale di istruzione e di formazione professionale, comprendendo in tal modo anche le scuole paritarie;

   in seguito a tale modifica le scuole paritarie potranno accedere ai fondi Pon provenienti dall'Unione europea, ma la partecipazione degli istituti paritari non è automatica e subordinata all'analisi della conformità alla normativa europea, anche rispetto alla tipologia di azioni e della rispondenza delle azioni stesse agli obiettivi specifici del programma –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare, nel breve termine, iniziative volte a rendere sostanziale il principio di parità per le scuole paritarie, in particolar modo per quanto riguarda i progetti previsti dal Piano nazionale per la scuola digitale in modo tale da impedire che oltre un milione di studenti e i loro insegnanti siano esclusi percorso utile per apprendere competenze indispensabili per il presente e per il futuro.
(5-00183)


   ASCANI, PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, ANZALDI, CIAMPI, DE MARIA, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   all'inizio di luglio 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha indirizzato un questionario a tutti gli studenti universitari, al fine di – si legge nella spiegazione che precede la sezione delle risposte – «introdurre uno Strumento finanziario che metta a disposizione degli studenti prestiti per favorire l'accesso a percorsi di istruzione universitari e postuniversitari “collegati” alle aree individuate nella Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente, in particolare coloro che risiedono nelle Regioni obiettivo del Programma Operativo Nazionale»;

   l'attivazione dello strumento finanziario – si legge nel questionario – «è legata alla realizzazione di una valutazione che analizzi le esigenze del mercato e il valore che lo strumento potrebbe fornire (regolamento UE 1303/2013). In questo contesto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha intrapreso un processo di consultazione delle parti interessate per assicurare che i risultati della valutazione rispecchino i fabbisogni del mercato. A tale scopo ti chiediamo di fornire il tuo contributo alla consultazione attraverso la compilazione del presente questionario.»;

   le sigle che rappresentano gli studenti «bocciano» l'iniziativa e hanno evidenziato non poche criticità. In primis, segnalano come il questionario sembrerebbe indirizzato a comprendere esclusivamente come mettere in atto lo strumento del prestito d'onore e non tanto l'eventuale utilità a sostegno degli studenti;

   i dati dell'esperienza inglese e americana, in tema di prestiti d'onore, evidenziano importanti conseguenze socio-economiche, che hanno inasprito le disuguaglianze sociali e creato una bolla di debito contratto da molte famiglie impossibilitate a restituire le cifre ricevute durante gli studi;

   i precedenti Governi hanno approvato significativi interventi per il diritto allo studio universitario. Per la prima volta in Italia, è stata introdotta la no tax area per gli studenti che provengono da famiglie con meno di 13 mila euro annui di Isee. È stato inoltre reso strutturale l'incremento, già anticipato nel 2016, di 50 milioni di euro del fondo statale che integra le risorse regionali per le borse di studio: 210 milioni di euro annui in totale con un incremento percentuale del 57 per cento;

   nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro non ha fatto alcun riferimento all'intenzione di introdurre il suddetto strumento –:

   se trovi conferma l'intenzione di introdurre i prestiti per favorire l'accesso a percorsi di istruzione universitari e post-universitari.
(5-00184)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da recenti fonti di stampa si è appreso della mancata assegnazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di posti per la scuola di specializzazione in cardiochirurgia di Catanzaro;

   nonostante il regolare accreditamento, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe deciso, in condivisione con il Ministero della salute, di non prevedere posti statali per la scuola di specializzazione in cardiochirurgia dell'università Magna Graecia (Umg) di Catanzaro inficiando così il finanziamento regionale destinato ad un posto aggiuntivo riservato a laureati residenti in Calabria;

   come confermato dal Presidente della regione Oliverio, infatti, «la Regione, per come già fatto lo scorso anno, ha finanziato a suo carico 10 borse di studio di specializzazione tra cui anche cardiochirurgia»;

   tale decisione appare ancora più incomprensibile se si considera che sempre lo stesso Ministero, con proprio provvedimento n. 0020461 del 9 luglio 2018, ha accreditato le diverse scuole di specializzazione tra cui quella di cardiochirurgia dell'Umg di Catanzaro;

   le scuole di specializzazione sono un punto di forza non soltanto per l'università in quanto tale ma uno strumento essenziale e indispensabile per il miglioramento del servizio sanitario calabrese;

   forte preoccupazione è stata espressa anche dal segretario generale della Ust Cisl Magna Graecia, Francesco Mingrone, secondo cui «Si tratta di una decisione che va ad indebolire la pregiata offerta universitaria dell'Ateneo del capoluogo. Sarebbe opportuno capire le ragioni che hanno determinato questa scelta e capire come intervenire, insieme a tutte le Istituzioni, affinché la nostra Università non venga privata di uno strumento indispensabile, sia da un punto di vista formativo, che per quanto concerne il servizio sanitario calabrese»;

   tale scelta rischia di sottrarre la possibilità a tanti giovani medici di specializzarsi nella loro università, ed è paradossale che a fronte delle tre cardiochirurgie presenti in Calabria, si sarà costretti a reclutare fuori regione gli specialisti necessari al loro funzionamento;

   ad oggi non è chiaro quali siano state le valutazioni e le motivazioni che hanno indotto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a non assegnare, per quest'anno, alcun posto statale ad una scuola accreditata in modo congiunto sia dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che dal Ministero della salute –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato alla mancata previsione di posti statali per la scuola di specializzazione in cardiochirurgia di Catanzaro e quali urgenti iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, ritengano opportuno adottare per trovare una soluzione a quanto esposto in premessa e scongiurare il rischio di penalizzare fortemente una realtà formativa di elevato livello qualitativo, privando tanti giovani medici della possibilità di proseguire il proprio percorso formativo e lavorativo a sud di Napoli.
(4-00740)


   D'IPPOLITO, NESCI, SAPIA e PARENTELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla testata giornalistica in rete «Quotidiano Sanità», si legge, in un articolo del 16 luglio 2018, delle polemiche suscitate in Calabria dalla decisione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, condivisa con il Ministero delle salute, di cancellare la specializzazione in cardiochirurgia presso la facoltà di medicina dell'università Magna Graecia di Catanzaro; in particolare, lì è scritto, citando la fonte «Adnkronos Salute», che «ai fini dell'attribuzione alle Scuole di specializzazione di medicina dei contratti a finanziamento statale da assegnare attraverso il concorso nazionale, il Miur si è avvalso dei pareri tecnici prodotti dall'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, ma anche di “ulteriori criteri oggettivi”», tra cui «un indicatore sintetico che permette di esplorare tanto la dimensione formativa quanto quella assistenziale di riferimento»;

   «la Scuola – prosegue l'articolo in predicato – di specializzazione di Cardiochirurgia dell'Università di Catanzaro, con uno score pari a 0/4, è risultata l'ultima tra le 23 scuole della tipologia in questione, accreditate dall'Osservatorio nazionale per l'anno accademico entrante»;

   «proprio – continua l'articolo – questo dato, unitamente ai contenuti della motivazione analitica che correda il parere di Accreditamento provvisorio (dell'Osservatorio nazionale sulla Scuola di Cardiochirurgia dell'Università Magna Graecia di Catanzaro), ha indotto il Miur a non assegnare contratti di formazione alla scuola», in attesa che possa superare le criticità emerse;

   la scuola, spiega l'articolo, «oltre ad un indicatore Anvur decisamente sotto la soglia (0.0), “avrebbe un solo docente nello specifico Ssd e quindi risulta a rischio la sostenibilità rispetto a quanto definito dal Decreto interministeriale 68/2015”»;

   pertanto la scuola, è aggiunto, «dovrebbe dotarsi di un piano di miglioramento o presentare un piano di adeguamento (...) nell'arco di quest'anno»;

   oltretutto l'articolo riassume che «in alcune strutture collegate non vengono intercettati gli standard assistenziali» e che la scuola «dovrebbe dunque dotarsi di un piano di miglioramento e fornire un programma di adeguamento»;

   infine, conclude l'articolo, «al Miur non si ritiene che la rete proposta a supporto della formazione degli specializzandi possa» accoglierne un numero adeguato;

   nell'interpellanza urgente n. 2-00048 svolta il 13 luglio 2018, si fa riferimento al «protocollo d'intesa, scaduto nel 2008, tra la regione Calabria e l'Università di Catanzaro per l'integrazione dell'assistenza sanitaria attraverso l'erogazione di prestazioni dell'azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini, nonché del corrispettivo regionale alla medesima, tuttora erogato per milioni di euro oltre il dovuto, in difformità rispetto alle norme», come pure del fatto che a lungo il commissario governativo Scura «ha consentito, pur senza i requisiti richiesti, la prosecuzione dell'attività cardiochirurgica» di quel policlinico;

   infine, in un carteggio tra l'università di Catanzaro e l'azienda ospedaliera di Catanzaro «Pugliese-Ciaccio» figurano evidenti tensioni circa l'attuazione delle intese sottoscritte per la scuola di specializzazione in pediatria riguardo a tale scuola, in una segnalazione pervenuta all'interrogante, si fa peraltro riferimento al fatto che i numeri di posti letto di degenza ordinaria inseriti nel computo della attività sarebbe solo di esclusiva pertinenza dell'azienda ospedaliera di Catanzaro, il che accorrerebbe accertare;

   inoltre, si aggiunge che la scuola non avrebbe rinnovato contratti di insegnamento e solo a due medici della Pediatria Ospedaliera sarebbe stato rinnovato il tutoraggio sulla base di vecchissime delibere;

   infine, ivi si annota che di fatto gli specializzandi non frequenterebbero più i reparti di pediatria ospedaliera e neonatologia del Pugliese-Ciaccio ma verrebbero per queste discipline inviati a Cosenza ed a Reggio Calabria creando loro anche disagi –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per verificare la documentazione e le dotazioni dell'università di Catanzaro per tutte le scuole di specializzazione per cui è stato chiesto e/o ottenuto l'accreditamento.
(4-00743)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Tedesco srl, con amministratore unico Agazio Tedesco, con sede legale in Umbertide (Pg) è una realtà industriale specializzata nella produzione e vendita di alimenti; fa parte del gruppo anche l'azienda Piselli, industria dolciaria tra le più importanti dell'Umbria, specializzata nella produzione di biscotti e prodotti di pasticceria sia fresca che secca;

   come si apprende dalla stampa (Il Messaggero Umbria del 28 giugno 2018), «Due addetti alle consegne dei prodotti alimentari mandati a casa (licenziati) e uno spostato ad altre mansioni. Il motivo? Essersi mossi per aver chiesto un inquadramento contrattuale migliore (una sorta di mansione superiore) perché oltre alla consegna dei prodotti maneggiano il denaro di chi paga i prodotti Piselli»;

   sulla vicenda è intervenuto l'ispettorato territoriale del lavoro di Perugia che con verbale unico di accertamento n. PG00000/2018-788-01 del 26 aprile del 2018 (prot. V0/073/11354 e V0/073/11377 del 2 maggio 2018), pur non riconoscendo ai dipendenti l'inquadramento alla qualifica superiore, ha impartito all'azienda Tedesco srl le seguenti prescrizioni: «di ricostruire, senza pregiudizio alcuno, la posizione di B.A. (...), la nullità del trasferimento e correlativa assegnazione di costui al reparto degli addetti alla distribuzione; di reintegrare in servizio i dipendenti B. e B. senza nocumento dei trattamenti contrattuali»;

   così scrivono nel verbale di accertamento gli ispettori del lavoro: «La tematica inerente all'inquadramento dei lavoratori addetti alle consegne, sorta nell'ambito di un ordinario confronto contrattuale, ha travalicato i confini cui vengono ricondotte le regole di un contraddittorio fisiologicamente conflittuale»;

   come illustrato analiticamente nel verbale, «gli atti di indagine hanno palesato la sussistenza di un intento discriminatorio da parte di Tedesco (...) in cui ciascuna azione della parte datoriale costituisce parte di un più ampio disegno volto a colpire e isolare l'esponente sindacale CISL, A. B., e al tempo stesso, “vittimizzare” la posizione di alcuni colleghi, in quanto affiliati CISL»;

   al dipendente A. B. venivano di fatto negati i permessi sindacali, veniva trasferito e adibito a mansioni inferiori e ai dipendenti B. M. e B. R. veniva intimato un licenziamento in tronco, giudicato dagli ispettori del lavoro «discriminatorio», perché volto ad «espellere un altro dipendente scomodo, onde marginalizzare gli affiliati CISL» e poiché frutto di «veri e propri atti discriminatori che hanno menomato le prerogative e le rivendicazioni espresse mediante attività sindacale (...) Nel caso di specie i dipendenti scomodi, iscritti alla CISL e inseriti nell'unità produttiva addetta alla distribuzione, in ragione delle proprie opinioni dissenzienti, sgradite o non omologabili con quelle del datore di lavoro, sono stati marginalizzati, espulsi e posti in una condizione comunque degradante e non dignitosa»;

   ad oggi, a quanto risulta all'interrogante, l'azienda non ha reintegrato i dipendenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato allo scopo di favorire un dialogo e una corretta gestione delle relazioni sindacali tra i lavoratori, l'organizzazione sindacale e la direzione della società Tedesco di Perugia in relazione a quanto esposto in premessa, anche al fine di far sì che la società Tedesco srl proceda a un ripensamento e alla revoca dei provvedimenti adottati in danno dei lavoratori assicurando il rispetto delle leggi vigenti e dei diritti dei dipendenti, anche in conformità alle prescrizioni degli ispettori del lavoro che si sono espressi in favore dei lavoratori.
(5-00176)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VANESSA CATTOI, BINELLI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i tempi di attesa per l'erogazione dell'indennità di disoccupazione sono oltremodo inconcepibili;

   generalmente le sedi Inps e Caf rispondono all'interessato che i tempi di attesa si aggirano intorno ai 60 giorni per ricevere il primo pagamento, ma la realtà di fatto è un'altra;

   in media dalla domanda di disoccupazione «Naspi» al primo pagamento trascorrono all'incirca 3-4 mesi, con casi addirittura in cui i tempi si prolungano fino a 5/6 mesi;

   pur comprendendo le difficoltà operative dovute, probabilmente, alla gestione (elaborazione, approvazione o respingimento) di svariate e innumerevoli pratiche, tempi di attesa così biblici risultano oltremodo intollerabili;

   a volte accade che l’iter della domanda non prosegue per documentazione carente o incompleta, ma il mancato tempestivo riscontro all'interessato da parte della sede competente, fa sì che si perda ulteriore tempo, andando appunto oltre i canonici 60 giorni –:

   quali siano le ragioni del cronico ritardo nell'espletamento delle pratiche relative alle domande per l'indennità di disoccupazione;

   se i tempi lunghi siano dovuti a una carenza di personale presso loe sedi Inps, ad un sovraccarico di lavoro o ad altre motivazioni;

   se ed in che termini il Ministro interrogato intenda intervenire affinché l'Inps risolva la problematica esposta in premessa.
(4-00729)


   IOVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni ancora una volta si è assistito alla morte di un lavoratore intento a svolgere le proprie mansioni;

   in un Paese industrializzato come il nostro è intollerabile che questi accadimenti proseguano con tale frequenza e che sia le cosiddette morti bianche che i tragici incidenti e infortuni sul posto di lavoro colpiscano continuamente i lavoratori. Da anni tali tragedie non cessano di esistere e i Governi succedutisi nel tempo non hanno mai realmente invertito la rotta in termini di totale attuazione della normativa sulla sicurezza del lavoro;

   il giovane Aniello Bruno è deceduto al pastificio «Ferrara» nel reparto dei pallettizzatori dove lavorava con modelli di macchine definiti all'avanguardia e svolgendo lavori routinari in cui vengono impiegati plurimi operai. Una sorta di pressa, di circa 1 metro e mezzo quadrato e denominato «ascensore», è scesa giù colpendolo mortalmente;

   alcune testate giornalistiche, fra cui Il Mattino, riportano che: «sono in molti a sottolineare che già da qualche giorno prima della tragedia alcuni addetti agli imballaggi avevano segnalato al capo del settore un problema legato proprio a quel macchinario, che sembrava non andare alla perfezione». Su tale questione si chiede, nel rispetto delle indagini pendenti, un immediato chiarimento per l'impatto sociale che ha sviluppato tale grave notizia nel territorio;

   l'interrogante ha fiducia nella magistratura, nelle indagini in corso, nel prossimo espletamento dell'autopsia e della perizia medico legale, ma ritiene che il «punctum dolens» non sia solo questo;

   difatti, la sicurezza sul posto di lavoro richiede un intervento radicale dal punto di vista normativo e nella concreta attuazione di queste norme, poiché in un moderno sistema industriale tali fatti non devono più esistere;

   la sicurezza sul posto del lavoro non può essere vista come un ulteriore onere burocratico e costo, e a nulla valgono gli sgravi, le agevolazioni e le prescrizioni sul punto se poi nella «pratica» ci si scontra con una normativa insufficiente, con le difficoltà dei controlli ispettivi e con la «collusione» presente in determinati ambiti;

   il tutto si colloca in procedimenti e processi connessi penali e civili, nonché amministrativi, le cui lungaggini, anche inerenti agli aspetti sanzionatori, non possono non incidere sulla repressione delle cosiddette morti bianche e degli incidenti sul lavoro;

   nell'immediato, si dovrebbe aprire una riflessione sull'opportunità di eliminare i tempi prescrizionali con riferimento a tali reati e sanzioni, o quanto meno allungarne i termini, intervenendo però contemporaneamente sulle lungaggini processuali e procedimentali che rappresentano un'altra forma di subdola vanificazione del sistema normativo;

   la politica per troppo tempo ha tentato di fare interventi che hanno manifestato la loro totale inadeguatezza, considerando che ad oggi il fenomeno non è stato ancora eliminato;

   è opportuno promuovere un tavolo tecnico e una campagna di sensibilizzazione, anche nelle istituzioni scolastiche ed universitarie e all'interno della società civile, affinché si risolva una volta per tutte la questione concernente la sicurezza sul lavoro, sfoltendo poi le lungaggini amministrative e processuali e creando un sistema di controllo più intenso ed efficiente unito ad un sistema di sanzioni, non solo più dure, ma caratterizzato dal requisito legale della «certezza», e ove effettivamente le somme richieste, i risarcimenti e altro siano effettivamente recuperati e ove le pene, anche accessorie, siano concretamente applicate;

   l'imputazione penale dovrà realmente estendersi a tutti coloro che, direttamente o indirettamente, sono obbligati alla vigilanza –:

   di quali specifiche informazioni disponga in merito all'episodio di cui in premessa;

   su un piano più generale, quali iniziative di competenza intenda assumere per far finalmente cessare accadimenti come quelli denunciati.
(4-00732)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   ELVIRA SAVINO e OCCHIUTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Onu, al fine di ridurre i casi di morte per malattie non trasmissibili come il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari, ha stilato una lista di prodotti contenenti grassi saturi, zuccheri e alcool, ritenuti nocivi per la salute;

   sotto accusa sono anche il vino e l'olio italiani in contraddizione con i principi della dieta mediterranea, riconosciuta come la più salutare anche dalla stessa Oms;

   nel 2010 l'Unesco ha dichiarato la dieta mediterranea «patrimonio immateriale dell'umanità» proprio per il corretto stile di alimentazione più volte ribadito dall'Oms;

   nella lista dei prodotti dannosi per la salute l'Oms sarebbe intenzionata ad inserire l'olio d'oliva, il vino, il parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma ed altri prodotti tipici dell'agroalimentare made in Italy;

   sarebbe una beffa per tutti quei consorzi di tutela, come Ceq Italia — Consorzio extravergine di qualità —, Consorzio del parmigiano reggiano e Consorzio del prosciutto di Parma (per fare alcuni esempi) che, giorno per giorno, difendono con fatica la qualità di tre fra le migliori eccellenze agroalimentari del nostro Paese;

   il 27 settembre 2018, a New York, si terrà l'assemblea generale delle Nazioni Unite a livello di capi di Stato e di Governo per affrontare i temi relativi alle malattie non trasmissibili;

   in questa sede si voterà anche la predetta proposta su cui l'Onu sta lavorando proprio in queste settimane;

   per disincentivare l'uso di questi prodotti, si sta studiando di agire su due fronti: da una parte aumentare la tassazione e ciò provocherebbe l'aggravio nel carrello della spesa di 546 euro all'anno per una famiglia media, dall'altra introdurre bollini o altri avvisi di pericolo direttamente in etichetta, similmente ai pacchetti di sigarette, che determinano pesanti penalizzazione sia in termini di occupazione sia per l’export;

   l'idea che tali misure possano poi ridurre l'impatto delle malattie non trasmissibili non ha solida valenza scientifica. Esistono, infatti, ricerche recenti che dimostrano che il diabete e le malattie cardiovascolari non sono determinate da un solo fattore, ma hanno molteplici cause quali quelle genetiche, gli stili di vita, l'eccesso di alimentazione o la sedentarietà;

   inoltre, come hanno ricordato alcune associazioni di categoria degli agricoltori, questo metodo contiene profonde contraddizioni in quanto attribuirebbe luce verde a prodotti come la Coca Cola light, per il ridotto contenuto di zuccheri, e semaforo rosso all'85 per cento delle dop italiane, agevolando, in tal modo, solo l'industria chimica e tutti i produttori di sostituti chimici per alimenti;

   dai produttori di olio d'oliva alle cantine vinicole, dai formaggi dop al presidente della Ferrero, Francesco Paolo Fulci, ex ambasciatore alla stessa Onu, tutti si sono apertamente dichiarati contrari alla eventuale proposta di risoluzione delle Nazioni Unite;

   vero è che le risoluzioni dell'Onu non sono di diretta e immediata applicazione negli Stati membri e che devono essere ratificate, ma si sa che rappresentano comunque una fonte di indirizzo molto importante per le scelte degli Stati –:

   quale posizione il Governo intenda assumere rispetto alla problematica esposta e quali iniziative intenda adottare per la piena tutela dei prodotti tipici dell'agroalimentare made in Italy citati in premessa.
(3-00092)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la varietà di grano «Senatore Cappelli» è stata iscritta a registro nel 1969 dal Cra, oggi Crea, ente di ricerca pubblica vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   con circa 1.000 ettari coltivati è la qualità di grano duro antico più seminato in Italia con una produzione che ha raggiunto lo scorso anno i 2,5 milioni di chilogrammi;

   questa varietà, dalle dimostrate e importanti qualità nutrizionali, con particolare riferimento al basso contenuto in glutine, venne costituita nel primo ventennio del secolo scorso, mettendo così a disposizione degli agricoltori una varietà adattabile al contesto nazionale;

   questo grano necessita di molte cure agronomiche per le quali è necessaria tutta la preparazione e la professionalità degli agricoltori che lo coltivano; al grano «Cappelli» è riservato un prezzo di mercato nettamente superiore, a volte anche doppio, rispetto a quello spuntato dalle altre varietà: rappresenta quindi una reale possibilità di valorizzare il lavoro dell'agricoltore e il territorio di provenienza;

   il 30 giugno 2016 il Crea ha pubblicato, sul proprio sito, una manifestazione di interesse rivolta alle ditte sementiere interessate ad acquisire in esclusiva i diritti di moltiplicazione e commercializzazione della cultivar di grano duro denominata «Cappelli»;

   successivamente alla chiusura della manifestazione di interesse prevista per il 15 luglio 2016, non si è avuta evidenza né delle risposte pervenute né della relativa documentazione presentata, tra cui era prevista una dichiarazione con la quale l'azienda esprime esplicitamente la propria disponibilità al versamento di una royalty al Crea a titolo di «diritti del costitutore per la riproduzione di sementi di specie agricole»;

   al Crea sono infatti riconducibili i diritti del costitutore e quindi i diritti patrimoniali derivanti dallo sfruttamento della varietà;

   la Società italiane sementi Sis si è aggiudicata la licenza esclusiva di moltiplicazione e commercializzazione della varietà di grano duro «Cappelli», della durata di 15 anni;

   sembrerebbe anche che la Sis abbia nel frattempo stipulato con gli agricoltori accordi che prevedono precisi obblighi a carico dei coltivatori relativamente alla consegna della totalità della granella prodotta, la quale verrebbe, secondo tali accordi, destinata, in quota parte, alla riproduzione in purezza e, in quota parte, al mercato della trasformazione;

   tale modalità porrebbe di fatto la Sis nella posizione di esclusivista, non solo relativamente a quanto previsto nella manifestazione di interesse, nella quale si prevedeva la licenza esclusiva per la riproduzione e la commercializzazione della semente, ma anche del rapporto tra il produttore agricolo e l'industria di trasformazione;

   un terzo soggetto, il Cai, non contemplato nell'accordo tra Crea e Sis, si avvarrebbe del beneficio riconosciuto a quest'ultima, dal momento che nel contratto verrebbe chiesto al coltivatore di impegnarsi a ricevere l'assistenza tecnica da parte della struttura consortile aderente al Cai (Consorzi agrari d'Italia) competente per territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per evitare l'instaurarsi di un regime di monopolio, da un lato relativo all'attività di ritiro della granella e di vendita della stessa all'industria di trasformazione, che penalizzerebbe le filiere già attivate, e, dall'altro, relativo alla riproduzione e alla commercializzazione della semente della varietà di grano duro «Cappelli», fino ad oggi in capo ad almeno due industrie sementiere;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che possa verificarsi una distorsione anche nel mercato della assistenza tecnica;

   se non ritenga di verificare, per quanto di competenza, la correttezza dell'operazione nel suo complesso, considerando il ruolo marginale in cui viene relegato l'agricoltore e la vulnerabilità cui viene esposto insieme a quelle strutture che hanno avviato filiere in grado di valorizzare il lavoro dei singoli e la qualità del prodotto ottenuto.
(5-00170)


   MARCO DI MAIO, CRITELLI, DE MARIA, PINI, CARLA CANTONE, MARATTIN, RIZZO NERVO, FRANCESCHINI, INCERTI, ROSSI, FASSINO e BENAMATI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   molti agricoltori dell'Emilia-Romagna e diverse organizzazioni di categoria, hanno manifestato preoccupazione per le mancate risposte in merito ai risarcimenti dei pesanti danni provocati in regione dall'ondata di gelo tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo 2018, che provocò nella campagne della regione, in tutte le province da Piacenza a Rimini, danni stimati in 100 milioni di euro;

   l'ondata di maltempo colpì pesantemente i frutteti, in particolare albicocchi e peschi, e gli ortaggi, dai carciofi ai cavoli, dai pomodori ai broccoli;

   in quel determinato periodo dell'anno non era stata ancora aperta la campagna assicurativa per le coltivazioni e, quindi, vi è stata questa ulteriore criticità per il mondo agricolo emiliano-romagnolo di cui tenere conto;

   la regione Emilia-Romagna, per quanto di propria competenza, a seguito della ricognizione dei danni ha inoltrato al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo le pratiche per il riconoscimento dei danni al settore;

   sono trascorsi quattro mesi dagli eventi calamitosi e gli operatori attendono risposte, in assenza delle quali si rischiano danni irreparabili per i bilanci delle aziende colpite –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza al fine di verificare quanto riportato in premessa e procedere al riconoscimento dei danni al settore a seguito degli eventi calamitosi, valutando anche l'opportunità di promuovere, attraverso la prima iniziativa utile, una deroga alla normativa vigente al fine di risarcire i danni per le colture assicurabili, andando incontro alle richieste del settore agricolo emiliano-romagnolo.
(5-00174)


   D'ALESSANDRO, GADDA, GRIBAUDO, CENNI, CARDINALE, CRITELLI, DAL MORO, INCERTI, PORTAS, SCALFAROTTO, MORETTO, VAZIO, MARCO DI MAIO e DE FILIPPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende sulla base di un articolo del Sole 24 Ore pubblicato in data 17 luglio 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel dichiarare guerra a malattie non trasmissibili come il cancro, il diabete e le patologie cardiovascolari si starebbe accingendo a dichiarare come «nocivi per la salute», alcuni prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano;

   l'obiettivo di ridurre nella dieta l'apporto di grassi saturi, zuccheri, sale, alcol, rischia di far finire nel mirino dell'Oms prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano come il vino, l'olio di oliva, il prosciutto, il parmigiano reggiano, la pizza;

   tra l'altro, si tratta di alimenti cardine della «dieta mediterranea» che, oltre ad essere stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell'umanità, è anche riconosciuta come dieta salubre;

   l'olio extra vergine d'oliva solo per fare un esempio ha molti pregi anche dal punto di vista della salute, combatte il colesterolo «cattivo», protegge il sistema cardiovascolare e con la vitamina E e i polifenoli risulta un importante antiossidante, efficace nel contrastare i radicali liberi e nel prevenire la degenerazione cellulare;

   la sola ipotesi di apporre degli «allarmi» modello sigarette «nuoce gravemente alla salute» o imporre degli aggravi fiscali a suddetti prodotti determinerebbe un danno irreparabile alla filiera agroalimentare italiana che vale circa 41 miliardi di euro in termini di export;

   il Governo italiano, nella scorsa legislatura, si è battuto, in tutte le sedi, a tutela delle peculiarità del made in Italy nel settore agroalimentare, come ad esempio nell'azione di contrasto alla cosiddetta «etichetta nutrizionale a semaforo» che penalizzerebbe i prodotti italiani a vantaggio di altri di cui non si conosce neppure l'origine;

   il Parlamento europeo ha già espresso la sua contrarietà a questi sistemi di etichettatura, chiedendo a grande maggioranza uno schema europeo di indicazione dell'origine dei prodotti alimentari, come già sperimentato in Italia grazie all'azione dei Governi Renzi e Gentiloni;

   il 27 settembre 2018 si terrà un incontro a New York presso la sede delle Nazioni Unite che affronterà la questione relativa alle malattie non trasmissibili, e alle misure di contrasto, compresi stili di vita e abitudini alimentari;

   in vista di quell'appuntamento l'Italia deve farsi trovare pronta a difesa delle proprie eccellenze agroalimentari –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, partendo dal lavoro svolto dal precedente Governo, in tutte le sedi istituzionali, comprese quelle comunitarie ed internazionali, a difesa delle eccellenze italiane nel settore agroalimentare.
(5-00178)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCHIRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 5 luglio 2018, la Ministra interrogata insieme al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Bussetti, ha illustrato la nuova circolare in materia di «adempimenti vaccinali relativi ai minorenni di età compresa tra zero e sedici anni che frequentano le istituzioni scolastiche, formative e educative — nuove indicazioni operative per l'anno scolastico-calendario annuale 2018/2019»;

   la circolare, innovando rispetto alla scadenza del 10 luglio prevista per la certificazione ufficiale della asl, consentirà nel prossimo anno scolastico 2018-2019 ai bambini di frequentare la scuola, anche solo sulla base di un'autocertificazione di avvenuta vaccinazione ovvero una dichiarazione sostitutiva delle vaccinazioni effettuate;

   la suddetta circolare prevede che per i minori da 6 a 16 anni, quando non si tratti di prima iscrizione, resta valida la documentazione già presentata per l'anno scolastico 2017-2018 se il minore non deve effettuare nuove vaccinazioni o richiami, mentre per i bambini da 0 a 6 anni e per la prima iscrizione alle scuole (6-16 anni) basterà una dichiarazione sostitutiva di avvenuta vaccinazione;

   la circolare si inquadra, comunque, nella vigente «legge Lorenzin» che prevede, in caso di autocertificazioni false, alcune sanzioni quali l'esclusione da scuola per bambini 0-6 anni e multe per i ragazzi delle scuole dell'obbligo (6-16 anni);

   nel corso dell'accennata conferenza stampa, la Ministra interrogata ha dichiarato: «Il termine del 10 luglio non è perentorio per l'accesso a scuola e l'autocertificazione potrà essere presentata anche dopo», aggiungendo che si tratterebbe di un significativo atto di «semplificazione e tolleranza burocratica» –:

   quali iniziative, considerando che i controlli a campione non consentiranno di intercettare compiutamente chi ha fatto una dichiarazione non veritiera, siano previste per garantire il diritto alla salute dei bambini immunodepressi o dei bambini che sono stati sottoposti a cure oncologiche, impossibilitati a vaccinarsi;

   quali iniziative intenda adottare per evitare l'isolamento dei bambini a rischio e per garantire anche a loro la difesa del diritto allo studio e alla socialità che l'istituzione scolastica in quanto tale deve poter offrire.
(5-00171)


   PAITA. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   Maria Antonietta Banchero, medico che riveste il ruolo di direttore sanitario presso la asl 5 in Liguria, si è vista giudicare i suoi requisiti inadeguati dagli organi giudiziari prima in Lombardia e ora anche dal Tar del Lazio;

   con il pronunciamento del tribunale amministrativo del Lazio le è stata negata l'iscrizione alla graduatoria nazionale dei direttori della sanità;

   per il Tar i parametri risultano essere per legge oggettivi con un programma di attribuzione automatica che li sottrae da ogni discrezionalità;

   in particolare, risulta che l'attività svolta a Legnano tra il 2010 e il 2016 non fu svolta con un ruolo di vertice, pertanto, quegli anni non possono costituire punteggio per l'attribuzione di incarichi apicali come previsti dalla legge;

   da queste premesse appare una evidente anomalia, ossia che ciò che non è stato consentito né in Lombardia né nel Lazio possa essere consentito in Liguria;

   i criteri per la dirigenza sanitaria sono affidati ad una normativa nazionale, il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria (Gazzetta Ufficiale serie generale n. 206 del 3 settembre 2016) –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e della situazione relativa all'incarico ricoperto dalla dottoressa Banchero presso la asl 5 della Liguria e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire uniformità nell'applicazione della normativa in materia di conferimento di incarichi di vertice nelle aziende sanitarie.
(5-00179)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   PAXIA, VALLASCAS, DE TOMA e CARABETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il made in Italy è uno dei primi brand conosciuti ed apprezzati al mondo, è il terzo marchio più noto al mondo dopo Coca-Cola e dopo Visa;

   il marchio di un saper fare che distingue l'Italia agli occhi degli altri Paesi. Creatività e qualità che si esprimono principalmente nelle aree dell'abbigliamento, arredamento, automazione meccanica, agroalimentare;

   purtroppo i danni causati dalla contraffazione all'insieme delle capacità lavorative espressione di un determinato prodotto made in Italy sono incalcolabili e mettono in serio pericolo la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali;

   a livello sociale, infatti, i danni che le imprese subiscono a causa della contraffazione e della pirateria si riflettono anche sul numero dei posti di lavoro da esse offerti: 250.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, di cui 100.000 circa nella sola Unione europea;

   una ricerca dell'Ocse condotta qualche anno fa ha stimato in 250 miliardi di dollari il controvalore del commercio internazionale dei soli prodotti contraffatti o piratati, mentre, secondo i dati in possesso della Banca mondiale, il volume d'affari della contraffazione si aggirerebbe intorno ai 350 miliardi di euro, pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi;

   il problema principale riguarderebbe, soprattutto, la minaccia proveniente dalla globalizzazione dei mercati;

   la causa principale di ciò risiederebbe nella mancata omogeneità tra le norme in materia vigenti all'interno di ciascun Paese, ognuno rimanendo fedele alle proprie leggi e alle proprie tradizioni, a scapito della possibilità di trovare un metodo comune e coordinato per affrontare in sinergia una seria battaglia contro il dilagare del fenomeno;

   la delocalizzazione di alcune o intere fasi del processo produttivo ha portato a un conseguente allungamento della filiera produttiva oltre i confini nazionali;

   segmenti sempre più consistenti di lavorazione vengono realizzati in luoghi esterni all'azienda madre, in alcuni casi addirittura a migliaia di chilometri di distanza da essa;

   lo stesso know how originario relativo alla produzione di un determinato bene oggi è condiviso da un numero sempre maggiore di individui, i quali sono in grado di realizzare merci del tutto identiche a quelle originali –:

   quali iniziative intenda assumere per rafforzare le attività per il contrasto alla contraffazione e per la tutela del made in Italy e garantire un marchio così importante per il nostro Paese.
(5-00191)


   MORETTO, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NARDI, NOJA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella transizione verso un'energia libera da fonti fossili, il gas naturale riveste un ruolo centrale e pertanto risulta imprescindibile un intervento volto a migliorare le infrastrutture di interconnessione, accrescendo nel contempo la sicurezza degli approvvigionamenti e riducendo il differenziale di prezzo all'ingrosso tra il gas italiano e quello del Nord Europa;

   il progetto Trans Adriatic Pipeline (Tap) prevede la realizzazione di un gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa ed è stato inserito nella Strategia energetica nazionale (Sen) adottata nel mese di novembre 2017 con l'obiettivo di consentire il trasporto di circa 10 miliardi di metri cubi di nuovo gas dall'Azerbaijan direttamente in Italia a partire dal 2020, rafforzando così la diversificazione e la sicurezza delle fonti di approvvigionamento;

   l'infrastruttura Tap, pensata per servire da Est il mercato italiano ed europeo e progettata tenendo conto dei risultati prodotti dall'analisi del contesto socio-economico e ambientale e nel massimo rispetto degli standard di sicurezza, consentirà di alleggerire la posizione di dipendenza europea dal mercato russo (dal quale l'Italia importa circa 100 milioni di metri cubi al giorno nei periodi più freddi) e di calmierare i prezzi, scongiurando possibili aumenti in bolletta e rappresentando un progetto strategico per la sicurezza energetica dell'Italia e dell'Europa;

   secondo quanto riferito da diverse agenzie di stampa nelle scorse settimane, diversi membri del Governo avrebbero dichiarato l'inutilità del citato corridoio del gas, sposando la tesi contraria a quella indicata nella Sen;

   il 6 luglio 2018, il rappresentante italiano nel board della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha espresso un parere favorevole sulla decisione di finanziare il progetto Tap attraverso un prestito diretto di 500 milioni di euro, risorse che si aggiungono a 1,5 miliardi di euro già garantiti nei mesi scorsi dalla Banca europea degli investimenti, a fronte di un costo complessivo dell'opera che dovrebbe raggiungere 4,5 miliardi di euro –:

   quale siano gli effettivi orientamenti del Ministro interrogato sul futuro del progetto Trans Adriatic Pipeline.
(5-00192)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i voucher sono riconosciuti dalla categoria datoriale di lavoro come un validissimo strumento per prestazioni occasionali, che soddisfa esigenze di flessibilità e al contempo di regolarità contributiva;

   la loro abolizione, oltre a determinare la drammatica perdita di occasioni di lavoro, ha creato confusione e aggravi burocratici per le attività economiche;

   l'efficacia dei voucher è stata riconosciuta anche dall'attuale Governo, ma inspiegabilmente solo per alcune categorie;

   lo strumento dei voucher è stato con buon senso reputato uno strumento utile per imprese e lavoratori, soprattutto se si rafforza la tracciabilità di questo strumento;

   i dati dell'Osservatorio sul precariato resi noti nel mese di febbraio 2018, dimostrano una drastica diminuzione della consistenza dei lavoratori impiegati mediante i nuovi strumenti della disciplina del lavoro occasionale;

   gli stessi ammontano, infatti, a poco più di quindicimila con il contratto di lavoro occasionale e a circa quattromila per i lavoratori pagati con i titoli del libretto famiglia;

   conseguentemente, è aumentato esponenzialmente il lavoro intermittente e appare sempre più concreto il dato che molti lavoratori occasionali — tra studenti, personale di negozi e ristoranti ma soprattutto di piccole imprese edili sotto i cinque dipendenti — siano tornati nel sottobosco del lavoro nero;

   uno studio condotto da Confesercenti, pubblicato a giugno 2018, dimostra che con l'abrogazione dei voucher sono centinaia di migliaia le occasioni di lavoro andate perse nel campo delle piccole e medie imprese che operano nei più svariati ambiti, compreso quello delle piccole imprese edili e dell'artigianato –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia adottato o intenda celermente adottare al fine di fornire una chiara risposta in merito all'utilizzo di voucher da parte delle piccole aziende edili sotto i cinque dipendenti.
(5-00177)

Apposizione di firme
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Zan n. 4-00464, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pellicani, Zardini, Luca De Carlo, De Menech, Moretto, Bond.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta in Commissione Bonomo n. 5-00043, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 16 del 18 giugno 2018.

   BONOMO e GARIGLIO. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:

   il 6 giugno 2018, intorno alle ore 23, nell'area di pertinenza del comune di Corio, in provincia di Torino, si è registrato il passaggio di almeno n. 2 velivoli, verosimilmente caccia militari a bassissima quota, sentiti e visti da gran parte della popolazione del comune sopracitato e dei comuni limitrofi;

   tale evento ha enormemente allarmato la popolazione per il forte rumore e per l'onda d'urto che si è propagata sul territorio, ma soprattutto per il timore che i due velivoli fossero diretti ad intercettare un terzo velivolo potenzialmente pericoloso, che alcune testimonianze dicono di aver scorto;

   a causa dell'apprensione generata negli abitanti della zona per la loro sicurezza, le forze dell'ordine sono state chiamate numerose volte e le istituzioni sollecitate a comprendere meglio cosa sia accaduto;

   successivamente all'evento è stata interpellata l'Aeronautica militare, la cui risposta è stata a giudizio degli interroganti evasiva e lacunosa, cosa che ha ulteriormente alimentato dubbi e inquietudini –:

   se il boato avvertito nelle circostanze richiamate in premessa sia da attribuire allo svolgimento di voli militari e, nel caso di risposta affermativa, quale fosse la ragione di tale volo, se vi sia stata una qualche situazione di pericolo per gli abitanti della zona, e quali iniziative intendano adottare le autorità militari al fine di informare preventivamente le popolazioni locali dello svolgimento di eventuali esercitazioni, evitando di creare paura e preoccupazione tra gli abitanti.
(5-00043)

Ritiro di documenti
del Sindacato Ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-00591 del 4 luglio 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Foti n. 5-00149 del 12 luglio 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Muroni n. 5-00150 del 12 luglio 2018.